After the Fall

di Ashbear
(/viewuser.php?uid=283)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Fortune's Hostage ***
Capitolo 2: *** II. Definition of a Sunrise ***
Capitolo 3: *** III. Delusions of Reality ***
Capitolo 4: *** IV. Back to the New Present ***
Capitolo 5: *** V. Summing Up The Stars ***
Capitolo 6: *** VI. Your Thousand Seas ***
Capitolo 7: *** VII. Lives in choosing ***
Capitolo 8: *** VIII. Between the shadows ***
Capitolo 9: *** IX. Through Each Tomorrow ***
Capitolo 10: *** X. Melodies of You ***
Capitolo 11: *** XI. Yesterday's Memories ***
Capitolo 12: *** XII. Defining the Lines ***
Capitolo 13: *** XIII. Dream of the Awake ***
Capitolo 14: *** XIV. A Single Grain of Sand ***
Capitolo 15: *** XV. Shattered Illusions ***
Capitolo 16: *** XVI. Rain When I die ***
Capitolo 17: *** XVII. Fade Away ***
Capitolo 18: *** XVIII. Close Your Eyes ***
Capitolo 19: *** XIX. Because of You ***
Capitolo 20: *** XX. Lonely Among Us ***
Capitolo 21: *** XXI. Too Short A Season ***
Capitolo 22: *** XXII. When the Bough Breaks ***
Capitolo 23: *** XXIII. A Matter of Time ***
Capitolo 24: *** XXIV. Sleeping dogs ***
Capitolo 25: *** XXV: Let That Be Your Last Battlefield ***
Capitolo 26: *** XXVI: In Purgatory's Shadow ***
Capitolo 27: *** XXVII: The Measure of a Man ***
Capitolo 28: *** XXVIII: Through the Looking Glass ***
Capitolo 29: *** XXIX: Thine Own Self ***
Capitolo 30: *** XXX: What you Leave Behind ***
Capitolo 31: *** XXXI: If Wishes were Horses ***
Capitolo 32: *** XXXII: Let He who is Without Sin... ***
Capitolo 33: *** XXXIII: It's Only a Paper Moon ***
Capitolo 34: *** Capitolo XXXIV: Wrongs Darker than Death or Night ***
Capitolo 35: *** Capitolo XXXV: A Private Little War ***
Capitolo 36: *** Capitolo XXXVI: ... Nor the Battle to the Strong ***
Capitolo 37: *** XXXVII: The Devil in the Dark ***
Capitolo 38: *** XXXVIII: That Which Survives ***
Capitolo 39: *** XXXIX: Once More Unto the Breach ***
Capitolo 40: *** XL: Is There in Truth No Beauty? ***
Capitolo 41: *** XLI: Sacrifice of Angels ***
Capitolo 42: *** Capitolo XLII: Unnatural Selection ***



Capitolo 1
*** I. Fortune's Hostage ***


Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono proprietà Square-Enix, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro: nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

Premessa: eccoci di nuovo qui... prima di tutto, voglio ringraziare Bob e Vick per il betareading e per gli anni di supporto. Inoltre, voglio ringraziare in maniera speciale Optical Goddess che ha scelto questa tra i miei volti lavori 'incompleti' perché io la portassi a termine. Infine, voglio ringraziare ognuno di voi per il vostro supporto: significa più di quanto possiate mai immaginare.

AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo I: Fortune's Hostage ~

Quando ti svegli dopo il tramonto, cosa c'è dopo?

Quando il maestoso stallone bianco, quello su cui sei stata portata via, pascola tristemente nei campi? Quando finalmente ti rendi conto che il tuo Cavaliere dall'armatura dorata, che sembrava così spavaldo e solenne, è soltanto un uomo, sotto tutte le apparenze? Quando qualcosa che credevi perfetto si rivela perfetto solo nella tua mente? Quando arrivi a quel momento crudele in cui la realtà ti piomba addosso con tutte le sue forze, ti svegli dal sogno e poi ti accorgi che era solo quello - un sogno?

È la caduta che definisce il tuo cammino attraverso la vita, perché è come continui a vivere dopo la caduta che definisce chi sei.

Alcuni giorni sono più difficili di altri, e alcune notti sono una crociata infinita. È tutto un oceano, un mare infinito di rimorso, e tu sei presa nel mezzo delle sue correnti, da sola. Come i marinai che sentivano il richiamo delle sirene, il rimpianto ti invita nell'oscurità che accompagna la notte.

Ci provi, Dio se ci provi, a comportarti come se la caduta non avesse mai fatto male.

Ma era successo. Fa ancora male...

Cerchi di non essere amareggiata, cerchi di capire, cerchi di tutto... ma tutto è sempre fuori dalla tua portata, e mentre i mesi passano, va meglio... ma mai 'bene'. La tua vita continua, e così la loro, ma indugi sempre sul cosa potrebbe essere stato se.

Forse alcune cose semplicemente non sono fatte per esistere, e devi accettare questo fatto. E come fai a sapere se sei sopravvissuta alla caduta? È quando il passato ti raggiunge, e tu sei capace di guardare lui negli occhi... e dire finalmente addio.

*~*~*~*~*

"Questo coso... è... così... scomodo," disse con voce stridula e irritata. "Come faccio a starci dentro tutto il giorno?"

"È un vestito da sposa, Selphie, non è pensato per essere comodo." Quistis guardò la giovane donna con occhi seri. "Ora siediti o non finirò mai di pettinarti."

L'insegnante mise una mano ferma sulla spalla della sposa, mentre con l'altra afferrò la forcina luccicante che aveva tenuto fino ad allora tra i denti. Prese una ciocca di capelli e la attorcigliò intorno al dito, prima di usare la forcina per assicurarle il velo.

"Quistis! Te l'eri appena messa in bocca!"

"Fattene una ragione, Selphie," replicò sarcastica Quistis. "Se i miei germi sono la cosa più importante con cui devi avere a che fare oggi, considerati fortunata."

"Che schifo... i germi di Quistis," disse seccamente una voce dal vano della porta. "Hai tutta la mia comprensione, Selphie."

Le donne si girarono a guardare la figura solitaria che entrava nella stanza, vestita di un lungo abito rosso. I capelli erano più scuri di quanto ricordassero, e grossi boccoli rimpiazzavano il loro solito look liscio. Le ciocche laterali erano pettinate all'indietro e fermate da un piccolo gruppo di fiori scarlatti. Un corpetto con le spalline sottili le abbracciava il busto, e dalla vita stretta scendeva un sopra-gonna di chiffon che ricadeva morbidamente a ogni passo. Selphie balzò dalla sedia, dimenticandosi di tutta la corretta etichetta matrimoniale. Le corse immediatamente incontro, gettando entusiasta le braccia intorno all'amica.

"Rinoa!"

"Sì, Selphie, sono qui. Sono qui," rispose la giovane donna, anche se era ovvio. Ricambiò gentilmente l'abbraccio, sicura che da un momento all'altro una costola le avrebbe bucato il polmone grazie alla forza brutale dell'eccitatissima sposa. Selphie finalmente allentò la sua stretta mortale, tenendo un braccio intorno alle spalle di Rinoa.

"Bel vestito," disse Quistis, puntando il vestito rosso della Strega.

"Anche il tuo," rispose Rinoa, imitando il gesto dell'insegnante. Finse disgusto, "che imbarazzo, la commessa mi ha detto che era un pezzo unico."

"Vieni qui." Quistis l'attirò in un abbraccio, ricordandosi di quando tempo era passato. L'insegnante si asciugò alcune lacrime dalle guance prima di fare un passo indietro. Rinoa sorrise, ben sapendo che si trattava di qualcosa che non aveva bisogno di essere detto ad alta voce. Erano diventate molto amiche negli anni, e ora che una di loro mancava, il gruppo non sembrava mai al completo.

Rinoa aveva giurato che non avrebbe pianto, quel giorno, ma a volte il destino fa di testa sua. Ci era voluta tutta la forza della giovane Strega anche solo per entrare nell'edificio, figurarsi pensare al passato. Ma anni prima, le tre ragazze avevano promesso di essere ognuna al matrimonio delle altre, non importava cosa fosse successo. Forse era solo un'illusione da adolescenti sul futuro, o forse era un segno che anche loro sapevano che prima o poi le cose sarebbero cambiate. Era solo che allora nessuna di loro aveva previsto che sarebbe stata Selphie la prima a sposarsi. Ma le cose cambiano. Le vite cambiano. Rinoa si trovò persa nei ricordi, e cercò velocemente di riportare questa riunione su toni più allegri.

"Dio... sei bellissima."

Facendo un passo indietro, guardò per bene Selphie, che non era mai stata così elegante prima. Il vestito color avorio accompagnava alla perfezione la sua carnagione, e i capelli pettinati in uno chignon morbido erano molto appropriati. Piccoli ricci le incorniciavano appena il viso, e sul suo velo si intrecciavano rametti di velo di sposa e fiocchi di seta. Il vestito le lasciava le spalle nude, e il ricamo di perline enfatizzava il suo corpo. Rinoa non era sicura se era perché non aveva mai visto prima un vestito più bello, o se era perché lo indossava una delle sue amiche più intime. Eppure, in qualche modo, al di sotto dell'eleganza, Selphie non era cambiata. La sua natura energica e ottimista toglieva luce a tutto il satin e il pizzo.

"Grazie, ma non dirlo a nessuno, potrebbe rovinarmi la reputazione. Sembra che la gente non voglia assumere 'bellissime' esperte di demolizioni."

"Ancora non riesco a credere che tu abbia convinto Cid ad aprire un intero programma di demolizione," commentò Rinoa, mentre le tre tornavano lentamente al tavolino del trucco.

"Secondo me anche lui ha una passione segreta per far esplodere le cose."

Puntando impaziente alla sedia, Quistis si schiarì la gola, per sottolineare la sua irritazione. Selphie sospirò pesantemente mentre tornava a sedersi piuttosto a disagio sulla 'sedia della maledizione'. Seriamente, secondo lei indossare un abito da sposa era una specie di forma di tortura primitiva, e si chiedeva ora il perché avesse scelto una cerimonia tradizionale. L'idea iniziale di Irvine di scappare a Deling sembrava proprio dannatamente perfetta.

Prima di sedersi, Rinoa aiutò a lisciare il vestito della sposa. Non riuscì a evitare di ridere forte quando notò che la sua amica doveva ancora indossare le calze e le scarpe adatte. La futura sposa girava con i calzini a stampa di chocobo. Era una cosa molto da Selphie, ed era felice che alcune cose non fossero mai cambiate.

"Mi dispiace di essermi persa le prove, non sono riuscita a liberarmi," si scusò Rinoa.

"Non c'è problema. Cammini, stai in piedi, e poi torni indietro... sono sicura che riuscirai a cavartela con questo complicatissimo programma."

"Ci proverò," rise. "Hai detto che dovevo andare all'altare con Zell?"

"Sì, non preoccuparti, ti porterà lui dove devi andare." Selphie si mosse, saltando sulla sedia molte volte. Quistis grugnì irritata mentre il velo che cercava di fermare si spostava su un lato.

"Se ti muovi un'altra volta te lo incollo con la supercolla, capito tesoro?"

"Ok, ok Quistis... ma devo raccontare a Rin di ieri sera! È stato così divertente! Siccome voi non vi siete fatti vivi... abbiamo dovuto sostituirvi per le prove. Quindi, abbiamo sfidato Zell e Quistis ad andare all'altare con dei panini... e loro l'hanno fatto!"

"C-cosa?"

"Oh, era una scommessa!" spiegò Selphie, mentre Quistis la teneva giù con una mano. "Avevamo già mangiato, e Irvine ha ricordato a Zell della sua vecchia fissa per i panini... e ha detto qualcosa di stupido del tipo, 'pensavo che prima o poi ne avresti sposato uno'. Non chiedere cosa c'ha portato a quel punto... ho nominato il vino? Molto vino? Beh, comunque, una cosa ha tirato l'altra e quindi siamo finiti a portare due panini alle prove. Dovevi esserci."

"Uhm... certo. Non sono molto sicura di come mi sento a essere sostituta da un sottoprodotto della carne, ma ti credo sulla parola." Le tre ragazze risero della pura follia dell'intera faccenda. "E poi... hai detto vecchia fissa per i panini di Zell?"

Quistis rise, ricordando le innumerevoli ore che avevano trascorso a prendere in giro l'amico. "Sì, a dire il vero è diventato vegetariano quando ha iniziato a uscire con Alexandra. Quindi ha giurato di non toccarne più."

"Wow. Dev'essere amore."

"O pazzia," disse Selphie. "La giuria non ha ancora emesso un verdetto."

"Aspetta... aspetta, torniamo un attimo a ieri sera. Quistis, in nome di Hyne, come hanno fatto a convincere te ad andare all'altare con un panino?" Rinoa si accigliò, guardando l'insegnante con sospetto. Non era da lei seguirli nei loro giochi infantili. Al Garden era lei quella che manteneva la pace e faceva da arbitro imparziale.

"Sì, beh... ecco, quella cosa del 'vino' c'entra molto. Non lo so... mi sono sentita costretta a farlo."

"E poi abbiamo minacciato di raccontare al Trepe Fan Club delle sue scappatelle a Dollet quell'estate. Ho ancora le foto!" Selphie mise le braccia davanti a sé, come se avesse i polsi legati da manette.

"Selphie, ti ho detto che hanno lasciato cadere le accuse! È stato tutto un fraintendimento... quante volte dobbiamo parlarne ancora?"

"Fino a che ci credo," rispose Selphie facendo l'occhiolino a Rinoa. Era qualcosa che le tre ragazze avevano giurato di mantenere segreto, ma ogni tanto usavano quell' 'incidente' come minaccia l'una per l'altra. Anche se alla fine era stato un semplice scambio di persona, era molto più divertente il modo in cui i ragazzi avevano interpretato la cosa.

"Grandioso, quindi... almeno non mi sento la sola ad essere stata sostituita da un panino."

"Nah," rispose Selphie distrattamente, giocherellando con alcune perline che le ornavano il vestito. "Quistis va all'altare con Sq-" Non finì mai di pronunciare il nome, e chiuse la bocca guardando l'amica, dispiaciuta. "Scusa, Rin. Non pensavo a quel che dicevo."

"Va tutto bene, Selphie. So che ci sarà anche lui. Mi dispiace solo che non fosse alle prove ieri sera. Spero che non sia per via del nostro passato."

"Rin, non sappiamo perché non è venuto. Ma ci sarà, oggi," rispose sinceramente Quistis. Mise il pettine sul tavolino, e guardò la giovane donna. Sapeva che quel giorno sarebbe stato difficile per lei, e apprezzò nuovamente il coraggio che aveva avuto Rinoa anche solo a presentarsi. Si chiese se lei sarebbe mai riuscita a essere così forte.

Rinoa sorrise. "Questo giorno non riguarda me... o lui. Riguarda Irvine e Selphie, ed è tutto quello che conta."

*~*~*~*~*

I piccoli germogli dei fiori di ciliegio stavano appena iniziando a spuntare dopo l'inverno. I boccioli rosa e scarlatti contrastavano con le tonalità più chiare, quasi grigie del tronco. Non aveva mai guardato gli alberi, o anche solo pensato alle piante in fiore, ma ora questa aveva una sorta di fascino.

Non aveva avuto intenzione di vederla... almeno non così presto. Non aveva potuto fare a meno di guardare mentre scendeva dalla macchina, e poi non aveva potuto fare a meno di guardare mentre lei restava immobile, più bella di quanto ricordasse. Il vestito rosso da damigella era uguale a quello di Quistis, ma in qualche modo stava meglio a Rinoa - forse per il colore più scuro dei capelli, o forse solo perché era lei. Indossava una giacca leggera sulle spalle, e portava un pacchetto sotto al braccio. La brezza primaverile le scompigliava i boccoli sul viso, e lei tentava invano di tenerli indietro.

E lui stava in piedi contro il muro, come se fosse tornato ad essere un adolescente debole e senza parole. L'unica differenza era che ora aveva passato i vent'anni, e stavolta lei non gli avrebbe chiesto di ballare.

Quindi, tutto quello che poteva fare era guardarla. La conosceva anche troppo bene. Dentro di sé, era incerta sul partecipare, e combatteva un migliaio di emozioni. Ma Selphie e Irvine erano suoi amici, e per lei quel legame valeva più di qualsiasi sentimento negativo potesse ancora avere per lui. Per un giorno, avrebbe messo da parte il passato, vivendo il presente in onore dei suoi amici.

Era come essere in trance, mentre riviveva di nuovo il dolore. La sera prima non era nemmeno riuscito a farsi vedere... era amaramente ironico che anche lei non fosse andata alle prove. Squall si chiese se lei, almeno, avesse inventato una scusa più plausibile della sua. Lui non ne aveva nemmeno pensata una, scegliendo di lasciare un semplice messaggio che diceva solo che era 'occupato'. Hyne, si faceva schifo per la sua debolezza, ma la sera prima non era pronto... e non era pronto nemmeno quel giorno.

Per un secondo, il cuore gli si fermò a metà di un battito. Rinoa guardò verso la finestra, fissando qualcosa che aveva catturato la sua attenzione. Merda. Non poteva vederlo, giusto? Poteva percepirlo? Era una specie di ex connessione Strega-Cavaliere che i libri non menzionavano? Sarebbe fuggito se le gambe avessero trovato la forza di farlo, ma tutto quello che riuscì a fare fu fissarla come un prigioniero che vede avvicinarsi la libertà. Lei raggiunse il bordo del pavimento in cemento, e appoggiò il pacchetto per terra. I tacchi alti affondarono nell'erba; sembrava più angelica ad ogni passo. La bocca gli sembrò carta vetrata, e il cuore gli batteva in petto come un martello, mentre continuava ad essere incantato.

In quel momento lei si fermò a un albero di ciliegio lì vicino. Squall non era sicuro di cosa lei stesse facendo; le sue azioni lo avevano spesso lasciato sbalordito. Lei fece scorrere le dita tremanti sul tronco, alzandosi sulle punte. Sembrava che stesse cercando di aspirare la fragranza dei boccioli. Dal punto in cui si trovava, lui poté vedere la tranquillità della sua espressione, mentre assorbiva la natura circostante. C'era qualcosa che lui non vedeva?

Poteva capire che era ancora nervosa, ma sembrava ci fosse un'aura di pace ad avvolgerla. Forse aveva solo bisogno di qualcosa di calmante che la distogliesse da... beh, dal vederlo. Per un altro minuto, lei rimase in silenzio sotto all'albero con gli occhi chiusi, appoggiandosi al tronco per tenersi su, mentre la brezza le accarezzava il corpo e i raggi del sole le toccavano il viso con le loro dita invisibili.

Squall si chiese se lei potesse sapere quanto erano vicini. Cosa avrebbe pensato se avesse saputo che lui stava scrutando ogni minimo dettaglio? La serenità finì troppo presto; lei si ritrasse lentamente, prese il regalo e si diresse all'ingresso principale. Poi lui ricordò che, per la prima volta in due anni, sarebbero stati sotto lo stesso tetto.

E quindi rimase in piedi, immobile.

Contro un muro, da solo, a scoprire lo splendore dell'albero che lei si era appena presa il tempo di apprezzare. Questa era solo una delle loro svariate differenze; lei era tipo da fermarsi a godersi la maestà della natura, e lui era tipo da distruggerla.

"Hey amico, ti unisci a noi entro stasera?" La voce di Zell lo riportò al qui e ora, anche se parte di lui voleva restare 'là' e 'allora'. "Irvine sta per darmi settantacinque ragioni per cui il matrimonio è meglio del celibato, e io le controbatto tutte dicendo perché non lo è. Abbiamo scommesso cento guil su chi fa la lista migliore. Eddai amico, mi servi come rinforzo su questa qui."

Il Comandante scrollò le spalle. "Ok." Lui, di suo, avrebbe potuto trovare migliaia contro per non sposarsi, ma gli serviva un solo pro...

."Non riesco ancora a credere che sia riuscita a convincerti!" esclamò l'esperto di arti marziali, sedendosi su un piccolo divano al centro della stanza. "Pensavo che saresti stato l'ultimo a farlo davvero." Zell si appoggiò allo schienale, entrambe le mani dietro la nuca. "E poi dicevano che ero io il gallinaccio."

Irvine rise alla battuta dell'amico: così arrogante, così sicuro di sé... così sul punto di essere al posto suo. Il cecchino sapeva che avrebbero partecipato al matrimonio di Zell entro la fine dell'anno. Diamine, aveva rinunciato ai panini, e quella era una decisione che cambia la vita. Andare all'altare non doveva certo seguire da troppo lontano.

Il tono di Irvine era serio quanto mai prima. "Zell... so che non mi crederai, ma sono io che ho voluto sistemarmi. Penso che uno lo sappia, quando trova l'anima gemella."

Squall, chi diavolo trova la sua anima gemella a diciassette anni, eh?

Il Comandante poteva ancora sentire la voce del giorno in cui se n'era andata - così amara, così piena di risentimento... così ferita. E lui era rimasto lì, confuso, senza mai trovare le parole di risposta alla sua domanda. Cosa avrebbe potuto dire? Aveva rinunciato a tutti i diritti con i suoi errori.

Pioveva il giorno che se n'era andata, e nel suo cuore, da allora, aveva piovuto ogni giorno. Irvine e Selphie avevano trovato la convinzione che a loro era mancata. La cosa ironica era che Squall non avrebbe scommesso che quei due sarebbero stati insieme per più di sei mesi. Ecco perché il Comandante aveva imparato, molto tempo prima, a non scommettere mai. Non aveva mai la fortuna dalla sua parte, a prescindere dalle carte che aveva in mano.

"Dai Squall, aiutami."

"Zell." Il suo tono era sincero, data la leggerezza della conversazione. "Sei felice per loro quanto me. Che due persone sappiano superare le proprie differenze, che trovino un punto comune... dice tanto. E tu puoi anche inventare cento ragioni per cui non dovrebbe sposarsi, ma non importa... gliene serve solo una per farlo."

"Squall?" Anche se era grato del commento, Irvine sapeva che quello che il suo amico stava dicendo derivava dall'esperienza diretta, e non da una guida vuota. "Lei è venuta?"

"Sapevi che l'avrebbe fatto," rispose onestamente. "Guarda... non importa. Oggi non riguarda il nostro passato, ma il vostro futuro."

Zell si tolse le mani da dietro la nuca, facendo schioccare le dita nel silenzio imbarazzato. Non era per maleducazione, ma per una semplice abitudine nervosa che aveva preso negli anni passati ad usarle come armi. Era felice per il suo amico quanto lo era il Comandante. Di fatto, nessuno poteva immaginare che questo non accadesse. Parte di lui voleva che l'atmosfera rimanesse gioviale, concentrata solo sul matrimonio.

"Hey ragazzi, vado a vedere le ragazze. A vedere cosa succede," disse Zell prima di alzarsi.

Mentre lasciava la stanza, Irvine si alzò e comincio a mettere la giacca del suo abito da sposo. Sia lui che Selphie avevano deciso di non basare il matrimonio sulle tradizioni del Garden. Entrambi avevano caro il ricordo del tempo passato lì, ma parte di loro voleva anche focalizzarsi sulla vita che andava oltre quella militare.

La coda di Irvine era ben pettinata e stretta alla base della nuca. Solo recentemente il cowboy si era separato dal suo cappello. Gli sembrava quasi che gli mancasse una parte di sé, perché quell'oggetto era parte di lui quanto il sorriso.

Quindi il giovane sposo si alzò con addosso la sua giacca a coda. Anche i due testimoni indossavano abiti tradizionali, anche se non con una giacca a code.

"Davvero stai bene, amico?" chiese Irvine aggiustandosi il colletto.

"È solo che rivederla..." Si fermò, rendendosi conto che non poteva farlo. Non quel giorno.

"Lo so. Lo so. Il tempo in qualche modo aggiusta le cose. Ci saranno ancora le cicatrici, ma forse non farà più così male."

Dannazione, non farà mai meno male. Abbassò lo sguardo sull'anello di platino che aveva intorno al dito. Il leone scolpito sembrava fissarlo con durezza, ricordandogli i suoi fallimenti. Ed era per quello che lo indossava, un promemoria costante del suo lavoro e di tutto ciò che gli era costato.

La scelta che aveva fatto, le incertezze che non aveva mai saputo superare... in un unico momento di paura, congelato tra due lavori, Comandante e Cavaliere, aveva scelto quello che non sarebbe mai stato pieno di incertezza, quello che non l'avrebbe mai abbandonato...

*****
Nota della traduttrice (10/03/2013): Come avrete notato, il titolo del capitolo è rimasto in inglese: questo perché Ashbear scrisse (anche se non ricordo dove!) che una parte dei titoli di capitolo di questa storia erano titoli di storie su FFVIII che lei aveva amato e che erano state pubblicate su fanfiction.net. Alcune delle storie a cui si riferisce sono state o saranno tradotte, per altre siamo in attesa del permesso dell'autore/autrice, per altre ancora non abbiamo chiesto il permesso. In ogni caso, cercherò di segnalarvi sempre sia la storia su ff.net, sia l'eventuale traduzione. Se Ashbear me ne darà il permesso, inserirò le traduzioni delle storie che danno il titolo ai capitoli di After the Fall tra i suoi preferiti su questo account^^
La storia che dà il titolo a questo capitolo è Fortune's Hostage di RobertDogwood; non è previsto per adesso che venga tradotta, e non lo sarà mai: in occasione della WiB challenge di agosto 2012, Ashbear ha lasciato un messaggio su questo autore, che lascia ad intendere come sia molto probabile che sia morto (Ashbear e altre persone avevano un suo contatto telefonico, ed erano a conoscenza di problemi di salute).
In occasione di questa revisione, ho corretto due-tre erroini sparsi che mi erano sfuggiti ai tempi.
Vi ricordo che è sempre attiva la newsletter aperta a suo tempo per Crimson Lies, e che verrà utilizzata da ora in poi per notificare gli aggiornamenti delle nuove storie. La trovate qui. Vi ricordo infine che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II. Definition of a Sunrise ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo II: Definition of a Sunrise ~

Rinoa chiuse gli occhi quando qualcuno bussò alla porta. Qualcosa dentro di lei le diceva che non era lui; lui non bussava in quel modo. Solo una persona che conosceva bussava in modo così ritmico - e così tante volte. La porta si aprì appena dopo che Selphie urlò di entrare.

"Siete tutte vestite qui? Perché se lo siete, torno tra qualche minuto."

Quistis alzò gli occhi al cielo. Ora che Irvine stava per sposarsi, immaginava che toccasse a uno degli altri ragazzi uscirsene con le battutine - e sicuramente non sarebbe stato Squall.

"Entra!" ordinò Selphie mentre correva verso l'esperto di arti marziali.

"Wow..." Lui era quasi senza parole, vedendola vestita così elegante per la prima volta. "Selphie, sei tu? Ti riconosco a malapena."

Allungò le braccia, con l'intento di abbracciare la sposa. Mentre lo faceva, lei lo afferrò per il polso e lo storse velocemente. Facendo una momentanea smorfia di dolore, lui ammise la sconfitta mentre lei gli teneva ancora il braccio stretto con forza dietro la schiena.

"Ahi! Ok, pietà, pietà, sei tu!"

"Proprio così, chi ti prenderebbe a calci nel culo così?" Lei lo lasciò andare, abbracciandolo sul serio.

"Nessuno," rispose lui, imbarazzato. "Sei bellissima."

"Grazie. Oh, aspetta... vieni qui! Guarda chi è tornato!" Selphie lo trascinò per la mano verso il retro della stanza, dove Rinoa sedeva su una piccola poltrona.

Alzandosi, la Strega camminò lentamente verso di lui. "Hey tu, fai sempre il bravo?"

"Come se non lo sapessi, Rin. Quando mai non ho fatto il bravo?"

"Vuoi davvero che ti risponda?" Lui le andò incontro, dandole un abbraccio gigante. Due - con questo erano due costole che pensava dovessero essersi rotte, come minimo fratturate. I suoi amici erano sempre stati così forti? "Hyne, mi sei mancato, Zell." Si asciugò gli occhi, separandosi da lui. Sarebbe stata una giornata molto, molto lunga.

"Dobbiamo uscire adesso. Ho incontrato Elle nel venire qui, ha detto che tutti si stanno sedendo. Stanno aspettando solo le stelle dello spettacolo."

"Posso farmi sostituire?" scherzò nervosamente Selphie.

"Dai, saremo con te per tutto il tempo," disse Quistis all'amica. Si prese ancora qualche ultimo momento per sistemare qualche ciocca ribelle sotto al velo di Selphie.

Rinoa allungò alla sposa un grosso bouquet di rose cremisi, prima di prendere i due mazzetti più piccoli per lei e Quistis. "Qual è la cosa peggiore che potrebbe succedere?"

"Potrei inciampare, potrei svenire, potrei vomitare, potrei dire il nome sbagliato-"

"Cosa?!" interruppero all'unisono gli altri tre.

"Scherzavo, scherzavo. Sono più pronta di quanto possa mai esserlo." Selphie assicurò infine i suoi tre amici, mentre le due damigelle uscivano per prime, dando il via libera.

Rinoa afferrò l'impugnatura di nastro verde del bouquet come se fosse la sua ultima ancora alla realtà. Tutti lì sapevano che era nervosa quanto, se non più, della sposa. E una cosa era certa... Rinoa non sarebbe mai stata pronta per quel giorno.

*~*~*~*~*

Il Comandante camminò a disagio avanti e indietro, decidendo infine per uno spazio contro un muro. Da lì, poteva guardare l'altare maggiore, e vedere Irvine che aspettava paziente sul lato destro della navata. Il ragazzo sembrava così calmo; nulla sembrava intimidirlo, almeno per quanto concerneva l'amore. Dio, quanto lo invidiava. Irvine era stata una persona diversa prima di incontrare Selphie, ma in qualche modo lei aveva tirato fuori il meglio di lui... e non serviva altro.

Non che Squall avesse passato gli ultimi due anni a pensare a lei ogni minuto... solo, forse, una volta all'ora. Era andato avanti, perché non c'era altra scelta. Cos'altro avrebbe potuto fare? Diventare la persona che era prima di incontrarla? Quella non era nemmeno tra le opzioni possibili, perché tre anni con una persona a cui teneva profondamente avevano cambiato anche lui... solo non come Irvine.

Poteva sentire il fruscio di stoffa mentre il gruppo si avvicinava, dietro l'angolo. Parte di lui non voleva guardare. Eppure parte di lui non vedeva l'ora di guardarla da vicino, di vedere la luce riflessa nei suoi occhi, e il modo in cui le guance le si arrossavano quando sorrideva. Non si voltò fino a quando non li sentì avvicinarsi, e immaginò che se avesse aspettato ancora sarebbe sembrato solo che li stesse evitando... e non voleva nemmeno quello.

Il giovane uomo non era sicuro di quando avesse iniziato a trattenere il respiro. Da qualche parte tra il sentire le loro risate ansiose e trovare il coraggio di voltarsi, aveva smesso di respirare senza rendersene conto. Si voltò per vedere il gruppo dei quattro in piedi sotto l'arcata che portava all'area successiva. Selphie sembrava bellissima nel suo vestito, ma lui non la notò davvero. Tutto ciò che riusciva a vedere era Zell con il braccio saldamente intorno a Rinoa, e i suoi amici che ridevano di qualcosa che qualcuno aveva appena detto.

Lei stava sorridendo.

Di tutte le cose che avrebbe mai potuto immaginare per questa riunione, non c'era lei che sorrideva. Non era sicuro di cosa si aspettasse, forse una qualche specie di rimpianto silenzioso. Pensò che forse a qualche parte di lei lui era mancato... per lo meno, lo sperò. Ma eccola là, in piedi, che sembrava più angelica di quanto ricordasse, con il sorriso che lui una volta era riuscito a cancellare.

Non aveva mai pensato che l'avrebbe vista sorridere di nuovo. Ora si sentiva come una specie di pazzo per essersi aggrappato a una qualsiasi speranza del passato, quando era così ovvio che lei era andata avanti con la sua vita. Fu allora che espirò, realizzando infine che la mancanza di ossigeno stava lentamente annebbiando la sua mente. O era lei?

Lei si voltò quando lo sentì, e sorrise annuendogli. Si chiese se lui potesse capire che il suo sorriso era forzato, ma lui non era mai stato bravo a leggere il significato di alcune delle sue espressioni. Lo sapeva perché, se lo fosse stato, avrebbero ancora potuto essere insieme.

I due anni sembravano essere stati gentili con lui, e lei sperò silenziosamente che la sua partenza lo avesse cambiato, ma era chiaro dalla sua postura e dal suo comportamento che non era così. Si chiese se avesse mai pensato ancora a lei.

"Squall."

Rinoa si rivolse a lui per prima, volendo evitare che lui vedesse che soffriva ancora. Si chiese se Zell potesse sentire le sue braccia che si irrigidivano intorno a lui mentre parlava. Non era stato intenzionale, ma più un riflesso nervoso in ritardo.

Il Comandante annuì, con lo stesso gesto di lei come per riconoscere la sua presenza. "Rinoa."

L'esperto di arti marziali si voltò verso Quistis, del tutto consapevole di quanta forza stesse circondando il suo bicipite. La bionda lo guardò con la stessa consapevolezza, anche se doveva ammettere che stava andando meglio di quanto avesse sperato. Desiderò solo che entrambi avessero avuto il coraggio di farsi vedere la sera prima, per evitare l'imbarazzo della loro riunione quel giorno, in quel momento. Ma erano entrambi testardi, e quella era una parte del loro fascino, sia individualmente che come coppia.

Squall sapeva che questo era il giorno di Selphie, e doveva distogliere l'attenzione da loro due. "Sei assolutamente bellissima-"

"Grazie," rispose Rinoa, interrompendolo e onestamente sorpresa per il complimento, momentaneamente inconsapevole del fatto che il giovane uomo non avesse terminato la frase.

"...Selphie."

Le parole grazie e Selphie vennero dette all'unisono.

Rinoa pensò che in quel momento avrebbe potuto morire. Erano già al 'momento imbarazzante numero due' ed erano stati insieme per meno di quindici secondi. Tutto quello che riuscì a fare fu sorridere, sperando che nessuno l'avesse sentita. Perché diavolo aveva pensato che stesse parlando con lei!? Era il matrimonio di Selphie ed eccola già a causare problemi. Parte di lei voleva scappare via, ma aveva già promesso a se stessa che sarebbe andata fino in fondo... per i suoi amici.

"Anche tu sei carina, Rinoa," rispose il Comandante dopo alcuni altri secondi di silenzio. Diamine, sei più che carina... bellissima, fantastica, la persona più meravigliosa di questo pianeta. La sua mente correva, ma invece lui aveva deciso per l'aggettivo 'carina', poteva andare a casa adesso?

Questa volta lei non rispose, aveva già imparato bene la lezione. Era meglio affrontare quella giornata con un po' di dignità intatta. Lasciando andare la presa sul braccio di Zell, si spostò di fronte al suo accompagnatore, fingendo che gli ultimi minuti non fossero mai avvenuti.

"Diciamo che io e te andiamo a commuoverci all'altare," disse mentre lo guidava verso la coppia di porte principale.

Il Comandante guardò in silenzio Rinoa e Zell che sparivano nella chiesa, comportandosi come se lui non fosse altro che un estraneo. Anche se lei se ne era andata quasi tre anni prima, si sentiva come se se ne stesse andando di nuovo. E di nuovo, tutto quello che riusciva a fare era stare contro un muro e guardare impotente...

*~*~*~*~*

In qualche modo, per quanto Squall cercasse di dare a vedere di essere felice per i suoi amici, non poteva superare l'ondata di emozioni causata dal rivederla di nuovo. Così vicina, a portata di mano... se solo avesse potuto allungare un braccio, avrebbe potuto sentire la consistenza della sua pelle morbida. Ovvio, la manica sarebbe stata proprio davanti alla faccia del sacerdote, e sarebbe sembrato un po' sfrontato, ma questo non fermava il sogno ad occhi aperti che gli entrava in testa.

Si chiese come sarebbe stato sentire la seta delicata del suo vestito sotto alle dita, o la sua pelle di alabastro stretta forte tra le sue braccia. Di nuovo, sarebbe sembrato un po' imbarazzante che il testimone dello sposo sollevasse tra le braccia una damigella della sposa durante la cerimonia... ma non pensava davvero che i suoi amici ci sarebbero risentiti per quell'intrusione improvvisa. Giusto?

Il Comandante non riusciva a sentire il silenzio al di sopra del battito rapido del suo cuore, e dei respiri profondi e regolari che faceva. Un attimo, silenzio? Fu quanto bastava per riportarlo alla realtà per l'ennesima volta, quel giorno, mentre Irvine stava in piedi sorridendogli con malizia.

"Gli anelli, amico. Ce li hai, vero?"

Si mise una mano in tasca, cercando di non notare le centinaia di paia d'occhi su di lui. Ecco che se ne andava l'idea di rimanere il pilastro stabile del Garden di Balamb; si stava sbriciolando disperatamente come la polvere tra le rovine di Centra.

Aprì la bocca per borbottare una scusa, ma gli venne velocemente in mente che il silenzio era d'oro in quel particolare momento. Gli angoli della sua bocca si alzarono come tracce di un sorriso, mentre posava le due fedi nel palmo del suo migliore amico. Allungando il braccio, il Comandante diede una pacca sulla schiena dello sposo offrendogli supporto. Si chiese perché si fosse dimenticato di usare una junction a un Guardian Force quel giorno. Se c'era un momento adatto per usare una magia 'Stop' per andarsene in fretta, questo sarebbe stato un esempio da manuale.

Mentre la cerimonia continuava, sentì una piccola ondata di sollievo per il ritorno dell'attenzione sugli sposi. Anche se non era sicuro che l'attenzione fosse mai stata posta solamente su di lui. Si sentiva come se Rinoa, e la maggior parte della popolazione di Balamb, potesse vedere dritto attraverso la sua stupida confusione.

Squall si strofinò le tempie mentre i suoi pensieri affogavano la voce del sacerdote. Desiderò potersi concentrare di più sulla cerimonia, ma il suo cuore era apparentemente perso nei suoi infiniti ricordi. Era tutto quello che gli rimaneva, i ricordi della vita che avrebbe potuto, che avrebbe dovuto avere...

*~*~*~*~*

Era tardi, e davvero pochi studenti erano ancora svegli al Garden. Era una rovente serata d'agosto, quasi una settimana dopo il suo ventunesimo compleanno. Si assicurò di avere un tempismo perfetto; lei non se lo sarebbe aspettato ora... era passata la mezzanotte e non avevano pianificato di uscire fino alla serata successiva. Anche se, persino allora, lei non aveva idea dei suoi motivi segreti.

Le fece giurare di tenere gli occhi chiusi, minacciando di farle il solletico per vendetta se avesse rotto la sacra promessa e avesse sbirciato. E Hyne, quanto odiava che le venisse fatto il solletico con una passione mai eguagliata. Così lei lo seguì obbediente, facendosi guidare dal suo Cavaliere, le dita per sempre intrecciate con quelle di lui.

"Tieni gli occhi chiusi, Rin. Ti tengo d'occhio."

"Come puoi tenere d'occhio me, e allo stesso tempo guardare dove stiamo andando?"

"Perché sono dannatamente bravo e basta, e tu non dimenticartelo mai."

"Come se tu mi permettessi mai di farlo," lo stuzzicò in tutta risposta. "Squall, seriamente, dove mi stai portando? Sai quanto odio le sorprese."

"No, tu le adori... odi solo l'attesa."

"Bene, allora non farmi aspettare."

"Ma che divertimento c'è per me se lo faccio?"

"Sei un cattivone, non è vero Leonhart?"

"Ci puoi scommettere," rispose scherzoso, aprendo due porte di vetro.

La brezza calda della sera le danzò sul viso, mandandole un brivido eccitante lungo tutto il corpo. Lui la guidò attentamente fuori sulla veranda mentre i loro passi echeggiavano piano sul pavimento di marmo.

Lei sapeva esattamente dove si trovavano, adesso, ma fu colta di sorpresa quando il ricco profumo di fiori le riempì i sensi. Lui fece il gesto simbolico, più che pratico, di muoversi dietro di lei e appoggiare le punte delle dita sopra i suoi occhi.

"Ok," annunciò dolcemente, spostando le mani.

Il balcone era un mare di rose scarlatte. Delle morbide lanterne brillavano come lucciole luminose; le coperture di vetro proteggevano le piccole fiamme dagli elementi.

Non riusciva a parlare, non riusciva nemmeno a respirare, e se avesse detto qualcosa, di sicuro non sarebbe stato nulla più che una sillaba impossibile da sentire. Le braccia di lui le si strinsero intorno alla vita, attirandola verso il suo petto, mentre lui nascondeva il viso nella curva del suo collo.

"Buon anniversario Rinoa, tre anni fa, esattamente stasera, mi sono innamorato."

"Mi rimangio il commento sul cattivone," sussurrò mentre la brezza le accarezzava il viso, e il suo respiro caldo le accarezzava il collo. "Aspetta un attimo. Ti conosco da più di tre anni." Rise rendendosi conto della cosa.

"Uhm... sì," ammise lui imbarazzato. "Beh, è con me che hai a che fare... mi ci è voluto un po' di più per realizzare cosa provavo esattamente."

"Ma te ne sei reso conto, è tutto quello che conta." Sorrise, piegando la testa verso di lui.

Lui sollevò un po' la testa, posando dolcemente le labbra sulle sue. Poteva assaporarla, assaporare i fiori nell'aria, e l'umidità nell'aria stessa. Fu lei a separarsi per prima, lasciando che gli occhi si concentrassero sull'oceano di bellezza posato davanti a lei.

"Quindi, esattamente, che anniversario è?"

"Il giorno in cui ti ho liberato da Esthar... il giorno in cui ho guardato un campo fiorito e ho potuto vedere un'eternità... con te."

Lei avrebbe riso della sdolcinatezza se non fossero state le parole più romantiche che aveva mai sentito. E quei momenti con lui erano una rarità di per sé. "Sai, se mi avessi avvisato, avrei indossato qualcosa di più adatto che jeans e maglietta."

"Non preoccuparti," le sussurrò lui seducente all'orecchio. "Non li indosserai ancora a lungo."

Aveva l'anello in tasca quella sera, ma in qualche modo le parole gli erano sfuggite. Era paura quella che teneva a bada le sue vere emozioni, e quello alla fine sarebbe stato catalizzatore della sua caduta.

*~*~*~*~*

E così era lì in piedi adesso, a guardare mentre due amici si giuravano amore eterno l'un l'altro. Guardò Rinoa, anche se la sua mente protestava urlando contro quel gesto di debolezza. I suoi riccioli neri le cadevano dolcemente sulle spalle, e rametti di velo di sposa e piccoli fiocchi di seta le decoravano i capelli.

Non era tipo da nascondere le emozioni, e notò le tracce umide e argentate che le scendevano lungo le guance. Fortunatamente, lei era troppo intenta a guardare la scena che si svolgeva davanti a lei per notare il suo abbattimento.

La sposa si mosse verso l'altare, riportando l'attenzione dell'ex Cavaliere alla cerimonia. Guardò in silenzio mentre Selphie e Irvine si allungavano verso due candele sottili e appuntite, prima di portare le fiamme singole verso una candela centrale più grande. Insieme, si mossero all'unisono imitando una danza piena di grazia, accendendo una fiamma solitaria.

Era così bello nella sua semplicità, un gesto così simbolico senza parole od ostentazione. Due cuori, due anime che venivano legate tra loro, per sempre una sola.

E questo era ciò di cui aveva paura? Di condividere qualcosa di così personale, ammettere i suoi sentimenti, le sue paure, a qualcun altro a parte se stesso? Guardando al passato, si rese conto di averla allontanata dal momento in cui lei si era avvicinata abbastanza da toccargli la pelle nuda.

Non era ovvio. Anzi, era mascherato con precisione furtiva, che si confondeva nella formula della loro esistenza quotidiana. Nascosto nelle parole dolci e nelle notti in cui i loro corpi erano uniti sotto le lenzuola. Era lento, quasi metodico, ma comunque sempre presente come una pantera che caccia nelle piane ricoperte di erba.

Rinoa sorrise leggermente, fallendo miseramente nel tentativo di nascondere le lacrime che le macchiavano le guance. Era dolceamaro essere di nuovo qui, di nuovo nella vita che aveva così disperatamente desiderato anni prima. E ammettere solo nel più profondo del cuore che era ancora la vita di cui sognava nelle sue illusioni notturne. Il suo Cavaliere sembrava così estraneo, eppure con una familiarità ineguagliabile. Squall era ancora come lo ricordava, un po' più vecchio, ma la maturità gli si adattava bene.

Dalle vecchie fotografie che aveva visto di Raine, notò che Squall somigliava di più a sua madre, cosa per lei sorprendente. Si era aspettata che lui somigliasse di più a Laguna. Pensò che lui avrebbe potuto trovare una sorta di conforto cupo in questa osservazione, ma abbandonò l'idea di affrontare l'argomento... o qualsiasi argomento, se era per quello. Doveva solo allontanarsi da lui, senza sentirsi come quella bambina spaventata che aveva sempre bisogno di essere salvata.

Le linee formali del frac enfatizzavano solo la sua maturità, sottolineando la sua mascella e i lineamenti fini. Dio, doveva smettere di pensare a questo modo, non era né il momento né il luogo, né era per il suo bene. Aveva già fatto quella strada, e stava ancora affrontando la carneficina che ne seguiva.

Distogliendo gli occhi, guardò la sposa e lo sposo che si baciavano per la prima volta come marito e moglie. Rinoa batté le mani mentre la chiesa esplodeva in un applauso spontaneo e in alcuni fischi da parte di alcune delle vecchie conoscenze di Irvine.

Era completamente non intenzionale, ma in qualche modo l'attenzione di Rinoa tornò sul Comandante. Venne colta nel suo atto di debolezza; i loro occhi si incontrarono, facendo fermare le regole del tempo. Era profondo, penetrante, e un annebbiamento le divorò ogni nervo del corpo. Due paia di occhi, nessuno dei due che rifiutava di spezzare la facciata che avevano cercato così duramente di dipingere.

Lei sorrise, nascondendo il disagio che le ribolliva dentro, e annuì consapevolmente verso di lui. Una mano magra si mosse sulla sua spalla, ponendo fine alla riunione silenziosa tra i due.

"Non posso crederci," disse Quistis abbracciando più forte l'amica. "È solo così surreale... mi aspetto solo di svegliarmi e avere Selphie che si precipita nella mia stanza con altri problemi con Irvine."

"Non preoccuparti," rispose Rinoa, ricordandosi anche troppo bene la sensazione. "Scommetto dieci guil che sarà nella tua stanza entro la fine del mese."

"Io alzo la scommessa a venti," disse Zell da dietro le tue damigelle d'onore. "In più metto in gioco un'eccitante notte in città con me come vostro accompagnatore personale."

"Trattenetemi," replicò sarcastica Quistis. "Una notte di birra scadente e cena al bowling."

"Oh, sono sicura che Alexandra sarebbe felicissima di sentirlo." Rinoa fece un gesto verso il gruppo, immaginando che la sua ragazza fosse presente da qualche parte.

"Beh, non viene più al bowling con me... dopo l'ultima volta. Non penso che le interessi davvero..." Fece l'occhiolino, mettendo le braccia intorno alle due donne. "Ancora non concorda che il bowling dovrebbe essere classificato come 'sport da contatto'. Erano solo un po' di costole ammaccate e una frattura minore del polso."

"Io... non... penso... di volerlo... sapere," articolò Rinoa lentamente, cercando di impedire alle immagini di perseguitarla.

L'insegnante guardò la Strega affermando con fermezza, "no, non vuoi davvero."

"Allora, voi due pensate di tenermi un ballo alla festa? Il primo è per Alex, ma quello successivo va all'intera parte femminile della festa di nozze. Beh... e alla Madre... e a Ellione... e..."

"Sicuro Zell." Rinoa interruppe la lista, non sapendo quanto a lungo potesse continuare. Si voltò scherzosa verso il combattente, "ma solo con l'accordo che ci sia solo il 'minimo' contatto fisico. Non voglio dover cercare un medico prima di buttarci in pista... per tua conoscenza, 'buttarsi in pista'... non va preso alla lettera. Mi serve avere tutte le ossa intatte e utilizzabili per il lavoro, ok?"

"Cavolo, Rin, quando sei diventata così musona? Sono abbastanza sicuro che ballare, se è fatto bene, può essere letale quanto una qualsiasi arte marziale. Non ti sei storta la caviglia o una cosa così ballando con i tacchi alti? Vedi, di nuovo uno sport molto pericoloso."

"Sì," si difese lei senza pensare, "ma quello proprio non conta, dato che è stato solo perché Squall ha girato quando invece avrebbe dovuto-"

Il ricordo sembrava bruciato nella sua mente; era il primo ballo per la promozione a cui avevano partecipato come coppia. Dopo Artemisia, dopo che la loro fama era svanita, dopo che avevano potuto andare avanti con una sembianza di vita normale.

Aveva cercato invano di insegnare a Squall alcuni passi di danza più elaborati. Era uno studente molto attento per la prima parte della coreografia. Era solo che... beh, quando arrivavano alla seconda parte si erano solitamente arresi a desideri più primitivi. Era il sentimento spensierato della gioventù, l'esuberanza dell'innocenza che veniva persa volontariamente con l'altro. Un sentimento che desiderava fortemente sentire di nuovo. Quando la vita stessa sembrava meno sporca, anche attraverso la lotta e lo spargimento di sangue.

"Sono inciampata... hai ragione, non avrei dovuto indossare tacchi alti. Errore mio. Quelle cose dovrebbero avere un'etichetta di avvertimento stampata chiaramente sull'esterno della scatola," cercò di scherzare, non volendo indugiare ancora sul ricordo.

"Sono sicura che starai bene stasera, Rinoa." Quistis cercò di mantenere leggera la conversazione. "Solo assicurati di toglierti le scarpe."

L'insegnante poi spostò gli occhi, mentre la coppia di novelli sposi finiva di salutare il primo gruppo di invitati. "Penso che sia ora di scappare per la libertà. Penso che se ce ne andiamo alla svelta, la maggior parte delle amiche di Irvine tornerà a Deling con tutte le ossa intatte e in ordine per il lavoro."

"Cosa?" chiese Rinoa, cercando di trattenere le risate.

"Lunga storia... cena di prova ieri sera."

"Di nuovo, penso che sia meglio che non lo sappia." Rinoa ridacchiò al pensiero di altre possibilità. Non ricordava di essersi sentita così a proprio agio tra amici da lungo tempo, eppure ugualmente innervosita.

"Dai, bellissima," disse Zell, allungandosi a prendere il braccio di Rinoa, guidandola lungo la navata.

La giovane Strega guardò il pavimento, camminando sul tessuto di lino che portava all'ingresso. Centinaia di petali di rose giacevano eloquentemente sparsi sul materiale color cenere. Sembrava che una pioggia di lacrime scarlatto fosse scesa dai cieli. Colse il profumo del suo bouquet di fiori freschi che aleggiava nell'aria.

"Tre anni fa, esattamente stasera, mi sono innamorato..."

"Il giorno in cui ho guardato un campo fiorito e ho potuto vedere un'eternità... con te."

Per un momento, pensò di essere sul punto di soffocarsi per quello squallido odore. La fragranza la riportava alla cosa più romantica che lui avesse mai fatto, l'ultima cosa romantica che avrebbe mai fatto.

Due mesi più tardi, avrebbe sentito di nuovo il profumo di rose tagliate di fresco, ma questa volta sarebbe irradiato dalla bancarella di un venditore per strada. Una bancarella accanto a cui sarebbe passata mentre gocce di pioggia le trapassavano il corpo come migliaia di briciole di vetro, mentre la fragranza delle mercanzie si mescolava a quella del diesel del motore del treno. Il treno che l'avrebbe portata via da lui, lasciando indietro tutto quello che aveva mai voluto, mentre sperava, pregava, che lui avrebbe trovato il coraggio che gli mancava... ma quel momento non venne mai.

E aveva realizzato molto tempo prima che non sarebbe mai venuto.

*****
Nota della traduttrice: la scorsa volta, vi ho detto che avrei chiesto il permesso di Ashbear per inserire tra i suoi preferiti le storie che danno il titolo ad alcuni capitoli di After the Fall: ebbene, l'ho avuto, quindi date un'occhiata anche ai suoi preferiti^^
La storia che dà il titolo a questo capitolo è Definition of a Sunrise di Noacat; ed è stata tradotta. Trovate il link tra i preferiti di Ashbear su questo account. Si tratta di una storia su FFVII.
Aggiunta del 10/03/2013: ho corretto alcuni errori che mi erano sfuggiti. Mi devo scusare: all'inizio di questa traduzione ho usato un programma di dettatura, ma noto che ha fatto più danni che altro.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III. Delusions of Reality ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ III. Delusions of Reality ~

In cinque anni, il suo orrore per gli eventi formali non si era mai attenuato. Il Comandante di Balamb aveva imparato a conviverci, sia per gli amici sia per la pressione politica. Questo evento si sarebbe classificato come tollerabile, data la natura della riunione. Eppure, le occasioni in cui doveva vestirsi come un pinguino troppo cresciuto non erano mai state al primo posto nella sua lista di momenti godibili.

Fece ruotare il contenuto color rubino del suo bicchiere, desiderando che gli sposi avessero scelto un servizio bar completo. In qualche modo, il ruotare meticoloso del vino lo affascinava. Si formò un piccolo mulinello di alcol per i movimenti del calice. Sospirò di frustrazione, realizzando che se continuava a comportarsi così gli altri avrebbero notato il suo modo di fare confuso.

Valeva a dire, se la sua condotta non era già diventata l'argomento di conversazione per metà delle matricole al ricevimento di nozze. Per cinque anni, tutto quello che aveva fatto era stato posto sotto un microscopio, studiato, e poi allargato su un vetrino perché l'intera popolazione potesse esaminarlo.

C'erano stati pettegolezzi, speculazioni, e molte accuse infondate... ma nessuno di loro conosceva la verità. Gli unici che l'avrebbero mai conosciuta o non parlavano, o erano morti e sepolti metri sotto terra.

Non avrebbe mai potuto ripagare Rinoa per il suo silenzio, per il danno che avrebbe potuto causare, ma lei lo aveva lasciato con la sua reputazione e il suo rispetto intatti. Si era tutto rivolto contro di lei, la persona amareggiata che se ne era andata in un momento di rabbia. E, come atto finale di rispetto nei suoi confronti, lei aveva permesso che loro credessero che fosse lei quella cattiva.

Persino ora, era lei quella forte. Lui era andato avanti con la sua vita, aveva pianto la sua stessa ignoranza, ma aveva imparato la lezione. Era il meglio che poteva darle adesso, la consapevolezza dei suoi errori.

"Ehi amico, devi provare un po' del roastbeef. La mamma lo ha preparato apposta... ricetta segreta della famiglia Dincht. È il meglio."

"Zell, tu non mangi più carne," replicò seccamente il Comandante.

"Lo so, ma posso provarlo attraverso te, giusto?"

Scosse la testa. "Chissenefrega."

"Non è che non potrei mangiarlo se volessi... ad Alex non interesserebbe. Non è mai stata una sua idea."

"E allora perché l'hai fatto?"

"Non lo so," disse l'esperto di arti marziali scrollando le spalle. "Credo che ci fosse solo questa parte di me che voleva provare a me stesso che potevo. Forse è più per me che per lei, rinunciare a qualcosa che amavo per qualcosa... che amo di più."

Squall voleva nascondersi. Anche il ragionamento di Zell sulla carne e sull'amore sembrava trascinarlo più profondamente nel mondo da cui una volta era scappato.

"Comunque Squall, solo perché non posso mangiare carne non significa che non la voglio... o che non ci pensi tutto il tempo. È qualcosa che è stata una parte di me per molto tempo. Forse sarà una parte di me per sempre. Forse se ci avessi pensato davvero, avrei capito di non poter vivere senza... forse verrà il momento in cui l'apprezzerò ancora di più."

"Stiamo parlando di carne, vero?" Squall digrignò i denti, senza sapere dove sarebbero andati a finire, o se non fosse lui a vedere doppi sensi in qualsiasi cosa in quei giorni.

"Ehi ragazzi!" Si intromise Selphie, mettendo le braccia intorno al collo del Comandante. Lui non protestò affatto, allungandosi a restituire l'abbraccio. "Di cosa state parlando?"

"Oh, di niente... Zell stava solo dicendo che desidera passare del tempo da solo con il roastbeef... forse sistemarsi e avere una zampa di agnello o due."

"Squall, hai bevuto per caso?"

"Ovviamente non abbastanza." Irvine rise alla battuta del suo amico. "Penso che sia solo nervoso per il tradizionale discorso del testimone dello sposo."

Non ci aveva pensato per tutto il giorno, anche se ne aveva già preparato uno. In qualche modo, lui che dava lezioni sugli impegni che duravano una vita era la definizione stessa di ironia. Per un breve momento, si chiese se non avrebbe dovuto parafrasare alcuni dei commenti di Zell sull'amore, sulla vita, e sui prodotti derivati da animali.

*~*~*~*~*

Rinoa e Quistis sedevano alla destra degli sposi, mentre i testimoni dello sposo sedevano alla sinistra. La Strega si mosse sulla sedia cercando di sistemare lo chiffon che si attorcigliava intorno alla sua vita. Sgranocchiò un cracker, ma poteva a malapena ingoiare per la secchezza della sua bocca. L'ultima cosa che aveva voglia di fare in quel momento era mangiare. Almeno il cibo offriva una piccola distrazione dalle sue mani. Questo la toccava troppo da vicino, senza la distrazione della cerimonia.

Quello era un momento che avrebbe dovuto essere spensierato, per godersi l'atmosfera celebrativa del ricevimento. Divenne uno di quei momenti in cui Rinoa non voleva dare a vedere di star 'guardando' Squall. Allo stesso tempo, non voleva sembrare che non lo stesse 'guardando' di proposito.

Sorrise ad ogni momento che passava, interpretando la perfetta damigella d'onore, senza mai rompere la sua maschera di equilibrio. Bevendo dal suo calice, divenne vagamente consapevole del fatto che ne aveva quasi vuotato il contenuto - due volte.

Con la coda dell'occhio, Rinoa vide Irvine che faceva un gesto con la mano verso l'altro lato del tavolo. Squall capì l'allusione, alzandosi per prepararsi al brindisi. Anche se la spezzava in due fissarlo direttamente, si rimproverò mentalmente che era accettabile farlo date le circostanze.

I ricordi tornarono a travolgerla come un uragano tirannico. Il testimone dello sposo era in piedi a giocare con il suo bicchiere di vino per l'energia nervosa trattenuta. Non gli era mai piaciuto parlare in pubblico - alcune cose non sarebbero mai cambiate. Lei ricordò la primissima volta che era stato costretto a parlare attraverso il sistema di comunicazioni interne del Garden. Tremante e insicuro, scettico e confuso - eppure un'inspiegabile aura di sicurezza lo circondava.

Nel corso naturale del tempo, aveva iniziato a sentirsi più a suo agio quando veniva spinto in un ruolo di comando. Il Comandante aveva persino imparato a sembrare sicuro di sé e professionale - solo le persone più vicine a lui potevano ancora percepire la sua apprensione. E per anni lei aveva seduto tranquilla al suo fianco, osservando con meraviglia la trasformazione che procedeva lentamente.

Non lo aveva mai visto così, però: così sicuro, così equilibrato, e con una sensualità trattenuta che non poteva negare. Dannazione, non voleva pensare di nuovo come una ragazzina innamorata. Udì il suono penetrante delle posate contro i bicchieri, e la discordanza tra il chiacchiericcio e il silenzio venne colmata.

Tutti gli occhi erano fissi su Squall. Lui si comportava tranquillamente davanti all'avversità... o almeno era uno dei migliori attori che lei avesse mai visto. Si rimproverò per quel pensiero - quello era come minimo un eufemismo. Lui di sicuro l'aveva dannatamente ingannata. Nel profondo del cuore, lei credeva davvero che lui l'avesse amata ad un certo punto, ma semplicemente non era abbastanza. Guardò di nuovo il suo vino color rubino cercando di concentrarsi di nuovo - quell'adolescente non era più parte di lei. Lui non l'avrebbe vista a inseguire favole o ad avere bisogno di essere salvata; quella ragazza era cresciuta. Sorrise serenamente mentre la cameriera le riempiva di nuovo il calice. Dava la colpa di alcuni suoi ragionamenti agli effetti dell'alcol.

"Si direbbe che con tutti i discorsi che ho dovuto fare, mi ci sia abituato. Non diventa mai più facile," ammise il Comandante con un leggero disagio.

Fece una risata rigida prima che la sua espressione si aprisse in un sorriso. "Per lo meno, stavolta, non posso pensare di farlo per una ragione migliore."

Alzò leggermente il bicchiere, mentre la sua mano destra entrava nella tasca della giacca, tirandone fuori molti cartoncini bianchi. Scosse la testa, gettandoli sul tavolo. "Sapete, avevo tutti questi appunti che pensavo di leggere... ma solo adesso mi rendo conto che quello che queste due persone condividono non può essere scritto sulla carta."

La sua mente correva per le migliaia di cose che voleva dire. Era come se gli fosse stata data da un'ultima possibilità di discolpa. Forse Rinoa non avrebbe mai saputo quanto profondamente lei gli mancasse, o le ore innumerevoli che stava sveglio la notte. Ma forse questa era l'unica possibilità per lui di dire le parole che mancavano dalla sua mente il giorno in cui lei se ne era andata... e ogni giorno che ne era seguito.

No, questo giorno non riguardava loro, ma forse, se non fosse stato un tale codardo, avrebbero potuto sistemare le cose. Forse, se lei avesse saputo del bisogno che c'era nel suo cuore, lo avrebbe perdonato. Lui avrebbe passato la vita a pentirsi, scusandosi con lei in qualsiasi modo lei avesse potuto immaginare.

La voce cedette all'inizio. "Penso che una volta nella vita si trovi qualcosa di così speciale, di così meraviglioso, che ci si vuole aggrappare a quel sentimento per sempre. Ma la realtà è che la maggior parte di noi non può. Sogniamo tutti di trovare il modo di affrontare l'avversità e il dolore."

Squall fece una pausa, rendendosi conto che stava permettendo alle sue emozioni di avere la meglio. Guardò gli sposi. "Conosco questi due da quando eravamo bambini, e non posso pensare a nulla di più adatto della celebrazione di questa unione. Potrebbe succedere una volta sola nella vita di trovare quella persona speciale, ma succede una volta in un milione di vite di trovare quella persona e di darle sempre valore, di avere quello che voi due condividete. Irvine... Selphie, ricordate sempre ciò che è importante, e non perdete mai di vista quello che portate nel cuore. Credete e abbiate fiducia l'uno nell'altra... non trascurate mai la vostra vita insieme e non trascurate mai l'amore che condividete. A voi... oggi, domani, e per sempre."

Il Comandante alzò il bicchiere verso i novelli sposi. Tutti gli invitati lo imitarono, sussurrando le loro congratulazioni. La sposa e lo sposo sorrisero e si baciarono, applauditi dal pubblico.

Oggi, domani, e per sempre... le parole la facevano sanguinare profondamente nel cuore. La sua voce le echeggiava ancora nelle orecchie. Mentre tutti si sedevano, Rinoa non poté evitare di guardare lui. Parte di lei credeva onestamente che alcune di quelle parole fossero dirette a lei... o forse era il vino che le stava annebbiando la mente.

Questa volta non c'era modo di sbagliarsi: lui la stava guardando. In quel momento, si fissarono l'un l'altro con più che curiosità momentanea. Il suo corpo sembrò incendiarsi all'improvviso, mentre tutto quello che riusciva a fare era respirare. Anche quello era più difficile di quanto avesse previsto.

Non c'erano sorrisi, né finzioni, si guardavano semplicemente l'un l'altra attraverso il tempo e lo spazio. Pensava davvero, lui, che poche parole avrebbero risolto le cose? Se lui cercava disperatamente il suo perdono, perché aspettare di essere in una stanza piena di persone?

Era come se la sua visuale si fosse ristretta e tutto quello che poteva vedere era lui. Dio, voleva smettere, si sentiva debole un'altra volta davanti alla sua presenza. Lui si mosse leggermente nella sedia, facendo un gesto con la mano in aria. Rinoa rimase immobile, incuriosita da ciò che lui stava facendo, trovandosi a piegare appena la testa da un lato.

Fu allora che sentì una voce femminile dietro di lei, che suonava quasi come se stesse rispondendo al gesto del Comandante. Rinoa sentì un'orribile sensazione che le cadeva addosso. Beh, per essere più accurati, era come cadere da un dirupo e precipitare verso il terreno a una velocità indicibile.

Con la coda dell'occhio, Rinoa osservò una figura che si muoveva tra i tavoli. Mentre Squall sedeva immobile, lei osservò la 'macchia' muoversi verso di lui.

Due arti blu scuro gli circondarono il collo, e lei si sentì una stupida fatta e finita. A quante volte era già arrivata quel giorno? Non voleva nemmeno avventurarsi a indovinare, perché la realtà era davvero troppo dolorosa.

"Ehi tu, bel discorso."

Rinoa poteva sentire la voce della donna attraverso i tavoli. Non era stridula, non era acuta, sembrava solo tagliare più in profondità di quanto avesse potuto immaginare.

Squall sembrò distratto mentre alzava lo sguardo sulla persona in piedi dietro di lui. Rinoa non inventò altre scuse, mentre prendeva un sorso, o meglio, beveva il resto del contenuto del suo bicchiere. Sentì una mano sulla spalla e spostò gli occhi per vedere Quistis che sorrideva. L'insegnante aveva un'espressione di solidarietà, mescolata a un po' di colpa.

La Strega rise forte, alleggerendo l'intera situazione. Sorrise radiosa, comportandosi come se non importasse affatto, trovando dell'umorismo nella faccenda. "Va tutto bene, Quistis. Sono stata via per due anni... la vita continua."

La vita continua? Si morse il labbro nervosamente, rendendosi conto che si stava appoggiando a banali luoghi comuni. Sparatemi adesso... facciamola finita con questa dannata giornata. In qualche modo sapeva che Quistis riusciva a leggere attraverso la sua apparenza trasparente. Eppure la sua amica era abbastanza comprensiva da lasciar cadere velocemente il discorso, cambiando argomento.

Se c'era una cosa che si poteva dire di Squall Leonhart, era la sua prodigiosa abilità di rovinare la propria vita più di quanto ritenesse possibile. Il tempismo e la fortuna erano due cose che lo avevano evitato per tutta la sua vita, e oggi non era un'eccezione. L'unico momento in cui aveva finalmente guardato Rinoa liberamente venne sporcato dall'arrivo della sua 'amica'. Alzò una mano verso il suo collo, posandola su quelle che lo circondavano.

"Che ci fai qui?"

"Ho fatto la revisione del budget del secondo quadrimestre a tempo record, quindi ho immaginato che avresti apprezzato la compagnia. "

"Sicuro," borbottò a malapena la sua voce. Si sentiva come se l'unica apertura che avrebbe mai potuto avere fosse stata chiusa con forza brutale. Non cercava miracoli, non cercava affermazione, ma in qualche modo voleva solo una conversazione che sapeva non sarebbe mai avvenuta.

Era davvero troppo tardi. Era dolorosamente ovvio che alcune cose era meglio lasciarle al ricordo.

*~*~*~*~*

La festa stava continuando a pieno ritmo nella notte. Alcuni degli eventi tradizionali avevano già avuto luogo, culminando nel lancio della giarrettiera della sposa e del bouquet.

Rinoa aveva intenzionalmente evitato la cosa come la peste; in qualche modo afferrare il bouquet sarebbe stato un crudele schiaffo in viso. L'unico conforto che aveva era che nemmeno 'l'accompagnatrice femminile' di Squall l'aveva preso - di nuovo, non che la cosa dovesse interessarle.

Per l'ultima ora, era riuscita a stare con Quistis, cosa che aveva mantenuto al minimo la sua inquietudine. Una volta che le danze furono al culmine, l'insegnante aveva a malincuore accettato un invito, con grande dispiacere di Quistis nel lasciare sola la sua amica. Rinoa l'aveva convinta a divertirsi quella sera, sentendosi già abbastanza in colpa per avere monopolizzato così tanto il tempo della sua bionda amica.

Rinoa rimase in piedi contro un muro, osservando il mondo che sembrava passarle accanto. Nella maggior parte dei ricevimenti politici si intratteneva con gli ospiti, parlando per il bene di Timber. In quell'ambiente si sentiva a casa. Nel suo ufficio, a lavorare fino a tarda notte, si sentiva a casa. Stranamente, l'unico posto in cui una volta si sentiva a casa era ora il posto in cui si sentiva più a disagio.

Cercò di ignorare alcuni degli sguardi di alcune persone, ma erano studenti che lei non aveva mai incontrato. La conoscevano attraverso i pettegolezzi e le dicerie, e in tutta onestà, non sapevano niente. Mentalmente si rimproverò per non aver accettato l'offerta di Zone di accompagnarla. Era stato con lei per tutti quegli anni, e attraverso la bisboccia e l'avversità, era diventato il fratello che non aveva mai avuto.

Negli ultimi due anni, il rispetto che si era guadagnata l'aveva sbalzata in una carriera simile a un vortice. Era grazie alla sua influenza che Timber aveva finalmente raggiunto le ultime fasi della sua liberazione. L'effettiva occupazione galbadiana era finita molto tempo prima, ma costruire le fondamenta per un governo stabile avrebbe richiesto anni.

Rinoa aveva iniziato a lavorare come assistente, ma ben presto si era trovata insignita della posizione di ambasciatrice. Era grazie ai suoi legami, e ai legami di suo padre, che era stata in grado di avere successo.

Negli ultimi anni, si era immersa completamente nel lavoro. Per chi la conosceva prima, era una strana trasformazione, eppure era fatta per necessità - per la sua sanità mentale come minimo. Era più facile passare innumerevoli ore in ufficio che tornare a una casa vuota; Angelo stava in ufficio con lei la maggior parte del tempo.

Ma eccola lì. Da sola. In piedi contro un muro a guardare numerose coppie di SeeD che ballavano davanti a lei. Troppo presa dal suo lavoro per avere una vita sociale. Ma di nuovo, il suo lavoro era la sua vita.

Ogni tanto, vedeva Squall... che camminava e che parlava, intrattenendosi con gruppi diversi. Non era ancora salito sulla pista da ballo, e parte di lei ne era grata. Una cosa era sapere che lui era lì con qualcuno, un'altra cosa era guardarli ballare come una coppia.

Sospirò, pensando che sarebbe dovuta tornare al tavolo degli sposi. Zell e una donna castana erano seduti, e lei voleva davvero incontrare la ragazza dell'esperto di arti marziali. Il ragazzo aveva rinunciato ai panini per lei, cosa che poteva essere interpretata come un segno dell'apocalisse. Rinoa non si sarebbe aspettata di meno al suo amico; Zell era una persona meravigliosa con un cuore meraviglioso da donare.

Le mancava davvero fare parte della loro vita, ma ora non era il momento di riflettere sull'aspetto del 'cosa sarebbe potuto succedere' della serata. Rinoa fece un passo avanti, sentendo immediatamente qualcuno che si scontrava con la sua schiena. La forza dell'impatto la fece quasi cadere, ma fortunatamente riconquistò l'equilibrio... cosa che, con i tacchi alti, non era sempre la cosa più semplice da fare.

"Oh, mi dispiace tantissimo," si scusò una voce, suonando un po' imbarazzata. "Ballo così malamente. Non so nemmeno perché ci provo."

"Va tutto bene. Tutti devono imparare, prima o poi," disse Rinoa comprensiva. Ricordava quando aveva ballato con Squall quella prima sera, e di essersi scontrata con Nida e la sua ragazza. Era solo giusto che qualcuno si scontrasse con lei.

Rinoa si voltò, ridendo piano dell'ironia - anche se l'ironia della situazione era appena iniziata. Ecco, infatti, la SeeD di prima, quella che aveva abbracciato Squall. Fortunatamente stava ballando con un'altra persona, cosa che evitò un po' di imbarazzo. Forse Rinoa era saltata alle conclusioni, prima, anche se sembrava abbastanza ovvio.

Dannazione, perché mi interessa?

La giovane donna guardò il suo compagno di danza. "Vai pure avanti, ti raggiungo dopo." Si voltò verso Rinoa sorridendo. "Fratelli, cosa ci si può fare? Si passa tutta la vita a litigare con loro, e poi se ne sente dannatamente la mancanza quando non ci sono."

Rinoa si sforzò di sorridere; la sua teoria di poco prima era appena stata smentita. Cosa che la riportava a una realtà che aveva difficoltà ad accettare.

"Tu sei Rinoa, vero?"

Certo, come se tu non lo sapessi, stron- Si trattenne. Seriamente, questa ragazza non aveva fatto nulla di male, a parte scontrarsi accidentalmente con lei... e poi scusarsi sinceramente. Il fatto che stesse con Squall non avrebbe dovuto influenzarla. Rinoa era quella che, a tutti gli effetti del Garden, se ne era andata da lui; era quella che si era tuffata in una nuova vita. Desiderava solo che gli effetti dell'alcol non fossero già svaniti.

"Sì, è così."

La SeeD allungò una mano per stringere quella di Rinoa. Lei non esitò ad accettare, anche se mentalmente si chiese se poteva buttarla a terra. Era abbastanza sicura di poterla sconfiggere... e abbastanza sicura che Irvine e i suoi amici non si sarebbero affatto arrabbiati.

"Ho sentito parlare di te così tanto. Io mi chiamo Lauren Rachels, mi sono trasferita a Balamb dopo che tu te ne sei andata. Sono solo contenta di poter associare un viso al nome. Non sai quanto spesso le persone dicono che ci somigliamo."

Sì, quel pensiero era leggermente disturbante. Diavolo, quel pensiero era estremamente disturbante.

"Uhm..." riuscì finalmente a mormorare Rinoa, confusa. Anche se, a dire la verità, l'unica somiglianza che poteva trovare era il colore di capelli.

La giovane SeeD scosse la testa ridendo. "Non preoccuparti, non la vedo nemmeno io."

"Molto bene," replicò Rinoa un po' troppo velocemente. "Uhm... non che... io... pensi..." balbettò Rinoa cercando di difendere qualsiasi pensiero avesse al momento. Non era rimasta senza parole per, beh, davvero molto tempo.

Rinoa vide un piccolo gruppo di persone vicino all'entrata. Onestamente, non aveva idea di chi fossero... ma sembravano abbastanza familiari in lontananza. Sorridendo educatamente, alzò una mano per congedarsi. Se mai aveva avuto bisogno di una fuga veloce, era proprio in quel momento. "Mi dispiace, è tutta sera che cerco qualcuno."

*****
Nota della traduttrice: la scorsa volta, vi ho detto che avrei chiesto il permesso di Ashbear per inserire tra i suoi preferiti le storie che danno il titolo ad alcuni capitoli di After the Fall: ebbene, l'ho avuto, quindi date un'occhiata anche ai suoi preferiti^^
La storia che dà il titolo a questo capitolo è Delusions of Reality di Lady Raion; è stata tradotta e verrà presto pubblicata. Si tratta di un AU su FFVIII, e lo troverete come sempre nei preferiti di Ashbear su questo account.
10 marzo 2013: corretti alcuni errorini sparsi.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** IV. Back to the New Present ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo IV. Back to the New Present ~

Rinoa corse verso i tavoli degli sposi, senza mai guardarsi indietro. Il senso di colpa momentaneo che sentiva svanì velocemente. Se Lauren la conosceva davvero, non si rendeva conto di quanto fosse imbarazzante stare lì a parlare? Eppure la ragazza si stava comportando civilmente, e lei era corsa via e basta... di nuovo, rispecchiando la prima sera in cui aveva incontrato Squall. L'ironia dei due incontri non era più divertente, stava diventando un'anomalia cosmica. Se una stella cadente avesse attraversato il cielo, sarebbe andata direttamente alla porta d'ingresso e avrebbe preso il primo treno per Timber senza mai guardarsi indietro.

Il suono dei suoi tacchi echeggiava sul pavimento di marmo mentre si avvicinava al gruppo di persone. Era confortante vedere un viso familiare nel gruppo, anche se 'quel viso' somigliava un po' troppo a Squall. Kiros e Ward sembravano impegnati in una conversazione con alcuni altri ospiti, e come sempre, Laguna sembrava un po' fuori posto.

"Rinoa!" Il Presidente di Esthar la vide avvicinarsi, e le mise una mano sulla spalla prima di attirarla in un abbraccio forte. Lei sorrise allegramente, prima di rispondere all'abbraccio.

"Presidente Loire, sono passati alcuni mesi... come sta?"

"Per l'ultima volta, signorina, chiamami Laguna."

Rise prima di liberarla dal suo 'abbraccio mortale'. Ora era arrivata al totale di tre costole rotte per la giornata. "Va bene, va bene..." replicò spensierata.

Il Comandante tornò verso i tavoli, senza sapere che Rinoa e Laguna erano nel gruppo vicino. Si era già seduto sulla sua sedia, completamente dimentico di ciò che lo circondava fino a quando non sentì la sua voce. La voce che gli mandava milioni di brividi lungo la schiena. Parte di lui si sentiva in colpa a origliare la loro conversazione, parte di lui voleva sentire il suono tenero delle sue parole ancora un po'. Anche se la voce oltre a quella di lei apparteneva a Laguna.

"Allora, Laguna, come stai?"

"Beh, sembra che non ci sia mai un momento di calma. Se non è il Consiglio, è il Congresso di Esthar. Se non sono loro, allora è una qualsiasi associazione politica che è arrabbiata con l'altra."

"Racconta. Io sto lavorando sulla crescita dell'occupazione di Timber. Ogni volta che cerchiamo di abbassare le tasse per i piccoli imprenditori - i sindacati più grandi trovano un cavillo nelle nuove regole governative."

"Ho sentito di quella legge tenuta in stallo da uno dei miei collaboratori. Spero che tu possa trovare presto una soluzione. Per favore, sentiti libera di chiamarmi se ti posso aiutare in qualche modo."

Il Comandante stava seduto affondando nella consapevolezza che queste due persone dietro di lui erano estranei. Avrebbero potuto essere due politici qualsiasi, ma non lo erano, erano suo padre e la sua ex ragazza. Entrambi erano estranei agli occhi della sua mente. Queste due persone che lui aveva classificato: lo 'scemo' del suo mondo dei sogni, e la ragazza che discuteva di strategia sul pavimento sporco in un vagone del treno. Una volta credeva che il suo lavoro fosse importante, ma la maggior parte dei giorni si sentiva solo come una segretaria troppo considerata. Si chiese tra sé e sé come fosse messo il Garden a cartucce e carta per la fotocopiatrice... si fece un appunto mentale di controllare quando fosse ritornato.

La voce del Presidente non esitò, assumendo un tono diverso da quello a cui era abituato il Comandante. Forse, senza il balbettio e la confusione, suo padre poteva essere davvero buono a qualcosa. "Hai mai ricevuto i dati statistici di cui avevi bisogno per il programma di Rinnovo Urbano del Consiglio?"

"Sì, ti ringrazio tantissimo per il tuo aiuto, sei stato una manna dal cielo. Siamo riusciti ad avere l'approvazione per i fondi, appena prima della scadenza."

"Sfortunatamente, l'assistente che se ne è occupato da noi..." La voce del Presidente si ammorbidì, assumendo un tono più personale.

"Laguna?" Rinoa sembrava davvero preoccupata. Non come la politica, ma come la persona di cui il Comandante si era innamorato anni prima.

"È stato ucciso... alcune settimane fa. È proprio come perdere un familiare."

"Ti sono vicina." La voce morbida di Rinoa era a malapena un sussurro. "Non mi ero resa conto che eravate così legati... mi dispiace."

"No, no... non lo eravamo davvero... è solo che è una morte così inutile. Le autorità immaginano che abbia sorpreso qualcuno durante una rapina... posto sbagliato, momento sbagliato e..." Laguna si interruppe, avendo ovviamente dei problemi ad accettare la cosa. Squall sentì un pizzico di risentimento, chiedendosi se quell'uomo si fosse sentito così quando era morta Raine - anche peggio, se aveva lasciato perdere così velocemente. Ma anche lui si rendeva conto che era un paragone ingiusto.

"Sai cosa?" La voce di Rinoa era tenera e confortante come quella di un angelo... se esistevano. Lui aveva smesso di credere ai miracoli molto tempo prima. Eppure la sua voce gli sembrava una melodia divina. Il Comandante smise di chiedersi quanto avrebbe dovuto bere quella sera. Scosse la testa leggermente, sapendo che doveva smettere di seguire quella strada.

"Laguna, penso che dovremmo celebrare la vita. Ho imparato molto tempo fa quanto sia prezioso ogni momento... ora come ora, non posso pensare a un onore più grande di ballare con l'uomo più compassionevole e affettuoso che io abbia mai avuto il piacere di conoscere."

"Sei davvero una pessima bugiarda, signorina Heartilly," la stuzzicò il Presidente; Squall si sentì come se stesse per vomitare da un momento all'altro. "Ma sarebbe più che un onore ballare con la donna più bella e generosa che conosco."

Sbattere... testa... contro... il... muro... adesso. Squall rabbrividì alla risposta di suo padre. Era stato un passeggero nella mente di Laguna, una volta, e da questo lato, le parole non sembravano affatto meno sceme. E questa volta quell'uomo non poteva dare la colpa delle sue parole alle 'fate' che gli correvano nella testa. Dio, ma poi, suo padre aveva davvero detto qualcosa di così brutto o era solo per il fatto che lui era geloso di quell'uomo? Per una dannatissima volta nella sua vita, Squall invidiava suo padre. Quella serata si stava davvero rivelando proprio perfetta... prima compariva Lauren e poi Laguna ballava con l'unica persona con cui lui non avrebbe mai avuto la possibilità di ballare.

Per un breve istante, il Comandante considerò la possibilità che Rinoa lo stesse indispettendo di proposito. Ma era ovvio che questi due avevano un legame stretto, più stretto di quanto l'avesse lui con suo padre. Se non fosse stato per la sua dannata apatia nei confronti di quell'uomo, forse Squall avrebbe potuto costruire una relazione decente con lui. Diamine, Squall non riusciva ad avere una relazione decente con nessuno.

Perché era così difficile andare da lei e cercare di avere una normale conversazione? Come stai? Come ti sta trattando Timber? Mi hai mai perdonato per avere sprecato così tanti anni della tua vita e per il mio essere semplicemente un bastardo completo? Beh, forse non avrebbe fatto l'ultima domanda, conosceva già la risposta. Quindi, senza dare ascolto al suo buon senso, guardò la pista da ballo. Era come il classico 'incidente d'auto' a cui non si poteva evitare di prestare attenzione per una qualche specie di fascinazione macabra. Anche se avesse voluto evitarlo, c'era una forza più potente al lavoro.

Parte di lui si aspettava di vedere che suo padre era imbranato nel ballo come lo era stato lui una volta... ma con sua sorpresa, e disgusto, Laguna sembrava completamente a suo agio. Le sue dita si intrecciarono con quelle di Rinoa, mentre volteggiavano con grazia sul pavimento. Niente movimenti imbarazzati, niente inciampi, e nessun momento di esitazione, solo una danza elegante della coppia più strana sulla pista. I suoi capelli neri si muovevano come onde nella tempesta, i suoi piedi non mancavano mai un passo.

"Ehi." Una voce da dietro di lui lo riscosse dai suoi pensieri. Guardò chi aveva parlato, senza mai cercare di nascondersi.

"Sei tornata presto. Immaginavo che saresti rimasta in giro per il resto della serata."

"Beh, dovrei, ma ho pensato di venire a vedere come stavi."

"Sto bene Lauren," sbottò un po' troppo duramente. Scosse la testa; onestamente non era davvero colpa di Lauren. "Mi dispiace... solo che è stata dura."

"Lo so... ecco perché mi chiedevo se ti piacerebbe ballare?"

, urlò la sua mente, ma lei non ballerebbe mai con me. Ancora una volta, non era giusto, e si odiava per la debolezza che provava ancora solo per la sua presenza. Era come se gli anni stessero tornando indietro, e strati su strati si stessero lentamente riformando sulla sua corazza.

"Non posso... non mentre c'è lei," sussurrò.

"Oh," disse lei leggermente delusa; ma comunque, capiva. "Scusami, non ci stavo riflettendo. Forse più tardi, se il momento sarà migliore, ti porterò là fuori."

"Forse." La sua risposta era data da malincuore. Lei non insistette ulteriormente, ben conoscendo i limiti della loro relazione. Fece ruotare nuovamente il contenuto del suo bicchiere, fissando impotente il mulinello scuro. Non poteva farlo adesso; rimise il bicchiere sul tavolo. Tutti sulla pista da ballo sembravano così felici, così presi dal momento, e quella per lui era la cosa più difficile a cui assistere. Nei mesi, era andato avanti con la sua vita, ma non avrebbe mai potuto immaginare quanto difficile sarebbe stata questa serata. La temperatura nella sala sembrava insopportabile, ma sapeva che era un miscuglio di alcol e nervosismo, più che il riscaldamento.

Alzandosi, guardò la porta d'uscita. Passandosi una mano tra i capelli ribelli, prese la decisione consapevole che aveva bisogno di allontanarsi, almeno per il momento. Si tolse la giacca, mettendola sullo schienale, prima di gettare un'ultima occhiata alla pista da ballo.

Lei c'era ancora. Forse lui non voleva che ci fosse; sarebbe stato così più facile. Era come guardare il suo passato che si muoveva davanti a lui, perseguitandolo senza saperlo con i fardelli che non sarebbero mai svaniti. Lei non gli aveva mai chiesto niente, fino a quell'unica notte. Lei aveva solo preso quello che lui era disposto a dare, e non aveva mai preso nulla più di quello che lui poteva sopportare.

Distolse lo sguardo, non solo da lei che ballava nel presente, ma anche dalla ragazza a cui aveva dato un bacio di saluto due anni prima.

Squall uscì sul terrazzo, guardando le stelle che decoravano il cielo. Aveva sempre guardato il cielo con emozioni contrastanti. Ora più che mai si sentiva lacerato; la parte che lui pensava di poter seppellire con il lavoro e con relazioni di convenienza. Voleva ancora bene ai suoi amici - quello non sarebbe mai cambiato. Anche se non lo dava a vedere, dipendeva dal loro supporto più di quanto loro avrebbero mai saputo.

La sua vita sentimentale, se così si voleva chiamarla, rimaneva vuota quanto lo era stata prima. Ricordava che una volta Rinoa si era lamentata del matrimonio di sua madre e suo padre, basato sulla convenienza e non sull'amore. Non avrebbe mai potuto capire la loro relazione, basata su un reciproco avanzamento di carriera. Squall non avrebbe saputo dire quali fossero il cibo o il colore preferito di Lauren, ma poteva facilmente fare una lista in ordine decrescente dei suoi risultati sul lavoro e delle sue ambizioni. Non era diverso da un candidato politico che sposava un'anziana ma ricca signora, i programmi erano già conosciuti e le linee già tracciate. Lei non si lamentava mai del suo lavoro, lo incoraggiava solo a lavorare di più. Cid Kramer si sarebbe ritirato alla fine del semestre ed era di pubblico dominio che Squall sarebbe stato nominato Preside. Lauren era la prima candidata a Comandante, visto che Shu aveva accettato il ruolo di Preside l'anno precedente a Trabia.

E questo era tutto quello che gli era rimasto, il suo lavoro.

I suoi amici avevano accettato Lauren, forse perché sapevano chi era davvero... in qualche modo, lui capiva Caraway e Julia, più di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Una volta aveva detto che non credeva che la sua vita fosse stata predestinata, determinata prima della sua nascita. Ora era arrivato ad accettare quel fatto. La sua vita era il Garden. Il Garden c'era sempre stato e non avrebbe mai potuto lasciarlo. Era bravo nel suo lavoro. Non era bravo in altre cose, come l'amore. Questo era solido, ben definito, e soprattutto, lui non avrebbe mai potuto fare del male a un oggetto inanimato.

Non avrebbe mai potuto deluderlo, come aveva fatto con lei...

*~*~*~*~*

Era come un gioco infantile del gatto e il topo, con Squall nella parte del gatto... e Rinoa in quella del topo. Lui la inseguiva per la stanza, prima che arrivasse il colpo inevitabile. Pam, riuscì a colpirla dritto in faccia. Non 'colpiva' mai forte, ma era abbastanza da farla ricadere sul letto.

"Sei così cattivo!" Lei rise istericamente mentre lui lasciava cadere il cuscino sul letto.

"Non lo sono, Heartilly," si difese ridendo a sua volta. "Ricordati solo che se mi colpisci dietro la testa, io mi vendico... e prendo prigionieri." Enfatizzò il concetto stringendole i polsi con la mano, mentre si stendeva su di lei.

"Lo so," sorrise lei maliziosa. "Perché mai pensi che ti abbia 'colpito' con quel cuscino?"

"Sei così cattiva." Sollevò un sopracciglio mentre la ringraziava silenziosamente per quell'interludio di cui aveva molto bisogno.

"Ho solo pensato che forse dovresti prestare più attenzione alla tua ragazza e un po' meno ai rapporti sul caso. O avrei dovuto scriverti un appunto, dicendoti quanto sembravi sexy a mordicchiare il fondo di quella matita?"

"Quello è solo un tic nervoso!" Indugiò a pochi centimetri dalle sue labbra. "In più non mettere mai su carta quello che non vuoi che vedano gli altri."

"Chi ha detto che non voglio che gli altri lo vedano? Non è colpa mia se tu sei così dannatamente bello... o se sono un po' gelosa della matita."

Smisero di ridere, guardandosi profondamente negli occhi. Lui lottò nella sua mente per fare quello che aveva cercato di fare per settimane. Fallo, maledetto idiota... chiediglielo e basta. L'anello è nel cassetto... dillo e basta. È quello che vuoi, no?

Il corpo di Rinoa si tese mentre rabbrividiva, prima di chiudere involontariamente gli occhi. Lui dimenticò per il momento la domanda, preoccupato della sua reazione.

"Rin, tutto a posto?"

"Uhm... no." Sembrava piuttosto sorpresa della sua stessa risposta, come se non avesse pianificato di rivelare la verità. Lui si sollevò da lei, mentre lei si alzava dal letto voltandogli le spalle. "Voglio solo che tu non parta."

Lui rise appena. Non che fosse divertente, anzi. Più per una combinazione di nervosismo e sollievo - sollievo che era solo un'emozione normale per lei prima che lui partisse in missione.

"Sai che saranno solo due settimane, vero? Siamo stati lontani per più tempo."

"Lo so. È solo che... non voglio che tu vada."

Lui si allungò attirandola a sé, la sua schiena che riposava comodamente contro il suo petto. Le sue braccia si strinsero intorno alla vita, e lei si rilassò, appoggiando la testa contro la sua spalla.

"Neanche io voglio andare. Ma è solo una missione di routine... faccio solo il supervisore ad alcune matricole. Vorrei poterti dare più dettagli ma-"

"...Ma non puoi. Non puoi mai." Non lo aveva mai ammesso con lui, ma due anni iniziavano ad accumularsi. All'inizio, se n'era fatta una ragione. Negli ultimi mesi aveva iniziato a diventare leggermente risentita. "Mi stanco solo di tutti questi segreti, Squall."

"Rinoa, non ti ho mai mentito. Sai che non ti nascondo cose che non siano legate al lavoro... è solo il mio lavoro. È importante." Si rese velocemente conto del suo errore, cercando di rassicurarla... o forse di rassicurare se stesso. "Sei importante anche tu... lo sai, vero?"

"Sì, Squall." Non era una bugia, sapeva di essere importante e che lui la amava - quello non sarebbe mai stato in discussione. Si voltò, guardandolo negli occhi, cercando di trattenere le lacrime che minacciavano di cadere. "In due anni... non ti ho mai chiesto di non fare qualcosa per il Garden."

"Lo so." Le sue parole furono dolci e rassicuranti, "e non sai quanto significhi per me, Rinoa. Mi hai sempre permesso di essere quello che sono... e hai accettato quello che faccio, anche se non sei d'accordo. Non saprai mai quanto sono grato -"

"Basta." Posò le punte delle dita sulla sua bocca, desiderando che lui non la ringraziasse. "Non dire quello che stavi per dire... perché... perché te lo sto chiedendo adesso. Per favore rimani con me, prova a vedere se Zell, o qualcun altro, può sostituirti."

"Come?" Non aveva avuto l'intenzione di essere secco, ma c'era una parte di lui che ci teneva particolarmente al fatto che lei accettasse il suo lavoro. Forse dentro di sé sapeva che sarebbe arrivato il giorno in cui lei gli avrebbe chiesto questo favore. Era solo la sua reazione che rimaneva il dubbio, ma con questo tono, non era più un mistero. Cercò di controllare la rabbia, ma lo trovava piuttosto difficile. "Come, Rinoa? Tutti qui hanno un lavoro. Se vengo assegnato a qualcosa, è perché hanno bisogno di me. Non andiamo ad estrazione, non è una specie di lotteria che ho perso... vado perché hanno bisogno di me."

La giovane Strega si separò dal suo Cavaliere e si alzò dal letto. Si avvicinò alla finestra e guardò le vaste pianure di Balamb, prima di permettere ai suoi occhi di chiudersi, malinconici. Sapeva che lui non aveva avuto l'intenzione di ferirla, ma in qualche modo lei aveva preso le sue parole alla lettera. "Intendi che tutti qui hanno un lavoro tranne me, vero?"

"Chissenefrega, Rinoa." Era ancora seduto sul letto, iniziando a provare rabbia per le reazioni di lei. Stava prendendo tutto troppo sul personale in quel momento. Lei aveva più buon senso. "Senti, so che fai del volontariato a Balamb, e che è importante per te. Ma io ho una grossa responsabilità, centinaia di persone dipendono da me. Se voglio diventare Preside, non posso passare le mie responsabilità agli altri."

"È quello che vuoi davvero? Diventare Preside?" Era la prima volta che diceva quelle parole; lei era leggermente colta di sorpresa. Si voltò di nuovo verso di lui, guardandolo negli occhi. Poteva essere stata una versione giocosa di una caccia al topo prima, ma questa stava assumendo un tono di sfida, quasi una rivalità naturale.

"Sì... certo... perché no?"

Perché no? Poteva elencare centinaia di ragioni, migliaia di ragioni... ma ovviamente, lui non poteva elencarne nemmeno una. Persino quella che lo stava letteralmente fissando in viso. Forse stava ingrandendo la cosa in quel momento, lo amava, e avrebbe accettato se lui avesse davvero voluto diventare Preside del Garden di Balamb. Era solo che non era onestamente sicura che questo fosse quello che lui voleva davvero, o se non fosse invece il dovere e la lealtà che l'avevano convinto di volerlo - senza nemmeno esplorare altre possibilità.

"Va bene, Squall, se è questo che vuoi davvero." Ammise esitante, "io ci sarò per te. Ti chiedo solo per quest'unica missione, quest'unica volta, che tu non vada."

"Oh mio Dio, Rinoa, non hai sentito niente di quello che ho appena detto? Questo è il mio lavoro; questo è il mio futuro. Ascolta, dammi una ragione reale che posso dire a Cid e allo staff, e rimarrò volentieri a casa."

Lei chiuse gli occhi ricordando, a malapena capace di dirlo ad alta voce. "Perché un fulmine può colpire due volte, anche lo stesso albero."

"Oh grandioso, usa una metafora adesso." Il sarcasmo era evidente nella sua voce. "Che ne dici di ragioni concrete?"

"Mi dispiace, non ne ho." Sapeva che lui non avrebbe capito se gli avesse detto il motivo vero. Era così arbitrario che non poteva crederci lei stessa. "Non pensavo che ti saresti arrabbiato così tanto... non volevo litigare la sera prima della tua partenza."

"Sai," rispose lui onestamente, "non era segnato nemmeno sulla mia agenda. Solo che non avrei mai creduto che l'avresti fatto davvero, senza ragione. Se tu stessi male, se la tua famiglia stesse male, se avessi bisogno di me per una ragione reale... sai che ci sarei."

Lei ripeté nella sua testa una parte della sua risposta, mordendosi la lingua per evitare una risposta cattiva. Ragione reale? Dannazione a te, Squall, io sono una ragione reale! Trattenne le lacrime, impedendo alla gravità di farle cadere. Non avrebbe passato la sua vita intera a sembrare debole davanti ad lui. Così, lo guardò, mentre lui sedeva ancora sul bordo del letto. Si calmò prima di parlare finalmente ad alta voce.

"Sì, Squall, so che ci saresti se qualcosa non andasse per il verso giusto. È nelle parti in mezzo che non sei molto bravo." Non era davvero più arrabbiata, solo ferita. Per due anni lui aveva bilanciato la loro relazione con il suo lavoro, era solo che quest'ultimo ora aveva la priorità. "Buona fortuna per domani," disse dolcemente.

"Ci sarai quando tornerò?" Non era sicuro del perché lo avesse chiesto, era solo la sua paura più grande.

"Certo, Squall... ti amo, ti amerò sempre." Uscì chiudendo la porta, prima di permettersi finalmente di piangere.

*~*~*~*~*

Quella notte rimase seduto con l'anello di fidanzamento in mano, addormentandosi infine stringendolo fermamente nel pugno. Parte di lui voleva chiamarla, correre alla sua stanza, farsi perdonare, ma non poteva e basta. Aveva guardato la giacca della sua divisa SeeD che era appena tornata dal lavasecco. Eccola là appesa, maestosa nella sua custodia di cellophane trasparente. Era così facile, seguire ciecamente gli ordini. Combattere in base alle decisioni degli altri. Non aveva mai chiesto di essere esentato da una missione, e onestamente, era sicuro che non avrebbe influenzato affatto la sua carriera. Eppure, se avesse ceduto stavolta, avrebbe ceduto anche la prossima... e prima di rendersene conto, non avrebbe più saputo chi era. Non lo sapesse davvero, ora.

Quindi, per quell'unica ragione, rifiutava di arrendersi.

La luce del mattino era scivolata tra le fessure delle tapparelle, proiettando ombre orizzontali sul pavimento. Si svegliò al suono della sveglia, sentendo una solitudine che non aveva mai conosciuto così forte prima. Lei avrebbe dovuto essere vicino a lui; rimaneva sempre le notti prima delle missioni. Era l'unico conforto che trovava nel fatto di essere mandato via, quello e la notte in cui tornava. Ora guardò il suo lato del letto, il cuscino che lei usava spesso, e per la prima volta dall'orfanotrofio si sentì abbandonato dalla persona che amava. Anche stavolta, come per Ellione, non era da incolpare la ragazza... il fato, le circostanze, o in questo caso, il colpevole era la sua stupidità. Rimise l'anello nella scatola, gettando sul comodino. Sperando, pregando che ci sarebbe stato un altro giorno... che avrebbe avuto un'altra possibilità.

Si sbrigò e preparò la sua borsa da viaggio, cosa che aveva dimenticato di fare la sera prima. Infilò tutti gli incartamenti in una cartellina, gettandola sopra ai suoi vestiti. Era la prima volta che si era trovato a rimandare, la prima volta che non era davvero preparato per una missione. Uscì dai cancelli, esaminando l'orizzonte per vedere se lei lo stava aspettando, sperando di poterla salutare. Non l'aveva salutata... lei se ne era andata e basta. Non aveva nemmeno avuto la possibilità di dirle che la amava anche lui.

Salutò le matricole con il saluto ufficiale, prima di aiutarle a sistemare le loro cose nel veicolo. Salirono nel retro mentre lui andava a parlare con l'autista, e mentre chiudeva il portellone posteriore, sentì che qualcuno lo chiamava da dietro. Si voltò, trattenendo il sollievo che sentiva nel cuore.

"Squall, aspetta!" chiamò lei, uscendo dal sentiero e correndo verso l'erba vicina.

Sapeva che stava cercando di distanziarsi dal gruppo, non andando direttamente al veicolo. L'ultima cosa di cui avevano bisogno le matricole era un Comandante con problemi di relazioni. Così la seguì in un posto leggermente più intimo, nascosto agli osservatori da una linea di alberi.

"Rinoa, non pensavo che saresti venuta. Immaginavo che non volessi parlarmi."

"Quasi non venivo," ammise lei onestamente, guardandosi i piedi. Li mosse nervosamente sui fili d'erba, guardandoli alzarsi e cadere sotto il suo piede. "Solo che ho imparato tanto tempo fa che tu hai sempre bisogno di salutare. Anche se stai andando solo in un posto semplice come un negozio... non potevo farti partire così... mi dispiace così tanto, non avrei dovuto chiederti di rimanere per me."

"Va tutto bene, Rinoa." Le mise le mani sulle spalle, costringendola a guardarlo negli occhi. "Se si fa sentire meglio... nemmeno io voglio andare. Solo che ho delle responsabilità che non possono aspettare. Quando torno, ti prometto di cucinarti la migliore bistecca che hai mai mangiato."

Lei si costrinse a sorridere, "ho capito bene, hai detto che la cucinerai tu."

Il Cavaliere la attirò in un abbraccio intenso. Poteva sentire il profumo di vaniglia dei suoi capelli, sentire il battito del suo cuore che gli risuonava in tutto il corpo... chiuse gli occhi, cercando di raccogliere il coraggio di centinaia di vite. Le sue braccia si strinsero più forte mentre iniziava a dire le parole che avrebbero cambiato le loro vite per sempre... quelle che cercava di dire da così tanto tempo. "Rinoa, vuoi..." Si sentì come se le sue gambe stessero per collassare sotto il suo peso. Si sentì stringere la gola mentre annaspava alla ricerca d'aria. "Potresti... dar da bere alle mie piante mentre sono via?"

Cretino! gridò dentro di sé, fottuto cretino.

"Nessun problema." Lei ridacchiò quasi nervosamente. "Anche se non mi assumo la responsabilità delle loro condizioni al tuo ritorno. Ricordati, sono la ragazza che ha ucciso molti cactus e persino una pianta che si nutre d'aria. Sai, quelle che non hanno bisogno di acqua."

"È questa la mia ragazza." Le baciò la testa, "non preoccuparti, non ricordo di processi al Garden per carneficina involontaria di un ficus o di una felce."

Lei si alzò sulle punte, baciandolo sulle labbra, un bacio tenero e dolce, selvaggio e appassionato, l'inizio e la fine. Appoggiarono le fronti l'una contro l'altra mentre si separavano momentaneamente. Con il respiro affrettato, lei chiuse gli occhi, lasciando che i suoi sensi assorbissero tutto quello che era lui.

"Squall, hai mai piantato un albero? Lo hai mai fatto crescere da un arboscello?"

"No?" chiese, incuriosito dalla sua strana domanda. Quella ragazza aveva davvero un tempismo impareggiabile. Senza parlare della sua improvvisa infatuazione per le metafore degli alberi.

"Quando torni... vorrei farlo, nel Giardino - insieme."

"Mi sembra carino," rispose lui semplicemente, anche se confuso. "Poi, quando sarà piantato, ti cucinerò quella bistecca dannatamente buona."

"È un appuntamento," sussurrò lei. "Squall Leonhart, ti amo."

"Ti amo anch'io."

*~*~*~*~*

Ora, due anni più tardi, era in piedi, lì, a guardare inutilmente il cielo. Si erano baciati quell'ultima volta senza colpa, senza rimorso. Se lo avesse saputo, non l'avrebbe mai lasciata andare quella mattina. L'avrebbe presa in braccio, portata nella sua camera, e le avrebbe dato l'anello senza esitazioni. Avrebbe fatto l'amore con lei per sempre; avrebbe lasciato il Garden e non si sarebbe mai guardato indietro.

E sarebbe stato sulla pista a ballare con lei, in quel momento.

*****
Nota della traduttrice: sì, lo so, la trama avanza MOLTO lentamente, ma abbiate fiducia, ci arriviamo, poco a poco XD
La storia che dà il titolo a questo capitolo è Back to the New Present di angel-brokensorrow; non è previsto per adesso che venga tradotta. Si tratta di una oneshot su FFVIII.
10 marzo 2013: corretti alcuni errorini sparsi più uno enorme di traduzione che mi vergogno di aver fatto.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** V. Summing Up The Stars ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo V. Summing up the Stars ~

Ed eccolo al ricevimento di nozze da solo; beh, solo a tutti gli effetti. Una dannatissima parata avrebbe potuto marciare solamente in suo onore, e lui non si sarebbe sentito più solo di così. Dannazione, avrebbe dovuto essere con lei in quel momento, ma forse era una buona cosa che avesse scoperto quanto veramente lui dubitasse di se stesso, prima che fosse troppo tardi per lei. Bel Cavaliere valoroso che era.

In un momento di debolezza, si era permesso di essere colto con la guardia abbassata. Due matricole non sarebbero ritornate, facendo il sacrificio solenne, senza parlare del sacrificio che lui, lui stesso, avrebbe fatto...

"Perché un fulmine può colpire due volte, anche lo stesso albero."

"Squall, hai mai piantato un albero? Lo hai mai fatto crescere da un arboscello?"

Si era spesso chiesto di che cosa lei stesse parlando; solo che non avrebbe mai avuto il diritto di chiederlo. Si asciugò una lacrima solitaria dalla guancia. Non si era mai permesso di piangere, lui non era così. Aveva fatto i suoi errori; intendeva conviverci da uomo. La cosa peggiore che poteva fare a Rinoa era non imparare dal passato. Ma quello era semplice; non avrebbe permesso a nessuno di avvicinarsi di nuovo a quel modo. Aveva fatto una scelta anni prima, quindi intendeva seguirla con incurante abbandono. Sarebbe diventato Preside, avrebbe servito il Garden, e non sarebbe mai più stato costretto a scegliere di nuovo. Non sarebbe mai diventato personale.

Diede un ultimo sguardo al cielo, sperando di riceverne una rassicurazione che non sarebbe mai venuta. Si voltò, tornando al ricevimento di nozze. Non si era reso conto di quanto a lungo fosse rimasto là fuori... grato del fatto che nessuno lo aveva disturbato. Ciò di cui si rese conto fu che si era perso i saluti a Selphie e Irvine, dato che erano già partiti per la luna di miele. Le persone si intrattenevano ancora le une con le altre, anche se il gruppo si era assottigliato considerevolmente.

I suoi occhi esaminarono la stanza, per un qualche cupo bisogno di vedere se Rinoa e Laguna erano ancora lì... entrambi sembravano aver abbandonato la festa. Non era sicuro se si sentiva sollevato o intristito, ma sapeva che non avrebbe mai dimenticato il suo viso. Né ora né mai. Sentì la presenza di qualcuno che camminava dietro di lui, sapendo immediatamente chi era. Si voltò cercando di costringersi a sorridere.

"Va bene, Lauren, hai vinto. Balliamo."

*~*~*~*~*

Lei era nella stanza del guardaroba, rimproverandosi in silenzio per il desiderio di vederlo un'ultima volta. Era una debolezza che non avrebbe mai potuto lasciarsi alle spalle. Anche il momento e le circostanze sembravano essere allontanati dal suo cuore. Si era convinta che quel giorno sarebbe stato il giorno in cui avrebbe detto finalmente addio, per dare una forma di chiusura a ciò che aveva desiderato per così tanto tempo. Forse solo per fargli sapere che stava bene senza di lui, che aveva trovato uno scopo.

Era tornata a qualcosa che era sempre stata lì per lei, così come il Garden era sempre stato lì per lui. Timber. In tre anni, si era fatta strada, ottenendo successo in un lavoro che non aveva mai ritenuto possibile. Non le era mai interessato lavorare innumerevoli ore, fino alle prime ore del mattino se era necessario. Aveva un'etica lavorativa che nessuno aveva mai visto lì, ottenendo una laurea mentre manteneva un lavoro a tempo più che pieno. Lo aveva fatto per Timber, per il posto che aveva aiutato a liberare cinque anni prima; ora una nazione indipendente sul filo di lama della riforma sociale. Non aveva il tempo di guardare a quello che avrebbe potuto essere; i fondi per l'istruzione non potevano aspettare. La sua vita sociale sì.

Così si permise questi pochi minuti di debolezza, per compensare a tutti i momenti in cui aveva cercato di rimanere senza emozioni. Ovunque lui fosse, era evidente che non voleva essere lì. Onestamente, non poteva biasimarlo. Aveva iniziato una nuova vita, aveva avuto un avanzamento di carriera, e aveva trovato una nuova ragazza. Aveva già salutato i suoi amici, e stava solo aspettando... non sapeva cosa. Togliendo la giacca dall'attaccapanni, si fermò mentre infilava le braccia nelle maniche, mentre si rendeva conto infine che questa era la fine.

Si mise la borsetta alla spalla, forzandosi a un sorriso mentre usciva dalle porte principali. Mentre la musica dell'orchestra sembrava svanire per la serata, si voltò nuovamente verso la pista da ballo. Alcune coppie sparse volteggiavano ancora a tempo di musica, mentre altre sedevano tranquillamente intorno ai tavoli decorati.

Fu allora che vide un'alta figura che accompagnava una giovane donna alla pista. Le ombre della stanza la nascondevano, mentre il suo cuore sembrava essere strappato in due. Lui si era tolto la giacca, e si era tolto la cravatta al collo. La camicia bianca del completo era stata sbottonata e lui sembrava più a suo agio nell'ambiente.

I suoi movimenti erano senza sforzo, mentre i suoi piedi eseguivano ogni passo con precisa accuratezza. La giovane donna con lui rispecchiava ogni passo con tempismo perfetto. Era la cosa più meravigliosa da vedere, e allo stesso tempo la più orrenda. Apriva le chiuse dei ricordi, quelli buoni insieme a tutto quello che aveva cercato di reprimere negli ultimi anni.

Fu lì, nascosta nel buio, che non poté più trattenere le lacrime. Prima aveva pianto per il matrimonio, ora era per tutto quello che aveva perso. Parte di lei odiava la ragazza là fuori con lui; parte di lei odiava se stessa. Per quanto ci provasse, nessuna parte di lei odiava lui. Non avrebbe mai potuto odiarlo.

Attraverso tutto questo dolore, tutta questa sofferenza, qualche parte di lei aveva sempre mantenuto un frammento minuscolo di speranza. Forse aveva bisogno di vedere, forse poteva finalmente ammettere che era finita. Lui non sarebbe mai andato alla sua porta. Non avrebbe mai lottato per salvare quello che una volta avevano condiviso; forse era colpa sua, lo aveva lasciato senza speranza. Forse era ora di dire quelle due parole di cui aveva avuto paura più di qualsiasi altra.

"Addio, Squall."

*~*~*~*~*

Forse era un'abitudine adolescenziale di cui non si era mai liberata in età adulta, o forse era una distrazione dalla realtà. Rinoa giaceva sulla schiena e fissava il soffitto; i colpi di pennello a forma di zampa di corvo erano silenziosamente affascinanti. Dalla sua stanza d'albergo sarebbe potuta andare sul balcone, vedere l'oceano, avrebbe potuto guardare all'eternità, se lo avesse scelto. Eppure tutto quello che poteva vedere erano le immagini della serata.

Aveva così tanto lavoro da fare, ma non poteva concentrarsi su null'altro che il passato. Il suo portatile rimaneva chiuso, a riposare nella borsa di pelle. Era la prima volta in mesi che non riusciva a lavorare la notte. Di nuovo, era il sardonico senso dell'umorismo del destino che la sua vita fosse diventata interamente dedicata alla sua carriera. Parte di lei ricordava i giorni della gioventù spensierata e li desiderava ancora una volta.

Le mura dell'angoscia l'avevano già circondata, quindi si era seppellita profondamente in qualcosa che non le avrebbe dato dolore. Innumerevoli notti ad addormentarsi nel suo ufficio, innumerevoli mattine a svegliarsi contando sulla caffeina per affrontare la giornata. Innumerevoli volte a paragonarsi a lui, e a ciò che l'aveva allontanata.

La maniaca del lavoro che era diventata nel frattempo era di poca consolazione, e lo negava con veemenza a chi la circondava. Ma non poteva negare questa cosa a se stessa, anche se faceva la guardia alla verità come a una qualche specie di segreto prezioso. Ancora non sapeva perché. Forse era tutto quello che le era rimasto. Il suo lavoro. Timber.

Voltandosi sul fianco, guardò i quattro bicchieri capovolti su un vassoio. Nel centro stava un secchiello del ghiaccio posizionato attentamente. Guardò l'orologio, senza rendersi conto di quanto tempo fosse passato da quando era tornata dalla festa. Tirandosi su a sedere, si decise ad andare alla reception a prendere del ghiaccio. Forse uscire da quella stanza monotona le avrebbe fatto bene, ma di nuovo, nulla poteva sopprimere gli innumerevoli ricordi di quel momento.

Per lo meno nulla che il tempo e la distanza da Balamb, e da lui, non potessero evitare.

Alzandosi dal letto, afferrò il secchiello di plastica, togliendo un tovagliolo che vi era stato posato sopra. Nello specchio, colse un riflesso del suo aspetto trascurato, ma veramente, a Rinoa non poteva importare di meno. I capelli erano raccolti in una coda alta, e l'unica differenza dal suo aspetto normale era che i suoi capelli solitamente lisci ora includevano grossi boccoli, o ciò che ne rimaneva dopo il matrimonio. Indossava dei pantaloncini di cotone e una maglietta abbinata.

Non che volesse fare una buona impressione al barista, anche se da qualche parte in fondo alla sua mente desiderava disperatamente qualcosa. Un momento solo per dimenticare chi era, perché era qui, il dolore che il ritornare aveva fatto risvegliare nel suo cuore.

Prese la sua tessera magnetica, mettendosela in tasca. Senza pensarci ulteriormente, aprì la porta e uscì nel corridoio.

"Sei così cattivo!" disse una voce dal fondo del corridoio. Lei la sentì solo vagamente, chiudendosi la porta alle spalle. Non le fregava proprio niente di chi altro c'era... a meno che il barista fosse capitato da quelle parti.

"No, non lo sono," si difese una voce roca. "Tu non conosci la mia storia con quell'uomo."

"Beh, in ogni caso, riferirsi al Presidente di una nazione in quei termini sembra molto irrispettoso."

"Chissenefrega."

Dalla prima parola, lei aveva riconosciuto la voce; non avrebbe mai potuto dimenticare quella voce, non importava quanto ci provasse. Trafficò velocemente con la chiave, sperando di poter sembrare naturale mentre tornava nella sua stanza, senza attirare l'attenzione su di sé. Le cose non funzionavano mai così, sarebbe stato troppo facile. Le tremavano le mani per il nervosismo della sua fretta. Prese la chiave nella tasca, facendola cadere per terra. Sentì il suono di qualcuno che si chinava accanto a lei, e non riuscì nemmeno a guardare. Lo sapeva già.

"Rinoa?"

Ecco, grandioso, ora era costretta a guardare... e doveva riprendersi quella dannata chiave.

"Ciao," riuscì a malapena a dire mentre si voltava, sentendo il battito del cuore che accelerava fino a un ritmo quasi doloroso.

"Sei in quella stanza?"

No, merda, Comandante Ovvio. Lei si tenne il cinico commento per sé. "Uhm... sì."

Lui si guardò la mano, allungandole la chiave. Lei rimase senza emozioni, mentre la riprendeva, nemmeno in grado di ringraziarlo per averla raccolta. Si trovò ad aggrapparsi al secchiello - il bordo di plastica le tagliava il palmo.

"Ciao di nuovo, Lauren... Squall," riuscì finalmente a dire, anche se per lo più in maniera incoerente.

Quando Rinoa disse il nome di Lauren, sembrò che un pugnale gli venisse affondato amaramente nel petto. Il comportamento calmo della Strega girava solamente il coltello più in profondità nel suo cuore. Sentì il bisogno di spiegare; questo incontro non era pianificato. Diavolo, se ci avesse pensato su, forse avrebbe capito qualcosa in quel suo cervello di rapa. Rinoa veniva da fuori città, con tutta probabilità avrebbe passato lì la notte... era molto più lontana Timber che i venti minuti di macchina per tornare al Garden. Prenotare la stanza era stata solo una precauzione, e dipendeva da quanto alcol avrebbe bevuto. L'arrivo a sorpresa di Lauren era l'ultima cosa a cui aveva pensato.

"Noi... io... Selphie ha prenotato alcune-"

Lei alzò velocemente la mano, non voleva sentire i sordidi dettagli della sua vita sentimentale. Né qualche scusa vuota detta per simpatia... o per senso di colpa. Qualunque fosse. "Squall, siamo in una nazione libera. Vi auguro una buona notte."

Rinoa sperò che le sue parole non sembrassero sprezzanti, ma non poteva sopportare l'idea di stare con loro più a lungo. Si allontanò velocemente verso l'ingresso, con il secchiello del ghiaccio in mano. Se avesse avuto pazienza, avrebbe aspettato l'ascensore... ma anche i secondi che ci sarebbero voluti erano troppi per quello che era disposta ad aspettare.

"Beh... è stato... imbarazzante." Lauren guardò Squall che guardava la figura di Rinoa mentre spariva per le scale.. Lui tornò a guardarla come per dire qualcosa, ma non poteva rispondere.

Forse questa sarebbe stata la sua unica occasione. Mai. Forse era adesso o mai più. Doveva solo sapere che lei stava bene, che era andata avanti con la sua vita. Che soprattutto, lei era felice. Ora era il suo turno di non dire nulla a Lauren, mentre si toglieva la chiave dalla tasca. Aprì la bocca, ma decise che non c'era nulla che potesse dire. La loro relazione non si basava sulle spiegazioni. Lauren prese la chiave annuendo una sola volta, capendo la situazione. Lui le rivolse un'ombra di sorriso, prima di seguire il sentiero per cui Rinoa era appena sparita.

*~*~*~*~*

Il terreno la colpiva forte sotto i piedi, e tutto quello che poteva fare era continuare... giù dalle scale, fuori dall'edificio e lontano quanto l'avrebbero portata le gambe. Sentiva ogni ciottolo che colpiva la tenera parte inferiore dei suoi piedi. Si era maledetta per non aver indossato scarpe, ma solo calze sottili. Non una delle sue mosse più brillanti, ma quali erano le possibilità?

Oh Dio, oh Dio, oh Dio...

Le parole le correvano in mente alla velocità della luce. Poteva onestamente iniziare a sentire che il corpo le tremava, mentre il sovraccarico emotivo saliva sino a un picco isterico.

Era come se tutte le divinità la stessero punendo per qualche loro piacere sadico. La temperatura primaverile sarebbe stata fresca, se lei si fosse permessa di sentirla. Avrebbe dato qualsiasi cosa per essere a Timber, per essere nel suo ufficio o a casa sua. Dovunque tranne che a dormire nella stanza vicino a lui... e lei.

Rinoa si fermò quando raggiunse il molo. Non c'era nient'altro davanti a lei che l'acqua dell'oceano e il frangiflutti molti metri più avanti. Si maledì per non essere andata nell'altra direzione, ma in quel momento era solo contenta di essere sola. Notò una panchina lì vicino, e usò la forza che le era rimasta per camminare sulla superficie abrasiva, cadendo finalmente a sedere sulla struttura in legno. Si prese la testa tra le mani, nascondendo il viso al mondo.

Le correnti ritmiche della marea si infrangevano contro le rocce. Ascoltò, mentre la musica impercettibile della notte iniziava a dare pace ai suoi nervi. Finalmente alzò lo sguardo, stringendosi il secchiello del ghiaccio al petto. Non era stata questa persona per anni, e odiava l'incertezza e l'instabilità che le annebbiava la mente.

Per un momento, considerò l'idea di passare la notte lì, su quella panchina, ad annusare il sale che vagava nell'aria. A guardare la nebbia che lentamente assorbiva tutto al suo passaggio, come l'immaginario respiro del dragone. Infine si rese conto dell'aria fredda, mentre il suo corpo si copriva di pelle d'oca. Rabbrividì al pensiero, sapendo che sarebbe dovuta tornare all'albergo, alla sua stanza. Per lo meno poteva vivere la favola per un altro po', guardando Balamb come alla splendida cittadina marittima che ricordava.

Fu allora che riuscì a percepire una presenza in piedi dietro di lei. In qualsiasi altra situazione avrebbe avuto paura, ma in quel momento, sarebbe stata più felice se fosse stato un vagabondo. Senza una parola, il Comandante si sedette sulla panchina, guardando lo stesso oceano che stava guardando lei.

Lo stesso oceano per cui ciascuno dei due aveva deciso di vivere la propria vita su una costa diversa.

"Uno dei ricordi che mi è tornato dell'infanzia è che di solito passavo tantissime ore a guardare il mare. Ricordo che ero all'orfanotrofio e che mi alzavo quando il sole sorgeva all'orizzonte. Correvo giù alla spiaggia, e cercavo le conchiglie lasciate dalla marea. Non conchiglie qualsiasi... ma quelle che non erano rotte, quelle che erano davvero bellissime. Pensavo che se le avessi raccolte e ne avessi fatto un regalo bellissimo per Ellione, lei sarebbe tornata a casa."

Si fermò, senza mai guardarla, guardando solo la luna che si rifletteva a pelo dell'acqua. "Quello che non sapevo allora era che quello che stavo facendo era togliere qualcosa dalla natura. Ogni conchiglia poteva essere una casa... ogni conchiglia aveva uno scopo. Non era mio diritto prenderle, incollarle su una scatola per gioielli. Invece di riportare indietro Ellione, ho distrutto la casa di tantissime creature del mare."

"Ma adesso lo sai, giusto?" rispose finalmente lei.

"Sì," rispose lui con dolcezza. "Ho distrutto troppo in passato."

"Non puoi fare nulla per il passato. Solo imparare per il futuro."

"Lo farò." Non poté evitare le parole successive che gli uscirono dalla bocca. "Stai bene."

Lei represse una risata, pensando all'aspetto spettrale che doveva avere. Quando si diceva vuota adulazione. Il senso di colpa doveva avere avuto la meglio sul suo giudizio. Ma invece di farglielo notare, lei diede una risposta soggettiva. "Grazie... anche tu."

"Posso tornare al Garden stasera..."

Lei si voltò verso di lui per la prima volta nella serata. "Squall, come ho detto, non mi devi nessuna spiegazione. Sono passati più di due anni. Non penserai seriamente che non credessi che sei andato avanti con la tua vita?"

Lui rimase in silenzio, senza sapere cosa dire, guardando ancora l'oceano. Come poteva spiegare che il suo cuore non era mai andato avanti? Che nulla era come sembrava. Che la paura e l'incertezza erano solo nascoste sotto una pila di richieste e domande in triplice copia. Sfortunatamente, non avrebbe avuto il tempo di dire nulla, prima che lei affrontasse l'argomento.

"Sembra molto carina." Beh, almeno, dalle tre frasi che aveva sentito dire a Lauren... sembrava 'carina'. Era troppo difficile; non poteva guardarlo direttamente ora. Si voltò, concentrandosi sull'acqua.

"Rinoa, non siamo..." Voleva dirle che non era nemmeno lontanamente una relazione seria. Ma poi, dire che era semplicemente una 'relazione fisica di convenienza' sembrava molto peggio. "Sì... è carina," disse forzatamente.

"Squall, mi dispiace se ho messo a disagio te o Lauren oggi. Dovevo venire per Selphie e Irvine."

"Sono felice che tu l'abbia fatto. Non sarebbe stato lo stesso senza di te."

"Grazie," rispose lei, a malapena percettibile sopra il rumore delle onde che si infrangevano in lontananza.

"Allora, come vanno le cose... a Timber, intendo." Fu con quella frase che lei tornò a guardarlo. Questa volta, lui si era voltato a guardare lei. Si guardarono negli occhi, e fu in quel momento che Rinoa si rese conto che erano troppo diversi. Quando vide la luce della luna riflessa nei suoi occhi, non riconobbe nemmeno la persona dietro quello sguardo intenso. Ma andava bene... nemmeno lui la conosceva.

"Non posso... non posso farlo," disse infine alzandosi dalla panchina. "Non siamo 'quelle' persone, Squall. Le persone che possono lasciarsi e rimanere amici. È troppo... complicato tra noi. So che ti dispiace, e non importa quante volte lo dirai... non cambierà mai il passato. Devo andare..."

Lei cominciò ad andarsene, con la paura di voltarsi indietro. I bordi del secchiello del ghiaccio sembravano scavarle nella carne mentre afferrava saldamente il bordo di plastica. Se fosse riuscita soltanto a dirgli addio, se fosse riuscita soltanto a dirglielo in faccia... ma non lo fece; continuò semplicemente a camminare. Sentì qualcuno muoversi velocemente dietro di lei, afferrandole il braccio. Lei si fermò a quel contatto. Un milione di emozioni le inondava i pensieri, ma l'unica cosa che arrivò in superficie fu la rabbia. Questa volta, fu lui a guardarla negli occhi, cercando di alleviarsi la coscienza.

"Senti, non ho potuto parlarti oggi... ma devo sapere se stai bene."

Sembrava sincero, ma il senso di colpa può far sembrare sincero chiunque. "Sto bene, Squall. Non preoccuparti per me. I tuoi doveri nei miei confronti sono finiti anni fa."

Lui ignorò il dolore che circondava quel commento. "Rinoa, è solo che sembri... diversa."

"Squall, la ragazza che conoscevi non c'è più... è stata costretta a crescere. Il tempo e le circostanze cambiano chiunque. Ho passato la maggior parte della mia vita ad appoggiarmi agli altri - che lo ammettessi o no. Anche quando ero con i Gufi del Bosco, si sono presi cura di me. Poi mi sono trasferita al Garden, vivendo sotto il loro tetto e spendendo denaro che non avevo davvero guadagnato. All'improvviso, ero sola, e non volevo tornare a casa da papà. Finalmente sono cresciuta. Mi dispiace se pensi che io sia diversa, ma forse è così che doveva andare. Vado a lavorare ogni giorno. Ho una casa tutta mia. Diamine, ho uno scopo nella vita adesso."

Si fermò, facendo lo sforzo di darsi un contegno che stava velocemente svanendo. "Non devi più preoccuparti di me, come ho detto, i tuoi doveri nei miei confronti sono finiti anni fa. I cittadini di Timber sono molto importanti per me. Devo davvero andare adesso. Ho da preparare un'intera relazione riguardante le barriere sociali ed economiche che deve essere consegnata lunedì mattina." Ok, forse l'ultima parte era una scusa, perché non era possibile che potesse scrivere anche solo un paragrafo leggibile.

"Sapevo che ce l'avresti fatta da sola, è sempre stato così."

"Forse, dovevo solo saperlo." Iniziò a camminare mentre lui rimaneva lì in piedi; voleva voltarsi per dire quella parola finale. Per darsi quella chiusura che desiderava... ma forse quella parte di lei stava veramente vivendo ancora nel passato.

Per la terza volta nella sua vita, lui guardò la sua immagine che svaniva all'orizzonte. La prima volta era stata al ballo della sua promozione, quando non sapeva nulla di lei a parte il suo sorriso. La seconda volta era stata la notte in cui lei lo aveva lasciato sotto un acquazzone. Quella era stata la prima volta in cui lei lo aveva davvero guardato come un estraneo, anche se si erano conosciuti intimamente. Lei si era resa conto in quel momento che non conosceva la persona che lui era davvero. Erano sempre stati troppo diversi, entrambi troppo testardi per ammetterlo. Infine, la terza volta era stata quella sera quando l'aveva semplicemente lasciata andare...

Non diventava mai più facile con il passare del tempo; pensò che invece avrebbe dovuto.

*****
Nota della traduttrice: la storia che dà il titolo a questo capitolo è Summing Up The Stars di Sabam; non è previsto per adesso che venga tradotta. Si tratta di un AU su Final Fantasy VIII, con protagonisti Squall e Rinoa; nonostante su FF.net non sia segnalato, la storia è completa e ha anche un sequel, a sua volta completo (Written in the Sky).
10 marzo 2013: correzioni di poco conto sparse qua e là.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** VI. Your Thousand Seas ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo VI. Your Thousand Seas ~

Il Comandante tornò camminando all'albergo, chiedendosi perché avesse sentito il bisogno di seguirla come prima cosa. Non era che l'incontro avesse fatto del bene a uno dei due, aveva solo reso peggiore una situazione imbarazzante. Eppure, dopo tutto questo tempo, sentiva un inspiegabile bisogno di darle conforto, e comunque l'unica cosa da cui lei aveva bisogno di essere salvata era lui. Aveva giurato che non avrebbe permesso alle sue emozioni di tornare in superficie, che le avrebbe soppresse nella parte interna della sua anima che le aveva custodite così a lungo. Aveva velocemente perso la battaglia quel giorno. Diavolo, aveva perso la battaglia quando l'aveva vista per la prima volta dalla finestra della chiesa.

Il giovane uomo dietro al bancone lo fissò mentre entrava nell'albergo. Con un leggero cenno di saluto, l'ex Cavaliere si diresse all'ascensore senza una parola. Dannato barista. Il giovane lavoratore lo stava guardando in modo arrogante, perlomeno secondo l'opinione di Squall. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era un qualche dannato senso di colpa per un estraneo che lo giudicava.

Il tragitto al secondo piano gli sembrò una piccola eternità, e mentre copriva la distanza rimanente verso la sua stanza, gli sembrò l'equivalente di qualcosa di perpetuo. Il Comandante si trovò a fissare impotente la porta di Rinoa, chiedendosi cosa sarebbe successo se avesse trovato il coraggio di bussare. Se avessero potuto lasciarsi alle spalle una parte del passato, se c'era un infinitesimale frammento di speranza.

Certo che no, perché adesso?

Se avesse voluto combattere per lei, avrebbe dovuto farlo molto tempo prima. Lei aveva reso chiaro come l'acqua che lui non era il benvenuto, e l'unica cosa che poteva fare era rispettare i suoi desideri. Ci teneva a lei fino a quel punto. Nel profondo del cuore, sapeva che l'avrebbe soltanto ferita di nuovo; non aveva mai meritato il dono che lei gli aveva fatto così spontaneamente. Quello che lui aveva spontaneamente accettato, e che aveva poi scambiato per il tradimento e per un titolo.

No, non avrebbe mai potuto bussare alla sua porta... né ora, né mai.

Erano le sue decisioni ignobili a costargli di più di quanto avrebbe mai saputo. Due matricole, la sua considerazione di sé, e l'amore di cui non era mai stato degno. Non importava cosa affermassero i rapporti ufficiali, come le sue azioni fossero state liquidate dal Garden, dal Consiglio. Ai loro occhi, lui non poteva fare nulla di male; era quasi perverso il modo in cui era ancora riverito da loro, dal Preside. Eppure c'era una persona da cui non avrebbe mai ricevuto l'assoluzione - e quella era l'unica sentenza adatta per i suoi crimini.

La chiave scivolò nel lettore e la luce dell'indicatore si accese di una sfumatura iridescente di verde. Fece alcuni passi nella stanza, desiderando per un momento che Lauren non si fosse fatta viva quella sera. Non era che lui l'avesse invitata, o persino che fossero andati di proposito come coppia. Lei c'era e basta. Non erano una coppia... lei era solo... beh, non era lei, Dio, non poteva nemmeno spiegare la sua presenza nella sua vita a se stesso, figurarsi a qualcun altro.

E quello era tutto ciò che Lauren avrebbe mai potuto essere, qualcuno che non lo amava. Andava bene, perché in quel modo non avrebbe potuto ferirla. Lauren aveva una sola cosa in mente, ambizioni di carriera, e con quello per lui era molto più facile relazionarsi. Non si era mai lamentata dei suoi orari, o di come volesse passare più tempo con lui. Soprattutto, lei non gli avrebbe mai fatto scegliere tra le due cose...

Ma di nuovo, nemmeno Rinoa non l'aveva mai costretto a decidere - aveva preso quella decisione solamente di sua spontanea volontà.

Si sbottonò la camicia e la gettò su una sedia vicina. Lauren stava già dormendo e lui ne era grato. Non sapeva se lei gli avrebbe chiesto cosa era successo, ma in quel momento, non avrebbe dovuto preoccuparsene comunque. Si spogliò, rimanendo in boxer, prima di stendersi sul letto. Tutto quello a cui riusciva a pensare era che Rinoa era così vicina a lui, eppure mai così lontana. Passandosi una mano tra i capelli, rotolò sulla schiena, fissando il soffitto.

*~*~*~*~*

Rinoa si strofinò il naso sospirando, quella era veramente la cosa più inutile che provava a fare da tantissimo tempo. Non c'era modo a parte un piccolo miracolo, o l'uso di una magia, di riuscire a dormire almeno un minuto. Scalciò via le coperte disgustata, prima di voltarsi e fissare duramente il luccichio sarcastico della sveglia digitale. Erano passati ben due minuti dall'ultima volta che aveva controllato... avrebbe potuto giurare che ne fossero passati almeno cinque. Quella notte sarebbe durata per sempre - e non era un eufemismo.

Di nuovo sospirò, allungandosi verso i suoi piedi, e afferrò il lenzuolo che aveva scalciato via pochi minuti prima, rendendosi conto che ora aveva freddo. Quell'intera giornata non stava andando come avrebbe dovuto... ma come avrebbe dovuto essere? Non ne aveva idea. O sì? Si sentiva sempre come se qualcosa nella sua vita fosse rimasto non finito, non fatto, non detto? Se davvero fosse stato semplice quanto dirgli addio, perché non riusciva semplicemente a trovare il coraggio di farlo? Perché non poteva semplicemente alzarsi, andare alla sua stanza, bussare alla sua porta, e dire addio? Ok, di sicuro avrebbe svegliato lui e la sua ragazza e quello era qualcosa con cui non voleva davvero avere a che fare in quel momento.

Non poteva biasimarlo, era contenta per lui, e per quanto fosse duro per lei ammetterlo, era quasi invidiosa di lui. Sembrava avere tutto ciò che aveva voluto tre anni prima; ora lui sapeva esattamente cosa voleva dalla vita. Sarebbe stato Preside visto l'annuncio recente del ritiro di Cid, e aveva tutti i suoi amici a dargli supporto. Aveva Lauren, che sembrava davvero 'carina', per quanto fosse duro persino da pensare. E il ragazzo che aveva a malapena parlato quando si erano incontrati sotto una stella cadente, quel giorno aveva ballato, aveva sorriso, e aveva persino trovato il tempo di sapere qualcosa di più di lei quella sera. Sì, la sua eccitante routine quotidiana di lavoro e, beh, altro lavoro. Ironico. Di sicuro lui non aveva bisogno di conoscere quella parte - mai. Forse era stato un bene che avesse visto quanto bene lui stesse senza di lei; non era che lui avrebbe mai bussato alla sua porta. Forse una volta che fosse tornata a Timber avrebbe potuto fare uno sforzo consapevole per cercare di iniziare la sua vita. Forse aveva davvero bisogno solo di dire addio.

Ma allora perché qualcosa sembrava così sbagliato?

Forse il tempo le aveva fatto guardare le cose in maniera diversa, vedere le cose per come erano davvero allora. Aveva sempre cercato di comportarsi da innocente, aveva sempre cercato di recitare quel ruolo. No, non avrebbe potuto prevedere cosa sarebbe successo ad Esthar, ma parte di lei si chiedeva se non fosse parzialmente responsabile. A lui erano state buttate addosso tante cose, così tanto di più di quello che chiunque avrebbe mai potuto aspettarsi di affrontare e comunque lui aveva costantemente superato tutti gli ostacoli posti sul suo cammino. In pochi, brevi mesi era passato da matricola a SeeD, da soldato a Comandante, da sconosciuto a salvatore, e da orfano a figlio di un Presidente.

Lei aveva cercato di dargli spazio; aveva cercato di dargli supporto. Ma eccola che era sempre stata nel mezzo del tumulto che circondava la vita di lui... da cliente a qualcuno per cui aveva quasi dovuto fare da 'baby-sitter', da qualcuno che viveva al Garden a fidanzata, e da qualcuno con cui scappare il fine settimana a qualcuno che chiedeva di passare la notte nella sua stanza - senza curarsi ciò che pensavano gli altri. Come avrebbe potuto fare lui a non sentire una sorta di pressione in più? Senza parlare dell'intero impegno di essere un Cavaliere, qualcosa che lei gli aveva praticamente buttato addosso senza lasciargli scelta. Sì, lui aveva accettato, ma quanto aveva saputo davvero, quanto aveva capito davvero? Nessuno di loro due lo aveva fatto.

Sin da quando aveva cinque anni aveva conosciuto un unico tipo di vita, un modo organizzato e strutturato di sopravvivere... non il modo spensierato in cui lei era scappata di casa da adolescente. Diamine, aveva persino criticato il suo stile di vita nel campo da basket di Trabia, e lui le aveva comunque chiesto di combattere con loro... forse avrebbe dovuto cogliere l'allusione fin da allora. Ma no, lei era troppo testarda, troppo egoista. Aveva spesso cercato di pensare al momento in cui si era davvero sentita 'innamorata' di lui, ma onestamente non c'era un unico momento ben definito. Forse era ciò che rendeva la loro relazione così speciale. Avrebbe potuto essere un'attrazione a prima vista, una reazione fisica, forse qualcosa che la sua anima sapeva ma il suo cuore no, ma non era stato fino a più avanti che aveva potuto onestamente dire che fosse amore. Fino al momento in cui avrebbe volentieri dato la vita per lui senza fare domande, se quello era amore, o forse qualcosa che andava oltre... forse qualcosa tra Strega e Cavaliere. Ma qualunque cosa fosse, si era resa conto quella sera che per quanto tempo fosse passato, per quanto volesse essere arrabbiata, odiarlo, odiare le cose che lui aveva fatto, provava ancora qualcosa per lui. Forse era per questo che non poteva ancora dire addio - ma lui l'aveva fatto.

*~*~*~*~*

Lui era coricato in silenzio, ad ascoltare ogni suo respiro. Il suo respiro profondo e regolare. Alcune notti ne aveva tratto conforto, sapere di essere vivo... avere il miraggio di una relazione per gli altri. Ma quella sera era diverso, nella stanza accanto a lui c'era l'unica cosa che desiderava... l'unica cosa che non poteva avere. Era colpa sua e questa era la sua punizione. Per quasi tre anni, aveva superato qualsiasi giorno, ma quel giorno era diverso. Quel giorno era il primo giorno che non voleva superare... e quello lo spaventava a morte.

Questo posto era pieno di così tanti ricordi. All'inizio, dopo Artemisia, era così preoccupato delle apparenze che lui e Rinoa si toglievano di torno per mantenere una sembianza di innocenza. Come avesse pensato di poter reprimere quei ricordi andava oltre la capacità mentale di chiunque, molto oltre la sua. Le loro fughe del fine settimana erano alcuni dei ricordi che avrebbe custodito di più nella sua vita, quando erano ovunque tranne che al Garden. Timber, Balamb, Dollet... avevano fatto vacanze del fine settimana praticamente da ogni parte del globo.

Forse per due brevi giorni poteva quasi dimenticare di essere il Comandante ed essere la persona che voleva. La persona che voleva essere per lei, il Cavaliere che sentiva che lei meritava di avere. Ma non aveva mai del tutto funzionato così; e il Garden aveva il suo modo di diffondersi nella sua vita come un cancro... uno che si sarebbe rivelato altrettanto letale e indiscriminato. Non aveva mai trovato il modo di separare completamente se stesso dal suo comando, persino allora.

Rinoa aveva sempre cercato di sorridere allora. Aveva cercato di non mostrarsi ferita, ma lui poteva vederlo - poteva sentirlo. Ma in tutto quel tempo non aveva mai avuto il coraggio di chiederle che cosa volesse davvero, vivevano sempre secondo regole e regolamenti che lui aveva stabilito. Era strano come allora non potesse vederlo, ma ora lo vedesse chiaramente... tutto quello a cui lei aveva rinunciato senza chiedere nulla in cambio a parte... beh... che lui fosse se stesso e basta. E non era riuscito a fare nella maniera giusta nemmeno quello.

Voltandosi verso la finestra, fissò il balcone. Ricordava di essere stato in una stanza d'albergo quasi identica a questa. Era sullo stesso dannato piano, diamine, avrebbe potuto essere esattamente la stessa stanza, avevano iniziato tutte a confondersi dopo un po' di tempo... il tempo aveva un modo tutto suo di mescolare le realtà con le fantasie.

Ricordava solo l'aria piena di sale, insieme a una brezza calmante. Ma più di tutto ricordava di aver fatto l'amore con lei e poi di averla abbracciata fino a quando si era addormentata tra le sue braccia. Era strano come avesse dato per scontato le piccole cose... forse era perché non voleva ammettere a se stesso di aver aspettato che lei si addormentasse per andare al suo portatile e lavorare senza che lei si arrabbiasse. Ma non voleva ricordare quella parte, avrebbe potuto andare al suo computer e farlo adesso. Stare con lei era perso nel tempo, perso nei suoi ricordi... ma il Garden e il suo lavoro erano ancora lì. Ogni giorno. L'unica costante della sua vita, anche più dei suoi amici.

Forse nel profondo sapeva quando le cose avevano iniziato a cambiare. In superficie era lo stesso mondo di zucchero in cui voleva credere, in cui lei voleva così tanto credere, ma dentro, era lo stesso incubo che aveva negato fin dall'infanzia. Le apparenze arrivavano solo a profondità di pelle, e allo stesso modo forse la sua abilità di ingannare se stesso...

Qualcosa lo aveva svegliato una mattina lì a Balamb, e si era vestito prima dell'alba. Era stata la loro ultima volta in quell'albergo come coppia, ma allora non lo sapeva... a dire il vero aveva programmato di chiederle di sposarlo entro poche settimane, a dire il vero aveva scelto l'anello. Forse era meglio che lei non lo sapesse mai. Ma quella mattina era stato sul balcone da solo, aveva guardato il cielo illuminato dalle stelle, e ascoltato le onde che si infrangevano in migliaia di mari. Forse era una qualche specie di presentimento telegrafato nelle sottili sfumature della natura, che lui era troppo ignorante per afferrare. Forse era troppo preso dai suoi stessi difetti, preoccupato di come chiederglielo, preoccupato della sua risposta, preoccupato del tipo di marito che sarebbe stato. Forse era troppo preoccupato di tutto, tranne di quello che era proprio davanti a lui.

Guardò i piccoli insetti che volavano intorno ai lampioni e alle luci alogene. Assorbì ogni piccolo dettaglio nei suoi sensi, scavandoli per sempre nel ricordo di quel momento. Non se ne era mai reso conto allora, quella era la parte più stupefacente di tutto, senza mai saperlo fino a quando non era stata strappata dalla vera essenza del suo essere. Eppure i ricordi sarebbero rimasti per sempre solidi, cesellati nella pietra come una buona muratura.

Attraverso il suo stupore illuminato dalla luna, quella notte forse nel profondo lo sapeva... sapeva che non sarebbe, che non avrebbe potuto durare per sempre. Nessuno poteva prevedere il futuro, giusto? Forse lui poteva. Diamine, voleva che durasse, ma aveva troppi dubbi, troppe paure. Per quanto cercasse di seppellirle, trovavano sempre il modo di tornare in superficie. Lei aveva sempre avuto l'illusione che l'amore avrebbe potuto e avrebbe vinto su tutto, e beh... forse poteva... se avesse creduto in se stesso - creduto in loro, riposto la sua fiducia in qualcos'altro che copie carbone e domande in triplice copia che trovava nella burocrazia del Garden. Poi si voltò a vederla lì, che dormiva... pacificamente.

Si mise le braccia dietro la testa, ricordandolo come se fosse successo il giorno prima.

*~*~*~*~*

Lei si tirò le lenzuola sulla testa mentre lui si sedeva sul letto. Sorrise alla sua figura, facendo scorrere gentilmente la mano su quella che credeva essere la sua spalla. Non smetteva mai di meravigliarlo quanto il contatto più semplice potesse farlo sentire vivo. Il contatto umano che aveva evitato così tanto, ora lo desiderava così tanto, anche attraverso la barriera sottile del tessuto.

"Rin, alzati."

"Che cosa vuoi?" grugnì lei irritata.

"Dai, alzati, voglio farti vedere una cosa."

"È notte fonda... e se ti stai riferendo a 'quello' come a 'una cosa', l'ho già visto... e dalle esperienze passate 'quello' ci sarà ancora domattina."

"Non intendo nemmeno commentare... ora alzati."

"Non capisci che il fine settimana di vacanza significa stare a letto?"

"L'ho fatto! Sono già passate le cinque. Ora alzati."

"È dannatamente troppo presto, Leonhart..."

"Ora basta," affermò con fermezza. In una mossa veloce, le fece fare quasi un giro completo nelle lenzuola. Lei si sarebbe infastidita se non fosse che stava ridendo. Lui mise entrambe le braccia sotto di lei, formando una specie di bozzolo. Lei usò le mani per liberarsi, scoprendo la testa.

"Non sono vestita!" protestò mentre lui riusciva ad aprire le porte scorrevoli di vetro con una mano.

Usò il piede per aprire la porta fino in fondo, prima di portarla fuori. "Beh, quello può essere il nostro piccolo segreto, ok?"

"Squall! Non posso credere che lo stai facendo!" Si strinse fermamente il lenzuolo sul seno, sperando che nessuno dalle stanze accanto guardasse sul loro balcone.

"Già, dillo più forte e lo sapranno tutti gli altri ospiti. Fidati di me e basta."

"Fidarmi di te, tu sei quello completamente vestito!" rise lei mentre lui si sedeva su una sedia da veranda.

"Avresti dovuto ascoltarmi."

"Non ci provare nemmeno."

"Beh, non hai sempre voluto guardare l'alba nuda?"

"Uhm... no... assolutamente... NO!" Ricadde contro il suo petto, sempre tenendosi stretto il lenzuolo sul seno. Piegò la testa così che i loro occhi si incontrarono e lui le rivolse un sorriso malizioso.

"Oh, mi sa che ero io a voler guardare te che guardi l'alba nuda."

"Pensi sempre solo a quello."

"No, penso a due cose... l'altra è stata momentaneamente abbandonata per il fine settimana, ma sarà completamente operativa lunedì mattina. Oh, ho dimenticato di dirti che Cid pensa che possiamo ottenere i fondi-"

Lei si allungò con una mano libera, cercando di coprirgli la bocca dal suo angolo scomodo. "Smettila... sembrano discorsi di lavoro. E non ce ne saranno questo fine settimana. Abbiamo regole, ricordi?"

"Ma..." iniziò a dire lui, ma lei mosse la mano sulla sua bocca.

"Niente ma... solo sole." Tolse la mano, ma la rimise velocemente a posto pensando prima di lui. "E non provare nemmeno a pensare di fare una battuta sul mio 'sedere'(1), Squall. Mi hai fatto alzare, e ora guardiamo questa dannata alba... capito?"

Lui annuì, e lei tolse la mano, mentre sorridevano l'uno all'altra sotto il luccichio alogeno della luce.

Quella mattina, a Balamb, non aveva potuto evitare di guardarla. Guardare la sua pelle d'alabastro nella prima luce del sole. I raggi del sole avevano rimpiazzato l'illuminazione artificiale. Le sue braccia l'avevano circondata mentre lei guardava ogni splendido momento della natura. Infine lei parlò, e il loro silenzio si interruppe ancora una volta.

"Squall, quando potrò passare la notte nella tua stanza? Non è che non ami questi fine settimana... vorrei solo svegliarmi con te a casa."

"Rinoa, è contro le regole."

"Sai, la gente non è stupida, Squall... sanno cosa facciamo nei fine settimana."

"Sì, ma non lo stiamo facendo al Garden."

"Fa differenza?"

"Per me sì. Sono il Comandante, ricordi?"

*~*~*~*~*

Dieci mesi prima che Rinoa se ne andasse, passò per la prima volta la notte nella sua stanza. Aveva finalmente ceduto, ma non completamente di sua spontanea volontà. Lei era stata molto convincente, senza parlare del fatto che erano entrambi un po' su di giri. Dopo quella prima notte, le uniche volte in cui lei si fermava da lui erano prima di una missione e la notte immediatamente successiva al suo ritorno. In qualche modo, si era convinto che in quelle circostanze era diverso. Ora avrebbe fatto qualsiasi cosa per farla rimanere solo alcuni minuti; ironico come la situazione sembrasse ridicola quando la guardava con gli occhi dell'età.

Lei aveva ragione, non faceva una dannata differenza dov'erano, fino a quando erano insieme. Ora lo capiva. Allora non riusciva a capirlo.

Ora, quando immaginava il suo viso, non ricordava mai i bei momenti. Così era troppo facile. Era sempre più facile immaginare il brutto - la notte finale. Il suo viso bagnato di lacrime mentre usciva nella pioggia. Allora non importava, sale mescolato ad acqua fresca che cadeva impotente a terra. Lei lo aveva guardato, mordendosi il labbro. Era quasi come se la sua mente avesse accettato quel destino, non più arrabbiata o infastidita, non più amara o disprezzata. Lei non aveva sorriso; non aveva fatto altro che lasciare che il peso dei suoi capelli si appiccicasse al suo viso. Poi, come se ci avesse ripensato, gli aveva detto infine un'ultima cosa.

Squall, chi diavolo trova la sua anima gemella a diciassette anni, eh?

Due anni più tardi, steso più vicino che mai, ma mai così lontano, trovò finalmente la forza di rispondere alla sua domanda. "Io, Rinoa... io."

*

Note al testo
(1) Sedere: qui c'è un gioco di parole intraducibile. In inglese Rinoa dice "no buts" (niente ma) e poi, subito dopo, di non fare battute sul suo "butt". But significa ma e butt significa sedere. Si pronunciano praticamente allo stesso modo: è come se Rinoa dicesse insieme 'niente ma' e 'niente sederi'. Da qui la battuta sul suo sedere.

*****
Nota della traduttrice: 14 aprile 2013: ho corretto errorini sparsi che mi erano scappati.
La storia che dà il titolo a questo capitolo è Your thousand seas di Vick330; è stata tradotta in italiano, e potete trovare tutti i link da cui leggerla qui. Scusate se ho usato il mio blog, ma pubblico su vari siti e non volevo creare casini linkandoli tutti^^ Si tratta di una storia post-game su Final Fantasy VIII, con protagonisti Squall e Rinoa.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** VII. Lives in choosing ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo VII. Lives in Choosing ~

Le piccole gocce da sole non facevano nulla sul vetro, eppure, con la forza di gravità, scivolavano sulla finestra mescolandosi l'una all'altra. Insieme, una goccia diventavano due, due diventavano tre, fino a che alla fine tutte si sommarono. Continuarono a moltiplicarsi fino a quando una scia tracciò il suo unico percorso sulla superficie liscia.

Rinoa posò l'unghia sulla finestra sbarrando il passo al flusso di condensa. In qualche modo non importava; poteva bloccare il suo corso solo per un momento. Non si può fermare ciò che deve muoversi. La gravità era una forza ben superiore e l'acqua trovava il suo sentiero. Continuava a muoversi, ma ironicamente, Rinoa Heartilly si sentiva come se fosse lei a rimanere ferma.

La giovane Strega espirò più forte di quanto avesse inteso, guardando con fare distratto il cielo notturno. I suoi occhi colsero il bagliore di luccicanti luci bianche. Le lampadine erano disseminate tra i rami degli alberi davanti alla zona commerciale - una vista che brillava radiosa al crepuscolo. Erano identiche alle luci natalizie che si usano per decorare un albero sempreverde o per sottolineare i contorni del tetto di una famiglia. Ma queste luci brillavano all'esterno tutto l'anno. Piccole lampadine bianche luccicavano - era un tentativo di liberare Timber dall'apparenza di essere industriale, per offrirne una dalla natura più accogliente. Era solo un miglioramento estetico su tutti i fronti, ma dalla finestra del suo ufficio le luci danzavano come lucciole. Forse il miglioramento era superficiale per molti ufficiali, ma le luci erano bellissime e di natura così semplice. Onestamente lei vedeva una magia tranquillizzante nella loro luce, e inoltre gli abitanti Timber sembravano approvarle. Loro più di chiunque altro meritavano la bellezza, anche se sotto forma di poche file di luci create dall'uomo.

Avrebbe dovuto essere a casa adesso, ma onestamente, non aveva nessuno da cui tornare. Rinoa si era abituata a portare Angelo in ufficio. All'inizio la lasciava in un cortiletto esterno, ma man mano che la sua posizione nel governo era cresciuta al cane era stata garantita una maggiore libertà. Ora Angelo era quasi considerata come la mascotte 'non ufficiale' di Timber. La cagnetta aveva più ammiratori in quell'edificio della sua padrona; cosa di cui, onestamente, Rinoa era grata. Angelo dormiva persino su una coperta personalizzata lavorata a mano. Era un regalo dell'Anziano della tribù degli Shumi che aveva ricevuto a una riunione dell'anno precedente.

Facendo un altro respiro profondo, Rinoa tornò a guardare le pile assortite di carte sistemate strategicamente sulla sua scrivania. Non era insolito per lei immergersi nel lavoro, era anzi diventata la norma. Era qualcosa di tangibile in cui poteva perdersi; forse era quello il motivo per cui era così difficile per lei lasciare l'ufficio.

Si costrinse a sedersi, anche se parte di lei voleva solo scappare... correre nella pioggia estiva e sentire semplicemente qualcosa. Non importava che fosse fredda e bagnata, che fosse spaventata o che fosse persino la paura di essere completamente sola. Ora come ora, sarebbe stato meglio del vuoto con cui doveva lottare per non esserne consumata.

Appoggiandosi allo schienale della sedia, cercò di evitare di vagare con la mente - quello tendeva sempre a essere la sua rovina. Era quando pensava troppo che metteva in dubbio se stessa e ogni decisione che la portava a questo momento della sua vita. Non le piaceva vivere nel passato, anche se non stava esattamente vivendo nel presente. I suoi pensieri vagavano spesso a qualcosa nel mezzo, per manipolare ricordi nel modo in cui lei voleva che fossero. O peggio ancora, creare quelli che non erano mai esistiti.

Ora trovava conforto nel lavoro. Era onestamente orgogliosa dei suoi successi, e con tutti i diritti: aveva avuto successo grazie ai suoi meriti. Per una volta Rinoa non viveva nell'ombra di suo padre, di sua madre, o persino della SeeD, ma per la sua buona volontà e devozione nei confronti di Timber. Non negava comunque il vuoto, e guardare Irvine e Selphie che si sposavano era stata onestamente una ricaduta più di quanto si fosse inizialmente aspettata.

Tre mesi? La giovane Strega poteva a malapena credere che quel tempo fosse passato così velocemente, ma comunque si poteva chiederglielo qualsiasi altro giorno e lei avrebbe comunque detto che sembrava che il tempo si fosse fermato. Ogni tanto aveva parlato con Selphie, ma era tutto lì, 'ogni tanto'. La sua amica era felice, serena nel suo nuovo ruolo di moglie. Dubitava che i due fossero cambiati molto dal matrimonio, sarebbero sempre stati soltanto Irvine e Selphie - sposati o no.

Era quella la vera bellezza della loro relazione - Irvine e Selphie sembravano sempre essere fedeli a se stessi. Forse era qualcosa che avrebbe dovuto imparare da loro. Invece tendeva ad accumulare le emozioni; sempre col timore di dire o fare qualcosa che avrebbe infastidito Squall. Poteva spingere solo fino ad un certo punto prima che lui scappasse, persino fino al punto di non sentire più di avere una propria identità.

Alla fine, non aveva importato comunque. Forse lei era quella che se ne era andata quella notte, ma lui era quello che era 'scappato' molto prima di allora. Ma poi, forse era l'unica conclusione logica della loro relazione. Aveva sentito i sussurri fin dall'inizio, ma era decisa e determinata a provare che ciascuna di quelle critiche era sbagliata.

Ma alla fine, avevano provato che lei si sbagliava. Era stata la sua natura ingenua allora? Le sue indiscrezioni di gioventù che erano più o meno trasmesse a chiunque ascoltasse volentieri al Garden. Ossessione, infatuazione, incantesimo... le aveva sentite tutte, ma mai i pettegolezzi includevano la parola 'amore'. Quello era qualcosa che semplicemente non si era mai sentito; in qualche modo le persone esterne non avevano mai capito la natura della loro relazione. In un certo senso, dubitava che persino lei e Squall avessero iniziato a capirne il significato, ma poi, non aveva nessun diritto di parlare a nome del suo ex Cavaliere... non l'aveva proprio mai avuto.

Pensare al passato era inutile, lo sapeva. Solo che sembrava più facile quel giorno. Era come se avesse dovuto rivivere tutto un'altra volta fin dal matrimonio. Aveva cercato di non pensarci, ma quel giorno i ricordi venivano rivissuti a colori su carta patinata.

Mordendosi il labbro, prese la matita facendo passare le carte sulla sua scrivania. Era diventata una forma di terapia, immergersi totalmente e con tutto il cuore nelle preoccupazioni di Timber. La matita scorse sulla carta mentre scriveva le sue iniziali sulle richieste di spesa settimanale del suo dipartimento. Un rumore basso le fece alzare gli occhi su un giovane uomo in piedi sulla soglia.

"Ehi tesoro, perché sei ancora qui?"

Rinoa sorrise alzando gli occhi al cielo per la frustrazione, "Zone... come se ci fosse bisogno di chiederlo. Penso che sia meglio chiedere: cosa ci fai tu ancora qui?"

"Oh, a quello posso facilmente rispondere," disse lui con fare furbo, nascondendosi qualcosa dietro la schiena. "Insalata di tonno."

"Insalata di tonno?" chiese lei confusa. "Se quello è un nome segreto per l'ultima operazione militare... non mi stupisco che abbiamo così tanti problemi."

"Hey! Come Ufficiale Capo della Milizia di Timber, sono molto offeso!"

Lei rise, accantonando il commento con un movimento della mano. "Allora cos'è questa operazione 'insalata di tonno'? O non ho autorizzazioni sufficienti per saperlo?"

"Certo che le hai," rispose lui entrando nella stanza mentre si toglieva un sacchetto bianco da dietro la schiena. "È perché l'operazione 'insalata di tonno' era una missione per me: andare alla gastronomia e fortificare la presa su questo tramezzino. L'ultimo rapporto dei servizi segreti affermava che non hai pranzato e che c'erano probabilità che non ti fossi fermata per cenare."

"Ti ho mai detto quanto mi fai paura?" lo stuzzicò. La giovane donna sorrise mettendo i gomiti sulla scrivania, posando il mento sui palmi. "E bisogna che sistemi il tuo rapporto. Per i rapporti 'ufficiali', ho mangiato... un cracker, che conta tipo come un pranzo," si difese. Allungandosi, gli prese il sacchetto dalle mani. "Zone, sei così dolce... ma ti rendi conto, vero, che odio l'insalata di tonno più di qualunque altra cosa?"

"Certo che lo so, Signorina Esagerazione, e questo è l'esatto motivo per cui ti ho portato un tramezzino al prosciutto e formaggio. Gli ho dato solo un 'nome di copertura' per liberarmi di tutti i tramezzini nemici nelle vicinanze."

Lei rise forte aprendo il sacchetto e iniziò a togliere la sottile copertura di pellicola trasparente. "Hai fatto il test psichico recentemente?"

"Diamine no, ho evitato quelle cose per anni," rispose lui arrogante sedendosi davanti a lei. Incrociando le braccia, si appoggiò allo schienale mettendo i piedi sulla scrivania.

"Nemmeno per scherzo," ridacchiò lei, prima di allungarsi e spingergli giù i piedi. Sollevò un sopracciglio, quasi sfidandolo a rimettere in piedi sulla scrivania. Era l'unica interazione normale che aveva avuto in tutta la giornata, anche se a volte sembrava più che altro di essere disturbata da un fratello maggiore. "Ora, se potessi solo insegnarti un po' di buona educazione la mia giornata sarebbe completa, ma ti ringrazio comunque per il cibo. E tu, hai mangiato?"

"Sì, qualche ora fa, durante quelle che, a dire il vero, le norme della società considerano le ore per i pasti."

"Chi ha mai detto che voglio seguire le norme?" replicò lei con un sorriso condiscendente, mordendo di nuovo il tramezzino.

"Osservazione accolta," rise lui scuotendo la testa. Rinoa poteva essere testarda a volte, non c'era modo di negarlo. "Anche se non mi hai mai risposto."

"Risposto a cosa? Ti ho ringraziato per il tramezzino, no?"

"Sì, Rin... ma non hai risposto alla mia domanda, perché sei ancora qui?"

"Senti..." sospirò, incapace di nascondere la sua irritazione. Mettendosi la mano sinistra sulla fronte, si strofinò la tempia con il pollice. Poteva sentire che la tensione stava diventando un forte mal di testa. Rinoa conosceva a memoria questa ramanzina; l'aveva sentita da tutti. Diamine, se Angelo avesse potuto parlare, la sua compagna pelosa l'avrebbe ripetuta parola per parola. Invece, il cane la fissava semplicemente con occhi accusatori e la faceva sentire in colpa tutte le notti in silenzio.

"Zone, sai, non ho voglia di ripetere la stessa routine con te. Mi conosci da... beh, da molto tempo. Penso onestamente a te e a Watts come a due fratelli maggiori, più che parenti di sangue. So che voi sentite la stessa cosa - come se fossi la sorellina o la 'principessa' che dovete ancora proteggere. Watts ha attraversato la stessa fase iperprotettiva prima che riuscissi finalmente a convincerlo. Ma adesso che ha la sua famiglia, non significa che tu devi prendere il suo ruolo nel preoccuparti di me."

Si fermò abbassando lo sguardo su nulla in particolare. Per qualche ragione non riusciva a trovare la forza di guardarlo negli occhi - almeno non in quel momento, non quel giorno, e non riguardo a quell'argomento. "Zone, so cosa sto facendo... sono cresciuta molto tempo fa. Posso dire sinceramente che non devi preoccuparti per me."

"È solo che odio vedere che cosa ti ha fatto."

Ed ecco che doveva dirlo. Non di nuovo, e non da qualcuno a cui teneva davvero. Zone avrebbe dovuto saperlo; avrebbe dovuto sapere di non dare la colpa di tutto a Squall Leonhart. Questa era una sua scelta. Perché nessuno riusciva a capirlo? Nascose la mano sinistra, stringendo inconsciamente il pugno cercando di controllare la rabbia che le cresceva dentro.

"Sai che questo non è quello che mi ha fatto lui, quante volte devo spiegarlo?" Si alzò, spingendo indietro la sedia con più forza del previsto. Scoprì che il suo corpo era sul punto di tremare... per rabbia e repressione, per stanchezza e fatica. A Zone non era mai piaciuto Squall, era stato evidente fin dalla loro prima missione a Timber, ma aveva imparato a convivere con lui nel tempo. Ma dopo il ritorno di Rinoa, le sembrava che Zone provasse a volte più risentimento di lei, mentre Watts era un po' più tollerante nei confronti del Comandante.

Zone fu scioccato dalla sua reazione, non l'aveva mai vista comportarsi in maniera così evidentemente scossa riguardo a quell'argomento. Vero, il fatto che Leonhart non gli piacesse non era un segreto, ma comunque di solito lei non lo affrontava sulla questione. Forse Rinoa aveva ragione, aveva solo bisogno di supporto in quel momento, e non qualcuno che le ricordasse costantemente il passato. Anche se era dura, l'aveva vista cambiare nel corso degli anni. Era passata dall'essere uno spirito libero alla persona in piedi di fronte a lui. Poteva ancora vedere la vecchia Rinoa da qualche parte, ma lei era stata semplicemente intrappolata dalla vita, più di quanto avrebbe dato a vedere. Sperava solo che in uno di quei giorni si sarebbe arrabbiata, infuriata, o avrebbe finalmente affrontato i suoi sentimenti per Squall. Fino ad allora, temeva che si sarebbe nascosta in quell'ufficio guardando la vita che le passava accanto dalla finestra del terzo piano. Ci teneva troppo a lei per lasciarle percorrere quel sentiero da sola.

"Rinoa, mi dispiace... non intendevo dire niente."

"No, nessuno intende mai niente," confessò infine più a se stessa che al suo amico. "A-anche a me dispiace." Non sapeva perché questa volta fosse stata così irritata rispetto a tutte le altre innumerevoli volte. Di solito lasciava perdere queste cose con un po' di raziocinio. Beh, poteva pensare a una ragione per cui la sua reazione era così insolita. Allungò la mano, aprì il cassetto della scrivania, e ne tirò fuori una busta che gettò verso Zone, che sedeva in silenzio.

"Sono arrivate queste oggi," ammise piano, ancora incapace di guardarlo negli occhi. "Credo che vederle mi abbia disturbato più di quanto pensavo."

*~*~*~*~*

Il Comandante aprì il cassetto della scrivania, tirandone fuori un piccolo contenitore bianco. Imprecando sottovoce, armeggiò con la chiusura a prova di bambino posizionata attentamente sulla bottiglietta di pastiglie. La testa gli pulsava, e tutto fino a quel momento indicava solo il fatto che la giornata sarebbe andata di male in peggio. Borbottò qualche sillaba impercettibile, mettendosi due pastiglie bianche nel palmo della mano. Dopo alcuni momenti di riflessione, guardò la bottiglia, e si mise altre due aspirine sulla mano.

E così raddoppiava la dose raccomandata - quella era solo una 'linea guida' comunque. I produttori delle dannate pastiglie non avevano idea dello stress a cui era sottoposto. Se avesse davvero voluto, avrebbe potuto marciare dritto all'ufficio della dottoressa Kadowaki e ottenere una prescrizione per qualcosa di molto più forte. Ma poi, non voleva far sapere a nessuno che questo posto si stava infine mangiando via la sua sanità mentale, nemmeno al suo medico.

Si gettò tutte le quattro pillole in bocca e allungò una mano a prendere bicchiere d'acqua sulla sua scrivania. Quando finì di ingoiare, notò una grossa busta marrone scuro nella posta in entrata. Diversi fax bianchi erano stati posati al di sopra, e grugnì sottovoce mentre li spostava. Li avrebbe controllati a breve, Dio sapeva che sarebbero stati lì ad aspettarlo. Alcune cose non cambiavano mai.

La prima cosa che attirò la sua attenzione era il semplice fatto che sulla busta avevano scritto a mano. Non era battuta a macchina o stampata con un'etichetta di plastica; qualcosa di scritto a mano era sempre più raro nel suo lavoro. Sciolse lo spago che la teneva chiusa, facendo molta attenzione mentre ispezionava il pacchetto. Di nuovo, era qualcos'altro che l'età e l'esperienza gli avevano insegnato sul lavoro - non si può mai essere troppo cauti.

Si sentì quasi un perfetto idiota quando vide cosa conteneva, quasi. Certo - se non fosse stato così fissato su uno dei soggetti. A volte si sentiva ancora come l'adolescente timido che si appoggiava a un pilastro di marmo, spaventato e fuori posto. Altre volte si sentiva un vecchio, ben oltre i suoi anni. In quel momento, era una bizzarra combinazione di entrambe le cose.

Le fotografie lucide sembravano estranee, scattate in un giorno che ricordava a malapena. Forse parte della sua mente l'aveva inconsciamente bloccato. Si chiese quanto sembrasse patetico a fissarla in una foto, ma onestamente non gli interessava. Irvine e Selphie erano al centro della fotografia, e gli amici degli sposi bilanciati sui due lati. Era strano, stavano tutti sorridendo... tranne lui. Anche se sembrava che ci fosse un'ombra di un mezzo sorriso sulle sue labbra. Rinoa, d'altro canto, sorrideva radiosa, sembrando l'angelo che ricordava, solo più matura. Anche il vestito rosso che aveva indossato sembrava starle alla perfezione; in un certo senso era quasi come guardare qualcuno completamente diverso. Ma poi, forse lei lo era davvero. In ogni fotografia di lei che aveva sembrava così giovane; forse entrambi lo erano allora. Ma poi, forse erano stati costretti a crescere molto prima di quando avrebbero dovuto farlo. Insieme avevano visto così tanto, erano passati attraverso così tanti cambiamenti, emotivi e non.

A volte desiderava poterle dire quanto fosse orgoglioso di lei, ma sapeva che detto da lui non significava molto. Aveva fatto così tanto per Timber e lavorato così duramente. Per Rinoa la sua posizione non era soltanto un lavoro. Si sentiva responsabile per ogni cittadino di Timber e aveva sempre a cuore i loro migliori interessi. Parlava davvero a nome delle persone, e quello era qualcosa che lui non aveva mai fatto. Aveva accettato malvolentieri il ruolo di Comandante, e aveva perfino pensato di dimettersi allora. Ora era qualcosa che faceva per lealtà e per dovere, ma non l'avrebbe mai fatto con il cuore che lei metteva nel suo lavoro. Dio, era una cosa che ammirava.

Guardò la data scritta in fondo alle fotografie del matrimonio, erano passati davvero soltanto tre mesi? Sembrava così tanto di più, ma quello non lo sorprendeva. Lo scorso mese erano stati ufficialmente tre anni da quando si era separato da Rinoa; ironico come fosse un periodo più lungo della durata della loro intera relazione romantica. Ma durante quegli anni con lei aveva passato molti cambiamenti, imparato così tanto della vita - nel bene e nel male. Anni prima era solo un adolescente a disagio che cercava di fare bene il Comandante, l'amico, il Cavaliere e l'amante. Era solo che da qualche parte nel mezzo i ruoli si erano sovrapposti, fino a quando era rimasta solo una versione diluita dei tre.

"Squall, Cid ha cercato di contattarti."

La voce di Zell lo spaventò; sentì immediatamente una qualche specie di imbarazzo per averla fissata nella fotografia. Le rimise velocemente nella busta fingendo che non fossero altro che un qualsiasi altro appunto che stesse leggendo. Gettò casualmente le foto in mezzo alla posta in entrata, passando ora a far scorrere i fax che aveva accantonato precedentemente.

"E allora perché non ha chiamato?" Affermò Squall come se fosse la domanda più ovvia del mondo.

"Non è riuscito a raggiungerti, ha lasciato molti messaggi in segreteria."

Il Comandante guardò il suo telefono, notando per la prima volta la minacciosa luce rossa. Il suo lampeggiare era quasi una presa in giro alla sua domanda. Forse avrebbe dovuto notarlo prima, ma l'unica cosa in rosso a cui aveva prestato attenzione non era certo una qualsiasi luce lampeggiante e fastidiosa.

"Ci stavo arrivando," affermò Squall in sua difesa anche se non era sicuro del perché. Non doveva certo una risposta a Zell, ma a volte le cose diventavano una questione di orgoglio. "Sono stato molto occupato."

"Ah... sì, vedo." Zell pensò che fosse meglio lasciar perdere. "Ad ogni modo, siamo diretti a Dollet, proprio come nei cari vecchi tempi."

Il Comandante strinse gli occhi, cercando di non perdere il contegno che stava velocemente battendo in ritirata. "Quali cari vecchi tempi?" C'era un sibilo nel suo tono di voce che non sfuggì all'esperto di arti marziali.

"Oh, sì, uhm... volevo solo dire-"

Molte cose passarono nella testa di Zell, ma non poteva costringersi a menzionarne una ad alta voce. Forse perché sapeva che se l'avesse fatto, avrebbe giocato con il fuoco; era stata una domanda carica di significati. Se l'esperto di arti marziali avesse nominato 'l'esame pratico', allora il Comandante avrebbe solo ricordato che aveva incontrato Rinoa quella sera. Se avesse nominato quella volta che le ragazze erano state 'arrestate', beh, quello parlava da solo. Ce n'erano molte altre, ma in qualche modo ognuna riconduceva al ricordo di una certa Strega. L'esperto di arti marziali poteva intuire che quel giorno non era il giorno adatto per richiamare ricordi di lei.

Zell si grattò la nuca; aveva solo detto quella frase come qualcosa di retorico. Sapendo che non c'era nulla di adatto che poteva dire, optò per la scelta migliore - l'ignoranza.

"Sì, non so nemmeno io cosa volevo dire. Solo che ho sempre voluto dirlo."

"Chissenefrega." L'atteggiamento di Squall tornò professionale. Sembrava sempre che quello fosse il suo bastone d'appoggio. Era più facile pensare a quello che alle fotografie nella sua scrivania. Quindi fece l'unica cosa che sapeva fare, l'unica cosa che aveva fatto per tre anni, tornare all'unica cosa che non l'avrebbe mai lasciato.

"Allora, parlami della missione."

Quanto poco sapeva che per la seconda volta nella sua vita, sarebbe stata una missione che avrebbe messo in dubbio tutto ciò che aveva mai saputo.

*****
Note dell'autrice: ciao a tutti, spero che vada tutto bene. Mi dispiace di questa dannata cosa della trama... ma ce n'è davvero una in questa storia, promesso! Fidatevi di me, per favore? Ma poi, forse volete uccidermi. Uhm, sì... ora che i bambini sono a scuola spero di avere più tempo per scrivere... hanno cominciato la prima e la quinta rispettivamente - sono cooooosì vecchia. Comunque, il prossimo aggiornamento in programma sarà per 'Somewhere in Between', ora che ci stiamo lavorando di nuovo. Grazie voi per il supporto come sempre, le vostre recensioni e vostri commenti sono sempre i benvenuti, significano così tanto per me.

Nota della traduttrice: abbiamo superato il pacco di capitoli del matrimonio XD Ce l'abbiamo fatta XD Ora reggete solo un altro paio di capitoli e capirete dove va a parare la storia.
La storia che dà il titolo a questo capitolo è Lives in choosing di Tsukino Kaze; non si prevede di tradurla in italiano. Si tratta di un'AU su Final Fantasy VIII, con protagonisti Squall e Rinoa... personalmente non l'ho mai letta, ma ad un rapido sguardo all'ultimo capitolo non credo che sia completa.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** VIII. Between the shadows ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo VIII. Between the Shadows ~

Zell sorrise nervosamente, non sapendo se era riuscito a schivare il proiettile questa volta o se Squall lo stava deliberatamente facendo contorcere di dolore per quel commento. Il Comandante non era tipo da giochetti, ma alcuni argomenti tiravano fuori risposte sconosciute dal ragazzo. Va bene, specialmente se riguardavano un argomento in particolare... e qualsiasi cosa lontanamente legata a lei - e negli ultimi anni sembrava che praticamente tutto lo fosse.

Il silenzio continuato di Squall indicava in maniera attendibile che non avrebbe dato a vedere nulla che riguardasse la questione. L'esperto di arti marziali lottò per rimanere sicuro di sé, cercando disperatamente di uscire dalla situazione imbarazzante in cui si era trovato a tuffarsi di testa.

"Beh, Squall... non è tanto una missione, quanto un compito. È stata richiesta la tua presenza per i negoziati di pace che hanno luogo a Dollet... io sono stato scelto per un fattore di associazione. Quindi è venuto fuori che io e te aiuteremo il governo di Balamb con la sicurezza... scorteremo il sindaco e i suoi assessori a Dollet."

Politica. Squall provava disgusto al solo pensiero. Il fatto che venivano più o meno usati come 'guardie del corpo politiche' rendeva la cosa un po' più facile da digerire. Fortunatamente quello significava che poteva stare zitto e concentrarsi solamente sui suoi compiti di sicurezza. Eppure, il Comandante poteva trovare un uso più efficiente del suo tempo, come guardare l'affascinante processo della fotosintesi. Dannazione, poteva solo sognare.

"Pare che ieri uno dei membri del governo di Deling sia stato ucciso da un colpo d'arma da fuoco in una sparatoria da un'automobile. Dopo che Esthar ha perso qualcuno quattro mesi fa, beh-"

Le parole di Zell sembrarono scivolare nell'oblio mentre solo alcune frasi arrivavano alla coscienza di Squall, come Deling e governo. Le paure iniziali del Comandante si volsero immediatamente al Colonnello Caraway - che aveva ora una posizione di prestigio nel governo di Deling. Il padre di Rinoa non solo aveva aiutato nelle operazioni militari, era anche stato essenziale nell'aiutare il neoeletto Presidente Mitchell come consigliere. Zell doveva aver percepito la preoccupazione del Comandante, perché prima che Squall avesse anche solo la possibilità di fare la domanda ad alta voce, il suo compagno rispose.

"No Squall, non si tratta di Caraway... attualmente si trova ad Esthar."

Squall lasciò andare dentro di sé un sospiro di sollievo, ma esteriormente nulla tradì il suo comportamento stoico. Sperava che qualcuno lo avesse informato se si fosse trattato di Caraway, molto prima di quel momento, ma sarebbe stato comunque chiedere troppo. Ripensandoci, anche l'idea di Caraway che si trovava nelle vicinanze di Laguna era estremamente disturbante. Sarebbe stata una cena a cui Squall era felice di non essere dannatamente invitato. Si riscosse dai suoi pensieri mentre la voce di Zell registrava di nuovo nella sua mente - dannazione, odiava quando si permetteva di vagare con il pensiero. I suoi sogni ad occhi aperti una volta gli erano costati tutto, eppure credeva ancora che la cosa più semplice fosse ritirarsi in sé - lì nessuno poteva entrare nel suo tormento interiore.

La voce di Zell continuava, inconsapevole del fatto che il Comandante avesse perso di vista qualsiasi cosa lui stesse spiegando. "Tre morti accidentali di politici d'alto rango negli ultimi quattro mesi? Non credo in coincidenze così... uhm... coincidenti? Capisco perché il Sindaco ha chiamato i pezzi grossi."

"Ho imparato molto tempo fa a non credere alle coincidenze," affermò Squall senza ulteriori spiegazioni.

"Sì, e nemmeno molti dei leader mondiali. È una delle ragioni per cui tengono questa conferenza a Dollet. Senza parlare del fatto che molte nazioni hanno assunto la SeeD per proteggere i loro delegati."

"Sai chi parteciperà?"

Zell sospirò dentro di sé. Tre anni prima questo commento avrebbe avuto un significato completamente diverso - oggi era invece un'entità interamente diversa. Allora Squall chiedeva indirettamente 'chi erano i delegati di Esthar'. Incontrare Laguna non era mai stato il momento migliore della sua agenda settimanale. Oggi la domanda si riferiva a Timber, chiesta ancora altrettanto indirettamente. Era come un codice usato tra due militari, ma Zell ne capiva le implicazioni. L'ironia della situazione era che Zell non avrebbe mai ammesso di conoscere la domanda sottintesa... per mantenere le apparenze, doveva fingere che fosse ancora una domanda sulla delegazione di Esthar. Era più facile da affrontare per il Comandante - suo padre non era mai stata la sua scelta, l'altra - il suo rimpianto.

L'esperto di arti marziali sorrise di cuore. "Kiros e uno dei suoi assistenti rappresenteranno il governo di Esthar."

Il Comandante accolse l'affermazione con un cenno del capo, ancora leggermente grato che non si trattasse di Laguna. Squall non poteva affrontare quella situazione in quel momento. A volte si chiedeva se sarebbe mai stato completamente in grado di farlo. Aveva imparato ad accettare alcune cose - quello però non significava che doveva concordare con le decisioni di quell'uomo. Ma poi, non era proprio la persona adatta a giudicare - la storia si era quasi ripetuta, fino ad un certo punto. Diamine, forse avrebbe dovuto ammirare Laguna se avesse pensato alla situazione secondo logica.

"Oh, e credo che ci sarà anche Watts... per Timber," aggiunse l'esperto di arti marziali, come se ci avesse pensato dopo. Entrambi sapevano che non era così - che era la domanda segreta posta dal Comandante, nascosta tra gli strati dell'indeterminatezza.

*~*~*~*~*

"Ho sentito che parti domani." Lauren era seduta a gambe incrociate, vicino al bordo del letto, e toglieva la pennina dal suo palmare. Senza preoccuparsi di distogliere lo sguardo dal suo strumento, fece scorrere velocemente i suoi file. "Allora, Squall, com'è che il Comandante si trova a dover fare da baby-sitter burocratica?"

"Perché tutte le forze dell'universo cospirano contro di lui e contro il sindaco molto paranoico di Balamb." La risposta di Squall fu brusca. "Ha insistito che ci andassi io... e a quanto pare Cid non ha la spina dorsale per negare la dannata richiesta."

"Hanno fatto molto per noi," gli ricordò Lauren senza nemmeno commentare il personale punto di vista di Squall sul Preside. "Il Garden deve molto a Balamb."

Squall smise bruscamente di digitare sul suo portatile, voltandosi a guardarla. "Pensi che non lo sappia?" sbottò furioso. "Questo non nega il fatto che io abbia doveri che non si compiranno da soli." Fu fermo nelle sue parole, anche se dubitava che a Lauren fregasse qualcosa dei suoi sentimenti personali. No, quello non era giusto e lui lo sapeva. Solo che a volte gli mancava... no, rifiutava di permettere che la sua mente vagasse ai tempi in cui lei sedeva su quello stesso letto.

I pensieri di Lauren erano concentrati sempre per prima cosa sul Garden, probabilmente più di quanto lui avrebbe mai potuto fare. Lei non discuteva mai su quanto sarebbe stato via; non sembrava mai preoccupata del fatto che lui stesse partendo per quella che poteva essere una missione pericolosa... qualsiasi cosa fosse il meglio per il Garden. Non gli aveva mai chiesto che cosa provasse, gli ricordava solo in maniera sottile che cosa avrebbe dovuto provare. Perché quello era ciò che la SeeD faceva in realtà, e lei era il paradigma del soldato perfetto su quel fronte. Forse era ciò che rendeva più semplice quella 'relazione', ma forse era quello che gli faceva desiderare ancora di più qualcos'altro. Dio, gli mancava.

Sospirò lentamente, correggendo la sua frase, cercando di conformarsi al ruolo che cercava disperatamente di rappresentare verso chi lo circondava. Quindi, senza mancare un battito, rispose alla domanda che lei aveva fatto all'inizio, stavolta con tutta l'abilità di un politico. "Sono stato scelto per questa missione sulla base della mia reputazione ed esperienza. Il Sindaco ha deciso che era meglio che io accompagnassi la delegazione. Cid ha accettato di buon grado, così Zell e io siamo stati assegnati a questa missione."

Buon per lui, ora era il fottuto perfetto SeeD. Questo avrebbe dovuto fare felice qualcuno, anche se era dannatamente sicuro che non si trattava di lui, per quanto cercasse di recitare quel ruolo. Non importava, perché almeno poteva essere quello che chiunque intorno a lui voleva che fosse, inclusi Cid e Lauren. Almeno poteva fare felice qualcuno.

*~*~*~*~*

Le immagini le marchiavano a fuoco la mente; Rinoa poteva sentire il ferro caldo che sigillava le fotografie del matrimonio nella sua memoria. Per quanto cercasse di negare la loro esistenza, rendeva solo la realtà molto più dolorosa. Si trovò a stringere il bordo della busta marrone, con più forza del necessario, ma proprio non riusciva a raccogliere la forza di guardarle ancora. Perché diavolo non avrebbe dovuto? Erano i suoi amici, alcuni dei migliori amici che aveva mai avuto... Selphie e Irvine, il loro amore era riuscito a trascendere qualsiasi limite. Forse era per quella ragione che guardare era difficile. Eppure, non era gelosia, piuttosto un senso di perdita o di dolore per cosa sarebbe potuto essere.

Diamine, una parte avrebbe potuto essere rabbia, lo sapeva. Perché non poteva continuare con la sua vita con la stessa facilità con cui l'aveva fatto lui? Parte di lei lo invidiava per quello; eppure c'era qualcosa che non la lasciava andare, che la tormentava. Come poteva lei condividere i suoi segreti con qualcun altro? Come avrebbe potuto chiunque altro capire quello che lei era? In quale punto di una conversazione sul più e sul meno poteva inserire il piccolo aneddoto riguardante il fatto che lei era l'unica Strega di cui si conosceva attualmente l'esistenza? Forse al quarto appuntamento - tra la minestra e l'insalata nella bisteccheria locale.

Dio, quando la sua vita era diventata così?

Non era questo il momento di indulgere sui 'cosa sarebbe stato se'. Sospirò, gettando finalmente le fotografie sul suo tavolino da caffè. Angelo scelse quel momento per arrivare trotterellando dalla cucina, con gocce d'acqua ancora visibili intorno alla bocca. La cagnetta guardò la sua padrona prima di saltare pigramente sul divano ed esibendosi poi nei tre giri obbligatori prima di coricarsi.

Rinoa sorrise guardando la sua amica pelosa. "Non pensare nemmeno di mettere le tue zampe fangose su-"

Ma per quale motivo finire quel pensiero? Era questo il punto a cui era arrivata la sua vita sociale, a rimproverare inutilmente il suo cane? Senza parlare di che cosa l'avesse posseduta in quel pianeta dimenticato da Dio quando aveva comprato mobili dal colore chiaro. Non era nemmeno seriamente arrabbiata con Angelo. Era solo la disperazione per qualcuno con cui conversare, non importava in che forma fosse arrivato - anche quella a senso unico e leggermente disfunzionale.

"Sarà meglio che ti sia pulita le zampe sullo zerbino là fuori, signorina," la canzonò la Strega. Cedette finalmente alla stanchezza, affondato sul divano accanto alla sua migliore amica. Angelo alzò lo sguardo, e gli occhi marroni sembravano annebbiati di confusione, o forse era solo indifferenza. Non importava; almeno era un'emozione visibile. Infine, il cane stiracchiò le sue zampe posteriori, sospirando piano e posando dolcemente la testa sulla gamba della sua padrona. Istintivamente, Rinoa mosse le dita nel pelo fitto del cane, osservando mentre peli solitari si staccavano e volavano nell'aria.

"Se dovrò far lavare a secco il divano, mi rifarò proprio sulla tua paghetta," la stuzzicò Rinoa senza intenderlo davvero. "In più, adesso, mi tocca passare l'aspirapolvere grazie alla tua perdita di pelo."

Era a questo che era arrivata la sua vita, a minacciare di prendere denaro da un cane che ovviamente non ne guadagnava? Rimaneva la realtà, era arrabbiata con se stessa, come si era trasformata in questa persona che vedeva quando si specchiava? Stranamente, non era mai riuscita ad essere arrabbiata con Squall; forse la colpa non era bianca o nera come sembrava - la colpa raramente era come appariva la prima volta.

Ecco lì la busta, che la chiamava in un modo che non poteva ignorare. Forse ci voleva più forza per guardare le fotografie piuttosto che per ignorarle e basta. L'opzione più semplice sarebbe stata ignorarle, metterle in un cassetto, e fingere che non esistessero; diamine, a quel punto, fingere che non fosse esistita la sua vita negli ultimi anni.

Si allungò verso il tavolino da caffè rimproverandosi mentalmente ad ogni secondo che passava. Eppure, non riusciva a fermarsi. Forse era solo il bisogno sottinteso di rivedere il suo viso. Rinoa guardò le prime fotografie con un sorriso sul volto, fino a quando si fermò su una che mostrava gli sposi insieme a Squall - che non appariva così in posa. Il matrimonio era stato semplicemente bellissimo, i suoi amici erano bellissimi, e per quanto cercasse di negarlo, lui era bellissimo. A Squall Leonhart non sarebbe piaciuto essere definito bellissimo; si trovò a ridacchiare appena al pensiero di quale sarebbe stata la sua reazione. Ma poi, avrebbe dato quasi qualsiasi cosa per vederlo irritato con lei in quel momento - tranne il suo orgoglio.

Dannazione di nuovo a quei 'cosa sarebbe stato se'.

"È ancora meraviglioso, non è vero?" chiese Rinoa ad alta voce, mostrando la fotografia ad Angelo. La cagnetta reagì appena al suono, ma non mostrò alcun interesse nella carta chimica - forse se fosse stata imbevuta di profumo di bacon e formaggio...

Sullo sfondo della fotografia c'era Lauren che conversava con un altro SeeD, anche se non era affatto nelle vicinanze di Squall. "Ho incontrato lei," ammise a bassa voce Rinoa, tornando a guardare gli occhi del Comandante. "Si chiama Lauren. Sembra davvero carina... sono felice per lui... beh, almeno dovrei esserlo. Penso che sarà più felice con qualcuno che fa il suo stesso lavoro. Penso che, semplicemente, io non potessi capire tutto; non sono mai davvero stata una di loro..." Rinoa si interruppe, cadendo di nuovo nel rimpianto da cui aveva disperatamente cercato di sfuggire la maggior parte delle notti. "Anche Lauren è bellissima, e a quanto pare molto ambiziosa."

Rinoa sospirò, tracciando la fotografia con un dito. "Lui lo merita... intendo, trovare la felicità."

Il cane mugolò come se avesse capito, o forse stava semplicemente cercando di dire con calma alla sua padrona che lo meritava anche lei. Eppure, il suono venne percepito soltanto come l'accordo con le parole di Rinoa.

"Sì, lo so, piccola, lo merita, lo intendo davvero," confessò piano la giovane donna. "Penso che semplicemente sia stato difficile affrontare la realtà faccia a faccia. Avresti dovuto esserci. Avrei potuto morire di imbarazzo una qualche dozzina di volte... una volta ho pensato che mi stesse facendo un cenno con la mano e-" Abbassò lo sguardo chiudendo gli occhi. "...E lo sto dicendo a un cane."

Rinoa posò attentamente le fotografie sul tavolino, appoggiandosi al cuscino morbido e guardando disperatamente il soffitto. "Non posso nemmeno dirlo a Zone. Non posso dirlo a nessuno... ma sono qui a dirlo a te. Grazie per non giudicarmi, però... quello lo fa già abbastanza il resto del mondo. Almeno, è qualcosa che tu non farai mai."

Appoggiando anche la testa, Rinoa chiuse gli occhi. "Però mi manca... penso che sia difficile ammetterlo con qualcuno. Forse sono pazza, ma dannazione, lui mi manca. Sai, se solo mi avesse seguito, una volta in questi ultimi anni. Se una volta mi avesse fatto pensare che gli mancavo... Dio, ho aspettato, ma tu lo sai, vero piccola? Non ero ciò di cui aveva bisogno, e devo imparare ad accettarlo, giusto? Desiderare e volere non ti porta da nessuna parte in questo mondo..."

Angelo abbaiò appena prima di muovere gli occhi verso la sua padrona.

"Visto, sapevo che tu avresti capito. Mi sento solo come se ci fosse qualcosa... di incompiuto, forse? Qualcosa che Squall e io dobbiamo portare a termine prima che io possa andare avanti, ma so che sono solo egoista. È ovvio che lui non lo sente. Penso che sia rimpianto da parte mia... suppongo che sia solo questo. Angelo, vorrei solo poter parlare a Squall come a volte parlo con te."

Tirandosi su a sedere, Rinoa si chinò in avanti giusto quanto bastava per guardare la sua amica negli occhi. "Mi sa che dovremmo cambiarci e andare a letto. Beh, io dovrei cambiarmi... tu sei già vestita." Cercò di ridacchiare, anche se non le riuscì. Ora si trovava a guardare direttamente il cane, a chiedere un conforto che non sarebbe mai arrivato dalla sua cagnetta. "Angelo, per favore, dimmi solo che non è rimasto niente. Dimmi che è finita e io farò del mio dannato meglio per continuare con la mia vita. Dimmi solo perché mi sento così dopo tutti questi anni. Dimmi che posso dire addio a lui, a noi."

Il cane rimase in silenzio e quella era l'unica risposta di cui aveva bisogno.

*~*~*~*~*

"Comandante... Ripeto... muoversi... adesso..."

Tra uno stato di coscienza e realtà Squall si svegliò, anche se rifiutò di aprire gli occhi. In qualche modo l'oscurità che trovava dietro le sue palpebre sembrava più accettabile dell'amara realtà. Quante notti lo avevano perseguitato quelle parole? Quante volte aveva sentito la stessa voce disturbata a turbare il suo sonno? Non importava, perché le parole erano solo il mezzo della sua caduta. Non c'era nessuno da biasimare tranne lui, anche se quello era più difficile da ammettere. Era sempre più semplice biasimare quelli che lo circondavano. Ancora coricato in mezzo alle ombre, seppe precisamente a chi dare la colpa.

Il battito del suo cuore rallentò lentamente e calmò il suo respiro affrettato. Nel buio, riguadagnò l'equilibrio. C'era una sorta di consolazione nel fatto di trovarsi a letto da solo quella notte. Per metà del tempo, ne era oltraggiato; per metà del tempo, cercava conforto in questo fatto. In quel momento, voleva solo affogare nell'odio di se stesso; sapeva che era inutile - alcuni errori non avrebbero mai potuto trovare rimedio.

Era in momenti come questo che si trovava a voler chiamare il suo nome, in un inutile tentativo di riportarla a sé. Forse lei avrebbe potuto sentire il suo grido attraverso l'oceano. Spinse via le lenzuola, desiderando che nulla toccasse la sua pelle. Non sapeva più chi era; tutto quello che era diventato era ciò che tutti intorno a lui volevano che fosse. Il problema era - non sapeva più chi voleva essere.

Alla fine, andando contro il buon senso, aprì gli occhi quanto bastava per leggere i numeri sulla sua sveglia. Mancavano meno di due ore alla partenza stabilita; non abbastanza tempo per riaddormentarsi, dato che alcune cose non gli riuscivano mai facili. Un sonno inquieto era sempre stato normale per lui, a parte rarissime occasioni.

Con un pesante sospiro, si alzò a sedere, lasciando che gli occhi si abituassero alla luce ancora un momento. Il Comandante si passò le dita tra i capelli, qualcosa che immaginava di fare troppo spesso, ma era diventata un'abitudine, in meglio o in peggio - un parallelo per la sua vita. Guardando la scrivania, immaginò di poter lavorare ancora un po' prima di partire per il molo di Balamb.

Rinoa avrebbe odiato quell'idea.

Mentalmente, poteva sentire la sua mano sulla sua spalla, mentre gli chiedeva di non alzarsi. Lei voleva sempre che lui rimanesse a letto ancora un po', che stessero insieme. Gli mandava un brivido lungo il corpo. Chiudendo gli occhi, Squall si maledì; come poteva credere ai fantasmi? Quello non era giusto; lei non era affatto un fantasma. Rinoa era molto viva; rimaneva solo un fantasma nei suoi ricordi - e nella sua vita. Eppure, era in momenti come questo che poteva sentire la sua voce, sentirla mentre gli diceva di coricarsi ancora. Le sue dita che gli afferravano il bicipite disperate.

L'ironia era che, allora, lo irritavano i suoi modi di fare. Spesso tratteneva la sua rabbia e la sua irritazione. Forse il vecchio adagio era vero; non sai quello che hai fino a quando non lo perdi. Ma a voler essere giusti, se lui non avesse passato quello che aveva passato, forse sarebbe stato ancora irritato se lei lo avesse afferrato in quel momento.

Rise.

Era il primo suono a parte i respiri affaticati che erano sfuggiti dalle sue labbra. Dio, avrebbe adorato poter provare la sua perversa teoria. A volte si biasimava per non essere stato capace di continuare con la sua vita; anche se, all'apparenza, lo aveva fatto per la maggior parte delle persone che lo circondavano. Dubitava fortemente che i suoi amici ci credessero, ma nessuno aveva mai detto nulla. Non conoscevano nemmeno la verità sulla partenza di lei - brancolavano ancora nel buio.

Forse era parte del suo confronto con Zell la sera prima. Forse nel profondo Squall voleva solo che uno dei suoi amici lo affrontasse a viso aperto. Diamine, forse voleva dire la verità a uno di loro, dire che bastardo era, e dire la vera ragione per cui le matricole erano morte. Non lo avevano mai chiesto realmente, e quello onestamente gli dava fastidio. Quali erano i limiti tra la lealtà, il dovere, e l'amicizia che reclamavano così ampiamente? Forse lui sapeva, e ne era sicuro quanto lo era di essere seduto da solo nel buio, che c'erano sempre due lati di una storia. Non era mai il classico bianco o nero. Si chiedeva se uno dei suoi amici potesse guardare oltre il grigio.

A volte, la forza del rimpianto era molto più potente della sua forza di volontà. Ora sentiva che questo momento stava velocemente diventando una di quelle volte inevitabili nella sua vita. Il giorno prima aveva visto le fotografie. Erano solo un ricordo crudele dei fallimenti della sua vita. Il sorriso di lei, la sua presenza, il suo portamento in una folla. Non esisteva che lei volesse questo da lui, continuava a dirsi che avrebbero dovuto crescere entrambi in seguito a quell'esperienza. Lei di sicuro sembrava averlo fatto. C'era qualcosa di così maturo, di così insondabile nei suoi occhi ora. Non era la stessa persona che lo aveva lasciato in piedi nella pioggia, e forse quello era l'unico conforto che trovava in tutta la situazione.

Era cresciuta in così tanti sensi, e lui ne era felice.

Era più o meno l'ultima cosa che voleva fare, ma in qualche modo faceva da promemoria ostile. Sotto la maschera del buio, il Comandante mosse la mano verso il comodino. Lentamente strinse le dita intorno alla maniglia, aprendo il cassetto appena quanto bastava per infilare la mano e prendere la solitaria scatolina di velluto. Dio, non aveva idea del perché l'avesse tenuta, o cosa ancora più importante, del perché la tenesse così vicina. Forse avrebbe semplicemente dovuto liberarsene dopo quella prima notte sul balcone, quando si era trovato troppo combattuto internamente per chiederle di essere sua moglie.

Anche dopo gli anni, il diamante luccicava, preso tra il riflesso della sua sveglia e il cielo notturno. Ricordava il giorno in cui l'aveva comprato in una piccola gioielleria di Timber; l'ironia ora non gli sfuggiva. Era stato così nervoso nell'acquisto; anche la commessa se ne era accorta. Anche se la donna aveva cercato di rassicurarlo che era una cosa naturale per la maggior parte degli uomini nella sua situazione, lui dubitava molto che fosse quello il caso. In ogni caso, si era costretto a sorridere e a pronunciare un piatto 'grazie' mentre si trovava a firmare la ricevuta.

Ora guardava la scatola e mandava un'occhiata al contorno della ricevuta originale, piegata ordinatamente al di sotto. Forse avrebbe dovuto buttarli via, beh, sia la ricevuta che l'anello, ma c'era qualcosa che gli diceva sempre di tenere entrambi gli oggetti. Forse era solo il sadico promemoria di cui aveva bisogno nella sua vita. Mentre faceva scorrere il dito sull'anello sottile, si chiese se Lauren lo avesse mai visto. La scatola era abbastanza ovvia nel suo cassetto. Eppure non aveva mai detto nulla; non che fosse da lei farlo, lei non era fatta così.

Rinoa e Lauren... totali opposti... lo sapeva. Forse era stato quello a permettergli di lasciar entrare Lauren, per quanto fosse superficiale. Era in ogni caso più vicina di chiunque altro in quel momento; almeno lui sapeva che ruolo aveva in quella relazione. Quello poteva affrontarlo, quello poteva capirlo.

Mentre faceva scorrere la punta del dito sul diamante, poteva sentire ogni sporgenza che lo teneva al suo posto. Il sottile anello d'oro sembrava... così piccolo, si chiedeva se le dita di Rinoa fossero tanto piccole, eppure nello stesso istante sapeva anche che lo erano. Perché si facesse questo non avrebbe potuto mai spiegarlo ad anima viva; era diventata una tortura silenziosa di cui lui si trovava quasi a godere. Eppure, il Comandante sapeva di non poterlo fare adesso, soprattutto la notte prima di una missione. Ma poi, sarebbe stata una notte in cui avrebbe permesso a Rinoa di dormire nel suo letto. Quindi sembrava il momento migliore per affrontare questa straziante tortura.

Chiudendo la scatolina, la gettò nel cassetto con più forza del necessario. Non era che fosse colpa dell'anello non poteva evitare di essere quello che era, quello per cui era stato designato. Forse l'anello e lui avevano più cose in comune di quanto avesse creduto all'inizio. Lui non poteva evitare di essere quello che era. Un SeeD. Quello per cui era stato designato. La battaglia. Cosa più importante, l'anello non avrebbe mai potuto simboleggiare più di quanto era, proprio come lui - un fallimento di ciò che avrebbe potuto essere.

*****

Nota della traduttrice: 14 aprile 2013: correzione di qualche errore sparso qua e là, nulla di che.
La storia che dà il titolo a questo capitolo è Between the shadows di Ethereal Fury; non si prevede di tradurla in italiano. Si tratta di una long fiction su Final Fantasy VIII, con personaggi originali... personalmente non l'ho mai letta, ma ad un rapido sguardo all'ultimo capitolo non credo che sia completa. Da quello che ho capito, la storia però non prevede i personaggi del gioco, ma non avendola letta non posso averne la certezza :)
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** IX. Through Each Tomorrow ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo IX: Through Each Tomorrow ~

Era nei momenti tra il buio e la luce, quel tempo prezioso in cui la prima illuminazione faceva capolino tra le nuvole, che sentiva il maggior conforto nella sua vita. Squall Leonhart si trovò ad essere grato che la delegazione fosse stata in grado di lasciare il molo di Balamb prima dell'alba. C'era qualcosa nel guardare l'emergere del giorno da quella città che riportava ricordi indimenticabili - soprattutto quelli nudi avvolti in un lenzuolo che lo stringevano forte su un balcone. Era ancora abbastanza difficile osservare l'alba fuori da Balamb, o in qualsiasi altra parte del globo, per quel che contava. In qualche modo l'alba non era mai stata un inizio nella sua mente, solo una fine che lo avrebbe perseguitato per sempre.

Eppure, avrebbe potuto andare sotto coperta nella cabina principale, ma il Comandante provava un certo conforto nello stare da solo sul ponte. Qui poteva vedere l'ascesa del sole in pace, a differenza della propaganda politica e delle stronzate che molto probabilmente venivano discusse là sotto. Zell probabilmente non si stava godendo la conversazione o la compagnia più di quanto avrebbe fatto lui, ma l'esperto di arti marziali aveva un'enorme quantità di rispetto - sia per il Sindaco che per il Comandante. Avrebbe concesso a Squall la sua tranquillità momentanea e al Sindaco il suo pubblico.

La navetta viaggiava veloce contro la corrente, tagliando l'oceano come un coltello con la seta. Squall si trovò a guardare l'acqua spumeggiante al di sotto; non poteva ancora capire i colori vibranti dell'alba davanti a lui. Preferiva guardare l'oceano, la sua ripetitività, e le sfumature simili di colore che offriva. C'era pace nella monotonia, almeno nella sua vita. Chiuse gli occhi, lasciando che il vento sferzante gli battesse sulla pelle. Pungeva, faceva male, sembravano migliaia di aghi di Kyactus, ma almeno era qualcosa.

Era sentire, nel bene o nel male - per lo meno sentiva.

Quello che non riusciva a capire era il perché questi vecchi sentimenti fossero tornati con forza come un uragano, fino al punto che non poteva reprimerli come aveva fatto per così tanto tempo. Forse era perché aveva visto lei solo pochi mesi prima e rendeva la considerazione molto più amara. Forse era perché lei lo aveva visto con Lauren, e anche se non lo era, gli sembrava ancora un tradimento della loro relazione, del rispetto che aveva ancora per Rinoa.

C'era anche il fatto tormentoso che non era sicuro di come avrebbe reagito lui se la situazione fosse stata invertita, se fosse stata Rinoa a portare qualcuno con lei - parte di lui avrebbe voluto morire sul colpo. L'altra parte di lui avrebbe voluto, beh, sinceramente fracassare il cervello dell'uomo, anche se non era per nulla un suo diritto farlo. Forse anche lui adesso aveva la controprova che lei aveva continuato a vivere senza di lui, ma ovviamente non era forse nei suoi diritti?

Dio, odiava quando faceva così. Aveva poco più di vent'anni, aveva già assicurata la posizione di Preside, ed era finanziariamente indipendente... quante persone potevano dirlo a ventitré anni? Ma poi, per che cosa poteva spendere denaro? Virtualmente, tutto veniva fornito dal Garden - la stanza, il mantenimento, i pasti, persino l'uniforme che indossava. A parte i rari pranzi fuori, il suo abbonamento a Armi del Mese, o l'occasionale acquisto di un indumento in pelle... c'era molto poco per cui spendere denaro, e comunque quando mai avrebbe trovato davvero il tempo di farlo?

L'ultima cosa che aveva comprato con sincerità era il regalo per il matrimonio di Selphie e Irvine, ma almeno quello veniva dal cuore - be', la parte del suo cuore che rimaneva sotto la facciata della mentalità di un SeeD. Era quasi ironica la quantità di guil che aveva messo da parte negli anni - vincolata in investimenti, in titoli e azioni, per risparmiare per il futuro... era quasi ridicolo in quel momento. Investire in quale futuro?

"Allora, possono venire qui tutti, o ci vuole l'invito?"

Il suo momento di conforto era stato rovinato, ma forse era una benedizione. "Non adesso, Zell," affermò il Comandante, senza mai distogliere gli occhi dai movimenti ipnotici dell'acqua. "Hai bisogno di qualcosa?"

"Sì, beh, divertente e più divertente là sotto stanno passando in rassegna i più minuscoli dettagli dei trattati di pace... fidati di me, ti stai perdendo sacchi e sacchi di statistiche capaci di mandarti in coma. Senza parlare degli ultimi scandali politici - dovresti sentire qualche pettegolezzo."

"Basta!" ruggì Squall un po' più ad alta voce di quanto intendesse.

"Scusa," rispose docilmente l'esperto di arti marziali, senza sapere il perché dell'improvviso cambiamento. Poi lo colpì: le parole che aveva scelto, ovviamente. Forse sarebbe stato meglio se non avesse cercato di parlare al Comandante in questa missione; era ovvio che sarebbe stato d'umore volubile per tutto il tempo. Eppure, Zell si sentiva in colpa per il commento sull'essere 'capace di mandarti in coma', un altro ricordo che era meglio lasciare dimenticato nei momenti del passato. Senza parlare del suo commento su scandali e pettegolezzi politici; Zell si rese velocemente conto che avrebbe dovuto pensare di più alle sue parole.

L'esperto di arti marziali scosse la testa, chiedendosi se ci fosse qualcosa che avrebbe aggiustato la situazione. Non che il suo amico fosse sempre stato così, solo che ultimamente tutto lo aveva fatto scattare, beh, dal matrimonio di Selphie e Irvine, credeva. Anche se non ci voleva uno scienziato nucleare per capire dove fosse il problema. Zell iniziò a scendere le scale, e poi si fermò come se fosse stato colpito da una magia Stop. Alla fine andò contro il suo stesso buon senso e si voltò bruscamente. Forse se ne sarebbe pentito, forse non sarebbe andato da nessuna parte, ma sapeva una cosa, nulla sarebbe stato risolto se le cose avessero continuato lungo queste linee di autodistruzione.

"Squall, vorremmo tutti che non se ne fosse andata. Se le cose sono destinate ad andare in un certo modo, troveranno sempre il modo di farlo."

Il Comandante fu colto alla sprovvista; forse non si aspettava che il suo compagno di squadra facesse un'affermazione così diretta in quel momento, o che l'avrebbe mai fatta. Ma poi, forse parte di lui era grata che qualcuno almeno lo notasse ancora - anche se Squall non avrebbe mai dato voce ai pensieri che onestamente aleggiavano nella sua mente. In qualche modo immaginava che Zell sapesse già la verità sul 'perché lei se n'era andata', forse più di quanto volesse ammettere.

"Che cosa stai per dire adesso, Zell? Che quello che non ci uccide ci rende più forti?"

Quello era ridicolo secondo Squall. Forse avrebbero potuto rimanere lì e tirare fuori qualche altro luogo comune, era quello di cui aveva bisogno. Dopo il momento di shock iniziale e rabbia sottile, il Comandante si trattenne dal fare ulteriori commenti; Squall sapeva che il suo amico stava solo cercando di dare una mano. Diamine, forse aveva davvero bisogno di dire qualcosa a qualcuno - non sapeva più niente. Nulla aveva mai avuto senso nella sua vita, quindi perché iniziare adesso? Quindi andando contro tutto ciò in cui aveva mai creduto, i valori che desiderava ardentemente, il Comandante si appoggiò sul parlare a qualcun altro... beh, a parte lei.

"Voglio solo che qualcuno capisca che non è mai stata colpa sua." La voce di Squall si diffuse sopra le onde che si schiantavano ritmicamente contro lo scafo.

"Eh... cosa?" Chiese l'esperto di arti marziali prima di rendersene conto. Squall stava effettivamente parlando... di Rinoa. Anche da questo piccolo passo Zell poteva vedere l'influenza della Strega sulle azioni del suo Cavaliere; sei anni prima avrebbe preferito essere dannato che avere una conversazione come questa con un'altra anima viva.

"Nessuno di noi ha davvero capito..." affermò con attenzione Zell, sperando che la sua risposta non avrebbe fatto arrabbiare il Comandante. Colse l'occasione di camminare verso la ringhiera, appoggiandosi attentamente con il suo peso sopra di essa. A differenza di Squall, trovava un fascino innato nell'alba, perché trovava più semplice focalizzare l'attenzione su qualcosa di colorato e pieno di vibrante bellezza. "Credo che nessuno di noi sappia davvero che cosa è successo. Perché è successo..."

"Perché non l'avete chiesto?" Affermò con sicurezza il Comandante, trovando finalmente la volontà di affrontare qualcuno, o forse i suoi demoni interiori, sulla situazione. Nessuno glielo aveva mai chiesto... non Quistis, non Zell, e col cazzo che l'aveva fatto Lauren.

"Credo... tutti noi abbiamo solo immaginato che ce l'avreste detto quando sareste stati pronti. Volevamo dare a te e Rinoa la vostra privacy. Non riguardava noi... non è mai stato così, ma non significa che non siamo rimasti feriti o influenzati anche noi da questa cosa."

"Quindi non vi siete mai bevuti le teorie popolari?"

"Squall... io, io conosco Rinoa... so che non se ne sarebbe andata in un momento in cui avevi più disperatamente bisogno di lei. I pettegolezzi sono pettegolezzi - non hanno mai cambiato il modo in cui abbiamo considerato voi due."

Più disperatamente bisogno di lei - anche quelle parole erano quasi ridicole. Se solo Zell avesse conosciuto la verità, forse l'avrebbe buttato fuori bordo invece che cercare di portare avanti una conversazione educata.

Erano passati svariati minuti; di fatto, era passato abbastanza tempo perché l'alba fosse perfettamente visibile e ci fosse solo una traccia della notte nel cielo a occidente. Ogni secondo che svaniva nel nulla incontrava il silenzio, si udivano solo il suono della navetta e dell'oceano.

Sarebbe stato facile per il Comandante correre, andare via, lasciare il ponte e andare sotto coperta. Nascondersi. Ma in tutta onestà, era passato troppo tempo... nella sua mente e nella sua coscienza. Rinoa sapeva più di qualunque suo amico che tipo di persona lui fosse davvero, o almeno il fallimento che lui avrebbe permesso a se stesso di ammettere. Il fatto che tutti gli altri, a parte Cid e Rinoa, non avevano nessuna idea del tipo di persona che si era permesso di diventare... il perché intraprendeva una guerra personale e una guerra vera, fisica - e perché si rendeva conto di essere stato un fallimento in entrambe. Era molto più facile coprire semplicemente i suoi errori fatali con poche parole ben piazzate su un documento. A volte non sapeva dove finivano le fantasie e dove iniziavano le realtà. Non aveva idea di come alcune delle linee - dove e quando le bugie fossero diventate la verità.

"Li ho uccisi," disse senza ulteriori spiegazioni. Squall non voleva specificare il suo ragionamento, ma ora che aveva lasciato uscire le parole, sapeva che non c'era modo di mangiarsele.

"Di che cosa stai parlando Squall?" Zell si era perso. Un minuto pensava che stessero parlando di Rinoa, e subito dopo il suo amico stava parlando di un'altra faccenda. Anche se persino lui si rendeva conto che ci doveva essere un legame tra le due cose, altrimenti la confessione del Comandante non sarebbe stata rilevante.

"Sono stato io. Le ho uccise... le matricole..."

"Squall, non eri responsabile, la radio non ha funzionato bene. Cosa mi dici degli altri SeeD che sei riuscito a salvare?"

"Non avrebbero mai avuto bisogno di essere salvati se io non avessi... se io non avessi... semplicemente non avrebbero mai dovuto essere messi in quella posizione. È stata colpa mia. Ho compromesso tutto."

"Diamine amico, io ti conosco, tu non sei uno che cambia le posizioni se non è quello che ti è stato ordinato."

"No Zell, non era quello che mi era stato ordinato... è solo quello che ho sentito..."

"La radio ha avuto un problema; hai ricevuto solo una parte della comunicazione."

"Dannazione, la radio non ha mai avuto un problema. Non ho sentito bene, perché... in quel momento non ero - ho infranto la regola principale del combattimento." La voce si ruppe sotto il vento e sotto l'emozione che minacciava di venire in superficie. "Non l'ho mai fatto prima... non ho mai..."

"No Squall, non l'hai mai fatto, e sei un dannato bravo SeeD... e una persona perfino migliore."

"Non mi conosci, non sai proprio niente di me se pensi questo!" ruggì rabbioso, facendo un passo verso l'esperto di arti marziali. "Forse nemmeno Rinoa... e non è riuscita ad affrontare quello che ha visto. Quello che mi ha sentito dire."

"Squall, tutti commettono errori e-"

"Sai, questo è un errore del cazzo. Dimenticati e basta che ho detto qualcosa." Il Comandante si voltò, chiudendo gli occhi per un momento solo. Tutto girava e doveva calmarsi prima di permettersi di inghiottire la sanità mentale che gli era rimasta. Era in missione adesso, e non aveva intenzione di fallire due missioni per lo stesso errore. Questa sarebbe stata l'ultima volta che ne avrebbe mai parlato, non poteva farlo e basta. Non si guardò mai indietro mentre scendeva le scale verso la vita che aveva creato per se stesso. Un SeeD.

*~*~*~*~*

"Come va a Fisherman's Horizon questa mattina? Hai incontrato Dobe?" chiese scherzosa Rinoa. Abbassandosi ad aprire l'ultimo cassetto della sua scrivania, cercò di tenere il telefono vicino all'orecchio, anche se la maggior parte dei suoi tentativi erano inutili; la cornetta sembrava voler fare di testa sua.

"Ah, no, fortunatamente il Capostazione è ai trattati di pace a Dollet, ma sfortunatamente Flo è ancora là."

"Fai il bravo con i paesani, Zone... cerca solo di non guardarla negli occhi. Ti può pietrificare, sai," rise la giovane Strega, cercando di sistemare il filo del telefono che aveva inavvertitamente aggrovigliato.

"Immagino che tu parli per esperienza."

"Qualcosa del genere," rabbrividì Rinoa, sperando che Zone non le chiedesse di spiegarsi meglio.

"Allora dovrò chiederti consiglio, oh mia saggia amica."

Grazie agli dei per i piccoli favori. Ma immaginava che lui avrebbe avuto buon senso; o quello o aveva davvero chiamato per un motivo. Ma poi, quando era stata l'ultima volta che Zone aveva chiamato per una ragione 'reale', a parte il controllare come stava?

Zone e Watts... pensavano davvero a lei come a una principessa, da coccolare e di cui preoccuparsi, spesso fino al punto di diventare irritanti. Eppure erano le uniche due costanti nella sua vita; beh, a parte il cane peloso coricato nel morbido tessuto del suo lettino per cani disegnato apposta per lei.

"Non te lo dimenticare mai, Zone. Allora, c'è una ragione vera per cui hai chiamato? O è stato solo per irritarmi a morte come sempre, dato che non puoi farlo dal vivo?"

"Visto, adesso sai che posso irritarti a distanza... è un dono, un talento naturale."

"È irritante!" aggiunse Rinoa, giocando ancora un po'.

"Lo so, ma è per questo che mi ami. Per questo e perché ti compro quella speciale miscela di caffè che ami così tanto."

"Va bene, va bene... solo perché amo quel dannato caffè... allora suppongo di doverti concedere il resto. Comunque, siccome non sei qui a tenere in ostaggio i chicchi di caffè succitati, te lo chiedo di nuovo, hai chiamato per una ragione?" Rise - per qualsiasi normalità che Zone portava nella sua giornata, lei sarebbe stata eternamente grata.

"A dire il vero, sì, ho una ragione reale, oh grandiosa e onnisciente. Mi chiedevo se potessi mandarmi il file con il budget proposto... giuro che ne avevo una copia, ma ho guardato nella mia cartellina e non lo trovo. Incontrerò di nuovo il commissario dei treni dopo la pausa pranzo e mi servono quei preventivi finali. Potresti cercarli per me... per favore?"

"Sai che non posso dirti di no quando implori," ridacchiò lei, chiudendo una finestra sul suo computer. "È nella cartella 'prospetti commissione treno', giusto?"

"Sì, e per favore fammi un appunto sul documento che non perdonerò mai Watts per avermi costretto a questo. Sai cosa vuol dire essere intrappolati in una stanza con Flo per tre ore? Mi deve davvero tanto dopo questo."

"Be', sei un militare, pensala come una missione per mantenere relazioni stabili con FH e Esthar."

"Ah, sì, non sia mai che combattiamo contro il famosissimo esercito di Fisherman's Horizon... ah giusto, Rin, non ne hanno uno... a meno che sia composto di pesci gatto, tonni e albacore. Che cosa hanno in comune le tratte del treno e l'ufficiale capo dell'esercito di Timber?"

"Be', per dirne una, mi preoccupo della stabilità di entrambi... tutti e due sembrate avere qualche rotella fuori posto. In più non voglio nemmeno nominare il fatto ironico che noi stessi non abbiamo un esercito decente."

"Ehi, questo mi offende!"

"Sapevo che l'avrebbe fatto, perché l'avrei detto altrimenti? Che divertimento sarebbe? Senza parlare del fatto che credo che il tonno e l'albacora siano virtualmente la stessa cosa, avresti dovuto scegliere qualcosa di più unico come un esercito di gamberetti killer," rise Rinoa; Zone era piuttosto prevedibile a volte, anche se lei trovava conforto in questo fatto.

"Gamberetti... sì, suona proprio come qualcosa che diresti tu. E quando brandiranno i loro piccoli machete da gamberetto non venire a piangere da me per farti salvare."

"Lo sai, scherzo caro, scherzo... ho imparato a non dipendere più da nessuno per farmi salvare." Non aveva davvero voluto dirlo, le era scappato e basta. "Zone, onestamente credo che tu abbia fatto un lavoro meraviglioso. E ho trovato il tuo file, ti mando una copia del rapporto via email." Digitò l'indirizzo, grata per momenti come questo che la aiutavano ad andare avanti. Anche se non poté evitare di aggiungere scherzosamente sottovoce, "solo, non dirmi che ci sono tramezzini nemici nella zona."

"Che cos'era l'ultima cosa che hai detto, Rin? Non ti ho sentito."

"Oh niente, stavo solo... parlando tra me e me. Brutta abitudine, lo so." Fece un cenno con la mano libera, più per abitudine che altro. Ovviamente lui non poteva vedere il gesto, ma lei si trovò comunque a farlo. "Bene, il file dovrebbe essere nella tua casella di posta tra pochi secondi, altrimenti fammelo sapere."

"Grazie mille, Rinoa, mi hai salvato la vita."

"Err... sì, ho la strabiliante abilità di aprire un file sul server e premere invio; ma in ogni caso, ti ringrazio per la tua eterna fiducia. Ti serve altro prima che vada?"

"Sì, permettimi di portarti fuori a cena stasera... per favore, devi uscire da lì. In più torno con un treno da pendolari... niente servizio bar! Anche se forse, se sono abbastanza bravo, posso convincerli ad aggiungerlo nel budget del prossimo anno. Forse una carrozza ristorante gourmet."

"Questo è proprio da te... sempre a pensare al cibo." Rise, prima di assumere un tono di scuse. "Ma per quanto riguarda la cena di stasera, mi dispiace, non posso proprio."

"Rinoa, devi imparare a vivere di nuovo... questa non sei tu." Zone prese il silenzio che seguì come un invito a continuare. "Devi andare avanti con la tua vita a un certo punto... non ti chiedo nulla più che una cena. Di uscire con un amico e divertirti e basta. Sai, divertirti giusto? Senza parlare del fatto che è una bistecca gratis... e io so quanto ti piace. Prometto che non ci saranno eserciti di pesce."

Lei sospirò, guardando le scartoffie sulla sua scrivania; anche se nemmeno quello le dava conforto. Squall era andato avanti con la sua vita, lo sapeva... non era che Zone le stesse chiedendo qualcosa di più di una cena, come amici. E non poteva negare il fatto che almeno uscire senza che il lavoro lo richiedesse aveva un certo fascino. In più, forse Zone aveva un vocabolario leggermente più ampio di Angelo, ma poi, dubitò che avrebbe trovato più conforto nella compagnia umana - onestamente credeva che Angelo la capisse più di chiunque altro negli ultimi anni.

Piccoli passi, si ricordò internamente prima di inghiottire qualsiasi orgoglio sentisse che era rimasto. "Va bene, ma è meglio che ci sia della bistecca... una buona bistecca."

"Il meglio per te principessa, sempre. C'è qualcos'altro che posso fare per aiutarti prima di tornare nella terra dell'inferno noioso e burocratico?"

"Sì, pensa a un telefono senza fili per il mio compleanno."

*****
Nota della traduttrice: la storia che dà il titolo a questo capitolo è Through each tomorrow che però non sono riuscita a trovare su ff.net, né tramite la ricerca con Google. Ho intenzione di contattare Ashbear per vedere se riesco a farvela avere.
24 febbraio 2011: in seguito a uno scambio di email con Ashbear, ho ricevuto alcuni spoiler su come procederà la storia. Chiedendole alcune cose che non mi tornavano, ho scoperto insomma che in realtà sono piccoli, minuscoli indizi che saranno poi la chiave di tutta la storia. Uno di questi piccoli indizi è in questo capitolo. Avendolo tradotto male, convinta che fosse un errore di battitura, ho riportato tutto a come deve essere. Non posso dirvi altro se non: leggete attentamente e lo capirete. Una spiegazione verrà data, forse, a fine storia, per evitare spoiler megagalattici XD
14 aprile 2013: correzione di qualche errorino qua e là.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** X. Melodies of You ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo X. Melodies of You ~

Non cambiava mai. Negli anni quel posto sembrava rimanere fermo mentre il resto del mondo intorno a lui sembrava muoversi al suo fianco in una confusione improvvisa. Dollet era sempre... Dollet. Lo stesso posto in cui aveva sostenuto il suo esame SeeD, la stesso posto in cui sarebbe tornato più avanti, un po' ferito, lo stesso posto che per la maggior parte conteneva ricordi - quelli meno associati a lei. Certo, sempre che tutti i suoi ricordi non si legassero come un puzzle gigantesco nella sua mente. Eppure Dollet era il miglior posto possibile in cui il Consiglio potesse tenere i suoi negoziati di pace. Era il posto in cui i suoi sentimenti erano più imparziali, per lo meno tanto imparziali quanto qualsiasi posto potesse essere nella mente di Squall. Con la possibile eccezione del Villaggio degli Shumi, ma vedere una statua di granito a grandezza naturale di suo padre non era esattamente in cima alla sua lista delle priorità.

Ma poi, il suo più caro ricordo riguardante Dollet non era nulla che potesse ignorare; era diventato uno scherzo classico nel suo circolo di amici, anche in quei giorni. Era un incidente che sarebbe rimasto nella storia e nel folclore del Garden, anche se tre giovani donne avrebbero preferito che rimanesse sepolto più profondamente del Centro di Ricerca Sottomarina.

Nonostante tutto, Squall non poteva evitare di lanciare un'occhiata al Dipartimento di Polizia di Dollet senza che un piccolo sorriso gli increspasse le labbra. Per quanto cercasse di reprimerle, alcune cose semplicemente non si facevano seppellire, e alcune volte erano troppo divertenti per ignorarle, anche dopo che era passato così tanto tempo. Persino adesso poteva ricordare quanto fosse stato furioso quando era entrato la prima volta nelle porte del distretto. La rabbia alla fine si era dissolta, dato che il punto di vista umoristico di Irvine e Zell aveva aiutato molto a calmare le acque; anche Squall aveva dovuto ammettere che dopo un po' non poteva negare il lato divertente della cosa... alcuni momenti non potevano mai essere dimenticati.

*~*~*~*~*

Squall si trovò a confidare su tutto il suo addestramento solo per arrivare alla fine della conversazione senza scoppiare in una insolita risata. C'era un umorismo che nemmeno il Comandante poteva ignorare. Comunque l'idea di far passare alle ragazze, e soprattutto a Rinoa, questa tortura era semplicemente troppo affascinante. Le tre donne risiedevano attualmente tutte insieme in una piccola cella di custodia, ma lui si trovò ad avere lo sguardo fisso su una sola delle occupanti. Rinoa era seduta su una panchina, con le ginocchia tirate contro il petto e le braccia che circondavano le gambe con fare protettivo. Si dondolava dolcemente avanti e indietro in un inutile tentativo di calmare i nervi a pezzi.

"Rinoa Heartilly..." La voce di Squall echeggiò contro i muri di cemento, risuonando più alta di quanto lui avesse inteso.

Il corpo di lei sobbalzò al suono del suo tono severo e alzò umilmente lo sguardo, prima di tornare velocemente a guardare in basso. Lui se la sarebbe goduta - probabilmente un po' più di quanto fosse disposto ad ammettere. Un'occasione come questa non si presentava mai tutti i giorni. Era dannatamente sicuro che ne avrebbe tratto il massimo vantaggio.

Squall non distolse mai gli occhi da lei mentre parlava con la guardia in piedi accanto a lui. "Ufficiale, può per favore ripetermi le imputazioni di cui sono state accusate la signorina Heartilly e le sue complici?"

"Prostituzione, adescamento, e condotta indecente."

"Quistis stava incontrando un contatto!" Cercò di spiegare Rinoa abbastanza ad alta voce, alzando per un momento lo sguardo dalla sua posizione quasi fetale. Puntò il dito verso la panchina dall'altro lato della cella, usando le mani per enfatizzare il concetto. "Quistis. Incontrare. Contatto!" Rinoa alzò le braccia esasperata. Le altre due ragazze si scambiarono uno sguardo poiché, all'insaputa di Rinoa, avevano visto il loro Comandante che rivolgeva loro un sorrisetto appena accennato e un lungo gesto della mano come per liquidare la faccenda. Quistis e Selphie avevano entrambe preso quel segnale come un'indicazione che lui non era arrabbiato come stava dimostrando di essere. Era abbastanza raro vedere Squall di umore 'giocoso' (stando alla definizione di Squall di 'giocoso'), specialmente in quelle circostanze, così le due ragazze lasciarono che Rinoa cercasse di spiegare, anche se le sue spiegazioni stavano andando piuttosto male.

"Squall, l'ufficiale in incognita ha solo... frainteso! Non stavamo adescando... non esiste! Ah... oh, lascia perdere e basta!"

Il Comandante frugò nella tasca destra della sua giacca e ne estrasse un rapporto di polizia. Muovendo l'indice, trovò una certa riga e lesse ad alta voce, "stai cercando qualcosa? Le mie amiche e io abbiamo esattamente quello che stai cercando." Sollevò un sopracciglio, leggendo parola per parola. "Esattamente cosa avevate voi tre, Rinoa?"

"Dannazione, prima di tutto, le mie esatte parole sono state che 'avremmo potuto avere' quello che stava cercando! Nel senso di informazioni... ripeti con me: in-for-ma-zio-ni... non nel senso di... hai capito! Squall, come puoi anche solo pensare che io - farei! ...ahhh!"

Grugnì, rendendosi conto che aveva urlato le ultime parole. Facendo un profondo respiro, inalò con forza cercando di calmarsi. "Vedi, 'Comandante Leonhart', l'ufficiale che ci ha arrestato non ha nemmeno capito bene i fatti. Come puoi credere a qualsiasi cosa che si legge in quel rapporto?"

Squall alzò gli occhi piuttosto impassibile. "Quindi, Rinoa Heartilly, stai ufficialmente negando di aver detto 'devo mostrarti una cosa. Prometto che varrà la pena'."

"Sì, ok, quello l'ho detto! L'ho detto, ma non parlavo di quello... avevo il fax che il Garden ha intercettato da Deling nel mio-" Rinoa lasciò andare un grugnito di irritazione; qualsiasi cosa dicesse le scavava la fossa più a fondo - molto più a fondo. Alla fine si alzò per la prima volta, andando lentamente verso le sbarre, sempre attenta ad evitare il suo sguardo diretto.

"Va bene... ripensandoci adesso, tenere il fax piegato nel reggiseno potrebbe essere stata una decisione poco saggia, ma non avevo tasche!"

Lui si fermò per un momento, esaminando attentamente come era vestita. "Beh, questo fatto è piuttosto evidente praticamente a tutti. Comincio a capire da dove è arrivata l'accusa di condotta indecente. Pantaloni di pelle Rinoa, quello non è il mio campo?"

"Oh, lascia perdere! Tanto per cominciare, è stata Quistis a sbagliare per prima." Rinoa incrociò le braccia sul petto, sentendosi piuttosto imbarazzata per il suo abbigliamento. "Secondo, stavo solo prendendo lo stupido fax, niente affatto quello che ha pensato l'ufficiale! Dovevamo confonderci con la folla giù ai moli... e ci siamo semplicemente vestite per questo. Per non parlare del fatto che questi pantaloni sono di Selphie! E prima che tu me lo chieda, non so perché li ha, e non penso di volerlo nemmeno sapere... ecco tutto!"

"Quindi perché ti hanno ammanettato?" Disse lui con un sorrisetto cercando di mantenere il suo comportamento professionale, e fallendo miseramente.

"Non devo rispondere, perché altrimenti potrei incriminarmi da sola."

Rinoa spostò il peso da un piede all'altro, a disagio. Si voltò leggermente, cogliendo il piccolo luccichio negli occhi e il mezzo sorriso che gli rimaneva ancora sulle labbra.

"Porco," lo punzecchiò sottovoce.

Squall represse una piccola risata, sapendo di dover rimanere un pochino professionale in quella situazione. Se non altro perché l'ufficiale di polizia di Dollet era a pochi metri di distanza.

"Signore," disse Squall voltandosi verso l'altro uomo. "Sono libere di andare?"

"Sì, dobbiamo ancora ricevere la verifica scritta dal Garden di Balamb - quindi bisogna che stiano in città per il momento. Ma per adesso vengono rilasciate sulla parola. Mi serve solo che lei riempia qualche modulo all'ingresso."

Rinoa rimase esageratamente silenziosa mentre il gruppo era costretto a trovare sistemazioni per la notte a Dollet. Il piano originale era stato di prendere l'ultimo treno per Balamb, ma ora non avevano altra scelta che rimanere. Normalmente, Rinoa sarebbe stata eccitata all'idea di avere in questo tempo lontano dal Garden con Squall. Anche se non poteva sconfiggere l'orribile realizzazione che non c'era modo di far passare sotto silenzio questo piccolo episodio, e che in qualche modo sarebbe diventato il pettegolezzo del giorno dopo.

Quando raggiunsero la stanza d'albergo che avrebbero condiviso, Squall gettò la giacca su una sedia lì accanto. Guardò silenziosamente Rinoa che si gettava sul letto, a fissare senza scopo il soffitto.

"Beh, è una giornata che non dimenticherò mai, anche se mi piacerebbe molto farlo."

"Nemmeno io," commentò lui frugando nella tasca della sua maglia. "Ma poi, sarebbe difficile per me dimenticarla quando ho un souvenir così memorabile."

"Cosa?" Chiese lei tirandosi su velocemente sul letto. Fu allora che la vide nella sua mano: una fotografia formato Polaroid presa al suo arresto. Della notte che lei avrebbe completamente cancellato, lui si portava in giro una prova fotografica. Balzando in piedi, corse verso di lui cercando disperatamente di afferrare la foto. "Dammela! Non posso credere che ti sei fatto dare una copia... come hai potuto?"

Lui la tenne di proposito fuori dalla sua portata e le sorrise. "Facile, chiedilo al sergente all'ingresso e allungagli cinquanta guil... diamine, l'avrei pagata dieci volte tanto. A dire il vero, pensavo di comprare una cornice."

"Tu... sei cattivo!"

"Oh, ecco il linguaggio da prigione anche adoro così tanto..."

"Non mi permetterai mai di dimenticarlo, vero?"

"No, probabilmente no." Lui le sorrise con consapevolezza. C'erano momenti che nessuno dei due avrebbe mai dimenticato, e questa disavventura era in cima alla lista.

"Hey, Rin."

"Sì... che c'è?" borbottò lei risentita.

"Tanto per chiarire, mi piacciono davvero i pantaloni."

"Sei un porco, Leonhart."

Lui si grattò la nuca mentre il suo umore giocoso svaniva, e abbassò lo sguardo piuttosto nervosamente verso il pavimento. La sua rabbia per quell'errore era svanita da tempo, dopo tutto era un 'semplice' fraintendimento, ma c'era qualcosa della situazione che lo disturbava ancora. Esitò prima di fare la domanda, forse non voleva sentire la risposta - o forse nel profondo della mente la conosceva già.

"Rinoa, devo proprio farti una domanda seria su stasera... tanto per cominciare, perché ieri con Quistis e Selphie? Capisco che in teoria doveva essere una missione di routine, ma comunque era una questione del Garden. Un minuto ti comporti come se non volessi avere nulla a che fare con il ricevere ordini, e quello dopo partecipi a una missione sotto copertura. Che cosa vuoi davvero?"

Lei rimase in silenzio un lungo momento cercando di trovare le parole. "Penso in un certo senso di aver solo voluto aiutare qualcuno. È solo che... credo a volte di sentirmi soltanto un impiccio al Garden. Sto lì solo perché sono la tua ragazza - che ogni tanto aiuta con i moduli. E no, non rimpiangerò mai di non essere una studentessa o una SeeD. Ho preso quella decisione e non la rimpiangerò mai. Non posso più vivere agli ordini di qualcuno - ne ho già avuto abbastanza nella mia vita."

Si sedette sul letto abbassando lo sguardo. Nervosamente, fece dondolare i piedi avanti e indietro prima di guardarlo di nuovo. "Voglio solo la possibilità di essere utile per qualcuno... per chiunque. E vedi che cosa ho ottenuto. Sentivo di aiutare la gente a Timber, adesso... mi sento solo... inutile."

*~*~*~*~*

Il Comandante uscì dall'edificio felice di essere sfuggito ai negoziati di pace. Il tempo aveva il suo modo di passare a prescindere da quanto chiunque lo rivolesse indietro. Il sindaco e il suo staff di consiglieri era dentro insieme al resto dei politici, a parlare di Dio solo sapeva cosa; era molto più felice di ritrovarsi all'esterno a guardare dentro. Squall poteva vedere i raggi del sole che formavano i loro unici sentieri, ognuno che batteva sul cemento caldo. Allungando una mano nella tasca della giacca, prese un paio di occhiali da sole e li indossò quasi senza sforzo. Guardò l'orologio da polso e notò che era solo mezzogiorno e mezza; erano stati là dentro per sole due ore, eppure sembrava una dannata eternità.

Inconsciamente si trovò a esaminare la folla per trovare lei. Sapeva che Rinoa non si trovava a Dollet; poi il lato più dubbioso di lui si chiese perché lei non c'era. Era stata una sua scelta per evitare un altro possibile incontro o era stato solo, nuovamente, un risultato del destino? A volte vedeva nella folla lunghi capelli neri e per un brevissimo istante la vista lo faceva sperare. Ma poi, quanto era realmente disturbato un pensiero del genere? A volte temeva per la sua sanità mentale, altre volte sapeva che era troppo chiaroveggente.

"Allora amico, vuoi andare a prendere qualcosa da mangiare?"

"È quello che solitamente si fa all'ora di pranzo," rispose Squall svogliatamente sistemandosi gli occhiali. Era felice della pausa per poter fare qualsiasi cosa tranne che essere in quell'edificio dall'aria viziata. La sua opinione sui politici non vacillava mai, anche se le sue opinioni sulla vita sembravano differire enormemente. Forse le persone là dentro erano quelle fortunate - erano prese in un mondo di finzioni, e la maggior parte di loro accettava il proprio posto, la maggior parte lo accoglieva persino volentieri.

Nel corso degli anni, Squall aveva imparato ad apprezzare la compagnia di Zell, il suo entusiasmo e interesse per la vita. Di nuovo, non che Squall avrebbe apertamente ammesso questa cosa a chiunque, men che meno all'esperto di arti marziali. Aveva una reputazione da mantenere e cose così.

"Allora, Comandante, cosa hai voglia di mangiare?"

"Cibo."

"Ti ha mai detto nessuno che rompipalle riesci ad essere?"

"Continuamente."

L'ex Cavaliere sperava seriamente che il suo amico cogliesse l'indizio: non era dell'umore adatto per fare conversazione. Ma di nuovo sarebbe stato chiedere quasi un miracolo, e Squall Leonhart non era un uomo religioso.

"Comandante Leonhart! Zell!"

La voce riportò Squall alla realtà che lo circondava. Gli ci volle un secondo per riconoscerla, ma era una voce che aveva conosciuto bene anni prima - una voce che Rinoa sentiva ancora ogni giorno.

"Watts, amico, come va?" Chiese energicamente l'esperto di arti marziali. Per lui sembrava che gli anni fossero passati senza alcun incidente. Ma in realtà che cosa aveva Zell di cui vergognarsi? Assolutamente niente. Non aveva abbandonato nessuno, biasimato nessuno, o fatto niente altro di cui poi si sarebbe pentito. Eppure, Squall si sentiva a disagio nei paraggi degli amici di Rinoa, ma almeno si trattava di Watts - a Zone lui non era mai piaciuto, cosa che non era mai stata un segreto.

I sentimenti di Zone erano stati evidenti fin dal primo giorno a bordo della base dei Gufi delle Bosco e praticamente ogni volta che si erano incontrati dopo quell'occasione. Fin dalla prima missione Zone aveva mostrato animosità verso il giovane SeeD, ma Squall non era certo meglio. L'unica cosa che li aveva separati allora erano i loro motivi - Squall per dovere e per contratto, Zone per lealtà e ragione. Rinoa aveva avuto ragione, forse Squall non avrebbe mai potuto capire o credere nella causa per cui stavano lottando; era solo un mercenario assunto allo scopo.

Era stato solo dopo che era passato un po' di tempo che aveva potuto capire la passione di Rinoa, il suo desiderio per Timber. Anche fino al punto in cui si trovava ad essere quasi geloso, anche se quella non sembrava realmente la parola giusta. Eppure, sentiva un desiderio travolgente di provare la passione e l'amore che Rinoa mostrava; che fosse per lui o per una città piena di estranei, lei avrebbe sempre dato tutta se stessa, e di solito anche di più. Il Comandante aveva sempre creduto che il tacito non piacersi a vicenda tra lui e Zone andasse oltre Timber, aveva qualcosa a che fare con la 'Principessa' stessa.

D'altra parte, guardare Watts era quasi guardare la vita che non avrebbe mai potuto capire, una vita che non aveva mai voluto, o almeno, che non aveva mai pensato di volere. Lo stesso uomo che aveva sgraziatamente rincorso i treni come un cane randagio era adesso sposato e padre di due figli, e rimaneva una parte estremamente importante dell'economia di Timber. Nemmeno in un milione di anni Squall avrebbe creduto di sentire una fitta di gelosia per quest'uomo, anche se non ne era sicuro di cosa la provocasse - il fatto di essere stabile o la pura idea che vedeva Rinoa ogni giorno.

"Uhm... Squall?"

Il Comandante spostò gli occhi fissando con sguardo vuoto Zell. C'erano volte in cui si poteva guardare l'ironia con una comprensione innata, e poi c'erano volte in cui si malediceva la sua esistenza.

"È meraviglioso rivederti," disse Squall, facendo una smorfia mentale alle sue stesse parole; a quanto pareva il fatto che disprezzasse la politica non significava che non usasse le sue tattiche. "Spero che nella tua vita sia tutto a posto. Sono sicuro che Timber sia estremamente salda in questi giorni."

"Timber va alla grande! Onestamente, c'è così tanto lavoro a casa. Non sono sicuro nemmeno di come sono finito qui, ma in qualche modo sono stato selezionato per partecipare a questa dannata cosa. Anche se credo di essere messo meglio di Zone, lui è a FH a vedersela con i Dobe."

"Amico, tu sei quello fortunato," disse Zell con una smorfia, ripensando ai suoi incontri con il capostazione e la sua pacifista moglie. "Flo mi dà davvero i brividi... chiunque serva panini al tofu ha bisogno di aiuto professionale."

"Spero che tutti a Timber stiano altrettanto bene," affermò Squall, cercando di non rendere ciò che intendeva troppo ovvio. Non sapeva davvero perché l'avesse chiesto, ma parte di lui semplicemente si preoccupava per lei, anche dopo tutto questo tempo.

"Sì," rispose Watts, grattandosi la nuca e guardandosi intorno con una leggera apprensione. "Mia moglie e i bambini stanno benissimo... in realtà stiamo pensando di averne un altro. Zone sta bene, anche se penso che sia un po' arrabbiato per la faccenda di FH... Rinoa è..." Si fermò, chiedendosi come avrebbe dovuto rispondere. Di sicuro lei stava 'bene' per chiunque la circondasse, ma lui lo conosceva meglio. Ma poi, l'ultima persona al mondo a cui lei avrebbe voluto far sapere la verità era l'uomo che chiedeva di lei adesso. "Rinoa sta bene... un po' stanca per il lavoro, penso. Ha solo bisogno di uscire di più, ma sapete quanto può essere testarda. Ce la farà benissimo."

"Sembra familiare," disse Zell tossendosi in una mano.

Squall lanciò un'occhiata mortale all'esperto di arti marziali, anche se era nascosta dietro l'oscurità delle sue lenti. Comunque, Zell poté percepirla mentre cercava di cavarsela sorridendo. "Cid, intendevo Cid."

Il Comandante doveva farla finita adesso. Non poteva stare lì e parlare con qualcuno che faceva parte della vita di Rinoa, non importava quanto sarebbe sembrato maleducato.

"È stato bello rivederti, Watts. Stavamo giusto andando a una riunione e io non voglio proprio arrivare in ritardo."

"Oh, nessun problema, statemi bene. Magari ci rivediamo nei prossimi giorni... possiamo uscire a bere una birra o cose così."

Col cazzo, pensò Squall, ma si tenne il commento per sé. "Ci vediamo." Il Comandante annuì verso l'altro uomo mentre si allontanava. Poteva sentire Zell che gli diceva qualche altra cosa, ma continuò a camminare avanti senza guardarsi indietro. Poi sentì il suono dell'esperto di arti marziali che correva per raggiungerlo.

"Riunione, Squall? Con che cosa - un panino?"

"Tu non mangi più carne," ruggì Squall. "Perché continui a tirar fuori quelle dannate cose?"

"Abitudine difficile da abbandonare, credo. Sono stati una parte della mia vita per così tanto tempo, e spesso penso ancora a loro, probabilmente più di quanto dovrei... forse ho rinunciato a mangiare carne per i motivi sbagliati, e uno di questi giorni troverò il coraggio di ammettere che i panini mi mancano."

"Questa è una marea di cazzate! Hai rinunciato ai panini perché ti sei innamorato... e hai fatto una scelta. E per quanto posso vedere, sei dannatamente felice." Squall aveva smesso di muoversi, cercando di controllare la rabbia. "Odio quando nascondi la maggior parte dei tuoi consigli sulla mia vita con qualche stronzata sulla carne... se hai qualcosa da dirmi, allora dilla e basta. Non nasconderla con quella merda."

"Bene," ribatté Zell, sorpreso per quanto si era arrabbiato il Comandante. Anche lui era stanco di guardare Squall che si limitava a sopravvivere di giorno in giorno. L'unico obiettivo che il suo compagno di squadra aveva ancora era diventare Preside, e il lavoro gli portava via una parte troppo grossa del suo tempo libero. "Squall, penso che per il tuo bene tu a volte sia troppo testardo. E fino a quando non affronterai il fatto che non sei felice di come sono andate le cose tra te e Rinoa, le cose non cambieranno. Quindi, o impari ad affrontare la cosa, o prendi un treno per Timber e la smetti di deprimerti sui tuoi dannati errori. Si può aggiustare tutto, se si desidera abbastanza sistemare le cose."

"Rinoa e io non possiamo essere aggiustati - ed è chiusa qui," ruggì Squall minacciosamente. "Adesso ne ho abbastanza, sei ancora sotto i miei ordini e non è così che ci si comporta verso un superiore."

"Se lo dici tu Comandante Leonhart. Semplicemente non dirmi di dire qualcosa se non vuoi davvero-"

Un suono fragoroso e improvviso echeggiò, spaventando entrambi gli uomini. In quel momento subentrarono tutti gli istinti di allenamento e il litigio era dimenticato. I raggi del sole oscuravano gran parte della visione di Squall mentre cercava di esaminare la folla. Il Comandante iniziò a muoversi velocemente verso una protezione, allo stesso momento cercando di prendere l'arma nella sua fondina. Cercò di esaminare i tetti, senza sapere esattamente cosa stava cercando, ma era l'adrenalina che gli correva in corpo a guidarlo.

Sentì una mano cadere oltre la sua spalla come se stesse cercando di afferrarlo per la maglia. Smise di esaminare il punto da cui pensava che avesse avuto origine il suono e guardò dietro di sé per la prima volta. Fu allora che vide Zell in ginocchio con i vestiti macchiati di sangue. Nemmeno una volta gli era venuto in mente che l'obiettivo avrebbe potuto essere uno di loro. Cercò di non andare in panico, anche se, per quanto cercasse di rimanere calmo, c'era una paura crescente dentro di lui.

"Dio, Zell, dove ti hanno colpito?" Cercò di aiutare il suo amico a spostarsi dietro la barriera, quasi trascinando.

"Solo alla spalla," rispose Zell con una smorfia. "Sto bene, ma non penso di poter combattere."

"Stai giù," ordinò Squall guardandosi intorno. Era successo tutto in una nuvola di incertezza, pochi brevi secondi che nessuno dei due avrebbe mai dimenticato. Cercò di ignorare le grida delle persone che stavano anch'esse correndo disperatamente al riparo. Alla propria destra il Comandante udì quella che sembrava una pila di damigiane che cadeva a terra. Squall lanciò un'occhiata e vide che effettivamente qualcuno le aveva fatte cadere nella fretta. Fu solo per questo che non sentì mai l'altro sparo assordante che echeggiava a pelo dell'acqua.

Squall non sentì mai il suono del secondo proiettile che incontrava la sua carne.

La sua uniforme SeeD era blu scuro e nascondeva facilmente le macchie di sangue. Ma più che la vista del sangue stesso, fu l'odore pungente ad essere innegabile. Squall si trovò a cercare di non avere una forte nausea mentre l'odore aveva il sopravvento sui suoi sensi. Era tutto quello che il Comandante poteva odorare, poteva assaporare. Cercò di togliersi la giacca mentre improvvisamente si sentiva come sul punto di esplodere per una febbre improvvisa. All'inizio aveva insopportabilmente caldo e poi si sentì come se l'abbraccio volatile dell'inverno gli afferrasse i sensi, fino a quando finalmente tremò, percependo il freddo implacabile. Cadde a terra prima di poter persino capire cosa fosse successo.

Zell si mosse per aiutarlo a togliersi la giacca con il braccio sano. L'esperto di arti marziali notò le sfumature rosse che si erano già violentemente diffuse nel cotone bianco e sottile della maglia del Comandante. Zell gli aprì la maglia strappandola, cercando di nascondere la paura quando vide il sangue zampillare dal petto dell'amico. Chiunque avesse mirato l'arma aveva colpito direttamente.

"Dio, no," riuscì a dire Squall, mentre la paura che aveva represso per così tanto tempo gli inondava la ragione. Cercò di mascherare il panico negli occhi mentre guardava l'esperto di arti marziali, che aveva uno sguardo ugualmente apprensivo.

In quel secondo, migliaia di pensieri corsero nella mente di Squall come un fuoco non controllato. Con quell'unico proiettile, tutto intorno a lui sarebbe cambiato per sempre.

*****
Nota della traduttrice: e finalmente siamo al punto di svolta *_* Che tra l'altro è così inaspettato che io ci rimango malissimo ogni volta, anche se lo so O_O Vi prego di non fare spoiler nelle recensioni sul finale di questo capitolo, considerata la sua importanza.
Una piccola nota sul litigio tra Zell e Squall: il continuo riferimento alla carne è dovuto al fatto che in inglese i panini sono gli hot dog, che come sapete sono fatti con i wurstel. In italiano la parola panino è generica e non sempre indica della carne, ma in inglese invece l'hot dog la contiene per forza. Da lì tutti i discorsi del litigio, più il fatto che Zell, diventando vegetariano, rinunci ai panini.
La storia che dà il titolo a questo capitolo è Melodies of You che però non sono riuscita a trovare su ff.net, né tramite la ricerca con Google. Ho intenzione di contattare Ashbear per vedere se riesco a farvela avere, come per la precedente.
14 aprile 2013: correzione di errorini che mi erano sfuggiti.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate >a href="http://www.facebook.com/pages/Ashbear/140175139374301" target="_blank">qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** XI. Yesterday's Memories ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XI. Yesterday's Memories ~

Non era che Squall Leonhart avesse ancora paura della morte, solo del momento in cui diventò realtà. Forse sentiva che c'era così tanto di rimasto incompiuto, che questa non era la vita che era destinato a vivere; per quella ragione, questa non era la morte che in teoria avrebbe dovuto sopportare. Forse la morte sarebbe dovuta avvenire in battaglia, forse nella solitudine degli anni, ma mai per la codardia di un assassino senza nome e senza volto. Era questo a renderla ancora più amara - erano tutti i cosa-sarebbe-stato-se, i cosa-avrebbe-dovuto-essere, quei demoni con cui viveva ogni giorno.

Ma era così che era stato scritto il suo futuro, ed era così che sarebbe finita.

Anche se ironicamente, secondo un qualche destino perverso, questa era la morte che meritava - codarda, improvvisa, e cosa più importante, senza una risoluzione. Se solo avesse potuto rassegnarsi a quei fatti, forse avrebbe potuto vedere la meravigliosa tragedia della sua mortalità.

"Squall, dannazione, guardami!"

Il Comandante sentì le parole nella sua testa... per la maggior parte erano un suono che echeggiava privo di significato. Cercò di focalizzarsi di nuovo, se non per sua volontà, per ciò che doveva ai suoi amici.

I suoi amici...

Forse non era solo quanto aveva creduto all'inizio; allora qualcuno avrebbe dovuto spiegare questo cancro vuoto che si diffondeva nel suo corpo? Squall doveva almeno convincere se stesso che il suo compagno di squadra era salvo. Forse Zell era stato colpito di nuovo, o forse gli aveva nascosto la vera natura della sua prima ferita. Dio sapeva che Squall l'avrebbe fatto, a parti invertite....

Il Comandante ricordava vivamente di aver visto il danno del proiettile. Ricordava il flusso di sangue apparentemente infinito che sgorgava dalla ferita di Zell. C'era stato davvero tutto quel sangue o era la sua mente che cercava di riempire una tela vuota? Il Comandante non era sicuro di cosa fosse reale e di cosa fossero ricordi immagazzinati del dolore altrui. Loro non erano suoi amici, erano senza nome, numeri senza viso - ironico data la situazione. Era stato responsabile per così tanto più di questo; ora le macchie di sangue sui suoi vestiti rappresentavano una parte della mortalità delle sue vittime. La vista gli si annebbiò e la realtà si faceva più confusa ad ogni minuto che passava. Ma poteva ricordare il sangue che lo copriva, che copriva Zell...

Squall Leonhart non avrebbe mai potuto dimenticare il sangue. Mai.

"Zell, sei stato colpito..." riuscì a dire boccheggiando, cercando di negare con forza il dolore che gli stava lentamente annebbiando la mente e i sensi. "Zell... sei..."

"Sì, starò bene," lo interruppe il suo amico, non per maleducazione, ma per l'urgenza di dirglielo. Zell sapeva di averlo già detto al Comandante, ma in qualche modo Squall aveva bisogno di essere rassicurato viste le circostanze. L'esperto di arti marziali capì che il suo amico aveva bisogno di sapere che lui sarebbe stato bene; quello era il tipo di persona che lui era. Quel bisogno non era del Comandante di Balamb, o del superiore di Zell, ma nasceva solo dalla preoccupazione di un'amicizia che Zell considerava come qualcosa di prezioso.

Zell cercò di sorridere nonostante la paura. "È solo la spalla, domani farà un male del boia, ma ce la farò."

"Sì... ne sono sicuro... ce la fai sempre," cercò di ridere Squall, anche se si trovò ad affogare nel sapore del sangue. Tutto intorno a lui stava diventando sempre più surreale. Non riuscì più a focalizzare gli occhi mentre la scena intorno a lui spiraleggiava in una luce paradisiaca. Il liquido amaro era l'unica cosa di cui riusciva a sentire l'odore e il sapore, gli sopraffaceva i sensi; l'ex Cavaliere si sentiva come se stesse annegando sotto l'odore metallico.

Squall Leonhart aveva sentito disperazione disorientata una sola volta prima - i ricordi paralleli arrivavano in superficie come l'onda di piena di un torrente. La compressione temporale. Entrambe le situazioni erano in uno stato di confusione, una consapevolezza mentale momentanea che presto gli sarebbe sfuggita. Solo che questa volta era accompagnata dalla fitta secca della presa implacabile del proiettile.

Aveva fatto migliaia di cose sbagliate nella sua vita, e ciascuna sembrava moltiplicarsi dieci volte tanto ai suoi occhi. Poteva vederle tutte, il dolore, la sofferenza, la morte, il crepacuore che aveva causato, più che sopportato.

"Dille addio per me..."

Non c'era bisogno di spiegare, Zell seppe esattamente di chi stava parlando. Non era così che doveva andare, non era così che doveva finire la storia del suo amico. E col cazzo che avrebbe permesso al suo Comandante, al suo amico, di parlare così.

"Non esiste, amico... lo sai come fa. Non stai-" Zell perse la sua compostezza, e lasciò che la sua barricata emotiva andasse in polvere. Tenne la mano sopra le ferite di Squall facendo pressione. Ignorò il sangue che fluiva dalla sua ferita; era un espediente d'emergenza, in cui il dottore e il paziente erano la stessa persona.

"Squall, ascoltami... dico davvero. Dannazione! Tu non le dirai addio, io non le dirò addio per te... non lo farò. Questo non è addio!"

Zell continuò invano a coprire la ferita sanguinante di Squall. Il liquido spesso iniziò a sfuggire dalle fessure delle sue dita. Zell stesso si sentiva girare la testa, e non sapeva se era per la perdita di sangue dal braccio o per la paura di perdere il suo amico che si mantenne lucido. Qualunque cosa fosse, era una spinta derivante dalla paura dell'incertezza.

Squall si trovò perso in un oceano di ricordi, non poteva più dire cosa fosse cosa; poteva a malapena ricordare dove si trovava. Diamine, se qualcuno gli avesse chiesto come si chiamava - non avrebbe potuto essere sicuro al cento per cento nemmeno di quello. L'unica cosa che sapeva era ciò che si stava lasciando alle spalle... la figura che vedeva quando chiudeva gli occhi, i ricordi e i sentimenti che coltivava ancora. Quelli erano i ricordi più chiari, quelli erano i ricordi a cui si sarebbe aggrappato fino a quando avrebbe esalato l'ultimo respiro. Forse per un secondo pensò di non essere solo, perché fino a quando si aggrappava ai ricordi, lei sarebbe stata con lui.

"Rimani con me, Squall! I soccorsi saranno qui presto!"

Il Comandante sentì vagamente la voce... conosceva la sua familiarità, la sua vicinanza. Allo stesso tempo sembrava un'eco lontana, quasi di un altro mondo. La voce era in un'altra stanza, o lui stava solo sognando? Non riusciva a ricordare. Non poteva sentire più niente. Forse quello andava bene. Non poteva pensare a che cosa avrebbe voluto sentire in quel momento. Chi era lui?

In qualche modo non importava, perché c'erano ancora forti sentimenti. Immagini, ricordi. Lei. Non era solo... aveva lei.

"Dannazione, ascoltami, Squall!"

Dio, quella flebile voce irritante, voleva solo dormire. Sentiva che se solo avesse potuto dormire, tutto sarebbe sembrato a posto - sentiva che sarebbe appartenuto a qualche posto. Ma in qualche modo questa dannata voce echeggiante lo distoglieva dai suoi sogni... perché diamine non taceva e basta?

La voce lo faceva pensare, lui non voleva pensare. Era maschile, femminile... umana? Era lei? Quella che stava vagamente immaginando. Rinoa. Era quello il nome. No, non era lei. Lei non c'era, dov'era? In qualche modo non si sentiva a posto, lei avrebbe dovuto esserci...

"Dov'è Rin...?" Cercò di dire Squall. In quel momento di lucidità, gli risultava sempre più difficile respirare.

"Squall... lei non..."

Sapeva che non suonava nel modo giusto, non era la sensazione giusta. Lei doveva esserci. Dio, lei doveva... si costrinse ad aprire gli occhi, anche se sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe desiderato fare. Guardò il suo compagno di squadra, il suo amico, e si rese conto... che lei non c'era davvero. Gli tornò in mente tutto in un momento, e desiderò che non fosse successo. Ma questa era la sua ultima possibilità, e qualcosa dentro di lui lo sapeva. Forse prima era stato un codardo, diamine, per la maggior parte della sua vita, perlomeno quando si arrivava a qualcosa di personale. La maschera che indossava in battaglia era ben lontana dalla facciata che indossava nella vita.

Se il Cavaliere caduto avesse dovuto sputare fuori le parole annegando nel suo sangue - lo avrebbe fatto. Forse era più che altro per le sue illusioni distrutte. Forse nei suoi ultimi momenti era ancora il bastardo egoista che era arrivato a credere di essere; chiuse gli occhi forzando le parole giuste.

In quei momenti finali, aveva sempre creduto che avrebbe visto una serie di immagini che gli riempiva la mente, tutta la sua vita che gli passava davanti agli occhi - un caleidoscopio di ricordi. Ma non c'era niente, nessuna immagine, nessun momento familiare nella sua mente, nulla tranne una vita di rimpianto e un sentimento che gli prendeva più vita di quanta un proiettile umano gliene potesse rubare.

"Dille... che la amo... mi..." boccheggiò. Le palpebre gli si chiusero, lottando contro l'oscurità con cui lui stava disperatamente perdendo. "Lei... addio."

*~*~*~*~*

Fuori una leggera nebbiolina di pioggia copriva il cielo della sera, e dentro era caldo e invitante, ma Rinoa poteva comunque sentire un brivido freddo che le scorreva nelle vene. Il locale era pittoresco, con le tradizionali tovaglie bianche a quadretti rossi. Vero tessuto, aveva notato, non le imitazioni coperte di plastica che si usavano in molti ristoranti. In circostanze adatte quel posto avrebbe potuto essere considerato romantico, ma 'quella' non era una di quelle circostanze, e lei lo vedeva solo come una cosa irritante. Non era che la compagnia che aveva fosse insopportabile, anzi, Zone poteva essere abbastanza divertente. Era solo che avrebbe preferito essere a casa, o in ufficio, o in qualsiasi altro posto che non includeva una conversazione educata.

Rinoa aveva avuto paura di andare fin dalla telefonata a pranzo. Onestamente, la sua ansia era piuttosto infondata. Ne aveva tutto il diritto, stava uscendo con il suo migliore amico, e soprattutto - era una pausa ben meritata dal lavoro. Eppure, trovava il compito intimidatorio e lo considerava tale - un compito. Nulla di più, nulla di meno. Alcune ore prima aveva riflettuto su questa serata così tanto che a dire il vero si era sentita fisicamente male. Non si era sentita bene nelle ultime ore, anzi, del tutto tremenda. Aveva persino dovuto coricarsi un momento, dato che il suo corpo e la sua forza di volontà erano sembrati completamente prosciugati. A malapena era arrivata al divano prima di lasciarsi cadere, e aveva dovuto mandare giù Angelo - il cane aveva ceduto il suo spazio di malavoglia.

La giovane Strega doveva essersi addormentata, dato che si era svegliata circa un'ora dopo sentendosi abbastanza riposata. Aveva attribuito tutta la faccenda ai nervi, ma di nuovo non capiva per cosa essere nervosa. Alla fine era tornata alla sua scrivania, cercando di ricordare esattamente dove era rimasta - fondamentalmente, qualsiasi cosa per distogliere la mente dalla sua vita in quel momento. Non erano passati più di trenta minuti che Zone era arrivato dalla stazione dei treni, e come promesso, l'aveva obbligata a uscire per una cena tarda.

Senza nemmeno preoccuparsi di cambiarsi gli abiti del lavoro, era andata via con lui; era solo una semplice cena dopo tutto - non un appuntamento. Nonostante non si fosse vestita bene, la giovane donna si adattava comunque perfettamente all'atmosfera semi disinvolta. Entrando nel ristorante, tutto quello a cui aveva potuto pensare era come si sentisse fuori posto. Rinoa Heartilly una volta era una persona che raramente si sentiva così, anche nelle situazioni più imbarazzanti.

Quindi quella sera prese la decisione di sorridere e scherzare, di ridere e stuzzicare. Per un qualsiasi osservatore esterno era ancora la giovane adolescente con lo spirito libero. Eppure la dura realtà era che al di sotto delle maschere era persa in se stessa, soprattutto quella sera. Persino in quel momento si trovava assorbita dai suoi pensieri e stava disperatamente cercando di riprendere l'equilibrio.

Notò che Zone la stava guardando con occhi vacui, cosa che non la sorprese. Non era stata di gran compagnia quella sera, e lui ce la stava mettendo tutta. Si costrinse a un sorriso e prese il suo bicchiere di vino. Per lo meno il cibo e le bevande erano state eccellenti, poteva assolutamente dargli credito per quanto riguardava la scelta del ristorante. Proprio mentre rimetteva il bicchiere sul tavolo un 'pop' alto e vuoto riempì la stanza. Mentre la maggior parte degli altri clienti ignorarono, o guardarono appena, il suono della bottiglia di champagne che veniva stappata, Rinoa quasi sobbalzò sulla sedia. Per un secondo, tutto ciò che poté sentire fu il suono di uno sparo. Doveva convincere se stessa che non c'era altro suono che quello di una bottiglia di alcolici.

"Siamo un po' tesi, eh?" Zone rise alla reazione brusca della sua compagna. Le mise la mano sul polso per rassicurarla. "Questa serata dovrebbe essere divertente e rilassante... tu non sembri la definizione né di divertente né di rilassante."

"È solo sembrato... per un momento ho solo pensato-"

Rinoa finse un timido sorriso mentre il battito del suo cuore continuava a correre nel suo petto. Era solo un dannato tappo; avrebbe dovuto lasciarlo perdere e basta. Eppure in qualche modo, la sua mente indugiava sul suono un po' troppo; non poteva scrollarsi di dosso la sensazione spettrale. Inavvertitamente la sua mano strinse il materiale della sua camicia, quasi strappando le cuciture. Quando si rese conto di cosa stava facendo, rilassò le dita - cercando di nuovo di riguadagnare il controllo in una situazione che era stata dimenticata con il tempo. Per un momento, la sua mente avrebbe potuto giurare di trovarsi in un campo di battaglia. Sentiva una travolgente sensazione di essere persa e confusa. Ma non stava combattendo una guerra; era seduta a Timber a guardare ciò che rimaneva di un piatto di spaghetti.

Poteva vedere la preoccupazione negli occhi di Zone. Lui si stava sforzando davvero tanto, e lei stava facendo quello che faceva di solito. In qualche modo riusciva a rovinare ogni cosa con poco o nessun sforzo.

"Va bene, Zone, hai scoperto la verità... ho una tremenda fobia delle bottiglie di champagne."

"Rin, tesoro, non devi farlo. Non mi devi nessuna spiegazione. So l'inferno che hai passato. il suono ti ha spaventato, è comprensibile. Nessuno ti sta incolpando - nessuno può incolparti."

"Grazie Zone, io-" Si interruppe, pulendosi piano la bocca con un tovagliolo. Forse lui non aveva davvero bisogno di una ragione.

"Rinoa," la interruppe lui, conoscendo la sua amica un po' troppo bene a volte. "Basta spiegazioni, ok? Non devi spiegarti con me. Non dovresti mai sentire di doverti scusare per essere te stessa. Ti conosco da anni ormai, fidati di me, non hai nulla di cui dispiacerti."

Lei rimase seduta, leggermente a disagio per le sue parole, eppure non del tutto sicura del perché. Lui aveva ragione però, sentiva sempre il bisogno di spiegare ogni cosa che aveva fatto o scusarsi se qualcosa non andava per il verso giusto. Forse aveva camminato sui gusci d'uovo troppo a lungo al Garden. Con Squall, sentiva sempre di essere sul punto di dire o fare la cosa sbagliata, e quindi di allontanarlo. Ironico che nel tentare così duramente di non farlo, era riuscita ad ottenere esattamente l'opposto.

Raramente a Rinoa mancavano le parole, ma in quel momento, non poteva pensare ad altro da dire a Zone. Non che lui aspettasse una risposta, ma in un certo senso sarebbe comunque stato educato farlo. Aveva solo bisogno di fare un passo indietro dalla situazione, anche solo pochi minuti.

"Devo andare alla toilette. Tornerò subito," annunciò educatamente, prima di alzarsi e allontanarsi dal tavolo.

Questa volta fu in grado di sorridere sinceramente al suo migliore amico. Era vero, non usciva da tanto tempo e il semplice essere in un altro ambiente fungeva da pausa, anche se lei negava di averne bisogno. Non era un ristorante costoso, ma era estremamente affascinante. Quella era una cosa che rimaneva salda a Timber, sembrava che praticamente qualsiasi posto accettasse le persone per come erano. Ma poi, il suo punto di vista sulla vita avrebbe potuto essere leggermente fuorviato prima.

Si fece strada tra i tavoli verso il bagno delle donne. In realtà, Rinoa non aveva bisogno di usare il bagno, aveva solo bisogno di un momento per darsi un contegno. Una pausa da qualcosa che non conosceva... la vita?

Si ritrovò a fissare il suo riflesso, e a guardarla c'era quella che ai suoi occhi sembrava un'estranea. Ma almeno quella sera aveva provato. Si sistemò alcune ciocche di capelli, anche se era solo per apparenza e a lei non interessava davvero. Fece un respiro profondo mentre finalmente il battito del suo cuore si calmava dopo l'incidente del tappo. E se onestamente si fermava e pensava alla serata, in realtà stava cominciando a divertirsi, anche se si sentiva ancora un po' in imbarazzo.

"Rin."

Per la seconda volta quella sera, si trovò spaventata da un suono. Fino a un secondo prima, pensava di essere l'unica nel piccolo bagno. L'aveva spaventata così tanto che era riuscita a far cadere la borsetta sul pavimento. Per il momento, decise di lasciar perdere il contenuto della sua borsa, guardandosi intorno per capire chi l'avesse chiamata.

"Ehilà?" Chiese, molto più che esitante. Di certo non sembrava che ci fosse qualcuno nei due bagni, ed era sicura che avrebbe notato un'altra persona nella piccola area d'attesa. "C'è... c'è qualcuno?"

Non ci fu risposta e credette che la paranoia dell'incidente di prima fosse ancora fresca nella sua mente. Rise tra sé e sé, più per un riflesso di paura che per divertimento. Chinandosi a raccogliere le sue cose, cercò nuovamente di calmare i suoi nervi a pezzi. Non erano cadute molte cose, un rossetto, una penna, e un piccolo blocco note. Per ultimo prese il blocco note; quando la sua mano toccò la carta, notò che si era aperto sulla pagina che sottolineava l'itinerario di viaggio di Watts. La giovane Strega sorrise mentre si rialzava. Sapeva che lui non si stava divertendo a Dollet, e lei era certamente contenta che lui si fosse offerto di andare. Le ultime tre cose con cui voleva avere a che fare nella sua vita erano i politici, suo padre, e...

"Squall?" Pronunciò il nome con un misto di panico e di confusione. Perché non se ne era accorta fino a quel momento? La voce che aveva sentito sussurrare piano il suo nome sembrava proprio quella di... non poteva essere possibile. Si guardò di nuovo intorno con una risolutezza maggiore. Rinoa controllò persino il suo cellulare nella borsa per essere sicura che non si fosse acceso. Forse aveva cercato di chiamarla... va bene, non credeva che fosse successo. Ma avrebbe potuto giurare su qualsiasi cosa al mondo che quella era la sua voce. Uscendo infine dal bagno, era più visibilmente scossa di quando era entrata. Ci vollero solo alcuni passi prima che Zone la raggiungesse, avendo capito il suo disagio.

"Rinoa, tutto bene? Tesoro, non sembri stare bene."

"Io, uhm... io..." balbettò lei. Non poteva dire a Zone quello che aveva sentito o che pensava di aver sentito. Avrebbe pensato che era quasi pazza. Beh, per lo meno un po' più matta di quanto la credesse già quotidianamente. Inoltre non voleva parlarne per il fatto evidente che Zone disprezzava Squall. Se avesse ceduto e glielo avesse detto, lui si sarebbe solo arrabbiato, come tendeva a fare ogni volta che saltava fuori il nome del Comandante.

"Sto bene..." mentì lei. Di nuovo sorrise e si rilassò alle sue stesse illusioni. "Dai, usciamo di qui. Sembra che abbia smesso di piovere, e mi farebbe davvero bene un po' di aria fresca. Sai... dopo la pioggia mi sembra sempre che tutto andrà bene. È come un nuovo inizio o qualcosa del genere... quindi, diciamo che mi accompagni a casa e ci godiamo la passeggiata."

Lui sorrise e la accompagnò dolcemente fuori dall'edificio. Lei non sapeva affatto che la sua vita sarebbe cambiata per sempre nella nebbiolina di una serata imbevuta di pioggia.

*****
Nota della traduttrice: anche stavolta vi prego di non fare spoiler nelle recensioni sul capitolo :)
La storia che dà il titolo a questo capitolo è Yesterday's Memories che però non sono riuscita a trovare su ff.net, né tramite la ricerca con Google. Ho intenzione di contattare Ashbear per vedere se riesco a farvela avere, come per la precedente.
14 aprile 2013: correzione di qualche errore.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** XII. Defining the Lines ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XII: Defining the Lines ~

Non gli era mai piaciuta la sensazione stagnante dell'ufficio di un medico, o l'odore di morte dell'ambiente. Anche dopo tutti quegli anni, la sua opinione non vacillava. Non importava quante volte aveva visitato l'infermeria a Balamb; Zell Dincht non avrebbe mai permesso alla sua mente di abituarcisi. Forse era perché c'era sempre una sensazione di fine nell'aria. Aveva visto finire prematuramente troppe vite.

Ma era seduto lì ancora una volta, e ancora una volta si trovava a pregare qualunque divinità fosse disposta ad ascoltare la sua supplica. Non riguardava più lui. La sua ferita, nella sua mente, non era nulla più che superficiale. Non voleva dire che la sua ferita non facesse un male del boia, perché lo faceva, eccome. Semplicemente sapeva che il proiettile, che era stato brevemente nel suo braccio, non era stato mortale. Desiderava solo poter dire la stessa cosa del suo amico...

"Stia seduto e fermo, se continua a muoversi ci vorrà di più e basta." Una donna di mezza età stava facendo del suo meglio per mascherare l'irritazione. Il suo paziente era ben lontano dall'essere collaborativo. Era stata il primo medico interno ad entrare dopo il cambio programmato dei turni, e quindi si era trovata assegnata alle cure del signor Dincht.

Zell grugnì sottovoce; tutto questo cominciava a scivolare nell'assurdo. Non gli avevano detto niente. Niente. Questo posto era a malapena grande abbastanza da poter essere considerato un ospedale. Era più un ufficio troppo cresciuto di un medico, con un piccolo negozio di souvenir. Era lì da quasi due ore e ora si occupavano della sua ferita. Per fortuna, quando era arrivato, un'infermiera lo aveva curato tramite triage(1) nel Pronto Soccorso. Almeno era bastato fino a quando un medico qualificato aveva potuto esaminare per bene la sua ferita.

Non era mai stato irritato dalla mancanza di attenzione medica. In realtà, sapeva che tutto il personale disponibile era là dentro a cercare di salvare la vita del suo migliore amico. Non avrebbe voluto che fosse altrimenti. Sinceramente, non gli interessava che tutto quello che avevano fatto per lui fino a quel punto fosse stato dargli una dose di morfina. Almeno aveva placato il dolore fisico; il suo attuale stato mentale era tutt'altra faccenda. I paramedici gli avevano inoltre detto di applicare pressione diretta, anche se le sue bende di fortuna annodate avevano fatto già un lavoro abbastanza decente.

Ora una dottoressa leggermente irritata stava cercando di occuparsi della sua ferita. Normalmente sarebbe stato completamente collaborativo, un po' irrequieto, ma comunque collaborativo. In qualche modo, in queste circostanze, sentiva il bisogno di chiederle informazioni, piuttosto che di essere un paziente che cooperava. Dio, quando desiderava che la dottoressa Kadowaki fosse qui; almeno sarebbe stato un viso familiare e gli avrebbe detto qualcosa. D'altra parte, se lei fosse stata qui, lui l'avrebbe voluta anche al fianco di Squall. Si sentiva solo così confuso e solo, adesso; non poteva nemmeno iniziare a immaginare come si sentisse il Comandante. Certo... sempre che il Comandante potesse sentire qualcosa.

"Ho detto per favore di rimanere fermo. Sta rendendo la cosa più difficile per lei di quanto sia necessario."

L'esperto di arti marziali fece una smorfia quando vide la punta di uno strumento metallico avvicinarsi alla sua ferita. Non guardò mentre la dottoressa lavorava su... beh, qualsiasi cosa su cui lei stesse lavorando in quel momento.

"Per favore, dottoressa Vandermere, deve - solo parlare con una delle infermiere della sala operatoria. Sono sicuro che sappiano qualcosa. Lo chieda semplicemente a una di loro, davvero veloce... ci vorrà solo mezzo secondo."

"Signor Dincht," iniziò con più forza delle ultime due volte in cui aveva chiesto lo stesso favore. "Lo staff chirurgico ha un lavoro da fare, proprio come me. E al momento sto tentando senza successo di tagliare un po' di tessuto morto. Aiuta il processo di guarigione. Anche se, al momento, è molto più semplice da dire per me che da fare... se continua a muoversi così tanto, nessuno di noi due lascerà questo posto per molto tempo." Il suo tono si addolcì mentre si fermava quanto bastava per guardarlo velocemente negli occhi.

"Ascolti, capisco la preoccupazione che sente. Il problema è - se entro nella sala operatoria adesso, sarò tra i piedi. Potrei molto facilmente compromettere la vita del suo amico, e so che è l'ultima cosa che vuole. Tutti noi abbiamo certi ruoli qui, e non possiamo permetterci di non rispettarli per nessun motivo. Se il chirurgo capo crede di aver progressi da riportarle, manderà fuori qualcuno. Fino ad allora, lasci che facciano il loro lavoro... e io farò il mio."

Sospirò. Era semplicemente che c'era qualcosa che odiava dell'incertezza. Certo, non avrebbe saputo nominare una persona nella sua vita a cui piacesse l'incertezza, per lo meno una persona sana di mente. Questo non sarebbe dovuto succedere; si sentiva come se uno dei suoi peggiori incubi si stesse avverando. Squall avrebbe dovuto essere quello indistruttibile; ma poi, ognuno ha le proprie debolezze. Era semplicemente dura guardare un eroe come era Squall cadere davanti ai suoi occhi. Il Comandante aveva combattuto dopo così tante difficoltà. Tutta la tragedia nella sua vita sembrava essere così dannatamente non necessaria.

"Mi dispiace," disse lentamente, sempre evitando di guardare la procedura medica che aveva luogo. Non che fosse impressionabile per il sangue - era un dannato mercenario, per amor di Dio. Solo non aveva bisogno di altro da affrontare in quel momento.

"Non si scusi. Rimanga solo fermo, così finisco." La dottoressa rimise il bisturi su un vassoio, allungandosi immediatamente verso un'infermiera vicina per avere qualcosa. Zell intuì che veniva applicato sulla sua spalla una specie di antibiotico o di medicina, prima che la dottoressa iniziasse a coprire attentamente le ferite.

"Signor Dincht, ora metterò delle garze asciutte sulla sua spalla. Dovrà tenerle per circa un giorno. Qualcuno controllerà regolarmente i suoi progressi. Una volta che vedremo meglio domani, potremmo dover ripetere il procedimento. È fortunato che il proiettile sia entrato e uscito. Davvero, per uno sparo a così alta velocità, è dannatamente fortunato che non ci fosse una ferita più grande."

"Sì, fortunato," ripeté sottovoce. Come diavolo poteva essere considerato fortunato? Avrebbe dato qualsiasi cosa per scambiarsi di posto con l'uomo che giaceva sul tavolo operatorio in quel momento.

Desiderava solo poterne avere l'opportunità un giorno, nei molti anni a venire.

*~*~*~*~*

"Non esiste." Rinoa si morse il labbro inferiore, cercando di nascondere l'indizio di sorriso che osava mostrarsi in piena luce. Avrebbe riso scioccamente, in un momento e una circostanza diversa. Ora, invece, stava lottando contro il semplice concetto di un sorriso a pieno titolo.

"Sì - esiste... sono molto serio." Zone si mise la mano destra sul cuore prima di tracciare un'immaginaria X sul proprio petto. "Croce sul cuore, Rinoa. Ti sto dicendo la verità. Chiedi a Watts, te lo confermerà. Sempre che non sia troppo imbarazzato dalla faccenda."

"Non me l'avete mai detto. Nessuno mi ha mai raccontato questa storia." Abbassò lo sguardo, sicura che il suo sorriso sarebbe rimasto sepolto. Ora aveva un'espressione che era un misto di confusione e tristezza.

"Beh, non è una cosa che si va a raccontare a tutto il mondo. In più non è che possa saltar fuori durante una chiacchierata. Almeno di sicuro spero che non succeda."

"Beh, ho avuto molte conversazioni strane in passato... ma nessuna su due ragazzi vestiti come un grosso uccello giallo. Spero davvero che abbiate ottenuto qualsiasi informazione vi servisse. Comunque, avrei pagato parecchi guil per vedervi travestiti da Chocobo. Voglio solo sapere - come siete riusciti a rimanere in piedi sue due sole gambe? Ma poi, forse è meglio che non sappia tutti i dettagli."

Cercò di scherzare, anche se era forzato. Forse Zone non l'avrebbe notato, o forse sarebbe stato troppo gentiluomo per dire qualcosa, anche se se ne fosse accorto. Il suo corpo avrebbe anche potuto camminare lungo una strada piena di pozzanghere a Timber, ma la sua mente, e il suo cuore, era da qualche altra parte.

Per molto tempo, si era così sentita così meglio rispetto a prima. Ma gli ultimi due mesi non erano sembrati nulla più che un terribile passo indietro. L'indipendenza, la sicurezza, tutto ciò che aveva costruito negli ultimi anni sembrava un ricordo piuttosto lontano. Eppure capire i suoi errori, anche quelli che attribuiva esclusivamente a se stessa. Come aveva potuto lasciarsi diventare così legata a un'altra persona? Lei, più di chiunque altro, avrebbe dovuto saperlo - non si può mai prevedere il futuro, giusto? Forse era tempo di seguire il suo stesso consiglio.

Quella sera era stata la peggiore in anni. D'altra parte, nemmeno allora aveva provato qualcosa di simile a questo livello di demenza. Sentiva voci e vedeva cose che non c'erano davvero. Voleva che l'aria fresca le schiarisse la mente; invece tutto quello che faceva era lasciarsi ricadere in uno stato di confusione ancora più profondo. La sua mente era intorbidita e annebbiata, e si sentiva come se non potesse nemmeno concentrarsi su una semplice conversazione. Era stato così per la maggior parte della serata, ma aveva lottato contro la maggior parte dei suoi momenti di maggior debolezza piuttosto valorosamente - fino a quel momento.

"Avrei dovuto tornare da voi prima... avevo promesso, no?"

Rinoa pronunciò le parole, ma non sembrava che fossero le sue. Ovviamente le parole erano sue - venivano dalla sua bocca. Semplicemente non aveva pensato di dirle prima di farlo. Erano come scivolate fuori senza un pensiero cosciente. Aveva sempre avuto un modo di dire la sua, ma forse stavolta, la sua mente parlava per lei(2).

"Beh, sai Rinoa, sei tornata a Timber," la rassicurò Zone allungandosi a prenderle la mano. Le tenne intrecciate mentre camminavano lungo l'asfalto imbevuto di pioggia. I due continuarono silenziosamente a camminare per le vie vuote. La giovane donna, onestamente, non aveva nemmeno notato il contatto, mentre scalciava le pozzanghere con le scarpe. Tutta la sua energia sembrava focalizzata su quell'azione inutile, che era sicura le avrebbe rovinato i tacchi alti prima di arrivare a casa.

Zone continuò a non notare, o scelse di ignorare, il fatto che lei fingesse interesse, e mantenne in vita la conversazione a senso unico. "C'è una cosa con le promesse, a volte sono più facili da fare che da mantenere. Non importa quanto ti ci è voluto per tornare a casa da noi. Sei tornata e Timber è libera. Senza parlare del fatto che la città sta andando bene con il tuo aiuto. Questo è quello che conta. Non importa che ci hai messo alcuni anni in più, o che sei stata un po' distratta lungo il cammino... alla fine hai mantenuto la promessa."

"Sì, credo." Stavolta rispose d'istinto, a differenza della sua ultima frase che era stata come detta senza riflettere.

Lui si fermò all'improvviso, portandola a sobbalzare all'indietro per la sorpresa. "Niente credo! Stanotte non è per il credere, è per il conoscere."

"Mi dispiace." Si rese conto che non aveva per niente ascoltato il suo amico. Non era proprio di gran compagnia. Diavolo, non era nemmeno di 'buona' compagnia nelle sue condizioni. Eppure Rinoa credeva di dovere a Zone un po' d'attenzione, anche se non aveva idea di che cosa lui stesse dicendo. "Allora... cosa stavi dicendo sul conoscere?"

"Stavi almeno ascoltando?" Lui sospirò in maniera più che drammatica, fingendo irritazione. "Oh, Principessa, cosa dovremo fare con te?"

Lui le strinse la mano, ridendo scherzosamente. Momentaneamente, lei ebbe un'espressione scioccata. Non fu che in quel momento che si rese conto che si stavano tenendo la mano. Doveva davvero essere lontana con i pensieri, per non rendersi conto di qualcosa anche remotamente simile a questo. Zone rise alla sua espressione, pensando che fosse scioccata per la sua reazione spensierata.

"Rin, credo che sia una buona cosa che non cambierai mai. Ti amo proprio come sei." La tirò leggermente, spingendola in avanti mentre cominciavano di nuovo a camminare. Entrambi rimasero in silenzio mentre attraversavano un incrocio. Una volta che l'ebbero superato, Zone cominciò a ripetere i suoi concetti di prima. "Ad ogni modo, per la tua domanda... fondamentalmente ti stavo spiegando sul sapere che non è mai troppo tardi per mantenere una promessa. Se fai una promessa a qualcuno a cui tieni, dovresti mantenerla. Non importa quanto ci vuole."

"Cosa?" Questa volta fu Rinoa a fermarsi bruscamente. Il suo tono e il suo comportamento cambiarono in fretta. Quando aveva finalmente sentito davvero le parole di Zone, la sua mente si era annebbiata e il suo stomaco era stato colpito da un'ondata di nausea.

"Che cosa hai detto?" ripeté con un po' più di urgenza.

"Rinoa, non ti senti bene?" Zone alzò attentamente il braccio libero, mettendole la mano sulla fronte. Sorrise rassicurante, prima di abbassare il braccio nuovamente lungo il fianco. "Non sembri affatto te stessa in questo momento. Almeno non sembra che tu abbia la febbre. Pensi che potresti esserti presa qualcosa?"

"No!" La risposta di Rinoa echeggiò forte nelle strade di Timber. Cercò velocemente di smorzare la sua reazione troppo zelante; non era nella sua natura comportarsi così. "Voglio dire... in realtà non lo so. Mi dispiace. Forse hai ragione, magari mi sto ammalando."

La Strega cercò disperatamente di capire le sue azioni e reazioni. Tutto cominciava a sembrare di nuovo avvolto nella nebbia. Forse stava iniziando a covare un'influenza o una cosa simile. Questo avrebbe almeno spiegato gran parte del tumulto di quella sera. Di certo non aveva bevuto molto al ristorante, anche se la sua mente avrebbe pregato di dissociarsi, viste le sue attuali condizioni.

"Guarda Zone, mi dispiace, non volevo davvero sbottare così. Solo che è stata una giornata estremamente lunga. Volevo solo sapere che cosa ha tirato fuori quel tuo commento sulle promesse... per favore?"

"Rin... non so davvero cosa vuoi che ti dica. Pensavo di aver spiegato cosa intendevo. Non sono sicuro al cento per cento di poterti dare una risposta, quando non capisco cosa mi chiedi. Penso davvero che non tu non stia bene. Guarda, vado alla farmacia qui all'angolo e ti prendo una medicina, rimani qui."

"Va bene," rispose lei, sconfitta. Certo che lui non sapeva come risponderle; non sapeva come rispondere lei stessa - o quale fosse davvero la sua domanda.

Lui le lasciò la mano, indicando un'area ricreativa lì accanto. "Siediti su quella panchina laggiù. Tornerò subito, poi andremo a casa e daremo gli avanzi ad Angelo. Farai meglio ad essere lì ad aspettarmi quando torno. Non andartene adesso."

"Ti aspetterò... qui..."

Rinoa rispose alla stessa maniera annebbiata di prima. Non appena sentì le parole, boccheggiò rumorosamente, sentendo la bile che le saliva in gola. Si mise una mano sulla bocca, senza trovare una spiegazione al suo comportamento. Doveva andare a casa subito. Volse le spalle a Zone senza spiegarsi ulteriormente, e corse veloce quanto era umanamente possibile lungo la strada. Non si sarebbe guardata indietro.

*~*~*~*~*

Ci fu un leggero disturbo all'ingresso principale dell'ospedale, che colse l'attenzione sia di Zell che della dottoressa Vandermere. L'area era già stata sigillata ore prima; i soldati di Dollet stavano di guardia a tutti i punti d'accesso. A nessun personale non indispensabile veniva concesso di entrare, così l'esperto di arti marziali fu leggermente sorpreso quando due persone emersero dal piccolo gruppo di soldati. Quando vide chi erano, sentì almeno un piccolo senso di conforto.

"Signore, da questa parte!"

L'esperto di arti marziali urlò un po' troppo, date le circostanze. Fu oggetto di numerosi sguardi duri e severi sia dal personale medico che da quello di sicurezza. Si sarebbe scusato in qualsiasi altra circostanza per il suo comportamento chiassoso, ma in quel momento, a Zell proprio non fregava un cazzo della loro opinione. Senza pensare, si alzò e fece un futile tentativo di agitare le braccia in direzione del Preside, prima di essere sorpreso da una dura scoperta.

"Porca puttana!" esclamò con una smorfia di dolore, e poi cadde senza grazia sulla sedia. A quanto pareva, la ferita faceva male dieci volte tanto quando era al di sopra del torso. Di certo si sarebbe ricordato di quel minuscolo dettaglio la volta successiva in cui gli sarebbe venuta voglia di fare qualcosa di così evidentemente stupido.

"Suggerirei di non farlo," replicò la dottoressa Vandermere, anche se in qualche modo immaginò che lui avesse già imparato.

"Grazie..." borbottò Zell, con alcuni aggettivi a seguire non decifrabili da orecchie umane.

"Passerò più tardi a controllarla. Si senta pure libero di chiedere di me se avesse problemi." La dottoressa si alzò prima di fare al suo paziente un cortese cenno del capo.

Zell notò a malapena che il medico era già uscito. Era troppo grato di vedere un viso familiare, o due. Cid Kramer e la dottoressa Kadowaki si fecero strada lungo la stanza verso l'area protetta da tende in cui si trovava l'esperto di arti marziali. Mentre si avvicinavano, Zell notò che lo stesso Preside non sembrava stare bene. Aveva la faccia rossa, mentre tutto il suo corpo sembrava prosciugato da qualsiasi colore. I suoi occhi sembravano stanchi e gonfi, e non camminava nemmeno con la sua solita andatura. C'era qualcosa di sobrio nel suo atteggiamento che Zell lesse come un cattivo segno.

Mentre si avvicinavano, la dottoressa Kadowaki cambiò direzione, attraversando direttamente le doppie porte. Almeno uno dei suoi desideri si era avverato, sarebbe stata al fianco di Squall. Se quello contava qualcosa in quel momento non lo sapeva. Zell si sarebbe alzato e avrebbe salutato ufficialmente il suo superiore, ma in qualche modo capiva che non era necessario, in quel momento. Era leggermente oltre il normale protocollo, per non parlare del fatto che il braccio buono era ora fasciato.

"Sa qualcosa di Squall?" La domanda sfuggì dalle labbra di Zell prima che il suo cervello potesse persino ragionare che l'aveva chiesto. Se la comparsa del Preside indicava qualcosa, Zell temeva il peggio.

"Non molto," replicò solennemente. L'uomo più anziano si sedette accanto al giovane SeeD, prima che gli cedessero le gambe. "Lo stanno ancora operando. Penso che sia meglio di alcune delle alternative... credo proprio che il proiettile sia ancora dentro di lui, o almeno c'era... hanno trovato solo un altro bossolo sulla scena. C'erano tracce di sangue. Da quello che abbiamo capito, era quello che ha colpito te." Il Preside si coprì il viso con le mani, cercando di mantenere un contegno, ma cominciava velocemente a vacillare. "Come è successo? In teoria doveva essere sicuro. Squall non doveva essere un obiettivo; non aveva nulla a che vedere con il summit..."

"Non so se lui fosse l'obiettivo prestabilito," rispose Zell onestamente. Ci aveva pensato anche da prima che li mettessero sull'ambulanza. Zell cercò di calcolare ogni possibile scenario nella sua testa: le possibilità erano letteralmente infinite. "Non c'è nulla da guadagnare nell'uccidere Squall. Lo scenario più probabile a cui posso pensare è che sia una specie di diversivo. Stavamo proteggendo i delegati di Balamb, forse qualcun altro era l'obiettivo vero, o tutti... con qualcuno di così importante come Squall che cade, tutti si concentrano su questo aspetto. Potrebbe anche essere più grosso di questo."

"Quindi stai dicendo che Squall non era nulla più che un danno collaterale?" Sembrava una specie di scherzo macabro al Preside. Poté a malapena borbottare le parole.

"Dio, non lo so. Forse no. Non è che la SeeD non abbia la sua buona dose di nemici. Diavolo, sono sicuro che Squall ne abbia alcune dozzine solo per sé. È solo che... non so pensare a chi oserebbe tanto con qualcosa di così lampante."

"No, questo è più grosso. Squall non è stato il primo obiettivo... conosciamo questa serie da mesi, è solo che... non c'è un legame reale con nessuna delle uccisioni. Tranne che sono state tutte una forma di sparatoria - ma tutte da pistole diverse."

"Signore, se ho il suo permesso, ho bisogno di chiamare Rinoa. Non voglio che lo sappia da qualcun altro. Sento che glielo devo e so che Squall non vorrebbe che accadesse in un altro modo."

Il Preside si sfregò le mani, cercando il modo di dirlo a parole. "Ascolta Zell, è un po' difficile per me dirlo... di fatto, francamente impossibile... guarda, preghiamo tutti per la guarigione del Comandante. Ma onestamente, non importa cosa succede nella sala operatoria adesso. In ogni caso, per quanto riguarda il mondo, Squall Leonhart non sarà sopravvissuto all'operazione."

"Signore, senza offesa, potrei essere quello leggermente sotto farmaci qui, ma lei non sta dicendo cose che abbiano senso."

"Lo so... non riesco a credere di doverlo dire io stesso. Il fatto è che qualcuno vuole Squall morto e se non ci riesce stavolta, ci riproverà. La prossima volta potrebbe non esserci alcuna operazione... o alcuna speranza."

*

Note al testo
(1) Triage: come spiegato in questa pagina, si tratta del sistema usato soprattutto al Pronto Soccorso per smistare gli infortuni secondo la classe di urgenza. Ho lasciato il termine perché cercando in rete ho trovato che viene usato anche in Italia. Se sapete come si dice in italiano, fatemelo pure sapere :)
(2) La sua mente parlava per lei: gioco di parole. In inglese, l'espressione italiana "dire la mia" si esprime con "speak my mind". Per cui letteralmente qui la frase sarebbe stata 'di solito Rinoa parlava la sua mente, ma ora la sua mente parlava per lei'. Non sono riuscita a renderlo in un modo che fosse rispettoso del gioco di parole, se avete idee fatemele avere :)

*****
Nota della traduttrice: al solito: evitiamo più possibile gli spoiler nelle recensioni, grazie :) So che si pena per sapere come sta Squall, ma vabbè: vi giuro che non sarà una cosa lunga come l'intro del matrimonio XD Non ho trovato nemmeno stavolta l'eventuale storia che ha dato il titolo a questo capitolo. Ho però già contattato Ashbear al riguardo, e spero, con il suo aiuto, di sapervi dire qualcosa (anche perché mi sembra strana la coincidenza che le storie sian state tolte °_°).
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** XIII. Dream of the Awake ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ XIII: Dream of the Awake ~

Poteva a malapena sentire che i piedi toccavano il terreno mentre correva. Le strade erano ancora piuttosto vuote, forse la pioggia tratteneva le persone dall'uscire in una serata altrimenti bellissima. Il giorno dopo era inoltre un giorno lavorativo, ma davvero, non c'era ragione perché le dovesse importare. Non le importava. Tutto quello che sapeva era che casa sua era proprio dietro l'angolo. Non si guardò mai indietro, ma questo non significava che non sapesse cosa, o chi, c'era dietro di lei - Zone.

In un certo senso era confortante non essere soli. Sembrava malato e perverso alla sua mente trascinare Zone nel suo episodio allucinatorio. Eppure se la storia le aveva insegnato qualcosa, era che lei si appoggiava agli altri. Rinoa aveva bisogno di quel supporto - del calore che solo un'altra persona poteva offrire. Aveva cercato di negarlo a lungo, ma aveva bisogno di persone accanto. Aveva bisogno di sentirsi voluta, amata. Era così che era sempre stata - troppo debole per combattere da sola, persino contro la confusione dentro la sua testa.

Voleva essere seguita. Voleva essere viziata. Voleva che le venisse detto che andava tutto bene - anche se quella verità era una bugia.

Certo, non voleva che fosse Zone a consolarla. Non voleva essere ricordata come la piccola principessa viziata dei Gufi del Bosco. Tutto quello a cui anelava era essere la donna amata, voleva le sensazioni e i sentimenti che aveva sperimentato una volta nella sua vita.

Squall le aveva detto una volta che lei non era debole, che era più forte di quanto lui potesse mai sognare di essere. Pensò che lui fosse un po' allucinato, o almeno vagamente intossicato quella volta. Il suo Cavaliere, il suo leone, non sarebbe corso lungo le strade di Timber, inseguito dalle sue stesse paure. Era diventata più forte e indipendente negli ultimi anni, e adesso scappava dalle ombre.

Questa non era lei - questa non era quella che era in passato.

Arrivò alla porta e riuscì a malapena a togliere le chiavi di casa dalla borsa. Mani tremanti trafficarono con la serratura mentre finalmente la porta cedeva. Non la sorprese sentire qualcuno che la abbracciava da dietro. Normalmente una persona si sarebbe spaventata date le circostanze, ma Rinoa trovò solo conforto nel gesto.

"Che c'è che non va in me?" gridò, aggrappandosi alla sua spalla come se fosse la sua ultima ancora di salvezza.

"Rin, tesoro, vieni dentro e siediti. Andrà tutto bene," disse Zone dolcemente lisciandole i capelli.

"Non sto bene!" ribadì fieramente. "Io-io continuo a vedere cose, a dire cose. Non sono me stessa. Dio, e se mi stesse succedendo qualcosa? E se qualcosa stesse cercando di possedermi? Io-io non posso affrontarlo... non ce la farò."

"Dai."

Zone la guidò dolcemente in casa e chiuse la porta dietro di loro. Lei era ancora al suo fianco, e tremava quasi istericamente. Era un misto tra l'essere ansimante per la corsa e avere le emozioni in crescendo. La portò sul divano e si sedette alla sua destra. Allungandosi, prese una coperta e la posò con fare protettivo intorno alle sue spalle. Sapeva che lei aveva tutt'altro che freddo, ma sapeva anche che Rinoa la usava come fonte di sicurezza. Lo aveva sempre fatto. Angelo trotterellò giù dalle scale, sentendo la voce della sua padrona. Quando la cagnetta notò il disagio di Rinoa, sentì il bisogno travolgente di consolarla.

"Grazie," replicò dolcemente la giovane donna. Angelo posò la testa sul grembo di Rinoa e la guardò come in attesa - anche lei voleva essere amata. Mani tremanti la accontentarono. Anche nel suo stato indebolito, Rinoa poteva almeno portare un senso di gioia alla vita di qualcuno.

"Rin, pensi onestamente che qualcuno stia cercando di possederti - o qualsiasi cosa tu stia dicendo?"

Chiudendo gli occhi, lei cercò di darsi un contegno più calmo. Trovò un leggero senso di tranquillità nell'essere di nuovo nel suo ambiente familiare e con la sua migliore amica, Angelo. Ad ogni modo, avrebbe evitato di condividere quella verità con Zone; non avrebbe voluto che lui la prendesse sul personale. Eppure, il pensiero e il battito cardiaco iniziavano a tornare alla normalità, e per la prima volta in ore stava iniziando a pensare con chiarezza.

"No, non penso davvero che qualcuno stia cercando di controllarmi," ammise. Era diverso e lei ne era grata. Eppure non c'era modo di spiegare quella differenza solo a parole, perché era basata su emozioni e sentimenti. Avrebbe cercato di chiarire, ma sapeva che Zone non avrebbe mai potuto capire, in nessun modo. "L'ultima volta che Artemisia mi ha posseduta, le mie azioni non erano mie. Mi sentivo come un'osservatrice nel mio stesso corpo. Ora come ora mi sento solo come - beh, come se fossi io a dire e fare queste cose. Ma non io. È solo... è diverso. Davvero."

"Beh, vedi, è una buona cosa." Non c'era modo di rispondere, quindi lui non tentò nemmeno di elaborare. "Ho un'idea. Tu stai qui e fai compagnia ad Angelo, e io andrò a prepararci un po' di cioccolata calda e marshmallows. MI ricordo ancora esattamente come ti piace."

"Sembra grandioso," sorrise lei. Forse tutto sarebbe andato per il verso giusto. Per la prima volta quella sera, sentì che poteva esserci speranza.

*~*~*~*~*

I suoi occhi lottavano per mettere a fuoco; tutto sembrava come una fotografia sfuocata che non si può capire, non importa quanto duramente si provi a farlo. L'unica cosa che poteva dire per certo - era chiara. Non era necessariamente luce, ma tutto gli sembrava semplicemente estremamente intenso. Si sarebbe protetto gli occhi, se ne avesse avuto la capacità. In quel momento tutto quello che poteva fare era guardare la fonte di luce - e chiedersi assolutamente tutto e assolutamente niente.

Avrebbe mosso la testa, se si fosse sentito incline a farlo. Non lo era. Ora come ora era passivamente soddisfatto di fissare nel nulla. Era quasi impossibile concentrarsi anche mentalmente; trovò la cosa più scoraggiante che provare a concentrarsi visivamente. Pezzi e frammenti, freddezza e insensibilità, eco e voci consacrate - era tutto ciò che poteva fare per richiamare un minimo di ordine tra il caos.

Era un senso di déjà-vu che non gli interessava provare di nuovo in questa vita o in qualsiasi vita successiva. Seifer e l'allenamento. La Prigione del Deserto. La compressione temporale. La missione di Esthar. Alcune altre occasioni insignificanti, indegne di essere ricordate. Tutti i casi in cui aveva perso la concisione, in una forma o nell'altra. Era solo un altro ciclo infinito nella sua vita che lui avrebbe preferito rimanesse distante quanto i suoi ricordi dell'infanzia. Ma questo ciclo continuava a riviverlo. Era quella desolazione incessante che superava la ragione che lui oltraggiava così tanto.

C'era anche qualcosa di dannato nell'essere completamente immobile. Era quel desiderio di muovere il corpo, anche se non sembrava mai rispondere alle sue preghiere.

In breve - era una completa impotenza.

"Non cercare di parlare."

Sentì una voce echeggiare nei suoi sensi. Conosceva quella voce? Sembrava familiare, ma ora come ora non riusciva ad abbinarla al suo possessore. Beh, di sicuro non aveva parlato lui, sapeva almeno quello. Anche se forse l'aveva solo pensato? No, non sembrava giusto nemmeno questo. Perché avrebbe dovuto dirsi di non parlare? Non voleva parlare comunque in quel momento. Sarebbe stata un'informazione inutile persino da pensare.

"Preside, è cosciente," affermò una seconda voce.

Ecco cos'era - il Preside... certo che era Cid. Perché Cid non avrebbe voluto che parlasse? Di nuovo, non che volesse farlo. Ma di solito il Preside gli chiedeva sempre la sua opinione; sembrava molto poco da lui non volere che Squall parlasse.

"Squall, bentornato." Era il Preside, quello almeno lo sapeva. "Sei in una struttura medica fuori Dollet. Per favore non cercare di rispondere verbalmente a ciò che sto per dirti. Voglio che provi a stringere il pugno per farmi sapere che capisci."

Non si sentiva comunque bene. Era tutto estremamente vago. C'era una certa familiarità nel motivo per cui era così, ma la verità gli sfuggiva in quel momento. Poteva almeno provare a fare il pugno; non sembrava una richiesta poi così difficile. Riuscì a farlo, senza un pensiero cosciente. Era solo accaduto e basta, anche se sapeva che lui c'aveva messo la volontà. Eppure la sua mente era troppo concentrata sui dettagli importanti per perdere troppo tempo su quelli triviali.

"È grandioso, figliolo." Il Preside sorrise per la prima volta nell'intera giornata. "Voglio che pensi... ricordi qualcosa? Eri in missione al Summit di Pace qui a Dollet e-"

Fu quella la frase che aprì le dighe. Poteva richiamare vividamente certe immagini. Ricordava di essere steso per terra, ricordava che c'era qualcun altro lì. Fu in quel momento che realizzò per quale motivo Cid non voleva che parlasse. Nulla sembrava a posto; era difficile notare qualsiasi cosa. Cercò di boccheggiare forte; voleva chiedere di Zell, era questo che ricordava con così tanta chiarezza. Avevano sparato a Zell. Ma i suoi tentativi erano futili, mentre realizzava che aveva qualcosa di estraneo che gli bloccava la voce. La sensazioni non gli piaceva. Era intrappolato e impotente. Subentrò un riflesso di paura che era stato dimenticato per molto tempo.

"Sssh, shhh... va tutto bene, Squall, calmati. Va tutto bene. Ascoltami e basta, va bene?" Il tono di Cid era sull'orlo della supplica. La vista del Comandante quasi spezzò lo spirito del Preside.

Squall fu preso dal panico. Non gli piaceva essere intrappolato. Cid, insieme ad alcuni medici, cercò di tenere fermo Squall, per il suo stesso bene. Lui lottò contro di loro; le sue azioni erano un risultato di paura e confusione. I tentativi del paziente non durarono a lungo; il suo corpo era debole. Si calmò infine, permettendo ai medici di mollare la presa. I suoi tentativi non terminarono necessariamente per sua volontà, ma perché il Comandante non aveva altro da dare. Era davvero impotente.

"Squall, devi ascoltarmi, va bene? Per favore, so che vuoi parlare, ma hanno dovuto collegarti temporaneamente a un respiratore. Capisco che ti metta molto a disagio avere un tubo in gola, ma cercherò di rispondere alle tue domande al meglio delle mie capacità."

Il Comandante fece un pugno, sapendo che a quel punto era la sua unica scelta. Era comunicazione, una forma base, ma avrebbe dovuto bastare per adesso.

"Bene," rispose Cid con fare consolante. "Ora, sei stato-"

Squall lo interruppe di nuovo. Non cercando di uscire dal letto, ma con alcuni semplici gesti della mano. Cercò di non dare importanza ai commenti del Preside. Non voleva sapere quello in quel momento - c'era qualcosa di molto più importante. Mosse gli occhi verso la porta e indicò l'esterno.

"Non puoi ancora andartene, mi dispiace."

"Vuole sapere di Zell."

La dottoressa Kadowaki, che aveva solo osservato fino a quel momento, corresse l'interpretazione di Cid. Aveva un'esperienza pluriennale nel capire la comunicazione non verbale dei pazienti. Condivideva i tratti tipici del parlare una lingua straniera, ed era una caratteristica che la rendeva un medico molto rispettato.

Quando Squall udì la risposta della dottoressa, fece velocemente un altro pugno. Almeno qualcuno capiva che contava qualcosa.

"Oh, ok... ho capito," rise il Preside. Non che la situazione fosse minimamente divertente; era solo una risposta automatica. Cid si grattò la nuca e prese una sedia, muovendosi accanto al letto del paziente. "Sarai felice di sapere che il signor Dincht sta attualmente ciondolando in sala d'attesa. Quando non fa questo, fa in modo che lo staff medico si chieda perché ha scelto questa carriera. Il suo è stato un colpo pulito, il proiettile è entrato e uscito. Supererà brillantemente questa cosa - vorrei poter dire lo stesso per le persone che lo stanno curando."

Squall annuì silenziosamente, sollevato. Sarebbe stato più semplice fare un pugno, ma semplicemente era così pieno di gratitudine. Non gli interessava quanto lo mettesse fisicamente a disagio la sua azione.

La dottoressa Kadowaki prese alcuni fogli stampati da una macchina. Esaminò attentamente i dati prima di conferire con un secondo specialista in piedi accanto a lei. Era loro opinione comune che potesse essere estubato. Certo, se Squall avesse mostrato il desiderio di respirare da solo.

"Squall, so che sei a disagio," iniziò la dottoressa mentre si avvicinava a una parte non occupata del letto. "Toglieremo il tubo per la respirazione. Sarai un po' infastidito per un momento. Ti darò una maschera per l'ossigeno. Voglio solo che ti concentri a respirare profondamente. Potresti sentire il bisogno di tossire, è perfettamente normale."

Squall annuì, comprendendo. Non vedeva l'ora di togliersi quel dannato tubo dal corpo; la sensazione era molto invasiva. Almeno la sua mente e l'ambiente circostante iniziavano a farsi più chiari.

La dottoressa rimosse attentamente il tubo e Squall quasi iniziò a tossire durante la procedura. Poteva sentire il flusso freddo dell'ossigeno che gli circondava la bocca. La pressione del petto era grande, e sentiva un dolore che gli risuonava dalle costole. Continuò in un misto tra il tossire e l'inalare per molti minuti, prima di tornare al respiro normale.

"Stai andando davvero alla grande," disse con fare ottimistico Cid.

Squall avrebbe preferito non averlo come sua cheerleader personale, ma sapeva che il Preside stava solo cercando di incoraggiarlo. Era solo la natura di Squall essere irritato dalla cosa, anche se avrebbe dovuto esserci abituato, vista la sua scelta di amicizie.

L'unico dettaglio che non era sfuggito al Comandante era chi c'era nella stanza - o più specificamente, chi non c'era. Non avrebbe mai ammesso che voleva qualcuno lì, ma c'era ancora un senso di speranza che qualcuno ci sarebbe stato - beh, qualcuno di particolare. Non sapeva perché stava persino giocando con quel concetto. Non era che lei non avesse la sua vita o i suoi obblighi. Ricordava molto poco di quello che era successo, ma ricordava i suoi pensieri su Rinoa. Si chiese in quel momento cosa avrebbe pensato lei, se avesse conosciuto i suoi ultimi pensieri - sarebbe stata infuriata o lusingata?

"Squall? Stai bene?"

Il Comandante riusciva a sentire la preoccupazione nella voce di Cid. Era scivolato di nuovo nei recessi della sua mente; era un'abitudine che si era rifiutato di cambiare nel corso degli anni. Il Comandante annuì di nuovo, sempre senza cercare di parlare. Non ne aveva l'energia in quel momento, o più sinceramente, il desiderio.

"Ottimo. Voglio solo aggiornarti su quello che ti è successo. Sei stato in sala operatoria per molte ore. A quanto pare, il secondo proiettile del cecchino ti ha penetrato il petto, è andato avanti un po' e poi è stato deviato da una costola. Il proiettile è entrato nella parte inferiore del tuo polmone sinistro, che a un certo punto è collassato, ma i medici sono stati in grado di riespanderlo. Alla fine, sei stato salvato da una combinazione di conoscenza medica e magia curativa. Ma come sai, la magia e la medicina non possono fare più di tanto; il resto guarirà con il tempo. Penso che avrai alcune altre cicatrici da aggiungere alla tua collezione, dopo questo."

Squall infine aveva una domanda che voleva fare. La sua voce era roca e quasi irriconoscibile. "Avete preso il cecchino?"

"No... mi dispiace." Aggiustandosi gli occhiali, Cid sospirò, visibilmente disturbato. Desiderò avere migliori notizie da dare. "Siamo riusciti a recuperare il proiettile dal tuo polmone, e il secondo dalla scena. Le autorità di Dollet si sono già offerte di consegnare tutte le prove al Garden, immaginavano che le volessimo. Hanno ragione. Troveremo quel tizio, te lo prometto."

Squall cominciò a pensare a ciò che era successo. Pensò al pericolo, al fatto che era quasi morto, al cecchino, a cosa avrebbe potuto fare di diverso... pensò a tutto, ma le domande se ne andavano veloci quanto erano arrivate. C'era una sola e unica cosa che rimaneva costantemente stabile nella sua mente... Rinoa Heartilly. Per quanto provasse a convincersi che poteva andare avanti, che le doveva il fatto di lasciarle vivere la sua vita, e che non c'era speranza - forse poteva vedere uno spiraglio di possibilità. Forse si illudeva, o forse erano i sedativi, ma in quel momento tutto quello che voleva era sentire di nuovo la sua voce.

"C'è qualcun altro qui?" riuscì a dire Squall con la voce rauca. Aveva troppa paura di dire il suo nome ad alta voce. Non voleva ammettere questa sua momentanea debolezza a nessuno - Cid, la dottoressa Kadowaki, o persino se stesso. Rese la domanda generica, anche se voleva solo una risposta.

"Non c'è nessuno qui." Cid dovette distogliere lo sguardo.

Diavolo, sarebbe stato più difficile di quanto pensasse. Eppure, il Preside sapeva che la sua decisione si basava sulla ragione. Come aveva spiegato a Zell, avrebbe potuto non esserci un'altra possibilità, se si fosse conosciuta la verità. Se il cecchino avesse saputo che Squall era vivo, avrebbe potuto ritornare a finire il lavoro che aveva iniziato. Al Preside non piaceva l'idea di ingannare tutti, specialmente quelli del Garden. Gli unici individui che avrebbero saputo la verità erano quelli presenti nella stanza e Zell. Quello che stava facendo era per Squall, ora era solo il momento di convincere di questo anche Squall.

In quel preciso momento c'era una conferenza stampa al Garden. Shu stava aggiornando il mondo su tutti i dettagli noti della morte prematura del Comandante. Lei, più di tutti, aveva la capacità di rimanere professionale di fronte alla tragedia. Zell, secondo i rapporti ufficiali del Garden, versava in condizioni critiche in un luogo non specificato. Il mondo intero aveva visto alcune delle registrazioni del Comandante pieno di sangue. Video amatoriali erano stati rilasciati poche ore dopo a chiunque potesse vederli; grazie agli dei per le famiglie in vacanza e le loro telecamere. La scena sembrava molto cruenta nei video; nessuno riusciva a decifrare quale sangue fosse di chi. Gli amici più stretti di Squall avevano ricevuto la 'notizia' prima che fosse resa nota alla massa. Cid era contento di non essere stato là a vedere con i propri occhi la loro reazione; attraversare questa sceneggiata stava già chiedendo il dazio alle sue emozioni.

"Squall, so che questo può sembrare improvviso, e molto inaspettato, ma non appena sarete in grado di andare - tu e Zell siete in missione sotto copertura."

Non che Squall fosse disturbato dall'essere di nuovo al lavoro; aveva bisogno che la sua mente rimanesse concentrata e all'erta. In realtà, credeva che la distrazione del lavoro potesse rendere i suoi problemi personali meno spaventosi. Era solo il fatto che la richiesta era improvvisa. Un minuto aveva un dannato tubo ficcato in gola, quello successivo Cid lo stava già inviando in giro - punti, cicatrici e tutto.

Non gli sarebbe piaciuto.

*~*~*~*~*

Alzandosi dal divano, Zone grattò velocemente Angelo dietro le orecchie prima di andare in cucina. Rinoa sospirò; almeno stava iniziando a sentirsi di nuovo se stessa. Qualunque cosa questo fosse.

Le capitò di gettare un'occhiata al telefono, e notò che aveva svariati nuovi messaggi. Se ne avesse avuta la volontà o il desiderio, avrebbe spento quella dannata lucina lampeggiante. Non c'era nulla che potesse essere di grande importanza. In quel momento trovava il divano più affascinante dell'idea di ascoltare venditori che parlavano senza mai smetterla. Si allungò a prendere il telecomando e accese la televisione. Con fare stanco, fece scorrere diversi canali, ma non aveva nemmeno il desiderio di affrontare tutte quelle cose senza senso. Dopo alcuni altri canali di repliche irritanti, tolse il volume e si appoggiò ai cuscini morbidi. Amava questo dannato divano; poteva dormirci tutta la notte.

Un tintinnio giunse dalla cucina, e un vago aroma di cioccolato iniziò a diffondersi nell'aria. Ricordi d'infanzia le invasero la mente, di notti d'inverno scaldate dal fuoco. Quei ricordi le erano cari, tanto quanto quelli del periodo che aveva trascorso al Garden. L'odore di legna stagionata e l'abbraccio caldo dei suoi genitori - ricordi intrecciati l'uno con l'altro. Non sapeva quanto a lungo fosse rimasta nel passato; seppe solo che Zone le stava allungando una tazza di cioccolata calda.

"L'ho fatta proprio come piace a te, con esattamente dodici marshmallows." Lei sorrise; lui conosceva i suoi strani capricci così bene. Zone si mise comodo accanto a lei. "Sai Rinoa, per me è stata una serata fantastica, anche con le poche e piccole battute d'arresto. Non penso di essermi goduto così tanto le uscite per molto tempo."

A questo lei dovette ridere; doveva essere impazzito. "Beh, ora so che hai bisogno di aiuto serio, se pensi che star fuori con me sia davvero una serata godibile."

"Penso che dipenda dal punto di vista," replicò lui, prendendo un sorso della sua bevanda. "Ti ho detto ultimamente quanto sono felice che tu sia tornata a Timber?"

"Dovevo tornare prima o poi," disse lei dolcemente, posando la tazza sul tavolinetto. Timber aveva sempre significato così tanto per lei, più di quanto si fosse inizialmente resa conto. "Penso che in qualche modo Timber mi sia sempre sembrata il posto più vicino a una casa. È solo questo posto. Ho così tanto passato qui... sai, prima di tutto il resto. Ricordo di essere venuta qui nei fine settimana con i miei genitori. Dio, amavo guardare i treni. Contavo sempre le carrozze che passavano. Cercavo di indovinare quanto fossero lunghi i treni... l'ho trasformato nel mio giochino personale. I treni mi hanno sempre affascinato, alcuni hanno un motore, altri due... mi chiedevo dove andassero i passeggeri, se erano felici, se erano tristi. Mi è sempre piaciuto pensare che tornassero a casa da chi amavano."

La sua voce svanì in un sussurro. "Non lo so... la vita aveva i suoi alti e bassi, allora. Sono sempre riuscita a sopravvivere. Devo convincermi che posso farlo di nuovo. Credo di dover cadere in piedi, come un gatto."

Zone posò la tazza e le prese le mani. Lei si voltò, sorpresa dal suo gesto; almeno era consapevole del contatto, stavolta. "Rinoa, non mi sono mai preoccupato di dove atterri, ma in che cosa salti."

"Non sono più sicura di dove sto saltando." Le sue parole erano dolci, mentre abbassava lo sguardo.

"Lascia che ti aiuti," fu la tenera risposta di lui.

Fu solo un secondo, un frammento della sua vita, eppure sarebbe stato l'inizio di un altro capitolo. Non se ne accorse nemmeno prima che fosse troppo tardi, o forse semplicemente non aveva voluto farlo. Lui si era mosso in avanti, così vicino a lei, e in un istante le sue labbra incontrarono quelle di Rinoa. Lei non aveva capito che sarebbe successo, o forse sì.

Era nuovo, era familiare, non era giusto.

*****
Nota della traduttrice: ho una piccola correzione da fare riguardo i titoli dei capitoli. I titoli di quelli in cui nelle note non è stata indicata la storia a cui sono ispirati sono in realtà titoli che Ashbear aveva pensato per una storia che stava scrivendo con un'altra autrice. Da un certo punto in poi, invece, saranno ispirati a episodi di Star Trek. Scusate l'errore: dovrebbero essere riferiti a storie che si possono leggere fino al capitolo 8... poi Ashbear ha avuto dei problemi con chi le suggeriva di usare i titoli delle proprie storie, soprattutto quando poi lei non li usava per vari motivi.
14 aprile 2013: corretto qualche errorino sparso. In più... Zone mi fa paura.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** XIV. A Single Grain of Sand ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ XIV: A Single Grain of Sand ~

Rinoa sentì le sue braccia che le si stringevano intorno, ed era impotente davanti a una tempesta esplosiva di sensazioni dimenticate. Se avesse potuto avere la saggezza di fermarlo, lo avrebbe fatto. Se avesse trovato la forza di fermarlo, avrebbe fatto anche questo. Invece tutto ciò che poté fare fu sentirsi impotente di fronte alle circostanze. Lottò contro un torrente di migliaia di emozioni e fallimenti. Desiderò poter trovare qualsiasi dannata cosa le mancasse per fermarlo, eppure non ci riuscì.

Sembrava diverso, innaturale, e forzato. Qualcosa che non voleva, ma il suo corpo lottava contro la sua mente. Era una sensazione così giusta essere abbracciata - sentire quel calore intimo.

Il suo corpo desiderava questo, ma non questo.

Fu Zone a separarsi per primo; lei non aveva trovato nemmeno la convinzione di fare questo. Tutto non sembrava altro che un sogno sciocco. Dio, desiderava che non fosse stato altro che un momentaneo scivolone inconscio da parte sua. Non lo era. Lei non ebbe nemmeno il coraggio di guardarlo in quel momento; sapeva che ogni grammo della sua incredulità e ogni pezzetto della sua rabbia ingiustificata sarebbero stati evidenti. Ma con chi era arrabbiata - se stessa, Zone, o persino Squall perché non era lui ad essere lì?

"Dio Rinoa, mi dispiace, non volevo... non lo so-"

Le parole di Zone erano deboli e dette con molta preoccupazione. Fino al punto che sentiva che era impossibile continuare con una spiegazione razionale del suo gesto. Semplicemente non poteva spiegarle la verità, non l'avrebbe mai capita. Decise che la cosa migliore da fare fosse rimanere in silenzio.

Tutto stava scendendo lungo una spirale senza scopo e fuori dal suo controllo, per lei. Si sentiva male; forse era passato troppo tempo da quando aveva sentito quella vicinanza. Aveva desiderato un tale contatto fisico per anni. Come lo avrebbe spiegato? Perché avrebbe dovuto spiegarlo? A chi? Si era lasciata così aperta ad altro dolore? Aveva appena costruito questa vita; era l'unica cosa che poteva davvero dire sua.

La sua mente rimase come un'accozzaglia di nervi ed emozioni, ed era ancora troppo codarda per guardarlo direttamente. Che parole poteva dire per cancellare tutto? Poteva riderci su e fingere che non fosse mai accaduto?

Non era un'attrice così brava.

Sembrava che un'amicizia a cui aveva tenuto molto le stesse lentamente scivolando via dalle dita. Nella sua mente, aveva sempre visto Zone, e Watts, come i suoi protettivi fratelli maggiori. C'erano stati per lei quando nessun altro aveva voluto esserci, tenendole la mano durante notti così lunghe. Tutti e due, Zone e Watts, erano i suoi migliori amici; avrebbe messo in gioco la sua vita per loro. Questo semplice gesto cambiava tutto quello che conosceva e ogni consolazione, non importava quanto piccola fosse, che aveva trovato lì a Timber.

A dire la verità, non poteva negare di non aver mai sospettato dei sentimenti di Zone in passato; erano evidenti anche prima che lei si trasferisse al Garden. L'astio che provava verso Squall fin dalla prima missione... era piuttosto innaturale, a quei tempi. Forse Zone aveva percepito il formarsi di qualcosa tra lei e il giovane SeeD prima che lei stessa lo credesse possibile. Aveva sempre cercato di liquidare le azioni di Zone come di qualcuno di iperprotettivo, ma nel profondo lo aveva sempre sospettato. Sembrava così più vecchio di lei, allora, e certamente lei aveva solo diciassette anni; le sue attenzioni sarebbero state percepite come completamente fuori luogo. Ora la differenza d'età di tre anni e mezzo era a malapena un problema.

Dovette guardare in qualsiasi direzione tranne la sua. Se avesse continuato a guardare in basso, lui avrebbe potuto vedere le lacrime che cadevano seguendo la forza di gravità. Non voleva ferirlo più di quanto lui volesse ferire lei. Doveva spiegargli... quello che non sapeva spiegare a se stessa. Perché non si era ritratta? Perché era rimasta molto più a lungo di quanto avrebbe dovuto?

Se Rinoa avesse potuto prendersi solo qualche altro minuto, forse tutta la faccenda sarebbe semplicemente svanita. In quel momento era l'unica speranza che aveva a cui aggrapparsi. Come diavolo aveva lasciato che avvenisse quel bacio? Come aveva potuto non prevederlo? Evitò ancora gli occhi di Zone, distogliendo lo sguardo e cercando di trovare qualcosa su cui potersi concentrare...

Con la coda dell'occhio, vide il luccicare iridescente emanato dalla televisione. Fu attratta dalla luce, proprio come un insetto che vola innocente prima di trovare la sua fine sul parabrezza di un'automobile.

Sullo schermo della televisione, un telegiornale. Voleva solo essere un diversivo dalla situazione, non un suicidio emotivo. Ma era quello che sarebbe diventato, un momento che era destinato a cambiare la sua vita per sempre.

L'immagine di un viso che aveva visto migliaia di volte. L'immagine di una persona che la perseguitava ancora - Squall Leonhart.

*~*~*~*~*

Il Preside rimase in compagnia di un'immobilità travolgente. Aveva appena spiegato le basi della missione al suo SeeD ferito. Cid sapeva che Squall sarebbe stato cinico; non si sarebbe aspettato nulla di meno - per via della sua natura in qualche modo scettica. Quello su cui non aveva contato era il silenzio prolungato del giovane uomo. Forse il Preside non avrebbe dovuto aspettarsi alcuna reazione immediata; Squall era un ragazzo che aveva bisogno di digerire e vagliare le informazioni prima di agire. Quella era una delle cose che lo rendeva un leader razionale, la maggior parte delle volte.

Il tono di Squall fu brusco. "Allora, nessuno sa di noi?"

"Corretto, figliolo; solo io, Zell, la dottoressa Kadowaki e alcuni altri dottori di fiducia qui."

"E se io non sto al gioco?" Il Comandante concentrò la sua attenzione sul soffitto. Non voleva guardare il suo superiore, in quel momento. Questa non gli piaceva proprio per un cazzo.

"Temo che davvero non ci sia scelta. Adesso, la conferenza stampa del Garden è finita - il mondo ti crede già morto. Non è una punizione, Squall. È una misura per la tua stessa sicurezza."

Per la sua sicurezza? Non gliene fregava un cazzo della sua sicurezza. Il Garden lo faceva solo per i suoi introiti e la sua statura politica. Non era nulla più per loro che un ragazzo da poster per reclutare la generazione di mercenari successiva. Cid poteva ancora avere un legame paterno con lui, dai giorni vissuti all'orfanotrofio, ma Squall oramai vedeva il Preside solo come un superiore. Quei giorni per lui erano morti tre anni prima, dopo il suo ritorno da Esthar...

L'ultima cosa a cui doveva pensare ora era la missione fallita. O almeno quello che lui avrebbe definito come 'fallito'. Il Garden probabilmente lo vedeva in tutti i modi tranne che questo. Non aveva bisogno di altre morti che gli pesavano sulla mente. Si chiese come Zell avesse possibilmente reagito a questo piano assurdo. Credeva a malapena che l'esperto di arti marziali sarebbe stato volontariamente al gioco. Nessuno dei due avrebbe avuto scelta, alla fine, ma questo non significava che non potessero dar voce alla loro opinione negativa sulla situazione.

"E Zell? Come prende questa nuova missione?"

"Come gli ho spiegato prima, è per la sicurezza di tutti e due. Non possiamo ufficialmente escludere nemmeno lui come obiettivo principale. Ora come ora, tutto quello che abbiamo davanti è un po' di domande senza risposta."

Squall rimase in silenzio, ancora poco convinto da qualsiasi ragione che il Preside stava cercando di dargli. Questo era semplicemente assurdo. Non c'era altra parola per descrivere la situazione. Per quanto tempo Cid pensava che lui e Zell avrebbero potuto tenere in piedi quella sceneggiata? Ora come ora lui era quasi un invalido in un letto d'ospedale. Sei ore prima aveva un proiettile piazzato nel polmone, e ora stava per andare in missione sotto copertura - morto - per chissà quanto tempo. Che pensieri razionali avrebbe dovuto avere in quel momento?

Cid rimase a fianco del letto del suo studente; Squall poteva essere irrazionalmente testardo, a volte. Se fosse stato un qualsiasi altro studente, il Preside dubitava che avrebbe sopportato così a lungo il suo temperamento lunatico. Cid sospirò aggiustandosi gli occhiali; forse c'era bisogno solo di un po' di buon senso nella faccenda.

"Squall, sai già che in situazione come questa, se era un attacco personale, il cecchino di solito a un certo punto ritorna. Vedere il dolore che ha causato con i propri occhi giustifica solo il suo senso del potere, anche se è estremamente mal riposto. C'è una dannata buona possibilità che chiunque sia stato a spararti si presenti nella tua vita in un modo o nell'altro. Tutto della tua morte deve sembrare reale. Le reazioni, le emozioni - tutto deve essere genuino, o riuscirà a capire la finzione."

"Lo so già. Ho seguito le dannate lezioni di psicologia del Garden. Quello che non capisco è perché devo assecondare il vostro(1) perverso senso di giustizia. La persona molto probabilmente cercherà di fare la stessa cosa in un tentativo di omicidio, diavolo, probabilmente apparirà al nostro fianco. Questa cosa sarà già piuttosto di alto profilo."

"Perché se il killer non crede di esserci riuscito la prima volta, molto probabilmente tornerà e finirà il suo dannato lavoro. Mi piacerebbe dire che la scelta sta a te, ma temo che nessuno di noi possa permettersi questo lusso. Questo bastardo ha già ucciso parecchie persone e non è probabile che si fermi davanti a un obiettivo mancato. Il Consiglio Mondiale, gli ufficiali della città, persino il Garden... nessuno ha ottenuto una qualsiasi prova solida. Non c'è nessuno schema riconoscibile o definito in questa follia. La migliore possibilità che il mondo ha al momento siete tu e Zell. Forse dall'interno potete vedere qualcosa che a tutti gli altri è sfuggito."

"È il mio funerale, giusto?" sibilò con rabbia il Comandante.

"Vorrei che potesse esserci un altro modo. Nemmeno a me piace far patire questo ai tuoi amici. Sono tutti come una famiglia per me... lo sai. Non posso nemmeno lasciare che Edea conosca la verità. Ma è per questo che arrivo a questo estremo, per proteggere la mia famiglia. Un giorno capirai."

Famiglia... Squall Leonhart? Il Comandante avrebbe riso dell'ironia della cosa se ne avesse avuto la voglia. C'era stato un giorno, molto tempo prima, in cui credeva che avrebbe capito, ma ora non sembrava nulla di diverso da uno scherzo crudele.

Pensò a suo padre, o all'uomo che aveva quel titolo in senso biologico. Squall non lo aveva mai chiamato così, o riconosciuto davvero la sua esistenza al di là della capacità professionale. Ora sentiva il senso di colpa di far vivere a Laguna quel trauma. Dio, si sentiva realmente in colpa per come questa cosa avrebbe influenzato Laguna.

Lottò tra sé e sé. Perché avrebbe dovuto interessargli cosa percepiva chi lo circondava? La morte era una verità e la realtà con cui viveva ogni giorno. Negli anni passati, non aveva partecipato a molte missioni a causa di svariati fattori impliciti. In molti credevano che avesse a che fare con la sua posizione di Comandante; lui sapeva la verità. Far vivere questo ai suoi amici senza che ce ne fosse bisogno era troppo dannatamente crudele, anche secondo i suoi standard flessibili.

Guardò un'ultima volta il soffitto prima di arrivare alla sua decisione finale. Poteva non piacergli la sua vita, ma era sua e poteva farne ciò che voleva. Se voleva mettersi sulla traiettoria di un proiettile in arrivo, quella era esclusivamente una sua scelta. Era molto vivo, in quel momento.

"Non intendo farlo."

"Squall, non voglio far valere i miei ordini, specialmente in queste circostanze. Ma lo farai, è un ordine."

"Questa è una fottuta stronzata!"

Squall Leonhart perdeva raramente la pazienza o il contegno; raramente imprecava esplicitamente e non aveva mai osato sognare di parlare in modo insubordinato a un superiore. Andava contro tutto ciò che sapeva, contro ogni credo che aveva nella gerarchia militare; andava contro tutto ciò che era addestrato a credere. La sua mera esistenza aveva già fatto soffrire troppe persone. Non voleva che quei pochi amici e familiari che aveva ancora soffrissero inutilmente per un uomo la cui vita non valeva la pena.

"Squall Leonhart, capisco che tu sia turbato, ma mai, mai più mi parlerai con quel tono."

Ci fu silenzio mentre il giovane uomo digeriva il suo comportamento di poco prima. Il Preside aveva ogni diritto al mondo di urlargli contro. Il Comandante non avrebbe mai permesso a uno dei suoi SeeD di comportarsi a quel modo.

"Mi dispiace, signore."

Lo era. Squall sentiva che quell'idea era sempre una 'fottuta stronzata', ma aveva grande stima di Cid Kramer. Il suo accesso d'ira era stato seriamente inappropriato, e lui lo sapeva.

Parte di lui si chiedeva se lei avrebbe creduto che fosse un qualche tipo di giustizia poetica. Sapeva di almeno due persone che lo avrebbero creduto... se avessero potuto. Lei non era mai stata vendicativa o ingannevole; forse lui stava solo trovando un modo per giustificare questo piano a se stesso.

Il suo pensiero non si posava solo su Rinoa. I suoi amici, come avrebbero accolto la notizia? Si sarebbero sentiti in colpa? Lui lo avrebbe fatto, se la situazione fosse stata al contrario. Ma Squall Leonhart e l'ironia erano creature incostanti. Aveva vedute divergenti sulla morte. Una volta, non avrebbe mai voluto che qualcuno parlasse di lui al passato; ora avrebbe vissuto quell'incubo.

Cid cercò di sembrare rassicurante, ma al soldato già ferito il commento sembrò solo affondare più profondamente il coltello nella piaga. "Squall, sai che ho trovato un modo di far girare la situazione in passato. So di poterlo fare ancora. Quando uscirai da questa cosa, sarai rispettato anche più di prima."

*~*~*~*~*

La prima risposta di Rinoa fu di rimorso emotivo per quello che era appena successo tra lei e Zone. Il suo secondo pensiero, che quasi coincideva con il primo, fu 'quale meraviglioso atto eroico aveva compiuto il suo ex Cavaliere'? I suoi primi pensieri erano quasi sempre positivi, data la sua natura e la storia di Squall. Immaginò che avesse lottato contro un gruppo di ribelli, o possibilmente fosse riuscito in qualche sfida insormontabile al Summit di Pace. Ecco chi era Squall Leonhart per lei, un eroe che avrebbe messo da parte ogni cosa per il dovere, inclusa la sanità mentale.

Fu l'espressione solenne sul viso della giornalista ad essere il primo indicatore che forse Rinoa si sbagliava. Il secondo fu la sensazione spiacevole nello stomaco. La sensazione andava ben oltre il senso di colpa per aver baciato Zone, fino ad arrivare a qualcosa che comprendeva tutto il suo essere. Era il culmine degli ultimi mesi, mescolata all'emozione degli ultimi anni. Era tutte le sue più grandi paure che venivano alla luce.

Era semplicemente una fine al suo credere negli innocenti.

Si dimenticò persino che Zone era nella stanza, mentre si muoveva verso la televisione. Avrebbe potuto afferrare il telecomando, ma era attratta dallo schermo. Le due dita non tremavano né si scuotevano, non avevano la forza di farlo; era qualcosa che non aveva ancora potuto immaginare. La sua mente rifiutava quella possibilità. Alzò il volume credendo, per l'ultimo secondo, di aver interpretato male la verità. Era quell'ultima speranza, velocemente cancellata dalla realtà.

Il giornalista usava le parole con assordante chiarezza. "...Di nuovo, abbiamo le ultime notizie dal Garden di Balamb. Stanno confermando ufficialmente che il Comandante Squall è morto in seguito all'insorgere di complicazioni per un unico sparo al petto."

Non c'era niente nella sua anima. La vita le venne risucchiata via nel lasso di tempo di un battito. La sua voce interna le sussurrava all'orecchio, insisteva sul fatto che questo fosse uno scherzo malato e perverso. Doveva esserlo. Doveva dannatamente esserlo. Lei ascoltò, perché onestamente non c'era altro che potesse fare. Era incantata dalle notizie del giornalista, non importavano le parole che le scivolavano nella coscienza.

"Mentre si trovava a Dollet per il Summit di Pace del Consiglio Mondiale, un cecchino a quanto pare ha colpito con un'arma da fuoco il Comandante Leonhart, in una folla di persone. Il nostro corrispondente da Dollet ha avuto accesso alle registrazioni del colpo fatale. Avvisiamo i nostri telespettatori più giovani e quelli più sensibili di non guardare mentre trasmettiamo il video..."

Lei non riuscì a distogliere lo sguardo dallo schermo. Non poteva farlo. Aveva bisogno di vedere il video; era perverso e macabro, ma aveva bisogno di vederlo con i propri occhi. Non poteva essere vero.

Eccolo. Un video dettagliato sull'orribile evento, particolareggiato al punto da riprendere gli occhiali da sole che gli cadevano dal viso mentre Zell lo trascinava. Il sangue, vide il sangue e si sentì come se fosse il suo sangue a cadere sul terreno di Dollet. Poteva sentire il suo dolore; poteva sentire l'implacabile sensazione della morte. Era come Siren che cantava la sua canzone ai marinai; lui non poteva evitare per sempre la sua stretta.

Poi il video scomparve dalla televisione, ma non sarebbe mai scomparso dai suoi ricordi. Era incastonato lì, proprio come ogni altro momento della vita con lui, il buono e il cattivo. Questo surclassava tutti gli altri.

"Di nuovo, abbiamo notizie da Balamb che il Comandante Leonhart è morto in seguito a complicazioni durante l'operazione. I medici lo hanno portato in fretta in un luogo segreto dove il personale medico ha cercato disperatamente di stabilizzarlo. È stato dichiarato ufficialmente morto svariate ore più tardi, alle diciassette e quindici di questa sera, secondo il fuso orario di Dollet. Zell Dincht, un altro SeeD diplomato del Garden di Balamb, è attualmente indicato come in condizioni critiche in seguito all'operazione. Si crede che sia in coma, in conseguenza della sua ferita."

L'immagine di Squall riempiva la maggior parte dello schermo. Era semplice scrivere il suo nome in grassetto, insieme agli anni di nascita e di morte. I media non lo conoscevano personalmente. Onestamente non sapevano nulla di lui. Non era solo l'eroe che tutti pensavano che fosse; era una moltitudine di strati, e di certo non senza i suoi demoni persecutori. Sembrava così indistruttibile nell'immagine, dove indossava la divisa formale della SeeD. Lei sapeva in prima persona che non era indistruttibile, ma non avrebbe mai potuto immaginare una fine come questa.

Rinoa toccò lo schermo, sperando contro ogni speranza che la sua mano potesse trascendere lo spazio e il tempo e toccarlo semplicemente un'ultima volta.

Nulla sarebbe più stato come prima.

Posò la mano sullo schermo, toccando i pixel che una volta formavano un essere umano vivo, che respirava e che lei aveva amato. Rinoa rimase seduta in silenzio, troppo confusa per parlare o respirare regolarmente. Percepì la sensazione di due braccia che la tiravano via. Era impotente, proprio come prima, ma ora la sua mente lottava contro la ragione. Eppure, non poteva negarlo. Aveva provato più degli dei nel cielo, ma non c'era pentimento grande abbastanza per i suoi peccati.

Zone la afferrò, cercando di tirarla via dallo schermo. Lei immaginò che la sua sanità mentale fosse in bilico sull'orlo del baratro, e lui doveva averlo saputo. L'unica cosa che poteva fare era separarla dalla televisione. Rinoa non pensò nemmeno al bacio di poco prima; in qualche modo sembrava quasi irrilevante ai suoi occhi. Non le interessava cosa aveva fatto prima, o perché lo avesse fatto. Onestamente in quel momento non importava. Trovò conforto tra le braccia di Zone, mentre la distraevano dal gelo nel suo cuore. Il suo corpo poteva solo tremare, mentre il suo cuore cercava di non credere all'edizione speciale del telegiornale.

Ma ci credeva.

Tutto quello che era successo quel giorno all'improvviso acquistò senso. Le voci, la nebbia, tutto era un rimasuglio di un amore una volta appassionato che aveva ancora certi legami con la sua anima. Ora tutto quello che sentiva era il travolgente senso di confusione. Voleva gridare, voleva piangere, voleva svegliarsi da questo incubo che invase ciò che una volta era la sua vita.

Ma non poteva fare altro che rimanere lì... e non sentire niente.

*

Note al testo
(1) Vostro: questa è una mia personale interpretazione del testo. In inglese, Squall dice your, che significa sia 'tuo' che 'vostro'. Ho pensato che qui avesse una doppia valenza, nel senso di 'vostro' inteso come Garden e 'tuo' inteso come di Cid. Per questo ho scelto di usare il plurale, nella speranza che potesse includere entrambe le cose.

*****
Nota della traduttrice: il titolo di questo capitolo è un titolo che Ashbear aveva pensato insieme a Wayward Tempest per la loro storia a quattro mani, e poi inutilizzato. Significa "un unico granello di sabbia".
Il capitolo è stato aggiornato il 18 marzo 2012 perché in una recensione su EFP Notorius ha segnalato che avevo scordato la nota, e poi di nuovo il 14 aprile 2013 per la correzzione di qualche errore di battitura.
Vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** XV. Shattered Illusions ***


Nota dell'autrice: volevo solo ringraziare Lisa, che è stata la mia beta per questo capitolo insieme a Bob, poveri ragazzi.

AFTER THE FALL
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ XV: Shattered Illusions ~

"Perché diavolo Squall dovrebbe volere tutti questi fiori?" Quistis mise una composizione contro il muro del salone dei ricevimenti; era già contornato da ricordi colorati. La stanza non era mai stata così bella, eppure così vile allo stesso tempo. Ogni composizione rappresentava un momento della vita del Comandante che lui non sarebbe mai riuscito a vivere, un respiro che non avrebbe mai fatto.

Lei scosse la testa, disgustata, toccando i petali di un mazzo di gigli lì accanto. "Questa gente non lo conosceva affatto."

Irvine era entrato, alcuni passi più indietro, con in mano una composizione ancora più grande. Gli faceva schifo vedere quante nazioni e quanti dignitari avevano già fatto pervenire le loro condoglianze. Erano passate solo poche ore da quando la notizia della sua morte era stata resa pubblica. Ma questa era, alla fine, una possibilità per entrare nelle grazie del Garden; queste persone probabilmente non avevo mai scambiato con il Comandante più di dieci parole, sempre che ci avessero parlato.

"Forse questi idioti avrebbero dovuto mandare confezioni di lubrificante per gunblade," cercò di scherzare Irvine.

Persino per lui era difficile, date le circostanze. Ma sapeva, più di ogni altra cosa, che Squall non avrebbe voluto che piangessero la sua perdita. Il Comandante non era fatto così - e quindi Irvine cercava di tenere bene a mente i desideri del suo amico.

L'insegnante, solitamente distinta, sembrava totalmente un'altra persona. I suoi lunghi capelli biondi erano raccolti in una cosa di cavallo disordinata. Gli occhi era gonfi e rossi per il pianto. Aveva provato, Dio se ci aveva provato... doveva rimanere forte - mantenere la finzione e le apparenze. Tutti gli altri dipendevano dalla sua stabilità emotiva.

E anche se non lo facevano, a lei serviva disperatamente un motivo per aggrapparsi alla sanità mentale.

Il cecchino si avvicinò, posandole delicatamente un braccio intorno alle spalle. "Va tutto bene Quistis; non devi continuare a fingere. Lo affronteremo insieme."

"A volte penso di stare impazzendo," gli confidò lei a bassa voce.

"Credo che ci sentiamo così tutti."

L'insegnante trovò conforto nell'abbraccio, e gli posò la testa sulla spalla. Riusciva a malapena a trovare la forza di stare in piedi, men che meno quella di recitare la parte del mentore. Aveva solo bisogno di qualcuno che, per una volta, la proteggesse e consolasse. Nulla sembrava avere importanza, in quel momento. Tutto quello che pensava, l'illusione che aveva scelto di creare, era stata distrutta. Squall non era invincibile; non era il leader indistruttibile che voleva lei - no, che lei aveva bisogno di credere che fosse. Era solo un uomo. Un uomo la cui vita era dipesa dal fato.

"Immagino che tu non abbia avuto notizie di Rinoa."

"No..."

Quella frase portò solo un'altra ondata di dolore per Quistis. Tutto quello che la giovane strega aveva passato, gli ostacoli che era riuscita a superare... solo adesso avrebbe avuto davanti una barriera impossibile da oltrepassare. Quistis aveva sempre avuto una speranza per Rinoa e Squall. Anche dopo tutti quegli anni, sapeva che alcune cose erano semplicemente destinate ad essere così. Credeva che, con il tempo, anche Squall lo avrebbe capito; ora pensava ai momenti sprecati per loro - i 'cosa avrebbe dovuto essere' ma che non sarebbero mai stati.

"È solo che non so come la prenderà."

"È forte," cercò di rassicurarla Irvine. "Glielo devi concedere."

"I-io ho lasciato un messaggio. È solo che non volevo che lo sentisse da qualcun altro. Dio, non che voglia che lo sappia da una stramaledetta segreteria telefonica."

"Devi provare a richiamarla. Probabilmente lei non ti richiamerà. Immagino che non sappia cosa fare, o cosa dire. Devi almeno provare a farla parlare."

Poi lei se ne rese conto. "Non posso."

Lui fece un passo indietro, lasciando all'insegnante un momento per riprendere l'equilibrio. Lei si asciugò nuove lacrime.

"Irvine, non posso farla parlare quando io stessa non so cosa fare o cosa dire."

"Allora sai una cosa? Dille proprio questo. Sapere che non sarà sola in questa faccenda potrebbe essere la cosa migliore che possa sentire, ora come ora. Saremo tutti qui, l'uno per l'altro."

Il suono di tacchi sul pavimento di marmo echeggiò, ed entrambi si voltarono verso la porta. Shu entrò con in mano un altro oggetto, anche se stavolta sembrava una piccola pianta in vaso. Per lo meno, era una pausa gradita dall'odore sempre più potente di fiori. Mise la pianta accanto alle altre, prima di avvicinarsi a Irvine e Quistis. Il suo atteggiamento era rispettoso, come sempre, mentre faceva un cenno del capo prima di rivolgersi ai suoi compagni.

"Ho appena chiuso la comunicazione radio con il Preside, sta tornando al Garden. La dottoressa Kadowaki rimarrà a Dollet almeno un'altra notte. Il suo assistente si occuperà di tutto fino al suo ritorno. Se succede qualcosa di grosso, li manderemo a Balamb - il loro pronto soccorso è già in allerta."

C'era così tanta chiarezza nelle sue parole; sembrava tenere a bada tutte le emozioni. Nessuno avrebbe immaginato che la giovane donna avesse appena perso il suo superiore ed amico. A volte Quistis lottava per essere più come lei; desiderava poter mostrare più dignità durante i tempi difficili.

"Dio, Shu, come ci riesci?"

"Onestamente, Quistis, ho dovuto farlo già troppe volte. Le emozioni non diventano mai più facili, ma sfortunatamente i protocolli diventano davvero più familiari. Ho solo trovato un modo di farcela."

"Hanno già stabilito un giorno per il funerale?" Quistis si strozzò con le sue stesse parole, coprendosi veloce la bocca. Sentì la bile che le saliva dallo stomaco, bruciandosi il sentiero verso la superficie. Sentire quella frase dalle sue stesse labbra era un incubo di cui aveva avuto paura troppo a lungo. Era troppo presto. Lui era troppo giovane.

Erano tutti troppo dannatamente giovani per questo.

*~*~*~*~*

Chiuse la mano a pugno. Non era per nessuna ragione medica; era solo qualcosa che aiutava a calmare la sua rabbia crescente. Guardò con amarezza il liquido chiaro che gocciolava nel suo corso attraverso la flebo. Non sapeva di che cosa diavolo lo stessero riempiendo, e veramente in quel momento non gli interessava. Era diventato un incanto morboso guardare la sostanza sconosciuta che entrava nel suo corpo.

Sembrava così semplice; l'ago più piccolo poteva portare un colpo fatale al sistema umano. Forse sarebbe stato più semplice se fosse stato veleno a scorrergli nelle vene. Allora, la bugia del Garden sarebbe diventata la verità - sarebbe stato più semplice alla lunga.

Sentì dei passi che si avvicinavano, ma si rifiutò di cedere alla curiosità. Avrebbe potuto avere la cortesia di alzare lo sguardo, ma in qualche modo si nutriva di quella flebile insolenza.

"Hey amico, come va?"

L'esperto di arti marziali era finalmente entrato nella stanza del suo amico. Tra lo staff medico e la presenza del Preside, Zell era stato costretto a rimanere indietro. Non gli importava. Aveva la sensazione che avrebbe visto il Comandante nei giorni successivi quanto bastava per tutto il resto delle loro vite.

Mentre si avvicinava al letto, non mancò di notare il comportamento rude di Squall, che era piuttosto atipico persino per gli standard del Comandante. Eppure, Zell non si era sorpreso quando non aveva avuto risposta. Era una notizia difficile da capire da tutti i punti di vista; conosceva Squall da abbastanza tempo per non aspettarsi niente di meno.

"Comunque, Squall, ci hai fatto prendere un bello spavento. Non provare a farlo di nuovo."

Uno spavento? Squall castigò con veemenza il commento tra sé e sé. Non era nulla in confronto a ciò che il mondo avrebbe creduto. Il Comandante trovò finalmente motivo di guardare la persona che aveva invaso la sua stanza.

Il suo sguardo d'acciaio parlava più di mille parole; Zell rimpianse velocemente il suo tentativo di conversazione unilaterale. Sapeva che a Squall sarebbe servito più tempo, eppure eccolo lì a cercare di comportarsi come se non fosse nulla di fuori dall'ordinario. L'esperto di arti marziali spostò il peso da un piede all'altro, mentre si sentiva sempre più a disagio nella stanza. Stava proprio per voltarsi e andarsene, quando Squall decise di rompere il silenzio insopportabile.

"Questa è una cazzata completa."

Non erano le parole che si aspettava, ma onestamente non erano poi così lontane dalla verità. Qualsiasi cosa che Zell potesse dire in risposta a una frase così aperta avrebbe potuto essere facilmente rivoltata in qualcosa che non era. Le parole erano spesso una lama a doppio taglio quando si trattava del Comandante.

L'esperto di arti marziali si avvicinò, sedendosi finalmente su una sedia rimasta accanto al letto. Zell non aveva capito del tutto se quella piccola breccia nella conversazione era un invito a parlare o un semplice commento casuale. In ogni caso, sentiva che era suo dovere tentare almeno di affrontare il disagio. In realtà erano entrambi nella stessa barca; sarebbe stato meglio se avessero potuto almeno trovare il modo di tornare a riva.

"Che c'è amico? Voglio dire, so cosa pensi di questa cosa. Nascondermi in un ospedale non era certo quello che avevo in mente quando mi sono svegliato stamattina."

"È più facile per te parlare, non sei tu quello che è tecnicamente morto."

Lo sguardo del Comandante si concentrò su un monitor. Era una distrazione inutile, se non altro.

Le parole colpirono nel segno per l'esperto di arti marziali, solitamente calmo. Di sicuro non era 'morto', ma sin da quando il Preside aveva spiegato la situazione, non aveva fatto altro che pensare alle conseguenze.

"E allora, Squall? Sai, il fatto che non sono 'morto' non impedirà a mamma e ad Alex di preoccuparsi, no? Voglio dire, per loro la mia condizione è incerta. Non sapranno nemmeno dove sono, o una qualsiasi cosa su come sto. Probabilmente mamma ne morirà. Ora dovranno farsi domande ogni volta che suonerà il telefono... questa non piace proprio per un cazzo, nemmeno a me."

Zell notò che il Comandante ora lo stava fissando direttamente. Non si era reso conto di essere diventato così emotivo mentre parlava. Voleva solo che Squall capisse che c'erano più vittime di quelle ovvie - tutti avrebbero sofferto, chi più chi meno.

Distogliendo lo sguardo, Zell riprese il controllo e cercò di spiegarsi da una prospettiva più ragionevole. "L'unica ragione per cui affronto questa situazione è che non voglio che mamma riceva quella chiamata - mai. Non sono ingenuo, non posso promettere che non succederà, ma farò del mio stramaledetto meglio per assicurarmi che non succeda. Ora come ora, ci è stata data una seconda possibilità."

Il Comandante chiuse gli occhi. Non sarebbe stato facile. Tutta quella faccenda era solo uno scherzo perverso, e lui sperava costantemente di potersi svegliare nella sua stanza e dimenticarsi che questo incubo fosse mai avvenuto. Non funzionava mai. Dio, ci aveva provato in passato, e alla fine gli portava solo più dolore. Perché, quando si svegliava, giaceva sempre nello stesso inferno senza pietà. Forse Zell aveva ragione, doveva affrontare questa cosa di petto.

"Se vuoi svegliarti dall'incubo, devi prima affrontare te stesso."

"Uh?" Era ovvio che il Comandante intendeva qualcosa, ma Zell non era sicuro di cosa. D'altra parte, si chiese se lui avesse mai inteso di essere sentito.

"Niente," sospirò Squall, lasciando che il respiro gli si regolarizzasse. "Non è niente."

*~*~*~*~*

Il tempo, la distanza, i credo - tutto divenne irrilevante nel lasso di tempo di un respiro. Si sentiva come una bambina spaventata stretta tra le braccia della mamma. Ma Zone non era sua madre, e lei non poteva sentire nemmeno il minimo conforto nelle sue carezze. Persino la vicinanza di un altro essere umano non poteva penetrare il torpore della sua anima.

Forse, se avesse potuto provare un qualsiasi sfogo emotivo, sarebbe stata una sorta di indicazione della sua esistenza. Ma mentre stava lì, in piedi, con le braccia di una persona strette forte intorno, era un guscio senza vita, senza emozioni, un guscio freddo e trasparente di un essere umano. Non c'era il bisogno di piangere o urlare; nessuna volontà di pregare o negare. Non era niente. Assolutamente niente. E quello avrebbe dovuto spaventarla a morte.

"Rinoa, dai... hai bisogno di sederti."

Non sentiva la voce di Zone e la sua richiesta. E quindi rimase in piedi come una statua, distrutta eppure irremovibile. Lui poté sentire la pelle fredda e umida di Rinoa; immaginò che fosse il suo corpo che entrava in uno stato di shock.

"Ascoltami, Rinoa," disse con forza. La spostò davanti a lui, mettendole le mani sulle spalle; arrivò persino a scuoterla leggermente dalla sua trance.

"Dai, concentrati."

La sua carnagione già chiara divenne mortalmente pallida mentre il sangue rallentava. Barcollò leggermente tra le sue braccia, alzandosi e cadendo mentre i polmoni cercavano l'aria. Era quasi una battaglia rimanere in piedi. Ma qualsiasi cosa stesse facendo era solo grazie alla fiducia e alla forza delle braccia di Zone.

"Io... uhm... non... Zone?" La sua voce timida era a malapena udibile tra i respiri affrettati. "Penso che... la TV... ha..."

"Rinoa, tesoro, fermati e guardami. Devi davvero concentrarti, adesso."

Non ebbe altra risposta a parte alcune altre parole incoerenti. Zone sapeva che questo era più che difficile per lei, ma non aveva idea del livello a cui avrebbe risposto la sua mente. Dopo alcuni altri secondi che parvero un'eternità, la sollevò tra le braccia e la portò al divano. Era rimasta seduta, prima che lui la aiutasse ad appoggiarsi sulla schiena. I suoi movimenti sembravano quelli di un manichino; avrebbe potuto posizionarla e lei non si sarebbe mossa.

"Ce la farai, ce l'hai sempre fatta. Devi solo concentrarti sulla mia voce, Rinoa. Puoi fare questo per me?"

Dopo averle messo un cuscino sotto i piedi lui si mosse, afferrando una coperta lì vicino e coprendola. Tornando di nuovo lentamente al suo fianco, Zone le posò con attenzione una mano sulla guancia e la accarezzò delicatamente. Notò che il suo respiro era diventato così poco profondo che sembrava che il petto non si muovesse.

"Rinoa, ascolta. Sono qui. So che forse non sembra giusto detto da me, ma l'ultima cosa che lui vorrebbe è che tu reagissi così. Devi rimanere calma."

Lui si sedette sul divano accanto a lei, fino a quanto il suo viso tornò di un colore più naturale. Lei a malapena riconobbe la sua presenza, o persino la sua esistenza. Migliaia di ricordi le invadevano i pensieri; allo stesso tempo, non riusciva a richiamarne nemmeno uno. Momenti e luoghi con Squall, erano ricordi che non erano suoi; non riusciva a ricordare nessun dettaglio specifico.

Per un momento, dubitò persino che lui fosse mai esistito al di fuori delle illusioni della sua mente. Il suo corpo era intorpidito, svuotato di qualsiasi cosa avesse mai conosciuto. Un'ondata di nausea la sopraffece. Rinoa scoprì che il suo corpo si muoveva da solo, tirandosi su a sedere.

"Sto per-"

La giovane strega non fece in tempo a finire, e afferrò velocemente un cestino lì accanto. Voltando la testa, Zone le tenne delicatamente indietro i capelli mentre lei vomitava. Quando ebbe finito, andò in cucina e cercò un asciugamano pulito. Dopo averlo bagnato con dell'acqua fresca, tornò in salotto. Rinoa era rimasta seduta, ancora emotivamente assente.

Angelo, nel frattempo, si era messa alla sua destra, posando il mento in grembo alla sua padrona. Zone allungò lo straccio a Rinoa, anche se lei non si preoccupò nemmeno di allungare la mano e accettarlo. Sospirò profondamente, sedendosi alla sua sinistra. Non voleva chiederle se stava bene, era evidente che lei stava in qualsiasi modo a parte che bene - non sapeva davvero come affrontare la situazione.

"Solo che... come? Perché nessuno me l'ha detto?" riuscì a dire finalmente Rinoa, in maniera più o meno coerente. A parte la leggera confusione del suo tono di voce, sembrava ancora svuotata di sentimenti.

"Forse c'hanno provato," rispose Zone, sapendo che lei non era stata molto accessibile, anche se qualcuno avesse provato a contattarla. "Siamo stati fuori dall'ufficio per un po', poi al ristorante, e non so te, ma io ho il cellulare spento."

Un groppo si formò nella gola di Rinoa, mentre ricordava vagamente la luce rossa lampeggiante sulla segreteria telefonica. L'aveva messa da parte così facilmente, prima, non volendo essere disturbata quella sera. La fece quasi stare male di nuovo; credeva che fosse l'ennesimo errore da cui non poteva svegliarsi.

Senza una parola per Zone, si alzò dal divano velocemente avvicinandosi alla segreteria telefonica. La mano le tremava mentre cercava di trovare il coraggio di ascoltare i messaggi. In qualche modo sapeva che sentirlo da un estraneo alla televisioni non sarebbe stato così reale come sentirlo da un amico. Forse la stavano chiamando per farle sapere che c'era stato un errore, voleva crederlo disperatamente, ma in qualche modo non poteva negare di sentire il peggio.

Il suo dito trovò la forza di premere il bottone, mentre il suo corpo lottava per trovare la forza di rimanere in piedi. Chiudendo gli occhi, lasciò che il nulla la circondasse, lasciò che l'ultima nota di speranza le scivolasse via dalla mente.

L'eco del bip meccanico della segreteria telefonica le riverberò nelle orecchie. Era letteralmente sobbalzata udendo il suono; sembrava un avvertimento distante, al suo cuore. Ci fu un momento di silenzio dall'altro lato, e poi alcuni suoni spezzati. Sapeva che era qualcuno che cercava di trovare le parole, ma il silenzio prese gran parte della registrazione prima che potesse sentire una voce e la prima parola.

"Rin..."

Non aveva mai sentito Quistis così sperduta. Fu con il tono tremante di quell'unica parola che le sue paure più profonde trovarono conferma. L'insegnante non era mai sembrata così disperata in tutta la sua vita; Quistis non era così. Chiunque stesse parlando dall'altro lato di certo non era la donna che Rinoa era arrivata ad amare e rispettare. Con un'unica sillaba, l'insegnante sembrò un bambino sperduto che cercava un conforto che non avrebbe mai potuto essere trovato.

"Rinoa... io... sono Quistis. Io... Dio, non voglio lasciare un... per favore, devi esserci... ci sei?" Alcuni altri momenti di respiro prima che l'insegnante infine continuasse. "Non voglio che tu lo senta da... io, io non posso..."

Rinoa sentì qualcosa al ricevitore; sembrava che qualcuno avesse messo una mano sul microfono. Alcuni altri suoni attutiti risuonarono dalla segreteria. Un'altra persona poteva aver preso la cornetta che veniva passata di mano in mano, ma Rinoa lo sapeva bene. Ascoltò semplicemente il silenzio, forse era l'unica calma che la sua mente avrebbe permesso prima di sentire le parole che ora erano inevitabili.

Forse se avesse spento la segreteria, non avrebbe mai sentito quelle parole. Se non le avesse sentite allora forse non era mai successo. Forse era una preghiera infantile, ma era tutto quello che aveva, in quel momento. Eppure non poteva farlo. Doveva sentire quelle parole per se stessa. Doveva sentirle, anche se il suo cuore ci credeva già.

"Rinoa, sono io."

Ci fu un'altra voce, che parlava con un po' più di convinzione, ma comunque piena di angoscia taciuta. Di solito Irvine portava consolazione e gioia con le sue parole, ma in quel momento furono come coltelli di ghiaccio alle orecchie di Rinoa.

"Dobbiamo dirti una cosa, perché sentiamo che hai il diritto di saperlo. Onestamente vorrei che queste fossero parole che non avremmo mai dovuto dire, tesoro. Penso che tu lo sappia ormai, sei una ragazza forte Rinoa - per favore ricordalo..." Ci fu una breve pausa, ma non troppo. "Squall è rimasto ucciso in servizio, oggi."

Di nuovo, Irvine smise di parlare. C'era dolore nella sua voce, ma cercò di restare calmo. Lei poteva a malapena intuire il pianto distante di Quistis e Selphie in sottofondo. Era delicato, ma le loro lacrime dicevano a Rinoa tutto quello che aveva bisogno di sapere per affrontare l'amara realtà.

Lui era morto.

Squall Leonhart era solo un ricordo distante, e per dirla con le sue parole premonitrici... adesso si sarebbe parlato di lui al passato.

*****
Nota della traduttrice: scusate il mega ritardo. Ho però una buona notizia: sto continuando a tradurre e quindi torniamo agli update regolari!
Nei prossimi aggiornamenti, inserirò anche alcune correzioni nei capitoli (errori che mi sono sfuggiti) e vi dirò precisamente anche a cosa si ispira ogni titolo di capitolo.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** XVI. Rain When I die ***


AFTER THE FALL
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XVI: Rain When I die ~

Non pioveva - non ancora. Le nuvole nel cielo avevano minacciato pioggia tutto il giorno, ma non avevano mai trovato la volontà di andare fino in fondo con la loro pigra minaccia. Al Comandante interessava poco delle condizioni atmosferiche del momento, ma si trovò comunque a guardare al cielo grigio che torreggiava sulle Pianure di Alcauld. In quel momento stava cercando di rimanere passivo, anche se la tempesta faceva da parallelo al suo stato emotivo. Spostò lo sguardo dalla finestra alla sua ragazza, che stava facendo la valigia con calma nella sua stanza.

"Rinoa, seriamente, saremo a venti minuti di macchina, è necessario mettere in valigia tutto il guardaroba?"

Appoggiato al muro, Squall guardò l'orologio e poi la sua ragazza - chiedendosi chi lo stesse irritando di più: il ticchettio costante della lancetta più corta o l'abilità dei lei di torturarlo irragionevolmente. Aveva un'abilità naturale nel farlo.

"Beh, non si sa mai," sorrise lei, dandogli un veloce bacio sulla guancia. Non calmò la sua irritazione crescente, eppure non diede alcun segno esteriore di quanto fosse scocciato. "È Balamb, non si sa mai che tempo farà."

"Lo stesso che c'è qui, dannazione."

Stava cercando di non perdere la pazienza; non voleva iniziare il loro weekend con una litigata. In quel modo ne avevano cominciati troppi, anche se ne avevano finiti di più. Ma in realtà pensava che importanza avesse davvero che tempo faceva: alla fine quante volte uscivano dalla stanza d'albergo?

"Rinoa, sai che dobbiamo andare prima di attirare troppa attenzione."

"Rilassati, pensi che dieci minuti facciano una qualche differenza, onestamente?"

La strega sospirò tra sé e sé. Sapeva che lui diventava sempre più impaziente. Non poteva evitare quella parte della sua personalità più di quanto lei potesse evitare di essere se stessa. Lo stile di vita costantemente regolato a volte le dava sui nervi, più di quanto le importasse ammettere. Eppure cercava di sminuire la cosa scherzandoci sopra la maggior parte delle volte. Ma il fine settimana era il loro momento, di solito una sola notte, a malapena quattordici ore in cui potevano stare insieme.

Ignorò il fatto che lui insisteva a portare un computer e numerosi files durante i loro weekend. Tra le mura della stanza d'albergo, erano solo loro. Anche se lei stava semplicemente leggendo un libro e lui lavorava su impegni SeeD, si sentiva parte di qualcosa - qualcosa di stupefacente. Erano i momenti tra il lavoro e i litigi, i momenti intimi che andavano ben oltre qualsiasi atto fisico che sarebbero rimasti oltre questa vita. Quelli erano i momenti da cui aveva iniziato a dipendere nel corso degli anni. Nella sacralità dell'albergo, era loro concesso di dimenticare il resto del mondo, anche se solo per poco.

"Onestamente, Rinoa, sì. Dieci minuti fanno una grossa differenza. È venerdì pomeriggio, la maggior parte delle matricole più grandi sta uscendo dall'ultima lezione della giornata. In circa cinque minuti, quelli che non hanno compiti sul campo staranno molto probabilmente tornando da-"

"Uha, basta! Per favore! Ho capito, qualcuno potrebbe vederti mentre te ne vai con la tua ragazza per il fine settimana. Fidati di me, hai sempre reso tutto perfettamente chiaro per quel che riguarda le apparenze. A volte sei probabilmente la persona più ossessiva compulsiva che-"

"Va bene, va bene," borbottò lui in tono di scuse, sapendo che aveva ragione. Rinoa non era una studentessa o una SeeD, non era qualcuno da cui aspettarsi che seguisse una tabella di marcia in quell'ambiente. Perché avrebbe dovuto importare se gli altri lo vedevano andarsene con la sua ragazza? Non si vergognava di lei, anzi, era proprio l'opposto.

Onestamente odiava quando non riusciva a separare quell'aspetto della sua vita da lei, ma a volte non poteva evitarlo. A volte lo controllava. Semplicemente, cominciava a pensare e non poteva fermarsi a ragionare su cose che erano le più ovvie.

"Ho avuto mal di testa tutto il giorno, e sta solo peggiorando."

Non era sicuro che il suo commento implicasse che fosse lei la ragione per cui il suo mal di testa peggiorava, anche se lei aveva avuto la sua parte nella cosa. Di nuovo, voleva solo evitare qualsiasi litigio. Sembrava sempre che uno dei due dicesse la cosa sbagliata, o che qualcosa venisse frainteso dall'altro, e ci sarebbe stata frizione prima che mettessero piede fuori dal Garden. Era una relazione di fuoco e ghiaccio; nessuno dei due avrebbe negato le loro differenze - o la chimica stupefacente e appassionata creata proprio da quei fattori.

"Sai, Squall, ho proprio la cosa 'perfetta' che ti libererà dal mal di testa..."

Gli fece scivolare in maniera seducente le dita dietro il collo, tirandolo con forza in avanti fino a quando i loro corpi si toccarono e le fronti si toccarono. Le dita iniziarono a massaggiargli la nuca, proprio con la giusta pressione. Non elaborò verbalmente, guardò semplicemente il suo ragazzo con un sorriso diabolico.

"Intendi?"

"Uh uh," sussurrò premendo ancora di più il suo corpo contro quello di Squall, arrivando persino a cingergli i fianchi con una gamba. Respirò dolcemente al suo orecchio, appena quanto bastava perché i peli gli si drizzassero per il solletico caldo. "Sono pronta per partire."

"Grazie a Dio."

Lui mosse le mani sulla sua vita e iniziò a sollevarla, ma la spostò solo in un semicerchio - così era più vicino alla sua valigia, dopo tutto. E lui era piuttosto efficiente, anche negli affari romantici.

*~*~*~*~*

"È tutto quello che metterai in valigia?"

Il suono della domanda di Watts la riportò al presente. Persino nel semplice atto di fare la valigia non poteva sfuggire ai ricordi. Sembrava che qualsiasi cosa Rinoa avesse fatto negli ultimi tre anni potesse essere ricondotta a lui.

"Non lo so... non so cosa portare."

Lei guardò il suo armadio, ma la sua mente non registrava nulla. Era un mare infinito di tessuti colorati che per lei era insignificante. Le sue dita scorsero distrattamente lungo l'appendiabiti, sentendo la consistenza di ogni tessuto. Si sentiva più a suo agio con quelli che sembravano seta. Non aveva senso per lei, ma in quel momento traeva un qualche conforto dai materiali. D'altro canto, nulla nella sua vita aveva più senso.

La notizia aveva viaggiato veloce, soprattutto tra quegli associati con una qualche forma di affiliazione politica. Watts aveva lasciato Dollet poco dopo la sparatoria; sperava di tornare a Timber per parlare con Rinoa di persona. C'erano cose che non avrebbero dovuto essere dette da estranei, o persino attraverso telefonate guidate dalle migliori intenzioni. Anche se al momento della partenza non conosceva le condizioni del Comandante. Lui aveva visto con i propri occhi quando era stato portato via dai medici. Sapeva che il suo destino non sarebbe stato dei migliori.

Per i due giorni successivi, sia Zone che Watts avevano fatto a turni nello stare con lei. Lei però non lo ricordava; aveva passato la maggior parte delle ore in uno stato di shock. Aveva dormito. Le avevano dato dei medicinali per indurle il sonno. Non ricordava nemmeno di aver sognato, ma forse anche quello era per il meglio. La moglie di Watts l'aveva aiutata nel cucinare e nelle altre faccende domestiche, e i suoi bambini erano stati contenti di tenere d'occhio Angelo.

Questo l'aveva portata a quel momento, a fare le valigie. Quella sera sarebbe partita per Balamb. Il pomeriggio successivo ci sarebbe stato il funerale ufficiale, insieme ad altre innumerevoli commemorazioni nei giorni a seguire. Sapeva che avrebbe dovuto andare là prima. Era una paura egoista a tenerla a casa, insieme alla confusione che le divorava la mente. Persino scegliere i vestiti dimostrava di essere una missione impossibile.

"N-non so cosa mettermi. Voglio dire, cosa mi metto? Non - non posso..."

"Tesoro, ascoltami. Non interesserà a nessuno, andrà bene qualsiasi cosa tu abbia. Non è una questione di vestiti, è questione di essere con i tuoi amici," la consolò Watts.

La attirò più vicina, lasciando che il suo corpo gli cadesse contro. Non pensava nemmeno che stesse in piedi da sola, dato che la maggior parte del suo peso sembrava essersi spostata su di lui. Cercò di incoraggiarla, ma era come un fantasma in sua presenza. Non c'era nessuna vera emozione dietro alle sue parole, solo suoni senza vita forzati.

"Saranno là. Giusto? I miei amici?" La sua voce si udiva a malapena.

"Sì, Rinoa, ci saranno," la rassicurò Zone mentre entrava nella stanza da letto. Aveva fatto i preparativi per il viaggio di Rinoa e si stava occupando dei dettagli. Lei non aveva bisogno di pensare a quelle cose inutili. "Ho appena lasciato un messaggio a Quistis. Voglio che qualcuno venga a prenderti alla stazione."

Zone si avvicinò al punto in cui si trovava lei, ancora consolata dall'abbraccio di Watts. Sapeva che tutti e due si erano offerti di accompagnarla nel viaggio, ma la moglie di Watts era incinta e lui non voleva che il suo amico stesse lontano troppo a lungo. Per quanto loro tre fossero stati legati, Watts adesso aveva una famiglia che doveva venire prima di tutto.

Posandole una mano sulla schiena, Zone le chiese di nuovo, "Rinoa, per favore, lascia che venga con te. Non penso che tu sia in condizioni di farlo da sola."

Scosse la testa. Non era giusto, semplicemente non era giusto. Onestamente, nulla di quella situazione sembrava anche solo lontanamente giusto, ma aveva bisogno di farlo da sola. Almeno quello lo doveva a Squall. Era uscita da quell'edificio da sola, e per Dio, sarebbe entrata un'ultima volta da sola. Forse era il suo fardello da sopportare, entrare nel Garden un'ultima volta. Da sola.

*~*~*~*~*

Notava le piccole cose, tutte le piccole cose che si danno per scontate in qualsiasi altra occasione. Era stata su un treno moltissime volte. Aveva vissuto su un treno per un po' di tempo, ma non si era mai presa il tempo di notare le piccole sfumature. L'odore del detergente per tessuti e di disinfettante, mescolato alla sfumatura tenue del diesel del motore. Il suono ritmico del treno che scivolava sulle rotaie. Non era il click clack usato così spesso per descrivere il suono, ma piuttosto uno spazio irregolare mentre il treno passava attraverso scambi e incroci. Non era un battito perfetto, ma era perfetto nel modo in cui scivolava. La luce era minima. Era sera tardi, l'ultimo treno in partenza per Dollet della serata.

A bordo c'era una mescolanza di passeggeri: famiglie, uomini d'affari e persino alcuni studenti del Garden che tornavano da qualunque missione fosse stata assegnata loro - o forse di ritorno per offrire le loro condoglianze. Cercò di mettersi in testa quella prospettiva, anche se era in ogni pensiero.

La carrozza era buia e lei si sentiva come nascosta nelle ombre. Persino nella sacralità velata del suo isolamento, poteva sentire i sussurri, le chiacchiere sugli eventi della settimana. Cercò di guardare fuori dal finestrino, ma colse solo il riflesso di un computer portatile della persona seduta sull'altro lato. Certo il passeggero stava leggendo la notizia; più precisamente, la storia di cui il mondo non poteva smettere di parlare. C'era Squall. Persino guardando fuori nella notte, non poteva sfuggire alla sua immagine che si rifletteva appena sul finestrino.

Che il Destino fosse una divinità tanto crudele? Che il Destino fosse una divinità tanto crudele da lasciarla a sentirsi così intorpidita e deserta sulla terra?

Intorpidita.

Era il modo migliore per descriverla. Non c'era odio, rabbia, e persino rimorso, in quel momento; semplicemente non c'era niente - nulla tranne l'incredulità della realtà. Aveva sempre saputo che questo giorno sarebbe arrivato. Che in qualche modo il legame che avevano condiviso sarebbe stato infine spezzato completamente. In qualche modo aveva sperato che i rimasugli del loro legame si sarebbero stretti insieme per un'ultima volta.

Sapeva, quella sera al ristorante, che qualcosa non andava. Ma qualunque cosa fosse sembrava una cosa transitoria; non era mai stato instaurato un legame. Lui stava cercando di vederla un'ultima volta? O quella era solo una speranza della sua mente?

Aveva troppe incertezze e nessuna risoluzione solida. Ora doveva tornare dove la sua felicità con lui era sia iniziata che finita. Come avrebbe affrontato gli altri al Garden? Cosa avrebbe detto agli sguardi accusatori e alle domande che i media avrebbero molto probabilmente fatto? Si rimproverò. In quel momento pensava solo al suo interesse, quando questa tragedia non riguardava lei. Riguardava lui. Rinoa si rese conto che quella era la sua ultima possibilità per pronunciare le parole che la perseguitavano in ogni momento, quelle che si mascheravano tra i suoi dubbi infiniti. Poteva aver borbottato le parole mentre ballava graziosamente con un'altra persona, ma questa era la sua ultima possibilità per dirle a lui - alla persona che amato con tutta la passione possibile.

"Addio, Squall Leonhart."

*~*~*~*~*

Il Comandante odiava questo, odiava tutto di questa cosa - e 'odio' non era una parola che usava con leggerezza. Troppe persone avrebbero sofferto, tutte inutilmente. E poi, quando tutto sarebbe finito? Doveva tornare al Garden come se nulla fosse successo? Era stato disgustato dall'attenzione dopo la sconfitta di Artemisia; ora la pressione sarebbe stata ancora più forte. Il Garden avrebbe minimizzato l'aspetto dell' 'inganno emotivo', e si sarebbe concentrato solo sul grande sacrificio che lui aveva fatto, ancora una volta, per la salvezza dei cittadini di tutto il mondo. Il fottuto eroe sempre popolare di cui avevano così disperatamente bisogno. A volte dubitava che tutto quello riguardasse l'acciuffare un presunto serial killer, piuttosto che trovare la stabilità finanziare per i dieci anni successivi.

Ora era su una sedia a rotelle. Poteva camminare, ma gli era stato 'ordinato' di fare diversamente. Faceva ancora un male del boia, ma almeno si sentiva come se gli avessero accordato un po' d'indipendenza. Se l'era guadagnata con il suo stesso sangue. Almeno gli antidolorifici che gli avevano prescritto sembravano funzionare, e abbastanza bene, data la situazione. Cid lo stava spingendo lungo il corridoio, cosa che sembrava piuttosto simbolica a suo parere. Sembrava che a Squall non fosse nemmeno concessa libera scelta sulla sua stessa 'morte'.

La spalla di Zell era ancora bendata, e indossava una fascia, almeno per il momento. Aiutava a ricordare all'esperto di arti marziali di non muovere selvaggiamente il braccio - cosa che era una missione piuttosto ardua. Squall immaginava che forse il centro medico non avesse in magazzino delle camicie di forza. Era un peccato; avrebbero potuto diventare estremamente utili nel corso della missione.

Almeno era lontano da quella dannata stanza; aveva iniziato a sembrare sempre più una prigione ad ogni ora che passava. Erano passati solo due giorni, ma gli sembrava di aver fissato quel soffitto sin dall'alba dei tempi. Ora almeno avrebbe avuto un'altra immagine a intorpidirgli la mente, che aiutasse a occupare lo spazio nei suoi incubi.

I tre uomini erano andati in silenzio dalla stanza di Squall all'ascensore; persino Zell rimase stranamente composto durante il tragitto. Fu solo quando emersero dall'ascensore al livello sotterraneo del garage che l'esperto di arti marziali iniziò a fare domande.

"Preside... se lei e Squall siete qui, chi si sta occupando del Garden?"

"Shu. È tornata da Trabia quasi immediatamente. Il loro Comandante avrà poteri da Preside per tutto il tempo che sarà necessario," rispose Cid.

Era contento di poter spezzare la tensione; sapeva che il suo subordinato era ben poco eccitato da questa missione. Dopo essere stato al Garden per quasi quarantotto ore, Cid aveva iniziato a vedere le ramificazioni emotive con i propri occhi. Come leader, sapeva che questo inganno era necessario, ma come guardiano di quasi una vita lo addolorava vedere gli amici di Squall in un tale turbamento. Come marito, consolare Edea in lacrime lo uccideva quasi. Era facile dare un ordine seguendo l'istinto del momento, ma vivere con le sue conseguenze lo dilaniava.

Non era la prima volta che dava un ordine difficile. Sapeva anche che non sarebbe stata l'ultima. Anche con la pensione che si avvicinava, dubitava che quel posto lo avrebbe mai davvero lasciato vivere in pace. Una parte di lui era dentro ad ogni studenti, e sentiva la perdita ad ogni singola morte.

Era una verità; una verità che chiunque mettesse mai piede nel programma del Garden conosceva anche troppo bene. Erano stati dannatamente fortunati durante la battaglia con Artemisia anche se le perdite dei tre Garden erano state ingenti, con Trabia che aveva sofferto quelle più significative. Almeno i Garden di Galbadia e di Balamb avevano avuto una possibilità. Era la possibilità di difendersi dai nemici - anche se i nemici erano stati l'un l'altro. Trabia non aveva avuto la possibilità di difendersi da un atto così spietato e codardo. Alcune cose non sarebbero mai state dimenticate.

Cid sapeva che quella scelta era la migliore per Squall, ma di certo non per la coscienza del Preside.

Zell non ignorava certo la pesantezza nell'aria, ma se questa era una missione, avrebbero avuto bisogno di un briefing - o almeno di un indizio sul dove cominciare. L'esperto di arti marziali sentì il bisogno di spezzare ancora la tensione. Non era un tipo che affrontava bene il silenzio.

"Allora, Preside, esattamente dove siamo diretti adesso?"

"Tornerete a Balamb sotto copertura, ovviamente. Voglio che guardiate tutto quello che succede durante il funerale di Squall. Ci potrebbe essere qualche piccolo dettaglio che uno di voi due noterà - qualcosa che il nostro sistema di sicurezza regolare si lascerebbe facilmente sfuggire. Guardate tutti come se fossero sospettati; ora come ora non possiamo escludere nessuno. C'è una buona probabilità che l'assassino partecipi, come ho detto prima a Squall."

"Vuole dire che tutti sono sospettati, anche i nostri amici?" chiese Zell.

Cid represse una risatina. "Beh, di certo spero di no. Vedete chi partecipa e basta, soprattutto quelli che sembrano fuori luogo."

"Bene, mi fa piacere sapere che non pensa che sia uno di loro - devo ancora ad Irvine cento guil, anche se questo sembrerebbe un po' troppo estremo per un debito." Zell cercava di alleggerire l'atmosfera.

Cid sorrise. "E io vorrei sperare che Irvine non ti mancherebbe così, dovrebbe essere un cecchino migliore."

L'esperto di arti marziali sbuffò al riguardo delle doti di Irvine come cecchino.

"Ad ogni modo, torniamo alla tua domanda sulla missione, Zell. Adesso ci stiamo dirigendo a uno dei nostri furgoni di sorveglianza che userete come quartier generale. È parcheggiato laggiù."

Mentre svoltavano l'angolo, sia Squall che Zell notarono che c'era un solo veicolo nel parcheggio.

"Eccoci qui, signori, voglio presentarvi la vostra nuova casa lontana da casa."

"Non esiste!" esclamò Zell in maniera un po' troppo chiassosa, prima di coprirsi la bocca. Anche se era già passata la mezzanotte, ed erano in un parcheggio sicuro, attirare attenzione inutilmente non era una mossa saggia.

Lì stava minacciosamente un furgone con un mazzo di rose dipinto sul fianco, insieme ad un'eloquente scritta: "Per sempre Boccioli, Fiori & Regali".

"Sta scherzando, giusto, non si aspetterà davvero che viviamo dentro ?"

Zell rimase a fissare speranzosi il veicolo solitario, forse perché c'era un camper davvero grosso parcheggiato dietro il furgone... giusto?

"Voglio, non può essere quello, perché... perché ci sono sopra dei fiori... voglio dire... non esiste... fiori!"

"A quanto pare, i due fioristi di Balamb non potevano prendere tutte le richieste in arrivo. Molti ordini sono stati trasmessi ad altre città. Questo veicolo è perfetto per mescolarsi a quelli di tutti gli altri negozi di fiori che fanno consegne."

"Mi fa piacere che l'economia locale abbia tratto beneficio dalla mia morte."

Erano le prime parole che Squall aveva detto da quando era stato spinto fuori dalla sua stanza. A quel punto non gli interessava cosa doveva fare. Voleva solo fare qualsiasi cosa gli venisse detta.

Quello in cui era il migliore - seguire gli ordini degli altri.

*~*~*~*~*

Il suo telefono cellulare era spento; era tardi e poteva almeno fare quella cortesia agli altri passeggeri. In più, Rinoa non voleva attirare altra attenzione alla sua presenza - non si sapeva mai. Forse avrebbe dovuto accettare l'offerta sia di Zone che di Watts di accompagnarla. In quel momento, si sentiva sola e confusa come mai nella sua vita.

Le luci della campagna sembravano lucciole che volevano veloci nella notte. Sfumature ambrate e bianche si mescolavano mentre rimaneva una scia di luce nell'oscurità altrimenti eterna. La giovane donna strinse lentamente le dita intorno alla sua catenina. Era ruvida, irregolare, un parallelo per tutto nella sua vita. Con le unghie grattò la catenina, fermandosi appena agli incastri di ogni maglia. Alla fine raggiunse l'anello, la vera di platino che una volta portava sua madre. In quel momento era la sua unica luce in un mondo di oscurità e torpore.

Con il pollice ne accarezzò pigramente il bordo esterno, mentre la sua mente cercava di non ragionare sul fatto che una volta c'era stato un altro anello ad accompagnare l'eredità di sua madre. Lo aveva restituito. Non era suo, non lo era mai stato. Era stato solo affittato, un prestito fatto senza la garanzia del suo cuore.

Chiuse gli occhi. Voleva sentire qualcosa.

Quando sua made era morta, si era sentita come se un angelo custode osservasse tutti suoi movimenti. Di notte, quando diceva le preghiere, da bambina, sentiva la presenza di sua madre che le circondava il cuore. Quello aveva aiutato a guidarla ad essere la donna che alla fine era diventata crescendo. Ma in quel momento, mentre stringeva disperatamente l'anello, non sentiva niente.

Era come se il suo Cavaliere non fosse mai esistito in quel mondo, o persino nel prossimo. Pregò silenziosamente che qualsiasi divinità la stesse guardando dai cieli le desse un segno, anche minimo. Rinoa voleva solo avere una qualche speranza che Squall avesse trovato la pace che aveva sempre cercato quando era vivo. Voleva la speranza che lui fosse lassù a guardarla... beh, a guardare e guidare tutti i suoi amici. Ma non ci fu nulla. Si sentiva buia, spaventata e sola. Non c'era nessun angelo custode in quel momento. Lui non c'era a darle il conforto che le dava spesso quando erano insieme.

Non c'era niente.

"Siamo in arrivo alla stazione di Balamb. Vi preghiamo di non dimenticare gli effetti personali. Vi preghiamo di buttare tutti i rifiuti nei cestini davanti alle carrozze. Speriamo che abbiamo fatto un buon viaggio e grazie per la vostra scelta."

Se avesse potuto usare i suoi poteri di strega, lo avrebbe fatto. Se in qualche modo quel treno avesse potuto tornare indietro verso Timber, sarebbe stata una benedizione. Forse se fosse tornato indietro, per una qualche azione del destino, anche il tempo lo avrebbe fatto. Quell'incubo non sarebbe successo.

La sua vita non era un desiderio.

Quando il treno entrò in stazione, lei rimase seduta disperata al suo posto. Se avesse fatto questi ultimi passi verso Balamb, se avesse davvero toccato il suolo, sarebbe stato reale. Lei non voleva che fosse reale. Voleva le illusioni e i ricordi che almeno le avrebbero dato una qualche falsa consolazione.

"Ha bisogno di aiuto, signorina?" chiese un conducente. Non aveva notato che tutti gli altri erano scesi e lei era seduta da sola.

Aiuto? Non aveva bisogno di aiuto. Aveva bisogno di un dannato miracolo in quel momento.

"Mi scusi... lunga giornata," rispose Rinoa, cercando di offrire un sorriso debole.

"A chi lo dice. Questo è il mio secondo viaggio della giornata. Non vedo l'ora di andarmene a dormire."

"Sì, posso immaginarlo," rispose lei gentilmente. Anche se i suoi primi pensieri non erano sulle abitudini di sonno di quell'uomo, francamente sarebbe stata una benedizione ai suoi problemi.

"Mi faccia sapere se le serve aiuto," disse l'uomo, annuendo cortesemente.

Finalmente lei entrò in stazione. Non era affatto affollata; Balamb a quell'ora della notte non era esattamente l'esempio di qualcosa di eccitante. Aveva solo una borsa, che si portò sopra la spalla. Se le avessero chiesto come aveva viaggiato da Timber a Balamb, poteva vagamente ricordare frammenti, ma non poteva dare una risposta definitiva. Non ricordava nemmeno di essere salita sul treno, tanto per cominciare. Forse era la cosa migliore.

In quell'istante voleva correre; ritornò sul pensiero di tornare in treno a Timber. Diavolo, ci fu persino un breve momento in cui pensò di dirottare la locomotiva; lo aveva già fatto fuori dalla Prigione del Deserto. Avrebbe fatto in modo che quella stupida cosa la portasse via da quel posto. La portasse via da dove tutto era iniziato, una sera di primavera sotto una stella cadente. Era forte, ma non era mai stata tanto forte quanto quando era con lui. Aveva bisogno di quella forza che aveva trovato solo con lui, in quel momento.

Sul lato del binario vide Quistis che si avvicinava, Selphie poco più indietro. Erano venute entrambe per lei; erano venute a salvarla da se stessa, a quel punto. Forse non voleva farlo, ma forse doveva. Aveva loro. In quel momento erano tutto ciò che aveva; erano la famiglia. Era ovvio che anche loro soffrivano. Non aveva mai visto nessuna delle due così dilaniata. Quistis cercava di mascherarlo, ma le sue emozioni le si leggevano in viso. Selphie non si era mai nascosta dalle sue.

Ce l'avrebbero fatta tutti; avrebbero trovato forza l'uno nell'altro. Non poteva farlo da sola, ma avrebbe trovato la forza di farlo per loro. Il giorno dopo si avvicinava, e lei temeva più di tutto l'arrivo del sole. Sarebbe stato definitivo. Sarebbe stato reale.

Squall Leonhart non sarebbe mai tornato a casa.

*****
Nota della traduttrice: oramai vi sarete accorti che questa è una storia che procede davvero molto a rilento. Ma fidatevi, ne vale la pena. Attenti agli spoiler nelle recensioni, per favore, ok^^?
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** XVII. Fade Away ***


Premessa: volevo ringraziare Erica (Emerald Latias) che è stata la mia beta per questo capitolo; ti ringrazio più di quanto saprai mai. Inoltre, ovviamente, grazie a Nicole che mi sta accanto in tutto. Ragazze, siete fenomenali!

AFTER THE FALL
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XVII: Fade Away ~

"La vita spesso si riduce a una scelta. A volte è impossibile fare quella giusta, soprattutto se non sei in grado di capire tutto quello che c'è in gioco." La voce del Preside era severa e piena di autorità. Era sempre stata così, sin da quella prima notte percorsa dalle stelle al Garden.

"Lei non capisce..." cercò di ragionare Rinoa, ma dentro di sé sapeva che tutto le stava sfuggendo di mano.

Le accuse che lui aveva mosso contro di lei non avrebbero mai smesso di fare male. La colpa non sarebbe mai potuta diminuire davvero. Se fosse stata davvero colpevole, senza averne l'intenzione o parzialmente, quella semplice realtà poteva già aver cambiato tutto. Forse il destino della sua relazione era stato segnato quel giorno ad Esthar o persino quell'ultimo giorno a Balamb; era già stata presa una decisione, anche se lei non riusciva a capire la logica che l'aveva guidata.

La SeeD era impressa nella personalità di Squall. Era una conseguenza della sua natura. Tutto era cambiato durante quei mesi all'estero; l'intuito l'aveva avvisata di questo la notte prima della sua partenza. Eppure le sue verità adesso non erano concrete, non poteva offrire altra prova che le emozioni che aveva imparato ad accettare come fatti.

I sentimenti non erano una prova; erano soltanto errori agli occhi della ragione.

"Non capisco? Penso di farlo più di chiunque altro. A volte la forza più grande consiste nel lasciar andare... tu sai cosa è giusto, Rinoa. Adesso è il momento in cui devi decidere - vuoi il meglio per lui o il meglio per te?"

La risposta di Cid barcollava sull'orlo dell'amarezza mentre cercava di offrirle una guida. Rinoa non voleva un consiglio saggio in quel momento, aveva bisogno di sicurezza e speranza. Speranza nella vita che aveva costruito, speranza nella favola in cui aveva creduto come verità. Sarebbe stata dannata prima di ottenerla lì. La verità che lei non faceva parte della cultura interna del Garden non era mai stata così evidente.

"Se io... se io decido di farlo... lui sarà-"

Si interruppe, ma d'altra parte cosa poteva dire? Il loro modo di fare non era il suo stile di vita. Eppure, il suo Cavaliere non avrebbe mai permesso che succedesse... erano troppo forti insieme. Anche se lei fosse stata d'accordo, lui avrebbe lottato. Contro tutto, lui avrebbe lottato... l'avrebbe seguita ovunque lei fosse andata. Cid si sbagliava. Lui non avrebbe seguito ciecamente gli ordini, non quando si trattava di lei.

"Cosa? Rinoa... cosa?"

La sua voce pretendeva risposta, ma cercava comunque di essere composta.

"...Rinoa?"

"Potete aiutarlo?" Fu tutto quello che riuscì a dire. "Se me ne vado, lo aiuterà davvero?"

"Rinoa...?"

Non era la stessa voce che la chiamava dai suoi sogni; era più dolce e piacevolmente più invitante. Eppure, la disperazione che sentiva sopraffaceva il suo corpo e le emozioni rimanevano valide. Il petto di Rinoa si strinse e il cuore correva mentre vagava debolmente tra i due piani della realtà.

"Aiutatelo," pianse dolcemente nel cuscino mentre cercava di riprendere fiato.

"Rinoa," disse a voce un po' più alta Quistis cercando di svegliarla.

La ragazza intuiva che persino in sogno Rinoa aveva trovato il modo di negare il lutto. Che i ricordi che richiamava fossero belli o brutti, non era nulla in cui si potesse intromettere.

"Quistis?" riuscì a dire la strega, ancora persa nei confini del sonno.

In quel momento, Rinoa dimenticò tutto quello che la addolorava. Dimenticò la ragione per cui si trovava a Balamb e i ricordi trattenuti dal suo sogno. Soprattutto, dimenticò la confusione e il vuoto che le annebbiava i sentimenti.

"Perché sei qui?"

Rinoa aveva perso la capacità di capire il tempo e lo spazio. Si trovava a Timber... dove tutto era... a posto. Sicuro.

"Io... ti ho lasciato dormire il più possibile, ma devi iniziare a vestirti."

Quistis accarezzò dolcemente i capelli della ragazza, sistemandoli attentamente dietro le sue orecchie. A volte si comportava come una mamma o un guardiano, ma il ruolo che le era più caro era quello di amica. Le due ragazze non erano arrivate facilmente a quel punto; Rinoa e Quistis avevano entrambe obiettivi paralleli e che si incrociavano, ma in qualche modo avevano trovato unità, e avevano costruito una relazione stabile su quella base.

Quistis riuscì a leggere il tormento scritto chiaramente sul viso della sua amica. Però era curiosa: chi era la ragazza che chiedeva aiuto, e perché? Dal modo in cui Rinoa aveva implorato intuiva che la preghiera fosse sentita e disperata. Quistis non avrebbe mai discusso di qualcosa che non avrebbe dovuto sentire. Ma sarebbe sempre stata lì se Rinoa avesse avuto bisogno di confidarsi con qualcuno. E qualcosa le diceva che c'erano molte scoperte in attesa in questa tragedia.

Vestirsi, per cosa? pensò Rinoa, intontita.

Aveva un'udienza di cui Zone aveva dimenticato di parlarle? Aveva lavorato su quel disegno di legge dei trasporti, ma... un attimo, perché c'era Quistis nella sua camera? Qualcosa non andava. Il letto, il materasso, qualcosa sembrava estraneo... e poi c'era quella sensazione di disperazione. Non era Timber...

"Rinoa, tesoro, devi svegliarti."

L'insegnante stessa trovava a malapena la forza di tenere sotto controllo il suo equilibrio emotivo. Come avrebbe fatto a mantenere quella facciata durante tutta la veglia funebre? Quistis si era sempre sentita come se si trovasse a guardare dentro dall'esterno, e Rinoa adesso scopriva tutta la sua esistenza dal punto di vista di un estraneo. Come potevano consolarsi a vicenda?

D'altra parte, suppose Quistis, forse adesso avevano qualcosa in comune. Entrambe erano considerate estranee nella vita personale di Squall. Nessuna delle due era in quella posizione per propria scelta, ma per decisione di lui e delle circostanze.

Rinoa spesso lottava con se stessa, perché sentiva che la sua vita aveva qualcosa di incompiuto? Erano stati lontani per tre anni, il suo Cavaliere aveva ovviamente continuato la sua vita... eppure, c'era sempre stato quel barlume di speranza. Forse era la stessa speranza che si sente quando si esprime un desiderio alla prima stella della sera. La speranza nella possibilità infinita che ci sia magia al mondo e che in qualche modo ci verrà donata una semplice scintilla del suo splendore.

Ma cosa succede quando le stelle svaniscono e si rimane con niente?

La consapevolezza.

Rinoa era arrabbiata con Squall Leonhart.

Era arrabbiata con lui per aver vissuto, era arrabbiata con lui per aver amato, e soprattutto era arrabbiata con lui per essere morto. Era irragionevole, certo, non sapeva. La morte non era stata certo una sua scelta. Eppure questo non diminuiva la sua rabbia per questo atto finale di quello che lei percepiva come tradimento, in una forma o nell'altra.

Entrò nel bagno e fissò il suo riflesso allo specchio. Chi era lei? A volte si sentiva un'ombra distante della persona che era stata un mese prima. Persino al matrimonio di Selphie e Irvine sapeva chi era.

Era stato solo pochi mesi prima che lei e il suo ex Cavaliere avevano parlato a Balamb. Era stato il primo scambio civile da quando si erano lasciati.

Devo sapere se stai bene.

La sera del matrimonio lui le aveva fatto quella domanda. Era tardi, erano due adulti orgogliosi che rifiutavano di ammettere la sconfitta sotto lo sguardo impietoso della luna. Ricordava come i suoi occhi contenessero compassione. Lei aveva marchiato 'la sua recita'' come nulla più che senso di colpa quella sera - forse lo era, forse no. Il mistero di quella verità era un'altra cosa che non era destinata a capire.

Sto bene, Squall. Non preoccuparti per me. I tuoi doveri nei miei confronti sono finiti anni fa.

Lei aveva il suo orgoglio e la sua dignità. Non gli avrebbe mai più mostrato debolezza. Eppure persino mentre rispondeva, nel profondo voleva gridare la verità. E ancora più nel profondo, c'era lo sciocco concetto che forse, solo forse, lui aveva ancora bisogno di lei. Che la amava ancora.

Era stato l'orgoglio a farle perdere i contatti per così tanto tempo. Come aveva detto allora, non erano il tipo di coppia che rimane amici. Beh, forse quello dipendeva più dalle circostanze della sua partenza. Tutti avevano i propri segreti, e lei manteneva fedelmente quelli di Squall. Ora doveva affrontare i suoi demoni faccia a faccia; sia il Preside che la SeeD l'avrebbero vista come qualcosa che lei non era davvero. Uno per via della sua scelta, l'altra per via delle circostanze.

Ora la sua lealtà non era per nessuno, tranne che per la memoria di Squall. Ma quello sarebbe dovuto bastare; il mondo avrebbe avuto il suo eroe, e lei avrebbe fedelmente ricoperto il ruolo di cattiva.

Ma poi si rese conto di una cosa: non si stava appoggiando ancora a qualcosa? La speranza.

Ora che tutta la speranza in una riunione doveva essere abbandonata, avrebbe dovuto appoggiarsi a qualcos'altro. Nel profondo, sapeva di poterlo fare, sapeva di doverlo fare, ma la consapevolezza e la realtà erano due cose diverse.

Forse questo era il dolore destinato a una strega; sentire una perdita più grande delle parole, abbandonare l'ultimo barlume di speranza.

*~*~*~*~*

A qualsiasi osservatore esterno, sarebbe sembrato solo un altro furgone per le consegne in un esercito di simili. Nessuno avrebbe probabilmente guardato un'altra volta il veicolo, mentre ci passava solennemente accanto. Era di poca importanza nel quadro generale delle cose; ad ogni modo, le due figure all'interno erano della massima importanza.

Squall e Zell erano giunti a Balamb nelle ore che precedevano l'alba ed erano riusciti ad avere un parcheggio relativamente vicino. Certo, non troppo vicino, per evitare le aree con il maggiore passaggio di persone. Con alcuni aggiustamenti dell'equipaggiamento qui e là, i due SeeD si erano già collegati alle fonti della 'squadra di sorveglianza' del Garden di Balamb: sei fonti video e tre fonti audio separate, inclusa una collegata direttamente alla bara. Queste erano state aggiunte alle normali misure di sicurezza quotidiane.

I due erano riusciti a dormire alcune ore tra i preparativi della mattinata. Squall sembrava indifferente alla situazione, all'esterno. Dentro di sé, sembrava marchiare ogni emozione come superflua e come possibile ostacolo al successo della sua missione.

Zell frugò nella borsa che conteneva i loro viveri e alcuni altri oggetti sparsi. Alla fine, tirò fuori un dolce sottovuoto, che credeva potesse essere una bear claw. Era una piccola vittoria, era meglio che cereali secchi.

"Allora, come facciamo questa cosa sotto copertura? Voglio dire, anche mascherandomi le persone potrebbero notare il mio tatuaggio eccetera. Per non parlare dei tuoi capelli, non ci sono molte persone che possono avere quello stile e non farsi notare," commentò Zell.

Quando incontrò solo silenzio elaborò la sua domanda. "Voglio dire, a parte stare seduti nel furgone, cosa pensi che si aspetti che facciamo il Preside Cid? Trucco, parrucche... quale pensi che sia il prossimo passo?"

Ci fu una pausa, anche se non abbastanza lunga, prima che Zell sbottasse a dire, "non mi metterò un vestito da donna!"

Squall non rispose a parole, lo guardò solo di sbieco. Non era esattamente quello che la mente del Comandante andava a pensare quando si trattava di 'lavoro sotto copertura', e c'era una parte di lui che temeva per Zell dopo quel commento. Se non fosse stato così amareggiato dalla situazione del 'funerale', avrebbe informato Zell che era obbligato a indossare una divisa da cameriera.

Invece Squall preferì l'ovvio. "Che ne dici di rimanere nel furgone e guardare i video. Se non funziona, discuteremo la scelta più logica per il prossimo passo."

"Ah, già... mi sembra buono... scusa," rispose docilmente Zell.

Il ragazzo non era affatto claustrofobico, ma stava già pagando il prezzo dell'essere chiuso in un furgone con Squall. La difesa automatica dell'esperto di arti marziali era parlare quando diventava più nervoso. Tutta quella situazione era stata estremamente difficile anche per lui, anche se sapeva di essere più o meno il più lontano danno collaterale di quella guerra.

Quindi, in momenti come quello, Zell faceva quello che gli veniva meglio: parlare di argomenti casuali che gli venivano in mente. Non era particolarmente la mossa più saggia, ma viste le circostanze non riusciva a trovare altro sfogo per gestire l'ansia.

"Allora, ehm, che tipo di cibo pensi che ci sarà? Onestamente, io non so tu, ma a me interessa abbastanza che tipo di cibo serviranno al tuo funerale. Voglio dire, pensi che useranno il solito menù della mensa o pensi che ci sarà un catering?"

"Quello era proprio il mio ultimo pensiero," borbottò il Comandante, che si agitava sempre di più.

L'esperto di arti marziali giocò con alcuni cavi che pendevano da un trasmettitore. Dopo tutti quegli anni, sentiva il bisogno di toccare le cose anche quando non era proprio opportuno farlo. Avrebbe dovuto cogliere il segnale nella risposta sarcastica di Squall, ma di nuovo la sua natura ebbe la meglio sulla ragione.

"Allora, ehm... come pensi che andrà oggi?"

La domanda di Zell stavolta incontrò solo uno sguardo letale.

"Hai ragione, domanda stupida... scusami ancora."

Zell aveva solo bisogno di qualcosa che spezzasse la tensione crescente, e di certo non riusciva a pensare a una cosa utile da dire in quella circostanza. Guardò un grosso mazzo di fiori che veniva portato da due uomini; era stato artisticamente sistemato a forma di emblema della SeeD.

"Wow, non sapevo che potessero essere così creativi con i fiori, lo hai visto quello?" Indicò con enfasi il monitor, quasi colpendo il naso di Squall.

Il Comandante digrignò i denti. Non riusciva più a sopportare quel chiacchiericcio stupido. Non gli interessava il cibo, i fiori, il tempo, o qualsiasi altro argomento inutile che Zell avrebbe probabilmente tirato fuori. Voleva solo finirla con quella storia.

"Dannazione, perché il Preside non ha mandato Quistis a Dollet con me?"

Il commento non era inteso per turbare Zell, anche se lui non poté evitare di sentirsi un po' ferito. Certo, Quistis probabilmente sarebbe stata più efficiente e meno chiacchierona durante la sorveglianza. Zell era comunque più che capace; avevano solo modi diversi di lavorare.

"Non so, Squall," rispose Zell, finendo la colazione. "Forse è destino. Non si sa mai."

Quella fu l'ultima goccia. Squall balzò in piedi, ignorando il dolore pulsante per quel movimento improvviso. Niente sembrava più avere importanza; era annebbiato dagli ultimi giorni. Non c'era molto spazio all'interno, ma Squall riuscì a spingere con forza Zell verso il divisore del furgone.

"Cosa è destino? Dimmelo?" sibilò Squall. "Che sono intrappolato qui nel furgone con te? Che tutti quelli che conosco pensano che io sia morto? Forse tutti sarebbero stati meglio se quel proiettile avesse fatto il suo dannato lavoro e basta."

Zell si difese. Sapeva che il Comandante stava dicendo cose irrazionali, ma sapeva anche di essersela andata a cercare. "Non lo dire, Squall. Sto solo dicendo che forse è destino che tu abbia un'altra possibilità di capire cosa è importante. Forse quando sarà finita, la pianterai di fare il duro e sarai tu a mettere da parte l'orgoglio."

"Tu non sai un cazzo di niente!"

"So una cosa," riuscì a dire Zell, mentre diventava sempre più difficile respirare. "Guarda."

Normalmente Squall non avrebbe distolto lo sguardo da un prigioniero, ma Zell non era certo una minaccia, almeno fisicamente. D'istinto il Comandante guardò i video, dato che erano molti. Li guardò tutti come se stesse sfogliando le pagine di un romanzo, fino a quando i suoi occhi si posarono sul quarto. Non era molto evidente a un osservatore casuale; anzi, era segretamente impressionato da quanto fosse stata acuta la vista di Zell mentre era premuto contro il furgone. Eppure, nell'angolo dello schermo c'era qualcuno che gli fece mettere in discussione tutto quello che aveva mai saputo: Rinoa Heartilly.

Era forse un mondo malato e contorto, in cui era contento di vederla? Era una brutta cosa che qualche parte di lui temesse che lei non sarebbe andata al suo funerale? Non era già quello uno sguardo contorto nel suo stato mentale oramai in declino?

Era ancora presto, e solo poche persone sparse si erano fatte vedere, eppure lei era andata lì. Avrebbe dovuto cercare suo padre, la sua sorella adottiva, o la donna con cui attualmente condivideva saltuariamente il letto? Sì, probabilmente... ma non lo faceva. Guardava solo lei. Era sbagliato, lo sapeva. Dio, se lo sapeva.

Lasciò andare Zell, senza mai distogliere gli occhi dalla figura sul monitor.

"Rinoa..."

Non poté evitare il piccolo sorriso che gli strisciò sulle labbra quando gli sfuggì il suo nome. Quella sensazione non era giusta, si rese conto. Eppure era intrappolato in quel gioco, proprio come lo erano gli altri. Lei non avrebbe mai potuto perdonarlo, prima; dopo questo, non gli avrebbe mai più rivolto la parola.

*~*~*~*~*

Non indossava il nero. Forse era troppo un luogo comune, e logoro. Forse quello era il colore che lui indossava di solito quando si erano incontrati la prima volta, ed era onorato nel ricordo. Non indossava il blu scuro. Quello era il colore riservato ai SeeD; lei non ne faceva parte. Non aveva mai voluto esserlo. Quello era il loro mondo, di certo non il suo. Non poteva indossare il rosso; era semplicemente troppo appariscente a un funerale. L'ultima cosa che voleva fare era distinguersi. Lo avrebbe fatto abbastanza, senza usare l'abbigliamento. Il bianco e il color crema erano scartati per ovvie ragioni; non era né il momento né il luogo, e lei di certo non rappresentava l'innocenza.

Quindi, in una certa maniera cupo, il suo flusso di pensieri era finito su un tailleur verde foresta. Il verde era il colore della vita, il colore degli alberi e del pianeta, il colore della primavera e dell'eterna speranza. Lei l'aveva persa, ma per lui doveva offrire quel che poco che poteva, anche nella scelta del colore.

Dopo che Quistis se ne era andata, si era fatta una doccia veloce e si era vestita. Non aveva perso molto tempo a truccarsi, e ancora meno a pettinarsi. Si era raccolta i capelli in un semplice chignon. Aveva solo bisogno di andare là. Perché? Non lo sapeva. Ma forse, se avesse avuto alcuni minuti per parlargli prima che arrivassero gli altri... sarebbe stata la sua occasione migliore, prima di attirare troppa attenzione.

Chiuse gli occhi, consapevole che i pochi presenti probabilmente la stavano già giudicando - perché era lì, perché se ne era andata, perché non era mai stata abbastanza forte da ammettere la verità. Forse era più facile per lei lasciar pensare a tutti che fosse lei la colpevole, piuttosto che la persona per cui l'unica ragione di abbandono era la salvezza. Era più facile essere la stronza, piuttosto che essere quella che da sola aveva portato alla rovina lo stimato Comandante di Balamb. Non sapeva perché le bugie la turbassero così tanto, ma sentiva che tenere per sé i fallimenti di Squall era il minimo che poteva fare. Non lasciare che la sua credibilità fosse portata via da una sola pennellata sulla tela.

Ora, era finalmente tornata al Garden, e lui non c'era. Beh, il suo corpo poteva esserci, ma immaginava che il suo spirito fosse ben lontano da quel posto. Si sentivano sussurri e commenti a bassa voce, anche a qualcosa di così solenne come un funerale. Non aveva importanza. Era dove aveva bisogno di essere, dove il suo cuore aveva bisogno di essere. Doveva credere che nel profondo, quella parte di lui la voleva lì... Dio, lo sperava. Altrimenti era più stupida di quanto pensassero tutti.

Mentre si avvicinava alla bara, due matricole femmine la guardarono e poi si spostarono. Le vide guardarsi indietro; sapeva che probabilmente stavano sussurrando qualcosa su di lei. Almeno le avevano dato un po' di privacy; ne era grata. Non aveva mai pensato a che tipo di bara avrebbe avuto; d'altra parte, non aveva mai pensato a cose come quella. Quando era morta sua madre, suo padre si era occupato di tutto, perché lei era ovviamente troppo giovane. Eppure la ricordava in ogni dettaglio. Ora avrebbe ricordato con vivida chiarezza un'altra bara.

Si trovò a distanza di un braccio dalla sua bara. All'inizio non sentì nulla; la sua mente negava la realtà. Poi successe. Un'intensa perdita le percorse il corpo. Era tutto - e non era niente. Trovò la forza di fare quegli ultimi passi. La mano le tremava mentre la allungava. Il mogano laccato sembrava acido per le due dita, eppure non poté evitare di toccarlo.

Fu allora che la fragranza ricca degli svariati mazzi di fiori le riempì i sensi. C'erano per lo più rose, mazzi su mazzi di rose. Era un odore pessimo che le faceva venire voglia di vomitare. Inghiottì il sapore di bile dallo stomaco. Era ogni incubo che si faceva etereo in un orrendo momento di chiarezza. Lui non sarebbe mai tornato; non c'era speranza, nessun barlume di ottimismo ogni volta che qualcuno bussava alla sua porta.

Poi si rese conto che questa era la sua paura più profonda. La bara sembrava fredda e dura, un contrasto brusco con il tocco di Squall che ricordava - caldo, amorevole, e cosa più importante, pieno di vita. Parte di lei voleva vederlo, rivedere ancora una volta il suo viso. Era una curiosità morbosa, forse un qualcosa di finale... ma si rese presto conto che non l'avrebbe mai accettato.

Con le dita tracciò i bordi della bandiera che ornava la bara. Era ricamato con un emblema SeeD bianco e nero. Poteva sentire ogni punto del filo sotto alle dita. Era appropriato, dato che il suo lavoro era rimasta l'unica cosa importante per lui, anche nel suo ultimo giorno di vita. Era morto per ciò in cui credeva, e per un soldato non poteva essere onore più grande. Ma per lei non c'era spreco più grande della vita umana. Non era in guerra, non era in battaglia, e non era nemmeno dignitoso secondo lei... ucciso senza pietà dallo sparo di un assassino codardo.

Ricordò il matrimonio, quando l'aveva visto ballare con qualcuno che non era lei. Pensò alla loro ultima conversazione sotto le stelle di Balamb. Si sarebbe comportata diversamente se avesse saputo, allora, che erano i suoi ultimi giorni di vita? Lui si sarebbe comportato diversamente?

Dio, voleva toccare la sua pelle un'ultima volta. Voleva sentire le sue mani intorno a lei - avrebbe dato qualsiasi cosa, la vita, l'anima, anche la sua felicità eterna per avere solo quella possibilità. Questa era, a tutti i fini pratici, l'ultima volta in cui sarebbero stati insieme nella stessa stanza.

"Squall..." La sua voce si udiva appena. "Perché?"

*****
Nota della traduttrice: attenti agli spoiler nelle recensioni, per favore, ok^^?
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** XVIII. Close Your Eyes ***


AFTER THE FALL
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XVIII: Close Your Eyes ~

In qualche modo, vedere lì Rinoa porto alla luce la realtà del Comandante. C'erano già state lacrime versate da alcuni visitatori, alcune vere e altre di coccodrillo. Aveva dovuto essere un testimone, cercando disperatamente di bloccare un qualsiasi legame emotivo alla scena. Quando Squall pensava alla visita dei suoi amici, sentiva empatia e un terribile senso di colpa per aver fatto vivere a loro questa farsa. Eppure era sopportabile, per quanto malato e perverso potesse sembrare. Erano SeeD, e c'era da aspettarsi una certa parte di distacco emotivo da ognuno di loro. Loro conoscevano e capivano i rischi; era il fondamento della maggior parte della loro esistenza.

Ma lei non lo aveva mai visto come solo un SeeD.

Certo, in apparenza lei conosceva la sua posizione; era il suo lavoro, dopo tutto. Ma anni prima lei aveva visto oltre le sue apparenze fino alla sua anima, oltre il tessuto dell'uniforme. Non aveva mai osato ammettere a se stesso che gli mancava essere visto come qualcosa di diverso dal leader militare o dal buon amico. Essere amato completamente senza esitazione, essere tenuto senza condizioni tra le sue braccia.

Quando erano insieme, era lussuria e passioni, era fuoco e ghiaccio, ed era bellezza e amore. Lei aveva visto tutte le sue cicatrici, più di quelle fisiche che gli decoravano il corpo, e le aveva accettate con delicatezza amorevole.

Lui non avrebbe mai potuto incolparla, e a volte non incolpava completamente se stesso. Erano le circostanze e il fato. Era il suo destino, e tutti quelli che lo circondavano che lo vedevano solo come un soldato. E lui era quel soldato, per loro. Solo per loro. Poteva essere stato dovere, lealtà, o poteva essere stato un senso di fedeltà a Cid ed Edea per averlo cresciuto. Diavolo, era facilmente il suo impegno con il Garden. Era casa sua, dopotutto, l'unica vita che aveva mai conosciuto.

Eppure, tutto il suo addestramento non lo aveva mai preparato alle emozioni che sentiva accanto a lei - la confusione, la frustrazione, o persino la rabbia. Il loro amore di certo non era perfetto. Non c'era affatto l'amore perfetto per lui o per lei, solo l'abilità di accettare l'altro e i suoi difetti... lui semplicemente non poteva viaggiare ancora lungo quel sentiero di dubbio. Doveva smetterla.

Era stanco.

Era stato stanco ad Esthar, ed era stanco adesso. Era stanco di combattere la battaglia tra le emozioni e la solidarietà. Era arrivato al Garden quando aveva cinque anni e da allora era stata l'unica vita che aveva conosciuto. Allenarsi ora dopo ora, giorno dopo giorno, e settimana dopo settimana - era un ciclo infinito. Poi a diciassette era stato promosse a Comandante. Diciassette - era ancora un adolescente incapace di capire del tutto le responsabilità che ci si aspettava da lui. Più di mezzo decennio più tardi, guidava ancora le persone che cercava spesso di ignorare di proposito. Lo veneravano tutti, ancora più per le sue abilità che per la sua personalità. Fraintendevano la calma per sfacciataggine e la solitudine per competenza, e lui non li aveva mai corretti.

Respinse quei pensieri e afferrò velocemente le cuffie appoggiate su un pannello lì accanto. Poteva a malapena distinguere i suoi lineamenti; era ancora troppo lontana. Certo, lui e Zell avrebbero dovuto già cercare qualcosa di sospetto, ma i comportamenti e le brioche per colazione avevano già chiesto pegno. Era consapevole del fatto che ogni fonte video e audio fosse registrata. Sarebbero stati seduti per ore infinite a fissare un monitor. E quindi si concesse quella possibilità, solo perché avrebbe potuto non averne mai più un'altra.

"Non riesco a credere che sia venuta." Le parole furono sussurrate piano, anche se non realmente a Zell. Era più come parlare ad alta voce, come per rassicurarsi, che altro.

"Onestamente non pensavi che sarebbe venuta?"

"Non lo so. È solo che non ci ho pensato."

"Beh, forse questo è un tuo problema."

Il Comandante trattenne una risposta perfida. Non sapeva se era più scocciato con Zell per il suo commento, o per il fatto che poteva aver detto una certa specie di verità. Quando Squall aveva dato voce alla sua incredulità, gli era semplicemente sfuggita per la presenza di lei. Non era stata pensata o pianificata, ma non significava che il commento di Zell fosse meno vero, comunque. Forse, se Squall avesse davvero studiato di più le sottigliezze della vita, i suoi pensieri non sarebbero stati sempre così negativi.

Quando fu ovvio che lei si dirigeva alla bara, lui sentì immediatamente l'acido salirgli dallo stomaco. Era responsabile per questo dolore di Rinoa; stava semplicemente seduto e la lasciava soffrire. Lasciava che tutti loro soffrissero. E stava ancora seduto lì, incapace di agire secondo il suo libero arbitrio. Poteva porre fine alla bugia in un unico gesto rapido, ma non era quello che era addestrato a fare.

Quindi rimase seduto in un piccolo furgone, lasciando che i suoi amici e la famiglia affrontasse il dolore. Non poteva nemmeno concederle solitudine, in quel momento. La guardò, invadendo la sua privacy. Sapeva che questo tradimento era immorale da così tanti punti di vista. E anche se sapeva che era sbagliato, così tanto, tanto sbagliato, non poté evitare di cedere alla sua stessa debolezza. Era quella di cui cercava di negare l'esistenza. Cercò di riaffermare le sue azioni pensare che sarebbe stato inevitabile dover ascoltare e vedere tutte le registrazioni. Quindi, secondo un certo ragionamento astratto, stava facendo il suo lavoro monitorandola.

*~*~*~*~*

Era stato meno di un minuto, ma sembrava che un millennio di dolore lo avesse riempito. Rinoa era lì in piedi, aggrappata a quella piccola scheggia di speranza che restava. Che in qualche modo, prima o poi, si sarebbero rivisti in un posto dove entrambi avrebbero trovato pace. Sapeva che lui non avrebbe mai voluto che lei si sentisse così. Sapeva che a lui non piaceva tutto quel rituale, soprattutto quando non era altro che pompa magna e apparenza. Squall Leonhart avrebbe odiato di cuore quello che stava succedendo lì quel giorno - e quella era una parola che gli aveva sentito usare raramente. A parte poche persone scelte, questa gente non lo conosceva.

Non gli sarebbero piaciuti nemmeno i dannati fiori. Rise quasi all'idea di quale sarebbe stata la sua reazione alle centinaia di mazzi di fiori che decoravano il salone. Avrebbe creduto che fosse sia uno spreco di denaro e di natura. In verità anche lei disprezzava i fiori - ma per ragioni molto più personali.

La giovane donna si allungò a prendere un mazzo lì vicino. Era un'enorme composizione di gigli, rose, bocche di leone e fiori di pesco. Diamine, Squall avrebbe saputo anche solo cosa fosse una bocca di leone? Probabilmente no, ma almeno avrebbe pensato che il nome fosse più maschile di 'giglio'. Con le dita seguì delicatamente i bordi dei petali della rosa che sembrava saltare all'occhio rispetto alle altre. Non importava quanto disprezzasse la rappresentazione del fiore; era più facile guardare quello che la bara. Senza pensarci, per lo meno consapevolmente, levò la rosa dalla composizione.

Forse aveva bisogno di avere qualcosa in mano, per tenere le dita occupate. Stare lì era più difficile di qualsiasi altra cosa avesse mai affrontato. Sembrava che centinaia di aghi le trafiggessero il corpo nello stesso momento. Aveva bisogno di parlargli, di dire quelle ultime parole che non aveva mai avuto il coraggio di pronunciare in vita. La sua mente le urlava che il tempo stava finendo. Era stata codarda e non lo aveva affrontato in vita; rifiutò di fare lo stesso in morte.

"Squall... perché? Sembra solo così ingiusto, ma non è mai stato giusto, vero? Nulla nella tua vita lo è stato... meritavi così tanto di più."

Era la prima volta da un po' di tempo che sentiva le lacrime sulle guance. Non che non avesse avuto desiderio di piangere, ma fino a quel momento al suo corpo era mancata pensino la forza di fare quello. A un certo punto aveva pensato che non fosse rimasta alcuna emozione in lei, ma a quanto pareva i sentimenti erano tornati in superficie.

Il suo cuore era come in corsa su montagne russe emotive; sembrava che a volte lei fosse in caduta libera sulla terra. Altre volte, poteva sentire la rabbia che montava - rabbia verso la vita, rabbia verso se stessa, e rabbia verso di lui. Non voleva nessuno di questi sentimenti.

"Come? Come hai potuto andartene... avevi promesso." Non aveva voluto enfatizzare quella parola. Sembrava così amara e piena di risentimento, per lei. Le sfuggì un singhiozzo strozzato - il risultato del tentativo di riprendere fiato. "Ricordo la prima che ti ho visto... così bello... i tuoi occhi... ho visto tutto in loro."

"Rinoa?"

La giovane donna si tese immediatamente quando qualcuno pronunciò il suo nome. Si trovò ad essere imbarazzata e piena di vergogna. Cercò inutilmente di asciugarsi le lacrime dal viso, ma era una battaglia persa. Era completamente naturale, ma in quel momento si sentì come se non avesse diritto al lutto. Queste persone lo vedevano ogni giorno, lavoravano con lui, erano suoi amici. Lei non gli aveva parlato in tre anni.

Rinoa riuscì infine a voltarsi verso la fonte d'interruzione e fu sorpresa nel vedere Shu. Almeno era qualcuno che non l'avrebbe trattata senza rispetto. Shu era sempre professionale. Anche se si era trasferita a Trabia per essere il Preside, la sua etica e il suo decoro non vacillavano mai. Il suo aspetto e la sua condotta erano sempre immacolate, anche in un'occasione così solenne.

"Rinoa, mi dispiace se interrompo, ma mi serve un attimo del tuo tempo."

La Strega annuì in silenzio, mordendosi il labbro.

"So che oggi sarà una giornata difficile, ma mi chiedevo se sarebbe possibile per te incontrarmi nell'ufficio di Cid più tardi, stasera?"

"Sì," sussurrò Rinoa. Non le venne in mente di chiedere a Shu perché glielo domandasse. Di sicuro non era al massimo della lucidità in quel momento.

"Mancherà a molte persone." Shu fece un rispettoso cenno del capo verso la bara.

Rinoa era grata che la SeeD non avesse detto "mi dispiace." Era una cosa che ricordava da svariati funerali, a partire da quello di sua madre. Tutti dicevano sempre che erano dispiaciuti; era così stanca di sentire quelle dannate parole. Certo che erano dispiaciuti, che altro avrebbero potuto dire? Almeno Shu non aveva risposte con simili condoglianze da luogo comune. D'altra parte, data la sua professione, Shu molto probabilmente era stata a più funerali di quanti una persona dovrebbe presenziare.

La Strega riuscì a sorridere, come risposta non verbale. Rinoa si rese conto che aveva ancora in mano il fiore, e con attenzione fece un passo indietro dalla bara. Posando la rosa al centro dell'emblema SeeD, fece anche lei un cenno rispettoso alla bara, un riflesso del rispetto della Preside. C'erano altre cose che voleva dire, ma guardandosi intorno vide che erano arrivati troppi ospiti. Alcuni studenti si stavano avvicinando alla bara e lei sapeva che qualsiasi possibilità di privacy avesse avuto ora era persa.

C'era sempre il più tardi. Il suo corpo non sarebbe stato portato via per la sepoltura fino all'ultima cerimonia. Avrebbe trovato il tempo dopo il servizio funebre, quando ci sarebbe stata meno gente. Poi si rese conto di qualcosa che non aveva considerato. Dove sarebbe stato sepolto? Era qualcosa di cui non avevano mai discusso, nemmeno con un lavoro con così tante variabili. Si chiese se lui avrebbe scelto Winhill, dove era sepolta sua madre. O sarebbe rimasto a Balamb? Quella scelta non sarebbe più stata la sua.

Ovunque fosse, sperò che fosse da qualche parte dove lui sarebbe stato in pace.

*~*~*~*~*

"Chi diavolo sono tutte queste persone?" L'esperto di arti marziali guardò i partecipanti che venivano accompagnati a sedere da alcuni SeeD. "Eri tipo sulla lista 'A' della scena sociale delle feste?"

Il Comandante rispose scuotendo la testa. Onestamente lo disgustava. La maggior parte di quei partecipanti erano gli stessi politici che si opponevano al Garden ad ogni occasione. Perché mostrare un viso così falso di dolore vuoto?

"Penso che dovrei essere onorato solo per l'essere amico di un tipo così popolare."

"Non esserlo," rispose brevemente Squall. "Sono semplicemente tutte bugie."

Infatti lo era. Le bugie con cui era abituato a vivere e ad avere a che fare quotidianamente. Erano le falsità delle promesse durante le campagne, che in realtà ammontavano a nulla a parte chi offriva meno. La SeeD eccelleva in quella categoria. Vite per denaro, nessuna vera fedeltà se non all'onnipotente dio Denaro.

A dire la verità, la sua mente stava ancora pensando alle parole che aveva detto Rinoa. Era sembrata così... Dio, non poteva nemmeno iniziare a descrivere come era sembrata; andava oltre a qualsiasi cosa lui avesse mai udito. C'era qualcosa nella sua voce. Non era sicuro di cosa fosse, ma non somigliava a nulla che lui avesse mai sentito prima. Disperazione, dolore, rabbia - uno di questi o tutti insieme?

"Come hai potuto andartene? Avevi promesso."

Aveva promesso, ma comunque cos'erano le promesse? Sussurri della sua coscienza che si manifestavano in parole. Era con l'esperienza e l'età che aveva imparato che le promesse non sono fatte per essere dette a parole, ma 'dette' solo con le azioni. Le parole erano per i deboli, per quelli che cercavano rassicurazione, come lui. Se lui avesse davvero fatto una promessa, sarebbe stata mantenuta con le azioni.

Se avesse potuto tornare indietro nel tempo, non avrebbe mai pronunciato quella promessa. Invece l'avrebbe semplicemente stretta tra le braccia, stretta fino a quando le loro anime si sarebbero legate completamente l'una all'altra. Non sarebbe mai stato attraverso mere parole, dato che si erano dimostrate vuote. I suoi pensieri furono interrotti dallo squillo di un cellulare, che si trovava tra le cose presenti nel furgone.

"Amico, è il telefono?"

A quanto pareva, l'irritante squillo digitale non era un indizio sufficiente per il suo compagno SeeD. Ancora una volta Squall desiderò di far sbattere Zell al muro più vicino, ma si decise per passarsi una mano tra i capelli. Era un'altra abitudine che aveva preso quando era stressato, di solito quando cercava di mantenere la calma per qualcosa, o per qualcuno. Sapeva che non era colpa di Zell. Anche lui era stato messo lì dalle circostanze, ma non poteva davvero pensare alle parole che gli uscivano dalla bocca prima di dirle?

Nessuno dei due sapeva chi avrebbe chiamato, ma probabilmente era stato messo lì per uno scopo. "Dovrei rispondere?" chiese Zell fissando il piccolo apparecchio elettronico.

"Sì."

"Sicuro che non vuoi farlo tu?"

"Sono morto, ricordi? Rispondi al dannato telefono e basta," ringhiò Squall, cercando ora di usare fino al limite tutta la sua pazienza.

Zell rispose con cautela, con la voce a malapena riconoscibile. Squall ascoltò senza entusiasmo, guardando ancora le azioni di Rinoa sul monitor. Si era fatto domande quando Shu l'aveva avvicinata, ma data la loro precedente relazione, non era stato troppo strano. Eppure, quando aveva sentito la SeeD chiedere di poter parlare con Rinoa più tardi, si era davvero incuriosito. Le due ragazze non erano state amiche strette, anche se erano sempre state educate l'una con l'altra.

C'era anche una parte di lui che era scocciata dal tempismo solitamente impeccabile di Shu. Aveva trovato una certa rassicurazione quando Rinoa aveva parlato. Il solo sentirla parlare, anche se era completamente sbagliato, aveva risvegliato così tanti ricordi e sensazioni che lui aveva lasciato dormienti.

In sottofondo, sentiva Zell dare poche risposte a monosillabe a chi aveva chiamato. Squall non chiese né ascoltò; era sicuro che avrebbe sentito un completo resoconto della conversazione a tempo debito. Poco dopo, Zell chiuse la comunicazione con lo stesso entusiasmo con cui aveva risposto, cosa che era strana per lui.

Quando riagganciò, l'esperto di arti marziali desiderò che ci fosse stata Quistis nel furgone. Se c'era una cosa che non voleva fare in quel momento era riferire il messaggio di Cid.

*~*~*~*~*

Rinoa tornò all'ingresso del salone. Nel ridotto, vide i suoi amici che parlavano con altri due SeeD. Irvine era in piedi con un braccio intorno alla vita di Selphie. Lei si appoggiava a lui; sembrava quasi che lui la sostenesse di peso. Quistis era accanto a loro. Nel ruolo di sorella maggiore, sembrava essere il collante che teneva insieme il loro gruppo. La sua stabilità in quella situazione era davvero notevole, anche se Rinoa la conosceva - dentro c'era tutt'altra battaglia in corso.

Iniziò ad avvicinarsi ai suoi amici fino a quando vide il profilo di uno dei SeeD con cui conversavano. Era Lauren, la persona a cui era stata goffamente presentata al matrimonio. Non riconobbe la seconda donna, ma a quel punto la sua identità era piuttosto inutile.

Rinoa si trovò incapace di continuare, bloccata a metà di un passo. Parte di lei sapeva che avrebbe dovuto andare a stare con i suoi amici, ma parte di lei non voleva finire in un'altra situazione imbarazzante. Il disagio ci sarebbe stato da entrambe le parti; non voleva sottoporre Lauren ad un inutile stress emotivo. La SeeD aveva appena perso il suo ragazzo. Rinoa iniziò a piangere ancora, quando pensò a Squall come al 'ragazzo' di qualcun altro. Era una situazione ingiusta per tutti loro.

Ora si sentiva davvero sola in quel mare di politici e persone in lutto. Divenne complesso respirare e iniziò a sentirsi girare la testa. Rinoa temette che se non si fosse calmata avrebbe finito per iperventilare - e quello sarebbe andato così bene al Garden. Se solo avesse ascoltato Zone e gli avesse permesso di accompagnarla. A quanto pareva lui conosceva le sue debolezze meglio di quanto le conoscesse lei stessa. Per quanto tentasse di convincersi di essere forte, lui aveva visto oltre la maschera. Tutto quello che lui aveva voluto fare era stato esserci per lei, così categoricamente, e lei con testardaggine gli aveva negato quella possibilità.

Non sapeva da che parte girarsi, o dove andare. Ovunque guardasse sembrava essere pieno di visi sconosciuti o poco amichevoli. Si spaventò quando sentì qualcuno picchiettarle sulla spalla. Il suo corpo si tese per la sorpresa. Voltandosi per vedere chi fosse, fu sollevata - se mai poteva adattarsi essere sollevati a un funerale - di vedere un viso affettuoso.

"Laguna," disse costringendosi a sorridere. C'era un certo conforto nel vederlo, anche se nulla poteva calmare i sentimenti che aveva dentro.

Non aveva mai visto il Presidente così a pezzi e sciupato. Anche se si comportava con dignità, Rinoa poteva vedere oltre la finzione. Dietro di lui, Ellione e Kiros offrirono un saluto silenzioso. L'uomo scortava la sorella adottiva di Squall, mentre Laguna parlava con Rinoa.

"Hey," disse il Presidente con un sorriso debole. Non era forzato, ma non irradiava la sua esuberanza quasi infantile che lei era arrivata a desiderare, negli anni.

Arrivò un accompagnatore, e salutò Laguna, ignorando Rinoa. Lei non seppe capire se era stata una svista o se era fatto di proposito, ma non importava proprio più.

"Signor Presidente, abbiamo dei posti riservati per lei e i suoi accompagnatori nelle prime file. Per favore, mi segua."

"Rinoa, vieni?"

"Non sono della famiglia," rispose piano Rinoa.

Non lo era. Di fatto, nel disegno generale delle cose, lei era di pochissima importanza. Il suo ruolo come delegato di Timber aveva più peso della sua relazione personale con il morto. Avrebbe dovuto essere dannatamente contenta, tanto per cominciare, che la sicurezza non l'avesse accompagnata fuori. Balamb era molto possessiva nei confronti del suo Comandante, e la partenza di Rinoa non era andata giù a nessuno, al Garden.

Laguna guardò la folla. Anche lui era peso nell'aspetto politico ed arrivista dell'intera faccenda. La sua relazione con il Comandante non era esattamente di dominio pubblico, e lui dubitava parecchio che Squall avrebbe voluto che si venisse a sapere in quel momento. A malapena sembrava corretto che lui sedesse in prima fila, mentre Rinoa sedeva da sola sul fondo. Rinoa era una tale parte integrante nella vita di Squall, mentre lui, suo padre, aveva un ruolo molto secondario - anche se non per sua scelta.

"Ellione," disse Laguna voltandosi verso la sua figlia adottiva, prendendole la mano e stringendola forte. Si chinò, sussurrandole qualcosa, e lei annuì solennemente. Gli diede un bacio sulla guancia prima di sorridere teneramente a Rinoa. Ellione aveva sempre accettato Rinoa, a prescindere da cosa veniva detto.

Senza dire altro, Ellione tornò da Kiros, prendendolo sottobraccio. Lo guidò in silenzio alle prime file, lasciando il Presidente solo con la Strega. Rinoa osservò il resto dei suoi amici avvicinarsi ad Ellione. Non li biasimava per nulla. Erano i migliori amici di Squall, ed Ellione era l'equivalente di una sorella. Non era che gli amici di Rinoa si disinteressassero intenzionalmente dei suoi sentimenti; era solo che la vita, al Garden, era continuata per tre anni. Tre anni in cui lei non era stata presente nella loro quotidianità.

"Laguna?" chiese Rinoa, insicura del perché Ellione sedesse senza di lui.

"Onestamente," iniziò Laguna, guardando in basso come per trovare un po' di decisione. Era perso, e Rinoa lo percepiva. D'altra parte, forse quello che i due avevano perso potevano trovarlo insieme. "Semplicemente, non posso." Le ultime parole erano quasi una preghiera.

"Non capisco, io-" cercò di dire Rinoa, ma venne interrotta.

"Sshhh, va tutto bene. La mia decisione non ha nulla a che fare con te, promesso. Solo che non posso sedermi là... con la famiglia."

"Ma Laguna, tu sei la famiglia."

"Non lo so... posso essere imparentato, ma non sono la famiglia."

*~*~*~*~*

L'esperto di arti marziali era irrequieto quando tornò a sedersi accanto a Squall. Onestamente non era sicuro di come dare la notizia al suo Comandante. Era qualcosa che o a Squall non sarebbe interessata affatto, o qualcosa che avrebbe causato altra rabbia. Il risultato era un lancio della moneta, in quella situazione difficile. Eppure desiderò che Cid fosse stato in grado di spiegarglielo di persona, invece che passare l'informazione con un intermediario. Zell si chiese se il Preside lo avesse fatto apposta. Era ovvio che Squall non era eccitato dalla missione, e questo nuovo sviluppo poteva essere il colpo finale. Forse se veniva da un 'amico' sarebbe stato meno... beh, sarebbe sembrato piuttosto banale, nello schema della cose.

"Squall, devo dirti una cosa."

Non ricevendo risposta, Zell provò di nuovo. "Ehm, non sono sicuro se puoi sentirmi con le cuffie... se non puoi-"

"Posso, dillo e basta," disse agitato il Comandante.

"Sì ok... beh a quanto pare, ehm... Cid, lui... ehm, Shu, lei, ehm..."

"Vuoi che questa gente partecipi al tuo funerale, finito questo? È quello che succederà se non sputi il rospo e basta."

"Ehm, beh, sai che il lavoro di Shu consiste nel gestire i documenti? Ecco, dato che gli unici a sapere la verità sono la dottoressa K, Cid e noi... beh, Shu, ehm... pensa davvero che tu sia morto e..."

"Sì, lei e il resto del mondo. Qual è il punto?"

"Lei tipo, beh, sai, ha bloccato i tuoi conti e roba così... e sta tipo per notificare le persone nominate nel tuo testamento."

Squall non urlò, non gridò, rimase solo seduto immobile, rendendosi conto di quanto potesse peggiorare quella giornata.

*****
Nota della traduttrice: sì, a quanto pare il funerale procede come il matrimonio: a rilento XD
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** XIX. Because of You ***


AFTER THE FALL
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XIX: Because of You ~

"Uhm... Squall?" Zell cercò di strappare una risposta al suo compagno. "Sono sicuro che tutta questa faccenda del testamento può essere facilmente sistemata e tutto. Voglio dire, già, sono sicuro che si può. Non è che tu sia davvero morto o una cosa così, perché... non lo sei."

Perché doveva trovarsi a cercare di consolare un uomo che preferiva non essere mai consolato, soprattutto in quelle circostanze? Avrebbe avuto maggior fortuna a cercare di consolare Irvine se i suoi capelli avessero accidentalmente preso fuoco durante un orrendo incidente. D'altra parte, ad Irvine sarebbe probabilmente servito essere consolato, e parecchio; Squall era l'esatto opposto. Comunque, Zell sentiva il bisogno di provarci. Era semplicemente qualcosa che gli amici fanno, anche se il gesto fu prontamente messo da parte.

L'esperto di arti marziali ripensò alla natura della telefonata con il Preside. Questa situazione del tutto unica stuzzicava davvero la sua curiosità. D'altra parte, Zell sembrava sempre curioso per natura, a volte perfino all'eccesso. Squall probabilmente capiva più della vera semantica rispetto a Zell. Eppure, il ragazzo aveva davvero alcune domande assillanti. Dubitava che il suo amico avrebbe mai considerato l'idea di rispondere a qualcosa, soprattutto perché il suo testamento era estremamente personale. C'erano un sacco di scenari interessanti sotto mano - scenari molto intriganti.

Era davvero possibile per il Garden bloccare tutte le proprietà di Squall in tempi così brevi? Non c'era un qualche tipo di protocollo che affermava che la sua morte doveva essere ufficialmente certificata? Zell era sicuro che c'era il modo di riavere il denaro, ma quanto difficile sarebbe stato se la missione fosse continuata senza un limite di tempo determinato? La più sbalorditiva di tutte le sue domande era: esattamente, cosa aveva stabilito il Comandante nel suo testamento, e chi era il beneficiario, o forse, i beneficiari? Alcuni anni prima l'esperto di arti marziali avrebbe azzardato un'ipotesi, ma ora era troppo astratto anche solo per immaginarlo.

Ovviamente Zell avrebbe dovuto guardare le fonti audio e video, e in certo senso lo stava facendo, eppure c'era un altro mistero interessante a portata di mano. Con un occhio per metà sul monitor, scoprire la verità gli sembrava troppo interessante per lasciarsela scappare, anche contro il buon senso. Di nuovo, iniziò a fare un piccolo esercito di domande, solo che stavolta non lo fece solo nella sua testa.

"Non devi avere, tipo, un certificato di morte o simile? Voglio dire, non possono basarsi solo sulla parola di qualcuno, o sì? Perché se potessero, beh, potrebbe essere un gran casino, sai. Voglio dire, devono aver bisogno di un documento ufficiale, giusto? Non hanno tipo bisogno di un corpo anche per quello?"

"Per prima cosa, la 'parola' di cui stai parlando è del Preside, ed è dannatamente concreta. Secondo, le situazioni come questa al Garden funzionano un po' diversamente che nel resto del mondo. Avere un corpo, o un corpo identificabile, non sempre è possibile. I documenti ufficiali si basano solamente a discrezione del Garden, e Shu ha fatto la telefonata. Aveva ragione, nel fare il suo lavoro."

"Ma questo fa totalmente schifo per te, però!"

"Sì, questo fa schifo, proprio quello che pensavo." La sua risposta era volutamente canzonatoria.

Come per un effetto a cascata, una cosa sfortunata nella vita di Squall sembrava sempre portare a un'altra. Ora era una fottuta palla di neve che rotolava giù da una montagna divorando tutto e tutti sul suo cammino. E Squall? Beh, si sentiva come l'idiota in fondo alla montagna - quello che guardava da quando la valanga era iniziata, ma non aveva mai avuto l'intelligenza di levarsi di torno. La parte peggiore era che la valanga non si avvicinava mai; sembrava solo cadere lungo una discesa infinita di disperazione e fallimento. Eppure sapeva che l'avrebbe colpito, solo che non sapeva quando. E come un imbecille, stava fermamente sul posto.

"Allora, ehm... tipo, cosa farai esattamente per questo?" Zell ci stava provando, onestamente.

"Che posso fare? Non posso correre in banca e prelevare i soldi se sono morto, no? Non è che non si possa sistemare la cosa quando sarà finito tutto. Il denaro non è davvero il-"

Si fermò, rendendosi conto di cosa stava per rivelare. Tutti lo avrebbero saputo presto, e allora perché doveva sembrare un cretino prima del necessario? Ora, non solo avrebbe dovuto inevitabilmente affrontare Rinoa quando avrebbe scoperto che non era morto, lo avrebbe dovuto fare per riavere il suo denaro. La parte monetaria sarebbe stata semplice, quello si poteva facilmente riavere. Quello che non poteva riavere mai era qualcosa di non stampato su carta o in qualsiasi altra forma tangibile - il suo orgoglio. Lei avrebbe saputo tutto, tutto quello che lui aveva cercato di negare emotivamente. Tutti lo avrebbero saputo.

Al diavolo tutto. Non era né il momento né il luogo adatto per pensare alla sua sfortuna. Avrebbe negato le sue emozioni come aveva sempre fatto, almeno per il momento, dato che era ancora un'opzione possibile. Entro pochi giorni, comunque, non avrebbe più avuto quel lusso.

*~*~*~*~*

Il Presidente di Esthar trattenne qualsiasi emozione eccessiva mentre pronunciava l'ammissione ad alta voce. Una cosa era credere a come suo figlio lo considerava, ma un'altra cosa era ammetterlo come un fatto. E quello sembrava essere il fatto: Laguna non era la famiglia. Per lui, la definizione di famiglia era le persone in cui si ha fiducia, in cui si crede; erano quelle per cui ci si sarebbe sempre stati, e che in cambio ci sarebbero state senza fare domande, che fossero legate dal sangue oppure no. Squall lo considerava poco più che una scocciatura. Era un fatto che era arrivato ad accettare. Fino a quel momento, c'era sempre stato un barlume di speranza. Credeva nel vecchio adagio per cui il tempo risana tutte le ferite. La realtà era che la clessidra era oramai vuota; la sabbia del tempo aveva già fatto il suo corso.

Sentir parlare Laguna a quel modo addolorava Rinoa. C'era qualcosa di così disperato e indifeso nelle sue parole. Certo, lei credeva qualcosa di molto diverso. Lei vedeva innegabilmente Laguna come un membro della famiglia di Squall. Come poteva pensare a se stesso come a qualcosa meno di quello che era davvero? Lì lei si era sentita persa, eppure non poteva nemmeno immaginare le battaglie emotive che infuriavano dentro quell'uomo. Rinoa si sgridò per essere stata così egoista nei suoi pensieri. Lei aveva scelto la direzione della sua vita. Beh, fino a un certo punto. Tutto quello che rimaneva a quell'uomo della sua defunta moglie erano i ricordi e gli occhi di suo figlio. Ora, in quel giorno, seppelliva il figlio che aveva scoperto di avere solo cinque anni prima.

Rinoa voleva convincerlo, voleva dire a Laguna quanto fosse sciocco, ma poi c'era qualcosa di molto ipocrita in quella prospettiva. Entrambi sapevano di potere andare a sedersi davanti, se davvero lo volevano. Certo, Laguna aveva già ricevuto l'offerta, ma era quell'invisibile senso di colpa sottintesa che tratteneva entrambi. Gli amici di Rinoa erano già seduti nelle prime file, e sapeva che a nessuno di loro sarebbe interessato. In realtà, l'avrebbe incoraggiata a unirsi a loro - e quello poteva ancora succedere. Ma c'era questa lotta interna che non poteva negare, e sapeva che la sua decisione era già irremovibile. Era stata solo una figura di passaggio nella vita di Squall; non aveva diritti ulteriori come l'intimità della famiglia.

Il Presidente guardò solennemente Ellione che andava in prima fila. Almeno lei trovava rassicurazione nella sua famiglia adottiva. Sapeva anche che lei avrebbe capito la sua decisione, anche se non sarebbe stata d'accordo. Era sempre stata una bambina energica, sin da quei primi giorni a Winhill. Paragonandosi ad Ellione, il Presidente aveva sempre creduto che fosse lei quella con la volontà più forte tra i due. Lo era sempre stata. Persino da bambina era pronta ad affrontare il modo - un Buchabucha e un Bumbum alla volta - senza mai guardarsi indietro. Desiderava solo avere un po' di quella sicurezza in sé, in quel momento.

Senza dire altro, Laguna prese tranquillamente sotto braccio Rinoa, e la guidò verso una fila di sedie vuote. Vide una sedia vicino a una porta laterale; un piano di emergenza se l'emozione fosse diventata troppo da sopportare. Pregava di poter essere forte, ma era anche del tutto consapevole che poteva non soddisfare le sue stesse aspettative.

Il Presidente aiutò Rinoa a sedersi, grato che nessun altro potesse sentirli. Laguna si passò una mano tra i capelli, stretti in una coda morbida. Aveva bisogno di parlare; aveva bisogno di continuare a parlare. La colpa lo stava lentamente facendo a pezzi, in quel silenzio.

"Sai, Rin, Squall... a malapena mi ha detto più di due parole. Se parlava, era... beh, sembrava semplicemente forzato. Capivo perché sentiva quello che sentiva per me. Non l'ho mai biasimato nemmeno una volta per avermi tenuto fuori dalla sua vita. Sento solo che in qualche modo dovrei avere rispetto dei suoi sentimenti per me adesso."

"Laguna, gli importava di te. Solo che non era fatto per esprimere qualcosa. Era solo così tanto, per lui, in così poco tempo... in più, sai, era solo un asino testardo." Cercò di ridere mentre le lacrime le scendevano sulle guance arrossate. "Non sai quante volte gliel'ho detto in faccia."

Laguna la guardò e sorrise sinceramente. Era contento che lei fosse ancora coerente con se stessa e con la persona che Squall era stato. Ricordava suo figlio per come era davvero stato... non l'uomo perfetto che gli elogi funebri a finire avrebbero sicuramente dipinto. Squall, sia per Rinoa che per Laguna, era davvero umano, con molte variabili, difetti ed errori. Eppure erano quei difetti a rendere la persona che era stato così tanto più bella.

"Posso immaginarti che glielo dici." Laguna lasciò andare una risatina sobria. "Lo immagino anche che non ascolta una parola che dici... e che sembra molto 'asino' mentre lo fa. Fammi indovinare, non aiutava affatto, vero?"

"Proprio per niente, dannazione, ma è Squall. Nel meglio e nel peggio... era così."

Laguna fece un cenno con la testa. La sua voce era a malapena un sussurro. "Non avrei voluto che fosse diverso."

"Nemmeno io." Sorrise.

Il silenzio momentaneo la colpì duramente; il suo corpo era stanco, e la sua mente era persa in se stessa. Non aveva avuto un tale tumulto emotivo nella sua vita. Il funerale di sua madre veniva ricordato attraverso gli occhi di una bambina. Per quanto provasse, i ricordi del passato sembravano quasi appartenere totalmente a un'altra persona. Era stato letteralmente una vita prima. Era stato quando la vera definitività della morte andava oltre la concezione di un bambino. Rinoa appoggiò inconsciamente la testa sulla spalla di Laguna per trarne consolazione. Suo padre non glielo avrebbe mai permesso. Sarebbe stata una debolezza, ai suoi occhi. Lei non era come suo padre; si appoggiava pesantemente alle sue emozioni.

A Laguna non dava affatto fastidio; era grato del contatto con un'altra persona. La abbracciò mentre combatteva con le sue lacrime. Era tutto così surreale; si sentiva come se prima o poi si sarebbe svegliato da quell'incubo infernale. Dio, voleva, aveva bisogno di svegliarsi. I due rimasero seduti vicini, entrambi alla ricerca di quella forza interiore che sembravano trovare l'uno nell'altra. Avrebbero contato su questo per superare il resto del servizio funebre.

*~*~*~*~*

Squall fu grato quando finalmente Zell smise di assillarlo sul suo testamento. Il Comandante non lo biasimava; l'esperto di arti marziali non poteva evitare di essere la persona che era, non più di quanto lui potesse evitare di essere la persona che era diventato. Il Comandante si concentrò sui video più che poteva. Eppure i suoi occhi continuavano a vagare al monitor in cui sia Laguna che Rinoa erano in piedi. Guardò attentamente Ellione che veniva accompagnata a sedersi da Kiros. Quell'azione in sé non sembrava troppo arbitraria; se l'era aspettato. Quello che non aveva mai considerato fu l'azione che seguì; Squall guardò impotente suo padre e la sua Strega che camminavano, e si sedevano, nelle file più indietro.

Non immaginava che la scena che si svolgeva in bianco e nero lo addolorasse a quel modo. Diamine, non poteva mai aver immaginato questa scena, punto. Era questo il modo in cui veramente sia Rinoa che Laguna si consideravano, come estranei nella sua vita? Senza un audio diretto dei due interessati, non aveva modo di ascoltare il loro scambio. Eppure in qualche modo conosceva già le parole. Nella sua mente, poteva sentire la loro conversazione, e se ne dava completamente la colpa. Il fatto che nessuno dei due sedesse nella sezione destinata alla famiglia parlava molto più di quanto potesse mai fare un microfono. Squall Leonhart visse un intorpidimento emotivo come in nessun'altra occasione.

Laguna, il suo stesso padre - credeva onestamente che Squall lo considerasse così dappoco? Certo, il Presidente poteva essere un totale 'cretino' irritante a volte - secondo le parole stesse del Comandante. Eppure quell'uomo aveva sempre cercato di fare del suo meglio in ogni singola occasione. La persistenza di Laguna e la sua determinazione incrollabile erano qualità che Squall ammirava enormemente. Il Comandante desiderò che fossero caratteristiche che lui poteva aver ereditato, piuttosto che la sua solita percezione di brusco sdegno.

E Rinoa...

Dio, non era nemmeno riuscito a crederci quando aveva iniziato a camminare nella direzione opposta. Aveva persino dubitato della veridicità della sua vista. Sarebbe stato meno doloroso se lei avesse rifiutato di partecipare alla funzione. Se avesse davvero disprezzato la persona che era... beh, era una risposta emotiva che poteva capire. Diavolo, si aspettava che lei fosse arrabbiata con lui. Ma questo... questo non era qualcosa di ragionevole. Lei lo aveva aiutato. Lei lo aveva salvato. Lo aveva riportato indietro dall'oscurità, anche se mai completamente, dato che alcuni demoni erano troppo radicati.

L'amava. La amava ancora.

Il Comandante stava imparando di più sulla sua vita attraverso la sua morte di quanto potesse iniziare a capire. Ogni secondo che rimaneva nel furgone sembrava un'altra vita di tradimenti alle persone che amava. Poteva facilmente uscire e mettere fine a quell'inutile farsa. Ma non poteva essere così egoista, anche se... Dio, voleva esserlo. Per quanto odiasse quella missione, sapeva che aveva uno scopo. Sì, era uno scopo malato, perverso e demente, ma comunque uno scopo. Le sue azioni potevano salvare la vita di un'altra persona. Era un testimone in vita della sua stessa morte; nessuna delle altre vittime poteva dirlo. Nessuno degli altri ufficiali caduti sarebbe stato in grado di ritornare alla propria vita. Sapeva che era un atto egoista mettere il valore della sua vita sopra a quello della prossima vittima, e per una questione di onore non lo avrebbe fatto.

In un certo senso, gli sarebbe stato concesso quello che nessun altro aveva avuto in morte: una seconda possibilità. No, non era pronto a diventare tutto amico di suo padre, ma gli sarebbe stata almeno data la possibilità di fare ammenda. Laguna era la famiglia, un'opportunità che la maggior parte dei suoi amici d'infanzia non avrebbe mai avuto. Lo doveva a sua madre, lo doveva a Laguna, e lo doveva a se stesso.

E Rinoa...

Beh, proprio come tre anni prima, si sarebbe ridotto tutto a una questione di scelta. La sua scelta - non quella di qualcun altro, e di certo non del Garden. Se c'era ancora una possibilità, per quanto minima e marginale potesse essere, era una possibilità. Questa situazione stava già per portare forzatamente alla luce alcuni fattori, come il beneficiario del suo testamento. Quindi, forse, questo era il modo del fato di dirgli che era uno scemo a stare lì a guardare dal basso della montagna. Ma forse, solo forse, qualcuno lo vedeva alla base della valanga di ghiaccio, e gli offriva un modo per uscire dalla traiettoria della palla di neve. Sarebbe stato dannato se non ne avesse approfittato.

*~*~*~*~*

Da qualche parte tra il terzo e il quarto oratore, la mente di Rinoa era diventata emotivamente sovreccitata. La funzione era una costante ripetizione degli stessi sentimenti: che meraviglioso leader e soldato fosse stato Squall Leonhart per la SeeD. Quanto significassero il suo enorme contributo e i suoi sacrifici per il mondo. Come ogni studente, presente e futuro, avrebbe dovuto combattere per seguire il suo esempio.

Rinoa aveva cercato di ascoltare i loro elogi. Ad ogni modo, si rese conto che riconosceva a malapena parte della persona a cui stavano tributando gli onore. Dal suo inizio, era stata infastidita dalla maggior parte delle parole e dalle frasi esagerate. Era un ideale per il Garden e per il mondo, il modello di assoluta e quasi inumana perfezione, almeno secondo le loro parole attentamente studiate.

Emotivamente, Rinoa aveva rinunciato a qualsiasi finzione con Laguna molto prima che fosse mormorata la prima preghiera; c'era solo una certa quantità di volontà da cui poteva attingere in sé. Aveva trovato una calma rassicurazione appoggiandosi al suo abbraccio. Laguna l'aveva teneramente tenuta tra le braccia, come un padre farebbe con il figlio. Entrambi piangevano una perdita più grande di quella di un soldato onorevole: la persona meravigliosa che loro avevano conosciuto in lui.

Fu in quell'occasione che lei ricordò in silenzio la sua vera natura. Lei lo aveva conosciuto, anche se solo per poco. Ma in quel periodo aveva visto più di quanto la maggior parte di queste persone avrebbe mai anche solo iniziato a capire. Lui era sfregiato e imperfetto, era distrutto e bellissimo. Da qualche parte cinque anni prima, lei aveva trovato la sua perfezione nella pelle sciupata e nelle mani macchiate di sangue.

Alzò la testa quanto bastava per guardare Laguna, i cui lineamenti erano impregnati di immenso dolore. Lui non la guardò, ma le strinse la mano per rassicurarla. I suoi occhi erano troppo concentrati sulla barra portata dentro solo pochi minuti prima della funzione. Lei non riusciva a guardarla, non in quel momento. Più tardi lo avrebbe fatto, quando avrebbe detto il suo ultimo addio. Il Preside aveva aperto la bara, ma solo brevemente. Lei poteva a malapena vedere i dettagli, data la sua lontananza. Diavolo, avrebbe potuto essere una manichino per quanto ne sapeva lei, ma gli occhi di Edea offrivano poca speranza a quella possibilità. La Madre era rimasta vicina ad Ellione quando era stata aperta; la sua reazione era stata tanto vera quanto quella di una madre che seppellisce il figlio.

Squall non aveva voluto una bara aperta; il coperchio era stato sollevato solo per mettere all'interno una candela simbolica. Era stata una lunga tradizione della SeeD mettere un 'simbolo di luce' insieme al defunto, così che potessero vedere la strada per il passaggio della prossima generazione al Garden. Poteva vedere la sua figura. L'uniforme era simile a quella che lui aveva indossato quando si erano incontrati la prima volta. Certo, ora era decorata con alcune altre medaglie, dato il suo cambio di grado dopo il diploma.

Parte di lei voleva vederlo un'ultima volta, seguire la sua pelle con le dita. Ma parte di lei non poteva sopportare quel pensiero; le sue mani non avrebbero affatto avuto il calore che ricordava. A quanto pareva lui aveva richiesto che nessuno lo vedesse dopo la morte. Dopo il suo brusco sfogo al Garden di Galbadia, Rinoa non dubitò nemmeno per un secondo di quel suo desiderio.

Lacrime le si incastrarono nelle ciglia quando sbatté forte le palpebre. Le asciugò con il dorso della mano. Il suo sguardo si posò sulla persona seduta dall'altro lato di Laguna. Ward li aveva visti proprio appena prima che i portantini entrassero nella sala. Si era seduto accanto al suo amico della vita, offrendo sia il suo rispetto che il suo supporto, come aveva fatto per quasi due decenni. Rinoa chiuse gli occhi, cercando di bloccare le parole dell'attuale oratore, ma invano. Era un ufficiale di Balamb che offriva le sue condoglianze a nome della piccola cittadina portuale. Fu quando iniziò a parlare dell' 'ultimo sacrificio nell'adempimento del dovere' che non riuscì più a rimanere.

Aveva scelte limitate riguardo alla fuga, ma trovava sempre più difficile respirare ad ogni secondo che passava. Sapeva che, se se ne fosse andata, la gente avrebbe parlato, ma a quel punto non le interessava. Se la gente non aveva niente di meglio da fare che spettegolare al funerale del Comandante, allora davvero non sapevano nulla della persona che piangevano.

"Penso di aver bisogno di prendere un po' d'aria," sussurrò, ancora appoggiata a Laguna. Lui le diede cautamente un piccolo bacio sulla testa. Si comportava come il genitore che entrambi avevano bisogno che fosse in quel momento.

"Vuoi che venga con te?"

"No, ho solo bisogno di allontanarmi... mi dispiace."

"Rin, non dispiacerti. Mai. Sono qui se hai bisogno di me," le assicurò, stringendole di nuovo la mano.

"So che lo sei. Grazie." Lo guardò, trovando la volontà di sorridere. Era sorpresa di esserne capace, ma anche contenta di riuscirci ancora.

Rinoa considerò di aspettare che l'oratore finisse di parlare, ma dopo un altro paragrafo o due del suo tributo prolisso, seppe che non era possibile. Aveva bisogno di andarsene, di allontanarsene da tutto quello che le ricordava persino remotamente il Garden - sempre rimanendo nel Garden. Sapeva che era impossibile, ma ci avrebbe dannatamente provato. Si congedò senza guardarsi indietro e si avvicinò velocemente all'uscita.

Alcune persone erano nel corridoio, sicurezza e simili, ma riuscì ad arrivare all'area centrale del Garden. Dirigendosi al lato più lontano, ben oltre la scala che portava all'ascensore, si trovò a fissare una delle fontane. Un pesce artistico di granito la affascinò. Guardò il costante flusso dell'acqua che spruzzava fuori dalla sua bocca. Era qualcosa, in quel momento, anche solo una piccola distrazione dalla realtà.

Stringendo forte le mani intorno alla ringhiera in metallo, seguì il flusso dell'acqua fino a quando arrivò alla grossa fontana sotto. Nel riflesso dell'acqua poteva vedere i contorni del suo corpo. Era un'ombra, non lineamenti, ma solo sfumature scure di grigio. L'acqua continuò a scorrere, proprio come il tempo. C'era bellezza nelle increspature; non si era mai presa il tempo di notarlo. L'acqua offriva un sollievo tranquillo dal contrasto militare dell'edificio.

Strinse la presa e continuò a fissare la sua immagine distorta. Come erano arrivati a questo? Come era diventata questa persona, a partire dalla giovane spensierata che desiderava ancora essere? Aveva spesso scherzato con lui sul tuffo di mezzanotte nelle fontane. Lui aveva facilmente accantonato l'idea, sapendo che lei lo suggeriva solo per scherzo. Avrebbe dovuto farlo. Avrebbe dovuto trascinarlo laggiù, una sera, e saltare nell'acqua per nessun altro motivo a parte quello che c'era - e anche loro c'erano. Avrebbe adorato vedere l'espressione atterrita sul suo volto mentre dava corso alla sua minaccia. Sarebbe stato scioccato, sarebbe stato arrabbiato, sarebbe stato... maledizione, almeno sarebbe stato lì. Era tutto quello che voleva, quella sensazione spensierata che sembrava essere svanita ancora prima della sua partenza dal Garden.

Mentre Rinoa guardava le increspature dell'acqua, un senso di vertigine la avvolse. Spostò lo sguardo. Doveva ricordarsi di respirare ancora e convincersi ad affrontare quel processo. In quel momento, doveva prendere aria fresca e purificare i pensieri.

Questa persona che stava diventando... non era lei.

La giovane donna inspirò, spostando lentamente e una alla volta le dita dalla ringhiera. Riprendendo l'equilibrio, si diresse alla porta che andava al Giardino. Non sapeva quanti studenti ci sarebbero stati, ma aveva bisogno di sentire il calore del sole; aveva bisogno di vedere la vita. Non fu una lunga camminata. Di nuovo, i corridoi sembrarono piuttosto deserti, a parte poche persone. SeeD in uniforme sembravano rivolgerle la massima attenzione mentre la osservavano da lontano. Notò che nemmeno uno di loro tentava di avvicinarsi a lei. Rinoa avrebbe riso, anche solo per disprezzo, se ne avesse trovata la volontà. Non lo fece.

L'esterno, come ricordava, bloccava alcuni cambiamenti cosmetici nell'area che riusciva a vedere. Era solo grata del cambiamento di scenario. Se avesse chiuso gli occhi e si fosse concentrata sul tocco del sole e la melodia della natura, avrebbe potuto dimenticare di essere al Garden. Poteva essere ovunque sulla terra; il mondo era alla portata della sua mente.

Rinoa rimase lì alcuni minuti, meditando come meglio poteva. Un suono simile a metallo gettato sul cemento catturò la sua attenzione, e si voltò verso di esso. Nell'angolo più lontano del Giardino, notò svariate piante e un grosso albero in vaso; tutte sembravano consegnate da poco da un vivaio. Fu in quel momento che vide un giardiniere da solo nel verde. Istintivamente, fu attirata in un tempo nei suoi ricordi. Era un momento della sua infanzia, qualcosa che avrebbe sempre ricordato. Era un rito di passaggio da un altro momento di lutto.

"Squall, hai mai piantato un albero? Lo hai mai fatto crescere da un arboscello?"

Guardò lo sconosciuto in silenzio, mentre lui lavorava una zolla di terra scavata di fresco. Lui non sembrò notare che lei si stava avvicinando; era solamente concentrato sul terreno. Rinoa infine rese nota la sua presenza, sperando di non disturbare il lavoro dell'uomo.

"Signore, uhm... sarebbe possibile aiutarla, per favore?" Sembrava disperato alle sue stesse orecchie, come se la sua vita dipendesse dalla risposta. Forse per la sua sanità mentale era così, almeno quel giorno.

Il giardiniere voltò la testa, sorpreso dal suono della voce di qualcuno. Allora smise di lavorare e mise la vanga per terra. Uscendo dal buco scavato di fresco, si avvicinò a lei. Lei intuì che era confuso dalla sua richiesta. Deve pensare che sono davvero fuori di testa, immaginò, guardando com'era vestita; indossava tacchi alti.

"So che è una richiesta strana," ammise ad alta voce. Rinoa si chiese se poteva cavarsela senza che lui chiamasse la sicurezza del Garden.

"Solo... ho davvero bisogno di farlo adesso." Trattenne all'apprensione; era forte, poteva farlo. "Mia madre... piantare le cose me la ricorda. Passare il tempo con lei nel nostro giardino è stato il momento migliore della mia vita. Oggi... oggi è uno dei giorni peggiori della mia vita."

"Era amica del Comandante Leonhart?" L'uomo fece un cenno verso l'edificio, mentre si toglieva i guanti.

"Era molto importante per me," ammise lei con un sorriso minuscolo.

Stavolta toccò allo sconosciuto guardarla con comprensione. "Beh, questo albero è stato donato in onore del Comandante. Penso che sia solo adatto che qualcuno che teneva a lui aiuti a piantarlo."

E allora lei sorrise sinceramente per la prima volta da giorni; un simbolo genuino di speranza.

*****
Nota della traduttrice: attenti come sempre agli spoiler nelle recensioni, per favore, ok? Sono scene un po' particolari e fanno più colpo se non si sa prima cosa succede.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** XX. Lonely Among Us ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XX: Lonely Among Us ~

Questa era probabilmente la cosa più nauseante che aveva mai dovuto sopportare. Si trascinava all'infinito e non sembrava mai distaccarsi dal suo nauseante ciclo di orrore. Persino ascoltare una delle svariate lezioni di Quistis sarebbe stato preferibile rispetto a vivere quell'inferno. Avrebbe volontariamente assistito a tutte le sue lezioni due volte prima di augurare questa tortura a chiunque. Certo, per rendere le cose molto peggiori, ogni accozzaglia di elogi era presumibilmente su di lui.

Per la prima ora della funzione, il Comandante scrutò i video e guardò a casaccio tra i partecipanti. Dopo che quei compiti divennero banali, iniziò a contare il numero di uomini calvi nella folla. Non era il modo migliore per usare il tempo della missione, né il più politicamente corretto, ma a Squall non poteva interessare di meno. Non sapeva che cosa diavolo avrebbe dovuto teoricamente cercare, tanto per cominciare.

Come doveva fare a capire quello che non sapeva?

Era un mercenario addestrato, non un detective addestrato. C'era qualcosa di orribilmente invertito in tutta quella faccenda. Quistis e Selphie erano candidate di gran lunga migliore per le difficoltà del leggere e capire la natura degli esseri umani. Lui, d'altra parte, non era un fan delle maggior parte degli umani in generale.

Sentì vagamente l'elogio di Cid. Il Preside disse qualcosa a proposito di seguire una luce, una candela, o qualcosa del genere, nell'aldilà. Stronzate simboliche. Quando la SeeD si era inventata quella roba? Poi guardò mentre il Preside apriva la bara. Fu aperta solo per poco, ma fu abbastanza perché la gente vedesse un corpo, di certo non il suo.

"Wow, amico! Sembri davvero morto," boccheggiò Zell, ovviamente colto di sorpresa da quella scena. "Voglio dire, chi c'era là dentro? Sapevi che avevano pianificato di farlo? Voglio dire, è seriamente incasinato!"

Se la reazione di Zell poteva essere un indizio, le persone in lutto avrebbero probabilmente creduto allo stratagemma senza farsi domande. L'esperto di arti marziali si avvicinò al monitor, in una sorta di speranza disperata che il Preside facesse di nuovo quel giochetto. Era sicuramente una magica tecnica di gioco di mano, ma lo intrigava moltissimo.

Si chiese come Squall potesse essere così indifferente alla cosa. C'era il cadavere di una persona, o una qualche specie di essere, o cosa, nella bara, che in teoria doveva essere lui. Eppure il Comandante si comportava come se vedere cadaveri non identificati e falsi fosse una cosa che succedeva tutti i giorni.

Squall guardò con disinvoltura il monitor, prima di guardare uno schermo secondario che non aveva nulla di importante. "Sì, sapevo che avrebbe fatto qualcosa del genere. Il Preside ha pensato che avrebbe dato credibilità." Squall enfatizzò con tono cattivo l'ultima parola. "A quanto pare, vedere soffrire tutti quelli che mi hanno mai conosciuto non basta. Conosci il Garden, sempre disposto a girare il coltello un po' di più nella piaga."

Senza mostrare emozione, a parte la minuscola sfumatura che vagava nel suo tono di voce, si sporse in avanti e cambiò la fonte audio. Ci doveva essere qualcosa d'altro da ascoltare oltre al discorso infinito di Cid. Dannazione. Perché non poteva esserci Quistis nella stanza accanto a dare una lezione sulla Junction Attacco Elementale? Era sempre molto meglio di queste stronzate sulle candele dell'aldilà.

Zell era ancora turbato dal finto cadavere. Era anche preoccupato dalla non-chalance che il Comandante aveva usato in quella situazione. Non sembrava giusto. Prima, Squall aveva espresso rabbia e disgusto, ma persino allora stava mostrando emozione. Ora non c'era altro che indifferenza.

"Non ti mette totalmente a disagio, amico?

Squall scrollò le spalle, apatico. Tutta quella situazione non era niente di meno che surreale; come poteva essere più macabro aggiungere un cadavere falso alla questione?

"Immagino che abbiano trovato qualcuno con una corporatura simile, o abbiano usato un manichino. Non mi interessava chiedere i dettagli." Dopo una breve pausa, Squall ammise poi, "in più ero sotto pesanti sedativi quando mi ha spiegato questa nuova rivelazione."

"Fa paura e basta."

"Chissenefrega," borbottò il Comandante. Era piuttosto difficile sentire la sua risposta, se non ci si sforzava di sentire.

Squall era quasi sorpreso che Cid non avesse insistito sul fatto che lui dovesse 'giacere' personalmente nella bara. Almeno, in quel caso, avrebbe potuto farsi un riposino. Di certo non stava ottenendo molto rimanendo sveglio.

Rimaneva il fatto che il Comandante aveva di meglio da fare che discutere sulla semantica, o persino contemplate cose irrilevanti; c'erano uomini calvi da contare, il suo nuovo passatempo preferito. Non gli interessava proprio un cazzo di chi c'era nella bara a quel punto. Poteva sembrare brusco, ma per dio, era l'onesta verità. La realtà di cosa c'era nella bara non faceva alcuna differenza per nessuno dei partecipanti alla funzione; era solo chi credevano che ci fosse là dentro che importava.

...E loro credevano che fosse lui.

Di nuovo sporgendosi in avanti, guardò il monitor in alto a destra, quello più vicino a dove sedevano Rinoa e Laguna. Ovviamente cercò di far sembrare di non stare guardando quel particolare monitor. Per un po' era in realtà riuscito a non guardarlo, ma i suoi occhi seguivano sempre un sentiero invisibile fino a lì.

Il Presidente e Rinoa erano appena fuori dalla visuale e lui desiderava così tanto poter far spostare il monitor di pochi centimetri. Avrebbe colpito quel dannato aggeggio se fosse servito; invece la realtà si prendeva gioco di lui. Sembrava che le fonti fossero concentrate sulle entrate e le uscite; una buona strategia tattica, ma comunque non utile in quella situazione.

Dopo alcuni minuti, una figura emerse da fuori dello schermo e si diresse a una delle uscite. Non poteva vedere i dettagli del viso, ma non ne aveva bisogno: l'avrebbe sempre riconosciuta. Corrugò la fronte mentre lei scivolava calma in una porta laterale. Dio, voleva seguirla, dirle che scemo era stato e scusarsi per le sue scelte. Diavolo, non era tipo da implorare, ma dopo tutto quello che stava facendo passare a tutti, avrebbe potuto doverlo fare... questa farsa era del tutto imperdonabile e priva di motivi morali.

Dove stai andando? si chiese.

Avrebbe dovuto turbarlo il fatto che lei se ne stesse andando? Dannazione, avrebbe dovuto essere grato del fatto che lei avesse avuto abbastanza buon senso da andarsene da quel dannato posto. Eppure un altro sentimento gli diede uno strattone al cuore; in qualche modo non diventava mai più semplice guardarla andarsene - anche attraverso un monitor.

*~*~*~*~*

Con tutta la forza che aveva, piantò la vanga nella terra. Se si fosse fermata a pensare al dolore, l'avrebbe quasi uccisa.

Forse non sarebbe così male...

Rinoa scacciò il pensiero dalla mente. Da dove era venuto? Perché diavolo tutto questo le stava strappando l'anima a metà? Certo, erano stati amanti, erano stati - queste erano le parole chiave. Rinoa aveva trovato il suo status sociale, il suo posto e la sua indipendenza senza di lui. Prima aveva contato sul trovare forza con gli altri, ora contava sul trovare forza in se stessa. Era più sicuro così. Faceva la guardia alla sua vita; faceva la guardia al suo cuore. Non si sarebbe permessa di sentirsi debole di nuovo.

Continuò a lavorare il terreno, chiedendosi se questo sentimento indescrivibile fosse dovuto al loro ex legame. Ex... era davvero nel passato? Alcune parole infuocate e realtà dure negavano le promesse della loro giovinezza? Quando lui aveva davvero smesso di essere un Cavaliere, o quando lei aveva smesso di essere la sua Strega? Questa sarebbe davvero stata la fine per lei: i dubbi, le domande, le incertezze che non avrebbero mai avuto risposta, almeno in quella vita.

Quindi, invece di fare ordine nel caos, lavorava e basta, lavorava come aveva fatto negli ultimi tre anni. Se dimenticava il dolore, allora non c'era. Quello era stato il suo motto, il suo credo. Lei stessa ci aveva quasi creduto pienamente, fino a quel momento. Ogni giorno, ogni notte alla sua scrivania a Timber. Da sola. Beh, non davvero sola fisicamente; aveva Zone, Watts e Angelo. Aveva più di questo, in realtà, aveva la vita che aveva costruito contro ogni probabilità. Suo padre era quasi orgoglioso di lei; ma lei non si sarebbe mai permessa di avvicinarsi a qualcuno, soprattutto a qualcuno che l'aveva ferita così profondamente in passato.

Quello lo aveva imparato nel periodo vissuto a Balamb.

In qualche modo, aveva lasciato che poche persone selezionate le rimassero vicine emotivamente. Non si era resa conto fino a quel giorno che Laguna era stata una di quelle persone che aveva tenuto vicine. Ironico, giusto? La persona che l'aveva ferita di più era legata dal sangue a quest'uomo. Eppure, proprio come quel giorno, lei e il Presidente avevano trovato forza dalle loro avversità. Insieme, erano uniti da una perdita comune.

Ogni volta che la sua mente iniziava a vagare, sfogava la frustrazione sulla terra. La vanga incontrava il terriccio con forza enorme. A quel punto non era così difficile scavare; la maggior parte del lavoro era già stata fatta. Eppure sentiva il bisogno di andare più in profondità, di scavare ancora un po' più lontano dal mondo.

"Sa, finirà per rompere la mia vanga se va avanti così," cercò di scherzare leggermente il giardiniere.

"Mi scusi," rispose lei con tono dispiaciuto. "Lascio vagare la mente a volte... starò più attenta."

"Va tutto bene, sono solo preoccupato per lei. Non sembra che lei la stia affrontando bene."

Lei annuì, concordando. Non c'era utilità nel cercare di negarlo, se era ovviamente evidente persino a uno sconosciuto. Distogliendo lo sguardo dall'uomo, Rinoa guardò l'albero da piantare.

"È una lunga storia, credo."

"Tutte le storie che vale la pena raccontare sono lunghe, secondo me."

Lei rispose con un sorriso triste. "So di alcune storie brevi che erano piuttosto magiche."

"Abbastanza vero. Credo che niente nella mia vita sembri mai breve."

"Nemmeno nella mia," concordò lei.

"Pratica molto giardinaggio? Sembra che lei abbia un talento naturale."

"Stavo sempre in giardino con mia madre," iniziò, ma rifiutò di ricordare il passato. "Ora come ora il mio giardino non è affatto grande. Fondamentalmente... abito in una casa a schiera con un piccolo cortile. È molto piccolo, ma mi piace. Si vede il giardino dal salotto e dalla sala da pranzo. Ho una di quelle case senza un vero cortile sul retro, ma almeno il patio interno è grande abbastanza per contenere qualche cespuglio, fiori, e un salottino da esterno."

"Sembra che lei se ne prenda molta cura. Sembra piuttosto orgogliosa di quello che ha ottenuto."

"Ci lavoro quando posso, credo... se devo fermarmi a pensarci, credo di essere piuttosto orgogliosa. È qualcosa che sono riuscita a fare da sola. Onestamente, sa, fino a quando non l'ha detto lei non ci ho mai pensato, ma sì, sono piuttosto orgogliosa. In più ad Angelo piace davvero molto."

"Angelo è suo marito?"

"No." Riuscì, in realtà, a trattenere una risata. "Nemmeno simile. Il mio cane."

"Ah, beh, sono sicuro che lui apprezza il suo lavoro comunque."

"Lei," corresse Rinoa. "Angelo è una lei."

"Oh, mi scusi, signorina. Ho pensato che con un nome come Angelo..."

Rinoa minimizzò la cosa con disinvoltura. "Non si preoccupi; è un'altra lunga storia."

"Le migliori," ripeté il giardiniere, come se la conversazione fosse ora tornata al punto iniziale.

Questa volta Rinoa sospirò. "Suppongo di sì."

L'uomo si tolse i guanti da lavoro e li gettò in una piccola carriola lì vicino. "Beh, mi fa piacere che lei apprezzi la vera bellezza di tutto ciò che la circonda. Troppe persone oggi, soprattutto i giovani, danno le cose per scontate. Preferiscono tagliare un albero piuttosto che piantarne uno."

"Ne ho tagliati troppi... forse non fisicamente, ma piuttosto, metaforicamente. Penso sia ora di imparare ancora a ricostruire."

Anche lei aveva visto la sua parte di distruzione fisica della natura. Durante l'infanzia, aveva visto alberi sradicati dalla forza impietosa degli elementi; aveva visto con i propri occhi i lampi scivolare nel cielo come serpenti vendicativi. Ricordava lo schianto che faceva quando tagliava un ramo da un albero, proprio quello che sua madre aveva piantato. Ricordava ogni simbolico momento della sua devastazione.

In quel momento, non aveva alcuna intenzione di lasciare che altre faccende sue personali venissero alla luce. Quest'uomo non sapeva proprio nulla di lei. Non era lì per fare terapia, anche se dio sapeva che probabilmente aveva bisogno di visite settimanali. Quel giorno non riguardava lei, ma si chiedeva, a volte, quando riguardasse Squall... era persa nel turbine delle emozioni.

Guardò l'albero alcuni metri più in là; era l'albero di Squall a tutti gli effetti. Non poteva pensarlo a quel modo, in quel momento. Non ancora. Non era pronta ad ammetterlo - un qualcosa di commemorativo era troppo finale. Si permise invece di credere alla bugia ancora un po'.

Con un cenno all'albero, chiese all'uomo, "quello è un Frassino, vero?"

"Lei è brava. È un Frassino Bianco, più precisamente. Sa, il suo legno è uno dei più flessibili che si conosca, eppure è comunque forte. In più è un albero da ombra dannatamente buono; prospererà, qui fuori. Crescerà in pochissimo tempo, ne sono sicuro. Credo sia per questo che il Garden l'ha scelto."

"Sembra giusto."

La voce le si strozzò in gola. Di nuovo, non riuscì a sfuggire alla ragione per cui stavano piantando un albero. Non importava quanto cercasse con forza di dimenticare, il fato non glielo avrebbe concesso. Squall Leonhart aveva sempre voluto paragonarsi a un leone, quindi non poté evitare di chiedersi a quanto si sarebbe offeso se lei lo avesse paragonato a un albero. Non così clamoroso o minaccioso, credeva, ma era decisamente più accurato, secondo lei.

*~*~*~*~*

Da quando Rinoa aveva lasciato la funzione, non riusciva più a concentrarsi. Non che prima fosse il SeeD modello, ma in quel momento la sua mente era lacerata in svariate direzioni. Era arrivato a questo tipo di bivio nella sua vita prima di vederlo, dato che la situazione rifletteva l'incertezza dei suoi anni adolescenziali. Si era sempre sentito intrappolato tra due parole, tra le cose che avrebbero dovuto essere e le cose che sfortunatamente erano. Si era sempre sentito come un metronomo, che a un certo punto veniva tirato in due direzioni opposte, a cui però non veniva mai concesso di perdere un colpo.

Fidanzato. SeeD. Cavaliere. Comandante.

C'era ancora differenza tra i due lati? O il ritmo era diventato un miscuglio infinito di fallimenti da tutte e due le direzioni? Ora si trovava spinto nello stesso fatidico ritmo di dubbio. Aveva passato così tanto tempo a essere qualcosa per tutti gli altri; non si era mai davvero fermato a pensare a chi voleva essere. Nella sua stessa vita i suoi desideri erano irrilevanti.

E così aveva seguito una direzione nella sua vita, non per scelta, ma per debolezza. Poteva non essere stata la canzone che aveva voluto, ma almeno la sua vita era stata composta da qualcun altro. Nulla di tutto quello aveva più importanza. Per una volta nella sua vita, si sarebbe fermato per capire cosa voleva, anche se sfortunatamente non era quel giorno. Quel giorno era costretto a nascondere la vita all'interno di un furgone con i lati decorati da rose.

Stava impazzendo. Essere intrappolato a quel modo come un animale in gabbia non aiutava affatto.

Per nessun'altra ragione a parte la noia più pura, si avvolse un cavo al dito. Ecco a cosa era arrivata la sua vita... irrilevanza e noia. Pregò per qualche specie di salvezza da quel purgatorio. Stava pensando a un modo di scappare da quell'inferno quando uno squillo familiare risuonò di nuovo.

"Mi chiedo che c'è adesso..." chiese Zell ad alta voce, cercando la fonte dell'interruzione.

Squall, a quanto pareva, era riuscito a camuffare la posizione dell'apparecchio con il suo ultimo lancio arrabbiato. Almeno sembrava ancora utilizzabile. Anche se, vista la forza con cui era stato lanciato, dubitava onestamente che quel telefono da quattro soldi avesse abbastanza resistenza.

"Forse il Preside ti sta solo chiamando per informarti che ti è stato assegnato il mio parcheggio," rispose infine Squall, senza provare ad aiutare il suo compagno.

Dopo alcuni secondo di ricerca frenetica, Zell trovò il telefono. Era un po' danneggiato. C'era una grossa crepa circolare all'esterno, ma sembrava ancora funzionante. Zell avrebbe risposto, ma intuiva che la chiamata non era per lui. Stavolta non diede possibilità di scelta al Comandante, spingendogli l'apparecchio in mano.

Squall non protestò troppo; scelse di fare una smorfia di odio all'aggeggio. In ogni caso, aprì il cellulare senza salutare. Se era il numero giusto, non c'era bisogno di convenevoli; sapevano chi diavolo era. La sua sensazione era corretta. Il Preside cominciò subito a parlare.

"Ho appena sentito per telefono un ufficiale di Dollet. Uno dei loro consiglieri è stato appena trovato morto."

Squall trattenne una risata amara, pensando, l'assassino è la fuori e noi siamo qui a grattarci il culo. Comunque il Comandante cercò di essere diplomatico con il Preside. Quell'uomo si era almeno guadagnato quello... ma proprio a malapena.

"Vuole che torniamo laggiù?"

"No, fammi finire," continuò Cid. "Dicono che il suo corpo è tornato a riva con la marea. Il consigliere doveva essere in vacanza - è morto da svariati giorni."

"È stato fatto dal nostro tizio?"

"Beh, gli hanno sparato. Comunque, non sembra che i proiettili coincidano con quelli delle altre sparatorie. Stanno aspettando la prova balistica."

"Certo che no, perché cambiare schema adesso."

"Voglio solo che rimaniate lì e continuiate con la sorveglianza. Vi passerò qualsiasi informazione non appena arriva. Volevo solo tenervi informati."

Squall spense il telefono e lo mise su una mensola. Questo era il quarto omicidio con arma da sparo, incluso il suo. Ognuno era diverso e unico; mai lo stesso calibro, nessun legame ovvio, e a quanto pareva, eventi casuali. Ad ogni modo, una cosa rompeva lo schema: le sparatorie solitamente distavano mesi una dall'altra. Ora l'assassino aveva colpito entro giorni, o forse ore, a seconda dell'ora del decesso di quell'ultima vittima.

Il suo desiderio di uccidere stava aumentando, come il desiderio di Squall di prendere quel bastardo.

*~*~*~*~*

L'albero era stato piantato; una nuova vita nasceva dalla tragedia. Almeno era quello di cui Rinoa cercava di convincersi. Era contenta di quell'opportunità di dare una mano. Era una fuga da se stessa che le era necessaria, quel giorno. Ad ogni modo, ora che aveva finito, non c'era molto che la trattenesse nel Giardino, a parte la sua testardaggine innata. Sapeva che la funzione era finita, dato che molti studenti del Garden e visitatori erano usciti.

Aveva trovato il coraggio quella mattina di andare alla bara, ma la volontà di tornarci era velocemente svanita, insieme alla sua forza. C'era anche la piccola faccenda con Shu. Rinoa le aveva detto che l'avrebbe incontrata alla sera, ma forse la Preside di Trabia poteva vederla subito. La Strega sarebbe solo diventata più ansiosa più l'incontro fosse stato rimandato. Le esperienze di Rinoa con i Presidi non avevano i migliori precedenti.

Dopo alcuni altri minuti passati a procrastinare, Rinoa si era costretta a tornare al salone. C'era sempre questo senso di colpa che la mangiava che lei non riusciva mai a scrollarsi di dosso. La maggior parte del tempo, evitò contatto visivo con chiunque. Forse era un segno di debolezza, ma non le interessava proprio niente. Vide la Preside che parlava con Cid, ed entrambi sembravano parlare in modo molto professionale. Era lavoro per loro, lavoro come sempre, persino quel giorno. Rinoa si chiese se Cid avesse mai sentito del rimorso; il suo linguaggio corporeo non sembrava affatto alludervi. Sapeva che era ingiusto, ma lo era anche tutta quella situazione.

Si mise contro un muro, nel buio, e aspettò che i due finissero la loro conversazione. Sì, stava evitando il Preside. Forse era immaturo e infantile, ma in quel momento sentiva che era completamente nei suoi diritti. Quando vide la possibilità, la Strega si mosse velocemente e seguì Shu prima che fosse raggiunta dal prossimo politico futuro.

"Shu," chiamò Rinoa, facendo del suo meglio per attirare l'attenzione della donna, senza attirarne su di sé.

Funzionò. La SeeD si voltò e si avvicinò a Rinoa. "Salve," iniziò Shu con un sorriso sincero. "Posso esserti utile in qualche modo?"

Di nuovo, Rinoa fu felice che Shu non parlasse della funzione funebre... di come fosse stata meravigliosa, di come fossero belli e commoventi gli elogi. Rinoa stava trovando nuovo rispetto per Shu, attraverso la difficoltà della situazione. La Preside sembrava sempre sincera; non c'era alcuna aura di falsità intorno a lei. Portava Rinoa a chiedersi a quanto le cose sarebbero finite diversamente se lei fosse stata capo di Balamb tre anni prima, non Cid Kramer.

"Shu, mi chiedevo se fosse possibile parlarti adesso?" Rinoa guardò il pavimento di marmo, sperando che la SeeD avrebbe capito. "Onestamente, non so quanto a lungo posso restare qui... è solo..."

"Non c'è bisogno di spiegazioni," cercò di consolarla Shu quando le parole della ragazza si spensero. "Capisco che è difficile stare qui, per più di una ragione." Posò una mano sulla spalla di Rinoa. "Farò in modo di avere tempo adesso. Penso che sia il minimo che possiamo fare per te. Andiamo in un posto più privato, così possiamo parlare."

La Strega annuì in silenzio. Mentre iniziavano a camminare, Rinoa si asciugò le lacrime con il dorso della mano. Non avrebbe permesso alle sue paure e insicurezze di avere la meglio su di lei. Non ora. Non dopo tutti quegli anni di duro lavoro. Eppure non poteva evitare di chiedersi perché non riuscisse a sentire nessuna separazione fisica del legame; pensava che ci sarebbe stato qualcosa di più concreto, qualcosa di più definitivo. Forse erano solo le sue emozioni a parlare, e quando tutto fosse finito, avrebbe sentito la connessione recisa con il passare del tempo.

Shu la guidò in un piccola stanza lungo il corridoio del salone. Era una sala d'attesa, usata a volte per accogliere i visitatori, i dignitari e ospiti simili. Quando la porta si chiuse, si sentì di certo a disagio. L'ultimo suo incontro con un Preside non era stato di buon auspicio. Poi si rimproverò per quel pensiero: questa SeeD era diversa.

Shu tese la mano, offrendo a Rinoa un posto in cui sedersi. Di nuovo, la Strega annuì e si mosse verso una sedia lì accanto. Desiderava onestamente non essere sola; la distrazione di qualcun altro sarebbe stata una consolazione. La Strega si convinse che avrebbe affrontato questa cosa con sicurezza e dignità. Non era quella bambina spaventata di anni prima.

"Grazie per avermi incontrato," iniziò Shu. La SeeD poi si accomodò su una sedia di fronte a Rinoa. "So che è un momento molto difficile, e sarò diretta. Devo discutere le proprietà di Squall con te, o più precisamente le sue finanze personali e le sue cose. Come forse ricorderai, è il mio lavoro qui a Balamb occuparmi di queste cose. Senza Comandante, mi occuperò sia di Balamb che di Trabia fino a quando troveranno un sostituto adatto."

"Questo che cosa ha a che fare con me?"

"...Rinoa?" chiese Shu, senza capire confusione dell'altra ragazza.

"Voglio dire, gli affari personali di Squall... perché li stai dicendo a me?"

Il suo cuore aveva quasi smesso di battere all'idea che lui avesse potuto lasciarle qualcosa. Non lo avrebbe fatto, vero? Di certo non si erano lasciati in buoni rapporti. Onestamente non le sarebbe sembrato giusto se lui le avesse davvero lasciato qualcosa. Non aveva nemmeno pensato a qualcosa di simile; non riusciva nemmeno a concepire l'idea che lui se ne fosse andato, figurarsi che potesse averle lasciato qualcosa.

Per la prima volta dal loro incontro, Shu si sentì leggermente a disagio. Non era sicura di come avrebbe dovuto dirlo. Sembrava che Rinoa stessa non ne avesse idea.

"Rinoa, tu sei l'unica erede citata nel testamento."

*****
Nota della traduttrice: mi scuso enormemente per il ritardo. Insieme a questo capitolo è stato aggiornato il XIV, perché Notorious mi ha segnalato in una recensione su EFP che mi ero scordata la nota (come sempre, del resto, dannate note!!). Attenti come sempre agli spoiler nelle recensioni, per favore, ok? Sono scene un po' particolari e fanno più colpo se non si sa prima cosa succede.
Altra cosa: mi servirebbe un fan di Star Trek (o Star Wars? Non ricordo O_O). Ashbear mi ha detto che i titoli dei capitoli sono ispirati a episodi di queste serie, per cui avrei bisogno di qualcuno che mi aiutasse a rintracciarle, considerato che io non le conosco minimamente. Contattatemi pure in pm :)
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** XXI. Too Short A Season ***


AFTER THE FALL
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXI: Too Short A Season ~

Rinoa pensò che la sua mente fosse andata oltre il punto di qualsiasi comprensione; le parole che credeva di aver sentito non potevano essere vere. Era un'eco vuota di realtà, una piccola voce che le diceva che aveva frainteso la frase di Shu: era l'unica persona citata nel testamento.

Era impossibile, semplicemente senza motivo.

Se c'era del sangue rimasto a correrle nelle vene, era assente dal suo viso. La sua pelle si schiarì fino a una sfumatura d'alabastro poco sana; la mera essenza della sua forza vitale sembrò svanire. Shu riconobbe immediatamente i segnali, dopo anni passati ad affrontare le famiglie in fase di negazione. La Strega era scioccata, non al punto di aver bisogno di immediata attenzione medica, ma al punto di aver bisogno di essere in grado di respirare secondo la sua forza di volontà. Sembrava che non avesse preso aria da quando la SeeD l'aveva informata della situazione.

"Rinoa, posso prenderti qualcosa? Acqua?"

"Io? No, no... sto bene. Solo, io..."

Si fermò; non c'era modo di poter spiegare a qualcun altro come si sentiva. Le emozioni che le paralizzavano il corpo erano quasi debilitanti.

"Ho solo bisogno di un momento." Rinoa cercò di riacquistare i sensi, il più diplomaticamente possibile, in quelle circostanze.

La SeeD annuì, cercando di risolvere equamente la situazione. Shu non aveva previsto una tale reazione della giovane donna. Era ora evidente che Squall si era tenuto quel programma per sé; persino la morte non aveva fermato quel tratto del suo carattere. La loro rottura non era certo un segreto, ma se Rinoa davvero non era a conoscenza dei desideri di Squall, poteva capire il vacillare della Strega.

In realtà, Shu aveva messo in discussione la situazione con Squall stesso alcuni anni prima. Eppure il Comandante era stato irremovibile sulla sua decisione, e così non aveva più affrontato l'argomento. Il suo lavoro aveva spesso a che fare con gli 'e se'; le loro vite erano spesso nulla più di un indovinello, un semplice gioco di probabilità - che spesso i giocatori perdevano.

Quando la Strega continuò a tacere, Shu iniziò di nuovo con una spiegazione più professionale. "Rinoa, come unica erede nominata dal testamento, avrai la completa responsabilità della divisione e distribuzione delle sue proprietà, se è questo ciò che desideri. Ho già fatto preparare dagli avvocati le bozze finali dei documenti necessari. Ci servirà solo la tua firma per iniziare i trasferimenti e la liquidazione dei suoi averi. La parte finanziaria richiederà un po' di tempo; i fondi disponibili saranno pronti al trasferimento quando avremo compilato i moduli. Ad ogni modo, tutti i suoi averi personali saranno subito pronti per esserti consegnati."

Rinoa era senza parole.

Non c'erano parole anche solo per descrivere la sua confusione; i suoi pensieri erano ingarbugliati e caotici. Doveva essere un errore. Questo è un enorme errore. Quella di certo era l'unica spiegazione plausibile nella sua mente. Shu doveva aver guardato moduli datati più di quattro anni prima; persino allora era difficile da capire. Lei e Squall avevano parlato solo una volta in tre anni, e Dio solo sapeva che non era andata bene. Lui di certo non le avrebbe lasciato tutto quello che aveva. Questo la riportò all'unico pensiero logico - doveva essere un errore di trascrizione da parte del Garden.

Doveva esserlo.

"Shu..." Si sforzò molto solo per pronunciare il nome della ragazza. La sua mente, il suo corpo, e i pensieri erano tutto tranne che sincronizzati. La Strega si trovò a tremare, mentre la sua voce echeggiava piano le uniche parole che si ripetevano nella sua mente.

"È un errore. È un errore. Ci siamo lasciati tre anni fa. Non avrebbe... No."

"Rinoa, non è un errore." Shu si allungò, posando cautamente la mano su quella di Rinoa. La giovane donna rifiutò il contatto visivo. Invece continuò a guardare verso il basso.

La Preside cercò di spiegare come meglio poteva. "Rinoa, non so se ricordi o no, ma i membri della SeeD devono aggiornare queste informazioni ogni sei mesi. Questo è stato fatto, in realtà, cinque mesi fa; tra un mese sarebbe stato aggiornato di nuovo. È obbligatorio. Squall non ti ha mai rimosso come beneficiaria del suo testamento. Lo ammetto, ero sorpresa la prima volta, dopo la tua partenza. Ma lui ha insistito che non doveva mai essere modificato. Ha avuto molte possibilità, Rinoa, ma per favore ricorda che questi erano i suoi ultimi desideri."

"No... questo proprio non... non può."

Era confusa al di là delle parole, e imbarazzate dalle sue azioni. Si sentiva persa e sola. Fu involontario, ma si nascose il viso tra le mani. Poteva essere quel suo essere infantile che veniva alla luce, ma non poteva interessarle meno. Voleva onestamente nascondersi, andarsene da quel posto, andarsene da quel mondo. Nulla aveva senso per lei, e nulla diventava più semplice.

"Rinoa, non intendevo darti questa notizia così. Se avessi saputo che non ne eri minimamente consapevole, avrei aspettato fino a stasera. Sapevo solo che avevi fretta di finire la nostra conversazione, e a dire il vero ho pensato... beh, ho pensato che fosse per questo."

"Perché lo avrebbe fatto?" chiese Rinoa, disperata.

Nulla glielo avrebbe fatto capire. Diavolo, persino parlare con Squall, se fosse stato lontanamente possibile, non l'avrebbe aiutata. Lui, molto probabilmente, avrebbe semplicemente evitato le sue domande con risposte indirette, sempre se si fosse disturbato a rispondere.

"Non potrei dirtelo." Shu si addolcì, lasciando da parte il suo ruolo di Preside. Nel suo incarico non aveva conosciuto bene Rinoa, ma sapeva abbastanza della Strega per rispettarla. Nessuna quantità di pettegolezzi o sentito dire poteva far vacillare la sua opinione; non era arrivata al potere indulgendo in tali frivolezze. Aveva anche enormemente rispettato il Comandante, non solo per il suo incarico, ma come persona, e questo di per sé diceva molte cose sul carattere di Rinoa.

La SeeD continuò a parlare in tono più empatico di quello precedente. "Forse Squall non si è mai sentito tanto vicino a nessun altro. Forse voleva solo assicurarsi che tu fossi finanziariamente stabile, era un tipo piuttosto pratico in queste faccende, ma... non sono davvero nella posizione di fare supposizioni."

Onestamente, Shu avrebbe supposto alcune altre ragioni, ma la realtà non avrebbe fatto bene a nessuno. Forse era meglio lasciare che quelle osservazioni fossero sepolte nel passato.

Quando Rinoa non fece altri tentativi di fare domande, Shu si trovò di nuovo nel ruolo di mediatrice del Garden. "Onestamente tutto quello per cui sono qui adesso è portare a termine la sistemazione di questa proprietà. Quello che farai con tutto, denaro o proprietà, riguarda solamente te."

"Non posso e basta."

La Strega scosse la testa, levandosi finalmente le mani dal viso. Non poteva nascondersi, per quanto lo volesse; non era il modo in cui aveva bisogno di affrontare la situazione. Rinoa cercò di comprendere il ragionamento di Squall, anche solo un po', nonostante fosse quasi impossibile.

"Rinoa, queste sono davvero le sue volontà." La SeeD offrì quel sentimento con più forza verbale di prima. Shu sorrise in un gesto di simpatia mentre Rinoa si mordeva inconsciamente il labbro. Poteva non essere accettazione da parte della Strega, ma per il momento sarebbe stata considerata tale. La SeeD sorrise e tornò di nuovo alle questioni legali più pressanti.

"Come dicevo, la parte finanziaria richiederà qualche giorno. Ti terrò debitamente informata dei progressi. Ad ogni modo tutti gli oggetti personali, le proprietà e le altre cose fisiche sono legalmente tue dopo che firmerai le tue copie. Puoi distribuirle come meglio credi; so che ha altri amici e familiari. Tutte le decisioni che prenderai saranno definitive, e il Garden non protesterà."

Rinoa cercò di nuovo di assorbire la cosa: tutto quello che lui aveva mai posseduto era suo? Lui si aspettava che lei avesse davvero a che fare con le sue cose, e che dividesse i ricordi con i suoi amici? Un brusco guizzo di rabbia la percorse, anche se sapeva che non era giusto. Come? Come poteva lei controllare le sue cose e darle agli altri come se fossero una specie di trofeo della sua vita? Ci aveva davvero pensato, lui, o era una specie di tentativo ritardato di vendicarsi di lei?

Dio, no... sapeva che lui non aveva pensato questo, ma era tutto così travolgente. E onestamente, in quel momento, non poteva trovare nessun'altra spiegazione plausibile per le azioni semi eccentriche di Squall. Dal momento in cui aveva visto la sua fotografia in televisione, a Timber, e aveva sentito il giornalista dare la solenne notizia, tutto sembrava semplicemente fuori posto... le sembrava di essere solo un'osservatrice esterna della sua intera esistenza Questo non stava succedendo, non poteva star succedendo. Non poteva essere...

Rinoa guardò Shu come se le parole che aveva appena detto avessero in qualche modo avvelenato l'aria. La Strega cercò di raddrizzarsi a sedere e digerire la verità dai suoi stessi errori. Ad ogni modo, la verità era che non era pronta per nuove responsabilità, ma recitava comunque il suo ruolo. Tornò ad essere attenta e contò su tutto ciò che aveva mai imparato lavorando in campo politico.

"Ora, Rinoa, dato che la residenza personale di Squall si trova sulla proprietà del Garden, dovrai essere scortata sempre dal personale SeeD mentre sei nel suo appartamento. Qualsiasi computer, palmare, cellulare, o qualsiasi altro apparecchio elettronico che possa contenere informazioni riservate è già stato sequestrato dal Garden. Una scorta dovrà sempre essere presente per verificare che nessun oggetto confidenziale venga portato fuori dai nostri confini. Questa è la politica standard nei confronti di ogni vittima legata al Garden. Ad ogni modo, data la storia personale del caso, cercherò di fare in modo che siano sempre assegnate con te Quistis o Selphie. Voglio che tu sia il più possibile a tuo agio, dato le circostanze."

Rinoa rimase ancora seduta, disorientata e senza scopo, ma almeno recitò bene; la maggior parte delle parole di Shu non erano altro che un suono attutito di sottofondo. Tutta quella situazione era un sogno grottesco e surreale. Desiderava solo che qualcuno la svegliasse prima di rimanere intrappolata per sempre in quell'incubo infernale.

Non aveva compreso l'enormità della situazione, né poteva farlo se era ancora sotto shock. Non c'era modo di immaginare che avrebbe avuto la responsabilità di ogni singolo oggetto dentro al suo appartamento. Era qualcosa che avrebbe dovuto affrontare fisicamente, per poter anche solo iniziare a guarire mentalmente. Né si era fermata a considerare tutte le procedure relative, e il tempo necessario a impacchettare tutte le sue cose.

La verità era che il Comandante era quanto di più lontano potesse esserci da un maniaco dell'accumulo. Eppure, nel corso della vita, aveva acquisito infiniti oggetti, senza che nemmeno lui se ne rendesse conto. Dal divano del salotto al maglione che la madre di Zell gli aveva fatto a maglia per l'inverno e ogni cosa nel mezzo - erano oggetti banali che ora ammontavano a molto più che alla somma della sua vita.

E gli amici che aveva lasciato?

Si sarebbe aspettato che lei, o per quanto potesse decidere date le circostanze, fosse quella che avrebbe deciso chi avrebbe ricevuto cosa, sempre che ricevesse qualcosa? Era sempre stato orribile nel dare regali, in vita. A quanto pareva in morte non aveva alcuna intenzione di aggiustare quel difetto. Gli amici, la famiglia... persino Lauren? Sarebbe stata responsabile del dare a tutti loro un qualche ricordo di lui.

Come diavolo era finita Rinoa ad avere quel compito? Le sue emozioni vacillavano drasticamente tra lo shock e la rabbia. Perché lui l'avrebbe messa in una situazione così instabile? Era stata quella la sua intenzione quando aveva messo il suo nome su quei dannati documenti? Di nuovo, ne dubitò, ma chi conosceva il lavorio interno della mente di Squall Leonhart? Anche lei non ne sapeva niente.

Per non parlare del fatto che non aveva considerato l'intimo livello di lealtà e forza emotiva che ci sarebbe voluta per andare in fondo. Lui era sempre stato in guardia nella loro relazione, senza mai lasciarla entrare completamente tra le sue mura, e adesso... lei avrebbe scoperto tutto. Adesso sarebbero stati, di fatto, i suoi segreti per procura.

Non sapeva che uno di quegli oggetti doveva essere suo anni prima; lui semplicemente non aveva mai trovato il coraggio di seguire il suo cuore. La sua mente si metteva sempre in mezzo.

Lei avrebbe scoperto tutti i suoi segreti, anche quelli contenuti in una scatoletta di velluto.

*~*~*~*~*

Almeno era finita, fino a quando quel posto si sarebbe procurato l'atrocità successiva. Che conforto era per lui. Squall era agitato, stanco, mentalmente distrutto, e onestamente piuttosto incazzato. Aveva bisogno di uscire da quella cella di prigione su quattro ruote; aveva soprattutto bisogno di allontanarsi dal suo forzato compagno. Aveva bisogno di allontanarsi da tutto, a quel punto, incluso se stesso, ma i suoi bisogni sembravano banali nel grande schema della vita. Con la nuova informazione ricevuta da Dollet, era ovvio quale sarebbe stata la loro prossima destinazioni - il posto in cui era iniziato quell'incubo.

Cid li aveva informati che sarebbero partiti più tardi quella sera, dopo aver acquisito abbastanza prove audio e video. Certo, i loro sforzi della giornata potevano non portare a niente. Non era nulla più che un lancio di dadi, e il banco sembrava sempre avere quelli truccati. Continuò a fissare la scatola di legno riccamente decorata che doveva teoricamente essere il luogo del suo eterno risposo. Divenne piuttosto affascinante, in una maniera malata e ipnotica.

Ascoltò estranei che si avvicinavano e gli offrivano falsa gratitudine, un buon viaggio, e, cosa non troppo sorprendente, alcuni sembravano ironicamente compiaciuti dalla sua caduta. Segnò l'ora sul nastro quando parlavano quelle persone; avrebbe guardato gli indizi più tardi. Non se la prendeva per le loro parole; non gli interessava affatto di loro. Era quando venivano i suoi amici che si toglieva le cuffie. Non poteva sentirli. Non era pronto per le loro parole, o per il tradimento che avrebbero molto probabilmente sentito più avanti. Quelle parole dovevano essere private, e lui onorava la loro sacralità.

Erano passati quindici minuti buoni da quando Zell aveva parlato, un piccolo miracolo, se lui credeva a quel tipo di cose. Non era così. Eppure era inevitabile, il silenzio sarebbe stato spezzato. Era un dato di fatto, come il sorgere del sole al mattino.

"Posso fare una domanda?"

"Perché smettere ora," rispose Squall quasi con disprezzo. L'insistenza di Zell gli dava sui nervi, e se non fosse uscito da lì presto dubitava che sarebbe andata a finire bene.

"Uhm, dove ti seppelliranno?"

"Non sono morto."

"Beh, quello lo so. Voglio dire, dove pensano che verrai sepolto?"

"Fuori Balamb, credo."

"È quello che volevi? Credo di non aver mai pensato che sarebbe... beh, voglio dire, è quello che avevi chiesto?"

"No."

Voleva uscirsene con qualche risposta aggressiva, ma in verità non ce n'erano. In tutti i suoi anni di servizio alla SeeD, non era giunto a una decisione definitiva. Ora la scelta veniva fatta per lui. Ma davvero, trovava che il Garden non avesse altra scelta logica.

Winhill era il posto in cui era nato, ma di certo non era una casa. Sua madre poteva essere sepolta lì, e molto probabilmente suo padre sarebbe stato sepolto al suo fianco. Quella era la loro vita, non la sua. Per un po', avrebbe potuto dire l'orfanotrofio, ma ora quel posto aveva troppi ricordi e rimpianti. Nemmeno quella era la sua vita - non più. Quindi rimaneva l'unica cosa che lui era - un membro del Garden. Balamb era il posto in cui era cresciuto, e francamente, il posto in cui era morta una parte di lui.

Quindi, dato che la SeeD aveva definito la sua vita, era anche destinata a definire la sua morte.

*~*~*~*~*

Il Presidente era stato lì prima; aveva sentito il dolore della perdita di prima mano. Non era un posto in cui si poteva andare fisicamente, piuttosto uno stato mentale vuoto che spesso consumava anima e cuore. Aveva rinunciato a cercare di sorridere, quel giorno, dato che i suoi occhi mascheravano il dolore che gli era concesso ammettere pubblicamente. Lì, era come un qualsiasi altro partecipante. Era un destino che era stato scritto quasi un quarto di secolo prima, quando aveva seguito le orme di un altro sentiero.

Eppure quell'ardente bisogno di sistemare un torto lo travolgeva. Forse stavolta non si trattava di suo figlio, ma di qualcuno quasi ugualmente importante, per lui, a livello emotivo. Aveva guardato Rinoa durante il servizio funebre, non c'era altra scelta che lasciarla andare: non era suo diritto fermarla. Eppure, era un suo bisogno trovarla, adesso, per vedere se, per qualche miracolo, poteva aiutare lei quando gli sembrava di aver fallito così enormemente con il suo ex Cavaliere.

Aveva sentito dire che era nel Giardino, ma era sembrato un vicolo cieco; ritornò sui suoi passi verso il salone. Dopo altri minuti di circolo vizioso, finì per seguire casualmente un piccolo corridoio che si diramava dall'ingresso principale del Garden. Il petto gli fece male quando vide una figura solitaria seduta contro il muro. Aveva gli occhi rivolti al cielo, come in cerca di risposte che ovviamente nessuno di loro due avrebbe mai ricevuto.

"Hey, ti piacerebbe avere compagnia?"

La domanda di Laguna era piuttosto mirata. Di fatto, era lui quello che aveva estremo bisogno di compagnia. Le offrì un sorriso rassicurante, o almeno ci provò, attraverso occhi pieni di lacrime. Lei annuì e cercò debolmente di ricambiare il gesto, anche se si notava a malapena. Lui si sedette sul pavimento proprio accanto a lei; le apparenze non gli interessavano. Poteva non essere adatto al Presidente della nazione più tecnologicamente avanzata sedersi in un corridoio rovinato, ma era adatto ad un uomo e padre addolorato.

Rinoa era grata della compagnia. Era stata sola abbastanza nella vita. Le sue parole erano dolci e contenevano il peso della giornata. "Mi dispiace così tanto, Laguna. Non sarei dovuta uscire. Non volevo... mi dispiace tanto e basta."

"Perché vuoi scusarti? Io di certo non ti biasimo. Diamine, onestamente volevo potermi unire a te, ma..."

"Lo so, andarsene non avrebbe dato esattamente il miglior esempio politico."

"Si fotta la politica," scherzò lui senza entusiasmo; ma era uno scherzo costruito sulla verità. "Credo di aver semplicemente sentito che dopo tutte le volte che non ci sono stato nella sua vita, beh, potevo almeno esserci stavolta... solo un po' più a lungo."

"Sono sicura che lui lo avrebbe apprezzato."

Entrambi sorrisero appena, e all'unisono risposero con una versione di, "no, no, non lo avrebbe fatto." Anche se le risposte non usavano le stesse parole, i sentimenti erano identici.

Rinoa distolse timidamente lo sguardo da lui; non era sicura di come dirlo ad alta voce. Di nuovo, proprio come con la morte di Squall, se avesse detto le parole ad alta voce sarebbero diventate vere. Stava ancora combattendo con ciò che le aveva detto Shu; come doveva fare ad ammetterlo con qualcuno? Eppure quest'uomo aveva il diritto di sapere. Diavolo, lui aveva più diritti a conoscere gli affari del Comandante di quanti ne avesse mai avuti lei. Era in qualche modo adatto che Laguna fosse il primo a saperlo, dato che era una verità che doveva sapere prima di tutti gli altri.

"Io... Laguna, Squall... mi ha lasciato tutto."

"Cosa?"

"Quel bastardo mi ha lasciato tutto con il testamento."

La rabbia le sfuggì amaramente, insieme alle lacrime che aveva trattenuto da quando si era lasciata cadere nel corridoio. Il suo corpo iniziò a tremare, per l'emozione che saliva e la furia gratuita. Come poteva lui farle questo senza alcuna considerazione emotiva? Certo, non pensava davvero a lui con gli insulti con lui lo marchiava la sua mente. La rabbia e il dolore stavano annebbiando il suo giudizio, e in verità Laguna capiva il suo dolore e il suo risentimento anche troppo bene.

"Dio mio," fu tutto quello che riuscì a dire, prendendola tra le braccia.

Il Presidente non riusciva a immaginare perché suo figlio volesse farle vivere tutto quello - perché voleva tirarla di nuovo nel passato? Lui aveva sofferto la perdita di Raine. Anche se lei possedeva molto poco, la maggior parte delle cose erano state sistemati dagli altri a Winhill. Lui non aveva mai dovuto impacchettare le sue cose. Non aveva mai dovuto vedere ogni ultimo ricordo e fotografia. Non aveva mai dovuto mettere quel pezzo finale di nastro adesivo su una scatola e scriverci con un pennarello come se non fosse niente. Era una maledizione o una benedizione?

Ora Rinoa avrebbe dovuto rivivere il passato. Non aveva più l'ultima parola sul suo stesso destino. Laguna sapeva che era forte, ma in quel momento, con la perdita di un ex Cavaliere, a prescindere da quanto fossero stati separati da tempo e distanza, sistemare le sue cose... poteva essere emotivamente devastante. Non le avrebbe permesso di affrontare quel dolore da sola.

"Ti do una mano. Non devi farlo da sola."

"No," disse lei, quasi troppo velocemente.

Sembrava che non fosse grata dell'offerta - cosa che era lontanissima dalla verità. Rinoa sapeva che non poteva far passare a Laguna un'altra tragedia. Avrebbe preso questo destino e lo avrebbe accettato con quanta grazia fosse possibile. Sapeva anche che lui avrebbe continuato ad insistere, dato che erano simili sotto molti punti di vista.

"Mi dispiace Laguna. Non volevo davvero dire così... è solo che ho già l'aiuto, il Garden farà in modo che ci siano Selphie e Quistis. Si prenderanno cura di me, per cui per favore non preoccuparti. So che se ho bisogno di qualcosa tu ci sarai sempre."

"Va bene," concordò lui, anche se gli sembrava di abbandonare ancora una volta un suo dovere. Ma suo figlio aveva dato voce ai suoi desideri nel testamento. Se Squall voleva che Rinoa avesse la responsabilità di questa parte della sua eredità, lui avrebbe accettato. Non gli sarebbe affatto piaciuto, ma lo avrebbe fatto per onorare suo figlio.

"Rinoa, per favore, ti chiedo solo di non provare ad iniziare niente oggi... o anche solo stasera. Voglio che tutti noi superiamo la giornata per la famiglia disfunzionale che siamo. Cerca solo di superare oggi, e poi inizia a superare domani."

"Affare fatto."

Onestamente, non aveva alcuna intenzione di iniziare quel giorno. Non aveva idea di dove, come, o da cosa cominciare, anche se ci avesse provato. Si sarebbe concessa quel giorno per il dolore, e la vita intera per il lutto. In quel momento, aveva bisogno dei suoi amici e della sua famiglia adottiva, e in cambio tutti ci sarebbero stati per tutti. Come una famiglia.

"Sei impegnata stasera?" chiese lui nervosamente, rendendosi conto di quanto sembrasse stupida la domanda, date le circostanze. "Voglio dire, non che voglia saperlo. Ok, voglio dire che voglio saperlo..."

Lui espirò forte, cercando di riacquistare equilibrio verbale. Anche l'età e l'esperienza non lo avevano mai aiutato a migliorare nel trovare le parole giuste per l'occasione giusta. Era una realtà che lo perseguitava da ancora prima che potesse ricordare.

In ogni caso ci provò, lo faceva sempre. "È solo che Ellione mi ha parlato dopo la funzione. Ha detto che tutto il gruppo stasera farà una cena privata, sai, senza la confusione. Speravo che venissi anche tu. So che tutti ti vogliono lì."

"Sì, Quistis me ne ha parlato ieri sera. È solo che non sono sicura se-"

"Dovresti." Non c'era niente di più semplice di quel fatto. Lui voleva che lo sapesse anche lei.

"Solo che-"

"Sai, se continui a trovare scuse, io continuerò a interromperti. Rinoa, stasera non è per Squall, è per noi. Ora come ora abbiamo bisogno di questo, capisci?"

"Bene. Sai, non potrei mai discutere a lungo con te."

"Su." Si alzò, offrendole la mano. Lei voleva rifiutare, ma questo non riguardava più ciò che voleva lei. Facendo del suo meglio per sorridere, la Strega accettò il gesto e si alzò tremante.

"Vi raggiungo più tardi. C'è una cosa che devo fare adesso, altrimenti potrei non averne mai il coraggio."

*****
Nota della traduttrice: vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** XXII. When the Bough Breaks ***


AFTER THE FALL
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXII: When the Bough Breaks ~

Il suo corpo tremava, la sua mente correva. Rinoa era stata lì quella mattina, ma la sua visita era stata interrotta dai capricci del destino. Le servì tutto quello che le era rimasto dentro solo per tornare lì. Poteva essere stato svariati anni in ritardo, ma era davvero tornata da lui. Ora era in piedi, da sola con i suoi pensieri e i ricordi di tutto quello che era stata.

Il salone era stato svuotato, solo per ragioni di sicurezza. E per qualsiasi ragione la SeeD avesse ritenuto di farlo, le avevano dato quell'opportunità di dire il suo addio. In qualche modo, ringraziò Shu per quella possibilità; era molto probabilmente non dovuto al Preside Cid. Aveva cercato di trattenersi dal provare amarezza, ma trovava che fosse sempre più difficile con il passare del tempo. Eppure Cid era stato gentile con lei a un certo punto della sua vita, e forse, in qualche modo, questa era la versione del ramoscello d'ulivo del Garden.

Arrivava troppo tardi, ma almeno era qualcosa.

Le luci del salone erano state abbassate. La maggior parte dell'area rimaneva al buio, ma era ancora abbastanza luminosa da far vedere le lacrime quando cadevano. E sarebbero cadute - solo non ancora. Aveva bisogno di farlo con quanta dignità e forza riusciva a raccogliere. Lui si era almeno guadagnato questo, con tutte le difficoltà e le avversità che aveva affrontato.

Si era cambiata i vestiti. Non indossava più un tailleur, ma pantaloni militari e una maglietta color ecru. Ne aveva abbastanza di tacchi alti e collant. I suoi passi erano silenziosi mentre camminava sul pavimento di marmo, in forte contrasto con tutte le altre volte che aveva percorso del cammino. Si era tirata all'indietro i capelli in una coda di cavallo. In questo caso non c'erano formalità.

E ovviamente non era truccata. Non le importava il suo aspetto; era solo un'altra maschera che non rappresentava chi era diventata nella vita. In più, ogni tentativo era vano, vista la situazione: le lacrime lasciavano segni. In quel momento, era lì solo come Rinoa Heartilly, non come la Strega, non come la politica e nemmeno come una delle persone che aveva salvato il mondo.

E sentiva un dolore enorme.

Avrebbe raggiunto i suoi amici, dopo; glielo aveva promesso e non si sarebbe permessa di non rispettare la parola data. Si sarebbe dovuta asciugare le lacrime e avrebbe dovuto trovare la forza di affrontare la cosa, ma questo era diventato un errore che aveva fatto troppo spesso nella sua vita.

La bara era stata riportata a dove si trovava prima che fosse spostata per la cerimonia. La maggior parte dei fiori erano allineati sull'altro lato della stanza; pochi circondavano la bara. La sua cassa non si perdeva più nella giungla colorata di decorazioni che lo avrebbe irritato all'infinito. La bandiera SeeD era ancora stesa solennemente sul coperchio, ma la rosa solitaria che aveva lasciato quella mattina ovviamente non c'era più. Era stata molto probabilmente tolta di proposito, o caduta per caso. Era probabilmente caduta a terra ed era stata pestata dalla gente, cosa che sarebbe stata poeticamente giusta, secondo lei.

Ora era finalmente sola con Squall, ancora una volta. Non era nella maniera di cui aveva sognato negli ultimi anni, ma quei pensieri erano solo una favola. Ogni storia doveva finire, e in quel momento lei era destinata a scrivere il capitolo finale. Non era il finale che loro due avevano presenti, ma era quello scritto come loro epilogo. Non c'era modo di tornare indietro, nessun'altra possibilità.

Questa era diventata la loro ultima pagina, e lei lo sapeva.

"Scommetto che ti sembra di non poterti liberare di me, eh?" cercò di iniziare dolcemente, con una piccola risata. Al momento non era rimasta altra emozione dentro di lei da poter donare.

"Meglio tardi che mai, giusto?" Fece una pausa. "Già, forse no."

Incrociò le braccia, stringendosele intorno come se provasse a consolarsi. Ma fallì, come qualsiasi altra cosa nella sua vita al momento. Si strinse più forte come per scacciare sia il nervosismo che la paura.

"Ok, posso farlo..." Quelle parole non era per lui, ma per incoraggiare se stessa. Lasciò andare un respiro profondo e fece un passo avanti. Questa era l'ultima possibilità di dire la verità.

*~*~*~*~*

I due SeeD stavano tirando le somme della loro sorveglianza. Non era davvero così difficile, a parte il compito di catalogare svariate registrazioni audio e video, che portava via tempo. Dopo che il salone era stato quasi del tutto svuotato e le luci abbassate, il Comandante si era tolto le cuffie. Ad ogni modo, le fonti video rimasero attive e continuarono a registrare. Sia Squall che Zell erano occupati nel lavoro noioso dell'etichettatura, e lasciavano che i monitor continuassero a lavorare in sottofondo.

I due erano arrivati a molto per non intralciarsi a vicenda. L'esperto di arti marziali in particolare cercare di rispettare questo mantra, soprattutto dopo l'ultimo scambio verbale con il Comandante. Il comportamento di Squall, come risultato della prigionia, era solo peggiorato nel corso del pomeriggio. Era oramai sera, e non c'erano segnali che sarebbe cambiato presto. Non c'erano parole che Zell potesse dire per consolarlo, per cui cercò semplicemente di fare del suo meglio per trattenersi. I due parlavano solo quando diventava assolutamente necessario per lavoro - semplici parole e frasi che riguardavano solo la missione, ma nulla di più.

La schiena del Comandante era rivolta ai monitor. Zell stava usando una superficie piana lì accanto per impilare la sua parte di prove. Aveva fatto un errore con l'ultimo pezzo di nastro adesivo, e aveva finito per farne una palla. Avrebbe dovuto buttarla nella spazzatura, ma era molto annoiato, e aveva ancora più bisogno di intrattenimento. Così aveva fatto una palla in miniatura, e ora usava le dita come gambe. Con il suo nuovo giocattolo, iniziò a scalciare la pallina.

Lo stava facendo da circa un minuto, e o il Comandante non se n'era accorto, o non gliene fregava niente. In ogni caso, era una pausa gradita dalla noia. Sfortunatamente, finì per calciare un po' troppo forte, e la 'palla da calcio' volò inavvertitamente oltre l'obiettivo stabilito. Finì contro il monitor più in basso e cadde al suolo. Abbassandosi per prendere il suo giochino, notò una figura piena di ombre in uno dei monitor.

All'iniziò, pensò subito alla missione e che forse tutto quel maledetto aspettare era davvero servito. Fu solo fino a quando notò una certa familiarità nell'intruso. Strinse i denti quando si rese conto di cosa succedeva davanti a lui, e soprattutto del fatto che il suo compagno ne fosse del tutto all'oscuro. Ci fu un istinto iniziale di tenerlo segreto al Comandante; in realtà, non poteva uscire nulla di buono da quell'ultimo sviluppo. Il comportamento di Squall era quasi insopportabile adesso, e se avesse visto, poteva svilupparsi in un torrente emozionale che poteva essere devastante.

E ovviamente Zell sarebbe stato proprio sulla traiettoria dell'Uragano Squall.

Ma davvero, la salute di Zell non contava in quel caso. L'esperto di arti marziali lo capiva, perché soprattutto sapeva che questa era la realtà e che sia Squall che Rinoa avevano bisogno di una svegliata. Questa poteva essere la loro ultima possibilità, anche se entrambi avrebbero negato con veemenza che c'era anche solo la più piccola opportunità. Zell sapeva che non sarebbe andata a finire bene nel breve termine, soprattutto per lui, se doveva essere quello che avrebbe subito la forza della ricaduta emotiva; ma la sua unica preoccupazione era cosa poteva essere guadagnato a lungo termine. C'era ancora qualcosa di molto vivo tra quei due, e questo non si poteva mai negarlo.

"Squall..."

"Cosa?" sbottò velenoso il Comandante. Sapeva che quando Zell iniziava una frase con il suo nome, non era solitamente per lavoro. Era un tentativo di essere più personale. A quanto pareva, l'esperto di arti marziali dimenticava che avevano avuto tutti lo stesso addestramento mentale.

"Il monitor... guarda."

Squall si girò, pronto a essere irritato da quella nuova interruzione. Non lo era. In realtà, dovette trattenersi dal lasciare che la sua ira prendesse forma verbale. Si alzò senza mai togliere gli occhi dal monitor, e si mosse in avanti altrettanto furtivo. Zell non ebbe bisogno che gli venisse chiesto; si mosse dalla sua posizione ed ebbe la lungimiranza di spostarsi. Diede al Comandante tutto lo spazio che poteva dargli data la situazione.

Allungandosi velocemente a prendere le cuffie, Squall alzò il volume per poter sentire solo lui. Non sapeva quanto avesse perso, o cosa avesse perso, ma era semplicemente grato di quel piccolo barlume di sanità. Era davvero un'idea che non gli venne mai in mente. Prima, quando i suoi amici gli avevano dato il loro addio, non aveva mai violato la loro privacy; eppure, con lei, aveva solo bisogno di sentire la sua voce un'ultima volta. Aveva bisogno di sentirla pronunciare il suo nome. Lei gli stava parlando, una cosa che non aveva fatto per anni, una cosa che lui aveva spesso dato per scontata nella loro relazione.

Solo che in quel momento lei non sapeva che lui stava davvero ascoltando...

*~*~*~*~*

Rinoa aveva già conosciuto quella paura nella sua vita. Era una definitività che aveva sofferto molte volte. Era il momento; questa era l'ultima volta in cui dire la verità. Era l'accettazione di una fine che non diventava mai più semplice con il passare degli anni. Eppure l'unico modo di guarire era accettare. Quindi l'avrebbe fatto, o almeno ci avrebbe provato.

"Non posso... non posso più farlo," sussurrò, posando la mano sulla bara. Il suo corpo tremò al contatto ma il suo cuore la costrinse a continuare. "Mi hai chiesto della mia vita al matrimonio... mi hai chiesto come sto. Penso sia ora di dire la verità a qualcuno... non penso nemmeno di averlo mai ammesso completamente a me stessa."

La voce le tremò e lottò ancora contro paure anche troppo familiari. Le sue paure. Le stesse che aveva sentito con la Strega a Deling. Squall era là a salvarla allora, ma nessuno poteva salvarla adesso - tranne lei stessa. Doveva continuare a parlare. Il silenzio portava solo altro dolore.

"A volte sto bene, e altre volte... non sto così bene. Penso di provare a pensare molto a Timber. A volte diventa più di un semplice posto per me; sento che è diventata l'unica cosa che ho da mostrare per la mia vita. Sono sicura che sembri ridicolo il fatto che penso a una città come al significato della mia vita. A volte capisco quello che provavi per la SeeD, ma non è comunque lo stesso che avere qualcuno da-"

No, questo non riguardava la sua solitudine, riguardava il suo passato.

"All'inizio, non era reale. Nulla di tutto questo lo era... mi ingannavo pensando che tutto fosse solo temporaneo. Che mi saresti corso dietro e mi avresti detto che avevi bisogno di me. Ma tu non hai davvero avuto bisogno di me, vero? Sono cresciuta. Ho dovuto."

Una mano rimase sulla bara, mentre l'altra stringeva una collana familiare. Era diventata la sua forza, e il simbolo della sua perdita.

"Continuavo a pensare che fossimo una specie di favola. Volevo che tu mi seguissi. Non ho mai avuto bisogno del cavallo bianco, o del castello, volevo solo il mio Cavaliere. Ho aspettato... ho aspettato perché credevo che mi avresti seguito. Ridicolo e infantile, lo so. Dio, credo che in un certo senso me lo aspettassi. Poi ad un certo punto mi sono accorta che non saresti venuto. È stato dannatamente difficile, ma sono sopravvissuta... ed è tutto quello che ho fatto. Sopravvivere. Niente è più stato-"

Lo stava facendo di nuovo. Andare in quel posto nel suo cuore che era stato chiuso a chiave. Non avrebbe permesso che succedesse. Non più. Lui voleva sapere della sua vita, e non era tutto brutto. Aveva fatto qualcosa di se stessa, ed era orgogliosa dei suoi successi. Erano piccoli, ma erano suoi.

"Amo Timber. Mi piace davvero il mio lavoro, e sai una cosa? Sono proprio brava. Scommetto che ti sorprenderebbe. Voglio dire, la 'dilettante' ha davvero fatto qualcosa di giusto. Vorrei solo che non fosse l'unica cosa... voglio che tu sappia che a Timber ho delle persone accanto. Voglio dire, che tengono a me, e certo, c'è Angelo, ovviamente non una persona ma mi ha aiutato tanto." Lasciò andare una risatina quanto semplicemente patetico sembrasse ad alta voce. "Non preoccuparti, Zone e Watts sono stati meravigliosi quando sono tornata là, hanno cercato così tanto di distrarmi. Watts ha incontrato una persona però, ed è davvero carina. Probabilmente tu diresti che non ti piace, ma io so che invece ti piacerebbe. Hai sempre fatto il difficile... poi c'è Zone e, beh, lui-"

Sentì il peso della colpa caderle addosso. Ricordò di aver baciato Zone, ricordò di aver disperatamente voluto essere stretta dalle braccia di qualcuno. Ricordò di essersi quasi lasciata andare alla finzione, solo per sentirsi minimamente viva. Ma poi ricordò che non era Squall. Nessuno era Squall. E si sentì in colpa per quel semplice pensiero.

"Zone è una cosa complicata. È tutto quello che dovrei volere... ma proprio non potevo." Non poteva dire altro al suo ex Cavaliere su quella situazione piuttosto imbarazzante. Era un'altra situazione abbastanza complessa che avrebbe dovuto affrontare una volta tornata a casa. Aveva lasciato Timber senza mai davvero pensarci bene, ma avrebbe seguito quel sentiero più avanti.

Si rendeva anche conto che aveva probabilmente parlato dei suoi sentimenti con lui più negli ultimi minuti che in tutto il corso della loro relazione. Se lui fosse stato nei paraggi, l'avrebbe già interrotta, verbalmente o con il linguaggio del corpo. Non era mai stato a suo agio con le confessione sentite.

"Probabilmente mi diresti di stare zitta adesso, se potessi. Riesco quasi a vedere la tua espressione e quanto saresti irritato." Aveva immaginato il suo volto, e sentì l'aspra considerazione che non lo avrebbe visto mai più, nemmeno di passaggio. Nella sua mente, lo vedeva sorridere. Era più bello di quanto lui avrebbe mai saputo, sia dentro che fuori.

"Mi dispiace così tanto... Squall."

Il suo nome le uscì strozzato, accompagnato da un singhiozzo amaro. Eppure, una chiara immagina di lui non sbiadiva nei suoi pensieri. Era quella prima magica sera sul balcone, quella vivida scena che rifiutava di affievolirsi. Il modo in cui l'aveva baciata con innocenza sicura di sé, o almeno era stato così che l'aveva percepita. Era lei quella a cui girava la testa, a quei tempi come in quel momento.

La Strega non riuscì più a rimanere in piedi senza aiuto, mentre la sua mente girava violentemente piena di pensieri tormentati. Posò la testa sulla bara, lasciando cadere il corpo sul legno. Era malato e macabro, ma non gli sarebbe mai stata più vicina di così. Se chiudeva gli occhi, e si permetteva di crederci abbastanza, lui la stava abbracciando come aveva fatto così tante notti.

Passato, presente e futuro divennero un'unica massa confusa. Poteva vederlo per la prima volta, in piedi da solo nel salone, in mezzo alla folla. Poteva vederlo la prima notte in cui avevano fatto l'amore. Poteva vederlo mentre la pioggia gli bagnava il viso mentre la guardava andarsene. Poteva persino vederlo mentre la guardava in quel momento, come un angelo custode. Doveva smetterla. Subito. Respinse quei pensieri. Da un certo punto di vista, sentì a dire il vero simpatia per Artemisia... e questo la spaventava più della morte.

Doveva tirare indietro le emozioni. Questa era la chiusura; voleva che lui fosse felice. Aveva davvero voluto dire quelle parole. Era dannatamente difficile parlare o pensare, ma lui meritava la felicità. Mosse dolcemente le dita verso una maniglia d'ottone che decorava la cassa. Istintivamente ritrasse le dita dal metallo freddo e si raddrizzò. Questo non era giusto.

Aveva bisogno di credere che lui avesse trovato quella felicità. Quindi si sarebbe permessa di crederlo, e l'avrebbe accettato come verità. Al matrimonio di Selphie, lo aveva visto ballare con Lauren. Era sembrato così composto e calmo. Persino quando le aveva parlato nel parco, c'era una maturità che non aveva mai visto in lui. Quell'uomo non era la persona che ricordava. Non sapeva se quel fatto lo rendeva più semplice da accettare, o molto più difficile.

"Spero che tu la amassi. Spero che lei ti abbia reso felice. Ti ho visto ballare con lei... era bellissimo. Faceva un male del diavolo, ma era bellissimo. Tu eri bellissimo."

La sua mente tornò alla conversazione con Shu. La SeeD aveva detto che il suo testamento era stato aggiornato cinque mesi prima. Un altro mese e sarebbe stato rifatto di nuovo. Credeva che Lauren sarebbe stata nominata erede, e tutto sarebbe tornato al punto di partenza. Era solo per caso che c'era ancora lei; questa svista rendeva la cosa più dolorosa per tutte le persone coinvolte. Voleva dire qualcosa sulla propria rabbia, sui demoni che doveva ancora affrontare. Eppure, non poteva. C'era una vita intera per rabbia e rimpianto. In quel momento c'era solo un flebile tentativo di consolazione.

"Immagino di essere stata qui abbastanza, si staranno tutti preoccupando per me. È l'ultima cosa di cui ho bisogno adesso. Squall... immagino che niente sia andato come avevamo pianificato, eh? Nessuno può prevedere il futuro, giusto? Io, sicuro come l'inferno, non avrei mai previsto questa fine... nemmeno in un milione di vita. Voglio solo che tu lo sappia. Ho bisogno che tu sappia... che quello che è successo, le scelte che hai fatto. Ora capisco."

Doveva andarsene prima di impazzire. Doveva dire quelle parole che non aveva mai trovato il coraggio di dire - non quell'ultima notte di pioggia, non quella notte sulla panchina, non qualsiasi notte a seguire.

"Squall, non so se lo ricordi, ma la notte in cui me ne sono andata, ti ho chiesto 'chi trova la sua anima gemella a diciassette anni'? Tu mi hai solo guardato... volevo solo che tu dicessi qualcosa... qualsiasi cosa. Volevo solo che mi dicessi che sarebbe andato tutto bene. Ma non è mai andato bene, vero? Devo dirti la verità; è la mia ultima possibilità... io l'ho fatto. Ho trovato la mia anima gemella, e..."

Il cuore le batteva forte, e sentì le lacrime cadere liberamente. Le ci volle tutta la forza per rimanere composta, ma ci riuscì. Mise una mano sulla bara e disse quello che aveva nascosto.

"Ed è questo il problema... ti amo... sono ancora innamorata di te. Avevo solo bisogno che tu lo sapessi. Ma devo dire questo..."

E poi disse quell'unica parola che rese tutto definitivo.

"Addio."

*~*~*~*~*

Aveva ascoltato ogni sua parola. Ogni sentimento che aveva cercato di seppellire sembrò tornare in superficie in una tempesta di emozioni. Tutto quello che aveva cercato di negare non era più represso dal suo dubbio di sé. Aveva fatto errori; aveva anche provato a incolpare tutti tranne se stesso, a un certo punto. Poi la verità lo aveva condannato. Lui, da solo, viveva con quella colpa incomparabile. Il suo passato pesava su di lui come un'ancora, le sue paure tenevano la sua vita a un punto morto.

Avrebbe dovuto seguirla; non avrebbe dovuto lasciare che il destino dettasse il suo cammino. Avrebbe dovuto trovare forza e colpevolezza; senza quelle non gli sarebbe stato concesso il perdono. Non avrebbe dovuto lasciare che l'orgoglio lo accecasse. Non importava cosa gli altri pensassero, credessero o sapessero. Aveva vissuto in una prigione autoimposta. Non aveva mai creduto che ci fosse ancora qualche speranza... e quel giorno c'era.

Quella farsa sarebbe finita. Subito. L'aveva ferita abbastanza, con bugie e accuse nate dalla paura. Lei doveva sapere la verità, tutta quanta. Il Comandante si tolse le cuffie, gettandole con forza contro il monitor. Si alzò, pieno di risoluzione. Non gli interessava la ragione o la logica; intendeva dirle la verità. Sarebbe stato dannato prima di ferirla di nuovo.

"Che diavolo stai facendo, amico?!"

Squall stava per andarsene; Zell non poteva lasciare che accadesse. Afferrò il Comandante per il braccio, facendogli perdere l'equilibrio verso un equipaggiamento lì vicino. L'esperto di arti marziali non aveva inteso di essere forte, ma non poteva lasciare che il suo amico fosse così sconsiderato. Ed entrambi i SeeD sapevano che il solo 'chiedere per favore' non sarebbe servito. Questa cosa sarebbe finita per essere fisica. Sfortunatamente le ore che avevano portato a questo non avevano fatto altro che predire questa fine.

Squall riacquistò l'equilibrio mentre rispondeva all'attacco. Con la combinazione letale di adrenalina ed emozione, si spinse in avanti senza più trattenersi. "Cosa pensi che stia facendo? Vado a far finire questa fottuta farsa!"

"Dannazione Squall, siamo nel bel mezzo di una missione."

"Si fotta la missione. Adesso levati di dosso."

"Grandioso... ed esattamente cosa intendi fare Comandante?"

Zell pronunciò quel titolo con cattiveria. Anche lui era arrivato al limite; Squall non era l'unico ad avere una famiglia che soffriva. Il Comandante si stava comportando come un dannato cretino e lui era stanco di sopportare i suoi scazzi. Aveva cercato di ignorare quell'atteggiamento e di metterlo in prospettiva, ma non era più una scelta possibile.

I due continuarono a cercare di avere la meglio nella battaglia fisica. Ad ogni modo, per una volta, era Zell ad avere il vantaggio mentale.

"Dannazione, Squall, se vai là fuori cosa diavolo intendi dire alla gente? Finirai per farti ammazzare per davvero. Vuoi far rivivere tutto questo a tutti? Lei pensa che tu sia morto, e quelle parole non dovevi sentirle. Pensi che capirà e basta? È ferita, arrabbiata, e turbata... e lo sei anche tu. Adesso non è il momento di aggiustare le cose."

L'esperto di arti marziali non sapeva se le sue parole stavano andando a segno, o se il Comandante era già oltre ogni ragione. Non aveva mai visto il suo amico in quello stato; il comportamento imprevedibile di Squall lo spaventava a morte. Erano anni di emozioni che venivano a galla.

"Squall, in ogni caso non andrà a finire come vuoi tu. Non adesso, non ancora." Zell li aveva visti soffrire entrambi dopo la fine della loro relazione. Nessuno dei due poteva pensare con chiarezza allo stato attuale. "Torna qui e finisci il tuo dannato lavoro... e poi affrontala quando sarà tutto al sicuro. Sei tu quello che ci dice sempre di non lasciare che le emozioni annebbino la ragione."

Squall incanalò il suo conflitto in forza fisica. Con nuova forza, spinse indietro l'amico con brutalità. Zell sbatté contro le porte del furgone, picchiando la testa e le sue ferite. Barcollando, tornò in piedi e respinse l'immenso dolore. Nessuno dei due doveva essere fisicamente in grado di lottare; non sarebbe andata a finire bene se non si fossero fermati.

L'esperto di arti marziali non aveva contrattaccato, né Squall si era messo sull'offensiva. Squall stava riacquistando la ragione, o almeno lo sperava. Sembrava che anche Squall sentisse gli effetti dell'operazione; aveva un evidente dolore fisico.

Zell sapeva del possibile risultato quando aveva visto il monitor. Aveva accettato il rischio, perché il premio surclassava di molto il negativo. Le emozioni erano arrivate a un culmine imprevedibile; qualcosa doveva cedere.

Squall pensò che il petto gli esplodesse. Sembrava che un altro proiettile gli avesse trapassato il corpo. Non poteva combattere ancora fisicamente, anche se l'avesse voluto. Il Comandante lottò perché il suo corpo non mostrasse debolezza. C'era troppo in gioco. Eppure non riuscì a fermare le lacrime che gli si formarono negli occhi. Era un sollievo fisico quanto emotivo. Non avrebbe permesso a una sola goccia di cadere. Non ora. Era ambiato tutto nelle ultime settimane; nulla sarebbe mai più stato come prima.

Per così tanto tempo aveva sognato quella possibilità... le stava ancora provocando dolore. Aveva sentito le sue parole. Era tanto impotente ora quanto lo era stato in passato. Guardò Zell alla ricerca di una specie di guida spirituale che non c'era stata nella sua vita. Aveva bisogno di dire quelle parole a qualcuno. Aveva bisogno di dirle prima di trovare una ragione per ritirarsi in se stesso. Aveva bisogno di dirle per renderle una verità.

"La amo."

E non c'era niente di più semplice. Le parole che aveva represso così a lungo erano finalmente state dette.

"Lo so."

E Zell lo sapeva davvero. In realtà lo sapevano tutti. Tutti tranne Squall. Era una confessione che non avrebbe colto nessuno di sorpresa per ciò che significa, ma solo per il fatto di essere ammessa. In qualsiasi altra circostanza, quella rivelazione avrebbe guarito, ma in quel momento portava solo dolore.

Ansimanti, cercarono entrambi di riprendere fiato. Zell si lasciò infine cadere su una sedia. Sapeva che Squall non avrebbe cercato di uscire. Il Comandante era soprattutto razionale; a volte questa cosa andava solo ribadita. Anche Squall permise a se stesso di cedere al dolore, sedendosi ancora sullo sgabello. Non guardò Zell, non ancora. Le sue azioni probabilmente meritavano una spiegazione, e lui non poteva darne. Non era la prima volta che era successo qualcosa di simile. Almeno, stavolta, nessuno sarebbe morto per la sua scarsa lungimiranza.

Ad ogni modo Zell rifiutò di tacere, stavolta. "Dopo questo, se vale la pena lottare, farai del tuo dannato meglio... e non fermarti per niente al mondo. Ma se lo fai adesso, non metti a rischio solo la tua vita, ma anche quella di Rinoa. L'assassino pensa che tu sia morto. Ha sparato a me per arrivare al suo obiettivo... non puoi permettere che succeda a lei. Semplicemente non rischiare la possibilità, o il futuro di Rinoa, per le emozioni di adesso. Me lo hai insegnato tu."

Squall avrebbe preso la sua conoscenza, le sue emozioni, e la sua speranza, e le avrebbe usate come aveva fatto tante volte prima. Il Garden gli aveva insegnato come combattere; lei gli aveva insegnato come vivere.

E allora, adesso avrebbe fatto entrambe le cose.

*****
Nota della traduttrice: attenti agli spoiler nelle recensioni, per favore, ok^^?
Mi permetto di dire solo una cosa, vista una recensione all'ultimo capitolo. Questa storia è molto lunga, e in effetti si dilunga molto sui pensieri dei personaggi e su determinati avvenimenti; vi assicuro che non è inutile, anzi! Purtroppo non si capisce adesso perché tutto acquista un senso più avanti - anche parecchi capitoli più avanti, ma c'è un motivo se succedono determinate cose. A livello di trama non sono scene inutili, ve lo assicuro, ma non posso spoilerarvi la storia: quello che adesso vi sembra un semplice ripetersi del capitolo precedente in realtà si rivela di enorme importanza più avanti. Abbiate fede :)
Il capitolo viene inserito, ma non ricordo se era stato corretto. Prevedo di fare una revisione totale della storia appena finita la traduzione (spero presto), e quindi ad ogni nuovo aggiornamento verranno inseriti i capitoli corretti.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** XXIII. A Matter of Time ***


AFTER THE FALL
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXIII: A Matter of Time ~

Erano passati due giorni.

A dire il vero, era un po' più di due giorni. Per essere esatti, erano passate quarantanove ore e diciassette minuti. Era un lasso di tempo che era destinato a definire il passato. Quel giorno Rinoa era seduta su un divano che non conosceva, in un posto in cui non era mai stata - il nuovo appartamento di Squall. Quistis era andata al magazzino a prendere del nastro adesivo per impacchettare. Con quella dannata filosofia SeeD che diceva 'siate pronti per tutto', nessuna di loro aveva ricordato di portare il nastro per chiudere le scatole. Lei avrebbe riso per l'ironia, se non avesse temuto che ogni sfogo d'emozione avrebbe portato alle lacrime. Eppure quei minuti di solitudine le diedero il tempo di pensare a tutto quello che era successo negli ultimi giorni...

Era stato estremamente difficile essere ancora in quell'edificio. Era difficile oltrepassare le stesse porte, statue di marmo e anche gli stessi studenti che aveva visto anni prima. Alcune cose erano cambiate, ma molte di più erano rimaste le stesse. Dopo la sera del funerale, il Garden aveva permesso a Rinoa di rimanere in una delle stanze riservate agli ospiti. Prima, quelle stanze ospitavano dignitari, ma la maggior parte di loro era già tornata alla propria nazione.

Per loro era finita. La prossima cerimonia politica era l'unica cosa che aveva un qualche significato. Squall Leonhart era il passato, almeno in termini di potere. Loro non si occupavano del passato.

Quistis le aveva offerto di restare da lei, ma Rinoa aveva bisogno di sentirsi almeno un po' indipendente. Era l'unica cosa che le era rimasta a cui aggrapparsi: la persona che era diventata. In origine, la Strega sarebbe già stata di ritorno a Timber, in quel momento. Ma dopo la scoperta del testamento di Squall, quei piani avevano dovuto essere risistemati. Voleva affrontare le cose e finirla; voleva la possibilità di tornare a casa e guarire secondo i suoi tempi. L'unico modo per far sì che succedesse era chiudere quel capitolo della sua vita. Non poteva lasciare che questa realtà incombesse; doveva liberarsi dalle ombre.

Le ombre di lui.

Quindi, due giorni prima, era uscita dal salone verso il resto del suo futuro. Non era per un opprimente desiderio di farlo, ma doveva provare a se stessa di poter sopravvivere. Lo avrebbe fatto, con il tempo. Rimaneva la domanda: quanto tempo ci sarebbe voluto? Non avrebbe mai smesso di amarlo, ma aveva bisogno di vivere per se stessa. Squall non avrebbe voluto che lei indugiasse nel passato; avrebbe anzi insistito perché lei raggiungesse il suo futuro. Certo, era più facile a dirsi che a farsi, ma la realtà era tutt'altra cosa.

Prima di andare a incontrare tutti, quella sera, era andata nel bagno più vicino, si era asciugata le lacrime e si era unita al gruppo dei suoi amici. Quelli che potevano fisicamente esserci, c'erano, come promesso. Trovarono conforto l'uno nella compagnia dell'altro - almeno per un po'. Per svariate ore quella sera, erano stati capaci di ridere e scherzare, e se ci avessero provato abbastanza, avrebbero potuto quasi dimenticare la ragione che li aveva riuniti. Quasi, ma mai del tutto.

Irvine era stato meraviglioso: era il pilastro di forza per delle fondamenta che si sbriciolavano in silenzio. Si era assegnato quel compito, e onestamente le ragazze non avevano bisogno di nulla di meno. Le tre donne erano forti secondo tutti i punti di vista, ma a volte le emozioni le annebbiavano. Allora lui era lì con battute veloci e umorismo amaro, cercando di ricoprire i ruoli sia di Squall che di Zell, ma tutti sapevano che quei due non avrebbero mai potuto essere sostituiti.

C'erano state notizie confortanti dopo la cerimonia, ed erano diventate la loro più grande speranza. Il Preside aveva detto prima che le condizioni di Zell erano migliorate. Per un po' era stato in grado di respirare da solo. Ad ogni modo, per una buona guarigione, la dottoressa Kadowaki aveva dovuto indurre un coma farmacologico. Non era raro in quelle situazioni, ma sembrava estremamente drastico a chi non conosceva la medicina. Cid aveva spiegato che andarlo a trovare era ancora impossibile; sia il Preside che Shu erano estremamente preoccupati di una possibile falla di sicurezza, e tutti avevano concordato che era meglio stare lontani. Non potevano sopportare un'altra perdita, così lo ricordavano in pensieri e preghiere. E lo facevano spesso.

Quella sera, lei aveva riso, aveva sorriso, aveva quasi dimenticato. Rinoa non aveva ancora detto loro i dettagli del testamento di Squall. Non voleva parlarne, perché quella era l'unica sera in cui era loro concesso non pensare a cosa sarebbe successo il giorno dopo. All'inizio c'erano stati solo loro quattro, fino all'arrivo di Laguna ed Ellione. Ward e Kiros li avevano seguiti circa venti minuti dopo. Eppure era abbastanza intimo, e tutti si sentivano come una vera famiglia. Era andata estremamente bene date le circostanze, fino a quando, quasi tre ore dopo...

Erano appena passate le dieci. Qualcuno aveva bussato, cambiando il suo umore e gettando violentemente la Strega nella realtà. Era arrivata Shu, ma sfortunatamente non da sola. Lauren era salita con lei, dato che erano state invitate entrambe. Rinoa aveva saputo che quel momento sarebbe potuto arrivare; aveva solo disperatamente desiderato che non sarebbe successo.

Non era diritto di Rinoa negare il presente di Squall. Proprio come Lauren, dal canto suo, non poteva negare che la Strega fosse parte del suo passato. Solo che quanto importante non sembrava più irrilevante, e francamente Rinoa credeva che fosse meglio se lei non avesse mai scoperto la verità.

Fortunatamente, Rinoa era seduta accanto a Laguna a quel punto della serata. I due avevano già stretto un legame negli anni, ma in qualche modo sembrava che si fosse approfondito dieci volte di recente. Era semplicemente basato sul fatto di sentire entrambi di essere degli estranei, in un certo senso, degli sconosciuti nella vita di Squall. Il Presidente aveva capito il disagio di Rinoa, e uguagliava quasi il suo. Ecco, questa SeeD era l'attuale ragazza di suo figlio, e Laguna non sapeva nulla di lei, a parte una veloce presentazione al matrimonio. Non sapeva nemmeno se Lauren fosse al corrente che lui era il padre naturale di Squall. Forse credeva ancora che il Presidente fosse solo una figura influente che aveva aiutato il Garden durante la guerra contro Artemisia.

Quasi tutto quello che Laguna sapeva di Lauren lo aveva dedotto con i propri occhi, piuttosto che sentito con le orecchie. Era ovviamente una SeeD, molto dedicata all'etica, e a quanto pareva rendeva felice suo figlio. Ci avrebbe quasi creduto se non avesse saputo come leggere tra le righe. Aveva osservato il comportamento del Comandante quando si erano incontrati qualche mese prima. La presentazione che aveva dato Squall avrebbe potuto essere personale, o avrebbe potuto essere ripetuta a chiunque fuori dal Garden. Secondo Laguna la presentazione era stata interscambiabile con chiunque: Quistis, Selphie, Shu - diamine, perfino Zell. Non c'era alcun legame emotivo, a parte il rispetto per i successi di Lauren.

C'era anche qualcosa che mancava negli occhi di Squall, qualcosa che una volta c'era stato: amore.

Laguna non avrebbe messo in discussione i ragionamenti di suo figlio; lo faceva di rado. Così aveva accettato la loro relazione di facciata, incluso il veloce scambio verbale al matrimonio - dove Squall l'aveva presentata solo come Lauren. Non l'aveva presentata come nulla di più profondo - nemmeno come amica, come fidanzata, o, se era per quello, come SeeD del Garden. Lei era solo un nome e niente altro.

Era un forte contrasto con il modo con cui suo figlio aveva presentato Rinoa. Beh, almeno quando Squall aveva pubblicamente affermato che avevano una relazione. Lo sapevano tutti, ma era solo una di quelle cose non dette - fino a quando Squall aveva voluto dirla. Certo, Laguna aveva incontrato la Strega durante la guerra contro Artemisia, ma non era stato fino a una cena più avanti che Squall aveva ammesso la loro relazione.

Laguna non avrebbe mai dimenticato quella notte. Lui stava bevendo del punch quando Squall gli si era avvicinato. Era raro che padre e figlio si parlassero; era anche più raro che fosse Squall a dare il via alla conversazione. Non avevano detto molto mentre stavano in piedi vicini l'uno all'altro. C'era stato un silenzio imbarazzante, fino a quando un suono familiare era giunto alle orecchie di Squall. Rinoa stava ridendo con Selphie e Irvine a un angolo lì accanto. Il Comandante l'aveva guardata interagire con gli ospiti per tutta la sera, ma questo suono aveva attirato anche l'attenzione di Laguna sulla Strega.

"Stiamo insieme," aveva detto Squall di punto in bianco. Aveva pronunciato quelle parole con orgoglio, anche se con una punta di nervosismo. Laguna una volta l'aveva sentito nella sua vita con Raine.

Era successo qualcosa di importante quel giorno, anche se non lo sapevano. I due avevano condiviso un legame non detto.

"Mi piace davvero tanto," aveva risposto il Presidente.

Poteva sembrare falso, ma era la verità. Non era mai stato un uomo eloquente quando si trattava di esprimere sentimenti.

Dopo alcuni secondi di silenzio, il Cavaliere aveva semplicemente aggiunto, "anche a me."

Poi Squall aveva fatto un cenno del capo a suo padre e se n'era andato. L'ammissione del Comandante era stata così diretta, ma era il modo in cui era stata fatta che diceva molte cose. Squall aveva dato quella notizia liberamente, non era mai stato forzato a una presentazione. Ed era esattamente così che era sembrato al matrimonio. Oltretutto, era stato Laguna a fare il primo passo verso una qualche specie di presentazione. Il Presidente voleva ancora essere una parte della vita di Squall, ed era evidente che lo era anche questa donna, quindi le avrebbe offerto la stessa ospitalità che aveva dato a Rinoa. Non significa che gli dovesse piacere, ma lui amava suo figlio.

Ora tutto quello che Laguna poteva fare era simpatizzare con Rinoa e desiderare che ci fosse un modo di poterla aiutare a sfuggire al dolore. Non c'erano parole per rendere le cose migliori, quindi non ci aveva mai nemmeno provato. Tutto quello che poteva fare era semplicemente esserci per lei. Le aveva messo un braccio intorno alle spalle, proprio come aveva fatto al funerale. E proprio come allora lei aveva accettato il gesto con gratitudine.

Erano rimasti in silenzio sul divano, mentre Selphie e Quistis davano il benvenuto alle nuove arrivate. Era stato difficile per Rinoa guardare le sue amiche che abbracciavano Lauren, e lei che ricambiava. Era stato in quel momento che la strega aveva avuto una rivelazione - che la ragazza di Squall era stata davvero accettata dal gruppo, proprio come lo era stata lei anni prima. Ma Rinoa non era mai stata una SeeD, e non avrebbe mai potuto esserlo. Spesso aveva contestato i loro ideali, mentre Lauren li abbracciava esplicitamente.

Forse era stata davvero quella la caduta nella relazione sua e di Squall: come si poteva stare davvero con qualcuno, quando non si riusciva a capirlo fino ai fattori fondamentali? Come poteva lei stare con un SeeD e non credere in quella causa? Forse era partita in svantaggio fin dall'inizio, ma aveva solo rifiutato di ammetterlo per orgoglio o per stupidità. Non sapeva quale delle due cose fosse vera.

Rinoa aveva deglutito a fatica, sperando che Shu non parlasse del testamento, anche se aveva dubitato che l'avrebbe fatto. La Strega aveva evitato di proposito la SeeD quella sera per quel motivo. Qualsiasi documento e burocrazia legale dovesse completare sarebbe certo stato lì ad aspettarla al mattino. Come aveva detto Laguna prima, aveva solo bisogno di quella sera per se stessa.

Ad ogni modo erano state le parole successive uscite dalla bocca di Shu a scioccare l'intero gruppo.

"Lauren è stata nominata come Comandante ad interim."

E proprio come i politici, fu evidente che anche la SeeD credeva che Squall fosse il passato.

"Wow, è stato veloce... molto veloce." Selphie aveva cercato di sembrare eccitata, ma non c'era riuscita.

"È solo temporaneo, fino a quando il Garden troverà un sostituto permanente." Lauren aveva cercato ancora di ribadire che molto probabilmente non era una promozione che sarebbe durata.

Shu aveva sentito il bisogno di sottolineare l'importanza della posizione di Squall. Non sarebbe stato rimpiazzato secondo il capriccio del momento; sarebbe stato un processo lungo da parte del Garden. "Cid è stato irremovibile: la ricerca richiederà un po' di tempo. Quindi non c'è nulla di certo, almeno per il prossimo futuro. Ha detto che potranno volerci settimane, anche mesi..." Shu aggiunse, come ripensandoci, "onestamente non penso che abbia una gran fretta. Questa perdita è stata difficile anche per lui. Squall non sarà mai sostituito, solo il suo titolo al Garden."

Non era passato molto tempo da questo scambio che Laguna aveva detto di essere stanco e aveva bisogno di ritirarsi per la serata. Aveva educatamente chiesto a Rinoa se poteva seguirlo; voleva mostrarle le revisioni della parte esthariana della ferrovia Timber-Esthar, quella che avrebbe completamente riutilizzato i binari di FH. Rinoa aveva educatamente accettato, sapendo molto bene di non aver nulla a che fare con quel progetto, che era di Zone. Era solo una scusa plausibile per allontanarsi. Si era sentita in debito con Laguna per quell'ennesimo salvataggio: tale padre, tale figlio, almeno in questo caso.

Dopo questo, era riuscita a tornare nella sua stanza e infine ad addormentarsi tra lacrime e ricordi. La mattina successiva aveva incontrato Shu, grata che la Preside di Trabia avesse deciso di occuparsi lei delle proprietà di Squall, e di non lasciare quel compito a Lauren. Di nuovo, Rinoa diede alla ragazza il beneficio del dubbio: la situazione era imbarazzante per tutte le parti coinvolte.

Nel pomeriggio, Rinoa aveva detto alle sue amiche del testamento, ma non aveva potuto fornire dettagli. Non ne conosceva molti, e quello che sapeva era troppo difficile da dire, per lo meno allora. Erano state scioccate, eppure Rinoa non pensava che lo fossero quanto lo era stata lei. Selphie era sembrata la più loquace, ma era nella sua natura essere diretta e fare domande.

Rinoa aveva anche parlato del bisogno di una scorta, e tutte e due le donne erano state più che felici di ricoprire quel ruolo. Era stato deciso che Quistis avrebbe lavorato con lei alla mattina e Selphie sarebbe arrivata un po' più tardi. In quel modo potevano gestire una piccola rotazione che permettesse loro di allontanarsi un pochino dal dolore. Ciò che le scioccò fu il desiderio irremovibile di Rinoa di non riposare una volta iniziato. Si erano chieste perché, ma avevano deciso di vedere cosa sarebbe successo nei giorni a seguire. Non c'era utilità nel cercare di discutere di qualcosa che non era successo. Il tempo avrebbe mostrato se c'era bisogno di affrontare quella cosa.

Così, dopo due giorni dal funerale, Rinoa sedeva sola e tanto confusa quanto prima. In realtà, non avrebbe dovuto essere lasciata sola nell'appartamento, ma era solo una breve distanza per l'insegnante. Se il Garden pensava davvero che fosse un problema se lei stava seduta intorpidita sul divano, beh, si dannassero.

Il suo appartamento non era affatto come se lo era aspettata. Forse era una buona cosa che non somigliasse alla sua vecchia stanza, che conteneva quasi una vita di ricordi, per lei. Di fatto, tutto quello che poteva vedere sembrava essere stato comprato negli ultimi tre anni. A tutti gli effetti, avrebbe potuto trovarsi nell'appartamento di un estraneo, e in un certo senso lo era.

Il soggiorno era relativamente semplice, mobili neri e tavolino in vetro; solo una sfumatura di cremisi buttata lì come accento di colore e, cosa abbastanza stupefacente, c'erano quadri ai muri, che consistevano fondamentalmente di tavole ad olio piazzate strategicamente in alcuni punti. Era un forte contrasto con la persona che ricordava, con i muri spogli e il letto matrimoniale standard del Garden, e la scrivania a muro.

No, non conosceva la persona che viveva lì. Proprio per niente.

Lasciò andare un pesante sospiro, desiderando che Quistis tornasse. La sua mente e il suo corpo avevano iniziato a inquietarsi; il silenzio non era più confortante. I suoi occhi sorvegliavano tutto, chiedendosi cosa diavolo avrebbe fatto di tutta quella roba. Onestamente, i suoi mobili costavano probabilmente più di quanto lei avrebbe guadagnato in due anni, ma non era lei, e francamente, non era nemmeno lui. Ma d'altra parte lei che ne sapeva?

Guardò di nuovo la stanza; c'era un quadro a cui continuava a tornare. Non era nulla che spiccava, quando era entrata, a parte per la sua grandezza. Era una tela che decorava il muro dietro il divano. Era anche uno di quei pezzi contemporanei che lei non era mai riuscita del tutto a capire. Eppure, in qualche modo, poteva vedere di più in questa. Poteva vedere lui, se la guardava abbastanza. Non fisicamente, dato che era piuttosto astratto, con una maggioranza di sfumature di marrone e ruggine. Ad ogni modo, c'era una linea bianca e nera che attraversava la parte inferiore del dipinto; per lei, sembrava quasi una rappresentazione concettuale di un filo spinato. Era l'unico modo in cui potesse descriverlo. Si chiese se lui lo vedesse come una rappresentazione della propria vita, se era per questo che l'aveva scelto. D'altra parte, conoscendo Squall, era semplicemente entrato in un negozio e aveva indicato la prima cosa che aveva visto. Lui non era proprio tipo da apparenze, anche se con il suo status sociale, poteva essere diventato un male necessario.

Chiuse gli occhi, cercando di schiarirsi i pensieri. Dopo un altro minuto di silenzio, si allungò a prendere una piccola scultura posata su un tavolino da caffè. Era beh, orrenda a dir poco. La tenne in mano, chiedendosi se ci aveva davvero speso dei soldi, o se l'aveva ricevuto in dono. Sperava che fosse la seconda cosa; almeno spiegava perché sentisse il bisogno di farlo vedere. Era in pratica un oggetto circolare e concavo su una base rettangolare. Immaginò che dovesse essere uno di quei design new age, ma per lei sembravano come svariati batteri deformati ed allargati. Adorabile. E ora era sua.

Sospirando, la rimise a posto. Questa situazione sembrava surreale e basta. Sobbalzò sorpresa quando la porta si aprì. Non avrebbe dovuto spaventarsi, dato che aveva aspettato parecchio. Si portò una mano al petto; il cuore le batteva forte. Di solito era una persona nervosa, e ora quello sembrava l'eufemismo dell'anno.

"Hey, dolcezza, pronta?" chiese Quistis chiudendosi la porta alle spalle. L'insegnante conosceva già la risposta; non era nulla più che una domanda retorica, qualcosa con cui spezzare la tensione.

"Dolcezza?" Rinoa si sforzò di ridacchiare mentre si alzava dal divano. "Da quando ti conosco, non mi hai mai chiamata così. A dire il vero, non ti ho mai sentito chiamare nessuno così." Rinoa sorrise, cercando di rasserenare l'atmosfera. "Sembri una delle mie vecchie tate che mi sgrida."

"Lo sembro proprio, vero?" L'insegnante ricambiò la risatina. Le sue parole di poco prima non era state forzate, ma di certo non erano nemmeno naturali. "Non so da dove mi è venuto, ma onestamente sono sorpresa di riuscire anche solo a dire quello, adesso. Mi dispiace, Rin."

"Va tutto bene. Almeno non mi hai chiamata tesoro, o mi sarei seriamente chiesta che cosa Irvine ha fatto al tuo vocabolario."

"È stupefacente quanto gli altri influenzino come parliamo, vero?" Quistis rifletté sulle parole. Il loro carattere aveva influenzato quello degli altri, anche se non intenzionalmente.

Rinoa abbassò lo sguardo. Certo non era questo l'argomento della conversazione, eppure in quel momento era naturale che la maggior parte dei pensieri andassero in qualche modo in un'unica direzione. "Lui... lui insisteva ancora a rispondere molto con 'chissenefrega' o 'scusa'(1)?"

Un'espressione addolorata si posò immediatamente sui lineamenti dell'insegnante. Era davvero stato un tempo diverso delle loro vite. "Non proprio, credo," sospirò Quistis quando se ne rese conto. "Non so quante volte lui lo abbia detto onestamente o quante volte noi lo prendevamo in giro e basta. Credo che ci fosse una linea confusa, da qualche parte. Penso che il resto di noi abbia iniziato a usare quella parola tutti i giorni più di quanto lui abbia mai fatto."

"Già... capisco."

Era così. Rinoa ricordò che durante la questione di Artemisia, aveva detto a Squall che era cattivo per ben due volte. Oh, avrebbe potuto dirgli di peggio, e più avanti gli aveva detto di peggio. Ma stava cercando di mantenere una qualche parvenza di 'signora' quei primi mesi. Eppure i suoi amici non le avevano mai permesso di dimenticare il suo modo davvero unico di dire le cose. La sua terminologia era diventata fonte di svariate battute. D'altra parte, loro erano mercenari cresciuti al Garden. Forse credevano che chiunque pensasse che la parola 'cattivo' fosse un insulto conduceva davvero una vita ritirata.

L'insegnante prese una scatola da montare dalla pila, e si sedette sul pavimento. Fece cenno alla Strega di fare lo stesso, e le due iniziarono a farne degli scatoloni. Quistis fece una pausa dopo aver finito di montare la prima scatola. C'era una questione che andava affrontata presto, e avrebbe aiutato di più farlo subito.

"Rinoa, hai deciso qualcosa per le sue cose? Voglio dire, possiamo anche impacchettare a caso per adesso, ma questo davvero non aiuta ad affrontare i problemi sottostanti."

Rinoa lottò contro la sua momentanea apprensione per respirare. Sapeva che la domanda sarebbe inevitabilmente stata posta, e lei sarebbe inevitabilmente stata costretta a rispondere.

"No, non l'ho proprio fatto."

Rinoa voleva lasciarsi andare a una lunga lamentela su come era stata costretta in quella posizione, quanto fosse ingiusto, come fosse arrabbiata e ferita, e qualsiasi altra emozione combinata in una sola. Eppure doveva fare ciò che era meglio. Erano i desideri di Squall dopo tutto; continuava a ricordarsi quel semplice fatto. Fare del male a Quistis con il suo momentaneo risentimento sarebbe di certo andato contro quel fatto. Sembrava, solo dal linguaggio del corpo, che l'insegnante stesse contemplando un'idea. Rinoa era più che disposta ad ascoltare ogni suggerimento che le veniva offerto, perché in verità era ancora troppo intorpidita per cercare di ragionare logicamente.

"Rinoa, ho parlato con Cid prima che partisse ieri per Dollet." L'insegnante fece una pausa dopo aver visto il viso della ragazza fare una smorfia al nome del Preside. Era strano, pensò, ma non erano affari suoi. "Aveva alcune idee, se sei disposta a sentirle."

Rinoa scrollò le spalle. Tanto valeva farlo, cosa aveva da perdere a quel punto? La sua sanità mentale sembrava già dispersa.

"Sperava che tu volessi considerare di mettere le sue cose nel magazzino; il Garden permetterebbe persino che fossero custodite qui. Stessa cosa con i vestiti utilizzabili e simili. Ci sono sempre emergenze in città e il Garden è legato da anni ai cittadini di Balamb. In questo modo, le cose potranno essere donate se serve."

Certo, nessuna delle due conosceva il motivo reale dietro al suggerimento; lo stratagemma ben studiato di Cid lasciava fisicamente al Garden le cose di Squall. Potevano essere facilmente immagazzinate fino a quando fosse 'tornato dal mondo dei morti'. Il Preside conosceva Rinoa e la sua natura caritatevole. Sapeva anche che avrebbe seguito quel consiglio. Beh, credeva che lo avrebbe fatto. Cid aveva imparato a leggere le persone, negli anni: era una grande caratteristica per chiunque lavorasse nel suo campo. In tutta onestà faceva bene anche a lei non dover più avere a che fare con le sue cose.

E proprio come previsto, Rinoa concordò e annuì. Le sembrava davvero una grande idea, anche se era una proposta del Preside. Cid aveva già dato aiuto in eventi di beneficenza. Una volta, quando Rinoa era ancora a Balamb, una famiglia del posto aveva perso tutto in un incendio. Il Garden e i suoi studenti avevano fatto a gara contro l'avversità. Erano arrivati persino a dare materiali e lavorare alla ricostruzione. Lei, a quel tempo, aveva creduto che fosse solo per guadagno politico; era passato poco tempo da Artemisia, e Balamb e il Garden dovevano trovare stabilità reciproca. Ma come aveva imparato Rinoa tanto tempo prima, le ragioni dietro la beneficenza non erano importanti come il risultato finale. Se le cose di Squall potevano aiutare una famiglia bisognosa, valeva la pena ascoltare il parere del Preside.

"Penso che gli piacerebbe molto," riuscì a dire Rinoa in un sussurro. Fu detto più per consolazione propria che per quella della sua compagna.

"Dobbiamo comunque esaminare tutto e prendere le sue cose e... beh, sai cosa intendo." Quistis cercò di elaborare, ma le parole le mancarono.

"Sì." Rinoa sorrise.

Onestamente, trovava consolazione nell'idea di poter aiutare gli altri. Ma questo non negava il fatto che avrebbero dovuto impacchettare ed etichettare tutto. Inoltre, aveva ancora la responsabilità della distribuzione dei ricordi. Poteva non essere stato necessario, perché sapeva che Squall non era tipo da farlo, ma lo era diventato per lei. Voleva che lui fosse ricordato da tutti i suoi amici; tutti meritavano qualcosa della sua vita.

"Allora..." iniziò Rinoa cercando di alleggerire l'atmosfera, sempre che fosse minimamente possibile. "Sai dirmi che storia c'è dietro alla statua sul tavolo?"

"Ah, quella cosa orrenda. Sembra un'ameba gigante."

Rinoa ridacchiò. "Io ho pensato ai batteri, ma penso che la tua descrizione sia meglio. Allora, intuisco che tu la vuoi davvero davvero tanto?"

"Uhm... no. Io dico che ce la giochiamo alla morra cinese."

"Ha davvero speso dei soldi per quella cosa?"

"No, era un regalo del Maggiore Dobe e di sua moglie. Penso fosse una specie di offerta di pace. O questo, o qualcuno l'ha pescata dall'oceano e voleva che Squall soffrisse. So solo che ha qualcosa a che fare con Fisherman's Horizon."

"Beh, in questo caso," rifletté Rinoa, ripensando a un certo concerto dato in città. "Io penso che l'ameba vada ad Irvine. La sua idea di 'tenere il posto' per Squall e me era avere una donna nuda stravaccata su una rivista aperta. Questa cosa è stata un po' più piacevole per Squall che per me. Penso solo di dare quella cosa a Irvine per vendicarmi."

"Sì, ma ti stai dimenticando della povera Selphie, è un'innocente estranea ai suoi... beh, difetti di personalità."

"Vero, ma hai detto che lui ha un ufficio, no?"

"Sì, sì è vero." Quistis sorrise quando capì. "Penso che abbiamo trovato la nuova casa dell'ameba."

"Bene, fuori una, ne manca solo un altro milione," borbottò sottovoce la Strega. Rinoa si voltò a guardare l'insegnante, vergognandosi un po' all'affrontare così direttamente l'argomento.

"Quistis, c'è qualcosa di particolare che vorresti? Voglio dire, non sono proprio sicura di come fare tutto," sospirò distratta. "So che eravate legati, e c'era un passato..." Poteva sentire l'emozione che iniziava a liberarsi; aveva provato così tanto a tenerla a bada. Ed era andata piuttosto bene quel giorno, fino a quel momento.

L'insegnante fece un minuscolo sorriso, ma entrambe sapevano che era come minimo involontario. "Non riesco a pensare a niente, non mi viene in mente niente. Credo che sia difficile pensare a che oggetti lo rappresentassero per me, a parte la collana e quella giacca di pelle nera che ho spesso minacciato di portare in un lavasecco... oh, e ovviamente, la sua arma."

Rinoa si voltò a quel commento, scioccata che non ci avesse pensato prima. Sembrava così ovvio quando veniva detto così chiaramente.

"Quistis, dov'è il suo gunblade?"

Notò che l'insegnante aveva smesso di lavorare a quel commento; a quanto pareva anche lei non ci aveva pensato, nella confusione. La Strega si era fermata a riflettere sull'anello e sul ciondolo, anche se brevemente. Ma per lei era sottinteso, almeno nella sua mente, che i suoi gioielli molto probabilmente sarebbero rimasti con il suo corpo. Non si sarebbe permessa di pensare ancora a Griever: era un argomento davvero troppo personale. La sua arma, comunque, era una cosa un po' diversa.

Rinoa continuò a ragionare su dove si trovava il gunblade. "Ora che ci penso, ho tipo immaginato che sarebbe stato qui, persino mostrato al funerale."

La Strega poteva immaginare mentalmente le intenzioni della SeeD. Immaginava il Lionheart in una teca con vetri antiproiettile, che sottolineava un altare al salvatore del mondo. Non era troppo tardi perché quello scenario ci fosse davvero; immaginava che fosse solo questione di tempo prima che il Garden trasformasse quella vicenda in autopromozione. Forse l'unica ragione per cui non l'avevano fatto era che lei aveva ereditato tutto. Forse questa era la ragione per cui il Garden le aveva lasciato un po' di libertà negli ultimi giorni: per giocare sulla sua compassione e buona volontà. Non pensava che non ne sarebbero stati capaci, ma sperava di essere troppo cinica. Quella era una parte di lei che non era sicura se c'era anni prima...

"Sai," iniziò Quistis, cercando di ricordare qualcosa come se avesse origliato un'informazione o se avesse solo infuso realtà in ciò che credeva. "Sto pensando... di aver sentito dire o da Shu o da Cid che alcune delle cose di Squall erano ancora in ospedale. Pensavo che avessero restituito tutto. L'unica cosa che posso pensare è che Zell lo volesse con sé... o lo stanno tenendo là per lui? Credo che, se ci penso, la cosa più logica sarebbe che è ancora una prova nelle indagini. Onestamente non so dirlo. Lo chiederò al Preside la prossima volta che gli parlo."

Quistis fece una pausa e poi chiese, "hai qualche idea su cosa farci?"

"Sì." Distolse lo sguardo. Era più facile guardare il grosso dipinto che affrontare l'amica. Sapeva che non avrebbe messo in discussione questa scelta; ma lei era Rinoa, c'era poca probabilità di cambiare le proprie incertezze. Eppure, dopo aver pensato agli ultimi eventi, le venne in mente un'unica scelta chiara - e di certo non era il Garden.

"Penso che il Lionheart dovrebbe andare a Laguna, così potrà passarlo ad Ellione. È una parte così forte di Squall e di quello che era che dovrebbe rimanere in famiglia. Ho pensato un attimo a-" Si fermò bruscamente. Rinoa non poteva parlare a Quistis di cosa pensava del Garden. La SeeD gli aveva preso così tanto, e lei non avrebbe permesso loro di farsi vanto della sua arma per la generazione successiva. Poteva essere stato il loro salvatore, ma era il figlio di qualcun altro.

"Squall lo apprezzerebbe," la rassicurò Quistis. "Probabilmente discuterebbe con te solo per salvare la faccia su Laguna. Ma alla fine, tu glielo faresti capire e lui concorderebbe. Dovrebbe rimanere in famiglia."

"Sono testarda quando voglio esserlo, Squall lo sa." Rinoa si rimproverò mentalmente - lo sapeva. Lui lo sapeva. Dannato tempo passato, di nuovo. Scosse la testa. Non ora, non di nuovo. "Grazie per aver capito, però... se parli con il Preside, per favore chiediglielo. Te ne sarei molto grata."

Dopo questo, le due continuarono a preparare le scatole senza dire una parola. Ognuna sembrava persa nel suo compito. Quando ne ebbero preparate un numero sufficiente, le preoccupazioni di Quistis tornarono a galla. Avevano bisogno di una qualche specie di piano plausibile, o almeno era quello che l'addestramento SeeD la obbligava a credere.

"Rinoa, allora, hai un'idea di dove vuoi iniziare? Intendo quando cominceremo davvero a impacchettare."

La Strega scosse la testa. Non c'era alcuna risposta che potesse dare con assoluta sincerità. Non voleva iniziare - per niente. Mai. Fortunatamente, Quistis rimase razionale, anche se la sua voce tradiva i suoi stessi demoni.

"Ok, se il Garden terrà in magazzino la maggior parte delle cose più grandi, perché non iniziamo dalla camera da letto? Penso che lì ci debbano essere la maggior parte delle cose personali. Posso contattare qualche studente per iniziare a spostare i mobili in magazzino. La maggior parte delle cose più grandi potrebbero perfino essere già fuori per stasera."

Onestamente, a Rinoa non piaceva questo. Proprio per niente. C'era qualcosa di così personale nell'impacchettare le sue cose - definivano la sua vita. Esitava specialmente per le cose che si trovavano in camera da letto. Era ovvio che quasi tutto lì era per apparenza, nulla rappresentava la sua personalità. Si sarebbe tenuto vicine quelle cose; o almeno, lo avrebbe fatto una vita prima. Rinoa avrebbe preferito iniziare dalla cucina. Dubitava che vedere una spatola le avrebbe riportato a galla i ricordi. Non sarebbe stato il caso delle fotografie, dei vestiti, e di altre cose legate al passato. Erano tutti quegli oggetti che le avrebbero solo ricordato cosa sarebbe potuto essere. E cosa più importante, cosa sarebbe dovuto essere.

"Quis, ehm... possiamo iniziare forse dalla cucina? Man mano arriverò alla camera da letto. È solo che non... non posso. Non ancora."

"Capisco," rispose lei. Quistis sapeva che certe cose sarebbero arrivate con il tempo.

Fu circa due ore più tardi che arrivò Selphie. Anche se l'atmosfera era sobria, rimase tollerabile tra le amiche. Rinoa aveva avuto ragione su una cosa; poteva mentalmente distanziarsi da piatti, zuppiere, e dalla sua pompetta per tacchino. Non poteva, nemmeno se ne dipendeva la sua vita, immaginare Squall Leonhart che cucinava, figurarsi che cospargeva di burro un tacchino. Questo non era l'uomo che ricordava. Era più facile distanziarsi da questa persona.

Per impacchettare gli oggetti della cucina ci erano volute solo poche ore. Rinoa si trovò a procrastinare. Imballare un bicchiere un po' più del necessario. Fissare i disegni dell'argenteria; aveva anche paragonato i rebbi delle forchette da insalata con quelli delle forchette da antipasto. A un certo punto, aveva persino smesso del tutto di impacchettare per fare nuove scatole - solo 'in caso' le finissero. Una mancanza di scatole non era mai davvero un pericolo, ma la Strega voleva disperatamente che lo fosse.

Fu Selphie, tra tutte le persone possibili, a farle spostare quando finirono in cucina. Rinoa aveva persino suggerito il bagno, ma Selphie sapeva cosa stava facendo la sua amica. Era una difesa emotiva; le due SeeD lo avevano visto spesso nel loro lavoro. Era persino più vicino alla situazione di quanto Rinoa avrebbe mai capito. Squall stesso aveva usato quella difesa da quando lei aveva lasciato il Garden.

Alla fine, le tre ragazze si spostarono nella sua camera da letto. Capitò semplicemente che quando uscirono, tutto quello che erano mai arrivate a credere sul loro Comandante sarebbe stato sfidato.

*

Note al testo
(1) chissenefrega o scusa: in realtà in inglese c'è una sola parola, "whatever", che può voler dire tante cose. Nella traduzione italiana del gioco credo sia stato spesso reso con 'scusa', ma nelle fanfiction difficilmente si può tradurre sempre con scusa - anzi, a volte non avrebbe proprio senso. Ho tradotto così per rendere l'idea delle risposte monosillabiche di Squall.

*****
Nota della traduttrice: attenti agli spoiler nelle recensioni, per favore, ok^^? Ho cercato di togliere tutti gli errori di questo capitolo, anche grazie a Little_Rinoa che mi beta tutto, ma se ce ne fossero segnalatemeli via pm per favore, così se l'autrice decide di fare un salto vede direttamente i commenti alla storia^^ Con i prossimi aggiornamenti inserirò anche le correzioni nei capitoli precedenti; vi segnalerò di volta in volta cosa ho corretto. Scusatemi, ma il mio tentativo di usare un programma di dettatura ha fatto un po' di danni :
A proposito di autrice... Ashbear, nell'aggiornamento di questa storia al capitolo 82 ha finalmente detto quanti capitoli saranno in tutto: 88, epilogo compreso. La storia si avvia alla fine, ma se la leggete in inglese attenti poi quando commentate qui! Nella nota al capitolo 82, ha anche detto di voler rivedere la storia e tagliare un bel po' di parole una volta che sarà finita. Non c'è bisogno che vi dica che questa traduzione è fatta sulla primissima versione... l'idea di Ashbear era di pubblicare la versione rivista su ff.net, e lasciare quella originale su un altro sito. Io penso di pubblicarle entrambe sotto questo account; mi sto informando dall'amministrazione se sarà possibile farlo. L'idea è di mettere un link reciproco nelle due storie, in modo che possiate scegliere se leggere la versione lunga o quella breve, e anche perché così il mio lavoro di traduzione della versione lungherrima non sarà buttato :P Vi darò più info appena ne avrò anche io^^
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear (a cui ho inoltrato già i commenti ricevuti finora; attendete la risposta XD). Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** XXIV. Sleeping dogs ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXIV: Sleeping Dogs ~

Rinoa era rimasta in piedi fuori dalla camera da letto, costringendo i piedi anche solo a superare la soglia. Dopo quello sarebbe diventato più facile, no? Immaginava che fare quel primo passo fosse metà della battaglia; almeno si era convinta a credere a quella falsità. Sembrava che per Selphie e Quistis fosse più semplice entrare, ma quello non la sorprese. Sembrava sempre che avessero molto più controllo delle proprie emozioni di lei, o almeno all'apparenza. Lei non si sentiva così debole da tanto tempo.

Aveva chiuso gli occhi in un patetico tentativo di camminare e non vedere la realtà davanti a lei. Fu comunque sorpresa quando sentì una presenza dietro di lei. Mentre Selphie le stringeva delicatamente il braccio, aprì gli occhi per vederla lì accanto a sé.

"Rin, facciamolo insieme, ok?"

Non fu detto con cattiveria o voglia di giudicarla; era un'amica che aiutava un'altra in una situazione difficile. Dio, le mancavano queste persone, ma era lei a doverlo fare da sola. Non c'era ragione per la sua mancanza di comunicazione con loro, a parte il suo stesso orgoglio e la negazione del suo passato. Non poteva più nascondersi da loro. Rinoa annuì senza dire una parola. Selphie offrì un sorriso e iniziò lentamente a muoversi in avanti. La Strega inspirò profondamente, lasciando che l'ossigeno le riempisse i polmoni. Poi lo fece. Erano solo alcuni semplici passi, ma era un'altra barriera che era riuscita a superare.

Un altro passo nel suo futuro.

La camera da letto di Squall era spaziosa; per lei era inaspettato. Sorprendentemente, lui possedeva un'intera mobilia da camera da letto - per di più coordinata. C'era lì anche la sua scrivania, e intuiva che avrebbe dovuto essere un computer. Shu aveva detto che il Garden lo aveva rimosso, quindi non fu un grande shock. Non c'era nessun fattore singolo che portò alla sua reazione sorpresa alla camera da letto. Eppure, quando la vide, rimase onestamente senza parole.

Per fortuna, Selphie riuscì a guardare con obiettività la situazione. Lui aveva un letto matrimoniale e la testata laccata di nero era letteralmente una libreria a muro. Da parte a parte, c'era un'infinità di manuali, libri e qualsiasi altra cosa che sembrava avere a che fare con il Garden e la SeeD. Alcuni testi scelti sembravano mancare; c'erano buchi evidenti. Di nuovo, era probabile che quei manuali mancanti fossero quelli che il Garden aveva considerato confidenziali. Selphie si sedette sul bordo del letto, prese il primo libro che le capitò sottomano e iniziò a sfogliarlo.

"Seriamente, Squall aveva tutti questi manuali sul letto! Voglio dire, ti svegli nel cuore della notte e dici, 'hey, mi chiedo quale sia la politica dei calzini con l'uniforme? Controlliamolo perché so che è quello che mi tiene sveglio'." Sorrise, cercando di spezzare la tensione.

"Stai scherzando," aggiunse Quistis, con un debole sorriso lei stessa. "Quelle erano il tipo di cose inutili che poteva recitare a memoria."

"Davvero, il ragazzo se ne intendeva di calzini." Selphie si interruppe con una risatina contenuta. "Un'enciclopedia ambulante dei sì e dei no dei passi falsi del Garden in calzature."

Selphie cercò di continuare a sorridere, mentre riponeva il manuale in una scatola vuota. Era evidente che quella scatola sarebbe stata per le cose relative al Garden. Nel caso qualcosa fosse sfuggito nella supervisione precedente, Selphie pensò che fosse meglio continuare a impacchettare quella zona.

"Io mi occupo di questa parte, se volete." Il suo commento era diretto a Quistis, anche se l'aveva detto in generale.

"Va bene."

L'insegnante aveva notato che Rinoa era rimasta immobile da quando era entrata. Odiava ammetterlo, ma per tutto il tempo che avevano passato con lei, tutto tra loro era semplicemente sembrato diverso. C'erano volte in cui sembravano le care amiche che erano state una volta, e poi c'erano volte in cui Quistis si rendeva conto che il tempo aveva cambiato tutti loro. Era lo stesso, ma era anche completamente diverso.

Sembrava che, per la maggior parte del tempo, le loro conversazioni fossero piuttosto impersonali. C'erano volte, come prima in salotto, che l'insegnante riusciva a sentire il legame che avevano condiviso anni prima. Era in momenti come quello, anche nel dolore, in cui si sentiva vicina a Rinoa come in passato. Ma poi c'erano volte in cui si trovava a a provare risentimento per la situazione, in cui sapeva che non era giusto. Non in quel momento, non viste le circostanze. Eppure erano stati una famiglia, ed erano state date poche spiegazioni della partenza della Strega. Di nuovo, aveva sentito i pettegolezzi, ma ci aveva creduto poco.

Se la sua amica voleva dirle la verità, lo avrebbe fatto. Quistis poteva solo sperare che un giorno Rinoa avrebbe trovato qualcuno con cui confidarsi. Non erano mai state arrabbiate, solo disincantate da una favola in cui tutti avevano avuto bisogno di credere, ad un certo punto.

L'insegnante sospirò lentamente e si avvicinò all'amica. Non avrebbe fatto domande; non avrebbe mai forzato una spiegazione. "Rinoa, vuoi iniziare dall'armadio? Se pensi di poter sopportare di mettere via i vestiti tu-"

"Posso," la interruppe Rinoa. Non lo fece per maleducazione, solo per il bisogno di convincere se stessa che poteva continuare. "Posso, onestamente... devo farlo. Ho bisogno di farlo." La Strega era contenta che Quistis fosse protettiva. Aveva bisogno di essere rassicurata, in quella situazione.

"Ok, siamo qui se hai bisogno di qualcosa." L'insegnante guardò la stanza. "Io inizio dal comodino. Terrò separato tutto quello che dovrai vedere. Voglio solo vedere cosa posso togliere, o assicurami che non ci sia niente, beh, di importante per il Garden, lì dentro."

Rinoa annuì. C'erano così tante cose che voleva sapere sull'uomo che viveva in quell'appartamento. Eppure si trovava ad essere incapace di chiedere. Aveva paura di scoprire le risposte? Lui era soddisfatto della sua vita? Aveva trovato la felicità con qualcun altro, la donna con cui aveva condiviso il letto all'albergo di Balamb, la stessa donna con cui condivideva questo letto? Non poteva nemmeno pensarci, quindi respinse il pensiero. Non le era permesso essere gelosa, aveva rinunciato a quel diritto anni prima. Diamine, Lauren aveva tutte le ragioni per odiarla, in quel momento, e molto probabilmente lo faceva. C'erano cose sulla ragazza che Rinoa voleva chiedere, ma non osava farlo... non era suo diritto farlo. Se fosse stata una persona migliore, avrebbe chiesto alla ragazza di Squall di aiutarla. Non era quella persona. Non quando era coinvolto il suo Cavaliere - ex Cavaliere.

Alcune ferite non sarebbero mai guarite del tutto.

Erano passati forse cinque minuti da quando avevano iniziato a mettere via le cose. Non ci era voluto molto a Quistis per rendersi conto che non c'era nulla di importante nel cassetto più in basso del comodino. Beh, almeno che interessasse il Garden. Si spostò al cassetto in alto, spostando carte, ricevute e altre cose sparse. Le avrebbe controllate per capire cosa fossero, ma non avrebbe cercato di invadere di più la privacy di Squall. Era qualcosa per cui si fidava di Rinoa: lei avrebbe onorato i suoi desideri.

Allungandosi, estrasse il più possibile il cassetto. Qualcosa catturò la sua attenzione, ed ogni istinto le diceva che se lo avesse preso avrebbe superato un limite. Eppure, sembrava così fuori posto nella vita di Squall Leonhart che si trovò inconsciamente attratta dall'oggetto.

Quistis si sedette diritta, notevolmente diritta. Se qualcuno l'avesse vista avrebbe trovato ovvie le sue intenzioni, tanto quanto la sua incertezza. Per prima cosa, guardò dall'altro lato del letto dove c'era Selphie. Controllava se in ogni libro ci fosse qualcosa, prima di posarli nella scatola. La SeeD teneva ogni libro per la copertina e lo scuoteva rapidamente. Non la cosa migliore per garantire longevità al libro, ma stava facendo un buon lavoro.

Poi Quistis guardò l'armadio. Rinoa era rimasta ancora una volta eccezionalmente in silenzio. Anche da lì, l'insegnante poteva vedere che le tremavano le mani mentre cercava di mettere via le magliette. Stava facendo un lavoro piuttosto orrendo nel piegarle; Squall sarebbe stato praticamente traumatizzato da quella vista. Poteva quasi immaginare la sua reazione. Comunque, il fatto che fosse Rinoa a cercare di piegarle avrebbe diminuito il suo disgusto, ma, oh sì, ci sarebbe stato lo stesso. Dio, le mancava.

Quando sembrò che le due donne fossero diversamente occupate, Quistis mise la mano nel cassetto, cercando di non attirare attenzione. Era un oggetto piccolo, di velluto, e sembrava la scatola di cui molte ragazze sognano fin dalla loro giovinezza. O almeno, quello era stato il suo primo pensiero. Aveva cercato di accantonare l'idea altrettanto velocemente, pensando a una 'spiegazione da Squall' più logica. Forse era un paio di preziosi gemelli, o forse un nuovo orecchino. Non cambiava spesso il suo, quindi poteva essere un regalo.

Ad ogni modo, quando la aprì, si accorse velocemente che la prima ipotesi era quella vera. Non poté evitare di trattenere il fiato, portando la mano alla bocca per lo shock. Selphie era la più vicina e aveva sentito il brusco respiro. Si voltò curiosa, pensando che fosse una cosa confidenziale, ed evitò di avvertire Rinoa. La Strega non ne sapeva proprio nulla, cosa che era una fortuna, vista la situazione.

"Cosa?" mimò Selphie con la bocca. Fu ancora più colta di sorpresa quando non ci fu risposta. Aumentò anche la sua immediata preoccupazione: l'aspetto dell'insegnante parlava da solo. Pochissime cose la lasciavano in un così ovvio stato di shock.

Le ci volle un secondo per raccogliere i pensieri. Questo poteva danneggiare Rinoa. Nessuno si era reso conto che Squall aveva anche solo considerato di sposarsi. Avevano tutti avuto l'impressione che la sua relazione fosse qualcosa di completamente diverso. Quistis infine si voltò, cercando di nascondere le sue azioni a Rinoa nel caso questa si voltasse. Alzò la scatolina di velluto quanto bastava perché Selphie ne capisse il contenuto. I suoi occhi si allargarono per lo shock. Ebbe comunque abbastanza buon senso da continuare a mimare le parole con la bocca invece di parlare. Di certo non era facile per lei, ma era necessario.

"Oh mio Dio!" Selphie scosse la testa, cercando di immaginare quella possibilità. "Lauren?"

"Credo," rispose Quistis, ancora in silenzio. Era logico. E in qualche maniera politica o del Garden, il matrimonio avrebbe potuto dare benefici ad entrambe le parti coinvolte. Di certo non era una cosa rara nella loro carriera, anche se quel tipo di ragionamento con Squall non combaciava affatto, ma nulla era stato così negli ultimi anni.

"Lo farai vedere a lei?" chiese Selphie in silenzio, indicando Rinoa, anche se chi era 'lei' era estremamente ovvio.

Quistis scrollò le spalle, cercando una risposta sul viso dell'amica. Era qualcosa che nessuna delle due si aspettava di trovare, e onestamente non poteva finire bene. Poteva fare più danni che altro. Potevano facilmente buttarlo nella scatola che stava riempiendo Selphie, e riprenderlo dopo. Dopo la partenza della Strega, avrebbero potuto darlo all'altra ragazza, senza l'ovvio dolore che avrebbe inflitto a Rinoa. O potevano seguire le istruzioni che aveva lasciato Squall nel testamento, tutto sarebbe andato a Rinoa, anche se non era mai stato per lei... ma rimaneva la domanda. Quanta verità poteva sopportare Rinoa della vita amorosa del suo ex fidanzato?

Dovevano prendere la decisione giusta.

*~*~*~*~*

Era stato insopportabile. Squall Leonhart aveva immagazzinato ogni emozione che aveva provato nell'ultima settimana e si era messo addosso quella dannata facciata che si era avvolta alla sua psiche. Non sapeva cosa stava facendo, ma qualunque cosa fosse, intendeva farla al meglio delle sue abilità. E a meno che l'assassino trotterellasse da loro e lo sfidasse a una battaglia con il gunblade, le sue abilità sembravano piuttosto inutili nella faccenda.

Erano tornati a Dollet. Il cerchio si era adesso chiuso. Era sempre sembrato che la sua vita lo facesse, e non nel modo che avrebbe preferito. Due giorni e mezzo prima, e per Dio, erano i più lunghi due giorni e mezzo mai conosciuti all'umanità, lui e Zell erano tornati alla cittadina costiera. Ovviamente, si nascondevano nell'ombra, ancora intrappolati nei confini di quella cella da prigione di metallo su ruote.

La loro unica salvezza era che Cid aveva trovato un modo di far fare loro una doccia e usare un bagno in un campo militare abbandonato. Era uno dei molti rimasugli dei giorni di gloria di Vinzer Deling. Non era loro permesso dormire lì: sarebbe stata una pausa troppo gradita da quell'inferno. No, erano costretti a rimanere nello stramaledetto furgone, nei sacchi a pelo. Squall decise che quando tutto fosse finito, non avrebbe mai più viaggiato in una macchina, un autobus o un qualsiasi altro veicolo a quattro ruote. Se non era un treno o la Lagunarock, beh, francamente, si fottesse.

Né Zell né il Comandante erano arrivati di nuovo alle mani, anche se a volte era stato quasi impossibile trattenersi. L'esperto di arti marziali era riuscito a tenere un basso profilo dopo aver lasciato Balamb, cosa che non era semplice da fare in un furgone da pochi metri cubi. Sapeva che non c'era molto che poteva dire a Squall, o almeno, non molto che il Comandante volesse sentire, quindi Zell raddoppiò i suoi sforzi nelle indagini. Certo, ancora non aveva idea di cosa stesse cercando, ma stava guardando il doppio di informazioni inutili cercando di tirarne fuori almeno un decimo. Zell aveva guardato più ore di video di quanto potesse mai immaginarne; aveva addirittura pensato di giurare di non guardare più completamente la televisione dopo quella missione. D'altra parte, aveva già perso i panini - rinunciare a due grandi amori era oltre il reame della sanità mentale.

Il Preside era arrivato a Dollet circa un giorno dopo di loro. I loro contatti erano estremamente limitati, per ovvie ragioni. Ai due SeeD erano state date le informazioni disponibili dalle autorità riguardanti l'ultima vittima. Sembrava che l'omicidio avesse avuto luogo un giorno o due prima che sparassero a Squall. Era una stranezza. L'assassino non aveva mai colpito in maniera così ravvicinata, e mai nella stessa città. Sembrava che il suo bisogno stesse aumentando, e per di più piuttosto rapidamente. Anche se i suoi obiettivi erano tutti figure più o meno politiche, ricoprivano ruoli casuali. Non si riusciva a vedere alcuna base comune, o almeno da quello che Zell e Squall potevano decifrare.

In una riunione mattutina, Squall era stato informato della 'situazione' al Garden. E a lui, al momento, il Preside aveva cercato di presentarla come un semplice 'blando trasferimento di proprietà e fondi'. Quando Cid gli aveva detto esplicitamente che Rinoa stava impacchettando le sue cose, il Comandante non aveva detto nulla. Nemmeno una parola. Quel fatto onestamente spaventava il Preside, per molte ragioni. E tutti sapevano che l'apparente indifferenza di Squall non era di certo quello che sembrava.

Tutti sapevano che stava arrivando una tempesta, l'unica domanda che rimaneva era: quanto mancava prima che colpisse?

*~*~*~*~*

Era andata... beh, era andata. Rinoa cercò di rimanere padrona di sé per quel momento. In privato, poteva crollare quanto voleva. Voleva provare alle sue amiche che poteva farlo, voleva provare a se stessa che poteva farlo. Ora era già arrivata alla seconda scatola, cercando di piegare i suoi vestiti. Non era mai stata particolarmente brava a farlo, e le mani tremanti non semplificavano la cosa. Aveva iniziato vicino al centro dell'armadio, e lentamente si spostava ai lati. Non il migliore piano strategico, ma importava davvero in che ordine venivano messe nelle scatole?

In un angolo buio, si allungò a prendere qualunque cosa ci fosse. Immediatamente il suo corpo tremò: sentì qualcosa di familiare, qualcosa che le aveva offerto grande consolazione molte volte. Con le mani tremanti estrasse l'indumento: gli occhi e i ricordi fissavano una giacca di pelle nera che non avrebbe mai dimenticato. Aveva il solito aspetto, dava la solita sensazione al tatto, e aveva il solito profumo. Quella sfumatura di colonia mescolata alla pelle, qualcosa che non sarebbe mai svanito nei suoi sogni. Sentì vacillare la sua risoluzione. Se avesse pensato razionalmente, avrebbe semplicemente messo quella dannata giacca nella scatola. Non c'era assolutamente modo al mondo di riuscire a farlo.

La strinse a sé, ma senza mai abbracciarla del tutto. Per la prima volta da quando era lì, si rese conto di quanto profondamente stesse invadendo la sua vita; questa era una parte dello Squall che ricordava. Era difficile distanziarsi da quest'uomo quando teneva così saldamente tra le mani il suo passato.

"Quistis," disse con disperazione nascosta. Rinoa si voltò tremante a guardare l'amica; si era concentrata così tanto sul suo compito che non aveva parlato con nessuno. Aveva bloccato fuori il mondo senza nemmeno rendersene conto. Per quei momenti in cui la Strega aveva avuto bisogno del silenzio, lo aveva stretto. Ora, era difficile parlare; era già difficile abbastanza respirare. Non poteva chiuderle fuori adesso - aveva bisogno di loro.

"Sì," rispose Quistis.

La voce era affrettata, anche se Rinoa non lo notò. Era troppo concentrata sull'oggetto che aveva in mano per vedere quello che teneva in mano Quistis. La SeeD posò disinvolta l'anello nel cassetto, e Rinoa non se ne accorse affatto. Selphie le guardò entrambe, cercando di soppesare la situazione. Sembrava che Quistis non avesse intenzione di parlare dell'anello, almeno non ancora. Eppure Selphie si sentiva a disagio, come se lei e Quistis avessero un segreto, e di quelli ne avevano abbastanza.

"Uhm... ho trovato..." Fu una frase ovvia dato che Rinoa alzò la giacca di pelle, ma furono le uniche parole che riuscì a dire.

"Oh," rispose Quistis, mentre un lampo di genuina tristezza le attraversava il viso. Era anche il suo passato, un passato che tutti avrebbero dovuto piangere.

Rinoa deglutì, trovando forza dentro di sé; alla fine alzò gli occhi sulle sue amiche. "Quand'è stata l'ultima volta che se l'è messa?"

Le due SeeD si scambiarono sguardi confusi. Era davvero passato un bel po' di tempo. In effetti, nessuna delle due sapeva dare una data specifica. Da una parte, sembrava che l'avessero vista una vita prima, ma dall'altra sembrava che se la fosse messa solo il giorno prima.

Selphie fu la prima a parlare, anche se la frase originale non era stata rivolta a lei. "Sai, è davvero passato tanto tempo."

"Aveva iniziato a indossarla sempre meno quando io ero ancora qui," aggiunse Rinoa. "Mi chiedevo solo quanto l'avesse indossata dopo, se l'ha mai indossata."

L'insegnante si scostò i capelli dal viso e infine rispose. "Onestamente, penso che sia stato più o meno quando ha compiuto vent'anni, tu c'eri ancora. Non ricordo che lui l'abbia indossata dopo, davvero. Penso che tutti diventino troppo grandi per le cose, non fisicamente, ma mentalmente. Penso che fosse qualcosa della sua giovinezza, e avesse bisogno di andare avanti."

Rinoa guardò la giacca e poi ancora l'insegnante. Quistis lo aveva conosciuto meglio durante quegli anni, quelli prima dell'arrivo di Rinoa, quando Squall era pronto a competere con la SeeD, Artemisia e il mondo a muso duro. Erano quegli anni prima del suo arrivo che lo definivano e che avevano formato la sua personalità. Quistis Trepe aveva provato così dannatamente tanto, probabilmente un po' troppo, cosa che l'aveva portata su un sentiero che cozzava con gli ideali dell'insegnamento. Lei aveva davvero provato a conoscerlo. Sfortunatamente, Squall non aveva voluto essere conosciuto, ma quello non l'aveva mai scoraggiata. Per certi versi, Rinoa e Quistis erano parallele, e per altri versi si incrociavano molto. In un'altra realtà, le loro storie potevano essere interscambiabili.

Rinoa guardò l'insegnante negli occhi, cercando di sorridere anche se le lacrime minacciavano di cadere. Non lo avrebbe fatto. Non poteva farlo. Quistis aveva detto tre cose che le ricordavano Squall, prima: il suo ciondolo, la sua giacca e la sua arma. Il suo ciondolo era molto probabilmente sepolto con lui, l'arma doveva restare con la famiglia, quindi rimaneva solo...

Rinoa fece un passo esitante, trovando la forza di allungarle la giacca. "Quistis, voglio che la tenga tu."

"Cosa?" disse l'insegnante, quasi orripilata. "No... non posso... dovresti-"

"Dico sul serio," rispose Rinoa con fermezza. Fece l'ultimo passo e si sedette accanto a Quistis sul letto. Di nuovo allungò la giacca alla persona accanto a lei, che ancora una volta sembrava del tutto contro l'idea. "A me sembra davvero giusto."

"È davvero troppo personale, Rin. Non sono sicura che sembri giusto a me."

"Pensaci," ribatté Rinoa. Non avrebbe perso questa discussione e, come sapevano bene tutti, poteva essere dannatamente testarda se voleva esserlo. "Una volta mi hai detto che ricordi il primo giorno che l'ha indossata. Hai anche detto che la metteva ogni giorno alle tue lezioni. Ce l'aveva quando ha fatto l'esame scritto; ce l'aveva quando siete andati alla caverna di Fuoco. In ciascuna di queste cose... l'unica costante per Squall eri tu. Eri una parte più grande della sua vita in quel periodo rispetto a tutti noi."

Quistis era ancora scioccata, ma doveva ragionare con lei. Era una parte anche del passato di Rinoa. "Ma... Rinoa, ce l'aveva quando ti ha liberata alla Dimora della Strega, nello spazio, anche per la festa dopo Artemisia, tu eri lì per lui quanto me, se non di più."

"Quistis." Le parole di Rinoa erano pronunciate a bassa voce, e contenevano il rimpianto che aveva cercato di mascherare per giorni. "Ma solo una di noi due c'era quando è partito per la sua ultima missione. Non ero io. Tu c'eri per lui anche dopo che me ne sono andata."

"Ha ragione," intervenne infine Selphie. "Quistis, pensaci. Ci sei stata per la maggior parte della sua vita. Irvine era a Deling, io ero a Trabia. Zell c'era, ma diciamocelo, non si parlavano mai. Può non averti risposto, allora, ma ti ascoltava. Quindi rimanete tu e Seifer per la sua giacca - e penso che siamo tutte d'accordo che l'ultima scelta è un po'... uno schifo."

"Sei sicura?" Quistis stava finalmente iniziando ad accettare l'idea. Poteva non piacerle o non essere d'accordo, ma avrebbe accettato. Alla fine era la scelta di Rinoa. Squall aveva insistito molto su quel punto.

"Sì, sono sicura," Rinoa riuscì a sorridere, "che quell'ultima scelta fa davvero schifo. Quindi non farmela fare."

"Va bene." Quistis non intendeva chiederla quando aveva risposto a Rinoa, prima. Non aveva mai sognato di ottenere qualcosa di così... personale. Aveva solo parlato con il cuore e i ricordi. Avrebbe sempre avuto cura della giacca e del meraviglioso gesto dietro alla sua donazione.

Ora l'insegnante pensava di dover ricambiare quel gesto d'amicizia. Non nel modo positivo in cui l'aveva ricevuto lei, ma adesso capiva che Rinoa meritava la verità, anche se non la voleva. Gli amici si aiutavano sempre e si sostenevano senza riserve. C'erano state abbastanza persone che si nascondevano dietro la finzione, e Quistis non poteva essere una di loro.

"Rinoa, devo farti vedere una cosa."

"Quistis?" chiese Selphie con l'aria di chi la sa lunga. Le due SeeD si scambiarono uno sguardo imbarazzato. Dopo un attimo, Quistis annuì e Selphie sospirò, sapendo che cosa stava per succedere.

Rinoa aveva guardato incerta lo scambio. Una sensazione del tutto nuova di presentimento la pervase. C'era qualcosa nel tono di Quistis che la innervosiva. Tutto quello che Rinoa poté fare fu concordare e sperare per il meglio.

Quistis fece un respiro profondo e allungò una mano nel cassetto. Le dita indugiarono sulla scatolina solo per un attimo; era troppo tardi, non si poteva tornare indietro. Ci volle un altro secondo, e ancora un po' di decisione, per continuare e tirarla fuori. Dalla sua posizione, la Strega non poteva vedere che cos'aveva in mano, e voleva che questa rivelazione fosse un po' più semplice.

"Rinoa, ho trovato qualcosa nel suo comodino. Non sapevo come interpretarlo, onestamente non pensavo di trovare una cosa del genere. Non era compito mio guardare... ma dovevo solo vedere se avevo ragione, e ho disperatamente sperato di sbagliarmi. Tutto questo è abbastanza difficile per te... non volevo che affrontassi questo." Quistis distolse lo sguardo, non riuscendo a dire più niente.

Selphie fece un passo avanti e si inginocchiò davanti a Rinoa. Mise le mani sulle sue ginocchia e la guardò negli occhi. Poteva vedere che Rinoa stava lottando, e sembrava che stesse perdendo in fretta.

"Ma Rinoa, pensiamo che tu abbia il diritto di sapere. Per noi ha poco senso, credici. Anche se non è proprio raro nel nostro lavoro. Ricorda solo che a prescindere da tutto Squall ti amava. Non vogliamo che lo dimentichi mai, mai. Ok? Solo che Lauren e Squall... era una cosa diversa."

Rinoa era così confusa. Di cosa stavano parlando? Perché tirare fuori Lauren proprio in quel momento? Sapevano tutte la realtà, ma le sue amiche erano state abbastanza gentili da lasciarla perdere, quel giorno. Rinoa ne era grata. Estremamente grata. Ma a giudicare dalle loro espressioni addolorate, era qualcosa di serio. Si sentiva una bambina, impaurita da tutto ciò che la circondava. La loro esitazione peggiorò solo la sua ansia. In tutto il corpo sentiva il battito del cuore.

Ci volle solo un altro secondo prima che qualcosa le venisse messo in mano. Il suo primo istinto fu di lasciarlo cadere. Ebbe solo bisogno di guardare il velluto nero per capire perché le reazioni delle sue amiche erano tali. Era completamente surreale. Soffocò un singhiozzo mentre le mani le tremavano incontrollabilmente. Aveva provato così tanto a non farlo, e non serviva a niente. La sua reazione iniziale, dopo il lasciarlo cadere, fu di lanciarlo per la stanza come una bambina di cinque anni nel bel mezzo di un capriccio. Ma non erano bambine e non lo erano da parecchi anni - forse qualcuna non lo era mai stata.

Nessuno parlò per alcuni minuti. Sembrava che lo sguardo di Rinoa fosse fisso sulla scatolina. Eppure doveva farlo. Doveva provare a se stessa che non la turbava, anche se era una bugia bella e buona. Lentamente trovò il modo di aprire la scatolina...

Era bellissimo. Ma per Dio, era doloroso vederlo.

Era stupefacente, era meraviglioso ed era qualcosa che lui, ovviamente, aveva speso molto tempo a scegliere. Era un simbolo di amore eterno, qualcosa in cui una volta aveva creduto. Con le dita, toccò la fedina di platino che simboleggiava qualcosa che lui non avrebbe mai sentito per lei.

Era un sentimento che le spaccava il cuore, ma che stava lentamente cercando di accettare.

Si chiese se Lauren avrebbe accettato. Certo che lo avrebbe fatto, chi sarebbe stato così idiota da lasciare che qualcuno di splendido come lui le sfuggisse dalle dita? A parte lei stessa. Rinoa chiuse gli occhi, cercando di non immaginare la scena di lui che diceva quelle parole a qualcun altro. Era sempre sembrato così spaventato dall'impegno; forse c'era qualcos'altro che lei davvero non aveva capito dell'uomo che dormiva in questo letto.

Lauren sembrava essere tutto quello che Rinoa non era. Era stata cresciuta nella mentalità SeeD e sembrava che avesse basato la sua carriera sull'etica del Garden. Non sembrava nemmeno avere sempre il cuore in mano, o lasciare che le sue azioni fossero dettate da emozioni sproporzionate. Era di fatto perfetta per Squall da qualunque punto di vista. Potevano capire le ambizioni l'uno dell'altra molto meglio di quanto avrebbe mai fatto lei.

E Rinoa?

Beh, lei lo esasperava, lo irritava e lo frustrava all'infinito. Discuteva senza dargli tregua e si buttava a capofitto nelle situazioni sconosciute. Era infantile di natura, mentre Lauren era molto più matura della sua età.

Mentre guardava il diamante, la sua rabbia crebbe. Perché, perché Squall le aveva fatto questo? La volta successiva avrebbe dovuto cambiare il testamento, ora era completamente ovvio a chi sarebbe toccato impacchettare ora. Chi avrebbe dovuto impacchettare ora. Era solo per poche settimane di differenza che lei era lì, e non la sua futura fidanzata. Non era giusto e non poté evitare di sentire l'amarezza.

Questo anello simboleggiava ogni fallimento che aveva vissuto nella sua vita. Rinoa sapeva cosa doveva fare, anche se onestamente odiava Squall per questo. Odio? Forse, forse no. Non poteva odiare nessuno, e mai lui, ma sembrava che fosse la parola più semplice in quel momento. Il suo significato era l'unico in grado di descrivere i suoi sentimenti. E ora avrebbe dovuto portare a termine i desideri di Squall.

Chiuse la scatola, tenendola fermamente nel palmo della mano. Sarebbe stata troppo debole per consegnarla a Lauren di persona, o avrebbe chiesto a una delle sue amiche di farlo? Sì, ecco cos'era. Doveva farlo fare a una delle sue amiche. Sarebbe stato meglio sia per Rinoa che per Lauren non dover essere messe in quella situazione. Quistis conosceva Lauren, e poteva fare in modo che quel gesto finale di Squall significasse qualcosa. Lauren avrebbe sempre saputo quanto lui la amasse. Cercò disperatamente di mettere da parte la gelosia, ma era impossibile.

"Rinoa..." Fu la voce di Quistis a penetrare nei suoi pensieri; fu grata per essere stata salvata da se stessa. Selphie era silenziosamente tornata a sedersi sull'altro lato del letto.

"È bellissimo... significherà molto per lei," riuscì a dire Rinoa, lottando per mantenersi ferma. Ora stava per chiedere il favore più grande della sua vita. Non poteva affrontare la sua ragazza. Era dannatamente troppo debole. "Quistis... Selphie... uni di voi per favore può darglielo? Non posso e basta. Vorrei poterlo fare, vorrei essere più forte, ma sinceramente non lo sono. So che è quello che lui avrebbe voluto, solo che non posso farlo."

"Io... io non penso che possiamo."

Quistis guardò velocemente Selphie, che sembrò piuttosto confusa dalla risposta, ma qualcosa nell'atteggiamento dell'insegnante le disse di non ribattere. E quindi Selphie, contro la sua natura, rimase passivamente in silenzio.

La Strega aprì la bocca, scioccata. Non si aspettava che le sue amiche rifiutassero così facilmente. Era stato un percorso difficile, e Rinoa non era stata certo un angelo, ma sembrava che tutto fosse divelto dalle sue fondamenta. Strinse forte la mano intorno alla scatola, cercando di non sentirsi come se fosse stata tradita emotivamente ancora una volta.

Era davvero sola. Anche le amiche che riteneva come la sua famiglia stavano indietreggiando nel vuoto. Cercò di trattenere le lacrime e la rabbia; ogni gamma emotiva la stava bombardando come un fuoco di fila.

"Sì, ok," rispose cercando di mascherare il risentimento. Non successe. Non riusciva più a tenere a bada le emozioni.

"No, no," cercò di spiegare Quistis. "Non intendevo questo."

Il suo tono era dolce; Rinoa si rese conto di come fosse sembrata la sua frase. Non che lo avesse inteso, ma in quel momento era tutta presa da una consapevolezza ben diversa dall'amica.

L'insegnante si era voltata dopo aver dato l'anello a Rinoa. Non poteva sopportare di vedere il dolore della giovane Strega. Quindi aveva cercato di dare un momento all'amica, e aveva continuato a guardare le carte nel comodino del Comandante. Non ne aveva guardate parecchie; non stava a lei vederle. Era ovvio che lì dentro non c'era nulla di legato al Garden, quindi le aveva lasciate perdere. Era più per tenere dita e mente occupate piuttosto che affrontare il dolore accanto a lei. Voleva lasciare tempo a Rinoa, e anche lei ne aveva bisogno. Quindi aveva spostato delle carte da un lato all'altro del cassetto. Ad ogni modo, c'era un bigliettino scritto a mano che era stato spinto nell'angolo.

Fu per una sola ragione che lo aprì: la data. Poteva essere stato l'addestramento SeeD, o persino una curiosità innata, qualunque cosa fosse... le portò la verità.

"Per favore, prima guarda questo."

Quistis allungò il biglietto all'amica, che rifiutava ancora di guardarla negli occhi. Lei capì, anche se si sentì un po' ferita.

Rinoa non aveva avuto la stessa inclinazione, e lesse prima il contenuto. Era la ricevuta dell'anello. Non la fece sentire affatto meglio; anzi, quando vide quanto denaro aveva speso per l'anello, si sentì peggio. Infantile e immaturo, sì, ma sembrava che fosse un paragone tra la loro passata relazione e quella presente, e come lui valutasse molto di più, anche finanziariamente, quella attuale. Onestamente, non le sarebbe mai interessato il denaro, non era mai stato così. Ma nel suo stato tutto sembrava ferirla e anche questo le scavò nell'anima.

Sentì il bisogno opprimente di stracciare il biglietto in minuscoli pezzettini e buttarli nel cestino. Diamine - parte di lei voleva buttare via anche quel dannato anello, ma non l'avrebbe fatto. Era solo un pensiero passeggero nato dal risentimento. Era la natura umana, ma non era da lei.

Quistis sospirò, rendendosi conto che Rinoa non capiva l'aspetto più importante del biglietto. A quanto pareva, la Strega era concentrata sul valore piuttosto che sulla data d'acquisto. Onestamente anche il valore affascinava l'insegnante, ma di nuovo, era solo naturale viste le circostanze.

Mise una mano sulla spalla della Strega, sperando che l'amica sapesse che era dalla sua parte perfino in quel momento. "Rinoa, guarda quando è stato comprato."

Non le era nemmeno venuto in mente di controllare la data; era inutile per quanto la riguardava. Fino a quando la vide. Non era stato acquistato di recente. Di fatto, la ricevuta recava la data di quasi quattro anni prima.

"Oh mio Dio," riuscì a dire mentre iniziava a rendersi conto della realtà.

"Rinoa, non l'ha comprato per lei. L'ha comprato per te."

"No, non è possibile!" Allungò in fretta ricevuta e anello a Quistis. Non era vero. Non poteva essere. Non aveva mai dovuto essere suo, c'era una qualche altra spiegazione.

Nulla aveva più senso per lei, nemmeno il suo passato.

*****
Nota della traduttrice: scusate per il ritardo assurdo, ma ci sono. Non ricordo che recensione chiedeva se fossimo noi o Ashbear a essere lente - beh, la risposta è un po' tutte e due. In realtà, After the Fall è una storia iniziata nel 2004, che solo negli ultimi tempi ha cominciato ad essere aggiornata più di recente. La storia ancora non è stata completata in inglese, ma non credo manchi molto... o almeno spero XD Inoltre ha una tematica abbastanza pesante e tradurla a volte mi richiede una tranquillità che per vari motivi non ho. In ogni caso spero che il periodo brutto, per me, sia passato, e di poter tornare a essere più regolare in tutto - gli aggiornamenti, le traduzioni, la scrittura.
Siccome inizialmente la storia veniva tradotta con il supporto di un programma di dettatura, ho deciso di rivedere man mano i vecchi capitoli per togliere gli errori rimasti. Insieme a questo capitolo, quindi, sono stati corretti anche i primi cinque. Non ci sono modifiche sostanziali, ma qualcosina c'è.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear (a cui ho inoltrato già i commenti ricevuti finora; attendete la risposta XD). Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** XXV: Let That Be Your Last Battlefield ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXV: Let That Be Your Last Battlefield ~

I suoi movimenti erano metodici, quasi di natura meccanica. Rinoa si alzò dal letto e tornò all'armadio su passi malfermi. Quistis e Selphie si scambiarono un'altra occhiata, confuse dall'improvviso cambio di comportamento. Di certo non era la reazione che si erano aspettate, ma onestamente quale sarebbe stata una reazione corretta in quella circostanza? Eppure sembrava che la totale negazione fosse la cosa più semplice da scegliere per la Strega.

"Ehm, Rinoa, penso che dovresti sederti." Quistis sapeva che la situazione stava degenerando rapidamente, anche se sembrava proprio il contrario.

"No, no, sto bene. Devo finire qui." Rinoa sorrise senza tradire una reale emozione. "Mi ci vorrà un sacco di tempo per fare tutto... etichettare e scegliere, sapete. È solo molto lavoro, tutto qui."

"Rinoa." Stavolta, fu Selphie a pregare l'amica pronunciando semplicemente il suo nome.

"No!" ribatté furiosa la Strega. Per lo meno era emozione, in una forma o nell'altra. "Non posso, ho detto. Dio, non c'è nessuno che ascolta qui?" Le ultime parole furono piuttosto brusche.

Ancora una volta, Quistis non riuscì ad immaginare il conflitto che aveva luogo dentro la sua amica. Scoprire dopo tutto quel tempo che Squall si aggrappava a un simbolo del passato, una promessa di impegno che era stata negata dalle circostanze... non c'era un vincitore in quel caso; era un'altra perdita che sembrava impossibile accettare.

Ma rimaneva un grande ostacolo: una comprensione reciproca che era impossibile raggiungere. Per quanto Quistis e Selphie amassero e adorassero l'amica, capivano entrambe di conoscere solo frammenti del passato. Era il muro tra loro che aveva impedito alle amiche di comprendere pienamente la situazione. Avevano avuto rispetto nel non pressarla, ma comunque la realtà era che ora sembrava che Rinoa continuasse a negare. Era come minimo preoccupante. Il fatto che stavano solo cercando di aiutare la loro amica rendeva solo la situazione più esasperante.

Tutti soffrivano, e le parole e vaghe e dure di Rinoa colpirono qualcosa nell'anima dell'insegnante.

"Sai una cosa, Rinoa? Sembri arrabbiata perché non capiamo, ma è questo il problema. Noi non capiamo davvero. Che tu ci creda o no, non sei stata l'unica a essere ferita dalla tua partenza tre anni fa. Il nostro problema è che noi non abbiamo idea del perché. Per noi, abbiamo perso te molto prima di perdere Squall. Dici vagamente che in qualche modo ti aspetti che capiamo. Non è così. Siamo qui per te se hai bisogno di qualcuno in cui confidarti... ci siamo sempre state."

"Non posso," disse Rinoa sconfitta. Sembrava, dalla sua voce, che stesse trattenendo una diga di emozioni bloccata dagli anni.

"Intendi dire che non lo farai," la corresse con fermezza Quistis. La risposta ancora una volta elusiva della sua amica sembrò solo irritarla di più. Quistis sapeva che la sua reazione poteva essere irragionevole viste le circostanze, ma la ragione era stata compromessa anni prima.

"No, Quistis, intendo esattamente quello che ho detto... non posso."

Era assurdo, e Quistis lo sapeva. Erano successe troppo cose nelle ultime settimane per fare ancora i giochetti mentali. Erano andati tutti oltre quella mentalità. "Che cosa vuoi dire, Rinoa? Ci siamo sempre state per te. Potevi dirci tutto... voglio dire, anche se non fossimo state d'accordo, o fossimo state ferite, o se era successo qualcosa fuori dalla tua relazione con Squall, avremmo ascoltato. Poteva non piacerci, ma sai, tutti fanno errori."

"Cosa? Fuori dalla nostra relazione... errore? Pensate che io...? Dio sa che altri qui lo pensano, diavolo, dicono queste stronzate da quando vivevo qui... ma voi?" La domanda finale era intrisa di disperazione.

"Rin," ammise Selphie a voce impercettibile. "In tutta onestà, non sapevamo cosa credere. Non ci hai mai detto niente di diverso, e nemmeno Squall. Tutto è stato così... improvviso. Lui era semplicemente così diverso, all'inizio... per favore, sappi che non abbiamo mai dubitato che tu lo amassi."

"Già," disse Rinoa chiudendo gli occhi. "Ma avete dubitato di me." Inspirò profondamente, mordendosi inconsciamente il labbro per abitudine. "Va tutto bene," ragionò sia tra sé e sé che ad alta voce. "Avrei pensato la tessa cosa, a parti invertite."

Contemplò entrambi i punti di vista per un attimo, pesando le due realtà, una la verità, e l'altra ciò che loro avevano percepito. Forse era meglio così: la risposta era molto più bianca e nera. Aveva sempre saputo che nessuno poteva capire il grigio. Lei non l'aveva capito. Era sempre stata disposta ad assumersi le colpe per il mondo esterno, ma che cosa poteva fare di buono adesso a quel modo?

"Quindi, ancora," ripeté Quistis. "Se quello che ci dirai è la verità, perché non puoi dircelo?"

"Ho promesso." Fu a malapena più di un sussurro, e Rinoa poté sentirsi cedere. E che Dio la aiutasse, lo voleva più di qualsiasi altra cosa.

"Promesso a chi? Se era a Squall, lui non vorrebbe che tu soffrissi così. Nulla di quello che dirai uscirà da questa stanza. Rimane qui." Selphie sapeva che lui non avrebbe mai voluto vederla in quello stato, anche se lei lo aveva ferito in qualche modo.

Prima di rendersene conto, Rinoa sentì una mano delicata sulla spalla. Aveva sofferto così a lungo, presa in mezzo tra bugie e verità, amore e guerra, inganno e percezione. Lei aveva protetto il segreto in vita, non sapeva più se poteva proteggerlo in morte. Non era più una sua volontà, e tornò lentamente al letto, alle sue amiche. Aveva temuto l'ira del Garden per così tanto tempo, e il potere che aveva, che fosse reale o implicito. Aveva dato la sua anima per proteggere la verità; sfortunatamente, il suo cuore apparteneva ancora a qualcosa di interamente diverso.

"Non è davvero una questione di a chi ho fatto la promessa..." disse Rinoa, prima che la sua mentre potesse capire il tradimento delle sue labbra. "È più il cosa... la cosa strana è Squall non me l'ha mai chiesto. Semplicemente, io me lo aspettavo da me stessa. Lui non avrebbe mai chiesto, perché se avesse chiesto allora la cosa sarebbe stata reale. Non so più che cosa fosse reale per lui... pensavo di saperlo. Non è mai stato così."

Quistis rimase seduta, lasciandosi pervadere dalla sua naturale pazienza. Qualunque cosa Rinoa stesse dicendo, lei non la capiva, ma Rinoa sì. Era un inizio, e con il tempo l'insegnante immaginò che anche lei avrebbe capito. "Rinoa, vogliamo capire. Ripeto, niente lascerà questa stanza. Abbiamo passato troppe cose insieme. Sei parte della nostra famiglia. Potrai non averci creduto, ma lo sei sempre stata."

Non pianse. Rinoa annuì; aveva bisogno di questo. Il Garden, e persino Squall, si dannassero. Lei aveva dato loro la sua anima; adesso doveva riprendere il controllo prima di perdere anche lei la sua sanità mentale.

"Al Garden," disse la Strega a fatica, con voce roca. "L'ho promesso al Garden, a Cid, e alla dottoressa Kadowaki... ho detto loro che non l'avrei mai raccontato... si sarebbe perso troppo."

Quistis e Selphie si scambiarono uno sguardo. Una cosa era se si trattava di un problema di relazione tra lei e Squall. Erano stati giovani, e a volte la stupidità nasceva dall'ingenuità. Squall e Rinoa non erano né stupidi né ingenui, ma la loro relazione era stata tutto tranne che normale. Ad ogni modo, se era un problema nato da una promessa al Garden, questo superava una linea che nessuna delle due era sicura di voler superare... comunque, più di ogni altra cosa, erano umane ed erano addolorate.

E dannazione, anche loro avevano bisogno di capire.

"Se mi chiedeste com'è cominciata, non saprei affatto dirlo," iniziò solennemente Rinoa, senza mai guardare le sue amiche. Spostò invece lo sguardo sull'armadio, per la semplice ragione che era lì. "Forse prima di me, forse dopo di me, o che dio mi aiuti... forse per colpa mia... non penso di volerlo davvero sapere. Non penso che potrei vivere in pace con me stessa. So solo quando tutto è andato distrutto..." Si interruppe.

"Esthar?" terminò Selphie per lei.

"Sì." Era una conferma che Rinoa aveva dato milioni di volte nella sua mente, in milioni di occasioni diverse. Eppure dirlo aveva una sorta di definitività. "La missione ad Esthar."

"Ha preso molto male la morte delle matricole Willis e Snyder, Rinoa," cercò di rassicurarla Quistis. "È sempre difficile perdere una vita, soprattutto se è sotto il tuo comando. Lo ha davvero colpito... penso che sia una delle ragioni per cui nessuno pensava che te ne andassi, allora. È stato più difficile per lui di quanto tu possa sapere."

Trattenne il grugnito istintivo a cui voleva disperatamente dare voce. Non era così semplice, era molto più complicato di una 'tragica perdita'.

"Credete alle profezie autoavveranti?" chiese Rinoa guardando velocemente Quistis e Selphie. Poteva sembrare ipotetico, ma era qualcosa su cui aveva riflettuto per tre anni.

"Non sono sicura di sapere esattamente cosa intendi?" chiese Selphie. "Intendo so cosa sono, ma io... io credo di essere solo confusa."

"Io sì," rispose semplicemente Quistis.

"Beh, io ci credo adesso. Io... io gli dissi di non andare ad Esthar. Onestamente non so nemmeno perché l'ho detto. Immagino che fosse solo una sensazione. Avrei dovuto tenere la mia dannata bocca chiusa, ma io... era solo una sensazione troppo forte."

"E gli hai chiesto di non andare?"

Rinoa guardò Quistis. Squall lo aveva detto a qualcuno?

L'insegnante scosse la testa, sapendo cosa stava pensando la sua amica. "No, lui non me l'ha mai detto. Ho sentito dei pettegolezzi... sei andata a parlargli prima che partisse. Delle persone vi hanno per caso visto discutere dietro gli alberi."

Già, certo che era 'per caso'. Gli incidenti non erano mai davvero 'incidenti' nella sua vita. Comunque, non era il momento di inoltrarsi in stupidi pettegolezzi. Ad ogni modo, almeno per quella particolare occasione, per una volta il pettegolezzo era basato sulla verità. Era più di quanto potesse dire per il resto delle loro cretinate.

"Non so perché... in teoria avrebbe dovuto essere solo una missione di due settimane. Aveva fatto cose come quella decine di volte. Non avrei mai dovuto..."

"Non puoi dubitare di te stessa. Hai fatto quello che sentivi fosse giusto," aggiunse Selphie.

"Non capite, non potete davvero capire," sussurrò Rinoa. Si abbassò dal letto al pavimento, appoggiandosi al fianco del letto. Non ci volle molto perché anche le altre due ragazze si unissero a lei sul pavimento. Per qualche ragione si sentiva più a suo agio lì; forse perché sedersi sul letto di Squall le faceva sentire tutto questo ancora più come un tradimento.

A differenza delle altre volte in cui Rinoa aveva detto qualcosa di criptico, nessuna delle due donne cercò di strapparle una risposta. Capivano che si stava aprendo secondo i suoi tempi, e che aveva bisogno che le venisse lasciata la libertà di farlo. Qualcosa la feriva molto; lo sapevano anche prima che lei tornasse al Garden.

"Come sapete, la missione è durata più di due settimane. Nessuno mi ha mai detto niente, ma ho cercato di restare positiva, anche se stava diventando dannatamente impossibile, con le due settimane che diventavano due mesi e poi ancora di più. Missione di routine, col cazzo."

Rinoa fece una pausa, ricordando lo squillo del telefono nel cuore della notte, facendole temere il peggio. Era una telefonata che si era aspettata spesso, ma che non avrebbe davvero ricevuto fino a tre anni più tardi.

"Poi, una notte, solo una stupida notte all'improvviso, sono stata chiamata dal Preside nel suo ufficio e... giuro su Dio, pensavo che Squall fosse morto. Così con quel pensiero marchiato in testa sono salita, e onestamente non mi aspettavo di venire a sapere che invece erano state uccise due matricole. E Dio mi aiuti... ne ero grata." Anche se c'era bisogno di dirlo, questo non impedì a Rinoa di rabbrividire alle sue stesse parole. "...Avevo appena scoperto che due persone, di nemmeno diciassette anni, erano state uccise... e sentivo sollievo. Forse ho meritato tutto questo..."

Selphie la consolò mentre Rinoa si appoggiava alla sua spalla. La Strega voleva piangere, voleva sentire una qualche emozione su quella faccenda, ma anche dopo tutto quel tempo le matricole Willis e Snyder erano solo nomi. Non conosceva né loro né le loro famiglie. Poteva averle viste quella mattina quando era andata a parlare con Squall, se proprio, ma persino allora era troppo concentrata sul suo egoismo anche solo per degnarle di un secondo sguardo.

Qualcosa di questo non sembrava giusto, nella mente di Quistis. Qualcosa del suo racconto stuzzicò la sua curiosità, avendo lei acquisito più conoscenza interna delle procedure del Garden, essendo stata un'insegnante. Conoscendo la natura del clima politico del Garden, sapeva che Rinoa non avrebbe dovuto essere notificata come invece era successo. Sarebbe stato scoperto, prima o poi, ma divulgare lo stato di una missione e discuterlo con una civile? Anche se Squall fosse rimasto ucciso, sarebbe stato probabile che lei non sarebbe stata la prima a saperlo, o nemmeno la seconda o la terza. Il Garden si teneva stretti i suoi segreti.

La Strega era sembrata amareggiata verso il Garden in quegli ultimi giorni. Forse non con le parole, ma le sue azioni parlavano da sole. E soprattutto... la promessa di cui aveva parlato solo pochi minuti prima non era a Squall, ma al Garden, al Preside.

"Rinoa, cosa è successo ad Esthar?" chiese Quistis, anche se sapeva perfettamente che superare una linea, a quel punto, poteva essere pericoloso.

"Mi hanno detto che non avrei mai potuto dirlo... se volevo aiutarlo. Dio, non volevano dirmelo, ma non avevano altra scelta. Avevano paura. Riesci a crederci? Il Garden aveva paura. La parte più malata è che non gliene poteva fregare di meno di Snyder e Willis, era tutto sulla loro dannata reputazione. Era tutto quello che volevano proteggere. Nessuno avrebbe mai potuto sapere la verità. A volte mi sono chiesta se almeno si interessassero di Squall. Cid doveva tenerci a lui, no? Voglio dire, mio Dio, in pratica l'ha cresciuto."

"Certo che sì," la rassicurò Selphie.

"Non è veramente importante," ammise Rinoa. "Speravo solo che per il bene di Squall, qualcuno che ci tenesse avrebbe saputo la verità. Ma era quello che li spaventava, la verità. Onestamente, non me ne fregava un cazzo di proteggere il Garden, ma avrei fatto qualsiasi cosa per proteggere lui... anche se significava andarmene."

"Cosa è successo?" chiese Quistis, temendo la risposta.

"Non so se lo saprò mai del tutto, so solo quello che mi hanno permesso di sapere. Le matricole non sono state uccise da ribelli esthariani, e il Garden ha dovuto seppellire la verità insieme ai loro corpi."

"Oh Dio." Quistis chiuse gli occhi, temendo ciò che ormai sapeva. Le dava la nausea che forse, sotto le bugie, aveva sempre sospettato che fosse una possibilità. Tutti avevano spinto e spinto, e alcuni alla fine avrebbero ceduto. Lo aveva visto con i propri occhi, a volte, ma mai con questo risultato.

"Cosa?" Selphie si era persa, non aveva idea di cosa stava succedendo. Le sembrava di essere l'unica fuori dal cerchio.

"Mi hanno detto che non ricordava tutto, e a quel punto, non ricordava proprio niente. Non gli hanno permesso nemmeno di tornare subito al Garden. Hanno detto che c'è stato un problema con la radio. Hanno dato la colpa alla tecnologia, piuttosto che alla psicologia."

"Vuoi dire...?" Selphie di interruppe, sperando di aver frainteso.

"Che fosse un errore di comunicazione, la situazione, o qualcosa di più profondo... non sono stati i proiettili di Esthar a uccidere le matricole. È stato Squall."

"No, lui non l'avrebbe fatto!"

"No, Squall non l'avrebbe fatto. Chiunque fosse sul campo di battaglia non era una persona, solo un guscio. Avevano spinto e spinto, e si può spingere solo fino a un certo punto prima che qualcosa ceda. Lui non era indistruttibile. Non c'era né il giusto né lo sbagliato, era solo istinto di sopravvivenza. Aveva ordine di mantenere la posizione, e per qualche ragione ha creduto il contrario. L'ho saputo dopo... ha avanzato. Loro tre erano sotto fuoco, quindi ha istintivamente combattuto il nemico. L'unico problema era che... non c'era nessun nemico, solo quello che vedeva lui. Qualcosa è scattato, e la realtà si è annebbiata... credo. È stato istinto, è stata la mentalità della sopravvivenza."

"Squall..." riuscì a dire Quistis, pensando al suo passato. Aveva superato così tante cose, aveva avuto successi ben oltre la sua età, aveva salvato il mondo a diciassette anni, aveva combattuto battaglie e visto massacri che nessun bambino dovrebbe mai vedere. A diciotto anni, spediva gli altri in battaglia, a vivere o a morire, o a essere nomi e numeri su un pezzo di carta - a essere statistiche. Ognuno di loro al Garden aveva fatto la sua parte - lui non era immortale.

"Ma Rinoa, aveva ancora più bisogno di te, in quel caso."

"Lo avrei aiutato in tutto, ma quando lui..." Boccheggiò. Era tutto così doloroso. Dirlo agli altri sarebbe stato quasi impossibile. Aveva dubitato delle sue azioni per anni, e adesso... ne avrebbero dubitato anche loro.

*~*~*~*~*

Voleva vederlo, ma allo stesso tempo aveva paura di affrontare la verità. Tutto era cambiato. Non c'era modo di tornare indietro, e sarebbe stato un lungo cammino, per loro. Aprì la porta del suo ufficio, temendo ciò che non conosceva. La cosa che la colpì di più fu che niente sembrava cambiato. Lui era dietro alla sua scrivania, a far scorrere dei documenti.

Sembrava lo stesso, era lo stesso.

Non gli ci volle molto per alzare lo sguardo. Lei voleva sorridere per rassicurarlo che andava tutto bene. Lo avrebbero affrontato insieme, ma ciò che vide nei suoi occhi era qualcosa di inaspettato: odio.

"Tu... stai dannatamente lontana da qui."

Chi era quest'uomo? Raggelò sul posto. Si era sbagliata, nulla era più lo stesso e... seppe in quell'istante che nulla lo sarebbe più stato. Lui si alzò, facendo cadere dei documenti nel farlo. Lei lo aveva visto arrabbiato, in passato, ma questo era qualcosa di molto più profondo.

"Sei felice, adesso?" chiese lui amaramente. "I tuoi giochetti mentali hanno funzionato."

"Cosa," balbettò lei, "non so di cosa..."

"Oh, adesso fai l'innocentina. Volevi che rimanessi al Garden, volevi che stessi con te tutto il tempo. Volevi tutto da me, e adesso ce l'hai. Odiavi quello che facevo con la mia vita, il mio lavoro, odiavi tutto di me. Non sarò mai abbastanza per te, vero? È finito tutto. Tanto valeva che premessi tu il grilletto."

Il suo cuore gelò. Lui incolpava lei? Quando non rispose, lui le afferrò il polso con forza. Lei fece una smorfia di dolore, mentre lui continuava, "non ho scelto tra te e il Garden, quindi mi hai costretto a farlo. Sono debole, è quello che pensi, vero? Dicevano che ti saresti trasformata, e non volevo crederci. Ma l'hai fatto. Li hai uccisi. Spero che tu possa vivere in pace con te stessa, Strega."

Era sicura che lui stesse per romperle il polso, ma nulla era paragonabile al dolore delle sue parole. La porta si spalancò e la dottoressa Kadowaki corse dentro insieme a Cid.

"Portala fuori di qui," gridò la dottoressa al Preside.

Squall si riscosse da qualsiasi trance indotta dalla sua repulsione e le lasciò il polso. Ricordava vagamente di aver visto Cid che afferrava Rinoa, quasi trascinandola via. Sembrava così spaventata, e che Dio lo aiutasse, non gli interessava. Lei lo meritava. Era colpa sua. Se lei non fosse mai venuta, lui non avrebbe mai dubitato di se stesso. Lei lo rendeva debole. Non era riuscito a togliersi le sue parole dalla testa per tutto il viaggio fino ad Esthar. La sentiva pregarlo di restare ogni notte prima di addormentarsi. Ricordò la sua paura del tradimento, la sua paura che lei lo lasciasse. Lo avrebbe fatto. Ecco perché non le avrebbe mai chiesto di sposarlo; lei non aveva mai capito cosa era lui. Prima di lei, la vita aveva senso. Ora era piena di petali di rosa e false promesse.

Quando arrivarono all'ufficio di Cid, Rinoa riuscì finalmente a parlare. "Squall... è-"

"Cosa diavolo stavi facendo?" la rimproverò rabbioso Cid. "Cosa cercavi di fare là, a parte peggiorare tutto?"

"Non lo so..." Era ancora scioccata. Chi era l'uomo là dentro? "Ho sentito che è tornato, aveva solo bisogno di-"

"Quello è il dannato problema, 'avevi bisogno'. Squall non ha bisogno di averti nei paraggi adesso. Sei l'ultima cosa di cui hai bisogno, adesso. Non hai capito niente di quello che ti ho detto l'altra notte?"

"Sì, ma voglio aiutarlo e-"

"Non puoi aiutarlo. Non ora. Non riesci a capirlo? Stiamo ancora cercando di capire con che cosa abbiamo a che fare... le influenze esterne non sono di alcun aiuto, adesso - soprattutto quelle che sembrano essere la causa."

"Basta, Cid." La dottoressa Kadowaki entrò nella stanza. "È difficile per tutti." Si voltò verso Rinoa. Non lo fece con simpatia, ma di certo non era piena della rabbia che sembravano avere gli altri. "In questo momento non sappiamo che cosa pensa. Ci vorrà uno stramaledetto sacco di tempo per capire. Quello con cui abbiamo a che fare adesso è qualcuno che è molto confuso tra la verità e la realtà. Non avremmo dovuto lasciarlo in combattimento così a lungo. Impareremo da questo. Solo che non possiamo permettere che si sappia la verità, rovinerebbe tutto quello per cui lui ha lavorato."

Rinoa rispose con rabbia, "ha ventun anni e a voi non frega un cazzo di cosa gli state facendo. Finché fa sembrare buono e bello il Garden... questa è la sostanza, no?"

"Signorina Heartilly! Attenta a come parli," ribatté Cid. "Sei ancora un'ospite al Garden, e al momento sei sgradita a molte delle parti coinvolte. So che sei ferita da questo, ma al momento non possiamo ignorare il ruolo che hai nella sua mentalità. Dobbiamo tenere la cosa sotto silenzio, e al momento stai causando più preoccupazione che altro."

"Oh mio Dio... intende... non intende cambiare niente, vero? Pensate di poterlo semplicemente nascondere e continuare come se non fosse successo niente. Voi non volete aiutarlo. Volete solo tenerlo come risorsa."

"Non potresti mai capire la gravità," disse con cattiveria il Preside. "Io sì. Non pensi che io capisca tutto di questa situazione? Potrà essere il tuo Cavaliere, ma posso garantirti che tu non sai niente di lui. Puoi anche pensare che il vostro legame sia più forte di qualsiasi cosa. Non è così. Risponderà a noi. È l'unica cosa che sa davvero."

"Lei si è dannatamente assicurato di questo, vero?" Rinoa si rifiutò di credergli. Sapeva che Squall la amava. Avrebbero superato qualsiasi falsità il Garden gli avesse messo in testa. Lui era più di un nome e un numero su un pezzo di carta. Se lei se ne fosse andata, lui l'avrebbe seguita. Nel suo cuore lo sapeva; avevano fatto una promessa. Squall era un Cavaliere prima di essere un soldato. Il Garden si sbagliava.

"Questa è l'unica vita che conosce da quando aveva cinque anni," disse la dottoressa; era una scusa o una minaccia? "Ha bisogno di aiuto, Rinoa. Abbiamo affrontato situazioni come questa in passato; sappiamo cosa è meglio per lui. Qualsiasi cosa abbia causato questa... battuta d'arresto... non possiamo permettere che succeda di nuovo."

Cid aveva fatto questa scelta nella sua vita. Aveva lasciato Edea. Poteva non essere stata la decisione giusta, ma era stata l'unica decisione che aveva potuto prendere. Conosceva davvero il dolore che stava provando Rinoa, ma sapeva anche che cosa avevano addestrato Squall a diventare. Aveva anche temuto questo per un po' di tempo, anche se non aveva mai ritenuto che si sarebbe spinto a quel punto: che Squall non potesse più trovare equilibrio tra l'essere Comandante e l'essere Cavaliere.

Una scelta andava fatta.

"Rinoa," iniziò Cid; anche se le sue parole erano sincere, dubitava che lei avrebbe capito, almeno entro breve tempo. "La vita spesso si riduce a una scelta. A volte è impossibile fare quella giusta, soprattutto se non sei in grado di capire tutto quello che c'è in gioco."

"Lei non capisce..." Rinoa non poteva credere a cosa volessero da lei. Avrebbero nascosto la cosa e non si sarebbero mai guardati indietro. Non volevano che Squall potesse mai scegliere tra Comandante e Cavaliere, volevano che lei scegliesse per lui.

"Non capisco? Penso di farlo più di chiunque altro. A volte la forza più grande consiste nel lasciar andare... tu sai cosa è giusto, Rinoa. Adesso è il momento in cui devi decidere - vuoi il meglio per lui o il meglio per te?"

"Se io... se io decido di farlo... lui sarà-"

"Cosa? Rinoa... cosa?" chiese Cid, sperando che lei fosse giunta all'unica conclusione ragionevole.

"Potete aiutarlo?" Fu tutto quello che riuscì a dire. "Se me ne vado, lo aiuterà davvero?"

"Non lo sappiamo," rispose sinceramente la dottoressa. "Ma è la sua migliore speranza."

*~*~*~*~*

Quistis e Selphie ascoltarono Rinoa, mettendo infine a tacere alcune delle loro più grandi domande, anche se questo le portava comunque a farsene un milione di più.

"Non me sono accorta, allora," iniziò a spiegare Rinoa. "Ma io ero il loro capro espiatorio. Quando me ne sono andata... beh, tutta l'attenzione si è attirata su di me. Ovviamente sembravo cattiva a tutti. Squall era turbato, e non era se stesso, e il Garden aveva il suo alibi credibile. La sua responsabilità se n'era semplicemente andata."

Rinoa avrebbe potuto passare tutta la vita a mettere in discussione la sua scelta. Ricordava la rabbia nei suoi occhi, e le parole che le aveva detto nel suo ufficio. La sua paura più grande era che le persone la odiassero per ciò che era: una Strega. Squall c'era sempre stato, era sempre stato al suo fianco, a prescindere dai dubbi che le annebbiavano la mente. Ad ogni modo, erano state le sue parole a segnarla più di quanto potesse mai fare un coltello. In un certo senso, non c'era modo di tornare indietro. Né il tempo né lo spazio si sarebbero ripresi le sue accuse. Lui incolpava lei. Era quello che aveva sempre temuto agli occhi di Squall. Anche se era stato detto in un momento di confusione, era qualcosa a cui avrebbe sempre creduto.

"In un certo senso, pensavo davvero che il Garden si sbagliasse. Avrei mostrato al Preside che noi eravamo più forti... che mi avrebbe seguito. Era infantile e sciocco, e a pensarci adesso sembra piuttosto egoista. In tutto il tempo che siamo stati insieme, non gli ho mai chiesto di scegliere tra la nostra relazione e il Garden. Forse sapevo che era tempo che le due cose si incrociassero, e così... me ne sono andata... e Cid aveva ragione. Squall è rimasto con ciò che era familiare, con ciò che aveva conosciuto per tutta la sua vita. Questo mi ha fatto capire che non sapevo proprio niente di lui. Non è mai stato così."

"Quistis, non è mai stato inviato di nuovo sul campo, vero?" chiese Selphie, rendendosi improvvisamente conto che anche loro non avevano conosciuto davvero il conflitto del loro Comandante... o i demoni che il Garden lo aveva costretto a nascondere. Sarebbe sempre stato Squall, per loro, ma aveva superato così tante cose, nella sua vita... e ora avevano appena scoperto che aveva sofferto tutto questo da solo.

Era ciò che aveva scelto lui, o ciò che aveva deciso il Garden?

"Non proprio... niente missioni di combattimento. Ho sempre pensato che fosse per il suo carico di lavoro... non ho mai pensato... avrei dovuto capirlo." Quistis era arrabbiata con se stessa: lei più di tutti avrebbe dovuto capirlo. Lo aveva spinto troppo spesso a essere il migliore, ma aveva dato per scontati i suoi limiti.

"All'inizio, ho letto così tante cose sull'argomento... su cosa lui stava passando. C'erano così tanti nomi e teorie... volevo capire per quando lui avesse finalmente avuto bisogno di me. Volevo esserci in così tanti sensi, per lui. In qualche modo... il tempo è andato avanti, e così ho cercato di continuare la mia vita. Da qualche parte, lungo il percorso, ho capito... non avrei mai potuto aiutarlo quanto il Garden, non in quel caso. Forse in un certo senso, ero responsabile. Non poteva essere Cavaliere e Comandante... le due cose non andavano d'accordo e basta, e io mi rifiutavo e basta di vederlo. Ma quando l'ho visto la prima volta al matrimonio, ho provato così tanto risentimento per lui... Dio, mi sbagliavo a sentirmi così, ma non potevo evitarlo. Quando ho visto che aveva continuato la sua vita, con Lauren... mi ha fatto male da morire. Me ne ero andata perché lui potesse guarire, eppure mi scocciava che l'avesse fatto. Mi odio per essermi sentita così."

Guardò le sue amiche, come per avere una specie di convalida. Aveva bisogno di sapere che non la odiavano, anche se avrebbero dovuto farlo da tutti i punti di vista. Eppure... aveva bisogno di dirlo a qualcuno, a chiunque volesse almeno ascoltarla.

"Non saprà mai che sono contenta che lui fosse felice... lo amavo così tanto, e non ho mai smesso... ma alla fine mi sono accorta che non sono affatto migliore del Garden. In qualche modo l'ho messo su un piedistallo perché era il mio Cavaliere. Sentivo di poter spaccare il mondo con lui al mio fianco... ma per quanto conoscessi i suoi limiti, ho continuato a pressarlo. Se si spinge troppo, qualcuno cade. Credo che sia la caduta che definisce il tuo cammino attraverso la vita, perché è come continui a vivere dopo la caduta che definisce chi sei... e Squall Leonhart era solo un uomo... un uomo meraviglioso che ha toccato tutti noi."

*****
Nota della traduttrice: siccome inizialmente la storia veniva tradotta con il supporto di un programma di dettatura, ho deciso di rivedere man mano i vecchi capitoli per togliere gli errori rimasti. Insieme a questo capitolo, quindi, sono stati corretti anche i capitoli dal 6 al 10 compreso. Non ci sono modifiche sostanziali, ma qualcosina c'è.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear (a cui ho inoltrato già i commenti ricevuti finora; attendete la risposta XD). Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!). Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** XXVI: In Purgatory's Shadow ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXVI: In Purgatory's Shadow ~

C'era silenzio.

Non c'era altro modo di descrivere la stanza. C'era una straordinaria pesantezza che inondava l'aria. Rinoa sapeva che non avrebbe mai potuto chiedere il perdono delle sue amiche, o persino la comprensione delle sue decisioni. Erano solo sue, e ne avrebbe accettato sia la responsabilità che le conseguenze. Il suo unico desiderio era che loro capissero che le sue decisioni non si radicavano nell'inganno, ma piuttosto nell'amore. Non aveva mai voluto ferirlo, ma dannazione, sapeva che ad un certo punto non poteva più aiutarlo.

"Adesso so che ha avuto l'aiuto di cui aveva bisogno. E di questo sono grata al Garden."

Era la verità. Anche con tutti i suoi problemi con il Garden, sapeva cosa sarebbe stato meglio per lui. Aveva dovuto convincersi di questo non appena era entrata dal cancello, e onestamente lo aveva fatto per tre anni... per lo meno fino a quel momento. Era facile mettersi in discussione quando Squall era sepolto quasi due metri sottoterra. Avrebbe lei potuto salvare questa mascherata? Avrebbe dovuto prevedere il futuro, dato il passato?

"Noi togliamo vite quasi ogni giorno, e non pensiamo troppo alle conseguenze." Quistis non era certa del fatto che sapere la verità fosse meglio. Non voleva ricordare il suo Comandante in maniera diversa, ma era stata davvero gettata luce su alcune verità. "È la realtà della nostra vita... di quello che il Garden insegna... di quello che io insegno."

La sua frase era una domanda o una risposta - o forse entrambe?

"Ma a che prezzo? Dove finiamo noi e dove inizia la SeeD?" La risposta di Selphie fu inaspettata. "Rinoa, voleva sposarti."

"Non lo so... onestamente non ne avevo idea. Nemmeno in un milione di anni avrei mai pensato che Squall..." La voce della Strega si affievolì. Come poteva lui essere comunque riuscito a scioccarla fino a quel punto? Anche dopo tutti quegli anni, quell'uomo riusciva ancora a sorprenderla.

"Avresti preso una decisione diversa se lo avessi saputo?" chiese Quistis.

Lo avrebbe fatto? Faceva davvero differenza?

Lui l'aveva ferita con le sue parole oltre qualsiasi dolore lei avesse mai ritenuto possibile. Poteva non essere stato lui, ma le parole e il dolore era fottutamente reali. Se un legame tra Strega e Cavaliere poteva essere spezzato così facilmente, il legame di una fede nuziale non sarebbe stato diverso. No, aveva fatto l'unica cosa che la sua mente e la coscienza le avevano permesso di fare. Le sue motivazioni per andarsene, all'inizio, potevano essere state in un certo senso egoiste, per provare che il Garden si sbagliava, ma alla fine entrambi erano cresciuti per quell'esperienza.

"No," ammise infine Rinoa, giungendo a una conclusione definitiva. In realtà, la presenza di un anello nuziale avrebbe potuto peggiorare la situazione. Lei aveva già dovuto soffrire il dubbio e il disgusto di sé. Spezzare un'altra promessa avrebbe spezzato lei. In qualche modo, non poté evitare di sentire che entrambi si erano persi.

Due stelle perse nell'infinito oceano della notte.

Selphie si alzò infine dal pavimento, offrendo la mano a Rinoa. "Dai. Penso che abbiamo fatto abbastanza per oggi. Se sento altre rivelazioni mi esploderà la testa. Non sarebbe bello."

Rinoa ci pensò prima di accettare il gesto. Voleva così tanto scappare da quel posto, scappare dal suo passato, ma doveva rimanere. Era tutta una finzione? Probabilmente. Stava lentamente collassando dentro, e se si fosse fermata a pensare a quella realtà si sarebbe ridotta a pezzi. Quindi insistette nell'andare avanti. Era più facile fingersi forti che affrontare la debolezza. Lo aveva imparato da lui, ironicamente.

"Voglio solo fine questo appartamento entro stasera."

Selphie si mise le mani sui fianchi, cercando di spezzare la tensione. "Sì, e io voglio essere un chocobo di due metri, ma non succederà neanche quello. Usciamo di qui, Rin."

Il commento sbrigativo di Selphie almeno fece sorridere Rinoa, cosa che le sembrava di non fare da tempo. Selphie sarebbe sempre stata Selphie; né gli anni né la situazione avrebbero cambiato quel fatto. Era stupefacente. La Strega era onestamente contenta dell'umorismo. Le ricordava altri periodi, periodi che erano sembrati giusti, come se fosse a casa. Cosa più importante, Rinoa era contenta dell'aver finalmente ammesso il segreto che custodiva da così tanto tempo. Aveva vissuto da sola con il suo tormento, e questo aveva lentamente proliferato nell'ombra. C'erano volte, a Timber, in cui voleva disperatamente lasciarsi andare con Zone e Watts, ma non poteva. Lo avrebbe tradito. Non aveva mai saputo il perché si sentiva in quel modo; sapeva solo che quella era una promessa che non avrebbe mai potuto non rispettare.

...Per lo meno, mentre lui era vivo.

Eppure nel mezzo di tutto questo dolore, Rinoa sentì un benessere che le era sfuggito per anni. Per la prima volta da quando ricordava, la Strega sentì che se avesse voluto, avrebbe potuto parlare con il cuore. Aveva riavuto le sue amiche, e per Dio, le erano mancate. La sua pace poteva essere stata ottenuta a costo di fallire con il Garden, ma qualcosa le diceva che il Garden aveva fallito, sotto alcuni aspetti, con tutti loro molto tempo prima.

Per quanto riguardava le altre due ragazze nella stanza, lasciarono sparire l'argomento del Comandante altrettanto velocemente di quanto era stato affrontato. Forse era perché l'informazione era devastante e nessuna delle due donne sapeva come reagire. Ci sarebbe voluto del tempo per digerire la verità. E alla fine lo avrebbero fatto, semplicemente non quel giorno. Avevano già sofferto la grande perdita di un amico, un familiare e un Comandante. Era chi volevano ricordare in quel momento.

Se ci dovevano pensare per forza, questa nuova realtà sinceramente cambiava la loro prospettiva? No. Amavano e adoravano ancora Squall esattamente come quando erano entrate in quella stanza. Se mai, entrambe avevano acquisito una più profonda comprensione delle sue battaglie interne e della persona che si era permesso di diventare. La verità non era una cosa su cui avrebbero sorvolato in circostanze normali, anzi, ma con la sua morte erano morti anche i suoi demoni.

Ad ogni modo, la cosa più grande ottenuta quel giorno era un senso di comprensione. Per quasi tre anni, Quistis e Selphie si erano sentite abbandonate da Rinoa. Poteva non essere giustificabile da parte loro, ma avevano perso una parte molto importante della loro vita quando lei aveva oltrepassato i cancelli del Garden. E per loro, questo era esattamente quello che aveva fatto: si era allontanata. Ora, almeno, potevano iniziare a guarire loro stesse.

"Rinoa." La voce dell'insegnante sembrava vuota, come se non fosse sua. Quistis non sapeva come chiederlo, ma in qualche sapeva di aver bisogno di farlo. Si allungò verso il comodino e prese la scatolina di velluta che conteneva così tanto. "Vuoi portarlo con te? Io penso che dovresti."

Rinoa pensò a tutto ciò che la scatolina rappresentava. Simboleggiava così tanto, sia successo che fallimento. Non voleva fermarsi a pensare all'anello. Di nuovo, non poteva permettersi di dubitare anche di più delle sue decisioni. Ci sarebbe stato tempo, ma tutto quello che aveva era esattamente quello - tempo.

"Io... io..." La mente di Rinoa si annebbiò.

Voleva l'anello? Alcuni minuti prima non voleva averci niente a che fare. Non lo voleva nemmeno in quel momento. Ma i suoi desideri erano oramai secondari. Diavolo, voleva non essere lì, e voleva che il passato si cancellasse in qualche modo dalla sua memoria. Beh, non tutto - non sarebbe stato giusto per nessuno. Voleva che venisse rimosso il dolore; mai la felicità, ma... non poteva avere una senza l'altro, vero?

"Sì," disse infine con una certa chiarezza emotiva.

Non avrebbe mai saputo da dove fosse venuta. Non elaborò la risposta, anche se sapeva di non poter abbandonare la verità ora che l'aveva trovata. Aveva passato troppo tempo in un vuoto senza emozioni. Era altrettanto facile mettersi l'anello in tasca e continuare come se nulla fosse successo. Non riuscì a guardarlo. Lo avrebbe fatto un altro giorno, forse in un'altra vita. Era qualcosa che non poteva ancora fare. In un certo senso, questo non era reale. Di nuovo, proprio come Quistis e Selphie, aveva bisogno di tempo per capire la verità.

*~*~*~*~*

Qual era davvero la definizione di solo?

Rinoa poteva essere in una stanza piena di persone e sentirsi completamente, totalmente sola. Erano passate svariate ore da quando avevano lasciato l'appartamento di Squall. Non aveva cercato di sorridere nell'ultimo paio di minuti; non c'era utilità nella finzione. Se chiudeva gli occhi, poteva lasciarsi ricadere in quel sogno ad occhi aperti in cui aveva creduto così di recente, quello in cui niente era cambiato. Sapeva di non credere più alle favole, e gli ideali d'infanzia sembravano averla abbandonata una vita prima.

Come aveva promesso, loro tre erano tornate alla stanza di Quistis. Selphie aveva spiegato ad Irvine che volevano lavorare sul riallacciare legami spezzati, e lui era stato più che comprensivo. Rinoa era stupefatta da come quei due fossero cresciuti come coppia e fossero rimasti allo stesso tempo coerenti con se stessi.

Durante la serata, sia Selphie che Quistis erano state chiamate dai loro superiori. Era triste per Rinoa che persino in un momento simile fossero prima di tutto SeeD. Eppure non avrebbe mai voluto che cambiassero: solo perché non capiva non significava che non potesse immedesimarsi. Ma essere da sola nella stanza di Quistis era una sensazione piuttosto strana. Non aveva davvero passato molto tempo lì quando viveva al Garden. Era... beh, si era sempre sentita a disagio. Non sapeva spiegarlo a parole, ma era semplicemente una sensazione che sembrava non potersi scrollare di dosso.

Una cosa che Rinoa non si era aspettata era che qualcuno bussasse alla porta. All'improvviso, si sentì più a disagio nell'essere lì; si sentiva quasi come se stesse invadendo la vita di un'altra persona. La sua prima reazione fu di ignorare il suono e sperare che se ne andassero... lo facevano sempre. Cosa poteva esserci di così importante a quell'ora? Tutte e due le SeeD erano già lontane per incarichi del Garden, e praticamente qualunque cosa la popolazione del Garden volesse dirle non aveva bisogno di essere detto a parole. I loro sguardi accusatori e gli occhi che la giudicavano le avevano già detto molto negli ultimi giorni.

Ad ogni modo, c'era ancora quella piccola parte di lei che desiderava compagnia. Non aveva senso ed era contraddittorio con i suoi stessi sentimenti, ma era così che si sentiva. Se lasciata a sé, avrebbe potuto impazzire di solitudine.

Quando la giovane Strega arrivò alla porta, avrebbe dovuto sorprenderla trovare Edea, ma non fu così. Era troppo svuotata per sentirsi sorpresa.

"Madre," la salutò Rinoa, quasi imbarazzata dalla sua apparente mancanza di affinità.

Onestamente non l'aveva evitata di proposito, eppure non aveva fatto alcun tentativo di cercare la sua compagnia. Rinoa non avrebbe dovuto ritenere la moglie responsabile dei peccati del marito, ma era così dannatamente difficile. Non aiutava le cose il fatto che era sempre sembrato che ci fosse una tensione sottintesa, anche quando viveva al Garden.

Rinoa non riusciva a spiegarlo, era solo una sensazione che aveva avuto durante il loro primo vero incontro. Anche se Edea aveva cercato di farle da mentore dopo che aveva ricevuto i poteri, la maggior parte dei loro incontri erano con Strega e Cavaliere, mai da sola. Onestamente, senza di lui al fianco, Rinoa sentiva che questa riunione era una sfida anche più grande. Edea e Squall avevano un legame speciale di cui Rinoa non si era mai sentita parte; si era sentita accettata, allora, ma mai esattamente desiderata.

In più, in quel momento Rinoa sentiva un senso di fallimento travolgente. Rinoa aveva fallito. Capiva che le era stato dato un dono meraviglioso, o forse una maledizione, dalla donna più anziana, solo per buttarlo in rovina. Edea si aspettava di più da una Strega in erba. Diamine, Rinoa si aspettava di più da se stessa.

"Rinoa, vorrei parlarti un momento se non ti dispiace."

Cosa avrebbe dovuto dire Rinoa? Avrebbe dovuto minimizzare con così poco riguardo? Dio, voleva farlo. Sarebbe stato così tanto più facile in quel modo. Ma lei non era fatta così. Era solo il suo tumulto interiore che veniva a galla, permettendo a tutti i dubbi degli ultimi tre anni di rilasciarsi.

"Certo." Rinoa sorrise senza entusiasmo; desiderava solo che fosse finita prima che cominciasse davvero.

"Non so davvero come cominciare," ammise Edea, a sua volta piuttosto a disagio. Anche con il dubbio, la Madre aveva un portamento dignitoso e aggraziato, o almeno era quella l'aura che sembrava sempre proiettare. Eppure, con il dubbio di Edea, Rinoa sentì una sorta di sollievo. Sembrava che non fosse l'unica a cercare le parole.

"Nemmeno io." Non era una bugia quella di Rinoa, anzi. Entrarono nella stanza, una sedendosi sul divano, e l'altra di fronte, su una sedia. Rinoa evitò il contatto visivo; forse provava vergogna, o forse provava paura. La giovane Strega si leccò le labbra, sentendo che le si stava seccando la bocca. Non aveva idea di come iniziare; erano successe così tante cose.

"Rinoa." Il tono di Edea era sorprendentemente fermo, ma riuscì anche a trasmettere un senso di consolazione. Era un paradosso per la ragazza. "So che le cose sono state difficili negli ultimi anni. Non paragonerei mai le nostre situazioni, ma allo stesso tempo ci sono parti delle nostre vite che sono parallele. Potranno essere solo pezzi, e frammenti, ma capisco davvero una parte del dolore. Ma c'è qualcosa che devo assicurarmi che tu capisca..."

Fu qui che la voce di Edea vacillò, permettendo alla fine al dolore di mostrarsi.

"Non posso nemmeno iniziare a immaginare, a comprendere... il tumulto dentro di te. Io, come te, avevo perso i contatti con il mio Cavaliere, e in verità il legame si è indebolito con il passare degli anni. Eppure, da ciò che sono riuscita a capire... spezzare completamente il legame può essere assolutamente..."

La Madre sospirò, cercando di trovare le parole per descrivere un dolore interno così brutale che veniva descritto nei manuali come nulla di meno di straziante. Molte Streghe in passato si erano tolte la vita per la pazzia, o intenzionalmente o guidate dalle illusioni. Non era affatto un compito semplice quello che avrebbe affrontato la giovane Strega; Edea sperava solo che avrebbe trovato salvezza nella tempesta.

"Rinoa, spezzare il legame può essere assolutamente fatale se non c'è decisione tra le due parti. Voglio solo assicurarmi che tu sappia che hai persone su cui contare. Ripeto, le nostre situazioni non sono simili. Non ho mai perso il mio Cavaliere a questo modo, ma c'è comunque un grande dolore che posso comprendere. Per favore, sappi questo."

Rinoa rimase ferma e confusa, mentre una paura risvegliata in lei le invadeva lentamente il corpo. Sapeva che il futuro sarebbe stato difficile. Perdere qualcuno di caro, anche senza il legame tra Strega e Cavaliere, bastava a spezzare il cuore. Rinoa sapeva che il loro precedente legame avrebbe potuto entrare in gioco, ma non si era onestamente resa conto che potesse essere così devastante. Ora avrebbe messo in discussione ogni sensazione che provava: era reale? Era una bugia? Era qualcosa che nasceva dalla pazzia?

Edea osservò Rinoa impallidire visibilmente. Ancora una volta, la giovane Strega temette di entrare in uno stato di shock per la seconda volta dal suo ritorno al Garden.

"Non te ne eri accorta..." La voce di Edea era dolce; sapeva che l'informazione che stava dando era terrificante a pieno titolo. "Rinoa, pensavo che tu... avrei dovuto parlarti prima."

La donna si incolpò di una tale mancanza di lungimiranza. C'erano così tante informazioni che incrociavano le linee della verità; a volte era difficile distinguere la realtà dalla fantasia. Edea sentiva che avrebbe dovuto essere un mentore migliore; aveva a volte dimenticato come potesse essere fragile la situazione per il benessere di Rinoa. Il fatto che non vivesse più al Garden non avrebbe dovuto avere alcun ruolo nella vicenda. Avrebbe dovuto continuare il suo insegnamento, ancora di più dopo quello che era successo tra lei e Squall.

"Sapevo che poteva essere... brutto." Era questa la parola migliore a cui poteva pensare Rinoa? Brutto? Sembrava solo che ogni altra parola le sfuggisse, e 'brutto' era la più semplice di quelle rimaste.

"Sì, Rinoa, molto brutto." Se non altro era accurata. "Ma lo supererai. Sei forte, e con il tempo e la guarigione ce la farai. Sarò qui per te."

Rinoa desiderò poter ridere sprezzante. Dov'erano tutti al Garden prima che tutto se ne andasse all'inferno? Quando forse potevano salvare non solo la loro relazione, ma anche la sanità mentale e la vita di Squall? Apprezzava le parole, ma in qualche modo sembrava un po' troppo tardi, ma poteva essere il risentimento a parlare. Non era lei. Rinoa sapeva che Edea aveva buone intenzioni, anche se le sue parole sembravano comunque estremamente in ritardo.

C'era qualcos'altro che Edea doveva scoprire per stabilire quanto fosse spezzato il legame, se qualcosa era stato risolto, anche se le risposte sarebbero state dolorose per entrambe. In ogni caso, per affrontare in modo appropriato il lutto, la giovane Strega doveva guardare al passato.

"Rinoa, lo sapevi?"

Lo sguardo confuso negli occhi della donna parlava da sé. O la domanda non era stata davvero capita, o aveva interpretato male il suo significato. Era difficile affrontare i fatti, ma comunque, credeva nel profondo di sé, Rinoa sapeva già le risposte.

"Rinoa, il giorno in cui Squall è morto... in qualche modo hai percepito la perdita, prima che te lo dicessero? Si dice che il Cavaliere o la Strega defunti spesso trovino il modo di comunicare, prima di lasciare questo mondo."

"Sì." Rinoa sbatté le palpebre, sorpresa, mentre rispondeva. "Allora non l'ho capito, ma lui c'era... almeno in qualche modo."

Edea sorrise. Il Cavaliere stava cercando di liberare la sua Strega, anche se la distanza e il tempo erano contro le probabilità. Squall avrebbe voluto che lei continuasse la sua vita; era la sua natura, era nel suo cuore.

Rinoa distolse lo sguardo, vergognandosi in qualche modo di quel giorno. Pensò al ristorante, e alla sensazione di non essere più sola. Lo aveva chiamato, nel bagno, apparentemente senza motivo. Non aveva avuto alcun senso allora, ma lui aveva cercato di dirglielo. Che lei fosse soltanto troppo dannatamente testarda per ascoltare?

Si sentì rabbrividire mentre ricordava cosa aveva fatto quel giorno, soprattutto il bacio condiviso con Zone. Poteva ancora ricordare vividamente il senso di colpa, e peggio ancora, persino la consolazione. Sperava che nel suo ultimo momento in questo mondo Squall non lo avesse visto; era un pensiero che ora l'avrebbe perseguitata per tutta la vita.

"Va tutto bene, Rinoa; lui vorrebbe che tu continuassi."

Rinoa si sentì gelare. Dio santissimo, Edea sapeva di Zone? No, certo che no, intendeva solo che lui voleva che continuasse con la sua vita. Era la sua coscienza colpevole a farle credere altro.

Edea doveva sapere quanto era stato risolto. Rinoa poteva non ricordare coscientemente i dettagli; molte volte rimanevano sepolti nella mente fino a quando venivano richiamati.

Sperava che alla giovane donna servisse solo un aiuto a ricordare.

"Gli hai parlato quel giorno?"

Rinoa si accigliò leggermente a quella domanda. Uhm, no, non gli aveva parlato, a parte chiamarlo per nome. Come si faceva a comunicare con i morti? Le sembrava un concetto un po' poco plausibile. Scosse la testa, dubbiosa, davvero confusa da quella frase.

"No, ho detto il suo nome... non so perché."

"E vederlo? So che molti racconti parlano del Cavaliere che scioglie il legame; si dice che renda il processo di guarigione più semplice, anche se persino 'più semplice' può comunque essere devastante."

"Beh," ammise Rinoa lentamente, "non eravamo esattamente in buoni rapporti, prima di questo."

"Ma nonostante quello lo hai chiamato e sentito, il legame era ancora abbastanza forte... o da quello che capisco, sembra che avrebbe dovuto esserlo."

"Credo che sia solo diverso per me. Per noi. Sento che ha provato, ma sembrava quasi che non ci fosse mai una vera connessione." Sospirò, anche quella non sembrava la descrizione giusta. Era solo stata una giornata dannatamente strana, che si era trasformata in una notte orribile. Avrebbe preferito seppellire l'intera faccenda nei meandri oscuri della mente.

Edea decide di non insistere oltre. Squall aveva provato, ma aveva in qualche modo fallito. Non era una cosa che non era mai successa, per quel che ne sapeva, ma sembrava piuttosto inusuale che lui non potesse stabilire il legame abbastanza a lungo da liberarla. D'altra parte, né Squall né Rinoa erano stati in contatto, prima.

Eppure, era sempre sembrato a Edea che negli anni nessuno dei due si fosse 'liberato' del legame. Forse Squall si considerava un ex Cavaliere senza un preciso accordo reciproco tra i due che sarebbero sempre stati legati. In realtà, Edea aveva spesso creduto che fossero destinati a essere riuniti dalle stelle, dato che nessuno dei due aveva davvero liberato l'altro dall'impegno.

Un ex Cavaliere, senza legami alla sua Strega, non sarebbe stato in grado di stabilire una qualsiasi comunicazione. Rinoa aveva dato prova che non era il loro caso con il suo racconto.

"Rinoa," iniziò Edea, sapendo che la giovane donna aveva bisogno di tempo per capire. "Avrai bisogno di appoggiarti molto al supporto e all'amore delle persone. Credi in te e non dubitare della tua mente - è così che inizia il vero caos."

"Non lo so." Rinoa si sentiva così sola in tutto quello. Per quanto avesse provato a liberarsi dalle sue catene, era un sogno impossibile. "Voleva sposarmi; abbiamo trovato l'anello oggi pomeriggio. Non ne avevo idea."

Non aveva idea del perché lo avesse ammesso ad alta voce, soprattutto alla moglie di Cid. Ma non era quello che era Edea in quel momento. Era la sua stessa persona, era molto di più.

Edea fu onestamente colta di sorpresa. Non se lo era mai davvero aspettata da Squall; d'altra parte quel ragazzo era pieno di sorprese. Raramente sembrava corrispondere a qualcosa di conosciuto; era davvero unico. Lei lo amava molto per questo. Comunque, oltre alle sfide che Rinoa affrontava, questa nuova informazione sembrava infinitamente crudele.

"Rinoa, non ne avevo idea. So che ovviamente teneva profondamente a te, per favore sappi che quello non è mai cambiato. Ha affrontato così tante sfide così giovane, e ha superato così tanti ostacoli... ma a volte il passato non può essere conquistato del tutto."

Rinoa guardò i propri piedi, la finestra, ovunque tranne che gli occhi della persona di fronte a lei.

"So che ci teneva, è solo che... sa una cosa, non fa niente." Scosse la testa; era tutto irrilevante, ora. Era il passato, e come aveva appena detto la Madre di Squall, poteva non essere mai conquistato del tutto.

Dopo un certo silenzio, Edea si mosse per prima. Infilò una mano nella sua borsa, e ne estrasse una busta. La strinse forte per un momento, come riflettendo sulle proprie azioni. Ma era una necessità. Allungò il braccio e diede la lettera a Rinoa.

"Shu mi ha chiesto se potevo darti questa. Credo che abbia qualcosa a che fare con il lato finanziario delle sue proprietà... quando ti sentirai pronta, forse vorrai guardarla."

Rinoa guardò l'oggetto sconosciuto. Onestamente non voleva avere niente a che fare con le sue proprietà più di quanto avesse già fatto. Non aveva alcun desiderio di ricevere del denaro da lui. Ma allo stesso tempo, quella parte egoista di lei non voleva che andasse al Garden. Poteva essere egocentrico o immaturo, ma loro non avevano bisogno di fondi. Lei non voleva il denaro, ma dal punto di vista morale, giustificato o meno, non avrebbe permesso che andasse a loro. Poteva donarlo, poteva aiutare gli altri. E quello era proprio quello che avrebbe fatto.

*~*~*~*~*

Il successivo paio di giorni sembrò passare in uno stato onirico.

Nel corso di poco meno di quarantotto ore, aveva finito di impacchettare le cose del suo appartamento. Nel bene e nel male, era finito. Aveva seguito il consiglio del Preside di malavoglia, permettendo al Garden di immagazzinare la maggior parte delle cose fino a quando ce ne sarebbe stato bisogno. Sperò di nuovo che le sue cose potessero aiutare chi ne aveva bisogno. Proprio come per il denaro, voleva che la sua morte significasse qualcosa, qualcosa di più di quanto il Garden poteva offrire.

Con le sue amiche, aveva fatto i salti mortali per l'evitare l'argomento dell'anello. In effetti lo aveva messo in valigia insieme alla lettera di Shu. Si era costretta a credere che se non avesse guardato quelle cose, non ci sarebbero state. Selphie e Quistis cercarono di parlarne in due diverse occasioni, ma Rinoa aveva decisamente rifiutato di cedere sull'argomento. Era negazione, lo poteva ammettere, ma era semplicemente la sua scelta in quel momento.

Negare era più semplice che accettare.

Aveva ricostruito un'amicizia sia con Quistis che con Selphie nei giorni successivi, ma era anche riuscita ad evitare completamente qualsiasi argomento carico di emozione. Entrambe avevano percepito i segni della negazione, ma entrambe sapevano che ci sarebbe voluto tempo, e avevano cercato di supportarla in altri modi.

Ad ogni modo, la seconda notte Selphie aveva emotivamente ceduto e aveva detto a Irvine del crollo di Squall. Doveva; a quel punto era questione della sua sanità mentale. Sapeva che il segreto sarebbe stato al sicuro con lui. Irvine non aveva appreso la notizia con la stessa incredulità delle due ragazze. Aveva visto troppe situazioni con i propri occhi sul campo, a Galbadia. Essere un cecchino significava anche leggere e capire le persone, e identificare le debolezze per sfruttarle in qualche modo, se necessario. Era scioccato, ma non sorpreso... d'altra parte, la maggior parte di loro era ancora troppo annebbiata per esplorare davvero i propri sentimenti. Forse era meglio così.

Anche Edea aveva guardato attentamente il succedersi degli eventi, tenendo d'occhio la sua protetta di una volta, in mancanza di una definizione migliore. Anche nel proprio dolore, Edea sentiva che qualcosa della storia di Rinoa non sembrava a posto, ma non c'era modo di provare la sua intuizione. Cid era ancora assente, e lei passava le notti da sola a letto, ma circondata dalla sua famiglia adottiva di giorno.

Rinoa aveva spedito alcune scatole di Squall a Timber. Odiava la sua debolezza, ma in qualche modo si rifiutava di lasciar andare alcune cose... per lo meno non ancora. Non aveva ancora finito di piangerlo.

Da quando aveva trovato l'anello, non aveva versato altre lacrime. Non poteva farlo. Non era rimasto nulla in lei. Era pian piano salito tutto verso un culmine per così tanto tempo; ora era un mare infinito e annebbiato. Laguna ed Ellione erano tornati ad Esthar, ma aveva promesso di rimanere in contatto, e lo avrebbe fatto... se non faceva troppo male. Non aveva trovato il coraggio di dire al padre di Squall dell'anello, ma era davvero di poca importanza. Laguna stava già soffrendo abbastanza; gli era vicina con il cuore e con l'anima.

Il terzo giorno Rinoa salì su un treno per Timber. Riuscì a fare un sorriso; era reale, a modo suo, ma forzato in un altro. Irvine, Selphie e Quistis la accompagnarono alla stazione e aspettarono con lei. Forse c'era molto che era rimasto non detto, senza risposte e forse persino ignorato... ma con il tempo avrebbero affrontato le barriere insieme.

Rinoa sapeva di dover tornare a Timber e tornare alla vita che si era costruita. Il Garden non era più casa sua. Non lo era da molto. Avrebbe visto Watts, e che Dio la aiutasse, avrebbe affrontato Zone. Qualcosa che voleva negare telepaticamente che fosse successo. Ma era successo. Desiderava ardentemente che non fosse così. Non sapeva cosa avrebbe detto ai suoi amici di Timber della sua visita, sempre se avesse detto qualcosa. Non sapeva nemmeno come avrebbe affrontato il giorno successivo. Ma lo avrebbe fatto. Cercò di non pensare alle parole di Edea; voleva credere che i suoi pensieri fossero suoi. Non dovuti alla pazzia, ma al dolore. Così si sedette sul treno, in un contrasto quasi brusco con il modo in cui era arrivata.

Rinoa Heartilly sarebbe tornata alla sua vita. Non sarebbe mai stata normale, ma almeno era sua.

*****
Nota della traduttrice: siccome inizialmente la storia veniva tradotta con il supporto di un programma di dettatura, ho deciso di rivedere man mano i vecchi capitoli per togliere gli errori rimasti. Insieme a questo capitolo, quindi, sono stati corretti anche i capitoli dal 11 al 15 compreso. Non ci sono modifiche sostanziali, ma qualcosina c'è.
In0oltre mi sono accorta che, come una pirla, la scorsa volta ho detto che avrei messo i capitoli dal 6 al 10, solo che poi me ne sono scordata. Ho rimediato oggi.
Vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear (a cui ho inoltrato già i commenti ricevuti finora; attendete la risposta XD). Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!).
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** XXVII: The Measure of a Man ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXVII: The Measure of a Man ~

Rinoa scese dal treno, osservando solennemente lo scenario che era diventato così familiare negli ultimi tre anni. Le vie di Timber erano piuttosto deserte; erano appena passate le nove di un giorno lavorativo. Ovviamente c'era sempre una certa attività, ma appena sufficiente a illuminare la città. Anche senza il trambusto quotidiano, si sentiva sempre a casa nell'atmosfera accogliente di Timber.

Aveva un'unica borsa da viaggio; gli altri bagagli erano stati spediti da Balamb. Far entrare quelle cose nello spazio per bagagli sarebbe stato un incubo, un altro mal di testa che non se la sentiva di affrontare. Fortunatamente, attraversare la stazione non fu una grossa sfida, dato che c'erano solo una manciata di altri passeggeri.

Lasciò vagare la mente senza troppa attenzione, fino a quando la vista di una bambina colse la sua attenzione. La bambina lasciò la mano di una donna, sua madre, immaginò Rinoa, quando vide una figura maschile emergere da una delle carrozze anteriori. La bambina sembrava così concentrata mentre saltava impaziente tra le braccia dell'uomo. Mentre si avvicinava anche la donna, era ovvio che era anch'essa emozionata per la riunione. Era una vista così semplice, ma trasmetteva le emozioni che a Rinoa erano mancate così tanto negli ultimi anni.

La Strega distolse lo sguardo, evitando la scena familiare davanti a lei. In qualche modo sentiva di star invadendo un momento piuttosto personale. Sapeva di prima mano cosa significasse avere la propria privacy invasa e fatta a pezzi. Sospirò, concentrandosi solo sul movimento dei suoi piedi mentre continuava a camminare lungo il binario. I suoi polmoni si riempirono dell'odore travolgente della benzina mentre oltrepassava i motori doppi del treno.

A Timber c'erano diversi tipi di motore; alcuni erano elettrici, alcuni utilizzavano un tipo più antico di benzina fossile, e poche macchine scelte una combinazione tra le due cose. A dire il vero, uno dei progetti su cui stava lavorando era eliminare tutti i motori tranne quelli elettrici dai confini di Timber. Beh, per essere più precisi, lei e Zone avevano lavorato alla legge sui trasporti, che includeva anche il miglioramento dei collegamenti con Esthar.

Non poteva spiegare perché, ma perfino qualcosa di nauseante come era normalmente l'odore della benzina sembrava darle conforto. C'era un senso di familiarità. Forse nasceva da ricordi radicati di viaggiare in treno da bambina. Ricordava di aver visto la dimensione enorme dei motori, e l'eccitazione di aspettare che il treno emergesse sui binari proprio dietro la curva. Era quasi magico che qualcosa come quello potesse viaggiare sulle rotaie.

Ma soprattutto, ricordava che una volta era stata quella bambina, che aspettava ansiosamente che suo padre tornasse a casa. Non capitava spesso che il Colonnello galbadiano viaggiasse in treno, ma ricordava di essere andata alla stazione, qualche volta, richiamando vividamente il ricordo di aver guardato quell'enorme motore che emergeva all'orizzonte. Ricordava anche che sua madre le comprava un cono gelato ogni volta. Ripensandoci da adulta, probabilmente era solo qualcosa per calmare una bambina ansiosa e piuttosto esuberante. Era solo qualcosa per tenere le mani e la mente occupate. Ma quelli erano ricordi che per Rinoa erano davvero preziosi, ricordi che richiamava come famiglia. Erano piccoli e probabilmente sciocchi per molti estranei, ma erano suoi.

La donna sospirò ancora, rendendosi conto di cosa stava facendo. Se non era vivere nel passato recente, andava alla sua infanzia, concentrandosi su tutto tranne che il presente. Sapeva che c'erano così tante cose per lei da gestire, così tante realtà da affrontare, ma in qualche modo ricordare il passato le dava anche la sicurezza a cui aveva così disperatamente bisogno di aggrapparsi. E per il presente, beh, la sua unica preoccupazione era recuperare i bagagli, tornare alla sua casetta, e cadere, sperava, in un sonno profondo.

*~*~*~*~*

Non servì molto tempo a Rinoa per trovarsi ad aprire la porta di casa sua. Mai nella sua vita un posto le era sembrato così vuoto. Non c'era nemmeno il rumore accogliente delle targhette di Angelo a salutarla mentre entrava. Sembrava patetico quanto era diventata dipendente dalla compagnia della sua migliore amica. Desiderò che Angelo fosse lì, per impedirle di farsi così tante domande. In qualche modo, almeno avere un altro essere vivente nella stanza la aiutava a negare il vuoto. Ora la casa sembrava soltanto desolata e spoglia, e trovò che il vuoto le portasse solo una sensazione travolgente di dubbio.

Facendo alcuni passi all'interno, Rinoa chiuse la porta dietro di sé. Vide immediatamente le tre scatole appena dentro l'ingresso, e fece una smorfia. Ovviamente non avrebbe dovuto essere sorpresa nel vederle a Timber; sapeva dannatamente bene di averle mandate da Balamb prima di partire. E con Zone e Watts che tenevano d'occhio la sua casa, non avrebbe dovuto essere minimamente una sorpresa vederle dentro. Eppure, in qualche modo, sentiva che vederle era solo un altro modo del destino per continuare a tormentarla.

Inoltre, forse, c'era anche quel pensiero iniziale che le echeggiava nella mente: le cose di Squall sono in casa mia. Lui avrebbe anche solo voluto che fossero lì? Lei onestamente aveva anche solo il diritto di tenere quelle poche scatole? La legge diceva che sì, ne aveva il diritto, la sua coscienza diceva di no - aveva rinunciato ai suoi diritti molto tempo prima. Era dannatamente troppo tardi per discutere di quel dibattito infinito ora: Rinoa avrebbe avuto tutta la vita per farlo. Tanto valeva aggiungere queste tre scatole alla grossa pila di 'e se' che si stava velocemente creando nella sua mente. Aveva seriamente bisogno di dormire un po', prima di impazzire in quel cerchio senza fine.

Posando la borsa su un tavolo lì accanto, arrivò al divano prima di lasciarsi cadere. Era ancora buio, ma non aveva la voglia o il desiderio di accendere le luci. Sembrava più consolante il buio, comunque, o almeno in quel momento. Rinoa era ben consapevole che poteva semplicemente essere la mancanza di sonno a parlare.

Nel buio, non si sceglieva tra il nero e il bianco, o persino tra quelle dannate nauseanti sfumature di grigio. La vita, e tutte le sue risposte, era semplicemente nera. Si permise di cadere sul divano e chiuse gli occhi solo per recuperare un po' di concentrazione. Nel buio cercò di respingere il dubbio, ma il dubbio consumava tutto. Si odiava a quel punto; aveva bisogno di pensare logicamente.

Dannazione. Perché non poteva esserci Angelo a casa, adesso?

Non poteva permettersi di fare questo; doveva essere quella donna forte e indipendente che viveva a Timber. Era più forte di questo. Aprì gli occhi improvvisamente, girandosi verso la luce lampeggiante sulla segreteria telefonica. La logica le diceva di aspettare, perché non c'era nulla di così importante da non poter aspettare fino al mattino.

Eppure, quella linea di pensiero sembrava ironica: aveva detto la stessa cosa proprio prima che iniziasse quell'incubo. La Strega aveva evitato di controllare la segreteria telefonica, allora, e quindi aveva determinato il suo destino di sentire la notizia della morte di Squall da un giornalista anonimo piuttosto che da un amico. Forse alla fine non importava; il dolore era comunque grande. La mano le tremava visibilmente mentre si allungava verso la segreteria. Rinoa non sapeva perché si sentiva così masochistica. Poteva davvero aspettare fino a mattina. Ad ogni modo, lei sapeva anche che se non avesse sentito i messaggi, la paura di ciò che non sapeva le avrebbe distrutto la sanità mentale.

I primi messaggi erano di alcuni amici sparsi di Timber, beh, più che altro 'conoscenze di lavoro necessarie'. Non si sorprese che il blocco dei loro messaggi fossero sempre le stesse condoglianze d'obbligo che aveva sentito costantemente al funerale. Non sembrava mai più facile da sentire, solo una frase vuota dietro l'altra. Dopo un po', divenne insensibile a qualsiasi significato reale e tutto quello che sentì furono parole vuote. Sapeva che sembrava disumano per alcuni aspetti, ma era la verità. Non poteva evitare di sentirsi così.

Poi, ovviamente, c'erano svariati messaggi di Zone e Watts. Si alternavano nel chiamarla, o almeno sembrava così. Immaginò che probabilmente avevano tirato a sorte per vedere chi chiamava prima. Ma onestamente nessuno dei due sapeva probabilmente cosa dire. Sembrava anche evidente dai loro messaggi,. Di nuovo, sembrò che alternassero le solite condoglianze. Ad ogni modo, sembrava anche che cercassero di mescolarle con diverse frasi finali, tipo, 'non ti sento da un po', spero che vada tutto bene, manchi ad Angelo e, ovviamente, per favore chiama subito quando torni'. Non che non fosse grata della loro preoccupazione, anzi. Sembrava semplicemente che le loro risposte fossero simili alle condoglianze da biglietto che aveva già dolorosamente sopportato.

Una parte di lei sapeva che avrebbe dovuto chiamarli subito entrambi. Persino a quell'ora avrebbero voluto avere sue notizie. Aveva di proposito evitato di contattarli quando si trovava a Balamb. Era stupido e debole. Aveva bisogno di separare le sue due vite, e chiamarli avrebbe fatto proprio il contrario. E poi, ovviamente, alla fine avrebbero chiesto dettagli. Sapeva che non l'avrebbero fatto solo per insensibilità, ma piuttosto perché, semplicemente, era nella natura umana essere curiosi. Non poteva biasimarli per questo.

Eppure a quell'ora chiamarli sarebbe stata come avere un coltello a due lame. Voleva e desiderava compagnia, ma non voleva la compassione che l'accompagnava. E se avesse chiamato, sarebbe stato quasi un dato di fatto che inevitabilmente questa avrebbe trovato il modo di intrufolarsi e crescere fino ad essere irritante. Di nuovo, non dubitava certo che le loro intenzioni fossero buone, a differenza delle innumerevoli altre persone che avevano lasciato messaggi. Nonostante questo, non voleva compassione; francamente non la meritava.

No, non poteva farlo. Non poteva affrontarla quella sera. Rinoa stava diventando estremamente brava sia nel procrastinare che nel negare. Ma a quel punto non aveva nemmeno la forza di volontà di andare a spogliarsi, o anche solo andare in camera da letto. Si limitò invece ad afferrare la coperta dal retro del divano, prese un cuscino e chiuse gli occhi. Forse lì poteva trovare quel sonno profondo, e sperava senza sogni, di cui aveva così disperatamente bisogno.

*~*~*~*~*

Riuscì a malapena ad aprire gli occhi prima che la luce che entrava la costringesse a chiuderli di nuovo. Rinoa sentì qualcuno che bussava alla porta, ma voleva disperatamente nascondersi sotto la coperta e affondare di nuovo nei cuscini troppo imbottiti del divano. Ad ogni modo, quello non sembrava il futuro che la vita aveva in serbo per lei. Certo che no, sarebbe davvero davvero troppo facile. Grugnì, spingendosi su dal divano, e si avviò barcollando senza grazia alla porta.

Aveva voluto compagnia quel giorno, ma non così presto la mattina. Di recente, aveva dormito poco, e ora considerava prezioso ogni secondo in più che riusciva a strappare. Comunque, si spinse in avanti, aprendo con stanchezza la porta e riuscendo in qualche modo a cancellare i rimasugli di sonno nel frattempo.

"Woof! Woof!" abbaiò forte Angelo, riuscendo a sorprendere la giovane donna, che sobbalzò al suono.

Il cane si fiondò veloce in casa senza dire altre 'parole'. Nessuno doveva fare la stessa domanda due volte alla cagnetta; sapeva già dove c'era al momento il piatto del cibo. Gli occhi di Rinoa seguirono la traiettoria del cane. A quanto pareva, la sua padrona meritava solo un'occhiata di sfuggita e alcune scodinzolate, anche se eccitate. Sembrava che il cane fosse sul punto di morire di fame da una settimana, e aveva disperatamente bisogno di ogni tipo possibile di cibo. Era passati circa trenta minuti da quando Angelo aveva messo gli occhi l'ultima volta su una ciotola di cibo per cani. In termini canini era una vita intera.

"Anche io sono contenta di rivederti," replicò Rinoa con voce monotona mentre Angelo spariva dietro il bancone.

"Beh, è bello vederti, Principessa. Sono contento che tu sia tornata." Zone sembrò prendere il saluto iniziale per sé, per lo meno tra i due umani. Rinoa scosse la testa distrattamente, spostando l'attenzione sull'uomo alla porta.

"Mi dispiace così tanto," si scusò. Non aveva voluto sembrare così maleducata, ma stava ancora cercando di svegliarsi del tutto. Infine, fece un passo avanti e i due si abbracciarono brevemente.

"È bello essere a casa, grazie. Prego, prego, entra... sono tornata giusto ieri sera. Non sono nemmeno andata di sopra."

"Lo vedo," disse lui, accennando al letto di fortuna. "Hai dormito bene almeno?"

"A dire il vero, meglio di quanto pensassi. Sono solo contenta di essere a casa. Come hai fatto a sapere che ero qui, comunque?"

Rise. "Siamo a Timber, Rinoa. Una foglia diventa marrone e la notizia fa il giro della città in un'ora."

Lei sollevò un sopracciglio. "E così sono eccitante quanto una foglia? Mi fa piacere essere in buona compagnia."

"La migliore," rispose lui con tono da dato di fatto. "So quanto ami gli alberi, i fiori e tutte quelle cose della natura."

"Qualcosa del genere," rispose lei con un sorriso. Era davvero bello essere a casa, se solo non si fosse sentita così in imbarazzo. Cercò di lottare contro quella sensazione, ma quella continuava a farsi sentire sul fondo della sua mente. Non poté evitare il silenzio imbarazzato. Che fosse per mancanza di sonno o per la tensione crescente, non ne era sicura.

"Allora..." iniziò lui, cercando di scegliere attentamente le parole. "Uhm... sono passato da Watts stamattina e ho preso Angelo. Immagino che tu abbia ovviamente capito quanto le sei mancata... o quanto le è mancato il cibo... voglio dire." Si trovò di nuovo a inciampare sulle parole. "Credo che noi... io volevo sapere se stai bene o cosa. Non abbiamo avuto tue notizie."

Lei sospirò. Adesso si sarebbe sentita in colpa anche per questo. "Zone, mi dispiace, è solo che... sai cosa, ti andrebbe bene se facessi un po' di caffè, e poi ci sediamo a parlare? Forse allora sarei almeno capace di pensare."

"Nessun problema, non dimenticarti che ti conosco davvero molto bene. In realtà, sono sorpreso che le tue prime parole non siano state 'adesso caffè - si parla dopo' quando hai aperto la porta. Sono davvero impressionato dal fatto che hai avuto una conversazione di quasi un minuto prima di parlare della tua dose mattutina di caffeina. Deve essere un record."

"Lo so, è un record. Penso che ero ancora scioccata per quella foglia che è diventata marrone..." cercò di scherzare, prima di accennare al divano. "Comunque, fa come se fossi a casa tua. Io vado a preparare il caffè."

"Ho un'idea migliore," ribatté Zone. "Tu vai di sopra, ti dai una rinfrescata, fai quello che devi fare, e io farò il caffè. A quanto pare Angelo sa come arrivare in cucina. Quindi se ho domande chiederò semplicemente a lei."

Lui sorrise, le posò le mani sulle spalle, la guidò alle scale e mimò il suo commento di prima, "adesso vai. Il caffè dopo."

"Sicuro?" chiese Rinoa, anche se non ce n'era davvero bisogno; la sua generosità non era così sorprendente. Lui si era sempre occupato di lei, anche se lei non aveva voluto. Era semplicemente nella sua natura. Ma comunque, chiederlo sembrava la cosa più educata da fare al momento.

"Sì, Rinoa, sono molto sicuro... ora vai su. Smamma."

Lei si voltò, offrendogli un sorriso sincero prima di seguire il suo consiglio. Per alcuni istanti aveva onestamente dimenticato il disagio che aveva sentito prima. Aveva dimenticato i ricordi del loro bacio. In quel momento, ricordava solo com'era sentire consolazione e sicurezza con lui. Sperava di poter risolvere mentalmente ed emotivamente la situazione con Zone.

Il problema era che onestamente non era sicura di cosa provasse per quella faccenda... e quello la disturbava da matti.

*~*~*~*~*

Zell appoggiò la testa sul braccio, cercando disperatamente di non addormentarsi. Era stato sveglio quasi tutta la notte a esaminare altre fotografie e ritagli di giornale. Ora, con l'avvicinarsi dell'alba, si trovò a combattere la stanchezza - ed era una battaglia che stava perdendo in fretta. Chiuse gli occhi prima di riaprirli velocemente e poi lasciò andare un grugnito non intenzionale, e poco affascinante.

"Vai a letto, e basta. Stai iniziando a sbavare sulle prove," ordinò Squall mentre andava alla sua sedia.

"Sq- uhm... da quanto tempo sei sveglio?" chiese Zell, piuttosto imbarazzato. Non era esattamente eccitato all'idea di essere colto in quello stato. Non era uno dei suoi brillanti momenti come SeeD o come salvatore del mondo.

"Abbastanza da sapere che stai dando del filo da torcere a Cerberus nel campo dello sbavare." Squall gli rivolse un'occhiata scocciata. "Vai a letto, e basta. Il prossimo turno è mio."

I 'turni' erano stati un'idea nata per necessità circa quattro giorni prima. Sembrava che essere rinchiusi insieme per quasi ventiquattro ore al giorno fosse, beh... molto brutto.

Molto, molto brutto.

A causa di questo, erano giunti alla decisione comune, o meglio aveva deciso Squall, e Zell aveva solo intelligentemente concordato, che avrebbero dormito a turni. In qualche modo, erano solo un pochino meno irritati quando l'altro dormiva. Di nuovo, secondo Squall, solo un pochino - sembrava che Zell avesse un problema nasale che si moltiplicava anche più forte nel furgone.

"Va bene, ma prima che mi corichi, volevo farti vedere questo." L'esperto di arti marziali mise sul piano di lavoro un foglio di calcolo stampato a computer con svariate celle di informazione. "Ho fatto una lista dal niente, dato che non riusciamo a trovare tratti comuni che leghino tutte le vittime. Sai, come l'idea che a volte la teoria più semplice è quella giusta."

Squall voleva commentare, ma si trattenne dal farlo. Il fatto era che Zell a dire il vero aveva ragione, ma questo non sembrò migliorare l'umore del Comandante. Abbastanza stranamente, lo irritava solo di più.

"Vedi Squall, ho solo messo qui dentro tutto le vittime, e inserito cose come i nomi, le date di nascita, le città, gli indirizzi, come sono morti, sai, quel genere di cose... per vedere se qualcosa torna."

"Ed è stato così?" chiese il Comandante con poco entusiasmo. La risposta era già del tutto ovvia, ma proprio tanto per fare, Squall lo chiese comunque.

"Sì... uhm... no." Zell si grattò la testa. "Ma non ho inserito noi due, immaginato che avrei lasciato inserire a te i tuoi dati... mi sento un po' strano a farlo io e cose così. In più, non sapevo se io dovrei esserci: non sono sicuro se sono un obiettivo o cosa."

"Questo tizio non sbaglia. Hai visto quell'ultimo omicidio a Dollet? Diamine, non penso che Irvine possa sparare un colpo come quello." Squall lasciò da parte il dettaglio che l'assassino l'aveva mancato, solo perché era quasi un miracolo che lui fosse ancora vivo. Era comunque un colpo dannatamente buono a una distanza abbastanza complessa.

"Dice molto. Sì, ricordo," concordò Zell.

Era stato stabilito, una volta che avevano ricevuto il rapporto dell'autopsia, che l'ultima vittima di Dollet era morta per un colpo di grande abilità. Quel fatto aiutava per alcuni aspetti. Chiunque stessero cercando aveva una sorta di background militare, o almeno qualcosa di equivalente nel settore pubblico. La polizia, la sicurezza e persino gli ex militari erano tutti in cima alla lista. Certo, questo restringeva il campo a centinaia di migliaia di possibili sospettati in ogni nazione del mondo.

"Quindi pensi davvero che io non fossi un obiettivo?" Zell si sentiva in colpa per una specie di sensazione di sollievo che provava a quell'idea. Certo, voleva che questo finisse. Dio, quanto voleva che finisse, ma comunque pensare che qualcuno non fosse là fuori a pianificare di dargli la caccia era un grosso peso che gli veniva tolto dalle spalle. Ora, se solo avesse potuto aiutare a togliere quel peso dalle spalle di Squall...

"No, Zell, penso che tu fossi un avvertimento. Se vai con lo zoppo..."

"Eh? Cosa?"

"Non importa, è un modo di dire," rispose Squall, irritato dal dover continuamente spiegare queste stronzate. "Zell, quello che sto cercando di dire è che tu sei stata la prima persona a essere ferita perché eri vicino a me. Io sospetto che accadrebbe di nuovo, se ce ne fosse la possibilità. Anche se la prossima volta potrebbe non essere un colpo di avvertimento."

Fu proprio in quel momento che risuonò lo squillo troppo familiare del cellulare. Squall odiava quel dannato affare. Infatti, aveva giurato che quando tutto fosse finito, lo avrebbe portato nel Centro Addestramento, gli avrebbe dato fuoco, lo avrebbe sminuzzato in minuscoli pezzi, e poi avrebbe dato le sue ceneri in pasto a un fottuto Archeosaurus. ...E se non si fosse allontanato presto da Zell, l'esperto di arti marziali sarebbe stata la portata successiva sul menù.

Il telefono squillò, irritante, di nuovo, e Squall sapeva esattamente chi era dall'altro capo del filo; era sempre una persona sola. In realtà aveva iniziato a disprezzare il parlare con il Preside più del parlare con Zell, il che la diceva dannatamente lunga. Non si preoccupò nemmeno di grugnire un saluto quando rispose; si era abituato al sentire Cid che sbottava immediatamente.

"Mi serve un aggiornamento sulle vostre condizioni."

Sì, buona giornata del cazzo anche a te, rispose mentalmente Squall al Preside. Anche se il Comandante odiava davvero parlare del più e del meno, sentire Cid che abbaiava un ordine come prima cosa del mattino era altrettanto irritante.

Doveva uscire da quel furgone; stava perdendo in fretta quell'ultimo grammo di pazienza.

"Nulla di nuovo da segnalare. Stiamo ancora cercando di trovare un legame. La squadra SeeD ha qualche indizio?"

"Niente, tranne lo stabilire perché sei diventato un obiettivo. Crediamo che fosse per fare un'affermazione politica. Il Garden era stato assunto per protezione, quindi il tiratore voleva dimostrare che non teme noi, o alcuna autorità."

"Quindi sparare a un vero politico non avrebbe alcun senso, no? Mi sembra che avrebbe sparato a qualcuno nonostante la nostra presenza."

"Comandante, tu sei un vero politico. Che ti piaccia o no."

Certo, secondo i fottuti ideali del Garden lo sono. Che mucchio di stronzate, pensò Squall. Odiava essere accomunato a quella categoria generica. Non tutti i politici erano cattiva gente; Rinoa e Laguna ne erano la prova. Eppure, le persone come loro erano poche e rare.

"Scusa, Leonhart? Non parlarmi mai più così. Ti ho già avvisato una volta."

"Di che cosa sta parlando?" chiese Squall, confuso dal commento del Preside.

"Gli ideali del Garden. I nostri ideali sono i tuoi ideali, non dimenticarlo."

"Che cosa sta...?" disse Squall, più a se stesso che al suo superiore. Poteva a malapena ripensare a pochi momenti prima. Non aveva detto quel commento sugli 'ideali' ad alta voce, che Cid gli leggesse il pensiero? Era impossibile... non lo aveva detto ad alta voce. Il Comandante era onestamente confuso. Non gli interessava lo sproloquio del Preside in quel momento.

La sua mossa successiva non fu la risposta giusta. Di fatto era un chiaro gesto di insubordinazione. Comunque, Squall spense il telefono e lo chiuse prima di gettarlo davanti a sé. Per alcuni momenti tutto quello che riuscì a fare fu fissare quella dannata cosa.

Alla fine si voltò a guardare la persona che aveva accanto, la stessa che era stata zitta durante lo scambio precedente. L'esperto di arti marziali vide qualcosa nei suoi occhi che sembrava quasi più disperazione che rabbia.

"Zell, ho detto qualcosa ad alta voce sugli ideali del Garden?" La voce di Squall era incredula.

Sembrava una semplice domanda, ma in realtà conteneva così tanto di più.

"...Uhm... sì, l'hai fatto?"

Da parte sua, Zell non capiva cosa stesse succedendo, e la risposta uscì più come una domanda. Certo che Squall lo aveva detto ad alta voce, era una specie di trucco?

Squall rise.

Non era nel copione, o necessario. Non era nemmeno nel regno della normalità. Era semplicemente una rivelazione. Una rivelazione della vita, della sua morte, e di ogni barriera che aveva mai costruito intorno a sé. Più cercava di proteggersi, più l'isolamento scioglieva la sua voglia di vivere. Tutta questa faccenda era un grosso scherzo. Questa missione non aiutava nessuno, feriva solo chiunque lui avesse mai amato.

La parte ironica era che, da qualche parte dentro di sé, sapeva di aver risposto ad alta voce. Non gli interessava. Proprio per niente. Aveva voluto dire qualcosa per così tanto tempo; solo che non sapeva come dirlo. Nessuno lo avrebbe ascoltato allora, nemmeno la sua stessa coscienza. Non erano le parole vere e proprie, quanto il loro significato implicito. Non era come prima. Di fatto, c'era qualche parte di lui che cercava disperatamente di mandare un messaggio che lui aveva ignorato troppo a lungo.

Qualcuno doveva tracciare un limite, da qualche parte.

Zell spostò nervosamente lo sguardo da una parte all'altra. Che lo stare nel furgone dell'inferno iniziasse finalmente a chiedere pegno?

"Stai... stai bene?" chiese l'esperto di arti marziali, temendo subito che sarebbe andata a finire in un'altra battaglia fisica.

"Sì, sto bene... penso davvero di stare bene per la prima volta da tanto tempo." E stranamente, era così. In qualche modo tutto sembrava avere senso. Non poteva spiegarlo, e nemmeno voleva farlo.

"Zell, vado al campo a rinfrescarmi. So che non è la mossa più saggia da fare durante il giorno, ma tanto non c'è nessuno comunque. Devo solo andar via da questo furgone per un po'."

"Sei... ehm... sicuro? Voglio dire, è un-" iniziò Zell prima di essere velocemente interrotto.

"Tutto a posto. Davvero. Vai a letto e basta, torno subito."

L'esperto di arti marziali si sentiva davvero a disagio per questa cosa. Gli ultimi minuti sembravano... strani e basta. Eppure sapeva che Squall aveva bisogno di un po' di spazio, e Dio solo sapeva che entrambi probabilmente avevano bisogno di una doccia. E quindi, di malavoglia, si disse d'accordo.

"Non stare via troppo," lo avvertì Zell mentre si stendeva nel sacco a pelo.

"Certo," rispose il Comandante sottovoce. "Dove andrei, in ogni caso?"

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** XXVIII: Through the Looking Glass ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXVIII: Through the Looking Glass ~

Rinoa tenne fermamente la tazza in mano, mentre il vapore danzava sul caffè. A quel punto, proprio come il cono gelato da bambina, era un modo per tenere le mani occupate. Sfortunatamente, diversamente da allora, non calmò il tumulto della sua mente.

Circa venti minuti prima, aveva seguito il consiglio di Zone e si era costretta ad andare di sopra. Si era persino concessa il lusso di fare una doccia semi-rilassante. Dopo essersi messa vestiti puliti, aveva cercato almeno di non sembrare come uno zombie senza vita - ma di certo quello era il riassunto di come si sentiva. D'altra parte, forse le sue ultime decisioni erano più una tattica per cercare di guadagnare tempo; stava ancora perdendo la sua guerra con il procrastinare.

Sì, c'era sempre qualcosa di liberatorio in una doccia. Rinoa aveva cercato di usare quei preziosi minuti per fare ordine nei suoi pensieri, nella sua vita, e persino nel suo futuro. Sembrava che la sua mente fosse semplicemente annebbiata come prima, e che ci fosse un temporale all'orizzonte. Non poté evitare la risata distrutta che le sfuggì; la sua reazione era oltre ogni senso della norma. Se qualcuno l'avesse vista, si sarebbe preoccupato del suo benessere.

La Strega aveva chiuso gli occhi, lasciando che l'acqua le lavasse il corpo. Ma proprio come la tazza di caffè, non funzionò per la pace della sua mente. Quando chiudeva gli occhi, vedeva solo immagini a pezzi della sua infanzia, di Squall, di Zone, di tutto e niente allo stesso tempo.

In un qualche modo malato e perverso, voleva provare qualcosa per Zone. Quella sarebbe stata la soluzione più semplice, dopo tutto. Desiderava ancora quel sentimento, avere qualcuno che la teneva semplicemente tra le braccia e le diceva che tutto sarebbe andato bene. Anche se non era vero, valeva la pena credere alla bugia, solo per un po'. Ricordava cosa si provava a cadere disperatamente in qualcosa di nuovo, qualcosa di sconosciuto, ma soprattutto qualcosa per cui valeva la pena rischiare il dolore al cuore.

Ad ogni modo, non provava questo per Zone. Per quanto dannatamente ci provasse, non poteva e basta.

Quindi ora era seduta al piano inferiore, con la tazza di caffè in mano, cercando di capire anche solo come iniziare una conversazione con lui. Fortunatamente, o sfortunatamente a seconda dei casi, Zone interruppe il silenzio con l'unica cosa che lei temeva di più in quel momento: domande. Sapeva che sarebbero inevitabilmente arrivate, semplicemente non sapeva se aveva oppure no alcune delle risposte.

"Allora, ehm... il Garden sa qualcosa del perché è diventato un obiettivo?"

Era ovvio che anche Zone si sentiva a disagio. Squall era stato un argomento piuttosto delicato prima che succedesse tutto quello. In realtà, l'uso del suo nome era stato spesso evitato; se si trattasse di una cosa deliberata nessuno dei due poteva dirlo. Dopo la sua morte, beh, parlare di lui sarebbe stato quasi impossibile. Eppure Zone voleva che lei si aprisse con lui. Lei aveva bisogno di buttare le emozioni fuori dal suo sistema. Alla fine, avrebbe aiutato entrambi a superare così tanti ostacoli non detti.

Lei scosse la testa con sobrietà, abbassando lo sguardo sulla sua tazza. "No, niente."

Zone annuì. Non intendeva pressare la questione. Aveva messo alla prova e scoperto i limiti, o almeno, dove si trovavano in quel momento. Era ora di cambiare argomento... almeno un po'.

"E Zell? Per favore dimmi che starà bene."

"Sì."

La giovane donna alzò lo sguardo e riuscì a fare un raro e minuscolo sorriso. Almeno le notizie sul suo amico erano piuttosto ottimistiche. Doveva aggrapparsi a ogni barlume di speranza, a prescindere da quanto sembrasse piccolo nel quadro generale delle cose.

"Dicono che è in condizioni abbastanza stabili. Solo che il Garden non rilascia molte informazioni per adesso... onestamente, a questo punto, si riduce tutto a una questione di sicurezza. Non posso biasimarli dopo..."

Zone si allungò, mettendo delicatamente la mano su quella di lei. Era inteso come forma di incoraggiamento, ma in qualche modo sembrò un gesto vuoto. Rinoa, a dire il vero, all'inizio era sobbalzata. Forse era per lo shock, forse per la paura... ma alla fine riuscì a rilassarsi sotto alla sua carezza. Dopo tutto era semplicemente un atto di amicizia, una cosa che aveva fatto molte volte prima, e lei non ci aveva mai pensato troppo su. Si rimproverò mentalmente; non era diverso adesso... allora perché si sentiva così?

"Rin, non sai quanto mi faccia piacere sentirlo... su Zell. Voglio dire... tutto considerato, sai."

Lui la consolò facendo scorrere il pollice sul lato della sua mano. A dire il vero c'era qualcosa che voleva dirle su quell'argomento, e ora sentiva che era il momento giusto.

"Principessa, volevo dirti, anche se sembra un po' ridicolo ora che lo dico... Watts e io ci siamo messi d'accordo e stiamo comprando qualcosa per Zell. Sai, giusto qualcosa per fargli sapere che stiamo tutti pensando a lui qui a Timber."

"Che... davvero?"

Gli occhi di Rinoa si illuminarono di gioia nel sentire la notizia. Desiderava solo che si fossero sentiti così per... No, non si sarebbe permessa di percorrere ancora il sentiero degli 'e se'. Non era né il luogo né il momento, e tutti i suoi desideri erano irrilevanti, adesso. In più, non era che Watts non si sentisse così per Squall. In realtà credeva che, sotto alcuni aspetti, l'altro suo amico avesse rispettato il Comandante. Watts, ad ogni modo, non aveva mai detto cosa pensava per lealtà verso Zone. Di nuovo si rimproverò mentre i suoi pensieri tornavano a Squall; anche quando parlava di Zell, non poteva evitare di indugiare sull'altro ragazzo.

Abbassando lo sguardo sulle loro mani, chiese, "allora, cosa avete comprato? Mi piacerebbe saperlo."

Zone si grattò nervosamente la nuca. "Beh, sembra tutto quanto piuttosto imbarazzante adesso. Era solo che quando è successo, beh, sentivamo di dover fare qualcosa. Allora ho pensato a tutte le volte che sono stato con lui..."

"Per favore, dimmi che non ha nulla a che fare con La mia vicina." Onestamente stava solo semi-scherzando, ma Zone aveva una storia molto sordida con quella rivista, a dir poco.

"Rinoa, non posso credere che tu l'abbia anche solo pensato!" rise lui, riuscendo a stringerle di più la mano nel frattempo. "A dire il vero, Watts e io abbiamo usato le nostre conoscenze per ottenere una foto del nonno di Zell... era una specie di combattente famoso, se ricordi. Beh, sì..." sorrise, ammettendolo imbarazzato. "Forse le 'nostre conoscenze' erano, a dire il vero, solo Watts che ha fatto una ricerca per immagini al computer. Ma hey, guarda con chi hai a che fare... non i due membri più svegli dei Gufi del Bosco."

Stava cercando di rallegrare l'atmosfera. Lei ne era grata, ma era anche estremamente curiosa. Sembrava che lui stesse cercando di girare intorno alla verità.

"Gah, Zone, dimmelo e basta... per favore," pregò quasi. Sperò di non sembrare patetica ad alta voce quanto lo sembrava nella sua mente.

Lui fece un largo sorriso, guardandola negli occhi. "Beh, gli stiamo facendo fare una carta da Triple Triad con l'immagine di suo nonno."

Rinoa non riusciva a credere alla sincerità di quel gesto. Lottò duramente contro la tentazione di lasciarsi completamente crollare davanti al suo amico. Si mise la mano libera sulla bocca e cercò di tenere l'emozione sotto controllo. Non avrebbe mai creduto che potesse esserci tanta gentilezza in quel semplice gesto.

"Zone... questa è semplicemente una delle... delle più belle... lo avete fatto per Zell? Nessuno ha mai... solo... grazie. Tu... Watts... solo grazie di cuore a tutti e due. È tutto quello che riesco... sono così scioccata."

"Principessa, non c'è problema, non posso credere che sei rimasta quasi senza parole. Abbiamo sempre voluto bene a Zell. Sono quasi stato male al pensiero che poteva non farcela. È stato un errore così tragico... e Squ-" Zone si accorse in fretta della direzione che stava prendendo, e cercò di riportare la conversazione su qualcosa di più positivo.

"Rin, nessuno mi ha mai sfidato a Triple Triad quanto Zell... può aver perso molto, ma non si è mai arreso. Ammiravo davvero questo di lui, era sempre così ottimista. Ecco uno dei motivi per cui speravo che chiamassi. Avresti dovuto..."

Distolse lo sguardo quando seppe che poteva star superando un limite, quello che cercava di rispettare. Ma in qualche modo, semplicemente non poteva trattenere più i suoi sentimenti. "Dannazione, Rinoa. Ero così preoccupato per te. Lo eravamo entrambi. Avresti dovuto chiamare o almeno lasciare un messaggio. Pensavo che meritassimo più di niente... che io meritassi più di niente."

Zone si fermò qui, anche se voleva così tanto chiederle di quello che era successo dopo cena quella sera. Aveva pensato a quel bacio per più di due settimane. Dio, sperava che significasse per lei quello che aveva significato per lui, che in qualche modo lei potesse vederlo come qualcosa più di un amico. Eppure aveva così paura della risposta che semplicemente non riusciva a costringersi a chiederle quell'unica, semplice verità. Forse, ancora per un po', il 'non sapere' era meglio del 'sapere'.

"Lui voleva sposarmi."

E lei lo disse, semplicemente così.

Non sapeva di preciso da dove le fossero venute le parole, o perché diavolo lo stesse dicendo proprio a Zone, data la loro storia. Comunque non si era fermata a pensare a quel dannato fatto, anche se ci aveva disperatamente provato. Le aveva smangiato l'anima fino a quando aveva sentito di non poter più sopportare quel dolore vuoto.

"Cosa?" chiese Zone, completamente sbalordito. Le lasciò la mano quasi con forza, ritirandosi mentalmente in se stesso.

Aveva appena sentito bene? Lui stava cercando di capire come affrontarla sul bacio, e quel dannato bastardo lo aveva superato con una proposta di matrimonio? Anche in morte, Zone sarebbe stato sempre nell'ombra del ricordo di Squall. No, non era giusto quello che stava provando, ma nessuno sapeva cosa stava provando, cosa stava passando. Nemmeno Rinoa. Aveva cercato di comportarsi come l'amico di sostegno, e quello non gli aveva fatto ottenere nulla; lo faceva ormai da anni. Eppure, era un amico e avrebbe cercato di aiutarla, a prescindere da quanto lo ferisse.

"Come... come lo hai scoperto?"

"Abbiamo trovato un anello svuotando il suo appartamento. La data sulla ricevuta ha rivelato la verità."

Non riusciva a guardarlo negli occhi. Sapeva che lui era ferito. Non si poteva evitarlo, ma sperava che lui avrebbe capito, con il tempo. Fortunatamente per Rinoa, Zone non aveva colto la parte di frase sullo 'svuotare il suo appartamento'. Quello avrebbe portato ad ancora più domande, e lei non aveva bisogno di affrontare quell'argomento, adesso. Se doveva avere un crollo nervoso, voleva solo pensare a una cosa alla volta.

"Tesoro, mi dispiace così tanto."

Lui la attirò in un abbraccio quando non vennero altre parole. Non c'era nulla che lui potesse dire per lenire l'angoscia. E quando la abbracciò, lei non oppose resistenza. Non sentì alcun bisogno di tirarsi indietro. Di nuovo, forse aveva solo bisogno di quel contatto umano, a prescindere da chi lo glielo desse. Era sbagliato, forse, ma chi c'era lì a dirglielo?

"Sai una cosa, Principessa, non parliamone più. Ma penso proprio che dovresti sapere quanto sei mancata a tutti, qui a Timber. Non è la stessa cosa senza di te."

"Sì, ho ricevuto i messaggi."

Tenne la testa sulla sua spalla. Di nuovo sapeva che da certi punti di vista era sbagliato, ma poteva anche essere l'unica cosa a tenerla sana.

"Prenditi solo quanto tempo ti serve dal lavoro, Rin. Tutti capiscono, fidati. Sono tutti preoccupati per te. Conosco qualcuno con un bungalow al Lago Ober, se hai bisogno di andare via per un po'."

"Non posso andare da nessuna parte," rispose la ragazza, tirandosi finalmente indietro. Si asciugò gli occhi pensierosa anche se non sentiva tracce di lacrime; in qualche modo, aveva creduto che cadessero. "A dire il vero, penso di tornare in ufficio domani."

"Sul serio? Rinoa, sei davvero in condizione di lavorare? Devi mettere al primo posto te e la tua salute. Penso che tu abbia ancora bisogno di tempo per sistemare le cose."

Lei scrollò le spalle. "Non lo so. Solo che non penso nemmeno di essere in condizione di stare a casa a far nulla. Almeno là avrò qualcosa a tenermi la mente occupata. Ho davvero bisogno di quella concentrazione, adesso. Che io sia produttiva o no onestamente è un altro discorso."

Zone rifletté sulla risposta. Per certi versi capiva la sua decisione. Anche lui aveva trovato consolazione nel lavoro, a volte. Eppure, si preoccupava che lei stesse cercando di fare troppo e troppo presto, senza dare a se stessa il tempo necessario per guarire. Anche dalla loro breve conversazione, credeva onestamente che lei fosse in una qualche forma di negazione. Quello lo spaventava a morte. Eppure questo era il momento in cui doveva essere lui a offrirle conforto, e avrebbe dannatamente colto l'occasione di farlo.

"Va bene Rin, ma vengo a prenderti io domani mattina. Non preoccuparti, non sarò qui troppo presto e porterò del caffè. Come ho detto, ti conosco."

"Va bene."

Non voleva discutere; semplicemente non valeva il disturbo farlo. Per non parlare del fatto che si era già aspettata quel tipo di comportamento tra lui e Watts. Temeva che questa fosse solo la punta dell'iceberg. Erano sempre stati estremamente protettivi nei suoi confronti, e ora la cosa si sarebbe solo moltiplicata dieci volte tanto. Era solo più facile sorridere educatamente, scuotere la testa e dire ok.

*~*~*~*~*

Sognava o era un incubo? Era piuttosto vivido, eppure di natura completamente casuale. Un minuto, Zell guardava una pizza al formaggio che volava nei paraggi, e quello dopo un Abyss Worm si trasformava dai molti strati di farcitura al formaggio. L'esperto di arti marziali non riusciva a distinguere tra sogno e realtà; la mancanza di sonno aveva molto a che fare con questa cosa. Quindi, per difesa, tirò un pugno con il destro nel suo stato onirico. Certo, a ricevere il pugno non fu lo spaventoso Worm al Formaggio, ma la base metallica di una sedia. Sembrava che il suo avversario inanimato vincesse il match, dato che Zell si svegliò con una smorfia di dolore. Quella faceva un male dannato da figlio di puttana, in più non era la più saggia delle mosse con un braccio ancora fasciato.

"Scusa," borbottò nella sua sofferenza, temendo che Squall trovasse in qualche modo irrispettoso il suo sfogo più recente.

L'esperto di arti marziali dubitava che al Comandante onestamente interessasse, ma era sempre meglio andare sul sicuro. Non ci voleva molto a far arrabbiare il suo amico in quei giorni; ancora, meglio andarci cauti. Aprì esausto un occhio, guardandosi brevemente le nocche ora gonfie. Avrebbe potuto giurare di avere la mano rotta. Beh, forse non rotta, ma estremamente graffiata, come il suo ego. Non avrebbe mai potuto parlare di Abyss Worm a forma di pizza al formaggio ad altra anima viva. Mai. A quanto pareva, tutta la faccenda del 'esperto di arti marziali macho' volava fuori dalla finestra quando era coinvolta la trasformazione dei latticini.

Zell guardò l'orologio. Poteva davvero aver appena dormito per tre ore di fila? Era un nuovo record in quel furgone dimenticato da Dio. Di solito, a malapena arrivava a venticinque minuti senza svegliarsi o sentire qualche parte del corpo del tutto intorpidita per la sistemazione... o meglio, per la sua mancanza.

"Squall, hai trovato qualcosa di nuovo?"

La domanda di Zell era retorica, e lo sapeva. Eppure sembrava la cosa educata da fare, anche se educato e Squall erano totali opposti.

"Sì, avrei dovuto immaginarlo," disse Zell, dopo che non ebbe ricevuto alcuna risposta.

L'esperto di arti marziali rotolò sulla schiena, cercando di ignorare il nuovo, secco dolore che gli si irradiava dal fianco. Alla fine della giornata, ogni parte del suo corpo avrebbe finito per essere rotta, dilaniata, o intorpidita per sempre.

"Questa cosa è come un dannato ago nel pagliaio," grugnì Zell, ora irritato dal suo sacco a pelo. "Ucciderei per avere un letto adesso. Sono le cose più piccole che vengono sempre date per scontate... come un materasso, un cuscino, e sai, nel tuo caso, non essere morto."

L'esperto di arti marziali ridacchiò, ancora annebbiato dalla sua mancanza di sonno decente.

"Sì, sì, lo so. Chiudo il becco prima che lo faccia tu per me," continuò Zell, senza sapere del tutto perché stesse testando la sua fortuna con il Comandante. "Sai, penso di non aver parlato così tanto in quattro giorni. Dovrei imparare a smettere quando sono in vantaggio... o prima che tu venga qui a mollarmi un computer in testa."

Zell si coprì gli occhi con le mani, cercando di bloccare la luce che filtrava. Non era molta, ma qualsiasi cosa a quel punto era davvero troppo. Si spostò il più possibile, cercando di stendersi su una parte del corpo che non fosse intorpidita, addormentata, o al momento molto dolorante.

"Allora, Squall, hai più richiamato Cid?" Dopo alcuni secondi di silenzio, Zell si scusò per il loro scontro di prima. "Guarda, mi dispiace... so che sei arrabbiato con me, e prometto di star zitto dopo questo, ma quella era davvero una domanda legittima."

Si tirò su a sedere, irritato. Ne aveva abbastanza, Squall non doveva sempre fare lo... beh, Squall.

"Potresti anche risp-" Si interruppe quando fece una scoperta spaventosa. "Uhm, Squall?"

Dopo un altro secondo di guardare, beh, nessuno, Zell parlò finalmente ad alta voce. "Oh, merda. Questo non può essere una buona cosa."

*~*~*~*~*

Da qualche parte tra, beh, l'adesso e l'allora, era riuscita a far passare svariate ore. Dopo che Zone se ne fu andato, Rinoa si trovò a fissare con sguardo vacuo il muro. Non l'uso più produttivo del proprio tempo, ma sembrava che almeno tenesse occupate parti distanti della sua mente. Il problema era che quando si guarda una tela vuota, ci si può dipingere un ritratto intero della vita. Dopo un po', poteva vedere sagome e forme che comparivano sul muro; erano come fantasmi che si allungavano verso di lei. Era tutto nella sua mente, lo sapeva. Era successo prima, anche se in misura minore. Ma in qualche modo adesso era diventato un passatempo macabro, come guardare nuvole che formano oggetti nel cielo... solo una cosa un po' meno sana.

Era questo il tipo di cose di cui l'aveva avvertita Edea? Questi momentanei vuoti di sanità mentale? Forse se si fosse semplicemente permessa di crollare del tutto, avrebbe dato il via al processo di guarigione. Si era sforzata di credere che la guarigione fosse iniziata dopo aver detto addio al funerale. In un certo senso, forse era così. Beh, fino a quando aveva trovato quel dannato anello e tutto quello che si era sempre sforzata di credere sembrava essersi dissolto in polvere. Non poteva più decidere quale fosse la verità e quale la bugia, il fatto oggettivo dal fatto percepito.

Perché qualcuno avrebbe dovuto costringersi di proposito a una tale agonia? Non ne aveva idea, ma in qualche modo non poteva più aspettare ad affrontare il passato. Si alzò dal divano, mise da parte tutti i dubbi e andò alla sua valigia. Un sospiro disperato le sfuggì dalle labbra. Perché diavolo Zone non poteva scegliere quel momento per tornare? Aveva così tanto bisogno di un'interruzione, persino l'abbaiare di Angelo sarebbe servito come distrazione.

Certo, la fortuna non sarebbe mai stata così gentile.

Mentre teneva la borsa fermamente tra le dita, iniziò lentamente ad aprire la cerniera. Si poteva pensare che stesse eseguendo un'operazione chirurgica osservando i suoi movimenti precisi e intricati. Quando il materiale più in alto rimase completamente esposto, fissò con occhi assenti il contenuto della valigia. Era pulito. Era in ordine. Le riportò ancora ricordi del modo in cui lui viveva la sua vita - dettagliato, metodico, e sempre preciso.

Sistemati attentamente nelle tasche in tessuto della valigia c'erano due cose che aveva cercato di nascondere - più che altro da se stessa. In qualche modo, non poteva tornare indietro adesso: doveva farlo. Per andare avanti, doveva fare un passo in avanti. La prima cosa che afferrò fu la busta che Shu aveva preparato. Nel lato in alto a sinistra della lettera c'era l'emblema blu della SeeD, a simboleggiare il Garden di Balamb. Non aveva mai voluto il suo denaro, o alcuna delle sue cose materiali. Questo sembrava sbagliato e si sentiva come se stesse facendo un'invasione personale, ma ancora una volta non poté immaginare il denaro che tornava al Garden. C'erano organizzazioni umanitarie e non che avevano disperatamente bisogno di assistenza. Questo denaro poteva fare molto bene al mondo; era così stanca di conoscere solo il male.

Certo, avrebbe mentito se avesse detto che non c'era la minima curiosità da parte sua riguardo le finanze di Squall. Lui era sempre stato estremamente discreto, sia sul suo stipendio che sui suoi averi. Sapeva che aveva sempre avuto quanto gli bastava per mantenersi. D'altra parte, era ugualmente pieno di risorse e poteva essere davvero frugale, a volte. Non gli serviva molto. Quello non era Squall. Eppure non le era mai sembrato che fossero affari suoi; era parte della sua vita, e qualcosa che lui aveva, con pieno diritto, tenuto per sé. Guardare adesso sembrava di tradire un'altra fiducia, una che non era mai stata detta, ma solo capita e rispettata.

A quel punto, Rinoa non si curò di cercare un tagliacarte. Era arrivata al pavimento e in verità non aveva il desiderio di alzarsi. O, onestamente, anche solo la forza fisica di farlo. Fece scorrere il dito sotto il lato apribile della busta, aprendola non troppo ordinatamente. Di nuovo, esitò prima di fare il movimento finale, quello che avrebbe estratto l'intimidatorio foglio di carta.

Ma questi erano i desideri di Squall e lei li avrebbe rispettati.

Il primo paragrafo era in quel lessico legale che sembrava estraneo, la stessa lingua aliena che Shu aveva usato a Balamb. Diceva qualcosa sulle liquidazioni, le proprietà immobiliari e i fondi disponibili. A quanto pareva, il denaro era già stato trasferito sul suo conto. Di nuovo, Shu le aveva detto che sarebbe successo. Se Rinoa ci avesse pensato, sarebbe stata più preoccupata di come il Garden avesse ottenuto quel tipo di dati, ma avevano sempre avuto i loro modi.

Gli occhi scorsero sul resto del rapporto. La maggior parte della pagina elencava fondi, proprietà liquidate, e alcune percentuali sparse. Ad ogni modo, la linea finale era chiara come le acque cristalline di Balamb. L'ammontare netto depositato nel suo conto era, al momento, poco sopra i due milioni e seicento mila guil.

Smise quasi di respirare: le ci volle uno sforzo di concentrazione solo per fare quello. Mai nella sua vita aveva immaginato una tale cifra. Diamine, non l'avrebbe guadagnata in una vita intera - due vite. Se avesse voluto, avrebbe potuto pagare il mutuo della sua casa e comprare i due isolati circostanti. Era surreale. Cercò di non pensare al prezzo pagato per quel denaro; il sangue di altri. Ancora scioccata, rimise la lettera nella busta prima di lasciarla cadere nella valigia aperta. Non avrebbe mai potuto tenere quel denaro.

Di nuovo la rabbia iniziò a montarle dentro, questa volta perché lui aveva dato così tanto ma così poco allo stesso tempo. Non era mai stata una questione di denaro, e una parte di lei arrivò quasi a considerare quel gesto come un ultimo schiaffo in pieno viso. Sapeva che non era questo il ragionamento di Squall, ma dannazione, non riusciva a capire nulla di quanto fosse passato in testa a quell'uomo.

Lo shock non si era ancora attenuato quando infilò la mano nella valigia per prendere il secondo oggetto. Quello che sembrava aver tenuto in ostaggio la sua sanità mentale negli ultimi giorni: la scatoletta di velluto. Quando il suo tessuto toccò la pelle delle sue dita, sentì il suo corpo intero ritrarsi inorridito al suo tocco. Le ci vollero svariati respiri profondi prima di raccogliere la volontà di prenderla dalla valigia. Guardò la scatolina, così piccola, così fragile, e oh, così piena di significato. Odiava tutto ciò che rappresentava.

E Rinoa Heartilly non aveva mai davvero odiato niente, a parte quello.

*~*~*~*~*

Forse quell'incubo del ridicolo verme di formaggio, a lungo termine, sembrava il minore di due mali. Zell camminava su e giù nel furgone, cosa estremamente difficile da fare piegato in uno spazio così ristretto, ma veramente, non gli interessava in quel momento. Erano passate tre ore dalla scoperta della scomparsa di Squall. In quel lasso di tempo, aveva cercato, ricercato e, beh, cercato fino a quando era stato sicuro che questa faccenda sarebbe finita con un sacco di urla del Preside. Mamma, disprezzava il suo lavoro in quel momento.

Passare gli ultimi quindici minuti a camminare nel furgone era controproducente, ma seriamente, non voleva fare quella chiamata. Per nulla. Mai. Neanche un po'.

Desiderava in realtà che Squall avesse preso l'unico cellulare che avevano. Invece il Comandante aveva insistito nel lasciarlo nello stesso posto in cui l'aveva buttato ore prima. Ora tutto quello che lui poteva fare era fissarlo come se fosse un Anacondar che sbavava veleno. Seriamente, se non avesse rinunciato alla carne, a quel punto, sarebbe stato immerso fino al ginocchio in una pila di panini.

Zell sapeva che più aspettava, più peggiorava il risultato possibile. Ora o mai più, anche se in verità pregava per il 'mai più'. Si fermò prima di darsi la nausea da solo a forza di camminare quasi in cerchio e si sedette su una delle sedie. In un momento ispirato afferrò in fretta il telefono. Fortunatamente, a differenza delle sue precedenti riflessioni, non lo morse né cercò di contrattaccare con una barricata di attacchi velenosi. Almeno non ancora: dopo tutto doveva ancora fare il numero.

Borbottò qualcosa ad alta voce mentre accendeva il cellulare: dannate immagini irritanti e squilli ridondanti ogni volta che veniva acceso. Chi pensava a questa roba? Cosa più importante, perché mai al mondo non poteva essere lui ad avere quel lavoro adesso? Quella persona non avrebbe dovuto affrontare l'ira di Cid Kramer... Seriamente, quanto tutto fosse finito, sarebbe andato a vedere se poteva scoprire come proporsi per quel lavoro alla casa produttrice del cellulare.

Ora, certo, toccava a lui fare quell'ultimo passo. Lo avrebbe fatto, doveva. Squall contattava raramente Cid, accadeva molto più spesso il contrario. Quindi Zell immaginò che quando il Preside avrebbe visto il numero chiamante, sarebbe scattato un allarme interno.

I suoi pensieri erano determinati mentre una voce dall'altro lato rispondeva impaziente.

"Status?" Non ci furono saluti o formalità da parte del Preside; quella parte era routine.

"Sono, uhm... io," riuscì a dire Zell. Non voleva dire nomi precisi, non si poteva mai sapere.

"...E il tuo compagno è?"

Zell intuì che la domanda di Cid era estremamente guidata, come se lui si stesse quasi aspettando una cosa di quel genere. In più, era sempre stato dato per scontato che ci sarebbe stato Squall dall'altra parte. Avere qualcun altro che chiamava era chiaramente un'altra bandiera rossa.

"Err, sì, per quello... non ne sono proprio sicuro..."

"Cosa? Che diavolo è successo?"

"Vede... facevamo a turni per dormire. Mi sono svegliato e lui non c'era."

"Sembra che qualcuno sia arrivato a a lui?"

"No, niente segni di niente. Io... io penso che lui se ne sia semplicemente," Zell deglutì forte prima di dire infine, "andato."

Quello che scioccò l'esperto di arti marziali fu che non venne nessun suono distinguibile dall'altro lato del telefono. Non c'erano grida, urla, nemmeno un 'grugnito scontento'. C'era solo un silenzio soprannaturale. Dopo alcuni secondi di silenzio, Zell temette che fosse caduta la linea.

"Signore?"

"Ci sono," rispose il Preside. "Da quanto?"

La domanda era quasi serena, secondo Zell.

"Al massimo, direi sei ore... come minimo, forse tre."

"Ok," rispose ancora Cid con calma. "Dovrai seguirlo. Questa missione non è affatto finita, ma a quanto pare, saremo costretti a fare correzioni."

"Signore, seguirlo? Voglio dire, dove?"

Ci fu solo una pausa momentanea prima che il Preside rispondesse, "sappiamo tutti 'dove'. Da dove ti trovi, è una camminata di cerca quarantacinque minuti fino alla stazione Accademia Est. Prima di questa, ci sono alcuni depositi di legname; credo che lui sia già su un treno. Viaggiare su rotaie è la cosa più logica è più diretta."

"Non pensa che dovrei intercettarlo da qualche parte? Voglio dire, quanti treni possono partire da qui al giorno?"

"No, non provarci nemmeno. Non vale il rischio di essere scoperti. Solo..." Il Preside si fermò; non riusciva a credere all'ordine che stava per dare. "Solo, prendi il furgone e incontralo a Timber. Risolveremo questo pasticcio quando vi riunirete."

"Capisco bene?" Zell era davvero confuso. Questo andava contro tutto quello che pensava di capire del Garden.

"Sì, capisci bene. In qualche modo mi aspettavo questa chiamata... speravo che ci sarebbe voluto di più. In parte è... non fa niente. Mi scuso, sto divagando. La tua missione principale al momento è non essere scoperto. Si perderebbe troppo, a questo punto. Dobbiamo prima risolvere questo mistero, o il Garden perderà credibilità. Quest'idea è stata un rischio calcolato fin dall'inizio."

Zell non voleva chiedere, ma andava affrontato.

"Uhm... e che mi dice di lei?"

Ci vollero solo alcuni secondi prima che il Preside rispondesse, con una certa calma.

"Fidati di lei. A quanto pare, non è più una nostra scelta."

*****
Nota della traduttrice: vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear (a cui ho inoltrato già i commenti ricevuti finora; attendete la risposta XD). Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!).
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** XXIX: Thine Own Self ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXIX: Thine Own Self ~

Sia il corpo che la mente erano affascinati come in modo ipnotico dalla scatolina di velluto.

Rinoa usò l'ultimo grammo di forza per alzarsi dal pavimento. Guardando fuori, notò che aveva iniziato a piovere. Ad ogni secondo che passava, il diluvio sembrava solo intensificarsi. Non c'erano tuoni o lampi da vedere, solo un picchiare quasi ritmico contro la terra. La pioggia le ricordava quell'ultima notte con Squall... Era sempre così.

Era una scena scolpita nei suoi pensieri; un momento nella sua vita che avrebbe davvero definito che la persona che sarebbe diventata. Era una serata calda intessuta nei suoi sensi - vista, udito, tatto, e perfino olfatto. Era l'odore della pioggia fresca che si mischiava ai dintorni, ma soprattutto, era l'odore che la perseguitava proveniente da un venditore ambulante.

Erano le rose.

Avrebbe sempre ricordato le fottute rose. La sua mente avrebbe sempre richiamato insieme quei due odori cattivi mischiati l'uno all'altro. Rose e pioggia - due cose che erano bellissime in poesia, ma rivoltanti nella sua mente. Avrebbe preferito vivere il resto dei suoi anni senza mai più incontrare quelle due cose.

Tornando al divano, si adombrò per l'acquazzone. Aveva piovuto spesso negli ultimi tre anni; il clima di Timber includeva sempre molte precipitazioni. Era uno dei vari motivi per cui la vegetazione fioriva così pienamente nella zona. La pioggia era sempre un fattore nel sostegno della vita della pianta, ma lei lo bilanciava sempre con l'opposto.

Eppure, in tutti gli anni che aveva vissuto lì, la pioggia non l'aveva mai fatta sentire a quel modo. La metteva a disagio, era inquietante, e sconosciuta in modo stridente. È solo pioggia, cercò di convincersi tra sé e sé. Eppure, d'altra parte, qualcosa dell'intera serata sembrava risvegliare emozioni che erano rimaste dormienti per anni... Dio, stava davvero perdere la testa, vero?

Si sedette, cercando di schiarirsi i pensieri. Doveva concentrarsi. Doveva andare avanti. Angelo era in fondo al divano, accoccolata nel letto di fortuna della notte precedente. Il cane le diede una sorta di consolazione, allungando una zampa come a dire 'sono qui'. La Strega si costrinse a un sorriso pietoso, grattando amorevolmente la cagnetta dietro l'orecchio. Ma quello che Rinoa doveva affrontare era un dolore da sopportare da sola. Non c'era promessa di consolazione alla fine, solo la conclusione di un viaggio solitario.

Ora era seduta lì, disperatamente, con gli occhi fissi su quella stramaledetta scatolina. Poteva farlo... tutto quello che doveva fare era allungarsi nel profondo di sé e afferrare nulla di meno di un miracolo.

Così lo fece.

Beh, almeno la cosa più vicina a un miracolo che avrebbe mai visto ancora nella sua vita. Immaginava di aver già usato la sua parte di miracoli in passato, e che il fato non le avrebbe più concesso favori. Quando la scatola si aprì scattando, fu faccia a faccia con i demoni che aveva negato. Ci volle ogni grammo di forza di volontà per non richiudere e basta quella dannata cosa e buttarla contro il muro. O ancora meglio, buttarla fuori sotto la pioggia. In qualche modo credeva che ci sarebbe stata della giustizia poetica in questo. Vedere l'acqua della pioggia che lentamente raggrinziva e distruggeva la scatolina. Ma con la sua fortuna, anche dopo la pioggia, il velluto si sarebbe asciugato e avrebbe di nuovo ripreso la sua eleganza. Lei, d'altra parte, sarebbe sempre rimasta un contrasto duro con la se stessa di un tempo.

Eppure, anche nel suo risentimento, non poteva evitare di essere ipnotizzata dall'anello. Era bellissimo, senza difetti, e assurdamente perfetto. Ancora una volta quelle cose le diedero la nausea. Un grosso diamante centrale dal taglio ovale era meravigliosamente sottolineato da molte pietre rotonde, e incastonato nell'eleganza di un fascia di platino. Per certi versi era stravagante, per altri era semplice. La pietra non era troppo grande, ma si capiva che era di qualità eccelsa.

"Che cos'hai fatto?" La sua voce riecheggiò nel silenzio della stanza.

Parlava con se stessa o al fantasma dell'uomo che sentiva di conoscere appena? Chiuse gli occhi, sperando di cancellare l'anello dalla mente. Sentiva rabbia e tradimento; sentiva risentimento e angoscia. In un atto quasi infantile, cedette infine a una tentazione più immatura e chiuse di botto la scatolina.

Rinoa non voleva averci niente a che fare. Niente. In un momento di debolezza, fece sbattere la scatolina sul tavolino da caffè. Angelo si raddrizzò dalla sua posizione, confusa per l'improvviso rumore, e tirò indietro le orecchie. Rinoa maledì silenziosamente qualsiasi divinità fosse responsabile di quella svolta del destino. Qualcuno stava ridendo di lei da qualche parte, ne era quasi sicura.

Se Rinoa avesse potuto riavvolgere il tempo, lo avrebbe semplicemente fatto. Desiderò che Quistis non avesse mai trovato quella dannata ricevuta. Anche peggio, desiderava onestamente che l'anello fosse stato per Lauren. Quello sarebbe stato più semplice da accettare, a lungo termine. Sì, sarebbe stato più difficile dell'inferno da affrontare, ma almeno non le avrebbe lasciato così tante domande senza risposta. Odiava la verità. O forse, non era semplicemente pronta ad accettarla.

Rinoa non riusciva davvero più a stare seduta o ferma. Il suo corpo era teso, e stare seduta non faceva niente per calmare l'ansia. Mentre Rinoa si alzava, Angelo piegò la testa con espressione confusa. La povera cagnetta non aveva alcuna idea del tumulto che la sua padrona stava affrontando. Il meglio che il cane poteva fare era guardarla impotente e offrirle compagnia silenziosa.

"Sei proprio un bastardo del cazzo!" gridò Rinoa, anche se la persona a cui erano dirette le sue parole non avrebbe mai sentito il suo sfogo. "Spero proprio che tu sia contento. Era questo che volevi farmi passare? Perché non potevi lasciarmi in pace e basta... dopo tutto questo tempo mi hai fatto questo?"

Succhiando aria, cercò di capire i suoi pensieri incoerenti e confusi. Alzò lo sguardo, sperando che in qualche modo questo messaggio lo raggiungesse. Non lo aveva mai affrontato in vita, quindi in morte avrebbe sentito la sua riappacificazione. Sapeva che questo sfogo avrebbe potuto essere un tentativo egoista di guarire, lo sapeva, ma dannazione, non poteva più nascondersi dentro se stessa.

"Squall Leonhart, non potevi impegnarti pienamente con qualsiasi cosa che non avesse una fottuta spada o proiettili. Un'arma che hai passato anni a studiare e capire, ma la nostra relazione... diamine, no. Quindi questa era solo un'altra promessa che non hai mai inteso mantenere? O era solo un modo per farmi chiudere il becco? Perché lo avresti anche solo fatto? Solo... perché?"

Le si strozzò la voce mentre perdeva tutta la veemenza. Ora, le sue parole erano in qualche modo scivolate sull'orlo della disperazione. Che Dio la aiutasse, aveva solo bisogno di risposte.

"E quella notte che ti hanno sparato, quando ero al ristorante... cosa stavi cercando di dirmi? Stavi cercando di liberarci uno dall'altra? Che cos'era... stavi cercando di liberare me?"

Guardò le porte scorrevoli di vetro che portavano al piccolo ingresso, prima che i suoi occhi tornassero sulla derisoria scatola sul tavolo. Nulla aveva senso, nemmeno un'unica dannata cosa.

"Ti è mai venuto in mente, Squall Leonhart... che io non ho mai voluto essere libera?"

Le sue ultime parole erano intrise di disperazione, e sentì una nuova ondata di emozione che la travolgeva. Era semplicemente insopportabile.

La sua mente corse, mentre l'adrenalina le sfrecciava nel sangue. Aveva perso la testa. Voleva solo correre, correre via da questa vita e da tutto questo dolore. Correre via da tutto quello che pensava di essere arrivata a capire. Voleva, aveva bisogno di scappare dai suoi stessi demoni. Aveva corso a quel modo una volta, da adolescente; era corsa via da suo padre e non si era mai guardata indietro. Quello era stato il primo passo verso l'indipendenza. Era liberatorio. Aveva bisogno ancora di quella sensazione, e aveva bisogno di sentire l'esaltazione di non avere debiti con nessuno, di essere senza preoccupazioni e responsabilità.

Quindi ecco cosa avrebbe fatto. Non era logico, e nemmeno minimamente sano, ma si sentiva come se fosse l'unico modo per salvare se stessa da se stessa. Quindi avrebbe corso. Rise ancora, proprio come aveva fatto nella doccia, senza una sola preoccupazione. Era cinico e malevolo, e in verità non era da lei. Ma era quello che sarebbe diventata se fosse rimasta intrappolata in quel vuoto. Quindi, senza pensare alle conseguenze, corse alla porta d'ingresso, tremando.

E corse.

*~*~*~*~*

Quando la porta sbatté, Rinoa si sentì come se non avesse mai più potuto guardare indietro la sua vita. Aveva voluto scappare via dall'agonia ed essere svuotata di ogni emozione. Onestamente, non sentire niente sarebbe stato meglio che sentire questo. I piedi nudi colpivano il marciapiede, senza mai sentire il dolore di una singola roccia o ramoscello sul loro cammino. L'adrenalina sovrastava qualsiasi sensazione di dolore, o forse era qualcosa di più profondo, qualcosa di più primitivo o magico.

Non faceva freddo fuori, anzi, piuttosto il contrario. La pioggia che le colpiva il corpo sembrava rinvigorente. Quindi corse nelle vie per chissà quanto - dieci, venti, forse quaranta minuti? Corse fino a quando non riuscì più a correre, fino a quando il respiro le fu risucchiato dal corpo, fino a quando disperate boccate di ossigeno le fecero dolere i polmoni.

La pioggia inondava le vie, correndo veloce verso tombini lì vicino. Si formavano piccoli gorghi a spirale, che guidavano l'acqua nell'abisso. Era come una forza invisibile che la tirava, una forza che la attirava verso l'ignoto.

Voleva così tanto porre fine a questa pazzia, ma non poteva.

Quando si avvicinò a un altro incrocio, non tentò di fermarsi. Se ne avesse avuta la capacità, avrebbe notato che il suo viaggio era quasi stato in tondo. La sua mente era troppo annebbiata per concentrarsi su ciò che la circondava. Anche in una città che conosceva bene, non era più che una turista persa nelle sue pieghe. Mentre si avvicinava al marciapiede, il piede scivolò. La pelle nuda incontrò il cemento, e le si lacerò una grossa porzione di pelle sul tallone.

Con quella nuova fitta che si irradiava dalla caviglia, riuscì a fare qualche altro passo instabile fino a quando la stanchezza la sopraffece. Il suo corpo era parzialmente sulla strada. Cadde sul cemento mentre un flusso d'acqua passava di corsa accanto al suo corpo. Il dolore la avvolse quando sbatté le ginocchia contro l'asfalto.

"No..." La sua voce si strozzò sotto al ritmo regolare della pioggia. "No... che diavolo sto facendo?" chiese, guardando uno dei lampioni lì accanto.

Per la prima volta da quando aveva iniziato a correre, iniziava a riguadagnare chiarezza. La pioggia somigliava a proiettili d'argento che cadevano dal cielo, che si riflettevano sotto la luce - ciascuno che si faceva strada direttamente per lei. Desiderò che fossero davvero proiettili; avrebbero potuto porre fine a quel dolore.

Questo non era giusto, lei sapeva che non lo era... Era più forte di questo.

Fissando il lampione sentì una vertigine sopraffarle i sensi. La combinazione ipnotica di luce e pioggia le fece salire la bile alla stomaco. Ebbe un conato per puro riflesso; cercò di trovare senso in tutto questo. Come diavolo era anche solo arrivata lì fuori? Ricordava a malapena cosa l'aveva portata a quel punto. Eppure si sentiva come se avesse potuto annegare in un miscuglio letale di vomito e pioggia. Fu allora che chiuse gli occhi e lottò per riacquistare sanità mentale.

Nel momento successivo, uno che poteva essere descritto solo come amara accettazione, udì lo stridere di pneumatici.

Vide una forte luce cinerea crescere gradualmente davanti a lei. Sorrise. Era tutto quello che poteva vedere. La nuova sensazione le riempì il corpo di una speranza che non conosceva da tempo. Era questa la morte? Era un senso di paradiso e di liberazione da tutte le preoccupazioni di questo mondo? Ma, se era morta, perché sentiva ancora un tale dolore mortale? Il corpo le faceva male, aveva le gambe intorpidite, e il tallone continuava a sanguinare.

Ancora in ginocchio sull'asfalto, aprì un occhio appena quanto bastava per vedere il contorno di quello che sembrava un paio di gambe. Si muoveva verso di lei con la consolazione di un angelo; un angelo che l'avrebbe portata dove non avrebbe più sentito dolore. In quel momento, lo avrebbe accolto con gratitudine.

"Squall?"

Disse il nome piano, una preghiera a malapena udibile in un mondo di silenzio. La pioggia cadeva a terra, ma lei non sentiva più nella pelle o nelle orecchie la sua esistenza.

"Stai bene? Riesci a parlare?"

Non era Squall; non lo sarebbe stato mai più. Fu allora che ciò che la circondava riapparve dal nulla. Il capogiro iniziò ad affievolirsi, ma non svanì mai del tutto dal suo corpo. Si concentrò sulla luce cinerea, notando che erano solo i fari di una macchina - accecanti, duri, e del tutto umani. Sentì la mano di un estraneo sulla schiena, tremante e sconvolta dal trauma.

"I-io stavo correndo... sono scivolata," spiegò la Strega.

"Stai bene? Vuoi che chiami un'ambulanza?"

Rinoa alzò lo sguardo verso gli occhi preoccupati di una donna anziana. Non aveva mai voluto scaricare i suoi fardelli, e la sua stupidità, su un'altra persona. La donna l'aveva quasi investita, probabilmente aveva quasi avuto un infarto nel cercare di evitarla. Sembrava che tutto quello che riusciva a fare ormai fosse causare dolore agli altri.

"No, no... sto bene, davvero. Mi dispiace così tanto... non volevo-"

"Shhh, tesorino, non provare neanche ad agitarti per questo. Per favore, lascia che ti chiami un dottore, o qualcuno."

Rinoa scosse la testa, rifiutando l'offerta della donna. Come poteva anche solo iniziare a descrivere le sue azioni sconsiderate a del personale medico? Sarebbe stata rinchiusa prima della mattina seguente. Forse non sarebbe stata una cattiva cosa, ma troppe altre persone sarebbero state ferite, così. Trovando la forza di alzarsi, Rinoa riuscì ad accovacciarsi.

"Mi dia solo un secondo." Rinoa fece una smorfia. Infine, guardò bene i dintorni e le venne da ridere. Era appena a un isolato da casa sua. A quanto pareva non poteva sfuggire ai patimenti della sua vita: non era nel suo destino.

"Mi dispiace così tanto di tutto, signora. Non si preoccupi, abito qui vicino. Starò bene." Rinoa fece un cenno della testa in direzione di casa sua prima di alzarsi del tutto.

"Non c'è bisogno di scusarsi. Abbiamo tutti quelle sere che preferiremmo dimenticare. Fidati, sono un'esperta sull'argomento. Oh, e per favore, chiamami Maude. Quella stupidaggine del signora fa sembrare che sia nata agli albori dell'antica Centra."

La Strega chiuse gli occhi, lottando con il dolore. La donna sorrise, sempre con la mano sulla schiena di Rinoa. "E davvero, sicura che riesci a camminare?"

"Sì, penso di sì..."

Rinoa aprì gli occhi e cercò disperatamente di focalizzare. Le sembrava di essere presa in mezzo tra le linee del confuso e dell'inesistente. Guardandosi la gamba, notò che si era davvero fatta male alla caviglia. Ad ogni modo l'orgoglio la trattenne dall'ammetterlo ad alta voce.

"Di nuovo, mi dispiace molto..." Rinoa si morse il labbro, del tutto imbarazzata. "Non è davvero da me."

"Beh, non dovresti star fuori con questa pioggia... ti prenderai un accidente."

Se solo fosse così facile, la rimproverò la sua mente.

Ogni graffio, abrasione e botta sembrava moltiplicarsi più Rinoa rimaneva in piedi. In più, non poteva tenere quella donna in quelle condizioni ancora a lungo; non si sarebbe mai perdonata se le fosse successo qualcosa per colpa sua.

"Maude, giusto? Si prenderà una bronchite con questo tempo. Per favore... non si preoccupi per me." Rinoa riuscì a fare un sorriso sincero.

La donna ricambiò e aggiunse facendole l'occhiolino, "adesso sembri proprio il mio futuro quinto marito. Starò bene. Ma posso almeno darti un passaggio fino a casa?"

"No, è proprio dietro l'angolo. Sto bene, davvero."

"Sicura che non posso chiamarti qualcuno? Fidanzato, marito, qualcuno?"

Quel pensiero la fece quasi ridere.

"No, no... grazie ancora, devo davvero rientrare."

La Strega annuì, congedandosi piuttosto bruscamente. Si sentiva già idiota, e rimanere in piedi in mezzo alla strada non aiutava. Rinoa si voltò, salutando con un gesto della mano prima di dirigersi a casa. Mordendosi il labbro, cercò di non zoppicare, rifiutandosi di cedere al dolore, o anche solo di permettere l'illusione. Così, per tenere la mente occupata, Rinoa si concentrò sulle piccole luci bianche che adornavano gli alberi, proprio quelle che vedeva dal suo ufficio. Anche nelle circostanze più orrende, quelle in qualche modo le davano gioia. Era un dettaglio così minuscolo aggiunto alla città, ma era qualcosa che donava grande personalità a Timber. Luccicavano e brillavano con forza, resistevano agli elementi, e come loro, lei avrebbe dovuto trovare il modo di fare altrettanto.

*~*~*~*~*

Mai nei suoi giorni di lotta si era mai sentita così sconfitta. Il corpo le doleva ad ogni passo, ma la mente era persa in un mare di infinito fallimento.

Rinoa, è una cosa stupida... sei stata bene per tre anni. Lui ha continuato la sua vita. Tu hai continuato la tua vita. Adesso dovrai rimetterti in sesto e farlo ancora. Dannazione, smettila. Starai benissimo.

"Bene - ah," sussurrò ad alta voce. "Non sei mai stata bene."

Nessuna parte del suo corpo era libera dall'assalto della pioggia. Gli abiti erano fradici e le pesavano addosso come un'ancora. Fece gli ultimi passi, guardando la sua porta d'ingresso. A quanto pareva, la sua piccola avventura non aveva portato a niente. Le uniche cose che aveva ottenuto con quell'esperienza erano imbarazzo, confusione, e qualche nuova ferita fisica.

Cos'era successo? Non aveva alcun senso. Si era sentita così distante da sé, proprio come quei primi giorni in cui cercava di controllare i suoi poteri di Strega. Era caotico e pieno di frustrazione, ma con aiuto e supporto aveva trovato la forza necessaria. Aveva bisogno di quella forza.

Le tremò la mano quando la allungò per stringere la maniglia. Una corrente del condizionatore la fece tremare involontariamente. L'aria fredda sembrava un migliaio di minuscoli aghi che le trapassava la pelle. Riuscì a chiudere la porta prima di barcollare verso il salotto. Non si sedette sul divano, si lasciò invece cadere dolcemente a terra. L'acqua le cadeva dalle ciocche di capelli, formando piccole pozzanghere sul tappeto.

Perché, perché la stava affrontando così male? Aveva perso altre persone in passato. Diamine, aveva persino perso un genitore... ma questa perdita sembrava legata alla sua anima. Era solo una bambina quando era morta sua madre, e anche se quel vuoto sarebbe sempre stato parte di lei, in qualche modo con il tempo si era fatto più fioco. Forse sarebbe successo anche con questo. Si sentiva così insignificante in questa vita. Il tempo sembrava avere poca importanza. Una settimana, un mese, un decennio... era tutto finito in un batter d'occhio. Forse tra vent'anni anche questo dolore sarebbe stato un ricordo lontano, solo una cicatrice sul viso del tempo.

Con una smorfia di dolore, cacciò quei pensieri scuotendo la testa. Rinoa doveva concentrarsi su qualcosa di diverso e in quel momento la sua ferita sembrava appropriata. Non aveva visto il taglio alla luce, e parte di lei ne era grata. Sarebbe stato un promemoria fisico della sua mancanza di giudizio. Eppure doveva sapere. Iniziò a guardarsi il tallone, ma i suoi occhi colsero qualcos'altro.

Quel dannato anello.

Rinoa si odiò per quello che stava per fare. Era per curiosità o per desideri masochistici, ma in ogni caso era sbagliato. Allungandosi prese la scatolina e la aprì con attenzione. Stavolta fece qualcosa che non aveva osato prima: tolse l'anello dalla scatola.

Stringendolo forte nel pugno sinistro, sentì la fascia che le si imprimeva nel palmo per la pressione. In un debole secondo, aprì il pugno e con mani tremanti infilò l'anello al dito. Era quasi perfetto - un po' largo, ma comunque perfetto. Era bellissimo. Era come se il suo gesto simboleggiasse una qualche unione macabra. Arrendendosi, si stese sul tappeto, memorizzando la sensazione al dito. Le molte facce del diamante brillavano, imitando tutti i colori dell'arcobaleno. Era un momento di bellezza inondato di tutta la bruttezza che sentiva.

"Finché morte non ci separi," sussurrò cupamente.

Un rumore sovrannaturale scivolò sotto l'uscio, mentre il vento fuori si faceva più forte. Era come una presenza spettrale che si opponeva ai suoi pensieri; persino il destino non voleva che lei stesse con il suo ricordo. Con la pioggia che colpiva la finestra, era un ambiente perfetto per un film dell'orrore, a parte la mancanza di tuoni furiosi e lampi. Chiuse gli occhi ancora una volta, imprimendosi la gemma cristallina nella memoria. Il suo corpo era debole, la sua mente era più debole. Si permise di cedere alla debolezza e di cadere in un sonno incerto.

*~*~*~*~*

Lui era in piedi con un unico pezzo di carta, su cui era scarabocchiato un indirizzo che non aveva mai conosciuto. Era davvero un bivio nella sua vita... beh, un altro. Dopo questo, comunque, non c'era modo di tornare indietro. Giusta o sbagliata, era una scelta che aveva fatto. Ma era quello il punto, l'aveva fatta lui. C'era qualcosa di liberatorio in quel solo fatto.

Ci sarebbe stata colpa, rabbia, risentimento - ci sarebbe stato tutto. Forse non c'era speranza, ma doveva scoprirlo lui stesso. Doveva farlo per se stesso. Egoista, diamine, sì, ma tutti avevano voluto qualcosa da tutta la sua vita, persino lei. Ma questo era diverso, questa era la sua decisione. Sua.

La gente gli diceva sempre quanto fosse fantastico, che lavoro meraviglioso stesse facendo, ma era tutto lì... era solo un lavoro. Non sapeva se aveva appena dato le dimissioni al Garden. Onestamente non era inteso in quel senso, ma comprendeva il rischio. Trovava persino uno strano senso di euforia nel non sapere. Sapeva che se fosse rimasto nella SeeD, non sarebbe mai più stato lo stesso - se fosse rimasto.

Non sapeva cosa gli avrebbe portato quella notte. L'unica cosa che era sicuro che avrebbe portato era la fine delle bugie. Forse non per tutti, ma per qualcuno a cui non si sarebbe mai dovuto mentire fin dall'inizio. Lo aveva permesso, aveva permesso al Garden di plasmare il suo futuro nella creta. Non più. La decisione che avrebbe preso ora sarebbe stata solo sua.

Si poteva presumere che fosse stata una decisione impulsiva andarsene, ma era un impulso che era stato concepito e pensato con attenzione. Non era una questione del se fosse successo, nella sua mente, era solo una questione di tempismo.

E poi era successo e basta.

Fu quando finalmente non seppe più dove iniziava lui e dove finiva il Garden. Quindi se n'era andato. Aveva aspettato che il suo compagno SeeD si addormentasse, aveva cercato un indirizzo, e chiuso la portiera di quel dannato furgone. Era stato più semplice di quanto pensasse; la parte difficile era stata solo fare quel cruciale primo passo. Alla fine lo aveva fatto. Aveva fatto un passo dopo l'altro fino a trovarsi su un treno. Ci era voluta dell'abilità per non essere visto, ma non era impossibile; non era nemmeno quella gran sfida, se paragonata ad altre.

Quindi aveva preso un treno, prima con la luce, poi al buio, e ora era in piedi nella pioggia. Il suo foglio era fradicio per la pioggia, come lui. Eppure non importava. Quando infine vide la casa si permise di sorridere. Era orgoglioso. Poteva non essere stata la reazione normale, ma cosa c'era di normale nella loro situazione?

Lei aveva ottenuto così tanto. Era una persona diversa rispetto alla semplice 'dilettante' che aveva visto su un vagone del treno. Il problema era... lui cosa aveva ottenuto? Certo, forse sulla carta c'erano decorazioni, medaglie e premi. Ma lui? Era quasi la stessa persona di quel vagone... e onestamente, voleva essere qualcosa di più.

*~*~*~*~*

Gli occhi di Rinoa si aprirono esausti svariate ore più tardi. Tremando da capo a piedi, il suo corpo aveva ceduto, completamente esausto. I vestiti erano ancora umidi e appiccicati al suo corpo. Spingendosi in piedi, cadde quasi per l'improvvisa debolezza. Lottando contro la sensazione, riuscì a strappare una piccola vittoria, ed era una sensazione in cui si sarebbe crogiolata.

Il suo unico pensiero era di andare finalmente di sopra e porre fine a quella serata infelice. La lampada vicino al divano era ancora accesa da prima, e grugnì tra sé e sé mentre si avvicinava. Diventava sempre più difficile fare ogni passo, ma riuscì a tornare al divano.

Quando raggiunse la lampada, non raggiunse però l'obiettivo. Invece la vista dell'anello al dito le fece ricordare. Voleva ammalarsi. Doveva lasciare andare tutto questo, la sua morte, la negazione, e l'insopportabile senso di colpa. L'anello non avrebbe mai dovuto essere suo. Anche se lui lo aveva comprato per lei, non glielo aveva mai dato. C'era una ragione, lui aveva fatto la cosa giusta.

Con le dita fece girare l'anello, così che si vedesse il diamante. In un ultimo disperato momento volle crederci. Con il pollice e l'indice tirò delicatamente, togliendosi l'anello. La piccola fascia di platino quasi le sfuggì di mano. Abbassandosi, prese ancora una volta la scatolina, e rimise l'anello al suo posto.

Era già passata da un pezzo la mezzanotte, e non voleva fare altro che andare di sopra, cambiarsi e mettersi a letto. Avvicinandosi a una scrivania mise l'anello nel cassetto più in alto. Sospirando, si tolse l'elastico che le stringeva i capelli. Li aveva raccolti in fretta in una coda di cavallo quando c'era stato Zone. Quel singolo pensiero la fece grugnire a voce alta.

Il giorno dopo sarebbe tornata al lavoro e lui avrebbe fatto domande. No, tutti avrebbero fatto domande. Sarebbe stata un'esperienza a dir poco difficile. Forse Zone aveva ragione, forse era troppo presto per tornare. Una persona sana non sarebbe corsa fuori sotto un temporale e non sarebbe stata quasi investita da una macchina. Una persona sana non avrebbe fatto promesse criptiche a un fantasma o provato anelli nuziali. Doveva ancora guarire così tanto, ma non sapeva proprio da dove iniziare.

Questi pensieri collettivi le fecero fare un'unica cosa... ridere. Di nuovo, certo non il gesto di una persona sana pronta ad affrontare il mondo. Tornando alla lampada, la spense finalmente senza l'anello. Mentre l'unica luce svaniva, un brivido improvviso la attraversò. Aveva avuto questa sensazione, prima; era quasi familiare. Dio, stava davvero impazzendo. Era buio, ma a differenza della sera prima, non c'era consolazione in questo. A dire il vero, era molto diverso. Per certi versi sembrava quasi... liberatorio?

Il vento si alzò, facendo cadere qualcosa nell'ingresso. Lei fece una smorfia guardando la pioggia - quello era un altro guaio da affrontare. L'esterno aveva la sua luce pallida, un miscuglio di natura e lampioni che si riflettevano sulle nuvole. Rinoa poteva intuire la sagoma della sua mobilia da esterno, i vasi di fiori, i cespugli, e per un breve secondo credette onestamente anche l'ombra di una persona.

Adesso stava proprio impazzendo, vero? Facendo un passo indietro verso il muro, Rinoa sperò di fondersi con il buio. Doveva immaginare le cose; c'erano stati chiari indizi di questo per tutto il giorno, e soprattutto la sera. Mentre continuava a guardare, la sagoma sembrò farsi più definita, e questo la fece davvero fermare. O c'era davvero qualcuno là fuori, o il suo passatempo di guardare forme sul muro si era molto intensificato, permettendole di vedere forme nella pioggia. Forme molto, molto vivide... Di fatto, forme molto familiari.

Uscendo dal buio, Rinoa si mosse verso l'ingresso.

"S-Sq-Squall?" disse ad alta voce per la seconda volta quella sera.

Non sapeva da dove venisse quel pensiero o perché lo avesse detto a voce così alta. Anche come domanda era pronunciata con una certa sicurezza. La figura sembrò annuire, mentre lei la fissava incantata. Le ci vollero alcuni secondi silenziosi prima di riuscire ad aprire la porta di vetro scorrevole.

"Sei morto," ragionò Rinoa ad alta voce, mentre rideva.

E fu tutto quello che riuscì a fare a quel punto, semplicemente ridere. Lo aveva fatto molte volte quella sera, ma ora più che mai. Era un misto di paura e di sanità mentale, perché aveva perso ogni contatto con la realtà. La mente le giocava scherzi e stava invocando allucinazioni mentali molto dettagliate. Edea aveva ragione, spezzare il legame sarebbe stata la più grande sfida della sua vita. Rinoa voleva chiedersi come sarebbe sopravvissuta, ma onestamente, a quel punto, voleva credere in quella fantasia. Questo Squall era un'illusione chiara e vivida. Per un po', volle solo credere alle sue illusioni.

Certo, questa era la prima volta che una delle sue illusione le parlava davvero.

"Sono qui."

*****
Nota della traduttrice: vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear (a cui ho inoltrato già i commenti ricevuti finora; attendete la risposta XD). Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!).
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** XXX: What you Leave Behind ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXX: What you Leave Behind ~

Era paura, speranza, abbandono e illusioni spossate. Era disperazione, bisogno, desiderio ed esigenza. Era tutto quello che si era costruito in Squall Leonhart nel corso della sua vita.

Era libertà e indipendenza, ma soprattutto era un legame non spezzato. Era stato fratturato da azioni e circostanze, ma mai spezzato. Gli parlava nel silenzio della sera come la dolce melodia di Siren che lo invitava nel buio. Era ogni emozione nel suo cuore, che era stata repressa da volontà e allenamento.

Ma quello era allora, e questo era adesso.

Era l'unica cosa a cui poteva pensare la sua mente. Sfidava qualsiasi logica razionale. Non gliene fregava un cazzo della ragione. Questo era ciò che voleva, al diavolo le conseguenze (questo era un errore, lo sapeva, ma voleva vivere momentaneamente per quel credo). Aveva ascoltato ordini e accettato missioni senza esitazioni o domande. Ma questa adesso era diventata la sua missione, la sua personale missione. Poteva non avere successo; questo se lo aspettava. Questa era la sua vita, dopotutto, e nulla era scritto con l'inchiostro, ma a malapena abbozzato a matita. Se era destinato a fallire, allora questo sarebbe stato il suo fallimento. Non il loro. Non della SeeD. Non del Garden. Suo.

Doveva sapere. Doveva prendere quel fottuto rischio nella sua vita. La sua scelta. La sua vita.

Aveva piovuto, ma quello non fu altro che un fastidio. Qualsiasi potere ci fosse non l'avrebbe reso facile. Questo era l'unico modo in cui poteva essere scritto.

Era arrivato al suo indirizzo dopo che il treno si era fermato al suo capolinea. Era arrivato solo all'area industriale di Timber, ma la logica gli diceva di continuare a seguire i binari fino a raggiungere la città. Ora, nelle ombre e nascosto dai lampioni, fissava l'edificio. Era così bello. Era un posto a cui sarebbe passato accanto senza guardarlo due volte se non avesse saputo chi ci abitava. Mattoni rossi, due piani, e semplicemente perfetto - era un'abitazione, una casa; qualcosa che a lui sfuggiva dalle mani da così tanto tempo. Il Garden era casa sua per certi aspetti, ma non aveva mai del tutto immaginato la definizione di 'casa'.

Sorrise per lei, per tutto quello che era diventata. Ricordava la bellissima ragazza che aveva catturato il suo sguardo sotto una stella di primavera. Ora lei viveva l'estate dei suoi anni, non come adolescente, ma come donna. Rinoa era bellissima, indipendente, e aveva uno spirito che non poteva essere catturato, né duplicato.

Quella frase era di parte, lo sapeva, eppure il tempo aveva fatto sembrare meno difettose tutte le sue imperfezioni. Capiva che ce ne sarebbero sempre state; non aveva mai dubitato che lei non fosse perfetta. Eppure sapeva com'era stata la sua vita dopo che lei se n'era andata. Perfetto e perfezione erano solo ideali, e a volte la realtà era bellissima per i suoi difetti, non nonostante questi. Lei era sempre perfettamente Rinoa Heartilly, e ora lui lo capiva davvero.

Allora le sue idiosincrasie lo disturbavano, ora le ricordava con un riconoscimento ritrovato. Quel vecchio adagio era vero: l'assenza fa davvero aumentare l'affetto. Era un luogo comune, ma non aveva mai pensato che un sentimento potesse essere una tale verità. Eppure il fatto era che lei era perfetta a modo suo - era perfetta per lui. Ci era solo voluta testardaggine, inganno, e la traiettoria di un proiettile per farglielo capire.

Sapeva che i minuti successivi avrebbero cambiato per sempre il corso della sua vita. A dire il vero, sin da quando aveva fatto il primo passo fuori dal furgone aveva saputo che niente sarebbe mai più stato lo stesso. Ora avrebbe scoperto se era valsa la pena correre il rischio. Doveva essere così, in un modo o nell'altro. Che fosse respinto o accettato, aveva fatto quello che il suo cuore gli diceva di fare. Aveva fatto quello che voleva per una volta nella sua vita, e nessuno, Cid, il Garden, o persino il rifiuto di Rinoa poteva togliergli quel sentimento.

Libertà.

Non avrebbe del tutto rinunciato alla sua missione, ma non avrebbe nemmeno rinunciato alla sua possibilità con lei. Poteva essere stata una ragione del tutto egoista, e completamente non da lui, ma per una volta nella vita avrebbe messo qualcosa al di sopra dei bisogni del Garden.

Raggiungendo la sua casa, si chiese come fare i passi successivi. Come si poteva dire, 'sorpresa Rinoa, non sono davvero morto'? Non era né il più facile inizio di conversazione, né il più semplice da spiegare. Avrebbe dovuto affrontare la cosa con la stessa ingenuità e scaltrezza di qualsiasi missione SeeD, anche se in questa non c'era nulla di tipico.

Almeno, gli aspetti tecnici di questa 'missione' erano più semplici di quello morale. Tatticamente, era più facile entrare in casa sua dal retro. Il piccolo cortile sul retro era più che adeguato a nascondersi, anche se si fece un appunto mentale di parlarne a lei più tardi. Alcune precauzioni di sicurezza in più non avrebbero fatto male a nessuno secondo lui - certo, se si fossero parlati ancora dopo quella sera. Era strano quanto in fretta la sua mentalità fosse tornata a quella del Cavaliere, un posto dove prevalevano sia la salvezza che la sicurezza di lei. Forse era il SeeD dentro di lui, o la sfiducia nella maggior parte dell'umanità in genere, ma qualcosa in lui sentiva improvvisamente l'innato bisogno di proteggerla ancora. Era un buon segno, o si stava solo preparando a un'altra caduta?

Dato il sensore di movimento collegato al garage, un deterrente in qualche modo efficace da parte di lei, ritenne che fosse più facile accedere da una finestra al secondo piano. Sarebbe stato più problematico di quanto avrebbe fatto un normale intruso, ma di nuovo queste erano circostanze ben lontane dal normale. Gli ci vollero solo alcune brevi manovre prima di trovarsi sopra al garage. Una volta giunto lì, fu sorpreso nel notare un giardino interno. Era un cortiletto quadrato, equivalente in dimensioni a una camera da letto, ma aggiungeva definitivamente un punto d'accesso più semplice, e più nascosto.

Scivolò quasi per la combinazione del materiale del tetto e dell'acqua piovana che cadeva a fiotti. Tenendosi fermo con un canaletto assicurato al muro, arrivò infine a un punto dove poteva scendere a terra. Appiattendosi ora contro il muro, riuscì a vedere dentro casa sua - casa sua. Era una considerazione strana ed eccitante. Non era mai stato lì, ma aveva immaginato spesso le possibilità - onestamente più di quanto avrebbe dovuto. Quando iniziava a sentirsi così, si convinceva che lei non avrebbe voluto che lui fosse bloccato nel passato. Voleva che lui imparasse dai suoi errori e andasse avanti; lo aveva detto apertamente al matrimonio di Selphie. Quindi, lo aveva fatto.

Eppure la mente umana era sempre curiosa, e la sua non faceva eccezione. Si era mentalmente immaginato casa sua, ma in qualche modo nulla lo aveva preparato a vederla con i propri occhi. Le sue prime impressioni erano state giuste; le sue decorazioni erano più sul tradizionale, al contrario di lui, i cui motivi piuttosto moderni erano stati messi insieme in fretta e caso da un catalogo. Non lei. Era elegante ma sentimentale. Era difficile accettare di essere davvero lì, e che questo non era solo un altro sogno ad occhi aperti sull'impossibile.

In qualche modo Squall sapeva che lei era a casa, che fosse una sensazione, il loro legame o una supposizione logica. Ci fu una nuova ansia in lui che non sentiva da tempo. E persino nel passato, ogni volta che si era sentito così di solito la causa era lei. I suoi occhi si fissarono sul soggiorno, mentre la sua mente correva per incastonare ogni dettaglio nella memoria.

E poi... la vide.

Era emersa nel suo campo visivo da un'altra stanza. Non avrebbe detto che quella vista gli ricordava quella stella cadente, perché sarebbe stata un'analogia scorretta, ma in qualche modo sapeva che la notte del ballo e questo momento sarebbero stati entrambi avvenimenti che avrebbe ricordato per sempre. Era più come guardare un film in silenzio in un teatro buio. La luce morbida stava improvvisamente proiettando la stanza sullo schermo in un caleidoscopio di emozioni dimenticate. E lui era lì ad interpretare il ruolo del Cavaliere errante solo nel buio, seduto in platea, e guardava disperatamente l'azione che si svolgeva davanti a lui. Fu tutto quello che Squall riuscì a fare per convincere se stesso di non essere un osservatore esterno della sua stessa vita, e che aveva il potere di gestire le proprie azioni.

Non sentiva più la pioggia contro la pelle, mentre tutto dentro di lui, tutto quello che era diventato, era focalizzato solo sui movimenti di lei. Si lasciò ipnotizzare dal semplice gesto di Rinoa che si liberava i capelli stretti in una coda. Squall ricordò all'improvviso che lei non poteva dormire con i capelli raccolti: dovevano sempre essere sciolti. Perché non aveva ricordato questa cosa prima? Aveva giurato prima di poter ricordare ogni dettaglio, ma nel vederla si rese conto di poter a malapena ricordare qualcosa.

Il suo cuore lo spingeva avanti, dimenticando l'ombra mentre in silenzio la guardava attraversare la stanza. Era reale, vero? Avrebbe raccolto la forza di arrivare fino in fondo. La sua mente non era più sua; era perso e voleva disperatamente essere trovato. Se questa sensazione venisse dal legame, non sapeva dirlo, ma sembrava molto oltre qualsiasi bisogno normale. Qualcosa lo stava guidando da lei, e in un certo senso lo aveva sempre fatto.

Quando lei spense la luce, lui fece un passo avanti, inciampando accidentalmente contro una sedia in ferro battuto. Tanti saluti all'intuizione SeeD, pensò sarcastico. Bastava lasciarlo a se stesso, ed era imbranato come un Grendel ubriaco. Fu con quel passo falso che lei guardò fuori, cosciente dell'incoscienza di lui. I loro occhi si incontrarono; almeno, lui pensava che si incontrassero quando il suo corpo fu percorso da un brivido in risposta. Lei sapeva? Poteva capirlo?

La sua abilità di respirare fu seriamente messa a rischio e per la prima volta da giorni riuscì a sentire pulsare la ferita sul petto. Dio, Rinoa doveva sapere mentre si spostava in avanti, senza mai distogliere gli occhi. Lui era intorpidito, non poteva muoversi. Questo momento era l'accumularsi di anni di dubbio di sé e negazione che venivano portati dolorosamente in superficie. Se lei sapeva che era lui, lì fuori, non tradì emozione. Lui non riusciva a leggere l'espressione del suo viso, e questo lo spaventò a morte. Raggelato, in silenzio, ed emotivamente esposto, rimase in piedi da solo. La pioggia cadeva secondo schemi ritmici contro il terreno, ma lui rimase una statua in presenza di lei.

Poi successe - lei disse il suo nome.

Lui non lo udì, ma poté solo sentirlo. Poteva sentire la sua voce bassa che gli sussurrava nella mente. Annuì - perché era l'unico movimento che era in grado di fare. Le dita di lei tremavano quando aprì la porta scorrevole, e in quel momento lui desiderò scappare così enormemente. Ma Squall Leonhart non sarebbe mai scappato, non così. Non era da lui, non era nella sua natura. Poteva sentirne il bisogno travolgente, ma non poteva mai andare fino in fondo. In quel momento non poteva nemmeno muovere un piede, anche volendolo.

Lei era diversa da come la ricordava, ma per certi versi era assolutamente la stessa. Era difficile da spiegare e ancora più impossibile da descrivere. Era così più vecchia, ma aveva ancora lo spirito della gioventù. Era passati solo tre mesi da quando si erano visti a Balamb, solo pochi mesi da quando era rimasto coricato, in imbarazzo, nella stanza accanto a lei, in albergo. Non aveva mai dormito quella notte, aveva solo combattuto una battaglia disperata dentro di sé. Doveva lasciare che lei continuasse la sua vita, quella notte lo aveva saputo. Lei stava meglio senza di lui; probabilmente era sempre stato così...

Ma poi un proiettile aveva cambiato tutto.

Con un unico gesto del destino, lui aveva ascoltato le sue confessioni più profonde. Aveva sentito le sue parole al funerale, parole dette per lui ma mai a lui in quel modo. Non era troppo tardi... non era troppo tardi. Non poteva esserlo. Non ora, erano così vicini. Lei aveva ammesso i suoi sentimenti solo poco più di una settimana prima. Lei si era messa le proprie emozioni in mano e gli aveva dato il suo cuore. Di nuovo. E grazie a un qualunque assalitore codardo, gli era stata data una seconda possibilità con la vita, con lei, con loro.

Lei disse il suo nome una seconda volta, ed era la cosa più bella ma terrificante che avesse mai sentito. Lui annuì ancora, ancora incapace di fare altro al momento. Sorrise. Dio, lei sorrise. Non aveva mai visto qualcosa di così sereno o paradisiaco in tutta la sua vita. Era la bellezza nella sua forma più pura.

"Sei morto." La sua voce si udiva appena sopra al rumore della pioggia.

La sua risposta lo sorprese. Sembrava così impassibile. Onestamente, in quel momento temette il peggio; il solito comportamento di lei era rimpiazzato da qualcosa di del tutto diverso. E in quel secondo si chiese se lui la conoscesse, se la conoscesse affatto. Questa riunione era una specie di fantasia che aveva creato nella sua mente? Non sarebbe stata la prima volta, e adesso sospettava fortemente che non sarebbe più stata l'ultima.

E poi lei rise.

Per tutto il tempo, da quando era salito sul treno, non aveva mai immaginato che lei ridesse di lui. Doveva dire qualcosa, dire qualcosa per calmare i dubbi di lei, i suoi dubbi. Voleva dirle tutto, tutto quello che c'era stato nel suo cuore dal minuto in cui lei se n'era andata al minuto in cui il proiettile gli aveva attraversato il petto. Eppure tutto quello che riuscì a dire fu una semplice frase. Ma forse, solo forse, sarebbe bastato per rinnovare una promessa non mantenuta. Solo forse, lei avrebbe capito mentre nessun altro poteva...

"Sono qui."

Proprio in quel momento, tutto sembrò semplicemente diverso. Nella sua mente, gli era stata data una seconda possibilità per fare la scelta giusta. Tre anni prima, la sera in cui lei se n'era andata, dopo essere rimasto amaramente solo sul binario, si era trovato di nuovo nell'oscurità. Si era voltato a guardarla salire sul treno e non aveva avuto l'intenzione di scoprire le carte di lei. Lei non l'avrebbe lasciato. Rifiutava di stare a quel gioco.

Certo, ora capiva che le azioni di Rinoa non erano un gioco. Non lo erano mai state... Quella notte, avrebbe potuto tornare al binario e chiederle di rimanere. Avrebbe potuto essere più convincente nelle sue argomentazioni, che non c'erano, o, dannazione, avrebbe potuto semplicemente scusarsi per le sue parole perfide. Non l'aveva fatto. Le aveva chiesto di non andare, ed era tutto quello che avrebbe fatto. Non avrebbe pregato o supplicato, ma adesso sapeva anche di non aver mai davvero lottato. Forse aveva rinunciato a se stesso e alla loro relazione molto prima di quella notte.

Ora l'unica cosa che poteva fare era stare in piedi davanti a lei e chiederle perdono. Aveva commesso i suoi peccati, e ora avrebbe convissuto con le conseguenze.

Brevemente, il viso di Rinoa mostrò un minuscolo riconoscimento prima di tornare alla sua espressione precedente.

"Sì, ok," disse, facendo alcuni passi nel cortile, ancora con un po' di umorismo nella voce. "Sei qui."

Lui rimase incredulo a guardare la pioggia che scendeva secondo i suoi naturali sentieri sul corpo di lei. Sembrava così piccola, così bella, e così... persa? Non gli era mai venuto in mente che lei avesse potuto attraversare un tumulto emotivo così profondo da far deviare il suo senso della realtà. Era ben oltre qualsiasi cosa avesse visto in lei; era la disperazione del bisogno di essere salvata da se stessa. Conosceva questa sensazione. La conosceva troppo bene.

"Sei qui," ripeté di nuovo lei riuscendo a soffocare le sue risate, ma la sua voce e le parole non erano sincere, come se lei sapesse in qualche modo che lui era un'illusione.

In silenzio lui rimase a guardarla. Voleva dire qualcosa, gridare la verità. Ma non ci riusciva. Tutto quello che poteva fare era rimanere lì e basta; la sua reazione lo aveva davvero colto di sorpresa. Si era aspettato odio, tradimento, persino incredulità, ma umorismo? Era qualcosa di completamente inaspettato, e per certi aspetti gli faceva molta paura.

"Ok." Lei annuì, come accettando il destino delle sue illusioni.

Da parte sua, Rinoa era sicura di aver perso la ragione. Era al punto in cui sia il cuore che l'anima volevano accettare la fantasia, ma la mente trovava il concetto del tutto ridicolo. Così, quando fu svuotata da ogni altra emozione, l'unica cosa che rimase era il riso.

In piedi nella pioggia, le faceva male tutto il corpo, il tallone era ancora dolorante, e il suo senso della realtà era completamente perduto. Eppure, in quel momento, volle credere. Avrebbe affrontato le conseguenze dopo; voleva solo davvero molto che questo fosse reale.

Quindi, in accettazione della sua follia, Rinoa corse avanti, impattando contro il suo petto. Parte di lei pensava che avrebbe oltrepassato la sua sagoma immaginaria, ma il suo corpo era innegabilmente materiale, e le due entità si incontrarono sotto un torrente di pioggia.

Decisamente lui non si aspettava questa risposta, né capiva del tutto le sue azioni, ma sarebbe stato dannato se dopo tre anni non avesse colto al volo quell'opportunità. Anche se quel momento era in un certo senso rubato, era qualcosa su cui i suoi desideri non potevano sorvolare. Le strinse le braccia intorno; era quasi una risposta involontaria.

Non pensò mai, accettò e basta.

Sentire il suo peso contro il proprio corpo era come sentire il respiro che tornava dopo aver vissuto sotto un peso orrendo. Ogni dubbio sulla sua decisione di venire a Timber svanì con un unico semplice tocco. Quello di lei. Fece scorrere le dita tra i suoi capelli umidi, e ascoltò il suono del suo respiro affrettato. Lei aveva appoggiato la testa alla sua spalla, e lui la sentiva tremare sotto alle sue mani.

Lei riuscì solo a guardarlo negli occhi. Doveva essere reale. Anche nella luce fioca, i suoi occhi mostravano tutte le sfumature di colore, azzurro, marrone, e ogni colore nel mezzo. Erano pieni di vita; l'unica cosa che gli era stata negata una settimana prima.

Nemmeno nei suoi sogni più selvaggi lui aveva creduto di poter riavere questo momento. Abbassò gli occhi su di lei, chiedendosi quando sarebbe finita. Era sempre così. Nei suoi sogni, questo era il punto in cui si svegliava. Non sempre da solo, ma sempre solo. Lei lo guardò con uguale intensità e lui si sentì cedere al desiderio. Era come avere ancora diciassette anni, in piedi da soli sul balcone del Garden.

Le loro labbra si incontrarono e tutta l'emozione e la passione iniziò a tornare a galla. Squall non avrebbe mai immaginato questa reazione. Si scriveva quasi come la favola perfetta, ed era quello il problema; era troppo perfetto. Mai nella sua vita qualcosa gli era stato dato con tanta facilità. Doveva parlarle, parlarle davvero. Il ridere, la reazione, il bacio - era tutto troppo surreale. E per quanto si odiasse per la sua azione successiva, era l'unica scelta logica che gli permetteva la sua mente. Anche se, dannazione, il suo corpo voleva qualcosa di completamente diverso.

Si costrinse a separarsi da lei, un po' più lentamente del dovuto. Solo qualche altro secondo, qualche altro ancora... poteva non essere più così.

"Rinoa, basta," sospirò tra baci affrettati. "Per favore, non posso."

Lei si ritrasse, guardandolo esitante con la stessa intensità con cui l'aveva toccato. Comunque lui non riuscì a lasciarla andare del tutto. Non ora. La tenne stretta, non nello stesso abbraccio di poco prima, ma lasciando un po' di spazio tra i loro corpi.

Lei ridacchiò, coprendosi il naso e la bocca con le mani. In un certo senso, sembrava che pregasse. E forse, solo forse, era così - pregava di riavere la sanità mentale prima di distaccarsi del tutto da questa realtà.

"Certo che non puoi. Non riusco a fare bene nemmeno questo. Ok, dimmi pure," disse, con un gesto noncurante della mano.

"Cosa?" Il suo cuore seppe immediatamente che era vero, questo non era giusto. "Cosa, Rinoa, cosa vuoi che ti dica?"

"Dio, devo sillabare tutto?" disse rabbiosa, liberandosi dalla sua stretta. "Dovresti dirmi che devo lasciarti andare, che starò bene, che non vuoi che mi faccia questo, e che smetta di sentirmi in colpa. Sai, Squall, la cosa strana è che tutti e anche tutti gli altri me lo dicono da una settimana. Mi sembra che la mia dannata allucinazione dovrebbe avere almeno qualcosa di originale da dire."

Alzò le braccia al cielo, esasperata. "Non so, Squall, forse potresti provare con qualcosa tipo: sei libera da tutta quella cosa del nostro legame Strega/Cavaliere. Anche se me ne sono andato, voglio che tu sia felice."

Lui inspirò profondamente. Adesso capiva tutto. Lei non stava baciando lui; stava baciando un fantasma. Il suo corpo era intorpidito. Questo, questo era ciò che le aveva fatto. Quello era ciò che aveva fatto il tradimento del Garden. Disprezzò se stesso e il Garden. In comando, era rimasto in disparte e per procura aveva lasciato che succedesse tutto questo. Non solo a lei, ma a chiunque lui avesse mai voluto bene. Aveva proceduto di sua volontà con l'inganno; forse per lui non poteva esserci alcun perdono.

"Rinoa, guardami," disse con fermezza, posandole le mani sulle spalle. "Non sono morto, è stata tutta una finzione. Tutta questa faccenda è una bugia del cazzo. Una delle idee meno brillanti del Garden... Rinoa, non posso nemmeno cominciare-"

"Non ti hanno davvero sparato?" lo interruppe lei.

Lui non seppe decifrare alcuna emozione dalla domanda - risentimento o altro. La sua ritrovata indifferenza era a sua volta sorprendente; lei sembrava fare il giro di tutta la gamma emotiva.

"No, non intendevo quella parte. Quella è stata molto, molto reale. Quando mi sono svegliato dopo l'operazione, Cid mi ha informato del piano del Garden. Era già in atto, non avevo scelta."

No, Squall non l'avrebbe fatto. Non intendeva iniziare questa possibilità con una bugia, ed era esattamente quello che stava facendo.

"Aspetta, non è del tutto vero... Rinoa, non avevo scelta all'inizio, ma poteva fermarla dopo. Non l'ho fatto e basta. La loro idea poteva essere incasinata, e l'esecuzione completamente cretina, ma i motivi erano validi."

Notò che i suoi occhi non lo guardavano più, ma fissavano intensamente il terreno. Poté a malapena udire la parole che lei borbottò. "Zell?"

Squall sentì immediatamente una fitta di colpa al nome dell'amico. Lo aveva lasciato senza nemmeno una parola o un biglietto. Ma se non altro, l'esperto di arti marziali era pieno di risorse. Avrebbe messo insieme i pezzi del puzzle, e il Comandante si aspettava pienamente che Zell comparisse. Il Cavaliere si sarebbe scusato allora del suo comportamento, ma non delle sue azioni. Credeva persino che Zell avrebbe capito. Di nuovo, forse non avrebbe apprezzato i metodi di Squall, ma sperava che avrebbe imparato ad accettarne i motivi.

La voce di Squall si addolcì. Prima era stata ferma, ma ora la colpa residua iniziava a spezzarla.

"Zell sta bene... è così dall'inizio della missione, dannatamente irritante, ma del tutto sano."

Le sembrò che la nebbia sotto cui aveva vissuto iniziasse lentamente a sollevarsi. Ad ogni modo, non sapeva se era per il meglio. Era una combinazione della sua reazione impudente mischiata a rabbia e tradimento. Tutto il dolore di quegli anni tornò come un fiume in piena, mentre riusciva a vedere chiaramente per la prima volta, quel giorno. Non dovevano essere le sue prime parole, ma la rabbia fu la prima emozione che riuscì a esprimere. Picchiò la mano contro il suo petto, incapace di controllare il risentimento.

"Ti odio! Ti odio," boccheggiò furiosa, e ogni volta il tono delle sue parole diminuiva di forza. "Ti odio..." La voce le svanì.

Non lo odiava, non avrebbe mai potuto, ma era una risposta primitiva all'emozione.

"Lo so, lo so."

Squall non sembrò confuso dalle sue parole. Preferiva di gran lunga questa rabbia alla sua precedente reazione. Questa era una risposta reale e genuina. Così lei si permise semplicemente di crollare, di sfogare anni di emozione trattenuta su di lui. Lui lo meritava; meritava tutto questo. Il fatto era che si odiava anche lui.

Da qualche parte nel mezzo del suo sfogo, lui riuscì ad attirarla nuovamente al petto, stringendole le braccia intorno. Lei non oppose resistenza al suo abbraccio. Lui non sapeva se lei avesse anche solo la forza fisica, o mentale, di protestare. Si appoggiò a lui per supporto, ma lui sapeva che era solo una necessità fisica. Ora tutto quello che lui poteva fare, e voleva fare, era solo stringerla mentre la pioggia cadeva su di loro. Non sapeva che reazione avrebbe avuto una volta che lei si fosse riavuta dalla verità, quindi si crogiolò semplicemente nel calore del suo corpo.

"Oh Dio," singhiozzò lei tra respiri affaticati, "n-non voglio svegliarmi... per favore non svegliarmi."

"Non stai dormendo. Prometto."

"Ci sono state volte in cui non volevo andare avanti e basta... stasera, per un attimo là fuori, non volevo vivere."

Rinoa non aveva idea del perché gli avesse confessato quel segreto. Dopo tre anni, dopo tutta la rabbia e l'inganno, voleva dire così tanto di più. Eppure, non lo fece.

"Rinoa, tu vuoi vivere."

Il suo tono rimase calmo, anche se le sue parole lo avevano spaventato. Non l'aveva mai sentita parlare della morte. Era sempre stata l'impersonificazione della vita, e lui le aveva tolto tutto quello con un unico gesto doloroso.

"È solo... niente aveva senso. Mi sentivo come parte di-" Rinoa si fermò; non poteva ammetterlo con lui. C'era così tanto che lui doveva spiegare, le bugie, il dolore... il funerale. Lui era morto. Tutta la popolazione del Garden era in lutto, i suoi amici, la sua famiglia, e lei.

Era come se tutti gli stadi del dolore si fossero presentati negli ultimi minuti - negazione, rabbia, negoziazione, depressione e accettazione, anche se la mente di Rinoa non aveva capito del tutto quello stadio finale.

Non ho mai smesso di amarti.

Il suo cuore lo implorava di dire quelle parole, ma lui non poteva e basta. L'aveva persa in passato, e l'unica cosa che poteva offrirle adesso era lenire il suo dolore. E di nuovo, come prima, tutto ciò che poteva fare era sussurrare una qualche scusa vuota.

"Mi dispiace, mi dispiace così tanto per tutto."

Sapeva che non sarebbe mai bastato a cancellare ciò che aveva fatto, ma era un inizio.

*****
Nota della traduttrice: vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear (a cui ho inoltrato già i commenti ricevuti finora; attendete la risposta XD). Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!).
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) E vi ricordo anche l'apertura dell'archivio dedicato esclusivamente a Final Fantasy, Kingdom Hearts e Dissidia, che trovate qui. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** XXXI: If Wishes were Horses ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXXI: If Wishes were Horses ~

Mentre tutto ciò che la circondava svaniva sullo sfondo, tutto ciò che riuscì a fare fu concentrarsi sulla persona in piedi davanti a lei. Rinoa alzò lo sguardo su di lui e tutto ciò che vide fu un uomo cambiato, cosa che rendeva quel momento anche più dolceamaro. Lei non lo conosceva, ma voleva disperatamente ricordarlo.

La sua scusa era sincera e sentita, cosa che contraddiceva molti dei suoi ricordi. A volte era più facile ricordare le cose negative, dato che quelle positive erano troppo dolorose da sopportare. La sua semplicità l'aveva onestamente colta alla sprovvista. Niente frasi prolisse, niente giustificazioni... solo aperta sincerità. Nella sua vita, sentire 'mi dispiace' da qualcuno era di solito una risposta piuttosto vuota e prosaica. Era detto così spesso nella vita di Rinoa che il suo significato aveva perso completamente valore; quell'ultima settimana ne era l'esempio perfetto.

Tutti erano dispiaciuti.

Tutti.

Ma sentirlo dire da un uomo che di solito non si scusava di nulla, la cui mera natura era addestrata proprio per il contrario... beh, quello l'aveva davvero colta di sorpresa.

"I-io non posso... questo è..." iniziò Rinoa, perdendo all'improvviso tutta la capacità di dare voce ai suoi pensieri. "Questo... questo è così... ho bisogno di sedermi."

La sua mente non aveva registrato il fatto che lui la stava ancora toccando, dato che la sua pelle era troppo intorpidita dalla pioggia e dallo shock. Costringendosi a muoversi, iniziò a tremare incontrollabilmente; era un misto di debolezza e dell'umidità che la avvolgeva come un sudario. Le ci volle tutta la sua forza fisica solo per arrivare a una sedia lì vicino. Stringendo la mano intorno a uno dei braccioli in ferro, sentì il suo corpo implorare il supporto che le sue gambe non potevano più dargli.

"Rinoa, sei bagnata fradicia. Devi tornare dentro, possiamo parlare lì," disse Squall, guardandola impotente.

Voleva allungarsi a toccarla, esserci per lei, diamine, portarla dentro e non lasciarla più andare, ma la pazienza e l'autocontrollo erano i suoi migliori alleati in quel momento. Doveva lasciarle il tempo di digerire la verità. Non importava quale sarebbe stato il risultato; avrebbe aspettato con calma. Il tempo si era schiarito temporaneamente, ma sapeva che quella pace momentanea non sarebbe durata - sia nella pioggia che nel temperamento di Rinoa.

"No," sbottò lei fermamente.

Lui non poté valutare quella risposta. Era così definitiva e piena di forza; un brusco contrasto con l'aspetto piuttosto scarmigliato di Rinoa. Le alzò gli occhi su di lui, e lui cercò di leggere la sua espressione, ma tutto quello che poteva vedere erano le ciglia adombrate. I suoi occhi erano persi sotto al velo dell'oscurità. C'era una sottile aria misteriosa nel suo portamento; il tempo e la maturità avevano seguito il loro corso naturale. Lo intrigava e spaventava insieme. Cercò disperatamente di non mettere in dubbio la sua decisione, ma diventava sempre più difficile. Lei non era più la stessa persona che aveva lasciato il Garden tre anni prima...

Forse Zell aveva ragione, e lui aveva buttato all'aria qualsiasi piccola possibilità gli fosse stata offerta. Squall non era mai stato il tipo da permettere alla sua personalità impulsiva di metterlo nei guai. Questo fatto dimostrava solo l'amara ironia. Eppure, doveva aggrapparsi alla speranza. La speranza era ciò che lo aveva portato alla sua porta, ed ecco perché sarebbe rimasto - che venisse giù il cielo e si aprisse l'inferno.

Per quanto riguardava Rinoa, non aveva inteso di rispondergli così bruscamente, ma aveva scoperto che la risposta le era sfuggita dalle labbra di sua spontanea volontà. Era quasi automatico - una risposta difensiva in un tentativo pietoso di evitare ripercussioni emotive. Ah - che battuta del cazzo. Anche dopo solo pochi momenti della presenza di lui, era già nuovamente attirata in una tempesta di sensazioni, quella a cui aveva cercato di scappare ogni giorno degli ultimi anni.

Dannazione a lui.

Quindi l'unica cosa che era riuscita a dire era stato un monosillabo brusco. La sua mente urlava, pretendendo risposte, ma avrebbe dovuto essere paziente. Anche il suo cuore avrebbe dovuto aspettare il suo turno per avere risposte, ma in qualche modo le sue domande erano estremamente contrarie a quelle della sua mente. Era un altro caso di logica contro emozione; una guerra che Rinoa combatteva fin dall'infanzia.

Eppure, in questo momento, in questa battaglia, i fatti erano semplici: non poteva farlo. Diamine, non poteva nemmeno iniziare a capire che si trovava al momento faccia a faccia con un 'uomo morto'. Quelle settimane, anni, erano stati un vortice emotivo e in quel momento la sua sanità mentale affogava velocemente nella sua scia.

Se c'era qualcosa in cui credeva sin dall'infanzia era che le favole erano errori, geni e desideri erano solo immaginari, e che a nessuno era mai concesso un lieto fine, soprattutto a lei.

Apparentemente era seduta in silenzio. Dentro di sé, il suono del suo stesso respiro le echeggiava forte nella mente. Era come se entrambe le orecchie fossero tappate e un solo rantolo le risuonasse in testa. Era un sogno. Era un incubo. E in quel momento, era davvero molto reale.

Lui era vivo.

Fu con quella semplice rivelazione che il suo mondo iniziò ad avere un po', no, pochissimo senso. C'era un'unica cosa che le venne in mente e doveva chiedere, doveva sapere. Era una domanda semplice, ma di cui aveva disperatamente bisogno di conoscere la risposta...

"Perché?" disse con voce rauca, con il tono di voce che suggeriva che non era tanto una domanda, quanto piuttosto una preghiera.

Lui rimase lì, leggermente confuso. Forse non avrebbe dovuto essere così sorpreso, ma qualcosa dentro di lui sentì l'innato bisogno di indietreggiare. Era nella sua natura ritirarsi, mai sul campo di battaglia, ma nel proprio guscio.

"È stata un'idea del Garden," iniziò a rispondere. "Pensavo che-"

"-No, non è quello che intendevo." Le sue parole lo interruppero bruscamente, e il suo tono di voce rispecchiò la sua irritazione. Con una pausa profonda, trovò la voce e ancora una volta lo incalzò con un "perché?"

Niente scuse, non stavolta, si disse lui mentalmente.

Aveva perso già abbastanza. Era una domanda che lei gli aveva fatto tre anni prima. Al presente, comunque, non era intesa nello stesso esatto contesto, ma la risposta era ugualmente importante.

Allora, lui non ne aveva data una - onestamente non ne aveva da dare, o almeno non aveva una risposta che avrebbe ammesso o anche solo capito, a quei tempi. C'era anche una cosa che Squall aveva creduto fin dall'infanzia: le promesse immature spesso venivano fatte con buone intenzioni, ma mantenere quelle promesse non era così facile - volontà e fato di solito avevano obiettivi contrastanti.

Il fatto era che lui sapeva cosa intendeva dire lei. Lo aveva saputo non appena la parola era stata detta. La sua domanda non riguardava la semantica, la politica, o le missioni. Non era mai stato così, ma per lui era più semplice parlare del concreto piuttosto che dell'astratto. A volte, affrontare la verità era ancora doloroso. La sua mente lo aveva già affrontato, ma il suo cuore aveva sempre rifiutato di farlo - almeno completamente. C'erano troppi 'perché' anche solo per contarli, ma lui ci avrebbe dannatamente provato.

Perché aveva allontanato la persona che contava più di chiunque altro per lui?

Perché si era fatto vivo alla sua porta dopo tre anni, cercando perdono?

Perché aveva aspettato fino ad essere ritenuto morto per cercare di ricominciare a vivere?

Perché non lottare prima se qualcosa valeva davvero la lotta?

E perché, perché le aveva rivolto contro la sua più grande paura senza alcun segno esteriore di rimorso?

Non avrebbe mai potuto cancellare il passato, ma poteva cercare di spiegare al meglio delle sue capacità. In realtà non ci sarebbero state parole perfette o spiegazioni, ma qualsiasi cosa era meglio del silenzio codardo che le aveva offerto negli anni.

"Me lo chiedo ogni giorno." La voce gli si spezzò mentre si chinava per guardarla negli occhi. "Vorrei poterti dare una risposta che migliori tutto. non posso. E onestamente, non sono sicuro che potrò mai farlo."

Si costrinse a non dire la frase, 'non eri tu. Ero io'. Perché persino lui sapeva che quella frase era un luogo comune tanto quanto 'voglio solo restare amici'. Il problema era che lui sentiva davvero che era lui, o in questo caso le sue paure, ma cercare di articolare questa cosa con delicatezza era un'altra faccenda.

Lei dovette ammettere che la sua onestà era rinvigorente. Certo, non offriva motivi o consolazione, ma almeno non aveva cercato di avvolgere le sue illusioni in un pacchetto luccicante o un bel fiocco. Era qualcosa che non avrebbe mai potuto essere dimenticato. I ricordi lo avrebbero sempre perseguitato, e non sarebbe mai più stato come prima. Aveva bisogno di imparare a vivere con i suoi demoni, non negarli.

Era sorpreso da quanto facile fosse perdersi ancora nei suoi occhi. La mancanza di luce non offriva dettagli, ma lui poteva vederli. Li conosceva; aveva imparato a vederli nel suo cuore. Almeno lei gli permetteva questa possibilità, adesso.

Il loro contatto visivo non svanì mentre lui continuava, "numeri, percentuali, terapia, medici, farmaci... potrei fare una lista di tutto, e ancora non ti direi niente. Alla fine si riduce tutto a un fattore comune: io. Non so che parole potrei dirti, o anche solo come cominciare. Tutto quello che posso dire è che è stato... beh, è stato un lungo viaggio arrivare fino a qui."

"Con il tempo," mormorò lei, più a se stessa che a lui.

La frase di Rinoa lo confuse. Voleva così fortemente fare domande su quella risposta. Significava che c'era un tempo per loro nel futuro, o leggeva troppo tra le righe di quel commento? Non era da lui saltare alle conclusioni, ma d'altra parte questo era un territorio inesplorato.

Di nuovo, da parte di Rinoa, la risposta non era stata nulla più che automatica. Non ci aveva pensato, aveva solo parlato e se fosse giusto o sbagliato andava ancora stabilito. Lei distolse imbarazzata lo sguardo, rendendosi conto del suo passo falso, ma quanta parte della sua risposta era dovuta al suo cuore che voleva solo essere sentito? Con la testa voltata, cercò di capire anche solo una parte di ciò che stava accadendo.

C'era qualcosa di familiare in questo, non la situazione in sé e per sé, ma lui che cercava di abbattere mura quasi indistruttibili. In un certo parallelismo, lei uguagliò la mancanza di risposta di Squall sulla sua condizione a quel loro primo incontro anni prima. Forse le paure erano le stesse, molto diverse in natura, ma legate a una causa comune. Forse era ottimistico, ma lui aveva superato così tante cose in passato... aveva davvero percorso una lunga distanza per arrivare a questo punto della vita.

In tutta onestà, quanto poteva pressarlo adesso? Si rese velocemente conto che le sue azioni ed emozioni non erano meno complesse. Qual era stata la sua prima reazione nel vederlo, a parte il pensiero che stava probabilmente vedendo una specie di allucinazione?

Era stata correre tra le sue braccia e baciarlo appassionatamente.

Non poteva esattamente sorvolare su quel fatto irritante. Non c'era né giusto né sbagliato in quel momento. Era solo sopravvivenza, o nel suo caso, sopravvivenza emotiva. La mente era complicata e le persone trovavano modi diversi di affrontare le cose, proprio come avevano fatto per secoli. Loro non erano un'eccezione alle regole della natura umana.

Lui rimase in silenzio, dandole tempo. Lei ne era grata. C'erano così tanti ricordi che le attraversavano la mente, dall'infanzia al momento in cui aveva lasciato il Garden. Sapeva che i loro problemi non erano a senso unico, per quanto a lui sarebbe piaciuto darsi completamente la colpa. Lei non era stata innocente, né aveva finto di esserlo. Anche nella loro relazione, aveva testato i limiti, alcuni dei quali non avrebbero mai dovuto essere messi alla prova.

Questo non era il momento di giudicare lui o i suoi demoni; sfortunatamente, lo aveva già fatto per anni. Ora era solo il momento di capire il presente. Cinque minuti prima lui non era altro che un fantasma, ora era inginocchiato davanti a lei, a chiedere qualcosa... perdono, redenzione, o qualche solo una qualche forma di comprensione?

Lei aveva bisogno di sapere come fosse arrivato a quel punto... come era arrivato alla sua porta?

"Allora, era tutto una finzione."

Sfortunatamente, la sua domanda non uscì come tale, più come un'affermazione disgustata. Anche a se stessa era sembrata scocciata. Non lo era davvero, solo confusa.

"Fondamentalmente, il funerale come minimo," rispose lui.

Rinoa evitò ancora di guardarlo, e lui capiva completamente il perché. Lui poteva a malapena guardare se stesso, in quei giorni. Di nuovo, tutto ciò che poteva vedere era ciò che i lampioni permettevano nell'ombra. Espirò, contemplando solo quanto condividere. Non era che volesse tenere delle cose segrete; sapeva solo che lei aveva bisogno di un'idea di base - i minimi dettagli li avrebbe detti dopo... o almeno pregava che ci fosse un 'dopo'.

"Sono davvero andato a Dollet per un servizio di sicurezza con i rappresentanti di Balamb. Una volta che loro sono entrati e la conferenza era in corso, Zell e io ci siamo avviati a pranzo. Ero solo in piedi lì, e poi... Dio, tutta la questione era così dannatamente vigliacca. Era così diverso da quello che pensavo. Non riesco a descriverlo - solo un miscuglio macabro di dolore e pace. Avevo già accettato la cosa, ma... non ho mai proprio pensato che sarebbe finita così... o meglio, quasi finita. Non che non ci avessi pensato, probabilmente ero molto più ossessionato dalla morte di quanto avrei dovuto, ma dato il mio lavoro... pensavo solo che sarebbe stato..."

"In battaglia?" terminò lei la frase. Non sapeva perché lo aveva fatto, era solo istintivo. Ruppe anche quell'ultimo grammo di decisione, e si trovò a voltarsi a guardarlo. Forse il suo subconscio aveva bisogno di verificare che lui fosse davvero lì.

Quando lo guardò negli occhi, fu una lotta contro la sua volontà, anche se sapeva che la sua decisione stava già vacillando. Quando stavano insieme, lui non aveva mai parlato della morte, almeno non diffusamente, oltre a qualche commento casuale. Fino a quel momento, aveva conosciuto solo la sua incertezza basandosi su quello che era successo nella sala d'attesa di Galbadia. Era stato l'unico momento in cui l'aveva visto perdere inusualmente le staffe.

Beh, non l'unica volta, si corresse.

Forse quello sfogo era stato una bandiera rossa che prevedeva gli eventi del futuro. Tristemente, nessuno ci aveva fatto attenzione, perché, molto semplicemente, l'eroe non fallisce - e nessuno scrive una favola a quel modo.

"Sì," fece lui scrollando le spalle.

Non c'era modo di negare la sua paura; era quasi un sollievo che lei capisse. Dio, questo gli mancava. Nessuno lo capiva, capiva la persona che era davvero, o provava anche solo a farlo. Conoscevano la maschera che indossava, ma mai l'uomo che c'era dietro. I terapisti non erano amici; era il loro lavoro capirlo, non per scelta, ma per soldi. Rinoa voleva onestamente sapere esattamente chi era lui; lo aveva sempre voluto, anche se lui non voleva essere conosciuto.

Eccolo lì, a confessare i suoi peccati a un angelo. Poteva non esserci salvezza alla fine, ma almeno ci sarebbe stata onestà. Ad ogni modo, nemmeno i suoi medici gli avevano parlato di questo, o almeno per quanto riuscisse a ricordare.

"In battaglia, era come se stessi combattendo per un motivo, giusto o sbagliato, pagato o no. Era comunque uno scopo e potevo accettarlo, ma questo... una possibilità, credo, ecco cosa mi ha preso quel bastardo. Tutto quello che chiedo in battaglia è una possibilità di avere successo o fallire. In ogni caso, sarebbe per le mie stesse azioni."

Non avrebbe dovuto turbarla il fatto che lui sembrasse così emotivamente vulnerabile... o forse quella era solo la sua emozione che si rifletteva sulle sue percezioni. Non voleva sentirsi così; voleva sentire la rabbia, sentire un po' del risentimento che si era costruito negli anni. Rinoa Heartilly sarebbe stata dannata se gli avesse permesso di entrare lì e senza spiegazioie farla sentire... beh, esattamente quello con cui stava lottando ora.

Aveva bisogno di cambiare argomento. Le si seccò la bocca quando cercò di trovare la voce. "Chi lo sa?"

Per un breve momento, lei non poté evitare di sentirsi un pochino tradita dai suoi amici. Certo, sempre che sapessero di quella farsa. Quando qualcuno tira una riga tra il seguire gli ordini piuttosto che essere una spalla su cui piangere?

E peggio ancora era il fatto che lei glielo aveva detto. Lei aveva detto loro il segreto che aveva giurato di proteggere. Ora, con quel gesto del destino, era passata ancora dal ruolo di vittima al ruolo di traditrice. Non era stato deliberato, ma sapeva che Quistis e Selphie avrebbero visto Squall sotto una luce diversa. Lei era l'unica vera responsabile di quel fatto e lui non l'avrebbe mai perdonata. Lei aveva promesso - non a lui direttamente, ma a Cid appena prima di andarsene, e ora aveva infranto quella fiducia.

"Chi lo sa?" Lui trattenne una risata amara. La domanda era semantica. Onestamente non sapeva quante persone sapessero del suo stato di 'assente ingiustificato'. Quel dettaglio era incerto. Diavolo, per quanto ne sapeva, Zell poteva essere ancora addormentato e non sapere nulla nel furgone. Sperava davvero che lo fosse; non voleva pensare alle conseguenze del domani... non in quel momento, non quella sera. Sapeva anche che non era questo che intendeva Rinoa; la sua domanda riguardava l'intera missione.

"Alcune persone scelte sanno che non sono morto: Cid, Zell, la dottoressa Kadowaki, e alcuni membri dello staff medico di Dollet, anche se sono sicuro che il Garden si è già assicurato il loro silenzio."

"Quindi la bugia era davvero per tutti?" Rinoa si chiese se sembrava sollevata o arrabbiata; onestamente era un miscuglio di entrambe le cose.

"Sì, lo era." Lui si scostò i capelli dal viso. La pioggia stava diventando più un'irritazione che un disagio. Voleva davvero che lei tornasse dentro, ma sapeva che parlarne di nuovo sarebbe stato inutile.

"Hai fatto una pausa," sussurrò cercando di capire - c'era un significato sottinteso nella sua risposta e lei aveva bisogno di sapere.

"Cosa?"

"Un secondo fa hai fatto una pausa quando ti ho chiesto chi sapeva. Perché?"

Anche dopo tutto quel tempo, lui non poteva nascondersi da lei. Voleva sorridere, ma non era il momento di farlo. D'altra parte non era mai stato conosciuto per il suo tempismo. Non poteva evitarlo. Era strano e raro e possibilmente più un segno di sollievo nervoso, ma un sorriso minuscolo gli si formò sulle labbra.

"Perché, Rinoa, non so chi sa che sono qui."

Lei si portò la mano alla bocca per lo shock. Non aveva mai immaginato che lui violasse un ordine, e questo era esattamente quello che lui sottintendeva. Nel loro passato, lui poteva aver 'piegato' le regole a volte, soprattutto riguardo a lei, ma lui non aveva mai apertamente sfidato il Garden di Balamb. Esthar, suo padre, Martine, e svariate altre figure autoritarie sì, ma non aveva mai apertamente sfidato Cid Kramer.

"Squall," disse lei piano, chiudendo brevemente gli occhi.

Non aveva altra risposta. Non c'era nulla che potesse dire che non sarebbe sembrato forzato o stremato. Voleva così tanto credere che questo fosse reale, e accettare le sue parole come la verità. Eppure, era quasi troppo perfetto. Non poteva permettersi di affrontare di nuovo questo dolore.

"Dovevo..." cercò di spiegare lui, ma semplicemente non poteva. Non finì mai la frase.

Alla fine, cedette alla stanchezza del suo corpo e cadde sul suo peso, con le ginocchia a terra. Ignorò la pioggia, l'indolenzimento, e tutte le sensazioni sgradite che gli dilaniavano il corpo. Il suo disagio era irrilevante.

La sua decisione iniziava a vacillare; era ora o mai più. Aveva bisogno di dirle come l'aveva ascoltata al funerale, come aveva sentito le sue parole. Erano state quelle parole a dargli speranza, quelle parole a guidarlo lì. Con un respiro profondo, cercò di riprendere quella scarica di adrenalina che prima lo aveva spinto sempre avanti.

"Il funerale, Rinoa... lì è stato quando è cambiato tutto."

"Squall," ripeté lei, detto come forma di incoraggiamento stavolta. La differenza nella sua voce era sottile, ma lui capiva bene le sue intenzioni.

A un osservatore esterno, la scena avrebbe potuto ricordare un uomo che pregava o implorava perdono. Il Comandante poteva essere in ginocchio, ma era solo dovuto alla debolezza del suo corpo. Non l'avrebbe mai implorata, non era nella sua natura, ma aveva davvero così tante cose che aveva bisogno di confessare.

"Non pensavo che saresti venuta..." Le sue parole erano esitanti; era ancora difficile ammettere quelle cose. "Ti ho visto lì... e in qualche modo è cambiato tutto. Non mi piaceva mentire agli altri... ma a te... non potevo, non di nuovo. Anche in morte avevo trovato il modo di continuare a ferirti e quella non è mai stata la mia intenzione, devi crederlo. Mi ha quasi ucciso vederti così... a un certo punto, Zell è stato costretto a trattenermi fisicamente dal farmi vedere al mio stesso funerale."

"Perché pensavi che non sarei venuta?" riuscì a dire lei con voce strozzata. Lui lo credeva onestamente? Quel semplice fatto la turbava più di quanto lei potesse mai capire.

"Perché ti ho ferito." La sua risposta fu breve e diretta.

Quella di lei lo fu altrettanto. "Sì, l'hai fatto."

Lui distolse lo sguardo, spostando gli occhi sul cemento. Sembrava così vulnerabile, qualcosa che lei desiderava non fosse. Nella sua debolezza, fece l'unica cosa che aveva mentalmente giurato a se stessa che non si sarebbe permessa di fare - allungò una mano tremante.

Per un secondo, le sue dita esitarono sulla fronte di lui. Con il suo viso umido per la pioggia, sembrava così consolante e stranamente proibito. Ora si trovò anche con un minuscolo indizio di sorriso sul volto. Si era aggrappata a questo rancore per abbastanza tempo. Forse si sbagliava, potevano essere amici. Forse in certi sensi, ognuno aveva bisogno di quel fondamento per essere in grado di continuare le loro vite separate...

Dopo tutto quel momento, forse non c'era bisogno di dire addio, ma solo 'sono contenta di averti conosciuto'.

"Squall... certo che ci sarei stata. Sei sempre stato importante per me e lo sarai sempre. Non ho mai voluto che finisse così... mai." La sua voce esitò. Il fatto era che non aveva mai voluto che finisse, ma quello era solo un sogno irrealizzabile.

Lui aveva sentito l'elettricità del contatto. Se lei conoscesse o meno l'effetto che aveva su di lui, lui non sapeva dirlo. Sarebbe potuto restare così per sempre, semplicemente in un eterno stato di non conoscenza, in un posto dove lei non lo stava ancora rifiutando, almeno non del tutto. Lì, in quel momento, lei era vicina e accogliente. Dio, quanto aveva bisogno di questo, aveva bisogno di sentirsi così; si era sentito vuoto così a lungo.

Questo non poteva durare, lo sapeva. Lei gli avrebbe detto di andarsene, di tornare al Garden e alla sua 'missione', a prescindere da quanto approssimativamente lui la definisse. Il problema era che lui non era arrivato fin lì solo per esistere appena. Sapeva che non sarebbe mai potuto tornare, almeno, non alla compiacenza che era arrivato ad accettare.

Il Garden poteva perdonarlo per aver abbandonato la missione, diavolo, sapeva che lo avrebbero fatto ed era quello il problema. Loro non volevano Squall Leonhart, solo il suo personaggio. Ci sarebbe stato un piccolo rimprovero, ma se lui fosse stato un semplice altro SeeD, questo avrebbe significato congedo immediato. Il fatto che le regole non fossero applicate a lui non era necessariamente una buona cosa.

Questa era la sua unica possibilità con lei. Era ora o mai più; doveva dirle la verità, a prescindere da quanto fosse dolorosa.

"Rinoa, ti ho sentito."

"Eh?"

I suoi occhi si mossero dal cemento a lei, in un ultimo disperato tentativo di guardarla ancora per un minuto.

"Non sono venuto fin qui per tornare indietro, ora. Devi sapere perché sono qui, perché sono davvero qui..."

All'improvviso gli sembrò di essere scivolato in uno stato irreale. Miracolosamente, non sentiva alcuna paura; era come se fosse fuori dal suo corpo, a sentire questa conversazione come un passante casuale. Certo, questo era ben lontano dalla verità, ma nonostante questo si sentiva stranamente calmo. Forse sapeva quale sarebbe stata la sua reazione e in un qualche modo malato, sarebbe stato meglio essere rifiutato piuttosto che essere in questo limbo eterno.

"Come ho detto, la parte a Dollet non è stata una finzione. C'è davvero un assassino, e a quanto pare io dovevo essere la prossima vittima... qualche stronzata psicologica diceva che c'era una buona probabilità che chiunque fosse, sarebbe venuto al mio funerale, quindi... Cid ha fatto mettere sicurezza extra ovunque... e includeva avere microfoni nella bara."

"Di cosa stai parlando?" iniziò lei, in qualche modo sconcertata. Il vero senso della sua frase non le era ancora chiaro, anche se aveva una sensazione angosciante ovunque.

Con un profondo respiro, lui appoggiò la guancia contro la sua mano, che gli accarezzava ancora il viso. Solo un ultimo secondo...

"Rinoa, dopo il rito funebre tu... mi hai detto delle cose. So che non pensavi che ti avrei davvero sentita, ma l'ho fatto."

In un battito di cuore, lei capì cosa volesse dire. Ricordava di avergli parlato, ma non poteva affatto ricordare cosa aveva detto. Era stato un momento estremamente emotivo e anche se non poteva ricordare i dettagli, poteva ricordare il sentimento in genere. Lui l'aveva sentita, aveva sentito quello che provava e come lei provasse ancora ogni emozione che aveva cercato di reprimere o di negare.

Lui l'aveva sentita.

La Strega poté sentire la rabbia che saliva. Non era colpa sua, ma sembrava la definitiva invasione della privacy. La mano che aveva posato sulla sua guancia gli spinse via con forza la testa, così che lui non la guardasse. Non aveva voluto spingere così forte, ma d'altra parte non fece alcun tentativo di essere delicata.

"Vattene," ordinò.

Con nuova decisione, si alzò bruscamente. Voleva gridare contro di lui, rimproverarlo per aver violato una santità - quella tra lei e... beh, lui, ma una versione morta di lui. Certo, quel dettaglio tecnico sembrava ridicolo, persino a lei. Eppure dubitava che lui avesse dovuto ascoltare tutto - a meno che lui stesse davvero cercando di toglierla dai sospettati, cosa di cui dubitava fortemente.

Iniziò ad andarsene, ma non seppe perché. Eppure, c'era una minima parte di lei che era quasi sollevata, per quanto fosse impossibile da ammettere, che le sue parole non fossero state vane. Di nuovo, non poteva esattamente ricordare cosa avesse detto alla sua bara, dato che era un completo disastro emotivo in quel momento. Non che ora fosse la ragazza immagine della stabilità mentale, anzi, tutto il contrario.

Allora perché se ne stava andando?

Forse perché era più facile che guardarlo negli occhi e affrontare le sue stesse confessioni. Aveva fatto solo pochi passi prima di sentire qualcuno che le afferrava il braccio. A dire la verità, era segretamente grata che lui non l'avesse ascoltata.

In qualche livello inconscio, forse lo stava mettendo alla prova, per vedere solo quanto facilmente lui avrebbe ceduto o quanto avrebbe lottato. Si odiava per quei pensieri; quella specie di guerriglia mortale non le era valsa a nulla tre anni prima. Avrebbe dovuto imparare la dannata lezione, ormai.

"No."

La sua risposta era ferma. Squall non aveva mollato la presa ed era riuscito a farla voltare, in modo da vedersi faccia a faccia. Lei si era trovata abbastanza vicina alla porta scorrevole da appoggiarcisi contro per avere supporto. Ora, era stretta tra il vetro bagnato e la pressione del corpo di Squall.

"Rinoa, guardami negli occhi e dimmi che non mi ami ancora... e allora me ne andrò."

"Perché, perché mi stai facendo questo? Non mi hai già fatto male abbastanza?" Non poté evitare le lacrime che iniziarono a cadere. Fortunatamente erano camuffate dalla pioggia, o almeno così sperava. Giurò che lui non l'avrebbe mai vista piangere per lui. Mai più.

"Pensavo che tu fossi morto Squall... non dovevi sentirlo."

"Rinoa, questo non è vero. Stavi parlando a me. Avevo ogni diritto di sentirlo. L'unica differenza è che ero ancora vivo e allora ho saputo che c'era una possibilità di salvare noi."

"Squall, non c'è nessun noi. È troppo tardi."

"Davvero? Dammi solo un'unica ragione valida per cui non possiamo riprovarci... non è mai stato facile, ma ne è sempre valsa la pena."

"Basta!" L'ultima cosa che voleva fare era ricordare. "Solo... perché sei qui, davvero? Squall, dimmi cosa vuoi."

"Te, solo te."

Negli ultimi tre anni, le era sembrato che la sua intera esistenza fosse passata a scappare da lui. Dalle bugie, dal dolore, e dal preciso lavoro che gli era caro più di ogni altra cosa. Ora non stava più scappando da lui, ma scappava dal vuoto vago della sua solitudine.

Le loro labbra si incontrarono con passione feroce, qualcosa di sfrenato, qualcosa di conosciuto, una volta. Era tempo di mettere da parte tutti i dubbi e vivere solo nel presente. Sentire le sue braccia intorno a sé, sentire il suo corpo schiacciato forte contro il proprio. La pioggia continuò a cadere a dirotto, ma i due oramai non se ne accorgevano più. Aumentava solo il loro bisogno, mentre le gocce sembravano migliaia di piccole dita che li abbracciavano tutte in una volta.

E poi lui capì...

Anche se era in un posto in cui non era mai stato, in una città in cui andava di rado, Squall Leonhart era finalmente a casa.

*****
Nota della traduttrice: vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear (a cui ho inoltrato già i commenti ricevuti finora; attendete la risposta XD). Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!).
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) E vi ricordo anche l'apertura dell'archivio dedicato esclusivamente a Final Fantasy, Kingdom Hearts e Dissidia, che trovate qui. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** XXXII: Let He who is Without Sin... ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXXII: Let He who is Without Sin... ~

Zell sospirò di irritazione, guardando la tecnologia primitiva che c'era nel lettore di musicassette del furgone. Chi al mondo aveva ancora queste cose arcaiche nella propria macchina? Con tutti i progressi nell'elettronica e la quantità ridicola di risorse a disposizione della SeeD, non poteva il Garden installare quantomeno un lettore CD prodotto nell'ultimo decennio? Per rendere la situazione ancora peggiore, sembrava che gli unici nastri del dannato furgone fossero una qualche specie di cazzate di auto aiuto.

In un panico quasi disperato, Zell premette ogni bottone dello stereo, cercando di avviare la scansione di una qualche trasmissione radio. Di nuovo, dato che quel furgone era stato costruito prima che Galbadia avesse sistemato le onde radio mondiali, aveva solo capacità a corto raggio, e nessuno trasmetteva più in quel formato. Maledì l'ennesima cosa che andava per il verso sbagliato in quella missione.

Così, per pura frustrazione, borbottò, rimise il nastro nel lettore, e imprecò sulla tomba in cui Squall al momento non c'era - perché dopo quello scherzetto, ci sarebbe stato molto presto. Zell fece una smorfia tra sé e sé quando un tema strumentale vecchio di vent'anni raggiunse le sue orecchie...

... Oh, sì, sarebbe stata una lunga dannata notte.

"Tu... tu... sì, tu! Ti sei appena imbarcato per un viaggio verso un'esistenza più gratificante. La chiave per una vita migliore inizia dalle basi della comunicazione. Ora arriverai a capire la lingua più universale mai 'parlata'. Sì, tu... tu sei sulla buona strada per diventare una persona migliore attraverso l'interpretazione e l'ispirazione che è il linguaggio del tuo corpo!

Il linguaggio del corpo è un linguaggio complesso, parlato attraverso una serie di posizioni, gesti ed espressioni facciali."

"Grandioso, indovina che gesto ti sto facendo adesso," lo canzonò Zell, fissando duramente la radio per un attimo.

Quando la missione sarebbe finita, l'esperto di arti marziali avrebbe trovato Squall, lo avrebbe legato alla sedia più vicina, e poi lo avrebbe costretto ad ascoltare tutta la serie di quei nastri. Oh sì, il Comandante l'avrebbe pagata cara...

Erano passati solo trenta minuti circa, ma le linee ipnotiche della strada insieme al buio della notte amplificavano solo la sua stanchezza. Almeno, quando c'era Squall nel furgone, c'era stato fisicamente qualcun altro lì con lui - anche se 'la grossa massa imbronciata' occupava solo posto nel sedile del passeggero, senza dire una sola parola.

Zell non aveva mai creduto che Squall avrebbe dato corso alla sua minaccia precedente. Alcuni giorni prima, erano arrivati alle mani sul fatto che lui lasciasse il furgone, e onestamente Zell pensava di aver fatto capire la cosa al suo amico. Sperava solo che Squall capisse davvero le conseguenze delle sue azioni. Questa non era soltanto una qualche reazione emotiva basata su una qualche credenza romantica di salvezza. D'altra parte, era Squall - e una piccola parte di lui sperava per il finale da favola, per il bene del Comandante. Forse, solo forse, anche l'esperto di arti marziali aveva una vena romantica nascosta in lui.

Comunque, ad ogni minuto passato sulla strada, sentiva la fatica prendere il sopravvento. Doveva rimanere all'erta. Senza Squall a disturbarlo, avrebbe usato l'immaginazione che gli era rimasta a quell'ora dimenticata da dio, e avrebbe finto che quella fosse più di una conversazione a senso unico.

Sperava che parlare da solo come due persone diverse fosse meglio che vedere di nuovo quell'Abyss Worm di formaggio... Almeno, questa era la storia che avrebbe raccontato alla dottoressa Kadowaki alla sua successiva valutazione psicologica. D'altra parte, forse lei non avrebbe mai avuto bisogno di saperlo, dato che di certo poteva diventare un'enorme bandiera rossa nei suoi file.

Certo, il pensiero iniziale che gli saltò in mente fu l'assenza, e la riunione conseguente, di due suoi amici. Immaginò che non sarebbe andata troppo bene, specialmente considerato che non si trattava esattamente di argomenti leggeri. Quindi, con stanca disperazione, cambiò il tono della sua voce imitando i due 'attori' che recitavano lo spettacolo nella sua mente. La sua resa di Rinoa era melodrammatica e alta, e non suonava per niente come la persona reale, e quella di Squall era più profonda e molto più articolata e precisa.

"Senti Rinoa, sono vivo."

"Evviva! Sei vivo."

"Scusa se ti ho ascoltato quando pensavi che fossi morto ma sono davvero vivo - quindi va bene così."

"È tutto perdonato Squall perché sei vivo!"

"Mi dispiace anche per quella cosa della fidanzata, ma di nuovo, non dimenticare che sono vivo."

"Aspetta, lei lo sa che tu sei vivo?"

"No, lei non sa che io sono vivo."

"Beh allora, evviva, sei vivo!"

Zell scosse la testa disgustato dalla finta conversazione. "Che diavolo sto facendo? Ho bisogno di dormire. Non può essere un buon segno."

Avrebbe accostato, almeno per qualche ora. Sarebbe stata la cosa responsabile da fare. Prima dell'alba sarebbe ripartito, ma sapeva che se avesse continuato a guidare lungo quella strada, il suo 'presunto stato comatoso' poteva proprio diventare realtà.

*~*~*~*~*

Non era un sogno.

...non un sogno.

...non un sogno.

Rinoa doveva continuare a ricordarsi questo fatto, a prescindere da quanto il suo cervello cercasse di contraddirsi. Anche Squall stava vivendo qualcosa di stranamente simile, ma nessuno dei due voleva svegliarsi se era davvero solo un sogno. In quel momento, non c'erano demoni, bugie o ostacoli che non fossero la forza dei loro bisogni.

Le mani la strinsero di più, sentendo ogni centimetro del suo corpo contro il proprio. Il tessuto bagnato si aggiungeva solo alla sensazione che si costruiva sui loro desideri. Era come se fosse stata data loro una seconda possibilità nell'amore, ma anche una seconda possibilità nella vita stessa. In quel momento, si sentì vivo. Non era solo in senso fisico, ma anche nelle emozioni reclamate che era state sepolte così tanto tempo fa.

Rinoa aveva messo da parte quelle sensazioni per così tanto tempo; era un'euforia. Le sue dita gli tracciavano leggermente la spina dorsale, prima di infilzargli istintivamente le unghie nelle spalle. Non era doloroso, né fatto per disprezzo, era qualcosa di nato dal loro fervore. Un desiderio mischiato sia d'amore che di lussuria, un bisogno più grande di quanto entrambi potessero capire.

Lui le infilò una mano tra i capelli, facendosi scorrere ciocche bagnate tra le dita. Lunghe ciocche si appiccavano selvaggiamente ai loro visi, legate insieme dagli effetti della pioggia. Nel bacio, nessuno due due parlò, entrambi si concentrarono solo sull'esaltazione.

L'acqua scendeva lungo i loro corpi, mescolandosi al sudore indotto dalla passione. Squall si ritrasse, comportandosi come l'aggressore tra i due nel loro incontro. La testa di Rinoa si piegò all'indietro mentre lui tracciava delicatamente piccoli baci sulla pelle morbida del collo. Era una sensazione quasi indescrivibile; le gocce di pioggia le solleticavano il viso mentre il suo nome le sfuggiva piano dalle labbra.

All'apparenza spontaneamente, le sue mani si mossero verso la vita di lui, cercando il bordo della sua maglietta di cotone. Ogni senso di dubbio era dimenticato, e usò entrambe le mani per togliergli la maglietta bagnata da sopra la testa. Si separarono solo quanto bastava perché l'indumento fosse velocemente buttato da parte. Era come una corrente elettrica che si diffondeva attraverso i conduttori dei loro corpi, radicati solo l'uno nell'altro.

Lui non poteva concentrarsi su altro tranne il corpo di lei, il modo in cui il tessuto fine della sua maglia si premeva contro il suo petto nudo. L'umidità che di solito lo avrebbe agitato aggiungeva solo sensualità. Spostò leggermente il peso portando avanti la mano. Era un tentativo quasi patetico di slacciarle la maglia, con le dita scivolose e i bottoni di plastica.

Mentre lui concentrava tutti gli sforzi sulla sua maglia, lei fece una pausa per guardargli il petto. Fu allora che le capitò di vedere per la prima volta la sua ferita chirurgica. Sapere che c'era era una cosa, vederla era tutt'altra. La ferita era un miscuglio di sfumature violette e rosse, legate insieme da punti scuri. Erano praticamente identici, quasi paralleli l'uno all'altro. Lei mise da parte l'attuale frustrazione di lui, anche se era difficile, per il tempo che bastava a ricordare quanto fosse stato davvero vicino a morire.

Stranamente, non gli disse nulla sulla sua ferita, almeno non ancora. Onestamente, il suo orrore non era esattamente rilevante, in quel momento. La Strega poteva intuire solo vedendolo che era stato guarito con un misto sia di medicina moderna che di magie di medio livello. La magia da sola non poteva fare molto; il resto dipendeva dai progressi medici - e il Garden era ben fornito da entrambi i punti di vista. Era un lusso non concesso al cittadino medio. E per una volta nella vita, Rinoa fu dannatamente grata che Squall fosse più di un semplice civile.

I suoi pensieri furono velocemente spazzati via quando sentì le sue dita afferrarle i lati della maglia. In un movimento esperto, lui le sollevò la maglia sopra la testa; a quanto pareva, aveva rinunciato del tutto ad aprire i bottoni. Mentre le loro labbra si incontravano di nuovo, sentì la sua mano correrle lungo la schiena, slacciandole lentamente il reggiseno. Sembrò che le sue dita le indugiassero sulla schiena, con una pressione ferma e diretta che in un certo senso sembrò piuttosto sensuale.

Ansimò quando lui la tirò in avanti e la attirò con una certa forza contro il suo petto. Sembrò una mossa molto calcolata, almeno a lei. Lui sembrava sapere esattamente cosa stava facendo; il tempo in cui le sue mani le tennero fermo il reggiseno sembrò intensificare il loro incontro.

Anche i suoi baci sembravano pieni di un significato sottinteso. Era come se ognuno non fosse solo fisico, ma stesse ricostruendo una connessione emotiva. In un reame parallelo, sia la Strega che il Cavaliere stavano cercando di ricostruire legami che erano stati tranciati.

Nel suo abbraccio lei perse tutta la ragione, e in qualche modo, a prescindere da quanto si dicesse che era sbagliato, il suo cuore le gridava solo che era giusto. Più si premeva contro di lui, più le sensazioni una volta familiari le pervadevano il corpo. Quando si mosse leggermente, poté sentire le tracce sottili della sua ferita contro la propria pelle nuda. Dava una sensazione diversa dal resto del suo torace, anche se a malapena, ma era un tessuto sconosciuto, non familiare ai suoi ricordi. Voleva chiederglielo, voleva assicurarsi che non gli stava facendo male. Che non gli stava facendo male. Persino dopo tutto, non aveva mai voluto provocargli alcun dolore. Lei non era fatta così.

Le loro labbra si separarono, e lui cominciò di nuovo a tracciare una linea di baci dal collo alla spalla, tenendo sempre al suo posto il reggiseno con molta abilità. Lei voleva incoraggiarlo a lasciarlo andare, dato che iniziava solo ad essere una distrazione scomoda. Eppure, forse lui stava in un certo senso calcolando. Sapeva dannatamente bene cosa le stava facendo. Farla aspettare stava solo ravvivando il fuoco dei suoi bisogni.

Poi, con un movimento improvviso e autoritario, lui lasciò la presa sul reggiseno e la spinse contro la porta di vetro. L'indumento le scivolò dalle spalle, gli spallini si mossero delicatamente fino a fermarsi sulle sue braccia, in alto. Eppure quel semplice movimento le dava una certa libertà. Ora poteva avere il controllo almeno di quella cosa, se così voleva.

Ad ogni modo, Rinoa non ebbe molto tempo di rifletterci, perché sentì un brusco contrasto sulla sua schiena: il calore del proprio corpo e la sensazione fresca del vetro. Non poté nascondere un tremito involontario; la differenza era travolgente.

Squall la sentì rabbrividire tra le sue braccia. Si accorse velocemente dell'improbabile situazione in cui si erano inavvertitamente trovati. Per quanto lui volesse, in cui la parola 'volesse' era davvero un eufemismo, rimanere lì in piedi, sapeva che non era la decisione più razionale.

Ci volle tutta la sua forza di volontà, ma doveva fermarsi... quella sera non era per i suoi bisogni, a prescindere da quanto volessero controllarlo.

"Per favore, devi rientrare e ripararti dalla pioggia... questo non può farti bene."

Lei rise tra sé e sé per la sua frase involontaria. Questo le faceva bene, ma non come intendeva lui. Eppure, in quel momento, lei non desiderava prendere la semplice via d'uscita dalla via quasi del tutto percorsa; voleva conoscere ancora la libertà.

Alzò lo sguardo su di lui, mentre l'acqua continuava a cadere.

"Per tutta la vita, la gente mi ha detto cosa andava bene per me e cosa avrei dovuto fare. Di solito, ascoltavo. Non mi piacciono i confronti. Volevo fare felici le persone, anche a discapito della mia felicità... ma non adesso, non stasera."

Una delle sue mani era fermamente sulla sua vita, e l'altra le stringeva la nuca. Lei scelse quel momento per portare entrambe le mani sulle sue spalle, con le dita che riposavano sulla sua schiena. Il suo reggiseno pendeva ancora provocante dagli avambracci, accarezzandogli stuzzicante il petto nudo.

"Squall, non voglio rientrare, non ancora. Voglio vivere questo momento. Voglio... no, ho bisogno di sentirmi ancora viva. Non preoccuparti di cosa è meglio per me, sappi solo che questa è... questa è una fantasia che non ho mai saputo di avere, ma adesso non penso che potrei vivere senza conoscerla."

Il cuore di Squall accelerò a quelle parole; anche per lui era una fantasia che non aveva mai conosciuto, ma che adesso cercava disperatamente. Rinoa lasciò la presa, solo quando bastava per lasciarsi cadere dal seno la barriera materiale. Lui dovette fermarsi a quella vista; era come se ogni fantasia di cui aveva mai sognato prima collidesse con quella che stavano creando insieme.

Durante i suoi precedenti tentativi di trovare un modo di scendere dal tetto, aveva notato una sdraio nell'angolo. A differenza delle due sedie e il piccolo tavolo in ferro battuto, sembrava che restasse più nascosta. Comunque, sarebbe stato un gran miglioramento rispetto alla loro attuale posizione, almeno dal punto di vista logistico.

Il Comandante non poté evitare un sorriso malizioso mentre le prendeva la mano, guidandola verso la sdraio. In qualche modo, immaginò che potessero riuscirci. Avrebbe potuto dire di aver affrontato sfide più dure nella sua vita, ma non c'era nulla che potesse essere anche solo lontanamente paragonato a quella situazione. Rinoa guardò in silenzio mentre lui toglieva la sdraio dal muro. Poi, mano nella mano, la guidò sul fianco. Lei seguì la sua guida, e si sedette sul bordo della sdraio prima di alzare lo sguardo sull'uomo mezzo nudo davanti a lei. Sorrise alle loro dita ancora intrecciate e lo tirò delicatamente verso di sé.

Dato che il tempo faceva ancora di testa sua, loro adesso avrebbero fatto di testa loro. Lei si allungò, ignorando quanto fosse davvero sgradevole contro la schiena il tessuto fradicio. In qualsiasi altra posizione, avrebbe pensato che questa situazione era quasi folle, imbarazzante, e quasi completamente stupida.

D'altra parte, era stato lui a costringerla a guardare l'alba nuda anni prima, e ora stavano creando un altro ricordo che sarebbe rimasto con loro per sempre. Lui non poté evitare di guardarla, anche se la maggior parte dei suoi lineamenti era oscurata dalla notte. Eppure, negli ultimi minuti, i suoi occhi si erano in qualche modo adattati, e i dettagli che prima avrebbe perso ora erano chiari. Si perse di nuovo in lei, assaporando di nuovo l'aggressione carnale dei loro baci.

Desideri e voglie stavano lentamente rimpiazzando il controllo, e i due si trovarono a cercare di rimuovere gli indumenti che rimanevano. Non era semplice; la pioggia rese il gesto più sgradevole di quanto si aspettassero, ma ci riuscirono quasi con un esperto livello di grazia. E quando non ci furono più barriere materiali tra loro, lui dovette sapere se questo era quello che lei voleva al di là di ogni dubbio. Non poteva ferirla di nuovo; non poteva esserci rimpianto o angoscia se avevano davvero intenzione di provare a continuare.

I suoi bisogni erano disperati, ma la sua voce non tradì mai quella verità.

"Rinoa, non voglio che tu abbia rimpianti domani. Sei sicura?"

Anche se ogni parte di lui lo voleva, sapere che le implicazioni sarebbero state ben più grandi di una sola notte. Non era solo l'atto del fare l'amore, piuttosto quello di permettere di nuovo a qualcuno di entrare nel suo mondo. Lei si era trovata lì già una volta, in passato, ma ora le mostruosità del suo passato erano molto più grandi. Non avrebbe mai potuto rimangiarsi le sue parole, o il tradimento, ma la guarigione della loro relazione poteva iniziare solo dalle profondità dei loro cuori.

Anche se lei camminava sul filo di ciò che poteva essere estasi, non gli avrebbe mentito. Aveva le sue paure, i suoi dubbi, le sue... esitazioni. Come avrebbe potuto non averne? Ma d'altra parte, come poteva non provare a richiamare qualcosa che una volta era stato così magico? Lei era stata persa a se stessa per così tanto tempo, aveva solo bisogno di scoprire la persona dentro di sé. Solo lei poteva farlo; aveva bisogno di correre quel rischio.

"Onestamente... spero e prego di esserlo, ma... voglio correre questo rischio. Ho bisogno di correrlo."

Non dovette elaborare ulteriormente. Era spaventata e aveva ogni dannato diritto di esserlo. Lui non la considerò di meno per le sue esitazioni; anzi, si rese solo conto di quanto fragile fosse davvero la sua fiducia in lui. Anche lui aveva bisogno di credere in loro. Quell'atto in qualche modo sarebbe andato oltre a qualcosa di puramente fisico, ma sarebbe arrivato quasi alla connessione spirituale che legava le loro anime.

Per anni, aveva avuto paura di cadere di nuovo, e ora stava con lui in piedi sul picco del loro futuro. Non importava quanto fosse stato tremante, lei aveva già fatto quel primo passo verso la fiducia, e adesso doveva solo credere in ciò che aveva provato una volta - in ciò che una volta avevano condiviso... e onestamente, ciò che credeva condividessero ancora in molti modi.

Non era la risposta che lui aveva sperato di sentire, né era stata detta con la chiarezza che lui desiderava, ma era la verità e lui non poteva negarne la forza.

Lei gli posò una mano sulla guancia, proprio come aveva fatto lei prima. Ora toccava a lei chiedergli la stessa cosa. Per alcuni aspetti, la risposta sarebbe stata più che ovvia, ma per altri c'era una paura di rifiuto profondamente radicata in lei.

"E tu, davvero sei sicuro? Voglio dire... puoi farlo?"

"Dici fisicamente o emotivamente?" disse lui roco, con la voce che gli si strozzava in gola.

Lui aveva citato l'aspetto fisico solo perché aveva visto come lei avesse silenziosamente studiato la sua ferita prima. Aveva visto il modo in cui aveva socchiuso gli occhi e corrugato la fronte; era il tipo sincero di preoccupazione che aveva conosciuto una volta. Se lo ricordava. Dio, se ricordava quello sguardo. Non aveva voluto dire niente in quel momento, o anche solo riconoscere i suoi limiti fisici. Certo, li aveva, ma non come una persona media, dato che la magia aveva aiutato molto il processo di guarigione. Sì, c'era stata quella stupida sconfitta con Zell, ma erano situazioni totalmente diverse.

Inoltre, c'era ancora un senso interno di rabbia per la ferita, anche se stava lentamente iniziando ad accettarla. In quel momento, si rese conto che quella cicatrice sarebbe sempre stata con lui, proprio come quella che aveva sulla fronte. Rappresentavano entrambe momenti diversi della sua vita, e quella più recente era la rappresentazione di un punto di svolta per il suo futuro. Questa ferita aveva messo in moto una catena di eventi che lo aveva portato tra le sue braccia; non avrebbe scambiato nulla nella sua vita per quel preciso istante.

"Tutti e due..."

Il suo lieve sorriso era bellissimo. Nella pioggia, nelle ombre, e cosa più importante tra le sue braccia, lei sorrise soltanto per lui.

"Sì." La sua voce si era calmata. "Per tutto quello che siamo mai stati, sono sicuro per tutte e due le cose."

E quando i loro occhi si incontrarono, non ci volle altro...

Due corpi si unirono nella pioggia, le braccia strette forte l'uno intorno all'altra. Era familiare ed era nuovo. Era un migliaio di emozioni che si liberavano dalla loro prigione interiore. Era un piacere che lui non aveva trovato per anni; i suoi tentativi disperati di emularlo erano solo un granello in una spiaggia di sabbia. I loro corpi erano un miscuglio di sudore e pioggia, di profumo e dopobarba, di lussuria ed amore...

Ogni sapore li portava inevitabilmente più vicini, e ogni carezza portava una sicurezza richiamata. Avrebbe potuto durare minuti o avrebbe potuto durare ore; nessuno dei due voleva che le lancette del tempo avanzassero. Lui pronunciò dolcemente il suo nome, rafforzando il loro legame ultraterreno. Lei si sentiva impotente e persa nelle sue carezze, ricordando le sensazioni da cui non aveva mai potuto scappare. Stava annegando di nuovo in lui, e implorava la sua coscienza di non salvarla.

Era il flusso e il riflusso, la luna e la gravità, era tutto ciò che era mai stato... o che sarebbe mai stato... in un'unione perfetta. Poi furono i battiti del cuore che dovevano rallentare; un ritmo che doveva tornare al respiro normale. Ci fu un minuto di completo silenzio, per assorbire tutte le sensazioni che avevano appena vissuto.

Ciocche bagnate di capelli gli si appiccarono al petto mentre lei ascoltava il suo cuore. Il battere dolce che una volta aveva dato per scontato ora era una melodia radiosa. Si prese persino il tempo di ascoltare i suoi polmoni che si riempivano di ossigeno prima di esalare lentamente. Era un miracolo che lui fosse vivo, e lei ora lo capiva.

Poco prima quella sera era caduta in mezzo a una strada, sperando in un qualche modo perverso di unirsi a lui. Ma era stato il fato a salvarla, e aveva riportato insieme due metà che avevano disperatamente bisogno di essere un'unità.

Nel mezzo della situazione, lei non fece alcun tentativo di muoversi da quel punto, almeno per quel momento. In qualche modo, si sentiva come se muovendosi avrebbe spezzato l'incantesimo, e, per quanto fosse egoista, non poteva proprio correre quel rischio. Non ancora.

Fu lui a parlare, rompendo il loro punto morto verbale. "Pensi che adesso riuscirò a farti rientrare, prima che ti venga una polmonite?"

"Saresti sorpreso se ti dicessi che sei la seconda persona a dirmelo stasera?"

"Davvero? Chi altro?"

Lui la guardò incuriosito; qualcosa di quel fatto lo turbava, anche se non riusciva a capire perché.

Lei sospirò, scuotendo la testa. Non aveva avuto l'intenzione di parlare di ciò che aveva fatto prima. Non voleva davvero spaventarlo solo un'ora dopo averlo ritrovato.

"Ero solo un po' persa, stasera," iniziò. Era la verità, se non altro. "Sono finita fuori sotto la pioggia, prima... ma fidati, motivi del tutto diversi. Una signora anziana era preoccupata per me, fondamentalmente alla fine mi ha detto la stessa cosa - togliti da sotto la pioggia e vai dentro."

"Una donna intelligente. Adesso pensi di poter seguire il nostro consiglio e rientrare?"

Lei sorrise, mente lui continuava con le dita a spingerle via i capelli dal viso. Era una battaglia persa, sotto la pioggia. "Sì, penso di poterlo fare adesso."

Rinoa si fermò un altro secondo ancora, chiedendo l'unica cosa che aveva avuto paura di chiedere prima perché... una volta detta, sapeva che non ci sarebbe stato modo di tornare indietro.

"Vuoi entrare anche tu?"

*****
Nota della traduttrice: vabbè, scusarmi per il ritardo ormai è una cosa di rito. Fingete che lo faccia ogni volta, ok?
La scena tra Squall e Rinoa è stata rielaborata in una lemon da Ashbear. L'ho tradotta e pubblicata insieme a questo capitolo. Si intitola Until I fall away e, come vi ripeto, è una lemon - non troppo grafica, comunque. Viene pubblicata separatamente perché anche Ashbear ha fatto così nel suo account.
Come sempre, ogni commento sarà tradotto, e la conseguente risposta dell'autrice verrà riportata qui (o nel mio blog, se il sito non dovesse permetterlo). Grazie a Little Rinoa per il betareading. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** XXXIII: It's Only a Paper Moon ***


Lungo sproloquio dell'autrice: (scusate, devo farlo!) Per prima cosa, mi scuso se è passato un po' ed è stato difficile contattarmi. Onestamente, se qualcuno di voi sta leggendo Endless Waltz, prima dell'ultimo capitolo ho messo una nota sull'essere stata plagiata, di nuovo. Beh, anche dopo quello ho scoperto una terza volta (solo quest'anno!) proprio il mese scorso. Normalmente, ero in grado di minimizzare il 'furto', anche se ero solo un po' agitata, e continuare ad andare avanti. Comunque, questa volta sono rimasta più turbata. A differenza delle altre volte in cui si tratta di 'copia e incolla' in un altro fandom, questa era una persona del nostro fandom, che scriveva di Squall e Rinoa. Molti miei recensori recensivano anche il suo lavoro. Era decisamente più sottile di qualsiasi altro caso, perché lei aveva i suoi dialoghi e la sua trama, ma copiava interi paragrafi di descrizione dai miei lavori. È stato più difficile per me perché era qualcuno con cui parlavo... Ho sempre considerato amici molti di voi del fandom, negli anni...
Non farò nomi, perché voglio che lei impari da questo e si fidi del suo lavoro. Ma per favore, anche copiare e incollare paragrafi completi scrivendo la propria storia è una forma di plagio. Ancora una volta, l'ho segnalata a "stop plagiarism" su LJ, e questa persona ha ammesso la colpa, tolto la sua storia, e scritto la verità nella sua bio. La lodo per la sua onestà. Non le ho mai chiesto di togliere tutta la storia, ma solo le parti che non erano sue; sfortunatamente, immagino che non potesse ricordare quali parti erano sue.
Di tutte le volte che sono stata plagiata non sono mai rimasta così colpita, non ho mai voluto smettere di scrivere. Stavolta sì. Quindi mi sono praticamente costretta a finire questo capitolo. Voglio divertirmi ancora con questo hobby; voglio essere in grado di fidarmi delle persone con cui parlavo nelle risposte alle recensioni. Quindi, per questa settimana, e forse per il prossimo aggiornamento non penso che risponderò individualmente alle recensioni. Non è che non voglia parlare o comunicare; ho solo bisogno di fare un passo indietro e tornare agli aspetti divertenti di questa cosa. Le recensioni che ho sono così incoraggianti, e io le leggo tutte, ma sono le amicizie che ho fatto qui ad avermi davvero ispirata.
Il 'lato positivo', se ce ne sono in questi casini, è che dopo essere stata plagiata tre volte in un anno e aver segnalato a 'stop plagiarism' adesso sono una moderatrice lì. Voglio che la mia esperienza aiuti gli altri. Metterò un link alla community nella mia bio. Se succederà in futuro a qualcuno di voi o ad altri, per favore contattate loro.

AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ XXXIII: It's Only a Paper Moon ~

La luce che si rifletteva dalle pozzanghere bastava per trovare le loro cose. Una maglia gettata lì, un reggiseno là, e persino un calzino incastrato in qualche modo in un cespuglio? Squall non ricordava nemmeno di essersi tolto i calzini ma, a quanto pareva, e piuttosto ovviamente, lo aveva proprio fatto. Nei momenti successivi, non gli venne mai in mente di essere imbarazzato o di vergognarsi. Quelli erano sentimenti che avrebbe avuto anni prima, ma in qualche modo ora erano abbastanza irrilevanti, data la loro situazione.

Rinoa, d'altra parte, aveva affrontato una diversa esperienza di vita negli ultimi anni. Dove una volta era stata quasi spensierata, ora quella parte della sua vita adolescente si era trasformata in maturità. Anche quando aveva cercato di tenere viva quella parte leggera di lei per il mondo esterno, dentro di sé era in costante tumulto. Dentro, sentiva qualcosa di inspiegabile - un'assenza che non era mai riuscita a ricatturare.

Eppure, Rinoa sorrideva quotidianamente e lavorava. Era onestamente felice per ciò che aveva ottenuto nella sua vita, ma non le era mai sembrato del tutto appagante. Credeva che questo potesse essere in parte dovuto all'essere una Strega alla deriva senza un Cavaliere. C'era sempre una sensazione di ricerca, anche se solo nel suo subconscio, ma senza mai riuscire ad ottenere qualcosa che una volta aveva conosciuto. Quello era sempre stato il suo problema, non poteva lasciar andare il passato abbastanza da abbracciare il futuro...

D'altra parte, forse quello era il modo del destino di proteggerla dal continuare con la sua vita. Forse aveva trovato il Cavaliere con cui doveva davvero stare, ed erano stati semplicemente incapaci di vedere quello che avevano davanti agli occhi. In qualche modo, i sentieri dei loro destini incrociati li avevano portati a questo punto, di nuovo a un altro incrocio, e ancora una volta le intersezioni delle loro vite avvenivano sotto la pioggia. Eppure, non pensava che questo momento fosse affatto poetico.

Rinoa si nascose velocemente prima che lui potesse guardarla negli occhi. Il fatto che i suoi abiti sparsi non significavano niente per lei al momento avrebbe dovuto essere un segno. La sua reazione iniziale fu di ritrarsi semplicemente dalla realtà e da lui. Era nuda e aveva freddo; non poteva evitare di sentirsi imbarazzata e piena di vergogna... e in qualche modo, si sentiva del tutto persa. Queste erano cose che non avrebbe dovuto sentire, anzi, proprio il contrario.

In quel momento avrebbe dovuto essere estasiata. La parte della sua vita che era mancata era improvvisamente, e miracolosamente, appena riapparsa. Eppure, anche presa nell'euforia di prima, sapeva che sia le emozioni che la storia erano così tanto più radicate. Sapeva che non ci si poteva riappacificare facilmente, ma a quanto pareva quella consapevolezza aveva deviato, prima, da qualche parte insieme alla sua logica. Nulla veniva mai regalato, nella realtà; bisognava lavorare per avere qualcosa, e guadagnarselo. In quel momento, semplicemente non riusciva a vedere oltre le sue barriere emotive.

La Strega sapeva che lui stava raccogliendo le proprie cose, e molto probabilmente anche le sue, quindi colse quell'opportunità di rientrare. Poteva essere una mossa vigliacca, ma aveva onestamente bisogno solo di un momento per fare alcuni respiri profondi. Entrando in casa, respinse di nuovo la sensazione dell'aria fredda contro la pelle nulla; ci fu un breve lampo di déjà vu. Ricordava la sensazione amara dell'aria condizionata contro il corpo fradicio di pioggia. Anche se era stata del tutto vestita, prima, il suo corpo e i capelli erano ugualmente fradici in quel momento come lo erano stati prima.

Erano successe così tante cose in poche, brevi ore... e diamine, era rimasta a dormire per terra la maggior parte del tempo. Non poteva negare quanto fosse esaurita, sia fisicamente che mentalmente; dubitava che il sonno sarebbe arrivato in una forma qualsiasi, anche se la sua vita fosse dipesa da quello.

Senza guardarsi indietro, andò verso il bagno del piano inferiore. Non poteva spiegare perché non voleva voltarsi. Forse era perché aveva paura di perderlo di nuovo, o peggio, forse aveva paura che lui fosse ancora lì. La sua mente era in conflitto con se stessa; era semplicemente troppo bello per essere vero...

Tremava mentre apriva un piccolo armadietto di biancheria. Fortunatamente, aveva messo alcuni grossi asciugamani da basso, per se o quando avrebbe mai trovato il tempo di prendere il sole. In realtà, quel sogno non si era mai arrivato. Ogni volta che contemplava anche solo quel pensiero, il travolgente bisogno di tenere la mente occupata prevaleva sempre, e abbronzarsi non era il modo adatto per farlo.

Coprendosi con la salvietta, Rinoa si assicurò per bene il tessuto in spugna intorno al seno - persino lei si accorgeva di quanto stranamente timida fosse diventata negli ultimi due minuti. Ne prese un'altra per lui, cercando ancora di farsi una ragione del fatto che il suo ex ragazzo era al momento nudo fuori. Seriamente, non era così che avrebbe pensato che sarebbe finita quella giornata... o una giornata qualsiasi per quel che valeva.

Nel breve tragitto di ritorno verso l'atrio, cercò di riportare in equilibrio sia i suoi pensieri che il suo corpo. La figura di Squall era solo un contorno senza le luci dall'interno. Ne era grata. Lui era entrato e aveva già chiuso a chiave la porta dietro di sé. Rinoa non era sicura del perché si fosse semi-aspettata che lui sarebbe rimasto fuori. Lo aveva apertamente invitato solo pochi minuti prima, per amore del cielo, quale persona con una mente logica sarebbe rimasta sotto la pioggia? Dalla sua posizione, poteva intuire che lui teneva in mano appallottolati i vestiti fradici. Evitando di guardarlo, lei gli porse l'asciugamano.

"Ecco, pensavo che potesse servirti questo."

"Grazie," disse lui a disagio, non molto sicuro di come accettare l'offerta con i vestiti bagnati ancora in mano.

Le ci volle un altro secondo per capire perché lui esitava.

"Oh, scusami! Uhm, ecco. Io, ehm..." iniziò, completamente imbarazzata.

Incapace di terminare il pensiero, posò l'asciugamano su una sedia accanto. Poi stese le braccia per prendere la pila di vestiti vari.

"Grazie," rispose lui, la voce a malapena udibile al di sopra della pioggia.

Squall non poté evitare di notare il comportamento di lei; avrebbe dovuto essere cieco o ignaro per non farlo... Va bene, una volta sarebbe stato tanto cieco e tanto ignaro. Di nuovo, il tempo e le circostanze avevano cambiato così tante cose. Ora poteva capire che persino i suoi gesti più semplici rivelavano quanto lei si vergognasse. Poteva percepire che in lei c'era un conflitto.

Allungandole i vestiti, Squall cercò di ignorare le emozioni che si stiracchiarono in lui quando con le dita le sfiorò la pelle umida. Cosa più importante, voleva disperatamente minimizzare il modo in cui Rinoa sembrava sobbalzare e poi ritrarsi quando avevano un contatto fisico. Prese velocemente l'asciugamano e se lo assicurò intorno alla vita.

Ci sarebbe stato tempo di lavorare su quei conflitti interni più tardi; o almeno, lo sperava. La sua intrusione nella sua vita non sarebbe mai dovuta andare a finire così; ora non poteva sentire altro che il tumulto di lei. Quello che avevano fatto fuori era magico, ma estremamente impulsivo; anche per quel piacere fuggevole ci sarebbero state delle conseguenze.

Con la pausa sia nel movimento che nella comunicazione, il momento sembrò attirare l'attenzione di una terza parte prima sconosciuta. Angelo sembrò svegliarsi da qualsiasi stato si trovasse prima. Colse l'occasione di rendere nota la sua presenza con un ringhio di gola, seguito da un abbaiare minaccioso.

"Davvero?" chiese a voce alta Rinoa, guardando disgustata il suo cane. "Ti ci è voluto così tanto per svegliarti e accorgerti che c'è un estraneo in casa? Un cane da guardia tu proprio non lo sei."

Squall fece una smorfia tra sé e sé alle parole di Rinoa, soprattutto all'uso della parola 'estraneo'. Sapeva esattamente cosa stava dicendo Rinoa, ma in qualche modo quel termine lo turbava più di quanto potesse spiegare. Era la verità, e nessuna quantità di rimpianti e di scuse avrebbe mai cambiato quel fatto. Squall Leonhart, la persona che era diventato adesso, era un estraneo per loro. Certo, si erano conosciuti - e amati - in passato, ma era stato una vita prima. Quando, nel giro di venti minuti, non aveva creduto di non essere altro che un estraneo?

Cercò di andare oltre quei sentimenti. Non era né il momento né il luogo di indugiare sulle cose negative. Doveva considerarlo un momento di rinnovamento, una possibilità per un nuovo inizio. Ci sarebbero stati svariati ostacoli lungo il percorso; il suo passato, il suo comando, e il suo tradimento, per citarne solo alcuni. Sapeva anche che gli ostacoli non erano tutti dalla sua parte; anche lui aveva le sue domande da affrontare riguardo a lei. Ma era e voleva affrontare le avversità insieme - sapeva dannatamente bene che questo era il suo piano.

Angelo sembrava avere delle lacune nella traduzione verbale da sarcasmo di Rinoa a linguaggio canino, quindi continuò ad abbaiare all' 'estraneo'. In fondo alla mente di Squall, c'era un inspiegabile desiderio di essere ricordato dalla cagnetta. Quindi, in una certo tentativo futile di riconoscimento, Squall fece un largo saluto con la mano ad Angelo. Quasi immediatamente, sì sentì un cretino completo e totale.

Eccolo lì, completamente fradicio, con addosso solo una salvietta, in piedi in una stanza buia e sconosciuta, e il suo obiettivo immediato era essere ricordato da un cane. Un cane. Cosa avrebbe pensato il mondo se avesse saputo che il Comandante dell'istituto militare più esclusivo aveva la preoccupazione di farsi amico un cane?

A volte, per quanto Squall tentasse disperatamente di negarlo, c'erano momenti in cui le sue azioni rispecchiavano quelle di Laguna. Era grato che almeno non gli fosse venuto un crampo alla gamba - qualsiasi briciolo di dignità gli fosse rimasta si sarebbe velocemente polverizzata nel nulla. Di nuovo, doveva mettere da parte quei pensieri, perché mentre lui faceva tutto questo, Rinoa era lì in piedi con un mucchio di vestiti bagnati in mano. A quel punto, probabilmente voleva buttarglieli in faccia e dirgli di levarsi di torno.

"Dai, lascia che riprenda io i vestiti," si offrì.

A quel commento, Rinoa fu costretta a ridere per tutto quello scambio. Aveva guardato Squall cercare di comunicare con Angelo; anche qualcosa di semplice come un saluto aveva tantissimo significato, ai suoi occhi. In verità era piuttosto dolce, ma non avrebbe mai espresso quell'opinione ad alta voce. Per non parlare di ciò che aveva detto; cosa intendeva fare lui con una pila di vestiti bagnati? Non viveva lì, né sapeva dove metterli.

Era stata una sua scelta rimanere lì in piedi negli ultimi secondi. Non era sicura del perché avesse aspettato. Onestamente era contenta di averlo fatto... aveva iniziato a ricordare come le piccole cose, con lui, avessero sempre dato i ricordi migliori. Per lungo tempo, aveva cercato di bloccarli, ma era bello liberarsi da quelle costrizioni.

La sua voce rifletté l'umorismo che aveva trovato nei suoi pensieri. "E per farci cosa esattamente, Squall? Non penso che tu voglia stare nel mio soggiorno tutta la notte con una bracciata di vestiti bagnati. Anche se potrei sbagliarmi, non ti è mai piaciuto fare le cose nel modo convenzionale... ad ogni modo, a me sì, tipo. Quindi andrò a mettere questa roba nell'asciugatrice, se va bene."

"Sai, sono molto addestrato in ogni situazione. Avvicina il tuo obiettivo senza dare sospetti a una lavanderia a gettoni... potrebbero esserci missioni che richiedono quel tipo di sotterfugio."

"Sotterfugio?" rise lei. "È proprio... così non da te. Ma interpreterò la tua risposta come: sì, Rinoa, puoi prendere i vestiti e metterli nell'asciugatrice."

Dalla prospettiva di Rinoa, il destino, o piuttosto, Angelo, aveva inavvertitamente spezzato la tensione sottintesa. Sapeva che lui stava solo cercando di sforzarsi di gestire la situazione come un gentiluomo. Anche se in quella situazione non aveva alcun senso. Anche questo le riportò ricordi una volta dimenticati. Le ricordava di quante volte la sua 'inettitudine sociale' l'avesse fatta ridere - lui di solito non lo trovava molto divertente.

Si passarono i vestiti, anche se non con grazia. Alcune cose riuscirono a cadere nel passaggio. Abbassandosi lui le prese prima di offrire un semplice 'grazie'. Era la risposta più semplice; sentiva che era meglio non elaborare ulteriormente. Voleva assicurarsi che l'atmosfera rimanesse così, piuttosto che come era stata solo pochi minuti prima. Lei sembrò capire, o molto più probabilmente provava la stessa cosa, e iniziò ad andare via.

Ora da solo nel soggiorno, lui la osservò voltarsi con la pila di vestiti e salire le scale. A quanto pareva, la lavatrice e l'asciugatrice erano al secondo piano. Certo, questo lo lasciava ora al piano di sotto, senza sapere cosa sarebbe venuto dopo. Si lisciò i capelli all'indietro, dato che le ciocche bagnate lo irritavano da morire. Mentre gli occhi si abituavano di più alla luce, notò che Angelo lo stava fissando ancora direttamente, ma almeno aveva smesso di abbaiare.

Era possibile che un cane scrutasse e giudicasse le sue azioni? Di sicuro lo sembrava. Anche nel buio, poteva vedere la durezza negli occhi di Angelo. Quello sguardo era snervante, tanto che lui scelse di voltarsi.

Ora, da solo con i suoi pensieri, seppe che ciò che era successo tra loro fuori era, beh, troppo presto. Era arrabbiato con se stesso per aver permesso a desideri dimenticati di avere la meglio su di lui. L'uomo che era stato fuori non era chi era, ma in un certo senso era chi desiderava essere. Era l'opposto di tutto ciò che aveva mai conosciuto. Era ciò che lei era sempre stata ai suoi occhi. Si era permesso di sopravvivere in quella landa emotiva per così tanto tempo che qualcosa alla fine aveva ceduto.

Nella sua mente, non importava che lui le avesse chiesto prima se era sicura; la sua coscienza gli diceva che forse lei non era nello stato giusto per prendere quella decisione. Ora lei poteva pentirsene, o anche peggio, essere disgustata dalle sue azioni. Onestamente, nemmeno quindici minuti prima di fare l'amore, lei pensava che lui fosse un dannato fantasma. Quelle di certo non erano le azioni di qualcuno in grado di dare il proprio consenso sincero. Poteva cercare di fare a pezzi e rimettere insieme le proprie azioni come voleva, ma non si sarebbe mai perdonato per quello che era successo... e per il modo in cui si era ritratta da lui dopo.

Aveva bisogno di parlare con lei, non per il proprio bene, ma per quello di lei. Se lei lo voleva fuori da casa sua, se ne sarebbe andato. Non importava quanto fossero bagnati i suoi vestiti, o quali fossero i rischi, non aveva alcun diritto di farle questo... dannazione, Zell aveva ragione. Se avesse potuto avere questa chiarezza il giorno prima non sarebbero stati in quella situazione adesso. D'altra parte, non sarebbero stati in quella situazione... che gli mostrava una certa promessa di speranza, come minimo.

Salì le scale e la trovò in un piccolo ripostiglio. La guardò chiudere lo sportello dell'asciugatrice e poi alzarsi sulle punte dei piedi per arrivare alla mensola. Lui stava per aprire la bocca, ma si trovò ad appoggiarsi semplicemente allo stipite per guardarla meravigliato. Mai in un milione di anni avrebbe creduto che qualcuno che metteva dell'ammorbidente su una mensola fosse una cosa così bella, eppure lo era davvero...

Dopo aver fatto, Rinoa si voltò e fu spaventata nel vedere qualcuno alla porta. Il suo corpo sobbalzò di riflesso. Mentalmente sapeva che Squall era in casa, ma dopo anni di solitudine, era una sensazione molto poco familiare, come minimo. Non poté evitare di sorridere quando i loro occhi si incontrarono. Anche se non aveva inteso farlo, in qualche modo il suo corpo ancora una volta agiva di sua spontanea volontà.

Si mise una mano sul petto e ridacchiò. "Mi hai spaventato a morte."

Lui sorrise e le offrì il braccio. "Se ti fa sentire meglio, vengo in pace."

"Ti porterei dal mio capo, ma ehm... sì, probabilmente non è il piano migliore quando dovresti essere morto."

Lei allungò la mano, cercando le dita di lui. La sua mente non contemplò mai il gesto; era istintivo.

"Probabilmente no," disse Squall, attirandola vicino fino a quando rimasero in un abbraccio morbido ancora una volta. Poi lui inarcò curioso un sopracciglio. "Chi sarebbe esattamente il tuo leader, comunque?"

"Beh," continuò lei, ridendo mentre si appoggiava esitante al suo petto. "Immagino che se dovessi fermarmi a pensarci, l'unica ad avere abbastanza pretese per essere adatta all'incarico sarebbe Angelo. Quindi, dato che l'hai già incontrata, la cosa sarebbe piuttosto discutibile."

"Sì, se il nostro incontro di sotto era un segno, quella riunione non finirebbe bene. Che ne dici se fisso un altro appuntamento? Allora posso portare al tuo capo bistecche fresche e giocattoli di gomma."

Lei sollevò le braccia per stringerle intorno a lui. "Penso che potrebbe proprio funzionare... anche se, dato che sei tu, potresti pensare di portare più di una bistecca."

"Ottima idea," affermò lui con sicurezza, posando la testa su quella di Rinoa.

Rimasero così per un po' di tempo. Era la prima volta che si vedevano con la luce accesa. In qualche modo, lo fece sembrare anche più reale a lei; non era più un'illusione nell'ombra. Ora poteva vederlo con vivida chiarezza. Tecnicamente, poteva vedere solo parte del suo petto, soprattutto la spalla, ma le parti che riusciva a vedere le sembravano molto, molto reali. Non dubitava più della sua sanità mentale, ma era comunque rassicurante vederlo alla luce.

Eppure c'erano così tante cose che le vagavano nella testa, così tante domande senza risposta. Rinoa sentì il ritorno di quell'incertezza annebbiata - quella a cui non poteva davvero dare un posto.

Ritraendosi lo guardò negli occhi. Il suo pensiero iniziale fu semplicemente 'wow'. Era una risposta piuttosto prosaica date le circostanze, ma lui era davvero cambiato fino ad un certo punto. Vedeva ancora la persona bellissima che lui era dentro, e in quel momento il suo aspetto esteriore rifletteva quello interiore. Dio, aveva dimenticato quanto lui fosse dannatamente affascinante... negli ultimi anni aveva cercato di distorcere la sua percezione di lui. A volte aveva funzionato, altre volte non molto.

"Squall, ho un phon nella mia stanza, se vuoi usarlo... so quanto ti davano fastidio i capelli bagnati, a volte. Voglio dire, non so se ancora... ma sì... se vuoi... è... beh, là."

Onestamente, sì, i capelli umidi gli davano fastidio, un po', quello non era cambiato. Sapeva che i capelli di lei erano probabilmente molto più fastidiosi, ma capiva anche che quello era il suo tentativo sottile di cambiare argomento. Certo, lui voleva ancora parlare, ma forse questa cosa dell'asciugacapelli avrebbe dato loro il tempo di cui avevano bisogno. Non che lui di solito apprezzasse procrastinare in qualsiasi forma, ma in quel momento, sembrava che avesse uno scopo.

"Grazie," rispose. "Potrei."

"Dai, seguimi."

Lei iniziò ad allungare la mano per prendere quella di lui, prima di esitare. Alla fine, ignorando la sua incertezza, Rinoa lo prese per mano e lo guidò fuori dal ripostiglio. Ancora non riusciva a permettersi di essere del tutto a suo agio con lui. Semplicemente non riusciva a distruggere quell'ultimo muro, almeno non ancora. Ci sarebbe voluto del tempo - non si poteva sistemare tutto con il gesto impulsivo di fare l'amore, sempre che si potesse sistemare del tutto.

In silenzio, Rinoa lo guidò alla camera da letto principale, accendendo una luce mentre passavano. Squall notò che le sue decorazioni erano di stile completamente diverso dal suo. Invece di una testata del letto laccata di nero, lei aveva scelto un più tradizionale letto a baldacchino. Sembrava inciso a mano e tutto il mobilio sembrava genuinamente antico. Era ben diverso dal letto matrimoniale standard che le era stato assegnato quando viveva al Garden. Questo era qualcosa che la definiva come individuo, e lui apprezzò che lei fosse riuscita a restare se stessa anche attraverso tutte le difficoltà.

"Mi piace la tua camera da letto, è molto da te." Lo disse ad alta voce prima di aver anche solo pensato a quanto sembrasse infantile. Non si era sentito così insicuro fin da quando avevano iniziato a uscire insieme. Si sentiva come se ogni parola dovesse essere considerata attentamente, a quel punto. Strano come poco prima, quella sera, era stato facilmente in grado di prendere le redini della situazione, e ora si trovava con i ruoli invertiti.

"Grazie, era di mia nonna. Caraway me l'ha data come regalo di inaugurazione della casa nuova, quando l'ho comprata."

"È davvero molto adatta a te."

Almeno Squall fu abbastanza cauto da non affrontare l'argomento del padre di lei. Sapeva che era una delle cose di cui lei avrebbe parlato se fosse stata abbastanza a suo agio. Era silenziosamente impressionato dal fatto che Caraway le avesse passato i mobili; separarsi da qualcosa del genere doveva essere un grande gesto da parte sua. Era un passo di cui il Comandante poteva davvero apprezzare la conoscenza.

D'altra parte, forse Caraway le aveva dato quei mobili solo perché approvava la sua vita di adesso; quella che chiaramente non includeva lui. Squall sapeva che il padre di Rinoa non aveva mai approvato lui o la loro relazione. Sfortunatamente, nel caso del Comandante, gli avvertimenti del Colonnello erano stati ben giustificati. Poteva solo immaginare la furia che avrebbe affrontato da Caraway quando tutto fosse finito; quell'uomo non era nemmeno andato al funerale di Squall - e in un clima politico, quello diceva tantissimo.

"Sì, è stata fatta a Timber, dal legno dei pini... sai, prima di tutti i divieti e le limitazioni." Si rese conto che stava scivolando nella 'modalità lavoro di Rinoa', ma in qualche modo sapeva che c'era un senso di conforto in essa, e parlare di mobili sembrava meglio che parlare di qualcosa di più sostanzioso.

Rinoa indicò una seconda porta dall'altra parte della stanza. "Uhm, scusa... comunque, il phon è nel mobile sotto il lavandino."

Voleva rassicurarla che andava tutto bene, non gli interessava di cosa lei stesse parlando. In quel momento avrebbe ascoltato l'intera storia di Timber, meglio da lei che da Zell; semplicemente avere la possibilità di sentirla parlare era abbastanza. Eppure sapeva che se avesse risposto così, le parole sarebbero sembrate pietose. Di sicuro non aveva bisogno di questo. Riluttante, si costrinse a lasciarle le dita e si diresse al bagno.

Rinoa si sedette sul letto, con le ginocchia contro il petto, ad ascoltare il rumore del phon. Non poteva vederlo direttamente, ma ogni tanto vedeva il cavo nero muoversi accanto alla porta del bagno. Quando lui era andato nel bagno, lei aveva preso velocemente una maglietta, dei pantaloncini e la biancheria intima. Fu una decisione andare poi nella camera degli ospiti e mettersi gli abiti per la notte. Non poteva spiegare perché non volesse cambiarsi nella sua camera da letto, o anche solo perché sentiva questa improvvisa timidezza che le era mancata prima.

Ad ogni modo, quella pausa le aveva dato un po' di tempo per digerire tutto, e onestamente per pensare alla cosa non solo dal proprio punto di vista, ma anche da quello di Squall. Non poteva immaginare quanto sarebbe stato difficile guardare tutti quelli conosceva addolorati per la sua morte. Poteva non aver mostrato emozioni, ma lei sapeva che c'erano. C'erano sempre state. A dire il vero, aveva acquisito una ritrovata comprensione della sua situazione. L'avrebbe uccisa; l'avrebbe semplicemente uccisa far soffrire consapevolmente gli altri - anche se lo scopo era un bene più grande.

Per Squall, ci sarebbero stati altri aspetti in quella reclusione. Da quando era diventato SeeD, aveva sempre avuto un certo tipo di controllo, un certo tipo di autorità nel Garden; rinunciare a una tale disciplina dopo così tanto tempo sarebbe stato estremamente difficile. Persino in battaglia, c'erano regole e protocolli da seguire, ma c'erano decisioni e libertà anche in quei momenti. Essere costretto a nascondersi sarebbe stato incredibilmente difficile per la sua psiche, e lei sapeva esattamente quanto potesse essere letale.

Rinoa si era persa a tal punto nella sua mente che non aveva notato il silenzio che proveniva dal bagno. Per qualche ragione, sembrava che gli ci volesse più di quanto ricordava. Si chiese se ricordava male, o se anche lui, forse, stesse prendendo un po' di tempo... Forse stavano entrambi affrontando la situazione con incertezza.

Quando lui emerse finalmente dalla porta, le venne in mente che era faccia a faccia con il suo più grande dilemma - qual era il passo successivo?

C'era anche quella vecchia familiarità che tornava strisciando, quella per cui voleva solo che lui che entrasse nel letto con lei, per dormire vicini tutta la notte. Ricordava quanto all'inizio fosse stato difficile, per lui; aveva sempre trovato scuse e inventato ragioni per non rimanere. Negli alberghi lontano dal Garden, era stato un pochino più aperto, ma sentiva comunque di dover mantenere un certo standard, con il comando. Verso la fine, le aveva permesso di rimanere nella sua stanza in certe occasioni, ma anche quello le era sembrato forzato. Sapeva di essere stata eccessivamente insistente a volte. Allora non aveva notato questo fatto, adesso non riusciva a vedere altro che questo fatto.

"Allora?" chiese lui piano dalla porta. Era ovvio che le stava permettendo di controllare la situazione. Notò anche che lei era perfettamente vestita. Questo rese il fatto che lui aveva ancora addosso solo una salvietta un pochino più sgradevole.

"Sì..." disse lei con fare assente.

Forse parlare avrebbe aiutato a diminuire la tensione. D'altra parte, essere in grado di iniziare una conversazione sembrava implausibile, tra la sua incredulità e stanchezza. Sapeva che il dubbio era lì, ma non poteva indicare con certezza la sua fonte. Poteva comunque valere la pena cercare di capirlo.

*****
Nota della traduttrice: vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear (a cui ho inoltrato già i commenti ricevuti finora; attendete la risposta XD). Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!).
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) E vi ricordo anche l'apertura dell'archivio dedicato esclusivamente a Final Fantasy, Kingdom Hearts e Dissidia, che trovate qui. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Capitolo XXXIV: Wrongs Darker than Death or Night ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXXIV: Wrongs Darker than Death or Night ~

Nella stanza, c'erano due estranei, due amanti, due persone legate nello spirito, ma che erano cadute nell'accumulo dei loro desideri. Rimanevano due sconosciuti che cercavano di trovare un terreno comune. Squall cercò di fare un sorriso rassicurante, ma persino lui sapeva che il gesto sarebbe risultato forzato. Rimase in silenzio, appoggiandosi contro lo stipite della porta del bagno. Nel profondo, si chiedeva dove sarebbero andati da lì; c'erano troppe ferite da guarire? Lei voleva anche solo andare avanti?

Rinoa si agitò sul letto, facendo correre leggermente le dita sulla coperta, con le ginocchia ancora strette al petto. Sapeva che questo silenzio non poteva durare. Senza averne l'intenzione, sospirò forte. Non era così che avrebbe voluto spezzare la tensione. Ad ogni modo, le diede un'apertura; avrebbe tentato di avviare una conversazione, per quanto flebile potesse sembrare.

«Tutta questa faccenda deve essere strana per te, voglio dire, non avere il comando del Garden... beh, intendo il comando con-le-mani-in-pasta a cui sei abituato.»

C'erano probabilmente ben più di mille cose strane in quella situazione, ma lei cercò di concentrarsi solo su una. Nel passato, quando tutto il resto falliva, con lui... c'era sempre il lavoro.

Squall fu sollevato per l'inizio, che fosse stata sua intenzione o no. Probabilmente lo era stata, dato che si erano bloccati. Era strano come ora si fosse chiuso il cerchio e lei avesse in realtà iniziato con l'argomento lavoro, qualcosa che in passato aveva avuto forti limitazioni. Spostandosi dalla porta, lui si sedette con cautela in fondo al letto, lasciandole molto spazio personale. Confini - questa faccenda riguardava ancora parecchio il riconoscere i limiti.

Non sapeva se questo tentativo di conversazione civile sarebbe finito per essere una lama a doppio taglio e nessuna risposta sarebbe stata sufficiente. Aveva conosciuto i giochi di Rinoa in passato, ma sapeva anche che nessuno dei due rientrava in quei ruoli infantili; erano successe troppe cose, erano state tradite troppe emozioni. Erano entrambi cresciuti in tanti modi, e lui era grato per qualsiasi forma di comunicazione verbale, a quel punto. Superficiale o no, valeva bene il rischio.

«Su questo hai ragione» iniziò, anche se mancava della sua solita sicurezza di sé. «Tutta questa missione è stata strana. Posso dirlo con la massima sicurezza. Nelle ultime settimane, l'unica persona che sono riuscito vagamente a comandare è Zell.» Riuscì a fare un piccolo sorriso a quella rivelazione. «Questo è andato liscio quanto ci si può aspettare. Tutta questa esperienza è stata estenuante... emotivamente e fisicamente.»

«Scommetto che non vedi l'ora di tornare a casa.»

Lei si rese conto subito che la sua frase poteva essere interpretata in due modi. In uno, significava allontanarsi da lei e tornare al Garden. Non era questo che aveva voluto dire... giusto? No, assolutamente no. Perché diavolo stava anche solo mettendo in discussione le sue stesse motivazioni, adesso? Non voleva che lui se ne andasse, ma comunque doveva rimanere ragionevole. Questo era impossibile... la loro relazione non avrebbe mai funzionato. Erano due persone diverse, ed entrambi vivevano vite separate, eppure ugualmente importanti. L'errore di quella sera sarebbe giunto alla fine; l'unico punto di domanda che rimaneva riguardava il 'quando'.

«Sono sicuro che il Garden stia andando benissimo» disse lui, rimanendo positivo.

Squall aveva un'enorme fiducia nei suoi subordinati, in più, ovviamente, l'aiuto della Preside di Trabia era impagabile.

«So che Shu si sta occupando di varie cose. Non c'è niente nelle operazioni quotidiane del Garden che lei non sappia gestire. Per non parlare del fatto che con Lauren come Comandante ad interim, probabilmente farà andare quel posto meglio di quanto abbia mai fatto io.»

E con quello, tutte le precedenti riserve di Rinoa arrivarono di botto. In qualche modo, nel mezzo delle sue illusioni autoindotte, aveva permesso che il fattore più importante della vita di Squall le sfuggisse. L'uomo che sedeva a un braccio di distanza, vestito solo di una salvietta, l'uomo con cui aveva aveva appena fatto l'amore, l'uomo a cui aveva permesso di rompere la sua barriera emotiva... aveva una fottuta ragazza.

La sua 'memoria selettiva' era intenzionale? La sua dimenticanza era un atto del destino? O la sua mente era solo in fase di negazione completa e totale?

Rinoa era stata così persa nella fantasia, nell'intimità, che tutta la sua razionalità era stata gettata da parte. Chiuse gli occhi e si strinse più forte le gambe, desiderando di liberarsi dei suoi peccati. Non se ne sarebbero andati. Sapeva che le sue trasgressioni erano destinate a rimanere eterne.

Non appena lui vide la sua reazione, si rese conto dell'errore. Non che stesse cercando di nascondere la sua relazione con Lauren; questo non era ciò che lei era nella sua vita. Lui lo aveva capito, Lauren lo aveva capito, ma come diavolo l'avrebbe mai capito Rinoa? Dubitava che anche solo i suoi amici capissero, ed erano stati con lui sin dall'inizio della cosiddetta 'relazione'.

Era deluso dal modo in cui aveva gestito la situazione. Ancora una volta, la stava ferendo... e anche se avesse provato a spiegarle perché non avrebbe dovuto sentirsi ferita, sarebbe sembrato un cretino insensibile anche peggiore. Avrebbe gettato la spugna; la 'spugna' era comunque tutto ciò che aveva in quel momento, sia figurativamente che letteralmente. Non si sarebbe tirato indietro, non poteva. Quello che avevano andava ben oltre la norma. Valeva la pena lottare; lo aveva capito solo tre anni troppo tardi.

Ma lo aveva capito... e in quel momento, era tutto ciò che importava.

Squall sapeva che qualsiasi cosa avrebbe detto sarebbe stata difficile per entrambi; per lei per il semplice sentire le parole, e per lui per il tentativo di affermare chiaramente, beh... cosa diavolo fosse Lauren per lui. Sapeva una cosa con dannata certezza, lei non era la sua ragazza, secondo nessuna delle definizioni standard di quella parola. D'altra parte, la verità non sembrava migliore. Desiderava solo che ci fosse un modo per poter comunicare la verità senza dover dire le parole. A un certo punto, Cavaliere e Strega erano legati, e le emozioni erano quasi trasparenti nelle loro menti, ma quello era il passato, e non poteva indugiare sulla storia non scritta.

A quei tempi, non era mai riuscito bene a cercare di esprimere le sue emozioni e lei non lo aveva mai pressato, ma adesso lui avrebbe pressato se stesso. La sua determinazione avrebbe deciso il suo futuro, il loro futuro. Avvicinandosi di qualche centimetro, si allungò per toccarle il braccio; desiderò che lei lo guardasse e gli desse un segno di speranza.

Non lo fece.

«Non toccarmi.»

Lei sentì il suo tocco, ma era emotivamente troppo svuotata per sentire altro. Rinoa era arrabbiata con se stessa, arrabbiata con lui, arrabbiata con la situazione in generale. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era che con quell'unico gesto era diventata proprio la persona, proprio la cosa contro cui aveva combattuto anni prima.

Quando viveva al Garden, aveva sentito i mormorii, i pettegolezzi, le dicerie... Le aveva sentite tutte, da studenti e insegnanti indistintamente. A volte, le bugie la irritavano, ma trovava forza nel sapere la verità. Indossava quella dannata facciata di sorriso, camminava con la dignità e il rispetto di sé intatti. Non avrebbe permesso a loro e alla loro cattiveria di infastidirla. Perché allora avrebbero vinto loro. La sua relazione con Squall non era una decisione degli altri. Era solo tra loro due ciò che contava davvero, Strega e Cavaliere.

Loro sapevano la verità - il resto che andasse all'inferno.

Non c'erano magie, incantesimi, o qualsiasi forma di magia come piaceva speculare all'infinito agli studenti del Garden. Lei non lo aveva mai rubato a nessuno. Poteva averlo 'preso in prestito' a volte dal Garden, perché sfortunatamente lui apparteneva al lavoro sempre e comunque. Nessuno gli avrebbe mai fatto tradire il suo impegno con la SeeD. Il Garden era la sua casa e il suo sostentamento.

Sempre.

Era una dura realtà da accettare, ma lei aveva iniziato a farlo... fino al giorno in cui i ruoli di Comandante e di Cavaliere si erano scontrati. Lui aveva scelto da che parte stare. Forse era sulla base di quella realtà che quella notte sembrava così tanto incredibile - per una volta nella vita, almeno dal suo punto di vista, lui aveva finalmente scelto prima lei... solo una volta. Forse non stava pensando razionalmente. Cosa c'era di razionale in quello che lei... no, loro avevano fatto?

Perché ora, perché dopo il suo adulterio... lei era diventata la persona, il mostro, la Strega che le masse l'avevano sempre accusata di essere. Lo aveva rubato a qualcun altro - aveva preso il suo corpo e la loro integrità.

«Puoi dirmi di andarmene e uscirò» iniziò lui piano. «Ma vorrei che tu sapessi la verità... o se vuoi soltanto che io esca da quella porta e non torni mai più, lo capisco. Merito anche quello.»

Gli si fermò il cuore quando lei non diede alcuna risposta - non una parola, non un sospiro, nemmeno un respiro. Era silenziosa come la morte. Era inquietante in maniera spaventosa. C'era una scelta da fare, e in quella follia lui l'avrebbe fatta per entrambi. Lei avrebbe sentito la sua confessione e poi avrebbe scelto se fare pace.

C'era qualcosa di così imbarazzante nella posizione in cui stava seduto, qualcosa che lo metteva a disagio. Forse a quel punto non si vedeva come un pari di Rinoa. Lentamente scese dal letto, e fece un passo esitante verso di lei. Quando non vide alcuna reazione, protesta o altro, continuò a muoversi.

Si portò al suo fianco e si inginocchiò accanto a lei seduta. Posò i gomiti sul letto e tenne la testa bassa. Non la guardò, né lei fece un tentativo di guardarlo. Le avrebbe confessato tutti i suoi peccati a prescindere dal prezzo; onestamente, non c'era null'altro da perdere, a quel punto.

Una settimana prima aveva ficcato il naso nella sua vita, ascoltando parole che dovevano essergli dette solo in morte. Avrebbe restituito quel gesto, al meglio delle sue capacità. Non era un gioco alla pari, ma era il meglio che potesse offrire. Poteva offrire parole che venivano dal cuore, anche se erano parole che lei avrebbe potuto non voler sentire.

«Rinoa, io...» iniziò, ma poi, dopo due parole, perse la sicurezza che era riuscito a raccogliere. Doveva lasciar andare la paura; era ancora paralizzante, a volte.

«Questa non è esattamente una cosa da me... ma non so cosa altro fare... quello che ho sentito al funerale non era giusto, o remotamente etico... parte di me sapeva che non avrei dovuto ascoltare, un'altra parte pensava solo alla speranza. Non sono orgoglioso delle mie azioni.»

Alzò lo sguardo, cercando di valutare una risposta. Lei ancora completamente immobile, e non rispondeva né a gesti né a parole. D'altra parte, non lo stava colpendo con un giro di Ultima, quindi la prese come una cosa positiva e continuò.

«Non posso cambiare il passato, o chi siamo diventati, ma il fatto è che parlavi con me al funerale. Le parole che ho sentito non possono essere rimangiate più di quanto possano esserlo quelle che ti ho detto io. L'unica cosa che posso fare è cercare di spiegare al meglio delle mie capacità... non sono sicuro che ti piacerà quello che ho da dire, ma sono sicuro che non possiamo andare avanti senza che io lo dica...

«Quando sei arrivata nella mia vita, tutto quello che sapevo è cambiato. Non eri solo tu, ma ogni aspetto di chi ero sembrava sparire. Mi perdevo così tanto in me stesso, a volte. Quando eravamo insieme, era tutto - era una vita diversa, ad imparare ad amare, è stata la parte migliore della mia vita... ma mi sentivo anche come se fosse la peggiore. Passavo dal sapere solo una cosa al cercare di sapere tutto... Dio, era così estenuante, a volte.»

Persino in quel momento, sentiva la sua mente che scivolava in quel posto più oscuro, ma non poteva permetterlo, non lo avrebbe permesso. Lei gli aveva insegnato a combattere non un nemico che si poteva vedere, ma quello che giaceva in lui.

«E lì è quando è iniziato e finito... i sentimenti erano così travolgenti, consumanti, e ci voleva ogni grammo della forza che avevo mai avuto per combattere. E poi un giorno non potevo e basta. Ho smesso di combattere. Non ricordo, ma ricordo alla fine di essermi arreso e basta... non era mai una cosa sola; era una combinazione di tutto. Non posso dire che tu non fossi parte del motivo, perché lo eri... noi lo eravamo.

«Semmai, dimostrava solo i punti diversi in cui eravamo nella vita. Quello che era quasi impossibile per me non era abbastanza per te. Non mi sono mai sentito come se potesse bastare, come se io potessi bastare. Non posso cancellare quello che ho detto nel mio ufficio. Sarà sempre tra noi, a prescindere da tutto... credo che si riduca tutto al capire il mio conflitto - sia il tuo stato mentale che il mio. Parte di me voleva che tu ti sentissi come mi sentivo io... non è giusto, ma è proprio quello che sentivo, dannazione. Era tutto - colpa, rabbia, risentimento, odio, paura, e qualunque cosa fosse... non era giusto. Era fallimento."

Non si era affatto aspettata questo. Si era preparata a sentir parlare della sua ragazza, non a sentire un livello di onestà che non aveva mai sognato. Non si era mai aperto con lei a quel modo. Erano sempre stati frammenti qui e lì, e di solito solo per la sua costante insistenza. Anche se erano solo domande fantasma nella mente di lui, a lei non sembrava interessare. Avrebbe preso ogni minima scheggia che avrebbe ottenuto. Avevano entrambi la loro parte di crescita da fare... Lei sapeva che lui sentiva la pressione di arrivare a qualche assurdo standard in ogni aspetto della sua vita. Non poteva essere tutto per tutti, per quanto ci provasse.

... Un giorno... un giorno... beh, sapevano entrambi come era finita. Le bugie e il sangue.

C'era così tanta apertura nelle sue confidenze che ancora una volta si trovò a dubitare della sua stessa sanità mentale. Era come se quel momento, parole dure e tutto il resto, definisse tutta la sua vita. Anche dopo anni separati, lei sentiva il tumulto interiore. Eppure lui lo stava facendo.

Fu solo per un breve secondo, ma lei lo guardò. Non poteva più combattere contro se stessa. Proprio come poco prima, non voleva farlo. Questo era diverso, però, questo andava ben oltre un legame fisico. Questo era qualcosa di davvero sconosciuto per entrambi.

Certo, ancora non si era parlato della sua ragazza. La cosa avrebbe dovuto disturbarla di più, a quel punto, ma non voleva rinunciare al dono che le era appena stato dato, anche se incapace di rispondere. O onestamente, non aveva idea di come farlo...

Lui non aveva idea di star dicendo tutto quello, ma come lei al funerale, si trovava in un posto e un momento della vita dove parlare era davvero necessario per entrambi. Sapeva anche di dover affrontare la faccenda di Lauren. Come si spiega che la sessualità e l'aggressione sono in qualche modo legate - che la repressione e la negazione qualche volta non sono nella forma più ovvia?

«Lei non è davvero la mia ragazza» disse semplicemente. A quel punto, pensò di aver sentito un leggero suono di scherno, ma era così attutito che poteva averlo immaginato.

«Rinoa, quando porti via tutto, cosa rimane? La vita al suo nucleo ha molto poco, e io ero proprio lì... i bisogni di base della vita. Dovevo lavorare per riportarmi in cima, senza mai darlo a vedere al mondo. Ed ecco cosa era Lauren; soddisfaceva un bisogno primario.»

«Non è da te.» Rinoa interruppe infine il suo silenzio, un po' colta alla sprovvista dal suo ultimo commento. Lo conosceva; lui stava in guardia. Permettere a qualcuno di entrare nella sua vita a quel modo andava contro quel principio.

«Non lo era. Almeno non come quando mi conoscevi... questa era convenienza. Ottenevamo entrambi qualcosa. Lei voleva una possibilità per fare carriera al Garden, io avevo bisogno di uno sfogo.»

«Mi stai dicendo che non ti importa di lei?» Lei lo guardò confusa. Quanto ignorante la credeva? Li aveva visti insieme; li aveva visti ballare al matrimonio. Quello che lui stava dicendo era una completa cretinata.

«No, non posso dirtelo, perché ci tengo» ammise onestamente, sorprendendo persino se stesso.

Ci teneva a lei, ma solo nel contesto della loro relazione. Era diventata un'accettazione graduale, nata da un tratto comune reciproco. Era una specie di amicizia fine a se stessa, ma non avrebbe cercato di negare che c'era una qualche emozione. Pensava che lei sarebbe stata più scioccata dalle sue parole. Per un momento, però, lei sembrò quasi leggermente sollevata. Ad ogni modo, poteva essere un'immaginazione iperattiva - non che lui fosse mai stato accusato di avere un'immaginazione iperattiva.

«Rinoa, per quanto sembri orribile... lei per me è come una conoscenza di lavoro, come un'amicizia con Shu. Lauren e io non abbiamo un passato come con Selphie o Quistis; non c'era un impegno a lungo termine. Non c'era un vero legame emotivo. Se finiva, finiva. In un certo senso, lei era quello che ero io prima... potevo vedere me stesso in lei. Gli aspetti fisici erano solo fisici... dopo tutto quello che era successo avevo bisogno di qualcosa - uno sfogo. Suppongo che la realtà sia che avrei potuto rivolgermi alle droghe o all'alcol, ma come diavolo avrei mantenuto la dannata facciata allora? Lei mi teneva sotto controllo se iniziavo a dimenticare chi avrei dovuto essere - Squall Leonhart, Comandante del Garden di Balamb. Ecco chi ero per lei, cosa era lei per me.»

Non aveva mai cercato di spiegare la sua relazione a parole. A un certo punto, uno dei terapisti aveva detto che era una forma di automedicazione. Non gli importava nemmeno, aveva sentito abbastanza teorie, statistiche e stronzate da bastagli per una vita. Nulla di tutto questo sembrava essere d'aiuto, secondo lui... d'altra parte, c'era un pregiudizio - forse lo era stato, era qui adesso. Eppure, la maggior parte delle ragioni che aveva trovato per muoversi era sempre stata lei e come lei lo avrebbe considerato. Come aveva pensato al matrimonio, non voleva che la loro relazione fosse invano. Lei gli aveva insegnato così tante cose; non voleva perdere tutto quello che aveva guadagnato.

«Se hai domande, risponderò meglio che posso» sussurrò, sperando che lei dicesse qualcosa.

Qualsiasi cosa.

Quando lei non rispose, si alzò, assicurandosi che la salvietta gli rimanesse ben salda intorno alla vita. Non c'era altro che poteva fare. A dire il vero aveva sorpreso se stesso; le aveva confessato molto più di quanto avrebbe mai pensato di essere capace di fare. Quando si mosse, sentì il dolore al petto. Sembrava sempre che pulsasse, con certi movimenti. Anche quando era fuori con lei, gli aveva dato fastidio, ma non gli era importato allora e non gli importava adesso. Ci pensava, però; pensava a come quel proiettile avesse cambiato la sua vita... pensava a quanto fosse stato davvero vicino a morire. Forse era per questo che aveva trovato la forza di parlare con il cuore, in quel momento. Aveva bisogno di quella pace interiore.

Di solito, c'era una possibilità sola nella vita, ma in qualche modo a lui ne era stata concessa un'altra. C'era qualcosa che aveva bisogno di dire a Rinoa, di chiarire, prima di uscire di nuovo dalla sua vita. Aveva sempre accettato la sua responsabilità nella loro separazione, ma nulla era al cento per cento. A quel tempo, pensava che fosse stata completamente colpa sua. Il tempo e la distanza avevano un modo di farlo riflettere diversamente sul comportamento - sia il proprio che quello di lei. La guardò: era ancora seduta immobile sul letto, identica nella posizione di quando aveva iniziato. L'avrebbe sempre ricordata così; avrebbe ricordato il suo dolore.

«Va bene, capisco... ti auguro ogni bene. Ma c'è una cosa che hai detto al funerale che mi ha turbato... hai detto che hai aspettato che ti seguissi... e non l'ho mai fatto. Ma Rinoa, l'ho fatto. So che non era il grandioso gesto di presentarmi alla tua porta che volevi... non era la favola. Ma pensandoci, ti ho seguita. Non saprai mai quanto è stato difficile per me anche solo guidare fino alla stazione... è stata la cosa più dannatamente difficile che ho mai fatto nella vita, e poi tu sei salita sul treno... so quello che ho detto, e so quanto ti ho ferito, e volevo poter essere lì a dire le parole giuste. Trovare la cosa che ti avrebbe fatto rimanere. Non ci sono riuscito... ma il fatto è che io c'ero. Era tutto quello che potevo offrirti, allora... solo che non era abbastanza. Vorrei che lo fosse stato, ma forse è stata la cosa migliore.»

Ed era tutto quello che poteva dire. Quando lei ancora non disse nulla, lui seppe che era stata fatta una scelta. L'avrebbe accettata. Faceva un male del boia, ma sarebbe sopravvissuto anche a questo. Sarebbe stato un lungo cammino verso casa, ma almeno poteva dire di aver fatto il viaggio. Camminò intorno al letto e si fermò alla porta che dava sul corridoio solo per un ultimo sguardo. Egoista, sì, ma non gli importava. Avrebbe preso le sue cose dall'asciugatrice e se ne sarebbe andato. Non importava se erano ancora bagnate. Non aveva davvero più importanza.

«C'è una stanza per gli ospiti dall'altra parte del corridoio.» La voce di Rinoa era roca e strozzata.

«Ok» replicò lui.

Lo sapeva, lo sapevano entrambi. Era un passo. Lei non voleva che lui se ne andasse. Lui non lo avrebbe fatto.

*~*~*~*~*

Ad un certo punto, durante la notte, era scivolata in un sonno tranquillo. Rinoa era così stanca che il sonno era arrivato più semplicemente di quanto si aspettasse. Dopo che lui era uscito, si era tolta i pantaloncini e la maglietta, e si era messa una camicia da notte più comoda. Si era quasi addormentata non appena aveva chiuso gli occhi. Per la prima volta in settimane, gli incubi non la perseguitarono. Era solo un sonno profondo e naturale di cui c'era davvero molto bisogno.

Onestamente sarebbe potuta rimanere a letto fino alla settimana successiva; il suo corpo e la sua mente potevano entrambi usare quel tempo per guarire. Sfortunatamente, il destino non fu così gentile. Non fu il suono della sveglia a svegliarla, ma il suono acuto dell'abbaiare irritato di Angelo. In un solo batter d'occhio, cercò di riacquistare l'equilibrio.

Ogni sensazione della sera precedente era un vivido ricordo. Si rese conto velocemente che nel corso della notte aveva dimenticato della sua dichiarazione di voler tornare al lavoro. In teoria, era un buon modo per aiutarla a continuare la propria vita, il giorno prima. Ad ogni modo, 'continuare la propria vita' quel giorno significava qualcosa di completamente diverso.

«Merda» borbottò sotto voce. Era decisamente una di quelle rare occasioni nella vita in cui sentiva il bisogno di imprecare. Dopo l'ultima settimana, si era guadagnata la possibilità di averne qualcuna in più.

L'ultima persona che aveva bisogno di vedere era Zone. Erano così tanti i modi in cui quella frase suonava vera. Se non c'era abbastanza imbarazzo tra loro, questo l'avrebbe fatta sentire del tutto brutale. Afferrò un accappatoio e si diresse al piano di sotto, zittendo nel frattempo Angelo. Stava già pensando a che scusa avrebbe usato. Fortunatamente, date le circostanze, dire soltanto "non penso di essere pronta" sarebbe dovuto bastare.

Eppure, il più grande ostacolo sarebbe stato convincere Zone ad andare al lavoro da solo. Sapeva che probabilmente avrebbe voluto restare con lei così che non fosse sola - e lei non era sola, lì stava l'enorme problema. Avrebbe dovuto fare attenzione a come dirlo. Non voleva sembrare troppo aggressiva e dargli un'idea sbagliata. Rinoa considerava ancora molto la sua amicizia; d'altra parte, aveva cercato di proposito di evitarlo dopo il bacio. Quindi perché questo era diverso?

«Gah» si schernì mentalmente, ricordando senza averne l'intenzione il bacio. Prima era solo un po' imbarazzante, ora aveva raggiunto proprio tutt'altro livello di imbarazzo.

Aprì la porta, sperando di farla finita in fretta. Ad ogni modo, quello che non si aspettava era di vedere qualcuno che non fosse Zone alla sua porta.

«Zell» disse Rinoa con sollievo; probabilmente non era la reazione che si aspettava lui. Era enormemente grata di avere una tregua, anche se era momentanea. Le avrebbe dato un altro minuto per ricomporsi. In più era Zell; le era mancato moltissimo negli anni.

Indossava una felpa grigia con il cappuccio, che si era tirato sopra la testa, e aveva le mani in tasca con fare disinvolto. Lui la guardò con un sorriso ironico.

«Posso capire dalla tua mancanza di shock di essere nel posto giusto.» Qualsiasi dubbio avesse su dove si trovasse Squall venne completamente cancellato.

Lei riuscì a fare una risatina. «Oh sì, come va con quel coma?»

«Un'eccitazione dopo l'altra.» Si chinò in avanti. «Uhm... posso entrare prima che qualcuno mi veda?»

«Oh mio Dio, non stavo pensando proprio. Mi dispiace così tanto.» Si sentiva estremamente stupida. Ovviamente lui si sarebbe sentito a disagio. Stare alla sua porta non era esattamente il codice da manuale SeeD riguardo al lavoro anonimo e sotto copertura.

Lui entrò in fretta e lei chiuse la porta alle sue spalle. Lei dovette sorridere. «Hey, almeno hai usato la porta principale - una scelta molto più logica.»

«Cosa, ha deciso di fare qualcosa di più teatrale? Tetto, porta sul retro, scasso e violazione di domicilio?»

«A dire il vero... penso che tecnicamente sia riuscito a farle tutte.» Si fermò, e prese un tono più serio. «Dio, Zell, sono così contenta che tu stia bene.»

Si sporse istintivamente in avanti, abbracciandolo. Lui ricambiò il gesto, anche se riuscì ad abbracciarla con un braccio solo; l'altro era ancora dolorante.

«Beh, Rin, a dire il vero anche io sono contento di stare bene. A dire il vero sono anche più contento di essere fuori da quel dannato furgone.»

«Furgone?» domandò lei.

«Ah, a quanto pare non sei proprio informata su questo, e onestamente credo che sia una buona cosa. Fa venire gli incubi, giuro.» Sorrise ironicamente, ridendo un po' tra sé e sé. «Allora, mi pare di capire che tutto è... beh... voglio dire tu e lui siete... uhm...»

L'esperto di arti marziali esitò momentaneamente, grattandosi la nuca. Non era sicuro di come chiedere a che punto fosse la ex coppia. Normalmente, avrebbe detto che le relazioni dei suoi amici non avevano nulla a che fare con lui, ma date le circostanze, aveva tipo qualcosa di investito in questa situazione.

«Ci stiamo lavorando» disse una voce maschile dalla ringhiera delle scale.

Squall aveva sentito il campanello e aveva preso le sue cose dall'asciugatrice. Dopo essersi vestito, aveva iniziato a scendere le scale, ascoltando prima per vedere chi fosse.... aveva i suoi sospetti, ma ora erano confermati. Solo Zell avrebbe usato la porta principale. Ora era lì, a guardare il suo compagno di squadra dal fondo delle scale. Il Comandante non poteva dire di essere sorpreso dal suo arrivo. Semmai era scioccato, e molto grato, che il suo amico non si fosse fatto vedere qualche ora prima.

«Squall» rispose Zell prontamente.

Rinoa notò che la postura quasi scomposta dell'esperto di arti marziali si fece più rigida e impettita. Pensò quasi che fosse sul punto di fare il saluto militare al Comandante, ma quel pensiero passò quando notò che i due sembravano impegnati in una battaglia di sguardi. Sentì la tensione inondare in fretta la stanza.

Aveva senso; aveva abbandonato Zell, più o meno... ok, non poteva negare i fatti, era decisamente nella categoria dei 'più'. Poteva completamente capire perché l'esperto di arti marziali fosse più che un poco scocciato. Comunque, si chiese come mai Squall sentisse il bisogno di difendere la sua posizione. Non che avesse l'abitudine di cedere, ma data la situazione pensava che si sarebbe lasciato un po' andare.

Il Comandante continuò ad avanzare fino a quando tutti e tre furono accanto alla porta d'ingresso. Di nuovo, rimase ad esaminare Zell prima di incrociare le braccia; era quasi come se stesse sfidando Zell a fare la prima mossa. Quando il silenzio continuò, Squall si trovò ad essere il primo ad affrontare l'impasse.

«Allora, facciamola finita. Cosa pensano di farmi?»

*****
Nota della traduttrice: ok sono pessima, sono settimane che mi dico "oggi aggiorno" e poi nulla. E' successo di tutto, tra cui l'inevitabile sostituzione de pc, con relativo spostamento dei dati, e soprattutto sto lavorando alla mia prima vera traduzione letteraria :) Spero di essere più regolare, promesso.
Come sempre ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** Capitolo XXXV: A Private Little War ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXXV: A Private Little War ~

La partita era stata vinta, e non era stato il Comandante a uscirne vincitore. Non importava però - Squall non aveva una gran fretta di sentire come sarebbe stato stabilito il suo destino, ancora una volta. Non era sicuro di quale grado di punizione si stesse aspettando, ma non avrebbe mai rimpianto la sua scelta. Sarebbe sempre rimasto fermo nella sua decisione; i 'cosa sarebbe stato se' lo avrebbero perseguitato. Una cosa aveva imparato da quell'esperienza - il tempo non aspettava nessuno.

In verità, non era troppo preoccupato dal rimprovero di Cid, per quanto indifferente potesse sembrare. Quanta punizione si può infliggere a un uomo morto, comunque? Tutto ciò che stava all'interno delle norme SeeD avrebbero sicuramente incluso la missione. Secondo lui, aveva già sopportato una punizione sufficiente nelle ultime settimane, ma sapeva anche che il Garden non sarebbe stato d'accordo. Per lui, il peso emotivo sui suoi amici e la sua famiglia sembrava ben oltre qualsiasi cosa nella storia della SeeD.

La sua opinione di quella stronzata ingannevole non si era ridimensionata da quando si era svegliato all'ospedale. Credeva onestamente che il suo apparire, vivo o morto, avesse poco peso nelle indagini. Ad ogni modo, una parte di lui ora era grata; non sarebbe stato lì accanto a lei senza l'elaborato inganno del Garden. Sapeva già che il Preside non avrebbe fatto nulla di drastico; il Garden aveva ancora bisogno di lui per sistemare qualsiasi rivolta pubblica, una volta si fosse conosciuta la verità.

Gli occhi di Zell saltarono tra il suo superiore e Rinoa; quest'ultima sembrava piuttosto persa per tutto lo scambio.

"Qualsiasi cosa che devi dire a me può essere detta davanti a lei," lo rassicurò Squall.

Nonostante sapesse che parlare davanti a un civile era tecnicamente proibito, considerando che il protocollo era già stato spedito all'inferno, l'esperto di arti marziali non diede alcun peso alla regola.

"Ah, ok..." iniziò esitante Zell. "A quanto pare, Cid pensa che possiamo fidarci di lei." Fece poi un cenno con la testa verso la terza persona nella stanza. Zell fece un sorriso restio - un segno indicatore del suo nervosismo. "Senza offesa, Rinoa."

"Nessuna offesa," replicò lei con un tono vagamente canzonatorio.

Il suo risentimento non era diretto al messaggero - solo a chi lo mandava. Davvero, non aveva dato loro prova di essere degna di fiducia? Però sapeva come funzionavano le cose in un clima politico, e quindi poteva capire l'esitazione di Zell.

Dopo alcuni secondi di agonizzante silenzio, l'esperto di arti marziali immaginò che a quel punto la politica non facesse differenza; abbastanza ironicamente, quello era anche il succo del messaggio del Garden. Era onestamente stanco e basta, e a disagio per aver interrotto i suoi amici, anche se era stato necessario. A volte era difficile seguire selettivamente il protocollo - era stato qualcosa di instillato in lui fin da piccolo. Voleva bene a Rinoa, ma gli sembrava innaturale parlare liberamente davanti a lei di questioni del Garden. Forse a un certo punto era stato a suo agio, decisamente durante la guerra di Artemisia; ma la distanza e il tempo avevano un modo tutto loro di cambiare la percezione della gente.

"Beh..." Zell iniziò a cercare di allentare la tensione, anche se si sentiva come se il termine 'tensione' fosse un enorme eufemismo. "Cid pensa che a questo punto non abbiamo molta scelta. Lei sa tipo quasi tutto adesso. Lui pensa anche forse un nuovo paio di occhi possa aiutare... sai... uhm, chi lo sa?"

Ecco tutto. L'esperto di arti marziali aveva davvero bisogno di dormire o almeno di una caffettiera piena di caffè, possibilmente più di una. Cercare di articolare qualsiasi cosa di importanza in quel momento sembrava praticamente impossibile, e francamente, lui aveva avuto abbastanza esperienza con gli scenari poco plausibili nelle ultime due settimane.

"Grandioso, chissenefrega," replicò seccamente Squall.

Il Comandante non era irritato dalla consegna confusa di Zell, o anche solo dall'arrivo non così inaspettato del suo compagno. Da fuori, la sua risposta poteva sembrare maleducata, ma in un certo senso non era sicuro di cosa si fosse aspettato. Comunque, di certo non era questo.

"Se qualsiasi altro SeeD avesse abbandonato una missione come ho fatto io, il Garden avrebbe già mandato un'intera guarnigione a fiancheggiare la posizione. Lo avrebbe già marchiato come dannato traditore. Il processo sarebbe finito ancor prima di iniziare - ipocrisia ai massimi livelli."

Squall sapeva che non avrebbe dovuto rivolgere la sua rabbia a Zell, ma tutta quella situazione era stata completamente cretina - dalla finta bara alla sua finta punizione. Tutta quella missione era un abominio delle regole, anche se lui di certo aveva fatto la sua parte. Gli sarebbe piaciuto vedere come sarebbe stata messa su carta; il Preside di certo non stava seguendo linee guida note. Ma sapeva anche che questa missione non sarebbe mai stata ufficialmente documentato; solo il suo risultato finale lo sarebbe stato.

Un risultato che andava ancora scritto...

Zell sapeva di non poter davvero rispondere all'affermazione del Comandante; era più una tirata retorica da parte di Squall. L'esperto di arti marziali decise che era meglio tenere per sé la sua opinione. Squall non aveva bisogno di altra irritazione, anche se era del tutto d'accordo con lui. Comunque, la piccola parte del suo cervello che, normalmente, lo avrebbe fermato dal dire qualcosa di cui si sarebbe pentito era apparentemente rimasta da qualche parte in autostrada.

"Non sto dicendo niente... voglio dire, sto dicendo qualcosa, ma non su quello." Zell si agitò, desiderando di tacere e basta finché era in vantaggio... o, beh, di non essere preso a pugni dal Comandante. "Perché probabilmente hai ragione, ma voglio dire non per questo che non sto dicendo niente. Sono davvero contento che abbia funzionato come ha funzionato... o potrebbe funzionare. Beh, spero, sapete, che voi due funzionerete."

Finalmente si fermò, anche se non bruscamente come avrebbe dovuto. Non stava andando bene, per niente. Voleva picchiarsi per aver fatto incazzare un Comandante già incazzato. Doveva salvare la situazione, in qualche modo.

"Quello che sto cercando di dire è... ehm..." Cercò di pensare a un modo eloquente di riassumere la faccenda - fallendo ancora una volta. "Sapete cosa, sono solo contento di essere uscito dal dannato furgone. È tutto quello che dirò."

Sì, l'avrebbe lasciata così. C'era una ragione per cui non aveva il comando, ed era questa. Bastava metterlo in una qualsiasi situazione di battaglia e ne sarebbe emerso trionfante, ma bastava metterlo nel mezzo del triangolo, quadrato, o qualsiasi cosa fosse in mancanza di un termine migliore, amoroso di Squall e Rinoa ed era perso.

In tutti gli scenari che Squall aveva immaginato sin da quando era partito per Timber, nessuno era mai stato così - con il modo in cui, dopo che lui aveva lasciato la postazione, Cid dava le ragioni per il suo lasciare la postazione. Andava oltre qualsiasi logica nota, agli occhi di Squall. Tre anni prima il Garden sembrava non potersi liberare abbastanza in fretta di Rinoa, e ora la tiravano in mezzo? Di nuovo, il Comandante capiva che allora Cid era stato pressato da fonti esterne, cosa che sembrava essere sempre stata la rovina del Preside. A un certo punto, era Norg. Ora era il Consiglio Mondiale. Politica di nuovo. Dio, odiava quella merda.

C'era una cosa positiva nell'arrivo di Zell, comunque; Squall era sollevato nel sapere che il suo compagno stava bene. Non importava quale fosse la circostanza, non poteva semplicemente spegnere tutte le emozioni - anche se aveva provato proprio a farlo, in passato. Di nuovo, Squall onestamente non si pentiva della sua decisione di andare a Timber, ma non era ignaro della situazione di Zell. L'unica colpa residua del Comandante in tutta quella faccenda non era di aver abbandonato il Garden in sé, ma di avr abbandonato un amico in missione. Aveva abbastanza fiducia e sicurezza che Zell lo avrebbe trovato e in verità, ci aveva contato. Era solo il suo puro disgusto per i due pesi e due misure del Garden che non vacillava mai.

C'era anche qualcosa di intrigante nel lavorare con Rinoa, ovvio: se lei avesse accettato. Per il momento, sembrava piuttosto silenziosa su tutto. Onestamente, non aveva mai lavorato con Rinoa come sua pari, più o meno. Durante la guerra di Artemisia, aveva dovuto usare la categoria mentale secondo cui era strettamente una situazione con una cliente. Sì, era diventata di più con il passare del tempo. I suoi consigli erano sempre stati considerati, ma era un gruppo di sei persone e in tutta onestà, lui si appoggiava più al pensiero razionale dei SeeD addestrati piuttosto che sulle sue reazioni emotive.

Lì c'era la differenza tra passato e presente; lei non più l'adolescente emotiva, ma qualcuno che conosceva la responsabilità. Ora poteva vedere le cose da molteplici punti di vista e prospettive. Non aveva mai voluto che lei si perdesse completamente nel bianco e nero, ma aveva anche voluto che lei vedesse tutti i grigi. Lei lo aveva fatto. Poteva vederlo senza doverle parlare, al matrimonio.

La maturità di Rinoa si era mostrata non solo nella sua posizione, ma attraverso i suoi successi. Era la dedizione a Timber e ai suoi cittadini che lui aveva davvero invidiato. Era il legame che sia Rinoa che suo padre condividevano, quello che a lui sembrava mancare. Timber ed Esthar erano rispettivamente le loro case, ma il Garden adesso era solo il suo lavoro. Un tempo, lo aveva considerato come una casa, ma era prima che lui ne avesse veramente capita la definizione - almeno quella che si sarebbe piaciuto sapere.

Durante il parlottare incoerente di Zell, Squall e Rinoa lo fissarono con confusione e meraviglia. Rinoa poteva percepire l'ansia del suo amico, anche se cercava di fingere compostezza. Sembrava che quel povero ragazzo si fosse appena svegliato da un coma; ebbe più buon senso che di dirlo ad alta voce, data l'ironia della circostanza. Tutto del suo comportamento diceva che era assolutamente esausto a livello sia fisico che mentale.

"Zell, se vuoi, ho uno studio in fondo al corridoio. C'è un divano letto che diventa un letto, beh... spero un po' comodo. Onestamente non l'ho mai provato, ma sembra che potresti dormire un po'," offrì educatamente Rinoa.

Quello che la colse di sorpresa fu il gesto che seguì. L'esperto di arti marziali balzò in avanti, dandole un abbraccio a braccio unico che eclissò il precedente almeno di dieci volte.

"Ti voglio bene, ti voglio bene, ti voglio bene!"

"Va, ehm.... bene?" Rinoa gli diede una pacca sulla schiena prima di cercare di liberarsi, "ti voglio bene anch'io?"

"Non hai idea della tortura che ho sopportato ultimamente. La sofferenza che solo la mia schiena ha dovuto sopportare nel furgone dell'inferno. Giuro che sarò come Namtal Otoku per il resto della vita. Rinoa, sei la mia nuova eroina - sei la mia nuova dea. Adoro la terra che calpesti..."

"È solo un divano letto - quindi davvero, non sono necessari né i ringraziamenti e di sicuro niente adorazione," rispose lei, divertita dalla sua reazione.

Guardando Squall, notò che lui sembrava saggiamente tenersi in disparte da quello scambio. A quanto pareva, sapeva come scegliere le sue battaglie. Questa non era una di loro. Con un'ultima strizzata sghemba, Zell finalmente la lasciò andare.

Rinoa stava giusto per aggiungere che poteva prendere del cibo se ne aveva bisogno, ma non ne ebbe mai l'opportunità. I tre sobbalzarono quando il campanello, per la seconda volta della mattinata, echeggiò nella stanza. E come secondo un segnale silenzioso, Angelo diventò nuovamente isterica.

Alla cagnetta non piaceva quel suono infernale, e abbaiare di solito lo faceva smettere. Basandosi su questo, Angelo insisteva di informare rumorosamente Rinoa che il campanello suonava nel caso non avesse sentito quel suono irritante. Anche se la sua padrona era a pochi passi di distanza, nella mente del cane poteva non aver sentito quel suono acuto.

"Oh Dio, è Zone," disse a voce alta Rinoa, cercando di trattenere il panico nella sua voce. Avrebbe zittito Angelo, ma il suo abbaiare era in realtà una copertura decente per qualsiasi loro rumore accidentale,

Comunque la giovane donna non riusciva a credere di aver abbassato di nuovo la guardia, dimenticando di avvertirli della compagnia che aspettava. Da parte sua, Squall sembrò analizzare attentamente la situazione, più che reagire. Lei sapeva che non era mai stato a conoscenza del suo piano di tornare al lavoro. In qualche modo, non era mai saltato fuori durante gli eventi della notte precedente e delle discussioni seguenti... Avrebbe rimandato ogni spiegazione perché quello non era il momento.

A quel punto, era impossibile per i due SeeD dirigersi alla scala, perché c'era una buona possibilità che, se fossero passati davanti alla finestra sul davanti, Zone avrebbe potuto vederli. Rinoa suppose velocemente che erano bloccati in quel lato della casa. Fortunatamente, aveva un armadio guardaroba vicino all'ingresso. Lo indicò in fretta, sperando che capissero il messaggio. Era la scelta più logica e razionale; sperava solo che due uomini adulti ci sarebbero entrati. Sperava che si sarebbero concentrato sulla velocità del suo pensiero piuttosto che sull'essere schiacciati come le proverbiali sardine nella scatola. Poteva diventare piuttosto sgradevole molto in fretta.

Sorridendo di comprensione, Zell capì velocemente e si diresse all'armadio. La reazione iniziale di Squall quando si guardarono negli occhi fu qualcosa di vagamente simile a un alzare gli occhi al cielo, ma con uno sguardo molto più disgustato.

"Oh, lamentati dopo," rispose burbera Rinoa, strizzando gli occhi al Comandante. Era bello vedere che dopo tutto quel tempo certi comportamenti di lui erano rimaste intatti, e onestamente, anche alcuni dei suoi lo erano. "Entra nell'armadio e fate i bravi."

"Aspetta, questo cosa vuol dire?" rispose Zell in un sottile incrocio tra l'essere offeso e il dirlo come uno scherzo.

"Niente," ribatté sarcastica Rinoa. "Potete lamentarvi dopo anche per la mia scelta di parola. Un momento fa ero la tua dea quindi credimi sulla parola... o niente divano letto per te."

Con quella minaccia incombente, i due trovarono un modo di strizzarsi nel piccolo armadio, anche se di certo non era pensato perché due uomini adulti ci si nascondessero dentro. In realtà, non era nemmeno fattibile che contenesse più di qualche paia di scarpe, stivali, qualche cappotto, e forse un ombrello - certo, bastava aggiungere due uomini al miscuglio e diventava un'equazione matematica di logistica.

La parte peggiore dell'attuale situazione difficile - beh, a parte il solo essere nel dannato armadio - era il fatto che tutti e due dovevano stare piegati. La mensola in alto rendeva impossibile stare in piedi diritti. Squall avrebbe potuto trovare mille cose sbagliate in quella situazione, ma in tutta onestà preferiva comunque nascondersi nell'armadio di Rinoa piuttosto che in qualsiasi altro armadio al mondo. Beh, forse non letteralmente, ma anche con tutto l'imbarazzo e il disagio di quella situazione, non rinunciava all'incredibile possibilità che gli era stata concessa.

*~*~*~*~*

Facendo alcuni respiri per calmarsi, Rinoa si strinse la cintura dell'accappatoio un'altra volta e poi si legò ancora i capelli in una coda di cavallo disordinata. Perché anche solo le importasse di quella parte del suo aspetto non poteva dirlo. Fino a quel secondo, le era proprio passato di mente. L'improvviso cambia di concentrazione era da attribuire molto probabilmente ai suoi nervi.

Prima di rispondere alla porta, si trovò a provare mentalmente un saluto. Quanto era patetica la scena che si svolgeva davanti a lei? E perché stava mettendo così tanto impegno in qualcosa di così inutile? Se non fosse stato per i due uomini nell'armadio, questa recita sarebbe stata molto più naturale.

Zone era un suo dannato amico - lo conosceva più tempo sia di Squall che di Zell. Eppure sentiva che in qualche modo la sua relazione con lui si era evoluta in qualcosa di più profondo, anche se non sapeva dire esattamente in cosa... Era difficile dimenticare il suo bacio deliberato, quello che lei non aveva fatto alcuno sforzo visibile per fermare. A quel tempo, la sua ragione era a dir poco debole. Con il senno di poi, tutta la questione era solo un capitolo con cattivo tempismo nella sua vita.

Seriamente, perché mai al mondo avrebbe dovuto sentire più colpa di quanta ne avesse sentita quella notte? Il bacio era molto meno fisico della relazione di Squall negli ultimi anni. La differenza non era mai nel gesto, ma nei sentimenti che lo circondavano. Se quello che Squall aveva detto su Lauren era vero, e in qualche modo sapeva che lo era, era basata su una compagnia reciproca più che sulle emozioni. Questo era il completo opposto della sua relazione con Zone. Gli voleva bene e si fidava di lui da anni, ma solo di recente era stata in grado di concepirlo come qualcosa di più profondo.

Semmai, la sua colpa riguardante il tradimento avrebbe dovuto essere per Zone. Non avevano avuto il tempo di avere una conversazione sentita, o anche solo la minima possibilità di parlare di quello che era successo. Per quanto ne sapeva Zone, lei era davvero interessata a portare la loro relazione al possibile livello successivo. Onestamente, Rinoa non gli aveva dato nessuna indicazione contraria. A quel riguardo, non lo aveva trattato in maniera affatto diversa da prima del bacio, ma la sua vita era stata un tumulto nelle ultime settimane. Doveva ricordarsi che era solo un amico - un amico con cui aveva condiviso un bacio piuttosto intimo...

Stava diventando tutto troppo dannatamente travolgente. Se cercava di ricordare quella notte di settimane prima, poteva vagamente ricordare di essere stretta tra le sue braccia. Erano solo frammenti, ma erano le ore finali in cui la sua vita aveva avuto un po' di ordine e senso - e poi lui l'aveva baciata. Tutti i suoi ricordi sembravano franare da quell'evento significativo. Eppure, anche durante il bacio, nell'abbraccio di Zone, sentiva ancora una solitudine di fondo.

Si rendeva anche conto che la solitudine che ricordava di solo poche settimane prima sembrava svanire in fretta... Non poteva ammettere questa cosa con Squall, non ancora. C'erano ancora troppe cose da capire e le emozioni erano solo metà della battaglia. Rendeva comunque questo incontro molto più complicato. Non poteva dire la verità a Zone - la parte sull' 'uomo morto' nascosto nel suo armadio. Odiava avere dei segreti con lui. Ma aveva protetto Squall in passato e lo avrebbe protetto nel presente, anche se non diminuiva affatto il suo senso di colpa.

"Ora o mai più," borbottò- Doveva recitare la parte, ritornare allo stato mentale del giorni prima, prima di quel momento nella pioggia.

Si trovò quasi a sforzarsi di sorridere quando aprì la porta, cosa che, dato il suo presunto lutto, sarebbe sembrata molto sospetta. Corresse l'errore, attribuendo quel quasi passo falso ai nervi. Quando smise di pensare al suo comportamento, con sua sorpresa, divenne istintivo.

"Hey Zone," lo salutò, cadendo nella routine, come se fosse un qualsiasi altro giorno della sua vita. "Entra pure."

"Buongiorno dolcezza, guarda cosa ti ho portato-" Si fermò bruscamente, notando il suo aspetto piuttosto scarmigliando - per non parlare del fatto che l'accappatoio che aveva ancora addosso non era esattamente abbigliamento standard da ufficio.

"Rin, va tutto bene?" Il suo tono cambiò da allegro a preoccupato. Sapeva quanto lei avesse insistito nel tornare al lavoro il giorno prima. Di solito, una volta che Rinoa aveva deciso, ci sarebbe voluta la forza di un branco di Chocobo in corsa per farle cambiare idea.

"Uhm, no... aspetta, non è quello che intendo. Intendevo..." Sospirò, mordendosi nervosamente il labbro. Aveva bisogno di respirare prima di riuscire a svenire, cosa che non sembrava del tutto fuori questione considerando la sua fortuna recente. "Zone, ti va bene se ci sediamo? È solo molto difficile da spiegare, a questo punto."

Mentre se ne stava lì impotente, lui sentì il cuore dolergli per lei. Zone voleva così disperatamente allungarsi a darle conforto. Ad ogni modo, sarebbe stata una manovra difficoltosa visto che aveva una tazza in una mano e un sacchetto nell'altra. Eppure non fece alcun tentativo di muoversi verso il divano. Aveva bisogno di sapere che lei stava bene. Era pura testardaggine da parte sua, ma l'aveva vista soffrire troppo negli ultimi anni.

In tutti i loro anni insieme, non aveva mai visto la sua determinazione svanire velocemente come dalla sera prima. Quel fatto lo turbava. La donna in piedi davanti a lui sembrava solo il guscio della persona che conosceva da poco meno di dieci anni. Tutta la sua aura sembrava fuori posto, e lui poteva intuire che qualcosa la turbava molto. Non era solo la morte di un ex fidanzato; onestamente credeva nel suo cuore che lei stesse rinunciando a qualcosa di molto più profondo. Non voleva pensare così, e a dire il vero, non lo aveva mai fatto... ma era così determinata il giorno prima, e ora sembrava così abbattuta.

"Non stai bene, vero?" Era una domanda retorica; nel profondo, entrambi conoscevano già la risposta.

Rinoa si sentì immediatamente in colpa nel vedere la sua apprensione; sapeva che nessuno in passato aveva tenuto a lei così profondamente quanto Zone. Che fosse durante il suo periodo con i Gufi del Bosco, i conflitti con suo padre, l'estate in cui aveva incontrato Seifer o, peggio di tutto, durante quelle lunghe notti di pianti dopo aver lasciato il Garden, lui era sempre stato un supporto costante nella sua vita. Ora si sentiva come se lo stesse ingannando di proposito e questo fatto solo le stava spezzando il cuore.

Sapeva che questa facciata non sarebbe stata facile, ma mentire al suo migliore amico l'avrebbe distrutta. All'improvviso, scoprì una ritrovata simpatia per la condizione emotiva di Squall e Zell. Vivevano in questo tipo di inferno da quasi due settimane e molto più profondamente. A differenza di loro, lei aveva resistito a malapena due minuti prima che il senso di colpa cominciasse a consumarla.

"Starò bene... prima o poi. Ho solo bisogno di tempo," rispose infine, e in tutta onestà era una frase radicata nella verità.

"Va bene," rispose lui, guardandola ancora sospettoso. "Posso accettare l'offerta di sedersi adesso? Perché come puoi vedere ho portato dei regali, in più il caffè sta iniziando a farmi venire le vesciche alle dita. Potrebbe non finire bene." Alzò la tazza in un gesto simile a un brindisi, offrendole un sorriso sghembo.

Lei annuì e i due si diressero al divano. Lui posò il caffè davanti a lei, e nessuno dei due parlò. A quel punto, il silenzio era probabilmente più semplice di qualsiasi spiegazione lei riuscisse a mettere insieme. Rinoa si sentiva come se tutto il suo corpo fosse il battito del cuore; non sentiva altro mentre sedevano uno vicino all'altra. In verità, voleva dirgli che 'voleva soltanto rimanere da sola', ma non era da lei liquidarlo così in fretta. L'avrebbe fatto con il tempo, ma doveva far parte del naturale corso degli eventi, cosa che, in quel momento, era ovvio non sarebbe stato presto.

Fortunatamente, fu Zone a rompere la tensione indicando la tazza sul tavolo. "Ecco, prima che andiamo avanti, volevo portarti quello - caffè nero galbadiano tostato, proprio come piace a te. L'ho preso speciale stamattina. Era tipo un regalo di 'bentornata al lavoro', ma, uhm..."

"Va tutto bene, so cosa intendi." Lei sorrise, guardando l'enorme tazza. "Grazie davvero tanto. Anche se non verrò oggi, non è mai un momento inappropriato per un caffè. Sai sempre che è il modo per arrivare al mio cuore."

Lei fece una smorfia tra sé e sé dopo averlo detto. Perché, perché, perché? Ora sembrava che tutto quello che diceva avesse un doppio significato. Alcune settimane prima, avrebbe avuto una normale conversazione con Zone, senza pensare a quello che diceva. Ma dopo il bacio, aveva iniziato a chiedersi come lui avesse interpretato ogni commento innocente che aveva fatto. Andava avanti così da anni?

Forse sì... e peggio ancora, forse nel profondo lo sapeva. Persino Irvine l'aveva stuzzicata anni prima, ma lei aveva detto che era una reazione esagerata. Aveva detto che i gesti di Zone erano soltanto dolci, e forse, solo un pochino, iperprotettivi. Ma era solo il suo modo di negare la verità? Quel pensiero la metteva estremamente a disagio.

"Oh, e non puoi certo dimenticare questo piccolo gioiello." Zone sorrise, allungandole il sacchetto della pasticceria. Rinoa lo accettò con un po' di curiosità, felice del cambio di argomento nella sua mente.

"È un muffin al cioccolato ripieno di una speciale salsa al cioccolato allo stile di Dollet. Spero che ti piaccia. Immagino di sperare solo di avere qualche 'punto brownie', o... nel mio caso, punti muffin."

"Questa è probabilmente la cosa più patetica che tu mi abbia mai detto." Rinoa rise prima di sbirciare nel sacchetto. Alla fine lo guardò con una risatina nella voce. "Sai, potrei elencare un sacco di motivi per cui non dovrei mangiarlo, ma seriamente, dimenticateli... sembra assolutamente delizioso. Grazie."

Era stata una risata onesta da parte sua. Pensava davvero che fosse una frase patetica. Quella era una delle cose a cui teneva nella loro amicizia - erano commenti come questo a renderlo Zone. Non voleva pensare al futuro, a come la loro relazione ne avrebbe sofferto alla fine. Quando la verità sarebbe stata detta, non ci sarebbero stati vincitori o perdenti, solo danni collaterali lungo la strada. Zone aveva avuto abbastanza dolori nella sua vita, da qualcosa di così grave come vedere suo padre ucciso da Vinzer Deling, alle ulcere che il suo tumulto emotivo gli provocava con quei ricordi... Non poteva essere lei a fargli ancora del male; aveva affrontato abbastanza tragedie lei stesse. Sapeva com'era essere dalla parte di chi ricevere il loro, era un terreno comune che li aveva legati fin dall'inizio come amici.

Zone sapeva di dover essere lui a iniziare la discussione; sembrava che Rinoa non avrebbe dato alcuna informazione. Non poteva biasimarla per questo. "Vuoi dirmi cosa è successo? Sai che ci sono sempre se hai bisogno di qualcuno, non importa l'ora - giorno o notte."

Sobbalzò quando la mano di lui si allungò a scostarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Sembrava così imbarazzante essere toccata da un altro uomo. Di nuovo, un così semplice gesto di amicizia non poteva più essere visto così, ai suoi occhi.

Cercò di sorridere e si nascose dietro i nervi che stavano cedendo. Cercò di mantenere leggera la conversazione, ma finì per tirare su con il naso solo per rispondere. "Intendi perché non sono vestita? Sto... solo portando l'idea di venerdì rilassato a un nuovo livello."

"In qualche modo lo trovo difficile da credere, soprattutto dato che non è nemmeno venerdì. Non puoi sfuggirmi... l'informazione militare sta tipo nella descrizione del mio lavoro, ricordi?"

Zone aveva ragione su una cosa, normalmente sapeva capire se lei non era sincera. Doveva dargli dell'onestà, almeno in parte. No, non avrebbe parlato di Squall come persona viva; non avrebbe mai tradito una fiducia che le era stata accordata. Eppure, era successo abbastanza anche prima della ricomparsa improvvisa del Comandante per spiegare il fatto che aveva cambiato idea.

"Ieri sera, pensavo di stare bene," iniziò lentamente. Con le mani in grembo, si fissò le dita. Non sapeva perché; forse perché era più semplice così. Non era nascondersi, ma sentiva comunque una guardia emotiva. Senza contatto visivo, si permetteva alcune libertà verbali.

"...Stavo davvero bene. Avevo ogni intenzione di tornare al lavoro oggi. Avevo bisogno della paura, avevo bisogno di pensare a qualcosa a parte... beh, quello. Poi tutto all'improvviso, diventa come un po' annebbiato... ricordo certe cose come correre in strada, guardare la pioggia... penso che sia iniziato tutto dopo che ho letto la lettera di-"

Si fermò a metà frase, orripilata da quella spaventosa rivelazione. La lettera, l'anello di fidanzamento - aveva del tutto dimenticato queste cose. Ricordava di aver letto prima la lettera; di aver vividamente visto la verità che conteneva. Queste cose non le erano venute in mente fino a quel preciso istante. Tutto il suo atteggiamento cambiò, ma non la ragione che credette Zone.

Come poteva aver dimenticato il suo testamento?

*****
Nota della traduttrice: vi ricordo come sempre la newsletter e che ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear (a cui ho inoltrato già i commenti ricevuti finora; attendete la risposta XD). Inoltre, è da poco attiva anche la pagina fan su Facebook! La trovate qui, e gli aggiornamenti verranno segnalati anche tramite la pagina fan (sia in italiano che in inglese!).
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) E vi ricordo anche l'apertura dell'archivio dedicato esclusivamente a Final Fantasy, Kingdom Hearts e Dissidia, che trovate qui. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** Capitolo XXXVI: ... Nor the Battle to the Strong ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXXVI: ... Nor the Battle to the Strong ~

A quel punto, Rinoa era completamente dimentica quasi di qualsiasi altra cosa; si concentrava solo su quello che aveva dimenticato. Non aveva la lungimiranza o la capacità di nascondere le sue emozioni. Era uno shock puro e incontenibile. Zone non avrebbe capito il ragionamento dietro alla sua reazione, ma dato che già lui la considerava volubile, poteva sperare di fingere che fosse solo un altro inconveniente emotivo.

"Oh mio Dio..." riuscì a dire Rinoa, voltandosi in fretta. Si trovò a guardare quasi inconsciamente l'armadio, ma riuscì a correggersi, fissandosi invece sulle scatole.

Come poteva esserle completamente sfuggito di mente il testamento di Squall?

La notte prima era stata la cosa più lontana dai suoi pensieri, ma ora rendeva ancora più sgradevole una situazione già sgradevole. Fissò le scatole confusa; le aveva spedite da Balamb solo pochi giorni prima. Erano state spinte da parte, e con la confusione precedente per gli arrivi sia di Zone che di Zell, i loro colori si erano in qualche modo confusi nell'ambiente circostante.

Aveva completamente dimenticato di aver ereditato le cose di Squall, di aver svuotato il suo appartamento, e i guil presenti nel suo conto in banca. Non le era mai passato per la mente la sera prima. Gli aspetti monetari non erano mai stati importanti per lei, ma quell'inganno rendeva chiaro il quadro d'insieme; mostrava onestamente fino a che punto il Garden si sarebbe spinto per ingannare i suoi membri.

Rinoa sentì una mano posarsi dolcemente sulla sua spalla. Questa volta non sobbalzò al tocco di Zone. Non stava prestando molta attenzione ai suoi gesti; mente e pensieri erano concentrati altrove. Forse aveva inconsciamente sentito la sua presenza e, forse in un bisogno profondamente radicato, aveva richiesto il contatto di un'altra persona. Era nei momenti in cui si sentiva più sola che si sentiva più vulnerabile. Aveva cercato di lasciarsi alle spalle la paura, ma a volte era molto difficile superare il passato.

Da parte sua, Zone aveva assistito alla sua reazione con incerta curiosità. Non aveva mai voluto che lei affrontasse da sola questo ostacolo; aveva già sopportato così tante cose. Ma parte di lui era sorpresa dalla sua risposta; era come se lei avesse dimenticato la realtà e la stesse vivendo di nuovo per la prima volta. Quando capì che la sua concentrazione si era fissata sulle scatole, sentì il bisogno di rassicurarla.

"Rin, va tutto bene... non devi fare niente adesso. Prenditi il tuo tempo, lascia che le cose seguano il loro corso. Forse sarebbe meglio se mettessi le scatole in cantina - non hai bisogno di vederle adesso. È solo un ricordo costante. Con il tempo... ok?"

"No!" Lo interruppe davvero troppo velocemente, ma lui non sembrò sconcertato dal suo tono quasi di sfida. La sua voce si ammorbidì a un tono più naturale. "È solo che... lasciale lì e basta. Potrebbe aiutarmi metterle a posto oggi. Beh... forse."

"Rin, onestamente non penso che sia la cosa migliore per te, adesso. So che vuoi fartene una ragione, ma sembra che sia solo troppo presto. Non voglio davvero che tu affronti tutto questo da sola. Siamo tutti qui per te, ricordi?"

Si fermò, come per pensare a che parole usare nella frase successiva. Voleva sembrare amichevole, ma dare comunque voce alla sua opinione. Era preoccupato per lei - e con tutta l'evidenza che si stava accumulando, aveva un buon motivo per esserlo.

"Beh, intendi essere la solita normale ma innegabilmente testarda, e te la senti davvero di farlo oggi... che ne dici se mi do malato? Posso andare a prendere qualcosa per pranzo più tardi e possiamo mettere a posto le scatole insieme. L'ultima cosa di cui hai bisogno è stare sola in casa tutto il giorno, a pensare al passato. Forse possiamo affrontare questo futuro insieme, ok?"

"No, no, no, non puoi farlo." Lei lo guardò, cercando di restare calma; sperava che la risposta non fosse uscita come una preghiera, anche se, cazzo, sembrava proprio quello invece. Stava ancora cercando di affrontare le ultime rivelazioni nella sua vita; non aveva bisogno di aggiungere Zone alla cornice di compagnia inaspettata - quella quota era già stata sicuramente raggiunta.

Sapeva di dover fare qualcosa di più convincente, anche se a quel punto sembrava innaturale. Con un piccolo sorriso, allungò la mano e posò le dita su quella di lui, ancora sulla sua spalla. In qualsiasi altro momento, sarebbe stato un gesto di amicizia. Lo era. Anche se, in quel momento, non sapeva come lui lo stesse interpretando.

"Voglio dire... ti ringrazio dell'offerta. Lo apprezzo davvero, più di quanto tu possa mai sapere. Ma pensandoci, al mio crollo di ieri sera, a tutto... ho davvero bisogno soltanto di oggi per riposare - di prendermi del tempo per mettere in ordine la mia vita. E per quanto riguarda le scatole, la verità è che non so cosa fare della maggior parte delle cose. Molto probabilmente molte rimarranno impacchettate. Ci sono alcune cose che vorrei tirare fuori... ma a tempo debito. Ho bisogno di fare alcune cose da sola. Non posso avere qualcuno che mi tiene la mano ad ogni passo."

Fece un'altra smorfia per la goffa scelta di parole. Dannazione, perché era così complicato, cazzo?

Con un sorriso affettuoso, lui girò la mano e intrecciò le dita con quelle di lei. Avvicinandosi, la attirò dolcemente al petto. Anche se non parve esitare, il corpo di Rinoa si irrigidì dentro all'abbraccio. Sentì il tocco delle sue labbra mentre le posava un bacio sulla fronte. Voleva ritrarsi così disperatamente, ma doveva fare attenzione al suo comportamento. Se non fosse stato per Squall la sera prima, lo avrebbe accettato, ma forse non per i motivi giusti. Quindi si sarebbe comportata esattamente così, e gli appoggiò la testa sulla spalla. Era davvero istintivo; lo aveva fatto probabilmente quasi cento volte negli ultimi anni, e non aveva mai messo in discussione i suoi gesti. Lui era un amico - un amico. Giusto?

"Che ne dici di questo?" iniziò lui, accarezzandole la parte bassa della schiena con una mano. Avrebbe dovuto essere confortante, ma l'effetto su di lei era proprio il contrario. "Verrò dopo il lavoro, porterò qualche film, una pizza allo stile di Dollet, e staremo insieme tutta la notte. Saremo solo noi a non fare altro che stare insieme e guardare cattive commedie e a ridere della loro completa stupidità. Proprio come al solito. Rin, hai davvero bisogno di avere i tuoi amici vicino... anche se va bene stare un po' da sola, nessuno si aspetta che tu lo faccia da sola. Non è da te."

"...No, non lo è" rispose lei, sapendo che aveva ragione. Era difficile discutere la verità.

Cercò velocemente una scusa, ma quella farsa sembrava già complicarsi da sola. Era impossibile ribattere a quegli argomenti e rimanere fedele a se stessa. Voleva evitare di vederlo quella sera, ma sfortunatamente, avrebbe solo attirato più attenzione sulla cosa. Doveva offrire un compromesso.

"Uhm, possiamo forse uscire a cena, invece?"

Non era sicura di cosa l'avesse spinta a proporre quell'alternativa, ma era relativamente compiaciuta per la soluzione. Aveva raggiunto il suo obiettivo primario, che era tenere Zone fuori dalla casa e lontano dalla sua compagnia. In più aveva raggiunto anche il suo obiettivo secondario, che era cercare di evitare di essere sola con lui - un posto pubblico sembrava la scelta più tattica. Uscire a cena sembrava la scelta più logica da tutti e due i punti di vista.

"Sei sicura? Vuoi davvero uscire?"

Dal tono interrogativo della sua voce, Rinoa intuì che lui era in qualche modo contrario all'idea. Ovviamente, non sapeva se l'esitazione fosse dovuta al fatto che lei uscisse in generale, o se fosse scocciato per la mancanza di privacy.

Voleva semplicemente gridare.

Di nuovo, stava interpretando ogni suo gesto con un doppio senso; innocente o no non faceva differenza. Sembrava che non riuscisse a superare i suoi stessi demoni. Se fosse stato Watts seduto vicino a lei, non ci sarebbero stati dubbi sulla sua decisione. Ma non aveva quella fortuna, dato che lui era stato estremamente impegnato ultimamente. Sua moglie, agli ultimi giorni di gravidanza, e i bambini richiedevano la loro giusta parte di attenzione. Non che al suo vecchio amico non importasse, anzi... Ma le sembrava che Zone si fosse in qualche modo designato come la persona principale ad aiutarla nel lutto.

Sapeva che questo era il momento in cui avrebbe dovuto mostrare la validità delle sue ragioni. Aveva bisogno di credere alle sue motivazioni quanto lui.

"Zone, voglio davvero uscire. Ho pensato a quello che hai detto prima... e hai assolutamente ragione. Pensavi che rimanere in casa tutto il giorno non potesse farmi bene e io - io ho bisogno di uscire per un po'. Penso che uscire nel mondo reale, a Timber, anche solo per un pasto mi aiuterebbe molto. Pensa a stasera come al trampolino di lancio per il mio ritorno al lavoro. Devo essere in giro per Timber, insieme alla sua gente, solo per qualche ora. Significherebbe molto per me, per favore?"

Zone fece una breve pausa prima di rispondere: "qualsiasi cosa credi che sia meglio. Ti ho sempre guardato le spalle, quindi se pensi davvero che ti aiuterà, sarò sempre con te al cento per cento. Se cambi idea, ci sarò comunque - senza fare domande. Ma per adesso, ho in programma di essere qui stasera - ci vediamo stasera, è un appuntamento".

Mentre suggellava la promessa con un altro bacio sulla fronte, lei cercò di nascondere la sua apprensione.

No, di certo non è un appuntamento, pensò.

Rinoa voleva correggere quella scelta di parole, ma di nuovo, non avrebbe detto nulla se fosse successo due settimane prima. Fu grazie a quella finzione che si sentì spinta a continuare. Non aveva mai voluto che Zone rimanesse ferito, e aveva paura di illuderlo, ma dove stavano le sottili differenze tra l'amicizia e qualcosa di più? Si sentiva come se, ad un certo punto, lui avesse cambiato le regole. Ora lei aveva solo bisogno di capirle.

Pregava Dio di scoprire quell'equilibrio prima di quella sera.

*~*~*~*~*

I minuti successivi con Zone furono piuttosto scomodi, ma in generale sopportabili, rispetto alle conversazioni precedenti. A malincuore, lui accettò finalmente di andare al lavoro, come desiderava lei. Lo aveva incoraggiato ad andare in ufficio, insistendo anche che doveva riferire i suoi saluti ai colleghi. Erano stati tutti così d'aiuto; almeno i suoi amici che lavoravano a Timber, non i politici delle altre regioni che chiamavano per offrire le loro condoglianze.

Aveva ragionevolmente argomentato che il benessere di Timber non si sarebbe preso del tempo libero perché lei era in lutto. L'ultima cosa che voleva era che la città soffrisse. Era la verità, e anche lui aveva detto che la sua preoccupazione per gli altri era 'così tipica di Rinoa'. Forse le sue preghiere erano state un po' esagerate, ma la maggior parte di esse era comunque radicata nella verità. Gli aveva anche chiesto di controllare alcune cose che aveva sulla sua scrivania, per aiutarla a tranquillizzarsi.

Alla porta, si scambiarono alcune altre note di lavoro. Non era nulla di importante, solo quanto bastava per tenerla aggiornata. Lui menzionò di nuovo la sua irritazione sul dover lavorare sul disegno di legge dei trasporti, cosa che solitamente non era associata agli aspetti militari del suo lavoro. Era stato scelto da un comitato quando sembrava che tutti gli altri fossero già impegnati con altri progetti. Il consigliere politico del sindaco credeva che Zone o Watts fossero i migliori canditati al lavoro, dato che le loro relazioni con Fisherman's Horizon erano sempre state positive. Watts stava alleggerendo il suo carico di lavoro, quindi sfortunatamente rimaneva solo Zone, che davvero non era eccitato all'idea, ma l'aveva accettata senza opporsi.

Rinoa si sentiva male nell'ammetterlo con se stessa, ma era contenta di non essere stata scelta come legame con Fisherman's Horizon. Comunque, il disegno di legge era davvero importante per il commercio, perché un sistema migliorato per i pendolari tra Esthar e Timber sarebbe stato critico. Ad ogni modo, lavorare a stretto contatto con il Capostazione Dobe e sua moglie la metteva estremamente a disagio. I suoi passati rapporti con il Garden rendeva tese le relazioni politiche; sembrava che la colpa per associazione fosse ancora la norma quando era coinvolta FH.

Comunque, durante tutto il tempo passato a parlare alla porta, lei era estremamente consapevole della situazione dell'armadio. Non voleva mettere fretta a Zone, ma voleva continuare a far fluire la conversazione in una direzione positiva - una direzione positiva che finiva presto. Molto presto.

Quando infine la porta si chiuse, e Zone si avviò, lei si prese una piccola pausa per appoggiare la schiena alla porta. Alzò lo sguardo esausta e si prese quel secondo solo per darsi un contegno. Una mattina di inganno sembrava già un'eternità ai suoi occhi. Spostandosi sul fianco, sbirciò fuori dalla finestra, guardando con attenzione fino a quando la macchina di Zone fu fuori dal suo campo visivo. Tirò veloce le tende; questo almeno avrebbe dato loro un po' di tempo se un altro visitatore avesse deciso di farle grazia della sua presenza quella mattina - considerata la sua fortuna.

Tornando all'armadio, aprì la porta trattenendo il respiro, e poi aggiunse in tono di scuse: "mi dispiace davvero, davvero tanto".

Fu solo quando vide la scena piuttosto contorta che si trovò a reprimere una risatina. Era una brillante combinazione di ingenuità e flessibilità che era stata acquisita in anni di addestramento - o beh, forse era solo fortuna. Vide quanto sembravano infelici e simpatizzava davvero con loro... Ma dati gli eventi delle ultime settimane, non poteva ricordare nulla che l'avesse fatta ridere a quel punto.

Zell uscì per primo dall'armadio, prendendosi il comando. Cercò di scuotere tutte le sue estremità; non aveva mai pensato che fosse possibile intorpidirsi in tutti gli arti simultaneamente. Si sentiva persino il collo bloccato in una posizione permanentemente obliqua. Strofinandosi la ferita, che ora sembrava prudere parecchio, parlò per primo.

"Wow... è stato davvero imbarazzante."

Squall era ugualmente distrutto, ma nascose tutto il suo disagio uscendo silenziosamente dall'armadio.

"So che dovete essere stati orribilmente scomodi lì dentro. Volevo cercare di sbrigarmi, ma non potevo esagerare..." spiegò, sperando di non elaborare ulteriormente.

"Eh, non stavo parlando dell'armadio" affermò Zell con una risata sarcastica. "A dire il vero, parlavo del fatto che hai appena fissato un appuntamento con un tipo mentre il tuo ex ragazzo, con cui stai cercando di sistemare le cose, si nascondeva a portata d'orecchio. E non dimentichiamo, per tutto il tempo, che l'attuale ragazza del tuo ex ragazzo pensa che lui sia morto. Devi vedere l'ironia in tutto questo."

Rinoa si portò una mano sulla bocca, orripilata all'idea che avessero sentito tutto.

"Avete sentito tutto?" Anche se non intendeva dirlo ad alta voce, non poteva trattenere lo shock.

La porta di certo non era spessa, ma immaginava che sarebbe almeno servita a smorzare gran parte della conversazione. Lei e Zone non potevano essere stati così rumorosi, no? Forse Zell aveva l'udito equivalente a quello di un Red Bat, ed erano solo parole isolate. Rinoa non sapeva se essere imbarazzata o impressionata da quella svolta degli eventi.

Una cosa era certa, doveva chiarire con sicurezza che non era un appuntamento.

"...E Zell, non è un appuntamento. È solo una cena con un amico" lo corresse Rinoa.

Incrociò le braccia sul petto; il suo linguaggio del corpo sconfinava nel difensivo. Zell non mancò di notarlo, perché grazie ai nastri di auto aiuto, sentiva che questa era una nuova area di minima esperienza.

Lei cercò di minimizzare tutta la faccenda, tornando all'umorismo. "Ma grazie per averlo detto con lo stile drammatico che è tutto tuo, Zell. Penso che tu sia solo scocciato per il commento di prima, vero?" Gli sorrise, tornando alle vecchie routine.

Zell si dondolò sui tacchi, come se questo punzecchiarsi tra amici riportasse anche lui a molti anni prima. Normalmente non sarebbe stato così brusco sulla faccenda di Zone, ma c'era anche una certa stanchezza nella sua mente. Per non parlare del fatto che era ancora irritato con Squall per averlo piantato in asso in quel dannato furgone. Secondo lui, il Comandante si meritava quello sfottò - non altrettanto Rinoa, ma sapeva che lei riusciva a gestire una piccola canzonatura. Almeno sperava che quella parte del suo vecchio carattere fosse ancora intatta.

"Mi è stato detto di fare il bravo, ricordi? In un armadio, con Squall, era davvero necessario?" ribatté Zell, alzando le mani al cielo. Faceva tutto parte del suo stile naturale di cui lei aveva parlato solo pochi secondi prima. "Ma mettendo da parte la cosa dell'armadio, tutta quella discussione con Zone è stata molto im-ba-raz-zan-te da ascoltare. Sai, mi piacerebbe restare e capire questo triangolo, quadrato, esagono, o qualsiasi forma abbiamo raggiunto... ma c'è un divano letto che mi chiama."

Imbarazzata dal fatto che le parole di Zell avevano un fondo di verità, Rinoa rispose riluttante.

"Vai pure sul retro... fammi sapere se ti serve qualcosa."

Squall interruppe infine il suo silenzio auto-imposto. Non importava quanto questa riunione si stesse rivelando illuminante, che fosse buona o estremamente imbarazzante, c'era comunque una missione di base. Poteva essere ironico che fosse lui ad affrontare l'argomento, date le sue azioni, ma era anche l'unico modo per andare avanti. Se voleva la normalità, doveva attivamente indagare i fatti.

"Zell, dov'è il furgone?"

"Ah, sì, quello... me ne ero completamente scordato per un minuto. C'è un parcheggio comunale davanti a Timber Maniacs. L'ho parcheggiato lì."

"Chiavi?"

Anche le domande a una sola parola del Comandante erano dette con autorità. Rinoa doveva ammettere che c'era una certa qualità che non poteva negare quando era energico. Era una di quelle cose che l'avevano affascinata all'inizio, ma anche una di quelle che avrebbero contribuito alla loro rovina. Guardò Zell che sorrideva e gettava un paio di chiavi nell'aria. Squall le prese con i riflessi che lei ricordava - un miscuglio letale di abilità naturale e di ingegneria addestrata.

"Ci vai tu a prenderlo?" L'esperto di arti marziali dovette grattarsi la testa all'idea. Tutto il casino del furgone era una spina nel fianco per lui, anche se era essenziale al caso - sfortunatamente.

"No, lo prenderò io."

I due uomini si voltarono a guardare Rinoa quando parlò. Ad ogni modo fu solo Squall a dare voce alla sua protesta.

"Non possiamo chiederti di farlo."

"Davvero?" disse lei, guardandolo incuriosita. "Non fraintendermi, non dubito delle tue abilità furtive da SeeD stile ninja e tutto... ma a lato pratico, non sarebbe molto meno rischioso se io uscissi alla luce del giorno?"

"Ha ragione, Squall. Sai, poi siamo anche tipo una squadra, adesso" intervenne Zell, anche se non per la gioia del suo superiore.

"Non mi spingerei così in là" rispose Rinoa. Anche se si sentiva a disagio per l'uso della parola squadra, avrebbe lasciato correre per adesso. "Ma tecnicamente, sono l'unica qui che non è morta o in coma. In più, dopo tutta la pubblicità, sono davvero curiosa di vedere il furgone maledetto."

"In realtà, è il furgone dell'inferno" la corresse Zell. "Non dimenticartelo. Non gli piace essere chiamato con il nome sbagliato. Lui lo sa..."

Rinoa si voltò verso Squall, che non sembrava avere opinioni personali o paure irrazionali del veicolo. "Ok, allora... che aspetto ha? Potrebbe essere utile nel parcheggio."

"È bianco con un mazzo di rose rosse sulla fiancata. Dice 'Per Sempre in Boccio'. Non puoi mancarlo."

Lei non poté trattenersi; non era l'inquietante immagine mentale che le aveva dato Zell. "...Mi prendi in giro - il furgone dell'inferno è decorato con le rose?"

"Sì, vedi l'ironia" aggiunse l'esperto di arti marziali.

"Era pratico al funerale. Si mescolava facilmente agli altri furgoni di consegne" ragionò Squall. Poi si chiese cosa l'avesse spinto a difendere il piano ridicolo del Garden, ma a ripensarci la copertura era stata abbastanza pratica. Non sembrava così settimane prima dal letto d'ospedale.

Scuotendo la testa incredulo, fece un passo avanti offrendole le chiavi. "Grazie, Rinoa. Va' pure quando sei pronta. È davvero meglio così."

Lei prese le chiavi, sapendo quanto fosse difficile per lui permettere agli altri di aiutare. Sapeva che lui non voleva davvero darle problemi, che avrebbe preferito farlo lui stesso. A dire il vero, non sarebbe stata sorpresa se lui avesse voluto fare tutto da solo, data la sua natura solitaria. Erano quei piccoli passi in avanti che le dimostravano una crescita. Il fatto che lui la ascoltasse, e poi si fidasse del suo piano, senza dover essere convinto troppo, era davvero sbalorditivo. Lei non tradì la gioia che provava, accettò le chiavi con un semplice sorriso.

"Beh, ora che è deciso... vado davvero stavolta. Niente più distrazioni... solo dormire. Siamo a posto, giusto? Non si parla più di armadi, furgoni o appuntamenti?"

"Sì, va tutto bene." Squall annuì, e gli diede il permesso di cui aveva bisogno.

Appena prima che Zell sparisse nel corridoio, lei si rese conto del suo ultimo commento. Rinoa dovette chiarire un altra volta. "Non è un appuntamento. È solo una cena con un amico."

Ovviamente, anche mentre lo diceva, la distinta impressione che fosse un appuntamento permaneva, o almeno una delle due parti lo credeva.

"Sai che lo ha fatto apposta" disse infine Squall dopo un momentaneo imbarazzo.

"Cosa?" Rinoa lo guardò sospettosa.

Lui fece una pausa, sapendo di aver detto molto probabilmente la cosa sbagliata. Il Comandante aveva cercato di scendere a patti con tutto quello che aveva sentito prima. Non aveva alcun diritto di essere scocciato, ma qualcosa in lui rifiutava di sottomettersi a quell'idea.

Zell conosceva Squall, e nelle ultime settimane erano arrivati a capirsi meglio, anche se non per propria scelta. Nell'ultima settimana, avevano avuto alcune conversazioni che normalmente non sarebbero state fatte. Ad ogni modo, allo stesso riguardo, Squall stava iniziando a capire le sottili sfumature di Zell - spiegare quelle sfumature, comunque, era un'altra storia.

"Il commento di Zell - è solo il suo modo per farci parlare. Se ho imparato una cosa ultimamente è che ha un modo unico di essere diretto, senza mai essere diretto."

Il Comandante suppose velocemente di non poter spiegare a parole le abilità di Zell - i discorsi sui derivati della carne da soli la dicevano lunga su questo. Squall si rese anche conto che era la prima volta, dalla notte prima, che lui e Rinoa erano da soli, ed entrambi sembravano trattenersi. La realtà si rivelò a entrambi - erano state solo sollevate più domande quella mattina rispetto alle risposte date la sera prima.

Anche se Squall sapeva che poteva pentirsi di averlo chiesto, non era arrivato fin lì per indietreggiare davanti alle complicazioni adesso. Aveva sempre voluto che lei fosse davvero felice nella sua vita. Anche se significava che lei trovasse la felicità con qualcun altro, avrebbe accettato quella conclusione. Non poteva dire che non avrebbe sofferto - avrebbe sofferto da cani, ma forse era per questo che doveva saperlo adesso, prima di permettersi di diventare anche emotivamente vulnerabile.

"Allora, è un appuntamento?"

Rinoa fu colta di sorpresa dalla sua franchezza e dal suo candore. Voleva riderci su e dirgli che era parecchio fuori strada, ma non poteva esattamente farlo. C'era così tanta confusione nella situazione, ma doveva essere il più sincera possibile. Se c'era una qualche speranza per loro, le fondamenta doveva essere poste sull'onestà. Lui le aveva già mostrato quel fatto la notte prima, ora toccava a lei.

"Sinceramente per me non è un appuntamento. È davvero una cena con un amico. Solo che... non so proprio cosa prova lui."

"Davvero?" domandò Squall.

Era strano; non aveva alcun diritto di chiedere, quindi perché continuava? Nel profondo, poteva esserci qualche pregiudizio. La sua relazione con Zone non era mai stata solida, solo cordiale a dir tanto. Il loro unico legame era lei, cosa che sembrava vera adesso più che mai. Lui voleva davvero che lei fosse felice; era solo difficile pensare che potesse esserlo con Zone. Si odiava per questi pensieri ma, in qualche modo, le vecchie emozioni stavano improvvisamente trovando il modo di tornare a galla.

Lei nascose il viso tra le mani; voleva quasi crollare e piangere. Doveva essere sincera, ma questo significava anche sincera con se stessa.

"Dio, non lo so... sì, forse so che cosa prova. È solo... è come se tutto fosse annebbiato e io stessi solo cercando di svegliarmi - in un posto dove tutto con lui sembra normale. Squall, non posso perdere un altro amico, non uno dei miei migliori amici. Ho perso così tante persone negli ultimi anni... non anche Zone. Solo che non so cosa fare. Come posso anche solo iniziare a spiegargli parte di questo, di noi, adesso? Non voglio mentire, ma senza dirgli tutta la verità è solo... non posso."

Il Comandante non sapeva perché, supponendo che potesse essere puramente istintivo, ma le offrì la mano. Era un gesto di rassicurazione, ma la decisione finale al riguardo era lasciata a lei. Ricordava quello della sera precedente nella lavanderia, e di nuovo, lei scelse la via che la portò naturalmente nel suo abbraccio. Non era forzato o imbarazzante, non era come quando Zone cercava gli stessi gesti. Nella sua mente, sapeva che non c'erano paragoni, non c'erano domande.

"Lo capirai, lo fai sempre. Fidati di te stessa."

Le baciò la testa; di nuovo, era un gesto a cui nessuno dei due doveva pensare. Tutta la situazione era colpa sua e lui non avrebbe mai smesso di accettare la colpa. Rinoa aveva perso i suoi amici al Garden - tenersi in contatto era stato imbarazzante per lei. Come poteva mantenere gli amici quando c'era così tanto inganno tra loro?

Non aveva mai voluto oltrepassare i suoi limiti, ma si sentiva come se fosse in prestito sul tempo fin dal minuto in cui era arrivato. Ovviamente, con la comparsa di Zell, ora si sentiva come la stesse costringendo sia alla loro presenza che alla loro missione. Voleva trovare quelle parole che avrebbero migliorato le cose, ma sapeva anche che questa pace non sarebbe durata - era anch'essa in prestito sul tempo.

E quanto fosse a breve termine divenne evidente quando notò che l'attenzione di Rinoa era tornata alle scatole. Era un fantasma tra loro, l'argomento che nessuno dei due osava affrontare. Nel profondo, entrambi conoscevano il significato di un impegno mai richiesto. Prima o poi avrebbe dovuto scoprire esattamente cosa ci fosse nelle scatole, ma a quel riguardo c'era una rete di sicurezza nel non sapere - forse l'anello non era mai stato trovato. Quindi fu lì che entrambi tracciarono la linea non scritta, almeno per il momento.

Rinoa era sicura che lui avesse seguito il suo sguardo; poteva sentire il suo corpo irrigidirsi accanto a lei. Cercò di pensare a qualcosa da dire, per parlare del testamento, ma proprio non poteva, per qualche motivo. Era anche irritata con se stessa per essere ricaduta così facilmente tra le sue braccia. Ritraendosi, lei contrasse le labbra e scosse la testa. Era come se si stesse silenziosamente sgridando per il gesto di poco prima.

"Vado a controllare Zell, per essere sicura che non gli serva niente. Poi mi vestirò, prenderò il furgone, e potremo iniziare."

Squall non dovette nemmeno rispondere prima che lei si voltasse e si dirigesse sul retro. Non poteva sopportare l'imbarazzo e le emozioni contraddittorie, anche se capiva le sue incertezze. Ogni volta che lui sentiva che avevano fatto un passo avanti, lei sembrava distanziarsi, facendo svariati passi indietro. Non poteva biasimarla, non dopo tutti quegli anni senza di lui. Eppure era difficile rimanere composto in mezzo a così tanta indecisione.

Anche questa nuova rivelazione con Zone complicava molto la situazione. Rinoa aveva ammesso di non voler perdere il suo migliore amico - non si poteva negare la vicinanza che quei due avevano condiviso negli anni. Zone era una parte della sua vita da cui Squall sarebbe sempre stato assente. Zone era sempre stato lì - in tutti gli alti e bassi, ma cosa più importante, non era mai stato la causa principale di tutti quegli alti e bassi. Zone non era scomparso per tre anni per poi cercare di ravvivare la relazione più complessa conosciuta dall'umanità.

Si portò la mano alla fronte per la frustrazione, e si avvicinò alle scatole. Sapeva già che cos'erano, ma dopo aver visto l'indirizzo del mittente, ogni dubbio fu cancellato.

"Grandioso" borbottò.

Una cosa era sapere che le sue cose erano in teoria impacchettate, ma un'altra era vedere la sua vita sistemata in cinque semplici scatole. Questo significava anche che tutto quello che possedeva era già fuori dal suo appartamento. In alcuni modi, la diceva lunga sulla sua vita: su quanto fosse usa e getta la sua esistenza per il Garden. A quel punto, Shu aveva probabilmente dato le chiavi del suo appartamento al nuovo occupante. Gli avrebbe dato un gran mal di testa quando, e a quel punto 'se', avrebbe mai avuto la possibilità di tornare.

Dentro, sapeva che la sua eredità era molto più di questo... ma guardando quelle scatole, sembrava che tutta la sua vita potesse essere messa in una scatola e poi sistemata in cantina. Questo era tutto ciò che aveva, questa era la sua ultima eredità. Certo, il Garden avrebbe parlato di lui, avrebbe fatto lezioni su di lui, ma alla fine, la sua vita ammontava ad alcune scatole usa e getta e capitoli in un libro di testo.

Prima poteva finire questa missione, prima avrebbe potuto tracciare il resto della sua vita. In quel momento, non aveva altra scelta che seguire il corso lineare che il Garden gli aveva disegnato davanti. Ma con lei al suo fianco, poteva proprio farcela.

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** XXXVII: The Devil in the Dark ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXXVII: The Devil in the Dark ~

Camminando lungo il corridoio, non desiderò nulla più che voltarsi e cercare conforto in lui, ma non sarebbe caduta nei vecchi ruoli, nelle vecchie trappole. Aveva, e lui aveva, superato quel punto. Una volta c'era un conforto nella certezza, ma entrambi avevano velocemente imparato che quelle certezza era solo un'illusione. Quindi a testa alta non si voltò mai indietro. D'altra parte, vedere che stava mettendo il suo orgoglio davanti al benessere di Zell non era nemmeno una grande consolazione.

Era ovvio che il suo amico voleva solo riposare, ma invece di voltarsi e affrontare i suoi dannati demoni lei stava invadendo la sua privacy.

Le sue azioni, sotto la finzione dell'ospitalità, erano più egocentriche che altro. Forse era un orgoglio che rifiutava di cedere, o forse era cercare quell'appartenenza che una volta aveva conosciuto. In un certo senso, la sua relazione con il Garden era un paradosso - il suo disperato bisogno di essere parte di qualcosa con cui moralmente non concordava. Era un ragionamento infantile, e lei lo sapeva dannatamente bene. Non aveva bisogno di essere accettata dal Garden, dalla SeeD, o da chiunque altro, ma aveva sempre voluto essere riconosciuto da loro, il che era una contraddizione di per sé.

Ed eccola lì, a ricadere in quello stato mentale infantile.

Non l'avrebbe fatto.

Fermando bruscamente, giunse finalmente alla conclusione che andare avanti sarebbe stato solo egoismo. Rinoa stava giusto per lasciare un sospiro grato, contenta di essersi bloccata, ma a quanto pareva Zell l'aveva sentita - le sue abilità di silenzio e furtività di certo non erano alla pari con quelle del suo ex compagno di squadra.

"Penserei che mi stai solo controllando, ma ho un po' più buon senso."

Lui sorrise in un modo che le fece velocemente ricordare il suo soprannome di "signor So-Tutto-Io". In verità, gli stava meglio che gallinaccio, ma non aveva mai avuto la stessa reazione, e tutto il gruppo sapeva che era in realtà per la reazione che era nato il soprannome.

"Mi dispiace, non dovrei." Lei sorrise, cercando di congedarsi.

"Tre anni."

Zell rispose prima che lei potesse andarsene con un minimo di dignità intatta. Il suo tono di voce era dolce e pieno di rimpianto. Solo da quello lei poté intuire quanto le sue azioni avessero avuto effetto su di lui. Erano quasi migliori amici allora, a volte inseparabili.

"Sai, non te ne sei solo andata da lui, te ne sei andata da tutti. Eri una di noi, eri come la nostra famiglia."

Avrebbe potuto incolpare Squall, incolpare il Garden, ma in verità c'era della colpa che non avrebbe mai potuto essere condivisa. Se lo avesse avuto, non avrebbe mai dovuto perdere i suoi amici. Alla fine, era stata una sua scelta, perché mantenere i contatti con loro era troppo doloroso.

Aveva scelto la via d'uscita più semplice - loro erano un promemoria costante delle impossibilità.

Rinoa voleva continuare con la sua vita, anche se significava negare una parte così vitale della sua vita. Era quello che l'aveva spinta a saltare la cena di prova di Selphie e Irvine. Ancora peggio, aveva seriamente contemplato l'idea di perdersi il loro matrimonio. Per quanto dolorosa e umiliante fosse stata quell'esperienza, era contenta di essere andata oltre i suoi difetti. Non si sarebbe mai perdonata se avesse perso quel giorno. Quando alcune cose vengono fatte una volte, certe azioni, o la loro mancanza, non posso mai essere ritirate o dimenticate.

"Non so cosa dire."

Lei cercò una spiegazione, qualcosa, ma dargli una qualche scusa traballante avrebbe tradito la loro amicizia. Lei aveva più considerazione di lui per fargli questo; era la sua famiglia, e lei lo amava come tale.

Cosa più importante, qualsiasi verità avesse offerto sarebbe stata troppo. Non avrebbe tradito di nuovo la fiducia di Squall; gli avrebbe già dovuto dire dopo che Selphie e Quistis sapevano la verità e, molto probabilmente, anche Irvine per procura. Se avesse saputo la verità, che quello era un elaborato imbroglio, non avrebbe mai detto niente, ma come avrebbe potuto saperlo? Erano stati tutti vittime della bugie, e ci sarebbero disgraziatamente stati più danni collaterali lungo quel sentiero.

Forse quelle ammissioni nel suo appartamento avrebbe spiegato parte della sua colpa di fondo. Aveva promesso a Cid di non dire mai niente, ma l'aveva fatto. Sembrava quasi che la sua coscienza avesse più importanza della sua promessa - odiava questa realtà. La morte di Squall aveva battuto il suo bisogno di farsene una ragione, o il suo impegno a quella promessa era morto con lui? Era facile guardarsi indietro con il senno di poi e vedere le proprie debolezze, che raccontandolo agli altri aveva infranto la sua promessa. Ora avrebbe dovuto affrontare anche questa cosa.

Ancora una volta, non aveva detto niente sull'argomento a Zell... almeno per adesso. C'era un sacco di cose che andavano sistemate, e lei avrebbe fatto quelle sistemazioni... le avrebbe fatte. Aveva solo bisogno di trovare un equilibrio che la faceva sentire a suo agio.

"Volevo solo controllare... vedere se avevi bisogno di qualcosa. Poi mi sono accorta che probabilmente volevi solo dormire."

"Ah-ah," rispose lui con un tono che indicava i suoi dubbi. Sarebbe stato facile per lui lasciar cadere del tutto l'argomento, ma nel suo lavoro raramente qualcosa era mai stato ottenuto con la neutralità.

"Rin, non so cosa sta succedendo tra voi due, e quella parte non è davvero affar mio... ma penso che ci sia qualcosa che dovresti davvero sapere... quando ha pensato di stare per morire, il suo unico pensiero eri tu. Le sue ultime parole sono state per te."

Rinoa fu colta di sorpresa dalla sua risposta e volle chiedere di più, ma sapeva che era meglio non farlo. Non gli avrebbe messo addosso altra pressione; era certa che lui avesse affrontato le sue battaglie private nelle ultime settimane.

Quasi leggendole nei pensieri, rispose, "non ti darò i dettagli. Chiedilo a lui se vuoi sapere nello specifico. Sappi solo che io c'ero e so quanto entrambi pensassimo che fosse definitivo... so anche quanto duramente ha lottato solo per avere la possibilità di essere qui, di vederti di nuovo."

Lei annuì in silenzio, incapace di rispondere a voce. Fu allora che Zell chiuse la porta, lasciandola in piedi da sola in un momento da ambiguità. Asciugandosi le lacrime che erano cadute, riacquistò il contegno che aveva avuto prima. Mentre si voltava verso il soggiorno, verso di lui, cercò di non analizzare troppo le parole di Zell. Più le contemplava, più poteva intuire la natura dei sentimenti di Squall. Eppure, il solo sapere che erano state dette, che era stato di lei che aveva parlato nei suoi respiri finali, era travolgente.

Se la situazione fosse stata invertita, sapeva quali sarebbero state le sue ultime parole. Il problema era che a prescindere da cosa provava sia nel cuore che nella testa, non riusciva a trovare la forza di confessarlo a lui, adesso. Ovviamente, quello di certo non significava che non lo provasse, piuttosto che non poteva ammetterlo, né categorizzarlo in modo ordinato nella sua mente.

Dandosi un contegno, entrò nel salotto. Lui era in piedi vicino alla scatole; la rese la irrigidì momentaneamente, ma l'avrebbe messa da parte - come se non fosse successo nulla di straordinario. Lui doveva aver sentito o percepito la sua presenza, ma in ogni caso si voltò e sembrò distanziarsi fisicamente dalle scatole. Una veloce espressione gli passò negli occhi e sul viso, una che lei credeva di aver riconosciuto come incertezza o possibilmente dubbio. Ad ogni modo, dati gli anni di distanza, non poteva più contare sui vecchi racconti.

Da parte sua, lui si sentiva a disagio nell'essere sorpreso a guardare la sua vita riflessa nei limiti di cartone. Non voleva ammettere la sua mortalità e debolezza, soprattutto non a lei. Era istintivo allontanarsi dalle scatole, piuttosto che discutere apertamente del significato che contenevano.

Di nuovo, nessuno dei due sembrò pronto a fare quel passo e tutto quello che rappresentava.

Ciò che lo sorprese, e molte cose lo avevano fatto nelle ultime ventiquattro ore, fu il gesto successivo di lei. Senza parole, la guardò avvicinarsi a lui. Ci fu solo un breve momento di esitazione in lei, ma il tuo intero comportamento rimase deciso. Gli si avvicinò, guardandolo negli occhi a un certo punto, e ancora una vita gli strinse le braccia alla vita.

Lui era del tutto confuso dalle sue azioni, proprio come era stato confuso da molte cose che lei aveva fatto in passato. Lui le posò in silenzio una mano sulla schiena per consolarla, senza sapere cosa fosse successo in quel poco tempo per ottenere una tale reazione. Non che lui si lamentasse, proprio per niente, ma questo era lontana dalla risposta che di solito Zell aveva sulla gente.

In un certo senso, forse era meglio che le sue ragioni rimassero taciute.

"Non dire niente," lo istruì a voce bassa lei. "Volevo solo...avevo bisogno di farlo."

Lei rimase così fino a quando riacquistò l'equilibrio emotivo e poi aggiunse semplicemente un basso 'grazie' sottovoce. Anche se lui non aveva problemi a sentire la frase sussurrata, non commentò o nemmeno capì il vero significato di quella cosa. Di nuovo, forse era meglio che alcuni misteri rimanessero irrisolti.

Altrettanto improvvisamente di quando lo aveva abbracciato, lei lasciò la presa. Tornò il suo comportamento di prima, quello segnato dalla maturità e dalla cautela.

"Squall, vado di sopra a fare una doccia così possiamo iniziare con la missione. Mentre sono occupata, sentiti libero di prendere qualcosa da mangiare dalla cucina. Prendi o preparati quello che vuoi; tutto quello che c'è è a tua disposizione. Solo... beh... fa' come se fossi a casa tua."

E poi andò di sopra, lasciandolo ancora una volta da solo, solo che stavolta non si sentiva solo.

*~*~*~*~*

Ventiquattro ore prima, lei non si sarebbe mai immaginata in quel punto. Beh, fisicamente quel punto era nel mezzo di un parcheggio pubblico, ma non era lì che stavano i suoi pensieri. Era come svegliarsi da un brutto sogno, uno di cui si poteva ancora sentire l'emozione persistente. Era come se una parte di lei accettasse la verità come un fatto, ma l'altra parte lottasse con la negazione. Proprio come in un sogno, aveva continuato a cadere nella sua mente, ma ora si era svegliata con il battito accelerato e il respiro affrettato.

Nella mano teneva le chiavi. In quel momento, facevano anche da copertina di sicurezza, e le stringeva abbastanza forte da imprimersele nel palmo. In fondo alla mente sperava di non attirare troppa attenzione su se stessa, ma la sua paranoia era molto probabilmente confinata ai suoi pensieri. Ogni edificio, ogni suono, ogni persona che le passava accanto sembrava renderla nervosa, ma questa era Timber, non Deling City o Esthar - le persone si facevano per lo più i fatti loro. Onestamente, nessuno le prestava nemmeno un minimo di attenzione - almeno le poche persone che le passavano accanto.

Rinoa cercò di comportarsi naturalmente dato che, dopo tutto, era una semplice passeggiata; l'atto in sé non aveva alcun significato.

Dopo essersi fatta la doccia, vestita ed essere uscita senza troppa confusione, soprattutto in riguardo di Squall, aveva percorso i pochi isolati per raggiungere Timber Maniacs. Prima di uscire, gli aveva velocemente detto che poteva usare la doccia nella camera da letto principale per rinfrescarsi. Era stato detto come un commento sbrigativo, che permetteva poca conversazione. Voleva dirgli così tanto di più, ma ancora una volta, proprio come quei primi momenti in cui ci si sveglia da un sogno, i suoi pensieri non erano lucidi, e nemmeno le sue parole. La sua mente era in un perpetuo stato di confusione, annebbiato dalle parole di Zell, da Zone... e soprattutto, dal suo ex Cavaliere.

D'altra parte, se avesse basato la sua sanità mentale sulle ultime settimane, non c'era paragone. Preferiva questa confusione al dolore. Almeno adesso vedeva la luce, non più il buio che consumava tutto.

Rinoa continuò a camminare disinvolta fino a quando raggiunse il furgone, su cui Squall aveva avuto ragione; era facilmente identificabile tra gli altri veicoli. All'inizio aveva pensato che il fatto che Zell lo avesse lasciato in un parcheggio pubblico fosse una mossa azzardata. Ora, vedendo le altre macchine e alcuni furgoni per le consegne nel parcheggio, capì che era un'idea quasi geniale - nascosto alla luce del sole.

Velocemente infilò la chiave per aprire e saltò su. Sfortunatamente, quando l'aria si diffuse dal veicolo, notò un odore vagamente distinto, che tristemente non ricordava affatto qualcosa di floreale. Lei suppose che avrebbe potuto essere molto peggio, dato che non era nulla che svariati spruzzi di deodorante per ambiente e alcuni profumi per auto non potevano gestire.

Eppure, era relativamente pulito, pensando che i due l'avevano reso la loro casa di emergenza, per non parlare del fatto che Zell era stato l'unico solitario abitante. Quell'unico spiegava il sacchetto mezzo aperto di patatine sul cruscotto, il sacchetto vuoto di pretzel sul sedile del passeggero, e il... beh, poteva fare una piccola lista, ma era irrilevante. Comunque dubitava che Squall lo avrebbe lasciato così in disordine senza protestare parecchio.

Guardando nel retro, non poté nascondere la sua sorpresa. Anche se era piuttosto compatto, sembrava essere provvisto dal pavimento al soffitto, o meglio da portiera a portiera, di equipaggiamento tecnologico avanzato. C'erano così tanti componenti elettrici e monitor che non osò nemmeno immaginare il loro utilizzo.

L'idea di due uomini adulti che mangiavano, dormivano, e in generale vivevano lì era piuttosto sconcertante - soprattutto dato che uno di quegli uomini era Squall. Se si fosse trattato di qualcuno come lei e Selphie, sarebbe stato plausibile. Anche se, se fosse stato quello il caso, al momento ci sarebbero state fotografie degli amici e adesivi di Chocobo e Mumba incollati per una atmosfera più 'di casa'. Cid sarebbe stato assolutamente eccitato dalle decorazioni di Selphie; Rinoa poté solo ridacchiare all'idea.

Dopo aver aggiustato la posizione del sedile, mise in moto in furgone e lo portò infine fuori dal parcheggio. Prima di lasciare la casa, Rinoa aveva preso il telecomando del garage. Fortunatamente, aveva un garage per due auto, cosa che, fino a quel punto, era stato uno spreco di investimenti. Immaginava che il furgone ci sarebbe entrato a malapena in lunghezza, ma almeno sarebbe stato lontano dalla strada, in più tutte le risorsi mobili del Garden sarebbe state a pochi passi. Onestamente, credeva che vivere lì sarebbe stato difficile, anche se dubitava che il 'furgone dell'inferno' mantenesse le aspettative date dal nome che gli era stato sfortunatamente attribuito. Era molto probabile che 'l'inferno' si riferisse allo stress e alla combinazione dei suoi abitanti.

Nel breve viaggio di ritorno, scoprì di avere un umore nuovamente elettrizzato. Ovviamente, lei amava il suo lavoro, ma c'era un sentimento nostalgico nel lavorare con i ragazzi. Questa missione era un po' diversa da quella di Artemisia. Onestamente, salvare alcuni politici era diverso dal salvare il mondo. Cinque anni prima, la forza del gruppo stava nelle abilità fisiche più che in quelle mentali, ma ora era vero l'opposto. Credeva che la maturità e l'esperienza acquisita negli anni sarebbe stata vitale, ma cosa più importante, lo avrebbero fatto insieme.

Forse stava finalmente trovando la strada nella nebbia. Avrebbero potuto esserci altri alti e bassi, ma la nebbia iniziava ad alzarsi. Era stata così sperduta la notte prima, anche prima dell'arrivo dell'ex Cavaliere; tutta la serata era stata un uragano di scoperte inesplorate. Edea aveva detto che l'improvviso troncarsi del legame tra Strega e Cavaliere poteva anche farla impazzire, ma che dire di un improvviso nuovo legame? Anche quello poteva causare instabilità? Potevano i suoi sbalzi d'umore e i vuoti emotivi radicarsi in una cosa del genere? Eppure, per la prima volta in tanto tempo, scoprì un ottimismo che non aveva sentito per molto.

Era come se il loro futuro fosse ancora non scritto, come se non ci fossero copioni da seguire, ma solo infinite possibilità.

*~*~*~*~*

Dopo che Rinoa era andata a fare la doccia, Squall colse l'opportunità di fare qualcosa da mangiare. Cercando nei pensili, trovò una padella e poi prese alcune uova dal frigorifero. Era grandioso mangiare qualcosa di diverso dalle razioni preconfezionate o infilare la mano nel sacchetto delle irritanti patatine di Zell. Nessuno masticava rumorosamente come il suo compagno, anche se forse era stato semplicemente amplificato dal silenzio che c'era di solito tra loro. Era irritante da morire. Il Comandante si fece l'appunto mentale di vietare a Zell qualsiasi cibo che avesse le parole fragrante o croccante stampate sulla confezione.

Comunque, era un cambiamento gradito trovarsi in una cucina semi-piena di cibo. Lei non aveva una sovrabbondanza, ma c'era decisamente molto più delle sue cose sparse. Lauren si era spesso lamentata della sua mancanza di cibo. Si arrabbiò a quel pensiero - non con Lauren, non era colpa sua, ma con se stesso per aver anche solo permesso che la sua 'relazione' arrivasse a quel punto. Era facile ripensare ai suoi errori adesso, ma ai tempi sembrava quasi una dipendenza.

Cercò di eliminare il pensiero dalla sua testa; eccolo lì nella cucina di Rinoa, ed era ancora fissato sul passato. D'altra parte, non voleva esattamente concentrarsi sul fatto che, a quanto si diceva, Rinoa aveva un appuntamento quella sera, dato che il concetto non era affatto più consolante. Diamine, in un mondo perfetto, avrebbe in qualche modo fatto mettere insieme Lauren e Zone, così lui e Rinoa sarebbero potuti andare semplicemente avanti con le loro dannate vite.

Di nuovo, cercò di eliminare il pensiero di Zone dalla sua mente. Forse avrebbe dovuto semplicemente concentrarsi sul fatto irritante che lei aveva solo pane di segale e cereali, mentre lui preferiva quello bianco, ma in qualche modo le scelte di Rinoa in fatto di pane era solo un minimo inconveniente nella sua vita... a differenza del fatto che Zone sembrava intenzionato a offrile muffin, caffè e appuntamenti con pessimo tempismo.

Forse lui aveva visto solo il peggio nell'umanità, ma non poteva evitare di sentirsi a disagio per tutta la situazione. Aveva fatto del suo meglio per lasciarsi alcuni problemi alle spalle, pensando solo al futuro, alla missione, ma questa cosa di Zone gli era rimasta in qualche modo in mente sin dal loro primo incontro a bordo della base dei Gufi del Bosco. Si sedette al tavolo, mangiò le uova e poi iniziò a spiluccare il toast; aveva ancora fame, ma ora aveva perso l'appetito. Non aveva avuto molto tempo di rifletterci ancora su, perché la sentì scendere le scale.

Si voltò e desiderò sorridere quando la vide, ma decise di non farlo. Sembrava solo così naturale essere lì, vederla emergere dalla scala come se fossero stati insieme una vita. Si era legata ancora una volta i capelli in una cosa, qualcosa che ricordava di averle visto fare spesso quando aveva fretta, un'abitudine che non sembrava essere cambiata. Anche con maglietta verde e jeans, sembrava che avesse un'aura di grazia, quella che ricordava dal loro primo ballo. Non disse nulla mentre lei attraversava la stanza fino a una scrivania, per prendere qualcosa da un cassetto. Poi andò a un tavolino, per prendere le chiavi del furgone che aveva messo lì prima.

"Esco." Le sue parole erano brevi; sembrava svuotata da ogni traccia di emozioni. "Fai pure una doccia nella camera da letto se vuoi, c'è già tutto."

Lui annuì, senza sapere come rispondere.

"Sarò pronta per cominciare appena torno."

Squall chiese quasi, "cominciare cosa?", ma poi si rese conto che lei intendeva lavorare sul caso. Tra questo comportamento e il suo abbraccio di poco prima, era del tutto confuso, eppure non poteva biasimarla. Nessuno avrebbe dovuto affrontare le montagne russe emotive che aveva dovuto affrontare lei nelle ultime settimane.

Il Comandante aveva inoltre colto quello che aveva detto prima a Zone, sul correre per la strada e guardare la pioggia. Era parte della ragione che Rinoa aveva dato al suo amico per aver cambiato idea sul tornare al lavoro quel giorno. Squall sapeva che stava dicendo la verità, era successo qualcosa prima del suo arrivo. Aveva anche visto il taglio fresco sul suo tallone, anche se lei non ne aveva mai parlato. C'era più di quanto lei lasciasse intendere e lui non l'avrebbe pressata; avrebbe piuttosto cercato semplicemente di capire le sue reazioni.

Aveva indossato maschere per gran parte della sua vita; riconosceva i segnali.

Sapeva anche delle volte in cui lasciava cadere le barriere, le volte in cui poteva vedere la vera lei dietro la maschera. Quella era Rinoa. Quella era la persona che aveva accettato la sua mano prima, quella che più tardi l'aveva abbracciato. Stava affrontando il conflitto emotivo a modo lui; lui questo lo accettava. Lui questo lo aveva vissuto.

Non appena lei fu uscita, si diresse immediatamente su per le scale. C'era un enigmatico bisogno di essere fuori dalla doccia prima che lei tornasse. Non poteva spiegare il suo ragionamento o il suo bisogno, ma sembrava solo che quel tempo con lei sarebbe stato importante per il loro futuro. Avrebbero lavorato insieme; voleva usare quella possibilità per muoversi verso una luce positiva.

Nei minuti successivi, fece una doccia record, ma anche in quella fretta trovò il tempo di asciugarsi comunque i capelli. Ancora, i capelli bagnati lo irritavano per qualche oscura ragione. Scendendo dalle scale, sentì di non vedere praticamente l'ora di lavorare alla missione. Ironicamente, era una missione a cui si era opposto dall'inizio, strano come il destino avesse funzionato in quell'occasione. Ma il destino era ancora un po' in debito con lui...

Una volta al piano di sotto, spostò il caffè e il sacchetto di muffin di Rinoa nella sala da pranzo. In quel modo, tutto sarebbe stato pronto al suo ritorno. Sapeva che lei non aveva avuto tempo di mangiare, quindi sarebbe stata molto probabilmente affamata. Anche se disprezzava tutto quello che quello stupido muffin rappresentava, sapeva che le sarebbe piaciuto. In più, doveva essere meglio di quel toast di segale abbandonato sul tavolo.

Dato che mangiare gli risultava difficile, decise di prepararsi dal punto di vista lavorativo. Anche se la maggior parte delle sue cose erano attualmente nel furgone, sentiva che non gli avrebbe fatto male avere qualcosa sotto mano. Per non parlare del fatto che voleva appuntare alcuni pensieri casuali che gli rimbalzavano in testa da un po'. Ok, forse la sua idea di prendere appunti era per sembrare più al comando di quanto lo fosse davvero... voleva solo che lei vedesse un altro lato delle sue abilità, dato che era più di un mercenario con un gunblade. Lei conosceva le sue abilità in battaglia, ma non aveva mai davvero visto il suo lato più logico - i loro cammini non si erano mai incrociati in quel senso.

Guardò sulla sua scrivania, quella da cui lei aveva preso il telecomando del garage. Era il posto più probabile in cui trovare un blocco e una penna a parte lo studio, e sapeva dannatamente bene che non avrebbe svegliato Zell per questo.

Con una ricerca veloce, trovò un blocco e una matita, anche se la punta della matita era spezzata. Cercò un temperino, immaginando che molto probabilmente sarebbe stato in un cassetto. Aprì quello in alto, sollevando una calcolatrice e spostando alcuni fogli.

La sua ricerca sembrò vana, ma appena prima di chiudere il cassetto si fermò, chiedendosi se poteva essere in fondo; sembrava che l'antico cassetto della scrivania non si aprisse del tutto. Non aveva idea di cosa l'avesse posseduto nel cercare fino in fondo; avrebbe dovuto sapere che il destino non l'avrebbe lasciato in pace così facilmente. Spingendo la mano in fondo, cercò di tastare alla ricerca di un temperino e-

... Si fermò bruscamente.

Era familiare e spaventoso, era una risposta a una domanda che non aveva osato fare, e cosa più importante, era una conoscenza che non avrebbe mai potuto disfare. Forse la sua scoperta era un crudele senso dell'umorismo del destino, che doveva essere trovata da lui, a prescindere dal come. Le sue dita tracciarono il tessuto che i suoi sensi riconobbero facilmente. Non voleva davvero confermare la sua scoperta, ma allo stesso tempo, aveva bisogno di essere certo - non ci sarebbero state possibilità di negarlo, allora.

Le dita strinsero la scatolina di velluto. Trattenendo il respiro, con un unico gesto fluido, la tolse dal cassetto solo per vedere la familiarissima scatola. Non doveva guardare oltre; non aveva bisogno di vedere l'anello. Lui capì. Eppure, quella parte macabra di lui voleva in qualche modo maledirsi ancora di più. Prima che il suo cervello potesse capire il movimento, le dita fecero scattare la scatolina, aprendola.

Rinoa aveva l'anello di fidanzamento.

Conosceva un altro dei suoi fallimenti.

In ogni senso, doveva essere suo; solo la sua congegna e la data erano significativamente sbagliate.

Il suono stridulo della porta del garage che si apriva lo fece irrigidire; lei era tornata con il furgone. Non poteva succedere. Non ora. Rinoa non poteva sapere che lui sapeva - quando diavolo tutto questo era diventato così complicato?

*****
Nota dell'autrice: i prossimi due capitoli circa avranno molta trama, perché davvero, c'è una trama. Promesso. Voglio ancora ringraziare Erica perché è la mia beta, e tutti voi che vi prendete il tempo di leggermi. Sto cercando di rispondere a molte recensioni, quindi grazie. (PS: sto ancora usando titoli di capitolo dagli episodi di diverse serie di Star Trek - a parte Voyager, che sto usando per Endless Waltz - dal capitolo 20 di questa storia. Potrei spostarti a un'altra serie presto, solo che non so quale!)

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** XXXVIII: That Which Survives ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXXVIII: That Which Survives ~

Quando il suono della porta del garage che si apriva iniziò ad attenuarsi, così fece anche lo shock portato dalla scoperta di Squall. Il Comandante tornò velocemente alla familiare posa militare, quella che per natura gli era diventata automatica.

Squall sapeva solo una cosa, per certo: non poteva farsi trovare nelle vicinanze di quel dannato anello. Doveva cancellare ogni prova di essere stato alla scrivania o nelle sue vicinanze. C'erano troppi fattori sconosciuti nella loro relazione. Fino a quando non avesse creduto che le fratture potevano essere riparate, non voleva aggiungere altre variabili all'equazione.

Rimise blocco e matita nella loro posizione originale, almeno per quanto poteva ricordare. In fretta, tornò in cucina, spiando la caraffa vuota di caffè. Il suo successivo tentativo di fare il disinvolto fu come minimo comico, mentre cercava di capire come mettere la dannata acqua nella macchina da caffè. Era proprio da Rinoa comprare un dispositivo altamente tecnologico per fare il caffè, capace di confondere le sue abilità meccaniche.

Sentì aprirsi la porta proprio nel momento in cui capì finalmente come mettere l'acqua nel serbatoio.

"...Lui è qui" strascicò lei "-e devo dirlo, non è il veicolo demoniaco che immaginavo, ma d'altra parte sono stata solo una semplice passeggera nella sua presa malvagia."

Era sorpreso ancora una volta dal suo cambio di atteggiamento; o forse il furgone dell'inferno aveva un effetto inverso di di lei.

"Prova a viverci dentro con Zell, e poi torna a raccontarmelo."

"Già... no. In più, devo dirtelo, non profuma di rose."

Il Comandante ridacchiò in modo leggermente nervoso. C'era una parte di lui che si chiedeva semplicemente quanto fosse cattivo l'odore, perché da confinati nelle sue viscere demoniache non lo si notava. Si sentiva eccessivamente consapevole di quanto brutto potesse essere - aveva lasciato Zell da solo per un bel po', dopo tutto chi poteva sapere cosa poteva essere successo in quel periodo. A quanto pareva, Rinoa stava vedendo un altro lato di lui, la specie di lato del compagno di stanza disordinato. Grandioso.

"Appendo le chiavi qui, se servono."

Rinoa indicò la targa di legno con ganci metallici che spuntavano dalla base; era appesa proprio accanto alla porta del garage.

Sistemò la chiave e continuò: "vedi, c'è scritto 'chiavi' nel caso ci si dimentichi cosa va lì". Il suo tono di voce era leggero, ancora una volta in contrasto rispetto a quando era uscita. "La moglie di Watts gli ha comprato un sacco di roba per lavorare il legno per il suo compleanno, una volta. Così è impazzito a fare targhe, ed ecco perché ne ho una con la scritta 'cucchiai' in cucina, 'bollette' nello studio, e 'asciugamani' nel bagno. Ha davvero una stupefacente conoscenza dell'ovvio... e del legno, a quanto pare."

"Forse se entrerò nelle sue grazie, potrò fargliene fare una gigante con scritto 'gunblade'. Nessuna casa è completa senza."

"Forse." Lei sorrise brevemente alla risposta di Squall, dato che in un certo senso era inaspettata. Lei colse il profumo di caffè, un odore molto migliore della sua ultima esperienza. "Ne hai fatta una caraffa fresca - bene."

"Non dimenticare che Zone ti ha portato il caffè... e un muffin." Non voleva essere sarcastico, ma in qualche modo, ogni volta che Squall parlava di lui, il suo tono sembrava cambiare naturalmente.

"Andrà scaldato." Lei scrollò le spalle, sapendo che era tutto piuttosto imbarazzante. Si trovarono entrambi a fissare quello stupido sacchetto mentre lei si sedeva.

"Comunque Squall, non possiamo dar la colpa al muffin... è innocente. Come il toast che tu hai a quanto pare dissezionato..." Guardò il piatto dove giaceva il suo toast, direttamente dall'altra parte del tavolo. "Sono sempre i poveri pane e dolci a finire intrappolati nel mezzo."

Ora toccò a lui sedersi davanti al suo piatto. "Sai, Zell ha fatto un discorso simile sui derivati della carne, voi due dovreste scambiarvi gli appunti."

"Carne? Pensavo che ci avesse rinunciato."

"Lo ha fatto... è questa la bellezza delle sue parole."

"Non significa che devo rinunciare ai muffin, vero? Perché onestamente sono un po' dipendente. Non costringermi a mangiarli con l'aiuto del buio."

Lui sorrise. Ancora una volta, sembrava così naturale essere lì, parlare con lei. Sapeva che avevano scherzato così in passato, ma di solito le conversazioni così spensierate erano poche e rare. Si era promesso dopo che si erano lasciati che non avrebbe mai dimenticato cosa gli aveva insegnato lei. Era difficile da morire, a volte, ma cercava sempre di imparare dal passato. Non era mai stato evidente quanto al matrimonio, ma riusciva comunque a mantenere la sua promessa.

"No, non devi rinunciare a niente, promesso... il tuo segreto è al sicuro con me."

Lei si bloccò, con la mano a metà dentro al sacchetto. Lui non aveva inteso la sua risposta a quel modo, ma in quel momento era tutto quello a cui riusciva a pensare. La colpa che la turbava sembrò semplicemente travolgerla. Lui stava scherzando, ma lei no... il suo segreto non era stato al sicuro con lei.

I suoi demoni sarebbero venuti alla luce, ed era colpa sua.

Con il cuore che batteva all'impazzata, lei allontanò il sacchetto e trovò la forza di guardarlo negli occhi. Lui non aveva idea di cosa lei avesse fatto a Balamb. Lui voleva andare avanti, e se c'era una qualche possibilità di farlo, non poteva lasciare che lui lo scoprisse da qualcun altro, o peggio ancora dal Preside.

"Squall, l'ho detto a Selphie e Quistis... sanno la verità."

Secondo un qualche ragionamento contorto e inaspettato, il fatto che i suoi amici sapessero la verità arrivò come un sollievo per il Comandante. Era un fardello che aveva portato in sé per anni, e il peso a volte era stato quasi soffocante. Eppure ci era riuscito - la sopravvivenza era diventata il suo obiettivo più grande, dare significato al sacrificio di altri. Il suo più grande rimpianto nel sentire quella rivelazione era che aveva involontariamente messo il fardello della sua debolezza sulle spalle di un'altra persona, ancora una volta. Ancora una volta, Rinoa era rimasta a pulire i suoi errori.

La verità sarebbe dovuta arrivare da lui anni prima, ma gli era sempre mancato il coraggio. A un certo punto, aveva quasi creduto alla copertura come se fosse la realtà, perché in un mondo perfetto lo sarebbe stata.

Era più facile iniziare a credere alla bugia che ricordare la verità.

Eppure, sentire che i suoi amici sapevano... questo sollievo emotivo non era quello che Squall aveva immaginato per se stesso - forse un miscuglio di colpa, difesa, e rabbia, ma mai alcuna forma di consolazione. Lo riportava a quello che aveva pensato di Rinoa prima, su di lei che indossava certe maschere... Il Comandante aveva vissuto nella finzione per così tanto tempo che aveva iniziato a dimenticare cosa ci fosse esattamente sotto. Forse la verità di quello che c'era sotto aveva bisogno di un confronto.

E onestamente, poteva conviverci.

Sapeva che non sarebbe stato facile, ma avrebbe potuto essere l'unico modo per andare avanti. Forse anche quella era una cosa che aveva saputo fin dal primo passo del Garden verso l'inganno, e gli ci era voluto così tanto tempo per capire che aveva sempre seguito ciecamente la loro guida senza fare troppe domande. Aveva cercato di credere che avessero a cuore il suo interesse, ma ora metteva in dubbio la loro sincerità. Certo, lo avevano aiutato - non sarebbe arrivato fin lì senza il supporto incrollabile del Preside.

Molti anni prima non avrebbe potuto accettare i suoi fallimenti, ora poteva. Era una questione di tempo, una questione di prospettiva. Era anche l'acquisizione di una parte di quella maturità a cui era stato costretto prematuramente. Da adolescente, non era pronto alla responsabilità, ma quel fatto non era sembrato importante. Allora, il Garden aveva bisogno di lui, Rinoa aveva bisogno di lui, e qualcosa, prima o poi, doveva cedere.

... E per Dio, lo aveva fatto.

"Di' qualcosa, per favore?" lo spronò Rinoa, trattenendo il suo stesso crollo. Il silenzio la faceva lentamente a pezzi. A un certo punto si era abituata al suo silenzio cupo, ma al momento ogni secondo che passava sembrava un passo in più verso la sua perdizione.

Da parte sua, Squall non aveva voluto rimanere in silenzio; a quel punto era istintivo. Comunque sapeva che non era lei quella da incolpare. Le sue azioni erano sempre andate oltre quello che si sarebbe dovuto chiedere a chiunque. Stranamente, non era scocciato: ed era questo a confonderlo di più di quella rivelazione.

"Hai fatto più di quanto dovrebbe mai essere chiesto a chiun-" iniziò, ma si fermò bruscamente, notando che lei aveva gli occhi bassi, incapace di guardarlo ancora. Questo non era un fardello che lei doveva portare da sola; non avrebbe mai dovuto affrontare quella colpa. "Rinoa."

Quando pronunciò semplicemente il suo nome, lei capì la sua richiesta implicita; ubbidì trovando la forza di guardarlo di nuovo.

Con un sorriso debole, lui continuò: "va tutto bene. Onestamente... sono sollevato di non essere più solo in questo. Per favore, non chiedermi di spiegarlo, perché... non posso".

Lei gli credette; soprattutto, aveva sempre creduto in lui. Per quanta ostilità e rabbia avesse cercato di negare in passato, non aveva mai smesso di credere nella persona che lui era dentro.

"Rinoa, non potrei mai chiederti di più... l'ho negato abbastanza. Tu e io... siamo entrambi stanchi. Forse adesso possiamo iniziare a riposare... va bene?"

Lei annuì senza rispondere, ma continuarono a guardarsi negli occhi.

Lui giocherellò con la crosta del suo toast, anche solo per il gesto di tenere le dita occupate. "Se Selphie lo sa, sono sicuro che lo sa anche Irvine... non mi aspetterei che lei gli tenesse segreta una cosa del genere."

"Sì..." rispose lei esitante.

Lui sospirò, spingendo via il piatto. "Quando si sveglierà Zell, glielo dirò... tanto vale uscire del tutto allo scoperto."

"Sei sicuro?"

Rinoa fu sorpresa dal modo in cui lui lo disse, così disinvolto. Sembrava che non ci fosse alcuna emozione dietro, positiva o negativa.

Lui scrollò le spalle e guardò il punto vuoto sul tavolo. Aprirsi era ancora una prospettiva spaventosa e non sapeva come avrebbe reagito Zell. Andava fatto, perché c'era redenzione nella verità.

"Onestamente, sì, sono sicuro..."

Squall smise di fissare il tavolo quanto bastava per guardarla ancora negli occhi. "In un certo senso, penso di aver bisogno di dirlo a qualcuno io stesso. Penso che faccia parte del processo... Cid l'ha detto a te, tu lo hai detto agli altri, eppure io non sono stato in grado di ammetterlo con nessuno. È una catena che va spezzata e beh, Zell... voglio essere io a dirglielo. È stato irritante da morire nelle ultime settimane, ma è stato un buon amico negli ultimi anni. È stato lì per me ad ogni passo. Non posso sorvolare su questo. Merita di sentire la verità da me."

Poi, come avendoci ripensato, aggiunse: "tutti lo meritavano...".

Lei udì le ultime parole, non era il momento di indugiare sugli 'e se' della vita. Rinoa sorrise e disse: "suppongo che sembri sdolcinato se ti dico quanto sono orgogliosa di come stai gestendo la cosa. Voglio dire, alcune cose di te sembrano così diverse da anni fa, ma alcune parti di te, come il tuo cuore, sembrano rimaste le stesse. Era quella parte di te di cui mi sono innamorata all'inizio... sappi solo che sono qui se hai bisogno di qualcosa".

Dopo aver fatto l'offerta, lei si sorprese delle parole che aveva scelto. Non aveva pensato a cosa stava dicendo; la sua onestà era semplicemente fluita in modo naturale. Da qualche parte nella frase, aveva inavvertitamente usato il concetto di amore. Si rese velocemente conto di come poteva essere interpretata da lui - che fosse intenzionale o no rimaneva da vedere.

Mezz'ora prima, lo aveva del tutto ignorato, ora offriva il suo sopporto e ci buttava in mezzo parole come 'amore'. D'altra parte, sapeva che era così che la loro relazione avrebbe sempre dovuto essere. Forse avevano bisogno di questa prospettiva; forse le cose stavano solo iniziando a tornare al loro posto.

"So che ci sei per me. È per questo che posso farlo" rispose semplicemente lui.

Dopo un silenzio imbarazzato, lui si alzò indicando il garage con la mano. "Allora, che ne dici se ti mostro il nostro umile nido delle ultime settimane? Fidati, il giro non durerà molto. Poi potrò darti tutte le informazioni che abbiamo raccolto... il poco che abbiamo. In realtà, stiamo tipo sparando nel buio e basta, cercando di colpire qualcosa. Non è esattamente qualcosa di comune per noi."

Lei alzò lo sguardo su di lui sorridendo. "È un'analogia davvero interessante, date le circostanze della missione." Persino lui dovette ridere all'ironia della sua frase. Non c'era nulla di divertente negli omicidi, eppure a volte l'umorismo era una stampella di cui si aveva bisogno.

Era bello sentirlo ridere, anche se poco. "Facciamo un patto, signor Comandante signore. Fammi finalmente sedere a mangiare questo muffin, prendere un po' di caffè così potrò avere della caffeina in circolo nel sangue, e beh... cercare freneticamente un deodorante per ambienti, e sarà da te."

*~*~*~*~*

Non ci volle molto a Rinoa per finire la sua breve lista di richieste; anche il deodorante fu localizzato con facilità. Prima che lei arrivasse, Squall aveva aperto quasi tutte le portiere del furgone, il lato del guidatore e le porte posteriori, per far circolare l'aria. Aveva anche pulito la maggior parte del casino di Zell, aggiungendo altro alla lista di cose vietate in eterno dal veicolo. A un certo punto, il Comandante aveva quasi chiesto a Rinoa se aveva un piccolo aspirapolvere per pulire le briciole, ma decise di lasciar perdere, per il momento. Lei aveva visto il suo lato più rigoroso, era meglio trarre il massimo dal tempo che passavano insieme.

... Beh, fino a quando l'esperto di arti marziali si sarebbe alzato, allora lui le avrebbe potuto chiedere se aveva un aspirapolvere - Squall poteva sembrare in generale più passivo, ma aveva ancora il comando.

Dopo essere finalmente entrata nel furgone, che sorprendentemente non aveva traccia dell'odore di prima, Rinoa si sedette per terra, cercando di usare i due sacchi a pelo come cuscino. Cercò di fare un 'nido' con le poche cose che c'erano, anche se la cosa si rivelò piuttosto difficile. Ignorando la scomodità e dimenticando il dolore che la sua schiena avrebbe infine sofferto, aspettò che Squall prendesse il comando. Era il suo caso, dopo tutto; le ne era parte solo per fatalità. Anche se, in verità, non poteva immaginare un posto in cui avrebbe preferito essere in quel momento - beh, forse non per terra, ma decisamente con lui.

Proprio in quel momento, la sua mente tornò inaspettatamente all'intimità della notte precedente; quelli erano ricordi che aveva cercato con successo di reprimere fino a quel momento. Non la discussione piena di significato nella sua camera da letto, ma gli atti più carnali sotto la pioggia. Ricordò improvvisamente la consapevolezza che aveva sentito il suo corpo, ogni sensazione sconosciuta negli ultimi anni. Il suo corpo sembrò ricordare la notte precedente di sua spontanea volontà, e si sentì arrossire alle immagini. Rinoa guardò intensamente ogni movimento delle mani di lui mentre faceva scorrere alcune cartelline; poteva ricordare vividamente quanto quelle mani ruvide e callose fossero così tenere contro la sua pelle nuda.

"Ecco."

Lei sobbalzò dal suo sogno ad occhi aperti quando lui si voltò a guardarla, allungandole svariate cartelline tra quelle che aveva appena esaminato.

"...Ah, grazie" rispose lei, quasi ansimante. L'ultima cosa a cui aveva bisogno di pensare era l'uomo seduto solo a un braccio di distanza, soprattutto visto il modo in cui il suo corpo sembrava rispondere in quel momento.

"Tutto bene?" chiese lui, guardandola sospettoso. La sua reazione alle cartelline sembrava strana. Onestamente, tutto il suo comportamento sembrava un po' più rigido da quando era entrata nel furgone.

"A posto" rispose Rinoa un po' troppo velocemente, strappandogli i documenti di mano ed evitando di proposito di guardare sia i suoi occhi che le sue mani.

"Mi dispiace se ho fatto qualcosa..."

Squall non era sicuro del perché la sua prima risposta fosse scusarsi, né poteva cercare di indovinare il motivo per cui dovesse farlo. Le aveva a malapena parlato da quando lei era entrata nel furgone. Comunque era meglio prevenire che curare, immaginava, anche se non capiva quale potesse essere la causa principale del comportamento di Rinoa.

"No, no... va tutto bene. Non hai niente di cui scusarti" lo rassicurò lei senza elaborare.

Ora si sentiva di nuovo una scema. La Strega non voleva esattamente dirgli dove fosse accidentalmente andata a finire la sua mente; rinvangare quell'argomento poteva rivelarsi piuttosto scomodo, soprattutto perché Zell dormiva ed erano fondamentalmente soli nel furgone. Sarebbe stato così facile...

Si colpì letteralmente sulla fronte con le cartelline, guadagnandosi un'occhiata curiosa dal Comandante. Squall strinse gli occhi, confuso; era del tutto perso riguardo le motivazioni del bizzarro comportamento di Rinoa.

"Sai, sono solo un po' fuori, dopo tutto" ammise lei imbarazzata. "È difficile pensare che sei davvero seduto lì - vivo."

Beh, anche se la frase era vera, non era esattamente il motivo dei suoi ultimi sbalzi d'umore. Si chiese per quanto tempo avrebbe potuto usare la 'sorpresa' come scusa; dubitava di poterlo fare ancora per molto.

"Solo che... non importa. Trattami come una collega in missione, adesso. Di qualsiasi cosa hai bisogno, la farò molto volentieri..." Giurò di arrossire ancora di più ad ogni passo falso verbale. "Voglio dire, se c'è qualcosa di cui hai bisogno legato alla missione, fammi sapere."

Fissandola con occhi vacui per un momento, Squall pensò per un brevissimo istante che forse c'era un significato più profondo del suo comportamento strano, ma minimizzò altrettanto velocemente. Era un desiderio da parte sua, dopo tutto... Rinoa era stata piuttosto lunatica sin dalla loro riunione, ma di nuovo, non poteva mai biasimarla per questo - sembrava solo diverso.

Onestamente, sentiva che sarebbe stato meglio semplicemente mettersi alle spalle quello scambio piuttosto strano e continuare a lavorare. Quindi, seguendo il suo consiglio, iniziò a metterla al corrente del caso. Indicando generalmente le cartelline che lei aveva in mano, iniziò.

"Quelle sono le cinque vittime certe. Vorrei che tu leggessi ogni cartellina e vedessi se può venirti in mente qualsiasi cosa che le vittime hanno in comune. Spero che ci sia qualcosa di ovvio che io e Zell non abbiamo notato."

"La tua cartellina non c'è?" notò lei, facendo scorrere le carte.

"No. La vuoi? L'ho lasciata fuori, credo..." Il Comandante sperava di evitare di metterla in mezzo, ma avrebbe ceduto se necessario. C'erano certe cose che lei non aveva bisogno di vedere scritte, soprattutto dato che il suo nome era stato inserito con delle falsità. Non voleva dirglielo, ma non voleva nemmeno non dirglielo.

"Rinoa, non è veritiera... alcuni dettagli importanti sono stati tralasciati, e alcuni sono sbagliati di proposito. Penso che tu mi conosca meglio di qualsiasi cosa possa esserci là dentro... e sinceramente, non voglio che consideri qualcosa di stampato contro la possibilità di una specie di futuro. Non è importante... non per noi."

Allungandosi, il Comandante prese una cartellina e fece per allungargliela. In un mezzo secondo lei prese la decisione, e alzò la mano destra per minimizzare la cosa.

"Va bene così, ti conosco abbastanza. Posso sempre farti una domanda e basta se devo, no?"

"Qualsiasi cosa ti serva sapere."

Lui non riuscì a nascondere il suo sollievo. Eppure quella pietra miliare non era qualcosa su cui indugiare; si voltò a guardare il monitor e lasciò che Rinoa studiasse i documenti.

Lei notò che lui le aveva dato le cartelline nell'ordine della data di morte, certa o stimata. A quanto pareva, era quello che stava facendo con le mani quando lei era rimasta involontariamente ipnotizzata dai loro movimenti. La prima cartellina che aprì le portò qualcosa di familiare. Rinoa ricordava quando Laguna le aveva parlato per la prima volta della morte di quel particolare consigliere esthariano; l'uomo era stato ucciso proprio poche settimane prima del matrimonio di Selphie e Irvine. Ricordava quanto si fosse fatta strozzata la voce del Presidente quando aveva cercato di parlarne al ricevimento. Ne aveva parlato come della perdita di un familiare; nessuno aveva visto la premonizione in quella frase.

Di nuovo, a quel tempo, non c'era alcun legame con un serial killer. Si pensava solo che William Koenig fosse la sfortunata vittima di una violazione di domicilio - un uomo al posto sbagliato nel momento sbagliato. Quel fatto più tardi sarebbe stato riconsiderato, grazie alle scoperte successive. La morte di Koenig era molto premeditata; non era il gesto casuale della malvagità umana. Certo, la connessione tra tutte le vittime conosciute, oltre all'essere politici a vario titolo, rimaneva un mistero.

Saltò fuori, dopo un esame successivo, che anche se si credeva che la morte di Koenig fosse la prima, c'era stato un altro 'incidente' che aveva a quanto pareva iniziato quel macabro sentiero. Due settimane prima della morte del consigliere, un prestigioso lobbista, Patrick Spiner, di Deling, era stato ucciso con un fucile a pallettoni sull'Altopiano Monterosa nel centro di Galbadia. All'inizio era stato etichettato come un tragico incidente di caccia, ma da quando erano emerse altre prove, si era scoperto che ricadeva sotto le motivazioni politiche di questo assassino. La mancanza di un tratto comune evidente era anche quello che rendeva quell'uomo così pericoloso - nulla si adattava a qualcosa di specifico. Prese una alla volta, le morti sembravano scollegate tra loro, ma considerate da un punto di vista più ampio si poteva vedere una specie di legame astratto.

Quelle era le prime due vittime, così come stabilito dalle prove.

Il terzo uomo era Christopher Pegg, anche questa una vittima che era stata in origine poco considerata fino a quando erano stati collegati i fatti. Era un consigliere tecnico del Consiglio Mondiale. Il signor Pegg era stato ucciso a Deling City in una presunta aggressione a scopo di rapina. A quel tempo, si trovava in città per una breve ricerca di portata commissionatagli dalla sua città natale, Dollet. Le autorità locali pensavano che fosse morto cercando di lottare con il suo aggressore.

Il suo corpo era stato scoperto in una via laterale - una via con una sua reputazione particolare. Dato che era possibile che fosse coinvolto un certo comportamento 'illecito e scandaloso', e lui era stato uno strenuo difensore dei valori della famiglia, alcuni dettagli erano stati taciuti all'opinione pubblica. Pegg era anche il primo a non avere una specifica lealtà a una nazione, piuttosto a un'organizzazione che promuoveva l'unità mondiale - ironicamente l'opposto di Squall, che apparteneva a un gruppo che si vendeva più o meno al migliore offerente.

La visione del mondo del Garden variava nell'opinione pubblica, data la sua naturale mancanza di alleanze politiche. Eppure molti credevano che ci fosse bisogno di mercenari e sicurezza nel settore privato - questo fatto gettava solo benzina sul fuoco delle divisioni tra nazioni. Il fatto che avesse anche salvato il mondo una volta di certo non faceva male alla causa di chi appoggiava il Garden. Ad ogni modo, molti pensavano che avesse fatto il suo tempo, e che serviva solo a promuovere la guerra per un guadagno finanziario.

La quarta vittima certa era Terik Beltran, un rispettato membro di gabinetto di Deling City; era stato ucciso con un colpo d'arma da fuoco in quello che si supponeva fosse un colpo in una sparatoria in corsa. Era successo solo un giorno o due prima che Zell e Squall fossero assegnati alla conferenza di pace a Dollet. Era stato anche il fattore decisivo che aveva portato i leader di Balamb ad assumere i SeeD come guardie del corpo, tanto per cominciare.

Il quinto uomo era Avery Siddig, il corpo che era stato ritrovato più di recente sulle spiagge di Dollet. Era stato ucciso presumibilmente una settimana o due prima dell'attentato fallito alla vita di Squall. I rapporti originali avevano stabilito che l'ora del decesso fosse più recente, ma era in vacanza, per cui c'erano state complicazioni nella linea temporale. I dettagli del medico legale avevano dato risultati diversi, comunque.

Il fatto che il corpo fosse stato nell'acqua aveva seriamente complicato le informazioni preliminari. La causa della morte era un singolo colpo alla base del cranio; era un colpo da esperto, presumibilmente fatto di notte.

La sesta vittima sarebbe stata Squall, se non ci fosse stata la benevolenza del destino. Ma per quanto ne sapeva il mondo, era la sesta e più notevole vittima.

C'era una tendenza molto disturbante che emergeva mentre saliva il conteggio dei corpi - l'assassino aveva sparato alle prime tre vittime nel giro di poco più di quattro mesi, ma le ultime tre, incluso Squall, erano state uccise nel corso di circa quattro giorni - una mossa molto più audace da parte sua.

*~*~*~*~*

Erano passate alcune ore in relativo silenzio tra Squall e Rinoa. La conversazione più lunga c'era stata quando Rinoa si era stancata della sistemazione, era andata in casa e aveva portato svariati oggetti per rifare il suo 'nido' di fortuna. Questo, in ogni altra circostanza, avrebbe irritato Squall, dato che i SeeD non avevano bisogno di stare comodi, ma l'avrebbe scusata. Lei non era esattamente lì per sua scelta e solo perché lui non era eccessivamente comodo non significava che anche lei dovesse soffrire fisicamente.

"Hey, pensavo che vi avrei trovato qui."

Rinoa alzò lo sguardo dalla sua ultima cartellina, rivolgendo un sorriso a Zell. Era contenta di quella leggera pausa, dato che leggere i dettagli delle vite di quegli uomini non la portava da nessuna parte. "Hai dormito abbastanza? È solo mezzogiorno, immaginavo che avresti dormito di più."

Lui scrollò le spalle, saltando sul furgone. "Nah, mi servivano solo alcune ore. Ho dormito un po' ieri notte, solo non bene. Allora, mi sono perso la gran scoperta? È finita?"

"Non ancora" iniziò Squall, alzando lo sguardo dal suo blocco per appunti. "Le ho solo dato le cartelline da esaminare. Immaginavo che avremmo fatto un po' di brainstorming quando ti saresti svegliato."

"Meraviglioso... ah, ho contattato Cid dal cellulare e vuole comunque parlare direttamente con te. In teoria lo devi chiamare appena ne hai la possibilità."

"Beh, adesso non ne ho la possibilità. Immagino di non poter rimandare per sempre, ma posso rimandare nel futuro recente."

Zell e Rinoa si scambiarono uno sguardo curioso; entrambi sapevano che il Comandante molto probabilmente non aveva alcuna intenzione di chiamare il suo superiore. Squall avrebbe aspettato fino a quando ce ne sarebbe stata l'assoluta necessità o il gruppo avesse avuto un qualche indizio solido.

In cambio, dal canto suo il Preside non sembrava pressare Squall, dato che tutte le comunicazioni interne passavano da Zell. Data la disobbedienza del Comandante e il bisogno del Garden di tenerlo sott'occhio, sembrava che le due parti al comando fossero a un punto morto - con Zell eletto a pedina della loro partita a scacchi mentale.

L'esperto di arti marziali sapeva di lasciar stare così; l'esperienza glielo aveva insegnato. Si sedette accanto a Squall, e fu costretto a commentare le aggiunte di Rinoa al loro altrimenti spoglio santuario su ruote.

"Rin, adoro i cambiamenti che hai fatto. Vedi, alcune ore qui dentro e hai già reso il furgone dell'inferno meno infernale."

"Un pouf, coperte, e cuscini morbidi possono fare quell'effetto. Ho provato a sedermi per terra... non è durato molto."

Zell rise, lo sapeva anche troppo bene. "Promettimi solo che se io e Squall dovessimo partire, potremo portarci alcune decorazioni piccole con noi... come sai, il pouf, i cuscini e le coperte. Se hai un materassino ad aria doppio, sarebbe molto apprezzato." Si fermò, guardandola speranzoso. "Davvero, ce l'hai?"

"Mi dispiace, non ho materassini ad aria e spero che tu stia scherzando sulla gratitudine, ma sentitevi liberi di prendere tutto quello che volute - è incluso nel patto anche il cibo."

"Ho già detto che ti amo?"

"Sì, penso che sia saltato fuori prima." Alzò gli occhi al cielo, scosse la testa, e tornò all'apparentemente inutile compito di studiare le cartelline.

Sarebbe stato un pomeriggio molto lungo.

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** XXXIX: Once More Unto the Breach ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XXXIX: Once More Unto the Breach ~

Anche se l'esperto di arti marziali avrebbe adorato poter continuare la discussione su cuscini morbidi e cibo commestibile, pensò fosse meglio fare rapporto al Comandante. Dannazione al suo irritante senso del dovere e tutto; ora era in conflitto con il suo irritante bisogno per le cose più eleganti della vita, come i pouf. Un giorno, da qualche parte, il suo dovere sarebbe stato incentrato sui pouf troppo imbottiti.

Tristemente, non si trattava di quel giorno...

Zell voleva vedere se era stato scoperto qualcosa di nuovo mentre dormiva. Guardando al di sopra della spalla del Comandante, notò che Squall aveva scarabocchiato qualche parola chiave su un blocco note. Da quello che poteva capire, il suo amico aveva scritto in grande le quattro W normalmente usate in giornalismo, in fondo al foglio. Per qualche ragione, quell'approccio alla chi, cosa, quando, dove e perché divertiva immensamente Zell.

"Squall, amico, sul serio, non stai intervistando il tipo. Lascia che faccia io - ti risparmierò ore di riflessioni infinite. Chi: un tipo a cui non piacciono i politici. Cosa: una persona... a cui non piacciono i politici. Quando: probabilmente non gli piacciano mai. Dove: a quanto pare, non gli piacciono da nessuna parte - sembra non fare discriminazioni di paese. Perché: beh, la mia ipotesi è che abbiano fatto qualcosa che non gli è piaciuto. Ecco... restringe il cerchio?"

Squall non rispose verbalmente, gli rivolse solo un sguardo duro accompagnato da quello che Zell ritenne essere un piccolo ringhio.

"Una persona a cui non piacciono i politici... non è circa il novanta per cento della popolazione?" intervenne Rinoa, ridendo delle riflessioni di Zell. Era sempre bravo ad avere una visione della vita del tutto casuale e completamente unica.

"Sfortunatamente, sì, e secondo quella teoria, devo mettere il mio nome sulla lista dei sospettati" aggiunse Squall in tono acido. "Mi sembra che le domande di base si possano applicare comunque a questo caso - come farebbe un giornalista alla ricerca di una storia."

Il Comandante difendeva la sua teoria; era una questione di orgoglio, a questo punto. In verità, aveva solo scritto quella parole senza pensarci troppo, più come uno scarabocchio casuale che altro. Fortunatamente, anche Rinoa sembrava dalla sua parte, cosa che di per sé era una piccola meraviglia.

"Penso che funzionerebbe, se si guardasse oltre le risposte molto profonde che ha dato Zell. Voglio dire, prendi il 'chi', per esempio - sapete che questo tipo ha l'abilità di sparare con precisione e ha accesso a diversi strumenti. Chi, più probabilmente, avrebbe questa abilità e disponibilità?"

"...Un militare?" rispose Zell completamente serio.

"O la polizia... lui è uno che ovviamente ha avuto dell'addestramento" aggiunse Squall, seguendo quel corso di pensieri.

"O lei" corresse Rinoa.

"Bene" rispose Squall frustrato, stringendo di nuovo gli occhi per il disgusto. "Lui o lei ha ovviamente avuto un addestramento con svariati tipi di armi."

Rinoa sorrise per quella piccola vittoria nella battaglia per i pari diritti, anche se il suo commento aveva poco a che fare con questo. Era più per vedere se poteva surclassare Squall.

Vedendo il sorrisetto vittorioso della sua ex ragazza, il Comandante si rese conto in fretta che sarebbe stato un lungo e irritante pomeriggio con quei due - Dio, non si era accorto di quanto questo gli mancasse.

Dopo la piccola vittoria di Rinoa, Squall seppe che dovevano tornare a impegnarsi. Si sentiva onestamente come se stessero ottenendo qualcosa - solo che non sapeva esattamente cosa. Il fatto che questo assassino dovesse essere addestrato con successo a usare un fucile da precisione era il migliore indizio. Perché non avesse guardato in quella direzione fino a quel momento, non lo sapeva. Altri gruppi al Garden forse avevano già intrapreso quella strada, ma si sentiva come se loro tre avessero un vantaggio - un legame lungo una vita, per non parlare del loro senso unico di squadra.

Prima di quel momento, i due SeeD erano stati così concentrati sul funerale che non si erano fermati nemmeno per considerare il quadro generale. Per non parlare del fatto che il Comandante aveva un altro argomento su cui la sua mente tornava costantemente a vagare... Ora, la sua mente a volte vagava ancora, ma avere 'l'argomento' seduto accanto a lui faceva tutta la differenza del mondo.

Forse la lista di Squall del 'chi, cosa, perché' poteva essere la breccia di cui avevano bisogno. Almeno, era il modo in cui il Comandante decise di considerarlo; era stato solo per caso che i suoi appunti li avessero portati lì. Come minimo, la sua logica giornalistica aveva aperto una linea di comunicazione tra i tre.

Rinoa tornò alla cartellina delle prima vittima - quella uccisa dal fucile a pallettoni. Per quanto poteva ricordare, il fucile a pallettoni era comunemente usato nella caccia, e dato che era la prima vittima conosciuta, poteva esserci una qualche specie di connessione.

"Mi chiedo, per via del fucile a pallettoni, il killer potrebbe essere una specie di cacciatore? O qualcuno che colleziona o vende armi?"

Zell scrollò le spalle guardando il Comandante; voleva valutare la sua risposta. "Potrebbe anche essere solo uno sportivo da fine settimana, il che ci riporta al cacciatore."

Squall dovette dissentire. Anche se non era affatto un esperto di pistole, aveva una buona conoscenza dell'argomento. "A un certo punto, il fucile a pallettoni è stato usato più che altro per gioco, ma negli anni è diventato abbastanza comune sia nelle rivolte che nelle sparatorie. Quindi immagino che sia sempre qualcuno che è stato in qualche forza militare o di polizia."

Il Comandante studiò ancora il foglio delle caratteristiche che Zell aveva creato qualche giorno prima. Insieme alle informazioni personali delle vittime, il foglio elencava anche le cose di base sull'arma utilizzata. Il Comandante doveva ammettere che era utile come riferimento, ma non lo avrebbe detto ad alta voce. In quel momento, se avesse dato un dito a Zell, lui si sarebbe preso un braccio.

"Tieni." Squall allungò il foglio a Rinoa perché lo esaminasse, e poi continuò: "guarda solo la lista delle armi usate: pistola, revolver, fucile da caccia, mitra, e una versione a ripetizione e una semi-automatica di un fucile ad alta precisione... e ancora, l'ultimo probabilmente aveva gli infrarossi. Stiamo parlando di qualcuno che è stato addestrato con diverse armi e che ha un certo accesso ad esse. Non c'è un doppione, nel gruppo. In più, alcune di queste armi non dovrebbero nemmeno essere disponibili al pubblico. Non sto dicendo che non lo sono, solo che non dovrebbero... quel tipo di mitra è di solito usato nel settore militare privato".

"Intendi militare privato... come la SeeD?" domandò Rinoa.

Era scioccata dal fatto che lui anche solo sottintendesse una cosa simile, anche se sembrava un possibilità molto reale. Sembrava una di quelle cose che sapevano, ma rimanevano taciute tra loro tre - il peggior scenario possibile.

"Non possiamo eliminarla, a questo punto. Non abbiamo mai davvero guardato in quella direzione" ammise il Comandante. "Non abbiamo mai nemmeno voluto farlo... immagino che sia difficile credere che potrebbe essere uno di noi."

"Sapete cos'è che proprio non capisco di questa cosa del cecchino. Voglio dire, questo tipo... o tipa" si corresse Zell guardando Rinoa con un sorriso diabolico "è riuscito a sparare a Siddig di notte, colpendogli la spina dorsale, voglio dire, in un posto molto specifico, con un colpo solo? Poi cambia di nuovo il suo modus operandi, cosa che di per sé non è sorprendente data la completa libertà di questo stronzo, ma il colpo iniziale su Squall che ha mancato, tipo, risalta... perché alla luce del giorno il colpo più facile e più vicino sbaglia? Il primo proiettile mi è finito nella dannata spalla... e non ero nemmeno direttamente vicino a te o cose così... voglio dire, ovviamente stava usando un qualche tipo di visore notturno per uccidere Siddig, ma comunque, il colpo alla base del cranio richiede abilità e precisione, mentre colpirmi nel braccio... non tanta."

"È davvero una buona osservazione." Il Comandante rimase impressionato dall'attenzione di Zell, anche se, di nuovo, era meglio tenersi i complimenti fino alla fine della missione.

"Cosa potrebbe essere stato a fargli mancare l'obiettivo a distanza più breve?" chiese Rinoa, guardando l'esperto di arti marziali.

Seguendo una lunga e molto irritante abitudine, Zell si fece scroccare le nocche mentre rifletteva sulla domanda. Il suo ragionamento poteva essere stato corretto, ma la sua ipotesi sul 'perché' era del tutto aperta.

Guardò Squall, che sembrava in genere più tollerante, nelle ultime ore. Era bello non avere il suo amico come il fascio di nervi esplosivi che era stato qualche giorno prima; Rinoa aveva modo di tenerlo bilanciato. Per non parlare del fatto che, secondo Zell, questa deviazione era responsabile della meraviglia fatta di cuscini e coperte enormi. A quanto pareva, solo l'essere vicino a cuscini morbidi aiutava tutto il processo di riflessione del gruppo.

Zell rispose infine: "che ne dite del sole? Forse qualcosa ha fatto riflesso negli occhi del cecchino? I nostri rapporti dicono che il fucile usato per colpirci era un semi-automatico... forse il cecchino non era familiare con quest'arma? Forse tutto l'addestramento è stato sulla versione a ripetizione? O forse la pistola si è bloccata momentaneamente?".

"E se qualcuno avesse disturbato il colpo?" intervenne Rinoa, cercando di offrire un'altra possibilità. "Per esempio, diciamo che questo tipo era in un appartamento e qualcuno ha bussato? Anche se... penso che la tua idea del riflesso sia migliore. Spiegherebbe perché ha fatto meglio di notte che di giorno. Ha abbastanza senso."

Squall rimase seduto, ascoltando la conversazione dei due. Sembrava che questo scambio fosse per lo più tra Zell e Rinoa. Era felice che entrambi avessero motivazioni valide e ragionevoli. Il leader dentro di lui voleva vedere fino a punto sarebbero arrivati senza il suo contributo.

Rinoa sospirò irritata, appoggiandosi al pouf. "Ci serve un esperto di armi... ci serve Irvine."

"Aspetta, è un SeeD, ha la capacità, l'addestramento e l'accesso, in più odia i politici" affermò scherzosamente Zell. "Ha tutte le caratteristiche!"

"Non è nemmeno divertente" intervenne veloce Rinoa, fingendo disgusto.

... E ora il leader non poteva più restare in silenzio. Sfortunatamente, la conversazione aveva appena virato verso l'assurdo e superato tutta la logica.

"Lasciamo perdere. In più, Irvine può odiare i politici, ma io gli piaccio."

"Lo pensi tu" controbatté Zell per scherzo. Ovviamente, non diceva sul serio colpevolezza del cowboy, ma a volte, l'umorismo era una pausa necessaria. "Sai Squall, è ancora arrabbiato perché hai licenziato quel Carl dalla mensa... quello che faceva la salsa barbecue di soia. Penso che Irvine pianga ancora un po', dentro, ogni volta che vede un'ala di pollo nuda e senza salsa."

"Ripeto, non Irvine" affermò con fermezza Squall. "Possiamo confermare dove si trovava, in più non oserebbe affrontare la furia di Selphie. È praticamente spaventosa quando si arrabbia. Nessuno oserebbe di proposito affrontare quella furia."

"Ha molto senso" concordò Zell. Non c'erano parole per descrivere una Selphie arrabbiata... nessun aggettivo poteva esprimere quel terrore ultraterreno.

"Tornando al caso, prima che saltassero fuori le accuse senza fondamento di ali di pollo senza salsa..." Anche se la teoria era un antidoto comico, il Comandante voleva rivisitare i punti precedenti. "Concordo che sia molto probabilmente qualcuno con esperienza e accesso alle armi - possibile che abbia avuto un addestramento da cecchino. Dovrebbe essere un buon punto di partenza. Se si sente davvero più a suo agio con un fucile a ripetizione, dobbiamo scoprire quale nazione lo ha come standard. Dobbiamo tornare indietro di almeno due decenni... questa persona potrebbe facilmente non essere più in servizio. Qualcuno con un messaggio politico del genere o è direttamente coinvolto, o ci ha avuto a che fare abbastanza a lungo da capire come funziona la burocrazia dall'interno."

L'esperto di arti marziali scosse la testa. Era qualcosa, ma nel quadro più generale delle cose, era molto poco. "Squall, sai quanta gente è stata addestrata a usare i fucili di precisione negli ultimi vent'anni? Se teniamo conto di ogni agenzia locale, nazionale ed esterna, siamo sempre parlando di centinaia. Per quanto a Irvine piaccia pensare di essere speciale, onestamente, ci sono comunque un sacco di cecchini addestrati, forse solo non così bravi."

Il silenzio familiare del Comandante fu l'unica risposta al commento di Zell.

"Tzè, va bene, va bene, farò la ricerca... voglio solo che tu sappia che sarebbe stato molto più semplice se fosse stato un attacco con un gunblade. Dai, tra quelli che hanno smesso e quelli ancora in addestramento, ci sarebbe una lista di due sospettati." Zell fece un sorrisetto, anche se sapeva di poter stare giocando ancora con il fuoco.

"Non è divertente" rispose Squall irritato. Stava cercando di ricordare a se stesso che Zell aveva appena dato prova di essere piuttosto utile. Sarebbe stato un uso del tempo poco produttivo provocare danni fisici, in più il suo compagno di squadra aveva un solo braccio utilizzabile, anche se gli aveva tenuto testa solo pochi giorni prima. Comunque, il Comandante si morse la lingua, lasciando stare il commento... almeno per il momento.

"Io pensavo che fosse abbastanza divertente, ma hey..." cinguettò Rinoa, sapendo che il suo intervento molto probabilmente non sarebbe stato gradito in quella situazione.

"Vedi, Squall, lei mi apprezza... potresti imparare da lei." Dopo averlo detto, Zell desiderò rimangiarselo; l'espressione sul viso del Comandante parlava da sola. Di nuovo, i modi malvagi del furgone dell'inferno iniziavano a mostrare la loro brutta faccia. Aveva bisogno di qualcosa per rientrare nelle sue grazie, prima di essere bandito in eterno nel veicolo, e dannazione, voleva dormire in un letto quella sera.

"Sapete, una cosa sugli assassinii - sembra che abbiamo vittime da ogni nazione a parte Fisherman's Horizon, il Villaggio degli Shumi, Timber e Winhill... se questo tipo odia così tanto i politici, forse qualcuno ha fatto qualcosa alla sua città? Ops, voglio dire questo tipo o questa tipa." Zell si corresse come se ci avesse pensato dopo. "Visto Rinoa, ho anche detto lei, politically correct e tutto."

"Sta diventando davvero irritante." Rinoa si rese conto che la sua piccola vittoria, a quanto pareva, aveva vita breve; anche lei non aveva sempre pensato le cose con neutralità di genere, mentre parlava. "Lo ammetto, il tipo è molto probabilmente maschio, e fino a quando non sapremo altro, lavoriamo con la supposizione che sia un lui."

"Il tipo è molto probabilmente maschio... un classico." Zell ridacchiò alla frase ripetendola sotto voce.

"Ma tornando a quello che stavi dicendo" disse Rinoa alzando la voce, cercando di tornare in carreggiata. "Voglio dire, è che come se io mi sentissi protettiva verso Timber, anche se non sono cresciuta qui. Intendi questo?"

"Credo che sia quello che sta cercando di dire, solo non molto bene" intervenne Squall. Poteva esserci verità nel ragionamento di Zell, ma sfortunatamente lasciava aperte troppe variabili. "Il problema maggiore della tua teoria è che rimangono Deling City, Dollet, Esthar e Balamb. Questo se classifichiamo il Garden nella città di Balamb, parlando per ipotesi... ma se pensi così, le città con le vittime sono uguali alle città senza vittime. Non si elimina molto."

"Ma quelle che ha nominato sono più piccole, il che restringe il campo" sottolineò Zell.

"A meno che, di nuovo, torniamo alla teoria che potrebbe essere stato addestrato altrove, e poi si sia trasferito lì" continuò Squall. "Per esempio, Laguna è stato addestrato come un soldato galbadiano, ma ha vissuto sia a Winhill che ad Esthar. Probabilmente, non si sentirebbe protettivo nei confronti di Deling City, ma piuttosto delle altre due città. Quindi dovremmo considerare quei fattore, il che sarebbe quasi impossibile."

"Allora questo mette Laguna tra i sospetti?" scherzò Zell.

Il Comandate gli rivolse un duro sguardo irritato; quello era un confine che non avrebbe superato. "Attento. Nessuno si spingerà fino lì."

"Stavo scherzando, mamma mia, cercavo solo di alleggerire la tensione."

"Capisco perché voi due non avete mai ottenuto niente" borbottò Rinoa; era detto tra sé e sé, ma in qualche modo echeggiò nel furgone.

"No, adesso capisci perché abbiamo evitato di parlare. Era per ragioni di sicurezza, soprattutto la sua" ragionò Squall. Tristemente, quella frase non era lontana dalla verità.

*~*~*~*~*

Erano appena passate le tre del pomeriggio. Il gruppo era rimasto riunito nel furgone per svariate, lunghe ore, per di più piene di uno stress incredibile. Avevano fatto una pausa per il pranzo, se non per la fame allora per la sanità mentale. Ovviamente, non era andato tutto liscio, dato che c'erano state leggere punzecchiature da una parte e dall'altra.

Era iniziato abbastanza innocentemente; Rinoa aveva inavvertitamente offerto a Zell un'insalata, pensando di andare sul sicuro. Lui, ovviamente, aveva dovuto fare il difficile, affermando che era una 'cosa così comune da offrire' a qualcuno che non mangia carne. Lei aveva onestamente pensato che lui fosse scocciato fino a quando aveva notato che non riusciva più a controllare le risate.

Zell pensava che tutta la situazione fosse divertente - il modo in cui si era scusata a destra e a manca, credendo davvero di averlo offeso. Ovviamente, era davvero un luogo comune, ma l'umorismo stava nel fatto che anche lui aveva fatto la stessa supposizione. Quando aveva iniziato ad uscire con Alex, la faccenda lo confondeva un po', fino a quando si era abituato all'idea. Tutto quello che era riuscito a fare era stato ridere per come lei gli aveva ricordato se stesso qualche anno prima.

Dopo che era stato evitato il piccolo guaio, Rinoa e Squall erano finiti a lavorare insieme a cucinare degli spaghetti. A quanto pareva, la pasta fresca era un po' più invitante per due persone che erano vissute di patatine e razioni nelle ultime settimane. L'unica parte cattiva, secondo il Comandante, a parte la mancanza di polpette per ovvie ragioni, era la mancanza più tragica di pane all'aglio. Rifiutò fermamente altra roba di quella che lei aveva nei mobili. Per caso, scoprì più tardi che era qualcosa che aveva lasciato la moglie di Watts, il che sembrava più da lei.

Almeno un mistero era stato risolto...

Per l'ultima ora, nessuno aveva davvero detto niente, solo alcuni commenti casuali qua e là. Il silenziò ricordò a Zell l'atmosfera che c'era prima che Squall se ne andasse, anche se in qualche modo l'aria sembrava più leggera. Era difficile da descrivere, solo una sensazione. Eppure, dopo quasi due settimane di silenzio imbarazzato, l'esperto di arti marziali aveva questo bisogno di comunicare con qualcuno di nuovo, o piuttosto, almeno diverso, in quel caso...

In più, dopo il non aver parlato a una delle sue migliori amiche in più di tre anni, c'erano così tante cose su cui era curioso. Per dirne una, non era davvero sicuro di cosa lei facesse per vivere. Sì, sapeva che lavorava per Timber ma, in quella prospettiva, lo faceva anche il pilota del treno. Tristemente, Zell immaginava di poter fare una descrizione immediata di ciò che faceva un pilota... ma non altrettanto per ciò che faceva lei. Immaginava che lei, Zone e Watts si fossero mossi verso posti migliori dai loro giorni come Gufi del Bosco, solo non sapeva esattamente che tipo di posti.

"Posso farti una domanda, Rin? Perché se nessuno parla per un'altra ora, inizierò a colpirvi con le palline di carta, e indubbiamente finirà male. In più, dopo settimane con l'unica compagnia di Mister Felicità, è bello sentire la voce di un'altra persona. Immagino che mi stavo tipo chiedendo... so che lavori per Timber e il sindaco eccetera, ma esattamente cosa fai?"

"Sentiti libero di chiedere tutto quello che vuoi. Per favori, non sentirti come se non potessi parlare, sono sempre io, sai." Rinoa sorrise, chiudendo la cartellina che stava leggendo e mettendola da parte. Era così contenta di chiacchierare un po'; era di certo una pausa gradita, soprattutto se si parlava di qualcosa di cui era molto orgogliosa.

"Il mio lavoro, eh? Beh, a tutti gli effetti, il mio lavoro è ufficialmente quello di consulente. Anche se attualmente non ho il titolo di studio che normalmente ci vorrebbe, ho l'esperienza - che tipo bilancia le cose. Il fatto che il sindaco pensasse che avevo legami in tutto il mondo non mi ha danneggiato di certo. Immagino che il sindaco abbia pensato che tra i miei legami con i Gufi del Bosco, il Garden, Esthar... e, beh, il Colonnello Caraway, io fossi una risorsa. Anche il fatto di essere stata al Villaggio degli Shumi impressionò parecchia gente, dato che quasi nessuno aveva mai incontrato l'Anziano di persona."

Rise per un attimo. "Fidati, non avevo certo l'influenza che pensavano loro, ma non sono certo andata a dirlo in giro. Avevo bisogna di dimostrare che potevo farlo, cosa che alla fine ho fatto... non è stato facile e non tutti pensavano che fosse giusto. Avevo davvero molto da provare."

Squall si trovò inavvertitamente a smettere di lavorare solo per ascoltarla parlare. Gli venne in mente una cosa; in alcuni aspetti, il ruolo iniziale di Rinoa nel governo di Timber era molto simile al suo ruolo nel Garden. Entrambi erano visti come piccole celebrità, e considerati come comodità di valore. Non era tanto per la loro capacità sul lavoro, quanto per il personaggio creato dai media. In alcuni modi, lei era caduta nella stessa trappola in cui era caduto lui. L'unica cosa era che lei sembrava essersi liberata dalla stretta, lui sembrava ancora confinato nella presa.

Notò qualcosa che diceva molto sulle loro differenze - che anche parlando del suo passato a Timber, lei lo faceva con un sorriso nostalgico. Lui non si sentiva più così nei confronti del Garden, sempre che l'avesse mai fatto - forse una volta. Era un argomento annebbiato nella sua mente. Sapeva solo che Balamb non era più la casa che una volta aveva pensato che potesse essere.

Lei continuò a parlare con lo stesso sorriso radioso. "È davvero ironico, tipo. Onestamente, non penso che il governo di Timber sapesse quanto erano tese le mie relazioni con la maggior parte del mondo. Probabilmente l'unico posto in cui ho mai davvero usato un legame positivo è stato Esthar... ed è stato solo per la mia relazione con Laguna e -"

Rendendosi conto di cosa aveva appena detto, guardò Squall. Sembrava essere a disagio a quel momento; Rinoa poteva intuirlo da quanto era inquieto. Era una cosa di cui non avevano parlato la notte precedente. In quel momento, le si strinse il cuore al pensiero del Presidente di Esthar. Era ancora dolorosamente imbrigliato nella menzogna. Quell'uomo aveva sofferto così tante perdite, e ora stava inutilmente soffrendo ancora.

Non poteva soffermarsi su quel fatto, in quel momento; non avrebbe aiutato nessuno. Toccava a Squall trovare pace con suo padre, non a lei. Sperava solo che padre e figlio potessero trovare una qualche specie di terreno comune, forse un'altra speranza nata da quella tragedia.

"Scusa" disse piano, quasi in un sussurro, guardando il Comandante direttamente negli occhi. "Immagino che non mi sia uscita bene, ed è un argomento del tutto diverso e scollegato..."

Voltandosi di nuovo verso Zell, cercò di continuare costringendosi al sorriso di prima. "Comunque, tornando alla tua domanda, prima che decidessi di divagare un po'. La risposta semplice alla tua domanda è: sono una consulente. Anche se faccio molte cose che vanno oltre la definizione standard. È diventata più una posizione di legame, negli anni. Mi piace davvero e finalmente sento di fare la differenza."

"Ah, fico, penso di capire... la cosa importante è che sembra davvero che ti piaccia quello che fai."

L'esperto di arti marziali si grattò la testa. Non era mai stato il tipo degli aspetti politici della vita; preferiva molto di più gli aspetti fisici o meccanici delle cose. "Sai, sto pensando che dopo questa missione dovrei sistemare la mia conoscenza del 'governo mondiale'. Forse se capissi meglio le cose, capirei meglio questo caso. È tutto come una specie di lingua straniera per me... sono un po' perso con tutta questa terminologia."

Lei lasciò andare una risata di comprensione, ci era passata - ci era proprio passata tre anni prima.

"Non preoccuparti, anch'io ero così. Quando ero nei Gufi del Bosco, tutto sembrava così bianco e nero, così buono e cattivo... non lo è affatto. È molto più complicato. Per quanto riguarda i diversi titoli e capi, vedila semplicemente così: di solito tutti i maggiori rappresentanti hanno lo stesso status sociale all'interno della nazione."

"Sì, vedila così" interruppe Squall. "Che sia un'autocrazia, democrazia, dittatura, monarchia, repubblica o qualsiasi altra forma di governo - sono sempre le solite cazzate arriviste."

"Grazie per aver chiamato il mio lavoro cazzata." Rinoa difese la sua posizione - sentirlo dire da Squall era come uno schiaffo in pieno volto.

"Scusa, non stavo pensando" disse con sincerità.

Dandosi un calcio metaforico, desiderò aver pensato un po' di più a quel sentimento prima di sbottare. Tecnicamente, anche lui si posizionava nel gruppo 'arrivista' - e proprio come in qualsiasi altra professione, c'erano persone che erano lì per i motivi sbagliati. Quelle, ovviamente, erano di solito le persone con cui aveva a che fare quotidianamente. Non era sempre una questione di benessere e potere; era semplicemente stato categorizzato così nella sua mente.

"Rinoa, so che le tue ragioni sono ben lontane dall'egoismo... questo vale per molte persone, incluso Laguna. Solo che ho avuto a che fare con il negativo così tanto tempo."

Zell fu sorpreso dal commento di Squall; non era il modo di riconquistare la propria ex ragazza, ma d'altra parte Squall seguiva raramente il normale protocollo. Quello strano disagio tornò, così sentì che sarebbe stato meglio tornare a distogliere l'attenzione da questo piccolo intoppo.

"Vedi, delle parole che ha detto Squall, ne ho riconosciute a malapena qualcuno... è come una specie di lingua straniera complessa che mi spaventa a morte. Ma, uhm, se vuoi sapere come funziona una locomotiva, o la meccanica del Centro di Ricerca Sottomarina, sono il tipo adatto."

"Facciamo un patto." Rinoa non poté evitare di ridacchiare alla sua espressione perplessa. "Quando ne verremo fuori, ti spiegherò un po' di cose sul governo, e tu potrai ricambiare spiegandomi tutto sui treni. Vivo a Timber, quindi sapere quelle cose potrebbe essermi utile. Voglio dire, sto aiutando Zone con quel disegno di legge sui trasporti da un sacco di tempo. Forse se sapessi quanto sai tu, non sarei così persa."

"Allora è questo che fanno Zone e Watts? Scrivono disegni di legge? Voglio dire, beh, non per sembrare maleducato o cose così, ma abbiamo tipo lavorato con loro... e, beh, il loro stile è... ehm... unico?"

"Questo probabilmente è il modo più carino in cui avresti potuto dirlo" ammise lei scuotendo la testa.

Rinoa poteva capire come lo stile unico dei suoi amici potesse essere percepito dagli estranei. Ai SeeD, poteva sembrare un piccolo miracolo che sia Zone che Watts fossero usciti indenni dalla faccenda di Artemisia. Quando lavoravano insieme nei Gufi del Bosco, i loro metodi erano un po' poco ortodossi, va bene, molto poco ortodossi. Capiva completamente i dubbi di Zell, tra i viaggi al bagno di Zone, l'energia troppo entusiasta di Watts e il suo uso della parola 'signore', e, beh, le loro improvvise sessioni strategiche sul pavimento, che normalmente portavano a idee molto brutte...

Non era strano mettere in dubbio le loro capacità politiche.

Sfortunatamente per lui, l'esperto di arti marziali si perse lo 'sguardo della morte' che gli aveva rivolto Squall. L'ultima cosa di cui aveva bisogno il Comandante era sentire dettagli su Zone. Avrebbe davvero preferito fare una discussione di gruppo sulla sua relazione con Laguna - ecco quanto temeva ciò che sarebbe inevitabilmente seguito.

A causa di questo pasticcio dei treni, Squall rifletté seriamente sul bandire qualsiasi cibo dal furgone. Se Zell era troppo debole per parlare, era meglio per tutte le persone coinvolte. Davvero.

"Inoltre Zell, scrivere disegni di legge non è tecnicamente un lavoro - a meno che consideri la persona che le scrive fisicamente al computer, ma penso che non intendessi questo. Comunque, Zone... è il consigliere principale nel campo militare... io lo paragonerei quasi a qualcosa di simile alla posizione di Squall, solo non così... beh, formale?"

Squall fece una smorfia sentendo questo - aveva appena paragonato seriamente lui e Zone? Anche se riguardava solo le loro posizioni, era tutto molto imbarazzante. Forse era il suo modo di vendicarsi per aver insinuato che quello che faceva lei era una cazzata. Comunque, non la interruppe né commentò; non ne valeva la pena. Era meglio stare semplicemente seduto, ascoltarla, e fare una smorfia tra sé e sé ogni volta che veniva fatto quel nome.

"Timber ha cercato negli ultimi anni di sviluppare una difesa militare... e Zone ne è a capo. La gente ha paura che si ripeta il passato, da quando Galbadia ha fatto l'invasione. La città in genere era davvero poco preparata... persino Dollet aveva soldati che potevano combattere, in più avevano le risorse finanziare per assumere la SeeD. Cosa che, ovviamente, voi sapete già... Dollet ha combattuto, mentre Timber si è trovata sotto una specie di legge marziale.

"E Watts, che tu ci creda o no, è tornato a scuola e si è laureato. È più di un rappresentante ufficiale di Timber, dato che ha l'abilità naturale di avere a che fare con la gente. Voglio dire, ripensa ai primi incontri - era Zone lo scettico, e Watts l'ottimista. Questo modo di fare l'ha aiutato dopo, dato che è servito durante il cambio di governo di Timber."

"Sì, era abbastanza carino con noi, anche allora... mi sembrava che Zone fosse irritato quasi sempre."

"Beh, sì, lo era... ma era solo il suo modo di proteggermi, dato che ho tipo l'abitudine di finire nei guai senza volerlo. Non dare troppo peso al suo atteggiamento."

"Ah" schernì Squall, anche se non aveva voluto dirlo ad alta voce. Era una reazione naturale quando pensava che quell'uomo fosse solo troppo protettivo.

... Tanti saluti allo stare seduto in silenzio.

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 40
*** XL: Is There in Truth No Beauty? ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XL: Is There in Truth No Beauty? ~

"Sì, conosco già benissimo la tua opinione su Zone" affermò Rinoa, alzando gli occhi al cielo mentre Zell lasciava andare un grugnito accidentale.

"Chissenefrega" rispose il Comandante, e di nuovo si trovò a dire qualcosa fuori luogo. "Non mi scioccherebbe se fosse contento che sono fuori dai piedi. Forse dovremmo controllare dove si trovava lui."

Squall non aveva idea di cosa l'avesse portato a fare quel commento, sapendo molto bene come lei l'avrebbe presa. Aveva cercato di restare in silenzio, ma c'era qualcosa di così irritante e basta in quel tipo, soprattutto dopo averlo sentito prima. C'era sempre stato... e Squall dubitava che fosse solo un caso di eccessivo senso di protezione.

Rinoa cercò di non permettere al commento di irritarla, ma parte di lei sentiva che era davvero poco necessario, detto da lui. Squall di solito era stato in grado di rimanere obiettivo, e Zone era uno dei suoi migliori amici, a prescindere dalle circostanze.

"Sai come ti sei arrabbiato tu quando Zell ha detto scherzando che potevano essere stati Irvine o Laguna? Perché pensi che troverei un po' di umorismo nella tua battuta? Non prenderla sul personale."

"Hai ragione" si scusò Squall, rendendosi conto della sua evidente ipocrisia.

Di nuovo, desiderò di poter rimanere indifferente verso l'amico di lei; non poteva spiegare la sua irrazionale antipatia. Una cosa che poteva dire di positivo su Zone era che aveva davvero a cuore il benessere di Rinoa. C'era sempre stato per lei. Squall non poteva dire lo stesso di sé. In quel momento aveva bisogno di concentrarsi sulle qualità che redimevano Zone, non su quelle negative che gli giravano in testa.

"Capisco" rispose Rinoa in tono più dolce, sapendo che le emozioni erano ancora fragili.

Per non parlare del fatto che aveva appena detto a Squall di non prenderla sul personale - ed era lui ad aver avuto un proiettile in petto. Decise di continuare a parole. "Tanto per chiarire, posso confermare che Zone era con me o al lavoro in svariate di quelle date. Il giorno in cui è morto Siddig, lui, Watts e io siamo rimasti in piedi tutta la notte a finire una proposta. Noi tre possiamo confermare uno per l'altro. Quindi a meno che tu voglia aggiungere sia Watts che me alla tua lista di sospetti, riprova."

"Visto, adesso otteniamo qualcosa" affermò Zell, cercando di alleggerire il clima altrimenti teso. "Possiamo ufficialmente cancellare Laguna, Irvine, Watts, Zone, Rinoa, Squall e ovviamente me... perché ci hanno sparato e tutto. Sette in meno, solo altri milioni da esaminare."

Una cosa che l'esperto di arti marziali aveva imparato durante quella missione era che all'interno del furgone dall'inferno il temperamento, la disposizione e il comportamento in genere di una persona poteva cambiare alla velocità di un Kyactus. Anche se, in verità, essere colpito da un attacco dai mille aghi sarebbe stato più tollerabile che vivere con Squall, ultimamente, il che diceva molto, soprattutto dato che Zell una volta aveva dovuto togliersi dal sedere quei dannati aghi per giorni - non una bella immagine, a dir poco.

In quel momento, Zell non aveva notato quanto intensamente si fissassero Rinoa e Squall. A quanto pareva, anche con il suo tentativo di alleggerire la tensione, sembrava che non potessero sfuggire a tutti i problemi tra loro... Fortunatamente Zell aveva distolto lo sguardo, anche se a disagio, dopo essersi reso conto di essere stato involontariamente trascinato in quel momento intimo tra la Strega e il suo ex Cavaliere.

Sembrava che né Rinoa né Squall volessero tornare al semplice ruolo di colleghi.

Da parte di Squall, cogliere lo sguardo di lei era stato accidentale, continuare a guardarla anche più inaspettato. Di solito uno di loro sembrava evitare l'altro. Non questa volta. Era una sfida di volontà su più livelli. Sapeva che tre anni di trasgressioni non potevano essere risolti in meno di ventiquattro ore. Le cose dovevano succedere lentamente; se saltavano in un'altra situazione come quella della notte precedente, poteva non esserci più spazio per una riconciliazione. Comunque, questo non cancellava i suoi desideri, e quel momento ne era proprio la prova.

Da parte sua, Rinoa aveva visto quell'emozione pura e senza inibizioni che lui cercava di nascondere agli altri. Ci fu una passione taciuta che passò tra loro, cosa che fece riemergere in lei i pensieri di prima. Stava trattenendo così tante cose, ma entrambi sembravano sapere che serviva tempo per superare alcuni limiti.

A quel punto, c'era così tanta tensione sessuale tra i due che l'esperto di arti marziali pensò fosse meglio uscire dal veicolo prima che diventasse davvero imbarazzante. Anche se dubitava che uno dei due avrebbe ceduto; a quanto pareva era diventata una silenziosa battaglia d'orgoglio tra loro. Il furgone doveva avere un lato che tirava fuori anche i desideri carnali, cosa che fortunatamente non aveva ancora mostrato. Aveva davvero bisogno di andarsene dopo quel pensiero.

"Uhm, certo. Io vado... beh, vado a fare qualcosa che non richiede che io sia nelle vicinanze, ok?"

Zell iniziò ad alzarsi, ma fu fermato bruscamente. "No, resta."

Era davvero spaventoso. Non solo Squall aveva fatto la richiesta, ma anche Rinoa aveva detto le stesse parole, all'unisono. Stava iniziando a entrare nel reame del soprannaturale-spaventoso, ma Zell sapeva che sarebbe stato meglio seguire gli ordini - soprattutto dato che due entità separate li avevano dati insieme.

"Ok, allora... immagino che dovrei restare."

Il disagio di Zell finì altrettanto improvvisamente e bruscamente di quanto era iniziato. In un nanosecondo, sia Rinoa che Squall tornarono automaticamente alla modalità lavoro. Era come se quel momento non fosse stato altro che un frammento dell'immaginazione di Zell, ed entrambi erano già tornati a leggere i documenti.

Gli occhi di Zell passarono dall'uno all'altra. "Va bene allora... a quanto pare mi sono perso l'appunto in cui dobbiamo solo ignorare con disinvoltura o reprimere qualsiasi problema. Chiederei se c'è qualcosa che qualcuno vuole dire, ma scommetto dieci guil che nessuno dei due cederà... quindi fingiamo tutti che non sia successo e basta, giusto?"

"Non farlo" lo avvertì Squall laconico.

"Hey, voi due volete che resti." Alzò il braccio sano in un gesto di resa. "Ambasciator non porta pena. Penso solo che forse avete bisogno di parlare o cose così... sono del tutto disposto ad andar via per un po'."

"Farò una scatola per la raccolta suggerimenti" rispose ironico il Comandante. "Il primo suggerimento che ci metterò sarà che lasci perdere... secondo i nostri tempi, ok?"

Spingendosi ciocche di capelli dietro l'orecchio, Rinoa desiderò tornare velocemente ai problemi più pressanti. I momenti precedenti le avevano logorato i nervi e avrebbe voluto metterseli alle spalle, almeno per il momento. Come aveva detto Squall, 'secondo i loro tempi'. Dubitava che fosse solo un messaggio per Zell; era un messaggio nascosto destinato anche a lei. Stava cercando di rassicurarla, a modo suo.

Per non parlare del fatto che, per quanto amasse Zell, si sentiva davvero a disagio nel parlare della sua vita amorosa, o mancanza, davanti a una terza persona.

"Allora, non c'è davvero nessun altro legame che avete trovato tra questi uomini, a parte l'essere coinvolti nella politica?"

Facendo la domanda, Rinoa non distolse gli occhi dalla cartellina che aveva in mano. Non aveva la capacità di guardare nessuno dei due. Onestamente, stava cercando di capire cosa diavolo fosse appena successo tra lei e Squall. Era stata imbarazzata - imbarazzata perché era successo, imbarazzata perché sembrava non riuscire ad avere il controllo dei suoi desideri più di base, e imbarazzata perché, dopo tutto quel tempo e quella distanza, si era appena resa conto che era ancora profondamente innamorata di lui.

Quando il Comandante continuò a rimanere seduto lì senza una parola, Zell intervenne, offrendo la mancanza di conoscenza che avevano.

"Niente. Abbiamo considerato le cose da un punto di vista politico, sai, vedere se condividevano qualche tipo di comitato, disegni di legge, leggi o altro, ma facevano tutti cose diverse in città diverse."

Rompendo finalmente la sua barriera di silenzio, Squall aggiunse: "ho anche controllato la loro posizione individuale sulle limitazioni alle armi. Il Garden aveva l'idea che potesse essere una qualche specie di affermazione politica. Le posizioni registrate variavano dall'essere completamente per le limitazioni a completamente contro, quindi quell'idea è stata scartata".

"L'ultima persona che è arrivata a riva... gli ha sparato quanto tempo prima di sparare a voi?"

"Sembra che ci sia discordia, qui. Fino a una settimana, credono" rispose Squall.

"E non ha mai ucciso in modo così ravvicinato nella stessa città?" chiese.

"No, non l'ha mai fatto, in più Beltran è stato ucciso alcuni giorni prima. I primi tre omicidi sono avvenuti nel corso di oltre tre mesi, e i tre successivi entro tre settimane. Se inizia entro i tre giorni siamo abbastanza fottuti."

"Mai stati curiosi sul perché alcuni degli omicidi erano pubblici - come il nostro e quello in macchina? Mentre altri erano più controllati, come questo tipo a Dollet e lo scasso ad Esthar?" rifletté ad alta voce Zell.

"Ha ragione" concordò Rinoa. "Ci sono voluti giorni per scoprirne alcuni, nel caso di Siddig quasi una settimana... mentre il vostro era estremamente ovvio e decisamente c'era più rischio nell'essere preso."

"Valeva il rischio" affermò Squall, quasi fosse un dato di fatto. "I due omicidi erano un messaggio politico di per sé - è anche una forma di potere. Voleva che sapessimo che è lui ad averlo."

"Quindi, logicamente, potrebbe essere più arrabbiato per qualcosa che avete fatto tu e il tipo della sparatoria dall'auto in corsa?" Zell si era lasciato fuori dall'equazione, lavorando ancora una volta secondo la supposizione che la sua ferita era un effetto secondario. "Hai qualche idea su cosa hai fatto?"

Squall lo schernì. "Scegli tu. Non posso nemmeno iniziare a fare una lista di tutto quello che ho fatto e che avrebbe potuto far incazzare qualcuno a quel punto."

Rinoa scosse la testa. "Non devi nemmeno essere tu direttamente, dato che tu sei anche un rappresentante. Uccidere un SeeD non avrebbe avuto lo stesso effetto che uccidere te. Anche se Cid tecnicamente è il Preside, sei tu quello più visibile e conosciuto. Sei tu quello che il mondo considera un eroe, e questo tipo potrebbe non vedere la SeeD come la salvatrice che tutti una volta hanno creduto che fosse."

"È verissimo; potremmo non sapere mai la ragione, allora." Non che a Squall interessasse, fino a un certo punto, dato che sapeva che a certe persone non piaceva ciò che rappresentava, e non poteva incolparle per avere una loro opinione. Nemmeno a lui piacevano particolarmente certi aspetti della sua vita.

"Penso che dovremmo tornare all'idea di esaminare le città in cui non ci sono stati omicidi. Cercare di guardare dalle prospettive delle diverse città. Forse possiamo scoprire perché un membro di gabinetto di Deling e un Comandante della SeeD varrebbero di più il rischio." Zell scrollò le spalle; poteva valere un tentativo.

Rinoa immaginò che a quel punto non poteva far male; che cosa avevano da perdere? A quel punto, avevano escluso solo sette sospettati - e tre di loro erano attualmente nel furgone. Prese il foglio delle informazioni; voleva usare qualcosa come riferimento visivo. "Guardiamo ai posti non coinvolti, in ordine... primo, il Villaggio degli Shumi."

"Uhm, i Mumba possono anche solo tenere in mano una pistola? Figurarsi un fucile di precisione?" chiese Zell in tutta serietà, anche se dubitava che sarebbe stata percepita a quel modo dai suoi colleghi.

Rinoa scrollò le spalle, cercando di immaginarlo. Sembrava che questa immagine mentale fosse leggermente fuori portata. "Non direi? Sembra piuttosto improbabile? Onestamente, sembra anche più improbabile che vogliano anche solo farlo, ma non si sa mai... aspetta, penso di poterne aver visto uno con una machine gun o... sto solo pensando a Laguna?"

"Stai confondendo mio padre con un Mumba?"

Rinoa rise, rimpiangendo il commento immensamente. "Scusa, stavo solo pensando alla statua di Laguna e aveva una machine gun... la statua che ha scolpito l'Artigiano. È un'immagine piuttosto distorta nella mia testa tra la statua e i Mumba. Non sono davvero sicura del perché. Comunque, sai, forse è perché hanno mani davvero grandi... e - aspetta, i Mumba sono almeno consapevoli della politica? Si interessano?"

"Cosa? Ti sto completamente fraintendendo o hai appena detto che confondi l'immagine di un Mumba e di Laguna perché hanno le mani grandi e... sai cosa, non fa niente." Squall smise immediatamente di fare quelle domande, dato che non ne veniva niente di buono. Per nulla.

Il Comandante desiderò che la conversazione tornasse sui binari giusti - disperatamente. "Per quanto riguarda in genere la Tribù degli Shumi, ci hanno dato Norg, e non era l'esempio scintillante di correttezza politica o sanità mentale."

"Ottimo argomento" iniziò l'esperto di arti marziali. "Allora, possiamo dire ufficialmente che è possibile che la Tribù degli Shumi abbia un suo progetto politico, o almeno alcuni di loro? Ma possiamo anche dire che non siamo sicuri che i Mumba possano sparare con dei fucili di precisione... cosa che, sì, praticamente non ci porta da nessuna parte... farò una ricerca su internet dopo. Deve avere tutte quelle informazioni altrimenti inutili. Ok allora, andiamo avanti: Fisherman's Horizon, casa della nostra coppia preferita di capostazione e moglie amanti della pace, pazzi e fuori di testa."

"Questo è un briciolo estremo. Non sono così pazzi - solo appassionati." Rinoa avrebbe sempre difeso quel punto, dopo aver conosciuto persone appassionate a una causa a Timber. Amici e colleghi le cui azioni potevano a volta essere leggermente interpretate male degli estranei.

"Davvero? Ne sei sicura?" Zell rise, pensando al loro ultimo incontro con uno dei Dobe. "Seriamente, sai cosa ha fatto lei il primo giorno di conferenza? Durante la pausa del mattino, Flo letteralmente si è tinta i capelli di verde e si è messa una tutina intera marrone, cosa che, Hyne non lo permetta, non lasciava niente all'immaginazione. Se questo non è pazzo, scusami, appassionato abbastanza per te, è anche andata al centro della rotonda, si è messa in piedi e ha allungato le braccia sopra la testa. Poi, quando ci sono state abbastanza persone a fissarla, ha pubblicamente proclamato che le sue azioni erano per ricordare tutti gli alberi caduti al mondo che 'non stenderanno più i loro teneri rami verso il sole materno'. Parole sue, non mie. Sono triste che siamo arrivati solo all'ora di pranzo, chi lo sa cosa avrebbe fatto per il resto della settimana."

Poi, come se ci avesse pensato dopo: aggiunse, "ooooh, ancora internet, qualcuno deve aver scritto sul blog sulle sue altre buffonate. Come potrebbero non farlo?".

"Ok... molto, molto appassionata?" Rinoa cercò di controllare le risate.

Non era da lei giudicare il credo di qualcuno, ma comunque, l'immagine di Flo Dobe vestita da albero era piuttosto divertente - per non parlare dell'espressione di alcune di quelle facce gonfie dei politici alla conferenza che la fissavano orripilati.

"Le piacciono davvero gli alberi, vero? A te piacevano davvero i panini, si dice che sei addirittura andato all'altare con un panino per una scommessa. Quindi, ehm... il suo amore per gli alberi non è poi così diverso." Rinoa si fermò, guardando il foglio che aveva in mano. "Oh mio Dio, non l'avevo nemmeno visto prima... eccolo."

"Sfortunatamente no" intervenne Squall, dato che il Garden aveva già seguito quel sentiero. Per quanto fossero unici, i Dobe erano puliti. Sarebbe stato troppo semplice. "In verità, erano in cima alla breve lista di possibili sospetti. Sorprendentemente, hanno entrambi alibi di ferro. Diavolo, quando ci hanno sparato, Flo era a dare volantini sulla pesca eccessiva nella sala principale della conferenza. Ha rifiutato di mangiare pesce, a pranzo, su basi etiche. Tutti l'hanno vista lì, e fidati, onestamente, intendo tutti... il Capostazione Dobe è stato visto a FH."

"No, no... non quello." Rinoa si alzò e si avvicinò, inginocchiandosi tra i due sgabelli. "Sto parlando di quello che ha detto Zell sugli alberi."

Allungò il foglio a Squall. "Guarda. I loro indirizzi sono tutti dei tipi di alberi."

"Cosa? No" intervenne Zell, prendendo il foglio a tempo di record, lasciando lo scontento Comandante con un taglio da carta molto fastidioso. "Io non penso... i nomi degli alberi sarebbero stati piuttosto ovvi, anche per me."

"Di sicuro sì, nel senso, se tu non conoscessi le specifiche. Voglio dire, guarda solo Strada del Salice o Corte Sanguinella - questi due sono praticamente evidenti, ma guarda più in grande. Primo, prendi Viale Mandorla..."

"Mandorla... è una noce" la corresse Zell.

"Sì, una noce da un albero." Squall proprio non poteva lasciarsi scappare quell'opportunità.

Rinoa annuì, ma continuò lungo la lista. "Via Camelia..."

"Camelia? Non è un nome da ragazza? Conoscevo anche una ragazza che si chiamava così. Diamine, conoscevo persino un Chocobo che si chiamava così!"

Rinoa sospirò. Voleva bene a Zell, ma a volte, diceva le cose senza pensarci molto. "Sì, lo è, ma è anche un..."

Omise intenzionalmente l'ultima parola, gettandogli l'esca come un'insegnante che vuole una risposta. Era come se il tempo si fosse fermato, e stessero discutendo anni prima di qualcosa di futile. Ora le loro canzonature avevano un significato, però.

"Albero. Bene. È anche un albero... credo."

"Sì, lo è, più esattamente, può essere un albero o un cespuglio da fiore... ok, e infine abbiamo Crab Cove. Dato che Christopher Pegg viveva negli 'Appartamenti Baia del Pellicano', immagino che il contesto originale del nome della via intendesse i piccoli crostacei con le chele e tutto, i granchi, ma Crab è anche un albero, un melo selvatico."

"Quando hai imparato così tante cose sugli alberi?"

"Solo un interesse di una vita, credo... in pratica un hobby che mi è rimasto dall'infanzia."

"Perché un fulmine può colpire due volte, anche lo stesso albero?" Squall lo aveva detto così a bassa voce che lei pensò quasi di esserselo solo immaginato.

"Cosa?" iniziò, ma poi ricordò all'improvviso il significato dietro le parole. Era sorpresa che lui ricordasse; sentirlo echeggiare le sue parole di anni prima diede all'improvviso alla frase un doppio significato. Allora, era intesa come una paura dell'infanzia che distruggeva qualcosa di bellissimo, qualcosa che lei e sua madre avevano piantato come arboscello decenni prima... ora poteva vedere anche il suo significato da un punto di vista più metaforico.

Scuotendosi dalla testa quei pensieri, continuò: "per quanto riguarda l'educazione, sono anche stata a una lezione di botanica qualche semestre fa. Solo una, ma era interessante".

"Stai studiando?" Il Comandante sembrò più concentrato su questa rivelazione che sulla piccola scoperta del caso. Era solo una curiosità innata, si sentiva come se si fosse perso così tante cose.

"Stavo... sono stata solo a qualche lezione. Il mio intento era di laurearmi, ma la vita... il lavoro me l'ha impedito. Come ho detto prima, la ragione per cui ho avuto il lavoro a Timber è stata per la mia dedizione ai Gufi del Bosco, ma in realtà, penso che fosse per le mie presunte relazioni, molto probabilmente. Tre anni fa, non avevo molto a livello di educazione, almeno su carta."

Squall e Rinoa si fissarono momentaneamente negli occhi, prima che lei aggiungesse infine: "ci sono molte cose che non sai di me. Sono passati tre anni".

Per quanto Zell fosse interessato all'istruzione di Rinoa, era piuttosto inutile a quel punto. Avevano appena fatto quella che poteva essere la più grande scoperta fino a quel momento, e quei due stavano facendo la loro bizzarra gara di sguardi un'altra volta.

"Ehm, Rin, non per interromperti, ma tornando alla lista... e Squall? Il suo indirizzo non è il nome di un albero."

Non lo aveva considerato. Di nuovo, non era tecnicamente sulla lista, ma andava preso in considerazione nel caso.

"Il Garden?" iniziò esitante, cercando una qualche specie di legame logico. "Beh... forse? In più, ci possono essere alberi in un giardino fiorito, giusto? Voglio dire, ci possono essere. Quindi è possibile che il vostro Garden militare sia paragonato a un giardino fiorito?"

"È un po' tirata. Certo, possono esserci alberi al Garden, ma-" Squall si fermò immediatamente. Di tutte le ore di video del funerale che aveva visto, una delle immagini sembrava finalmente avere significato. "Merda. Non può essere così semplice, vero? Un albero al Garden."

Fu come se un pezzo sconosciuto del puzzle andasse finalmente al suo posto. Poteva essere stato accidentale, ma in qualche modo, sembrava solo che quel pezzo fosse perfetto. Rinoa aveva immediatamente colto il ragionamento di Squall. Avrebbe dovuto saperlo più di chiunque altro. Dannazione, aveva dato una mano a piantare quella dannata cosa.

"L'uomo ha detto che è stato comprato in tua memoria. Non ho mai chiesto da chi. Stavo solo... non riuscivo a pensare a niente del genere, in quel momento... ma avrei dovuto chiedere. Mi dispiace."

"Rinoa, non c'era modo che tu potessi sapere del simbolismo, allora."

Ora Zell era completamente confuso. A quanto pareva, questi due aveva una sorta di legame psichico - forse tutto quel fissarsi aveva insegnato loro a leggersi nella mente, dato che nessuno dei due sembrava spiegargli un dannato niente. Per l'ennesima volta, trovò che lavorare con il duo dalle meraviglie telepatiche fosse un'esperienza del tutto inquietante.

Trenta secondi prima, parlavano di noci e alberi, adesso avevano in qualche modo capito alcune settimane di lavoro nel giro di alcuni secondi - il tutto lasciandolo rudemente fuori, ancora.

"Chi? Dove? Cosa diavolo mi sono perso?"

"Vedi, sapevo che saresti tornato alla mia lista di domande" riuscì a dire Squall mentre voltava le spalle agli altri due, tornando velocemente a usare il computer.

"Sono così perso." Zell alzò il braccio sano al cielo. "Rinoa, per piacere, puoi spiegarmi?"

"Durante il funerale, ho aiutato un uomo a piantare un albero. Ricordo vagamente che ha detto qualcosa sul fatto che era stato ordinato dal Garden, donato o qualcosa di simile. Qualcuno voleva piantarlo in memoria del Comandante - una cosa così."

"Grazie! Questo almeno ha senso... era così difficile?" L'ultima parte della frase fu grugnita al Comandante, che sembrava troppo ipnotizzato dalla luce del monitor anche solo per rispondere.

Almeno Zell sentiva che erano sulla stessa lunghezza d'onda, adesso, un cambio drastico di sensazione dal sentirsi come se non stessero nemmeno nuotando nello stesso dannato mare, prima. Non aveva ancora fatto il collegamento tra le noci sugli alberi a Rinoa che ne piantava uno al funerale, ma immaginava che gli avrebbero dato più dettagli dopo. D'altra parte, probabilmente non doveva dire Chocobo prima di metterli nel sacco.

L'esperto di arti marziali guardò Rinoa. "So che c'è qualche albero del genere al Garden, soprattutto nel Giardino. Tristemente, penso che ne abbiamo piantati qualche dozzina dopo la guerra contro Artemisia. È un grande gesto, però. Adoro portarci Alex. È tipo come se la bellezza della persona continuasse a vivere. Quindi, ehm... chi ha donato l'albero nel tuo caso?"

"Molto probabilmente l'assassino. È quasi poetico." La voce di Squall era monotona, e non distolse mai gli occhi dal computer.

"Se è stato comprato da qualcuno al Garden, questo non ci riporta alla SeeD?"

L'esperto di arti marziali odiava davvero l'insinuazione, ma sembrava qualcosa che non potevano più evitare.

"Spero di no, ma..." Squall non riuscì a finire; ci sarebbe stato troppo dolore nel solo sentirlo. Doveva restare obiettivo - quella era sempre stata una fonte di forza; non avrebbe permesso a questo bastardo che la trasformasse in una debolezza.

In silenzio, Rinoa si trovò a mettergli una mano sulla spalla. Sentiva il bisogno di consolarlo, di essere legata a lui in qualche modo. Era inspiegabile, ma sapeva che a lui sarebbe servito il suo supporto, in quel momento più che mai.

Abbastanza sorprendentemente, anche se Squall era quasi morto solo poche settimane prima, non l'aveva mai presa sul personale - con la possibile eccezione del commento su Zone, anche se era stato detto per lo più per ironia. In tutto quel tempo, il Comandante era rimasto con la convinzione che lui era stato solo un obiettivo accessibile, un rappresentante di un gruppo la cui morale era stata pubblicamente messa in discussione. Prima, il proiettile non riguardava mai lui; riguardava solo la sottintesa ipocrisia politica che le persone credevano fosse rappresentata dal Garden.

Eppure, se era stato fatto da un SeeD, poteva benissimo riguardare lui.

"Zell, mentre cerco di trovare questa cosa, puoi iniziare a compilare una lista di studenti, ex studenti, e impiegati che possono avere un addestramento con il fucile? Non tutti possono aver sparato quel tipo di colpi." Poi, come richiesta secondaria, Squall aggiunse: "e per il mio bene, per favore non includere Irvine nella lista, va bene?".

"Subito capo." Squall avrebbe alzato gli occhi al cielo se non fosse stato così intensamente concentrato sullo schermo del computer. In qualche modo, la risposta di Zell suonava piuttosto condiscendente, ma sapeva che il suo significato era ben altro.

Alzandosi dalla sedia e facendosi scroccare le nocche, come d'abitudine, Zell chiese: "Rin, ti va bene se uso il computer dello studio? Ne abbiamo tipo solo uno qui. A quanto pare il Garden non ha preso il pacchetto lusso a doppio computer che, a proposito, adesso è diventato uno standard nei nuovi modelli del furgone dell'inferno. Oh, e prometto che non controllerò la tua cronologia, i tuoi segreti sono al sicuro con me".

"Sì, certo" rispose lei sarcastica. "La mia appagante vita segreta del solitario al pc. Vai pure, solo non togliermi il punteggio più alto, o allora mi arrabbio."

Mentre Zell usciva, Rinoa cercò di stiracchiarsi, alzandosi il più possibile in un veicolo a quanto pareva disegnato per essere comodo per i moguri. Avvicinandosi al Comandante, si chinò in avanti, appoggiando parte del peso sulla spalla di Squall. Lui non sembrò esserne disturbato.

"Allora, cosa stai cercando?"

"Sto cercando di entrare nel sistema principale del Garden. Voglio controllare le ricevute."

"Come fai a essere nel sistema, non ti vedrà qualcuno? Beh, non te, ma noteranno che qualcuno di non autorizzato ha fatto login e sta accedendo ai file."

"No, sto entrando attraverso una backdoor. Nessuno che non lo sappia già lo noterà. È una misura di sicurezza che Cid ha inserito qualche anno dopo la rivolta di Norg. Per quanto riguarda quello che sto cercando, come regola generale, chiunque abbia comprato un oggetto, come un albero, darebbe i soldi o a Cid o a me. Uno di noi farebbe il controllo della richiesta. È raro che qualcuno bypassi il sistema in questo caso, dato che l'acquisto dovrebbe comunque essere approvato prima di avere il permesso di essere piantato. Quindi, logicamente, qualcuno ha pagato, dobbiamo solo capire chi."

"Normalmente sarebbero gli amici del morto, no?"

"Normalmente, ma qui siamo andati ben oltre il normale. Inoltre non è che sia raro che un gruppo o un comitato prenda donazioni per cose simili. Prendi Selphie, ad esempio. A parte i suoi amici, sarebbe logico che il Comitato per il Festival del Garden prendesse donazioni. Comunque, l'acquisto passerebbe per il sistema."

Fece scorrere la pagina, cercando le date corrispondenti. "Merda, è impossibile. Guarda tutte queste richieste di controllo per fiori, fioristi o vivai. Cosa mai al mondo farebbe pensare a questa gente che avrei bisogno o vorrei fiori, tanto per cominciare? Non mi conoscono per niente."

Lei gli picchiettò la spalla, cercando di mantenerla sul leggero. "Sai, ho pensato la stessa identica cosa. Se ti avessero davvero conosciuto, avrebbero usato i soldi per corrompere i poliziotti di Dollet per altre copie di foto segnaletiche."

"Quello era un classico." Lasciò andare una risata d'intesa. "Non preoccuparti comunque, ho ancora la mia copia. Non lascia mai il mio ufficio, non si sa mai quando può tornare utile. I migliori guil che ho mai speso, a proposito."

"Figurarsi. Non sono del tutto sorpresa che abbiamo opinioni diverse sulla definizione della parola classico."

Era strano che non avesse pensato a quella foto mentre svuotava il suo appartamento. Era anche più strano che ci pensasse adesso. Il fatto che lui la tenesse nel suo ufficio era insieme dolce e leggermente peculiare. Non intendeva leggerci troppo, adesso; era solo bello tenere quel ricordo.

Lui continuò a cercare, riga dopo riga, senza trovare alcuna prova concreta. "Sfortunatamente, penso che ci sia una possibilità che la ricevuta sia stata timbrata come generale, come fiori o floreale... chiunque abbia controllato la richiesta, non ha specificatamente messo un albero nella linea per la descrizione. Per non parlare del fatto che circa quattro persone diverse cercavano di riempire i vuoti, e potrebbe spiegare la mancanza di dettagli. Per dirlo con sicurezza, dovrei vedere le copie originali, o contattare qualcuno che può."

"Beh, chi potrebbe?"

"Ce ne sono alcune, ma... io non posso chiamare, e nemmeno Zell. Anche se immagino che non sarebbe fuori questione per te cercare di scoprirlo."

"Aspetta, cosa? Io? La mia relazione con il Garden non è esattamente stabile, sai."

"Beh, la mia relazione con loro è tre metri sottoterra, quindi sembri la scelta più logica. Ho bisogno che contatti qualcuno, e spieghi che vuoi ringraziare chi ha fatto il dono... se la berranno, se viene da te."

"Squall, io e te non ci siamo parlati per tre anni... tutti al Garden sono ben consapevoli di questa cosa. Quanto pensi che si berranno, davvero?"

"Tutto quanto. Ormai, tutti sanno che eri indicata come l'erede universale nel mio testamento. Per una volta, lasciamo che qualsiasi pettegolezzo stia già circolando giochi a nostro favore."

Lei si bloccò, pensando al testamento. In qualche modo, entrambi erano riusciti a sorvolare su quell'enorme dettaglio fino a quel momento, ed ecco che lui ne parlava in una conversazione, casualmente. Era nel suo migliore interesse reagire con calma e professionalità quanto aveva fatto lui, dimenticando la fonte del pettegolezzo.

Inghiottendo il suo orgoglio, chiese con disinvoltura: "chi vuoi che chiami? Shu?".

"Sfortunatamente, lei sta già tornando a Trabia. Abbiamo bisogno di qualcuno che possa guardarle direttamente, qualcuno che possa anche restare imparziale e non farsi coinvolgere emotivamente." Ci fu una lunga pausa esitante prima che gli sfuggissero dalle labbra le parole successive. "Non ti piacerà..."

"Non mi piace già" affermò lei schiettamente, ma in qualche modo, aveva questa sensazione sospettosa che sarebbe diventato molto, molto peggio.

Le parole successive che gli uscirono dalla bocca erano quelle che lui sperava di non dover mai dire.

"Onestamente, dato che Cid è a Dollet, penso che la cosa migliore sia chiamare Lauren."

*****
Nota della traduttrice: devo dirvi una cpsa riguardo a Crab Cove: ho lasciato così, in inglese, per non perdere il gioco di parole, che ho poi cercato di far dire a Rinoa. Crab Cove significa letteralmente 'Baia del Granchio', ma Crab è anche una parola che sta ad indicare il melo selvatico e il relativo frutto. Non esiste, che io sappia, una parola italiana che abbia lo stesso doppio significato, per cui ho preferito lasciarlo così. Se qualcuno sa aiutarmi a risolvere meglio, mandi pure un pm!
Ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 41
*** XLI: Sacrifice of Angels ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XLI: Sacrifice of Angels ~

"Mi stai prendendo in giro?" sbottò Rinoa, allontanandosi da lui il più possibile. Era una reazione scatenata, verso cui non si era nemmeno aspettata di sentire così tanta animosità. Sembrava che Squall non fosse l'unico nel furgone ad avere problemi irrisolti di gelosia - anche se entrambi erano troppo ostinati per usare mai direttamente quel termine. Proprio come in passato, sembrava che la loro relazione potesse essere definita come una battaglia interna di orgoglio e volontà.

Comunque, sopra a qualsiasi altra cosa, la sua mente vacillava sulla contraddizione interna delle parole di Squall. Doveva semplicemente star scherzando in un qualche modo oscuro e sarcastico in cui solo lui trovava dell'umorismo. Almeno, era ciò che lei sperava disperatamente.

"Vuoi che faccia cosa? Chiamare qualcuno che può restare 'emotivamente distaccato' o qualsiasi cosa tu abbia appena detto! ...E la persona a cui ti riferisci guarda caso è la tua ragazza? Sai su quanti livelli tutto questo è sbagliato? Seriamente sbagliato?"

Senza aspettare di valutare la sua risposta, aveva già ceduto alla rabbia. Si lasciò cadere sotto al suo stesso peso, su una pila di cuscini. Rifiutandosi di riconoscere anche solo che lui era lì, si appoggiò all'indietro, cercando di non dire altro. Non gli avrebbe permesso di vederla in quello stato di debolezza; aveva lottato così a lungo per evitare proprio questa situazione. Aveva camminato lungo quel sentiero un sacco di volte con lui - e non li portava a altro che a girare in tondo.

Da parte sua, Squall rimase seduto e in silenzio. Se c'era una cosa che aveva imparato in quell'esperienza era di lasciare agli altri il loro spazio personale. Le stava quasi chiedendo il mondo, quindi il minimo che poteva fare era lasciarle il tempo di calmarsi. Sentiva di doversi spiegare, qualcosa che probabilmente avrebbe dovuto cercare di fare un po' meglio prima di sbottare a dirlo e basta.

Il Comandante era abituato ai regimi e ai comportamenti militari; era passato molto tempo da quando aveva dovuto preoccuparsi del tatto e dei sentimenti. Era una triste ma innegabile verità nel suo lavoro.

"Rin, per favore credimi, non sto dicendo che sarà facile, affatto... ma ha senso. Ci sono solo poche persone che possono avere accesso subito a quell'informazione, e lei non è niente di meno che efficiente. In questo momento ci serve qualcuno che può guardare le ricevute fisicamente. Se ci fosse stata ancora Shu, lei sarebbe stata ovviamente la scelta migliore. Anche se Cid fosse stato lì non sarebbe stato un problema, ma è ancora a Dollet che cerca di sistemare le ricadute politiche là. Noi abbiamo comunicazioni molto limitate, e ci vorrebbe un po' per fargli avere il messaggio. Qualche ora può non sembrare molto, ma chi sa cosa potremmo ottenere in questo lasso di tempo. Di nuovo, per favore, credimi. Odio quello che ti sto chiedendo."

Si fermò, cercando di leggere la sua espressione, ma lei aveva distolto il viso di proposito, anche se il gesto stesso era un indizio. Se Rinoa avesse davvero contemplato l'idea, avrebbe guardato o verso il retro, o forse verso il basso. Eppure, sembrava cercare di voltarsi il più possibile.

Era ovvio che doveva entrare nella sua quasi inesistente linea di persuasione. Nel suo lavoro, raramente doveva spiegare i suoi ragionamenti; comunicava semplicemente gli ordini dei suoi superiori ai suoi subalterni. Era un chiara e organizzata linea di comando. Cercare di gestire una Strega arrabbiata - beh, non era un compito altrettanto organizzato.

Inoltre, era in momenti come questo che le sue due personalità si scontravano: una diceva di stare seduto a distanza, al sicuro, e l'altra voleva disperatamente confortarla. Quando la comunicazione verbale arrivò a un brusco stop, il secondo lato vinse. Si mosse lentamente verso il pavimento, sedendosi direttamente accanto a lei. Non disse niente all'inizio, quando si spostò. Lasciò invece che lo shock iniziale di lei facesse il suo corso. Questo calcolato cambio di tattica valeva il rischio, e ancora di più quando lei non sembrò turbata dalla sua vicinanza. Lui si permise di rilassarsi vagamente, appoggiandosi al pouf.

"Voglio che questo finisca - tutte le bugie, tutta la morte, tutte le persone nella sua scia." La sua voce era dolce e rassicurante. Onestamente, non doveva pensare così tanto; lasciava solo che le parole gli venissero naturalmente. "Questa cosa degli alberi è l'indizio migliore, e onestamente l'unico, che abbiamo trovato. Certo, potrebbe rivelarsi un vicolo cieco, ma mi piacerebbe pensare che abbiamo fatto del nostro meglio prima che qualcun altro rimanga ferito. Ti farei chiamare Quistis, ma onestamente lei sarebbe troppo coinvolta. Non voglio farglielo passare, e so che tu... nemmeno tu vuoi farle questo."

Il Comandante si fermò brevemente per radunare i pensieri; non si era reso conto di quanto tutto questo lo colpisse. Non poteva permetterlo. Non ora. Sapeva anche di non poterla costringere, e non avrebbe mai voluto spingerla con il senso di colpa a fare qualcosa che non era a suo agio nel fare.

"Rinoa, non devi farlo... possiamo trovare il modo. Contatterò Cid e basta e gli farò chiamare lei quando può, così non dovrai essere coinvolta."

"È occupato" affermò infine lei dopo averci riflettuto un po'. "Hai detto prima che è in riunioni e cose simili... potrebbe volerci un po' anche solo per contattarlo. Quindi più aspettiamo... potrebbe fare la differenza."

"Sì, ma potrebbe anche non farlo" ribatté lui, anche se non era sicuro del perché. Ora, in qualche modo, aveva inavvertitamente preso il lato dei 'contro' della discussione, quando era lui ad aver proposto per primo i 'pro'. Questo semplice fatto era la prova del perché non fosse mai stato nella squadra diplomatica del Garden - dannata semantica.

Rinoa lo guardò incuriosita. Non dovette dire niente; era evidente dalla sua espressione che stava pensando le stesse cose che pensava lui. Semplicemente non sentiva il bisogno di farglielo notare, in quel momento. In verità, non era la sua incapacità di prendere una posizione su quel particolare argomento a disturbarla - era la freddezza con cui sembrava trattare l'unica altra 'vera relazione' della sua vita.

"Ieri notte hai detto che ti importa di lei. Non pensi che anche lei tenga a te? Pensi che sentire la tua ex-ragazza sarà facile per lei? Hai spiegato gli aspetti fisici, ma Dio, Squall, ci deve essere anche un qualche coinvolgimento emotivo."

Lui si appoggiò ancora di più al pouf, guardando il soffitto di metallo. C'era qualcosa che non voleva ammettere con nessuno, eppure, in qualche modo, sentiva di poterlo dire a lei. Per quanto strano e contorto fosse, sentiva che lei avrebbe potuto capire. Forse il suo comportamento eccessivamente duro era la risposta a ciò che aveva visto di Lauren. Le parole successive che pronunciò erano quasi una confessione, qualcosa che cercò di minimizzare.

"Non ha pianto."

A quelle parole, Rinoa lo fissò infine un po' più a lungo. C'era qualcosa di forzato nella sua voce. Poteva non essere notato da chi non lo conosceva, ma lei capiva quanto fosse difficile per lui ammettere cose del genere.

"Per niente?" sussurrò.

Lui tenne gli occhi fissi sul soffitto del furgone; i ruoli si erano invertiti ancora una volta rispetto a pochi minuti prima.

"No, nulla. Sai cos'è strano? Ho guardato ore e ore di video dal funerale e all'inizio non me ne sono accorto. Ero così occupato a guardare le reazioni della gente che mi sono perso alcune delle più ovvie. È ridicolo, vero? Che fossi davvero scocciato dal fatto che lei fosse così tranquilla. Voglio dire, cazzo, è la ragione per cui sono stato attratto da lei, tanto per cominciare. Il Garden sopra ogni altra cosa."

"Squall, io... ehm io-"

"Non sai cosa dire?"

"Sì, ecco." Lei lasciò andare una risatina nervosa. "È solo molto-"

"Strano?"

"Esattamente. Molto strano." Rise ancora un pochino, rendendosi conto che Squall stava finendo i suoi pensieri sconnessi. "Sai, molti anni fa ho incontrato un ragazzo che non era esattamente il massimo nell'esprimere emozioni o anche solo comunicare, in generale. Era molto irritante all'inizio, ma poi, beh... ho imparato che lui era così e basta... non avrei dovuto incolparlo per essere se stesso, ma a volte l'ho fatto. Non è una questione di diventare qualcosa che non sei, si tratta di imparare a capire."

"Quel tipo sembra irritante da morire" intervenne Squall sarcastico. "Cosa mai gli è successo?"

"L'ultima cosa che so è che se ne stava seduto in un furgone a finire le frasi di qualcun altro."

"Finire le frasi di qualcun altro? Sembra molto-"

"...Irritante?" Rinoa sorrise. "Onestamente... proprio non lo è, piuttosto strano. A dire il vero è abbastanza bello." Scosse la testa, di buon umore, e aggiunse: "però non dirglielo. Potrebbe pensare che mi piace averlo vicino o cose così".

Il corpo di lui si irrigidì senza intenzione a quel commento, perché di tutto, incluso la sera prima, quell'unica semplice frase gli offriva la maggior speranza per il futuro. Non era basata su scoppi instabili di emozione, ma detta con calma razionalità. Poteva essere stato per scherzo, ma c'era decisamente un significato sottinteso. La conosceva bene, e questo era decisamente una passo nella giusta direzione, per loro.

Andava proprio di pari passo con il corso della sua vita - che l'unico momento che poteva dar loro speranza arrivasse da lui che parlava del distacco emotivo della sua ragazza. L'ironia parlava da sé; il fatto che fosse Rinoa a offrirgli conforto sull'argomento era anche più ironico.

"Squall, non per continuare, ma dimostra quanto le cose sono cresciute negli anni, quanto sei arrivato lontano."

Sospirò nervosamente, voltandosi così da appoggiarsi al pouf. Era la prima volta che rimanevano faccia a faccia per un lungo periodo di tempo, senza che nessuno dei due si voltasse o distogliesse lo sguardo. La posizione era intima, e rompeva tutte le barriere dello spazio personale, e intenzionalmente o no, lei si trovò attratta da lui. Allungandosi, gli mise una mano sull'avambraccio.

Si guardarono brevemente mentre lei continuava: "non intendo fingere di capire la tua relazione con lei. Intendo, capisco che era piuttosto... fisica". Fece una smorfia evidente dicendo quelle parole. "Non sono il tipo di persona che può farlo, e onestamente, non pensavo che lo fossi tu... ma, d'altra parte, non posso immaginare tutto quello che hai dovuto passare negli ultimi anni. Se ti ha aiutato... allora, beh, tutta la faccenda era-".

Stava per dire 'per il meglio', ma quelle parole non potevano uscirle di bocca in coscienza, così decise che era meglio lasciar stare, anche come pensiero incompleto. Fortunatamente, lui sembrò capire. Sapeva che nemmeno per lui sarebbe stato facile sentirlo detto da lei.

Come ripensandosi, finì per aggiunger: "per quel poco che vale, penso che Lauren ci tenesse". Si rese velocemente conto dell'errore, anche se non era sicura di come metterlo in parole nel modo corretto. "Uhm, ci tiene, non tenesse. Scusa, non so qual è il tempo migliore da usare, date le circostanze..."

Si fermò, trovando l'intera situazione più incredibile mentre continuava. Anche lui poté percepire quell'esitazione e sussurrò piano il suo nome, anche se lei sembrò allontanarsi dalla sua risposta, scuotendo la testa. Fu in quel momento che sentì le dita lui muoversi, legarsi alle sue, aggrappandosi dolcemente a qualcosa che una volta era familiare. Sembrava che entrambi avessero bisogno di questo legame, e che nessuno dei due lo evitasse.

Il sorriso di lei lo rassicurò. "Ricorda, Squall, anch'io sono cresciuta vicino a dei militari. Una cosa che ho notato da bambina era che mio padre non pianse una sola lacrima al funerale di mia madre. Avevo cinque anni, eppure me lo ricordo... ma ci teneva, solo che non era il tipo da darlo a vedere. Se posso chiedertelo... se ci fosse stata Lauren nella cassa, come avresti reagito? Avresti pianto, o l'avresti semplicemente accettato come un pericolo del mestiere?"

"I-io... non so come avrei reagito, davvero." La guardò negli occhi, rendendosi conto che era esattamente quello che stava dicendo lei. "Penso di essermi appena risposto, vero? Come posso aspettarmi che lei provi qualcosa quando non so cosa proverei io? Ho cercato di rimanere distaccato così a lungo... perché non dovrei aspettarmi che lei faccia lo stesso?"

Rinoa aveva davvero bisogno di cambiare argomento, dato che stava diventando impossibile gestire la cosa. Più parlava, più si sentiva come se stesse cercando di sistemare la relazione tra Squall e Lauren.

"Il mio ultimo commento su questa cosa sarà che l'ho vista più tardi, quella sera, dopo il funerale... ci tiene. È solo un mondo diverso, per lei. È come per Shu, deve rimanere obiettiva, e la mia ipotesi è che nemmeno Shu ha pianto. La politica di solito riguarda la percezione. Sfortunatamente per le donne, sembra che per gli altri sia più facile giudicare. È lo stesso standard che impedisce a Quistis di fare carriera, anche se lei non vorrebbe mai che fosse così - non è da lei."

Squall aveva dimenticato quanto fosse semplice parlarle, quanto fosse meraviglioso il semplice sentirla parlare. Era qualcosa che aveva dato per scontato, anni prima, e qualcosa che spesso cercava attivamente di evitare. Non era bravo a esprimere le cose; non gli mai capitato nella sua adolescenza. L'addestramento diceva che bisognava essere in un modo, eppure le norme della società sembravano pensare che si dovesse essere in un altro. Non aveva mai trovato equilibrio, e quello si era rivelato un errore che aveva pagato molto caro - un errore che aveva pagato molto caro ad Esthar.

Ancora una volta, si trovò a buttare la cautela fuori dalla finestra. Mosse il braccio che era più vicino a lei, posandoglielo dolcemente intorno alle spalle. Per alcuni brevi momenti, rimasero semplicemente seduti senza parlare, senza emettere un suono, e senza alcuna spiegazione. In una risposta per lui inaspettata, lei gli posò la testa sulla spalla.

Rinoa sospirò, rendendosi conto della strada che doveva intraprendere adesso - non per il bene suo o di Squall, ma per il bene del caso.

A volte odiava ammettere la verità...

"Hai ragione, sul chiamare Lauren. Non posso permettere ai miei sentimenti di mettersi in mezzo. Potremmo avere una qualche prova concreta entro qualche ora. E per quanto riguarda chiamare Quistis, beh, hai ragione anche su questo. Non posso farle questo. Tutti reagiscono a modo loro, e per lei è stata molto dura. ... È stata dura per tutti noi, ma immagino che non abbia senso parlarne adesso. Ma, uhm, seriamente, onestamente, come pensi che possa cavarmela e sembrare credibile? Ho la sensazione che finirò per sembrare una completa idiota nel fare questa telefonata - hai qualche idea?"

Lui le baciò la testa prima di cercare di alleggerire la situazione. "Io, per prima cosa e più importante, non mi scuserei per aver chiamato per poi dire qualcosa del tipo 'spero di non sembrare un idiota nel chiamare' perché beh, questo praticamente ti marchia."

"Hey!" Lei gli colpì giocosamente il braccio. "Non lo direi."

"Davvero?"

"Ok." Sbuffò alla sua accusa, anche se poteva essere spaventosamente accurata. "Potrei dire qualcosa del genere... ora è praticamente un dato di fatto perché tu me l'hai messo in testa - grazie, Leonhart."

Lui si trovò a farle un sorrisetto, anche se lei non poteva vedere la sua reazione. Ora era tempo di darle qualche vera direttiva sulla conversazione.

"In tutta serietà, Rin, puoi cavartela. Se vuoi, dille che hai parlato con Cid. Dille che è stato lui a suggerirti di chiamarla, dato che è il Comandante ad interim. Se le dici che stai cercando di chiudere con il passato, che vuoi solo ringraziare chiunque abbia donato l'albero, potrebbe suonare credibile. Sta tutto in come la presenti e nella sincerità di quello che dici. Ti servirà un po' di recitazione ma, cosa più importante, fai riferimento a tutto quello che hai passato. Puoi fare in modo che tutto quello che hai passato significhi qualcosa. Solo, sii chiara in ciò che ti serve. Le ragioni per cui lo fai non sono così importanti, lei lo considererà più come qualcosa di legato al lavoro, soprattutto se pensa che sia coinvolto Cid. Deve dimostrare qualcosa."

Rinoa incrociò le braccia mentre lui terminava. Squall non poté evitare di notare che anche con tutta la sua maturità, lei sembrò regredire per un attimo. Era quasi carino, se solo il ragionamento non fosse stato così doloroso. Di certo non poteva incolparla di quell'ansia momentanea. Diamine, poteva capirla abbastanza, se pensava al suo appuntamento della sera.

"Fa schifo" affermò lei, piuttosto irritabilmente. Era detto con la stessa, unica franchezza che lui ricordava.

Lui prese la sua risposta un po' più spensierata come un buon segno. "Sì, fa davvero schifo."

Era strano quanto velocemente avesse trovato conforto nel semplice essere in compagnia di Rinoa, tutt'altra cosa rispetto alla sua esitazione di anni prima. Era più giovane, allora. Il tempo, la vita e il destino lo avevano fatto maturare.

"Va bene, facciamola finita" disse lei a malincuore.

"Grazie" sussurrò lui.

Alzandosi, lui si portò sul retro del furgone prima di saltare giù sul pavimento del garage. Lei lo seguì, nonostante si fosse alzata più lentamente di lui, sapendo comunque che alla fine procrastinare sarebbe stato futile. Mentre raggiungeva il fondo, lui le allungò la mano, offrendosi di aiutarla a scendere. Onestamente, lei non ne aveva bisogno, ma non aveva esattamente l'intenzione di negarsi quell'opportunità.

Le loro mani si unirono, e lui mosse l'altro braccio alla vita di lei, aiutandola a scendere molto più di quanto lei avesse inizialmente pensato. Era più come se la stesse sollevando, prima di rimetterla dolcemente a terra; era un contrasto molto brusco con il modo in cui era uscito lui. Ad ogni modo, significava anche che la loro posizione di arrivo era di estrema vicinanza. Una delle mani di lui era stretta alla sua, mentre l'altra era ancora sul suo fianco. Non fece esattamente lo sforzo di muoversi, e nemmeno lei. Di fatto, lui poteva vedere l'evidente disagio di lei; aveva inavvertitamente deglutito prima di mordersi il labbro, entrambi segni che lui conosceva come abitudini nervose - erano sempre indizi, insieme al suo giocare con la collana, cosa che probabilmente lei avrebbe fatto se non fosse stato per il braccio che gli aveva messo intorno al collo.

Il corpo di Rinoa si irrigidì alla vicinanza. Stava cercando di allontanarla dalla mente, ma falliva alla grande. "Posso dirti di nuovo che non sono contenta?"

"Posso dirti di nuovo quanto sono orgoglioso di te?"

"Aspetta, mi hai mai detto di essere orgoglioso?" chiese lei, fissandolo intensamente negli occhi.

"Se non l'ho detto, l'ho pensato."

"Oh..."

Fu con quella risposta che ogni pensiero, sguardo, sensazione sognata di prima all'improvviso la sopraffecero. Fu lei a muoversi in avanti per iniziare il bacio, non lui a prendere le redini della cosa. Era come se lui fosse stato silenziosamente disposto ad accettare la sua decisione, e quando lei la prese, fu più che felice di ricambiare.

Era la prima volta che uno dei due cedeva così tanto alla passione dalla notte precedente. Lei lo aveva abbracciato quella mattina, ma nulla di simile - proprio per nulla. Era anche la prima volta che entrambi avevano una vera chiarezza nelle proprie azioni, invece che essere colti dalle pure emozioni.

Fu Squall alla fine a separarsi per primo, sapendo in qualche modo che, per quanto fosse meraviglioso, aveva un pessimo tempismo. Per non parlare del fatto che doveva smettere prima che diventasse troppo difficile separarsi. Il suo corpo stava già ricordando tutto di lei, ma sfortunatamente, la sua mente ricordava anche che dovevano andare avanti nella missione.

"Dobbiamo-"

"...Fare la telefonata. Sì, lo so" ansimò lei cercando di riprendere fiato.

Con l'eccezione della notte precedente, non si sentiva così da così tanto tempo; le ci volle un momento per riprendersi. Sapeva che separarsi era la cosa giusta da fare, ma in qualche modo sembrava semplicemente così sbagliato.

"Andiamo." Lui le offrì un piccolo sorriso, allungandosi verso di lei. Mano nella mano, entrarono in casa - insieme.

*~*~*~*~*

Entrando in salotto, Rinoa lanciò allo stramaledetto telefono un'occhiata per cui pareva che fosse il suo più grande avversario, e in quel momento, lo era. Squall sembrò guidarla all'interno, prima di lasciarla andare da sola. Rinoa immaginò che non poteva fare più di tanto. Inoltre, per quanto cercasse di nasconderlo, era molto a disagio anche lui.

Il Comandante colse l'occasione per correre nello studio, aggiornando velocemente Zell sul piano. Disse anche all'esperto di arti marziali di lasciare un messaggio in codice a Cid per spiegare la situazione, lasciando però fuori i dettagli. Squall sapeva che se fosse saltato fuori il nome di Rinoa, il Preside avrebbe accettato velocemente qualsiasi cosa venisse chiesta. Se Lauren avesse chiesto a Cid della cosa, il Preside avrebbe comprensibilmente difeso la sua posizione nella richiesta di Rinoa. Dopo tutto, c'era in gioco anche la reputazione del Garden - che cos'era un inganno in più o in meno?

In tutto il tempo che Squall rimase sul retro, lei fissò duramente il telefono. Odiava quella dannata cosa, in quel momento. Quando lui finalmente tornò, notò che aveva un blocco note in mano. Lui non disse altro, fece solo un unico gesto verso il telefono.

Lei fece un respiro profondo prima di sollevare la cornetta. "Ora o mai più" borbottò, in maniera quasi incoerente.

Guardandolo, notò che lui guardava lei e poi il blocco. La storia le insegnava che qualsiasi cosa ci fosse scritta, sempre che ci fosse, non aveva alcuna importanza. Era, come aveva detto lui prima, un po' di recitazione - cercava di mascherare la sua esitazione per sembrare d'aiuto. Lei capì, e fu grata, anche se non voleva dirgli che non era bravo a recitare. Nonostante i suoi difetti, avrebbe sorvolato su questo. Il suo cuore era nel posto giusto, dopo tutto.

Prima che la sua mente potesse istruirla diversamente, digitò un numero una volta familiare. Le tremavano le dita, anche se cercava di nasconderlo. Dubitava che la sua recitazione fosse migliore di quella di Squall. Con perfetta efficienza militare, all'operatore servì un solo squillo per rispondere.

"Centralino del Garden di Balamb, come posso aiutarla?"

"Uhm, sì, sono Rinoa Heartilly, dovrei parlare con Lauren Rachels... uhm, il Comandante Rachels, immagino? Ho parlato con Cid, e mi ha detto che va bene."

La persona non rispose a parole, la mise solo in attesa. Dio, si sentiva una tale stupida. Seriamente, aveva appena detto all'operatore che aveva avuto da Cid il permesso di parlare con la ragazza di Squall? In tutti gli anni passati da quando se n'era andata, il Garden non aveva potuto investire in un sistema automatico come in ogni altro posto del pianeta? Ma no, doveva sembrare un'idiota a una persona viva. Grandioso, proprio grandioso.

"Puoi farcela" mimò Squall con la bocca, sapendo che qualcuno avrebbe probabilmente risposto in qualsiasi momento.

Dopo quasi un minuto di musica strumentale jazz, una voce la fece sobbalzare all'improvviso dalla sua momentanea trance.

"Comandante Rachels..." Poi ci fu una pausa insolita, e Lauren aggiunse: "Rinoa, sei proprio tu?".

Sembrava che il protocollo si fosse perso con lo shock. Almeno Rinoa non era l'unica a sembrare colta di sorpresa da questa serie di eventi.

"Sì, sono io." Fu un sollievo perverso sapere che Lauren sembrava persa quanto lei. "Mi dispiace davvero disturbati, ho solo... dovevo chiederti una cosa."

"Posso aiutarti in qualcosa?"

"Sì, a dire il vero sì... ho chiamato Cid, prima, e mi ha detto che tu sei la persona nella posizione migliore per aiutarmi. Solo che... beh, mi sento davvero in imbarazzo, onestamente. Volevo solo - voglio dire, scusa se sembro-"

Rinoa si interruppe, proprio prima che le parole 'un'idiota' le sfuggissero. Fissò duramente Squall, avvolgendosi intorno al dito il filo del telefono. Lo avrebbe incolpato di questo, adesso, dato che qualcuno andava ritenuto responsabile per il suo sembrare piuttosto inetta. Per non parlare del fatto che era stato lui, dopo tutto, a metterle in testa quel pensiero - scherzando o no. Sembrava anche che la sua attenzione fosse convenientemente concentrata sul blocco che aveva in mano, e lei notò che aveva letto la stessa pagina per tutto quel tempo. Ovviamente, faceva il furbo e cercava di evitare il contatto visivo - mossa molto saggia da parte sua.

Dato che a quanto pareva aveva seguito la prima parte (pessima) del suo consiglio, allora avrebbe continuato seguendo la seconda. Assimilare dalle sue emozioni e parlare con sincerità poteva davvero essere la cosa migliore, in quel caso. Non ebbe il tempo di preparare una risposta, prima che Lauren cogliesse l'opportunità di aiutare la conversazione.

"Per favore, non preoccuparti. Capisco la tua riluttanza nel chiamare, ma onestamente, se c'è qualcosa che posso fare per te... beh, credimi quando dico che Squall vorrebbe che ti aiutassi, se potessi. Non importa cosa è successo nel passato, so cosa provava per te."

Wow, era appena diventato estremamente imbarazzante a tempo di record. Lo sguardo di Rinoa continuava a spostarsi dal cavo arrotolato a Squall. Sembrava molto strano fissarlo mentre si parlava di lui al passato, un'ipotesi che l'aveva sempre turbato.

"Grazie, significa molto. Sto cercando di-" iniziò, ma non era sicura di come dirlo a parole.

Squall finalmente incontrò il suo sguardo quando lei esitò. Era piccolo, quasi inesistente a occhio nudo, ma le offrì un sorriso. Annuì solo una volta, e quel semplice gesto fu tutto quello che le servì. "Al funerale, ho dato una mano a piantare un albero in Giardino. Il giardiniere ha detto che è stato comprato come ricordo... e, beh, volevo solo ringraziare chiunque avesse speso tempo e fatica a prendere le donazioni. So che avrebbe apprezzato il gesto... da quel giorno, mi sento semplicemente come se dovessi saperlo per chiudere con il passato. Voglio che sappiano quanto mi ha aiutato la loro generosità."

"Uhm, certo, posso guardare." Lauren sembrò esitante alla richiesta, ma non fece mai altre domande. "C'è altro che posso fare per te? Per favore, sappi che io sono qui, e il Garden è qui se hai bisogno di qualcosa."

"No, è tutto. Immagino che l'unica cosa sia, e so che potrebbe sembrare molto, ma potresti controllare il prima possibile? So che sei occupata, fidati, capisco. Immagino di star solo sperando di lasciarmi alle spalle questo capitolo della mia vita... e andare avanti. Mi sento come se ci fosse qualcosa di sospeso."

"Nessun problema signorina Heartilly, controllerò subito."

"Serve il mio numero?"

"No, ce lo abbiamo sul file."

Ovviamente ce l'avevano, sembrava che sapessero tutto - fino ad includere il suo conto corrente. Il Garden probabilmente sapeva più dettagli sulla sua dannata vita di quanti ne sapesse lei stessa.

"Grandioso."

La singola parola di Rinoa uscì piuttosto difensiva; non aveva voluto mostrare la sua irritazione. Abbastanza stranamente, non era con Lauren a livello personale, solo a quello che il Garden era diventato nel suo insieme. Ad ogni modo, in questo caso, capiva le loro intenzioni; erano solo i metodi a sembrarle un po' eccessivi.

"Intendo, grandioso, grazie." Anche se Rinoa cercò di correggersi, si chiese se il danno non fosse già stato fatto.

Sembrava che né lei né Lauren avessero salutato; a quanto pareva nessuna delle due lo riteneva necessario. Lei riagganciò, con la mano che le tremava inconsapevolmente.

"Beh, sono contenta che questa conversazione sia finita."

"Sapevo che potevi farcela."

"Non l'ho fatto."

"Stai dubitando di te stessa di nuovo, non farlo" la rassicurò Squall, posando il blocco note sul tavolino. Quando Rinoa alla fine lo vide, conteneva circa due paragrafi scritti. Di nuovo, lasciò correre, anche se la volta successiva poteva dirgli di girare una pagina o due - se non altro per le apparenze.

Lui si avvicinò di un passo, ma rimane comunque a un braccio di stanza. Lei non era sicura se era grata o scocciata che lui non si avvicinasse, ma molto probabilmente lui stava rispettando i limiti. La telefonata era stata una recita difficile, e lei era famosa per le sue risposte lievemente irrazionali, di recente.

Fece alcuni passi avanti e si sedette sul divano. "E adesso? Aspettiamo solo che richiami?"

"In pratica, sì."

Passarono alcuni secondi di silenzio. Guardando l'orologio, si chiese quanto tempo sarebbe servito al Comandante ad interim, o anche solo se quella pista avrebbe dato qualche frutto. Molto probabilmente, non l'avrebbe fatto e allora tutta quella conversazione sarebbe stata piuttosto insignificante, però... Rinoa dovette correggersi su questo, solamente perché nel furgone aveva avuto con lui una delle conversazioni più personali e intime che avevano mai avuto. Non era forzata come anni prima; era sembrato che entrambi trovassero naturalmente un terreno comune.

"Le serviranno almeno alcune ore" aggiunse lui. "Dubito che possa mollare tutto subito, ma posso dirti che sarà efficiente."

"Alcune ore, ok allora..." Rinoa stava ancora fissando l'orologio, guardando i movimenti meccanici della lancetta più corta. Poi la colpì come un peso e saltò su dal divano.

"Merda! Non ho nemmeno fatto attenzione all'ora. Devo prepararmi. Zone potrebbe essere qui a momenti. Assicurati che qualunque cosa relativa al caso sia nascosta, tu incluso... perché seriamente, questa è un'altra delle conversazioni che preferirei evitare per i prossimi decenni."

"Va bene" rispose lui con comprensione. Qualcosa non era del tutto a posto in lui, ma era per i suoi problemi personali, non quelli di lei. Dopo quello che aveva appena fatto, non aveva modo di dire niente.

"Sai, Squall... mentre sono fuori, stasera, forse c'è una conversazione che dovresti fare con Zell. Non voglio costringerti, voglio dire, aspetta se non sei pronto."

"Va tutto bene. Probabilmente ho bisogno di essere spinto nella giusta direzione. Merita la verità, e dovrebbe sentirla da me... sento di doverglielo. Solo che sarà difficile, come faccio anche solo a introdurre l'argomento?"

Lei fece un passo avanti, mettendogli una mano sulla spalla. "Lo capirai. Come mi ha detto una volta qualcuno di importante, so che puoi farlo."

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Capitolo 42
*** Capitolo XLII: Unnatural Selection ***


AFTER THE FALL
di Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly
~ Capitolo XLII: Unnatural Selection ~

Tutto ciò che aveva portato Rinoa in quel ristorante cominciava a essere una realtà che la stordiva. Probabilmente aveva fissato il suo bicchiere d'acqua per quasi un'ora, e ogni tanto, guardava il suo compagno di cena, costringendosi a un minimo sorriso. Avrebbe dovuto essere una cosa semplice, ma all'improvviso si sentiva come se ogni grammo di forza di volontà fosse stato diretto a questo pasto.

Fortunatamente, Zone aveva scelto un posto molto alla mano; l'ultima cosa che voleva era vestirsi bene e mettere in scena un'altra farsa. Il suo amico conosceva bene tutte le sue idiosincrasie - cosa che a volte, come in quel momento, era una mezza benedizione.

La coscienza di Rinoa la incoraggiava a cercare di avviare una conversazione, ma il lato più logico pensava che fosse più facile nascondersi nel silenzio. Era un tratto di cui aveva preso ottima padronanza negli ultimi anni; uno che, si era resa conto spesso, faceva il parallelo al suo ex Cavaliere. Anche nel mezzo di una folla, poteva sentirsi completamente e totalmente sola.

Era come se nell'arco di due settimane tutto quello che aveva pensato negli ultimi tre anni fosse stato messo del tutto in discussione. Rinoa trovò che nel grande schema della vita, la sua capacità di richiamare il passato era stata macchiata dalla sua percezione distorta.

Le parole di Squall della notte precedente la perseguitavano ancora. Aveva sempre saputo di non essere innocente, ma ora si sentiva come se si fosse arresa troppo facilmente - lui aveva cercato di raggiungerla, con il suo sottile modo di fare. Non c'era un gran gesto, non c'era un'implorazione sentita, ma qualcosa che era altrettanto difficile per il Comandante, e lei non aveva ascoltato, soprattutto quello che lui non stava dicendo. Invece era salita su un treno e aveva sussurrato qualche battuta sul trovare l'anima gemella. A dir la verità, con le sue parole intendeva ferirlo, a essere davvero onesta con se stessa.

Il passato era ovviamente più complicato di così, ma questo non negava l'opprimente senso di colpa che aveva sepolto o, più probabilmente, a cui aveva semplicemente rifiutato di credere. La cosa più dura da accettare, per lei, era che apparentemente lui avesse superato il loro passato o, come minimo, fosse arrivato ad accettarlo - difetti e tutto.

Ovviamente, qualsiasi colpa sembrò decuplicarsi mentre sedeva di fronte a Zone.

Non solo credeva di essere ingiusta con Squall, sapeva che il suo amico di vecchia data veniva trascinato in una guerra di cui non conosceva nemmeno l'esistenza. Ogni tanto, contemplava quanto danno si potesse fare dicendo a Zone la verità sulla morte di Squall. Ovviamente poi si ricordava che era Zone e sapeva quanto sarebbe andata a finire male. Dire a una persona che era sempre stata franca sulla sua antipatia per il Comandante che il suddetto Comandante stava 'passando il tempo' a casa sua e non era realmente morto poteva portare al più grosso pasticcio dopo Artemisia.

Per non parlare dell'insistenza di Zone sul fatto che Squall avesse volontariamente fatto giochetti mentali con lei, anche se lei non si era mai bevuta quella teoria. Zone aveva visto solo la parte negativa della loro relazione, quindi era semplicemente naturale per lui vedere solo un lato. Semmai, lei si sentiva come se sia il Cavaliere che la Strega fossero ugualmente colpevoli dei giochi, da certi punti di vista. Comunque, fingere di proposito la sua morte e farla stare inutilmente in lutto avrebbe provato abbastanza bene la teoria di Zone. Rinoa desiderò di poter evitare il dramma, ma in qualche modo, non sembrava altro che una chimera.

Di nuovo, i pensieri di onestà di Rinoa furono solo fuggevoli. Non avrebbe mai tradito a quel modo la fiducia di Squall e Zell; anche giocare con quell'idea non era altro che una manifestazione della sua colpa. Parlando di colpa, c'era anche quella voce interna che le diceva di parlare con Zone della loro relazione - più specificamente, della mancanza di una relazione romantica. Erano stati amici sin da quando lei era adolescente, quindi ovviamente c'era una relazione, solo non quella che Zone avrebbe preferito. Sembrava che, a prescindere da tutto, lei riuscisse a fare inavvertitamente del male alle persone. Che fosse per il suo silenzio o per le sue azioni, sembrava che alcune cose fossero inevitabili.

Nell'ultima ora, Zone non l'aveva spinta in alcuna direzione. Di fatto, non aveva introdotto alcun argomento specifico, né aveva onestamente cercato di coinvolgerla in una qualche conversazione. Lui c'era e basta, faceva l'amico, e la lasciava affrontare i suoi stessi ostacoli. Tutta la conversazione della serata contava probabilmente meno di cinquanta parole, la maggior parte dette per suggerire piatti dal menù.

La sua vita era diventata una difficile combinazione di colpa e lutto ma, per un po', almeno era stata sincera. Era stata confusa su così tante cose, così le sue azioni e la sua confusione sembrarono sincere. Ora era anche costretta a cercare di bilanciare ciò che Zone pensava che fosse vero con quello che lei sapeva essere vero, costretta di nuovo a ripiegare sulle sue quasi inesistenti abilità di recitazione. Sperava che quella sera le sarebbe comunque riuscita meglio della sua sventurata conversazione con Lauren.

Alla fine, fu Zone il primo a parlare, quando il continuo silenzio fu troppo. In un certo senso, ne era grata; i suoi pensieri stavano iniziando a girare in tondo.

"Allora, eh, Rin... è buono il tuo hamburger?"

Era una domanda relativamente sicura, quindi immaginò di poter dare una risposta relativamente sicura.

"Molto. Avevo davvero bisogno di qualcosa del genere... grazie per averlo suggerito."

"Immaginavo che potesse servirti del cibo di conforto - era o questo o la pizza. Ma il mio travolgente bisogno di patatine salate continuava a pungolarmi, quindi ehi, ha vinto questo."

"Be', approvo con tutto il cuore. Non posso credere di non essere mai stata qui prima."

Zone fece girare un po' di ketchup nel piatto con una patatina quando lei non elaborò. Odiava il silenzio della serata. Non sembrava affatto da lei. Sembrava di stare con un'estranea. Si incolpava per questo; erano state le sue azioni, dopo tutto, a farlo sentire responsabile.

Quando l'aveva baciata, aveva onestamente pensato che lei avrebbe ricambiato - e lo aveva fatto, anche se solo per un breve secondo. Eppure, quell'unico secondo gli dava speranza. Era qualcosa che non avrebbe dimenticato facilmente.

Aveva visto un cambiamento in lei dopo il matrimonio di Selphie e Irvine. Era come se la piccola parte di lei che continuava a sperare di stare con Squall avesse infine accettato la verità. Quando era tornata, sembrava essere tornata nella vecchia routine, anche se combatteva per non darlo a vedere. Lui lo sapeva però; riusciva a vedere oltre i falsi sorrisi. Adesso, sembrava che non avesse nemmeno la forza anche solo di mascherarlo. Zone aveva saputo che tipo di persona fosse il Comandante sin dal giorno in cui l'aveva incontrato. Eppure, la gente si lasciava accecare dai modi freddi ed enigmatici. Lui conosceva il tipo; lo conosceva anche fin troppo bene.

Le persone, con il tempo, sarebbero arrivate a vedere la verità; succedeva sempre.

Zone ci sarebbe stato ad ogni passo... proprio come aveva sempre fatto. Sapeva che per lei era stata dura quando aveva lasciato il Garden, ma sembrava più indipendente ogni giorno che passava. Era stato con lei così a lungo, aveva scherzato con lei così tanto che conosceva bene il suo lato forte e indipendente.

Eppure, anche nella morte, Zone dava la colpa a Squall. Dopo tutto quel tempo, il Comandante aveva ancora presa su di lei. C'era una cosa su cui la mente di Zone continuava a contare - che con il tempo sarebbe andata meglio, come se ci fosse stato lui stesso. Sia lui che Rinoa avevano affrontato grandi avversità nella vita, ed entrambi erano sopravvissuti. Ci sarebbero voluti tempo e pazienza, ma avrebbe imparato a accettare la sua morte. Alla fine, era per il meglio; doveva credere che lei sarebbe arrivata ad accorgersene.

Rinoa sospirò quando il silenziò continuò ancora; stava iniziando a pensare troppo a tutto. Non c'era conversazione che lei potesse avere che non sembrasse forzata, così tanto valeva cercare di fare l'uso più pratico del suo tempo. Invece di lacerarsi dentro su cose che non poteva controllare, poteva seguire il libro delle regole di Squall e concentrarsi su quelle che poteva controllare - il lavoro. Sapeva che la gente parlava in ufficio, quindi forse Zone aveva sentito pettegolezzi, infondati o no. Valeva almeno la pena tentare.

"Zone" iniziò, cercando di concentrarsi. "Io... io, ehm, ero curiosa, hai... hai sentito niente di... sai?" Si fermò quando vide l'espressione sul suo viso. A quanto pareva, non si aspettava che lei ne parlasse, e a dire il vero, nemmeno lei. Eppure, ora che era detto, non voleva esattamente rimangiarselo.

"Credo di chiederti solo se hai sentito che qualcuno ha reclamato la responsabilità. È solo che il non sapere perché è successo che è così difficile... so che la gente parla... immagino che sia solo la natura umana. Volevo solo sapere se hai sentito qualcosa?"

Lui sospirò, felice che lei stesse almeno parlando, anche se era di questo. Si stava aprendo; lo prese come un piccolo passo avanti.

"Rin, tesoro, potresti non sapere mai il 'perché'. Anche se lo sapessi, nessuna risposta lo renderà giusto... il Garden, anche solo per la sua natura, aveva innumerevoli nemici. Per quanto riguarda gli altri che sono morti... erano personaggi pubblici e stanno controllando tutto, lo sai. Per i pettegolezzi - l'unica cosa che ho sentito davvero è che molto probabilmente questo tipo ha un suo programma. Probabilmente c'è una ragione nella sua mente, ma di nuovo, non avrà mai senso per nessuno tranne lui. Ci sono alcune persone sicure che possa riguardare qualcosa sulle limitazioni per le armi... ma ancora una volta, le ragioni delle persone non sono sempre ovvie."

"Sì, ho già sentito la cosa delle limitazioni sulle armi." Era vero che l'aveva sentita, anche se avevano iniziato a scartarla.

"Ti ho mai detto che ho lavorato con Patrick Spinner in passato?" chiese Zone allungando una mano sul piatto di lei, cercando di rubare qualche patatina.

Lei alzò gli occhi al cielo a quel gesto; non era furtivo come pensava. Zone rise un pochino, alzò le mani fingendo resa, e poi continuò la sua storia.

"Sì, davvero - lavoro vero. È stato il tipo ucciso qualche tempo fa nell'incidente di caccia. È stato un sacco di tempo fa, o almeno così sembra. Watts e io facevamo parte di un comitato locale supervisionato dal Consiglio Mondiale. Fondamentalmente, il continente di Galbadia stava cercando di limitare il disboscamento intorno al Lago Obel. Il disegno di legge in teoria doveva proteggere parecchi acri - e alla fine siamo riusciti a farlo passare. Ci è voluto un dannato sacco di tempo."

"Disboscamento? Intendi degli alberi?" Nella sua mente si alzò immediatamente una bandiera rossa, anche se il suo treno di pensieri era ovviamente perso nella traduzione.

"Ehm, sì, di solito è quello che si intende per legna, Rin." Zone non poté evitare di sorridere. Sembrava così sincera nella sua domanda. "Voglio dire, per un po', penso che abbiano provato a tagliare le piume di Chocobo, ma i tentativi di costruirci dei bungalow si sono rivelati piuttosto inutili al vento - per non parlare delle persone allergiche. Davvero brutto."

"Sei impossibile, lo sai?" borbottò, rendendosi conto di quanto fosse davvero ridicola la sua ultima domanda.

Eppure non riuscire a scrollarsi di dosso la sensazione che si trattava di qualcosa su cui valeva la pena indagare. Non appena la parola 'albero' era scattata nella sua mente, non era riuscita a evitare di fare un parallelismo con le scoperte sue e dei SeeD.

"Quindi Spinner stava cercando di fermare il taglio della legna?"

"A dire il vero no, proprio il contrario. Faceva parte di un gruppo che ha aggiunto una clausola dell'ultimo minuto al nostro disegno di legge. È quasi passato per via del linguaggio conciso. Fortunatamente, qualcuno di Dollet se n'è accorto. Se l'avessimo firmata e fosse passata - sì, la foresta sarebbe stata protetta, ma avrebbe anche dato a una certa compagnia dei diritti di trivellazione vicino all'Altopiano Monterosa. Era tutto piuttosto subdolo."

"L'Altopiano Monterosa... non è dove è stato ucciso?"

"Sì, immagino che sia una specie di giustizia politica, vero? Ricordo di averci pensato il fine settimana che è morto, ma a quei tempi le autorità l'hanno classificato come un incidente di caccia. Comunque potrebbe essere... chi lo sa."

Si fermò, rivolgendole un piccolo sorriso rassicurante. Allungandosi, le mise una mano sulle sue, offrendole una stretta rassicurante e poi ritraendosi altrettanto velocemente. Era come se volesse che lei lo ricordasse, ricordasse quando era facile per loro parlare, scherzare - come lui ci fosse sempre stato per lei.

"Rin... a dire il vero, pensavo che fossi con me - dato che penso di aver fatto un qualche commento sull'ironia, allora. Eravamo di sopra nel mio ufficio a ridere quando ho visto il telegiornale."

"Oh mio Dio, me lo ricordo - sì, c'ero. Ricordo che hai detto qualcosa, ma non ho mai messo insieme le due cose fino a ora. Hai detto che si chiamava Spinner, vero?"

Si fermò quanto bastava per lasciarlo annuire per la conferma, anche se lo sapeva già. Dopo quel giorno, tutte le vittime erano abbastanza scolpite nella sua memoria. "È il tipo che dicono fosse la prima vittima, vero? Voglio dire, ho cercato di guardare il telegiornale e tenermi aggiornata, ma... be', ogni volta che lo faccio, tutto quello che riesco a vedere è-"

Si interruppe, ripetendo quanto fosse difficile quell'argomento. A un certo punto, Rinoa si rese conto di sembrare un po' troppo interessata per qualcuno nella sua presunta situazione. Poteva essere una paranoia infondata, ma sentiva che fosse meglio avere la situazione sotto controllo.

"Rin, tesoro, va tutto bene... parlare di questo è l'ultima cosa che dovresti fare adesso. Stasera è per cercare di aiutarti a guarire, non per cercare di scoprire perché questo stronzo ha fatto quello che ha fatto."

"Stronzo, eh?"

"Be', è la cosa più carina che posso dire di qualcuno che riesca a farti sentire così."

"Direi che è dolce, ma in certo senso è così sbagliato."

"Se c'è una qualche giustizia al mondo, chiunque lo troverà per primo, prima gli sparerà e poi gli farà domande. Questo bastardo non merita nemmeno la possibilità di trovare una via d'uscita dal dolore che ha causato. Ho visto troppe persone di altro profilo cavarsela per un omicidio. Dovrei saperlo, l'ho visto con i miei occhi" affermò Zone mentre iniziava ad accarezzarle la spalla.

Lei cercò di nascondere il suo trasalimento non intenzionale. Un amico, era un amico. Poteva a malapena concentrarsi mentre lui continuava, sentendosi sempre più a disagio ad ogni secondo passava.

"Ricorda, si riduce tutto a questo. La gente pensa di potersela cavare quando fa del male alle persone. Hanno solo bisogno di ricordare a chi altro stanno facendo del male."

Guardando il suo piatto, un cambiamento vagamente gradito rispetto al bicchiere d'acqua, ignorò il contatto quanto bastava per concentrarsi sulle sue parole. Aveva dimenticato quanto Zone potesse davvero capire; aveva visto morire suo padre per mano di Vinzer Deling, e nessuno aveva fatto niente. Il Presidente era un eroe per i cittadini di Galbadia, o almeno lui li aveva convinti delle sue illusioni insane.

"Mi dispiace" sussurrò, più per il proprio bene che per quello di Zone. "Tuo padre, non ci stavo nemmeno pensando."

"Basta. Il passato è il passato, ok? Mio padre era un eroe, non è morto invano. Se non fosse stato per lui, non ci sarebbero stati i Gufi del Bosco. Le persone avevano solo bisogno di vedere il fottuto bastardo che era Deling... mi fa star male che ci siano voluti quasi vent'anni... ma credo che in un certo senso, abbia avuto anche lui un po' di giustizia cosmica, no? A volte, all'universo serve solo un po' di tempo per capire. Però capisce sempre, ricordatelo."

"Immagino di sì" rispose Rinoa con migliaia di pensieri che le vorticavano in testa, un misto di passato, presente e futuro.

"Sai cosa? Penso di aver bisogno di uscire da qui. Che ne dici di una passeggiata? So che ami il parco. Non dirmi che quelle luci non ti rallegrano ogni volta."

Lei si lasciò sfuggire una risatina pensierosa. Era una cosa così piccola, quelle semplici luci bianche che si attorcigliavano e si giravano tra i rami degli alberi. Era una bellezza così tranquilla; poteva guardarle per ore dalla finestra del suo ufficio.

"Va bene" rispose con un sorriso. "Mi conosci davvero bene, vero?"

*~*~*~*~*

A Squall sarebbe piaciuto dire che l'ultima ora era stata un successo, ma sarebbe stata una grossa esagerazione rispetto alla verità, a meno che si definisse 'successo' come il fare un solco nel tappeto. Si trovò a camminare avanti e indietro tra il soggiorno e la cucina. Ogni tanto fissava il telefono, chiedendosi se avrebbe squillato. Non che avrebbe risposto, si chiedeva solo se Lauren avesse trovato qualche informazione, o anche se la stava ancora cercando.

Sapeva che lei era esattamente come lui - precisa fino all'eccesso nei dettagli. Erano entrambi il tipo di persona che non delega la responsabilità a meno che non sia assolutamente necessario. Avrebbe gestito personalmente la richiesta di Rinoa. Era per orgoglio, dovere, e per rispetto di lui.

Poi c'era il fatto che Rinoa era fuori per un 'appuntamento'. Certo, a quel punto entrava la sua coscienza, a dirgli che non aveva alcun diritto di essere scocciato, preoccupato, o anche solo vagamente geloso, ma entrava anche il suo istinto a dirgli qualcosa di completamente diverso.

C'era qualcosa della visita di Zone che non riusciva a scrollarsi di dosso. Voleva chiederlo a Rinoa, perché se dovevano avere qualche speranza di ricominciare, dovevano essere onesti l'uno con l'altra. Tristemente, non c'era alcun modo per lui di poter uscire da quella situazione senza sembrare un cretino ipocrita. Il suo motivo avrebbe potuto essere un po' più valido se non avesse costretto Rinoa a chiamare Lauren. Non si sarebbe mai perdonato per questo, sperava solo che Rinoa ne capisse l'importanza - in qualche modo, ne dubitava enormemente.

E poi c'era Zell...

Tutto considerato, Zell normalmente non sarebbe stato una fonte di dibattito. Se non fosse stato per la promessa che aveva fatto a Rinoa prima, Squall molto probabilmente avrebbe evitato il suo compagno. Il Comandante aveva già rimandato e se avesse continuato a farlo, lei sarebbe tornata a casa e lui l'avrebbe delusa.

Ok, forse avrebbe deluso anche se stesso. L'importanza di questa cosa a dire il vero andava oltre qualsiasi promessa avesse fatto a lei, ma era anche la prima volta in cui avrebbe affrontato di petto il suo passato.

Zell si era rifugiato nello studio. Squall immaginava che adesso che lui e Zell avevano più distanza che l'interno del furgone, il suo amico ne cogliesse tutti i vantaggi. Nessuno sapeva quanto sarebbe durata quella tregua. Per non parlare del fatto che Zell poteva controllare le informazioni tramite il computer di lei, anche se Squall si chiedeva cosa aveva mai potuto fare in quelle ultime ore. Forse il commento di Rinoa sul suo record al solitario aveva avuto la meglio sulla sua abilità nel giocare a carte. Anche se Zell era un autoproclamato esperto di Triple Triad, Squall credeva che l'ego del suo amico andasse oltre l'ambito di un solo gioco. Il Comandante non si sarebbe scioccato nel vederlo giocare una mano o due - o alcune ore al solitario del computer. Qualunque cosa stesse tenendo occupato il suo amico era stata una manna dal cielo, nell'ultima ora.

Picchiettando le dita sul bancone della cucina, Squall si rese conto di quanto futile fosse diventata la sua attesa. Il suo rimandare lo rendeva solo più difficile per sé. Non era nella sua natura procrastinare, ma era solo una delle milioni di cose che sembravano funzionare al rovescio nella sua vita. Con un evidente sospiro di disgusto, il Comandante guardò un'ultima volta la stanza. Concentrandosi solo sulle cose positive, decise che era ora o mai più.

Squall attraversò il corridoio, e trovò accostata la porta dello studio. Per qualche ragione, decise di bussare. Era solo una cortesia educata - e forse, solo forse, l'esperto di arti marziali stava dormendo profondamente e non avrebbe sentito i suoi vaghi tentativi di contatto. Non ebbe fortuna, dato che l'occupante della stanza urlò in risposta.

"Dai, entra."

Nel suo ultimo momento di solitudine, Squall fece un altro respiro profondo, passandosi la mano tra i capelli. Infine aprì la porta, notando che il computer sembrava avere alcune immagini casuali di alberi sullo schermo. E non sorprendendosi, notò anche che c'era una piccola icona sul fondo dello schermo che era stata rimpicciolita, anche se non abbastanza da nascondere la parola 'solitario'. Il Comandante lasciò correre. In quel momento, sarebbe stato eccitato persino da una distrazione generata dal computer.

"Ehi" disse Squall, chiudendo inconsciamente la porta. Aveva paura adesso che Angelo avrebbe sentito la sua confessione e lo avrebbe giudicato? Scosse la testa. Era stata un'abitudine, nulla di più.

"Ehi, capo."

"Sul serio, da dove viene questa cosa del capo? O è Comandante o è Squall, preferibilmente Squall."

Zell sorrise con fare innocente. "Scusa, non sono sicuro da dove mi sia uscita, in realtà. Comunque, cosa c'è?"

"Suppongo che dovrei aggiornarti su alcune cose... prima che Rinoa uscisse, le ho fatto chiamare Lauren per avere qualche informazione. Richiamerà quando scoprirà qualcosa."

Zell si agitò sulla sedia, aprendo leggermente la bocca per lo shock. Alla fine strinse gli occhi, quando nessun'altra azione sembrò appropriata. Non c'erano parole in quella situazione. Per niente. Zell era sicuro che se ci fosse stato Irvine, avrebbe avuto un sacco di commenti su questo interessante sviluppo.

Il Comandante sembrò capire. "Sì, lo so - imbarazzante, credimi. Non uno dei momenti migliori della mia vita."

"O di Rinoa... o di Lauren?" aggiunse Zell con una traccia di sarcasmo nella voce.

"Probabilmente no, ma Rinoa è sopravvissuta. Sapevo che ce l'avrebbe fatta. In realtà sono venuto qui per parlarti di un'altra cosa, se hai un secondo."

Era raro che Squall volesse parlare. Onestamente, era una cosa senza precedenti. Nel passato, Zell tirava fuori le cose, o costringeva il Comandante a conversazioni sgradite, ma cercarlo di proposito e voler parlare... di nuovo, senza precedenti.

"A parte la cosa dell'essere morto, va tutto bene?"

"No, non proprio."

Le parole lasciarono la bocca di Squall prima che avesse il tempo di contemplare il loro significato. Non poteva pensarci troppo, o non ce l'avrebbe mai fatta. Proprio come nella conversazione con Rinoa la notte prima, doveva essere sincero e non analizzare troppo le cose.

"Prima che vada avanti, devo dirti prima una cosa. Non avrei mai dovuto abbandonarti laggiù. I SeeD non disertano mai una missione, men che meno un compagno di squadra. Le mie azioni non sono state lodevoli, soprattutto nei confronti di un amico."

Zell avrebbe potuto rimproverare il suo amico SeeD, o avrebbe potuto buttare in faccia al Comandante gli ordini della missione, ma in qualche strano modo aveva riscoperto un rispetto per il suo superiore che andava oltre il lavoro. I doveri di Squall come SeeD non vacillavano mai, ma alcune decisioni personali avevano parecchio confuso i suoi amici

"Sai Squall, all'inizio ero incazzato, poi sono stato tipo scioccato, poi sono tornato a incazzato, e alla fine ero più sul sorpreso, ma onestamente... non sono più così incazzato. Voglio dire, sì, all'inizio sì, ma onestamente, capisco. Sul serio, non pensavo che l'avresti fatto davvero, ma capisco."

"È solo che... mi dispiace. È stato poco professionale e irresponsabile."

"Sì, è vero" concordò Zell "ma scommetto anche che è stato liberatorio. Era una passione che non vedevo in te da quando sei andato alla Dimora della Strega. Tipo vorrei solo che tu lo avessi capito qualche anno fa, evitare tutto questo dramma, l'angoscia, e cose così. La prossima volta, ti picchierò in testa se non avrai il dannato buon senso di capirlo molto prima. D'altra parte, sarà meglio che non ci sia una prossima volta. Diamine, non so nemmeno come ha fatto ad esserci una prima volta."

Be', quella era l'apertura migliore che Squall avrebbe avuto dal suo amico. Zell aveva praticamente spianato la strada e ora lui avrebbe proprio preso quel sentiero.

"Sì, riguardo a questo... voglio dire, riguardo alla prima volta. È tipo quello di cui ho bisogno di parlarti... di quello che ha portato a tutto questo."

Zell dovette ammettere che la sua curiosità aumentò a quelle parole. Il Comandante era stato un puzzle piuttosto astratto negli ultimi anni, anche più di quando era adolescente - questo semplice fatto la diceva lunga. Nulla era più sembrato lo stesso dalla missione di Esthar.

Negli anni che erano seguiti, gli amici di Squall avevano pensato che avrebbe parlato quando fosse stato pronto, e con molta sorpresa, quel momento non era mai arrivato, a quanto pareva. Si era invece nascosto dietro una specie di facciata che in qualche modo aveva incluso anche Lauren, ennesimo pezzo del puzzle che era rimasto un mistero. Nessuno capiva, e ad un certo punto, nessuno voleva capire. L'aveva accettata per i suoi meriti, non per la sua relazione con il Comandante.

Squall spostò ansiosamente il peso, anche se l'irrequietezza era un'altra caratteristica che normalmente non c'era nel giovane Comandante. Alla fine si sedette sul bordo del divano letto. Era sfatto e piuttosto disordinato, ma non batté ciglio per il casino.

"So di non essere mai stato completamente onesto sul perché Rinoa se n'è andata, tanto per cominciare... nessuno era aperto su questo. Voglio solo che tu sappia... non è mai stato esattamente quello che sembrava. Sono sicuro che tu o gli altri abbiate sentito delle stronzate in giro per il Garden."

Fino a quel punto, Squall aveva evitato il contatto visivo diretto. Poteva essere una debolezza che doveva ancora superare, ma non era mai stato bravo in quelle cose. Anche se con l'ultima frase, osò guardare l'amico. Il gesto in sé era mezzo per cortesia e mezzo per curiosità. L'ex Cavaliere non aveva mai osato chiedere cosa avessero pensato i suoi amici, e a quei tempi non voleva saperlo.

"Sì, qualche..."

Zell lo ammise con imbarazzo, distogliendo gli occhi dal suo superiore. Di nuovo, era strano parlare apertamente di questo argomento. Era stato per una combinazione di rispetto, e di paura di fondo, che nessuno glielo aveva chiesto direttamente.

Zell si strofinò la spalla ferita, più per un'abitudine nervosa che per il dolore. "Credo, già, abbiamo parlato tra noi. Voglio dire, solo nel nostro gruppo, mai nessun altro. Avevamo troppo rispetto per voi due per farlo... in un certo senso, credo che stessimo cercando di trovare un senso. Rinoa se n'era andata e tu eri, ehm... in mancanza di un termine migliore strano, e poi un anno dopo c'era Lauren. Quindi sì... strano."

"Per quanto riguarda lei, voglio dire Lauren... È solo..."

Squall si fermò, chiedendosi se fosse il caso di addentrarsi nella stessa spiegazione sordida che aveva data a Rinoa. Era la verità, ma comunque, ammettere quel tipo di debolezza o dipendenza a qualcuno di diverso da Rinoa era qualcosa che non sapeva se sarebbe stato capace di fare. Il Comandante di solito era altrettanto combattivo con la sua terapista assegnata dal Garden; di rado diceva qualcosa che non fosse maligno o condiscendente.

"Non la ami" affermò Zell, esprimendo in modo imbarazzato un pensiero che Squall sembrava non riuscire a finire.

"No. No."

Zell non poté evitare di fare un sorriso imbarazzato. "Che shock."

"Non me la renderai facile, vero?"

A quanto pareva, i commenti maligni e condiscendenti non erano solo i suoi.

"Bei, onestamente non riguarda il non renderlo facile. Quel fatto era praticamente ovvio, persino a noi... e fammi indovinare, ami ancora Rinoa?"

"Non te l'ho già detto nel furgone?" Squall si scoprì a sbottare.

Doveva ricordare a se stesso che non era colpa di Zell; lui stava solo cercando di capire. Sfortunatamente, sembrava solo che i commenti fossero a spese del Comandante.

"Sì, l'hai fatto" ammise Zell, anche se a disagio. "Ma la domanda più grande è - lo hai detto a lei?"

A questo il Comandante tacque. "No, non esplicitamente. Non ancora."

"Perché no?"

"È complicato..."

"Solo se tu lo rendi complicato.-" ribatté Zell e poi si corresse velocemente. "Ah sì, dimenticavo con chi stavo parlando - rendere le cose semplici non è proprio il tuo forte, eh?" Quando Squall non rispose continuò: "quindi, voglio dire, pensi che adesso ci sia speranza o questa cosa di Lauren è un po' più difficile da scrollarti di dosso di quanto pensavi?".

Scrollarti di dosso, lo rimproverò mentalmente Squall. Lui proprio non la pensava così. Aveva la sensazione che Zell fosse ancora un po' confuso sulla relazione sua e di Lauren. Ma di nuovo, date le circostanze, era piuttosto comprensibile.

"Su Lauren..." Squall iniziò lentamente, come se stesse cercando di capire come descrivere la loro relazione senza sembrare, be', cattivo. "Sai, una volta ho sentito Irvine scherzare sul fatto che Lauren era solo un bottino. Lo ha detto più o meno alle mie spalle - che volesse che io sentissi o no non so dirlo. Comunque, mi ci è voluto tutto il mio autocontrollo per non prenderlo a pugni per avere detto una cosa di così poca classe... ma ripensandoci, non so se ero più scocciato perché l'ha detto o perché, in teoria, aveva ragione. Era solo fisico, non romantico. Sentirlo dire ha come messo tutto in prospettiva per me, eppure non ho fatto proprio un cazzo. Immagino che una relazione del cazzo fosse meglio che nessuna relazione, a quel punto... cosa che, in modo confuso, ho cercato di spiegare a Rinoa ieri notte."

Zell fece una smorfia tra sé e sé. Non poteva dire di capire, ma conosceva anche l'enorme quantità di pressione a cui Squall sembrava sottoporsi. Ciò che era ancora più preoccupante per Zell era quanto bene Rinoa avesse gestito la cosa.

Certo, sarebbe stata contenta del fatto che Lauren non significasse nulla, ma poteva anche vedere benissimo che la Strega lo prendesse come uno schiaffo in pieno viso. Squall non aveva mai preso alla leggera la sua relazione fisica con Rinoa; c'era voluto tempo. Avere Squall che intratteneva una relazione soltanto fisica - be', sembrava minare tutto ciò che Strega e Cavaliere rappresentavano.

"Be', sei ancora qui... quindi-"

"A malapena" schernì Squall, ricordando solo quanto era stato vicino all'andarsene la notte prima. Se la situazione fosse stata invertita, non aveva idea di come lui l'avrebbe presa. "Ma sì, ovviamente sono ancora qui. Ecco perché ho detto che ci stiamo lavorando, prima."

"Allora, ehm, capisco la cosa di Lauren, o tipo capisco la cosa di Lauren... ma questo esattamente non spiega come sei passato dall'essere un Cavaliere a, beh... non essere un Cavaliere, credo? Sembra un grosso passo indietro e nella direzione sbagliata."

E quindi eccolo - quello che aveva evitato per tre anni e per innumerevoli notti insonni.

In qualche modo, senza pensarci, Squall aveva inavvertitamente raccontato la 'fine' della sua storia, ma sembrava che avesse omesso l'inizio. In realtà, la loro caduta era iniziata mesi prima della missione di Esthar; era iniziata da qualche parte tra una gioielleria e le insicurezze che banchettavano tra loro.

Quindi ecco da dove avrebbe iniziato Squall, all'inizio della fine...

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=494306