“Photos”
Huddy. One Shot. G.
ambientata nell’episodio “Remorse”
Anni in cui le nostre liti attiravano
l’attenzione
dell’intero personale.
Mesi per portare a termine tutte le
cause legali contro di
lui.
Giorni passati a rincorrersi nella
clinica.
Ore spese a cercare un caso che
attirasse la sua attenzione.
Minuti di dialogo andati a quel paese.
Già,lui
ha il dono di
distruggere tutto, glielo avevo già
detto in passato. Aveva bussato alla mia porta dopo che avevo perso
Joy. La
stessa sera in cui ci eravamo baciati dopo tutto quel tempo…
Anni in cui ero stata presa in giro
da lui.
Mesi per pagare ogni attrezzatura da
lui rotta.
Giorni passati ad affibbiargli
pazienti in clinica.
Ore spese a cercarlo per
l’ospedale.
Minuti passati sul tetto a fissare il
cielo, senza che
nessuno lo sappia.
Passati a
piangere per
quello che lui combinava, non solo ai suoi pazienti o
all’attrezzatura.
Piangevo per tutto quello che lui causava a me, in quel gioco in cui ci
provocavamo a vicenda e alla fine ero io quella che soffriva. Eppure
dopo aver
pianto, ritornavo nel mio ufficio e il nostro gioco ricominciava da
capo.
…
Era nuovamente sul tetto
dell’ospedale quel pomeriggio.
House ne aveva combinata un’altra delle sue. Infiltratosi nel
suo ufficio aveva
rovinato l’unica copia di quella foto. La fotografia che
Cuddy riteneva tra le
più importanti della sua vita. Quella immagine di lei in
Equador insieme ad una
piccola scimmia, scattata dal padre nel loro ultimo viaggio prima della
sua
morte. Ora, in quella foto, Cuddy teneva in braccio una scimmia con il
volto
del suo ragazzo. House l’aveva ferita di nuovo, questa volta
inconsciamente.
Aveva voluto farle uno scherzo, qualcosa tipico di House, ma senza
volerlo
aveva rovinato l’unica copia di quella reliquia da lei amata.
Decise di tornare nel suo ufficio e,
mentre scendeva le
scale, House fece la sua uscita trionfale dall’ascensore.
Cuddy lo vide, ma non
cambiò direzione.
“Ma
guarda chi è
tornato? Dov’era finito?”
Con la mano destra stringeva il
bastone, quello nero con le
fiamme.
“Sono sempre stato qui, mi sono nascosto dappertutto per
evitare le ore di
clinica…una giornata come le altre”
“Bene, ma io intendevo il
bastone”
“Little Greg?”
“C’è
un Big Greg?”
“Big Greg? Non ne ho mai sentito parlare. Forse
intendevi Huge Greg!?”
Lo sguardo di lui la guardava divertito, mentre le guance di Cuddy
diventavano
rosate.
“Certo, mi vuoi dire dove
era o no?”
L’ufficio si fece
silenzioso, mentre i due medici si
osservavano, finché al voce di lui non affiorò
esile.
“Era nel mio vecchio appartamento, dove ho trovato anche
questa”
La voce di House era insicura, mentre con la mano sinistra, quella
libera dal
bastone, prendeva un pezzo di carta dalla tasca della giacca.
Nel vedere quella fotografia, Cuddy
la prese con poca
gentilezza e la strinse a sé. House abbassò lo
sguardo fino a che Cuddy non
cominciò a ridere.
“Perché
ridi?”
“L’avevi tenuta? Mi avevi detto
che…”
“…l’avrei buttata nel primo cestino che
mi fosse capitato a tiro, o l’avrei
usata per accendere la stufa nella casa in montagna, già mi
ricordo”
“L’hai tenuta, perché?”
“Sapevo che un giorno mi sarebbe tornata utile”
“Utile per cosa?”
“Adesso non lo
so. Sia chiaro, voglio
una ricompensa”
E mentre House le diede le spalle, in pochi secondi Cuddy si
trovò a pensare a
tutto ciò che stava accadendo”
Per tutto il
pomeriggio sono stata sul tetto a pensare a quella fotografia,
maledicendo
House per il suo dannato comportamento infantile. Quella foto che House
aveva
rovinato la mattina stessa, in quel momento la stringevo forte a me.
Gli avevo
dato quella
foto quando eravamo nel Michigan.
L’anno
più bello della
mia esperienza al college.
L’
anno in cui avevo
conosciuto lui. Il genio cinico e talmente bastardo da essere
così interessante
che tutte le ragazze volevano essere nella sua cerchia di elette.
L’anno
in cui ero
uscita con lui e gli avevo dato quella foto.
L’anno
in cui ero stata
a letto con lui dopo una festa.
“House, che ricompensa
vuoi?”
House non si girò nemmeno, non fece in tempo. Cuddy gli si
parò davanti
bloccandogli l’uscita.
“Meno ore di
clinica?”
“No…”
“Un ufficio più grande?”
“No…”
“Un aumento?”
“No…”
“Un nuovo arredamento per
il tuo ufficio?”
“No…”
“Insomma che
vuoi?”
“Lascia perdere Cuddy…”
“No, non lascio perdere. Tu hai tenuto questa foto per
più di vent’anni e ora
l’hai ridata a ma dopo che avevi fatto uno dei tuoi soliti
scherzi. Mi hai
chiesto una ricompensa e io ti sto offrendo tutto quello che tu mi hai
sempre
chiesto…ma ora tu non vuoi niente di questo?”
“Sì…”
House si mosse di pochi centimetri, ma fu bloccato nuovamente da Cuddy.
“E se io ti
baciassi?”
La voce di Cuddy si fece più seria, mentre il suo respiro e
il suo battito
cardiaco si alzarono leggermente.
“Te ne
pentiresti…”
“Ne sei sicuro?”
“Sì…”
“Già, tu sei il genio, dimenticavo che sai
tutto”
House sorrise leggermente.
“E’ un sorriso
quello?”
“Dove?”
“House, stavi sorridendo?”
“Io? Assolutamente no”
“E invece sì…”
Cuddy cominciò a ridere, mentre House la guardava serio.
“Perché ridi
ancora? Sono gli ormoni?”
“Non sono incinta!”
Ma Cuddy continuò a ridere finché House non le
cinse le spalle. In quel momento
lui poteva sentire il battito di lei rallentare e il respiro farsi
più
regolare, ma sempre abbastanza veloce. Ma prese a battere ancora
più forte
quando lei si avvicinò a lui e lo abbracciò.
“Ce diavolo stai
facendo?”
“Ti ringrazio”
Mi sentivo
una bambina
di cinque anni quando il suo compagno di scuola le regala il fiore che
ha
appena strappato dall’aiuola. Sono felice.
House la guardò di nuovo,
mantenendo la sua espressione
seria, ma man mano che i minuti passavano Cuddy non mollava la presa su
di lui.
Le sue mani cominciarono a stringerla sulla schiena. Rimasero
così, stretti in
quello strano abbraccio storto che tanto rendeva lei felice.
“Grazie
House…”
Uuscì dall’ufficio, lasciando Cuddy sorridente.
Prese la foto e lesse ciò che
vi era scritto sul retro.
Credevo che
con le
scimmie non si potesse parlare, ma tu sei l’eccezione. Lisa
Lo aveva scritto lei prima di dargli
la foto. Le era
sembrata una cosa stupida, e anche in quel momento mentre rileggeva
quella
strana dedica lo pensava.
Ma c’era scritto
qualcos’altro in una calligrafia diversa
dalla sua, la stessa calligrafia che accompagnava sempre i suoi esami
strampalati.
Prego raggio
di sole
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