Beauty Killer. di GrumpyTrolla (/viewuser.php?uid=92590)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Strawberry Youth. ***
Capitolo 2: *** Vanity. ***
Capitolo 3: *** Wait. ***
Capitolo 4: *** Pink Nightmares ***
Capitolo 5: *** Easy. ***
Capitolo 6: *** Licorice. ***
Capitolo 7: *** Doll eyes. ***
Capitolo 8: *** Out of Air. ***
Capitolo 9: *** Eyes closed. ***
Capitolo 10: *** Secrets & Lies. ***
Capitolo 11: *** Break. ***
Capitolo 12: *** Beautiful. ***
Capitolo 13: *** Rather. ***
Capitolo 1 *** Strawberry Youth. ***
Ragazzi o ragazze, prima
di iniziare, i soliti convenevoli. Questa storia è il
seguito di Red Flags and Long Nights. Di nuovo la trama di fondo
è stata ispirata da un fumetto di Dylan Dog, ma il resto
è tutto mio! Mio! Mwuahahaha! Ehm… sì,
magari… è una fanfiction
ed i personaggi non son miei. Diciamo però che li muovo come
voglio, gné gné gné.
Il
titolo, le varie frasi tradotte dall’inglese ad inizio
capitolo, sono presi dalla canzone Beauty killer, di Jeffree Star. Vi
lascio alla storia ora! Un grazie anticipato per gli avventori che
decideranno di leggere!
Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX
BEAUTY KILLER:
Capitolo
1: Strawberry youth.
Dal diario di Edward:
dalla precedente avventura, ho imparato che:
Se
c’è di mezzo una donna, non bisogna mai abbassare
la guardia.
I’ve
got a sweet tooth, and strawberry youth.
(Sono
goloso, ho una fragolosa giovinezza)
Mezzo Arkham era ancora a piede libero, e l’apertura dei
battenti del nuovo manicomio - non che fosse qualcosa da festeggiare,
per carità - era ancora molto lontana nel futuro…
quindi, il commissario non si meravigliò affatto del
categorico divieto di tenere aperto un caso del genere, e visto che
Batman sicuramente aveva altro a cui pensare, decise di invitare Edward
a bere qualcosa. E parlargli.
Doveva riconoscerlo, durante il caso di Jack lo Squartatore
Nigma si era comportato in modo serio e professionale. Per quanto gli
fosse possibile. I suoi metodi non sempre ortodossi - per non parlare
dei suoi atteggiamenti alquanto discutibili - erano qualcosa di facile
da sorvolare, visto il suo poco lusinghiero background. Insomma, da lui
si sarebbe potuto aspettare di peggio, quindi il risultato finale
poteva dirsi una piacevole sorpresa.
Praticamente stravaccato sulla sedia, il mento poggiato su una mano,
mentre con l’altra reggeva il giornale aperto davanti la
faccia, scorreva la notizia - un trafiletto a metà del
quotidiano.
Cantante
pop muore suicida nella vasca da bagno.
“Uhm… - rifletté
l’investigatore - droghe o roba del genere?”
“Niente, era pulita ed in salute. Anche troppo,
direi… vedi, una volta assistetti ad un suo concerto ma era
più di vent’anni fa, capisci? Eppure, al
ritrovamento era identica a come la ricordavo.”
Edward scansò immediatamente il giornale dalla faccia.
“Incredibile! - esclamò, fissandolo con quegli
occhi impossibilmente scuri - Cioè, perfino lei
andava a dei concerti?!”
La risposta era irritante, ma un attimo dopo Nigma gli sorrise,
lasciando intendere che si trattava solo di una battuta innocente:
ecco, questo era uno degli atteggiamenti discutibili di cui sopra.
Anche se il ragazzo il più delle volte non voleva davvero
offendere nessuno, il sarcasmo era il suo prediletto modo di scherzare.
Non tutti potevano accettarlo, e Gordon stesso ancora non si era
abituato a quel modo di essere amichevole.
“Dì pure quello che ti pare - sorrise il
commissario - ma sappi che alla tua età non passava Sabato
sera che non mi fossi preso una sbronza.”
“Alla mia età?
- Edward sollevò un sopracciglio, le labbra piegate da un
lato in un sorrisetto furbo. - Commissario, credo che lei sia un
po’ confuso.”
Disse, scuotendo la testa e dando alla frase un tono cantilenante e
pomposo, per poi tornare al giornale. In verità, aveva i
nervi a fior di pelle. Trovarsi in un locale pubblico, in pieno giorno,
con lo stesso uomo che lo aveva più volte sbattuto in galera
ed interrogato Gotham by night style,
ancora gli sembrava assurdo, in un senso che - anche se non lo avrebbe
mai ammesso -, lo imbarazzava moltissimo.
Per quanto riguardava il caso, la soluzione era semplice: la tizia
doveva aver fatto qualche plastica, per poi ammazzarsi… una
filosofia ammirevolmente edonista a parer suo, ma nulla più.
L’unica scoperta che riusciva a trovare davvero stupefacente
in tutta quella storia, era la giovinezza scatenata di Gordon,
più il fatto che avesse amato una subrettina come
quella.
“Comunque, questo caso non mi convince. - insistette Gordon -
Una cantante di mezz’età torna ragazzina grazie a
chissà quale operazione, e già questo farebbe
felice chiunque; riprende i concerti, ha successo, organizza
tourneé… per poi suicidarsi?”
“Perché sta chiedendo il mio aiuto? - decise di
chiederlo in modo diretto, ma si sbrigò ad aggiungere - Non
che non mi faccia piacere.”
“Perché secondo me c’è sotto
qualcosa. Non ti sto chiedendo di aprire un’indagine non
retribuita solo perché sono io a chiedertelo, ma se ti
capitasse di scoprire qualsiasi cosa che mi permetterebbe di riaprire
il caso, te ne sarei riconoscente.”
Enigma annuì leggermente, un po’ dispiaciuto. Non
sarebbe certo la prima volta che una persona ricca e famosa si
rivelasse stanca della vita, ed a lui non era mai piaciuto inseguire
fantasmi. Ma per l’ennesima volta, tenne le sue opinioni per
sé.
“Proverò a fare qualche ricerca in
giro.” Acconsentì senza impegno, e lasciarono il
locale.
“Vuole un passaggio, commissario?” Chiese Edward,
tirando le chiavi fuori dalla tasca.
“No grazie, farò due passi a piedi”
Non ci voleva un genio per capire che per Gordon, farsi vedere un giro
con un
ex criminale che gettava discredito sulla professione investigativa,
sarebbe stato davvero imbarazzante e complicato da spiegare, quindi si
limitò ad annuire per poi andarsene.
O
magari non gradisce la mia macchina? Si
domandò una volta sotto casa, e con un mezzo sorriso, fece
una breve carezza al volante della sua corvette verde. Tutta invidia.,
pensò, prima di scendere ed entrare nel condominio.
Appena varcata la soglia del salotto vide Joker, tutto concentrato
davanti alla tivù, ma da tempo aveva smesso di chiedersi perché
il clown non tornasse a casa sua, visto che ne aveva una da qualche
parte… apparentemente però, si muoveva solo per
andare a trovare Crane.
“Eddie! Non puoi immaginare cos’ho
visto!” Lo accolse il suo coinquilino.
“Ehm… il Milionario?” Tirò ad
indovinare.
“Che dici, parlo del telegiornale, e…”
“Ah! Sai com’è, ogni giorno ne danno uno
diverso, quin… ahio!”
Dopo aver centrato l’investigatore in fronte col
telecomando, Joker proseguì.
“Idiota. Stavo per dirti che il giornalista
all’improvviso è diventato un mostro!”
“Cioè? Ha parlato bene di te?”
“Per carità! No, intendevo proprio che
è diventato… qualcosa,
ed ha tentato di divorare la sua collega. Ohh, Eddie, non è
stupendo? Gotham sta impazzendo Sem. Pre. Più!”
Spiegò il clown, col tono acuto e veloce che usava quando si
sentiva davvero eccitato per qualcosa.
Nigma si prese qualche secondo per pensare alle sue parole, e
percorrerlo con lo sguardo.
“Hai preso qualche droga strana?”
Domandò, incrociando le braccia sul petto.
“Non se l’è inventato, Ed.”
Quella voce inaspettata lo colse di sorpresa, ma l’unico
segno del suo spavento, fu lo scatto quando si voltò; vide
Spaventapasseri appoggiato contro la finestra, non capì come
avesse potuto non accorgersi della sua presenza, ma
d’altronde Jonathan sapeva muoversi davvero silenziosamente
quando voleva. L’aspetto dell’ex psichiatra era
impeccabile, come al solito.
“Crane. Stavate dando un party? Sembra sempre tanto affollato
qui, ultimamente.”
“Ohh Eddie, ma quanto sei scortese! Come puoi!”
Lo rimbeccò Joker, lanciandogli una pantofola, stavolta
l’investigatore l’afferrò prima che lo
colpisse nuovamente in testa. Era pure sua.
“Intendevo solo: non sarebbe ora, dopo un mese che sei qui,
di iniziare a dividerci
l’affitto?”
Il clown spalancò gli occhi per un attimo, prima di
rispondere con una risata talmente genuina, che Edward
spostò lo sguardo su Crane, come in cerca d’aiuto.
L’altro sorrise.
“Vabè. Comunque, stavo per andarmene.”
“Resta, sai che per te non c’è
problema.” Lo invitò Nigma.
“Ahh, e per me sì, invece?” Chiese
Joker, allungandosi comodamente, ed incrociando le braccia dietro la
testa.
“Lo baratterei con te anche subito! - annuì
l’investigatore, gli occhi spalancati nella parodia della
sincerità - Sono certo che lui
non si sveglierebbe ogni mattina giusto in tempo per rubarmi la
colazione dalle mani. O per lo meno poi, avrebbe la decenza di non
lamentarsi perché non uso il burro.”
“Ahhh, Eddie… - sorrise Joker. - Tu e le tue
intolleranze! Ma. Po-overo
cuore, chi ti farebbe mai una cosa simile? - riabbassò le
braccia, si alzò e con un piede schiacciò il
pulsante della tivù, spegnendola. - Beh, signorine,
è stato un piacere. Ora chiedo venia, ma devo andare a farmi
una doccia, o qualcuno potrebbe dire che non mi lavo.”
Appena il clown lasciò la stanza, Nigma spostò lo
sguardo su Jonathan.
“Oh, in realtà lo so che si lava.”
Mormorò pianissimo, annuendo in modo furbo, e
l’investigatore sorrise, portando le mani in tasca.
“Consumando sempre tutta la mia acqua calda, tra
l‘altro. Sei dispettoso, sai.”
Buttò lì, piegando la testa di lato e sostenendo
lo sguardo di Spaventapasseri, che lo osservava - lo faceva sempre -
come se lo stesse valutando.
“Mi stai facendo capire che tra i due sei tu a non lavarti?
Pensa un po’ le stranezze.”
“La risposta è acqua fredda, Crane. Gelida,
assassina, maledetta acqua fredda. Ti offro qualcosa? - chiese poi,
sfilandosi la giacca e voltandosi verso la sua camera da letto.
Parlava, e la sua voce si allontanava sempre più - Un
caffè? Una bibita? Un dolce?”
“Ti ringrazio, ma no. Ero solo passato.”
“Mi fa piacere, non passa mai nessuno. A parte
Joker.”
Aprì l’armadio, ne estrasse una felpa verde ed un
paio di jeans - la sua tenuta da casa
- e lo richiuse. Mentre sfilava la cravatta, notò Jonathan
appoggiato contro la cornice della porta, voltato dall’altra
parte.
“Puoi entrare, se vuoi. Non hai mai visto la mia stanza,
vero?”
“Dio, quanto ti odio da quando sei diventato così
casalingo.” Rispose l’altro, storcendo il naso, ma
entrò comunque.
Eh sì, Edward adorava quella casa, la prima che avesse mai
considerato davvero sua, e che sperava lo sarebbe stata per sempre. Ed
amava anche mostrarla, che poteva farci? Anche se come aveva
già detto a Crane, non andava mai nessuno a trovarlo. E ne
era sicuro, neppure Jonathan passerebbe da lui, se non fosse per Joker.
“Hai più parlato con Harvey?”
Domandò, mentre si sfilava la camicia.
“E cos’avrei da dire, io, ad Harvey? - Rispose
l’altro, senza nemmeno voltarsi mentre esaminava i libri
sugli scaffali della stanza. - Me lo presti, questo?” Chiese,
estraendo un volume per mostrarglielo.
Enigma sollevò un sopracciglio e si avvicinò, lo
prese e lesse il titolo.
“Prendilo pure. Comunque puoi stare tranquillo, non
dirò niente a Joker.”
“Che vuoi che gliene freghi dei libri che mi
presti?” Chiese, voltandosi e volontariamente cancellando
quella parte di conversazione che non gradiva, poi tacque, come
sfidandolo ad obiettare qualcosa.
“Mh. Sì, lo so perché sei ammutolito.
È per via del mio corpo perfetto, succede a tutti non
preoccuparti.”
Crane sgranò gli occhi per un momento. “Ma rivestiti.
- Lo rimproverò, strappandogli il libro dalle mani ed
uscendo dalla stanza. - Ci vediamo, Ed.”
L’investigatore rise tra sé, tornando verso
l’armadio per finire di cambiarsi.
Proprio nel momento in cui Crane poggiò la mano sulla
maniglia della porta d’ingresso però, il
campanello suonò. Alzò gli occhi al cielo ed
aprì, un attimo dopo una voce risuonò, alta, dal
bagno.
“Se è l’omino delle consegne, caccialo!
L’ultima volta gli ho chiesto di darmi del latte, ma a lui
non è bastato! Mi ha dato anche del cretino!
E dell’imbecille!”
Durante questo sfogo, Crane restò immobile, senza dire una
parola, facendosi carico di tutta la figuraccia di cui,
immaginò, Edward gli avrebbe dovuto rendere conto. Magari
non gli avrebbe mai restituito quel libro, tié. Quando si
sentì meno imbarazzato alzò lo sguardo. Dovette
alzarlo molto, perché a schiacciare il campanello era stato
un gigante di sesso femminile.
Sembrava anche un po’ confusa.
“Si, penso che debba ridere adesso, signora.” Disse
secco, lasciandola ancor più basita di prima.
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Capitolo 2 *** Vanity. ***
Per
Sychophantwhore: Hello! Aww, ma i tuoi
complimenti! Dio, quanta carica mi danno, non ne hai proprio idea! Ed
hai anche notato il cambio di stile, diretto e senza più
tanti orpelli. Ammetto che la cosa è voluta, sto cercando di
sperimentare a fondo uno stile minimalista che mi tornerà
utilissimo una volta che deciderò per il mio progetto di
romanzo originale. Ti posso dire fin da ora, che il pipistrello in
questa storia non comparirà neppure per un cameo xD! Le
sottotrame .__.! Una volta, amavo scriverne tantissime nelle mie
storie, ma poi mi son resa conto che la lettura diventava complessa,
poco scorrevole, e i lettori tendevano a confondersi o dimenticare dove
si era rimasti, quindi ho smesso. Ma sono lieta di sapere che tu le
apprezzi *__*! Ti distingui dalla massa come sempre, ed in bene! Poor
Gordon ç_ç in effetti parrebbe davvero a pezzi
ormai, ma dalla mia prossima storia, ho deciso di dargli più
spazio per dimostrare - volente o meno - il suo valore. Ho grandi
progetti per lui :3! Ancora, ti ringrazio per i complimenti ad Edward,
ho cercato di svilupparlo meglio che potevo essendo il protagonista, e
sono contenta che lo apprezzi tanto! Crescerà sempre
più! E mi pareva giusto dargli quella mole di ossessioni per
la routine, la casa ed il lavoro visto che ormai, senza le sue preziose
sfide, solo lì può sfogare le sue paranoie.
All’inizio lo confesso, non è stato voluto, ma con
l’andare del tempo, s’è consolidato in
maniera troppo naturale. Joker lo tiene sulla retta via, comunque :3
serio sì, ma non troppo, o non reggerebbe nemmeno un minuto
di quella vita, così diversa dalla sua! Ehh, per quanto
riguarda Crane, i suoi cambiamenti inizieranno a mostrarsi
più avanti con la storia xD nemmeno lui resterà
indenne. Insomma, la vera roccia di tutti, resterà Joker ed
è giusto così. Sono felicissima anche che ti
piaccia il modo in cui interagiscono *__*! Ho cercato di umanizzarli
più che potevo, rendendoli in situazioni sia critiche che
quotidiane, beccandoli nei momenti in cui sono più sciolti e
disinvolti. Per quanto riguarda le docce del clown xD, come ti avevo
già detto, io ho sempre dato per scontato che fosse una
persona abbastanza pulita, immaginando che i suoi capelli apparissero
in quel modo per un uso smodato di tinte spray, di quelle che
spariscono con una lavata di testa, in caso di necessità, se
dovesse uscire in incognito insomma. Sono inoltre contenta che ti
piaccia la canzone che ho scelto, la vedevo molto azzeccata! Ci ho
messo una vita a trovarne una, ed alla fine, all’ultimo
momento e quasi per caso mi sono ricordata di questa. Dal diario di Ed
uscirà di tutto xD. Un ultimo grazie di cuore, prima di
lasciarti al capitolo *__*!
Per
Rika_fma_lover: Hello! Innanzitutto,
sappi che avere una nuova lettrice - ed una che nemmeno amava lo slash
in questo fandom xD - mi riempie di orgoglio, specie in questi tempi in
cui sembrano essersi tutti volatilizzati. Ti ringrazio moltissimo dei
complimenti, anche se mi sento in dovere di informarti della mia
timidezza cronica… li apprezzo anche se tendono ad
imbarazzarmi. Spaventapasseri/Duefacce è una delle mie
coppie preferite, venuta fuori praticamente per caso - eh
sì, perfino io autrice, ci ho messo un po’, ad
apprezzarli - durante la stesura di ‘Who will take my dreams
away‘, e perseverata fino adesso. Sapere di essere riuscita,
con la forza della mia passione, a farli piacere a chi non ne avrebbe
mai voluto sentir parlare è una nuova gioia. A volte, mi
rendo conto di dare il peggio di me stessa - almeno quando si arriva a
toccare ciò che amo, ed i miei lavori -, apparendo saccente
e velenosa, ma non mi permetterei mai di ritenere qualcuno
‘piccola ragazzina ignorante‘, perciò se
ti ho dato motivo di pensare il contrario, ti chiedo perdono,
è solo il mio caratteraccio. Anche prostrarsi ai miei piedi
è un concetto completamente sbagliato, davvero. Per la
mancanza di urletti, ti sarò eternamente grata =). Puoi
vedere benissimo dalla mia risposta, che non ho trovato il tuo commento
inutile o tanto meno noioso anzi, mi ha caricata moltissimo, te ne sono
riconoscente. E gli abbracci virtuali non hanno mai fatto male a
nessuno ;) io ne distribuisco come se piovesse. Ora ti lascio al
capitolo, sperando che ti piaccia quanto i precedenti, e di leggere
ancora le tue opinioni!
Un
abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX
BEAUTY KILLER:
Capitolo
2: Vanity.
Dal diario di Edward: Mi
sento osservato. È come se fossi il protagonista
di
un racconto in cui l’autore si divertisse a giocare con
me, e c’è gente che
Legge
continuamente di ciò che faccio! Mah. Ho accettato un nuovo
caso.
Vanity’s
like a funeral, and everyone’s at my wake.
(La
vanità è come un funerale, ed alla mia veglia ci
sono tutti)
Visto che Spaventapasseri continuava a fissarla senza muoversi di un
millimetro, la gigantessa
non poté che restare immobile, mentre i suoi occhi correvano
tra l’interno della casa e la targa sulla porta.
“Questa… è l’agenzia
investigativa Enigma?”
“Lo è.” Rispose Jonathan, finalmente
scansandosi per lasciarla passare, ma la signora esitò. Al
diavolo, ormai era lì, quindi decise di entrare, e
la porta venne richiusa immediatamente.
“È lei Edward Nigma?”
“Per carità, no.”
Lei annuì, ma entro breve il silenzio iniziò a
farsi pesante; appena prima che si decidesse a fuggire di
lì, il padrone di casa si palesò, con la sua
sgargiante felpa verde, che vantava un grosso punto interrogativo nero
sul petto - evidentemente le vecchie abitudini sono dure a morire. Con
un sorriso le andò incontro per stringerle la mano; i suoi
occhi brillavano di un qualche sentimento, e perfino lui era di qualche
centimetro più basso della donna.
“Mi scusi. Sono io Edward Nigma, piacere di conoscerla.
Suppongo tu sia qui per chiedere i miei servizi. Posso darti del tu,
vero?” Domandò, un sorriso bianco ed affascinante
sul viso.
Alle spalle della donna, Crane spalancò gli occhi, e la sua
bocca si aprì nel ritratto scandalizzato di sé
stesso: aveva sentito parlare eccome, dei mitici approcci di Edward, ma
vederlo in azione era tutta un’altra storia.
“Perché piuttosto non darle del io?”
Urlò ancora la voce dal bagno, ed Edward sorrise: magari
Joker sapeva prevedere il presente, o non si sarebbe spiegato come
facesse a sentirli fin da lì, anche se lo scroscio
d’acqua era cessato.
Un
dono non da poco.
Pensò, ed avere un audience per le sue conquiste
non gli dispiaceva affatto, quindi strizzò
l’occhio in direzione di Crane, e lo vide rispondergli con
una smorfia di disgusto, per poi superarlo e tornare in salotto. Forse
nonostante tutto, non voleva perdersi lo spettacolo. Per certe cose,
c’era molto da imparare da Edward.
“Certamente. - rispose la donna, con un sorriso - Il mio nome
è Eva. Eva Steiner.”
“Prego Eva, accomodati pure.”
La invitò, sfiorandole la schiena mentre
l’accompagnava fino all’altra stanza.
“Qualcuno ha ucciso mio marito, Axel Steiner, qualche giorno
fa.” Esordì la donna.
“Ci sono sospetti?”
“No. - ammise - A parte me, ovviamente.”
“Ah.”
Fu come un deja-vu. Il suo primo caso era iniziato più o
meno con le stesse parole, e si era concluso orribilmente.
Andiamo
bene…
riflettè Edward, ma non disse nulla ed il suo silenzio
invitò Eva a continuare.
“Io non ero neppure in America, però. E poi anche
se ci eravamo separati da tempo, tenevo ancora a lui. I
poliziotti non sembrano affatto vicini alla verità, quindi
sono tornata per occuparmene personalmente. So che mio marito era
spaventato, aveva ricevuto minacce.”
Enigma lanciò uno sguardo verso Spaventapasseri: era lui a
Gotham, che spaventava la gente dietro compenso. Grosso compenso. Ma
nonostante la gloria che un caso simile avrebbe potuto portargli, lo
aveva giurato da prima di aprire il suo studio: mai avrebbe indagato su
un caso in cui potessero risultare coinvolti i suoi ex colleghi.
Quello scambio di sguardi comunque non passò inosservato,
quindi Eva tossicchiò un paio di volte, riguadagnando
l’attenzione dell’investigatore.
“Scusate l’indiscrezione, ma… voi due
state insieme?”
Nigma aprì la bocca per rispondere, ma nello stesso momento
la porta del bagno si spalancò, sbattendo violentemente
contro il muro. Un ragazzo nudo dalla cintola in giù, un
asciugamano sulla testa che scendeva a schermargli il viso,
uscì ed attraversò il salotto.
“Ma non scherziamo.”
Mormorò, abbastanza forte da farsi sentire prima di sparire
nella camera di Edward.
“Ci deve perdonare. - disse l’investigatore - Di
solito siamo più professionali di così, ci ha
solo beccati in un brutto momento.” Che va avanti da mesi
pensò, terminando la frase.
“Ah! Quindi siete… colleghi?”
“Il ragazzo di prima è il mio assistente. -
inventò - Mentre lui - disse, indicando Crane - è
un medico, e mi fa da consulente.”
“Beh. - iniziò Joker, rientrando dopo essersi
infilato una delle magliette di Edward, il viso nascosto dalla solita
sciarpa - Il capo
voleva un assistente serio,
capace
e silenzioso
ma ancora non può permettersene tre.
Ahh… non sono io quello silenzioso, e credo sia per questo
che Johnny non accetta le mie avances. Lui ama la discrezione, mentre
io ho
la lingua così lunga, che potrei chiuderci le lettere dopo
averle imbucate.
Così ha detto lui, almeno.”
“Ma a proposito di discrezione! - S’intromise
Nigma, alzando la voce, irritato per quell’evidente
siparietto da sto marcando il mio
territorio -
Perché ti sei rivolta a me?”
“Vede, l’omicidio di mio marito non è
cosa di poco conto. Col suo assistente, Jacob Wu, dirigeva la clinica
di bellezza Paradise; non so perché, ma litigavano spesso.
Ora lui gestisce tutto, ma i suoi dipendenti ne sono spaventati, e
procurarsi un alibi gli sarebbe facile. Tutto lì dentro
è strano, sebbene anch’io sia un medico, molte
delle apparecchiature usate alla clinica non le ho mai viste. E Wu non
apprezza che si ficchi il naso da quelle parti, neanche fosse roba sua,
poi!”
Clinica
di bellezza pensò
Edward, poi ricordò. Cantante di
mezz’età torna ragazzina grazie a
chissà quale intervento.
“Quindi, cos’ha fatto?”
“Beh. - iniziò, abbassando lo sguardo - Mi ero
ripromessa di aspettare l’apertura del testamento, ma una
notte vidi questo... mostro,
diciamo. Mi disse di stare lontana da Gotham e dal Paradise,
che sarei comunque diventata ricca. Tentai di convincermi che si
trattasse di un sogno, ma era così reale!
Mi sentivo… strana.”
Avendo ascoltato abbastanza, Enigma si alzò in piedi.
“Ti ringrazio, Eva. Devo fare degli accertamenti, ma ti
farò sapere il prima possibile.”
L’accompagnò alla porta, niente più
giochi da Casanova, ed appena tornato in salotto, Crane lo
anticipò.
“Io non c’entro niente.”
“Andiamo. Steiner spaventato, lei che vede i
mostri… puoi dirmelo, non lo accetterei il caso.”
“Ed, lo saprei
se fosse opera mia, no?”
“Calmati. - sospirò Enigma - Qui è
comunque di dottori che si parla, però. Tuoi ex colleghi,
dovrai pur saperne qualcosa.”
“Non ne so niente. - Spaventapasseri abbassò lo
sguardo per un attimo, poi tornò a fissarlo dritto negli
occhi. - Se… ti consigliassi di lasciar perdere tutto, le
mie parole cadrebbero sul niente, vero?”
“Non se mi darai un valido motivo.”
“Conosco Wu. - ammise - Ho anche sentito parlare di Axel
Steiner, e di certo non era la povera vittima descritta poco fa. Era
potente, quindi molti fatti strani della clinica, non si sono mai
risaputi.”
“Fatti del tipo?” Chiese Edward, prendendo
nuovamente posto sul divano.
“Sparizioni. Decessi, oserei
dire. Ed ancora altre morti inspiegabili successive
ai loro interventi. Lo staff stesso è molto strano,
addirittura succube
di Steiner e Wu. Penso che il dottore si fosse stufato di tutto questo,
così il suo collega lo ha fatto fuori. Cose che
capitano.”
“Un caso già bell’e risolto, insomma.
Basterebbe solo trovarne le prove.”
Crane sbuffò, facendo scattare la testa di lato. Ovvio,
Nigma non ascoltava mai nessuno; Nigma avrebbe accettato quel caso
nonostante gli avvertimenti. Naturalmente, Nigma era un vero idiota.
“Accetterai il lavoro, dunque?”
Edward tacque. Un’indagine simile lo avrebbe di volata
catapultato nei cieli della notorietà, ma deludere Crane era
un pensiero che lo disturbava. Continuò a fissare un punto
indefinito, finché improvvisamente, il tocco di una mano
sulla sua spalla non lo riportò alla realtà.
“Stai attento, Ed.”
Disse Spaventapasseri, ed un gesto simile da parte sua - per quanto
semplice - era qualcosa di incredibile: Crane non si preoccupava mai
per nessuno, ed era la prima volta che cercava volontariamente un
contatto fisico con lui. Edward si sentì percorrere da un
brivido.
“Hei, voi due! - scattò Joker, frapponendosi
bruscamente tra loro - Non combinate roba alle mie spalle, se non sono io a
chiedervelo. E poi di che ti
preoccupi Johnny, ci sono io
ad aiutarlo, no?”
Qualche secondo passò, in silenzio, poi Crane
annuì ed un piccolo sorriso gli si aprì sul
volto. Come se davvero, sarebbe bastata la presenza di Joker per
mettere tutto a posto.
“Dopo la faccenda di Jack,
ti devo un favore. - disse Spaventapasseri, senza guardare nessuno in
particolare - Ti aiuterò anch’io, sono un medico e
saprò muovermi meglio di te.”
Edward passò lo sguardo tra l’uno e
l’altro e si sentì… strano. Come il
personaggio di un racconto, dove l’autore inventa la prima
cavolata per mettere insieme il gruppo di coraggiosi protagonisti che
alla fine dell’avventura, si sarebbero ritrovati amici per la
pelle, e probabilmente - ma questo non si dice mai - anche traumatizzati a vita.
Sorrise.
“Apprezzerei molto il vostro aiuto.”
In verità, Enigma non sentiva proprio nessun bisogno di
assistenza. Lui poteva cavarsela benissimo anche da solo, ma non
avrebbe mai rifiutato: quel caso, oltre a portargli una
notorietà senza precedenti, lo avrebbe avvicinato a quelli
che, per un risvolto assurdo del destino, erano tornati ad essere suoi colleghi,
anche se solo per poco tempo. E magari, Crane avrebbe iniziato a
passare a trovare anche lui,
qualche volta, e non solo il clown di casa. Forse faceva male a
regolare tanto la sua vita in base alle loro, ma doveva ammetterlo, non
aveva nient'altro. Senza quelle due presenze al suo fianco, la sua vita
sarebbe più inutile e vuota che mai.
“Ahh… andiamo?” Propose Joker, guardando
Spaventapasseri, che annuì in risposta.
“Ci vediamo, Ed.” Lo salutò Crane,
seguendo l’altro fino alla porta, ma d’un tratto si
fermò.
“E comunque. Non sei ancora nella posizione di poter fare lo
strambo Ed, è una cosa che fa scappare i clienti! Cerca di
essere più
professionale, da oggi in
poi.”
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Capitolo 3 *** Wait. ***
Per
Chimeratech: Hello :3! Non
c'è problema per la recensione mancata, l'importante
è saperti ancora
qui! Un po' mi avevai fatta preoccupare ç_ç. Ti
ringrazio per il
commento, e per l'apprezzamento al capitolo, i complimenti fanno sempre
piacere ad una povera autrice *_*! Questo capitolo è
arrivato un po'
più in ritardo del previsto, ma stavo tentando di aggiornare
anche
altre storie, come hai notato. Se riuscirò, te lo confido -
ma non
dirlo a nessuno, eh xD - ho intenzione di postare un prequel di questa
saga, per raccontare come questi tre hanno iniziato a parlare,
frequentarsi, e come sono giunti al rapporto che ora li
contraddistingue. Ora ti lascio al capitolo, sperando che ti piaccia
quanto gli altri =)!
Per
Rika_fma_lover: Hello! Aww,
male, molto male per il ripasso mancato xD. Ricordo che quando
toccò a
me, passai una settimana intensiva a ripassare, e dedicarmi a tutto
ciò
che avevo 'scordato di studiare' negli anni precedenti. L'ipotesi sulla
figlia di Falcone - paragonata ad un bisonte - mi ha fatta ridere,
anche perché di fronte ad un simile donnone, Jonathan
avrebbe anche
potuto infischiarsene della curiosità di vedere Eddie
all'opera, e
fuggire. No no, Eva è una donna molto alta, ma fine e di
bell'aspetto,
non per niente, ha conquistato subito le mire di Nigma (e per inciso,
il sogno nel cassetto della mia versione di questo personaggio,
è
trovare una donna con cui riuscire a ballare un lento con la testa
sollevata, cosa non facile vista la sua statura). Per quanto riguarda
il suo stretto rapporto con gli altri due, che sembra averti un po'
turbata, ha una spiegazione: nella mia versione - molto più
simile ai
fumetti Strikes, che a quelli classici -, lui è un uomo con
la fissa
per gli enigmi, magari un po' ladro, ma fondamentalmente onesto: non si
sognerebbe mai di imbrogliare nelle sue sfide, qualità per
cui era noto
il classico Enigmista della golden age. Ma ovviamente è un
megalomane,
e come tutti i megalomani nasconde insicurezze micidiali, ed un gra
bisogno di approvazione, odierebbe un abbandono, o non venir calcolato
affatto dalle persone che lo circondano, specie se arriva a conoscerle
e ad affezionarsi, a modo suo. Per non parlare del fatto, che ora ha
addirittura cambiato vita completamente, quindi il resto lo lascio alla
tua immaginazione ;).Comunque, hai anticipato un bel quesito cui mi
stavo giù apprestando a rispondere con una lunga one-shot,
che andrà a
fare da prequel a questa saga. Crane beh xD. Lui è il
furbetto della
situazione, fa buon viso a cattivo gioco, tenta di immischiarsi nelle
faccende quel tanto che basta per soddisfare la sua
curiosità, o per i
suoi interessi, ma sulle ragioni che lo hanno spinto ad aiutare Edward
in questo particolare caso, lascerò che sia il resto della
storia a
spiegare. Infine, il Joker xD. Pantofolaio hai detto, beh, un po'
sì,
ma come ho già spieato durante la storia precedente ad
altri, il motivo
è semplice: Arkham è stato raso al suolo, quindi
tutti hanno "cose più
importanti" a cui badare, ed è per questo che il clown non
accenna a
farsi vedere per il momento: vuole la scena tutta per sé,
non dividerla
con altri, in un momento in cui "sta succedendo di peggio". Per quanto
riguarda Duefacce invece, continui a leggermi nella mente ed
anticiparmi, perché apparirà proprio in questo
capitolo. Andando
avanti, avevo capito purtroppo che si tratta di perdita d'interesse da
parte dei lettori, ma la cosa non mi sconforta poi molto: io sono
ancora qui, e ci sei tu, e c'è la ristretta cerchia di
affezionati a
cui tengo, quindi non ho bisogno di commentini "tanto per". Nel 2012,
col nuovo film, sarò felice di poter dire "io ero rimasta
è_é!". Non
capisco cosa intendi con "aura di sacralità" attorno a
questo fandom,
però. Cioè, ovviamente in ogni categoria bisogna
saper scrivere ed
avere un'idea chiara e coerente di come siano i propri personaggi - e
quel tanto che basta vicini agli originali - ma queste cose vengono con
la passione, quindi non credo ci sia ragione di temere alcun che. Ma
qui entra in gioco il mio caratteraccio, poiché ci sarebbero
molte più
storie nel fandom, se non mi fossi messa a commentare in modo acido, ma
anche educato e costruttivo, ogni minchiata qui postata, spingendo
alcune autrici a cancellare o modificare i popri "lavori". Visto xD?
Caratteraccio. Ora ti lascio al capitolo, ringraziandoti tanto per il
tuo commento, e sperando di leggere presto le tue impressioni.
Per
Sychophantwhore: Ciao :3!
Ma quanto ti diverti a sezionare ogni cosa *__*! Ho fatto proprio bene
ad attendere l'arrivo del tuo commento prima di andare avanti. Il
motivo per cui le riflessioni di Edward si sono mischiate alla
realtà è
semplice xD da una parte, come avrai notato, continua a farsi manovrare
dai suoi "amici", mentre dall'altra, mettendomi nei suoi panni in
quella situazione - tutti che non vedono l'ora di accompagnarlo
nell'avventura -, mi sarei sentita proprio così: come dentro
un romanzo
un po' fatto male. Il film di cui parli temo di non averlo mai visto,
ma rimedierò appena potrò, visto che me lo
raccomandi così caldamente!
In un punto però ti sei sbagliata
ç_ç... Edward non aveva affatto
accettato il caso propostogli da Gordon, semplicemente, aveva detto una
bugia per farlo contento. Ai suoi occhi, una tizia che si fa bella
prima di suicidarsi, non ha nulla di particolarmente misterioso.
"Queste star sono ben strane" ha detto, se non sbaglio (non ricordo se
questa frase nel capitolo c'era, o se l'ho eliminata dalla bozza).
Però, per quanto riguarda la teoria sulla pedina, non
dirò nulla, solo
che "in un certo senso" è così, ma non quello che
credi tu, temo ç_ç.
Poi, Spaventapasseri xD. Lui continua ad essere il furbetto della
situazione, ma continuo a non volerti sciupare il seguito, visto che un
ruolo ce l'avrà eccome, nelle indagini ;). Sul "nulla accade
per caso"
però, hai perfettamente ragione! Sarebbe un insulto, o una
trovata
molto tragicomica, lasciare tutto al caso, anche se forse al Joker
farebbe molto piacere, confonderebbe le idee a non finire xD. Ed a
proposito del clown, sono contenta che lo trovi divertente, e
soprattutto che apprezzi i suoi comportamenti un po' animalschi ed
istintivi! Più che di gelosia, qui parlerei di
territorialità bella e
buona! Mancava solo che marcasse il suo territorio in stile canino, ed
il quadro sarebbe stato completo, ma non credo che Johnny avrebbe
apprezzato più di tanto xD. E lo dico pure a te, visto che
siamo in
argomento. Sui trascorsi dei tre, il loro rapporto, come si sono
incontrati, sto scrivendo una lunga one-shot, dopo la quale spero che
tutte le tue curiosità vengano sedate ;). Infine, la tua
curiosità xD.
Dove stavano andando quei due? Forse a casa dell'ex psichiatra, dove
Joker ama farsi coccolare in intimità, con la scena tutta
per lui - in
effetti, Crane non ama troppo dare spettacolo, anche se si tratta solo
di Ed -, oppure fuori, a passare il tempo mischiandosi coi comuni
mortali, o ancora, a lanciare sassi e bombe a mano, o a fare una
solitaria passeggiata di coppia su qualche spiaggia
ù_ù chi lo sa? A te
la scelta ;)! Ma ora ti lascio al capitolo, sperando che sia di tuo
gradimento quanto i precedenti!
Attenzione: Visto quanto solitamente
sono lunghe le risposte alle recensioni, ho pensato che sarebbe forse
meglio rispondere tramite mail nella pagina "contatta l'autore", quindi
se siete d'accordo, fatemi sapere, e controllate che i vostri indirizzi
sul sito siano validi.
Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX
BEAUTY KILLER:
Capitolo 3: Wait.
Dal diario di Edward:
Spaventapasseri mi ha consigliato di non fare
‘lo
strambo’, coi clienti. A me. Che Dio lo stramaledica...
I
almost died, but it felt great. Faking perfection wasn’t
worth the wait.
(Sono
quasi morto, ma è stato bellissimo. Fingere la perfezione,
non valeva l’attesa.)
Harvey tamburellava distrattamente il volante con le dita, in attesa, e
non era cosa di tutti i giorni vederlo mostrare pazienza. Appena
sentì lo scatto della portiera che si apriva sul lato
passeggero, alzò lo sguardo ad incontrare quello di
Jonathan, che senza una parola, prese posto al suo fianco.
“Ciao.” Sorrise l‘ex magistrato.
“Tutta quest’urgenza, solo per dirmi ciao?”
Disse l‘altro, scuotendo leggermente la testa.
Per un momento, ad Harvey tornò in testa un consiglio che
gli diede suo nonno, quando aveva sedici anni: se l’hai
aspettata sotto casa per due ore, lei sale in macchina e non ti da
neppure un bacio, falla calà.
Non aveva idea di cosa significasse, ma una mezza idea se
l’era fatta. D’altronde però, suo nonno
era anche un razzista ignorante, e se avesse potuto vederlo in quel
momento - un criminale che stava uscendo con un altro delinquente, per
giunta dello stesso sesso -, come minimo si sarebbe rivoltato nella
tomba.
“Che faceva il clown stasera?” Chiese, osservando
la sua stessa mano mentre carezzava leggermente il volante.
Crane alzò un sopracciglio; le rare volte che riuscivano a
vedersi, Harvey iniziava sempre la serata con una lite, quindi distolse
lo sguardo, e gettò fuori l’aria dal naso in
maniera nervosa, in preparazione a ciò che stava per venire,
perché con lui non riusciva proprio a girare semplicemente i
tacchi ed andarsene, come faceva sempre.
“Credo stia aiutando Ed con un nuovo caso.”
Duefacce annuì, poi attivò la chiusura
centralizzata, effettivamente bloccando ogni uscita, e mise in moto.
“Che stai facendo?”
“Ti rapisco.” Disse,mentre passava un braccio
attorno al sedile passeggero per fare retromarcia.
“Harvey, che ti piglia?”
L’ex magistrato alzò le spalle.
“La cintura, Jon.”
Spaventapasseri continuò a fissarlo per un po’, in
attesa forse di sentirgli dare una spiegazione, ma una volta fuori dal
vicolo, e nel bel mezzo della strada, dovette rassegnarsi, quindi con
gesto stizzito fece come gli era stato chiesto.
“Harvey io vengo, ma vuoi dirmi che succede?”
“Succede che al telefono rispondi quando ti gira, ai messaggi
giusto quando muore un papa, e di darmi un tuo contatto su internet
manco a parlarne…. alla nostra età sembra un
po’ stupido comportarci come una coppia clandestina,
non pensi?”
“Chi ha mai detto che siamo una coppia.” Rispose,
forse un po’ troppo in fretta, e vide l’altro
annuire, mentre inseriva la terza.
“Nessuno. - acconsentì - Allora, che
siamo?”
“Amici, cos’altro?”
Di nuovo Duefacce cambiò marcia, accelerando. “E
cosa stiamo diventando?”
“Proprio niente. Mi piace la tua compagnia, tutto
qui.”
“Oh, sì. - confermò, mentre si voltava
verso di lui per sorridergli - Anche a me la tua.”
E sterzò, senza mai rallentare, Jonathan si sentì
spingere contro lo sportello dalla forza centrifuga.
“Mi fa piacere. - Annuì, il respiro un
po’ più veloce - Il senso è
quello.” E trattenne il fiato durante un sorpasso azzardato;
lanciò uno sguardo al tachimetro, per poi pentirsene subito
dopo.
“Allora… non che diresti mai la verità,
eh, Dio ce ne scampi. Ma perché tutta questa paura che il
clown venga a sapere che siamo solo amici?”
Chiese, sterzando bruscamente ancora una volta e finendo con
l’invadere la corsia opposta; solo all’ultimo
momento, evitarono lo scontro con una macchina che viaggiava in senso
contrario, ed il suono acuto di un clacson li seguì per
qualche attimo, scemando poi nell’aria.
“Rallenta.” Chiese Crane, sforzandosi di mantenere
la calma.
“Ho fretta. Scusa, dicevi?”
“Harvey… - si bloccò, scosse la testa -
perché non ti fermi da qualche parte? Potremo parlare
meglio.”
“Scherzi? E se ci riconoscono? No, meglio correre,
così tu
sarai contento.” Annuì, approvando la sua stessa
logica mentre proprio in curva, sorpassava l’ennesima
macchina; Jonathan non capiva se Duefacce si fidasse ciecamente della
sua abilità di guida, o se più semplicemente,
stava pianificando qualche incidente mortale alla Vanilla sky.
A lui non andava proprio di fare il Tom Cruise della situazione.
“Ok non è divertente, fammi scendere, adesso!”
“Ma non dire scemenze! - urlò, per poi tornare
calmo subito dopo - Farti scendere dove,
siamo sulla statale.”
“Dimmi cosa vuoi, allora!”
“Che dovrei volere? Siamo solo
due amici, che stanno solo
parlando, mentre si fanno solo
un giro.”
“O… ok, hai ragione. - iniziò,
sforzandosi di non far tremare la voce - Ma ti ho già
spiegato che non posso permettermi
di farmi nemico Joker.”
“U-hu. - Annuì - Ed io cosa sono per te?”
Jonathan sapeva cosa voleva sentirsi dire l’altro, ma
nonostante la situazione richiedesse quel piccolo - in fondo lo
sapevano entrambi, che era la verità - sforzo, non se la
sentiva. L’auto accelerò ancora, imboccando
un’uscita che Crane non riconobbe, ma la strada
iniziò a farsi in salita.
“Te l’ho detto, sei un caro amico.”
“Lo è anche Nigma, no? Eppure non ti ho visto fare il ninja,
ogni volta che vai a trovarlo.”
“Ma Edward…”
Si bloccò; davanti a loro c’era una curva
strettissima, un semplice battistrada li divideva da un precipizio
buio, ed a Jonathan già sembrava di sentire odore di zolfo,
ma Harvey tirò il freno a mano, e l’auto si
voltò proprio nella direzione giusta per proseguire con la
minima perdita di velocità.
“Edward cosa?”
Riprese Duefacce, alzando la voce.
“Con lui è diverso!”
“Diverso perché?!”
Urlò, accelerando ancora in vista di un’altra
curva.
“Perché a te non riesco a smettere di
pensare!”
L’auto inchiodò di botto, e dopo
quell’ultima confessione gridata con tutta la voce che aveva,
calò il silenzio. Crane aveva portato una mano a coprirsi la
bocca, forse per negare ciò che aveva appena detto, o
semplicemente per bloccare la nausea. Duefacce sembrava non saper
più che dire, nonostante avesse ottenuto ciò che
voleva, e quando ricominciò a parlare, era costernato.
“Jonathan, mi d-”
Si sentì strattonare la manica della camicia, e tolse le
sicure, Crane sganciò la cintura di sicurezza e si
precipitò fuori; con una mano si sostenne al cofano
arroventato della macchina, e si piegò in avanti, gli occhi
umidi; pochi attimi dopo, sentì Harvey afferrargli il polso
e sollevarlo dall’auto, poi gli cinse la vita con un braccio
per sostenerlo, e con la mano libera, gli scansò i capelli
dalla fronte.
L’ex psichiatra pensò di non essersi mai sentito
in imbarazzo come in quel momento, e dopo aver vomitato la cena, tutto
tornò a farsi vivido: il dolore bruciante, della scottatura
sotto il palmo, degli acidi gastrici lungo la gola, delle guance umide
di lacrime sferzate dal vento, e si lasciò manovrare,
abbandonandosi contro il petto di Harvey, che s’era
appoggiato contro la macchina; lo sentì insinuare il mento
sulla sua spalla, il lato sano del viso che carezzava il suo, ma
Spaventapasseri non riusciva a pensare proprio a nulla, figurarsi
parlare.
Sentì Duefacce trarre un respiro profondo, e quando
l‘aria uscì dalle sue labbra, sembrò
tremare.
“Ti amo, Jonathan.”
Spaventapasseri non lo zittì, non gli diede del cretino, per
la prima volta lo lasciò davvero parlare.
“Ed ho voglia di fare l’amore con te.”
|
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Capitolo 4 *** Pink Nightmares ***
Le risposte alle
recensioni, sono state inviate, a:
Chimeratech
Sychophantwhore
Rika_fma_lover
Cadma 23456
Nel caso una delle risposte non fosse arrivata, vi prego
di farmelo attraverso la pagina "contatta l'autore", e
provvederò a spedirla ancora =).
BEAUTY KILLER:
Capitolo 4: Pink Nightmares.
Dal diario di Edward: Ho
costruito tre identità false
Che sembrano
più vere di quelle vere. Gné, gné,
gné.
This concealer
can’t hide alla my pink nightmares.
(Questo correttore non
può nascondere tutti i miei incubi rosa)
Ad Edward, di primo
acchito, la clinica Paradise
appariva come un posto fin troppo tranquillo, pulito e bianco, in cui
dottori ed infermieri sembravano usciti da una rivista di moda, cosa
che, per certi versi, non gli tornava del tutto.
“Scusi.
- chiamò alle spalle di un tizio biondo, alto ed atletico -
È lei il signor Norton?”
L’uomo
si voltò, proponendogli un sorriso bianchissimo e per un
attimo restò interdetto: Nigma immaginò che la
vista di un colosso magro ed affascinante, un biondino con una
mascherina antismog ed un ragazzo dall’aria candida potevano
fare questo effetto. Si trattenne dallo schioccargli le dita davanti la
faccia, ed aspettò che parlasse.
“Sono
io l’infermiere capo Ace Norton. - annuì - Ma
datemi del tu, i convenevoli sono per i clienti.” Ed
avanzò, tendendo un braccio muscoloso ed abbronzato, per
stringergli la mano.
“Grazie.
Io sono Edward Niles, questo è Joe Graham.” Disse
annuendo verso Joker, che dapprima tentò di proporre
un’espressione, indecifrabile dietro la mascherina, poi
sembrò ripensarci ed allontanando Enigma con una spallata,
si fiondò letteralmente a stringere anche lui la mano
dell’uomo.
“Ma
salve! Ahh… so che qui avete molte pazienti, ed io ho un
debole per le donne che riescono a sopportarmi!”
“Lui
è un gran
giocherellone. - sorrise Edward, ricambiando la spinta -
Lui invece è Jonathan Dills.” Terminò,
stavolta indicando Crane.
Mentre stringeva
la mano di Spaventapasseri il sorriso di Ace cambiò
angolatura e Nigma sollevò un sopracciglio.
“Inservienti?”
Domandò quindi l’uomo, senza staccare lo sguardo
dall’ex psichiatra.
“Inservienti? - gli
fece il verso Joker - vestiti così, pensavo andassimo a vendere gelati.”
Edward si morse
la lingua: era dal loro arrivo che tutto il personale della clinica
s’era prodigato per mostrare quanto fossero belli e
sessualmente ambigui, cosa che a Nigma stava bene, ma il clown non
sembrava affatto a suo agio con tutte quelle attenzioni, specialmente
se rivolte a Crane.
“Ehm.
Lui è infermiere, gli inservienti siamo noi.”
Disse Edward, indicando sé stesso e Joker.
“Potete
iniziare anche subito. - li istruì Norton, indietreggiando
di un passo mentre portava le mani sui fianchi per mostrare gli ampi
pettorali. - Graham sarà utile in cucina, Niles e Dills
andate di sopra, ci sono dei medicinali da catalogare e portare in
magazzino.”
“Subito!”
Scattò Edward con voce forse troppo alta, ma doveva troncare
sul nascere le proteste di Joker contro il venire separato da
Spaventapasseri in un ambiente come quello. Si mossero, ed una volta
lontano da orecchi indiscreti, due paia d’occhi si posarono
sul clown, che solo qualche attimo dopo se ne accorse.
“Beh?
Cosa?”
“Dobbiamo
separarci.” Constatò Crane.
“Riuscirai
a non combinare guai?” Specificò Nigma.
“Ahh… scherzate vero?
Non solo vengo orrendamente tagliato fuori…! Dovreste
saperlo, che la cucina è
il mio regno!” E fece spallucce, passando lo
sguardo tra i suoi due colleghi, che si scambiarono uno sguardo, poi
tornarono a fissare il clown.
“In
bocca al lupo,
maestà.” Lo sfotté Edward,
mentre Crane si limitò a sorridere.
Tempo un paio di
minuti e Spaventapasseri, grazie alla sua esperienza come medico, aveva
trovato subito i medicinali in questione, e si era messo a catalogarli
a tempo di record, stranamente risparmiando all’investigatore
una simile noia.
“Allora…
che t’è successo alla mano?” Chiese
Nigma, annuendo verso le bende.
“Mi
sono bruciato.” Rispose Crane, continuando a non guardarlo
mentre scriveva.
“Bruciato.
- annuì - Notte calda, eh?” Ghignò,
scrutandolo.
“No. Si
chiama distrazione.
Fatto, puoi portarli giù.”
Edward
strabuzzò gli occhi: avrebbe dovuto immaginarlo che Jonathan
non si sarebbe addossato l’onere di catalogare quella roba
solo per fargli un piacere, bensì per lasciare a lui tutto
il lato manuale.
Sibilò
dolorosamente. “No. Si chiama pigrizia.”
Lo
imitò, ma si fece ugualmente carico di quei pesi; non aveva
idea di dove si trovasse il magazzino ma non se ne
preoccupò, lo avrebbe trovato sicuramente con le sue doti
intellettive superiori.
Si sentiva
contento: non prevedeva complicazioni per le poche indagini che quel
caso richiedeva, quindi scatoloni a parte, non riusciva neppure a
definirlo come un vero lavoro. Avrebbe guadagnato un mucchio di soldi e
notorietà senza fare praticamente niente e mai come in quel
momento, le preoccupazioni di Spaventapasseri gli erano sembrate tanto
infondate.
Quando una delle
infermiere gli passò a fianco fece finta di nulla, ma una
volta superatala si voltò, reclinando la testa per godersi
lo spettacolo di un perfetto fondoschiena.
“Belle,
vero?”
Sobbalzò.
Vide un ragazzo, in piedi vicino ad un secchio e con un mocho in mano.
“Beh,
direi.” Rispose Nigma, avvicinandosi con un mezzo sorriso.
“Tutti
i paramedici lo sono. Il do-dottor Steiner voleva dare
un’immagine di b-bellezza alla clinica. Per fortuna, questo
non vale per gli inservienti.”
Edward
annuì fingendo di non far caso alla balbuzie
dell’altro, anche perché non era certo quel
difetto di pronuncia ad attirare l’attenzione: il ragazzo era
immensamente al di sotto degli standard di bellezza della clinica, i
suoi lineamenti erano strani ma sembrava una persona gentile e tenera,
anche se nel senso più patetico del termine.
“Penso
che in quel caso, chiunque di noi sarebbe senza lavoro.”
Disse, anche se
nella vita le donne - anche di belle come quelle - non gli erano mai
mancate, grazie all’immenso fascino di cui disponeva. Quella
però non gli sembrava la persona più adatta, con
cui vantarsi delle sue conquiste.
“Io
sono Neils.” Sorrise, reggendo le scatole con un solo braccio
per tendere una mano al ragazzo.
“Richie
White. - rispose, stringendola velocemente - T-ti ho visto prima,
mentre parlavi con Ace.”
Edward
aprì la bocca per rispondere, ma in quel momento il
corridoio si riempì di urla; si voltarono verso quella che
l’investigatore, nella sua mente, definì come la vera balena incazzata,
avvolta da una vestaglia mentre strepitava con uno strano accento di
quanti soldi spendesse per essere lì, e di come odiasse
vedere formiche in giro.
“Q-quella
è Natalia Ogareva.” Spiegò Richie, a
voce bassa.
“La
cantante lirica? Davvero? Jonathan ha un sacco di dischi con la sua
voce, è famosa.” Disse, tornando a guardarla con
occhi diversi.
“Una
fa-famosa rompiscatole.”
Rispose il
ragazzo, poggiando il mocho per andare verso la donna. Nigma sorrise;
se Spaventapasseri avesse visto il suo idolo in quel momento, di certo
non sarebbe più riuscito ad amarla come prima, odiava le
donne isteriche come poche cose.
Edward
tornò al lavoro, e pochi minuti dopo trovò il
magazzino.
“Dove
la metto, questa?” Chiese ad un medico sui trenta, anche lui
di una bellezza abbagliante.
“Ahm. -
rifletté l’uomo - vicino agli schedari va bene.
Quando hai tempo, c’è altra roba da spostare nel mio ufficio.”
Disse, e Nigma
alzò lo sguardo. Il dottore gli propose un mezzo sorriso e
senza dire un’altra parola, se ne andò.
Ma. Che è successo?
si chiese, e scosse la testa. In quel posto, tutto il personale medico
e paramedico sembrava voler flirtare con qualunque cosa si muovesse, ed
anche se a lui flirtare era sempre piaciuto, non poteva non trovare
tutto ciò un po’ inquietante.
Posò
le scatole alla meno peggio, si assicurò di essere rimasto
solo e chiuse la porta; frugò tra gli schedari, che tutti
soli ed ordinati sembravano non aspettare altri che lui.
“Bingo.”
Mormorò, estraendo una cartella dal nome familiare da uno
dei cassetti.
|
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Capitolo 5 *** Easy. ***
Le risposte ai commenti
sono state spedite a:
Rika_fma_lover
Sychophantwhore
Chimeratech
Nel caso qualcuna di queste mail si fosse persa per strada, fatemelo
sapere e provvederò a rispedirla ^^.
BEAUTY KILLER:
Capitolo
5: Easy.
Dal diario di Edward:
Perché, perché, perché…
la
mia vita è tutta un “Paradise”,
làlàlà!
I
may be easy - easy to hate.
(Potrò
essere facile - facile da odiare)
“Ne sei
sicuro, ragazzo?”
Nigma
sollevò un sopracciglio; quel giorno il commissario
pareva di buon umore, o per lo meno disposto ad abbandonare la
segretezza da spie che aveva caratterizzato tutti i loro incontri fino
a quel momento; era quasi l’alba quando
l’investigatore lo aveva chiamato per comunicargli le sue
scoperte, e si stupì di venire invitato nel suo ufficio, al
GPD.
Forse,
pensò, si trattava solo del sonno.
“L’ho
visto coi miei occhi.”
confermò, seduto per metà sulla scrivania di
Gordon. “Ho frugato tra gli schedari d-”
“Altolà!”
lo interruppe
l‘uomo, “Non voglio saperlo. Una cosa del genere
potrebbe costarti la galera. Di nuovo.”
Nigma sorrise a
metà. “Non ci sono mai stato in
galera, commissario.”
Lo sguardo che
Gordon gli lanciò parlava da solo; Enigma
abbassò lo sguardo, con le mani continuava a piegare e
spiegazzare un giornale, la preoccupazione del commissario nei suoi
riguardi, gli appariva come un esilarante paradosso. Non sapeva se
sentirsene toccato o cos’altro.
“Non mi
ha visto nessuno.” lo rassicurò,
“Ricorda il caso di cui mi aveva parlato, della cantante
Diana Jones? Beh il suo nome è saltato fuori dagli schedari,
e non era il solo. Ecco.”
Gli
lanciò il giornale e Gordon lo prese al volo, poi lesse
il titolo sottolineato in rosso: Popolare giornalista
televisivo perisce misteriosamente nel rogo agli studi.
si trattava dell’uomo che Joker aveva visto trasformarsi in
diretta tivù.
“Questa
invece” disse, tirando fuori dalla tasca un
foglio piegato in quattro, “è una lista dei nomi
negli archivi.” glielo porse, “Sospetto la
porteranno a molti delitti irrisolti, tutti collegabili al Paradise.”
“Controllerò.
Ma sai che senza prove ho le mani
legate.”
“Di
questo non deve preoccuparsi.”
Gordon
alzò lo sguardo su Nigma, sollevò un
sopracciglio e si tirò indietro fino a poggiarsi contro lo
schienale della sedia.
“Anche
se mi pentirò di avertelo chiesto, come sei
entrato in possesso di questa roba?”
“Mi sono
fatto assumere alla clinica con
un’identità falsa.”
Il commissario
strabuzzò gli occhi; per qualche attimo
sembrò sul punto di urlare, ma infine si risolse in un tono
contrito.
“Spero
tu ti renda conto che si tratta di reato penale: falsa
identità, contraffazione e probabilmente anche spionaggio!
Se poi per disgrazia dovessi rientrare nei fascicoli della polizia,
anche falsa attestazione e generalità. Saranno almeno cinque
anni di galera.”
“Galera,
galera…” ripeté
Edward, irritato dal continuo nominare quel luogo. “Non
rientrerò nelle indagini della polizia, Wu non
saprà mai neppure chi sono e visto che era stato lei a
chiedermi aiuto, pensavo fosse scontato che si sarebbe occupato
personalmente di tenermi fuori dai guai.”
Fissò a
lungo il commissario, soprattutto la vena che gli
pulsava sulla fronte. Gordon strinse la radice del naso tra il pollice
e l’indice e sospirò.
“Scontato,
sì. Non ti sei mai neppure sognato, di
dirmelo prima.”
“Glielo
giuro.” disse Nigma “Se il mio
nome dovesse saltar fuori in qualsiasi provvedimento o atto,
manderò un virus davvero maligno
al GPD.”
Il commissario
sbuffò, trattenendo una risata.
“Davvero
maligno, eh?” chiese, sorridendo suo malgrado.
“Certo.”
ghignò Edward
“Maligno e birichino.”
“Sarà
meglio che faccia il possibile, allora.
Tu… cerca solo di non farti beccare ok? Cliniche di quel
livello tengono molto alla segretezza e l’ultima cosa che
vorrei, sarebbe indagare sulla tua,
di dipartita.”
Enigma
scattò indietro, un movimento impercettibile ma
indubbiamente reale. Quella preoccupazione, ancora, e lui non sapeva
come prenderla.
“Sopravvivrò.
Grazie per
l’incoraggiamento.”
Si
alzò, e Gordon lo accompagnò alla porta.
Nei rari casi in
cui qualcuno si mostrava preoccupato per lui, Nigma
non riusciva a sentirsi grato; se quel qualcuno poi era il commissario
ancora meno, perché non gli era parso di vederlo correre a
congratularsi, quando aveva abbandonato la via del crimine.
Edward bramava
attenzioni, ma
certo non di quel
tipo: lui non era mai stato un debole e non aveva
bisogno di nessuno.
Attraversò
i corridoi della centrale a testa alta, passando
in mezzo alle scrivanie affollate, davanti alle porte degli uffici
stipati e si sentì sempre più convinto di non
doversi sentire in colpa dei suoi pensieri, né dei suoi
metodi ancora ai limiti della legalità. In fondo, da anni
Batman dispensava giustizia a suon di cazzotti e testate in faccia,
quindi paragonato a ciò, le sue azioni non potevano certo
considerarsi un crimine.
Probabilmente
Nigma non era nato per giocare pulito, non fino in fondo,
non secondo le regole degli altri.
Attraversò
l’ingresso, il parcheggio;
salì sulla sua corvette verde scuro e si
abbandonò contro il sedile, gli occhi chiusi.
Abbassò lo sguardo sulle sue mani mentre si rigiravano un
mazzo di chiavi tra le dita; si raddrizzò e mise in modo,
doveva correre a riposare, quella sera avrebbe avuto il turno di notte.
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Capitolo 6 *** Licorice. ***
Le
risposte alle recensioni, sono state spedite a:
Chimeratech;
Sychophantwhore;
Rika_fma_lover.
Nel malaugurato caso in cui queste mail si fossero perse per strada,
informatemi e provvederò a rispedirle =)!
BEAUTY KILLER:
Dal diario di Edward: a
volte mi sembra di star sbagliando tutto.
Non
ricordo di essermi mai sentito più solo di adesso.
You wanna be my licorice
and misguided truth.
(Vuoi
essere la mia liquirizia e la mia verità fuorviata)
Capitolo
6: Licorice.
Erano
bastati un paio di giorni perché Jonathan si pentisse della
sua idea di aiutare Edward con quel caso: la clinica Paradise
era pericolosa ed inquietante, per non parlare del fatto che, essendosi
imbucati senza nessun titolo ufficiale, qualsiasi vantaggio avrebbe
potuto trarne era automaticamente eliminato.
Certo, nessun giudice sano di mente crederebbe ad una sua del tutto disinteressata
collaborazione con la giustizia ma si sa, Gotham non brillava certo per
la sanità mentale dei suoi cittadini.
L’unica consolazione era che in confronto ai turni di venti
ore dell’Arkham, l’orario stabile della clinica ne
faceva davvero un Paradise;
se doveva essere sincero fino in fondo però, l’ex
psichiatra avrebbe di gran lunga preferito avere a che fare coi
peggiori folli della città, che coi deliri isterici della
gente altolocata.
Gli erano bastati cinque minuti nella stanza numero tredici, in
compagnia della cantante lirica Natalia Ogareva, per spingerlo a gettar
via tutti i suoi cofanetti di musica operistica: era ormai impossibile
separare la voce incisa su quei dischi dalle urla da ippopotamo
affamato che le aveva sentito lanciare dal momento in cui
l’aveva incontrata.
Camminando attraverso l’oscurità dei corridoi
della clinica, sentì un ronzio di voci provenire proprio
dalla stanza tredici; senza produrre alcun rumore
s’avvicinò alla striscia di luce, sottile come un
foglio di carta, che fuoriusciva da uno spiraglio lasciato aperto forse
per sbaglio. Si appoggiò con la schiena contro il muro
affianco alla cornice della porta e tese l’orecchio.
“Vostra dieta fa me soffrire!”
Disse la cantante, con un forte accento tedesco: ovviamente uno stomaco
normale non avrebbe avuto abbastanza enzimi per rosicchiare tutto quel
grasso e dal canto suo, Jonathan avrebbe consigliato una nidiata di
vermi solitari - sì insomma, uno solo sarebbe morto
d’indigestione, povera bestia.
“Io sentito dire di sistemi miracolosi in vostra
clinica.”
Crane aggrottò le sopracciglia, sembrava proprio il tipo di
discorso per cui erano venuti a curiosare.
“Miracolosi e… costosi, Natalia.”
Impallidì; quella era la voce di Wu.
Per qualche momento l’ex psichiatra perse il controllo sul
suo corpo, sentì il respiro farsi pesante e
s’allontanò dalla porta: non era sicuro di voler
rischiare tanto solo per aiutare Edward e fece un passo indietro,
pronto a scappare, a chiudersi in qualche stanzino delle medicine anche
fino alla fine del turno, se necessario.
“Bu-buonasera, Jonathan.”
Lo scheletro dell’ex psichiatra saltò fuori dal
suo corpo, dandosela a gambe senza il suo padrone. O almeno, questa fu
la sensazione che lo spavento gli diede. Bianco come un morto si
voltò e riconobbe Richie, il custode balbuziente e gentile,
immancabile in ogni struttura ospedaliera che si rispetti.
Avrebbe voluto urlargli addosso, gasarlo e andarsene per sempre da quel
luogo, ed i suoi sentimenti dovevano essere trapelati,
perché il ragazzo lo stava guardando in modo strano. Non era
in character per gli infermieri, disprezzare gli inservienti
perciò Jonathan si piantò a forza un sorriso
sulla faccia ed iniziò a recitare.
“Mi hai fatto paura. Ancora al lavoro?” Chiese,
annuendo verso un grosso sacco che l’altro si trascinava
appresso.
“Sì, ma ho qu-quasi finito.” Sorrise, e
Crane gli si avvicinò.
“Devi portarlo fuori, vero? Sembra pesante, ti do una
mano.”Afferrò un orlo della busta, ma
l’altro lo scansò.
“Non preoccuparti, c-ce la faccio.”
Ma
che gentile. pensò
l’ex psichiatra, i nervi a fior di pelle. Alzò lo
sguardo su Richie e lo vide fissare un punto imprecisato sopra la sua
spalla; istintivamente fece un passo indietro ed
urtò contro qualcosa, si voltò, e
restò pietrificato: Wu lo stava fissando dall’alto
in basso, quegli occhi scuri e dal taglio orientale fissi nei suoi e
per molti secondi regnò il silenzio.
“Credo che quello che sta facendo esuli dalle sue
competenze.” disse il medico, senza mai smettere di
guardarlo. “Sono certo che avrà faccende
più urgenti da sbrigare.”
Per qualche secondo Jonathan non si mosse, poi si rese conto che Wu non
lo aveva riconosciuto. Annuì, non riusciva a parlare,
s’allontanò, seguito dallo sguardo
dell’altro finché non svoltò nel
corridoio, sparendo alla sua vista. Appena voltato l’angolo
si appiattì contro il muro e ricominciò a
respirare; se la ricordava bene l’indifferenza che anche lui,
come dottore, aveva sempre riservato agli infermieri, perciò
non era poi così strano non venire riconosciuto in quei
panni.
“Allora ragazzo mio, come ti senti?”
Giunse la voce di Wu, e nonostante l’istinto di conservazione
continuasse a gridargli di sparire, Crane restò in ascolto
ancora un po’. Quel tono così gentile verso un
addetto alle pulizie attirò la sua attenzione, non era
coerente.
“Hai ripensato alla mia proposta?”
Continuò il dottore.
“Sì, ma il do-dottor Steiner non voleva che
facessi l’operazione. Di-diceva che è
pericoloso.”
“Steiner era un vigliacco. Hai fatto tanto, meriti questa
ricompensa. Non vorrai passare tutta la vita con questa faccia,
vero?
L’ex psichiatra sollevò un sopracciglio; come
parere medico era piuttosto brutale ma sapeva riconoscere un perfetto
raggiro, quando ne sentiva uno: Wu voleva cavie per qualche operazione
rischiosa ed illegale, e quelle erano proprio il tipo di prove che
andava cercando Edward.
“Fa-farò quello che volete, dottore.”
“La scelta giusta, ragazzo mio.”
Aveva ascoltato a sufficienza, gli sembrò quasi di vederlo,
il sorriso compiaciuto del dottore, accompagnato da una generosa pacca
sulla spalla. Si staccò dalla parete e salì una
rampa di scale, alla ricerca di Nigma e riuscì ad
intravederlo al piano superiore, proprio mentre s’infilava in
una stanza ma non fece in tempo a chiamarlo.
S’avvicinò alla porta in cui lo aveva visto
sparire, era la stanza numero ventuno. Quella della vedova
Steiner. rifletté,
un’espressione di disgusto sul viso, perché sapeva
come andavano a finire certe cose, con Edward. Tornò sui
suoi passi, non aveva la minima intenzione di aspettarlo, sarebbe stato
inutile; pensò che forse avrebbe potuto abbandonare subito
quella farsa e tornare a casa, ma decise di aspettare.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca e mandò un
sms al numero di Nigma.
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Capitolo 7 *** Doll eyes. ***
Le
risposte alle recensioni sono state inserite nell'apposito spazio
opportunamente creato da EFP, nell'area recensioni =)!
Giusto
quel che ci voleva!
BEAUTY
KILLER:
Dal
diario di Edward: Chissà perché, tutte le volte
Che
mi do un buon consiglio, poi non lo seguo mai.
Doll
eyes, stare into valium coloured skies
(Occhi
di bambola fissano il cielo colorato dal valium)
Capitolo
7: Doll eyes.
Edward non era
facile alle paranoie - e non aveva certo intenzione di iniziare quella
sera -, ma per tutta la notte aveva avuto l’impressione di
essere seguito, spiato; aveva sentito dei rumori, visto ombre, quindi -
più per provare a sé stesso di non avere paura
che altro -, seguì quei profili lungo le pareti e sul
pavimento ma tutte le volte, queste lo conducevano allo stesso vicolo
cieco.
E
checché ne dicesse Houdinì, nessuno
può attraversare i muri.
Forte di questa
convinzione e di ciò che aveva solo intravisto,
poggiò l’orecchio e bussò contro ogni
centimetro di quelle pareti - sentendosi un cretino per questo - ma non
ottenne nulla.
Aveva anche perso
di vista Joker ma non se ne preoccupò: probabilmente il
clown voleva sfuggire al lavoro ed al suo diretto superiore nelle
cucine - che chiamava affettuosamente quel nano malefico, con le
braccia alzate - e mettersi alla ricerca di Crane.
Trovandosi da
solo e in piena negazione della propria inquietudine, decise di far
visita alla stanza ventuno ed aggiornare finalmente la vedova Steiner
sui suoi progressi: Edward era infatti corso a raccontare tutto al
commissario Gordon, scordandosi fino a quel momento della sua datrice
di lavoro.
Bussò
alla porta e lei gli aprì subito, avvolta in una vestaglia
dorata, dai bordi neri.
Pacchiano.
pensò, alzando un sopracciglio Ma almeno i sandaletti sono
carini.
“Ti
aspettavo.” Disse lei, mentre lo lasciava entrare con fare
cospiratorio. “Novità?”
Dal suo tono,
Edward capì che Eva non doveva aspettarsi molto dopo appena
un paio di giorni, ma sarebbe rimasta stupita.
“A
parte tuo marito, ci sono state altre morti ed incidenti legati a
questo posto.” La informò, e la vide preoccuparsi.
“Tu
credi che…”
“Te lo
dico subito.” La interruppe l’investigatore,
guardandosi intorno nella stanza. “Sto ancora raccogliendo
prove, ma dovresti prepararti all’eventualità che
tuo marito non fosse mai stato pulito come voleva sembrare.”
L’allusione
non piacque alla donna, che si allontanò da lui, gli
voltò le spalle e si affacciò alla finestra;
Nigma, che si era aspettato una brutta reazione, non se ne
stupì e smise di guardarla.
“Non ti
permettere. Mio marito era un grand’uomo, e-”
La
sentì interrompersi e lanciare un grido che lo fece
sobbalzare, si voltò ancora verso di lei.
“Edward!
Era lui, è là fuori!”
“Tuo
marito è là fuori?!”
“Ma no!
È l’uomo dell’altra notte, quello del sogno!”
“Quello
che ti voleva convincere a lasciare Gotham?” Chiese
l’investigatore, mentre lei gli si avvicinava per poi
girargli attorno ed iniziare a spingerlo verso il terrazzo.
Edward
alzò gli occhi al cielo: eppure, non ce l’aveva
l’aspetto dell’uomo d’azione.
Andò ugualmente alla portafinestra ed uscì a
controllare. Fiori, girandole, qualche bandierina e molto vento, ma di mostri nessuna
traccia.
“Non
c’è nessuno, qua fuori.” Disse, e
portando le mani in tasca tornò dentro.
La vedova Steiner
però si era agitata, prendendo a camminare su e
giù per la stanza. “Era lui.” disse, e
da una mensola estrasse una bottiglia di brandy. “Non ho mai
sofferto di allucinazioni.”
“Ah,
nemmeno io.”
Da sobrio.
“Bevi
qualcosa anche tu?” Chiese Eva, versandosi da bere con mani
tremanti.
Enigma ebbe un
moto di nausea; convivere con Joker significava venire spesso coinvolti
in bevute prive di scopo, quando non avevano niente da fare - il che
negli ultimi tempi era accaduto spesso -, e quelle sessioni avevano
messo a dura prova la sua resistenza agli alcolici per cui, il solo
odore di quel coso
gli risultò insopportabile.
Con sé
stesso però ammise di ammirare la resistenza del clown, che
se al risveglio dopo una notte di bagordi non trovava il latte nel
frigo, faceva tranquillamente colazione stappandosi una birra.
“Bevi
spesso quella roba?” Chiese a bruciapelo, evitando con
dignità la richiesta.
“Non
sono un’alcolizzata, se lo vuoi sapere. Solo
spaventata.”
L’investigatore
non lasciò trapelare quanto quelle parole lo irritassero,
quanto gli riuscissero odiose le persone che mostravano paura senza
neppure aver capito un’acca di cosa stava succedendo attorno
a loro. Guardò la donna ed aprì la bocca per
parlare - per annunciarle che doveva andare, tornare a fingersi
occupato con quella farsa di lavoro -, ma Eva gli si era avvicinata, il
bicchiere di brandy ancora in mano e quell’odore nauseante
che si mischiava al profumo.
“Tanto
spaventata.” ripeté la donna in un mormorio lento,
da seduttrice.
Improvvisamente
Edward non sentiva più tanta fretta di andarsene;
chinò in viso da un lato e s’avvicinò
fino ad incontrare le sue labbra. Una mano andò a posarsi
sui fianchi di lei mentre l’altra, il più
discretamente possibile, cinse la mano con cui Eva stringeva ancora il
bicchiere e l’allontanò, per poi sfilarlo da
quelle dita e poggiare l’alcolico altrove, prima che
quell’odore lo stendesse.
Il suo cellulare
squillò brevemente ma non vi fece caso; nonostante le
promesse che si era fatto all’inizio dell‘indagine,
di non restare coinvolto su nessun piano personale - come era accaduto
col suo primo lavoro -, fare l’amore con Eva gli
sembrò la cosa più giusta da fare, quella che,
almeno per un po’, avrebbe cacciato via le ombre.
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Capitolo 8 *** Out of Air. ***
Di
nuovo, e come sempre da oggi in poi, le risposte ai commenti sono
nell'apposito spazio, all'interno dell'area recensioni =).
BEAUTY KILLER:
Dal diario di Edward: ora che ci
penso,
Avrei benissimo potuto
fare il modello.
Before I run out of air,
there’s more make-up to apply
(Prima di soffocare, ho
ancora del make-up da mettere)
Capitolo
8: Out of Air.
Non a caso come nome per
la clinica, era stato scelto Paradise
Center: ben consci di dove l’istituto sarebbe
sorto - Gotham. Che non aveva certo bisogno di presentazioni -, i
proprietari, appena tornati da un viaggio che aveva mancato di renderli
famosi, ben pensarono di fondare l’unico posto bello e
rilassante della città, una vera oasi di pace in mezzo al
chaos; un Paradiso.
Tutto lì funzionava alla perfezione e di fronte ad un simile
spettacolo, nessuno avrebbe potuto lagnarsi degli alti costi dei loro
servizi.
Ma da un
po’ di tempo a quella parte, alla clinica non tutto stava
andando come avrebbe dovuto e tra le sue mura veniva covato un segreto.
Uno che nessuno degli inservienti avrebbe mai voluto rivelare: ebbene,
per la prima volta a memoria d’uomo, la cucina del Paradise era
inagibile.
Decine e decine
di piatti sporchi giacevano qua e là per lo stanzone, tutti
impilati in instabili colonne; le solitamente immacolate mattonelle
esplodevano di macchie dai colori più improbabili e come se
non bastasse, non restava più una pentola pulita da
adoperare mentre l’ora di cena incombeva come una mannaia
sulla testa del cuoco responsabile.
“Graham!
Dove diavolo ti sei cacciato!” L’urlo
riecheggiò, facendo tremare le colonne di piatti sporchi.
“Dannazione, c’è ancora mezza tonnellata
di roba da lavare, vieni fuori scansafatiche!”
Lo chef, un uomo
più largo che alto e con una lunga barba in stile
Mangiafuoco, si guardava attorno alla ricerca del suo lavapiatti:
glielo avevano mandato come aiuto appena pochi giorni prima, gli era
apparso come un ragazzo strambo - con quella mascherina antismog
perennemente ficcata in faccia - ma l’aria volenterosa; ben
presto però, quella giovane promessa si era rivelata per
ciò che era realmente, un mangiapane a tradimento.
Lo devo ammettere, il lavoro in
cucina non è poi così male.
Rifletté Joker, accucciato sotto uno dei tavoli, la maschera
appesa al collo mentre portava alla bocca un pezzo di torta dietetica,
che poi masticò senza particolare gusto.
“Graham!”
Continuò ad urlare il suo superiore, alzando le braccia e
scuotendole con rabbia nell’aria.
Certo,
sarebbe molto meglio se non ci fosse questo nano malefico che continua
a strillare, con le braccia alzate, cercando un certo Graham.
Si disse, ed un
attimo dopo dovette soffocare una risata alla sua stessa battuta. Con
un ultima, grande forchettata, finì il dolce - ma chiamarlo
così era davvero fargli un complimento - e posò
il piattino per terra, il più silenziosamente possibile.
“Graham,
quanto di trovo ti torco il collo!”
Sentì,
per l’ennesima volta e poi nell’aria
riecheggiò il rimbombo della porta sbattuta, e lo scatto di
alcuni piatti che andavano ad infrangersi sul pavimento a causa
dell’urto.
E finalmente…!
Pensò il clown, ed alzò gli occhi al cielo.
Non ne poteva
più, la maleducazione non gli era mai andata a genio.
Sì insomma, non solo era costretto a restare in quel luogo
sporco e puzzolente, abbigliato come un gelataio a mangiare roba
insapore, ma doveva anche sorbirsi quello gnomo maledetto che urlava,
cucinava schifezze e grattava piatti ad intervalli regolari?
No, no. Non ci siamo proprio.
Si scrollò le mani, sbattendole e strofinandole una contro
l’altra, poi si pulì le labbra su una manica
dell’uniforme e controllò l’orologio che
gli aveva prestato Jonathan.
Sarà meglio uscire,
è l’ora della pausa. Si rimise la
mascherina antismog sul viso, ma quando tentò di alzarsi, si
sentì trattenere. Afferrare sarebbe stato il termine esatto.
Gli bastò un secondo per riprendersi dallo spavento,
tentò di voltarsi ma fu inutile, chiunque lo avesse
catturato, aveva una presa resistente.
Una mano
salì al suo viso per strappargli la mascherina e gli
tappò bocca e naso insieme, il che era molto strano: o era
stato bloccato da una piovra tentacolare, o c’era
più di una persona con lui, ma quanto poteva essere
spazioso, sotto quel tavolo?
Sentì
di rischiare il soffocamento, allora strattonò il braccio
con tutta la forza che aveva e riuscì a liberarlo,
afferrando subito il coltello nascosto all’altezza del
polpaccio e conficcandolo in una delle braccia che lo trattenevano: la
presa si allentò subito. Il clown, ripreso a respirare,
scattò in avanti, allontanandosi dal suo assalitore, poi
ancora gattoni si voltò a fronteggiarlo e restò
interdetto, la bocca spalancata per lo stupore.
Eh?
Non poteva essere.
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Capitolo 9 *** Eyes closed. ***
Le risposte a tutti
i commenti sono, come sempre, nell'area recensioni.
BEAUTY KILLER:
Dal diario di Edward:
c‘è una linea sottile, tra follia e
realtà.
Ma perdio, pensavo
proprio di averla già superata.
Rhinestone my eyes
closed, and please fix my hair
(Cristalli i miei occhi
chiusi, e per favore aggiustami i capelli)
Capitolo 9: Eyes closed.
Un
urlo riecheggiò nella stanza e Nigma si alzò di
scatto, spaventato a morte; sulle labbra già s’era
formato un Perdio,
Joker!, ma all’ultimo momento riuscì
a trattenerlo: quello non era il suo letto, né la sua stanza
quindi ovviamente, neppure casa sua ma soprattutto, i suoi vestiti
erano scomparsi; si voltò, e notando
un’altrettanto nuda vedova Steiner al suo fianco,
ricordò della sera precedente.
“Oh mio Dio.” Si lamentò la donna, il
viso coperto dalle mani. “E’ stato un
incubo.”
Nigma, ancora confuso e pieno di sonno, alzò un sopracciglio.
“Beh oddio, non sarò Rocco
Siffredi ma…”
“Non
tu!” Gridò ancora, colpendolo istintivamente con
un doloroso mancino. “Un brutto sogno… non potevo
muovermi, né gridare o chiudere gli occhi.”
continuò, sull'orlo delle lacrime. “Dovevo
guardare! E gli aghi, Dio, quegli aghi!”
Ormai singhiozzante si gettò addosso ad Edward che, ancora
troppo intontito per capirci qualcosa, sollevò un braccio e
per rassicurarla le cinse le spalle, blaterando tutte le
banalità che gli venissero in mente; tutto pur di farla
smettere, non riusciva proprio a sopportare certe dimostrazioni
violente di sentimento.
Tempo qualche minuto e l’investigatore era già in
piedi, vestito e sulla porta; prima che uscisse dalla stanza la vedova
Steiner lo fermò, inserendogli una mano
nell’incavo del gomito ed incoraggiandolo a voltarsi.
“Fai attenzione, ti prego.”
Completamente spiazzato e di pessimo umore tornò a casa,
quasi non vedeva l’ora di rivedere il suo circense
coinquilino, ma ad aspettarlo c’era qualcun altro: il
commissario Gordon.
Ma che ha quel portone?
pensò, irritato da quella totale mancanza di privacy a causa
di una serratura ancora difettosa, nonostante tutte le riparazioni e
sostituzioni effettuate.
“Commissario.” Sorrise, malizioso. “Non
viene spesso a trovarmi, che succede?” Chiese mentre entrava
in cucina, subito seguito dal suo ospite.
“Ti ho portato il giornale di oggi. In questi giorni a Gotham
c’è stata un’epidemia di suicidi pare, e
tutti i testimoni giurano che prima di morire, quelle persone si
sono… beh, trasformate.”
Edward si voltò a guardarlo, un sopracciglio alzato ed una
tazza di caffè in mano. Il tono di Gordon, a metà
tra il preoccupato e l’incredulo, rispecchiava perfettamente
i suoi sentimenti; non disse nulla, tese di più il braccio
finché l’ospite non gli prese la bevanda dalla
mano, poi si voltò a prepararne un’altra.
“Ho controllato.” Aggiunse allora il commissario.
“Tutti ex pazienti della clinica.”
“C’è altro?”
Domandò Nigma, rifiutandosi di commentare quelle fantasie
allucinatorie.
“Sì, oggi sono arrivati i referti del medico
legale. Ha trovato degli oggetti estranei conficcati nel cranio dei
cadaveri, attraversavano il cervello in più punti, sempre
gli stessi.”
“Che oggetti, che punti?” Chiese
l’investigatore, sorseggiando il suo caffè.
Gordon frugò brevemente nella tasca della giacca, ne
estrasse una bustina trasparente, un foglio di carta piegato in due e
glieli porse. Nella busta, vi erano una serie di aghi sottilissimi, sul
foglio erano annotati i sette punti in cui questi erano stati ritrovati.
Nigma li osservò per qualche attimo, poi alzò lo
sguardo sul commissario.
“Posso tenerli?”
Il sorriso che Gordon gli propose sembrava triste, di certo era stanco.
“E che li ho portati a fare, secondo te?” Lo
salutò, ringraziandolo per il caffè e se ne
andò al lavoro.
Rimasto solo Edward sospirò e, portandosi a spasso il
caffè per tutta la casa, rifletté sugli oggetti
appena ricevuti: nella sua mente c’era solo una cosa da fare,
chiamare Spaventapasseri; se c’era qualcuno in grado di
capire cosa significasse tutto ciò - e magari
chissà, rivelarglielo anche -, era lui. Doveva chiamarlo.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca e lo accese,
immediatamente ricevendo un sms da Jonathan, datato la sera prima.
C’è
movimento, fatti sentire appena puoi.
Avrebbe fatto di meglio: gettato il caffè raffreddato nel
lavandino andò nell’ingresso, prese al volo la
giacca dall’attaccapanni e le chiavi dalla classica ciotola
sulla mensola, ma appena toccò la maniglia della porta gli
tornò in mente, come un flash: Dovevo guardare! E gli aghi, Dio
quegli aghi!
Non gli piaceva. Ogni minuto che passava, sempre più, non
gli piaceva.
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Capitolo 10 *** Secrets & Lies. ***
BEAUTY KILLER:
Dal diario di Edward: Quanto mi
fa incazzare
Quando tutti sembrano
volermi nascondere le cose.
Tell me your secrets,
and I’ll tell you my lies.
(Rivelami i tuoi
segreti, ed io ti racconterò le mie bugie)
Capitolo
10: Secrets & Lies.
Al
suono del campanello, Jonathan si stupì: Nigma aveva
preannunciato la sua visita con un sms solo cinque minuti prima, era
troppo presto ma andò ad aprire comunque; quando vide
Harvey, il primo istinto fu di sbattergli la porta in faccia e correre
a nascondersi da qualche parte, ma l’ultima cosa che voleva
era un portone sfondato ed i vicini che - come minimo - chiamavano
l’esercito.
Si
fissarono a lungo, in silenzio, alla fine fu Duefacce il primo a
parlare: sospirò attraverso le narici, abbassò lo
sguardo e lo risollevò.
“Mi
fai entrare?” Era calmo, ma dopo l’ultima volta,
Crane si fidava poco di quest’apparenza.
“Non
posso ora, Edward sta per arrivare.”
“Se
vuoi, te lo dico.” Disse, alzando gli occhi al cielo.
“Cosa?”
“Quanto esattamente
me ne freghi di Nigma.”
“Risparmiami,
per favore.” Ringhiò tra i denti, e Duefacce
sorrise.
“Sei
sparito.” Constatò con nonchalance, ma
evidentemente nascondeva dell’altro.
“Ho
avuto da fare.”
“Ah,
sì?” Si finse stupito. “Comunque, volevo
solo dirti che se non vuoi più vedermi, basta dirlo. Sparire
in questo modo è spiazzante, non sono la bestia che
pensi!”
Aveva
tutta l’aria di un discorso già preparato e
riabbozzato male all’ultimo momento. Crane sollevò
un sopracciglio e Duefacce capì al volo i suoi pensieri.
“Avevo
perso la testa! Era stata una giornata di merda e dovermi fare problemi
perfino per mandare un sms ad un amico
mi era sembrato troppo. Che poi sinceramente… se anche il
clown scoprisse che ci sentiamo ogni tanto, non penso accadrebbe questo
tanto decantato macello. O è qualcos’altro a
spaventarti?”
Spaventapasseri
fece per rispondere quando, dall’appartamento a fianco,
arrivò un rumore di chiavistelli spostati; senza una parola
afferrò Harvey per la cravatta e lo tirò dentro,
chiudendo la porta con un calcio. Lo lasciò subito, si
voltò dandogli le spalle ed avanzò nella stanza.
“Avevi
ragione tu. Abbiamo una certa età, ed a me non va proprio di
avere relazioni, non ora e soprattutto n-”
“E
lo sapevo!” Lo interruppe, in uno scatto di stizza.
“Ok ho esagerato, ma non ti ho mai chiesto niente! Ho detto
di amarti solo perché mi sentivo di farlo, non pretendo
nulla, non ti ho nemmeno chiesto cosa volessi fare in proposito! E
tutto questo incurante dei mille modi in cui avresti potuto
manipolarmi, Cristo,
per lo meno apprezza il gesto!”
Crane
lo ascoltò fino alla fine, ma credeva poco e niente negli
affetti sinceri e disinteressati come quello che gli stava offrendo
Duefacce. Tacque; vide l’uomo sospirare ed attraversare la
stanza per sedersi sul suo divano.
“Mi
piace stare con te.” Continuò, guardandosi le
mani. “E magari sbaglio, visto che sto ricevendo solo calci
in faccia. Non amo umiliarmi, per cui se vorrai questa sarà
l’ultima volta che vengo a cercarti. Però devi
dirmelo.”
Doveva
dirglielo. Ma non era più così facile ora che
erano faccia a faccia.
Prese
anche lui posto sul divano, sapeva di essere osservato ma non
contraccambiò quello sguardo. I momenti passarono, tanti e
lenti, finché Harvey non allungò una mano a
prendere la sua; Jonathan lo guardò, lo vide sorridere
malinconico e lo lasciò fare, lasciò che gli
stringesse la mano, che la portasse tra le sue come a volerla scaldare.
Non
aveva nulla da temere, nonostante la baldanzosità con cui
era arrivato a casa sua, Duefacce era evidentemente intimorito da lui -
ed era una cosa così strana -, non si sarebbe permesso di
insistere, né qualche atto folle come tentare di baciarlo.
Non con la faccia che si ritrovava.
Quando
il campanello suonò ancora, Crane scattò in
piedi, sfruttò la presa sulla sua mano per costringere
Harvey a fare altrettanto, poi con una forza ed un’audacia
che nessuno gli avrebbe mai attribuito, lo spinse fino alla stanza
accanto e lo chiuse dentro.
Non posso crederci.
Pensò, poggiando la fronte contro la porta che gli era
appena stata sbattuta in faccia. Si voltò, era nella camera
da letto di Jonathan ma uno sguardo bastò per capire che era
piena di roba non sua: un coltello piantato sulla scrivania, cassette
di vecchie commedie straniere, una dentiera finta e sul letto, con la
schiena poggiata contro il cuscino, un pollo di gomma
dall’aria ebete; tutto questo gli fece male.
Il
letto aveva una piazza e mezza. Abbastanza per poterci dormire in due.
Anche questo fecce male.
“-sette
per ognuno. Attraversavano questi punti.” La voce di Nigma
dalla stanza accanto. “Sai dirmi cosa sono?”
“Sono…
sonde sterili sottilissime. Di mirabile fattura, indubbiamente molto
costose.”
“A
cosa servono?”
“Erano
nel cervello. Probabilmente a stimolare o inibire alcuni punti. A quel
che leggo sono stati inseriti con maestria, sicuramente avevano uno
scopo ben preciso. Un’operazione chirurgica di alto livello.
Con l’aria di un rituale esoterico.”
Qualche
attimo di silenzio. “Che vuoi dire?” Chiese Nigma.
“Senti…”
Crane sembrava disturbato, indeciso, ma continuò.
“Anni fa Steiner si interessò di un tipo
particolare di medicina ed insieme al suo assistente Wu,
viaggiò molto alla ricerca di stregoni, sciamani e
così via. Gente che asseriva di poter guarire qualsiasi cosa
con l’aiuto degli déi, attraverso rituali
bizzarri. Le sue teorie erano risibili, quindi perse ogni
credibilità come ricercatore e decise di aprire una clinica
privata.”
“Questo
c’entrerebbe con quello che sta accadendo?”
“Non
so, può essere.”
“Non
sai altro?”
“No,
niente.” Una pausa. “Non guardarmi così,
so che non mi credi ma non ho idea di cosa stia combinando
Wu!”
“Ascolta.”
Il tono di Edward era categorico. “Ora ho da fare, ci vediamo
stasera per il turno di notte. A proposito, hai visto Joker?”
“Non
da ieri pomeriggio.”
“Strano
da parte sua, sparire.”
“Se
ci pensi, neanche troppo. A stasera, Ed.”
Appena
qualche minuto dopo aver sentito l’investigatore andar via -
praticamente cacciato, a giudicare dal tono dei saluti di Crane - la
porta dove Harvey era rinchiuso si spalancò, e
l’uomo dovette fare un passo indietro; Jonathan lo
guardò per un attimo prima di parlare, con la voce di chi
voleva apparire più sicuro di quanto in realtà
non fosse.
“Non
voglio che te ne vai.” Disse, riuscendo a farlo sembrare un
ordine. “Però adesso devi andartene
comunque.”
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Capitolo 11 *** Break. ***
BEAUTY
KILLER:
Dal
diario di Edward: Ultimamente, mi sembra sempre di
arrivare a cose già concluse. Completamente scoordinato.
...but you're so fucking easy - easy to break.
(... ma tu sei così fottutamente facile - facile da
distruggere)
“Dov’è
Joker?” Domandò Edward, infilandosi una t-shirt.
“Si sarà stufato di nascondersi ogni volta che
qualcuno ha bisogno di lui in cucina.”
“Mh.” Bofonchiò Nigma, e si
lisciò i bordi della maglietta. “Strano, aveva
appena iniziato una battaglia sindacale per l’acquisto di una
lavastoviglie.”
Crane alzò un sopracciglio, poi sorrise.
“Certo.” disse. “Le macchine mica si
imboscano bene quanto lui.”
Edward lo osservò in silenzio mentre richiudeva
l’armadietto e s’infilava il camice da infermiere.
“Non sei nemmeno un po’ preoccupato?”
“Dovrei?” Alzò gli occhi al cielo, senza
guardarlo.
“Guarda che non è davvero immortale, eh.”
“Non hai nulla di meglio a cui pensare, Ed?”
Nigma spalancò gli occhi, poi soffiò una specie
di pernacchia.
“Bella risposta.”
“Devo trovare il modo di accedere a tutto
l’ospedale.” Mormorò poi, mentre
chiudeva anche lui il suo armadietto. “Un inserviente ed un
semplice infermiere non possono-” Si bloccò,
incrociando lo sguardo truce di Crane e subito pensò di
correggersi. “Ho detto semplice
infermiere?” Disse, una nota di panico nella voce.
“Volevo dire infermiere.”
Jonathan storse il naso e si voltò di scatto, urtando per
sbaglio un medico che aveva appena finito di cambiarsi; si
scusò ed il tono con cui lo fece gli valse una stretta sulla
spalla ed un “Fa niente”, che ad Edward
suonò più come un quando vuoi!.
Prima di uscire dallo spogliatoio, l’uomo si voltò
un’ultima volta a guardare Jonathan.
“Bleah.” Commentò Edward, dopo aver
assistito alla scena.
“A me?”
“Ma figurati…” Rispose, tentando di
superare l’ex psichiatra che però gli si
parò davanti e piantandogli l’indice contro il
petto, lo risospinse indietro.
“Ho forse detto
bleah!, quando sei sparito nella stanza ventuno, ieri
notte?”
Nigma aggrottò le sopracciglia, aprì la bocca per
difendersi ma l’altro gli sventolò davanti un
tesserino magnetico, la faccia del dottore appena uscito stampata
sopra; l’investigatore sorrise e gliela strappò di
mano.
“Tu, piccolo scippatore cattolico.”
Commentò. “Potrei innamorarmi di te
adesso.”
“Risparmiati per chi ci casca.”
“Ah già, tu sei quello non disponibile al flirt.
Però passando da casa tua ieri, ho notato una targa
familiare.”
“Ah sì?” Domandò, incrociando
le braccia sul petto.
“Stai vedendo Harvey, vero?” Sorrise, ammiccando
con le sopracciglia.
Jonathan gli voltò le spalle, disse: “Non so di
che parli.” e lasciò la stanza.
A mezzanotte, dopo lo spegnimento delle luci, Edward
incontrò Eva davanti quello che una volta era
l’ufficio di Axel Steiner e che Wu aveva occupato dopo la sua
morte.
“Serve anche una password!” Esclamò la
donna, mentre Nigma passava il tesserino magnetico nella serratura.
“Wu l’avrà sicuramente camb-”
si bloccò, restò in ascolto per un attimo, poi
mormorò: “Arriva qualcuno.” ed entrambi
scattarono a nascondersi dietro l’angolo del corridoio.
“…cose orribili dopo quegli interventi,
rischieresti di morire!”
“O-ormai ho deciso, comunque.”
“Ma mi ascolti?”
Edward lo riconobbe subito, il tono urgente di quando Spaventapasseri
era convinto di saper tutto ma non venire ascoltato abbastanza. Che
accadeva spesso.
“C-certo. Ma preferisco morire, che continuare
così!”
L’investigatore alzò un sopracciglio; si
domandò cos’avesse potuto spingere uno come
Jonathan - l’egoistone di Gotham - a tendere una mano a
quello che chiunque chiamerebbe un
perdente. Forse, frequentare Duefacce lo stava
influenzando in qualche modo?
“Sono andati via…” Sussurrò
Eva, riportandolo al presente. “Che facciamo? Quella pass
potrebbe essere qualsiasi cosa, la targa della sua macchina, o il suo
compleanno, o-” s’interruppe, con la coda
dell’occhio vide Nigma inginocchiarsi di fronte la porta: in
mano teneva un apparecchio rettangolare, grande quando un palmo. Nel
momento in cui lo avvicinò alla pulsantiera, sei numeri
apparvero uno dopo l’altro sul quadrante e la porta
scattò.
“Nessuna porta può resisterti, vedo.”
“Non parlarmene.” Disse, scattando leggermente con
la testa. “In casa mia tutti entrano ed escono quando gli
pare, mentre l’unica volta che ero io a non avere le chiavi,
ho dovuto chiamare i vigili del fuoco!” Raccontò,
mettendo via il suo aggeggio. “Renditi conto!”
All’interno, l’ufficio era buio e Edward accese una
mini-torcia. “Chiudi la porta.” disse ad Eva, e
notò un gran numero di scatoloni, ammucchiati come se
qualcuno se ne stesse per liberare. Erano pieni di carte.
“Sembrano tabulati. Scritti in codice,
ma…” S’interruppe, frugando ancora
più in fondo. “Le cartelle dei
pazienti… le hanno portate via dagli schedari.”
Disse, iniziando subito a sfogliarne una; qualche minuto dopo
aggrottò le sopracciglia e si voltò di scatto
verso la vedova Steiner: “Sono le prove che cercavi contro
Wu, ma anche contro tuo marito.” Disse. “Hai detto
di essere un medico, è impossibile che tu non abbia idea di
cosa significhi questa roba o che sia sempre stata all’oscuro
di tutto!” Gettò da parte il documento e si
avvicinò alla donna, l’afferrò per le
spalle. “Adesso devi dirmi tutto quello che sai. Tutto
quanto, Eva!”
La donna boccheggiò per un attimo, poi fece per parlare ma
una luce, quasi accecante dopo la prolungata oscurità, li
travolse.
“Ma guarda, Niles…” Disse il capo del
personale, senza abbassare la torcia dal viso di Edward.
“Pensare che ti credevo uno a posto, invece eccoti qua a
rubare!” Era accompagnato da altri due uomini, ed erano tutti
armati; lentamente, l’investigatore lasciò andare
Eva.
“Siamo pari, visto che anche io vi credevo dei veri
infermieri.”
“Beh.” Sorrise Ace. “A modo nostro, ci
occupiamo della salute della gente.” Disse, e Nigma si
trattenne dall’alzare gli occhi al cielo a tanta mancanza di
stile.
“Sei stato tu, ad uccidere Axel!” Gridò
Eva, lanciandosi contro quegli uomini, ma venne atterrata con un colpo
sul viso. Ace se la caricò in spalla, mentre i suoi due
uomini bloccarono Edward, prendendolo per le braccia.
“Non avrai pensato di passare inosservato, dopo tutto questo
girovagare per l’ospedale?” Chiese, ma
l’investigatore non rispose. “Non temere, tanto il
tuo amico infermiere
ti sta già aspettando di sotto.”
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Capitolo 12 *** Beautiful. ***
BEAUTY KILLER:
Dal diario di Edward: Non fa
differenza da che parte mi giri.
Ovunque io guardi, sembra sempre
non ci sia speranza.
Che vita dimmerda...
If I can’t be
beautiful…
(Se non posso essere
bellissimo…)
Capitolo 12: Beautiful.
I corridoi del Paradise erano
oscuri, e più gli uomini di Wu lo costringevano ad avanzare,
più Edward sentiva avvicinarsi l’ora del giudizio;
ma erano solo sensazioni, in verità l’unico
pensiero conscio che aveva, era quanto detestasse il rozzo senso
dell’umorismo di Ace: sarebbe stato meglio venir malmenato
che ascoltare l’ennesima brutalità venir fuori
dalla sua bocca ed il suo astio peggiorò quando quegli
scagnozzi aprirono una botola nascosta nel pavimento… dello
stesso vicolo cieco dove aveva più volte seguito le ombre in
ospedale.
Per lo meno, avevo ragione.
Si consolò. Nessuno
può attraversare i muri.
Al
disotto lo scantinato era immenso, illuminato a giorno da decine di
lampade alogene ed al centro di quello stanzone giaceva, come un
altare, un tavolo operatorio collegato ad un enorme computer. Decine di
cavi elettrici strisciavano sul pavimento, sulle mura, sul soffitto e
tutto sommato, Edward pensò che fosse una vista mozzafiato.
Poco
distante dal tavolo operatorio vide Crane, legato, imbavagliato e
bloccato ai lati da due bellissimi infermieri.
“Vedo
che ci siamo tutti. Quindi era lei, signor Niles, ad aggirarsi nella mia
clinica.” Disse Wu, la sua voce leggera, severa, calma mentre
s’infilava un paio di guanti in lattice.
“Il
mio vero nome è Edward Nigma, sono un investigatore privato.
Non riuscirete a farla franca, al GPD sanno di me e delle mie
indagini.”
“Immagino
che con GPD, lei intenda il commissario
Gordon. Ma mi creda quando le dico che le mie conoscenze
superano di gran lunga il suo potere. Parlo di gente importante,
interessata alla possibile applicazione militare delle mie
ricerche.”
E di
tutto quel discorso, la cosa che più infastidì
Nigma fu il tono: come se in realtà Wu stesse partecipando
ad una piacevole conversazione da salotto.
“Immagino
voi vi conosciate.” Continuò poi il dottore,
accennando con la testa verso Crane.
“Mai
visto prima in vita mia.”
“Allora
immagino non la ferirà sapere che io e il dottor Crane siamo
vecchi compagni di studi.” Continuò, quasi con
allegria, poi si voltò a parlare con l’ex
psichiatra. “Ci hai mollati come bifolchi in Thailandia,
preferendo correre dietro a quelle dicerie sui fiori della paura. Non
avresti mai immaginato che anche io e Steiner avremmo ottenuto
risultati tanto stupefacenti, vero?”
Nigma
sollevò un sopracciglio, ma non disse niente. In fondo,
trattandosi dello Spaventapasseri, aveva già messo in conto
la possibilità di scoprire una bugia – o mancata
verità, a seconda di come la si guarda - del genere.
“Se
fossi in te Jonathan, sceglierei bene da che parte stare. Ora che il
dottor Steiner è morto c’è un posto
libero al mio fianco.” Disse, e ad Edward non piacque affatto
il modo in cui si avvicinò a Crane per togliergli il
bavaglio.
Una
cosa che gli piacque invece – la prima di quella giornata
– fu vedere l’ex psichiatra sputare in faccia a Wu
ed alla sua offerta. Il dottore non reagì in alcun modo,
lentamente si voltò ed incontrando il sorriso compiaciuto di
Nigma, inaspettatamente, lo contraccambiò.
“Chi
se lo sarebbe aspettato da uno che ha dovuto ricattare un insegnante
per fare carriera all’università, vero?”
Disse, senza poi approfondire oltre quel discorso. “Ora
andiamo avanti. Ho il piacere di darvi il benvenuto all’Inferno,
signori. E loro, sono i miei penitenti.”
Edward
aggrottò le sopracciglia, ma seguendo il gesto della mano di
Wu, vide una specie di enorme gabbia – o un cancello, non
avrebbe saputo dirlo -, dietro la quale decine di storpi di qualsiasi
genere si accalcavano per vedere cosa stesse succedendo.
“Si
sono cercati tra loro. Nelle cantine, nei circhi, negli istituti, per
le strade e infine eccoli qui, perché ho offerto loro il Paradiso, la
speranza di una vita finalmente degna di essere vissuta.”
“Storie!”
Urlò la voce di Eva, nuovamente sveglia. “Ti
servono solo cavie umane, in mano tua faranno la stessa fine di
Axel!”
“Nonostante le divergenze avute col dottor Steiner, non sono stato io a farlo fuori e neanche i miei uomini.”
“L-l’ho
fatto io.” Disse Richie, così invisibile nella sua
mediocrità che sembrava apparso lì solo in quel
momento. “M-mi dispiace.”
“E
allora?” Stavolta fu Crane a parlare, con grande sorpresa di
tutti. “Sei stato plagiato con la promessa di
un’operazione miracolosa, vero? Scommetto che pianificavate
di scrivere la tua confessione per l’omicidio di Steiner,
inscenare un suicidio e regalarti una nuova identità, no?
Caso chiuso! Ma questo è un delitto e lasciatelo dire
Richie, tu non hai abbastanza
spirito per vivere con un rimorso simile!”
“Cos’è
una vita umana per la scienza?” S’intromise Wu,
avvicinandosi di nuovo allo Spaventapasseri e stavolta sembrava tutto
fuorché tranquillo. “Tu sei un medico delle mente,
proprio come me e dovresti capirmi fin troppo bene! Posso immaginare
quanto ti abbia irritato venire legato e trascinato fin qui, però aspetta
di vedere la mia opera prima di sputarmi addosso un’altra
volta.”
Disse,
per poi allontanarsi bruscamente e raggiungere il tavolo operatorio.
Edward
si sorprese a spalancare gli occhi: non capiva se si trattasse di un
gioco mentale di Crane, né che tipo di influenza potesse
avere su Wu per spingerlo a perdere la calma in quel modo. Come se
dovesse dimostrargli qualcosa.
A quel
punto, non gli restava che sperare – e forse invano
– che l’ex psichiatra non avrebbe finito col
tradirlo.
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Capitolo 13 *** Rather. ***
Dal diario di Edward: arriva sempre un momento nella vita
In cui ci si sente lieti di avere al proprio fianco *gli amici*.
Anche se non capisci più di chi è la colpa dei
tuoi problemi.
…I’d
rather just die.
(Piuttosto preferirei morire)
Capitolo
13: Rather.
Quando Wu si avviò verso il macchinario al centro di quel
salone sotterraneo, fu la voce di Spaventapasseri a farsi sentire, di
nuovo, ancora rivolta verso Richie, mai verso il dottore; Nigma
inarcò un sopracciglio, probabilmente incuriosito da quel
comportamento.
“Non solo hai ucciso una persona per un capriccio come
l’aspetto esteriore, ma ti sei pure lasciato manovrare da Wu.
Bravo.”
“Tu no-non sai che vuol dire.” Rispose il ragazzo,
la voce che tremava, la balbuzie più accentuata.
“Il Do-dottor Steiner si rifiutava di la-lasciarmi sottoporre
all’operazione, di-diceva che era pericoloso! So-solo il
dottor Wu si è o-offerto di aiutarmi! Ho dovuto
fa-farlo!”
“Goditi la nuova vita allora, se pensi di essertela meritata.
Dopo tutto quello che hai fatto…” Annuì
Crane, un ghigno sporco sul viso. “Ormai Axel Steiner se lo
stanno mangiando i vermi, no?”
Disse, e Nigma si sentì ancora una volta spiazzato; non che
Jonathan fosse mai stato un tipo gentile o dolce, ma quel linguaggio
lì, così crudo, suonava fuori posto perfino per
lui.
“Fatelo star zitto.” Disse il dottore, il tono
calmo e gli infermieri attorno a Crane si affrettarono a rimettergli il
bavaglio.
Edward si sentiva teso, quindi non c’era da meravigliarsi se
solo in ritardo s’accorse che le parole di Spaventapasseri
ebbero il duplice effetto di scuotere Richie e portare alle lacrime la
vedova Steiner; il ragazzo la stava fissando, sul suo viso
c’era, chiaro, il senso di colpa per aver ammazzato suo
marito.
Il dottor Wu, terminati gli ultimi preparativi prima
dell’operazione, raggiunse Richie e gli passò un
braccio sulle spalle, letteralmente guidandolo verso la postazione,
impedendogli di guardare oltre gli altri presenti.
“Cos’è una vita umana in confronto al
gigantesco passo sulla via della conoscenza?” Disse, e non
era la prima volta, quella notte. “Loro non possono capire
Richie, non vedi?” Concluse, ed a Nigma parve di vedere un
altro ghigno nascere dietro il bavaglio di Jonathan.
Il ragazzo fu fatto stendere sul lettino, sopra di lui aleggiava un
monitor, dal quale schermo l’immagine di un uomo giovane ed
affascinante lo fissava di rimando, col suo sorriso perfetto.
“Voglio che te lo stampi nella mente, Richie. Fissati bene in
testa quello che vuoi diventare.” Lo incoraggiò
Wu. “Desideralo intensamente.”
“Io… lo desidero, dottore.
I-immensamente.” Ribatté il ragazzo, ora
sorridente.
Dopo qualche secondo, un’infermiera si avvicinò
per coprirgli il viso con una mascherina, il gas anestetizzante lo fece
addormentare quasi subito, ed un altro infermiere si
avvicinò al dottore, tra le braccia portava un vassoio, sul
quale stavano adagiati una serie di aghi, coperti da una cupola
trasparente.
“Possiamo cominciare.” Disse Wu, prendendone uno,
ed avvicinandolo alla fronte del paziente. “Quello che tutti
considererebbero un miracolo, altro non è che il primo passo
nell’impiego della forza più potente al mondo:
quella della mente.” Spiegò, mentre valutava in
quale punto infilare lo strumento chirurgico. “Vedete,
esistono dei precisi canali di correlazione tra la mente ed il corpo.
Attraverso questi canali, il cervello è in grado di
controllare i muscoli, ma anche gli organi interni e perfino le
ossa.” Disse, e quando Nigma lo vide infilare completamente
la sonda nel
cranio del ragazzo, suo malgrado ebbe una spiacevole torsione al
livello dello stomaco.
“L’ipnosi ed alcune pratiche di meditazione
orientale riescono talvolta ad usare questi canali, provocando reazioni
fisiche apparentemente sconcertanti.” Continuò nel
frattempo Wu. “Si vedono individui in trance camminare sui
carboni ardenti senza bruciarsi, o ustioni sviluppate solo credendo di
essersele provocate. Molti anni fa, il dottor Steiner, io ed il dottor
Crane decidemmo di unire le nostre conoscenze in psicologia, chirurgia
e farmacologia, e partimmo alla scoperta di quelle discipline presenti
nella tradizione orientale e che quasi sconfinavano in quella che si
potrebbe chiamare magia.
Il dottor Crane ci abbandonò quasi subito, ma anche se molto
delusi da quella fuga inaspettata,
io e Steiner, gradatamente arrivammo a comprendere le immense
possibilità di applicazione delle nostre scoperte; utilizzi
che avrebbero potuto portare ad una svolta nella storia della
medicina.”
Mentre raccontava, Wu continuava ad infilare quegli aghi, alcuni nella
fronte, altri nel collo appena sotto il cranio.
“Non si sarebbe trattato di far altro che applicare alla
scienza moderna, alcuni rituali che i nostri avi praticavano da
millenni. Loro non avevano la penicillina, gli anestetici, le
radiografie o i bisturi, usavano la mente per guarire il corpo ed
imputavano il miracolo ai loro dei. Ma il vero miracolo signori,
è l’energia che ognuno di noi ha dentro, che ci
permette di fare tutto.
Al ritorno in patria, quasi tutti risero di queste testimonianze, ma
vedranno anche loro.”
Su quella nota amara, la spiegazione parve infine conclusa, e Wu si
allontanò leggermente dal tavolo operatorio, poi
allargò le braccia in modo piuttosto scenografico e riprese
a parlare, stavolta con voce più decisa e alta.
“Ora ascoltami Richie, so che la tua mente può
sentirmi. Ho eseguito il rituale su di te ragazzo, ho
aperto la strada. Adesso la tua mente e il tuo corpo sono una
cosa sola, se la mente ordina, il corpo obbedirà. Devi solo
volerlo. Devi
voler cambiare!”
Esclamò, ed alcuni rumori, secchi, prolungati, striduli,
iniziarono a riecheggiare nella stanza silenziosissima.
“Questi
suoni…” Mormorò Edward, aggrottando le
sopracciglia.
“Sono le ossa di Richie, si stanno muovendo.”
Terminò per lui Eva, e quando l’investigatore si
voltò a guardarla, notò che era strana, sembrava
meravigliata. “Scorrono sotto la pelle… Dio, i
canali di correlazione. Ricordo tutto adesso…”
Ed a quel punto, Nigma spalancò gli occhi: aveva finalmente
realizzato quale fosse il piano dell’ex psichiatra, il
perché del suo comportamento di poco prima.
Lanciò uno sguardo al macchinario, poi allo Spaventapasseri.
È stato un azzardo. Rifletté Edward. Non
che si abbia qualcosa da perdere però, a questo punto.
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