Beauty Killer.

di GrumpyTrolla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Strawberry Youth. ***
Capitolo 2: *** Vanity. ***
Capitolo 3: *** Wait. ***
Capitolo 4: *** Pink Nightmares ***
Capitolo 5: *** Easy. ***
Capitolo 6: *** Licorice. ***
Capitolo 7: *** Doll eyes. ***
Capitolo 8: *** Out of Air. ***
Capitolo 9: *** Eyes closed. ***
Capitolo 10: *** Secrets & Lies. ***
Capitolo 11: *** Break. ***
Capitolo 12: *** Beautiful. ***
Capitolo 13: *** Rather. ***



Capitolo 1
*** Strawberry Youth. ***


Ragazzi o ragazze, prima di iniziare, i soliti convenevoli. Questa storia è il seguito di Red Flags and Long Nights. Di nuovo la trama di fondo è stata ispirata da un fumetto di Dylan Dog, ma il resto è tutto mio! Mio! Mwuahahaha! Ehm… sì, magari… è una fanfiction ed i personaggi non son miei. Diciamo però che li muovo come voglio, gné gné gné.
Il titolo, le varie frasi tradotte dall’inglese ad inizio capitolo, sono presi dalla canzone Beauty killer, di Jeffree Star. Vi lascio alla storia ora! Un grazie anticipato per gli avventori che decideranno di leggere!

Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX


BEAUTY KILLER:

Capitolo 1: Strawberry youth.

Dal diario di Edward: dalla precedente avventura, ho imparato che:
Se c’è di mezzo una donna, non bisogna mai abbassare la guardia.

I’ve got a sweet tooth, and strawberry youth.
(Sono goloso, ho una fragolosa giovinezza)

Mezzo Arkham era ancora a piede libero, e l’apertura dei battenti del nuovo manicomio - non che fosse qualcosa da festeggiare, per carità - era ancora molto lontana nel futuro… quindi, il commissario non si meravigliò affatto del categorico divieto di tenere aperto un caso del genere, e visto che Batman sicuramente aveva altro a cui pensare, decise di invitare Edward a bere qualcosa. E parlargli.
Doveva riconoscerlo, durante il caso di Jack lo Squartatore Nigma si era comportato in modo serio e professionale. Per quanto gli fosse possibile. I suoi metodi non sempre ortodossi - per non parlare dei suoi atteggiamenti alquanto discutibili - erano qualcosa di facile da sorvolare, visto il suo poco lusinghiero background. Insomma, da lui si sarebbe potuto aspettare di peggio, quindi il risultato finale poteva dirsi una piacevole sorpresa.
Praticamente stravaccato sulla sedia, il mento poggiato su una mano, mentre con l’altra reggeva il giornale aperto davanti la faccia, scorreva la notizia - un trafiletto a metà del quotidiano.
Cantante pop muore suicida nella vasca da bagno.
“Uhm… - rifletté l’investigatore - droghe o roba del genere?”
“Niente, era pulita ed in salute. Anche troppo, direi… vedi, una volta assistetti ad un suo concerto ma era più di vent’anni fa, capisci? Eppure, al ritrovamento era identica a come la ricordavo.”
Edward scansò immediatamente il giornale dalla faccia.
“Incredibile! - esclamò, fissandolo con quegli occhi impossibilmente scuri - Cioè, perfino lei andava a dei concerti?!”
La risposta era irritante, ma un attimo dopo Nigma gli sorrise, lasciando intendere che si trattava solo di una battuta innocente: ecco, questo era uno degli atteggiamenti discutibili di cui sopra. Anche se il ragazzo il più delle volte non voleva davvero offendere nessuno, il sarcasmo era il suo prediletto modo di scherzare. Non tutti potevano accettarlo, e Gordon stesso ancora non si era abituato a quel modo di essere amichevole.
“Dì pure quello che ti pare - sorrise il commissario - ma sappi che alla tua età non passava Sabato sera che non mi fossi preso una sbronza.”
“Alla mia età? - Edward sollevò un sopracciglio, le labbra piegate da un lato in un sorrisetto furbo. - Commissario, credo che lei sia un po’ confuso.”
Disse, scuotendo la testa e dando alla frase un tono cantilenante e pomposo, per poi tornare al giornale. In verità, aveva i nervi a fior di pelle. Trovarsi in un locale pubblico, in pieno giorno, con lo stesso uomo che lo aveva più volte sbattuto in galera ed interrogato Gotham by night style, ancora gli sembrava assurdo, in un senso che - anche se non lo avrebbe mai ammesso -, lo imbarazzava moltissimo.
Per quanto riguardava il caso, la soluzione era semplice: la tizia doveva aver fatto qualche plastica, per poi ammazzarsi… una filosofia ammirevolmente edonista a parer suo, ma nulla più. L’unica scoperta che riusciva a trovare davvero stupefacente in tutta quella storia, era la giovinezza scatenata di Gordon, più il fatto che avesse amato una subrettina  come quella.
“Comunque, questo caso non mi convince. - insistette Gordon - Una cantante di mezz’età torna ragazzina grazie a chissà quale operazione, e già questo farebbe felice chiunque; riprende i concerti, ha successo, organizza tourneé… per poi suicidarsi?”
“Perché sta chiedendo il mio aiuto? - decise di chiederlo in modo diretto, ma si sbrigò ad aggiungere - Non che non mi faccia piacere.”
“Perché secondo me c’è sotto qualcosa. Non ti sto chiedendo di aprire un’indagine non retribuita solo perché sono io a chiedertelo, ma se ti capitasse di scoprire qualsiasi cosa che mi permetterebbe di riaprire il caso, te ne sarei riconoscente.”
Enigma annuì leggermente, un po’ dispiaciuto. Non sarebbe certo la prima volta che una persona ricca e famosa si rivelasse stanca della vita, ed a lui non era mai piaciuto inseguire fantasmi. Ma per l’ennesima volta, tenne le sue opinioni per sé.
“Proverò a fare qualche ricerca in giro.” Acconsentì senza impegno, e lasciarono il locale.
“Vuole un passaggio, commissario?” Chiese Edward, tirando le chiavi fuori dalla tasca.
“No grazie, farò due passi a piedi”
Non ci voleva un genio per capire che per Gordon, farsi vedere un giro con un ex criminale che gettava discredito sulla professione investigativa, sarebbe stato davvero imbarazzante e complicato da spiegare, quindi si limitò ad annuire per poi andarsene.
O magari non gradisce la mia macchina? Si domandò una volta sotto casa, e con un mezzo sorriso, fece una breve carezza al volante della sua corvette verde. Tutta invidia., pensò, prima di scendere ed entrare nel condominio.
Appena varcata la soglia del salotto vide Joker, tutto concentrato davanti alla tivù, ma da tempo aveva smesso di chiedersi perché il clown non tornasse a casa sua, visto che ne aveva una da qualche parte… apparentemente però, si muoveva solo per andare a trovare Crane.
“Eddie! Non puoi immaginare cos’ho visto!” Lo accolse il suo coinquilino.
“Ehm… il Milionario?” Tirò ad indovinare.
“Che dici, parlo del telegiornale, e…”
“Ah! Sai com’è, ogni giorno ne danno uno diverso, quin… ahio!”
Dopo aver centrato l’investigatore  in fronte col telecomando, Joker proseguì.
“Idiota. Stavo per dirti che il giornalista all’improvviso è diventato un mostro!”
“Cioè? Ha parlato bene di te?”
“Per carità! No, intendevo proprio che è diventato… qualcosa, ed ha tentato di divorare la sua collega. Ohh, Eddie, non è stupendo? Gotham sta impazzendo Sem. Pre. Più!”
Spiegò il clown, col tono acuto e veloce che usava quando si sentiva davvero eccitato per qualcosa.
Nigma si prese qualche secondo per pensare alle sue parole, e percorrerlo con lo sguardo.
“Hai preso qualche droga strana?” Domandò, incrociando le braccia sul petto.
“Non se l’è inventato, Ed.”
Quella voce inaspettata lo colse di sorpresa, ma l’unico segno del suo spavento, fu lo scatto quando si voltò; vide Spaventapasseri appoggiato contro la finestra, non capì come avesse potuto non accorgersi della sua presenza, ma d’altronde Jonathan sapeva muoversi davvero silenziosamente quando voleva. L’aspetto dell’ex psichiatra era impeccabile, come al solito.
“Crane. Stavate dando un party? Sembra sempre tanto affollato qui, ultimamente.”
“Ohh Eddie, ma quanto sei scortese! Come puoi!” Lo rimbeccò Joker, lanciandogli una pantofola, stavolta l’investigatore l’afferrò prima che lo colpisse nuovamente in testa. Era pure sua.
“Intendevo solo: non sarebbe ora, dopo un mese che sei qui, di iniziare a dividerci l’affitto?”
Il clown spalancò gli occhi per un attimo, prima di rispondere con una risata talmente genuina, che Edward spostò lo sguardo su Crane, come in cerca d’aiuto. L’altro sorrise.
“Vabè. Comunque, stavo per andarmene.”
“Resta, sai che per te non c’è problema.” Lo invitò Nigma.
“Ahh, e per me sì, invece?” Chiese Joker, allungandosi comodamente, ed incrociando le braccia dietro la testa.
“Lo baratterei con te anche subito! - annuì l’investigatore, gli occhi spalancati nella parodia della sincerità - Sono certo che lui non si sveglierebbe ogni mattina giusto in tempo per rubarmi la colazione dalle mani. O per lo meno poi, avrebbe la decenza di non lamentarsi perché non uso il burro.”
“Ahhh, Eddie… - sorrise Joker. - Tu e le tue intolleranze! Ma. Po-overo cuore, chi ti farebbe mai una cosa simile? - riabbassò le braccia, si alzò e con un piede schiacciò il pulsante della tivù, spegnendola. - Beh, signorine, è stato un piacere. Ora chiedo venia, ma devo andare a farmi una doccia, o qualcuno potrebbe dire che non mi lavo.”
Appena il clown lasciò la stanza, Nigma spostò lo sguardo su Jonathan.
“Oh, in realtà lo so che si lava.”
Mormorò pianissimo, annuendo in modo furbo, e l’investigatore sorrise, portando le mani in tasca.
“Consumando sempre tutta la mia acqua calda, tra l‘altro. Sei dispettoso, sai.”
Buttò lì, piegando la testa di lato e sostenendo lo sguardo di Spaventapasseri, che lo osservava - lo faceva sempre - come se lo stesse valutando.
“Mi stai facendo capire che tra i due sei tu a non lavarti? Pensa un po’ le stranezze.”
“La risposta è acqua fredda, Crane. Gelida, assassina, maledetta acqua fredda. Ti offro qualcosa? - chiese poi, sfilandosi la giacca e voltandosi verso la sua camera da letto. Parlava, e la sua voce si allontanava sempre più - Un caffè? Una bibita? Un dolce?”
“Ti ringrazio, ma no. Ero solo passato.”
“Mi fa piacere, non passa mai nessuno. A parte Joker.”
Aprì l’armadio, ne estrasse una felpa verde ed un paio di jeans - la sua tenuta da casa - e lo richiuse. Mentre sfilava la cravatta, notò Jonathan appoggiato contro la cornice della porta, voltato dall’altra parte.
“Puoi entrare, se vuoi. Non hai mai visto la mia stanza, vero?”
“Dio, quanto ti odio da quando sei diventato così casalingo.” Rispose l’altro, storcendo il naso, ma entrò comunque.
Eh sì, Edward adorava quella casa, la prima che avesse mai considerato davvero sua, e che sperava lo sarebbe stata per sempre. Ed amava anche mostrarla, che poteva farci?  Anche se come aveva già detto a Crane, non andava mai nessuno a trovarlo. E ne era sicuro, neppure Jonathan passerebbe da lui, se non fosse per Joker.
“Hai più parlato con Harvey?” Domandò, mentre si sfilava la camicia.
“E cos’avrei da dire, io, ad Harvey? - Rispose l’altro, senza nemmeno voltarsi mentre esaminava i libri sugli scaffali della stanza. - Me lo presti, questo?” Chiese, estraendo un volume per mostrarglielo.
Enigma sollevò un sopracciglio e si avvicinò, lo prese e lesse il titolo.
“Prendilo pure. Comunque puoi stare tranquillo, non dirò niente a Joker.”
“Che vuoi che gliene freghi dei libri che mi presti?” Chiese, voltandosi e volontariamente cancellando quella parte di conversazione che non gradiva, poi tacque, come sfidandolo ad obiettare qualcosa.
“Mh. Sì, lo so perché sei ammutolito. È per via del mio corpo perfetto, succede a tutti non preoccuparti.”
Crane sgranò gli occhi per un momento. “Ma rivestiti. - Lo rimproverò, strappandogli il libro dalle mani ed uscendo dalla stanza. - Ci vediamo, Ed.” L’investigatore rise tra sé, tornando verso l’armadio per finire di cambiarsi.
Proprio nel momento in cui Crane poggiò la mano sulla maniglia della porta d’ingresso però, il campanello suonò. Alzò gli occhi al cielo ed aprì, un attimo dopo una voce risuonò, alta, dal bagno.
“Se è l’omino delle consegne, caccialo! L’ultima volta gli ho chiesto di darmi del latte, ma a lui non è bastato! Mi ha dato anche del cretino! E dell’imbecille!”
Durante questo sfogo, Crane restò immobile, senza dire una parola, facendosi carico di tutta la figuraccia di cui, immaginò, Edward gli avrebbe dovuto rendere conto. Magari non gli avrebbe mai restituito quel libro, tié. Quando si sentì meno imbarazzato alzò lo sguardo. Dovette alzarlo molto, perché a schiacciare il campanello era stato un gigante di sesso femminile.
Sembrava anche un po’ confusa.
“Si, penso che debba ridere adesso, signora.” Disse secco, lasciandola ancor più basita di prima.


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Capitolo 2
*** Vanity. ***


Per Sychophantwhore: Hello! Aww, ma i tuoi complimenti! Dio, quanta carica mi danno, non ne hai proprio idea! Ed hai anche notato il cambio di stile, diretto e senza più tanti orpelli. Ammetto che la cosa è voluta, sto cercando di sperimentare a fondo uno stile minimalista che mi tornerà utilissimo una volta che deciderò per il mio progetto di romanzo originale. Ti posso dire fin da ora, che il pipistrello in questa storia non comparirà neppure per un cameo xD! Le sottotrame .__.! Una volta, amavo scriverne tantissime nelle mie storie, ma poi mi son resa conto che la lettura diventava complessa, poco scorrevole, e i lettori tendevano a confondersi o dimenticare dove si era rimasti, quindi ho smesso. Ma sono lieta di sapere che tu le apprezzi *__*! Ti distingui dalla massa come sempre, ed in bene! Poor Gordon ç_ç in effetti parrebbe davvero a pezzi ormai, ma dalla mia prossima storia, ho deciso di dargli più spazio per dimostrare - volente o meno - il suo valore. Ho grandi progetti per lui :3! Ancora, ti ringrazio per i complimenti ad Edward, ho cercato di svilupparlo meglio che potevo essendo il protagonista, e sono contenta che lo apprezzi tanto! Crescerà sempre più! E mi pareva giusto dargli quella mole di ossessioni per la routine, la casa ed il lavoro visto che ormai, senza le sue preziose sfide, solo lì può sfogare le sue paranoie. All’inizio lo confesso, non è stato voluto, ma con l’andare del tempo, s’è consolidato in maniera troppo naturale. Joker lo tiene sulla retta via, comunque :3 serio sì, ma non troppo, o non reggerebbe nemmeno un minuto di quella vita, così diversa dalla sua! Ehh, per quanto riguarda Crane, i suoi cambiamenti inizieranno a mostrarsi più avanti con la storia xD nemmeno lui resterà indenne. Insomma, la vera roccia di tutti, resterà Joker ed è giusto così. Sono felicissima anche che ti piaccia il modo in cui interagiscono *__*! Ho cercato di umanizzarli più che potevo, rendendoli in situazioni sia critiche che quotidiane, beccandoli nei momenti in cui sono più sciolti e disinvolti. Per quanto riguarda le docce del clown xD, come ti avevo già detto, io ho sempre dato per scontato che fosse una persona abbastanza pulita, immaginando che i suoi capelli apparissero in quel modo per un uso smodato di tinte spray, di quelle che spariscono con una lavata di testa, in caso di necessità, se dovesse uscire in incognito insomma. Sono inoltre contenta che ti piaccia la canzone che ho scelto, la vedevo molto azzeccata! Ci ho messo una vita a trovarne una, ed alla fine, all’ultimo momento e quasi per caso mi sono ricordata di questa. Dal diario di Ed uscirà di tutto xD. Un ultimo grazie di cuore, prima di lasciarti al capitolo *__*!

Per Rika_fma_lover: Hello! Innanzitutto, sappi che avere una nuova lettrice - ed una che nemmeno amava lo slash in questo fandom xD - mi riempie di orgoglio, specie in questi tempi in cui sembrano essersi tutti volatilizzati. Ti ringrazio moltissimo dei complimenti, anche se mi sento in dovere di informarti della mia timidezza cronica… li apprezzo anche se tendono ad imbarazzarmi. Spaventapasseri/Duefacce è una delle mie coppie preferite, venuta fuori praticamente per caso - eh sì, perfino io autrice, ci ho messo un po’, ad apprezzarli - durante la stesura di ‘Who will take my dreams away‘, e perseverata fino adesso. Sapere di essere riuscita, con la forza della mia passione, a farli piacere a chi non ne avrebbe mai voluto sentir parlare è una nuova gioia. A volte, mi rendo conto di dare il peggio di me stessa - almeno quando si arriva a toccare ciò che amo, ed i miei lavori -, apparendo saccente e velenosa, ma non mi permetterei mai di ritenere qualcuno ‘piccola ragazzina ignorante‘, perciò se ti ho dato motivo di pensare il contrario, ti chiedo perdono, è solo il mio caratteraccio. Anche prostrarsi ai miei piedi è un concetto completamente sbagliato, davvero. Per la mancanza di urletti, ti sarò eternamente grata =). Puoi vedere benissimo dalla mia risposta, che non ho trovato il tuo commento inutile o tanto meno noioso anzi, mi ha caricata moltissimo, te ne sono riconoscente. E gli abbracci virtuali non hanno mai fatto male a nessuno ;) io ne distribuisco come se piovesse. Ora ti lascio al capitolo, sperando che ti piaccia quanto i precedenti, e di leggere ancora le tue opinioni!

Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX



BEAUTY KILLER:

Capitolo 2: Vanity.

Dal diario di Edward: Mi sento osservato. È come se fossi  il protagonista  
di un racconto in cui l’autore si divertisse a giocare con me,  e c’è gente che
Legge continuamente di ciò che faccio! Mah. Ho accettato un nuovo caso.

Vanity’s like a funeral, and everyone’s at my wake.
(La vanità è come un funerale, ed alla mia veglia ci sono tutti)

Visto che Spaventapasseri continuava a fissarla senza muoversi di un millimetro, la gigantessa non poté che restare immobile, mentre i suoi occhi correvano tra l’interno della casa e la targa sulla porta.
“Questa… è l’agenzia investigativa Enigma?”
“Lo è.” Rispose Jonathan, finalmente scansandosi per lasciarla passare, ma la signora esitò. Al diavolo, ormai era lì, quindi decise di entrare,  e la porta venne richiusa immediatamente.
“È lei Edward Nigma?”
“Per carità, no.”
Lei annuì, ma entro breve il silenzio iniziò a farsi pesante; appena prima che si decidesse a fuggire di lì, il padrone di casa si palesò, con la sua sgargiante felpa verde, che vantava un grosso punto interrogativo nero sul petto - evidentemente le vecchie abitudini sono dure a morire. Con un sorriso le andò incontro per stringerle la mano; i suoi occhi brillavano di un qualche sentimento, e perfino lui era di qualche centimetro più basso della donna.
“Mi scusi. Sono io Edward Nigma, piacere di conoscerla. Suppongo tu sia qui per chiedere i miei servizi. Posso darti del tu, vero?” Domandò, un sorriso bianco ed affascinante sul viso.
Alle spalle della donna, Crane spalancò gli occhi, e la sua bocca si aprì nel ritratto scandalizzato di sé stesso: aveva sentito parlare eccome, dei mitici approcci di Edward, ma vederlo in azione era tutta un’altra storia.
“Perché piuttosto non darle del io?” Urlò ancora la voce dal bagno, ed Edward sorrise: magari Joker sapeva prevedere il presente, o non si sarebbe spiegato come facesse a sentirli fin da lì, anche se lo scroscio d’acqua era cessato.
Un dono non da poco. Pensò, ed avere un audience per  le sue conquiste non gli dispiaceva affatto, quindi strizzò l’occhio in direzione di Crane, e lo vide rispondergli con una smorfia di disgusto, per poi superarlo e tornare in salotto. Forse nonostante tutto, non voleva perdersi lo spettacolo. Per certe cose, c’era molto da imparare da Edward.
“Certamente. - rispose la donna, con un sorriso - Il mio nome è Eva. Eva Steiner.”
“Prego Eva, accomodati pure.”
La invitò, sfiorandole la schiena mentre l’accompagnava fino all’altra stanza.
“Qualcuno ha ucciso mio marito, Axel Steiner, qualche giorno fa.” Esordì la donna.
“Ci sono sospetti?”
“No. - ammise - A parte me, ovviamente.”
“Ah.”
Fu come un deja-vu. Il suo primo caso era iniziato più o meno con le stesse parole, e si era concluso orribilmente.
Andiamo bene… riflettè Edward, ma non disse nulla ed il suo silenzio invitò Eva a continuare.
“Io non ero neppure in America, però. E poi anche se ci eravamo separati da tempo, tenevo ancora  a lui. I poliziotti non sembrano affatto vicini alla verità, quindi sono tornata per occuparmene personalmente. So che mio marito era spaventato, aveva ricevuto minacce.”
Enigma lanciò uno sguardo verso Spaventapasseri: era lui a Gotham, che spaventava la gente dietro compenso. Grosso compenso. Ma nonostante la gloria che un caso simile avrebbe potuto portargli, lo aveva giurato da prima di aprire il suo studio: mai avrebbe indagato su un caso in cui potessero risultare coinvolti i suoi ex colleghi.
Quello scambio di sguardi comunque non passò inosservato, quindi Eva tossicchiò un paio di volte, riguadagnando l’attenzione dell’investigatore.
“Scusate l’indiscrezione, ma… voi due state insieme?”
Nigma aprì la bocca per rispondere, ma nello stesso momento la porta del bagno si spalancò, sbattendo violentemente contro il muro. Un ragazzo nudo dalla cintola in giù, un asciugamano sulla testa che scendeva a schermargli il viso, uscì ed attraversò il salotto.
“Ma non scherziamo.”
Mormorò, abbastanza forte da farsi sentire prima di sparire nella camera di Edward.
“Ci deve perdonare. - disse l’investigatore - Di solito siamo più professionali di così, ci ha solo beccati in un brutto momento.” Che va avanti da mesi pensò, terminando la frase.
“Ah! Quindi siete… colleghi?”
“Il ragazzo di prima è il mio assistente. - inventò - Mentre lui - disse, indicando Crane - è un medico, e mi fa da consulente.”
“Beh. - iniziò Joker, rientrando dopo essersi infilato una delle magliette di Edward, il viso nascosto dalla solita sciarpa - Il capo voleva un assistente serio, capace e silenzioso ma ancora non può permettersene tre. Ahh… non sono io quello silenzioso, e credo sia per questo che Johnny non accetta le mie avances. Lui ama la discrezione, mentre io ho la lingua così lunga, che potrei chiuderci le lettere dopo averle imbucate. Così ha detto lui, almeno.”
“Ma a proposito di discrezione! - S’intromise Nigma, alzando la voce, irritato per quell’evidente siparietto da sto marcando il mio territorio - Perché ti sei rivolta a me?”
“Vede, l’omicidio di mio marito non è cosa di poco conto. Col suo assistente, Jacob Wu, dirigeva la clinica di bellezza Paradise; non so perché, ma litigavano spesso. Ora lui gestisce tutto, ma i suoi dipendenti ne sono spaventati, e procurarsi un alibi gli sarebbe facile. Tutto lì dentro è strano, sebbene anch’io sia un medico, molte delle apparecchiature usate alla clinica non le ho mai viste. E Wu non apprezza che si ficchi il naso da quelle parti, neanche fosse roba sua, poi!”
Clinica di bellezza pensò Edward, poi ricordò. Cantante di mezz’età torna ragazzina grazie a chissà quale intervento.
“Quindi, cos’ha fatto?”
“Beh. - iniziò, abbassando lo sguardo - Mi ero ripromessa di aspettare l’apertura del testamento, ma una notte vidi questo... mostro, diciamo. Mi disse di stare lontana da Gotham e dal Paradise, che sarei comunque diventata ricca. Tentai di convincermi che si trattasse di un sogno, ma era così reale! Mi sentivo… strana.”
Avendo ascoltato abbastanza, Enigma si alzò in piedi.
“Ti ringrazio, Eva. Devo fare degli accertamenti, ma ti farò sapere il prima possibile.”
L’accompagnò alla porta, niente più giochi da Casanova, ed appena tornato in salotto, Crane lo anticipò.
“Io non c’entro niente.”
“Andiamo. Steiner spaventato, lei che vede i mostri… puoi dirmelo, non lo accetterei il caso.”
“Ed, lo saprei se fosse opera mia, no?”
“Calmati. - sospirò Enigma - Qui è comunque di dottori che si parla, però. Tuoi ex colleghi, dovrai pur saperne qualcosa.”
“Non ne so niente. - Spaventapasseri abbassò lo sguardo per un attimo, poi tornò a fissarlo dritto negli occhi. - Se… ti consigliassi di lasciar perdere tutto, le mie parole cadrebbero sul niente, vero?”
“Non se mi darai un valido motivo.”
“Conosco Wu. - ammise - Ho anche sentito parlare di Axel Steiner, e di certo non era la povera vittima descritta poco fa. Era potente, quindi molti fatti strani della clinica, non si sono mai risaputi.”
“Fatti del tipo?” Chiese Edward, prendendo nuovamente posto sul divano.
“Sparizioni. Decessi, oserei dire. Ed ancora altre morti inspiegabili successive ai loro interventi. Lo staff stesso è molto strano, addirittura succube di Steiner e Wu. Penso che il dottore si fosse stufato di tutto questo, così il suo collega lo ha fatto fuori. Cose che capitano.”
“Un caso già bell’e risolto, insomma. Basterebbe solo trovarne le prove.”
Crane sbuffò, facendo scattare la testa di lato. Ovvio, Nigma non ascoltava mai nessuno; Nigma avrebbe accettato quel caso nonostante gli avvertimenti. Naturalmente, Nigma era un vero idiota.
“Accetterai il lavoro, dunque?”
Edward tacque. Un’indagine simile lo avrebbe di volata catapultato nei cieli della notorietà, ma deludere Crane era un pensiero che lo disturbava. Continuò a fissare un punto indefinito, finché improvvisamente, il tocco di una mano sulla sua spalla non lo riportò alla realtà.
“Stai attento, Ed.”
Disse Spaventapasseri, ed un gesto simile da parte sua - per quanto semplice - era qualcosa di incredibile: Crane non si preoccupava mai per nessuno, ed era la prima volta che cercava volontariamente un contatto fisico con lui. Edward si sentì percorrere da un brivido.
“Hei, voi due! - scattò Joker, frapponendosi bruscamente tra loro - Non combinate roba alle mie spalle, se non sono io a chiedervelo. E poi di che ti preoccupi Johnny, ci sono io ad aiutarlo, no?”
Qualche secondo passò, in silenzio, poi Crane annuì ed un piccolo sorriso gli si aprì sul volto. Come se davvero, sarebbe bastata la presenza di Joker per mettere tutto a posto.
“Dopo la faccenda di Jack, ti devo un favore. - disse Spaventapasseri, senza guardare nessuno in particolare - Ti aiuterò anch’io, sono un medico e saprò muovermi meglio di te.”
Edward passò lo sguardo tra l’uno e l’altro e si sentì… strano. Come il personaggio di un racconto, dove l’autore inventa la prima cavolata per mettere insieme il gruppo di coraggiosi protagonisti che alla fine dell’avventura, si sarebbero ritrovati amici per la pelle, e probabilmente - ma questo non si dice mai - anche traumatizzati a vita. Sorrise.
“Apprezzerei molto il vostro aiuto.”
In verità, Enigma non sentiva proprio nessun bisogno di assistenza. Lui poteva cavarsela benissimo anche da solo, ma non avrebbe mai rifiutato: quel caso, oltre a portargli una notorietà senza precedenti, lo avrebbe avvicinato a quelli che, per un risvolto assurdo del destino, erano tornati ad essere suoi colleghi, anche se solo per poco tempo. E magari, Crane avrebbe iniziato a passare a trovare anche lui, qualche volta, e non solo il clown di casa. Forse faceva male a regolare tanto la sua vita in base alle loro, ma doveva ammetterlo, non aveva nient'altro. Senza quelle due presenze al suo fianco, la sua vita sarebbe più inutile e vuota che mai.
“Ahh… andiamo?” Propose Joker, guardando Spaventapasseri, che annuì in risposta.
“Ci vediamo, Ed.” Lo salutò Crane, seguendo l’altro fino alla porta, ma d’un tratto si fermò.
“E comunque. Non sei ancora nella posizione di poter fare lo strambo Ed, è una cosa che fa scappare i clienti! Cerca di essere più professionale, da oggi in poi.”

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Capitolo 3
*** Wait. ***


Per Chimeratech: Hello :3! Non c'è problema per la recensione mancata, l'importante è saperti ancora qui! Un po' mi avevai fatta preoccupare ç_ç. Ti ringrazio per il commento, e per l'apprezzamento al capitolo, i complimenti fanno sempre piacere ad una povera autrice *_*! Questo capitolo è arrivato un po' più in ritardo del previsto, ma stavo tentando di aggiornare anche altre storie, come hai notato. Se riuscirò, te lo confido - ma non dirlo a nessuno, eh xD - ho intenzione di postare un prequel di questa saga, per raccontare come questi tre hanno iniziato a parlare, frequentarsi, e come sono giunti al rapporto che ora li contraddistingue. Ora ti lascio al capitolo, sperando che ti piaccia quanto gli altri =)!

Per Rika_fma_lover: Hello! Aww, male, molto male per il ripasso mancato xD. Ricordo che quando toccò a me, passai una settimana intensiva a ripassare, e dedicarmi a tutto ciò che avevo 'scordato di studiare' negli anni precedenti. L'ipotesi sulla figlia di Falcone - paragonata ad un bisonte - mi ha fatta ridere, anche perché di fronte ad un simile donnone, Jonathan avrebbe anche potuto infischiarsene della curiosità di vedere Eddie all'opera, e fuggire. No no, Eva è una donna molto alta, ma fine e di bell'aspetto, non per niente, ha conquistato subito le mire di Nigma (e per inciso, il sogno nel cassetto della mia versione di questo personaggio, è trovare una donna con cui riuscire a ballare un lento con la testa sollevata, cosa non facile vista la sua statura). Per quanto riguarda il suo stretto rapporto con gli altri due, che sembra averti un po' turbata, ha una spiegazione: nella mia versione - molto più simile ai fumetti Strikes, che a quelli classici -, lui è un uomo con la fissa per gli enigmi, magari un po' ladro, ma fondamentalmente onesto: non si sognerebbe mai di imbrogliare nelle sue sfide, qualità per cui era noto il classico Enigmista della golden age. Ma ovviamente è un megalomane, e come tutti i megalomani nasconde insicurezze micidiali, ed un gra bisogno di approvazione, odierebbe un abbandono, o non venir calcolato affatto dalle persone che lo circondano, specie se arriva a conoscerle e ad affezionarsi, a modo suo. Per non parlare del fatto, che ora ha addirittura cambiato vita completamente, quindi il resto lo lascio alla tua immaginazione ;).Comunque, hai anticipato un bel quesito cui mi stavo giù apprestando a rispondere con una lunga one-shot, che andrà a fare da prequel a questa saga. Crane beh xD. Lui è il furbetto della situazione, fa buon viso a cattivo gioco, tenta di immischiarsi nelle faccende quel tanto che basta per soddisfare la sua curiosità, o per i suoi interessi, ma sulle ragioni che lo hanno spinto ad aiutare Edward in questo particolare caso, lascerò che sia il resto della storia a spiegare. Infine, il Joker xD. Pantofolaio hai detto, beh, un po' sì, ma come ho già spieato durante la storia precedente ad altri, il motivo è semplice: Arkham è stato raso al suolo, quindi tutti hanno "cose più importanti" a cui badare, ed è per questo che il clown non accenna a farsi vedere per il momento: vuole la scena tutta per sé, non dividerla con altri, in un momento in cui "sta succedendo di peggio". Per quanto riguarda Duefacce invece, continui a leggermi nella mente ed anticiparmi, perché apparirà proprio in questo capitolo. Andando avanti, avevo capito purtroppo che si tratta di perdita d'interesse da parte dei lettori, ma la cosa non mi sconforta poi molto: io sono ancora qui, e ci sei tu, e c'è la ristretta cerchia di affezionati a cui tengo, quindi non ho bisogno di commentini "tanto per". Nel 2012, col nuovo film, sarò felice di poter dire "io ero rimasta è_é!". Non capisco cosa intendi con "aura di sacralità" attorno a questo fandom, però. Cioè, ovviamente in ogni categoria bisogna saper scrivere ed avere un'idea chiara e coerente di come siano i propri personaggi - e quel tanto che basta vicini agli originali - ma queste cose vengono con la passione, quindi non credo ci sia ragione di temere alcun che. Ma qui entra in gioco il mio caratteraccio, poiché ci sarebbero molte più storie nel fandom, se non mi fossi messa a commentare in modo acido, ma anche educato e costruttivo, ogni minchiata qui postata, spingendo alcune autrici a cancellare o modificare i popri "lavori". Visto xD? Caratteraccio. Ora ti lascio al capitolo, ringraziandoti tanto per il tuo commento, e sperando di leggere presto le tue impressioni.

Per Sychophantwhore: Ciao :3! Ma quanto ti diverti a sezionare ogni cosa *__*! Ho fatto proprio bene ad attendere l'arrivo del tuo commento prima di andare avanti. Il motivo per cui le riflessioni di Edward si sono mischiate alla realtà è semplice xD da una parte, come avrai notato, continua a farsi manovrare dai suoi "amici", mentre dall'altra, mettendomi nei suoi panni in quella situazione - tutti che non vedono l'ora di accompagnarlo nell'avventura -, mi sarei sentita proprio così: come dentro un romanzo un po' fatto male. Il film di cui parli temo di non averlo mai visto, ma rimedierò appena potrò, visto che me lo raccomandi così caldamente! In un punto però ti sei sbagliata ç_ç... Edward non aveva affatto accettato il caso propostogli da Gordon, semplicemente, aveva detto una bugia per farlo contento. Ai suoi occhi, una tizia che si fa bella prima di suicidarsi, non ha nulla di particolarmente misterioso. "Queste star sono ben strane" ha detto, se non sbaglio (non ricordo se questa frase nel capitolo c'era, o se l'ho eliminata dalla bozza). Però, per quanto riguarda la teoria sulla pedina, non dirò nulla, solo che "in un certo senso" è così, ma non quello che credi tu, temo ç_ç. Poi, Spaventapasseri xD. Lui continua ad essere il furbetto della situazione, ma continuo a non volerti sciupare il seguito, visto che un ruolo ce l'avrà eccome, nelle indagini ;). Sul "nulla accade per caso" però, hai perfettamente ragione! Sarebbe un insulto, o una trovata molto tragicomica, lasciare tutto al caso, anche se forse al Joker farebbe molto piacere, confonderebbe le idee a non finire xD. Ed a proposito del clown, sono contenta che lo trovi divertente, e soprattutto che apprezzi i suoi comportamenti un po' animalschi ed istintivi! Più che di gelosia, qui parlerei di territorialità bella e buona! Mancava solo che marcasse il suo territorio in stile canino, ed il quadro sarebbe stato completo, ma non credo che Johnny avrebbe apprezzato più di tanto xD. E lo dico pure a te, visto che siamo in argomento. Sui trascorsi dei tre, il loro rapporto, come si sono incontrati, sto scrivendo una lunga one-shot, dopo la quale spero che tutte le tue curiosità vengano sedate ;). Infine, la tua curiosità xD. Dove stavano andando quei due? Forse a casa dell'ex psichiatra, dove Joker ama farsi coccolare in intimità, con la scena tutta per lui - in effetti, Crane non ama troppo dare spettacolo, anche se si tratta solo di Ed -, oppure fuori, a passare il tempo mischiandosi coi comuni mortali, o ancora, a lanciare sassi e bombe a mano, o a fare una solitaria passeggiata di coppia su qualche spiaggia ù_ù chi lo sa? A te la scelta ;)! Ma ora ti lascio al capitolo, sperando che sia di tuo gradimento quanto i precedenti!

Attenzione: Visto quanto solitamente sono lunghe le risposte alle recensioni, ho pensato che sarebbe forse meglio rispondere tramite mail nella pagina "contatta l'autore", quindi se siete d'accordo, fatemi sapere, e controllate che i vostri indirizzi sul sito siano validi.

Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX

BEAUTY KILLER:

Capitolo 3: Wait.

Dal diario di Edward: Spaventapasseri mi ha consigliato di non fare
‘lo strambo’, coi clienti. A me. Che Dio lo stramaledica...

I almost died, but it felt great. Faking perfection wasn’t worth the wait.
(Sono quasi morto, ma è stato bellissimo. Fingere la perfezione, non valeva l’attesa.)

Harvey tamburellava distrattamente il volante con le dita, in attesa, e non era cosa di tutti i giorni vederlo mostrare pazienza. Appena sentì lo scatto della portiera che si apriva sul lato passeggero, alzò lo sguardo ad incontrare quello di Jonathan, che senza una parola, prese posto al suo fianco.
“Ciao.” Sorrise l‘ex magistrato.
“Tutta quest’urgenza, solo per dirmi ciao?” Disse l‘altro, scuotendo leggermente la testa.
Per un momento, ad Harvey tornò in testa un consiglio che gli diede suo nonno, quando aveva sedici anni: se l’hai aspettata sotto casa per due ore, lei sale in macchina e non ti da neppure un bacio, falla calà.
Non aveva idea di cosa significasse, ma una mezza idea se l’era fatta. D’altronde però, suo nonno era anche un razzista ignorante, e se avesse potuto vederlo in quel momento - un criminale che stava uscendo con un altro delinquente, per giunta dello stesso sesso -, come minimo si sarebbe rivoltato nella tomba.
“Che faceva il clown stasera?” Chiese, osservando la sua stessa mano mentre carezzava leggermente il volante.
Crane alzò un sopracciglio; le rare volte che riuscivano a vedersi, Harvey iniziava sempre la serata con una lite, quindi distolse lo sguardo, e gettò fuori l’aria dal naso in maniera nervosa, in preparazione a ciò che stava per venire, perché con lui non riusciva proprio a girare semplicemente i tacchi ed andarsene, come faceva sempre.
“Credo stia aiutando Ed con un nuovo caso.”
Duefacce annuì, poi attivò la chiusura centralizzata, effettivamente bloccando ogni uscita, e mise in moto.
“Che stai facendo?”
“Ti rapisco.” Disse,mentre passava un braccio attorno al sedile passeggero per fare retromarcia.
“Harvey, che ti piglia?”
L’ex magistrato alzò le spalle.  “La cintura, Jon.”
Spaventapasseri continuò a fissarlo per un po’, in attesa forse di sentirgli dare una spiegazione, ma una volta fuori dal vicolo, e nel bel mezzo della strada, dovette rassegnarsi, quindi con gesto stizzito fece come gli era stato chiesto.
“Harvey io vengo, ma vuoi dirmi che succede?”
“Succede che al telefono rispondi quando ti gira, ai messaggi giusto quando muore un papa, e di darmi un tuo contatto su internet manco a parlarne…. alla nostra età sembra un po’ stupido comportarci come una coppia clandestina, non pensi?”
“Chi ha mai detto che siamo una coppia.” Rispose, forse un po’ troppo in fretta, e vide l’altro annuire, mentre inseriva la terza.
“Nessuno.  - acconsentì - Allora, che siamo?”
“Amici, cos’altro?”
Di nuovo Duefacce cambiò marcia, accelerando. “E cosa stiamo diventando?”
“Proprio niente. Mi piace la tua compagnia, tutto qui.”
“Oh, sì. - confermò, mentre si voltava verso di lui per sorridergli - Anche a me la tua.”
E sterzò, senza mai rallentare, Jonathan si sentì spingere contro lo sportello dalla forza centrifuga.
“Mi fa piacere. - Annuì, il respiro un po’ più veloce - Il senso è quello.” E trattenne il fiato durante un sorpasso azzardato; lanciò uno sguardo al tachimetro, per poi pentirsene subito dopo.
“Allora… non che diresti mai la verità, eh, Dio ce ne scampi. Ma perché tutta questa paura che il clown venga a sapere che siamo solo amici?”
Chiese, sterzando bruscamente ancora una volta e finendo con l’invadere la corsia opposta; solo all’ultimo momento, evitarono lo scontro con una macchina che viaggiava in senso contrario, ed il suono acuto di un clacson li seguì per qualche attimo, scemando poi nell’aria.
“Rallenta.” Chiese Crane, sforzandosi di mantenere la calma.
“Ho fretta. Scusa, dicevi?”
“Harvey… - si bloccò, scosse la testa - perché non ti fermi da qualche parte? Potremo parlare meglio.”
“Scherzi? E se ci riconoscono? No, meglio correre, così tu sarai contento.” Annuì, approvando la sua stessa logica mentre proprio in curva, sorpassava l’ennesima macchina; Jonathan non capiva se Duefacce si fidasse ciecamente della sua abilità di guida, o se più semplicemente, stava pianificando qualche incidente mortale alla Vanilla sky. A lui non andava proprio di fare il Tom Cruise della situazione.
“Ok non è divertente, fammi scendere, adesso!”
“Ma non dire scemenze! - urlò, per poi tornare calmo subito dopo - Farti scendere dove, siamo sulla statale.”
“Dimmi cosa vuoi, allora!”
“Che dovrei volere? Siamo solo due amici, che stanno solo parlando, mentre si fanno solo un giro.”
“O… ok, hai ragione. - iniziò, sforzandosi di non far tremare la voce - Ma ti ho già spiegato che non posso permettermi di farmi nemico Joker.”
“U-hu. - Annuì - Ed io cosa sono per te?”
Jonathan sapeva cosa voleva sentirsi dire l’altro, ma nonostante la situazione richiedesse quel piccolo - in fondo lo sapevano entrambi, che era la verità - sforzo, non se la sentiva. L’auto accelerò ancora, imboccando un’uscita che Crane non riconobbe, ma la strada iniziò a farsi in salita.
“Te l’ho detto, sei un caro amico.”
“Lo è anche Nigma, no? Eppure non ti ho visto fare il ninja, ogni volta che vai a trovarlo.”
“Ma Edward…”
Si bloccò; davanti a loro c’era una curva strettissima, un semplice battistrada li divideva da un precipizio buio, ed a Jonathan già sembrava di sentire odore di zolfo, ma Harvey tirò il freno a mano, e l’auto si voltò proprio nella direzione giusta per proseguire con la minima perdita di velocità.
“Edward cosa?” Riprese Duefacce, alzando la voce.
“Con lui è diverso!”
“Diverso perché?!” Urlò, accelerando ancora in vista di un’altra curva.
“Perché a te non riesco a smettere di pensare!”
L’auto inchiodò di botto, e dopo quell’ultima confessione gridata con tutta la voce che aveva, calò il silenzio. Crane aveva portato una mano a coprirsi la bocca, forse per negare ciò che aveva appena detto, o semplicemente per bloccare la nausea. Duefacce sembrava non saper più che dire, nonostante avesse ottenuto ciò che voleva, e quando ricominciò a parlare, era costernato.
“Jonathan, mi d-”
Si sentì strattonare la manica della camicia, e tolse le sicure, Crane sganciò la cintura di sicurezza e si precipitò fuori; con una mano si sostenne al cofano arroventato della macchina, e si piegò in avanti, gli occhi umidi; pochi attimi dopo, sentì Harvey afferrargli il polso e sollevarlo dall’auto, poi gli cinse la vita con un braccio per sostenerlo, e con la mano libera, gli scansò i capelli dalla fronte.
L’ex psichiatra pensò di non essersi mai sentito in imbarazzo come in quel momento, e dopo aver vomitato la cena, tutto tornò a farsi vivido: il dolore bruciante, della scottatura sotto il palmo, degli acidi gastrici lungo la gola, delle guance umide di lacrime sferzate dal vento, e si lasciò manovrare, abbandonandosi contro il petto di Harvey, che s’era appoggiato contro la macchina; lo sentì insinuare il mento sulla sua spalla, il lato sano del viso che carezzava il suo, ma Spaventapasseri non riusciva a pensare proprio a nulla, figurarsi parlare.
Sentì Duefacce trarre un respiro profondo, e quando l‘aria uscì dalle sue labbra, sembrò tremare.
“Ti amo, Jonathan.”
Spaventapasseri non lo zittì, non gli diede del cretino, per la prima volta lo lasciò davvero parlare.
“Ed ho voglia di fare l’amore con te.”

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Capitolo 4
*** Pink Nightmares ***


Le risposte alle recensioni, sono state inviate, a:
Chimeratech
Sychophantwhore
Rika_fma_lover
Cadma 23456
Nel caso una delle risposte non fosse arrivata, vi prego di farmelo attraverso la pagina "contatta l'autore", e provvederò a spedirla ancora =).


BEAUTY KILLER:


Capitolo 4: Pink Nightmares.


Dal diario di Edward: Ho costruito tre identità false
Che sembrano più vere di quelle vere. Gné, gné, gné.

This concealer can’t hide alla my pink nightmares.
(Questo correttore non può nascondere tutti i miei incubi rosa)

Ad Edward, di primo acchito, la clinica Paradise appariva come un posto fin troppo tranquillo, pulito e bianco, in cui dottori ed infermieri sembravano usciti da una rivista di moda, cosa che, per certi versi, non gli tornava del tutto.
“Scusi. - chiamò alle spalle di un tizio biondo, alto ed atletico - È lei il signor Norton?”
L’uomo si voltò, proponendogli un sorriso bianchissimo e per un attimo restò interdetto: Nigma immaginò che la vista di un colosso magro ed affascinante, un biondino con una mascherina antismog ed un ragazzo dall’aria candida potevano fare questo effetto. Si trattenne dallo schioccargli le dita davanti la faccia, ed aspettò che parlasse.
“Sono io l’infermiere capo Ace Norton. - annuì - Ma datemi del tu, i convenevoli sono per i clienti.” Ed avanzò, tendendo un braccio muscoloso ed abbronzato, per stringergli la mano.
“Grazie. Io sono Edward Niles, questo è Joe Graham.” Disse annuendo verso Joker, che dapprima tentò di proporre un’espressione, indecifrabile dietro la mascherina, poi sembrò ripensarci ed allontanando Enigma con una spallata, si fiondò letteralmente a stringere anche lui la mano dell’uomo.
“Ma salve! Ahh… so che qui avete molte pazienti, ed io ho un debole per le donne che riescono a sopportarmi!”
“Lui è un gran giocherellone. - sorrise Edward, ricambiando la spinta - Lui invece è Jonathan Dills.” Terminò, stavolta indicando Crane.
Mentre stringeva la mano di Spaventapasseri il sorriso di Ace cambiò angolatura e Nigma sollevò un sopracciglio.
“Inservienti?” Domandò quindi l’uomo, senza staccare lo sguardo dall’ex psichiatra.
Inservienti? - gli fece il verso Joker - vestiti così, pensavo andassimo a vendere gelati.”
Edward si morse la lingua: era dal loro arrivo che tutto il personale della clinica s’era prodigato per mostrare quanto fossero belli e sessualmente ambigui, cosa che a Nigma stava bene, ma il clown non sembrava affatto a suo agio con tutte quelle attenzioni, specialmente se rivolte a Crane.
“Ehm. Lui è infermiere, gli inservienti siamo noi.” Disse Edward, indicando sé stesso e Joker.
“Potete iniziare anche subito. - li istruì Norton, indietreggiando di un passo mentre portava le mani sui fianchi per mostrare gli ampi pettorali. - Graham sarà utile in cucina, Niles e Dills andate di sopra, ci sono dei medicinali da catalogare e portare in magazzino.”
“Subito!” Scattò Edward con voce forse troppo alta, ma doveva troncare sul nascere le proteste di Joker contro il venire separato da Spaventapasseri in un ambiente come quello. Si mossero, ed una volta lontano da orecchi indiscreti, due paia d’occhi si posarono sul clown, che solo qualche attimo dopo se ne accorse.
“Beh? Cosa?”
“Dobbiamo separarci.” Constatò Crane.
“Riuscirai a non combinare guai?” Specificò Nigma.
“Ahh… scherzate vero? Non solo vengo orrendamente tagliato fuori…! Dovreste saperlo, che la cucina è il mio regno!” E fece spallucce, passando lo sguardo tra i suoi due colleghi, che si scambiarono uno sguardo, poi tornarono a fissare il clown.
“In bocca al lupo, maestà.” Lo sfotté Edward, mentre Crane si limitò a sorridere.
Tempo un paio di minuti e Spaventapasseri, grazie alla sua esperienza come medico, aveva trovato subito i medicinali in questione, e si era messo a catalogarli a tempo di record, stranamente risparmiando all’investigatore una simile noia.
“Allora… che t’è successo alla mano?” Chiese Nigma, annuendo verso le bende.
“Mi sono bruciato.” Rispose Crane, continuando a non guardarlo mentre scriveva.
“Bruciato. - annuì - Notte calda, eh?” Ghignò, scrutandolo.
“No. Si chiama distrazione. Fatto, puoi portarli giù.”
Edward strabuzzò gli occhi: avrebbe dovuto immaginarlo che Jonathan non si sarebbe addossato l’onere di catalogare quella roba solo per fargli un piacere, bensì per lasciare a lui tutto il lato manuale.
Sibilò dolorosamente. “No. Si chiama pigrizia.”
Lo imitò, ma si fece ugualmente carico di quei pesi; non aveva idea di dove si trovasse il magazzino ma non se ne preoccupò, lo avrebbe trovato sicuramente con le sue doti intellettive superiori.
Si sentiva contento: non prevedeva complicazioni per le poche indagini che quel caso richiedeva, quindi scatoloni a parte, non riusciva neppure a definirlo come un vero lavoro. Avrebbe guadagnato un mucchio di soldi e notorietà senza fare praticamente niente e mai come in quel momento, le preoccupazioni di Spaventapasseri gli erano sembrate tanto infondate.
Quando una delle infermiere gli passò a fianco fece finta di nulla, ma una volta superatala si voltò, reclinando la testa per godersi lo spettacolo di un perfetto fondoschiena.
“Belle, vero?”
Sobbalzò. Vide un ragazzo, in piedi vicino ad un secchio e con un mocho in mano.
“Beh, direi.” Rispose Nigma, avvicinandosi con un mezzo sorriso.
“Tutti i paramedici lo sono. Il do-dottor Steiner voleva dare un’immagine di b-bellezza alla clinica. Per fortuna, questo non vale per gli inservienti.”
Edward annuì fingendo di non far caso alla balbuzie dell’altro, anche perché non era certo quel difetto di pronuncia ad attirare l’attenzione: il ragazzo era immensamente al di sotto degli standard di bellezza della clinica, i suoi lineamenti erano strani ma sembrava una persona gentile e tenera, anche se nel senso più patetico del termine.
“Penso che in quel caso, chiunque di noi sarebbe senza lavoro.”
Disse, anche se nella vita le donne - anche di belle come quelle - non gli erano mai mancate, grazie all’immenso fascino di cui disponeva. Quella però non gli sembrava la persona più adatta, con cui vantarsi delle sue conquiste.
“Io sono Neils.” Sorrise, reggendo le scatole con un solo braccio per tendere una mano al ragazzo.
“Richie White. - rispose, stringendola velocemente - T-ti ho visto prima, mentre parlavi con Ace.”
Edward aprì la bocca per rispondere, ma in quel momento il corridoio si riempì di urla; si voltarono verso quella che l’investigatore, nella sua mente, definì come la vera balena incazzata, avvolta da una vestaglia mentre strepitava con uno strano accento di quanti soldi spendesse per essere lì, e di come odiasse vedere formiche in giro.
“Q-quella è Natalia Ogareva.” Spiegò Richie, a voce bassa.
“La cantante lirica? Davvero? Jonathan ha un sacco di dischi con la sua voce, è famosa.” Disse, tornando a guardarla con occhi diversi.
“Una fa-famosa rompiscatole.”
Rispose il ragazzo, poggiando il mocho per andare verso la donna. Nigma sorrise; se Spaventapasseri avesse visto il suo idolo in quel momento, di certo non sarebbe più riuscito ad amarla come prima, odiava le donne isteriche come poche cose.
Edward tornò al lavoro, e pochi minuti dopo trovò il magazzino.
“Dove la metto, questa?” Chiese ad un medico sui trenta, anche lui di una bellezza abbagliante.
“Ahm. - rifletté l’uomo - vicino agli schedari va bene. Quando hai tempo, c’è altra roba da spostare nel mio ufficio.”
Disse, e Nigma alzò lo sguardo. Il dottore gli propose un mezzo sorriso e senza dire un’altra parola, se ne andò.
Ma. Che è successo? si chiese, e scosse la testa. In quel posto, tutto il personale medico e paramedico sembrava voler flirtare con qualunque cosa si muovesse, ed anche se a lui flirtare era sempre piaciuto, non poteva non trovare tutto ciò  un po’ inquietante.
Posò le scatole alla meno peggio, si assicurò di essere rimasto solo e chiuse la porta; frugò tra gli schedari, che tutti soli ed ordinati sembravano non aspettare altri che lui.
“Bingo.” Mormorò, estraendo una cartella dal nome familiare da uno dei cassetti.

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Capitolo 5
*** Easy. ***


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Nel caso qualcuna di queste mail si fosse persa per strada, fatemelo sapere e provvederò a rispedirla ^^.


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Capitolo 5: Easy.

Dal diario di Edward: Perché, perché, perché…
la mia vita è tutta un “Paradise”, làlàlà!

I may be easy - easy to hate.
(Potrò essere facile - facile da odiare)

“Ne sei sicuro, ragazzo?”
Nigma sollevò un sopracciglio; quel giorno il commissario pareva di buon umore, o per lo meno disposto ad abbandonare la segretezza da spie che aveva caratterizzato tutti i loro incontri fino a quel momento; era quasi l’alba quando l’investigatore lo aveva chiamato per comunicargli le sue scoperte, e si stupì di venire invitato nel suo ufficio, al GPD.
Forse, pensò, si trattava solo del sonno.
“L’ho visto coi miei occhi.” confermò, seduto per metà sulla scrivania di Gordon. “Ho frugato tra gli schedari d-”
“Altolà!” lo interruppe l‘uomo, “Non voglio saperlo. Una cosa del genere potrebbe costarti la galera. Di nuovo.”
Nigma sorrise a metà. “Non ci sono mai stato in galera, commissario.”
Lo sguardo che Gordon gli lanciò parlava da solo; Enigma abbassò lo sguardo, con le mani continuava a piegare e spiegazzare un giornale, la preoccupazione del commissario nei suoi riguardi, gli appariva come un esilarante paradosso. Non sapeva se sentirsene toccato o cos’altro.
“Non mi ha visto nessuno.” lo rassicurò, “Ricorda il caso di cui mi aveva parlato, della cantante Diana Jones? Beh il suo nome è saltato fuori dagli schedari, e non era il solo. Ecco.”
Gli lanciò il giornale e Gordon lo prese al volo, poi lesse il titolo sottolineato in rosso: Popolare giornalista televisivo perisce misteriosamente nel rogo agli studi. si trattava dell’uomo che Joker aveva visto trasformarsi in diretta tivù.
“Questa invece” disse, tirando fuori dalla tasca un foglio piegato in quattro, “è una lista dei nomi negli archivi.” glielo porse, “Sospetto la porteranno a molti delitti irrisolti, tutti collegabili al Paradise.”
“Controllerò. Ma sai che senza prove ho le mani legate.”
“Di questo non deve preoccuparsi.”
Gordon alzò lo sguardo su Nigma, sollevò un sopracciglio e si tirò indietro fino a poggiarsi contro lo schienale della sedia.
“Anche se mi pentirò di avertelo chiesto, come sei entrato in possesso di questa roba?”
“Mi sono fatto assumere alla clinica con un’identità falsa.”
Il commissario strabuzzò gli occhi; per qualche attimo sembrò sul punto di urlare, ma infine si risolse in un tono contrito.
“Spero tu ti renda conto che si tratta di reato penale: falsa identità, contraffazione e probabilmente anche spionaggio! Se poi per disgrazia dovessi rientrare nei fascicoli della polizia, anche falsa attestazione e generalità. Saranno almeno cinque anni di galera.”
“Galera, galera…” ripeté Edward, irritato dal continuo nominare quel luogo. “Non rientrerò nelle indagini della polizia, Wu non saprà mai neppure chi sono e visto che era stato lei a chiedermi aiuto, pensavo fosse scontato che si sarebbe occupato personalmente di tenermi fuori dai guai.”
Fissò a lungo il commissario, soprattutto la vena che gli pulsava sulla fronte. Gordon strinse la radice del naso tra il pollice e l’indice e sospirò.
“Scontato, sì. Non ti sei mai neppure sognato, di dirmelo prima.”
“Glielo giuro.” disse Nigma “Se il mio nome dovesse saltar fuori in qualsiasi provvedimento o atto, manderò un virus davvero maligno al GPD.”
Il commissario sbuffò, trattenendo una risata.
Davvero maligno, eh?” chiese, sorridendo suo malgrado.
“Certo.” ghignò Edward “Maligno e birichino.”
“Sarà meglio che faccia il possibile, allora. Tu… cerca solo di non farti beccare ok? Cliniche di quel livello tengono molto alla segretezza e l’ultima cosa che vorrei, sarebbe indagare sulla tua, di dipartita.”
Enigma scattò indietro, un movimento impercettibile ma indubbiamente reale. Quella preoccupazione, ancora, e lui non sapeva come prenderla.
“Sopravvivrò. Grazie per l’incoraggiamento.”
Si alzò, e Gordon lo accompagnò alla porta.
Nei rari casi in cui qualcuno si mostrava preoccupato per lui, Nigma non riusciva a sentirsi grato; se quel qualcuno poi era il commissario ancora meno, perché non gli era parso di vederlo correre a congratularsi, quando aveva abbandonato la via del crimine.
Edward bramava attenzioni, ma certo non di quel tipo: lui non era mai stato un debole e non aveva bisogno di nessuno.
Attraversò i corridoi della centrale a testa alta, passando in mezzo alle scrivanie affollate, davanti alle porte degli uffici stipati e si sentì sempre più convinto di non doversi sentire in colpa dei suoi pensieri, né dei suoi metodi ancora ai limiti della legalità. In fondo, da anni Batman dispensava giustizia a suon di cazzotti e testate in faccia, quindi paragonato a ciò, le sue azioni non potevano certo considerarsi un crimine.
Probabilmente Nigma non era nato per giocare pulito, non fino in fondo, non secondo le regole degli altri.
Attraversò l’ingresso, il parcheggio; salì sulla sua corvette verde scuro e si abbandonò contro il sedile, gli occhi chiusi. Abbassò lo sguardo sulle sue mani mentre si rigiravano un mazzo di chiavi tra le dita; si raddrizzò e mise in modo, doveva correre a riposare, quella sera avrebbe avuto il turno di notte.

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Capitolo 6
*** Licorice. ***


Le risposte alle recensioni, sono state spedite a:
Chimeratech;
Sychophantwhore;
Rika_fma_lover.
Nel malaugurato caso in cui queste mail si fossero perse per strada, informatemi e provvederò a rispedirle =)!



BEAUTY KILLER:


Dal diario di Edward: a volte mi sembra di star sbagliando tutto.
Non ricordo di essermi mai sentito più solo di adesso.

You wanna be my licorice and misguided truth.
(Vuoi essere la mia liquirizia e la mia verità fuorviata)

Capitolo 6: Licorice.

Erano bastati un paio di giorni perché Jonathan si pentisse della sua idea di aiutare Edward con quel caso: la clinica Paradise era pericolosa ed inquietante, per non parlare del fatto che, essendosi imbucati senza nessun titolo ufficiale, qualsiasi vantaggio avrebbe potuto trarne era automaticamente eliminato.
Certo, nessun giudice sano di mente crederebbe ad una sua del tutto disinteressata collaborazione con la giustizia ma si sa, Gotham non brillava certo per la sanità mentale dei suoi cittadini.
L’unica consolazione era che in confronto ai turni di venti ore dell’Arkham, l’orario stabile della clinica ne faceva davvero un Paradise; se doveva essere sincero fino in fondo però, l’ex psichiatra avrebbe di gran lunga preferito avere a che fare coi peggiori folli della città, che coi deliri isterici della gente altolocata.
Gli erano bastati cinque minuti nella stanza numero tredici, in compagnia della cantante lirica Natalia Ogareva, per spingerlo a gettar via tutti i suoi cofanetti di musica operistica: era ormai impossibile separare la voce incisa su quei dischi dalle urla da ippopotamo affamato che le aveva sentito lanciare dal momento in cui l’aveva incontrata.
Camminando attraverso l’oscurità dei corridoi della clinica, sentì un ronzio di voci provenire proprio dalla stanza tredici; senza produrre alcun rumore s’avvicinò alla striscia di luce, sottile come un foglio di carta, che fuoriusciva da uno spiraglio lasciato aperto forse per sbaglio. Si appoggiò con la schiena contro il muro affianco alla cornice della porta e tese l’orecchio.
“Vostra dieta fa me soffrire!”
Disse la cantante, con un forte accento tedesco: ovviamente uno stomaco normale non avrebbe avuto abbastanza enzimi per rosicchiare tutto quel grasso e dal canto suo, Jonathan avrebbe consigliato una nidiata di vermi solitari - sì insomma, uno solo sarebbe morto d’indigestione, povera bestia.
“Io sentito dire di sistemi miracolosi in vostra clinica.”
Crane aggrottò le sopracciglia, sembrava proprio il tipo di discorso per cui erano venuti a curiosare.
“Miracolosi e… costosi, Natalia.”
Impallidì; quella era la voce di Wu.
Per qualche momento l’ex psichiatra perse il controllo sul suo corpo, sentì il respiro farsi pesante e s’allontanò dalla porta: non era sicuro di voler rischiare tanto solo per aiutare Edward e fece un passo indietro, pronto a scappare, a chiudersi in qualche stanzino delle medicine anche fino alla fine del turno, se necessario.
“Bu-buonasera, Jonathan.”
Lo scheletro dell’ex psichiatra saltò fuori dal suo corpo, dandosela a gambe senza il suo padrone. O almeno, questa fu la sensazione che lo spavento gli diede. Bianco come un morto si voltò e riconobbe Richie, il custode balbuziente e gentile, immancabile in ogni struttura ospedaliera che si rispetti.
Avrebbe voluto urlargli addosso, gasarlo e andarsene per sempre da quel luogo, ed i suoi sentimenti dovevano essere trapelati, perché il ragazzo lo stava guardando in modo strano. Non era in character per gli infermieri, disprezzare gli inservienti perciò Jonathan si piantò a forza un sorriso sulla faccia ed iniziò a recitare.
“Mi hai fatto paura. Ancora al lavoro?” Chiese, annuendo verso un grosso sacco che l’altro si trascinava appresso.
“Sì, ma ho qu-quasi finito.” Sorrise, e Crane gli si avvicinò.
“Devi portarlo fuori, vero? Sembra pesante, ti do una mano.”Afferrò un orlo della busta, ma l’altro lo scansò.
“Non preoccuparti, c-ce la faccio.”
Ma che gentile. pensò l’ex psichiatra, i nervi a fior di pelle. Alzò lo sguardo su Richie e lo vide fissare un punto imprecisato sopra la sua spalla; istintivamente fece un passo indietro ed  urtò  contro qualcosa, si voltò, e restò pietrificato: Wu lo stava fissando dall’alto in basso, quegli occhi scuri e dal taglio orientale fissi nei suoi e per molti secondi regnò il silenzio.
“Credo che quello che sta facendo esuli dalle sue competenze.” disse il medico, senza mai smettere di guardarlo. “Sono certo che avrà faccende più urgenti da sbrigare.”
Per qualche secondo Jonathan non si mosse, poi si rese conto che Wu non lo aveva riconosciuto. Annuì, non riusciva a parlare, s’allontanò, seguito dallo sguardo dell’altro finché non svoltò nel corridoio, sparendo alla sua vista. Appena voltato l’angolo si appiattì contro il muro e ricominciò a respirare; se la ricordava bene l’indifferenza che anche lui, come dottore, aveva sempre riservato agli infermieri, perciò non era poi così strano non venire riconosciuto in quei panni.
“Allora ragazzo mio, come ti senti?”
Giunse la voce di Wu, e nonostante l’istinto di conservazione continuasse a gridargli di sparire, Crane restò in ascolto ancora un po’. Quel tono così gentile verso un addetto alle pulizie attirò la sua attenzione, non era coerente.
“Hai ripensato alla mia proposta?” Continuò il dottore.
“Sì, ma il do-dottor Steiner non voleva che facessi l’operazione. Di-diceva che è pericoloso.”
“Steiner era un vigliacco. Hai fatto tanto, meriti questa ricompensa. Non vorrai passare tutta la vita con questa faccia, vero?
L’ex psichiatra sollevò un sopracciglio; come parere medico era piuttosto brutale ma sapeva riconoscere un perfetto raggiro, quando ne sentiva uno: Wu voleva cavie per qualche operazione rischiosa ed illegale, e quelle erano proprio il tipo di prove che andava cercando Edward.
“Fa-farò quello che volete, dottore.”
“La scelta giusta, ragazzo mio.”
Aveva ascoltato a sufficienza, gli sembrò quasi di vederlo, il sorriso compiaciuto del dottore, accompagnato da una generosa pacca sulla spalla. Si staccò dalla parete e salì una rampa di scale, alla ricerca di Nigma e riuscì ad intravederlo al piano superiore, proprio mentre s’infilava in una stanza ma non fece in tempo a chiamarlo.
S’avvicinò alla porta in cui lo aveva visto sparire, era la stanza numero ventuno. Quella della vedova Steiner. rifletté, un’espressione di disgusto sul viso, perché sapeva come andavano a finire certe cose, con Edward. Tornò sui suoi passi, non aveva la minima intenzione di aspettarlo, sarebbe stato inutile; pensò che forse avrebbe potuto abbandonare subito quella farsa e tornare a casa, ma decise di aspettare.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca e mandò un sms al numero di Nigma.

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Capitolo 7
*** Doll eyes. ***


Le risposte alle recensioni sono state inserite nell'apposito spazio opportunamente creato da EFP, nell'area recensioni =)!
Giusto quel che ci voleva!

BEAUTY KILLER:

Dal diario di Edward: Chissà perché, tutte le volte
Che mi do un buon consiglio, poi non lo seguo mai.

Doll eyes, stare into valium coloured skies
(Occhi di bambola fissano il cielo colorato dal valium)

Capitolo 7: Doll eyes.

Edward non era facile alle paranoie - e non aveva certo intenzione di iniziare quella sera -, ma per tutta la notte aveva avuto l’impressione di essere seguito, spiato; aveva sentito dei rumori, visto ombre, quindi - più per provare a sé stesso di non avere paura che altro -, seguì quei profili lungo le pareti e sul pavimento ma tutte le volte, queste lo conducevano allo stesso vicolo cieco.
E checché ne dicesse Houdinì, nessuno può attraversare i muri.
Forte di questa convinzione e di ciò che aveva solo intravisto, poggiò l’orecchio e bussò contro ogni centimetro di quelle pareti - sentendosi un cretino per questo - ma non ottenne nulla.
Aveva anche perso di vista Joker ma non se ne preoccupò: probabilmente il clown voleva sfuggire al lavoro ed al suo diretto superiore nelle cucine - che chiamava affettuosamente quel nano malefico, con le braccia alzate - e mettersi alla ricerca di Crane.
Trovandosi da solo e in piena negazione della propria inquietudine, decise di far visita alla stanza ventuno ed aggiornare finalmente la vedova Steiner sui suoi progressi: Edward era infatti corso a raccontare tutto al commissario Gordon, scordandosi fino a quel momento della sua datrice di lavoro.
Bussò alla porta e lei gli aprì subito, avvolta in una vestaglia dorata, dai bordi neri.
Pacchiano. pensò, alzando un sopracciglio Ma almeno i sandaletti sono carini.
“Ti aspettavo.” Disse lei, mentre lo lasciava entrare con fare cospiratorio. “Novità?”
Dal suo tono, Edward capì che Eva non doveva aspettarsi molto dopo appena un paio di giorni, ma sarebbe rimasta stupita.
“A parte tuo marito, ci sono state altre morti ed incidenti legati a questo posto.” La informò, e la vide preoccuparsi.
“Tu credi che…”
“Te lo dico subito.” La interruppe l’investigatore, guardandosi intorno nella stanza. “Sto ancora raccogliendo prove, ma dovresti prepararti all’eventualità che tuo marito non fosse mai stato pulito come voleva sembrare.”
L’allusione non piacque alla donna, che si allontanò da lui, gli voltò le spalle e si affacciò alla finestra; Nigma, che si era aspettato una brutta reazione, non se ne stupì e smise di guardarla.
“Non ti permettere. Mio marito era un grand’uomo, e-”
La sentì interrompersi e lanciare un grido che lo fece sobbalzare, si voltò ancora verso di lei.
“Edward! Era lui, è là fuori!”
“Tuo marito è là fuori?!”
“Ma no! È l’uomo dell’altra notte, quello del sogno!”
“Quello che ti voleva convincere a lasciare Gotham?” Chiese l’investigatore, mentre lei gli si avvicinava per poi girargli attorno ed iniziare a spingerlo verso il terrazzo.
Edward alzò gli occhi al cielo: eppure, non ce l’aveva l’aspetto dell’uomo d’azione. Andò ugualmente alla portafinestra ed uscì a controllare. Fiori, girandole, qualche bandierina e molto vento, ma di mostri nessuna traccia.
“Non c’è nessuno, qua fuori.” Disse, e portando le mani in tasca tornò dentro.
La vedova Steiner però si era agitata, prendendo a camminare su e giù per la stanza. “Era lui.” disse, e da una mensola estrasse una bottiglia di brandy. “Non ho mai sofferto di allucinazioni.”
“Ah, nemmeno io.” Da sobrio.
“Bevi qualcosa anche tu?” Chiese Eva, versandosi da bere con mani tremanti.
Enigma ebbe un moto di nausea; convivere con Joker significava venire spesso coinvolti in bevute prive di scopo, quando non avevano niente da fare - il che negli ultimi tempi era accaduto spesso -, e quelle sessioni avevano messo a dura prova la sua resistenza agli alcolici per cui, il solo odore di quel coso gli risultò insopportabile.
Con sé stesso però ammise di ammirare la resistenza del clown, che se al risveglio dopo una notte di bagordi non trovava il latte nel frigo, faceva tranquillamente colazione stappandosi una birra.
“Bevi spesso quella roba?” Chiese a bruciapelo, evitando con dignità la richiesta.
“Non sono un’alcolizzata, se lo vuoi sapere. Solo spaventata.”
L’investigatore non lasciò trapelare quanto quelle parole lo irritassero, quanto gli riuscissero odiose le persone che mostravano paura senza neppure aver capito un’acca di cosa stava succedendo attorno a loro. Guardò la donna ed aprì la bocca per parlare - per annunciarle che doveva andare, tornare a fingersi occupato con quella farsa di lavoro -, ma Eva gli si era avvicinata, il bicchiere di brandy ancora in mano e quell’odore nauseante che si mischiava al profumo.
“Tanto spaventata.” ripeté la donna in un mormorio lento, da seduttrice.
Improvvisamente Edward non sentiva più tanta fretta di andarsene;  chinò in viso da un lato e s’avvicinò fino ad incontrare le sue labbra. Una mano andò a posarsi sui fianchi di lei mentre l’altra, il più discretamente possibile, cinse la mano con cui Eva stringeva ancora il bicchiere e l’allontanò, per poi sfilarlo da quelle dita e poggiare l’alcolico altrove, prima che quell’odore lo stendesse.
Il suo cellulare squillò brevemente ma non vi fece caso; nonostante le promesse che si era fatto all’inizio dell‘indagine, di non restare coinvolto su nessun piano personale - come era accaduto col suo primo lavoro -, fare l’amore con Eva gli sembrò la cosa più giusta da fare, quella che, almeno per un po’, avrebbe cacciato via le ombre.

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Capitolo 8
*** Out of Air. ***


Di nuovo, e come sempre da oggi in poi, le risposte ai commenti sono nell'apposito spazio, all'interno dell'area recensioni =).

BEAUTY KILLER:


Dal diario di Edward: ora che ci penso,
Avrei benissimo potuto fare il modello.

Before I run out of air, there’s more make-up to apply
(Prima di soffocare, ho ancora del make-up da mettere)

Capitolo 8: Out of Air.

Non a caso come nome per la clinica, era stato scelto Paradise Center: ben consci di dove l’istituto sarebbe sorto - Gotham. Che non aveva certo bisogno di presentazioni -, i proprietari, appena tornati da un viaggio che aveva mancato di renderli famosi, ben pensarono di fondare l’unico posto bello e rilassante della città, una vera oasi di pace in mezzo al chaos; un Paradiso. Tutto lì funzionava alla perfezione e di fronte ad un simile spettacolo, nessuno avrebbe potuto lagnarsi degli alti costi dei loro servizi.
Ma da un po’ di tempo a quella parte, alla clinica non tutto stava andando come avrebbe dovuto e tra le sue mura veniva covato un segreto. Uno che nessuno degli inservienti avrebbe mai voluto rivelare: ebbene, per la prima volta a memoria d’uomo, la cucina del Paradise era inagibile.
Decine e decine di piatti sporchi giacevano qua e là per lo stanzone, tutti impilati in instabili colonne; le solitamente immacolate mattonelle esplodevano di macchie dai colori più improbabili e come se non bastasse, non restava più una pentola pulita da adoperare mentre l’ora di cena incombeva come una mannaia sulla testa del cuoco responsabile.
“Graham! Dove diavolo ti sei cacciato!” L’urlo riecheggiò, facendo tremare le colonne di piatti sporchi. “Dannazione, c’è ancora mezza tonnellata di roba da lavare, vieni fuori scansafatiche!”
Lo chef, un uomo più largo che alto e con una lunga barba in stile Mangiafuoco, si guardava attorno alla ricerca del suo lavapiatti: glielo avevano mandato come aiuto appena pochi giorni prima, gli era apparso come un ragazzo strambo - con quella mascherina antismog perennemente ficcata in faccia - ma l’aria volenterosa; ben presto però, quella giovane promessa si era rivelata per ciò che era realmente, un mangiapane a tradimento.
Lo devo ammettere, il lavoro in cucina non è poi così male. Rifletté Joker, accucciato sotto uno dei tavoli, la maschera appesa al collo mentre portava alla bocca un pezzo di torta dietetica, che poi masticò senza particolare gusto.
“Graham!” Continuò ad urlare il suo superiore, alzando le braccia e scuotendole con rabbia nell’aria.
Certo, sarebbe molto meglio se non ci fosse questo nano malefico che continua a strillare, con le braccia alzate, cercando un certo Graham.
Si disse, ed un attimo dopo dovette soffocare una risata alla sua stessa battuta. Con un ultima, grande forchettata, finì il dolce - ma chiamarlo così era davvero fargli un complimento - e posò il piattino per terra, il più silenziosamente possibile.
“Graham, quanto di trovo ti torco il collo!”
Sentì, per l’ennesima volta e poi nell’aria riecheggiò il rimbombo della porta sbattuta, e lo scatto di alcuni piatti che andavano ad infrangersi sul pavimento a causa dell’urto.
E finalmente…! Pensò il clown, ed alzò gli occhi al cielo.
Non ne poteva più, la maleducazione non gli era mai andata a genio. Sì insomma, non solo era costretto a restare in quel luogo sporco e puzzolente, abbigliato come un gelataio a mangiare roba insapore, ma doveva anche sorbirsi quello gnomo maledetto che urlava, cucinava schifezze e grattava piatti ad intervalli regolari?
No, no. Non ci siamo proprio. Si scrollò le mani, sbattendole e strofinandole una contro l’altra, poi si pulì le labbra su una manica dell’uniforme e controllò l’orologio che gli aveva prestato Jonathan.
Sarà meglio uscire, è l’ora della pausa. Si rimise la mascherina antismog sul viso, ma quando tentò di alzarsi, si sentì trattenere. Afferrare sarebbe stato il termine esatto. Gli bastò un secondo per riprendersi dallo spavento, tentò di voltarsi ma fu inutile, chiunque lo avesse catturato, aveva una presa resistente.
Una mano salì al suo viso per strappargli la mascherina e gli tappò bocca e naso insieme, il che era molto strano: o era stato bloccato da una piovra tentacolare, o c’era più di una persona con lui, ma quanto poteva essere spazioso, sotto quel tavolo?
Sentì di rischiare il soffocamento, allora strattonò il braccio con tutta la forza che aveva e riuscì a liberarlo, afferrando subito il coltello nascosto all’altezza del polpaccio e conficcandolo in una delle braccia che lo trattenevano: la presa si allentò subito. Il clown, ripreso a respirare, scattò in avanti, allontanandosi dal suo assalitore, poi ancora gattoni si voltò a fronteggiarlo e restò interdetto, la bocca spalancata per lo stupore.
Eh?
Non poteva essere.

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Capitolo 9
*** Eyes closed. ***


Le risposte a tutti i commenti sono, come sempre, nell'area recensioni.

BEAUTY KILLER:


Dal diario di Edward: c‘è una linea sottile, tra follia e realtà.
Ma perdio, pensavo proprio di averla già superata.

Rhinestone my eyes closed, and please fix my hair
(Cristalli i miei occhi chiusi, e per favore aggiustami i capelli)

Capitolo 9: Eyes closed.

Un urlo riecheggiò nella stanza e Nigma si alzò di scatto, spaventato a morte; sulle labbra già s’era formato un Perdio, Joker!, ma all’ultimo momento riuscì a trattenerlo: quello non era il suo letto, né la sua stanza quindi ovviamente, neppure casa sua ma soprattutto, i suoi vestiti erano scomparsi; si voltò, e notando un’altrettanto nuda vedova Steiner al suo fianco, ricordò della sera precedente.
“Oh mio Dio.” Si lamentò la donna, il viso coperto dalle mani. “E’ stato un incubo.”
Nigma, ancora confuso e pieno di sonno, alzò un sopracciglio.
“Beh oddio, non sarò Rocco Siffredi ma…”
Non tu!” Gridò ancora, colpendolo istintivamente con un doloroso mancino. “Un brutto sogno… non potevo muovermi, né gridare o chiudere gli occhi.” continuò, sull'orlo delle lacrime. “Dovevo guardare! E gli aghi, Dio, quegli aghi!”
Ormai singhiozzante si gettò addosso ad Edward che, ancora troppo intontito per capirci qualcosa, sollevò un braccio e per rassicurarla le cinse le spalle, blaterando tutte le banalità che gli venissero in mente; tutto pur di farla smettere, non riusciva proprio a sopportare certe dimostrazioni violente di sentimento.
Tempo qualche minuto e l’investigatore era già in piedi, vestito e sulla porta; prima che uscisse dalla stanza la vedova Steiner lo fermò, inserendogli una mano nell’incavo del gomito ed incoraggiandolo a voltarsi.
“Fai attenzione, ti prego.”
Completamente spiazzato e di pessimo umore tornò a casa, quasi non vedeva l’ora di rivedere il suo circense coinquilino, ma ad aspettarlo c’era qualcun altro: il commissario Gordon.
Ma che ha quel portone? pensò, irritato da quella totale mancanza di privacy a causa di una serratura ancora difettosa, nonostante tutte le riparazioni e sostituzioni effettuate.
“Commissario.” Sorrise, malizioso. “Non viene spesso a trovarmi, che succede?” Chiese mentre entrava in cucina, subito seguito dal suo ospite.
“Ti ho portato il giornale di oggi. In questi giorni a Gotham c’è stata un’epidemia di suicidi pare, e tutti i testimoni giurano che prima di morire, quelle persone si sono… beh, trasformate.”
Edward si voltò a guardarlo, un sopracciglio alzato ed una tazza di caffè in mano. Il tono di Gordon, a metà tra il preoccupato e l’incredulo, rispecchiava perfettamente i suoi sentimenti; non disse nulla, tese di più il braccio finché l’ospite non gli prese la bevanda dalla mano, poi si voltò a prepararne un’altra.
“Ho controllato.” Aggiunse allora il commissario. “Tutti ex pazienti della clinica.”
“C’è altro?” Domandò Nigma, rifiutandosi di commentare quelle fantasie allucinatorie.
“Sì, oggi sono arrivati i referti del medico legale. Ha trovato degli oggetti estranei conficcati nel cranio dei cadaveri, attraversavano il cervello in più punti, sempre gli stessi.”
“Che oggetti, che punti?” Chiese l’investigatore, sorseggiando il suo caffè.
Gordon frugò brevemente nella tasca della giacca, ne estrasse una bustina trasparente, un foglio di carta piegato in due e glieli porse. Nella busta, vi erano una serie di aghi sottilissimi, sul foglio erano annotati i sette punti in cui questi erano stati ritrovati.
Nigma li osservò per qualche attimo, poi alzò lo sguardo sul commissario.
“Posso tenerli?”
Il sorriso che Gordon gli propose sembrava triste, di certo era stanco. “E che li ho portati a fare, secondo te?” Lo salutò, ringraziandolo per il caffè e se ne andò al lavoro.
Rimasto solo Edward sospirò e, portandosi a spasso il caffè per tutta la casa, rifletté sugli oggetti appena ricevuti: nella sua mente c’era solo una cosa da fare, chiamare Spaventapasseri; se c’era qualcuno in grado di capire cosa significasse tutto ciò - e magari chissà, rivelarglielo anche -, era lui. Doveva chiamarlo.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca e lo accese, immediatamente ricevendo un sms da Jonathan, datato la sera prima.
C’è movimento, fatti sentire appena puoi.
Avrebbe fatto di meglio: gettato il caffè raffreddato nel lavandino andò nell’ingresso, prese al volo la giacca dall’attaccapanni e le chiavi dalla classica ciotola sulla mensola, ma appena toccò la maniglia della porta gli tornò in mente, come un flash: Dovevo guardare! E gli aghi, Dio quegli aghi!
Non gli piaceva. Ogni minuto che passava, sempre più, non gli piaceva.


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Capitolo 10
*** Secrets & Lies. ***


BEAUTY KILLER:

Dal diario di Edward: Quanto mi fa incazzare
Quando tutti sembrano volermi nascondere le cose.

Tell me your secrets, and I’ll tell you my lies.
(Rivelami i tuoi segreti, ed io ti racconterò le mie bugie)

Capitolo 10: Secrets & Lies.

Al suono del campanello, Jonathan si stupì: Nigma aveva preannunciato la sua visita con un sms solo cinque minuti prima, era troppo presto ma andò ad aprire comunque; quando vide Harvey, il primo istinto fu di sbattergli la porta in faccia e correre a nascondersi da qualche parte, ma l’ultima cosa che voleva era un portone sfondato ed i vicini che - come minimo - chiamavano l’esercito.
Si fissarono a lungo, in silenzio, alla fine fu Duefacce il primo a parlare: sospirò attraverso le narici, abbassò lo sguardo e lo risollevò.
“Mi fai entrare?” Era calmo, ma dopo l’ultima volta, Crane si fidava poco di quest’apparenza.
“Non posso ora, Edward sta per arrivare.”
“Se vuoi, te lo dico.” Disse, alzando gli occhi al cielo.
“Cosa?”
Quanto esattamente me ne freghi di Nigma.”
“Risparmiami, per favore.” Ringhiò tra i denti, e Duefacce sorrise.
“Sei sparito.” Constatò con nonchalance, ma evidentemente nascondeva dell’altro.
“Ho avuto da fare.”
“Ah, sì?” Si finse stupito. “Comunque, volevo solo dirti che se non vuoi più vedermi, basta dirlo. Sparire in questo modo è spiazzante, non sono la bestia che pensi!”
Aveva tutta l’aria di un discorso già preparato e riabbozzato male all’ultimo momento. Crane sollevò un sopracciglio e Duefacce capì al volo i suoi pensieri.
“Avevo perso la testa! Era stata una giornata di merda e dovermi fare problemi perfino per mandare un sms ad un amico mi era sembrato troppo. Che poi sinceramente… se anche il clown scoprisse che ci sentiamo ogni tanto, non penso accadrebbe questo tanto decantato macello. O è qualcos’altro a spaventarti?”
Spaventapasseri fece per rispondere quando, dall’appartamento a fianco, arrivò un rumore di chiavistelli spostati; senza una parola afferrò Harvey per la cravatta e lo tirò dentro, chiudendo la porta con un calcio. Lo lasciò subito, si voltò dandogli le spalle ed avanzò nella stanza.
“Avevi ragione tu. Abbiamo una certa età, ed a me non va proprio di avere relazioni, non ora e soprattutto n-”
“E lo sapevo!” Lo interruppe, in uno scatto di stizza. “Ok ho esagerato, ma non ti ho mai chiesto niente! Ho detto di amarti solo perché mi sentivo di farlo, non pretendo nulla, non ti ho nemmeno chiesto cosa volessi fare in proposito! E tutto questo incurante dei mille modi in cui avresti potuto manipolarmi, Cristo, per lo meno apprezza il gesto!”
Crane lo ascoltò fino alla fine, ma credeva poco e niente negli affetti sinceri e disinteressati come quello che gli stava offrendo Duefacce. Tacque; vide l’uomo sospirare ed attraversare la stanza per sedersi sul suo divano.
“Mi piace stare con te.” Continuò, guardandosi le mani. “E magari sbaglio, visto che sto ricevendo solo calci in faccia. Non amo umiliarmi, per cui se vorrai questa sarà l’ultima volta che vengo a cercarti. Però devi dirmelo.”
Doveva dirglielo. Ma non era più così facile ora che erano faccia a faccia.
Prese anche lui posto sul divano, sapeva di essere osservato ma non contraccambiò quello sguardo. I momenti passarono, tanti e lenti, finché Harvey non allungò una mano a prendere la sua; Jonathan lo guardò, lo vide sorridere malinconico e lo lasciò fare, lasciò che gli stringesse la mano, che la portasse tra le sue come a volerla scaldare.
Non aveva nulla da temere, nonostante la baldanzosità con cui era arrivato a casa sua, Duefacce era evidentemente intimorito da lui - ed era una cosa così strana -, non si sarebbe permesso di insistere, né qualche atto folle come tentare di baciarlo. Non con la faccia che si ritrovava.
Quando il campanello suonò ancora, Crane scattò in piedi, sfruttò la presa sulla sua mano per costringere Harvey a fare altrettanto, poi con una forza ed un’audacia che nessuno gli avrebbe mai attribuito, lo spinse fino alla stanza accanto e lo chiuse dentro.
Non posso crederci. Pensò, poggiando la fronte contro la porta che gli era appena stata sbattuta in faccia. Si voltò, era nella camera da letto di Jonathan ma uno sguardo bastò per capire che era piena di roba non sua: un coltello piantato sulla scrivania, cassette di vecchie commedie straniere, una dentiera finta e sul letto, con la schiena poggiata contro il cuscino, un pollo di gomma dall’aria ebete; tutto questo gli fece male.
Il letto aveva una piazza e mezza. Abbastanza per poterci dormire in due. Anche questo fecce male.
“-sette per ognuno. Attraversavano questi punti.” La voce di Nigma dalla stanza accanto. “Sai dirmi cosa sono?”
“Sono… sonde sterili sottilissime. Di mirabile fattura, indubbiamente molto costose.”
“A cosa servono?”
“Erano nel cervello. Probabilmente a stimolare o inibire alcuni punti. A quel che leggo sono stati inseriti con maestria, sicuramente avevano uno scopo ben preciso. Un’operazione chirurgica di alto livello. Con l’aria di un rituale esoterico.”
Qualche attimo di silenzio. “Che vuoi dire?” Chiese Nigma.
“Senti…” Crane sembrava disturbato, indeciso, ma continuò. “Anni fa Steiner si interessò di un tipo particolare di medicina ed insieme al suo assistente Wu, viaggiò molto alla ricerca di stregoni, sciamani e così via. Gente che asseriva di poter guarire qualsiasi cosa con l’aiuto degli déi, attraverso rituali bizzarri. Le sue teorie erano risibili, quindi perse ogni credibilità come ricercatore e decise di aprire una clinica privata.”
“Questo c’entrerebbe con quello che sta accadendo?”
“Non so, può essere.”
“Non sai altro?”
“No, niente.” Una pausa. “Non guardarmi così, so che non mi credi ma non ho idea di cosa stia combinando Wu!”
“Ascolta.” Il tono di Edward era categorico. “Ora ho da fare, ci vediamo stasera per il turno di notte. A proposito, hai visto Joker?”
“Non da ieri pomeriggio.”
“Strano da parte sua, sparire.”
“Se ci pensi, neanche troppo. A stasera, Ed.”
Appena qualche minuto dopo aver sentito l’investigatore andar via - praticamente cacciato, a giudicare dal tono dei saluti di Crane - la porta dove Harvey era rinchiuso si spalancò, e l’uomo dovette fare un passo indietro; Jonathan lo guardò per un attimo prima di parlare, con la voce di chi voleva apparire più sicuro di quanto in realtà non fosse.
“Non voglio che te ne vai.” Disse, riuscendo a farlo sembrare un ordine. “Però adesso devi andartene comunque.”

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Capitolo 11
*** Break. ***


BEAUTY KILLER:

Dal diario di Edward: Ultimamente, mi sembra sempre di
arrivare a cose già concluse. Completamente scoordinato.

...but you're so fucking easy - easy to break.
(... ma tu sei così fottutamente facile - facile da distruggere)

Capitolo 11: Break.

“Dov’è Joker?” Domandò Edward, infilandosi una t-shirt.
“Si sarà stufato di nascondersi ogni volta che qualcuno ha bisogno di lui in cucina.”
“Mh.” Bofonchiò Nigma, e si lisciò i bordi della maglietta. “Strano, aveva appena iniziato una battaglia sindacale per l’acquisto di una lavastoviglie.”
Crane alzò un sopracciglio, poi sorrise. “Certo.” disse. “Le macchine mica si imboscano bene quanto lui.”
Edward lo osservò in silenzio mentre richiudeva l’armadietto e s’infilava il camice da infermiere. “Non sei nemmeno un po’ preoccupato?”
“Dovrei?” Alzò gli occhi al cielo, senza guardarlo.
“Guarda che non è davvero immortale, eh.”
“Non hai nulla di meglio a cui pensare, Ed?”
Nigma spalancò gli occhi, poi soffiò una specie di pernacchia.
“Bella risposta.”
“Devo trovare il modo di accedere a tutto l’ospedale.” Mormorò poi, mentre chiudeva anche lui il suo armadietto. “Un inserviente ed un semplice infermiere non possono-” Si bloccò, incrociando lo sguardo truce di Crane e subito pensò di correggersi. “Ho detto semplice infermiere?” Disse, una nota di panico nella voce. “Volevo dire infermiere.”
Jonathan storse il naso e si voltò di scatto, urtando per sbaglio un medico che aveva appena finito di cambiarsi; si scusò ed il tono con cui lo fece gli valse una stretta sulla spalla ed un “Fa niente”, che ad Edward suonò più come un quando vuoi!.
Prima di uscire dallo spogliatoio, l’uomo si voltò un’ultima volta a guardare Jonathan.
“Bleah.” Commentò Edward, dopo aver assistito alla scena.
“A me?”
“Ma figurati…” Rispose, tentando di superare l’ex psichiatra che però gli si parò davanti e piantandogli l’indice contro il petto, lo risospinse indietro.
“Ho forse detto bleah!, quando sei sparito nella stanza ventuno, ieri notte?”
Nigma aggrottò le sopracciglia, aprì la bocca per difendersi ma l’altro gli sventolò davanti un tesserino magnetico, la faccia del dottore appena uscito stampata sopra; l’investigatore sorrise e gliela strappò di mano.
“Tu, piccolo scippatore cattolico.” Commentò. “Potrei innamorarmi di te adesso.”
“Risparmiati per chi ci casca.”
“Ah già, tu sei quello non disponibile al flirt. Però passando da casa tua ieri, ho notato una targa familiare.”
“Ah sì?” Domandò, incrociando le braccia sul petto.
“Stai vedendo Harvey, vero?” Sorrise, ammiccando con le sopracciglia.
Jonathan gli voltò le spalle, disse: “Non so di che parli.” e lasciò la stanza.
A mezzanotte, dopo lo spegnimento delle luci, Edward incontrò Eva davanti quello che una volta era l’ufficio di Axel Steiner e che Wu aveva occupato dopo la sua morte.
“Serve anche una password!” Esclamò la donna, mentre Nigma passava il tesserino magnetico nella serratura. “Wu l’avrà sicuramente camb-” si bloccò, restò in ascolto per un attimo, poi mormorò: “Arriva qualcuno.” ed entrambi scattarono a nascondersi dietro l’angolo del corridoio.
“…cose orribili dopo quegli interventi, rischieresti di morire!”
“O-ormai ho deciso, comunque.”
“Ma mi ascolti?”
Edward lo riconobbe subito, il tono urgente di quando Spaventapasseri era convinto di saper tutto ma non venire ascoltato abbastanza. Che accadeva spesso.
“C-certo. Ma preferisco morire, che continuare così!”
L’investigatore alzò un sopracciglio; si domandò cos’avesse potuto spingere uno come Jonathan - l’egoistone di Gotham - a tendere una mano a quello che chiunque chiamerebbe un perdente. Forse, frequentare Duefacce lo stava influenzando in qualche modo?
“Sono andati via…” Sussurrò Eva, riportandolo al presente. “Che facciamo? Quella pass potrebbe essere qualsiasi cosa, la targa della sua macchina, o il suo compleanno, o-” s’interruppe, con la coda dell’occhio vide Nigma inginocchiarsi di fronte la porta: in mano teneva un apparecchio rettangolare, grande quando un palmo. Nel momento in cui lo avvicinò alla pulsantiera, sei numeri apparvero uno dopo l’altro sul quadrante e la porta scattò.
“Nessuna porta può resisterti, vedo.”
“Non parlarmene.” Disse, scattando leggermente con la testa. “In casa mia tutti entrano ed escono quando gli pare, mentre l’unica volta che ero io a non avere le chiavi, ho dovuto chiamare i vigili del fuoco!” Raccontò, mettendo via il suo aggeggio. “Renditi conto!”
All’interno, l’ufficio era buio e Edward accese una mini-torcia. “Chiudi la porta.” disse ad Eva, e notò un gran numero di scatoloni, ammucchiati come se qualcuno se ne stesse per liberare. Erano pieni di carte.
“Sembrano tabulati. Scritti in codice, ma…” S’interruppe, frugando ancora più in fondo. “Le cartelle dei pazienti… le hanno portate via dagli schedari.” Disse, iniziando subito a sfogliarne una; qualche minuto dopo aggrottò le sopracciglia e si voltò di scatto verso la vedova Steiner: “Sono le prove che cercavi contro Wu, ma anche contro tuo marito.” Disse. “Hai detto di essere un medico, è impossibile che tu non abbia idea di cosa significhi questa roba o che sia sempre stata all’oscuro di tutto!” Gettò da parte il documento e si avvicinò alla donna, l’afferrò per le spalle. “Adesso devi dirmi tutto quello che sai. Tutto quanto, Eva!”
La donna boccheggiò per un attimo, poi fece per parlare ma una luce, quasi accecante dopo la prolungata oscurità, li travolse.
“Ma guarda, Niles…” Disse il capo del personale, senza abbassare la torcia dal viso di Edward. “Pensare che ti credevo uno a posto, invece eccoti qua a rubare!” Era accompagnato da altri due uomini, ed erano tutti armati; lentamente, l’investigatore lasciò andare Eva.
“Siamo pari, visto che anche io vi credevo dei veri infermieri.”
“Beh.” Sorrise Ace. “A modo nostro, ci occupiamo della salute della gente.” Disse, e Nigma si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo a tanta mancanza di stile.
“Sei stato tu, ad uccidere Axel!” Gridò Eva, lanciandosi contro quegli uomini, ma venne atterrata con un colpo sul viso. Ace se la caricò in spalla, mentre i suoi due uomini bloccarono Edward, prendendolo per le braccia.
“Non avrai pensato di passare inosservato, dopo tutto questo girovagare per l’ospedale?” Chiese, ma l’investigatore non rispose. “Non temere, tanto il tuo amico infermiere ti sta già aspettando di sotto.”

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Capitolo 12
*** Beautiful. ***


BEAUTY KILLER:

Dal diario di Edward: Non fa differenza da che parte mi giri.
Ovunque io guardi, sembra sempre non ci sia speranza.
Che vita dimmerda...

If I can’t be beautiful…
(Se non posso essere bellissimo…)

Capitolo 12: Beautiful.

I corridoi del Paradise erano oscuri, e più gli uomini di Wu lo costringevano ad avanzare, più Edward sentiva avvicinarsi l’ora del giudizio; ma erano solo sensazioni, in verità l’unico pensiero conscio che aveva, era quanto detestasse il rozzo senso dell’umorismo di Ace: sarebbe stato meglio venir malmenato che ascoltare l’ennesima brutalità venir fuori dalla sua bocca ed il suo astio peggiorò quando quegli scagnozzi aprirono una botola nascosta nel pavimento… dello stesso vicolo cieco dove aveva più volte seguito le ombre in ospedale.
Per lo meno, avevo ragione. Si consolò. Nessuno può attraversare i muri.
Al disotto lo scantinato era immenso, illuminato a giorno da decine di lampade alogene ed al centro di quello stanzone giaceva, come un altare, un tavolo operatorio collegato ad un enorme computer. Decine di cavi elettrici strisciavano sul pavimento, sulle mura, sul soffitto e tutto sommato, Edward pensò che fosse una vista mozzafiato.
Poco distante dal tavolo operatorio vide Crane, legato, imbavagliato e bloccato ai lati da due bellissimi infermieri.
“Vedo che ci siamo tutti. Quindi era lei, signor Niles, ad aggirarsi nella mia clinica.” Disse Wu, la sua voce leggera, severa, calma mentre s’infilava un paio di guanti in lattice.
“Il mio vero nome è Edward Nigma, sono un investigatore privato. Non riuscirete a farla franca, al GPD sanno di me e delle mie indagini.”
“Immagino che con GPD, lei intenda il commissario Gordon. Ma mi creda quando le dico che le mie conoscenze superano di gran lunga il suo potere. Parlo di gente importante, interessata alla possibile applicazione militare delle mie ricerche.”
E di tutto quel discorso, la cosa che più infastidì Nigma fu il tono: come se in realtà Wu stesse partecipando ad una piacevole conversazione da salotto.
“Immagino voi vi conosciate.” Continuò poi il dottore, accennando con la testa verso Crane.
“Mai visto prima in vita mia.”
“Allora immagino non la ferirà sapere che io e il dottor Crane siamo vecchi compagni di studi.” Continuò, quasi con allegria, poi si voltò a parlare con l’ex psichiatra. “Ci hai mollati come bifolchi in Thailandia, preferendo correre dietro a quelle dicerie sui fiori della paura. Non avresti mai immaginato che anche io e Steiner avremmo ottenuto risultati tanto stupefacenti, vero?”
Nigma sollevò un sopracciglio, ma non disse niente. In fondo, trattandosi dello Spaventapasseri, aveva già messo in conto la possibilità di scoprire una bugia – o mancata verità, a seconda di come la si guarda - del genere.
“Se fossi in te Jonathan, sceglierei bene da che parte stare. Ora che il dottor Steiner è morto c’è un posto libero al mio fianco.” Disse, e ad Edward non piacque affatto il modo in cui si avvicinò a Crane per togliergli il bavaglio.
Una cosa che gli piacque invece – la prima di quella giornata – fu vedere l’ex psichiatra sputare in faccia a Wu ed alla sua offerta. Il dottore non reagì in alcun modo, lentamente si voltò ed incontrando il sorriso compiaciuto di Nigma, inaspettatamente, lo contraccambiò.
“Chi se lo sarebbe aspettato da uno che ha dovuto ricattare un insegnante per fare carriera all’università, vero?” Disse, senza poi approfondire oltre quel discorso. “Ora andiamo avanti. Ho il piacere di darvi il benvenuto all’Inferno, signori. E loro, sono i miei penitenti.”
Edward aggrottò le sopracciglia, ma seguendo il gesto della mano di Wu, vide una specie di enorme gabbia – o un cancello, non avrebbe saputo dirlo -, dietro la quale decine di storpi di qualsiasi genere si accalcavano per vedere cosa stesse succedendo.
“Si sono cercati tra loro. Nelle cantine, nei circhi, negli istituti, per le strade e infine eccoli qui, perché ho offerto loro il Paradiso, la speranza di una vita finalmente degna di essere vissuta.”
“Storie!” Urlò la voce di Eva, nuovamente sveglia. “Ti servono solo cavie umane, in mano tua faranno la stessa fine di Axel!”
“Nonostante le divergenze avute col dottor Steiner, non sono stato io a farlo fuori e neanche i miei uomini.”
“L-l’ho fatto io.” Disse Richie, così invisibile nella sua mediocrità che sembrava apparso lì solo in quel momento. “M-mi dispiace.”
“E allora?” Stavolta fu Crane a parlare, con grande sorpresa di tutti. “Sei stato plagiato con la promessa di un’operazione miracolosa, vero? Scommetto che pianificavate di scrivere la tua confessione per l’omicidio di Steiner, inscenare un suicidio e regalarti una nuova identità, no? Caso chiuso! Ma questo è un delitto e lasciatelo dire Richie, tu non hai abbastanza spirito per vivere con un rimorso simile!”
“Cos’è una vita umana per la scienza?” S’intromise Wu, avvicinandosi di nuovo allo Spaventapasseri e stavolta sembrava tutto fuorché tranquillo. “Tu sei un medico delle mente, proprio come me e dovresti capirmi fin troppo bene! Posso immaginare quanto ti abbia irritato venire legato e trascinato fin qui, però aspetta di vedere la mia opera prima di sputarmi addosso un’altra volta.”
Disse, per poi allontanarsi bruscamente e raggiungere il tavolo operatorio.
Edward si sorprese a spalancare gli occhi: non capiva se si trattasse di un gioco mentale di Crane, né che tipo di influenza potesse avere su Wu per spingerlo a perdere la calma in quel modo. Come se dovesse dimostrargli qualcosa.
A quel punto, non gli restava che sperare – e forse invano – che l’ex psichiatra non avrebbe finito col tradirlo.

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Capitolo 13
*** Rather. ***



Dal diario di Edward: arriva sempre un momento nella vita
In cui ci si sente lieti di avere al proprio fianco *gli amici*.
Anche se non capisci più di chi è la colpa dei tuoi problemi.

 …I’d rather just die.
(Piuttosto preferirei morire)

 

Capitolo 13: Rather.

 
Quando Wu si avviò verso il macchinario al centro di quel salone sotterraneo, fu la voce di Spaventapasseri a farsi sentire, di nuovo, ancora rivolta verso Richie, mai verso il dottore; Nigma inarcò un sopracciglio, probabilmente incuriosito da quel comportamento.
“Non solo hai ucciso una persona per un capriccio come l’aspetto esteriore, ma ti sei pure lasciato manovrare da Wu. Bravo.”
“Tu no-non sai che vuol dire.” Rispose il ragazzo, la voce che tremava, la balbuzie più accentuata. “Il Do-dottor Steiner si rifiutava di la-lasciarmi sottoporre all’operazione, di-diceva che era pericoloso! So-solo il dottor Wu si è o-offerto di aiutarmi! Ho dovuto fa-farlo!”
“Goditi la nuova vita allora, se pensi di essertela meritata. Dopo tutto quello che hai fatto…” Annuì Crane, un ghigno sporco sul viso. “Ormai Axel Steiner se lo stanno mangiando i vermi, no?”
Disse, e Nigma si sentì ancora una volta spiazzato; non che Jonathan fosse mai stato un tipo gentile o dolce, ma quel linguaggio lì, così crudo, suonava fuori posto perfino per lui.
“Fatelo star zitto.” Disse il dottore, il tono calmo e gli infermieri attorno a Crane si affrettarono a rimettergli il bavaglio. 
Edward si sentiva teso, quindi non c’era da meravigliarsi se solo in ritardo s’accorse che le parole di Spaventapasseri ebbero il duplice effetto di scuotere Richie e portare alle lacrime la vedova Steiner; il ragazzo la stava fissando, sul suo viso c’era, chiaro, il senso di colpa per aver ammazzato suo marito.
Il dottor Wu, terminati gli ultimi preparativi prima dell’operazione, raggiunse Richie e gli passò un braccio sulle spalle, letteralmente guidandolo verso la postazione, impedendogli di guardare oltre gli altri presenti.
“Cos’è una vita umana in confronto al gigantesco passo sulla via della conoscenza?” Disse, e non era la prima volta, quella notte. “Loro non possono capire Richie, non vedi?” Concluse, ed a Nigma parve di vedere un altro ghigno nascere dietro il bavaglio di Jonathan.
Il ragazzo fu fatto stendere sul lettino, sopra di lui aleggiava un monitor, dal quale schermo l’immagine di un uomo giovane ed affascinante lo fissava di rimando, col suo sorriso perfetto.
“Voglio che te lo stampi nella mente, Richie. Fissati bene in testa quello che vuoi diventare.” Lo incoraggiò Wu. “Desideralo intensamente.”
“Io… lo desidero, dottore. I-immensamente.” Ribatté il ragazzo, ora sorridente.
Dopo qualche secondo, un’infermiera si avvicinò per coprirgli il viso con una mascherina, il gas anestetizzante lo fece addormentare quasi subito, ed un altro infermiere si avvicinò al dottore, tra le braccia portava un vassoio, sul quale stavano adagiati una serie di aghi, coperti da una cupola trasparente.
“Possiamo cominciare.” Disse Wu, prendendone uno, ed avvicinandolo alla fronte del paziente. “Quello che tutti considererebbero un miracolo, altro non è che il primo passo nell’impiego della forza più potente al mondo: quella della mente.” Spiegò, mentre valutava in quale punto infilare lo strumento chirurgico. “Vedete, esistono dei precisi canali di correlazione tra la mente ed il corpo. Attraverso questi canali, il cervello è in grado di controllare i muscoli, ma anche gli organi interni e perfino le ossa.” Disse, e quando Nigma lo vide infilare completamente la sonda  nel cranio del ragazzo, suo malgrado ebbe una spiacevole torsione al livello dello stomaco.
“L’ipnosi ed alcune pratiche di meditazione orientale riescono talvolta ad usare questi canali, provocando reazioni fisiche apparentemente sconcertanti.” Continuò nel frattempo Wu. “Si vedono individui in trance camminare sui carboni ardenti senza bruciarsi, o ustioni sviluppate solo credendo di essersele provocate. Molti anni fa, il dottor Steiner, io ed il dottor Crane decidemmo di unire le nostre conoscenze in psicologia, chirurgia e farmacologia, e partimmo alla scoperta di quelle discipline presenti nella tradizione orientale e che quasi sconfinavano in quella che si potrebbe chiamare magia.
Il dottor Crane ci abbandonò quasi subito, ma anche se molto delusi da quella fuga inaspettata, io e Steiner, gradatamente arrivammo a comprendere le immense possibilità di applicazione delle nostre scoperte; utilizzi che avrebbero potuto portare ad una svolta nella storia della medicina.”
Mentre raccontava, Wu continuava ad infilare quegli aghi, alcuni nella fronte, altri nel collo appena sotto il cranio.
“Non si sarebbe trattato di far altro che applicare alla scienza moderna, alcuni rituali che i nostri avi praticavano da millenni. Loro non avevano la penicillina, gli anestetici, le radiografie o i bisturi, usavano la mente per guarire il corpo ed imputavano il miracolo ai loro dei. Ma il vero miracolo signori, è l’energia che ognuno di noi ha dentro, che ci permette di fare tutto. Al ritorno in patria, quasi tutti risero di queste testimonianze, ma vedranno anche loro.”
Su quella nota amara, la spiegazione parve infine conclusa, e Wu si allontanò leggermente dal tavolo operatorio, poi allargò le braccia in modo piuttosto scenografico e riprese a parlare, stavolta con voce più decisa e alta.
“Ora ascoltami Richie, so che la tua mente può sentirmi. Ho eseguito il rituale su di te ragazzo, ho aperto la strada. Adesso la tua mente e il tuo corpo sono una cosa sola, se la mente ordina, il corpo obbedirà. Devi solo volerlo. Devi voler cambiare!”
Esclamò, ed alcuni rumori, secchi, prolungati, striduli, iniziarono a riecheggiare nella stanza silenziosissima. 

“Questi suoni…” Mormorò Edward, aggrottando le sopracciglia.
“Sono le ossa di Richie, si stanno muovendo.” Terminò per lui Eva, e quando l’investigatore si voltò a guardarla, notò che era strana, sembrava meravigliata. “Scorrono sotto la pelle… Dio, i canali di correlazione. Ricordo tutto adesso…”
Ed a quel punto, Nigma spalancò gli occhi: aveva finalmente realizzato quale fosse il piano dell’ex psichiatra, il perché del suo comportamento di poco prima. Lanciò uno sguardo al macchinario, poi allo Spaventapasseri.

È stato un azzardo
. Rifletté Edward. Non che si abbia qualcosa da perdere però, a questo punto.

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