Atto IV
ATTO IV
Letture indiscrete, sangue e tante botte
Sasori
e Kyouya, dopo un intera settimana passata a dipingere tutte le pareti del
castello e ad aver attentato alla loro vita almeno dieci volte, se n’erano
tornati nelle loro corrispettive camere, per riposare le membra affaticate.
Intanto,
nella sua camera, barricato dietro la lucente porta in mogano, Sesshomaru
osservava scettico il quaderno che aveva raccolto, insicuro se aprirlo o
restituirlo al proprietario.
Qualcosa
gli diceva che se il quaderno era davvero di Sasori allora probabilmente era
stato creato al solo scopo di infastidire chi lo trovava. E visto che era stato
lui a trovarlo, non gli andava per niente di vedersi esplodere qualcosa in
faccia o peggio! Di vedersi i capelli in
fiamme.
Quindi,
afferrandolo saldamente per due dita, si avviò alla porta per riportarlo a
quell’idiota, perché di sottostare ai suoi scherzetti idioti non gli andava
proprio.
Così,
percorrendo quel piccolo tratto di corridoio che li distanziava, si avvicinò
alla porta e bussò, quasi scardinandola. Dall’altra parte, soffocando un
insulto indefinito, il marionettista L’aprì esibendo la migliore espressione
omicida che riuscisse a fare.
Sesshomaru,
per nulla impressionato, gli mise sotto al naso il quaderno.
«Ehi,
micronano. È tuo?»
«No.
E togliti dai piedi, che sono stanco»
«Sapessi
quanto m’importa. Tieni, riprenditelo» e glielo spinse contro, scatenando una
crisi isterica e una sequela di improperi che preferisco non trascrivere.
Sesshomaru
se li prese tutti senza battere ciglio, come se non riguardassero lui tutte
quelle maledizioni. Semplicemente, usufruendo della sua pazienza, aspettò che
Sasori si desse una calmata, prima di sbatterglielo in faccia o di farglielo
ingoiare.
«…E’
di Kyouya, stupidissimo demone! Dallo a lui se ci tieni tanto!» sbraitò, pronto
a chiudergli la porta in faccia. Sesshomaru, prontamente, bloccò il movimento
con una mano, fissando indifferente la faccia furente di Sasori.
«Che
ci faceva in camera tua?»
«Che
t’importa?»
«Rispondi,
idiota»
«Altrimenti?»
La
risposta arrivò immeditata. Sotto la sua gola, a pochi centimetri dalle
giugulare, la katana di Sesshomaru sostava tranquilla, pronta a conficcarsi
nella pelle tenera del collo come uno stecchino nell’oliva. Sasori non ebbe
nemmeno la forza di deglutire. Semplicemente rispose, infischiandosene delle
conseguenze.
«Gliel’ho
preso per leggerlo. Hai presente? Ci scrive cose strane. Su di noi»
e
Sesshomaru, ottenuto ciò che voleva, lo lasciò andare di scatto, fregandosene
se aveva sbattuto la porta e o se l’aveva mandato cordialmente al diavolo.
Quello
che gli interessava era ciò che c’era scritto nel quaderno. Per il resto…
chissene.
-ò.O-
Kyouya,
sbuffando distrutto, si lasciò cadere sul soffice materasso con un tonfo sordo,
rilassandosi non appena si era accorto di sprofondare tra le lenzuola.
Si
sentiva stanchissimo e la schiena, dove quello scemo di Sasori l’aveva colpito
con il barattolo di vernice, pulsava quieta, dolendo un poco. Ma probabilmente
non era quello che gli faceva chiudere gli occhi dalla stanchezza, e nemmeno il
dolere feroce del braccio destro. No. Era stanco solo perché aveva faticato,
per la prima volta in vita sua.
E
poi, cribbio, come poteva non stancarsi lavorando insieme a quello scemo di
Sasori?
Sbuffò
di nuovo, raggomitolandosi in posizione fetale. Si tolse gli occhiali,
abbassando le palpebre e provò ad addormentarsi, ma un pensiero lo fece quasi
rimanere senza fiato.
Il
quaderno che quel impudente di Sasori gli aveva preso, dov’era ora? Se non
ricordava male Sasori l’aveva sbattuto al suolo con fare alterato e lì era
rimasto, poiché nessuno dei due aveva avuto il tempo materiale di riprenderlo.
Quindi, se nessuno aveva messo mano, doveva essere ancora lì, giusto?
Kyouya
non ci pensò due volte, e con le gambe a pezzi, andò verso la stanza di Sasori,
per riprenderselo e magari mollargli un altro pugno in faccia- era stato
veramente troppo bello sentire la guancia del marionettista tirare, mentre
sferrava il suo destro. Ma lo era stato molto di più vederlo barcollare,
sorpreso.
Bussò,
sorridendo, e attese che quello screanzato aprisse.
«Maledettissimo
demone del cav-» abbaiò, aprendo la porta di scatto.
Kyouya
lo fissò per un attimo, stupito. Poi gli chiese, freddo:
«Dammi
il quaderno, idiota» e tese una mano.
Sasori
la schiaffeggiò, ringhiando:
«Al
diavolo voi e il vostro fottuto quaderno!»
«Dimmi
dov’è» gli chiese di nuovo, mentre Sasori imprecava come uno scaricatore di
porto. A quanto pareva il sonno era l’unica cosa che lo mandasse in bestia.
Kyouya se lo appuntò mentalmente.
«Ce
l’ha Sesshomaru, occhialuto. E spero che quando l’abbia letto te ne dia così
tante da rifarti i connotati» e gli sbatté la porta in faccia, imprecando di
nuovo.
Kyouya,
con la mano ancora tesa, non osò dire niente. Si limitò a fare dietro front, a
tornare nella sua camera e a redigere il testamento.
Perché,
lo sapeva, ormai era morto.
-ò.O-
Sesshomaru, comodamente seduto sul suo prezioso
divano in pelle ecologica bianca, sfogliava distratto il quaderno, lasciandolo
scorrere sulle dita pagina dopo pagina. Non è che avesse tanta voglia di
leggerlo né tanto meno di ridarlo a Kyouya visto che ci scriveva cose strane,
come aveva detto Sasori.
Non che poi si fidasse tanto di quello che diceva
quello scemo- aveva smesso di credergli quando l’aveva visto entrare tutto
saltellante in camera sua con una piastra in mano.
«Posso farti i capelli, Sesshomaru?» gli aveva
chiesto e lui, idiota, aveva detto di sì.
E beh, il risultato era stato una testa per metà
bruciata e una mano contusa e rotta, per via del potente cazzotto che aveva
tirato a quell’imbecille quando si era accorto del disastro.
Ecco perché non poteva dare retta alle sue parole.
Perché erano troppo subdole.
Così, perfettamente spaparacchiato sui cuscini
soffici del divano, Sesshomaru si crucciava nel dubbio: leggere o non leggere?
(peccato che avesse buttato il teschio proprio la settimana scorsa. Altrimenti
sarebbe stato un perfetto Amleto!).
Alla fine, guardando l’ora e notando che era le
18.02, senza gridare né allarmarsi, si fiondò sul telecomando, per vedere una
delle sue telenovele preferite.
Non che ci fosse molto di speciale in quel programma
ma i protagonisti avevano dei capelli così belli e setosi! E sempre una
pettinatura diversa! Come poteva resistere?
Ed infatti, come un cagnolino elettrizzato,
Sesshomaru alzò il volume e canticchiò la sigla, ben attento a non farsi udire.
Quello che non sapeva però, era che nell’altra
stanza, davanti a dei lumini votivi e alla figura di Kira Sceso in Terra,
Kyouya pregava il buon fato di non fargli leggere il quaderno.
Cosa che, per il momento, sembrava riuscire.
-ò.O-
«Ti prego, buon Kira, fa che Sesshomaru si tagli
malamente una ciocca di capelli e che rimanga per le prossime ventiquattro ore
accasciato al suolo a maledirsi. Ti prego, Dio di Un Nuovo Mondo, salvami la
vita, lasciami vivere nel tuo nome, perché altrimenti cosa mi rimane, dopo di
questo?»
«Di pulire dove avete sporcato» lo interruppe la
Somma Rashmi, appoggiandosi allo stipite della porta con un sopracciglio
alzato.
Kyouya, interrotto durante il suo momento di
preghiera la guardò accigliato, prima di alzarsi dal suolo e di scrollarsi
eventuali granelli di polvere dai vestiti. Poi, schiarendosi la gola, disse:
«Io non ho sporcato, mia regina. Dovreste dirlo a
Sasori»
«Mi consideri stupida al punto di svegliarlo mentre
riprende le forze?»
Kyouya scosse la testa, avanzando di qualche passo
verso la regina.
«Non ho detto questo, mia signora. Però non mi sembra
equo che sia io a dover pulire anche la sua parte» concluse, esponendo alla
perfezioni le sue motivazioni.
Perché, cavolo, lui non aveva la minima intenzione di
pulire dove anche quell’essere aveva sporcato. E poi lui era stato ben attento
a non far gocciare niente quindi che diamine voleva quella rompiscatole della
sua regina?
Lui non avrebbe nemmeno messo mano nel lavoro
dell’essere riprovevole, quindi era inutile che la regina lo guardasse con
quell’espressione furibonda. Lui avrebbe fatto come voleva, perché non era
assolutamente giusto che chiunque in quel castello poteva muoversi come
preferiva senza risentire delle conseguenze!
«Vai a pulire. Subito» gli ordinò, lampeggiando
fiamme dagli occhi.
Kyouya, dopo un momento di silenzio, abbassò il capo
e disse, sconfitto:
«Come vuole, mia regina» e la Somma, tutta
trionfante, tolse il disturbo.
Kyouya, di nuovo rimasto solo, si piegò di nuovo
sulle ginocchia e portò le mani unite verso l’immagine di Light Yagami che
scendeva dal cielo come un angelo.
Chiuse gli occhi e ricominciò a pregare.
«Grande Kira, dato che ci sei, fai in modo che anche
la mia regina smetta di trattarmi come un suo tirapiedi. Per esempio potresti
fargli esplodere qualcosa di non lesivo in faccia, o potresti fargli
ingurgitare della cioccolata scaduta. Potente Dio, uccidi Sesshomaru e tutti
quelli che impediscono al tuo devoto servo di servirti come dovrebbe. E, sopra
a ogni cosa, fai in modo che Sasori veda le pene dell’inferno».
Poi, ritenendosi soddisfatto delle sue preghiere, si
alzò, ripetè le stesse azioni descritte prima e si avviò verso la camera di
Sesshomaru, per chiedergli con le buone la restituzione del quaderno sottratto
impunemente dal deficiente.
Prima di bussare si aggiustò gli occhiali sul naso e
poi attese.
Ma visto che nessuno gli apriva la porta decise di
aprirsela da solo. Poggiò la mano sul pomello d’ottone, lo fece girare e poi
aprì la porta.
«Ehi, Sesshomaru, che per caso hai un quad-» ma una
katana, lanciata da un angolo buio, lo schivò per un pelo. Kyouya la guardò
stralunato.
«Che diamine ti prende!» starnazzò e Sesshomaru
emerse dall’ombra come un fantasma.
«Va via, scemo. Sono impegnato»
«Ma il mio quad-»
«Sparisci ho detto» ringhiò il Lord «Lo avrai quando avrò finito di
leggerlo» e tornò ad accucciarsi nell’ombra sparendo alla vista.
Kyouya, recepito il messaggio, chiuse la porta e
rimase un attimo nel corridoio, poi lanciò un grido acuto simile a quello di un
aquila morente ed infine decise di telefonare ai suoi amici per un ultimo
saluto.
Addio mondo crudele, fu il suo unico pensiero.
-ò.O-
Quando la telenovela finì, Sesshomaru si alzò dal
divano, stiracchiò i muscoli indolenziti e decise di andarsi a fare una bella
passeggiata nel boschetto adiacente la tenuta, quello dove poteva
tranquillamente infilzare gli scoiattoli senza che qualche scocciatore gli
ricordasse che erano animali da proteggere e non da uccidere.
Così, si avviò alla porta, ma all’improvviso si
ricordò del quaderno di Kyouya e lo prese. Se non avesse trovato scoiattoli da
infilzare, avrebbe letto quello.
Sempre meglio di stare immobile ore ed ore a guadare
i pezzi di cielo che si stagliavano oltre i rami degli alberi. Guardarli gli
faceva venire solo sonno.
«Dove vai di bello?» gli disse una voce non appena uscì dalla camera. Quella
voce, che riconobbe come quella di Sasori, attendeva una risposta celandosi
dietro al sorrisino malevolo che c’era sul volto del proprietario.
Sesshomaru decise di snobbarlo.
«Ma come, non eri morto?».
«Se io fossi morto, tu saresti stato una donna» gli
disse, ridacchiando.
Santo cielo, cosa lo frenava da spaccargli quella
faccia da c…?!
«Sparisci dalla mia vista, sgorbio».
«Dove stai andando?»
«Dove i bambini petulanti non possono venire» e si
voltò, ma Sasori non si era ancora arreso. Strascicando i piedi lo seguì,
fermandosi poi di fronte a lui.
«E allora perché ci vai?» gli fece giustamente
notare.
Sesshomaru represse un altro istinto omicida e con
uno spintone che avrebbe scaraventato a terra anche un elefante, scansò Sasori
dal suo cammino, intimandogli con un ringhio feroce di stargli alla larga.
Allora Sasori, capendo al volo che cominciava a
rischiare grosso e che probabilmente un'altra spinta di quelle l’avrebbe
catapultato lontano abbastanza da diventare un puntino di ossa e legno
tumefatto, prese una distanza di cinque metri e disse:
«L’hai letto il quaderno?»
Sesshomaru si fermò sul posto, senza voltarsi, e
concluse:
«No. Ma lo farò a breve».
E Sasori, saltellando gioioso per la lieta notizia
decise di andare a rompere le scatole alla regina. Così almeno avrebbe
impiegato in modo utile il suo tempo.
Kyouya intanto, barricato nella propria stanza, aveva
sentito tutto, grazie ad uno spioncino che aveva applicato alla porta e non
sapeva che fare.
L’idea di tramortire Sesshomaru con una scodella gli
sembrava eccessiva ed inefficace. E poi lo sapevano pure i muri ormai che
Sesshomaru non sarebbe crollato a terra moribondo nemmeno se qualcuno gli
avesse fatto cadere addosso un palazzo di cinque piani.
Ma qualcosa doveva pur fare. Ucciderlo no, altrimenti
la Regina avrebbe eletto consigliere qualcun altro di peggio (ovviamente
consigliato da Sasori), legarlo ad una sedia nemmeno, perché tanto si sarebbe
sciolto senza problemi e farlo uccidere da qualcun altro era veramente troppo
da vigliacco.
Quindi, che fare?
Poteva suicidarsi, ma non era coraggioso fino a quel
punto. E nemmeno per altri punti. Quindi doveva assolutamente inventarsi
qualcos’altro.
Per il momento l’avrebbe pedinato, in modo da
prevenire qualsiasi malsana azione (tipo aprire la pagine proprio sulla
descrizione del demone) e per strapparglielo dalle mani.
Così, ritenendosi un genio, si incamminò, seguendolo
quatto quatto.
-ò.O-
Sesshomaru, troppo preso ad immaginare i corpicini
straziati dei scoiattoli, in un primo momento non notò un essere indefinito di
foglie e bacche procedere dietro di lui come una spia da film scadente, ma
quando il sopraccitato essere calpesto un ramoscello secco, il demone si volto
di scatto, già pronto ad infilzare il malcapitato.
Kyouya, preoccupato rimase immobile, con il respiro
fermo nel petto. Poteva sentire il proprio battito cardiaco squarciare il
silenzio e per una frazione di secondo gli sembrò che Sesshomaru riuscisse a
sentirlo. Ma il demone, annusando l’aria e non sentendo niente (per fortuna era
sottovento) alzò le spalle e riprese a camminare.
Kyouya avrebbe volentieri tirato un sospiro di
sollievo, ma evitò, perché poteva davvero rilassarsi solo quando il quaderno
sarebbe tornato nelle sue mani.
Così, notando che la schiena del demone era
abbastanza lontana, riprese a camminare ed in poco tempo raggiunsero il piccolo
paradiso che la Regina Rashmi aveva creato apposta per loro.
C’era un laghetto circondato da tanti alberi che
sostava pochi metri da dove si trovava. Al suo interno, starnazzando loquaci,
tante piccole ochette nuotavano per passare il tempo, mentre Scoiattoli e
uccelli banchettavano con le bacche cadute al suolo. Il silenzio era l’unica
nota di realtà che c’era e persino Sesshomaru, che non perdeva mai la
concentrazione, si abbandonò al suo suono, distraendosi.
E in quel momento, nel momento in cui il Lord
chiudeva gli occhi e si poggiava ad un albero, decise di agire.
Camminando lentamente lo raggiunse e si nascose
dietro lo stesso albero.
Poi, ripetendosi che sarebbe andato tutto bene,
allungò una mano e sfiorò la copertina del quaderno che Sesshomaru si teneva in
grembo.
E fu lì, che accadde.
Sesshomaru aprì gli occhi e con uno scatto
velocissimo lo afferrò per la mano incriminata e lo gettò al suolo, facendogli
rimpiangere il giorno in cui era nato e quello in cui aveva deciso di diventare
consigliere.
Un unica,devastante fitta di dolore lo costrinse a
rotolarsi a terra nel tentativo di placare le fitte atroci alla schiena, ma un
piede pesante come un masso gli bloccò ogni movimento.
Sesshomaru, austero nella sua altezza, lo guardava
indifferente, pigiando quel piede senza porsi remore e Kyouya, buttato a terra
come un agnello da sacrificare non sapeva più se pregarlo gli avrebbe salvato
la pelle.
Era troppo giovane per morire! Ma che gli era saltato
in mente? Credeva forse che quel demone indemoniato fosse Sasori?! Sasori era
una bazzecola in confronto! Diamine, si era rovinato da solo per la seconda
volta! Possibile che stesse diventando così idiota?
«Che sei venuto a fare?» gli chiese Sesshomaru,
fissandolo.
Kyouya deglutì e provò a sorridere, ma le fitte
lancinanti alla schiena e alle braccia gli permettevano solo di dedicargli una
smorfia. Ma comunque al demone non doveva interessare.
«I-Io… ti dispiace togliere il piede?» domandò.
«Rispondi alla mia domanda, nano» e Kyouya
sospirando, disse:
«E-ero venuto per il quaderno»
Sesshomaru alzò un sopracciglio ed estrasse dalla
tasca del kimono il quaderno incriminato.
«Questo?»
«Esatto. V-vedi, Sasori mi ha detto che ce l’avevi
tu, così i-»
«Quel micronano rossiccio ha detto anche che ci
scrivi cose strane. È vero?»
Kyouya maledì Sasori mentalmente e pregò che,
qualunque cosa stesse facendo, morisse all’istante. Perché se lo meritava
proprio! Gli stava rovinando la vita, l’esistenza, non gli avrebbe più permesso
di fare calcoli matematici, né di rivedere l’Host Club! Avrebbe passato la sua
esistenza su una sedia a rotelle, o peggio, in un letto (perché Sesshomaru non ci
sarebbe andato leggero) e non avrebbe più sentito il sapore delle stagioni, e
del sole sulla pelle, non avrebbe più sentito gli uccelli cinguettare e nemmeno
avrebbe assistito alla fioritura dei ciliegi. Per lui non ci sarebbe stato più
niente, ed era così triste saperlo che-
«Vuoi rispondere?!» gli ordinò Sesshomaru, spingendo
sulla sua pancia senza riguardo.
Kyouya si contorse ringhiando e gli chiese di
smettere, venendo accontentato.
«Ci scrivo gli affari miei li! E tu dovresti
ridarmelo!» gli gridò, scalciando per liberarsi dalle costrizioni imposte dal demone.
«Non credo che tu sia nella posizione di darmi
ordini. Per cui taci, idiota» e aprì per bene il quaderno.
Su una pagina, scritto in rosso carminio, il nome
Sesshomaru occupava mezza pagina.
E il diretto interessato, accigliandosi, cambiò
pagina per cominciare a leggere.
A quel punto, e solo a quel punto, sapendo di non
avere altre vie di scampo, Kyouya scalciò così forte da sbattere l’osso sacro
per terra e si liberò, cominciando a correre come il vento.
Poteva sentire il rumore degli occhi di Sesshomaru
che scorrevano sulle parole e quello più lugubre delle sue dita che si
chiudevano a pugno.
Bene, aveva qualcos’altro d’aggiungere?
Merda.
-ò.O-
La regina Rashmi, dopo aver trascorso una buona
oretta e mezza con Sasori (uhuhu ^///^) se n’era andata a leggere un buon libro
in biblioteca.
Il libro in questione, regalo vecchissimo di non
ricorda chi, s’intitolava “10 modi per fare una torta ed usarla nel peggiore
dei modi”. Lei era arrivata soltanto al terzo, poiché era una donna davvero
molto impegnata (la sua vita si riduceva a: Gridare- governare- gridare-
rilassarsi- gridare. Davvero sfiancante) allora non trovava mai tempo per
leggere. Ma visto che nel castello stava regnando il silenzio più assoluto,
poteva benissimo riprendere la lettura.
Così,
accomodandosi su un divano, aprì il libro alla pagina contrassegnata. Ma quando
arrivò alla seconda parola, un dubbio le fece accapponare la pelle.
Gridando come un aquila per far arrivare Sasori il
prima possibile, le venne in mente che sia Sesshomaru sia Kyouya mancavano
all’appello. Di solito erano sempre in giro a quell’ora, a farsi gli affari
loro o a combinare qualcosa che le avrebbe fatto venire le crisi isteriche, ma
in quel momento non c’erano e il dubbio si faceva sempre più vero.
«Ma dove caspita sei, eh? SASORI!» gridò ancora e il
marionettista, senza scomporsi tanto, fece capolino dalla porta con
l’espressione più annoiata del suo repertorio.
«Cosa vuole?» le chiese, scocciato.
«Dove sono Sesshomaru e Kyouya?»
Sasori ridacchiò.
«Vuole che glielo dica veramente?»
La regina gli tirò il libro, indignata, e lo prese in
mezzo alla fronte, ma il marionettista non sembrò risentirne. Anzi, il suo
ghigno si allargò ulteriormente.
«Fai il serio e rispondi. Dove sono?»
«Ad amoreggiare,
probabilmente»
«Quindi, anche tu lo pensi» gli disse la regina,
preoccupatissima. Così preoccupata che prese a mangiarsi le unghie. Non poteva
essere.
«Cosa?»
«Che… beh, che loro due…. Insomma…»
«Che si fottono a vicenda?»
«SASORI!» gridò indignata la regina «Che termini
sono? Sei proprio volgare!»
Sasori roteò gli occhi, scocciato.
«Scusi» disse, tanto per troncare sul nascere la
solita tiritera del “devi comportarti bene se vuoi vivere in un palazzo di
signori per bene”. una scocciatura, insomma.
«Comunque» continuò poi lei, tossicchiando «Tu lo
pensi?»
«Mah, così su due piedi non saprei cosa dirle…» in
verità qualcosa da dire ce l’aveva ed assomigliava a qualcosa del tipo “In
realtà Sesshomaru lo vuole solo riempire di botte fino a sventrarlo, quindi stia
tranquilla”. Ma la conosceva abbastanza da sapere che sarebbe corsa in aiuto
del matematico, quindi i giochi si sarebbero conclusi con una sua sfuriata. E
visto che la cosa non era divertente non le avrebbe detto niente.
«Ah, beh… se si amano…» e riprese a leggere, per
placare il dubbio.
Quanto si sbagliava.
-ò.O-
«Anf, anf,
anf»
Correre non era mai stato così impegnativo, considerò
Kyouya, avanzando a gran velocità per riuscire a scampare da una scarica di
botte che non gli avrebbe mai più permesso di guardarsi allo specchio senza
considerarsi schifoso.
Aveva i polmoni in fiamme, stretti come due prugne
secche, e il suo cuore pompava così forte che per quasi tutto il tragitto aveva
creduto che gli sarebbe scoppiato.
Il che non era male, visto che almeno sarebbe morto
di morte naturale e non pestato a sangue da un idiota fissato con i capelli e i
morti e gli scoiattoli e suo fratello!
Chissà poi quanto tempo era passato! Da quando aveva
cominciato a correre non aveva più visto l’ora, ma su per giù sarebbe dovuta
passare un ora.
Rallentò quasi di botto, stupito. Era un ora che
correva? Impossibile. Escludendo il fatto che non fosse un grande campione di
corsa e che si era giocato ormai le gambe, era veramente troppo strano che
avesse fatto un ora di corsa. Giusto le persone allenate potevano raggiungere
simili record. Non che lui fosse una schiappetta; intendiamoci, lui aveva in
fisico prestante, era bello, giovane e in salute, le ultimi analisi che aveva
fatto lo davano sano come un pesce, quindi poteva anche dire che il suo fisico
reggesse agli sforzi. Ma che gli permettesse di correre per un ora filata senza
accusare infarti o crisi respiratorie, beh, era assurdo.
Eppure così era, visto che le lancette del suo
orologio segnavano un ora esatta dalla partenza.
Kyouya scosse la testa e prese enormi boccate d’aria,
fermandosi del tutto. Da qualche parte, ora che ci pensava, aveva letto che
l’adrenalina, quando entrava in circolo nel sangue, permetteva di fare cose
assurde. Beh, nei limiti concessi da un semplice corpo umano, ma abbastanza
forti da lasciare il segno. Probabilmente la sua adrenalina, mista al terrore
fisico di essere pestato, gli aveva dato la giusta carica di correre! Già,
doveva essere per forza così!
C’era chi si ricaricava con il Poket Coffee e chi con
L’adrenalina e La Paura!
Un ragionamento semplicemente impeccabile!
Era veramente un genio! Diamine ma nessuno si
accorgeva della sua suprema intell-
«BUU!» lo spaventò Sesshomaru, piombandogli davanti
con la stessa forza di una scarica di pallottole.
Il povero Kyouya, dallo spavento, si lasciò cadere a
terra, sbattendo di nuovo quel povero osso sacro che rimpiangeva il giorno in
cui poteva essere delicatamente accomodato su poltrone di velluto, nella scuola
chiamata Ouran.
«Sesshomaru…! Che.. che cazzo fai?!» sbraitò, con il
cuore a mille.
Il diretto interessato, limitandosi ad un ghigno
compiaciuto, rispose:
«Che faccio? Semplice: leggo il quaderno con te. Ti
va?»
«NO!» gridò Kyouya, spingendolo lontano per aprirsi
un varco e scappare. Ma Sesshomaru, che sotto alla cascata setosa di capelli
aveva un cervello perfettamente funzionante, lo afferrò per un braccio e lo
sbatté sul tronco di un albero, intimandogli:
«Sta qui, mio piccolo, stupido, Kyouya. Che ora ci
divertiamo».
«Ti ho detto che-»
«Sta zitto per favore. Vuoi farmi arrabbiare?»
Ovvio che no, avrebbe detto, e poi gli avrebbe
permesso di usarlo come poggia piedi, ma tanto non avrebbe funzionato;
Sesshomaru l’avrebbe picchiato senza porsi remore.
«Non leggerlo» lo supplicò, ma Sesshomaru decise di
ignorarlo.
Aprì il quaderno alla pagina giusta, prese un bel
respiro, e cominciò a leggere:
«Non odio Sesshomaru, non almeno come odio Sasori, ma
diciamo che una buona percentuale di sopportazione se ne va a farsi fottere
quando me lo trovo davanti. Non che faccia o dica qualcosa di sbagliato o di
eretico, ma c’è qualcosa nella sua persona che da un immenso fastidio.
Innanzitutto è un fissato dei capelli. Non c’è giorno in cui nn se li piastri o
non se li lavi o non se li ritocchi. Anche se se li è tagliati il giorno prima
deve assolutamente rimetterci mano perché, e non sia mai, potrebbero essere
stati spuntanti male. Ma dico! Se li taglia da solo! E con la cura maniacale
che ha di certo non si scorda proprio niente! Bah, pover uomo! A volte mi chiedo
se sotto quel manto di capelli setosi ci sia qualcosa, oltre al fumo e ad
Inuyasha. Perché, diciamocelo, in una persona che è fissata per il fratello
cosa ci può essere di buono? Niente, ovvio. Per me lo ama e vuole creare un
incesto, oppure il suo odio è così smisurato che proprio non riesce a pensare
ad altro. Il che poi non è vero visto che va a letto con la regina senza tante
cerimonie. Odioso essere immondo! E poi è un demone cane. Un DEMONE CANE! Lui
dice di essere quello di sangue puro, come i pastori tedeschi o i rotvailer, e
che suo fratello invece è un bastardino senza ritegno che deve sparire dalla
faccia della terra… mah, per me, cane di razza o cane incrociato, non c’è
differenza. Non hanno entrambi quattro zampe, un naso, due orecchie e una coda?
Ma se ti azzardi a dire qualcosa del genere a quel bigotto ecco che ti si
rivolta contro e prova ad ucciderti. Io non so cosa prova la gente ad
ammazzare, ma lui proprio non cambia mai espressione. Sasori almeno esulta, o
finge di essere dispiaciuto, ma lui no, non fa niente. Ficca la sua katana
nella pancia di qualcuno e lo guarda. Così. Senza fare niente. Come se stesse
guardando per la centesima volta lo stesso film. All’inizio credevo che lo
facesse per trovare un modo originale per uccidere il fratello. Poi ho creduto
che lo facesse per tenersi in allenamento. Ora invece credo che lo faccia solo
per ammazzare il tempo. Come i poveri scoiattoli che giustizia nel bosco vicino
alla tenuta. Che gli hanno fatto? Niente, ma il signorino, veramente troppo
affaticato dai suoi compiti da consigliere, si sente così tanto annoiato da
dover troncare la vita di povere bestiole indifese. È uno schifoso assassino
dalla fulgida chioma argentata, tanto che fa invidia a tantissimi Mini Pony,
che non si pone limiti e che si crede pure in diritto di guardarti dall’alto in
basso e di giudicarti con quella sua aria da essere supremo. Ah, spero che il
giorno in cui Light ritrovi il quaderno si concretizzi di più, perché gli
chiederò di giustiziarlo. Quante atroci sofferenze gli farò patire! Sì! Così
finalmente me lo toglierò dalle palle, e la stessa cosa farò con Sasori. Il
mondo sarà libero dalla feccia e io ucciderò Mikami e salirò alla destra di
Kira, per regnare insieme a lui nei secoli dei secoli».
Kyouya chiuse gli occhi ed attese la punizione quasi
con trepidante attesa, mentre il silenzio carico di angoscia saturava l’aria
come un odore molesto- che doveva pur esserci, visto che Kyouya si era lasciato
scappare qualche puzzetta innocente.
Ma Sesshomaru non si sentiva e non si vedeva e il
poveretto non aveva voglia di aprire gli occhi e di assicurarsi della
situazione. Se doveva essere picchiato, voleva fingere di non saperne niente.
«E’ così, eh?» gli domandò Sesshomaru, camminando sul
tappeto di foglie scricchiolanti ed avvicinandosi a l’essere rannicchiato che
un tempo era Kyouya.
Quando fu abbastanza vicino, afferrandolo saldamente
per il mento, lo costrinse ad alzare il viso e a guardarlo, fissandolo da pochi
centimetri.
«Perché non provi a difenderti?» domandò.
«Perché non servirebbe»
«Giusto. Allora rendiamo il gioco più interessante»
lo tirò su di scatto, facendolo mettere in piedi. Gli lasciò il mento e lo
spinse avanti, ghignando. Kyouya si volse a guardarlo.
«Dai, scappa. Altrimenti che gusto c’è?»
Kyouya si voltò completamente verso di lui e lo fissò
con lo sguardo alto.
«Non scapperò!» disse, convinto.
«Bene» e sguainò la katana «Addio».
Kyouya fece in tempo solo a vedere una lama brillare
nel buio imminente della sera.
Poi gli convenne chiudere gli occhi.
-ò.O-
La regina Rashmi, notando che il tramonto aveva
lasciato già da un po’ il posto alla notte, si chiese, tutta preoccupata, che
fine avessero fatto Sesshomaru e Kyouya.
Anche se fosse stata vera la storia della loro
presunta relazione- a cui lei non credeva molto- questo non giustificava il
loro immenso ritardo per la cena.
Infatti, seduti a tavola con tante portate davanti,
sia lei che Sasori attendevano l’arrivo degli altri due, senza successo, poiché
la porta rimaneva chiusa.
Solo dopo altri due minuti, la regina decise di
chiedere spiegazioni:
«Tu sai dove sono vero?» domandò a Sasori, il quale,
alzando lo sguardo con spassionata cortesia, la guardò senza capire.
O fingendo di non capire.
«E’ inutile che fai quella faccia da pesce
imbalsamato. So che sai dove sono!»
Sasori ghignò ed accavallò le gambe, senza dire una
parola.
A quel gesto, la regina, scattando come una molla,
gli andò davanti e lo prese per il bavero della mantella. Lo fissò con
insistenza e alla fine lo strinse così forte da strozzarlo.
«D’accordo. So dove sono» ammise poi Sasori,
liberandosi dalla presa della regina ed alzandosi. La regina lo osservò
impassibile.
«Venga. La porto da loro»
«Era ora, scemo. Aspettavi forse che mi venissero le
rughe?»
«Sareste stata bella comunque» mentì Sasori, senza
voltarsi a guardarla.
La regina gli mollò un calcio nel sedere.
«Non mentirmi idiota. Altrimenti ti faccio
decapitare»
«Certo» acconsentì, senza entusiasmo.
Se l’avesse fatto decapitare davvero allora i maiali
avrebbero spiccato il volo.
E Kyouya con loro.
Muhahahah!
«Cos’è quell’espressione ebete? Ti sei forse
rincoglionito?» gli fece presente la regina, guardandolo inorridita. Il
marionettista di voltò a guardarla con uno sguardo sornione che avrebbe fatto
venire la pelle d’oca a chiunque.
«Pensavo ad una cosa» e si voltò, proseguendo.
La regina, seppur scettica, continuò a seguirlo.
Il dubbio della presunta relazione era più forte
dell’interesse sulla salute mentale di quel menomato del suo consigliere.
-ò.O-
«Direi che basta. Non trovi?» convenne Sesshomaru,
comodamente seduto su uno sperone di roccia poco distante da quella cosa informe che somigliava a tutto men
che meno a Kyouya.
Per parlare non aveva nemmeno alzato lo sguardo,
concentrato com’era a lucidare la lama della katana completamente sporca di sangue.
Sangue che non imbrattava solo la sua arma ma che
sembrava essere schizzato ovunque come una bomba di gelatina che esplode e
lascia il suo viscoso contenuto dappertutto.
La cosa
provò a sillabare un affermazione, ma quello che uscì dalle sue labbra
tumefatte fu più un sussurro agonizzante che una vera e propria frase.
Sesshomaru lo guardò ghignando.
«Bene. Allora direi che è il caso di salutarci» e
fece per andarsene ma quella che risultava essere una mano lo pregò di fermarsi.
Sesshomaru lo assecondò per pura curiosità e non per senso del dovere o per
compassione.
«Vuoi che resti?» domandò, sapendo benissimo che
quella cosa non avrebbe potuto
rispondere.
Infatti, il sibilo che ne venne fuori, non corrispose
nemmeno ad una lettera dell’alfabeto.
Ma Sesshomaru, che cominciava a stufarsi e ad avere
fame, non gli diede più retta e se ne andò, abbandonando il corpo martoriato e
decadente di Kyouya nei pressi di quel laghetto macchiato di rosso.
Nel tragitto, però, incrociò la regina e quel
rompipalle di Sasori.
Dedicò loro una lunga occhiata prima di chiedere,
cortese:
«Problemi?».
E la regina, spintonando di lato Sasori lo aggredì
dicendo:
«E lo chiedi a noi, razza di idiota? Siete tu e
Kyouya che avete dei problemi!» e lo spintonò, tanto per ribadire che era lei
che comandava.
Sesshomaru si mosse di appena un millimetro, e senza
scomporsi più di tanto disse:
«Oh, i miei problemi li ho risolti. La saluto» e se
ne andò, sparendo come una visione.
Solo allora, Sasori domandò, essendosi perso un
tassello della questione:
«Ma Kyouya dov’è?»
E la regina, in preda ad uno strano presentimento si
fiondò tra gli alberi correndo a più non posso, stracciandosi il vestito nel
percorso.
Quando arrivò, inciampando in una pozza che di acqua
non era affatto, si accorse che c’era qualcosa di strano, poco distante. Un
qualcosa che si muoveva a scatti, come in preda alle convulsioni.
Si avvicinò, cauta, seguita a ruota da un Sasori
super annoiato che non faceva altro che canticchiare l’angustiante canzone
dello squalo, e si accorse che la cosa melmosa e tremante non era altro che
Kyouya.
Si gettò vicino a lui e gli tastò il polso, poi gli
tirò qualche schiaffetto sulla faccia ed infine esaminò il resto del corpo.
Avete mai visto come si uccide un maiale?
Beh, la cosa gli si avvicinava in modo spaventoso.
«Dobbiamo portarlo in un ospedale!» starnazzò la
regina, alzandosi in piedi.
«Probabile» fece Sasori, alzando un lembo della
camicia della cosa e osservando attirato un pezzo dell’intestino. Per un attimo
gli balenò alla mente che se fosse morto sarebbe venuta fuori una bella
marionetta, perché a giudicare dalle viscere era messo bene, ma quando la
regina gli dedicò l’occhiataccia più brutta del suo repertorio e gli buttò in
faccia tanta di quella terra infetta di sangue da far ribrezzo a chiunque
l’unica cosa saggia che pensò di fare fu quella di starsene buono al suo posto.
«Forza, prendilo e portalo all’ospedale» gli ordinò
la regina, indicando la cosa.
«Non ci penso proprio!» disse, incrociando le braccia
sul petto.
La regina gli puntò un dito sotto il mento.
«Fallo, razza di scemo. O ti faccio sbuzzare da
Sesshomaru»
«Sa che paura»
«Dovresti provarne invece. Potresti essere tu quello
a terra»
«Non ho sangue né organi che potrebbe colpire»
«PRENDILO E BASTA CRETINO DI UN DEFICIENTE!» gridò la
regina, colpendolo sulla testa con un bastone raccattato al suolo.
Sasori girò gli occhi al cielo e ringhiò un
“d’accordo”, prima di piegarsi e di raccogliere la cosa dal suolo e di portarla
all’ospedale più vicino.
-ò.O-
Tre settimane e dodici iniezioni di morfina dopo,
Kyouya era quasi come nuovo, tranne che per qualche brutta cicatrice che il
dottore non era riuscito a suturare meglio.
Semi sdraiato sul letto dell’ospedale, intento nella
lettura di un saggio, Kyouya aspettava l’arrivo dei suoi soliti visitatori, già
a reprimere il bisogno fisiologico di uccidere Sesshomaru con qualche bel
liquido presente nell’ospedale.
Indossava un camice bianco che gli lasciava scoperto
il sedere, ma per fortuna aveva una stanza singola, quindi poteva anche non
vergognarsi- quando invece c’era Sasori il colore della sua pelle diventava
quasi bordeaux per quante prese in giro riceveva.
La stanza in cui l’avevano messo era ricca di luce e
le parenti verdi lo riflettevano molto bene. odorava di detersivi e di
malattie, ma almeno era pulito ed ordinato.
«Come sta il nostro povero Kyouya?» cinguettò la
regina, presentandosi con un grosso mazzo di fiori e con un cesto di frutta
fresca. Dietro di lei Sasori e Sesshomaru, attesero l’invito.
«Forza, cretini. Entrate» ordinò loro la regina, e
questi si mossero.
Sesshomaru, per volere del veterinario di fiducia,
indossava ancora la museruola e la camicia di forza, che gli veniva tolta solo
quando doveva pettinarsi i capelli e la sera.
«Come stai?» chiese la regina, prendendo una sedia ed
accomodandosi.
«Molto meglio, grazie. Domani mi dimetteranno»
«Ma che bella notizia!» cinguettò ancora, ma visto
gli altri due non fecero niente, la sua felicità scemò in un ordine perentorio
«Non trovate anche voi che sia una bella notizia?»
Sesshomaru e Sasori, dandole un occhiata sommaria
dissero:
«Sì, Sì» e tornarono a fissare il paesaggio oltre la
finestra.
«Allora ci vediamo domani» lo salutò la regina,
andandosene.
Una volta da solo, dopo essersi sbucciato una mela,
Kyouya si ritirò in preghiera.
-ò.O-
Una volta a casa tutto riprese una parvenza di
normalità. O almeno così sembrava poiché quando erano nella stessa stanza
Kyouya e Sesshomaru stavano ad una distanza di cinquanta metri l’uno dall’altro
e quando si parlavano sembravano ringhiarsi sempre, come cani in continua
battaglia.
Sasori aveva di nuovo accesso al suo laboratorio,
quindi lo riuscivano a vedere solo per i pasti e per le sue solite bighellonate
e Kyouya poteva finalmente rilassarsi.
Del quaderno non aveva più saputo niente ed era
fermamente convinto che fosse rimasto nel bosco, sepolto sotto il suo sangue
rappreso o sotto qualche albero. Quindi poteva stare certo che la regina non lo
avrebbe trovato.
Quindi beh, le cose erano proprio tornate alla
normalità.
«Ragazzi, vado a fare una passeggiata nel bosco qui
vicino!» li avvertì la regina, salutandoli come la mano.
I tre si limitarono ad augurarle una buona giornata.
Solo Kyouya si sentiva un po’ inquieto.
Quante probabilità c’erano che passasse proprio dove
si era compiuta la tragedia?
Note dell’autrice: Avevo pensato di
togliere questa specie di storia a capitoli perché ero convintissima che
nessuno la stesse seguendo, e invece, dando un occhiata al nuove opzioni di EFP
ho scoperto che si può vedere chi segue le tue storie. E beh, notare che ci
sono ben tre anime pie che la seguono mi ha dato una motivazione per
continuarla.
Quindi
un grazie speciale va a:
Prof,
Sarhita e Targul che silenziosamente mi appoggiano ^^
Ah,
manca poco alla fine, il V atto è in fase di stesura (ancora) ma spero presto
ci sarà ^^
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