Ad Armi Pari di minimelania (/viewuser.php?uid=64923)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: La Casa del Signor Thompson ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo - parte seconda ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo - Qualche Piccolo Mistero, per cominciare ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo - Strani Incontri ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Orribili Notizie ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto - Incidenti ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo - Un nuovo inizio ***
Capitolo 8: *** Capitolo Ottavo - Visite ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nono - Oscurità ***
Capitolo 10: *** Capitolo Decimo - Lavori ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordicesimo ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quindicesimo ***
Capitolo 16: *** Capitolo Sedicesimo ***
Capitolo 17: *** Capitolo Diciassettesimo ***
Capitolo 18: *** AVVISO IMPORTANTE ***
Capitolo 19: *** Capitolo Diciottesimo ***
Capitolo 20: *** Capitolo Diciannovesimo ***
Capitolo 21: *** Capitolo Ventesimo ***
Capitolo 22: *** Capitolo Ventunesimo ***
Capitolo 23: *** Capitolo Ventiduesimo ***
Capitolo 24: *** Capitolo Ventitreesimo ***
Capitolo 25: *** Capitolo Ventiquattresimo ***
Capitolo 26: *** Capitolo Venticinquesimo ***
Capitolo 27: *** Capitolo Ventiseiesimo ***
Capitolo 28: *** Capitolo Ventisettesimo ***
Capitolo 29: *** Capitolo Ventottesimo ***
Capitolo 30: *** Capitolo Ventinovesimo ***
Capitolo 31: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1: La Casa del Signor Thompson ***
-
Capitolo
Primo -
La
casa del
Signor Thompson
La
casa del signor Thompson era una vecchia, enorme costruzione quadrata
che si
apriva su una via trafficata della città. Un tempo quella
era aperta campagna,
almeno lo era stata quando i suoi nobili e ricchi avi vi avevano fatto
costruire una dimora principesca di pietra scura, con un'enorme
scalinata
d'ingresso e un doppio portico retto da colonne. Poi la
città aveva cominciato ad
espandersi, e a poco a poco le industrie e le strade, la gente, il
chiasso e i
mercanti di cenci avevano invaso anche quel piccolo pezzo di pace
suburbana e
campi. Nel giro di cent'anni dei giardini, dei filari coltivati e
dei boschi
che un tempo circondavano il palazzo non erano rimasti che radi
rimasugli
stentati e spogli. Al loro posto c'erano le case, decine e decine di
case tutte
uguali. Così assediata da sporcizia e chiasso, da vetture e
da banchi del
mercato, la vecchia dimora signorile aveva preso a sembrare un gigante
assalito
da ogni parte da nani brutti e famelici, e poco a poco era caduta in
disuso.
- Il
signor Thompson sarà anche molto ricco, ma la sua casa
è in uno stato pietoso!
Eileen
si mosse a disagio sul calesse. Era tutto il giorno che viaggiavano, e
visto il
fango delle strade, il disastro della pioggia che li aveva presi di
sorpresa a
dieci miglia dopo la locanda, visto come erano ridotti lei, il
carretto, suo
padre e il suo garzone, una bella casa allegra in cui dormire non
sarebbe stata
affatto sgradita. Dovevano fermarsi da un amico, le aveva detto suo
padre quel
giorno appena finita colazione. Si erano messi sul calesse contenti con
una
bella giornata di sole.
-
Vedrai, Linny, che il signor Thompson è una persona
meravigliosa! E guarda che
bella casa ha! Me la ricordavo molto più piccola!
Eileen
gettò uno sguardo perplesso alle mura scrostate e al muschio
che si aggrappava
alla pietra grigia. Ma era troppo stanca per discutere. Stavano
entrando in un
enorme cortile circondato su tre lati dall'imponente facciata del
palazzo.
Quando
il calesse si fermò sulla ghiaia non c'era ragazza
più felice di lei nonostante
la costruzione intorno a loro risultasse più che desolante
nella sua tetra,
spoglia maestà.
Eileen
saltò giù dal calesse e tirò un
sospiro di sollievo: era finita, quell'assurda
giornata era finita.
Anche
suo padre, un ometto rubizzo e sempre pieno di spirito, posò
i piedi in terra con
evidente sollievo. Strusciò le scarpe fradice sulla ghiaia e
si dette una
scrollata al mantello.
Erano
in viaggio per l'Europa da mesi, per vendere il vino che suo padre
produceva in
grande quantità e smerciava in tutto il mondo. Era un
mercante molto
ricco, viaggiava spesso, e sin dall'infanzia Eileen lo aveva sempre
accompagnato nei suoi viaggi che potevano durare mesi e mesi. Insieme
avevano
girato il mondo, dopo la morte prematura di sua madre.
- E
allora, c'è o non c'è il mio vecchio amico, in
casa?
Fece
suo padre andando in contro ad un tizio che era comparso sulla porta.
Era un
maggiordomo lungo e allampanato, con folte sopracciglia grigio scuro e
un'aureola di capelli bianchissimi.
- Il
padrone vi aspettava, signore. Vi chiede scusa per non essere potuto
essere qui
lui stesso ad accogliervi, ma è dovuto andare d'urgenza in
città. Tornerà
quanto prima, e nel frattempo prega voi e la signorina vostra figlia di
fare
come se foste a casa vostra.
- Non
c'è problema, Foster, lo aspetteremo dentro, davanti ad un
bel fuoco caldo. Fa
un freddo cane, vero, vecchio mio?
Il
cameriere stirò le labbra pallide come uno che prova dopo
secoli ad articolare
un sorriso e scomparve inghiottito dalla porta. Il padre prese Eileen
sottobraccio e insieme lo seguirono dentro casa.
- Non
mi avevi detto di conoscere un tipo del genere! - mormorò
lei mentre varcavano
la soglia ed entravano in un piccolo vestibolo completamente tappezzato
di
arazzi. Quello che la colpì istantaneamente fu un lieve e
tenace odore di
sigaro. Ma non sgradevole, vagamente fruttato.
-
Conosco tutti, a questo mondo, mia cara. Il vecchio Foster è
qui da molto prima
che ci fosse il nostro amico Thompson. E' una specie di istituzione
della casa.
Avrà cent'anni ma è sempre vivo e vegeto e sono
certo che non si trova un
maggiordomo migliore in tutta Inghilterra.
Eileen
dette un'occhiata a Foster. Quello sembrò sentirsi gli occhi
addosso perché si
voltò sulla schiena ricurva e fece cenno di seguirlo.
- Da
questa parte.
La
casa, se da fuori era enorme, da dentro lo sembrava ancor di
più. Nonostante
fosse ingombra di oggetti delle più disparate provenienze,
poltrone e arredi damascati,
scalinate,vetri, tappeti e lampadari di cristallo che piovevano da
tutte le
parti, le stanze facevano lo stesso l'impressione di essere vuote tanto
erano
vaste e spaziose. In un lato c'erano delle casse, alcune delle quali
schiodate,
per terra una quantità di polvere e di paglia e fogli di
carta.
- Il
mio padrone si scusa, ma è da poco rientrato da un lungo
viaggio, e questa è la
parte di bottino che gli è stata assegnata dagli indigeni.
Eileen
scoccò a suo padre un'occhiata interrogativa. Ma suo padre
stava già ammirando
un quadro di splendida fattura. Vi era raffigurata una donna di
incredibile
bellezza, tanto bella da sembrare più un angelo del cielo.
- Ma
che bellezza! Chi è questa donna?
Era stato
appena tirato fuori da una cassa più grande delle altre. La
donna
aveva un gran vestito vaporoso che le fasciava il busto. Una sciarpa di
un rosa
finissimo le circondava le spalle e scendeva con una gran profusione di
nastri
fino alla vita sottile e perfetta. Aveva i tratti estremamente
delicati, gli
occhi verdi e una bellissima aria assorta.
Foster
non si fermò a dare spiegazioni. Semplicemente
farfugliò qualcosa e tirò
dritto. Eileen gettò un'occhiata ai guanti antichi, alla
finezza delle mani del
quadro e a quegli strani occhi verdi che sembravano bucare la tela, poi
passò
oltre e non ci pensò più.
Aveva
la scarpe completamente inzuppate di fango, e in questi casi tutto
quello che
si pensa è a un bel fuoco e a come fare a non prendersi un
malanno. Fu con
somma felicità di entrambi che, dopo una fuga interminabile
di stanze e corridoi
pavimentati di marmo, sbucarono in una sala dai soffitti altissimi
tappezzati
di damasco cremisi. Era piccola, rispetto alle altre, e aveva un'aria
leggermente meno fredda delle altre. Su un grazioso tavolino accanto al
fuoco,
che era acceso nel camino di marmo più grande che Eileen
avesse mai visto,
c'era un servizio completo da thé, una teiera fumante e un
vassoio pieno di piccolo
biscotti colorati dall'aria estremamente invitante.
- Il
padrone ha pensato che poteste aver bisogno di riprendervi dal viaggio.
In
questa stagione le strade sono pessime anche da queste parti. Se volete
accomodarvi accanto al fuoco, tra un attimo sarà qui
Elizabeth. Io vado ad
accertarmi che le vostre stanze siano pronte e riscaldate a dovere.
Suo
padre annuì tutto contento avvicinandosi al vassoio dei
dolci, ed Eileen si
lasciò andare soddisfatta ad osservare la stanza intorno a
loro. Girò gli occhi
e vide che le pareti erano piene fino in cima di piccoli quadretti
color
seppia. C'erano ometti minuscoli dentro, e donne e strade e palme e una
grande
quantità di immagini bizzarre. Si mise ad osservarle con
interesse. Non aveva
mai visto niente di simile.
-
Sono fotografie - spiegò suo padre con la bocca piena
indicando i quadretti
alle pareti. Aveva attaccato il
vassoio
dalla parte di certi biscotti scuri che sembravano coperti di mirtilli
- il
nostro amico ha viaggiato molto. Per tutta Europa, e poi anche in Asia
e in
India. Pare abbia visto tutto il mondo conosciuto.
- Che
cosa fa? - chiese Eileen lasciandosi andare su una poltrona dopo aver
preso
anche lei un pasticcino e essersi versata un po' di thé
nella tazza. Aveva una
fame da spavento, ma come sempre era stata attenta a non mangiare prima
di suo
padre. Una signorina bene educata non doveva mostrare di aver fame,
anche se
aveva una fame da lupi. Ed Eileen in quel momento stava letteralmente
svenendo
dalla fame.
Suo padre
scosse la testa, più volte, e si ficcò un altro
pasticcino in bocca.
-
Nessuno lo sa, mia cara. Probabilmente niente, visto che è
così ricco che potrebbe
comprarsi mezzo mondo. Credo lo faccia perché gli piace e
basta. Uno così non
ha certo bisogno di girare l'Europa su un calesse per piazzare il suo
vino ai
fornitori!
-Ma
se ti piace un sacco andare in giro per commercio insieme a me!
Suo
padre rise e ci mancò poco che si strozzasse con un sorso di
thé al latte.
-
Certo che sì, mi cara, scherzavo. Non cambierei i nostri
piccoli viaggi con
tutto l'oro del mondo. Dicevo solo che … insomma, il nostro
amico Thompson è
forse l'uomo più ricco d'Inghilterra. Potrebbe comprarsi la
Regina, se un
giorno glie ne venisse voglia!
Così
dicendo suo padre mimò la grossa stazza della vecchia Regina
che governava
l'Inghilterra da decenni. Una volta Eileen l'aveva vista, durante una
parata a
Londra per i
quarant'anni della sua
incoronazione. Dicevamo che fosse enorme, estremamente astuta e con un
naso
arcigno da strega. Si ricordava di essersi alzata sulle punte per
riuscire a
vederla tra la folla, ma tutto quello che era riuscita a scorgere era
una
piccola corona dorata che teneva su un velo molto lungo. La capote
dorata
dell'elegante e sontuosissima carrozza da parata aveva coperto tutto il
resto:
nella sua memoria la Regina era rimasta un ventaglio di pizzo e una
corona
davvero molto piccola e graziosa.
- E'
davvero così ricco, papà?
-
Ricchissimo. Pensa che suo nonno, o il suo bisnonno, non lo so, furono
i primi
a commerciare con le Indie e a importare il thé in
Inghilterra. Roba dell'altro
mondo, mia cara, affari d'oro. Fecero i soldi a palate, non
c'è dubbio.
Eileen
guardò d'istinto dentro tazza che reggeva in mano. Era
azzurra, di porcellana
cinese e aveva delicati ricami con motivi di pagode e fiori. Si chiese
se il
thé che conteneva era davvero capace di traversare
metà del mondo, e mari, e
foreste per finire sopra i loro tavolini accanto al fuoco. Mille volte
aveva
segretamente sperato di spingersi fin là, in India, dove i
suoi libri dicevano
esserci gli uomini fachiro, e templi fitti di colori e profumi
difficilmente
immaginabili per una mente europea e beneducata.
-
Davvero è stato in tutti quei posti?
- Penso
che abbia passato metà della sua vita a viaggiare, bambina.
Pare che che abbia
avuto una gioventù avventurosa. Ma di questo non ne so
più di te. Lo conosco da
parecchio tempo, certo, ma non da così tanto, neanche io.
Altro biscotto?
Altrimenti li finisco tutti io.
Eileen
face di sì con la testa e prese dal vassoio d'argento il
biscotto che suo padre
le offriva. Era coperto da un sottile strato rosa di glassa e aveva un
aspetto
invitante. Stava appunto per dargli un morso quando Foster ricomparve
sulla
porta. Dietro di lui c'era una ragazzina pallida, minuscola e molto
graziosa
che evidentemente avrebbe preferito trovarsi da tutt'altra parte. Aveva
un'aria
molto timida.
- Quando i
signori hanno finito con il thé, avrei piacere di mostrare
loro gli
appartamenti destinati agli ospiti. Elizabeth - così dicendo
spinse avanti la
ragazza - sarà a disposizione della signorina per qualsiasi
cosa possa
servirle.
Eileen
sorrise con fare amichevole ad Elizabeth, che per tutta risposta
abbassò gli occhi
e arrossì ancora più violentemente.
- Ai vostri
ordini, signora - mormorò.
A
Eileen scappò da ridere: nessuno l'aveva mai
chiamata 'signora'.
- Chiamami
pure Linny, Elizabeth, davvero. Non penso di avere molti più
anni di te!
Per tutta
risposta la ragazza arrossì ancora più
violentemente.
- Come
desidera, signora - farfugliò. Poi si affrettò a
sparire dietro Foster.
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Capitolo 2 *** Capitolo Primo - parte seconda ***
-
Capitolo Primo -
seconda
parte
Eileen sorrise di piacere quando vide
che la sua camera da letto era ampia, comoda ed arredata con gusto. Un
bel
fuoco scoppiettava nel camino, uccelli colorati risaltavano sui ricami
delle
tende e lei era giusto così fradicia di pioggia che sarebbe
stata grata per molto, molto meno di quell'accogliente stanza.
-
Che meraviglia!
Si abbandonò su una poltrona davanti al fuoco, e
cominciò ad armeggiare con le stringhe degli stivali zuppi
di fanghiglia. I grandi vetri della finestra
accanto a lei erano livemente appannati e davano sul cortile in cui
erano arrivati poco
prima. Di là le ali del palazzo sembravano ancora
più tetre e decadenti nella
pioggia che aveva ricominciato a scendere, e facevano uno strano
contrasto con
quella stanza allegra e ben tenuta.
- Meno male che siamo dentro e non fuori! Sta tornando un temporale coi
fiocchi ... fa piacere una stanza da letto così accogliente!
Elizabeth
era rimasta sulla porta, a
guardarla di sottecchi. Quando vide che l'ambiente le
piaceva, sorrise appena e le guance le presero fuoco.
-
Davvero vi piace,
signora?
-
Certo che sì, Elizabeth, è davvero molto bella.
Chi l'ha arredata doveva avere molto gusto. Questi ricami
di uccelli, sono magnifici.
In
effetti i ricami delle tende sembravano usciti da un libro di fiabe. Su
un fitto bosco di canne azzurrine spiccavano pettirossi e nidi,
cicogne e piccoli fagiani iridescenti.
A sentire tutti quei complimenti, Elizabeth girò gli occhi
da un'altra
parte. Eileen la guardò senza capire, poi si accorse che era
arrossita dalla testa ai piedi.
-
Non mi dire che le hai ricamate tu!
L'altra
fece una specie di sorriso
mentre le orecchie le andavano a fuoco.
-
Ma sei bravissima! Non ho mai visto dei ricami così belli
... io non sarei neanche capace di cucire una
riga diritta!
Un
risolino confuso balenò sulle labbra pallide della
cameriera. Mentre l'aiutava a liberarsi dai
complicati lacci del busto, Eileen riuscì a scoprire che il
ricamo era la
grande passione di Elizabeth.
-
Di solito ricamo cose mie. Non mi
permetto con quelle del padrone … ma questa stanza era
così bella, e era un
peccato che rimanesse vuota. Ci ho messo tutto l'inverno, per le tende.
Ma
dovreste vedere che bello quando c'è il sole e la luce
filtra dalle finestre!
Eileen
fu d'accordo, doveva essere
proprio uno spettacolo. Ma ancora di più fu felice
perché era
riuscita a far parlare Elizabeth. Adesso sembrava essersi un po'
riconfortata, e nell'entusiasmo
della descrizione si era anche dimenticata di tenere gli occhi fissi al
grembiule. L'aiutava a disfare i bagagli.
-
Che bel vestito, signora - momorò
quando Eileen tirò fuori dal baule da viaggio un busto di
seta rosso cupo
allacciato ad una gonna che fasciava la prima metà della
vita, scendendo poi
sempre più ampia fino a terra. Aveva come una piccola coda,
ed era davvero
molto bello.
-
Questo? L'incubo color melagrana, lo
chiamo io! Oh, intendiamoci, è meraviglioso, ma non sai
com'è scomodo il busto.
Lo porto sempre in viaggio perché è un regalo che
papà mi ha comprato non mi
ricordo dove. E il tessuto è bellissimo, però mi
strizza da tutte le parti.
Elizabeth
non la stava più ascoltando.
Passava le mani sulla seta come se stesse accarezzando un bambino o
stendendo
una tovaglia sull'altare. Le sue dita fragili e sottili scivolavano
lievi sulla
stoffa, e il biancore delle mani faceva uno strano contrasto con il
rosso.
-
E' una stoffa di grandissimo pregio,
credo. Non ho mai visto una seta così lucida.
E
in effetti la seta color sangue si accendeva
di riflessi bizzarri nella luce tremolante del tramonto.
-
Se permettete, voglio dire … forse
potrei …
Elizabeth
piantò di nuovo gli occhi a
terra, forse sorpresa dell'audacia di quello che era stata sul punto di
dire.
-
Parla pure, Elizabeth, dimmi. E per
favore, chiamami Eileen, o Linny, se preferisci. Sarei davvero molto
più a mio agio.
La
cameriera fece un sorriso incerto.
-
Volevo dire, signor… Eileen,
forse potrei farci qualcosa, se vi stringe. Basterebbe prendere le
misure e
dare un'occhiata alle stecche cucite dentro al busto. Forse sono un po'
troppo rigide. Se ci fosse bisogno di allargarlo - ma
non lo credo, avete un vita così sottile ! - si
potrebbe comprare un'altra stecca, le hanno dal merciaio dietro
l'angolo, e vedere se riusciamo a piegare un po'le altre. Ecco,
così.
E fece vedere ad Eileen come si poteva fare con le stecche. Eileen
sorrise.
- E' un peccato che non possiate
metterlo - continuò la cameriera - questo vestito
è semplicemente un sogno!
Eileen
stava per rispondere
che le sarebbe piaciuto davvero ma non credeva che avrebbero fatto in
tempo,
visto che doveva ripartire la mattina successiva; ma quando
aprì la bocca per farlo, un suono sferragliante
giù in cortile la distrasse. Andò a
guardare alla finestra, e nel cortile di sotto arrivare vide
una carrozza elegante, laccata di nero e bagnata di pioggia. Si
fermò proprio davanti all'ingresso.
-
Di chi è quella carrozza? - chiese.
Ma la risposta la sapeva già.
-
E' quella del padrone, il Signor
Thompson.
- E' molto bella.
- Sì.
- E quello è il padrone?
Dalla carrozza stava scendendo un uomo.
Eileen
provò a sollevarsi sulle punte
dei piedi per vedere se riusciva a scorgere qualcosa del loro
misterioso
ospite. Ma tutto quel che riuscì a vedere prima che il
portico lo
inghiottisse fu un cappello di foggia moderna, e un mantello coi
risvolti di pelliccia.
-
E' il signor Thompson, quello? Mio padre me ne ha parlato poco, mi
piacerebbe sapere se ...
Ma
Elizabeth stava di nuovo rimirando
rapita il vestito disteso sul copriletto. Eileen sentì un
brivido di freddo e
si accorse che in tutto quel trambusto era rimasta solo in sottoveste.
E in quello stato si era affacciata alla finestra!
Si
vestì in fretta, da sola, e solo
quando si mosse verso la porta Elizabeth sembrò ritornare
sulla terra.
-
Dove andate, signora? - chiese
sbiancando.
-
Giù da basso - sorrise Eileen senza
capire il motivo di tutto quello spavento improvviso - a presentarmi al
signor
Thompson, penso.
-
Senza farvi annunciare al padrone?
-
E' necessario?
Certo, anche Eileen sapeva che una donna doveva farsi annunciare ai
suoi ospiti, e non comparire loro davanti all'improvviso. Non stava
bene presentarsi da sole. Ma aveva pensato che non ci fosse bisogno di
tutta quella formalità davanti a un vecchio amico di suo
padre. Evidentemente si sbagliava.
- Il padrone non ama le persone che non fanno come dice lui.
E in questa casa è sempre meglio chiedere se si ha il
permesso di fare qualcosa - mormorò Elizabeth.
Eileen la guardò sorpresa. Sembrava vagamente spaventata.
-
D'accordo, allora - sospirò - andiamo a cercare Foster. Lui
di sicuro mi potrà annunciare come si deve.
Ma non aveva ancora aperto del tutto la porta, che si trovò
davanti il vecchio maggiordono.
-
Ci facevate la guardia, signor
Foster?
Quel che non le piacque neanche un po' fu l'espressione tetra che il
vecchio aveva in volto. Non sembrava neanche lo stesso di poco prima.
-
Il padrone chiede che abbiate la
compiacenza di trattenervi nelle vostre stanze finché lui e
vostro padre non avranno teriminato di sbrigare il loro affare. Non
appena il signore farà squillare il campanello,
sarà mia cura personale condurvi fino alla sala da pranzo.
Come
a dire che era intrappolata lì
fino a che quei due non avessero finito di fare i loro comodi
probabilmente con sigari e biliardo,
pensò Eileen. Non credeva molto a questa storia dell'affare
urgente. Suo padre le
aveva detto che si sarebbero fermati da un amico giusto per passare la
notte, non per trattare di commercio. Aveva forse bisogno di qualche
ingente partita
di vino, il Signor Thompson? Eileen sorrise: probabilmente stavano solo
cercando di farsi una partita a carte in santa pace. O magari di
fare quattro chiacchiere senza averla tra i piedi, chi lo sa.
Ma allora perché farla guardare a
vista nella sua camera da Foster come una prigioniera?
C'erano domande e proteste che a una ragazza beneducata non sarebbero
mai dovute uscire di bocca. Eileen le inghiottì tutte una
per una, prima che una qualunque di esse potesse farla passare per
sfacciata o sciocca. In fin dei conti era solo un'ospite.
- Ma certo, Foster. Avvertitemi quando i signori sono pronti.
Sospirò,
fece una riverenza e richiuse la porta alle sue spalle.
-
Dimmi di queste stecche per il
corsetto, Elizabeth. - sospirò vagamente sconfortata - Ho
l'impressione che ne avremo ancora un po', prima di avere il permesso
di scendere.
|
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Capitolo 3 *** Capitolo Secondo - Qualche Piccolo Mistero, per cominciare ***
-
Capitolo Secondo -
Qualche
Piccolo Mistero, per cominciare
Quando alla
fine le fu permesso di scendere, Eileen
scalpitava dalla curiosità: in tutta l'ora in cui era
rimasta in compagnia di
Elizabeth non c'era stato verso di cavarle di bocca una sola parola sul
signor
Thompson.
- Comincio a pensare che sia un fantasma! - rimuginò tra
sé mentre Foster l'accompagnava giù per la grande
scalinata di marmo che portava all'ala principale.
E una volta nella sala da pranzo pensò che non
doveva essersi sbagliata poi di molto: suo padre era già a
tavola, davanti a un gigantesco vassoio di arrosto. Del signor
Thompson,
chiunque esso fosse, nessuna traccia. Il posto a capotavola era vuoto.
- Il nostro ospite si scusa, mia cara, ma aveva affari urgenti da
sbrigare. Comunque
non c'è da lamentarsi, guarda che bella cena abbiamo qua!
Eileen guardò suo padre di
sottecchi. Che significava affari
urgenti, e a quell'ora? Era piuttosto scortese che il padrone
di casa
lasciasse soli i suoi ospiti senza alcun preavviso, soprattutto se ne
attendeva
la visita.
Attese che Foster le scostasse la sedia, poi si sedette
e mentre suo padre la serviva, girò gli occhi
intorno per la sala. Se l'era aspettata più grande - di
solito nelle vecchie costruzioni sono enormi e foderate di legno.
Questa invece
era piuttosto piccola ma compensava ampiamente le dimensioni con la
ricchezza
degli arredi. C'era una bella tappezzeria alle pareti, e i mobili erano
lucidi
e di pregio. Al centro della tavola ovale sontuosamente apparecchiata
c'era un
vaso di cristallo con un mazzo di fiori gialli dentro.
- Ti piacciono, mia cara?
- Moltissimo. Che cosa sono?
- Oh, non lo so. Ma so che il mio amico Thompson è un
grande appassionato di varietà esotiche. Ha una vera e
propria mania per tutto
quello che viene da lontano: piante, fiori, oggetti, dipinti
… penso che abbia
persino qualche strano animale, da qualche parte. E' un tipo originale,
il
nostro Thompson, un tipo davvero originale.
Chissà perché Eileen non venne affatto
rassicurata dalle
parole di suo padre.
- E come mai non è con noi, questa sera?
- Te l'ho detto, un affare urgente. Una cosa dell'ultimo
minuto. Non ne sapeva niente neanche lui. Ed è un peccato,
davvero. Ti assicuro
che il vecchio Thompson sa essere di grande compagnia, quando vuole.
Altro
arrosto?
- Non grazie. Un po' di quelle patate però sì. E quindi il
signor Thompson ha amore per le stranezze
esotiche, dicevi?
- Proprio così. Questo
arrosto è delizioso, non trovi?
- Sì, certo. E ha
viaggiato molto? Dove l'hai conosciuto di preciso?
- Non mi ricordo di preciso … forse in India. Ma senti
com'è tenero!
- In India? Non mi hai mai detto di essere stato in
India.
- Forse da giovane. Sicura di non volerne un'altra
fetta? E' uno spettacolo.
- Non grazie. Ma se lo hai conosciuto da giovane, il
Signor Thompson deve avere la tua età, mi sbaglio?
Suo padre fece un largo sorriso, e chiamò Foster per
avere altra purea. Era un comportamento
indecente, rise tutto contento, quello di chiedere il tris di una
portata, ma
davanti alla purea di patate non sapeva proprio come trattenersi.
Eileen alzò gli occhi al
soffitto, esasperata di non riuscire a
cavare un ragno dal buco su Thompson. Altro che fantasma! Il loro
ospite
sembrava molto più evanescente di quanto potesse permettersi
uno spirito,
almeno di quei tempi. Erano molto richiesti ed ammirati, e un bel
maniero non
poteva dirsi tale se non ce n'erano almeno un paio a strascicare catene
in
tutti gli angoli e a spaventare a morte le signore.
- Almeno dimmi di cosa avete parlato …
Ma in quel momento Foster stava appunto portando in
tavola il dolce, un pudding zuccheroso e invitante. Fu subito chiaro
che suo
padre non avrebbe avuto occhi che per quello, almeno nei prossimi
minuti.
Eileen sospirò e si mise a
giocherellare col bicchiere. Una cosa non
proprio educata, ma che faceva sempre quando non riusciva a dominare
del tutto
l'irritazione.
Quando alla fine del pasto suo padre si accese un
sigaro, lei chiese il permesso di andare ad affacciarsi dalla grande
terrazza
che si intravedeva nella stanza accanto.
- Ma certamente! E già che ci sei, richiama Foster. Voglio
che porti alla cuoca
i miei più vivi complimenti per l'arrosto. Era
semplicemente delizioso!
Alla terrazza si accedeva da una grande vetrata. Eileen ne ammirò i complicati
disegni tutti riccioli, poi uscì
nell'oscurità della sera per starsene un po' sola e
respirare.
Il viaggio di quel giorno, la pioggia, il vestito fradicio, il vecchio
Foster
fuori dalla sua porta, le domande su quel loro misterioso Signor
Thompson,
tutto le aveva messo addosso come una specie di agitazione irrequieta.
Pensò che boccata
d'aria probabilmente le avrebbe fatto
bene. Si appoggiò con le spalle
al muro tappezzato di gelsomini. Si era
di maggio, e i piccoli fiori bianchi riempivano l'aria di un odore
greve e
penetrante. Respirò a pieni
polmoni, immersa nelle loro foglie scure.
Davanti a lei, per quanto poteva giudicare nell'ombra fitta, si apriva
un
giardino. Lo percepiva più dall'odore che con la vista.
Doveva essere molto
esteso e pieno di fiori. Nel silenzio e alla luce della prima falce di
luna le
sembrava come qualcosa di vivo che respirasse. Chiuse gli occhi, e si
lasciò andare alla
quieta sensazione di benessere che sembrava
ispirarle quel luogo. Ora all'odore pieno dei gelsomini cominciava a
mescolarsi quello più discreto delle rose.
Dovevano essere rose gialle. E
ci dovevano essere anche dei lillà, da qualche parte. Ne
avvertiva l'aroma
fresco e intenso attraverso l'aria umida e piena dei vapori della terra
bagnata, delle foglie, delle radici intricate e dei meandri in cui quel
grande
corpo sotto di lei si aggrovigliava. Provò un brivido di
freddo, come un soffio gelato in pieno viso, ed aprì gli
occhi.
Nella sala accanto a lei i candelabri erano stati
spenti, e sentì da lontano
che suo padre scendeva lo scalone per
raggiungere il piano di sotto. Doveva esserci una sala da fumo.
Rabbrividì, e si dette
un po' della sciocca perché non ce n'era proprio motivo
Sarebbe stata così stupida da
farsi intimorire da un salone buio e vuoto
soltanto perché avevano spento tutti i candelabri? Sai
strinse lo scialle sulle
spalle e pensò che era
meglio rientrare.
Fu in quel momento esatto che avvertì quel suono
distintamente.
Si fermò sulla soglia
come colpita da un improvviso incantesimo
capace di tramutare gli esseri umani in statue. Strinse più
forte
la maniglia della porta e di nuovo, prima che potesse muovere
un passo, il
suono si ripeté.
Ci mise qualche istante a capire che non era un lamento, anche se ci
somigliava
moltissimo. Erano le note di un violino, una musica come prima non ne
aveva mai
sentite. Arrivava ad ondate attraverso l'aria notturna ed Eileen non
avrebbe
saputo dire da dove venisse. Era bellissimo e misterioso, era lontano e
vicino
allo stesso tempo.
Si guardò intorno e non
vide nulla. Tutte le luci alle finestre erano spente, e
il retro del palazzo sembrava morto da secoli. Da dove proveniva quella
musica?
- Oh, signorina, meno male che siete qui! Vostro padre mi ha mandata a
chiamarvi e non riuscivo a trovarvi in nessun posto!
Eileen fece un salto. Ma poi si accorse che era solo
Elizabeth.
- Non preoccuparti. - sorrise - Piuttosto, tu sai chi sta suonando
questa
musica?
Elizabeth la guardò per aria un
momento, come se stesse drizzando le
orecchie.
- Quale musica?
In effetti ora taceva. Eileen si accorse che doveva
avere messo nell'istante esatto in cui Elizabeth aveva messo piede
sulla
terrazza.
- Mi era sembrato di … ma no, devo solo essere stanca
per il viaggio. Oggi è stata una giornata faticosa.
La cameriera annuì, premurosa.
- Ho preparato del porto caldo, nel caso ne voleste un
po' prima di dormire. Fa molto bene alla gola e alla stanchezza. Vostro
padre
vi aspetta per berlo nella sala del thé, se può farvi
piacere, naturalmente.
Eileen fece cenno di sì.
- Vieni, andiamo. Il freddo di qui fuori mi dà i
brividi.
Prese Elizabeth sotto braccio e insieme si avviarono di
sotto. In effetti, pensò Eileen, aveva
proprio bisogno di un camino, di una
poltrona e di qualcosa di caldo che l'aiutasse a rimettersi in sesto.
|
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Capitolo 4 *** Capitolo Terzo - Strani Incontri ***
-
Capitolo Terzo -
Strani
Incontri
La mattina dopo, alla luce del sole, la facciata del
palazzo aveva un'aria decisamente meno inquietante. Eileen uscì
presto, intenzionata a
girarci intorno e a raggiungere il giardino che la sera prima aveva
solo
intravisto. Sperava di fare in tempo a vederlo prima di ripartire. Suo
padre
quella mattina era uscito per una piccola commissione in
città. Mentre
aspettava che tornasse a prenderla le parve la cosa più
naturale del mondo
mettersi ad esplorare i dintorni.
Aveva un cestino da lavoro al braccio e un cappello di
paglia coi nastri. Non vedeva l'ora di trovare un luogo ombreggiato e
riparato
per poter tirare fuori da sotto i suoi ricami decisamente privi di
talento il
libro che aveva comprato nell'ultima città di passaggio. Era
un romanzo
francese, sulla copertina rigida di raso c'era dipinta una fanciulla
che si
affacciava dalle mura di un castello: non vedeva l'ora di leggerlo.
Si guardò intorno e vide che c'era via libera. Non aveva
detto a
nessuno della sua piccola fuga in giardino, neppure ad Elizabeth. Era
così difficile per una signorina
godersi un po' di pace tutta per sé, che Eileen aveva dovuto
imparare molte
cose su come procurarsi quegli innocenti momenti di solitudine. Le
piaceva
molto stare sola, a fantasticare e riflettere sulle cose che le
succedevano,
anche se a dire il vero - fino a quel giorno - non le era mai successo
niente
di neanche vagamente interessante, a parte certe città
pittoresche che aveva
visitato con suo padre e un paio di conversazioni intelligenti cui le
era
capitato di assistere. Per il resto la sua vita era un'interminabile
serie di
spostamenti, carrozze, locande, pranzi e cene, ricami mal riusciti e
poco
altri. Soltanto leggere riusciva a darle a volte la sensazione di
uscire per un
po' da tutta quella opprimente e pacifica vita da signorina. Non
l'aveva mai
confessato a nessuno, ma certe volte, passando per un tratto di strada
di
mercato o davanti ad una piccola bottega aveva tanto invidiato le
ragazze che
dovevano lavorare per vivere, o le gaie contadine che ogni mattina
portavano al
mercato ceste di frutta con le braccia forti. Potevano girare da sole,
uscire
senza essere accompagnate, vestire abiti comodi e fermarsi a fare
quattro
chiacchiere per strada. Non portavano bustini attillati e non dovevano
stare
sempre zitte se capitava un qualche invito a cena. Immersa
in questi pensieri, Eileen si inoltrò nel viale di ghiaia
che,
fiancheggiato da una siepe di bosso, portava al retro del palazzo. I
suoi
stivaletti di vernice affondavano sopra lo strato di fitti sassi
bianchi, e
quello era praticamente l'unico rumore che si poteva udire. Sembrava
che la
città oltre le mura fosse sparita col suo chiasso per
incanto. Adesso Eileen
era quasi felice, era da sola e poteva disporre di un paio d'ore in
completa
solitudine.
Arrivata al giardino vide che era un complicato intrico di
viali, una specie di labirinto di bosso verde scuro e aiuole in cui
fiorivano
decine di piante. Alcune erano facili da riconoscere: rose rosa,
gialle,
arancioni, rosso porpora, azzurrine, bianche, e margherite, fucsie,
grossi
cespugli di mirtilli e gelsomini. Altre erano più strane:
alberi lunghi con
tronchi sottili, complicati grovigli di edere, cespi di fiori dai
colori
accesissimi e dai pistilli che sembravano occhi accesi sotto palpebre
pesanti e
scarlatte. In un angolo un enorme glicine si arrampicava indolente
contro il
vecchio muro di pietra. A prima vista non sembrava un giardino, o
almeno non somigliava
affatto agli ordinati prati verdi e ben tenuti a cui era abituata
Eileen. Questo
sembrava più la fantasiosa composizione di un pittore che
volesse creare
l'effetto di macchie di colori indefiniti. C'erano piante secolari e
tutto era
come soffuso da un'aria vagamente trascurata ed indolente. Era
bellissimo.
Eileen si fece avanti con timore, e accostandosi alle prime aiuole
si mise ad osservare da vicino alcune piante che non conosceva. Sembravano campanule ma
molto, molto più lunghe
e sottili, di un viola quasi incredibile. Accanto a loro c'erano delle
ortensie,
ma di una forma bizzarra e carnosa: profumavano tantissimo e le api
ronzando
intorno alle corolle le facevano sembrare quasi vive, con una specie di
mormorio ipnotico.
Si aggirò per un pezzo lungo la parte di giardino che
costeggiava il
muro. Il sole filtrava tra i rami degli alberi più alti e
creava come un tunnel
d'ombra in cui frullavano gli uccelli. Ad
una piccola svolta del viale, che procedeva dritto per un tratto e poi
si
tuffava restringendosi sotto una specie di tunnel di rampicanti, trovò
una panchina. Era una
piccola panchina di pietra, molto graziosa, coi piedi scolpiti in forma
di
zampe di leoni. Era tutta ricoperta di muschio. Eileen pensò
di sedersi, e face per
posare il cestino.
- Ehi! Aspetta!
Scattò
in piedi, presa di soprassalto. Si guardò intorno con gli
occhi sgranati, e prima che potesse
riprendere a respirare in modo normale aveva scoperto la fonte di
quell'avvertimento improvviso: tra la panca di pietra e il tunnel,
affondato tra
le foglie della siepe, sbucava il volto molto magro e molto lungo di un
ragazzetto di una decina d'anni.
- Se vuoi sederti aspetta un minuto, che li tolgo di mezzo
- spiegò
emergendo da quella specie di foresta - Sono simpatici ma certe volte
è così facile perderli e dopo è
un guaio ritrovarli.
Eileen guardò stralunata il ragazzetto, e aspettò
per vedere che faceva.
Quello si avvicinò
alla panchina e solo allora Eileen, strizzando gli occhi, vide che
sulla pietra
c'erano decine e decine di piccole formiche tutte in fila, una dietro
l'altra.
E dietro le formiche c'erano qualche piccola cimice verde, due o tre
processionarie,
un bombice coperto di peluria, una coppia di porcellini d'India e un
affare
lucido e cornuto grosso come un'albicocca.
- Che roba è? - chiese al ragazzetto.
- Il mio serraglio personale - sorrise lui, e facendolo
mostrò
una larga fila di denti in cui si aprivano ancora parecchi buchi -
alcune delle
bestie che studio.
La ragazza lo guardò senza capire.
- Come ti chiami?
- Noah. E questi sono i miei coleotteri, processionarie, formiche
e insetti delle più diverse origini. Io e loro formiamo una
specie di club, una
cosa per studiosi della natura.
Li indicò ad uno ad uno ad Eileen con un dito sporco fino
all'inverosimile, come se stesse facendo a corte delle presentazioni
alla Regina:
- Li trovo, li curo, li allevo, li porto a spasso, ci parlo, studio le
loro
abitudini. Oggi è una bella giornata. Ho pensato che una
boccata d'aria poteva
fargli bene.
- E li hai messi tu in fila così?
- No, no - spiegò
il ragazzo, molto lusingato di una domanda così pertinente -
ci si mettono da soli. Hanno un innato senso
dell'ordine, sai? Soprattutto le formiche e i coleotteri. La settimana
scorsa
li ho nascosti dentro la scatola, come faccio sempre quando devo
lavorare e non
ho tempo, e quando sono tornato la sera li ho trovati che si erano
messi a
dormire tutti in cerchio. Una cosa da togliere il fiato, carinissimi. E
ne vuoi
sapere un'altra?
Completamente catturata dalla novità di quell'incontro,
Eileen dimenticò
il suo libro e si mise ad ascoltare le vicende di Noah e dei suoi
animali.
Venne a sapere che era un garzone di casa, una specie di sguattero alle
dipendenze della signoria Nibbles, la cuoca.
- Quella è terribile, sai? Devi vedere che mestolo che ha!
Se ti arriva sulla testa fa un male …
Eileen capì che, in qualità di sguattero di
cucina e di grande
appassionato di insetti, Noah doveva cadere spesso vittima di quel gran
mestolo. In effetti i suoi amici non dovevano essere proprio i
benvenuti in
cucina.
- A lei non piace che tenga i miei animali dove lavoro. Ho
provato a spiegarle che sono animaletti responsabili, che non farebbero
mai
danni o roba simile, sono persino arrivato a prometterle di tenerli
chiusi
dentro una scatola, ma lei non vuole saperne. Così mi tocca
ogni volta lasciarli nel capanno degli attrezzi,
e non hai idea di quanto ci sto male, ogni volta.
- Perché, non stanno al sicuro nel capanno?
Noah fece una specie di smorfia, e per la prima volta
Eileen vide l'apprensione sul volto allegro del ragazzino.
- C'è quel gatto - sibilò Noah come parlasse del
suo peggior nemico - Una bestiaccia
che non aspetta altro che mangiarsi tutti i miei amici. E' il gatto
della
signora Nibbles, quello ovviamente ci può stare in cucina.
Ma da quando ha scoperto i miei amici fa
di tutto per papparseli, poveri, e vedessi come ci gira intorno quando
chiudo
la porta del capanno. Un giorno spero che si strozzi in qualche modo
con una
lisca di pesce o un'altra cosa. Così i miei piccoli saranno
al sicuro.
E per dare più risalto al suo discorso sollevò
delicatamente tra le dita
il coleottero più grosso di tutti, quello con le tenaglie e
un corno sulla
fronte, e lo mise sotto il naso di Eileen.
- Credi che sappia difendersi da solo? - domandò accorato.
Eileen dette uno sguardo incerto al corno che aveva un'aria
minacciosa e sembrava quello di un piccolo rinoceronte in miniatura.
- Sembra cattivo - si affrettò a spiegare Noah - ma se vede
un nemico non riesce neanche
a scappare. Rimane fermo per la paura, poverino. Forse non crederai a
quello
che sto per dirti, ma una volta l'ho visto tremare. Non pensavo che i
coleotteri fossero anche capaci di tremare, e invece lui lo fa, povero
Creamy.
- Chi è Creamy?
- Lui - disse il ragazzo indicando il coleottero - All'inizio
volevo chiamarlo Honey - spiegò - ma poi ho pensato che era
un nome da femmine.
Andarono avanti a parlare ancora per un po', scordandosi
completamene del tempo che passava. Si trovavano molto simpatici, ed
Eileen
pensò
con rammarico che avrebbe dovuto andare via presto senza poter
approfondire la
conoscenza. E aveva talmente pochi amici! Stavano appunto parlando di
questo, e
già Noah progettava come fare per sentirsi almeno per
lettera - almeno per
farle avere notizie su Creamy, che sembrava esserle stato simpatico -,
quando
un passo pesante sulla ghiaia venne a turbare la loro quiete.
Appena lo sentì, il povero Noah drizzò le
orecchie come un coniglio e si mise a cacciare in
fretta nella scatola tutte le piccole bestie alla rinfusa.
- Che cosa fai? - chiese sorpresa Eileen. Non capiva il
perché di quel cambiamento improvviso.
Ma Noah non la
stava
più ascoltando. Aveva occhi solo per riuscire a cacciar
dentro la scatola le
bestie. Quando ebbe finito, le fece cenno di restare in silenzio e sparì
via attraverso la siepe,
dileguandosi con la destrezza di un passero.
Eileen non ci capiva proprio nulla. Ma i passi erano sempre
più vicini. D'istinto
si nascose anche lei come meglio poteva tra le foglie.
- Noah? Noah? Avanti, esci fuori, dove sei? Tu e le tue
bestie, dannato ragazzo, ci faranno rimettere il collo, un giorno o
l'altro!
Avanti, ragazzo, esci fuori, prima che la vecchia prenda a calci tutti
e due.Un vecchio signore zoppicante veniva su
per il viale di
ghiaia. Aveva un cilindro stinto in testa e una marsina talmente
stretta che il
suo corpo enorme traboccava da ogni parte. Perché era
l'essere più grasso che
Eileen avesse mai visto. Sembrava una scultura di cera che si fosse
rammollita
tutta insieme.
- Allora, Noah, ci decidiamo?
Quando fu davanti alla nicchia in cui Eileen si era
nascosta, alzò
il bastone da passeggio e con quello si mise a frugare tra le foglie.
Eileen capì chiaramente che non aveva
scampo: in meno di dieci secondi quel vecchio dalla barbaccia ispida
avrebbe
scoperto che era lì.
E infatti, un attimo dopo, il bastone urtò il suo cappello,
facendolo
rotolare sul vialetto.
- Uh! Cosa abbiamo qui? - chiese il vecchio sollevandoselo quasi
fino agli occhi con la punta del bastone. Eileen notò che il
manico era
scolpito con un'elegante testa d'anatra, e che il vecchio portava
all'anulare
l'anello più grosso e lucido che avesse mai visto, con un
enorme rubino nel
mezzo. Prese un respiro e pensò che forse era meglio uscire
allo scoperto prima che fosse
il vecchio a stanarla.
- 'Andiamo' -
disse tra sé e sé - 'non
è poi la
situazione più difficile in cui ti è capitato di
trovarti. Ti ricordi di quella
volta in Belgio che il cagnetto della vecchia baronessa …'
Ma era terrorizzata. E non tanto perché quel vecchio tondo
l'aveva sorpresa mezzo affondata e nascosta in una siepe (cosa che non
giova
mai al decoro di una signorina), ma perché dal cilindro, dal
bastone da
passeggio, dalla cascante gravità del volto e dal modo in
cui aveva chiamato
Noah era chiaro di chi si trattava. Ogni sua strampalata previsione
veniva
fatta a pezzi dalla realtà. Altro che India, che avventure,
che mistero. Il
Signor Thompson era un vecchio con la barba e un ridicolo cilindro
stinto in
testa. Fece un passo avanti come sul patibolo, e si preparò a
presentarsi provando ad
evitare di morire di vergogna.
- Buon
giorno, Signor Thompson - articolò
tutto d'un fiato sbucando fuori dalla siepe ad occhi bassi -
perdonatemi se mi
presento a voi in modo così
inconsueto e sconveniente. Mi chiamo Eileen e sono la
figlia di Mr. Marriott, il vostro caro amico.
- - -
°§°§°§°- - -
@Columbine: Tranquilla,
non
ho intenzione di scrivere una storia di mille milioni di capitoli
… piuttosto articolata
sì ma non
lunghissima! E grazie per le recensioni, mi
fa davvero piacere se c'è qualcuno che mi segue e mi dice il
suo parere sulla storia.
Continua!
@Vera
Auxilia:
L'età
di Elizabeth e di Eileen non l'ho specificata, ogni lettore può immaginarla come
vuole! Comunque
penso tra i sedici e i venti (Elizabeth è più
piccola di poco) … un bacio e grazie
della recensione!
@Brin: Spero che la storia continui a
tenere
desta la tua attenzione, se ti sembra che ci siano dei cali non esitare
a farmelo
sapere … e grazie del complimenti! Sei troppo buona
… un abbraccio, V.
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 - Orribili Notizie ***
- Capitolo Quarto -
Orribili
Notizie
Il vecchio la
fissò per un
istante, interdetto.
- Il Signor Thompson? Chi, io?
- Non siete il Signor Thompson?
Quello fece una specie di smorfia sorpresa, e si grattò la testa con
il bastone.
Poi scoppiò
in una fragorosa risata. Così, senza
preavviso. Eileen fece un salto indietro per lo
spavento. Dopo di che il vecchio si tolse il berretto dalla testa e si
produsse
in un comico inchino.
- No di certo che non sono il Signor Thompson! - rise il
vecchio - Mi chiamo Nibbles, signorina, per servirvi.
Eileen sospirò di sollievo.
Chissà perché c'era rimasta male, al pensiero
che il Signor Thompson fosse vecchio e brutto.
- Perdonatemi. Sono qui soltanto da ieri e … vi avevo preso
per il padrone di casa.
- Lo credo bene - gongolò il vecchio,
estasiato - sono l'uomo più elegante della
casa. E' naturale che la gente distinta mi prenda per uno di loro. Ma
ahimè,
pur essendo provvisto di queste encomiabili doti di eleganza, la
Fortuna
crudele ha fatto sì
che io nascessi di umile condizione. Ma sono contento che ci sia ancora
qualcuno che sa riconoscere lo stile di un gentiluomo, quando lo
incontra.
Così
dicendo prese sotto braccio Eileen, di cui doveva essere rimasto
incantato
grazie a quel complimento involontario, e la trascinò lungo il
viale in
direzione del palazzo.
- Vedete. mia cara signorina, in questa casa purtroppo
difettano i gentiluomini di un certo stile. Certo il padrone,
bontà sua, è uno
specchio di quel che si chiama eleganza, ma ecco, dopo di lui, possiamo
dire
che non c'è anima viva che abbia il benché minimo
concetto di eleganza.
Prendete Foster, ad esempio - a quel nome increspò le
sopracciglia e fece una smorfia come se ingoiasse un
ragno - quell'insulso spilungone è l'esempio di come non si
dovrebbe
comportarsi.
Eileen tentò invano di
capire cosa avesse che non andava Foster. A lei
sembrava normale, ma il vecchio doveva avercela a morte.
Venne a sapere che Foster si scordava di portare in tavola
almeno una portata su due, che non lucidava le maniglie e rubava il gin
dalla
dispensa, che perseguitava i servi con la sua spocchia universale e
dava
fastidio a sua moglie (quella di Nibbles) con una stupida congerie di
sciocchezze e che, in una parola, era l'essere più odioso,
riprovevole,
incapace, infido, astuto e sordido di questo mondo.
- Siete il marito della cuoca, dunque - commentò Eileen nel
tentativo di
deviare la conversazione. Il vecchio si gettò anche su
quello come un cane affamato sull'osso. Le
raccontò
vita morte e miracoli della loro unione trentennale, di come la signora
Nibbles
fosse sotto tutti gli aspetti una creatura meravigliosa, tranne quando
si
fissava ad insistere che lui, il signor Nibbles, proprio lui era un
vecchio
chiacchierone insopportabile.
- Mi chiama cuccuma,
sapete - confidò -
come le pentole per bollire i fagioli.
A Eileen venne da ridere, era proprio la cosa che avrebbe
detto lei. Nel frattempo erano arrivati alla fine del giardino, e
cavando un
orologio dal taschino il vecchio vide che erano le dieci.
- Vorreste farmi l'estremo onore di dividere una fetta di
torta con un povero arnese in malora? Mia moglie ne ha appena sfornata
una
dall'aria tutt'altro che sgradevole, e penso proprio che ce ne sia
abbastanza
anche per … Il Signor Thompson!
Eileen voltò di scatto la
testa.
Sulla spianata di ghiaia davanti all'ingresso del palazzo aveva
appena inchiodato con gran strepito la carrozza nera della sera prima.
I
cavalli schiumavano di sudore, e la vettura non si era ancora fermata
che lo
sportello si aprì,
come buttato di lato da un'esplosione.
Imbambolata, a braccetto di Nibbles, Eileen vide precipitarsi
di sotto un signore alto, imponente, con un gran mantello nero e l'aria
incredibilmente
corrucciata. Era bruno, e ancora molto giovane, e doveva avere davvero
una gran
fretta.
Nibbles si fece avanti sorridendo, ma Thompson lo fermò con un gesto
imperioso
della mano.
- Non adesso - ringhiò senza neanche
volgere uno sguardo da quella parte, salì a tre a tre i
gradini
della scala, scomparve oltre la porta.
Il cocchiere che era a cassetta si volse verso di loro con
una specie di sorriso colpevole.
- Giuro che io non sono stato a ridurlo in questo stato,
non stamani - disse - siamo usciti prima dell'alba per andare a una
locanda in
città, e quando è uscito
sembrava un uragano. Deve essere successo qualcosa.
Qualcosa di molto spiacevole.
Eileen rimase sbalordita, e forse anche un pochino preoccupata.
Che significava quella scena? Perché il loro ospite era
appena passato sopra a
tutte le più elementari norme di cortesia, senza neanche
salutarla o informarsi
di come era il soggiorno? Doveva essere successo qualcosa di veramente
molto
preoccupante.
Meno male che Nibbles si affrettò a spiegarle
che il signor
Thompson era spesso di cattivo umore. Non c'era da preoccuparsi, tra
poco gli
sarebbe passata. Eileen sorrise anche lei, e poi pensò che - nervoso
o meno -
tra non molto non avrebbe più rivisto il Signor Thompson. Di
che cosa si
preoccupava allora? Pensò
che mentre aspettava suo padre (tra parentesi, ma quanto ci metteva?),
una
bella fetta di torta non sarebbe stata affatto male. Così riprese il
braccio al
signor Nibbles. Dimenticò gli ultimi
cinque minuti, la carrozza, la maleducata
entrata del suo ospite, e persino quei tratti inquieti e belli che un
po'
l'avevano turbata. Cercò
di pensare alla torta.
Attraversarono di nuovo il viale che portava in giardino e
oltrepassarono alcune piccole siepi di bosso. I vialetti da quel lato
erano
stretti, ma il signor Nibbles ci passava in mezzo con una grazia
silenziosa e
insospettabile.
Quando giunsero alla cucina Eileen fu stupita di trovarsi
davanti ad una piccola costruzione di pietra che si staccava appena
dall'edificio centrale. Era una specie di casetta autonoma, coperta
d'edera e
fatta di pietra. Da dentro veniva un odore a dir poco delizioso e una
voce da
chioccia che cantava una vecchia canzone.
Nibbles sorrise pieno di tenerezza.
- La mia signora - spiegò, e poi spinse
il vecchio battente della porta.
Nella cucina c'era odore di zucchero. Quello che Eileen notò
per primo fu il calore profumato
che usciva dal forno, poi la tavola e le tendine colorate, una serie
infinita
di barattoli, e poi quella che le sembrò a tutta prima
un'enorme nuvola di tulle azzurro.
Quando la nuvola si girò scoprì i tratti di una
paffuta signora di mezza età, capelli
grigi raccolti in una crocchia che le dava un'aria da gran dama, un
grembiule
colorato fin sul petto e una bellissima voce da soprano. L'accolse come
fosse
sua figlia.
- Chi mi ha portato di bello, signor Nibbles?
Quest'uccellino non l'ahi certo trovato nel parco insieme agli altri
vero o no?
Dev' essere la figlia dell'ospite, quel gentiluomo tanto simpatico che
stamattina è venuto a farmi i complimenti per l'arrosto di
ieri sera.
La signora Nibbles pareva un fiume in piena, prese Eileen
per una mano e la condusse al grande tavolo che c'era là in
mezzo.
- Hai fame, cara? - le chiese - Ho appena sfornato una
torta, prendo un piatto e te ne servo una bella fetta. Vuoi del
thé?
Eileen sorrise e la signora le porse una bella teiera
fumante che stazionava nel fuoco l' vicino. Nei giorni seguenti -
perché la sua
permanenza in quella casa non si sarebbe risolta quella mattina -
Eileen scoprì che dove c'era la signora
Nibbles là c'era sempre anche una tazza di tè,
una teiera, latte e zuccheriera.
Sembravano i suoi armamentari magici, la seguivano ovunque e lei beveva
grandissime quantità di una miscela nera di frutti e
foglioline cinesi, dal
profumo che stordiva e odorosa di fragole.
Quando furono tutti seduti a tavola e la signora Nibbles
ebbe provveduto a fare le parti della torta (la più piccola
toccò al signor Nibbles, per la
buona ragione che era a dieta), provarono a mettersi a mangiare. Eileen
provava
per la prima volta, dopo molti mesi, un clima pacifico di casa, e anche
i
piccoli battibecchi dei suoi due ospiti le riuscivano incredibilmente
spiritosi.
Ma un istante prima che la signora Nibbles cominciasse a
raccontarle in dettaglio tutta la storia della famiglia Thompson, di
cui aveva
assistito assiduamente almeno tre generazioni, successe una cosa
inaspettata.
Noah entrò sbattendo la porta, e con una facci bianca come
un cencio
si precipitò
nella stanza.
- Vostro padre - mormorò atterrito, e dopo non riuscì
più a dire altro.
Eileen si alzò come in un sogno. Le ronzavano le orecchie e
non capiva
più niente di quello che le dicevano. Tutto quello che
capiva è che doveva
essere successo qualcosa a suo padre. La signora Nibbles si alzò di scatto e fece
scudo a
Eileen con le sue braccia.
-
Cos'è successo? - chiese mettendosi in mezzo.
Il
ragazzino scosse la testa piano. Ora stava quasi
piangendo.
- Il signor
Thompson. Vuole vedervi subito. E' ritornato
dalla città e vostro padre ...
Poi non
riuscì più a trattenersi e la voce gli si spense
in una specie di
singhiozzo.
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Capitolo 6 *** Capitolo Sesto - Incidenti ***
-
Capitolo Sesto -
Incidenti
-
Avanti, non mi sembra che ci sia da uccidersi solo perché
quel farabutto di vostro padre ha fatto quello che ha fatto. D'altra
parte voi
non ne avete colpa.
Eileen alzò la testa, sconvolta,
dalla poltrona in cui si era accasciata.
- Mio padre non è un farabutto!
Il signor Thompson sorrise sarcastico.
- Ah no? E come lo chiamate uno che abbandona la figlia in
casa d'altri come un fagotto? La ritenete una condotta responsabile?
No che non la riteneva tale. Anzi, in un angolo della sua
mente Eileen continuava a non credere che suo padre avesse fatto una
cosa del
genere. Era una cosa che andava molto oltre qualunque incubo avesse mai
fatto.
Era sola, abbandonata, senza un soldo in casa di qualcuno che fino a
mezz'ora
prima non aveva mai
visto. E che avrebbe
preferito non conoscere, visto come si stava comportando.
Il Signor Thompson era, in piedi, alla finestra della
biblioteca, i bei lineamenti contratti. Guardava lontano e teneva una
lettera
tra le dita dietro al schiena.
Eileen l'aveva già ascoltata. Era stato lui stesso a
leggergliela. Una cosa da far venire i brividi. Suo padre scriveva in
poche
righe di essere stato rovinato dai debiti, e di dover scappare
all'estero il
prima possibile per nascondersi dai creditori. Un affare della massima
importanza - lo stesso di cui aveva parlato la sera prima a Thompson -
era
stato la sua ultima speranza.
- Ieri sera mi ha chiesto del denaro, molto denaro. Ma
ormai non c'era più niente da fare. E' fuggito prima che la
notizia del fallimento
svegliasse i suoi creditori. E ha fatto appena in tempo.
- Vi siete rifiutato di aiutarlo? - mormorò, incredula
Eileen - Io credevo che foste suo amico.
- Un amico è un amico, mia cara signorina Marriott, non una
balia. E vostro padre, concedetemi di dirlo, non ha mai avuto un grosso
fiuto
per gli affari. Si è rovinato con una speculazione sciocca,
in cui lo avevo
sconsigliato di imbarcarsi. Non mi ha voluto dare retta, e dunque
…
- … e dunque voi lo avete rovinato.
- Non io. Non io, la sua sciocca fiducia nella sorte, dite
piuttosto. Un azzardo è un azzardo, signorina. E negli
affari è lo stesso che
al gioco, si vince o si perde. E gli errori di giudizio si pagano.
Vostro padre
ha commesso molti errori, e quando sono stati troppi da cominciare a
soffocarlo
sul serio è venuto a chiedere a me di rimediare alle sue
madornali sciocchezze.
Eileen era incredula. Possibile che un gentiluomo potesse
parlare in quel modo di un amico? Dov'era la cavalleria, l'onore, la
prontezza
nell'aiutare gli amici in difficoltà?
- Vostro padre ha fatto un azzardo, e ha fallito.
Prestargli i soldi che chiedeva, a questo punto, sarebbe servito
soltanto ad
aggravare la situazione. Credete, è stato meglio così.
Si farà qualche anno nelle Indie, magari sotto falso
nome, e un giorno me lo vedrò ricapitare davanti a
chiedermi di nuovo altri soldi. Come sempre, del resto. Questo
è un vizio che
certa gente fa fatica a togliersi.
- Mio padre non ha mai chiesto niente a nessuno! - protestò
Eileen.
Thompson si girò
verso di lei, e ora il suoi lineamenti erano contratti da
qualcosa di più che la collera.
- Ha chiesto anche troppe cose, signorina. E ora conclude
la lista chiedendomi di occuparmi di voi come una figlia. Una figlia,
capite? Quando
ho trovato la lettera, giù alla locanda, quasi non volevo
crederci. La sua
ultima - ultima di una lunga lista, badate bene - la sua ultima,
vergognosa
richiesta era che io mi occupassi di voi. Come una figlia - rise,
sarcastico -
a me che non avrò neanche dieci anni più di voi.
Una figlia!
Eileen fissò i tratti severi e il naso
dritto del signor Thompson. In quel trambusto, nell'angoscia e tra le
lacrime,
non poté impedirsi di pensare che sembrava molto
più giovane. Davvero aveva già
trent'anni? Lui dovette captare la domanda che c'era nel suo sguardo.
- Trentatré - rise - più o meno quanto voi
…
- Io ne ho sedici - mentì
lei, arrossendo. In realtà ne aveva quasi diciassette, ma
non si sa perché gli
venne da dire così. Forse perché davanti a
quell'uomo adirato si sentiva infinitamente piccola, insignificante e
piena di
vergogna.
- Sedici? Oh, santo cielo, io non pensavo … sedici?
Ma Eileen si era già alzata.
- Signor Thompson, cercherò
come si conviene di abusare il meno possibile della vostra pazienza.
Del resto
l'ho già fatto anche troppo. L'ultima cortesia che vi chiedo
è quella di
indicarmi dove posso trovare una carrozza a noleggio che mi riporti a
casa. Ho
intenzione di fare le valige e di togliere il disturbo quanto prima.
Il Signor Thompson la squadrò
per un lungo, freddissimo istante, e poi sorrise con un lungo sorriso
affilato
che sembrava quello di un serpente. Lo stupore di poco prima sembrava
già
essere scomparso.
- Non avete più una casa, signorina. Non avete
più niente.
Neanche gli abiti che portate indosso forse vi appartengono
più. E i creditori
sono fuori dalla porta. Dalla mia
porta, ad aspettare di sapere se vostro padre ha lasciato qualcosa che
possono
requisire subito e vendere. Capite adesso perché stamattina
mi ha dato
appuntamento alla locanda? Non poteva più ritornare qua.
Adesso lo capisco, ora
che la lettera che ho trovato al posto suo mi spiega tutta la faccenda
per
esteso. Voi non avete più niente, in tutto il mondo.
A Eileen sembrò
che la stanza girasse due volte su se stessa, e per un attimo le parve
che
sarebbe stato meglio morire che affrontare tutto quello che futuro
sembrava
prospettarle. La povertà, l'umiliazione, l'indigenza. Ma poi
pensò che adesso, adesso, davanti a quell'uomo almeno,
l'unica
cosa necessaria da fare e stringere i pugni e ricacciare le lacrime.
Non
avrebbe dato a quell'odioso Signor Thompson, che le annunciava ridendo
la
disgrazia, la soddisfazione di vedere le sue lacrime. Inghiottì
dunque il pianto che aveva in gola, e sussurrò.
- Vado a fare i bagagli.
Il Signor Thompson fece un passo verso di lei.
- Vostro padre mi prega di trattenervi - disse con voce
ferma. Poi, più gentile - di prendermi cura di voi.
A Eileen la compassione di Thompson parve più dolorosa di
una coltellata. Reagì come le sembrava più
giusto.
- Non sono un fagotto, Signor Thompson, qualcosa da
spostare a piacimento. Oggi ho avuto una brutta notizia, e ringrazio
Dio perché
pensavo che ce ne fosse una molto peggiore. In fin dei conti mio padre
è vivo e
sono sicura che appena avrà sistemato gli affari che in
questo frangente non
sono buoni, non appena avrà avuto modo di ristabilire quel
che deve, tornerà in
Inghilterra e ristabilirà il suo buon nome. Nel frattempo il
mio dovere di
figlia mi impone di uscire subito da questa casa e di parlare con i
creditori,
per chiedere loro di aver pazienza.
Il signor Thompson stette ad ascoltare. A Eileen parve che
non muovesse un muscolo, e un paio di volte le sembrò
persino che un'ombra di qualcosa di diverso dallo scherno
sfiorasse i suoi lineamenti.
- Sono canaglie - mormorò
alla fine, quando capì che le intenzioni di
Eileen erano più serie di quanto credesse - canaglie senza
alcuno scrupolo.
Mandarvi là fuori in mezzo a loro sarebbe più o
meno come consegnarvi al boia.
- Non mi importa. Io devo fare quel che devo e lo farò. Ora,
se volete scusarmi, scendo a prendere le mie poche
cose.
Così dicendo si avviò verso la porta.
- Non credo di potervelo permettere.
Eileen si voltò
di scatto, improvvisamente rossa di stizza.
- Non potete permettermi cosa?
- Di lasciare questa casa. Non almeno finché non si saranno
calmate un po' le acque. Uscire ora è troppo rischioso.
- Vi ringrazio del vostro interessamento, ma farò come ho
deciso, Signor Thompson.
- Voi non farete un bel nulla, signorina. Non almeno senza
il mio permesso. Vostro padre vi ha affidato a me. E io non vi manderò
a morire come una stupida solo perché lo desiderata.
Adesso Eileen quasi non respirava dalla rabbia che la stava
prendendo. Thompson fece un passo verso di lei.
- Avanti - fece più conciliante - in fin dei conti non
…
- In fin dei conti cosa? - gridò lei. Ormai la rabbia
tracimava dovunque. Quella per tutto,
per suo padre, per i debiti, per la paura del futuro e per quel
Thompson che
l'aveva trattata come una serva. Per la prima volta in vita sua stava
quasi
gridando contro un estraneo - Voi non sapete niente di me e io non
voglio che
vi prendiate alcun disturbo, Signore! E adesso mi farete il favore di
lasciarmi
passare, altrimenti io ...
Ma Thompson fece più in fretta di lei. Sfilò la
chiave dalla toppa e la strinse in pugno.
- Vostro padre vi ha lasciato in mia custodia. E per quanto
vi stiate dimostrando una mocciosa più testarda e petulante
di quanto sarebbe
lecito aspettarsi, tuttavia io - a differenza di altri - sono solito
onorare i
miei impegni. Anche quelli non richiesti, mi capite? Così
adesso voi rimarrete qui, in questa stanza, fino al mio
ritorno. Io vedrò di parlare ai creditori e di sistemare la
faccenda. Vostro
padre non deve essere lontano, probabilmente sulla strada di South
Hampton. Forse possono ancora trovarlo.
Eileen lo guardò
sbigottita. Liberò con uno strattone la il
braccio che lui le aveva stretto, e nel cercare di riafferrarla il
Signor
Thompson lasciò andare la chiave sul tappeto. Eileen
stavolta fu più
svelta, la prese e prima che lui potesse fare qualsiasi cosa aprì
la porta, uscì e
la richiuse a chiave alle sue spalle.
Non aveva
mai fatto una cosa del genere. Ne era consapevole
e il cuore le martellava in petto a tutto spiano. Ma la disperazione
del dava
forza.
Sempre con
la chiave stretta in pugno di diresse allo
scalone principale e da quello in camera sua. Voleva fare i bagagli e
cercare
di raggiungere suo padre, dovunque fosse. Quel farabutto di Thompson
aveva
detto che non doveva essere lontano, probabilmente su qualche diligenza
che
portava al porto di South Hampton, quello da cui partivano quasi tutte
le navi passeggeri
dirette in India.
Doveva
sbrigarsi e ritrovarlo. Ma soprattutto doveva uscire
da quella casa prima di rischiare di ammazzare il Signor Thompson.
L'individuo
più odioso che mai Dio avesse osato far nascere in terra.
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Capitolo 7 *** Capitolo Settimo - Un nuovo inizio ***
-
Capitolo Settimo -
Ricominciare
La ripescarono
al cancello, proprio mentre tentava di
aprirlo senza riuscirci. Nibbles le si fece accanto, aspettò pazientemente
che Eileen scuotesse il vecchio catenaccio
con tutte le forze che aveva, la vide battere i pugni sul ferro,
piangere,
prendere a calci il cancello. Quando vide che la rabbia cominciava a
diventare
lacrime, le mise un braccio intorno alla spalla.
- Andiamo, mia cara, vieni in casa.
Eileen scosse la testa avanti e indietro, distrutta.
- Domani andrà meglio, bambina mia. Dentro ogni male
c'è
sempre un po' di bene.
E così finì prima di
nascere il tentativo di Eileen di farsi strada in
un mondo che non conosceva, di trovare una carrozza e salirci, e
viaggiare per
l'ignoto mondo fino a Southampton e di là fino in India. Ci
aveva provato, ma
alla fine di quel suo viaggio immaginato rimasero soltanto i pochi
vestiti
pigiati in fretta dentro la valigia. Nibbles le teneva ancora la mano
poggiata
sulla spalla. Curioso, nessuno sconosciuto era mai stato così gentile con
lei. Ma forse Nibbles non era uno sconosciuto.
Sembrava un genio buono, uno di quelli che ti compare davanti nel
momento in
cui ha voglia solo di piangere e morire.
Attraversarono il giardino e Nibbles la portò sul retro.
Quando spinse la porta della cucina, Eileen non
fece in tempo ad entrare che la signora Nibbles la stringeva
già tra le
braccia.
- Povera cara, povera cara mia - cantilenava.
Stettero molto tempo così,
il signor Nibbles che si guardava i piedi, ed Eileen che piangeva
sommessamente
tra le braccia della signora Nibbles.
Quando fu in grado di articolare di nuovo qualche parola,
le venne in mente di quello che aveva fatto.
- E'arrabbiato?
- Per cosa? - chiesero quasi all'unisono i coniugi.
- Perché l'ho chiuso dentro.
La signora Nibbles aprì e
chiuse la bocca. Evidentemente ne era all'oscuro.
- L'ha chiuso dentro - mormorò
il signor Nibbles - il padrone voleva trattenerla e lei lo ha chiuso
dentro in
biblioteca. Ed è scappata con la chiave.
Passò qualche
istante in cui le
mosche si stupirono di essere le sole a far rumore in quella piccola
stanza.
Poi la signora Nibbles scoppiò a ridere.
- Finalmente qualcuno lo ha fatto! Era ora che una bella
creatura desse una lezione al signor Thompson. E' sempre così sicuro di se
… figurati bambina mia, che l'anno scorso,
durante un ricevimento …
- Norma, forse noi non dovremmo … - cercò di
intervenire il signor Nibbles.
- Oh, santo cielo, Signor Nibbles, taci! La bambina ha il
diritto di sapere.
Eileen sorrise per l'appellativo. Tra le braccia di
quell'enorme donna chiacchierona si sentiva stranamente a casa e a suo
agio.
- Dicevo, bambina mia, che l'anno scorso, quell'energumeno
del padrone …
- Norma!
- Se dici un'altra parola, signor Nibbles, giuro che ti
lascio a secco di torta per una settimana!
Il signor Nibbles tacque contrariato, e per esprimere
meglio il suo dissenso se ne andò a
bofonchiare in un angolo, lasciando Norma padrona del campo.
- Dunque dicevo … quell'uomo è un vero diavolo!
- Chi, il signor Nibbles? - chiese Eileen con vivo
interesse. Per un istante parve essersi anche dimenticata di tutti i
suoi guai.
- No, no - sorrise la signora Nibbles - Nigel è solo un
vecchio pappagallo. Un pappagallo che amo alla follia - e qui abbassò la voce - ma
che bisogna saper tenere a freno. Non hai
idea di quanto possa essere un vecchio brontolone certi giorni!
- Chi è brontolone? - fece il signor Nibbles.
- Non te ne stavi nel tuo angolo, Nigel? E allora fammi il
favore di rimanerci!
Ad Eileen scappò
da ridere.
- Ma santo cielo! - fece la signora Nibbles - non ti ho
ancora fatto sedere.
Dopo un istante Eileen aveva davanti una fetta di torta e
del thé. Solo quando si fu assicurata che avrebbe cominciato
a mangiare, la
signora Nibbles riprese.
- L'anno scorso quel pazzo del signor Thompson aveva una
bella fidanzata. Una ragazza di buona famiglia, a quanto mi dicono. Una
bella
ragazza, pare proprio, sorella di un suo compagno di affari di Londra.
Insomma,
avevano già quasi fissato le nozze, quando lui ha deciso di
scomparire. Così, su due
piedi, ma si può?
E' sempre stato un ragazzo ombroso, ma adesso … insomma,
all'ultimo minuto ha
deciso che doveva fare un viaggio. Andare in India, prima di sposarsi.
Ed ha
piantato in asso tutti quanti. Me, Nibbles, Foster, tutti quanti
…
- Che c'entra adesso Foster? - fece eco il signor Nibbles
dal fondo della stanza. Stava provando ad accendersi la pipa con un
lungo
fiammifero ricurvo - Foster è feccia, che c'entra con noi?
Norma si fece incandescente.
- Signor Nibbles! Ti impedisco di parlare così di Foster! E'
una brava persona e …
- E' una canaglia, altro che brava persona. Devi sapere,
bambina cara, che …
- Ti impedisco di parlare alla bambina dei tuoi stupidi
deliri di vecchio!
Andarono avanti ancora un po'. Ad Eileen parve di capire,
dalle battute acide che si scambiavano, che un tempo Foster era stato
in
concorrenza per la mano di Norma.
- Era innamorato di voi? - sorrise.
Norma diventò
rossa come un peperone, e il signor Nibbles dal fondo fischiettò.
- Altroché, cara. Lo era come una pera cotta. E lo
è
ancora, il vecchio sporcaccione. Sono passati quarant'anni, ma la
canaglia è
ancora lì che fa la
posta alla preda! Pensa che l'altro giorno …
Nel quarto d'ora successivo, tra le vivaci proteste di
Norma (e anche qualche sorriso civettuolo), Eileen venne a sapere da
Nibbles
che in gioventù, in quella casa c'era stata una gran
competizione per la mano
dell'attuale signora Nibbles. Pare che le sue belle braccia tornite e
le sue
guance rosse di pesca avessero fatto trepidare, oltre ai cuori del
signor
Nibbles e di Foster, anche il nonno dell'attuale padrone, e che la
moglie fosse
stata sul punto di scacciarla di casa, per questo. L'ultimatum era che
se ne
andasse, o restasse dopo essersi sposata con qualcuno. Così tra i giovani
Nibbles e Foster, il grasso e il magro, il
basso e l'alto, il ricciuto e il biondo era sorta e deflagrata una
contesa che
durava tutt'ora. Non fu possibile ad Eileen stabilire come avvenne la
scelta
finale, perché insomma Norma sposò
il signor Nibbles. Vennero prima interrotti da Elizabeth che tornando
dal
mercato aveva appena saputo le nuove notizie dal cocchiere. Entrò come una
freccia dalla porta e si gettò ai piedi di
Eileen. Pianse molto, singhiozzando
inginocchiata e circondandole la vita con le mani.
- Non ve ne andate, non ve ne andate, signorina! Il mondo
fuori è così brutto e
pauroso … restate con noi, restate sempre e non
andate via, ve ne prego!
Eileen, commossa profondamente dalle parole di Elizabeth
volle tirarla su a sedere accanto a lei. Solo quando l'ebbe
tranquillizzata che
per quel giorno non sarebbe andata da nessuna parte, Elizabeth smise di
piangere.
- Allora resterete con noi? - chiese con un sorriso
incerto.
Eileen scosse la testa.
- Non lo so, il signor Thompson sarà molto arrabbiato
…
Prima che avesse il tempo di finire, anche Noah comparve
sulla porta, reggendo in mano la cassetta dei suoi amici.
- Ho saputo che non te ne vai! - sorrise raggiante - Creamy
sarà molto felice di saperlo! Non
gli andava affatto a genio che tu … ehi, ma che ho detto?
Eileen stava di nuovo piangendo. Non sapeva sera la
felicità di trovarsi tra quegli sconosciuti che le stavano
tutti intorno come
amici o per l'angoscia del futuro e la tristezza di essere stata
abbandonata da
suo padre. Sapeva solo che stava piangendo, e come a volte succede in
questi
casi, il dolore che le sgorgava con le lacrime sembrava liberarle
qualcosa che
sentiva incastrato in fondo al petto.
@Tutti: Grazie
ancora tantissime dei commenti che mi lasciate! Purtroppo stavolta vado
un po' di fretta, e nonostante mi sia ripromessa di postare con
regolarità per mantere il ritmo narrativo, non so se - causa
esami - riuscirò a farlo di nuovo prima del week
end o dell'inizio della prossima settimana. Nel frattempo vi lascio
questo capitolo, sperando che vi piaccia e che inserisca qualche nuovo
spunto nella strana trama che si sta tessendo ...
Nel frattempo leggerò con assoluta attenzione, come
sempre, tutti i commenti/critiche/suggerimenti che vorrete
lasciarmi: per farmi perdonare del tempo che non sono riuscita a
dedicarvi questa settimana, la prossima volta prometto che
risponderò dettagliatamente a tutti, uno per uno;
e nel frattempo penserò intensamente a
nuovi colpi di scena! Un bacione, come sempre, V.
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Capitolo 8 *** Capitolo Ottavo - Visite ***
- Capitolo Ottavo -
Visite
E fu
più o meno in questo modo che Eileen entrò nella vita
del palazzo.
Visto che non aveva dove andare, fu deciso che sarebbe
rimasta. Il Signor Thompson dette il suo assenso, ma fece dire - era
ancora
molto arrabbiato e non volle parlarle di persona - che sarebbe stato
meglio se
Eileen si fosse trovata una stanza diversa da quella che occupava
adesso.
- Aspetto a breve visite, e quella stanza è la migliore
della casa - disse a Foster, e Foster riferì
in cucina, tra le occhiate di disprezzo di Nibbles e i sospiri della
signora
Nibbles.
- Non preoccuparti, bambina, ti troveremo un'altra stanza!
Vero che glie la troveremo, signor Foster? Le troveremo la
più bella del
palazzo! - così dicendo Norma
strizzò
l'occhio al maggiordomo, senza farsene accorgere da Nibbles.
Foster diventò
rosso, dalla punta delle scarpe alla cima della sua lunga e
aristocratica
fronte. Non disse niente, ma da quel che bofonchiò,
Eileen capì che c'era
qualcosa sotto. Per il momento preferì non indagare.
Nel pomeriggio le fecero fare il giro ufficiale della casa.
Il Signor Thompson era andato in città, così
avevano tutti campo libero. Dalla cucina partì
una comitiva composta dalla signora Nibbles che faceva strada insieme a
Foster,
Eileen a braccetto con Elizabeth, Noah che saltellava sulla ghiaia
cercando di
non sballottare troppo Creamy e gli altri insetti dentro la loro
scatola, e il
signor Nibbles, nero come una nuvola e estremamente corrucciato
perché sua
moglie era davanti col rivale.
- Questo è il giardino nord, bambina mia - spiegava intanto
la signora Nibbles - intorno all'edificio principale ce ne sono almeno
altri
due, uno grosso quasi quasi quanto questo in cui il nonno dell'attuale
padrone,
il signor Eleazar, piantò il roseto
più bello del
paese. Mi ricordo che una volta …
- Il signor Eleazar avrebbe fatto meglio a curare di più le
sue rose e tenere più a posto le mani - bofonchiò
Nibbles dall'ultima posizione. Foster lo guardò con
disgusto.
- Il signor Eleazar, dicevo - riprese Norma come se ad
interromperla fosse stato nient'altro che il ronzio di una zanzara - il
signor
Eleazar era un gentiluomo vecchio stampo. Curava personalmente le sue
rose.
Quando era piccolo, anche il signor Thompson aiutava suo nonno in
giardino. Non
ti immagini quanto era grazioso, con quella testolina piena di ricci e
quelle
guance, che sembrava un angelo! Suo nonno stravedeva per lui, e gli ha
lasciato
praticamente tutto.
- Non ha fratelli, il Signor Thompson? - chiese Eileen.
Norma, Foster e il signor Nibbles, scossero precipitosamente
la testa, all'unisono.
- Aveva un fratello minore - spiegò Norma - ma
è morto di scarlattina a quattro anni. Sua
madre non si è più ripresa, e dopo qualche mese
morì anche lei. Il
padre del signor Thompson, invece, morì quando il
piccolo aveva sedici mesi. Era imbarcato come
ammiraglio in una nave, e dei pirati malesi … poverino.
Eileen tacque, disorientata dalla quantità di disgrazie che
erano capitate al signor Thompson. Anche lei non aveva mai praticamente
conosciuto sua madre. Era
sempre vissuta
con suo padre, e sapeva cosa significava guardare gli altri accarezzati
da una
madre e non sapere che cosa si prova.
Quei pensieri la riportarono alla sua triste situazione.
Norma dovette accorgersene perché la prese sotto il braccio
e volle a tutti i costi
farle vedere l'uccelliera dove Thompson teneva anche un pavone. Quando
ebbero
attraversato il giardino entrarono nell'ala principale del palazzo, e
là fu
Foster a mostrare ad Eileen le principali sale del palazzo: la sala da
thé e
quella da biliardo, quella da fumo e quella, grandissima, che serviva
per le
feste occasionali.
- Una volta - chiosò
Norma sorridendo - c'erano feste quasi tutti i mesi. Il signor Eleazar
e sua
moglie erano i signori più brillanti del vicinato. Quando al
signore o alla
signora veniva voglia di vedere un po' di gente e stare allegri, il
signore
suonava il campanello.
- 'Giovedì prossimo
abbiamo ospiti,
Norma' - mi annunciava, sorridendo con quel sorriso magnifico che aveva
e che gli
faceva brillare tutti i denti. Io allora scendevo in cucina e avvertito
di
corsa tutte le altre: era una festa, una festa preparare le sale, i
banchetti,
le luci e far venire i musicisti da Londra. Per una settimana la casa
risuonava
delle nostre risate, e del profumo di dolci e delle stoffe e degli
argenti che
la signora ci faceva tirare fuori dagli armadi per metterli tutti in
bella
mostra. Ti assicuro, bambina, che non c'era cosa più bella
al mondo che
preparare quelle feste.
- C'erano molti invitati?
- Una marea! E pensa che la sera, quando tutto era stato
messo a punto a dovere, il signor Eleazar ci permetteva addirittura di
scendere
per un po' e mescolarci una mezz'ora agli invitati. Era quando
cominciavano ad
arrivare, subito prima di servire la cena. Non mi dimenticherò mai la prima
volta che un duca, scambiandomi per una nobildonna,
mi chiese di ballare con lui la prima polca della sera …
- Anche il signor Eleazar ti ha chiesto di ballare, una
volta. Il giorno prima che sua moglie decidesse che era molto meglio se
facevi
le valigie o ci sposavi … cioè, volevo dire, mi sposavi!
Foster alzò un
sopracciglio e Norma fece finta di niente.
-Il signor Nibbles, non è molto poetico - sussurrò ad Eileen -
Non dargli
retta bambina mia, ormai questa casa si è riempita di vecchi
brontoloni - così dicendo guardò
tutti e due, e tutti e due arrossirono - ma una volta c'era pieno di
gente, di
gioventù, di vita. Certo, da quando la sorella
del…
- Norma! Attenta a quelle rose che hai davanti!
La signora Nibbles fece un salto indietro, spaventata.
Nibbles la stava fulminando con lo sguardo, ma si riprese subito.
- Oh, cielo, Nibbles, per poco non finivo dentro questo
cespuglio di rose! Comunque, bambina mia - concluse in fretta
riaggiustandosi
il grembiule - un
tempo qui ci si
divertiva di più, non come adesso che siamo tutti vecchi e
il Signor Thompson
non si cura di niente. E' sempre in giro per il mondo, e quando torna
si chiude
a giornate nel suo studio, e il resto basta.
Continuarono a chiacchierare anche mentre salivano al piano
di sopra. Là fu Elizabeth a mostrare ad Eileen le principali
stanze, lo studio,
la galleria dei ritratti, la biblioteca …
- Questa la conosce anche troppo bene - scherzò Nibbles, e
tutti risero. Eileen si guardò intorno un
tantino spaesata e alla fine rise anche lei.
La visita fu molto piacevole. Alla fine del giro Norma
prese per un braccio Foster e lo tirò
davanti a una porta alla fine del corridoio.
- Che ne dite, signor Foster, se dessimo alla ragazza
questa stanza, per dormire? E' disabitata da anni, ma penso proprio che
potrebbe piacerle …
Il signor Foster fece una faccia strana, a metà tra la
voglia di compiacere Norma e la paura di qualche grosso guaio. Si guardò intorno un
paio di volte.
- Norma, lo sai che … - sussurrò.
La signora Nibbles gli assestò
una gomitata.
- Come dite, signor Foster?
- Ehm … vi facevo presente, signora Nibbles, che forse non
è una grande trovata assegnare alla ragazza questa stanza.
E' fredda e spoglia,
e poi, d'inverno ci sono molto spifferi e rumori …
perché non metterla in una
più comoda? Ci sono alcuni appartamenti, nell'ala ovest, che
penso proprio
potrebbero essere più …
- Oh, avanti, Foster. Sempre con le vostre lagnanze. Alla
ragazza piace questa stanza, e avrà questa stanza, sul mio
onore! Vero, cara?
Eileen, che non l'aveva ancora vista, sorrise.
- Non posso sapere se mi piace … non sono ancora entrata.
- Oh, santo cielo! Fatele strada, Foster, avanti, fatele
vedere! Certo che ormai siete proprio rimbambito!
Travolto da quel fiume di parole, Foster frugò con le mani
in una tasca
del suo lunghissimo spolverino scuro e ne trasse un mazzetto di chiavi
tenute
insieme con un nastro di raso.
- Siete sicura, Norma, che …
- Avanti, signor Foster, se sento un'altra storia giuro che
lascio senza torta anche voi!
Qualche
ora dopo Eileen era insediata comodamente dentro la
sua stanza. Entrando aveva subito notato una certa aria desolata, come
fosse
appiccicata alle pareti. C'erano due vecchi ritratti di dame, qualche
pizzo
stinto alle spalliere delle poltrone e una coperta che una volta doveva
essere
stata molto bella. La camera in sé e per sé
spirava una specie di aria funebre,
anche se Eileen non avrebbe saputo dire come. Però era
silenziosa, confortevole e raccolta, di una bellezza
tutta misteriosa. Si avvicinò alla finestra, e provò
a guardare nella sera dai vetri opachi. Capì all'istante
perché la
signora Nibbles aveva voluto darle quella stanza, e non una delle altre
infinite che costellavano il piano centrale. Quella, per la particolare
disposizione dell'ala in cui era situata, dava sopra il giardino di
rose del
signor Eleazar, il nonno dell'attuale Signor Thompson. Nel buio che
cominciava
a scendere i contorni del giardino sfumavano, ma in compenso sembrava
che gli
odori acquistassero una pienezza insolita, quasi carnale. Trapassavano
i vetri
come dita. Sorrise tra sé, era strano che le venissero certi
pensieri.
Accostare le rose alla carne? Non fece in tempo a chiedersi il
perché che sentì bussare alla porta. Era
Elizabeth.
- Vi ho portato un po' di biancheria pulita - sorrise - ci
sono degli asciugamani, e le lenzuola di bucato per il letto.
- Sei gentile. Vuoi che ti aiuti a riporle?
- No, no, no. Per carità signorina, non scherzate. Una
signora come voi … lavorare!
Eileen rise di gusto.
- Guarda che con mio padre, in viaggio, mi è capitato di
dover lavare più volte …
Ma si interruppe. L'accenno a suo padre le aveva riportato
alla mente pensieri tristi. Era tutto il giorno che provava a tenerli
lontano,
ma prima o dopo avrebbero per forza dovuto riaffacciarsi.
- Mi dispiace - mormorò Elizabeth.
- Anche a me - sorrise Eileen, cercando di trattenere la
lacrime.
La piccola cameriera aveva ancora le mani ingombre di
biancheria. Era evidente che non sapeva che fare.
- Facciamo il letto? - propose Eileen. E fu contenta di
avere qualcosa di cui occuparsi. Quando scostarono il piumone videro
che in
effetti non solo le lenzuola, ma anche il materasso erano andati.
Completamente
ingialliti e percorsi da una sottile trama di buchetti.
- Le tarme - sospirò Elizabeth.
- Eh, già.
Tutto il quarto d'ora successivo fu impegnato a porvi
rimedio. Prima di tutto tirarono via il materasso, fecero un fagotto
delle
lenzuola e le misero in un angolo.
- Queste vanno bruciate - spiegò Elizabeth - se le laviamo
con le altre finiranno per infestare tutto quanto.
Poi scossero bene il materasso, e ci misero sopra un
lenzuolo.
- Solo per questa notte, stasera diciamo al signor Nibbles
se domattina ve ne scova un altro. Non potete certo stare con questo
tutta la
vita!
Eileen sorrise, davvero rinfrancata. Era difficile trovare
qualcuno che avesse a cuore così il suo benessere da volerla
con sé tutta la vita.
- Perché non ci diamo del tu, Elizabeth? - Chiese
mettendole una mano sul braccio. La cameriera arrossì da
morire.
- Perché voi siete una signora e io … e io non
sono niente,
signorina.
Eileen scosse la testa, sprimacciando il cuscino che teneva
tra le braccia.
- Adesso siamo pari, Elizabeth. Non ho più un soldo e il
fatto che sia costretta a stare qui soltanto perché non so
dove altro andare
non migliora certo la situazione. Non credo di potermi più
concedere il lusso
di un appellativo del genere.
Elizabeth aprì e chiuse la bocca. Eileen andò
alla finestra.
- Non voglio restare in questa casa senza avere niente da
fare. E' mia intenzione chiedere al signor Thompson il permesso di
rendermi
utile, sempre che mi permetta di incontrarlo di nuovo. Dopo quello che
ho fatto
stamattina …
- Oh, non preoccupatevi, signorina. Il Signor Thompson è
molto burbero, ma …
- L'ho chiuso a chiave in biblioteca. Nella sua biblioteca.
Non credo che me lo perdonerà.
Restarono un poco in silenzio. Elizabeth che cincischiava a
spianare pieghe invisibili al muovo copriletto, Eileen a fissare fuori
il buio
che ormai incombeva su ogni cosa.
- Non ho più niente - mormorò, quasi a se stessa.
E in quel momento, come fosse spuntato
da una nube di rancore e di incertezza, vide suo padre avvolto in un
mantello,
alla posta di una locanda, forse, in quella sera così
fredda, silenziosa e
gelida. Chissà se era anche solo un po' pentito per come
l'aveva lasciata, in
quella casa, alla mercé di un uomo da cui era subito
riuscita a farsi odiare.
Non c'è che dire, disse a sé stessa, il modo in
cui aveva trattato il Signor
Thompson era quanto di più vergognoso una ragazza potesse
fare a un uomo. Ma
anche lui, a dirle quelle cose ...
- Andiamo a cena? - chiese un po' incerta Elizabeth - la
signora Nibbles ha preparato delle ottime tartine, e penso proprio
…
Ma non fece in tempo a finire. Alla porta si sentì bussare
discretamente.
Foster attese che Eileen comparisse sulla soglia della porta.
- Il signor Thompson chiede quando intendete recarvi a
cena. Ha fretta, e non vorrebbe fare troppo tardi.
Eileen fisso sbigottita il maggiordomo.
- Il Signor Thompson cosa?
- Vi aspetta a cena nel salone di ieri sera - ripeté Foster
come stesse spiegando
ad un bambino che la terra è rotonda. Con assoluta e ferma nonchalance.
- Ma, io, non so se …
La verità era che Eileen era avvampata. Dentro di
sé si
sentiva morire. Dopo quello che aveva fatto la mattina si aspettava che
il
signor Thompson non volesse vederla mai più, o per lo meno
per molto molto
tempo. Del resto quel pomeriggio le aveva chiesto di cambiare camera,
perché
aspettava ospiti, ed Eileen aveva già messo in conto di
sparire, mimetizzarsi
con la tappezzeria della casa per dare meno fastidio possibile nei
prossimi
giorni. E adesso il signor Thompson la chiamava?
Scosse la testa, un po' disorientata.
- Che cosa devo dire al signore? - chiese Foster senza fare
una piega. Eileen non riuscì neanche a pensarci. Le parole
le uscirono di bocca prima
che riuscisse a trattenerle.
- Dì
al Signor Thompson che se mi vuole a cena può venire a
cercarmi da solo.
Dopo di che chiuse la porta in faccia a Foster. Non sapeva
che cosa le prendeva. E neanche voleva saperlo.
Si voltò verso Elizabeth
che era rimasta impietrita a guardarla.
- Non
è ora di andare in cucina? - chiese - probabilmente sono
già tutti a tavola.
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Capitolo 9 *** Capitolo Nono - Oscurità ***
-
Capitolo Nono -
Oscurità
- Vorrei
rendermi utile in casa, signora Nibbles.
Ci mancò poco che la
signora Nibbles si strozzasse col cucchiaio di
zuppa che aveva appena messo in bocca. Era una zuppa molto buona, fatta
di
cavolo verde e legumi, con pezzettini di pancetta e carote.
- Tu fare cosa, bambina mia?! Non è possibile. I servi
lavorano bambina, e i padroni fanno le loro cose: leggere, divertirsi,
andare a
spasso, da che mondo è mondo. Lavorare! Che idea assurda ti
è venuta, angelo
mio?
Gli altri, intorno alla tavola assentirono vigorosamente. Mancava
solo Foster che prima serviva la cena al padrone.
- Ma io non sono più padrona di niente, signora Nibbles -
protestò Eileen. Tutti
scossero la
testa, dispiaciuti.
- Non c'entra niente, cara - spiegò Norma - una
volta che uno
nasce signore, signore rimane per sempre. Non può lavorare,
capisci … sarebbe un disonore, una follia!
- Prendi ad esempio me - si intromise Nibbles - io non sarò nato signore,
però …
- Bada al tuo piatto, Nigel. Bartleby sta cercando di arrivarci.
Bartleby era un grosso cane barbone che apparteneva un po'
al signor Nibbles e un po' a Noah. Lo avevano trovato un giorno davanti
alla
porta del cancello, tutto ammaccato e pieno di rogna, e da allora se ne
erano
occupati curandolo a turno un po' per uno. Avevano dovuto pregare
molto, ma
alla fine la signora Nibbles aveva acconsentito a farlo stare un in
casa almeno
quando fuori pioveva. Soprattutto adesso che la rogna se ne era andata.
In quei
frangenti Bartleby spesso tentava di pescare qualcosa da mettere sotto
i denti,
ma aveva una speciale predilezione anche per i pantaloni di Foster.
Sembrava
quasi che la facesse apposta. O che qualcuno ce lo avesse addestrato.
- Insomma, bambina mia, niente lavoro, non se ne discute
neanche! - riprese Norma, un po' addolcita - Non
è possibile capisci? E poi cosa direbbe il
signor Thompson, ci hai pensato?
- Il signor Thompson non dirà proprio nulla - annunciò Foster
entrando e
salutando con un sorriso smagliante la zuppiera al centro della tavola
- Zuppa
di cavolo? - odorò,
con le sue belle narici aristocratiche - Oh, signora Nibbles, era
esattamente
quel che ci voleva, con questo tempo!
E così
dicendo piegò
le lunghe gambe sotto il tavolo, stirò il tovagliolo
con garbo e si rimboccò le maniche.
- Lecchino - bofonchiò Nibbles con
gli occhi al piatto - lecchino e anche
bugiardo! A Foster la zuppa non piace.
Ma Norma lo ignorò, le
interessava molto di più quello che il maggiordomo
aveva appena annunciato.
- E perché non dovrebbe dire niente? Ci sono forse
novità che
non conosco?
Il signor Foster, tirando su il cucchiaio con un gesto
elegante della mano, annuì.
- Domattina andrà via molto presto. Dice che deve recarsi a
Londra per affari e non sa bene quando tornerà.
Starà via per una decina di
giorni.
- E quell'ospite che aspetta in settimana?
- E' un suo amico di Londra, un tenente o un maggiore, se
non sbaglio. Se arrivasse prima del suo ritorno, il padrone ha detto di
ospitarlo e di assegnargli la stanza accanto alla sua.
- Non quella sul davanti della casa? - si meravigliò Norma - Ma se
ha fatto
spostare la bambina per metterci quel suo buzzurro d'ospite! Cose
dell'altro
mondo.
Eileen - ormai per Norma ufficialmente 'la bambina' - fece
un sorriso e spiegò
che lei si trovava anche meglio nella sua nuova sistemazione.
- Ci credo bene, signorina, quella era la stanza più bella
del palazzo, non per niente era la camera di …
- Signor Nibbles, attento al vostro piatto!
Il signor Nibbles si voltò verso
Bartleby, che lo guardava con occhi innocenti dal
pavimento.
- Il cane non ha proprio fatto niente! Non ci stava neanche
provando! - protestò.
Ma la conversazione era ormai deviata altrove.
- Io non ci trovo niente di male se Linny ci aiuta col
lavoro! - esclamò
Noah contento - Potrebbe venire con me in giardino, e aiutarmi con la
terra per
le aiuole …
- Neanche per sogno! - si scaldò Norma - una
signora non
traffica con la terra delle aiuole!
Andarono avanti a discutere ancora per un po'. La signora
Nibbles fieramente contraria a qualsiasi tipo di occupazione per Eileen
che non
fosse il ricamo o il pianoforte, Nibbles e Noah che confabulavano sulla
grande
utilità di due braccia di rinforzo in giardino, Foster che
sorbiva la zuppa
apparentemente estraneo al baccano, ed Elizabeth che non sapeva che
dire. Alla
fine la misero ai voti.
- Favorevoli a che non lavori?
Solo Norma alzò la mano
convinta. Poi girò gli occhi
fulminando Nibbles che allungava cibo
a Bartleby guardando da tutt'altra parte, ed
Elizabeth che era molto occupata a fissare una macchia sul tavolo.
- Oh, meno male, almeno voi, signor Foster! - Foster infatti
aveva alzato la mano, dopo un primo momento di esitazione.
- Giuda - sibilò Nibbles tra i
denti.
- Contrari?
Noah alzò di scatto la
mano, seguito da Nibbles e da Elizabeth, che
lo fece con una certa titubanza, e si scusò con un
sorriso:
- Bisogna sempre compiacere i padroni …
Eileen scattò in piedi
felice e le strinse la mano, sorridendo. Poi la
strinse anche a Noah e a Nibbles. Quest'ultimo le fece una strizzata
d'occhio.
- Allora è deciso! Domattina la ragazza comincia a lavorare
con noi in giardino!
- Ma se piove! - protestò Norma - La
ragazza potrà darvi una mano, ma solo in
cosucce riposanti: può
spolverare qualche mensola, aggiustare i vasi nei fiori, aiutarmi con
la glassa
dei biscotti …
- Spostare le casse! Se piove sposteremo le casse che ha
portato il padrone dall'India - esclamò Nibbles -
vero Foster? Sono giorni che ingombrano
l'ingresso. Se abbiamo ospiti bisognerà farle sparire
…
Foster annuì, convinto.
- In effetti il padrone mi ha detto che andrebbero aperte e
sistemate …
- Allora è deciso! - esclamò Nibbles -
Bambina, domattina io te e Noah avremo parecchio
da fare, e chissà che non ci scappi una scoperta! Sono
proprio curioso di
sapere cosa ha portato il padrone dal suo viaggio!
Eileen sorrise felice, e Noah cominciò a saltellare.
Norma
fulminò
Foster con lo sguardo, e troppo tardi il maggiordomo si accorse che
forse
avrebbe fatto meglio a stare zitto. Spostare casse e disimballare
oggetti non
era proprio lavoro per signorine.
Tornata
in camera
dopo cena mentre fuori infuriava il nubifragio, Eileen ebbe un bel da
fare per
rassicurare Elizabeth che non aveva più bisogno di nulla.
Con la candela che
tremolava incerta, la piccola cameriera esitava.
- Siete sicura che non volete che vi faccia compagnia,
almeno per questa notte? Potrei dormire qui sulla poltrona, o sul
tappeto, o …
dove volete. E' la vostra prima notte, forse sarete spaventata, e
pensavo … -
un lampo squarciò
il cielo con uno schianto, ed Elizabeth balzò indietro
terrorizzata. Eileen le sorrise.
- Stai tranquilla, saprò cavarmela benissimo con questo
… concerto per trombe del
Giudizio!
Anche Elizabeth abbozzò un sorriso, ma i suoi occhi
correvano inquieti dalla
tappezzeria che sfumava nell'ombra alle enormi finestre. Dietro i vetri
la
tempesta sembrava spingere come una marea di melassa.
- Allora, se siete a posto, signorina, io ... - ma continuava
a restare sulla porta, senza riuscire a decidersi a tornare nella
perfetta
oscurità del corridoio. Eileen capì, e la prese a
braccetto.
- Ripensandoci, penso che mi andrebbe di fare una piccola
passeggiata. La zuppa di cavolo era buona, ma anche parecchio
sostanziosa … ti
riaccompagno di sotto, alla tua stanza. Fare le scale serve per
digerire!
Elizabeth le sorrise, grata. Stavolta non cercò neppure di
schermirsi e
accettò
volentieri il conforto del braccio della sua signora,
come l'avrebbe definita lei.
Scesero le scale chiacchierando, al lume di un'unica
candela. Un paio di volte i tuoni le fece sobbalzare, ma Eileen
chiacchierava
amabilmente, e non ci fecero caso. Una volta giunte alla porta della
stanza di
Elizabeth, la cameriera fece per ridarle la candela.
- Ne hai un'altra, in camera? - chiese Eileen.
- Oh, veramente … veramente penso di no.
- Allora tienila.
- Oh, signorina, grazie! Ma … ma voi?
- Non preoccuparti, Lizzy, in camera ci sono altre candele
nell'armadio. Le ho viste oggi mentre mettevo a posto i miei vestiti. E
per
salire … ho passato la mia vita in viaggio, non sai quante
passeggiate al buio
ho fatto su e giù per il mondo!
Così
dicendo le strinse la mano e la lasciò per ritornare
indietro.
Elizabeth non fece in tempo a dire altro che era già
scomparsa, così chiuse
la porta, sospirando. Non le piaceva che la signorina girasse da sola
di notte per
le stanze lunghe oscure di quel maniero antico. C'erano cose
stranamente
incomprensibili che si annidavano negli angoli oscuri. C'erano storie
che le
aveva sentito smozzicare da Nibbles a mezza bocca, quando credeva che
nessuno
lo sentisse a parte il cane, c'erano nuovi e più oscuri
misteri di cui ancora
non capiva il senso.
C'erano
cose, lassù, che si muovevano. Le aveva sentite,
certe volte. Ma non aveva il coraggio di parlarne. In quella casa lo
sapevano
tutti, ma nessuno ne parlava mai.
@Columbine:
Come
mia commentatrice più fedele, devo dirti
che ogni volta aspetto con ansia il tuo parere: le tue ultime
recensioni mi
sono state molto utili per aggiustare un po' il tiro dal punto di vista
stilistico
e capire che cosa può
piacere cosa no. Mi sei di
grandissimo aiuto, quindi continua quando vuoi e … spero di
riuscire a lasciarti
sempre un po' con il fiato sospeso! Per quanto riguarda la coppia
Eileen/Thompsn
… beh, si accettano scommesse! J Alla
prossima, un bacio V.
|
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Capitolo 10 *** Capitolo Decimo - Lavori ***
-
Capitolo Decimo -
Lavori
- Hai visto
che bel tessuto, signorina?
Nibbles tirava fuori la roba dagli imballaggi, e ad ogni
cosa interessante commentava. Eileen tirò la testa su
dal pacco in cui stava rovistando lei: una
grossa cassa di legno che ingombrava metà dell'ingresso.
- E' molto bella signor Nibbles, però …
- Attenta, bambina mia, attenta!
Eileen per poco non cadette all'indietro.
- Che hai? - Nibbles le arrivò accanto
preoccupato.
- Niente, davvero signor Nibbles, niente - sorrise Eileen
mettendosi a sedere sul coperchio di una cassa dove le aveva fatto un
po'
spazio Nibbles. In quel momento l'ingresso, dove erano stati depositati
i
bagagli non ancora disfatti del Signor Thompson tornato dall'India,
sembrava
fosse stato appena travolto da un uragano. Dalle casse aperte
fuoriusciva ogni
genere di mercanzia, suppellettili, astucci, cappelliere, opere d'arte,
tessuti
e vasellame. Nibbles glie li faceva notare ad uno ad uno, orgoglioso
del buon
gusto del padrone in fatto d'arte.
Adesso però era
preoccupato.
- Forse abbiamo esagerato col lavoro? - chiese sedendosi
accanto a lei. Eileen scosse la testa, e tentò di rialzarsi.
- Sto benissimo, davvero signor Nibbles. Solo che stanotte
…
- Stanotte?
- Stanotte non ho dormito molto bene. C'è stato il
temporale e tutto quel … trambusto deve avermi scosso un
po'. Nient'altro.
Nibbles le lanciò uno sguardo
da sotto le sopracciglia cespugliose.
- Trambusto. Ti riferisci a fulmini e tuoni.
Eileen lo guardò per un
istante.
- A fulmini, tuoni e … signor Nibbles, permettete una
domanda?
Nibbles sorrise, e l'ombra di un istante prima parve
essersi eclissata del tutto.
- Tutto quello che vuoi, mia cara.
Eileen trasse un respiro profondo.
- Signor Nibbles … il Signor Thompson suona il violino?
Non era una
domanda fatta a caso. La sera prima,
attraversando al buio il corridoio per tornare nella sua stanza, Eileen
aveva
sentito a un tratto di nuovo il suono del violino. La musica era quasi
sommersa
dagli scrosci della tempesta contro le vetrate, ma era comunque
percettibile.
Eileen, camminando avanti e con la mano appoggiata alla parete - andava
bene il
senso dell'orientamento, ma quella casa le era quasi sconosciuta - si
era
fermata un istante in ascolto. Era la stessa musica della sera prima,
lo stesso
lamento armonioso e flebile, che ora lottava contro la tempesta.
Sembrava una
voce di donna che non volesse farsi sopraffare, una voce che tenace
continuava
a penetrare a singhiozzi dalle mura, a sovrastare l'impeto del
temporale, a
pervadere ogni più piccolo angolo del corridoio, fermandosi,
ricominciando e
poi fermandosi di nuovo.
Eileen ascoltava rapita quello strano e tempestoso concerto
di fuoco e anima, di acqua, dolcezza e lamento, e quasi senza volerlo
tendeva
le orecchie per capire da dove provenisse la musica. La sera prima,
sempre a
quel piano, l'aveva sentita dal balcone che si affacciava sul giardino
dal
salotto. Adesso sembrava che fosse al piano di sopra, ancora e ancora,
ma si
muovesse, andasse avanti e indietro seguendo le onde del temporale, gli
scrosci
della pioggia i movimenti della tempesta che le respirava insieme.
Eileen mosse un passo, e poi un altro. La musica le
accendeva nel petto qualcosa di misterioso e informe, qualcosa di
inumanamente lugubre,
lamentevole, come una disperata richiesta d'aiuto. Non si accorse di
aver
superato la porta della sua stanza. Si trovò in fondo al
corridoio, ai piedi di un'ampia scalinata che
sembrava coperta di velluto come tutto il resto. La notte incombeva
dovunque, e
lei non era mai salita al piano di sopra. Ma la musica sembrava
chiamarla, la
implorava di avvicinarsi, le chiedeva un passo dopo l'altro, e un altro
ancora
di andarle incontro di …
Uno schianto al piano di sopra fece sobbalzare Eileen nella
completa oscurità. Poi un tramestio di passi concitati, una
sedia che si
spostava, una specie di grido soffocato, o almeno le parve. La musica
tacque in
quell'istante. Nel cielo era esploso un lampo schiantando di luce cieca
le
vetrate, una porta si aprì
al piano di sopra, sentì
un giro di chiave e poi dei passi che scendevano in fretta le scale.
Fece in
tempo ad addossarsi al muro che un'ombra alta scivolò accanto a
lei. Era
Thompson. Scendeva in fretta e furia le scale. Alla luce incerta delle
nubi che
si accalcavano fuori dai vetri riconobbe il suo profilo inquieto,
l'andatura, la
fretta e la collera. Vide che aveva i capelli scarmigliati, e che era
avvolto
in una lunga vestaglia da camera, scura come la notte. Eileen pregò che un altro
lampo non la
smascherasse in quel momento. Non accadde. Thompson passò come un
turbine inquieto senza
accorgersi di lei.
Scivolò lungo il
corridoio ed fu inghiottito dall'oleosa oscurità
del corridoio. Eileen ricominciò a respirare.
Per un istante le parve che Thompson si fosse fermato
davanti alla porta di camera sua. Ma fu un istante e poi sentì l'ultima
porta del
corridoio sbattere. Era quella della stanza di Thompson. Via libera pensò, e piena di
strani interrogativi
si affrettò a
riguadagnare la sua.
Il
signor Nibbles la guardò, perplesso. Poi scosse la testa.
- Non lo so proprio se suona il violino. Ma sei sicura di
aver sentito bene? A volte, la tempesta, sai, fa brutti scherzi. Pensa
che una
volta io e un mio amico tornavamo da Sligo … sai
dov'è Sligo?
- In Irlanda?
- Esattamente, proprio in Irlanda! Vedo che siete una
ragazza colta … sono Irlandese, di origine, io, e
…
- Mi piace leggere - si schermì Eileen. In effetti quello
per la lettura era più di un semplice piacere. Era una
passione vera e propria
- soprattutto romanzi, ma amo molto anche le storie e la geografia. Ma,
a
proposito di quel violino, signor Nibbles …
Non fece in tempo a finire la frase. Dalla porta d'ingresso
entrò
come un turbine Foster, trascinandosi dietro Noah per un orecchio.
- Cos'è successo? - scattò in piedi Nibbles.
- Niente che ti riguardi. Ho beccato il signorino mentre
cercava di infestare la dispensa con le sue bestiacce!
Così
dicendo storse più forte l'orecchio a Noah, che lasciò
sfuggire un gridolino.
- Ahi! Non è vero! Stavo soltanto facendo prendere aria a
Creamy! Era stato tutta la mattina chiuso e …
- Lo sai bene - fece Foster - che la signora Nibbles lo ha proibito.
Niente bestiacce, scarafaggi o simili dentro la sua cucina!
Eileen si avvicinò per cercare di mettere pace in quella
situazione.
- Signor Foster … se permettete, io …
Ma Nibbles era già davanti al maggiordomo.
- Molla il ragazzo, Foster. Non lo vedi che gli stai
facendo male.
Non solo Foster non mollò la presa, ma torse un po' di
più l'orecchio al ragazzino.
Noah diventò
color melanzana e cominciò a
piagnucolare piano.
- Ti ho detto di mollarlo, Foster.
- E io ti dico che non sono affari tuoi, Nigel.
- Nibbles. Per te io sono il signor Nibbles, chiaro?
Foster lo guardò dall'altro in basso.
- Come desiderate, signor scimmione-Nibbles. Ma adesso
togliti di mezzo che devo portare questo sciocco ragazzino …
Ma a Nibbles, che era basso ma largo almeno quattro volte
tanto Foster, non andò
giù l'appellativo di scimmione.
- Ripeti se hai il coraggio, carogna. Ma non qui, davanti
ai ragazzini. Vieni a dirmelo fuori, da uomo a uomo … oppure
sei così vigliacco da riuscire
solo a prendertela solo con un bambini? Eh, vecchio arnese arrugginito?
Rispondi!
A quel punto Foster mollò l'orecchio di Noah. Probabilmente
se il mondo fosse stato
pieno di Noah e di insetti, in quel momento, Foster neanche se ne
sarebbe
accorto. Era troppo occupato a digrignare i denti in faccia a Nibbles.
Eileen approfittò della situazione, e mentre i due erano
occupati a
fronteggiarsi fece un cenno a Noah, che in disparte si massaggiava
l'orecchio.
- Andiamo, vieni via - sussurrò. E Noah fu felice di
seguirla.
Sgattaiolarono via mentre nell'ingresso, tra casse di
tessuti e ammennicoli, cominciavano a volare parole grosse. Anche
Foster
sembrava aver perso il suo solito aplomb.
- Dove andiamo? - chiese divertito Noah. Era chiaro che gli
ultimi cinque minuti per lui erano stati uno spasso. A parte il dolore
all'orecchio, chiaro. Eileen gli fece cenno di stare in silenzio, e poi
di
soppiatto lo condusse su per le scale, fino in camera sua. Quando si fu
chiusa
la porta alle spalle, tirò
un sospiro di sollievo.
- Avanti, dimmi cosa hai combinato.
- Ma niente! - protestò Noah - Stavo facendo solo esercitare
Creamy …
- Esercitare?
- Ho bisogno di un posto in cui farlo. Sto preparando un
numero con le processionarie, due scarafaggi e Creamy. E' una bomba. Ma
non
posso esercitarmi in cortile, c'è il gatto!
- E allora sei andato in cucina.
- Ma la signora Nibbles era al mercato! Ti giuro, l'ho
fatto piano piano, senza dare fastidio a nessuno. Che se sapevo che
quella
corvo di Foster mi capitava addosso come un falco!
Eileen sospirò.
- Non puoi fare esercitare i tuoi scarafaggi in cucina. E'
una cosa poco pulita, mi capisci?
Noah fece una faccia tristissima.
- Non capisci, sono carini, e poi …
- E poi?
- … sono anche bravi!
Eileen rise di gusto, ma Noah non la trovava una cosa
affatto comica.
- Guarda che è vero! Aspetta che ora ti faccio vedere.
Così
dicendo prese la scatola e la posò sul pavimento. Poi trasse
di tasca un astuccio di quelli
che si portano a tracolla per mettere le lettere. Era piccola ma
conteneva
tutto il necessario: ne estrasse un bastoncino colorato, due
bandierine, e un
filo sottilissimo di quella che sembrava seta, due ditali e un grosso
rocchetto
di cotone.
- Dalla scatola dei fili del cucito della signora Nibbles -
spiegò -
non li ho rubati. Me li ha solo regalati Elizabeth. A lei non servivano
più.
Eileen si ricordò della grande passione di Elizabeth per il
cucito. Pensò che rovistando tra i suoi
bagagli avrebbe di sicuro trovato qualcosa per farla felice. Nei suoi
viaggi
aveva accumulato tanti di quei nastri, trine e fiocchi di cui non
sapeva bene
cosa farsi …
- Ora stai attenta!
Noah aveva aperto la scatola e disposto in fila i suoi
amici. Eileen vide che sul tappeto c'erano sei processionarie, pelose e
dall'aria tutt'altro che amichevole, due scarafaggi che si davano da
fare a
cozzare uno contro l'altro e Creamy, lo scarabeo cornuto che se ne
stava tutto
solo in disparte, molto impegnato a esaminare il tappeto. Noah, come il
domatore di un circo, impose il silenzio e sistemò le
processionarie ai loro posti, allineate su due file
rette. L'idea era di farle procedere allineate, in modo da creare
l'effetto di
una specie di piccola pariglia.
- Sto costruendo un cocchio con le noci. Quando sarà pronto
vorrei attaccarglielo, come se fossero dei piccoli cavalli.
- E gli scarafaggi? - chiese Eileen.
- Oh, quelli pensavo di metterli uno davanti e uno di
dietro, come cocchieri, capisci.
- Interessante. E hai già pensato a cosa far fare a Creamy?
Noah guardò il suo preferito con gli occhi inteneriti e
amorevoli con
cui di solito si guardano i gattini.
- Certo che sì! - sorrise - E questa è la parte
migliore, ma … te lo dirò a suo tempo. Adesso
stai
a guardare le prove.
Così
mentre Creamy gironzolava in un angolo cercando sempre un po' di
allontanarsi
(Noah aveva un bel daffare a ripescarlo e spigargli di stare vicino) e
gli
scarafaggi continuavano a cozzare uno sull'altro a piacimento, le
processionarie si esibirono nel loro percorso allineate. Beh,
veramente, dopo
qualche secondo cominciarono a rompere le file e andare ognuna dove gli
pareva,
ma Noah ogni volta le prendeva con infinito amore, riportandole sulla
linea
giusta del percorso.
- Si devono allenare ancora un po' - sorrise, un po'
incerto.
Eileen annuì.
- Sono sicura che possono migliorare a vista d'occhio.
Noah rialzò uno scarafaggio che era caduto sulla pancia ed
agitava in
aria le zampette, poi sospirò.
- Se avessi un posto per farle allenare, un posto sicuro,
voglio dire … altrimenti non miglioreranno mai.
Eileen considerò la cosa.
- Forse, se avessero una specie di pista … - meditò.
- Una pista?
- Una cosa da seguire, voglio dire. Con delle pareti, una
scatola. Qualcosa in cui possano andare solo in una direzione, e in
avanti.
Probabilmente questo servirebbe a far loro capire dove andare.
Noah la guardò come se avesse appena assistito a un miracolo.
- Una pista, hai ragione! Se avessimo una pista potremmo
costruirci dentro dei percorsi con i rocchetti e del filo, e una stalla
per
farli partire, e un traguardo …
Eileen si mise a ridere.
- Piano! Prima dobbiamo trovare qualcosa. Ci vorrebbe, ci
vorrebbe una specie di scatola! Aspetta, mi pareva di aver visto da
qualche …
Ma non finì la frase. Dei passi in corridoio. Un istante
dopo qualcuno
bussava alla porta.
- Nasconditi! - sibilò Eileen, - e prima che il ragazzo
potesse fare un passo,
l'aveva già spinto nell'armadio. Gli insetti però
erano rimasti a vagolare sul tappeto, in allegra e
inconsapevole innocenza. Bussarono di nuovo. Eileen fu presa dal
panico. Lei
odiava le processionarie, le odiava con tutte le sue forze. Non si
passa tutta
l'infanzia con bambinaie che ai giardini si mettono a gridare se le
vedono,
senza riuscire irrimediabilmente avversi a quelle povere creature
pelose. Ma
non c'era un istante da perdere. Vincendo il disgusto Eileen si chinò,
e le raccolse in fretta
e furia una per una. Poi le mise dentro la scatola e incoperchiandola
la spinse
sotto il letto. Si diresse alla porta.
- Potete aprirmi, signorina, sono Nibbles!
- Oh, Nibbles, siete voi! Pensavo …
- Pensavate che fossi Foster? - rise il vecchietto - Mi
fareste un grosso torto, perché…
Ma Eileen non aveva pensato a Foster. Per un istante, breve
quanto irrazionale, aveva pensato al Signor Thompson. Allo stesso che
la sera
prima si era fermato davanti alla sua porta. Come ora Nibbles.
- Cercavate qualcosa, signor Nibbles?
- Cercavo qualche scarabeo, madame,
e magari anche qualche pestifero addestratore di animali da
circo.
Eileen fu presa alla sprovvista.
- Io, signor Nibbles, non …
Il vecchio fece una specie di riverenza.
- Li riconosco a naso quelli che si farebbero incastrare
per proteggere qualcuno più debole di loro. Non mi serviva
niente, signorina.
Volevo solo accertarmi di avere visto giusto di voi.
Così
dicendo indicò
con un lungo dito paffuto un angolo della scatola che sbucava fuori dal
copriletto, poi fece un bell'inchino e scomparve.
Eileen chiuse la porta alle sue spalle. Ma non era ancora
girata del tutto che Noah era schizzato dall'armadio reggendo tra le
mani una
specie di grosso scatolone cilindrico.
- Guarda che ho trovato, guarda che ho trovato! - gioì tutto
fiero mostrandole
quella che a tutti gli effetti aveva l'aria duna vecchia cappelliera-
adesso sì che potrò costruire la mia pista!
Eileen dette un'occhiata all'oggetto. Non era suo ma giudicò
che fosse qualche antico
rimasuglio abbandonato. Visto che dentro non c'era proprio niente, pensò che non c'era
alcun male
se Noah lo utilizzava per il suo Circo.
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Capitolo 11 *** Capitolo Undicesimo ***
- Capitolo Undicesimo -
Novità
Passò qualche
giorno senza che
nulla venisse a turbare la quiete di Eileen. O meglio, in un angolo
della sua
testa vegetava la considerazione che qualcosa di strano doveva
succedere
intorno a lei, nel palazzo. L'incontro con Thompson quella notte, la
scontrosità di lui, gli strani suoni, il violino
… tutta la faceva pensare che
qualche mistero si annidasse su nella soffitta. O che comunque ci fosse
qualcosa che gli altri non volevano dirle. Ma dopo tutto erano affari
di
Thompson, e dopo la bufera di suo padre non aveva alcuna voglia di
agitarsi:
erano i primi giorni di maggio, la casa era tutta sua, senza Thompson e lei aveva solo voglia di
chiudere gli occhi
e stare al sole in giardino, così, senza
pensare a niente.
Le sembrava che dopo tutte le lacrime segrete, dopo il
tormento di dover stare rinchiusa come ospite in casa d'estranei, dopo
le
preoccupazioni e le sfuriate fosse subentrata in lei una gran voglia di
pace. E
andava per i lunghi vialetti del cortile, passeggiava, leggeva in
panchina
riscaldata dal sole del mattino. Ogni tanto aiutava il signor Nibbles a
fare
qualche piccolo lavoro, o sollevava la testa e vedeva Noah in fondo al
giardino
che incitava i suoi piccoli artisti. In cielo c'era il sole che
splendeva e
incominciava a lambire le camelie con i suoi raggi. Le mattinate si
facevano
più belle, lucide e fresche come acqua corrente: era un
piacere stare fuori e
sorridere ai passeri che giocavano sulla ghiaia.
Ogni mattina la signora Nibbles, prima di mettersi al
lavoro, le serviva in cucina una grande tazza di latte e fette di pane
abbrustolito. Eileen le rosicchiava così,
accanto alla finestra i cui vetri mezzi sommersi d'edera cominciavano a
risplendere del primo sole di maggio. Poi andava a vedere anche lei se
c'era qualcosa
che poteva fare. Di solito aiutava il signor Nibbles a dei piccoli
lavori in
giardino, e dava una mano a Noah catturando piccoli insetti per Creamy,
che era
ghiotto e anche piuttosto vorace. Così partiva di
mattina, o al tramonto, e batteva le aiuole
munita di un piccolo sacchetto di garza e di un retino per intrappolare
gli
insetti. Quando trovava qualche coccinella, o una zanzara un po' lenta
o una
cimice le metteva con attenzione nel sacchetto, e poi lo richiudeva con
un
filo.
Una mattina passeggiava nel giardino immersa proprio in
questa attività (Creamy
aveva bisogno di
un supplemento per essere in forma per il Circo), mentre Nibbles, poco
distante, potava una siepe di bosso. C'era un silenzio così perfetto
intorno a loro, così che quando
percepirono il
rumore di una frenata di ruote sulla ghiaia davanti alla casa, alzarono
di
scatto la testa, e si guardarono l'un l'altro stupiti. Non aspettavano
nessuno
per quel giorno. Di sicuro non il padrone. Era strano che fosse tornato
da
Londra così
all'improvviso, senza avvertire. Ma non poteva essere altri che lui.
Nibbles corse a vedere se aveva bisogno di qualcosa. Eileen
ripose il libro che teneva distrattamente aperto tra le mani e si avviò a passi lenti
per il
viale.
Non avrebbe mai dato a nessun uomo la soddisfazione di
vederla correre, almeno non per il momento, e di certo non al Signor
Thompson.
E tuttavia le guance le si erano lievemente arrossate, e il respiro le
usciva
un po' affannato dal petto. Voleva andare a vedere anche lei. Non
poté impedirsi
di seguire Nibbles un po' a distanza, così, quando arrivò in vista del
cortile, la vista di una carrozza diversa da
quella che si era aspettata fu una sorpresa. Non era infatti quella di
Thompson, quella ferma davanti all'ingresso di casa. Era un piccolo
calesse
elegante, di quelli che prendono a nolo nelle stazioni. Dal predellino
di ferro
che il lacchè si era affrettato ad abbassare stava scendendo
qualcuno che di
certo non era il Signor Thompson.
Una gamba fasciata di velluto azzurro posò il piede
sulla ghiaia.
Eileen si fece più vicina, incuriosita e quel che vide la
stupì parecchio: un
uomo di bellissimo
aspetto, giovane, biondo e dai denti incredibilmente bianchi stava
parlando con
Nibbles davanti allo sportello aperto.
Aveva indosso un vestito elegante di panno fine, una
camicia di tela d'Olanda e un cravattino di seta azzurri cielo. Ai
piedi scarpe
lucide e costose, tra le mani un bellissimo bastone da passeggio.
Eileen sentì che diceva il
suo nome al
signor Nibbles, e a Foster che nel frattempo era comparso sulla soglia
come
un'ombra.
- Tenente Prescott - sorrise tendendo la mano al
maggiordomo dopo che al signor Nibbles - Forse il padrone ha fatto in
tempo ad
avvertirvi che sarei stato suo ospite.
Foster rispose con un lieve inchino. La mano di Prescott, a
mezz'aria, non ricevette alcuna risposta. Il maggiordomo non avrebbe
mai
stretto la mano ad un signore. Erano cose da Americani.
- Il padrone ci aveva avvertito - si limitò ad osservare
compito - Ma
credevamo che arrivaste con lui, da Londra, verso la fine della
settimana.
- Malauguratamente per me, e per i miei nervi - esclamò Prescott
ridendo -
abbiamo avuto molto ritardo a Chester: detto tra noi, le ferrovie di
questi
tempi sono un vero disastro! Viaggiavo sul diretto da Portsmouth. Un
guasto
alla caldaia, credo. C'era il rischio di dover aspettare che i
macchinisti ci
capissero qualcosa. Non sono mai cose troppo veloci. Così ho pensato di
noleggiare
un calesse e di farmi portare fin qui. Sono solo quindici miglia, e di
sicuro ci
ho guadagnato in salute!
Foster chiese se il padrone era stato avvertito del
cambiamento di programma. Il tenente sorrise e assicurò che avrebbe
provveduto a
scrivergli nel pomeriggio.
Dopo un istante che parve molto lungo, il maggiordomo fece
un cenno al cocchiere di scaricare i bagagli. Anche Nibbles si dette da
fare,
insieme a Prescott che dava una mano aiutandoli con quelli
più pesanti.
Eileen si avvicinò senza sapere
neanche lei cosa stava facendo: dunque era
lui l'ospite tanto atteso, quello a cui serviva la sua camera.
Nonostante fosse
amico di Thompson, aveva un'aria simpatica. Ora si stava rimboccando le
maniche
e aiutava Nibbles con i bagagli.
- E voi dovete essere la famosa cugina del nostro Nicholas!
Eileen fu colta di sorpresa, e si guardò alle spalle,
per capire
con chi stava parlando l'ospite. Prescott posò la valigia
che stava scaricando e le andò in contro con
fare
amichevole.
- Molto piacere di conoscervi - sorrise illuminandosi in
volto - Tenente Prescott, forse il migliore amico del vostro
sbadatissimo
cugino.
Eileen aggrottò le
sopracciglia. Cosa voleva dire quel cugino?
- Nicholas mi ha avvertito che sua parente era venuta a
raggiungerlo al maniero per qualche tempo, ma si è
dimenticato di aggiungere
che è una creatura di rara bellezza!
Nicholas, desunse Eileen, doveva essere il nome di
battesimo del Signor Thompson. Curioso che non ci avesse mai pensato,
ma anche
lui doveva avere un nome proprio. Qualcosa con cui gli amici potessero
chiamarlo. Per lei comunque era Thompson punto e basta.
Intanto Prescott continuava a chiacchierare tutto allegro.
- Sempre così il nostro
Nicholas, non trovate? Un ragazzo estremamente
sbadato … io glie lo dico sempre, di correggersi, ma lui
sembra che abbia
sempre un diavolo per capello. Non ha mai tempo di fermarsi a
riflettere per
correggere tutti i suoi difettacci. Io non ci spero più, per
lo meno.
Eileen arrossì, imbarazzata.
- Io non so cosa vi ha detto, ma …
- Mi ha detto che siete sua cugina. E questo basta, penso,
no? Una ragazza di rara modestia e … che 'non
ci avrebbe dato nessun fastidio'. Sì, penso
proprio si sia espresso così. Che cosa
avrà voluto
dire, il vecchio gufo? - sorrise - Ma ci credete? Nicholas è
sempre così sciocco! Che
significa 'non dare fastidio'? Non
ho mai visto
una ragazza più graziosa, e anche molto indaffarata a
giudicare dalle apparenze.
Così
dicendo il tenente indicò
il suo sacchetto in cui si dibatteva qualcosa e il retino per
acchiappare gli
insetti. Eileen arrossì
fino alle orecchie.
- Oh … perdonate! - si affrettò a scusarsi
lui - Noi
militari di carriera … ehm … non siamo troppo
bravi col bon ton. Io certe volte
faccio delle figure … pensate che quando vi ho vista ho
pensato ad una dea, o a
una ninfa. E adesso che vi vedo così, in abito da
Diana Cacciatrice … beh, penso proprio che
dovete esser sbucata dal bosco o qualcosa del genere. Scusate se ho
disturbato
i vostri lavori da piccola dea di campagna.
A Eileen scappò da ridere. Ma
le burle del tenente avevano anche qualcosa
di vagamente pizzicante. Si divertiva ma non le pareva bene. E poi
c'era quella
strana storia della cugina, che non risultava molto chiara. Forse
Thompson
l'aveva fatto per decenza, oppure aveva deciso di divertirsi un po'
alle sue
spalle? Probabilmente qualche stupida vendetta per il suo comportamento
recente.
Il tenente dovette accorgersi che si era rabbuiata all'improvviso.
- Ecco, ora vi ho
messo in imbarazzo … che stupido! Voglio dire, una così bella e
gentile ragazza, e
io le faccio dei discorsi così sciocchi!
Eileen sorrise di nuovo. Era arrossita ma era anche felice
di poter chiacchierare qualche istante con una persona di spirito. In
effetti
certe volte si annoiava nel giardino e coi suo libri e tutto il resto.
Solo ora
se ne rendeva conto. Le era mancato un po' di brio cittadino. Sorrise.
- Non preoccupatevi, signor Prescott, davvero. Siamo in
campagna e io per prima non sono brava con le formalità.
- Allora accettate le mie scuse?
- Per cosa, signor Prescott?
- Per la gaffe. E perché ancora non vi ho chiesto il vostro
nome, e questa è una cosa imperdonabile. Permettete? Mi
piace fare le cose per
bene. Ricominciamo da capo.
Così
dicendo le prese la mano, e abbozzò un inchino
molto solenne.
- Mi chiamo Prescott, signorina, e sono un tenente assai
sbadato. Un istante fa la mia mente era ancora tutta occupata dal
viaggio, dalle
valige e da … beh da quel guasto alla locomotiva che non mi
ha fatto chiudere
occhio. Ma adesso che vi ho vista vorrei, beh, rimediare alla gaffe di
poco
prima, e chiedervi la cortesia ufficiale di favorirmi il vostro nome, mademoiselle.
Eileen rise. Era la prima volta che qualcuno le faceva una
così
galante e buffa presentazione. Decise di stare al gioco quel tanto che
bastava
a divertirsi.
- Mi chiamo Eileen - rispose inchinandosi anche lei - e …
sono molto onorata di conoscervi.
Prescott allargò il petto e le
braccia come se adesso potesse respirare
molto meglio.
- Oh, Meno male che ci siamo presentati! Non trovate che le
presentazioni siano la cosa più frivola del mondo? Due
stanno uno davanti
all'altro, e beh … insomma, se ne dicono di cose. Ma non
sarebbe meglio come
noi, che ci siamo detti il nome e adesso siamo, beh, siamo amici, spero
bene.
Non è vero?
- E' un piacere anche per me, tenente, fare la vostra
conoscenza.
Prescott sorrise e come un prestigiatore si cavò di tasca un
mazzolino di
violette.
- Ecco, adesso finalmente posso darvelo senza paura di
apparire scortese. Adesso che ci siamo presentati, voglio dire. L'avevo
comprato stamani per questa fantomatica cugina,da una fioraia di
Portsmouth, una
simpatica ragazza robusta. Ma prima volevo accertarmi che Nicholas non
mi
avesse fatto un brutto tiro. Magari la cugina era bruttissima, oppure
era una
vecchia strega, chi lo sa. Con Nicholas c'è sempre da
scoprirne qualcuna nuova!
Invece vedo, con estremo piacere, che si tratta di una fanciulla
incantevole. E
anche molto beneducata, devo dire.
Risero insieme. Eileen accettò le violette,
sbucate da dove e comprate chissà per chi.
- Vi sono molto obbligata, signor …
Ma non poté aggiungere altro. Arrivò Noah tutto
eccitato a
tirarla via dicendo che aveva trovato degli stecchi bellissimi per
costruire
una stalla ai suoi animali. Però doveva andare
con lui a prenderli, perché erano davvero
troppo in alto sopra una pianta, e lui non sapeva come arrivarci da
solo, se
lei non lo spingeva per salire.
- A più tardi, allora, signor Prescott - fece per
congedarsi. Prescott le fece un bellissimo inchino e strizzò l'occhio al
piccolo Noah.
- A più tardi, signorina Eileen. L'ho presa come una
promessa, badate.
Dopo di che si allontanò sulla ghiaia
facendo scricchiolare le scarpe di cuoio indiano.
- Cosa voleva da te quell'arnese? - chiese Noah con un dito
nel naso.
- Presentarsi, suppongo. - rise Eileen.
- Mi sembra strano.
- Penso che lo sia. Però è
simpatico, non trovi?
- Non lo so. Non i piacciono i tipi eleganti.
Eileen sorrise.
- E che ne sai tu dei tipi eleganti?
Noah non rispose, si limitò a osservare
quello che si era tirato fuori dal naso. Forse
con un po' di disappunto.
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Capitolo 12 *** Capitolo Dodicesimo ***
-
Capitolo Dodicesimo -
Eileen ed
Elizabeth stavano aggiustando alcuni vecchi
merletti del salone. Prevedendo l'imminente ritorno di Thompson, Foster
aveva
chiesto alla signora Nibbles di provvedere alla sistemazione del
salotto, e
loro si erano subito date da fare. Dopo pranzo avevano cominciato a
spolverare
i due camini di marmo ognuno ad un lato della stanza, aperto le
cristallerie
per tirar fuori e riordinare i soprammobili, tirato giù i
quadri per dare una
pulita anche a quelli.
- Chi è questo signore? - chiese Eileen indicando un tizio
dall'aria antipatica, con un'enorme parrucca azzurrina.
- Il trisavolo del signor Thompson, credo.
- E questo?
Era una specie di gigante in divisa, con una faccia barbuta
e un occhio cieco. Portava un'uniforme affogata di medaglie fino
all'inverosimile. L'effetto era lievemente ridicolo.
- Il suo bisnonno, mi pare. Un ufficiale, se ricordo bene.
- Un alto
ufficiale, direi - giudicò Eileen
a cui la faccia squadrata e gli occhi piccoli di quell'antico
gentiluomo
incutevano un po' di inquietudine - anche il padre di Thompson era
ufficiale,
mi pare di aver sentito dire.
Elizabeth parve non aver sentito, si tuffò
con tutta la testa sotto un tavolo per spolverare gli intarsi delle
gambe.
- Che bei ritratti, in questa stanza! - osservò
Eileen senza far caso all'imbarazzo - Ce ne sono
anche altri
nel resto della casa? Ho notato che nel nostro corridoio ci sono un
paio di
dipinti, ma sono nature morte, questi invece … di solito
nelle famiglie nobili
ogni componente ha un ritratto.
Elizabeth riemerse dal tavolo.
- Che io sappia non ce ne sono altri, tutti quelli che
vedete sono qui - così
dicendo indicò
le quattro file di cornici appese alle pareti. Ognuna d'esse ospitava
al suo
interno il mezzobusto di qualche distinto antenato della famiglia
Thompson.
Qualche ufficiale, un giudice riconoscibile dalla parrucca e dal manto
di
ermellino, tre canonici con le loro Bibbie, persino un capitano di
vascello:
era l'ultimo in fondo a destra, con una bella giacca bianca indosso,
l'aria
solenne e un pennone di nave subito dietro le spalline ricamate.
- Quello era il nonno dell'attuale Signor Thompson. Si
ritirò a
vita privata dopo aver fatto alcuni grosso affari nelle Indie. O almeno
così mi ha
raccontato il
signor Nibbles. Credo che commerciasse con il thé.
Nel ritratto il bisnonno aveva una faccia giovane e
simpatica. I suoi denti brillavano ancora, a distanza di
chissà quanti anni,
dalla lucida cornice del ritratto.
- Doveva essere davvero un bell'uomo. Era quello che si
invaghì
della signora Nibbles?
- Oh, sì.
Ma quando successe Norma aveva appena quindici anni, e lui
più di quaranta,
penso!
Risero insieme, e convennero che un uomo dopo i venticinque
anni era un vecchio.
- Se è un vecchio, che Dio ce ne scampi! - esclamò
Prescott entrando dalla porta che avevano lasciato spalancata. Nessuna
delle
due si era accorta che era già lì da qualche
istante. Entrambe abbassarono gli occhi di
scatto, e arrossirono per essersi fatte beccare in questo genere di
discorsi
sciocchi.
- Non preoccupatevi - rise di gusto - non dirò niente al
vostro padrone.
Lui rientra già nella categoria dei vecchi, almeno secondo i
vostri conti. Io
invece, ancora per un po' posso vivere senza preoccuparmi! Anche voi,
signorina
cugina, la pensate come la pensa la nostra graziosa domestica?
Eileen sorrise abbastanza in imbarazzo.
- Dipende dai punti di vista. Se un uomo è abbastanza
sveglio può
dimostrarsi interessante anche dopo aver passato la prima giovinezza.
Se invece
è uno sciocco o un insensato … beh, allora
neanche i vent'anni riusciranno ad
innalzarlo ai miei occhi.
Prescott lasciò andare un
lungo fischio.
- Perbacco, signorina cugina, siete quello che si dice un
vero giudice, e anche di quelli severi, oserei dire. Quindi, secondo
voi, la
giovinezza non aggiunge o toglie niente all'intelletto?
- Esattamente. Sono come due fratelli che possono andare a
braccetto, o dividersi. E nessuno sa dire mai in che misura questi due
dispettosi vadano insieme. Prescott rise, e anche Eileen si sorprese di
essere
stata così
arguta davanti a un estraneo.
- A proposito di passeggiare insieme, madamoiselle.
Devo fare un salto in città per imbucare una lettera
per Thompson. Niente di troppo impegnativo, comunque, una cosuccia da
cinque
minuti. E mi hanno detto che qui intorno ci sono un sacco di negozi
carini che
vendono ogni genere di oggetti. Mi piacerebbe molto vederli. E' da un
po' che
manco da Londra, e credo d'essere diventato ormai una specie di
incivile,
almeno in fatto di ultima moda … mi stavo chiedendo se per
caso non aveste
voglia di accompagnarmi. Devono esserci alcune mercerie molto famose,
qui nei
dintorni. I nastri che vendono sono famosi fin nelle Indie, se non
ricordo
male.
- Oh, sì -
confermò
Elizabeth di slancio. Quando si parlava di cucito la sua timidezza
evaporava
come d'incanto - oh, sì!
Ci sono dei negozi bellissimi. Pensate che da Tipps hanno persino
…
Eileen alzò
le spalle.
- Vi ringrazio, ma non penso di aver bisogno di …
- Neanche di una bella passeggiata in compagnia di un amico?
Da queste parti i veri gentiluomini sembrano scarseggiare …
come spiegate
altrimenti che Thompson vi abbia lasciata tutta sola ad annoiarvi,
invece di
portarvi con sé a Londra, In fin dei conti sono solo poche
miglia, e voi siete
la sua cara cugina!
- Ecco, io penso che il signor Thompson, Nicholas … io non
so se ad uscire …
- In due minuti potete essere pronta! - batté le mani
Elizabeth, e ora che ci penso potrei, naturalmente se non vi disturba,
chiedervi di informarvi se sono arrivati certi modelli che avevo
prenotato …
Prescott sorrise nella sua stessa direzione.
- Adesso non avete alcuna scusa.
Eileen fu sconfitta e non ebbe alcuna possibilità di
replicare. Prescott annunciò
che l'avrebbe aspettata dabbasso, passeggiando in cortile. Che ci
mettesse pure
tutto il tempo che riteneva, a prepararsi, lui non aveva alcuna fretta
e, del
resto, assolutamente niente da fare. Quando furono sole Elizabeth le
sorrise
raggiante come mai Eileen le aveva visto fare.
- Avete visto che signore gentile? E poi è così elegante
… avete visto
che polsini ricamati? E che taglio di giacca, mio Dio! Una cosa da far
impallidire …
Per tutta la durata delle scale Eileen stentò a riconoscere
la piccola
Elizabeth nell'allegra cinciallegra che le chiacchierava al fianco. Era
bastato
un accenno al merciaio, alle botteghe, ai pizzi e ai modelli per
trasformarla
in un'altra ragazza.
- Cosa ti serve, di preciso? - si informò,
più che altro per
tentare di arginare il torrente di parole che la piccola stava tirando
fuori.
Elizabeth le spiegò che le
serviva soltanto che si informasse alla merceria di
Tipps se era arrivato il modello per una certa cuffia che Elizabeth
aveva visto
in un libro illustrato. Eileen le chiese a cosa le serviva una cuffia,
e di
quei tempi, poi.
- Non ti sembra un tantino antiquata, come idea? Al giorno d'oggi
le ragazze portano cose un po' più moderne. Voglio dire,
sicura che non sia
meglio un cappellino, magari di quelli piccoli, con la veletta.
- Oh, no, no, no, per carità, mia … volevo dire,
a me una
cuffia va benissimo. Vorrei solo che chiedeste se per caso è
arrivato il
modello, tutto qui. Io non riesco a passarci in questi giorni, con
tutto il
lavoro che c'è da fare, e pensavo che se magari il signor
Tipps ha già il
modello in bottega, non vedendomi potrebbe venderlo a qualcun altro.
Eileen le assicurò che come
prima tappa sarebbe andata da Tipps per quel
modello.
- Grazie di cuore! - rispose davvero molto sollevata
Elizabeth. Poi girò
gli occhi verso Elizabeth - ma voi, siete ancora vestita da casa! Su,
su,
svelta, non possiamo permettere che il Signor Prescott vi veda in
questo stato,
non adesso che vi porta a spasso, almeno! Cosa avete nell'armadio, di
bello?
L'altro giorno mi era parso di vedere un corpetto che farebbe al caso
nostro … quello
di raso rosa chiaro, dovrebbe essere qui, da queste parti, eccolo qui!
Eileen
non riuscì
più ad arginarla. Mentre Elizabeth, come un'allodola, le
cinguettava intorno alla ricerca di un bustino decente, una gonna, un
bello
scialle e l'ombrellino coordinato, Eileen rifletté che certe
volte le persone
non sono come te le immagini. Chiunque ha un angolino nel cuore che può illuminare
tutta una
giornata, se viene sfiorato nel punto giusto. Elizabeth aveva i
vestiti, il
cucito, la moda e i suoi modelli di cartone colorato … e lei?
Dieci minuti dopo, mentre scendeva le scale sistemata e
agghindata come solo le esperte e frenetiche mani di Elizabeth erano
riuscite a
combinarla in così
poco tempo, stava cercando ancora una risposta a questa incomoda,
bizzarra
domanda.
@Tutte: Grazie infinite per le
recensioni, sono tantissime e
mi fanno veramente piacere!! Purtroppo - causa impegni di studio -
penso che non
potrò
aggiornare con un altro capitolo prima della fine della settimana,
ma vi prometto che quando tornerò …
tornerò insieme al Signor Thompson, e forse
ne vedremo delle belle ;)) Un abbraccio a tutte quante, V.
|
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Capitolo 13 *** Capitolo Tredicesimo ***
-
Capitolo Tredicesimo -
- Magnifico pomeriggio davvero! - rise Prescott, carico
fino all'inverosimile di pacchetti e pacchettini, alcuni a strisce
colorate,
altri avvolti in lucida carta azzurra. Aveva il viso soddisfatto e
sorridente
di chi ha passato il pomeriggio per negozi e ha fatto acquisti uno
più folle
dell'altro. Ad Eileen girava quasi la testa da quanto si era divertita:
da
quando erano usciti era stata una continua girandola di oggetti,
divertimenti,
negozi e pasticcerie di lusso. Intorno a loro la strada rombava di
carrozze e
venditori e gente che tornava a casa in fretta dal lavoro. Dalla
vetrina
stracolma di un orologiaio si erano appena resi conto di quanto fosse
incredibilmente tardi.
- Speriamo di fare un tempo per cena! - esclamò il tenente
tirandola per
mano in mezzo alla strada gremita - Ma perché, poi? Se la
cuoca non ci avesse
aspettato, questa sarà una magnifica occasione per invitarvi
in qualche posto
carino!
-
Era tanto che non mi divertivo così - gli gridò
Eileen sopra il frastuono
della strada. Rischiarono quasi di finire travolti da una carrozza che
stava
passando. Il vetturino fece loro sentire tutto il suo disappunto, ma
loro erano
già sul marciapiede.
- Se vi riferite a quando al merciaio con quella faccia di
scimmione - lo imitò Prescott - sono d'accordo con voi.
Quando gli è volata via
la parrucca mentre si arrampicava sulla scala per arrivare a quella
scatola di
fibbie ... beh, è stato piuttosto divertente!
Di tizi buffi e di stranezze ne avevano viste parecchie
nella girandola di quel pomeriggio. Il signor Prescott aveva rivelato
un inatteso
e sorprendente buon gusto in fatto di scelta di nastri, decorazioni da
cappelli
e ricami. L'aveva condotta a braccetto ad esplorare ogni singola
vetrina, aveva
preteso di entrare in ogni negozio scintillante che si affacciasse
sulla strada
principale, di ogni cosa si era fatto tirare fuori un esemplare, di
ogni cosa
aveva preteso che lei provasse come le stava indosso. Eileen era del
tutto
frastornata dalla quantità di cappellini, spille, sciarpe e
scarpette che le
erano stati sciorinati davanti: di seta, di raso, ricamate, con piccoli
fiori
d'oro sulla punta o bordate di nastri. Prescott aspettava in un angolo
e giudicava
con gusto impeccabile che cosa le si confaceva maggiormente. Le giovani
commesse le lanciavano lunghi sguardi d'invidia per quel giovane così
bello, distinto e attento ad ogni cosa potesse piacerle.
Alla fine, in un negozio che era particolarmente famoso per la
ricchezza e
l'eleganza delle sue forniture, Prescott aveva preteso di sceglierle
personalmente alcuni piccoli regali. Non erano servite a nulla le
proteste, così anche lei adesso reggeva in mano quattro
pacchetti legati
insieme da lucidi nastri lilla.
- Non ero molto convinto del cappello. Forse vi stava
meglio quello con la piuma. O almeno sono di gran moda quelli,
quest'anno, a
Londra. Ma voi avete scelto quello azzurro … e in effetti vi
dona da morire!
Poi era stato il suo turno: il tenente aveva voluto farsi
consigliare in tutto e per tutto sull'acquisto di un vestito costoso,
di due
paia di scarpe lucidissime, di tre cravatte di seta e di un nuovo
bastone da
passeggio in avorio.
- Quello che ho adesso si è bell'è consumato -
disse mostrando
ad Eileen una splendida canna d'ebano completamente nuova. E lei non
riusciva
ad esprimere quanto trovasse incredibilmente divertente quell'allegra
passeggiata in centro: dopo i giorni di assoluto silenzio era la prima
volta
che si sentiva così bene. L'aria calda e il
pomeriggio soleggiato erano stati una splendida cornice per quella
passeggiata
e adesso che cominciava a tramontare i viali profumavano dell'odore
delle
spezie che traboccavano dai negozi dei droghieri.
Eileen sorrise e guardò i suoi
pacchetti: in uno c'era un cappellino azzurro di cui non pensava di
aver visto
mai niente di più bello. In un altro un piccolo paio di
guanti di seta color
crema, con lievi bordure azzurre dello stesso colore. Negli altri due
erano
racchiusi tra due soffici ali di carta rosa una borsetta traforata di
perline e
una paio di scarpini coordinati. Soprattutto questi, di un raso azzurro
cupo
quasi tendente al grigio, erano la cosa che più la mandava
in estasi.
- Si intonano troppo ai vostri occhi - aveva sentenziato il
signor Prescott aggiustandoglieli ai piedi - perché possa
permettervi di commettere
la sciocchezza di rifiutarli.
Ed Eileen aveva dovuto cedere.
Adesso erano arrivati a casa. Le vetrate del palazzo
sembravano aver preso fuoco tutte insieme, e al riflesso dei raggi
sembravano
tanti specchi incandescenti e bellissimi.
Mentre Prescott saliva i gradini dell'entrata principale,
Eileen si ricordò che aveva preso da Tipps
quei cartamodelli per Elizabeth. E le era parsa molto impaziente di
averli.
- Preferisco farci un salto adesso - disse a Prescott -
prima di cena. A quest'ora dovrebbe essere in cucina.
Dopo la calca e le strade fangose della città, l'odore
fresco e intenso delle piante in giardino le fece allargare i polmoni.
Rifletté
che suo malgrado la casa, per quanto fosse vecchia e cadente,
acquistava ogni
giorno più fascino ai suoi occhi. Sembrava come in quelle
strane storie di fate
ci si raccontano ai bambini per farli addormentare: in quella pace
inquieta del
crepuscolo i fiori, le piante, fin anche le corolle più
piccole sembravano
racchiudere un mistero fatto di lievi sussurri misteriosi.
Presa in questi pensieri arrivò proprio davanti alla casetta
di edera. Stava per spingere
il battente della piccola porta di legno quando sentì al
cune voci venire dall'interno. Certe volte si fanno
cose per una sorta di strano istinto che trascende ogni considerazione
sensata.
Ad Eileen successe qualcosa di simile: senza sapere perché
fermò a mezz'aria la mano sul pomello e restò un
istante in ascolto.
Erano le voci della signora e del signor Nibbles. Stavano litigando,
ma a bassissima voce.
- No, signor Nibbles, non mi convincerai a tenere
quell'individuo in casa finché non lo permette il signor
Thompson. E del resto
il padrone è stato chiaro: è già
abbastanza rischioso per la piccola Eileen,
vivere qui con quello che succede. Figuriamoci poi adesso con un ospite!
- Ma il signor Thompson lo ha invitato lui stesso! Che male
c'è se dorme un paio di notti qui prima che arrivi il
padrone?
- C'è il male che capita così,
senza aver avvertito nessuno! Un conto è se gli
ospiti ci sono quando c'è anche il padrone! In quel caso non
ci sono pericoli …
o meglio, non dovrebbero essercene. Ma così è
del tutto diverso. Foster già si lamenta che senza Thompson
è tutto in mano
sua. Figuriamoci adesso, con quello sconosciuto tra i piedi,
bisognerà
raddoppiare la sorveglianza … lo sai che quell'assurda
creatura sente ogni
minimo cambiamento nell'aria.
-
Andiamo, Norma. Tu e Foster per questa cosa vi agitate
troppo. Perché allora il padrone ha permesso che la ragazza
restasse con noi?
Voglio dire, non è pericoloso per la piccola Eileen vivere
qui, con tutto
quello che è successo? Perché dovrebbero esserci
più problemi se dorme qui
anche un altro ospite? Se siamo a rischio, lo siamo comunque
finché non ritorna
il signor Thompson!
Ci fu silenzio. Poi Nibbles riprese con fare più
conciliante.
- Avanti Norma, alla fine è soltanto una povera …
- Una povera che, signor Nibbles? E' una creatura
selvaggia, una bestia, qualcosa di inumano! L'hai visto anche tu,
signor
Nibbles, cosa è capace di fare se solo … se solo
… santo Cielo! Se solo manca
il signor Thompson!
Ci fu di nuovo silenzio. Poi Norma riprese, più calma.
- Sai bene come la penso. Il padrone ha fatto un atto di
carità, e va bene. Su questo non discuto. Ha fatto quello
che era giusto fare.
Ma ora ti chiedo, signor Nibbles, davvero pensi che sia prudente che
… insomma,
che estranei si aggirino nel palazzo mentre il padrone non
c'è e siamo soli, io
te e Foster, a pensare a … Elizabeth!
La voce di Norma fece un salto e virò dal preoccupato al
gioviale. Evidentemente nella stanza
era appena entrata anche Elizabeth.
- Scusate, vi ho interrotto?
- Ma certo che no, cara! Figuriamoci … stavo solo facendo
una lavata di capo a questo zuccone che deve stare più
attento con lo sherry.
Ieri sera ne ha mandato giù un po' troppo, e ora ha un mal
di testa tremendo …
tutto così gli uomini. Mi raccomando, piccola
Elizabeth, il giorno che ti viene voglia di sposarti con uno di questi
arnesi passa
prima da me, che te ne tolgo la voglia, dovesse essere l'ultima cosa
che faccio!
Eileen sentì che ridevano. Lei invece
era rimasta impietrita coi suoi pacchetti a strisce colorate in mano.
Cosa
significava quello che aveva sentito? Fece due passi indietro, e senza
rendersi
conto andò ad urtare contro qualcosa di morbido.
- Dovete entrare in cucina o state solo ammirando questa
magnifica spalliera di edera? - fece la voce ironica di Thompson.
Eileen si
voltò di scatto.
- Io …
- Voi siete sempre dove non dovreste essere - fece Thompson
senza scomporsi affatto -Ma credo proprio che dovrò
rassegnar mici. Sembra una vostra caratteristica innata,
quella di mettervi sempre in mezzo i piedi. E adesso,
se volete scusarmi … sono appena tornato e dovrei proprio
dare alcuni ordini
alla cuoca. Abbiamo ospiti per cena, questa sera. Molto piacere di
avervi
rivista.
Così dicendo passò oltre.
- Abbiamo, Signor
Thompson? - forse
era stata troppo
brusca, ma proprio non riusciva ad essere diversa quando doveva
rivolgergli la
parola.
Il Signor Thompson si voltò e le
sorrise in uno strano modo. Per un istante Eileen avrebbe giurato di
aver visto
comparire dello strazio, su quelle labbra.
- Difficoltà con le parole, mademoiselle?
Abbiamo ospiti significa esattamente quel che
significa. Ovvero che voi adesso filerete in camera vostra a cambiarvi
e
ricomparirete in sala da pranzo allo scoccare delle otto precise. Con
il vostro
migliore abito indosso, se non vi incomoda. Certi amici si fermeranno
con noi
per qualche giorno e voglio sperare che per tutto il tempo che si
tratterranno
vi mostrerete una cugina
trattabile,
è chiaro? Ora, se volte scusarmi, ho certe piccole urgenze
da sbrigare. Arrivederci.
Così dicendo girò la maniglia e sparì
in
cucina. Imbambolata, come in una specie di sogno, Eileen sentì
le voci di Norma e del Signor Nibbles scattare sorprese di
un così inaspettato ritorno. Forse anche Elizabeth si stava
congratulando con quel suo meraviglioso principale tornato appena in
tempo per
salvare chissà cosa da chissà qualce pericolo, ma
era tutto così lontano
e irreale che ad Eileen sembrò di avvertirlo come se
avesse le orecchie piene di cotone.
Cosa significava quel ritorno, così improvviso, inaspettato,
così …? E
Norma, e il signor Nibbles, quei discorsi … e gli ospiti?
Quali ospiti se c'era
soltanto Prescott al palazzo fino a poco prima …
Confusa come non gli era mai capitato, Eileen si avviò verso
il vialetto. Ora il crepuscolo aveva cominciato a
colare sull'oro dei vetri l'oleosa melassa della notte. Tutto intorno i
grilli
frinivano ma sembravano più un tetro avvertimento che un
suono estivo. Una
folata di vento improvviso le sibilò tra i
piedi come un serpente. Sentì freddo e si
rinchiuse
nello scialle mentre affrettava il passo verso casa.
Decisamente
quei
misteri a Thompson House cominciavano a darle sui nervi.
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Capitolo 14 *** Capitolo Quattordicesimo ***
- Capitolo
Quattordicesimo -
Eileen entrò
nella sala da pranzo. Si aspettava di trovare qualsiasi
cosa - a Thompson House non si poteva mai sapere, questo orma l'aveva
capito -
ma quello che vide la sorprese.
Una bellissima giovane, dai tratti decisi e alteri, era
infatti seduta in poltrona, accanto ad uno degli enormi camini. I
lunghissimi
capelli dorati le scendevano ad onde sulla schiena, aveva mani
bianchissime ed
era ancora vestita da viaggio. Un soprabito di stoffa scozzese e un
cappellino
all'amazzone arroccato su un lato in alto della testa da dea. Così
seduta e da quella distanza sarebbe potuta parere un
ritratto o una splendida bambola di cera. Poteva avere più o
meno sedici anni,
ma era bella di una bellezza assoluta che la portava fuori dal canone
di
qualsiasi età: era come fosse stata la Bellezza, la perfetta
bellezza di ogni
tempo. Eileen si bloccò sulla soglia,
affascinata, a guardarla.
Quando Thompson, vicino a lei, in piedi, le mormorò qualcosa
in un orecchio, la splendida bambola rise, e ruppe
l'incanto dimostrando di essere viva.
Eileen trasse un sospiro di sollievo, chissà
perché.
Il primo a notare il suo arrivo fu il tenente Prescott.
- Linny cara! Venite a sedervi qui vicino: direi che ho
proprio da presentarvi qualcuno. Gli eventi spesso ci sorprendono:
soltanto una
mezz'ora fa non avrei mai pensato che stasera avremmo cenato insieme a
Thompson
e alla mia cara sorella!
Quindi era la sorella di Prescott, pensò, valutandola,
Eileen. Sì, a
guardarla bene da vicino aveva la stessa bocca bella e sottile di
Prescott, gli
stessi occhi silenziosi azzurro ghiaccio.
Fece un'educata riverenza.
- Permettete, Aurora - disse Thompson - che vi presenti mia
cugina, Eileen. E' da poco venuta a stabilirsi …
- Siete una Thompson anche voi, Eileen? - chiese la
sconosciuta, con una voce dolce come il miele.
Eileen arrossì
impercettibilmente.
- No, signorina Prescott, non lo sono. Col signor Thompson,
ecco …
- Siamo parenti per parte di madre - intervenne prontamente
Thompson - Sua madre era sorella della mia. Eileen si chiama Merriott,
infatti.
Merriott come il marito di mia zia.
La signorina Prescott increspò impercettibilmente
le pallidissime sopracciglia bionde, che formavano un arco perfetto.
- Avete dei parenti Merriott, Nicholas? - domandò - Non lo
sapevo. Molto curioso, visto che penso di conoscere
a memoria la gran parte delle genealogie dì
Inghilterra … delle famiglie molto altolocate, per lo meno.
Thompson sorrise.
- Ecco allora svelato il mistero. Né io ne mia cugina
Eileen, per quanto ricchi, possiamo probabilmente definirci di famiglia
così
altolocata. Mio nonno si è arricchito col commercio, e il
padre di Eileen, beh, ecco …
- Mio padre è morto in guerra, miss Prescott. E' stata una
tragica perdita.
Thompson le scoccò una
strana occhiata, sinceramente stupito da come fosse capace di mentire
bene
Eileen. Ma anche sollevato perché quello era il modo
migliore di chiudere ogni
ulteriore indagine.
- E adesso mettiamoci a tavola. Abbiamo fatto un lungo
viaggio, vero Aurora? Sarete stanca, immagino. Aurora accettò
il braccio di Thompson e si misero a tavola.
Furono servite pietanze che sembravano preparate dalle
fate: una zuppa di funghi, crostini di pane bianco imburrato ed erba
cipollina,
un tortino di pasta sfoglia ripieno di piccoli pezzetti di carne,
sformato di
crescione e cipolle, un vassoio di pernici contornare di lucide patate
arrostite,
caraffe di ottimo vino e i soliti magnifici dolci.
- Certo hai proprio una cuoca d'eccezione - si complimentò
al termine Prescott - è sempre quella grassa gallina che
ha fatto impazzire tuo nonno?
A Thompson andò il vino di traverso.
- Andiamo,- fece Prescott - non c'è mica da imbarazzarsi!
Devi
sapere, Aurora cara, che il nostro amico mostra una vena insolitamente
pudica
quando si tratta degli affari di famiglia, ma … beh, io che
lo conosco molto
bene sarei pronto a giurare che il riserbo non è la sola
cosa che ingombra il
suo bel cuore casto e tenebroso. Tu che dici? Per esempio, certi
piccoli fatti
di cui ho potuto essere testimone penderebbero anzi nella direzione di
una
totale mancanza di senno nel nostro amico Nicholas …
Aurora, posando il tovagliolo che si era appena accostato
alla bocca, chiese di cosa di trattava. Prescott si lanciò
in un'articolatissima
spiegazione di come lui e Thompson fossero stati colleghi di studi ad
Oxford, e
di come in quel frangente più volte avessero fatto insieme
più di una cosa
sciocca. Più di una volta ai loro tutori era toccato tirarli
fuori dai guai a suon
di lauti indennizzi e scapaccioni.
- Non è affatto vero - protestò Thompson
piuttosto corrucciato, ma le ragazze pendevano
tutte e due dalle labbra di Prescott. Neanche si accorsero che il
padrone di
casa aveva aperto bocca.
- E dovevate vederlo, quanto successo aveva con le ragazze!
- spiegò il tenente - Non ho mai visto un tipo
più ombroso che
piacesse di più al gentil sesso. Pensate che una volta la
terza figlia del dottore
del College minacciò di lasciarsi morire se
Nicholas non le accordava almeno cinque balli alla festa di fine
stagione.
- Lo avete fatto? - chiese Aurora posando una mano sul
braccio di Thompson. Quello esitò.
- Un corno! - intervenne Prescott - Il tenebroso lupo
solitario rispose che quello non era affare suo. Se la ragazza voleva
morire
per una dannata sciocchezza del genere, disse proprio così, 'dannata
sciocchezza', lui proprio non poteva farci niente. Disse così,
capite, e se ne andò. Piantò tutti in asso, me e
il ballo!
Le due ragazze risero. Eileen sinceramente, e senza
volerlo, ma la cosa era troppo divertente. Aurora tintinnò
piano piano come se argento lo uscisse dalla gola. A
guardare come sorrideva a Thompson, ad Eileen andò il
boccone di traverso. Thompson
invece
sembrava non apprezzare di essere così al
centro dell'attenzione. Eileen si accorse che era diventato scuro, come
di
nuovo trascinato verso il fondo di una strana tristezza. La stessa
impressione
di strazio che aveva pensato di cogliere poco prima, quando erano
davanti
cucine. Provò a cambiare argomento.
- Io penso che in amore non si possa cedere a un tale
ricatto e che del resto …
Ma il chiasso degli altri la sovrastava. Prescott rideva e
parlava a voce alta. Aurora mormorava qualcosa e Thompson era sempre
più
infuriato.
- E dovevi vedere che furie - continuava a spiegare il
tenente - se per caso lui faceva lo scostante! Non ho mai capito cosa
avessi,
caro Nicholas, per farle impazzire così! Ce n'era
soprattutto una …
- Forse un po' del buon gusto che a te manca - mormorò
Thompson. Eileen notò che col palmo della mano stava quasi
stritolando la
forchetta.
- … una rossa, mi pare. La figlia del Rettore del Merton,
dico bene? Il Merton - spiegò alla sorella che si mostrava
ben poco interessata a quelle
ciance - il Merton è un College prestigioso. Noi due eravamo
del Balliol, ma
Nicholas frequentava delle lezioni là … beh, ha
fatto colpo sulla giovane …
aspetta, aspetta, come si chiamava la tua ex fidanzata? Turner! Linda
Turner? Sì, lei, si chiamava proprio
così!
Thompson adesso era terreo.
- La Turner di Carnaby Strett? - intervenne Aurora con i
bei lineamenti contratti da una sincera espressione di sconcerto -
Voglio dire,
quella Linda Turner? Ma santo cielo,
fratello mio, come puoi nominare in questa casa quella donna? L'abbiamo
vista
l'altra sera a teatro … non si è neanche data la
pena di fingere un po' di
rimorso dopo tutto quello che ha fatto passare al nostro Nicholas
…
Prescott aveva smesso di ridere.
- Perché? - poi, in direzione di Thompson - Non mi dirai
che pensi ancora a lei …
Quello si alzò di
scatto dalla sedia.
- Vogliate scusarmi. Ho bisogno di ritirarmi un istante.
- Ma che ho detto? - chiese.
- Insensibile! - gli mormorò in
risposta sua sorella. Adesso che Thompson era uscito sembrava un
pochino più
spigliata - Non lo sai quanto ancora ci soffre? Soltanto l'altra sera
l'abbiamo
vista … lei e quel suo marito orrendo! E pensare che con
Thompson avevano già
quasi fissato le nozze …
- Oh - fece Prescott, molto poco impressionato - non
credevo che ci pensasse ancora. La notizia gli è arrivata in
viaggio. Deve
saperlo almeno da un mese! E del resto la vita va così. Lui
è partito come un diavolo per l'India a due mesi dal
matrimonio, lei si è stancata di aspettare pensando che la
cosa andava per le
lunghe e quando si è fatto avanti un pretendente che
è dannatamente pieno di
denaro ... beh, ha fatto la sua scelta, tutto qui. Credevo fosse acqua
passata,
sono cose dell'anno scorso, ormai!
E per rendere ragione dell'enorme lasso di tempo ormai
trascorso, Prescott si allungò tutto beato sulla sedia.
- Non mi sembra che sia poi una tragedia - concluse
soffocando uno sbadiglio.
Aurora Prescott emise un lungo sospiro.
- Ti dico solo che l'altro ieri sera, a teatro, l'abbiamo
incontrata. Pensa, fino a un attimo prima eravamo così
spensierati, e mi spiegava tutto calmo la trama della
commedia. Lo sai che d'arte non ci capisco niente … poi però,
per additarmi un attore che entrava, si è sporto dal
palco e l'ha vista … al braccio di quel conte di Derby, che
avrà almeno il
doppio dei suoi anni. Se ci fosse stato qualche dubbio Thompson pensa
ancora a
lei, sarebbe bastato guardarlo. Non dev' essere stato affatto piacevole.
- Penso proprio di no … - mormorò distrattamente
Prescott. Poi, come risvegliandosi da un
pensiero, si accorse che le loro spiegazioni avevano del tutto
estromesso
Eileen.
- Oh, signorina cuginetta, santo cielo! - sorrise il
tenente alzandosi da tavola anche
lui -
voi avete la strana qualità che hanno anche le fate:
scomparire eppure esserci
sempre … e badate che è del tutto un complimento!
Si sedette accanto a lei e da quel momento fu un cicaleccio
continuo di divertenti, frivole assurdità. Aurora si era
accorta che nella
stanza accanto dovevano esserci un salotto ed un piano. Sparì
oltre la porta in un lampo. Qualche istante dopo si
udirono del note armoniose di un notturno.
- Mia sorella! - sorrise Prescott fintamente rapito - Non
avete idea di quante cose sappia fare! E' stata educata in un collegio
francese, e mia madre ha voluto per lei una tata svizzera per anni. Sa
ballare,
cantare, suonare, disegnare, dipingere e conversare non spregevolmente.
Una
donna da sposare, si direbbe … ma purtroppo non bella quanto
voi!
Eileen rise, un po' nervosamente. Nessuno le aveva mai
detto che era bella, figuriamoci qualcuno che fino alla mattina prima
era un
perfetto sconosciuto. E anche adesso, non è che fosse
proprio un suo intimo,
nonostante la splendida passeggiata e il giro per le vetrine di mezza
città. Cercò nella sua mente qualcosa di
vagamente intelligente da
dire, ma i denti bianchissimi di Prescott brillavano troppo da vicino
per darle
il tempo di ragionare. Si ritrovò con le
mani tra le sue prima che avesse il tempo di capirlo.
- Siete una splendida ragazza, Eileen Merriott cugina
segreta di Nicholas, e spero bene che non vorrete rifiutarvi di
approfondire la
nostra conoscenza. Ho in mente grandi progetti per il nostro soggiorno
a
Thompson House, e spero bene che troverò in voi
una preziosa amica ed alleata.
- Non so di che parlate, tenente. E non penso di potermi
alleare per un'impresa di cui non conosco il merito.
Il tenente sorrise, e a accarezzò lievemente la sua mano.
- Oh, non importa, lo so io, mia cara. Mi basta solo che
voi siate d'accordo. Firmatemi un permesso in carta bianca, e vedrete
che non
ve ne pentirete. Ci si annoia fin troppo, da queste parti. Ho
intenzione di
chiedere a Thompson di organizzarci qualche ben diversivo. Ma ho
bisogno di
tutto il vostro appoggio, cuginetta mia cara, perché lui
è un brutto orso, come
sapete.
Eileen non seppe mai se fosse il fuoco che spandeva troppo
caldo per quel giorno così già carico di dolce
brezza
estiva, se fu il vino che aveva bevuto e le ronzava nelle orecchie cupo
e ipnotico,
o se era colpa del vestito di Prescott, che scintillava in penombra
come un manto
da principe arabo, fatto sta che si trovò a rispondergli
molto prima che potesse anche solo capire cosa significavano le sue
parole.
- Tutto quello che volete - mormorò.
Thompson rientrò esattamente
in quell'istante, e colse al volo l'ultima frase.
- Perdonatemi - ghignò in modo strano
- Penso di aver sbagliato momento.
E così detto sparì nell'altra stanza.
- Suonate un pezzo con me? - si sentì che gli chiedeva
Aurora, con la sua limpida voce infantile.
- Suonate voi, mia cara - rispose la voce Thompson - ascoltarvi
porta la pace dove infuria la più folle tempesta.
Chissà che la vostra musica non
possa tornare utile a qualcuno.
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E adesso un po' di risposte alle recensioni:
Scusatemi se non riesco sempre a rispondere perché
vado di fretta, ma le leggo sempre tutte con attenzione e mi
fa un sacco piacere riceverle :))
@Senza Fiato: Beh,
io penso proprio che una storia d'amore ci sarà ... e forse
più di una. Il fatto che per il momento le cose non siano
molto esplicite è perché penso che sia sempre
meglio far intuire piuttosto che descrivere, almeno fino a un certo
punto. E' chiaro che tra Thompson ed Eileen ci sono almeno certi
presupposti che potrebbero
sfociare in qualcos'altro, ma ... chi lo sa! Ho solo detto che
potrebbero ... :) a volte i personaggi prendono strane strade che sanno
solo loro!
@Lady_2008: Intanto
grazie per i complimenti, sono felice che ti piaccia la mia storia :)
Per quanto riguarda i coniugi Nibbles ... stavano parlando di qualcosa
che loro e Foster conoscono benissimo, e di cui nessun altro nella casa
- a parte Thompson stesso - sembra essere a parte. Questa cosa pare
collegata con il mistero della soffitta, nel senso che ormai siamo
abbastanza sicuri che manchi ancora un personaggio alla storia, forse
il più misterioso, quello che per adesso si è
fatto sentire soltanto tra le note di un violino, ma che non
sarà meno importante degli altri (forse di più)
nello scioglimento della trama. Perché ci sarà
uno scioglimento della trama ... sono aperte le scommesse per capire di
chi si tratta, ci sono in serbo grosse sorprese!
@Beatrix:
Piaciuta
la sorella di Prescott? :) Certo che il tenente non è - o
almeno, non è solo - quello che sembra. A volte le persone
molto brillanti nascondono doppi e tripli fondi. Bisognerà
capire solo quanto può essere pericoloso lui in una
situazione come quella che si sta componendo della casa. E direi che
adesso, con Thompson, la sua timida sorella, Eileen e un grosso mistero
in soffitta ci sono tutti i presupposti perché ne
possiamo vedere delle belle!
@Prettyvitto:
Grazie
per i complimenti e per aver segnalato la mia storia alla redazione,
:))) non me l'aspettavo per niente!!! p.s. Mi sa che da parte del
tenente ci saranno parecchie cose verso Eileen ;)) ma non voglio fare
rivelazioni in anticipo ... piano piano svelerò le carte!
@Miky: spero
che il tuo esame sia andato super-bene, e ti ringrazio per tutti i
complimenti che mi hai fatto e per l'assiduità con cui mi ha
recensita ... essere riuscita a distrarti per due ore dalla terza prova
è un onore! :)
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Capitolo 15 *** Capitolo Quindicesimo ***
- Capitolo Quindicesimo
-
Quella
notte Eileen dormì
malissimo. C'era troppa carne al fuoco per dormire.
Innanzitutto le strane rivelazioni sul fidanzamento rotto di Thompson,
sulla
ragazza che si stanca di aspettarlo e sul quell'improvviso viaggio in
India, un
anno prima. Poi quelle, ancora più misteriose, ascoltate di
sfuggita dai
Nibbles. Ormai era chiaro che c'era qualcun'altro in casa, a parte
loro.
Qualcuno che tenevano nascosto.
Eileen, rannicchiata sotto
le coperte, non aveva coraggio di spengere la candela. Non dopo quello
che
aveva sentito. Poteva esserci chiunque al piano di sopra, e si sentiva
maledettamente inquieta. Aveva tirato il paletto alla porta, aveva
controllato
le finestre e chiuso le tende contro la pioggia scrosciante, ma
continuava a
non avere sonno. Pensava a troppe cose per averne.
Poco dopo il ritorno di
Thompson in salotto, fuori era scoppiato il temporale. Aurora si era
spaventata
molto, spiegando che i fulmini erano la cosa che più la
terrorizzava al mondo. E
Thompson, da bravo cavaliere premuroso, l'aveva accompagnata fin
davanti alla
porta della sua camera. Aurora si era molto riconfortata.
Adesso invece, rigirandosi
nel letto alla luce degli squarci nel cielo e con l'acqua che batteva
alle
finestre senza avere nessuna voglia di smettere, Eileen pensava al
braccio che
il signor Thompson aveva offerto alla giovane. Alla testa bionda di
Aurora,
alle sue guance di pesca, alla sua voce. Lei, Eileen, non era così
bella, non era così
bionda, non era neppure
così
delicata e tenue … ma poi perché darsi tutta
quella pena?
In fin dei conti a lei non interessava che cosa faceva Aurora della sua
bella
voce e dei suoi occhi. Che continuasse pure anche tutta la vita ad
occhieggiare
al signor Thompson, a sorridergli, a fargli le moine … a lei
di certo non
interessava. Affatto. Proprio no. Per niente. Sbuffò
pian piano, ma solo per fastidio.
Quello che invece le
interessava molto era la storia del fidanzamento interrotto. Era per
quello che
Thompson era sempre così
maledettamente ombroso e
scostante? Pareva che ci fosse di mezzo quella Linda che lo aveva
lasciato per
sposare un uomo più ricco.
Ma perché Thompson era partito per l'India proprio
alla vigilia in un passo importante come il matrimonio? Non era forse
un chiaro
segnale a non volersi impegnare con lei? O forse ci era andato per
commercio,
forse i suoi affari non andavano bene, forse l'aveva fatto per
paura.
La stessa
paura che a volte prende gli uomini davanti al matrimonio. Eileen non
lo vedeva
molto bene nella parte dello sposo premuroso che aspetta raggiante la
promessa
sulle scale addobbate di una chiesa, o mentre posa la sua mano guantata
su
quella di una giovine per tagliare la torta …
chissà perché le venne ancora in
mente il gesto che aveva fatto Aurora di posargli la mano sul braccio.
Si rigirò
di malagrazia, e cacciò
la testa
sotto il cuscino.
Certo i lampi spaventavano
anche lei … almeno dopo quello che aveva sentito della
conversazione tra i
Nibbles. Solo che lei non ci teneva ad apparire una bambola senza spina
dorsale.
Educata sì,
ma non melensa. E se aveva paura, un
po' di indagini l'avrebbero tenuta concentrata su quello che era
davvero
importante. Altro che Thompson e mani e carezze. C'era qualcuno in
quella
maledetta casa. E ormai era chiaro che era chiuso in soffitta. Ma di
chi si
trattava? E perché non lo si voleva mostrare?
Lasciando da parte le
domande sul passato sentimentale del suo odioso Signor Thompson, ripensò
a quello che aveva detto Norma: aveva chiamato 'creatura'
qualcosa che - non ci
potevano essere dubbi - abitava sopra le loro teste. Che si muoveva
nell'ombra,
che vagava.
Un lampo squarciò
la tempesta ed Eileen fece un salto nel letto. Poi vide
che non era niente, si dette della sciocca e accucciandosi meglio nella
soffice
coperta di pelo continuò
con le sue ipotesi.
Dunque: per prima cosa non
si tiene nascosto qualcuno di molto piacevole. Ma in che senso? Si
è poco
piacevoli per un sacco di motivi: per esempio si può
essere brutti, oppure mostri, o troppo violenti. Si può
essere pazzi assassini o dementi, si può
essere fantasmi o vampiri.
Visto che non riusciva a
dormire, allungò
una mano verso il
comodino e prese la candela ancora accesa. Rabbrividendo, e in camicia
da
notte, attraversò
la stanza e si sedette al
piccolo scrittoio che c'era davanti alla finestra. Prese un foglio di
carta e
una penna e incominciò
a tracciare su due
colonne una specie di schema.
Vampiri,
scrisse, si nutrono di sangue umano.
Infestano le
case, certe volte. Sono immortali, creano altri vampiri, sono
fortissimi e tremendamente
astuti.
Si figurò
il signor Nibbles che porta due volte al giorno da
mangiare a un vampiro ('Ehi, salve, Vampiro, come va? No, niente
sangue, oggi,
mi dispiace. Norma ha fatto delle polpette favolose'), o Foster che
cercava di
spiegargli che non è molto educato tentare di succhiare il
sangue agli ospiti
di casa. Decisamente funzionava poco.
E poi nessuno si era
ammalato, nessuno aveva provato i soliti sintomi che seguono al morso
di un
vampiro: pallore, debolezza, febbre acuta, stordimento, progressiva
intolleranza
alla luce e alle comuni attività dei mortali, disappetenza.
Come sapeva queste cose
sui vampiri? Ormai bastava entrare in qualunque rivendita
appena un po' seria
di libri per essere letteralmente sommersi da tonnellate di pagine
sull'argomento.
Andavano un sacco di moda. Ma comunque non era il suo caso. Dubitava
fortemente
che in soffitta si nascondesse qualche essere mezzo pipistrello e mezzo
demonio.
La seconda cosa che
scrisse fu Fantasma. Ma anche
questa
le parve una sciocchezza. E va bene che di fantasmi erano piene le
storie dei castelli
nobiliari, le pagine delle antiche cronache e quelle più
nuove dei libri. Ma
per lo stesso motivo dei vampiri, non la vedeva la signora Nibbles a
preparare
tortini a un fantasma. E poi un fantasma non suona il violino.
Perché ormai, di
questo era certa, chi suonava il violino in soffitta non era il Signor
Thompson. Se fosse servita una conferma, quella sera aveva lui stesso
ammesso
di non saper suonare strumenti. Ma per suonare un violino bisognava
avere le
mani e non essere fatti d'aria.
A questo punto, escluse le
ipotesi di entità sovrannaturali, restavano quelle
riguardanti gli esseri
umani. In soffitta poteva esserci un pazzo (o una pazza), un assassino,
o uno
storpio.
Scrisse Storpio sotto gli altri due.
Dunque, di storpi erano
pieni i romanzi. Si grattò
la testa e mordicchiò
la penna, perché c'era qualcosa che ricordava …
ma sì!
Aveva letto giusto il mese prima un romanzo francese
molto bello. Parlava di un campanaro gobbo che passava la vita
rinchiuso nella
torre di una cattedrale perché era troppo spaventoso per
uscire. Che anche a
Thompson House si nascondesse un tipo del genere? Però
in quel romanzo il campanaro era abbastanza simpatico, e
anche piuttosto inoffensivo. Addirittura si lasciava morire sulla tomba
della
donna amata, dopo che lei era stata uccisa ingiustamente. Insomma, il
personaggio di quel libro era tutto tranne che davvero
spaventoso.
Ma non era comunque possibile
che Thompson avesse un fratello deforme? Un gemello nato male, un
primogenito
che aveva voluto scalzare, un fratello che aveva relegato
lassù. Sempre a
proposito di gemelli nascosti, aveva letto in un altro francese della
triste
storia del fratello gemello del Re di Francia Luigi XIV. Pare che la
madre di
Luigi avesse messo al mondo due gemelli. Il Re di Francia e suo
fratello,
insomma. Ma dal momento che due fratelli, nati lo stesso giorno e per
di più
identici potevano diventare un problema nei delicati equilibri
dinastici che
regolavano la successione al trono, si era preferito farne sparire uno.
Uno dei
due gemelli era così
stato costretto ad
indossare una maschera, e a vivere per sempre segregato nelle cupe
segrete di
un carcere.
Però
Thompson non era affatto re. Che bisogno ci sarebbe stato
di nascondere un fratello deforme o un gemello? E poi ormai si era nel
diciannovesimo secolo, c'era un sacco di ospedali, di ospizi, luoghi di
cura lindi
e puliti a cui affidare un parente in quelle condizioni. Che bisogno
c'era di
tenerlo in casa?
Eileen si alzò
e fece un giro nella stanza. Era scalza e non era certo
caldo, ma ormai era del tutto assorbita nei sui ragionamenti, tanto da
non
sentire più neanche i furiosi scrosci di acqua contro i
vetri. La candela
tremolava in un angolo e mandava una luce inquieta. Si sedette a
riflettere sul
letto.
C'era qualcosa che
sembrava sfuggirle. Rifletté. Che cosa sapeva esattamente
della casa e dei suoi
abitanti?
Dunque, sapeva che, allo stato attuale, nel palazzo abitavano
stabilmente
Thompson, il signor Nibbles, la signora Nibbles, Foster, Noah,
Elizabeth. A
questi dovevano aggiungersi lei - che ci stava per forza, ma ci stava -
e i due
ospiti appena arrivati. In tutto nove persone. C'erano poi alcuni altri
servi,
ma davano solo una mano di giorno, e di notte tornavano in
città. Dunque nove
persone, di cui sei erano già lì
quando era arrivata.
E
cosa sapeva di loro? Sapeva che Elizabeth era orfana di padre (glie lo
aveva
confidato Norma un giorno) e che era stata presa come aiutante
perché nipote di
una cugina di Nibbles. A casa aveva quattro fratelli e un'intera
famiglia da
sfamare. Non sembrava avere altri parenti al mondo.
Poi c'era Noah, figlio di
una cameriera che era morta affidandolo alle cure dei
Nibbles. Il Signor
Thompson non aveva fatto storie, a lui bastava che non desse fastidio e
che facesse
qualche lavoretto. I Nibbles, poi, sembravano lì
da
secoli. Si sapeva che erano al servizio dalla famiglia dai tempi del
nonno
dell'attuale padrone, e che avevano passato la vita a battibeccare in
cucina
amandosi alla follia. E con Foster, tra i piedi che - sembrava - non
andava
molto a genio al signor Nibbles, in ragione della loro vecchia
rivalità in
amore. Eileen si fermò
a esaminare Foster. Era
uno strano vecchio, cupo, altero e assolutamente diffidente, ma
sembrava un
buon servo e pareva l'unico a conoscenza del mistero, insieme ai
Nibbles.
Come a dire che era stato
rivelato soltanto ai domestici più anziani.
Ma Norma aveva detto anche
un'altra cosa, durante la conversazione con Nibbles, una cosa che dava
da
pensare: la creatura che abitava in soffitta era stata rinchiusa
là in seguito
a un atto di carità del signor Thompson. Questo significava
che non era sempre
stata lassù, ma che doveva abitarci solo da quando era
Thompson il padrone di
casa. Ma di Foster non si sapeva altro.
Anche Thompson era molto
strano: erede di una grossa fortuna, i suoi tratti erano tesi e triti.
Si
fidanza con una ragazza e la lascia poco prima di sposarla per recarsi
precipitosamente in India, dove ha un commercio avviato dal
nonno.
Perché lo
fa? Non sembra un tipo venale, uno che sta così
dietro
ai soldi da mandare a monte un matrimonio solo per farsi un viaggetto
di
commercio.
Ma allora? I casi sono due: o in India ci è andato spinto da
qualcosa di così
impellente da fargli
rischiare un matrimonio, oppure ha usato il viaggio come scusa per
prendere
tempo in un frangente difficile.
Ma anche se Thompson le
era odioso, Eileen proprio non riusciva a immaginarlo un essere
meschino al
punto di abbandonare una ragazza solo per togliersi da un impiccio. Le
era
sembrato anzi anche troppo incline a prendere sul serio i suoi impegni
…. una
vocina nella testa di Eileen le ricordò
che
tutto sommato senza di lui in quel momento sarebbe in mezzo a una
strada. Si
alzò
di scatto e andò
alla
finestra. Non voleva pensare a quella cosa. Non voleva pensare a suo
padre. Non
adesso che aveva da pensare, e che pioveva, e che … uno
scroscio più forte
degli altri frustò
il vetro come un ramo
spezzato. Chissà dov'era suo padre con quel tempo. Scoppiò
a piangere e si lasciò
scivolare per terra contro il muro. Le parve che non ci fosse
più niente che
quadrasse nella sua vita. Neanche una sola cosa, piccola.
Molto
tempo dopo riaprì
gli occhi. Era quasi mattina. Sentì
un dolore forte alla schiena e un indolenzimento in tutto
il corpo. Si
accorse di aver passato la
notte sul pavimento. Si tirò
su a sedere. La stanza
adesso era inondata di sole. Sull'albero davanti alla finestra gli
uccelli già
cantavano e tutto profumava di silenzio. Si alzò
in
piedi, ancora frastornata. Un raggio di luce accarezzava il battente
semichiuso
dell'armadio.
Eileen sbatté le palpebre
e si accorse di non sentirsi affatto bene. La testa le girava e le
gambe
sembrano non reggerla bene. Aveva i piedi gelati e le orecchie in
fiamme.
Probabilmente aveva preso freddo a dormire in quel modo per terra, pensò
con una punta di rimorso. Ma ormai era tardi per piangerci
sopra.
- Non quadra niente -
mormorò,
senza sapere neanche lei che cosa diceva.
Poi venne uno stranuto. E
poi un altro.
Eileen dovette fermarsi
perché quasi le mancava il fiato. Decisamente doveva averla
fatta grossa, a
dormire a quel modo, senza niente.
Si tirò
in piedi un po' a fatica e dovette appoggiarsi più volte
per cercare di non cadere. Si sentiva debole come uno scricciolo. Forse
era
meglio mettersi a letto. Provò
a farlo, ma poi ci ripensò.
Aveva freddo, troppo freddo. Si avvicinò
all'armadio e guardò
dentro
per cercare una vestaglia.
Frugò
nel ripiano più in alto e una pila di cappellini le crollò
addosso rotolando sul pavimento. Poi fu la volta delle
sottovesti, che la impegnarono in una lotta furiosa per districarle.
Erano
tante, affastellate una sull'altra, a formare un cumulo vaporoso che
ingombrava
metà del ripiano. Anche sugli altri scaffali non c'era
traccia alcuna della sua
vestaglia.
Armeggiò ancora
un po', poco convinta. Adesso tremava in tutto il
corpo e un sudore gelato aveva cominciato a bagnare la schiena. Giudicò
che era meglio fermarsi e andare a letto, con o senza
vestaglia.
Fece per girarsi ma in
quell'attimo con la coda dell'occhio percepì
qualcosa di strano nel fondo dell'armadio. Qualcosa che era stato
liberato quando aveva
scostato il groviglio delle sottovesti.
Aguzzò
gli occhi nella peombra per capire cos'era e si protese all'interno per
prenderlo. Allungò
un braccio e le sue mani
si chiusero su qualcosa di morbido e oblungo. Come una specie di sacca
ma dalla
forma decisamente consumata e strana. Quando lo portò
alla luce vide che non era una sacca qualunque.
Era di forma rigida e
oblunga, di pelle nera, con una pancia sinuosa e una fragile
estremità allungata
che penzolava floscia da un lato. Doveva avere anni e un tempo doveva
essere
stata bella, a suo modo era ancora molto bella. Ma non era la
bellezza a rendere
speciale quel ritorvamento, niente affatto.
Il fatto era che la sacca
sembrava la custodia di uno strumento antico. Di un violino, per la
precisione.
A Eileen le ginocchia
tremarono. E prima che riuscisse a parlare, era svenuta ai piedi
dell'armadio.
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Capitolo 16 *** Capitolo Sedicesimo ***
- Capitolo Sedicesimo -
La
signora Nibbles entrò
nella stanza come una furia.
- Oh, santo cielo, chiama
il dottore, Nigel, presto! E tu, Elizabeth, aiutami a portarla a letto!
Sia accucciò
sul corpo di Eileen, svenuta ai piedi dell'armadio. Non
fece caso al fagotto nero che la ragazza teneva tra le mani.
Semplicemente lo
gettò
chissà dove nel marasma crescente della stanza. Soltanto
dopo si sarebbe resa conto di che cos'era esattamente quel fagotto.
- E' gelata! Che le è successo,
mio Dio, è svenuta! Signor Nibbles, presto, il cavallo! Vai
a chiamare il
dottore, non si sveglia, presto!
Riuscirono ad adagiarla
sul letto. Norma cominciò
a frizionarle le estremità livide con dell'olio scaldato,
per cercare di far riprendere il circolo del sangue. Elizabeth stava
atterrita
in un angolo e Foster era andato a chiamare il padrone. Tornò
dicendo che di Thompson e
i Prescott non c'era traccia. Probabilmente erano usciti presto, subito
dopo la
prima colazione.
- E' vero - Norma si batté
la mano sulla fronte - mi avevano detto che sarebbero andati a cavallo
per la
campagna! Oh, santo cielo, la mia povera bambina, che è
successo? Corri in
camera mia, Elizabeth, e prendi tutti i panni di lana che riesci a
trovare.
Svelta! Oh, e dammi anche quella coperta - disse indicando una grossa
trapunta
colorata che stava sulla poltrona davanti al caminetto - e dì
a Foster di accendere il
fuoco. Con molta legna, subito! Oh, cielo!
Quando Eileen non si era
presentata in cucina per fare colazione, Norma aveva mandato Elizabeth
a vedere
se stava poco bene. La piccola cameriera tornata con una faccia livida
come la
morte. Norma per poco non era svenuta anche lei. Erano corse a chiamare
Nibbles,
e mentre Norma arraffava in fretta e furia tutte le coperte che
riusciva a
trovare, Elizabeth era andata ad avvertire lo stalliere di tenere
pronto un
cavallo. Poi era tornata nella stanza.
Il caldo dovette fare bene
ad Eileen, perché dopo molti massaggi sulle tempie e molti
Sali aromatici,
riprese per breve tempo conoscenza. Norma alzò
le
braccia al cielo e cominciò
a piangere e a baciarle
furiosamente le mani. Anche Elizabeth sospirò
felice di
sollievo.
Eileen fece un sorriso
smarrito. La testa le ronzava come un alveare, e si sentiva come fosse
fatta di
burro in ogni arto. Provò
a tirare su la testa.
- No, angelo mio, meglio non
fare sforzi - le disse Norma accarezzandole la fronte madida - Nigel
è andato a
chiamare il dottore. Tra poco sarà qui, vedrai. Adesso devi
stare buona buona e
promettermi di non parlare o altro. Ci siamo qui io ed Elizabeth a
farti
compagnia, come ti senti?
Eileen mosse la testa per
dire che stava meglio. Aveva la gola che le bruciava come mille punture
di
spilli, le orecchie in fiamme e le gambe gelate. Non sentiva le dita
dei piedi
e le sembrava che tutto fosse come avvolto in un'ovatta spessa e
tenace. Anche
i contorni delle cose le apparivano come sfumati. Fece una smorfia, ma
era
troppo debole anche solo per disperarsi del suo stato.
Il
dottor Finley arrivò
mezz'ora dopo, al galoppo dalla città con Nibbles. Salì
le scale affannato e quanto Norma lo vide lanciò
un grido di gioia. Il dottore, un vecchio dall'aria competente
con delle lunghe basette color latte, rimboccò
le
maniche della marsina nera sulle lunghe braccia ossute da cicala, prese
con sé
la sua borsa di pelle e chiede si essere lasciato solo con l'inferma.
Elizabeth, Norma e il
signor Nibbles attesero come anime in pena con l'orecchio attaccato
alla porta.
Quando, dopo un quarto d'ora di silenzio, il dottor Finley uscì
dalla stanza, Norma gli fu addosso in un attimo.
- Allora, che cos'ha la bambina? E' grave? Oddio dottore, non fateci
stare sulle spine!
Il dottore scosse la testa
segaligna. Dalla sua marsina nera ed elegante il vecchio collo usciva
sdrucito
come quello di un pollo spennato. Ma nel complesso ispirava fiducia.
- Non bene, madame. Non
bene - disse pulendosi gli occhiali al fazzoletto e tenendo gli occhi
stretti
per vederci - Ha preso molto freddo, e in questa … in questa
stagione balorda
non deve averle fatto per niente bene. Per niente proprio, direi, visto
lo
stato critico in cui versa l'ammalata, a mio giudizio.
Così
dicendo strofinò
l'occhiale ancora un paio di volte e lo ripose.
Per poco Norma non lo
sbatté al muro.
- Cosa intendete per stato
critico, dottore? Avanti, parlate chiaro, avanti!
Il dottore le sorrise
educato.
- Ha la tosse, il petto
ingombro - spiegò
- e la febbre, anche
piuttosto alta. Non che in questi casi non sia una cosa del tutto
normale, ma
la ragazza ha preso molto freddo, e insomma non c'è da
scherzare con un'infreddatura
come questa.
- Che può
succedere?
- Può
succedere che non succeda niente. E allora voi avrete
stasera la vostra bella ragazza già vispa e allegra come un
cardellino. Ma
potrebbe succedere anche … beh, con una febbre così
non si scherza, Potrebbe anche peggiorare, ecco. E in quel
caso bisognerebbe capire se la febbre le ha preso i polmoni.
- E che possiamo fare, nel
frattempo?
- Aspettare. E tenerla più
tranquilla possibile. Ha parenti la ragazza?
Norma guardò
Nibbles, ed entrambe,
risposero nello stesso momento.
- Sì.
- No.
Il dottore li fissò
incuriosito.
Norma si affrettò
a lanciare
un'occhiataccia a Nigel.
- E' una parente del
Signor Thompson. - spiegò
- Sua cugina.
- Non sapevo che avesse
una cugina. Curo la sua famiglia da tanti anni e …
- Una cugina acquisita. E'
venuta a visitare il padrone e a trascorrere l'estate insieme a noi, ma
…
perché ci avete detto dei parenti, non sarà mica
una cosa così
grave!
Il dottore ci stette un
po' a pensare.
- Se non fossi un uomo di
scienza direi che quella stanza è maledetta.
Norma abbassò
gli occhi.
Nibbles distolse lo
sguardo e tirò
su col
naso.
- Era una così
cara ragazza … - fece il
dottore - Non si hanno più avute sue notizie?
Norma scosse la testa.
- Il padrone l'ha cercata
per mari e monti. E non è mai riuscito a ritrovarla. Ci
siamo rassegnati a
pensare che sia morta. Annegata, o rapita, o …
chissà. Il padrone non si è
ancora ripreso.
Il dottore scosse le folte
basette.
- Lo capisco. Una parente
così
stretta
e una fine così
… beh,
lasciamo stare. Occupiamoci dei vivi. Adesso la cosa più
importante è evitare
che la ragazza si aggravi. Vi scriverò
subito una ricetta, e stasera tornerò
a controllare come
procede. Potete garantire che qualcuno sia sempre accanto a lei? In
questi casi,
è fondamentale vedere subito qualsiasi sintomo di
peggioramento.
Norma scosse la testa, e
disse che ci sarebbe stata lei, continuamente.
- E poi c'è Elizabeth, e
il signor Nibbles … le siamo tutti enormemente affezionati.
Io no so se … io
non so se … che cosa, cosa farei se … se, oh
perdonatemi!
E scoppio a piangere dentro
il grembiule.
Il dottore le batté una
mano sulla spalla.
- Ha avuto qualche forte
dispiacere nell'ultimo periodo, che sappiate? Uno spavento, qualcosa
che possa
averla ridotta in quello stato.
Norma scosse la testa.
- Beh, suo padre … non sta
molto bene. E' anche per questo che la ragazza sta qui da noi. Ma per
il resto,
no, credo di no. Mi è sembrata tranquilla, persino allegra,
certe volte. Le
piace tanto stare con noi, è una così
cara
ragazza.
- Vedrete che riusciremo a
salvarla. Adesso vado, ma tornerò
a
trovarla. Se la febbre dovesse alzarsi ancora mandatemi ha chiamare
subito.
Altrimenti tornerò
alle sei.
Norma assentì,
e mentre Nibbles riaccompagnava Finley, tornò
dentro la camera da letto.
- Signora Nibbles?
- Sono io, mia cara.
Eileen fece un sorriso
debole, e Norma si sedette accanto a lei.
- Il dottore - spiegò
Norma - ha detto che non
è niente di grave, ma devi stare molto tranquilla, a riposo
assoluto.
Eileen non ebbe la forza
di rispondere. La vista le si stava di nuovo annebbiando.
- … pensa, il dottore? -
chiese.
Ma Norma le intimò
di stare quieta.
- Ha detto che per la fine
della settimana starai già molto meglio. Ma ora la cosa
migliore è dormire.
Norma fece per alzarsi, ma
Eileen mosse una mano e cercò
di trattenerla.
- Signora Nibbles? … la stanza
… di chi era?
Norma socchiuse gli occhi e
fissò
un punto imprecisato del muro.
- E' la stanza degli ospiti,
bambina. E' sempre stata la stanza degli ospiti.
E adesso dormi, domattina starai di nuovo bene, angelo mio.
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Capitolo 17 *** Capitolo Diciassettesimo ***
- Capitolo
Diciassettesimo -
Eileen
passò a letto tre giorni.
Probabilmente i tre giorni più noiosi della sua vita. Dopo
la prima nottata, trascorsa
praticamente solo a dar di stomaco, la temperatura sembrava essersi
assestata
su una specie di continua, ma non troppo fastidiosa febbriciattola.
Già il
giorno dopo stava meglio, e aveva provato ad alzarsi.
- Non se ne parla nemmeno!
- protestò
Norma inorridita. Per lei infreddatura equivaleva a principio di
polmonite
perniciosa, e dunque andava curata con massicce dosi di
inattività e brodaglie.
Fu così che le
impedì di muoversi dal letto
finché non si fosse ristabilita del tutto.
- Finché il colore delle belle
pesche che hai al posto delle guance sarà tornato il solito
- furono le sue
esatte parole.
Eileen sospirò di rassegnazione.
Da
quel momento cominciò una ridda di corpose brodaglie,
cucchiaioni di
ricostituenti orribili e melensi sciroppi per la tosse. Norma decise
che la dicitura 'non strapazzarsi' del
dottor Finley comprendeva l'astensione totale da ogni forma di
attività
sociale, divertimento, conversazione, moto. In breve tutto quel che non
era
mangiare, bere e dormire.
Furono
dunque impietosamente
rimossi dalla camera Eileen tutti i libri (se ti concentri troppo ti
viene il
mal di testa), la carta, la penna e persino qualche innocente gingillo.
A parte una visita di
Thompson - si era trattato di cinque minuti, in cui era apparso quasi
più
ombroso del solito - e una di Aurora per convenienza, nient'altro giunse
più a distrarla. Anche
il tenente, che nei primi giorni si era informato assiduamente della
sua salute,
sembrava aver perso tutto l'interesse alle sue visite.
Così Eileen languiva nella
noia. Neanche la storia del violino riusciva più di tanto a
interessarla. Ogni
tanto, quando era sola, lanciava uno sguardo all'armadio e si chiedeva
se per
caso non si fosse sognata tutto quanto.
Della custodia erano
scomparse le tracce, e da tempo non sentiva più nessuno
suonare in soffitta.
Finì quasi
per credere di essersi inventata tutto, anche perché a
qualsiasi tentativo di
capire di chi era stata prima quella stanza, Norma invariabilmente
rispondeva
'è sempre stata la stanza degli ospiti'.
Nibbles fece qualche
tentativo di introdurre provviste di nascosto (una scatola di
cioccolatini,
qualche biscotto glassato, un'aranciata), ma Norma lo beccò
sul fatto e per poco non lo
ridusse in fin di vita: il dottore aveva detto brodo e brodo sarebbe
stato.
Anche Noah provò a forzare più volte la vigilanza
della signora Nibbles, e
due volte fu respinto indietro. La terza invece - approfittando del
fatto che
anche Norma doveva nutrirsi e dunque si era assentata per il pasto -
riuscì ad intrufolarsi in camera
con sottobraccio la vecchia cappelliera, che ora gli era diventata
indispensabile
per istruire gli insetti e trasportarli.
- Ciao Linny, ho pensato
di passare a vedere se stavi bene. Ti disturbo, per caso?
Eileen fece un salto nel
letto dalla felicità.
- Figurati! Sono giorni
che Norma mi tiene rinchiusa qui come una carcerata! Non sai che
piacere mi fa
vederti!
Noah sorrise di evidente
piacere, si sedette accanto a lei e cominciò a raccontargli
tutte le novità degli ultimi giorni.
- Lo sapevi che il
postino si è rotto una
gamba, perché mentre passava il cane dei vicini gli
è corso dietro e l'ha fatto
cadere di sella? E lo sapevi che Jacob, il garzone del macellaio, si
è sposato
l'altra settimana? Mi hanno invitato alla festa, dovevi vedere che
meraviglia,
che bevute … cioè, io non ho bevuto mica niente,
ma insomma, coi violini, la
musica, la gente tutta allegra mi sono divertito un sacco! E poi mi
hanno
chiesto anche di vedere i miei piccoli esibirsi, non sai che emozione!
Creamy è
stato eccezionale nel numero del salto della corda, ma anche gli altri
sono
stati bravissimi. Alla fine mi battevano le mani … e ci ho
anche guadagnato
queste.
Tirò fuori dalla tasca tre
monete lucide e lustre. Le posò sul copriletto ed Eileen
poté ammirarle da vicino.
- Stupende! Il tuo Circo è
di sicuro una bomba!
- Quando starai di nuovo
in piedi se vuoi organizzo uno spettacolo per te - sorrise.
Eileen se ne mostrò entusiasta. Poi passarono
a parlare delle cose di casa Thompson.
- Niente di nuovo - raccontò Noah - il signor Nibbles
ha interrato le petunie e speriamo che vengano su bene. Elizabeth sta
cucendo
un grembiule e lo stalliere Johnson pare che abbia trovato una nuova
fidanzata.
Foster è noioso come al solito e Norma è una
pacchia da quando scende in cucina
solo per prendere da mangiare a te. Non sai che pace! Coi miei piccoli
mi
alleno dove voglio. Anche in cucina - confessò
- l'altro giorno.
-
E il signor Thompson?
Noah si strinse nelle
spalle.
- Non c'è quasi mai, esce
sempre con quella ragazza, quell'Aurora. Devo dirti che non mi sta
simpatica.
L'altro giorno avevo lasciato libere le mie processionarie in giardino
e lei
passava di lì … quando le ha viste si
è messa a
gridare! Fortuna che non c'era nessuno. Quando è scappata
sono corso a
riprenderle e le ho nascoste bene bene nella scatola. Comunque dopo
è arrivato
il Signor Thompson, a chiedermi se ne sapevo niente. Io gli ho risposto
che di
processionarie è pieno il mondo a questa stagione, e che non
sono per forza
tutti miei gli insetti che circolano in giro. Non so se ci ha creduto,
comunque
mi ha detto di tenermi alla larga dal giardino se c'è la
signorina Aurora che
passeggia. Per non darle fastidio, capisci? Ha detto proprio così
la signorina Aurora.
Ma figurati!
Eileen rise, ma aveva
altri pensieri per la testa.
- Davvero Aurora e
Thompson escono insieme?
- Proprio così, e quasi tutti i giorni.
- Tutti i giorni? E dove
vanno tutti i giorni insieme?
Noah ci stette un po' a
pensare.
- Non lo so. So solo che
li vedo uscire sempre dal cancello, a braccetto e sempre a piedi. O
quasi
sempre, insomma. A volte prendono la strada per Londra. Altre volte
quella per
la campagna. Hanno sempre un cestino dietro, quello per metterci la
roba da
mangiare. Probabilmente vanno a fare dei pic nic. C'è un
gran bel sole di
questi giorni, sai?
Eileen scoccò uno sguardo assassino fuori dalla finestra
finestra.
- Lo vedo - borbottò acida. E poi - Il tenente non va mai
con loro?
Noah strizzò gli occhi con curiosità.
- Perché lo vuoi sapere? -
chiese.
Eileen non seppe che
rispondere.
- Non sarà mica che ti
piace, vero?
Noah aveva fatto una
faccia strana. Parecchio buffa.
- Perché? - rise lei - Se
anche fosse?
Il ragazzino si rabbuiò all'istante.
- Oh, niente. Sono affari
tuoi. Francamente non me ne importa niente, se ti piace o non ti piace
il
signor Prescott. Comunque no, non mi pare. Di solito vanno da soli. E
il
tenente va a giocare a biliardo insieme al signor Nibbles. Vedessi che
partite
che fanno. Scommettono forte, lui vince sempre e non vuole mai
riscuotere
niente da Nigel. Un tipo a posto, penso.
- Ma non ti sta molto
simpatico, o sbaglio?
Noah mise su una specie di
broncio.
- Vuoi vedere come è
cresciuto Creamy?
Eileen disse di sì e così il grosso coleottero
argentato vagò per circa dieci minuti ad esplorare
il suo colorato copriletto. Quando ne ebbe fatto per la terza volta il
giro a
suon di capitomboli, Noah lo raccolse delicatamente, perché
stava per
ribaltarsi di nuovo.
- Adesso devo andare,
Linny. Mi piacerebbe restare di più, ma ho paura che Norma
mi becchi. E lo sai
che non le piace affatto che veniamo a trovarti fin quassù.
- Hai ragione. Forse è
meglio che vai. Ma … me lo faresti un piccolo favore se sei
in giro, in questi
giorni?
Noah fece una faccia furbetta.
- Dipende da quanto puoi
pagarlo.
- Mi puoi tenere d'occhio
il Signor Thompson?
Noah fischiò piano.
-
Non dirmi che sei gelosa
di … ma non eri innamorata di Prescott?
- No, no, assolutamente.
Che dici! Solo che ho una certa cosa che … beh, insomma tu
tienimelo d'occhio. Guarda
se va da qualche parte, se fa cose insolite, insomma.
- Ti costerà moltissimo. Voglio
dire, il tempo è denaro … non so che cosa potrei
chiedere in cambio.
- Capisco - rise Eileen -
Ma penso proprio che riuscirò a convincerti.
Noah si grattò la testa.
-
Hai qualche idea
precisa? Voglio dire, a che cosa devo stare attento. Non è
che voglia sapere
niente, Linny, ma se non sei un po' più precisa, io
…
- Ecco, non so
… diciamo che vorrei sapere se
sale mai al piano di sopra.
- Ma è disabitato!
- Appunto! Ehm … insomma,
vorrei sapere questo. Niente di più. Soltanto se ogni tanto
sale al piano di
sopra. O se fa cose particolarmente strane. Ecco tutto.
- E delle gite con Aurora
che faccio? Ti vengo a raccontare anche quelle? Ahi!
Nonostante la debolezza,
Eileen era una buona tiratrice. Il cuscino colpì in piena
faccia Noah.
- Ahi, non ho detto niente
di male! - ridacchiò il piccolo.
- Incredibile quanto puoi
essere impudente! Fila via, piccolo mostro prima che …
- E il mio compenso quale
sarebbe? - fece Noah con la sua faccia impertinente.
Eileen gli indicò un cassetto e gli disse
di portargli lo scrigno che c'era dentro. Quando lo ebbe tra le mani,
sorrise
ed estrasse una piccola chiavetta.
- Mi avevi detto tempo fa
che non sapevi dove andarti a esercitare coi tuoi piccoli …
beh diciamo che io
ho la soluzione. Se tu accetti di seguire Thompson, io ti do il modo di
esercitarti quanto vuoi, quando vuoi, in un posto sicuro. Un posto dove
puoi
tenere liberi i tuoi animali senza problemi.
A Noah brillarono gli
occhi.
- Dove sarebbe questo
posto? - chiese.
Eileen sorrise e strinse
in pugno la piccola chiave.
- Seguirai Thompson?
- E' davvero un posto così sicuro?
- Sicurissimo.
- Davvero potrò andarci ogni volta che voglio? E tenere
liberi gli
animali?
- Esattamente.
- Va bene allora, seguirò il tuo Thompson. Ma adesso dimmi
dov'è questo posto!
Eileen fece una pausa
strategica. Dopo di che, consegnandogli la chiave:
- Ho notato che la
biblioteca non è una stanza molto frequentata. Norma ci
entra solo per
spolverare, e Foster non ci mette mai piede. Il Signor Thompson, che
pura ama i
libri, preferisce leggere nel suo studio, e comunque ci va solo dopo
cena, o al
massimo di tardo pomeriggio. La mattina è completamente
vuota. Se sgusci dentro
e vai dietro uno scaffale, nessuno potrebbe vederti. Tieni. Penso
proprio che
faccia al caso tuo.
Noah prese la chiave e
cominciò un balletto forsennato per la stanza.
- Un posto tutto nostro,
un posto tutto per noi! - ululò.
- Sssht!
Vuoi che ti senta
tutto il palazzo?
- Oh, no,
scusa. Ma senti
un po' com'è che l'hai avuta? Voglio dire, la chiave ce l'ha
Thompson …
- E adesso
ce l'ho io. Non
preoccuparti di come ho fatto ad averla, pensa solo a farne buon uso.
Se ti
comporti in maniera assennata, penso proprio che andrà tutto
liscio.
Noah era
fuori di sé dalla
gioia: fece un altro giro su se stesso. Ma almeno lo fece in silenzio.
---
Piccola comunicazione di servizio: da ieri Ad
Armi Pari
è anche su Facebook! ---
@Senza Fiato, Lady_2008 e
Beatrix: Sorella
di Thompson? Fuochino, fuochino ... :)) Ormai ci siamo quasi ...
|
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Capitolo 18 *** AVVISO IMPORTANTE ***
AVVISO SOSPENSIONE 'AD ARMI PARI'
Care ragazze ,
purtroppo, per un lutto gravissimo, mi trovo
costretta a sospendere per un po' la mia fiction.
Ho voluto avvertirvi perché questa storia su EFP
è molto importante per me, e non volevo sparire senza dire
niente a voi, che siete state sempre così assidue nella
lettura.
La riprenderò, è una promessa, e spero il
più presto possibile, perché è quasi
conclusa e voglio che veda tutta intera la luce. Adesso vi lascio, a
presto e un grande abbraccio
Vale
|
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Capitolo 19 *** Capitolo Diciottesimo ***
- Capitolo Diciottesimo
-
Qualche
altro giorno si
trascinò indeciso, senza significative novità.
Eileen non capiva
molto bene se essere triste o felice. Tutti i giorni, verso l'ora di
cena, Noah
le portava le solite, banali, notizie sul conto del Signor Thompson.
Pareva
fosse tutto normale, niente strani movimenti, niente incidenti al piano
di
sopra, niente visite nel cuore della notte, tanto che a volte Eileen
quasi
pensava di essersi immaginata tutto nella febbre: violino, musica,
custodia e
prigioniera. Se non fosse stato del
tutto impossibile, si sarebbe potuto pensare che Thompson si fosse
accorto del
pedinamento di Noah, e per questo si comportasse bene. Che poi, bene
… c'erano
sempre, al termine di ogni resoconto anche le solite, trite notizie sui
modi
sempre nuovi che Thompson scovava per rendere piacevole il soggiorno di
Aurora a
Thompson House.
Un giorno erano andati a
cavallo, un altro a passeggio in calesse fino alle cascate del
Gladstone che
fanno un'ansa curiosa in mezzo al fiume formando come una specie di
palude. Una
terza volta avevano fatto addirittura un pic nic sul lago e erano stati
fuori
fino a sera. Una cosa abbastanza riprovevole, si sarebbe potuto
commentare.
Soprattutto perché erano andati soli.
Senza Prescott e senza cocchiere. Thompson aveva guidato lui il
calesse, il che
aveva quasi dell'incredibile: si spiegava solo col tardivo ma
persistente
desiderio di un trentenne di far colpo su una ragazzina.
Una cosa davvero
riprovevole.
Soli come due amanti
felici. Soli come due stelle in cielo. Soli come due vermi solitari.
Non che ovviamente le
importasse niente. Semplicemente le dava fastidio che quei due stessero
così appiccicati. Non era, come dire, decente.
Questo
poi per non contare
l'infinita varietà di distrazioni che Thompson tendeva a
offrire alla sua
giovane ospite anche a casa. Gli echi arrivavano fin nella stanza dove
Eileen
doveva fare grandi sforzi per tapparsi le orecchie col cuscino ed
ignorarli:
partite a scacchi fino a notte fonda, tornei di whist
col vicinato, soireé
coi tipi più brillanti della contea, musica, rinfreschi,
gioventù e tutto
quello che si può desiderare per trascorrere
in allegria e gaiezza la stagione calda in campagna.
Eileen ne rimaneva
disgustata: sembrava proprio che il vecchio scapolone si fosse deciso
tutto
insieme a spalancare le porte del palazzo e a fare entrare un po' di
vita in
quelle stanze. Non concepiva come un individuo di ben trentatré
anni potesse farsi ancora carico di tutta quella gaiezza
in giro per casa. Non era ancora stanco della vita? Nella sua mente
Eileen
godeva molto a rappresentarselo vecchio, vecchissimo, come il signor
Nibbles, e
a vederlo decrepito mentre cercava di ballare ancora con Aurora, mentre
invece
le gambe gli tremavano. Adorava soprattutto soffermarsi sul momento in
cui
Aurora, attratta da un bel giovane - quello sì, davvero
giovane - lo mollava con una scusa qualunque accanto al tavolo degli
aperitivi.
Era un pensiero davvero
confortante. L'unico a rendere appena un pochino sopportabile la vita
ad Eileen
da quando era caduta malata e le toccava stare in disparte.
Allora sì che poteva permettersi il lusso di compiangere
Thompson,
lui, la sua casa, la sua incredibile vecchiaia di trentenne e tutto il
resto.
A volte, aveva notato
Eileen, che seppur giovane aveva buoni occhi e era piuttosto incline a
riflettere, a volte le persone lo facevano: ammobiliare il vuoto di
canzoni,
oscurare le tende del silenzio, riempire tutto nella cieca furia di
ascoltare
qualcosa di nuovo, di vedere nuovi posti, di non stare da soli con il
proprio
rumore. Perché spesso il rumore del cuore è
qualcosa di quasi insopportabile, e
i rimorsi, le disperazioni, i sogni di qualcosa di passato e perduto
sono
ospiti troppo impegnativi per essere tollerati a lungo, e da soli.
Anche
suo padre era stato
così: allegro e sempre alla ricerca di qualcosa che lo
tenesse
lontano dal pensare. Ora Eileen l'aveva capito, che a volte gli esseri
umani
fanno fuochi d'artificio per troppa paura del buio.
In queste strane
meditazioni assorta, Eileen spesso si scordava tutto il resto. Non le
importava
che Norma entrasse e uscisse reggendo vassoi enormi di minestra, non le
importava che le mettesse sotto il naso melasse strane di sciroppi
colorati,
che le mandasse giù a forza qualcosa o che si lamentasse del
suo stato. A lei
piaceva essere melanconica, e ci si crogiolava come un lago. Del resto
andava
di moda.
- Se continuate così diventerete più magra di
un'acciuga fritta, e più
antipatica di una medusa. E poi vedrete che non vi vorrà
nessuno! - le ripeteva
all'infinito Norma, per cercare di farla mangiare. E lei allora
sospirava, e
per non sentirla ficcava la testa sotto il cuscino.
- Vedrete bene se non ho
ragione! - diceva Norma, scrollando testa e mestolo - Voi non siete
più davvero
malata, la vostra malattia è qualcos'altro - e poi,
più dolce - perché, bambina
mia, non dici alla tua Norma che cos'hai?
Ma Eileen non lo sapeva
neanche lei. E del resto andava e veniva. A volte la tristezza era
più forte,
altre volte addirittura impercettibile. Forse era colpa del tempo o
forse
soltanto del fatto che stare chiusa sempre in quella camera ad
ascoltare le
risate degli altri non le giovava certo alla salute. Alla fine anche
Norma si
convinse, e giudicò che era il tempo di
tornare a permettere le visite in camera.
Fu così che da un giorno all'altro fu di nuovo permesso a
chiunque
di andare a bussare alla sua porta. Eileen non seppe se esserne felice.
Fu Prescott il primo ad
arrivare.
- Posso far visita alla
bella malata? - chiese giulivo, affacciandosi alla porta. Eileen, che
aveva
avuto dal dottore il permesso di leggere in poltrona, sollevò
gli occhi e fece un salto di spavento.
- Accidenti, signorina,
che eleganza! - rise Prescott, andandole vicino - Vedo bene che neanche
la
malattia è riuscita a togliervi un grammo di eleganza e
bellezza. Anzi, direi
che forse l'avete fatto apposta: siete ancora più bella di
prima!
Eileen si ricompose subito.
Certe volte aveva voglia di piangere. E proprio adesso, aver sentito
bussare le
aveva come rimescolato il sangue. Ma poi era entrato Prescott, e lei
chissà
perché si era rabbuiata.
- Allora, mia cara, che mi
dite? Di nuovo in forma, e più bella di prima! Abbiamo un
sacco di cose da fare,
andare a Bath il mese prossimo in vacanza, la nostra gita in calesse
alla Floss,
il mercato rionale delle piante … e lo sapete che in
città hanno aperto uno
splendido negozio di tessuti d'importazione? Stoffe indiane, greche,
siriache:
dovreste vedere voi stessa! Ho l'idea che un giro da quelle parti vi
farebbe
tornare il colore!
Eileen ringraziò di cuore. Ma disse che non si sentiva
ancora bene.
- Sciocchezze - rise
Prescott - Vedrete se la mia cura non vi rimette in piedi! E vi siete
già persa
troppe cose di nostri bei divertimento a palazzo! L'altra sera abbiamo
avuto
musica, e forse di nuovo domani. Poi c'è stata la baronessa
di *** che ha
cantato due arie di opera, e il signor ***, l'organista della chiesa
che ha
suonato al clavicembalo Bach. Non che sia niente di speciale, questo
tedesco, a
me piacciono molto di più i francesi, ma Aurora era andata
in solluchero … non
sapete quante volte ha ringraziato il vostro caro cugino per la musica.
E
pensare che fa tutto per lei, solo per farla divertire un po'.
Eileen dovette virare al
viola cupo, perché Prescott si affrettò a
riprendersi.
- Certo però, mancate voi … e niente è
davvero divertente in questo
caso. Ogni sera io la passo addormentato su una vecchia poltrona
nell'angolo, a
pensare a quando vi deciderete a tornare tra i vivi, angelo
caro! Ci ho perso
l'appetito, sapete? E senza voi la vita ha poco gusto!
- Ma se mi conoscete
appena! - protestò Eileen divertita.
-
Appunto! E non so già
più fare a meno di voi … del resto poi, non sono
mica l'unico: anche vostro
cugino è in pensiero, e non c'è sera che non mi
stressi per sapere se ho
notizie di voi. Io glie lo chiedo sempre 'che
cavolo ti costa andare ad informarti da solo?', ma lui allora
mi si rabbuia
subito, e sparisce senza dire altro. E' veramente uno strano ragazzo,
il nostro
vecchio Nicholas.
- Davvero Thompson chiede
di me?
- Ovviamente, siete sua
cugina! Sarebbe un mostro vero e proprio se non gli importasse niente
di voi!
Voglio dire, una parente stretta … pensate che l'altra sera
ha sequestrato per
un'ora il dottor Finley proprio mentre stava scendendo le scale. Lo
aspettavamo
tutti al tavolo del whist,
già con i
nostri bravi sherry al fianco, ma lui si è piazzato sulle
scale per aspettare
il barbagianni, e non si è mosso finché non ha
finito il suo interrogatorio al
dottore. Finley alla fine era stremato, abbiamo dovuto dare lo sherry
pure a
lui! Sembrava davvero che Nicholas gli avesse chiesto conto anche di
Adamo ed
Eva, lo aveva prosciugato, poverino, con tutti quei 'come
sta, la paziente, dottore?', e 'Pensate
che se la caverà? Oh, grazie al Cielo?'. Una cosa
da
perderci la testa!
- Davvero ha chiesto al
dottor Finley di me? Voglio dire … lo ha tenuto davvero
sulle scale per tutto
quel tempo?
- Non gli faceva rimettere
il cappotto! E il poveraccio aveva altre visite! Alla fine gli ha
promesso che
gli avrebbe prestato il suo cavallo per andarci, bastava solo che si
trattenesse ancora a spiegargli bene cosa avete.
- E il dottore cosa ha
detto che ho?
Prescott si strizzò nelle spalle.
- Una specie di
congestione nervosa. Non ho capito bene, ma sembra che sia per via di
un grosso
spavento unito a costituzione indebolita. Dovete mangiare di
più, e prendere
molta aria balsamica. Una cosa che ha bisogno di tempo,
tranquillità - e qui
strizzò il naso - e pace. E pace, mi capite? Quel vecchio
barbagianni non è proprio uno sciocco? Quando mai si
è sentito che una ragazza,
una bellezza come voi ha bisogno di pace per rimettersi in sesto? Date
retta
piuttosto al dottor Prescott, che ve lo dice lui cosa dovete fare:
domattina vi
toglierete questa e verrete con me a fare spese!
Così dicendo indicò la sua
vestaglia, eredità che aveva pescato nel guardaroba di sua
madre: a parte
qualche gala antiquata (che la perizia di Elizabeth era del resto
riuscita a
scucire senza rovinare il resto), le sue lunghe maniche ondulate che
finivano
in pizzi crespi e morbidi, la doppia fila di bottoncini sul petto e la
chiusura
di pizzo al sottogola ne facevano qualcosa di incantevole. A Eileen,
per lo
meno, piaceva.
- Verrete con me a
fare spese: - ripeté
Prescott - ho intenzione di regalarvi un bel vestito. E badate che non
accetterò obiezioni!
- Verrà con noi anche il
Signor Thompson? - chiese Eileen prima di rendersi conto che era una
domanda
ben sciocca. Prescott le sorrise con garbo, pensando di non aver capito.
- Nicholas aveva già in
programma di scarrozzare Aurora per Londra. Ma saranno di ritorno per
cena, non
vi dispiace mica, vero?
Eileen arrossì lievemente.
- Ma se vi manca, ne sono
davvero lieto. Sembrava che non lo amaste molto, voglio dire, non siete
mai
molto espansiva con lui …
-
… espansiva?
- Ovviamente! Voglio dire,
Aurora lo conosce appena eppure sono già grandissimi amici!
Voi invece … sembra
quasi che Nicholas vi stia tutt'altro che simpatico. O almeno lui dice
in giro
così.
- Lo dice in giro? -
esclamò Eileen stupita.
- Oh, sì, sì, sì! Dice esattamente così:
'mia cugina è una smorfiosa
scostante che mi
odia con tutte le sue forze!'.
A Eileen per poco non mancò il respiro.
- Ma non è vero! - gridò - Io gli voglio un gran
bene, io gli voglio un gran bene,
lo a …
- Lo amate?
- Io? Amarlo?
- Come un cugino,
ovviamente.
- Ah! Certo! - rise
nervosamente - Il Signor Thompson è proprio un caro cugino!
- Ovvio. E io scherzavo,
state tranquilla. Il vecchio Nicholas non direbbe mai niente del
genere, non su
di voi, almeno. E' un po' tetro, ma vi vuole bene. Anzi parla sempre di
voi. Dice
che siete stata molto sfortunata, ad aver perso il padre così
presto … è molto premuroso, sapete. Anche con la
mia
piccola Aurora, sempre a chiederle se c'è qualcos'altro che
le può fare piacere. Un gran tenerone, il nostro Nicholas,
sotto
quella brutta scorza da cattivo. Comunque, ora passiamo alle cose serie
- e così dicendo Prescott tirò fuori
dalla giacca un piccolo involto - stamattina ero per caso in
città. Quando le
ho viste ho pensato a voi e non ho proprio saputo resistere!
- Cosa sono? - chiese
Eileen guardando i due piccoli involti tubolari. Ma Prescott glie li
tolse di
mano.
- Alle scimmiette curiose
bisogna prima chiedere qualcosa in ricompensa. - sorrise a mezze labbra
-
Altrimenti sono capaci di prendere quel che gli dai e non pensare
neanche a
ringraziarti!
- Cosa volete? - sospirò Eileen.
- Un bacio.
- Un bacio?
- Sulla guancia,
beninteso. Ma un bacio. Non cederò per
niente di meno. Quello che tengo qui dietro lo vale. Lo vale assai, oh,
sì, se lo vale!
Eileen, che era troppo
curiosa, finì per accordare il bacio. Naturalmente
solo dopo che le avesse permesso di vedere cosa cosa c'era dentro gli
involti.
- Le donne hanno sempre
ragione - sospirò Prescott, e le porse i
due piccoli tubi di pelle. Eileen li srotolò:
- Ma sono stampe colorate!
- esclamò estasiata. Le erano sempre piaciuti i disegni, le
stampe,
le cartelle coi paesaggi, ma era la prima volta che teneva in mano
quelle rare
novità.
- Fotografie ridipinte ad
acquarello - corresse Prescott, mostrandogliele orgoglioso -
riproduzioni a
colori di quadri. Prima si fa la fotografia, in tinta seppia, e poi ci
si ripassano
i colori. E' una tecnica abbastanza recente … è
l'effetto è davvero incantevole.
Eileen annuì, contentissima. Ne aveva viste di sfuggita
alcune in qualche
affollata vetrina di città, ma neanche nei suoi sogni
più fervidi aveva mai
pensato di possederne una. E Prescott glie ne aveva regalate due!
- Che cosa raffigurano? -
chiese.
In una c'erano un'antica
rovina gotica e dei lunghi platani scuri che sembravano dita di velluto
contro
il cielo ombroso della sera. Un cappella e qualche stele antica
testimoniavano
esserci stato un convento. In basso a destra, tra un tralcio di edera e
una
pietra muscosa, c'era vergato il nome di Glastonbury. Il cielo cupo e
il
tramonto malinconico davano al dipinto un'aria surreale, quasi mistica.
Nell'altra invece era
raffigurato un castello con delle lunghe mura, a strapiombo su un
dirupo, e
merli e un cielo nuvoloso contro i monti. In primo piano, una dama in
abito
medievale, con grandi maniche a sbuffo e folte trecce, scrutava con la
fronte
increspata qualcosa di più lontano, a valle.
- E' Elinor - spiegò il tenente posando un dito bianco
contro la manica scura
della dama.
- Chi è Elinor?
- Un'antica eroina dei
miei luoghi. Vengo dal nord dell'Inghilterra, sapete? E al Nord ci sono
molte
leggende che parlano di Cedric ed Eilnor.
- Cedric?
- E' così chiama il cavaliere. Questo
qui, che viene su per la strada piano piano. Non lo vedete, ma
è questo punto
bianco che Elinor guarda piena di attesa. Purtroppo la strada
è ancora lunga, la
sera cala e il buio pullula di oscuri pericoli in agguato.
Eileen sentì un brivido correrle lungo
la schiena.
- Pericoli? - chiese con
voce roca e ricordò la sua prima notte
a Thompson House, quando aveva scorso il Signor Thompson passarle
accanto come
un'ombra della notte.
Prescott
annuì, molto serio.
- La leggenda narra che un
tempo Cedric Hightower del castello di Malsbury fosse il più
grande e il più
forte cavaliere di tutta l'Inghilterra del nord. Era prestante, bello e
valoroso. I giovani adoravano il suo ardore, i vecchi non finivano di
lodare la
sua saggezza nelle cose della guerra. Ma un giorno i nobili vicini, che
lo
odiavano come le brutte ombre odiano il sole, ordirono una trama per
ucciderlo.
Odiavano la sua grande baldanza, le sue ricchezze e la sua fortuna.
Come spesso
succede speravano di distruggere tutto questo uccidendolo. Sapevano che
era
partito e il giorno in cui sarebbe tornato, così si
appostarono nel bosco e attesero
che passasse di lì. Lo attendevano dentro a una gola, certi
che al momento in
cui fosse passato avrebbero potuto saltargli addosso senza altri
impedimenti e
finirlo. Ma le cose non andarono così. Quei farabutti si
erano scordati che Cedric aveva una
dama che viveva soltanto per lui. Erano sposi da non più di
un anno ma si
amavano come fossero mille. Nessuno mai riusciva a separarli, e ogni
volta che
Cedric doveva partire per amministrare la giustizia nelle sue terre, la
dama
Elinor - questo era il suo nome - la dama Elinor sempre lo aspettava
smarrita e
ansiosa sopra i merli del castello.
Anche quella sera,
all'imbrunire, era là. Vide Cedric entrare nella gola, e il
cuore le diede un
balzo di gioia in petto. Ma subito dopo una mano, una nera mano di
morte le afferrò la gola come un gelo che
si spandesse dovunque mortale. Elinor seppe all'istante che c'era
qualcosa che
avrebbe messo in pericolo il suo Cedric: lo seppe con la lugubre
certezza che
hanno a volte gli animali del bosco quando rizzano le orecchie nel
nulla e
paiono sentire echi arcani scorti nel vento. Lo seppe con l'orrore del
certo, e
con tutte le sue forze gridò.
Qui Prescott fece una
pausa, aspettò qualche secondo e poi chiese ad
Eileen:
- Devo continuare?
Guardate che il seguito è spaventoso.
Eileen annuì senza parlare.
- Benissimo - riprese
Prescott - Cedric era troppo lontano, giù a valle, e delle
grida di panico di
Elinor non avvertì che un mormorio leggero che spostava le
foglie, inquieto.
Scrollò le
spalle e spronò il suo
cavallo. Elinor vide con orrore che avanzava, lo vide entrare nella
gola e a
quel punto, ad una svolta della strada, stretta ai merli, vide i neri
cavalieri
appostati con archi e frecce. E la morte le scese nel petto. 'Dei del cielo' pregò 'io non posso con la mia sola debole voce dire a
Cedric del pericolo
che incombe. Aiutatemi voi, e prendete in cambio quel che volete'.
Così disse, e gli dei
l'ascoltarono. Allargarono il petto di Elinor, le diedero corde vocali
d'argento e una lingua di bronzo capace di urlare mille miglia lontano.
Ed
Elinor gridò la sua
pena e lo strazio di vedere che moriva l'unico essere che aveva mai
amato. Gridò, gridò, gridò, e la Morte
ebbe pietà di
lei. Cedric, nel folto del bosco alzò gli occhi e udì
la sua dama che gridava, e vide i lampi delle
frecce scoccare e si gettò giù dal
cavallo in tempo.
Nel cielo si squarciarono le nubi e un fulmine cadde esattamente dove
il
cavallo si era impennato. I nemici fuggirono atterriti, e Cedric
poté
rialzarsi. Ora la strada era deserta, ma nell'aria non si muoveva
più nulla.
Non si vedeva più Elinor sulle mura.
Cedric corse al castello,
corse come se avesse alle calcagna tutti i diavoli e le furie
dell'inferno. Ma
quando giunse sugli spalti di lei non c'era più alcuna
traccia. Solo un lungo
filo argentato che era stato uno dei suo lunghi capelli e adesso
oscillava come
un ramo d'oro alla tenue brezza della sera.
'-
Dove sei, Elinor?' - gridò
Cedric, e nulla rispose.
'-
Dove sei?' - gli
fece
eco la selva, e i monti intorno e tutto e il nulla, e l'enorme strazio
che aveva
dentro il petto si allargò.
Di Elinor non fu trovata
traccia né al castello né in nessun altro luogo.
Alcune vecchie del villaggio
che tornavano da cogliere erbe nell'ora dell'agguato dissero di averla
vista
volare via nel vento tramutata in sola voce. Dissero che l'avevano
scorta
mentre un lungo corteo di uccelli neri la scortava sulle sue ali lucide
verso
le nebbie impervie della montagna. Cedric vagò sopra la
terra nera per tutti gli anni che gli restarono consumando scarpe e
lacrime e
sempre supplicando gli dei che concedessero alla bella Elinor di
tornare. Non
fu più visto neanche lui, e si pensa che si si addormentato
o sia morto, in una
sera di pioggia come questa, ai piedi di un albero frondoso che col suo
canto
gli ricordasse Elinor.
Eileen stette per un po'
in silenzio. Poi una finestra sbatté, e li riscosse da quei
lugubri pensieri.
- Cosa pensate sia
accaduto ad Elinor?
Prescott continuò a fissare il fuoco.
- Voi che pensate che le
sia successo?
- E' morta?
Prescott scosse la testa.
- Io penso che si sia
volata via e nessuno l'abbia mai più vista. Ma che viva
ancora, nascosta, e che
sempre pianga il suo Cedric.
Stavolta fu Eileen a
tacere. Quando riprese c'era come un pensiero che le ardeva subito
dietro agli
occhi.
- E' così facile, tenente, scomparire senza lasciare traccia
di sé a
questo mondo?
- Quando si muore …
- Non sto parlando di morte,
piuttosto … se qualcuno volesse intenzionalmente far sparire
una persona.
Voglio dire, potrebbe riuscirci?
Prescott aprì la bocca per rispondere, ma Eileen lo
fermò.
-
Non sto parlando di
Elinor, tenente, ma di una cosa nascosta in questa casa.
Prescott corrugò le sopracciglia.
- Cosa volete dire, mia
cara?
- Vorrei farvi una
domanda, signor Prescott. Sapete se in questa casa c'è
qualcuno, o c'è mai stato,
che sappia suonare molto bene il violino?
Prescott
vacillò, lievemente.
- Non raccontatemi bugie,
tenente. So che qualcuno c'è o c'era, davvero. E forse lo
sapete anche voi …
voi ci tenente un poco a me, signor Prescott?
- Ma certo, che domande,
noi, io …
- Non non ci vedremo mai
più se adesso non mi dite esattamente chi sa suonare il
violino in questa casa.
Badate, so già che né Thompson né
vostra sorella lo suonano. Né io né voi,
né
il signor Nibbles o Norma, o Foster o Elizabeth. E nemmeno il piccolo
Noah.
Quindi cercate di non raccontarmi frottole.
Prescott la guardò con uno sguardo strano. Sembrava volerle
leggere i
pensieri.
- Mi dite almeno perché lo
chiedete?
Eileen sospirò, e scosse la testa.
- No. Voglio prima sapere
chi sa suonare il violino in questa casa. E badate che so che qualcuno
doveva
saperlo suonare molto bene. Quindi cercate di non ingannarmi. Ne ho
abbastanza
di gente che mente.
Fuori la pioggia
continuava a scendere monotona. Prescott si alzò dalla
sedia e andò verso il camino.
- Perché volete sapere del
violino?
- Vi ho fatto una domanda,
signor Prescott. Potete decide di non rispondere, ma in tal caso
… andiamo, che
cosa vi costa: vi ho chiesto solo se in casa c'è qualcuno
che sa suonare il
violino.
Prescott sospirò piano.
- Nessuno sa suonare il
violino, in questa casa. No. Non c'è nessuno che suona il
violino.
- E se io vi dicessi che
lo so? Che so che c'era qualcuno che sapeva, che sapeva suonare il
violino?
Prescott fece una piccola
risata. Di tensione, di scherno, forse. Come quando si ha paura di
guardare in
uno specchio perché è sera, perché
buio, perché è notte.
- Non so di che cosa
parlate.
- Era lei, vero? La stessa
che dormiva in questa stanza, a suonare il violino. O mi sbaglio?
Avanti
Prescott, ditemi soltanto se era lei che suonava il violino.
Prescott la fissò per lungo tempo.
- Chi ve l'ha detto? -
sussurrò.
Eileen face un gesto vago.
- Lo sapevo. Poi l'altro
giorno ho trovato la custodia. Me ne parlava a volte mia madre,
dimenticate che
siamo parenti? Così ho voluto … saperne
qualcosa di più. E' una brutta storia, vero, Prescott?
Il tenente guardò da un'altra parte.
- Cosa sapete di quella
donna, Prescott?
- Non molto più di voi.
Davvero.
- Vi spiacerebbe
raccontarmi chi era?
Prescott sorrise e andò alla finestra.
- Sono amico vostro,
Eileen, davvero. Ma sono anche amico di Nicholas. Chiedetelo a lui, non
a me.
Se non vorrà dirvi niente, non è giusto che sia
io a rivelarvi delle cose che
ha preferito dimenticare.
- E' sua sorella, vero? -
chiese Eileen, e senza aspettare una risposta, si alzò anche
lei e andò dietro a
Prescott. Gli cinse con un braccio la vita. Non sapeva neanche lei cosa
faceva,
ma era decisa a farlo, a tutti i costi.
- Ho bisogno di voi,
signor Prescott - disse stringendogli forte la vita - Ho bisogno di voi
per
capire. Vi prego, non ditemi di no. Ve ne prego, io … io ho
bisogno di sapere,
vi prego.
Prescott si voltò lentamente verso di lei e le cinse le
spalle con le braccia.
- Cosa volete sapere? - chiese.
La bocca di Eileen si mosse
a pochi centimetri dalla sua.
- Tutto quello che potete
dirmi - sussurrò.
Prescott cedette,
ma prima che potessero di nuovo
parlare dei misteri in soffitta trascorse ancora qualche istante. Il
più incantevole che
forse il tenente avesse mai vissuto.
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Capitolo 20 *** Capitolo Diciannovesimo ***
- Capitolo
Diciannovesimo -
Quando
Prescott finì
di parlare, Eileen rimase a lungo in silenzio.
- Mi immaginavo una cosa
del genere … ma non così
tragica, purtroppo.
Prescott prese un gran
respiro.
- Al tempo ne furono tutti
molto scossi, pare … Catherine era così
giovane,
e Nicholas fu quasi sull'orlo della catastrofe. Non riusciva ad
accettare la
cosa.
- Certo. Un brutto colpo,
non c'è che dire.
Prescott sospirò
di nuovo, e insieme guardarono il fuoco. Adesso si
tenevano per mano, ma Eileen quasi non ci faceva caso. Quel che aveva
sentito
occupava per intero i suoi pensieri: sette anni prima, a sentire
Prescott, in
quella casa era successo qualcosa di tanto brutto da spingere tutti a
cercare
per sempre di dimenticarlo. La scomparsa di Catherine Thompson, la
sorella
minore di Nicholas.
Una mattina Norma si era
alzata, era andata a fare le faccende e poi, come ogni giorno, si era
diretta
alla stanza di Catherine per svegliarla. Catherine era un po' pigra a
amava pare
che amasse restare a letto più che poteva: ma quel giorno
aveva promesso di
aiutare Norma a fare una crostata di mirtilli. Per cui Norma salì,
tutta giuliva, per andarla a svegliare. Ma non la trovò
nel suo letto. Anzi, il letto era intatto come se nessuno
ci avesse dormito, quella notte. Eppure la sera prima l'aveva
accompagnata lei
stessa nella sua stanza, le aveva sciolto i bei capelli biondi e
l'aveva
aiutata a spazzolarli. Catherine era una bella ragazza di circa sedici
anni,
con lunghissimi capelli color oro e belle guance fresche di rosa. Una
fanciulla
serena e in salute che era una benedizione per la casa, e un piacere
per gli
occhi.
Lì
per lì
Norma
aveva pensato che si fosse alzata presto per andare a
passeggiare. La ragazza amava molto la campagna e la cosa non sarebbe
stata
affatto insolita. Così
era corsa in
giardino per
vedere se ere là da qualche parte.
Ma visto che anche lì
non v'era traccia,
aveva mandato il signor Nibbles a vedere se era nelle
stalle. Catherine ci teneva
Lindsay, un purosangue
bianco che il fratello le aveva regalato. Non era raro che la ragazza
trascorresse interi pomeriggi a spazzolarlo, a dargli da mangiare a
intrecciare
la sua lunghissima criniera di latte. Ma Nibbles era tornato a mani
vuote:
Lindsay c'era, la sua padrona no.
A quel punto era stato
chiaro che non c'era più molto da scherzare: Catherine era
sparita, e bisognava
cominciare le ricerche. Erano stati mandati in città due
stallieri per battere
le strade, e Norma stessa, infilandosi la cuffia, aveva detto che non
sarebbe
tornata fintanto che non l'avesse trovata. Ma tutto era stato
infruttuoso. A
mezzogiorno nessuno ancora aveva avuto notizie di lei.
In quei giorni Thompson
era a Londra per certi affari, e Norma decise di mandare Nibbles a
cercarlo,
nel frattempo lei e Foster avrebbero continuato le ricerche insieme. Si
trattennero in paese fino al tramonto e chiesero ad ogni negozio,
rivendita,
persona che trovavano lungo la strada. Piano piano la voce si sparse, e
nella
notte era già organizzata una lunga spedizione per cercarla.
C'era da dire che
- eventualità a cui nessuno preferiva pensare - le campagne
là intorno erano
piene di brutte bestie, brutta gente e compagnie da cui era bene
tenersi
lontani. C'era poi, ad est, un pezzo di brughiera, non molto esteso,
certo, ma
abbastanza per sperdercisi in mezzo senza guida: dall'erica fitta
spuntavano
all'improvviso pantani e laghetti, doppi fondi di infide sabbie mobili,
qualche
piccolo stagno paludoso in cui era fin troppo facile scivolare
inavvertitamente. Norma, quando fu al margine di quell'intrico piano di
erica
che ondeggiava al vento, scoppiò
in singhiozzi talmente
isterici che dovettero riportarla a casa. E stette con la febbre tre
giorni, ma
sempre rifiutandosi di mettersi a letto finché si fosse
ritrovata la sua
Catherine.
Ma le ricerche, protratte
per giorni, non dettero i frutti sperati. Thompson, arrivò
il mattino dopo la scomparsa,
come una furia, a cavallo. Dopo la morte prematura di suo
padre e quella improvvisa della madre, si era attaccato a sua sorella
più di
quanto la sua consueta, piana freddezza lasciasse immaginare. Dette
ordine di
cercarla dovunque, lui stesso scese insieme agli altri uomini per
dragare i
pantani più profondi e poi al fiume, e al Gladstone, e
dovunque ci fosse stata
speranza di ritrovarla. Ma se era caduta nel fiume, le correnti
vorticose
dovevano averla già portata lontana.
Quando fu chiaro che
intorno non c'era più speranza di ritrovare la ragazza,
Thompson quasi impazzì
per il dolore e per la rabbia. Si chiuse in casa, rifiutò
di mangiare e per un'intera settimana Norma picchiò
invano notte e giorno alla porta del suo studio. Ma lui
neanche si degnò
di rispondere, e
certamente ne sarebbe morto, se in quei giorni non fosse intervenuto un
accidente a mutare le cose.
Norma, che non riusciva a
consolarsi neanche lei della scomparsa di Catherine, metteva un giorno
in
ordine la stanza con quel sacro e religioso rispetto che si dedica alle
cose
dei morti. Ad un tratto, tra una lacrima e l'altra, vide sbucare un
angolino
bianco da sotto la sponda del letto. Incuriosita si chinò
a guardare.
Era un foglietto tutto
stropicciato, ma ancora perfettamente leggibile. Vi erano annotati
sopra con
meticolosa calligrafia infantile gli orari di tutte le diligenze che
passavano
dal vicino paese e attraversavano quella parte di campagna dirette a
Southampton.
Ma che motivo avrebbe
avuto Catherine per andare a Southampton? Non risultava che ci fosse
mai
andata, ne che mai ne avesse avuto bisogno. Allora Norma, quasi
folgorata da
una strana intuizione, fece quello che prima non avrebbe mai pensato di
fare:
aprì
ogni cassetto della stanza, frugò
tra le cose di Catherine, e scoprì
che mancavano certi piccoli oggetti sfuggiti prima alla
sua attenzione: tre vestiti, tra quelli più vecchi e meno
appariscenti, che
certe volte lei usava per andare in campagna, una piccola sacca di tela
in cui
teneva gli attrezzi da giardino e il minuscolo ritratto di sua madre.
Catherine
lo teneva sempre chiuso nel primo cassetto del suo sécretaire,
come una specie di amuleto e mai se ne sarebbe
separata, per nulla al mondo, volontariamente. Ma il ritratto adesso
non c'era
più.
Norma corse da Thompson, e
davanti a questa nuova evidenza meditarono che poteva essere successo:
Catherine forse se ne era andata di sua spontanea volontà,
aveva preso con sé
delle cose ne aveva riempito una sacca prima di allontanarsi, il
ritratto di
sua madre, dei vestiti. Non era morta o stata rapita. Grazie al cielo
forse non
era morta, e era ancora possibile ritrovarla.
Ma se aveva portato con sé
il ritratto, se aveva fatto i bagagli e tutto il resto, voleva dire
solo una
cosa, forse non meno amara dell'altra: la ragazza si era allontanata di
sua
spontanea volontà dalla casa.
Se n'era andata vestita in
maniera da non attirare l'attenzione, con poca roba e non pareva che
avesse
portato con sé denaro o oggetti di valore. Dovunque fosse
diretta - e ora
quello strano appunto per Southampton illuminava questo dettaglio in
tutta la
sua sinistra evidenza - dovunque fosse diretta non aveva portato niente
di
valore con sé, segno che non voleva stare via molto o aveva
qualche appoggio
stabilito. E visto che da Southampton partivano le grosse navi dirette
dovunque
ai quattro angoli del mondo, visto che quella era la grande testa
dell'impero
mercantile d'Inghilterra, c'era solo da immaginare che Catherine fosse
salita
con qualcuno su una nave per chissà dove. Che fosse stata
aiutata a fuggire.
Per chissà dove e chissà perché.
Thompson allora strinse in
pugni e chiese a Norma se lei ne sapeva niente. Era stata lei la balia
di
Catherine, la sua maggiore confidente, la sua tata. Possibile che non
si fosse
mai accorta che c'era qualcosa che non andava, che la ragazza
nascondeva
qualcosa? Norma scosse la testa affranta. E per un po' pianse tutte le
sue
lacrime. Poi, a un certo punto, aiutata dalle incalzanti domande di
Thompson,
ricordò
certe piccole cose, particolari che tempo prima le erano
sembrati privi di importanza, ma che adesso, composti tutti insieme,
formavano
un ben inquietante
quadro.
Era vero: ricordò
di avere avuto certe volte il sentore che in Catherine
fosse in atto qualche strano cambiamento, le lunghe passeggiate ai
margini del
giardino, le mille e una visite alla sarta in paese per un vestito che
non era
mai finito. Ma lì
per lì
non ci aveva dato peso. Nella sua infinita ingenuità
pensava ancora che sua pupilla fosse una piccola, semplice bambina.
Ora invece si faceva tutto
chiaro: Catherine era d'accordo con qualcuno, e con qualcuno una
mattina
d'inverno era fuggita per South Hampton diretta chissà dove.
- E non hanno chiesto mai
al postiglione se per caso l'aveva vista? - chiese Eileen.
Prescott scosse la testa.
- La diligenza attraversa
tre grandi città una delle quali è Londra, mi
capite? Se il cocchiere dovesse
ricordarsi di tutte le facce imbacuccate che salgono, probabilmente non
avrebbe
più cervello per guidare neanche mezzo metro.
-Ho capito, ma comunque
Thompson non ha fatto altri tentativi di ritrovarla?
- No, nessun'altro, a
quanto mi risulta. La faccenda era stata terribile, e scoprire che
Catherine
era fuggita di sua spontanea volontà fu forse peggio che se
fosse annegata nel
lago. Thompson decise che per lui era morta. E non c'era alcun bisogno
che gli
altri conoscessero una storia diversa. Fu così
Catherine Thompson rimase e rimarrà sempre per tutti uno
spirito in fondo a
un lago o che vaga nella
brughiera, scomparsa chissà come, svanita come succede agli
spiriti del bosco.
- E se non fosse
scomparsa? Se fosse ancora viva, e ben vitale, e rintracciabile?
Il tenente sospirò.
- Sono passati quasi sette
anni, Eileen. E la vita là fuori è molto dura per
una piccola graziosa ragazza
sedotta e abbandonata, lo capite? La cosa più probabile di
tutte è che sia
morta di stenti quasi subito, o che piano piano il rimorso se la sia
portata
via.
- E il vostro amico non ha
mai provato a cercarla? Davvero può
aver
fatto tutto questo?
- Non giudicatelo, Eileen,
mia cara. Nicholas era attaccato a sua sorella più di quanto
un padre potesse
esserlo alla sua creatura prediletta. Io ho visto Catherine solo
qualche volta,
nelle rare vacanze che passavo in questa casa, quando io e Nicholas
eravamo
ancora studenti. Me la ricordo come una piccola gazza, una civetta
graziosa e
leggera che non avrebbe fatto male a una mosca. Le piacevano i cavalli
e le
corse, le belle rose e i giochi da bambini. Ma soprattutto le piaceva
il suo
violino: era una specie di dote naturale, sapeva suonarlo benissimo. Io
l'ho
sentita solo un paio di volte, ma quando accostava la testa a quella
piccola
cassa intarsiata, sembrava che all'improvviso tutto quel che era in
terra
diventasse diverso. Sembrava che parlasse la lingua degli antichi
alberi e dei
monti. Toglieva il cuore dalle labbra. E Nicholas, già
capofamiglia, l'adorava
come la luce dei suoi occhi. Avrebbe fatto tutto per lei, si sarebbe
anche
dannato l'anima per vederla sorridere appena. Capite perché
non si è più
ripreso e ha detto a tutti che è morta? Si è
sentito tradito nel profondo
quando lei se ne è andata così.
- Siete sicuro che non
l'abbia più cercata? Che non abbia fatto più un
tentativo di cercare di capire
dov'era? Voglio dire, potreste giurarlo?
Prescott
scosse piano la
testa.
- Lo conosco e me ne ha
parlato spesso: per lui è morta nell'istante esatto che
è salita su quella
diligenza. Non c'è altro da dire, per lui.
- E se vi avesse mentito?
Se per caso avesse continuato a cercarla? Potete giurare davvero che
l'abbia
lasciata andare così.
- Lo escludo. Nicholas fa
sempre quello che dice.
Eileen capì
che con tutti quei discorsi non sarebbe mai riuscita a
convincere il tenente della chiara evidenza che invece a lei andava
formandosi
in testa, perfettamente chiara, e lampante, e incredibile. Decise che
per darci
un taglio bisognava decidersi a dire quello che fino a quel momento
aveva a
malapena osato pensare tra sé.
- E se invece l'avesse
cercata, magari all'insaputa di tutti? E se l'avesse
ritrovata e riportata in questa casa, senza dir niente agli altri?
Il tenente sbottò in
una risata che non aveva niente di allegro.
-
Cosa? Ma come fate a
dirlo, fino a un'ora fa non sapevate neanche che esisteva …
- Ricordate il suo
violino, Prescott? Sapete se lo aveva con sé? Se lo aveva
con sé quando è
partita?
- Non lo so, non ne ho
idea, ma non capisco cosa c'entri questo con …
- Thompson è tornato da
poco da un viaggio. Mi risulta, da pochissimo tempo.
Prescott la fissò.
Aveva il volto lievemente contratto.
- E' vero - mormorò.
- E da dove tornava, lo
sapete?
Prescott scosse la testa
avanti e indietro.
- Dall'India … o almeno,
così
ha detto. E' stato il viaggio per cui ha lasciato …
- Esattamente. Per cui ha
piantato di punto in bianco la sua sposa. A pochi mesi dal matrimonio,
capite? E
sapete perché l'ha piantata?
- No, io non lo so, ma …
Eileen sorrise trionfante.
- Da dove partono le navi
per l'India?
Il tenente allargò
le braccia.
- Da Southampton, non lo
so, almeno penso … - poi si fermò
a bocca
aperta, sorpreso da quel che aveva appena detto - … voi
pensate … ?
- Che sia stato chiamato in
India, o dovunque sia andata Catherine quando è partita,
sette anni fa.
All'improvviso, esattamente, richiamato da qualcosa che gl premeva
troppo per
poterselo lasciare sfuggire. Forse il modo di vendicarsi o forse
l'occasione di
riabbracciare sua sorella.
- Ma non può
… voglio dire, non può
essere
vero. Altrimenti lo avrebbe detto, voglio dire …
- Thompson? Ma lo avete
detto voi stesso che per tutti sua sorella è morta. Non
avrebbe potuto farla
certo resuscitare di punto in bianco! No, tenente,
se Thompson l'ha portata indietro adesso
deve per forza tenerla nascosta. Tenerla nascosta e prigioniera, magari
per
farle scontare tutto il male che ha fatto a lui sparendo.
- E dove potrebbe mai
tenerla? In un posto sicuro, lontano …
Eileen scosse la testa, animata
come da una strana felicità animale.
- Sopra le nostre teste.
- Cosa?
- Esattamente sopra le
nostre teste. A meno di tre metri sopra dove adesso io e voi stiamo
seduti.
Prescott spalancò
la bocca.
- Non è possibile … io
credo che … non …
- Non è solo possibile: è
vero. L'ho sentita suonare più volte, ho visto Thompson
salire in soffitta, al
buio di notte. E in questa stanza ho trovato la custodiama del violino
nessuna
traccia: se lo avesse portato con lei avrebbe preso anche quella, se invece è
ritornata e lo ha chiesto,
beh … Thompson può
averle portato il violino
senza doversi portar dietro tutto il resto.
Prescott era basito.
- Voi dite …?
- Lo dico e ne sono
sicura. Thompson tiene prigioniera sua sorella nella soffitta. Non so
bene
perché ma adesso posso anche immaginarlo: l'ha ritrovata, ma
se ne vergogna, ne
ha paura, la teme o chissà cosa. Può
essere
impazzita dal dolore, può
essere brutta,
invecchiata, malata … ma è pur sempre sua
sorella. Così
l'ha presa e l'ha riportata indietro, ma per non far
sapere a nessuno quanto è caduta in basso la tiene segregata
dal mondo. La
nutre, la veste e la protegge ma non la fa vedere a nessuno,
perché il mondo
non deve sapere che Catherine Thompson è ancora viva, e solo
un piano sopra le
nostre teste.
A questo Punto Prescott
fece una cosa che Eileen non si sarebbe aspettata. Si alzò
in piedi e la fissò
negli
occhi.
- Avete prove di quello
che dite?
- Ma come, non mi credete,
neanche voi? E il violino, la custodia, la musica …
Prescott scosse le mani.
- No, per carità. Io vi
credo. Vi credo ciecamente perché penso che siate una
ragazza intelligente e
non una sciocca sognatrice. Se dite di aver sentito quel violino, vi
credo,
punto e basta. E del resto è ben possibile che sia come
dite. - poi fece una
pausa - Ma, lo capite, c'è bisogno di prove. Non si accusa
qualcuno così,
alla cieca. Almeno non uno come Thompson.
- Ma come, e allora? Quella
povera ragazza … Catherine …
- Non ho detto che non sia
fattibile. Dico solo che ci vogliono le prove. E bisogna stare anche
molto
attenti. Se Thompson si accorge che sapete qualcosa quanto pensate che
ci
metterà a trasferire nottetempo sua sorella in qualcun altro
dei suoi
possedimenti, e a farvi passare per una sciocca bambina che
dà retta alle
favole?
- E allora? Cosa pensate
di fare? Posso salire lassù quando voglio, anche stanotte, e
trovare le prove,
tutte quante le prove che volete!
- Che fate, voi? - poi,
più dolce, avanzò
verso di lei e la
prese tra le braccia - Eileen, piccola Eileen, ti prego, ascolta. Giurami,
giura che non faresti mai una sciocchezza del genere.
Salire di notte nella stanza di un fantasma … Non capisci
che può
esserci di tutto dietro quella porta? Tu stessa mi hai
detto poco fa che hai sentito i Nibbles parlare … parlare di
una creatura
pericolosa. Non sappiamo niente di lei, sempre ammesso che sia
Catherine …
-
E allora?
- Allora voglio che tu mi
stia a sentire. Stattene quieta, aspetta, aspetta me. Voglio rendermi
conto di
che cosa esattamente sta succedendo. Alla fine sono amico di Nicholas.
Lascia
che provi a capire qualcosa di più sulla faccenda.
- Ma tu stesso hai detto
che mai e poi mai …!
- Ho detto che non lo
ammetterà mai. Certo che no, è chiaro.
Trattandosi di Nicholas, no, certo. Si
farebbe sgozzare prima di ammettere una cosa del genere …
l'onore e tutto il
resto … no. Qui bisogna giocare di astuzia. Lasciar passare
qualche tempo,
aspettare …
- Io non aspetto un secondo
di più.
Prescott la strinse più
forte.
- Non voglio più sentirti
dire che non aspetterai. Hai aspettato e adesso lascia fare a me. Se
davvero là
sopra c'è lei, avremo bisogno di molta prudenza e di una
buona dose di fortuna
… ma lascia fare a me e vedrai che ne verremo a capo, noi
due, insieme.
Eileen gli sorrise
debolmente.
- Davvero pensi che sia la
cosa giusta?
Prescott le accarezzò
una guancia. In quel freddo pomeriggio piovoso, sembrò
che loro due fossero sempre stati cos', vicini, a
respirare insieme.
- Ti fidi di me?
- Certamente.
- Bene. Perché io ti amo,
Eileen, e non voglio che ti succeda niente di male. Quel che mi hai
detto è
sconvolgente, è forte … e mi auguro col cuore che
non sia vero. Ma se dovesse
risultare che il mio amico, che il mio Nicholas è un
farabutto tale …
- Come facciamo a
dimostrarlo?
- Aspetta e non preoccuparti
di niente. Troverò
il modo prima di domani. Ma
nel frattempo tu devi stare quieta, e riposarti e …
- Così
non mi fai molto riposare - mormorò
Eileen piano piano mentre le labbra del tenente cominciavano
a solleticale le orecchie.
Ma il tenente già non l'ascoltava
più.
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Capitolo 21 *** Capitolo Ventesimo ***
- Capitolo Ventesimo -
Eileen
era troppo scossa
per stare ferma. Innanzitutto la faccenda di Catherine, e poi
… beh, non che
Prescott non le avesse dato un bel po' da rimuginare su sé
stessa. Quando uscì dalla porta, era troppo sbattuta
per rimettersi a leggere, troppo eccitata per mettersi a letto, troppo
piena di
strani pensieri per pensare di riuscire a riposare. Era l'ora di cena,
appena
dopo il tramonto. Norma e gli altri dovevano essere a tavola.
Senza pensarci due volte
si gettò sopra
alla camicia da notte una vecchia giacca stinta che aveva
chissà come rubato a
suo padre. Pensò che se la notte era mite,
tanto valeva approfittarne, e poi era tanto che osservando il giardino
dalla
finestra aveva una gran voglia di uscire a passeggiarci in mezzo.
Quella era
l'occasione ideale.
Uscì dalla stanza guardandosi a destra e sinistra in
corridoio,
per esser certa che non arrivasse anima viva ne dall'una né
dall'altra parte.
Sarebbe stato un bel guaio se Norma l'avesse vista in piedi, e a
quell'ora per
giunta!
Scese le scale scivolando
rasente al grande muro coperto di arazzi, allungò uno
sguardo alla sala d'ingresso e vide che anche quella era vuota, dunque
via
libera. Si inoltrò a passi svelti sul
tappeto, spinse una porticina dal battente di legno, e in un istante
era fuori,
nella penombra confortante del giardino.
Tirò un sospiro di sollievo: quello che aveva appena fatto
avrebbe
potuto costarle carissimo, se qualcuno si fosse accorto della fuga, ma
grazie
al cielo era andato tutto bene. Sorrise, e respirò a pieni
polmoni l'aria tiepida: nel giardino non si muoveva foglia, sembrava
tutto avvolto
da uno strano pacifico e dolce incantesimo. Come a volte succede quando
si è
stati troppo tempo al chiuso, ad Eileen sembrò
di avere le ali ali piedi. Si mise a passeggiare
su un vialetto molto discosto dal centro, in quel modo anche qualcuno
affacciato alla finestra non avrebbe potuto scorgerla. La ghiaia
sottile scricchiolava
sotto le suole delle sue ciabatte, e piano piano Eileen fece
l'abitudine al
rumore, che era l'unico a rompere la quiete.
Cominciò a rimuginare, prima di tutto le rivelazioni sulla
triste
storia di Catherine: ormai era chiarissimo che Thompson l'aveva
ritrovata da
qualche parte, e la teneva chiusa in soffitta. L'unica era ancora
capire se lo
faceva in qualche modo a fin di bene (magari per salvarla da qualcuno o
perché
era ormai incapace di badare a sé stessa), oppure se era per
una sorta di
tardiva, crudele punizione.
Ma anche questo si sarebbe
appreso presto. Prescott, prima di andarsene, le aveva fatto giurare di
stare
quieta e di non prendere iniziative, e lei ovviamente, di rimando, gli
aveva
fatto promettere che avrebbe cercato alla svelta di capirci qualche
cosa in
più. Non che le andasse particolarmente a genio vedere che
qualcuno si prendeva
tutto il divertimento di indagare sulla storia - e qui Eileen si fermò,
un po' scossa, al termine divertimento
- mentre lei se ne stava chiusa in camera a fare
ipotesi solo col cervello. Ma, rifletté poi, era questo
più o meno il senso
della vita di una donna in quel secolo buio e oscuro: altro che
Medioevo! Aveva
sentito dire che in quell'epoca almeno certe donne indossavano la cotta
di
maglia e andavano a combattere in guerra. O diventavano regine, o
papesse. Ogni
tanto era successo davvero, che qualcuna si vestisse da uomo e andasse
in giro
per il mondo a dimostrare le sue grandi doti.
A lei invece, come del
resto a tutte le donne del suo triste secolo, era precluso praticamente
tutto
quel che non fosse stare quiete a ricamare, disegnare paesaggi
pittoreschi o
tutt'al più a suonare il pianoforte: le guerre, così
come le sfide, gli affari e le investigazioni, erano cose da uomini.
E infatti i risultati si
vedevano: nel mondo ci si continuava ad ammazzare per un piccolo lembo
di
terra, le economie rendevano i ricchi sempre più ricchi e i
poveri miserabili,
e nella maggior parte dei casi le indagini della polizia si arenavano
senza riuscire
ad approdare a nulla.
Per ogni Sherlock Holmes
che risolveva un caso, c'erano quattro Jack Lo Squartatore che se ne
andavano a
farsi una birra arcisicuri di non venire acchiappati. Ci sarebbe stato
da
credere che il crimine, in quegli ultimi anni, calasse non tanto per
rischio
quanto per noia. Per ogni banchiere Rotschild che fondava una fortuna
sul
commercio e l'industria c'erano per lo meno quattro individui come suo
padre
che facevano bancarotta (oddio, com'era triste ammetterlo) lasciando in
miseria
i creditori. Il mondo andava così, e non era per niente un
bell'affare.
Scostò un piccolo avvallamento
nella ghiaia su cui rischiava di finire e poi ricominciò a
riflettere,
stringendosi un po' la giacca addosso, che cominciava a fare un po'
freddo.
Non sarebbe stato meglio
se gli uomini avessero dato anche alle donne il potere di decidere
almeno nelle
cose che le riguardavano da vicino?
Bastava prendere ad
esempio Norma: mentre Nibbles e Foster litigavano come due cani
arrabbiati
tutto il giorno, lei era sempre lì a lavorare, a fare torte,
cuocere il brodo, rammendare. In
una parola a spaccarsi la schiena in silenzio e sempre col sorriso
sulle
labbra. Foster e Nibbles messi insieme non sarebbero stati capaci di
sbrigare
in un mese un decimo del lavoro che Norma mandava giù in due
ore, e con l'aria
di non sentirlo affatto.
No, decisamente a loro
donne, l'ipocrisia del secolo affidava molti lavori pesanti e
insidiosi, ma
sempre stando bene attenta a non riconoscerne il valore.
Cosi le donne, ben aldilà che
vegetare nei salotti, potevano vendere carbone, scivolare per gli
oscuri
anfratti in miniera, lavorare coi bambini nelle fabbriche invase da
vapori
malsani. Potevano fare tutto come gli uomini, ma mai, mai una volta che
la loro
fatica fosse messa al pari di loro: prendevano metà del
salario, lavoravano il
doppio delle ore, e quando tornavano a casa dovevano anche sentirsi
dire che
non avevano voce in capitolo.
Così era adesso con lei e il
tenente: dopo che Eileen aveva fatto la fatica di indagare e
raggiungere quelle
che le sembravano conclusioni abbastanza sensate sul caso Catherine,
ecco che
arrivava lui, bel bello, e le portava via di sotto il lavoro dalle
mani.
Sarebbe stato lui a salire con la pistola stretta in tasca le scale che
separavano i vivi dai morti. Sarebbe stato lui, e solo lui, a girare
piano la
chiave nella toppa della stanza in soffitta. Sarebbe stato lui a
fissare per
primo in faccia gli occhi della follia …
- Se non state attenta a
quelle aiuole, penso proprio che ci finirete in mezzo.
Eileen soffocò un grido e si voltò.
Thompson sedeva a pochi
metri da lei.
- Una bella serata per
andare un po' a spasso, non lo nego. Ma pensate che la signora Nibbles
sarebbe
d'accordo con noi?
Eileen tirò il fiato e non rispose. L'imbarazzo di trovarsi
così, in camicia da notte e
e ciabatte davanti all'uomo che odiava e che …
- Il gatto vi ha mangiato
la lingua. O almeno così pare e del resto … deve
avervi mangiato anche il gusto. Non che
quella giubba da cacciatore non vi doni, intendiamoci. Ma per un
incontro
galante vi avrei visto … in qualcosa di più
femminile.
- Non credevo che venendo
a passeggiare avrei fatto questo tipo di incontri.
- Brutti o belli?
- Non lo so.
- Probabilmente aspettate
qualcun altro e io sono, come dire, di troppo.
Eileen arrossì come una pera.
- Oh, no, no, no … cioè,
io, veramente …
- Volevate soltanto
passeggiare. Benissimo, allora, visto che il caso ci ha messo sulla
stessa
strada, che ne direste di passeggiare un po' insieme? Ma prima forse
sarebbe
meglio che vi metteste qualcosa di più serio sulle spalle.
Vi ho già detto che
la giubba va benissimo, ma temo che tra poco sarà freddo.
E prima che potesse dire
niente, Thompson le aveva drappeggiato addosso la giacca lunga che
portava lui.
- Ecco, adesso sono più
tranquillo che quando Norma ci scoprirà - perché
lo farà, statene certa, bambina
- che quando Norma ci scoprirà avrò almeno questo
a mia discolpa: l'avervi fatta passeggiare ben coperta.
Eileen sorrise.
- Come vi sentite?
- Molto meglio, grazie. La
febbre è passata e le ginocchia non mi tremano
più come prima.
- Ne son felice. Mi era
giunta voce che vi eravate abbastanza ripresa … sono
contento, perché avrei
voluto parlare un po' con voi e non sapevo se questo avrebbe potuto
turbarvi,
nella condizione in cui versate.
Eileen aggottò le sopracciglia.
- Turbarmi?
Thompson fece un gesto
vago con la mano. Staccò un ciuffetto di
foglie da un ramo e lo osservò con grandissimo interesse.
-
Le belle notizie certe volte
sono quasi come le brutte - disse - Lasciano segni profondi in
superficie e
ancora più profondi all'interno. Non volevo che
annunciandovene una voi poteste
essere, come dire … scossa più di quanto fosse
necessario.
- E qual è questa buona
notizia, se posso chiederlo? Adesso non abbiate paura, sto benissimo,
lo vedete
anche voi.
Thompson lasciò andare il rametto e le fissò gli
occhi dritto in volto.
Aveva un'espressione curiosa, a metà fra la ferocia e la
dolcezza. Quando
parlò, ad ogni modo, la sua voce era insolitamente gentile.
-
E' incredibile quanto
poco io e voi ci siamo frequentati, pur vivendo sotto lo stesso tetto.
Eppure a
forza di sapervi a girare sopra la mia testa … è
finita che quasi vi considero
una di casa.
Eileen lo guardò allibita. Era davvero lo
stesso Signor Thompson? Scosse un paio di volte la testa, giusto per
controllare di non essersi addormentata sopra una panchina, e stare
sognando.
Ma non successe niente.
- Vi dicevo che ormai -
continuò lui - è un po' come se vi
considerassi una parte di casa, mia cara. E poi sono il vostro tutore,
il
vostro mentore, si potrebbe dire … da quando il vostro
sciagurato padre …
- Non è uno sciagurato!
- Ah no? Davvero? Ad ogni
modo, non litighiamo ora …
- Se non vi rimangiate lo
'sciagurato' non si va proprio da nessuna parte! Arrivederci Signor
Thompson!
- Aspettate! - così dicendo la fermò per un
braccio, poi le sorrise e si
rimise quieto -Non vi sembra che io e voi
giochiamo un po' troppo a nascondino? Se fossimo dentro a un romanzo e
qualcuno
leggesse la nostra storia potrebbe anche prenderci per matti.
Eileen si riaggiustò giacca enorme che le stava cadendo di
dosso.
-
Non siamo in un romanzo,
Signor Thompson.
- Va bene. Ma il nostro
tempo è molto romanzesco. Direi intrinsecamente romanzesco.
Giusto ieri leggevo
di una storia molto pietosa: si ambienta qui vicino, parla una ragazza
orfana di
entrambi i genitori, che dopo lunghe peripezie in collegio trova lavoro
in un
castello antico. E c'è un padrone di casa molto burbero, di
cui lei alleva la
figlia illegittima …
- State parlando di Jane
Eyre.
- Esattamente.
- E del suo grande amore,
il signor Rochester.
- Certo.
Eileen esitò un attimo, guardandosi la punta delle ciabatte.
-
Il signor Rochester
aveva una moglie pazza. Voi che cosa nascondete, Signor Thompson?
- Prego? Non credo di aver
…
- Niente, niente. Pensavo
così, tra me e me. Ma comunque, cosa volevate dirmi? Qual
è
questa notizia sconvolgente che, pur ottima, potrebbe turbarmi?
Il Signor Thompson frugò nella siepe che aveva alla sua
destra e staccò un rametto
molto lungo, che cominciò immediatamente a spogliare di ogni
foglia,
meticolosamente.
-
Io e Aurora ci sposiamo
- disse fissando il rametto - il mese prossimo, molto probabilmente.
A
Eileen per un istante
mancò il fiato.
- A … Aurora Prescott? Oh,
santo cielo, questo è … è …
magnifico?
Il Signor Thompson fece
una faccia strana.
- Oh, certo che è
magnifico, certo. Come tutti i matrimoni noiosi … e
felicissimi.
- Cosa state cercando di
dire?
- Niente - disse
continuando a torturare le foglie del rametto - Niente che non sia
sotto gli
occhi di tutti. Che il mese prossimo mi sposo, che la moglie che mi
sono scelto
è la splendida Aurora, che la vita va avanti e che le cose
… le cose restano
sempre le stesse. Non c'è niente di nuovo sotto il sole,
recita un libro che vi
consiglio di leggere. Contiene molte interessanti meditazioni a
riguardo della
vita. Di come tutto sia scontato e prevedibile. Rassicurante, e
vagamente opprimente.
E ciò detto guardò il rametto spoglio, lo
spezzò in due e se lo
gettò alle spalle.
Eileen
lo fissò senza capire. Decisamente a quell'ora di sera, in
giardino, alla luce della luna quello che aveva davanti sembrava
tutt'altro che
il solito Thompson. O forse era stata lei, tanto distratta da certi
particolari
esteriori del suo carattere da non capire quanto di inquieto, di
silenzioso, di
strano si celasse sotto quella bella fronte piana e regolare? Del resto
la cosa
di Catherine avrebbe dovuto metterla in guardia.
Il Signor Thompson parve captare
qualcosa.
- Poco fa vi ho citato un
bel libro, e voi subito me l'avete indovinato. Non credete a certe
affinità,
Miss Merriott? Io penso che, se chiudessimo gli occhi e fossimo anche
un solo
istante capaci di scordare questi involucri umani, questi nostri
affaccendati
pensieri, forse davvero raggiungeremmo la vera, la difficile e
esclusiva
conoscenza di cosa siamo. Perché capite, così
legati a
terra siamo tutt'altro che liberi. Siamo cumuli dei nostri stessi
errori, come
valanghe che crescono e crescono
da una
minuscola palla di neve. Come valanghe di passato corriamo senza una
meta,
dritti al futuro.
- Voi non pensate
che abbiamo una meta? Voglio
dire, che esista un ordine, qualcosa che ci dice dove andare, che cosa
fare,
che vedere, come vivere …
- Poco fa vi dicevo di
quel libro, Eileen. Bene, se esistesse una Provvidenza o qualcosa noi
adesso
saremmo esattamente nelle stesse condizioni in cui si vengono a trovare
la buona
istitutrice e il suo padrone. Ricordate la scena culminante? Loro due,
in
giardino, di notte, e poi lui che non decide sé stesso ad
andare né avanti né
indietro. E lei, la buona Jane, che aspetta … ma aspetta
cosa? Velo chiedo,
Miss Merriott.
- Aspetta che lui dica
qualcosa.
- Precisamente, ed è
questo il problema? Pensate che il signor Rochester sappia che cosa
deve dirle?
O meglio, cosa dovrebbe …
- C'è differenza? - chiese
Eileen.
- Enorme. C'è un'enorme
differenza, Miss Marriott. Non dimenticate che nel libro il signor
Rochester
non è che un farabutto. Un buon diavolo di farabutto,
d'accordo, ma sempre uno
poco raccomandabile. Quindi se amasse veramente Jane, dovrebbe tenerla
lontana,
il più possibile lontana da sé.
- E non lo fa già
abbastanza, il signor Rochester?
Thompson sorrise, di sghimbescio,
a un larice.
-
Ci prova. Ma a volte
questo gli pesa un po' - sussurrò
come se lo confidasse all'albero. Fece tre
passi avanti sulla ghiaia, poi si voltò di nuovo
e prese il fiato come dovesse rimanere sott'acqua cent'anni:
-
C'è stato un tempo, signorina
Merriott, in cui credevo, come tutti gli altri, di poter essere felice
e di
poter tentare di rendere tali anche alcuni esseri intorno a me.
Purtroppo ho
sbagliato con tutti. O comunque mi è andata molto male. Ne
ho tratto il
salutare insegnamento che nella vita è necessario camminare
il più possibile in
punta di piedi. Attutire, attenuare, sorridere e sforzarsi di avere
vita
propria cercando di non nuocere eccessivamente a quanti ci stanno
d'intorno.
Cercare di far loro del bene è quasi soltanto un miracolo.
No … non parlate.
Lasciatemi finire, potreste non
avere una seconda occasione. Vi dicevo che quel che si può
fare è cercare di garantire agli altri una
vota dignitosa e a se stessi una relativa
pace, nient'altro. Ho conosciuto Aurora Prescott due mesi fa, a Londra.
Per me
era un brutto periodo. Prima non sapevo neanche chi fosse. Suo fratello
me l'ha
presentata e io l'ho portata a teatro. Ho bel palco, giù al
Globe, lo sapete? E
la ragazza è spiritosa, giovane, graziosa. Il teatro le
è piaciuto molto. Sarà
una moglie perfetta per me. Non chiedo altro e non voglio altro. Un
graziosa
farfallina accanto.
Eileen, che per tutto il
tempo era rimasta a braccia incrociate ad ascoltare quella strana
confessione,
adesso gli si fece vicino.
- Avete detto queste cose
anche a lei? - gli sussurrò con un certo livore
- Lo sa di stare per sposare un uomo che la ritiene una graziosa
farfallina?
Thompson scosse la testa.
- Non le importa. Dubito
che le importi qualcosa. Lei mi ama come le api amano il fiore colorato
che
vedono. Se fosse un altro fiore colorato, lo amerebbero alla stessa
maniera. Ma
io mi chiedo, c'è poi un modo diverso? Io sono contenta, lei
è contenta, voi …
- Io cosa?
- Voi avrete il vostro
Prescott … non cercate di dire niente, lo so. Vi ho visti, e
lui mi ha parlato.
Uscendo da voi, questa sera, è venuto a dirmi tutto quanto.
So tutto, e non vi
preoccupate, avete ogni mia benedizione.
Eileen aprì la bocca per parlare, ma un gesto di Thompson la
fermò.
- Prima o dopo sarebbe
uscito fuori. Tanto valeva dirlo subito, chiaro …
- Cosa vi ha detto
esattamente, Prescott? -
chiese Eileen
con un filo di voce. Davvero il tenente aveva potuto rivelare il loro
segreto?
Parlare a Thompson di Catherine?
Thompson fece un sorriso atroce
ed allargò le braccia.
- Che vi ama e che vi
vuole sposare. Che vi adora alla follia e che non chiede niente di
meglio che
vivere con voi tutto il resto della sua lunga vita …
- E voi?
- E io cosa?
- Cosa gli avete detto?
Quando vi ha chiesto il permesso di sposarmi …
Un altro rametto ebbe la sorte
che era toccata a quello prima.
- Gli ho detto che per me
faceva bene. Ha avuto gusto nello scegliere, vi ha vista, vi ha
coltivata come
un fiore, vi ha fatto visita … indubbiamente è
stato molto più assennato di
quanto ci si potrebbe aspettare. Siete una donna di rara efficacia,
Madame
Prescott, e io sono contento che il mio amico abbia saputo scegliere così
bene.
Ad Eileen ronzava la
testa.
- Efficacia?
- La facoltà di stare sempre
nel mezzo. Essere franca. E captare quello che gli altri ci tengono
molto a nascondere.
Certuni la trovano una dote … come dire, un poco
indisponente. Ma io l'apprezzo
molto …
- Quindi non vi ha detto
altro …
- Che cosa avrebbe dovuto
dirmi?
- Niente … niente, ma …
davvero mi ha chiesto in sposa? A voi?
- Come vostro tutore
ufficioso. Ricordatevi che lui non sa niente della vostra vera
condizione. Vi
crede mia cugina, e, penso, ricca. Non conosce i vostre debiti, la
situazione
che ha lasciato vostro padre … ma per questo ho
già provveduto. Da circa un'ora
siete proprietaria di un cottage a Burton House, di ventiquattro acri
di terra
a maggese, due greggi, quattro cavalli, una serva che provvederete a
scegliere e
una piccola rendita che frutta circa duecento sterline l'anno. Potete
dunque
sposarlo alla pari, senza alcuna difficoltà economica.
Eileen non lo stava più a
sentire. Qualcosa dentro di lei si era rotto.
- Davvero avete detto sì? Voglio dire, lo avete fatto senza
consultarmi?
- Perché, avete qualcosa
in contrario? Non mi pareva che disdegnaste Prescott. E del resto, con
tutte quelle
visite … ma che fate, piangete adesso?
- Che avete fatto,
farabutto? … Voi! Mi avete … mi avete fatto una
dote? Per darmi in sposa a Prescott?
- strillò Eileen. Le lacrime che per tutta la serata era
riuscita a
trattenere adesso sgorgavano fuori come lampi e fulmini di morte.
- Mi avete fatto la dote,
farabutto, soltanto per sbarazzarvi di me!
Thompson si avvicinò di un passo. Alzò le
mani per proteggersi dai graffi.
-
Eileen, io … io non
pensavo di farvi del male …
- Farabutto! Idiota!
Insensato! Farabutto! Possiate andare al diavolo adesso! Anzi, ora!
Andateci
subito!
Così dicendo scappò via ma Thompson fu
più veloce di lei e l'afferrò per le braccia.
Adesso sul volto c'era una collera che Eileen
non gli aveva mai visto.
- Ascoltami bene, signorina.
Ascoltami perché non ripeterò: io mi sposo il
mese
prossimo con Aurora e Prescott ha chiesto la tua mano. Non vedo cosa ci
sia di
così strano. Ogni carta va a posto e tutti saremo
più contenti,
non trovi? C'è bisogno di mettersi ad urlare, per questo?
Eileen alzò gli occhi ai pugni in cui Thompson le stringeva
i polsi.
- Saremo tutti più
contenti, vero? - disse con rabbia, e anche un po' spaventata -
Esattamente.
Lasciatemi andare. Saremo tutti più contenti. Esatto.
Thompson, ansimando, la
lasciò.
-
Perdonatemi, io …
- Non dite
niente. No! A
quante miglia da qui è Burton House?
- A
diciassette - disse
Thompson - ma …
- A
diciassette. Perfetto.
Spero solo che saranno a sufficienza da non rischiare di vedervi
più in tutta la
mia vita. Buona notte, Signor Thompson. E dite al tenente che
avrà presto la
risposta che ha chiesto.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Risposte :)
@Beatrix: Ciao, ben
trovata! :) In effetti le cose non sono esattamente quelle che sembrano
... diciamo che sulla storia di Catherine non è ancora stata
detta l'ultima parola. Di solito misteri come questi ce ne sono a
decine in ogni libro, e di mogli/amanti/sorelle pazze se ne potrebbero
riempire vagoni ... quindi io non starei troppo tranquilla ad affidarmi
alla versione di Eileen ;) Probabilmente ci sarà ancora
qualche piccolo colpo di scena. Un bacio, e davvro grazie mille di
seguirmi con tutta questa aspettativa :) A presto, Vale
p.s. Il Signor Thompson chiede come fai ad essere sicura che sia meglio
per lui lasciar perdere la bella Aurora ... cosa ti fa pensare che
Eileen come moglie non sarebbe una gatta da pelare ben peggiore della
nostra bella pianista?? Comunque si associa al mio saluto, e
ci aggiunge un inchino galantissimo!
@Miss_Slytherin: Addirittura
affascinata *_________________* Santo cielo, davvero, non mi aspettavo
tanto! XD Per questo mi inchino compita, come farebbe il nostro Singor
Thompson, e ti ringrazio di tuttissimo cuore! Per quanto riguarda
Prescott, data la generale avversione che di solito suscita nel
pubblico femminile la sua comparsa, il tenente ci tiene a mandarti
personalmente - per mio tramite - un bacio soffiato sulle dita. Trova
che questo sia molto galante, e, come dire, comme-il-faut. In
attesa di prossimi sviluppi, io non posso che associarmi al bacio
(magari non soffiato sulle dita :) ) e ringraziarti della tua
recensione, che non è stata per niente noiosa, ma anzi,
davvero piacevole!
@Senza Fiato: Ciao!
Ho letto, e ti ringrazio davvero di cuore, il tuo messaggio sulla
bacheca della pagina Facebook di Ad Armi Pari. Anche per te vale quello
che ho detto a Beatrix: io non sarei troppo sicura della versione che
della scomparsa di Catherine ha dato Prescott, né tanto meno
delle ipotesi di Eileen. La realtà è a volte un
po' più complicata di quel che sembra ;) ... ma spero che
nei prossimi giorni lentamente il mistero verrà a galla. Sia
quello che abbiamo sempre sospettato, sia certi altri particolari che
non immagineremmo neanche ... nel frattempo un bacione da me, da Eileen
e naturalmente dal Singor Thompson! A presto presto, V.
@Lhoss: Last but - obviously - not
least, my dear! Eccoci a noi. Certamente Prescott è diciamo
... volutamente un personaggio ambiguo. Del resto, se tutti fossero
come il nostro bravo, onesto e tenebroso Signor Thompson probabilmente
passeremmo tutto il tempo a sbavare senza costrutto, e la trama
non procederebbe di un millimetro. Invece Prescott
è stato, come dire, plasmato su un altro personaggio che mi
pareva molto adatto al ruolo: il simpaticissimo e amabile Febo di
Chateaupers, che come sai io adoro in quanto specchio di ogni rigorosa
onestà e virtù. Chiaramente un miracolo d'uomo.
Insomma, è chiaro che il tenente non gode a fondo delle mie
simpatie ma ... potrebbe sempre rivelarsi un uomo onesto, non dobbiamo
avere pregiudizi! :)) Un abbraccio, e a prestissimo, Vale
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Capitolo 22 *** Capitolo Ventunesimo ***
- Capitolo Ventunesimo -
La
mattina dopo Eileen
scese a colazione meditando sul da farsi.
Tecnicamente avrebbe
dovuto aspettare che fosse Norma a portagliela su, ma quel giorno - e
dopo
quella notte - non aveva nessuna voglia di aspettare. E poi non voleva
rischiare che rimanendo in camera Prescott si facesse vivo con lei. Era
ancora
molto arrabbiata per come si era comportato: che diamine! Chiedere a
Thompson
la sua mano senza averla prima affatto consultata, eppure …
Eppure era anche
lusingata di aver ricevuto tutta quell'attenzione. Era così
poco che si conoscevano, e lui già si spingeva così
avanti. Certo, questo le metteva anche inquietudine: va
bene che un bacio era un bacio … ma insomma, c'era tutta
questa fretta? Si
conoscevano da così poco tempo!
Rimuginando scese le
scale, passò in
cortile e di là in cucina. La giornata era bella e
soleggiata, le fece piacere
respirare. Evitò accuratamente il giardino in cui la sera
prima si era
svolto quel surreale dialogo. Certo che anche Thompson ne aveva di
faccia
tosta! Addirittura farle la dote, proprio lui …
- Signorina, non dovresti
essere a letto? - le chiese Norma, che affacciata alla piccola finestra
stava
mettendo a raffreddare una torta.
Eileen cercò di protestare.
- Va bene - fece Norma - Ma
vieni dentro, svelta, che non hai una bella cera stamattina. Cosa sono
quelle
occhiaie lì? Se non
fossi malata direi quasi che hai pianto. Non hai mica pianto, vero?
- No, di certo. Non ne
avrei avuto proprio nessun motivo.
- Ah, menomale - fece
Norma - sai quante volte sbircio quel visetto e mi viene da pensare, ma
...
gradisci una fetta di torta?
Eileen si sedette e prese
la fetta di torta ed il thé. Stavolta era alla rosa canina.
- Delizioso.
- Grazie, mia cara. Ho
raccolto le bacche giorni fa e non vedevo proprio l'ora di bermelo in
santa
pace … e finalmente ora che tutti se ne sono andati, anche
io ho il mio momento
di tregua!
E così detto si imburrò un
crostino. Eileen la fissò incredula.
- In che senso se ne sono andati
tutti? Non vorrete …
- Dico che se ne sono
andati tutti, stamattina. Il signor Thompson, Prescott e anche quella
piccola
smorfiosa di Aurora. Pensa che è una ragazza così
sciocca,
che l'altro giorno … Ma. Che hai? Per caso non ti avevano
avvertito avvertito?
Eileen era rimasta con la
tazza a mezz'aria.
- Non … non mi hanno detto
niente, no. Ma chi è andato via, il Signor Thompson? Aurora?
Sono andati in
città? Torneranno?
Norma sorrise e scosse la
testa.
- No, no, te l'ho detto,
tutti quanti. Se ne sono andati tutti quanti e penso proprio che non li
rivedremo per un bel pezzo. Stamattina il padrone è venuto e mi ha detto che dovevano
partire, lui e i
suoi amici, subito. Affari urgenti che li chiamavano a Londra. Qualche
ballo
sicuramente, o una festa. Ad ogni modo, quando ho chiesto se pensavano
di
ritornare presto, Thompson ha scosso la testa: 'ce
ne staremo via parecchio tempo, Norma' ha detto proprio così
'parecchio tempo, penso, davvero'.
Dopo di che mi ha voltato le
spalle ed è sparito. Pensavo che ti avesse salutato! Ma non
fare quella faccia,
bambina. Il Signor Thompson fa sempre così: un attimo prima
è lì accanto e un attimo dopo è
sparito chissà per quanto.
L'ultima volta è stato via quasi un anno.
Eileen deglutì a fatica.
- E non sapete dove è
andato, di preciso?
- Oh, no. Il padrone non
lascia mai un recapito. Semmai è lui a mettersi in contatto
con noi, dice che
questo tiene lontani i seccatori.
- Ah, ho capito. E il
tenente? Anche il tenente …
- Il tenente - disse
Nibbles entrando e togliendosi di dosso il grembiule che usava sempre
quando
innaffiava i fiori di buon mattino. Aveva nella tasca una lettera che
sventolò sotto gli occhi di Eileen - Il tenente ti ha
lasciato
questa. L'ho visto stamattina, mentre stava per salire in carrozza. Mi
ha fatto
cenno di avvicinarmi e di aspettare un secondo. Poi ha scritto queste
due righe
e me le ha date, raccomandandomi di darle solo a voi - e qui Nibbles
fece la
faccia di uno che ha trovato in un bel cesto di pesche una biscia
grossa come
un tubo.
Eileen afferrò la lettera e lesse due
volte le quattro righe che la componevano.
- Tutto qui? - chiese
quando rialzò gli
occhi.
Nibbles si strinse nelle
spalle.
- Se vuoi posso aggiungere
qualcosa, ma penso che non sarebbe educato.
Norma lo fulminò con lo sguardo.
- Che succede, bambina,
cose gravi?
Eileen scosse la testa e
si alzò.
- No, niente, niente,
signora Nibbles. E grazie della torta, era ottima. E ora scusatemi, ma
devo
proprio andare.
Così dicendo scappò via in
giardino. Nibbles e Norma si fissarono l'un l'altra.
La
lettera di Prescott,
rifletté Eileen non appena fu riuscita a ripararsi dietro
una siepe, era quanto
di più strano al mondo si potesse immaginare: diceva
telegraficamente che
Thompson aveva chiesto ad Aurora di partire per Londra il giorno dopo,
e a Prescott
di seguirli. Il tenente diceva di aver ponderato le possibili ragioni
di un
rifiuto, e di non aver trovato niente che non avrebbe destato sospetti
nel suo
amico, così aveva deciso di accettare. Non si sa
mai che durante quell'assenza riuscisse a cavare di bocca a Nicholas
qualche ulteriore
particolare dell'intricata vicenda di sua sorella. Dopo di che la
salutava con
un bacio e le diceva di stare tranquilla e di non prendere alcuna
iniziativa.
Avrebbe pensato lui a farsi vivo non appena ne avesse avuto modo.
Seguiva
firma, data e un piccolo cuore vergato in fretta con la penna.
Eileen storse la testa
disgustata. Nient'altro?
Niente indirizzo a cui
scrivere, niente indicazioni sulla meta del viaggio, niente bisogno di
metterla
al corrente di tutti questi nuovi sviluppi? Davvero si aspettava che
lei se ne
sarebbe stata buona così, ad aspettare alla
finestra come Elinor il ritorno del suo prode Cedric?
Le venne da ridere di un
riso per niente sano.
Per non mettere a rischio
i suoi nervi, Eileen pensò che era meglio sedersi
prima di affrontare il problema. Davvero Thompson era stato così
assurdo da averle detto tutte quelle cose senza senso ed
essere corso posi subito a dire a Norma che voleva partire? A prendere
con sé
la sua bella e il suo migliore, adoratissimo amico, ed andarsene senza
dirle
niente. Come se lei fosse una parte del mobilio di casa? Ma non aveva
forse
messo in conto che Eileen Merriott non sarebbe stata mai parte del
mobilio di
nessuno! E se qualcuno non l'aveva capito, era bene che lo imparasse
adesso.
Furiosa si alzò di nuovo dalla panchina di pietra e fece due
o tre volte
avanti e indietro sulla ghiaia del vialetto.
Davvero era possibile che
fossero tutti così idioti? Thompson
scappava, Prescott non capiva e Aurora cinguettava felice
perché preso si
sarebbe sposata. E lei cosa faceva, in tutto questo? L'ospite orfana,
la brutta
Jane Eyre? Non si sarebbe mai detto di Eileen Merriott che faceva la
stupida
Jane Eyre!
Avrebbe preferito mille
volte essere come la terribile Bertha, la moglie pazza e incendiaria
del signor
Rochester, piuttosto che starsene quieta a vedere che tutto andava a
rotoli!
No, decisamente non l'avrebbe permesso, era per questo che avrebbe
… un
pensiero le attraversò la testa.
Avrebbe
fatto cosa?
Nessuno
sapeva dove erano
andati i fuggitivi, e come rintracciarli. L'unica cosa che si poteva
fare era
cercare in ogni angolo di Londra, una città di un milione di
abitanti. Una
città da un milione di abitanti da passare
al setaccio da sola.
E poi per cosa? Non capiva
bene neanche cosa ci fossero andati a fare a Londra quegli idioti
… e il perché
di una partenza del tutto inaspettata.
Stette per male tutta la
giornata. Pranzò di cattivissima voglia, sempre incollata
alla finestra per
vedere se per caso ritornava la carrozza con notizie da Prescott.
Chiese a Nibbles di andare
due volte alla posta per chiedere se c'erano lettere per lei, frugò
nella camera del tenente e anche in quella di Aurora, per
vedere se per caso non avevano lasciato indizi.
Fu tutto inutile,
sembravano essersi dileguati nel nulla.
Sempre chiedendosi che
cosa li aveva fatti scappare tutti a quel modo (e avendo anche una
piccola idea
al riguardo, che concerneva gli ultimi momenti del suo strano colloquio
con
Thompson), Eileen si ritrovò alla fine del pomeriggio
senza sapere come ci era arrivata. Ed era stanca, stanca morta.
Succede a volte che quando
si passa il tempo immersi in strane domande, o a cincischiare, ci si
senta alla
fine più stanchi e esausti che se si fosse lavorato. Eileen,
almeno, si sentiva
la testa pesantissima e troppo piena di idee, una più
confusa dell'altra.
Pensò bene di andare a svagarsi un po' in biblioteca.
Come si è detto, quella
per i libri era una sua grande passione.
Contrariamente a quel che
si può pensare, quando era davvero troppo confusa,
immergersi
nella lettura di un volume non solo l'aiutava a rilassarsi e ad
allentare un
po' la tensione, ma addirittura a riflettere meglio.
Andò in biblioteca e si scelse una piccola nicchia vicino
alla
finestra. Da lì poteva comodamente tenere d'occhio
sia la piccola stanza completamente tappezzata di scaffali e foderata
di
damasco rosso, sia la vetrata e il cortile di sotto, caso mai si
facesse vedere
qualche carrozza con notizie all'orizzonte.
Agli scaffali c'erano
decine e decine di volumi: alcuni recavano sul dorso strani stemmi e
monogrammi, o qualche macchia più scura di muffa o di usura.
C'erano poi, relegati in file
di alti codici borchiati, alcune decine di atlanti dall'aria piuttosto
imponente, volumi spessi di enciclopedie, qualche mappa della terra e
persino
un grande atlante anatomico. Eileen scorse tutto con interesse,
rosicchiandosi
ogni tanto le labbra quando era indecisa su che scegliere. Si fece
più avanti,
e osservò quello che c'era proprio accanto alla porta.
Negli scaffali centrali,
sotto una pila di vecchi albi illustrati e decine di opere in lingua
greca e
latina, c'erano anche alcuni metri di Bibbie, probabilmente retaggio di
qualche
paffuto antenato canonico.
Eileen si mise a
sfogliarle, ammirò le belle illustrazioni e
le pagine tutte ghirigori decorate e odorose di paglia. Prese poi in
mano una
buffa edizione di un vecchio libro che suo padre amava molto: il Thristram Shandy di Sterne. Lei non
l'aveva mai letto, ma giudicò, dall'usura delle pagine,
che a qualcuno doveva piacere molto.
Sulla pagina di guardia
del volume c'era una bella firma svolazzante che doveva appartenere al
signor
Thompson o a qualche suo antenato.
Da un'altra parte trovò invece, e ne sorrise, qualche decina
di quaderni
vecchissimi dove ben altre e meno certe firme erano state vergate dalla
stessa,
giovane mano. Si trattava di appunti ed esercizi del piccolissimo
Nicholas.
Trovò frasi sgrammaticate e macchie dove l'inchiostro aveva
fatto un disastro, le note in rosso di qualche precettore e certi
bruttissimi
schizzi di casette e di alberi deformi.
Rise molto, e ciò servì a distrarla. Non si
accorse che passava il tempo fin tanto che non notò che il
sole tramontava oltre la vetrata. A quel punto
qualcosa le disse che non sarebbe più tornato nessuno. Tanto
valeva, aspettando
la cena, di scegliersi qualcosa da leggere.
Puntò dritto allo scaffale dei romanzi francesi. Va detto
che
questa parte non era così aggiornata come tutto il
resto, ma vi trovò comunque delle opere tali
da mozzargli in gola il fiato.
Tra gli altri spiccavano
una splendida e rarissima edizione delle Liaisons
Dangereuses di De Laclos, libro introvabile e assolutamente
proibito a
motivo della licenziosità che pareva ne pervadesse le pagine
sotto una patina
di astuto perbenismo. Più avanti, qualche tomo di un tizio
che si chiamava Zola
e che Eileen non aveva mai sentito nominare: per di più
erano tomi enormi. Ne
sfogliò uno, ma lo posò
contrariata. Che le importava di sapere le avventure di una banda di
ferrovieri
di Parigi? Erano molto più interessanti certe opere
altamente istruttive che
parlavano di bei sentimenti e imprese galanti e avventurose. Ne scorse
una, Le Vicomte de Bragelonne , che
aveva
letto tempo prima e che le era piaciuta un sacco. Parlava della famosa
leggenda
della Maschera di Ferro e di come avesse infine epilogo la storia dei
Tre
Moschettieri.
Accanto a quella
campeggiavano due tomi dei Misteri di
Parigi, e una raccolta di alcune novelle di
Merimeé. Carmèn
era la sua preferita: pareva che a Parigi qualcuno ne avesse
tratto addirittura un'opera. Poi c'erano altre opere minori, racconti
di fiabe
e leggende, ma ad un tratto quando si era quasi decisa per un romanzo
gotico,
scorse vicino alle sue spalle due splendidi volumi illustrati di Hugo.
Uno era Notre-Dame de Paris, libro
che aveva
letto circa cento volte trovandolo davvero stupendo, l'altro era Les Miseràbles, un altro
capolavoro
assoluto che non riusciva proprio a dimenticare. Si immerse per un buon
quarto
d'ora nelle vicende del buon Jean Valjean e in quelle, ancora meno
fortunate dello
sciocco e irresoluto Gringoire, e si dimenticò di tutto
il resto.
'Se
io fossi un personaggio di Hugo' pensò a un
certo punto ricordando la fine di entrambe le storie 'protesterei
vivamente con l'Autore. Non è
possibile che alla fine di ogni libro tre quarti dei personaggi
principali
siamo morti di una morte atroce o siano sfiniti dagli stenti'.
Ma alla fine
monsieur Victor rimaneva sempre il migliore.
Accanto a Hugo c'erano
certi russi di cui aveva solo sentito parlare, un po' più in
là delle insulse
commedie di una certo, noioso Oscar Wilde, e in fine un piccolo tomo
che quando
vide, fece un balzo dalla gioia.
Si trattava di un'edizione
recentissima dei Delitti della Rue Morgue.
Nonostante fosse una signorina e le piacessero moltissimo i romanzi,
Eileen non
disdegnava affatto di pascersi di letteratura macabra. E quel piccolo
scritto -
a quanto aveva sentito - racchiudeva delle storie inquietanti ed
assolutamente orripilanti.
Proprio quello che ci voleva per distendere i nervi, così lo prese, lo portò
alla finestra e accomodatasi comodamente in poltrona
s'immerse nella lettura.
Non seppe mai quanto tempo
fosse passato, ma ad un certo punto sentì una
risatina accanto a sé. Fece un balzo per lo spavento, ma
intorno non vide
nessuno. Si
rimise a leggere pensando
di aver sognato. Del resto le capitava spesso, di cadere in una specie
di
trance, se solo aveva un libro per le mani. Ma non aveva ancora letto
due righe
che la risata si ripeté. E siccome era arrivata ad un punto
che faceva
parecchia paura, Eileen sobbalzò sulla sedia.
- Se mi reagisci così quando rido, cosa farai quando vedrai
lo Spettacolo?
Noah sgusciò da sotto la coperta di damasco del tavolino a
fianco, e
dopo un attimo comparve la sua scatola.
- Da quant'è che mi spii,
brutto …
Noah rise.
- Sono arrivato da dieci
minuti, ma ho visto che leggevi e non volevo … certo che
quando leggi fai
sempre quella faccia buffa e immusonita? E poi ti rosicchi le punte dei
capelli
…
Eileen arrossì.
- Nessuno ti dava il
diritto di starmi a spiare! E, a proposito … come hai fatto
ad arrivarci? Avevo
chiuso la porta …
- Non ti ricordi? Sei sul
mio territorio! E' la mia pista per fare esercizi!
Eileen lo fissò stralunata.
- Ma se sei stata proprio
tu a darmi la chiave! - rise di nuovo - Ti vedo un pochino strana,
oggi, Linny
… non sarà mica che è successo
qualcosa? No, - continuò -
perché se non stai bene ho la medicina. Le mie
bambine hanno quasi finito di imparare il loro magico numero. Se te la
senti
potrei anche mostrarti … ma non ti voglio anticipare niente!
Ti va di darci
un'occhiata?
Eileen sospirò e lasciò andare il libro.
- Certo che mi va … fai
vedere …
Noah fece un bel sorriso e
cominciò a disporre le sue processionarie.
- E' quasi tutto pronto,
manca solo il numero del giro della morte. Il problema è che
sanno andare
dritte, ma quando arrivano agli angoli non svoltano. Ed è un
problema questo,
perché così il cocchio non gira, e Creamy cade
sempre di lato. E' un grosso peccato, davvero. E pensa che ieri sera ci
erano
quasi riuscite, quando quei due sono venuti qui e mi hanno interrotto!
Ho
dovuto a nascondermi lì sotto, per non rischiare
di esser visto, che roba! Un altro po' e ci stavano un secolo
… me non male che
poi se ne sono andati, altrimenti Creamy ci impazziva!
Eileen aggrottò le sopracciglia.
- Chi erano quei due? -
chiese.
- Il signor Prescott, il
tenente, e … quella smorfiosa della signorina
Aurora.
- Erano qui ieri sera,
vuoi dire? Sono entrati per prendere un libro?
- See … come io ero qui
per cucinare! Ma no, che libri, sono sgusciati dentro come se avessero
una spia
alle calcagna. Si sono chiusi la porta alle spalle, e, beh …
sono venuti qui
alla finestra. Poi Prescott le ha detto qualcosa, e non la finivano
più di
sussurrare. Te l'ho detto, ci è voluta una mezz'ora
perché mi lasciassero in
pace.
- E che si sono detti? Lo
hai sentito?
Noah fece la faccia
contrita.
- Lo so che non sta bene,
Linny … ma qui sotto si sentiva proprio tutto.
- E sai cosa si sono
detti?
- Certamente. Parlavano
del Signor Thompson e di una tizia, una sua cugina. Dicevano che
bisogna separarli.
- Cosa?
- Esattamente. Ha detto
così. 'Portare il Signor
Thompson lontano da sua cugina, e subito. Prima che quella scopra
qualcos'altro'.
Eileen divenne bianca come
un cencio.
- Sei sicuro di aver
sentito bene?
- Benissimo - fece Noah -
Ma ti interessa? Tu per caso conosci sua cugina?
Eileen non rispose.
- Hanno detto che una
volta è andata male - continuò Noah, sempre
stando
sistemando le sue processionarie - ma che bisogna che vada bene ora.
Per non ci
dovevano essere grane. O intoppi, o roba del genere. Quindi bisognava
portare
il Signor Thompson subito a Londra. Doveva chiederglielo la signorina
Aurora.
Portarlo via con una scusa qualsiasi. Prescott ha detto che questa
cugina, la
cugina di Thompson, voglio dire, ha scoperto qualcosa di brutto, e che
era
meglio per tutti se loro se ne vanno il prima possibile. Sembra che
Prescott
debba anche sposarla, questa cugina del padrone, e voglia portarla via,
molto
lontano, subito dopo il loro matrimonio. Pare sia sempre per tenerla
lontana da
qualcosa …
- Cosa? - chiese Eileen
era terrea.
Noah si strizzò nelle spalle.
- Non lo so, non l'ha
detto, ma … che ti importa? Non tu sei mica sua cugina! Ehi!
Aspetta! Ma che ho
detto? Dove vai …
Eileen era scattata in
piedi e si era precipitata fuori dalla porta. Cosa significava quel
dialogo che
Prescott aveva avuto con Aurora? Cos'era stato a portarlo lontano, ad
indurre
sua sorella a chiedere a Thompson di partire per Londra? Se c'era una
cosa
certa era che Prescott aveva mentito: non era stato il Signor Thompson
a
chiedergli di allontanarsi. Ma perché? Cos'era successo nel
frattempo?
Con la testa che le
prendeva fuoco Eileen salì le scale e si diresse in
camera sua. Appena arrivata si chiuse la porta alle spalle e cominciò
a rovistare dentro ai suoi bagagli. Doveva andare a
Londra, subito. Doveva prendere Prescott e chiedergli che significava
quella partenza
improvvisa e quel biglietto, doveva fermarli tutti quanti, chieder
conto, prendere
Aurora, sbatterla via, dire a
Thompson che … ma un momento!
Ripensò a quello che aveva detto Noah e alla raccomandazioni
del
tenente: qualcuno voleva tenerla il più possibile lontana
dalla soffitta.
Qualcuno non voleva che scoprisse il mistero che si celava dietro la
triste
storia di Catherine Thompson.
Eileen guardò fuori dalla vetrata. Il sole ormai era solo un
ricordo, e
le tenebre avanzavano circospette. Una rondine planò sopra un platano
dove aveva il nido e si dispose a richiudere
le ali per la notte. Cominciavano invece a svegliarsi gli inquieti
animali
notturni.
Eileen
decise che quella
notte avrebbe vegliato con loro.
-----------------------------------------------------
Risposte
:)
-------------------------------------------------------------
@Beatrix:
Eccoci qui a rispondere ... innanzitutto: ciao e mille grazie per la
recensione. Mi inchino di nuovo davanti ai complimenti
*___________________* : troppi! Comunque ti ringrazio molto,
e la mia vanità si associa ai ringraziamenti. Per
quanto poi concerne Aurora e il Signor Thompson, beh, penso che,
disgraziatamente, dovrà essere lui stesso a decidere. Noi
non possiamo forzarlo, ma ad ogni modo io il mio piccolo consiglio
all'orecchio glie l'ho soffiato ... magari gli trasmetto anche il tuo,
sperando che rinsavisca e ci ripensi a sposare la piccola ape.
Più di così noi non possiamo fare, aspettare
è tutto quello che possiamo. Io spero vivamente che il Tempo
stia lavorando dalla parte giusta, anche se potremo saperlo soltanto
strada facendo, perché in effetti certe volte 'sti
personaggi hanno un po' la malefica tendenza a fare quello che par loro
e a sgusciarmi lesti lesti tra le mani .... come dice il poeta: habent sua fata libelli
(i libri vanno un po' per conto loro)!
@SenzaFiato:
Aspetta, aspetta, e ne vedrai delle belle ... come vedi già
on questo capitolo si cominciano a mostrare le carte, e a scoprire
certi altarini che qualcuno vorrebbe nascondere. Ma ... non voglio dire
altro, altrimenti vi rovino la sorpresa! Bacioni! p.s. Grazie per aver
definito 'romanzo' questo piccolo pezzettino di niente ... non me lo
merito ma mi ha fatto non sai quanto piacere! :)))
@Miss_Slytherin: Dunque dunque dunque ... prima di tutto il
tenente - pur momentaneamente assente dalla scena - mi dice che
risponde con estremo piacere alla
tua richiesta di un altro bacio. Te ne manda anzi quattro,
tutti
ovviamente molto galanti e appropriati, conella speranza che siano
sufficienti durante la sua assenza ... ma non per troppo,
spera, eh! Lui ama molto che gli siano
richiesti di tanto in tanto, solleticano la sua vanità :)
Per quanto riguarda il resto, beh ... diciamo che Prescott sta facendo
qualche piccolo gioco azzardato. Chissà se gli
andrà in buca oppure no. Nel frattempo, ora che è
scappato, possiamo solo tirare a indovinare e aspettare la sua prossima
mossa! p.s. Ah, e naturalmente - anche se Thompson avrebbe qualche
probelmino a ammetterlo a sé stesso - al sua unione con
Aurora è tutt'altro che una cosa pacifica. Anche lui,
poverino, è tormentato ;)
@Lhoss:
Mia cara, temo che l'Arcidiacono debba cercare di allungarsi le braccia
quanto più può: non è facile
contenerci entrambe, ma penso che debba riuscirci, ne va della sua vita
e della sua ... felicità. Tornando alle più
prosaiche cose (ma l'Arcidiacono di Josas ovviamente sta sempre nel
nostro cuore come Padrone e Signore - nonché Maestro
indiscusso e sublime di Perdita-del-Controllo-con-Botto), temo che non
ci sarà nessun gobbo che si incarichi del pietoso ufficio di
defenstrare il tenente. Dovrà pensarci qualcun altro, sempre
che certe cose siano chiarite. Nel frattempo non ci resta che aspettare
e goderci le sublimi scene di raccapricciante quanto amabile incertezza
sentimental-vittoriana. Un grande abbraccio, a cui si unisce ovviamente
anche la parte più tormentata di Thompson, la tua V.
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Capitolo 23 *** Capitolo Ventiduesimo ***
-
Capitolo
Ventiduesimo -
Era
decisa. Aspettò
che tutti fossero andati
a dormire (sentiva sempre il signor Nibbles chiudere con molta
attenzione il
portone del pianterreno prima di salire in camera), e poi scivolò
in corridoio. Era buio
tutto intorno a lei, ma luna le permetteva di vedere almeno dove
metteva i
piedi. Avanzò.
Non sentiva alcun rumore,
ad eccezione di un animale notturno che su un ramo si stava scambiando
opinioni
con l'aria immobile. Quando
la vide,
attraverso il vetro di una grande finestra spettrale, fissò
gli occhioni gialli su di
lei, e non si mosse. Eileen non seppe se inquietarsi o ridere. Tirò
a diritto.
Arrivò
ai piedi della scala. I
gradini si srotolavano come un serpente nell'oscurità. Mosse
un passo decisa a
salire, poi un altro.
Per qualche metro non
successe niente, poi, proprio alla svolta della scala qualcosa, un
piccolo
rumore la fece sobbalzare: era la musica.
Era più quieta del solito,
forse più dolce, non lo seppe dire. Ma era anche
incredibilmente bella. Come
una specie di cantilena ipnotica l'attirava e le indicava la strada.
Poi tacque
di nuovo, lasciandola.
Eileen fece altri quattro
passi, poi si fermò.
Stava davvero per salire quelle scale? Tutti i misteri,
tutte le stranezze, e poi Thompson, e Prescott, e … mentre
un sudore freddo e
lieve cominciava a serpeggiarle su per la schiena, scosse la testa e
decise di continuare.
Qualunque cosa avesse trovato sarebbe sempre stato meglio dell'eterna
ignoranza
a cui volevano votarla. Era nata con un cuore tenace: era calma,
tranquilla,
lieta, ma non si sarebbe mai fatta dire da qualcuno cosa doveva fare.
Non
almeno in quelle circostanze.
Un piede dopo l'altro
arrivò
all'ultimo gradino.
Uno spettacolo insolito si
aprì
nella penombra davanti ai suoi occhi. Era arrivata ad un
pianerottolo interamente ingombro di scaffali: non c'era niente sui
ripiani,
solo polvere e qualche vecchio giornale bisunto. Un altro passo
sull'impiantito
vecchio fece schizzare via nell'oscurità qualcosa che poteva
essere un topo.
Eileen girò
lo sguardo e non capì:
lo
spazio davanti a lei sembrava finire come era cominciato, una specie di
corridoio
cieco che dava sul nulla. Non c'era più neppure la musica a
guidarla. Accanto a
lei, sulla destra, una vecchia poltrona sfondata e un corrimano che si
stava
staccando dal legno marcio della ringhiera, un piatto vuoto, stracci,
una
brocca. Sembrava proprio non esserci niente, ma … Tornò
a dare uno sguardo al piatto e vide che era appiccicoso.
Di qualcosa che sembrava marmellata - almeno a giudicare dall'odore -
ed era
recente. Anche il dentro della brocca era umido, come se fosse stata
usata da
poco.
Considerò
la poltrona, il giornale e pensò
che forse potevano essere le tracce di un qualche recente
passaggio. O di qualcuno che facesse la guardia. Ma a che cosa? Strizzò
bene le palpebre nell'ombra per cercare di sfruttare al
meglio la pallidissima luce che filtrava da un abbaino molto in alto.
Tastò
le pareti ad una ad una, col solo risultato di imbrattarsi
le mani di calcina vecchia e muffa. Non trovò
nulla: né
una porta né un tendaggio, una leva, qualcosa che facesse
intuire un passaggio.
Sembrava tutto perfettamente opaco.
Scoraggiata, si appoggiò
alla ringhiera che costeggiava la vecchia balaustra. Il
tappeto sotto ai suoi piedi scricchiolava con un rumore soffice che
sembrava
attutito dai secoli, tutti intorno era silenzio e la polvere vorticava
nella
luce della luna che scendeva a perpendicolo dal soffitto …
ma un attimo, a
quell'altezza non ci dovevano più essere finestre! Si era in
alto, non si vedeva
niente, eppure quella luce … guardò
meglio
da dove proveniva.
Non era un abbaino come a
tutta prima aveva pensato. Era una lama che scendeva dritta dal
soffitto, a
perpendicolo. Sembrava tagliare le assi del soffitto, o meglio
… del pavimento!
Capì
che quello che cercava non era davanti a lei, ma sopra.
Evidentemente quella specie di piccolo stanzino era un inganno che
finiva in un
vicolo cieco. Sorridendo, nonostante la paura e la tremenda eccitazione
del
momento, si ricordò
che una volta sua nonna,
una simpatica vecchietta azzimata che era stata moglie di un
archeologo,
l'aveva portata a vedere una specie di mostra in un museo. Le aveva
mostrato
degli strani dipinti egizi, oblunghi e colorati di mistero.
- Come mai le figure sono
piatte? - aveva chiesto Eileen.
Sua nonna, ridendo, le
aveva detto una cosa che non si sarebbe mai dimenticata.
- Sono piatte, bambina
cara, perché l'uomo ci mette molto tempo a capire che le
cose non sono sempre
tutte come sembrano. O come riescono a lui. Che c'è una
terza dimensione dove
riusciamo a vederne solo due. E' un po' come gli asini quando vanno a
diritto e
se la strada curva loro continuano ad andare ancora dritti. E' tutta
una
questione di abitudine. A volte le cose sono sotto i nostri occhi, ma
siamo noi
che non vogliamo vederle.
Lì
per lì
non aveva capito, e si
era stretta nelle spalle. Adesso invece, con quella porta che era non a
destra
o a sinistra, ma in alto, le cose cominciavano a tornare. Sorrise, e
ringraziò
mentalmente sua nonna. Poi si detta risolvere il problema
di come riuscire ad arrivarci. Capì
che
ovviamente ci doveva essere un qualche tipo di scala. Di certo qualcuno
saliva
a portare da mangiare alla creatura.
Frugò
intorno con lo sguardo alla ricerca di qualcosa di
vagamente simile. Una scala doveva essere solida, di legno, e lunga
almeno tre
metri … in un angolo, il mucchio si stracci su cui non si
era soffermata prima
attirò
la sua attenzione. Si chinò
lì
accanto. A ben guardarlo, era tutt'altro che un mucchio si
stracci. Era una scala di corda, molto ingegnosa perché in
cima aveva un
rampino che permetteva di attaccarla alla botola.
'E
di aprire la botola stessa' si disse Eileen
piena di speranza. Si affaccendò
a sbrogliare la corda e
quando fu pronta ne saggiò
la consistenza mettendoci
un piede sopra e tirando con tutte le forze che aveva. Era solida.
Adesso non
c'erano più scuse.
Prese un respiro per farsi
coraggio, e ringraziando mentalmente sua nonna andò
a piazzarsi proprio sotto alla botola. Con un paio di
tentativi riuscì
ad agganciare la corda alla
maniglia che serviva da appoggio. Tirò
piano. Nulla
si mosse, a parte un po' di polvere che venne giù dal
soffitto sui suoi abiti.
Tirò
di nuovo e stavolta sentì
distintamente le assi smuoversi. Prese coraggio e ci riprovò
di nuovo.
- Chi c'è lassù? - sentì
che diceva una voce allarmata ai piedi delle scale. Era
Foster. Eileen si interruppe e restò
muta con
il sangue che le ronzava nelle orecchie. Pregò
con
tutte le sue forze che Foster non sentendo più niente se ne
andasse. E per un
istante, un lunghissimo istante, pensò
di aver
avuto ragione. Poi però
sentì
distintamente che il primo gradino della scala
scricchiolava sotto il peso di una scarpa.
- Sei tu, Nadir? Quante
volte te lo devo dire di non buttarti contro la botola … poi
ti fai male e
Norma si arrabbia …
Eileen era pietrificata.
Un altro istante e Foster sarebbe arrivato anche lui sul pianerottolo.
Non
c'era alcuna via di fuga, l'avrebbe vista per forza. Tirò
il fiato e chiuse gli occhi e … quando non c'è
una via a
destra, o a sinistra, guarda in alto e vedi se c'è qualcosa.
Eileen, svelta,
scattò
verso il giornale che giaceva sulla poltrona e lo tirò
oltre la balaustra. L'oscurità lo inghiottì. Dovette atterrare
in corridoio, a pochi metri da Foster.
- Chi è là? - chiese il
vecchio, con voce vagamente spaventata. Forse neanche a lui andava
troppo a
genio trovarsi lì
in quel momento. Eileen
sentì
che si girava e cominciava a scendere le scale. Dopo un
attimo in cui pensò
solo a non cadere in
terra dal sollievo e lo spavento, si scosse e afferrò
la scala. Tirò,
e
questa volta la botola cedette. Prima che Foster potesse tornare, prese
tutto
il coraggio che aveva e si arrampicò
lesta.
Quando la mano afferrò
il legno marcio del soffitto e gli occhi le si ritrovarono
al buio capì
che era arrivata. A quel punto non c'era
altro da fare che chiudere la botola, tagliandosi alle spalle, da sola,
ogni
via di fuga.
Lo fece, pregando Dio che
quella non fosse l'ultima cosa che faceva.
Dentro
era buio. Aspettò giusto il tempo che gli occhi le si
abituassero al fioco
chiarore che proveniva da un angolo.
La stanza era enormemente
vasta, ma il soffitto molto basso accentuava una certa sensazione di
oppressione. Eileen mosse un passo, poi un altro. Scrutò
nell'ombra, circospetta, sapendo bene che se i suoi occhi
non vedevano quasi niente, probabilmente altri occhi, abituati, la
stavano
squadrando da qualche parte. Pensò che al
punto in cui si era nessuna mossa da fare sarebbe stata in grado di
salvarla,
se la creatura aveva deciso di attaccare. Tanto valeva fare il primo
passo.
- Catherine? - sussurrò piano. Niente le rispose.
Si fece ancora lentamente
avanti sul pavimento di legno. Le assi scricchiolavano a ogni passo.
- Catherine? - ripeté.
E fu allora, che nel fioco
chiarore che proveniva chissà come da un angolo, sentì
di nuovo il suo della musica. Era la solita melodia dolce,
ma ora era come accentuata, come sei il tempo e il ritmo si fossero
dilatati
enormemente, allunganti in lago sonoro che scivolava in ogni anfratto,
traendone le ombre, in ogni buco, incantando i topi, in sotto ogni
scaffale e
in ogni stanza.
'Il
Pifferaio di Hamelin'
pensò Eileen e poi non seppe come aveva fatto a collegare
quel
nome alla situazione presente.
'Il
pifferaio porta i topi alla morte, e poi ci porta anche
gli umani',
si disse.
Ora gli occhi abituati
alla luce lunare le rimandavano l'immagine strana di un enorme stanzone
imbiancato. In un angolo c'erano un letto intatto e un catino, uno
specchio e
un tavolo. Una sedia, dei vestiti, coperte giacevano poco lontano,
sembravano puliti e recenti. Poi un
mucchio di libri e giocattoli che parevano non essere stati mai toccati
da
mano umana. Erano lucidi e lindi, e facevano uno strano contrasto con
la
polvere che invece regnava nel fondo. Tra le cataste di roba vecchia e
calcinacci c'erano oggetti disparati, arnesi rugginosi. Le ragnatele
rilucevano
nell'ombra come fili spettrali.
Fece due passi avanti, girò intorno ad una grande testata di
letto semi coperta da un
telo, oltrepassò un divano sfondato, e
infine arrivò al luogo da cui le sembrava che
provenisse la musica.
- Catherine? - fece di
nuovo, sovrastando appena il lugubre lamento. Fu in quell'attimo che il
suono
si interruppe, e il silenzio sembrò farsi di
pietra.
- Catherine? - ripeté, con
un filo di voce.
Dall'interstizio tra un
tavolo vecchio e qualche sedia male impagliata, arrivò un
lento gemito. Come di pianto.
Eileen, pietrificata, si fece
forza e piegò le ginocchia per guardare.
Quello che vide la lasciò senza fiato. Ma non fece un tempo
a rialzarsi, o ad accordare
quel aveva visto con quel che aveva sempre pensato.
Un istante prima che potesse,
il bambino schizzò fuori dal buco con un feroce
ringhio di animale. Era piccolo, ma estremamente forte.
Con un balzo scattò fuori e morse,
morse con tutta la forza che aveva proprio sul
dorso della mano e poi il braccio, e scalciando, e gridando e urlando
le fu addosso,
senza lasciarle via di scampo.
Norma e
Foster fecero appena
in tempo ad entrare e a gridare qualcosa che Eileen era già
svenuta, inerme, sul
pavimento.
Il piccolo
fissava i due con silenziosa aria di sfida.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Piccola
nota dell'Autrice:
Lungi
da me non apprezzare i film mentali, anzi ... Se avete qualche idea di
chi possa essere questo piccolo selvaggio, siete pregate di esporla!
Domani si scoprirà la verità, chi nel frattempo
indovina vincerà quattro giri di quadriglia e una mazurka
col Signor Thompson al ballo di fine stagione. Affrettatevi, e ...
Buona Fortuna! ;)
|
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Capitolo 24 *** Capitolo Ventitreesimo ***
- Capitolo
Ventitreesimo -
Una
mezz'ora dopo, in
cucina, Norma serviva a tutti una grossa tazza di thé
aromatico. Eileen era
seduta in un angolo, con gli occhi bassi e una vistosa fasciatura
all'altezza
del polso sinistro. Foster, accanto a lei, accigliato, si massaggiava
una
tempia, dove la creatura di cui aveva la custodia, o meglio il piccolo
selvaggio Nadir, l'aveva colpito con un lancio da competizione olimpica.
- E' alla melissa, bevilo,
bambina - spiegò
Norma indicando il thé -
Stai tremando. Certo che ci hai fatto prendere proprio un bello
spavento … che
ti è saltato in testa di salire così,
senza
nessuno, e di notte?
Eileen abbassò
gli occhi e non rispose. Buttò
giù con aria colpevole la bevanda, e pensò
che Norma era davvero una santa. L'aveva presa molto
meglio di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi. In fin dei conti
aveva appena
violato il segreto più segreto della casa. Una cosa che si
erano dati tutti
molto da fare a nascondere.
Il thé le bruciò
piacevolmente lo stomaco diffondendo un senso di
benessere, e mentre Norma ne versava un po' anche a Foster, Eileen
azzardò
la domanda che le bruciava da un po' sulle labbra. Quasi
quanto il morso che il piccolo le aveva affibbiato sul braccio.
- E' nipotino del Signor
Thompson, quindi.
Norma la squadrò
per un istante. Con il bricco del thé a mezz'aria, valutò
se rispondere o meno. Poi ovviamente l'amore per Eileen (e
per le storie molto lacrimose) la vinse su ogni ulteriore buon senso.
- Esattamente - sospirò
- tanto vale che tu sappia tutta la verità. Ma prima
mettiti questo scialle, non mi piace che tremi in quel modo! Lo sai che
ha una
bruttissima cera?
Era vero. Eileen accettò
lo scialle piena di gratitudine. Si sentiva completamente
svuotata. La mezz'ora successiva all'assalto subito dal bambino era
stata un
fitto via vai di medicazioni, sussurri, perplessità e
domande. Era quasi
svenuta due volte, e per due volte Foster e Norma avevano dovuto
sorreggerla mentre
scendevano per la ripida scaletta.
- Ci hai fatto prendere un
bello spavento! E lo hai fatto prendere anche a Nadir!
- Chi è Nadir? - chiese
lei, intontita.
- Il bambino - mormorò
Foster sovrappensiero.
- Purtroppo gli
hanno dato questo nome assurdo
- completò
Norma - E quando il padrone lo ha ritrovato,
ormai, era troppo tardi. Selvaggio fuori e dentro, dalla testa ai piedi.
- In che senso selvaggio?
- chiese Eileen.
Norma si riaggiustò
la cuffia e sorrise. Aggiunse un'altra zolletta al suo thé
e si mise comoda.
- Devi sapere, bambina
mia, che quando la povera Catherine è scomparsa, il Signor
Thompson ci
raccomandò
di dire in giro che sua sorella era
morta. E così
noi facemmo, obbedendo. Ma non lo
fece, come sembra, per metter a tacere la cosa, anzi. Era convinto che,
mostrandosi rassegnato, avrebbe potuto condurre molto meglio certe
indagini che
intendeva fare. Per non essere disturbato, capisci? Così
finse di essersi messo il cuore in pace.
- E invece?
- E invece, bambina cara,
lui, senza dir nulla, continuò
le indagini per cercare
di ritrovare Catherine. E dopo qualche giorno trovò
un primo indizio.
- Quale? - chiese Eileen
allungandosi sul tavolo per versarsi un altro po' di thé-
Norma sorrise, e la
prevenne
servendogliene una dose sufficiente per quattro.
- Un postiglione, alla
locanda di Chester - continuò
poi - gli disse di aver
visto una ragazza che corrispondeva alla descrizione salire sulla
vettura di
posta insieme ad un giovane biondo. Erano entrambi diretti a South
Hampton, e
di sicuro viaggiavano insieme.
- E si è saputo chi era
questo giovane?
Norma scosse la testa.
- Purtroppo il postiglione
non fu in grado di descriverlo. Lo aveva visto solo per un istante,
disse, e
tutti i soldi che il padrone gli offrì
per
sciogliergli la lingua non servirono a fargli cambiare idea. Segno che
davvero
non aveva visto quel farabutto in faccia. Comunque al Signor Thompson
questo
bastò
per capire che sua sorella era scomparsa con l'aiuto di
qualcuno. E che era andata molto lontano. Si recò
a South
Hampton il giorno stesso, e lì
scoprì
che nelle settimane precedenti erano salpate tre navi per
l'estero. Una andava nelle Indie Meridionali, una in Cina e una avrebbe
fatto
scalo in Malesia e poi, fatto il carico di tessuti e banane, avrebbe
fatto
rotta per Ceylon, per poi tornare indietro, dopo un anno. Thompson capì
che se sua sorella era salita su una di quelle, non
l'avrebbe più rivista in vita sua. Andò
a Londra
e per qualche settimane non dette notizie di lui. Poi tornò
a casa, e come spesso succede, parve pian piano ritornare
lo stesso. Sembrò
persino avere dimenticato
Catherine.
- Ma invece non l'aveva
fatto, giusto?
- No, mia cara. Non
l'aveva fatto. Allora nessuno lo seppe, ma sembra che a Londra avesse
preso
contatti con un'agenzia privata e che tramite questa avesse contattato
un
inglese che lavorava a Delhi sotto copertura. Diceva a tutti di di fare
il
commerciante, ma in realtà era un investigatore. Il
britannico emigrato era
stato incaricato di gettarsi sulle tracce della sorella di Thompson, e
di
cercarla dovunque. Era un'impresa disperata, ma lui volle tentarla
ugualmente.
L'investigatore partì,
e continuò
a mantenere una serrata corrispondenza con il Signor
Thompson. Ad intervalli regolari Thompson riceveva certe lettere che
spiegavano
la situazione, come il suo uomo si stesse muovendo e frequentasse le
città a
più alta concentrazione di britannici. Una volta era Jaipur,
e un'altra a
Mumbay. Setacciò
per quanto possibile Delhi
e visitò
ogni
quartiere di Calcutta in cui abitassero emigrati bianchi. Ma a conti fatti era quasi
impossibile riporre
speranze in questo metodo. Non so se sai quanto è grande
l'India …
- Sì
- annuì
Eileen, rabbrividendo
appena, per il freddo, o forse per l'idea di una ragazza dispersa in
quel gran
mare di gente lontanissimo.
Norma andò
avanti ancora un po' a raccontare delle peregrinazioni
dell'investigatore. Certe volte, disse, era sembrato che fosse vicino a
scoprire qualcosa di nuovo, certe volte gli sembrava di avere tracce
certe,
trovò
persino una tale Cathleen Robson che assomigliava molto a
Catherine, ma nulla che facesse sperare in una conclusione positiva.
Alla fine
dovette rinunciare. Scrisse a Thompson che non c'era stato modo di
avere
ulteriori notizie, e rispettosamente fece capire che continuare a
cercare
ancora sarebbe solo stata un'enorme perdita di tempo e di denaro.
- E Thompson?
- E Thompson? - disse
Norma sorridendo con orgoglio come se stesse parlando di un suo figlio - Niente, continuò
a
cercare. Disse all'investigatore che gli avrebbe semplicemente
triplicato la
paga, e quello riprese con più lena che se avesse il demonio
alle calcagna. E alla
fine, la fortuna ci premiò.
- Che cosa accadde?
- Una sera di dicembre
dell'anno scorso, mentre Thompson era a Londra impegnato con i
preparativi del
suo matrimonio, gli giunse una lettera inaspettata dal suo
corrispondente di
Delhi. Gli diceva di aver trovato, in circostante fortunose e quasi
assurde, un
tizio che - a sentirlo - era in grado di dire esattamente dove si
trovava suo
nipote.
- Nipote? - chiese
tossendo Eileen.
- Nipote. Per l'appunto,
il piccolo Nadir. Ma tu stai bene? Continui a tossire e …
- La prego, signora
Nibbles, vada avanti. Sto bene, davvero, non si preoccupi.
Norma la guardò
un po' sospettosa, poi sospirò
e riprese.
- Non appena ricevuta
questa lettera Thompson lasciò
Londra come un fulmine, e
si precipitò
qui in segreto. Non voleva dire a
nessuno dove andava, ma il suo corrispondente gli chiedeva l'enorme
sforzo di
andare lui stesso a controllare se era la verità. Il tizio
che aveva promesso
di ritrovare il bambino non disse che fine avesse fatto sua sorella,
né tanto
meno chi l'aveva sedotta. Disse soltanto che il bambino si trovava in
mano di
certe persone che sarebbero state disposte a venderlo dietro lauto
compenso.
- E Thompson?
- Fece i bagagli, e la
sera dopo era già su una nave per l'India. Partì
senza
dire niente a nessuno. Sembrava preso da una furia cieca. Avrebbe
sacrificato
tutto per Catherine. E io pregai, che se trovava il furfante che ce
l'aveva
strappata, un Dio giusto glie lo lasciasse qualche minuto tra le mani.
- E andò
così?
Norma scosse la testa.
- Solo a metà, purtroppo.
Il bambino fu ritrovato in una specie di serraglio per animali. Portava
addosso, unico tra gli stracci, una specie di cordicella leggera con
appeso un
piccolo ciondolo
che di sicuro era
appartenuto a Catherine. E aveva gli stessi occhi di Thompson.
Impossibile che
non fosse lui. Il padrone fu felice come se al modo fosse d'improvviso
ricomparso il sole. Ma i dolori non erano finiti. Il bambino, come fu
presto
chiaro, non era mai stato allevato da nessuno, a parte dei farabutti di
mercanti che lo avevano raccolto e lo usavano per farlo mendicare. Non
parlava
una parola di inglese, né di alcuna altra lingua conosciuta,
ed era allo stremo
delle forze per la fame. Nella sua vita aveva solo ricevuto calci e
minacce,
per cui attaccava chiunque gli si avvicinasse appena. E era storpio da
una
gamba, poverino, perché le bestie dei suoi aguzzini glie
l'avevano rotta anni
prima. Zoppicando e strascicando la gamba avrebbe fatto più
compassione a
chiedere l'elemosina per strada.
Qui Norma si arrestò
per asciugarsi una lacrima con l'enorme grembiule. Poi
riprese.
- Per la stessa ragione
gli avevano bruciato un orecchio e metà fronte. Non ti ha
dato il tempo di
accorgertene, ma se lo avessi visto in piena luce, vedresti che strazio
ne
hanno fatto … ed è un così
bel bambino! Assomiglia
alla madre nei capelli rossi, ma ha gli occhi verdi come quelli di
Thompson, e
il viso fiero del suo povero bisnonno …
Eileen approfittò
della pausa per fare la domanda che più gli bruciava le
labbra.
- E la madre? Che ne era
stato della povera Catherine?
Norma scosse la testa,
sconsolata.
- Sua madre, bambina mia,
era morta nel darlo alla luce. E il padre doveva esser fuggito. Quando
si era
reso conto che Thompson non solo non l'avrebbe mai accolto come genero,
ma
addirittura lo avrebbe ucciso se fosse riuscito a mettere le mani su di
lui … probabilmente
abbandonò
il bambino, o lo vendette lui stesso ai mercanti.
Eileen per qualche istante
non riuscì
neanche a parlare.
- Capisco - disse infine -
E così,
la madre morta e il padre …
- Il bambino fu preso da
quei mercanti. E trascinò
un'esistenza tremenda
finché suo zio non ebbe la fortuna di ritrovarlo.
Eileen tacque un istante.
Norma ne approfittò
per mettere addosso una
coperta al vecchio Foster che si era beatamente addormentato accanto al
fuoco.
- Povero Foster - sospirò
- si è tanto affezionato al bambino …
- Ma scusate - disse
Eileen - non capisco perché Thompson lo tenga chiuso lì.
Voglio dire, ora che lo ha ritrovato, perché non lo fa
educare civilmente, perché non lo riconosce legalmente? E'
sempre il figlio di
sua sorella, in fondo.
Norma spostò
il bricco del thé e giocherellò
qualche istante con il piccolo manico. Aveva gli occhi
bassi e per un attimo Eileen pensò
che
stesse per piangere di nuovo.
- Il bambino è un
selvaggio, mia cara. Non parla, non ascolta, non capisce. Morde
soltanto. Non hai
idea di che cosa ci sia voluto al Signor Thompson per portarlo indietro
senza enormi
problemi. Nessuno ha mai insegnato al bambino a mangiare, a parlare o
anche
solo a camminare diritto. Se lo si veste si strappa i vestiti, se lo si
porta
alla luce del sole si mette a piangere e ad urlare e non la smette fin
tanto
che non lo si riporta in casa. Ha una specie di terrore per tutto, a
parte certe
cianfrusaglie e il suo violino. E' un selvaggio, te l'ho detto, e
appena gli si
avvicina una persona sconosciuta … fa come ha fatto a te. A
suo zio, a me, a
Nibbles, persino al signor Foster che gli porta da mangiare tre volte
al giorno.
Non riconosce nessuno, non capisce, urla e basta, piange e poi
… Pensi che un
bambino, figlio di nessuno, possa essere portato da noi così,
senza dir niente a nessuno? Le autorità vorrebbero sapere
di chi figlio, e
perché, e come ha fatto
Thompson a ritrovarlo. E poi si dovrebbe dimostrare che Thompson
è davvero suo
zio, come dice … l'unica prova che abbiamo, è
quel ciondolo e la sua
straordinaria somiglianza. Ma penso che varrebbero poco, in tribunale
…
- Pensate che potrebbero
toglierglielo?
- E' questo che teme il
signor Thompson. Così
ha proferito portarlo qui
in incognito, e lo tiene in soffitta. Cioè, lo avrebbe
tenuto anche in casa, se
non fossi arrivata tu e tuo padre …
Eileen sorrise, e poi
abbassò
gli occhi. Sentir nominare suo padre le dava ancora una
specie di brivido.
- Signora Nibbles? - disse
dopo un po' sussurrando per non svegliare Foster che adesso si era
messo a
russare.
- Dimmi cara.
- E' Nadir che suona in
quel modo il violino?
- Sì,
mia cara.
- E come fa a suonarlo in
quel modo? Nessuno lo sa fare, in casa, e non credo che glie lo abbiano
insegnato quei mercanti …
Norma si alzò
dalla sedia e girò
intorno
al tavolo.
- Nessuno sa come ne sia
capace. Lo suona e basta, da quando è arrivato. Un giorno
Thompson lo ha
portato in camera, la stessa dove adesso dormi tu, e il bambino, come
se lo
sapesse, si è buttato contro l'armadio. Ha continuato a
tempestarlo di pugni
finché suo zio non è riuscito ad aprirlo. E ha
dovuto forzare le ante, perché
il mobile non si apriva più. Catherine aveva portato via la
chiave.
- E che cosa c'era dentro?
- Vestiti, pieni di muffa,
ormai. Del resto è rimasto quasi tutto tale e quale. A parte
che quando sei
venuta tu io avevo tolto da poco i vestiti.
- E il violino?
- Era lì,
dentro la sua custodia. Nadir lo ha visto ed ha
cominciato a urlare. Lo voleva a tutti i costi. Era in alto, su un
ripiano,
nascosto. Ma lui, in qualche modo sapeva che il violino di sua madre
era lì.
Eileen rimase in silenzio
un istante.
- E poi?
- E poi Thompson glie lo
ha tirato giù, sperando che non lo rompesse. Era un ricordo
di Catherine, ma …
- Ma il bambino, appena lo
ha preso in mano, sembrava essere diventato un altro. Si è
messo quieto,
accovacciato per terra ed ha cominciato a suonarlo, come se non avesse
fatto
mai altro in tutta la sua vita. Thompson non credeva ai suoi occhi. Io
ero al
piano di sotto che spazzavo, e quando l'ho sentito, giuro che
…
- Che?
- Era la stessa canzone
che sua madre suonava sempre. Non ne suona mai altre, Nadir. Soltanto
quella,
solo quella, sempre. Io penso che abbia fili di fata legati alle dita.
Con
quelli sua madre suona il violino per lui, muovendo i fili dal
Paradiso. Non si
sa come tutto questo possa accadere, ma Nadir è uno strano
bambino. E a volte
quello che non capiamo ci rende inquieti e ci fa paura, ma non
è detto che non
ci siano modi, su questa terra, tramite i quali i vivi e i morti
comunichino.
Nadir suona il violino per sua madre, e forse Catherine, per tramite
suo, ogni
tanto ci manda un saluto.
Eileen annuì,
e si asciugò
una
lacrima. Se i vivi e i morti comunicavano avrebbe tanto voluto sentire
per un
istante la voce di sua madre. Anche lei come Nadir non l'aveva mai
conosciuta.
Alzò
la testa e disse a Norma che sentiva di avere una gran
stanchezza addosso e non si sentiva molto bene. Norma l'accompagnò
in camera e le rimboccò
le
coperte.
Prima di spegnere la candela
le dette un bacio, e le soffiò
in uno orecchio che mai l'avrebbe
più lasciata andare via.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Bene, bene, bene!
Noto
con piacere che il Signor Thompson avrà molto da fare al
ballo di fine stagione. Ci speravo, dato che siete sempre delle
attentissime (e preziosissime) lettrici: avete tutte perfettamente
indovinato com'è la situazione! Il bambino, Naidr,
è figlio della defunta Catherine, e - non si sa ancora bene
perché - sa suonare il violino come lei. Molto, molto bene.
Per quanto riguarda la storia di un possibile coinvolgimento del
tenente Prescott in tutta la faccenda ... beh, bisognerà
avere ancora un po' di pazienza per vedere se ci avete azzeccato!
Nel
frattempo vi metto qui sotto la lista che ho composto, che ho appena
inviato anche a Thompson perché ne prenda visione: visto che
avete tutte visto giusto, mi sono permessa di mettervi a pari merito,
riservando un ballo a ciascuna. L'ordine che vedete qui sotto ripete
rigorosamente quello seguito dalle vostre recensioni. In breve, correte
al vostro armadio e tirate fuori il vestito più bello che
avete, perché ....
Carnet
di Ballo del sig. Nicholas Thompson
di Thompson House
Soirée di Fine Stagione
Polka - M.lle Just My Imagination
Mazurka - M.lle Lhoss
Quadriglia - M.lle Beatrix
Bourée- M.lle
Ayra
Gavotte
- M.lle
Lady
Waltzer - M.lle Sawadee
Polonaise - M.lle Senza Fiato
- La S.V. è caldamente invitata a partecipare all'Evento,
Voglia avere la compiacenza di confermare la Sua Graditissima Presenza -
Pensate che sia troppo formale? Io l'ho fatto presente a Nicholas, ma
lui è stato irremovibile:
'O le cose si fanno all'antica, o
non si fanno' ha detto, serio.
Quando ti imbatti in uno così, è assolutamente
impossibile discutere ;) Alla prossima, e un bacione, V.
|
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Capitolo 25 *** Capitolo Ventiquattresimo ***
- Capitolo
Ventiquattresimo -
Stavolta
la cosa era
seria. Eileen si addormentò
tossendo, e il mattino
dopo aveva la febbre. Il dottor Finley, chiamato d'urgenza, disse che
adesso
non c'era da scherzare: la ragazza rischiava la vita. Il raffreddore di
qualche
giorno prima stava velocemente degenerando in qualcosa di ben
più grave.
Norma singhiozzò
stringendo il grembiule che il giorno prima la sua bambina
stava bene, che sembra essersi ripresa. Finley rispose che in questi
casi le
ricadute sono a volte peggiori del male. Poi chiuse la sua borsa e se
ne andò.
Con la mano sul pomello della porta, promise che sarebbe
tornato di nuovo prima di notte.
Norma pianse tutte le sue
lacrime, e sempre accanto al capezzale di Eileen. Quando Nibbles tentò
di farla scendere
in cucina a mangiare qualcosa, Norma gli si rivoltò
come una furia. Dovettero portarle una coperta: volle
dormire in poltrona accanto a Eileen.
Nibbles andava e veniva. Entrò
in camera un paio di volte con la scusa di portare a Norma
quello che aveva chiesto, e sempre dimenticava qualcosa. Ogni volta si
spinse
fino al letto, guardò
la mano livida di Eileen che
sbucava da sopra le coperte e mormorò
qualcosa
tormentando il fazzoletto che teneva nel taschino.
Norma non riuscì
a
sentire cosa diceva, e del resto era troppo occupata a macerarsi per
sentire
alcunché, ma erano preghiere e frammenti di antichi
scongiuri irlandesi.
A volte Eileen riprendeva
coscienza a tratti, muoveva la testa sul cuscino madido e poi
sprofondava di
nuovo in un sonno simile al coma. Era inquieta, e dormendo si agitava e
diceva
parole senza senso.
Quando il dottore tornò,
quella sera, aveva la febbre tanto alta che gli impacchi freddi
di Norma diventavano tiepidi già prima di toccare la fronte,
e la tosse non
accennava a smettere.
- Dobbiamo aver pazienza -
disse Finley dopo averla auscultata a lungo - Dobbiamo aver pazienza e
aspettare. La situazione è grave, ve l'ho detto.
E nei giorni seguenti,
ogni volta, dopo aver riposto lo stetoscopio, continuava a mormorare
quella
frase. Sempre scuotendo l'ossuta testa bianca, ma sempre con gli occhi
più
tristi.
Alla fine anche Norma capì.
- E' polmonite? - chiese.
Il dottore non le disse né sì
e né no. Non sapeva
neanche lui che cos'era.
- E' possibile, vista la
tosse e la febbre, ma i sintomi sono strani, non ve lo nascondo. Sembra
ci sia
qualcos'altro, qualcosa che il suo corpo non vuole accettare. La
ragazza ha
salute da vendere, è di costituzione robusta, e …
sembrava aver passato bene la
fase acuta della sua prima malattia. Non è che per caso ha
avuto qualche … dispiacere,
negli ultimi giorni? Qualcosa che possa averla turbata?
Norma pensò
all'improvvisa partenza del tenente, alla scoperta in
soffitta, a Nadir, alla notte in cui tutto si era rivelato sulla triste
vicenda
di Catherine. Rivide gli occhi inquieti di Eileen la mattina in cui le
aveva
detto che tutti erano andati via, anche il Signor Thompson. Erano occhi
inquieti, che vagavano. Erano occhi disperati, troppo simili a quelli
di
Catherine per pensare che tutto andasse bene.
Nei giorni successivi ogni
tanto Eileen apriva gli occhi e Norma le si avvicinava per farle
inghiottire
appena un cucchiaio di brodo. Poi le labbra di Eileen si serravano, e
la testa
ricadeva sul cuscino.
Una sera, mentre erano
sole e il fuoco crepitava nel camino benché fuori fosse una
bella serata, Norma
stava cucendo in poltrona, quando qualcosa la distrasse. Alzò
gli occhi e vide che Eileen era sveglia.
- Oh, santo cielo, bambina
mia - sorrise - Mi hai chiamato? Non sono più abituata alla
tua voce e … come
stai? Ti senti meglio? Hai fame, sete, freddo?
Eileen sorrise debolmente
e disse che si sentiva meglio.
- Vuoi che vada a
prenderti qualcosa da mangiare? Ho fatto un pudding proprio stamattina,
per
quei due marpioni di Noah e Nigel …
Eileen fece segno di no.
Poi le chiese se poteva avvicinarsi.
Norma accostò
la sedia.
- Dimmi, bambina, cara.
Cosa c'è?
- Il Signor Thompson è tornato?
- chiese Eileen, muovendo appena le labbra.
Norma scosse la testa.
- No, bambina. Non abbiamo
più notizie di lui da quando sono tutti partiti.
Passò
qualche tempo in silenzio.
- Da quanto tempo sono a
letto, Norma?
- Due settimane, bambina cara.
Giusto il tempo di farmi venire tutti i capelli bianchi per lo spavento
- rise
- Ma adesso starai meglio, non è vero? Anche Finley dice che
sei in ripresa …
Eileen fece di sì
con la testa. Ma non si sentiva affatto bene. Era come se
qualcosa di ingombrante le occupasse la metà del petto. Era
una sensazione
spiacevole, come una cosa morta, fredda e triste che non voleva
andarsene.
- E il mio assassino?
Norma corrugò
la fronte. Pensò
che
stesse di nuovo delirando.
- Nadir - spiegò
Eileen facendo qualche sforzo per non cedere di nuovo a
quel senso di spossatezza galleggiante. Spesso precedeva di poco uno
svenimento.
- Nadir sta bene, piccola
mia. E ha imparato a mangiare con la forchetta. Pare che Foster ci si
sia messo
d'impegno. Penso che un giorno ne farà un gentiluomo. Uno di
quelli con cavalli
e carrozza. Niente resiste a Foster, prima o dopo, se Foster ci si
impegna quel
tanto che basta.
- Voi avete resistito.
Norma rise.
- Ogni tanto facciamo cose
sciocche. Io per esempio ho dato retta al signor Nibbles.
- Dite sul serio?
- Ma certo che no! Solo
che a volte, sai, l'affetto è strano …
credi di amare una persona e invece … poi ne ami un'altra.
Ma questo lo scopri
solo dopo. Io, nel mio caso, sono stata fortunata.
- Perché?
- Perché il caso mi ha
dato il signor Nibbles, e dopo ho scoperto di amarlo.
Restarono in silenzio
qualche tempo.
- Chi amavate dei due,
signora Nibbles?
- Questo è un po' presto
per spiegarlo. Diciamo che era una situazione complicata.
- E alla fine?
- Alla fine cosa?
- E' andata come
desideravate?
Norma sorrise, e non disse
niente. Eileen si fece più vicina, le prese una mano con la
sue dita deboli.
- Pensate che sia solo il
caso a governare queste cose, Norma? Oppure c'è
qualcos'altro, una ragione, un
modo per capire, per scegliere … Voi come avete fatto a
scegliere? Tra il
signor Nibbles e il signor Foster, voglio dire …
- Questo, mia cara,
dovresti proprio chiederlo al signor Nibbles. E' stato lui l'artefice
di tutto.
In ogni scelta cruciale è il destino che ci mette sulla
strada giusta. Ma poi
siamo noi, e solo noi, a doverci muovere per raggiungerla. Ma
perché me lo
chiedi, bambina? C'è forse qualcosa che ti turba?
Eileen mosse un polso sul
copriletto di raso. Era liscio, sottile e lasciava impronte lucide dove
posava
il braccio.
- Perché non so che cosa
devo fare - sussurrò.
Norma aspettò
in silenzio che Eileen continuasse.
- E' difficile, Norma.
- Lo so. E' sempre
difficile, bambina.
- Ha detto che mi avrebbe
sposato.
- Chi, il Signor Thompson?
- Prescott.
- Ah. Ho capito. E tu lo
ami, bambina mia?
Eileen mosse appena il
braccio, e cercò
l'angolo morbido del
letto. Dove la coperte, tutte le coperte, smettevano di andare diritte
e si
tuffavano giù, come in un mare ignoto, a perpendicolo fino
al pavimento.
- Io non lo so.
- E per questo stai male,
non è vero? Perché non sai se lo ami e lui ti ha
chiesto di sposarlo.
Eileen annuì.
- E poi sto male
anche perché qualcuno che
forse amo non mi darà mai modo di scoprire se lo amo
davvero. Ma forse è meglio
che mi ci rassegni: amare me non è nei suoi progetti, temo.
Norma la guardò
fisso un istante, e un sorriso parve alleggiare sulle sue
belle guance.
- Il miglior modo per far
ridere il buon Dio -
disse - è raccontargli
i propri progetti, cara. E' importante che tu lo sappia, questo. Evita
un sacco
di patemi nella vita.
Ma Eileen si era già
riaddormentata. E Norma continuò
a sorridere fissando il
caminetto di pietra.
Nibbles entrò
come un fulmine in casa una mattina di due giorni dopo. La
sua considerevole mole, che non gli aveva mai impedito i movimenti
('agile come un gatto!' diceva
sempre di se
stesso battendosi allegramente una mano sulla pancia), stavolta gli
dette un
gran daffare per attraversare di corsa tre piani di scale. Arrivò
alla camera di Eileen, ormai seconda dimora di Norma, e
bussò
piano.
- Che c'è? - fece piano
sua moglie che l'aveva riconosciuto dal passo - lo sai che non sopporto
che
veniate a disturbare il sonno della bambina. E va bene che ormai
è quasi
guarita …
Nibbles le sventolò
sotto il naso una piccola busta lunga e stretta, di carta
elegantissima e pesante.
- Si sposa - ansimò,
senza aver tempo di riprendere fiato - si sposa.
Norma cadde dalle nuvole.
- Chi?
- La signorina Aurora
Prescott.
- Ah, che bello. Tante
felicitazioni, complimenti. C'era bisogno di tutto questo baccano? A
noi per
ora non interessa la sorella. Ci interessa Prescott, ricordi?
Nibbles alzò
gli occhi al cielo.
- Il padrone! - disse
scuotendo Norma per le braccia.
- Cosa c'entra il padrone?
Non stavamo parlando di Aurora Prescott? E non farmi così
che mi fai male!
- Appunto. Aurora Prescott
si sposa con il Padrone! Dopo domani, presto!
Norma fisso il signor
Nibbles come se gli fossero spuntate delle orecchie fatate molto grosse
e molto
pelose.
- Stai scherzando, vero?
Noi puoi dirmi …
Nibbles si limitò
ad annuire molto solennemente.
- Dobbiamo fare qualcosa -
disse Norma - Dobbiamo impedirglielo.
- E' chiaro.
- Quella ragazza non deve
sposarlo. Non con quello che abbiamo scoperto.
- Non davvero. E ha un
pessimo carattere, poi.
- Lascia il cibo nel
piatto.
- Cavalca in un modo
indecente.
Si fissarono per un lungo
istante.
- Le piace Thompson. Alla
bambina, dico. Lo sospettavo, ma ora ho la conferma.
Nibbles annuì,
serio serio.
- Allora dobbiamo muoverci
subito. Dov'è il tuo amico Foster?
- In salone che spolvera i
quadri. Ti aspettavamo, lo vado a chiamare. In cucina tra venti minuti.
Foster fu convocato alle
tredici. Elizabeth fu mandata in città con la scusa di un
cavolo verza che
Norma si era dimenticata di comprare. Noah ricevette, caso raro,
quattro penny
extra da spendere, pur che fosse lontano da lì.
Non ci pensò
due volte a allontanarsi,
ovviamente reggendo la sua scatola.
Quando furono tutti e tre
intorno al tavolo della cucina, Norma aprì
il dibattimento.
- La situazione la sapete
tutti. Ora mi chiedo, voi per chi votate?
- Il signor Nibbles alzò
la mano:
- Eileen e Thompson per tutta
la vita. Io non la voglia in casa quell'Aurora.
Foster alzò
un sopracciglio. Aveva tirato
fuori di tasca una moneta e ci giocherellava. La faceva roteare su se
stessa e poi
vedeva se era uscita testa o croce. Era un suo vecchio vizio.
- E voi, signor Foster,
cosa dite?
- Io che cosa?
- Siete voi che dovete
decidere. In fin dei conti l'avete trovato voi.
- Sì,
ma nella scatola di Noah! - protestò
Nibbles.
- Silenzio, Nigel. Fai
parlare Foster.
- Io avrei preferito -
scandì
Foster - io avrei preferito portarla a un posto di polizia
…
- Avanti - scattò
a dire Nigel - Avanti! Sei sempre il solito vecchio
barbagianni …
Norma gli assestò
una pedata sotto il
tavolo. Il signor Nibbles tacque all'istante.
- Siete voi che l'avete
trovata, siete voi che ci dovete riflettere. E' chiaro che così
la situazione è insostenibile. E è ancora
più chiaro che
il farabutto ha le ore contate. Quello che mi domando adesso
è: possiamo usare
questa prova soltanto contro di lui, oppure ne facciamo anche un motivo
di
felicità per altri? Spetta a voi la decisione, Signor Foster.
Foster sostenne il suo
sguardo. La moneta continuava a roteare.
- Non sempre si può
essere felici. A volte, nella vita, va male.
Norma annuì.
- E' vero signor Foster. E'
vero. Avete perfettamente ragione. Per questo vi dico …
zitto Nigel! Per questo
dico che è compito vostro decidere. Siete voi l'arbitro
della faccenda.
Ci rimettiamo al vostro giudizio. Soltanto, fate presto, vi prego.
Abbiamo le ore
contate.
La moneta si fermò
e cadde. Foster ci mise una mano sopra senza guardare che cosa
era uscito.
- Cosa ci ottengo se
faccio quello che volete? - chiese.
- La mia gratitudine eterna.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Care tutte, buon
giorno! Ho provato a contattare Thompson per questa faccenda del ballo,
visto che molte mi hanno fatto presente quanto sia poco galante
concedere un solo giro di danze a testa. Thompso mi ha risposto un po'
accigliato (è molto bello quando si acciglia,
però) che al massimo può concederne due, ma
soltanto se qualcuna accetta di ballare anche con Prescott. Dice che
lui odia ballare alle feste e fa già moltissima
fatica così ... ma dico un po'? E' un vero mascalzone, certe
volte. Io quasi quasi lo escludo dalla storia! Voi che ne dite? Lo
perdoniamo o ci inventiamo qualcosa si carino per fargliela pagare?
E, a proposito di Thompson:
alla pagina Facebook di 'Ad
Armi Pari'
(la trovate qui:
http://www.facebook.com/pages/Ad-Armi-Pari/135061089857482?v=wall&ref=ts
)
ho pensato di bandire un piccolo conocorso dal titolo ...
SCegLi il *TuO* SigNOR
ThOMPson!
Come
partecipare? Semplice: Nella rubrica Foto dei Fan potete
caricare a piacimento l'immagine ( o le immagini) che secondo voi
meglio rappresentano il Signor Thompson (e ovviamente, anche il tenente
Prescott), come ve lo immaginate voi. Potete mettere anche
commenti/didascalie/suggerimenti e quant'altro! Alla fine della storia
saranno scelte le migliori immagini e ... le vincitrici avranno in dono
un giro supplementare al Gran ballo, descritto su EFP in una
one-shot conclusiva. Affrettatevi! ^________________^ I posti *NON*
sono limitati! :)))
Un bacio, V.
|
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Capitolo 26 *** Capitolo Venticinquesimo ***
-
Capitolo Venticinquesimo -
Eileen
piangeva da ore.
Più o meno da quando Norma, entrando, le aveva detto che
doveva darle una brutta
notizia. Aveva la fronte arrossata e tormentava con la mano un pizzo
del
grembiule: Eileen aveva capito che si trattava di Thompson prima ancora
che
cominciasse a parlare.
Poi Norma, dopo averle
detto tutto con gli occhi al tappeto, le aveva detto 'io
sono di là, nel caso avessi bisogno' e se ne era
andata con
insolita, trepida discrezione.
Da quel momento le porte
dell'Inferno si erano spalancate per Eileen. Si era mossa nel letto,
aveva
scostato le coperte, si era slacciata sulla gola la camicia
perché le sembrava
di non riuscire più a respirare.
Aveva pensato ad ogni
singolo dialogo avuto con Thompson. Erano stati pochi, troppo pochi, si
sarebbe
anche potuto dire. Eppure adesso vedeva delle cose che prima non aveva
mai
visto. Capiva che Thompson, solo lui, era l'uomo che aveva desiderato
fin dal
principio. E Prescott, il bel tenente simpatico, spiritoso, divertente,
arguto,
era stato solo una distrazione? Le chiese qualcosa dentro di
sé. Si disse di no, che a suo
modo aveva amato anche lui, ma di un amore completamente diverso.
Di Prescott si era
innamorata la parte di sé che amava il gioco, la bellezza,
la vita e, soprattutto,
detestava la solitudine. La Eileen che adorava le spezie, e tuffare il
naso in
spazzole e profumi, quella della carta velina che scricchiola quando
apri una
scatola e ci trovi dentro un bel vestito elegante. La parte di
sé, insomma, che
forse assomigliava a suo padre, magari con qualche difetto in meno,
certe volte.
Quella
che era innamorata
di Thompson, e - adesso lo capiva - lo era stata dal primo momento, era
invece quella
che volentieri avrebbe vagato nell'immensa brughiera a caccia di una
fata o
perché solo il vento le aveva sussurrato qualcosa in
segreto. Quella che si
incantava a leggere in un salice il lieve fruscio di racconti ormai
smarriti,
quella che amava la notte, e le stelle, e il fuoco che le accende di
splendore.
Si disse, e anche questo
lo scopriva pur avendolo sempre saputo, che Thompson le era necessario
come il
vento è necessario al lago del quale increspa la superficie
liscia. Senza il
vento, il lago non riflette che cielo e nubi.
E lei avrebbe voluto
specchiarsi negli occhi di Thompson che avevano il colore delle foglie,
litigare con lui, chiuderlo a chiave di nuovo in biblioteca, ma
stavolta perché
non fuggisse più. Avrebbe voluto dirgli che la notte pensava
solo a lui, che
tutti i sogni di cui non ricordava neanche un tremito, quei sogni,
tutti,
parlavano di lui. Erano scritti nel cuore di entrambi, e aspettavano
solo di
esistere.
Fissò la stanza intorno a lei:
tutto l'amore che Norma le aveva dato in quei giorni era lì,
come fosse una cortina
palpabile come la polvere, il camino, le cose che aveva cominciato a
amare.
E pensò come sarebbe stato
andarsene, fuggire via, sapere che Thompson stava rendendo un miracolo
la vita
di qualcun'altra. Che un'altra abitava quelle
stanze che erano ormai la sua casa.
Scese dal letto, fece tre passi avanti e
indietro, inciampò nella poltrona e rise, del riso lugubre e
senza
significato che hanno a volte le eroine pazze. Sentiva il dolore che
dalla
testa le si andava irradiando nel cuore. Sapeva che la sua mano gelida
presto
avrebbe catturato tutto il resto. E non sarebbe rimasto più
niente.
Sospirò, pianse, mollò un calcio alla poltrona.
La poltrona non si mosse di un millimetro, lei invece si fece un male
cane. Il
camino continuava a crepitare indifferente.
Fu in quell'istante che
bussarono alla porta. Eileen si precipitò a letto: se fosse
stata Norma, essere sorpresa a piangere
coi piedi nudi sul pavimento di pietra non le avrebbe giovato affatto.
Ma non era Norma, era
qualcuno che non si sarebbe mai aspettata.
- Posso entrare? - chiese
Foster, inclinando appena il busto in un cenno elegante.
Eileen gli disse sì, certo. Cosa diavolo era
venuto a fare Foster, in quel momento, e a quell'ora, per giunta? Ma
per non
essere scortese cercò di asciugarsi le
lacrime e ripianò
una piega al copriletto disfatto, spinse più sotto il
cuscino che poteva il fazzoletto stropicciato e umido, e poi sorrise.
Foster
non disse una parola, raggiunse la poltrona accanto al fuoco.
- Posso? - e si sedette
prima che Eileen potesse dire qualsiasi cosa.
Rimase lì qualche istante, senza
parlare ed evitando di guardarla. Poi le dette uno sguardo di sbieco,
prese un
respiro, si schiarì la voce e attaccò con tono
monocorde.
- C'era una volta un uomo
molto stupido - disse fissando il fuoco - o meglio, era un ragazzo
molto
stupido. Quel ragazzo era anche molto bello, e vanitoso. Così
vanitoso che la cosa finì per dargli alla testa.
Lavorava come servo in una casa, ma si sentiva un gran signore, ed era
vero: a
confronto degli altri domestici, lui aveva qualcosa di più.
Era un signore. Nel vero, antico,
senso della
parola. Amava tutto della vita dei padroni, e si studiava di imitarla
in tutto.
Diceva quello che dicevano loro, parlava solo di argomenti alla moda,
sapeva
come inchinarsi alla maniera di un lord e come fare il nodo a una
cravatta senza
sembrare un bifolco arricchito. Sapeva un sacco di cose, questo
stupido, bravo
ragazzo di campagna. Un po' troppe, e alla fine gli dettero alla testa.
Nella
casa dove viveva, viveva anche una bella ragazza. Simpatica, attraente,
rispettosa, lavoratrice, servizievole, allegra: era un fiore e tutti
l'adoravano. Tutti tranne il nostro stupido ragazzo, che aveva occhi
soltanto
per le donne altolocate. E la ragazza ne soffriva molto, visto che
forse - e
dico forse - a lei, il ragazzo piaceva parecchio.
Ma i giovani spesso sono ciechi, e il ragazzo
stupido e bello non si accorse che il destino gli aveva messo davanti
una
grande fortuna. Semplicemente la ignorò, e continuò
ad occuparsi di gemelli alla moda e colletti inamidati. La
ragazza ci rimase molto male.
A questo punto Foster,
sempre senza staccare gli occhi dal fuoco, fece una specie di sorriso
triste e
tirò fuori di
tasca una moneta. La fece roteare sul palmo perfettamente dritto della
mano,
poi la strinse tra le dita e le richiuse. Poi riprese.
- Nella casa c'era anche
un altro ragazzo. Meno bello, e anche meno altezzoso. Vide che la
ragazza
intristiva e diventava ogni giorno meno allegra. Perché
piangeva tutte le sue
lacrime dietro a un amore che non dava alcun frutto. Si fece avanti, e
le offrì semplicemente una spalla
su cui piangere, una vera, autentica amicizia. La ragazza lo trattò
come si trattano i cani affamati
davanti ai pub di sera. Lo scacciò.
Il giorno dopo quel goffo
ragazzo tornò da lei
con un mazzo di violette. Stette davanti alla porta della cucina
più di due
ore, finché la vecchia cuoca disse: 'Ragazza mia, se non esci, prendi
quelle
rose e fai contento quel povero diavolo, giuro che non ti faccio
più lavorare.
Non sopporto la gente insensibile'. Così la
ragazza uscì e accettò sbuffando le rose. Il
ragazzo, che il giorno prima si
era accordato con la cuoca, tornò poi con una grossa scatola
di cioccolatini
anche per lei. Era stata un'alleata preziosa.
Il
terzo giorno, a rischio
del posto, lo sventato ragazzo rubò il calesse del padrone e
portò Norma … volevo dire, la
ragazza, a passeggio. La fece ridere, le comprò del pan
pepato, fecero insieme due
volte avanti e indietro, a braccetto, la strada che costeggia il fiume
Gladstone e porta dal paese alle cascate. Risero molto, di cuore, e si
narrarono le sciocche storie della loro vita, che fino ad allora non
contava,
forse, neanche diciotto primavere. Rimasero così,
fino a sera, sdraiati sulla sponda del fiume sotto i salici che con le
fronte
accarezzavano le anse del fiume. Restarono così, e io oso
immaginare che fossero
felici. Quando alla sera tornarono, tardissimo, avevano tutti le guance
accese,
e anche il goffo ragazzo, in quella luce, sembrava meno goffo, e
più elegante.
Da
quel giorno furono
inseparabili. Quando il giovane bello si accorse che la ragazza usciva
insieme
all'altro, ne fu lieto sulle prime, perché si era levato dai
piedi un
bell'intralcio. E continuò a fare i nodi alle cravatte. Poi
le cose cambiarono: vide
il ragazzo meno bello che iniziava a sorridere come mai prima, e
fischiettava
mungendo una vacca o canticchiava all'orecchio dei cavalli
zuccherosissime
canzoni d'amore. Capì che quello era felice, mentre lui era
soltanto molto ben
educato. E quando poi arrivò il giorno in cui la ragazza
dovette scegliere tra i due
l'amore della sua vita, lo sapete chi scelse?
Eileen non fiatò, lasciò che fosse Foster a
sospirare, come fosse solo.
- Fece una domanda al suo
cuore, e si chiese chi doveva amare. Da una parte c'era un ragazzo
bello,
intelligente, superbo, elegante. Dall'altra c'era
un cuore onesto che si era accontentato delle briciole, pur
di aspettarla. Uno aveva
buttato la torta che gli veniva offerta con tutti gli onori. L'altro
l'aveva
raccolta da terra e se l'era portata via. Alla fine scelse quello che
l'aveva amata fin dal principio. Chi non
si era arreso, chi aveva dato tutto il sangue che aveva pur di vederla
felice
un istante. Non scelse il fiore più bello, scelse quello che
profumava di più.
E vi assicuro che fu una scelta felice.
Foster fece una pausa,
guardò il fuoco, poi aprì la mano, vide cos'era
uscito sulla
faccia liscia della moneta, fece una smorfia e la ricacciò
in tasca.
-
Fu una scelta felice -
ripeté - Ma non per tutti, ahimè, non per tutti.
Perché chi lascia agli altri
la fortuna, raramente poi si sente felice.
Così
detto, si alzò in piedi e senza un fiato
si avvicinò al letto
di Eileen. Si cavò di tasca un foglietto di carta e glie lo
porse.
- Tenente questo - disse -
e meditate. Vi auguro che possiate fare la scelta giusta. Quando sarete
pronta
sappiate che siete attesa da tutti noi in cucina. Buona serata.
Eileen non seppe spicciare
parola. Era confusa e tutto quello che fece fu allungare le dita. Lo
fece come
in sogno, come fanno gli automi.
Mentre raccoglieva il
biglietto e cominciava a dispiegarne le pieghe ormai ingiallite, Foster
si voltò indietro sulla porta.
- Credete a
me - disse
guardandola negli occhi con uno sguardo che Eileen non avrebbe
più dimenticato
- la vita è davvero troppo lunga per consumarla tutta nel
rimpianto.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Carissime, spero
siate rimaste piacevolmente sorprese dal racconto di Foster su come si
sono svolti certi eventi lontani nel tempo, ma molto, mooolto
significativi, come avete potuto leggere ... Stavolta il
capitolo è piccolo, ma solo perché è,
come dire, di transizione ...
domani avrete da leggere - spero (sempre che riesca a scrivelo tutto,
con questo caldo :) )- un capitolo ben più corposo. Nel
frattempo, ricordandovi che potete postare tutte le foto del *vostro personale
Signor Thompson* sull'apposita pagina facebook, vi mando un bacio e vi
ringrazio come sempre per la costanza con cui mi seguite! Un
abbraccione, e buon inizio di martedì,
Vostra
Vale :)
@Just
My Imagination: Basta, XD non puoi indovinarmi sempre tutto, aaaargh!!!
:))))) Sei bravissima, davvero, penso proprio che dovrei prenderti come
gosth writer. Quando non mi ricordo qualcosa della trama ... chiamo te,
che le pensi tutte *identiche* alla sottoscritta. Mica per caso
Thompson ti dice prima come vanno a finire i capitoli? No,
perché se è così lo pesto
...
p.s.
Per la faccenda degli anticorpi, devi sapere che alle eroine romantiche
di solito fanno un trattamento per eliminarli a piccole.Altrimenti poi
come fanno ad ammalarsi di
polmonite/pleurite/scarlattina/difterite/tetano/pertosse appena
prendono due schizzi di pioggia, per poi farsi salvare dagli eroi? Mary
Anne Dashwood (slogatura e febbre maligna) docet. 'Se non si è capaci di
ammalarsi almeno due volte di due malattie diverse all'interno dello
stesso romanzo, non si è degne di farme parte come
attrazione principale', è un pilastro del
Genere!|
@Beatrix_:
Ho promesso per conto di Thompson perché ho modo di
ricattarlo, stai tranquilla ^___^ Se fa tanto di rifiutare, cambio
tutto e lo faccio sposare con un'isterica lattaia quarantenne butterata
dal vaiolo, e vedi come riga dritto subito. In quanto sua creatrice ho
questo potere, muahahaha
! Per quanto riguarda le immagini, sono
bellissime! Mi è piaciuto soprattutto il secondo Prescott,
anche se forse è più somigliante il primo a come
lo immaginavo! Un bacione V.
@Lhoss:
Ammiro le tue doti intuitive e prendo appunti ... in effetti certe
cosucce che suggerisci potrebbero anche non essere del tutto sbagliate,
ma chissà ... quel che hai postato su facebook (Alanuccio
nostro in magnifica versione tira-baci) è ovviamente sempre
troppo perfettissimo. Sembra che per questo genere di cose io e te
abbiamo una specie di cordone ombelicale. A proposito: anche per Foster
penso che potremmo avere le idee simili ... alto, elegante, grigio
chiaro i capelli, aristocratico, scostante ... ti viene in mente nulla?
Aspetto tuoi suggerimenti. Io in mente una faccia ce l'ho
già. Nel frattempo, come sempre, un abbraccio, tua V.
@
SenzaFiato: Posta, posta, posta l'immagine del tuo! Per il resto, penso
proprio che Aurora non sia nelle grazie di molti, ma chi lo sa ...
potrebbe anche rivelarsi una brava ragazza, e rendere Thompson felice!
Nel frattempo, come hai visto, il nostro Foster ha abbandonato certe
sue riserve per mettersi al servizio della Causa (o di un bene
superiore, se vuoi): nonostante tutto anche lui sembra possedere un
cuore, e qualche volta lo usa persino!! Un bacio, grazie delle
recensioni e a presto, Vale :)
@Lady_2008:
Cara Lady, la Signora Nibbles ti ringrazia di tutto cuore e promette
che prima o poi sfornerà solo per te una torta a tre piani
di meringa, panna e fragole. Berrete insieme il suo thé alla
rosa (o a qualcos'altro se preferisci, ne ha centinaia e centinaia di
barattoli nella sua fornitissima cucina) e chiacchiererete accanto al
fuoco di tutto quello che vi può venire in mente, compresi
gli ultimi pettegolezzi di casa Thompson. Un abbraccione, a rileggerci
a presto, Vale
|
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Capitolo 27 *** Capitolo Ventiseiesimo ***
-
Capitolo Ventiseiesimo -
Si dice che
in certi
paesi, per lo più a nord, esistano luoghi incantati dove
vivono le fate. E non
una, badate bene, ma decine e decine di centinaia. Formano così
delle specie di alveari,
e vivono nelle profondità del bosco provando e riprovando
ogni giorno i loro
incantesimi fatati. Alcune di loro intrecciano i crini caduti dalle
groppe dei
cavalli e ne fanno lunghe trecce con cui appendono piccole amache di
foglie di
verbena. Ci sono altre che raccolgono le bacche e ne impilano cumuli e
cumuli
in ordine preciso e simmetrico. Altre ancora si danno da fare ad
addomesticare
animaletti perché amano la natura e pensano che questa sia
una lieta
occupazione. Pensate di aver a sufficienza immaginato quel luogo sereno?
Benissimo.
Thompson House quella
mattina era esattamente l'opposto. Una tremenda, caotica baraonda.
Norma girava avanti e
indietro per i corridoi come un'ape impazzita, Elizabeth le teneva
dietro con
le braccia ingombre di vestiti, Nibbles era scomparso da ore e Noah si
era
nascosto sotto un tavolo per sfuggire all'agitazione generale. E c'era
veramente da temere che qualcosa prima o dopo esplodesse per tutte le
vibrazioni nell'aria.
Eileen, la sera prima, era
scesa in cucina, con il foglio in mano. Non c'era stato bisogno di
parlare.
Mentre Norma l'abbracciava stretta, Nibbles era scattato in piedi
felicissimo
perché sarebbero andati fino a Londra.
- Erano anni che aspettavo
un'avventura di questo genere! - aveva detto sfregandosi le mani e
accennando
un passo di danza davanti a Norma - Del resto sono ancora così
agile che le mie doti non
vanno sprecate!
Foster aveva sollevato un
sopracciglio, e era rimasto muto accanto al fuoco. Ma quando Noah,
saltellandogli eccitatissimo intorno per quell'inatteso diversivo, gli
aveva pestato
un piede, non solo non lo aveva fulminato, ma aveva addirittura
abbozzato un
sorriso.
Poi, sovrastando il
generale cicaleccio, Norma aveva preso la parola.
- Dobbiamo metterci sotto
a lavorare, se vogliamo che il piano riesca!
Nibbles e Foster assentirono
insieme, Eileen chiese stordita:
- Quale piano?
Ma la risposta,
l'inquietante risposta, fu un sorridente:
- Tu lascia fare a noi.
Da quel momento non c'era
più stata pace.
Elizabeth
aveva cucito
tutta la notte sotto la direzione di Norma, lavorando a dei vecchi
vestiti che
la signora Nibbles aveva fatto trasportare dentro un baule
giù da chissà dove. Ne
avevano fatto una cernita, che era durata almeno un paio d'ore.
A niente erano serviti di
tentativi di Eileen di capirci qualcosa. Quando aveva provato a
chiedere, Norma
l'aveva spinta fuori dalla porta della biblioteca - trasformata in
quartier generale
di chissà cosa - dicendo che doveva riguardarsi e riposarsi
per il giorno dopo.
- Se quando vengo a
portarti la tisana non ti trovo a letto, bambina, conoscerai gli
sculaccioni di
Norma.
Eileen si era mezza buona
buona ad aspettare in camera sua, ma verso l'una del mattino era
cominciata una
seconda tortura: la musica del piccolo Nadir.
Lì
per l' non ci aveva fatto
caso, perché la casa aveva le mura spesse e lei un sonno
incredibile, ma mentre
cercava di affondare la testa bene bene nel cuscino, si era cominciato
a far
sentire il suono della solita canzone. O meglio, con molto sforzo la su
poteva
riconoscere, perché era orribilmente storpiata da miagolii
di corde di violino
e passaggi incredibilmente striduli. Sembrava suonata con un coro di
grattugie
strusciate su coperchi di vecchie pentole. Una cosa da mettere i
brividi.
Eileen dovette affondare la testa sotto tre strati di coperte per non
sentirla.
Ma quello scempio trapassava i cuscini e d andava ad annidarsi fino
là, nelle
sue povere orecchie torturate. Il piccolo Nadir probabilmente si
divertiva
quella sera a tener sveglia tutta la compagnia. O forse qualcuno gli
aveva dato
inavvertitamente da bere.
Maledicendo Foster che non
saliva a togliergli quel coso di mano, alla fine si era addormentata.
Ma era stata svegliata
all'alba da un rumore sgangherato di ferraglia che passava sulla ghiaia
là
sotto. Non aveva fatto in tempo ad aprire gli occhi che il rumore si
era
allontanato verso le stalle.
Insomma, quella notte era
stata la più terribile Eileen avesse mai sopportato. Quando
si fu lavata
distrattamente il collo e annodata alla meglio la vestaglia, scese di
sotto per
andare in cucina con un mal di testa che sarebbe bastato per quattro.
Aveva gli
occhi pesti e i capelli tutti rialzati da una parte.
Ma molto prima di
raggiungere le scale del secondo piano fu a un tratto intercettata da
Norma che
usciva dalla biblioteca esattamente con lo stesso brio con cui era
entrata la
sera prima.
- Eccoti qua! - esclamò
giuliva, e l'afferrò
per un braccio,
trascinandola il più lontano possibile dall'imponente porta
semichiusa.
- Dove andiamo? - chiese
Eileen. Norma roteò
gli occhi di delizia e sorrise con un'aria piena di finto,
eccitatissimo mistero.
Poi la portò
a fare colazione, le mise
davanti due fette di pudding, una scodella di uova fritte e pancetta,
un
piattino di pane e marmellata e una gigantesca tazza di
caffè e insistette
perché mangiasse tutto.
- Tra poco vedrai che
capirai a che ti serve tutta questa energia.
Eileen mandò
giù tutto senza fiatare.
Il giorno prima, causa pene di cuore, non aveva mangiato quasi nulla, e
ora
aveva una fame da lupi.
Quando ebbe spazzolato bene
tutto e si fu pulita con il tovagliolo, solo allora Norma annunciò
con aria indicibilmente
soddisfatta:
- Adesso puoi venire a
vedere.
La portò
di nuovo al piano di
sopra. Oltrepassarono Noah che armeggiava con una grossa valigia in un
angolo e
cercava di imbacuccare Creamy dentro uno spesso strato di cotone (- 'Sennò
ti ammacchi, nel viaggio, piccolino!'),
sfilarono lungo la teoria di porte e arrivarono in fine
in biblioteca. Da dietro la porta proveniva una specie di rumore
metallico
intervallato da fischi sinistri. Eileen provò
una vaga inquietudine.
Norma bussò
tre volte con un
intervallo in mezzo, come una specie di segnale convenuto.
Immediatamente il
rumore cessò,
e dopo
un attimo Elizabeth comparve sulla soglia, in sottoveste, col bavero
slacciato,
la cuffia tutta di traverso e una lunghissima sequenza di spilloni tra
le
labbra. Sorrise a bocca stretta per non far cadere gli spilloni e fece
un gesto
che indicava 'dopo di voi'.
Norma entrò
e con un gridolino disse:
- Ci siamo, ci siamo, ci
siamo! Lizzy mia cara hai superato tre stessa!
Eileen girò
la testa un po' smarrita.
Quella che ricordava come una tranquilla saletta da lettura sembrava
aver visto
nella notte il passaggio di più eserciti consecutivi. A
parte i vecchi scaffali
che erano stati alla meglio protetti da lenzuoli, tutto il centro era
stato
sgombrato per far posto a qualcosa che a prima vista sembrava un
ammasso di
ferro. Non c'era più il tavolino né la poltrona,
il tappeto arrotolato di
sbilenco per far posto a dei pedali lunghissimi che uscivano dalla
pancia della
cosa, le finestre tutte oscurate da decine e decine di metri di stoffe
antiche,
mezze chiazzate e stinte. Su ogni stoffa era stato applicato un
cartellino con
scritto 'sì'
o 'no', e i cartellini erano a
decine. In fondo alla stanza un grosso
manichino era coperto da un lenzuolo bianco. Un altro lenzuolo copriva
un
lungo, piatto rettangolo a lato. Sembrava trattarsi di un quadro o di
uno
specchio.
Norma sorrise tutta fiera
in direzione dei due oggetti coperti dal lenzuolo.
- Adesso lo proviamo, e
vediamo se il lavoro può
andare - disse rivolta a Elizabeth. Quella fece una specie
di risolino piuttosto isterico, e si vide dagli occhi molto gonfi che
non aveva
dormito un secondo.
Eileen, invitata da Norma
con un gesto cerimonioso, si dispose davanti ai due aggeggi.
- Et voilà - annunciò
Norma scoprendo quello
che sembrava un manichino. Da sotto il lenzuolo venne fuori qualcosa di
totalmente inaspettato.
- Ma .. cos'è? - fece
Eileen.
- Non lo vedi? E' un
vestito, mia cara, un vestito piuttosto importante, direi!
Eileen fissò
imbambolata quei vari metri di stoffa e si chiese come
mano umana avesse potuto cucirlo.
- L'ho fatto io - sorrise
Elizabeth - tutto per te, stanotte …
Eileen assentì
distrattamente, senza neanche capire che diceva. La realtà
era che quel vestito era la cosa più bella che mai le fosse
capitata sotto gli
occhi (a parte il Signor Thompson, ovviamente, ma quello non era una
cosa): tra
due ali di stoffa vaporosa di un tenuissimo color albicocca si apriva
una gonna
enorme fatta di lucido satin color crema. Il bustino, squisitamente
attillato,
era avvitato e ricamato tutto intorno con un lievissimo e complicato
motivo di
foglie d'edera, una trina di pizzo leggerissimo partiva dal seno e
andava a
coprire il petto fino alla gola, terminando in una fila lunghissima di
stretti
bottoncini di stoffa. Eileen fissò
il
miracolo che aveva davanti, e chiese per chi fosse, per quale regina.
- Ma che Regina e Regina!
- rise Norma - E' per te, è il tuo vestito di scena!
E senza darle il tempo di
replicare buttò
giù anche il secondo lenzuolo. Se ne
fosse uscito un fantasma sarebbe stato meno impressionante.
Era un quadro, lo stesso
quadro che Eileen aveva visto il giorno del suo arrivo, poggiato in
disparte
nell'atrio tra la confusione delle casse. E nel quadro, proprio come
quel
giorno, era rappresentata una ragazza che somigliava - ora lo capiva -
incredibilmente al Signor Thompson. Gli stessi occhi verdi la stessa
bocca, le
stesse sopracciglia scure e belle. Ma la cosa davvero impressionante
non era la
somiglianza dei tratti: era il vestito, lo stesso vestito che aveva a
fianco,
riprodotto da Elizabeth, in stoffa e cuciture, completo.
Eileen rimase a bocca
aperta.
- Ma come hai fatto? -
chiese.
Elizabeth diventò
rossa fino alla punta dei capelli, e Norma le dette un
bell'abbraccio.
- Brava, bambina mia, sei
stata grande! Con questo indosso conquisteremo il mondo!
Eileen le guardò
senza capire.
- Che significa il mio
vestito di scena? E questa donna, nel quadro chi è?
Ma Norma era già immersa
con Elizabeth in fitti commentari sull'abito: dovevano provarlo indosso
a
Eileen, stringerlo forse un po' alla vita, allentare appena appena le
spalline
… Eileen non fece in tempo a dire altro. Venne presa,
spogliata, rivestita e
questo senza mai che le fosse dato neanche il tempo di fiatare.
Quando fu pronta, e tutta
in ghingheri, Norma per poco non svenne dalla gioia. Anche Elizabeth si
unì
alla festa dicendo che non aveva mai visto niente di
simile.
- Ma mi volete spiegare
che significa?
Nessuno volle, perché:
- Tutto a suo tempo - come
sorrise maliziosa Norma. Dopo di che si affrettò
a
ricoprire la fatica della notte di Elizabeth e la spinse con
sé fuori dalla
porta.
Col
signor Nibbles non fu
molto diverso. Anche lui si era dato da fare. Eileen lo vide, con
terrore,
quando Elizabeth e Norma la spinsero fuori dalla porta dell'ingresso,
per
partire. Erano incredibilmente eccitate dall'idea che quella sera
Eileen
avrebbe avuto la fortuna di scendere in una vera locanda di Londra, e
di
dormire nella grande città.
- Oh, che bellezza -sospirò Linny in estasi, e Norma le fece
eco convinta. Poi, visto
che Nibbles non si vedeva e anche Foster mancava all'appello (era stato
deciso
che fossero loro due insieme a Noah a scortarla fin nelle fauci della
grande
città per mascherare in tempo il tenente prima del
matrimonio), la signora
Nibbles si mise a ricordare di quante volte era stata, al seguito del
vecchio
Eleazar e di sua moglie, i visita in case distintissime.
- Devi sapere bambina mia
che portavano sempre me in giro con loro. La signora aveva una
cameriera, una
francese che teoricamente avrebbe avuto più diritto di me ad
accompagnarla nei
suoi giri di visite. Ma capirai, bambina, la ragazza era piuttosto
bruttina e
sgraziata. Confondeva i manicotti con le sciarpe, non sapeva
né parlare ne
stare zitta, aveva sempre qualche brutto malanno … e
insomma, la signora
decideva sempre all'ultimo di portare me. E io non l'ho mai fatta
sfigurare.
Così andavamo per salotti eleganti: io stavo indietro,
rispettosamente, e aspettavo che …
Ma non fece in tempo a finire.
Un assordante rumore di ferraglia cominciò a
rombare subito accanto alla stalla e di lì a un
attimo qualcosa di incredibile si mosse.
- Aspettavi che suo marito,
quella canaglia, buon'anima, ti facesse scivolare in mano qualche bel
bigliettino … - gridò Nibbles avvicinandosi
alla porta alla guida di un enorme carrozza che sembrava scolpita nella
pietra.
Era enorme, e vistosissima, di un nero lucido che sembrava finto.
Attaccati
c'erano due cavalli, uno bianco, pezzato, spelacchiato. L'altro
più giovane, ma
con un occhio solo.
Nibbles scese agilmente,
nonostante la mole, dalla cassetta di guida su cui si era arrampicato e
con un
gesto galante andò ad aprire lo sportello di
dietro.
- Tutta per voi, mademoiselle -
disse portandosi la mano
alla fronte, e imitando la voce cerimoniosa e vagamente nasale del suo
ex
acerrimo nemico Foster : - per portavi in capo al mondo e
anche di più.
Dico ex nemico perché da
quando Eileen era discesa la sera prima in cucina a dire che voleva
farla
pagare a quel tremendo farabutto di Prescott, sembrava che tra Foster e
Nibbles
si fosse instaurata una fragile, ma comunque miracolosa tregua.
Eileen sorrise,
vagamente disagio.
Davvero stavano per
andare a Londra - lei, Nibbles, Foster, Noah e una banda di insetti -
rinchiusi
in quell'arnese?
Nibbles intercettò lo sguardo incerto di
Eileen.
- E' del canonico - si
scusò - serve principalmente per il funerali. Ma il padrone
si è
portato via la sua, ma … dopo aver tolto gli angioletti
dorati e aver dato una
bella ripulita, l'effetto è piuttosto signorile. Non vorrai
mica che ti porti a
Londra sopra il carro per il fieno, giusto o no?
Eileen sorrise, e non
seppe che dire. D'altra parte Thompson si era portato via l'unica
carrozza
della casa. Non potevano mica andarci a piedi, fino a Londra
… non comunque con
quella fretta addosso. Senza volerlo una punta di paura le attanagliò
le viscere al pensiero che molto presto Thompson aveva
intenzione di portare all'altare Aurora …
- Foster! Dove vi eravate
cacciato santo cielo! - Norma strillava in direzione del maggiordomo,
che stava
appunto uscendo dalla porta con entrambe le mane ingombre di roba. In
una
portava una valigia di bella pelle elegante e rifinita, anche se un po'
vecchia
e dall'aria di esser stata troppi anni chiusa in un armadio, nell'altra
un
involto molto grosso che aveva una curiosa forma oblunga.
- Dove vie eravate
cacciato? Avanti, avanti, che è tardissimo, avanti!
Foster sorrise - aveva
l'aria soddisfatta - e mentre sistemavano il bagaglio fece un sorriso
enigmatico a Eileen. Le ormai si lasciava trascinare, aveva rinunciato
a
capire.
Quando furono tutti
pronti, il signor Nibbles salì a cassetta, e Noah subito
accanto con la sua scatola. Era eccitato dall'idea del viaggio, ma
soprattutto
da qualcosa che Norma gli aveva sussurrato all'orecchio qualche ora
prima.
Erano la punta di diamante del piano, lui e Creamy e tutti gli altri
animaletti, e lui non si era mai sentito più importante di
quel momento. Sorrise
soddisfattissimo, e chiese a Nibbles di reggere le redini.
Norma spinse Eileen dentro
la carrozza e subito dietro salì Foster.
- Mi raccomando, vecchio
gufo - disse Norma - ditele tutto quel che le dovete dire, e fate in
modo che
non sbagli una virgola!
Foster fece di nuovo il
suo strano sorriso, e si portò una mano sul petto.
- Tutto quello che volete,
madame. Lo sapete che per voi farei di tutto.
Dopo di che, con uno
schiocco di frusta che forse era un po' più forte del
dovuto, Nibbles fece
partire i cavalli. La carrozza, con un enorme baule fissato in cima e
decine di
oggetti che penzolavano ai lati, si mosse in direzione di Londra.
Norma ed Elizabeth
agitarono i fazzoletti finché non sparì
caracollando oltre in cancello.
Poi Norma sospirò:
- Speriamo che facciano in
tempo. Se c'è un Dio, quel farabutto
di Prescott dovrà scontare tutte le sue colpe.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Carissime,
perdonate la fretta con cui posto oggi
(e forse anche qualche piccolo errore di battitura - ma quelli li
faccio anche quando non vado di fretta ^___^), ma causa invasione di
parenti probabilmente non potrò dedicarmi come vorrei alla
stesura della storia per un paio di giorni. Lo so, lo so che
è crudele lasciarvi proprio a questo punto, mentre i nostri
sgangherati eroi sono partiti alla volta di Londra su una carrozza
trafugata al parroco, e con in mente un piano segretissimo
per strappare Thompson dalle grinfie di chi vuole ingannarlo
... se avrete la pazienza di aspettare un paio di giorni, penso proprio
che avrete delle sorprese!
Nel
frattempo vi bacio, come sempre, e spero di trovare le vostre solite,
preziose recensioni: non esitate a farmi notare se c'è
qualcosa che pensate si possa migliorare, il vostro aiuto è
sempre fondamentale! E nel frattempo, ricordatevi di postare il Vostro
Thompson, sono troppo curiosa di sapere comne ve lo immaginate!
Un abbraccio, a presto presto, vostra
Vale
|
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Capitolo 28 *** Capitolo Ventisettesimo ***
- Capitolo
Ventisettesimo -
-
Che significa che non
avete stanze?
Nibbles, al bancone della
locanda, gridava talmente forte che Eileen e Foster lo sentivano da
dentro la
carrozza.
- Significa che non le
abbiamo e basta - sbadigliò
il garzone del banco. Mingherlino, con molta acne, continuava
a lisciarsi con una mano le lunghe ciocche unte che gli uscivano da
sotto un
pretenzioso berretto da portinaio. Una cosa raffinata, in fin dei conti
erano
al White Lion, mica una locanda
qualsiasi.
- Vi sembra il modo di
rispondermi, giovane?
Il ragazzo brufoloso occhieggiò
la marsina di Nibbles, e il cilindro che era passato di
moda più o meno quando sua nonna era una giovinetta. Per non
parlare
dell'assurda carrozza che aveva appena abbandonato lì
davanti, con tutto che
era ora di punta e c'era un sacco di traffico: una specie di attrezzo
nero e oblungo
che sarebbe andato benissimo per una fiera di paese, o per un morto.
Assomigliava vagamente a un carro funebre, pensò
il garzone mentre osservava l'unto
che gli era rimasto sulle dita.
- Non ce l'abbiamo -
ripeté, annoiato - E se anche ce l'avessimo non penso che
voi potreste
permettervela.
- Che?
- E' esattamente quello
che ho detto - sorrise quello con un sorriso acido - siamo la miglior
locanda
del quartiere, non credo che possiate permettervi una stanza al White Lion.
Qui ospitiamo solo borghesi ricchi, gente di una certa
levatura.
- Borghesi ricchi? -
esclamò
Foster entrando. Aveva una strana andatura da giraffa,
quella delle occasioni solenni - Borghesi ricchi, avete detto? Che Dio
ce n
scampi! Non conosco gente più volgare. La miglior cosa che
possiamo fare è
andarcene subito di qui. Andiamo Nibbles? La carrozza è la
fuori che aspetta. E
di certo non si guida da sola. Su, hop, hop!
I suoi denti perfetti
scintillarono, e le sue mani impeccabili descrissero un minuscolo giro
nell'aria.
Nibbles lo squadrò
interdetto.
-Che vieni a metterci il
naso in mezzo, Foster?
Il maggiordomo gli assestò
un lievissimo, ma
doloroso pestone ad un piede.
- Lord Foster. Quante
volte te lo dovrò
ripetere? Di questi tempi
- sorrise al garzone - è impossibile trovare della
servitù anche solo decente. Qualche
problema, ragazzo mio, a proposito?
Il ragazzo deglutì.
- Io? No, signore …
- E allora ditemi perché
ci vuole tanto per ottenere una camera. Mi sembra che questa fosse una
locanda,
una cosa di un certo tenore. O almeno lo era una volta.
- Ecco, io …
- Sono già dieci minuti che
aspettiamo. Avete qualche giustificazione per avermi costretto a
scendere
personalmente di carrozza, per venirmi a sincerare della cosa? A me,
Lord Francis
Fordham Foster di Fosterville House?
Il ragazzino era troppo
intimidito dalle sdegnose narici di Foster riuscire a replicare
alcunché.
Balbettò
una mezza scusa indistinta.
- Benissimo - concluse
Foster - Avanti, Nibbles, andiamocene. Stasera tutta la Londra che
conta saprà
che al White Lion di South
Kensington
si fa penare la nobiltà di sangue per una camera.
- Aspettate - fece il
ragazzo - Io non sapevo che …
- Non sapevate chi avevate
di fronte? - chiese Foster tirando su il mento e producendosi in una
perfetta
imitazione della Nobiltà Offesa - Sappiate, ragazzo mio, che
nella vita molte
cose non si sanno. Ma sarebbe meglio per voi, soprattutto con il lavoro
che
fate, che imparaste a riconoscere la paglia dai diamanti, quando
l'incontrate.
Certo è vero che il mio maggiordomo, Nibbles è
talmente sventato che … ma basta
parlare. Arrivederci.
Il ragazzino li fissò
per un istante. Dopo di
che si precipitò
fuori dal banco per prendere a Foster il soprabito.
- Perdonatemi, eccellenza
… Milord, lord …
- Lord Foster - sorrise
quello senza voltarsi indietro - Lord Foster di Fosterville House.
Quello che
avete fatto aspettare ben dieci minuti sulla strada per assegnargli una
stanza,
e che prima di sera - statene certo - troverà il modo di
farvi licenziare.
- Oh, perdonatemi, Lord
Foster, io … non avevo capito, ma … prego,
accomodatevi, mando subito qualcuno
a scaricare la vostra carrozza. E per la camera … non
c'è alcun problema. C'è
quella del padrone, al piano di sopra. Lui può
benissimo dormire con …
- Tre camere, ragazzo mio.
Mi servono almeno tre camere: viaggio con mia nipote quindi una per me,
una per
lei e una … per i miei servi, il ragazzo con quel cesto e il
signor Nibbles. Un
brav'uomo, splendido maggiordomo. Forse un tantino pigro. Non
pretenderete mica
che io dorma con i servi, no? Ecco, appunto. Vedo che capite. Nibbles?
Segui il
signore e scarica i bagagli. Vi aspetterò
qui, mandatemi mia nipote. Dobbiamo essere dal Duca di
Derby tra meno di mezz'ora e spero bene che questo giovanotto non ci
faccia sprecare
altro tempo prezioso…
Ma il giovanotto scattò
come un fulmine per
andare a scaricare i bagagli. Nibbles fissò
Foster con uno sguardo che esprimeva in ugual misura astio
(gli aveva fatto fare il maggiordomo!) e sollievo per l'impiccio
risolto. Prima di
sparire oltre la porta fece un tempo
a indirizzargli un gesto non proprio amichevole. Ma Foster
già non guardava da
quella parte. Aveva accavallato le gambe nella comoda poltrona di
velluto, e se
ne stava tutto beato per la recente promozione sociale.
Più
tardi, quel
pomeriggio, Eileen passeggiava avanti e indietro per la sua, stanza al
primo
piano della locanda. Teneva per un po' le mani dietro la schiena, poi
le
intrecciava sul davanti, spostava qualcosa su una mensola e tornava a
sedersi sul
letto. Scattava in piedi dopo cinque minuti e poi si rimetteva a
sedere. Erano
già quattro volte che faceva questa intera sequenza di
gesti, solo con qualche
piccola variazione quando per caso passava davanti allo specchio.
Allora fissava poco
convinta le lunghe trecce bionde che aveva e si diceva che il piano non
avrebbe
mai funzionato: Catherine era rossa come il fuoco, e di una spanna
più alta di
lei.
Durante il viaggio,
inscatolati dentro l'abitacolo e cullati dagli sbalzi tremendi della
vettura a
tutta velocità per le strade dissestate della regione,
Foster l'aveva istruita
a dovere sull'impresa che dovevano compiere: più il momento
si avvicinava, più
le sembrava una missione disperata. Una cosa da un crederci, assurda.
Eppure era lì,
in quella stanza, con il baule dove stava rinchiuso,
piegato con ogni cura, l'enorme e splendido vestito cucito
dalle mani di Elizabeth: soltanto poche
ore e poi avrebbe dovuto indossarlo veramente. Era una cosa che le dava
i
brividi, che la metteva veramente a disagio. Ma se era necessaria per
smascherare quel farabutto di Prescott e salvare Thompson dall'amicizia
di
quella serpe in seno, beh, allora … Eileen scosse la testa,
e sorrise di una
specie di smorfia ironica allo specchio. Altro che amicizia. Lei non
faceva
tutto questo soltanto per amicizia. Per salvare il Signor Thompson
dall'imparentarsi
con chi gli aveva rubato la sorella. No, no, no. Lei lo faceva per
amava
Thompson, anche se non sapeva dire perché. Forse
semplicemente perché l'idea
che lui abbracciasse un'altra donna, che potesse essere buono con
un'altra la …
la faceva star male, ecco. La faceva stare male nel profondo.
Pensò
alle volte in cui erano stati insieme. Non ne ricordava
neanche una in cui non fosse finita malissimo. Perché allora
lo amava, ma,
ancora peggio: c'era speranza che lui amasse lei?
Di miracoli ne erano già
successi, per esempio Foster era riuscito ad ottenere dall'oste ben tre
camere
in quel lussuoso albergo da ricchi, e lei occupava ora un lindo e
spaziosissimo
quartiere al primo piano. Doveva essere stata fino a qualche istante
prima la
camera della moglie dell'oste, perché si vedevano dovunque
le tracce di una
cura amorevole per niente consona all'aspetto informale che hanno gli
alberghi,
anche i migliori. Un bel vaso di fiori di campo freschi era posato sul
largo
davanzale della finestra, e ai vetri tendine di mussola lasciavano
passare
l'aria leggera di quel pomeriggio di fine maggio. Londra era come se la
ricordava: caotica, luccicante, stupenda.
Arrivando dalla periferia
avevano subito notato una certa animazione fremente che non c'era in
altro paesi.
Botteghe, macellerie, fioraie che decantavano agli angoli di strada la
loro
merce. E poi, avvicinandosi al cuore pulsante della capitale, miriadi
di strade
sempre più fitte, una folla di passanti e venditori. E poi i
grandi negozi di
Bond e Oxford Street: gioiellerie, drogherie ampie come navi, negozi di
giocattoli alti tre piani. Era rimasta tutto quel tempo incantata fuori
dal
finestrino. Alla fine Foster aveva dovuto scrollala delicatamente per
il
braccio, perché erano quasi arrivati.
Nell'ultimo tratto avevano
attraversato il Tamigi salendo direttamente con carrozza e tutto su un largo battello piatto
che li aveva
scaricati sulla riva opposta. Avrebbero potuto attraversare uno
qualunque delle
decine di ponti che collegavano le due parti della città, ma
Noah era troppo
affascinato da quel mezzo di trasporto mercantile, e Nibbles glie
l'aveva data
vinta. Alla fine la riuscita del piano, detto a mezza bocca a Foster,
dipendeva
dalle sue creature.
Arrivati al quartiere di South
Kensington, si erano fermati a quella locanda. Dopo di che Nibbles,
assicuratosi che fossero tutti ben sistemati, bauli compresi, era
scomparso in
un vicolo dicendo che aveva una mezza idea di dove rintracciare il
Signor
Thompson.
- Prima di sera avremo il
nostro uomo - aveva detto con aria misteriosa e un mezzo sorriso.
Dopo di che era scomparso
nel nulla.
Era
ormai quasi
l'imbrunire quando Eileen, facendo per la millesima volta il tragitto
dalla
porta alla finestra della linda camera dell'ostessa, guardò
in basso e sul marciapiede vide Nibbles che si affrettava
a tornare.
- E il Signor Thompson? -
chiese quando fu entrato nella stanza, tutto giulivo.
- Sta venendo qui - annunciò
lui togliendosi il cappello e controllando nello specchio
che sotto tutti i capelli fossero al loro posto. Ci teneva molto ai
suoi
capelli, detestava che prendessero pieghe.
- Come sarebbe sta venendo
qui? - quasi gridò
Eileen, colta del tutto
alla sprovvista.
- Sarebbe che sta
arrivando. Probabilmente è già quasi alla porta -
sorrise Nibbles scrollando le
spalle.
A Eileen venne voglia di
picchiarlo.
- Gli ho detto della
vostra malattia - continuò
il vecchio,
giustificandosi - La roba delle ultime settimane. Senza omettere
niente,
ovviamente.
- E non gli avrete mica
rivelato anche il piano!
Nibbles assunse
l'espressione di un tenero agnello appena nato.
- Ho fatto solo in tempo a
dirgli dove siamo alloggiati - mormorò
allargando
le braccia - poi un tizio importante ci ha interrotti. Doveva parlare
con lui,
e io non ho fatto una piega. Ufficialmente siamo cui per potargli i
nostri
auguri e presenziare al matrimonio. Ho l'idea che ho fatto appena in
tempo a
precederlo. Non appena quel signore avrà finito di parlare,
Thompson si sarà
già bruttato per strada. Vedrete se non ho ragione, era così
agitato quando ho detto quanto eravate stata male …
- Ma perché? Perché glie
lo avete detto? Adesso lui verrà qui!
Nibbles la scrutò
per un istante. Uno dei pochi in cui Eileen gli vide
passare in faccia un'espressione seria.
- Non preferite rivederlo
prima di fare quello che stiamo per fare? Prescott non scappa, lo
possiamo
smascherare anche domani. Ma se lo facciamo stasera, il matrimonio va a
monte.
Non volete avere un'ultima occasione di parlargli prima di decidere in
modo
irreparabile della sua felicità, e della vostra? Non credete
che sia meglio
sapere se lui ama Aurora oppure no? Io vi ho portato fin qui per
vendicare
Catherine, e vi porterei anche in capo al mondo se ciò
servisse a ridarcela, ma voi, voi stasera deciderete della
vita del Signor Thompson, della vostra e di quella di miss
Aurora. Non volete essere prima sicura che Thompson non la ami
davvero?
Eileen lo fissò
per un istante.
- Non la ama - disse poi -
ne sono certa. E anche se lui dicesse il contrario, io continuerei a
non
crederci.
Thompson
arrivò
mezz'ora dopo. Eileen lo vide entrare dalla porta del White
Lion. Salì
le scale a precipizio e bussò
alla
camera di Nibbles, che era proprio accanto a quella di Eileen. Dal
divisorio lei
sentì
che parlavano.
Poi un bussare discreto
alla sua porta. Diventò
di mille colori e cercò
di aggiustarsi alla meglio la brutta cuffia da camera che
aveva appena fatto in tempo a buttare in valigia con il resto.
- Avanti! - disse mentre
trafficava febbrilmente con la maniglia. Passò
un tempo
infinito prima che riuscisse a far scattare la serratura.
- Avanti! - ripeté
sorridendo di imbarazzo. Ma la porta si mosse di pochissimo.
- Togliere anche la
catenella potrebbe essere
un modo per facilitarmi l'ingresso. Sempre che vogliate farmi entrare,
e che
non vi aspettiate che io sappia passare attraverso le fessure.
- Oh! Sì,
scusate.
Un istante dopo, tolta la
maledetta catenella di mezzo, apparve inquadrato nella porta il signor
Thompson.
- Oh, menomale - sorrise
ironico entrando con il suo solito passo sicuro - pensavo di dovermi
fare a
fette per il piacere di potervi fare visita.
Eileen teneva gli occhi
bassi. Magicamente tutto l'armamentario di formule scialbe ma
rassicurantemente
cortesi che si era preparata in anticipo si era sciolto come neve al
sole
davanti alla figura di poco prima. Riuscì
solo a
balbettare un incerto:
- Accomodatevi - prima di lasciarsi
cadere in poltrona.
Thompson sorrise
accomodandosi anche lui. Poi girò
intorno
uno sguardo molto attento, sorrise all'aria e si schiarì
la voce.
- Felice di vedervi da
queste parti. Vi confesso che non mi aspettavo una vostra visita, ma
vedervi
non può
che farmi piacere. C'è qualcosa di interessante, sul
tappeto?
Eileen alzò
di scatto gli occhi.
- No, niente.
Semplicemente … semplicemente …
- Semplicemente siete in
imbarazzo. In dannato imbarazzo, e vi capisco. L'ultima volta che ci
siamo
visti non ci siamo lasciati molto bene. Mi pare, se non vado errato,
che la
nostra discussione si concludesse con una delle vostre solite, garbate
maledizioni.
Sorrise. Eileen voleva
morire.
- Posso sapere il perché
siete qui? Siete forse venuta a fare pace? In questo caso,
io…
- No, niente affatto. Sono
venuta soltanto per farvi i miei più fervidi auguri di
… di …
- Di matrimonio?
- Di matrimonio,
esattamente.
- Ottimo. Fino adesso ne
ho ricevuti così
pochi … ancora sotto il
migliaio, comunque. I vostri sono graditissimi, comunque.
Dopo di che calò
il silenzio nella stanza per almeno dieci minuti.
- Mi ha detto Nibbles che
siete stata male - riprese Thompson dopo qualche tempo. Teneva d'occhio
la
finestra, dove un piccione si era appena posato a spulciarsi - Niente di grave, spero.
- No. Una specie di
costipazione al petto. Una cosa da niente, ha detto Finley.
- Nibbles mi ha detto che
siete stata a letto per circa tre settimane.
- Nibbles dice tante cose.
- Ma è vero?
Eileen sospirò.
- E' vero, sì.
Ma non è stato niente di grave.
- E perché non sono stato
avvertito?
- Non era niente di grave,
vi ho detto. Una specie di brutto raffreddore.
- Siete stata in fin di
vita, non mentite.
Eileen sollevò
il mento.
- E anche se fosse?
Thompson la guardò
fisso fin quando non la costrinse ad abbassare gli occhi.
- Che vi piaccia o no,
madamigella, siete sotto la mia stretta tutela. Se vi pungete un dito
con un
ago, se vi ammaccate una caviglia correndo o trovate un coniglietto in
una
tana, io devo essere avvertito.
- Dovete esserlo di ogni
cosa che accade?
- Di ogni cosa che accade
in casa mia, sì.
Soprattutto se cono cose gravi. La
diagnosi del dottor Finley è stata una mezza polmonite, mia
cara. O volete
negare anche questo?
- Il dottor Finley esagera
sempre. E Nibbles non tiene mai la bocca chiusa.
Thompson la fissò
in modo truce per un istante, poi sbottò
a ridere.
- Neanche voi, se è per
questo. Dev'essere una specie di vizio nell'aria a Thompson House.
Eileen si alzò
dalla sedia e cominciò
a
passeggiare avanti e indietro sul pavimento di legno.
- In compenso c'è qualcuno
che la tiene chiusa anche troppo - disse alla fine, dopo un gran
respiro.
- A chi vi riferite? -
chiese Thompson.
- A nessuno. A nessuno in
particolare. Ma constato un semplice fatto.
- Allora vi riferite a
qualcuno.
Eileen si fermò
ad aggiustare il lembo di un centrino all'uncinetto che
cadeva storto sulla mensola del caminetto. Guardò
con
interesse quasi ipnotico una specie di orologio a cucù che
era posato proprio lì
accanto e aggiustò
meccanicamente la posizione di un piccolo quadro. Poi riprese, quando
Thompson
ormai pensava che non l'avrebbe più fatto.
- Ebbene sì,
mi riferisco a qualcuno. A qualcuno che poteva avvertirmi
di stare per coronare il suo sogno di felicità eterna.
- Ma io vi ho avvertito -
sorrise Thompson increspando appena appena l'angolo esterno del
sopracciglio
sinistro.
- Ah davvero? - fece
Eileen, girandosi con rabbia. Si pentì
subito
di quello scatto.
- O meglio- alzò
le mani Thompson - Vi ho annunciato che stavo per
sposarmi. Per l'eterna felicità, invece, temo proprio che
sia un po' presto.
- E perché mai? - chiese
lei.
- Perché un saggio diceva
che un uomo davvero felice si giudica solo nell'ultimo giorno della sua
vota.
Prima può
succedergli di tutto. Non è saggio fare previsioni
azzardate.
- Ma se doveste?
- Se dovessi cosa?
- Se doveste fare
previsioni?
Thompson sorrise e guardò
l'orologio.
- Direi che tra tre ore al
massimo saremo sulla buona strada. E sarà tardi. Un po'
troppo tardi per
certuni. E ancora molto presto per altri.
- Cosa significa? -
facendosi vicina.
- Voi che dite?
- Non lo so.
- Neanche io. Ma se
volete, stasera potrei invitare anche voi alla mia cena. Ci ho
già invitato Noah,
e il signor Nibbles … dicono di essere venuti fin qua
apposta per farmi tante
congratulazioni …
- Loro due?
- Loro due soli. E voi? Voi
per cos'è che siete venuta?
Eileen guardò
in basso e si sforzò
con
tutta sé stessa di sorridere.
- Per farvi anche io le
mie, ovviamente. Tante, tante congratulazioni Signor Thompson, ed
estendetele
alla signorina Aurora. Tante, tante congratulazioni, davvero.
- E allora fatemele,
finché siamo in tempo. Tra poco sarò
un uomo
sposato.
Così
dicendo allargò
la
braccia, si alzò
dalla poltrona e avanzò
verso di lei di due passi.
- Cosa volete che faccia?
- chiese lei vagamente allarmata.
- Che mi auguriate buona
fortuna - sorrise lui.
- Buona fortuna, signor
Thompson. Ma per cosa?
- Per il mio matrimonio,
ovviamente.
- Buona fortuna per
il vostro matrimonio.
- Lo dite come se
ingoiaste del vetro.
- Lo dico come mi pare, se
non vi spiace.
Thompson rise di nuovo,
poi sollevò
le mani in un gesto di resa.
- Posso chiedervi anche
un'altra cosa? O è troppo per la mia piccola Eileen?
- Chiedermi cosa? - scattò
lei, con uno sforzo immane per trattenersi dal piangere.
Il modo con cui Thompson stava mandando avanti il gioco, beh, lei lo
trovava
disgustoso. Era arrabbiata e se avesse potuto gli avrebbe cavato con le
sue
stesse mani quei begli occhi verdi.
- Che ci lasciamo da buoni
amici - disse lui, e allungò
il braccio per prenderle
la mano tra le sue - Avanti, datemi la mano, Eileen Merriott, e
promettete che
sarete sempre la mia sincera, punzecchiante amica.
- Benissimo - tirò
lei su col naso. Nonostante ci stesse impiegando tutte le
sue forse, non riusciva davvero ad odiarlo - Benissimo, Signor
Thompson. Prometto che sarò
sempre vostra amica.
- Bene così,
e adesso … verrete alla cena di questa sera? Guardate che
avete promesso.
- Solo di essere sempre
vostra amica. Per la cena … ci devo pensare.
- Venite. Non mancheranno
i divertimenti. E voi, del resto, mi sarete oltremodo necessaria.
- Perché mai?
- Perché siete mia amica,
bambina. E nonostante tutto quello che credete, non è facile
trovare amici veri,
al giorno d'oggi. Come dice un vecchio adagio, bambina, 'è
più amica la spina
che ti punge dell'ortica che ti accarezza la mano'. E
ora scusatemi, devo proprio andare. Alle
nove in Perry Street, mi raccomando. Sarà una memorabile
serata: al vostro
posto io non mancherei.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Carissime
tutte,
innanzitutto ben trovate! Vi sono mancata almeno un pochino
ieri? Contro
le aspettative sono riucita a postare questo capitolo prima del previsto:
naturalmente, anche se impedita a scrivere dall'assalto parentale, ho
meditato, e quello che vedete qui sopra è il frutto delle
mie ultime, complesse elucubrazioni serali sui destini dei nostri amati
personaggi, che, come sapete, certe volte, hanno la perniciosa tendenza
a compiere fatali scempiaggioni O_____________________o.
Spero che l'incontro alla locanda di Eileen e del
Signor Thompson sia stato dei vostro gradimento, io ho cercato di
ridurre i danni e di farli litigare il meno possibile, ma sempra che
quei due, quando si incontrano, non possano fare a meno di ustionarsi
reciprocamente di cattiverie.
Per quanto riguarda il prossimo capitolo, sono aperte le
danze per le supposizioni in merito! Il Ventottesimo
è già scritto per metà, ma trattandosi
della scena capitale del racconto, mi ci vorrà forse un po'
più di tempo a prepararlo: vi do appuntamento a dopodomani
(ma se riesco a postare prima, giuro che lo faccio :) ), sempre
sperando che ce la facciate ad aspettare per conoscere come
andrà a finire questo fatidico ballo in onore di Thompson e
Aurora!
Nel frattempo come al solito vi mando un bacione, e vi
abbraccio (insieme a Thompson, ormai ça va sans dire ...)
^_____^, a presto presto, la vostra affezionata
Vale
|
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Capitolo 29 *** Capitolo Ventottesimo ***
- Capitolo Ventottesimo
-
Il ballo
cominciava alle
nove. Alle otto e tre quarti, dopo una cena a base di rognone stufato
servita
ai due da uno spaesato cameriere, il signor Nibbles e Noah si mossero
in
direzione del luogo indicato. Noah saltellava per la strada con la sua
cappelliera sotto il braccio. Gli animaletti erano tutti dentro tranne
Creamy,
che era stato sistemato in una piega del cappello che Norma gli aveva
confezionato
per l'occasione. Era un piccolo aggeggio di panno che gli ricadeva
floscio su
un lato, e dell'altro aveva una visiera. Proprio all'intersezione dei
due, se
ne stava appallottolato il coleottero.
- Volevo
che anche lui
vedesse Londra - spiegò
Noah al signor Nibbles, e poi si rimise ad indicare al suo
amico tutto quel che di interessante vedevano per la strada.
- Li vedi quello, Creamy?
E' un negozio di caramelle, quello! Quelli là colorati in
vetrina sono lecca
lecca a rondelle, i migliori se vuoi saperlo. E più in
là ci sono torte di
zucchero, pan di spagna, meringhe, cioccolata … signor
Nibbles, non è che per
caso …
-Tutto quello che vorrai
ragazzo, dopo che Creamy avrà fatto il suo dovere e tu il
tuo! Ti prometto che
se tutto va bene domattina ti ci porto dentro e ti compro così
tante caramelle da farti
scoppiare la pancia!
Noah rise di piacere al
pensiero di tutte quelle caramelle, poi si affrettò a
rimettere Creamy nella
piega da cui, a ogni saltello, il coleottero rischiava di cadere. Fu
una bella
passeggiata, comunque.
Quando arrivarono davanti
alla dimora londinese del Signor Thompson, che non avevano mai
visitato, trovarono
già le carrozze che sfilavano davanti all'entrata. Ce
n'erano di piccole e
grandi, alcune scoperte e tirate da una pariglia di eleganti cavalli,
altre
discrete, lucide, signorili con lacchè gallonati a cassetta.
Ce n'era una foderata di
raso e un'altra da cui stava scendendo una grassa signora
impellicciata. Ava un
curiosissimo copricapo fatto di piume di pavone e chiffon.
Noah provò ad indicarla a Creamy, ma
quello si era incastrato con il corno dentro il nastro del cappello e
agitava
le zampette per aria. Il ragazzo lo prese e lo rimise diritto, ma ormai
la
signora era passata. Tutti sciamavano verso l'ingresso, così
anche loro si misero in
coda ad aspettare il loro turno.
- Mister Nibbles - sorrise Nibbles
al portiere che squadrava la sua
marsina che voleva essere elegante. Norma l'aveva tirata fuori
dall'armadio
delle Grandi Occasioni, dove c'erano anche il suo vestito da sposa e
quello di
quando si erano sposati certi cugini ricchi di Nigel, ma evidentemente
quella
specie di gualdrappa stinta non convinceva il portiere, e che indugiava.
- Avanti! - spinse da
dietro un signore calvo. Aveva al braccio una megera magra che sembrava
scolpita lei stessa negli smeraldi che portava addosso. Il portiere li
fece passare
alzando un sopracciglio, e solo dopo che Nibbles ebbe spiegato che era
un
collega della casa di campagna, Thompson House.
Poi entrarono nell'atrio e
Nibbles non poté reprimere un grido di ammirazione per il
luogo. La vasta sala
d'ingresso ondeggiava per un mare di cappelli, cappellini, piume di
struzzo e
acconciature delle più diverse e strane composizioni.
C'erano dame vestite di
broccato, sete lucide, rasi iridescenti, gioielli brillanti che
danzavano alla
luce mobile delle candele. C'erano migliaia e migliaia di candele su
ogni lato
della scala, sorrette da enormi candelabri d'argento modellati con
gusto
squisito. Valletti dalle uniformi dorate scivolavano tra la folla
reggendo grandi
vassoi traboccanti di champagne, tartine e ghiaccio che offrivano agli
ospiti.
Oltre la scalinata si intravedeva un'enorme sala da ballo, il cui
soffitto
decorato a stucchi sembrava andare tutto a fuoco per la luce di un
enorme
lampadario di cristallo: nonostante fosse sospeso a un'altezza
vertiginosa,
quasi toccava le teste degli invitati da quanto erano lunghi i suoi
pendenti.
Anche Noah era incredibilmente
eccitato e non smetteva un attimo di sbirciare dentro la cappelliera
per far
vedere tutte quelle meraviglie anche agli altri insetti che se ne
stavano
inquieti a percorrere il fondo della scatola.
Da un angolo in
fondo alla sala, semisommerso dal rumore
delle chiacchiere di tutta quella bella gente che rideva e commentava
sbalordita gli arredi, giungeva a ondate il suono di un ottetto
d'archi.
Dovevano essere appollaiato sopra quel piccolo balcone di legno che
nascondeva
per metà la vista dei musicisti al resto della sala. Stavano
suonando una
polka.
Nibbles, sgomitando qua e
là, cercò di alzare il mento sopra
quel gran mare di teste e acconciature per arrivare a trovare il
padrone.
Impresa ardua, perché una matrona di enorme stazza e alta
quasi quanto un
armadio gli si era piazzata davanti e chiacchierava con una sua smunta
amica degli
ultimi pettegolezzi del giorno.
- Pensa un po’, Amabel,
che enorme fortuna è toccata a quella ragazza, Aurora
Prescott: non ha un soldo
di suo, che io sappia, e suo fratello è un misero tenente.
Eppure, guarda qua
che spettacolo: tra meno di dodici ore sarà la moglie di uno
degli uomini più
ricchi del Paese … ahi! Ma che modi …
- Perdonatemi, Madame - fece
Nibbles, mentre la
oltrepassava sgomitando - Ma quel signore è il mio padrone e
sto proprio
cercando di raggiungerlo, quindi …
La matrona si fece da
parte offesa, poi continuò a chiacchierare con Amabel sulla
fortuna che baciava sempre
più sciocche e insipide creature. Non come lei, che pur
essendo piena di
talenti aveva sposato uno sciocco buono a nulla. Nibbles sorrise e
strizzò l'occhio a Noah, che si
era faceva avanti a fatica da sotto le gambe di un vecchio ammiraglio
decorato.
Il signor Thompson era
poco distante, vicino al tavolo del buffet, che parlava con un gruppo
di
signori molto eleganti.
- Quello, lo vedi? - gridò Nibbles a Noah per
sovrastare il rumore della folla e dell'ottetto d'archi - quello
dev'essere il
Primo Ministro. Lo riconosco dalla faccia da scimmione! E quello
accanto,
quello è un Giudice della Suprema Corta di Giustizia. Noah
fissò per un istante tutti quei
tizi impennacchiati che parlavano a tu per tu, in confidenza, col
padrone.
- Dov'è il mio uomo? - chiese.
- Eccolo là - disse
Nibbles, e indicò Prescott che in effetti faceva parte del
gruppo anche se
era parzialmente nascosto da un'enorme zuppiera per il punch.
- Avvicinati discreto al
padrone e digli che siamo arrivati, ma guarda bene di non farti vedere
da
nessuno. Poi incollati dietro Prescott, sempre senza farti vedere, e
vedi di
tenerlo d'occhio fino al momento dell'esibizione: è
importante non perderlo di
vista neanche un attimo.
- Ricevuto! - scattò Noah tutto impettito, e
poi scomparve in mezzo alla calca. Nibbles sorrise e si avviò
a passo lento verso il
centro più gremito della sala. Voleva raggiungere il tavolo
dei rinfreschi,
tanto per farsi un goccetto mentre aspettava che prendesse il via tutto
il loro
bell'ambaradan, ma fu interrotto sul
più
bello dall'entrata della regina della serata.
Aurora Prescott aveva
appena fatto il suo ingresso a braccetto del fratello, da una porta
molto
vicina al tavolo buffet. Sembrava un filamento di luna, uno spettacolo
da togliere
il fiato nel suo vestito verde smeraldo con enormi volant di seta nera.
Tutti
si fermarono a guardarla.
Aguzzando gli occhi
Nibbles vide Noah che spezzava un sandwich al granchio per Creamy poco
distante. Non perdeva di vista il loro uomo neanche un istante.
Aurora e Prescott si diressero
verso il buffet. Là Thompson, contornato gente che non
faceva altro che lodare
tutto e servirsi di tutto due volte, sorrise alla sua promessa sposa
come uomo
completamente innamorato. Aspettò che si
avvicinasse per prenderla dal braccio di Prescott. La presentò
a tutti i signori che facevano cerchio intorno a lui, fu
ammirato, invidiati, sommerso di complimenti per la splendida scelta.
Aurora
era al settimo cielo, e mostrava la sua perfetta dentatura calibrando
splendidi
sorrisi. Il Pirmo Ministro le fece un complimento, e lei arrossì
di piacere dietro il ventaglio di pizzo che reggeva in
mano. Poi Thompson le chiese se voleva qualcosa da mangiare, e fu lui
stesso a
scortarla per scegliere quello che più si confacesse ai suoi
gusti. Nibbles,
che era poco distante, dette un'occhiata anche lui al buffet.
Al momento - e si era solo
all'inizio - erano già stati serviti oltre millecinquecento
cesti d'ostriche,
venti interi vassoi di caviale, infiniti tipo di tartine, formaggi
molli, pasticci
di carne, di rognone, di verdure cotte nel lardo sotto una spessa e
soffice
crosta di pane, rosee fette di prosciutto, rotondi e morbidi panini
imburrati,
torte di erbe, torte salate e un enorme vassoio d'argento in cui erano
accomodate tra le altre venti pernici croccanti, cinque tacchini
cucinati
completamente interi, cestini di pane in crosta di formaggio e decine e
decine
di volatili decorati con le più diverse salse.
Alla fine Aurora scelse del
caviale una minuscola tartina al salmone. Thompson vi aggiunse qualche
piccola ostrica
che liberò personalmente dal guscio perché Aurora
non rischiasse di sporcarsi. Poi entrambi tornarono agli ospiti, mentre
Nibbles
era molto occupato a ficcarsi dentro le tasche dell'abito la maggiore
quantità possibile
di stuzzichini. Noah invece era sempre dietro a Prescott, e non si
mosse finché
non fu il momento.
Alle dieci e mezza la
festa era al suo culmine. I camerieri facevano avanti e indietro per
rifornire
il buffet su cui la gente si infrangeva come onde della marea sulla
sabbia. E
come le onde, anche l'enorme massa ingioiellata finiva con l'erodere
velocemente tutto quel che vi era depositato dall'incessante
andirivieni dalle cucine
al piano di sotto. L'ottetto d'archi suonava una polka a tutta forza
per
contrastare il frastuono, e i più giovani tra gli ospiti
già ballavano, per lo più
molto stretti nella calca - non è facile mantenere una
complicata figura mentre
scarpini e ghette multicolori continuano a capitarti tra i piedi.
Quando Nibbles capì che era l'ora, il piano ebbe inizio.
Come sbucato dal nulla, una specie di tintinnio continuo
percorse la folla. Sembrava una campanella che trillasse, ma non si
vedeva da
dove proveniva. Lentamente tutti si voltavano a capire l'origine di
quel suono,
che venne finalmente individuato in un angolo, a metà della
sala.
-
Avanti gente, venite a
vedere il Circo del Piccolo Noah! Il Circo più minuscolo che
esista, l'Ottava
Meraviglia del Mondo!
Il Signor Nibbles, in
piedi col cilindro calcato in testa e la marsina lunga fino ai piedi
invitava
gli ospiti ad assieparsi intorno alla piccola cappelliera. Molte teste
che si erano
girate, cominciarono a disporsi in cerchio attorno a loro.
- Un Circo come non
l'avete mai visto! Niente leoni, tigri, elefanti: il Circo
più Minuscolo del
mondo: Sta tutto dentro una Cappelliera!
- Dove sono gli animali? -
chiese un tizio che aveva inforcato il monocolo sui grossi baffi per
guardare
meglio.
Nibbles sorrise e indicò la cappelliera.
- Tutti dentro questa
scatola, signore! E' il Circo più piccolo del mondo! Ed ecco
a voi il nostro domatore!
La gente guardò incuriosita chi fosse mai questo domatore.
Anche il Signor Thompson, insieme al Primo Ministro stava
guardando da quella parte.
- Cosa succede? - chiese
Aurora. Ma nessuno le dette una risposa. Erano tutti troppo occupati a
guardare
cosa stava accadendo.
Da una piccola porta
laterale era appena uscito qualcuno, ma così piccolo
che le teste più indietro facevano fatica a vederlo. Lo
percepivano dal moto
della folla.
Quando Noah - perché di
lui si trattava - raggiunse il piccolo spazio circolare in cui era
sistemata la
cappelliera, fece un gran sorriso emozionato al pubblico e si inchinò
un paio di volte.
- Il piccolo domatore Noah
- annunciò Nibbles imponendo il silenzio, e parlando
a voce altissima perché tutti nella sala lo sentissero -
Adesso ci mostrerà di
che cosa sono capaci i suoi animali!
Così dicendo scoperchiò la
cappelliera, e un mormorio percorse le file di quelli che potevano
vedere.
- Ma non c'è niente! -
gridò una signora con un'enorme turbante argentato.
- Non è esatto, Madame -
rispose Nibbles - Un po' di
pazienza e potrete giudicare coi vostri stessi occhi. Avanti, Noah,
mostra i
tuoi animali alla signora!
Noah sorrise e chinandosi
raccolse tre piccole processionarie in mano. Le alzò bene
bene per aria, e qualcuno fece una faccia schifata.
- Ma sono processionarie!
- gridò.
Noah si chinò un'altra volta e tirò fuori la
seconda mandata:
- Anche tre bombici e una
cavalletta, altre quattro processionarie e due formiche giganti. Due
cimici e …
la star della serata, Il Magnifico Supremo Superbo Roboante Creamy!
Qualcuno rise.
- Che sa fare?
Noah armeggiò con la sua borsa a tracolla, estrasse una
scatola di
fiammiferi che aveva dipinto a colori vivaci, un minuscolo cancelletto
fatto di
rete metallica intrecciata e un grosso guscio di noce a cui aveva
attaccato
alcuni nastri e una bandierina inglese. Sotto il guscio c'erano quattro
rotelle, talmente minuscole che pochi riuscivano a vederle.
Noah si assicurò che girassero a dovere strusciandole sul
palmo. Tirò fuori uno straccetto con dell'olio e le unse per
la
centesima volta, tanto per essere sicuro. Il piano doveva funzionare,
non
potevano permettersi sbagli. Poi prese Creamy, le processionarie e il
guscio e
infilò tutto dentro la scatola. Nessuno vide bene che
faceva.
Quando tornò a vedersi, la cappelliera era stata
trasformata in una specie di piccola pista per cavalli, con tanto di
strisce
che seguivano il percorso circolare della scatola, una linea di arrivo
e la
casetta da cui saprebbero partiti i cavalli. Noah sorrise soddisfatto e
alzò la testa verso la balconata dove stava l'ottetto
d'archi.
- Signori! - scandì a voce alta - Una
Marcia per la Grande Parata!
Dal balconcino non se lo
fecero ripetere. Si
sentì che il Maestro, imparruccato batteva un paio di volte
il
tempo con il piede, e poi partì da tutta l'orchestra una
marcia indiavolata e allegrissima.
Noah sorrise soddisfatto e
alzò la grata che teneva chiusa la scatola di fiammiferi. Un
istante dopo ne usciva qualcosa che catalizzò
l'attenzione della folla. Sulla musica allegra, una pariglia di otto
processionarie, allineate in fila perfetta, faceva la sua solenne
comparsa
strisciando fuori dalla scatola e trainando un grosso occhio. Ognuna
aveva
legato sul davanti (sempre che quello fosse il davanti e non il dietro)
un
minuscolo filo colorato a mo' di collare. Ognuna di esse spingeva in
avanti con
grande abnegazione ed energia.
Dietro veniva, come un
carro vero, il guscio. Era enorme, dipinto d'oro e argento come una
vera carrozza
da Regina, e si reggeva barcollando un po' sulle rotelle. A cassetta,
fissato
su una specie di piccolo rostro di legno c'era una lunga cavalletta che
teneva
con le minuscole zampe una corda. Noah le aveva insegnato in qualche
modo a
stare piegata come se sedesse, e le aveva assicurato la corda a una
zampina con
una palla di colla. L'effetto, amplificato dai grandi occhi e dai
movimenti a
scatto della testa, era quello di un attento guidatore che trasportasse
tutto
compito il suo veicolo. La folla diete di un'esclamazione di raro
giubilo, e
quelli della prima fila si sporgevano ad ammirare quel piccolo
miracolo.
Ma la sorpresa più
sorprendente di tutte doveva ancora venire. Un istante dopo oltre il
cancello
finì di sbucare anche l'ultima parte del corteo: era Creamy,
assiso dentro la guscio come un monarca su una specie di piccolo trono
improvvisato. Era fatto di pasta di sale, e luccicava alla luce delle
candele.
Per dare un effetto migliore, Noah aveva cosparso il suo beniamino di
una
piccola dose di polvere d'oro con cui Norma decorava certi dolci: il
risultato era
che Creamy brillava con un Gran Maraja. Protendendo il suo corno avanti
e
indietro sembrava proprio che stesse dando ordini alla sua ciurma di
andare più
lenta, e si godesse degli applausi del pubblico.
- Straordinario!
- Incredibile!
- Superbo!
Creamy era l'attrazione
principale, e tutti ne erano catturati come in sogno. Nel frattempo le
processionarie continuavano col loro lavoro, avevano già
fatto mezzo giro di
pista, e adesso descrivevano una specie di complicata figura di marcia.
La
musica si era fatta tenebrosa, a sottolineare il rischio di
quell'avventata
manovra.
Ma un istante dopo le
piccole portavano a compimento perfettamente l'esercizio.
La folla era in visibilio.
Mentre la musica terminava, solenne, partì un
doppio applauso per il piccolo Noah e per gli insetti.
Noah si inchinò più volte, poi prese Creamy tra
due dita e lo innalzò ben sopra la propria testa,
perché anche lui potesse
ringraziare degnamente. A quel punto cominciava la seconda parte del
piano.
- Un minuto di attenzione,
signori!
Nella sala il brusio cessò immediato e si fece un gran
silenzio.
- Attenzione! - ripeté
Noah guardandosi intorno. Vide Nibbles che gli faceva un segno dopo
aver
guardato per aria in direzione della balconata, e continuò.
- Un istante fa vi abbiamo
mostrato un esercizio, e non dei più semplici! Il piccolo
Creamy e la truppa si
sono esercitati mesi e mesi per raggiungere questo livello di
perfezione. Ma
non è tutto qui, nel nostro Circo! Se vorrete, stasera siamo
in grado di
mostrarvi ben maggio di prodigi!
La folla fu percorsa da un
mormorio.
- Prodigi inimmaginabili, cose
da far accapponare la pelle, magia, mistero, contatti con questo e
l'altro mondo!
Nella sala non volava una
mosca.
- Vi chiedo allora - scandì Noah guardando fisso avanti a
sé - volete vederli?
Dalla folla partì un grande applauso. Nibbles sorrise e si
chinò verso Noah, sussurrandogli qualcosa all'orecchio.
- Benissimo - disse poi il
ragazzino - ora Creamy vi mostrerà un esercizio che ha
davvero
dell'incredibile! Ma prima mi serve un volontario.
Un ragazzo dall'aria
impaurita, che faceva il lacchè al signor Thompson quando
era in città, si
mosse a disagio fuori dal cerchio protettivo della folla. Sembrava che
fosse
stato spinto.
- Come ti chiami? - chiese
Noah.
- Jebediah - esalò il ragazzo in un singulto.
- E cosa vuoi sapere,
Jebediah? - chiese Noah sorridendo alla folla.
Jebediah si strinse nelle
spalle. Non gli andava di avere tutti quegli occhi addosso se solo
… il padrone
non l'avesse costretto.
- Vorrei sapere - deglutì - se la mia cara bisnonna si
ricorda ancora di me. E'
morta nel 1870, quando io avevo … dieci anni - spiegò
poi, a beneficio del pubblico.
Noah allora fece una
faccia strana, si chinò sulla cappelliera e sistemò
Creamy proprio davanti alla scatola di fiammiferi.
- Avanti, Magnifico
Creamy! Portaci un messaggio dal Passato!
Creamy rimase un istante
fermo e si guardò intorno. Poi col corno
puntò dritto la porta della scatola e ci si tuffò
dentro, convinto. Passarono dei lunghissimi istanti. Noah
sudava e sorrideva nervosamente. Alla fine Creamy sbucò di
nuovo, a marcia indietro, rotolando con le zampette
davanti una minuscola pallina di carta. Quando fu davanti alle dita di
Noah
dette un colpetto alla pallina col corno e quello la sollevò
a mezz'aria.
- Certo che mi ricordo di
te, zuccone! - lesse mostrando il bigliettino alla folla - Sono vecchia
ma mica
rimbambita!
Tutti risero, e Jebediah,
avvampando fece un mezzo sorriso e ritornò dov'era.
Noah alzò gli occhi e disse:
- Altri volontari?
Stavolta toccò a un ricco signore alto, distino e con un
gran bavero di pelliccia
alla giacca. Aveva una splendida aria da dandy e le sue mani
scintillavano di
anelli.
- Avrei anche io una
domanda da fare - disse Foster, avanzando tra la folla con la sua
grazia
inimitabile e sicura - Una domanda che mi preme molto.
Tutti lo lasciarono
passare finché non fu davanti alla scatola.
- Vorrei sapere, ragazzo
mio - disse - se la mia devota moglie, dal Cielo a cui è
volata tre anni orsono,
si ricorda per caso dove ho messo quei gemelli di diamanti che ho perso
e che
non riesco più a trovare in nessuno posto …
Noah annuì e fece fare a Creamy la stessa cosa di poco
prima. Quando
uscì aveva un'altra pallottolina di carta tra le zampe.
- Cerca in casa della tua
amante, disgraziato - lesse Noah - Quella ladra te li ha fregati,
allocco!
La gente rise e Foster
arretrò fingendo vivo disappunto e imbarazzo.
- A questo punto ho
bisogno di un'ospite. Ma qualcuno di speciale - disse Noah. In sala calò
il silenzio.
- Perché non lo chiedete
al Signor Thompson? - disse una voce che nessuno riconobbe come quella
dello
stesso aristocratico di poco prima, adesso ben nascosto dietro il
grande vassoio
del punch - In fin dei conti è il padrone di casa!
Il signor Thompson uscì da una specie di piccolo
assembramento di gente vicino al
buffet.
- Volentieri - sorrise -
Ma che domanda potrei mai fare ad un morto? Avanti, accetto
suggerimenti.
Nella sala calò di nuovo il silenzio.
- Chiedi a tua madre se
sarai felice! - bofonchiò una signora segaligna che
si faceva vento con un gran ventaglio.
- A tuo nonno, il
mercante, se le azioni del caffè saliranno ancora il
prossimo anno! - disse
invece un signore distinto.
Thompson scosse la testa.
- Troppo facile. Voglio sapere
qualcosa che sia davvero così impossibile da sapere
altrimenti … oppure potrei pensare che il nostro scarafaggio
bara.
- Non è uno scarafaggio, è
un coleottero - protestò Noah, Nibbles gli fece
cenno di tacere.
- Perdonami - sorrise il
Signor Thompson perfettamente calmo, e avanzando di un altro passo
nella sala -
C'è nessuno che saprebbe suggerirmi una buona domanda da
fare?
- Chiedi chi ti ha portato
via la tua Catherine - disse una voce femminile. Tutti all'istante si
voltarono
indietro, verso la porta. C'era una donna velata, vestita con un
vestito bianco
indosso.
- Perché dovrei chiedergli
questo?
- Perché una cosa che
nessuno può sapere, tranne chi te l'ha portata
via.
Un mormorio percorse la
sala. Chi era quella donna velata che interrompeva la festa così?
Perché non mostrava il suo volto? E soprattutto, chi era
questa Catherine? Tra la folla, i pochi che lo sapevano, cominciarono a
sussurrare spiegazioni ai loro vicini.
- Va bene - scandì Thompson a voce molto lenta - Accetto il
consiglio della signorina.
Avanti Noah, chiedi al tuo amico una risposta dal regno dei morti.
Quel che successe dopo,
rimase per lungo tempo negli annali delle storie che a Londra si
raccontavano
nei salotti la sera, davanti al fuoco e a un bicchiere di punch. Tutti
coloro
che ne furono testimoni, ricorderanno per sempre la tensione che si levò
tra la folla degli invitati come un velo funebre.
Il coleottero avanzò trotterellando verso la sua casetta.
Noah strinse i denti,
il signor Nibbles mormorò una preghiera a fior di labbra,
tutti fissavano ipnotizzati le mosse di quel piccolo animaletto nero
che aveva
in mano non si sapeva cosa. Era chiaro a tutti, in modo oscuro ma con
fatale
certezza, che dalle zampette dell'esserino sarebbero dipese molte cose.
Creamy sparì dietro la rete metallica. Non ci fu un moto
nella folla,
un sussurro. Neanche i musici si muovevano più: avevano
abbandonato i loro
strumenti e se ne stavano appoggiati tutti quanti alla piccola
balconata, a
guardare. Un solo movimento, veloce, fu di qualcuno che dalla zona del
buffet
cercava di farsi largo a gomitate. Era Prescott, ma Thompson aveva dato
ordine
a due servi di non perderlo d'occhio.
Alla fine, dopo molti
secondi, Creamy uscì di nuovo, trascinando con
tutte le sue forze stavolta non una piccola pallina, ma un foglietto di
carta
ripiegata. La folla fu percorsa da un mormorio come da un brivido.
Noah raccolse
delicatamente la lettera dalle fauci di Creamy e la porse a Thompson
senza una
parola. Lui dispiegò il foglietto lentamente e
lo lesse.
- Tenente Prescott -
mormorò, a fior di labbra. Neanche quelli intorno capirono.
- Tenente Prescott? -
chiamò poi più forte.
Il tenente, dal fondo
della sala dove stata spingendo per raggiungere la sola uscita, si fermò,
impietrito. Aveva centinaia di occhi, tutti addosso.
- Puoi raggiungermi un
attimo - sorrise Thompson, implacabile reggendo ancora il foglietto tra
le
mani.
Prescott rimase un istante
indeciso. Grosse perle di sudore avevano cominciato a rotolargli
giù dalla
fronte. Dovette prendere una decisione fulminea, e decidere il tutto in
un
istante. Fece la scelta sbagliata. Si slanciò correndo
verso la porta. Un trambusto enorme si riscosse, i servi gli corsero
dietro e
Aurora cominciò a strillare dal posto in cui era.
Svenne subito, e forse fu meglio così. Ma si
perse una scena memorabile, che gli ospiti avrebbero per anni
raccontato in
ogni club che frequentavano.
Arrivato sulla porta,
Prescott si scontrò con la donna velata di
poco prima. Era alta, solenne, e vestita con un enorme vestito
vaporoso. Lui dovette
riconoscerlo, perché arretrò.
- Catherine? - mormorò, agghiacciato, a fior di labbra.
In quell'istante dalla
balconata dei musicisti era partita una musica straziante. Un unico
violino,
sinistro, che sembrava spargere dovunque un lamento atroce e straziante.
- Sono tornata - disse
solo la ragazza al di sotto dello spesso velo bianco - Sono tornata per
portarti con me.
A quel punto si scatenò il finimondo. Ma
anche Prescott ora era svenuto, e si
perse i gendarmi che arrivavano e la folla che esplodeva in un applauso
nonostante
la presenza - un po' inquietante, a dire il vero - di un fantasma
velato nella
sala.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Carissime,
innanzitutto ben trovate!
Spero che il capitolo vi abbia divertito, e che siate
soddisfatte per quello che Prescott sta per subire (Yeah! Ora posso
anchye dirvelo: io lo detesto quel ragazzo!! ^____^).
Ormai manca quasi solo l'Epilogo, dove tutto sarà
svelato completamente, e vedremo anche che fine faranno i nostri Eileen
e Thompson. Ma visto che ho immaginato la storia come passibile di
avere un seguito, penso che non proprio tutto andrà a posto,
e questo per lasciare qualche spunto ad un più che eventuale
sequel non appena avrò aggiustato questo!
Vi segnalo che domani e (forse) dopo domani sarò
un po' impegnata con certi affarucci vacanzieri (fare le valigie,
metetre a posto, partire, perché purtroppo per me la vacanza
è finita - sob). Vi prometto che mentre
impacchetterò la roba penserò alacremente alla
struttura dell'Epilogo che ho già più o meno in
mente, e che spero di potervi postare al massino tra due o tre giorni
giorni.
Nel frattempo vi mando un bacione, unita a
Thompson che adesso ha un bel daffare a capire come stanno le cose, ad
Eileen che è andata a togliersi la maschera (era ovviamente
lei, vestita da Catherine), e a Nibbles, che sta ancora rovistando
nelle tasche alla ricerca di quello che si è allegramente
fregato al buffet.
Vi abbraccio, e spero che la festa non vi abbia stancato
troppo,
sempre vostra
Vale
|
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Capitolo 30 *** Capitolo Ventinovesimo ***
- Capitolo
Ventinovesimo -
-
Complimenti per la
mascherata, Norma ha fatto un ottimo lavoro.
Eileen, nella sua stanza
alla locanda, si stava giustappunto districando dal complicato
marchingegno del
vestito. Se indossarlo era stata una passeggiata (bastava stare attenta
ai
pizzi ed infilarlo dalle braccia come un tubo), un'altra cosa era
slacciare
tutto il complicato ambaradan di
lacci che adesso le serrava la vita. In un contesto del genere, con
metà testa
fuori e metà dentro, una voce che ti prende alle spalle non
è il massimo della
simpatia. E infatti Eileen si voltò
di
scatto e fissò
la porta come un fantasma.
Il Signor Thompson, ancora
in abito da festa, se ne stava inquadrato tra gli stipiti con l'aria
più
serafica del mondo.
- Avreste fatto meglio a rimanere
- disse muovendo un passo avanti - vi siete persa la parte migliore:
quella in
cui hanno caricato Prescott sulla carrozza dei gendarmi. Istruttivo,
davvero
istruttivo, non c'è che dire.
Eileen rimase ammutolita.
Che ci faceva Thompson da quelle parti? E soprattutto cosa …
- Cosa ci faccio a
quest'ora nella stanza di una signorina rispettabile? - sorrise lui -
Lo so, lo
so. Avrei dovuto bussare. Ma stasera è sera di sorprese, così
ho pensato che visto che c'ero ... potevo fare i
complimenti anche a voi, per l'interpretazione. Siete stata una
splendida
Catherine. Quasi quasi ci cascavo anche io.
Eileen, con il bustino
mezzo slacciato, allungò
una mano alla sedia per prendere la vestaglia.
- Pardon - disse Thompson e si coprì
educatamente gli occhi per tutto il
tempo che lei ci mise a sistemarsi.
Poi, andando verso il
davanzale della stanza, scostò
una tenda e guardò
sotto, la strada.
- Non mi chiedete perché
sono così
calmo? Per essere uno a cui avete appena mandato a monte
amicizia e matrimonio … beh, direi che la sto prendendo
bene, non vi pare?
Ad Eileen, che adesso
trafficava con il lungo laccio della vestaglia, venne voglia di
mettersi a
piangere. Perché non riusciva mai a trovare il buco dove
andava infilato. E
soprattutto, che ci faceva Thompson a fare dell'ironia in camera sua?
- Non dovreste essere a
piangere in un angolo? Alla fine hanno appena arrestato il vostro
migliore
amico per aver sedotto e abbandonato vostra sorella, nonché
aver tentato di
fuggire alle sue responsabilità. Non mi sembra una cosa da
niente. E poi io non
vi ho mandato a monte nulla. Sua sorella non c'entra niente, no? Potete
benissimo sposarla.
- Dopo che suo fratello è
rovinato e non potrà mai più apparire in pubblico
senza arrossire, ammesso che
abbia sufficiente senso dell'onore per vergognarsi?
Eileen lo fissò
incredula.
- Dunque non sposerete
Aurora soltanto perché ha la colpa di essere sua sorella?
Non c'è che dire, un
bel comportamento! Vi fa onore, e poi venite a dire che sono io a
mandarvi a
monte …
- Voi speravate di mandare
a monte tutto questo dal momento esatto in cui avete saputo che io e
Aurora ci
saremmo sposati.
- Ma senti! Io …
- … e ci siete riuscita
benissimo - la zittì
Thompson . Poi sorrise -
Meno male che lo speravo anche io, altrimenti sarebbe stata dura da
digerire.
Eileen lo fissò
senza capire.
- Lo sapevo - esalò
lui come se stesse
rivelando un tremendissimo arcano - Lo sapevo dal primo minuto e vi ho
lasciata
fare.
Eileen aprì
e chiuse la bocca.
- Come, lo sapevate? E
come potevate … non potevate sapere, la lettera, la
cappelliera, Norma,
Nibbles, io …
Il Signor Thompson si girò
di nuovo verso la stanza. Alla luce incerta delle due
candele che rischiaravano la stanza dal camino, sembrava stranamente
alto e
incredibilmente distante. Ma non era qualcosa di spiacevole.
- Norma mi aveva
avvertito- spiegò
scandendo le parole - Non
appena è stato ritrovato il biglietto.
C'era scritto abbastanza chiaro che il mio carissimo amico Prescott
aveva dato
appuntamento a Catherine in un certo luogo ad una certa ora. Combacia
con il
giorno della scomparsa. E lo sciocco lo aveva anche firmato.
- Lo sapevate - mormorò
Eileen - lo sapevate, e quindi …
- Credete forse che avrei
permesso a una bambina travestita da fantasma di rovinarmi le nozze se
questo
non fosse stato già nei miei piani?
Lei lo fissò
con odio estremo. Prese
il laccio della vestaglia e cominciò
a
rigirarselo tra le mani, attorcigliandolo.
- E quindi sarei stata una
vostra pedina? Lo sapevate? Davvero? Oh, che peccato, se avessi saputo
che
Aurora non era di vostro gradimento, mi sarei trattenuta dal fare
qualsiasi
cosa per togliervela di torno. Non volevo fare certo un favore a Vostra
Altezza.
Thompson rise, le andò
vicino e le tolse il laccio dalle mani.
- Non vorrei che vi
feriste. Questo coso può
essere pericoloso.
- Forse avete paura che vi
strangoli?
- Conoscendovi non sarebbe
un'ipotesi da trascurare. Comunque, per quanto riguarda o scompiglio di
stasera, vi ho
già detto che era nei
miei piani. Da quando ho capito che Prescott poteva essere l'autore di
tutto,
tanti piccoli indizi a suo carico, tante lievi reticenze sono andare al
loro
posto magnificamente. Mi è bastato fare qualche controllo
per capire dove
poteva essere stato negli anni in cui ci eravamo persi di vista, subito
dopo la
laurea e ho scoperto … beh, ho scoperto che i conti
tornavano.
- E Norma vi aveva
avvertito.
- Esattamente.
- Anche della notte in cui
sono salita in soffitta.
Thompson fece una piccola
smorfia ironica.
- Se non ci foste arrivata
penso proprio che non se ne sarebbe fatto di nulla. L'avrei smascherato
in un
altro modo. Non potevo permettervi di sapere, ma visto che ormai la
vostra
innata propensione a mettere il naso dove non dovreste proprio metterlo
aveva
agito … beh, a questo punto potevamo includervi.
Eileen lo fissò
incredula.
- Includermi? Razza di
sciocco, testa d'uovo, rimbambito! - scattò
in avanti, cercando di riafferrare il laccio che ora
teneva Thompson. Lui alzò
la mano e lotenne
stretto in pugno mentre lei lo aggrediva - Se io non fossi salita voi
vi sareste
tenuto al fianco per una vita l'amico che vi aveva ucciso la sorella
senza
saperne niente!
- Ohi, ohi, non è il caso
di aggredire - disse lui prendendole i polsi e fermando le sue unghie
già
vicine alla sua faccia - Ho detto solo che siete stata utile. Ma in
effetti
siete stata … necessaria.
Eileen si rabbonì
tutto di un colpo. Come
il mare quando viene la bonaccia. Il fatto è che era molto
stanca e cominciava
a confondere le cose. Per esempio, un istante prima, era stata quasi
contenta
che il farabutto le afferrasse i polsi, invece di infuriarsi e
cominciare a
gridare, come sarebbe stato forse più saggio fare.
- Ah, meno male - disse
solo - E adesso, che cosa ne farete della vostra bella ape? Pensate di
sposarla
domani o rimandate il matrimonio a quando avranno processato suo
fratello?
Oppure adesso che lui è rovinato non avrete più
niente da dirle? Che farabutto,
se ci penso, io …
Thompson rise.
- Siete sempre lo stesso
piccolo folletto canaglia travestito da ragazza perbene che mi
è stata scaricato
in casa appena due mesi fa. Neanche la febbre è riuscita a
rabbonirvi? E'
incredibile come si possa giudicarvi, a prima vista, una ragazza di
buone
maniere!
- Forse perché siete un
presuntuoso prendete di queste cantonate.
- E voi siete una piccola
ficcanaso che non si mostra per quello che è.
- Sempre meglio di un
orrendo essere che gronda presunzione dovunque.
- Piccola ficcanaso.
- Presuntuoso. E
lasciatemi andare le mani.
- Solo se promettete di
non graffiarmi. E di non adoperare questo laccio. Ha l'aria di non fare
troppo
bene, intorno al collo.
- Solo se promettete di
non dire altre scemenze. E di permettermi di allacciarmi di nuovo la
vestaglia.
Non è decente usare questi trucchetti per cercare di
sbirciare qualcosa.
Thompson non volendo
abbassò
gli occhi sulla vestaglia anche troppo scollata. Sotto
soltanto un camiciola di lino separava le spalle di Eileen da tutto il
resto.
Si arrese subito.
- Va bene - disse
tendendole il laccio e fissando gli occhi da un'altra parte - E,
andiamo,
adesso facciamo la pace.
- Che pace posso fare con
voi? Abbiamo forse litigato?
- No - disse Thompson,
fissando il caminetto. Era un tantino arrossito - però
vi ho fatto prendere un
bello spavento.
- In che senso?
- Nel senso che stavo
quasi per sposarmi.
- Perché? Adesso non vi
sposate più? Siete davvero così
poco costante?
- Voi cosa dite?
- Non ne ho idea. E non
credo che mi interessi affatto.
Lui sospirò,
e si aggrappò
al
caminetto con una specie di voluttà da naufrago.
- E se vi dicessi che
Aurora era sua complice? L'ho scoperto quando ho fatto queste indagini.
E'
stata lei a prenotare i biglietti su quella nave, usando il falso nome
di
Aurora Mason. Era il nome di sua nonna, lo stesso.
Eileen fece una faccia
compita. Ma non riuscì
a fare in modo che un
sorriso, un trionfale sorriso di vittoria le irraggiasse per un istante
tutti,
ma proprio tutti i lineamenti. Dalla piega del mento alla punta estrema
delle
lunghe trecce.
- Oh, come mi dispiace,
signor Thompson. Davvero.
- Come a Nerone dispiacque
dell'incendio. Ma avete fatto bene, del resto.
- Non scherzate.
- Non sto scherzando.
- Ah no?
- No - disse lui -
Davvero. Avete fatto bene ad evitarmi un matrimonio di cui forse mi
sarei
stancato il giorno stesso delle nozze. Anche se lei non fosse stata
colpevole
esattamente come lo era suo fratello.
Eileen, in piedi anche
lei, cercò
con gli occhi la poltrona e si
sedette. Improvvisamente sentiva le gambe essersi fatte di ricotta.
Probabilmente l'enorme stanchezza di tutta la mascherata.
- Ah, meno male - disse
solo, lasciandosi andare contro l'altro schienale.
- Meno male cosa? - chiese
lui, voltandosi.
- Meno male che lo
riconoscete.
Ci fu un silenzio lungo un
minuto. Poi Thompson riprese, sorridendo come lei non lo aveva mai
visto
sorridere. In effetti la stava prendendo bene.
- Voi lo sapevate già,
vero? Non si sfugge all'infallibile intuito della nostra piccola Eileen
Thomps…
Merriott. C'è un mio amico in città, un certo Sir
Conan che di sicuro amerebbe
conoscervi. Siete in tutto e per tutto simile ad una sua creatura
letteraria.
- Ah sì?
E chi sarebbe questa creatura?
- Un tizio bizzarro e
diffidente che ficca il naso sempre dove non dovrebbe. E che alla fine risolve ogni
cosa.
- E io cosa dovrei
risolvere?
Thompson la fissò
con una strana aria.
- Avete risolto il mistero
di chi stava chiuso in soffitta. E mi avete aiutato ad incastrare il
colpevole
della morte di Catherine. Non mi sembra poco, e ora spero bene che non
continuerete. Che vorrete prendervi anche voi un po' di riposo.
- Voi ve lo prenderete?
- Non lo so. Non sono tipo
da stare molto fermo, ma … forse potremmo prendercelo
insieme.
Eileen girò
lo sguardo intorno e cercò
in tutti
i modi di frenare il rossore che le saliva alle guance. Certo Thompson
voleva
dire una cosa innocente, non voleva certo implicare che ..
- Signor Thompson?
- Ora potete anche
chiamarmi Nicholas. In fin dei conti mi avete salvato da un'impostura.
- Va bene. Signor
Nicholas?
- Ditemi cara.
- Posso farvi una domanda?
- Tutto quello che volete,
bambina. Basta che non chiediate al povero vecchio Thompson di fare
un'altra
serata come questa - rise.
- Non volevo chiedervi
questo.
- Allora dite.
- Sentite - disse Eileen
tormentando con le dita una stecca del bustino. Si fece male ma non se
ne
accorse - Sentite, Nicholas. Se lo sapevate, se Norma vi aveva detto
tutto
prima, già quando io ero malata, perché non avete
fatto tutto da solo? Perché
avete aspettato che guarissi?
Thompson sorrise.
- Potrei dirvi che era per
il piacere di vedere la mia piccola, coraggiosa indagatrice gettarsi a
testa
bassa contro un'ingiustizia. Ma non sarebbe tutta la verità.
- Ah no?
- No.
- E quale sarebbe allora
la verità?
Thompson sorrise e la
guardò
negli
occhi.
- Volevo vedere se
sceglievate me.
- Che cosa?
- Esattamente. Visto che
Prescott vi aveva fatto una proposta precisa. Volevo vedere se l'amore
per
quell'idiota bellimbusto vi avrebbe accecata tanto da proteggerlo. Non
sapevo
se fidarmi di voi, volevo mettervi alla prova.
Eileen, in piedi davanti
al camino, si appoggiò
con due mani alla poltrona.
- Mi avete messo alla
prova? Farabu …
Ma Thompson lo la fece
finire. Le andò
vicino e
le prese una mano.
- Avanti, Eileen, ora non
vi arrabbiate. Tanto più che è finita …
- Come?
- … è finita come doveva
finire. Spesso le storie hanno un lieto fine. Questa, io spero, ce
l'avrà.
- In che senso, Signor
Nicholas, se posso?
- Nel senso che ora so che
di voi mi posso fidare ciecamente.
Eileen lo fissò
dalla poltrona. So
sentiva veramente stanca.
- E a che vi serve ora la
mia fiducia? - mormorò.
Thompson sorrise:
- A fare sì
che questo imbarazzante
momento - disse buttandosi in ginocchio vicino al bracciolo della
poltrona -
rimanga sempre e solo tra noi due. E ora state a sentire.
Eileen fissò
il Signor Thompson ai
suoi piedi come se fosse in un'altra dimensione.
- Eileen Merriott - scandì
lui, sempre tenendole la
mano - Ai vostri piedi sta uno sciocchissimo essere che risponde al
nome di
Nicholas. E' un vecchio burbero di trentaquattro anni - era il mio
compleanno,
la settimana scorsa - orso, bisbetico e che dorme già con la
maglia di lana per
il freddo. Praticamente un rudere. Bene. Questo rudere, bifolco,
caustico,
certe volte sinceramente intollerante vi sta chiedendo in ginocchio
(badate
bene, in ginocchio, madamigella) di perdonarlo umilmente per tutte le
volte che
vi ha dato fastidio con la sua spocchia e di accettare - così
dicendo trasse fuori di
tasca un piccolo astuccio foderato - questo minuscolo pegno del suo
affetto.
Eileen, in piedi, non
credeva ai suoi occhi. Prese l'astuccio dalle mani di Thompson e lo aprì,
senza spiccicare parola. Dentro c'era un minuscolo anello
con un brillante e due bellissime perle.
- Io non … cioè …- cercò
di alzarsi, ma lui la trattenne.
- Era di Catherine - disse
- Penso vorrebbe che lo teneste voi. Su, avanti, infilatelo al dito.
Eileen obbedì
come in sogno. L'anello le scivolò
all'anulare come se quello fosse il suo posto da sempre.
- E adesso? - fu l'unica
cosa che riuscì
a balbettare, dopo qualche tempo.
- Adesso direi che se non
vi dispiace posso anche rialzarmi - fece Thompson - Sono vecchio,
ricordate, e tutto
questo in stare in ginocchio non mi fa bene. Comunque - disse
rialzandosi e
guardandola negli occhi (aveva stupendi occhi verdi che adesso
rifulgevano di
qualcosa che Eileen non aveva mai visto) - adesso che avete fatto
l'errore di
accettare il mio anello, dovrete sottostare a tutti i miei capricci.
Eileen, senza mollargli la
mano, lo guardò
sorridendo.
- E quali sono? - chiese.
- Prima di tutto vi
toglierete questo brutto abito che non sopporto di vedervi indosso,
Rimetterete
quello delizioso che usate per andare a cavallo …
- Ma è orribile …
- E' delizioso! Dicevo …
rimetterete il vostro abito da viaggio e scenderete giù
dalle scale. Vi
aspetterò
alla porta della locanda. E vedete di non metterci molto.
Al massimo cinque minuti.
- Perché mi aspetterete lì?
- Sono impaziente di
condurvi in un posto. E voi dovete obbedirmi, ricordate? Dovremo forse
cavalcare
tutta la notte. Ma è una serata molto strana, questa. Così
succedono cose molto strane. E adesso, avanti, preparatevi.
Vi aspetto giù alle stalle. Su, coraggio. E cercate di non
rompervi la testa con
le domande. Per una volta mi seguirete e basta.
Eileen sorrise e fece sì
con la testa. Era stanca, ma non si sarebbe persa il resto
di quell'incredibile serata per nulla al mondo. E poi Thompson le aveva
appena messo
un anello con brillante al dito … probabilmente stava
sognando, e voleva continuare
a farlo finché qualcosa non l'avesse svegliata. Annuì.
Thompson sorrise, e dopo
averle stretto la mano per un'ultima volta, si avviò
verso la porta della stanza.
Se era un sogno era proprio
un bel sogno, si disse Eileen mentre cercava di alzarsi e di andare in
contro al
suo destino con indosso qualcosa di meglio di una vestaglia.
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Capitolo 31 *** Epilogo ***
- Epilogo -
Cavalcarono
a lungo nella notte. Prima gli ultimi scampoli di Londra, poi le
propaggini di un'incerta campagna, i fossi, i campi, e poi i boschi, i
torrenti alla luce della luna, e poi più niente.
C'era soltanto silenziosa brughiera, solo erica e vento intorno a loro.
Un paio di volte Thompson affiancò il suo cavallo a quello
di lei, e le chiese se era stanca. Ma Eileen non era stanca
affatto.
Come succede quando si è stati svegli così
a lungo da dimenticare di aver mai dormito e tutto ormai si perde in
una nube di assoluta, limpida chiarezza, così
anche lei sentiva l'animo sgombro e una sorta di felicità
sottesa appena al limite di nuovi pensieri. Scuoteva la testa in
silenzio, e Thompson spronava il cavallo. Prima arrivavano, prima
sarebbe finita. Le nubi, nel cielo dell'aurora, giocavano i
loro giochi inconsapevoli.
Quando arrivarono a Burton House, a diciassette miglia da dove Eileen
era vissuta in quei mesi, le colline erano ancora del colore di cui gli
antichi imporporavano le mani alla dea dalle dita di rosa.
- Siamo arrivati - disse Thompson. Ed Eileen capì
dov'erano e perché erano là.
Era come se l'avesse aspettato da tutta un'eternità di
sogno. Come se al fine di quel viaggio ci fosse quel necessario
principio, che adesso si stagliava silenzioso davanti a loro come un
relitto di epoche passate.
- Io sono pronta - disse lei, semplicemente.
Thompson allora chiuse gli occhi e fece sì
con la testa. Lasciarono i cavalli legati alla piccola staccionata in
fondo al viale che conduceva alla casa. Non c'erano niente altro
intorno, muri o confini, solo una lunga, enorme marea.
- Siamo alla fine - disse lui, avvicinandosi alla porta. Eileen sorrise
e fece segno che lo seguiva. Thompson bussò.
Una serva dall'aria stanca li accolse.
- Buon giorno Lydia, la signora dorme?
Lydia, da sotto la cuffia spiegazzata e con gli occhi grevi di sonno,
guardò
il padrone. Poi fece cenno di sì.
- E allora andiamo. Non vogliamo disturbarla, non temete. Ci
tratterremo solo qualche istante.
L'interno del cottage era lindo, arredato con semplice, limpido gusto.
Alle pareti quadri con piccoli fiori, e fiori essiccati sulle mensole.
C'era un camino, nell'angolo, e davanti una grande poltrona. Accanto un
cesto da lavoro, intatto, con ferri e calza e gomitoli di lana.
Lydia li accompagnò
su per le scale incerte, reggendosi con una mano alla bianca spalliera
che li separava dal vuoto. Le assi scricchiolavano quiete con l'antica
solidità
di quello che è lì da sempre.
La luce a fiotti filtrava da una vecchia finestra a metà del
pianerottolo. Aveva tende di mussola fine che sventolavano
com ricordi in un luogo dove tutto è passato.
Eileen prese la mano al Signor Thompson. E Thompson dolcemente richiuse
le dita sulle sue, come in un sogno.
Davanti a una porta di legno chiaro, la domestica, senza parlare, si
sfilò
una chiave dalla tasca, e attese.
- Lasciaci soli, Lydia, grazie.
E poi, a Eileen:
- Pronta?
- Pronta.
La chiave scivolò
senza fatica. La serratura non fece alcun rumore. Un istante dopo,
nell'incerta luce lattiginosa del mattino Eileen vide una camera da
letto, le tende alle finestre e il pavimento di legno bianco. E uno
specchio, un tavolo, una mensola, e un armadio, uno scendiletto, una
coperta … sulla coperta una mano bianca. La mano della donna
che era morta da sempre, e che non era mai del tutto morta.
- Mia sorella, Catherine Thompson - fece Thompson avanzando di un passo
nella stanza - Colei che da quando l'ho ritrovata, e forse prima, vive
la calma incoscienza dei saggi. Voi la vedete, Eileen, ma lei
è rimasta chissà dove e chissà quando.
Voi la vedete ma lei non vede noi.
La testa rossa di quel quieto sogno riposava su un guanciale di lino,
un lieve velo di garza proteggeva il letto dal resto. E dietro al velo,
come fosse sospeso nella corrente di anni ed anni di oblio, il respiro
silenzioso di Catherine.
Era pallida, ma il suo viso aveva l'incerta compostezza degli angeli.
Era bellissima, e perfettamente immobile.
- Quindi l'avete ritrovata ...
- Subito. L'anno dopo la sua scomparsa. Per il bambino è
stato più difficile, ma adesso adesso che tutto è
andato a posto, potrei pensare di porlarlo qui e di
...chissà se il tempo non possa far qualcosa per tutti e due.
Eileen fece un passo avanti. Le tende del letto si mossero.
- Amore? - fece una voce da dietro le cortine. E una mano si mosse
appena appena.
Eileen si fermò,
immobile.
- Sono qui, stai tranquilla - disse Thompson, dietro di lei. Poi sollevò
la tenda di garza e fece scivolare una mano nella lieve stretta di sua
sorella. La donna sembrò
calmarsi all'istante.
-
Perché sei stato tanto lontano?
Thompson sedette e le accarezzò
la fronte.
- Ora sono qui.
Catherine sorrise, chiuse di nuovo gli occhi.
- Non te ne andrai di nuovo, vero? Ho freddo … e sta per
nascere il bambino. Il mio bambino, te lo ricordi, il nostro
… sono sola, ho paura … amore mio … ho
paura …
Thompson si curvò
sul suo orecchio.
- Stai tranquilla - sussurrò
-
La notte è calma e fuori ci sono le lucciole. Le vedi le
lucciole, Catherine? Ce ne sono a milioni, sembrano stelle
giù nel vecchio campo lungo il Gladstone … Ieri
Norma te ne ha catturate un paio. Sono giù in cucina, nel
bicchiere. E ha preparato il pudding, ci faremo
colazione domattina … Piccola Catherine, dove sei finita?
Vuoi che ti canti la nostra canzone, quella del gufo e della nido e del
sole che va avanti e indietro e avanti e indietro …
Ricordati,
bambina, che la sera
non è mai così
oscura come apparve.
Nell'inverno cresce già la primavera,
dentro i bozzoli si accendono le larve.
Il gufo dorme dentro il suo nido,
ma poi spalanca i suoi begli occhi gialli:
quello che adesso è oscuro, triste, infido,
col primo sole lo scacceranno i galli …
Quando
Thompson smise di sussurrare a sua sorella questa vecchia canzone, sui
lineamenti perlacei di Catherine si diffuse un sorriso beato. Subito
dopo il sonno l'avvolse.
Eileen si asciugò
una lacrima.
- Lo aspetta ancora? - sussurrò.
- Lo aspetta sempre. La sua mente è ferma là, a
quella notte in cui il tempo ha smesso per lei di avere un senso. Il
momento in cui lui l'ha abbandonata. Lo aspetta e spera che ritorni.
- Ma lui non tornerà, non è vero?
Thompson scosse la testa, piano.
- No, non tornerà. Ma forse è meglio così.
Forse per lei sarà sempre quel Prescott che ha conosciuto. E
questo forse sarà la sua salvezza. In fin dei conti, nel
posto dov'è adesso, tutto è possibile e il vero
non ha senso. Rimane solo quel che è sempre stato ...
- Pensate che non possa più tornare indietro? Che non esista
qualcosa, una cura ...
- Ci vuole tempo, Eileen, ci vuole tempo.
- Tutto il tempo che sarà necessario.
- Cosa intendete? Io non so se da solo potrei riuscire a ...
- Non sarete più solo.
- Come?
- Davvero, Signore caro, mai più. Ci sarà sempre
qualcun'altro al vostro fianco. Che a voi piaccia o meno, s'intende.
Thompson fece una smorfia bizzarra, ma i suoi occhi smentivano tutto il
resto.
- E di grazia, chi sarebbe ... Oh, certo ... c'è Nibbles, e
poi Foster, e Norma, e Noah ...
- E poi? Nessun altro, in casa, a parte loro?
Lui finse di pensarci per un po'.
- Dunque, vediamo ... ah, sì. Ma certo, quasi dimenticavo,
c'è un folletto vestito da canaglia che mi è
stato scaricato di peso un paio di mesi fa. Una graziosa piccola
canaglia di cui sulle prime non sapevo che farmi, e che per poco non ho
fatto l'errore di farmi sfuggire tra le dita. Ma adesso - disse e le
prese una mano, vicino alla finestra - adesso non la lascio
più andare.
- No? E perché mai, se posso chiederlo, visto che
dimenticate così facilmente di metterla in lista?
- Perché è fuori da ogni possibile lista. Su,
adesso usciamo. Ne avete viste anche troppe per questa mattina. Norma
ci aspetta a casa, e starà sulle spine. Nessuno le ha
più fatto sapere se torno con un anello al dito oppure ...
- Signor Nicholas? - fece allora Eileen - Non avete risposto alla
domanda.
- Quale domanda? - chiese lui, scendendo il primo gradino della scala.
- La domanda del perché volete tenere con voi la piccola
canaglia. b' fastidiosa. In che cosa può esservi d'aiuto?
Thompson sorrise e allungò le braccia, cingendola piano
piano alla vita e tirandola a sé.
- Mi chiedete perché non vi lascio più andare? -
le sussurrò - Velo lo spiego: perché se
c'è un solo modo per rendere la vita vagamente degna della
fatica che facciamo per viverla, è avere qualcuno accanto da
amare. Finché possiamo vivere per qualcuno, non è
mai completamente finita.
- E quand'è che comincia, Signor Thompson?
- Adesso, amore mio. Proprio adesso.
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