Basta solo avere coraggio di Darkmilotic (/viewuser.php?uid=52033)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** "Mai come in quel momento desideravo sognare" ***
Capitolo 2: *** Tutto un incidente ***
Capitolo 3: *** "Segui il tuo cuore!" ***
Capitolo 4: *** Ciao nonno ***
Capitolo 5: *** "Ti amo!" ***
Capitolo 1 *** "Mai come in quel momento desideravo sognare" ***
Dedicata
interamente ad Assia ,
alla
mia più cara amica ,
ad
una sorella ,
senza
la quale non avrei avuto lo spunto per questa fanfic.
Grazie
di tutto amica mia .
***
Capitolo
1
“Mai
come in quel momento desideravo sognare”
“Sei
il ragazzo più coraggioso che abbia mai
incontrato”. Questo era ciò che mi
aveva detto la Zia Betty pochi giorni prima della partenza , al
matrimonio di
mia madre. Ed era lì che avevo trovato di nuovo quel
coraggio che mi aveva
sempre caratterizzato e che non mi aveva mai lasciato . Funzionava
sempre così
, Betty mi metteva sempre di buon umore , era l’unica che
riusciva a farmi
sorridere , anche quando tutto andava a rotoli.
Purtroppo
però sono diverso , e quando qualcuno è diverso ,
si fa sempre più difficile
inserirsi . Fino ad allora non lo avevo mai notato , forse
perché non lo avevo
voluto accettare. La barriera di pregiudizi che fino ad allora aveva
aleggiato
intorno a me si era sgretolata , lasciando il posto alla
veridicità delle varie
affermazioni altrui , che non danno scampo a chi non è come
loro .
La
vita non è mai stata molto giusta con me , non mi aveva mai
dato soddisfazione
senza poi prendersi qualcosa in cambio . Questa è per me la
vita , un continuo
scambio di favori e di delusioni . Probabilmente negli ultimi tempi
qualcosa
era cambiato in meglio , c’erano nuove persone nella mia vita
, persone che
erano disposte a comprendermi , ad accettarmi .Ma il piccolo mondo di
tolleranza che mi circondava , non era nulla in confronto a
ciò che c’era fuori
, fuori dalle mura di casa mia . Mia madre e Bobbie avevano rinunciato
al
progetto di prendere casa a Manhattan , poiché il nonno
negli ultimi tempi
aveva dimostrato una salute molto cagionevole. Certo era
però che i pregiudizi
aumentavano invece di diminuire , ed ogni passo che cercavo di compiere
fuori
dal guscio , mi sembrava sempre di più un passo verso il
patibolo .
Nulla
era logico , anzi direi che la logica l’avevo già
fatta volare via dalla
finestra al matrimonio di mia madre , quando cominciai a ballare con
Austen .
Tutti ci fissavano ed io e lui continuavamo indisturbati il nostro
lento ,
presi dall’euforia del momento . Non dimenticherò
mai quel giorno , non
dimenticherò mai quando mi lasciai andare per la prima volta
. Mi sentivo libero
, come se mi avessero tolto un peso dallo stomaco . Ma la
libertà dura poco .
Mi fissavano centinaia di sguardi , più di duecento occhi
erano sopra di noi ,
mi sentivo osservato. Ma non mi importava , l’unica cosa che
contava era il mio
ballo con lui , Austen , colui che non mi aveva respinto ,che non mi
aveva
voltato le spalle . Colui che era capace di capire i sentimenti che
provavo ,
che non si faceva scrupoli a difendermi dalle ardue sentenze che
incontravamo .
Avrei
voluto che nessuno lo avesse saputo, che tutto fosse rimasto un segreto
, ma in
fondo i segreti, come le bugie vengono sempre a galla .
Mi
aspettavo un comportamento diverso dalla mia famiglia , un altro tipo
di
atteggiamento, di certo neanche nei miei sogni più belli
avrei immaginato una
simile tolleranza , specialmente quando mia madre mi disse che Austen
era
carino , mentre ballavo con lei il giorno delle sue nozze.
Certo
che era carino , era Austen. E pensare che proprio lui mi aveva
stregato ,
proprio lui mi aveva ammaliato , con il suo egocentrismo estremo e la
sua
vanità irrefrenabile. Forse era l’amore che
rendeva tutto diverso , che
nascondeva i suoi precedenti difetti per far apparire
un’immagine di lui
luminosa e splendente, anche se devo ammettere che la sua persona era
cambiata
totalmente.
Stavo
fissando l’ingresso di casa mia dal divano nel salotto ,
quando una voce mi
richiamò alla realtà :
-
Justin
Era
mia madre Hilda, chissà cosa vorrà stavolta . Mi
alzai dal divano ricoperto da
un fodero grigio assolutamente passato di moda , percorsi quel piccolo
tratto
di salone che mi separava dalla cucina ed entrai nella stanza .
Lì vidi mia
madre , che vicino al telefono mi esortava ad avvicinarmi. Non appena
fui
vicino a lei mi disse :
-
E’ Austen .
Non
le diedi neanche il tempo di pronunciare il suo nome che subito le
strappai il
telefono di mano. Era strano come quel nome suscitasse in me una strana
reazione di euforia , di allegria . Presi la cornetta del telefono e
feci segno
a mia madre di uscire dalla stanza. Lei sorridendo eseguì
subito il mio ordine
, ricordandosi di quanto fossi suscettibile
all’”ascolto indesiderato di
parenti ed amici alle telefonate altrui”. Non appena
andò via dalla stanza , mi
assicurai che non ci fosse più nessuno ad ascoltare le mie
conversazioni . A
quel punto avvicinai la cornetta all’orecchio :
-
Pronto
-
Ehi Justin
Era
lui , come sempre con la sua voce abbastanza pesante per un ragazzo
della
nostra età . Non volevo farlo attendere a lungo e per questo
risposi
immediatamente:
-Ciao
Austen , come va?
-
Non mi lamento - ribatté accennando ad un sorriso
-
Neanche io - risposi ricambiando
-
Vedo che non ti sei ancora abituato alle mie chiamate a casa vero ?
-
E chi te lo dice ?
-
Senti , ti conosco Justin e so che quando sei teso di solito parli
piano e con
voce lieve - precisò , dado dimostrazione di quanto mi
conoscesse.
-
Va bene mi hai scoperto , comunque , perché hai chiamato ?
-
Arriviamo subito al sodo dunque …
-
Per me non ci sono problemi , non mi è
mai piaciuto aspettare .
-
Che ne diresti di fare una passeggiata? - mi propose timidamente .
Anche lui
era un cuore tenero, anche se non dava a vederlo molto. Era molto dolce
specialmente con me. Non sapevo perché ma quando parlava ,
riusciva a formare
quell’alchimia , che sentivo di on aver mai avuto con
nessuno.
Guardai
fuori dalla finestra per cercare di esaminare i pro ed i contro di
questa
uscita. Notando che erano le sei , tolsi immediatamente il pensiero a
quel
nostro appuntamento e perciò ero subito pronto a negare
l’invito:
-
Mi dispiace Austen è tardi.
-
E allora ? Di cosa ti preoccupi? -
chiese
-
Ci metteresti molto tempo per arrivare con l’autobus e non
avremo neanche un
po’ di tempo per stare insieme . Giusto altri cinque minuti
prima che tu possa
prendere un altro autobus- risposi , tentando di frenare il mio
dispiacere.
-
Innanzitutto ci metterei solo mezz’ora con
l’autobus a venire a casa tua , poi
, come seconda cosa , ti chiederei gentilmente di aprire la porta - mi
ordinò
Inizialmente
non capii cosa volesse significare quell’invito, ma poi ,
riflettendoci tutto
fu più chiaro, tutto si illuminò .Non era
possibile , era riuscito a
sorprendermi di nuovo. Presi una rincorsa pazzesca e sfrecciai verso la
porta
di ingesso .
La
aprii con molta forza e lo vidi , col suo telefono cellulare vicino
all’orecchio , che mi fissava sorridente e sbalordito allo
stesso tempo. Non
riuscivo a trattenere la gioia , e quindi gli saltai letteralmente
addosso ,
gli posi le braccia al collo e lui ricambiò la mia stretta ,
con un abbraccio
altrettanto affettuoso. Era riuscito a sorprendermi per
l’ennesima volta . Non
potevo crederci , come non potevo credere che fosse stato davanti alla
mia
porta il giorno in cui Zia Betty si tolse l’apparecchio. La
mia reazione fu
diversa ,in quel momento ero sorpreso , e soprattutto avevo preso la
decisione
di non volerlo più rivedere , che revocai immediatamente
dopo averla pensata.
Era
un tipo a dir poco speciale , ci andava forte con le sorprese ed aveva
anche un
bel senso dell’umorismo. Ma cosa mi aveva fatto impazzire di
lui era il
sorriso. Aveva un modo di sorridere favoloso , che pacava ansie ed
angosce.
Finito
di contemplare la sua bellezza , presi immediatamente il giaccone
grigio ,
l’unico che si intonava con la camicia rosa che avevo in
dosso e avvertii mia
madre che sarei uscito. Dopo aver ottenuto il suo assenso chiusi la
porta ed
andai .
Attraversammo
la strada e prendemmo l’autobus per andare in centro. Era il
nostro luogo
preferito,dove potevamo essere noi stessi senza che nessuno se ne
accorgesse e poi
che altre scelte avevamo ? Il Queens non era proprio uno degli ambienti
in cui
si sarebbe potuto passeggiare.
Nel
passeggiare incontrammo di nuovo il mercante che ci vedette i
braccialetti
verdi , un colore che ancora provoca in me del disgusto, che
restituimmo. Non
ci aveva preso molto in simpatia dopo la bella figura che facemmo
quella volta
per questo ci guardava sempre con un po’ di riluttanza .
Restammo
in silenzio per un po’ durante la passeggiata , ma , siccome
non mi hanno mai
garbato le conversazioni “silenziose” , pensavo che
fosse il momento di
intervenire per fare in modo che quell’uscita funzionasse:
-
Allora Austen - Male , avevo iniziato con un tono che di solito si usa
al primo
appuntamento , ma cosa avevo nella testa ?
-
Dimmi Justin
-
Ho notato che non siamo mai andati a casa tua
Rimase
perplesso , forse avevo toccato un tasto dolente. Dolente o no dovevo
pur
sempre sapere il perché di quella faccia e per questo non
esitai e continuai a
sottoporlo alle mie domande:
-
Posso riaccompagnarti io a casa dopo , così i tuoi genitori
mi conosceranno
-
Non credo sia una buona idea- rispose lui balbettando . Balbettava in
continuazione quando era nervoso , anche se in questo momento non
riuscivo a
capire perché fosse così in ansia
-
Perché pensi che non sia una buona idea ? - chiesi
-
Non credo che li troverai in casa , sono sempre molto occupati -
rispose
evasivamente
-
Sicuro?
-
Certo Justin , cosa pensi che ti stia mentendo? - domandò
con voce leggermente
alta
-
In verità , adesso che me lo chiedi non so cosa pensare - mi
alterai . Non
volevo litigare con lui , non avrei mai voluto farlo , ma quando mi
rispondeva
in quel modo mi dava ai nervi . Non sopportavo quel suo orgoglio che
gli
impediva di essere aperto a tutti gli effetti con me.
-
Dovresti solo fidarti di me - rispose lui , si notava che era un
po’ deluso ,
ma cosa potevo farci? Io volevo sapere , ma non avrei mai voluto
giocarmi il
nostro rapporto.
-
Io mi fido di te , soltanto che mi ero chiesto questo perché
non eravamo mai
stati a casa tua , forse perché non sei ancora pronto a
farti vedere con me o
forse perché …
Mi
bloccai di colpo. Lui spalancò gli occhi , come se avesse
intuito cosa stessi
pensando in quel momento. Non potevo pensare che non lo avesse fatto ,
non
potevo pensare che ancora non avesse eseguito ciò che
avrebbe dovuto fare mesi
prima , quando ci eravamo conosciuti.
-
… O forse perché loro non lo sanno ancora ! Certo
è per questo che hai tanta
paura di portarmi a casa tua . Hai paura che ci scoprano in
atteggiamenti
intimi oppure
mentre ci scambiamo un
bacio. Non pensavo che potessi essere così codardo . - Mi
scappò ma avrei tanto
preferito stare zitto in quel momento . Lui non se la prese per quello
che gli
dissi , ma io capii che stava male per quello che gli avevo appena
detto .
Tentai quindi di risso levare la situazione , per questo cercai di
rimediare:
-
Scusami. Senti da che pulpito viene la predica. Proprio io dico queste
cose ,
che mi sono fatto mille problemi per poterlo dire alla mia famiglia.
Dopo
aver ripensato ai mille guai che avevo passato per mantenere il mio
segreto
capii cosa dovesse provare Austen in quel momento. Era disorientato e
forse non
aveva il coraggio di dire la verità perché sapeva
che forse non sarebbe stato
accettato.
-
No! Scusami tu , avrei dovuto imparare dalla tua esperienza ma invece
mi sono
dimostrato sciocco. - Non mi dispiaceva sentirglielo dire , ma dovevo
ammettere
che la parte del colpevole non gli si addiceva , certo era
però che ad
ammettere le sue colpe era assolutamente un mito , neanche avrei
ammesso tutto
con tanta facilità
-
Rimedierò domani stesso . Justin che ne diresti di venire a
pranzo da me domani
?- Vuoto, il silenzio , possibile che in quel mare di macchine , di
clacson e
di rumori generali , l’unico suono che riuscissi a percepire
era la voce del
silenzio? Non durò però a lungo , il silenzio
lasciò il suo posto ai battiti
del mio cuore , frenetici e forti . Non potevo ancora crederci che
Austen
avesse risolto il problema così in fretta e che mi avesse
fatto quell’invito in
modo così schietto , ma nello stesso tempo romantico , o
almeno io lo avevo
trovato così . Entusiasta dall’idea , decisi
all’istante , senza troppi dubbi ,
senza troppe scuse e gli dissi :
-
Sono molto contento nel dirti … - stava morendo , lo
sentivo, stava sicuramente
morendo dalla voglia di sapere la mia risposta. Avrebbe dovuto intuirla
però ,
avevo anche detto “Sono contento”. Decisi
però di non lasciarlo sulle spine e
di rivelargli la mia decisione:
-
… che accetto il tuo invito Austen .
-
Si! - esclamò in mezzo alla strada .
Era
felice più che mai , probabilmente era contento che non
fossi arrabbiato con
lui e questo mi rendeva di buon umore , non volevo assolutamente
deluderlo ,
nello stesso modo in cui lui non voleva deludere me. Improvvisamente ,
ancora
preso dall’euforia del momento , mi prese il braccio , mi
trascinò a sé , ed
incollò le sue labbra alle mie . Chiusi gli occhi per un
minimo istante , era
stupenda la sensazione che provavo quando lo baciavo , era splendido
sapere che
in quel momento le nostre anime si fondevano , che erano un
tutt’uno . Avrei
potuto scalare anche una montagna con la forza che mi aveva infuso .
Aprii gli
occhi , giusto in tempo per riuscire ad intravedere il blu dei suoi .
Mi ero
sempre perso in quegli occhi , ogni volta che ci baciavamo mi ritrovavo
a
fissarli . Era in quel momento che pensavo che lui non potesse essere
alla mia
portata , che non ero degno di stare insieme a lui . Ma mi ricredetti
subito ,
se stava con me c’era sicuramente un motivo ; lui aveva
scelto me ed io avevo
scelto automaticamente lui. Ci allontanammo l’uno
dall’altro lentamente ,
volevamo continuare , ma sapevamo che non era giusto , pian piano
sentii le sue
labbra allontanarsi dalle mie e provai sconforto , un piccolo senso di
nostalgia
, acquietato quando vidi il suo fiso ed il suo enorme ciuffo che gli
occupava
tutta la fronte. Poi riprendendomi da quel momento di follia gli chiesi
:
-
Perché lo hai fatto ?
-
Se lo deve sapere anche la mia famiglia voglio che lo sappia anche
tutta New
York e se fosse necessario anche tutto il mondo- mi rispose .
Non
riuscivo assolutamente a credere alle parole che mi aveva detto , al
romanticismo che aveva messo in quelle lettere che mi avevano colpito
il cuore
e riempito l’anima , soltanto Austen poteva essere tanto
gentile ed affettuoso.
-
Se lo vuoi posso gridarlo a tutti ciò che provo per te -
dissi io
-
Non mi tentare , potrei anche decidere di fartelo fare un giorno -
ribatté lui
soddisfatto.
Notai
solo in quel momento che si stava facendo buio e rammentai ad Austen
tutto il
tempo che ci voleva per tornare a casa . Sia la sua che la mia
distavano in
autobus nella stessa maniera a partire da quel punto e nessuno dei due
voleva
fare tardi per non scatenare le ire materne iperprotettive. Arrivammo
così alla
fermata dell’autobus giusto in tempo. Il primo autobus a
fermarsi fu quello per
casa mia. Appena vidi le portiere che si aprivano ricambiai il bacio di
Austen
con un altro dalla stessa passione ma di più breve lunghezza
, lasciai andare immediatamente
la presa e decisi di andare .
-
Ci vediamo domani a mezzogiorno - mi infornò lui -
Dodicesimo piano numero 108
Annuii
ed entrai nell’autobus. Durante il tragitto per casa mia ,
ripensai a tante
cose che riguardavano il giorno seguente. Cosa mi sarei messo , come
avrei
interagito con i genitori di Austen una volta che il figlio gli avrebbe
rivelato tutto , cosa gli avrei detto . Tante piccole cose positive che
però
oscuravano i tanti lati negativi che si presentavano le tante facce
delle
medaglie sulle quali erano scolpite le mie domande. Non mi ero posto
però i
quesito indispensabile : Ci avrebbero accettato per quello che eravamo
?Mi
avrebbero accettato?Preferii non pensarci e rimandare l’ardua
sentenza
all’indomani , quando tutto si sarebbe chiarito.
Tornato
a casa , aprii la porta , non riuscii neanche a capire cosa fosse
successo ,
mia madre sembrava un fulmine , andava da una parte all’altra
della casa e non
si fermava un minuto , raccogliendo varie cose e mettendole tutte in un
grosso
borsone blu .
Bobbie
nello stesso modo percorreva tutti i corridoi della casa senza mai
fermarsi .
In quel momento mia madre si accorse di me , mi venne in contro e mi
abbracciò
, lasciando a Bobbie il compito di riunire tutte le sue cose . Non
appena mi fu
vicina avvertii immediatamente la tristezza dei suoi occhi , lucidi ,
segno che
aveva da poco smesso di piangere ed aveva le narici rosse , segno che
aveva appena
gettato un fazzoletto . Mi prese delicatamente mettendomi una mano
sulla spalla
e mi portò nella sala da pranzo , mi fece sedere sul divano
ed iniziò a parlare
:
-
Prima di tutto Justin non devi allarmarti , ti prego innanzitutto di
non
entrare nel panico e di accettare la cosa con maturità e
serietà , ho già
chiamato tua zia Betty che è di ritorno da Londra.
-
E perché mai zia Betty dovrebbe tornare da Londra?
Si
fermò un momento , inspirò profondamente e ,
trattenendo le lacrime che aveva
sicuramente voglia di versare , mi disse :
-
Nonno ha avuto un infarto
Non
riuscii a credere
alle mie orecchie ,
avrei tanto voluto che adesso il silenzio che poco tempo indietro mi
aveva
attanagliato mi riprendesse ,mi desse il modo di trovare il coraggio di
affrontare
questa situazione , questo nuovo problema . Cercai di non piangere e di
far
trasparire un’immagine sicura di me a mia madre , per questo
trattenni le
lacrime e la lasciai continuare :
-
Non gli resta molto tempo, i dottori gli hanno dato al massimo una
settimana e
ci hanno garantito che faranno tutto il possibile .
E’
a quel punto che cominciai a piangere , cominciai a far uscire fuori
tutto ciò
che avevo dentro di me , ogni minimo sentimento , non mi sarei fermato
neanche
se avessi cacciato fuori l’anima . Mia madre
continuò ancora a trattenere la
sua tristezza , ma inutilmente , si lasciò trasportare dalla
mia malinconia e
anche lei cominciò a far sgorgare dai suoi occhi lacrime
calde. Tentava di
rassicurarmi , e gli ero molto grato , volevo esprimergli tutta la mia
gratitudine in quel momento , ma le uniche cose che riuscii a dirgli
furono :
-
Quando arriverà la zia Betty ?
-
Domani in mattinata verso mezzogiorno , ha detto che sarebbe andata
direttamente in ospedale - rispose mia madre
-
Ok - dissi io - annullo il mio pranzo a casa di Austen
-
Ehi … Fermo lì dove sei - mi fermò mia
madre - Cosa è questa storia del pranzo
?
-
Niente di che … Solo che Austen ha finalmente trovato il
coraggio di rivelare
ai suoi genitori di noi e mi aveva invitato lì per pranzo
tutto qui - spiegai
con aria delusa .
-
Tutto qui ? Justin tu andrai a quel pranzo . Finalmente hai trovato
qualcuno
che ti accetta per quello che sei , non puoi lasciarti sfuggire questa
occasione
-
Ma il nonno …
-
Il nonno non avrà nulla da dire , anzi ti incoraggerebbe a
fare la stessa cosa
, glielo spiegherò io domani , starà anche su un
letto ma è ancora cosciente.
-
Grazie mamma .
Non
ebbi neanche il tempo di finire la frase che Bobbie entrò
nella stanza e disse
:
-
Hilda è ora di andare
-
Va bene amore vengo subito - rispose la mamma
-
Dove vai ?- domandai preoccupato
-
Stasera passerò la notte in ospedale , Bobbie
tornerà per stare qui con te va
bene ?
-
Non ci sono problemi mamma , non preoccuparti
-
Va bene tesoro mio , fa il bravo
-Vai
mamma - risposi io .
Mia
madre uscì dalla porta . Avevo già messo in conto
di piangere una volta che se
ne fosse andata , ma non sapevo il perché ma
l’unica cosa che feci era stare in
silenzio , in silenzio con la mia solitudine , con i mie problemi e le
mie
angosce , avrei tanto voluto avere Austen con me lì accanto
in quel momento ,
stavo anche per prendere il telefono e chiamarlo , ma preferii non
disturbarlo
. Già era in tensione per ciò che sarebbe
accaduto domani e non era
assolutamente il caso di regalargli altri problemi . Salii le scale e ,
dopo
essermi sistemato per bene mi misi a letto . Misi in pausa il mio ego ,
stanco
di pensare , stanco di tutte le situazioni che la vita mi stava
servendo su di
un piatto di argento. Non avevo più voglia di pensare , non
avevo più voglia di
vivere per quella notte , volevo solo dormire , dormire e dimenticare ,
il
sonno concilia il pensiero ed altera aspetti della vita fondamentali.
Mai come
in quel momento desideravo sognare .
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Tutto un incidente ***
Capitolo
2
Tutto
un incidente
Aprii
gli occhi al suono della sveglia e cercai di orientarmi nel caos della
mia
stanza , cercai di non pensare a nulla che non fosse la luce accecante
che mi
perforava gli occhi . Neanche un vampiro avrebbe avuto la mia reazione
a
quell’effetto luminoso . Ero ancora troppo scombussolato per
capire cosa mi
stesse accadendo in torno e meccanicamente uscii dalla mia stanza per
recarmi
in bagno . Lì presi a sciacquarmi le mani ed a lavarmi i
denti . Subito poi mi
lavai la faccia consumando metà dell’acqua che
aveva riempito il lavandino . La
reazione fu istantanea quando l’acqua tocco la mia pelle
svegliandomi .
-
Il pranzo - presi ad urlare .
Entrai
in camera mia e diedi un’ occhiata all’orologio .
erano le 11:20. Se avessi
fossi riuscito a vestirmi e a prepararmi in dieci minuti sarei riuscito
ad
arrivare in tempo al pranzo di Austen . Mi armai di pazienza e in quel
preciso
lasso di tempo acquisii una velocità spaventosa , anche
più di quella di mia
madre il giorno prima . Lasciai da parte l’indecisione sugli
abiti da mettere
quel giorno e presi le prime cose che trovai nell’armadio .
Mi sorpresi di
quanto potessi essere elegante con quelle cose che avevo scelto al
momento . In
fondo , come avevo sempre detto , avevo un futuro assicurato nel campo
della
moda . Presi il cellulare ed il portafoglio in fretta e furia , scesi
le scale
e prima di andare mi diedi un’ultima occhiata allo specchio ,
mi aggiustai il
mio ciuffo sempre curato e trattato nei minimi dettagli con il gel e
dissi :
-
Farai una buona impressione! Farai una buona impressione! - continuai a
ripeterlo almeno per altre tre volte con la speranza che mi avrebbe
aiutato ,
ma mi rese soltanto più nervoso , nient’altro .
Entrai
nella stanza adiacente , la cucina , dove trovai Bobbie seduto che si
era
appena alzato. Bobbie , aveva una caratteristica, anche se si svegliava
di
colpo , manteneva sempre una lucidità pazzesca . Non sapevo
proprio come ci
riuscisse . Se non mi lavavo la faccia almeno tre o quattro volte ,
restavo
come uno zombie dopo che si era ridestato da una tomba . era stato un
caso che
soltanto una piccola sciacquata di faccia mi ha fatto riprendere la
lucidità
questa mattina. Non appena fui entrato in cucina , presi il coraggio a
due mani
e chiesi a Bobbie :
-
Notizie del nonno ?
-
Per il momento è sempre stabile , i valori restano comunque
alterati ma la
situazione per il momento è sotto controllo.- rispose con un
po’ di malinconia
.
Era
solo da due mesi che Bobbie era entrato a far parte ufficialmente a
questa
famiglia e già voleva un ‘ infinità di
bene al nonno . Era stato trattato come
nessuno mai aveva fatto e aveva sentito l’aria di casa , come
se fosse nella
sua di casa . Continuai a fissarlo per pochi secondi , ma la sua voce
in
seguito mi portò alla realtà :
-
Ma tu , signorino , non avevi un pranzo ?
-
Oh mamma , hai ragione , per tutte le sciarpe Gucci sono
in ritardo ! - esclamai , dopo aver
guardato l’orologio .
Salutai
Bobbie in fretta e furia e uscii dalla porta principale . Corsi come un
matto
per poter raggiungere la fermata dell’autobus , ma per
fortuna riuscii ad
arrivare in tempo , giusto in tempo prima che le porte
dell’autobus si
chiudessero . Appena entrato mostrai l’abbonamento che zia
Betty mi aveva
regalato , perché non l’avrebbe usato
più e stetti in piedi . Era incredibile
quanta gente ci fosse di Domenica nell’autobus , eppure non
c’era da andare a
lavorare . Non volli perderci molto tempo su questo argomento e per
questo
decisi di svuotare la mente da ogni pensiero . Non avevo voglia di
riflettere
su nulla che non sull’appuntamento che stavo per avere con
lui e con la sua
famiglia . Cercai di accantonare in un angolo solitario della mia mente
ciò che
di più negativo avrei potuto immaginare su
quell’appuntamento e decisi di
pensare soltanto a ciò che di più positivo
sarebbe potuto accadere.
Se
non mi fossi ridestato in tempo da quel mio “esame delle
varie possibilità”
avrei anche perso la fermata e sarei stato costretto ad aspettare ore
ed ore
prima che passasse un altro autobus . Scesi alla fermata giusta e mi
avviai
verso casa sua . Austen mi aveva spiegato dove si trovasse ed io capii
immediatamente dove abitava. Avevo molta dimestichezza col luogo non
soltanto
perché avevo preso l’abitudine ad spostarmi in
autobus , ma anche perché ,
qualche anno fa abitava lì un mio vecchio amico che poi si
trasferì in Canada ,
solo perché il padre aveva avuto una promozione .
Camminai
per un po’ , giusto quei cinque minuti che separavano la
fermata dell’autobus a
casa di Austen . Non appena giunsi di fronte casa sua mi meravigliai .
Non me
la ricordavo affatto così . Sapevo che era un condominio ,
ma non mi ricordavo
che fosse così alto. Le sue pareti esternamente era azzurre
e su ogni anglo del
palazzo vi erano rifiniture marmoree . Il portone era abbastanza grande
e
lasciava intravedere al suo interno. Entrai ed una volta
all’interno mi
sorpresi di come le tonalità di blu che invadevano la parete
fossero tanto
accese . Era
bellissimo , specialmente
se pensava che quel portalettere in legno di ciliegio era assolutamente
abbinato all’ambiente circostante . Dalla parete centrale
dove era poggiato il
portalettere si diramavano due scalinate . essendo confuso e non
vedendo delle
indicazioni che potessero aiutarmi ad individuare
l’alternativa giusta chiesi
al portiere , un omone altissimo e con le spalle molto larghe vestito
di un blu
scurissimo :
-
Scusi il dodicesimo piano appartamento108 ?
-
La scalinata a sinistra - rispose freddamente
-
Grazie - risposi educatamente
Non
fece un ciglio , chinò soltanto il capo in segno di
reverenza . A quel punto mi
allontanai e soltanto in quel momento realizzai che mi sarei dovuto
fare dodici
piani a piedi. Non mi importava , per Austen questo ed altro , avrei
scalato
anche l’Himalaya per lui . Presi tutto il fiato che era in me
e cominciai la
scalata verso di lui . Per più di una volta pensai di
fermarmi , ma non diedi
particolarmente peso ai miei pensieri di resa , sarei
arrivato a quel piano a qualunque costo ,
anche se fossi rimasto senza fiato .
Ci
impiegai almeno dieci minuti prima di raggiungere il piano giusto e
appena
arrivato lì mi misi alla ricerca del numero 108 . Non ci
volle molto per
trovarlo , era il primo di fianco alla scalinata. Mi avvicinai alla
porta verde
scuro con il numero 108 intarsiato in oro e presi un respiro profondo .
Ecco
, era arrivato il momento, il momento di affrontare le paure che si
erano
stagliate nel mio cuore per tutta la giornata di ieri , o meglio da
quando
Austen mi aveva lascito nell’autobus . Presi un respiro
profondo e suonai il
campanello .
Aspettai
per un po’ e quell’attesa mi sembrò la
più lunga di tutta una vita , poi sentii
la porta aprirsi ed Austen che mi invitò ad entrare.
-
Prego - mi disse dolcemente.
Accennai
ad un sorriso ed entrai immediatamente , non me lo feci ripetere due
volte .
Appena entrato , notai che la casa non era molto grande , occupava in
media il
piano terra della mia. Non ci feci caso , ma notai immediatamente il
buon gusto
che regnava in quelle camere . La prima che vidi fu la sala da pranzo ,
molto
spaziosa e con predominanza di tonalità forti ed accese come
il rosso e
l’arancio . Ammirai i soprammobili pregiati , scelti col
migliore dei giudizi
possibili . Chissà chi era quell’essere che aveva
così tanto gusto nella scelta
degli accessori e dei soprammobili. Dovevo assolutamente conoscerlo .
Austen
capì il mio interesse :
-
Mia madre è l’artefice dell’arredamento
. Sapevo che ti sarebbe piaciuto-
precisò lui .
Mi
voltai verso la porta della cucina , capi che era la cucina dal
profumino che
emanavano i vari piatti che sua madre stava preparando . Appena entrai
nella
cucina , predominata da una tonalità gialla chiara mi
ritrovai di fronte ad un
uomo , alto e pelato , che aveva soltanto pochi capelli che gli
cingevano il
capo . Somigliava moltissimo ad Austen , quindi dedussi che dovesse
trattarsi
di suo padre . La madre di Austen invece era intenta a preparare da
mangiare .
era bella , alta e slanciata , con i capelli castani che tendevano al
ramato .
Appena si accorse che ero entrato , sospese le sue attività
e mi venne incontro
:
-
Buongiorno , tu devi essere Justin - iniziò a parlare e
continuando - io sono
Marylin Tyler e questo è mio marito George - abbiamo sentito
molto parlare di
te .
-
Vorrei dire lo stesso di voi , ma Austen non parla praticamente mai di
voi con
me - risposi in tutta sincerità e franchezza .
-
Ehm Justin vuoi venire a vedere la mia camera ? - disse Austen in ansia
-
Certamente - risposi entusiasta.
Mi
portò con lui prendendomi per un braccio . Era abbastanza
grande per sole tre
persone , Austen era figlio unico , la madre ed il padre gli volevano
un bene
dell’anima e per questo il più delle volte lo
avevano assecondato . Austen nel
corridoio mi disse che sua madre era una casalinga , e che suo padre
era un
dirigente scolastico, non navigavano nell’oro ma lo stipendio
del padre gli
permetteva di soddisfare tutti i suoi bisogni . Giungemmo di fronte
alla porta
della sua camera , lui la aprì e mi invitò ad
entrare . Ero contentissimo ,
finalmente conoscevo qualcosa di più su di lui , o meglio
conoscevo proprio lui
, era difficile da spiegare , ma sentivo che adesso le nostre vite
erano più
collegate rispetto a prima più unite , ed era la magia di
questo incontro che
stava provvedendo al miracolo . La sua stanza era proprio come me
l’ero
immaginata . Non c’era un colore predominante , mi aveva
sempre detto che gli
piacevano tutti . Aveva un armadio abbastanza grande formato da due
ante . Di
fronte all’0armadio vi era il suo letto e sopra il letto un
orologio bianco
sormontava la parete .
Vi erano poster
di alcune grandi stiliste , e vicino al suo letto vi era la biografia
della
grande Coco Chanel . Non avevo mai immaginato Austen in questa veste ,
avevo
sempre pensato che lui fosse il più
“maschio” tra i due . Adesso mi rendevo
conto che non eravamo tanto diversi , che il filo sottile che ci
congiungeva
diventava più spesso ad ogni lato che scoprivo di lui . Che
bella sensazione ,
avrei voluto che quel momento non finisse più .
Ad
un tratto mi sedetti sul suo letto , ammirando la scrivania azzurra che
si
stagliava più lontano dal letto e di fronte la finestra .
Austen chiuse la
porta e mi disse :
-
Ti piace ?
-
Assolutamente sì - risposi soddisfatto
-
Ne sono felice - ricambiò
-
Perché ti nascondi ? Perché non mostri te stesso?
- domandai incuriosito dalla
situazione .
-
Ho provato a dirglielo ieri , ma non mi hanno voluto ascoltare , o
meglio non
mi hanno lasciato l’opportunità di parlare , erano
troppo contenti che
finalmente qualcuno venisse qui a casa per passare del tempo con me .
-
Non ti preoccupare , non ti giudico per questo , in fondo non
è stata colpa tua
- risposi alquanto deluso. Non mi piaceva l’idea che non
sapessero di noi , mi
faceva andare in bestia , e l’unica cosa che riusciva a
calmarmi era il solo
pensiero che tra un poco sarebbe finito tutto . Non sapevo in quale
momento
glielo avrebbe detto, ma una strana sensazione mi suggeriva molto
presto le mie
paure sarebbero svanite. Non potevo mentire a me stesso , ma le paure
di Austen
si riversavano su di me , mi bruciavano l’anima. Desideravo
enormemente che Austen
dicesse la verità ai suoi ma non potevo costringerlo . il
momento giusto
sarebbe arrivato .
-
A tavola - urlò la signora Tyler.
Austen
aprì la porta e mi invitò ad uscire per recarmi
in sala da pranzo . Appena
entrati mi trovai di fronte ad una tavola imbandita . La tavola non era enorme ma poteva benissimo contenere almeno
quattro persone .
La signora Tyler designò la disposizione dei posti a sedere
e chiamò il marito
affinché andasse lì e pranzasse con tutti loro .
Intravedere la figura del
signor Tyler che spuntava da dietro la porta era a dir poco opprimente
più di
quel soprammobile che regnava su uno scaffale della libreria del
soggiorno .
Era un pappagallo rosso e aveva gi occhi talmente neri che emanavano
una tale
energia negativa da mettere di malumore chiunque lo avesse guardato .
Distolsi
subito i miei pensieri dal pappagallo e cercai di concentrare la mia
attenzione
sul pranzo . La madre di Tyler si era cimentata con alcuni piatti
messicani ,
poiché Austen le aveva raccontato delle mie origini latine ,
ma non le
riuscirono particolarmente bene , o meglio non come le faceva nonno
Ignacio
questo era sicuro , ma per non essere scortese annuii e continuai a
mangiare.
La
madre di Austen non era certo una persona che adorava il silenzio a
dispetto
del padre che durante ogni piatto non spiccicò una parola .
Fu proprio la
signora Tyler che ruppe lo specchio del silenzio e iniziò a
parlare :
-
Allora Justin che lavoro fa tua madre ?
-
Mia madre Hilda gestisce un piccolo salone di bellezza che ha adibito a
casa
nostra . Per il momento è l’unica impiegata , ma
spera di avere al più presto
più personale - risposi , cercando di essere il
più esaustivo possibile.
-
Ah un salone di bellezza - ripetè la signora Tyler
entusiasta - Ed invece tuo
padre ?
Austen
mi guardò negli occhi , sapeva che per me quello era un
tasto dolente e che
difficilmente pigiavo . Di solito quando ripensavo a mio padre
iniziavano
immediatamente a scorrermi le lacrime dagli occhi
non riuscivo a smettere i piangere se non
passavano almeno cinque o dieci minuti . gli ero molto legato e quando
ci
lasciò si aprì una piaga dentro di me , una piaga
insanabile , che sapevo
nessuno sarebbe mai riuscito a medicare . Forse il tempo
chissà , sarebbe
riuscito a colmare tutto . Per non trattenere ancora il silenzio al mio
guinzaglio decisi di rispondere alla domanda con più
fermezza possibile , per
non lasciare trasparire alcuna emozione :
-
Mio padre … è morto tre anni fa , durante la
sparatoria in un negozio del
Queens , il mio quartiere natale .
La
madre di Tyler abbassò lo sguardo per un po’ di
tempo , giusto il tempo di
chiudere gli occhi per pochi secondi e tirare su un sospiro . Poi
alzò di nuovo
lo sguardo , aprì gli occhi e scoprì uno sguardo
lucido , probabilmente
commossa dalla storia che , molto brevemente , le avevo raccontato.
-
Scusa , mi dispiace di averti fatto una domanda così
indelicata . Perdonami . -
si scusò
-
Non si preoccupi , sto ancora superando il lutto , ma più
tempo passa , più il
ricordo ella perdita si fa sfocato . Sarà per sempre
indelebile , ma nessuno
toglie che possa sfocarlo , tagliando minuziosamente le varie parti che
desidero cancellare - risposi
-
Hai perfettamente ragione ragazzo .
Austen
mi guardò negli occhi , ed ancora una
volta mi persi nel blu perenne di quell’ abisso
. Il suo sorriso mi
infondeva sicurezza , calore e sapevo che senza di lui non ce
l’avrei mai fatta
, tutto sarebbe stato sfocato , tutto sarebbe stato più
incerto . Io lo
ricambiai con uno sguardo deciso, sperando che lui comprendesse il mio
invito a
non mollare .Speravo di si altrimenti quel pranzo sarebbe stato tutto
inutile .
Arrivammo al dessert in un battito di ciglia ma erano già le
due del
pomeriggio. La madre di Austen ci servì gelato con panna e
cioccolato . Mi
metteva appetito , ma ne avrei mangiato poco , in fondo dovevo
mantenere la
forma fisica , come un normale fanatico di moda dovrebbe fare.
Il
silenzio regnava , e la mancanza continua di rumori cominciava a
mettermi
soggezione , ma non riuscivo a guardare nessuno dei presenti . Austen
si
guardava in torno in cerca di qualcosa , in cerca di uno sguardo , in
cerca di
qualcosa che potesse infondergli coraggio , avrei tanto voluto
guardarlo ma in
quel momento la paura cominciò ad attanagliare anche me .
Decisi quindi di non
parlare , e nel silenzio una voce , con tono abbastanza alto
urlò :
-
Io sono gay !
Spalancai
gli occhi come se una freccia mi avesse colpito dritto al cuore .
Cupido non
avrebbe avuto una mira migliore di Austen , che con le sue parole mi
aveva
letteralmente sorpreso . Non volli ancora alzare lo sguardo , non
volevo che
alzando lo sguardo si potesse spezzare la realtà , che il
sogno che stavo
vivendo potesse finire . Ma non potevo perdere altro tempo , dovevo
vedere
assolutamente la reazione che aveva provocato nei parenti di Austen
quella
rivelazione che per loro sarebbe potuta essere scioccante.
Alzai
lo sguardo e appena mi girai vidi immediatamente la figura del padre di
Austen
con gli occhi azzurri letteralmente spalancati , la madre aveva uno
sguardo un
po’ pacato e guardava il figlio accennando quasi un sorriso ,
come se in cuor
suolo avesse sempre saputo , come se in qualche modo fosse sempre stata
a
conoscenza che il figlio fosse “diverso”.
Austen
, avvilito , si mordicchiava le labbra e cercava in tutti i modi di non
dare a
vedere quella paura che gli lacerava il corpo. Incrociò lo
sguardo del padre
che severo risultava però sempre assente . Guardavo la scena
esterrefatto ,
incuriosito da come uno sguardo lasciasse intendere tutto . Guardai
Austen con
fare preoccupato e lui continuando a fissare il padre trovò
il coraggio per
riuscire a parlare :
-
Papà …
-
Papà? - ripetè il padre di Austen .
La
sua voce era profonda e pesante , non come quella del figlio che aveva
sicuramente
ereditato il suo tono di voce dalla madre , molto più pacata . Con quelle sue sole
sillabe riuscì a farmi
tremare il cuore , mi scosse perfino il ciuffo . Continuai a fissare il
signor
Tyler ma vedevo soltanto la rabbia prendere il sopravvento su di lui .
Hai
ancora il coraggio di chiamarmi “Papà” ?
- domandò lui al figlio.
Austen
abbassò il capo . Forse era per questo che non aveva voluto
dire niente fino a
quel momento , soltanto perché aveva paura di
un’esagerata reazione paterna.
Suo padre
però non demorse e continuò a
rimproverarlo , come facendogli una colpa se il figlio fosse
così :
-
Hai idea di cosa stai dicendo ? Spero che tu stia scherzando!
-
Sì … - e per un momento il padre riuscii a
prendere calma - … sono consapevole
di ciò che sto dicendo papà!
Il
signor Tyler a quel punto fu di nuovo preso da quella sua ira latente e
rispose
al figlio ignorando totalmente la mia presenza :
-
Io non voglio che tu sia così , non puoi essere
così
-
Non è questione di volerlo papà , io SONO
così . Non posso scegliere se
esserlo o meno io sono gay e lo sarò fino alla fine dei miei
giorni . Potrai
non accettarlo , ma non puoi cambiare ciò che io sono ,
nessuno potrà mai . -
ribatté saggiamente
-
Per tutto questo tempo ho cercato di inculcarti i valori fondamentali
per
essere un uomo . ti ho portato alle partite di Football dei Mariners
…
Austen
lo fermò, non voleva che continuasse ad elencare
ciò che il padre aveva fatto
per lui , sarebbe stato inutile ai fini della discussione , per questo
prese la
parola , non dandogli il tempo neanche di rispondergli :
-
Avrai anche fatto tutte queste cose , ma a me non interessavano , non
mi hanno
mai interessato , venivo a quelle stupide , e sottolineo stupide ,
partite
soltanto perché era in quei pochi momenti che tu potevi
prenderti una pausa e
passare un po’ di tempo con me
-
Forse se avessi fatto di più …
-
Non potevi fare di più , non avresti potuto fare di
più , più di quanto non
avessi già fatto , io sono così
.
Accettami!
-
No! Io non ci riesco , e suppongo che questo qui sia il tuo fidanzatino
, il
tuo amichetto gay personale , con cui potrai essere te stesso - disse
il signor
Tyler indicandomi .
Io
mi alzai dal mio posto ed anche la signora Marylin lo fece . A quel
punto lei
intervenne nella discussione :
-
Non essere scortese , George , se Austen ha trovato un “amico
speciale” , un
“ragazzo” , con cui passare il tempo
perché devi allontanarli .
-
Allora anche tu lo sapevi - disse rivoltosi di fronte alla moglie
-
No! Una madre sa tutto anche se il figlio non parla e sta in silenzio
-
Dimmi Austen è il tuo “ragazzo”? -
chiese il signor Tyler incurante delle
parole della moglie
-
No … Cioè sì … No
… Non lo so - rispose Austen insicuro .
Come
prima anche queste parole mi colpirono dentro il cuore , ma tutto
ciò che
provai era solo ira rabbia , come aveva potuto dire che non stavamo
insieme
dopo tutto quello che avevamo passato , dopo tutto ciò che
era accaduto ? Mi
aveva tradito . Se le parole di prima erano state come una freccia
lanciata da
Cupido , queste invece erano come una ferita lasciata dalla falce della
morte ,
indelebile allo stesso modo . Non poteva essere vero m, non poteva dire
sul
serio. Appena lo guardai e vedendo che lui non ricambiava il mio
sguardo ,come
era solito fare , capii che forse ciò che aveva detto era
tutto vero .
Non
sarei stato in quella casa un minuto di più. Per questo spostai la sedia
educatamente e dissi alla
signora Tyler :
-
Mi scusi ma adesso vado . Pranzo eccellente . Solo una cosa vi devo
rimproverare : il dessert era leggermente avvelenato - pronunciai
quella parola
guardando Austen e continuai - come anche questa discussione . Grazie
per la
vostra ospitalità
Presi
il cappotto che prima avevo posato sul divano e deciso andai verso la
porta . Sentii
dal fondo della sala da pranzo :
-
Justin No!
Era
Austen , forse voleva rimediare , o forse voleva solo mettere la parola
fine ,
non sapevo cosa pensare , era tutto troppo confuso . Mi lasciai
sfuggire una
lacrima e poi aprii la porta giusto in tempo per sentire Austen inveire
contro
il padre :
-
Grazie per avermi rovinato la vita
Scesi
le scale velocemente e mi sorpresi di quanto fossi veloci nel
percorrere uno
per uno i gradini e saltare piani su piani . Mi sentivo scorrere una
forza
nuova nelle vene , una forza che mi veniva regalata dalla tristezza che fungeva da convertitore di
emozioni in quel
momento. Appena arrivato al piano terra sentii una mano sulla mia
spalla
trattenermi e
rigirandomi vidi Austen .
Era stato velocissimo era riuscito ad arrivare nello stesso mio tempo
anche
se era partito con
qualche secondo di
ritardo . Notevole . Non era il tempo di elogiarlo , non avevo
assolutamente
voglia di fargli complimenti o di lodare le sue fantastiche
abilità fisiche ,
che avevo sempre invidiato e desiderato. A quel punto Austen
iniziò a parlare
distrutto :
-
Mi dispiace
Mi
voltai , non volevo sentire niente del genere , ma almeno una risposta
se la
meritava :
-
Un “Mi dispiace” non credo che basti . Austen tu mi
hai tradito , hai tradito
la mia fiducia , mi hai voltato le spalle in preda alla paura , in
preda a ciò
che non dovrebbe mai esserci in un rapporto. Amare significa saper
rischiare .
E tu hai dimostrato di non essere adatto all’amore . O almeno
al mio .
-
Io ti chiedo perdono , ma in quel momento l’ansia mi ha fatto
dire cose che non
pensavo - tentò di obiettare lui , ma era tutto inutile
-
O meglio ti ha fatto dire cose che pensavi ma che non avevi mai avuto
il
coraggio di dirmi - risposi io
-
Non è così - poi lo interruppi
Avevo
intenzione di concludere , non mi piaceva litigare , anche se devo
ammettere
lui era il primo con cui non ero arrivato alle mani . Cominciai a
piangere in
preda all’emozione e tentai di non dare a vedere quanto fossi
avvilito ma le
lacrime cominciavano a sgorgarmi dagli occhi senza un motivo , senza un
perché
. Lui avvicinò un dito vicino a quel piccolo frammento di
anima che mi usciva
dagli occhi , come pezzi di un cristallo indistruttibile , ma io
allontanai il
viso e dissi :
-
Lasciami parlare ! Perché illudermi ? Perché
farmi credere che tra noi poteva
funzionare quando sapevi benissimo che non era così ?
Perché mi fai soffrire ?
Non capisco , e non capisco neanche come sia potuto essere talmente
sciocco da
non accorgermi che stavo sbagliano a fidarmi di te , che stavo
sbagliando ad abbandonarmi
a te , che stavo sbagliando ad amarti . Non credo che ti
guarderò più allo
stesso modo.
Finii
ma prima di andarmene via da quel palazzo interamente dipinto di blu
gli diedi
un ultimo bacio , era freddo e distaccato , non volevo deluderlo ma non
volevo
neppure che avesse una bel ricordo di me , avrei tanto voluto che
soffrisse
anche lui ma non potevo augurargli questo , non dovevo . Mi staccai
dalle sue
labbra con gli occhi intrisi si lacrime e mi diressi verso il grande
portone
che dava alla strada . Lui rimase fermo per qualche istante , giusto il
tempo
di vedermi uscire , poi prese una rincorsa e cercò di
raggiungermi . Avevo
appena attraversato la strada quando sentii un urlo squarciare
quell’immensa
rissa di rumori :
-
Justin !
Era
Austen , era fermo lì al centro della strada , con gli occhi
pieni di lacrime ,
io seguivo il suo ritmo e dai miei occhi sgorgavano le lacrime che non
avevo
mai voluto versare . Restai a fissarlo per un po’ e la
malinconia mi prese ,
speravo nell’apatia del distacco , ma niente tutto inutile .
Niente era come
doveva essere . La vita sembrava di nuovo tutta sottosopra. Stavo per
girarmi e
per dargli le spalle quando spalancai
gli occhi all’improvviso e gridai :
-
Austen attento ! - Lui si girò , guardò la
macchina che gli venne in contro ed
in quel momento non potei trattenermi , gli andai incontro , non
l’aveva
scansata , non aveva avuto tempo , come avrebbe potuto , era intento a
fissare
me . Era come se il mondo mi fosse crollato addosso . In quel momento
presi in
mano la situazione e , rivolgendomi alla folla di gente che si era
accalcata
intorno a noi , dissi :
-
Chiamate un’ambulanza !
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** "Segui il tuo cuore!" ***
Capitolo
3
“Segui
il tuo cuore !”
I
genitori di Austen arrivarono pochi minuti dopo . La madre
iniziò a piangere ,
mentre il padre fissava il corpo inerme del figlio . Sul suo volto era
stata
posta una mascherina . I medici avevano detto che si sarebbe ripreso
completamente , ma che ora era stordito e che avrebbe dovuto passare
qualche
giorno in ospedale . La madre di Austen si prese il mio numero di
cellulare
,giusto per potermi tenere informato delle condizioni del figlio e mi
lasciò
andare .
Stavo
andando alla fermata dell’autobus quando cominciai a pensare
.Ogni passo che
poggiavo mi sembrava un passo verso il patibolo . Ciò che
aveva detto Austen
era vero , e non sapevo se volevo rivederlo . tutto mi diceva di
sì ma tante
altre cose mi allarmavano facendomi cambiare idea .
Non
pensavo di andare in ospedale . Prima si sarebbe dimenticato di me ,
prima
avrebbe smesso di soffrire . Non volevo imprimere nella sua mente la
mia
immagine , e né io volevo che nella mia mente si imprimesse
la sua . Non dopo
quello che aveva detto . La confusione era ammessa in quel momento , ma
non
avrebbe dovuto dire quelle parole , o almeno avrebbe dovuto trattenersi.
Non
riuscivo più a riflettere , a pensare lucidamente a
ciò che mi stava intorno a
ciò che provavo e che non aveva intenzione di lasciarmi .
Cosa potevo
pretendere da me stesso ora ? Di lasciare perdere tutto come avevo
sempre fatto
? No questo mai , tradendo me , aveva tradito anche ciò che
c’era tra di noi.
Anche il più piccolo filo che si era creato tra i nostri due
cuori si era
spezzato per come si era comportato , anche il più piccolo
sentimento stava per
sparire , trattenuto da quella voglia matta di pensare che non fosse
vero
niente .
Improvvisamente
mi squillò il cellulare , tentai di trovarlo , e infine lo
riuscii a prendere
dentro una delle varie tasche del mio giaccone . Lessi il nome sul
minischermo
al di sopra del telefono e lessi il nome di mia zia Betty. Preso da un
po’ di
curiosità nel leggere quel nome , poiché ci
eravamo sempre scritti per
comunicare , aprii immediatamente il mio telefono e risposi :
-
Pronto?
-
Justin sono Betty - aveva una voce seria . Strano per lei . di solito
quando
parlava con me era sempre gentile, non lasciava mai trasparire alcun
segno di
preoccupazione , ma in quel momento qualcosa mi diceva che
c’era da
preoccuparsi . Quando zia Betty parlava in quel modo non poteva
assolutamente
essere successo niente di bello.
-
Dimmi Zia Betty - la invogliai , preoccupato
-
Vieni subito in ospedale
-
Perché ? - chiesi , ma forse conoscevo già la
risposta
-
Il nonno è peggiorato , non gli resta molto
Come
se mi avessero gettato un secchio di acqua gelata mentre dormivo ,
tutto ciò in
cui avevo sempre creduto era scomparso . Adesso anche il nonno doveva
andare
via , non bastava mio padre , adesso anche il nonno non sarebbe
più stato qui
se avessi avuto bisogno , neanche lui sarebbe stato qui quando sarei
diventato
grande , quando avrei capito cosa era il mondo . Non potevo pensarci .
Dovevo
salutarlo , dovevo dirgli che gli volevo bene , dovevo fargli sentire
la mia
presenza , che gli
ero vicino. Non avrei
accettato di non vederlo per un’ultima volta .
Presi
immediatamente l’autobus , cercando di non urtare nessuno .
Svuotai la mia
testa da ogni pensiero che non fosse il nonno . Eliminai
temporaneamente Austen
dalla mia vita per pensare unicamente alla mia famiglia , a quella che
non mi
aveva mai abbandonata , che non mi aveva mai fatto mancare nulla , che
mi era
sempre stata vicina .
Arrivai
subito di fronte all’ospedale , una struttura bianca enorme .
Di fronte
all’entrata vi erano delle rose , bellissime piante di rose
che rendevano
incantevole il luogo . Non contemplai a lungo il paesaggio , in quel
momento
non sarebbe servito , mi precipitai alla reception e chiesi alla
signorina che
era di turno:
-
Scusi , sto cercando Ignacio Suarez
-
Lei è un parente?- chiese in modo del tutto formale
-
Sono il nipote
-Bene
controlla la lista
La
stanza del nonno si trovava nel reparto di cardiologia al secondo piano
. Nello
scorrere l’elenco con i nomi ordinati in ordine alfabetico ,
notai che un piano
più in su , nello stesso ospedale , era stato anche portato
Austen - Non potevo
crederci , era una persecuzione . Anche se avevo preso la decisione di
non
pensare più a lui non
riuscii a
trattenere l’istinto a fare delle domande :
-
E di Austen che mi dice come sta ? - domandai timidamente
L’assistente
lesse l’elenco ed una volta capacitatasi di chi fosse mi
domandò :
-
E’ un parente ?
-
Sono un amico
-
Non ti preoccupare Austen sta bene , ha soltanto un leggero trauma
cranico ,
niente di allarmante .
-
Quanto tempo starà qui ? - chiesi impaziente
-
Lo dimetteranno domenica prossima , giusto fra una settimana . Il
medico ha
detto che vorrebbe tenerlo sotto controllo nel caso vi siano delle
complicazioni
-
Grazie
-
Di nulla - rispose gentilmente
Corsi
verso l’ascensore , ma lo trovai occupato . Non avevo voglia
di aspettare ed
ogni piano che si illuminava sul contatore dell’ascensore era
come uno spillo
che veniva infilzato nel mio cuore. Decisi di prendere le scale per
fare prima
e durante quei due piani di salita decisi che non sarei andato a
visitare anche
Austen , non per il momento almeno . ci avrei pensato prima per bene e
poi avrei preso una
decisione sul da farsi .
Arrivato al secondo piano riconobbi immediatamente la coda di cavallo
di mia
madre in fondo al corridoio . In ogni stanza che oltrepassavo
c’era tanta
sofferenza , chiusa a chiave in modo che non potesse uscire , che non
potesse
lenire anche gli altri . Le porte di vetro non lasciavano trasparire
neppure
un’immagine . Tutto sembrava rivolto verso di me . Una volta
arrivato in fondo
al corridoio abbracciai mia madre e mia zia che avevano le lacrime agli
occhi .
Mia madre prese la parola :
-
Hai un altro po’ di tempo per salutarlo !
Cominciai
anche io a piangere , non so quante volte lo avevo fatto quel giorno ,
ma
almeno questa volta era giustificato . Mi voltai verso Bobbie e vidi
che anche
lui singhiozzava , e continuava a ripetere :
-
Vorrei che non fosse mai accaduto
Entrai
nella sala , e vidi mio nonno letteralmente intubato con gli occhi
semiaperti ,
lui girò debolmente la testa , inquadrando il mio viso
piangente . Poi accennò
ad un sorriso e mi fece segno di avvicinarmi . Mi avvicinai al suo
letto e mi
sedetti sulle coperte bianche con pallini a pois verdi .A quel punto
continuai
a piangere silenziosamente tentando di non farmi sentire . Lui prese la
parola
e debolmente mi disse :
-
Come è andata con Austen ?
-
E’ finita letteralmente in tragedia nonno - risposi
trattenendo un singhiozzo
-
In che senso ?
-
L’ho lasciato e lui è stato investito da un
autobus , peggio di così non poteva
assolutamente andare .
-
Come sarebbe a dire peggio di così ?
Spalancai
gli occhi , leggermente sorpreso dalla sua domanda , ma cercai in tutti
i modi
di non distogliere l’ascolto da lui e di creare
quell’intesa che ci aveva
sempre caratterizzati .
-
Dove è finito il ragazzo che ha un cuore da leone ? Che ha
il coraggio di
affrontare tutto e tutti senza preoccuparsi delle conseguenze ?
Dov’è finito il
Justin che conosco? Dove è finito mio nipote ?
Dov’è andato Justin ? Tu sei qui
, accanto a me con il tuo coraggio e la tua voglia di lottare , non
lasciare
perdere tutto soltanto per il giudizio altrui ! In che occasione te ne
sei
importato ? Reagisci Justin
-
Ma è difficile
-
Lo so figliolo , lo so . La vita non è bella se qualche
volta non è difficile .
So che adesso ti sembrerà tutto confuso , tutto ti
sembrerà strano , ma non
demordere , fallo per me . Fallo per chi ha sempre creduto in te .
Segui il tuo
cuore !
Mi
accarezzò una guancia , mi asciugò le lacrime con
il suo dito , mi guardò negli
occhi e sorrise , ma lasciò comunque che una lacrima
spuntasse dai suoi occhi .
A quel punto gli domandai:
-Perché
piangi ?
-
Perché sono felice , felice di sapere che sei te stesso .
Felice di vedere
l’uomo che sei diventato . non cambiare mai Justin .Non
lasciarti abbattere ,
vivi i tuoi sogni , segui il tuo cuore . Ti voglio Bene
figliolo .
Accasciò
la testa sul cuscino , lo sguardo perso nel vuoto . Cercai di
rianimarlo
toccandolo più volte sul braccio ,ma fu tutto inutile , mi
portai una mano
davanti agli occhi e cominciai ad urlare :
-
NO! NONNO NO!
Ero
disperato . Perché era andato via ? Perché non
poteva restare ? Aveva superato
attimi peggiori , perché non poteva superare anche questo?
Non potevo
accettarlo e continuai a chiamarlo finché Bobbie non
entrò nella stanza ,
accompagnato da alcuni infermieri , e non mi portò fuori ,
tra le braccia di
mia madre e della Zia Betty. Lui , alto e robusto ci strinse forte ,
tutti e
tre . Forse avevamo solo bisogno di un abbraccio in quel momento di
solitudine
, in quel momento in cui la speranza ci aveva abbandonato , dove tutto
sembrava
buio, dove niente era più come prima , in un mondo in cui
avremo solo voluto
piangere . Ci stringemmo tutti forte , mentre Bobbie ci teneva insieme
io , mia
madre , e Betty lanciammo un pianto disperato verso il cielo e pregammo
di
prendersi cura di lui.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Ciao nonno ***
Capitolo
4
Ciao
nonno
Non
era c’era un cielo particolarmente sereno quel giorno , anzi
direi che era
esattamente l’opposto della serenità . Le nuvole
dominavano in quella immensa
distesa di blu terso , ricoperta nettamente dal quel grigiore pallido .
Di
tanto in tanto si sentivano alcuni tuoni . Voleva piovere , me lo
sentivo , ma
forse anche il cielo , spinto dalla compassione , voleva essere forte
per noi ,
forte per coloro che non avevano mai smesso di sperare invano . La
distesa
verde che mi circondava era enorme , non un fiore , soltanto verde regnava , piccoli ciuffi
continui di erba
fresca appena potati ed innaffiati . Si sentiva infatti quel profumo di
acqua e
terriccio che insieme all’erba davano un aroma sopportabile ,
ma non del tutto
gradevole . Eravamo tutti in nero in quel momento , e l’unica
tonalità chiara
che si riusciva a percepire dalla
folla erano le camice dei vari uomini che erano accorsi al rito prima
in Chiesa
e poi lì, in quel luogo del riposo eterno , sormontato da
tante croci bianche
che venivano fuori dall’erba potata .
C’erano
tutti lì , a commemorare la memoria del nonno . Tutti a
partire da Mark ,
Amanda , la Signora Meade , Daniel , Henry e via discorrendo. Tutto lo
staff
Mode era lì , insieme a parenti ed amici . Mi guardai
intorno . A parte Daniel
, che sapevo essere venuto con Zia Betty , dal momento che in questi
due mesi
avevano approfondito il loro rapporto fino ad arrivare a stare insieme
, non mi
parve di notare nessuno di particolarmente importante , nessuno che
avesse
particolare rilevanza per me . Forse cercavo Austen , nonostante tutto
, volevo
ancora vederlo , ma sapevo che era impossibile , non poteva essere
lì , il
giorno dopo il suo incidente . Speravo però che almeno
avesse saputo che cosa
mi fosse accaduto , speravo che almeno qualcosa gli sarebbe giunto
all’orecchio
.
Girai
lo sguardo varie volte e poi , e varie volte tentai di vedere e di
colmare quel
mio desiderio invisibile , inutilmente però . Arrivammo
allora alla sua croce ,
sul luogo dove avrebbe riposato per sempre , sul luogo dove avrebbe per
sempre
vegliato su di noi . Guardavo quella fossa , e lacrime mi sgorgavano
dagli
occhi , lacrime di grande tristezza . Non riuscivo a spiegarmi
perché mi aveva
lasciato solo , perché non era restato per un altro
po’ lì a darmi man forte ,
a sostenermi .
Immerso
nei miei mille pensieri , mi disposi in fila insieme a mia madre ,
Bobbie , la
zia Betty e Daniel. A quel punto alzai lo sguardo verso il leggio posto
accanto
a mia madre e da lì il mio grande sguardo
cominciò ad ispezionare gli angoli
più remoti della folla . Non mi aspettavo così
tanta gente , in realtà non mi
aspettavo neanche di trovare Willhelmina vicino Mark . Ma durante
questa mia
escursione nella folla di gente che vi era , intravidi due persone che
non mi
sarei mai aspettato venissero al funerale .
La
madre ed il padre di Austen si stagliavano dietro alcuni presenti .
Erano le
persone più alte in quel momento e riuscivano ad intravedere
tutto anche a
qualche fila di distanza . Erano entrambi vestiti in nero e
l’unico accessorio
che la madre di Austen si era permessa era un cappello molto fatiscente
e nero
. Non volevano farsi vedere da me , ma appena notarono che il mio
sguardo si
era posato su di loro , la signora Tyler mi mandò
un’occhiata molto dolce ,
voleva starmi vicino , questo era evidente . Non volevo però
verificare se
anche il signor Tyler avesse voluto , perché in quel caso
credo che l’unica
vicinanza che avrebbe accettato , sarebbe stata quella delle sue mani
intorno
al mio collo . Lo guardai negli occhi , ma non vi vidi rabbia ,
soltanto un po’
di tristezza, un po’ di malinconia che tutti portavano come
bagaglio in certe
situazioni .
Iniziò
così la cerimonia . Era tutto perfetto , i fiori al posto
giusto , tutto era al
suo posto . Non appena il prete iniziò a recitare il salmo ,
mia madre e mia
zia Betty contemporaneamente avvicinarono il fazzoletto al naso ed
inspirarono
affannosamente . Non volevo assolutamente sentire cosa stessero
provando in
quel momento . Se in quel momento avessi potuto decidere quali menti
sondare ,
non avrei scelto le loro , sarebbe stato come un suicidio . Il salmo
occupò ben
dieci minuti , non che mi fossi aspettato chissà cosa , ma
nei film di solito
durava di più . Quello però non era un film era ,
sfortunatamente e
provvidenzialmente , la realtà dei fatti . Il sacerdote ci
chiese se qualcuno
di noi avesse qualcosa da dire . Nessuno si alzò , forse era
il momento di
agire , di fare anche io qualcosa , non me ne sarei stato con le mani
in mano ,
non in quel momento , per mia Zia Betty e per mia madre . Mi alzai .
Mia
madre mi fissò con gli occhi spalancati e con lo sguardo
vuoto , i suoi occhi
lasciavano cadere qualche lacrima . Le avrei voluto dire tante cose ,
ma non
potevo, non era il momento. Sapeva già di Austen , di
ciò che gli era accaduto
dopo il pranzo da lui , ma la situazione in cui viveva non gli permise
di dare
un giudizio molto obiettivo
sulla
questione . Questo era soprattutto per lei , che non aveva mai demorso
di
fronte alla realtà , che non si era mai arresa di fronte
alle tante
controversie che la vita le aveva presentato. Le volevo bene e questo
era il
mio riconoscimento.
Mi
avvicinai al leggio blu scuro e notai che aveva qualche intarsiatura di
oro
negli angoli molto particolari . Non feci particolarmente caso a
ciò che non
era degno di nota e decisi quindi di sfogare ogni mia paura :
-
Buongiorno … - avevo già cominciato male , non
stavamo prendendo un tè ,
eravamo ad un funerale , poi ripresi - … Ehm …
Scusate , non sono pratico con
questo genere di cose , non sono mai stato protagonista di certe
situazioni ,
quindi non so molto bene che cosa dire , e che parole usare . In
realtà non
sono mai stato bravo con le parole , chi era bravo in questo genere di
cose era
il nonno . Trovava sempre il modo di farci sorridere , di metterci di
buon
umore .
Intravidi
una lacrima sul volto di mia madre , che abbassò lo sguardo
e chiuse gli occhi
emozionate , non volevo fermarmi perciò continuai :
-
Nonno non era solo bravo con le parole , aveva tanti altri talenti :
sapeva
cucinare , sapeva lavare , cantare .
Tante piccole cose che lo rendevano la persona speciale
che era e che
per me continua ad essere tuttora . Non era solo un nonno per me , era
un padre
, un padre col quale potevi parlare di tutto , con il quale potevi
confidarti .
E’ sempre stato una buona forchetta ma la sua caratteristica
principale era
quella di saper trovare il buono nelle persone anche quando di buono
non c’è
nulla . Per un esempio pratico , guardate me . Sarei il nipote perfetto
se non
fosse per un piccolo particolare . Sono gay .
In
quel momento mia madre alzò di nuovo lo sguardo verso di me
, seguita dalla zia
Betty , Bobbie e Daniel . Non credevano alle loro orecchie , o meglio
non
credevano al fatto che avessi trovato il coraggio di dirlo , di
parlarne , di
rivelarlo. Presi il coraggio a due mani e ripresi il discorso :
- Mentre molte persone in questo momento staranno avendo pensieri
razzisti , e
credete a me , molti ne hanno , lui non lo avrebbe mai fatto , non mi
avrebbe mai
rimproverato perché sono “diverso” , non
mi avrebbe mai allontanato per questo
, questo perché lui mi considerava un UOMO
a tutti gli effetti , con
tutti i miei pro ed i miei contro . era una persona speciale ,
l’unico sul
quale sapevo di poter contare sempre . Le persone parlano ,
spettegolano ,
giudicano , ma non si può parlare senza giudicare , non si
può parlare senza
sapere . Sapere come si senta una persona , sapere cosa provi questa
persona
dentro di se . Lui lo aveva capito , mi aveva accettato , mi aveva
sempre
invitato a non demordere . Bisogna solo seguire il proprio cuore !
Non
credevo molto nell’ultima frase che avevo pronunciato ,
l’avevo detta perché
sapevo che avrebbe avuto un certo effetto visto che è stata
l’ultima che il
nonno ha pronunciato prima di lasciarsi . Guardai mia madre dritta
negli occhi
e provai gioia nel vedere che accennava ad un sorriso , che era fiera
di me ,
che finalmente aveva trovato ciò che la rendeva orgogliosa
di suo figlio . Non
voleva altro per me se non il meglio .
Mi
allontanai dal leggio , feci pochi passi e mi tornai a sedere . Il
sacerdote
non impiegò molto tempo per portare a termine la cerimonia .
Gli ultimi momenti
furono i più strazianti . La bara stava per essere messa
sotto terra . Era
arrivato il momento di salutarlo per sempre , di dargli un ultimo
saluto . Non
avevo la forza di farlo , non riuscivo a crederci che non
l’avrei più rivisto
. Mi avvicinai alla
fossa , presi il
coraggio a due mani ed afferrai un fiore , una rosa bianca come
l’innocenza .
Nella mano destra tenevo la rosa , e con la sinistra presi un
po’ di terriccio
. Lanciai il terriccio su quella sua nuova dimora perpetua di legno poi di seguito gli lanciai
la rosa . La rosa
cadde lentamente , aveva voglia di prolungare l’agonia , o
forse stava solo
cercando di farmi dimenticare ciò per cui ero venuto e
ciò che stavo compiendo
.
Il
turno di ognuno sembrava non passare più e l’unica
cosa che sentivo era una
fitta al cuore , un pezzo di cuore che cadeva ogni volta che ognuno di
loro
gettava una rosa . Mia madre tornò a posto , dopo le ultime
parole del
sacerdote il rito si concluse . La folla si dissolse e fummo
completamente
invasi da un cumulo di persone . Io i distaccai dalla mia famiglia per
un
momento giusto il tempo per poter andare a parlare con coloro che
realmente mi
interessavano . Intravidi i signori Tyler in fondo alla fila , magari
mi
stavano aspettando , chi poteva mai saperlo ? Mi avvicinai a loro e la
signora
Marylin mi abbracciò e mi disse :
-
Mi dispiace tanto Justin
Il
marito , che non sembrava più apatico come il nostro primo
incontro , si
abbassò , per accorciare la sua enorme statura , prese la
mia mano e disse :
-
Le mie più sincere condoglianze … - si
fermò come se avesse lasciato in sospeso
il discorso , poi continuò - … associate alle mie
più sincere scuse per la
brutta conversazione di ieri .
-
Grazie - risposi senza lasciare intendere se fosse unicamente per le
condoglianze o anche per le scuse e poi domandai :
-
Ed Austen ?
-
I medici non gli hanno dato il permesso di uscire
dall’ospedale , sai è
passato solo un giorno dall’incidente . -
rispose la madre
-
Ah capisco - dissi un po’ deluso.
-
Riguardo a ieri , voglio che tu sappia che non ce l’avevo
assolutamente con te
. Ero soltanto molto sorpreso e molto irato per la rivelazione che mi
aveva
fatto mio figlio . Non me lo sarei mai aspettato , in fondo io
l’ho cresciuto
in un modo e mai avrei potuto pensare a
questa “diversità”
- intervenne il signor Tyler
-
Siamo come tutti voi , soltanto abbiamo altri interessi - precisai
-
Lo so , ed è per questo che me ne pento . Ieri , dopo che
Austen si svegliò ,
ho parlato a lungo con lui , e sono riuscito a farmi un’idea
di che persona
speciale abbia allevato , di che dono mi abbia fatto il cielo , e di
che grande
favore mi abbia fatto a fare in modo che conoscesse te .
-
A sua descrizione sei una persona fantastica , ed hai anche il
più bel di
dietro di tutti i suoi amici .- intervenne la mamma di Austen - ma sei
tu che
lui vuole .
Non
riuscii a trattenere una lacrima , in questi due giorni se qualcuno le
avesse
raccolte , avrebbe potuto riempirci una bacinella con le mie lacrime .
Il
signor George prese un fazzoletto e me le asciugò poi mi
disse :
-
Mi ha detto di riferirti una cosa
-
E che cosa ?
-
Ti amo
Rimasi
di soppiatto , non avrei mai pensato che sarebbero uscite queste parole
dalla
bocca del Signor Tyler, ma nel proferirle sembrava provasse un grande
affetto
paterno nei miei confronti . continuai a fissarlo per un po’
di tempo fin
quando non sentii mia madre che mi
intimava di tornare . Li salutai e loro mi invitarono a venire a
trovare Austen
. Mi voltai e varie volte girai il volto dietro , giusto il tempo per
poterli
vedere mentre andavano via . Stava cominciando a piovere e non volevano
assolutamente bagnarsi .
Entrai
in macchina , piccole gocce cominciarono ad appannare i vetri . Non
riuscivo ad
intravedere più niente a parte la terra ormai fresca sul
luogo di sepoltura di
Ignacio Suarez “ padre e nonno esemplare” . Ogni
goccia era una lacrima per me
una lacrima che mi trafiggeva , che non mi dava pace . Non avevo
più bisogno di
consolazione , avevo bisogno solo di un po’ di forza, forza
che non avrei
ottenuto tanto facilmente . Guardai per un ultima volta quella bella
distesa di
verde nella quale croci bianche dominavano . Vidi le tante gocce
abbattersi sul
prato verde e riuscii a cogliere la croce di mio nonno . Lo avrei
voluto
rivedere , lo avrei voluto rimirare di nuovo , non per trattenerlo con
me , non
per poterlo far stare qui ancora , ma soltanto per potergli dare un
saluto .
Forse ora era il momento , chi poteva saperlo . Arrivederci nonno , ci
rincontreremo , ma fino a quel momento arrivederci .
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** "Ti amo!" ***
Capitolo
5
“Ti
amo!”
Il
sole si vedeva
benissimo dalla mia
camera , risplendeva meravigliosamente sulle pareti come se volesse
diventare a
far parte dell’arredamento . Erano passati già sei
giorni dalla morte del nonno
e la domenica trascorreva come al solito tra le strade del Queens.
Domani
Austen sarebbe uscito dall’ospedale , ma io non avevo avuto
il coraggio di
andare a trovarlo .Era come se ciò che avesse detto quel
giorno avesse creato
una barriera , come se tutto ciò che era successo aveva in
un certo qual modo
allentato la corda che ci teneva uniti , quel legame indissolubile che
avevamo
costruito .
Non
sapevo il perché delle sue parole , ma ho avuto tutta la
settimana per
rifletterci senza alcuna soluzione , non riuscivo a venirne a capo .
Tutto
sembrava vuoto ora che Austen non c’era più nella
mia vita e la morte del nonno
mi ha reso tutto
più difficile .
Avevo
bisogno d’aiuto , avevo bisogno di consigli , avevo bisogno
di stare con
qualcuno , di stare con lui , l’unica persona di cui non mi
stancavo mai ,
l’unica che stava sempre dalla mia parte , perché
stare con me per lui rendeva
tutto più bello .
I
rumori erano assenti in casa , la musica a dir poco estinta , e
giustamente ,
oserei dire. Sentii ad un tratto i rumori di qualcuno che stava salendo
le
scale . Speravo che quei rumori non avessero condotto alla mia stanza ,
in quel
momento sarei stato felice soltanto se Austen fosse entrato da quella
porta .
I
rumori si facevano sempre più fitti e la speranza che prima
avevo provato svanì
come la neve si scioglie al sole . La porta si aprì
lentamente e
improvvisamente comparve la sagoma di Betty.
Betty
era rimasta un’altra settimana , giusto per dare man forte
alla mamma che pian
piano stava cominciando a riprendersi . Bobbie pensava che zia Betty
avrebbe
fatto bene a tutti con il suo ottimismo ed in quel momento speravo
avesse
ragione.
Non
era il nonno ma era pur sempre qualcosa , o meglio qualcuno , qualcuno
su cui
poter contare. Lei rimase sulla soglia e mi chiese :
-
Posso entrare ?
-
C’è bisogno di chiederlo? - domandai a mia volta
-
Non saprei Justin , o meglio prima avrei saputo , ora no !
Che
strana risposta , che strana situazione . Cosa avrebbe voluto dire ?
Cosa
avrebbe voluto significare quella domanda ?
-
In che senso Zia Betty ? Spiegati! - la esortai
Betty
entrò . Indossava una gonna lunga fino alle ginocchia di
colore blu e sopra una
camicetta a pois della stessa tonalità della gonna . Aveva
acquisito stile non
c’era dubbio . Londra l’aveva cambiata ,
l’aveva resa più bella , più viva . Le
aveva dato l’opportunità di godersi ciò
di cui non aveva mai potuto trarre
profitto fino a quel momento . Vene verso il mio letto , si sedette e
poi
cominciò :
-
Nel senso che “Non saprei” . Sei cresciuto Justin .
Sei cresciuto più in fretta
di quanto tu possa immaginare . Mi sembra ieri quando cercavo di
aiutare tua
madre a metterti i pannolini ed adesso ti ritrovo così . Uno
splendido giovane
ragazzo . Quello che sto cercando di dirti è che adesso non
è più come prima ,
non riesco più a capirti come riuscivo a fare poco tempo fa
. Anche da ciò che
mi scrivi capisco che sei maturato . Ah … Non fraintendermi
, non che non sia
una cosa positiva, solo vorrei che tu ti aprissi un po’ . O meglio che aprissi un
po’ il tuo cuore ,
solo un po’ , per riuscire a farmi capire cosa stai provando .
Mi
sgorgò una lacrima . Mai possibile che in
quest’ultima settimana avevo pianto
più che in tutta la mia vita? Come era possibile ? Allora
dissi :
-
Sai Zia Betty…
-
Dimmi
-
La mia vita non è proprio come me l’ero immaginata
, nel mio piccolo pensavo di
essere normale, ma invece guardami .
-
E cosa dovrei guardare ? - chiese dolcemente
-
Guarda cosa sono diventato ? O meglio guarda cosa sono.
-
E cosa sei ?
-
Sono gay Zia
-
Ed è un male ?Non devi vergognarti di come sei , di
ciò che fai e di ciò verso
cui sono orientati i tuoi interessi , devi essere assolutamente te
stesso e
devi avere la forza di affrontare gli altri anche quando tutto sembra
caderti
addosso . Non devi fartene una colpa se sei così . Essere
diversi non significa
essere cattivi o fuori posto , significa essere speciali , significa
distaccarsi un po’ da quella normalità quotidiana
e molto spesso banale per
condurre vite un po’ bizzarre . Non devi mai pensare che
questo non sia il tuo
posto , non devi mai pensare che questa non sia la tua casa…
-
Sì zia lo so , ma alcune volte sembra che neanche chi ti
vuole bene riesca ad
accettarti
-
Parli di Austen?
Mi
lasciò sconvolto , lo sapeva , sicuramente mamma aveva
parlato . Era sempre
stata una chiacchierona , e non sarebbe stata lei se nel giro di poco
tempo non
avesse fatto sapere a mia Zia cosa fosse successo. Risposi timidamente
-
Sì
-
So cosa ha fatto Austen . E’ già passata una
settimana e sai che ti dico ?
-
Cosa ? - lo chiesi come se fosse una domanda retorica
-
Che sei uno sciocco
-
Perché ? - domandai leggermente urtato
-
Ricordi quanti problemi ti sei fatto quando hai dovuto dirci
ciò che Austen ha
detto ai suoi ?
-
Si ! - dissi secco
-
Ed allora ? Non eri confuso ? Non eri disorientato quando hai mostrato
a tutti
noi chi eri ?
-
Si! - ripetevo quell’affermazione come un disco rotto .
-
Ed allora come credi si sia sentito lui , a dover rivelare alla propria
famiglia di essere omosessuale , di fronte ad un padre che , diciamolo
, on è
mai stato molto tollerante sull’argomento , per quello che
tua madre è riuscita
a dirmi , e per di
più in tua presenza ?
- mi fece notare
-
Credo che sia sentito … - esitai - … molto ma
molto peggio di come mi sia
sentito io .
-
Vedi ? Lui ti ha appoggiato in ogni momento quando tu ti sentivi
confuso , ed
ha cercato di essere forte per te , quando non forte non lo era neanche
lui .
Non credi quindi di aver sbagliato?
Non
pensi di essere stato un po’ troppo duro con lui per quello
che ti ha detto ?
Forse lo avrà detto in preda alla confusione , era
comprensibile .
-
Hai ragione zia ma …
-
Niente ma - mi zittì lei - se c’è
qualcosa che ho imparato in questo momento è
che al cuore non si comanda , non si chiedono spiegazioni . Quando
c’è in gioco
l’amore si agisce e basta , senza troppi convenevoli e
ripensamenti .
Non
riuscivo a parlare , la Zia aveva centrato il punto , il nocciolo della
situazione , l’origine della tristezza. Ma mi faceva male
lasciarlo uscire , mi
faceva male al solo pensarci , ma decisi di far uscire fuori tutto e
lasciai la
che la zia Betty continuasse :
-
Justin sei la persona più coraggiosa che conosca . Non
lasciare che delle
futili parole offuschino il tuo modo di ragionare . Le parole possono
cambiare ,
le parole sono ciò che più fa paura
all’uomo . Ancora dobbiamo capire la
potenza della parola , che tanto può far bene quanto del
male . Tante volte
potrai sentirti bene quando qualcuno ti elogerà , ma
altrettante volte o forse
di più , potrai sentirti male quando ti feriranno .
Mi
alzai . Avevo colto in pieno il significato di quelle parole , ero
riuscito far
rivivere ciò che aveva perso allegria e brio : il vero
Justin . Il giudizio
degli altri non mi aveva mai fermato e mai mi avrebbe fermato . Presi
velocemente il cellulare e mi misi in dosso lo giaccone . Uscii
velocemente
dalla mia camera . Zia Betty era sorpresa della mia reazione e mi
chiese mentre
uscivo dalla porta :
-
Dove stai andando ?
-
All’ospedale
Mi
sorrise. Da quando non aveva più l’apparecchio ,
non mi ero mai accorto di che
bel sorriso avesse . Faceva sembrare tutto più bello . Aveva
un sorriso come
quello del nonno . Era lei la persone che le somigliava di
più in casa nostra .
Mia madre aveva una certa somiglianza più con la nonna.
Appena mi resi conto di
non aver svolto una cosa essenziale , tornai indietro e mi affacciai
dalla
porta della mia camera , dove intravidi la Zia Betty ancora seduta sul
mio
letto , a rimirare l’immagine del nonno . La tirai fuori
dalla sua trance e le
dissi :
-
Grazie
-
E di cosa ? Ora va .
Corsi
più veloce della luce , scesi le scale più
rapidamente che potevo , avvisai mia
madre che stavo per uscire e chiusi la porta di scatto . Arrivai alla
fermata
dell’autobus con il fiatone , ma riuscii a prenderlo in tempo
. Seduto ad uno
dei tanti posti disponibili, pensai e ripensai. Cosa gli avrei detto ?
Di
solito ci si preparano dei discorsi in queste situazioni , ma io non
ero pronto
, non riuscivo a pensare a nulla che non fosse il suo volto . Rivedere
il suo
sorriso mi avrebbe dato forza , perdermi di nuovo nel profondo dei suoi
occhi
mi avrebbe ipnotizzato , ma non mi importava , l’unica cosa
che contava ora ,
era andare lì , rivederlo e riabbracciarlo . Non desideravo
altro .
Scesi
alla fermata sbagliata , immerso nei miei pensieri e convinto che
l’autobus si
fosse fermato di fronte l’ospedale . Aspettai lì
una buona mezz’ora .
Non
fu affatto del tempo piacevole , anzi potrei ben dire che
quell’arco di tempo
che passai lì fu molto “istruttivo” .
Vidi almeno una decina di coppie che si
baciavano e non feci altro che riflettere e pensare al mio futuro .
Come avrei
interagito con il mondo ? Cosa ne avrebbe fatto di me il mondo ? Quante
domande
ancora senza una risposta , quanti quesiti impossibili da risolvere .
Forse
avrei passato la mia vita come un emarginato , senza nessuno disposto
ad
aiutarmi o a stare con me , o forse avrei trovato in Austen
ciò che on avrei
trovato in nessun altro . In quel momento pensai di gettare tutto , di
lasciar
perdere , ma poi ripensai a quanto mia madre aveva sofferto per la
morte di mio
padre , di quanto Betty avesse patito per la partenza di Henry e capii
tutto .
Meglio amare che non amare affatto . L’amore è una
grande conquista e avrei
dovuto vivere di questo se volevo stare bene . Sarebbe stato difficile
convincermene
, ma ci avrei provato con tutte le mie forze , con ogni mio respiro .
Nessuno
mi avrebbe portato via l’amore .
Nel
poco tempo rimanente prima di ritrovare il mio tanto amato autobus
pensai a
cosa avrei fatto una volta rivisto Austen , una volta rivisto colui che
mi
faceva battere il cuore all’impazzata . Ero indeciso , ma poi
compresi che era
meglio se lasciavo il cuore ,
era
l’unico modo per avere successo , l’unico modo per
riavvicinarlo a me .
Arrivò
l’autobus e
senza neanche dargli il
tempo di fermarsi e di aprire le porte mi ci catapultai . Frenai il mio
istinto
di intimidire l’autista per andare più veloce .
Non potevo più aspettare , non
potevo stare con le mani in mano se soltanto pochi chilometri mi
separavano da
lui . Pochi minuti e l’autobus mi fermò di fronte
al grandissimo edificio
bianco .
Questa
volta mi sembrava anche più enorme del solito . Forse la sua
mole era dovuta
alla mia paura . Probabilmente lo vedevo ingigantito come edificio
perché i
miei timori erano ingigantiti . Avrei voluto appiattirli , ma questo
era il
momento di affrontarli . Andai alla segreteria dell’ospedale
e diedi
un’occhiata alla lista dei ricoverati . Austen si trovava al
terzo piano nella
stanza 136 reparto ortopedia . Cominciai a prendere la rincorsa quando
l’infermiera
mi bloccò :
-
Ehi! Ragazzino l’orario delle visite è finito !
-
Mi scusi - dissi implorante - ma devo assolutamente vederlo
-
Allora tornerai domani . L’ingresso è accessibile
solo ai familiari del
paziente .
-
Ma lui è un familiare - disse una voce alle mie spalle
Era
il padre di Austen . La sua statura era enorme . Faceva anche sfigurare
me ,
che non avevo mai avuto problemi di altezza . I suoi occhi blu
risplendevano
come quelli del figlio
ed avevano una
lucentezza ed una voglia di vita unici nel loro genere . Mi
poggiò una mano
sulla spalla e proseguì :
-
E’ mio genero
L’infermiera
evitò di guardarci in modo particolarmente strano , ma
accennò unicamente ad
sorriso . Che avesse capito ciò che intendeva il signor
Tyler? Mi lasciò
passare ed il signor Tyler mi portò con lui per condurmi
dove avrei trovato
Austen . L’ascensore era occupato e per questo mi propose di
prendere le scale
. Io malvolentieri accettai , pensando che il tempo che avrei impiegato
ad
aspettare l’ascensore , lo avrei sfruttato per poter salire i
piani che mi
separavano da Austen . Il signor George prese l’iniziativa e
disse :
-
Allora ti sei deciso finalmente a venire
-
Dovevo soltanto rivedere chi ero per poter affrontare chiunque mi
mettesse in
discussione !
-
Sei coraggioso sai ! Io non lo avrei mai fatto ! - disse con un
po’ di
rammarico
-
Perché dice così ?- domandai incuriosito.
-
Vi invidio sapete ? Io non lo avrei mai fatto . Intendo , non sarei mai
uscito
allo scoperto se fossi stato gay . Mi sarei tenuto tutto dentro pur di
non
deludere coloro che amavo.
-
Lei parla così perché ragiona con la sua testa e
perché pensa che nel mondo
esterno tutti le siano contro ma non è così -
risposi , sorprendendomi di
quanto fossi saggio e proseguii - Alcune persone sono buone e generose altre sono perfide .
Abbiamo il dono del
libero arbitri . Perché non attaccarci alle prime ?
-
Hai proprio ragione ragazzo !
Detto
questo mi diede un pizzicotto sulla guancia . Oramai ero arrivato .
Riuscivo ad
intravedere la sagoma della signora Tyler fino alla fine del corridoio
. La
camera di Austen era l’ultima del suo piano ed era quella che
si trovava più in
fondo . Pian piano che mi avvicinavo i colori che la signora Marylin
indossava
si facevano più nitidi ai miei occhi . Indossava un completo
composto da una
gonna ed una camicetta completamente rosa e sopra la camicetta portava
un copri
spalle bianco . Sembrava un chewingum ma non volli sottolinearlo per
non essere
scortese . Avanzai sempre di più ed una volta arrivato
vicino alla signora
Tyler potei osservare la sua faccia sorpresa ma nello stesso tempo
serena . La
salutai e lei mi indicò la sala che si vedeva al di
là del vetro.
Austen.
Lo
vedevo dopo solo una settimana . Non credevo mi avrebbe fatto un tale
effetto ,
in fondo era passato poco tempo dalla grande litigata della settimana
scorsa .
tutto girava intorno a me ed il riflesso del vetro mi dava
un’idea della sua
perfezione non indifferente . La sua era una delle stanze
più luminose , piene
di Sole . Il cielo era limpido ed il Sole risplendeva forte in quella
sala
d’ospedale . Mi sembrava di essere tornato nella reception
del condominio dove
Austen abitava . Anche la sala infatti era completamente dipinta di
azzurro ,un
azzurro sgargiante , che si abbinava perfettamente ai suoi occhi , alla
sua
carnagione , potrei ben dire che si abbinava quasi ad ogni parte del
suo corpo
. Era steso sul letto ed aveva il volto rivolto verso la finestra . Non
mi
aveva sicuramente visto e né sapeva della mia presenza .
Speravo non lo sapesse
, volevo almeno concedergli questa sorpresa , se per lui poteva ancora
chiamarsi sorpresa .
Mi
avvicinai alla porta di vetro , presi un ultimo respiro , afferrai la
maniglia
ed aprii l’unico confine che allora ci separava . Appena
aprii la porta lui non
si girò , non mi degnò neanche di uno sguardo .
Forse aveva capito ch ero io ed
era arrabbiato , come biasimarlo . Chiusi la porta dietro le mie spalle
e
sentii Austen dire :
-
Come ti ho già detto papà se prima non rivolgerai
le tue scuse a Justin e non
lo porterai qui , tra me e te non vi sarà più
dialogo- lo disse con freddezza .
Era
la prima volta dopo una settimana che sentivo la sua voce , che
rivedevo il suo
profilo. Tutto sembrava bello , tutto sembrava fantastico ora che ero
lì , e
non mi sarei lasciato andare neanche un attimo . Ogni attimo per me era
vita e
non avevo fatto altro che desiderare quello per tutta la settimana .
Con un
ultimo respiro gli parlai e dissi :
-
Credo che lo abbia appena fatto il signor Tyler , Austen.
Spalancò
gli occhi improvvisamente ma non si voltò
verso di
me . Cominciava a
sgorgargli una lacrima dai suoi occhi blu , lacrima che io consideravo
come una
goccia di rugiada . Non l’avevo mai visto piangere
né mai singhiozzare come
fece poco dopo . Prima che potessi intervenire mi bloccò:
-
Promettimi che appena mi girerò non scomparirai , che sarai
ancora lì
-
Perché ? - domandai
, lasciando
trasparire un po’ di insicurezza
-
Perché così saprò che non è
tutto un sogno .
-
Prometto - risposi ponendomi una mano sul cuore .
Lui
si girò . Appena mi vide sorrise ampiamente ,
spalancò gli occhi più del
possibile . Aveva desiderato anche lui vedermi , lo percepivo , ed io
come lo
sciocco non avevo capito . Facevo lo stupido invece di affrontare la
realtà.
Ero lì ora e l’unica cosa che sapevo fare era
balbettare e singhiozzare .
Dovevo agire . E dovevo farlo alla svelta . Era l’unico modo
per non perderlo
per sempre .
Mi
avvicinai piano per potermi godere ogni istante della sua compagnia ,
arrivai
infine vicino al suo letto e mi sedetti sulla coperta ,
anch’essa azzurrina ,
che gli era stata posta sulle gambe . A quel punto dissi:
-
Come stai ?
-
Non mi lamento! Domani potrò tornare a casa -
ribadì con contentezza e poi ,
rabbuiatosi in volto continuò - Mi dispiace di non essere
potuto venire al
funerale di tuo nonno .
-
Non ti preoccupare , sapevo che eri impossibilitato a venire , non devi
assolutamente giustificarti con me !
-
Piuttosto ! Devo chiederti scusa !
La
faccia rabbuiata di un momento prima adesso lasciava trasparire un
minimo di
stupore , che non si aspettasse le mie scuse ? Gliele dovevo dopotutto,
in
fondo se era su quel letto di ospedale , era per colpa mia . Mi
fissò negli
occhi ed io cercai di non perdermi nuovamente , come succedeva ogni
volta che
lo fissavo , nel blu dei suoi . Notando che io non accennavo a parlare
domandò
:
-
Scusa per cosa ?
-
Per tutto ! Per come mi sono comportato , per ciò che ho
detto e fatto , per
ogni singola parola al vuoto . Per ogni singola e stupida paura . Non
volevo
perderti Austen e sapere che potresti andartene mi distrugge mi fa a
pezzi .
Non sai quanto ho pianto per te , o meglio per noi in queste ultime
settimane .
Continuavo a pensare, a cercare il coraggio per venire qui da te , ma
non
riuscivo a trovarlo , perché pensavo che non volessi
più vedermi , non volessi
più condividere con me momenti che sarebbero potuti
diventare importanti . Austen
, ciò che cerco di dirti è che non riesco a stare
senza di te .
Austen
sembrava perplesso , come se il mondo gli stesse girando intorno , per
un po’
pensai che stesse per avere un malore , come se non fosse
già abbastanza . Non
volevo assolutamente vederlo soffrire dopo ciò che gli avevo
detto . Si riprese
da quello stato di trance che lo aveva avvolto e , come se stesse
pensando ,
iniziò a dire :
-
Non ho parole , non so cosa dire , se non che non ho mai incontrato
nessuno
come te . E’ inutile dirti che mi dispiace per il disagio che
ti ho creato e
che credevo non saresti mai venuto qui . Riesci sempre a sorprendermi
come
nessuno mai riesce a fare . Non so cosa dirti perché non
trovo le parole per
riuscire a descrivere ciò che mi hai fatto , ciò
che mi hai trasmesso e ciò che
mi dai . Mi sento molto fortunato ad averti qui accanto a me e credo lo
sarò
per sempre .
Pronunciò
quelle parole con una tale intensità che pensavo mi
sarebbero sgorgate altre
lacrime dagli occhi , ma non fu così . Ero solo contento ,
contento che mi
avesse accettato , contento che fosse quello di sempre , contento di
aver
abbandonato le convenzioni che mi stavano relegando in una profonda
solitudine
. L’unica cosa che gli dissi fu :
-
Grazie … - mi bloccò.
Mi
mise un dito sulle labbra per non riuscire a farmi parlare , per
cercare di non
farmi ribattere a tutto ciò che aveva detto . La pressione
che esercitava sulla
mia bocca non fu molto forte , ma non mi lamentai di ciò che
stavo facendo .
Non volli osservare se fuori da quella stanza i suoi genitori ci
stavano
guardando , per questo continuai a fissare lui . Austen era sempre
meraviglioso
, sempre bello , come quando lo vidi per la prima volta .
Improvvisamente lui
si avvicinò lentamente e sfiorò prima le sue
labbra alle mie e poi mi baciò .
Spalancai
gli occhi ma lo lascai fare . Cominciarono ad uscire lacrime dai miei
occhi
senza una ragione , forse soltanto perché stava osando
ciò che non avevo mai
osato fare io , ciò per cui non avevo mai preso iniziativa .
Chiusi gli occhi
per godermi ogni singolo attimo , ogni singolo momento . Ogni secondo
sarebbe
bastato a nutrirmi
per una vita , per
sostentarmi all’infinito . Non avevo mai provato nulla di
più puro e non mi
spaventava , era una bella sensazione ciò che sentivo in
quel momento . Non
avevo più nessuna inibizione . Aprii gli occhi giusto il
tempo per distogliere
le mie labbra dalle sue , poi , lui , rimasto sorpreso mi
domandò :
-
Qualcosa non va ?
-
No ! - risposi secco
-
E allora ?
-
Ti amo Austen Tyler ! Ti amo!
Rimase
scosso , come se lo avessero colpito con un dardo , un dardo infuocato
che non
lasciava spazio a nulla se non al sentimento. A giudicare dalla sua
faccia non
se lo aspettava e secondo me Cupido non avrebbe saputo fare di meglio
in una
situazione del genere . Lui mi guardò e disse :
-
E’ la prima che me lo dici
-
E allora fa che non sia l’ultima.
Lo
presi da dietro la testa e lo avvicinai di scatto verso di me . Era il
bacio
più bello che gli avessi mai dato . Era unico e speciale ,
come lui . In quel
momento eravamo un tutt’uno , un’unica
entità, e tutto sembrava bellissimo .
Non sapevo bene cosa stavo provando in quel momento , ma di certo era
qualcosa
di speciale, qualcosa che non avevo provato neanche la prima volta che
lo
baciai . Quella volta fu tutto veloce fu tutto di scatto e ce ne
pentimmo
entrambi . Non volevo pensarvi , ma tutto in un certo qual modo mi
riconduceva
a quel palco , a quel momento . Però tutto era diverso . Io
ero diverso . Tutta
la mia vita era stata per sempre un grande palcoscenico ,dove ho sempre
finto
di essere ciò che non sono e non potevo essere . Ma se
qualcosa ho imparato da
questa vita era di non demordere mai , di non perdere la speranza . I
sogni
possono realizzarsi per chi ci crede , possono renderti felice .
Aveva
ragione Cenerentola a dire che “ i sogni son desideri di
felicità” . Il mio si
era appena avverato e non sapevo cosa pensare .
Aprii
gli occhi per guardarlo , ma li richiusi subito per non rompere la
maglia del
momento . non mi importava più di nessuno . Se ne avessi
avuto la possibilità
lo avrei urlato a tutti ciò che sentivo e ciò che
provavo . Se c’era qualcosa
che avevo imparato da quell’esperienza era che
l’amore è una sfida . Ed in
fondo in una sfida BASTA SOLO AVERE CORAGGIO.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=554633
|