Popeye, the Sailor Senshi (Braccio di Ferro, un combattente che veste alla marinara)

di ToraStrife
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo,e infatti non ci capirete nulla. ***
Capitolo 2: *** Come ci sono finito lì ***
Capitolo 3: *** Grosso Guaio ad Akihabara ***
Capitolo 4: *** Si svelano gli altarini ***
Capitolo 5: *** Quattro pinne all'orizzonte ***
Capitolo 6: *** Merende e Memorie ***
Capitolo 7: *** Rufy e Popeye part.1: Io sono la gomma, tu il Ferro. ***
Capitolo 8: *** R&P 2: Col calore, la gomma si scalda e il ferro si tempra ***
Capitolo 9: *** Tutti gli spinaci vengono al pettine ***
Capitolo 10: *** Strong to the Finish (1 di 2) ***
Capitolo 11: *** Capitolo finale: Strong to the Finish (2 di 2) ***



Capitolo 1
*** Prologo,e infatti non ci capirete nulla. ***


Popeye The Sailor Senshi

Il rumore del mare....
le onde che si infrangono sulla spiaggia....
sulla spiaggia.... la risacca..... questo vuol dire che finalmente sono a terra....
... sono salvo.
Tendo le orecchie. Il mio corpo è troppo pesante, troppo spossato.
Per quanto tempo sarò stato in balia dei flutti? Non importa: sono vivo.
E non sono solo.
Anche se la sabbia non distribuisce  bene i rumori, un chiassoso vociare mi suggerisce comunque che qualcuno si sta avvicinando al mio corpo.
Questo mi dona un pò di forza, quel tanto che basta per aprire il mio occhio buono, mentre nella mia iride si forma l'immagine di una donna, anzi no, una ragazza. Mi domando se sia per caso una sirena, di quelle che soccorrono i naufraghi come nelle leggende. Ma non può essere: il mio corpo per intero sente la sabbia sotto di sé, quindi siamo in piena terraferma. E d'altra parte, questa ragazza ha pure le gambe, snelle come sedani, le quali stanno zampettando leggiadre nella mia direzione.
Arrivata al mio cospetto, si china, mi tende una mano sulla spalla e mi scuote, chiedendomi qualcosa in un linguaggio che non capisco, ma dal tono preoccupato intuisco che si voglia sincerare del mio stato di salute.
In qualunque circostanza, mi dico sempre, non è mai buona cosa far preoccupare una signorina, e quindi, con fatica, comincio a svegliare il mio corpo dal torpore,  e finalmente, dopo pochi attimi, alzo lentamente la testa.
I lineamenti del suo viso si rilassano: intravedo la sua espressione sollevata alla vista della mia reazione positiva.
Mi balbetta ancora qualcosa che non riesco assolutamente a capire, e tenta di accennare un sorriso, anche se triste.
La guardo, e la vedo come un sogno, spalanco il mio occhio incontro i suoi,  intensi come il blu dell'oceano, e soprattutto grandi, grandi....
Mi  istigano un improvviso dubio, un grande interrogativo che mi pervade e mi a dimenticare le mie attuali condizioni, ma devo assolutamente sapere. Con il pò di fiato che mi è tornato in corpo, trovo la forza di domandare. 

- Corpo di mille balene, ma voi giapponesi non dovreste avere gli occhi a fessura? -


Un momento, fermi tutti.  A questo punto è matematicamente sicuro che la maggior parte dei lettori non ci avrà capito un'acca.  Probabilmente è il caso di fare un passo indietro



In fondo al mar

In fondo al mar
Tutto bagnato è molto meglio
Credi a me ...


No, un momento, fermi tutti, questa è la canzone di Sebastian e di Ariel, che c'entrano?

Tranquilli, gente, è solo un cameo, perdiamine!

E infatti, esplorando il fondo del mare, siamo in grado di scorgere tre familiari figure, tra cui un pesce e un crostaceo che oggi sono particolarmente di buonumore e stanno approfittando per prendersi per i fondelli a vicenda.

-  Dannato piccolo pesce impertinente, smettila subito! -

- Ma perché? E' così divertente! "Sciao, bello, tu volere tappeti?" -

Il crostaceo si impettì nel guscio, indignato sempre di più. - Non ti permetto di prendere in giro  il mio accento accostandolo a uno di quegli umani in superficie color ebano.

- Sebastian, non mancare di rispetto agli esseri umani, capito? -

Il granchio sobbalzò all'ordine della sua grande amica di lunga data e grossa levatura sociale, e chinò il capo con rispetto.

- Chiedo perdono, principessa. - e poi con uno sguardo inviperito in direzione del pescie giallo. - Allora, pesce discolo, mi vendicherò storpiandoti il nome: Flanders!

Nell''immaginazione di Ariel, al pesciolino giallo crebbero baffoni e capelli castani insieme a un vistoso paio di occhiali e un'aria fortemente cattolica. Un'immagine troppo surreale perché non le scoppiasse una risatina di ilarità. 
Sebastian fece un cenno di soddisfazione per la reazione di Ariel, gingillandosi a sua volta con il pensiero de.l pesciolino baffuto cotto alla griglia da un sogghignante Homer Simpson.
Tuttavia la sua espressione mutò rapidamente in disappunto di fronte all'indifferenza del pinnato.

- Noioso: non sai fare di meglio? - rimarcò il pesce in segno di disprezzo.

Sebastian dalla rabbia divenne rosso persino più di quanto non lo fosse già.

- Allora beccati questo: Flender! -

Ma un pesce robot che si trasformava in Jet agli ordini di qualche cyborg in qualche cartone animato (oooops, 'anime') dimenticato di qualche anno fa era troppo persino per una immaginatrice professionista come la sirenetta.

Tanto più che il bersaglio della storpiatura probabilmente non aveva neppure colto la citazione (e forse neanche la metà dei lettori più giovani).

- Non c è niente da fare, Sebastian, 'Flounder' rimane il nome più carino. -

E davanti alla pacifica conclusione di Ariel, Sebastian perse le staffe.

- Dannato Flounder,  giuro che ti faccio pescare e picchiare dall'uomo più forte, più temibile e invincibile dei sette mari! -

- Chuck Norris? - chiese curioso il pesciolino.

E qui Ariel si prodigò a correggere il suo piccolo amico.

- Chuck Norris non è il più forte dei sette mari, ma anche dei cieli, della terra e dell'universo intero! -

Accidenti, lo sanno davvero dappertutto. Anche in fondo al mar, in fondo al mar....

Sebastian rivendicò il suo ruolo a corte per correggere a sua  volta la principessa.

- ..... Dopo sua maestà Re Tritone, naturalmente! -

- Già, papà.... - gli diede ragione Ariel.

Che poi è vero, Tritone è IL re, ed è lui che regna; Chuck Norris non lo può fare: è troppo impegnato nel suo ruolo di divinità ipercosmica.

- Insomma, basta divagazioni! - protestò il granchio di corte, chi intendo io è quell'umano marinaio con la pipa che ogni tanto naviga sopra di noi.

- Quello con quella voce strana che canticchia quella ancora più strana canzone? - chiese Ariel.

- Si, proprio lui, credo si chiami Gambadilegno - sfoggiò l'acculturato crostaceo.

Flounder corse l'occasione per deridere la gaffe dello sventurato saccente.

- Epic Fail*, Sebastian. E' Braccio di Ferro.  Fuori dall'ambiente Disney, la tua cultura è nulla. -

*strano linguaggio: possibile che Flanders usi Internet?

Sebastian fece  per controbattere, quando si soffermò con lo sguardo su Ariel, indaffarata in una strana attività.

- Ariel, che stai facendo? -

- Desquamazione. -

- Come desquamazione? -

- Ma sì, quella cosa che fanno tutte le donne -

- Vuoi dire depilazione alle gambe? -

- Si, ma io ho una coda  di pesce. -

A interrompere la strana piega che stava prendendo il discorso intervenne Flounder, con una domanda improvvisa.

- A proposito, ma quel marinaio non parecchi giorni che non lo sento più: sbaglio? -

- No, non sbagli -  intervenne Sebastian, cattivo acculturato, ma splendido gossiper - Ho sentito che è partito per un viaggio verso Est. -

- Quanto a Est? - chiese la sirenetta.

- Molto, molto a Est - concluse laconico il granchietto.



Possiamo immaginare quanto a Est.  Ma che ci è andato a fare? E quando entra in scena 'chi sapete voi?'

Saprete la risposta al più presto, questa è una promessa da marinaio!

(ehm....)

P.S. :  Se Ariel e i suoi amici vi sono parsi un pò O.O.C., non preoccupatevi, si prestavano solo allo sketch (tragi)comico. Grandi attori, come sempre: oh, eccoli che salutano.

(Il trio in lontananza fa un inchino al pubblico e saluta con la mano...una pinna e una chela)


Alla prossima. 




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Capitolo 2
*** Come ci sono finito lì ***


Popeye Sailor Senshi 2 Il vecchietto spalancò l'unico occhio che si ritrovava. Agitò  quella minuscola pupilla prima in alto, poi in basso, poi a destra e infine a sinistra.

- Capperi sotto sale! Dove mi trovo? -

Sollevò di poco il testone, e con un lento movimento scrutò i dintorni. Fino a che non incrociarono quelli socchiusi di un altro vecchietto,  che lo stava fissando a circa una decina di centimetri.

- WHOA! -

Con una gran esclamazione di sorpresa, il vecchio lupo di mare si agitò tentando di scuotersi dalla sua posizione supina: inevitabilmente, il riflesso di alzare la testa provocò uno scontro cranio contro cranio tra i due individui.

Il grande scontro delle due teste doveva aver messo in allerta altre persone, cosicché, quando una aggrazziata ragazza accorse portandosi dietro una folta e lunga chioma nera, ("come una strana cometa di pece", pensò, più tardi, Braccio di Ferro), si ritrovò due signori che si rotolavano a terra, ognuno con le mani sulla propria boccia dolorante.

La strana ragazza fece qualche commento che doveva sembrare un rimprovero rivolto l'altro signore, e un paio di secondi dopo si apprestò a soccorrere il marinaio.

Alcuni minuti dopo, i due vecchi stavano l'uno accanto all'altro, con rispettive borse del ghiaccio sui bernoccoli.

- Whoah, hai davvero una testa dura, amico! - non potè fare a meno di esclamare Braccino.

L'altro, un nanetto calvo dagli occhi perennemente socchiusi, con delle folte sopracciglia corrugate in un'espressione perplessa, parve non capire le parole di Braccio, e a sua volta rispose con qualcosa che stavolta fu il marinaio a non capire.

Braccio di Ferro sbuffò.

- Che diavolo di lingua parlano? E in che luogo mi sono andato a cacciare? -

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Dopo aver medicato quello strano ospite e suo nonno (che comunque anche lui, in quanto a stranezza, non scherzava di certo), Rei Hino tornò alla sala degli ospiti dove trovò le sue quattro amiche sedute nella sala degli ospiti.

- Il naufrago si è svegliato, e ha fatto subito conoscenza con il nonno -

- Dal rumore tozzo, direi più scontroscenza - rispose Minako.

Pioggia di gocce di sudore sulle teste dei presenti, al solito tentativo a vuoto di umorismo da parte della Aino.

Usagi scrollò le spalle in una piccola critica. - Sei la guerriera di Venere, ma a volte mi sembri la guerriera di Zelig -

- Guerriera di Colorado, visto il livello di battute - aggiunse Artemis, prima di essere zittito da un pugnetto in testa da parte della sua diretta padrona.

Rei ignorò la scenetta e rivolse lo sguardo a Makoto. - Grazie ancora per averlo trasportato fino a qui -

Makoto si mise una mano sulla nuca, arrossendo un pò. - Figurati, dai! Non era neppure così pesante! -

Rei fece un piccolo cenno di assenso con la testa, e poi si rivolse direttamente alla destra della guerreria di Giove, dove educatamente una ragazza dai capelli blu stava prendendo pacatamente il té.

- Però, Ami, abbiamo bisogno della tua conoscenza di lingue straniere. -

- Perché, Rei? Pensavo tu lo capissi l'inglese. -

- Si ma è.... come dire.... particolarmente sgrammaticato. Non so se sia per via di qualche slang o cosa, fatto sta che particolarmente difficile da comprendere. -


Il mare era un continuo accavallarsi di cavalloni (scusate, non ho saputo resistere ndA), particolarmente scalpitanti per l'occasione. La spuma biancastra sulla punta degli stessi  somigliava alla bava di stalloni impazziti, il che dava una ulteriore aura di  scatenatezza impazzita (che non si sa  neppure se esista grammaticalmente, ma almeno rende l'idea) da parte della mandria, pardon, del mare in tempesta.

Fradicio di acqua salata più di un'acciuga, protetto inutilmente da un'ormai annacquato impermeabile giallo, il vecchio lupo di mare manovrava con aria quasi indifferente il timone.

- Non c'é che dire, oggi il tempo è abbastanza imbizzarrito -

Il Mare del Giappone, un ambiente del tutto nuovo per lui, abituato alle tranquille acque portuali della sua terra natia. Era ormai diverso tempo da quando aveva salutato la sua amata Olivia e quel piccolo soldo di cacio che rispondeva al nome di Pisellino. A malincuore si era costretto a separarsi da loro, ma la situazione era diventata insostenibile.
Il mare col tempo era diventato così inquinato che pescare qualcosa di decente era diventato una questione di pura fortuna.
Bisognava battere nuovi mari, più a est. Certo, attraversare mezzo mondo forse era stato un pò esagerato, ma sicuramente avrebbe rimediato un ottimo carico e sarebbe tornato con così tanto pesce da non dover più preoccuparsi per un bel pezzo.
Mar del Giappone, così vicino alla leggenderia terra nipponica.
I Giapponesi, i suoi abitanti, strano popolo, non era esagerato dire che erano passati decenni da quando ne aveva più visto uno, ed allora, in pieno tempo di guerra (la Seconda Mondiale), erano nemici da combattere a suon di pugni e patriottismo. 
Braccio ricordava ancora quella volta con cui aveva avuto a combattuto in guerra con loro: un branco di scimmiette dagli occhi a fessura, dentoni sporgenti e abbastanza infidi e codardi. Senza sforzo (dietro ingollamento di spinaci) aveva persino affondato una loro corazzata.*
Ma ormai era passato tanto tempo, gli States e il Sol Levante erano amici, o almeno così gli pareva dagli sporadici giornali che aveva letto.
E mal che fosse andata, se ne avesse incontrato uno, non sarebbe stato peggio di Bluto o della 'solita' Strega del Mare.

- Woah! che vi fai qui? -

Lupus in Fabula, Braccio non credeva al suo unico occhio sano: la temibile Strega dinnanzi a lui, a cavallo di una scopa, e in un posto così lontano. E la suddetta vecchiarda non sembrava affatto felice di vederlo.

- Maledetto Braccio di Ferro! Non so come mi hai scoperto, ma questo sarà il giorno della mia vendetta! -

Braccio di Ferro non capiva tanto bene, e si passò un dito sulla testa fradicia in cerca di un'illuminazione.

- Scoprirti? Era l'ultimo posto in cui pensavo di incontrare una come te! -

La Strega, rosa da anni di rancore e paranoie, tendeva un pò a sopravvalutare l'intuito del marinaio.

- Non me la dai a bere, stupido Marinaio! Solo tu potevi navigare nel mezzo di una tempesta da me creata in un posto così sperduto: sapevi già del mio grande e malefico piano! -

- Quindi sei tu la causa di questo mare impazzito? - chiese il sempre più confuso Braccio. - E poi hai parlato di un piano? -

- Non fare il finto tonto! Mi capiti sempre tra i piedi e mi frustri ogni volta i piani. Ma non questa volta! -

Braccio di Ferro fece una scrollata di spalle. Anche per togliersi di dosso un pò d'acqua, per la verità.

- Non ci sto capendo nulla, ma con l'aiuto dei miei spinaci risolverò subito la questione! -

Ma qualcosa non andava: la  Strega non mostrava quello che avrebbe dovuto mostrare in quel momento: la solita espressione atterrita. Anzi, un ghigno innaturale da parte della vecchia suonò come un allarme nei confronti del nostro marinaio preferito, il quale si affrettò a infilare una mano nell'impermeabile in cerca della fondamentale scatola di spinaci.

- Non questa volta, microbo! -

E alla bacucca bastò un semplice gesto della rugosa mano affinché un enorme muro d'acqua, dell'altezza di decine di metri, si alzasse e si avventasse sull'imbarcazione di Braccio. Il natante si capovolse, e il marinaio venne sballottato e infine sbalzato fuoribordo, prima che potesse fare alcunché.

- Questa volta, caro Braccino, mi sono procurato un potente alleato. Addio e salutami i pesci! - con questa frase la megera si abbandonò a una sinistra risata.

Gli ultimi barlumi di coscienza di Braccio di Ferro lo videro con un braccio teso a raggiungere il barattolo di spinaci sfuggitogli di mano, e ormai troppo lontano.
Prima che i sensi lo abbandonassero, giurò persino che dietro la strega di nascondesse un'ombra alata, che a Braccio parve quasi un angelo....

Si, tutto questo è molto bello. Ma come spiegarlo a un gruppo di ragazzine che non conoscono neppure la sana vecchia lingua americana  (senza contare un marinaio già sgrammaticato nella sua, di lingua), che poi chiamarle ragazzine, queste erano altissime, ben diverse dalle scimmiette che ricordava!

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* Il riferimento è al vecchio e famigerato cortometraggio del 1942 "You're a Sap, Mr. Jap", era la seconda guerra mondiale e plausibilmente anche i cartoni avevano una esplicita e quasi naturale natura propagandistica, se ricordate anche Paperino e Bugs Bunny che sbeffeggiavano Hitler, per questo il pregiudizio verso i Giapponesi, si suppone che Braccio di Ferro sia rimasto alla concezione di allora, ma senza razzismo, perché fondamentalmente è anche di buon cuore.

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Capitolo 3
*** Grosso Guaio ad Akihabara ***


Popeye Sailor Senshi 3 Il quartiere di Akibahara ai suoi occhi (anzi, al suo occhio), doveva apparire come un enorme formicaio.
Decine, centinaia di persone che andavano avanti e indietro indaffarate, da sole o in gruppo, con pacchi e pacchetti di ogni sorta.
Era una realtà quotidiana che appariva perfettamente normale agli occhi di Usagi e le altre, ma per Braccio di Ferro era tutta un'altra cosa.
Era anche vero che lui,  di estrazione rurale, c
he aveva sempre vissuto in piccoli paesini costieri, e che passava una buona parte dell'anno nella solitudine delle sue battute di pesca, non aveva praticamente mai vissuto in nessuna delle grandi e popolose metropoli americane.
Qualche capatina a New York, certo, ma mai oltre la zona prettamente portuale.
Ma, a parte la grande quantità di persone, a Braccio colpiva la grande varietà che contraddistingueva la moltitudine che si intrecciava sotto i suoi occhi.
Per anni si era sempre figurato i giapponesi come un omogeneo popolo di omini tutti uguali, magri, bassi, con gli occhi stretti, sorriso sporgente, modi formali e un po' ruffiani, capelli cortissimi, a volte con occhiali ben più che spessi, e naturalmente la caratteristica macchina fotografica con flash accecante.
Per come invece 'questi' giapponesi gli si presentassero di tutte le dimensioni, anche alcuni molto più alti di lui; abbigliamenti di tutti i tipi, dal completo giacca e cravatta tipico degli uomini "con i bigliettoni" al trasandato punkettaro, capigliature di tutti i tipi (e di una varietà cromatica da fare invidia alla coda di un pavone). I sorrisi era rimasti. Gli occhi, invece, erano più spalancati che mai. Soprattutto quelli spinti dalla curiosità di vedere un così strano individuo (lui) nel bel mezzo del più grande centro commerciale di Tokyo. Anche le macchine fotografiche c'erano, ma erano piccolissime e stavano sul palmo di una mano.

Ami e Rei sospirarono, divise tra il dover tener d'occhio l'americano, assaltato ogni tanto da qualche passante desideroso di una foto, e le usuali Usagi e Minako, che puntualmente ridiventavano come bambine e si allontanavano attirate dalle vetrine prodighe delle ultime novità del mercato.
Makoto era intanto scomparsa dentro un negozio di floricoltura con la scusa di un "acquisto urgente".
Le due menti superiori del gruppo, oltre che al ruolo improvvisato di Sailor-Sitter, erano anche concentrate a rimuginare su quella strana storia raccontata dal vecchio marinaio.
- A te sembra una storia credibile? - Domandò Ami. - Mi sembra tanto una di quelle storie inventate di cui i famosi "lupi di mare" sono famosi. Per non parlare di quell'inglese masticato che mi ha fatto davvero penare nel tradurlo.
- Ammetto che a sentirla così, sembra uscire direttamente dalle fantasie di un ubriaco. - Rispose Rei. - Eppure qualcosa in me perpecisce del vero in quelle parole.
- Lo sappiamo tutte che sei una potente Miko, Rei. - Convenne Ami. - Ma anche se quella storia non fosse una fandonia, non è certo detto che si tratti di un nuovo nemico.

"Ehy, mocciosetto, dico a te!"

Le due donne si voltarono in direzione della voce, dove si stava consumando una spiacevole situazione.

Spiacevole per uno sfortunato bambino di otto anni, reo, nella sua distrazione, di essere andato a sbattere contro il capo di una banda di teppistelli, e, quel che è peggio, di avergli, nello scontro, rovesciato il gelato addosso, macchiandogli i costosi pantaloni.
Il bullo incalzò, con aria minacciosa, di fronte all'espressione spaventata del bambino.

- Guarda qua che casino hai combinato! Ci vorrà un mucchio di soldi per smacchiare i miei pantaloni!

Il bambino continuava intanto a balbettare scuse, che non soddisfacevano minimamente il tizio.

- Diciamo... diecimila yen! Allora, ce li hai i soldi per pagarmi?

Vedendo che il ragazzino non faceva altro che arretrare impaurito, il capo avanzò e lo sollevò direttamente dalla collottola.

- Vuoi farmi perdere la pazienza, quindi?

Il resto della banda, cinque tipacci uno più minaccioso dell'altro, si preoccupavano, con occhiatacce rivolte ai presenti, di far desistere chiunque dall'intervenire.

Tutte tranne una.

Un geranio completo di vaso volò direttamente sulla faccia del capobanda, che nella caduta lasciò la presa sul bambino.
Quest'ultimo venne afferrato al volo da una figura femminile, che lo porse delicatamente a terra.
Nel voltarsi per vedere la sua salvatrice, il ragazzino vide il gentile sorriso di una ragazza dai capelli castani, raccolti in una coda di cavallo.
Dopo aver rassicurato il piccolino, Makoto rivolse uno sguardo carico di astio nei confronti della banda, il cui leader si stava già riprendendo dal precedente colpo in testa, ed era già pronto a una nuova serie di minacce.

- Lo sai cosa hai fatto, ragazza? - Ruggì. - Te ne rendi minimamente conto?

- Ho sprecato un geranio per una testa di rapa. - Rispose la studentessa, per nulla impensierita.

- Solo perché sei una spilungona, pensi di poter fare la presuntuosa?

Nel mentre, uno degli scagnozzi annuì a un cenno del teppista, e partì all'attacco.
Makoto non si fece trovare impreparata, sistemandolo con un calcio nello stomaco.

- Arti Marziali, eh? - Abbaiò il capobanda. E con uno schiocco di dita diede il segnale al resto della banda.
Cinque coltelli a serramanico vennero estratti.
Makoto si chiuse in posizione di difesa. Lo svantaggio era evidente, e lei lo sapeva. I coltelli, inoltre, rendevano il tutto più difficile.

- Vediamo come te la cavi ora! - Latrò il teppista, pregustando la facile vittoria.

Una voce esterna si intromise.

"STOP!"

- E tu che vuoi, vecchietto? - Lamentò pieno di stizza il vandalo, vedendo il signore che d'impulso era uscito dalla folla per infrapporsi tra lui e la donna.

Rei e Ami trasalirono, quando si accorsero dell'identità del nuovo intervenuto.

Nessuno capì l'inglese sbiascicato con il quale Braccio di Ferro stava rimproverando la vigliaccheria di quei "giovinastri senza midollo, così codardi da mettersi in sei contro una ragazzina, e per giunta armati di coltello".

Tutto ciò che vedeva il capobanda era semplicemente un tizio che non aveva avuto il giudizio di farsi i fatti suoi, e ora ne stava per pagare le conseguenze con una bella coltellata.

Braccio di Ferro aveva cercato di riportare la ragione presso quei delinquenti con un paternale rimprovero, ma evidentemente invano.
Il giovincello non solo non sembrava vergognarsi, ma addirittura gli stava puntando in faccia quel pericoloso temperamatite.
Allora con una mano girò la pipa verso il basso, e vi soffiò dentro.
Una piccola fiammata partì, come una fiamma ossidrica, a surriscaldare la lama del coltello, fino a farla diventare incandescente.

Il coltello divenne così rovente che il capo lo lasciò con un grande urlo.
Braccio sperava che così la banda si sarebbe ritirata senza ulteriori complicazioni: speranza vana.
Il leader, massaggiandosi la mano ustionata, stava già urlando ai tirapiedi l'evidente ordine di attaccarlo in gruppo.
Peccato, pensò il marinaio, non gli piaceva l'idea di dover prendere a cazzotti dei giovincelli che non superavano in vent'anni, ma se proprio non c'era altra via...

La rissa, tuttavia, finì prima di cominciare.

Un'esplosione poco distante scatenò in un attimo il panico tra la folla.
Urla ovunque. Persone che fuggivano.
Cosa diavolo era successo?



Poco lontano, una macchina in fiamme.
Una figura alata, dall'anatomia di un angelo ma con la fisionomia di un rapace, si stava divertendo a distribuire distruzione tramite raggi infuocati che partivano dalle sue mani.
Uno, due, tre colpi, un semaforo, un cratere sull'asfalto e una bancarella incenerita.
Sfoggiando una risata di soddisfazione, l'uomo pennuto si guardò con soddisfazione le mani incandescenti.

- Tremate, umani! - Sentenziò l'uomo. - Questo è solo l'inizio!

-
Venus Love Me Chain!

Una catena composta interamente da cuoricini andò ad avvinghiarsi ad un braccio del nemico, mentre uno strattone lo tirò all'indirizzo della proprietaria, pronto ad accoglierlo con un...

- Sailor V Kick!

Con l'avversario a terra, Sailor Venus, al colmo dell'euforia, esultò.

- Wow! Non usavo questo attacco dai miei tempi di Londra! - Commentò entusiasta, con un segno a V con le dita.

- Non è giusto! Dovevo affrontarlo io! - Si lamentò Sailor Moon, appena arrivata sul luogo e delusa dal fatto che fosse ormai troppo tardi per l'entrata in scena.

- Non ce ne è stato bisogno. Sailor Venus saved the day! - Canzonò Venus, con una piccola linguaccia all'indirizzo della compagna.

- Sei ingiusta, Minako! - Cominciò a piagnucolare Sailor Moon. - La protagonista sono io!

- Non stavolta, carina! - Rincarò la dose Venus. - la guerriera dell'amore è bastata e avanzata!

Le due guerriere vennero interrotte dall'improvviso librarsi in volo del nemico, spezzando con un dispiegamento di ali la Love Chain di Venus.
Prima che potessero reagire, l'uomo rapace le investì con una raffica di attacchi fiammeggianti.
Il fumo si diradò, mostrando le guerriere a terra, stordite e bruciacchiate.

- Non so chi siate, ragazzine - Commentò l'uomo. - Ma non potete competere con il grande Bernard!

- Mercury Aqua Rhapsody!

Bernard riuscì per tempo a schivare il proiettile d'acqua a lui diretto.

- Peccato. - Commentò la sopraggiunta Sailor Mercury. - Avresti avuto bisogno di una rinfrescata!

-  Accidenti, ce n'é un'altra!? - Si lamentò l'incredulo rapace. - E poi l'acqua non mi piace!

- Preferisci allora che combattiamo il fuoco con il fuoco? - Si intromise un'altra voce. - In tal caso, ti accontento: Burning Mandala!

- Fuoco contro fuoco? Perché no? - Rispose Bernard contrapponendo una nuova raffica di attacchi infuocati.

L'impatto tra il Burning Mandala e i colpi del nemico generarono una grossa esplosione che coinvolse l'intero quartiere.
Fortuna volle che la folla avesse avuto il tempo di sgombrare l'area, o almeno era ciò che aveva confermato Ami tramite la visiera computer.

Quello che non era stato previsto fu l'intensità dell'ultima esplosione, tale da sconvolgere i pilastri di un palazzo adiacente, che cominciò a crollare.

Sailor Mercury trasalì, vedendo, al contrario delle sue aspettative, che la sua amica Makoto, insieme al bambino e allo strano americano, erano ancora laggiù, mentre una montagna di macerie si stava per abbattere su di loro.

- Makoto! - Urlò, attirando l'attenzione di Mars, che si unì al grido con Mercury.

Prima che potessero fare alcunché, un paio di colpi a tradimento le presero alle spalle, gettandole a terra.
Bernard ridacchiò, con le mani ancora fumanti.

- Cosa vi preoccupa, umane? Il fatto che ci siano degli umani laggiù?

Il tempo di dire la frase, che il crollo era terminato, lasciando sul posto una piccola montagna di detriti.


Quando Makoto vide il palazzo crollarle addosso, non riuscì a pensare lucidamente a un modo per salvarsi: forse sarebbe stato inutile, forse c'era troppo poco tempo.
Le immagini che le passarono davanti riguardavano in gran parte i suoi indimenticabili attimi con le amiche, i suoi hobby femminili che tradivano in gran parte la visione che la gente aveva di lei, e in quell'occasione, anche un qualche sogno inconfessato, forse un rimpianto, dato che da lì a poco la sua vita sarebbe cessata.
Con un bizzarro desiderio di essere chiamata "Mamma", strinse a sé il bambino, nel tentativo di rassicurarlo, o forse, di cullarsi egoisticamente nell'illusione di recitare, per pochi attimi, quella strana parte che non avrebbe mai potuto recitare.


Braccio di Ferro fece una esclamazione di sorpresa mista a terrore, nel vedere la pioggia di massi e detriti che stava per seppellirlo, e con lui quella donna con il bambino.
I giovinastri maleducati erano vigliaccamente fuggiti quasi subito.
Al contrario, fin da quando era cominciato
il combattimento tra quella sorta di avvoltoio umano e quelle ragazze in minigonna, la donna con la coda di cavallo non aveva mosso un passo, preoccupatasi, nella confusione, di proteggere il bambino.
Quale marinaio ignorante quale era, non aveva assolutamente idea di cosa stesse succedendo: tra scoppi, fiamme e gente in preda al panico, si domandò se non fosse scoppiata una guerra.
Ma in quel momento non c'era bisogno di pensare: bisognava agire.
Toccato dal coraggio e dall'altruismo di quella giovane studentessa, che stava rischiando la vita per proteggere un bambino, rammentò il suo dovere di buon americano, anzi, di buon essere umano: fare tutto il possibile per salvaguardare la vita di quei due innocenti accanto a lui.
E c'era una sola cosa da fare.
Braccio di Ferro mise una mano nella giubba, e si accorse con gioia che c'era un provvidenziale barattolo del suo elisir vegetale.
Lo tirò fuori, strinse la scatola, ingoiò il contenuto, e il miracolo avvenne.

Bernard non credette ai suoi occhi, nel vedere quella massa di detriti venire dispersa da una girandola fatta di pugni, una trottola umana che in pochi secondi sbriciolò l'intero palazzo in rovina.

Makoto e il bambino si guardarono attorno, increduli, avvolti dalla nube di polvere generata dai detriti spazzati via.

Quando la trottola umana si fermò, nell'osservarlo Bernard mutò la sua espressione in terrore.

- Nooo! - Urlò. - Non puoi essere ancora vivo. Non puoi! -

Come se avesse visto il peggior incubo della sua vita, Bernard si librò in volo e partì come un razzo in fuga.

Braccio di Ferro si aggiustò il cappello, domandandosi cosa mai gli avesse preso, a quello strano individuo: la stessa domanda che si porsero, più tardi, le guerriere Sailor.





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Capitolo 4
*** Si svelano gli altarini ***


Popeye, the Sailor Senshi 4- Incapace!

Una castagna scavò le proprie nocche direttamente nella guancia di Bernard. Il pugno era così forte che il povero essere alato andò, dopo un volo di parecchi metri, a schiantarsi rovinosamente sul pavimento azzurro.

Con la testa che gli girava per la botta, Bernard prese a massaggiarsi la zona colpita. L'impatto aveva creato una grossa crepa, nel quale l'avvoltoio umano giaceva incavato.
"A dispetto di essere una vecchina", pensò il malridotto scagnozzo, "vanta certamente un destro micidiale".

- Non ti sarai mica inventato questa scusa solamente per giustificare il tuo fallimento?

- No, padrona! - Rispose Bernard scuotendo la testa, per sottolineare la risposta, o forse per scrollarsi di dosso le fumettistiche stelline di dolore che gli danzano attorno. - Ne sono assolutamente sicuro!

- Mi stai dicendo che Braccio non è morto in quel naufragio, ed è ancora qui a rompermi le uova nel paniere?

- Temo di dover confermare... - Rispose lo scagnozzo abbassando il capo.

- Dannazione! DANNAZIONE! DANNAZIONE! - Cominciò a sbraitare la furente Strega dei Mari, pestando ripetutamente i piedi per terra, come una bambina capricciosa.

Spettacolo che non passò inosservato.

- Che rozzezza.

A parlare con una piccola punta di disprezzo era una figura snella, vestita di una tunica che adornava il suo debole corpo. I penetranti occhi verdi, intonati a una divina chioma dello stesso colore, guardavano con freddezza lo spettacolo di quella brutta, incartapecorita signora dai modi maneschi e di quell'inetto del suo tirapiedi.
Ma la cosa più vistosa erano le quattro ali piumate che si estendevano in tutto il loro splendore.

A sentire il gelido commento la Strega cambiò immediatamente atteggiamento.

- La prego di scusarmi, o sommo Mikeru.

L'angelo squadrò ancora una volta la megera, e sospirò.

- Ancora mi domando se questo accordo non sia stato un errore...

- Ma no! Che pensieri sono? - Si affrettò a tranquillizzare la Strega con tono mellifluo.

- Anche solo il parlare con degli esseri umani mi procura un nauseabondo senso di ripugnanza. - Sibilò con sprezzo l'angelo. - E te non fai certo eccezione, vecchiarda.

- Tuttavia le mie arti magiche possono farle comodo. - Continuò la Strega. - Esattamente nello stesso modo di come i suoi poteri possono essere utili a me.

- Mio malgrado, - Sospirò Mikeru. - Devo comunque ammettere che ti sei già dimostrata utile a togliere di mezzo le mie nemiche di sempre: le Principesse Sirene!

- Oh, quello? E' bastata solo un po' d'astuzia... e qualche conoscenza.


-------------

Da qualche altra parte dell'Oceano, molto più ad ovest, ma sempre e comunque in fondo al mar, in fondo al mar.


- Ariel!

La giovane sirena venne quasi soffocata dall'abbraccio di gruppo nella quale sette "colleghe" l'avevano avviluppata.
Non fosse che si trovavano sott'acqua, si sarebbe quasi detto che le stava mancando l'aria.

- Nanami! Hanon! E anche le altre! - Disse la principessa guardandosi attorno, al colmo dello stupore. - Tutte voi qui?

- Quanto tempo! - Disse Nanami al colmo della gioia. - Abbiamo così tante cose da raccontarci! Tante canzoni da cantare assieme!

Sebastian fece il più profondo degli inchini.

- I miei omaggi, principesse dei sette mari. O era  "sette principesse dei mari"? - Si interruppe, in un momento di dubbio - Non importa. Vado ad avvertire immediatamente Re Nettuno, affinché sia organizzata la dovuta accoglienza a corte...

- Non ti disturbare, piccola aragosta. - Lo interruppe Nanami, nella sua spigliatezza mista ad ingenuità. - La nostra è una visita informale di cortesia.

Sebastian le rispose con un'occhiata basita, non tanto per l'atteggiamento informale di Nanami (dopo una vita passata con Ariel...) quanto per il fatto di essere stato liquidato come "piccola aragosta".
Lui era il consigliere del re, ma prima ancora, un granchio!
Rin e Hanon scossero la testa, unendosi all'imbarazzo del granchio.

Sebastian riprese il suo autocontrollo e si congedò con un inchino e un

-Come desiderate. Con permesso.

Molte delle principesse sirene ospiti, tuttavia, avrebbero giurato di sentire una sequela di improperi provenire dal Seb mentre si allontanava a chelate dalla scena.

- Allora! - Tornò a bomba Nanami con l'attenzione su Ariel. - Come te la passi? Lo sai che ci manchi tanto? Perché non passi più tempo con noi? Sei una principessa sirena anche tu, come noi.

- Lo so. - Si giustificò la Sirenetta dai capelli rossi. - Ma prima ancora che essere una principessa sirena, io sono una principessa Disney.

E dicendo questo tirò fuori da una delle conchiglie che usava come reggiseno una piccola pergamena, che magicamente si srotolò emettendo uno scoppiettio di scintille.
La superficie era tutta scritta in caratteri illeggibili, ma alla fine era ben visibile la firma di Ariel e il timbro con una palla nera unita ad altre due più piccole: l'inconfondibile silhouette della testa di Topolino.

Di fronte all'insindacabile verità, Nanami non poté fare altro che sospirare.
Il contratto con la Grande D era un qualcosa di troppo potente da poter sciogliere.
Ariel, lo sapeva bene: l'altro contratto con Ursula era una bazzecola, a confronto.
E anche Nanami lo sapeva, ma lei guardava quel foglio di carta con gelosia e invidia.
Anche se avessero fatto dieci serie animate, le altre Principesse Sirene non avrebbero mai raggiunto il prestigio della loro collega occidentale.
Questa consapevolezza seminò piccole occhiate di astio tra le ospiti.

Sebastian, maggiordomo di esperienza, intervenne spingendo una tartaruga marina sul cui  carapace erano state poggiate sette  tazze da  te  e una piccola montagna di biscotti.

- Mi sono permesso di portare la merenda. - Disse, invitando Ariel con una gomitata a nascondere il contratto. - Vi consiglio particolarmente i biscotti di alga rossa. Provengono direttamente dalla Fossa delle Marianne: difficilissime da trovare in questa stagione.

La notizia dei biscotti cambiò subito l'umore delle principesse, che si fiondarono come falchi verso il vassoio.

L'atmosfera si era già calmata, quando, tra un sorso e l'altro, Nanami ammiccò verso Ariel.

- Adesso però, ce lo puoi dire il vero motivo.

Ariel separò le labbra dalla ceramica della tazzina. Con ancora il caldo sapore della bevanda zuccherata, chiese spiegazioni a una così strana domanda.

- Quale motivo?

- Ma sì dai, ci sarà un motivo se oggi siamo tutte qui, no? - Intervenne Hanon, più diretta.

- Questa è bella. - Rispose Ariel, sollevando contemporaneamente un sopracciglio e un dubbio. - Mi stavo domandando io del motivo per cui eravate venute tutte assieme nel mio regno.

- Come sarebbe? - Intervenne Rin, posando la tazzina sul guscio del rettile-vassoio. - Eppure abbiamo ricevuto chiaro e tondo la tua richiesta di aiuto.

- "Incombenze urgenti". - Citò a memoria Hanon. - O almeno questo era quanto scritto nel messaggio.

D'istinto Ariel guardò verso Sebastian. Quel tipo di paroloni formali potevano essere solo opera del granchio o di Re Nettuno.

Tuttavia il servitore scosse con decisione la testa. - Noi non abbiamo mandato alcun messaggio. Lo posso giurare sul mio guscio.

- Avete la pergamena con questo messaggio? - Chiese Ariel alle ospiti.

- Ce l'avevamo, - Si giustificò Nanami. - Ma...

- Nanami nella sua goffaggine lo ha fatto a pezzi. - Intervenne Hanon.

- Non è vero! - Protesto la bionda. - Si è sbriciolato immediatamente, da solo, come per magia, dopo che io l'ho letto!

- Tutte scuse! - Controbatté Hanon. - Ti conosciamo, io e Rin.

La bionda e la turchina cominciarono a battibeccare.

(A proposito di capelli turchini, Sebastian si domandò se Hanon non fosse parente della fata turchina di Pinocchio. Nel caso, con la botta appropriata, la sirena cantante avrebbe potuto passare alla Disney tramite raccomandazione).

Quelle meno convinte della situazione erano Ariel e Rin, che si premevano le tempie, pensierose.

- Magia, eh? - Disse Ariel, in un lampo di consapevolezza. - Chissà se....


Poco lontano, una vecchia cicciona dal vestito orrendamente attillato, i capelli corti e bianchi e la pelle azzurra come un puffo lavato in acqua bollente, spiava la scena con soddisfazione.
Si chiamava Ursula, ma certamente non ricordava la Andress: tendeva di più a Moira Orfei.
Ma il motivo del suo buon umore era tutt'altro: quello di un buon piano andato a buon fine.
Infatti, per l'occasione, si mise un sigaro in bocca e fece la perfetta imitazione di Hannibal Smith dell'A-Team.

- Adoro i piani ben riusciti!

Sputacchiando il sigaro, il quale ovviamente era inutile perché sott'acqua non poteva accendersi, la  strega Disney del mare  bisbigliò un pensiero all'indirizzo della sua collega.

- Mi devi un favore, Strega Bacheca!


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- Tuttavia trasformare quel tuo avvoltoio in un essere umano non sembra esser servito a molto. - Obiettò scettico Mikeru.
- Cos'è che è andato storto? Senza le Principesse Sirene avrebbe dovuto essere una passeggiata!

- A quanto pare gli esseri umani godono di altri protettori. Tali "guerriere Sailor". - Congetturò la Strega. - E così, Bernard?

- Sì, mia signora. - Rispose l'avvoltoio.

- Dannati umani. - Sibilò l'angelo. - Perché si prodigano tutti a difenderli? Ma tuttavia, - Incalzò, diretto a Bernard. - Ti ho donato immensi poteri proprio per casi come quello!

- E' così, eccellenza. - Annuì Bernard. - Ed infatti nonostante fossi in minoranza, non avevo problemi a combatterle. Fino a quando non è arrivato LUI...

- Braccio di Ferro! - Sottolineò con odio la Strega. - Lui è il più pericoloso di tutti! Pesca tonnellate di pesci, abbatte a pugni i mostri marini. Inquina i mari e il cielo con la sua nave e la sua pipa! E' davvero un pericolo per la Terra!

-  Il piano che stiamo portando avanti è alimentato dal mio odio profondo verso tutti gli esseri. - Commentò perplesso Mikeru. - Ma il tuo odio lo avverto verso solo UN essere umano. Non avrai chiesto il mio aiuto solamente per assecondare i tuoi personali propositi di vendetta?


- Come può pensare una cosa del genere? - Chiese in tono supplichevole la Strega. - Il fallimento stesso di Bernard dimostra di quanto quel marinaio sia una pericolosa spina nel fianco! Il mio servitore non è stato sufficiente. Bisogna prenderli di sorpresa nel loro covo e attaccarli in forze! Solo così li annienteremo!


- Se è un esercito che serve, un esercito manderemo. Ma bada. Se c'è una cosa che odio, sono i fallimenti! - Sottolineò Mikeru, con un tono carico di sottintesi.

La Strega e Bernard si inchinarono di fronte all'angelo.

- Non resterà deluso.

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Tempio Shintoista di Hinakawa.

Il vecchio marinaio controllò ancora tutte le sue tasche. Si guardò le mani vuote. Si tolse il cappello e si grattò i pochi peli che aveva in testa. Ne approfittò per guardare all'interno del cappello.
Nulla.

Era davvero strano. Se n'erano accorti i lettori, ma lui nella foga non ci aveva fatto caso.
Si stava riferendo al barattolo di spinaci che si era trovato addosso durante quel crollo del palazzo.
Braccio di Ferro era convinto  di averne perso l'ultima confezione durante il naufragio.
Decise di lasciar perdere la questione con un'alzata di spallucce.
La cosa più importante era la situazione in cui si era andato a cacciare.

Erano tornati al tempio. Il ragazzino salvato si era accomiatato in una marea di ringraziamenti.
Ricordava ancora le parole che gli aveva detto prima di andarsene.

- Arigatou, Popeye Ojisan.

Ami si era affrettata a tradurglielo.

"Thank you, Uncle Popeye".

Vi era un'altra cosa strana. La traduzione era divenuta del tutto superflua.
Stava cominciando a capire quello strano linguaggio degli autoctoni.

Probabilmente era stato merito degli spinaci. Non era ancora in grado di farfugliare un giapponese scorrevole, tuttavia, e questa era ancora una grossa barriera.

"Grazie, Zio Braccio di Ferro". Ripensando a quelle parole, Braccio di Ferro ebbe un moto di tristezza. Erano le stesse parole di Pisellino.
Pisellino, chissà cosa stava facendo in quel momento...

Dall'altra parte, le guerriere Sailor si stavano scervellando sulla natura del nemico, sulla sua strana reazione di paura nei confronti del vecchio marinaio, che implicava un collegamento tra i due.

- Chi è davvero quel marinaio? - Si chiese Rei.

- Non lo so. Ma so che ha un grande cuore. - Rispose Makoto. Gli doveva la vita, dopotutto.

- Avete visto, vero, che forza eccezionale che aveva? - Minako stava tentando di scimmiottare la girandola di pugni del marinaio, buttandosi sul divanetto, esausta e in preda a un capogiro.

- Tutto questo lo rende ancora più sospetto. - Obiettò Ami. - Non è un essere umano. Avete visto cosa aveva  mangiato prima di... di...?

- Era una scatola di spinaci. - Precisò Makoto. - Questo me lo ricordo bene.

- Spinaci crudi? - Domandò  Usagi, in una vistosa smorfia di disgusto.

- Va beh, a te fanno schifo anche cotti. - La canzonò Rei.

- Forse è una sostanza speciale. Se esaminassimo i resti...

- No Ami, sarebbe fatica sprecata. - Scosse la testa Makoto. - Quelli erano normalissimi spinaci crudi. Anche se di una marca straniera mai sentita nominare.

- Forse il segreto non è negli spinaci, ma nel marinaio. - Congetturò Usagi.
- Dopotutto, mi sembra una persona forte anche senza "spinaci".

- Bisognerebbe chiederglielo direttamente, ma fino a quando avremo questo scoglio della lingua... - Disse sconsolata Minako.

- Scoglio? Non c'è nessuno scoglio che non superare quando c'è Braccio di Ferro il marinaio! - Intervenne Braccio di Ferro, che a sentire la parola "scoglio" aveva risvegliato il suo intrepido spirito marinaresco.

Il problema era che se poteva capire meglio Giapponese, non era assolutamente in grado di parlarlo.
Infatti la sua uscita era suonata alle orecchie delle povere ragazze più o meno come un

- Utghdoisdn! RGRjdjofiejogojqwell! Uhpewpmrynjm m dvs!

Cinque grossi goccioloni si posarono sulle testa dei presenti, mentre un punto interrogativo sbocciò dalla boccia del lupo di mare.

Un forte rumore di schianto, seguito da un paio di esplosioni interruppe però la scena.

Le ragazze corsero prontamente fuori, lasciando in asso il povero marinaio.
Solo Makoto si fermò un attimo blaterando un qualcosa come - Per favore, signore, stia qui dentro, al sicuro. - Inchinando il capo in segno di scuse, prima di sparire.

Braccio di Ferro non ci  capì molto della situazione, ma riconosceva una cosa: al pari della situazione precedente, dove c'erano esplosioni c'era un nemico pericoloso, e probabilmente ci sarebbe stata altra gente in pericolo.
Senza pensarci due volte, Braccio di Ferro tirò in avanti il cappello e cominciò a correre.
Dopo dieci minuti era ancora perso dietro il tempio a cercare l'uscita in mezzo a quelle maledette porte scorrevoli. Non potevano farle a battenti come tutte le persone normali?
Non fosse stato per il fatto di essere ospite in una casa altrui, se la sarebbe creata a suon di pugni, l'uscita!

E nel mentre, una serie di esplosioni indicò che la battaglia era cominciata, e questa volta sembrava essere ancora più cruenta della precedente.

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Capitolo 5
*** Quattro pinne all'orizzonte ***


Popeye, the Sailor Senshi 4 Un principio di incendio stava già lambendo il ciliegio secolare sul cortile d'entrata.
Non contento, un umanoide con ali nere come la pece scagliò un altro paio di colpi.
Il primo andò a schiantarsi contro il tetto del tempio, sollevando schegge di legno e frammenti di tegole.
Il secondo passò attraverso una finestra. La fiammata che ne fuoriuscì indicò che doveva aver beccato qualcosa di infiammabile: Bernard si congratulò con sé stesso. Ma l'istante di euforia fece posto ad un dubbio.

- Qui non sembra esserci nessuno. Possibile che il posto fosse proprio questo? - Si chiese. - O forse le divinazioni della padrona stanno cominciando a fare cilecca?

Per risposta, un gracchiare minaccioso mise in guardia l'avvoltoio umanizzato, portandolo a schivare in sequenza due schegge nere che volavano a traiettorie curve.
Le sagome disegnarono un lungo arco per aria e tornarono indietro.
I movimenti sembravano troppo autonomi: non erano sicuramente dei proiettili.
Bernard allungò i palmi e fece partire due colpi infuocati. Con un rumore d'ali, le due figure interruppero la picchiata e si dispersero in direzioni opposte.

- Due corvi? - Si chiese Bernard. - E' questa la guardia del tempio?

I volatili per risposta gracchiarono minacciosamente. Il nemico, con aria annoiata, sparò un altro paio di colpi, schivati prontamente. Uno dei proiettili andò a centrare il tronco del ciliegio, spezzandolo in due.

- Siete due uccelli come me. - Sibilò l'avvoltoio. - E state dalla parte degli umani?

Una risposta telepatica gli arrivò direttamente nel cervello.

"Non osare metterci sul tuo piano, tu che profani un luogo sacro e fai del male agli umani che noi serviamo e rispettiamo".


- Non fatemi ridere! - Bernard sollevò le due mani per caricare una grossa palla di fuoco, che poi scagliò con un gesto seccato contro i volatili.

I corvi non si mossero, forse di proposito, lasciando che l'esplosione li investisse.
La coltre di fumo che ne scaturì impediva a Bernard di vedere, ma era chiaro che ormai i corvi erano due polli arrosto.
Si sbagliava.
Quando il fumo si diradò, non vi era alcun corvo. Piuttosto, innanzi a lui, vi erano due nuovi nemici. Anzi, no. Erano i corvi sotto un'altra forma.

Avevano l'aspetto di due giovani ragazze dai capelli lunghi, lisci e neri, vestite di due tutine, l'una di colore rosso e l'altra di colore violaceo. Le spalline e i fianchi erano adornati da coppie di fiocchi trasparenti; il petto era coperto da una stella nera.

- Permettici di presentarci. - Esordì la ragazza in viola. - Io sono Phobos!

- Ed io Deimos! - Aggiunse quella in rosso.

E poi, all'unisono.  - Siamo le guardiane selezionate dalla guerriera della stella più luminosa... Marte!

- Che non è neanche una stella. - Ironizzò Bernard. - Ma poco importa. Se servite gli umani siete delle traditrici e dei nemici. Meritate di essere spazzate via.

Dicendo questo l'avvoltoio alzò di nuovo le mani in aria per preparare un'altra grossa sfera ardente.


- Mars Firebird Strike!

Un grosso rapace, fatto interamente di fiamme, si scagliò contro la schiena dell'umanoide, mandando in fumo - letteralmente - il suo attacco.

Con le ali in fiamme, Bernard svolazzò in preda al panico, e finalmente si gettò dentro lo stagno delle carpe rosse.

Con le ali annerite e fumanti, e completamente fradicio, l'avvoltoio scandagliò intorno con lo sguardo alla ricerca di chi l'aveva colpito così vigliaccamente alle spalle.

Un coretto da parte delle corvine fece da risposta.

- Padrona Mars! - Esclamarono in coro, mentre si precipitavano verso la guerriera Sailor sopraggiunta.

Dal canto suo, Rei chinò la testa, in segno di scuse.

- Mi dispiace di aver dovuto usare una tattica così meschina. - E poi, rialzando la testa. - Ma d'altro canto, tu hai violato e danneggiato questo luogo di preghiera. E non ho dimenticato di quando hai cercato di fare del male a gente innocente...

... Nonché a Makoto e ora anche i suoi corvi, avrebbe voluto aggiungere. Tutto ciò che fece invece fu materializzare un arco infuocato, e tendere una freccia, pronta a scagliarlo.

- E ora vattene, - Intimò al nemico - Se non vuoi assaggiare il mio Mars Flame Sniper.

- Questo è il secondo round, vero? - Sorrise Bernard, per nulla intimidito, mentre caricava una palla di fuoco.

"Fight fire with fire" dei Metallica si apprestava ad essere suonato di nuovo nell'atmosfera.


- Mercury Acqua Mirage!

Bernard fu costretto a deviare l'attacco verso i dardi acquatici che volevano sorprenderlo alle spalle.

- Rei, se vi scontrate qua, il santuario andrà tutto a fuoco! - Rimproverò la sopraggiunta guerriera di Mercurio.

- E poi non ti scordare di noi! - Si aggiunse, come il cacio sui maccheroni, la voce di Venus, accorsa insieme a Jupiter e Moon.

Quest'ultima stava piagnucolando come non mai.


- Uffa! Io sono la protagonista! Perché si presentano tutti prima di me?

- Uff, meno male che tua figlia non è qui a sentirti... - Sospirò la guerriera di Giove.

- Finalmente siete al gran completo, vedo! - Ridacchiò Bernard, che finalmente era riuscito a stanarle. - Anche se ancora non vedo...

- Non è una mossa molto saggia da parte tua, venire in pieno territorio nemico ad affrontarci da solo. - Lo interruppe Venus in tono canzonatorio. - Preparati ad essere spennato!

- E chi ha detto che sono venuto da solo? - Rispose beffardo Bernard, finendo la frase con uno schiocco di dita.


Una serie di schianti e un improvviso tremore del terreno, simile ad un piccolo terremoto, precedettero l'arrivo dei rinforzi di Bernard.

Con gran sbigottimento da parte delle presenti, chi stava giungendo sulla scena lo stava facendo da sotto terra... ma non completamente.

Quattro pinne di squalo stava disegnando solchi sul terreno. La scena era surreale, sembrava di essere in uno di quei film della Asylum su improbabili squali di terra: un genere di film che poteva garbare solamente alle due bionde frivole del gruppo, tra parentesi.

Ma ciò che uscì fuori da quei solchi superava ogni immaginazione: gli squali in questione aveva braccia e gambe, portavano vestiti come dei normali esseri umani, e soprattutto, avevano tanta fame!

- Lo squalo, l'essere più feroce delle profondità oceaniche, e qui ne abbiamo quattro squali mutati in uomini pronti per divorarvi!

- Ehy, un momento, precisiamo! - Intervenne il primo squalo, un ghignante ibrido di colore blu, ma dall'aria particolarmente intelligente. - Noi siamo  umani mutati in squali.

Bernard guardò lo squalo mutante con aria sorpresa.

- Come sarebbe? Pensavo che il signor Mikeru potesse mutare solo pesci...

- Sei sordo, pennuto? - Intervenne il secondo squalo, uno striato di un azzurro pallido, i pantaloni strappati e con ai piedi nientemeno dei rollerblade. - Non hai sentito cosa ha detto Rip?

- Calma, Streex. - Invitò lo squalo più grosso del gruppo, infatti era uno squalo balena. - Noi siamo stati assunt..ehm, chiamati qua perché c'erano dei pericolosi nemici da affrontare.

- Ben detto, Slamm. - Approvò l'ultimo squalo, quello con la testa più bizzarra, non per nulla era uno squalo martello. - E invece qua ci ritroviamo una banda di ragazzine. Che scherzi sono questi?

Accidenti, quel mezzo angelo era dunque così debole da dover scritturare squali già pronti? Pensò sbigottito Bernard, in un attimo di rottura di quarta parete.

Per rispondere alla domanda dello squalo martello, Rip ricordò le parole dettegli in precedenza da Bernard.

- Anche se hanno l'aspetto di innocenti ragazzine, sono in realtà delle combattenti pericolose, caro Jab.

- Mi prendi in giro, fratello? - Si lamentò lo squalo martello indicando le donne. - Basterebbe un colpo di fauci per farle a pezzi!

- Jupiter Oak Revolution!

Una ragazza castana che girava su sé stessa e spargendo pericolose scintille di elettricità statica servì a fare rimangiare a Jab le sue stesse parole.

- Non ci sottovalutate. - Sottolineò Venus, mentre con un Crescent Beam andò a colpire il muso tigrato di Streex.

- Sailor V Kick. - Urlò la bionda, mentre di slancio si preparava a portare a termine il suo attacco risolutivo. Lo squalo tigre però non fece alcuno sforzo nell'afferrare al volo la gamba della guerriera di Venere.
Sfruttando i roller, Streex girò su sé stesso, a chiara imitazione del precedente attacco di Jupiter, e nel farlo si trascinò dietro Venus con gamba annessa.
Come un campione di lancio del martello, la tigre lasciò il peso biondo, che andò a compattare direttamente contro la spilungona in verde.

- Effetto Slamm!

Lo squalo balena approfittò della confusione per battere i pugni il terreno, come un pistone.
Né risultò un piccolo terremoto che andò a minare l'equilibrio (in tutti i sensi) del gruppo di senshi rimaste.

Jab non perse occasione di mostrare la sua forza, sdradicando un palo della luce lì vicino e invitando la guerriera di Giove a rialzarsi.

- Ehy, forzuta, sto aspettando.

Jupiter, a terra, si levò di dosso il peso morto di Venus, e rispose alla sfida.

- Eccomi! - Gridò, lanciandosi contro lo squalo martello.

- Makoto, sei pazza? - Protestò Moon, conscia che nessun essere umano, neppure Mako-chan, poteva competere in forza contro uno squalo. Armato di palo, per giunta.

Ma Jupiter, nella sua esperienza in arti marziali, non era una sprovveduta.

- Sparking Wide Pressure!

- Un altro attacco elettrico? Sei prevedibile, ragazzina! - Commentò annoiato Jab, mentre si spostava di lato per evitare il proiettile.

Ma ciò che non si aspettava era che Jupiter si era mossa insiema al colpo.
Se la ritrovò faccia a faccia, anzi, faccia a muso. Il palo della luce era inservibile, a quella distanza.

- E con questo? - Ghignò lo squalo martello. - Un colpo di fauci e ti mangio.

- Supreme Thunder!

Era il colpo più debole di Jupiter, ma a bruciapelo e soprattutto, a stretto contatto con i sensibili occhi di Jab, l'effetto fu micidiale.

Il palo della luce finì a terra con un tonfo rumoroso, mentre Jab si contorceva a terra, tra la cecità e il dolore.

- Supreme Thunder Dragon! - Non perse tempo la guerriera di Giove.

Le zanne elettriche del drago andarono a finire il resto di Jab.

Uno a zero per le Sailor.

Ma Jupiter non poté cantare vittoria, che due braccia enormi la sollevarono senza sforzo.

Era Slamm, più grosso e incavolato che mai.

- Come hai osato fare questo a mio fratello? - Urlò lo squalo balena.

Immediatamente una catena formata da cuori andò ad attorcigliarsi contro il collo (se così si poteva definire) del mutante.

- Lascia andare la mia amica! - Urlò la guerriera di Venere, ancora barcollante, la Love Me Chain stretta nei pugni.
Poteva fare però ben poco, e per le sue condizioni ancora precarie, e per il suo peso che comunque, era comunque scarsino, perlomeno rispetto al mutante balena.

Bernard e Mars stavano continuando il loro duello di frecce e colpi infuocati. Quest'ultima era più che altro impegnata a intercettare ed annullare al volo i colpi che l'avvoltoio, provocatoriamente, mandava qua e là per il tempio allo scopo di dare tutto alle fiamme.
Le due guerriere corvo si impegnavano a distrarre e ostacolare l'avvoltoio.

Moon continuava a piagnucolare, sia per il fatto che il nemico più importante non lo aveva lei, sia per lo scettro lunare con il quale teneva a malapena a bada le fauci di Streex.

Mercury era intanto alle prese con Rip.

Lo squalo blu e la guerriera dal medesimo colore si studiavano a vicenda.
Più la guardava, meno il capo degli Sharks sembrava convinto dei suoi avversari.

- Qualcosa non quadra. - Si chiese il pesce. - Perché mandarci a combattere delle ragazzine?

- Siete voi ad essere fuori posto, in questo contesto. - Controbatté Ami, evitando un mezzo attacco di fauci da parte dello squalo. - E poi non sottovalutateci. - Shabon Spray Freezing!

Una coltre di nebbia calò su tutta la scena.

- Ehy, hanno spento il riscaldamento! - Si lamentò Streex, dando occasione a Moon di allontanarsi a gambe levate. Anche se non sapeva dove, data la visibilità nulla.

- Fratelli, mi sentite? - Urlò un confuso Slamm, ancora al guinzaglio della catena di Venus.

Solo un fischio riecheggiò nella nebbia, simile al sibilo di una nave.
Poi il rumore di un pugno, e Slamm finì al tappeto.

- Un vero marinaio non perde mai la rotta, anche in piena foschia! - Commentò una voce dal pessimo accento americano, che tuttavia gli Sharks riconobbero.

- Uno yankee come noi? - Si chiese incredulo Streex. - Ma se non posso vederlo nella nebbia, navigherò sottoterra. Tuffo squalo!

Lo squalo tigre si tuffò nel terreno e cominciò a scavare un solco, lasciando solo fuori solo la pinna.
Ma un altro solco si stava dirigendo verso di lu.
Questo secondo solco, anziché una pinna, aveva un piccolo periscopio in legno. Quando ebbe intercettato Streex, il periscopio soffiò un altro sibilo.
Un paio di schianti fecero tremare la terra, poi il terreno si aprì, e il pesce sotterraneo volò in aria. Dalla voragine spuntava anche un braccio stretto a pugno: su di esso vi era il caratteristico tatuaggio a forma di ancora.

-  Colpito e affondato! - Commentò per la seconda volta la voce americana, mentre il suo proprietario si tirava fuori dalla buca.

Una grossa sagoma si materializzò nella foschia, alle sue spalle: Slamm, più furente che mai, aveva seguito la voce e finalmente scoperto l'identità dell'uomo che lo aveva precedentemente preso di sorpresa, ma troppo tardi.

Il vecchio marinaio sorrise allo squalo balena, mentre teneva in mano una scatola di spinaci vuota.
Slamm non si capacitò della strana espressione del per nulla turbato vecchietto: non ne ebbe il tempo.
Un pugno spropositato investì lo squalo e lo infilò frantumando ogni legge fisica, direttamente dentro la scatoletta.

- Pesce in scatola! - Ridacchiò il marinaio.

Un paio di colpi infuocati si fecero strada in mezzo alla nebbia.

- E' lui! - Urlò Barnard all'indirizzo degli Sharks, mentre Braccio gli rispediva a suon di pugni i dardi di fuoco, costringendolo ad allontanarsi. - E' quell'uomo che dovete affrontare!

Poteva sentirlo solo Rip, l'unico rimasto in piedi, con Jab elettrizzato, Streex mandato chissaddove con un pugno e Slamm inscatolato.

- Vediamo se sei anche buono da mangiare! - Urlò lo squalo blu con le fauci spalancate.

Il marinaio non si scompose: cosa poteva un pesce...cane contro un ...lupo di mare?
Semplicemente gli mise spontaneamente le mani in mezzo alle fauci.... e tirò.
Ne venne via tutta la dentatura, lasciando il povero Rip come un vecchio sdentato.
Non contento, Braccio si provò egli stesso la dentiera, mettendosela in bocca, e sorrise....con un effetto decisamente spaventoso.

- Il dottor Piranha! - Urlò Rip.

Era la prima cosa che gli era venuta in mente, restando stupito dalla similarità di quell'uomo con le zanne di un pescane e il diabolico ringhio del peggior nemico degli Street Sharks. Perlomeno, nella serie regolare.
Cominciò a ricordare... il momento in cui loro erano in America, poi avevano incontrato quello strano essere con le ali... e poi il nulla.




- Ipnosi? - Si chiederanno più tardi, increduli, i pesci sconfitti, quando Mercury al computer oculare confermerà la loro teoria.
Altre domande che non troveranno risposta, perlomeno nell'immediato, come un'altra scatola di spinaci spuntata da chissà e aveva ancora una volta salvato la situazione.

-----


Bernard era stato il primo a tagliare la corda, non appena aveva capito che le cose si erano messe male.
Comportamento che gli costò un violento manrovescio da parte della Strega dei Mari, lasciandogli tutta la faccia gonfia.

- E così avete fallito di nuovo. - Fu il gelido commento di Mikeru. - Forse dovrei assimilarvi e farla finita una volta per tutte.

- No, la prego! - Scongiurò la Strega.

- Per la verità... - Balbettò Bernard, massaggiandosi la faccia dolorante. - Anche sua eminenza Mikeru non è stata ai patti, promettendoci creature marine, ma quelli in origine erano umani. E certo non mutati da lei!

- Zitto, imbecille! - Tuonò la vecchia. Che non poté comunque trattenersi dal chiedere spiegazioni. - E' però vero questo fatto? Quindi anche lei non è stato ai patti, sembra.

- Lo ammetto. - Disse freddamente l'angelo. - Mi sono troppo indebolito, ultimamente, quindi sono stato costretto a "riciclare" dei mutanti già pronti. Per trasformare dei pesci avrei bisogno di più potere, ma potrei sempre procurarmelo tramite i vostri corpi...

- Non sarà necessario! - Rispose la vecchia megera, scuotendo la testa e le mani. - Per battere quel marinaio ci vuole un altro marinaio... il più potente di tutti!

Non passò molto tempo che il rituale era pronto. Tramite pozioni, pentacoli e formule magiche, la Strega del Mare fece il suo incantesimo.

- Bidulu Badulu, Apri il portale, Badulu Bidulu, Voglio un lupo di mare, Bidulu Badulu, che faccia male, Bidulu Badula, che sia mortale!

L'ultima parola riecheggiò nel colonnato. Una grossa nube di fumo precedette l'apparizione del marinaio oggetto di evocazione.

Barnard strabuzzò gli occhi, mentre Mikeru, scettico, distolse lo sguardo.
Quel ragazzo aveva tutto, tranne che l'aspetto minaccioso di un lupo di mare.
Ma la Strega Bacheca lo riconobbe e sorrise di gusto, perché su di lui pendeva una taglia pari a immense ricchezze.

- Dove sono? - Esordì il ragazzo. La sua seconda domanda fu più imperante della prima. - C'è qualcosa da mangiare?

- Qua non c'è nulla da mangiare, dannato ragazzino! - Sbraitò l'avvoltoio umano, seccato.

- No? Ah beh, allora sarà meglio tornare a casa.

- Aspetta! - Intimò la vecchia, mentre zittiva con un pugno il linguacciuto assistnte. - Non ti interessa combattere contro il più forte marinaio del mondo?

- Hai detto... il più forte marinaio del mondo? - Chiese il ragazzo bruno, mentre si grattò la testa, sospettoso.

- Sì. Ed è anche immensamente cattivo e pericoloso! Una vera minaccia! E soprattutto odia i pirati! - Ricamò la vecchia.

- Come si chiama quest'uomo? - Chiese il ragazzo.

- Braccio di Ferro! Braccio di Ferro il marinaio! - Rispose la Strega.

- Mai sentito. - Fece spallucce il ragazzo. - Ma mi hai incuriosito! - Aggiunse, prendendo il cappello di paglia dalla schiena, e mettendoselo in testa. - Vediamo se questo Braccio di Ferro può sconfiggere Rufy, il futuro Re dei Pirati!





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Capitolo 6
*** Merende e Memorie ***


Popeye, the Sailor Senshi 4 - Il té è pronto!

La voce calda e affabile di Makoto riecheggiò per il cortile, interrompendo i lavori di ricostruzione del tempio Shintoista.

Dieci occhi, di cui la maggior parte non prettamente umani, si voltarono verso la direzione della ragazza castana.
La notizia venne accolta con dei gran sorrisi, sempre che di sorrisi di possa parlare su quattro dentature da squalo.
Anche Braccio di Ferro, impegnato a martellare dei paletti a suon di pugni,  interruppe la sua attività.

- Speriamo però che si siano anche degli Hamburger!

Streex non si smentiva mai.

Fortunatamente la vena culinaria di Makoto era particolarmente ispirata, nonostante la battaglia precedente, e quindi il té era accompagnato da copiose quantità di pasticcini (con somma gioia di Usagi e Minako), una piccola montagna di hamburger (per le fauci fameliche degli Squali ) e persino qualche frittata di spinaci (con buona approvazione di Braccio di Ferro).

In quella strana riunione tra umani e mutanti, amici ed ex-nemici, a cavallo tra una colazione e una cena, balenava come al solito l'argomento che accendeva i dilemmi di tutti i presenti.
Rei, sorseggiando lentamente la bevanda priva di zucchero, si fece carico, insieme ad Ami, di fare il punto della situazione.

- Allora, questo nuovo nemico sembra avere finalmente una "forma" definita. L'uomo mezzo avvoltoio sembra essere solo uno sgherro.

- Ben detto, ragazzina! - Confermò Rip, lo squalo blu. - La vera mente dietro tutto questo sembra essere quell'essere oscuro che ci ha ipnotizzato.

- Sempre che sia andata come dici tu, fratello. - Obiettò Jab, lo squalo martello. - La mia mente è il buio più completo.

Makoto trattenne, ridacchiando, una battuta a riguardo della "mente buia" di Jab, soprattutto alla luce del suo scontro precedente. Ma siccome ormai  il gruppo di mutanti non era più ostile, preferì non girare il coltello nella piaga dell'orgoglio di Jab. Al contrario, la ragazza castana versò altro té allo squalo martello.

Jab, da parte sua, non aveva dimenticato l'umiliazione, ma doveva ammettere che il combattimento era stato leale, e il suo ego ferito poteva benissimo venire curato dagli ottimi hamburger, tra l'altro, preparati proprio da lei.

- Questi panini sono il massimo! - Sottolineò, con uno sfoggio di fauci, lo squalo martello. - I miei complimenti!

Makoto rispose con un sorriso compiaciuto.

- Ricapitolando, - Continuò Ami. - Le menti sembrano essere due. Uno strano essere simile ad un angelo, quello che ha ipnotizzato gli Squali.

- Lo stesso angelo che corrisponde al racconto di Popeye-san nel mare in burrasca? - Chiese Minako.

Al sentire nominare il suo nome, Braccio distolse a malincuore l'attenzione da quella frittata agli spinaci, il cui profumino lo attirava tanto. Era il primo cibo che poteva definirsi tale da quando aveva toccato il suolo nipponico. Ed era anche la prima volta che forse gli veniva richiesto di usare le meningi, oltre che i pugni.
Non sicuro, comunque, di essere stato chiamato in causa, Braccio volle comunque sincerarsi.

- Uh, dite a me?

Aveva notato, lo avevano notato tutti, che più mangiava spinaci, più la comprensione del linguaggio giapponese si faceva più nitida: una bella differenza dalla prima volta, con quell'inglese sgrammaticato che persino gli Sharks, rivelatisi connazionali del marinaio, facevano fatica a capire.

- L'angelo che aveva visto dietro la Strega dei Mari, Popeye-san, almeno stando a quanto ci ha raccontato.

- Per favore, datemi del tu, non riuscirò mai ad abituarmi a questi salamelecchi. - Pregò con imbarazzo Braccio, non abituato alla forma colloquiale di cortesia del Sol Levante.
Ma tornando al discorso, il riferimento andava chiaramente al naufragio che lo aveva condotto sin laggiù. Ma quello che aveva visto era troppo poco, per poterlo già trasformare in una congettura concreta.

- Comunque ho parlando di un qualcosa con le ali, ma stavo svenendo e ho avuto delle traveggole.

- Anche noi potremmo aver avuto le traveggole, allora. - Controbatté Rip.
- Eppure qualcuno laggiù ha giocato con il nostro cervello, ed eccoci qui, dopo aver eseguito l'ordine di attaccare un posto sacro e far del male a gente innocente.

- Non farmici pensare. -  Disse Slamm, lo squalo balena, agitando rabbiosamente i pugni. Era ancora dolorante per il fatto di essere stato inscatolato dentro un contenitore grande come una mano. Se non fosse stato per un'eccezione alla realtà del quarto muro, ne sarebbe uscito con le ossa polverizzate. Ma quello che lo irritava di più, al pari di tutti i suoi fratelli, era il fatto di essere stato manipolato come un ragazzino.

- Se riesco a mettere le pinne su  quel gallinaccio che ci accompagnava! - Ringhiò Streex.

- Va bene. - Tagliò corto Rei, rispondendo direttamente all'obiezione di Braccio e riportando il discorso in carreggiata. - Mettiamo in forse l'angelo. Ma sulla Strega dei Mari non ha... non hai certo dubbi, mi pare. Cosa ci puoi dire di lei?

Braccio di Ferro si grattò perplesso la testa. Cosa poteva aggiungere? Aveva già detto praticamente tutto, a riguardo.
Una perfida, avida, egoista e malvagia vecchietta che compieva azioni malvagie, bramava ogni cosa potesse soddisfare la sua cupidigia e vanità, che aveva cercato a più riprese di sedurlo e di ucciderlo.
Quanto le aveva detto prima del naufragio però escludeva qualsiasi elemento a base "passionale".
Gli elementi nel resoconto del naufragio avevano portato Ami piuttosto a formulare l'ipotesi di un piano preciso. Di cui una parte era già stata rivelata.

- Come sarebbe a dire, un maremoto? - Chiese Usagi.

- Stando a quando dice Popeye-san, - Spiegò Rei. - La Strega si è trovata il marinaio come una spina nel fianco improvvisa, nel mezzo di un maremoto da lei stessa creato.

- E' così potente questa Strega? - Chiese Rip.

- E' temibile, scaltra e pericolosa. - Rispose Braccio. - Ma quel mare in tempesta era decisamente troppo, per una come lei. Sembrava una cosa che solo qualcuno di potente, di sovrannaturale, un Dio, o un....

- Un angelo, appunto. - Finì la frase Usagi.

- Molto più esatto di quanto crediate. Il suo nome è Mikeru.

Tutti i presenti si voltarono all'indirizzo del nuovo arrivato.

La principessa della Luna fu quella che balzò in piedi dalla felicità e corse ad accoglierlo con un  abbraccio.

- Mamo! - Cinguettò, mentre stampò un bacio a schiocco all'indirizzo del fidanzato, ignorando, forse volutamente, forse per frivolezza, l'imbarazzo generale. In realtà, subito dopo, Usagi si rese conto di quanto aveva fatto, in presenza di tutti (ospiti compresi), e diventò rossa come una teiera in ebollizione, fischi dalle orecchie compresi.

- Salve a tutti. - E salutando con un inchino tutti gli ospiti americani. - Mi chiamo Chiba Mamoru, piacere di conoscervi.


Era un tempo lontano, di quando la Luna e la Terra non erano come li vediamo adesso.
Sembrava il sogno di un tempo ormai dimenticato, così idilliaco, prosperoso e pacifico che probabilmente nessun appartenente al genere umano moderno, da sempre cresciuto a guerre, tradimenti e genocidi, potrà mai ricordarselo nel suo DNA.
Sembra una favola, eppure vi era un tempo in cui tutto il mondo era riunito sotto un'unica bandiera, il Golden Kingdom.
E al pari della Terra, anche il nostro satellite, che oggi vediamo così grigio e desolato, era un luogo pieno di vita e felicità. Un popolo che viveva in armonia, governato con saggezza da una sovrana pura e gentile. Da tutti questo regno idilliaco era noto come il Silver Millenium.
Gli abitanti della famiglia reale del Silver Millenium erano molto longevi, e adempivano a un compito molto particolare: sorvegliare l'evoluzione della vita sulla Terra, in quel periodo apparentemente sulla retta via, in una perfezione che mai più avrebbero visto negli anni a venire.
Al di là dell'amore segreto tra il principe Endymion e la principessa Serenity, che avrebbe innescato una reazione a catena che avrebbe annientato inesorabilmente entrambi i regni, vi era già qualcuno che non vedeva di buon occhio gli umani del regno della Terra, e la tragedia successiva non avrebbe fatto altro che dargli ragione. Ma quella è un'altra storia.
Oltre agli abitanti della Luna e della Terra, vi era una razza per così dire, "superiore", che aveva compiti simili riguardo la sorveglianza della Terra.
Li chiamavano Angeli.
Uno di loro, però, vedeva gli Umani del Regno della Terra come fumo negli occhi, un tumore allo stato embrionale che presto sarebbe prolificato e avrebbe danneggiato il pianeta, quest'ultimo nato puro e incontaminato per volontà divina.
Un giorno, questo angelo venne a fare visita al palazzo della Regina Serenity, sulla Luna.

- Salute a voi, venerabile Mikeru. - Esordì la Regina Madre.

- Contraccambio cortesemente il saluto. - Rispose la creatura divina. - Vedo che quassù l'educazione e il rispetto non difettano. Siete una regina degna di tale nome.

- Ringrazio per il complimento. - Rispose la Regina con un sorriso.

- Mi dispiace non poter dire lo stesso di quel covo di rozzi e primitivi esseri sul mio pianeta, - Riprese Mikeru, il tono cortese sostituito con una gelida punta di disprezzo. - Esseri che Voi vi ostinate a voler accudire e proteggere.

- Mikeru, mio buon Mikeru. - Rispose la sovrana. -  Lei, tra tutta la sua stirpe, è quello che prova più sfiducia verso i terrestri. Eppure non le hanno fatto nulla, né a lei, né alla Terra.

- Noi angeli certe cose le sappiamo. - Rispose la creatura celeste. - E sappiamo che per colpa dei vostri beniamini, vivrete l'inferno e la rovina.

- Quello che succederà, succederà. Non cercherò di evitarlo e anzi, lo affronterò come una sovrana che si addice al mio rango. Lo farò per il cristallo d'argento che ho il compito di proteggere, e l'amore che provo per entrambi il Silver Millenium e il Golden Kingdom.

- Nonostante già serpeggi tra quei selvaggi il seme dell'invidia e dell'odio?

- Proprio così. I miei sentimenti non cambieranno, nonostante tutto.

- Sì, forse. Chissà se si può dire lo stesso di sua figlia...

- La pregherei di lasciar stare mia figlia. - Questa volta il tono gelido lo assunse la Regina. - Sta cercando di scaricarle in anticipo una colpa che non ha.

- Come preferisce. - Rispose Mikeru con una scrollata di spalle e un sorriso sottile. - In fondo non sono affari miei e non sono venuto per giudicare. Volevo semplicemente avvertirla, e metterla in guardia contro quegli esseri.

- Qualsiasi cosa accadrà, resto ferma nelle mie posizioni. - Rispose educatamente la Regina Madre. - Ciò che la guida qui è il suo odio e disprezzo personale verso forme di vita che vede come usurpatori del suo territorio. Loro hanno diritto di vivere su quel pianeta, e lei non può farci nulla.

- D'accordo, ho capito. - Rispose Mikeru, voltandosi deluso. - L'amore offusca la sua visione sulla realtà. Ma non me ne dispiace. Ha detto bene, io non posso farci nulla, sulle lacrime che verserà a breve. Lacrime di una stupida, adesso ancora più stupida, visto che ben sa che quelle lacrime le avrebbe potute evitare.

- Le nostre visioni sono troppo differenti. Credo sia inutile discutere ulteriormente.

- Sono d'accordo. - Rispose Mikeru allontanandosi. - Tanti auguri per il vostro futuro... Che non sia troppo doloroso.

Mentre l'angelo spiccava il volo dal suolo lunare nel suo lungo viaggio verso casa, quattro occhi lo scrutavano: quelli di una mamma e una figlia.

- Madre, - Chiese la più giovane. - Chi era?

- Qualcuno da cui non dovrai mai prendere esempio. - Sentenziò la madre, la Regina Serenity. - Egli è uno che nella sua vita non ha mai conosciuto che odio.

- Un'altra memoria del passato? - Chiese Usagi.

- Sì. E questo ricordo mi è apparso in sogno la notte scorsa. Probabilmente, anzi, ne sono sicuro, è collegato a colui con cui abbiamo a che fare. - Rispose Mamoru.

- Ma tu eri il principe Endymion, la ragazzina ero io. Perché lo hai sognato tu e non io? - Chiese sbigottita Usagi.

- Forse uno scherzetto della regina Serenity? - Si intromise Minako con un risolino ironico.

- Mia madre? Ma insomma...! Era una regina giusta e seria. - Controbatté tra l'indignato e l'imbarazzato la ragazza dagli odango biondi.

- Se è sangue del tuo sangue, non ci giurerei poi tanto. - Frecciatinò Rei.
- Una storia interessante. - Commentò una voce che nessuno aveva mai
sentito fino ad allora tra i presenti.
Con sgomento, le ragazze e Popeye si voltarono verso un ragazzo in pantaloncini azzurri e gilet rosso che, con noncuranza, spazzolava il resto della montagna di cibo che era avanzato durante la merenda.
Accanto a lui, i corpi inanimati e pieni di bozzi dei quattro mutanti squali.
Nell'accorgersi di come lo osservavano, il ragazzo si mise una mano sulla nuca e rise nervosamente.

- Beh, certo non immaginavo che qui ci fossero degli uomini pesce, quando sono entrato mi hanno aggredito e  mi son dovuto difendere, per cui...?

Rei era quella più basita. Il fatto che persino lei, con le sue percezioni da Miko, non si fosse accorta della presenza dell'intruso. Chi era mai costui?
Senza scomporsi, il ragazzo formulò naturalmente i suoi apprezzamenti sulla qualità del cibo che stava spazzolando.

-
Complimenti alla cuoca! Solo il nostro cuoco di bordo riesce a fare meglio. Ed è uno dei migliori del mondo, eh!

Ma Makoto non era dell'umore adatto per apprezzare il commento.

- Chi sei tu? - Gli sibilò. - E per saggiare la sua reazione, scattò in avanti con un calcio, senza aspettare risposta.
Il ragazzo scomporsi alzò distrattamente un braccio e deviò il colpo senza problemi.
Makoto balzò all'indietro, e si mise in posizione di difesa.

- Una donna che sa combattere? Anche nella mia ciurma che sono due che sono fortissime! - Commentò, con il più gioviale dei sorrisi.

Sia Makoto che Rei lo percepirono, che la forza del ragazzo era molto di più di quanto volesse dimostrare. Aveva, dopotutto, messo fuori combattimento quattro uomini squalo ipervitaminizzati, nell'arco di un soffio... e senza sprigionare energia combattiva.

- Ma credo di essere stato maleducato. Introdurmi così, senza presentarmi. - Aggiunse, mentre con un braccio si puliva il mento.

Mettendosi il cappello in testa e portandoselo in avanti fino a coprire gli occhi, lasciò intravedere un inquietante sorriso, a metà tra l'accattivante e il cattivo.

- Mi chiamo Monkey D. Lufy, e sono venuto per combattere contro l'uomo che qua chiamate Braccio di Ferro.



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Capitolo 7
*** Rufy e Popeye part.1: Io sono la gomma, tu il Ferro. ***


Popeye Sailor Senshi 7 La scogliera si erigeva sul mare agitato.
Proprio come una vecchia scena di samurai in televisione, i due contendenti si scrutavano l'un l'altro.

Il vento spirava, scompigliando i capelli bruni del pirata, che fu costretto a puntellarsi il cappello sulla testa.
Il marinaio dovette fare lo stesso con il berretto da marinaio, l'unica differenza erano i capelli ormai diradati.
L'aria era particolarmente pungente, resa ancora più intirizzente dagli sbuffi di acqua salata che bagnavano le epidermidi scoperte dei due uomini di mare.
Ma entrambi non ci facevano caso, le rispettive vite trascorse e votate all'immensa distesa blu.

- Cominciamo? - Esordì il pirata più ricercato dei sette mari.

Il vecchio lupo di mare non rispose. Strinse piuttosto la pipa e soffiò dentro con tutte le sue forze.
Il fischio acuto che ne scaturì fu letteralmente il fischio d'inizio delle ostilità.
Era il gong che Rufy aspettava. Sorridendo, partì in una sfrenata corsa contro l'avversario, le braccia tese di slancio all'indietro, la cui estremità allungate erano già pronte a scattare.

- Gom Gom Gaitling!

Sfruttando la flessibilità elastica dei suoi arti superiori, fece sparire questi ultimi alla velocità della luce, trasformandoli in una tempesta impazzita di elastici e magli dirompenti racchiusi a pugno.

Braccio accolse i primi colpi quasi senza reagire. La raffica di colpi lo investì e lo spedì lontano, a schiantarsi in un cespuglio poco lontano.
Alzando lentamente la testa, il marinaio si pulì il piccolo rivolo di sangue che stava perdendo.

- Whoa! - Urlò, in un urlo più di stupore che altro. Era d'altra parte abituato alle risse, anche se doveva ammettere che fino ad allora.... - E' davvero la prima volta che qualcuno mi fa sanguinare, ragazzino! - Commentò con tono serio, forse per la prima volta nella sua vita.

Ma Rufy si rese subito conto che quel Braccio di Ferro non era un uomo comune.
Il Gaitling non era certo il suo colpo migliore, ma in battaglia poteva sbaragliare un intero plotone di guardie della Marina.
Quel marinaio, non solo era ancora cosciente, ma....

- Che scherzo è questo?! - Sbottò Cappello di Paglia, notando che le sue braccia erano state annodate con tanto di fiocco.

Braccio ridacchiò, mentre si rimetteva in piedi. - Così sei molto più carino!

- Sei divertente! - Rufy mostrò i denti nel più gioioso dei sorrisi. - Ma non hai ancora visto niente!

Senza particolari problemi, il pirata sciolse il nodo, e le braccia tornarono a posto con uno schiocco secco.

- Davvero? Io sto aspettando! - Incitò il marinaio guercio.

L'invito non fece che rendere Rufy ancora più eccitato. - Pronto per un altro attacco?


- Mi chiamo Monkey D. Rufy, e sono venuto per combattere contro l'uomo che qua chiamate Braccio di Ferro.

Un sibilo acuto della pipa del marinaio rispose alla sfida del pirata.
Una sottile coltre di fumo impregnò la stanza. La punta della pipa era rossa, da quanto fosse incandescente: forse come la rabbia di Braccio pronta ad esplodere.

Uno sconosciuto che ti entra in casa e picchia i tuoi amici. Senza il fatto di scroccare il tuo cibo.
Il marinaio, dopotutto, gli spinaci li aveva appena mangiati.
Tanto valeva dare una sana ripassata a quel maleducato.
Ma là dentro, in una casa già devastata dalla precedente rissa, e in presenza di ragazze, che fin troppe volte avevano corso dei pericoli.
L'unico occhietto buono di Braccio andò a guardare Makoto, che era stata quasi schiacciata da un palazzo.
Un provvidenziale barattolo di spinaci, che ancora non sapeva come se lo fosse trovato addosso, aveva salvato la situazione.
Ma se il vegetale gli donava una forza sovrumana, non poteva dargli il potere di proteggere chiunque.
Il pirata vide l'evidenza con cui il suo avversario si era presentato, e si stupì.

- Tu, vecchietto? Però è strano. - Commentò con aria ingenua Rufy. - Da quanto ti avevano descritto, ti immaginavo molto più molto pericoloso.

- Non ti hanno mai insegnato a non giudicare dalle apparenze, giovanotto? - Lo rimproverò Braccio.

- Non era mia intenzione! - Si scusò Rufy. - E poi io non sottovaluto mai un avversario! Allora, accetti la mia sfida?

- Ad una condizione! - Rispose Braccio. - Voglio che combattiamo in un posto dove nessuno ci vada di mezzo! Non permetto che coinvolgi gente innocente!

Rufy fece un sospiro. Ma sembrava di sollievo.

- Sai, era quello che volevo chiedere io. Non mi piace far del male a gente innocente. Anche se è quello che la gente parla sempre male di noi pirati, io....?

- Un pirata? - Si levò un coro atterrito da parte dei presenti.

- Esistono ancora pirati al giorno d'oggi? - Chiese Usagi.

Le rispose prontamente Ami.- Sì, esistono, Beh, non pirati come quelli con teschio e tibbie, pistole e benda sull'occhio, direi più mercenari...

- Non credo sia questo il caso. - Intervenne Rei. - Da come percepisco, credo non sia neppure di questo mondo.

Un coro di "Eeeeh?"  si levò davanti alla congettura della Miko.

Minako domandò. - Vuoi dire, c'è un altro mondo, fatto di pirati, bucanieri e....?

- Corpo di mille balene! - Esclamò Braccio, di fronte all'evidente, unica deduzione possibile.

- Ehy, lo sai, che parli proprio come un pirata? - Commentò divertito Rufy, facendo eco all'esclamazione di Braccio.

-  Io ODIO i pirati! - Lo interruppe seccato il marinaio. Rufy accolse la notizia con stupore, e un po' di freddezza.

Zittito il temibile pirata con una taglia di quasi mezzo miliardo di Berry, Braccio finì la sua congettura. - Questa è magia nera. E solo una fattucchiera può fare una cosa simile....

La risposta era scontata: La Strega del Mare.

- Se intendi una strana ed eccentrica vecchietta, -
Intervenne Rufy. - Direi di sì, è stata lei a catalpultarmi qui. -  come se fosse la cosa più banale del mondo.

La sua venne interpretata come una confessione.

- Dunque sei in combutta con quella semisdentata! - Accusò Braccio.

 E comunque ho detto che lei mi ha portato in questo mondo, ma non glielo chiesto certo io! Vorrei solo tornarmene dai miei amici. Ma per farlo devo combattere con te. Anche se ammetto che la cosa mi interessa. Sei davvero così forte come dicono?

Il marinaio si avvicinò minacciosamente verso Rufy, e guardandolo fisso negli occhi... gli sbuffò addosso del fumo.

Il ragazzo tossì rumorosamente. - Ehy, anche tu con quella dannata puzza di sigaretta! Proprio come Sanji!

- I giovanotti oggigiorno sono proprio ignoranti, oltre che maleducati. - Brontolò Braccio. - Questa è una pipa! Capito? Una pipa! - E sottolineò la spiegazione con due sbuffi di fumo. Dopodiché il marinaio si voltò, fece due passi e si guardò indietro.

- Allora, questa sfida dove vogliamo farla?

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- E' un peccato che le tue amiche non siano qui a vederti combattere! Sei davvero forte! - Disse Rufy, mentre raccoglieva il cappello di paglia da terra, rimettendoselo in testa. Un lieve fiatone faceva muovere ritmicamente il corpo del ragazzo, coperto di escoriazioni.

- Non volevo coinvolgerle: questa è una faccenda da uomini. Comunque grazie, anche tu non sei poi così male. Non ho mai visto nessuno incassare i miei cazzotti come se nulla fosse. E tutto grazie a quel tuo strano corpo di gomma! - commentò Braccio.

- Merito del frutto Gomu Gomu, uno dei frutti del mare!

- Strano, non ne ho mai sentito parlare. - Ammise il vecchio marinaio.

- Beh, comunque sia il fatto di essere di gomma ha anche altri vantaggi. - Sorrise Rufy, mentre poneva una mano a terra e cominciava a fumare, la temperatura interna che cominciava a salire, e farlo apparire rosso e fumante.
Strane pieghe scesero lungo le caviglie del pirata, per poi tornare su come un pistone. Il ragazzo sorrise beffardamente. - Tra poco non mi vedrai neppure arrivare!

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- Presto, presto! - Incitò Rei, mentre un gran movimento di braccia e gambe al lavoro si apprestava ad ultimare le riparazioni del tempio.

Con gli Street Sharks ancora convalescenti per la ripassata subita da Rufy, le ragazze e Mamoru erano nei guai fino al collo, nelle riparazioni in muratura e carpenteria improvvisate.

A qualche miglio di distanza, il nonno della miko, ignorante e beato, stava tornando dal rito annuale di purificazione delle case del circondario, pratica che lo aveva tenuto lontano tutto il giorno.
Vicino a lui, Luna e Artemis, i gatti che lo avevano sorvegliato tutto il tempo.

- Ci vorrebbe qualche sistema per rallentare quel vecchio. - Disse Luna.

- E chi lo ferma, un vecchio così arzillo? - Sospirò Artemis.


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Quel dannato pirata aveva ragione. Dopo che era diventato un ammasso fumante di gomma rovente, quel moccioso era semplicemente sparito.
Salvo poi farsi sentire tramite dolorose punte di calabrone: invisibili, dolorose e da ogni parte.
Dovunque si girasse, Braccio di Ferro sentiva uno sberleffo da un punto, una risata da un altro, e poi un pugno da un altro ancora.
Una manata sulla nuca gli fece sputare la sua pipa preferita. Nel tentativo di raccoglierla, il marinaio sentì un calcio prenderlo in pieno  allo stomaco.
Vomitando qualcosa un misto tra sangue e saliva, Braccio si accasciò su un fianco.
Era la prima volta che qualcuno gli infliggeva un dolore simile.
Le cose si stavano facendo troppo serie, troppo ardue anche per uno come lui.
Sperò istintivamente in un altro di quei famosi miracoli: mise una mano nell'uniforme e cercò.
Frugò. Cercò. Nulla.
Un piede invisibile lo colpì al volto, scavandogli la faccia.
Venne sparato in aria come un pallone da calcio, ma all'apice della traiettoria, Rufy era già lì ad aspettarlo, con le mani tirate incredibilmente all'indietro.

- Gomu Gomu Jet Bazooka!

La doppia manata spedì Braccio a scavare direttamente nel terreno. Rufy atterrò, appena in tempo, prima che una nuvola di vapore si sprigionasse dal suo corpo.
A fumo diradato, una nuova, compressa e minuta versione del Rufy originale (praticamente un mini-me) guardò in silenzio la spaccatura nella quale, da qualche parte, era stato incastonato l'avversario.

- Mi sembrava più forte di così. Forse ho esagerato con il Second Gear? - Si chiese.

Un flebile fischio: un fischio di pipa. Rufy attese pazientemente di riprendere la sua forma originale: anche se ancora attivo, il marinaio doveva essere conciato comunque troppo male, per fare qualcosa di immediato.

E in effetti, Braccio era impossibilitato a muoversi. Il dolore che provava in tutto il corpo era comprensibile: se non fosse per la rottura del quarto muro, probabilmente ora avrebbe tutte le ossa polverizzate.
Ma nella sua condizione attuale, non riusciva comunque a muovere un dito. Anche la vista era flebile.
Per la prima volta in vita sua, Braccio si sentiva perduto.
Esistono davvero, in giro per i sette mari, esseri forti come quel ragazzo? E se dalle sue parti sono tutti come lui, come avrebbe fatto?
Ci sarebbero voluti proprio i miracolosi spinaci, ah, se solo un miracolo...
La vista doveva giocargli qualche scherzo.
Davanti a lui, ridotto a una massa di metallo accartocciata, vi era una scatola familiare.
Un'allucinazione? Eppure, quell'odore... Il senso dell'olfatto era perfettamente intatto.
Un paio di inalazioni riaccesero la speranza di Braccio.
Era la scatola di spinaci, forse saltata fuori durante quell'attacco violento!
Il problema era che non riusciva assolutamente a muovere un muscolo.
Non avrebbe potuto toccarla, quindi afferrarla, figurarsi aprirla.
L'odore era tuttavia molto intenso: forse uno spiraglio, in quella massa di lamiere, si era aperto.
Indirizzo con un grande sforzo di labbra la pipa verso il barattolo, e aspirò. Aspirò.
Aria, aria, aria. Finalmente qualcosa di solido colpì la pipa, e passò attraverso il bocchino.
Il sapore che si diffuse nella bocca di Braccio donò una scossa di energia al marinaio: spinaci!
I benefici si stavano facendo già sentire: il dolore stava sparendo, riusciva già a muovere una mano.
Aspirò ancora. Nuove foglie di spinaci, nuova forza. Aspirò avidamente, mentre gli spinaci finivano e la forza arriva.

Rufy aveva appena riottenuto la sua statura normale, quando un'esplosione con tanto di fungo atomico diradò completamente i detriti.

Rufy sorrise, mentre la temperatura ricominciava ad aumentare e lui ad emettere vapore.
D'altra parte, forse un attimo, Popeye sembrava avere i capelli biondi e appuntiti, come un Super Sayan, ma era solo un'illusione.
Persino l'aura che sprigionava dal corpo era un'illusione ottica, generata dal bagliore della pipa.
Ma di autentico Braccio di Ferro aveva la rinnovata muscolatura, grande il triplo della sua solita costituzione mingherlina.
Piegando le braccia per mostrare gli avambracci muscolosi, Braccio mostrò a Rufy i tatuaggi a forma di ancora, mentre questi divenivano delle cannoniere fitte di bocche da fuoco, minacciose e imponenti,  tali che per un momento il pirata credette di vedere la personificazione umana di Marireford.

Gli venne anche in mente un aggettivo.

- Inespugnabile. - Commentò. E rise, più felice che mai. - Ora sì! Sei decisamente all'altezza per il  mio Third Gear!


 

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Capitolo 8
*** R&P 2: Col calore, la gomma si scalda e il ferro si tempra ***


Popeye Sailor Senshi 8
Quante ore erano passate? Forse neppure una, ma la cognizione del tempo era andata persa insieme alla cognizione del dolore, e questo valeva per entrambi i contendenti.

L'occhio umano di qualunque passante - ma in quel tratto di foresta sul mare, nessuna anima viva si sarebbe mai prodigata nell'assistere alla contesa - avrebbe visto sbuffi di scintille per aria, sentito rumori di colpi, parate e lamenti.
Il calore sprigionato dallo scontro era tuttavia considerevole.

Per l'ennesima volta, Rufy soffiò dentro il pollice dentro, trasformando il braccio rispettivo in un maglio in un arto spropositato.

E per l'ennesima volta, Braccio fece lo stesso, sfruttando lo sfondamento del quarto muro, quello che ti permette di non dover dare alcun spiegazione fisica, e anche il suo pugno divenne una enorme palla da demolizioni, con tanto di avam-braccio della gru.

E così il martello incandescente di Rufy si andava ad abbattere contro l'incudine d'acciaio di Popeye, provocando un frastuono le cui vibrazioni fecero tremare tutta la zona di terreno nel raggio di miglia.

Il pirata allora provo a giocare di nuova la carta della super-velocità con il Second Gear. Si illuse di essere irraggiungibile almeno in aria, ma Braccio aveva già preso la sua contromisura: direzionando la pipa con un reattore, il marinaio poteva sfruttare il getto di fiamma di quest'ultima, come un razzo vivente. Un razzo dotato di pugni.

Lo scontro in aria si risolse in uno scambio violento di calci e pugni Dragonball-style, terminante in due pugni contemporanei, l'uno sulla faccia dell'altro, stile Rocky 4, che mandò i contendenti a terra, in un temporaneo double KO.



Nel rialzarsi, il marinaio yankee puntellò due pugni a terra, forse ad imitazione dell'effetto Slumm dei suoi ex-avversari Sharks.

- Braccio spacca!

Braccio rifletté ancora una volta. Era questa la potenza dei tanto decantati "cartoni giapponesi"? Più forti di un grosso uomo verde mutato dai raggi gamme...

- Più veloce della luce! - Disse il marinaio, mentre "volava" letteralmente, spinto dalla forza della pipa reattore, contro il giovane pirata, rialzatosi faticosamente in piedi.

.....O più forti di un extraterrestre che sa volare ed è superforte....

Rufy lo acchiappò al volo, attorcigliandolo con entrambe le braccia e facendolo roteare in tondo, fino ad alzarlo e poi stamparlo con violenza sul terreno come una paletta scacciamosche.
Braccio, dolorante, non si perse d'animo e si divincolò prontamente come un lombrico, uscendo dal groviglio di braccia di Rufy, dopodiché usò le stesse per legarlo a sua volta.
E già che c'era, fece lo stesso con le gambe di gomma.
Con il fiatone (cosa davvero rara, per uno come lui!), Popeye osservò il pacco regalo: poco più che un ragazzino.


... Erano questi gli eroi in giappone? Ragazzini appena usciti dal pannolino vantavano poteri da fare invidia a parecchi super-eroi? Era questo il futuro degli eroi? La sua generazione, con i semplici, sani ideali, il "drink milk, eat spinach, grow up and be strong like me" una anticaglia da rottamare?

Braccio osservò comunque l'espressione del ragazzo. E continuava a non capire.

- Perché diamine continui a sorridere?

- Che domande, no? - Disse Rufy. - Perché mi sto divertendo!

- Fare a botte non è mai divertimento! - Disse Braccio, anche se questo lo fece vergognare un po'. Lui dopotutto, aveva passato la vita a fare a botte, per divertirsi e per divertire grandi e piccini, e fare una predica che suonava anche un po' ipocrita lo faceva passare per quel che forse era davvero diventato: un vecchio bacucco. Corrucciato, prese in mano la pipa e ci soffiò dentro, pensieroso.

- Lo so benissimo che non è divertimento. - Rispose Rufy, che aveva già cominciato a liberare un viaggio. - Ma so riconoscere quelli che meritano davvero di essere presi a botte, e quelli che si sanno guadagnare il rispetto tramite un duello.

Braccio guardò pensieroso gli occhi del pirata, mentre questi si era già liberato il secondo braccio. Sistemate di nuovo le braccia del ragazzo con un grazioso fiocco sulla testa, Braccio commentò.

- Se stai cercando di fare il ruffiano, con me non attacca. - Anche se quegli occhi, occhi che dovevano aver visto l'inferno, eppure ancora in grado di guardare il mondo con l'innocenza di un cartone animato per bambini. Fu forse la prima volta che cominciò a comprendere qualcosa di questa tanto decantata "mentalità giapponese".

Un forte ruggito distolse entrambi dal discorso.


-------------------------

Un piccolo miracolo era avvenuto.
La massa degli squali nascosta (vergognosamente) dentro uno sgabuzzino, ma alla fine il santuario era stato ripristinato in men che non si dica.
A chiudere un occhio sul ciliegio tenuto su da qualche decina di puntelli,  frettolose chiazze di calce  fresca spatasciata con un frattazzo,  vasi strategicamente posizionati  davanti  ai vetri rotti delle finestre, e dove queste ultime non avevano neanche quelli, abbondanti dosi di nastro adesivo per chiudere gli spifferi.
Ma per il resto, era tutto perfetto.
Rei, vestita nella sua tenuta da miko, passava distrattamente la scopa di  saggina in mezzo al cortile.
Ami e Mamoru, lì vicino, impegnati a chiacchierare.

I miagolii che arrivavano da lontano furono il segnale che il nonno era arrivato.

La sacerdotessa, con il più sfavillante dei sorrisi, accolse il suo amato parente.

- Buon pomeriggio, nonno! Spero che la cerimonia sia andata bene!

Mamoru ed Ami si voltarono e si unirono al saluto con un profondo inchino.

- Buon pomeriggio!

- Buongiorno, nipote! Benvenuti, miei cari ospiti! - Rispose con altrettanta cortesia il monaco custode del santuario, in un inchino che faceva riflettere sulla sua pelata i raggi del sole pomeridiano.
Di fianco a lui, con passo lento e pacato, vi erano Luna ed Artemis.

- Vado subito a preparare del té! - Cinguettò la nipote.

- Preparane per favore qualche tazza in più: ho portato un'ospite. - Disse il nonno sorridendo.

Da dietro il nonno apparve una figura inconsueta: una giovane donna di vent'anni, bionda, sicuramente una straniera.
Qualcosa della sua figura apparve immediatamente disturbante a Rei.
Forse la bellezza decisamente inconsueta, capelli dorati che si posavano delicati sul collo, un sorriso ammaliante, occhi penetranti e maliziosi.
Non ultimo, un bizzarro fermacapelli adornato da una rosa rossa.

Il nonno, con un sorriso di soddisfazione, la presentò.

- Lei si chiama Rose o... of...

- Rose of the Sea, con infinito piacere di fare la vostra conoscenza.

L'ospite completò la presentazione con un inchino, alzando con le mani due lembi della gonna blu, che si abbinavano al medesimo colore del corpetto.

- Ma chiamatemi semplicemente Rose.

Le spalline abbassate contribuivano a risaltare il fisico particolarmente snello.

Rei si inchinò a sua volta, ma non distolse lo sguardo dall'ospite. Era un grosso rischio: i suoi sensi stavano urlando "pericolo" da ogni dove, ma se stesse sbagliando? Come avrebbe giustificato il suo comportamento di fronte al nonno e a tutti?
Vinse, per questione di un attimo, l'istinto.
Il braccio si era già teso, e una pergamena era già stata lanciata a sigillare il "male". Ignorando lo sguardo sbigottito di tutti i presenti,  Rei cominciò a recitare le nove sillabe del kuji-goshin-ho.
Il talismano cominciò a fumare, provocando immediate convulsioni contro il corpo della bionda, con risultati inquietanti: la pelle pallida e rosata si scurì fino a diventare  di un  verde olivastro  decisamente non umano.
Un acuto urlo di dolore si levò dalla vittima del  rituale. Rassicurata dal successo della sua intuizione, Rei interrogò la creatura.

- Chi sei, essere dalla pelle verde... un kappa?

- Una kappa? Che impudente! - Commentò sprezzante una voce gracchiante,  profeniente dalla gola della creatura, con un tono risentito, come se l'insulto facesse più male del talismano stesso.

Gli occhi di Rei osservarono con disgusto la pelle verde della donna andare raggrinzendosi fino a mostrare la sua età avanzata. Ben più avanzata di quanto ci si aspettasse.
E come la pelle si rovinava, la massa muscolare si faceva più pronunciata.
La creatura portò di scatto le mani verso la faccia e stracciò la pergamena senza difficoltà.

- Potevi piuttosto definirmi una bella sirena. - Protestò la megera per come tale era diventata, o meglio, ritornata. - Anche se a dir il vero, io sono una strega. Ma pur sempre di mare, già.

- Dunque sei tu il nostro nemico! - Esclamò Rei, senza neppure preoccuparsi di non stare parlando dietro l'identità di Senshi.

Ma d'altronde, sarebbe stato inutile: se era venuta nel tempio in persona, era chiaro che ormai l'identità fosse già stata scoperta da tempo. Il pensiero successivo era però diretto al nonno.
Guardandosi attorno, però, scoprì di essere completamente circondata.
Il nonno, con un sorriso cordiale ma inquietante, i gatti, che continuavano nonostante tutto a miagolare....come normali gatti. Ed Ami e Mamoru, che ora condividevano la stessa espressione del nonno.

- Tu! - Esclamò carica d'odio verso la strega dei mari. - Che cosa hai fatto al nonno e ai miei amici?

- A quanto pare, ho ancora uno charme in grado di ammaliare i cuori di tutti - Commentò con un misto di malizia e soddisfazione la Strega. -  In veste di Rose, un paio di volte mi capitò anche di sedurre il padre di quel maledetto Braccio di Ferro!

- Popeye-san? - Chiese incredula Rei. - E' lui che cerchi? Beh, sappi che non lo troverai qui!

- Lo so bene! - Rispose la vecchia con una risata arcigna. - Ho fatto io in modo di allontanarlo, così non sarebbe venuto a rompermi le uova nel paniere.

- E si può sapere cosa cerchi?

- Qualcosa che voi avete ed è molto prezioso... - Bofonchiò la Strega, con fare ambiguo.

A Rei non rimase che una cosa.

- Mars Cristal Power Mak...

Non poté finire la frase di trasformazione, che il nonno e i suoi amici le si avventarono addosso e la puntellarono sul terreno, con una mano sulla bocca.

- Non così in fretta, amica mia. - Ammonì la Bacheca, ondeggiando l'indice destro. - Prima dovete consegnarmi quel gioiello che è la gioia per gli occhi di ogni donna, e la felicità per la bramosia di potere di ogni strega...
... Il Cristallo d'Argento!

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- Dovete scusare il mio stomaco - Si scusò con un gran sorriso il pirata dal cappello di paglia. - Quando combatto mi viene fame, e quando mi viene fame, certi brontolii che sembrano ruggiti....!

- Corpo di mille balene, però, ragazzino, stai mangiando così tanti panini da ricordare il mio vecchio amico Poldo. - Commentò il marinaio da un occhio solo.

- Chi è Poldo? Un tuo amico? E' forte? - Chiese Rufy, stuzzicato nella curiosità.

- Non proprio, è grasso, grosso e fannullone. - Rispose Braccio. - Però a mangiare panini, sì, è imbattibile. Anche se credo che tu lo batti alla grande.

Dopo un piccolo sorriso divertito, Rufy commento. - Ehy, lo sai che anche tu somigli a un membro della mia ciurma? Ha gli avambracci come i tuoi, spesso è ... di ferro, e diventa forte grazie a una sorta di cola. A ben pensarci, non sarai per caso un cyborg anche tu?

- Un che cosa? - Chiese il marinaio.

- Mah, non è che saprei spiegartelo, che non ci capisco neppure io, io sono il capitano della mia ciurma, ma chi si occupa della meccanica è....

- Che ti succede, Usagi? - Chiese una terza voce, rivolta a una quarta persona.

- Non saprei, Minako, come se mi stessero fischiando le orecchie. - Rispose la studentessa.

- Sarà sicuramente per via della fame. Prendi qualcosa anche tu, prima che facciano fuori tutte le scorte! - Intervenne Makoto, la cuoca che aveva preparato il picnic improvvisato: la solita montagna di cibo.

- Non vi abbiamo ancora ringraziato per il cibo che ci avete portato! - Si scusò Rufy, con la bocca che stava masticando quattro panini contemporaneamente. - Combattere mette parecchio fame, e io ero a secco!

- Anch'io avevo praticamente finito l'effetto spinaci. - Ammise Braccio. - Grazie infinite.

- Non vi formalizzate. - Si schernì Makoto.  - Stavo solo pensando che vi sarebbe venuta fame, eh.... - lasciando finire la frase con il rosso del suo viso imbarazzato.

- Ah, guardatela come arrossisce! - Stuzzicò Minako.

- Lascia stare Mako, tu che ti sei voluta aggregare a lei per scroccare qualcosa. - La punzecchiò a sua volta Usagi.

- Proprio te parli? Quella che di solito come appetito non ha nulla da invidiare al signor pirata? - Rispose la guerriera di Venere.

- Rufy! Rufy per gli amici! - Precisò il "signor pirata".

- Ma insomma tu cosa sei, amico o nemico? - Si chiese incredulo Braccio, sempre più spiazzato dall'ingenuità di quel tipo.

E ci fu qualche battuta e risata, in quel picnic improvvisato sulla scogliera.
Prima che l'ombra minacciosa di un avvoltoio non aleggiasse su di loro come la morte.
L'ombra di Barnard, pronto, con una grossa, grossissima palla di fuoco a tradimento.
Una meteora scagliata a tutta velocità, ma non su di loro: sulla scogliera sulla quale il gruppo siedeva.
Un istante.
La scogliera che crollava.
Un lupo di mare, un pirata e tre ragazze che precipitavano nel mare, prima ancora di rendersi conto cosa fosse successo.

E non dimentichiamo, il pirata non può nuotare.

Glu...glu...glu.


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Capitolo 9
*** Tutti gli spinaci vengono al pettine ***


Popeye Sailor Senshi 9Buio completo.
Braccio di Ferro, nell'oscurità, stava galleggiando nel vuoto.

- Corbezzoli! Gente! Ragazzo! Fanciulle! C'è qualcuno in questo maledetto posto buio?

Soffiò dentro la pipa, che si illuminò come un bengala.
Dunque non era in acqua.
Tuttavia, continuava a non sentire il terreno sotto i piedi.
Allungare le punte delle fette non servì a nulla.

- Braccio.....

Una voce femminile chiamava. Una voce familiare, anche se non riusciva a riconoscerne la proprietaria.

D'improvviso, davanti a lui si materializzò la figura di una persona.
La sopresa gli fece sfuggire un "Whoa!".

Si calmò, non appena si accorse che era la sua immagine riflessa.
Sorrise al riflesso, rallegrandosi del sorriso in ricambio.
Però noto, tramite l'immagine, di essere vestito in maniera differente: una lunga tunica gialla che lo copriva dal collo alle caviglie, dei sandali, e cosa più soprendente, dei capelli! Non solo per il fatto di avere dei capelli, ma di averli rossi, con un'acconciatura femminile, di come usava fare Olivia ogni Giovedì. Beh, forse non proprio così. Lo stile aveva un sapore più.... vintage. Tipo di quattromila anni.
E poi... che bocce! Da quando il torace gli si era gonfiato così?
Portò una mano sul torace: era tutto normale.
E portando l'occhio su sé stesso, Braccio si accorse di stare indossando la sua solita casacca da marinaio.
Ma allora, chi stava guardando un momento fa? Anzi, chi lo stava guardando?
Riportò lo sguardo in avanti, ma l'immagine era svanita.
Solo una voce si fece udire, come un monito.

- Questa volta gli spinaci da soli non saranno sufficienti...

Poi di nuovo il buio.
E sensazione di bagnato.
E di soffocare.
E....

Cough!

Il marinaio si svegliò, portando di scatto la testa fuori dall'acqua, in cerca di ossigeno.

- Finalmente ti sei svegliato. - Lo accolse una voce. Era Jab, lo squalo martello degli Street Sharks.

Braccio si accorse di essere seduto a cavalcioni sul dorso del mutante, mentre questi nuotava.
Si guardò intorno.
Il resto dei fratelli era in formazione compatta di navigazione, come quattro bizzarri natanti. Sui loro dorsi, il pirata e le ragazze.

Streex, lo squalo tigrato, si era fatto carico di portare Minako;  Usagi e Makoto erano su Slamm, lo squalo balena.

Rip, il capo, aveva raccolto personalmente Rufy e aveva usato le braccia di gomma per legarselo in vita con tanto di nodo. Rufy era incosciente, con un filo di bava alla bocca, tra lo svenuto e il ronfante.

Tirando un sospiro di sollievo, Braccio commentò.

- Non so come abbiate fatto, ma ci avete pescati al momento giusto, devo dire. Forse un attimo più tardi e...

- Siamo squali, amico - Rispose Streex anticipando tutti. - E siamo in acqua. E nessuno ci batte in velocità nel nostro elemento.

- Eh, ma se siamo qui, non è per portare buone notizie, purtroppo. - Intervenne Strip, non un tono cupo.

- Uhh... - Un gemito indicò che anche le donzelle stavano tornando dal mondo dei sogni.

- Ben svegliata, dolcezza. - Salutò calorosamente Streex in direzione della sua cavallerizza.

Minako si stropicciò gli occhi, e urlò dalla sorpresa, realizzando di essere aggrappata a uno squalo tigre.

- Ehy, ehy, non agitarti, bellezza. - La avvertì il mutante striato. - Rischi di cadere in acqua....di nuovo.

- Immagino che vi siamo debitori. - Aggiunse una voce delicata: Makoto.

- Siete debitori di quei due pennuti lassù. Loro ci hanno avvertito e guidato.

Streex indicò in cielo le familiari figure di Phobos e Deimos, i cui gracchii accolsero le guerriere in segno di saluto.

- Cosa è successo? - Si chiese intanto una Usagi più intontita che mai.

- Ma è ancora presto per tranquillizzarsi. - Sottolineò Slamm. - I guai sono solo incominciati.

- Che tipo di guai? - Chiese Minako.

Strip rispose per tutti. - Tipo quello davanti a noi.


Nel  guardare nella direzione suggerita dallo squalo capo,  tutti i presenti  spalancarono la bocca dalla sorpresa e  dal terrore.

All'orizzonte, sul mare, come se fosse appena sorta l'alba di un nuovo giorno del giudizio, qualcosa era spuntato dalla linea che divideva cielo e acqua.
Una enorme, uniforme, estesa e altissima massa d'acqua, come di quelle che da sempre in Giappone, ma in qualsiasi parte del mondo era sinonimo di morti, rovina, disperazione.

Stava arrivando uno tsunami.


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- Incapace!

Per la seconda volta, un avvoltoio umano volò non di sua spontanea volontà come un razzo, il cui propellente era la forza cinetica di un pugno.

L'avvoltoio dovette ancora constatare l'ottimo stato di forza fisica della padrona.

- Mi stai dicendo che insieme agli altri hai spedito giù a mare proprio anche la custode del Cristallo d'Argento!?

- E come potevo sapere? - Si giustificò Barnard. - Secondo il piano, che lei mi ha descritto e che io ho eseguito alla lettera, il gioiello doveva averlo già preso lei.

- E come potevo immaginare, incapace!? - Sbottò la vecchia strega, il cui sguardo inviperito era più tagliente e appuntito di un pugnale. - Chi poteva calcolare che  la custode non sarebbe rimasta al santuario insieme agli altri?

- Non è certo un problema, questo. - Si intromise una terza voce.

L'effetto fu di immediata riverenza da parte dei due manigoldi.

- Salute a lei, sommo Mikeru.

Senza degnare di uno sguardo o di una risposta, l'angelo continuò.

- Altrimenti perché impestarmi la dimora con questi esseri immondi?

Il riferimento sprezzante di Mikeru andava a due ragazze, un uomo, un anziano e due gatti, tutti in animazione sospesa dentro cristalli verdastri.


- Ostaggi, sommo Mikeru. L'incarnazione della principessa della Luna non oserà nulla contro di noi, sapendo che...

- Lo so, conoscevo la sua dinastia molti secoli prima che tu nascessi, vegliarda. Tuttavia... - Fece una pausa, poi riprese, con tono malizioso. - Mi domando perché tanto interesse da parte tua per il Cristallo d'Argento.

- Perché esso è fonte di potere e vita. Dopo che gli tsunami avranno spurgato la Terra dalla feccia umana, il potere del gioiello sarà perfetto per risanare il pianeta...e anche per un miglioramento alle sue condizioni fisiche precarie.

- Sì, il Cristallo d'Argento potrebbe essere molto utile - Convenne Mikeru.
- Ma so anche che tanto potere ha sempre fatto gola a degli animi deboli e facilmente corruttibili come quelli degli umani. E una donna non può fare certo eccezione.

Colta in pieno nel riferimento, la strega avvampò, chinando il capo nel tentativo di nascondere il rossore.

- Non so di cosa parla....!

La bugia era palese, ma la cosa anziché irritare Mikeru, lo divertì.

- Dici? Quando ti ho sentito dire che la custode è precipitata a mare con il cristallo, ho notato un certo tono di frustrazione.

- La prego di non pensar male, sommo, io...

- Come dicevo, non è certo un problema. Apri un portale. Abbiamo gli ostaggi, abbiamo la minaccia del primo tsunami. Se buon sangue non mente, la rampolla della dinastia della Luna correrà direttamente qui a porgere il Cristallo su un vassoio....d'Argento.

La bacheca non poté che inchinarsi ed annuire.

- Sì, sommo Mikeru. E tu Barnard, - Disse rivolgendosi al tirapiedi. - Vola subito a sorvegliare che nessuno intralci il piano in corso.

Anche se intralciare decine di migliaia di chilometri cubici d'acqua suonava alquanto improbabile.

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- Moon Crystal Power Make up!

- Venus Crystal Power Make up!

- Jupiter Crystal Power Make up!

Tre voci e tre bagliori da dietro la roccia, e poi finalmente le guerriere Sailor spuntarono.

- Ecco, abbiamo finito! - Disse la guerriera della Luna, - Ehm, cioé, siamo arrivate!

- E le ragazze che erano qui prima? - Chiese ingenuamente Rufy.

- Loro sono al sicuro, ci hanno spiegato tutto e ora la palla è passata  a noi! - Spiegò velocemente Minako.

- L'importante è che siamo finalmente pronti. - Tagliò corto Strip.

Lo spettacolo, dopo la nuotata e il viaggio a piedi verso il santuario, era desolante.
La vita che avevano incontrato lungo il cammino aveva del surreale, tra gente che in preda al panico si ammassava verso vie di fuga inesistenti, le strade erano bloccate da centinaia di auto strombazzanti, decine di fedeli si erano addirittura aggregati in preghiera in quel luogo sacro, tale che alla fine la compagnia aveva desistito dall'entrare nel tempio e aveva preferito tornare sulla voragine creata dal crollo della scogliera.

Lo spettacolo dell'apocalisse era imponente, l'orizzonte coperto per metà da acqua di mare che avrebbe trasformato quel posto in un inferno marino.

Tale spettacolo devastò il poco coraggio rimasto alle guerriere sailor.
Le gambe di Usagi cedettero sotto il peso dell'impresa imminente, ma anche sotto la sua responsabilità.

Le cominciarono a venire anche le lacrime agli occhi.

- Anche se siamo sailor, come possiamo fermare questo?


Fermare uno tsunami? Salvare le sue amiche? Aveva salvato diverse volte il mondo, ma...

Come a leggerle nel pensiero, fu Strip a parlare. - Ehy, ragazzina, non so come vadano le cose qui da voi, ma tutti noi qua abbiamo salvato il mondo, e più di una volta.

- Ha ragione fratello Strip, - Aggiunse Jab. - Prima di vendere la pelle dello squalo, dovranno prima venirlo a uccidere.

Usagi venne alzata su di peso, afferrata dalle compagne, una per braccio.

- Non sei più una piagnona da tempo, Usa-chan. - Le disse Makoto. - Sei Sailormoon.

- Tu sei quello che sei. E un vero sailor...un vero marinaio deve fare quello che un marinaio deve fare. - Disse Popeye, allungando una mano.

- Ben detto, vecchietto! - Sì unì Streex, allungando un'altra mano sul dorso di quella del marinaio.

Gli altri Street Sharks si unirono al gesto, e poi Rufy, Venus, Jupiter e infine Moon.

- We're all sailors! - Urlarono, la sirena della pipa di Braccio a sentenziare il giuramento.

"Che scena toccante"

La gracchiante, sarcastica voce della megera.

- Dove sei, strega del mare?! - Urlò Braccio, - Vieni ad affrontare il tuo destino da vera donna!

- Oh, no. - Continuò la voce. - Venite piuttosto voi!

Un piccolo bagliore si materializzò per aria, e prese ad allargarsi fino a raggiungere le dimensioni di un portale.

- Entrate, varcate la soglia... siete miei graditi ospiti. - Spiegò la voce. - In particolar modo la custode del prezioso Cristallo d'Argento.

- Se entro, tu lascerai liberi i miei amici e fermerai l'onda gigante?

- Questo dipende da te... - Rispose misteriosamente la voce. - Ma restando lì, nessuno si salverà, quello è certo.

- Questa faccenda puzza più dei calzini di Streex - Brontolò Jab.

- E la vecchia bacucca è una maestra in inganni e false promesse. - Aggiunse Braccio.

- Ciononostante, non ho intenzione di tirarmi indietro. - Sentenziò Sailormoon. - Voi siete con me, vero?

- Quando ti metti in testa una cosa... - Sospirò Venus. - Fino alla fine, amiche!

- Fino alla fine! - Fece eco Jupiter.

- Però non abbiamo garanzie riguardo lo tsunami. E qua tra un po' sarà la catastrofe! - Lamentò Strip.

- Quello non è un problema.

Tutti si voltarono verso le audaci parole di Rufy. Ma lo sguardo che ricambiava quello di tutti non era il solito, buffonesco sorriso. Era uno sguardo carico di determinazione.

- Voi andate, qui ci penso io.

- Ehy, amico, - Obiettò Streex. - Forse ti si è inceppato il cervello, stiamo parlando di uno tsunami, onde alte decine di metri, per quanto tu possa essere forte...

- Non sono un genio come Ami, ma non ci vuole una gran mente per capire l'impossibilità... - Cominciò a sproloquiare Venus.

- Ha detto che ci pensa lui. - Taglio cortò Braccio di Ferro.

Stavolta gli sguardi increduli di posarono su di lui. Che si giustificò tranquillamente.

- Un vero lupo di mare non si rimangia mai la parola data. - Spiegò, incamminandosi verso il portale, preceduto dal trio di Sailor senshi. - E quelli sono gli occhi di un lupo di mare.

Di uno che non si rimangia mai la parola data, a costo di morire.

- Grazie per la fiducia, nonno! - Rispose Rufy, con il suo solito sorriso buffonesco.

Un piccolo incrocio di sguardi tra Sailormoon e Rufy, delle silenziose raccomandazioni, e le tre senshi con il marinaio sparirono nel portale.

- Allora, fratello, - Chiese Streex al capo. - Andiamo anche noi?

- No. - Rispose Strip. - Noi possiamo dare una mano qua: cosa può fare un lupo di mare senza dei pescecani?

Il portale si affievolì, fino a sparire.

Il confronto finale si stava apprestando a cominciare, su due fronti.



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Capitolo 10
*** Strong to the Finish (1 di 2) ***


Popeye Sailor Senshi 10 Silver Millenium, migliaia di anni fa.

Gli occhi curiosi della principessa Serenity scrutavano con curiosità lo spettacolo di una bizzarra vecchietta intenta a canticchiare, mentre, china e con una zappa in mano, si apprestava a curare un piccolo orticello.

- Madre, - Esordì, voltandosi verso la parente sovrana, - Chi è quella anziana signora che sta coltivando proprio vicino al nostro regal palazzo?

- Oh, l'hai già incontrata? - Rispose civettuola la regina. - E' una nostra ospite, che proveniente dalla Terra, ha chiesto di fare una piccola vacanza nel nostro regno. Come ti sembra?

- Simpatica, senza dubbio. - Spiegò la principessa, - Anche se alquanto bizzarra. A cominciare dall'aspetto vetusto e l'atteggiamento cordiale ma decisamente informale.

- Suvvia, Serena, abbi un po' di rispetto, - L'ammonì bonariamente la madre. - Quel personaggio è nientemeno che una divinità.

- Addirittura! - Commentò incredula la principessa, voltandosi a rimirare ancora una volta l'immagine della vetusta contadina. - Come aspetto somiglia a tutto, tranne che a una dea.

- Dovresti imparare a non giudicare dalle apparenze. - La rimproverò la regina. - Anche se effettivamente lei è una divinità minore, unica. Lei è protettrice della verdura che le stai vedendo
coltivare.

- Protettrice di quella... quella...? - Chiese con un moto di disgusto. - Ora capisco! Quando le ho parlato voleva offrirmene un po', ma io la odio, quella robaccia!

- Serena, Serena, - Sospirò la sovrana. - Tu che a tavola non vuoi mangiare mai le verdure.


Usagi scosse la testa.

Un'altra memoria dal passato? Doveva essere l'effetto di aver varcato il portale ed essere capitata in quel bizzarro colonnato verde.

Un'occhiata oltre i pilastri in marmo lasciava stupefatti: una forte sensazione di meraviglia mista a un insano disagio si impossessarono della guerriera della Luna, quando costei si rese conto di stare sul fondo delle profondità marine.

La sorpresa fece fuoriuscire un "Whoa" anche da parte del vecchio marinaio, che, tenendosi il cappello, si stupì sul fatto che l'aria era perfettamente respirabile. Addirittura la pipa continuava a fumare.

Una mano decisa si posò sulla spalla della combattente bionda. Usagi si voltò e si tranquillizzò: Jupiter era di fianco a lei, insieme alla guerriera di Venere.

- Bene, siamo qui. - Esordì il marinaio di lunga esperienza. - Perlomeno fate gli onori di casa!

- Quanta fretta.

A fare le veci del comitato di benvenuto si stava avvicinando, con andatura ancheggiante e provocante, una ragazza dalla pelle olivastra, di una bellezza mai vista, i capelli di una tonalità smeraldo che le conferivano un aspetto di sirena.

Usagi si sentì rapita da tanta bellezza, e le sue amiche non erano da meno.
Paradossalmente, quello meno impressionato fu proprio il maschietto del gruppo, che spazientito afferrò una piccola piovra di passaggio e la strizzò, il getto di inchiostro a coprire la ragazza in una nuvola di fumo.

- I tuoi trucchi da strega non incantano più nessuno.

Colpi di tosse e lamenti risentiti provenirono dalla nube di inchiostro, mentre la bella sirena riprendeva il suo orrido aspetto di vecchia incartapecorita imbaccuccata in una degradante veste nera con cappuccio, completata da uno sciarpone rosso che la rendeva ancora più disgustosa.

- Quanto sei maleducato, Braccio di Ferro. E io che mi ero fatta bella solo per voi... e per te.

Gettando via il polipetto, Braccio si sistemò la casacca e i pantaloni. Con una mano tirò in avanti il cappello, e guardò fisso negli occhi la megera.

- Bando ai convenevoli, vecchia. Non so dei tuoi schemi, ma è venuto il momento di darci un taglio!

- Per favore, Popeye-san. Vorrei parlarci io.

Il marinaio guardò indietro, accogliendo con scetticismo la richiesta della guerriera della Luna.

- Perdi il tuo tempo, ragazzina. Se credi di cavare del buon senso da questa cozza di mare, finirai in cattive acque.

- Eppure ogni conchiglia ha la sua perla, no? Vorrei fare un tentativo.

Non potendo dire di no alla richiesta di una donzella, Braccio si fece da parte.

- Ma bada, - Intimò diretto alla Strega del Mare, - Se tenti scherzi, io... - E sottolineò la minaccia afferrando il pugno destro con la mano, e cominciando a girare in senso orario, col risultato di fare attorcigliare il braccio destro su sé stesso come una molla pronta a scattare.

Ignorando sfacciatamente l'odiato rivale, la strega del mare si ritrasformò in sirena e lo scansò con snobbaggine,  accogliendo con tono mellifluo la richiesta della guerriera della  Luna.

- Oh, finalmente qualcuno che mi capisce. E non poteva che essere una donna!  Non certo come certi villanzoni di mia conoscenza.

L'ultima frecciatina era diretta ovviamente a Braccio, che si grattò la testa perplesso.

- Oh, Sailormoon, devi sapere che non è colpa mia. Sono diventata così perché dopo anni in cui quel cattivone di Braccio di Ferro mi picchiava, io ho finito per chiudere il mio cuore al mondo.

- Ehy, cosa stai blaterando, vecchia! - Protestò Braccio. - Non ho mai sfiorato una donna con un pugno. Fosse anche un essere ripugnante come te!

- Lo vedi, principessa Serenity? Quel rozzo e volgare mozzo non ha mai perso occasione di trattarmi male!

Popeye borbottò esterrefatto. - La sfacciataggine di quella donna non smette di stupirmi ogni anno che passa!

- Questo non cancella però il male che hai fatto e che stavi per fare. Se davvero sei pentita, libera i miei amici e dissipa la minaccia dello tsunami.

- Potessi farlo da sola, lo avrei già fatto, principessa. - Singhiozzò la sirena. - Ma sono costretta dal malvagio Mikeru. Ed egli è un essere potente e pericoloso, il suo odio per la razza umana è inimmaginabile! Ho tanta paura, principessa Serenity, ho tanta paura. - Aggiunse con voce rotta, aggrappandosi disperatamente a Sailormoon.

- Non temere, Strega dei Mari -  Rispose  la combattente con  un  sorriso gentile. -  Mikeru non l'avrà vinta, vero ragazze?

- Sailormoon, non dovresti... - Obiettò la guerriera di Venere.

- Ma quante parole coraggiose e sprezzanti allo stesso tempo. - Si intromise una voce fredda  e cinica. - Che poi vengano da una bocca rugosa e una lingua velenosa come la tua, suonano ancora più corrosive.

Materializzandosi dal nulla, apparve in scena finalmente l'angelo fautore di tutto: Mikeru, elegante nella sua tunica e le quattro ali spiegate, e allo stesso tempo terribile, nel suo glaciale odio verso la razza umana, percepibile da chiunque nelle vicinanze.

Persino a Braccio vennero dei brividi lungo la spina dorsale.

- Avrei dovuto davvero assorbirti quando ne avevo l'occasione, mia inutile assistente. - Continuò l'angelo.

- Tremila anni di solitudine non ti hanno cambiato, sembra. - Fu Usagi, d'istinto, a parlare. Ma più che lei, le parole uscirono dalla principessa Serena del Silver Millenium. Lo fissò con lo stesso sguardo diffidente con il quale lo vide la prima volta.

- Qual sorpresa, - Commentò ironico Mikeru, - Una sopravvissuta della caduta del Silver Millenium. Neanche a voi la storia sembra aver insegnato alcunché. E cioè che a proteggere una umanità ingrata ed egoista c'è solo da perderci.

- E' la stessa umanità di cui io faccio parte come Usagi, e che ho giurato di proteggere come Sailormoon. - Rispose la principessa. - Ed è anche l'umanità a cui voglio bene come Serenity, come paladina e come studentessa.

- Grandi, pompose, ma rimangono vuote parole senza significato. - Ribatté l'essere alato. - Tu, le tue amiche e i vostri rozzi alleati umani non riuscirete a  salvare  l'umanità dalla furia delle acque purificatrici.

- E' quel che vedremo. - Rispose secca la paladina della giustizia.

La frase suonò come un gong,  con il quale Jupiter e  Venus scatenarono i loro colpi più micidiali.

- Supreme Thunder Dragon!

- Venus Wink Chain Sword!

Ma i colpi non arrivarono mai a segno. Un battito delle quattro ali di Mikeru fu sufficiente a rispedire al mittente i rispettivi colpi, e lo spostamento d'aria mandò le guerriere ad incastonarsi contro due colonne.

- Probabilmente  avete avuto successo in passato a sconfiggere esseri malvagi e inferiori. - Commentò serafico Mikeru. - Ma io non sono né malvagio né inferiore: sono un angelo, e nel mio corpo circola sangue divino. Può qualcosa il Cristallo d'Argento, un artefatto portato per il bene, usato contro un bene ancora più potente?

- Anche se sei un angelo, - Rispose Moon. - Non puoi definirti buono se poni il tuo potere allo sterminio di gente innocente. Per questo io ti sconfiggerò. - E lasciando andare la sirena verde, tirò fuori lo scettro lunare.

- Silver Moon Crystal Power Therapy K....

- Non così in fretta!


Una mano artigliata, la stessa mano che aveva stretto in lacrime il braccio di Moon, adesso l'aveva presa a tradimento al petto.
Un ghigno terrificante si dipinse sulla faccia della donna olivastra.
Ciononostante, alcuna goccia di sangue fuoriuscì dal torace di Usagi: tra tutti gli scopi inetti e malvagi della strega, uccidere non era la priorità.
Quello che fece, però, fu forse persino peggio.
Con un gesto secco, strappò dal corpo di Usagi l'essenza vitale, l'incarnazione del potere supremo, il seme di stella.

- Finalmente è mio! - Gridò la fattucchiera nella pelle di fanciulla. - Mi sono finalmente impossessata del Cristallo d'Argento.

L'attimo fu così veloce che Braccio poté solamente tendere la mano.
Nel vedere gli occhi di Usagi diventare opachi, vuoti come quelli di una bambola, una tremenda ira si impossessò del marinaio.

- Ne ho abbastanza! - Gridò, - E quando dico abbastanza, vuol dire che è troppo!

Mise una mano nella casacca, e la mano frugò e riconobbe la scatola risolutrice.
Tirò fuori il barattolo di latta, e stritolò con forza. Il contenuto fuoriuscì come una fontana, e Braccio aprì la bocca per ingoiare rapidamente.

- Preparatevi, - Disse al colmo della rabbia. - Adesso si agisce alla mia maniera!


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Rufy scrocchiò la testa inclinandola da spalla a spalla, roteò il braccio destro un paio di volte e poi finalmente si decise.

- Cominciamo.

Portando entrambi i pollici in bocca, li morse e pompò l'aria dentro gli arti superiori.

Mentre le braccia aumentavano di dimensioni, il pirata portò alla mente gli insegnamenti del vecchio Jinbei.

"Maestro Jinbei, è possibile fermare uno tsunami?"

"Cappello di paglia, hai idea di che potenza abbia un fenomeno come quello di cui parli?"

"Beh, è un'immensa massa d'acqua che sommerge tutto."

"Peggio. Infinitamente peggio. E' come se tutti i cannoni di tutte le navi della marina ti sparassero addosso contemporaneamente."

"Cavoli, è una gran potenza!"

"E prima che tu me lo chieda, no, non basterebbe neppure la più potente delle tue tecniche".

"Perché no? Se posso fare a pezzi delle palle di cannone, non dovrebbero esserci problemi per un muro d'acqua".

"Non è così semplice. Prova a prendere a pugni quello stagno".

"Tutto qui? Facile! Gomu Gomu Gaitling!"

"Sì, hai sollevato tutta l'acqua, ma qual è il risultato?"

"Che mi sta piovendo addosso tutta in una volt...blublublublub"

"Bene, vedo che hai capito almeno in parte. Mettiamo adesso il remoto caso che tu riuscissi a frantumare un muro d'acqua. L'acqua è liquida: non faresti che farla passare oltre il tuo corpo. Sarebbe tutto inutile. Letteralmente... un buco nell'acqua."

"Ma ho il Second e il Third Gear. Potrei usare il calore del mio corpo per trasformare l'acqua in vapore".

"Anche se fossi in grado di provocare tanto di quel calore, e ci vorrebbero milioni di gradi, probabilmente finiresti fuso prima. Ma allo stato gassoso, avresti una nube di vapore che ti passerebbe attraverso, e bollirebbe sia te tutto il territorio circostante".

"Insomma, non c'è davvero una maniera per neutralizzare una massa d'acqua?".

"Qui entra in gioco l'Haki. L'unica possibilità per te sarebbe di unire l'Ambizione ai pugni sferrati al muro d'acqua, inglobare ogni parte colpita in una sacca di energia che lo inglobi, e poi allontanare i frammenti emanando tutto il proprio spirito".

"Sembra complicato."

"Perchè questa è solo la teoria. Nella realtà, nessuno è mai riuscito a fermare uno tsunami".


Le braccia avevano cominciato a fumare, un vistoso colore rosso mostrava che la gomma era ad uno stadio incandescente.
Concentrandosi, Rufy infuse successivamente di Haki gli arti, fino a che questi non diventarono neri come la pece.

Il momento era cruciale. Per quanta fiducia nutrisse nelle sue capacità, si trattava comunque di vaporizzare un muro d'acqua largo centinaia di metri, che viaggiava alla velocità di 50 chilometri orari.

In quelle condizioni ci sarebbe voluto un miracolo, e la concentrazione era vitale. Avesse sprecato anche una minima parte, tutti i suoi sforzi si sarebbero rivelati inutili o insufficienti.

La massa d'acqua si avvicinava sempre di più: tra pochi secondi sarebbe iniziato il momento che avrebbe deciso la vita o la morte di migliaia di persone.

Il pirata era così intento nella sua impresa che non si accorse di una palla di fuoco che si stava avvicinando.
Barnard, il crudele avvoltoio umano, aveva deciso di farla finita una volta per tutte contro il traditore umano, anche a costo di condannare decine di migliaia di persone ad un destino di morte.


Là vicino, impotenti, quattro mutanti squalo, non certo capaci di volare, e completamente incapaci di difendere quell'umano che era stato capace, da solo, a metterli K.O. in pochi attimi.

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Braccio di Ferro era inarrestabile.
Quando ingoiò il contenuto, una massa di potenza spaventosa andò a rimbalzare da un arto all'altro, prima le gambe e poi le braccia, e infine sul petto, dove un tatuaggio a forma di cacciatorpediniere sparò all'impazzata dei missili, mentre delle sirene, quelle della nave, cantarono il loro ululato di vendetta contro nemici tanto meschini.
La pipa fischiò come uno sfogo di vapore della caldaia chiamata Braccio di Ferro.
Come una furia il marinaio prese a pugni l'intero colonnato destro, e tutti i pilastri andarono a sistemarsi intorno alla strega megera, come le barre di una gabbia.
Prese inoltre un pezzo di pavimento, per usarlo come tetto, in modo da chiudere definitivamente la Strega del Mare.

Prese il pugno destro con la mano sinistra, e lo girò in senso orario. Il braccio si avvitò sempre più stretto, come una molla carica, pronta ad esplodere in un terribile pugno rotante.

- Torna in paradiso a mangiare i tuoi spinaci! - Urlò, mentre si diresse, un turbine al posto del pugno destro, contro Mikeru.

Ma con gran sorpresa di Braccio, il colpo andò a segno, ma chi ebbe la peggio fu proprio lui.

L'angelo aveva semplicemente approfittato dell'occasione per assorbire, tramite contatto fisico, il corpo e la vitalità del marinaio, ora pompato dagli spinaci.
Un'occasione troppo ghiotta, anche se si trattava di assimilare un ripugnante umano.
Gli effetti cominciarono già a farsi sentire, tramite una rinnovata vitalità da parte dell'angelo.
E mentre il marinaio svaniva, insieme alla sua coscienza, una sinistra risata, insieme al rumore di un'esplosione, indicò che la prigione improvvisata che teneva sotto chiave la Strega del Mare era stata  mandata in frantumi senza sforzo alcuno.

L'unico occhio buono del marinaio scrutò infine una Sailormoon inerme senza il suo seme di stella, due guerriere impossibilitate a reagire, e il resto della banda, rinchiuso in prigioni di cristallo nero.

E dovette ammettere, per la prima volta, la sconfitta dei suoi tanto amati spinaci.

Se avesse potuto piangere, lo avrebbe fatto in quel momento.
Un attimo dopo, tutto si fece buio.


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Capitolo 11
*** Capitolo finale: Strong to the Finish (2 di 2) ***


Popeye Sailor Senshi 11Il colonnato in fondo al mare l'atmosfera non poteva che essere una festa tra cattivi. O meglio, due cattivi che cercavano di farsi la festa a vicenda.

Con i buoni completamente fuori gioco, la strega, impadronitasi del Cristallo d'Argento, e l'angelo Mikeru, inglobato Braccio di Ferro insieme agli spinaci, stavano cercando disperatamente di farsi fuori l'un l'altro, a colpi di raggi di energia divina e lunare.

- Dovevo immaginarlo, era più che palese, la natura umana non mente mai. La tua viscida ambizione puntava esclusivamente al Cristallo d'Argento. - Accusò l'essere divino dalla chioma verde.

- E con questo? - Ridacchiò l'arcana esperta di arti magiche. - Io ho collaborato con te, e tu avrai la tua vendetta sugli umani, di cui non a me importa nulla.

- Può darsi, ma il Cristallo d'Argento non può essere oggetto di possesso da parte di un corrotto umano. E te in particolar modo.

- Se vuoi questo potere, vieni a prenderlo, se ci riesci. - Lo sfidò la strega. - Non te lo darò mai!

- Questo lo vedremo. - Ribatté l'angelo, mentre il duello continuava.

Ma tra i due litiganti, i terzi, immobilizzati, storditi o assorbiti, non godevano di certo, e una tragedia intanto era prossima a scatenarsi sulle coste del Giappone.

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La sfera ardente si stava avvicinando inesorabilmente, come il meteorite dell'Armageddon, contro l'eroe di gomma che doveva respingere una minaccia ancora più grande, fatta dell'elemento opposto alla palla.

Per un guerriero come Rufy, in verità, non sarebbe stato difficile dissipare quell'attacco e mettere K.O. l'assalitore, il vero problema era che in quel momento ogni sua energia era tesa nel contrattacco allo tsunami: era come un cecchino cui ogni singola attenzione e risorsa era tesa a centrare un bersaglio importante.
Spostare il mirino in quel momento avrebbe significato perdere un'occasione unica, ogni ritardo avrebbe visto l'onda gigante abbattersi comunque sulla costa giapponese, ogni errore avrebbe provocato sulla coscienza di Rufy migliaia di morti.
Era per quello che, nonostante fosse il pirata più forte e temuto dei sette mari, in quel momento era vulnerabile come un palloncino nei confronti di un minuscolo spillo.

Era una vittoria servita su un piatto d'argento nei confronti di Barnard.
Davanti a circostanze simili, qualsiasi reazione sarebbe stata impossibile, e soprattutto, non c'era nessuno che avrebbe potuto intervenire, tantomeno quei quattro inutili mutanti di cui nessuno aveva ali per volare.

Ma l'avvoltoio si sbagliava.

Di ali, in effetti, non ve n'erano, ma dentro quella scorza di denti aguzzi e pinne viscide risiedevano comunque dei cervelli e cuori umani. E soprattutto un gran gioco di squadra.

- Tutti pronti? - Incitò Strip.

- Al dente, fratelli! - Gridò il quartetto all'unisono.

Jab afferrò un macigno e lo gettò in una radura.
Con decisi schiocchi di fauci, Strip abbatté il più lungo tra gli alberi adiacenti, il cui tronco andò ad appoggiarsi sul grosso masso, creando un'improvvisata catapulta.
Slamm andò a saltare sopra l'estremità sollevata dell'albero.
Già pronto sull'altra estremità vi era Streex, il più acrobatico tra gli Sharks, che sfruttò la spinta provocata dal peso del fratello per spiccare un balzo di decine di metri, in un volo che andò ad impattare direttamente contro il proiettile di fiamme.

Lo scontro tra Streex e la palla produsse il dissipamento di quest'ultima, mentre la carcassa fumante dello Shark andò a cadere verso terra.
Il compagno venne preso prontamente da Slamm.

- Streex, stai bene? - Chiese concitato Jab.

Dopo qualche attimo che fece temere il peggio, lo squalo tigrato aprì gli occhi e mosse forsennatamente le braccia, per mostrare di essere illeso.

- Sto benone, fratelli, anche se non penso potremo usare ancora la tua improvvisata tuta d'amianto. - Disse in direzione di Strip, che aveva preventivamente "bardato" lo squalo tigre di una speciale tuta ignifuga, oramai inservibile, dopo l'impatto con il proiettile.

- E il pirata? - Chiese Slamm.

Tutti guardarono Rufy.
Indisturbato, il pirata aveva quasi finito la preparazione. Intanto, il muro d'acqua era sempre più vicino: il momento clou sarebbe stato questione di minuti.

- Guarda, guarda: gli squali traditori sono riusciti a neutralizzare il mio attacco. - Disse sarcasticamente Barnard, anche se gli occhi fiammeggianti tradivano la frustrazione di aver avuto le uova rotte nel paniere per l'ennesima volta.
- Ma è tutto inutile! E' uno scherzo per me ricreare un'altra palla.
Le sue mani stavano già formando un furioso calore attorno a una minuscola sfera di energia.

- Tu credi? - Sfidò Jab, mentre con un colpo di ganasce spezzò un piccolo e sottile arbusto e glielo lanciò contro.

Barnard rise, mentre la misera gittata del giavellotto finì la propria corsa verso lo strapiombo.

- Dannazione, - Si lamentò lo squalo martello. - Non riderebbe così, se ci fosse qua il nostro amico Benz con il mio Jet-Pack.

- Non ne abbiamo bisogno. Non possiamo volare, è vero, - Spiegò Strip. - Ma possiamo sempre giocare a Baseball.

- In questo sono il migliore. - Disse Slamm, cogliendo l'idea del fratello e sradicando una pianta robusta, provandola come se fosse una mazza da battitore.

- E io posso fare il lanciatore. - Aggiunse Streex, raccogliendo alcuni robusti sassi, e provando a lanciarne uno contro lo squalo balena.

Slamm rispose al lancio con una battuta improvvisata che si rivelò uno splendido fuori campo.
Questa volta il proiettile andò pericolosamente vicino all'avvoltoio, che fu costretto ad arretrare con battito d'ali.

- Sono sempre troppo lontano per voi. - Provocò Barnard.

Una nuova home run costrinse però Barnard a ricredersi e a spostarsi di lato.

Poi un fischio e uno scoppio vicino a lui lo scombussolò, e la pallina di fuoco in preparazione si dissolse.

Da lontano, l'ingegnoso capo degli Sharks lo sbeffeggiava.
- Cosa non si fa con qualche canna, un po' di polvere piretica e due pietre focaie, eh? - Ridacchiò lo squalo blu, congratulandosi di essersi arrangiato con tre cose improvvisate per fare un razzo, meglio di Mc Gyver.

- E va bene, noiosi squalacci. - Rispose l'avvoltoio. - Vorrà dire che comincerò a incenerire prima voi. - E dicendo questo cominciò a formare l'ennesima palla di fuoco.

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"Braccio.... Braccio...."

Una voce nell'oscurità. Da dove proveniva?
Lui, che neppure si sentiva più, disperso nella coscienza di un essere superiore.
Di solito li aveva sempre picchiati tutti, gli avversari, specialmente dopo aver ingoiato il miracoloso alimento verde.
Cos'era andato storto, questa volta?
Forse il fatto di non essere più in America?
Ormai il marinaio se ne era reso ben conto: in quel paese la mentalità dei cartoni animati era completamente diversa da quella della sua terra natia e i tempi d'oro.
La gente poteva sanguinare, la gente poteva morire.
E non solo gente innocente, ma potevano morire anche gli eroi. Quindi anche lui, probabilmente, non era sfuggito alla regola.
Si sarebbe grattato la testa pensieroso, se avesse avuto ancora una testa.
Com'era possibile, però, che avesse ancora delle orecchie?
Diversamente, non avrebbe potuto sentire la voce che lo stava chiamando.
Fingendo di aprire una bocca che non avvertiva più, Braccio chiese il nome dell'interlocutore. Anzi, dell'interlocutrice: il timbro era chiaramente femminile.

"Braccio, Braccino... che ti avevo detto?"

Il marinaio tentò di parlare, ma non avendo una bocca, non poteva emettere alcun suono. Imperterrita, la voce continuò il suo monologo.

"Te l'avevo detto che gli spinaci da soli non ti sarebbero bastati."

Finalmente, di fronte a lui, apparve qualcosa.
Si convinse, prima di tutto, di avere anche quell'unico occhio sano, oltre i padiglioni auricolari.

Davanti a lui era apparsa l'immagine che aveva visto in sogno, mentre era a mollo, a seguito della caduta dalla scogliera.

Una figura che trovò particolarmente carina, forse in un impeto di narcisismo, dato che avrebbe potuto essere sua sorella.

A parte i folti capelli rossi, la donna era infatti del tutto identica al marinaio, pipa compresa.

Come a voler rispondere alla curiosità di Braccio, la donna si presentò.

"Mi chiamo Spinacha" Si presentò la voce. "E sono la dea protettrice degli spinaci".

Braccio avrebbe voluto togliere il cappello in segno di saluto, ma a parte la vista e l'udito, di lui non vi era nulla.

"Sono stata io, qui, nel Sol Levante, le molte volte che ne hai avuto bisogno, a farti trovare sempre una provvidenziale scatola di spinaci nella giubba".

A Braccio parve di strizzare l'occhio sano, per poi riaprirlo allo scopo di scrutare la dea con la massima attenzione possibile, cercando di catturarne tutti i particolari.

Snella ma formosa, con un generoso davanzale, sembrava la sorella spiaccicata del vecchio marinaio: le portentose braccia con tanto di tatuaggi ad ancora erano eloquenti, per non parlare della pipa.

"Ma questa volta", continuò la dea, "Ti sei imbattuto in un avversario troppo potente per uno come te".

Braccio lo sapeva bene, forse lo aveva imparato nel momento in cui aveva affrontato il giovane pirata di gomma. Pur con tutti gli spinaci del caso, non era mai riuscito a prevalere davvero.
Là, in Giappone, vi era un qualcosa di misterioso, che rendeva gli esseri molto più potenti di un supereroe, ma anche molto più vulnerabili, capaci di soffrire e persino di morire.
Lui stesso, dopotutto, era stato assimilato come lo zucchero in un caffé troppo amaro. E lui lo odiava anche, il caffé.

"Se vuoi salvare il mondo e i tuoi amici...."

Mentre la voce continuava, Braccio rifletté. Poteva chiamarli davvero amici, quel quintetto di ragazze e una banda di svitati tutto fuorché normali?
Nella sua vita aveva sempre fatto un grande affidamente sugli spinaci. I cattivi erano sempre stati puniti a suon di sganassoni, e se non imparavano la lezione lui era pronto per un'altra ripassata.
Ripensò agli altri suoi amici, quelli che aveva lasciato in America.
Poldo, quel ciccione squattrinato che veniva sempre a scroccare cibo. Bluto, lui e quel barbuto bellimbusto erano sempre stati come cane e gatto. Quanti pugni erano volati sulla faccia di uno e dell'altro.
Ma in qualche modo, aveva, sia pur minimo, rispetto per lui, forse per la caparbietà con si erano sempre sfidati per l'amore di Olivia.
E a proposito di Olivia: quella signorina smilza, le cui braccia snodabili facevano concorrenza a Rufy. E non aveva neppure il bel davanzare della dea, né gambe lunghe e sfusolate e occhioni da rossore come le guerriere Sailor.
Ma lei era tutto il suo mondo, il porto nel quale aveva promesso di ritornare, anche dopo quel viaggio dall'altra parte del pianeta.
E Pisellino, quel frugoletto...quand'era partito, voleva portargli il pesce più grande mai pescato.
E che dire poi di suo padre, Trinchetto?
Che diavolo ci stava facendo lì, al buio? Braccio si stava cominciando a spazientire.
Salvare il mondo? A quello ci poteva pensare Superman. Lui voleva solo tornare a casa. Sano e salvo. E con lui, tutti quanti.

- Allora, che diamine devo fare, dea Spinacha?

Braccio scoprì con stupore che la voce gli era tornata, anzi, gli era tornata la bocca. Ed era tornata anche la pipa, il cui sapore del fumo gli inondò la bocca come aria salmastra nei polmoni.

La dea gli sorrise.

"Finalmente sei pronto per ricevere il mio dono" Commentò.

Dal nulla apparve un enorme barattolo di spinaci, aperto. A dispetto dai soliti barattoli, questo però somigliava a un gioiello.
Gli spinaci ivi contenuti erano di un verde misto a uno strano colore argenteo.

"Quando venni in vacanza sulla Luna, parecchi millenni fa," Spiegò la Dea, "Mi divertii a coltivare la mia verdura preferita. L'orticello che curavo era piccolo ma produceva spinaci fantastici".

Il barattolo brillava nel buio. Braccio li osservò come il più luminoso dei diamanti, il più focoso dei rubini, la più splendente delle perle.

"Crebbero così per merito del Cristallo d'Argento, situato nelle vicinanze.  Maturando,  gli spinaci  assorbirono  i poteri  divini e cosmici dell'artefatto simbolo del Silver Millenium. Diventarono così gli Spinaci Lunari, di cui questo recipiente è l'ultimo rimasto."

Braccio afferrò avidamente una manciata, poi un'altra. - Ehy, gli erano ritornate le braccia! - E ingoiò avidamente.

A ogni boccone che inghiottiva, una strana luce lo pervadeva.
D'improvviso, si accorse che quella luce proveniva direttamente dal suo cuore.

Sì senti cambiare: la casacca sparì, facendo posto a una calzamaglia bianca. Un kilt azzurro gli si materializzò in cinta. Stivali e lunghi guanti rossi apparirono su braccia e gambe. Infine un diadema si materializzò sulla fronte, mentre gli crebbero lunghi capelli biondi, raccolti in un paio di codini.

A trasformazione avvenuta, Braccio si sentì incredibilmente potente, ma contemporaneamente, aveva una tremenda paura di incrociare uno specchio, per scoprire cosa era diventato.

La dea Spinacha applaudì. "Complimenti! Sei diventato Popeye, the Sailor Senshi! Ora và, e salva il mondo e i tuoi amici!"

La dea sparì nel buio. Questa volta, però, Popeye era ben luminoso nell'oscurità, insieme al barattolo di Spinaci Lunari.
Con un sonoro pugno, il marinaretto tirò un pugno contro il buio, e questo magicamente si infranse come una vetrata, i cui cocci neri caddero e si sbriciolarono in mille pezzettini. Dietro il 'vetro oscurato', Braccio vide il familiare ambiente verdastro, con le rovine antiche e i due gaglioffi ancora impegnati a combattere.

Partì immediatamente un altro pugno, che arrivò direttamente sulla faccia di Mikeru, il quale, volando rovinosamente verso una delle colonne rimaste, la frantumandò con il suo corpo, mentre questi non riusciva a credere ai propri occhi, e a dire il vero, neppure al bruciore sulla propria guancia.

- Da dove sei saltato fuori? - Chiese il cherubino, - E come hai fatto a toccarmi senza venire assorbito?

- Devono essere gli effetti del Cristallo d'Argento. - Commentò stupito Popeye, guardandosi il pugno. - Mi proteggono dal tuo contatto fisico.

- Braccio di Ferro! Ma come ti sei conciato? - Era la voce della Strega del Mare. - Da quando ti sei travestito da donna?

Un "Whoa!" accompagnò lo sfortunato marinaio nella scoperta che non avrebbe voluto mai fare: era vestito come una femminuccia, esattamente come quelle guerriere Sailor che aveva accompagnato.
Ma lui era un vero uomo, che figura ci faceva?
Cercando di coprirsi con imbarazzo, subì in pieno un raggio di energia negativa da parte della strega verde.
L'impatto lo mandò a far compagnia all'angelo precedentemente messo al tappeto, vicino alle rovine della colonna.

La grassa risata della Strega del Mare si spense quasi subito, quando Braccio si rialzò senza troppa fatica e si spolverò le gambe scoperte.

- Devo ammettere, però, che femminuccia o meno, mi sento davvero più forte.

- Com'è possibile? - Si lamentò la megera. - Sono in posesso del cristallo d'argento!

E dicendo questo, gli sparò contro un altro attacco energetico. Braccio, stavolta, deviò il getto con un manrovescio ben assestato.

- Ho mangiato gli Spinaci Lunari, che mi hanno infuso il potere di quella bigiotteria grigia in me. - Spiegò Popeye. - Quindi, cara strega, la tua magia non può funzionare.

- Tu menti! - Accusò la Strega di Mare. - Non possono essere ancora loro, quei maledetti spinaci! - Disse, cominciando a piagnucolare.

- Hai in te il  Potere del Cristallo d'Argento? - Chiese Mikeru, materializzatosi alle spalle di Braccio. - Ottimo, proprio quello che mi ci vuole per affrontare la vecchiarda nel pieno delle mie forze. Lascia che ti assorbisca!


Uno pugno sulla mascella lo fermò prontamente.

- Non ci siamo granché capiti, specie di cupido. - Lo corresse Braccio. - Se continui a fare il gallinaccio...

E prima di terminare la frase, il marinaio a una velocità supersonica strappò, ad una ad una, tutte le piume sulle ali di Mikeru.
Dopodiché, tirò fuori un barile di pece da chissà dove e vi infilò l'angelo implume. Poi lo tirò di nuovo fuori e gli fece fare un bagno nelle sue stesse piume.

E mentre con un calcione ben assestato mandava Mikeru dall'altra parte dell'oceano, Braccio finì la frase.

- Finisci come un pollo nella pece. Parola di ..ehm, Popeye the Sailor... senshi. - Quest'ultima parola quasi sussurrata, con vergogna.


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- Preparatevi a finire arrosto, maledetti Squali! - Minacciò Barnard. Ma altre due seccature interruppero il suo attacco.

- Maledetti corvacci! - Imprecò, mentre Phobos e Deimos gli giravano attorno e lo becchettavano senza pietà. - Allora sarete voi a fare per primi gli spiedini!

- Prenditela con noi! - Sfidò Slamm, mentre sfiorò con uno splendido sasso a 150 km/h il povero avvoltoio.

Barnard era più inviperito che mai, ma proprio in quel momento, un avvenimento più importante interruppe le ostilità.

Era Rufy che, finalmente pronto, aveva cominciato l'Elephant Gaitling con braccia intrise di Haki.
Per l'occasione rinominò la mossa come....

- Gomu Gomu Tsunami Breaker!

Quello che apparve agli occhi dei presenti suonò come un miracolo.

Una pioggia di pugni giganti che facevano letteralmente a pezzi il muro d'acqua, che nel frattempo aveva oscurato tutto.
In similitudine a Braccio che aveva fatto a pezzi il muro di oscurità, anche Rufy aveva fatto lo stesso con il buio fatto acqua di mare.
E miracolosamente, ogni porzione colpita da un pugno veniva vaporizzata, e il sole faceva capolino.
Sembrava l'impresa di un titano.
Quando l'incredibile sequela di pugni ebbe termine, il paesaggio circostante era completamente deformata da un'immane quantità di vapore acqueo, che veniva respinto oltre l'orizzonte dall'Haki,

Rufy fece un grande gesto di vittoria con le dita, sfoggiando un sorriso di trionfo, e l'attimo dopo era già a terra, stremato da tanta fatica.
Gli Sharks esultarono. Barnard, inferocito, cominciò a preparare l'ennesimo attacco piretico, ma prima che potesse fare alcunché, accadde l'impensabile.

La spiegazione sarebbe arrivata più tardi: dal momento in cui Mikeru era stato, contemporaneamente, neutralizzato, i poteri che aveva infuso alla versione umana di Barnard erano venuti meno.

In breve, l'uomo alata scomparve in una nuvola di fumo, e al suo posto apparve un avvoltoio, questa volta la sua originaria forma animale.
Scomparve anche la coscienza umana, e Barnard ormai era solo uno stupido divoratore di carcasse.
Solo un "croak" uscì dalla sua bocca, solo un punto interrogativo uscì dalla sua testa.
Il suo istinto gli suggerì di volar via, ma una sassata da parte di Slamm fece centro alla testa, e il povero rapace precipitò in picchiata, venendo afferrato al volo da Jab.

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- Molto bene, - Sghignazzò la Strega del Mare. - Anzi, grazie, Braccio di Ferro! Mi hai tolto un pericoloso avversario, e ora, finalmente, comanderò i sette mari!

- Non ci contare troppo! - Gridò Braccio, con un pugno già pronto per lei.

Ma la Strega non si scompose, conosceva fin troppo bene il marinaio. Il pugno, infatti, si fermò a due centimetri dal suo bel visino.

- Io... io... - Balbettò Braccio.

- Tu non puoi picchiare una donna, vero, Braccino? - Lo canzonò la Strega, mentre con una vampata di energia negativa lo centrò in pieno corpo e lo buttò a terra.

- L'onore dei marinai, Braccio. Lo sapevo bene che una donna sarebbe stata la tua rovina! - La strega sferrò un calcio contro il fianco di Braccio, facendolo accovacciare come un bambino. - E allora cosa ti servono gli Spinaci Lunari, se non mi puoi toccare? Cosa? - E finì la frase con una risata gracchiante che tradì la sua vera natura di strega.

- Lui non può toccarti, ma io sì!

La strega si voltò, giusto per ricevere un pugno in piena faccia, che la fece volare contro l'ennesima colonna.

- Tu... tu.... - Disse la strega incredula. - Io ho il Cristallo d'Argento, il tuo seme di stella, come puoi tu...

- Merito di Popeye-san. - Disse Sailormoon, in piedi, gli occhi più vivi e arrabbiati che mai.

- Come può lui, tu...? - Chiese ancora la strega, - Avevi gli occhi opachi, vuoti, di una marionetta, Come puoi tu...?

- Lo ripeto, merito di Popeye-san. - Rispose la combattente. - Anche se ...bleah! - Commentò con una vistosa smorfia di disgusto. - Che crudeltà, farmi masticare quegli schifosissimi Spinaci Lunari, crudi per giunta.

La guerriera al pensiero si mise una mano davanti alla bocca, per soffocare un conato.

- Va bene. - Ammise la Strega. - Hai recuperato un po' di potere lunare. E con ciò? Io ho il Cristallo intero! - E si alzò in piedi, con una risata, mentre materializzava l'artefatto sulla mano.

- Sciocca.

Il commentò fulminò la Strega. Era Braccio di Ferro, di nuovo in piedi.

- Non hai capito proprio nulla del Cristallo d'argento.

- Non è un potere che chiunque possa manipolare.

La Strega del Mare si voltò verso le nuove voci: Jupiter e Venus.

- Il potere è innato nel cuore delle persone, non da un seme di stella.

Era Rei, la miko del santuario: stava reggendo il nonno svenuto, aiutata da Ami, che sottolineò.

- Ed il cuore di Usagi è del tutto particolare.

- In altre parole, strega - Concluse una voce maschile, quella di Mamoru. - Quello che tieni in mano, è solamente un guscio vuoto.


- No...non è possibile. - Balbettò la Strega. - State mentendo tutti. - Continuò, guardando il Cristallo d'Argento mentre si incrinava nella sue mani. - E' una bugia!
Ma a dispetto della sua lamentela, il cristallo si infranse in mille pezzi. Contemporaneamente, si dissolse anche l'aspetto giovanile della strega, che tornò ad essere una vecchia incartapecorita e raccapricciante.

- Questo non è una bugia. - Disse Sailormoon, mentre con un pugno poderoso sulla mascella della Strega, mandò quest'ultima a volare oltre il cielo deformato dell'oceano.
La figura della piagnucolante vecchia megera sparì nell'orizzonte.
Probabilmente sarebbe volata, biglietto gratis, direttamente in acque americane, lasciata laggiù a imprecare sonoramente alla deriva.
Se avesse incocciato il Triangolo delle Bermuda, forse vi sarebbe pure sparita dentro, ma in questo non contateci, che si sa che i cattivi prima o poi tornano sempre.


Non c'era però tempo per pensare alla sorte della Strega Bacheca, dal momento che l'intero colonnato, forse devastato dalle troppe colonne distrutte, stava cominciando a crollare del tutto.

Accade tutto in pochi secondi.

- Mars Crystal Power Make Up!

- Mercury Crystal Power Make Up!

- Venite al centro del cerchio!

- Sailor Teleport!


Il gruppo si era teletrasportato appena in tempo prima che lo scenario si distruggesse del tutto.
Quando riapparvero sulla scogliera, le guerriere e Braccio videro che il pericolo dello tsunami era stato completamente dissipato.
A terra, Rufy stava dormendo della grossa, mentre gli Sharks vegliavano su di lui, e Barnard stretto per le zampe da Jab.

Braccio, che (con sollievo) aveva ripreso le sue maschili sembianze da marinaio, riconobbe il familiare uccello della strega, e vederlo in quelle condizioni, come un pollo in attesa di essere sgozzato, gli fece un po' di pena.
Per cui pregò lo squalo martello.

- Lascialo andare, dai.

- Ma... ci ha creato un mucchio di seccature. Deve pagare!

- Ormai è solo uno stupido e inoffensivo avvoltoio - Intervenne Strip. - Lui non ha colpe.

- Come volete. - Si arrese Jab, lasciando andare il fuggitivo.

Il rapace spiegò le ali e volò via goffamente, in cerca della padrona. Avrebbe impiegato molto tempo prima di ritrovarla.
Il gruppo degli eroi guardarono il mare azzurro e il cielo terso.
Sembrava incredibile, ma ormai era tutto risolto.

Era ora di tornare a casa.

 
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Mikeru si ridestò dal torpore. Le stelle avevano smesso da tempo di girargli attorno alla testa. L'ecchimosi all'occhio destro, invece, era ancora più pulsante che mai.

Ma il suo primo interrogativo era un altro, in quel momento.

- Dove...mi trovo? - Sussurrò.

Era ancora sott'acqua, quello era evidente, con tutti i pesci che nuotavano a debita distanza.

Si ricordò di com'era ridotto. Imbevuto di pece e piume. Le sue piume. Le ali erano ridotte a vergognose estremita simili a un pollo arrosto.

Si chiese ancora una volta com'era potuto succedere. Negli anime è meglio morire che finire umiliati così.
Maledetta rottura del quarto muro, tipica di quegli invasivi cartoni americani.
Era evidente che aveva perso. Gli ci sarebbe voluto davvero tanto tempo per ritornare come prima, e nel frattempo avrebbe dovuto vivere nell'ombra, nascosto.
Senza piume alle ali, tuttavia, non poteva volare da nessuna parte.
Poteva solo nascondersi: il suo orgoglio di angelo non avrebbe mai sopportato che qualcuno avrebbe potuto vederlo in quelle condizioni.

Per fortuna quella parte di mare non sembrava esserci anima senziente, a parte degli stupidi pesci.
L'atmosfera che si respirava, tuttavia, era molto diversa. La vita ittica sembrava molto più vivace rispetto alle fredde e solitarie profondità dell'Oceano Pacifico.
Fin dove era stato spedito?

Al suo orecchio, improvvisamente, giunsero delle voci. Si appostò sotto l'unico riparo disponibile, un enorme mucchio di sargassi, e spiò.

Le voci erano tra l'altro terribilmente familiari. Erano così irritanti che il sospetto si trasformò in terrore e fastidio, appena gli occhi trovarono conferma.

Le sette, orribili sirene che da sempre si erano opposte agli scopi di Mikeru, la nemesi al completo, capitanata da quell'odiosa e stucchevole Hanon, ancora più zuccherosa e diabetica dell'intera famiglia reale del Silver Millenium.
Ricontò le sirene: otto. Vi era in effetti una faccia mai vista, una sirena dai capelli rossicci, ma dal canto ugualmente irritante.

- Dai, Ariel, canta! - Incitava Nanami.

Dunque era questo il nome della nuova venuta.
L'esibizione canora di Ariel, esperta da sempre, come tutte le stelle Disney, in canti e musical, era così trascinante che presto tutte le presenti si unirono in un coro che trapanava dolorosamente le orecchie di Mikeru al pari di tizzoni ardenti piantati nelle viscere.


- Dentro te, ascolta il tuo cuore, nel silenzio troverai le parole...



La litania delle principesse Sirene era una tortura indicibile per le orecchie dell'angelo. Ebbe l'istintivo impulso di uscire allo scoperto e volare via.
Poi si ricordò di due particolari: il primo era che senza ali non poteva scappare da nessuna parte, se non a piedi; il secondo, ben più importante, il suo aspetto era che le sue condizioni estetiche attuali  erano estremamente imbarazzanti.
Si sarebbe tirato dietro le risate e l'ilarità  delle sirene fino ai tempi a venire.
Un'umiliazione troppo grande, per un essere nobile e orgoglioso come lui. Sarebbe stato come morire.
Ma anche quello che lo aspettava, la temibile "Ventiquattro ore di Le Chant", un giorno interno, non stop, di canzoni zuccherose. Una vera prova di resistenza, alla quale, suo malgrado, e per motivi diversi, avrebbe partecipato anche

- Uccidetemi.... - Piagnucolò sottovoce Mikeru, con le lacrime agli occhi, sotto un ammasso di sargassi, in fondo al mar, in fondo al mar.....


 
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Era stato un addio improvvisato, anche perché Braccio odiava più di tutto gli addi. Meglio un bell'arrivederci, che come si sa, per qualsiasi avventura, un sequel prima o poi ci scappa sempre.

Rufy era stato rispedito a casa, grazie al potere del Cristallo d'Argento.

Prima di andarsene, aveva promesso. - Tornerò a trovarvi, un giorno, e lo farò come Re dei Pirati!

Braccio di Ferro, invece, aveva rifiutato qualsiasi artificio magico. Ne aveva abbastanza di maghette, magie e incantesimi.
Voleva fare il viaggio di ritorno nella maniera che si addice a un vero marinaio quale lui, tramite una bella avventura per mare.

Ottenuto un nuovo battello (regalo del Presidente, sì, quello della Casa Bianca, gli Street Sharks hanno amici influenti...) e un carico di sushi (pesce fresco e praticamente già cucinato) era pronto per l'avventura per mare.
Per tornare anch'essi in America, gli squali avevano accettato di fare da equipaggio.

- Spiegate le vele! - Ordinò il capitano della nave. - Rotta verso casa!

- Aye, aye, sir! - Urlò l'equipaggio di mutanti.

Alla guida del timone, mentre il team di Senshi e Mamoru salutavano la nave allontanarsi per il mare, Braccio tirò la cordicella della sirena, e un fischio acuto si fece sentire per l'orizzonte.


E qui di solito partono sempre i titoli di coda, insieme a qualche musichetta remixata, magari una doppia voce come...



Popeye e Usagi: We're Popeye and Sailormoon, (toot) We're Popeye and Sailormoon (toot)
                          We're strong to the finish, cause eat Lunar Spinish, We're Popeye and    
                           Sailormoon!


Usagi: Oddio, Popeye-san, ma la  sua pronuncia inglese è orribile!

Rei: Non ti preoccupare, Usa, il tuo inglese è persino peggio!

(risate generali)



Ma aspettate un attimo!
Le sorprese non mancano mai, infatti, durante il viaggio di ritorno....

- Perché un'altra tempesta? - Borbottò Braccio, tenendo ben saldo il timone.

Onde gigantesche sballottavano il battello come una barchetta di carta, il mare in tempesta era una sfida enorme per il lupo di mare.
Gli squali si tenevano forte a qualsiasi cosa potesseri aggrapparsi.

-  Non capisco! - Urlò Strip. - Le previsioni davano cielo sereno e il mare piatto come una tavola!

- Non può essere un evento naturale! - Urlò Slamm.

- Elementare, Watson. - Rispose Braccio di Ferro, mentre un'ondata lo prese in piena faccia, e dovette sputare fuori l'acqua ingoiata, insieme a un pesciolino saltellante. - Infatti questo tipo di tempesta è fin troppo familiare, e può voler dire solo una cosa...

Una sinistra risata confermò i sospetti del marinaio.

A cavallo di un enorme serpente marino, vi era ancora lei: la strega dei mari.

- Non ti bastano mai le lezioni, vecchia megera?  -  Chiese Braccio.  - Sei stata  sconfitta e già vuoi la rivincita.

- Qui  siamo a casa mia, Braccino. -  Spiegò con un sorriso l'incantatrice. - E qua comando io. E guarda caso, ho già pronto un guerriero che ti annienterà!

Emerse un pesce spada, con in groppa un grosso individuo barbuto, fin troppo familiare all'occhio di Braccio.

- Bluto?!

- Esatto, microbo micragnoso. - Esordì il rivale di sempre. - Me sono venuto per dimostrate te che io sono più forte. - Spiegò, in un linguaggio ancora più sgrammaticato di Braccio.

- Ma... che ci fai vestito da donna?

Era una domanda imbarazzante a cui Bluto si era preparato, ma
l'impatto non fu comunque dei più piacevoli.

- Beh, ehm, la vecchia strega mi ha fatto mangiare degli spinaci strani, tutti argentei, con la promessa che sarei diventato così forte da poterti battere, ma mai immaginavo di cambiare così radicalmente aspetto...

Ed era particolarmente grottesco l'aspetto di Bluto, con un kilt nero accompagnato da anfibi del medesimo colore. Un top bianco adornato da un grosso papillon nero. Anche i capelli erano cresciuti, in una lunga chioma corvina.

- Ne ho sgraffignati un po', durante lo scontro al tempio sottomarino, non te ne dispiacerà, Braccino, vero? - Ridacchiò la Strega. - Vai, Sailor Bluto! Affronta e sconfiggi il tuo nemico di sempre!

- Se stanno così le cose...ciurma, voi pensate alla nave! - Ordinò Braccio di Ferro agli squali, mentre rovistava in tasca e tirava fuori una manciata di spinaci argentei.

- Questi sono gli ultimi Spinaci Lunari rimasti. - Commentò, prima di ingoiarli in un boccone.

Magicamente Braccio si ritrasformò in Senshi, con tanto di capelli biondi e divisa simile a quella di Bluto.

- Bene, Sailor Bluto, - Commentò il combattente vestito alla marinaretta. - Ti darò una bella lezione... in nome della Luna.

- Molto bene, mingherlino. - Rispose Bluto, infervorato dalla sfida. - Tutto si deciderà con un solo pugno.

All'unisono, Popeye e Bluto alzarono i rispettivi destri e li scatenarono l'uno contro l'altro.

All'avvicinarsi dei due pugni, la scena si arrestò in un fermo immagine, in perfetto stile Rocky 3, e cominciarono a scorrere i veri titoli di coda.

Se volete, potete anche suonarci su "Eye of the Tiger".

Adesso sì che ci sono le prerogative per un vero sequel!



FINE


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