La Teoria dell'Immutabilità di Morea (/viewuser.php?uid=92264)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Essere nella Cacca ***
Capitolo 3: *** Lettere, Paella e Malfoy ***
Capitolo 4: *** Abitudini e Rivincite ***
Capitolo 5: *** Tempi Vecchi, Tempi Nuovi ***
Capitolo 6: *** Boccini, Sedani e Urgenze ***
Capitolo 7: *** La Nottata Mondiale del Gufo ***
Capitolo 8: *** Churros e Nasi ***
Capitolo 9: *** Ospiti Indesiderati ed Indesiderate Bugie ***
Capitolo 10: *** Mai Opporsi ad un Cercatore ***
Capitolo 11: *** Odore di Quidditch, Odore di Noce ***
Capitolo 12: *** La Gloria è a Pagina Quattro ***
Capitolo 13: *** Quel Lunedì Piovoso ***
Capitolo 14: *** Gatti e Calderoni ***
Capitolo 15: *** Amortentia ***
Capitolo 16: *** Ragni e Pancakes ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
hp2
Prologo
Che
niente fosse immutabile e fisso, era una questione che chiunque, sano
di mente, doveva necessariamente accettare.
Era - purtroppo - impossibile
far attecchire la stessa consapevolezza nelle menti dei due personaggi
più in vista di tutta Hogwarts.
Il
Salvatore del Mondo Magico aveva impiegato un'eternità a
constatare che
la piccola, timida ed innocente Ginevra Molly Weasley era ormai diversa
nei lineamenti, nelle forme e nello spirito, e, quando finalmente aveva
realizzato quanto quella trasformazione fosse irreversibile, gli era
servita l'euforia di una vittoria a Quidditch per esternare la gioia per
quell'inattesa scoperta.
Ronald - The King - Weasley, dall'alto della sua varietà di sentimenti
di un cucchiaino,
era naturalmente immune alla percezione delle soavi sfumature della
realtà che lo circondava, cosicchè nessuno si
aspettava da lui niente
di lontanamente simile all'accettazione più o meno
volontaria di
variazioni del suo ordine
personale delle cose: nel suo mondo Harry Potter era
forse l'unica costante, assieme al Quidditch - e quindi Harry - e
al timore reverenziale nei confronti dei suoi fratelli - che avrebbe potuto emulare solo
assomigliando ad Harry in tutto e per tutto.
A
molti, memori delle loro litigate e delle intense battaglie di
frecciate sagaci ed implacabili, era sembrato piuttosto strano che
Ronald Bilius Weasley ed Hermione Jean Granger fossero fatti l'uno per
l'altra, ma erano stati puntualmente smentiti dal loro affiatamento
dell'ultimo biennio, che, agli occhi dei più maliziosi,
andava molto
oltre la complicità emotiva e psicologica. In
realtà, i più maligni
vociferavano addirittura che Ron compensasse il dislivello
intellettuale tra lui e la sua compagna con memorabili prestazioni
sessuali, al cui pensiero Lavanda Brown si mangiava freneticamente e
rabbiosamente le mani.
Del resto, se la metà dei suddetti 'maligni'
avesse parlato un po' meno a sproposito e con maggior cognizione di
causa, ci sarebbero state meno leggende sul potenziale erotico del Re,
e qualche spiegazione in più al ritorno ad Hogwarts
dell'unica ragazza
del Trio delle Meraviglie.
Quello era
stato il primo duro colpo alla Teoria
dell'Immutabilità di
Ron ed Harry, perchè, se c'era una sola cosa che i tre
davano per
scontata, era che il Trio era indivisibile e destinato a grandi
avventure fuori e dentro da Hogwarts. Se il destino di Harry James
Potter era quello di diventare Auror honoris causa, senza
il noioso e faticoso iter che passava attraverso M.A.G.O. e tirocinio,
quello doveva necessariamente
essere
anche il destino dei suoi due degni compari, altrettanto meritevoli di
un avviamento al lavoro più rapido del normale. Chi, del
resto, avrebbe
avuto da ridire sull'avanzamento di carriera di tre maghi che avevano
per sette lunghi anni messo a repentaglio la propria vita in nome della
salvezza del mondo magico? In effetti, nessuno.
Fu una sorpresa per parecchi, al Ministero, festeggiare con brindisi e
banchetti l'assunzione immediata di uno solo dei tre eroi.
Se
Harry aveva salutato l'affrancamento dai Dursley - ed il contemporaneo
coronamento del sogno di una vita - senza alcuna riserva e, anzi, con
immensa determinazione, non si poteva dire lo stesso di Ron ed Hermione.
Se
Hermione aveva rifiutato senza indugio l'offerta di abbandonare
Hogwarts senza prima completare il suo piano di studi - offerta sacrilega
ed indegna di qualsiasi considerazione -, Ron aveva accarezzato a lungo
la soave idea di non allontanarsi dall'ala protettiva di Harry Potter,
rimanendogli accanto nel
bene e nel male, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, in
ricchezza e in povertà, ma
aveva scelto di dare una mano dove c'era più bisogno di lui,
e quindi
di sostituire in qualche modo la ben più lieta presenza di
Fred ai Tiri
Vispi Weasley. Se George inizialmente aveva insistito perchè
seguisse
la sua ben più alta aspirazione, si era altrettanto
velocemente arreso
al volere dell'intera famiglia rosso fuoco, ed aveva accolto l'aiuto
del fratello più bistrattato - secondo in derisioni solo a
'Perfetto'
Percy - con somma gioia e gratitudine, che ritenne opportuno dimostrare
accogliendo il nuovo collega con l'offerta di Pasticche Vomitose
mascherate da ben più innocue Gelatine Tuttigusti+1.
In realtà, Harry Potter si rese conto ben presto di aver
scelto l'occupazione più noiosa fra le tre.
I Mangiamorte sopravvissuti erano stati catturati e già
condannati alle pene che meritavano - e quasi nessuno aveva avuto il
coraggio o la forza di ribellarsi - e non si registravano
attività
oscure di alcuna entità, se si escludevano scherzi
più o meno di
cattivo gusto a Babbani creduloni; sembrava che la sconfitta di
Voldemort avesse azzerato l'intraprendenza di ogni sorta di
malintenzionato e le pattuglie di Auror si limitavano ad essere
convocate come forze
dell'ordine per
eventi sportivi e culturali di una certa rilevanza, o come scorte
personali per personaggi eminenti del mondo magico. In definitiva, il
Regno Unito, epurato da Voldemort, era una noia
totale.
Al
contrario, i Tiri Vispi Weasley registravano incassi da record, in un
periodo dove l'unico bisogno dichiarato di ogni mago era quello di
festeggiare per tornare
alla vita.
Chi aveva partecipato più o meno attivamente alla Guerra,
chi aveva
subito o meno perdite in famiglia o tra gli amici, si riuniva
spontaneamente ed incontrollabilmente in luoghi pubblici e non, ed era
altrettanto naturale unire i calici ed i boccali di Burrobirra in
brindisi gioiosi ed assordanti, così come era già
successo diciassette
anni prima, ma in modo immensamente amplificato.
Ed
a Hogwarts... a
Hogwarts, come al solito, non ci si annoiava mai. Se Hermione pensava
di rifugiarsi nella sua amata Biblioteca per soffocare la tristezza per
il distacco dai suoi due più cari amici - tre, contando
anche Ginny -
si sbagliava come mai era successo nella sua avventurosa ed acculturata
vita. Perchè neanche il permesso speciale scritto di pugno
dalla
Preside McGranitt che la autorizzava ad usufruire a proprio piacimento
di ogni tomo del Reparto Proibito, neanche il ruolo di Caposcuola, che
agognava sin dal suo primo anno nella Scuola di Magia e Stregoneria,
nemmeno la possibilità di raccogliere il testimone che era
stato prima
di Harry e poi di Neville a capo dell'ES - associazione mantenuta in
onore del vecchio Preside - erano gratificazioni che potevano anche
lontanamente competere con il passatempo che si sarebbe scelta nel giro
di pochi mesi.
Passatempo
che non avrebbe potuto discostarsi maggiormente dalla Teoria
dell'Immutabilità.
Oh,
e certamente Harry e Ron non potevano in alcun modo biasimarla per
quell'imperdonabile
infrazione alla Legge di Vita che avevano scelto per sè.
Perchè
erano stati proprio loro a
coinvolgerla.
E
proprio loro avevano posto le basi per una mutazione di proporzioni più
che epiche.
***
Grazie
a chi è arrivato fin qui. :)
Effebì
Mi trovate... qui
.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Essere nella Cacca ***
primocapitolo
Essere
nella Cacca
A Valaus, per la sua Frustata.
♥
Quando
Barnabus Cuffe, noto Editore de La
Gazzetta del Profeta,
irruppe al Ministero della Magia con l'espressione più
irrequieta e disperata dell'intero mondo magico, tutti coloro che si
trovavano a passeggiare in quell'esatto momento nella hall
strabuzzarono gli occhi, increduli. Doveva essere successo qualcosa di
terribile ed impronosticabile, se il Direttore della Voce
più
autorevole di tutto il Regno Unito era talmente distrutto da aver perso
tutto il decoro che si confaceva alla sua persona.
Quando poi varcò le griglie dorate dell'ascensore strapieno,
dovette convivere fino al Primo Livello con un fastidioso formicolio
alla base della nuca, innegabile conseguenza delle decine di sguardi
che vertevano esattamente su di lui.
La metà dei maghi lì presenti
dimenticò di uscire
dall'ascensore al piano giusto, troppo curiosa di scoprire a cosa fosse
dovuta quella disperazione in un periodo così lieto, l'altra
metà venne colpita dagli svolazzanti promemoria interuffici
mentre si alzava sulla punta dei piedi per scorgere meglio ogni singolo
muscolo facciale appartenente all'angosciata figura del Signor Cuffe.
Barnabus Cuffe, nel frattempo, continuava a tirarsi nervosamente su le
maniche di camicia, ad aggiustarsi il gilet sulle spalle, ed a
rigirarsi il sigaro tra le labbra: i suoi abiti Babbani erano quantomai
fuoriluogo al Ministero, ma, dopotutto 'io
non ho tempo per le formalità, merda, dopotutto io sono uno
che
lavora, merda, quanto ci mette quest'ascensore?, merda, sto perdendo
solo tempo, come se il Ministro potesse poi risolvere il mio problema,
merda, spero solo di non essere venuto qui per non ottenere niente,
merda!'.
Kingsley
Shacklebolt
poteva comunque ritenersi abbastanza fortunato, finchè
l'intercalare preferito da Cuffe rimaneva semplicemente 'merda'. Chi lo
conosceva o lavorava a stretto contatto con lui, sapeva quanto
potessero essere presagi di sfuriate epiche imprecazioni come 'cazzo',
'porca puttana', e L'Imprecazione
per eccellenza,
appresa durante un viaggio di lavoro in Italia. Sì,
perchè quando Barnabus Cuffe esclamava 'maremma maiala' con
un
accento che avrebbe fatto sbellicare dalle risate qualunque abitante
della florida Toscana, chiunque gli fosse vicino sbiancava e cominciava
ad augurarsi la morte, prima che essa avvenisse a causa di traumi
cranici ed emorragie interne causate dal lancio improprio di qualsiasi
oggetto potesse trovarsi sulla scrivania del Direttore. Ed erano rare
le occasioni in cui sulla scrivania c'erano solamente pergamene o
portapiume, perchè Barnabus Cuffe non si portava il lavoro a casa,
ma la casa al lavoro.
I suoi giornalisti più bistrattati ricordavano di essersi
visti
piombare addosso bollitori in rame, calderoni in peltro e persino uno sfrullatore di cui
Cuffe si era appropriato durante un'intervista sotto mentite spoglie a
dei Babbani aggrediti da una veletisione
che invece di proiettare immagini, aveva proiettato i personaggi di
quelle immagini nel salotto della tranquilla Famiglia Stone. Famiglia
Stone che, incautamente, quella sera stava guardando un racconto di
mostri, e che dopo l'Oblivion di Cuffe non ricordò
più nè la trama del racconto,
nè l'aggressione, nè di aver mai posseduto uno sfrullatore, che
adesso giaceva inutilizzato tra pile di fogli e plichi di relazioni, in
quanto quella coda
lunga che terminava con tre punte doveva forse essere
infilata da qualche parte, perchè non c'era verso di farlo
funzionare.
Primo Livello. Ufficio
del Ministro della Magia. Uffici del Personale di Supporto.
Barnabus
Cuffe uscì dall'ascensore continuando ad imprecare qualcosa
di simile a 'proprio
al Primo Livello doveva stare, merda, ho dovuto sorbirmi tutte, tutte!,
le fermate dell'ascensore, lento, lentissimo, straziante, come se non
avessi niente da fare, merda!'.
- Signor Cuffe, la prego di aspettare...
Barnabus Cuffe non guardò neppure in viso la fonte di tanto
fastidio. Sapeva solo che aveva una voce femminile e che, dunque, era stupida.
- Aspettare? Aspettare?! Lo sa che ore sono?
- Sì, Signor Cuffe, ma il Ministro...
Oltre che stupida, era anche
insistente.
- Ditegli di muoversi, merda, mi aspettano per lo speciale sugli
allenamenti del Puddlemere United, poi devo intervistare l'autrice di Belle. Come Diventarlo,
e recarmi alla Gringott per...
- Non mi interessa cosa deve fare dopo, cazzo!
Barnabus Cuffe sollevò la testa, decidendosi a guardare
negli
occhi quell'indegna sottospecie di donna che aveva osato rivolgersi a
lui con quel tono, e che - soprattutto
- aveva
usato un termine che nella sua Scala di Improperi, era più
volgare del suo, e, come tale, impossibile da usare prima che lui
facesse lo stesso.
- Prego?
La guardò con disgusto.
- Ho detto che non ho tempo da perdere per ascoltare i suoi impegni,
che non mi paiono certo densi
di significato. Adesso lei si siede composto, ed
aspetta che il Ministro Shacklebolt abbia terminato la sua
riunione...
- Ma...?
- Niente 'ma', porca
puttana!
In quell'esatto momento, mentre la segretaria personale di Kingsley
Shacklebolt si voltava per fare ritorno alla sua scrivania, Barnabus
Cuffe decise che l'avrebbe sposata.
***
- Ti rendi conto, Hermione?
- Sì, Ginny.
- Oh no, ma tu non puoi rendertene conto.
- Okay, non me ne rendo conto.
- Hermione, ma mi stai ascoltando?
- Ginny, è da un'ora che non fai altro che parlare di
Quidditch, come puoi pretendere che io ti stia ancora ascoltando?
- Beh, ora mi ascoltavi, o non mi avresti risposto.
Ginny Weasley si lasciò cadere sul divano della Sala Comune,
con lo sguardo sognante rivolto al soffitto.
- Hermione?
L'interpellata sospirò, rinunciando ad allontanarsi da
lì, e cominciando a sparpagliare libri e pergamene sul
tappeto
di fronte al focolare.
- Sono qui.
La testa di Ginny fece capolino da dietro il divano, mimetizzandosi
quasi perfettamente con la stoffa vermiglia che lo ricopriva.
- Secondo te, io sono brava
abbastanza? Voglio dire... Osservatori!
Hermione sospirò. Da quando la sera precedente, al Banchetto
di
inizio anno, Minerva McGranitt aveva parlato del Torneo Trescope di
Quidditch, a Hogwarts non si parlava d'altro. Hogwarts, Beauxbatons e
Durmstrang avevano deciso di comune accordo di indire un Torneo di
Quidditch che avrebbe avuto lo scopo di ricostruire i rapporti tra
maghi, parzialmente, se non del tutto, perduti durante la Guerra, e,
visto che il Torneo Tremaghi recava ricordi ancora troppo dolorosi ed
indesiderati, si era optato per trasferire la Sfida su un piano
prettamente sportivo. Quidditch, in poche parole. E la
novità
era che ci sarebbero stati Osservatori di alcune importanti squadre
europee, nascosti sugli spalti, e che, quindi, tutti i partecipanti
avrebbero dovuto dare sempre il massimo, se miravano ad un futuro nel
dorato mondo dello sport magico più amato.
- Ginny, sai che non ci capisco niente di Quidditch, ma mi sembri
brava, sì.
Ma Ginny non la ascoltava già più.
- Certo, non ci saranno Osservatori delle Pride of Portree, sono solo
madre e figlie lì, no, no... magari ci saranno Osservatori
dei
Chudley Cannons? Non vincono da un secolo, però...
- Ginny?
- Servirebbe a nulla dirti che dovremmo fare il tema di
Pozioni?
- No, Hermione, non credo.
- Beh, io invece voglio farlo subito. Devo rinunciare al sogno
illusorio di vederti comparire in Biblioteca, armata di piume e
pergamene?
- Sì, Hermione, credo di sì.
La Caposcuola infilò un libro e delle pergamene nella
propria
borsa di pelle, dopodichè si avvicinò all'uscita
del
dormitorio. Quando era ormai vicinissima al ritratto della Signora
Grassa, un urlo la fece voltare.
- Ferma!
- Cosa c'è, Ginny?
- Oh, Hermione, mi ero scordata che frequentiamo lo stesso anno, sai
com'è, il Quidditch, le Wimbourne Wasps...
- Non ricominciare! E, sopratutto, non mi ricordare che frequentiamo lo
stesso anno... mi sento... bocciata.
- Il giorno in cui Hermione Granger sarà
rimandata in
qualche materia, io entrerò nella Nazionale inglese di
Qu...
- No!
- Okay, scusa Hermione, non parlerò più di
quello, ma aspettami.
- Perchè quest'improvvisa voglia di fare i compiti? -
chiese, accigliata.
Mentre un'espressione forzatamente angelica compariva sul volto di
Ginny, Hermione capì immediatamente perchè anche
lei
faceva Weasley
di cognome, perchè anche lei aveva i capelli rossi, e
perchè anche lei aveva quell'insopportabile ascendente su di
lei e sulla sua pazienza.
- Non ti farò
il tema, Weasley.
- Ma non mi negherai un aiutino! - esclamò Ginny, raggiante,
mentre insieme varcavano il buco del ritratto.
***
In quel preciso istante, Harry Potter sbuffò per la
trentaquattresima volta.
Il conto dei sospiri era stato tenuto con cura maniacale da Percival
Ignatius Weasley, temporaneamente trasferito nel suo ufficio, dato che
parte del Quinto Livello era chiusa per ristrutturazione. Del resto, l'Ufficio Internazionale della
Legge sulla Magia
poteva permettersi dei giorni di ferie, data l'apatia che
permeava i
delinquenti di ogni sorta. I suoi ultimi interventi, tutti al limite
del ridicolo, riguardavano maghi che avevano dimenticato di
non esplodere di gioia di fronte a Babbani perplessi, facendo sprizzare
scintille - o fuochi d'artificio - dalle bacchette, ed andando in giro
con mantelli svolazzanti e variopinti. Roba da richiamo, multa di
qualche galeone, e banale Oblivion sui Babbani coinvolti. Roba noiosa
per chi faceva dell'applicazione delle regole il suo Credo, e si
ritrovava ad esercitare la propria autorità su innocui maghi
iperattivi.
Il trentacinquesimo sbuffo arrivò insieme ad un pugno sul
tavolo.
- Niente, niente, niente!
Percy alzò un sopracciglio, incerto se parlare o meno.
- Dovremmo esserne felici, Harry.
- Oh, ma io sono felice,
Percy! - esclamò un po' troppo in fretta, con l'effetto di
risultare poco credibile.
- Ti capisco, sai, il nostro lavoro è noioso, in certi casi,
ma far rispettare la legge deve essere nostro dovere soprattutto in
questi periodi, dove abbassare la guardia può risultare
fatale!
- Fatale? Fatale?! Percy, nessuno ruba neppure uno zellino!
Percy dissimulò una risatina dietro un esagerato colpo di
tosse.
- Ti ho sentito, Percy. Cosa c'è da ridere?
La sorpresa per l'essere stato scoperto causò a Percy un'autentica scarica
di colpi di tosse, che rischiò di strozzarlo.
- Ora capisco perchè ti hanno messo a capo degli Auror, non
ti si può nascondere niente, sei proprio, ehm, bravo,
sai?
- Le tue moine e i tuoi complimenti potevano essere utili con Caramell,
ma non illuderti di fare lo stesso con me! Non cambiare
discorso...
Percy sbiancò, messo con le spalle al muro.
- Mi chiedevo se... il tuo malumore c'entra qualcosa con il Torneo
Trescope.
Harry Potter gli lanciò un'occhiata assassina, poi
sbattè
di nuovo il pugno sul tavolo, ed infine spezzò la prima
piuma
che gli capitò a tiro. Poi, per non passare direttamente dal
Ministero ad Azkaban per aggressione od omicidio, optò per
la
cosa più innocua che sarebbe riuscito a fare in quel momento.
Il trentaseiesimo sbuffo.
***
- Prego, signorina De
Torres, faccia entrare il signor Cuffe.
La
profonda voce, pacata fino alla noia, di Kingsley Shacklebolt
riecheggiò nell'anticamera del suo ufficio, mentre un brusco
cenno della testa della signorina De Torres indicò a
Barnabus
Cuffe il corridoio alla sua destra.
- De Torres? Sangre
caliente? - borbottò il Direttore della
Gazzetta del Profeta, alzandosi.
Lo spesso sopracciglio nero della segretaria si mosse
impercettibilmente, stizzito come la proprietaria.
- Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina De Torres, un'altra parola
sul mio sangre,
e sarà il suo ad insozzare il pavimento.
Barnabus Cuffe si grattò la testa. Chiunque avesse
battezzato quella donna, l'aveva fatto spudoratamente a caso.
Candida
quando la sua pelle era abbronzata ed i suoi vestiti scuri.
Flor quando la sua bocca ospitava una loquela per niente femminile e
delicata.
Paciencia quando la sua
pazienza l'aveva persa nel giro di due minuti e
ventiquattro secondi dall'entrata di Barnabus nel suo territorio.
Dulcinea quando era dolce quanto una Manticora.
Fermina... Fermina sì, poteva andare. Aveva la fermezza e la
determinazione di cento Harry Potter. O, peggio, di cento Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato.
Si congedò con un cenno della mano, che venne puntualmente
ignorato da Candida eccetera eccetera.
- Signor Cuffe, il suo scambio
di opinioni con la mia assistente è giunto fino
alle orecchie mie e di tutti coloro che erano in
quest'ufficio.
Barnabus distolse lo sguardo dalla burrosa figura della signorina De
Torres, voltandosi verso Kingsley Shacklebolt, che lo attendeva alla
sua scrivania con un serafico sorriso dipinto sul volto. Si chiese come
facesse a rimanere calmo con un'arpia del genere nelle vicinanze.
- Sa, Barnabus, di solito la signorina De Torres si comporta in maniera
civile con i miei ospiti, ma, se provocata, tende a non rispondere
più dei suoi comportamenti.
- Avevo solo un po' fretta.
- Oh, Candida odia la fretta. Dice che rovina qualsiasi buon lavoro.
Deve essere per questo che l'hanno chiamata anche Paciencia.
'Oh sì deve
essere solo
per questo', pensò silenziosamente l'Editore.
- Adesso arriviamo al dunque, per favore.
Barnabus Cuffe si ricordò improvvisamente del
perchè
fosse lì, e l'agitazione si impossessò nuovamente
di lui.
- Siamo nella merda!
***
Hermione impiegò poco
più di un'ora per scrivere un tema di due metri - a
calligrafia ovviamente minutissima
- mentre Ginny investì lo stesso tempo nel
redarre una lettera per il suo
Auror preferito. In quella lettera, che Hermione aveva
sbirciato di tanto in tanto con aria di disapprovazione, Quidditch e Trescope erano le
espressioni più ricorrenti, insieme a è un sogno!
e ti rendi conto?.
- Harry non ne sarà molto felice - si
limitò ad osservare.
Ginny scrollò le spalle.
- Io gliel'avevo detto di tornare ad Hogwarts, e invece no, il signor Io-Faccio-Tutto-Di-Testa-Mia
è voluto diventare Auror subito, quando era chiaro che in un
momento simile, anche le lezioni di Storia della Magia sarebbero state
più emozionanti di un posto al Ministero. Per cui, mi pare più che lecito
farlo morire di invidia.
- Certe volte mi chiedo perchè tu non sia finita a
Serpeverde, Ginny.
- Perchè avevo i capelli troppo rossi.
- Beh, il cognome non è poi così
discriminante, guarda le sorelle Patil...
- Oh, non mi riferivo a quello. Dicevo solo che i colori di
Grifondoro sono gli unici che si intonano ai miei capelli.
Hermione si rifiutò di replicare, aprendo il libro di
Aritmanzia ad una pagina a caso e cominciando a leggere.
- Tu non scrivi a mio fratello, Hermione?
La Caposcuola girò la pagina con un po' troppa foga,
strappandola.
- Reparo -
mormorò Ginny, e la pagina tornò intatta.
- Grazie.
Trascorsero altri secondi silenzio, prima che Ginny si decidesse ad
interromperlo di nuovo.
- Beh? Hermione puoi dirmelo... non voglio abbastanza bene a mio
fratello da non vedere ogni suo singolo difetto...
- Ginny!
- Oh, io gli voglio tanto
bene, il problema è che lui ha difetti altrettanto enormi.
- Non è qualcosa che ha fatto o detto...
Ginny tese l'orecchio, interessata, ma Hermione si interruppe quasi
subito; Madama Pince era in agguato dietro lo scaffale.
- Andiamo fuori.
- Ma Ginny, il tuo tema! - esclamò Hermione, sconvolta
dall'indolenza della compagna.
- Il tema è per lunedì prossimo, e tu sei di
sicuro l'unica ad averlo già fatto, Hermione.
Muoviti!
Ed Hermione la seguì riluttante, mentre con un rapido gesto
della bacchetta appellava
tutto il materiale rimasto sparpagliato sui tavoli. Era giunto decisamente il
momento di parlare del suo problema con qualcuno.
***
Percival Ignatius Weasley continuava imperterrito a riordinare
relazioni e documenti.
All'inizio aveva optato per un'ordinazione per data di redazione dei
suddetti, poi aveva provato a dividerli secondo la loro rilevanza, ed
infine aveva ripiegato su un banale, e per questo disapprovato, ordine
alfabetico. Il suo sogno di apparire tra le Figurine delle Cioccorane
in quanto Inventore del
Miglior Metodo di Catalogazione di Documenti Ministeriali si
era dunque infranto in quell'opaco primo lunedì di
settembre,
sconfitto dalla regolarità e
dall'imperturbabilità della
lingua inglese.
Anche lui, dunque, decise di contribuire al ricircolo dell'aria,
regalando all'etere il suo primo sospiro della giornata, che fece eco
al cinquantottesimo sbuffo di Harry Potter.
Harry Potter che non aveva ancora riaperto bocca da quando erano state
pronunciate le due parole che odiava più al mondo, perlomeno
in
quella circostanza.
Torneo.
Trescope.
Il silenzio di tomba che regnava in quell'Ufficio del
Secondo
Livello, che solo respiri più rumorosi di altri e voci
lontane
provenienti da remote stanze del Ministero avevano osato rompere fino
ad allora, venne improvvisamente scosso da un gufo grigio e
spennacchiato, che aveva deciso di concludere in bellezza il proprio
volo sbattendo violentemente contro la finestra, ovviamente chiusa.
- Non avete mai avuto un grande gusto in fatto di Gufi, voi Weasley -
mormorò Harry mentre si avvicinava al luogo dell'impatto.
- Non è nostro, quel Gufo.
- Lo so, ma questa lettera è chiaramente di tua
sorella.
Porse una ciotola d'acqua al pennuto sofferente, dopodichè
mostrò a Percy una busta imbrattata con cuoricini e manici
di
scopa.
- Di tanto in tanto, riconosco ancora la Ginevra che ti ha attribuito occhi verdi e lucenti di rospo
in salamoia.
- Certe tendenze
al romanticismo sono difficili da perdere.
Nel dubbio che i disegni sulla busta anticipassero qualcosa sul suo
contenuto, Percy decise saggiamente di allontanarsi da quell'Ufficio,
adducendo come scusa la curiosità per l'avanzamento dei
lavori
al Quinto Livello. In realtà, sapeva benissimo che quella
parte
del Ministero era al momento inagibile, quindi decise di spostarsi
nella stanza del Direttore dell'Ufficio Applicazione della Legge sulla
Magia, ovvero suo padre, neopromosso a tale ruolo.
- Percy! A cosa devo la tua presenza qui? - esclamò Arthur
Weasley, raggiante e, anche lui, senza troppi impegni a cui dedicarsi.
- A tua figlia.
- Cos'è successo alla mia bambina?
- Oh, alla tua bambina non
è successo niente, ma... shhhh! Ascolta.
Un urlo di rabbia oltrepassò come se niente fosse le pareti
di
otto uffici diversi, e per qualche strano motivo, arrivò
alle
orecchie di padre e figlio addirittura amplificato.
- Era Harry, quello? - chiese Arthur, titubante.
- No, era il
più giovane cercatore di Grifondoro da più di
cento anni
che non può partecipare al Torneo Trescope perchè
ha
scelto di ritirarsi in un Ufficio dove non ha niente da fare.
Arthur alzò gli occhi al cielo.
- E Ginevra non ha perso tempo per farglielo notare...
- Immagino di sì - convenne Percy - Spero solo che non abbia
rimarcato anche un altro fatto.
- E ciòè?
- Che l'unico Cercatore al suo livello al momento presente ad Hogwarts
è Draco
Malfoy.
- Conoscendo Ginny, credo che gliel'abbia anche sottolineato -
mormorò Arthur, sospirando.
***
NOTE:
-
Barnabus Cuffe è un personaggio menzionato dalla Rowling
come membro del Lumaclub di Lumacorno, ma il suo carattere, le sue
parole e le sue esperienze personali sono roba mia, in quanto
non credo che nei libri sia stato specificato niente al suo riguardo, a
parte il suo ruolo come Editore della Gazzetta del Profeta.
- Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres è invece
un personaggio fuoriuscito dalla mia mente malata, come omaggio
spassionato all'altrettanto ' fine ed aggraziato ' Fermin Romero de
Torres, personaggio de L'Ombra del Vento di Zafon, che io adoro.
- Le scelte di vita del Trio, e il lavoro al Ministero di Arthur
Weasley,
sono - per ora - quelle decise per loro dalla Rowling, mentre Ginny non
è ancora una giocatrice delle Holyhead Harpies, ma -
immagino sia chiaro - lo diventerà alla fine dell'anno.
- Ho deciso per Percy Weasley un'altra mansione al Ministero, e doveva
essere per forza qualcosa
di relativo alla suprema Legge, conoscendolo.
- Gli occhi verdi e
lucenti di rospo in salamoia sono un verso della sublime
Valentina di Ginny per Harry, in Harry Potter e la Camera dei Segreti.
Effebì
Mi trovate... qui
.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Lettere, Paella e Malfoy ***
cap2
Lettere,
Paella e Malfoy
Ronald
Weasley non era mai stato molto sicuro di sè.
Non aveva mai disposto di grandi ricchezze - nemmeno di piccole, a dire
il vero -, era sempre stato oscurato dalla popolarità dei
fratelli maggiori e da quella, inevitabile, di Harry Potter, e non
aveva mai mostrato particolare attitudine per niente di diverso dagli
scacchi magici. Poi, era arrivata lei.
Lei con la sua saccenza, con i suoi dentoni, e con i suoi capelli
crespi.
Si era ritrovato chissà come ad amarla, di un amore
passionale,
scoperto in un momento in cui ad essere incerto non era più
solamente lui, ma l'intero mondo magico, si era ritrovato ad attaccarsi
a lei in maniera quasi morbosa, quando la paura di perderla si
sovrapponeva al terrore di veder sparire tutto ciò in cui
credeva e per cui voleva vivere. Non era mai apparso molto sensibile
agli occhi degli altri, ma appariva sensibile ai suoi. Agli occhi di
chi voleva
in ogni modo
possibile trovare in lui il fidanzato ideale, la spalla su cui
piangere, la bacchetta su cui fare affidamento. Forse, ora che la
Guerra era finita, erano venute contemporaneamente a mancare tutte
quelle circostanze che li avevano tenuti uniti fino ad allora.
L'ebbrezza del pericolo, le attese colme di incertezza, il timore dello
scontro causavano emozioni talmente forti da essere scambiate
facilmente per qualcos'altro. E su chi poteva fare affidamento il Trio
delle Meraviglie, se non su se stesso?
E così, Ron aveva silenziosamente combattuto per Hermione,
mentre Harry aveva ripiegato su una proiezione di tutto ciò
che
amava: i capelli rossi di Ron, i capelli rossi di sua madre, i capelli
rossi di Ginny.
Tutto sembrava quindi perfetto. Potter, Weasley e Granger.
Che
fossero in quattro e non più in tre, non importava,
perchè i nomi erano sempre quelli.
Poi, a Ron era crollato il mondo addosso, quando dopo gli anni di
terrore e paura, di sfiducia ed avventura, si era ritrovato a guardare
Hermione con gli occhi di un innamorato tranquillo.
E per la prima volta si era reso conto che Hermione non
era più lei.
Lei
saccente lo era un po' meno, lei ora aveva denti rimpiccioliti
magicamente, lei adesso provava almeno a domare quei capelli.
Quando in una calda giornata d'agosto l'aveva beccata alle prese con
Unguenti Liscianti e Lozioni Splendenti, aveva finalmente scoperto cos'era
cambiato in Hermione negli ultimi tempi. E per la prima volta, gli era
sembrata una donna.
Non che Hermione gliel'avesse mai tenuto nascosto, concendogli l'onore
- e l'onere - del dono della sua illibatezza, ma, dopotutto, per Ronald
Weasley, accettare certi
cambiamenti era una difficoltà insormontabile,
come poteva essere complicato mettersi a dieta, non giocare a
Quidditch o vedere in un qualsiasi essere di genere femminile anche
impercettibilmente diverso da Fleur Delacour un qualcosa
in possesso di tette, gambe affusolate e ciglia ammalianti. Hermione
aveva imparato a sopportare la sua infatuazione per la cognata
attribuendola alle proprietà del suo sangue Veela, ma
nutriva
ancora l'illusoria speranza di sentirsi rivolgere un complimento o uno
sguardo colmo di ammirazione come quelli tributati regolarmente alla
Regina di Beauxbatons.
E Ron Weasley, ovviamente,
non si era mai accorto del desiderio implicito e recondito della
ragazza che amava.
O che credeva di
amare.
Se non scrivi
immediatamente ad
Hermione, ti giuro che troverò il modo di allegare alla mia
prossima lettera una Fattura Orcovolante.
Certe missive non avevano bisogno di essere firmate, per
rivelare chi ne fosse il mittente.
Nel retrobottega di Tiri
Vispi Weasley, Ron si grattò la testa,
chiedendosi il motivo di tanto accanimento nei suoi confronti.
Quando credette di averlo intuito, mentre ringraziava
mentalmente l'inventore della Fattura Orcovolante per aver reso
indispensabile il contatto visivo per la buona riuscita della
maledizione, il minaccioso volto di Ginevra Molly Weasley
cominciò a delinearsi chiaramente nella sua mente, assumendo
le
grottesche caratteristiche di un boia assetato di sangue.
***
In bocca al lupo.
H.
Ginny sghignazzò per dieci minuti buoni dopo
aver
ricevuto quel messaggio - perchè chiamarlo 'lettera' era un
insulto a qualsiasi epistola scritta dalle mani più
disparate
nel corso dei secoli.
Erano passati cinque giorni da quando aveva spedito la famosa lettera
ad Harry, e, dopo quei cinque lunghi giorni, le uniche parole non
offensive che la mente del Bambino Sopravvissuto era riuscito a
partorire svettavano secche ed acide su una pergamena ingiallita e
stropicciata. Un augurio che sapeva di minaccia, un concentrato di
rabbia ed invidia, coronato da quell'iniziale perentoria che
significava chiaramente 'riprovati
a parlarmi del Torneo Trescope e puoi scordarti il mio nome ed il mio
indirizzo'.
La rossa pensò di farsi due risate con Hermione
riguardo a quella missiva, ma si rese presto conto che mostrarle una lettera, quando lei
non riceveva neppure un pezzo di carta ridotto a brandelli come segno
di interesse da parte di quell'idiota,
poteva forse essere indice di superficialità e cattiveria da
parte sua. Così appallottolò e mise in tasca
quell'indimenticabile
segno d'affetto del suo fidanzato, avvicinandosi all'amica.
- Caposcuola Granger, hai dimenticato di lisciare questa ciocca -
asserì, prima di prendere un po' di Unguento tra le dita e
passarlo sul gruppetto di capelli ribelli e trascurati.
- Oh grazie, Ginevra.
Ginny storse un sopracciglio. - Sembri mia madre.
- Okay, Ginny.
- Adesso va meglio. Ti ha... ehm...?
- No, non mi ha scritto - rispose secca Hermione, mentre Ginny si
appuntava mentalmente di redarre al più presto una
Strillettera
coi fiocchi, ancora più epica delle altre tre che aveva
già inviato a Ron negli ultimi tre giorni.
- E tu...?
- Nemmeno.
- Bene.
Ginny fece per tornare in Sala Comune, ma Hermione la fermò.
- Ginny... tu credi che dovremmo farla finita?
- Sì.
- Sì e... basta?
- Hermione, per certe cose non esistono mezze misure. Quindi,
sì, e basta. E poi mio fratello è talmente tonto
che
riesce a comprendere solo cose, come dire, evidenti. Non ti
perdere in tanti discorsi con lui, o alla fine ti chiederà
di fargli riassunto e parafrasi.
- Ma...
- Ricordi cosa mi hai detto lunedì, Hermione? Hai parlato
per due ore di problemi.
Due ore di problemi e cinque minuti di 'salviamo il
salvabile'. Decisamente, basta.
Basta,
ripetè silenziosamente Hermione.
Basta.
Forse ripeterlo l'avrebbe in qualche modo concretizzato.
- Basta - mormorò, questa volta dando una vera voce ai suoi
pensieri.
- Così mi piaci, Caposcuola Granger. Adesso muoviti,
Mielandia ci attende!
Era sabato mattina, era una bella giornata, e sarebbero andate ad
Hogsmeade.
Niente poteva turbare la loro tranquillità.
Niente,
ripetè silenziosamente Hermione.
Niente.
- Niente.
Ginny aggrottò le sopracciglia. - Eh?
- Niente.
Ginny accettò senza altre domande quella dichiarazione di
intenti incomprensibile.
Niente.
Dopotutto le piaceva quella parola. Sembrava scevra da guai.
Sembrava.
***
- Dobbiamo scoprire cosa sta succedendo, Percy.
In quei giorni, Harry Potter si era dimostrato poche volte risoluto
come in quel momento.
La prima volta in cui aveva dimostrato una simile determinazione
risaliva a tre giorni prima, quando durante una placida notte insonne a
Grimmauld Place si era reso conto delle condizioni indecenti in cui
versava il suo appartamento. Ovvia ed inevitabile era dunque apparsa la
soluzione di prendersi mezza giornata di ferie per riordinare il caos
che regnava incontrastato in tutti gli anfratti ereditati dal suo
padrino: mai come in quel momento rimpianse l'assenza di Kreacher,
ormai assunto a tempo pieno nelle cucine di Hogwarts.
La seconda decisione ineluttabile l'aveva presa due giorni prima: era
sì vero che non poteva partecipare in prima persona al
Torneo
Trescope, ma era altrettanto vero che qualcuno doveva pur occuparsi
della sicurezza del Torneo, e lui, in qualità di Auror in Capo,
doveva necessariamente
essere presente alla Competizione, attento non alle azioni di gioco,
ma all'incolumità dei giocatori. Lui stesso si
sentì un
bugiardo della peggior specie, al solo pensiero di quelle menzogne
sacrileghe.
La terza presa di posizione aveva avuto luogo quella mattina stessa,
quando, con uno sforzo sovrumano, aveva risposto senza esagerare in offese
alla sua dolce
fidanzata. Voleva sentirsi la Sovrana
del Quidditch in casa Potter? Bene. Ma che non si
azzardasse a rinfacciargli di nuovo la grande opportunità che
veniva concessa agli studenti di Hogwarts - e non agli ex studenti -
che non si azzardasse a colpevolizzarlo per aver scelto il compito di
Auror - perchè
lui doveva salvare il mondo, non perdere tempo con stupidaggini
come il Quidditch
- che non si azzardasse anche solo a pensare di essere
migliore di lui in qualcosa, perchè non l'avrebbe passata
liscia.
Quando poi si era calmato, dopo aver già inviato il
telegramma a
Ginny, aveva realizzato che c'era una minima possibilità che
lei si fosse arrabbiata per tanta freddezza, ed era stato
quell'inspiegabile timore che la ragazza riusciva ad inculcare anche a
distanza nelle persone a lei più vicine a spingerlo a
compilare
un'altra lettera, più lunga e meno acida, dove certamente non si sarebbe
scusato, ma avrebbe specificato che il messaggio
precedente era solamente
uno scherzo.
Fatti valere, amore, sei
la Cacciatrice migliore che esista ad Hogwarts.
Aveva specificato 'Cacciatrice' perchè un Cercatore in famiglia era
più che sufficiente,
come ripeteva spesso a mo' di battuta, anche se, più che una
battuta era un invito a non misurarsi con lui in qualsiasi questione
riguardante Boccini d'Oro.
Spero davvero che tu
possa avere l'opportunità di dimostrare il tuo valore agli
Osservatori.
E magari, una volta osservata, avrebbe potuto accennare qualcosina riguardo
alle capacità sovrumane
del suo fidanzato in qualità di Cercatore, chissà,
invogliando i Dirigenti della squadra ad ingaggiare anche lui. Proposta
che lui avrebbe
ovviamente rifiutato in nome della salvezza dell'Universo.
Alla fine dell'anno
avrai sicuramente un posto riservato tra i Ballycastle Bats o tra i
Caerphilly Catapults.
Mi manchi.
Harry
Una conclusione anche troppo dolce ed accondiscendente.
Chiuse la busta e la affidò al suo nuovo Gufo personale,
Godric, per poi rivolgersi nuovamente al collega.
- Percy, mi hai sentito?
Il giovane Weasley aveva sperato che Harry fosse stato abbastanza
distratto dalla scrittura della lettera, da non ricordare
ciò
che gli aveva detto poco prima. Purtroppo quella domanda - anche un po'
stizzita, a dire il vero - confermava le sue peggiori ipotesi, e
cioè che il tarlo della curiosità e del bisogno
di
avventura si era annidato di nuovo nell'ego iperattivo del migliore
amico di suo fratello.
- Cosa dovrebbe succedere, Harry?
- Beh, è ovvio
che sta succedendo qualcosa! Altrimenti, perchè Barnabus
Cuffe verrebbe qui tutti
i santi giorni?
Percy deglutì, prima di tirar fuori tutto il coraggio di cui
era
capace. - Per informarsi meglio sul Torneo Trescope? -
pigolò
timidamente.
Harry parve soppesare quella possibilità, che, come tutte le
ipotesi più ovvie, non aveva lontanamente considerato prima
di
allora. - No - asserì alla fine.
- Perchè no?
- Perchè non si è rivolto all'Ufficio per i
Giochi e gli Sport Magici?
Effettivamente, questa era un'ottima obiezione. - Forse voleva un
parere più autorevole
di quello di un successore di Ludo Bagman. -
Percy pronunciò quel nome con una sorta di sdegno mal
represso,
ancora memore del comportamento indecoroso dell'ex membro del
Ministero, disonesto come pochi al mondo.
- Poteva comunque rivolgersi al tuo Dipartimento, Percy. Cooperazione
Magica Internazionale.
Harry sapeva di aver toccato un nervo scoperto. Reputare altri Uffici
non all'altezza di un certo compito era una cosa, asserire
sibillinamente che anche il Reparto di Perfetto Weasley non era un
punto di riferimento per lo stesso compito era un'altra.
Come aveva previsto, Percy gonfiò il petto come quello di un
tacchino e cominciò a balbettare.
- N-non diciamo sciocchezze. Magari Cuffe ed il Ministro Shacklebolt
sono semplicemente amici.
- E allora, perchè non sorseggiano un tè
comodamente
seduti a casa di uno dei due, ma si incontrano qui al
Ministero?
Percy questa volta non seppe proprio cosa rispondere. Chinò
sconfitto la testa sulla pergamena che aveva di fronte, cercando la
concentrazione necessaria al compilamento di un rapporto dettagliato
sull'impiego del legno di baobab nella produzione di bacchette magiche
contraffatte.
- Noi
scopriremo cosa sta succedendo lassù.
E Percy alzò gli occhi al cielo cercando di non farsi
notare, dato che quel Noi
implicava una partecipazione da parte sua che era sicuro non gli fosse
stata mai chiesta.
E che, di questo era ancora più sicuro, lui non
aveva mai offerto.
***
Nel frattempo lassù,
ovvero al Primo Livello, Barnabus Cuffe stava scavando dei veri e
propri solchi nella moquette, girando in tondo nell'anticamera.
- Un'idea... geniale... Trescope... merda... gioco...
scoop... ma certo... merda...
tempo... quanto ci mette, cazzo?...
tutte le volte la stessa storia... merda...
- Potrebbe smetterla?
- No - le rispose a tono.
Perchè Barnabus Cuffe aveva capito che una donna non si
conquista con la gentilezza. O almeno, una donna del genere.
- Come vuole - mormorò Candida estraendo la
bacchetta. - Silencio.
L'Editore lanciò per qualche minuto improperi silenziosi
contro
la donna, che, da parte sua, si era dedicata alla nobile arte dello
Smalto - smalto nero ovviamente, come era ovvio
per qualcuno dal nome che richiamava neve e biancore -
dopodichè
si ricordò di essere un mago e si puntò la
bacchetta alla
gola, esclamando Sonorus.
Quando si rese conto che stava continuando a boccheggiare come una
triglia, realizzò che non aveva esclamato, ma si
era ovviamente limitato a tentare
di farlo.
- Prego, Barnabus! Entri pure.
Ci mancava solo il
Ministro, pensò. Si indicò la bocca,
muto, sperando che capisse.
- Ha fame, signor Cuffe? Candida, può farci avere un vassoio
di qualcosa, per favore?
Barnabus Cuffe scosse freneticamente il capo.
- A quanto pare non lo vuole, quindi non credo che sarà
necessario - deliberò la signorina De Torres.
- Vuole forse un bicchier d'acqua, Barnabus?
E scosse di nuovo la testa.
- Quanto è patetico! - esclamò Candida alzandosi
in piedi
con la bacchetta sfoderata. - Neanche gli Incantesimi Non Verbali
più semplici le riescono, signor Cuffe! Sonorus.
E tornò seduta, appena in tempo per sentirsi scagliare
addosso parole di fiele.
- Io la potrei denunciare per aggressione, merda! Mi ha preso
a tradimento, e poi non stavo dando fastidio, stavo solo riflettendo a
voce alta, cazzo!
- Io stavo
lavorando in
silenzio, e
lo facevo sicuramente in modo più efficiente di lei,
che mi importuna tutti
i santi giorni... anche di sabato, cazzo!
- Suvvia, Candida, sai com'è Barnabus... è un
po'...
vivace - intervenne Kingsley Shacklebolt, mentre cominciava curioso e
perplesso a far fremere le narici.
- Vivace un corno. La prego di essere più puntuale le
prossime volte, Ministro.
Kingsley Shacklebolt annuì,
promettendo. E Barnabus Cuffe spalancò la
bocca, quando si accorse che il Ministro della Magia prendeva ordini da
quella sottospecie di torero.
- Togliamo il disturbo, cara Candida. Non sentirai volare
una mosca.
Barnabus Cuffe grugnì.
- Ne sono certa. Ah, signor Cuffe, sono sicura che si sia dimenticato
qualcosa sulla poltrona.
Quando l'Editore realizzò quale fosse l'unica cosa che
poteva giacere abbandonata sulla poltrona, avvampò.
Ed il ghigno sul volto diabolico di Candida Flor Paciencia Dulcinea
Fermina de Torres dimostrò che anche lei sapeva cosa
conteneva quella piccola busta dall'odore inebriante che aveva ormai
permeato tutta la stanza.
Paella Valenciana da
asporto.
E a giudicare dalla grandezza del pacchetto, ce n'erano due porzioni.
L'insopportabile Editore Barnabus Cuffe le voleva offrire il pranzo.
***
- Hermione, passa di qua.
- Perchè?
- Malfoy.
Il potere che quelle sei lettere avevano sulla Caposcuola era quasi
imbarazzante. Lei, che aveva combattuto Mangiamorte di ogni tipo,
affrontato i mostri più disparati, tenuto testa anche a
Voldemort, aveva paura di
quelle sei lettere.
Paura perchè
Malfoy voleva dire Malfoy Manor.
E voleva dire Bellatrix Lestrange.
E voleva dire torture.
- Perchè... la McGranitt l'ha fatto... tornare? -
singhiozzò stringendo i pugni.
- Non è l'unico Mangiamorte, o erede di Mangiamorte, ad
essere qui, lo sai.
- Lui non
dovrebbe essere qui.
Hermione tremò, prima di essere accolta dal caldo abbraccio
dell'amica. Pianse lacrime amare, tra quelle braccia.
- Nessuno ti farà più del male. Nessuno.
- Oh, Ginny, è così stupido... alcuni maghi sono morti, alcune
famiglie distrutte,
ed io mi lamento per... niente.
- La Cruciatus
non è niente.
Tu sei stata torturata,
e sarebbe meglio che...
- Co-come hai fatto a capire cosa...?
Ginny sbuffò. - Non hai mai
avuto paura di quella Serpe, Hermione. Mai.
Ti ha disprezzata, insultata, ti ha fatto del male, ma l'hai sempre
affrontato a testa alta, senza vergognarti di ciò che eri.
Tu
non hai paura di lui. Tu
hai paura di ciò che ti ricorda,
o mi sbaglio?
Hermione si asciugò le lacrime, quasi sollevata. - Non sono
stata così brava con te...
- Herm, guardami. Io non sono un uomo, d'accordo? Anche se amo il
Quidditch, anche se ti stresso con Pluffe e Manici di Scopa, io certe
cose posso capirle,
al contrario di quei cetrioli...
- Non ne parlerò con Ron. Nè con Harry. Hanno
problemi più...
- Non hanno problemi
più importanti, Hermione!
- Devo farcela da sola - esclamò risoluta.
- E' anche per questo, vero, che... voglio dire, è questa, una delle
cose che non riesci a condividere con Ron.
- Sì. Lui, cioè voi, avete perso un
fratello,
Ginny. Non posso lamentarmi con Ron per un po' di... dolore.
Ginny si asciugò una lacrima, rapidamente. Era sfuggita al
suo
controllo senza che potesse far niente per arginarla. - L'avevo capito,
sai, che c'era qualcosa di veramente grosso, celato nell'insieme dei problemi che
non mi volevi descrivere. - Sorrise. - Eppure con me ne hai appena
parlato. Perchè con Ron, no?
- Innanzitutto, tu l'hai capito da sola, e poi Ron
non...
Hermione non finì la frase. Scrollò le spalle,
pensando ad una conclusione sensata per quella risposta.
La trovò dentro di sè, senza che avesse il
coraggio di riferirla a voce alta.
Crucio.
E la pelle che si squarcia.
Crucio.
Ed il dolore che esplode.
Crucio.
Lame, coltelli, punte dilanianti.
Come raccontare una
Cruciatus a chi non l'ha provata?
Inutile condividere un dolore così grande per crearne altro.
Ginny non provò neppure ad insistere.
Continuò ad abbracciarla, perchè era l'unica cosa che poteva fare.
La Guerra era finita, Voldemort scomparso, la cicatrice a forma di saetta
non faceva più male.
Ma
c'erano altre cicatrici, che facevano molto più male.
E che necessitavano di una cura.
Magari di una cura inattesa.
***
NOTE:
- Non ricordo se Ron sia mai stato cruciato da
qualcuno, ma ho deciso di mia spontanea volontà
che sia
estraneo ad una tortura simile.
- ho deciso di non riportare il dialogo tra Ginny ed Hermione
accennato nello scorso capitolo, ma si dovrebbe capire da questo, a
grandi linee, di cosa hanno discusso: oltre all'assenza di grandi emozioni ad
alimentare il loro amore 'travagliato', si è aggiunta
quest'impossibilità di condividere tutto, l'una con l'altro.
- Mi dispiace se qualcuna di voi resterà delusa
dall'atteggiamento che Hermione ha adesso
nei confronti di Draco, ma non mi sembrava credibile un' istantanea attrazione fatale
dopo tutto quello che è successo.
Grazie a tutti, davvero :)
Effebì
Mi trovate... qui
.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Abitudini e Rivincite ***
hp3
Abitudini
e Rivincite
Draco
Malfoy aveva molte abitudini.
Era abituato ad avvolgersi ogni mattina in una veste da camera di
finissima seta, qualunque fosse la temperatura dell'aria che gli
accarezzava la pelle seminuda.
Era abituato a prendere sempre il massimo in Pozioni, orgoglio tutto malfoyesco
tramandato da secoli.
Era abituato a non uscire mai senza un po' di gel per tenere
ordinati e splendenti i suoi capelli biondi, perchè ogni
Purosangue - eccetto un qualunque Weasley - lo sapeva: compostezza e
rigore venivano al primo posto, e se non venivano comunicati dal corpo
in primis, era inutile sperare di ritrovarli nell'indole dell'individuo
che si aveva di fronte.
Un'abitudine che forse nessuno si era mai premurato di tramandargli o
insegnargli ex novo era però un'altra.
Draco Malfoy non era proprio avvezzo all'arte di farsi i fatti propri, e l'aveva
dimostrato in più occasioni, negli anni precedenti: la
soffiata
su Norberto era stata solo la prima di una lunga serie.
Ma, del resto, un lupo
perde il pelo ma non il vizio: se c'era stata
necessità di coniare un proverbio simile, un fondo di
verità ci doveva pur essere.
E se Malfoy avesse mai avuto la modestia di paragonarsi a un lupo come
quella feccia di Remus Lupin, si sarebbe accorto di quanto poteva
essere meno rischioso tenere il naso lontano dalle questioni altrui.
O magari si sarebbe accorto che l'essere meno abitudinari poteva
comunque portare i suoi vantaggi.
***
- Ma Harry, non è corretto, finiremo in un mare di
guai...
- Zitto, Percy! Vuoi farci scoprire?
C'era un ufficio vuoto, accanto a quello di Kingsley Shacklebolt, che
veniva adibito a Sala d'Attesa per coloro che, in nome della propria
riservatezza, non amavano attendere il proprio turno nell'anticamera.
Di sicuro, Harry Potter non era un cultore della Privacy - quando si
trattava di quella altrui - ma aveva trovato improvvisamente irresistibile quella
piccola stanzetta, tanto da trascinarsi dietro anche il fido Percy
Weasley, sotto gli occhi sospettosi ed indagatori della formosa
assistente del Ministro.
- Dai Harry, anche la segretaria se ne è accorta, che non
avevamo nessun appuntamento...
- Orecchie Oblunghe! Dio benedica i Tiri Vispi Weasley...
Percy si limitò a sbuffare stizzito: un'intera generazione
di
Weasley aveva ricoperto ruoli della massima importanza in Ministero, e
Fred e George invece avevano deciso di distinguersi in peggio. Forse
non era esattamente auspicabile
per loro un ruolo di grandi responsabilità,
dati gli indegni risultati scolastici ottenuti - Dio, perdonali! - ma
un negozio di scherzi! Rivolse
lo sguardo al soffitto, immaginando di oltrepassarlo fino a vedere il
cielo. Ed in qualche modo tra le venature dell'intonaco scorse Fred,
concentratissimo nell'imitare le sue smorfie sdegnose, e sorrise.
- Percy! Vuoi darmi una mano? - sbottò Harry,
disteso sul pavimento.
- Sì, sì, subito... - rispose sovrappensiero, ma
senza smettere di provare una strana stretta al cuore.
- Ecco, così... ho scavato un piccolo buchetto nel
paraspigoli, dovrebbe essere sufficiente.
Toc.
Un solo colpo, perentorio. E la porta si
spalancò.
- Signor Potter, signor Weasley, mi chiedevo se potevo portarvi
qualcosa per ristorarvi.
- N-non ce n'è bisogno - balbettò frettolosamente
Harry,
più che convinto di essersi strappato un muscolo nello
scatto
repentino che aveva fatto per alzarsi.
- Sicuri? Cerveza de
Mantequilla? Cioè, una Burrobirra? Succo di
Zucca? Whisky Incendiario? - insistè zelante la donna.
- No, grazie, ehm... signorina...
- De Torres, signorina De Torres. Torno qua fuori allora, se avete
bisogno, basta un cenno.
- La ringrazio infinitamente.
- Muchas gracias, señorita -
concluse pomposo Percy, mentre la porta si richiudeva alle spalle della
segretaria.
- E tu dove l'hai imparato, lo spagnolo? - chiese Harry, poco
interessato alla risposta, a giudicare dal fatto che si stava
già sdraiando di nuovo sul pavimento, snonando un lungo cavo
fino a farlo entrare nella piccola apertura che aveva creato in
precedenza.
- Cooperazione Magica Internaz... - rispose gonfiando il petto, ma
venendo malamente interrotto dall'euforia del collega.
- Oh, sento già qualcosa! Qualcuno ha appena dato tre
colpetti
alla porta, ma... non è entrato, è strano,
no?
- Dopotutto il Ministro è già
occupato...
- Shhhhh!
Percy sbuffò, mettendosi seduto poco distante. Veniva
interpellato e poi tacitato subito, non era un gran modo di
comportarsi, proprio no. Chi si credeva di essere quel... Si rispose da
solo. Harry Potter.
Si rassegnò a sopportarlo, mentre blaterava cose come 'te l'avevo detto', 'che
cosa?!?!', 'pazzesco!'.
- Harry, non è educato tutto
questo. Beh, in realtà non è neppure corretto, e ti
dirò non sono neanche convinto che sia legale.
- Cambierai idea, quando ti avrò detto cos'ho sentito. Zitto
Percy - borbottò stizzito. - Anzi, vieni qui e ascolta,
tanto
c'è posto per due.
Percy sospirò, dopodichè si chinò
accanto a lui.
- Da quando mi sono
arrivate quelle
minacce in redazione, cazzo, non riesco più a dormire...
tutti
quei ragazzi, a Hogwarts, in pericolo... mi sono detto, merda,
c'è bisogno di agire!
- Signor Cuffe, il suo
atteggiamento
è encomiabile, ma sono certo che si tratti dell'opera di un
pazzo, e che non ci sia da preoccuparsi. Il Torneo Trescope
è
così ben allestito e sicuro che...
- Lo era anche il Tremaghi - sbottò Harry, furioso.
- Sono sicuro che si
tratti di un falso allarme, che sia opera di qualcuno che ha tanta
voglia di scherzare...
- Ma signor
Ministro!
- Niente 'ma', signor
Cuffe. Non
intendo coinvolgere il Ministero in questa caccia al tesoro
ingiustificata. Se vuole andare in fondo alla questione, è
liberissimo di assumere investigatori privati o che so io...
- Si pentirà
di questo atteggiamento, glielo posso assicurare!
- Non alzi la voce
Barnabus, non si dimentichi che io sono...
- Non me ne frega un cazzo di chi è lei, porca
puttana!
E Barnabus Cuffe uscì dalla stanza sbattendo la porta. Beh,
la
situazione poteva dirsi sotto controllo se non c'era stato alcun...
- Maremma maiala, si
tolga di mezzo, anche lei!
No, la situazione era ufficialmente fuori controllo.
Ed a giudicare dagli improperi ispanici che risuonavano nel corridoio,
era assolutamente,
inevitabilmente, incontrovertibilmente ingestibile, se
anche la pacata
signorina De Torres aveva perso la pazienza.
***
- Dobbiamo andare da Scrivenshaft, Ginny.
- Hermione, hai una serie di piume nuove da far invidia ad un
pavone!
- Non sono per me, sono per mia madre. Da quando le ho fatto tornare la
memoria, le è tornata la fissa per tutto ciò che
appartiene al nostro mondo: ha detto che vuole conoscermi ancora meglio
per non aver paura di perdermi mai
mai mai più - rispose imitando la voce
cinguettante e preoccupata della madre.
- E per dimostrarti questo, ha bisogno di... piume? - chiese
scettica Ginny.
- Finchè non mi costringe a mangiare di nuovo merendine
senza zucchero, sono disposta anche ad inviarle calderoni.
-
Non vorrei essere nei gufi che...
Ginny non arrivò mai a parlare della sfortuna dei pennuti
corrieri di un peso simile, ed il motivo di ciò era
palesemente
di fronte ai loro occhi.
Un'orda di Serpeverde popolava Scrivenshaft, e dove c'è
Serpeverde c'è...
- Draco!
Un'ammaliante Pansy Parkinson sembrava entusiasta come non mai di
trovarsi in un negozio di piume, proprio lei che di scrivere, di norma,
non aveva mai troppa voglia. Pansy, fedele a Draco dall'alba dei tempi,
si muoveva sensualmente nella sua direzione, decisa più che
mai
a rimarcare la sua vicinanza soprattutto nel momento del bisogno.
C'era un motivo preciso, a giustificare la presenza di tanti Serpeverde
fuori corso ad Hogwarts: chi era figlio di Mangiamorte era
lì
per riscattare il buon
nome della famiglia,
chi era figlio di Mangiamorte ravveduti era lì per vantare
le
capacità di adattamento e di redenzione dei genitori ed
esaltare
così il buon
nome della famiglia,
chi non aveva più i genitori o era ad Hogwarts per altre
ragioni, mirava solo a conquistare un gran numero di M.A.G.O., come si
confaceva al buon nome
della famiglia. In definitiva, i Serpeverde tornati ad
Hogwarts per convinzione,
si contavano sulla punta delle dita. Per quelli convinti con la forza a
tornare a scuola, non bastava un pallottoliere.
Non appena Ginny ed Hermione varcarono la soglia del negozio, sguardi
gelidi di ogni tipo si posarono su di loro. In fondo, dovevano
aspettarselo, Grifondoro, e per
di più, protagoniste di gesta eroiche che
spesso erano andate a scapito della gloria
delle loro famiglie; senza contare che erano le persone più
vicine ad Harry Potter e Ron Weasley, tanto amati dai maghi di tutto il
mondo quanto odiati nei cavernosi sotterranei di Hogwarts. Nessuno,
però, fiatò. Da quando era ricominciata la
scuola, la
Casa verde-argento sembrava aver eretto un'invisibile ed impenetrabile
muraglia di indifferenza nei confronti di tutti gli altri studenti, ed
era inutile specificare che i Grifoni rientravano nella categoria degli
esseri viventi indegni di qualsiasi considerazione: Daphne Greengrass
tornò ad osservare svogliata piume di aquila reale e di
paradisea, Theodore Nott tornò ad osservare svogliato
Pergamene
Auto-Svanenti, Blaise Zabini tornò ad osservare svogliato
Inchiostri Ammalianti, Pansy Parkinson tornò ad osservare
ammaliata
Draco Malfoy. Al contrario di chiunque sapesse come andavano le cose
nel mondo, Pansy si ostinava a credere che la sua cotta adolescenziale
per Draco sfociasse in qualcosa di più, senza fare i conti
con
le aspirazioni ben più alte dei suoi genitori: di sicuro, un
Mangiamorte caduto in rovina, con un Manor confiscato dal Ministero e
genitori che avevano perso il rispetto sia dei seguaci di Voldemort,
sia dei loro rivali di sempre, non era quel che si dice il partito ideale per
chi aveva fatto dell'ignavia una ragione di vita. Tenere il piede in
più staffe, questo era stato da sempre il motto
della famiglia Parkinson, ed era per questo che i Parkinson avevano
ancora la loro reggia da
qualche parte nelle campagne inglesi, erano scampati ad Azkaban e
potevano ancora ambire a matrimoni combinati per ingigantire un altro
po' il loro già cospicuo patrimonio.
- Percepisco la loro viscidezza solo a guardarli - borbottò
stizzita Ginny. - Con quella puzza sotto il naso, come se potessero
vantarsi della loro storia.
- Non credo che dovremmo giudicarli così a priori, Ginny -
replicò Hermione mentre si rigirava tra le mani una lunga
piuma
di pavone, abbastanza bizzarra da placare la curiosità di
sua
madre per un paio di mesi. - Sarebbe come fomentare di nuovo l'astio
che ci ha sempre divisi, e Silente non avrebbe voluto che il dopoguerra
fosse così.
- Non fingerò che quell'asse da stiro di Astoria Greengrass
mi
stia simpatica solo perchè Silente avrebbe voluto
così,
Hermione.
- Non ho parlato di trovarli simpatici, ho parlato di ignorarli, proprio
come loro stanno facendo con noi.
- Granger, e Weasley - sputò una voce strascicata a poca
distanza da loro. - Cosa ci fate qui?
- Compriamo piume, Malfoy.
Cosa c'è di strano? - rispose sprezzante Ginny, stringendo
forte la mano dell'amica, che aveva preso a tremare.
- C'è di strano che avete scelto proprio il momento in cui
decine di Serpi
si sono annidate in
questo posto... immagino che l'abitudine
di ficcare il naso ovunque sia difficile da perdere.
- Ed io immagino che i tuoi peli di furetto non siano l'ideale per
essere inzuppati in calamai e per scrivere in modo chiaro e nitido su
pergamena, quindi, se vuoi scusarci...
Hermione rise nervosamente alla battuta di Ginny, per poi avvicinarsi
al bancone e pagare la piuma appena acquistata.
- E tu, Mezzosangue, perchè non dici niente? Qualcuno
è finalmente riuscito a staccarti la lingua?
Oh, non gliel'avevano
staccata davvero.
Ma l'aveva sentita andare in fiamme, l'aveva sentita gonfiarsi in bocca
fino a farle credere di essere soffocata dal suo stesso muscolo,
l'aveva percepita muta, incapace di non urlare suoni sconnessi e privi
di senso.
La lingua, che tante volte aveva dimostrato il suo coraggio, la sua
sapienza, la sua freddezza.
Proprio la lingua, abilissima manipolatrice di incantesimi di qualsiasi
difficoltà.
Proprio la lingua, che la rendeva così Hermione.
-
Lasciala in pace, Malfoy, o te la vedrai con me.
Hermione si lasciò trascinare fuori, inerme.
- Meno male dovevano ignorarci, eh? Ma io li ammazzo tutti! Hermione,
per favore, respira a fondo, bene, così...
Un respiro.
Non doveva farlo più, non poteva essere così in
balia di qualsiasi sua parola.
Due respiri.
Non era Bellatrix, non era Bellatrix, anche se aveva il suo sangue.
Tre respiri.
Era solo Malfoy, solo Malferret, solo un ragazzino.
Quattro respiri.
- Grazie Ginny.
- Figurati! - esclamò sollevata, mentre lanciava
un'occhiataccia
a Millicent Bulstrode, che ridacchiando le indicava da dietro la
vetrina di Scrivenshaft. - Io quella la Schianto. Molto probabilmente
ride solo perchè Pansy le ha ordinato di farlo.
- Vuoi una mano?
- Ma Hermione! Tu sei una Caposcuola, la paladina del nuovo corso della
storia, della giustizia, dell'amore, della fratellanza...
- Infatti non la Schianteremo - rispose sogghignante Hermione, mentre
balbettava qualcosa di incomprensibile.
Ginny scoppiò in una risata fragorosa, mentre a braccetto
con Hermione si avviava verso i Tre Manici di Scopa.
Nel frattempo, Millicent Bulstrode notò con dispiacere che i
suoi abiti erano stati fatti Evanescere, e che una canottiera e delle
mutande ricamate con motivi quasi Umbridgiani
nascondevano a fatica il suo fisico massiccio e nerboruto.
Hermione si pentì solo per un istante di averlo fatto: non
era esattamente corretto
sfogarsi su qualcuno che non aveva colpa della sua sofferenza... ma era
pur sempre un modo per non pensarci.
***
-
Buongiorno Signor Cuffe! - esclamò Harry, con una pessima
imitazione del tono di riguardo che Percy spesso usava nei confronti di
individui più importanti ed illustri di lui.
- Oh, Auror Potter...
- Va tutto bene? L'ho sentita urlare, e pronunciare quello strano
incantesimo...
Da qualche parte dietro di loro, Candida Flor Paciencia Dulcinea
Fermina de Torres sbuffò. - Claro, encantamiento...
- Ed alzò gli occhi al cielo.
- Prego, signorina?
- Esto hombre es...
volevo
dire, quest'uomo non riuscirebbe a fare un incantesimo neanche se Albus
Silente, pace all'anima sua, lo aiutasse a muovere la bacchetta.
Harry soffocò una risatina, nel vedere il volto di Cuffe
farsi
sempre più paonazzo. Cercando di recuperare il suo contegno,
chiese: - Cos'era quel Mayrem
May...
- Niente, signor Potter, niente! - rispose frettolosamente Barnabus. -
Aveva bisogno di qualcosa?
- Sì, vorrei parlarle, se per lei non è un
problema... Percy, vieni anche tu.
Il rosso, che fino ad allora aveva tentato invano di nascondersi dietro
un ficus ornamentale, si presentò a malincuore al cospetto
del
collega, seguendolo fin dentro l'ascensore.
- Posso chiederle, ehm, il perchè delle sue continue visite
al Ministro? - chiese Harry, abbandonando ogni indugio.
- Oh beh, in realtà sarebbe confidenziale, il contenuto
delle
nostre chiacchierate... - iniziò Barnabus, finchè
non
sembrò accenderglisi una lampadina in testa. - Se ve lo
dico, voi mi
aiuterete?
Quello che a Harry apparve come il più bel momento della sua
nuova
vita,
a Percy sembrò l'inizio di una nuova catastrofe.
- Beh, noi, in realtà...
- Certo! - rispose Harry per entrambi, tacitando con un'occhiataccia il
timido pigolio del collega.
- Potremmo parlarne in privato? - continuò Barnabus,
abbassando la voce.
Se Harry Potter avesse potuto, avrebbe fatto comparire un tappeto rosso
per stenderlo dall'ascensore fino al proprio Ufficio. Barnabus sembrava
avere la chiave per risolvere l'inattività forzata degli
ultimi
tempi, sembrava un arcangelo piovuto dal cielo ad annunciare a Harry la
venuta di un nemico implacabile ed inafferrabile, sembrava
l'ambasciatore in grado di portar
una pena che
più gradita non poteva proprio essere. Fece accomodare
l'Editore
nella comoda poltrona di fronte alla sua scrivania, prima di sedersi
sulla propria e congiungere le mani sotto il mento, posa che
preannunciava un ascolto attento ed incondizionato.
- Lettere minatorie - cominciò Barnabus. - Mi sono piovute
in
Ufficio lettere minatorie dal mittente irrintracciabile, guardi - e gli
tese una busta nera. - Sono tutte così. Tutte
uguali.
Harry accolse la busta con mani tremanti ed emozionate. Quella busta
era il Riscatto, la Gloria, l'Azione, era un'Occasione scritta con
inchiostro scarlatto.
Il tempo della
Rivincita
è arrivato.
Sarà chiaro per tutti alle Idi di maggio, tra i Bastioni
della Conoscenza.
Là dove sono state poste le basi per una nuova era.
La lettera si concludeva così, senza una
firma,
o un
accenno più chiaro a come si sarebbe manifestata la
Rivincita.
- Rivincita? Tutti i Mangiamorte sopravvissuti sono stati puniti ed
imprigionati... e Voldemort è morto - aggiunse con
soddisfazione
mal celata.
- E' quello che mi ha risposto anche il Ministro, signor Potter, prima
di aggiungere che questa era l'opera
di un pazzo, merda. Cioè, no, merda l'ho
aggiunto io.
Harry lo ignorò. - I Bastioni della Conoscenza sono
chiaramente Hogwarts, la nuova
era
è stata inaugurata dalla fine di Voldemort, ma non capisco
chi
dovrebbe prendersi una Rivincita, e poi, perchè proprio le
Idi
di Maggio?
- Il Quindici ci sarà la finale di Quidditch, del Trescope,
Auror Potter. Credo che voglia colpire le nuove generazioni, chiunque
sia. Hogwarts, Beauxbatons e Durmstrang saranno lì,
signore.
- Ma perchè avrebbe dovuto rivolgersi alla Gazzetta del Profeta?
Non poteva minacciare direttamente il Ministero?
- Io credo che volesse vedere la sua minaccia pubblicata, signor
Potter. Credo che volesse allarmare tutti, puntando a darsi
visibilità a mezzo stampa. Ma il mio Giornale non scrive
spazzatura, sa? Io non pubblico notizie solo per guadagnare, cazzo.
Per la prima volta, Harry Potter dubitò delle parole di chi
aveva di fronte. Che La
Gazzetta del Profeta scrivesse
di tutto, più o meno vero, pur di vendere più
copie era
un dato di fatto da sempre: le stupidaggini su Harry ed Hermione
durante il Torneo Tremaghi, la campagna mediatica contro la presa di
coscienza del ritorno del Signore Oscuro e, soprattutto, la presenza in
redazione di Rita Skeeter erano un indice piuttosto chiaro dell'obiettività con
cui certe notizie venivano riferite al pubblico.
- Ora come ora, effettivamente, non possiamo fare molto. Ma conti su di
noi, - e
Percy si mise le mani nei capelli - quando riceverà nuove
missive dallo stesso mittente sconosciuto. Ho delle persone
- e Percy cercò di sbattere violentemente la testa contro il
muro - che potranno lavorare a questo caso. Io, di certo,
sarò
con lei in prima linea.
A Barnabus Cuffe luccicarono gli occhi, colmi di gratitudine. - Grazie
signor Potter, e anche a lei, davvero - balbettò commosso
mentre
stringeva le loro mani freneticamente. - Sapevo che qualcuno mi avrebbe
ascoltato! - E uscì dalla porta continuando a rivolger loro
benedizioni di ogni genere.
Se però Percy Weasley ed Harry Potter avessero controllato
la
direzione dell'ascensore preso da Barnabus Cuffe, si sarebbero forse
fatti altre domande.
Perchè Cuffe non tornò nella Hall per
smaterializzarsi, ma salì di nuovo al Primo Livello.
Se poi avessero fatto caso ai suoi comportamenti, si sarebbero resi
conto che Barnabus Cuffe non si era mai commosso prima, nè
quando era nata sua nipote, nè quando i Ballycastle Bats
avevano
vinto il ventisettesimo scudetto, e nemmeno quando, pochi giorni prima,
aveva trovato una bracchetta
eclettica
che sfrigolava quando insetti incauti ci si appoggiavano sopra. Era
rimasto affascinato da quel suono secco e sfrigolante, era stato
contentissimo quando si era accorto che bastava spostare una levettina
per farlo funzionare anche nelle sue mani, ma non si era certo commosso, quando la
tecnologia Babbana aveva mostrato di non essergli nemica giurata.
Perchè a Barnabus Cuffe non luccicavano mai gli occhi,
perchè era roba da femminucce, cazzo.
- Allora, Barnabus?
- Ci hanno creduto, e si metteranno all'opera, signor
Ministro.
- Perfetto, ottima interpretazione. Allora dobbiamo contattare di nuovo
il nostro complice.
- Ed io...
- Lei potrà pubblicare sul suo Giornale i pochi accenni alla
cosa che abbiamo discusso. Mi raccomando, non nomini Hogwarts.
- Certo, signor Ministro. Arrivederci.
Fece per voltarsi, e si trovò di fronte niente di meno che Manolete vestito
di raso e gonna svolazzante.
- Ottima interpretazione davvero, signore.
- Ottima anche la sua, señorita.
Sarebbe stato impossibile trovare una spia migliore di
lei,
senza il suo aiuto, Candida...
- Per lei sono la signorina
De Torres - puntualizzò, e Cuffe parve deluso.
- Senza di lei, signorina, non avremmo mai saputo quando parlare di quella cosa.
- L'ho fatto per il Ministro - specificò la segretaria,
ancheggiando fino alla propria scrivania. - Comunque, credevo fosse
più stupido, Barnabus.
- Per lei sono il signor...
- Per me lei è Barnabus, e non si azzardi a dirmi come la
devo chiamare.
Barnabus Cuffe le rivolse un invito frettoloso, andandosene di corsa.
Perchè se aveva capito come funzionava quella señorita,
quel 'Barnabus' era un segno di affetto.
E se quel 'Barnabus' era un segno d'affetto, il torero aveva un
cuore.
E se quel torero aveva
un cuore, gli aveva appena dato un buon motivo per commuoversi.
E per la prima volta, al Primo Livello del Ministero della Magia,
Barnabus Cuffe ebbe gli occhi lucidi davvero.
***
Draco Malfoy non dimenticava mai niente in Dormitorio,
perchè era nelle sue corde essere sempre preciso e puntuale,
e
la capacità di tenere sempre tutto a mente era una
caratteristica tutta malfoyesca.
Che l'abilità di memorizzare dati e dettagli
di
ogni tipo
fosse forse scaturita dagli ordini perentori ed impossibili da ignorare
di Lord Voldemort in persona era del resto molto probabile: le
punizioni più o meno corporali del Signore Oscuro erano
temute
da tutti i suoi seguaci, e scordarsi di un qualsiasi particolare delle
sue operazioni poteva essere rischioso, se non letale.
Quindi, per il Serpeverde, l'aver dimenticato il Mantello nei
sotterranei era stato uno spiacevole contrattempo quantomai
irripetibile ed inaspettato, ma non potè fare a meno di
pensare
che la soave arte della Disattenzione era un lusso che non si era mai
potuto permettere fino ad allora, e che simboleggiava una
Libertà che gli era stata sempre negata.
Sorrise interiormente all'idea di non dover più rendere
conto a
nessuno delle sue azioni, e salutò con gioia recondita i
venti
minuti di ritardo sulla sua quotidiana tabella di marcia, che gli
avevano impedito il suo puntuale arrivo in Sala Grande per la cena.
Nel voltare l'angolo, sbattè contro qualcuno che non doveva
aver ben chiaro il significato delle lancette sull'orologio.
Lui aveva
un buon motivo da addurre come giustificazione al suo ritardo, gli
altri sicuramente no.
Anzi, erano maleducati, irrispettosi ed insopportabilmente sprecisi.
Quando abbassò lo sguardo per vedere chi lo avesse urtato
così malamente, scorse un volto affannato, incredulo, e
quasi impaurito.
Hermione Granger sembrava incapace di parlare.
- Mezzosangue, proprio tu
sei così in ritardo? Nessuno ti ha insegnato come si muovono
queste?
Le prese il polso con forza, costringendola a guardare le lancette sul
suo orologio.
E ad Hermione vennero
in
mente altri modi per tener fermi i polsi.
Lacci, corde, anche catene.
Stringevano, ferivano, tagliavano.
E nel frattempo la immobilizzavano per permettere ad altro dolore di
avvolgerla.
- Lasciami, Malfoy - boccheggiò.
Draco le strinse divertito il mento con l'altra mano, sollevandolo per
costringerla a guardarlo negli occhi. - Sembra quasi che tu abbia paura di me, Granger.
- Guardami,
puttanella.
La stessa stretta sul suo volto per costringerla ad osservarla mentre
la torturava.
- Guarda il potere dell'Oscuro Signore!
E la Cruciatus a sconvolgerla.
- Lasciami Malfoy! - urlò talmente forte da
sorprenderlo.
E non appena lui allentò la presa, lei prese a correre.
Quella sera Hermione Granger non cenò, ma si
limitò ad aspettare Ginny in Sala Comune.
E quando arrivò, le raccontò tutto.
Quella sera non cenò neppure Draco Malfoy.
E quando Pansy Parkinson tornò nei sotterranei, cinguettando
il
suo dispiacere e la sua preoccupazione nei confronti del ragazzo, Draco
la scacciò via.
E poi, si impose di
non
andare mai più contro le abitudini di un buon Malfoy.
Credeva perfino di riuscirci.
***
NOTE:
- Puntualizzo che Manolete è stato un famoso torero
spagnolo: per
ulteriori informazioni, c'è sempre la benedetta Wikipedia.
- Per quanto riguarda Pansy Parkinson, ammetto di non ricordarmi la
posizione precisa assunta dalla sua famiglia durante la Guerra: per
questo, ho optato per una posizione intermedia, di fiducia all'Oscuro
Signore celata dietro una maschera di imparzialità. Se
così non è, perdonatemi la licenza :D
Alla fine me ne sono ricordata :D Ecco le risposte alle
vostre recensioni:
@Kiamilachan: tu sei una Serpeverde in tutto e per tutto :D Il tuo
amore per Ron e Harry raggiunge vette inarrivabili! Sei davvero
simpaticissima, Chiara, e spero che l'apparizione più
concreta
del 'biondino superfigo' in questo capitolo abbia placato un po' la tua
curiosità e la tua smania di vedere insieme la coppia
più
bella del mondo :D A presto!
@giuliabaron: come si sta dall'altra parte dell'Atlantico? non sai
quanto ti invidio... adoro viaggiare! ma tu proprio vivi là,
nel
senso studi o lavori oltreoceano? ti posso chiedere dove? ok, mi sto
altamente facendo i cavoli tuoi :D tornando alla storia... grazie.
Volevo scrivere una storia non banale, ma in realtà ero
partita
con l'idea di incentrarla solo sui due protagonisti principali... poi
il mio cervello logorroico ha partorito un Prologo diverso, e da
lì è partito tutto. Grazie grazie per i tuoi
complimenti
^^
@Valaus: approvo la tua idea del fan club: ormai sono loro che guidano
la mia mano mentre scrivo, e credo che presto prenderanno il
sopravvento loro e scriveranno l'intera fanfic; ogni tanto credo di
essere sotto Imperius xD Okay, riacquistiamo un po' di controllo
mentale: sono felice che tu apprezzi la mia scelta di comportamento per
Draco ed Hermione, e sono altrettanto felice che tu veda Ron come lo
vedo io. Ho letto fanfictions dove fa il dongiovanni e mi è
scappato da ridere, perchè Ron, per come lo vedo io,
è
talmente imbranato e cieco che non saprebbe neppure come muoversi xD
@Emily Doyle: sono felice che a te piaccia la mia scelta del
'rapporto' tra Draco ed Hermione, e quindi, credo che tu abbia
apprezzato il loro 'scontro' in questo capitolo :) Aspettiamo di vedere
cosa succederà nel prossimo... spero che tutto sia di tuo
gradimento ^^
@semplicementeme: al nome Dolores ci avevo pensato, ma poi ho pensato
che era un po' troppo strausato, come nome spagnolo xD (E poi ho come
l'impressione che non causerà proprio tantissimo dolore a
Barnabus.... chi vivrà vedrà!!) Per il resto, ti
ringrazio per tante cose: per la recensione, per gli apprezzamenti, e
per il tuo interessamento alla mia 'vita fuori dalla fiction' :D E'
bello sentirsi appoggiate 'a distanza' ^^
@Mahoney: non sai quanto sono contenta che la mia storia piaccia
proprio a te, dato quanto io stessa apprezzi le tue storie ed il tuo
stile :) Poi sono strafelice di aver reso i personaggi IC - anche se su
Harry ho un po' l'impressione di aver calcato la mano... ma non
negherò che la mia ironia continua sia più che
voluta :D
- perchè l'ultima cosa che voglio fare è adattare
i
personaggi ai miei 'schiribizzi' del momento. Per il titolo, ti
dirò che mi è venuto al volo quando ho scritto il
prologo
ed è rimasto tale sin dall'inizio: non ne sono mai stata
convintissima, perchè come ci hanno sempre insegnato 'il
titolo
si mette alla fine' xD, ma a ripensarci bene... sisi, pare
più
che adatto anche a me! Alla prossima ^^
@poison spring: tu sei un'altra autrice da cui mi lusinga ricevere un
apprezzamento, dato il mio amore viscerale per la tua fanfiction, e
sono felice che ti piaccia la mia resa delle sensazioni di Hermione,
forse perchè mi rimane il personaggio più
difficile da
caratterizzare, almeno per il momento. Quindi grazie davvero, per la
recensione, per i complimenti, ed anche per avermi aggiunto su FB :)
Effebì
Mi trovate... qui
.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Tempi Vecchi, Tempi Nuovi ***
hp4
Tempi
Vecchi, Tempi Nuovi
Raramente
Barnabus Cuffe apponeva la sua firma sulla sua amata Gazzetta del
Profeta: si era sempre dichiarato un cacciatore di notizie
e lasciava il soave uso della parola a chi riteneva meritevole di
questo onore.
L'unico editoriale firmato che aveva scritto fino a quel momento - o
meglio, che era stato obbligato
a vergare in prima pagina - riguardava la presa di coscienza del
ritorno di Voldemort da parte della stampa, presa di coscienza che
parte del mondo magico aveva oculatamente pensato di eseguire tempo
prima, giusto per non rimanere impreparata di fronte alla nuova,
tremenda minaccia che aleggiava nell'etere.
Del resto, Barnabus Cuffe non era mai stato un Direttore normale: lontano
dal considerarsi la Voce
di una certa visione del mondo - che solo agli occhi suoi e dei suoi
fedeli lettori non sembrava semplicistica e confortante
- si limitava ad andare in cerca di scoop succulenti ed accattivanti
che potessero far lievitare considerevolmente le sacchette di cuoio
assicurate alle zampe dei suoi Gufi corrieri. Di zellino in zellino,
aveva del resto racimolato una fortuna non indifferente: non andando in
ferie da
una vita e
continuando a "vivere" nel minuscolo appartamento che aveva preso in
affitto non appena uscito da Hogwarts, le sue pile di galeoni nei
sotterranei della Gringott erano diventate sempre più alte,
e
non poche donne avevano tentato - e mai speranza fu più vana
-
di entrare nella sua vita per condividere
quel biondo metallo inutilizzato. In realtà, resistere ad
una
delle sue pretendenti era stato abbastanza difficile, data la sua
indiscutibile avvenenza, ma dopo averle chiesto come si chiamava ed
averla sentita impiegare cinquanta secondi per ricordare tutti i suoi
sette cognomi, aveva intuito che sarebbe stato meglio girarle alla
larga per non essere l'ottavo trofeo sul suo - affollato - stato civile
(e magari anche l'ottava testa esibita sulla parete del salotto).
Non pochi si stupirono quando il suo nome apparve in alto a sinistra,
in prima pagina, lì dove lo spazio riservato alla Voce del
Direttore aveva spesso lasciato il posto al Solvente Magico di Nonna
Acetonella, alle Gelatine Tuttigusti+1 e a Stratchy & Sons -
giusto
per racimolare qualche galeoncino
in più con un po' di sana pubblicità.
Il tempo della Rivincita è arrivato.
Titolava così, il suo Editoriale, ed a quelle sei parole ne
seguivano poche altre.
Cari Lettori de La Gazzetta del Profeta,
Lettere minatorie sono giunte nella nostra redazione, e non potevamo
che pubblicare il loro contenuto.
Fedeli alla nuova linea del nostro Giornale e della nostra nuova
Società, dove Verità e Coesione hanno il Diritto
ed il
Dovere di essere al primo posto nelle nostre vite, abbiamo deciso di
informarVi non appena ci è stato possibile.
I nostri lettori devono sapere tutto ciò che accade,
perchè un'omissione può essere più
grave di una
menzogna, come l'Esperienza ci ha insegnato.
Ci auguriamo di non doverci preoccupare di niente, e speriamo con tutto
il cuore che questi biglietti siano lo svago insulso di qualche burlone.
Vi terremo informati.
Barnabus Cuffe
Sì,
è proprio un bell'articoletto, pensò
l'Editore, mentre lo rileggeva per la decima volta quella mattina. A Shacklebolt piacerà.
Gongolò per un altro po', felice di aver
rispolverato la
sua Piuma preferita, quella per le grandi occasioni, che riusciva a
tirar fuori da lui la verve poetica che si addiceva ad un bravo
Direttore. Quella frase a effetto poi, un'omissione può
essere più grave di una menzogna, era proprio
adatta, con quella velata ammissione di colpe che sapeva di sincero e
pomposo pentimento.
Che poi, Barnabus Cuffe non si pentiva proprio di niente.
La sua campagna pro-anti-pro-anti-pro Potter gli aveva sempre fruttato
un sacco di tintinnanti monetucce, ed ancora una volta, l'ignaro
Bambino Sopravvissuto stava per rimpolpare le casse della Gazzetta del
Profeta, riportando all'ovile tutte le pecorelle smarrite che in quel
periodo di bonaccia
avevano preferito abbonarsi a frivola
spazzatura cartacea.
Che poi il buon Pastore non mirasse esattamente
all'affetto ed
alla protezione delle pecorelle smarrite, era un dettaglio
insignificante: ci
sarà più gioia in cielo per un lettore
acquistato, che per novantanove aficionados abitudinari, recitava
il suo personalissimo Credo. Dopotutto, uno zellino in più,
era pur sempre
uno
zellino in più, cazzo.
***
Cara Hermione,
Come stai?
A Diagon Alley tutto apposto, George ed io siamo impegnati con mille
ordinazioni e consegne, spesso siamo costretti anche a fare gli
straordinari qui ai Tiri Vispi. Anche alla Tana va tutto bene, ed anzi,
mamma e papà ti salutano e tutti i giorni ripetono di essere
orgogliosi di te per il tuo ruolo di Caposcuola.
A proposito, mamma mi ha già chiesto di che colore vuoi il
maglione per Natale: io non ho saputo cosa rispondere, e reputo molto
più sicuro chiederlo subito a te.
Hermione si interruppe e sorrise. Far entrare qualcosa nel
testone di Ron era una causa persa in partenza, soprattutto quando si
trattava dei suoi gusti personali: non avrebbe mai dimenticato le
ciabatte rosa fucsia a forma di maiale (ed il maiale grugniva davvero)
che le aveva regalato per San Valentino e la torta al cocco, glassata
al cocco, con granella di cocco che le aveva preparato per il suo
compleanno, e di cui le aveva infilato un pezzetto in bocca mentre
teneva gli occhi chiusi - effetto
sorpresa,
lo chiamava - causandole una forte e virulenta reazione allergica. Una
volta si sarebbe arrabbiata, magari trasfigurando qualsiasi cosa vicina
al fidanzato in un ragno peloso e sovrappeso, ma ora tutto questo la
faceva semplicemente... sorridere.
Beh, poi volevo dirti anche che... mi farebbe piacere parlarti.
E non perchè me lo ha ordinato Ginny, ma
perchè... credo che ne abbiamo bisogno, ecco.
Sai, non mi è mai riuscito scriverti lettere degne di questo
nome, e questa è un buon esempio della mia
incapacità...
era più facile prima, credo che sarai d'accordo con me.
Sì, Ron, era
più facile prima,
si ritrovò a pensare. Perchè Ron stava girando
vorticosamente intorno alla stessa questione che voleva sollevare
lei... tutto
era più facile prima, se si escludeva la presenza di
Voldemort, ovviamente.
Fammi sapere quando
sarà il prossimo finesettimana ad Hogsmeade, potremmo
incontrarci là, se per te va bene.
Un abbraccio forte.
Ron
Un abbraccio, non un bacio. Neanche lei aveva voglia di
baciarlo, dopotutto, anzi, le sembrava quasi strana solo l'idea
di farlo.
Si chiese dove, quando, come si fossero allontanati in quel modo... ma
arrivò a farsi un'altra domanda. Si chiese il
perchè si
fossero avvicinati
troppo,
quando la vicinanza che avevano sempre avuto era stata la misura
perfetta: lei e Ron erano come due ioni di carica opposta, per grandi
valori della loro distanza prevaleva la forza di attrazione, man mano
che si avvicinavano era invece la repulsione a ripristinare la giusta
lontananza. E loro avevano forzato troppo, pretendendo di avvicinarsi
quando l'energia di legame era già minima e quindi stabile.
Magari a Ron non avrebbe presentato la situazione con questi stessi
termini, ma... l'avrebbe fatto.
Era giunto il momento di rimettere le cose al loro posto: lei che
rimbeccava Ron su ogni cosa, che confortava Harry in
difficoltà,
che amava tutti e due allo stesso modo.
Allo stesso modo, sì. Come gli amici che erano e che erano sempre stati.
Caro Ron,
A Hogwarts va tutto bene: è tutto molto tranquillo ed anche
il
mio compito da Caposcuola non mi ha mai rubato troppo tempo finora.
Puoi dire a tua madre che quest'anno mi piacerebbe ricevere un maglione
di un bel verde brillante, e non c'è bisogno che lo ricami
con
motivi particolari o con l'iniziale del mio nome: mi piacerebbe un bel
golf tinta unita, sì.
Sono felice che tu voglia parlarmi, perchè è
ciò
che voglio fare anch'io; scusami se non ti ho scritto prima, ma avevo
bisogno di pensare, come credo abbia fatto anche tu in questi giorni
lontano da me.
Torneremo ad Hogsmeade tra due sabati - sono molto più
flessibili ad Hogwarts, ora che non c'è più alcun
pericolo - e spero che tu riesca a liberarti per bere una Burrobirra ai
Tre Manici di Scopa come...
Si interruppe, pensando a tutti i caldi boccali che si
erano
avvicendati sui tavoli di Madama Rosmerta. Quanti pomeriggi
più
o meno spensierati in quel locale, quante chiacchiere...
...come ai vecchi tempi.
Mi mancano tanto i vecchi tempi, Ron.
Salutami tutti, e di' a George che ho già sequestrato un
sacco di vostre 'creazioni'.
Ti voglio bene.
Hermione
Ti voglio bene, aveva scritto.
Ron avrebbe capito tutto ciò che implicavano quelle tre
parole.
Non erano un Ti amo,
erano molto di
più.
***
Ginevra Molly Weasley era
riuscita nell'impossibile, e,
com'era
ovvio, era più che decisa ad ammirare a lungo il simbolo del
suo
successo.
Quella mattina, tre gufi ministeriali erano planati sul tavolo dei
Grifondoro tenendo tra le zampe un lungo, affusolato pacco marrone, il
cui contenuto era lampante agli occhi di tutti: dentro quell'inviluppo
vi era chiaramente una Scopa.
Quello che nessuno sapeva, era che Ginny aveva ricevuto La Scopa.
La Firebolt di Harry James Potter stava atterrando delicatamente tra
fiaschi di succo di zucca e vassoi di pancetta, mentre il legittimo
proprietario, a qualche miglio di distanza, stringeva rabbiosamente i
pugni, fino a far diventare bianche le nocche delle mani. Harry Potter
aveva pregato affinchè la Scopa arrivasse intatta, ed adesso
che
la sua preghiera era stata esaudita, aveva deciso di pregare
affinchè lo rimanesse ancora per un po'.
Dopotutto a lui non
serviva la Firebolt, come Ginny aveva ripetuto
più e più volte nella sua accorata lettera di
suppliche, e sarebbe
stato meglio non lasciarla inutilizzata per non peggiorarne le
prestazioni.
Aveva provato a ribattere dicendo che anche una scopa spezzata a metà
avrebbe accusato il colpo in termini di velocità ed
affidabilità, ma Ginny non aveva esitato a replicare che l'unico ad aver spedito una
Nimbus dritta sul Platano Picchiatore era stato proprio
lui.
A quel punto, Harry aveva ceduto di fronte all'insistenza, alla
scaltrezza ed alle capacità persuasive della ragazza, forse
anche perchè aveva velatamente alluso ad uno sciopero
fastidioso
in termini di... coccole.
Del resto, Harry Potter era il Bambino Sopravvissuto, il
Prescelto, l'Eroe, ma era pur sempre un uomo, e come tale nientemeno
che un pezzo di carne. E dato che la sua carne doveva
già resistere a certi istinti
almeno fino a Natale, aveva giudiziosamente deciso di non
procrastinare.
Se condannare la Firebolt a morte certa era il prezzo per non
rinunciare all'unica attività che lo gratificava più o meno quanto il
Quidditch... forse era un prezzo più che giusto.
Tutto sommato, poteva sempre comprare un'altra Scopa.
Un'altra Ginny era piuttosto difficile da rimediare.
- Hermione, ce l'ho fatta!
Un turbine rosso con qualche sprazzo di marrone si avventò
su di lei, stritolandola ed urtandola con qualcosa di non troppo
morbido.
Non impiegò molto a capire per quale motivo fosse
così su di giri. - Ah... la scopa.
Ginny si ritrasse come se avesse bestemmiato. - Scopa? Questa
è una Firebolt... non è una Scopa!
- Sì, sì... quello che è. Non ho mai
dubitato, sai, delle tue capacità di convincimento... quale
ricatto hai usato questa volta?
Lo sguardo malizioso della rossa le fece intendere al volo la risposta
alla sua domanda. - Va bene... non rispondere. Piuttosto, vai a posare
quella Scopa
in Dormitorio, le lezioni stanno per iniziare...
Ginny si irrigidì, continuando a contemplare la Firebolt con
uno sguardo adorante che non aveva mai rivolto nè a Michael
Corner, nè a Dean Thomas, e, forse, neppure allo stesso
Harry. L'unico pigolio che riuscì ad emettere, senza
staccare gli occhi colmi di tenerezza e di amore, assomigliava
vagamente a 'mi darai tu gli appunti?', 'una Firebolt!', 'prendere
confidenza', 'allenamenti'...
- Smetti di borbottare, e posa quel pezzo di legno, Ginny.
- Dai, Herm, dopotutto è solo una lezione... -
mormorò mentre continuava ad accarezzare il manico di
frassino. - E questo non
è un pezzo di legno! - sbraitò, chiedendo scusa
per la scortesia dell'amica direttamente ai ramoscelli in betulla che
formavano la coda. - Stasera ci sono gli allenamenti per rientrare
nella squadra che rappresenterà Hogwarts al Trescope, non
posso arrivarci senza aver mai provato come muovermi... non
è certo come la mia
Scopa, questa...
- Fai come vuoi - si arrese Hermione. - Io non ti coprirò.
Quidditch, Quidditch, sempre Quidditch...
Si rese conto di aver imprecato contro una sedia vuota: quel 'fai come vuoi'
aveva condotto l'amica molto lontano da lei, e molto probabilmente era
ormai abbastanza vicina alla Foresta Proibita da non essere vista da
professori ed altri studenti.
Hermione sospirò.
Non era la prima volta che veniva surclassata da uno stupido Manico di
Scopa.
- Dannati Weasley - sputò stizzita, quando fu certa che
nessuno la potesse sentire.
***
- Harry, calmati. Finchè non si farà di nuovo
vivo, è inutile preoccuparsi inutilmente. Magari ci ha
ripensato...
Harry Potter fulminò Percy Weasley con un'occhiata
lievemente somigliante ad un Avada Kedavra. Lo stesso Percy, a
giudicare da come aveva cercato di ingoiare una saliva inesistente
nella sua gola prosciugata dal terrore, si era stupito di non aver
visto scintille verdi scaturire dalle iridi altrettanto verdi del
collega. Con tutto quel
verde, si chiese perchè mai non fosse stato smistato a
Serpeverde, ma scacciò il pensiero altrettanto
rapidamente, temendo un eventuale impegno nell'apprendimento della
soave arte della Legilimanzia da parte dell'Occlumante più
incapace dell'ultimo secolo.
- Hai ragione - borbottò senza smettere di digrignare i
denti, e Percy tirò un sospiro di sollievo. - Ciò
non toglie che dobbiamo stare all'erta... sono già arrivate
una decina di lettere da parte dei lettori della Gazzetta del Profeta,
che contano su di noi per risolvere la questione -
concluse gonfiando il petto, il che lo rese più simile a
Percy di quanto non fosse mai stato.
- Credo che Cuffe avrebbe potuto evitare quell'articolo, a mio avviso -
azzardò Weasley, incoraggiato dalla lieve approvazione
concessagli magnanimamente da Harry. - Non c'è motivo di
allarmare inutilmente tutta l'Inghilterra. Almeno ha avuto il buonsenso
di non nominare Hogwarts, questo gli va riconosciuto.
- Credo che non abbia agito male, invece. Ipotizziamo solo per un
momento che Rita Skeeter avesse scoperto di queste lettere da sola, hai
idea del polverone che avrebbe alzato su noi e sul Ministero?
Soprattutto dopo che Shacklebolt si è rifiutato di aiutare
la causa... credo che non ci sia bisogno che ti ricordi cosa successe
con Bagman, Bertha Jorkins e Crouch, Weatherby.
A Percy si spezzò la piuma d'aquila. In effetti, era troppo
bello ed irrealistico, il fatto che il divino Harry Potter fosse
d'accordo con lui... storse il naso, quel 'Weatherby' era
proprio un colpo basso. Abbassò la testa, deciso a finir di
compilare la sua relazione sulle migliorie apportate alla sicurezza di
Azkaban, dovute all'allontanamento dei Dissennatori.
- E poi, non eri proprio tu a sostenere l'importanza del non abbassare la guardia?
- ridacchiò il Salvatore del Mondo Magico. - La segretaria!
- esclamò poi, come folgorato da un'illuminazione a dir poco
divina.
Percy lo guardò perplesso: più passava il tempo e
più pensava che forse chi l'aveva definito pazzo
durante e
subito dopo il Torneo Tremaghi non avesse poi tutti i torti. La sua
perplessità non fu però degnata di una qualche
risposta.
Un tonfo, poi il rumore di qualcosa che andava in frantumi, un Wingardium Leviosa e
un Reparo
lo informarono che il raccoglitore di documenti era caduto e poi era
stato riportato al suo posto, e che il portapenne di vetro era andato
in mille pezzi ed era altrettanto velocemente tornato integro.
Borbottò un Wingardium
Leviosa per riportare anche quello al suo posto sopra la
scrivania, ma quando ebbe finito di pronunciare la formula,
Scatto-Repentino-Harry-Potter era già sparito oltre la
porta, ed a giudicare dai 'Largo', 'Spostatevi', 'Permesso' che
risuonavano in lontananza, si era già fiondato all'interno
dell'ascensore, diretto ovviamente
al Primo Livello.
- Signorina De Torres! - esclamò sussiegoso, e
fu solo per
non incorrere nelle ire di Ginny che si trattenne dal materializzare un
mazzo di fiori da offrirle in dono.
- Signor Potter, il Ministro è occupato - rispose brevemente
Candida senza alzare la testa.
- Ma io stavo cercando lei! - continuò con un sorriso a
trentadue denti.
- Me? - chiese titubante, ma continuando a scribacchiare qualcosa su un
blocco per appunti.
- Sì, proprio lei! Le volevo chiedere dove aveva trovato
quel delizioso profumo...
- Un uomo
nota il profumo di una donna solo quando la suddetta mujer ha solo
quello, addosso.
Signor
Potter, non si sprechi in moine ed arrivi al dunque.
Era ufficiale: se Voldemort non era riuscito ad ucciderlo in quasi
diciassette anni di tentativi, Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina
de Torres rischiava di riuscirci in un paio di giorni. Aveva l'aria di
non tollerare perdite di tempo, e solo in quel momento Harry Potter si
rese conto che la sua escursione al Primo Livello poteva rivelarsi tale.
- MichiedevosesonoarrivatelettereperilMinistro. - Magari risparmiare
sul fiato e quindi ottimizzare il tempo poteva rivelarsi una mossa
saggia.
- Cosa le fa pensare che un'immigrata spagnola possa comprendere i suoi
farfugliamenti in londinese approssimativo? Mi sta facendo perdere
tempo, signor Potter.
I peggiori timori di Harry Potter si erano appena concretizzati: il suo
tentativo di risparmiare secondi preziosi l'aveva appena condannato a
sprecarne molti di più, e questo poteva essere
più pericoloso di un Sectumsempra.
- Mi chiedevo, se ovviamente può e vuole dirmelo, se sono
arrivate lettere indirizzate al Ministro Shacklebolt. - Trattenne il
fiato: non era esattamente sicuro che quel 'se ovviamente può e
vuole dirmelo' non rientrasse tra le moine, e quindi, tra
le cose detestate dalla donna.
- E cosa le fa pensare che la corrispondenza privata del Ministro sia
affar suo?
- N-niente - borbottò, ma la sua voce si spezzò
non appena vide un'intestazione scarlatta su una busta nera come il giaietto.
Riuscì solo a pensare che doveva prenderla a tutti i costi,
ma la sua mano si rifiutava di mettere mano alla bacchetta, trattenuta
da qualcosa di vagamente simile alla paura.
- Mi scusi, Signor Potter, ma se non ha altre domande... devo
urgentemente andare dal Ministro. - Si alzò con movimenti
studiati, sinuosa nel suo ancheggiare da ballerina di flamenco,
nonostante i numerosi chili che avvolgevano generosamente la
sua figura.
Bingo, non
potè fare a meno di pensare Harry, che si avventò
come un cane affamato sulla sua preda.
Dieci secondi dopo, era già al sicuro nella cabina
dell'ascensore, e stringeva al petto il suo bottino.
Dieci secondi dopo, Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres
sospirò, alzando gli occhi al cielo.
Certo che Harry Potter era proprio un idiota.
- L'ha presa? - le chiese ridacchiando Kingsley
Shacklebolt.
- La ocasiòn
hace al ladron.*
- E' un sì?
- Sì, signor Ministro.
- Beh, era quello che volevamo. Perchè è
così abbattuta?
- Perchè, adesso, quell'idiota penserà che io sono
un'idiota.
- Via, via, è solo un po' curioso.
- El que no oye consejo
no llega a viejo.*
- Non so cos'abbia detto, ma il suo tono non mi è
piaciuto.
- Pensavo che, ogni tanto, farebbe meglio a tenere il suo naso lontano
dagli affari altrui.
- Non ci è mai riuscito. Non abbia la pretesa di convertirlo
lei, signorina. Potrebbe rimanerne delusa.
- De abril y de la
mujer, todo lo malo hay que temer.*
- Ho capito solo 'aprile', ed il suo tono continua a non
piacermi.
- Sono nata io ad
aprile - ridacchiò Candida, uscendo senza congedarsi
dall'Ufficio del Ministro.
***
Ginny Weasley era rimasta fuori per tutta la mattina, ed Hermione
Granger era irrequieta come uno Schiopodo Sparacoda.
Non tanto perchè avesse saltato le lezioni - affari suoi,
pensò con distacco - ma perchè pareva aver
inaugurato una moda: un'epidemia di febbre e nausee sembrava aver
colpito gran parte della popolazione di Hogwarts, ma, misteriosamente,
l'Infermeria era vuota, se si escludeva Euan Abercrombie, lo studente
meno coraggioso che il Cappello Parlante avesse mai assegnato a
Grifondoro, con un braccio fasciato nel lettino più lontano
dalla porta. A quanto pare, la vista del Barone Sanguinario l'aveva
atterrito a tal punto da fargli ruzzolare un'intera rampa di scale.
Irrequieta quanto Hermione era anche la Preside McGranitt, e mai come
in quell'occasione le labbra di entrambe avevano raggiunto dimensioni
irrisorie: entrambe le portavano così serrate da essere
incapaci di emettere alcun suono.
Se Hermione pareva decisa a non rivolgere la parola a nessuno, dato che
chiunque la circondasse era involontario testimone del suo insuccesso
come Caposcuola, Minerva McGranitt si trovò costretta a
farlo all'ora di pranzo. In pochi si chiesero come diavolo facesse ad
uscirle la voce, tenendo le labbra così strette, proprio
perchè pochi erano gli studenti ad essersi preoccupati
lontanamente di avere uno stomaco da soddisfare.
- Granger, Nott, Abbott, Goldstein... dove diavolo sono
tutti?
Nessuno dei quattro Caposcuola parve trovare le parole per addolcire la
realtà dei fatti.
Com'era prevedibile, fu Hermione a rompere il silenzio. - Quidditch,
immagino siano tutti ad allenarsi per gli stupidi provini di stasera -
sbottò, senza neanche provare a celare la stizza per
quell'assurda perdita di tempo.
Le labbra della Preside divennero se possibile ancora più
fini. - Ma dovremmo vederli... voglio dire...
Hermione fece per replicare, ma la tremenda consapevolezza del dove si trovassero
tutti si fece strada nella mente della Professoressa,
tingendole il volto con una fosca ombra di disapprovazione.
- Giuro che toglierò centinaia di punti ad ognuno di quegli
stupidi - sbraitò mentre varcava la soglia della Sala
Grande, diretta verso la Foresta Proibita, seguita da tutto il corpo
insegnanti.
Nello stesso momento, con un pigro movimento del polso, Draco Malfoy
sprigionò dalla sua bacchetta scintille rosse, che esplosero
come un fuoco d'artificio a qualche metro di distanza dalla finestra.
- Malfoy cosa diavolo fai?! - sbraitò Hermione, come ai vecchi tempi.
- Non ho intenzione di vedere i punti guadagnati da me andare in fumo
per dei mediocri, se non scarsi, giocatori di Quidditch,
Granger.
- Perchè non ci sei anche tu, allora, là fuori?
Mi sembra che tu sia un mediocre giocatore di Quidditch,
Malfoy!
Si rese conto che sfogare la rabbia su di lui in quel modo le piaceva. Ora che
era passato l'attimo di incoscienza iniziale, che l'aveva portata ad
urlargli contro senza rendersi pienamente conto di ciò che
stava facendo, stava gridando consapevolmente.
- Mi lusinghi, Granger, credevo che avresti scelto scarso, come
aggettivo - rispose sghignazzando, alzandosi per andarsene dalla Sala
Grande. - Purtroppo per te, nella mia mediocrità,
sono l'unico Cercatore degno di questo nome.
Si allontanò tronfio dal tavolo di Serpeverde, quando un camaleonte con
le fattezze di Ginny si affacciò ansimante sull'uscio della
Sala.
- Chiunque sia stato, lo amo profondamente - esclamò, mentre
tentava di riprendere fiato.
- Non so che farmene dell'amore di una Babbanofila, Weasley. Ah, facci
il piacere di non Disilluderti, sicuramente sei più guardabile quando
sembri una parete di pietra.
Per tutta risposta, Ginny sfoderò la bacchetta per
pronunciare il controincantesimo, rivelando orecchie più
rosse dei suoi capelli. Dopodichè, puntò la
stessa bacchetta in mezzo alla fronte di Draco. - Dammi solo un motivo
per non Cruciarti,
Malferret.
- Innanzitutto, ti ho salvato il
culo, se proprio vuoi saperlo. E poi, il secondo motivo
è dietro di me.
Ginny abbassò la bacchetta, e spalancò la bocca
in una smorfia orripilata. Orripilata da ciò che aveva
pensato e detto, orripilata da se
stessa.
Dietro le spalle di Draco, Hermione Granger stava tremando.
Forse non bastava urlare contro Malfoy per guarire.
- Herm... io...
- Non fa niente, Ginny, davvero. Dovrei abituarmici.
Stavano salendo in Dormitorio, dato che le lezioni del pomeriggio erano
state soppresse per permettere a Madama Bumb di provinare gli aspiranti
ai posti di titolari e riserve della rappresentativa di Quidditch di
Hogwarts.
Alla fine, gli insegnanti erano riusciti a punire solo una minima parte
di coloro che avevano trascorso la mattinata nella Foresta Proibita,
perdipiù novellini del primo o del secondo anno che non
avevano ancora ben chiara la morfologia del territorio e la planimetria
della Scuola, che invece gli studenti più anziani
conoscevano come le proprie tasche. Qualcuno, come Ginny e Dean, aveva
Disilluso sia il proprio corpo che la propria Scopa, altri avevano
nascosto nella Foresta le Scope per poi correre a perdifiato verso il
Lago Nero e far finta di studiare sulla riva, con libri di testo
Appellati da chissà dove, altri avevano perso la testa e
cominciato a darsela a gambe nelle direzioni più disparate,
col risultato che o erano stati beccati mentre cercavano di rientrare
nel Castello, oppure si erano smarriti ed erano stati costretti a
sparare scintille rosse per farsi venire a prendere. In definitiva, i
più stupidi si erano sorbiti le ramanzine dei Direttori
delle rispettive Case, si erano visti assegnare tremende punizioni da
Argus Gazza, si erano beccati le offese di molti compagni di Casa e,
soprattutto, erano stati esclusi senza possibilità d'appello
dai provini per la squadra di Quidditch, al che Madama Bumb
tirò un sospiro di sollievo: se si erano fatti scoprire,
significava che non avevano nè prontezza di riflessi,
nè particolare abilità nel Volo, e ciò
significava che le avrebbero fatto perdere tempo inutilmente.
- Ma ciò non toglie che non avrei dovuto dirlo...
- Ginny, ormai è andata... dai, preparati, che devi farti
prendere assolutamente nella squadra.
- Oh, Hermione! - esclamò Ginny lanciandole le braccia al
collo. - Ti voglio bene! - E sparì in camera, lasciando la
compagna ad asciugarsi una lacrima sul divano della Sala Comune.
In realtà, Hermione non pensava realmente nè
all'affetto che provava nei confronti di Ginny, nè a quegli stramaledettissimi
provini di Quidditch.
In realtà, pensava a Malfoy. Che aveva capito tutto.
E che forse... sapeva.
Sapeva cos'era davvero
un Crucio.
- Hermione... posso parlarti un secondo?
La Caposcuola si voltò verso Neville Paciock, che avanzava
lentamente verso di lei. - Come al solito rimaniamo solo noi due gli
allergici alle Scope, eh? - gli sorrise.
- Preferisco tenermi il Coraggio per altre
attività.
Risero insieme. - Volevi dirmi qualcosa?
Neville parve soppesare le parole che stava per pronunciare. - Solo che
serve tempo.
Hermione sospirò. - Tu come hai fatto?
- Ho scoperto perchè mi faceva così tanta paura.
Credo che sia l'unico modo per affrontarne le conseguenze.
- Credi che ci riuscirò anch'io?
- Se non ci riesci tu, non ci riesce nessuno, Hermione. - La
abbracciò calorosamente. - Andiamo a vedere questi
provini?
- Beh, magari a Ginny farebbe piacere, sì. Neville... - si
interruppe, pensierosa. - Perchè ti faceva paura?
Neville abbozzò un sorriso, scevro da gioia ed
autocompiacimento. Sembrava un sorriso arido, se non addirittura
forzato. - I miei genitori. Non volevo diventare come loro. Ora so di non essere
diventato come loro. Non ho più niente da temere.
- Scusami.
- E per cosa? - Questa volta il sorriso di Neville era tornato caldo. Pieno della
tenerezza e della dedizione che riversava nell'affetto per i suoi amici.
- Per averti fatto rinvangare... tutto.
- Dovrò raccontarlo anche ai miei figli, ed ai miei
nipotini, quando saranno pronti per ascoltarmi. Dovrò pur
iniziare facendo un po' di pratica. - Le tese la mano, invitandola ad
alzarsi.
Hermione prese quella mano, e si
affidò a lui.
- Grazie, Neville.
- Non sono Harry, nè Ron, ma a qualcosa servo anch'io -
disse, facendole un occhiolino.
***
NOTE:
- Traduzione dei Proverbi di Candida:
* L'occasione fa l'uomo ladro.
* Chi non sente consiglio non diventa
vecchio.
* Da aprile e dalla donna devi
aspettarti ogni male.
- La donna dai sette cognomi è chiaramente la madre di
Blaise
Zabini.
- L'accenno al Buon Pastore si riferisce ad una parabola contenuta nei
Vangeli, appunto quella del Buon Pastore, che nella versione originale
era un filino meno blasfema di questa. xD La versione originale
recitava:
Vi
sarà
più gioia
in cielo
per un solo peccatore che si converte che per novantanove giusti, i
quali non hanno bisogno di conversione.
-
Le
pantofole rosa fucsia a forma di maiale prendono spunto dal regalo che
il fidanzato di una mia amica le ha realmente fatto per San Valentino:
ovviamente quelle non grugnivano, ma vi assicuro che erano ugualmente
tremende. (E poi, lo so che Emma Watson ama il rosa più
della sua stessa vita, ma credo e spero che Hermione non faccia
altrettanto, quindi, sì, questa è una protesta
nei confronti della mania insensata dell'attrice xD).
- La frase sugli ioni di carica opposta prende spunto dal mio libro di
chimica, tra l'altro l'unico esame in cui ho preso 30 finora. :P Mi
sembrava adatta alla cultura di Hermione, che nonostante gli studi
magici, non credo che abbia trascurato di leggere nel tempo libero
qualcosina di più Babbano.
- Nero come il giaietto
si riferisce ad una frase del Calice di Fuoco, quando Voldemort chiama
a raccolta i Mangiamorte premendo con l'indice sul Marchio Nero di
Codaliscia. Il Marchio diventa appunto 'nero come il giaietto' e dato
che questa similitudine mi aveva sempre affascinato (sebbene non mi
fossi mai preoccupata di cosa
fosse il giaietto xD) ho deciso di infilarla nella storia.
:) (Sono pazza, lo so.)
- Euan Abercrombie è un personaggio della Rowling, che
appare
per la prima - e credo anche l'ultima - volta nell'Ordine
della Fenice, con l'unica utilità di rappresentarci un
ragazzino tremante in attesa dello Smistamento. Viene appunto assegnato
a Grifondoro.
@poison
spring: sono felice del fatto che in questa cosa non ci si
capisca ancora un cavolo, perchè visto che ancora non ho
tutto chiaro neppure io, ho più libertà d'azione
:P che volpe! Per il resto, grazie per ogni tua recensione, per ogni
tua parola, e per ogni tuo commento feisbucchiano a tutte le cavolate
che scrivo :P
@semplicementeme: Arturo e Procione hanno lavorato bene a quanto pare
:P Lungi da Draco Malfoy il bisogno di rivolgere ad Hermione qualche
parola di conforto, ma comunque... ci sta lavorando :) Per il resto, se
il mio capitolo è stato esilarante, la tua recensione lo
è stata di più :D Ah, e alle parentele di Candida
non ho ancora pensato, ma a come farle prendere per i fondelli Harry
Potter sì (muahahahah). Magari mando Candida a vedersela
anche con il mio prof di fisica, già che c'è...
credo che mi farebbe prendere 30 in massimo 5 secondi di colloquio!
@Florence: taaaanta ciccia al fuoco anche in questo capitolo (anche se
ho preferito evitare studentesse sarsicciose lasciate in mutande) :D
Per il resto, la 'vittima involontaria' sta cominciando a farsi qualche
domandina, sì... chissà chissà :P
Comunque a quanto pare il Mayrem May... che ho tirato più e
più volte in questi giorni è servito a
qualcosa... yuppiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii! messaggio subliminale
ricevuto :P
@Emily Doyle: aspetta aspetta gli altri capitoli, che prima o
poi si chiarirà tutto :P Per tua gioia, Draco è
ricomparso, ma stai sicura che dai prossimi capitoli cominceranno ad
allungarsi gli spazi dedicati a lui... per ora, dovendo mettere tutta
questa carne al fuoco, devo buttare accenni in qua ed in là
a tutti i personaggi. Harry e Percy come Stanlio ed Ollio mi fanno
morire xD Effettivamente sono ben assortiti,
sìsì! :D
@kiamilachan: riferirò a Percy le tue condoglianze! Visto
che anche Candida è della tua stessa opinione? Entrambe
amate Harry alla follia :D Pensa pensa a cosa tramano tutti quanti...
voglio proprio scoprire cosa vi hanno portato a pensare le mie frasi
sconnesse :)
@Valaus: io vedo Draco esattamente come te. Non nego che gli piaccia il
suo ruolo da straPurosangue, straricco, straviziato, e non lo vedo come
qualcuno che vuole ad ogni costo rinnegare il proprio nome,
perchè a lui essere un Malfoy piace, e parecchio. Essere un
Malfoy condensa tutti gli ideali a cui è stato educato, che
gli sono stati inculcati fin dalla tenera età, ed in cui lui
stesso ha voluto credere. Semplicemente, Draco è sempre,
sempre stato abituato alle cose semplici.
E ritrovarsi a sedici anni nei panni del quasi assassino di Silente,
non è stata esattamente una cosa adeguata ai suoi standard.
E' proprio nel crescere
che ha cercato di distaccarsi in qualsiasi modo dall'immagine che gli
era stata cucita addosso, non con gesti eclatanti, ma nelle piccole
cose, nei momenti di solitudine, in tutte le occasioni in cui non c'era
il rischio di deludere
le aspettative degli altri. Ed ora che tutto è finito... si
gode la sua libertà (eccome, se se la godrà, urla
l'autore onnisciente che è in me xD). Per quanto riguarda
Harry e Percy... mi sa che la mia mente bacata ha accoppiato due
personaggi complementari. xD
@Mirya: ...ed io sono felice di averti tra le mie lettrici. Sarai
abituata ai complimenti ripetuti fino allo sfinimento, ma io non posso
che rinnovarteli di continuo. Piacere ad un'autrice come te
è veramente entusiasmante, e non esagero. Quindi, grazie,
grazie, grazie per tutte le tue bellissime parole.
Effebì
Mi trovate... qui.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Boccini, Sedani e Urgenze ***
5.
Boccini,
Sedani e Urgenze
La rivalsa
ha atteso più di tre anni.
E' giunta l'ora di rimediare.
Era
sicuramente una grande fortuna per tutto il mondo magico, il fatto che
lui si fosse appropriato di quella lettera prima che la aprisse il
Ministro.
Già si immaginava l'espressione scettica sul volto di
Shacklebolt, che poi, con il solito tono lento e pacato, avrebbe
borbottato qualcosa sullo scherzo idiota di qualche burlone, e magari
avrebbe anche accartocciato con noncuranza la missiva per lanciarla nel
cestino. Si trattenne dall'esplodere in un moto di rabbia solo
perchè Percy gli aveva tassativamente vietato di fare
rumore, in
quanto impegnato in un'importantissima
e improcrastinabile
conversazione via focolare con un esponente del Comitato Non-So-Quale per la
Regolamentazione di Non-So-Cosa. Effettivamente
non aveva prestato troppa attenzione alle sue parole, troppo preso
dall'euforia data dal potersi rigirare un nuovo indizio tra le dita.
- Percy, mi serve il Camino.
L'uomo lo gelò con uno sguardo talmente freddo e minaccioso
che
per un momento gli ricordò il Percy di tre anni prima,
quello
fuggito dalla Tana in nome della cieca obbedienza a Cornelius Caramell,
quello dimentico di ogni affetto e calore familiare, votato
all'ambizione ed all'incrollabile obbedienza alla Legge. Ripensandoci,
la versione Serpeverde di
Percy aveva giurato fedeltà anche alla Umbridge, e le lievi
cicatrici sul dorso della mano destra non sembravano decise a
perdonarlo per questo. Fu proprio per tale motivo che la sua mano destra afferrò
una spalla di Percy per smuoverlo dalla posizione inginocchiata che
aveva assunto di fronte al focolare.
- Harry, ma che diav...?
- E' urgente. Salve signor, ehm, Comitato,
mi chiedevo se poteva riprendere la conversazione con il mio collega
tra una decina di minuti.
- Harry, non fare lo stupido. In fondo al corridoio ci sono decine di
focolari pubblici,
perchè non puoi usare quelli?
- Ho bisogno di privacy.
Il signor Comitato
borbottò qualcosa sulla maleducazione dei parvenu e
sparì dalla visuale dei due litiganti, inutilmente
richiamato dalla voce supplicante di Percy.
- Harry, che ti salta in mente? - urlò arrabbiato, cercando
di
racimolare tutti i fogli dei suoi appunti sparsi sul pavimento.
- Se tu non fossi stato due
ore di fronte al camino, avresti letto questa!
- Gli tirò la lettera in faccia, mentre contemporaneamente
infilava la testa nel focolare. - Barnabus Cuffe, Redazione de La
Gazzetta del Profeta! - disse alla fuliggine.
E la fuliggine, che dall'altra parte di quel canale di comunicazione si
stava pigramente spelacchiando i baffi ed altrettanto pigramente
sorseggiava mezzo bicchiere di Whisky Incendiario, si
allargò in
un sorriso gongolante.
- Sì, signor
Potter? - chiese con una voce al limite dello stucchevole,
fissando il volto plasmato dalle fiamme del Bambino Sopravvissuto.
- Volevo sapere se le era arrivata...
- Questa? - domandò sornione sventolando una busta nera. -
Una tazza di tè, signor Potter?
Per la seconda volta nel giro di pochi minuti, Harry pensò
ai modi affettati della Umbridge.
Decisamente, la cosa non gli piaceva affatto.
- No, grazie, volevo solo controllare che... la lettera,
sì. Può mostrarmela?
Barnabus Cuffe gli porse immediatamente la busta.
- Sì, sono uguali. Grazie, signor Cuffe, mi tenga informato.
- borbottò pensieroso.
- Ah, merda, me
ne stavo dimenticando, signor Potter, un momento!
Nel suo Ufficio al Ministero, Harry sospinse di nuovo la testa tra gli
alari. - Sì?
- C'era anche questo, dentro la busta.
***
- Credi che Ginny ce la farà?
- Si è presentata come candidata a due ruoli... credo che
almeno
per uno sarà scelta sicuramente. E' brava, credo.
- Per due ruoli?
- Cercatrice e Pluffatrice.
- Si dice Cacciatrice,
Neville, lo so anch'io questo.
- Quello che è. - Sorrise.
- Certo, che se si è presentato lui, potevamo provarci anche
noi
- valutò Hermione, assistendo all'a dir poco ingloriosa
prestazione di un ragazzo ad occhio e croce del secondo o terzo anno. -
Quella invece sembra bravina. Credo si chiami Natalie,
è
una Grifondoro.
- Beh, se proprio dobbiamo vincere questa Coppa, sarà bene
che
sia un trionfo più rosso e oro possibile. Non sopporterei
Malferret che si pavoneggia per i corridoi perchè la partita
è stata vinta perchè lui ha preso il
Boccino.
Hermione gli lanciò un'occhiata obliqua. - Non è
questa la mentalità, Neville, lo sai...
- Dai, Herm, non lo sopporteresti neppure tu.
- Effettivamente, sarebbe più fastidioso di un Nargillo
attaccato al vischio.
Hermione si voltò verso il punto da cui proveniva una
sognante voce femminile.
- Luna, non hai provato neppure tu? - chiese Hermione accennando al
campo da Quidditch.
- Non mi piacciono i Manici di Scopa. Ci si annidano troppi Cappelletti
Bollosi.
Il profondo sospiro di Hermione fece eco alla risatina di Neville.
- Oh, guardate, ci stanno venendo addosso, tenete.
Mentre Luna porgeva loro con estrema calma dei gambi di sedano - a suo
dire portentosi
nella lotta ai Cappelletti Bollosi, proprio per questo se li era
portati dietro per avvicinarsi a tutte
quelle scope
-, Neville ed Hermione realizzarono una presenza quanto mai incomoda ed
inaspettata in mezzo a loro. Un lieve scintillio dorato oscillava
freneticamente ad un palmo dai loro nasi, ed otto scope parevano
immensamente determinate ad avere la meglio su quel riverbero luminoso.
- Malferret, fermo! - urlò l'occupante della seconda Scopa,
che
a giudicare dalla scia infuocata che le partiva dalla testa era Ginevra
Weasley.
- Non lascerò il Boccino a te, stupida Piattola -
urlò
sprezzante Draco Malfoy, che era momentaneamente il più
vicino
alla meta.
- Idiota! Sai benissimo che io giocherò come
Cacciatrice...
- Ti dovrei lasciar vincere questa sfida solo perchè tanto abdicheresti?
- Da quando in qua sono diventata una sovrana, Malfoy? Hai lasciato ai
Weasley il comodo trono
della tua nobilissima famiglia?
- Lascia stare la mia famiglia, Piattola, e togliti dai piedi -
replicò freddo, accelerando improvvisamente.
Nel vedersi piombare non una, ma ben due Firebolt addosso, Hermione
fece l'unica cosa che le passò per la testa, e l'ultima che
avrebbe voluto realmente fare. Chiuse le dita intorno alle ali
scalpitanti del Boccino d'Oro.
E le dita di Malfoy si
chiusero intorno alle sue.
- Stupida Mezzosangue - biascicò, mentre tentava inutilmente
di riprendere quota, vincolato dal braccio di Hermione.
Le piombarono addosso in due, lui e la sua stramaledettissima
Scopa.
E Draco si ritrovò in bocca un gambo di sedano.
***
- Candida, cara?
- Sì, signor Ministro?
- Notizie da Barnabus?
Candida storse il naso, Barnabus gliene aveva date anche troppe, di
notizie. L' aveva trattenuta con la faccia nel Camino per dieci
inutilissimi minuti, riempiendole la testa di stupidaggini. Sarebbe
bastato dire poche parole chiave, sulla conversazione con Harry Potter,
sulla lettera ed il suo contenuto... ed invece no, Barnabus Cuffe aveva
insistito per parlare del tempo.
Un minuto di notizie importanti, e nove
minuti di 'peccato
che il tempo si sia guastato, queste nuvole non promettono niente di
buono...'.
- Allora, Candida? - insistè Kingsley.
- Il signor Potter ha chiesto a Cuffe se aveva ricevuto una lettera
uguale alla sua, e poi Cuffe gli ha consegnato anche la snitch dorada.
Cuffe, non Barnabus. Era importante ripristinare le giuste distanze. A
dare troppa confidenza a quel giornalista da strapazzo si rischiava di
votare la propria esistenza agli anticicloni delle Azzorre.
- E Potter?
- L'ha presa e se ne è andato.
- Ah, come vorrei vederlo impegnato a scervellarsi sugli indizi...
- Se ho inquadrato bene Potter, più che a scervellarsi,
sarà impegnato a rincorrere l'indizio per tutto
l'Ufficio. Este hombre
sigue siendo un niño.*
Rispose rapidamente ad un'occhiata interrogativa del Ministro. - Un
bambino.
- E' pur sempre il Bambino Sopravvissuto, cara Candida. - Rise.
- Non credo che continuerà ad essere sobreviviente* se
non la smette di impicciarsi ovunque - concluse perentoria Candida.
- Non si dimentichi di aggiornare...
- Sì, ya
sé.* Gli scrivo subito.
- Perfetto, cara. Torno nel mio Ufficio, sto aspettando
ospiti.
Candida si bloccò. - Oh! - sospirò con voce
sognante. - Lui?
- Non mi dirai che... - iniziò Kingsley, sornione.
La signorina de Torres avvampò. - Oh, certo che no,
insomma...
Il Ministro della Magia sparì ridacchiando nel proprio
Ufficio,
mentre Candida si fiondò in bagno armata di bacchetta.
Quella
lettera poteva aspettare, al momento era più preoccupata da
come
sarebbe apparsa ai suoi
occhi.
Con un colpo di bacchetta risistemò la crocchia mora,
imprigionandovi tutte le ciocche ribelli; un altro lieve colpetto e le
sue ciglia divennero improvvisamente più lunghe, eleganti e
splendenti.
Tornò al suo posto dietro la scrivania, guardandosi
febbrilmente
intorno e riordinando tutti i documenti sparsi sul tavolo.
Quando intravide una ciocca di lunghi capelli biondi appena dietro la
porta, andò in visibilio.
Peccato che quella ciocca, oltre a presagire l'arrivo dell'uomo dei
suoi sogni, ne precedeva un'altra, altrettanto bionda.
Ed immediatamente capì che quella giornata non poteva
rivelarsi
altro che un fiasco totale: del resto, un futile dialogo sulle
precipitazioni nel Surrey in compagnia di Barnabus Cuffe non poteva
essere l'aprifila di niente di buono.
- Prego, il Ministro La
sta aspettando - borbottò rivolgendosi
volutamente ad uno solo dei due nuovi arrivati.
***
- Malfoy, sei un cretino! - urlò Ginny.
Draco non le rispose perchè al momento aveva la bocca
ostruita,
ma l'occhiata che le lanciò non prometteva niente di buono.
Nel frattempo, da qualche parte sotto di lui, Hermione non riusciva a
trattenere le lacrime.
- Hermione! - gridò Neville, guardando qualcosa di non
meglio identificato sotto la schiena della ragazza.
Luna Lovegood, invece, scuoteva ripetutamente la testa. - Tutta colpa
dei Cappelletti, me l'aspettavo. Forse dovevo togliere le foglie al
sedano, l'avrei reso più efficace. - Agitò
più
volte il suo gambo in direzione della Firebolt di Draco, ma non
successe alcunchè. - Beh, se ne sono andati. E'
già
qualcosa.
- Santo cielo, non
esistono i Cappelletti Bollosi, Luna! -
sbraitò Hermione, stringendo le palpebre come a volerle
serrare il più possibile.
Quando Hermione perdeva la pazienza, era chiaro a tutti che ci fosse
qualcosa di estremamente fastidioso, o pericoloso, od urgente in corso.
Se le Creature Magiche occasionalmente create dal Cavillo rientravano
di certo nella sfera del fastidioso,
in quanto prodotti di fantasia non riscontrabili in alcun libro di
testo, si poteva altrettanto sicuramente escludere la presenza di
qualcosa di pericoloso nell'etere,
dato che Madama Bumb aveva momentaneamente sospeso gli allenamenti per
analizzare l'accaduto ed eleggere il Cercatore titolare di Hogwarts.
Restava da capire cosa ci fosse di così urgente, da far
scattare di rabbia la Caposcuola.
Malfoy sputò altrettanto infuriato il gambo di sedano. -
Granger, se tu lasciassi quel Boccino, io potrei anche
alzarmi.
- Non sono io che sto
trattenendo la tua mano, idiota! Togliti di dosso!
La stupidità di un tifoso di Quidditch poteva toccare
vertici a
dir poco imbarazzanti: Draco Malfoy era disposto a perseverare per ore
in quella posizione, incastrato tra gli spalti, la scopa ed Hermione.
Dopotutto, magari esisteva un qualche minuscolo cavillo del regolamento
che stabiliva che la partita finisse in pareggio se il Boccino veniva
afferrato da uno spettatore. O magari quello era uno dei settecento
falli impossibili da memorizzare. O, eventualmente, una regola simile
non era ancora stata stabilita perchè non si era mai
verificata
prima una situazione simile.
- Dovresti davvero toglierti... - pigolò Neville,
terrorizzato
dalla smorfia di dolore e di rabbia impressa sul volto dell'amica, ma
altrettanto spaventato dalla determinazione del Cercatore.
- Che diavolo sta succedendo qui? Signor Malfoy, si tolga! -
esclamò una voce stizzosa.
Una donna bassa, dai capelli grigi e gli occhi gialli planò
verso di loro, soffiando un'infinità di volte nel suo
fischietto. A Malfoy non restò da fare altro che abbandonare
la
sua preda, liberando il pugno stretto fino all'inverosimile di Hermione.
- Signorina Granger, che cosa?... Oh, un altro - bofonchiò,
guardando Neville per un istante.
Hermione, che non accennava a mollare la presa sul Boccino, ma anzi, lo
stringeva nervosamente fino quasi a stritolarlo, fissò il
proprio polso sinistro, maneggiato con cura da Madama Bumb. Rotto.
- Malfoy, io ti... aaaaaaaaaargh! - urlò quando Madama Bumb
provò a premerle un punto specifico della mano.
- Sì, non ci sono dubbi, è rotto. Signor Paciock,
la accompagni in Infermeria, per favore.
Neville la aiutò a rialzarsi, cingendola con un braccio. -
Non
preoccuparti, Hermione, Madama Chips te lo rimetterà apposto
in
un baleno.
- Bene, tornando a voi... Malfoy Cercatore Titolare, Weasley Prima
Riserva, Bell Seconda.
La sorella minore di Katie Bell, Corvonero, per l'euforia
staccò
entrambe le mani dalla sua Tornado, rischiando di precipitare nel
vuoto. Il fatto che avesse solo rischiato
di farsi male la distingueva in positivo da Katie, che quando era ad
Hogwarts sembrava portata in maniera eccezionale ad essere bersaglio di
incidenti ed a riportare ferite più o meno gravi su tutto il
corpo.
Madama Bumb la raggelò con un'occhiata torva, poi
tornò
al centro del campo per riprendere le selezioni. - Avanti con i
Cacciatori!
Con la calma di sempre, Luna Lovegood reputò più
interessante raggiungere Hermione e Neville in Infermeria. Dopotutto,
nel regno di Madama Chips non era permesso l'ingresso ai Cappelletti
Bollosi. Lì sarebbe stata decisamente più al
sicuro.
***
Harry!
Ce l'ho fatta!
Sono Cacciatrice Titolare della squadra di Hogwarts, ed anche la Prima
Riserva per il ruolo da Cercatrice.
Harry rischiò di stritolare la pergamena.
Quante volte glielo aveva detto: Cac-cia-tri-ce.
E basta, il Cercatore era lui e solamente lui. Beh, perlomeno era solo
una Riserva, certamente il Titolare non le avrebbe ceduto volentieri il
proprio posto.
So che non sarai
contento del mio provino da Cercatrice, ma scommetto che avresti
preferito me
come Titolare, al posto
di Draco Malfoy.
Come tempo prima aveva ipotizzato Arthur Weasley, il nome del
Serpeverde era, nell'ordine, sottolineato, cerchiato, evidenziato ed
addirittura circondato da un nugolo di frecce dalla punta
più
che acuminata.
In molti credono che
sarà sicuramente scelto dagli Osservatori, visto che
è bravissimo.
Intorno all'aggettivo, Ginny, dopo aver giurato e spergiurato che non
lo credeva veramente, perchè fare un complimento a Draco
Lucius
Malfoy era roba da pazzi,
aveva cercato di erigere una sorta di monumento futurista, a giudicare
dalle linee dritte, curve, spezzate che si annodavano e snodavano per
incorniciarlo.
Ma Harry si trattenne dal fare la lettera in mille pezzi, distratto dal
lieve sottofondo di un incessante battito d'ali.
Boccino d'oro = Torneo
Trescope.
E qui il ragionamento non faceva una piega: il mittente
delle
lettere minatorie poteva averlo allegato alla missiva destinata a
Barnabus Cuffe per rimarcare semplicemente l'evento che avrebbe
sabotato.
Quando però l'associazione diventava un'altra, c'era di che
preoccuparsi.
- Percy, tua sorella è...
- Cacciatrice e Cercatrice, lo so. Credo abbia sguinzagliato decine di
gufi diretti a tutta la famiglia - rispose nervoso Percy, chiaramente
infastidito da tutta quell'attenzione maniacale dei giovani Weasley per
il Quidditch.
- C'era un Boccino d'Oro nell'ultima busta destinata a Cuffe. Credi
che... vogliano colpire Ginny e quindi me?
Percy lo guardò storto, prima di borbottare qualcosa
riguardo al fatto che bisognava
sempre spiegargli tutto.
- Primo, che bisogno avrebbero di mettere in mezzo il Trescope, se
volessero colpire te? Sei in questo Ufficio a non fare niente dalla
mattina alla sera, - Harry sbuffò - in compagnia di un solo
mago, senza protezione nè scorta, sanno dove trovarti e ti
colpirebbero facilmente. Secondo te metterebbero in mezzo il Torneo
più importante a livello europeo solo per te?
Harry fu tentato dal rispondere 'certo
che sì', ma si trattenne. Forse un fondo di
verità c'era, nelle parole di Percy.
- E poi, Harry, Ginny è una Riserva, senza contare che i
provini ci sono stati dopo
che la lettera era già arrivata sia al Ministro che a Cuffe.
Avrebbero potuto inviarti una Pluffa, del resto era certo che Ginny
sarebbe entrata nella squadra come Cacciatrice.
Odiava la razionalità di Percy. La odiava in maniera
viscerale.
- Ma non c'entra una Pluffa...
- Siamo maghi, Harry - sospirò Percy, che ancora non aveva
il
coraggio di credere nella stupidità del Bambino
Sopravvissuto.
Poi, il volto dell'Eroe sembrò rischiararsi tutto d'un
colpo. - Era certo che
Ginny...?
Percy ridacchiò. - Solo tu non hai mai voluto vedere che
Ginny era brava quanto
te.
- Non intendevo quello - ringhiò Harry. - Intendevo che...
cavolo, è così ovvio!
Tutto ciò che era ovvio
agli occhi di Harry, rischiava spesso di rivelarsi forzato,
inconcludente e pericoloso,
come del resto tutto
ciò che lo riguardava.
Quindi, neanche lui si stupì quando Percy
sobbalzò sulla
sedia, lasciando ricadere con un sospiro la testa tra le braccia: non
aveva neppure il coraggio di guardare.
- Chi era ovvio
che diventasse Cercatore, ma
solo perchè io non sono più a Hogwarts?
- puntualizzò con aria trionfante.
Percy strabuzzò gli occhi. - No - si limitò a
dire. - Non ricominciare.
- Devo scrivere a Hermione. Passami la tua piuma! - ordinò,
prima di Appellarla da solo.
***
Era bastato un intruglio che sapeva lontanamente di gasolio e gelsomino
a rimetterla in sesto.
Cosa ci fosse dentro, non era dato saperlo. Come fosse venuto in mente
a Poppy Chips di accostare due fragranze simili, non era dato sapere
neppure quello.
La Guaritrice si era semplicemente limitata a borbottare qualcosa sul
superlavoro che le sarebbe toccato quell'anno, non bastava che si facessero
male solo i giocatori, adesso si facevano male anche gli spettatori,
dopodichè aveva buttato fuori a calci Neville e Luna,
impedito a
Ginny di entrare un'ora più tardi, e permesso l'ingresso
solo ad
un Gufo dall'aria imponente, che con aria altezzosa si era rifiutato
categoricamente di attendere.
Il problema era uno solo: Madama Chips le aveva tassativamente vietato
di muovere anche impercettibilmente il polso, ed aprire una busta
rientrava nella categoria di attività
rischiose punibili con la pena capitale.
- Ehm, Madama Chips, potrebbe aprirmela lei?
Lo sbuffo che ricevette in risposta rischiò di renderla
spettinata più di quanto non fosse già. - Grazie
-
borbottò quando Madama Chips le aprì la lettera
di fronte
agli occhi, premurandosi di non sbirciare.
Cara Hermione,
Come stai? Spero tutto bene.
La ragazza grugnì. Benissimo, si
appuntò di rispondergli.
Devo parlarti
urgentemente, pensi di riuscire a trovarti da sola vicino al focolare
della Sala Comune stanotte all'una?
- Ehm, Madama Chips, tra quanto uscirò di
qui?
Madama Chips la guardò in cagnesco. - Poco, anche se per
sicurezza dovrò fasciare il polso.
- E... potrei rispondere a questa lettera?
- Non se ne parla!
- Ma scrivo con la destra!
- Oh, fai come vuoi. - Sbuffò. - Non ti
riaggiusterò, se qualcosa andrà storto,
sappilo.
Hermione sorrise, ed impugnò una delle piume sul comodino, a
disposizione dei degenti.
Caro Harry,
Per stanotte non ci sono problemi.
Non va esattamente tutto bene, ma te ne parlerò via camino.
A più tardi.
Hermione
Posò delicatamente la piuma sul mobiletto, ma
si trovò di fronte ad un altro, insormontabile, problema.
- Ehm...?
Madama Chips si voltò di nuovo. - Visto che non siete
così invincibili,
voi pazienti? - chiese con stizza. - Se tu avessi aspettato, l'avresti
imbustata da sola, questa lettera.
Hermione si sforzò di produrre la faccia più
angelica
possibile, al che la Guaritrice non potè fare a meno di
toglierle la pergamena di mano, piegarla, ed inserirla nella busta che
aveva contenuto la missiva di Harry.
- C'è scritto Hermione, ma riportala ad Harry Potter -
sussurrò al Gufo, che schioccò il becco con
eleganza.
Si adagiò di nuovo tra i cuscini, in attesa di essere
dimessa
dall'Infermeria, e con la coda dell'occhio intravide Euan Abercrombie a
parlottare con Madama Chips.
Chissà cosa voleva dirle Harry.
Quando usava la parola 'urgente',
quella assumeva un solo significato: guai grossi.
Come se avesse bisogno di altri guai... la situazione con Malfoy stava
diventando insopportabile.
Certo, nel loro scontro di quella giornata, non aveva avuto il tempo
di essere assalita da strani, angoscianti pensieri, ma solo
perchè il dolore lancinante del polso che si spezzava le
aveva
annebbiato la mente, prima di renderla fiera ed imbizzarrita come una
belva selvaggia.
E pensare che il dolore del polso era niente in confronto a...
- Signor Malfoy, cosa ci fai qui? - sbraitò
Madama Chips, chiaramente infastidita dal fatto che fosse completamente
sano e per
niente giustificato ad essere nel suo
regno.
- Mi ha obbligato Madama Bumb a venire qui, ma se disturbo, non
c'è alcuna ragione per cui io... - rispose strascicando le
parole, come suo solito.
- Non se ne parla! Se la mia collega ti ha spedito qui... a fare cosa,
di grazia?
- A sincerarmi di non aver ucciso la Granger - sghignazzò.
- Beh, è viva e vegeta. Ed anzi, già che sei qui,
aiutala a prendere le sue cose, e ad uscire.
Se Madama Chips gli avesse tirato in faccia fegato di rospo in
salamoia, molto probabilmente Malfoy avrebbe apprezzato maggiormente il
gesto.
Il gesto
di ordinargli di fare da sguattero
alla Mezzosangue era decisamente insostenibile.
- Se l'ha rimessa in sesto, dovrebbe farcela anche da sola -
sbottò, prima di voltare le spalle alle due donne.
- Non fa niente, Madama Chips. - Hermione provò a
tranquillizzarla, dato che stava per scagliare chissà quale
fattura su Malfoy e sulla sua impertinenza. - E' un po' arrabbiato,
dopotutto mi sono rivelata una Cercatrice migliore di lui - aggiunse
maligna.
Malfoy si immobilizzò. - Il giorno in cui non piangerai al
solo pensiero di
toccare una
Scopa, ne riparleremo, Granger. Wingardium
Leviosa!
La bacchetta ed il mantello di Hermione, le uniche cose che aveva con
sè al momento dell'incidente, si sollevarono in aria, mentre
Draco li faceva volteggiare a suo piacimento.
- Mobilicorpus!
Hermione si unì agli oggetti svolazzanti per l'Infermeria. -
Malfoy, mettimi giù!
- Visto che devo
portarti fuori, ti porterò fuori a modo mio,
Mezzosangue.
Ignorò le proteste di Madama Chips, le sue minacce di
togliergli venti punti - venti
e basta? pensò
infuriata Hermione, mentre rischiava di sbattere la testa contro lo
stipite della porta - e continuò a manovrare i tre volatili, come un
giocoliere navigato.
- Malfoy, ti prego,
mettimi giù.
Odiava volare, e lui lo sapeva.
Che fosse una Scopa, o un Thestral, o qualsiasi altra cosa, non
sopportava di non avere i piedi ben piantati a terra.
Lo sapeva anche Bellatrix, e non era un caso se spesso, con lo stesso
Incantesimo, la teneva sollevata ad altezze esagerate.
E la obbligava anche a girare la testa per guardare in basso, ed
apprezzare con i suoi stessi occhi il baratro che la separava dal suolo.
Aveva pensato tante volte di abbandonarsi a quella mortale caduta
libera, e talvolta Bellatrix le aveva anche concesso di sperare nella fine,
sfracellata dopo un volo di chissà quanti metri.
Fine che
non era mai arrivata, dolore
che si era prolungato per giorni e giorni.
- Malfoy - sibilò senza più convinzione, come
svuotata dalle sensazioni dilanianti che l'avevano attraversata.
E per qualche strano motivo, Malfoy la mise giù.
- Sei arrivata, Mezzosangue.
Oh certo, l'aveva scaricata di fronte alla Sala Grande, certamente non
era stato alcun nobile sentimento ad invitarlo a cessare quella tortura
in miniatura.
Non disse nient'altro, limitandosi a riprendere bacchetta e mantello,
ancora sospesi a mezz'aria.
Gli voltò le spalle, diretta al suo tavolo, dove i saluti
gioiosi di Ginny e Neville le riscaldarono il cuore.
E Draco Malfoy si chiese perchè mai non l'avesse
Trasfigurato in
qualcosa di raccapricciante, giusto per vendicarsi di tutto
ciò
che le aveva combinato in un semplice pomeriggio.
Si chiese perchè non l'avesse insultato, offeso, o
perchè
non gli avesse semplicemente urlato in faccia qualsiasi cosa le
passasse per la testa.
Si chiese perchè ad Hogwarts non fosse tornata Hermione
Granger, ma la sua ombra.
E si chiese anche perchè stava pensando a tutte quelle
stupidaggini.
Più la Mezzosangue teneva chiusa la bocca, e meglio vivevano
tutti.
***
NOTE:
- Traduzioni dal Candidese: :D
* Quell'uomo è rimasto un bambino.
* Sopravvissuto.
* Sì, lo so.
- I
Cappelletti Bollosi sono usciti dalla mia immaginazione. Sono
un incrocio tra i Berretti Rossi ed i Ricciocorni Schiattosi. xD
(Fantasia portami via!)
- La sorella di Katie Bell me la sono inventata di sana pianta: avevo
serie difficoltà ad inventarmi un nome, ed ho optato per una
soluzione che mi risparmiasse la fatica. :) (Ripeto, Fantasia portami
via!)
Effebì
Mi trovate... qui
.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** La Nottata Mondiale del Gufo ***
7.
La Nottata
Mondiale del Gufo
Candida
Flor Paciencia Dulcinea Fermina De Torres era nata a Bobadilla,
sperduta località andalusa nel distretto di Antequera
dimenticata dalle mappe e ricordata di tanto in tanto da qualche treno
merci o regionale, dove i passeggeri con un minimo di senno comunque
scarseggiavano, terrorizzati dalle
quattrocento fermate
previste dalla tabella di marcia. Nei mesi più caldi
dell'anno,
Bobadilla era talmente invivibile per il sole che infiammava il
già desertico paesaggio che i pochi abitanti cercavano
ristoro
nella stazione ferroviaria, climatizzata 24 ore su 24, e mantenuta ad
una temperatura talmente rigida da obbligare i suoi ospiti ad indossare
abiti pesanti. Era ormai un rito per i pochi abitanti di Bobadilla
ritrovarsi nelle ore più calde del giorno all'interno della
sala
d'aspetto, chi con un libro, chi sferrettando all'uncinetto, chi con
cuscini e coperte, pronto per la siesta: tutti
i presenti alla fine finivano per parlottare tra sè,
spettegolando della vita di paese e soprattutto dei Señores De Torres
tanto sfuggenti nel loro Palacio
circondato da terre riarse, quanto strambi nelle loro uscite pubbliche.
I De Torres vivevano a Bobadilla da infinite generazioni, tanto che
nessuno riusciva a ricordare con esattezza quando fossero piombati in
quel Palacio: a
dir la verità, nessuno ricordava con esattezza quando fosse
spuntato quel Palacio tanto
maestoso quanto inaccessibile.
Erano addirittura fiorite delle leggende
sul loro arrivo a Bobadilla, tramandate con cura e ricchezza
di particolari da tutti i concittadini: le più fantasiose parlavano
addirittura di un approdo dei primi De Torres a bordo di un tappeto persiano volante,
e di una costruzione della loro umile
dimora avvenuta in tempi record e, soprattutto, ad opera
di pochissimi muratori - i più creativi
mormoravano addirittura che nessuna
ditta di costruzioni si fosse occupata di quell'abitazione.
Fatto sta che gli unici a non impiegare il proprio tempo libero nelle costruttive chiacchiere
all'interno della stazione erano proprio i De Torres, e questo bastava
ed avanzava ad ipotizzare che nascondessero qualcosa, e sicuramente
qualcosa di losco.
Se a ciò si aggiungeva il fatto che nessun De Torres aveva
mai
frequentato le scuole del paese, e che da secoli ogni loro bambino
spariva per circa sette anni, riapparendo solo durante l'estate, e che
nel giro di un anno dal ritorno definitivo a Bobadilla il bambino (o la
bambina) ormai cresciuto prendeva moglie (o marito), la conclusione era
soltanto una: i De Torres appartenevano chiaramente ad una setta
religiosa della peggior specie, molto probabilmente erano Vampiri
millenari, ed era altrettanto possibile che fossero assassini, o
mafiosi, o fantasmi.
Che fossero Maghi, nessuno l'aveva mai ipotizzato.
Almeno fino al giorno in cui Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de
Torres, nell'incoscienza dei suoi sette anni, scappò dalla
rigida custodia dei genitori e venne ritrovata appollaiata su una
palma, a discorrere amabilmente con un serpente, finito
lassù
chissà come.
Era servita un'intera squadra di Obliviatori per cancellare i ricordi
di quella visione a tutti coloro che passeggiavano per Calle Zoilo in
quella torrida mattinata di luglio, ed un'intera squadra di Auror per
costringere Candida a scendere da quella palma ed a smettere di parlare
con il suo nuovo migliore
amico:
l'unico modo per frenare la sua esuberanza fu trovato da un tale
Antòn Navarro, che la Schiantò, beccandosi una
settimana
di sospensione per aver Schiantato una povera bambina indifesa.
Quando però Antòn Navarro ed altri due o tre
Auror
mostrarono le proprie chiappe piene di pustole gorgoglianti, il loro
Supervisore si convinse che quella piccola
tanto indifesa non
era, e revocò la punizione all'autore dello Schiantesimo.
Candida si arrabbiò talmente tanto per quell'ingiustizia, che
alla veneranda età di sette anni, giurò vendetta
a tutto il genere maschile ed a qualsiasi autorità in
grado di superare la sua, mai formalizzata ma molto più
impressionante, perchè innata.
Peccato che a casa De Torres anche i genitori fossero un'autorità in grado di
superare la sua.
In realtà, si limitavano a provare a dettar
legge su di lei.
Dopo i canonici sette anni di formazione alla piccola Scuola
dell'Alhambra di Granada - in mezzo ad orde di turisti Babbani che,
come al solito, non si rendevano minimamente conto che le aree
cosiddette 'inagibili' erano in realtà molto più
grandi
di come apparivano e contenevano Aule, Dormitori, immense Sale e
persino un Parco interno - Candida aveva imparato talmente bene a
padroneggiare la magia da non temere più alcuna imposizione
da
parte della sua famiglia: quando, non appena ottenuti tutti Excepcional nei
suoi esami finali, era tornata a casa per scoprire di essere stata
promessa in sposa all'ennesimo De
Carvajal già imparentato con la sua Casata, si era
arrabbiata
così tanto da impacchettare tutti i suoi effetti personali e
da
andarsene definitivamente
da Bobadilla, mandando a monte - già che c'era
- il matrimonio del fratello senza
palle con l'inguardabile sorella del suo promesso sposo.
Da quel giorno, De Torres e De Carvajal non avevano più
contrattato alcun matrimonio, il
De Torres senza palle
era stato costretto a sposarsi con una Babbana per non rimanere all'asciutto, e la De Torres con le palle si era
trasferita a Londra, dove aveva rinnegato il suo sangre puro ed il
suo orgoglio patriottico, imparando l'inglese e frequentando senza
problemi Mezzosangue e Nati Babbani.
Le sue certezze sull'uguaglianza e sull'amore fraterno tra categorie diverse
di Maghi avevano però vacillato pesantemente in due
occasioni.
La prima, quando, vagando per Diagon Alley in cerca di lavoro, si era
imbattuta in un giovane ed ancora scapolo Lucius Abraxas Malfoy.
La seconda, quando Harry Potter era entrato per la prima volta nel suo
Regno, l'anticamera dell'Ufficio di Shacklebolt.
In entrambi i casi, era giunta alla conclusione che non sarebbe stato
così male, se Voldemort non fosse stato sconfitto
diciassette
anni prima: lui,
l'uomo dei suoi sogni, avrebbe sicuramente approvato, ed Harry Potter
non l'avrebbe mai disturbata
con la sua petulante presenza.
Del resto, Harry Potter era pur sempre l'attuale Supervisore degli
Auror e, come tale, degno di essere il bersaglio della sua tremenda ed
incessante voglia di rivalsa: erano passati ormai ventotto anni dalla
sua materializzazione su una palma, e diciotto dalla sua fuga da
Bobadilla, ma certe abitudini
erano dure a morire.
Fu con un ghigno beffardo, che finì di istruire
Aléjandro sul compito che doveva portare a termine.
Oltre a quello che aveva proposto Shacklebolt, poteva sempre
permettersi qualche scherzetto
fuori programma.
***
Hermione Jean Granger non amava andare a letto tardi,
quando non
aveva da studiare o da avventurarsi in qualche impresa letale insieme
ai suoi degni alleati di sempre: proprio per questo motivo, quella sera
rischiò di addormentarsi una decina di volte sul divano
della
Sala Comune, nonostante le chiacchiere ed il frastuono prodotti dai
suoi chiassosi compagni di Casa.
Alla fine si addormentò davvero, ed a niente servirono i
tentativi che Ginny fece per svegliarla: sconfitta, la Weasley
salì in Dormitorio, seguita dai pochi studenti rimasti
ancora in
piedi.
Non appena l'ultimo capello fiammeggiante fu sparito dalla Sala Comune,
Hermione cessò la sua prova da attrice e sbirciò
furtivamente per vedere se qualcuno fosse ancora nei paraggi: quando fu
certa che tutti fossero a letto, si alzò dal divano e si
sedette
più vicina al focolare, in modo da non rischiare di
addormentarsi per
davvero.
Quando il testone di Harry comparve nel fuoco con dieci
minuti
di anticipo, capì che la situazione era più grave
del
previsto.
O che almeno, per lui
era della vitale importanza, ovviamente senza esagerare.
- Harry! - lo accolse con un largo sorriso.
- Hermione... tutto bene? - replicò l'altro con una smorfia
non del tutto rilassata.
- Se si esclude il fatto che oggi Malfoy mi ha rotto un polso,
sì, va tutto bene - mentì, evitando di guardare
Harry
negli occhi. Poi, ripensandoci, alzò lo sguardo fino ad
incontrare il suo, tanto, con le sue profonde
capacità in Legilimanzia, Harry avrebbe potuto credere anche
a
qualcuno che gli avesse detto che Natale veniva ogni 13 marzo. - Tu,
come mai hai voluto parlarmi?
Harry parve immensamente felice di arrivare direttamente al nocciolo
della questione, tanto che Hermione ebbe quasi paura di riconoscere
perfino tra le fiamme del camino lo sguardo da eroe
che l'amico teneva in serbo per le grandi occasioni: c'è chi
in
casi speciali stappava bottiglie di Whisky invecchiato, e chi, come il
Bambino Sopravvissuto, da sempre amante
delle cose facili, innocue e per niente rischiose, sfoggiava
un'autentica fiamma
sinistra nelle iridi smeraldine, che presagiva guai,
catastrofi ed in certi casi anche decessi,
come Sirius Black non avrebbe avuto problemi a confermare.
- Il mondo è in pericolo, Hermione - dichiarò,
con il chiaro intento
di non far preoccupare nessuno.
C'erano diversi modi per reagire ad una notizia simile. Il primo,
disperarsi, non era da Hermione. Il secondo, mobilitarsi, era
avventato. Il terzo, chiedere spiegazioni, era da
Hermione e non
era avventato, e, soprattutto, poteva sempre
essere un metodo per sgonfiare
le certezze assolute dell'Eroe e rivelare la Verità, e
cioè che non c'era alcun pericolo e che tutti potevano
tornare a
dormire tranquilli.
- Ehm, e cosa te lo fa pensare?
- Queste - borbottò Harry lanciandole due lettere fuori dal
focolare.
Le lesse in un batter d'occhio, dopodichè sbattè
per un
po' le palpebre, prima di parlare. - Harry... ma chi potrebbe volere
questa vendetta? Non ci sono Mangiamorte in
libertà...
- Sì che ci sono! - Harry rispose talmente di getto che
ingoiò anche qualche quintale di fuliggine e ceneri. -
Malfoy!
- Harry, ma loro... hanno collaborato... - replicò titubante.
- Collaborato un corno! Lo sai cosa c'era incluso nella seconda busta?
Un Boccino!
- Harry, ma... è normale... cioè, vogliono
sabotare il
Trescope... cosa dovevano metterci, un pezzo degli Scacchi? -
Soffocò una risatina, ma vide immediatamente che non era il
caso. Le parve di sentire qualcosa di vagamente simile ad 'è uguale a Percy',
e, mentre si chiedeva cosa diavolo c'entrasse Perfetto Weasley in
quel discorso, venne interrotta bruscamente da una dichiarazione
d'intenti lodevole.
- Hermione, ho bisogno di te. - Era comunque un passo in avanti, dato
che Harry James Potter era celeberrimo per sbrigare - male - ogni cosa da
sè.
- Anch'io ho bisogno di te, Harry - sospirò,
troppo piano perchè la potesse sentire.
- Devi stare addosso a Malfoy - ordinò, con un tono che non
ammetteva repliche.
Repliche che Hermione avrebbe voluto urlargli in
faccia, repliche che però le erano rimaste inspiegabilmente
bloccate in gola.
- Non posso - si limitò a bisbigliare.
- Dai, Hermione, lo so che è un furetto insopportabile, ma
chi
dovrei metterci, Ginny? Lo fulminerebbe dopo due ore... tu sei la
più intelligente delle mie amiche, la più
scaltra, e so
che faresti un ottimo lavoro, discreto, ma efficace. Ti chiedo di
controllare un po' i suoi movimenti, di riferirmi se avviene qualcosa
di sospetto... so che puoi farlo! - Oltre allo sguardo da eroe, Harry
James Potter aveva sviluppato un secondo sguardo da cane bastonato.
Occhi tristi, labbra unite ed increspate, come a pronunciare una
supplica, e guance che si coloravano lievemente - ed Hermione si era
sempre chiesta come facesse ad arrossire
a comando. - A proposito, come mai ti ha rotto il braccio
oggi?
- Il polso, Harry, il polso. Durante i provini di Quidditch - Harry
digrignò lievemente i denti e strinse la mascella - il
Boccino
stava svolazzando tra me, Neville e Luna, e lui non ha esitato a
piombarmi addosso con la sua scopa.
- E' chiaro, è tutto così chiaro... voleva
vendicarsi su
di te, per prima cosa. Se solo tu fossi stata da sola,
chissà
cosa ti avrebbe fatto...
Hermione rise nervosamente. - E come avrebbe fatto a far finire il
Boccino proprio accanto a me, Harry? - replicò stizzita.
Tutto,
poteva capitarle di tutto, ma non un pedinamento ai danni di Draco:
doveva scongiurare quest'evenienza prima che fosse troppo tardi.
Ma Harry sembrava improvvisamente distratto, addirittura la sua testa
galleggiante nel camino si voltò all'indietro, ed Hermione
cominciò a spazientirsi.
Dopo qualche secondo, Harry Potter tornò a guardare la sua
amica di sempre. Lo sguardo
da eroe era improvvisamente ricomparso sul suo volto.
- Leggi questa, e poi dimmi se pensi ancora che sia tutta una coincidenza.
Hermione prese lentamente il foglio che lui le porgeva, aprendolo con
una calma estenuante.
Il Torneo inizia dai
provini.
Ed anche la mia vendetta.
Contro coloro che hanno avuto a che fare col soave Boccino.
Le teste coperte mi
porteranno alla Vittoria.
La lesse una decina di volte, fino a
memorizzarla; poi, la restituì a Harry.
- Le 'teste coperte' sono i Mangiamorte! Ti rendi conto adesso della
gravità della situazione? - sbraitò Harry.
Hermione annuì silenziosamente: qualcosa in tutto quello non
la convinceva affatto, e soprattutto non vedeva come necessariamente la
colpa dovesse essere di Malfoy.
- Farò come vuoi, Harry - sibilò mestamente. - Ma
se non dovessi farcela... - aggiunse con un filo di voce.
- Ce la farai! Grazie Hermione! - la interruppe l'amico, sparendo in
una voluta di fumo colorato.
***
Ronald Bilius Weasley malediva sempre con fervore quella dannata
finestra del bagno che dimenticava sempre aperta.
Quando c'era vento, sbatteva incessantemente, quando pioveva, sembrava
che l'acqua allagasse la stanza, quando era freddo, gli spifferi
arrivavano fino a camera sua, costringendolo a rannicchiarsi nel letto
in cerca di calore e, in ultima istanza, perfino ad alzarsi
per andare a chiuderla. Quando quella sera si era coricato,
ricordandosi un millesimo di secondo dopo che per l'ennesima volta
quel vetro era rimasto socchiuso, non si era poi disperato
così
tanto: era una notte serena, non faceva troppo freddo ed il vento era
pressochè assente, o comunque non troppo energico da
riuscire a
smuovere un doppio vetro con annesso serramento di legno lamellare.
Quello che non sospettava minimamente era che le finestre potevano
agevolare anche le intrusioni.
Godric fu dunque molto contento di non dover picchiettare
violentemente contro una finestra chiusa, nel più che utopico
tentativo di svegliare il destinatario della sua lettera: dopotutto il
becco era una parte delicata del suo corpo, poteva
ammaccarselo, o
rovinarlo in qualsiasi altro modo. Trovò quindi
più
saggio e comodo intrufolarsi a casa Weasley attraverso le imposte
socchiuse della finestra del bagno, meravigliandosi di quanto potesse
essere stato semplice consegnare una lettera in piena notte. Del resto,
ad essere il Gufo di Harry James Potter, si imparava per prima cosa che
la discrezione
non era una
qualità fondamentale: se c'era da tirare qualcuno
giù dal
letto alle tre di notte, si poteva farlo, senza indugi e rimorsi.
Fu con quella mentalità che fece cadere la busta dritta sul
naso
di Ron, e fu con quella convinzione che cominciò a
becchettargli
la guancia, in un tenero
tentativo di strapparlo al caldo sonno che lo abbracciava.
Quando però Ron cominciò a mugolare ed a
sventolare la
mano intorno al volto, come nel tentativo di scacciare una zanzara,
Godric si offese a morte.
Prese bene la mira, dopodichè rivolse la sua ultima, ma
tremenda, beccata là dove faceva più male.
Fu con un urlo strozzato e stranamente bianco che Ron si
alzò a sedere, con gli occhi serrati dal dolore e le mani a
stringere la parte
offesa, provando a darle sollievo.
Godric tubò leggermente, soddisfatto: essere il Gufo di
Harry Potter poteva essere stranamente e sadicamente divertente.
Dopotutto gliel'aveva detto lui, 'Sveglialo
immediatamente!', e, da che mondo è mondo, il
fine aveva sempre giustificato i mezzi.
Sicuro di aver attirato l'attenzione di Ronald Weasley, che nel
frattempo piagnucolava e tirava pugni al cuscino, emise di nuovo un
verso sommesso, invitandolo alla lettura.
- Chi diavolo l'ha deciso il nome Godric
per te, brutto pennuto assassino?!
Se il primo errore di Ron era stato lasciare la finestra aperta, il
secondo era stato chiaramente quello. Il Gufo, che della
bontà
d'animo del vecchio fondatore di Grifondoro non conosceva neanche un
accenno, planò nuovamente su di lui, tirandogli una beccata
esattamente al centro della fronte.
- Leggo, leggo! Stai calmo, Salazar
- balbettò Ron, sconfitto.
Godric schioccò il becco, in un chiaro segno di approvazione
per
quel nuovo nome che Ron gli aveva appioppato: gli piaceva decisamente
di più
di quello stupido appellativo datogli da quell'idiota di
Harry Potter.
Dopo qualche minuto di attesa, in cui Salazar
meditò più volte di invogliare quel Weasley a
leggere più velocemente,
Ron scarabocchiò qualcosa sul retro della lettera e la
assicurò in fretta e furia al becco del Gufo, allontanando
subito le mani per non rischiare altri rivoli di sangue gocciolanti
lungo il profilo del naso.
Il pennuto gli rivolse un'occhiata gelida, dopodichè
ripartì alla volta di Londra, stizzito per essere lievemente
in
ritardo sulla sua tabella di marcia.
Nel frattempo, Ronald Weasley si trovò costretto a dover
andare
in bagno per tamponare la ferita lasciatagli in mezzo alla fronte da
quel Gufo maledetto: si alzò lentamente dal
letto, si avviò lentamente
verso il lavabo, e aprì con un lento colpo di
bacchetta il rubinetto. Dopo essersi asciugato, rivolse uno sguardo di
puro odio alla
finestra, serrandola con un Colloportus
talmente violento che incrinò addirittura il vetro.
Balbettò un Reparo,
dopodichè tornò lentamente a letto.
Nel breve tragitto tra la porta del bagno ed il suo caldo giaciglio,
camminò con le gambe stranamente strette e
bizzarramente piegate verso
l'interno.
A diversi kilometri di distanza, Salazar
non smetteva di sghignazzare.
***
Se Ron ce l'aveva con le finestre, Barnabus Cuffe, che non
riusciva mai a limitarsi,
imprecò contro i Santi, contro i Maghi, contro
i Troll e contro tutte le
Maremme Maiale del mondo, in una filippica
incomprensibile ancora impastata dal sonno: uno stupido Gufo
stava cercando di buttargli giù la finestra, ed erano le
quattro
del mattino. Poteva vederlo chiaramente perchè non aveva
nè tende nè imposte: Barnabus Cuffe aveva
l'assurda
convinzione che potesse succedere qualcosa ad un palmo dal suo naso in
ogni momento, e, se quel qualcosa
fosse accaduto fuori dalla sua finestra, voleva e doveva
assolutamente essere il primo a vederlo e, possibilmente, raccontarlo.
Mentre sognava quel pennuto arrosto, impugnò con rabbia la
bacchetta che teneva sempre a portata di mano, sotto il cuscino, e la
puntò contro le vetrate, spalancandole e cogliendo di
sorpresa
Godric, che gli giurò vendetta per quello spavento gratuito.
Il Gufo di Harry Potter planò sul petto di Barnabus,
conficcandogli lievemente
gli
artigli nella carne e strappandogli un urlo. Mentre l'Editore pensava
se fosse stato meglio friggerlo o lessarlo, aprì la busta,
leggendola in fretta e furia.
- Cazzo,
ma non dovevamo aspettare domattina? Stupido Shacklebolt... nel cuore
della notte, merda!
Scribacchiò qualcosa in risposta all'Auror, comunicandogli
che
anche lui aveva ricevuto la stessa lettera, questa volta senza alcun
allegato.
- Tieni, serpe - borbottò
mentre assicurava la missiva al becco del messaggero.
Poi, mentre spediva il
Gufo - e la lettera - fuori da casa sua, con un lieve incoraggiamento magico non
troppo delicato e sigillando la finestra per evitare ripercussioni da
parte di quella bestia
ululante,
si figurò nella mente il suo prossimo editoriale, che
avrebbe
inserito nella Gazzetta del giorno successivo. Già se lo
immaginava: 'stanno
continuando ad arrivarci lettere minatorie... ma siamo sempre vigili e
pronti a discuterne con le autorità...'
e giù altre lettere dai suoi lettori, altra
curiosità da
parte del pubblico, altre copie da stampare, altri zellini da intascare
senza averne sborsato nemmeno uno, se si escludeva la spesa per
inchiostro e pergamene...
...Barnabus perdonò Gufo, Ministro, Potter, smise di
imprecare
contro il mondo intero e si gustò interamente le ore di
sonno
che gli rimanevano: la prospettiva di una nuova montagna di galeoni da
aggiungere alle altre che teneva alla Gringott valeva bene una sveglia
inattesa ed indesiderata alle quattro del mattino.
...Ma due sveglie
inattese ed indesiderate no.
Alle quattro e mezzo, l'Editore si era appena riaddormentato, ed un
nuovo Gufo cominciò ad accanirsi contro il vetro.
Barnabus si trattenne dall'impulso di lanciargli un Avada Kedavra e lo invitò cortesemente
ad entrare, con un Accio
talmente violento da spennargli mezza coda.
Il Gufo di Shacklebolt gli consegnò la lettera e si
ritirò in fretta e furia, sparendo nei meandri di una Londra
ancora silenziosa e lievemente illuminata dal chiarore dei lampioni.
Abbiamo anticipato
l'operazione, è stato necessario per convincere la ragazza.
Il Ministro ti spiegherà.
C.F.P.D.F.d.T.
Nel leggere l'inconfondibile firma di Manolete, Barnabus
pensò immediatamente che anche due sveglie inattese ed
indesiderate potevano andar bene.
***
Quella doveva essere la Nottata
Mondiale del Gufo, dato che a Draco Malfoy era appena
giunta una lettera dai suoi genitori.
Alle cinque del mattino, come al solito, non di certo durante la
colazione in Sala Grande, quando tutti potevano sbirciare il contenuto
delle missive.
La riservatezza e la discrezione avevano sempre regnato sovrane a
Malfoy Manor, ed anche adesso che il domicilio si era spostato in
un'altra normale
villa di campagna, il savoir
faire Malfoy si era spostato di pari passo con i suoi
detentori.
Draco lesse la lettera sbuffando: non capiva proprio perchè
gliel'avessero mandata a quell'ora, se nella pergamena era chiaramente
specificato che doveva fare assolutamente in modo che qualcuno notasse il
nome del mittente.
Si rigirò nel letto, cercando di riaddormentarsi, ma non ci
riuscì: mentre imprecava contro l'angolo del comodino, che
aveva
deciso simpaticamente di impattare contro il suo gomito, decise di
alzarsi e di uscire dal Dormitorio. Del resto erano le cinque, non ci
sarebbe certo stata sorveglianza nei corridoi.
Indossò l'uniforme e stregò la cartella con i
libri, in
modo che lo seguisse ovunque andasse, risparmiandogli il gravoso peso
della tracolla.
Appena uscito dai Sotterranei, fu però costretto a
ricredersi. C'era sorveglianza
nei corridoi, per quanto fosse strano in quel periodo ed ancora
più impensabile a
quell'ora: la Caposcuola Mezzosangue doveva essersi
imbarcata in un'altra delle sue avventure meravigliose,
anche senza i suoi fidi aiutanti a fianco. Lei avrebbe potuto togliere
quintali di smeraldi alla clessidra della sua Casa, se solo l'avesse
visto...
No, non l'avrebbe fatto. Ripensandoci, Theodore Nott era sicuro e
tranquillo nel suo letto in Dormitorio, ed era un Caposcuola quanto
lei. Quindi, anche la Mezzosangue era fuori dal letto senza
autorizzazione, e non poteva denunciarlo senza autodenunciarsi da
sola.
- Mezzosangue! Qual buon vento... - sogghignò.
Hermione parve riscuotersi da una trance durata ore.
Aveva camminato come uno zombie per tutti i corridoi della Scuola, dopo
aver fallito miseramente in tutti i suoi tentativi di prendere sonno.
Aveva passeggiato assorta, concentrata in pensieri impenetrabili, ed
adesso che era stata svegliata dal suo pseudosonnambulismo,
si guardava intorno stranita, come per capire dove fosse giunta
trascinata dalle sue stesse gambe, dotate di una propria forza di
volontà.
- M-Malfoy - realizzò dopo qualche secondo di
silenzio. E
fu allora che le tornò in mente la richiesta di Harry
di stargli
addosso. Come avrebbe fatto, se solo la sua vista le
riportava alla mente ricordi tanto crudeli
da mozzarle il fiato?
- Ma che bella scoperta, Granger. Sai il mio nome - mormorò
lentamente, più curioso
di sapere cosa diavolo stesse passando per la testa di
quella ragazza che voglioso
di prenderla in giro per qualsiasi cosa gli venisse in
mente.
- Lo so anche troppo bene - soffiò Hermione mestamente,
senza avere il coraggio di mostrargli i suoi occhi umidi.
- Cosa ci fai qua? - chiese Draco, sospettoso.
A Hermione tornò in mente il compito che doveva svolgere.
Non si
era mai tirata indietro di fronte a nessuna missione, e non l'avrebbe
fatto neppure in quell'occasione: poteva mettere a tacere i suoi
sentimenti più profondi, come aveva fatto innumerevoli volte
di
fronte a situazioni che richiedevano la sua cosciente ed attiva
partecipazione. L'avrebbe fatto anche quella volta.
- Ti stavo seguendo - rispose ironica, ma non troppo,
alzando il tono della voce e rivelando due occhi fieri e (quasi)
indomiti. - Sono per i fatti miei, Malferret, cosa dovrei farci,
qui?
- Da una sporca Mezzosangue bisogna aspettarsi sempre di tutto... cosa
c'è, ti mancano le passeggiatine fuori dal letto con Potter
e
Weasley? Anche tu sei in cerca di gloria,
come lo Sfregiato? - sputò rabbioso.
Ma Hermione si era fermata a quello 'sporca Mezzosangue',
l'aveva sentito così tante volte che... si perse,
per un attimo. Vacillò di fronte a quell'accusa che
Bellatrix le
aveva rivolto in più occasioni, come se la sua nascita fosse
un
reato da pagare con la morte... poi mise a fuoco di nuovo i capelli
biondi - e non neri - che aveva di fronte, gli occhi grigi - e non neri
- che aveva di fronte, le occhiaie leggermente accennate - e non nere -
che aveva di fronte. Malfoy, non Lestrange. Malfoy, non Lestrange.
- Non tutti siamo destinati alla
gloria per diritto
di nascita, Malfoy - replicò, senza cercare di
nascondere il sarcasmo nel definire gloria la fine
indegna di Lucius, in rovina di fronte a Voldemort e disprezzato dal nuovo mondo
magico. - I più coraggiosi
la ottengono con l'impegno.
Draco venne colto da uno scatto d'ira. - Se non fosse stato per noi...
- Se non fosse stato per voi,
vent'anni fa Voldemort avrebbe avuto un alleato in meno! Non basta una buona azione a
riscattare una vita di errori! - urlò Hermione, incurante
che
qualcuno la potesse sentire. La calma e l'indifferenza erano di nuovo
lontani ricordi. Era colpa loro
se Bellatrix l'aveva torturata. Di loro che l'avevano
permesso, e di nessun altro.
- Smetti di parlarmi come se avessi ucciso Silente, Mezzosangue -
sibilò gelido il Serpeverde, quasi in un disperato tentativo
di discolpa.
-
Oh, era certamente coraggio
quello - lo rimbeccò Hermione, tremando di rabbia.
Draco spalancò la mano, mentre Hermione si preparava a
rispondere allo schiaffo che avrebbe ricevuto con tutta la foga e la
disperazione richiamate da tutto il corpo. Solo allora Draco si rese
conto che la sua mano destra conteneva ancora qualcosa.
Cercò di coprire quel qualcosa con un piede, ma fu troppo
lento.
Hermione aveva già letto chi ne fosse il mittente, e
qualcosa di lontanamente simile a 'Vendetta'
nel testo della missiva. La ragazza si chinò per
raccoglierla,
mentre bisbigliava sommessamente, leggendo più che poteva. -
Le teste
coperte...
Draco la spinse via, facendola cadere. -... mi porteranno alla Vittoria -
concluse lui per lei, dando fuoco alla pergamena ed andandosene
divertito.
***
NOTE:
- A
Bobadilla ci sono stata davvero. E' un posto sperduto nel deserto
andaluso, dove ho dovuto cambiar treno per andare da Siviglia a Cordoba
(e nel nome del risparmio made in Interrail, presi davvero due treni
regionali dalle innumerevoli fermate).
-
Calle
Zoilo è un omaggio a Marziale, e soprattutto alla sua satira
feroce contro questo Zoilo - divenuto l'idolo della quinta liceo: "
Perché
col deretano, o Zoilo, insozzi la tinozza? / Tuffaci il capo, o Zoilo,
per renderla più sozza." Chiaramente,
Marziale amava alla
follia questo suo contemporaneo, per definire la sua
testa più sporca
della cacca. xD E, tra l'altro, Calle Zoilo esiste
davvero, ed è un piccolo vicolo di Siviglia in cui, non
appena vidi il nome, mi detti alla pazza gioia omaggiando Zoilo,
Marziale e tutti i miti
di latino le cui parole avevano stimolato cazzate a non
finire nell'anno della mia maturità. :)
- L'Alhambra di Granada è un Palazzo fatto costruire dai
Mori,
durante la loro dominazione nella Spagna meridionale, ed è spettacolare, come
del resto tutta Granada:
non credo sia una Scuola di Magia, ma... chi lo sa. Dopotutto quando ci
sono stata da Babbana, deve essere stato protetto bene da
chissà quali incantesimi. :D
- Alèjandro è un omaggio alle mie due Sailor
preferite, e di conseguenza a Lady Gaga, a Shakira, ed ai loro derivati
Malfoyeschi :)
Volevo rispondere ad ogni singola recensione, ma... non lo
farò.
Perchè non trovo le parole per rispondere all'infinito e
splendido papiro di Valaus,
e preferisco di gran lunga comunicarle il mio amore stando ore ed ore
su Facebook e rispondendo ad ogni sclero, link, nota o commento.
Perchè Lovechild
mi ha lusingato talmente tanto da rendermi balbettante ed
incredula.
Perchè la mia vicina di casa, Lola_, crede che le
sue recensioni siano lunghe e noiose, ma in realtà mi
riempono il cuore di gioia.
Perchè barbarak
è stata allegra per una settimana intera, e se voi siete
felici, lo sono anch'io.
Perchè poison
spring mi ha disegnato i Cappelletti Bollosi, dedicato
l'ultimo capitolo e omaggiato Barnabus di una citazione nella sua
storia, e ditemi voi come diavolo posso fare a ricambiare anche in
minima parte tutto ciò che ha fatto per me.
Perchè PaytonSawyer
venera i miei pupilli, e vedere che i propri personaggi originali
piacciono al pubblico è meraviglioso.
Perchè zxc
ha letto tutta la storia d'un fiato e ha scelto di leggere la mia
Dramione invece di scartarla, e questo mi fa gonfiare il petto come
quello di Percy Caposcuola.
Perchè babi_2771,
anche se mi dà della scienziata pazza :D, penserà
a Draco con il sedano in bocca per sorridere, e questo mi rende
più serena e sicura di me di un'intera boccetta di Felix
Felicis.
Non so davvero come ringraziarvi tutte, e ringrazio anche chiunque
legga, segua, preferisca, o ricordi.
♥
Effebì
Mi trovate... qui
.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Churros e Nasi ***
8.
Churros e
Nasi
Da
che mondo è mondo, i Malfoy avevano
avuto sempre qualcosa
da nascondere.
Rintanati nel loro Manor, lontani da occhi indiscreti ed irrefrenabili
malelingue, avevano condotto un'esistenza ai limiti della
legalità e della moralità, in nome dei propri
interessi e
del proprio onore.
Onore insozzato da permanenze ad Azkaban, collusioni con il Signore
Oscuro e traffici illeciti, da una parte; dignità
contaminata
dall'inettitudine nello svolgere il proprio compito, dallo stesso amore
nutrito per il figlio e dal finale, decisivo alto tradimento,
dall'altra.
Se i Malfoy potevano dunque sbagliare qualcosa, nella propria ricca e
Purosangue vita, avevano sbagliato tutto,
e ripartire da questi presupposti non era certo semplice.
Vivere di rendita era ormai impossibile, se volevano assicurare una
degna eredità a Draco, con gran parte del patrimonio
sperperata
dai Mangiamorte e confiscata dagli Auror; presentarsi a Diagon Alley in
cerca di un posto di
lavoro,
invece, era innanzitutto infamante per chi come Lucius Abraxas amava
far allungare l'unghia del mignolo, ed era anche utopico
perchè
nessun negoziante avrebbe mai voluto avere contatti con qualcuno di
così abietto ed infido.
Lucius e Narcissa si erano dunque rivolti a Kingsley Shacklebolt - o
almeno era quello che sostenevano loro,
visto che erano stati obbligati
a farlo, se volevano evitarsi un soggiorno in celle separate nel Mare
del Nord - per espiare
le proprie colpe e rendersi
utili alla società.
Il fatto che questo suonasse un po' come una condanna a morte, per una
delle famiglie più antiche del mondo magico che aveva fatto
di
autosufficienza ed indifferenza la propria condotta di vita, era del
resto un dettaglio trascurabile, visto che i Malfoy avevano dimostrato
più volte di tenere più alla propria testa che al
proprio
orgoglio.
Per il Ministro della Magia, quella collaborazione con i Malfoy si era
rivelata assai proficua, ed in certi frangenti anche divertente: era
uno spasso vero e proprio impartire ordini a quei nasi all'insù
fieri e sdegnosi e leggere la compostezza e la sottomissione
in
quei lineamenti altezzosi ed avvezzi al comando. Lo spasso era condito
anche dal gusto della rivincita: i Malfoy riflettevano quell'ideale di
Mangiamorte ben impresso nella mente di ogni valido Auror o
appartenente all'Ordine, impersonavano il nemico di sempre, il pericolo
da debellare e scongiurare e, checchè ne dicessero gli animi
più nobili e misericordiosi, vederli strisciare ed arrancare
in
un mondo opposto a quello vagheggiato dai seguaci di Voldemort
era
un premio impareggiabile per chi aveva rischiato tutto nella guerra al
Lato Oscuro.
Kingsley Shacklebolt non aveva mai fatto mistero del suo profondo
compiacimento per quella situazione: non aveva dimenticato il
portamento tronfio che Malfoy teneva vicino a Caramell, non aveva
dimenticato i suoi tentativi di scovare e distruggere l'Ordine della
Fenice, e non aveva dimenticato le innumerevoli sfide a colpi di
bacchetta fuori e dentro Hogwarts.
Aveva cominciato ad essere un po' meno compiaciuto, quando si era
accorto che Lucius e Narcissa non mostravano alcun risentimento o
stizza per le occhiate di scherno che venivano rivolte loro, o per
l'ennesimo, beffardo incarico di spie
che avevano ottenuto. Shacklebolt li aveva assunti volutamente come
collaboratori nella lotta ai 'crimini minori',
come furti, truffe e ricettazioni - del resto conoscevano gran parte
dei criminali che affollavano Notturn Alley o altri luoghi simili - ma
si era quantomeno atteso tentativi di ribellione e proteste (per quanto
inutili):
il ruolo di voltagabbana se lo erano talmente appiccicato addosso, che
credeva di punirli in
modo esemplare, relegandoli di nuovo al loro ruolo di
inaffidabili traditori.
Invece, i Malfoy avevano accettato,
e già condannato senza batter ciglio ad una degna punizione
molti trafficanti di sostanze proibite, ricettatori di oggetti
impregnati di magia oscura e ladri più o meno
professionisti,
che, in tempi non troppo lontani, avevano riempito fino a scoppiare una
certa camera segreta
nascosta sotto il pavimento del salotto di una Villa del Wiltshire.
Kingsley era dunque arrivato quasi
a prenderli in simpatia, tanto da invitare i colleghi a non parlar male
di loro, dato che stavano facendo tanto
per rimediare ad una vita di errori.
A chi gli chiedeva se fosse sotto Imperius, per parlare in questo modo,
rispondeva offeso che nessuno
era
mai riuscito a scagliargli una Maledizione; a chi gli ricordava che
all'Ufficio Misteri Bellatrix Lestrange l'aveva colpito in pieno con un
anatema, ingiungeva di tornare a lavorare a meno che non volesse
ritrovarsi sospeso dal proprio incarico per una settimana.
Al Primo Livello, Kingsley non era comunque l'unico a stravedere per i
Malfoy.
In realtà, l'altra appartenente al fan-club
parteggiava per uno solo dei due coniugi, ma, se c'era da prendere le
difese di Narcissa, non si tirava mai indietro, in nome del suo amore
incondizionato per ogni singolo capello biondo di quella famiglia.
Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres fu dunque molto
felice di trovarsi sempre più spesso a collaborare con il suo Lucius.
Durante quelle mattinate di 'lavoro'
sperava anche con tutto il cuore che anche lui ricordasse
ciò che lei aveva serbato nel cuore per decenni, ma si
ripeteva ogni volta che povero,
ne aveva passate talmente tante che era pienamente giustificato, se non
ricordava una piccolezza simile.
In realtà, Candida non amava giustificare le
persone, anzi, se commettevano errori più o meno gravi, si
assicurava sempre di punirli a dovere.
Con lui,
però, si poteva fare un'eccezione...
- Candida cara! Ti ho portato la colazione, guarda, churrasco!
...Con quella piattola di Barnabus Cuffe, proprio no. Il suddetto
impiastro aveva osato interrompere
la stretta
collaborazione di
quella mattina, che in realtà consisteva nell'assistere
adorante
al fluido movimento della piuma di Lucius sulla liscia pergamena,
mentre lo scrivente
passava di tanto in tanto la mano tra le morbide ciocche bionde.
- Spero di no, Cuffe - sibilò gelida. - Il churrasco
è carne alla
griglia.
- Ma la commessa di quel negozio Babbano mi ha detto...
- Sono churros,
Cuffe. Ed a meno che lei non mi abbia portato anche della cioccolata
calda in cui inzupparli...
- Ma certo, Candida cara!
- LehogiàdettomillevoltechedevechiamarmiSignorinadeTorres!
- Sì, señorita
-
rispose giulivo l'Editore, Evocando una tazza sulla scrivania, dritta
dritta sulla pergamena che Lucius Malfoy stava compilando con tanta
cura.
Candida gli rivolse un'occhiata di fiele. - Chieda scusa! -
sbraitò.
- Ma insomma! - urlò un'altra voce, pacata ma insofferente
al punto giusto. - Ho bisogno di concentrarmi!
Kingsley Shacklebolt aveva appena ammutolito tutti: Lucius Abraxas
Malfoy stava continuando imperterrito a far grattare la piuma sulla
pergamena, la segretaria aveva un dito sospeso a mezz'aria, puntato
minaccioso contro il petto dell'Editore, e quest'ultimo rivolgeva
occhiate mortificate prima a lei e poi alla nuca coperta dai capelli
dell'uomo, in un muto tentativo di fare
ammenda per i propri peccati.
Il Ministro tornò nel suo Ufficio sbattendo la porta,
lasciando
la situazione sospesa e silenziosa, come se il tempo stesso si fosse
fermato con quell'invito alla Quiete.
Quello che non sapeva, è che la Quiete precede o segue
sempre qualcosa di vagamente ossimorico.
La calma Tempesta
riesplose esattamente dieci secondi dopo la sparizione del Ministro
dietro alla sua porta.
- Chieda scusa
- ripetè lentamente e minacciosamente Candida.
Forse Barnabus stava davvero per farlo, quando Lucius Malfoy, senza
mostrare minimamente di aver dato peso alla questione della tazza, si
alzò di scatto arrotolando la pergamena a cui aveva dedicato
l'ultima mezzora.
Si congedò con un cenno del capo e con un sorrisino freddo,
per
poi bussare alla porta di Shacklebolt ed accogliere il suo invito ad
entrare.
Il cuore di Candida le sprofondò da qualche parte sotto
l'ombelico: si era aspettata un commiato un po' più... caloroso.
Barnabus stesso sprofondò in un baratro di disperazione,
quando
notò l'occhio triste della segretaria, ben sapendo che non
si
sarebbe mai disperata così tanto per un suo mancato saluto.
C'era solo una cosa da fare, in una situazione colma di cotanta
mestizia.
Barnabus si sedette, e si avvolse un fazzoletto attorno al collo
taurino.
- Churros,
hm? - borbottò, estraendone uno dal sacchetto ed
inzuppandolo nella fumante cioccolata.
Per un momento, Candida lo fissò disgustata per la sua
sensibilità inesistente. Dopodiché, convenne che
non
aveva tutti i torti.
Ogni donna del globo terracqueo, dopo una delusione amorosa, va
inesorabilmente in cerca di endorfine, che trova celate dietro ad una
maschera di dolcezza ipercalorica.
In mancanza dell'irresistibile
scioglievolezza delle sue adorate Ranas de Chocolate,
Candida optò per la soluzione più vicina, ed
altrettanto
golosa: addentò vorace lo spuntino fritto e rifritto offerto
gentilmente da Barnabus, intingendolo nell'odiosa tazza che aveva
rischiato di mandare a monte tutto il duro lavoro del suo Lucius.
Dopo la botta di endorfine, e con l'umore risollevato, volle quasi bene
all'Editore.
Poi, si ricordò che quelle bombe l'avrebbero
fatta ingrassare.
E Barnabus dovette sorbirsi nove minuti e quarantasette secondi di
improperi traboccanti di acidità, finchè,
finalmente, fu
convocato da Shacklebolt.
Mentre rivolgeva un'occhiata di puro disgusto a Lucius Malfoy, ostacolo
quanto mai insormontabile nell'assedio al Forte de Torres,
rischiò di farsi andare di traverso il Churro che stava
ancora
masticando.
- Signor Cuffe? Ma...?
- Mi stavo giusto alzando per andarmene, signor Potter! -
balbettò rapidamente, rimettendo la sedia al suo posto.
- Ma perchè era
qui?
- Signor Potter, è pregato di non ficcare il naso negli
affari altrui - intervenne Candida.
- Oh, señorita,
non ci
spererei, fossi in lei. - La voce fredda e strascicata che aveva
pronunciato queste parole attirò Harry Potter come il miele
avrebbe fatto con un gruppo di orsi.
- Malfoy Senior, quale onore - borbottò ironico. - Cosa
c'è, anche oggi è a fare la spia?
- Oh, non pretendere di sapere cosa faccio io,
Potter.
- Shacklebolt si potrà anche fidare di te, ma sappi che io
ti starò sempre alle calcagna.
- Come vuoi, Potter. Se hai così tanto tempo da perdere... -
ridacchiò prima di andarsene.
Mentre Harry ribolliva come una teiera, ed il cervello di Barnabus
scricchiolava incessantemente nel tentativo di partorire un pretesto per
la sua presenza al Primo Livello, Candida continuava a fissare con
occhi sognanti la porta che si era richiusa dietro alle spalle di
Lucius. Le aveva rivolto la parola, e l'aveva chiamata señorita...
- Allora Cuffe? Perchè è qui? -
insistè Harry, dopo aver riacquistato un briciolo di calma.
- Era qui per me... - mormorò Candida, sognante.
L'Eroe avvampò. - Qui per lei?
- Sì! - confermò l'Editore, con un sospiro di
sollievo. - Ero qui da lei per la colazione, sì.
Harry scoccò ad entrambi un'occhiata dubbiosa,
dopodichè sparì nell'Ufficio del Ministro.
- Mi ha chiamato señorita...
- balbettò emozionata.
- Io la chiamo sempre señorita
- borbottò Barnabus, deluso.
Quella frase pronunciata così bruscamente ebbe il potere di
riportare Candida alla realtà. - Dove diavolo è
quel
Potter?
Barnabus Cuffe strabuzzò gli occhi. - Ma se ci ha anche
parlato, pochi attimi fa! Sta bene, señorita?
- Io avrei parlato con chi?
- Gli ha detto che io ero
qui per lei. Ottima scusa, tra l'altro -
farfugliò l'Editore, arrossendo.
Candida invece non arrossì. Lei non arrossiva mai.
- Non mi riferivo certo a lei,
Cuffe - bofonchiò, prima di rimettersi a sedere dietro alla
propria scrivania. - Ed ora sparisca, prima che Potter la ritrovi di
nuovo qui - concluse secca.
***
Hermione
aveva rimuginato per quasi due settimane sulla missiva sfuggita di
mano a Draco. Ci aveva pensato durante le ore di lezione,
durante
i pomeriggi in biblioteca, persino durante i pasti in Sala Grande.
Quella lettera provava tutto e niente.
Provava che i Malfoy sapevano qualcosa, ma non che fossero sicuramente
colpevoli; da una parte poteva avvalorare l'ipotesi di una rivincita
dei Mangiamorte, data la loro vicinanza a quell'ambiente, ma dall'altra
era innegabilmente improbabile che i più grandi traditori
del
Signore Oscuro tenessero particolarmente a riavvicinarsi ad un nome
tanto scomodo come quello di Voldemort.
Di certo, ragionare a mente fredda sulla questione era abbastanza
complicato, se ogni santissimo giorno Harry Potter le inviava un Gufo
per chiederle se aveva scoperto qualcosa e per invitarla ad insistere
sulla sua pista,
ovvero la colpevolezza a tutti gli effetti di Malfoy senior,
Malfoy junior ed anche Malfoy lady,
giusto per non farsi mancar niente.
A dire il vero, non era riuscita moltissimo a stare addosso
a Draco, data la sua proverbiale riservatezza: il suo lavoro di
spionaggio si limitava all'accompagnare Ginny agli allenamenti di
Quidditch, dove, di conseguenza, poteva assistere anche a quelli del
Cercatore. Il problema era che Draco era effettivamente un Cercatore, e
nient'altro.
Non scagliava
Maledizioni Senza Perdono dall'alto della sua Firebolt, non riceveva
Gufi mentre dava la caccia al Boccino, nè girava con un
cappuccio, urlando Morsmordre
sopra le teste dei propri compagni di squadra. E non c'era
possibilità che si fosse sbagliata sul suo
conto, o che avesse perso dei dettagli fondamentali del
suo comportamento, perchè pur di non perder tempo a
sorbirsi stupide partite, Hermione era attenta a tutto: aveva notato
ogni sua singola smorfia di disappunto quando si immaginava bagliori
dorati inesistenti, ogni suo movimento sapiente eseguito per schivare
Bolidi o non disturbare le azioni di gioco dei propri compagni, ogni
lampo di trionfo che gli passava fugacemente nelle iridi quando le sue
dita sapienti si chiudevano intorno alla sferetta dorata. Col vecchio
Omniocolo regalatole da Harry alla Coppa del Mondo quattro anni prima
ed ancora funzionante, non c'era proprio modo
di lasciarsi sfuggire qualcosa: aveva infatti assistito alla perfezione
all'impatto di un Bolide colpito maldestramente da Kevin Peakes con la
Tornado di Kristen Bell ed alla sua successiva caduta verso il suolo,
ed era stato solo grazie ad un Incantesimo scagliato contemporaneamente
da lei e da Madama Bumb che Kristen si era risparmiata un soggiorno non
troppo breve alla corte
di
Madama Chips. In quel frangente aveva notato anche lo sguardo di pura
ammirazione rivoltole da un gruppetto di Grifondoro più
piccoli,
e ciò l'aveva lusingata non poco: per un momento la sua
mente
vagò fino ai suoi primi anni ad Hogwarts, quando combattere
il
Male era quasi un gioco,
ed al massimo si guadagnavano centinaia di punti per la propria Casa...
- Hermione, andiamo?
Ginny la stava osservando un po' perplessa. In effetti, da quando Harry
le aveva assegnato quella missione,
passava più tempo tra le sue elucubrazioni che nel mondo
reale,
e chissà quale stupida e vacua espressione rivolgeva a chi
le
stava intorno: non poteva però certo dirgli che un'oscura
minaccia incombeva su tutti loro, dato che l'Eroe glielo aveva
tassativamente vietato, e soprattutto non poteva confessarle che la sua
mente andava di continuo a Draco Malfoy, o l'avrebbe presa per
masochista o per pazza.
- Sei preoccupata per cosa dirai a mio fratello?
Per poco Hermione non si conficcò lo spazzolino da denti in
gola. Se ne era scordata, per qualche strano motivo, si era scordata
che quel giorno avrebbe visto Ron. Non che ci fossero discorsi da
preparare o particolari esercizi psicologici da mettere in atto per
approntare al meglio l'incontro con il suo ormai ex fidanzato, ma
Hermione Jean Granger non amava andare impreparata da
nessuna parte.
- Sì - rispose quindi, senza mentire neanche un po'.
- Su su - la incoraggiò abbracciandola. - Sarà il
discorso d'addio meno discorso
e meno d'addio
nella storia dei discorsi d'addio. Non sarà un discorso,
perchè mio fratello non è in grado di sostenerne
uno, non sarà d'addio
perchè tornerete amici come prima, con te che lo sopporti e
lo
rimbecchi su tutto e lui che borbotta in sottofondo e non ha il
coraggio di replicare. E poi, l'addio
in quel senso ve lo siete detti già da un po',
mi pare.
Hermione non riuscì a non ridere. - Grazie, Weasley femmina.
- Da quando in qua parli come Malferret?
- Due settimane di allenamenti di Quidditch insegnano tante cose -
rispose solenne la Caposcuola.
- Prima o poi mi dovrai spiegare il perchè segui tutti i
miei allenamenti e non dedichi quelle preziose ore allo
studio, Hermione. Non ti comincerà mica ad interessare il
Quidditch? - ironizzò Ginny.
Hermione si morse il labbro: sapeva che prima o poi l'amica le avrebbe
rivolto quella domanda. - Quando giocherai nel Campionato Nazionale e
parlerai sempre
di Quidditch, voglio riuscire a seguire i tuoi vaneggiamenti. Mi sto
preparando al peggio,
tutto qui.
Se c'era una cosa che aveva imparato sin dal secondo anno, con il
permesso per la consultazione del Reparto Proibito strappato a Gilderoy
Allock, era che l'adulazione poteva salvare anche in situazioni
difficili ed imbarazzanti. E fornire a Ginny l'illusione di un ruolo da
titolare in una squadra della categoria più importante
dell'intero Regno Unito rientrava a pieno titolo nelle adulazioni meglio riuscite di
sempre.
Gli occhi della rossa erano ormai persi in un mare di vaneggiamenti, i
sospiri si accavallavano l'uno sull'altro ed il sorriso le andava da un
orecchio all'altro. Ginevra Molly Weasley era completamente andata.
E con lei se ne erano andate tutte le sue domande scomode, i suoi acuti
sospetti e la sua curiosità disarmante. Netta vittoria per
Hermione Granger.
- Forza, Ginny, andiamo!
- Sì!
La rossa la seguì senza fiatare, ancora smarrita in un mondo
di Scope e Pluffe che riusciva a vedere soltanto lei.
Ed effettivamente avrebbe fatto bene anche ad Hermione, immaginarsi una
visione diversa dalla realtà.
Perchè di fronte a lei, Draco Malfoy la guardava,
sogghignando.
E quando Draco Malfoy sogghignava, c'erano guai in arrivo.
E se c'erano guai in arrivo, Harry James Potter era sicuramente dietro
un angolo, pronto a far
fuoco.
Girò la testa a destra a sinistra, quasi
aspettandosi di
vederlo davvero, ma lei e Ginny riuscirono ad arrivare fino ai cancelli
di Hogwarts senza interruzioni di sorta, ed Hermione
ringraziò
silenziosamente il Fato, che pareva averle concesso una giornata tranquilla.
- Ehm, Hermione, io vi lascio soli - asserì
Ginny, indicando il fratello con un rapido cenno del capo.
La Caposcuola si voltò di scatto: non aveva visto Ron
perchè troppo concentrata sul pugno di Malfoy, che pareva
contenere qualcosa... forse, cominciava semplicemente ad essere
paranoica. Dopotutto, sette anni di vicinanza ad Harry Potter potevano
essere deleteri, da questo punto di vista.
- Ron! - si gettò su di lui, stringendolo forte a
sè. Diamine, quanto le mancavano i suoi due migliori amici...
- Risparmiateci le vostre effusioni, grazie - sibilò una
voce
strascicata poco dietro Hermione. - Ho appena fatto colazione.
Ronald alzò gli occhi al cielo, mentre Hermione, ancora
avvinghiata al suo petto, gli impediva qualunque movimento. - Stai
calmo, Ron, stai calmo, Ron... - gli ripeteva incessantemente, come
fosse un mantra.
- Malfoy, chiudi gli occhi, se non vuoi assistere. Non è
così difficile - rispose Ron con un aplomb che
stupì non poco l'amica.
Anche Draco sembrava incredulo. Tempo addietro, quel Weasley non
avrebbe esitato a scagliargli un Mangialumache
o a tirargli un pugno ben piazzato. - Weasley, hai rotto un'altra
bacchetta? O non sai proprio più usarla? A giudicare dalla
cicatrice che hai in fronte direi proprio di no... o forse te la sei
fatta di proposito
per assomigliare allo Sfregiato?
Questa volta, Hermione sentì un muscolo irrigidirsi sul
torace di Ron. O forse due, o tre, o un'intera cordigliera di
muscoli. Finchè la mascella rimaneva rilassata, forse c'era
un'impercettibile possibilità di evitare la rissa. Peccato
che
in quell'esatto momento, la mandibola fosse diventata dura come il
marmo.
- Ehm, Ron, andiamo. - La Caposcuola lo spinse via di lì,
non con poca fatica.
- George me lo ripete sempre, quando ho a che fare con i clienti. Devo.
Stare. Calmo. Ma Malfoy non è un cliente, e gli ho
già
risposto troppo bene una volta. Posso fargli male? Posso? -
sussurrò speranzoso Ron, rilassando un poco l'espressione.
- Non ti sembra di aver già rischiato troppe volte
l'espulsione quando eri qui ad Hogwarts? Vuoi rischiarla anche da fuori? - rise
Hermione. - E a proposito, Malferret ha ragione. Cos'è
quella cicatrice?
- Oh, questa? - chiese Ron, sfiorandosela. - Me l'ha lasciata l'erede
di Salazar Serpeverde, più o meno due settimane fa.
Hermione lo guardò scettica. - Per favore, non dirmi che
stanno per riaprire la Camera dei Segreti - ridacchiò.
- No. Ma non mi dispiacerebbe rinchiudere quella belva insieme ad
un Basilisco.
La Caposcuola si bloccò, stizzita, come ogni volta in cui
non gli veniva detto subito
ed esattamente
l'argomento della discussione. - Si può sapere
cosa...?
- Godric Potter, degno Gufo di Harry, mi è piombato addosso
nel
cuore della notte, tentando più volte di uccidermi.
Le labbra di Hermione si incurvarono, ma senza particolare gioia. -
Quindi lo sai anche tu?
- Della Guerra Magica alle porte? Sì, Harry me l'ha detto.
Ha
detto anche che non devo preoccuparmi e che tutto è sotto
controllo, il che mi pare un po' una contraddizione.
- E tu che ne pensi?
- Non per non credere a ciò che dice, ma... penso che siamo
di fronte alla pace più duratura della storia.
- Almeno su una cosa siamo d'accordo.
- Non solo su una, in realtà - sospirò Ron.
- Non solo su una - convenne Hermione.
***
Draco Malfoy aveva svolto per troppo tempo il ruolo della semplice
marionetta, con i fili manovrati da genitori influenti o da convincenti
colleghi e superiori.
Era per questo che si era sentito rinascere,
con la disfatta di Voldemort: nessuno gli avrebbe
più detto cosa fare o cosa non fare - anche se Lucius,
abbastanza abituato
a dare ordini, avrebbe continuato a farlo, con più o meno
successo.
Grande fu quindi il suo scorno quando i suoi genitori cominciarono ad
inviargli quelle lettere. Non che contenessero ordini veri e
propri, ma gli davano comunque delle istruzioni
sul comportamento da seguire che non gli erano così gradite,
ed
essere all'oscuro del perchè doveva fare certe cose, non gli
piaceva affatto.
Come non gli piaceva girare per Hogsmeade ed imbattersi continuamente
in tre Weasley,
quando una a giro per la scuola bastava ed avanzava, un Potter, ed una
Granger. Primo, non si spiegava la presenza dell'amico dello Sfregiato
e del suo fratello secchione, secondo, non si spiegava la presenza
dello Sfregiato stesso, terzo, non si spiegava come mai la Piattola non
si fosse unita al gruppo degli Eroi, ma andasse in giro con Paciock e
Lunatica. Decisamente, quei quattro nascondevano qualcosa, e doveva
essere qualcosa di serio
e pericoloso, se Potter non coinvolgeva la sua odiosa
metà.
Quando poi i quattro verso le due del pomeriggio entrarono alla Testa
di Porco, locale evitato come la peste da chi teneva almeno un minimo
alla propria salute, provò l'irrefrenabile desiderio di impicciarsi.
Cosa molto da Potter, pensò con disgusto. Purtroppo per lui,
non
aveva Mantelli dell'Invisilibtà o boccette di Polisucco, non
era
sicuro di essere in grado di potersi Trasfigurare in una Strega o in un
Vampiro nè tantomeno era un Animagus, più o meno
dichiarato. Con sommo scorno, si ritrovò a constatare
l'impossibilità di una sua azione spionistica, almeno fino a
quando non vide sopraggiungere un nugolo di infuocati capelli rossi,
all'apparenza molto nervosi.
Ginevra Weasley si stava dirigendo verso il locale, con lo sguardo
dritto in fronte a sè, tanto decisa nell'incedere quanto
minacciosa nel serrare i pugni. Per un momento Draco pensò
che
si sarebbe schiantata contro il portone della Testa di Porco, ma questo
si aprì di sua spontanea volontà, quasi temendo
danni
alla propria persona.
Draco
scrollò le spalle: se era la stessa donna di Potter ad
offrirgli
un diversivo su un piatto d'argento... Si coprì come meglio
poteva con il mantello, Appellò il cappello di un passante
frettoloso - che imprecò più volte contro il
vento e
decise di avere troppa fretta
per fermarsi a cercare il copricapo - e dopo un fugace Gratta e Netta -
per non arrecare danni inattesi al suo prezioso cuoio capelluto - lo
indossò, facendo in modo che la tesa gli coprisse quasi alla
perfezione la fronte e gli occhi.
Sgusciò nel locale, facendo attenzione a non farsi scorgere
dagli astanti, e si sedette in un tavolino abbastanza vicino ai cinque ospiti d'onore,
ovviamente dando loro le spalle.
- Harry James Potter! - L'urlo della Weasley femmina
rischiò di perforargli i timpani. - Perchè diavolo non mi hai
detto che saresti venuto qui!
Dal tremolio della voce del Salvatore del Mondo Magico, Draco
capì che Voldemort era una quisquilia, di fronte alla
fotocopia
dell'assassina di Bellatrix Lestrange. E solo il fatto che quella grassona
di Molly Weasley avesse fatto fuori la più pericolosa e
pazza
seguace del Signore Oscuro era una prova abbastanza valida della
pericolosità di una Weasley
femmina.
- E' stata una sorpresa anche per me, Gin...
- E non appena c'è stata la sorpresa, hai
deciso di stare prima con loro
e poi con me? - sbraitò. - Senza offesa eh,
Hermione.
- Il M-Ministro m-mi ha dato il permesso giusto un'ora fa... appena mi
sono Materializzato qui, mi sono imbattuto in Ron ed Hermione, e
poi...
- E tu, fratellino? Cosa
diavolo ci fai insieme a loro?
Percival Ignatius Weasley aveva sperato con tutto il cuore di non
essere coinvolto in quella pacata
conversazione. Ne andava della sua dignità e
del suo decoro... non si poteva permettere uno spettacolino
pubblico del genere. Si schiarì la voce, iniziando a parlare
pomposo. - Affari del Ministero - rispose
semplicemente, beccandosi una gomitata in mezzo alle costole.
- Se Hermione e Ron, che non
lavorano al Ministero, possono sapere di cosa state parlando, voglio
saperlo anch'io - sentenziò, prendendo una sedia e sedendosi
il
più lontano possibile dal fidanzato.
- Ma Ginny, non è una cosa importante... -
azzardò Ron,
ma ottenne il risultato opposto: mentire non gli era mai riuscito, e
tentare di accampare scuse disperate non era certo la sua
più
grande abilità.
- Oh, e va bene - sbottò Harry. - Lasciate parlare me.
Dentro di sè, Hermione sperò che non dicesse tutto. Ginny non le
avrebbe mai permesso di indagare su Draco e, molto probabilmente,
avrebbe parlato di quel suo piccolo
problema:
non se la sentiva di angustiare i suoi due più grandi amici,
non
ora che erano così tranquilli... Beh, Ron era sicuramente
tranquillo. Harry no, ma non lo era mai, quindi poteva considerarlo tranquillo relativamente al suo
sistema di riferimento.
- Molto probabilmente, il Torneo Trescope è in
pericolo.
Con la sua solita delicatezza, Harry Potter aveva appena comunicato ad
una delle Cacciatrici titolari della squadra di Hogwarts che
c'era una minima possibilità, forse, ma non era detto,
quindi
non era una cosa sicura, magari non c'era nemmeno da preoccuparsi, ma comunque andava presa in
considerazione la probabilità che Ginny
Weasley potesse morire da un momento all'altro, magari mentre schivava
un Bolide o segnava una rete.
La ragazza, con la sua consueta
calma, non
si preoccupò minimamente della propria
incolumità. Non
tremò, non pianse, ma gonfiò il petto. E gonfiare
il
petto, a casa Weasley, preannunciava una sfuriata lunga secoli.
- E quando pensavi di dirmelo, idiota? Sei ancora affetto dalla mania del Salvatore, pensi
di proteggermi lasciandomi
nell'ignoranza? - Era ormai rossa quanto la propria chioma. - Vieni
fuori - sibilò, frenando una rabbia che ormai fuoriusciva da
tutti i pori.
Harry Potter decise che era meglio non ribattere, e si
affettò a seguirla all'esterno.
Draco imprecò selvaggiamente. Era riuscito a scoprire solo
che
c'entrava il Torneo, in tutta quella storia, cosa che i suoi gli
avevano taciuto, ma non era certo abbastanza.
- Percy, tu che lavori con lui, credi che c'entrino davvero i Malfoy? -
chiese titubante Hermione.
A Draco sarebbe andata di traverso qualsiasi cosa, se solo non avesse
evitato di ordinare alcunchè fino a quel momento.
- No, Hermione. Penso che Harry stia prendendo un granchio
colossale.
- Io non lo so - disse d'un tratto Ron. - Dopotutto l'hai beccato con
quella lettera...
Certo, quella poteva essere una prova notevole, ma... non era
abbastanza. Non era grave
abbastanza da riportare alla mente gli anni bui che
avevano vissuto, non era grave
abbastanza da sentirsi minacciati di nuovo da quei neri
cappucci che tanto avevano fatto male al mondo e a... lei.
Scacciò i pensieri funesti, scuotendo la testa. - Beh, senza
Harry non ha senso che rimaniamo qui. - Buttò qualche falci sul tavolo.
- Oggi offro io, mi fa piacere vedervi qui - sorrise, alzandosi per
prima.
- Oh, ma non posso accettare, Hermione - rispose prontamente Percy, con
voce autorevole.
- Non provare a contraddirla - suggerì Ron, con un largo
sorriso.
Percy andò con lo sguardo dall'uno all'altra, incredulo. -
L'ho
sempre pensato che andaste più d'accordo da amici -
sentenziò. - Per quanto sia possibile che voi due andiate
d'accordo, certo - concluse, avviandosi fuori.
E Draco Malfoy rimase seduto al tavolo, con due sole informazioni.
La prima, abbastanza utile, era che i suoi e chissà chi
altro
stavano tramando per combinare qualcosa durante il Torneo,
coinvolgendolo come al solito senza dirgli in cosa si stava cacciando.
La seconda, totalmente
insignificante, era che Weasley e la Mezzosangue si erano
lasciati.
Si alzò di scatto dalla sedia, imprecando silenziosamente
per
aver sprecato fatica inutile per travestirsi e spiare quegli idioti.
Anche di fronte al suo incedere incazzato
nero, il portone della Testa di Porco si
spalancò: doveva essere stato stregato per non ostacolare il
passaggio di individui
pericolosi.
Peccato che subito fuori dalla porta ci fosse Hermione Granger, ancora
lì per chissà quale motivo.
- Ahia! - urlò da qualche parte sotto di lui. - Malfoy, mi
vuoi morta?
Per l'ennesima volta in quella giornata, Malfoy imprecò in
ogni
lingua che gli venne in mente. - Per essere una stupida Mezzosangue non
sei poi tanto stupida. Ottime deduzione - sibilò, prima di
togliersi da sopra il suo corpo. - Cosa ci fai ancora qui?
- Aspettavo che tu uscissi, Malferret. Ce ne hai messo di tempo -
rispose fiera, mentre si massaggiava il polso. - Spero per te che tu
non me l'abbia rotto di nuovo.
- C'è di peggio, Mezzosangue.
- Non credere di insegnarlo a me - sussurrò, abbattuta. -
Insomma, c'entri con questa storia, o no? Hai rischiato di cadere dalla
sedia quando ho fatto il tuo cognome,
prima.
- Da quanto avevi capito che ero io? - la guardò di
sottecchi.
- Non mi ha stupito l'entrata in scena di Ginny, prima, ormai sono
abituata alle sue sfuriate. Quindi, mentre i cuor di leone
la guardavano e tremavano, ho per caso visto colui che è
entrato
subito dopo di lei. Bel tentativo, Malferret. Ho l'impressione che tu
abbia molto da imparare dal Trio
delle Meraviglie.
- Non mi hai risposto. Ti ho chiesto da cosa mi hai
riconosciuto.
Hermione parve pensarci per un istante. - Due cose. La prima, il tuo
camminare da Malfoy,
con quella puzza sotto il naso e quella sicurezza nauseante. La
seconda, il naso, ovvero l'unica parte scoperta del tuo volto.
Draco stava per strangolarla, per quell'osservazione sul suo incedere nauseante,
ma poi, venne distratto da quell'affermazione sul suo volto. - Il
naso?
- Il naso, sì, Malfoy. Quella cosa che sta tra la tesa del
cappello ed il bavero dei tuoi abiti, tra gli occhi e la bocca -
ridacchiò.
- Stupida, non intendevo in quel senso. Intendevo, cosa diavolo ne sai
tu, di com'è fatto il mio naso?
Hermione si morse un labbro. - Hai il naso di tua... madre.
- E tu che ne sai del naso di mia...? - si interruppe da solo, come
colto da un'illuminazione.
Hermione indietreggiò, sentendosi vulnerabile e scoperta.
Quando fu abbastanza lontana da Malfoy, cominciò a correre.
Corse via da quel naso.
Dal naso delle sorelle
Black.
***
Ron, Percy, Ginny ed Harry - apparentemente più
rilassati - la stavano aspettando ai cancelli di Hogwarts.
Dir loro che si sarebbe dovuta fermare di nuovo, purtroppo, con suo
sommo scorno e con immenso fastidio
da Scrivenshaft per comprare l'ennesima piuma a sua madre si era
rivelata una scusa assai efficace per toglierseli di torno: tutti e
quattro non erano molto propensi a rinchiudersi per chissà
quanto tempo nel negozio forse più noioso di tutta Hogsmeade.
- Hermione, finalmente! Ce ne hai messo di tempo! - Percy era chiaramente insofferente,
magari doveva correre a Londra per finire di redarre una relazione
sulle frange dei tappeti volanti.
Per tutta risposta, lei si limitò a scrollare le spalle. -
Ero molto indecisa.
- Noi dobbiamo andare - disse Harry, accarezzando una guancia di Ginny.
- Mi raccomando - mormorò poi, fissando Hermione.
- 'Mione, noi... - iniziò titubante Ron.
- Ci sentiamo presto - concluse per lui, sorridendo.
Si abbracciarono in silenzio, ripensando a quanto si erano detti quella
mattina, e a quanto era evidente
che si sarebbero amati per sempre.
Perchè volersi
bene era qualcosa che trascendeva ogni forma di amore
carnale.
- Stammi bene, Hermione - borbottò Ron.
- Anche tu, Blimey.
Ron sorrise a quell'appellativo, anche quella mattina aveva ripetuto 'miseriaccia'
chissà quante volte.
I due Weasley ed Harry si smaterializzarono.
- Non è stato un discorso d'addio, vero? - rise Ginny.
Hermione si voltò verso di lei, sbuffando. - E' stato il discorso d'addio
meno discorso
e meno d'addio
nella storia dei discorsi d'addio - la
scimmiottò.
Poi, scoppiarono a ridere insieme.
- Qualunque cosa succeda, Hermione, noi saremo sempre in quattro, mai in due
- stabilì Ginny con voce stentorea.
- Oh beh, spero in cinque
o sei,
prima o poi. Prima o poi io e Ron troveremo qualcun altro, no? -
ridacchiò.
- Basta che tu non trovi Cormac McLaggen - rispose Ginny senza celare
una nota di disgusto nella voce.
Ridendo, camminarono verso il Castello.
Dietro di loro, qualcuno che rideva meno le seguiva a debita distanza.
E mentre camminava, malediva il proprio naso.
E sebbene non amasse confessarlo nemmeno a se stesso, non era infuriato
con quel profilo affilato perchè aveva permesso
alla
Granger di riconoscerlo.
Era infuriato perchè quel naso, tempo
prima, aveva Cruciato anche lui.
***
NOTE:
- Farsi allungare l'unghia del mignolo era un'usanza piuttosto diffusa
tra i benestanti, soprattutto al Meridione o nella Penisola Iberica. Il
potersi permettere un'unghia lunga era infatti indice del mancato
bisogno di lavorare della nobiltà, che considerava lo
sporcarsi
e rovinarsi le mani una cosa da
poveracci.
- 'Fieri e sdegnosi' è una citazione 'adattata'
da Traversando la
Maremma Toscana di Carducci (Dolce paese, onde
portai conforme l'abito fiero e lo sdegnoso canto...) e
volendo è una citazione anche un po' Dantesca e Ariostesca
(permettetemi l'obbrobrio), dove le alme sdegnose si
sprecano.
- La camera segreta sotto il pavimento del salotto dei Malfoy esiste
davvero ed è citata in Harry Potter e la Camera dei Segreti,
quando Ron ed Harry si intrufolano nella Sala Comune dei Serpeverde.
- Churrasco e Churros sono due piatti tipici spagnoli (il Churrasco
è anche un po' brasiliano in realtà): il primo
è
appunto carne alla griglia, i Churros sono pastella fritta (tipo le
'zonzelle' senesi, se le conoscete) da inzuppare nella cioccolata
calda. Io a colazione li ho provati, e non ho mangiato per un giorno
intero, sono un filino pesanti. xD
- Tutti i miei vaneggiamenti sulla quiete e la tempesta sono
riferimenti
sconnessi a La Quiete
dopo la Tempesta di Leopardi.
- L'irresistibile
scioglievolezza è chiaramente
pubblicità occulta.
- Kevin Peakes e Kristen Bell sono due personaggi inventati da me, i
fratelli minori di Jimmy Peakes (Battitore dopo la squalifica di Fred e
George, al quinto anno di Harry) e di Katie Bell. La mia estrema
fantasia nell'inventarmi i nomi mi ha spinta ad allargare le famiglie
di questi due, spero che non me ne vorranno. :) Ah, Kristen Bell credo
sia il nome dell'attrice che ha interpretato Veronica Mars, se ricordo
bene. La mia
fantasia spopola, proprio.
- Erede di Serpeverde, Camera dei Segreti e Basilisco si riferiscono
alle
vicende del secondo libro. 'Temete,
nemici dell'erede!'
- L'espressione tranquillo
rispetto al suo sistema di riferimento
viene dritta dritta dal mio studio poco matto e poco disperatissimo di
Fisica I e II. Non starò a spiegarvi cosa sono i sistemi di
riferimento perchè ormai quella roba mi dà la
nausea. -.-
- 'Blimey' è il 'Miseriaccia' di Ron in lingua originale.
Visto
che lo ripete con una frequenza disarmante, ho pensato che a Hermione
potesse venir voglia di chiamarlo così.
Grazie,
grazie, grazie, se siete arrivati a leggere fino a
quaggiù. :)
Effebì
Mi trovate... qui
.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Ospiti Indesiderati ed Indesiderate Bugie ***
8.
Ospiti
Indesiderati ed Indesiderate Bugie
A PrincesMonica e a tutti coloro che mi hanno votato ai NESA.
A
quelli che leggono, seguono e recensiscono, e mi hanno aspettato per
tre settimane.
A
chi era con me al Lucca Comics, a fangirlare dietro a chiunque ed a
parlare di sogni erotici con Milord.
Vi voglio bene.
♥
- Mezzosangue.
Il sussurro non riuscì a scalfire la barriera che
pareva separare Hermione Granger dal resto del mondo.
- Mezzosangue - ripetè una voce strascicata, sempre
più
insofferente ed agitata. Il suo proprietario non sapeva se essere
più nervoso per quello che voleva dire alla ragazza, o
più ansioso al pensiero di essere visto lì con
lei,
addormentata ed inerme. Poteva quasi sembrare una scenetta tenera, agli occhi
di un osservatore distratto.
La Caposcuola, da parte sua, non accennava neanche un movimento che
potesse preludere ad un risveglio. Continuava a rimanere immobile,
rilassata e serena, con un libro appoggiato sulle gambe e la schiena
contro il tronco di un albero, illuminata da un tiepido e quanto mai
insolito sole autunnale che si rifletteva anche sulla superficie del
Lago Nero, rendendolo meno spettrale.
- Mezzosangue - borbottò di nuovo, con un tono appena
più alto e scrollandola per le spalle.
Per la prima volta, Draco Malfoy vagliò l'ipotesi che fosse morta.
O aveva passato tutta la notte sui libri, cosa del resto non troppo
improbabile, vista la persona con cui aveva a che fare, oppure aveva le
funzioni vitali decisamente ridotte al minimo: le occhiaie che le
incorniciavano le palpebre chiuse lo fecero propendere per la prima
ipotesi. In realtà, si obbligò
a
credere quell'ipotesi, dato che per un ex Mangiamorte farsi trovare
accanto al cadavere della migliore amica di Potter poteva essere quanto
meno imbarazzante, se non addirittura problematico.
Le conficcò la bacchetta tra le costole, trattenendosi dallo
scagliarle anche qualche fattura o controfattura più o meno
letale.
Come al solito, Hermione Granger fu più decisa e reattiva di
lui. Era ormai un'abitudine, non dormire mai per davvero, stare
sempre all'erta e con i nervi a fior di pelle. La ragazza strinse il
pugno intorno alla bacchetta, che le era rimasta in mano dopo gli
esercizi di Incantesimi ai quali si era dedicata per una mezzoretta,
prima di pisolare sulla riva del Lago, e fece fuoco.
Fu con un'imprecazione che Draco Malfoy
realizzò di
essere stato Impastoiato. E fu con un'altra imprecazione che
realizzò di essere stato addirittura Disarmato.
Eppure, doveva aspettarselo. Se Weasel e la Mezzobabbana Zannuta
potevano aver imparato qualcosa da quell'idiota dello Sfregiato, quella
cosa era sicuramente l'Expelliarmus,
e la Granger doveva averlo imparato bene, come del resto
tutto ciò in cui si cimentava.
- Malfoy! - urlò Hermione, rischiando di soffocarsi per la
sorpresa.
- In persona - replicò l'altro. - Slegami e ridammi la
bacchetta. Dobbiamo parlare.
Hermione parve soppesare la risposta. - Nè l'una,
nè
l'altra cosa. Puoi parlare anche disarmato e con i piedi immobilizzati.
Malfoy alzò gli occhi al cielo, ed in un secondo decise di
non perdersi in mille discorsi e di arrivare al sugo di tutta la storia. -
Granger, per quanto tu possa credere il contrario, ti giuro che non
sono mia zia. Ho i capelli biondi ed un tasso di umanità
lievemente più elevato, credo che basti per distinguerci.
Quindi
smetti di guardarmi come se fossi un mostro ed ascoltami.
Dritto al punto, viscido come una serpe e perfido come un demonio. E più acuto di quanto
pensasse.
- Ti ascolto - sussurrò Hermione, posando la
bacchetta di Malfoy sopra un ciuffo d'erba.
- Liberami, o...
- O cosa, Malfoy?
Proprio perchè non sei tua zia, non mi farai mai niente di peggio di quanto
abbia fatto lei - sputò rabbiosa.
- E chi te lo dice?
I sopraccigli biondi del ragazzo si incurvarono, quasi a formare
un'espressione curiosa.
- Non ci crederai, ma non ti ritengo così
meschino e pericoloso. Ma soprattutto, ti ritengo un emerito codardo.
- Touchè,
Granger. Ora
che mi hai propinato il tuo discorso da Grifondoro senza macchia e
senza paura, spero tu sia più felice e tranquilla. Comunque,
nel
caso tu voglia mantenere la situazione in questo stato
così...
fastidioso, non parlerò. Farò da solo, come al
solito.
Dritto al punto, viscido come una serpe e perfido come un demonio. E più acuto di quanto
pensasse.
In un secondo, alla Grifondoro fu chiaro che se i
Serpeverde
potevano vantare amicizie importanti, ricchezze inestimabili e ruoli di
prestigio, dovevano tutto alla propria faccia tosta. Ed
anche alla soave arte del Ricatto e dell'Inganno, come se ci fosse
bisogno di specificarlo.
- Poco male. Non so nemmeno cosa avresti voluto dirmi, non
sarà
una grande perdita - mentì, più a se stessa che
al suo
interlocutore.
- Cazzate,
Granger. Sai di
cosa voglio parlare, e so che ti stai mangiando le mani, arrovellandoti
su quell'ultimo messaggio che ti è stato recapitato. Vuoi
una
risposta alle tue domande, e non mi stupirebbe scoprire che quelle
occhiaie sono dovute alle tue indagini notturne sul caso.
- Cosa vuoi in cambio? - sbottò la ragazza,
furiosa per essere stata gabbata così ad arte.
- Innanzitutto, le mie gambe. Dopo, quel delizioso rametto di
biancospino accanto alle tue ginocchia. Poi, la tua attenzione. Infine,
la tua collaborazione.
Hermione Granger strabuzzò gli occhi.
- Non ho parlato di aiuto,
ho parlato di collaborazione,
Mezzosangue - puntualizzò svogliatamente.
Per quanto la Caposcuola avesse sempre apprezzato le sfumature insite
nella scelta del lessico, nella modulazione dei suoni e
nell'intonazione della voce, non riuscì proprio a cogliere
la differenza tra
i due termini adoperati da Malfoy.
- Ti aiuterò
- rispose sogghignando, mentre liberava Malfoy dalle
Pastoie. - Ma questa
- continuò impugnando la bacchetta dell'altro - la tengo
io.
C'era una soddisfazione intrinseca e fortemente radicata, nella
risposta che gli aveva rifilato. Perchè essere implorata da
un
Malfoy andava Oltre
Ogni Previsione.
E per quanto il suo voto preferito fosse il più altisonante Eccezionale, per
una volta poteva pure accontentarsi.
- Ti ascolto - concluse, lisciandosi la gonna, e benedicendo il momento
in cui aveva terminato tutti i compiti, regalandosi un sabato
pomeriggio di completo relax.
Relax che, chissà come, per una volta comprendeva anche la
presenza dell'ospite
più indesiderato.
***
Per tutti i De Torres della storia, le regole erano sempre state
facoltative, tutto ciò che era facoltativo era sempre stato
considerato una semplice comodità, e le comodità
erano
sempre state idolatrate come le uniche regole da seguire e rispettare.
Se questo sillogismo fosse veramente stato degno di questo nome, ci
sarebbe stata una palese contraddizione di fondo, ma neanche Aristotele
avrebbe potuto niente, contro la ferrea
logica
dei De Torres.
Per i Don e le Donzelle di
Bobadilla, la conclusione finale ed ovvia era che ognuno
dovesse seguire le regole che gli parevano più apprezzabili.
La
comodità prima di tutto, tutte le regole che la
escludevano potevano essere tranquillamente ignorate.
E sebbene Candida si fosse sdetorresizzata con la
sua fuga verso Londra, di certo non poteva far niente contro il buon
vecchio sangre dei suoi
avi.
E fu per questo motivo che aggiunse qualcosa di poco simile allo
zucchero nella tazza di Barnabus Cuffe, come al solito seduto in
fibrillazione di fronte alla sua scrivania in mogano.
Molto probabilmente Candida stava infrangendo una decina di leggi
Babbane e Magiche, ma aveva sempre preferito il verbo ignorare, al ben
più drastico infrangere.
E
poi, Barnabus Cuffe non era certo una comodità,
e
le leggi non scritte dei De Torres parlavano chiaro, sul fatto di eliminare qualsiasi
ostacolo al proprio benessere.
- Señorita, lei
è così deliziosa
a prepararmi un tè a quest'ora!
Candida sogghignò, mentre rimescolava il liquido ambrato e
fumante. - Latte, Barnabus?
- Preferisco del limone, se non disturbo. Sa, sono sempre stato un po'
intollerante al latte.
La segretaria si appuntò mentalmente quel dettaglio,
proponendosi di utilizzarlo a suo favore quanto prima. - Allora tenga.
- E gli posò la tazza su un piattino.
L'Editore era entrato in quell'anticamera alle undici del mattino,
ovvero tre ore prima: il limite di sopportazione di Candida, per sua
sfortuna, era stato quindi valicato già da tre ore.
Finchè Cuffe transitava dal suo territorio semplicemente per
essere ricevuto dal Ministro, la cosa era accettabile, quando invece si
dimenticava
di prendere
appuntamento e decideva di aspettare Shacklebolt lì, le
orecchie
della donna cominciavano a fumare, ed il serpente insito in lei si
agitava, borbottando e minacciando di stritolare l'ospite indesiderato
seduta stante. Aveva deciso di cambiare il suo modo di agire:
più maltrattava Cuffe con punzecchiature e frasi al
vetriolo, e
più lui pareva divertirsi ed apprezzare la sua prontezza di
spirito, rimanendo sempre più ancorato alla sua sedia. Da
quel
giorno, l'avrebbe trattato con gentilezza.
Trovando ovviamente altri metodi, forse più efficaci, per
toglierselo dai piedi.
Barnabus Cuffe continuava a scribacchiare su un foglio, facente parte
di quel lavoro che non rinunciava mai ad eseguire, neanche se ammaliato
dalle burrose grazie di una caliente
segretaria.
Quel giorno, doveva selezionare il candidato o la candidata che
avrebbero sostituito Gwendolyn Jones, l'autrice della rubrica di moda
della Gazzetta del Profeta, divenuta protagonista principale delle
pagine del Settimanale delle Streghe da quando era scappata
dall'Inghilterra con un modello australiano, Babbano a tutti gli
effetti. Il suo collaboratore gli aveva inviato i provini degli autori
a suo dire più promettenti, ma Cuffe non pareva intenzionato
ad
assumere nessuno, molto probabilmente perchè non capiva
un'acca
di quello che scrivevano: aveva sempre considerato la moda una futile
ed idiota bazzecola, e si era convinto ad integrare il suo Giornale con
tale spazzatura
solo
perchè non poteva effettivamente riempire le sue pagine con
notizie più interessanti. Mentre leggeva chissà
cosa
sull'ultima tendenza in tema di fogge dei mantelli,
sorseggiò
lentamente il suo tè, un po' più tiepido.
- Mmmmm, ottimo, señorita.
Candida sorrise affabile. - Beva, beva.
E Barnabus fece come gli aveva suggerito. Nel frattempo
cestinò
altri sei provini e si apprestò a leggere gli ultimi quattro.
Fu mentre si gustava il
settimo, che fu colpito contemporaneamente da due illuminazioni: la
prima che lo folgorò fu il rendersi conto che
quella bozza sulla moda
povera
lo intrigava tantissimo per la sua originalità. La seconda
illuminazione, invece, era inconfessabile, di fronte ad una bella donna
per cui poteva avere un certo interesse.
- Beh, señorita,
si è fatto un po' tardi, e mi sono appena ricordato di dover
consegnare queste bozze per la stampa di domani.
Candida unì le sopracciglia in una muta richiesta di
spiegazioni.
- Non si preoccupi, señorita, e
chieda scusa al Ministro, ma devo proprio andare - ansimò in
fretta, mentre borbottava qualche incantesimo che spedisse tutti i suoi
fogli dritti dritti nel suo Ufficio. - Forse tornerò
più
tardi.
La segretaria sfoggiò la migliore faccia contrita del suo
repertorio, celando sapientemente l'esplosione di gioia la cui miccia
era appena stata accesa nel suo spirito. Il fiammifero autore di quel
fuoco era giusto appeso al suo collo, mascherato da pendente in argento
ed oro bianco.
- Hasta la vista,
señor.
Benedisse più e più volte il giorno
in cui aveva deciso di portarsi sempre dietro una piccola scorta di Essenza di Prugnola Costringente.
Se assunta in piccole dosi, la salvava dalla stitichezza che funestava
il suo equilibrio fisico sin dall'infanzia; se invece l'intero
contenuto del suo ciondolo veniva inavvertitamente rovesciato
in bevande o simili, l'assetato
si ritrovava a trascorrere chiuso nell'intimità del bagno
preziose ore, se non giorni. Aveva calcolato che non avrebbe rivisto
Cuffe per più o meno otto ore intere, e che quindi quel 'forse tornerò
più tardi' era una promessa che non avrebbe mai
potuto mantenere.
Con Cuffe lontano, si liberò in una risata tanto poco
delicata da attirare perfino l'attenzione del Ministro.
La testa di Kingsley Shacklebolt fece capolino da dietro la porta del
suo Ufficio, perplessa e vagamente preoccupata. - Cos'era quella risata
malefica?
Candida si portò una mano di fronte alla bocca, tramutando
quella manifestazione così aperta della sua contentezza in
una
sommessa risatina fine e quasi aggraziata.
- E soprattutto, dov'è Cuffe? - chiese di nuovo Shacklebolt,
i
cui dubbi avevano appena acquistato la consistenza di un troll di
montagna di quattro o cinque metri.
- Impegni improrogabili. Tornerà
più tardi - rispose con tutta la poca serietà
che poteva permettersi in quell'istante.
- Allora venga lei
nel mio Ufficio, Candida. Sono curioso di sapere perchè ieri
sera il signor Harry Potter si è ritrovato un boa nel letto.
La risata di Candida si fece se possibile ancora più
fragorosa di quella precedente. - Non sapevo che el niño avesse
una passione nascosta per le sciarpe piumate e variopinte.
Il cipiglio di Shacklebolt si fece più severo. - Un boa constrictor,
Candida.
La segretaria ridacchiò. - Il solito esagerato,
sarà stata una biscia.
- C'era Weasley con lui, e lui
non esagera.
Candida sbuffò. - Niños.
E, se posso chiederlo, cos'è successo di
così grave?
- Oh niente, se si esclude il quasi
infarto che la biscia
ha causato ad entrambi. A quanto mi hanno detto, era una bestiola veramente
simpatica. Potter deve aver provato a dirgli qualcosa in Serpentese, ma
ovviamente non c'è riuscito; pare che la biscia a quel
punto si sia offesa, sentendosi rivolgere tutti quei suoni sconnessi e
sibilanti.
- E...?
- E ha fatto finta di
stritolarli, per poi rilasciarli e sparire nel nulla.
- Ma Cuffe mi ha detto anche che...
- ...Che si sono definitivamente convinti che il pericolo sia serio e
connesso ai Mangiamorte - ammise il Primo Ministro.
Sul volto di Candida si dipinse un'espressione trionfante e sadica. - E
quindi...?
Kingsley Shacklebolt sbuffò. - E quindi... bel lavoro, ma se
lei continuerà a far di testa sua ci ritroveremo con un
Auror morto di paura.
Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres pensò che
dopotutto quell'eventualità non sarebbe stata affatto male.
- Mi assicurerò che Aléjandro non prenda
più... iniziative.
Nello stesso istante in cui disse ciò, si
ripromise di
passare al Serraglio Stregato, prima di tornare a casa. Aveva qualche
quintale di topi morti da acquistare, per il suo piccolo eroe.
***
Harry Potter e Percy Weasley non erano mai stati così vicini come in
quella giornata.
Erano vicini psicologicamente, entrambi shockati dalle carezze di
un serpente gigantesco e minaccioso, ed erano vicini anche fisicamente,
dal momento che si spostavano schiena contro schiena, con due paia di
orecchie sempre tese e pronte a cogliere ogni minimo sibilo misterioso.
Entrambi scattavano quando un bizzarro soffio di vento sfiorava le
foglie dei platani, entrambi si agitavano quando pile di fogli venivano
fatte scorrere sulle scrivanie, ed entrambi si alzavano di scatto
quando percepivano il rumore di oggetti spostati, per poi scoprire
semplicemente che qualcuno si era dondolato sulla sedia.
In quel regime di coatta vicinanza,
avevano anche spedito insieme decine e decine di Gufi a Barnabus Cuffe,
che invece pareva svanito nel nulla. Avevano ipotizzato per lui le
sorti più tremende, prima fra tutte la
possibilità di
essere stato stritolato dalle spire del boa che aveva consegnato la
lettera anche a loro: partirono quindi alla volta della sede della
Gazzetta del Profeta.
Si smaterializzarono con un crac
ed un pop,
per riapparire al cospetto di un imponente buttafuori, al momento
impegnato ad allontanare una ragazza urlante.
- Ancora il posto non è stato assegnato, signorina. Se ne
vada, la prego.
- Mais je...
ma io bisogna quel
lavoro! Mon Dieu, je
dois voir Monsieur Cuffè!
Il buttafuori alzò sconsolato gli occhi al
cielo. - Non la capisco, signorina. Le faranno sapere, se ne vada!
Percy si sentì improvvisamente ispirato da un moto
incontenibile
di cavalleria. - La prego, signore. Lasci che ci parli io.
Il buttafuori fece spallucce, voltandosi verso Harry Potter. - In cosa
posso aiutarvi?
- Cercavamo Barnabus Cuffe. E' nell'edificio?
- Mi dispiace, signor Potter. Oggi pomeriggio il signor Cuffe non
è venuto: a quanto pare, non è in buona salute.
Harry Potter lesse in queste parole tre evidentissimi indizi, tutti in
rapida successione: primo, Barnabus Cuffe era stato rapito, secondo,
molto probabilmente era già morto, terzo, qualunque cosa
fosse
capitata, lui doveva immediatamente andare a salvarlo.
Si avventò quindi su Percy strappandolo ai suoi francesismi,
che
almeno sembravano aver placato l'agitazione della ragazza.
- Muoviti! Cuffe è in pericolo!
Percy sbuffò: di sicuro Cuffe era
in pericolo quanto poteva esserlo Ginny tra le braccia della signora
Weasley; se il loro nuovo presunto 'nemico' fosse stato pericoloso
anche la metà di Bellatrix Lestrange, l'affettuosa Molly
l'avrebbe sistemato in poco meno di cinque minuti.
- Au revoir,
Mademoiselle.
I lunghi capelli biondi della ragazza che aveva di fronte
sussultarono, in un ultimo singhiozzo liberatorio. - Merci, Percy! - esclamò
in un tripudio di accenti.
- Harry, se Barnabus non è in pericolo io ti...
Non disse mai cosa gli avrebbe fatto perchè Harry non gli
dette
neanche il tempo di Smaterializzarsi. Lo Smaterializzò lui,
e si
ritrovarono entrambi dall'altra parte di Londra.
- Corri! Forse siamo ancora in tempo! - esclamò l'Eroe, con
il suo solito piglio melodrammatico.
Per tutta risposta, Percy continuò a camminare con tutta la
calma del mondo, incurante delle urla sempre più
insostenibili
dell'altro. Arrivò di fronte alla porta dell'appartamento
dell'Editore - situata al quinto piano, quindi dopo un centinaio di
scalini - senza il fiatone che contraddistingueva Harry, che nel
frattempo prendeva a pugni la porta.
- Cuffe! Tutto bene là dentro?
Nessun suono proveniva dall'interno.
- Forse si è preso un pomeriggio di ferie -
azzardò Percy. - Starà facendo compere a Diagon
Alley.
Harry lo fulminò e riprese a bussare. Stava per desistere,
quando sentì un mugolio indistinto, un suono emesso a labbra
chiuse che ricordava vagamente l'espressione di uno sforzo.
- Cuffe, stiamo arrivando! - Era talmente preso dall'azione che neanche
si ricordò di rinfacciare a Percy il fatto di essersi
sbagliato. - Alohomora!
La porta, evidentemente priva di incantesimi
anti-effrazione, si spalancò di colpo.
Il primo senso ad essere risvegliato dopo la botta di adrenalina fu, per entrambi,
l'olfatto.
Contemporaneamente,
i due pensarono all'unica causa che avrebbe potuto provocare un tale
fetore.
Improvvisamente, realizzarono insieme
che forse c'era qualcosa di peggio di un boa constrictor di quattro
metri beatamente avvinghiato intorno alle membra.
- Cuffe? - chiese timidamente Percy, tossendo e tappandosi il naso.
Dopo un'altra espressione di puro, tremendo, sforzo la voce tremante di
Barnabus Cuffe arrivò a loro da un angolo remoto della casa.
- Sono qui.
- Tutto... ehm... bene?
- Più o... aaaaargh... meno...
- Aperio! -
esclamò
più volte Harry, puntando la bacchetta contro tutte le
finestre
che riuscì ad individuare. - Ci eravamo preoccupati per lei.
- Oh, non ce n'era bisogno... - replicò Barnabus con un filo
di voce, e senza nemmeno arricchire
la frase con qualche imprecazione più o meno
colorita. - E' solo un disturbo...
- La portiamo al San Mungo, se vuole! - propose Percy, chiaramente
inorridito alla sola idea.
- Non importa... poi non posso alzarmi... state di là, vi
prego.
Harry e Percy si guardarono: non avevano pensato di raggiungere Cuffe
nella sua sala del trono
neanche per un istante.
- Ci chiedevamo se anche lei ha ricevuto l'ultima missiva per mezzo di
un enorme serpente - sparò Percy, chiaramente intenzionato a
ridurre al minimo i tempi di permanenza in quell'abitazione invivibile.
- No - rispose Barnabus dopo qualche secondo, rimuginando ed imprecando
interiormente sulla mancata comunicazione del cambio di programma da
parte di Shacklebolt. Sperò di aver dato la risposta giusta.
- Ma anche nella sua c'era scritto... - Harry estrasse una pergamena
stropicciata dalla tasca - Ogni
richiesta è un inganno...
- Signor Potter, se le dicessi che non è il
momento...? - azzardò Cuffe, tra un mugolio e l'altro.
- Oh, Signor Cuffe, mi perdoni ma è una questione della
massima importanza. Allora, ogni
richiesta è un inganno, ogni aiuto uno sbaglio?
- Sì - sibilò Barnabus, sfinito, ma
lievemente
rinfrancato dall'effetto che quelle due righe avrebbero avuto sui suoi
lettori. Chissà, magari avrebbe dovuto aumentare la tiratura
di
un altro migliaio di copie.
- Allora, ehm... stia bene, Signor Cuffe. Noi andiamo -
esordì Harry, un po' titubante.
- Sì, noi togliamo il disturbo - concluse Percy,
già corso verso la porta d'ingresso.
Un arrivederci stiracchiato
riecheggiò nel lugubre silenzio della casa.
Non appena però i due se ne furono andati, per la casa
riecheggiò un suono più stentoreo e sicuro, un
suono con
talmente tanti decibel incorporati da spaventare la
vicina di casa, da attirare l'attenzione di un passante,
da interferire nei
collegamenti radio del Canale della Manica e da arrivare come un
leggero brusio alle orecchie di qualche buttero dall'udito fine.
Il suo Maremma Maiala, però,
era decisamente necessario: l'unica sua possibilità di avere
la
bacchetta e di mangiare qualcosa, per compensare anche in minima parte
le dure perdite subite
dal
suo fisico, era svanita non appena le ombre dei suoi visitatori avevano
sceso cinque rampe di scale, si erano richiuse il portone alle spalle e
si erano Smaterializzate con un crac
ed un pop,
per finire chissà dove.
***
- Libera di crederci o no, Mezzosangue, ma io non c'entro niente.
Hermione aggrottò le sopracciglia: non poteva certo negare
che
Malfoy fosse un signor attore. Ad ogni modo, l'unico mezzo per ottenere
la sua fiducia
era offrirgli la propria, anche a costo di fare la figura dell'idiota.
Che c'era di strano, in effetti, era che Draco non aveva ricevuto
l'ultima missiva. O meglio, molto probabilmente non l'aveva scritta.
Ne doveva dedurre che non era lui solo ad agire, ma che aveva uno o
più complici, e che tali complici non erano neppure troppo
intelligenti, per dimenticarsi di informarlo riguardo ad una mossa così
importante. A meno che... a meno che Draco Malfoy non stesse mentendo
anche su quello.
- Non farmi ridere, Malfoy. Mi stai dicendo che tu non sai niente di
questa storia, delle lettere e tutto il resto? Vieni a dirlo a me dopo esserti
perfino vantato delle teste
coperte che ti avrebbero portato alla vittoria?
Il ragazzo scrollò le spalle. - Non credevo che
il gioco
sarebbe durato così a lungo. Credevo che avrebbero smesso di
inviarmi quelle lettere, ma continuo a riceverle. E se proprio vuoi
saperlo, sono stufo di essere sempre il primo indiziato dello Sfregiato
ed anche il tuo, a quanto pare.
Hermione si morse il labbro: in realtà aveva difeso i
Malfoy, in
quell'ultima occasione, e non credeva affatto che ci fosse in ballo
qualcosa di pericoloso, ma il comportamento del Serpeverde non lasciava
spazio ad alcun dubbio. Era quanto meno curioso che Draco
Malfoy le chiedesse aiuto
e comprensione
proprio quel pomeriggio, dopo che la mattina Harry Potter l'aveva
informata di aver ricevuto quella misteriosa missiva direttamente dalle
spire di un enorme rettile. Proprio un serpente, poi.
- Ho bisogno che tu mi convinca, Malfoy.
Lo vide inalberarsi. - Sei proprio una sciocca, Mezzosangue. Pensi che
verrei a parlarne con te, se fosse una vera trappola?
Sì,
pensò. Proprio
a me?, si chiese poi. - Proprio a me? - ripeté,
questa volta a voce alta.
Malfoy si voltò verso il Lago, quasi a cercare ispirazione
per
ciò che stava per dire. - Mezzosangue, se avessi voluto
fregare
qualcuno, starei parlando con la Donnola, in questo momento -
borbottò a denti stretti.
- Smettila di chiamare Ron...! - Si interruppe a metà frase,
da
sola. - Malfoy, mi hai appena detto che sono intelligente?
- Ho appena detto che hai un cervello e che talvolta lo
usi, Granger - puntualizzò - al contrario dei tuoi compari,
che
ne hanno uno giusto per riempire il cranio. Anche se, effettivamente,
credo che abbiano una scorta di culo
anche lassù, nel caso che la Fortuna li abbandoni per cinque
minuti, cosa che del resto alle persone normali succede.
- Sono coraggiosi, al
contrario di qualcun altro - replicò stizzita.
- Talmente coraggiosi da aver paura dei ragni e di usare un
Incantesimo lievemente più difficile dell'Expelliarmus.
- Da quel che ne so, al primo anno non è stato Harry ad
urlare di paura nella Foresta Proibita, piccolo indifeso Dracuccio.
- E da quel che ne so io, io
non ho paura di un Naso, Granger.
Dritto al punto, viscido come una serpe e perfido come un demonio. E più acuto di quanto
pensasse.
Hermione si alzò di scatto, e non
prestò
attenzione neppure al fruscio proveniente dagli intricati arbusti alle
sue spalle.
- Cos'era quel rumore, Granger?
Non rispose, intenta ad Appellare tutto il materiale scolastico che
aveva sparpagliato intorno a sè, ore prima.
Nel frattempo, Draco recuperò la propria bacchetta, lasciata
incustodita. - Granger, dovresti smetterla.
La ragazza lo guardò con un'espressione sconvolta. -
Smetterla? Smetterla?! Malfoy,
tu non hai idea...
- Incarceramus!
Questa volta, Hermione fu colta di sorpresa: si ritrovò
avvinta
da strette corde, impossibilitata a muoversi. - Malfoy, liberami subito!
- No - rispose semplicemente l'altro, e fu il suo turno di prenderle la
bacchetta, ignorando le sue proteste ed i suoi occhi fuori dalle
orbite. - Non puoi andare avanti così.
- Perchè ti interessa, Malfoy? Credi che sia divertente,
farmi ricordare tutto
questo?
- Credi di essere l'unica, ad essere stata Cruciata? -
sputò rabbioso. - Credi che io lo trovi divertente?
Ed Hermione tacque. E capì, anche.
Malfoy sapeva. Lo sapeva fin troppo bene.
- Tua zia...
- Zia? - rise amaramente. - La sorella della tua sporca madre Babbana
sarebbe in grado di infilzarti con decine di lame ardenti, per sentirti
urlare, senza donarti neppure il beneficio della Morte? Dimmelo,
Mezzosangue. Li hai sentiti anche tu gli spilli conficcati in testa, la
pelle ustionata dalle fiamme...?
- Basta! - urlò, senza fiato. Aveva appena provato di nuovo
tutte quelle sensazioni su di sè.
Il vuoto.
L'anima mutilata.
Il corpo perforato.
E quella risata...
Vile, inarrestabile, malvagia, tagliente.
Sua.
- Cosa c'è, Mezzosangue, fa male? Di' un po',
credi ancora che io mi diverta?
Scosse la testa, svuotata.
- Non voglio la tua compassione, Granger. E tu non vuoi la mia. Diffindo.
Si sentì almeno liberata, mentre
Malfoy si alzava, pronto ad andarsene. Balbettò per un
istante,
prima di trovare le parole. - Chi ti manda quelle lettere? - chiese
infine.
Draco si voltò, stupito per quel repentino cambio
d'argomento. -
Non lo so - mentì. - Sono anonime - precisò,
evitando il
contatto visivo con la sua interlocutrice. Non voleva dirle, che ancora
una volta c'entrava suo
padre, che
ancora una volta era solo una stupida marionetta in mano ad un artista
più grande di lui. E per quanto non comprendesse ancora la
situazione, non voleva che qualcuno minasse di nuovo la
tranquillità della sua famiglia.
La stabilità di sua
madre.
- Ti credo - mentì anche Hermione. Ti credo perchè devo
farlo, sarebbe stata la risposta più autentica.
- Lavoreremo insieme - concluse, senza guardarlo.
- Non mi piace lavorare con chi non affronta i problemi, Granger.
- E a me non piace dare corda a chi si chiude nei bagni a piangere con
Mirtilla Malcontenta, ma credo che non ci siano alternative.
Malfoy la fissò, a metà tra l'incredulo ed il
divertito. - A questo punto... mi è arrivata anche questa.
Le lanciò una pergamena appallottolata,
che Hermione aprì con mani tremanti.
Ogni richiesta
è un inganno, ogni aiuto uno sbaglio.
- Vuoi ancora aiutarmi?
Era solo un maledetto manipolatore. Tutta la loro conversazione era
dunque imperniata sul mettersi
alla prova?
- A che gioco stai giocando, Malfoy?
- Pensavo fosse chiaro. Ti sto chiedendo fiducia, cosa che a
quanto pare accordi solo a chi ha cicatrici in mezzo alla fronte o
capelli rosso pomodoro. Io
sto giocando a carte scoperte.
Lei doveva
giocare come le era stato detto di fare: fingere di fidarsi,
stare addosso a
Malfoy ed indagare il
più possibile su di lui.
- Mi fido - mentì di nuovo.
- Guardami negli occhi, Mezzosangue.
Provò a svuotare la mente da ogni pensiero, rilassandosi, e
lo
fissò. - Mi fido - ripeté, col cuore in gola.
Quando Malfoy si allontanò, Hermione si chiese quanto fosse
bravo in Occlumanzia.
E quando sparì dalla sua vista, si chiese se non avesse
trascurato qualche aspetto dello sbarrare
bene la mente durante il contatto visivo, incatenata dallo
sguardo penetrante che lui le aveva rivolto.
Si chiese se, per caso, non avesse avuto alcun motivo per liberare la
testa dalle proprie riflessioni.
E si chiese persino se, per qualche strana ragione, lei non si fidasse davvero di
lui.
***
- El niño ha riferito ciò che ha
visto.
- Ed ha visto ciò che ci aspettavamo?
- Sì. Ha avuto una splendida idea, señor.
- Lo conosco troppo bene, per avere dei dubbi sui suoi
comportamenti: non sopporta di essere usato e gli eventi gli hanno
insegnato quanto non sia prudente
fare tutto da sè.
Si intromise una terza voce. - Dunque, anche la signorina Granger
è sistemata.
- Immagino di sì.
- Lo mejor
està por venir.
Candida fu oggetto di due sguardi perplessi. - Il bello deve ancora
venire - tradusse, e gli altri annuirono.
- Quindi...?
- Quindi è il momento di spedire la prossima lettera.
Candida annuì. - Aléjandro
ne sarà immensamente
felice.
***
E' stato un parto.
E' stato un parto l'orale di Fisica Generale, incubo di un anno
intero finalmente conclusosi a lieto fine, ed è
stato un
parto questo capitolo, perchè finchè
c'è da
scherzare e scrivere boiate
mi riesce bene, quando poi c'è da entrare nei momenti
Dramioneschi, beh... mani nei capelli. Scrivo col terrore di essere
scontata, di andare OOC e di deludere le vostre aspettative, quindi, se
l'ho fatto, ditemelo immediatamente, così corro ai ripari.
Vorrei gongolare un altro po', prima di passare alle Note.
Questa storia ha vinto i premi Best
WIP, Best Comedy e Readers' Choice ai Neverending
Story Awards. Partecipavano
un sacco di fanfictions, e trionfare in tre categorie è
stato a
dir poco... elettrizzante. A quanto ne so, Candida ha minacciato di
sguinzagliare Aléjandro contro PrincesMonica, la Giudicia,
per
non averla proclamata vincitrice nella categoria Best Original
Character, ma ha chinato la testa di fronte a Ioan Varga, protagonista
di Draconarius, e, per
ora, ha deciso di starsene buona buona, dove per buona buona intende
buona buona a causare
epiche diarree a quella piaga di Barnabus.
Volevo anche ringraziare di nuovo Valaus, Vogue, Lilyblack e Rem
semplicemente perchè esistono.
E Milord, per la rosa.
E Conad il Barbaro, perchè è un idolo.
E chi ha insistito perchè aggiornassi, anche minacciandomi
di morte.
Quanto vi amo.
Passiamo alle NOTE:
- il sugo di tutta la storia: citazione Manzoniana,
dritta dritta dai Promessi Sposi.
- la
ripetizione di "Dritto
al punto, viscido come una serpe e perfido come un demonio. E più acuto di quanto
pensasse." è
un omaggio a Mirya. Direte voi, che c'entra? C'entra, perchè
Francesca è solita ripetere più volte una certa
frase nei
suoi capitoli, dandole ogni volta sfumature diverse, od usandola per
rimarcare un concetto. Io l'ho ripetuta solo tre volte,
perchè
andare oltre mi sembrava praticamente offensivo nei
suoi riguardi (e soprattutto perchè non sarei stata in grado
di
riproporla una quarta xD), ma ho voluto citarla in qualche modo,
perchè giusto questa settimana riflettevo con lei che i miei
Barnabus e Candida sono stati ispirati dalla sua Linee, ed in
particolar modo da Mab e
dalla mia recensione al suo ultimo capitolo. E' un discorso contorto,
degna espressione di una riflessione contorta. Credo che lei abbia
capito, però. :)
-
il verbo sdetorresizzarsi
riprende lo spiemontesizzarsi
dell'Alfieri, quando abbandonò baracca e
burattini e si tolse dalle scatole. Si dimenticò di
abbandonare un sacco di soldini:
a quanto pare la sua visione dell'andarsene
di casa non comprendeva il considerare indegna la sua
cospicua eredità. Era molto Slytherin, Vittorio.
- chi ha letto una certa altra mia storia, saprà chi
è
l'autrice del settimo provino esaminato da Barnabus, e chi è
la
ragazza in lacrime di fronte alla sede della Gazzetta del Profeta.
Volevo farle fare un piccolo cameo in questa storia, vedrò
più avanti se farla ricomparire o meno.
- l'Essenza di Prugnola Costringente è una mia invenzione.
Dubito che i Maghi conoscano l'Activia o le pasticche antistitichezza.
:D
- Puntualizzo una cosa. Harry non parla più il Serpentese,
dopo la sconfitta di Voldemort. E' per questo che ha dei problemi di comunicazione
con Aléjandro.
- Aperio! è
un incantesimo inventato da me. Ho immaginato che l'Alohomora servisse
solamente ad aprire le porte, per le finestre ho scelto dunque un altro
latineggiamento.
- I butteri
sono i pastori a cavallo della Maremma Toscana... e chissà,
magari il Maremma Maiala
l'hanno inventato loro.
- I continui riferimenti all'Expelliarmus
servono prima di tutto a sfottere Potter, e poi ad
omaggiare anche la mia Rea, che ha parlato della 'questione culo' nell'ultimo
capitolo del suo capolavoro.
Imploro
perdono, ma se mi metto a rispondere anche alle recensioni, non posto
più.
Vi dico solo un grazie collettivo,
immenso e totalizzante.
Effebì
Mi trovate... qui
.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Mai Opporsi ad un Cercatore ***
9.
Mai
Opporsi ad un Cercatore
A Rea, che con i suoi regali mi lascia balbettante.
♥
Quel sabato mattina, in molti si alzarono col cuore in gola.
Il primo fu Harry James Potter, che però col cuore in gola ci viveva.
Il secondo fu Percy Ignatius Weasley, che a forza di andare con l'angosciato, aveva
imparato ad angosciarsi.
Il terzo fu il penultimo
Weasley, Ronald Bilius,
svegliato malamente da Godric Salazar con una beccata sul naso ed una
busta nell'occhio.
La quarta fu Hermione Jean Granger, che quando spalancò le
palpebre, lesse la lettera e cercò Ginevra, senza trovarla
nel
suo letto.
Il quinto fu Draco Lucius Malfoy, lungi dall'esser senza macchia e senza paura.
Dopo un'attenta analisi delle missive ricevute, però,
qualcuno
decise di riportare il cuore al suo posto, tra le costole, poco
spostato verso sinistra.
Non Harry Potter, che continuò a tenere il miocardio nel suo
luogo abituale.
Non Percy, che cominciò a temere non tanto per il mittente
della
lettera e per le sue intenzioni, quanto per ciò che il
Bambino
Sopravvissuto aveva in mente di far fare ad un povero impiegato del
Ministero proprio nel suo giorno libero.
Non Ron, perchè Harry aveva quasi sempre ragione,
soprattutto quando aveva torto.
Non Hermione, che si alzò di scatto e corse in Sala Comune,
con
la mente rivolta a Ginny ed a ciò che poteva esserle
capitato.
Draco Malfoy, invece, appallottolò la pergamena e la
gettò sotto il letto, rigirandosi sull'altro lato.
Il suo cuore, seraficamente tranquillo, batteva all'altezza dei
polmoni, perfettamente incastonato tra le costole, un po' spostato
verso sinistra.
Si rese presto conto di non poter dormire, ma il suo stato d'ansia poco
c'entrava con il foglio che un diligente Elfo Domestico avrebbe gettato
via di lì a poche ore, non appena il Dormitorio fosse stato
vuoto e pronto ad essere lustrato da cima a fondo.
Conosceva benissimo l'emozione che gli attanagliava il petto: era una
sensazione che aveva provato molte altre volte, in occasioni che erano
state ormai offuscate dal tempo e dagli eventi, soffocate nei
più reconditi angoli dell'animo ed archiviate come
'frivolezze'.
In quegli ultimi due anni, aveva avuto responsabilità ben
più grandi dell'acchiappare un Boccino, ed ora che il
Quidditch
era tornato a pieno titolo nella sua vita non poteva non apprezzare
l'ansia, la tensione ed il respiro accelerato che lo aggredivano ogni
volta che pensava a come sarebbe stato stringere le dita intorno alla
sferetta dorata. Si sentiva quasi un bambino, emozionato ed
intraprendente, e nella cassa toracica non c'era nessun peso ad
opprimerlo: c'era un cuore spensierato, un cuore leggero, un cuore
puro, come se non fosse mai stato sporcato dall'inchiostro nero che
drappeggiava uno scarno teschio sul suo avambraccio.
Si ritrovò ad allungare l'indice verso quell'angosciante
figura.
Ne disegnò i bordi, indugiò nelle
cavità delle
orbite, seguì sinuoso la serpe che si snodava fluida, ebbe
paura
anche quella volta: paura che la Guerra non fosse finita, che lo
Sfregiato non avesse mai sconfitto Voldemort, che da un momento
all'altro il Marchio potesse bruciare, evocando colui che l'aveva
impresso sulle braccia di ogni adepto.
Anche quella volta non successe niente, e la felicità gli
invase il petto, riscaldandolo.
Si ritrovò a sorridere, stropicciandosi gli occhi e
voltandosi verso il proprio baule.
Era chiuso ermeticamente, sigillato con Incantesimi a prova di Potter:
non che la cultura magica del Bambino Sopravvissuto fosse un
granchè, in effetti, dato che si era salvato il culo in
più occasioni con una stoccatina da principiante, ma era
comunque qualcosa, dal momento che Draco era diventato
irrimediabilmente il suo nuovo Indiziato Numero Uno. Nuovo,
ridacchiò, ripensandoci. Forse solo Piton era stato
più indiziato
di
lui, in tutti quegli anni a Hogwarts, e se sul professore Potter aveva
avuto torto su tutti i fronti, lo stesso non si poteva dire di
ciò che aveva ipotizzato su di lui. Il
non aver ucciso quel rimbambito di Silente, dopotutto, non poteva
cancellare l'Armadio Svanitore, la Collana di Opali ed il Whisky
Incendiario avvelenato. Dettagli.
Scacciò il passato dalla sua mente nello stesso momento in
cui
puntò la bacchetta contro il baule: mormorò
qualcosa di
incomprensibile e, quando la serratura scattò, la saliva
cessò improvvisamente di umettargli la lingua e le labbra.
Tutta quell'emozione per
un contenitore aperto, e non era nemmeno il suo compleanno, pensò,
figurandosi nella mente tutti i pacchi colorati che gli venivano
recapitati ogni cinque giugno.
Di fronte a lui c'era il dono più grande che avesse mai
ricevuto, il dono della nuova vita che qualcuno aveva intagliato nel
legno, l'unico dono capace di entusiasmarlo tanto da sollevarlo da
terra, da librarlo nell'aria e da farlo sfrecciare più
veloce
dei suoi stessi pensieri.
Fissò la sua Firebolt e la amò di nuovo,
perchè significava libertà.
Mentre Gregory grugniva nel sonno, si alzò
furtivamente,
Appellando un comodo abbigliamento sportivo ed indossandolo in fretta.
Theodore respirava pesantemente, quando Draco imboccò il
breve corridoio che l'avrebbe condotto in Sala Comune.
Blaise, invece, lo fissava con occhi sbarrati. - Dove vai?
- Non sono affari tuoi, Zabini - replicò divertito,
soffermandosi sulla porta.
- Nevica, prendi gli occhiali.
Si trattenne dallo scoppiare a ridere. Lui e quel figlio di puttana -
e con questo appellativo intendeva essere realista, non offensivo - non
si erano mai sopportati reciprocamente, ma Zabini gli regalava
incomparabili momenti di follia notturna ed anche una buona dose di
ilarità, almeno per qualche ora. - Lo farò.
- Ti cercava un Troll, aveva un vestito a fiori.
Dopo quell'uscita, Draco seppe di non poter più resistere
nella stessa stanza del Mezzoitaliano:
alle cinque di mattina i suoi addominali non erano abbastanza pronti ad
affrontare una sessione interminabile di risate.
E c'era un'altra cosa da non sottovalutare: Zabini, da sonnambulo,
era maledettamente permaloso.
Si eclissò in Sala Comune con il suo Manico di Scopa e
cominciò a sfrondarlo delicatamente, seduto sul divano.
Almeno fino a quando non sentì bussare.
Si rifiutò all'istante di credere che fosse un Serpeverde,
colui
che batteva imperterrito le nocche contro la parete di pietra: non
c'erano certo stupidi Paciock nella loro Casa e nessuno a memoria
d'uomo aveva mai smarrito o dimenticato le Parole d'Ordine. Era dunque
un intruso, un curioso, qualcuno con un certo disprezzo per le regole,
se vagava per il Castello quando ancora l'alba non era sopraggiunta.
Incuriosito, fu lui ad aprire la porta per accogliere l'intruso in Sala
Comune.
Si trovò di fronte
un'intrusa.
Una persona curiosa,
certo.
Ma di certo non l'emblema del disprezzo
per le regole.
- L'hai presa tu, lo so.
Fissò la Granger allibito. - Cosa ci fai qui?
Lei rispose alla domanda con un'altra domanda. - Dov'è Ginny?
- Stai infrangendo le regole per lei?
- Dimmi dov'è - insistè, ferma sulla
porta.
- Di sicuro non qui. Come hai fatto a non... Potter - concluse
da sè.
Hermione annuì. - Aiutami a trovarla.
- Non ci penso nemmeno.
- Vuoi che mi fidi di te?
- Voglio dormire,
prima di tutto.
- Vuoi che mi fidi di te?
- E' evidente che non lo fai, non vedo perchè sprecarmi per
convincerti.
- Vuoi che mi fidi di te?
- Vuoi che spifferi a Gazza che sei qui? E' la Piattola, Mezzosangue,
non mi scomoderò per lei.
Hermione non ripetè la litania che mandava avanti
imperterrita da qualche minuto.
Vide la parete di pietra sigillarsi di fronte ai suoi occhi, ed in
quello stesso istante sentì un'imprecazione giungere forte e
chiara dall'altra parte della barricata.
In quell'istante seppe che Draco Malfoy era appena diventato anche il suo Indiziato
Numero Uno.
Stava per andarsene a setacciare il Castello, quando la parete si
riaprì.
- Che bella giornata, uh, signorina? Credo che darò una
falciatina in giardino.
La parete si richiuse inghiottendo di nuovo gli occhi di Blaise Zabini,
che spiccavano come lampioni nell'incarnato scuro.
Sentì un'altra voce sghignazzare, prima che la barriera
acustica
si interponesse di nuovo tra lei ed il Dormitorio Serpeverde.
Poi, il suono degli incastri e dei movimenti dei blocchi di granito che
si scambiavano di posto attirò di nuovo la sua attenzione.
- Come sapevi che ero sveglio? - chiese Malfoy, sovrapponendo la
propria voce al chiasso delle pietre.
- Quidditch - grugnì in risposta. - ...Quidditch!
Draco Lucius Malfoy si grattò la testa, quando
la vide sparire nel buio dei corridoi.
Tornò sul divano, a cullare la sua Firebolt.
E si ritrovò a pensare che, di sicuro, colei che era stata
sua zia aveva
fatto un buon lavoro: la Mezzosangue era ufficialmente,
incontrovertibilmente ed irrimediabilmente impazzita.
***
A miglia e miglia di distanza, Harry Potter non sapeva
ancora
che Ginny si era volatilizzata nel nulla, il che era una cosa buffa,
dato che negli anni precedenti era sempre stato il primo a sapere tutto ed a
comportarsi di conseguenza: tuttavia, questa mancanza poteva
addirittura essere un bene
per la giovane Weasley, visto che l'Auror si dilettava
spesso nella nobile arte dell'interpretare male le proprie
visioni e sensazioni.
Era sempre stato così: incapace
di controllarsi.
Aveva causato la morte di Sirius, era quasi morto nell'imboscata di
Godric's Hollow, aveva condannato lui, Hermione e Ron alla deportazione
a Malfoy Manor. Come poi il suo sublime sfruttamento delle rotonde mele
avesse tratto utili conseguenze da fatti così disastrosi era
ancora un mistero per tutti, una benedizione per pochi, una catastrofe
per molti.
Di certo, quel giorno il Culo
gli stava suggerendo di correre ad Hogwarts, dove sarebbe sicuramente
successo qualcosa di terribile. Nemmeno per un istante lo
sfiorò
il pensiero che potesse essere una trappola - non doveva aver capito
bene la morale insita
nella favola
dell'Ufficio Misteri -
e soprattutto, non pensò minimamente alla contraddizione
stessa
racchiusa nella sua decisione. Se i mittenti di quelle lettere volevano
lui, a che
pro consegnarsi a loro in un luogo gremito come Hogwarts?
Bazzecole, per chi vantava la fortuna di sedersi ogni
giorno sul
cuscino della Dea Bendata - Dea che più bendata, doveva
essere
strabica, dato che i suoi occhi si incrociavano su un solo obiettivo.
Comunque, niente e nessuno avrebbero potuto impedirgli di tornare a
Hogwarts.
Primo, perchè aveva rotto talmente tanto le scatole a
Shacklebolt con tutte quelle chiacchiere sulla sicurezza e
sull'importanza di dare un'immagine forte del Ministero - quando fosse
nato tutto il suo interesse per il buon nome delle Autorità
era
un'altra questione da appurare - che adesso si ritrovava con un posto
garantito in Tribuna d'Onore e sarebbe
stato brutto lasciare un posto vuoto in un settore
così in vista.
Secondo, perchè lui doveva esserci, quando la minaccia
vergata sull'ultima missiva sarebbe diventata realtà: era fondamentale che
fosse presente un Disarmatore
di professione, quando i cattivi avrebbero
preso il sopravvento.
Fu con quel proposito che alle cinque di mattina si vestì in
fretta e furia e si Materializzò nel piccolo appartamento di
Percy Weasley, che nel frattempo aveva assunto un colorito verdognolo,
aveva seppellito la testa sotto le coperte, aveva mormorato qualche
sillaba impugnando la bacchetta ed era riemerso dal suo nascondiglio
con il volto gonfio ed i lineamenti sformati.
Harry lo fissò con disgusto. - Hermione mi ha ridotto in
quel
modo l'anno scorso. Vuoi che alla controfattura ci pensi io, o la
annulli da solo quella Pungente?
Percy si maledì, senza nemmeno premurarsi di farlo a bassa
voce,
e maledì anche il momento in cui aveva concesso a Potter
l'autorizzazione a Materializzarsi entro i confini di casa sua, in
qualunque momento avesse voluto farlo. Del resto, come poteva negare al settimo Weasley maschio
il permesso di trattarlo da ennesimo
fratello?
- Vestiti, dobbiamo partire.
Percy guardò l'orologio a cucù appeso alla
parete. - Adesso?
Se non fosse stato sicuro di aver visto la mano dell'Auror ben lontana
dalla sua bacchetta, avrebbe potuto giurare che si fosse appena
Trasfigurato in una teiera fumante. Capì che quello era un sì.
Si alzò senza troppo entusiasmo, inforcando i suoi
immancabili
occhiali cerchiati di corno. - Sei preoccupato? - chiese alla fine, con
quello che parve un immenso sforzo.
- Certo! Non oso pensare a cosa avrà in mente Malfoy... Oggi
c'è anche la partita!
Percy decise di fissare il soffitto, che di certo reputava
più
interessante di una discussione con Harry. - Ancora Malfoy?
- Non da solo, certamente. Tu non hai visto che sguardo aveva Lucius
Malfoy, dal Ministro...
Percy sospirò: era chiaro che non poteva niente contro i superpoteri di
Potter, così come era chiaro a tutti che non si poteva
niente contro il suo radar
per la sfiga.
Si eclissò in bagno, preparandosi a tempo di record ed
eliminando dal volto la Fattura con cui l'aveva stregato; neanche in
piedi di fronte alla tavoletta del water riuscì
però a
vivere in pace.
- Sai chi mi ha consegnato la lettera, Percy?
Nessuna voce rispose all'Auror: Percy lasciò l'oneroso
compito
del discutere con Potter allo scroscio della pipì che si
infrangeva contro la superficie dell'acqua.
- Il boa dell'altro giorno.
Le ultime gocce di liquido risposero timide ed impaurite alla
rivelazione: solo il pensiero di quel rettile aveva congelato
all'istante ogni singolo nervo di Percy.
- Però non mi ha attaccato. E' sparito così
com'era arrivato ed io non ho fatto in tempo a fermarlo.
Sempre nella solita posizione, rilassò di nuovo i muscoli. -
Ah - replicò, dato che non sapeva più cosa emettere in
sostituzione della voce.
- Muoviti! - sentì urlare poco dopo.
Sputacchiò l'acqua e la schiuma che gli invadevano la bocca,
sempre più di malumore. - Arrivo.
Lanciò lo spazzolino nel bicchiere, prima di spalancare la
porta
del bagno. Harry Potter era già lì davanti, con
in mano
la saccoccia che aveva già preparato per la partenza,
ovviamente
frugando tra le sue cose:
lo squadrò con odio, prima di prenderlo a braccetto.
In un secondo, si ritrovarono ad Hogsmeade, con gli stomaci in
subbuglio e le menti confuse: Materializzarsi di prima mattina non era
esattamente l'ideale.
- Andiamo! - esordì Harry,
incamminandosi verso Hogwarts.
Percy non si mosse di un millimetro, poi, inforcò la
direzione opposta.
- Percy, ma che diavolo fai? - sbraitò l'Auror.
- Colazione - grugnì in risposta, continuando a dirigersi
verso i Tre Manici di Scopa.
- La possiamo fare a Hogw...
- Io la
voglio fare ora.
Non si voltò.
E per una volta, Harry Potter lo seguì, in silenzio.
Percy sapeva che quella era solamente la Quiete prima della
Tempesta, ma decise di farsela bastare.
Fu con immensa soddisfazione che divorò pancakes ricoperti
di sciroppo, sotto lo sguardo soddisfatto di Madama Rosmerta.
Ma fu con immensa rassegnazione che inzuppò l'ultima
briciola nel suo latte caldo.
Dieci minuti dopo l'ingresso trionfale nel locale, Harry Potter assunse
il cipiglio severo che le donne di casa Prewett-Weasley si
trasmettevano di generazione in generazione: come quel pezzetto di DNA
si fosse trasmesso anche a Potter era sempre rimasto un mistero
inconfessabile.
Percy risolse l'enigma quando non erano ancora arrivati ai cancelli di
Hogwarts.
Harry non era il settimo Weasley.
Era la seconda Weasley.
***
Quel giorno, Ron Weasley non poteva assolutamente evitare di recarsi al
lavoro.
Era sabato, Verity era ancora in maternità e George non
poteva
affrontare l'invasione dei clienti da solo, soprattutto adesso che
stavano aprendo una filiale dell'attività anche a Hogsmeade,
nel
locale che una volta aveva ospitato l'Emporio degli Scherzi di Zonko.
Per quanto Harry fosse sempre venuto prima di ogni altra cosa, nella
sua scala di valori, Ron non era comunque certo che accadesse qualcosa
di male proprio quel giorno, e George l'avrebbe scuoiato vivo se solo
non si fosse presentato in Diagon Alley per correre dietro ad uno dei
soliti spettri
potteriani.
Quando si Materializzò ai Tiri Vispi, Diagon Alley era
appena
rischiarata dalle prime luci del giorno: vi regnava un silenzio quasi
assoluto, disturbato unicamente dai crac di
qualche passante appena arrivato, o dal battito d'ali di qualche Gufo
addetto alle consegne, o dalle voci di edicolanti e baristi, che come
al solito erano i primi ad aprire le proprie attività. Si
affacciò alla vetrina, in mancanza d'altro da fare: George
non
era ancora arrivato, e per il momento non si vedevano neppure i
fornitori di Polvere Buiopesto all'orizzonte.
La civetta dell'edicola più vicina sbandierava ai quattro
venti
l'evento del giorno: la prima sfida del Torneo Trescope. Tutta la
locandina era incentrata su di essa: Grifondoro contro Beauxbatons era
l'interesse principale di tutti, quel giorno, tanto che oscurava
qualsiasi altra notizia - o forse era semplicemente l'unica notizia.
Curioso, Ron decise di acquistare la Gazzetta del Profeta, nell'attesa.
L'edicolante lo guardò di traverso, dato che era ancora
occupato
a disporre in pile ordinate tutti i nuovi arrivi di quel giorno, e fu
con un colpo di bacchetta un po' irruento che gli spiaccicò
il
giornale in faccia. Ron si appuntò mentalmente di fargli
avere
qualche caramellina
colorata,
la mattina successiva - e si rese anche conto di essere diventato il terzo gemello Weasley,
con quell'unico pensiero. Non vi trovò niente di cui
stupirsi, in quel lato scherzoso
del
suo carattere: in qualcuno doveva pur reincarnarsi lo spirito di Fred,
e si complimentò mentalmente col fratello per l'ottima
scelta.
Sfogliò la Gazzetta comodamente seduto di fronte ad una
caraffa
di Succo di Zucca, quella che lui e George tenevano nella dispensa dei
Tiri Vispi, tra la Burrobirra e l'Idromele - Ron sapeva per certo
dell'esistenza di un mobiletto stracolmo di Whisky Incendiario, ma non
era mai riuscito a trovarlo. Lesse la prima pagina, poi la seconda,
ammirando gli scatti degli allenamenti che un abile fotografo doveva
aver immortalato in quell'ultima settimana, e non potè non
provare una punta d'invidia per l'armadio che si notava in lontananza,
posto a guardia dei tre anelli. Rimase incantato a lungo su quelle
immagini in movimento, poi fu qualcos'altro ad attirare la sua
attenzione.
Metà della quarta pagina era occupata da un articolo di
Barnabus
Cuffe: non che fosse un grande esperto in giornalismo, ma Ron era quasi
sicuro che un Direttore non si prendesse la briga di scrivere articoli
'insignificanti' come quello.
L'immagine di un'alterata Madama Chips troneggiava sulla carta
ingiallita, mentre sullo sfondo si intravedeva un lettino
dell'Infermeria.
Brutto incidente per il
Cercatore di Beauxbatons.
Scorse l'articolo velocemente, soffermandosi solamente
sulle ultime frasi.
Che la maledizione dei
Tornei scolastici sia tornata ad infestare anche il Trescope?
Forse le misteriose lettere cui abbiamo accennato fin da settembre
c'entrano qualcosa con questa storia?
Non vi resta che seguirci, Vi terremo informati.
Per la prima volta da quando quella faccenda era iniziata,
Ron si trovò ad appoggiare Harry Potter in tutto e per tutto.
Recuperò da una tasca la lettera che gli aveva spedito
quella mattina, contenente il messaggio minatorio.
Non vi lesse niente di ciò che effettivamente vi era
impresso sopra.
Vi lesse solo tre parole, enormi, lampanti, impossibili da ignorare.
Malfoy.
E'.
Colpevole.
Ripose la lettera in tasca, preparandosi ad inviarne
un'altra al suo migliore amico.
Mentre la compilava, non riuscì però a non
sentirsi più sereno.
Se la vittima designata era quel francese sconosciuto, perlomeno poteva
tirare un sospiro di sollievo per quanto riguardava i suoi amici
più cari.
Hermione era salva.
Almeno per ora.
- Ronnieeeeee! - esclamò la voce della signora Weasley,
facendolo sobbalzare sulla sedia.
Nascose in fretta e furia la lettera in tasca, preparandosi ad
affrontare la madre, capitata lì per chissà quale
motivo.
Ed invece, si trovò davanti George.
- Dov'è la mamma?
Il fratello sghignazzò, e gli uscì una risata leggiadra. -
Bisogna festeggiare! Oggi si mette in commercio la CambiaVoce! -
urlò con una voce
non sua.
Ron, ancora incredulo, lo vide impugnare la bacchetta e puntarla
nell'angolo del magazzino dove inciampava sempre, senza sapere il
perchè. Quell'angolo accolse presto un cubo di legno, dai
contorni sempre più definiti. Un mobiletto.
I suoi occhi furono attraversati da un lampo di comprensione,
mentre George rimuoveva completamente l'Incantesimo di Disillusione ed
apriva l'anta con un colpo di bacchetta.
Eccolo, il tesoro di Fred e George, che aveva sempre avuto sotto il
naso senza mai trovarlo.
- Ma non sono nemmeno le sei! - titubò, mentre un tintinnio
gli
annunciava che George aveva appena evocato due bicchierini.
George fece spallucce, senza smettere di sorridere. - Non è
mai
troppo presto per un po' di Whisky Incendiario, fratellino!
Era paradossale che fosse la voce di Molly Prewett in Weasley a
pronunciare quelle precise parole.
- Come hai fatto ad inventare quella
cosa?
George lo guardò con disgusto, poi rivolse lo sguardo verso
l'alto. - Oh Fred, perdonalo, perchè non sa quello che
dice...
Idiota di un fratello! - urlò, questa volta in direzione di
Ron.
- Come posso spiegartelo... quanto avevi a Pozioni, Accettabile? - Ron
annuì lentamente. - Avevi più di me, e non
capisci da
cosa viene questa?
Il minore dei due fratelli rimase in silenzio. - Meno male che almeno
in famiglia è nato un genio. Cioè, due, ma anche
il
secondo si è reincarnato in me. Polisucco, Ronnie,
Polisucco!
Ron annuì, chiedendosi come George fosse riuscito ad
adeguare una Pozione complicata come quella ai suoi scopi.
Arrivò alla conclusione che davvero Fred si era reincarnato
nel
gemello, e che in lui non c'era neanche un briciolo della sua anima: di
conseguenza, nessuna caramellina
colorata sarebbe finita nelle mani dell'edicolante che gli
aveva tirato la Gazzetta in faccia.
Fece spallucce, mentre buttava giù una sorsata di Whisky,
rischiando di strozzarsi.
Dopotutto, lui era sempre il miglior amico di Potter.
Dunque, era figo
quanto i due gemelli fusi insieme.
***
Quando Barnabus Cuffe si impomatò i baffi alle sei e mezzo,
convenne, di comune accordo con lo Specchio, che non era mai stato
così bello.
Si era agghindato alla perfezione non solo perchè sarebbe
apparso nelle foto del suo stesso quotidiano, che come al solito aveva
l'esclusiva degli eventi sportivi e non più importanti del
mondo
magico, ma perchè sarebbe apparso in quelle foto con la
compagnia più lieta che avesse mai potuto auspicare.
Manolete si
sarebbe seduta
alla sua destra, in Tribuna d'Onore: ufficialmente perchè
Kingsley Shacklebolt gli aveva procurato due biglietti e, guarda caso,
lei era l'unica persona a cui aveva pensato di chiedere di
accompagnarlo, ufficiosamente
perchè l'Editore aveva supplicato talmente tanto e talmente
a lungo il Primo Ministro da non poter accettare un no in
risposta al suo invito. Del resto, Candida aveva abbandonato ogni
speranza riguardo ad un invito formale di Lucius Malfoy: se sedersi
vicino a Cuffe e sopportarlo per tutto il giorno era il prezzo da
pagare per vedere da lontano una chioma di lunghi capelli biondi, era
disposta a sborsare tutti i suoi risparmi in termine di pazienza e
sopportazione.
Anche lei, nella propria abitazione, si stava vestendo e truccando con
una cura insolita.
Aléjandro, in un angolo, la osservava ammirato, sibilando di
tanto in tanto qualche apprezzamento: non poteva che sentirsi lusingato
per avere una padrona così affascinante, degna discendente
della
nobile stirpe dei Serpeverde.
Un pop ed
un debole toc toc
annunciarono l'arrivo discreto di Cuffe, intorno alle sette.
Candida ignorò volutamente quel suo modo di annunciarsi:
primo,
perchè le vere donne dovevano farsi attendere, secondo,
perchè anche due minuti sottratti alla compagnia
dell'Editore
potevano rendere una giornata immensamente più soddisfacente.
Al terzo toc toc,
seguito da un colpetto di tosse, decise che era giunto il momento del sacrificio.
Sospirò, ed Aléjandro le cinse la vita,
avvolgendosi intorno al suo corpo e poggiandole la testa su una spalla.
Quando aprì la porta, i baffi impomatati di Barnabus Cuffe
si
afflosciarono, intimiditi dai penetranti occhi gialli del boa.
L'Editore deglutì lentamente, nascondendosi dietro al mazzo
di
gigli che aveva intenzione di donare a Candida, bianchi e puri come il
suo nome. Di certo, quello sfoggio di codardia non fu esattamente la
via più breve ed efficace per accattivarsi la sua simpatia.
- Es inofensivo, conejo.
Di certo Barnabus Cuffe non poteva capire il Serpentese,
ma dagli sguardi di fiele che quella
biscia gli stava lanciando, poteva dedurre solo una cosa:
forse non l'avrebbe ucciso, ma non l'avrebbe neanche mai sopportato. -
I-innocuo, dice?
Candida sbuffò, Appellando i gigli ed infilandoli in un vaso
con un unico, fluido movimento della bacchetta. - Andiamo?
Barnabus, privato anche dell'ultimo scudo che poteva salvarlo dallo
sguardo di Aléjandro, fu più che felice di
annuire.
Assistè in religioso silenzio al commiato tra Candida ed il
suo
amico, ovviamente senza capire neppure una parola.
Quando però la segretaria tornò per un attimo in
camera,
per prendere il soprabito, Aléjandro decise di dimostrare
quanto
fosse innocuo.
Non appena lo vide avvicinarsi, l'Editore
sbiancò
completamente, e si dovette appoggiare allo stipite dell'ingresso per
non cadere a terra.
Il boa gli si avvinghiò alle membra, fino a portare la testa
a contatto con la sua guancia smunta.
- Ehm, signor Aléjandro, così non respiro bene...
-
azzardò, mentre il boa lo stringeva ancora di
più. - Aléjandrino...
la prego... per favore... ti supplico, fai la brava lucertolina...
Non seppe mai se avesse sbagliato a dargli della lucertola, o a dargli
della femmina: lo
vide scendere sempre più in basso, e si ritrovò
con un unico taglio sul polso, mentre il serpente strisciava placidamente verso
il punto dove l'aveva lasciato Candida.
- Innocuo?! - sbraitò, non appena la vide uscire dalla
camera. Le mostrò il polso insanguinato. - Innocuo?!
Candida lo esaminò, scettica. - E' un taglio, se lo
sarà
fatto appoggiandosi al mobiletto, è un po' scheggiato.
Barnabus, che nel frattempo era tornato ad essere lievemente
più rosa,
la guardò di traverso. - E' stato lui!
La donna rise. - I serpenti mordono,
non tagliano,
Cuffe.
L'Editore allungò il collo in direzione della belva. La
scoprì a ridere, se quella smorfia equivaleva ad un ghigno,
nella mimica facciale di un rettile. Sempre ridacchiando,
Aléjandro spalancò la bocca, per mostrargli l'unica zanna insanguinata.
- Guardi! Candida, guardi!
Quando la segretaria si voltò, Alèjandro si era
già avvolto in spire, con il capo appoggiato sull'ultimo
strato,
gli occhi chiusi ed il respiro regolare. - Sta dormendo, Cuffe! Shhhht!
- bisbigliò, con lo sguardo più dolce che le
avesse mai
visto dipinto sul volto.
Barnabus era sgomento.
Si allontanò dalla porta, porgendo il braccio alla signorina
de Torres.
Prima che l'uscio venisse sigillato dalla proprietaria, si
voltò un'ultima volta verso la biscia.
Gli parve addirittura che lo stesse salutando beffardamente, agitando
la punta della coda come fosse un fazzolettino.
In quello stesso istante, gli dichiarò guerra.
E l'avrebbe anche vinta quella guerra, Maremma Maiala.
***
Hermione Granger aveva girato in lungo ed in largo tutta
Hogwarts, senza però trovare Ginny Weasley.
L'aveva cercata anche nella Stanza delle Necessità,
esprimendo
lo stesso desiderio che di sicuro avrebbe voluto concretizzare la
rossa: voglio trovare
un luogo per allenarmi a Quidditch, voglio trovare un luogo per
allenarmi a Quidditch, voglio trovare un luogo per
allenarmi a Quidditch, ma
non era apparsa nessuna porta. Non sapeva se fosse perchè la
Stanza riusciva a percepire il suo scetticismo, mentre ripeteva il
desiderio più improbabile per una come lei, o
perchè
forse era già occupata: nel dubbio, si sedette lungo il muro.
Ma nessuno era uscito nella prima mezzora di guardia, ed in
più
occasioni Hermione aveva preso in considerazione la
possibilità
di avvertire Harry o chiunque altro potesse aiutarla a scovare la
ragazza: le era venuto in mente solamente Malfoy, ed in un certo senso
l'aveva rassicurata,
ricordandogli - senza neanche volerlo - che un motivo valido per la sua
sparizione poteva essere il bisogno irrefrenabile di un allenamento
prima della partita. Era una cosa da
Ginny, voler essere al massimo della condizione fisica e
psicologica per una sfida così importante, ed era da Ginny anche il
rifugiarsi in un luogo che ormai l'Ordine della Fenice conosceva come
le proprie tasche.
Di sicuro, non era da
Hermione risvegliarsi alle dieci del mattino, nella solita
posizione che aveva adottato più di quattro ore prima.
Non era da Hermione
neanche l'essere risvegliata con un Aguamenti.
Non era da Hermione
l'essere risvegliata da Draco Malfoy.
- Granger, hai donato il tuo letto agli Elfi Domestici, in nome della
santa alleanza tra tutte le Creature Magiche?
Hermione si guardò intorno spaesata, con la bocca ancora
impastata dal sonno ed i capelli ed i vestiti fradici. - Che ore...? -
chiese, con immensa fatica, e con la mano di fronte alle labbra.
- Le dieci, Mezzosangue. Sei in giro da stamani? Mi chiedo
perchè con tutti i passaggi segreti che avrete sperimentato
tu e
i tuoi amichetti, tu abbia deciso di dormire in mezzo ad un corridoio.
Ho sempre creduto che tu fossi approssimativamente furba.
Lo fissò con occhi stralunati. - La lettera, Malfoy. Ginny!
- continuò senza togliersi la mano dalla bocca.
- Prima di tutto, togli quella stupida mano. Poi, sì, la
lettera
l'ho ricevuta anch'io. E la Piattola è giù. Tu
piuttosto,
cosa ci fai qui?
- Cre-credevo che fosse nella Stanza delle Necessità.
Draco scoppiò a ridere. - Bellatrix ti ha reso stupida,
Granger. Più di prima, intendo.
Hermione si trattenne dal prenderlo a pugni: quando l'aveva
schiaffeggiato, al terzo anno, avevano più o meno la stessa
stazza, quella di due ragazzini magri ed acerbi, adesso, Malfoy era
almeno venti centimetri più alto di lei, e di certo
più
forte, senza bacchetta. - Perchè? - si limitò a
chiedere.
- L'Ardemonio, Mezzosangue. Dimenticavo che voi buoni fate caso
solo alle morti di qualcuno dei vostri
- replicò, con la voce leggermente incrinata.
Hermione si sentì una stupida. Non esisteva più
alcuna
Stanza delle Necessità: al massimo, al di là del
muro,
c'era la spoglia ed annerita tomba di Vincent Tiger. - Mi dispiace.
Draco scrollò le spalle. - La Weasley è viva,
purtroppo. E' nel Parco, come tutti, e non è lei, ad opporsi
a me.
Hermione estrasse dalla tasca la pergamena appallottolata ricevuta
quella notte.
Chi mi si oppone,
sarà messo fuori gioco, mormorò
piano, cercando risposte.
- Finalmente hai tolto quella mano, Granger. Per un momento, ho creduto
che ti fossero tornati i denti da castoro, ma ho capito che c'era un
motivo ben peggiore
per non mostrare quelle labbra.
Hermione impallidì. - E' sempre così, dopo aver
dormito. E' una cosa naturale
- aggiunse, stizzita.
- Fossi in te, mi porterei dietro lo spazzolino. Fallo
la prossima volta in cui deciderai di dormire fuori, è
un consiglio da amico.
Cercò la bacchetta per puntargliela contro, ma
non la trovò. - Cerchi questa?
- chiese Malfoy, sventolandogliela di fronte al naso.
- Ridammela.
- Ho imparato la lezione, sai? Ho imparato che armata sei pericolosa, e
sono corso ai ripari. Oggi ho anche imparato che il tuo alito
è
pestilenziale, ma non credo che mi sarà utile saperlo, nella
vita.
- Il mio alito non è... oh diamine, Malfoy! Nemmeno dovessi
baciarmi! Rendimi la bacchetta e sparisci!
- No, effettivamente non ho la minima intenzione di baciarti, ma
nemmeno quella di renderti la bacchetta. Per tua fortuna, ho intenzione
di sparire: mi aspetta un sacco di gente, fuori.
- Come? E' di già... Ginny!
Si alzò di scatto, rassettandosi in fretta. - Cosa ci facevi
quassù, comunque? - chiese poi, colta da un dubbio
improvviso.
L'altro fece spallucce. - Evitavo la gente - rispose evasivo.
- Draco Malfoy se la sta facendo sotto per una stupida partita di
Quidditch?
Draco sbuffò. - Non si può raccontare il
Quidditch a chi non l'hai mai provato,
Granger.
Hermione rimase in silenzio. Tempo prima aveva pensato la stessa cosa,
ma non riguardo al Quidditch. Era buffo che Malfoy avesse usato le sue
stesse identiche parole.
- Hai scoperto qualcosa? - chiese poi, cambiando discorso.
- No.
Le lanciò la bacchetta, senza preavviso, e se ne
andò senza nemmeno salutare.
Hermione rimase a fissarlo, impalata, finchè non si
alzò per raggiungere Ginny giù.
Mentre era intenta a lanciarsi addosso un getto d'aria calda per
asciugarsi, fu però fermata da uno dei Gufi della Scuola.
L'Hermione scritto
sulla busta in fretta e furia non mentiva su chi fosse il mittente,
così la aprì senza pensarci due volte.
Sono già qui.
E Malfoy ha già colpito, me lo ha detto Ron stamattina.
Incontriamoci dopo la partita, mentre tutti saranno a pranzo, di fronte
alla nostra Sala Comune.
Harry
Hermione sorrise per un momento, leggendo quel nostra. Harry non
riusciva proprio a non sentirsi più parte di Hogwarts.
Poi, rifletté su ciò che aveva letto. Cosa
diavolo c'entrava Malfoy con qualunque cosa fosse successa?
Continuò la sua corsa verso la Sala Grande, schivando gli
studenti di Durmstrang che cominciavano ad avviarsi al Campo per
godersi la partita senza patimenti o ansie, dato che non era la loro
squadra a giocare. Trovò Ginny seduta al tavolo di
Grifondoro,
mentre fissava una caffettiera senza distogliere lo sguardo nemmeno per
un istante.
Si trattenne dall'urlarle contro: di certo, aveva dormito poco, se non
niente. - Sono stata in pensiero per te - bisbigliò
semplicemente. - Credevo che ti avesse preso il... nemico.
Lo sguardo di Ginny la attraversò senza vederla veramente.
Si
voltò di nuovo verso la caffettiera, senza rispondere.
Non emise nemmeno un suono, almeno finchè una mano grande
quanto la sua schiena le dette una pacca
così amichevole da farla tossire disperatamente.
- Ce la vinciamo eh, oggi? - esclamò un Rubeus Hagrid su di
giri.
Ginny lo guardò quasi in lacrime. Quando poi il
guardiacaccia
fece il gesto di accarezzarle il viso, rischiò di piangere
davvero: avrebbe potuto staccarle la testa, se avesse usato anche un
briciolo
di energia in
più.
- Io ce l'ho detto ad Olympe. Ho detto, la vedi la rossa? Quella vi
farà viola!
La abbracciò rischiando di stritolarla. - In gamba, Ginny,
in gamba!
E se ne andò fischiettando, salutando con un sorriso sia lei
che Hermione.
La Caposcuola rispose a quel cenno amichevole, Ginny tornò a
guardare il caffè. Si decise a parlare dopo dieci minuti,
quando
la McGranitt invitò anche gli studenti di Beauxbatons a
prendere
posto sugli spalti o negli spogliatoi. - Ho volato per otto ore nella
Foresta Proibita.
Hermione strabuzzò gli occhi. - Come hai fatto ad andare
fuori di notte...?
Ginny la guardò torva. - Essere la fidanzata di
Signor-Sgattaiolo-Fuori-Quando-Mi-Pare ha i suoi benefici. Pochi, ma ce
li ha.
Tornò a guardare il caffè, ed Hermione
capì che
non avrebbe più detto nient'altro. Quando poi Madama Bumb
convocò fuori la squadra, le augurò buona fortuna
con un
abbraccio, e la seguì fino al portone d'ingresso.
Hogwarts si era ormai svuotata: gli studenti si erano mescolati a
giocatori e riserve - nonostante le urla dell'allenatrice - incitandoli
durante il cammino verso il Campo da Quidditch.
Rilesse un'altra volta la lettera di Harry, finchè non
sentì dei passi. - Malfoy, che ci fai ancora qui? - chiese,
dopo
averlo scorto in lontananza.
Nascose la pergamena in fretta e furia, chiedendosi se non fosse in
pericolo, da sola, con lui, in mezzo ad un corridoio deserto.
- Mi urta il sistema nervoso incrociarti ovunque io vada, Granger.
Spero che tu non voglia anche accompagnarmi fuori, dato che l'unica
ragione per cui vado incontro alla predica della Bumb è il
voler
evitare lo stuolo di tifosi e tutte quelle urla sovreccitate.
- Voglio sapere solo una cosa.
Draco grugnì. - Non faranno giocare Potter al mio posto, se
non mi presenterò. Puoi smetterla di trattenermi.
Hermione lo ignorò, non era certo il momento di scherzare. -
Se non sei tu,
Malfoy, non hai paura?
La guardò di traverso. - Perchè dovrebbe avercela
con me, chi scrive quelle lettere?
- Perchè non
dovrebbe avercela con te?
Draco sbuffò, annoiato. - Un Malfoy ha paura soltanto di una
cosa, Granger.
- Di avere coraggio? - replicò lei, incapace di trattenersi.
- No, Mezzosangue. Ci sono cose meno futili del coraggio.
- E sarebbero?
Draco fece spallucce. - E' inutile, non capiresti.
Si allontanò con la Firebolt in spalla ed il passo deciso,
mentre un timido raggio di sole filtrava da un grosso finestrone,
rendendo ancora più sgargianti i colori della sua uniforme.
D'un tratto, senza alcun preavviso, si fermò. - Un Malfoy ha
solo una cosa, e non vuole perderla. - Aveva parlato da lontano, in un
soffio tanto lieve quanto deciso.
Riprese a camminare come se niente fosse, come se non ci fossero state
centinaia di studenti ad aspettarlo fuori, come se non ci fossero stati
sette giocatori pronti a disarcionarlo, come se fossero stati solamente
lei e lui,
immersi in una chiacchierata amichevole in mezzo ad un corridoio
deserto.
Hermione lo guardò uscire nel Parco, chiedendosi quale
tesoro potesse celare un Malfoy.
Chiedendosi quanto oro avrebbe potuto comprare la flebile attrattiva
del Riscatto.
***
NOTE:
- Ad andare con
l'angosciato, aveva imparato ad angosciarsi: modo di dire
ricalcato sul proverbio "Ad andare con lo zoppo, si impara a zoppicare".
- Aveva sempre ragione,
soprattutto quando aveva torto: sono le testuali parole
del mio prof di Meccanica Razionale, l'unico vero professore
che mi ritrovo quest'anno, che sostiene appunto di aver sempre ragione.
Lui sì che rulla
(anche se ci farà un cuuuuuuulo così
:D).
- Blaise sonnambulo è un delirio mio, dell'ultima ora: di
lui
sappiamo poco, solo che è un tipo solitario, spocchioso ed
arrogante. Lui e Malfoy potrebbero essere perfetti come amici,
se solo la Rowling non avesse sempre fatto intendere che si odiano
reciprocamente. Comunque, sapendo poco di lui, ognuno può
darne
l'interpretazione che preferisce. E la mia, ovviamente, è la
più boiata di
tutte. Il figlio
di puttana si
riferisce appunto alla di lui madre, che, avendo fatto fuori sette
mariti intascandosi l'eredità, dubito che sia tanto
dissimile da
una meretrice per professione.
- Sparsi ci sono diversi riferimenti agli avvenimenti del sesto e del
settimo libro: non sto a specificare ognuno di essi, dato che chi ha
letto i libri certamente li conosce già. Per chi non avesse
letto la saga, sono disponibilissima a rispondere ad eventuali domande
di chiarimenti. :)
- Quiete prima della Tempesta: è
Leopardi, con la sola modifica dell'avverbio. (E' anche già
la
seconda volta che uso questa citazione. Proverò ad essere
più originale, d'ora in avanti. xD)
- Verity è la commessa dei Tiri Vispi Weasley. E' citata nel
Principe Mezzosangue. L'ho spedita in maternità
perchè mi
ero scordata di inserirla nella storia fin dall'inizio. :D
- La civetta dell'edicola
più vicina...: non si riferisce alla civetta-pennuto. La
civetta
è la locandina con le notizie più importanti di
un
giornale, che gli edicolanti espongono fuori.
-
Oh Fred, perdonalo, perchè non sa quello che dice!:
è blasfemia pura. :D
- Es inofensivo, conejo: traduzione,
"E' innocuo, coniglio."
- Non
si può raccontare il Quidditch a chi non l'hai mai provato,
Granger: Hermione
aveva pensato la stessa cosa della Cruciatus, in uno dei primi capitoli.
- Hagrid parla sgrammaticato anche nella mia storia, come ha sempre
fatto nella Saga.
- Olympe è Madame Maxime, Direttrice di Beauxbatons.
Fossi in voi, starei attenta al titolo (cosa che io, idiota, non faccio
mai).
E' un titolo stupido, ma vuol dire taaaaaante cose.
Effebì:
Come al solito, sono qui.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Odore di Quidditch, Odore di Noce ***
8.
Odore di
Quidditch, Odore di Noce
Al
mio unico lettore vero, che si dà tante arie
perchè sa come ricattarmi da qui alla fine dei miei giorni.
E poi, come al solito,
a Zab, che si è cibata di spoiler,
a V, Rea, Lys e Rem, ognuna per un motivo diverso,
a chi mi ha minacciato e sostenuto affinché aggiornassi,
a chi mi ha seguito anche negli altri progetti,
a chi si è appena unito a questo progetto delirante che
è la Teoria.
E al mio Trenta in Meccanica Razionale, perché sì.
♥
Non era la
prima volta che Hermione Jean Granger imboccava la strada opposta a
quella seguita da tutti, in occasione di una partita di Quidditch: non
era una cosa che le interessasse particolarmente, del resto, non quanto
una ricerca sui suoi amati libri o una sortita per bruciare mantelli
neri e salvare la vita di un amico. Non si era sempre rivelata una
buona idea, questa, dato che se al secondo anno non avesse vagato per
il Castello deserto con uno specchio in mano, il Basilisco non si
sarebbe limitato ad immobilizzarla per qualche settimana: c'era anche
da dire che le sue fiamme e il suo scarso interesse per lo sport
avevano salvato Harry Potter dalle maledizioni bisbigliate da Quirinus
Raptor, al primo anno, anche se indirettamente.
Riusciva sempre a raggiungere conclusioni brillanti, quando era una
camminata solitaria per i corridoi di Hogwarts a stimolarle la mente:
si chiese se non sarebbe avvenuto lo stesso anche in quell'occasione,
tra le mura che attutivano le urla e gli schiamazzi provenienti
dall'esterno, lasciandola libera di concentrarsi.
Pensò più volte che non
aveva alcuna ragione per fare ciò che aveva in mente, ma
aveva
una quarantina di minuti di margine, prima che cominciasse la partita dell'anno;
non le importava di avere i posti migliori, nè di allestire
le
coreografie che di certo Luna Lovegood aveva preparato per la sfida: le
importava - come al solito - di saperne
di più.
Imboccò il corridoio che l'avrebbe portata in
Infermeria:
da dentro provenivano urla assordanti ed incomprensibili, come se i
rispettivi proprietari neanche si capissero, ma trovassero lo stesso
dei buoni argomenti di discussione - o meglio, dei buoni argomenti per
insultarsi, ed odiarsi, reciprocamente.
Man mano che si avvicinava alla porta, per Hermione non fu difficile
riconoscere la voce di uno dei due occupanti della stanza. Madama Chips
aveva un timbro inconfondibile, di quelli che ti entravano nelle
orecchie e riuscivano a farti accartocciare fino a diventare piccolo
piccolo, pur di non incorrere nella sua ira funesta, eppure l'altro non
pareva essere intimorito dall'esplosione di rabbia della Guaritrice.
Molto probabilmente perchè non la capiva.
Nello stesso momento in cui riconobbe alcune delle parole francesi
pronunciate dal ragazzo, Hermione sorrise: stava bene, dopotutto.
Se anche Draco Malfoy fosse stato il responsabile del suo incidente,
aveva almeno avuto la premura di metterlo fuori gioco soltanto per
qualche giorno.
Bussò una, due volte, ma in Infermeria i due litiganti non
sembravano disposti ad una tregua. Alla fine Hermione entrò
lo
stesso, schiarendosi la voce.
Poppy Chips si immobilizzò, brandendo un flacone di Pozione
Ricostituente come fosse una sciabola.
L'altro, il Cercatore, si voltò a squadrare la nuova
arrivata, il disprezzo ancora dipinto sul volto.
- Signorina Granger - esordì seccata Madama Chips -
Perchè non sei con tutti gli altri?
Pensa, pensa, pensa.
- In
qualità di Caposcuola, volevo assicurarmi che nessuno fosse
rimasto all'interno del Castello - proclamò, imitando
scrupolosamente l'atteggiamento che Percy amava assumere in presenza
dei superiori.
- Seulement moi,
n'est-ce pas? - si intromise l'altro.
Gli occhi di Madama Chips saettarono nella sua direzione. Sembrava quasi volerlo
capire, ma quel quasi
era sommerso dalla voglia di strangolarlo per la sua insolenza. Non
aveva capito un'acca di tutto ciò che le aveva detto, ma il
senso delle sue parole era evidente dai gesti e dagli atteggiamenti che
assumeva: quell'idiota
preferiva sfracellarsi su una Scopa, piuttosto che stare zitto e fermo
su un comodo lettino dell'Infermeria. Doveva essere parente di Potter,
non c'era alcun dubbio.
- Seulement toi
- rispose
Hermione, che in Francia c'era stata solamente in vacanza e per poco
tempo, ma abbastanza a lungo da aver letto due o tre libri in lingua
originale.
- Elle ne me laisse pas
aller...
- Elle a raison. Elle a toujours raison.
Gli strizzò l'occhio, sorridendo.
Madama Chips seguiva lo scambio di battute con un cipiglio sempre
più severo: finchè aveva dei problemi di comunicazione
con uno solo dei suoi ospiti poteva anche andar bene, ma che
addirittura Hermione Granger passasse dalla parte del nemico era
insostenibile. - Granger, puoi dirmi cosa sta succedendo?
- Vuole andare alla partita.
- Se pensa di giocare in quelle condiz...
- Non vuole giocare
- spiegò pazientemente Hermione. - Vuole solo vederla, fare il
tifo.
Madama Chips si sgonfiò leggermente. - E ha provato a dirmi questo, finora?
- Credo di sì - replicò scrollando le spalle.
La donna non smise di guardarla di traverso, poi, guardò
l'orologio. - In ogni caso, è troppo tardi perchè
scenda
in campo... quindi accompagnalo, signorina Granger.
Il Cercatore scattò in piedi, forse incoraggiato dallo
sbrigativo movimento del polso di Poppy Chips. - Merci, Madame - e
le baciò la mano.
La Guaritrice lo guardò perplessa: un momento prima la
aggrediva verbalmente, un attimo dopo le diceva educatamente mersìmadam,
che doveva essere una forma di cortesia, a giudicare dal lieve inchino
che le aveva rivolto.
Hermione, nel frattempo, stava esultando tacitamente: il suo bersaglio le era
stato consegnato su un piatto d'argento e senza neppure un briciolo di
fatica.
- Je m'appelle
Sébastien.
- Moi, je
suis Hermione.
- Ermioné?
Hermione alzò gli occhi al cielo. Al di fuori
di Hogwarts, non esisteva neanche un Cercatore in grado
di pronunciare il suo nome in maniera decente: decise di sorvolare,
mentre uscivano dall'Infermeria.
- Est-ce que tu parles
Anglais, Sébastien?
L'altro annuì lievemente, lasciando che
qualcuno dei suoi capelli neri gli cadesse di fronte agli occhi.
- Come ti sei fatto male? - scandì lentamente.
Il ragazzo parve soppesare la risposta. - J'ai perdu le control... oh,
perdere controllo. Ma
Tornadò a désarçonné... buttato
jù, c'est
compris?
Hermione annuì, pensierosa. Forse non era stato difficile
Confonderlo, o perfino maledirlo: quel Sébastien poteva
essere
un tipo affascinante, con quei capelli corvini e quegli occhi
altrettanto scuri... ma non sembrava troppo sveglio. Se era stato
Malfoy, doveva essere stato decisamente un gioco da ragazzi.
D'un tratto, Sébastien si fermò, inspirando a
fondo e ad occhi chiusi.
- Tu as douleur? -
gli chiese, preoccupata.
- Respirer! Respira,
Ermioné.
C'est Qviddisc!
In effetti, erano davvero arrivati al Campo, ma quell'odore di Quidditch
Hermione non riusciva proprio a sentirlo. Al massimo poteva esserci
odore di erba bagnata, date le piogge dei giorni precedenti, o ad
esagerare puzza di bruciato, dato che non era da escludere la presenza
di piccoli fuochi d'artificio sulle tribune.
Sébastien le rivolse un lieve inchino, per poi baciarle la
mano. - Merci beaucoup,
ma chérie. J'espére que... vedere
ancora, c'est compris?
Hermione si corresse. Al di fuori di Hogwarts, non
esisteva neanche un Cercatore
in grado di pronunciare il suo nome in maniera decente e di non fare il
cascamorto con lei. Gli sorrise, annuendo e giurando a se stessa di
stargli alla larga da lì alla fine dei suoi giorni.
***
-
Dobbiamo andare a sederci, Cuffe - ripetè Candida per la
seconda volta di seguito, ovvero per l'ennesima.
L'Editore, ancora convinto di avere a che fare con una
donna normale, la ignorò per la seconda volta, ovvero per la seconda volta. Per
lui il concetto di 'seconda' era univoco, tranquillo ed
inconfutabile; diventò meno univoco, tranquillo ed
inconfutabile
non
appena Candida voltò i tacchi e si avviò da sola
sugli
spalti,
lasciandolo alle sue chiacchiere con un Monsieur Bonaud su di giri.
L'allenatore della squadra di Beauxbatons pareva poco incline alle
discussioni amichevoli in un momento così fondamentale come
il
pre-partita, ma aveva risposto, seppur sbrigativamente, ad ogni domanda
di Barnabus: benedisse l'amore e chi l'aveva sparso per il mondo non
appena vide la faccia del suo interlocutore diventare improvvisamente
pallida ed agitata, non appena vide le sue labbra articolare un arrivederscì
- molto probabilmente credeva addirittura di essersi espresso
in francese corretto - e non appena lo vide correre verso le
scalette che avevano portato la spagnola
sulle tribune.
Si rilassò un po' meno ed odiò l'amore
quando vide arrivare quel disgraziato di Sébastien insieme
ad una nemica.
La ragazza, abbastanza graziosa, gli stava sorridendo: si
era fatta addirittura baciare la mano da quel traditore, magari
promettendogli perfino un appuntamento.
Si trattenne dall'inveire contro entrambi solo perchè urtato
da un uomo maldestro. Prima
gli mettevano ko Sébastien, e poi ci provavano addirittura
con lui. In realtà, Monsieur Bonaud
uscì completamente illeso da quello scontro:
la peggio era andata a Barnabus Cuffe, di nuovo tra i suoi piedi,
questa volta nel vero senso della parola. Brandiva una macchina
fotografica, che aveva salvato dall'urto col terreno sacrificando il
proprio mento: la teneva sollevata, al momento in una direzione
imprecisata, e negli occhi aveva un lampo di gioia e di trionfo.
Immortalare il redivivo
Cercatore
di Beauxbatons con nientemeno che la Granger era giusto quel che
serviva per tranquillizzare i lettori ed i genitori degli studenti
francesi e non, che a giudicare dalle lettere che gli inviavano in
Ufficio cominciavano ad essere troppo preoccupati dalla
pericolosità del Torneo. Dopotutto, Shacklebolt era stato
chiaro: tutto doveva rimanere misterioso ed accattivante, ma senza
sconfinare nel pauroso.
Hogwarts aveva già rischiato di chiudere troppe volte, negli
ultimi anni: non c'era alcun bisogno di fornire buoni motivi
perchè questo, prima o poi, succedesse davvero.
- Parton, Messier! - esclamò Cuffe, da qualche parte lì
sotto.
Monsieur Bonaud nemmeno gli rispose. In effetti, non gli
avrebbe proprio più parlato,
finchè non si fosse deciso a smetterla con l'inventarsi il francese.
Si avviò di corsa verso gli spogliatoi, senza smettere di
maledire Sébastien: sperò che almeno non l'avesse
visto
nessuno, mentre si inchinava di fronte alla sua nuova bella.
Di certo, non sapeva che il giorno successivo l'avrebbe visto mezzo
mondo Magico, dato che eccezionalmente la Gazzetta del Profeta sarebbe
uscita tradotta in più lingue nell'intera Europa, in modo da
mettere tutti al corrente dell'esito delle sfide del Torneo Trescope.
Del resto, non sapeva neppure che a Ronald Weasley ed Harry Potter
sarebbe caduta la mandibola, in un eccesso di stupore.
Non sapeva neanche che una mandibola fine, diafana ed appuntita sarebbe
crollata perfino a Draco Malfoy.
Ma questo era perdonabile.
Dopotutto, non lo sapeva neanche lui.
-
Scerìììììì!
- gongolò Cuffe, trotterellando verso la sua amata. Il fatto che
la suddetta amata
l'avesse appena squadrato con aria assassina non parve dissuaderlo
dallo sfoggiare tutta la sua esigua cultura linguistica, sdilinquendosi
in salamelecchi e moine.
Candida non gli rispose, continuando a scrutare lo Stadio, pensierosa e
delusa. Eppure, Kingsley le aveva assicurato che... Poi lo vide. Era
appena arrivato, insieme a quell'asse
da stiro
di sua moglie: forse sarebbe stato persino facile spingerla di sotto e
far passare tutto per un incidente... Strappò il programma
della
giornata che teneva in mano, in un eccesso d'ira.
Barnabus Cuffe non impiegò molto nè a riparare il
foglio
nè a piombare in un silenzio di tomba. Cosa ci trovasse una
donna così adorabile
in un uomo così meschino ed inquietante, proprio non lo
capiva. Non era forse lui,
il migliore tra i due? Certo, forse non aveva il suo sciàrm
nel vestire, la sua nonscialans
nei movimenti, o il suo aplomp
negli atteggiamenti. Forse poteva essere fastidiosa quella sua figura
non troppo esile,
o i suoi occhi banalmente marroni potevano apparire insignificanti e noiosi. Ma in
quanto a personalità, lui non aveva da invidiare niente a
nessuno, maremma maiala.
Gonfiò il petto, sistemandosi il mantello sulle spalle ed
infilandosi la pipa in bocca.
Non fiatò per lunghissimi minuti, minuti in cui Candida
ringraziò un Dio in cui non credeva ed in cui lui
rimuginò tanto a lungo sul da farsi da non accorgersi che
non
l'aveva nemmeno accesa, la pipa.
Poi, entrambi videro arrivare Weasley e la Granger e tesero le
orecchie, silenziosi.
- Per ragioni di sicurezza, è meglio se stai qui,
Hermione... possiamo difenderti meglio...
- Percy, non sono in pericolo! Cosa ti ha messo in testa Harry? Voglio
vedere la partita dagli spalti, come tutti!
Percy Weasley finse di non sentirla, continuando a trascinarla verso la
tribuna d'onore. - Siediti là, io ed Harry saremo un po'
più in basso. Per qualsiasi cosa, non esitare a chiamarci -
concluse senza neanche riprendere fiato.
Hermione sbuffò: finché Harry si comportava da
paranoico,
non c'era niente di nuovo sotto il sole, ma se ci si metteva anche
Percy, la cosa diventava lievemente preoccupante. Ormai,
però,
non poteva assolutamente tornare indietro. Non mancava poi
così
tanto all'inizio della partita e, se non altro, da quel posto avrebbe
avuto sicuramente una buona visuale di ciò che le
interessava. Nessuno
avrebbe potuto Confondere nessuno, questo era certo, se lei avesse
vigilato sul corretto svolgimento delle azioni di gioco.
Si sedette sul seggiolino che Percy le aveva indicato, salutando con un
piccolo sorriso la sua vicina.
- Buenos
dìas - le rispose l'altra.
***
Non ci fu calma studiata nei movimenti di Draco Lucius Malfoy quando,
in ritardo per il discorso pre-partita di Madama Bumb, appoggiò
la borsa sul pavimento senza premurarsi di farlo in silenzio.
L'aveva visto, fra il pubblico in attesa di sistemarsi sugli spalti:
aveva visto come le sue sopracciglia si erano talmente arcuate da
nascondere la cicatrice sotto la frangia, aveva visto quella
stupida smorfia impressa sulle sue labbra, quell'atteggiamento da Io so tutto che
aveva scolpito sul volto. Non
sapeva un cazzo, ecco qual era l'unica cosa che doveva
sapere.
L'aveva visto anche prendere posto in tribuna d'onore, in quei sedili
che tanto tempo prima lui e suo padre potevano vantare di avere di
diritto, ad eventi forse più importanti dello stesso
Trescope:
c'era Caramell, Voldemort si nascondeva, tutto manteneva
quell'apparenza di normalità che a lui piaceva immensamente.
Era
una normalità fatta di frivolezze, di privilegi, di
prestigio.
Era una normalità da
Malfoy,
scevra da preoccupazioni o fastidi d'ogni sorta.
Vederlo lì, il pugno chiuso intorno alla Gazzetta del
Profeta
del giorno, la stessa che un Gufo Corriere aveva consegnato quella
mattina a lui,
gli fece contorcere lo stomaco in maniera spiacevole. Spiacevole, come il senso di
vergogna che non mai riusciva a soffocare, nel suo inconscio.
Non ambiva ad onoreficenze ed allori, perchè non avrebbe
avuto
alcuna ragione per riceverne. Il suo istinto di autoconservazione
l'aveva spinto a nascondersi, ad agire
il meno possibile a discapito degli Eroi,
l'aveva spinto a fallire, come se avesse avuto bisogno di aiuti d'ogni
sorta per ottenere la più mera delle sconfitte: l'affetto
che lo
legava ai genitori - e che legava loro a lui - bastava ed avanzava a
spronarlo a vivere, a sopravvivere,
anche per rivederli una sola volta, anche solo per dire a Lucius che
gli era vicino, anche solo per sussurrare a Narcissa che tutto sarebbe
finito presto.
E lui aveva mantenuto quelle promesse che non era mai riuscito ad
esternare: era stato con Lucius di fronte ad ogni umiliazione, aveva
spinto Narcissa ad abbandonare ogni briciolo di fiducia nel Signore
Oscuro, a salvare Potter, a non combattere, a far finire la Guerra ancora
prima.
Eppure, c'era sempre quel maledetto nome a pendere sui loro capi come
una condanna.
Malfoy.
- Malfoy, sto parlando con te! -
Appunto.
Alzò il capo, questa volta lentamente, ma non
parlò: era facile far passare la scortesia per ansia, era sempre
stata una buona scusa, fin dal secondo anno, il primo nella Squadra di
Serpeverde.
- Voglio che tu prenda il Boccino solo
se siamo in vantaggio, o in pareggio, o in svantaggio di centoquaranta
punti. Noi dobbiamo
vincere
questa partita, ad ogni costo. Se l'altro Cercatore vede il Boccino
prima di te, tiragli una gomitata, disarcionalo, incantalo...
- Hanno trovato un altro Cercatore? - chiese, mentre lo stomaco gli si
annodava.
- Credo sia una Cercatrice.
De La Roche, o qualcosa del genere.
Da qualche parte dietro di loro, Theodore Nott, in qualità
di portaborse schiavizzato
dall'allenatrice cinque minuti prima della partita,
mugugnò.
- Hai qualche informazione utile, Nott? - chiese secca la Bumb,
scocciata per essere stata interrotta.
- E' mia... cognata, credo si dica così.
- Sciocco ragazzo, intendo informazioni utili in campo sportivo!
Theodore Nott, che di per sè parlava poco, perse ogni voglia
di
rispondere, di fronte alle gote imporporate della Professoressa.
Scrollò le spalle e tacque.
- Malfoy, tu hai capito?
Draco annuì, con la stessa espressione svogliata che
ostentava
quando una cosa non lo premeva per niente, o quando al contrario
significava la sua stessa vita. Quella partita rientrava
chiaramente nel secondo gruppo: fu per questo che quasi
sbadigliò, per mostrare agli altri quanto poco fosse in
ansia e
a se stesso quanto si sarebbe dannato
se avessero perso.
- Allora state pronti: avremo un arbitro superpartes al massimo. E'
greco ed ha studiato a Delfi: non conosce l'inglese, non conosce noi,
non conosce i francesi e spero vivamente che non conosca le regole.
Siate pronti a violarle, se sarà necessario ed anche se non
lo
sarà. L'importante è vincere, non part... oh
diavolo,
tanto l'avete sempre pensato anche voi, checché ne dicesse
Silente. Weasley, vai tu per prima.
Draco alzò un sopracciglio, interrogativo: gli era sfuggito
l'esatto momento in cui la Piattola era diventata il Capitano della
squadra.
Poi vide le lentiggini, i capelli rossi, lo stemma di Grifondoro sulla
borsa e l'uniforme che faceva capolino attraverso la cerniera
semi-aperta.
Non lo sapeva forse meglio di tutti, quanto contasse un nome?
Strinse la Firebolt a sè con un gesto protettivo, e in un
attimo gli parve di avere di nuovo dodici anni.
Lui non si era comprato
l'ammissione in Squadra.
Anche lui era stato scelto per il talento.
Si vide abbracciato ad una Nimbus Duemilaeuno, a dare per la prima
volta della Sanguesporco ad una Hermione zannuta e petulante.
Doveva vederlo anche lei,
che era un Cercatore con le palle.
Avrebbe preso quel Boccino, anche a costo di ucciderla, quella
Cercatrice Gallica.
***
Harry Potter avrebbe battuto il lancio
d'inizio.
Il che era una colossale stupidaggine, dato che al primo - fittizio -
fischio iniziale ne sarebbe seguito un altro, quello autentico, e solo
in seguito a quello la partita sarebbe iniziata davvero, con tanto di
azioni al cardiopalma e gomitate da Annales. Nessuno se l'era sentita
di togliergli quel privilegio, però, non quando l'aveva
proposto
lui stesso, innocentemente
ed umilmente.
Aveva salvato il Mondo Magico, almeno potevano fargli sfiorare la
Pluffa che avrebbe consacrato tanti nuovi campioni e campionesse di
Quidditch, dato che lui non sarebbe mai rientrato in quella categoria
di persone.
In condizioni normali, Ginevra Molly Weasley si sarebbe sbellicata
dalle risate, di fronte ad un gesto così pomposo ed
artificiale:
quel giorno, invece, non riusciva ad articolare neppure mezzo muscolo
facciale, dato che quelli intorno alla bocca erano tesi da ore, tanto
da non permetterle di emettere alcun suono. Seguì il lancio
di
Harry distrattamente, con lo stesso atteggiamento distaccato con cui
non udì il suo In
bocca al lupo - un po' forzato, a dire il vero - e
con cui seguì la traiettoria della Pluffa che veniva
riposizionata al centro del Campo, pronta ad essere lanciata in aria
dall'arbitro greco.
Poi, il lampo rosso di una sfera che si muoveva le fece scattare
qualcosa nel cervello. La Firebolt si lanciò quasi
automaticamente verso l'alto, e quando strinse le mani intorno alla
Pluffa seppe per certo che la sua
partita
era appena cominciata. Schivò un Bolide, lanciando la palla
ad
un compagno di squadra, che a sua volta fu costretto a ripassarla
indietro.
Al quinto passaggio, Hermione si era già stufata.
C'era poco da fare, il Quidditch non le era mai piaciuto: tutta
quell'ansia e quelle aspettative per una stupida partita distoglievano
gli studenti dalla concentrazione e dall'impegno scolastico, senza
contare il fatto che innalzavano a miti
dei semplici sportivi, con nessun'altra capacità se non
quella
di non soffrire di vertigini ed avere mano ferma. Certo, non le era
riuscito di convertire Harry e Ron alla serietà
in sette anni, non poteva certo pretendere di far rinsavire uno stadio
intero in cinque minuti.
Tra l'altro, quella doveva essere la partita più brutta da
qualche secolo: i Bolidi sfrecciavano ovunque, unici protagonisti dello
scontro, nessuno aveva ancora segnato alcun punto e sia Malfoy che
l'altra Cercatrice descrivevano larghi giri nell'aria, senza che
nessuno dei due scattasse in qualche direzione per aggiudicarsi il
Boccino. Gli spalti rumoreggiavano, urlando prima contro una
formazione, poi contro l'altra: Lee Jordan, ormai commentatore sportivo
per Radio Potter - eletta a radio
normale,
dopo la conclusione della Guerra - cercava di trovare spunti per una
cronaca emozionante, ma con scarso successo. Aveva ormai ripetuto per
la seconda vota nomi e date di nascita di tutti i giocatori scesi in
campo, quando fu costretto ad interrompere le sue chiacchiere su un
certo Bernard Lemaire, Battitore tracagnotto ripetente ormai per la
terza volta: Ginny aveva schivato un avversario e stava sfrecciando
verso il Portiere francese, con spalle larghe quanto i Cerchi stessi.
Hermione chiuse gli occhi: se l'amica non avesse rallentato al
più presto, si sarebbe sicuramente schiantata contro quella
tonnellata di pettorali. Riaprì le palpebre solo per
sbirciare,
quando lo Stadio esplose in un boato di gioia mista a disperazione:
riuscì a vedere la Pluffa che si infilava in uno dei tre
Cerchi
e l'esultanza di Thomas Corner, a quanto pare autore del gol.
Sentì chiaramente la voce di Harry, qualche fila
più
sotto di lei, liberarsi in un urlo neanche troppo educato: si chiese
perchè diavolo dovesse perdere la testa in quel modo tutte
le
volte che si trattava di Scope. Non sembrava più molto in
tensione per le lettere, per le minacce e per il Cercatore ferito: il
suo encefalo era momentaneamente sintonizzato su quell'unica frequenza
che andava sotto il nome di Quidditch. Sospirò, alzando gli
occhi al cielo. Come al solito, il lavoro sporco sarebbe
toccato a lei.
Ora che gli spalti si erano calmati e la partita era ripresa con il
possesso di Pluffa di Beauxbatons, Hermione non riusciva più
a
distinguere Malfoy, in quel nugolo indistinto di ragazzi svolazzanti;
anche la De La Roche - il cui nome era appena stato ripetuto per la
terza volta da Lee Jordan - non si vedeva. Hermione cercò di
orientare il proprio sguardo nella stessa direzione di quello di Harry:
se non altro, era sicura che si stesse sforzando in ogni modo di vedere
il Boccino prima del Serpeverde, come a ribadire una supremazia in
campo sportivo che al momento non poteva neanche vaneggiare. Eppure,
pareva nervoso anche Harry, là sotto. La piccola sferetta
dorata
doveva essere sparita addirittura fuori dal Campo, o addirittura... sotto di esso.
Hermione sgranò gli occhi - mentre era il turno di
Beauxbatons
di segnare, almeno da quanto dedusse dalle imprecazioni di Lee -
perchè il Boccino si era infilato tra le assi che
costituivano l'impalcatura più bassa degli spalti: a quanto
pareva, i due Cercatori si erano lanciati in un duello per la conquista
della vittoria in cui rischiavano a turno di schiantarsi contro legno e
ferro, giusto per non farsi troppo male. Poi, appena il Boccino
riemerse da là sotto, sparì di nuovo: Draco ed
Apolline
Dauphine si divisero - abbastanza contrariati, a giudicare da come
entrambi frenarono stizziti - per cominciare di nuovo la ricerca.
Hogwarts e Beauxbatons erano fermi sul dieci a dieci, Harry aveva
già imprecato dieci volte, Lee Jordan si era già auto-censurato dieci
volte, Minerva McGranitt l'aveva già Silenciato dieci
volte.
Gli unici che sembravano trovare la partita quanto meno interessante
erano la donna che aveva di fianco e l'uomo che a sua volta sedeva alla
destra di lei. La donna, fasciata in un bell'abito nero, non aveva
smesso di sogghignare
neanche per un secondo. L'altro si strappava di tanto in tanto i baffi
con la mano sinistra, mentre con la destra non cessava neanche per un
attimo di
prendere appunti su un piccolo blocchetto: che cosa avesse da scrivere
rimaneva un mistero, dato che non smetteva di imprimere l'inchiostro
sulla pergamena neppure nei punti più morti della sfida.
Hermione decise di concentrarsi di nuovo sulla fonte delle sue
preoccupazioni.
Da quanto aveva potuto apprendere negli anni, guardando Harry impegnato
nelle partite contro le altre Case, il Cercatore, pur essendo
principalmente concentrato sulla ricerca del Boccino, non esitava a
perdersi di tanto in tanto nella contemplazione della partita che si
svolgeva sotto o sopra di lui: tante volte l'aveva visto esultare per
un gol, o lanciarsi in mezzo alle azioni di gioco per aiutare come
poteva i suoi compagni, ma di certo non l'aveva mai visto isolato come Draco
Malfoy, che scrutava il cielo senza che neppure un alito di vento
dispettoso potesse deconcentrarlo dalla sua missione.
Nell'ordine, ora che la partita si era fatta un po'
più
movimentata, avevano segnato Ginny, una certa Sophie Mercier, ancora
Ginny, Kevin Bletchley di Serpeverde ed Armand Dubois, a quanto pare
l'idolo di tutta la componente femminile di Beauxbatons: non c'erano
state urla quando aveva segnato, ma soltanto sospiri sognanti, ed anche
metà della tifoseria inglese si era ammutolita, non solo per
la
delusione. Il bilancio era di quaranta a trenta, e Malfoy non aveva
mosso neppure un sopracciglio: nè quando Ginny aveva
rischiato
di venir disarcionata da un Bolide scagliato dal ripetente,
nè
quando il suo compagno di Casa aveva spinto la Pluffa nel Cerchio con
la punta delle dita, in una mossa tanto ardita quanto spettacolare,
nè quando Armand si era atteggiato a divo passandosi la mano
nei
lunghi capelli ramati.
Hermione sbuffò. Si sentiva stranamente simile a lui, dato
che
anche lei aveva colto solo di striscio le azioni fondamentali dello
scontro: lei aveva una motivazione più che valida, ovvero
tenerlo d'occhio, ma Malfoy che ragione aveva per non partecipare
emotivamente a qualcosa che lo coinvolgeva in prima persona?
- Pare che abbiamo lo stesso problema, señorita -
mormorò piano una pittoresca voce femminile, alla
sua destra.
Hermione si voltò a guardarla, un po' corrucciata. - Lei
è...?
- La sua futura suocera - rispose baldanzosa Candida Flor Paciencia
Dulcinea Fermina de Torres, tendendole una mano smaltata di nero.
Hermione
strabuzzò gli occhi. Non aveva mai visto prima quella donna,
e le sue s lievemente
sibilanti
non le piacevano affatto. Decise comunque di replicare nella maniera
più ovvia possibile: magari l'aveva semplicemente confusa
con
qualcun altro.
- Ma io non sono fid...
- Il problema non è certo questo -
proferì sicura la donna dai lineamenti forti ed
abbronzati,
con un cenno della testa eloquentemente diretto al centro del campo da
Quidditch. - Il problema è quello - precisò,
senza preoccuparsi dei gridolini di dispiacere emessi dall'uomo seduto
nel sedile vicino.
Hermione si voltò nella direzione indicatole da quella
strana
interlocutrice, individuando lo sguardo gelido di Narcissa Black.
Tornò a fissare le sopracciglia scure e tese della donna che
aveva di fronte, con aria interrogativa.
- Sono troppo biondi, in quella casa. Servono due
diversivi,
señorita. Tu prenderai il giovane, io quello bello -
esclamò perentoria e solenne.
Quella
conversazione stava rasentando il ridicolo. La sua futura suocera
esordiva dal nulla con delle dichiarazioni simili, senza che l'avesse
mai conosciuta prima: tra l'altro, il solo pensiero che avesse potuto
intuire un suo interesse nei confronti di Malfoy era bizzarro, se non
addirittura fantascientifico.
- Cosa le fa credere che...?
Candida mosse bruscamente la mano destra, come a scacciare una mosca
fastidiosa. - Alquimia. E' ovvio. Lo stai
fissando da quando è cominciata la partita.
- Io non lo sto fiss...
- Sì, che lo fai. Non come una che vuole mangiarselo, o
spogliarselo, o scop... - L'uomo accanto a lei
gemette, sempre più distrutto. - ...arselo
- concluse
lei senza alcun indugio. - Tu lo stai studiando, querida. E non si
studia ciò che non ci interessa.
Hermione si sentì quasi offesa, per quell'ultima frase. Lei
studiava tutto, a prescindere.
Riportò lo sguardo su Malfoy, a scrutare ogni suo movimento,
ogni suo sguardo, ogni suo gesto sospetto: continuò a non
trovare niente di diverso da virate, occhi fissi sul Boccino o dita fra
gli sparuti capelli che disturbavano la sua ricerca, oscurandogli la
vista.
E poi, lo vide scattare in
avanti.
E mentre lo scrutava -
appiccicato alla Firebolt, tutt'uno con la curva acerba del manico, un
fascio di nervi tesi e concentrati - diverse rivelazioni la colpirono,
con l'intensità di uno sparo di fucile.
Primo, nessuno tranne la
sua futura suocera era mai riuscito a non
farla parlare,
soprattutto perchè lei non aveva mai
torto.
Quando, cinque secondi dopo, un ruggito si alzò da ogni
angolo
della curva dei tifosi inglesi, le tornarono in mente dei capelli
vaporosi, degli occhi simili a quelli di un insetto e degli scialli
tintinnanti di perline.
La trascendenza di Sibilla Patricia Cooman si sovrappose alla
trascendenza del momento della Vittoria, quando tutto rimaneva immobile
in un limbo di gioia inesplosa, quando l'attesa del fischio finale
immortalava i volti degli Eroi in una smorfia di liberazione trattenuta.
E quando l'arbitro accostò le labbra al fischietto, il
ricordo
di una fuga sconvolgente le si affacciò nella mente.
Al terzo anno, non aveva studiato Divinazione.
Neanche lei aveva
perso tempo a studiare ciò che non le interessava.
***
Intorno a lui, tutti
sembravano aver perso la testa.
I suoi compagni di squadra si stavano abbracciando, ancora a cavallo
delle proprie Scope: stavano cercando anche lui,
con lo sguardo, lui che ancora volteggiava qualche metro sopra tutti,
stringendo il Boccino tra le dita. Persino la Weasley - forse un Bolide
l'aveva colpita in testa - lo chiamava a gran voce, affinché
si
unisse ai cori di giubilo: non poteva che definire buffo,
l'effetto inebriante che una semplice vittoria pareva avere su
chiunque. Tempo un'ora e la Piattola sarebbe tornata ad odiarlo con
tutta se stessa, tempo un'ora e tutti i suoi compagni di squadra si
sarebbero ricordati che lui si chiamava Draco. Che si chiamava anche
Lucius, come a rimarcare una colpa che dai padri ricadeva sempre sui
figli. Che si chiamava persino Malfoy, quasi per scacciare ogni dubbio
sulla sua colpevolezza innata.
Intanto, quel Boccino l'aveva preso senza uccidere nessuno.
La Cercatrice francese stava
procedendo a capo chino verso gli spogliatoi: forse perchè
semplicemente sapeva che era tutta colpa sua, se Beauxbatons aveva
perso. A Draco non era sfuggito il movimento completamente sbagliato
che aveva compiuto quando aveva indirizzato la Tornado nella direzione
in cui credeva di aver visto il Boccino: aveva virato troppo, perdendo
il controllo della Scopa per un misero istante, istante che
però
le era costato caro. Non che avesse avuto qualche
possibilità
contro di lui già in partenza, ma forse...
- Perffavvore.
Si voltò verso l'uomo che aveva parlato in quel modo
così strano, ritrovandosi
di fronte l'arbitro, con la mano tesa e pronta ad accogliere il
Boccino. Certo, era la prassi, doveva restituirlo...
- Suo nomme?
Per un semplice, effimero attimo fu tentato dal rispondere Potter, o
Weasley, solo per vedersi rivolgere un sorriso, o una stretta di mano.
Ma, dopotutto, le sue gesta
potevano essere giunte anche in Grecia? O semplicemente, per
quell'unica persona in tutta Hogwarts, lui era uno studente qualsiasi?
- Malfoy - rispose alla fine.
L'arbitro non batté ciglio, annotando il suo nome sul
tabellino, e Draco tirò un sospiro di sollievo.
Sospiro che venne dissimulato da uno dei ghigni che lo avevano reso
celebre, quando scorse tra il pubblico della tribuna d'onore una faccia
conosciuta. La smorfia sul viso di Harry Potter parlava chiaro sul suo
stato d'animo: era l'unico in grado di esultare freddamente,
stringendo mani ed abbracciando torsi e contemporaneamente lanciando
occhiate di fuoco sia a lui che alla Weasley. A quanto pare, il nobile
e puro animo dell'Eroe non era immune all'invidia.
In fondo, Draco realizzò che poteva anche sentirsi una
persona quasi normale,
durante quegli scampoli di tempo ebbro di felicità.
Volò
fino a raggiungere i suoi compagni di squadra, pensando bene di
abbracciare per sbaglio
la
Piattola. Quando volse di nuovo lo sguardo verso la tribuna d'onore,
lesse sul volto dello Sfregiato qualche altro sentimento non troppo
consono alla sua personalità: la gelosia campeggiava
sulla sua pelle impallidita con tratti decisi e colori marcati.
Se non avesse avuto un naso full
optional, l'avrebbe quasi potuto scambiare per Voldemort.
Fu Madama Bumb, qualche minuto dopo, a riportare tutti all'ordine.
Era lampante che in quel fischio prolungato non c'era neanche un
briciolo di compassione per gli sconfitti: c'era solo una prassi da
seguire, un terzo tempo
da
rispettare, che sarebbe cominciato con delle strette di mano e
terminato con un lauto banchetto, almeno nelle intenzioni degli
sfidanti corretti.
Che poi,
come in ogni sacrosanta sfida a Quidditch, si finisse per fare a pugni,
più o meno di nascosto, lo sapevano già tutti:
era per
questo che Kevin Bletchley già faceva scrocchiare
insistentemente le falangi, squadrando minacciosamente Bernard Lemaire.
A quanto pare il francese era colpevole semplicemente di aver fatto il proprio lavoro:
in qualità di Battitore, gli aveva scagliato un Bolide
addosso,
ma il Serpeverde non aveva gradito l'urto della sfera proprio contro la
rotula che già tante volte gli aveva teso brutti scherzi.
Ormai a terra, i quattordici giocatori si strinsero amichevolmente le
mani. La De La Roche era ancora scossa dai singhiozzi, sebbene poco
distante ci fosse una ragazza che le somigliava come una goccia d'acqua
a sussurrarle frasi che parevano d'incoraggiamento e conforto; Ginny,
invece, non riusciva a non sorridere, nonostante gli sguardi di pura
stizza che le venivano rivolti direttamente da tutta l'Oltremanica.
I ranghi si sciolsero subito dopo l'aggiornamento del tabellone con
l'esito della sfida, e le due formazioni si diressero verso i
rispettivi spogliatoi, l'una imprecando, l'altra bisbigliando eccitata.
Tutto era andato liscio come l'olio, tutto era stato meravigliosamente
perfetto.
- Malefoi! Tu es le
coupable! -
gridò infine qualcuno, giusto un attimo prima di scomparire
dietro la porta, in uno strano bagliore forse provocato dalla condensa
delle docce già aperte.
Draco si immobilizzò, stringendo i pugni. Non era la prima
volta che qualcuno lo chiamava Malfuà:
alcuni uomini d'affari stranieri con cui in passato aveva trattato suo
padre storpiavano il suo cognome allo stesso modo, seguendo
quell'abitudine molto nazionalista che li portava a francesizzare
tutte le parole che masticavano. E dal tono con cui qualcuno aveva
pronunciato quella frase, ci voleva poco a capire che anche il resto
del discorso non significava niente di buono.
La sua fama poteva
non essere giunta a Delfi, ma a Parigi c'era arrivata, eccome.
Decise di non dar peso a quell'episodio isolato: era un Malfoy e come
tale si sarebbe tenuto fuori dai guai, in quell'eccesso di coraggio che
aveva sempre contraddistinto la sua indole. Continuò a
camminare
come se niente fosse verso gli spogliatoi, e lì
lasciò
che l'acqua calda gli scorresse addosso come quelle parole che non
aveva voluto memorizzare.
Sapeva già che quel calore era solamente un'illusione.
La doccia l'avrebbe lasciato pulito e profumato.
Quelle parole continuavano a farlo sentire sporco.
E quello che fiutava, continuava ad essere l'odore della vergogna.
***
- Sanos y salvos, Potter.
Harry fissò quello strano trio formato da Candida, Barnabus
ed
Hermione, che provava a divincolarsi dalla loro stretta ferrea.
Più indietro camminava Percy, senza smetterla di guardarsi
intorno, preoccupato da chissà cosa.
- Harry! - Hermione assunse il cipiglio severo che serbava per le
ramanzine o per le sfuriate: restava solo da evincere dal resto delle
sue parole cosa avesse in programma per quel momento. - Puoi dire a
questi tre che so difendermi anche da sola?
Quello era ufficialmente il caso
peggiore. Quella era una ramanzina che preludeva ad una
sfuriata in separata sede, ed Harry si era appena ricordato che la separata sede lo
attendeva entro qualche minuto, di fronte alla loro Sala Comune. Rivisitate
a distanza di qualche ora, quelle parole parevano più una
condanna a morte, piuttosto che una rimpatriata tra amici.
Harry accennò un sorriso, che Hermione fece scomparire dal
suo
volto in più un meno un milionesimo di secondo. - Allora?! -
sbraitò lei, battendo il piede a terra.
Nella sua breve ma travagliata vita, Harry Potter era stato certo di
poche cose, sempre travolto da imprevidibili sorprese mai troppo
piacevoli. In quel momento non potè fare a meno di pensare
che
dopo le sue esperienze con Hermione, con Ginny e, per ultima, anche con
Candida, aveva aggiunto un'altra certezza
nella sua personalissima lista: se Voldemort fosse nato sotto il nome
di Thomasina O. Riddle,
le sue speranze di sopravvivenza si sarebbero ridotte al minimo.
Serpenti giganteschi, Horcrux e Maledizioni Senza Perdono erano niente, in
confronto ad una donna indemoniata.
- Potete... andarvene - deglutì.
Candida gli
rivolse uno sguardo di puro disgusto, per poi ammirare estasiata quel pezzo di donna di
Hermione. - Quello giovane, querida!
Cada oveja con su
pareja! Camaròn que se duerme, se lo lleva la corriente! -
le bisbigliò rapidamente in un orecchio, prima che Barnabus
- con delicatezza
- la trascinasse via di lì.
- Cosa ti ha detto? - chiese curioso Harry.
- La curiosità è femmina - borbottò un
contrariato Percy Weasley, mentre si allontanava. La seconda Weasley, la seconda
Weasley.
- Non saprei - rispose Hermione, un po' più
calma. - Andiamo? Vorrei mettere qualcosa sotto i denti, se non ti
dispiace.
- Ed io dopo devo vedere Ginny e complimentarmi
con lei. Non so cosa potrebbe farmi, se non mi faccio
vedere al Banchetto - concluse, allentandosi il colletto della camicia.
- Lei ti terrorizza, Harry - ridacchiò Hermione, mentre si
avviava con lui alla volta del Castello. - Cosa c'è, ti ha
già lasciato un'altra cicatrice da qualche parte, provando
ad avadakevadrizzarti?
L'altro sbuffò.
- Come sta Ron? - chiese lei, cambiando discorso.
- Bene... sarebbe venuto volentieri oggi, ma non poteva lasciare George
da solo ai Tiri Vispi... ci sediamo qui?
Hermione si guardò intorno: erano in un punto piuttosto
isolato
del Parco, di sicuro un teatro abbastanza appropriato per la
discussione che li attendeva. - Non vuoi tornare nella nostra Sala
Comune? - chiese, divertita, per poi sederglisi accanto, su un ciuffo
d'erba. - Ti manca, eh?
- Guardala - sospirò Harry, alzando gli occhi. - Come si fa
a non averne nostalgia?
- Hai scelto un luogo suggestivo per sedersi, Harry - sorrise. - Da qui
si vede la finestra della nostra
Sala
Comune, la Torre di Astronomia... quella laggiù è
quella
di Divinazione, guarda! Persino il Platano, laggiù in
fondo...
uno scorcio niente
male.
- Non voglio pensarci. - Scosse la testa. - Parliamo di cose serie.
- Che tradotto significa, parliamo
di cose che non mi fanno pensare all'enorme stupidaggine che ho fatto.
- Che tradotto significa, se non la smetti ti affatturo.
Hermione lo guardò compassionevole. - Tu?
Mmmm... improbabile.
Harry la fulminò con lo sguardo, alzando la bacchetta, che
gli
sfuggì di mano subito dopo, finendo dritta dritta in quella
di
Hermione.
- Incantesimi Non Verbali. O meglio, il Tuo Incantesimo,
Non Verbale.
Harry incrociò le braccia ed appoggiò la schiena
ad un tronco. - Malfoy - disse solamente.
- Sono tutta orecchie - replicò placidamente Hermione,
distendendosi vicino a lui.
- Ti dico che lui non c'entra, Harry - ripeté lei per la
millesima volta, quando ormai, nella Sala Grande, i commensali dovevano
aver già finito gli antipasti: il suo stomaco
gorgogliò,
protestando.
- Ma come fai ad esserne così sicura? C'era scritto nelle
lettere, che ogni
richiesta sarebbe stata un inganno, ogni aiuto uno sbaglio!
Hermione alzò gli occhi al cielo. - E sarebbe
stato intelligente
da parte sua, invitarci a diffidare del suo stesso operato. Un
ragionamento geniale, sul serio.
- L'ha fatto apposta. E poi? Guarda caso si è fatto male il
Cercatore di Beauxbatons. E, guarda caso, la Scopa dell'altra Cercatrice ha
virato in maniera strana, quando lui si è lanciato per
prendere il Boccino...
- Può avere sbagliato lei,
no? - chiese timidamente Hermione.
Come aveva previsto, Harry si infervorò. - A questi livelli,
non si può sbagliare!
- Mi correggo, la gente normale
può sbagliare... ma è inutile parlare con te.
Continuerai a dubitare di lui? - chiese alla fine, esasperata.
- Tutti gli indizi...
- Appunto, Harry! Sono indizi,
non prove!
La guardò, un po' stanco di quella discussione.
- Proverò a cercare anche in altre direzioni, va bene?
Hermione sapeva benissimo quanto flebile fosse quella promessa, ma
decise di crederci lo stesso. - Va bene - e sorrise.
- Andiamo?
- Preferisco aspettare altri cinque minuti qua, Harry. Tu avviati, devo
un po' far sbollire l'agitazione... mi hai fatto passare la fame - e
gli fece l'occhiolino.
- Come vuoi, io vado, o Ginny...
Non seppe mai cosa gli avrebbe fatto Ginny, perchè nel giro
di
un istante l'amico aveva già ripreso la sua bacchetta, aveva
già iniziato a correre verso l'ingresso del Castello, e nel
giro
di due istanti si era già seduto fra le autorità,
senza
dimenticarsi di salutare la fidanzata con un bacio mozzafiato.
A Draco Malfoy, invece, il fiato si mozzò quando un Homenum Revelio lo
sbalzò fuori dal suo nascondiglio artigianale: una siepe
poco
lontana dal punto in cui Hermione ed Harry avevano discusso per mezzora.
- Come diav...?
- Bagnoschiuma. Non saprei dirti quale
usi, ma sono abbastanza sicura che nè io nè Harry
abbiamo
avuto il tempo per una doccia, negli ultimi minuti. Se siete uomini e
non vi rendete conto di quanto sia compromettente
andarsene in giro con un odore simile addosso, non è certo
colpa mia.
- Ti fidi così tanto di me, Mezzosangue?
Hermione smise di dissertare sulla netta superiorità
dell'olfatto femminile su quello maschile, stupita per
l'inequivocabilità della domanda. Non si aspettava una
replica
così decisa,
da parte di Draco, non subito, almeno. - Olio di noce.
- Cos'è, la vostra nuova Parola d'Ordine? Non
ho tutta
questa voglia di fare un salto nel vostro Dormitorio stracolmo di onore
e coraggio, Mezzosangue...
- E' il tuo profumo. L'ho sentito a casa mia, ne avevo uno simile... e
poi anche l'anno scorso, quando eravamo... in fuga.
Draco alzò gli occhi al cielo. - E quindi...?
- E' buono - rispose, e scrollò le spalle.
- Granger, stiamo sul serio parlando di un po' di sapone?
- La bacchetta di tua zia era di noce. Quel legno sapeva di te.
Draco spezzò un arbusto, preso dall'ira. - Ti fidi di me, o no?
- Potrei aver finto, con Harry. Sapevo che eri
lì dietro.
- Mezzosangue - la prese per un polso, schiacciandola contro il tronco
che aveva sorretto la schiena di Harry. - Non ho tempo per questi
giochetti. Anche i francesi sospettano di me: sono stanco.
Hermione perse un battito, nel ritrovarsi intrappolata tra lui e
l'albero: non si aspettava che perdesse la pazienza in quel modo. -
Credo di fidarmi di te - rispose in un soffio.
Si sentì più leggera, quando tutta quella noce
le si tolse di dosso.
Si massaggiò il punto in cui la corteccia del tronco aveva
graffiato la sua schiena per poi spezzarsi in qualche scheggia e cadere
giù, mescolandosi alla terra.
Puzzava di noce ed era
violento come lei.
Malfoy, poco lontano, teneva le mani in tasca, indugiando
poco
lontano dalla borsa con la tenuta sportiva, quasi in attesa. - Andiamo?
- chiese dopo un'eternità.
Hermione indugiò.
- Lo so, che hai fame: non c'è più nessuno
Sfregiato da allontanare con una scusa. Muoviti.
Non aveva decisamente più niente, da obiettare.
- Sembravi un bambino, Malfoy.
L'altro si
voltò, fermandosi di scatto. - Eh?
- Sulla tua Scopa, sembravi un bambino emozionato, anche se non lo davi
a vedere. Se vuoi che io ti creda, voglio che tu ti comporti come il
Cercatore che ho visto in Campo, non come il nipote di Bellatrix
Lestrange che mi ha sbattuta contro ad un tronco.
- Non avrai le mie scuse, se le stai chiedendo, Granger.
- Non era una richiesta di scuse, la mia. Era un avvertimento. Fai il bravo bambino, Malfoy.
E accelerò, varcando per prima l'ingresso della
Scuola.
E lui rimase lì, immobile, e dopo un po', per qualche strano
motivo, sorrise.
Aveva stretto la Firebolt a
sè con un gesto protettivo, e in un attimo gli era parso di
avere di nuovo dodici anni.
Un bambino.
Lui non si era comprato
l'ammissione in Squadra.
Anche lui era stato scelto per il talento.
Si era visto abbracciato
ad una
Nimbus Duemilaeuno, a dare per la prima volta della Sanguesporco ad una
Hermione zannuta e petulante.
L'aveva visto anche lei,
che era un Cercatore con le palle.
Aveva preso quel
Boccino, e senza ucciderla, quella Cercatrice Gallica.
La Granger
non avrebbe mai saputo che se Hogwarts aveva vinto, lo doveva
anche a lei.
Che una vittoria a Quidditch fosse quasi opera sua, era
quasi più irrazionale ed incredibile di una favola di Beda
il Bardo.
Purtroppo per Draco
Lucius Malfoy, qualcuna di quelle favole un fondo di verità
ce l'aveva.
***
Roba da chiodi, l'ho finito, se Dio vole.
Ma ora vi attendono le note, che fooorse sono ancora più
lunghe del capitolo stesso. xD
NOTE:
- Nelle prime righe ci
sono riferimenti a Harry Potter e la Camera dei Segreti ed a Harry
Potter e la Pietra Filosofale.
- La traduzione del dialogo tra Hermione e Sébastien
è questa:
"Solamente io, non è vero?"
"Solamente tu."
"Lei non mi lascia andare..."
"Lei ha ragione. Lei ha sempre ragione."
"Grazie signora."
"Mi chiamo Sébastien."
"Io sono Hermione."
"Ermionè?"
"Parli inglese, Sébastien?"
"Ho perso il controllo... la mia Tornado
mi ha disarcionato, buttato giù, capisci?"
"Hai dolore?"
"Respira, Ermionè! Questo
è Quidditch!"
"Molte grazie, mia cara. Spero che...
vedere ancora, capisci?"
- Le parole francesi orribilmente massacrate da Barnabus sono
nell'ordine "Pardon, Monsieur", ovvero "Mi scusi, signore",
"Chérie", ovvero "Tesoro", "charme", "nonchalance"
e
"aplomb".
- Niente di nuovo sotto il sole, è una citazione biblica.
- "Buenos dìas" significa "Buongiorno".
- Apolline Dauphine De La Roche (si nota l'assonanza? xD) è
la sorella della protagonista di Loony
Parents.
Ho deciso, date le molte richieste, di far apparire la mia Amandine
Delphine anche in questa storia (è anche in questo capitolo,
anche se non nominata apertamente).
- Lui non si era comprato
l'ammissione in Squadra. Anche lui era stato scelto per il talento. Ho
ripreso le parole usate da Hermione - anche se ovviamente in maniera
opposta - contro Malfoy al secondo anno, quando era entrato nella
squadra di Serpeverde grazie all'acquisto di sette Nimbus Duemilaeuno
per lui e per i suoi compagni.
- L'allenatore di Beauxbatons e tutti i giocatori di Quidditch nominati
in questo capitolo, tranne ovviamente Ginny e Draco, sono personaggi
originali: Thomas Corner l'ho immaginato come fratello minore di
Michael Corner di Corvonero, Kevin Bletchley è il fratello
di
minore di un Serpeverde più 'anziano', che mi sembra facesse
il
Portiere quando Harry frequentava ancora il primo anno.
- "Querida" significa "Mia Cara".
- Chiedo perdono al Signore Oscuro per la battuta sul naso full
optional e per il successivo gioco di nomi con Tom/Thomasina. E per
averlo paragonato a Ginny, sia chiaro.
- Il terzo tempo
è
un'abitudine nata col rugby, che poi l'ACF Fiorentina (mia adorata!) ha
tentato di trasmettere anche al calcio, con scarsi risultati,
c'è da dirlo: consiste nel far salutare i giocatori come
persone
civili e di far trascorrere loro la serata successiva alla partita in
armonia e fratellanza. Nul rugby ciò non è
fantascientifico, nel calcio sì: dato che il Quidditch in
quanto
a comportamenti mi sembra più simile al secondo, ho deciso
di
ipotizzare che i saluti amichevoli
non fossero poi così autentici.
- Malefoi! Tu es le coupable! significa "Malfoy, sei tu il colpevole!".
Ringrazio Rea per avermi concesso la sua stessa lettura alla francese
per il cognome di Draco.
- Che i francesi francesizzino
ogni vocabolo straniero non è una mia
invenzione, ma è vero e sacrosanto.
- Nell'ordine, Candida dice: "Sani e Salvi", "Ogni pecora con il suo
montone" e "Il gambero che dorme se lo porta via la corrente".
- Lo scorcio è
un omaggio-citazione al mio lettore vero, che crede di avermi
mostrato la vista più suggestiva di tutta Firenze. E' un
pallone gonfiato, sì. u_u
- Homenum Revelio è
un Incantesimo che svela la presenza di persone nascoste nell'ambiente
circostante.
- La bacchetta di Bellatrix è davvero di noce, lo dice la
Row ne I Doni della Morte.
- Le Favole di Beda il Bardo le conoscerete tutti, più o
meno.
Il fondo di verità a cui mi riferisco è quello
della
Favola dei Tre Fratelli, legata ai Doni della Morte e blablabla.
Credo di aver scritto tutto, ma con questo capitolo, non si sa mai. -.-'
Sapete dove trovarmi... qui
.
Mi dileguo :D
Un bacio ed un grazie enorme a tutte/i voi.
♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** La Gloria è a Pagina Quattro ***
8.
La Gloria
è a Pagina Quattro
A Barbara, perchè il 27 era il suo compleanno e io, come al
solito, i regali li faccio in ritardo.
Alle mie Sex and the Slyth, e non c'è neanche da dire
perchè.
Al
mio unico lettore vero, che non è più solamente
un lettore e anzi, è MIO e basta.
Alla
neve.
E, per una volta, a Trenitalia e ai suoi disagi.
♥
I Tornei scolastici
portano solamente rivalità?
Leggere per credere!
(Continua a pagina 4)
La lettura della Gazzetta del Profeta non era sempre
piacevole,
quando si era in possesso di un cervello e di uno spirito di
autocritica anche debole.
Barnabus Cuffe non aveva mai esitato a
schierarsi dalla parte di chi
comandava, o semplicemente a favore delle sue
personalissime idee e convinzioni. Inutile dire che la sportività
non era contemplata in un quotidiano orientato come
pochi: gli articoli sul Torneo Trescope rasentavano l'Apologia di
Hogwarts, esaltando le meravigliose
prestazioni degli eroi inglesi e quasi denigrando le incolori gesta
degli avversari, colpevoli, secondo gli autori degli articoli,
semplicemente di essere nati Oltremanica. Le ironie su creste, zampe e
penne di Gallo si sprecavano, sebbene potessero essere colte solo dai
lettori più attenti: soltanto la prima pagina poteva essere
sufficiente per guadagnarsi denunce ed ingiunzioni, se solo qualcuno si
fosse preso la briga di perdere tempo con Cuffe e i suoi sudditi.
Perlopiù, Beauxbatons si limitava a sorridere di quel
sarcasmo
gratuito: più le labbra degli studenti e dei professori
francesi
si distendevano in smorfie di serenità, e più
covavano
all'interno sentimenti di ripicca e di vendetta, già
più
che determinati a trionfare nel girone di ritorno. In definitiva,
trovare un Gallo sorridente per i corridoi di Hogwarts equivaleva a
rischiare la vita, come già aveva sperimentato Kristen Bell.
Che
poi lei inciampasse di
normale
in qualsiasi asperità del terreno era cosa risaputa, ma
nessuno
poteva negare che Bernard Lemaire avesse bisbigliato qualcosa a labbra
serrate, facendole piegare le ginocchia in maniera innaturale.
Ovviamente lei non si era fatta niente di male: i continui urti e
contorsioni a
cui erano sottoposti i suoi arti l'avevano resa più o meno
di
gomma, ma era innegabile che l'atmosfera dentro Hogwarts fosse tesa e
quasi pericolosa.
Era soprattutto Hermione Jean Granger a storcere il naso, di fronte a
questa situazione di rivalità portata all'ennesima potenza.
Camminare per Hogwarts non era mai stato esattamente equivalente ad una
scampagnata in pace ed armonia: gli appartenenti alle quattro diverse
Case non si erano mai preoccupati di mostrarsi accondiscendenti nei
confronti dei rivali,
ma al di là di qualche Densaugeo
o Sectumsempra,
era sempre rimasto tutto sotto controllo e facilmente arginabile grazie
all'intervento di Professori e non. Che poi la situazione dovesse
inevitabilmente peggiorare, lo asserivano la Legge di un certo Murphy e
la semplice esperienza personale: tutto era precipitato man mano che si
appressava la Seconda Guerra Magica, ed anche adesso che questa si era
conclusa, una nuova Guerra solo in apparenza più leggera funestava
gli animi degli studenti.
Ginevra Molly Weasley poteva essere definita la nuova Bellatrix
Lestrange, se solo l'esistenza dell'una non avesse precluso quella
dell'altra. La determinazione con cui sfilava a testa alta di fronte a
qualsiasi studente francese era ammirevole quasi quanto la cieca
fedeltà della sua quasi-assassina
nei confronti del Signore Oscuro: c'era anche da dire che entrambe
avevano - o avevano
avuto -
l'innata capacità di sapersi difendere benissimo da sole, ed
anche quella di attaccare a sangue freddo, nel caso si fossero sentite
minacciate.
Kevin Bletchley e Bernard Lemaire erano alla fine riusciti a darsele di
santa ragione: si erano sfidati a duello per poi finire col picchiarsi
senza alcun tramite, come dimostravano le loro nocche sbucciate. Casualmente,
entrambi ripetevano che erano caduti
per le scale,
addirittura nel medesimo istante: a quanto pareva, avevano qualcosa in
comune, ovvero lo spasmodico terrore di essere buttati fuori dalle
rispettive squadre e dal Torneo in generale.
Gli unici rimasti fuori dagli schieramenti
erano paradossalmente i giocatori più di spicco. Draco
Lucius
Malfoy ed Apolline Dauphine De La Roche transitavano nei corridoi
solamente quando questi erano deserti o quasi: eppure non erano pochi
gli studenti che cercavano il primo per congratularsi con lui o la
seconda per consolarla, per quanto fosse possibile.
Hermione Granger accantonò la propria copia della Gazzetta,
non
appena ebbe scorso tutta pagina tre: non c'era niente che la
interessasse e, oggettivamente, aveva di meglio da fare.
Da completa ignorante in materia di Quidditch, riteneva di avere tutti
i requisiti per un interrogatorio in piena regola: da donna, si credeva
anche perfettamente in grado di parlare con una sua simile
e, nel migliore dei casi, di riuscire a tirarle su il morale. Restava
solo da superare lo scoglio non indifferente che aveva fatto nascere
lei ed il suo obiettivo in due nazioni differenti: da paladina
dell'amore tra i popoli riteneva di poter uscire indenne da questa
difficoltà iniziale, ma certamente non aveva considerato il
fatto che spesso lo sport riusciva a creare più inimicizie
di
un'invasione barbarica. Si chiese cosa avrebbe pensato De Coubertin, se
fosse nato in quell'epoca ormai lontana dal 1896; si chiese anche cosa
avrebbe fatto l'Hermione Granger dell'anno ormai passato, dopo essere
stata rispedita per tre volte a debita distanza dagli alloggi di
Beauxbatons.
Forse avrebbe ingerito Polisucco, se solo avesse avuto il tempo di
prepararla, o di rubarla, o di procurarsi capelli, peli o unghie di
qualche francese.
Forse si sarebbe nascosta sotto il Mantello
dell'Invisibilità,
se solo non fosse stato custodito da Harry Potter nel buio di Grimmauld
Place.
O forse avrebbe improvvisato,
che era quello che si richiedeva ad una Strega scaltra ed imprevedibile.
Del resto, non si poteva certo pretendere che una bacchetta risolvesse
sempre tutto.
Si alzò, con una strana luce negli occhi; si
affacciò sul
cortile, scrutando attentamente i ragazzi impegnati nelle
più
disparate attività.
Poi lo vide, e ghignò.
Forse ciò che stava per fare andava contro i suoi ideali, ma
c'era anche da considerare che il suo ideale principale non era esattamente
l'essere onesta, proba, leale. Il primo comandamento di Hermione Jean
Granger recitava: fai
tutto ciò che rientra nelle tue possibilità, pur
di ottenere il risultato più giusto. Forse era
un modo carino per sottolineare come il fine giustificasse i mezzi,
ma a lei piaceva più la sua personalissima versione del
detto.
Si guardò per l'ultima volta allo specchio, pregando
affinchè l'Incantesimo temporaneo con cui aveva stregato i
suoi
capelli resistesse almeno per un'ora. Poi, uscì dal
Dormitorio e
dalla Sala Comune, senza dimenticare di mettere in ordine i libri e le
pergamene su cui aveva studiato fino a poco prima.
Chi la incrociò per scale e corridoi ridacchiò,
ma lei
non si premurò di scoprire il perchè di
quell'atteggiamento: forse le erano rimasti cinquantanove minuti di capelli presentabili,
e non poteva sprecarne neppure uno.
Intanto, mentre lei usciva nel Parco, un'altra Hermione Granger era
rimasta in Dormitorio, piegata a metà.
E mentre lei raggiungeva la sua preda,
la stessa preda era
appoggiata sul suo letto, con occhi ammaliatori e modi gentili.
Entrambe le prede
baciarono le mani di due Hermione Granger in perfetta sincronia.
***
Ronald Bilius Weasley non avrebbe mai immaginato di associare la parola
Hermione alla parola Quidditch.
A quanto pareva, l'illustre Direttore della Gazzetta del Profeta non la
pensava come lui, dal momento che aveva scritto ripetutamente quei due
vocaboli all'interno dello stesso articolo: un articolo discretamente
importante, se si trovava a pagina quattro.
Molly Weasley, in quella fredda domenica, amalgamò il
contenuto
delle sue pentole con più energia del solito: nel corso
degli
anni aveva amato Hermione ogni giorno di più, quasi
elevandola
al livello degli altri sette - sei
- figli, ma grazie all'ormai celebre pagina quattro
non poteva fare a meno di ripensare a come l'aveva definita al quarto
anno. Si sa, una madre individua più facilmente le donne scarlatte al
di fuori del proprio nido, persino quando nel proprio nucleo familiare
ne ha una verso cui puntano tutti gli indizi: che la piccola Ginny fosse
rossa di capelli ed avesse cambiato tre fidanzati nel giro di un anno
era del resto cosa normale e per niente indicativa, se
paragonata alla passione per i giocatori di Quidditch che almeno
Hermione dilazionava negli anni.
- Non può essere - mormorò Ron, con lo sguardo
fisso di fronte a sè.
- Via, fratellino... ha tutte le ragioni per vedere qualcun altro, dopo
essere stata mesi e mesi con te!
- esclamò George, dandogli una pacca sulla
spalla talmente forte da farlo finire con la faccia nella zuppa di
farro.
- Effettivamente è un po' prestino -
sibilò Molly a denti stretti, puntando la bacchetta verso il
lago marrone che deturpava la tovaglia candida.
- Mamma, non cominciare - si intromise Percy. - Io c'ero ad Hogwarts, e
non ho mai visto Hermione insieme a quello.
- Mangiamo? - chiese timidamente Arthur, non appena notò la
scintilla minacciosa nello sguardo della moglie.
Molly parve riflettere qualche secondo. Alla fine, in preda a
chissà quale ispirazione, si mise a sedere. - Noi amiamo
Hermione. E la Gazzetta... è spazzatura, sì. -
Agitò la bacchetta rapidamente, servendo zuppa a tutti gli
astanti. - Ma tu, Ronnie, proprio non...?
- No, mamma - rispose l'altro, impugnando il cucchiaio.
La madre sospirò. - Sicuro? - riprovò,
guardandolo di sottecchi.
- Posso? - intervenne una nuova
voce, risparmiando a Ron la fatica di rispondere
all'ennesima domanda ovvia.
- Harry caro! - esclamò la signora Weasley, scattando in
piedi
ed abbracciandolo - alle sue spalle, Percy stava cercando di affogarsi
nel piatto. - A cosa dobbiamo la tua visita? - continuò,
invitandolo a sedersi.
- Lavoro, purtroppo, ma... può attendere.
- Hai già mangiato, Harry caro?
Harry scosse la testa ed immediatamente un piatto, delle posate ed un
bicchiere gli apparvero davanti.
- Come procede a Diagon Alley? - chiese, portandosi il cucchiaio alle
labbra.
Ron scrollò le spalle. - Normale. Riceviamo sempre un sacco
di
ordini... ma non dirlo a Hermione: non sono sicuro che i nostri
articoli siano ammessi a Hogwarts.
- Credo che sia l'ultimo
dei problemi di Hermione - borbottò Molly.
Ron le lanciò un'occhiata in tralice. - Ne parliamo dopo,
Harry.
L'amico annuì in silenzio, continuando a mangiare. Cosa
strana
ma vera, quel giorno la Tana fu silenziosa: per la prima volta la
famiglia Weasley riuscì ad udire le posate che tintinnavano
nei
piatti.
- Allora, perchè sei qua? - chiese rapidamente Ron, subito
dopo essersi richiuso alle spalle la porta della camera.
- Hermione pensa che Malfoy non c'entri niente con questa storia.
Ron deglutì. - Effettivamente, potrebbe...
- Tu non l'hai vista la partita, Ron! - sbottò Harry,
furioso. - Non è umanamente possibile che due
Cercatori di Beauxbatons siano stati messi fuori uso...
- Due?
- Il primo era infortunato da qualche giorno, era quello della lettera.
- Ma l'altra non ha giocato,
ieri?
- Sì, ma ha giocato male.
Ron non era mai stato molto sveglio e veloce e capire alla prima le
insinuazioni degli altri: non era tonto ma, come
amava ripetere,
amava meditare. Quella
frase di Harry l'aveva in effetti lasciato un po' basito, ed in preda
alle sue farraginose elucubrazioni mentali non riusciva ad arrivare ad
una degna risposta da offrire all'amico. Gli sfuggiva proprio il
collegamento tra Malfoy ed il 'giocar male', e la smorfia perplessa che
aveva impressa sul volto non doveva aver reso troppo felice Harry.
- Ron, ha sbagliato una mossa facilissima.
E' stata chiaramente Confusa.
Ron parve soppesare a lungo le parole, prima di cominciare a dire la
sua. - Ma deve essere stato per forza Malfoy? Voglio dire, Harry...
tutta Hogwarts voleva vincere quella partita...
Certe cose si potevano arginare: un Protego
poteva affievolire l'effetto di una maledizione, un Mantello
dell'Invisibilità poteva difendere da sguardi indesiderati,
una
parola non detta poteva risparmiare discussioni ed imprecazioni a non
finire. Certe cose, al contrario, non potevano mai essere
evitate, e la rabbia di Harry Potter era tra queste. - Sei sempre stato
dalla sua parte!
Il rosso strabuzzò gli occhi: difendere Malfoy non era
esattamente rientrato nelle sue corde, in sette anni di conoscenza.
- Non da quella di Malfoy, da quella di Hermione! - precisò
l'Eroe, esasperato. - Cerchi sempre di darle ragione, per non farla
arrabbiare e per star bene con lei!
- Nel caso ti sia sfuggito qualcosa, Harry... io e Hermione non siamo
più fidanzati - annunciò gelido.
Harry parve sgonfiarsi, come se quella risposta così fredda
avesse avuto la consistenza di una lamina di ghiaccio, lucida ed
acuminata. - Scusami - borbottò, qualche minuto dopo. - E'
che... mi manda in bestia, non capire.
- L'anno scorso siamo stati mesi
senza capire, Harry. Eppure ero io quello che perdeva la testa... non
tu. Lascia perdere, allontanati da questi pregiudizi indiscriminati. Mi
costa fatica dirlo, ma per una volta, credo che Malfoy non c'entri
davvero. E poi, nessuno si è davvero fatto male finora...
- Il Cercatore francese...
- Sta bene,
Harry. Rilassati un po'. Ed ascolta Hermione... voglio dire,
è accaduto spesso che avesse ragione lei, no?
Che Ronald Weasley avesse tutte le buone ragioni del mondo, era
qualcosa di cui non si poteva assolutamente dubitare.
Certo, Ronald Weasley non
era Harry Potter, nè aveva mai imparato a ragionare come il
suo migliore amico.
Il fatto di avere torto
era
una cosa che lui aveva imparato ad accettare, nel corso degli anni,
comportandosi spesso da persona immatura e poco ragionevole.
Harry Potter si era altresì comportato in determinate
occasioni nello stesso identico modo.
Il problema era che il suo 'tutto
è bene quel che finisce bene' equivaleva al 'fine che giustifica i mezzi'
oppure al simile comandamento di Hermione.
Che lui avesse avuto torto in più occasioni era cosa
risaputa ed
inequivocabile; che i suoi torti continui e reiterati avessero portato
alla sconfitta di Voldemort era una cosa altrettanto insindacabile ed
inconfutabile.
Saltando un po' di passaggi, in nome di qualche proprietà associativa
mutuata dalla matematica che gli era stata impartita prima di approdare
a Hogwarts, la conclusione era una sola, ovvero che lui non aveva mai veramente
torto.
E che quindi,
Malfoy c'entrava per forza qualcosa.
Sorrise a Ron, in un segno d'accondiscendenza che celava un significato
tanto evidente quanto falso, ed altri tanto reconditi
quanto autentici.
Ron avrebbe colto solo un "Avete
ragione, cercherò in altre direzioni".
Hermione avrebbe colto tutto il resto.
Ma, per fortuna - per
sfortuna - lei non era lì.
***
A Draco Malfoy era sempre piaciuta la Gloria.
Era sempre stato attratto in maniera quasi morbosa dalla
figura di suo padre, che quella gloria
pareva potergliela garantire, aveva sempre amato seguirlo
nei luoghi frequentati dai suoi amici,
veicoli apparentemente infallibili per un futuro illustre
e quantomai sicuro: non si era mai curato del rischio di continuare a vivere nella sua
ombra, se quell'ombra poteva essere efficace quanto quella
di un salice in pieno luglio. Purtroppo per lui, proprio vivendo alle fronde dei salici
si era reso conto che se quelle piante venivano soprannominate
'piangenti' c'era un motivo più che evidente: quella Mano
della
Gloria che aveva bramato da Magie Sinister amava rifilare carezze e
schiaffi a chi la sfiorava, e i Malfoy avevano ricevuto dei cazzotti in piena
regola.
Se era vero che quella Mano possedeva la millantata
proprietà di
far luce solamente a chi la Gloria la teneva stretta in pugno, Draco
non si era mai sentito al
buio come in quel momento.
Fino a qualche tempo prima, non avrebbe esitato ad accogliere col
sorriso sulle labbra tutti coloro che gli si avvicinavano per
congratularsi con lui.
Era quello che aveva sempre desiderato, no? Essere sempre al centro
dell'attenzione e del favore di tutti, come era sempre capitato a
Potter. Come era capitato anche a Weasley, per chissà quale
buona sorte lo avesse affiancato all'Eroe. Come era sempre capitato - soprattutto - alla
Granger.
Senza mezzi termini, lui li invidiava - lui la invidiava.
Era solo per colpa di chissà quale destino beffardo, che
quei
tre si fossero sempre trovati nel momento giusto, al posto giusto: era
un caso anche il fatto che avessero sempre scelto di agire nel modo più giusto,
beffandosi dei mille e più motivi che avrebbero potuto
decretare
la loro sconfitta. Sfidare un Troll ad undici anni? Una bazzecola, per
il Trio. Penetrare fino alle profondità di Hogwarts, fino a
scovare la Camera dei Segreti? Una stupidaggine. Sarebbe potuto andare
avanti con altri mille esempi, se solo avesse avuto la voglia di
ripercorrere - senza
sorrisi - le tappe che avevano condotto quei tre alla
Gloria più assoluta.
Per lui, invece, niente era mutato,
negli anni. Era sempre rimasto quel ragazzino pallido, spocchioso ed
arrogante che arrancava alle spalle dei più forti,
che tramava ai loro danni, complottando con le Rita Skeeter e le
Umbridge che fossero passate di lì, che falliva,
rigorosamente ed inevitabilmente, ogni anno, in qualsiasi azione di disturbo
si fosse cimentato. C'era una sorta di bolla di vetro a dividerlo da
quei tre, una bolla che difendeva loro da ogni cosa e che quando si
infrangeva, le sue schegge le gettava addosso a lui.
Si era reso conto solamente con il tempo che forse era giusto così.
Gli erano bastati pochi mesi tra le fila di Voldemort per capire quanto
fosse sbagliato
tutto ciò che lo circondava. E non per chissà
quale
ravvedimento riguardo alle sue convinzioni - figuriamoci, Purosangue
era e tale rimaneva - ma perchè quella dannata Guerra
l'aveva
toccato più di quanto lui stesso potesse immaginare: era la
sua
famiglia ad aver perso l'onore,
era stato sua padre a vedersi sfuggire di mano la Gloria. Il tonfo di
quella bolla
era stato più grosso: le schegge sprigionate non si erano
limitate a gettargli un po' di cristallo sui vestiti, ma l'avevano
tagliato, accoltellato, ferito.
Gli eventi l'avevano pugnalato, di nuovo: in quella specie di gioia
repressa per la conclusione delle ostilità, era riesploso
quell'orgoglio leso, quell'invidia incontrollabile per coloro cui la
guerra aveva portato nuova Gloria, qualunque ne fosse stato il prezzo.
Insieme all'odio, per quanto si sforzasse di negarlo, aveva ruggito un
altro sentimento, quello che fino ad allora aveva nutrito unicamente
per Lucius. L'ammirazione
gridava gratitudine nei confronti degli Eroi, ma al tempo stesso
giaceva silenziosa, nascosta e soffocata.
Quella stessa ammirazione che Hogwarts gli stava tributando in quel
momento, volatile ed effimera come un alito di vento.
Ammirazione che - figuriamoci - dagli Eroi non gli
arrivava neanche per sbaglio.
Non si aspettava niente da Potter, non lo aveva mai fatto. Del resto,
non si era aspettato un cesto di primizie o una fornitura mensile di
Whisky Incendiario, come ringraziamento per la sua prova di attore a
Malfoy Manor, quando aveva finto di non riconoscerlo per salvarlo dalle
grinfie di sua zia. E da Weasley doveva aspettarsi forse un biglietto
di auguri per Natale? Dalla Granger no di sicuro, dopo tutte le offese
che le aveva rivolto.
Di certo, il pensiero di congratularsi con lui non l'aveva neanche
sfiorata, quando le era passata davanti veloce come un treno,
rischiando persino di urtarlo con la forza della sua determinazione.
Dennis Canon stava continuando a blaterare qualcosa sulla sua
meravigliosa virata per prendere il Boccino, quando la Granger lo aveva
asfissiato
con il suo profumo,
passandogli ad un centimetro di distanza, diretta verso il Parco. Forse
ci aveva fatto il bagno nell'acqua di colonia, dato che quella puzza continuava ad
aleggiare intorno a lui, immobile e stantia come un formaggio muffito.
Se solo avesse saputo che del Trio era quella che ammirava di
più, forse si sarebbe fermata - non che gliene importasse
qualcosa, del rispetto di una Sanguesporco.
Quell'ammirazione taciturna era qualcosa che non poteva evitare, come
non poteva evitare di impomatarsi il ciuffo o di rivolgersi con
deferenza ai coniugi Malfoy.
La Granger era l'unica del Trio che, in fondo, meritava un po' di Gloria.
Potter si era ritrovato ad essere il Prescelto diciassette anni prima,
e non certo per una sua decisione: gli eventi gli erano piombati
addosso, spazzando via la sua famiglia ed incaricandolo di una missione
che aveva onorato nel modo migliore - o quasi. Weasley l'aveva seguito
per quella stupida amicizia cieca che lo legava a lui: l'aveva seguito
anche per essere all'altezza dei fratelli, per quanto potesse negarlo.
La Granger, invece, che motivi poteva avere per rischiare la vita
giorno dopo giorno? Perchè non si era nascosta da qualche
parte,
perchè non era sparita non appena la situazione fosse stata
la
più propizia per farlo?
Per quanto la ritenesse stupida
- fosse stato in lei, sarebbe emigrato dall'altra parte del mondo, pur
di non ritrovarsi coinvolto tra Mangiamorte, Ordine della Fenice e
Auror - non poteva fare a meno di ammirarla.
In silenzio, com'era ovvio. Odiandola, così come doveva
essere.
Ma non erano forse i più stupidi ad avere l'incoscienza
necessaria per diventare degli Eroi?
Lui era semplicemente troppo intelligente
per tutte quelle complicazioni.
Continuò ad ascoltare Canon e qualche altro piccoletto che
sproloquiava intorno a lui, con la mente altrove.
Prendere un Boccino non era la Gloria.
La Gloria aveva smesso di cercarla non appena la sua ricerca aveva
cominciato a schiacciarlo, come un'insignificante formica scalpitante.
Era destino dei Malfoy crearsi una propria Gloria, fittizia,
evanescente, di facciata.
La Gloria vera era per gli eroi.
La Gloria autentica era
per la Granger.
***
Hermione Jean Granger era nata
curiosa: quella smania di sapere e di scoprire che si
portava dietro da sempre non era qualcosa che aveva imparato con
il tempo, ma qualcosa che era sbocciata insieme a lei il 19 settembre
del 1979, quando aveva allungato le manine ancora tozze per esplorare
il volto della madre che ancora non poteva vedere. Nessuno aveva capito
che quel gesto non era unicamente il riflesso inconsulto di una
neonata: Hermione era stata scambiata per una bambina normale, vivace,
ma fondamentalmente ordinaria.
Anche a lei stessa non piaceva porre l'accento su quella voglia
irrefrenabile di conoscere e partecipare in prima persona ad ogni
azione o evento si verificasse nei paraggi: essere la migliore amica di
Harry Potter era già una motivazione più che
valida per
trovarsi sempre al centro dell'attenzione con lo spirito necessario ad
affrontare situazioni d'ogni sorta, e a lei piaceva 'dare la colpa'
all'amico di ogni suo coinvolgimento nella gesta eroiche che la
riguardavano da ormai sette anni.
Di certo, a Hermione la Gloria
non
era mai piaciuta. Non si era gettata in ogni avventura con l'intenzione
di uscirne da trionfatrice assoluta: lottava semplicemente per le sue
convinzioni, in nome dell'amicizia per Harry, Ron, Ginny e gli altri,
in nome di quegli ideali in cui credeva con tutta se stessa, in nome di
un masochismo
irrefrenabile
che la portava a rischiare la vita di giorno in giorno. Non aveva mai
contemplato l'ipotesi della fuga, neanche quando i rastrellamenti di
Ministero e Mangiamorte miravano a colpire lei come Sanguesporco
più di chiunque altro: era stata in prima linea sempre,
anche
quando la speranza di una vittoria era diventata flebile come un
sospiro.
In quel momento, sentiva di meritarsi un po' di riposo. Sentiva. Il suo
corpo ne era più che convinto, così come gran
parte della sua mente. Era lei
a non esserne pienamente sicura. Certo, lo sforzo che avrebbe dovuto
impiegare in quell'occasione era minimo, se non addirittura irrisorio, in
confronto a quello infuso contro Voldemort: forse era minimo addirittura
il pericolo corso, dato che quell'allocco di Sébastien
Bonaud era caduto dalla Scopa senza conseguenze - magari ce ne fosse
stata qualcuna, si ritrovò a pensare malignamente.
Per l'appunto, l'allocco era appollaiato nel Parco, steso pigramente in
mezzo a qualcuno dei suoi compagni francesi - compagne,
più che altro: pareva disteso e tranquillo, nonostante la
sconfitta della sua squadra - molto
probabilmente,
lo era perchè lui, in quella sconfitta, non c'entrava
niente,
anzi ne era la prima vittima. Non era ancora così vicina a
lui,
quando lo vide strabuzzare gli occhi.
- Ermioné!
Respira, Hermione. E che diamine, non poteva neanche
respirare, senza ripensare a quel fantomatico odore di Quidditch - e a quello meno fantomatico di
noce.
- Sébastien! Stavo cercando proprio te! -
esclamò, ripetendosi fino allo sfinimento che avrebbe
mentito a fin di bene.
Lui le baciò la mano - anche lui, le
baciò la mano.
- Ermionè, je
suis très heureux de vous voir! Tu es très jolie,
aujourd'hui.
Non le era mai piaciuto il francese, così
carico di
accenti che poco si confacevano alla praticità del suo
linguaggio: quel giorno, lo odiò,
nella maniera più assoluta.
- Merci,
Sébastien. Comment ça va?
- Très bien. Madame Scips a été
merveilleuse.
Per un momento Hermione immaginò la smorfia di
disgusto che Poppy avrebbe articolato, se solo si fosse sentita
chiamare Scips.
- Vorrei chiederti una cosa, Sébastien. -
L'allocco
annuì, un po' disorientato dal cambio di tono e -
soprattutto -
da quello di lingua. - Com'è che sei esattamente caduto
dalla Scopa?
Il Cercatore parve perplesso, addirittura quasi titubante. - Pourquoi...?
- Stavi bene? Ti girava la testa? Hai avuto un mancamento?
Che nella mente del francese si stesse agitando un guazzabuglio medievale
era lampante: non era un abile attore, questo era poco ma sicuro.
- Oui - proclamò
alla fine, col petto in fuori. - Mi sgirava la testa,
per questo sono caduto.
In quello stesso istante, a Hermione crollò il mondo
addosso. Quell'ammissione significava una cosa sola: Confundus.
- Ma Ermionè, non parliamo di moi. Parliamo di noi.
Forse, cinque secondi prima a Hermione non era crollato
proprio tutto il
mondo addosso. Se c'era qualcos'altro che poteva cadere, l'aveva appena
fatto: si era sentita piombare l'Africa intera sulla testa, poi le
Americhe e poi l'Antartide, il tutto bagnato a dovere dall'Oceano
Atlantico.
- Noi? - sillabò piano, con un soffio di voce.
- Oui...
noi! Siamo belli insieme, no?
Aveva ricevuto pochi apprezzamenti sul suo aspetto fisico, da quando
era a Hogwarts. C'era stato quello timido di Neville, quando l'aveva
invitata invano al Ballo del Ceppo, c'erano stati quelli di Viktor
Krum, che al Ballo ce l'aveva portata davvero ed aveva provato ad
instaurare con lei qualcosa di diverso dall'amicizia; c'erano stati
quelli amichevoli di Harry, pronunciati con affetto sincero - ma
proprio per questo, poco
sinceri -,
c'erano stati quelli di Ron, carichi forse più di
volontà
di compiacerla che di convinzione vera e propria. Quelli di
Sébastien Bonaud erano se non altro i più originali.
Perchè non le aveva detto che era bella, ma che
loro due erano belli
insieme.
- Insieme?
Sébastien le porse una copia della Gazzetta del
Profeta, storcendo il naso di fronte alla prima pagina.
Fu allora che Hermione arrivò per la prima volta a pagina quattro e
che rischiò di avere un mancamento.
Perchè a lei la Gloria
non era mai piaciuta, ed adesso le arrivava nel modo che
aborriva di più: le arrivava per mezzo di un uomo, per
meriti non suoi e che neanche pretendeva di avere.
Un oggetto, ecco come si sentiva di fronte a quella pagina.
Alzò gli occhi di nuovo, per incontrare quelli del Cercatore.
Vi trovò una vanità
fredda, fredda ma gioiosa: Sébastien era
malato di popolarità, e di certo quella maledetta pagina quattro
gliene aveva fornita un bel po'.
Stava per scaraventargli il giornale in faccia, quando vide lei.
Lei che avanzava taciturna e mesta come al solito, lei che arricciava
le labbra in un sorriso tirato solo quando si trovava in mezzo ai suoi
più cari amici. Provò a sorridere anche nei
confronti di
Sébastien, prima di abbassare di nuovo le ciglia: Hermione
deglutì, pronta a comportarsi come non avrebbe mai pensato
di
fare in vita sua.
Prese a braccetto il Cercatore, sorridendogli vagamente e trascinandolo
verso il punto preciso in cui si era seduta Apolline.
- Bonjour -
proferì nella maniera più cordiale possibile.
L'altra la guardò interrogativa, squadrando prima lei poi
Sébastien. - C'est
vrai.
Sébastien la guardò col naso
all'insù. - Oui
- rispose semplicemente, facendo inorridire Hermione.
La Caposcuola decise di riprendere in mano la situazione. - Volevo
farti i miei complimenti - sillabò lentamente.
- Lo so, l'inglese, al contrario di mia sorella - rispose l'altra,
stizzita. - E non c'è bisogno di fare ironia sulla mia prestazione, grazie.
- Ma io...
- Tu ne peux pas... -
si intromise Sébastien.
- Je peux!
- Ehm... scusate...
- Zitta!
A Hermione erano sempre piaciute le donne di polso, come lei. Le
piacevano almeno sino a quando la lasciavano parlare a suo piacimento,
senza interromperla e contraddicendola solo quando potevano
permetterselo. Uno 'Zitta' non rientrava nei 'Dieci migliori modi per
stare simpatica a Hermione Granger', anzi non era proprio in classifica.
- Io - e le puntò un dito contro il petto - sono qui - e la
guardò minacciosa - solamente perchè ho apprezzato la
tua prestazione e perchè - abbassò di poco il
tono di
voce - credo che la virata finale sbagliata non sia dipesa da te. Ti
è girata la testa o quant'altro? - si interruppe, ansimante.
Apolline scosse la testa, senza smettere di guardarla in cagnesco. - Ho
sbagliato io,
va bene?
Forse qualche isoletta del Pacifico non era ancora cascata in testa a
Hermione, perchè lo fece in quell'esatto momento.
Ufficialmente,
quella situazione era un groviglio inestricabile: perchè
Malfoy
avrebbe dovuto Confondere Sébastien e non la De La Roche, se
quest'ultima era la sua più diretta avversaria in partita?
- Va bene - rispose pensierosa.
Apolline incrociò le braccia al petto, mentre
Sébastien le rivolgeva occhiate stranite.
Fu osservando la faccia da cucciolo bastonato di Bonaud che Hermione
tirò un sospiro di sollievo: quella pagina quattro
conteneva un mucchio di fandonie e tutta Beauxbatons non
avrebbe creduto neppure a una virgola.
Forse l'unica a crederci era stata Apolline, a giudicare
dall'aggressività che aveva dimostrato nei suoi confronti.
Ma quella rabbia non era dovuta certo alla stizza per la partita e per
i complimenti che aveva ritenuto ironici.
Quello era un sentimento più semplice, più
naturale, più inevitabile.
- Vi lascio soli - annunciò Hermione, voltando le spalle ai
due francesi.
Sébastien non provò nemmeno a trattenerla: la sua
fredda vanità
non gioiva più, anzi, non si esprimeva affatto,
ammutolita dagli artigli gelosi - ed innamorati - di Apolline Dauphine
De La Roche.
***
Quando Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres ebbe finito di
leggere tutta pagina
quattro, scaraventò il giornale in faccia a
Barnabus Cuffe, che non conosceva domeniche, non quando c'erano in
ballo un pugno di
galeoni.
Il povero Editore, che già faticava a
comprendere la
psiche della sua amata, la guardò con occhi mesti e
bisognosi di
una spiegazione, che ovviamente non arrivò.
- Bonaud - sillabò con disprezzo. - Maldito! Come
ti è saltato in mente, Cuffe?
Barnabus riprese in mano la sua Gazzetta, sfogliandola fino a pagina
quattro. - Cosa c'è che non va? - pigolò,
fissando la
foto in cui il Cercatore francese baciava la mano della Granger, foto
che tra l'altro gli era costata un ginocchio sbucciato.
- E' evidente che alla señorita
di quel francese non importa niente! Ma, claro, eres hombres. Esta es una
tonteria!
- E tu,
cosa ne sai? - la rimbeccò Cuffe, sfoggiando un coraggio che
in realtà non aveva affatto.
Avrebbe sicuramente fatto meglio a tenersi per sè
quell'osservazione del tutto indesiderata. Primo, perchè
aveva
dato del tu
a Candida. Secondo, perchè si era ribellato a
Candida. - Una mujer
lo sa!
- Urlate anche di domenica? - si intromise il Primo Ministro, facendo
capolino dal suo Ufficio, con uno strano ghigno beffardo sul volto
ambrato.
- Ministro, guardate cosa ha scritto! L'amore
sboccia a Hogwarts... l'armonia tra le diverse scuole... l'amore degli
opposti che rende idilliaca la situazione al Castello...
- Un lavoro magistrale - ridacchiò Kingsley,
mentre
Barnabus gonfiava il petto, scoccando a Candida sguardi di
superiorità.
- Ma non è vero! - si inalberò Candida.
- Per esperienza personale - replicò Shacklebolt - so che la
Gazzetta raramente scrive
qualcosa di vero, mia cara. - Barnabus si sgonfiò
immediatamente, punto nell'orgoglio. - Ma... se posso saperlo,
perchè ti interessano così tanto le vicende della
nostra
Hermione?
La segretaria arrossì, come succedeva ogni volta che si
parlava di lui, e,
miracolosamente, rimase in silenzio.
Fu Barnabus a non trattenersi. - Vuole accasarla con Malfoy, e
prendersi il padre.
Non appena ebbe finito di parlare, uno strano sibilo
preannunciò
l'arrivo di un boa. Aléjandro non aveva mai tollerato che la
sua
povera Candida
venisse
sbeffeggiata gratuitamente, per questo era comparso non appena l'aveva
sentita imprecare in Serpentese: si strinse intorno al robusto corpo di
Barnabus, fino a fronteggiarlo in volto, pupilla contro pupilla.
Candida rise soddisfatta.
- Non è che lo ammazza, vero, cara? - chiese timidamente
Shacklebolt.
- Ci penso io - rispose ghignando Candida. - E' in buonissime mani, señor.
- Allora noi possiamo parlare di...
Qualcuno bussò alla porta, prima che Kingsley finisse la
frase.
A giudicare dalla voce che aveva chiesto il permesso di entrare, e
dalla sagoma che poco dopo era effettivamente entrata senza attendere
una risposta, la situazione era quantomeno tragica.
Kingsley si fiondò di nuovo in Ufficio, mentre Candida
ordinava
frettolosamente ad Aléjandro di lasciar stare Barnabus.
Aléjandro, però, non fu altrettanto veloce a
nascondersi,
nè Candida finì altrettanto presto di esprimersi
a sibili.
Harry Potter aveva assistito, se non a tutta la scena, almeno a
metà di essa.
E, per qualche strano motivo, aveva un indiziato in più.
O un'indiziata,
più precisamente.
Era facile dimenticarsi i pregiudizi, una volta che non se ne era
più il bersaglio preferito: che anche l'Eroe del Mondo
Magico
avesse parlato Serpentese e che questo avesse salvato in più
occasioni la vita a lui e a molte altre persone era ormai in secondo
piano.
In primo piano c'era di nuovo la diffidenza per uno dei principali
indicatori di cattiveria:
che Candida la lingua biforcuta ce l'avesse sempre avuta, anche senza
bisogno di sibilare come un boa, era un dettaglio trascurabile.
Era quella nuova lingua
biforcuta a preoccupare Potter.
La stessa lingua
biforcuta che stava facendo imprecare silenziosamente
Barnabus Cuffe.
Lui, in fondo, l'aveva sempre saputo: mai fidarsi delle donne, mandano
sempre tutto a monte.
Al contrario, Candida non era affatto preoccupata.
Anzi, forse per lei stava per cominciare il divertimento: prendere per il culo Potter era
diventato da settimane il suo hobby preferito.
Finalmente, il topo
si era insinuato di sua spontanea volontà tra i suoi
artigli, letali come quelli di una pantera.
Sorrise cordiale, sedendosi dietro la sua scrivania. - Ha
già
conosciuto Aléjandro, signor Potter? Lo stavo giusto
presentando
al caro
Barnabus.
Harry James Potter deglutì.
Improvvisamente Aléjandro gli parve più
pericoloso di Nagini, sebbene - forse
- non conservasse alcun brandello d'anima della De Torres.
C'era quel 'forse' a preoccuparlo.
Se Voldemort fosse nato
donna... Scacciò quel pensiero, sforzandosi di
sorridere.
- Piacere - mormorò, accarezzando delicatamente la testa del
serpente.
***
- Mezzosangue - esordì una voce strascicata, bloccando
all'istante i passi svelti di Hermione.
- Malfoy - replicò piano, perplessa. - Cosa c'è?
- Mi chiedevo solo se prima o poi ti getterai anche fra le mie braccia,
visto che è il tuo passatempo preferito. Preferirei che tu
mi
avvertissi, in tal caso, voglio essere pronto a difendermi con le
unghie e con i denti, quando succederà.
- Sei un idiota.
Fece per andarsene, senza neanche dar peso a quelle parole, come del
resto aveva sempre fatto, quando c'erano di mezzo lui e la sua ghenga.
- E' vero o no? - riprese lui, sornione.
- No che non è vero, Malfoy. Pretendo un po' di cervello nei miei
spasimanti, il che ti esclude sicuramente dai miei attacchi futuri, se
ciò ti fa stare meglio. Posso andarmene adesso?
- Granger ti contraddici da sola, tu sei stata con Weasley. E comunque
no, non puoi andartene - la bloccò lui, afferrandola per un
braccio.
- La devi smettere di mettermi le mani addosso, Malf...
- Stai zitta e seguimi. Qui possono sentirci.
Era già la seconda volta che Hermione veniva messa a tacere
nel giro di poco, dopo che anche il giorno prima era stata sistemata da
quella stravagante donna ispanica. Qualcosa doveva essere mutato nel suo modo
di essere e di relazionarsi con gli altri, e ciò non le
piaceva affatto.
- I francesi sospettano di me. Qualcuno mi ha offeso ieri, mentre
tornavamo negli spogliatoi.
- Nessuno sospetta di te... non Sébastien, almeno, anche se
dubito che sia intelligente a sufficienza per nutrire dei dubbi su
qualcuno.
- Non sei tu a fomentare tutti contro di me, vero? - la interruppe. -
Chi diavolo è a conoscenza di questa storia, Granger?
Hermione si ritrasse, sconvolta. Gli aveva dimostrato in più
occasioni di non sentirsi minacciata - almeno apparentemente - da
lui, e Malfoy se ne veniva fuori con quell'inesplicabile accusa.
- Forse aveva ragione quel biglietto, lo sai? Non dovevo offrirti il
mio aiuto, se è così che lo ripaghi.
- Granger, non essere ridicola. Pensavi forse che ti avrei baciata e ti
avrei dichiarato eterno amore, per ricambiare la tua cieca
fedeltà nei miei confronti? Svegliati, Mezzosangue. Io
rimango
Malfoy, tu rimani la Granger. Non è cambiato niente,
nè
cambierà, quindi smetti di illuderti con le tue storielle
sull'armonia dei popoli e la pace tra tutte le creature.
- Sei un idiota, Malfoy.
- Questo l'hai già detto. Adesso dimmi se ci sono sviluppi.
- Nessuna lettera - rispose meccanicamente. - Nessuna lettera e nessuno
a Beauxbatons sospetta di te, almeno non Bonaud e la De La Roche.
- Ma allora perchè diavolo...?
- Sicuro di non essertela sognata, quella voce? Mi sembra che
ultimamente tu ti diverta
ad essere al centro dell'attenzione.
Malfoy le strinse un polso, parlandole ad un centimetro dal volto. -
Questo è ciò che piace a te e ai tuoi amichetti,
Granger.
Quel dannato odore di noce era dappertutto, mentre le stava
così
vicino. O si faceva trenta docce al giorno, oppure quell'odore era il suo. - Togliti,
Malfoy - intimò, spingendolo via.
- Non mi toglierò di qui finchè non giurerai di
non fare il doppio gioco, Granger.
- Sei paranoico, Malfoy. Credi che abbia qualche interesse a cacciarmi
in una nuova battaglia,
per quanto le proporzioni siano diverse? Credi forse che io mi diverta
a giocare all'investigatrice? Forse sì, hai ragione. Sono
curiosa, nè ho mai potuto ovviare a questo difetto. Ma non
mi
creo problemi dove non esistono. Dovresti seguire il mio esempio, lo
sai? L'esempio di una stupida Sanguesporco, se non è troppo
oltraggioso per te.
- Granger - le respirò addosso, ansimando. - Io non mi sono mai creato
problemi dove non esistevano, dovresti saperlo. Tendo a tenermi fuori
dai guai, almeno fino a quando loro non trovano me.
- Lo diceva anche Harry - replicò sarcastica. - Lui
è un Eroe... tu, cosa sei?
- Io mi ritengo una persona
intelligente, al contrario del tuo Cavaliere. Dei tuoi Cavalieri,
anzi.
- Sei stato lo stesso un Mangiamorte, mi pare - ammiccò al
suo
avambraccio sinistro, lievemente scoperto dal polsino della camicia. -
Sarai pur intelligente, ma quell'acume non l'hai sfruttato a dovere, ne
sono sicura.
Draco si trattenne dall'impulso di schiaffeggiarla. - Fai tutto facile,
stupida Granger. A voi gli onori, a me la polvere, e ho rischiato il
collo quanto voi. - La prese per i fianchi, stringendola.
- Tu l'hai rischiato perchè hai dovuto, noi
perchè l'abbiamo scelto.
- Il che mi riporta al discorso di prima. Io sono intelligente, voi
siete irrimediabilmente stupidi.
La spinse via, facendola inciampare e cadere a terra.
- Sparisci, Malfoy. Non dovevo neanche provare ad aiutarti... -
mormorò massaggiandosi una coscia dolorante.
- Sapevi già da prima com'ero, Granger. Perchè ci
hai provato lo stesso?
Hermione alzò lo sguardo, fiera. - Perchè tutti
possono cambiare.
Perchè tutto
cambia, e credevo l'avessi fatto anche tu.
- Se non fossi cambiato, non starei parlando con te, Mezzosangue.
In quell'occasione, la Caposcuola si auto-ammutolì.
Parlò
solo dopo qualche secondo, perplessa. - Hai uno strano modo di
dimostrarlo. Voglio che tu mi dica se vuoi il mio aiuto o no.
In quegli istanti di silenzio, un Gufo spennacchiato li raggiunse,
volteggiando nell'aria senza un briciolo di coordinazione.
Hermione e Draco.
L'intestazione sulla busta non lasciava spazio ad equivoci.
Si bloccarono, in un attimo d'ansia. Poi, stracciarono quella busta insieme.
Sarete insieme anche
quando il prossimo incidente minerà l'equilibrio di Hogwarts?
Attenti alle Idi, di nuovo.
Era una scrittura diversa, più appuntita,
più sinuosa, più sicura.
Era chiaro che c'erano più mittenti diversi.
Non era chiaro chi fosse l'ultimo mittente, nè
perchè
sapesse che i due si trovavano a discutere in quel momento, da soli in
un'aula.
Era chiara solo una cosa, ovvero che quell'intestazione non piaceva a
nessuno dei due.
Fu Draco il primo ad alzare lo sguardo, fissando perplesso Hermione.
Poi fu il turno di lei. - Dimmi che hai bisogno del mio aiuto.
- Non essere stupida, Granger.
- Dimmelo, o non saremo più insieme molto prima delle Idi.
Malfoy sbuffò, gettando la missiva in un angolo e voltando
le spalle alla Caposcuola.
Parlò solo quando fu sotto lo stipite della porta, in un
soffio.
Inclinò solo lievemente la testa all'indietro, senza degnare
Hermione della pienezza del suo sguardo.
- Ho bisogno di te.
Sparì nel corridoio, senza voltarsi indietro.
Nell'aula, erano rimasti solamente Hermione ed un forte odore di noce.
***
La Teoria si fermerà per un bel po', miei cari.
Inizia la temibile sessione d'esami ingegneristici, e quando dico
temibile non scherzo. :D
Mi dispiace un sacco, anche perchè so già che
quando mi
rimetterò a scrivere dovrò scervellarmi per due
giorni o
tre per riprendere il filo e pensare a cosa infilare nel prossimo
capitolo (ovvero, sputare sangue e bile per far tornar tutto).
Ci sentiamo tra un bel po', mi sa. :(
Buon Anno!
♥
NOTE:
- Apologia =
Esaltazione, Celebrazione. Celebre è l'Apologia di Socrate
scritta da Platone, che ripercorre il processo ai danni del filosofo
(infatti, inizialmente l'Apologia era la difesa in sede di processo di
una persona accusata).
- Legge di Murphy: vi rimando a Wikipedia, che la spiega sicuramente
meglio di me. (Qui)
Se non avete voglia di leggere, vi basti sapere che il suo assioma
fondamentale è: "Se qualcosa può andar male, lo
farà".
- Il Barone Pierre de Coubertin è stato il fondatore dei
Giochi Olimpici moderni.
- Alle Fronde dei
Salici è una poesia di Salvatore Quasimodo. (Questa)
Il suo significato profondo non c'entra niente con la leggerezza di
questa fanfiction, volevo semplicemente citare uno degli autori che ho
amato di più.
- "Hermione, sono molto felice di vederti! Sei molto carina, oggi."
"Grazie, Sébastien. Come va?"
"Molto bene. Madama Chips è stata meravigliosa."
"Perchè...?"
- Guazzabuglio medievale
è una citazione da uno dei cartoni animati Disney
più belli di tutti i tempi, "La Spada nella Roccia".
- Vanità
fredda, fredda ma gioiosa: omaggio a Faber, e alla sua
"Ballata dell'Amore Cieco".
- "Buongiorno."
"E' vero."
"Sì."
- Un altro riferimento a Faber, equivalente a quello già
riportato sopra.
- Un pugno di galeoni: velato
riferimento a "Per un pugno di dollari" di Sergio Leone.
- Maldito! =
Maledetto!
- Claro, eres hombres.
Esta es una tonteria! = E' chiaro, siete uomini. Questa
è una stupidaggine!
Effebì
Mi trovate... qui
.
Grazie,
grazie davvero.
♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Quel Lunedì Piovoso ***
12
Quel
Lunedì Piovoso
Al mio primo anno su EFP ed alla fatica che ho fatto per festeggiarlo
in tempo.
E a te, che forse ritroverai il tuo lampo di genio fra queste righe.
♥
C'era qualcosa di particolare, nei fianchi della Granger.
Non erano ossuti, ma carnosi: le dita non vi trovavano uno scudo
invalicabile, ma un soffice strato di cotone in cui affondare, morbido
al tatto e piacevole da pizzicare.
Erano così anche i suoi polsi, o almeno uno dei due: non
erano secchi, scarni o spigolosi, ma delicati.
Non che si fosse fatto scrupoli per anche mezzo secondo, quando l'aveva
strattonata per l'una o l'altra parte del corpo: i suoi modi sbrigativi
non prevedevano l'inchino di fronte
a delicatezza e grazia altrui.
Eppure quella carne soffice gli si era impressa nei polpastrelli, sotto
le unghie, tra le falangi, insistente quanto una pioggia d'autunno:
ricordava anche un'altra sensazione, forse semplicemente immaginata,
quella di una scossa elettrica partita da quelle iridi grandi e
spalancate e terminata nelle sue, strette e gelide.
Che occhi banali aveva la Granger: marroni, insignificanti e privi di
distinzioni quanto il suo sangue dozzinale.
Era banale anche il suo volto, con quel naso regolare, quelle labbra
nè troppo fini nè troppo pronunciate, quelle
lentiggini
imprecise, buttate là come schizzi di colore su una tela
dipinta
da un pittore inesperto.
Dove terminava il mento cominciava l'uniforme, e solamente questo gli
aveva impedito di trovare altre banalità seminate lungo
l'intero
fisico.
Una cosa, però, andava riconosciuta: quei fianchi non erano
banali, neanche sotto strati e strati di abiti.
E chissà perchè, questo gliela rendeva ancora
più odiosa.
Lo
stava
evitando, in quel lunedì piovoso. Volteggiava come una
trottola
tra una classe e l'altra come faceva sin dal primo anno, quando aveva
cominciato a considerare le pause come perdite di tempo e
i pasti cali di
concentrazione: un
libro in braccio ed i restanti nella sacca, per non perdere neanche un
solo minuto di tempo sfruttabile per ripassi o approfondimenti. Era
sempre in biblioteca, quando non aveva lezione: circondata dal
silenzio, dalla polvere, da tomi vecchi e consunti che vivevano nel
riverbero di una fiaccola tremante, ma che per lei vivevano di luce
propria.
L'aveva tenuta d'occhio, allungando la testa per controllare cosa
stesse facendo in ogni momento del giorno. Aveva notato solo testi di
Trasfigurazione e Pozioni e aveva sbuffato, quando si era reso conto
del fatto che le interessavano solamente i compiti e
non la loro
ricerca: non che avessero indizi particolari o piste sicure da seguire,
ma la Granger precedeva sempre tutti di un anno luce e non si poteva
escludere che sapesse già in che direzione cercare.
Eppure pareva assorta in quello che sicuramente era l'ultimo tema
assegnato da Lumacorno, sulla dannata Pozione Calmante che quella
stessa mattina aveva preso nel suo calderone sfumature turchesi,
piuttosto che blu oltremare. Non se ne era stupito: per creare calma serve calma,
come aveva ripetuto un'infinità di volte il vecchio, e lui
la
tranquillità l'aveva dimenticata ormai da tempo. Nonostante
questa consapevolezza, non poteva che indignarsi per non aver avuto la
mano precisa che lo contraddistingueva da sempre: Severus Piton gli
aveva regalato più volte punti immeritati, ma non si poteva
negare che gli avesse donato
anche una passione viscerale per le Pozioni e per la soave arte della
loro preparazione.
Sbuffò, intingendo di nuovo la penna nell'inchiostro e
chinando
la testa sul foglio: lo trovò ancora insopportabilmente
immacolato - neanche Weasley
avrebbe saputo fare di peggio.
Allungò di nuovo la testa, scorgendo una pergamena intrisa
d'inchiostro: la Mezzosangue doveva aver raggiunto il traguardo del
primo metro di tema. Troppo.
Decise di raggiungerla nell'esatto momento in cui lei, subito dopo aver
guardato frettolosamente l'orologio ed aver emesso un gridolino
soffocato di sorpresa, cominciò a riporre tutto il suo
materiale
scolastico sparso sulla scrivania nella sacca, come se fosse in
ritardo. Draco lanciò uno sguardo furtivo alla pendola posta
dietro il profilo di Madama Pince: mancava ancora mezzora alla lezione
successiva, perchè diamine la Granger doveva fuggire in quel
modo?
Sparì dalla sua vista in un battito di ciglia.
Pochi secondi dopo, Draco Lucius Malfoy scrisse la prima parola del suo
tema.
E gli parve talmente semplice infilare un vocabolo dopo l'altro che,
perso nella contemplazione del suo linguaggio forbito, non si rese
neanche conto che senza la Granger tra i piedi, concentrarsi era
immediato quanto bere un bicchier d'acqua.
***
Una mano scorreva lentamente sulla carta ingiallita.
Lettere squadrate, chiare e marcate si susseguivano umide e lucenti,
ponderate e lineari: erano scarlatte e sinistre come una linea di
sangue, regolari e senza sbaffi come l'inevitabilità della
catastrofe.
Sorrise alla pergamena, quando ripose la piuma d'aquila nel calamaio di
porcellana nera quanto il bucchero; soffiò con una smorfia
innaturale su quei rivoli vermigli, ammirandoli di nuovo.
Poi, una busta accolse quei sibili minacciosi, prima di venire
assicurata alla zampa di un Gufo reale.
Un ghigno sadico e soddisfatto sfrigolò nella penombra; la
Vendetta si avvicinava.
***
Harry Potter non chiudeva occhio da due giorni.
Non chiudeva occhio per
colpa di una donna,
ed era di quello che si stupiva: pensare prima a Cho Chang e poi a
Ginny, negli anni passati, l'aveva tenuto sveglio al più per
un'ora, prima di crollare lo stesso sotto il peso della stanchezza
accumulata nella sua frenetica vita.
Che la De Torres non fosse una donna qualunque era però
evidente: già chiudere un occhio sul suo essere
così spagnola
era difficile, ma mai quanto ignorare il suo affetto incrollabile per
quella bestia
viscida e sinuosa, quell'Aléjandro che gli riportava alla
mente scenari tanto inquietanti quanto eccitanti.
Sì, eccitanti.
Harry James Potter non era così sadico da
sguazzare nella
sofferenza altrui - senza contare che già la propria l'aveva
segnato fin dalla tenerissima età -, ma non poteva negare
che
gli mancasse quell'adrenalina che aveva sempre caratterizzato la sua
esistenza, ed in fondo non era da escludere che quell'ormone gli avesse
causato una sorta di dipendenza, come una qualsiasi sostanza
stupefacente. Gli mancava quell'agitazione costante, quel senso di
soddisfazione raggiunto ad ogni progresso, ad ogni nuova scoperta:
Prescelto da Voldemort stesso per affrontare una vita di battaglie, non
riusciva ancora ad arrendersi all'idea che quella in corso fosse
davvero un'era di pace.
Mentre si rigirava tra le mani quel sottile fascicolo, trafugato - no, trafugato non era
la parola giusta: gli era stato gentilmente
prestato da
Bill Canon, che dell'ormai defunto figlio condivideva l'ammirazione
smodata per gli Eroi - dall'Ufficio Assunzioni, Harry non
potè
fare a meno di pensare che forse l'unica dipendenza che aveva davvero
sviluppato era un'altra.
La sua psiche era come assuefatta alle sfuriate di Ron, alle sue
lamentele, anche alle sue stupidaggini; la sua mente non riusciva a
ragionare correttamente se non aveva Hermione costantemente vicina, con
i suoi consigli, la sua intelligenza, perfino il suo essere
insopportabile.
E che cosa gli avrebbe detto Ginny, se l'avesse visto concentrato sul
nuovo caso, potenzialmente pericoloso ed irrimediabilmente impegnativo?
E se qualcosa fosse andato storto...
- E' di nuovo coperto di sangue! Perchè è sempre
coperto di sangue? - Le aveva già dato tanti
di quei grattacapi... Per un attimo si chiese perfino se fosse giusto,
l'aver accettato il ruolo di Capo Auror. Se non fosse troppo egoista
per lui coronare il sogno di una vita costringendo quella della sua famiglia -
sì, perchè prima o poi lui e Ginny lo sarebbero
stati - all'incertezza perpetua, al pericolo costante.
Fissò Percy, immerso in chissà quale relazione
sull'inutile perfezione di qualche congegno magico: gli parve
così felice,
mentre
grattava con la penna sul foglio, mentre si immergeva nella stucchevole
ordinarietà delle sue adorate norme... - Harry?
Si riscosse, scuotendo rapidamente la testa ed alzando gli occhi. -
Cosa c'è, Percy?
Gli parve titubante, mentre si rigirava tra le mani la sua pergamena -
come se un rapporto dettagliato sul diametro dei calamai ministeriali
fosse una questione di vita e di morte.
- Harry, conosci qualcuno che sappia il francese?
Si stupì non poco di quella domanda: che cosa gliene poteva
mai
importare al Ministro Toupin dell'altezza regolamentare delle scrivanie
inglesi? - No, Perce. Forse Hermione...
Percy mordicchiò la punta della sua piuma, imbarazzato:
rimirò la sua lettera, sicuro che non fosse perfetta come
desiderava che fosse.
Fu Harry a riscuoterlo, facendogli distendere per un attimo la fronte
corrucciata. - A cosa ti serve? Non puoi farla tradurre dall'Ufficio
Relazioni con l'Estero?
Percy avvampò. - Potrei... - pigolò con voce
incerta, facendo per metter via la pergamena.
Com'era ovvio quando si era in compagnia dell'uomo più
curioso
di tutta la Gran Bretagna, non vi riuscì. Il foglio gli
sfuggì dalle mani prima ancora che potesse rendersi conto
che
Harry aveva impugnato la bacchetta; in un istante maledì
Vitious
e le sue maledette lezioni di Incantesimi, ed il giorno stesso in cui
si era premurato di illustrare ai suoi studenti l'uso dell'Accio. Non
urlò isterico, implorandolo di rendergli la lettera: non era
una cosa da lui,
né del resto avrebbe sortito alcun tipo di effetto; si
limitò a chinare la testa sul lavoro che aveva da sbrigare,
sbuffando stizzito ed arpionando di nuovo la piuma con rabbia e
frustrazione.
- Che c'è scritto? - sentì lamentarsi il suo
molesto coinquilino dopo quasi un minuto.
- Non sono affari tuoi - gli rispose in un grugnito. Tanto era questione di secondi,
lo sapeva...
Sentì un risolino soffocato provenire dalla
scrivania
adiacente alla sua: alzò gli occhi finché non
incontrò quelli sornioni di Harry. Le sue dannate labbra
arricciate sillabavano ogni parola pur senza conoscerne il reale
significato, alzando di tanto in tanto lo sguardo per incontrare il
suo, furente.
Percy credette di morire in un istante quando Harry James Potter decise
di dar voce ai suoi mugolii inconsistenti, scandendo a chiare lettere
un nome, anzi due, ripetuti chissà quante volte
tra quelle
righe.
- Amandine
Délphine?
***
Candida Flor Paciencia Dulcinea Fermina de Torres, in cuor
suo, sapeva di aver troppo
da invidiare a Narcissa Black - purtroppo
Malfoy.
La vedeva sfilare quasi ogni giorno di fronte alla sua
scrivania, algida nel portamento, aggraziata nei modi, vestita di tutto
punto con sete pregiate, broccati raffinati e, soprattutto, con pura e
semplice eleganza. Narcissa Black - continuava a rifiutarsi di
chiamarla Malfoy - era una di quelle donne che ti inchiodava con un
solo sguardo, che ti ricordava di essere solo una banale femmina
dai lineamenti ispanici e forti, inferiore in bellezza ma soprattutto
in rango, perchè con la puzza sotto al naso non si diventa,
ma
si nasce.
Candida la odiava.
Non avrebbe saputo dire se odiasse di più ogni suo singolo
crine
color dell'oro - o forse platino, più chiaro e
più
prezioso, più freddo del giallo solare del metallo dei suoi
monili - oppure quelle strane sfumature che racchiudeva in una semplice
iride, che sul suo volto raggiungeva la complessità di un
mosaico: quel che era certo era che più adorava l'uomo che
l'accompagnava, più diventava invidiosa della sua fortuna,
del
successo che riscuoteva dappertutto.
Non sapeva più dire se fosse o meno innamorata di Lucius
Abraxas
Malfoy, o se la travolgente attrazione che provava per lui fosse ormai
una subdola sublimazione di pura e semplice invidia femminile: sapeva
solamente che la presenza quasi giornaliera della coppia nel suo
Ufficio era dannosa per il suo ego, la sua autostima e, in fondo, anche per
il suo cuore. Le parevano perfetti,
su quelle poltroncine scomode, pallide imitazioni dei troni
che sicuramente tenevano nel loro Manor o in qualche altra dimora
signorile: sarebbero apparsi composti, immobili, leggiadri perfino su
uno sgabello con una gamba sola.
Eppure lei era elegante,
fine, aggraziata, quando ci si metteva.
Non era magra, ma si muoveva con leggiadria; si vantava di saper
camminare sui tacchi con la sinuosità di una top model ed
ogni
giorno non poteva fare a meno di vestirsi con un certo stile.
Tutto svaniva non appena quel dannato Barnabus entrava nel suo territorio. Non
appena con la sua maleducata ineleganza la istigava a
punzecchiarlo, ad offenderlo, ad abbandonare il linguaggio forbito che fingeva
di usare tutti i giorni per ritrovarsi ad imprecare come la peggior
barista di Bobadilla, non appena lui le porgeva qualcuno dei suoi
indesideratissimi regali e nella foga di farle un inchino la urtava e
magari la faceva perfino inciampare.
L'aveva vista sorridere - non ridere,
un'esplosione di risa sarebbe stata decisamente inappropriata, per una
come lei - in occasione di uno di quei siparietti: Barnabus le aveva
portato una decina scarsa di rose rosse, e lei l'aveva apostrofato per
la sua tirchiaggine, beccandosi una gomitata - involontaria, certo,
dato che Cuffe non riusciva a controllare i suoi movimenti neanche
sotto tortura - mentre l'Editore provava invece a scusarsi facendo
ammenda del suo immenso peccato.
Aveva seguito con lo sguardo lei ed il marito mentre entravano
nell'Ufficio di Shacklebolt, uniti, insieme, mentre a lei non restava
altro che la molesta compagnia di un ippopotamo mancato.
Quel
lunedì piovoso,
Candida si sentiva così: triste, malinconica, meteoropatica
com'era sempre stata. Non era da lei tacere, non era da lei risparmiare
a Barnabus anche solo una frecciatina in più: non era da lei
sentirsi sola,
mentre osservava una famiglia.
Forse non avrebbe più rivisto nè il suo Lucius,
nè Narcissa, dopo quel giorno.
Avevano collaborato abbastanza, fornendo una quantità
incommensurabile di informazioni utili al Ministero: avevano espiato le
loro colpe, almeno in quella misera parte che era possibile estinguere,
dopo aver combattuto al fianco di Voldemort. Quel giorno avrebbe
significato la loro liberazione, la restituzione del Manor, lo status
di Maghi davvero - quasi
- innocenti.
- Se non la smetti di biascicare quel chewing gum, chiamo lo Zoo.
C'è una gabbia libera, tra i cammelli ed i lama.
Barnabus esultò, nel sentirla parlare così. - Ti
ho vista
triste, stamattina... c'è qualcosa che non va, Candida?
Lei non gli rispose. Ma non lo rimproverò nè per
quell'uso sconsiderato del tu,
nè per l'affronto e la sfacciataggine insiti nell'averla
chiamata con il suo nome.
E a Barnabus - mentre si appuntava di aumentare il numero di rose da
dieci a trenta
- bastò.
***
Kingsley Shacklebolt accarezzò di nuovo il bordo della busta
grigia che aveva sul tavolo - grigia, poi, perchè
grigia?
Fu con sguardo grave che alzò gli occhi sui Malfoy, appena
entrati.
Loro annuirono, altrettanto gravemente.
E fu in quel gioco di sguardi che nell'aria volarono imprecazioni
silenziose - uscite perfino
dalla bocca muta dell'aggraziatissima Narcissa Black - Malfoy.
***
Harry James Potter non aveva esitato a scagliare lontano la stupida
lettera di Percy, quando un'altra
lettera era atterrata precisamente sulla sua scrivania,
tra il portapiume ed il
fascicolo.
La solita busta di sempre, oramai troppo familiare perfino per
preoccuparlo.
La copiò immediatamente, per spedirne un fac simile a
Hermione:
mentre Percy gli si avvicinava, con la mano tesa a riprendere il
proprio tesoro, porse
l'originale anche a lui, aspettando una sua reazione.
Percy storse il naso, ancora scettico su quella minaccia non troppo
comprensibile.
Harry corrugò la fronte, a cercare il significato nascosto
tra quelle parole.
Entrambi erano ancora intenti a grattarsi la cute, pensierosi, quando
Candida irruppe nel loro Ufficio, senza neanche bussare.
Harry si lanciò sul fascicolo, Percy deglutì,
nascondendo nervosamente la lettera per Amandine dietro la schiena.
- Il Ministro mi ha mandato a chiedervi se...
Harry Potter le mostrò la busta nera, prima ancora che
finisse la frase: nel frattempo studiò le espressioni del
suo viso, mesto e lapalissiano come non l'aveva mai visto. La
segretaria non era mai stata una donna facile da interpretare:
preferiva mantenere un'espressione impenetrabile, lasciando che fossero
gli occhi a scagliare dardi infuocati quando si fosse sentita
minacciata da qualcosa o da qualcuno.
- Cos'ha da guardare, Potter?
Di certo, però, lo sguardo di Candida restava minaccioso
anche se imperlato da note di tristezza: Harry sbiancò,
quando si ritrovò sulla traiettoria delle sue iridi corvine,
così simile a quelle ormai spente di Severus Piton. Era una
cosa che avevano in comune quella, pensò: parevano leggerti
dentro senza alcuno sforzo e, soprattutto, senza lasciarti scampo.
Scosse la testa, cercando di articolare la smorfia più
perplessa che avesse in repertorio - come quando mentiva a Piton
sulle sue scorribande notturne, ora che ci pensava.
Candida decise di non indugiare oltre: Potter aveva sempre
l'assurda capacità di spazientirla semplicemente esistendo. -
Cos'avete intenzione di fare? - chiese soltanto.
- Indagare - rispose prontamente Percy, e Harry annuì.
- Per quanto ne sappiamo, non colpiranno prima di due settimane. Hanno
come bersaglio la sfida tra Beauxbatons e Durmstrang...
- Imbécil!
Non c'è scritto che colpiranno per forza uno dei giocatori,
né sono così prevedibili da attendere il giorno
stesso della sfida! - si infervorò lei, per fortuna a debita
distanza dalla sua bacchetta.
- E lei cosa ne sa? E' solo una segretaria!
Harry James Potter capì molto presto di aver detto la cosa
sbagliata: quella consapevolezza gli piombò tra capo e collo
senza che nemmeno potesse scansare anche in minima parte l'ira funesta
che ne seguì.
C'era qualcosa di decisamente dolce
nello sguardo di Aléjandro, quando apparve da
dietro le spalle di Candida con la sua bacchetta ben salda tra quelle
che approssimativamente potevano essere definite labbra - pareva un
cane da riporto, uno di quelli che correrebbero anche per kilometri pur
di riportare una palla di gomma all'adorato padrone. Candida, dopo
averlo debolmente accarezzato con uno sguardo carico d'amore, prese
delicatamente la sua bacchetta e fu sempre con tutta la calma del mondo
che la puntò contro Harry Potter, impietrito ed incapace di
muovere anche solo un muscolo.
Fu con un ghigno sadico che agitò quella bacchetta
sillabando un Expelliarmus,
mentre divertita osservava il volo della bacchetta di agrifoglio
all'interno del cestino dei rifiuti. Osservò rapidamente
Percy, prima di procedere, come a sfidarlo anche solo a respirare.
Poi, scagliò a Potter uno dei suoi Incantesimi preferiti:
non era un Silencio qualunque,
ma un particolare Incanto Tacitante scoperto tanti anni prima nella
biblioteca di famiglia, in uno di quei libri seppelliti dalla polvere
che neanche i più anziani De Torres degnavano più
di uno sguardo - lei, alla veneranda età di dieci anni o
poco più, l'aveva fatto.
Fu con immensa soddisfazione che uscì da quell'Ufficio senza
salutare, tremendamente felice del fatto che Harry Potter, per qualcosa
come ventiquattro ore filate, non avrebbe più aperto bocca.
Neanche per mangiare. Al massimo, con una cannuccia ben affilata,
poteva permettersi di centellinare un po' d'acqua, giusto per mera
sopravvivenza.
Ciò che però Candida non poteva sapere era che
per ficcare il naso negli affari altrui, a Harry Potter, bastava molto
meno.
Non poteva neanche sapere che con quel misero agitare di bacchetta
aveva dissimulato tutti i dubbi dell'Eroe riguardo al suo cacciarsi
spesso in questioni più grandi di lui.
Fu in un impeto di rabbia che Harry Potter, sotto lo sguardo
preoccupato ma ancora immobile di Percy, disseppellì il fascicolo dalla
tonnellata di documenti e plichi che gli aveva riversato sopra,
tentando di nasconderlo agli occhi della segretaria.
Ruppe la cordicella che lo teneva chiuso, sperando che Bill Canon
potesse sostituirla senza problemi - anzi no, non gliene fregava
proprio niente, a voler esser precisi.
Non dovette fare nemmeno troppa fatica per trovare ciò che
gli interessava.
Certo, fu comunque sorpreso di trovare una conferma dei suoi sospetti
proprio in prima pagina, su una pergamena dall'inchiostro sbiadito ma
leggibile, su quel documento in una lingua che non conosceva e che
neanche gli interessava conoscere.
Non ci voleva una grande fantasia per tradurre Nombre y Apellido.
Nè per capire che tra i mille nomi che Candida
si portava dietro, si scordava sempre di citarne uno.
C'era un Apellido che non amava ostentare, lo stesso Apellido che
pareva non stingere neanche in mezzo all'umidità degli
archivi dell'Ufficio Assunzioni.
Harry Potter cercò di cacciare un grido di soddisfazione,
mentre porgeva quella pergamena ad un allibito Percy.
L'altro - che doveva aver esaurito tutto il coraggio Grifondoro in
occasione della Battaglia di Hogwarts - svenne, senza aggiungere altro.
***
Hermione sospirò, nel ritrovarsi di nuovo un'altra lettera
di Harry fra le mani.
Fuori continuava a piovere, ed era nel buio di un tramonto che arrivava
sempre prima che le stille ticchettavano incessanti su davanzali,
finestre, mura e tetti, lasciando un'eco caotica a pervadere le menti
stanche degli studenti esausti: Hermione non era tra questi -
figuriamoci, avrebbe continuato a studiare fino a notte inoltrata, se
fosse stato necessario - ma in quell'istante anche lei aveva
l'attenzione catalizzata da altro che non fosse il tomo di Difesa
Contro le Arti Oscure.
E forse non era la lettera che stringeva in pugno, ormai banale e
simile ad ogni altra, a renderla incapace di studiare.
Non erano neanche le luci sempre più soffuse nella notte
incombente a farla sentire stanca ed assonnata.
Non riusciva a capire perchè diamine quella faccenda dovesse
unire lei e Draco Malfoy, in quel modo così angosciante,
opprimente e fastidioso,
nè perchè lei stessa fosse
così assurdamente convinta della sua innocenza da non voler
ascoltare alcuna voce che glielo presentasse sotto una luce sinistra.
Decise di non pensarci, appallottolando la missiva e spedendola a fare
compagnia ad appunti e libri nella sua cartella quasi pronta: era ora
di cena, ed il soffitto della Sala Grande avrebbe riflesso il tumulto
del cielo, o forse quello della sua anima.
Non c'era poi tutta questa differenza, si ritrovò a pensare
quando un lampo squarciò il cielo - o solo il soffitto? -
illuminandolo a giorno.
Ginny le stava facendo cenno di avvicinarsi - era ancora zuppa, non
poteva fare a meno di allenarsi neanche con quelle condizioni meteo
proibitive: Hermione le si sedette accanto senza troppo entusiasmo,
sicura che prima o poi l'amica l'avrebbe costretta a sputare il rospo.
Si impose di stamparsi in viso lineamenti distesi e sereni, per quanto
fosse difficile data la scarsa collaborazione dei suoi muscoli facciali.
- Ginevra, ti ammalerai!
L'altra annuì, con la bocca ancora impastata da un paio di
patate al forno. - Lo so, mangio veloce e torno in Dormitorio,
contenta? - rispose dopo aver deglutito, sorridendo all'amica.
- Contenta - sorrise Hermione, contenta
più per il fatto che se ne sarebbe andata a
breve che per altro. - Tutto bene al Campo?
- Come al solito - scrollò le spalle. - Qualche incidente
potenzialmente mortale, Dennis Canon ad emettere gridolini di
meraviglia ed Euan Abercrombie a fargli compagnia. Prima o poi ci
faranno delle statue, ne sono più che convinta.
- Si è fatto male qualcuno?
- E' Quidditch, Hermione. Qualcuno si fa sempre male.
E a Hermione quella frase accese una lampadina in testa. Ma non una
lampadina normale, ma una di quelle a risparmio energetico che i suoi
genitori amavano tenere in casa, e che sicuramente avevano comprato
anche da rifugiati in Australia, perchè certe abitudini non
si cancellavano neppure con un Oblivion. Era una luce flebile, quella
che ora ardeva nel suo cervello; una luce destinata a raggiungere il
suo picco massimo in chissà quanto tempo, forse
all'improvviso, forse con una lentezza tale da non rendersi neanche
conto del preciso momento della rivelazione. Quella frase le si
impresse nella mente, misero indizio per chissà quale
illuminante - appunto - scoperta futura: fu con il cuore più
leggero che anche lei addentò una salsiccia arrostita,
mentre Ginny le raccontava di una certa astrusa mossa che aveva
sperimentato per acchiappare la Pluffa a testa all'ingiù.
- ...E Malfoy ha perso la testa, stasera.
A Hermione cadde la forchetta, con tutto il suo carico di
purè.
- Non tollerava alcun richiamo della Bumb, volava distrattamente e
pareva pensare ad altro... ci credo che poi è stato spedito
a farsi la doccia in anticipo. Chissà dov'è
finito, ora che ci penso...
Era clamoroso il fatto che le fosse passata anche la fame, solo a
sentir parlare di qualche intemperanza di quel cretino borioso ed
arrogante - che aveva
bisogno di lei, ma quello era un dettaglio. E
perchè doveva aver perso la testa in quel modo, solo per
l'ultima lettera che avevano ricevuto? Dopotutto era solamente un'altra
minaccia campata in aria... o forse era semplicemente lei a volerla
vedere in questo modo.
- Beh, Hermione, ci vediamo in Dormitorio, sto gelando...
Annuì distratta. - Arriverò tra un paio d'ore,
dovrò fare un giro di controllo quando scatterà
il... coprifuoco. - Sorrise, sforzandosi di essere credibile.
- Il vantaggio di essere Caposcuola... stare fuori dalla Sala Comune addirittura fino
alle nove!
Assunse un cipiglio severo, uno di quelli che perfino Percy le avrebbe
invidiato. - La reputo una regola giustissima... la McGranitt fa
benissimo a...
Ginny si alzò, divertita. - Ci sarebbe ancora Voldemort, se
tu, Harry e Ron aveste rispettato il coprifuoco in questi anni -
ridacchiò. - Ci vediamo dopo... buon lavoro!
Era vero,
pensò serena mentre la guardava allontanarsi. E forse era in
nome di quell'atavica abitudine di voler salvare il mondo se aveva
mentito alla sua migliore amica, con quella patetica scusa sul suo
ruolo da Caposcuola.
Le apparve di fronte un vassoio stracolmo di biscotti al cioccolato: ne
prese uno, offrendone un altro a Neville.
- Come va, Caposcuola Granger? - le chiese lui, sorridendo.
- Va - rispose semplicemente lei.
- Dovremmo ripartire con le riunioni dell'ES... o qualcosa che gli
assomigli.
- Giusto! La McGranitt mi aveva detto di...
- Lascia stare la Preside, Hermione. Non è lei a dover esser
pronta... sei tu.
- Io... ci riuscirò, Neville.
- Non da sola... io ho avuto voi,
per tutto il tempo, anche se non ve l'ho mai detto. Tu hai un sacco di
persone che ti vogliono bene, Hermione... affidati a chi ritieni
più opportuno, non voglio insistere per essere io quel qualcuno.
La abbracciò forte, prima di alzarsi. - Ah, Hermione... ti
voglio bene, anche se lo saprai già.
Guardò andarsene anche lui, mentre sorrideva di fronte a
quella dimostrazione d'affetto.
Ma non era lui, quello più opportuno.
Non era lui.
Era sceso in Sala Grande quando ormai questa era
pressoché deserta.
Aveva sbuffato, non appena si era reso conto che neanche una briciola
era rimasta sui quattro lunghi tavoli, già sistemati dagli
Elfi Domestici: i pochi rimasti seduti ai tavoli stavano giocando a
Scacchi, o a Sparaschiocco, in attesa dell'ora in cui ognuno si sarebbe
ritirato nel proprio angolo di Castello.
Lei l'aveva atteso. Un libro posato sul tavolo, pergamene scomposte di
fronte a lei.
Quando lo vide entrare, ancora non era riuscita a darsi una risposta
alla domanda tacita che le riecheggiava nella mente: perchè
fosse lì, a voler sapere di più sul suo scatto
d'ira, sulla sua disperazione, non era un quesito a cui si potesse
rispondere con facilità. Si impose di credere di essere
ancora lì perchè loro, in fondo, dovevano collaborare.
Lui la vide e voltò la testa, ma per Hermione
fu abbastanza.
Impiegò più o meno dieci secondi a rimettere in
ordine tutto il materiale su cui stava ripassando, altri cinque per
essere alla porta d'ingresso della Sala Grande, altri cinque per
inviduarlo alla fine del corridoio, quindici per accelerare il passo e
raggiungerlo, cinque per rallentare ed affiancarlo. Quaranta secondi di niente,
in cui non pensare, per non impazzire.
- Ho fame, Granger. Lasciami in pace.
- Non ti lascio in pace, non finchè non mi dirai cosa ti
è preso.
Draco alzò gli occhi al cielo. - Le voci corrono, eh? Oh,
ero con la Weasley, giusto... non riuscirebbe a tenere la bocca chiusa
neanche sotto tortura.
Hermione non replicò, limitandosi a seguirlo nei sotterranei.
- Cosa vuoi, Granger?
- Perchè ti ha turbato così tanto quella lettera?
Cosa c'è di diverso dalle altre? La solita minaccia,
qualcuno sta sabotando questo Torneo e blablabla... di
solito non prendo le cose alla leggera, ma non si è fatto
male nessuno, Malfoy. Nessuno.
A meno che tu non sappia qualcosa che io non so, ed in tal caso
giocheresti un po' troppo sporco, per i miei gusti.
L'altro si immobilizzò, voltandosi di scatto verso di lei e
prendendola per le spalle.
Come Bellatrix.
- Lasciami in pace - sillabò soltanto,
prima di provare ad
andarsene.
Hermione inspirò, per poi seguirlo di nuovo. - A stomaco
pieno sarai meno intrattabile. Seguimi.
Deviarono, lasciando la via per raggiungere il Dormitorio Serpeverde e
ritrovandosi di fronte ad un dipinto colorato: un cesto di frutta, in
cui spiccava una pera dal morbido profilo.
Hermione si avvicinò alla tempera, allungando l'indice fino
a toccare il frutto che dal verde sfumava verso il marrone.
- Stai facendo il solletico a
una pera? - le chiese l'altro, scettico.
Le porte delle Cucine si spalancarono per loro due, mentre cinque o sei
Elfi Domestici si inchinavano per dar loro il benvenuto.
Draco Malfoy strabuzzò gli occhi. - Gemelli Weasley? O
almeno, quello che ne resta?
La Caposcuola lo trafisse con uno sguardo di ghiaccio, poi
annuì scocciata. - Anche Fred è tra quelli che
hanno dato la vita per te,
stupido idiota ossigenato. - Gli mollò un ceffone dritto in
viso, inaspettato come una pioggia
estiva - perchè tutti
erano più intrattabili, quando pioveva.
- Noto che certe abitudini sono difficili da perdere, Granger. Non hai
provato a prendere a schiaffi anche mia zia?
Come se avesse parlato del tempo o dell'ultima sconfitta dei Cannoni di
Chudley, Draco Malfoy si sedette comodamente di fronte ad un lungo
tavolo - quello che casualmente
corrispondeva a quello dei Serpeverde, posto in Sala
Grande - cominciando a speluzzicare qua e là dai vassoi che
gli erano stati portati.
Hermione, al contrario, era rimasta impietrita, incredula, allibita: il
rapporto tra lei e Malfoy faceva un passo avanti e quattro indietro, di
continuo. - E' un modo tanto subdolo quanto urlato di mandarmi via,
Malfoy?
- Può darsi - ribatté lui mentre morsicava una
coscia di pollo con poca eleganza.
- Quindi la smetterai di fare battute idiote su ciò che
è successo a casa tua?
- A
quanto pare, è necessario affrontare il problema, Granger,
non evitarlo. Cosa che tu, troppo impegnata a schiaffeggiarmi
ogniqualvolta ne hai l'occasione, non riesci a fare.
Ingollò una fetta di torta di mele come fosse una mollica di
pane.
- Mangi sempre come un orso bruno dopo il letargo, Malfoy?
- Solo quando non mi vede nessuno - replicò alzandosi, senza
degnare di uno sguardo gli Elfi che erano accorsi a chiedergli se
voleva altro.
- Io non sono nessuno.
- E io non sono nè uno stupido, nè un idiota,
nè ossigenato. Vattene, Granger.
Lo seguì, mentre usciva dalla Cucina; si trattenne
dall'impulso di prenderlo a schiaffi - di nuovo - e si
limitò ad urlargli contro. - Mi farai impazzire, Malfoy!
Prima chiedi il mio aiuto, poi scappi! Che diavolo ti salta in testa?
Qual è il tuo problema, Malfoy? Cosa ti ha turbato
dell'ultima lettera, più di quanto non abbiano fatto le
altre? Dimmelo!
Le fu addosso in un istante e di nuovo lei tremò,
perchè quella era la stessa irruenza di Bellatrix. Lo stesso
modo di lanciarsi su un osso di un cane affamato, la stessa brama di
risolvere i problemi di chi conosce la violenza come unico modo di
affrontarli. E il naso, di nuovo. E
la noce.
- Lasciami... - mugolò, incapace di prendere la bacchetta.
- Sei tu che mi manderai fuori di testa, Mezzosangue. Sei
così convinta che ti farò del male? Crucio!
Lei, sconvolta, chiuse gli occhi, attendendo che
un'esplosione di dolore le attanagliasse i sensi.
Attese, con il fiato sospeso e le sopracciglia unite in un'espressione
di sforzo sovrumano.
Non accadde niente.
Quando riaprì gli occhi, vide la bacchetta di Malfoy puntata
in un angolo del corridoio, dove uno scarafaggio riverso innalzava le
zampe al nulla, divincolandosi freneticamente.
Lui aveva lo sguardo rivolto al pavimento, una smorfia di puro disgusto
dipinta sul volto.
- Non sono un Avada Kedavra ambulante, Granger. Non ho saputo
scagliarlo su un vecchio moribondo e non ho provato tutto questo interesse per
esercitarmi, nell'ultimo anno.
Hermione riprese a respirare, seppur lentamente. - La lettera...
- Mi perseguiteranno sempre, dovevo aspettarmelo. - Appoggiò
le mani contro la parete, chinando la testa. - Mi cercano, ci cercano, e
prima o poi ci troveranno. Ci prenderanno, un giorno: nessuno ci
vedrà più. Nessuno si chiederà dove
saremo finiti: spariremo in un attimo e saremo morti ancor prima che
qualcuno cominci a cercarci.
Lei lo fissò, allibita. - Ma che ne sai tu...?
- L'hai letta anche tu la lettera, Granger. - Draco estrasse dalla
tasca una busta grigia come la cenere - grigia? - che
bruciò con un semplice colpo di bacchetta, lasciandola
ardere a mezz'aria e soffiare via da uno spiffero leggero. - Vogliono me, vogliono noi.
- Ma la prossima partita è Beauxbatons contro
Durmstrang...
- Cosa vuoi che interessi a
loro, di questo stupido Torneo? Lo sapevo che eri troppo
inetta per aiutarmi...
Fu allora che Hermione si inalberò: era disposta ad
accettare qualsiasi offesa, ma di certo non un' "inetta"
così su due piedi. Lo spinse via, ma insieme alla sua
presenza opprimente sentì sfilarsi via da lei qualcos'altro.
Malfoy giocherellava con la sua bacchetta, un sorriso sornione dipinto
sulle labbra. - Non ti piace sentirti dare dell'incapace, eh, Granger?
- Gliela puntò contro, fino ad appoggiarsi di nuovo a lei,
finchè non si ritrovarono separati semplicemente da quel
sottile pezzetto di legno. - Non puoi tremare ogni volta in cui mi
vedi, Granger.
Si impose di non farlo,
di non pensare che ancora una volta era disarmata di fronte ad un Black.
- Li sento, i tuoi fremiti.
Sapeva giocare con la paura,
doveva essere una dote trasmessa geneticamente, in quella famiglia.
- Posso inspirare la tua paura, quando ti
passo accanto. Guardami, Mezzosangue.
Obbedì, cercando di dare una parvenza di sfida al suo
sguardo umido - non avrebbe pianto, non di fronte a lui. Lui le si fece
più vicino, in un battito di ciglia.
- Voglio solo che tu capisca.
E ci sentì
una nota di disperazione, in quelle parole. Quello non era da Bellatrix.
Lei si appoggiò alla parete, rilassandosi,
esausta. - Cosa ci sarebbe da capire? - mormorò.
- Tutto e niente - rispose lui sibillino, ricevendo una muta domanda
dalle iridi marroni - banalissime
- che aveva di fronte. Fece un altro passo in avanti,
mentre la schiena di Hermione aderiva perfettamente al muro, di nuovo
tesa.
- Malfoy...
- Zitta - la interruppe lui, con un dito sulle sue labbra rese asciutte
dal timore. Continuò a muovere le sue, mentre appoggiava la
sua fronte contro quella di lei, mentre tutto sembrava immobile -
perfino l'ombra proiettata dalle lampade non sfrigolava più
come la fiamma che le animava, perfino il rumore della pioggia arrivava
ovattato, attutito, incorporeo: lui sussurrava qualcosa, ripeteva una
parola che Hermione comprese solo quando fu emessa ad un millimetro dal
suo volto. - Liberami.
Le appoggiò le labbra tra i capelli, per poi
sentire quella stessa testa svanire, man mano che Hermione si lasciava
cadere a terra, lo sguardo fisso di fronte a sè.
A Draco non restò che guardarla abbandonarsi, mentre si
chiedeva cosa avesse fatto e perchè: non riuscì a
darsi una risposta esauriente, mentre tutte le ipotesi che gli si
affacciavano alla mente erano una più spaventosa dell'altra.
- Malfoy...
Solo un soffio, dopo una manciata di minuti. Si
voltò dall'altra parte, ignorando quella voce e lei che si stava
rialzando e, scavalcandolo, guadagnava l'uscita.
Solo il suo nome, nient'altro, mentre una massa di capelli cespugliosi
spariva nel corridoio.
- Mezzosangue - le rispose in un sussurro, quando ormai fu troppo
lontana.
***
Con un ritardo epico, ho aggiornato in questo primo febbraio, in questo
giorno scialbo ma significativo per le mie scorribande da fanwriter.
E' stato un anno colmo di cambiamenti, di abbandoni, di soddisfazioni:
ho lasciato alcune storie intraprendendone altre, salutato forse per
sempre qualche fandom, inaugurato con chissà quali
prospettive la mia 'carriera' in altri. E' buffo ritrovarsi a crescere
di fronte ad un pc, a voler sempre migliorare, a costringersi a
scrivere anche a notte fonda pur di pubblicare in tempo:
avrò cambiato una decina di stili di scrittura, per piacere
prima di tutto a me stessa e poi anche a voi.
E' al mondo fanfictionesco di Harry Potter che voglio dire il mio
grazie più sentito.
Non ho mai ottenuto altrove tutte le soddisfazioni racimolate qui,
nè avuto un dialogo più bello con lettori ed
altri autori di quello che ho instaurato qua.
Voglio dirvi solo grazie, perchè è la cosa meno
stupida che posso aggiungere.
NOTE:
- Finalmente
è giunto il fatidico momento di aggiungere l'avvertimento
OOC a questa storia. Ho tentato di evitarlo il più a lungo
possibile, mantenendo i personaggi fedeli agli originali con ogni
sforzo ma, si sa, questa è una L&L, e prima o poi il
momento di snaturare il Canon arriva - e non mi dispiace neanche un po'.
- Avrete notato (perchè siete attenti) che questo capitolo
ha atmosfere più cupe, in confronto ai precedenti:
ciò è dovuto innanzitutto ai cambiamenti epici che avvengono
in questo capitolo, in secondo luogo alla nuova minaccia ancora
incognita - questa volta autentica - e soprattutto alla mia meteoropatia.
Tutta questa mestizia non poteva che collocarsi in un giorno di
pioggia, evento atmosferico che, almeno nel mio caso, esalta sentimenti
e percezioni - spesso inasprendo quelli più cupi. Siamo
più o meno al culmine della "disperazione" di Draco e
Hermione, quella che poi sfocerà in altro: non riesco a non
condividere le emozioni dei miei personaggi, almeno in parte,
ed è per tale motivo che questo capitolo non avrà
toni esageratamente scanzonati o irriverenti.
- Bill Canon, inventato da me, padre dei fratelli Canon (un minuto di
silenzio per il mio povero Colin). Sempre in tema ministeriale,
l'Ufficio Assunzioni e l'Ufficio Relazioni con l'Estero sono inventati
da me.
- E' di nuovo coperto
di sangue! Perchè è sempre coperto di sangue?: parole
estratte da Harry Potter e il Principe Mezzosangue, pronunciate da
Ginny, per l'appunto.
- Amandine Delphine è la sorella di Apolline Dauphine,
nonchè mio personaggio originale creato in occasione della
shot Loony
Parents. Se non l'avete letta e non avete intenzione di
farlo, peggio per voi (muahahah, scherzo: se non la conoscete, potete
considerare Amandine come un personaggio originale, non c'è
niente di fondamentale da sapere su di lei... forse).
- Nombre y Apellido: Nome e Cognome.
- Quaranta secondi di niente: meravigliosa
canzone dei Verdena (il cui testo è qui:
non notate una certa affinità con il capitolo?).
- Sulla questione del quadro e della pera, tutte le informazioni su
come si entra nelle Cucine di Hogwarts sono qui.
- Forse Draco sembrerà un po' troppo disperato,
piagnucolone, troppo OOC, in questo capitolo. Credo di poter replicare
dicendo che se al sesto anno si è chiuso in un bagno a
piangere con Mirtilla Malcontenta, può aver reputato
più saggio confrontarsi con una persona vera, capace di
dargli un aiuto più concreto di un fantasma che adora
tuffarsi nei cessi.
Effebì
Mi trovate... qui
.
Grazie,
grazie davvero.
♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Gatti e Calderoni ***
13
Gatti e
Calderoni
A voi, che (mi) avete aspettato.
Ginevra Molly Weasley era sempre stata un'acuta osservatrice.
Era per quello che non aveva mai provato alcun interesse nei confronti
della Divinazione: per lei, tutto era scritto in segni tangibili,
autentici, evidenti, e non c'era alcun bisogno di scomodare le stelle o
le foglie di tè per interpretare la realtà che si
aveva
di fronte.
Era stato dunque molto facile per lei capire che qualcosa, nella
Caposcuola Granger, non andava affatto.
Studiava, non c'era da stupirsene.
La sua mano era sempre la prima a svettare in classe, in ogni
occasione, come era sempre accaduto.
Ma gli occhi di Hermione non mentivano, mai. Poteva cascarci la
Umbridge, facendosi trascinare nella Foresta Proibita, poteva cascarci
Ron, autoconvincendosi che tutto andasse bene. Gli occhi di Hermione,
però, non riuscivano ad ingannare lei.
L'aveva osservata a lungo, quando si sedeva al tavolo di Grifondoro
senza quasi toccare cibo: l'aveva vista persino dispensare sorrisi
stiracchiati a chi regalava battute ai compagni di Casa, in quella
smorfia che poteva deformarle le labbra ma non certo arrivare ai suoi
occhi. Si era sentita quasi offesa, quando con lo stesso sguardo le
aveva risposto che non c'era niente che non andasse, che era stanca
perchè lo studio, lo stress, la confusione la
destabilizzavano,
e che nel giro di qualche giorno le sarebbe passato tutto.
Era sabato, ormai, e non le era passato proprio niente.
Eppure non sarebbe stato difficile lasciarsi influenzare dall'aria di
festa che si percepiva in tutta Hogwarts.
La sfida tra Beauxbatons e Durmstrang monopolizzava le menti di tutti,
azzerando ogni altro pensiero: gli inglesi facevano calcoli, pensando a
tutte le possibili soluzioni per rimanere in testa alla classifica,
dall'alto dei loro centosessanta punti di vantaggio, i francesi erano
animati dal desiderio di riscatto, tutti gli altri dalla fiamma del
debutto.
Attorno alla delegazione di Durmstrang, aleggiava ancora la nebbia del
mistero. Gelidi come le lande da cui provenivano, era raro vederli
aggirarsi per il Castello: come quattro anni prima, preferivano
rimanere rintanati nella loro nave, celata in un'insenatura del Lago
Nero, da cui scendevano solamente in occasione di pasti e allenamenti,
quasi avessero paura di socializzare troppo con i nemici.
Dovevano essere scesi per la colazione intorno all'alba, dato che erano
le otto e mezzo e non c'era traccia di loro da nessuna parte: il tavolo
dei Serpeverde era vuoto per metà, senza gli occupanti
stranieri
seduti nei posti a disposizione per loro.
Eppure, mentre Ginevra fissava il lato della Sala Grande più
lontano dal tavolo di Grifondoro, non potè fare a meno di
notare
qualcos'altro.
Non era effettivamente difficile individuare Draco Malfoy: il colore
dei suoi capelli non era di certo il più diffuso in Gran
Bretagna, come del resto la sua pettinatura, più unica che
rara.
Era facilmente riconoscibile anche per un'altra caratteristica, che
solamente un'acuta
osservatrice poteva cogliere.
Perchè Draco Malfoy non era mai circondato da un branco di
amici
urlanti o in preda alle risate, e per di più sorrideva
raramente, soprattutto in quell'ultimo anno a Hogwarts: i Serpeverde
non erano mai stati l'anima pulsante di Hogwarts, così ligi
al
decoro delle proprie famiglie e troppo snob per mescolarsi al baccano
di studenti qualsiasi - feccia,
nella
maggior parte dei casi -, ma quell'anno sembravano spaccati addirittura
al loro interno, divisi in gruppetti e diffidenti l'uno nei confronti
dell'altro.
Qualcuno sembrava addirittura morto dentro. Gregory Goyle, senza alcun
dubbio, assomigliava ad un guscio vuoto: la sua espressione
già
non troppo sveglia di normale era vacua, disattenta, perennemente
deconcentrata, come se ciò che aveva intorno non lo
riguardasse
in alcun modo. Oltre a lui, c'erano molti altri personaggi collusi coi
Mangiamorte a non essere più gli stessi degli anni
precedenti:
non era raro trovare espressioni di apatia, mestizia, malinconia
incorniciate da cravatte verdi-argento, nè c'era da stupirsi
se
Pansy Parkinson mostrava un volto più posato, tirato e
consapevole di quello frivolo e superficiale che aveva indossato per
sette anni.
Eppure, a Ginny non era sfuggito che qualcosa, nel pallido volto di
Draco Malfoy, suggeriva che fosse ben più preoccupato del
solito.
Era semplicemente una delle sue sensazioni, e si dava il caso che Ginny
non sbagliasse mai su
certe cose: non si sbagliava mai su turbamenti interiori che dagli
occhi perturbavano ogni lineamento, non si perdeva nessuna smorfia
insolita, nessuno sguardo inusuale, nessun sospiro irrequieto.
Ginny Weasley non si perse alcunchè neanche quel giorno,
nemmeno
l'esatto momento in cui le iridi di Draco Lucius Malfoy si alzarono di
scatto, in cui le sue pupille saettarono, lanciando un'occhiata
penetrante al vuoto, un'occhiata che oltrepassò i tavoli di
Tassorosso e Corvonero come se non fossero esistiti.
Avrebbe potuto giurare che quell'occhiata ne avesse incontrata
un'altra: pupille strette come quelle dei gatti, per mettere paura,
un'espressione dolce ma tirata, a dimostrare che era proprio lei a non essere
immune alla paura.
Ma quanto Ginny cercò di ricostruire per la seconda volta
quel
filo teso ed invisibile che collegava un estremo della Sala all'altro,
non trovò che dei brandelli, eterei ed impalpabili.
Hermione fissava di nuovo il suo piatto.
Di Malfoy non era rimasto che un lembo di uniforme: non fece in tempo a
fissarlo nella mente che era già sparito, fuori dal suo
tavolo,
fuori dalla Sala Grande, fuori dalla ragnatela.
***
- Dopo di lei, señorita.
- Dobbiamo Smaterializzarci, Cuffe. Non c'è bisogno di
precedermi fuori dalla mia
porta di casa.
L'Editore deglutì, più o meno certo che neanche
le trenta
rose rosse che le aveva portato quella mattina avessero
sortito alcun effetto positivo su Candida.
- Aléjandro, tesoro, tu non puoi venire con noi...
Lo stava accarezzando, stava
accarezzando un boa lungo qualche centinaia di metri! Barnabus
Cuffe si ritrovò a sudare freddo, inorridito: certo, quello
poteva essere un discreto ostacolo al loro sogno d'amore... Si impose
di non pensarci. Alla serpe avrebbe pensato poi.
- Candiduccia, faremo tardi...
Lei lo ignorò cordialmente, continuando a sibilare:
Aléjandro le stava stringendo i polpacci, come un bambino
capriccioso che non si vuole separare dalla mamma per andare a scuola.
Barnabus alzò gli occhi al cielo.
- Cuffe? Ti vuole salutare.
Deglutì. - C-cosa?
Aléjandro avanzò verso di lui, fino a che non
azzerò la distanza fra di loro: alzò gli occhi
per
incontrare i suoi, e lo gelò con quell'unico sguardo.
- Vuole che lo accarezzi, Cuffe. Muoviti!
Nel sentire tali parole, Barnabus nascose ancora di più le
mani dietro la schiena.
- Vi lascio soli... visto che ti vergogni, Cuffe.
Le mani dell'Editore riapparirono in un secondo, mentre fendevano
l'aria nel vano tentativo di fermarla; Aléjandro
assottigliò le pupille, gongolando, e risalendo il suo corpo
avvinghiandolo tra le spire.
- Aléjandrino... buono... buono...
Il serpente lo guardò a lungo, infastidito. Poi,
cominciò a stringerlo più intensamente.
- Aléjandrino... io voglio bene a Candida...
Forse fu lo sforzo immane che Cuffe aveva fatto per parlare, a
sorprendere Aléjandro. O fu la sua espressione, forse,
talmente
abbattuta e dolce
da commuoverlo - quasi.
Fatto sta che lo stritolò un'altra volta
soltanto, prima di lasciarlo libero ed allontanarsi da lui.
Dietro la porta, Candida sorrise.
- Cuffe, andiamo!
Barnabus la seguì, massaggiandosi il collo. Poi si presero
per
mano, e per lui quello fu l'istante più bello di sempre.
In un crac
furono a Hogsmeade: lei era divertita,
lui emozionato.
Harry James Potter era già ad aspettarli a
Hogwarts,
assieme al fido Percy - che quella volta non aveva neanche finto
lebbra, morbillo o ferite mortali, ormai ansioso quanto l'Eroe di
venire a capo di quella faccenda.
Quel che era più buffo, era che entrambi non riuscivano a
staccare gli occhi di dosso alla segretaria del Ministro: sarebbero
potuti passare per due spasimanti insoddisfatti, se solo non avessero
tenuto un assetto anti-sommossa in grado di far impallidire un'intera
squadra di Indicibili.
- Potrebbe ucciderci all'istante... - sibilò Percy a mezza
bocca, fingendo un sorriso con l'altra metà e partorendo
solo
una smorfia storta e innaturale.
Harry Potter sembrò rimuginarci qualche secondo, poi
gonfiò il petto. - Sono già sopravvissuto una
volta. -
Alzò la voce. - Buongiorno Cuffe. Signorina Torres. -
Abbassò lievemente la testa, in segno di rispettoso saluto.
- Mi è appena andata di traverso la colazione -
biascicò
Candida, stringendosi al fianco di Cuffe, che per l'occasione divenne
paonazzo.
- E' quasi più simpatica di Orvoloson.
- Che cosa...? - azzardò Barnabus, frastornato.
Candida trasalì, solo per un istante. - Agua que no has de beber,
déjala correr, Potter.
Trascinò via l'Editore, mentre un accigliato Percy si
grattava la fronte, pensieroso. - Che ha detto?
Il Ragazzo Sopravvissuto non rispose, stringendosi nelle spalle e
cominciando a camminare. Si rese presto conto di camminare da solo
quando voltandosi vide la sagoma di Percy lontana qualche decina di
metri, quando si accorse che i suoi capelli corti e rossastri avevano
intorno un'aura più chiara, nei toni dell'ocra, e
soprattutto
quando, avvicinandosi, cominciò a percepire il suo tono
pomposo
e affettato allo stesso tempo.
- Sono felice che abbiate accettato il mio invito...
L'Auror si fermò abbastanza vicino da poter udire tutto.
- Mais... veramonte
io...
- Mi lusinga la vostra compagnia, il fatto che me
l'abbiate accordata così gentilmente è...
- Oh, Percì,
io...
- Tra l'altro, questa meravigliosa giornata di sole non
poteva che essere migliorata dalla vostra figura...
- Amandine! - intervenne una terza voce.
Harry vide Percy voltarsi spaesato.
- E' arrivata Audrey... vuoi salutarla?
Amandine annuì con una convinzione senza pari.
- Ci sediamo là, amore?
Theodore Nott le scoccò un bacio sulle labbra, prima di
prenderla per mano e condurla verso gli spalti.
La mandibola di Percy cadde a terra con un tonfo secco e
rotolò
via, fino ai piedi di Harry James Potter. Fu con un tatto che aveva
dimostrato ben poche volte che quest'ultimo la raccolse, appoggiando un
palmo aperto sulla spalla dell'amico e portandolo via di lì.
- Lei... non mi aveva mai detto che...
- Non è niente, Percy... le sarà passato di
mente. Perché non vai a sederti in tribuna? Io cerco Ginny...
Percy annuì, incapace di spiccicar parola. Sentì
l'Auror
pestare i piedi in terra mentre si allontanava, e prese ad andare nella
direzione opposta.
- Tu es
Percì Ouisly?
Quella voce improvvisa alle spalle lo fece sobbalzare.
- Amandine m'a dit
que...
Percy la ascoltò di malavoglia: doveva essere
quell'Audrey nominata da Nott.
- Tu es en train de... Mi
stai ascoltando, santa Cleopatra?
Strabuzzò gli occhi, incredulo. - Parli inglese?
- Non ha importanza. Amandine mi ha detto che le dispiace per tutto
l'equivoco che si è venuto a creare, e che è qui
semplicemente per il suo ragazzo, Theodore, e per sua sorella Apolline,
che giocherà tra non molto.
- E non poteva dirmelo lei?
- Santa Cleopatra, non spiccica una parola in inglese! Ti pare che
abbia fatto pochi danni finora, con il suo linguaggio preciso?
Percy si strinse nelle spalle, scocciato.
- Ho letto la tua relazione sui calderoni, un po' di tempo fa. Ottimo
lavoro.
Si voltò e sparì nella folla prima che Percy
riuscisse ad assimilare e digerire le sue parole.
- Fratellone!
Ginny gli saltò al collo, mentre alle sue spalle Harry lo
guardava stranito. - Non ti avevo detto di salire in tribuna?
Percy non mosse neanche un sopracciglio. - Calderoni - disse, apatico.
***
C'era un che di anacronistico nel quadretto che svettava in mezzo alla
tribuna. Tre teste, una più bionda dell'altra, sopra schiene
dritte e petti in fuori: tre teste ben pettinate e incorniciate da sete
pregiate, tre teste di pelle diafana e quasi timorosa della luce del
sole. Tre Malfoy, uno accanto all'altro e con la stessa puzza sotto il
naso di qualche anno prima. Tre Malfoy come se niente fosse cambiato,
da quando l'amicizia con Cornelius Caramell li portava ad avere posti
di prim'ordine alla Coppa del Mondo o agevolazioni e privilegi in tutto
ciò di cui avessero bisogno.
Hermione era sicura che avrebbe sentito un madre quasi
medievale, se solo si fosse avvicinata a quei tre - e soprattutto, se
le avessero permesso di
farlo. Era sicura che avrebbe trovato affetto nascosto da frasi
congelate in un algido distacco, se solo avesse origliato qualcuno dei
loro scambi. Sicura del fatto che avrebbe percepito sofferenza, forse
per la prima volta, tra quelle sillabe raffinate.
Era quasi buffo trovarsi a provare un briciolo di compassione per chi
l'avrebbe fatta volentieri a fettine tempo prima, e che magari covava
ancora quel segreto desiderio di toglierla di mezzo, possibilmente
uccidendola lentamente e dolorosamente. Era buffo ritrovarsi a pensare
che era persino sopportabile l'idea di un Lucius tronfio a
pavoneggiarsi in occasione di grandi eventi pubblici o ad accattivarsi
le simpatie dei potenti nei meandri del Ministero, che era tollerabile
l'idea di un Draco altezzoso nei corridoi di Hogwarts, sdegnoso coi
Mezzosangue e adulatore con personaggi di spicco, che era perfino
meglio tornare ai tempi in cui Severus Piton era uno sfegatato tifoso
della sua Casa, che avrebbe ignorato i successi di Hermione, Harry e
Ron anche a costo di passare per stupido. Che era sopportabile tutto,
in luogo di quello che era accaduto prima e dopo gli
anni dell'innocenza, che era tollerabile qualsiasi cosa, nel caso
bastasse a cancellare la Guerra e le sue conseguenze.
Poi, vide Draco alzarsi, congedarsi dai suoi con un inchino e con un
bacio sulla fronte della madre, e allontanarsi.
Lo vide andare verso di lei, mentre si chiedeva se l'avesse
effettivamente vista, lì dietro quel nugolo di tifosi
francesi.
Lo vide procedere a testa dritta, col mantello che oscillava lievemente
negli angoli e i piedi che si susseguivano in un incedere talmente
sicuro da sembrare quasi marziale.
Le fu davanti, alla fine: la guardò negli occhi senza
parlare,
per poi accennare il movimento di una mano e sparire di nuovo tra la
folla che cominciava ad accalcarsi.
Hermione si guardò intorno, e non vide alcuno sguardo
rivolto a lei: nessuno l'aveva notata, era al sicuro.
Imboccò lo stesso sentiero che aveva condotto Draco lontano
da
lì: senza scorgerlo, seguì l'istinto
più della
ragione, e per questo se lo ritrovò di nuovo davanti, mentre
infilava passi abbastanza rapidi da dare l'impressione di non voler
essere imitati.
Lui si fermò quando le voci del Campo furono abbastanza
lontane,
quando l'odore di terra smossa ed erba appena irrigata furono
abbastanza distanti da perdersi nel profumo ben più pungente
delle cortecce di pino.
- Mi hanno detto di nascondermi - biascicò poi,
appoggiandosi mollemente a un tronco.
- Neanche giochi tu... - rispose velocemente Hermione, senza pensarci
neanche troppo.
Draco scosse la testa. - Non capisci, eh?
- Capire cosa? Non mi pare che tu mi abbia dato modo di parlarti dopo
quello che è successo lunedì! - sbottò
infuriata.
- Non è successo niente,
lunedì - rispose gelido.
- Se non è successo niente, ti è venuta
improvvisamente voglia di giocare a nascondino?
Lui la guardò interrogativo. - Che diamine è...?
- Non è niente.
Perchè ti nascondi? Da chi,
ti nascondi?
- Granger, non vogliono i giocatori, vuoi capirlo? Non vogliono il
Torneo, vogliono noi!
- Noi chi?
- L'ultima lettera, stupida.
- Uguale alle altre. Nè più nè meno.
Draco scrollò le spalle, mentre in lontananza un fischio
acuto e
delle grida incontrollate segnavano l'inizio della partita. Hermione,
invece, si incupì. - Hai bruciato una busta grigia,
lunedì - mormorò, soppesando le parole.
Lui annuì scocciato.
- Non nera, grigia.
- Mezzosangue, stiamo perdendo tempo.
- Siamo nascosti ai bordi della Foresta Proibita, senza far niente, e
ti lamenti se perdiamo
tempo? E poi, io che diavolo ci faccio qui?
Malfoy ridacchiò. - Ma è ovvio, mi proteggi. - Gli
arrivò un altro schiaffo - l'ennesimo - in
pieno viso.
Coi pugni di nuovo stretti, Hermione sbottò. - Si
può sapere che diavolo mi nascondi?!
- E' una lunga storia, Granger - fece lui, sedendosi.
- Mi hai reclutato a mia insaputa per morire per te,
Malfoy. Mi ritengo piuttosto disposta ad ascoltarla.
***
Gli avevano detto che prenderla sarebbe stato facile.
Che, diamine, sarebbe stato un gioco da ragazzi quel rapimento: tutti a
seguire la partita con sguardi adoranti e nessuno abbastanza disposto a
preoccuparsi d'altro.
Gli avevano detto che l'avrebbe trovata da sola, e invece c'era quel
dannato biondo ossigenato con lei.
Aleksandr Krolik portava il nome di diversi Zar ed un cognome che con
la tempra e la personalità di quei governanti ormai andati
non
aveva niente da spartire: in effetti, il carattere di Krolik si era
scolpito secondo l'ereditarietà, che nemmeno un nome
altisonante
come Aleksandr era riuscito a sconfiggere. Il Coniglio, come l'avevano
chiamato in tanti grazie a una conoscenza del russo piuttosto
elementare, non si era mai lamentato del trattamento beffardo
riservatogli dai superiori: si accontentava di vivere in sordina,
gioiva per i suoi tratti ordinari - capaci di lasciare indifferenti i
più - e si beava delle sue discrete capacità di
Mago, che
metteva alla prova in occasioni come quella.
Il Coniglio stringeva tra le dita un capello moro come l'ebano, regalo
involontario di uno studente di Tassorosso colpito da diarrea
fulminante: muoveva la testa freneticamente, dietro a occhiali spessi e
finti, senza che però arrivasse mai il momento giusto per
agire.
Continuava a fissarla, mordendosi le mani, mentre sempre più
chiara gli si affacciava alla mente la luce assassina degli occhi di
Rachmaninov: se avesse fallito... non poteva neanche pensarci.
- Krolik - si sentì chiamare da una voce lenta e austera.
Si voltò verso un corpo slanciato, fine, in dei punti quasi
spigoloso. Si avvicinò ad esso, lasciando perdere la partita
e
allontanandosi dalla parte più gremita della tribuna
giornalistica.
- Chtob mne
provalit'sya...
La
donna
non rispose, anzi rimase a capo chino. Una ciocca di impalpabili
capelli biondi le pendeva da una spalla, perdendosi in un alito di
vento.
***
Harry James Potter non era mai stato meno interessato a una partita di
Quidditch.
Certo, avrebbe finto lo stesso di sapere l'esatta posizione del Boccino
con chiunque gliel'avesse chiesta, sarebbe riuscito a criticare
l'assetto tattico di Beauxbatons e l'aggressività esagerata
di
Durmstrang se gli fossero arrivate domande specifiche, ma senza
riuscire a dissimulare del tutto la sensazione intrinseca che stesse
per succedere qualcosa di infausto.
A viver di premonizioni, ci aveva un po' fatto il callo: a tenerlo coi
sensi all'erta c'era un pizzicorino lieve ma insistente alla nuca, un
peso sullo stomaco che non si decideva ad andar giù e
l'inspiegabile volontà di alzarsi e scattare come una molla
ovunque l'avessero condotto le sue narici attente.
Eppure, in campo tutto filava liscio come l'olio: nessuna bacchetta
sguainata all'improvviso, nessuna schermaglia tra giocatori, nemmeno
una mezza occhiataccia tra allenatori rivali.
Viktor Krum era come al solito assorto nella contemplazione dei suoi:
si muoveva con calma, anche se la faccia tirata la diceva
lunga su quanto quella tranquillità fosse solamente
apparente.
Bonaud, dall'altra parte, imprecava spazientito: i suoi Cacciatori
stentavano a concretizzare azioni degne di nota, e molti tiri si erano
infranti contro il portiere più mingherlino e agile che
avesse
mai visto, tal Petrov, che dimostrava dieci anni e l'esperienza di un
trentenne.
I Parbleu si
sprecavano, ma
l'attenzione del pubblico non era più così
ipnotizzata
come all'inizio dello scontro. In tribuna, soprattutto, i giornalisti
borbottavano per la scarsa qualità delle azioni di gioco e
la
conseguente noia mortale che avrebbero dovuto raccontare negli
articoli: in molti si guardavano intorno, in cerca di stimoli un po'
più accattivanti, e la maggior parte continuava a tener
fisso lo
sguardo sul campo, senza però guardare alcunchè.
Candida De Torres sbadigliava dietro una mano annoiata. Calma, maledettamente calma, pensò
Potter non senza una punta di fastidio. Doveva succedere qualcosa, se
lo sentiva! Perché diamine quella creatura diabolica se ne
stava
semplicemente seduta a lanciare di soppiatto occhiatacce sparute a
Narcissa Malfoy, punte di gelosia fini a se stesse?
Harry Potter sbuffò, mentre qualche altro calderoni si
perdeva gorgogliante nell'aria.
***
- Avanti - disse imperiosa Hermione, sedendosi sull'erba e scacciando
come una mosca fastidiosa l'idea di essere assolutamente fuori posto.
- Sei tesa, Mezzosangue - sibilò piano Draco, guardando da
tutt'altra parte.
Un fischio lontano riecheggiò fino a loro, e si voltarono
quasi
contemporaneamente, nel tentativo impossibile di capire cosa fosse
successo.
- Durmstrang - borbottò Malfoy dopo poco. Hermione lo
guardò interrogativa. - Hanno segnato loro. Hanno esultato
troppe voci maschili... a Beauxbatons non ci sono così tanti
uomini. E Hogwarts non tifa Durmstrang, questo è poco ma
sicuro.
- Cosa te lo fa pensare?
- Krum. Ha osato
contrapporsi a Potter nel Tremaghi... un'onta punibile con la morte,
per quella cricca di esaltati buonisti.
La Caposcuola sbuffò. - Sei invidioso... sei solo
maledettamente invid...
- L'hai salutato, il tuo Viktor? - chiese all'improvviso l'altro, come
colto da un pensiero inaspettato.
Lei si strinse nelle spalle, stizzita. - Non sono affari tuoi. E... no.
- Oh, capisco, Weasel potrebbe esserne geloso.
- Io e Ron non...!
- E chi allora, Granger? Chi avrà l'onore di disporre vita
natural durante del tuo cervellino incandescente?
- Preferirei salvare la vita a uno Schiopodo Sparacoda, piuttosto che a
te.
Il volto di Malfoy fu attraversato da un lampo di trionfo. - L'ho
sempre saputo che le creature del bestione facevano schifo anche a te...
- Hagrid non è un...!
- Shhhhhhhhhhhht!
Fu un attimo. Fu un attimo avere Malfoy di fronte agli occhi e subito
dopo dietro alle spalle. Fu un attimo avere una delle sue mani sulla
bocca, e il suo respiro teso a un passo dai capelli.
Un fruscio si perse tra i cespugli, come il fischio di una vipera tra i
massi.
Hermione parlò, per non pensare. - Ma prc... - Quando si
rese
conto di non saperlo fare, la turbarono delle dita sulle labbra, una
carezza involontaria alla lingua, dei polpastrelli che le schiacciavano
sempre di più una delle fossette.
La turbò la presa stretta sul suo polso, lo sfregarsi delle
uniformi, la tensione dei muscoli. Sbottò, quando tutto si
allentò. - Malfoy, vuoi spieg...
- Sono i Fedeli - rispose senza smettere di guardarsi intorno. Si
appoggiò a un tronco solo dopo essersi sincerato che nel
raggio
di parecchi metri non ci fosse nessuno, con un Homenum Revelio.
- Spiegati. E siediti, Merlino, sembri paranoico.
Soffocò una risatina sarcastica, che gli uscì in
un soffio dal naso. - Paranoie. Quelle di Potter erano lampanti illuminazioni,
le mie sono paranoie. Devo essermi dimenticato chi dei due abbia dei
pregiudizi, qui.
Hermione gonfiò il petto. - Detto da uno che mi vorrebbe
senza
bacchetta o molto più probabilmente seppellita da qualche
parte
solo perchè ho sangue Babbano...
- Sei una Sanguesporco, Granger. Ti concederei la bacchetta solo per
velocizzare la preparazione dei pasti al Manor, se potessi avere
l'immenso onore di ridurti in schiavitù e darti ordini da
mattina a sera. Purtroppo per te, hanno inventato gli Elfi Domestici,
quindi la bacchetta non ti serve affatto.
- Chi sono i Fedeli?
- Ecco, qui si spiega perchè mai io tolleri che tu abbia una
bacchetta e soprattutto perchè io mi faccia andar bene la
tua
presenza qui.
- Malfoy, puoi arrivare gentilmente
al punto?
- Gli ultimi seguaci di Voldemort.
Hermione spalancò la bocca. - Ce ne sono altri? -
mormorò piano.
Draco distolse lo sguardo, nel sentire un altro fischio lontano.
Annuì, senza voltarsi. - Beauxbatons - disse, poi.
Hermione pensò a una decina di improperi più o
meno
violenti - come diavolo poteva pensare alla partita dopo una
rivelazione come quella? -, salvo poi calmarsi. - Chi sono?
- Nessuno lo sa. Voldemort non si fidava di nessuno, certe cose le
teneva per sè. Ma è ovvio che avesse qualcuno al
di fuori
dell'Inghilterra... uno come lui non si sarebbe fermato. Uno come lui
avrebbe voluto tutto.
-
Tremò leggermente. - Appena avesse fatto fuori Potter,
avrebbe
lasciato qualcuno a controllare per lui il Ministero e si sarebbe
diretto altrove, con i suoi seguaci più potenti. Non gli
bastava
un solo esercito, lui voleva l'Europa, almeno per il momento.
- Tu come fai a...?
- Credevo che ci saresti arrivata anche tu, Granger.
Hermione rimase in silenzio, un po' scocciata.
- La Coppa del Mondo - chiarì lui, senza ricevere risposta.
-
Oh, però, sei proprio idiota. - Un altro schiaffo,
l'ennesimo. -
Me lo staccherai il viso, alla fine.
- Non chiedo di meglio - borbottò l'altra, massaggiandosi il
palmo.
- In molti hanno creduto che fosse un attacco a effetto. L'evento
più importante a livello mondiale si teneva in Inghilterra,
un
sacco di gente allo stadio, tra cui molti esponenti del nostro mondo a
portata di mano e tanti Mezzosangue e Sanguesporco a fare il tifo.
Perfetto, teatrale, no?
Hermione annuì, senza capirci poi tanto, ancora.
- A qualcuno, però, cominciarono a venire dei dubbi. Sorsero
domande tra i Mangiamorte, a cui venne chiesto di esporsi in maniera
pericolosa in occasione di un evento così importante, dopo
tanti
anni in cui il Marchio non bruciava. Tutti si convinsero che fosse una
prova di immensa fedeltà richiesta dall'Oscuro Signore, e i
dubbi si acquietarono nel giro di poco.
- Continuo a non capire - ammise la Caposcuola.
Malfoy alzò gli occhi al cielo. - Il segnale forte che
Voldemort
desiderava non era per i Mangiamorte. Non era per Potter, non era per
il Ministero. Non solo, almeno. Perchè ha scelto la Coppa del Mondo, secondo
te?
- No - sillabò categorica Hermione, salvo poi coprirsi la
bocca tonda per lo stupore.
- Voleva farsi notare da più gente possibile, altrimenti si
sarebbe forse accontentato di un paio di effetti speciali in Diagon
Alley e tanti saluti.
- Se per effetti
speciali intendi Babbani appesi a testa
all'ingiù, io ti...
- Granger, i Fedeli stanno venendo a cercare noi.
- Oddio, Harry, Ron! Devo dirglielo sub...
Lui fermò con poco sforzo lo scatto repentino con cui
Hermione si era voltata e diretta al Campo. - Non direi noi, se
ciò comprendesse quei due.
- E allora chi...? - Si bloccò, incredula per un momento.
Respirò a fondo, una, due, tre volte, senza smettere di
guardarlo negli occhi. - Oh - sospirò, alla fine. - Tu e...
- I miei genitori, sì. Siamo gli ultimi e più
schifosi traditori dell'Oscuro Signore...
Hermione lasciò che Draco parlasse, senza ascoltarlo
veramente. Quel noi,
per un momento, l'aveva fatta vacillare senza che nemmeno riuscisse a
spiegarsi il perché di tale turbamento. Le era parso...
confortante, in un effimero momento di pazzia.
- ...Quando mia madre ha detto a Voldemort che Potter era morto...
Le parve di essere stata privata di qualcosa - qualcosa di assai poco
invidiabile, a dire il vero, ma di talmente inebriante da togliere il
fiato.
- ...Non coinvolgere Potter, Mezzosangue. Shacklebolt già
sa, e sarà lui a decidere che fare.
- Perché io?! - sbottò Hermione tutto d'un fiato,
quasi
portando a termine quei ghirigori mentali che neanche lei riusciva a
capire dove volessero andare a parare.
Draco tacque, scrollando le spalle.
- Perché io! - ripetè lei, con un'impazienza che
non ammetteva repliche.
- Chiamalo istinto.
- Ma i tuoi compagni di Casa non...?
- Primo, non ci si può fidare fino in fondo di un
Serpeverde.
Entrando nel dettaglio, convivo con il figlio di un
ex-Mangiamorte, con un altro che parla nel sonno e tenta di farmi
sposare
con sua madre, con un altro per cui darei la vita, ma che è
troppo
stupido. E le altre sono ragazze.
- Anch'io sono una ragazza!
- Tu sei Hermione Granger - sentenziò calmo.
- E...era un complimento?
- Era una constatazione. Della mia furbizia, peraltro, dato che mi sto
mettendo in delle mani piuttosto salde.
- Tu ti fidi di me?
Draco la guardò storto. - Come potrei fidarmi di un gatto.
- Cosa ci dovrebbe entrare, un gatto?
- Fedele quando lo proteggi, lo accarezzi, ci giochi. Fedele con un
posto caldo in cui dormire, con la ciotola sempre piena. Ma bisogna
sempre stare attenti a chi lo sfama.
- Non crederai che io possa passare dalla parte dei Fedeli?
- Sotto Imperius, magari. Ma non è questo il mio timore.
- E quale sarebbe? - chiese Hermione, sempre più confusa.
- Temo che... tu arrivi a sapere troppo di me. Che due moine di Potter
e quattro di Weasley potrebbero spingerti a vuotare il sacco con loro,
a tradire la mia fiducia.
- Non lo farei m...
- Lo faresti. Per loro faresti tutto - sputò con una punta
d'amarezza.
- Vuoi fidarti o no?
Draco la guardò storto. - Karkaroff.
Gli arrivò uno sbuffo. - Cos'è, un indovinello?
- Igor Karkaroff.
E' un indizio, è una prova.
E Hermione capì. - L'unico Mangiamorte straniero...
- ...Morto in circostanze non troppo misteriose, ma abbastanza evidenti
per capire che sapeva troppo. Era fuggito, si era dato alla macchia,
era troppo vigliacco per unirsi a Silente: perchè mai
Voldemort
si sarebbe dovuto premurare di inviare un sicario in Nord Europa,
apposta per lui?
- I Fedeli, quindi...
- E' probabile che vengano da quelle terre. Probabile, ma non scontato.
Voldemort non è mai stato prevedibile, eccetto quando
c'entrava
di mezzo Potter.
Un fischio più lungo degli altri li riscosse da quei
pensieri. -
Durmstrang - borbottò Draco dopo un po', ancora assorto. -
Per
l'appunto. Possiamo tornare, nessuno mi ha torto un capello.
- Ti avevano spedito qui temendo un attacco dei Fedeli?
Draco deglutì, incerto se continuare o meno. - I miei... si
sono
esposti loro, pur di farmi nascondere. A nessuno dei due interessava
questa partita... eppure sono lì, pronti a battersi al posto
mio.
Era così che ci si sentiva, ad essere protetti?
Era da sette anni che Hermione proteggeva gli altri.
Solo l'anno prima aveva spedito i suoi in Australia, pur di non farli
scovare ai Mangiamorte. Aveva protetto Ron, Harry, gli altri, da errori
troppo stupidi che avrebbero potuto portare conseguenze gravi: aveva
pensato sempre a tutto, arrivando un passo avanti agli altri.
E Malfoy era così... cullato, che le veniva quasi da ridere.
E rise davvero, senza il quasi,
quando le venne spontaneo prenderlo in giro.
- Sempre al sicuro, eh, povero piccolo Draco?
Lui la gelò. - Imperius. Sai, soluzioni drastiche per
genitori iperprotettivi.
Si morse la lingua. - Non dovevo dirlo.
Stettero in silenzio per un po', prima di mescolarsi senza dare
nell'occhio a una folla in tumulto a metà tra l'esaltazione
e la
mestizia. Durmstrang esultava davvero, con canti dai toni tanto
cadenzati da sembrare marziali e pose tanto rigide quanto buffe.
Fu una domanda stupida a permetter loro di parlare di nuovo.
- Malfoy, che ne pensi dei gatti?
Lui la squadrò, assicurandosi prima del fatto che nessuno lo
stesse guardando.
Alla fine parlò a mezza bocca, con tono cospiratore. - Sono
allergico - sillabò, prima di sparire in un abbraccio
materno,
con Hermione ormai lontana.
***
Barnabus Cuffe non aveva aspettato un solo secondo, prima di lanciarsi
su Viktor Krum. Aveva sempre avuto una sorta di mania per i personaggi
di spicco, sportivi e non, e aveva ereditato da quello che un tempo era
stato il suo Professore preferito la voglia di collezionarli tutti,
immortalandoli con articoli e fotografie sulla sua adorata Gazzetta. Da
Horace Lumacorno non aveva per fortuna preso lo sgradevole vizio di
vantarsene in giro, nè quello di accettare regali dai suoi
intervistati - non che questi pensassero neanche minimamente di
comprare qualcosa per lui -: la sua era mera soddisfazione personale,
'mera' in quanto l'unico vantaggio che decisamente apprezzava era
l'aumento continuo dei suoi Galeoncini
tintinnanti.
Quando Viktor Krum lo vide arrivare gonfiò un po' il petto,
gesto che però fu parzialmente annullato dalle sue spalle
ricurve. Candida, dietro Barnabus, gli rivolse uno sguardo eloquente,
che Krum accolse con un occhiolino.
- Signor Krum, due parole sulla vittoria di Durmstrang?
Mentre il bulgaro cominciava a parlare - non senza qualche
difficoltà -, dietro le spalle di Candida fecero capolino
altri
due personaggi, titubanti ma non troppo.
Harry James Potter aveva gonfiato il petto - e su di lui,
sì,
che si vedeva la differenza - mentre Percy se ne stava un po' dimesso,
corrucciato, con le labbra increspate di continuo da sillabe soffuse.
Non appena Viktor li vide, sorrise sinistramente.
Harry continuava a guardarsi intorno, quasi annoiato, eppure altero e
fiero come una statua equestre. E Viktor, che non era mai stato troppo
sveglio, ma abbastanza da rendersi conto della sfida tra celebrità
che lo vedeva partecipare in prima persona, non si trattenne
più. - Afere
bisogno di kualkosa, Herr Potter?
Harry si sgonfiò appena, agitandosi come un
gufo permaloso. - Io? Io? Solo chiedervi come state, Herr Krum. E che
fine avete fatto - aggiunse, non senza una punta di superbia.
Percy si riscosse appena, pregustando scintille.
- Vinto Kampionato.
Premio Meglio Cerkator di anno, Herr Potter. E foi?
- Ammazzato
Foldemort.
- Fi hanno
dato Premio, Herr Potter?
Harry si appuntò mentalmente di far fuori anche
lui, il
prima possibile. Poi, si sentì mettere una mano sulla spalla.
- Patetico, Potter. A
rey muerto, rey puesto. Voldemort è roba
vecchia.
L'Eroe si voltò verso Candida, stizzito. - Strano, che sia
proprio lei a dirlo.
Lei rise sarcastica. - Cuando
el diablo no tiene que hacer, con el rabo mata moscas.
- CALDERONI!
Quando Harry, Candida, Krum e Cuffe si voltarono, trovarono i borbottii
di Percy neutralizzati da quell'urlo, e l'urlo neutralizzato a sua
volta dalla corsa di Percy che si allontanava sempre di più.
- Una desgracia nunca
viene sola - sentenziò Candida, guardando
prima la corsa sfrenata di Percy, poi di nuovo Potter.
Quest'ultimo non rispose, ancora stupefatto. Poi, gli andò
dietro.
***
Lucius Malfoy parve sollevato nel vedere sua moglie con Draco tra le
braccia.
Nel frastuono, tra le voci, nel viavai continuo di studenti e adulti
non riusciva a vedere e sentire altro che non fosse quel quadro
familiare, quei capelli biondi che li distinguevano fra tutti, per il
loro chiarore quasi biancastro.
Aveva avuto ragione Narcissa: quel giorno non c'era niente, niente da
temere. Una madre che vuole riabbracciare un figlio è
impossibile da trattenere, e per questo lei si era avviata per prima
giù dalle tribune, lasciandolo indietro di qualche minuto,
perso
in qualche chiacchiera superficiale con chi gli era stato seduto
accanto.
Si avvicinò a loro, mentre tutto intorno la confusione
scemava e i più facevano ritorno al castello.
Vide passare di corsa uno della risma dei Weasley, con la solita,
unica, inguardabile chioma rossa: gli parve talmente esaltato da poter
passare quasi per ubriaco, mentre lo urtava per sbaglio e blaterava
qualcosa di incomprensibile. Di norma, l'avrebbe ripreso, insultato,
rimesso al suo posto: quel giorno non ci riuscì.
Non mentre Harry Potter, correndo dietro a Weasley, lo urtava per la
seconda volta, facendolo quasi cadere.
Non mentre Hermione Granger, incuriosita dagli altri due, li seguiva di
buon passo, rischiando quasi
di sfiorarlo con la sua pelle immonda.
Non mentre Draco, il suo
Draco, spintonava Narcissa.
Lo vide respirare a fatica, mentre squadrava sua madre con
un'espressione impossibile da qualificare.
- Draco, cosa...?
Ma bastò che sua
moglie alzasse gli occhi per capire cos'aveva visto Draco,
in quelle iridi chiare e attente.
- Chi sei tu?
L'aveva chiesto piano, con una rabbia pacata, trattenuta e per questo
malcelata. Nel sentire quelle parole, si era fermata perfino Hermione
Granger, a qualche metro di distanza, senza che nessuno la notasse.
Lucius Malfoy si avvicinò alla donna bionda che gli stava di
fronte. La guardava con disprezzo, con un odio che mai e poi mai
avrebbe rivolto nei confronti di chi amava.
Ed era proprio quell'amore che rischiava di essere dato per scontato,
dopo così tanti anni di matrimonio, dopo che Narcissa era
diventata la signora
Malfoy e
poco altro, dopo che su un'unione combinata erano state spese tante
parole - troppe fuori posto -, ad averla smascherata, subito,
insindacabilmente.
Ogni abbraccio è diverso dall'altro, e Draco venerava quello
di sua madre.
Ogni sguardo
è diverso dall'altro, e non basta un aggettivo a definirlo.
L'espressione che nessuno aveva mai visto sul volto di Narcissa Malfoy
- quella smorfia che le tendeva gli zigomi in maniera tanto fuori posto
da sembrare innaturale, quella tensione increspata sui lineamenti,
quelle labbra che articolavano le stesse parole, ma non le stesse emozioni - si
mutò in un'esplosione di risa.
E si bloccarono perfino Barnabus e Candida, appena arrivati
lì, si bloccarono Harry e Percy, che tra un calderoni e l'altro
aveva visto sparire la sua più grande illusione e si
lasciava riportare di nuovo all'ordine,
si bloccò Draco, in una posa puramente terrorizzata, si
bloccò Lucius, troppo basito per riuscire a capire davvero.
E quando i capelli biondi cominciarono ad accorciarsi, quando il viso
un po' scarno riacquistò colore e guance piene, quando gli
occhi
da blu divennero verdi, la risata si mutò in un grido, il
divertimento in un ordine. - Krolik!
Il Coniglio, a metà tra il suo aspetto e quello di un altro,
apparve da dietro il Castello in sella a una Scopa. I capelli mezzi
d'ebano e mezzi di ciliegio, il volto a metà tra la peluria
e la
barba, la dolcezza di un bambino e la cattiveria di un adulto:
Aleksandr gioiva per ciò con cui Rachmaninov l'avrebbe
premiato,
e per l'ammirazione che magari Franziska gli avrebbe tributato.
Franziska sparì in un balzo e in una nuvola di buio, che
neanche Hermione riuscì ad impedire in tempo.
Fu nella disperazione più acuta che un Narcissa si perse
agonizzante nell'aria.
E fu nell'incredulità che un madre lo
seguì. Un madre
che venne raccolto da Hermione in un abbraccio. Un
abbraccio di quelli diversi,
dati al buio e per tentativi.
Il buio sparì dopo un minuto. Hermione si era
allontanata
da Draco, lasciandolo libero di correre dal padre e di non vergognarsi
di quell'attimo di debolezza. Di un attimo di debolezza con lei, per di
più.
Si accarezzò le braccia, incrociandole all'altezza dei
gomiti:
cercò di trattenere il calore, mentre si chiedeva
stupidamente
il perché lo facesse.
E poi ci fu Harry a interrompere tutto, a spazzar via quelle sensazioni
che non poteva fare a meno di trovare belle, a riportare
tutto e tutti alla realtà.
- Adesso basta! - sbottò all'improvviso.
Lo guardarono tutti con aria interrogativa, mentre alcuni Professori e
la Preside McGranitt si precipitavano lì per scoprire la
causa di quel
buio inaspettato.
Harry James Potter ebbe l'ardire di puntare il dito contro Candida Flor
Paciencia Dulcinea Fermina de Torres.
- Signorina Gaunt... ha
per caso qualcosa da dirci?
***
Sono per caso un filino
in ritardo?
NOTE:
- Agua que no has de beber,
déjala correr: proverbio
spagnolo che letteralmente significa 'l'acqua che non devi bere,
lasciala scorrere'. In poche parole, è un 'Fatti i cazzi
tuoi',
come molto più poeticamente suggerirebbe Cetto Laqualunque.
-
Audrey non
è un personaggio mio. Cioè, non è
nemmeno della
Rowling, dato che ha buttato il suo nome in un'intervista ed
è
finita lì... diciamo che ce l'abbiamo in compartecipazione.
E
che avrà un ruolo discretamente importante, pur come
personaggio
di contorno... e che se continuo a far riferimento alla Row, alle
interviste e a Percy vi svelo come va a finire la sua storia. Taccio,
anche se tutti avrete già capito di chi si tratta e di cosa
farà.
Traduco i suoi interventi in francese:
Sei Percì
Ouisly?
Amandine mi ha detto che...
Tu stai... Mi stai ascoltando, Santa Cleopatra?
E sì, a proposito del 'Santa Cleopatra': perché
mai una francese dovrebbe imprecare così? Perchè io
ho riguardato per la trecentesima volta Johnny Stecchino durante la
stesura di questo capitolo, e perchè Nicoletta Braschi mi ha
fatto adorare questa imprecazione. E perchè dopo ottocento cazzo, porca puttana e maremma maiala ci
doveva pur essere qualche boccuccia fiorita a riportare questa storia a
un livello di volgarità accettabile.
- Aleksandr Krolik: lui
sì che è un personaggio inventato da me. E'
l'ennesimo e
potevo anche evitarmi di infilare la quattordicesima lingua in questa
storia (a questo giro ho deciso di storpiare il russo), ma il mio
cervello va da sè e bisogna essere accondiscendenti.
Rachmaninov
è un'altra mia creazione, e prende il nome di un celebre
pianista che mi ha sempre inquietato, quando studiavo pianoforte. Ero
piuttosto giovane e impressionabile, già il nome di per
sè mi metteva ansia e la musica anche. E' roba mia anche
Franziska. Chi è? Che fa? Che vuole? Vedremo.
Chtob mne provalit'sya: assomiglia
vagamente al Blimey (Miseriaccia) di Ron, sebbene sia la sua versione
russa e un pochino meno colloquiale. Ringrazio WikiRea (alias Poison
Spring) per avermi aiutato nella ricerca di un'imprecazione adeguata,
lei che sa tutto e che può insegnarlo a tutti, quando e come
vuole.
- Parbleu
è la
più celebre delle espressioni di meraviglia/scorno/quello
che
serve francesi. E' un "Cazzo!" molto più fine, che
può
essere adeguato alle più disparate situazioni. Nella
situazione
narrata da me, vi dovete immaginare Monsieur Bonaud a tirar calci alla
panchina e a imprecare come un turco (vi prometto che il turco non ce
lo infilerò, nella Teoria).
- Come un gufo permaloso: mi è venuto in mente Anacleto, de
La
Spada nella Roccia, e non avrei saputo in che altro modo rendere la
scena. Si capirà poco dal testo, ma immaginarmi Harry così,
mi sta facendo ridere da un quarto d'ora.
- A rey muerto, rey puesto: 'Morto
un re, se ne fa un altro'. In italiano si dice 'papa', ma è
lo stesso.
- Cuando el diablo no tiene que
hacer, con el rabo mata moscas: 'Quando il diavolo non ha
niente da fare, uccide le mosche con la coda'.
-
Una desgracia nunca
viene sola: 'Le disgrazie non vengono mai da sole'.
- La mia visione del matrimonio tra Lucius e Narcissa prevede un amore
sconfinato tra i due, e soprattutto un amore sconfinato per Draco.
Protesto, protesto, protesto contro le fanfictions che vedono Lucius
come un despota, Narcissa come una strega cattiva e Draco come il
povero piccino maltrattato: per me, nei Doni della Morte,
c'è
stata la dimostrazione più chiara ed evidente dell'amore che
li
lega, e continuerò a ripeterlo fino alla morte. Sul fatto
dell'
"unione combinata", mi sono già espressa in una drabble che
scrissi tempo fa. Per me, essendo entrambe le famiglie Malfoy e Black
altolocate e di sangue purissimo, il matrimonio tra Lucius e Narcissa
è stato in qualche modo incoraggiato, se non addirittura
obbligato. Ciò non ha impedito che da matrimonio combinato,
la
loro unione si trasformasse in un puro, splendente rapporto d'amore.
Effebì
Mi trovate... qui.
Grazie,
grazie davvero.
♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Amortentia ***
14.
Amortentia
A voi, che (mi) avete aspettato (di nuovo).
E' stato buffo, ritrovarsi a rileggere questa storia a mesi e mesi di
distanza e trovarci mille, diecimila, centomila cose da cambiare: odio
gran parte dei corsivi di cui ho infarcito le mie frasi, odio tante
espressioni, odio la pesantezza di certi passaggi, odio il fatto di non
avere la voglia di modificarli. (E odio anche questo capitolo, ma sento
che devo riprendere un po' la mano nello scrivere, sono un po' troppo
arrugginita.)
Ma sapete che c'è?
C'è che questa è la prima long che mi ha dato
soddisfazioni inimmaginabili, c'è che è stata una
delle
mie prime fanfiction di cui andare abbastanza orgogliosa,
c'è
che in fondo mi viene da sorridere nel rileggere alcuni brani, a
ripensare a cosa è successo in tutto questo tempo, alle
persone
che ho conosciuto, che ho amato, che ho perso, a cui ho detto addio
senza nemmeno dirlo per davvero.
Sono cambiata in questi mesi, è cambiato il mio modo di
scrivere, di pensare, di agire, e revisionare anche una sola pagina di
questa storia mi sembrerebbe un po' come falsare qualcosa.
Quindi... godetevela così com'è, se vi va.
Bentornati, o benvenuti tra le parole di questa storia, che in fondo
è un po' la mia.
- Harry,
non saltare a conclusioni affrettate - tentò
Kingsley Shacklebolt, decisamente imbarazzato dalla piega che stava
prendendo la questione.
-
Affrettate? - scattò Harry. - AFFRETTATE?! Questa donna
è palesemente interessata a Lucius Malfoy dal primo momento
in
cui l'ha visto e improvvisamente Narcissa scompare...
-
Silencio. Bene,
Ministro, adesso possiamo continuare la conversazione in maniera civile.
Kingsley
guardò la signorina De Torres un po' di traverso. -
Preside McGranitt, avrò bisogno dei Gufi più
veloci di
Hogwarts - aggiunse poi, mentre Minerva lo raggiungeva con
un'espressione sconvolta. - E avrò bisogno di voi due -
concluse, mentre i due Malfoy già si avvicinavano in
silenzio. -
Se volete seguirmi...
Harry
Potter, farfugliando senza però spiccicare neanche una
sillaba, si unì al gruppetto, sebbene nessuno l'avesse
chiamato.
- Oh, Sonorus
- mormorò Percy, puntandogli contro la bacchetta.
-
...E' inconcepibile che lei continui a proteggerla, Ministro,
è palese che...
-
Silencio.
-
Candida, non... oh, lasciamo perdere. Sonorus.
- ...Perchè
la mia Autorità viene messa in discussione da questa donna,
e non è giusto che...
-
Potter! - sbraitò stremato Shacklebolt, e riuscì
quasi a zittirlo per davvero.
-
Mi scusi - pigolò Harry, fermandosi un attimo. Parve
soppesare
a lungo qualunque idea avesse nella mente, dopo scacciò ogni
indugio scuotendo la testa freneticamente. - Ma...
L'ennesimo
Silencio
non tardò ad arrivare.
-
Bene - sentenziò il Primo Ministro mentre guardava volar via
l'ultimo Gufo dalla finestra dell'Ufficio del Preside. - E' giunto il
momento, Barnabus.
L'Editore,
una volta tanto, pareva preoccupato per davvero. - Le lettere...
-
Un test - sintetizzò Candida, spazientita. - Le lettere, i
Malfoy, la minaccia, il Quidditch erano un test. Un modo per
risollevare le finanze de La Gazzetta del Profeta, anche, le cui
vendite erano crollate per l'apatia di questi mesi e rischiavano di
minare la stabilità di troppi posti di lavoro, ma
principalmente
un test sull'opinione pubblica e sulla Sua opinione,
Potter.
Harry
pareva indignato, mentre continuava a gesticolare come un
ossesso. Nessuno, ovviamente, pensò neanche un attimo a
restituirgli il dono della parola.
-
Abbiamo pensato di sfruttare questo momento di relativa calma per
controllare la tua attitudine al comando, Harry. Non ti offendere -
continuò Shacklebolt - ma la tua nomina è
avvenuta
sull'onda di un'euforia collettiva che poteva difficilmente essere
ignorata. Hai sconfitto Lord Voldemort, e di certo questo non
è
un curriculum trascurabile, ma il Capo degli Auror non può e
non
deve agire da solo: deve dimostrare abilità di
coordinamento,
capacità di usare tutti i mezzi a sua disposizione e
soprattutto...
-
...E soprattutto deve essere libero da pregiudizi -
sottolineò
Lucius Malfoy, con meno cattiveria del previsto. - E dal modo in cui
hai sospettato subito di noi...
Harry
lo guardò in cagnesco.
- Cosa
dirò ai miei lettori, cazzo?!
-
Barnabus, troveremo...
-
Noi non
troveremo un bel niente, Ministro! Sono io quello che ci
rimette la faccia, merda!
-
Non necessariamente... troveremo il modo.
-
Ma lei non...
-
Silencio.
Il Ministro ha detto che troverà il modo, quindi troverà
il modo.
-
Candida, se continua a Silenciare tutti, qui...
-
Prima finiamo di spiegare la faccenda, Ministro, meglio è -
sentenziò a testa alta, lanciando un'occhiata colma di
sussiego
anche all'indirizzo del signor Malfoy. A Narcissa non avrebbe mai augurato di
finire rapita da degli assassini, ma già che c'era poteva
lasciarsi ammirare
un pochino dal marito, no?
-
Non ha tutti i torti. Insomma, abbiamo creato tutta questa situazione
per valutare la prontezza dei nostri Auror e quella della gente comune,
perchè è proprio in questi momenti di calma
piatta che si
annidano le insidie più dannose. Non c'è
più
voglia di combattere, c'è semplicemente il bisogno di vivere
delle vite tranquille e serene, e può essere
controproducente
lasciar perdurare questo atteggiamento. Non vogliamo un altro
Voldemort, Harry, e vogliamo essere sempre all'erta per scongiurare il
pericolo. Il signor Cuffe, qui, ha commesso un grave errore
nell'assecondare Cornelius Caramell, quando le avvisaglie del ritorno
dei Mangiamorte si facevano sempre più evidenti. Ha lasciato
credere alla gente quello che faceva più comodo a tutti,
messo a
tacere le voci discordanti, come non faticherai a ricordare, e se non
fosse stato per noi dell'Ordine il bilancio della Seconda Guerra Magica
sarebbe stato quasi certamente più inclemente.
-
C'è da dire che ci siamo anche divertiti...
-
Candida, ti prego...
-
...che ci siamo decisamente
divertiti
nel vederti perdere la testa, Eroe. Aléjandro si
è
guadagnato una discreta quantità di cibo, eseguendo i miei
ordini, ed in generale era molto appagante vederti correre qua e
là con il tuo collega in cerca di indizi messi sempre
più
ad arte. E' decisamente un peccato che alla nostra falsa minaccia se ne
sia aggiunta una nuova...
-
Ma gli indizi? - intervenne Percy. - Le soffiate su ciò che
avveniva a Hogwarts, gli incidenti... come avete fatto?
-
Non erano incidenti - rispose semplicemente Barnabus.
-
El niño -
gli fece eco Candida.
Kingsley
sospirò. - E' difficile notare i più silenziosi,
ancor meno dei silenziosi in uniforme... nessuno si è
accorto
che qualcuno era sempre presente, in Infermeria, agli allenamenti, nei
corridoi, in Sala Grande...
-
Uno studente? - azzardò Percy.
-
Juàn
Abercrombie.
-
Euan - la corresse Barnabus. - Un tipo tranquillo, piuttosto anonimo,
conosciuto dai suoi Compagni di Casa e pochi altri. Sua madre
è
impiegata al Ministero, e spesso si lamenta perchè
è
convinta che il suo piccolo
bambino
non arriverà mai da nessuna parte, con quell'atteggiamento
dimesso e riservato. Le abbiamo proposto questa cosa e si deve essere
convinta che almeno come spia sarebbe stato un fenomeno... ha deciso di
provare a 'farlo sfondare' così.
Candida
storse il naso. - Quel niño è
furbo come una volpe, è sua madre che è stupida
come...
-
Candida!
-
Dico solo le cose come stanno. Fatto sta che stiamo solo perdendo
tempo, Ministro. La mujer
Malfoy è in pericolo e gli Auror veri sono appena
arrivati.
-
Vada a chiamarli, Candida - suggerì il Ministro, ignorando
volutamente le ultime parole della segretaria. - E' giusto che ormai
finisca di raccontare. Draco e la sua famiglia si sono semplicemente
prestati a quest'operazione, Harry. Ricordi
la tua ossessione per la colpevolezza di Piton, al primo anno e non
solo? Vogliamo evitare che si ripeta, eppure ti sei scagliato subito
contro i Malfoy sin dal primo momento, e adesso ti sei anche convinto
che Candida sia colpevole di qualcosa, solo perchè ti ha
risposto male un paio di volte...
Harry
era paonazzo, mentre Candida sghignazzava. - Sonorus! - disse
lei, a sorpresa, giusto per godersi un attimino gli improperi
dell'Auror.
-
Risposto male? RISPOSTO MALE?! Lei parla in Serpentese e...
-
E tu, Harry? Lo facevi fino a non molti mesi fa...
-
Ma lei si chiama Gaunt!
-
E tu, ancora una volta, hai pensato di averlo scoperto per primo.
Pensi che non lo sapessi, Harry? Pensi che il Primo Ministro non li
scelga con un po' di cura, i suoi collaboratori?
Harry
ammutolì all'istante, prima di mormorare qualcosa di
imprecisato.
-
Sì? - lo esortò Candida, maligna.
-
Io pensavo che...
-
E' qui il problema, Potter - sbottò Lucius. - Tu pensi.
-
Chiudiamo un attimo il discorso, prima di decidere il da farsi con
tutta la tua squadra, Harry. Non c'è stato nessun vero
incidente
sportivo. Il Cercatore francese è titolare nella formazione
di
Beauxbatons solo perchè suo padre ne è
l'allenatore. E'
un totale incapace, e ogni singolo studente di Beauxbatons lo vorrebbe
fuori dalla squadra, ma non osa parlare per non incorrere nelle ire del
Professore.
-
E voi come fate a...? ...Fleur.
- Gabrielle, per la
precisione. Abbiamo dovuto coinvolgere un
bel po' di persone, in effetti. Lei, comunque, ci ha assicurato che
nessuno si sarebbe disperato per l'assenza di quel bellimbusto, anzi.
-
Chi avete coinvolto a Durmstrang? - chiese Harry, colto da un
fulminante sospetto.
-
Non ti viene in mente niente, Harry? Il Boccino, come firma in una
delle lettere di Barnabus... Boccino che hai ovviamente interpretato
prima come una minaccia nei tuoi
confronti, e poi come una minaccia da parte di Malfoy.
La
consapevolezza funestò la già indignata
espressione
sul volto dell'Eroe. - Quindi Viktor Krum mi sta ridendo dietro da mesi?
-
Se vuoi vederla così... c'era un altro indizio, anche se
devo
complimentarmi con l'editore del Cavillo. I Cappelletti Bollosi sono
creature provenienti da una leggenda bulgara. Erano loro le teste coperte,
non i Mangiamorte. Luna Lovegood potrebbe spiegarti
un'infinità
di cose sul loro legame con il Quidditch... eppure anche questa volta
hai ragionato da solo, senza chiedere aiuto a nessuno. Okay, questo
indizio era piuttosto geniale e difficile da comprendere, ma
ciò
non toglie che tu non sia fatto per lavorare in una squadra. E con squadra non intendo
tu ed Hermione Granger
e al massimo Ron Weasley,
intendo una squadra di veri
Auror.
-
Sono licenziato?
Kingsley
sospirò. - No, Harry. Sei solo un po' più
addestrato, forse.
-
Eccoci - esclamò Candida, non appena entrò
seguita da un'orda di Auror capeggiati da... Hermione.
-
Signorina Granger, lei non potrebbe...
-
Ministro, lei sa meglio di me che Harry verrebbe a raccontarmi tutto
tra mezz'ora.
Kingsley
allargò le braccia, sconfitto.
-
Abbiamo una traccia di qualche tipo, Shacklebolt? - chiese un uomo
allampanato coi capelli brizzolati.
-
Solo un nome, Krolik.
A
quell'informazione seguì un borbottio indistinto: sembrava
che
nessuno avesse mai sentito quel nome, prima. Draco alzò gli
occhi al cielo, forse per nascondere una punta di tristezza. Fu Lucius
a prendere la parola, dopo quella che sembrò
un'eternità.
- Quell'uomo, quella gente... hanno mia moglie - sentenziò,
senza riuscire a dissimulare il suo timore. - Spero che sia chiaro a
tutti. Chiunque, qui dentro, sa che noi Malfoy non siamo più
nella posizione di esercitare pressione su qualcuno, e io per primo vi
offro la mia completa disposizione per ogni cosa riguardante il
rapimento, ma... La signora Malfoy è in pericolo. Voi -
indugiò su Harry, prima di continuare con tono solenne -
avete
il dovere
di riportarmela,
sana e salva. Abbiamo cercato di fare ammenda di tutte le nostre colpe,
risalenti a prima e durante la guerra, ed esigo che non ci siano
rancori o scarso impegno a causa dei nostri trascorsi. Io e Draco siamo
una famiglia mutilata, non siamo più i Mangiamorte che vi
hanno
costretto a combattere, o a subire delle perdite. Se non siete disposti
ad accettare questa realtà... la troveremo da soli. Mia
moglie
non rischierà la vita per degli stupidi preconcetti. Tutto
chiaro?
Harry
James Potter, con una fatica immensa, annuì. - Siete tutti
dei nostri? - chiese poi, rivolto ai suoi subalterni.
Nessuno
fiatò. - Perfetto. Adesso diteci tutto quello che sapete.
Partendo dall'inizio.
***
-
Narcissa Malfoy è stata rapita?! - squillò la
voce di Ginny, attirando l'attenzione di tutta la Sala Comune.
Hermione
annuì, tentando di far rientrare l'allarme. Mai un tentativo
fu più vano di quello.
-
La madre di Draco?
-
La Mangiamorte?
-
Narcissa, quella Narcissa?
-
La mantenuta?
-
La gnocca bionda? ...Beh, è vero...
-
Hermione, io non...
-
Lo so, Euan, lo so. Mi hanno raccontato tutto ed è l'ultimo
dei nostri problemi, davvero.
-
Caposcuola Granger, puoi dirci cosa...?
-
Oh, va bene, ma fate silenzio. In realtà ciò che
sappiamo è ben poco: la signora Malfoy è stata
rapita da
un gruppo di fanatici nostalgici di Voldemort. - Qualcuno
tremò
al suono di quel nome. - Si pensa che facciano parte di un nucleo
stanziato in Europa orientale...
-
Io l'ho sempre detto che quelli di Durmstrang sono cattivi -
bisbigliò un ragazzino del primo anno, mentre un'altra
bambina
annuiva.
Hermione
alzò la voce, scocciata. - Vi prego
di non traslare ciò che è avvenuto sul piano
sportivo. E
comunque sono solo supposizioni, non è detto che la nostra
pista
sia...
-
La vostra? -
sbraitò Ginny. - Come al solito vi ci tuffate voi a capofitto,
eh? La piccola Ginevra deve restarne fuori!
-
Ginny, ti prego...
-
Ginny un cavolo! Voglio proprio sentire come si discolperà
quel cret...
-
Ginny!
-
Se pensate di andare a rischiare l'osso del collo da qualche parte, io,
io...
-
Gi-ne-vra.
-
E così si parte per la Russia, eh? E GINEVRA LASCIAMOLA PURE
A STUDIARE A HOGWARTS!
-
Ginny, nessuno andrà da nessuna parte - riuscì a
dire alla fine, anche se con un filo di voce.
Chissà
come, le urla di Ginny riecheggiavano ancora nella stanza, anche se lei
nel frattempo era ammutolita. - Oh.
-
Forse ci sarà inviata una squadra di Auror...
Ginny
tornò più rossa dei suoi capelli. - Lo sapevo che
Harry, oh ma mi sentirà, quel delinquente...!
-
Ginny, Harry non andrà da nessuna parte.
-
...Oh.
-
Molto probabilmente sono tutti nascosti in Inghilterra, da qualche
parte. Non avrebbe senso imbastire una rivoluzione dove troverebbero
solo l'appoggio di pochi... qui hanno tutto quello che serve loro:
persone su cui sfogare la propria vendetta, nostalgici a cui instillare
nella mente qualche scintilla di rivalsa...
-
Ma nessuno li seguirà - pigolò un dodicenne. -
...No?
Hermione
sospirò. - Non lo sappiamo, ma... no, crediamo di no.
Purtroppo non sappiamo quanti sono... oggi abbiamo visto solo due
componenti di quel gruppo, quelli che hanno partecipato attivamente al
rapimento di Narcissa, quindi...
-
E quella signora Gaunt? - sbottò una ragazza del terzo anno.
-
E' la segretaria personale di Kingsley Shacklebolt, e se non possiamo
fidarci del Primo Ministro...
-
Beh, non è che ci siamo fidati di tanti Ministri, finora...
-
puntualizzò Ginny, prima che Hermione le pestasse un piede.
-
Non possiamo basarci su un cognome per processare qualcuno, ragazzi -
predicò la Caposcuola col suo tono più adeguato.
- E in
questa Casa non voglio sentire discorsi generalizzanti nè su
discendenti di Salazar Serpeverde, nè su studenti dell'Est
Europa, nè su Case diverse dalla nostra. Ci siamo intesi?
-
Lo dice solo perchè è stata fidanzata con Viktor
Krum -
bisbigliò un po' troppo forte Romilda Vane, un secondo prima
che
Ginny la affatturasse.
-
Dieci punti in meno, Weasley! - la fulminò Hermione, mentre
Romilda lottava contro una coda suina.
-
Oh, ne è valsa la pena, eccome. Devo proprio dire a Hagrid
che questo Incantesimo è una bomba, sì.
-
Falla sparire o te ne tolgo cinquanta!
Romilda
Vane divenne improvvisamente dello stesso colore degli arredi posti
dietro di lei.
-
Oh, dicevi la coda, non lei,
Hermione! Peccato, non so come annullare la Disillusione,
buonanotteeeee!
Hermione
annullò entrambi gli Incantesimi in meno di un minuto,
mentre toglieva altri venti punti a Grifondoro. - VIENI SUBITO QUI! E
voi, andate tutti a letto! - sbraitò, mentre la inseguiva.
-
Mi dà sui nervi, Hermione, è inutile che provi a
farmi
pentire. E ci ha anche provato con Harry, e ha rischiato di ammazzare
Ron, nel caso non te lo ricordassi.
-
E ci avresti ripensato stasera perchè...? - Hermione
alzò un sopracciglio. - Non puoi sfogarti sulla prima che
passa,
Ginny, lo sai, vero?
-
Mi dai sui nervi anche tu, quando capisci tutto con mezzo sguardo,
sai? E va bene, sono preoccupata. Preoccupata da morire. Harry
è...
-
Harry sa badare a se stesso. Ne è sempre stato capace... e
questo ora è
davvero il suo lavoro, Ginny. Deve farlo, capisci?
Ginevra
sbuffò. - Hermione - disse poi, guardandola fissa negli
occhi. - Lo so che a me non dirà mai niente. E' fatto
così...
-
Ma lui si fida di te, non credere che...
Ginny
scosse la testa. - Non sto dicendo questo, Hermione. Mi dà
fastidio non sapere cosa architetta da mattina a sera, soprattutto
adesso che... che viene pagato per questo, ecco, e che lo
farà
ogni santo giorno della sua vita. E' che... a te certe cose le dice,
perchè ci è... abituato, ecco. Non vuole me tra
i piedi perchè... perchè non sopporterebbe di
vedermi
coinvolta, in pericolo, vulnerabile. Non dico che preferisca
sacrificare te... dico solo che non è abituato a vedermi
come
una compagna di battaglie, ma mi vede ancora come qualcosa di piccolo,
da custodire. E lo so che dovrei essere felice per questo... ma la
verità è che preferirei rischiare la mia vita
anche cento
volte, piuttosto che non sapere cosa accade là fuori,
perciò ti chiedo solo una cosa. Se le cose diventeranno
pericolose... me lo dirai. Se vuole tenermi fuori dai suoi piani lo
accetterò, se mi chiederà di non impicciarmi cercherò di
non farlo, ma... promettimi che saprò se qualcosa
andrà
storto o che gli farai sapere che potrà contare in ogni
momento
sul mio aiuto.
-
Ginny, tutto questo è...
-
Promettimelo, Hermione.
Lei
annuì, quasi commossa. - Ginevra, lo sai che si fida
ciecamente di te, vero?
-
Questo è ovvio. In caso contrario, non sarebbe certo il mio
fidanzato.
La
Caposcuola la stritolò in un abbraccio. - Dieci punti a
Grifondoro.
Ginny
la allontanò, strabuzzando gli occhi. - Che ho fatto?
-
Esisti.
***
-
Mangia, ci servi viva.
Franziska
non era mai stata una donna dai modi gentili. L'unico che
aveva tentato in qualche modo di vedere in lei una ninfa aggraziata e
delicata era Aleksandr Krolik, che al momento le trotterellava intorno
rischiando di versare tutto il contenuto di una ciotola sul pavimento.
La zuppa che sarebbe stata la cena di Narcissa Malfoy aveva un colore
inquietante, e per lei non fu particolarmente difficile rifiutarla
voltandosi dalla parte opposta. Per quella prima sera di prigionia
poteva digiunare, si ripetè. Le sofferenze dovute all'inedia
sarebbero cominciate solo nei giorni seguenti, e se non le avessero
fatto mancare un po' d'acqua potabile molto probabilmente avrebbe
resistito quasi una settimana senza masticare un bel niente. Se la
volevano viva, dopotutto, sarebbe stato anche nel loro interesse farla
mangiare, in un modo o nell'altro. Lei, di certo, non si sarebbe
abbassata a supplicarli per un tozzo di pane.
-
Dove siamo? - chiese per quella che doveva essere la dodicesima volta.
-
Fatti gli affari tuoi, principessa. E ringraziami, se ancora non ti
ho torturato come meriterebbe una traditrice dell'Oscuro Signore.
Per
tutta risposta, Narcissa si allontanò con aria indifferente
verso il punto più lontano dalle sbarre di quella cella
umida e
buia. Franziska tirò un calcio alla ciotola, rovesciandola.
-
Prima o poi dovrai mangiare... e sarò lì quando
leccherai
il pavimento.
Primo giorno, si
appuntò mentalmente Narcissa. Il letto è un po'
scomodo, il clima spiacevole, l'ambiente sporco. Aspettate che lo venga
a sapere mio marito.
Oh, le sarebbe
servita un bel po' d'ironia per sopravvivere lì dentro, le
sarebbe servita...
-
Crucio -
sentì urlare da qualche parte, troppo tardi per prepararsi
psicologicamente.
Mentre
una Strillettera registrava le sue urla, capì cosa sarebbe
stato fondamentale avere lì dentro.
Voce.
Finchè
avesse conservato quella, i suoi avrebbero saputo che era
viva. Prima di perdere ogni briciola di ragione e accasciarsi svenuta
al suolo, Narcissa pensò che magari Lucius avrebbe
addirittura
capito cosa stava cercando di dirgli, tra quelle vocali sconnesse che
erano l'unico suono che riusciva ad emettere.
Ti amo, salva nostro figlio.
Poi, vieni a salvarmi.
***
La
notte aveva calato Hogwarts in un bozzolo di silenzio.
Gli
studenti di Durmstrang, già poco festosi di suo, avevano
approfittato del clima di tensione e preoccupazione per rintanarsi nei
loro locali isolati, senza lasciarsi andare a una felicità
inappropriata, dopo una sola partita del Torneo; gli studenti di
Beauxbatons, che di motivi per festeggiare ne avevano ancora meno,
erano spariti dalla circolazione dopo aver ingurgitato un boccone in
fretta e furia, per paura di battutine sulle loro scarse prestazioni.
La
verità era che nessuno, di nessuna nazionalità,
aveva
troppa voglia di scherzare: neanche gli inglesi, o forse soprattutto
loro. Tutta quella storia, i Mangiamorte, persone scomparse... tutto
questo dava i brividi, a chi aveva smesso di vivere nel terrore solo
qualche mese prima.
I
passi di Hermione Granger echeggiavano nei corridoi, incerti.
Sperando che non fosse in Dormitorio, l'avrebbe trovato sicuramente... lì.
-
Granger... - chinò la testa all'indietro, scivolando lungo
il
muro e finendo seduto per terra. Sembrava aver perso dieci chili in
mezza giornata: guance più incavate del solito, occhiaie
scure,
capelli spettinati. E Draco Malfoy non dimenticava mai di pettinarsi,
lo sapevano tutti.
-
Hai pianto? - chiese lei, quasi fosse la cosa meno stupida da dire.
Draco
la ignorò. - Come sapevi che mi avresti trovato qui?
-
Ci sono posti significativi più strani di altri - rispose
semplicemente lei.
-
Solo il mio è di fronte a una Stanza che non esiste neanche
più, immagino.
-
Forse. Ma di certo anche il tuo è di fronte a un amico.
Lui
si sforzò quasi di sorridere. - Avrò un sacco di
posti, immagino, se continuerò a perdere tutte le persone a
cui
tengo.
Hermione
gli prese una mano. - Non abbiamo ancora perso tua madre. E non la
perderemo.
-
Parli a nome di Potter per abitudine o perchè stai facendo
pratica come segretaria leccapiedi?
-
Che tu lo pensi o no, c'eri tu in quel noi,
Malfoy. Abbiamo iniziato questa farsa insieme, è
così che
dovremo finirla, anche se la situazione si è complicata appena.
- Perfetto, ma puoi
anche togliermi le mani di dosso.
Hermione
ritrasse il braccio, furiosa. - Dimenticavo di poterti contaminare solo
respirando.
-
Oh, non è quello. E' che tendono a non interessarmi certe...
dimostrazioni d'affetto, se erano queste le tue intenzioni.
La
Caposcuola sbuffò, scettica. - Pensi che ti farà
stare meglio, crogiolarti nell'autocommiserazione? Credi di essere
così invincibile dietro a quell'apparenza di pietra, rigida
e invalicabile? Sei solo uno stupido, se pensi di potertela cavare da
solo. - Si alzò, infuriata. - Sempre a pensare di poter fare
da solo...!
-
Granger, frena...
-
...La guerra non ti ha insegnato niente? Oh no, perchè tu
sei Malfoy, figuriamoci, tu puoi affrontare tutto e grazie tante, tu...
-
Granger... io ti
ho detto...
-
...Granger qui, Granger lì, e invece...
-
...di fidarmi di te.
-
...Oh. - Hermione si sedette, un po' abbattuta. - E' che sono tesa,
preoccupata, e anche Ginny è...
-
Non vedo cosa c'entri la Piattola, adesso, ma posso vedere facilmente
che parte del tuo cervello è andata irrimediabilmente persa,
durante questa Guerra, quindi non farò domande.
Lei
corrugò la fronte. - Vuoi ancora lavorare con me?
-
Nonostante tu sia irrimediabilmente suonata?
-
No... - indugiò appena. - Nonostante ci sia la salvezza di
tua madre in ballo.
Draco
riflettè poco più di un attimo. - Potter ti
tirerebbe in mezzo comunque, e a me non piace avere troppi intermediari.
Lei
scoppiò a ridere, mentre incrociava le gambe e le ginocchia
le sbucavano da sotto l'uniforme. - Va bene, Malfoy, dopotutto hai
usato una scusa quasi ingegnosa.
Lui
la guardò di traverso. - Dovrei avere qualche altro motivo,
per avere tra i piedi proprio te?
-
Forse solo un po' di cervello - gli rispose in un sospiro.
-
Sembri dispiaciuta, Granger. Hai talmente paura di perdere il tuo
piedistallo di So-Tutto-Io a Hogwarts da non apprezzare l'intelletto
altrui? - Gli arrivò un pizzicotto in un braccio. -
Comunque, stiamo già perdendo tempo, Granger -
sentenziò, alzandosi.
-
Che possiamo fare, secondo te? Volare a caso, ispezionare ogni angolo,
e seguendo cosa, il tuo fiuto?
-
E' mia madre!
-
E tu sei avventato, il che ci riporta a considerare che sotto sotto un
cervello ce l'hai, se hai chiesto il mio aiuto.
-
Hai un'idea migliore?
Hermione
si alzò in piedi, risoluta. - Domani, alle quattro.
-
E dove andiamo?
-
Nel posto più ovvio.
-
Little Hangleton? Godric's Hollow?
Lei
storse il naso, deridendolo. - Oh, andiamo.
Si
alzò anche Draco, prendendola per un braccio e spingendola
contro la parete. - Abbiamo scherzato finora, Granger. In un certo
senso mi ha fatto quasi bene,
distrarmi per un attimo. Da adesso, non ammetterò giochetti
o prese in giro. E non usare la parola ovvio, con me.
-
Mi stai facendo male.
Lui
le lasciò il polso, in malo modo. Quando lei fece per
andarsene, offesa, le si parò di nuovo davanti. Era pur
sempre uno strano modo di sentirsi in trappola.
-
Non ti azzardare a trattarmi mai più in questo modo, Malfoy,
o qualsiasi sia il nostro attuale patto, lo straccerò in un
secondo, e tanti saluti a Krolik.
-
E' tanto difficile dirmi cos'hai intenzione di fare? -
sbraitò, fuori di sè. - Sono stanco di essere
trattato come l'imbecille di turno, voglio sapere cosa faremo, e voglio
sentirmelo dire in un modo che mi
piaccia!
- In biblioteca,
cretino ossigenato. E dove, sennò?
Lo
spinse via, arrabbiata come non mai. Se ne andò quasi di
corsa, cercando di calmarsi, e arrendendosi all'evidenza tre piani
più in basso: non ci sarebbe mai riuscita. Con lui di mezzo era impossibile.
***
Candida Flor
Paciencia Dulcinea Fermina de Torres aveva una serie di cose preferite da
fare la sera che comprendevano le attività più
disparate.
Aveva
un sacco da boxe, attaccato in camera, un paio di ferri da uncinetto,
con una discreta quantità di polvere sopra, perfino un libro
di cucina, da qualche parte. Per Candida, qualsiasi attività
decidesse di intraprendere subito dopo cena era sacra: il momento in
cui chinava la testa su un libro, o si esercitava con un Incanto
più o meno lecito, perfino l'attimo esatto in cui il suo
intestino le comunicava che era
l'ora, e quello sì che era uno stimolo da non
ignorare.
Quella
sera, Barnabus Cuffe le scombinò la routine serale con la
forza di un uragano.
Prima
cosa, che diamine ci facesse a casa sua era un mistero tutto da
chiarire. Possibilità numero uno: si era perso. Caso numero
due: lo aveva invitato lei. Probabilità numero tre: si era
autoinvitato.
Seconda
cosa, perchè occupasse il suo divano sacroesacrosanto
nel fine settimana era una questione di una certa importanza. Ogni idea
le venisse in mente cominciava sul divano, lì si sviluppava
e lì veniva portata a termine. Yoga? Sul divano. Spezzatino
di manzo? Sul divano. Letteratura spagnola? Sul divano. Barnabus Cuffe?
Su un letto da fachiro. Oh
sì, un letto da fachiro! E l'Editore ci mese
poco a scappare da quel divano, appena Trasfigurato in qualcosa di
molto più scomodo.
Terza
cosa, a meno che non mettesse su un vinile Babbano o accendesse la
radio magica, in casa sua doveva
necessariamente regnare il silenzio. E Barnabus, tolti gli
strilli dovuti a qualche chiodo conficcatosi in punti dove non si
dovrebbe mai
conficcare un chiodo, singhiozzava ininterrottamente da ore,
lamentandosi di chissà cosa.
Candida,
la cui pazienza aveva un limite, limite per altro superato da almeno un
centinaio di minuti, si decise a Silenciarlo
di nuovo.
-
Scriveremo quest'editoriale insieme, Cuffe, ora la smetta di
annaffiarmi le begonie.
E
Barnabus fece l'ennesimo errore della sua vita: la abbracciò.
-
Incarceramus.
***
- L'avresti mai
detto, Krolik?
Franziska
non lo chiamava mai per nome, forse per dargli del Coniglio
più spesso o magari perchè non aveva mai avuto la
voglia di impararlo. Ad Aleksandr andava bene così. - Cosa,
Franziska? - Pendeva dalle sue labbra, e sognava di farlo per davvero.
-
Lei... - Gli porse una fotografia sbiadita, ma abbastanza chiara da non
mascherarne per niente il soggetto.
-
Lei? Ma lei lavora con...
-
Dovete prenderla - ordinò una terza voce, al suono della
quale si inchinarono entrambi.
Franziska
prese a tremare. - Mio Signore...
-
Sì, aspettami lì.
Un
lampo di soddisfazione folle attraversò gli occhi della
bionda, mentre la disperazione più cupa funestava quelli del
Coniglio. Di lì a poco l'avrebbe sentita urlare... per
finta, per davvero, non l'avrebbe mai saputo. E i suoi occhi erano
sempre rossi di dolore, quando tornava indietro, eppure bruciavano,
ardevano di una gioia che non poteva essere raccontata a parole.
-
Krolik, vai con gli altri. Elabora un piano per prelevarla.
Rachmaninov
si voltò verso l'esile figura di Franziska: aveva
già una spalla nuda, e sfilava senza premurarsi di non dare
nell'occhio. Era lei la Prescelta, anche quella sera.
Krolik
serrò i pugni, vedendo sparire anche l'ultimo segno della
sua presenza nell'oscurità più nera.
-
Vasiliy, Kalisa, lei.
Kalisa
squadrò l'immagine, ghignando. - Lei... e lui. Buffo.
***
Era
quasi arrivata di fronte alla Signora Grassa. Sbuffando, pestando i
piedi, imprecando a mezza bocca. Le aveva messo le mani addosso, come
osava quello stupido idiota impomatato - che quella sera non si era neanche impomatato,
ora che ci pensava (ma da quando in qua faceva caso al gel sulla testa
di Malfoy?) - che senza di lei non sarebbe stato in grado neanche di
cavare un ragno dal buco?
Stava
per concordare, in qualità di Caposcuola, la nuova parola
d'ordine con il ritratto, quando sentì un rumore improvviso.
Si voltò di scatto, prima di convincersi che non c'era
assolutamente niente di strano.
-
Buonasera cara, per questa settimana proporrei Amortentia, che ne
dici?
Sorrise
al quadro. - La comunicherò a tutti, sperando che anche
Neville non la dimentichi.
Alla
Signora Grassa sfuggì una risatina. - Oh, quel bel
giovanottone, quante ne ha passate... Ricordo ancora quando al primo
anno...
Ma
Hermione non la ascoltava già più. C'erano troppi
rumori che provenivano dal corridoio adiacente, troppi
perchè fosse semplicemente un falso allarme.
Tornò indietro, svoltando l'angolo. Qualcuno la spinse di
nuovo contro il muro, spalle contro la pietra, petto contro petto.
-
Zitta - disse quel qualcuno, semplicemente.
Amortentia, ripetè
Hermione fra sè e sè, per non dimenticare i suoi
doveri di Caposcuola, mentre quel bacio rischiava di farle dimenticare
anche il suo nome.
Amortentia, mentre
Draco si allontanava, scottato, chiedendosi palesemente che cosa gli
fosse saltato in testa.
Amortentia, nel
momento in cui lo vide correre via, vulnerabile, preoccupato,
distrutto, fragile.
Amortentia, quando
capì che non si sarebbe presentato in Biblioteca,
nè il giorno successivo nè mai.
Amortentia, perchè
realizzò che lui aveva cercato in lei tutto quello che gli
era stato tolto. Qualcuno che aveva perso, che era sparito, di cui
aveva bisogno.
- Io non ho visto
niente - sentenziò la Signora Grassa, mentre la lasciava
passare senza chiederle neanche una sillaba.
Amortentia.
Noce.
- Neanch'io.
Effebì
Mi
trovate... qui.
Grazie,
grazie davvero.
♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Ragni e Pancakes ***
15.
Ragni e
Pancakes
Avvertimento: in questo
capitolo si accenna lievemente a un incesto. Non ci sono scene
erotiche, così come previsto dal regolamento di EFP, ma dato
che la tematica potrebbe infastidire qualcuno preferisco avvisarvi fin
da subito.
Poi: sono pessima, nevvero? (Sono pessima anche a dire nevvero, ma chiudiamo un occhio, mi
piace. XD)
Non ho risposto a diverse recensioni e a mia discolpa posso dire di non
averne avuto davvero il tempo. Se vi siete offesi o mi volete infamare
per la mia scortesia, la prossima recensione potrete infarcirla di
tutti gli improperi che volete, non mi offendo. E' che preferisco
aggiornare in fretta, dato che gli esami (e la laurea?) si avvicinano
inesorabilmente e sto riducendo i passatempi al minimo, per vedere di
tirarne fuori qualcosa di buono. Se poi esigete una risposta,
minacciatemi di morte nella maniera che preferite, mi
adeguerò. :P
Capitolo molto frammentato: dovevo raccontare un sacco di eventi
avvenuti in contemporanea e non sapevo come altro fare. Spero di aver
almeno creato un ritmo piacevole.
Mi cheto, che come al solito chiacchiero troppo. Buona lettura!
- Hermione.
Stava piovendo, doveva completare un tema di Aritmanzia. Non c'era
nient'altro.
- Hermione.
La colazione le era rimasta un po' sullo stomaco, forse quei pancakes
erano un po' troppo pesanti... la prossima volta li avrebbe evitati.
- Hermione.
All'ora successiva avrebbe avuto Difesa Contro le Arti Oscure: si era
esercitata così tanto negli Incantesimi Paralizzanti che in
tutta Hogwarts non volava più una mosca.
- Hai scritto Luna invece di Runa.
E allora la ascoltò. - Oh, dove ho la testa! Grazie Ginny.
- Vorrei saperlo anch'io - borbottò la rossa, mentre
radunava i suoi libri e pergamene senza troppa cura.
E fu allora che Hermione capì che un comportamento di quel
genere era inammissibile. Punto primo: Draco Malfoy l'aveva baciata
senza chiederle il permesso. Punto secondo: Draco Malfoy non era
più importante del suo tema di Aritmanzia. Punto terzo:
Draco Malfoy era Draco
Malfoy, e non poteva perdere tempo con pensieri che lo
riguardassero. A priori.
- Ginny, hai finito il tuo tema?
- Diciamo di sì.
- Vuoi che te lo riguardi nei prossimi giorni?
Per poco l'amica non spalancò la bocca. - C...certo.
- Perfetto... allora possiamo andare.
Appellò tutta la sua roba, creando una pila ordinata e
riponendola nel baule.
Ginevra la seguì, giurando di non toccare mai più
un pancake in tutta la sua vita. Non poteva permettersi effetti
allucinogeni indesiderati: quei maledetti di Beauxbatons e Durmstrang
volevano sicuramente farli squalificare tutti per Magidoping e, poteva
giurarci, le colazioni le avevano avvelenate loro. Aggiunse una voce
all'elenco delle cose da fare dopo pranzo: stanare gli Elfi Domestici
infiltrati in Cucina. Possibili obiettivi: Elfe svenevoli dalle ciglia
lunghe, Elfi robusti e borbottanti.
- Ginny, a cosa stai pensando? - Hermione la stava guardando di
traverso, mentre usciva dalla Sala Comune.
- Al Qu...
La Caposcuola alzò un sopracciglio.
- ...Quadrato delle Ipotesi di Merlino.
- Oh... Trasfigurazione. Dovrò ripassarla, più
tardi.
Ginevra annuì, ridacchiando sotto i baffi. Lei doveva ancora
aprirlo, quel capitolo.
- A-ehm, Caposcuola Granger.
Hermione si voltò verso la Signora Grassa. C'era anche
l'immancabile Violet, ed ebbe subito l'impressione che la stesse
guardando in modo strano.
- Sì? - chiese, un po' sulle spine.
- Tutto bene?
Hermione annuì, mentre Ginny la fissava, sempre
più stranita (e Violet la guardava invece con talmente tanto
interesse che non riusciva più a inzuppare i pasticcini nel
tè). - Ha cambiato idea, Signora?
L'inquilina del quadro si tirò meglio lo scialle sulle
spalle. - Idea su cosa?
- Sull'aver visto.
Violet cambiò espressione. - Te l'avevo detto
che se ne sarebbe accorta subito! Oooooh, non dovevi dirmelo! -
bisbigliò un po' troppo forte perchè due paia di
orecchie potessero non sentirla.
- Qualcuno può dirmi cosa sta succedendo qui?! -
sbraitò Ginevra. - Visto cosa?!
- Faremo tardi per la lezione - concluse freddamente Hermione. -
Andiamo, Ginny.
- Noi non andiamo da nessuna parte, io...!
- Ho chiesto alla Signora Grassa di tener d'occhio la situazione nel
Castello. Sai... per via del Quidditch. - L'espressione di Ginny si
rischiarò immediatamente. - Non vorrei che qualche nostro
avversario si comportasse in modo... strano, ecco. - Hermione si fece
mentalmente un fragoroso applauso. Ginny anticipò
l'ispezione in Cucina di un'ora. - Che so, trappole, scherzi...
Ginny si fermò, mettendo una mano sul braccio di Hermione e
parlando solennemente. - Hermione Jean Granger, sei la migliore
Caposcuola che Hogwarts abbia mai avuto. Il mondo sportivo te ne
è infinitamente grato. - Detto questo, si offrì
di portarle i libri fino in aula.
Quando Draco Malfoy la vide entrare con quel sorriso sibillino sulla
faccia, si chiese se per caso fosse sul punto di essere ucciso. Invece,
Hermione Granger si sedette al suo solito posto, mentre Ginevra le
disponeva in ordine geometricamente maniacale penne, calamaio e
pergamene su tutta la superficie del tavolo. Quando la lezione
cominciò, cadde il silenzio.
Era un giorno come tanti altri, si ripeté lui. Stava
piovendo, doveva finire un tema, doveva trovare sua madre.
- Signor Malfoy...
Quel giorno aveva mangiato pancakes - non li mangiava mai, i pancakes -
ma decise che sarebbe stato meglio evitarli, aveva già
abbastanza pesi sullo stomaco senza che ci dovesse aggiungere anche
quelli.
- Malfoy...
Gli Incantesimi Paralizzanti. Era discretamente sicuro che gli
sarebbero riusciti, nonostante si fosse completamente dimenticato di
esercitarsi.
- Insomma, Draco Lucius Malfoy, vuoi ascoltarmi? Dieci punti in meno a
Serpeverde!
Sentir tintinnare quegli smeraldi ormai evaporati risvegliò
prima la sua coscienza e poi lui. - Sì, Professore? Mi
dispiace, ero sovrappensiero.
- Devi scendere in Sala Grande, gli Auror hanno bisogno di parlarti. -
Lui annuì, alzandosi in silenzio e promettendo di tornare
appena possibile. - Bene, possiamo cominciare...
Forse l'ossessione atavica del fratello per i ragni doveva averle dato
alla testa, pensò Ginny: non era possibile che ogni volta le
sembrasse che ci fossero fili invisibili galleggianti nelle stanze
più disparate. Fatto sta che la penna di Hermione Granger
rischiò di arare
il foglio, mentre prendeva appunti. E che quei pancakes
avevano dato alla testa a un po' troppa gente, dato che già
in due quella mattina erano stati un po' troppo sovrappensiero rispetto
al normale. Le
sembrò di vedere un filo invisibile che teneva in tensione i
muscoli del collo di Hermione: era come se volesse girarsi, con tutte
le sue forze, e non ci riuscisse - o non volesse. Era come se quel filo
la tirasse fuori da quell'aula, e lei non volesse cedere a quegli
strattoni sempre più indelicati.
Due ore dopo, quando il Professore assegnò loro una ricerca
sull'uso degli Incantesimi Trappola nel corso della storia, Draco
Malfoy non era ancora rientrato.
Due ore dopo, le stesse
due ore dopo, all'altro capo della ragnatela, Hermione
Granger si lasciò trascinare dal filo.
Ginevra la vide Appellare la sua roba in mezzo secondo e uscire
dall'aula ad una velocità quasi inappropriata.
I ragni dovevano essere allergici ai pancakes, pensò, mentre
due più due cominciava a fare quattro.
Ginny Weasley lasciò immediatamente perdere gli Elfi
infiltrati e si concentrò sulle dodici zampe che le erano
improvvisamente apparse nella mente. Sei di Hermione e sei di...
Non poteva essere.
Violet, avrebbe fatto parlare Violet. Per un giorno, il Quidditch
poteva aspettare.
***
Vasiliy e Kalisa erano identici: nel taglio degli occhi, nelle labbra,
nel naso. Si distinguevano per i capelli, per il seno di lei, per un
neo che lui aveva sulla punta del dito mignolo. Vasiliy e Kalisa erano
alti, androgini, bellissimi.
Rachmaninov li aveva trovati quasi per caso venti anni prima,
abbandonati, semi-assiderati, senza neanche la forza di piangere. Li
avrebbe lasciati morire senza alcun rimpianto, se solo non fosse
scivolato non una, ma ben due volte, sul ghiaccio siberiano. Si era
voltato subito verso quell'ammasso informe di lana, e aveva scorto due
paia di occhi che lo guardavano con quello che sembrava... disgusto.
Aveva provato a rialzarsi, lui, il più grande Mago di tutto
il continente, e non c'era riuscito - di nuovo. Quello che poi
battezzò Vasiliy pareva divertirsi, anche se le sue smorfie
erano congelate.
Decise che sarebbero stati dei grandi Maghi - non potevano essere
altrimenti -, e che se si fossero rilevati una delusione sarebbero
stati lo stesso ottima carne da macello. Per ora non avevano dimostrato
di essere nè l'una nè l'altra cosa. Di certo,
erano degli ottimi fanatici: in vent'anni di vita, non avevano sentito
altra voce che non fosse la sua.
I due erano determinati a portare a termine la loro missione. Dovevano
prelevarla - senza torcerle un capello, o almeno causandole danni
più che riparabili - e consegnarla nelle mani dell'unica
persona che erano disposti a chiamare padre.
- Io li trovo carini - osservò Kalisa, mentre un rivolo di
capelli neri le sfuggiva dalla coda.
Vasiliy osservò il suo ritratto, storcendo il naso. - Non mi
dire che ti inteneriscono...
Lei rise, e ad un passante venne la pelle d'oca. - Sciocco fratello, il
fatto che siano carini non salverà loro la vita.
- Ti ricordo che non dobbiamo farle del male...
- A lei. Ma sai da quant'è che non uccido qualcuno, Vasjura?
E tu, tu che mi dici? - gli sfiorò il polso, guardandolo
maliziosa. Con la lingua gli solleticò un orecchio. - Non ti
eccita sentir scorrere un po' di sangue?
- Kalisa, piantala.
- Cosa c'è, fratellino? - Gli accarezzò il petto
con un dito. - Fai finta di niente?
- Kalisa, sei...
- Dammi un bacio, Vasjura. Un bacio solo, per la vittoria.
Vasiliy capitolò. Amava sua sorella. La amava più
di qualsiasi altra cosa.
***
Barnabus Cuffe cominciò a ricevere Gufi e Strillettere
già da metà mattina.
Tutta quella posta era perfino riuscita a scovarlo dall'altra parte di
Londra, tanto che diverse missive portavano sulla busta l'indirizzo Divano di Candida Flor Paciencia
Dulcinea Fermina de Torres, e tutto quel caos non
accennava a diminuire.
Candida decise di risolvere il problema alla radice, e Barnabus si
ritrovò in breve tempo fuori dalla sua porta, in maglietta e
boxer.
Decisamente, quella trovata
non era piaciuta ai suoi lettori, che lo accusavano di averli fatti
stare in pensiero, di essere solo un avido sfruttatore di bufale e gli
auguravano diversi mali, più o meno letali. Barnabus si
strinse nelle spalle. Il suo giornale non sarebbe certo entrato in
crisi, ora che un'altra tragedia era alle porte, e che la gente aveva
voglia di documentarsi un po'.
- Lei è disgustoso - sentenziò Candida,
fissandolo.
Lui, che neanche si era accorto che la donna aveva riaperto la porta,
tanto era felice e sguazzante in Galeoni immaginari,
sbiancò. - Come, signorina Candida?
- Ho detto che lei è repugnante,
Cuffe. Come può solo pensare...?
- Suvvia Candiduccia - tentò di giustificarsi,
spelacchiandosi un baffo. - I nostri Auror risolveranno tutto, io mi
limiterò a ricamarci un po' su...
- Vergonzoso.
Le piacciono le tragedie!
Lui cominciò a sudare freddo. - Non ho detto questo, io,
io...
- Conosco la Legilimanzia, signor Cuffe, non provi nemmeno a mentirmi.
Divenne rosso come un pomodoro. Per la prima volta, Barnabus Cuffe si
stava vergognando. Scosse velocemente la testa, sussiegoso. - Mi
impegnerò a cambiare, signorina Candida. Per lei.
Lei, fissandolo come fosse un Vermicello particolarmente viscido, gli
sbatté la porta in faccia.
***
- Audrey Hollande, enchantée.
Calderoni,
pensò Percy Weasley, mentre l'Auror si presentava e
introduceva alla commissione inglese tutti i colleghi che la Divisione
Internazionale aveva messo a disposizione per l'affare Malfoy.
- Merci - continuò lei, mentre Kingsley
Shacklebolt le stringeva la mano.
Calderoni,
continuò a pensare Percy, mentre Harry gli sventolava la sua, di mano, di
fronte agli occhi.
- Noi della Divisione Internazionale siamo stati informati su tutto,
signor Malfoy. Li troveremo, ne stia pur certo. Suo padre è
a Diagon Alley, ed è già stato informato riguardo
al nostro interessamento nella questione.
Draco era lì da un paio d'ore e non ne poteva
più. Prima c'era stato quell'idiota di Harry Potter a
garantirgli che il Ministero stava facendo tutto il possibile. Poi era
arrivato quell'idiota ancora più idiota di Percy Weasley, a
tagliargli qualche ciocca di capelli e qualche unghia per creare
chissà quale Pozione Rintracciante, e sperare
così di trovare i suoi geni in qualche punto preciso della
mappa che aveva di fronte. Infine era arrivato Kingsley, a rassicurarlo
perchè prima o poi, Pozione o non Pozione, avrebbero trovato
lo stesso sua madre. In seguito c'erano stati tutti gli Auror inglesi,
e ora ci si metteva anche quell'accozzaglia di nazionalità
diverse, vestita più o meno decentemente, a ripetere per la
settecentesima volta che sì, tutti avrebbero fatto il
possibile. E
perchè cazzo pensavano di farlo lì, tutto il possibile?
- Se non ci sono altre cose, Ministro, noi preferiremmo
andare e metterci al lavoro.
Era ora,
pensò Draco.
Calderoni,
pensò Percy.
- Grazie infinite, signorina Hollande.
- MERCI! - urlò qualcuno dal fondo della Sala Grande.
Hermione, che stava entrando giusto in quel momento, squadrò
Percy dubitando della sua sanità mentale. Sanità
di cui dubitò ancora di più quando una giovane
minuta ma determinata gli si avvicinò sorridendo. - Persì!
Lui aveva uno sguardo così imbambolato che
Hermione provò a disincantarlo, nel caso qualcuno gli avesse
fatto un Incantesimo Rammollente per scherzo. E invece Percy continuava
ad avere ancora la stessa faccia.
- Calderoni
- disse all'Auror francese, cercando di darsi un contegno e ottenendo
l'effetto opposto.
Ad Audrey Hollande si congelò il sorriso. Doveva avere una
calamita per i matti, Santa Cleopatra.
Scambiò uno sguardo di intesa con la ragazza dai capelli
cespugliosi che si era trovata di fronte: poi, da come la vide guardare
quel Draco che aveva appena conosciuto, capì una semplice,
linearissima cosa. Quella studentessa aveva una calamita più
grossa.
- Pos-so of-frir-le il pran-zo? - sillabò lentamente Percy,
respirando tra una parola e l'altra. Ce l'aveva fatta. Le aveva parlato.
Audrey lo guardò con dolcezza. - Dobbiamo reperire del
materiale in Diagon Alley... ci vediamo lì?
Percy annuì freneticamente, prima di seguirla fuori,
mescolandosi nella folla della Divisione Internazione.
- PERCY VIENI SUBITO QUI! - sbraitò Harry, tanto che Ginny,
appena arrivata, guardò prima il fratello poi il fidanzato
con aria sempre più interrogativa. No, decise, avrebbe
smesso di cercare di capirci qualcosa. Anche perchè quel
giorno la priorità andava a...
- Alle quattro in biblioteca, Granger - sputò, freddo, Draco
Malfoy. - E non fare tardi.
Le sinapsi di Ginny si strinsero le mani, orgogliose di se stesse.
Doveva fare un discorsino con suo fratello - l'altro, quello sano di
mente... no, impossibile, neanche Ron era sano di mente -: i ragni
erano delle gran belle bestiole, intelligenti e ordinate. E lineari. Linearissime.
***
Vasiliy
espirò una boccata di fumo. Era difficile, era tremendamente
difficile.
Kalisa giocherellava con una punta dei suoi capelli, sembrava
spensierata. Del resto, lei l'aveva già chiarita la sua
linea d'azione. Uccidere tutti quelli che si fossero posti sulla strada
tra loro e lei. Se Rachmaninov la voleva, non avrebbe badato ai costi
dell'operazione, neanche a quelli in vite umane.
Vasiliy, invece, voleva fare le cose più pulite, minimizzare
i rischi. Non potevano attirare troppo l'attenzione, dovevano prenderla
e sperare che nessuno se ne accorgesse per qualche minuto, giusto il
tempo di fuggire.
- Vasjura... Guardala, è là.
Circondata da gente d'ogni tipo, come si aspettava. Troppa gente,
veramente troppa.
Kalisa impugnò la bacchetta e fece per alzarsi. A lui
tornò in mente la prima volta in cui l'aveva fatto: aveva
poco più di un anno e si era alzata in piedi prima di lui.
Quando si era accorta che lui non era ancora in grado di seguirla, non
ci aveva più riprovato, riprendendo a gattonare e
dimenticando quell'episodio. Piccola, dolce, Kalisa...
- No - le disse seccamente, prendendola per un polso e riportandola a
sedere vicino a lui, in quel punto dove nessuno poteva vederli. - Non
ancora.
Lei sbuffò. - Non le faccio niente, lo prometto...
La zittì con un bacio tra i capelli. - Arriverà
il momento in cui sarà da sola, vedrai.
- E' con un altro traditore del Signore Oscuro... - strinse i pugni,
furibonda. Vasiliy dovette trattenerla in un abbraccio quasi
soffocante, per non lasciarla andare.
- Baju Bajushki Baju...
Ne lascisja na craiu...
Kalisa spalancò gli occhi, calmandosi immediatamente. Era
caldo Vasiliy, lo era sempre stato. Forse se non fosse stato per lui
non sarebbe neanche sopravvissuta a quella notte.
- Prijdiot serenkij
volciok...
Vasiliy era tutto, avrebbe fatto qualsiasi cosa lui avesse desiderato.
- I ukusit za bociok...
Kalisa capitolò e chiuse gli occhi. Amava suo
fratello. Lo amava più di qualsiasi altra cosa.
***
Hermione si affidava raramente ai presentimenti. Trovava
irrimediabilmente stupido preoccuparsi di qualcosa che non era ancora
successo, e che neanche doveva succedere per forza. Come se non
bastasse, un suo presentimento era già stato smontato da
Draco Malfoy. Avrebbe scommesso qualsiasi cosa sul fatto che quel
giorno avrebbe disertato l'incontro in Biblioteca, e invece...
Aveva ricontrollato il tema di Ginny impiegando trenta secondi netti,
fingendo di non notare le occhiate che Ginny lanciava a lei, Violet
lanciava a Ginny, la Signora Grassa lanciava a Violet. Poi si era in
qualche modo convinta che Romilda Vane stesse fissando Ginny, che
Lavanda Brown stesse fissando Romilda, e che le gemelle Patil -
sì, tutte e due, all'ora di pranzo - stessero fissando
Lavanda, imitate da Neville, Euan, una Corvonero del quinto anno,
metà tavolo dei Serpeverde e cinque o sei Tassorosso.
Aveva una sorta di prurito alla base della nuca, come se tutti quegli
occhi le facessero il solletico, ed era scappata dal tema prima di
morire dal ridere. E proprio in quel momento Ginny aveva avuto la
conferma che due più due faceva proprio quattro, e proprio
le quattro spaccate, dato che a quell'ora aveva fatto in modo di essere
in Biblioteca dietro a una pila di tomi impolverati. Avrebbe segnato
quel giorno nel calendario: lei, appostata dietro a strani libri sulla
coltivazione del Pomodoro Farfallino nel corso dei secoli, a spiare
Hermione Granger, che aspettava Draco Malfoy. Se fosse sopravvissuta
agli scherzi di quei Quidditchari da strapazzo di Beauxbatons e
Durmstrang (perchè sì, ne era convinta, sotto
sotto qualcosa stavano tramando davvero), ci avrebbe scritto un libro.
Alle tre e cinquanta, Hermione aveva già sparso una serie di
tomi su uno dei tavoli, cominciando a sfogliarne qualcuno. In
realtà non riusciva a concentrarsi, aveva ancora addosso
quello strano odore di pericolo che non riusciva a togliersi dal naso.
E beh, continuava a sentirsi almeno un paio di pupille puntate addosso,
ma quella era di certo solo
suggestione.
Alle quattro spaccate, Draco Malfoy le si sedette accanto, afferrando
bruscamente un tomo dalla copertina porpora e chiedendole cosa diavolo stiamo cercando -
Ginny prese appunti, sarebbe stato un incipit niente male per il suo
romanzo.
Hermione lo fissò, togliendogli il libro di mano e aprendolo
all'indice.
- Sai leggere, Malfoy? Influenza
della Magia Oscura in Europa.
- E allora?
- E allora stiamo cercando tutto.
Datti da fare - concluse, ributtandosi sul suo tomo.
Draco la guardò per un attimo, indeciso sul da farsi. Doveva
ucciderla subito? O aspettare che gli ritrovasse sua madre? Certo, se
l'alternativa al fidarsi di lei era mettersi nelle mani di Harry
Potter...
Ginny, dietro lo scaffale, era più che delusa. Tutto quel
polverone e poi quei due semplicemente collaboravano?
Stava sprecando una giornata di studio per niente - macchè
di studio, si corresse poi, di Quidditch.
Si alzò di scatto, senza neanche premurarsi di fare piano.
Esattamente cinque secondi dopo la sua uscita definitiva di scena, il
dorso della mano di Draco urtò
un dito di Hermione. Per sbaglio, ovviamente.
***
Barnabus Cuffe aveva uno strano presentimento - anche lui - mentre
bussava ininterrottamente alla porta di Candida, supplicandola di
rendergli almeno i pantaloni. Non sapeva che si era già
Smaterializzata più o meno un'ora prima, e che
già correva per mezzo Ministero, sbrigando le sue
commissioni abituali e tutte quelle extra dovute alla massiccia
quantità di posta che era arrivata quel giorno. Oh, e
Candida odiava la posta già di suo... quel giorno, con tutte
quelle lamentele, avrebbe volentieri dato fuoco a tutto.
Kingsley Shacklebolt era ancora fuori, lei era da sola con Lucius
Malfoy - e neanche poteva tallonarlo continuamente, dato che era
indaffarata come non mai e viveva più in ascensore che nei
corridoi. Odiava quella mezza giornata libera che le era stata
concessa, odiava non essere arrivata in Ufficio alle otto in punto,
odiava non aver già finito il suo lavoro con ore d'anticipo,
come le capitava ogni volta, e odiava anche quei maledetti rapitori di
Narcissa Malfoy, che la facevano sentire in colpa anche solo a
guardarlo, Lucius.
Alle cinque e mezzo si accasciò sulla sua scrivania,
esausta. Forse le avanzavano cinque minuti per sistemarsi le unghie...
La vista di quelle di Lucius Malfoy, completamente rose dall'angoscia,
le fece passare la voglia.
- Posso portarle qualcosa, signor Malfoy? - esitò, mentre si
alzava in piedi non senza un minimo di fatica.
Gli occhi grigi di Lucius la fissarono per un secondo interminabile. -
Penso di volermi riposare anch'io, signorina De Torres. Se vuole,
potremmo uscire dal Ministero, offro io.
- Oh no, questo mai!
- Non sia mai che un Malfoy sia in debito di un tè,
signorina. Usciamo?
Candida, armeggiando con la bacchetta dietro alla schiena per
risistemarsi le unghie a tempo di record, annuì. Ah, se solo
fosse successo vent'anni prima... Si concesse di fantasticare un
attimo, un attimo solo.
A qualche decina di km di distanza, il brutto presentimento di Barnabus
si fece talmente pesante che decise di lasciar perdere i pantaloni.
***
Hermione Granger aveva imparato a dare un nome al suo presentimento.
Il suo presentimento era, innanzitutto, una schiappa nella
consultazione dei libri: non indovinava mai le parole chiave da
Appellare, arricciava le pagine ed era lentissimo a leggere. Aveva
provato a spiegarglielo, intorno alle cinque, che era inutile che
massacrasse i tomi, se non obbedivano al suo volere: era lui a non
saperli usare, non loro a nascondergli le cose.
Draco, per tutta risposta, aveva scagliato Influenza della Magia Oscura in
Europa dall'altra parte del tavolo, con un colpo di
bacchetta. - Inutile. Passamene un altro, Granger.
Lei si appuntò di ricontrollarlo più tardi, da
sola. Non si era mai fidata dei presentimenti, e non le sembrava il
giorno più adatto per cominciare a farlo.
Gli passò Gruppi
Oscuri da Oriente a Occidente, e tentò di
concentrarsi di nuovo sul libro che aveva scelto per sè.
Eppure era come se qualcuno la fissasse ancora, con uno sguardo ancora
più penetrante.
***
- Vasiliy, mi annoio.
Lui, che non sapeva davvero come replicare, annuì. - Sono da
soli, potrebbe essere il momento buono.
Lei non aspettò neanche per un istante le sue direttive.
Vasiliy si voltò e lei era già scomparsa.
***
- Ha sentito per caso il Ministro, signorina?
Candida scosse la testa, dispiaciuta. - Ormai credo che si
Materializzerà in Ufficio a fine giornata, signor Malfoy.
Immagino che sia stato tutto il giorno a coordinare le
attività con la Divisione Internazionale.
- Possiamo fidarci? - chiese lui, attraversandola con un solo sguardo.
Lei tremò un attimo. Non sapeva cosa rispondergli, davvero.
La porta tintinnò, mentre Harry Potter e Percy Weasley
facevano il loro ingresso nella piccola caffetteria, e Lucius Malfoy
cambiò subito espressione. - Pensavo che foste occupati con
gli Auror Internazionali, voi due. E invece vedo che la voglia di
lavorare non è un optional solo per noi aristocratici...
Percy guardò timidamente Harry: era rigido dalla testa ai
piedi, sembrava non riuscisse ancora a spiccicar parola. Che c'era di
più strano, è che anche Potter non sembrava aver
molta voglia di chiacchierare. Alla fine i due decisero di ignorare sia
Lucius che Candida, e si avvicinarono al bancone.
Lei, per tutta risposta, cominciò a far scroccare le dita. -
Mi perdoni, signor Malfoy, ma quel Potter non mi è mai stato
simpatico. Vado e torno.
E Lucius la guardò alzarsi, divertito. Almeno fin quando un
altro avvenimento non lo fece divertire di più: Barnabus
Cuffe era appena piombato nel locale. In mutande.
***
- E' lei, no? - sussurrò piano Kalisa, per non far udire la
propria voce.
***
Hermione cominciava a sentirsi davvero troppo strana.
Impugnò la bacchetta, facendo segno a Draco Malfoy di
restare in silenzio.
I libri avevano imparato a parlare? Aveva controllato mille volte: la
Biblioteca si era totalmente svuotata, eccezion fatta per loro due. E
allora, perchè sentiva bisbigliare da dietro ogni scaffale?
Forse doveva semplicemente arrendersi: stava diventando paranoica. Ma
lei non era mai in ansia - agitata sì, quando c'era in ballo
l'esito di un esame, ma non in
ansia, come se ad ogni passo ne andasse della sua vita -,
eppure quel giorno era su di giri, isterica, senza fiato.
E ora che strisciava con le spalle contro la libreria medica si sentiva
ridicola come non mai. Ma
che diamine stava facen...
***
- Non è carino da parte sua non
salutare, signor Potter. Capisco che la sua permalosità
tocchi vette inarrivabili, ma...
Lucius Malfoy si accasciò a terra.
- Barnabus, non è il momento di fare l'eroe tragico! Capisco
che sia geloso, ma...
I boxer a pois ondeggiarono per un attimo, prima di cadere
trascinandosi dietro tutto il loro contenuto. L'Editore giaceva prono
sul pavimento, come morto.
E fu allora che Candida capì perché Harry Potter
non l'aveva salutata, e perchè Percy Weasley aveva per la
prima volta un'espressione sveglia, seppur timida.
***
...do.
Non doveva fidarsi dei presentimenti, lo sapeva, ma come
poteva non lasciarsi andare, se le davano quei baci che sapevano di tutto?
- Adesso puoi smettere di stare in ansia, Granger - le
sussurrò sulle labbra, mentre lei lasciava cadere la
bacchetta, e le sue gambe lasciavano cadere lei.
Da qualche parte dietro al reparto culinario, l'urlo di Violet e della
Signora Grassa riecheggiò di cornice in cornice. Le voci... Hermione
si dette mentalmente della stupida.
***
Kalisa smise di sussurrare all'orecchio di Vasiliy: Candida le stava
puntando contro una bacchetta, e parava senza difficoltà gli
Incantesimi dei due fratelli.
Il suo ghigno si allargò in un paio di labbra carnose, il
suo naso divenne più appuntito, i suoi occhi riacquistarono
ciglia più lunghe.
- Metamorfomagus... - balbettò Candida, incredula.
- Perché non la smetti di combattere, linda, e ci segui
senza fare domande? Potremmo fare grandi cose con te...
- Mai - sputò, risentita. - Stupeficium!
Vasiliy parò l'Incantesimo, scagliandole contro
una Cruciatus. - Cos'è, Gaunt,
proprio tu non riesci a usare queste Maledizioni? Non possiamo portare
una fregatura a Rachmaninov...
- Potete portargli il mio disprezzo! - sibilò Candida,
mentre riusciva a ferire Kalisa a un braccio.
E fu allora che Vasiliy cambiò completamente espressione. -
Se non vuoi seguirci con le buone...
Un fascio di luce azzurra le sfiorò una gamba. - Non sai
fare niente di meglio? - afferrò Kalisa per il braccio
sanguinante, strappandole un gemito di dolore.
- Lasciala stare o io ti...
A Vasiliy morirono le ultime parole in bocca: qualcuno aveva colpito
Candida al posto suo. Non gli aveva permesso di prendersi cura della
piccola Kalisa... era riuscito solo a starsene lì, inerme,
senza poterla aiutare... Kalisa singhiozzava fissando il proprio
vestito, completamente macchiato. Lui corse ad abbracciarla,
scavalcando il corpo immobile steso sul pavimento. - Ti
proteggerò, nessuno potrà più farti
del male...
- Non c'è tempo per le vostre moine.
La bacchetta di Rachmaninov fumava ancora, mentre si copriva la testa
col mantello. - Prendete il corpo. Andiamocene.
***
Mentre Ginny segnava un gol, con addosso uno strano presentimento, uno
strano presentimento continuava a stare addosso a Hermione.
Gli aveva dato un nome, a quel presentimento, ma c'era qualcos'altro...
- Oh p-per M-merlino - disse, tra un bacio e l'altro.
Draco Malfoy la guardò, senza nascondere una certa
soddisfazione. - Addirittura, Granger...
- Oh, taci per una buona volta! - lo zittì lei, lanciandosi
di nuovo sul libro che aveva lasciato aperto a metà. - Lo
sapevo, lo sapevo! Malfoy, dobbiamo chiamare il Ministro!
Se a Draco avessero schiacciato un piede di proposito, sarebbe stato
più contento. - Granger, non so se hai notato il momento...
Lei lo lasciò lì, correndo verso la Guferia. E
lui le corse dietro, senza evitare di sentirsi ancora più
stupido.
- I F-fedeli - ansimò lei, correndo. - Hanno b-bisogno di un
surrogato, d-dell'ultimo segno della presenza di Voldemort sulla
Terra...
- Ma non li hai distrutti tu gli Horcrux, coi tuoi amichetti del cazzo?
Hermione ignorò il suo linguaggio scurrile (ma non
ignorò il regolamento di Hogwarts, che prevedeva di togliere
cinque punti a Serpeverde: cinque smeraldi evaporarono all'istante). -
Non è sparito il suo sangue, Malfoy, e grazie a Harry hanno
scoperto esattamente dove cercarlo, se non lo sapevano già
da prima.
Malfoy si fermò di scatto. - Quell'imbecille di Potter ha
urlato ai quattro venti l'identità della segretaria di
Shacklebolt...
Hermione lo guardò con aria grave, mentre scriveva
freneticamente su una pergamena sgualcita.
E poi capì, quale fosse il vero nome del presentimento che
l'aveva assillata per tutto il giorno.
Hanno preso Candida
- recitava uno scarabocchio appeso alla zampa di un Gufo appena
rientrato.
Hermione lo porse a Malfoy, incredula.
Il suo presentimento si chiamava troppo
tardi.
NOTE:
- Vasjura è il diminutivo di Vasiliy.
- Tutta quella sequela di parole russe è una ninna nanna (io
non so un'acca di russo, Google sì). :P
Effebì
Mi trovate... qui.
Grazie,
grazie davvero.
♥
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=561936
|