Violet Hill

di fanny6
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mystic Falls: The Beginning ***
Capitolo 2: *** Bad Romance ***
Capitolo 3: *** Fairies ***
Capitolo 4: *** Gravity ***
Capitolo 5: *** There we sat in the snow ***
Capitolo 6: *** Somewhere only we know ***
Capitolo 7: *** Come Home ***
Capitolo 8: *** Street Map ***



Capitolo 1
*** Mystic Falls: The Beginning ***


NOTA: Questa storia non tiene conto del ritorno di Katherine, e di tutte le sue conseguenze, si svolge dopo l’apertura della cripta e la scoperta che Katherine non è lì, che è viva e che non ha fatto nulla per cercare né Stefan né Damon.


“Sono stato innamorato. È doloroso, senza senso e sopravvalutato.” [Damon Salvatore]


Il suo nome è Audrianne Light. Non avrebbe mai voluto trasferirsi a Mystic Falls, ma lei e sua madre erano state costrette: l’ultimo fidanzato dell’ex signora Light si era rivelato un tipo piuttosto violento, troppo violento, e quando Joanne Light si era rifiutata di dargli i soldi che chiedeva per lasciarle in pace l’aveva riempita di botte. E ora, lei e le sue figlie, Audrianne, che era all’ultimo anno di liceo e aveva quindi diciassette anni, e Melanie, di cinque, erano dovute scappare un’altra volta, e Mystic Falls era parso il luogo ideale: cittadina piccola, poco frequentata, anonima.
Iniziare l’ultimo anno a Novembre, in una nuova scuola, non è mai una buona idea, pensò Audrianne, mentre si vestiva in quella fredda mattinata.
Si guardò nello specchio, e giudicò di sembrare accettabilmente carina: aveva messo una cura particolare nel prepararsi, perché non voleva che sua madre vedesse il suo disappunto e si preoccupasse. I jeans a sigaretta, scuri, le fasciavano le gambe tornite. Una camicetta bianca a righe azzurre, con sopra un maglione di lana blu, dava un impressione ordinata, accentuata dagli orecchini a perla. A completare il tutto, i suoi lunghi e ricci capelli scuri, la sua cosa preferita del suo aspetto, e un filo di trucco.
Se solo non fosse stata freddolosa, avrebbe potuto evitare di mettere gli UGG boots neri ai piedi, che non andavano certo d’accordo con il suo look ordinato ed elegante.
Afferrò la borsa, si mise sciarpa, guanti e giacca e scese in cucina.
-Mamma sono in ritardo, prendo la macchina e spero di non perdermi, ci vediamo verso le quattro!- annunciò, scendendo le scale della piccola casa in fretta e furia. Sua madre non ebbe nemmeno tempo di salutarla che già era uscita nel gelo mattutino.
Trovare il liceo non fu difficile: la città era davvero piccola come se la immaginava, e si sorprese che ci fossero state tante morti quante aveva lette su internet, anche se a causa di un animale.
L’edificio non era grande, ed era affollato di studenti e macchine, notò Audrianne, facendo scorrere i suoi occhi castano chiaro, circondati da ciglia lunghe e folte, sul cortile della scuola.
Mentre camminava verso l’entrata, qualcosa di luccicante per terra attrasse la sua attenzione: era un braccialetto. Prendendolo come segno di buona fortuna, lo infilò in tasca.
-Forza e coraggio- si disse. Dopotutto il suo sorriso, fatto di denti bianchi e regolari, era la sua seconda cosa preferita di se stessa, bastava sfoderarlo con convinzione!
Fu più difficile di quanto pensasse. Andò in segreteria a prendere il proprio orario, con la lista delle aule dove doveva andare, e si avventurò nei corridoi del liceo.
Le facce, anche se sconosciute, le lasciavano immaginare il tipo di persona che ci si nascondeva dietro: atleta, cheerleader, secchione, emo un po’ sfigato… sempre le solite ‘categorie’ da liceo che non aveva mai potuto sopportare, forse anche perché lei era sempre la poveraccia con famiglia difficile che non riesce ad integrarsi.
Sperava che a Mystic Falls sarebbe stato diverso, che sarebbe riuscita a lasciare il proprio ottimismo e la propria solarità a briglia sciolta, e i presupposti c’erano tutti: la città era piccola, e quindi non c’erano troppi snob,la scuola non sembrava una di quelle infestate dallo spirito di comitiva scolastica… insomma, forse una chance c’era per non passare subito per caso pietoso.

Alla lezione di storia, fu costretta a prendere uno dei banchi in prima fila.
-Buongiorno ragazzi- entrò il professore, un uomo di bell’aspetto sulla quarantina al massimo.
La classe brontolò qualcosa in risposta, mentre lui apriva il registro e ne estraeva un foglio –Vedo che abbiamo una nuova alunna fra noi… Benvenuta .. Audrianne Light- le sorrise gentilmente –Sono Alaric Saltzman, professore di storia. Spero che ti troverai bene-
-Grazie- rispose Audrianne, un po’ a disaggio sotto lo sguardo della classe, probabilmente non molto abituata ai volti nuovi.
-Se ti trovassi indietro in qualcosa puoi chiedere gli appunti a Bonnie o ad Elena, sono sicuro che i loro sono piuttosto esaurienti- aggiunse Saltzman, indicando le due ragazze che le sorrisero cordialmente.
Finiti i convenevoli, la lezione ebbe inizio.
Quando terminò due ore dopo, le due ragazze indicate dal professore la raggiunsero in corridoio.
-Hey, sono Bonnie!- disse la prima, capelli neri, pelle scura e due occhi chiari stupefacenti
-Piacere, Audrianne…chiamatemi pure Audrey-
-Okay Audrey, io sono Elena- rispose l’altra, che aveva un viso molto bello e dei lunghissimi capelli castani
-Da dove vieni?- domandò Bonnie, mentre uscivano in cortile per la pausa pranzo.
-Prima di venire qui ho vissuto due anni in Massachussets, prima invece vivevo in North Carolina, e prima ancora in Pennsylvania- raccontò Audrey, spostandosi i lunghi ricci morbidi dietro le orecchie
-Wow! Ne hai visti tanti!-
-Già… beh, ora sono qui- fece Audrey, sperando che non indagassero oltre per non essere costretta a mentire o, ancora peggio, raccontare la sua disastrosa storia familiare.
-Ti invidio, noi siamo sempre vissute qui!- esclamò Bonnie, con un sorriso
-Ti va di mangiare con noi?- propose Elena, indicando l’edificio della mensa
-Volentieri! Grazie!- rispose Audrey con il suo bel sorriso di denti bianchi.
-Vedrai, imparerai presto a conoscere Mystic Falls…è un posto davvero minuscolo- la incoraggiò Bonnie, mentre entravano nella mensa ed occupavano un tavolo piuttosto piccolo
-Ho notato, ma a me non dispiace così… è più tranquillo-
Bonnie ed Elena si scambiarono un’occhiata rapida.
-Che strano il tuo ciondolo!- fece allora Audrianne, per stemperare la tensione, indicando il monile al collo di Elena, che sorrise imbarazzata
-Già.. è un regalo del mio ragazzo, Stefan… forse lo vedrai qui a scuola, lui non la frequenta molto, apparteneva alla sua famiglia-
-E’ molto particolare- apprezzò Audrianne
-Grazie…lo prendo come un complimento- scherzò Elena, mentre una ragazza bionda si sedeva con loro
-Ho discusso con Matt. Di nuovo- disse, con tono isterico –Oh, ciao ragazza nuova- aggiunse, rivolta ad Audrianne
-Si chiama Audrey- la apostrofò Bonnie, scuotendo la testa.
-Comunque… dice che non ho abbastanza tatto. Voglio dire, pronto?- e la ragazza bionda, che Audrey scoprì si chiamava Caroline, si lanciò in un invettiva che durò per tutto il pranzo. Quando la campanella suonò, Bonnie ed Elena si fermarono per lasciare i loro numeri di telefono ad Audrianne.
-Nel caso ti servissero, chiama per qualsiasi cosa- le disse Bonnie, con una strizzata d’occhio

Tutto sommato, la giornata non era stata affatto male, anzi, era stata piuttosto bella, pensò Audrianne mentre rincasava. Salutò allegramente sua madre, che fortunatamente lavorava come traduttrice e quindi poteva farlo da lì, e diede un bacino sulla guancia a sua sorella Melanie, prima di salire in camera ed iniziare a fare i compiti.
Aveva qualche materia da recuperare, mentre su altre per fortuna era avanti col programma. La stesura del saggio di storia le impiegò un’ora, e il ripasso di biologia un’altra.
Si riscosse dallo studio quando la voce di sua madre le annunciò che doveva andare a fare la spesa, perché lei non aveva ancora finito di lavorare.
Fuori ormai era buio, e Audrianne uscì di casa sperando di trovare ancora qualche negozio aperto, o il giorno dopo non avrebbero avuto colazione.
Non prese la macchina: la città era così piccola da permetterle di fare due passi nella sera fredda, ignara del fatto che un vampiro potente e accecato dalla rabbia  avesse appena giurato di tornare ad essere più spietato di prima.
Superato il quartiere ‘residenziale’ della cittadina, si trovò nel centro popolato di negozi. Il piccolo supermercato era ancora aperto, unica luce nella strada deserta.
Entrò e prese l’indispensabile: latte, pane, qualche primo surgelato per le emergenze, olio, sale, verdura e frutta. Pagò e ringraziò la vecchia commessa, che le sorrise benevola, prese il resto infilandolo nella tasca dei jeans, e stringendosi la sciarpa al collo con la mano libera dal sacchetto si avviò verso casa, il vento tagliente che le faceva bruciare la pelle olivastra.
Per ben due volte prese la strada sbagliata, e maledicendo il proprio senso dell’orientamento dovette correggere la direzione: era molto freddo, adesso, e voleva arrivare a casa in fretta.
In quel momento, una densa nebbia cominciò a farsi strada verso di lei, mentre imboccava una piccola traversa che, era sicura, era quella giusta.
Piuttosto impressionata dal silenzio e dal denso fumo biancastro, accelerò il passo, stringendosi ancora una volta la sciarpa al collo, i capelli ricci che si agitavano come fruste dietro di lei.
Aveva l’orribile sensazione di essere osservata, sentiva movimenti sinistri da tutte le parti.
“E’ solo la tua immaginazione” si ripetè, accelerando così tanto che ormai quasi correva.
Fu un attimo, una presa d’acciaio la costrinse da dietro, mentre una mano gelata le tirava indietro la testa
-Mi dispiace per il pane…pare che lo mangeranno i randagi- disse una voce beffarda al suo orecchio.
-No..No ti prego…ti prego non uccidermi…- la voce le uscì incontrollabilmente soffocata e terrorizzata
La presa si allentò e in un secondo il ragazzo stava di fronte a lei, un sorriso simile ad un ghigno sulle labbra che non arrivava agli occhi azzurro chiaro. Fece schioccare la lingua, iniziando a girarle intorno.
-Ops, mi dispiace, credo che non potremo trovare un accordo su questo argomento- disse, sempre con quel tono beffardo.
Audrianne tentò di correre via mentre lui era dietro di lei, ma fece qualche metro per poi ritrovarselo davanti. Terrorizzata, paralizzata, lo guardò mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
-Se è per i soldi ho solo cinque dollari…- disse, la voce tremante. Lui, qualsiasi cosa fosse, rise crudelmente –Ti prego non mi uccidere, ti prego…ho solo diciassette anni- e ora Audrianne parlava solo per cercare di prendere tempo, sperando che qualcuno passasse di là –Io…non uccidermi- mormorò, sconnessamente, mentre il suo intero corpo tremava come una foglia –Non uccidermi ti prego, non uccidermi- ripetè, quasi in trance. Il suo castigatore stava lì, davanti a lei, l’aspetto che contrastava così incredibilmente con la sua natura, salvo per gli occhi che dardeggiavano e a tratti diventavano rossi, quasi bestiali.
Per un secondo, lui parve esitare. Abbassò lo sguardo.
-Fanculo. Non si può neanche cacciare senza dover assistere a certe cose. Forse mi sto davvero rammollendo a furia di stare con mio fratello- mormorò, la voce piena di disgusto –Avrei dovuto ucciderti subito, mi hai fatto passare la fame-
-F-fame…?- squittì Audrianne, al limite del proprio terrore
Lui, qualsiasi cosa fosse, la guardò fisso negli occhi con uno sguardo penetrante, ipnotico.
-Tu ti dimenticherai di avermi visto qui, dimenticherai tutto quello che era successo. Raccoglierai la spesa e andrai a casa. Chiaro?-
Audrianne annuì debolmente –S-si- riuscì solo a dire. Se il suo silenzio era il prezzo da pagare per non morire, non avrebbe aperto bocca.
-Bene- la voce amara di lui la raggiunse, ma il ragazzo, chiunque fosse davvero, era sparita, lasciandola sola in mezzo alla strada con la propria spesa. Corse a raccoglierla e iniziò una corsa a perdifiato verso casa, la paura folle che ancora le accecava la mente.
A casa corse in camera senza troppe spiegazioni, dove pianse senza riuscire a calmarsi: cosa diavolo era successo? Non riusciva a spiegarselo, era quasi convinta di esserselo immaginato tanto era stato terribile e spaventoso. Soltanto qualche ora dopo, cambiandosi per dormire, si ritrovò in tasca il braccialetto. Lo strinse. Forse portava davvero fortuna.

 

 

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Capitolo 2
*** Bad Romance ***


“Voglio il tuo amore, voglio la tua vendetta, io e te, intrappolati in una storia d’amore maledetta” [Lady gaga, Bad Romance]
 



-Dove sei stato, Damon? Ero preoccupato per…-
-Stronzate. Non te ne frega niente di quello che faccio, vuoi solo che ti lasci in pace, e lo sai-
-Volevo dire che ero preoccupato per quelli che stanno lì fuori. Non ti sei fatto vedere per due giorni, e ancora nessuna notizia di morti sospette- nel tono di Stefan, però, si poteva leggere l’apprensione per suo fratello: vederlo sconvolto nel non trovare Katherine, nel capire che lei non lo aveva mai davvero amato né cercato in 145 anni lo aveva fatto stare male davvero. E soprattutto, lo aveva preoccupato il vederlo fuggire vie nel bosco con la peggiore smorfia di vendetta e odio sul volto.
-Non mi interessa seminare il panico in città, finchè ci resto anche io. E ci resterò, perché voglio tormentarti fino alla fine dei tuoi giorni, che si dà il caso essere l’E-T-E-R-N-I-T-A’- fece Damon, con una serietà tremenda.
Stefan sospirò –Damon, non potevo lasciartelo fare, ti ho mentito perché non volevo 26 vampiri assetati di sangue pronti a radere al suolo la città!-
-VAFFANCULO STEFAN!- Damon si fece così vicino al fratello che i loro nasi quasi si toccavano, e gli lanciò un’occhiata gelida, mentre sibilava –Tu, Stefan, tu non l’hai mai amata davvero. Tu l’hai venduta a nostro padre, e per questo, fratellino, per questo non ti libererai mai di me- Damon si allontanò, lentamente, lo sguardo assassino –E lei ha scelto te- disse, una risata folle –Katherine, per cui io sarei morto, ha sempre amato te, che l’hai venduta a nostro padre- Damon si sentì per un momento l’essere più patetico dell’universo, e prese la porta, lasciando Stefan solo col proprio rimorso.
-Hei- la voce di Elena, appena entrata, lo risvegliò dai suoi pensieri.
-Hei- rispose, tristemente, prendendola tra le braccia per salutarla
-Damon è tornato, eh?- indovinò lei
-Già-
-Non sta meglio- constatò Elena, che aveva sentito l’ultimo stralcio di conversazione. Era stata lei a consolare Damon dopo l’apertura della cripta e dopo la scoperta che Katherine era viva ma non lo aveva mai cercato né amato.
-No- convenne Stefan –Mi ha appena annunciato che ha intenzione di perseguitarmi per l’eternità- sospirò
-Col tempo capirà che non avevi intenzione di ferirlo, e che forse perdere Katherine è stato per il meglio, anche se lui la amava- tentò Elena
-Forse, col tempo. Magari tra altri 145-

Damon aveva raggiunto una foresta piuttosto lontana dal raggio abitato di Mystic Falls, per non destare troppo sospetti, e aveva sfogato la propria ira e la propria sete su due ignari cacciatori, piuttosto avanti con l’età.
Se ne sarebbe andato da lì, se non avesse voluto dare fastidio a Stefan ancora per un bel po’: perché alla fine era sempre suo fratello, che in sua opinione non rischiava mai troppo e non si esponeva, ad ottenere l’amore e la felicità? Perché Katherine ed Elena avevano scelto Stefan e non lui?
Doveva smetterla di tormentarsi, smettere di compiangersi: non era fatto per lui, lui era abituato a crogiolarsi nella vendetta. Afferrò un tronco da terra e lo lanciò contro un albero vicino, frantumandolo.
Ne aveva abbastanza.
Non si preoccupò nemmeno di far sparire i cadaveri, e tornò a Mystic Falls.
Pensava a Katherine: com’era possibile che non l’avesse mai amato, mai? Con tutti i sacrifici che lui aveva fatto per lei! Era stato disposto a rinunciare alla propria umanità, alla propria vita, per passare l’eternità con lei!
Non aveva mai odiato tanto l’eternità che si prospettava davanti a lui: un’eternità che, ora come ora, non poteva immaginare se non spesa a ribollire odio, delusione, amarezza, a sviare in sarcasmo l’interesse che era naturalmente portato a provare verso le cose, ad anestetizzare i propri desideri di amore, felicità, bellezza. Un eternità passata a crogiolarsi nel nulla.
-Io credo che gli passerà, Stefan. Credo che quando la delusione e la disperazione iniziale saranno passate capirà che tu non avevi tradito Katherine volontariamente, e che sei dalla sua parte, in fondo…-
-Lo sono? Non so, Elena…-
-Penso che dovresti. È vero, ha sbagliato a diventare così, ma ora abbiamo anche le ragioni, voglio dire… pensa a quanto ha sofferto a causa di Katherine!-
Stefan prese il viso di Elena tra le mani –Come mai sono così stato fortunato ad avere te?-
Lei gli diede un bacio, guardandolo dolcemente –Nessun attimo ha senso se non si è attaccati a qualcosa. Per tutto questo tempo, anche se lo ha portato ad uno stato autodistruttivo e distruttivo, Damon è stato attaccato a Katherine e al ricordo di lei. Dobbiamo stargli vicino adesso… o non so cosa potrebbe succedergli- mormorò Elena.
-…E nonostante la mia saggezza sia secolare, ancora una volta la mia ragazza ha ragione- sorrise Stefan, stringendola tra le sue braccia –Lo faremo-
Spero solo che non abbia… insomma…-
-Ucciso qualche innocente?- Stefan sospirò –Temo che sia inevitabile, ma non ho sentito di sparizioni sospette, e Mystic Falls è molto piccola, quindi spero che si sia tenuto piuttosto a distanza-
Elena annuì –Sono solo preoccupata per le persone che conosco-
-Lo so-
-Abbiamo già perso così tanto… e la nonna di Bonnie…- era una fortuna che Bonnie avesse convinto suo padre a lasciarla stare a Mystic Falls, temporaneamente a casa di Caroline.
-Mi dispiace, è…-
-No, Stefan, non è colpa tua e lo sai. Le azioni di Damon sono solo colpa sua, e per quanto mi faccia pena al momento, la situazione non cambia-
-Grazie- sussurrò Stefan al suo orecchio.

-Audrey, tesoro, puoi darmi una mano e apparecchiare la tavola?-
-Certo… Mel, continua a guardare La Bella e la Bestia, quando torno mi racconti cos’è successo, okay?- fece Audrianne, rivolgendosi alla sua sorellina.
Il weekend era agli sgoccioli, e lei era quasi riuscita a liberarsi dell’incubo di qualche sera prima: sicuramente era un ladro che quando aveva scoperto che non aveva molti soldi aveva lasciato perdere, e l’aveva minacciata per finta. La sua paura le aveva fatto immaginare cose assurde, come che potesse essere una creatura sovrannaturale, ma ora, alla luce del salotto di casa, si rendeva conto che era una cosa piuttosto stupida. Era sicuramente un ladruncolo che girava di città in città, non si era nemmeno preoccupato di nascondere il proprio volto.
In fin dei conti, nonostante in quel momento avesse veramente temuto per la propria vita, le faceva molta più paura l’idea che Frank, l’ex fidanzato di sua madre, potesse tornare per cercare di estorcerle soldi e, in caso contrario, picchiarla come faceva prima che scappassero.
-AUD! AUD! Guarda, la Bestia è diventata un principe bellissimo! Non era un mostro vero, anche se tutti dicevano di sì!- Mel si agitava saltando su e già sul divano,sventolando la propria corona di plastica da principessa
-Davvero?- fece Audrey, fingendo sorpresa mentre metteva i piatti al loro posto –Chissà, magari qui nei dintorni c’è un principe travestito da mostro che aspetta di venir fuori e convincerti- ridacchiò, conscia che sua sorella non avrebbe colto il sarcasmo, piccola com’era.
-Sì, davvero!- esclamò Melanie, convinta, scuotendo le treccine.
-Va bene, allora, da vera principessa, vieni ad aiutarmi con la tavola. Puoi tenere la corona, se vuoi- propose Audrianne, tirando via dal collo i lunghi ricci scuri.
-Allora canto la canzone di Lumiere per apparecchiare!-
-Sentiamola-

Era notte inoltrata, quando Damon comparve davanti agli occhi di suo fratello, che stava aspettando il suo ritorno leggendo un libro.
-Prima che tu lo chieda, ho ucciso due cacciatori in pensione, a quaranta km da qui- fece il maggiore, la voce inespressiva, mentre si sedeva su un’antica poltrona.
Stefan annuì, e ci fu un lungo silenzio in cui ebbe modo di constatare come il viso di suo fratello mostrasse più dolore di quanto gliene avesse visto addosso mai. Quando avevano catturato Katherine, era stata dura, sì, ma allora lui nutriva ancora la speranza, anzi quasi la certezza che lei lo amasse, e che avrebbero trascorso l’eternità insieme, se non fosse stata catturata. La consapevolezza che a Katherine non fosse mai venuto in mente di cercarlo in 145 anni, aveva distrutto tutto quello in cui aveva creduto, tutto quello che lo aveva spinto alla vendetta, sì, ma anche a vivere, alla ricerca.
Il Damon che si trovava davanti ora, per quanto proclamasse il suo odio e la sua minaccia, risultava spento.
-Ho salvato una persona ieri- arrivò la voce di Damon
-Cosa?-
-L’altro ieri sera. Avevo bloccato una ragazza in mezzo ad un vicolo deserto. Era terrorizzata, e ha iniziato ad implorarmi, a dire che era troppo giovane per morire, a supplicarmi. E io non l’ho uccisa- sembrava piuttosto provato –Non mi era mai successo prima. Quanti anni hai passato a dirmi che non avevo nessun rispetto per la vita umana?-
Stefan non rispose.
-L’ho lasciata andare. Le ho fatto credere che non fosse successo nulla e me ne sono andato via- la voce di Damon tremava di rabbia –Maledizione!- esclamò, sibilando, mentre rovesciava un tavolino –IO AVREI DATO LA MIA VITA PER LEI- e ora parlava di Katherine –LA MIA FOTTUTA VITA!- respirò pesantemente, con affanno –E adesso… adesso sono costretto a vivere per l’eternità sapendo che lei ha sempre preferito il mio giovane, innocente fratellino vegetariano. Non è ridicolo? Eh? Non lo è?-
Damon ripeteva quelle parole spasmodicamente. Stefan si alzò, e con cautela gli posò una mano sulla spalla. Sorprendentemente, Damon non lo rifiutò, anzi, lasciò trapelare le proprie emozioni crollando seduto e lasciandosi consolare.
-Resta a Mystic Falls, qui hai me, hai Elena- gli costava tanto esporsi al rischio di riavvicinarsi a Damon –Resta-


@Nennuzz : Grazie o mia fedele amica, per la recensione :D No, fortunatamente Damon non è vegano luccicoso

@gabriellasalvatore: Sono d'accordo. Stefan ed Elena stanno bene insieme, e Damon si merita di pià del surrogato di Katherine che ancora una volta sceglie il fratello! Sono contenta di sapre che seguirai la storia, grazie mille! E' sempre un incentivo a fare meglio :)

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Capitolo 3
*** Fairies ***


“E se l’amore che avevo non sa più il mio nome? [..] Di porta in porta, di dolore in dolore, il dolore passerà” [Ivano Fossati, I treni a vapore]
 



Dicembre era alle porte, e la neve cadeva fitta su Mystic Falls, quel lunedì mattina.
Audrianne si infilò gli Ugg Boots neri per cercare di evitare l’ibernazione,e, dopo aver salutato la madre, portò la piccola Mel all’asilo con la macchina, e poi andò a scuola.
Al suo polso, sotto i guanti rosso fuoco, stava ancora il braccialettino con quel ciondolo rotondo, argentato, così strano, che aveva ormai adottato come portafortuna.
Il cortile innevato era più vuoto del normale, probabilmente a causa del freddo e della neve.
Tra i pochi studenti rimasti fuori, Audrianne scorse Elena, e stava per andare a salutarla quando si accorse che era con un ragazzo, probabilmente il suo fidanzato.
L’avrebbe salutata in classe, pensò, mentre si avviava all’entrata.
-AUDREY!- Elena la stava chiamando, andando verso di lei assieme al ragazzo.
-Oh, ciao Elena!- Audrey fece un sorriso enorme: Elena aveva rinunciato a un minuto da sola col suo fidanzato per salutarla, e se ne sentì immensamente grata.
Elena la raggiunse, e Audrianne constatò che il suo ragazzo era molto alto, dall’aria piuttosto misteriosa. Lui fece un sorriso gentile –Stefan Salvatore- si presentò
-Molto piacere, Audrianne Light. Chiamami pure Audrey- disse, stringendogli la mano.
-Stefan ha deciso di tornare a scuola finalmente- annunciò Elena –Vuole lasciare a suo fratello maggiore i suoi spazi- spiegò, mentre tutti e tre si avviavano dentro l’edificio.
-Oh… beh, bentornato!- fece Audrey, sorridendo allegramente.
-Grazie- Anche Stefan sorrise, stringendo la mano di Elena.
La giornata si prospettava piacevole, pensò Audrianne, mentre Bonnie, Caroline e Matt Donovan si univano a loro nel raggiungere la classe.
Il professor Saltzman era già in classe ad attenderli. Quando vide Stefan, il suo sguardo si illuminò con un’aria di sfida.
-Signor Salvatore. Quale onore riaverla fra noi- disse, in un tono che rasentava il sarcasmo
Stefan non rispose, ma sembrava piuttosto ostile ad Alaric Saltzman mentre si sedeva al banco. Poi, il professore iniziò la lezione, e tutto tornò normale.

A mensa, mentre Audrianne si sedeva con Elena, Stefan e Bonnie, Caroline si presentò in totale fibrillazione, accompagnata come sempre da Matt Donovan.
-Dicembre è alle porte!- annunciò, esaltata, mentre occupava una sedia e poggiava il vassoio sul tavolo.
Elena e Bonnie alzarono agli occhi al cielo, sapendo perfettamente cosa si prospettava.
-DOBBIAMO ORGANIZZARE IL BALLO DI NATALE!- esclamò Caroline, saltellando per la gioia.
-Che ballo?- domandò Audrianne, unica curiosa al tavolo.
-A Natale, è tradizione il ballo “del cristallo”, praticamente si fa vestiti eleganti e con delle maschere veneziane- spiegò Bonnie
-…Avrebbe un senso se almeno lo facessimo a carnevale!- fece Elena
-A me sembra una bella idea!- osservò Audrianne, entusiasta –Non…non lo è?- chiese poi, vedendo le espressioni di Elena e Bonnie
-…E’ che è già il terzo ballo quest’anno. Questa scuola è…beh, un po’ fissata- spiegò Elena, con un sorrisetto
-L’ultimo era a tema anni cinquanta, e O MIO DIO dovevi vedere come ballavano questi due!- cinguettò Caroline, riferendosi a Stefan e Elena.
-Beh, quello a parte è stato una noia. Noi ce ne siamo anche andate, non ti ricordi Caroline?- fece Bonnie, saggiamente.
-Solo perché suo fratello,- e Caroline indicò Stefan -aveva deciso di tirare fuori la sua simpatia innata! Senza offesa, Stefan- fece poi.
-Nessun’offesa- fece lui, un sorriso cordiale.
-Il punto è: non ascoltarle- concluse Caroline –Sarà uno spasso, e si svolgerà tra due settimane esatte- disse, sorridendo a Matt –Hai intenzione di invitarmi o cosa?- domandò, seccata
-Ma certo che ti invito- sorrise lui, sebbene un po’ imbarazzato dalla presenza di Elena, sua ex ragazza.
-Bene, ora ho due settimane per pensare al vestito e alla maschera!- esclamò Caroline, contenta.
Elena e Bonnie sorrisero, scuotendo la testa rassegnate


-Aspetta, fammi capire fratellino… vuoi che io sia il tuo accompagnatore per il ballo?- fece Damon mentre imitava dei passi di danza con aria sarcastica
-No- ribattè Stefan, un’espressione piuttosto disgustata
-Perché nel caso ti capirei. Quasi nessuno è capace di resistere al mio charme-
-Damon, dacci un taglio- commentò Stefan, sotto sotto contento che suo fratello stesse recuperando un po’ della sua solita verve pungente.
-Scusa, scusa- quello alzò le mani in aria, in segno di resa, cercando di non ghignare troppo –E allora?-
-Pensavo che.. dai, lo so che ti divertiresti- tentò Stefan
-Uh, certo. Soprattutto se me lo dici in un tono brioso così convincente- ribattè Damon, gettandosi sul divano
-Sai cosa intendo! Voglio solo che tu provi a.. dimenticarti di Katherine- Stefan seppe nel momento in cui parlò che aveva sbagliato frase. Damon gli lanciò un’occhiata raggelante.
-Cominci a seccarmi- sibilò
-No, aspetta, Damon. Quello che volevo dire è che… per una sera avresti il mio permesso di divertirti a modo tuo. NON intendo mordendo le persone presenti- aggiunse subito –Ma facendo l’affascinante sarcastico come solo tu sai fare- concluse
Damon si rilassò, e parve valutare l’idea.
-Sai una cosa? Nonostante la tua deprecabile dote di oratore, mi hai quasi convinto. Comincio ad annoiarmi qui, se non dovessi andare a cacciare in posti tanto lontani così da occupare un po’ di tempo morirei di noia- poi sorrise –Ops, sono già morto, tecnicamente-
Stefan sorrise.

-Un ballo VERO?- Melanie saltellava su e giù sul divano, in piena eccitazione
-Hei, hei calmati- rideva Audrianne, mentre cercava di farla stare seduta
-Posso venire con te a prendere il vestito? Posso? Posso?- chiese Melanie, le trecce castano rossastre mezze sfatte e gli occhioni verdi attenti. Tra lei e Audrey la somiglianza era quasi inesistente, e il motivo era che avevano padri differenti. La signora Joanne Light non era mai stata brava nella scelta degli uomini, e purtroppo rimaneva piuttosto ingenua nel lasciarsi approcciare da loro. Nessuno dei due padri sapeva dell’esistenza della figlia. Audrianne aveva deciso che quando avrebbe finito il liceo sarebbe andata a cercare il suo, di cui aveva nome ed indirizzo, quantomeno per conoscerlo.
-Si, puoi venire con me se stai brava e adesso finisci il disegno di compito per l’asilo- rispose Audrianne, paziente.
-UAO! GRAZIE! Disegnerò il tuo vestito!- esclamò la bambina, in totale stato di esaltazione.
Joanne lanciò a sua figlia maggiore uno sguardo d’approvazione, mentre quest’ultima guardava con orrore il nascere del vestito disegnato dalla sorellina: non credeva che le sarebbe piaciuto indossare due enormi ali e una corona piumosa.
-Mamma, domani posso invitare qui Elena, Bonnie e Caroline a studiare? Sono state davvero carinissime con me, volevo fare qualcosa per evitare di essere etichettata come maleducata e asociale-
-Certo che puoi! Invitale anche a cena se vuoi-
-Davvero?-
-Certo che si! Farò in modo di riuscire a cucinare qualcosa che non sia surgelato!- promise Joanne.
Audrianne inarcò un sopracciglio: sua madre era una pessima cuoca
-Beh… magari ordino delle pizze- concluse lei, speranzosa.


-..Entrate pure- Audrianne aprì la porta di casa sua, una modesta abitazione, piccola ma a due piani.
-Grazie mille… permesso…- fece Elena, entrando seguita da Bonnie e Caroline.
-Venite, possiamo metterci in cucina, così tengo d’occhio Mel.. dovrebbe essere arrivata cinque minuti fa col pulmino delle quattro.. eccola. Mel?-
La bimba alzò lo sguardo dal cartone che stava guardando alla TV –Oh! Ciao!-
-Heiii! Ma quanto sei dolce!- Bonnie le si avvicinò –Tanto piacere, io sono Bonnie- sorrise, tendendole la mano
-Io sono Melanie Light, ho cinque anni e sono una principessa fata in incongnito!-
Elena, Caroline e Bonnie risero, deliziate dalla piccola Mel. Quando si furono sistemate, iniziarono a studiare, intervallando i compiti con pettegolezzi sconosciuti ad Audrianne, che fu aggiornata su tutto quello che non sapeva di Mystic Falls.
-…Allora, Audrey? Hai già adocchiato qualche bel ragazzo?- indagò Caroline, al solito.
-In realtà non mi sono ancora guardata intorno- confessò lei.
-Beh, in tal caso ti do io qualche consiglio: allora, ovviamente Matt e Stefan sono off limits, in quanto sono già impegnati- esordì Caroline
-Non ti consiglio Tyler Lockwood, è un tale idiota…- fece Bonnie
-Oh, e stai ASSOLUTAMENTE alla larga da Damon Salvatore- concluse Caroline, consapevole.
-Okay! Hem… Salvatore come…?-
-Stefan, sì- intervenne Elena –E’ suo fratello maggiore. Lui è… insomma, diciamo che è fatto a modo suo- non se la sentì di screditare completamente Damon come avrebbe fatto fino a qualche settimana prima. Le cose erano cambiate. Forse sarebbe cambiato anche Damon.
-Grazie mille dell’invito e della pizza, Audrey-
-Si grazie!-
-Figuratevi, è stato un piacere!
-Siete le benvenute quando volete! Ciao ragazze!- fece Joanne, dalla cucina
-Si! Tornate presto!- intervenne la piccola Mel –Così vi farò vedere le magie che ho imparato!-
-Sono sicura che saresti un’ottima streg… hem, volevo dire fata- sorrise Bonnie, mentre aveva un’idea –Anzi, facciamo una cosa… perché non provi ad aprirci la porta con la magia? Sono sicura che, se ti concentri, ce la puoi fare- le fece l’occhiolino.
Mel puntò gli occhioni sulla porta di casa, mentre Audrey la guardava in attesa, perplessa.
Elena sorrideva, conscia di quello che Bonnie stava per fare: per una strega far aprire una porta era un semplice scherzetto di telecinesi.
E infatti, magicamente, la porta si aprì.
-SONO UNA FATA! MAMMA! SONO UNA FATA VERA!!- Melanie corse in cucina, mentre Audrey guardava Bonnie stupefatta.
-Ma come hai fatto?- domandò, strabiliata
-Oh… la porta era semi aperta, è bastato un calcetto di nascosto- inventò lei, prima di salutare e uscire, seguita da Caroline ed Elena.
-AUDREY! SONO UNA FATA!-

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Capitolo 4
*** Gravity ***


“Mi stringi senza un tocco, mi trattieni senza catene […]Liberami, lasciami stare. Non voglio restare un secondo in più in tuo controllo” [Sara Bareilles – Gravity]


-Damon-
-Uhuuu! Ciao fratellino!- la voce impastata di Damon, i cui occhi sbattevano più del normale mentre sollevava un bicchiere di whisky in faccia  Stefan, che si era appena seduto accanto a lui al bancone del bar.
-E’ questo il modo in cui ti rimetti in carreggiata? Il modo in cui ricominci?- domandò, lanciando al fratello un’occhiata desolata.
-Brindo alla tua lugubre lugubrità- fece Damon, alzando il bicchiere con espressione vuota e bevendo il whisky.
Stefan si alzò –Non puoi andare avanti così-
Damon si voltò lentamente verso Stefan, scocciato e ubriaco –Levati di qui.. vai a scuola, da bravo ragazzino- fece, prima di bere un altro bicchiere.
-Sei intenzionato ad andare avanti così per l’eternità? Fai pure- fece Stefan, freddamente, mentre si avviava all’uscita.
Damon lo guardò uscire per un secondo, prima di rivolgersi al barista.
-Un altro-
-Sono 3 dollari e…-
-ADESSO- disse, guardandolo intensamente negli occhi
-Si, signore-



-Wow Caroline, sei favolosa!-
Elena, Bonnie, Caroline e Audrianne erano andate nel grande centro commerciale a trenta kilometri di distanza da Mystic Falls con una missione: passare una giornata spensierata tra ragazze e trovare un vestito per il ballo, ormai solo ad una settimana di distanza.
Audrianne stava pian piano entrando a far parte del gruppetto, e stava apprezzando il vestito rosa pallido, lungo e svolazzante che Caroline indossava in quel momento.
-E’ vero, è perfetto per te!- osservò
Caroline sorrise raggiante, facendo una giravolta –E tu cosa ne pensi, Mel?- domandò.
Audrianne non poteva lasciare Mel da sola mentre sua madre lavorava, e così aveva chiesto alle altre se poteva portarla con loro, e le ragazze erano state assolutamente entusiaste dell’idea.
-Penso che sembri una principessa anche tu!- fece la bambina, candidamente.
Caroline esultò –Lo prendo!- esclamò, contenta.
Andarono a pagare, ognuna col suo elegantissimo vestito (che avevano trovato a ottimi prezzi, dato che nessuna di loro poteva permettersi di spendere troppo): Bonnie uno color oro, Elena color verdone, e Audrianne color Borgogna, tutti lunghi fino ai piedi e senza spalline. Già solo provarli le aveva mandate in visibilio.
Uscite dal negozio, decisero di andare a prendere un caffè prima di tornare a casa, e come sempre accadeva, Caroline iniziò a parlare di Matt, lanciando qualche occhiata indagatrice ad Elena ogni tanto, e sospirando innamorata.
Dopo i primi cinque minuti, Bonnie la interruppe, annoiatissima.
-Okay, Caroline, lo sappiamo che siete tanto innamorati e teneri, ma ti prego piantala, o il caffè mi andrà di traverso-
-Bonnie!- la riprese Elena, anche se ridendo
-No, davvero! Sono contenta che siano innamorati, ma…-
-Sei stata tu a spingermi a trovarmi un ragazzo che mi volesse davvero!- protestò Caroline
-Certo, da quando frequentavi Damon hai fatto enormi passi avanti- dovette riconoscere Bonnie
-Damon Salvatore? – fece Audrianne, assolutamente sorpresa –Aspetta, vuoi dire quel Damon? Il fratello di Stefan da cui mi hai ripetuto mille volte di stare alla larga?-
Caroline abbassò lo sguardo, imbarazzata
-Sono allibita- dichiarò Audrianne, con un sorriso stupefatto
-Ascolta, so che sembra ipocrita detto così, ma non lo è!- si giustificò Caroline
-E’ vero- convenne Elena
-Senti, ho passato un mese orribile con lui: mi sentivo usata, mi trattava peggio di un’auto usata!- dichiarò –Non voglio che nessuna debba passarci, tutto qui- e Caroline sembrava sincera, tanto che Bonnie le offrì un pezzo di brioche
-Ma senti com’è diventata saggia!- esclamò, con un sorriso affettuoso.
Mel, intanto, aveva finito la sua cioccolata calda, e man mano che la sera si avvicinava, stava iniziando ad avere un faccino stanco.
-Oh, ma guardatela…- fece Elena, intenerita
-Dai, andiamo a casa, ha sonno!- convenne Bonnie.
Caroline sbuffò: erano solo le sei!
-Mi dispiace, so che è presto…- iniziò Audrianne, dispiaciuta che Melanie fosse la ‘guastafeste’ della situazione.
-No, figurati!-
-Nemmeno per idea, e poi mia zia mi aspetta a casa per cena!-
Caroline parve rabbonirsi –Nessun problema, andrò a trovare Matt!-
Bonnie alzò gli occhi al cielo –Se lo sento nominare un’altra volta vai a casa a piedi…-
-MA BONNIE!-
-Quando è troppo è troppo…-
E mentre ridevano, si alzarono dal tavolino, e dopo che Audrianne ebbe preso Melanie, troppo stanca per muovere un solo passo, in braccio, si avviarono al parcheggio




-Hei, fratellino…com’è andato il tuo meeting con gli scoiattoli? Ce n’era qualcuno bello in carne?- Damon accolse Stefan, di ritorno dalla caccia.
-L’alcool ti fa diventare monotono, Damon. Questa è circa la centesima volta che ricicli la battuta sugli scoiattoli- rispose Stefan, sedendosi tranquillamente sul divano
-Ops… beh, capiscimi, sto cercando di diventare come te! Lugubre e monotono!- fece Damon, un tono da tragicommedia, mentre entrava nell’enorme sala.
-Damon, non hai mai pensato che il fatto che ora tu non ti debba più preoccupare di Katherine possa essere un nuovo inizio per te?-
Damon lo guardò negli occhi per un lungo momento prima di scoppiare a ridere.
-Questa è la battuta più bella che tu abbia fatto da quando siamo tornati qua- fece, prima di tornare serio –Smetti di sparare stronzate da circolo dei bevitori di sangue anonimi-
Disse, prima che una ragazza seminuda spuntasse sulla soglia ridendo, coperta di morsi sul collo e sul ventre.
-Ops. Il dovere mi chiama- annunciò Damon, con un’alzatina di spalle –Ci vediamo scoitattofilo!-
Stefan lo guardò, il solito sguardo serio e profondo negli occhi: conosceva Damon. Sapeva che c’era stato un tempo in cui non era egoista, insensibile, calcolatore e diffidente. Già prima di Katherine, però, aveva sofferto della preferenza di loro padre nei confronti di Stefan. Poi c’era stata Katherine, l’incidente, la trasformazione. E le cose erano cambiate. Il loro rapporto era cambiato. La domanda era: irrecuperabilmente?


Mangiando il solito cibo ordinato dal ristorante di turno, Audrianne e sua madre discutevano del vestito e del ballo.
-..quindi non devi avere un accompagnatore?-
-No, mamma, per la millesima volta…non è il ballo di fine anno. E per fortuna, o non credo che ne avrei trovato uno in tempo…!-
-Oh, ma che dici Audrey?-
-Beh, non è che conosca molti ragazzi! E i due con cui parlo sono già fidanzati, e felicemente-
-Meglio così! Sarai libera di fare strage di cuori al ballo!-
-Mamma…- Audrianne alzò gli occhi al cielo: avrebbe mai imparato la lezione?
-Peccato per la maschera. A proposito, ho trovato quella veneziana di zia Geri che mi avevi chiesto, è su di sopra. Dovrebbe anche andare bene col tuo vestito, è bianca con intarsi neri, argento e di un colore che somiglia al rosso sangue del vestito… figurati, è di quelle che si tiene su con il bastoncino!-
-Perfetto! Si chiama borgogna, comunque- sorrise Audrianne –Sai, Mystic Falls mi piace. Le ragazze sono simpatiche, la scuola è carina, e anche se la città è piccola è piuttosto piacevole. Certo, è un po’ fredda e isolata, ma…- sorrise
-Lo so. Mi dispiace di avervi costrette a cambiare tante città, tante scuole e amici. Soprattutto tu. Ma questa è la volta buona. Lavorare qui mi piace, e essere la segretaria-ordina archivio della polizia paga abbastanza bene. Credo che resteremo-
Audrianne si alzò per andare a dormire ed abbracciò sua madre. Lo sentiva anche lei: questa era la volta buona.



Scusate l'assenza di risposta alle recensioni, ma riesco a malapena a trovare tempo per scrivere! Vi adoro!

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Capitolo 5
*** There we sat in the snow ***


“Ho portato il mio amore a Violet Hill, e lì ci siamo seduti, nella neve" [Violet Hill - Coldplay]
 
Il quindici di Dicembre era arrivato. Mancavano soltanto dieci giorni a Natale, e la neve cadeva fitta su Mystic Falls, imbiancando tutto e rendendolo tranquillo, pittoresco, lenendo quelle voragini di mistero e dolore che aleggiavano sulla cittadina.
Tutto era pronto per il ballo di Natale: le decorazioni erano al loro posto in palestra, Caroline era più eccitata che mai, gli smoking tutti affittati, i vestiti più sfavillanti che mai, ognuno col suo colore particolare.

Rosso come il sangue. Questo era quello che il vestito di Audrianne le fece venire in mente quando se lo vide addosso. Senza spalline, aderente fino ai fianchi e poi morbido sulle gambe (proprio quello che le serviva per camuffare il fatto che fossero piuttosto tornite), metteva in risalto le sue forme proporzionate, la sua carnagione olivastra, e i tacchi la alzavano. Aveva lasciato sciolti i lunghi capelli scuri, permettendo ai suoi foltissimi ricci di incorniciarle la figura, fino a metà schiena dove arrivavano.
Nonostante non amasse particolarmente truccarsi, aveva messo un ombretto sui toni del marrone scuro, e una quantità più abbondante del solito di mascara per enfatizzare le proprie, già lunghe e folte, ciglia. Sua madre aveva insistito per metterle un fard che illuminasse leggermente volto e spalle e, preso il cappotto e messo un rossetto dai colori naturali, era pronta.
Giusto in tempo, perché Bonnie, l’unica single insieme a lei, era passata a prenderla in macchina e aveva appena suonato il clacson. Dopo una foto per la gioia di sua madre e Melanie, uscì nel gelo dicembrino.
-Hei ragazza, sei uno schianto!- esclamò Bonnie, mentre Audrianne si chiudeva la portiera alle spalle
-Fascino italiano- rispose l’altra, prima di vedere l’espressione perplessa di Bonnie –A quanto dice mia madre, mio padre era mezzo italiano- spiegò, mentre la macchina partiva alla volta della scuola.
-Wow! Invece mia madre discendeva dalle streghe di Salem!- annunciò Bonnie, ridendo per nascondere la verità.
-Davvero? Forte!- fece Audrianne, ammirando il contrasto tra l’oro del vestito e la pelle scura di Bonnie.
-Stai benissimo anche tu- sorrise, stringendosi addosso il cappotto per il freddo, nonostante Bonnie avesse attivato il riscaldamento nell’auto.
-Non sei abituata al clima- sorrise Bonnie –Hai detto che eri in Florida, no? Posto caldo!- indovinò Bonnie, alzando ancora un po’ il riscaldamento mentre i tergicristalli andavano al massimo per spazzare la neve che fioccava via dalla visuale.
-Mi abituerò. Mi abituerò a tutto. Questo posto mi piace… mi abituerò- ripetè Audrianne con un sorriso: e lo intendeva davvero.

La palestra era talmente agghindata che non sembrava nemmeno una palestra: i muri coperti di tendaggi scuri, le luci create solo dalle tantissime candele sparse ovunque, le persone nei loro vestiti da sera e le maschere indosso.
Bonnie e Audrianne sollevarono le loro, entrambe da reggere col manico, prima di entrare.
Non fu difficile per loro trovare Elena e Caroline, sapendo in anticipo come sarebbero stati i loro vestiti. In più, bastava individuare Stefan e Matt, anche loro elegantissimi, per individuarle.
-Hei! Guarda chi si vede!- fece Matt, salutandole, prima che Caroline partisse ad esaminare i loro look.
Nemmeno dieci secondo dopo, i due stavano già ballando, seguiti a ruota da Stefan ed Elena.
-Damon è qui- mormorò Stefan all’orecchio della sua fidanzata
-Che cosa?- fece lei, guardandolo sorpresa –Ma Stefan, potrebbe…-
-Lo so, è stata una pessima idea. Volevo solo che si staccasse da quello stupido bar-
Elena sospirò –No, io… ti capisco. E’ solo che ho paura per le persone che conosco. Soprattutto per le ragazze-
-Ha promesso di comportarsi bene…beh, per i suoi standard. E ha bevuto delle flebo che ha rubato dalla banca del sangue, per essere più tranquilli- si affrettò a spiegare Stefan.
Elena annuì, stringendosi a Stefan –Dov’è ora?-
-In giro per la sala, credo-
-Okay- ed Elena cercò di non pensarci, affondando il viso sul petto di Stefan.

Audrianne aveva passato la prima metà della serata a chiacchierare con Bonnie, e a fare la stupida mentre ballava con lei: la palestra era così affollata che nessuno aveva fatto caso alle loro imitazioni delle coppie.
Audrianne aveva appena tirato su la maschera di nuovo, quando Bonnie la guardò scocciata
-Oh, no. Non ti girare, non ti girare…- fece, tra i denti
-Che succede?- domandò l’altra, perplessa
-Damon Salvatore sta venendo qui. Si sarà accorto che non ti ha mai vista…carne fresca-
-Dov’è?- mormorò Audrianne, cercando di resistere alla curiosità di voltarsi
-Alla tua sinistra-
E lo vide. Lui era lì, il volto pallido e gli occhi chiarissimi che brillavano alla luce soffusa delle candele, l’espressione ‘malintenzionata’ sul volto bellissimo. I capelli scuri che ricadevano sulla fronte elegantemente, l’incedere noncurante quanto di classe.
Aveva già visto quel volto. Aveva già visto quella persona. Damon Salvatore era la creatura mostruosa che l’aveva attaccata e che le aveva ingiunto di non ricordarsene. Ma lei se lo ricordava benissimo.

Era a pochi metri da loro. Audrianne fece cadere la maschera per terra, terrorizzata. Si frantumò in cocci, mentre lei si voltava ed iniziava a correre verso l’uscita, incapace di collegare le cose. Com’era possibile che il fratello di Stefan Salvatore fosse il suo potenziale assassino? Si domandava, correndo a perdifiato. Si scontrò contro mille persone, inciampò, e finalmente raggiunse l’uscita di sicurezza. Spinse le porte quasi gettandocisi contro, e fu fuori nel gelo, solo lo scialle per coprirsi, ma non le importava. Continuò a correre all’impazzata, si levò le scarpe col tacco perché continuavano a farla cadere, e poi si ricordò che non era venuta con la sua macchina. E ora stava lì, nel parcheggio silenzioso e gelato, a piedi nudi nella neve sciolta e sporcata dalle ruote delle macchine, senza riuscire a muoversi o a decidere cosa fare. Respirare l’aria gelida le faceva male al petto, la testa le girava. Si appoggiò ad una macchina sconosciuta, anonima, e si sentì svenire.
-Stefan, abbiamo un problema- Damon trascinò suo fratello lontano dalla pista da ballo, dov’era con Elena, ed entrambi lo seguivano. Lanciando un’occhiataccia ad Elena, Damon iniziò a spiegare.
-Ti ricordi la ragazza che ho risparmiato?-
Stefan annuì, mentre Elena lanciava occhiate di domanda ad entrambi.
-E’ qui. E c’è il piccolo problemino che sembra ricordarsi tutto. Questo è l’unico motivo per cui una ragazza potrebbe mai scappare vedendomi, in effetti….-
-Damon-
-Si, comunque. Qualcosa è andato storto, probabilmente indossava o aveva ingerito della Verbena, ed era così spaventata che ha fatto finta di essersi dimenticata tutto- Damon parlava con voce quasi annoiata –Il punto è: dobbiamo trovarla prima che vada alla polizia-
-Dov’è andata?-
-Uscita. Spero non avesse la macchina-
-Andiamo a cercarla-
-ASPETTATE!- Elena interruppe il discorso serrato tra i due fratelli Salvatore –Chi è?- domandò, preoccupata.
-ELENA! IO LO SO!- Bonnie li aveva appena raggiunti, senza fiato –E’… è Audrianne-

Sentiva solo dei mormorii confusi, non aveva la forza di aprire gli occhi.
Si sentiva di nuovo al caldo, sentiva di essere sdraiata, e coperta. Scappare così era stato davvero stupido, una mossa suicida, che aveva sicuramente contribuito ad attirare l’attenzione del suo aggressore, ma i cui unici risultati per il momento erano uno svenimento e adesso la confusione.
-Non possiamo tenerla qui senza avvertire sua madre! Sono già le due, sarà preoccupata!- senti mormorare da una voce familiare, quella di Elena.
-Lo so- era la voce calma di Stefan. Era salva.
Aprì gli occhi, lentamente, e si tirò seduta. Si trovava in una sala immensa, sul divano vicino al caminetto acceso, ma non ebbe tempo di mettere a fuoco ulteriori dettagli, perché Elena corse verso di lei.
-Audrey! Stai bene?-
-Dove siamo?-
-A casa mia- fece Stefan, sedendosi accanto a lei, con espressione contrita.
Audrianne ricordò improvvisamente: Stefan era fratello del mostro. Riscoprirlo le fece male.
-Non posso stare qui- disse subito, spaventata
-Audrey, aspetta… lascia che ti spieghi. Damon è…-
-Proprio qui- la voce profonda di Damon riempì la sala.
Audrianne lanciò uno sguardo d’orrore ad Elena e Stefan: erano suoi complici?
-Wow, non ti ricordavo tanto attraente- ghignò Damon. Elena gli lanciò un’occhiata omicida. Lui alzò gli occhi al cielo –Oh, ma facciamola finita con questa storia. Leviamole la verbena, e facciamole dimenticare tutto!- sbottò
Audrianne non capiva cosa stava succedendo, di cosa stavano parlando, chi era dalla sua, di chi doveva fidarsi. Non vedeva vie di fuga da nessuna parte, e con quel vestito e a piedi nudi non sarebbe andata lontana.
-No, Damon! Ha il diritto di sapere! Se la prenderà troppo male allora potrai farle dimenticare- disse Elena, decisa, mentre Stefan annuiva.
-SAPERE CHE COSA?- urlò Audrianne, balzando in piedi e lasciando cadere la coperta –MI STATE SPAVENTANDO A MORTE!- Puntò lo sguardo su Damon –Tu hai cercato di uccidermi!- fece, perdendo tutta la sua voce e la sua sicurezza. In un istante, Damon fu davanti a lei, la prese per le spalle e la costrinse a sedersi.
-Okay, forse non ci siamo conosciuti in una situazione piacevole, ma tu sei l’unica fortunata che ha l’onore di poter chiedere spiegazioni. Sai, solitamente non risparmio le mie vittime-
-DAMON- fece Elena –E’ così che dovresti spiegarle le cose?-
Lui alzò gli occhi azzurri al cielo –Okay, okay, va bene. Audrianne, ho il piacere di informarti che io e mio fratello siamo vampiri. Lui è vegetariano, io no, e nonostante ultimamente vada avanti a banca del sangue, tu eri la mia cena, perché si da il caso che io fossi un tantino arrabbiato quel giorno. Ma poi tu hai iniziato a blaterare, e mi hai talmente irritato che mi è passata la fame, così ho deciso di ipnotizzarti perché tu non ricordassi nulla, ma si da il caso, che tu indossassi un braccialetto contenente della verbena, in effetti quello che indossi anche ora, quindi ti ricordi tutto. Sarò più che lieto di fartelo dimenticare, se te lo togli, e continuerai la tua vita come se niente fosse, non sapendo niente di me se non che sono indiscutibilmente il più appetibile della città-
Elena e Stefan guardavano Damon esasperati.
Audrianne era shockata. Eppure il racconto di Damon aveva un senso, e spiegava la sua velocità impossibile, gli occhi bestiali, le ‘zanne’ che gli erano spuntate quando stava per attaccarla.
-Ma i vampiri…non… intendi..?-
Stefan, ancora seduto accanto a lei, si offrì di spiegare. Raccontò cos’è un vampiro in realtà, come lui si cibasse di animali, come Damon si fosse sforzato di non attaccare più nessuno, delle sparizioni sospette dei mesi passati, fatte passare per animali. Audrianne era sconvolta.
-Senti- fece Damon, sbrigativo –Te l’ho detto: levati quel braccialetto e facciamola finita-
Audrianne lo guardò spaventata.
-No, intendevo che ti faremo dimenticare, non che ti uccideremo- specificò Damon, sospirando annoiato
-No-
-Come sarebbe a dire no?-
-Non voglio dimenticarmi niente. Non posso fidarmi che mi lascerete andare poi-
-E noi come facciamo a fidarci del fatto che tu non andrai dal Consiglio?- indagò subito Damon, un’occhiata dardeggiante.
-Non lo farò. Perché rispetto Elena e Stefan. Loro sono stati gentili con me, mi hanno fatto sentire a casa… non li tradirò- disse Audrianne decisa –E quindi non tradirò neanche te-
-Audrey, non sei costretta a farlo- fece prontamente Elena
-Lo so, ma… tu sei mia amica. Non ti tradirò, e so che Stefan non mi farà male.-
-Neanche Damon te ne farà, vero Damon?-
-Parola di lupetto. Dio, mi si stanno cariando i denti- fece, prima di uscire dalla stanza
-Perdonalo per aver… beh, per aver cercato di ucciderti- mormorò Stefan, dispiaciuto.
-Come mi avete trovata, prima?- domandò Audrey, cambiando argomento.
-Damon ti ha trovata, ha detto che eri svenuta nella neve, nel parcheggio. Ti ha presa e ti ha portata qui, e poi siamo arrivati anche noi- spiegò subito Elena.
-Audrey, ci sono altre cose che dovresti sapere, dato che hai deciso di voler rimanere a conoscenza della nostra esistenza- fece Stefan, serio –La verbena, è un antidoto potente contro l’ipnosi dei vampiri, quindi porta quel braccialetto sempre con te. Poi, un vampiro non può entrare in casa tua se non è invitato, quindi lì sarai sempre al sicuro da noi. Io e Damon possiamo uscire alla luce del sole grazie ai nostri anelli-
-…E Bonnie è davvero una strega- concluse Audrey, facendo l’ultimo collegamento.

Un’ora dopo, era a casa propria, dove Elena l’aveva accompagnata.
Era tutto così assurdo da risultare credibile. I vampiri esistevano. Stefan era un vampiro. Damon era un vampiro che aveva cercato di usarla come cena. Bonnie era una strega. La verbena era un antidoto… continuò a tormentarsi finchè non cadde addormentata dentro al suo stesso vortice di pensieri.

Damon era seduto da solo davanti al fuoco che ormai si stava spegnendo. Quella notte, quando aveva trovato il corpo senza sensi di Audrianne Light nella neve, il vestito rosso sangue che contrastava così tanto il bianco della neve, i capelli scuri sparsi come una corona attorno al viso aperto, aveva sentito di nuovo quella strana sensazione di tenerezza, di compassione.
Dentro di sé, anche se odiava ammetterlo, sapeva che c’era ancora un lato umano: era quello che si preoccupava per Stefan nonostante tutto, che era affezionato ad Elena, che soffriva per Katherine. Era quello che aveva fatto sì che coprisse con tanta cura il corpo svenuto di Audrianne, la cui vitalità delle forme era stata stranamente fermata dal gelo della neve per qualche ora, con una vecchia coperta. Era quello che ora faceva sì che gli occhi color nocciola della ragazza, il loro sguardo spaventato, e poi di rimprovero, e poi sincero, gli martellasse nella mente, piantato lì, inchiodato.

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Capitolo 6
*** Somewhere only we know ***


“Quindi dimmi quando mi farai entrare: sto diventando stanco e ho bisogno di un posto da cui iniziare” [Somewhere only we know – Keane]
 
Il primo pensiero che Audrianne fece quando si svegliò, fu rivolto a sua madre e a Mel. Anche se ora lei sapeva dell’esistenza dei vampiri, e aveva giurato di non parlarne a nessuno, nonostante tutto, non poteva impedirsi di pensare che un giorno, anche se la possibilità era remota, uno di loro avrebbe potuto fare del male a delle persone che amava: come poteva stare a guardare?
Sapeva che se un vampiro avesse voluto, anche ora che lei sapeva, l’avrebbe uccisa piuttosto facilmente, e sapeva che non poteva andare in giro con un paletto nascosto negli stivali, ma poteva almeno evitare che fossero soggiogate, forse.  Non sapeva da dove venisse il braccialetto con la verbena che aveva trovato, ma Stefan aveva accennato a qualcosa riguardo ad una scorta di verbena che aveva in casa.
Era Domenica, quindi non lo avrebbe incontrato a scuola, così decise di andare a casa sua, siccome ormai sapeva dov’era.
Dopo aver fatto colazione, ed essersi vestita pesante (un livido violaceo svettava ancora sulla sua coscia destra, memore della caduta nel parcheggio), uscì nell’aria tagliente Dicembrina, i suoi soliti UGG boots ai piedi, probabilmente antiestetici, ma caldi e comodi.
Fortunatamente sua madre non aveva fatto domande, perché Audrianne era una pessima bugiarda, e l’avrebbe sicuramente insospettita.
Mise in moto la macchina e, lanciando un’occhiata significativa al braccialetto che portava al polso, seguì il percorso che portava a casa Salvatore, sperando di non perdersi nelle vie secondarie di Mystic Falls.
Lungo la strada, scorse casa di Elena: Jeremy Gilbert stava uscendo in quel momento, la sua solita aria un po’ sulle sue.
Cercando di non distrarsi, continuò a guidare, sentendo il panico che saliva. Se Stefan non fosse stato in casa e avesse trovato Damon? Chi le assicurava che non fosse tutta una farsa, e che Damon non fosse pronto ad ucciderla una volta che Elena non stava guardando?
Scacciando questo pensiero dalla sua mente, fermò la macchina davanti all’enorme casa dei Salvatore, e preso il coraggio a due mani, si avvicinò alla porta. Bussò. La porta si aprì.

-Ma guarda un po’ chi si vede- il sorriso ghignante di Damon Salvatore la investì, prima di svanire –Posso esserti utile?- domandò Damon, una falsa voce seducente e un’espressione beffarda
-Voglio della verbena- dichiarò Audrianne, senza farci caso.
-Dimmi una cosa: credi che sia un idiota?- fece Damon, chiaramente scocciato.
Audrianne fece per entrare, ma Damon le sbarrò la strada.
-Ah-ah, non credo proprio- commentò, facendo schioccare la lingua con un sorrisetto.
-Sto congelando- protestò lei
-Ma io non ti ho invitata ad entrare-
-Si da il caso che io non abbia bisogno del tuo invito per entrare, non sono imparentata con Dracula- ribattè lei, freddamente.
-Si da il caso che io potrei staccarti la testa dal collo senza nemmeno sforzarmi, se ci provassi- fece Damon, acido.
-Mi fai entrare o no?-
Damon sospirò e si fece da parte –Umani ostinati- commentò, sbuffando.
Audrianne andò nell’enorme sala.
-Prego, accomodati, fece Damon, gettandosi sulla poltrona con un bicchiere di whisky in mano.
Audrianne si sedette titubante, mentre gli occhi gelidi di Damon la osservavano con interesse.
-E così vuoi della verbena-
-Si-
-E per cosa, sentiamo? Salvare il mondo?- ghignò lui
-No-
-Capisci, non posso dartela, mi dispiace tanto- cominciò Damon, in tono di scherno –Non posso permettere che tu vada in giro con mazzi di verbena a smascherarci-
-Non la voglio per quello- ribattè Audrianne, guardandolo seriamente coi suoi occhi nocciola, così caldi e diversi da quelli di lui
-Ah no? E cosa te ne faresti, sentiamo?-
-La voglio per mia sorella e mia madre. Voglio proteggere loro. Ora che so, non posso permettere che vadano in giro senza niente che le protegga, quantomeno dall’ipnosi- dichiarò, con fervore.
Damon alzò gli occhi al cielo –Che tenerezza-
-Loro sono la mi famiglia!- esclamò Audrianne, alzandosi –Come fai a non capire?
Damon parve infastidito: effettivamente i suoi rapporti con la propria famiglia non erano mai stati celestiali, dato che si era promesso che la sua missione nella ‘vita’ sarebbe stata rovinare quella di suo fratello per l’eternità.
-Damon.. per favore- fece Audrianne, spostandosi una ciocca di lunghi ricci scuri dietro l’orecchio
Lui sospirò –Mi domando perché non ti ho uccisa subito- fece, tagliente, mentre la conduceva nello scantinato.
-Ascoltami bene, Audrina…-
-Audrianne!- lo corresse lei, indignata
-Lo so. Era fatto deliberatamente per infastidirti- e Damon ghignò –Ascoltami bene, io non toccherò la verbena nemmeno con un dito, perché mi provoca fastidiose bruciature sulla pelle, quindi seguirai le mie istruzioni-
Audrianne annuì, afferrandone un ciuffetto e strappandolo.
-Seguimi- Damon la condusse in un’altra stanza, con una sola grande finestra, i muri in pietra e i pavimenti in legno, dall’aria vecchia e piuttosto fredda.
Audrianne si fece coraggio, mentre entrava, cercando di non pensare che se Damon avesse davvero voluto ucciderla, sarebbe stata morta in meno di un nanosecondo.
Lui ghignava, indovinando i suoi pensieri.
La condusse ad un vecchio tavolo di legno scuro.
Damon aprì una scatoletta di legno che conteneva una smisurata quantità di ciondoli simili a quelli attaccato al braccialetto che Audrianne portava al braccio, una specie di miniatura del ciondolo di Elena.
-Bene, adesso prendine due e aprili- ordinò lui.
Audrianne obbedì, cercando di non far vedere che le tremavano le mani.
-Qualcuno qui ha paura- fece Damon, beffardo, prima di sospirare, scocciato –Non ti ucciderò, okay? Non voglio irritare il mio super-etico fratellino-
Audrianne annuì, aprendo i due ciondoli come lui le aveva detto di fare.
-Prendi la Verbena secca e sbriciolala, e poi mettila nei ciondoli e richiudili…et voilà, magia compiuta- ordinò Damon, fingendosi eccitato, mettendo le mani in una posa da prestigiatore.
Audrianne obbedì, e i due ciondoli furono pronti.
Mentre richiudeva la scatola di legno, Audrianne alzò lo sguardo sul viso di Damon.
-Perché non l’hai fatto?-
-Fatto cosa?- domandò lui, perplesso
-Uccidermi. Avresti potuto farlo, volevi farlo, eri pronto…Perché non l’hai fatto?-
Damon non rispose: se lo era chiesto anche lui, e non era ancora riuscito a darsi una risposta soddisfacente.
-Te l’ho detto- si riprese, fingendo un’aria di leggerezza e alzando le spalle –Mi avevi fatto passare la fame-
-Stefan dice che i vampiri sono costantemente affamati- ribattè prontamente Audrianne
-Questo è perché lui è un vegetariano, il che significa che sente molta, molta fame- ghignò Damon. Il suo sorriso sinistro svanì subito, però –Bene, se non hai altro da fare…-
Audrianne raccolse i ciondoli e li mise in borsa, mise il cappotto e si avviò all’uscita, scortata da Damon, gli occhi color ghiaccio che la scrutavano meticolosamente.
-Grazie, Damon- sospirò Audrianne, ammettendo che nonostante il suo pessimo carattere, Damon era stato disponibile.
Lui fece un piccolo sbuffo –Prima ti avrei aiutato, prima mi sarei liberato di te- fece, freddo.
Audrianne si strinse nella giacca, mentre usciva dalla casa infreddolita.
-Si, beh.. in ogni caso grazie-
Damon la osservò andare via, seccato. La gratitudine era qualcosa che non riusciva a capire, e detestava sentirsene in debito.

-Mel? Ho un regalo per te- sorrise Audrianne mentre si avvicinava alla sua sorellina, che stava leggendo un libro con moltissime figure colorate sul letto.
-REGALO?- esclamò, chiudendo il libro con uno schiocco
Audrianne sorrise, tirando fuori il braccialetto
-Voglio che tu lo porti sempre sempre, okay?- disse Audrianne, mentre metteva il braccialetto col ciondolo al polso di sua sorella, così esile.
-Va bene! Ma anche quando faccio la doccia?- si incuriosì Melanie
-Beh..beh, magari quando fai la doccia no- acconsentì Audrianne.
-Grazie Aud! Ti voglio bene!-
Audrianne sorrise, mentre rifletteva su come avrebbe fatto a convincere sua madre a portare sempre lo stesso braccialetto. Sorprendentemente, non fu complicato, visto che Joanne era rimasta così sorpresa del regalo, fatto a due settimane da Natale, che promise di portarlo sempre.
Audrianne era soddisfatta: sapeva che un vampiro avrebbe potuto ucciderle comunque, ma il fatto che quantomeno non potessero diventare dei burattini in mano a terribili carnefici la sollevava un po’.
Quando Stefan rientrò a casa, accompagnato da Elena, notò subito che gli oggetti sul grande tavolo scuro non erano al loro posto.
-Damon deve avere in mente qualcosa- mormorò, mentre studiava i dettagli e le posizioni della scatola, dei residui di verbena secca.
-..Ma Stefan, cosa potrebbe voler fare con della verbena?- domandò Elena, preoccupata. Sapeva che se Damon aveva un piano in mente, questo non voleva dire niente di buono, per nessuno.
-Niente- la voce di Damon risuonò rimbombante nella grande stanza, mentre lui entrava, appena sceso dal piano di sopra.
-Hai usato la verbena- fece Stefan, significativo, mentre indicava il tavolo.
-Oh, ma davvero? Che bravo che sei, Sherlock!- fece Damon, un lampo beffardo negli occhi
-Perché l’hai usata?- domandò Elena, sperando che l’inclinazione che Damon aveva nel fidarsi di lei e risponderle seriamente non fosse ancora svanita.
Damon sospirò, stufo dell’interrogatorio –Perché- cominciò, sbattendosi sul divano con aria casuale -..la vostra cara amica Audrianne è venuta qui a chiedermi di farle due braccialetti alla verbena- spiegò, annoiato –Vuole proteggere sua madre e sua sorella- aggiunse, fingendosi disgustato.
-Ed è giusto- osservò Stefan.
Damon inarcò un sopracciglio, sbuffando. Non riusciva a togliersi di mente Audrianne che gli domandava “Perché non l’hai fatto?”
La verità era che non ne aveva idea. Quante volte se lo era domandato, dopo quella sera? Quante volte se lo era domandato, dopo che aveva visto il corpo di Audrianne, il suo vestito color sangue, abbandonato nella neve?
Per quanto ancora se lo sarebbe domandato?



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Capitolo 7
*** Come Home ***


“Mi sta mancando qualcuno, e credo che potrebbe essere la parte migliore di me […] Torna a casa, torna a casa, perché ti ho aspettato per così tanto tempo” [Come home – One Republic]

La piccola città di Mystic Falls era stata invasa dalle luci natalizie. Mancavano solamente pochi giorni al 25 Dicembre, la scuola aveva appena chiuso, e le persone si davano allo shopping per trovare i regali di Natale giusti, per gustarsi la neve e l’atmosfera natalizia che avanzava.
Quel pomeriggio, il 22 Dicembre, Audrianne era a spasso con Caroline, Elena e Stefan, e Bonnie.
Caroline stava tormentando tutti perché l’aiutassero a trovare il regalo perfetto per Matt, che non era con loro perché doveva lavorare prima di una meritata pausa festiva.
Elena stava cercando un regalo per Jeremy, ancora abbattuto per la partenza improvvisa di Anna e per il mancato ritorno di Vicky, in cui segretamente sperava ancora.
La neve ricominciò a cadere verso la metà del pomeriggio, mentre la temperatura si faceva sempre più rigida.
-Che ne dite di andare al Grill?- propose Elena, saltellando sul posto per il freddo.
Tutti acconsentirono, facendosi strada nella strada innevata e illuminata a festa.
Quando raggiunsero il locale, però videro Matt che ne usciva.
-Ho appena chiuso!- annunciò, allegramente –Posso unirmi a voi?-
-Certo che puoi- fece Caroline prendendolo sotto braccio con un sorriso festante –Ma dovremo trovare un altro posto per rilassarci al calduccio, visto che hai appena messo KO il posto dove volevamo andare!-
-Hei, ragazzi… casa mia è vicina, vi propongo una cioccolata con marshmellows!- fece Audrianne, ansiosa di poter ricambiare in qualche modo il loro affetto e la loro gentilezza, non sentendosi ancora del tutto integrata nel gruppo.
Bonnie sorrise –Volentieri! Vero, ragazzi?-
Si trovarono tutti d’accordo, primo perché capivano che Audrianne voleva essere riconoscente nei loro confronti, e secondo perché effettivamente sembrava un’ottima idea.
Audrianne gli fece da guida, fino a salire i gradini di casa sua e aprire la porta: sua mamma e Mel non erano in casa, perché erano andate a fare un po’ di shopping natalizio.
Accese le luci e si voltò verso la piccola comitiva –Eccoci- sorrise, mentre entravano uno ad uno. Stefan ed Elena rimasero per ultimi.
-Audrey, lo capisco se non vuoi invitarmi ad entrare, mormorò lui, mentre Elena varcava la soglia senza problemi.
-No, Stefan- fece Audrianne fermamente, levandosi il cappello dalla testa –Mi fido di te- sorrise –Sei il benvenuto- sorrise, facendosi da parte. Stefan rispose al sorriso, sinceramente contento, ed entrò in casa, sotto lo sguardo quasi protettivo di Elena nei suoi confronti.
Caroline, Bonnie ed Elena aiutarono Audrey nel preparare un ‘pentolone’ di cioccolata calda, mentre Matt e Stefan, in salotto, ammiravano l’albero di Natale a casa Light, dove la piccola Mel aveva appeso alcune decorazioni fatte da lei.
L’atmosfera era molto familiare e Natalizia, quando le cioccolate furono pronte e si sedettero tutti, chi sul divano e chi sul tappeto, a chiacchierare dei loro Natali passati, delle tradizioni e dei loro regali preferiti o mai ricevuti.
-…Mi ricordo che quando ho aperto il regalo e ci ho trovato un paio di calzini ci sono rimasto malissimo!- stava ridendo Matt, ripensando ai regali di sua nonna, sempre i meno azzeccati
-Perché tu non hai ricevuto un puzzle da 2000 pezzi quando ti aspettavi la barbie dei tuoi sogni!- rimbeccò Caroline.
-…Dei calzini, Caroline!-
Tra le risate generali, la porta si aprì. Mel rimase estasiata nel vedere tutti quei grandi, mentre Joanne Light sorrise –Non sapevo di avere ospiti!- esclamò, allegramente.
-Ci scusi signora Light- fece Elena, alzandosi
-Figuratevi! Anzi, se volete potete rimanere a cena!- propose.
Audrianne non era mai stata tanto grata a sua madre.
I ragazzi si guardarono: Matt non aveva nessuno a casa con cui stare, Elena non era obbligata a stare a casa se non era la vigilia o Natale, Stefan non aveva nessuna fretta di incontrare il sarcasmo festivo di Damon, Bonnie si sentiva piuttosto sola senza sua nonna, e la mamma di Caroline faceva il turno di notte.
-Però ragazzi, posso ordinarvi delle pizze! Lo so che non è molto natalizio, ma a cucinare sono pessima- fece Joanne, sorridendo.
-Va benisismo!- -Si figuri!- -E’ perfetto!-
-Lasci che l’aiutiamo ad apparecchiare- fece Bonnie, mentre lei e le ragazze si univano ad Audrianne nel preparare la tavola, che fortunatamente era di legno, vecchia e molto spaziosa.
Matt e Stefan vollero insistere nell’aiutare anche loro a fare qualcosa, spostando il grande tavolo nella sala con l’albero di Natale.
-Beh…credo proprio che questo sarà il cenone anticipato più bello a cui abbia partecipato- sorrise Audrianne, rivolta a Bonnie –Grazie-
-No, grazie a te! La verità è che ci mancava davvero stare un po’ tutti insieme come veri amici, sai… ognuno ha i suoi… beh, chiamiamoli problemi- fece, lanciando un’occhiata a Stefan, ignara che Audrianne sapesse tutto –Ci fa bene ricordarci le cose per cui ci vogliamo bene- sorrise la strega.
Le pizze arrivarono, e si sedettero tutti a tavola, dopo una lotta tra le ragazze per chi si sarebbe seduta accanto a Melanie, ormai mascotte di tutti, che non credeva alla propria fortuna nell’essere coccolata e riverita dagli amici grandi di sua sorella.
-Le vere principesse mangiano con tante persone- disse a Caroline, con aria seria seria.
-Le vere principesse vanno a nanna presto, Mel- fece Joanne, alzandosi –Io e Mel vi lasciamo a godervi il dolce e la serata… restate pure quanto volete, solo cercate di non parlare troppo forte, qualcuno qui deve dormire- disse, con un sorriso, prima di salire su per le scale tenendo per mano Mel che faceva ciao ciao con la manina.
-Ho il panettone pronto!- annunciò Audrianne, alzandosi per andarlo a prenderlo. In quel momento suonarono al campanello.
-Vai pure ad aprire, ci penso io al panettone!- esclamò Bonnie, scattando
-Grazie- fece Audrianne, uscendo dalla stanza e volando alla porta.
Quando la aprì, una folata di aria gelida entrò e Damon Salvatore le stava davanti.
-…E il motivo per cui non sono invitato a questa festa è…?- fece la sua voce sarcastica
-Fammi pensare… Oh, già- Audrianne mise una mano accanto alla bocca, nel gesto di sussurrare: -Forse perché hai provato ad usarmi come cena-
Damon sorrise, con aria di noncuranza –Andiamo, credevo che avessimo fatto pace!-
-Che cosa vuoi, Damon?-
-Unirmi al divertimento!- fece lui, mimando il proprio entusiasmo con un mezzo passo di danza.
-Beh, qui non puoi entrare- fece Audrianne, secca –Non ti darò mai il permesso di mettere piede in una casa dove vive mia sorella e mia madre-
-Senti, ti ho detto che non gli farò niente… volevo solo vivere il bianco Natale con il mio fratellino- tentò Damon, cercando di suonare indifferente e sarcastico.
-Mi dispiace, non posso-fece Audrianne, prima di chiudersi la porta alle spalle con un sospiro.
Stefan, appena spuntato dietro di lei, la fece sobbalzare.
-Scusalo, vive per darmi il tormento- fece, cupo
Audrianne scosse il capo –Mi dispiace per lui, in realtà- confessò.
Stefan le poggiò una mano sulla spalla –Ascoltami, Audrey: non c’è niente che possiamo fare per lui ora, e farlo entrare in casa tua perché rovini una splendida serata non lo aiuterà. E’ ferito. Lui… ha amato una donna, Katherine, per tutta la sua vita e ha scoperto recentemente che invece lei l’ha sempre e solo usato., mi capisci?-
Audrianne annuì, silenziosa. Non aveva nemmeno immaginato che una persona come Damon potesse soffrire, specialmente non per amore.
-Non lo ammetterà mai, lui sostiene di aver messo a tacere per sempre la parte umana di sé, ma io so che non è così, e lo anche per merito di Elena. Lei è speciale, è l’unica persona con cui Damon sia riuscito ad aprirsi dopo.. beh, dopo 145 anni- concluse Stefan
-Intendi dire che lui.. si insomma, che Damon ora è innamorato di Elena?- domandò Audrianne, piano, cautamnte.
Stefan scosse il capo.
-No, credo solo che in lei veda la Katherine che avrebbe sempre voluto, e che il fatto che stia con me lo ferisca ancora di più-
Audrianne ammirò la calma con cui Stefan stava gestendo quella situazione. Stava per chiedere di più, ma Elena arrivò nell’ingresso.
-Cos’è successo?- domandò piano, preoccupata.
-Damon voleva essere invitato- fece Stefan
Elena abbassò lo sguardo –Mi dispiace così tanto per lui-
-Lo so- mormorò Stefan, prendendola per mano –Coraggio, andiamo a mangiare questo panettone-
Audrianne li seguì, non senza lanciare un ultima occhiata fuori dalla finestra.
-Andate, vi raggiungo subito- disse, d’istinto, prima di aprire la porta e chiamare, a un tono di voce normale –Damon!-
-Buh!-
Con un sobbalzo Audrianne si girò, per trovarlo dietro di lei, sorprendentemente
-E’ Natale, non Halloween- fece, con tono di rimprovero
Lui inarcò un sopracciglio –Perché mi hai chiamato?- domandò, seccato
-Puoi entrare. Io… ti do il permesso di entrare in casa mia, ti sto invitando-
-Non mi interessa- fece Damon, freddamente
-Ah no? E’ per quello che sei venuto a bussare alla mia porta?- ribattè Audrianne, tagliente, mentre si stringeva le braccia al petto, tremando in mezzo alla neve, i ricci sferzati da un vento gelido.
Damon rimase in silenzio, vinto.
-Perché mai vorresti che io entri?- domandò, con uno sguardo circospetto.
-So che gli altri hanno buoni motivi per pensare che tu sia.. irrecuperabile. Io non ne ho: per me tu sei un vampiro che ha deciso di risparmiare una vita per la prima volta, e quella vita è la mia. Quindi puoi entrare-
-Non importa, ragazza sopravvissuta- fece, abbassando lo sguardo. L’unico motivo per cui voleva entrare era dare fastidio a Stefan e ad Elena, ma le parole di Audrianne gli avevano fatto passare, ancora una volta, la voglia di comportarsi da cattivo della situazione.
-Se cambiassi idea… devi solo bussare-
E detto questo, Audrianne girò sui tacchi e tornò in casa, lasciando un Damon pensoso e un po’ meno vuoto nella strada innevata.


Casa Light era buia. Gli ospiti se n’erano andati già da un paio d’ore, era notte fonda. Joanne, Audrianne e Melanie già dormivano nelle loro stanze, Joanne al piano di sotto e le sue figlie in due stanze al piano di sopra. L’unica luce accesa in casa era la decorazione luminosa dell’albero di Natale.
La figura snella di Damon Salvatore si muoveva impercettibilmente mentre lui entrava dalla finestra semi aperta della camera di Mel. Non sapeva nemmeno lui cosa stava facendo lì, l’unica cosa che sapeva era che non aveva potuto fare a meno di entrare in una casa in cui era stato invitato nonostante vi fosse conosciuta la sua vera natura, sia di vampiro che di persona infida e diffidente.
Uscì dalla camera di Mel ed entrò in quella di Audrianne. I lunghi ricci scuri della ragazza erano sparpagliati sul cuscino bianco, proprio come due settimane prima erano sparsi sulla neve candida.
Non la svegliò, ma scese al piano di sotto dove si soffermò davanti all’albero di Natale. Si fidava di Audrianne? Oh, no, non bastava certo così poco a legarlo ad una persona. Ci erano voluti mesi perché si fidasse di Elena, e non riusciva ancora a farlo completamente per via della devozione e l’amore che lei provava per Stefan. Però quella ragazza aveva qualcosa: aveva uno sguardo vivo e sincero negli occhi caldi, color cioccolato. Aveva una vitalità spontanea, e un sorriso contagioso e dolce.
Perso nel guardare le luci dell’albero, Damon si chiese cosa avrebbe dovuto fare adesso: conoscerla, come la curiosità lo spingeva a fare, oppure lasciare perdere, perché a lui degli umani non importava né sarebbe mai importato. Eppure era in quella casa.

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Capitolo 8
*** Street Map ***


“Un giorno, succederà: non so quando, ma sarò per tua strada” [Street Map – Athlete]



La biblioteca di Mystic Falls era piccola e priva di libri interessanti, si trovò a constatare Audrianne quel pomeriggio di pioggia scrosciante.
Aveva deciso di leggere qualcosa riguardo alle leggende sui vampiri, e tutto quello che aveva trovato nell’archivio computerizzato della biblioteca erano “Intervista col Vampiro” e, ancor peggio “Twilight”.
Aveva letto quel libro? Oh, certamente si. Ma non era mai riuscita a digerire il modo in cui Bella, ragazza senza carattere, avesse accettato l’esistenza di Edward senza neanche farsi domande. Farsi domande, pensava Audrianne, era la prima caratteristica degli esseri umani. E la bellezza dell’amore, sempre secondo la sua opinione, era che si scopriva passo passo, mentre Bella sembrava sicura di amare Edward solo per averlo visto un paio di volte.
Era stato così anche per Stefan ed Elena? Si domandò. Elena le aveva raccontato di essere rimasta sconvolta dopo aver scoperto la vera identità di Stefan, e tutte le cose assurde che essa comportava: il problema del sangue, Katherine e la loro incredibile somiglianza, Damon e la noncuranza che portava per le persone, Isobel e la sua natura di vampiro.
-Non troverai niente lì- Audrianne alzò lo sguardo e si trovò faccia a faccia con un ragazzo che conosceva di vista: Jeremy Gilbert.
-Oh, hem… - si portò i capelli ricci dietro l’orecchio: quanto sapeva Jeremy -…in che… in che senso?- tentò.
Jeremy rise –Come bugiarda sei pessima-
Audrianne annuì, un mezzo sorriso sul viso –Colpita e affondata-
-Elena mi ha detto tutto, stai tranquilla- fece Jeremy, sedendosi accanto a lei con aria amichevole.
-…Quindi anche tu sai?- domandò Audrianne in un sussurro, colpita.
Jeremy annuì: il ricordo di Vicky e soprattutto di Anna, la cui morte crudele a causa del dispositivo ideato dal suo antenato ancora era vivo e bruciante nella sua testa.
-Qualche mese fa ero come te: chiuso in biblioteca a fare ricerche sui vampiri- mormorò Jeremy, come se fossero passati anni.
-…e cos’hai scoperto?-
-Che Twilight è un libro per ragazze- ghignò lui –E che Anne Rice sapeva il fatto suo-
Audrianne sorrise, apertamente questa volta.
-Damon Salvatore mi ha quasi uccisa per un po’ di sangue- raccontò
-Damon è un idiota- sentenziò Jeremy, con decisione
-Beh, su questo sembrate essere tutti d’accordo…- osservò Audrianne.
-Lo sarai presto anche tu, Aud- fece Jeremy, con sicurezza
Audrianne sorrise quando sentì il diminutivo: non aveva mai particolarmente apprezzato il suo nome di battesimo, lo riteneva troppo aulico.
-Ma non mi ha uccisa- osservò
-Non mi appellerei a questo, sai? Comunque, cosa volevi sapere che lì non c’è scritto?-
-Solo… Solo curiosità-
-Per esempio?- incalzò Jeremy, con un sorriso
-Come si diventa un vampiro-
-Devi morire con del sangue di vampiro nelle vene, e poi nutrirti di sangue umano- rispose il ragazzo prontamente.
-Oh.. non credo che ci proverò- sorrise Audrianne
-Io l’ho fatto-
Lei gli piantò in faccia gli occhi, di un castano caldo.
-Che cosa?-
-Non sono morto… il sangue di vampiro che avevo preso mi ha impedito di morire. Ho.. scelto il metodo di suicidio sbagliato-
Audrianne era tanto d’occhi –Jeremy, ma… perché?-
Jeremy scosse il capo –Magari un’altra volta. Sono contento di non esserci riuscito, comunque- aggiunse, con un sorriso piuttosto timido.
-Oh…oh, hem.. anche io- fece Audrianne, con una risatina imbarazzata
-Grazie, lo apprezzo-
Si guardarono negli occhi per un secondo e scoppiarono a ridere così forte che la bibliotecaria dovette zittirli con le minacce.



Quel pomeriggio, Bonnie era invitata a casa di Audrianne. Le due, infatti, una volta che Audrianne aveva chiarito con Bonnie di sapere delle sue capacità paranormali, avevano in mente un piano: far credere a Mel di poter fare una magia.
Bonnie adorava la bambina, ed era contenta di poter fare una cosa del genere per lei, in vista del suo compleanno. Così, quando entrò in casa Light, lei e Audrianne si diressero subito nella camera di Mel, tutta piena dei suoi giocattoli sparsi per tutto il pavimento.
-Hei, Mel, guarda chi è venuta a trovarci- sorrise Audrianne
-Chi, Aud? Oooh! Bonnie!- Mel si alzò dal pavimento, dove stava giocando con la casa delle Barbie, e andò incontro a Bonnie per farsi abbracciare.
-A cosa giocavi, Mel?- domandò Bonnie, mentre lei e Audrianne si sedevano per terra assieme alla bambina.
-Giocavo con le Barbie: sto giocando a loro che erano delle fate!- fece la bimba, mostrando una barbie bionda e una mora vestite di colori sgargianti pieni di brillantini.
-Delle fate? Davvero?- fece Bonnie –Perché non delle streghe buone? Le streghe buone sono più forti delle fate!- osservò, mentre Audrianne ghignava
-Ma le streghe sono cattive!-
-Non sono tutte cattive- rispose Bonnie, decisa –Alcune sono buone e aiutano le bambine simpatiche- le strizzò un occhio.
-Cosa facevano le tue barbie, Mel?- domandò Audrianne
-Volavano- dichiarò lei
-Uhm, Mel, che ne dici di provarci di nuovo… perché non usi i tupi poteri di fata per farle volare?-
-Non funzionano così- arrossì Mel, le trecce che le ricadevano sulle spalle.
-Io dico di si… adesso concentrati- fece Bonnie, seria, mentre Audrianne si faceva attenta –E guarda le barbie attentamente-
Mel obbedì, fiduciosa.
-Adesso desidera intensamente che volino… sognalo!- fece Bonnie, mentre muoveva le proprie mani impercettibilmente, lo sguardo concentrato sulle bambole.
E queste, pian piano, sotto lo sguardo estasiato di Mel, si sollevarono a mezz’aria.
-VOLANO! VOLANO! SONO UNA FATA! SONO MAGICA!-
E il sorriso sul volto della bimba ripagava tutte le cose strane successe a sua sorella nelle ultime settimane.

La neve era più alta che mai in quei giorni che seguirono il Natale, le luci ancora accese la sera, gli alberi non ancora sfatti in attesa del primo dell’anno.
Per quel giorno, quasi tutti i ragazzi di Mystic Falls avevano previsto di riunirsi al Mystic Grill, e anche Audrianne aveva acconsentito all’idea.
Quella sera, salutate Mel e sua madre, aspettò che Bonnie passasse a prenderla. Bonnie arrivò, ma era in macchina con Tyler.
-La mia ha il motore fuso- spiegò la strega, mentre Audrianne occupava il sedile posteriore.
Tyler Lookwood non le era mai piaciuto molto. Aveva l’aria di una persona sempre in tensione, sempre pronta a scattare, non molto sincera o aperta nei sentimenti e nei rapporti con le persone, ma siccome doveva solo portarla fino al Grill, e siccome Bonnie era con lei, sorvolò su questo dettaglio.
C’era veramente il pienone di ragazzi e ragazze nel locale, e a quanto pareva perfino i due vampiri, rispettivamente centosessantacinquenne e centosessantaduenne si erano uniti alla festa: Stefan era seduto assieme ad Elena, Caroline e Matt, mentre al bancone, un bicchiere di whisky in mano e la solita espressione pungente, c’era Damon.
-Spero solo che stasera non faccia nessun guaio..sai com’è il detto: quello che si fa a Capodanno, lo si fa tutto l’anno- mormorò Bonnie all’orecchio di Audrianne.
-Perché parli così piano? Non può mica…-
-Oh, si che può. Quindi stai attenta- fece Bonnie, prima di prendere Audrianne sottobraccio e unirsi, insieme a Tyler, alle due coppie sedute ad un tavolo piuttosto in disparte.
-Hei, eccovi! Finalmente ci siamo tutti- fece Caroline, un sorriso contento
-Scusate il ritardo, la mia macchina si è rotta e ho dovuto chiamare Tyler- spiegò Bonnie, mentre si sedeva dall’altro lato di Elena.
-Sono già le undici, cominciavamo a preoccuparci- osservò Elena, la mano stretta in quella di Stefan.
Il loro affiatamento era davvero qualcosa di unico, tanto che a volte Audrianne si trovava a pensare che tutti loro che stavano attorno fossero un po’ degli intrusi in un mondo speciale.

Tra chiacchiere e risate, la mezzanotte arrivò.
Nel locale si intonò la tradizionale Auld Lang Syne, canzone di Capodanno dedicata all’amicizia, e Audrianne davvero non si era mai sentita più a casa di così, mentre con un ridicolo cappellino in testa stava a braccetto tra Bonnie e Jeremy, cantando con tutto il cuore e tutta l’anima.
Dopo la mezzanotte, l’atmosfera scemò pian piano. Stefan accompagnò a casa Elena, che era stanca, siccome si stava riprendendo dal raffreddore.
Matt portò via Caroline poco dopo, contento di avere finalmente una serata libera da scuola e lavoro da passare con lei, mentre a sorpresa, Jeremy si offrì di riaccompagnare Bonnie che, colta alla sprovvista, accettò, scusandosi con Audrianne per doverla lasciare sola con Tyler.
La ragazza si mise alla ricerca del suo ‘taxista’, e dopo venti minuti che perlustrava il locale lo trovò sul retro, completamente ubriaco, mentre rideva assieme a due ragazze altrettanto poco in sé.
Audrianne non voleva assolutamente salire in macchina con un Tyler Lockwood in quelle condizioni, ed era piuttosto sicura che lui avrebbe fatto storie se gli fosse stato chiesto da lei, quasi una sconosciuta, di abbandonare la ‘festa’.
Indecisa sul da farsi, Audrianne stava in piedi in mezzo al parcheggio: stava diventando una pessima abitudine, quella di sostare tra le macchine e la neve in mezzo al freddo invernale. Forse la cosa migliore era chiamare un taxi, almeno sarebbe stata sicura di arrivare a casa intera.
Si mise a frugare nella borsa alla ricerca del cellulare.
-Andiamo, ti accompagno io-
-Damon!- Audrianne fece un salto, voltandosi di scatto verso il ragazzo che era appena comparso silenziosamente alle sue spalle -…No grazie, sto per chiamare un taxi-
-Ho già mangiato, oggi. Forza- e mentre parlava Damon aveva già aperto la portiera del passeggero della sua macchina nero corvino.
Audrianne rimase impalata, spostandosi convulsamente i lunghi ricci scuri dietro le orecchie, indecisa se accettare o no.
-Oh, andiamo- fece lui, con un cenno della testa e uno sguardo convincente negli occhi chiari.
-….Va bene- si decise Audrianne, rassegnata.
Salì in macchina e cinque secondi dopo Damon stava mettendo in moto, con aria seria.
-Ehm… bella festa stasera- tentò lei
-Sono ancora emozionato- fece lui, sarcastico.
Il silenzio calò per qualche imbarazzante secondo.
-Perché lo stai facendo?- domandò allora Audrianne, avendo capito che le conversazioni di cortesia non avevano nessun’attrazione per lui.
-Mi annoiavo- fece Damon, alzando le spalle con indifferenza.
-E questo spezzerebbe la tua noia?- domandò lei, scettica.
-Stavo cercando di essere gentile. Perché diavolo nessuno ci crede mai?- domandò, ironico.
-Forse perché passi il 90% del tuo tempo a comportarti da stronzo- osservò Audrianne, non troppo intimorita.
Damon alzò le spalle, con un lieve sorriso –Giusta osservazione-
-Beh, grazie, comunque. Lo apprezzo- fece Audrianne, sinceramente.
Damon annuì, cercando di apparire indifferente alla cosa.
-Mi hai invitato in casa tua- fece, dopo un po’, piano, mentre casa Light si faceva sempre più vicina.
-L’ho fatto, sì-
Damon annuì, silenzioso, mentre accostava la macchina di fronte a casa Light –Eccoti qua, cerca di arrivare viva alla porta- ironizzò.
Audrianne fece una faccia stizzita –Grazie del passaggio, Damon. Buona notte, e buon anno nuovo-
-Il centosessantottesimo. Piuttosto deprimente, in effetti- fece lui, prima che Audrianne scendesse dalla macchina e si avviasse verso casa.
-Audrey!- chiamò Damon, mentre lei era già a metà strada.
Audrianne si voltò piantandogli in faccia gli occhi color cioccolato.
-Grazie per la fiducia, comunque. Lo apprezzo- le disse lui, il finestrino abbassato, prima di far partire la macchina a tutta velocità.
Chissà se è come dice il detto: buona azione a Capodanno, buona azione tutto l’anno…


Come sempre grazie a tutti voi che leggete e commentate =) Scusate la lenztezza nel postare, ma l'Università mi succhia via il tempo =)

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