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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Un nuovo lavoro *** Capitolo 2: *** Sorprese *** Capitolo 3: *** Gossip e illuminanti ricerche in rete *** Capitolo 4: *** Una presenza inaspettata *** Capitolo 5: *** Strani sogni *** Capitolo 6: *** Una visione sconvolgente *** Capitolo 7: *** Orribili ricordi che riemergono *** Capitolo 8: *** Una nuova fase *** Capitolo 9: *** Sentimenti che si fanno chiari *** Capitolo 10: *** Written and Directed by Emily Paxton ***
Disclaimer: Leggete Orlando Bloom e pensate che sia un
nome qualsiasi. Una pura convenzione. Ovviamente non lo conosco affatto e non
voglio offendere nè lui né nessun altro con le mie divagazioni.
In questo capitolo vi segnalo subito uno spoiler. In
un punto vi ho descritto il finale de “I 400 Colpi” di Francoise Truffaut per
spiegare un particolare stato d’animo della protagonista. L’ho segnalato in ogni
modo, se pensate di guardarlo in futuro potete tranquillamente saltare a piè
pari un paio di righe, non me la prendo!
A nessun’altro potrei dedicare questo lavoro se non a
Moon. Spero che fra tanti anni, quando ci ricorderemo di questo week-end
potremmo sentirci felici come lo siamo adesso!
Nota del 23-5-2005:
Se volete inserire questo racconto in forum, blog e quant’altro potete farlo. Ma
non con il copia/incolla… Credo sia più opportuno, e soprattutto gradito per me,
riportare il link di questo sito! Grazie!
Un nuovo lavoro
Chiuse
gli occhi, scacciò dalla sua mente ogni pensiero.
Cercò
di sentire solo l’acqua calda che saliva piano nella vasca da bagno, il tepore
era l’unica cosa sensazione che voleva provare, la sola che le ricordasse di
essere viva.
Sarebbe durato poco, lo sapeva. Una breve parentesi ai suoi bui pensieri.
Se le
cose non cambiavano in fretta avrebbe dovuto troncare di netto i suoi studi e
tornare a casa dai suoi, avrebbe dovuto cercarsi uno squallido posto da
cameriera e avrebbe fatto quel lavoro per tutta la vita. Avrebbe dovuto chiudere
i sogni nel cassetto e lasciare che il tempo l’aiutasse a dimenticare il
fallimentare tentativo che aveva fatto di diventare qualcuno, qualcuno che
contasse veramente per se stessa. Neanche il senso di rivalsa nei confronti
della sua famiglia le interessava, non avevano mai creduto in lei, né l’avevano
mai aiutata in un modo qualsiasi, ma la cosa non la stupiva. L’attenzione era
stata sempre rivolta a suo fratello, il maschietto di casa, sempre coccolato e
viziato…certe madri sono così, si innamorano dei propri figli maschi come se
rivedessero in loro l’uomo di cui si erano innamorate in gioventù e che magari
non era più quello di una volta. Suo padre infatti, non si interessava mai di
nessuno, né di lei né tanto meno di suo fratello e sua madre. Non era stato un
buon genitore, fallendo in propositi di fare soldi legalmente tentò di farli
disonestamente, non riuscendo anche quella volta. Fu arrestato e mise in serio
pericolo se stesso e la famiglia.
L’idea
di trasferirsi negli Stati Uniti e studiare regia non aveva suscitato niente in
lui, a parte la solita raccomandazione di non fare il passo più lungo della
gamba:
- Sai
che non potremmo fare molto per te, economicamente.- E lei si, lo sapeva. E non
aveva certo chiesto niente, i soldi che aveva messo da parte negli ultimi due
anni con i lavori estivi le sarebbero stati utili proprio per cominciare. Da
sempre contava solo su se stessa.
Era
partita nonostante tutto, con un misto di ansia e paura, ma anche con la voglia
di riuscire.
Da
allora erano passati tre anni. Los Angeles era una città caotica e non le
piaceva granché, ma ci si era gradualmente abituata. Il college andava bene, il
problema era il suo non essere nessuno. Certo, se avesse avuto le conoscenze di
alcuni suoi compagni di corso forse avrebbe potuto aspirare a fare l’aiuto
regista in qualche film di serie b, tanto per cominciare. Ma lei non aveva le
conoscenze di alcuni figli di papà che magari, solo per essere figli d’arte o
per i soldi, avevano sempre la strada spianata. E nemmeno nei docenti poteva
tanto contare. Anche loro avevano occhi solo per certa gente e una ragazza di
ventidue anni doveva essere disposta a qualche sacrificio per farsi notare in
quel caso. Aveva sempre saputo che il mondo del cinema era un mondaccio, ma non
immaginava così tanto.
Ciliegina sulla torta, aveva perso il lavoro. Fra un po’ avrebbe dovuto
cominciare a chiedersi come avrebbe fatto a pagare l’affitto.
La
voglia di lavorare certo non le mancava, ma troppe ore impegnata le avrebbero
fatto perdere tempo per gli studi, allontanandola dall’obiettivo principale,
quello di poter vedere realizzate le sue idee sul grande schermo. E lei ne aveva
di idee, era un vulcano di idee. E di idee anche più brillanti di quelle dei
suoi ben più ricchi e più conosciuti compagni di corso.
L’acqua era diventata tiepida e le sue dita cominciavano ad assomigliare ad una
prugna secca. Uscì da quella scomoda vasca da bagno, l’appartamento dove le
avevano affittato una stanza era veramente orribile, ma era la sola sistemazione
che poteva permettersi. Si avvolse nell’asciugamano e tornò nella sua camera per
asciugarsi e vestirsi. Quella sera sarebbe andata a vedere un film alla cineteca
studentesca. Era in programma per quel mese una rassegna sui più importanti
autori del cinema francese e quella sera avrebbero proiettato “I 400 colpi” di
Francoise Truffaut. L’aveva già visto, e ne era rimasta colpita, nonostante
questo sapeva che certe pellicole meritano di essere viste sul grande schermo e
quando vedeva in programma dei film che le erano piaciuti andava a vederli senza
indugiare. Era stato bello vedere capolavori di Chaplin come “Il grande
dittatore” al cinema, una vera emozione. Per altro il cinema odierno se non in
rari casi non le trasmetteva quello che provava nel vedere i vecchi film. La
semplicità l’attraeva più d’ogni altra cosa, i film di oggi spesso non
riuscivano ad esserlo. Non tanto per gli effetti speciali, che comunque non le
piacevano, ma per le storie in sé. Tutto doveva avere una sua spiegazione
logica, necessariamente. I film di paura erano quelli che detestava di più: a
volte erano così banali e scontati che dopo pochissimo già le riusciva facile
sapere come sarebbero andati a finire. A quel punto le tornavano in mente i
capolavori di Hitchcock, dove la paura era fine solo a se stessa, dove gli
intrecci erano più intrigati e intriganti. Pensava alle attrici superbe di
Hitchcok, a Tippi Hedren, a Kim Novak alla meravigliosa Grace Kelly,
quest’ultima specialmente nel suo preferito di Hitchcok, “La finestra sul
cortile”, con James Stewart. Poi ritornava sul film che stava guardando, con
quelle attricette senza spessore e senza grazia, con le tette gonfiate e con
fare da cretinette. Certo, non era tutto da buttare il cinema contemporaneo, ma
per lo più non lo conosceva e non lo seguiva.
Sì,
sarebbe uscita, per una sera distrarsi le faceva bene.
Nonostante i tre anni passati al college non era riuscita
a farsi degli amici. Le sue compagne la facevano sentire in soggezione e non
aveva mai veramente guardato in faccia un ragazzo ad uno dei corsi che aveva
frequentato. Il sesso maschile per lei era sempre stato nemmeno un mistero,
piuttosto qualcosa a cui lei non voleva neanche avvicinarsi. Non provava
repulsione, ma vergogna. Qualcuno nel corso della sua vita aveva provato a farle
notare che non era normale e che il suo comportamento alla presenza di uomini
che non fossero suo padre, suo fratello o altri con cui aveva un rapporto del
genere era veramente anomalo. Durante gli anni del liceo soprattutto, a chiunque
sembrava strano che lei sfuggisse i rapporti umani mentre tutti i suoi coetanei
erano immersi nel vortice amoroso dell’adolescenza. Preferiva rifugiarsi in un
cinema, sempre da sola, a sognare che un giorno sarebbe stata lei a mettere in
scena i drammi e le gioie che le riempivano il cuore in quelle sale buie.
Uscita dal cinema dopo le 21. Si strinse nel suo
maglioncino di cotone, non per il freddo, a Los Angeles non faceva mai freddo,
più come un gesto di raccoglimento. Mentre camminava verso casa tratteneva nella
sua mente l’emozione di quel bambino di dodici anni che corre via lontano dalla
sua prigione, verso il mare che non aveva mai visto. La storia non va avanti,
forse verrà trovato e riportato dov’era il suo posto, ma in quel momento, sulla
piaggia, con i piedi nell’acqua, è più libero di chiunque altro sulla faccia
della terra. Anche a lei sarebbe piaciuto essere così libera, non la libertà che
già aveva, una libertà totale, senza nessun vincolo. Dopo poco le ritornarono
alla mente i suoi pensieri, fu un bene tornare a casa e trovare una buona
notizia. Avevano chiamato dal collocamento, forse le avevano trovato un lavoro
adatto a lei. La signora Doyle aveva raccomandato che si presentasse al più
presto, subito, la mattina seguente.
Alle
nove del mattino era già davanti nell’ufficio, aspettando il suo turno.
-
Tesoro, accomodati!- Le disse la signora Doyle quando la vide. Già tre anni
prima si era rivolta a quell’ufficio per un lavoro e la signora Doyle aveva
sempre cercato di farle avere di lavori adatti a lei. Le era rimasta subito
particolarmente simpatica, era una ragazza così timida ed educata, sembrava
indifesa e non particolarmente in grado di far fronte alle difficoltà che le si
sarebbero presentate come studente lavoratrice, quindi aveva preso subito a
cuore la sua situazione. Dopo poco aveva potuto notare che Emily, nonostante il
suo carattere schivo e quell’aria da ragazza indifesa non era affatto debole
come sembrava. Capì subito che era abituata a provvedere a se stessa e la
simpatia che aveva provato nei suoi confronti si trasformò in affetto, un
affetto che le dimostrava occupandosi di lei anche oltre l’aspetto lavorativo.
Spesso la domenica pomeriggio invitava Emily a prendere il thè a casa sua e
parlavano un po’ di tutto. Per lei che aveva ormai quasi sessant’anni e non
aveva avuto figli stare con Emily era una cosa che la faceva sentire meno sola.
-
Prima di tutto vorrei sapere perché ti hanno licenziata, non ci volevo credere
quando me l’hai detto l’altra settimana. E soprattutto perché hai aspettato un
mese per dirmelo?-
-
Tagli al personale, hanno detto. Io ero stata una delle ultime ad essere stata
assunta, quindi…- rispose, facendo finta di non aver capito la seconda domanda.
La verità è che si era vergognata, anche se sapeva di non avere nessuna colpa.
-
Capisco - disse la signora Doyle. Dopo una breve pausa aggiunse: - Avrei trovato
qualcosa per te, mi hanno raccomandato di scegliere una persona seria e
discreta, soprattutto sulla discrezione si sono raccomandati, sai, c’è di mezzo
una persona di una certa notorietà. E’ una nota casa di produzione
cinematografica che mi ha chiesto di cercargli qualcuno, sai. E’ un po’ anche il
tuo campo.- Emily rimase perplessa. - Di che si tratta esattamente?-
- Ti
dovresti occupare di una casa che ogni tanto rimane vuota. Sai, una specie di
guardiano: dare l’acqua alle piante, controllare che sia tutto apposto insomma.
Lo stipendio non è altissimo, ma c’è compreso anche l’alloggio. Infatti, per
questo lavoro tu abiteresti in una parte della casa con entrata propria. Non è
vicinissima al campus, ma non credo che sia una grosso problema per te.-
- E in
ogni caso, peggio di dove sto adesso non sarà, spero.-
- No,
no, è una bellissima zona, gli autobus la servono molto bene e la casa è molto
bella. Ogni tanto sarà abitata, allora tu nei momenti in cui lo sarà dovrai
svolgere mansioni da donna di servizio. Sarà un po’ più impegnativo, ma sarà per
poco tempo ogni tanto.-
- Non
è affatto un problema, la situazione mi sembra buona. E per la lontananza dal
campus non mi preoccupo se si tratta solo di alzarsi un po’ prima la mattina.-
-
Benissimo! L’unica cosa è che devi decidere in fretta, l’agenzia che mi ha
contattata ha detto che dovresti cominciare questo lunedì, e oggi è giovedì.
Sai, volevano una persona un po’ più grande, ma ti ho raccomandata fortemente.
Praticamente il posto è tuo, se lo vuoi. Pensaci un paio di giorni, vogliono la
conferma per sabato.-
- Non
ho bisogno di pensarci, signora Doyle. Ho bisogno di lavorare, lei lo sa. E se
lei me l’ha proposto con tanta sollecitudine, io mi fido.-
-
Sicura?-
-
Sicurissima. Ma chi sarebbe la persona proprietaria della casa?-
- Non
lo so questo, tesoro. Ma ti metto subito in contatto con l’agenzia, che ti
spiegherà di preciso il lavoro che devi fare.- Scrisse qualcosa su un foglio e
lo porse a Emily. Poi continuò.- Questo è l’indirizzo dell’agenzia, vacci subito
se puoi. Io intanto gli chiamo per dire che sto mandando qualcuno.-
Emily
notò stupita che era un indirizzo di Beverly Hills. Accidenti, ma allora doveva
essere una persona veramente famosa. Uscì dall’ufficio della signora Doyle
ringraziandola, quindi si diresse a prendere un autobus. Ci sarebbero voluti
quaranta minuti buoni per arrivare nel posto dove doveva andare, sull’autobus
tirò fuori il suo libro dalla borsa e si immerse nella lettura.
Arrivata nell’ufficio, notò subito che era elegantissimo. Si sentì un po’ in
soggezione, si avvicinò ad una signorina indaffarata che dietro una scrivania
non faceva che rispondere la telefono e appena poté farlo comunicò lo scopo
della sua visita. Fu indirizzata in un ufficio, dove la accolse una “donna in
carriera” che stava parlando con l’auricolare al telefono con qualcuno. Le fece
cenno di sedersi, Emily obbedì. Quando la chiamata finì la signorina che le
stava davanti le chiese chi fosse. Emily si imbarazzò un po’, quell’ambiente le
era assolutamente estraneo e un po’ timidamente disse: - Em… Emily Paxton
signorina, mi ha mandato l’agenzia…-
- Ah,
certo, mi scusi signorina Paxton, mi era sfuggito di mente.-
Si
presento porgendole la mano:- Eva Johansonn. Poi le indicò la sedia come in
precendenza:- Si accomodi, prego.- Emily si era alzata di nuovo in piedi, quando
l’altra aveva concluso la telefonata, per educazione. La donna in carriera
continuò:- Le hanno già spiegato a grandi linee in cosa consiste il lavoro?-
- Sì,
- rispose Emily, - ma sono stati un po’ vaghi. Lei mi direbbe qualcosa in più?-
-
Certo, ho chiesto espressamente che lei venisse a parlare con me quanto prima
proprio per questo. E’ un lavoro delicato, quando si ha a che fare con persone
note si deve innanzi tutto assicurarsi di potersi fidare di chi si ha davanti.
Lei si occuperà della casa di un attore abbastanza famoso, dovrà firmare un
contratto che la vincolerà al silenzio assoluto su qualsiasi particolare della
vita privata del quale lei venisse a conoscenza. Inoltre dovrà rispettare certe
regole. Per questo volevamo una persona un po’ più matura. Sa, la vita di una
studentessa universitaria è un po’, diciamo, movimentata. Magari potrebbe
venirle la tentazione di spifferare alle sue amiche qualche particolare…-
- Di
questo non deve preoccuparsi assolutamente. Sono un modello di discrezione,
gliel’assicuro.-
- Sì,
la signora Doyle me l’ha detto. L’ha raccomandata caldamente e dato che la
signora Doyle non mi ha mai lasciata a mani vuote quando mi sono trovata ad
avere carenza di personale, mi fido. Lei ha tutte le qualità richieste.-
La
donna spiegò nei dettagli il lavoro. La casa non era molto grande, il lavoro in
ogni caso non sarebbe stato durissimo, Lei doveva accertarsi che tutto
funzionasse e che tutto fosse in ordine per i periodi in cui sarebbe stata
abitata. Non poteva tenere animali e non poteva ricevere visite nei periodi in
cui la casa era occupata. Doveva sempre controllare che tutto funzionasse a
dovere e se riscontrava qualche cosa di anomalo doveva occuparsi di chiamare un
tecnico. Il giardiniere sarebbe venuto in ogni caso una volta a settimana, casa
abitata o no. Insomma, era in effetti casa sua, ma doveva diventare un fantasma
quando la casa era abitata. Non era difficile, anzi, era fantastico come lavoro.
Le avrebbe lasciato parecchio tempo libero. Inoltre lo stipendio non era affatto
così basso come la signora Doyle aveva detto.
- Che
le sembra signorina Paxton?-
-
Tutto bene, ho capito. Solo vorrei sapere di chi è questa casa.-
-
Questo potrò dirglielo solo quando avrà firmato accordi vincolanti a lavoro
accettato. Adesso perché non va a vedere la casa? Così mi farà sapere con
precisione se intende accettare o no. La faccio accompagnare in macchina, anche
se è a poca distanza da qui.-
Chiamò
qualcuno al telefono, dopo pochi minuti arrivò un ragazzetto al quale fu chiesto
di accompagnare Emily alla famosa casa. Nel breve tragitto il ragazzo spiegò che
chi la occupava era appena andato via e che forse ci sarebbe stato un po’ di
disordine. La persona che si occupava del lavoro aveva dovuto lasciarlo
improvvisamente.
La
casa era bellissima e anche il mini appartamento che lei avrebbe dovuto
occupare. Emily decise all’istante che avrebbe accettato il lavoro. Non le
sarebbe mai più capitata un’occasione del genere. Avrebbe praticamente avuto un
appartamento per se, era bellissimo!
La
riaccompagnarono in ufficio e tornò nell’ufficio della Johansonn, disse che
aveva deciso di accettare il lavoro. Firmò quello che c’era da firmare, per lo
più le famose clausole che la vincolavano alla riservatezza. Ringraziò e fece
per uscire, quando la donna in carriera la bloccò:- Non vuole più sapere per chi
lavorerà?- A Emily in effetti era completamente uscito di testa dopo aver visto
la casa. – E’ vero – rispose. –Me n’ero dimenticata.-
-
Orlando Bloom. Capisce ora il perché di tanta discrezione?-
Emily
guardò perplessa la donna in carriera, non aveva mai sentito quel nome.
-
Veramente no, signorina. Chi sarebbe?-
La
donna in carriera rise di gusto, poi aggiunse:- E’ già entrata nella parte, eh?
Si, è proprio la persona che fa per noi.-
Emily
continuava a non capire. Non sapeva davvero di chi si trattasse! E del resto,
non è che le importasse un granché.
Freddie, il ragazzo che l’aveva accompagnata le
aveva offerto il suo aiuto per traslocare se ne avesse avuto bisogno. Non che
avesse poi tante cose, ma da sola avrebbe dovuto fare almeno tre viaggi in
autobus, le sarebbe occorsa una giornata. Freddie quindi arrivò il sabato
mattina per aiutarla. Quanto era bello lasciare quella topaia in quel brutto
quartiere. Tra l’altro, stranamente, Freddie non le causava nessuna imbarazzo,
forse perchè era poco più piccolo di lei, poi era simpatico, alla mano, l’aveva
messa a suo agio.
Emily sistemò le sue cose,
dopo Freddie le mostrò tutto quello di tecnico che c’era da mostrare in quella
casa: il riscaldamento, l’acqua, la luce. Le insegnò infine ad usare l’allarme e
le consegnò le chiavi. Andò via poco prima delle 13, per poi tornare nel
pomeriggio con un gatto. – e’ di Bloom, le disse.- Lo ha tenuto qualcuno per lui
fino a che non trovavamo qualcuno, ma ora che ci sei tu non abbiamo più ragione
di tenerlo. Non è un problema, vero? –
- No, anzi, mi farà
compagnia. Sono stupita perché nessuno me lo aveva detto. Che gli devo dare
mangiare?-
- Ci devono essere delle
sue scatolette in cucina. In ogni caso per fare la spesa per la casa ti hanno
spiegato tutto, vero?-
- Certamente, per quello
non c’è problema, non lo lascerei morire di fame in ogni caso! Come si chiama?-
- Non lo so. Ora scappo, se
hai bisogno chiama. Ciao!-
Emily rispose al saluto,
poi liberò il gatto dalla casetta. Un bel gattino, non doveva essere molto
grande. Non aveva un collarino, Emily vide che era un maschietto. Si limitò a
chiamarlo “Gatto”. Chissà se avrebbe scoperto il suo nome.
Un’ora di autobus la
mattina e una il pomeriggio non erano certo la cosa più comoda del mondo, ma
quella sistemazione era veramente fantastica. La casa era in un quartiere
residenziale molto bello, pulito e silenzioso. L’unico suo onere era quello di
occuparsi di Gatto, di portare la posta nell’ufficio della donna in carriera, la
signorina Johansonn, far entrare il giardiniere che veniva ogni mercoledì e dare
un occhiata che fosse tutto apposto ogni tanto. Inoltre quello stipendio fisso
le permise finalmente di fare qualche progetto per il futuro, finalmente aveva
dei soldi per soddisfare qualche piccolo capriccio e cominciò a risparmiare per
comprarsi un computer suo, dato che aveva sempre dovuto usare per qualche
bisogno quelli del campus.
Passò in fretta un mese.
Quel pomeriggio doveva recarsi dalla Johansonn per portare la posta che era
arrivata quella settimana. Per lo più erano bollette o pubblicità, raramente era
qualcosa che poteva somigliare a una lettera. La Johansonn la fece accomodare
nel suo ufficio con la solita cortesia.
- Questo giovedì tornerà il
signor Bloom. Al suo arrivo sarò presente anch’io, così la presenterò. Quindi si
preoccupi che sia tutto in ordine. Anche se le raccomandazioni credo siano
superflue, mi dicono che lei è molto scrupolosa.-
- E’ il mio lavoro. Faccio
del mio meglio.- rispose Emily imbarazzata del suo complimento.
- Il signor Bloom ha
chiesto di comprare queste cose per lui prima che arrivi.- Le consegnò una
lista. – Quasi sempre dovrà fare delle piccole cose per lui prima che arrivi. Le
prossime volte le telefonerò semplicemente per avvertirla, in caso ce ne sia
bisogno manderò qualcuno a portarle liste della spesa o cose simili.-
Emily appena uscita andò
subito a fare quelle commissioni. Tornata all’appartamento si mise a studiare,
doveva finire un capitolo per la lezione del giorno seguente. In serata
controllò che tutto funzionasse: luci esterne, gas e riscaldamento. Programmò il
timer del riscaldamento in modo che Bloom trovasse sufficiente acqua calda per
una doccia al suo arrivo e cambiò le lenzuola al letto, come le era stato
chiesto. La prima volta che era entrata in quella stanza non si era molto
guardata intorno. Non si era messa a riassettare un granchè, l’avrebbero
avvertita del suo arrivo, quindi non si era preoccupata inizialmente. Dette una
spolverata ai mobili, pulì i vetri delle finestre e lo specchio, dove notò per
la prima volta delle foto. Supponeva fossero foto di Bloom con altre persone,
per lo più delle polaroid nemmeno tanto chiare. Non riuscì a capire che età
poteva avere, inoltre non sapeva quando erano state scattate quelle foto. Una
attrasse la sua attenzione: era strana, poteva essere lui o no. Un uomo con
lunghi capelli biondi e strane orecchie a punta, vestito in modo bizzarro, aveva
un arco in mano. Era un attore, sarà stato un ruolo che aveva interpretato. Era
buffa come foto, in ogni modo!
Alla televisione avrebbero
trasmesso un film che voleva vedere quella sera, così, appena finito di
riassettare tutto, finì in fretta le due pagine rimaste a completare il capitolo
e si preparò qualcosa da mangiare. Finito il film era stanca, si addormentò
quasi subito.
La mattina seguente si
svegliò presto per prendere l’autobus e appena finite le lezioni corse via per
essere a casa un po’ prima. La Johansonn sarebbe venuta verso le tre del
pomeriggio, Bloom dopo un’altra mezz’ora circa. Finì le faccende che aveva
cominciato e spostò la cuccia del gatto rimettendola al posto dove l’aveva
trovata appena in tempo per l’arrivo della Johansonn. Faceva dormire il gatto
nella sua stanza, anche se sapeva che non è molto igienico dormire nella stessa
stanza con un animaletto. Non sapeva perché, ma la faceva sentire più protetta.
La Johansonn era una donna
cortese, ma certo non si poteva dire che fosse molto gentile. Era estremamente
autoritaria, dava le disposizioni delle cose da fare come se stesse dando ordini
militari. Freddie e altri la chiamavano “Il Generale, e le calzava a pennello.
Era molto bella, forse un po’ troppo magra, ma doveva essere così per sua
costituzione. Aveva la pelle molto chiara, i capelli biondi sempre fermi in un
sobrio chignon e vestiva sempre elegantissima. Anche se non aveva un gran seno
lo metteva sempre in bella evidenza, portava delle camicette sempre un po’
aperte. Quelle tette saranno state un magico effetto di uno wonder-bra, pensava
Emily. – Io sarei ridicola così vestita – disse un giorno a Freddie che era
stato da lei per portarle delle cose.
- Ma non credo proprio! –
rispose Freddie, - staresti molto bene, ma non ti ci vedo per niente vestita da
stronza!-
Emily rise. Evidentemente
la Johansonn non doveva essere molto tenera con Freddie e gli altri.
Anche quel giorno arrivò con i capelli legati
nel solito modo, altissime scarpe con il tacco e in uno dei suoi soliti tailleur
firmati. Abbandonò il soprabito su una poltrona del soggiorno, Emily fece per
riporlo ma la Johansonn la fermò dicendole che le sarebbe servito di nuovo tra
poco.
Fece un giro per la casa,
forse per controllare che fosse tutto apposto, il gatto alzò la testa un momento
per guardare chi fosse, poi si rigirò e continuò a dormire come se nulla fosse.
- Non è un animale molto
socievole, vero?- chiese a Emily
- In effetti no. Ogni tanto
viene a cercare qualche coccola, ma non sembra averne molto bisogno. Forse lo fa
con me, perché mi conosce poco. Lei sa come si chiami?-
- Al signor Bloom l’ho
sentito chiamare solo “micio”. Non so se sia il suo nome. In effetti non ci sono
stata mai molto attenta, non mi piacciono gli animali che lasciano il loro pelo
in giro e che sporcano dove passano. Il signor Bloom ha lasciato semplicemente
detto qualche tempo fa di occuparsi anche del gatto, e così ho dato
disposizioni.-
Dopo poco un taxi si fermò
al cancello. La Johansonn aprì il cancello automatico con un telecomando mise il
soprabito e andò fuori mentre il taxi entrava.
Emily rimase in casa, vide
la scena dalla finestra. Bloom non era affatto come lo aveva immaginato.
Innanzi tutto era piuttosto giovane, non doveva essere molto più grande di lei;
era carino, non bellissimo, comunque non esattamente il suo tipo. La Johansonn
lo salutò con calore e dandogli del tu, evidentemente si conoscevano abbastanza
bene. Emily avrebbe descritto la scena in modo comico, la Johansonn si era
sciolta come un ghiacciolo; quel gridolino mentre diceva –Orlando!- molto
civettuolo, di chi flirtava di proposito l’avrebbe divertita, se non avesse
provato subito la sensazione di avere lo stomaco sottosopra. Quel ragazzo poteva
essere un suo compagno di corso, insomma, uno di quelli per cui provava quell’innata
vergogna e repulsione. L’avrebbe spaventata persino stringerli la mano.
Internamente si imponeva di
rimanere calma, anche se era stata stupida. Che ci sarebbe voluto a chiedere a
qualcuno quanti anni avesse quell’Orlando Bloom? Questo le avrebbe risparmiato
quella sgradita sorpresa. Ormai c’era, quindi meglio rimanere calmi. Il taxista
portò le valigie in casa, fu pagato e andò via, i due entrarono in casa
chiacchierando di stupidaggini sul viaggio. Bloom stava facendo dell’ironia sul
cibo che servivano le compagnie aeree, la Johansonn rideva ad ogni sua battuta.
Il gatto si precipitò subito alla porta e cominciò a miagolare e a fare le fusa
strofinandosi con forza contro le gambe di Bloom che rispose chiamandolo bel
micio e accarezzandolo.
Emily stava là senza sapere
che fare, quando la Johansonn li presento:- questa è la signorina di cui ti ho
parlato Orlando, Emily Paxton.- Bloom la guardò incuriosito, le tese la mano
salutandola, lei rispose alla stretta di mano con timidezza. Decisamente
spaventata, non riusciva a sostenere il suo sguardo, alzava e abbassava gli
occhi con lievi scatti della testa, imbarazzata, come le succedeva spesso in
certe situazioni. La Johansonn si accorse del suo atteggiamento e ricominciò
subito a civettare con Bloom per porre fine all’imbarazzante situazione.
Insomma, l’aveva vista timida, ma credeva che almeno un sorriso avrebbe potuto
farlo. Diedero i soprabiti a Emily che li ripose nell’armadio all’entrata, poi
si sedettero in soggiorno a parlare. Emily disse che tornava nella sua stanza,
che l’avessero chiamata se occorreva e si defilò velocemente. Chiusa la porta,
tiro un sospiro di sollievo.
Non era stata molto carina,
lo sapeva. Doveva imparare ad essere più sciolta con lui, avrebbe dovuto
impegnarsi. Si mise a studiare, ma con le orecchie sempre in allerta a sentire
quello che succedeva non molto lontano da lei.
Sentì chiaramente quando la
Johansonn uscì da quella casa, seguì con le orecchie tutti i rumori, trascurando
per un attimo il suo libro di testo. La porta che univa il suo appartamentino
dal resto della casa era situata nel corridoio che congiungeva il soggiorno alle
due camere da letto e ai due bagni. Emily sentì dei passi accanto alla sua porta
che andavano verso le stanze infondo al corridoio, poi dopo pochi minuti li
sentì fare la strada opposta. Sentì bussare alla sua porta e trasalì. Aspettò
qualche secondo, poi si alzò dalla seggiola e aprì un pezzetto di porta, come se
avesse potuto essere chiunque.
- Ciao.- gli disse Bloom
sorridendole.
- Buonasera.- Rispose lei
guardando per terra e aprendo un po’ di più la porta. Poi aggiunse:- Posso fare
qualcosa per lei?-
- In effetti si, un paio di
cose ci sarebbero. Intanto potremmo darci del tu, dato che abbiamo quasi la
stessa età.- Emily annuì.
- E poi mi chiedevo se
potessi stare per un po’ attenta al telefono, aspetto una telefonata importante
ma ho bisogno di fare una doccia. Giusto per un quarto d’ora.-
- Certo signor Bloom.- Lui
sorrise e porgendole il cordless la corresse. – Certo, Orlando…-
- Emh, si, mi scusi. Cioè,
scusa…Orlando…-
- Torno fra un po’, ciao.-
Detto ciò si allontanò sempre sorridendole.
Emily pensò che non sarebbe
stato così difficile abituarsi a lui. Sembrava gentile.
Capitolo 3 *** Gossip e illuminanti ricerche in rete ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
Buona lettura!^_-
Gossip e
illuminanti ricerche in rete
Bloom rimase solo una
settimana. La convivenza non fu traumatica, tranne l’episodio del telefono si
parlarono pochissimo, solo per mettersi d’accordo su cosa Emily avrebbe dovuto
fare. Emily aveva i corsi quasi tutte le mattine e un pomeriggio, il lunedì,
tranne il sabato e la domenica ovviamente. Faceva le pulizie dell’appartamento
nel pomeriggio, quando Bloom non c’era. Quel ragazzo era indaffaratissimo,
quando era a casa il telefono suonava continuamente, ma in genere, per la
maggior parte della giornata, era fuori fino a tardi. Emily non aveva mai lavato
un piatto sporco, evidentemente lui non mangiava mai in casa. La mattina in
compenso non si alzava presto, Emily suppose che dormiva sempre fino a tardi.
Quindi ogni mattina senza fare nessun rumore faceva fare colazione al gatto e
usciva per andare ai corsi. Le sembrava normale tutto sommato, quel ragazzo non
tornava mai a casa prima delle due. Una notte che non riusciva a dormire lo
sentì rientrare con una donna. Beh, supponeva che quel genere di esercizio
fisico fosse stancante.
Ripartì dopo circa sei
giorni, se non fosse stato per una borsa pronta che Emily aveva visto una di
quelle mattine accanto alla porta, non se si sarebbe nemmeno accorta che era in
partenza.
Qualche giorno dopo, la
domenica pomeriggio, passò a fare una visitina alla signora Doyle per dirle come
andavano le cose. Al ritorno trovò Freddie ad aspettarla.
Un po’ stupita gli chiese
se stesse facendo gli straordinari. – No, ma che dici!- rispose ridacchiando, -
sono solo passato a trovarti per sapere se hai bisogno di qualcosa, e poi sono
curioso di sapere come è andata la settimana.-
- Ah, puro gossip?- chiese
mettendo le mani si fianchi Emily.
- Già!-
- Dai, non rimanere sulla
porta!- entrarono e Emily gli offrì da bere. Gli raccontò un po’ della
settimana, gli disse che non l’aveva mai visto molto, insomma non aveva molto da
raccontare.
- Ma nemmeno un particolare
un po’ piccante? E dai, non tenermi sulle spine!- incalzava Freddie.
- Ma mi licenziano se te lo
dico!-
- Ma che vuoi che ti
licenzino! Mica vado al primo giornale che incontro a spifferare tutto,
tranquilla. Lo facciamo sempre tra noi! E poi io ti ho raccontato quelle
storielle su Harrison Ford quando girava la scorsa estate, quando andavo al suo
appartamento a consegnarli il copione rivisto per la giornata ne vedevo sempre
delle belle...-
- Si, ok, ok…anche se non
ho molto da raccontare. Una sera non riuscivo a dormire, l’ho sentito rientrare
con una donna, ma non so altro.-
- E lei chi era? Una
famosa? L’hai vista in faccia?- chiese interessato.
- No, te l’ho detto, li ho
solo sentiti.-
- E hai notato niente di
anomalo?-
- Mh…credo di no, ma in che
senso?-
- In che senso vuoi che te
lo chieda? Urlavano, l’hai sentiti rotolarsi per terra o altre cose strane…-
- Ma no!- Emily cominciava
a sentirsi imbarazzata. – Poi finalmente mi sono addormentata.-
- Insomma, niente dettagli
sconci sull’orgasmo di Orlando Bloom…- Emily nel sentire la parola “orgasmo”
diventò rossa come un peperone. Freddie continuò: - E la mattina dopo? Notato
niente?-
Sempre più a disagio disse
di non aver notato niente.
Freddie sembrò stupito:- Ma
come, ma se gli hai rifatto il letto tutti i giorni!-
Emily pensò qualche
secondo, poi rispose:- forse un po’ più di casino del solito…tutto qui.-
- Ah, movimentato
sessualmente il ragazzo!!-
- Ma vuoi smetterla! –
disse Emily al culmine dell’imbarazzo.
In effetti sapeva che lui e
gli altri fattorini tutto fare che lavoravano per quell’ufficio casa di
produzione facevano una specie di “traffico del gossip”, ma esclusivamente e
tassativamente tra loro. Si sarebbero messi nei guai, tutti avevano firmato
quelle clausole che li vincolavano, esattamente come avevano fatto fare a lei. E
i licenziamenti per ogni minima cosa erano fatti senza remore.
- Ma perché non vieni a
bere una cosa con noi altri una sera? Sei sempre sola in questa casa, con questo
gatto.- chiese Freddie sulla porta.
- Non vorrei infastidirvi
inutilmente, non ti preoccupare, sto benissimo.-
- Infastidirci, ma stai
scherzando? Una ragazza carina come te non infastidirebbe nessuno! E poi ti
presento la mia ragazza e gli altri…-
- Ok, vedrò.-
Freddie si allontanò verso
la sua scassatissima macchina, salì e fece un cenno con i fari a Emily che gli
rispose con un cenno della mano. Doveva pensarci un po’ sul fatto di uscire con
lui e gli altri colleghi. Ultimamente si era sentita un po’ più propensa ad
aprirsi con gli altri, in più non sarebbero stati tutti uomini, Freddie le aveva
parlato di altre ragazze, truccatrici, costumiste in erba che lavoravano per la
casa di produzione. E poi le piaceva avere un amico, un amico maschio. Era una
cosa totalmente nuova.
Agli altri sembrava di no,
ma Emily soffriva molto per questo. I suoi a casa non avevano mai capito che lei
non aveva comportamenti normali nei confronti dell’altro sesso semplicemente
perché nemmeno la vedevano. Schiva già di carattere, Emily riusciva a non fare
avvertire nemmeno la sua presenza e quindi nessuno si curava di lei. La signora
Doyle nelle loro ormai sporadiche chiacchierate della domenica le chiedeva se
c’era qualcuno, ma Emily non parlava mai di nessuno. Allora si sentiva sempre
ripetere:- Ma sei una ragazza così carina, non lo vuoi un fidanzato come le
altre? Non vorrai mica fare come me!-
Ma Emily non sentiva nessun
tipo di impulso, anzi. A volte se sentiva parlare di sesso non solo era
imbarazzata, ma provava repulsione. E questo la faceva stare male, perché
intuiva che non fosse normale alla sua età non aver mai avuto un contatto. Tutti
ne parlavano come una cosa bella, parlavano dell’amore soprattutto, come se
fosse la più bella del mondo. Anche nei film era sempre così. Lei non si era mai
innamorata, era curiosa di sapere che si prova.
Forse quella era
l’occasione, rapportarsi con la gente doveva essere l’unico modo di uscire da
quella situazione. Doveva imporselo, come stava facendo con Bloom.
Non aveva mai visto un film
con Bloom prima di allora e dato che la cineteca studentesca che frequentava
ormai era troppo lontana per andarci, quando decise di acquistare un computer
portatile lo scelse con il lettore dvd. C’era un videonoleggio nel quartiere, si
sarebbe iscritta e avrebbe noleggiato qualche film, così magari avrebbe visto
che tipo di attore era il suo padrone di casa.
Con il pc a portata di mano
le ore passavano più svelte in quella casa, non aveva molto da imparare per
poterlo usare, fortunatamente per lei, L’unica difficoltà era il collegamento ad
Internet ma per questo bastò chiedere aiuto all’onnipresente Freddie.
Come prima cosa Emily aprì
una casella di posta elettronica, quindi consultò un motore di ricerca per
trovare delle notizie. Ormai aveva capito che Orlando Bloom era un attore
famoso, ma non credeva addirittura così tanto!
Il motore di ricerca le
fornì una quantità enorme di link a cui poteva accedere, aprì il primo che le fu
fornito.
- Caspita, il famoso Lord
of the rings! – Ne aveva sentito parlare, ma non ne era mai stata curiosa
nemmeno un po’. I fenomeni di massa non l’attiravano e per quel poco che aveva
letto o sentito non era proprio il suo genere preferito, una sequela di effetti
speciali senza né capo né coda.
Leggendo trovò il nome del
suo personaggio…Legolas…appena l’immagine fu caricata riuscì a capire quella
buffa foto che aveva visto attaccata allo specchio.
Si sentì una vera cretina!
Capì finalmente la fragorosa risata della Johansonn il giorno che aveva
accettato il lavoro e la curiosità di Freddie.
Insomma, aveva a che fare
con una star in erba. Una vera sorpresa.
- No
Freddie, stasera proprio no, domani torna Bloom e ho un esame tra poco. Ho un
sacco di cose da fare.-
- Sei
una maledetta ingannatrice! L’avevi promesso, la prossima volta ci sarò,
avevi detto! E invece…-
Emily
stava rassettando le ultime cose, il pomeriggio del giorno dopo sarebbe tornato
Bloom, ma lei aveva studiato tutto il giorno e non aveva fatto nulla. Quelle due
settimane erano state estenuanti, credeva che non ce l’avrebbe fatta ai test che
ci sarebbero stati la settimana successiva, il nuovo lavoro le aveva un po’
rotto gli equilibri: si alzava prima, tornava più tardi a casa, anche gli orari
dei suoi pasti erano quasi del tutto cambiati. In quell’ultimo periodo spesso
addirittura si dimenticava completamente di mangiare. Spesso faceva tardi sui
libri, si addormentava alla scrivania per poi svegliarsi nel cuore della notte
affamata e mangiucchiava quello che trovava. Non aveva avuto mai tempo di
scendere alla videoteca, quindi non aveva visto nemmeno uno dei due film del
signore degli anelli. Non che le pesasse, non era poi così entusiasta o
impaziente di vederli. E quella sera, distrattamente, aveva promesso a Freddie
che sarebbe andata con lui e con gli altri a bere quella famosa cosa. Rifiutare
le era dispiaciuto, aveva promesso, ma in fondo si sentiva sollevata. – Sono una
vigliacca!- disse tra se e se.
Come
la volta precedente era letteralmente scappata dai corsi che quella mattina per
sua fortuna terminavano alle dodici. Doveva fare le commissioni per Bloom e
anche un po’ di spesa.
Alle
due del pomeriggio era finalmente a casa, in fretta mise a posto la cuccia del
gatto e pulì le finestre del soggiorno dato che, come se non bastasse, e si
erano sporcate di nuovo dopo la pioggia della notte precedente.
Quindi
fece una doccia e si cambiò. Quell’improvviso benessere le aveva permesso di
rinnovare un po’ il suo guardaroba e questo la portava a stare un po’ più
attenta a come si presentava. Quindi si rimise sui libri.
Quando
sentì suonare alla porta andò ad aprire e aiutò Bloom a portare dentro la
valigia. Aveva fatto un patto con se stessa: nemmeno un accenno di imbarazzo,
per nessun motivo. Tuttavia sapeva che in ogni modo non sarebbe stata poi così
in grado di controllarsi, sentì la sua voce tremare nel chiedere a Bloom come
fosse andato il viaggio.
- Non
c’è male, ho dormito per la maggior parte della durata del volo per mia
fortuna.-
-
Posso fare qualcosa per te?- dopo un po’ si era abituata a dare del tu, anche se
ce n’era voluta.
- No,
ti ringrazio. Voglio solo fare una doccia, poi devo uscire subito.-
- Ok,
se hai bisogno…-
- Si,
si, ti vengo a bussare alla porta.-
Emily
gli sorrise e disse:- Allora torno a studiare.- Bloom le sorrise a sua volta e
rimase per un momento stupito. Nella settimana che era rimasto là non gli aveva
mai sorriso, aveva sempre avuto un fare impaurito nei suoi confronti e non lo
guardava quasi mai negli occhi, come se si vergognasse. Questo lo contrariava un
po’. Insomma, non credeva di essere né intimidatorio, né di avere un aspetto
burbero. Ne aveva parlato anche con quella strega della Johansonn, che lui
personalmente non digeriva neanche un po’, per poco non aveva minacciato di
licenziarla, al che lui si era risentito. Aveva dovuto perdere anche tempo per
convincerla che Emily era perfetta per quel lavoro. Silenziosa, tranquilla e
discreta, se non avesse trovato il letto rifatto tutte le sere a malapena si
sarebbe accorto della sua presenza. Non che gli importasse particolarmente di
Emily, intendiamoci, lei o un’altra sarebbe stata la stessa cosa, ma non voleva
davvero farle perdere il posto per colpa di quella strega! Quando gli aveva
detto che Emily era una po’ strana gli aveva risposto così:- La signora del
collocamento mi ha riferito che è una ragazza timida, se credi che non faccia al
caso tuo ne cerchiamo un’altra. Anzi, telefono subito…-
Strega, veramente una strega. Una bella strega, ma sempre una strega.
Dopo
la doccia prese la sua auto e andò via, per tornare come al suo solito a notte
fonda.
Come
sempre Emily appena arrivata cominciò a fare le pulizie, cominciava sempre dalla
cucina, forse perché era il luogo della casa che veniva meno frequentato. Prima
faceva un salto nella camera da letto per vedere se ci fosse stato qualche
bicchiere da lavare e per aprire la finestra ed arieggiare la stanza, poi dopo
aver lavato quelle due cose che venivano usate passava al soggiorno e quindi
alla camera da letto e al bagno. Con cura prendeva i capi da lavare e li
divideva tra quelli da mettere in lavatrice e quelli che avrebbe dovuto portare
in lavanderia. Ne aveva di cose firmate quel ragazzo…le accostava veramente
male, ma ne aveva tante. Anche quel giorno era passata a ritirargli qualcosa,
aveva appeso tutto ordinatamente nell’armadio.
I test
erano andati bene, supponeva. Aveva chiesto mezza giornata libera per non fare
tutto di corsa almeno il giorno degli esami e gli era stata accordata senza
troppi problemi, ora aspettava con ansia i risultati, per la settimana
successiva.
Orlando dal canto suo l’aveva vista tesa e aveva fatto il carino con lei, ma
quando lo faceva a vedeva ancora più in agitazione. E’ vero che le donne sono un
mistero, ma questa, è una vera e propria extraterrestre, pensava. Addirittura
una sera che era tornato particolarmente tardi si accorse della luce accesa e
aveva bussato. Non sentendosi rispondere aveva aperto la porta trovando Emily
addormentata sul suo libro. Scuotendole con gentilezza la spalla era riuscito a
svegliarla,ma appena lei si era girata aveva sussultato come se avesse visto un
fantasma. Le chiese scusa, non voleva spaventarla, lei ovviamente aveva detto
che non occorreva che si scusasse.
In
fondo quello che lo stupiva è che quella ragazza lo trattasse come se non fosse
Orlando Bloom. Cioè…voglio dire…lui era Orlando Bloom! Le donne lo adoravano,
porca miseria! E quella quando lo vedeva si spaventava!
Quella
sera era andato a dormire un po’ pensieroso.
Si era
preso un periodo di vacanza prima di cominciare a girare il nuovo film a cui
avrebbe partecipato. Aveva bisogno di staccare un po’, e prima di due mesi circa
non avrebbe cominciato a girare, quindi aveva tutto il tempo per studiarsi un
po’ la parte e calarsi nel personaggio e naturalmente per divertirsi. Era a Los
Angeles! Tra l’altro, loro, i giovani della compagnia dell’anello, come ancora
affettuosamente si definivano, erano tutti, chi per una ragione, chi per l’altra
nei dintorni, per lo più tutti a fare un bel niente. Questo significava fare
baldoria tutte le sere, per questo rientrava sempre tardissimo, fatte poche
eccezioni. In effetti c’era un po’ di malinconia in tutto questo, il cameratismo
ormai era concluso da un pezzo e nelle loro lunghe serate ripercorrevano
mentalmente le stupidaggini che avevano fatto in quei quindici mesi. Era tutto
un susseguirsi di –ti ricordi questo-, -ti ricordi quello- . Insomma, una fiera
della tristezza. Quel periodo era andato e non sarebbe più tornato, la vita è
fatta così. Nonostante tutto erano tutti giovani, bellocci e single, ad
esclusione di Astin e Mortenses, che in ogni modo erano gli unici dei giovani
della compagnia a non essere in zona. Dominic aveva appena preso casa da quelle
parti, era nella fase di “festeggiamo la mia nuova dimora” e organizzava feste
quasi ogni sera. Era indubbiamente il più pazzo di tutti loro, addirittura più
di lui stesso, il che era tutto dire.
Si
stupiva ogni tanto di pensare a Emily. Non sapeva niente di lei, ma era curioso.
E molto. Le donne più sono strane e più ti attraggono, pensava.
L’occasione di impicciarsi un po’ degli affari di quella ragazza si presentò
propizia pochi giorni dopo. Era passato da poco mezzogiorno e stava cominciando
ad aprire gli occhi nel suo letto. La sbronza della sera prima si faceva ancora
sentire, quindi di uscire e di andare a pranzo con Elija e Dominic proprio non
aveva voglia. Rimase inebetito nel letto ancora qualche minuto, poi si infilò
sotto la doccia. Era stato stupido bere così tanto, soprattutto da parte sua,
dato che bere non gli piaceva nemmeno così tanto. Chissà come aveva fatto a
rientrare a casa la sera prima. Non si era guardato allo specchio, era entrato
nella doccia quasi ad occhi chiusi e aveva aperto il rubinetto. Solo quando uscì
si accorse di avere un bel bernoccolo sulla tempia destra.
- E ci
credo che ho mal di testa!- Ignorando completamente cosa fosse successo si
asciugò e si stese di nuovo sul letto. Si riaddormentò, svegliandosi solo un
paio d’ore più tardi quando sentì la porta della sua stanza aprirsi con poca
raffinatezza. Un colpo sordo che lo fece svegliare di colpo. Emily non aveva
fatto minimamente caso al fatto che lui fosse lì. Aveva le solite due cose che
aveva preso in lavanderia, con le mani occupate e la ricevuta in bocca aveva
dovuto necessariamente aprire la porta con un calcio. Mise tranquillamente e
scrupolosamente tutto al suo posto come al solito, si tolse la ricevuta di bocca
e girandosi, si spaventò nel vederlo. Rimase zitta e allibita per pochi secondi,
lui sembrava divertito, soprattutto per il fatto che l’unica cosa che lo copriva
era l’asciugamano con cui era uscito dalla doccia. Era un po’ infreddolito in
effetti. Nel suo narcisismo acuto si stava gloriando di quella situazione
casuale. Senza badare alla pelle d’oca non accennò affatto a coprirsi.
-
Ciao!- Le disse.
Emily
in pochi secondi era diventata da rossa a viola, senza che potesse fare niente
per nasconderlo.
-
Scusami, non avevo idea che fossi in casa - balbettò.
–
L’avevo intuito – le rispose sorridendo.
- Ti
devo aver svegliato…-
- Era
anche l’ora! Che sono, le due?-
- Un
quarto alle tre.- Orlando si girò per prendere il suo orologio sul comodino e
Emily vide quel bernoccolo troneggiare sulla sua testa. Non disse niente, ma lo
guardò stupita. Orlando girandosi se ne accorse.
- Non
chiedermi come mi è successo, non me lo ricordo. Ieri sera ho alzato un po’ il
gomito con degli amici e ho decisamente esagerato. Ho un mal di testa
terribile.-
- Se
vuoi ho qualcosa per il mal di testa. Potrebbe aiutarti.-
- Sei
un tesoro.- le rispose.
Emily
credeva di dover essere perdonata, in un attimo uscì da quella stanza senza
badare al complimento e tornò con una pasticca e un bicchiere d’acqua.
Entrò
nella stanza con circospezione, si avvicinò al letto timidamente e porse il
bicchiere a Orlando, poi la pasticca. Lui ringraziò.
- Vado
a finire di là. – e fece per andarsene, ma Orlando la trattenne.
- No,
dai, resta qua un attimo a farmi compagnia. Siediti.- Emily dovette imporsi un
autocontrollo inimmaginabile, si avvicinò ancora di più al letto e si sedette
più lontana possibile da lui. In condizioni normali non l’avrebbe fatto, ma si
sentiva in colpa, quindi suo malgrado accettò. Ci fu un attimo di silenzio.
- Ti
senti minacciata da me?- Questa domanda a bruciapelo la spiazzò. Girando la
testa di scatto proferì un deciso no. Poi aggiunse:- perché dovrei?-
- Non
lo so. A volte ho come l’impressione di farti paura. Non mi guardi mai, non
sorridi mai. Lo sai che te l’ho visto fare una sola volta in queste due
settimane?- Emily non sapeva che dire. Certo non avrebbe detto la verità.
Raccolse le idee guardando per terra, tanto per cambiare.
- Non
sono una persona molto socievole, mi dispiace che…-
- Ehy,
non ti devi mica scusare. Ognuno è fatto a modo suo, il mondo è bello perché è
vario!-
Rimase
quindi in silenzio, mentre Emily si ostinava a guardare per terra. Appoggiò una
mano sul pavimento e si abbassò con il busto cercando di afferrare il suo
sguardo. Lei si accorse di questo e gli sorrise appena.
-
Ecco, siamo a buon punto! Almeno questa è una media di uno a settimana, non devo
più frazionare!- Emily sorrise di nuovo, ma continuava a rimanere in silenzio.
Orlando cambiò discorso.
- Tu
non sei americana, vero?-
- No,
sono canadese.- Orlando la guardò stupito. Quella ragazza dai tratti latini era
canadese.
-
Davvero? Avrei detto che potevi essere più, non so, messicana.-
- Mia
madre è messicana, e mio padre americano. Quando si sono sposati si sono
stabiliti a Vancouver, per il lavoro di mio padre. Anche tu non sei americano,
vero?- Orlando cambiò espressione improvvisamente.
- Me
lo stai chiedendo o è una domanda alla quale sai già la risposta?- Gli sembrava
strano che ci fosse una persona che non sapesse che lui era inglese. Emily pensò
di aver detto una cosa sbagliata.
- Beh,
dal tuo accento si sente, ma io non ho idea di dove tu provenga. Potrei anche
sbagliarmi.-
Orlando si accorse di essere stato brusco.
-
Scusami, è che non sono abituato a sentirmi fare domande su cose che sono di
dominio pubblico. Sono inglese in effetti.- Fece una pausa.
-
Sembra quasi che tu non sappia chi sia! Non ci sono più abituato da un pezzo!-
esclamò sorridendo.
- In
effetti non lo sapevo quando ho accettato il lavoro. La Johansonn mi ha pure
riso in faccia quando le ho detto che non avevo mai sentito il tuo nome. Poi mi
sono documentata. Non ti ho mai visto recitare.-
Orlando era incredulo, ma certo almeno adesso capiva molte cose.
Il
fenomeno di quel film aveva preso d’assalto tutto il mondo e lui, in America, a
Los Angeles, si era imbattuto in una ragazza che era rimasta fuori da questo
fenomeno di massa. Incredibile! Era rimasto senza parole, Emily si preoccupò. –
Non è che devi sentirti offeso, è solo che non vado molto d’accordo con il
cinema odierno e non lo seguo molto.-
- Non
sono affatto offeso, anzi. Sono assolutamente stupito da quello che mi hai
detto.-
- Meno
male.- Esclamò Emily. Senza pensarci gli scappò di bocca un’altra affermazione:-
Mi sembra di non averne combinata una giusta con te oggi!- Si pentì subito di
essersi sbottonata così.
Orlando rise. – Se ti riferisci a come sei entrata qui, non devi certo scusarti.
Io non ci sono mai in genere e non è normale che uno sia a letto a quest’ora.-
Emily
si alzò in piedi e disse:- Adesso però devo andare da vero.-
-
Certo, vai pure. Io me la cavo da solo, il mal di testa mi è passato.- Emily si
avviò, aveva passato la porta da poco e si sentì chiamare. Si riaffacciò.
-
Grazie Emily, davvero.- Sentì il suo viso diventare completamente rosso e con
mezza voce rispose – non c’è di che – togliendosi dallo sguardo di Orlando più
in fretta che poteva.
Erano passati alcuni
giorni. Erano stati tranquilli, ma non uguali agli altri. Finalmente aveva
trovato il fegato di uscire con Freddie e il resto della compagnia e si era
divertita. Non era certo stata rilassata, ma il gin tonic che Freddie aveva
ordinato per lei aveva fatto miracoli.
Ma i
progressi più grandi erano con Bloom. Finalmente aveva visto quei due film. Dire
che gli fossero piaciuti era esagerare, ma aveva notato la dovizia di
particolari che li caratterizzavano e aveva molto apprezzato quell’aspetto. Si
era stupita di quello che gli effetti speciali potevano fare…quella bestiaccia
di Gollum l’aveva stupita più di quanto lei avrebbe potuto immaginare.
Ne
aveva parlato con Orlando. Dopo quella famosa sbronza era cambiato qualcosa in
lei, non provava quasi nessun imbarazzo nel parlargli, la vicinanza fisica
invece la spaventava ancora. Non che lui si avvicinasse a lei di proposito,
succedeva casualmente. Emily pensò di essersi finalmente abituata a lui. Lui le
aveva raccontato a lungo della Nuova Zelanda, del posto fantastico che era, di
quei quindici mesi, contento di poter raccontare qualcosa che lei non avesse già
letto nei giornali o già visto negli speciali di un dvd. Tra l’altro lei
sembrava ascoltarlo con vero interesse.
La
calma che aveva trovato Emily tuttavia non era completa. Da qualche tempo aveva
cominciato a fare strani sogni.
Ombre,
ombre di uomini che le sembravano giganti la assalivano nei sogni e la
svegliavano. Apriva spaventata gli occhi nel buio e si alzava, per bere un
bicchiere d’acqua o semplicemente solo per alzarsi, sentiva che se si fosse
alzata quell’ombra che la tormentava sarebbe scappata via e l’avrebbe lasciata
in pace. Quando tornava a dormire per fortuna spariva da vero. In verità quei
sogni, che lei si ricordasse, li aveva sempre fatti. Da bambina una volta,
doveva avere più o meno dieci anni, le era venuta la febbre altissima e fu in
quell’occasione che aveva cominciato ad essere tormentata da quest’ombra. Non si
ricordava affatto il perché. Ma nell’ultimo periodo aveva cominciato
assiduamente a fare quel sogno, ormai ogni notte.
Una
sera in particolare si svegliò di soprassalto, spaventata più del solito. Non
era troppo tardi, circa l’una. Si alzò e andò in cucina cercando di fare più
piano possibile. Prese un bicchiere, lo riempì d’acqua e cominciò a berlo in
piedi, appoggiata al lavello.
Sentì
chiaramente girare una chiave nella serratura, trasalì per il rumore. Non poteva
essere che Orlando. Ormai già da fuori lui doveva aver visto che la luce nella
cucina era accesa, non potendo fare niente per nascondersi sperò che non
rientrasse accompagnato come faceva spesso.
Per
fortuna era solo, e come lei aveva previsto si diresse subito in cucina.
- Che
fai in piedi a quest’ora?- chiese curioso.
- Ho
fatto un brutto sogno.-
- Di
che genere?-
- Non
mi ricordo bene veramente, - mentì Emily, - mi è passato di mente ma sono un po’
angosciata.-Orlando capì che mentiva, ma se non aveva voglia di raccontargli
niente non poteva certo pretenderlo. Era piuttosto trasparente quella ragazza, a
volte troppo. Ma gli era simpatica soprattutto per questo.
Si
avvicinò a lei, Emily si sentì tesa come una corda di violino. Si versò un
bicchiere d’acqua anche lui e rimase appoggiato al lavello vicinissimo a lei.
Non si sfioravano nemmeno, ma lei cominciò a tremare. Lui si accorse di questo.
- Hai
freddo?-
- Un
po’- mentì di nuovo lei, questa volta in modo credibile, - ora torno a letto.-
Posò il suo bicchiere e diede la buonanotte a Orlando che la seguì con lo
sguardo fino a che lei rimase nel suo campo visivo.
C’era
qualcosa che non tornava. Adesso che stava ricominciando a lavorare sul suo
nuovo personaggio e che le sue serate di baldoria erano diventate meno frequenti
e meno lunghe l’aveva sentita spesso alzarsi improvvisamente durante la notte e
fare quello che le aveva sentito fare quella sera. Forse faceva sempre brutti
sogni e questo gli dispiaceva. Non era certo segno che per lei era tutto
tranquillo.
Un
pomeriggio, mentre era assorto nella lettura copione, Freddie arrivò per mettere
delle lampadine nuove in soggiorno. Emily gli aveva chiesto di farlo perché lei
non ne era capace, erano lampade particolari e aveva paura di romperle. Freddie
entrò in soggiorno salutando.
- Buon
pomeriggio signor Bloom. – distogliendo gli occhi dal copione Orlando rispose al
saluto.
Dopo
poco gli balenò l’idea di fare qualche domanda a Freddie, sapeva che ogni tanto
lui e Emily si vedevano, ma ignorava la natura del loro rapporto.
-
Freddie, ti posso fare una domanda un po’ personale? Libero di non rispondermi
se vuoi.-
Freddie si girò verso di lui e rispose:- Spari.-
- Tu
ogni tanto ti vedi con Emily, giusto?-
- Si –
rispose perplesso.
- Ma
tra voi due…- Freddie troncò la domanda:- No, no, assolutamente. Ci vediamo
insieme ad altre persone.-
- Ah.–
Rispose pensieroso Orlando. Freddie tornò al lavoro, ma Orlando ricominciò.
- Ma
tu credi che Emily abbia qualche problema serio?-
- In
che senso?-
- Beh,
la vedo sempre preoccupatissima, tesa come una corda di violino. Con me si
comporta in modo strano, e devo dire che i nostri rapporti sono migliorati, fino
a poche settimane fa non potevo rivolgerle la parola senza spaventarla e farla
agitare.-
- Che
rimanga in confidenza signor Bloom, io sono riuscito a farla parlare un po’ e
credo di aver capito una cosa.-
-
Cosa?- incalzò Orlando.
-
Secondo me ha paura del genere maschile. Le è mai capitato di mettersi vicino a
lei seduto o di capitarle per caso accanto e di averla vista tremare?- Orlando
pensò a quella sera e annuì.
- E la
guarda negli occhi quando le parla?-
- Non
sempre, adesso un po’ più spesso.-
- Con
me non lo fa, si comporta in modo quasi normale. Forse il fatto che sono più
giovane di lei non la mette in soggezione. Forse lei, anche se non è molto più
grande, forse perché è…insomma, ha capito, le fa paura. Comunque con qualsiasi
uomo le si avvicini fa così. Una bella ragazza come lei, che peccato, vero?-
Orlando annuì semplicemente.
- Poi
sa, - continuò Freddie – come succede in una compagnia di ragazzi, ogni tanto
qualche battuta pesante un po’ spinta capita…-
-
Freddie, non sono mica tuo padre!- disse ridendo Orlando.
Freddie sorrise impacciato.
- Ha
ragione signor Bloom. Comunque le dicevo, capita di parlare di sesso. A quel
punto si capisce chiaramente.-
Orlando non capiva quella dichiarazione sibillina di Freddie. – Si capisce
cosa?-
- Che
non ha mai toccato un uomo nemmeno con un dito! La mia ragazza ne è convinta e
guardi, è una che certe cose le capisce.- Orlando rise di nuovo per quell’affermazione
lasciando Freddie un po’ perplesso.
-
Perché, è una maga?- chiese Orlando.
- No,
signor Bloom, ma studia psicologia e dice che è un comportamento molto comune.-
disse, enfatizzando la sua affermazione, annuendo e guardando serio negli occhi
il suo interlocutore. Anche se si sarebbe fatto volentieri un’altra risata, più
per il modo in cui Freddie lo stava guardando che per quello che aveva detto, si
limitò a rispondere: - Beh, potrebbe anche essere.- Quindi scuotendo un po’ la
testa rimise gli occhi sul copione.
Non
che si fidasse molto del parere di Freddie, per lo più gli era sembrato fuori
dal mondo quello che gli aveva appena detto. Ma era l’unico a cui avrebbe potuto
chiedere qualcosa. Certo, quelle piccole sfumature nel comportamento di Emily le
avevano notate tutti e due, e questo quantomeno faceva riflettere.
D’ora
in avanti avrebbe tenuto gli occhi aperti però. La faccenda cominciava ad
intrigarlo.
LEGGI LA
NOTA: Questo
capitolo è abbastanza forte in certi punti, non per semplice voglia di
scandalizzare, ma perché è fondamentale per la trama della fic. Quindi per
questo capitolo ho alzato anche il raiting, anche se immagino che siate tutte
adulte e in grado di reggerlo tranquillamente. Comunque ho ritenuto meglio
avvertirvi ^-^
Una visione sconvolgente
Era
stato un risveglio assolutamente brusco. Di nuovo quella maledetta ombra. Emily
la odiava.
Come
faceva sempre si alzò e guardò l’orologio. Segnava le due e quattordici di
notte. Lentamente mise i piedi fuori del letto e rimase un secondo seduta.
Mosse
i primi passi al buio e piano aprì la porta che dava sul corridoio.
- Ci
risiamo!- esclamò piano tra sé e sé. Se prima non lo sentiva spesso perché
dormiva tranquilla adesso lo beccava ogni qual volta che succedeva. Un’altra
ragazza.
Tra
l’altro Orlando non aveva un minimo di ritegno: certo, era casa sua, era lei
quella che doveva sparire, ma dato che si portava le amichette in casa avrebbe
potuto almeno chiudere quella cavolo di porta.
Emily
stette per qualche secondo nel dubbio se andare in cucina a bere o no, dalla
stanza in fondo al corridoio sentiva chiaramente ogni risatina soffocata, ogni
parola e ogni gemito. Rinunciò e tornò in camera sua, data la porta aperta loro
avrebbero potuto sentire che qualcuno stava girando per casa.
Era
già la terza questa settimana, ed era solo giovedì. Chissà se era la stessa.
Si
faceva diverse domande su questo. Dormivano tutta la notte con lui o se ne
andavano subito dopo? Che tipo di donne erano? Dove le conosceva? L’unica cosa
di cui era certa, era che se pure fosse sempre la stessa non doveva essere la
sua donna. Se no perché non l’aveva mai vista di giorno?
In
ogni modo, non erano affari suoi.
Quella
vita le piaceva, le piaceva come lei stessa stava cambiando e le piaceva quello
che stava scrivendo in quel momento. Era qualcosa di fresco, di nuovo. A volte,
tante erano le idee che le affollavano la mente in quel periodo che buttava solo
giù dei soggetti, non aveva il tempo di approfondirli tutti, lo avrebbe fatto
quando la sua immaginazione si sarebbe calmata. In più scrivere tutto con il suo
pc era molto più comodo di carta e penna. Era stato un ottimo acquisto. Mentre
sfiorava con le dita i tasti del suo computer immaginava l’impostazione delle
scene, vedeva tutti i primi piani, si vedeva dietro la macchina da presa a
spiegare come avrebbe voluto che le scene che immaginava si realizzassero…era
una bellissima sensazione immaginarsi così. Lontana da imbarazzi e timidezze,
sicura di se, una persona riuscita.
Una
persona che non veniva assalita da ombre buie nella notte.
Orlando continuava a creare di proposito situazioni che gli permettessero di
parlare un po’ con Emily. Lei era educata, gentile, servizievole come al solito,
ma non ci cascava mai. Gli piaceva osservarla al lavoro. Si metteva sul divano a
leggere il suo copione e poi per forza di cose distoglieva lo sguardo, cercando
di non farsi beccare da lei. Quando stava tranquilla per conto suo, assorta in
quello che aveva da fare, senza l’imbarazzo che comunque continuava a dimostrare
sempre nei suoi confronti, era addirittura bella. Forse lei non si era mai
accorta di esserlo. Ma lui si, se n’era accorto molto bene. Se l’avesse
incontrata ad una festa o in un locale avrebbe subito cominciato a corteggiarla.
Si
vedeva che era per parte messicana, aveva la pelle olivastra e i capelli scuri,
per lo più li portava legati in una coda, erano leggermente mossi. Dove era in
quel momento, di spalle a lui, mentre puliva le grandi vetrate del soggiorno, il
sole ridisegnava il suo profilo, i suoi occhi grandi e scuri scintillavano
colpiti dalla luce. Non era altissima e il suo corpo era morbido, le sue curve
generose piuttosto piacevoli da guardare. Stava notando solo in quel momento che
aveva un bellissimo seno. Scosse la testa e tornò alla sua lettura. Guardandola
tanto, anche se era comunque un bella distrazione, certo non l’avrebbe aiutato a
capirla di più.
I suoi
dubbi su ciò che la turbava si sciolsero non molto più tardi e in modo tutt’altro
che indolore.
Una
sera Emily era rimasta sveglia fino a tardi per finire un compito scritto che
avrebbe dovuto consegnare quel lunedì. Era venerdì sera, ma non aveva voglia di
uscire, era molto concentrata su quel lavoro e non voleva perdersi in altro, in
un momento di ispirazione. Si era addormentata mentre rileggeva la prima copia
cartacea che aveva stampato. Fu svegliata dal rumore di cocci sul pavimento. Non
era passato molto da quando si era assopita, guardò l’orologio e vide che era
passata solo mezz’ora dall’ultima volta che aveva guardato l’ora, probabilmente
aveva dormito pochissimo.
Rimase
in ascolto, non voleva uscire prima di aver capito precisamente la situazione, e
per quel che sentì dopo pochi istanti decise di aver fatto bene. Una voce di
donna.
-
Scusami Orlando…- lui rispose:- Non fa niente, l’ho trovato quando mi hanno
arredato casa, nemmeno mi piaceva.-
Emily
dedusse che doveva essere quel brutto vaso che era sul passamano delle scale che
portavano dal soggiorno al corridoio. Rimase un po’ all’ascolto, sentì i passi
davanti alla sua porta e i soliti mugolii provenire dalla stanza, quell’accidenti
di porta. Una di queste sere sarebbe andata a chiudergliela lei stessa, anche a
costo del suo lavoro. Che cafone.
Quando
fu sicura che fossero entrati in camera aprì un pezzetto la sua porta e guardò
fuori per controllare che non ci fosse nessuno, ne era sicura anzi, ma non si sa
mai. Vide una cosa che non si sarebbe mai aspettata.
Aveva
spento la luce nella sua stanza, in modo che non filtrasse assolutamente niente
fuori, ma la finestra della camera di Orlando era sempre aperta e il corridoio
era illuminato benissimo a causa delle luci esterne che lui, nella foga di
infilarsi nel letto con quella non aveva spento.
Con il
solito sottofondo si affacciò e li vide, a nemmeno tre metri da lei. Nel suo
completo ignorare certi meccanismi umani non avrebbe mai pensato che a volte
l’urgenza di un atto potesse a portare a determinati atteggiamenti. Lei stava
con le spalle contro il muro ed entrambe le gambe attorno alla vita di lui che
le teneva le mani sui glutei di lei spingendola verso di se e dando cadenza
regolare ai loro movimenti. Emily vide quell’immagine per non più di pochi
secondi, invece di chiudere la porta piano come l’aveva aperta, nella fretta di
sottrarsi a quel tremendo spettacolo la chiuse di scatto, facendo rumore.
Cominciò a tremare sempre più violentemente. Scivolò con la schiena contro la
porta, il suo respiro comincio a farsi pesante, come quello di qualcuno colto da
un attacco d’asma. La colsero delle reazioni fisiche violentissime, si precipitò
in bagno a vomitare, in un momento era fradicia di sudore. Quando finì non
riusciva a stare in piedi, dovette correre verso il suo letto e sdraiarsi. Ci
volle molto tempo prima che si calmasse e si addormentasse di un sonno
leggerissimo e tormentato.
Sebbene fosse completamente concentrato in quello che stava facendo Orlando,
sentì comunque il chiudersi violento della porta e non se ne preoccupò affatto.
Solo un po’ dopo di aver finito, prima di addormentarsi ricollegò il rumore che
aveva sentito alla porta di Emily. Non avrebbe mai immaginato cosa era seguito
dentro la stanza di lei a quello, del resto come avrebbe potuto?
Era
passata più di un’ora, la ragazza che era con lui si era appena addormentata
dopo avergli veramente rotto le palle per una buona mezz’ora tempestandolo di
domande cretine.
Sentì
uno strano urlo provenire dalla stanza di Emily, si spaventò e balzo a sedere
sul letto. Cercò a tentoni i suoi vestiti, forse si era sentita male o era
successo qualcos’altro. La ragazza si svegliò, e chiese:- Ma c’è un’altra donna
in questa casa?- quasi arrabbiata, come se avesse avuto qualcosa di cui essere
gelosa. Orlando si girò di scatto e la guardò come si guarda qualcuno fuori di
testa.
- Si.
E con ciò? E’ una ragazza che mi tiene la casa. Ti crea qualche problema? -
- No.-
Rispose lei, poi aggiunse:- E ti stai precipitando da lei? Insomma, non credevo
che fossi così affezionato alla tua cameriera.-
Lui
nemmeno tentò di spiegarle che non era la sua cameriera, tanto quella era
proprio scema.
Non
bussò nemmeno ed entrò.
-
Emily, stai bene?- la luce filtrava dal corridoio, Orlando vide Emily
spaventatissima mentre si stringeva le ginocchia al petto schiacciata in un
angolo. Lei alzò lo sguardo, visibilmente spaventata e gli parlò gridando. –
Vattene via! Smettila di tormentarmi! Via!- dopo incominciò a piangere
violentemente, i singhiozzi la scuotevano.
Ma
quella non era la sua voce, non l’aveva mai sentita parlare così, né avere così
paura di lui.
L’altra, sentendo le urla era uscita dalla stanza con addosso il lenzuolo del
letto che stava trascinando per terra per più della metà.
Orlando era sulla porta della stanza, lei gli si fece incontro e gli disse – Ma
insomma si può sapere che succede?- Lui scocciato le disse di andare in camera
sua e di rivestirsi, che se ne doveva andare via immediatamente. Furente lei
fece come lui le aveva detto. Orlando rimase fermo sulla porta di Emily, lei
continuò con quella strana voce ad intimargli che doveva lasciarla in pace, lui
allora disse di si, che non le avrebbe fatto niente e richiuse la porta. Doveva
fare qualcosa, ma cosa?
Intanto quella aveva finito di rivestirsi e mentre usciva gli disse:- Sei
proprio uno di quegli stronzi, a te il successo ti ha dato un po’ troppo alla
testa! Sei veramente un bastardo!-
Orlando fece appello a tutto il suo autocontrollo, le disse più gentilmente
possibile che doveva andare via e le diede dei soldi per il taxi. Quando fu
uscita da casa sua fu più libero di pensare. Bussò alla stanza di Emily dopo
aver fatto passare qualche minuto, la sentiva ancora piangere, ma non ricevette
alcuna risposta.
Ma che
le stava succedendo? Quegli incubi, quella sua inquietudine sempre presente. Si
sentiva profondamente addolorato per lei. Senza rendersene conto piano piano
Emily aveva preso posto nella sua vita, proprio per via della sua stranezza, per
quella fragilità che dimostrava, era una sicurezza sapere di trovarla sempre a
casa sua, sempre gentile, disponibile. Certo, era il suo lavoro, pensava, ma non
credeva che lo facesse solo per quello. Forse anche lei si era affezionata un
po’ a lui.
Dopo
un po’ non riuscì più ad aspettare, doveva necessariamente intervenire. Entrò
piano nella sua stanza al buio. Stava ancora piangendo, meno violentemente di
prima.
-
Emily posso entrare adesso? Per piacere…- era già entrato in effetti, la vedeva
pochissimo nel buio, ma potè vedere che annuiva. – Accendo la luce, altrimenti
non vedo niente, va bene?- Lei annuì di nuovo. Si mise seduto per terra vicino a
lei, cercava di parlarle più piano possibile.
- Hai
fatto un brutto sogno? – Emily annuì.
- Ti
va di raccontarmelo? – Emily stavolta scosse il capo.
- Mi
hai fatto spaventare.- aspettò una risposta, un commento qualsiasi, ma lei
rimase in silenzio.
-
Perché non mi parli? Dai Emily, dimmi qualcosa, per favore…qualcosa che mi
faccia capire che stai bene…come stai Emily?-
- Non
lo so.- rispose lei con un filo di voce.
Orlando fece per asciugarle una lacrima, accostò una mano al viso de lei e la
sua reazione fu di allontanarsi di scatto dalla sua mano. Sarebbe stata la prima
volta che la toccava, dopo la stretta di mano del primo giorno. Ritirò la mano e
le chiese scusa. Non tentò più di parlarle, ma rimase seduto con lei per un bel
pezzo.
Si
stava gradualmente calmando, il respiro si era fatto di nuovo regolare.
Capitolo 7 *** Orribili ricordi che riemergono ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
Buona Lettura ^_-
Orribili ricordi che riemergono
Si era finalmente
addormentata alle quattro del mattino, sebbene fosse molto stanco Orlando non si
era mosso da dove era, seduto per terra accanto a lei.
Si stava interrogando su
quanto sarebbe stato opportuno prenderla in braccio e metterla a letto,
lasciarla così non era un granché, in ogni modo. Se si fosse svegliata mentre
cercava di prenderla in braccio? Considerando la sua reazione ad una semplice
carezza non c’era esattamente da stare tranquilli. Lui aveva bisogno di riposare
almeno un po’, quindi alla fine decise di rischiare; gli andò bene.
Uscì piano dalla stanza
di Emily e andò nella sua. Puntò la sveglia per un’ora dopo, per controllare che
tutto andasse bene, fece lo stesso fino a che, alle sei del mattino, la trovò
sveglia.
Stava seduta sul suo
letto, fissando un punto qualsiasi in basso.
- Posso sedermi vicino a
te?- Emily alzò lo sguardo verso di lui.
- Si, siediti.- Sul viso
le si leggeva chiaramente quanto era stata provata da quella notte.
Orlando prese fiato. –
Mi sono affezionato a te. Vorrei che tu lo sapessi. Se posso esserti d’aiuto,
qualsiasi cosa, puoi dirmelo. E ti giuro che mi piacerebbe molto aiutarti.- Fece
una pausa, tanto per riordinare le idee.
- Mi sono accorto che
non sei mai tranquilla, ti sento spesso alzarti durante la notte, so che c’è
qualcosa che ti tormenta…perché non mi dici di che si tratta?-
Emily era stanca. E non
per quella notte in genere, ma di tutta la sua vita. Si teneva dentro questo
peso da troppo e quella notte involontariamente Orlando le aveva fatto ricordare
tutto, una cosa che voleva riaffiorare da sempre nella sua mente. Quell’ombra.
Quella maledettissima ombra.
Sentiva una vicinanza
con Orlando che non aveva mai provato per nessuno. Le parole uscirono senza che
lei potesse fermarle.
- Ieri sera ti ho
sentito rientrare e ti ho visto con quella ragazza.-
- Ti abbiamo svegliata,
scusaci, avevo anche sentito…- Emily gli fece segno di lasciarla parlare.
- Ho già visto una scena
del genere in precedenza, credo. Peggiore, e molto direi. Solo che non mi
ricordo, mi avete fatto paura, ho impiegato più di un’ora a calmarmi per lo
spavento. Ho sognato una cosa terribile…- Le parole le si strozzarono in gola,
non riusciva più ad andare avanti, ricominciò a piangere.
Orlando non provò
neanche a toccarla, eppure avrebbe voluto stringerla tanto da farle mancare il
fiato. Sapeva cosa aveva visto la sera precedente, non era certamente il sesso
più romantico che lui avesse mai fatto. Sbattersi una contro il muro del
corridoio di casa sua con lei che dormiva dietro quella stessa parete…come aveva
fatto ad essere così stupido da pensare che non l’avrebbe sentito?
Emily si calmò subito,
lui come aveva già fatto in precedenza cercò il suo sguardo mettendosi nel
raggio dei suoi occhi, sempre fissi al pavimento. Lei accennò un piccolo
sorriso.
- Non sforzarti di dirmi
niente, non importa. Lo farai quando ne avrai voglia.-
- No!- disse decisa. -
Voglio farlo adesso, ne ho bisogno. Se non mi libero di questo adesso, forse non
mi riuscirà più.-
- Come vuoi, sono qui.-
- Ho abitato in Messico
per un anno, sai. Ci abbiamo passato un anno con la mia famiglia, quando avevo
nove anni. Mio padre si era fatto coinvolgere in uno dei suoi affari poco onesti
che sarebbero finiti male, abitavamo nella periferia di una cittadina non
lontana da Tijuana. Era un posto orribile, c’era ogni sorta di schifezze.
Prostitute ad ogni angolo di strada, spaccio. Sai la legge del più forte? Non
era insolito che fossero trovati cadaveri crivellati di colpi. C’erano delle
vere e propria bande armate. Spesso la polizia faceva delle retate, io mi
ricordo le sirene delle auto che ci svegliavano durante la notte. Mio fratello
si spaventava e veniva a dormire nel mio letto. Da grande ho capito che quelle
retate erano solo per farle, di fatto la polizia non contava nulla. Mi ricordo
bene quel periodo, i miei genitori litigavano in continuazione e si
dimenticavano di noi, me e mio fratello. Io ad essere dimenticata c’ero
abituata, ma Michael no. Aveva solo sette anni, cercavo di farlo sentire più
protetto possibile. Mio padre era concentrato nei suoi affari. Non so bene di
preciso come fossero andate le cose, né di che affare si trattasse, suppongo che
mio padre fosse implicato nel traffico di droga, che a Tijuana era piuttosto
diffuso. Credo che l’abbiano fregato in qualche modo e fu arrestato, ma questo
successe solo dopo.- Emily respirò profondamente, poi continuò.
- Non era insolito che i
miei tornassero a casa nel cuore della notte e io mi preoccupavo. A nove anni,
ti rendi conto? Dovevo badare a mio fratello e a me stessa, non che mi sia mai
pesato, ma non ero matura per farlo. Una sera sentii delle grida e mi svegliai
di colpo. Poteva essere mia madre che urlava così. Misi le scarpe e da bambina
incosciente uscii correndo di casa e arrivai fino in fondo alla strada , girai
l’angolo correndo verso quelle grida. Non mi sono mai liberata di quelle grida,
hanno continuato a popolare i miei sogni per tutti questi anni. Ultimamente ho
ricominciato a fare il sogno che mi terrorizzava da bambina tutte le notti. Vedo
quest’ombra nera, sento quelle grida, c’è sangue per terra…-
Emily si fermò un
momento, era difficilissimo raccontare tutte quelle cose. Orlando dal canto suo
non riusciva a proferire parola, aspettò.
- Non era mia madre!
–disse piangendo. – Poteva essere una prostituta qualsiasi per quanto posso
ricordare, e quell’uomo enorme la stava aggredendo con un coltello e la stava…-
non poteva più parlare. In ogni modo, non c’era più niente da dire. Niente che
Orlando non avesse già capito.
Era tutto fin troppo
chiaro. L’impulso di stringerla fu tanto forte che non poté trattenerlo,
l’attirò a se e lei non lo respinse, si lasciò tenere stretta per un bel po’,
quasi a cercare quella protezione che per tutta la vita non aveva mai avuto da
nessuno.
Dopo un po’ Emily volle
continuare:- Non so come tornai a casa, mi ricordo di essere stata molto malata
per un periodo, cominciai a sognare l’ombra nera, che nei miei sogni si è
dissolta solo stanotte. Avevo la febbre alta, non so per quanto tempo l’ho
avuta. Mia madre era disperata. Mio padre intanto era stato arrestato, lei per
seguirmi dovette lasciare il lavoro. Quindi ci siamo trasferiti a Vancouver,
dove c’erano i genitori di mio padre. I miei zii si sono occupati di noi per un
periodo. In seguito mio padre venne a vivere con noi, io ho dimenticato. E da
due mesi a questa parte ho ricominciato a fare quei sogni.- Respirò
profondamente. – Questo è quello che mi sono ricordata.-
Emily aveva avuto una
vita difficile. Era una persona dotata di un animo molto sensibile, Orlando
l’aveva capito subito, questo l’aveva costretta a chiudersi sempre di più in se
stessa, a nascondersi, a dimenticare tutto. A negare a se stessa ogni rapporto,
per non soffrire e non tirare fuori dal dimenticatoio le paure più remote.
Qualcosa nei confronti
di quella ragazza in lui cambiò quella mattina.
Orlando stava seduto sul
divano e guardava Emily che arrampicata su uno scaleo stava facendo le prove per
decidere dove posizionare una riproduzione di Tolouse-Lautrec che avevano
acquistato insieme ad una mostra d’arte moderna che aveva aperto giusto quel
week-end a Los Angeles.
-
Anche se a dirti la verità credo che starebbe meglio in camera da letto…-
-
Senti, deciditi accidenti!- disse Emily fingendo di essere spazientita. – E’
un’ora che non faccio che scendere e salire da quest’accidenti di scaleo!-
-
Signorina Paxton, per cortesia, stia al suo posto, o dovrò riferire alla
signorina Johansonn che lei non è affatto una domestica a modo!- disse cercando
di essere più serio possibile Orlando.
La
risposta sferzante di Emily arrivò subito dopo:- Signor Bloom, per cortesia,
chiuda quella boccaccia!-
Scoppiarono a ridere entrambi, lei scese in fretta dallo scaleo prima di cadere
e farsi male. Sempre ridendo si diresse sul divano e si sedette accanto a
Orlando.
-
Facciamo dopo?- Gli chiese.
- Si,
sarà meglio!- e scoppiarono a ridere di nuovo.
Dopo
un mese Emily era diventata un’altra. Orlando ogni tanto la sorprendeva con gli
occhi fissi, pensierosa. Allora faceva come al suo solito, cercava di incrociare
il suo sguardo. Emily allora gli regalava uno dei suoi splendidi sorrisi. In
quel mese non si era staccato da Emily se non di rado, l’accompagnava e la
veniva a prendere alla fine dei corsi al college, passavano gli week-end girando
per Los Angeles attenti che qualche paparazzo non gli sorprendesse. Cercavano di
fare una vita mondana il meno possibile in effetti, anche perché Orlando sapeva
che non era certo lo stile di Emily.
Il
venerdì sera Emily si vedeva sempre con Freddie e gli altri. Quella serata
durante la settimana e i momenti in cui Emily doveva fare il suo lavoro o
studiare erano gli unici in cui lei e Orlando non stavano insieme.
Orlando avrebbe cominciato le riprese del nuovo film fra due settimane e gli
dispiaceva dover passare tanto tempo fuori casa. Con Emily finalmente era
riuscito a dare addirittura un nome al gatto, anzi, in verità era stata lei a
sceglierlo. Lo avevano chiamato Smeagol, trovandosi entrambi d’accordo che era
un nome decisamente da gatto.
Si era
innamorato. Non lo poteva certo più negare.
Ne
aveva anche parlato con gli amici, quando uno di quei famosi venerdì sera gli
aveva raggiunti in un locale ed era stato accusato di snobbarli.
Non
aveva raccontato che il necessario, in effetti non gli sembrava il caso di
tirare in ballo certi particolari. Dominic, ad esempio, non avrebbe capito
neanche molto bene. Già brillo alle dieci e mezzo ci provava con la cameriera in
una maniera che definirla grottesca era un gentile eufemismo. Elijah e Billy si
torcevano per le risate, Orlando a ruota dietro a loro.
- E
insomma, hanno fregato anche te!- Lo punzecchiava Elijah.
-
Allora, quando ce la fai conoscere questa dea dell’amore? – chiese Dominic.
- Te
lo puoi scordare! Fra dieci anni, forse! Tanto per come stiamo messi adesso voi
simpaticoni non mi combinereste altro che guai, me l’immagino!-
-
Bene, credo che mi organizzerò un’altra festa di inaugurazione casa il prossimo
week-end – Disse Dominic mettendo una mano sulla spalla di Orlando, poi
continuò:- questo giovanotto vuol dire che hai circa dieci giorni di tempo per
concludere, altrimenti ti attacchi! Ce la porti lo stesso e ci penso io!-
- Dom…non
lo dire nemmeno per scherzo…-
Gli
altri in coro risposero:- Uuuuuuuuh!-
Orlando rispose, additandoli uno per uno:- Siete tre bastardi! Ma se proprio ci
tenete ve la farò conoscere. Vada per il prossimo week-end.-
- Però
Dom ti devi inventare un’altra idea per dare una festa…ormai quella casa ce
l’hai da tre mesi, non ti pare un po’ logora come scusa? – disse giustamente
Billy.
- Ma
io, mio caro, sono un uomo pieno di risorse e ho pensato anche a questo! Il
fidanzamento ufficiale qui del nostro amico sarà la nostra scusa! Chiameremo
anche la stampa! - Tutti, tranne Orlando risero.
- Non
fate i bastardi! Sareste capaci di farlo, se non vi conosco male!-
Dopo
le estenuanti richieste di Orlando, Emily aveva ceduto a dargli alcuni dei suoi
manoscritti di sceneggiature. Era tesissima per quello che avrebbe potuto
pensare. Se le avesse trovate ridicole? Lui magari ne aveva lette tante e tante,
di persone che sicuramente avevano un talento ed un’esperienza nettamente
superiori alle sue, l’esperienza poi. Ma Orlando quando si metteva in testa una
cosa era il più cocciuto dei cocciuti, era impossibile averla vinta con lui. E
poi, era il suo migliore amico. Ne aveva scelte tre, quelle alle quali era più
legata. Le aveva messe sulla tavola del soggiorno, con la raccomandazione di non
sciuparle. – Sono le uniche copie che ho.- Aveva detto.
Ogni
giorno di più Orlando scopriva in lei le prove del suo miglioramento. Anche il
semplice fatto che avesse acconsentito a fargli leggere i suoi lavori, cose che
lei aveva buttato giù negli ultimi tre anni nei suoi rari momenti liberi tra
studio e lavoro, era una grande prova della fiducia che lei nutriva nei suoi
confronti. Ripensava ogni tanto a quella famosa notte in cui lei gli aveva
raccontato quei dolorosi ricordi, a come fosse bastato che lei riuscisse a
cacciare fuori tutto quel dolore per diventare un’altra persona. Si sentiva
anche molto fiero di se stesso, ovvio. Il lupo, come si usa dire, perde il pelo
ma non il vizio. Ma in questo caso gli si poteva anche perdonare quell’esibizione
di narcisismo. Anche per accettare di portarla alla festa di Dominic non aveva
certo dovuto farsi pregare poi molto. Aveva fatto un po’ il prezioso, in fondo
era sempre un tantino preoccupato di cosa quelle tre simpatiche canaglie
avrebbero potuto combinargli, ma la voglia di mostrare ai suoi amici Emily era
altrettanto grande. Avere una come lei al proprio fianco non poteva che
riempirlo di gioia e di orgoglio.
Era un
po’ preoccupato, non sapeva come avrebbe fatto a dire a Emily di quella festa,
avrebbe dovuto inventarsi un modo per comunicarglielo abbastanza efficace da
metterlo in buona luce agli occhi di lei. Fece mille congetture, ma quando si
trovò al dunque fu più facile di quello che si aspettava. Lei era appena
rientrata con in mano i sacchetti della spesa e i capi che aveva ritirato per
lui in lavanderia. Orlando era andato ad aprirle la porta e ad alleggerirla di
qualche sacchetto.
-
Grazie! Quel dannato sacchetto mi stava segando una mano.- Orlando lo prese ed
esclamò:
- Ci
credo, che diavolo c’è qui dentro?-
Emily
si era già avviata nella sua stanza per riporre nell’armadio i suoi vestiti e
gli rispose un po’ urlando:- Colpa di Smeagol!-
Orlando guardò dentro il sacchetto e vide che era pieno di scatolette per il
gatto. Smeagol intanto era venuto a strofinarsi contro le sue gambe, così
Orlando gli disse scherzando:- Ti vuoi mangiare tutta questa roba? Ma sei un
mangione!- Smeagol miagolò. Emily intanto rientrò in cucina e rivolgendosi al
gatto gli disse: - Ti fai dire mangione da lui?! Diglielo che a te tutta quella
pappa dura tre settimane.-
Poi
rivolgendosi ad Orlando continuò:- Non ti sembra un po’ da esauriti parlare con
il gatto in questo modo?- Orlando fece spallucce. Intanto si era seduto su una
seggiola della cucina e guardava Emily mettere in ordine la spesa.
-
Senti Em…-
- Mh?
–Rispose lei indaffarata
- Un
mio amico da una festa a casa sua sabato sera. Mi piacerebbe portare qualcuna
con me, avevo pensato a te.- Emily si girò di scatto.
- Come
mai? – Orlando fu preso un po’ in contropiede, non sapeva che dirle. Si grattò
la nuca con fare un po’ perplesso, poi disse:- Non saprei, sei la prima che mi è
venuta in mente.-
Emily
posò il barattolo del caffè e disse:- Beh, se ti fa piacere, si, ci verrò.-
-
Davvero?- Esclamò Orlando un po’ stupito. Era stato più facile del previsto
convincerla.
- Si,
davvero. Ma ho un problema.-
-
Quale?-
- Non
so che mettermi! Che ci si mette ad una festa di attori?-
Orlando rise, Emily per tutta risposta sia arrabbiò. – Ma si può sapere che ridi?
Tu ci sei abituato, io no, accidenti!-
- Ma
di che ti preoccupi, sono sicuro che ti presenterai benissimo.- Poi gli scappò
detto:- Sei così bella, non credo che nessuno noterà come verrai vestita.-
Emily
arrossì un po’, e per non farsi scoprire si girò e si mise a mettere in ordine i
barattoli nella dispensa, interruppe subito il silenzio imbarazzante che quel
complimento aveva fatto calare
- In
ogni modo, credo che mi comprerò qualcosa.-
Quel
venerdì aveva chiesto a Susan, una delle truccatrici che Freddie le aveva
presentato, di aiutarla a comprare un vestito per l’occasione. Non si intendeva
affatto di moda, anche se aveva un certo gusto nel vestire, in ogni modo. Era
una cosa un po’ particolare, le aveva detto. Se gli avesse detto che usciva con
Orlando l’avrebbero tempestata di domande tutti. La portò in un negozio in
centro, per un paio di scarpe e un vestito spese metà del suo stipendio mensile.
Però, cavolo, erano soldi spesi bene.
Tutt’altra
faccenda era farsi vedere da Orlando e da degli estranei così.
La
sera successiva, mentre Orlando la pregava di sbrigarsi perchè erano già in
ritardo, lei indugiava davanti allo specchio. Si era tirata su i capelli e data
una truccatina. Fece capolino dalla porta e urlò ad Orlando che non poteva
vederla dal soggiorno, in tono serio:- Non ridere. Però sii sincero. Prometti?-
-
Assolutamente!-
Emily
quindi uscì dalla sua stanza e si avviò alla scalinata. Rimase in cima e disse:
-
Allora? Vado bene?
Orlando riuscì a mantenere un minimo di dignità, annuì convinto e disse:-
Ottimo. Andiamo dai, facciamo tardi. Emily era semplicemente strepitosa.
Da
vero gentleman le aprì la porta dell’auto e fece il giro per andare al posto di
guida. Dopo essere uscito dal cancello le disse:- Ho una sorpresa per te.-
- Che
cosa? Ci hai ripensato e non vuoi più portarmi alla festa?- disse scherzando.
- No!
Ho finito di leggere la prima sceneggiatura. Quando torniamo ne parliamo.-
Emily
si stupì moltissimo. Gli aveva dato i tre manoscritti solo tre giorni prima.
- Ma
non puoi tenermi così sulle spine! Anticipami almeno qualcosa!-
-
Muto! Nemmeno una parola!- Si stava divertendo a tenerla sulle spine.
Casa
di Dominic era decentrata da Los Angeles, per arrivarci infatti impiegarono una
buona mezz’ora. Fortunatamente, pur essendo sabato sera, non trovarono troppo
traffico. Durante il viaggio non si parlarono che pochissimo. Ognuno aveva del
resto di che pensare.
Orlando voleva che questa serata fosse indimenticabile, un’occasione come quella
poteva essere propizia per farsi un po’ avanti. Chi l’avrebbe mai detto! Lui,
Orlando Bloom, era teso! E neanche poco. Inoltre i suoi timori erano ben
fondati. Si chiedeva se ci fosse la possibilità che ad una sua mossa troppo
audace lei si richiudesse a riccio. Ma che poteva fare? Stare lì a guardare
senza fare niente, come un ragazzino alla prima cotta? Pensandoci si sentiva
così, vulnerabile come allora.
Anche
Emily aveva la sua matassa da sbrogliare. I cambiamenti radicali che avevano
investito la sua vita erano stati talmente veloci che non le avevano dato il
tempo di vedere tutto con lucidità. Aveva sentito un sentimento nascere in lei,
sbocciare come un fiore, ma non sapeva che fiore fosse. Era amore? O solo
devozione, gratitudine, affetto. Per quel ragazzo che in quel momento era
assorto alla guida, in uno dei rari momenti in cui lo vedeva serio, che cosa
provava?
Il
dubbio era grande e lei non aveva modo di risolverlo. Che cos’è l’amore? E non
ditemi un apostrofo rosa tra le parole “ti” e “amo”…
Perché
per gli altri era tanto facile e per lei no? Insomma, un’adolescente che si
innamora era nelle sue stesse condizioni. Eppure credeva che un’adolescente si
sarebbe districata in quel casino meglio di lei. Sperava che anche stavolta
sarebbe stato lui a farle capire, a insegnarle quello che lei non aveva mai
imparato per stare dietro ai suoi demoni privati.
-
Siamo arrivati, quello è il cancello.- Le disse, indicandogli un cancello non
molto distante da loro.
Orlando parcheggiò la macchina. Appena scese dall’auto le tese la mano e le
disse:- Curiosa?-
Lei
prese quella mano e rispose:- Abbastanza.-
Li
fecero entrare, la casa aveva un bel giardino fuori. Dopo aver attraversato un
viale salirono delle scalette ed entrarono in una sala piuttosto affollata.
Emily notò subito che c’erano un sacco di belle donne. Dette una gomitata a
Orlando e le indicò un gruppetto di sventolone che stavano tutte intorno a tre
ragazzi. – Vedo che voi star del cinema non vi fate mancare niente?-
Orlando rise, poi notò che i tre altri non erano che Dominic, Billy ed Elijah.
-
Infatti sono amici miei!- Sempre tenendola per la mano la trascinò e
aggiunse:-Ti porto a conoscerli-
In
mezzo a tutte le sventolone Orlando certo non fu da meno dei suoi esimi
colleghi.
-
Buonasera signore!-
Dal
pollaio venne su qualche:-Ciao Orli!- non bene identificato. Del resto, erano un
po’ tutte uguali quelle.
- Ti
fai sempre aspettare tu, eh? Sempre la superstar devi fare!- disse Billy
vedendolo.
- Beh,
non a caso voi eravate i mezz’uomini, io l’elfo!- Una risatina venne su dal
pollaio.
- Ma
facci il piacere! - Disse Elijah. Poi girandosi verso le ragazze, facendo finta
che gli altri non lo potessero sentire disse:- E’ sempre stato geloso del fatto
che io avevo l’anello e lui no.-
Altra
risata. Il pollaio dopo pochissimo si disperse, era arrivato qualcun’altro di
interessante a quanto pare.
-
Ragazzi, questa è Emily.- tutti salutarono educatamente, compreso Dominic. Emily
guardò bene Elijah e le scappò: - Ma tu sei Frodo Beggins!- Elijah sorrise e
alzò le mani. - Beccato!-, le disse.
Dominic intervenne subito:- E io? Non mi riconosci?-
Emily
lo guardò attenta, ma non si ricordava quella faccia. – Mh…eri un hobbit?-
- Un
hobbit! Mica uno qualsiasi! Io ero Merry! E lui è Pipino. –disse, indicando
Billy, che fece un inchino.
- Ah…- Disse
Emily. Lei quelle
due facce proprio non le ricordava.
-
Orlando sei un caprone!- Esclamò Dominic.- Porti una bella ragazza alla festa e
non le offri neanche da bere, forza su! Che aspetti?- Elijah sarcastico
aggiunse: - Conosco qualche caprone che si offenderebbe…-
- Ho
capito, vado, prima che mi facciate a pezzi con la vostra dozzinale ironia!-
Seguito da Emily attraversò la sala verso la parte opposta. A metà tragitto,
cercando di non farsi scoprire da lei si girò verso i ragazzi che cominciarono a
fargli versi di approvazione, non tutti esattamente da veri gentlemen. Orlando
li fulminò con un’occhiata ma era molto divertito.
- Che
c’è?- chiese Emily vedendolo girato dall’altra parte.
- Ehm,
niente.- poi aggiunse – Sai, sono dei gran bravi ragazzi. Un po’…come dire,
giocherelloni, ma dei veri amici.-
- Li
trovo molto simpatici, in effetti. Si vede che vi volete bene.-
Dopo
aver preso da bere tornarono a chiacchierare con gli altri tre.
Erano
curiosi di conoscere questa ragazza, la tempestarono di domande. In più lei
studiava regia, quindi ne aveva di cose di cui parlare con loro. Specialmente
Elijah, forse perché era quello con più esperienza alle spalle. Era molto
interessato alla conversazione.
Dominic ad un certo punto si alzò e disse:- Signori, è il momento che il padrone
di casa si sbronzi a dovere.- Doveva fare sempre il buffone, come al solito.
Si
girò verso il centro della sala ed easclamò:- Fate largo!-
Gli
altri risero. In verità, voleva che Billy ed Elijah facessero come lui, per
lasciare soli quei due colombi.
Billy
lo raggiunse subito, Elijah finì il discorso con Emily e poi si allontanò con la
scusa di voler salutare qualcuno. Tre minuti dopo erano tutti seduti ad un
tavolo, a spettegolare su quei due, come tre vecchie comari. E poi dicono che
sono le donne quelle pettegole!
Rimasti solo, Emily e Orlando rimasero un po’ in silenzio.
-
Allora questa storia della compagnia dell’anello è quasi una realtà.-
- Già.
Però poi alla fine siamo sempre solo noi quattro. Sai i più giovani, quelli
scapoli. In ogni modo siamo rimasti in buoni rapporti anche con altri, ma
quando si ha una famiglia le serate di baldoria con gli amici passano in secondo
piano.-
- Mi
sembra comprensibile.- affermò Emily.
- Ti
va di vedere il giardino sul retro?-
- Con
questo buio?-
- No,
è tutto illuminato. Certo, di giorno è più bello, ma anche a quest’ora non è
meno suggestivo. Facciamo due passi dai, che ne dici?-
Emily
accettò ed uscirono.
Quei
tacchi la stavano facendo impazzire, saranno stati anche un bel colpo d’occhio,
ma perché le scarpe più eleganti devono necessariamente essere anche quelle più
scomode? Non era abituata a tacchi così tanto alti, e adesso le toccava anche
una passeggiata in giardino. Tuttavia, sperò di riuscire a mantenere
l’equilibrio. Dopo pochi passi uno dei suoi tacchi le giocò un brutto scherzo.
L’infida ghiaia la fece sdrucciolare, per poco non finì per terra se Orlando
prontamente non l’avesse sorretta.
-
Oddio! C’è mancato un pelo!- disse Emily che si era aggrappata alle spalle di
Orlando che la teneva per la vita.
Con
lentezza Orlando, raddrizando la schiena, portò verso di se Emily. Tenendola
sempre stretta per la vita. I loro occhi si incrociarono e i loro corpi
arrivarono a toccarsi in un istante che durò un secolo. Non erano mai stati così
vicini.
Orlando riuscì a malapena a realizzare quella stupenda sensazione, la lasciò
subito per paura di una sua reazione. Emily dal canto suo ebbe appena il tempo
di assaporare una sensazione mai provata prima. Partiva dallo stomaco, per poi
farsi sentire in tutto il corpo. Sentì che arrossiva e sperò che la semioscurità
che li circondava la coprisse agli occhi di Orlando.
-
Andiamo a sederci là, ho paura che la prossima volta non sarò così veloce!-
disse Orlando indicandole i gradini di una delle tante entrate.
-
Bella idea mettere questi tacchi, vero?-
-
Bella idea la mia! Ti volevo far passeggiare tra i sassi come se fossimo vestiti
per andare a fare una scampagnata!-
Chiacchierarono un po’ di stupidaggini, poi a Emily venne in mente della
sceneggiatura. Lo stava pregando di dirle almeno qualcosa, ma lui fu
irremovibile. Chi fosse il più cocciuto tra i due era ben palese già da un po’.
Passarono fuori un bel po’ di tempo, non si accorsero nemmeno quanto stettero a
parlare. Quando Orlando guardò l’ora, si erano già fatte le due.
-
Caspita, è tardi!- Esclamò.
-
Davvero?- chiese Emily stupita.
- Se
hai ancora voglia di rimanere, per me non c’è problema.-
- Non
è questo, è che ho perso la nozione del tempo.-
-
Anch’io.- aggiunse Orlando.
Decisero di rientrare e di andare a salutare per poi tornare a casa.
Entrando nella sala Orlando e Emily si imbatterono in una scena a dir poco
ridicola: Dominic e Billy stavano ballando insieme una grottesca danza. Una
specie di tango. Dominic guidava con una rosa finta in bocca e davanti a tutti
c’era Elijah non ne poteva più per il tanto ridere. Orlando pensò che se fossero
stati solo loro quattro adesso lui sarebbe stato guidato da Elijah, o viceversa.
Facevano continuamente stupidaggini simili. Rise anche lui, disse a Emily di
aspettarlo un momento e si intrufolò tra la folla raggiungendo Elijah.
-
Ubriachi fradici, eh?-
- Come
galline!- rispose lui, tenendosi le mani sullo stomaco dal gran ridere.
Gli
spiegò che lui e Emily sarebbero andati via fra un momento, Elijah quindi
catturò l’attenzione dei due ballerini provetti che fecero un inchino ai loro
ammiratori e si allontanarono dal centro della sala.
- Tu
non sai guidare!- Esclamò Billy in un farsetto ridicolo.
-
Bimba, io sono un grande ballerino!-
Billy
ritornò al suo tono di voce normale:- ma se mi hai quasi spezzato la schiena
facendomi fare quel caschè!-
Dominic gli porse la rosa finta:-Per farmi perdonare, bimba.-
-Oooh!
Grazie!- rispose Billy, di nuovo in farsetto.
Orlando fece per salutare e tutti chiesero dove fosse finita Emily.
- Mi
aspetta la.- disse, indicando un punto infondo alla sala.- Le porgerò i vostri
saluti, siete troppo ubriachi!-
-
Ubriaco io? Non sono mai stato così sobrio!- Esordì Dominic che subito si
diresse in direzione di Emily a grandi passi. Gli altri gli corsero praticamente
dietro.
Emily
vide Dominic camminare verso di lei a passo di marcia e si chiese:- Ma che vuol
fare quel pazzo?-
-
Signorina, mi permetta di salutarla degnamente!- le disse appena fu davanti a
lei, dopo ciò si chinò e le baciò la mano. Intanto gli altri gli arrivarono alle
spalle e si tranquillizzarono per il fatto che Dominic non ne aveva fatta
un’altra delle sue. Cose tipo prenderla e baciarla con la lingua, ne era
capacissimo anche da sobrio, figuriamoci in quello stato.
Emily
rise di gusto, quel tipo era strano ma era veramente divertente. Salutò anche
Elijah e Billy. Quindi lei e Orlando si incamminarono verso il cancello
sentirono un urlo strozzato:- Fffffffat…-
Orlando si girò di scatto e vide Elijah con una mano sulla bocca di Dominic
mentre Billy lo teneva fermo. Meno male chè c’erano loro!
Quando
li videro lontani abbastanza Elijah e Billy liberarono Dominic ed Elijah gli
assestò un bello schiaffo sulla nuca che gli fece ridere tutti e tre.
- Sei
un vero bastardo, Dom!-
Arrivati a casa Emily si liberò seduta stante di quelle scarpe. Mentre lei si
cambiava Orlando si preparò un caffè, prese la sceneggiatura e si sedette sul
divano del soggiorno. L’aveva letta molto attentamente.
Emily
uscì dalla sua stanza con il viso libero dal trucco e vestita per andare a
letto. Era tesissima.
Orlando sorseggiando il caffè le fece cenno di mettersi seduta con lui. Emily
notò che aveva fatto delle annotazioni a lapis e che c’erano delle parti
sottolineate.
- Hai
una bella calligrafia. Si legge benissimo. Io ti auguro di non dover mai leggere
niente di mio pugno!-
Emily
mise davanti agli occhi di Orlando il dito medio della sua mano destra e lui
poté notare che aveva, nel punto in cui appoggiava la penna un leggero
rigonfiamento.
- A
forza di scrivere la pelle mi si è fatta più spessa lì. Sono sempre stata un no’
maniacale per ciò che riguarda l’ordine, anche nella scrittura.-
-
Dovevi essere brava nei temi a i tempi della scuola. Questa sceneggiatura è
molto bella e tu scrivi benissimo.-
Orlando le lesse ad alta voce le parti sottolineate, quelle che lo avevano
colpito di più. Riusciva perfettamente a vedere quelle immagini costruirsi nella
sua testa, Erano chiare, semplici, di un’intensità che lo avevano lasciato senza
fiato. Le annotazioni che aveva fatto gli servirono a ricordare quello che aveva
pensato e visto nel leggerle. Emily era raggiante del fatto che ad Orlando fosse
piaciuta, ma soprattutto era felice che lui avesse immaginato le stesse cose che
lei aveva in mente mentre la scriveva.
Stettero per almeno due ore seduti a discutere di quel lavoro, a rileggere le
parti sottolineate. Emily sentiva per la prima volta le sue parole essere
pronunciate da qualcuno. Era una strana sensazione.
Cercando di non perdere la concentrazione Orlando lasciava che i suoi occhi si
perdessero ad osservare tutto ciò che trovava di affascinante in lei e che la
sua mente viaggiasse con la fantasia. Osservava i suoi capelli scuri che le
cadevano morbidamente dalla coda lasciandole il collo scoperto, le sue mani
iperattive che tradivano un po’ di tensione, le sue gambe affusolate e la curva
dei suoi seni che lei metteva in evidenza stiracchiandosi ogni tanto, in un
gesto tanto sensuale quanto innocente. Si immaginò come potesse essere la sua
pelle al tatto, che odore avrebbe avuto, come sarebbe stato averla.
-
Certo, non sarei sincero se non ti dicessi che un difetto c’è.-
-
Dimmelo, ti prego! Mi fido del tuo giudizio.-
Orlando fece una pausa raccogliendo le idee.
- Beh,
è quando parli dei sentimenti…a volte non sono riuscito a capire che cosa
provassero i personaggi realmente.-
Emily
si fece un po’ meno sorridente. Capì a che cosa si riferiva Orlando.
- Ehi,
non fare quel faccino, dai!- le disse lui, dandole un pizzichetto affettuoso sul
naso. – Il tuo lavoro è bellissimo. C’è appena qualche particolare da ritoccare.
Anzi, se mi permetterai di farlo avevo intenzione di usare qualche mia
conoscenza per proporlo a qualcuno.-
- No,
Orlando, che dici? Non voglio che tu faccia questo. Non pretendo certo la
perfezione, ma tu hai ragione. E’ asettico. Non traspare alcuna emozione in
certe circostanze.-
- Ma
no, questo è essere troppo severi.-
- No.
– Disse seria. – Questa è la verità.-
Erano
le cinque del mattino ormai, ma nessuno dei due era stanco, anche se in quel
momento di imbarazzo finsero entrambi di esserlo.
Orlando era un po’ dispiaciuto che Emily l’avesse presa così male. Non era
riuscito a spiegarle con le giuste parole il difetto del suo lavoro e aveva
combinato un disastro. E poi la desiderava da morire, accidenti! Talmente tanto
che non sapeva davvero dove stava trovando la forza di resisterle. Non riusciva
ad addormentarsi.
Emily
era nello stesso stato. Quello che lui le aveva detto era esattamente il
problema che la tormentava, il suo non saper esprimere le passioni violente
dell’anima e anche quelle del corpo. Provò a dormire, ma le era impossibile
anche il solo stare sdraiata le era difficile.
Come
avrebbe potuto capire quale fosse la linea che distingueva un forte affetto
dall’amore?
Orlando in quel momento era il suo centro e tutto il suo mondo. Nel pensare
questo provò nuovamente quella sensazione che poche ore le era esplosa dentro
alla festa quando lui in quell’istante l’aveva stretta tra le braccia.
Smise
di pensare.
Si
alzò e uscì dalla sua stanza dirigendosi verso quella di lui.
La
porta, come sempre, era aperta e lei prima lo osservò. Era immobile, disteso su
un fianco, sembrava che dormisse. Si avvicinò piano piano, la luce che filtrava
dalla finestra accostata le permetteva di camminare con sicurezza. Orlando sentì
dei lievissimi rumori, aprì gli occhi e vide che Emily era davanti a lui. Non si
chiese il perché, forse perché sentiva a pelle cosa l’aveva spinta a venire da
lui.
Si
alzò dritto davanti a lei. Per quanto desiderasse tutto questo incominciò con
calma ad accarezzarle il viso, il collo, le spalle. La attirò a se per la vita e
appoggiò le sue labbra a quelle di lei. Sentì le labbra di Emily schiudersi
piano, timidamente al pari delle sue mani di che si appoggiarono alle sue
braccia, del tutto inesperte e un po’ impacciate. Sempre tenendola stretta in
quel bacio la trascinò su di se mentre si sdraiava sul letto, quando
improvvisamente la sentì tremare. Smise di baciarla, le tolse i capelli che le
erano caduti davanti agli occhi e la guardò.
- Sei
sicura Emily? Non voglio che tu bruci alcuna tappa, non voglio forzarti…-
Emily
lo interruppe, gli posò leggera un dito sulle labbra e disse:- Non sono stata
mai più sicura di una cosa in tutta la mia vita, Orlando. Voglio fare l’amore
con te, se lo desideri anche tu.-
Quando
si svegliarono in tarda mattinata il sole illuminava chiaramente la stanza.
Emily sentiva il petto di Orlando che premeva sulla sua schiena e la gradevole
pesantezza del suo braccio che le cingeva la vita. Non si era mai sentita così
al sicuro e soprattutto non si era mai sentita tanto amata. Cercando di fare più
piano possibile si girò verso di lui e scoprì che era già sveglio.
-
Buongiorno.- Le disse sorridendogli. Emily gli sorrise di rimando, poi si
strinse ancora di più verso di lui.
-
Orlando?- chiamò, da quella posizione. Non aspettando che lui le rispondesse
continuò:- adesso so come finire la mia sceneggiatura. Mi aiuterai?-
Orlando rise. – Certo che lo farò.-
-
Credo di amarti.- disse Emily dopo qualche secondo.
Capitolo 10 *** Written and Directed by Emily Paxton ***
Questa storia è stata scritta per divertimento
Written and Directed by Emily Paxton
Ennesima risata sul set. Quanti ciak avevano già fatto di questa scena? Emily
aveva perso il conto.
Cercava lei per prima di dare il buon esempio, ma non ci stava proprio
riuscendo, la situazione era così comica che non solo nel cast sulla scena, ma
anche in tutta la troup regnava un clima di ilarità che non poteva non
contagiarla.
- Ok,
stop!- Disse, - Facciamo dieci minuti di pausa, così almeno ci diamo una
calmatina tutti, dal primo all’ultimo.-
Orlando uscì di scena e si diresse verso di lei con sguardo da furbetto.
-
Specialmente tu,- gli disse quando fu abbastanza vicino a lei. - non crederai
che sarò più indulgente con te solo perché sei tu, vero?-
Orlando fece una delle sue smorfie, ed Emily rise, ma subito riassunse un’aria
di rimprovero:- Vedi, vedi! Tu fai il buffone e qui non va più avanti nessuno!-
Orlando la abbracciò e le disse:- Non è che il problema è suo, signora regista,
perché non riesce a staccare gli occhi dal suo protagonista?-
Emily
lo spinse lontano:- Ma smettila! E dopo la pausa concentrati, per cortesia!-
Orlando si stava allontanando per prendersi da bere e disse:- Si, si…-
Emily
allora gli urlò:- Si davvero! Scommetto che con Jakson non ti saresti mai
comportato così!-
Cercava di avere un tono autoritario facendogli certe richieste, ma i risultati
erano un po’ debolucci.
Si
sedette di nuovo sulla sua sedia, aspettando di poter ricominciare a girare. Si
era completamente assorta nei suoi pensieri, quando vide Orlando che si era
chinato davanti a lei cercando di entrare nel suo campo visivo. Lei gli sorrise.
Quel
sorriso, fin dal primo appena accennato che aveva visto incresparsi sulla bocca
di lei, l’aveva del tutto conquistato. Solo in cambio di uno di questi sorrisi
sarebbe andato in capo al mondo se Emily solo l’avesse chiesto.
-
Pensi?-
- Si,
che è ora di ricominciare. E adesso tu mi devi promettere che…-
- Sarò
un modello di serietà lo giuro!- Fece per tornare in scena, ma dopo pochi passi
tornò indietro e le disse in un orecchio:- Tanto per la cronaca, tra te e
Jackson indubbiamente darei retta a te. Sai com’è, tu sei più carina!- Appena
ebbe finito le diede un bacio veloce e corse al suo posto.
Emily
lo guardò allontanarsi sorridendo e scuotendo la testa. Orlando non sarebbe mai
cambiato.
Certo,
Orlando non era uno degli uomini più gestibili che Emily avrebbe mai potuto
scegliere. Era sempre in viaggio, sempre indaffarato, le sue fans lo assalivano
in ogni dove. E poi c’era quel suo narcisismo che ogni tanto faceva capolino e
quella sua dannata propensione a fare sempre cose pericolose che la spaventavano
a morte.
Ma
quando quei pensieri le si presentavano alla mente le bastava pensare a uno dei
mille momenti indimenticabili passati con lui. Allora il suo sguardo cadeva sul
suo anulare a scorgere l’anello con cui lui le aveva chiesto di sposarlo non
molto tempo prima.
Era in
quel momento che tutti i dubbi sparivano e sapeva di essere felice.
Era
la, in mezzo a tutta quella gente che stava lavorando per mettere in scena una
delle sue storie, quelle che aveva tante volte immaginato che si realizzassero.
Non era più timida e imbarazzata, controllava tutto con la sicurezza che aveva
sempre sognato di possedere, e ad interpretare uno dei suoi personaggi c’era la
persona più importante della sua vita.
Le
ombre buie del passato forse non l’avrebbero mai lasciata, ma adesso aveva chi
potesse difenderla. Cosa avrebbe mai potuto volere di più dalla vita?