Black out di Unsub (/viewuser.php?uid=105195)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I. Obsession ***
Capitolo 3: *** Capitolo II. Challenge ***
Capitolo 4: *** Capitolo III. Friendship ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV. Archangels ***
Capitolo 6: *** Capitolo V. Peace Rehearsal ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI. Through your eyes ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII. The Truth ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII. Nightmare ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX. Bible ***
Capitolo 11: *** Capitolo X. End of the truce ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI. Defection ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII. If you change your mind ***
Capitolo 14: *** Capitolo XII. As nothing happans ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIV. To break the rules ***
Capitolo 16: *** Capitolo XV. Find the first! ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVI. The death of Raphael ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVII. Elohim ***
Capitolo 19: *** Capitolo XVIII. Fear and love ***
Capitolo 20: *** Capitolo XIX. Interview ***
Capitolo 21: *** Capitolo XX. No doubt ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXI. Revenge ***
Capitolo 23: *** Capitolo XXII. He is back! ***
Capitolo 24: *** Capitolo XXIII. The last ***
Capitolo 25: *** Capitolo XXIV. Question and Answer ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Pensavate di esservi liberati di me e Sarah? Ops... sbagliavate XD
Ecco un'altra delle follie suggerite dal folletto che vive nel mio cervello bacato XD
AUTORE: Unsub
TITOLO: Black out
RATING: Arancione
GENERE: sentimentale, azione, erotico.
AVVERTIMENTI: LongFic
PERSONAGGI: squadra BAU, nuovo personaggio
DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono(tranne quelli da me
inventati), sono di Jeff Davis. Criminal minds appartiene alla CBS.
Questa storia non è a scopo di lucro.
NOTE: questa FF in linea temporale si colloca fra Sense or Sensibility e Chimera.
Prologo
De Soto National Forest, Missisipi
Un ragazzo e una ragazza corrono lungo il sentiero. Lei rimane leggermente indietro ansante.
- Muoviti pigrona!
- Aspettami Jeff! Come ti è saltato in mente di portarmi a correre qui!
- Non è il posto, sei tu che sei fuori forma.
Lei cerca di raggiungerlo ma mette un piede in fallo e cade. Rotola
lungo il pendio e si ferma contro un albero. Lui corre a soccorrerla.
- Kate, tutto bene?
- Si, devo essermi storta la caviglia.
Lui la abbraccia e lei sposta lo sguardo verso i cespugli vicini. Rimane un attimo interdetta… non può essere.
Un urlo le esce dalla bocca e gli uccelli volano via dai rami degli alberi.
Quantico, Virginia
Raphael è davanti a lui con il machete in mano, lui preme il
grilletto ma la pallottola non parte. In un attimo gli è addosso
e il machete si abbatte su di lui.
Spencer si sveglia di soprassalto, di nuovo quell’incubo. Cerca
di recuperare la lucidità, poi un braccio lentamente si posa sul
suo torace e delle labbra morbide posano un bacio delicato sulla sua
guancia.
- Ancora quell’incubo? – la voce
assonnata di lei dissipa definitivamente il sogno e lui si sente di
nuovo bene.
- Si, ma ora va meglio – si volta ad abbracciarla.
Si sorprende di come per lui ormai sia naturale svegliarsi e aspettarsi
che lei si lì vicino a lui. Le bacia la fronte e la fa
accomodare sul suo petto. Il peso di lei è leggero e gli da un
senso di sicurezza.
- Vuoi parlarne?
- No, non servirebbe. E’ solo un incubo. Ormai lui è morto.
- Ma l’incubo ti tormenta ancora…
- Tu non hai mai degli incubi? Con il lavoro che facciamo sarebbe normale…
- Quasi mai. Mi sento fortunata, riesco a frapporre un muro fra me e quello che vediamo tutti i giorni.
- Non ti ho mai sentita sobbalzare nel bel mezzo
della notte… - lui sorride pensando a come lei appaia placida
nel sonno.
- Quando ci sei tu, non faccio mai brutti sogni
– gli risponde lei tirandosi su e baciandolo con passione.
Il cellulare squilla e Spencer prontamente risponde.
- JJ, no non stavo dormendo. Ok. Si. Penso io ad avvisarla – riattacca e si volta a guardarla.
- Un nuovo caso?
- Si. JJ mi ha chiesto di avvertirti. Sarà meglio che ti telefoni ora…
Lei ride. Spencer ha un umorismo bizzarro e lo tira fuori solo quando
sono da soli. Si stringe a lui ancora un attimo e poi si alza dal
letto. Il loro momento è finito, il lavoro chiama.
Sede dell’F.B.I., Quantico, Virginia.
Sono tutti arrivati in sala riunioni con uno sguardo stanco negli
occhi. Sembra che non ci sia mai un momento di pace per loro. Si
siedono velocemente e in silenzio.
JJ entra in sala senza neanche salutarli, facendo partire subito le immagini sullo schermo.
- Foresta di De Soto, vicino a Biloxi. Ieri una
coppia ha trovato i resti di cinque cadaveri abbandonati
all’interno del parco. L’S.I. non li ha neanche sepolti, ha
semplicemente abbandonati i corpi. I cadaveri presentano fasi di
decomposizioni differenti, alcuni sono scheletrizzati, altri no. Sul
luogo sono stati ritrovati simboli satanici e nel petto
dell’ultima vittima c’era ancora un pugnale
dall’impugnatura piuttosto bizzarra.
- Credono che sia opera di una setta satanica? – interviene Rossi con uno sguardo dubbioso sul volto.
- Non sanno cosa credere, per questo ci hanno
chiamato. Il problema è che tutti i corpi appartengono ad
adolescenti scomparsi da casa. Pensavano a delle fughe, anche se i
ragazzi scomparsi erano tutti studenti modello e ben integrati nel
tessuto sociale. Sia i genitori che gli amici erano fortemente convinti
che non si sarebbero mai allontanati di loro spontanea
volontà…
- I cadaveri erano tutti nello stesso punto? – chiede Sarah.
- A pochi metri gli uni dagli altri. La polizia
è preoccupata. Sono state denunciate le scomparse di altri due
ragazzi che rientrano nel quadro vittimologico.
- Bene, partiamo subito. Avverti la polizia di
Biloxi. Dormiremo sull’aereo. Vi voglio tutti il più
riposati possibile al nostro arrivo – Hotch si alza e esce dalla
stanza.
Gli altri membri della squadra si alzano in silenzio. E’ ora di partire.
E presi coscienza che la forza invincibile che ha spinto il mondo non sono gli amori felici bensì quelli contrastati.
(Gabriel García Márquez)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo I. Obsession ***
capitolo 1
Capitolo I. Obsession
Interno del jet
Hotch sposta lo sguardo a controllare tutta la squadra. Emily e Spencer
sono già addormentati uno di fronte all’altra. Rossi
è seduto accanto a lui e sembra sul punto di addormentarsi a sua
volta. JJ è impegnata in una conversazione telefonica e si
è rintanata sul fondo dell’aereo per non disturbare i
colleghi. Derek e Sarah sono seduti vicini e stanno parlando sotto
voce, sembrano molto concentrati nella conversazione. Improvvisamente
Sarah regala a Derek un sorriso dolcissimo e gli passa una mano sul
viso, poi si abbandona contro il sedile e comincia a sonnecchiare a sua
volta, mentre Morgan si alza e si accomoda sul divano per stendersi.
Hotch contrae la mascella. Non gli piace la confidenza che hanno quei
due e il tabulato telefonico che ha in mano gli piace ancora meno.
Nonostante lei non gli abbia mai svelato chi sia l’uomo nella sua
vita, ora lui ha un’idea precisa di cosa si nasconda sotto la
facciata di “amici del cuore” di quei due. La sua mascella
si contrae ancora di più mentre osserva tutte le telefonate
fatte anche a notte fonda dal telefono di Morgan al cellulare di Sarah.
Scuote la testa e nasconde il tabulato in fondo alla valigetta, chiude
gli occhi e cerca di dormire a sua volta. Almeno cerca di far finta di
dormire. Ricorda la conversazione con Sarah, ricorda l’ultima
cosa che lei gli ha detto prima di uscire dal suo appartamento. Quello
che lei sosteneva era vero solo in parte. Hotch sa di provare qualcosa
per quella ragazza, non solo a livello fisico. Nonostante sia cosciente
di essere ancora legato a Haley in qualche modo, Sarah per lui è
un’ossessione.
E’ spaventato. Sa che le ossessioni di quel genere non portano
mai a niente di buono eppure non riesce a togliersela dalla testa.
Riapre gli occhi e osserva Collins dormire placidamente. Vorrebbe
alzarsi e scostare quella ciocca che le è scivolata sul viso. Sa
che i sentimenti che nutre per lei non sono ricambiati e si sforza di
essere corretto.
Sta perdendo la battaglia contro se stesso e lo sa. Il fatto che abbia
richiesto i tabulati dei telefoni dei suoi subordinati per vedere chi
Sarah frequenti fuori dal lavoro la dice lunga sul suo grado di
ossessione. Sapere che lei sta con Derek lo infastidisce.
Sospira e torna a chiudere gli occhi sperando di dormire fino
all’arrivo. Ora non può pensare al suo sentimento non
corrisposto, deve lavorare. Non permette mai a niente e nessuno di
intralciarlo durante un’indagine e ha tutta l’intenzione di
non permetterlo neanche alla giovane e avvenente profiler.
Stazione di polizia di Biloxi, Missisipi
Un uomo corpulento si fa loro incontro.
- Detective La Voisin, felice di avervi qui.
- Sono l’agente Jareau, ci siamo sentiti per
telefono. Questa è la squadra – dicendo cosi indica le
persone dietro di lei.
Hotch prende subito il comando della conversazione e si presenta a sua volta.
- Agente Hotchner, sono il capo della squadra. Questi
sono l’agente speciale Derek Morgan, l’agente speciale
Emily Prentiss, l’agente supervisore David Rossi – il suo
sguardo si sposta verso i due membri più giovani del team
– il dr Spencer Reid e l’agente speciale Sarah Collins. Non
si faccia ingannare dalla loro età, sono dei veri professionisti.
- Certo – risponde dubbioso il detective
– effettivamente sono molto giovani… Comunque abbiamo
provveduto a fornirvi una stanza dove possiate lavorare.
Seguono il poliziotto lungo il corridoio fino ad arrivare ad una stanza
grande quanto la loro sala riunioni. Nel locale un tavolo corredato di
sedie, due lavagne bianche e un tabellone trasparente.
- Se necessitate di qualcos’altro non avete che
da chiedere. Il sindaco vuole che la faccenda venga risolta al
più presto.
- Grazie detective La Voisin. Ci occorre tutta la
documentazione che avete raccolto finora e qualcuno che accompagni la
mia squadra sul luogo del ritrovamento.
- Non c’è problema. Intanto che voi vi sistemate, organizzo il sopralluogo.
Dicendo cosi lascia la stanza e il team si siede ordinatamente intorno al tavolo. Hotch riprende subito la parola.
- Morgan, Reid e Prentiss sul luogo dei ritrovamenti,
scattate più foto possibile. Rossi e Collins rimarranno qui con
me per stilare il profilo preliminare. JJ vedi cosa sa effettivamente
la stampa e chiama Garcia. Voglio sapere tutto sulle vittime, le due
ragazze scomparse e i due ragazzi che hanno ritrovato i cadaveri.
Domande?
- Collins, su cosa verteva la tua tesi per il dottorato in antropologia? – chiese Rossi.
- Sette sataniche, Criminologia e fatti di cronaca. Perché?
- Forse sarebbe più utile che tu vedessi i
simboli ritrovati sul luogo dell’abbandono. Potresti dirci
qualcosa di più.
Hotch è visibilmente contrariato, ma non può negare che
Rossi ha ragione. Eppure mandare Collins ancora una volta con
Morgan… ci sarebbero stati anche Reid e Prentiss, quei due non
ne avrebbero approfittato per scambiarsi effusioni!
- Si Collins, unisciti a Reid, Prentiss e…
Morgan – lo sguardo che le lanciava metteva a disagio tutti i
presenti.
Cosa diavolo stava succedendo a Hotch?
De Soto National Forest
I poliziotti precedono i profiler lungo il sentiero che porta al luogo del ritrovamento.
- Qui – dice uno dei due poliziotti indicando i
nastri gialli che delineano un’area piuttosto estesa.
- I ragazzi che hanno rinvenuti i corpi sono arrivati
da qui? – chiede Sarah notando lo stato di abbandono del sentiero.
- No. La ragazza è scivolata da lassù
mentre faceva jogging. Fortunatamente il pendio è dolce e non ha
subito danni, solo una distorsione della caviglia. Certo lo
shock… - dice il poliziotto abbassando lo sguardo e allungando
nella loro direzione le foto dei ritrovamenti.
Sarah le ignora e si avvicina ai tronchi degli alberi segnati con
vernice rossa. I simboli dipinti non sono propriamente satanici, almeno
niente che lei riesca ad accostare a qualche tipo di setta
specifica. Eppure sono stranamente famigliari. In questi momenti
vorrebbe avere la memoria eidetica di Spencer, per ricordare subito
quello che il suo subconscio sta cercando di dirle. Sbuffa spazientita
e si dirige con passo sicuro verso un punto specifico. Gli altri non
l’hanno notato ma i corpi non erano stati abbandonati, erano
stati posti tutti in un cerchio sbilenco, tutti con la testa rivolti
verso un punto.
Cerca di orientarsi con le bandierine lasciate dalla polizia e comincia
a sondare il terreno in prossimità del centro. Finalmente nota
qualcosa.
- Derek, porta la macchina fotografica e i sacchetti per le prove. Emily hai dei guanti in più?
Il resto del gruppo si avvicina a lei, compresi i due poliziotti. Una
volta infilati i guanti indica un punto a Derek che comincia a scattare
foto mentre lei delicatamente rimuove la terra.
Si ferma quando sente qualcosa di consistente e liscio sotto le sue
dita. Ancora più delicatamente cerca di liberare i bordi
dell’oggetto. Una semplice stampa plastificata raffigurante un
angelo munito di spada.
- Cos’è? – domanda Spencer.
- Una raffigurazione dell’arcangelo Michele.
Colui che guida le schiere celesti nella battaglia contro Satana. Il
braccio armato di Dio, se mi passate l’espressione.
- Che ci fa qui? – Derek corruga la fronte – Allora l’S.I. non è un satanista.
- Ne sappiamo ancora troppo poco – dice Sarah continuando a tastare il terreno intorno.
Rinviene anche un altro oggetto, che fatica non poco a liberare dal terreno circostante.
- Ok, direi che qui il satanismo è una pista
forviante – dice ansante dopo aver tirato fuori
l’ingombrante oggetto dal terreno – Qui abbiamo qualcuno
che gioca a fare l’angelo vendicatore…
- Come scusa? – Spencer sembra perplesso – Ma cos’è quell’affare?
- Un ostensorio. E’ un oggetto liturgico
cattolico, serve ad esporre l’ostia benedetta. Credo che non ci
sia altro. Dovremmo tornare da Hotch e scavare un po’ più
a fondo nella vita delle vittime.
- Decisamente – conviene Emily.
Stazione di polizia di Biloxi
Hotch sembra immerso nella lettura dei fascicoli, mentre Rossi lo osserva insistentemente.
- Hai finito di farmi il profilo? – chiede Aaron senza alzare la testa dagli incartamenti.
- Mi stavo chiedendo quanto è grave…
- Cosa?
- La tua ossessione per Collins, che altro? Non credi di dover allentare un attimo la presa?
Hotch finalmente solleva lo sguardo e tace, mentre la sua mascella si contrae.
- So cosa provi per quella ragazza, ma il sentimento
non è ricambiato. Datti pace. Anche perché tanto non hai
speranze.
- Perché? Perché preferisce uno più giovane? Può sempre cambiare idea.
- Dopo quello che hai fatto? Dubito fortemente. Ti
sei giocato tutte le possibilità quando la tua mano si è
liberata dal controllo del tuo cervello. Lascia stare, tormentarla non
porterà da nessuna parte.
Hotch china di nuovo la testa e si immerge di nuovo nei dossier. Non se
la sente di parlare. Rossi non può capire. Nessuno può
capire.
Continua…
Aspetto impaziente i vostri commenti ^^
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo II. Challenge ***
Capitolo 2
Capitolo II. Challenge
Stazione di polizia di Biloxi
Entrano tutti e quattro nella stanza, Hotch e Rossi ancora chini sui
rapporti sollevano la testa al loro ingresso. Sarah si mette davanti al
tabellone studiando le foto e i rapporti che i due profiler hanno
diligentemente attaccato, da le spalle ad Hotch e cerca di sfuggire al
suo sguardo. Sa perfettamente cosa frulla nella mente di Aaron.
Non vuole uno scontro diretto, almeno non in presenza degli altri
membri del team. Solo Rossi sa cosa è successo fra loro.
Nonostante il rapporto che la lega a Derek e Emily, non si è mai
confidata con nessuno dei due. Dirlo a Spencer è fuori
questione, anche se normalmente non fa parte del suo carattere diventa
estremamente aggressivo quando qualcuno minaccia il loro legame ed
Hotch ha fatto ben più di questo.
Gli altri si siedono e cominciano a riassumere le loro scoperte.
- Quindi ha sepolto un ornamento liturgico e una
stampa… comportamento bizzarro – interviene Rossi.
- Decisamente – dice Sarah voltandosi – Dov’è JJ?
- Eccomi – risponde pronta la bionda collega
entrando con dei fascicoli in mano – Garcia ha mandato questi.
Sta ancora cercando, forse più tardi manderà alti file.
Cosa ti serviva Sarah?
- Voglio che domani organizzi un incontro con i
genitori delle vittime e i loro amici più stretti. Li voglio
fuori dal loro ambiente, in un posto dove siano emotivamente più
vulnerabili. Se quei bravi ragazzi nascondevano qualcosa dobbiamo
saperlo.
- Hai dei dubbi sulle vittime? – chiede Derek.
- Ho smesso di credere nei “bravi
ragazzi” quando andavo al liceo. Nascondono qualcosa e credo che
quel qualcosa possa portarci all’S.I.
- Non tutti nascondo chi sa cosa – interviene prontamente JJ.
- E’ qui che ti sbagli. Tutti noi abbiamo
qualcosa da nascondere. Piuttosto, credo che sia ora di chiamare Garcia
– dicendo cosi tira fuori il suo cellulare, mette il viva voce e
lo poggia sul tavolo.
Penelope risponde dopo il primo squillo.
- Qui il Sapere Supremo.
- Ciao bambolina! – Derek cerca subito di provocare la loro tecnica informatica.
- Il mio Dio greco scolpito nella cioccolata! Cosa
posso fare per te? Anche se un paio di idee ce le avrei…
- Garcia – interviene Sarah prima che i due
partano per la tangente come al solito – dovresti svolgere una
ricerca veloce per me.
- Dimmi tutto Einstein!
- Mi occorre sapere se sono stati denunciati furti in chiese cattoliche qui a Biloxi.
- A partire da quando?
- JJ, a quando risale la prima scomparsa?
- Cinque mesi fa.
- Hai quello che ti occorre, Oracolo di Quantico – interloquisce Sarah rivolta al telefono.
Oramai anche lei è preda del gioco fra Garcia e il resto del team.
- Allora comuni mortali. Circa tre mesi fa è
stato denunciato un furto in una chiesa cattolica di Biloxi. Hanno
rubato un oste… oste…
- Ostensorio, Garcia. Il nome della chiesa?
- San Michele.
- Bingo! – dice Sarah rivolta a Derek.
- Decisamente un tiro un centro! – risponde lui strizzandole l’occhio.
- Garcia… sarebbe utile sapere come le vittime utilizzavano internet…
- Cioè dovrei entrare nei loro computer? Difficile senza l’indirizzo IP.
- Garcia – interviene Hotch riprendendo il controllo della situazione.
- Si, capo?
- Voglio che tu venga a Biloxi il prima possibile. Mi
farò dare il mandato per i computer delle vittime e voglio che
tu sia qui per esaminarli.
- Mi volete lì con voi?
- Esatto, mi aspetto di vederti qui già domani. Buon lavoro – Hotch chiude la chiamata.
Lui e Sarah si fronteggiano da una parte all’altra del tavolo. I
loro sguardi sono carichi di tensione e di astio. Lui vuole mettere in
chiaro una volta per tutte chi comanda, chi è il capo. Lei non
vuole farsi mettere i piedi in testa da un maschio alfa con gli ormoni
impazziti. La situazione sembra prossima a precipitare.
Rossi interrompe il silenzio con un leggero tossicchiare. Hotch abbassa
lo sguardo per primo, davanti al collega che sa cosa ha fatto si sente
in imbarazzo. Sarah non distoglie lo sguardo finché non è
sicura che lui abbia abbandonato il campo di battaglia.
- Reid ci serve il profilo geografico delle vittime,
JJ comincia ad organizzare l’incontro che ha chiesto Collins.
Morgan tu e Rossi andate dal medico legale. Prentiss con me, andiamo a
parlare con gli insegnanti delle vittime. Collins, tu… rimani
qui e comincia a preparare il profilo preliminare. Domande?
Tutti tacciono continuando a spostare lo sguardo da Hotch a Sarah e
viceversa. Nessuno dice una parola e si alzano in silenzio dirigendosi
verso la porta. Aaron lascia che un sorrisino aleggi sulle sue labbra
mentre guarda Sarah un’ultima volta prima di andarsene. E’
sempre lui il capo dell’unità e ha ancora il potere di
farli scattare sull’attenti. Sarah non risponde alla provocazione
e comincia a spulciare i dossier.
- Si può sapere cosa c’è che non
va tra te e Hotch? Avete litigato di nuovo? – Spencer è in
piedi davanti ad una cartina geografica.
Sarah seduta, non alza neanche lo sguardo.
- Non so di cosa tu stia parlando.
- Sarah, non sarò un esperto in comunicazione non verbale ma sono pur sempre un profiler, ricordi?
- Certo, uno dei migliori aggiungerei – lei ostinatamente si rifiuta di guardarlo.
- Si vede lontano un chilometro che c’è tensione fra voi. Mi vuoi dire cosa è successo?
- Se fossi in te mi concentrerei sul profilo
geografico e lascerei perdere la cosa. Io e Hotch siamo due persone
adulte, la risolveremo fra noi.
- Non mi piace come si sta comportando con te. Perché l’hai di nuovo sfidato?
- Ti sembra che io gli abbia mancato di rispetto?
- No, ma… lo stai sfidando e lui sembra avercela con te.
Lei finalmente si alza. La porta è chiusa e le pareti non hanno
vetrate che diano sui corridoi. Gli carezza una mano e si permette di
perdersi un momento negli occhi di lui.
- Tesoro, pensa al caso. Abbiamo fatto un patto, ricordi?
- Non permettere al nostro rapporto di intralciare il
lavoro. Lo so. Hai ragione… - lui sembra voler chiederle
qualcosa.
- Stanotte – bisbiglia lei nel suo orecchio – vengo da te, stanotte.
Lui si gira e la osserva un momento prima di sorridere ed arrossire.
- Sta diventando pericoloso, lo sai?
- Mi piacere correre dei rischi ogni tanto – risponde lei passandogli una mano nei capelli.
- Forse… non dovremmo… Hotch ti tiene sottocchio.
- Dipende da te. Vuoi che non venga? – lei fa scivolare la mano dai capelli al petto di lui.
- Vieni, ti aspetto – dicendo cosi le posa un bacio delicato sulle labbra.
Lei si scosta e torna a sedersi, mentre lui torna a girarsi per
concentrarsi di nuovo sull’incarico che gli è stato
affidato.
Continua…
Per Benny: stavolta mi
concentrero maggiormente sul caso (che ha retroscena piuttosto
inquietanti per alcuni dei nostri profiler). Cmq stai tranquilla, avrai
la tua dose di Sarah e Spencer^^
Aspetto sempre con impazienza le tue recensioni (sono uno dei pochi motivi che mi spingono ancora a pubblicare).
Per tutti gli altri: aspetto con impazienza anche i vostri di commenti ^^
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo III. Friendship ***
Capitolo 3
Capitolo III. Friendship
Stazione di polizia di Biloxi
Sarah cerca di concentrarsi sui dossier, ma la sua mente ritorna sempre
a Hotch, a come si sta comportando. Ormai è chiaro che quella
del suo capo sta diventando un’ossessione, anche piuttosto
pericolosa.
Sa che lui non vuole solo sesso, lui comincia a volere qualcosa di
diverso. Ma lei non può accontentarlo. Da sotto le ciglia
osserva Spencer di profilo. No, decisamente non può dare ad
Aaron quello che vuole. Lei è cambiata, non è più
disposta ad assecondare gli impulsi di un uomo. Oramai conosce la
differenza fra semplice desiderio e amore. Lei ama Spencer ed è
ricambiata. Non potrebbe mai provare la stessa cosa per Hotch.
Non proverebbe le stesse cose a sentire quei “ti amo”
bisbigliati nell’orecchio, non proverebbe le stesse sensazioni
allo sfiorarsi di due mani… Comincia a riflettere sul suo
rapporto con Spencer. Lui la rende felice come mai nessuno prima di
allora, la capisce e l’accetta per quello che è. Sa di non
avere un carattere facile e la dolcezza di lui l’aiuta ad
affrontare i demoni che si porta dentro.
Demoni… questa considerazione la riporta di nuovo sul caso. Cosa
rappresenta tutto quello che l’S.I. ha fatto? Perché quei
segni gli sono cosi famigliari? Prende in mano le foto della scena dei
ritrovamenti. Quei segni non sono simboli satanici questo è
certo. Il fatto che la vernice sia scolata nell’asciugarsi rende
più difficile riconoscerli.
Cerca di concentrarsi e comincia a ruotare le foto cercando un
significato. Sa che quei simboli le ricordano qualcosa legato al suo
dottorato in antropologia. Cerca di ricordare quello che studiava
all’università, i corsi che ha seguito. La materia in cui
andava meglio era storia delle religioni e questo spiega la sua scelta
di presentazione della tesi.
All’epoca aveva da poco scoperto la verità su suo padre e
aveva cominciato ad interessarsi alla criminologia. Cercava tutto
quello che poteva su di lui. Voleva conoscerlo, provava il desiderio di
capire il perché delle sue scelte. Spulciava continuamente
internet alla ricerca di informazioni su di lui e sui casi che seguiva.
Anche se non l’ha mai detto a David, aveva letto avidamente tutti
i suoi libri. Era certa che una volta capito cosa si aggira nella mente
di un profiler avrebbe finalmente trovato pace, avrebbe finalmente
capito suo padre.
Sorride. La ricerca spasmodica di un perché nelle scelte dei
suoi genitori l’aveva portata a scoprire che la criminologia e il
profiling le piacevano davvero. Aveva passato un bel po’ di tempo
a cercare anche casi al di fuori degli Stati Uniti. Si era interessata
ai fatti di cronaca anche del vecchio continente. La sua mente non era
mai sazia di quel genere di informazioni.
Anche se nessuno lo sapeva, una volta si era addirittura introdotta nel
database dell’F.B.I. per cercare i file di alcuni casi che
reputava particolarmente interessanti. Era stata talmente brava che
nessuno si era accorto di niente.
Era un’ottima hacker, ma ora preferisce lasciare quel genere di
incarico a Garcia per potersi concentrare sui casi. Può
benissimo passare al setaccio i computer delle vittime lei stessa, ma
il fatto che Penelope sia li con loro alleggeriva di molto il suo
lavoro.
Non riesce proprio a trovare un senso in quei simboli. Sbuffa spazientita e sente una mano poggiarsi sulla sua spalla.
- Difficile? – le dice Spencer con un sorriso.
- Impossibile visto che il mio cervello si rifiuta di collaborare… ti invidio, sai?
- Perché? – lui si stupisce di quell’uscita.
- Se avessi la tua memoria eidetica ora saprei cosa mi ricordano quei simboli.
- Cosa vuoi che ti ricordino? Io non so leggere l’ebraico, ma…
Lei si volta stupita.
- Ebraico?
- Certo. Quello è l’alfabeto ebraico.
- Tu lo sapevi e non hai detto niente.
- Pensavo che lo avessi capito subito. Voglio
dire… tu hai studiato storia delle religioni, dovresti
conoscerlo bene.
- Veramente non c’ero ancora arrivata, sapevo
solo che avevo visto quei simboli da qualche parte – ammette lei
– Sai perché ti amo?
Spencer arrossisce come fa sempre quando lei gli dice cosa prova per lui.
- N… no.
- Perché sei un genio! – risponde lei
alzandosi e dandogli un bacio sulle labbra – Devo cercare un
computer e un collegamento internet. Vado da La Voisin a vedere se ce
ne forniscono uno qui dentro.
Detto questo si precipita fuori dalla porta, lasciando il povero
Spencer ancora intontito e con un’espressione smarrita sul volto.
Interno di un SUV, strade di Biloxi
Morgan tamburella con le dita sul volante mentre guida. Rossi guarda davanti a se immerso nei suoi pensieri.
- Rossi, cosa sta succedendo a Hotch?
Lui si riscuote delle sue elucubrazioni mentali e osserva il collega. Possibile che sia l’unico ad essersene accorto?
- Secondo te?
- Ha una fissazione per Sarah, cerca lo scontro con
lei in tutti i modi. Quello che mi sorprende è che Sarah sembra
volere lo scontro quanto lui. Non è da lei, non fa parte del suo
carattere mettersi in competizione con il capo.
- C’è aria di tempesta. Non vorrei
trovarmi fra quei due quando finalmente scoppierà la bomba. Non
ti invidio.
- Perché? Credi che sia la mia amicizia con lei il problema?
- Andiamo, Morgan! Amicizia? Siete letteralmente
inseparabili. Se non ricordassi il discorso che abbiamo fatto
l’altra volta, direi quasi che vuoi due siete…
- No! Assolutamente no! Te lo posso giurare. Io e Sarah siamo solo amici.
- Collins è single, giusto?
Rossi osserva meglio il moro. A quella domanda sembra sobbalzare
leggermente, è visibilmente imbarazzato e non sembra avere
intenzione di rispondere.
- Se non sei tu, allora chi…?
Poi Dave finalmente capisce. Analizza gli ultimi mesi, da quando
Collins è tornata dopo il congedo qualcosa è cambiato in
lei. Sembra più rilassata, più dolce. A volte arriva in
ufficio visibilmente contenta. Deve esserci qualcuno nella sua vita che
la rende felice.
Ripensa agli sguardi fra lei e Reid, il modo in cui il ragazzo le
parla, il modo in cui lei lo guarda. Un gemito esce dalle sue labbra.
Questo si che sarà un gran brutto colpo per l’ego di
Hotch. Lei non gli ha preferito un altro maschio alfa più
giovane, gli ha preferito il timido, impacciato e geniale Spencer Reid.
- Rossi, che possiamo fare? Se quello che mi sta frullando per la testa è giusto, allora…
- Chi si troverà nel centro del ciclone
sarà il povero Reid… - l’anziano profiler sospira
– Hotch è letteralmente fuori controllo ora. Ho saputo che
ha richiesto i tabulati telefonici di Collins. Mi sorprende che non ci
sia arrivato anche lui. Con i tabulati sotto mano dovrebbe essere
facile capire chi è il ragazzo di Collins.
- Ehm… veramente credo che riceva più
telefonate da me che da Reid. Io… la chiamo spesso anche nel
cuore della notte. Hotch sicuramente pensa che sia io il suo amante.
- Perché la chiami nel cuore della notte?
Derek si rintana dentro i suoi pensieri. Non vuole rispondere a quella
domanda. Sarebbe imbarazzante dover ammettere che Sarah lo sta aiutando
psicologicamente a superare un brutto periodo. Gli incubi sono tornati
più spesso di prima e lui non riesce ad affrontarli da solo. Per
quanto Emily sia dolce e comprensiva, non afferra il problema.
Inoltre crede proprio che sia il suo rapporto con Emily una delle cause
dei suoi incubi. Ha paura. Il loro rapporto si sta evolvendo
velocemente, a volte si sente spiazzato da quello che prova. Ha sognato
per tanto tempo di avere una relazione con lei, ma ora tutta
quell’intimità lo terrorizza letteralmente. Sarah è
sempre lì disposta ad ascoltarlo, a dargli un consiglio, a
consolarlo.
Anche sull’aereo mentre arrivavano, quando lui le aveva confidato
di non riuscire a dire a Emily quello che provava per lei. Sarah gli
aveva semplicemente sorriso e gli aveva accarezzato il volto. Lei sa
come prenderlo, come farlo arrivare alla soluzione dei suoi problemi
senza mai interferire in modo deciso nella sua vita.
Non gli dice mai cosa fare o come, semplicemente sta lì e lo
ascolta. Il loro rapporto è sempre più simile ad una
terapia. Si ferma a riflettere su quell’ultima osservazione. Lei
lo aiuta molto, cosa fa lui per lei?
Deve sdebitarsi e il “problema Hotch” sembra
l’occasione giusta per mettersi in paro. Si! Lui può
aiutare Sarah a tenere sotto controllo il loro capo e i suoi bollori.
E’ ora di dimostrare che anche lui sa come essere un amico.
Continua…
Per Benny: da dove prendo le
idee per i casi? ehm... il mio nick è Unsub che tradotto sarebbe
S.I., questo dovrebbe dirti qualcosa, no? XD
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo IV. Archangels ***
Capitolo IV
Capitolo IV. Archangels
Catholic High School, Biloxi
Prentiss e Hotch camminano lungo il corridoio della scuola seguendo un
insegnante. Vengono introdotti nell’ufficio del Preside, un
sacerdote piuttosto anziano. L’uomo sembra piuttosto scosso dalla
presenza di due agenti dell’F.B.I. all’interno delle mura
della scuola.
- Padre – comincia Hotch cercando di
alleggerire la tensione – Io sono l’agente Aaron Hotchner e
questa è l’agente Prentiss, siamo della B.A.U.
dell’F.B.I.
- So chi siete – dice il prete sulla difensiva – Io sono Padre Rudolf. Cosa possiamo fare per voi?
- Siamo qui per quei ragazzi scomparsi. Due delle vittime erano vostri studenti.
- Vittime? – le guance rubiconde del sacerdote perdono colore.
- I loro corpi sono stati ritrovati ieri mattina
– si intromette Prentiss – Cerchiamo di capire come
l’S.I. sia entrato in contatto con loro.
- S.I.?
- Soggetto Ignoto – risponde Hotch –
Capisco le sue perplessità, ma dobbiamo parlare con i professori
dei due ragazzi e con i loro compagni di scuola.
- Jenny Noland e Tommy Larsson erano due dei nostri
studenti più brillanti. Nessuno di noi aveva creduto alla
“fuga”. Erano due bravi ragazzi.
- Li conosceva personalmente – chiede Prentiss.
- Si, certo. Larsson era il capitano della squadra di
football e Noland era una delle cheerleader. Avevo avuto più
volte occasione di lodarli come esempio per gli studenti più
scapestrati. Ma pensare che il loro assassino si nasconda fra
noi…
- Noi non crediamo questo – lo rassicurò
Prentiss – ma dobbiamo sapere se prima della scomparsa avevano
avuto atteggiamenti inusuali per loro, oppure se avevano conosciuto
gente nuova.
- Capisco – sospira il preside – Vi posso
far parlare con i professori. Per parlare con gli studenti dovrei
chiedere il permesso dei genitori… farò in modo che la
mia segretaria prepari un elenco dei ragazzi che frequentavano gli
stessi corsi e mi metterò personalmente in contatto con le
famiglie. Spero che capiate.
- Certo. Attendiamo notizie. Se intanto ci vuole dare
i nominativi dei professori e dirci dove possiamo incontrarli…
- Vi farò accompagnare in sala professori.
Provvederò a portarvi tutti i docenti – dicendo cosi si
avvicinò alla porta e fece entrare un uomo con una tuta da
ginnastica – Questo è il professor McClusky vi
accompagnerà in sala professori. Era l’allenatore di
Larsson, potete cominciare a parlare con lui.
Stazione di polizia di Biloxi
Sarah è concentratissima mentre fruga in internet alla ricerca
di qualcosa. Spencer sta finendo il profilo geografico che però
sembra non portare a niente. I ragazzi scomparsi abitavano in quartieri
diversi e frequentavano scuole diverse. Anche i luoghi dei rapimenti
non hanno una connessione.
La porta si apre lasciando entrare Morgan e Rossi. I due si voltano
verso Sarah e poi fanno un cenno con la testa in direzione di Reid. Lui
fa spallucce, non capisce cosa lei stia cercando da più di due
ore.
- Ehi ciuffo buffo! Cosa cerchiamo di bello?
Lei lo ignora come se non l’avesse sentito, allunga una mano ad
afferrare il suo block-notes e poi comincia a scrivere freneticamente
mentre la stampante alle sue spalle comincia a sputare fuori svariati
fogli.
- Ehi, regina delle nevi? – Derek sorride, sembra persa in un mondo tutto suo.
Spencer si lascia scappare una risatina. Conosce bene Sarah, quando fa
cosi non sente neanche i cannoni. L’S.I. potrebbe benissimo
arrivare alle sue spalle, puntarle un’arma alla tempia e
lei si limiterebbe a spostare la canna della pistola con noncuranza.
Rossi decide di provare lui a smuoverla.
- Collins? Ci sei? – si avvicina alla ragazza e le batte le mani vicinissimo all’orecchio.
- Eh? – chiede lei continuando a scrivere qualcosa.
- Ti dispiacerebbe dirci cosa hai scoperto?
Lei finalmente finisce di scrivere e solleva la testa.
- Ah, sei tu Rossi… non vi avevo sentito
entrare – a quell’ammissione i tre agenti scoppiano a
ridere in modo fragoroso.
- Ehi, aspettate almeno che ci sia anch’io
prima di cominciare a raccontare barzellette sconce! – trilla una
voce frizzante dalla porta.
Garcia è ferma sull’uscio con una valigia in mano e uno
dei suoi coloratissimi vestiti indosso. I suoi capelli sono raccolti in
due codini tenuti fermi da due elastici pelosi di un’improbabile
colore fucsia. Illumina la stanza con il suo sorriso e trasmette
allegria.
Sarah si alza e le sorride andandole incontro.
- Meno male che sei arrivata. Niente più
snervanti ricerche in rete visto che ora ci sei tu – le dice
mentre l’abbraccia.
- E io che speravo che mi avessero convocato per
tenere compagnia a Morgan! – risponde la bionda con un sorriso.
- Beh puoi tenere compagnia a me! – JJ è
sulla soglia dell’ufficio e sorride alla sua amica.
- Dolcezza sei tu che tieni compagnia a me. Il mio
ufficio sembra vuoto quando non ci sei – le risponde
l’informatica strizzando l’occhio – Ma ora credo di
dovermi mettere al lavoro.
- Il mandato deve ancora arrivare – interviene Rossi .
- In realtà non ti aspettavamo prima di domani
– dice una profonda voce baritonale alle sue spalle.
Hotch e Prentiss fanno il loro ingresso con svariati bicchieri di carta
pieni di caffè. La sola presenza di Hotch, dopo quello che
è avvenuto nella mattinata in quell’ufficio, rende
l’aria piuttosto tesa. Persino Garcia se ne accorge.
- Abbiamo pensato che meritavamo tutto un caffè – dice Emily cercando di sembrare allegra.
- Garcia può prendere il mio – dice
Hotch allungandole un bicchiere – Sono già abbastanza
nervoso cosi.
Il tentativo di battuta di Hotch sembra rincuorare i membri del team.
Sarah invece abbassa lo sguardo e torna a fissare il suo block-notes.
Non si fida del cambiamento repentino di umore del suo capo. Il
problema è che non si fida più di lui in generale.
Nonostante quello che aveva detto l’ultima volta che ne avevano
parlato, lei non riesce a fare finta che non sia successo niente. Anche
se non lo ammetterebbe neanche sotto tortura, lei ha paura di lui.
- Allora, Collins – interviene Rossi cercando
di appianare le cose – cosa stavi cercando con tutta quella
concentrazione.
- Ah, si… Spencer ti dispiace attaccare queste
foto sul tabellone nell’ordine in cui le ho messe? – Sarah
cerca di concentrarsi sul caso e di apparire normale.
Mentre Reid si avvicina al tabellone per fare quello che lei gli ha
chiesto, Sarah si avvicina alla fotocopiatrice e comincia ad esaminare
i fogli. Si avvicina a sua volta al tabellone e mettendosi accanto a
Spencer incolla alcune stampe sotto le foto che lui ha disposto.
E’ evidente a tutti la somiglianza fra i simboli che l’S.I. ha pitturato sui tronchi e quello che Sarah ha trovato.
- Che vuol dire? – chiede Hotch mettendosi a sedere – Hai trovato il significato dei simboli?
- Veramente è stato Spencer a farmi notare che
è ebraico. Io ho semplicemente cercato dei nomi in rete per
vedere se la mia teoria era giusta.
- Che teoria? – chiede JJ.
- Se notate, in realtà sono solo tre nomi. Uno è ripetuto tre volte sui tronchi.
- Che nomi sono? – chiede Emily curiosa.
Sarah guarda per un momento Spencer che si è messo di lato al
tabellone e osserva le somiglianze fra i vari simboli. E’
preoccupata di come la prenderà. Il caso Henkel gli causa ancora
incubi e questo potrebbe scuoterlo parecchio.
- I nome dei tre arcangeli.
- I tre arcangeli? – chiede Rossi –
Michael, Gabriel e Raphael. Quale nome è ripetuto tre volte?
Sarah prende uno dei fogli e lo gira verso il resto della squadra. Tutti possono leggere i caratteri chiaramente.
מיכאל
- Mi-ka-El, “chi è come Dio”. Credo che non ci troviamo di fronte ad un solo S.I.
- Cosa te lo fa dire? – chiede Derek, ben sapendo cosa gli ha riferito il medico legale.
- Credo che il nome scritto su ogni albero, sia lo
pseudonimo della persona che è materialmente ucciso la vittima.
Cosa vi ha detto il medico legale?
- Che esaminando le vittime ancora in fase di
decomposizione ha potuto appurare che quattro delle vittime sono state
uccise da un destrorso, mentre almeno una è stata pugnalata da
un mancino – Rossi la osserva sorridendo, quella ragazza è
fenomenale sotto molti punti di vista.
- Sappiamo quindi che gli S.I. sono almeno due
– interviene Derek – Ma se Sarah ha ragione sono tre.
- Cosa significano gli altri due nome? – chiede Garcia curiosa.
Sarah mostra un’altra stampa.
גַּבְרִיאֵל
- Gavri’El, “forza di Dio” –
guarda un’ultima volta Spencer prima di soffermarsi
sull’ultimo nome.
רפאל
- Rafa-El, “Dio guarisce”.
Spencer la osserva senza dire niente. Raphael, di nuovo lui.
Continua…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo V. Peace Rehearsal ***
Capitolo V
Capitolo V. Peace rehearsal
Stazione di polizia di Biloxi
Spencer si siede. Si è chiuso a riccio e non sembra voler
parlare con nessuno. Sarah capisce cosa sta provando. Tobias Henkel lo
perseguita anche da morto. Si volta verso Emily e cerca di riportare
l’attenzione sul caso.
- Cosa vi hanno detto alla scuola?
- Abbiamo parlato con i professori – interviene
Hotch anticipando Prentiss – Il preside sta chiedendo il permesso
ai genitori per farci parlare con i ragazzi. I docenti sono tutti
concordi nel definire Noland e Larsson due bravi studenti, brillanti,
ben inseriti… insomma il prototipo dei bravi ragazzi.
- Non mi sorprende quello che dicono i docenti, mi
interesserebbe di più sapere cosa pensano i loro compagni
“sfigati”.
- Come scusa? – Hotch appare perplesso.
- Sarà che la mia esperienza alle superiori mi
fa partire prevenuta, ma non credo ai “bravi ragazzi”.
Invece di parlare con i loro compagni di squadra, gradirei molto di
più parlare con gli studenti poco inseriti nel tessuto sociale.
Mi spiego meglio – Sarah non voleva essere brutale, ma non
c’era un modo carino per dirlo – di solito questi
“bravi ragazzi” sono i promotori di atti di bullismo. Io
venivo tormentata dal capo delle cheerleader, per non parlare di quello
che erano in grado di fare i giocatori della squadra di football alle
matricole.
Spencer solleva lo sguardo e anche se a malincuore annuisce.
- Anche per me era cosi. Quelli più cattivi
erano gli atleti e le cheerleader. Si ritenevano i padroni della scuola
e attaccavano quelli più deboli.
- Quindi state dicendo che quelli che hanno successo
alle superiori sono tutti dei bulli? – chiede JJ punta sul vivo.
- Diciamo che sono talmente presi da loro stessi da
non rendersi conto di ferire gli altri con i loro atteggiamenti –
cerca di smussare Spencer.
- JJ, Sarah ha ragione. Anch’io prima di
diventare un atleta ero preso di mira proprio dai ragazzi più
popolari della scuola. E’ la legge del branco.
- Io non ho mai fatto niente di simile! – dice JJ visibilmente offesa.
- L’eccezione che conferma la regola. Non dico
che anche questi ragazzi fossero cosi, ma se anche fosse non ce lo
direbbero i loro amici. Sarebbe più facile conoscere veramente
questi ragazzi attraverso gli occhi dei meno popolari – ribadisce
Collins.
- Ok – dice Hotch con un sospiro – Ci
organizzeremo in questo modo. JJ e Morgan interrogheranno i ragazzi
della squadra di football e le cheerleader. Reid e Collins
intervisteranno i ragazzi…
- I nerd. Puoi dirlo, tutti li definiscono cosi – dice Collins senza guardarlo.
Era concentrata su un punto della parete. Lei era stata fra gli sfigati
della sua scuola. Lei era quella che persino i nerd evitavano.
Ricordava fin troppo bene Missy e le altre cheerleader e quello che era
successo nello spogliatoio dopo l’ora di ginnastica. Era la legge
del branco e lei aveva imparato ad accettarla a 10 anni. JJ non poteva
capire, lei era fra le elette. Miss popolarità. La capitana
della squadra di calcio, per di più anche carina. Sicuramente
tutti le morivano dietro. Per lei i tre anni di superiori erano stati
un incubo e sicuramente era cosi anche per Spencer.
Camera di un albergo, Biloxi
Sarah è seduta sul letto mentre Spencer continuava a camminare
su e giù. Non le ha rivolto la parola da quando è
arrivata venti minuti prima. E’ visibilmente scosso. Lei continua
a guardarlo senza proferire parola, sa che qualsiasi cosa possa dire
sarebbe quella sbagliata. Lui improvvisamente si ferma.
- Mi dispiace, stasera non sono dell’umore per una conversazione.
- Capisco. Vuoi che vada via?
- Forse sarebbe meglio – dice lui dandole le spalle.
- D’accordo. Buonanotte.
Lei si alza lentamente e si dirige verso la porta. Mentre poggia la
mano sulla maniglia si sente afferrare da dietro. Lui la stringe e
nasconde il viso nei capelli di lei.
- Non… non…
- Vuoi che rimanga? – chiede lei dolcemente
– Non c’è bisogno che parliamo se non vuoi.
- Io… non essere arrabbiata – dice lui in un sussurro.
- Non sono arrabbiata. Perché dovrei esserlo?
– dice lei spingendo il suo corpo contro quello di lui e
poggiando le mani sui suoi bracci – Sono solo preoccupata per
te…
- Sarah.
Lei si libera dal suo abbraccio e si volta. Con delicatezza gli sposta
i capelli dal viso e poi gli posa un bacio all’angolo della bocca.
- Sono qui. Se vuoi parlare o semplicemente hai bisogno della mia presenza, io sono qui.
- Io… Raphael… - lui non trova le parole.
- Non è lui, Spencer. Tobias è morto.
Non è lui. – lei poggia le mani sul suo viso e lo
costringe a guardarla negli occhi.
- Lo so. E’ irrazionale. Hai ragione non può essere lui.
- La tua reazione è perfettamente normale.
Dopo quello che ti ha fatto… - cerca le parole per consolarlo
– Ma stavolta è diverso. Ci sono io qui con te. Non
permetterò a nessuno di farti ancora del male.
Lui sorride finalmente.
- Dovrei essere io a proteggere te, non il contrario.
- Beh, giungiamo ad un compromesso…
- Quale?
- Io proteggo te e tu proteggi me, semplice – dice lei con un sorriso.
Lui ridiventa serio e la stringe a se senza smettere di guardarla negli occhi.
- Ti amo.
- Anch’io ti amo.
Il bacio è dolce e delicato. Non è il momento della
passione, ora hanno solo bisogno di riaffermare quella verità
che li lega. Si sono scelti e non permetteranno a nessuno di
interferire. Si prendono cura l’uno dell’altra, è
questa la forza del loro amore.
- Forse sarà meglio che io vado sul serio… se Hotch mi cercasse…
- Giusto – dice lui con rammarico mentre la lascia andare.
- Per qualsiasi cosa, chiamami. Non importa se
è tardi. Anche se hai il solito incubo o se hai bisogno di
parlare. Capito?
- Capito – annuisce lui convinto – Ci
vediamo domani e non dimenticare il dossier che ti sei portata come
scusa…
- Già. In teoria dovrei essere qui per
studiarlo con te – lo guarda con una luce divertita negli occhi
– Vergogna dr Reid!
- Per cosa? – dice lui stupito chiedendosi cosa ha fatto.
- Riesci sempre a distrarmi! – ride lei dandogli un ultimo bacio a fior di labbra.
Esce dalla stanza e richiude la porta dietro di se con cautela. Deve
prendere l’ascensore visto che la sua camera è su un altro
piano. Quando le porte si aprono si trova davanti l’ultima
persona al mondo con cui vorrebbe rimanere chiusa in quello spazio
angusto.
- Buonasera Collins. Cosa ci fai su questo piano?
- Buonasera Hotch. Dovevo chiedere delle cose a
Spencer – lei indica il fascicolo che tiene in mano –
Volevo trovare una strategia comune per far aprire i ragazzi domani
durante gli interrogatori.
- Poliziotto buono e poliziotto cattivo? – ironizza lui.
- Vedremo – risponde lei premendo il pulsante del suo piano.
Non lo guarda in faccia e cerca di rintanarsi nel punto più lontano da lui.
- Collins, qualcosa non va? – chiede lui notando le manovre di lei per allontanarsi.
- Non vorrei che la mano sfuggisse di nuovo al tuo controllo – dice lei cattiva.
- Pensavo avessi detto… - lui stringe i pugni e abbassa lo sguardo.
- Quello che ho detto, l’ho detto prima che tu
cominciassi a comportarti come uno stronzo! – dice lei
visibilmente arrabbiata.
- Ricordati che sono sempre il tuo capo! – sbotta lui.
- Oggi non ti sei comportato come l’agente
Hotchner capo dell’unità, ti sei comportato come Aaron
l’uomo che non accetta un rifiuto! – gli sbatte in faccia
lei.
Lui sospira e si massaggia gli occhi, visibilmente stanco.
- Lo so che… insomma mi dispiace se ho passato il segno, ma…
- Aaron – qualcosa è cambiato nel tono
di lei, ora ha qualcosa di dolce – io non posso darti quello che
vuoi.
- Perché c’è un altro? – dice lui con rammarico.
- No. Semplicemente non provo le stesse cose, per me
sei solo il mio capo. Non credo che questo cambierà mai.
Lui la osserva. E’ bella e sa di esserlo. Ma in lei
c’è molto di più. E’ intelligente, spiritosa,
interessante. Si sente un adolescente quando la guarda. Lei gli fa
provare delle emozioni che aveva completamente dimenticato.
- Cercherò di contenermi… ma per favore
non sbattermi in faccia che hai preferito uno più giovane.
Lei lo guarda perplessa. Poi pensa che anche Hotch è un profiler, deve aver capito che si è legata a Spencer.
- Non ho preferito lui perché è
più giovane – dice finalmente – Siete cosi diversi
che non si può ridurre tutto ad una questione di
età…
- Andiamo! Siamo due maschi alfa, cosa c’è di diverso in Morgan!
Lei sbarra gli occhi sorpresa. Poi realizza come deve apparire
all’esterno il suo rapporto speciale con Derek. Pensa a lei e
Derek come coppia e anche se non è il momento più
opportuno una risata le esce dal profondo dell’anima.
- Oddio… tu… pensi che… io e
Derek… - riesce a dire fra una risata e l’altra ormai
senza fiato.
- Perché ridi di me? – ora Hotch si sta veramente arrabbiando, si sente offeso.
- Non rido di te… - lei riesce a riprendere il
controllo – Oddio! Io e Derek? E’ questo che pensi?
- Perché non è cosi? – Hotch corruga la fronte.
- Hotch, ora capisco perché ti hanno messo a
capo dell’unità – dice lei cercando di trattenere la
risata che sembra pronta a uscire nuovamente dalle sue labbra.
- Perché? – domanda lui perplesso.
- Perché come profiler fai schifo. Io e Derek
siamo solo amici, io non sono innamorata di lui e lui non è
innamorato di me.
In quel momento la porta dell’ascensore si apre e lei si incammina lungo il corridoio.
- Davvero? – chiede lui raggiungendola.
- Davvero. E’ vero, ho una relazione, ma non con Derek.
- Lui lo conosco – un tarlo è stato deposto nella sua mente.
- Che differenza farebbe? – chiede lei alzando
un sopracciglio – Sapere lui chi è attenuerebbe quello che
stai provando?
- Hai vinto – si arrende lui – Sono uno stupido.
- Questo è fuor di dubbio, ma sei anche un ottimo capo –finalmente gli sorride.
Lei si ferma davanti alla porta della propria camera, lui si mette le mani in tasca e si guarda i piedi.
- Scusami per oggi.
- Buonanotte Hotch.
- Buonanotte Collins.
Continua…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo VI. Through your eyes ***
Capitolo 6
Capitolo VI. Through your eyes
Camera di Hotch, Biloxi
E’ appena rientrato in camera, dopo la sua conversazione con
Sarah. La reazione di lei nell’ascensore lo turba più di
quanto sia disposto ad ammettere con lei. Si è reso conto che
non verrà mai perdonato per quello scatto. Sospira e si leva la
giacca poggiandola sulla sedia, facendo attenzione che non si
sgualcisca. Gli piace essere ordinato, sempre e comunque. Comincia ad
allentarsi la cravatta quando qualcuno bussa alla sua porta.
Guarda l’orologio che tiene al polso. Le 10,30 chiunque sai
è un orario piuttosto strano per una visita. Una parte della sua
mente fantastica che sia Collins che lo cerca. Scuote la testa, sa che
non succederà mai (o almeno non nell’immediato futuro).
Apre la porta e si trova davanti Morgan con uno sguardo torvo.
- Ti devo parlare. Posso entrare? – gli chiede con un tono deciso.
- Di cosa mi devi parlare a quest’ora? – domanda lui restio a farlo entrare.
- Non credo che tu ne voglia parlare qui in mezzo al
corridoio dove ci possono sentire tutti – dice lui inarcando il
sopracciglio.
- D’accordo entra – concede alla fine
– ma vedi di sbrigarti. E’ tardi e io sono stanco.
Derek entra e si piazza al centro della stanza mentre l’altro
chiude la porta. Come Hotch si gira verso il suo ospite si trova
schiacciato contro la porta. Derek lo tiene per la collottola e il suo
viso è a pochi centimetri da quello del suo antagonista.
- Ora ti sturi le orecchie e mi ascolti bene. In
questo momento non sei il capo che ammiro e rispetto. Sei solo uno
stronzo che sta infastidendo la mia migliore amica!
- Morgan, non ti permetto – dice Hotch afferrando l’altro a sua volta.
- IO non permetto! Non permetto a nessuno di trattare
Sarah in quel modo, non se lo merita. Tieni i tuoi ormoni sotto
controllo e lasciala stare!
Hotch è titubante. Non ha mai visto quello sguardo di odio negli
occhi di Morgan, almeno non rivolto a lui. Se anche non è il
fidanzato di Collins, sicuramente i due sono molto legati. Morgan non
si azzarderebbe mai a mettergli le mani a dosso per nessuno.
Allenta la presa sulla maglietta del ragazzo e sorride.
- Non occorre che ci pensi tu a queste cose. Lei sa
difendersi benissimo da sola… mi ha già rimesso al mio
posto non preoccuparti.
Derek molla la presa e lo guarda in cagnesco ancora un attimo.
- Sia chiaro che non sto affrontando il mio capo in questo momento…
- Sei stato chiaro su chi stai affrontando, non
temere… Ora il TUO capo di ordina di andare in camera a dormire.
Domani vi voglio riposati – dicendo cosi apre la porta e fa
uscire Morgan.
Una volta richiusa la porta si massaggia la gola. Morgan ci è
andato giù pesante. Sorride. In fin dei conti se
l’è merito quel trattamento.
Stazione di polizia di Biloxi
Sarah beve il suo caffè mentre osserva i genitori e i compagni
di scuola delle vittime che pian piano si stano accalcando nella sala
d’attesa allestita da JJ. Le due sale interrogatori sono pronte.
Ha richiesto esplicitamente che i colloqui siano videoregistrati. Vuole
analizzarli con calma. Fa un cenno a Morgan che si avvicina ai genitori
della prima vittima e li scorta nella sala dove Prentiss attende il
loro ingresso.
Si avvicina lentamente a Spencer e volta le spalle al resto della sala. La sua voce è un sussurro appena udibile.
- Non credo che la tecnica poliziotto buono e cattivo sia l’ideale con questi ragazzi.
- Io proporrei di essere noi stessi e cercare di metterli a loro
agio. Voglio che si trovino a parlare con delle persone che possano
capire cosa stanno passando. Niente profiler dell’F.B.I. in
quella sala. D’accordo? - risponde Spencer.
- La penso come te.
I due si sorridono. La loro intesa sul lavoro è inferiore solo alla loro intesa nel privato.
Il ragazzo occhialuto si siede tremante. Non sarebbe neanche brutto ma
gli occhiali, l’apparecchio e i brufoli certo non l’aiutano
nella vita sociale di un liceo. Sembra spaventato di trovarsi li con
due agenti federali. Lei gli sorride dolce e si accomoda con il
block-notes abbandonato sul tavolo.
- Jerry Whitehouse, giusto?
- Si, signora – il ragazzo distoglie lo sguardo.
- Vedo che sei uno studente con ottimi voti e non hai
note di demerito. Uno studente modello – dice lei tornando a
sorridergli.
- Certo non quanto Tommy – risponde lui con l’aria di chi avrebbe molto da dire al riguardo.
- I tuoi voti sono migliori dei suoi, perché ti svilisci?
- Certo non sono il capitano della squadra di
football – dice lui aggiustandosi gli occhiali sul naso – e
non vengo preso come esempio per gli altri studenti.
- Il preside preferisce gli atleti?
- Danno più prestigio alla scuola,
specialmente se hanno una media alta… - ancora lui evita il
contatto visivo.
- Hai da dirmi qualcosa sulla media di Tommy – improvvisamente diventa seria, ha captato qualcosa.
- Cosa dovrei dirle?
- Per esempio che qualcuno faceva i compiti al suo posto. Tu Jerry?
- Non so di cosa stia parlando – alza impercettibilmente la spalla sinistra.
- So cosa vuol dire cercare di integrarsi in un liceo
quando tutti di prendono in giro e nessuno ti vuole intorno –
riprende lei spiazzando completamente il ragazzo.
- Lei? Andiamo, come minimo era la reginetta dell’ultimo anno.
Lei sorride e scuote energicamente la testa in segno di diniego.
- Assolutamente! Avevo tredici anni,
l’apparecchio ai denti e i brufoli mi davano il tormento. Ero un
vero disastro! – le scappa una risata al ricordo di quanto si
sentisse impacciata.
- Tredici anni?
- Ragazza prodigio… come il dr Reid qui
accanto a me. Anche lui si è diplomato molto prima degli altri.
- Quindi voi eravate… diciamo…
- Nerd! Si Jerry, noi due eravamo nerd. Vuoi sapere qual è il bello?
Il ragazzo la guarda e annuisce vigorosamente.
- Ho indagato sulla reginetta del ballo del
diploma… lei adesso fa la donna ad ore in un motel di infimo
ordine e io che ero la secchiona sono un’agente
dell’F.B.I…. buffa a volte la vita, non trovi?
Il ragazzo sorride.
- A Tommy sarebbe andata meglio…
- Dici? Vuoi sapere che fine avrebbe fatto Tommy? La
sua carriera di atleta non sarebbe mai decollata e si sarebbe ritrovato
a fare l’inserviente in una pompa di benzina… il liceo non
è il mondo intero, anche se le sue star sono convinte del
contrario.
- Io… facevo io i compiti di Tommy… - ammette in fine il ragazzo.
- Perché? – chiede Spencer.
- Lui… aveva promesso di non picchiarmi
più e di proteggermi dagli altri ragazzi della squadra di
football se io l’avessi aiutato ad ottenere buoni voti.
- Quindi Tommy era un bullo? – chiede Sarah con un sorriso incoraggiante.
- Si… decisamente… il più cattivo di tutti.
- Grazie Jerry puoi andare – dice Spencer accompagnandolo alla porta.
La ragazza è impacciata e sfugge i loro sguardi. A differenza
degli altri, qualsiasi cosa dicano o facciano, Sarah e Spencer non
riescono a metterla a proprio agio.
- Spencer puoi andarmi a prendere un altro caffè? – chiede Sarah con uno sguardo eloquente.
- Certo – risponde lui alzandosi – Per te Mary? Ti porto una bibita?
- Ehm… si… grazie… dr Reid
– si ostina a tenere gli occhi incollati alle proprie mani
intrecciate sul tavolo.
Spencer esce e Sarah fa di tutto per far notare a Mary il suo sguardo indagatore sul corpo del ragazzo.
La ragazzina segue il suo sguardo e diventa tutta rossa.
- Carino, vero? – dice Sarah facendole l’occhiolino.
La ragazza arrossisce ancora di più se possibile. Alza leggermente la testa e un sorriso timido le curva le labbra.
- Non è decisamente come i ragazzi del liceo…
- No – ammette lei infine – decisamente no.
- Allora Mary? Ti senti più rilassato ora che il nostro bel dottor ci ha lasciate sole?
La ragazza annuisce. Sarah sorride. Chissà se Spencer si
è reso conto che la tensione di Mary Oldbride è dovuta
alla sua presenza?
- Allora, che tipo era Jenny?
- La ragazza più carina e popolare della scuola… dopo Susan Billings, ovviamente.
- La capitana delle cheerleader... ovviamente è lei la più popolare della scuola…
- Già…
- Erano amiche quelle due?
- Inseparabili… anche se io ho un altro concetto di amicizia…
- Tipo?
- Io non mi porterei mai al letto il ragazzo della
mia migliore amica… - Mary si morde le labbra timorosa di aver
detto troppo.
- Chi delle due a fatto questo? Puoi rispondermi tranquillamente, non lo verrà a sapere nessuno.
- Aveva fatto sesso con Tommy che era il ragazzo di Susan… - Mary diventa di nuovo rossa in volto.
- Tu come fai a saperlo?
- Li ho sorpresi io nello spogliatoio dopo una partita…
- Chi altri lo sapeva?
- Tutta la scuola. Io…
- Capisco perché tu l’abbia fatto, Mary. Jenny era cattiva con te, giusto?
- Perfida… lei… era bella fuori per quanto era cattiva dentro…
In quel momento Spencer rientra e Sarah nota subito lo sguardo adorante
di Mary al suo ingresso. Sorride e prende il caffè. Decide che
la ragazza merita di vivere ancora un attimo quella sua cottarella.
- Abbiamo finito, Mary. Spencer, ti dispiace riaccompagnare la signorina Oldbride di là?
- Certo – risponde lui un po’ perplesso.
- Ah Mary? Un’ultima cosa – Sarah li
ferma appena lei si alza – Qual è la tua materia preferita?
- Letteratura inglese, signora.
- Buffo! La madre del dr Reid è un ex insegnante proprio di quella materia!
- Davvero? – chiede Mary osando finalmente guardare Spencer in volto.
- Davvero. Qual è il tuo scrittore preferito?
Sarah sorride mentre i due escono chiacchierando dalla sala interrogatori.
Continua…
Per Benny: mia adorata
recensitrice numero 1° ^^ Sono contenta che ti piaccia come ho
rivisitato i protagonisti del mitico CM cercando di aggiungere qualcosa
di mio^^ Spero di trovare presto una tua nuova recensione (sai che sono
sempre gradite)
Per Lady Nionu: 1) anche se le
mie storie sono finite mi piacerebbe comunque leggere le tue recensioni
in merito (per una scrittrice dilettante è importante avere vari
punti di vista per potersi migliorare); 2) effettivamente in origine
avevo immaginato Sarah come la nemisi di Reid, intelligente come lui ma
caratterialmente del tutto diversa. Poi, che dire, il mio lato
romantico (molto poco sviluppato) per una volta a preso il sopravvento
e da semplici amici... beh, la storia la conosci già XD; 3) il
"profilo preliminare" di Sarah è molto accurato... sicura di non
essere una profiler ^^ 4) grazie per i complimenti e spero di trovare
ancora tue recensioni ^^ Baci baci
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo VII. The Truth ***
Capitolo 7
Capitolo VII. The Truth
Stazione di polizia di Biloxi
JJ da le spalle al resto del team e fissa la lavagna con gli appunti
che Sarah vi ha inserito. E’ sconcertata da quello che è
uscito fuori dagli interrogatori ai compagni “sfigati”
delle vittime.
Jenny Noland andava a letto con Tommy Larsson, fidanzato della sua
migliore amica. Tommy Larsson, capitano della squadra di football,
prendeva buoni voti solo perché costringeva i secchioni a fare i
suoi compiti pena essere picchiati da lui e dagli altri ragazzi della
squadra.
Tammy Jefferson, la ragazza più popolare della sua scuola, si
divertiva a perseguitare una ragazza con un handicap motorio. John
Clark aveva stuprato una ragazza con un ritardo mentale. L’ultima
vittima, Melissa Bonetti, aveva una relazione sessuale con tutti i
ragazzi della squadra di calcio della sua scuola.
Eppure all’apparenza erano tutti bravi ragazzi, studenti modello, invidiati ed ammirati da tutte le matricole.
- Mi sembra impossibile! – dice voltandosi verso Sarah – Tu l’avevi detto.
- In questo caso, mi dispiace di avere ragione.
- Come hai fatto a capirlo? – le chiede Derek.
- Semplice. I nostri S.I. sono fissati con gli
arcangeli e con la religione. Per aver ucciso quei ragazzi, dovevano
considerarli peccatori.
- Ergo ognuno di loro aveva qualcosa da nascondere… - finisce per lei Prentiss.
- Notizie sui due ragazzi scomparsi? – chiede Sarah cambiando argomento.
- Nessuna. Non sono stati ancora ritrovati – Garcia continua a cercare nei computer delle vittime.
- Sono passate più di 36 ore – dice Spencer – Le statistiche dicono…
- Sappiamo cosa dicono le statistiche, Reid –
lo interrompe Hotch – Adesso dobbiamo concentrarci sul profilo
degli S.I.
- Ragazzi dai 15 ai 18 anni – comincia Sarah
– Nel gruppo c’è un dominante e due succubi. Sono
fra i ragazzi meno popolari della loro scuola e sicuramente conoscevano
le vittime.
- Ma frequentavano tutti scuole diverse, con
l’eccezione di Noland e Larsson – JJ sembra perplessa.
- Vero, ma potrebbero averli conosciuti tramite un social network e in qualche locale frequentato dai liceali.
- Oppure tramite i loro blog, o meglio, i blog dei loro denigratori – interviene Garcia.
- Come bambolina?
- Ho trovato il collegamento ad un blog sul computer
di Bonetti. Esiste un blog che si chiama “le star di
Biloxi”. I post parlano delle vittime non in modo molto carino.
Raccontano tutti i pettegolezzi sui ragazzi popolari dei vari licei di
Biloxi.
- Chi lo gestisce? – chiede Sarah.
- Non si può risalire. Chiunque ha aperto il
blog sapeva il fatto suo. Essendo gratuito non ci sono piste
documentali da seguire. E’ stato aperto con una e-mail abbinata
ad un nome falso. Chiunque può postare e il blogger ha usato una
marea di proxi per rendere irreperibile il suo IP.
- Maledizione! – Sarah è visibilmente
contrariata – Possiamo sfruttarlo a nostro vantaggio…
Garcia puoi stampare tutti i post presenti? Forse possiamo individuare
le possibili vittime. Io vado a rivedere gli interrogatori.
- Perché? – chiede Hotch leggermente contrariato dall’indipendenza della sua subordinata.
- Perché i ragazzi che abbiamo interrogato io
e Spencer rientrano nel profilo… uno di loro può essere
uno dei nostri S.I.
Hotch sbatte le palpebre. Sarah è sempre un passo avanti a lui,
in realtà è sempre un passo avanti a tutti loro.
- Vai. Se hai bisogno di qualcosa chiamaci.
- Si, grazie. Mi trovate nella sala che abbiamo usato per i colloqui.
E’ lì da circa due ore a vedere e rivedere gli
interrogatori. Uno di quei ragazzi era un killer, questo se lo sente.
Sospira e si massaggia le tempie. La cosa la turba molto,
perché rivede se stessa in ognuno di loro. Anche lei era cosi al
liceo, una sfigata maltrattata dai compagni più popolari. Prova
tenerezza per quei ragazzi che non sanno che la vita non inizia e
finisce al liceo.
Sente un tocco lieve sulla spalla, non ha bisogno di girarsi per sapere
a chi appartiene quella mano. Chiude gli occhi e si lascia coccolare da
quella sensazione di conforto che quel tocco riesce a darle.
- Trovato qualcosa – chiede lui mentre si siede.
- No, ancora no. Eppure…
- Oggi ci siamo trovati faccia a faccia con uno dei nostri S.I. – finisce lui.
- Già – si volta a guardarlo – Come va di là?
- Abbiamo deciso di interrompere per oggi e andare a mangiare un boccone. Sei pronta?
- Si, posso riprendere domani… rubacuori – dice lei con un sorriso malizioso.
- Come? Che vuoi dire?
Il sorriso di lei si allarga ancora di più. Come aveva pensato,
Spencer non si è accorto di che effetto ha fatto a Mary. Si
meraviglia sempre dell’ingenuità di Reid. E’
successo più di una volta che una cameriera gli abbia fatto gli
occhi dolci, ma lui sembra non accorgersi di quegli sguardi.
- Oggi hai fatto breccia nel cuore di una giovane sedicenne…
- Di che cosa stai parlando? – lui aggrotta la fronte perplesso.
- Il motivo per cui Mary Oldbride non riusciva a rilassarsi era la tua presenza. Le piaci.
- Io? Non credo… voglio dire… le
ragazze non guardano quelli come me – lui è arrossito.
Lei gli avvicina le labbra all’orecchio.
- Tu non ti rendi conto di che effetto hai su alcune
ragazze. A volte non ti rendi conto neanche dell’effetto che hai
su di me – finisce maliziosa.
Lui si scosta rosso in volto e lei sorride.
- Credo che gli altri ci stiano aspettando. Non
vorrei far morire di fame il povero Derek… - dicendo cosi si
alza prendendolo per la mano e si incammina verso la porta.
- Sarah… - lui guarda il finto specchio, non c’è nessuno nell’altra stanza.
- Si?
Lui la strattona e la stringe a se. Gli piace sentire il calore del corpo di lei, anche senza andare oltre.
- Vieni da me stanotte? – gli bisbiglia all’orecchio.
- Si…
Hotch rimane basito dalla scena alla quale ha appena assistito. Il
fascicolo gli cade dalle mani e lui si avvicina al finto specchio.
Reid! Lei ha scelto Reid! Si sente sopraffatto da una serie di
sentimenti che non riesce a classificare.
Lei lo ha rifiutato perché innamorata del piccolo genio
dell’unità. Dentro di se sente il gelo. Aveva pensato che
avrebbe provato rabbia verso l’uomo che era riuscito a
conquistare il cuore di Sarah. Invece sente una calma glaciale scendere
su di lui.
Continua…
Commentate per farvore
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo VIII. Nightmare ***
Capitolo 8
Capitolo VIII. Nightmare
Camera d’albergo, Biloxi
- Non posso venire da te… no, niente… ehmm… si, buonanotte.
Sarah riattacca il telefono con calma e si volta verso il suo
ospite. Lui è lì, seduto sulla poltroncina con la testa
incassata nelle spalle che osserva un punto del pavimento. Non le dice
niente, non la guarda nemmeno. Lei percepisce la rabbia in lui, la
frustrazione.
Lentamente Sarah si sposta e prende delicatamente una sedia. La poggia
davanti alla poltroncina e si siede a fronteggiare il suo
interlocutore. Lui finalmente alza gli occhi ad incontrare quelli di
lei.
- Dobbiamo parlare – esordisce lei.
- Ritorniamo sempre allo stesso punto.
- Sei tu che non vuoi capire – lei sospira.
- Cosa c’è di sbagliato?
- Tutto. Non avresti dovuto fronteggiare Hotch. So cavarmela da sola.
- Non ne combino mai una giusta, vero? – un sorriso amaro piega le labbra di Morgan.
- Avevi le migliori intenzioni e ti ringrazio –
lei gli poggia una mano sul ginocchio – Ma non credi che ora
Hotch sarà ancora più maldisposto verso tutta la
situazione? Ho paura che percepisca il tuo intervento come
un’ammettere che la squadra è tutta dalla mia parte.
- Ed è cosi infatti! Lui non si sta comportando bene. Sembra un bambino viziato.
- Questo lo sa anche lui. Non credi che si senta
già abbastanza umiliato dal non riuscire a reprimere i suoi
sentimenti?
- Tu per prima l’hai sfidato ieri!
- E’ diverso. Io sono la sua antagonista in
questa storia, tu sei uno dei suoi uomini – Sarah sospira mentre
cerca le parole giuste – In questo momento sa di aver sbagliato,
ma è qualcosa più forte di lui. Qualcosa che non riesce a
controllare. Dovresti stargli vicino, non aggredirlo.
- Sei troppo buona. Io al tuo posto non sarei cosi comprensivo.
- Dovresti concentrarti di più sui tuoi problemi, non sui miei.
Derek distoglie lo sguardo.
- Stanotte ho avuto lo stesso incubo.
- Cyrus?
Lui annuisce sconsolato.
- Si, stava picchiando Emily. Io assistevo alla scena ma non riuscivo a muovermi.
- Ti sei sentito impotente, vero? – lei sorride dolce – Non credi di doverne parlare con lei?
- Di cosa? Di miei incubi?
- Di quello che provi veramente.
- Tu non sai come può essere…
- Difficile? – lei sorride – Da quando
avevo diciassette anni ho dovuto imparare a cavarmela da sola. Non ho
mai avuto nessuno su cui fare affidamento, nessuno di cui prendermi
cura o che si prendesse cura di me. Ero letteralmente terrorizzata di
ammettere quello che provavo.
- Eppure ci sei riuscita – il tono di lui
è pieno di tristezza – Perché io non ci riesco?
- Perché sei spaventato. Non preoccuparti, è una cosa normale per le persone come noi.
- Cioè? – lui aggrotta la fronte.
- Derek, io e te siamo molto simili. Non mostriamo
mai la parte più sensibile di noi stessi. Siamo bravi a fingere
di essere due menefreghisti, due duri. Siamo quelli che non hanno mai
paura di niente. Non ci fidiamo di nessuno.
- Già…
- Eppure tu sai che c’è qualcuno di cui
ti puoi fidare, qualcuno a cui puoi mostrare quello che non mostri a
nessun’altro. Ne abbiamo già parlato.
- Tu come ci sei riuscita?
- Ho spento il cervello, me ne sono fregata delle
regole e ho bussato alla sua porta nel cuore della notte. Dopo di
che ho radunato tutto il mio coraggio e…
- E?
- Semplicemente gli ho detto la verità.
- Che sarebbe? – Derek è rapito dal
discorso di Sarah, lei non parla mai cosi apertamente del suo rapporto
con Spencer.
- Io sono follemente innamorata di lui –
ammette lei diventando rossa in volto, poi prosegue – come tu lo
sei di Emily.
Lui abbassa gli occhi e sorride. Lei arriva sempre al nocciolo del problema. Ora sta a lui comportarsi di conseguenza.
- Credo che ora andrò a bussare ad una porta.
Lei si alza e lo accompagna. Sulla porta gli da un bacio sulla guancia e gli carezza il volto.
- Buona fortuna, ma non ne hai bisogno.
- Grazie, ciuffo buffo.
- Quando vuoi due neuroni.
E’ appena uscita dalla doccia.
Si aggira per lo spogliatoio con l’accappatoio stretto al
corpo acerbo. Le altre ragazze sono tutte più grandi. I loro
corpi di adolescenti creano uno stridente contrasto con il suo corpo di
bambina. Missy, il capo delle cheerleader, la guarda dall’alto in
basso e da di gomito alla sua amica che soffoca una risata. I loro
commenti sono perfidi e lei cerca di non ascoltarli. Si avvicina
all’armadietto dove ha riposto i suoi vestiti. Non vuole aprirlo,
sa che loro vogliono che lei si metta a piangere. Vogliono umiliarla e
prenderla in giro. Lei non può permetterlo. Lei non permette a
nessuno di vederla piangere. Anche se vorrebbe fermarsi , le sue gambe
continuano a portarla avanti verso lo sportello che ormai è
sempre più vicino. NO! Vede la sua mano infantile sulla maniglia
e vuole fermarsi ma sa che non può. Deve arrivare fino in fondo.
L’anta dell’armadietto si apre con una lentezza esasperante.
Si sveglia sudata nel suo letto. Sperava di aver superato quello che
era successo quel giorno di quindici anni prima, ma evidentemente non
è cosi. Cerca di riprendere sonno, ma l’inquietudine
continua a serpeggiare sotto la sua pelle. Si volta verso
l’orologio. Le 5,30. Tra mezz’ora avrebbe dovuto alzarsi lo
stesso. Sbuffa e scosta le coperte mettendosi a sedere sul letto. Le
manca Spencer. Vorrebbe averlo vicino ora, vorrebbe che lui la
stringesse fra le braccia.
Va in bagno e apre la doccia. Tanto vale vestirsi e cominciare a
lavorare di nuovo sul caso. Si siede di nuovo sul letto per allacciarsi
le scarpe e il suo sguardo si posa sul telefono. Potrebbe chiamarlo, ma
ha paura di svegliarlo. Sbuffa di nuovo.
Prende i fogli che aveva portato in camera la sera prima. Sono i post
del blog che Garcia ha trovato. Sono pieni di pettegolezzi cattivi su
ragazzi che lei neanche conosce. Chi ha fatto sesso con chi, chi
è un bullo, chi una sgualdrina, chi ha rubato da un
negozio…
Sembra che questi ragazzi cosi perfetti all’apparenza siano in
realtà pieni di problemi visto il loro comportamento. Sempre che
quello riportato nei post sia vero…
Cerca di concentrarsi alla ricerca delle possibili vittime quando sente
bussare piano alla porta. Apre piuttosto titubante, chi può
essere alle sei del mattino?
Spencer la guarda stralunato, profonde occhiaie mettono in risalto il
pallore della sua pelle. Lei si scosta per lasciarlo entrare e poi
chiude la porta. Come si gira verso di lui si trova schiacciata contro
la porta. La sta baciando con passione e rabbia. Lei lo lascia fare.
- Scusami – dice lui nascondendo il viso nei suoi capelli.
- Nottataccia?
- Si. Tu come mai sei già in piedi a quest’ora?
- Nottataccia – risponde lei con un sorriso.
- Vuoi parlarne?
- No. E tu?
- No.
Lui si scosta e la guarda negli occhi. Con un dito disegna i lineamenti
del viso di Sarah e poi scende piano sul collo fino al primo bottone
chiuso della camicia di lei.
- Mi sei mancata – dicendo cosi la bacia dolcemente prendendole il viso fra le mani.
- Anche tu.
- Andiamo a fare colazione?
- Si. Ho voglia di un maxi cappuccino e di una bella ciambella con tanto zucchero.
Spencer ride e le posa un altro bacio sulla fronte.
- Qualsiasi cosa tu voglia.
Escono dalla stanza mano nella mano e si incamminano verso l’ascensore.
Da dietro la porta socchiusa, non visto dai due, Hotch li osserva
andare via. La sua mascella si contrae e senza far rumore richiude la
porta.
Continua…
Per Benny:.... eheheheh... non esattamente.... uahahahah
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo IX. Bible ***
Capitolo 9
Capitolo IX. Bible
Albergo, Biloxi
Sono in ascensore mano nella mano. Lui accentua la stretta per farla
voltare e la bacia di sorpresa. Lei sorride contenta, non è da
lui mostrarle cosi i propri sentimenti. All’improvviso sentono il
campanello dell’ascensore e si scostano. Le porte si aprono su
Sarah e Spencer che si tengono per mano.
- Ehi, già in piedi a quest’ora? – chiede Derek rientrando in possesso della mano di Emily.
- Anche vuoi siete piuttosto mattinieri –
risponde Sarah entrando nell’ascensore senza lasciare la mano di
Spencer.
- Ho fame e volevo andare a fare colazione – risponde Emily con un sorriso raggiante.
Sarah socchiude gli occhi e sorride a sua volta dando di gomito a Derek
che arrossisce lievemente. Spencer preme il tasto del piano terra e
l’ascensore riparte.
Interno di un caffè, Biloxi
Emily e Sarah sono sedute al tavolino aspettando che Derek e Spencer portino loro la colazione.
- Allora? Tutto bene? – chiede Sarah con un sorriso furbo.
- Credo di doverti dire grazie… non so cosa tu gli abbia detto, ma…
- Tutto sistemato?
- Si – sorride felice Emily – decisamente.
Le due si guardano un attimo e scoppiano a ridere. Derek e Spencer sopraggiungo in quel momento.
- Cosa c’è di divertente? – chiede Derek guardandole in tralice.
- Beh… un sacco di cose – risponde Sarah cercando di trattenere una risata.
- Tipo?
- Prima di tutto l’idea che è venuta ad Hotch, direi – dice lei tornando seria.
- Cioè? – chiede Spencer preoccupato, non gli piace come si sta comportando il loro capo.
- E’ convinto che io abbia una relazione con
Derek – Sarah scoppia a ridere di nuovo al solo pensiero.
- Ho la vaga impressione di dovermi sentire offeso… - Derek aggrotta la fronte.
- Ok, prova a chiudere gli occhi e a pensare a me e te come coppia. Dimmi che effetto ti fa.
Derek esegue le istruzione e poi nonostante i buoni propositi scoppia a ridere a sua volta, seguito dai tre amici.
- Siamo tutti di ottimo umore stamattina – interviene una voce alle loro spalle.
Prima ancora di girarsi sanno a chi appartiene quella voce. Infatti,
eccolo lì, Hotch fermo in piedi dietro di loro con lo sguardo
glaciale.
- Visto che siete tutti già in piedi e
vestiti, direi che possiamo rimetterci al lavoro – dicendo cosi
si volta e va ad acquistare un caffè.
I quattro amici si guardano un momento interdetti, poi recuperano i
loro bicchieri e si incamminano verso l’uscita del locale.
Stazione di polizia di Biloxi
I poliziotti corrono avanti e indietro rispondendo ai telefoni che non
smettono di squillare. Garcia, Rossi e JJ stanno arrivando, mentre il
resto del team è fermo sulla porta a fissare quella specie di
bolgia infernale. Il detective La Voisin si avvicina trafelato.
- Hanno trovato un altro corpo. Dawn Miller è
stata rinvenuta poco fa sempre all’interno della foresta. Io e i
miei uomini stiamo per partire.
- Morgan e Collins andate con il detective. Prentiss
e Reid con me, vediamo di completare il profilo – Hotch sembra
impenetrabile.
Derek e Sarah scrollano le spalle e si avviano. Qualunque cosa abbia in
mente Hotch sembra aver capito di aver preso una cantonata pensando che
fra loro ci fosse qualcosa di “romantico”. Entrano nel SUV
con il detective e si avviano.
Spencer li osserva andare via senza proferire parola, poi si volta e si
avvia verso la sala messa a loro disposizione. Prentiss e Hotch sono
già concentrati sui fascicoli. Lui prende posizione davanti al
tabellone e con le puntine segna la scuola, la casa, il luogo dove la
vittima è stata vista l’ultima volta e il luogo del
ritrovamento del cadavere.
Si allontana di un passo e osserva la cartina. Niente sembra avere
senso. E’ come se non ci fosse una zona sicura per gli S.I., che
imperversano per tutta la città. Possibile che l’unico
collegamento fra quei ragazzi sia il blog?
De Soto National Forest
Derek e Sarah non devono inoltrarsi molto nella foresta. Stavolta il
cadavere è stato abbandonato quasi sulla statale. Sarah cerca di
orientarsi rispetto al precedente luogo dei ritrovamenti. Prende la
cartina e comincia a studiarla.
- Cosa c’è, ciuffo buffo?
- Siamo molto lontani dall’altro posto.
- Probabilmente gli S.I. non si sentono più al
sicuro a scaricare i cadaveri dove sono stati ritrovati. E’
normale.
- Oppure non fa parte del rituale… oppure
ancora ormai abbiamo “dissacrato” il loro piccolo luogo di
culto…
- Non chiamarlo cosi, mi fa venire brividi – Morgan storce la bocca in segno di disgusto.
- Non dobbiamo pensare con le nostre menti, ma con quelle degli S.I.
- Giusto. Quindi il precedente luogo è
stato… “dissacrato” e loro hanno deciso di
abbandonare il corpo dove capitava.
- Torno a ripeterti che forse il luogo di abbandono
non ha la minima importanza per loro… non credo che li uccidano
qui, lasciano semplicemente i cadaveri. Il loro “rituale”
si svolge da qualche altra parte.
- Allora perché hanno seppellito quelle cose?
- Credo che la chiave stia proprio nella risposta a questa domanda…
Sarah lo supera e si incammina verso il cadavere. Un'unica pugnalata al
cuore. Il coltello rituale è ancora conficcato nello sterno
della ragazza, che appare completamente vestita. Alza lo sguardo sul
tronco dell’albero. La vernice è ancora fresca.
גַּבְרִיאֵל
- Gabriel… ha senso.
- Cioè? – le chiede Derek che l’ha raggiunta.
- La sequenza delle uccisioni… Michael, Gabriel, Michael, Raphael, Michael.
- Quindi di nuovo Gabriel… il prossimo omicidio avverrà per mano di Michael.
- Spero di arrivare a fermarli prima che continuino la sequenza.
- Anch’io lo spero. C’è altro.
- Stavolta hanno scritto anche sul cadavere – dice Sarah continuando a fissare l’albero.
- Come scusa? – Morgan si gira ad osservare la
vittima – E’ vestita… dove vedi delle scritte.
- Sotto l’orlo della gonna da cheerleader
– dicendo cosi si china e solleva leggermente la gonna in modo
che appaia la scritta lasciata sulle gambe della ragazza.
הילל
- Che vuol dire? – Derek si china per osservare meglio la scritta.
- L’ultimo arcangelo…
- Ma gli arcangeli sono tre – lui la guarda stupito.
- Sono rimasti tre, ma all’inizio erano
quattro… un arcangelo si ribellò e venne scagliato
lontano dal paradiso…
- Questa mi giunge nuova, sarà che i miei
ricordi del catechismo sono piuttosto sbiaditi… chi era il
quarto arcangelo?
- Lucifero, il portatore di luce.
- Scusatemi… - un giovane agente si avvicina titubante – abbiamo trovato anche questo sul corpo.
Porge a Derek una busta trasparente per le prove con dentro un foglio di carta.
- Cosa dice? – chiede Sarah tornando ad occuparsi della scritta sulla gamba della ragazza.
- Forse tu ci capisci più di me…
- E’ ebraico?
- No, ma non ha senso…
“ Negli inferi è precipitato il tuo fasto,
la musica delle tue arpe;
sotto di te c'è uno strato di marciume,
tua coltre sono i vermi.
Come mai sei caduto dal cielo,
Lucifero, figlio dell'aurora?
Come mai sei stato messo a terra,
signore di popoli?”
- Che diavolo vuol dire? – chiede Derek una volta finito di leggere.
- Isaia 14, 11-15. La caduta di Lucifero dal paradiso
all’inferno… - si sofferma sul volto della ragazza e le
sposta una ciocca di capelli - cosa avevi fatto Dawn?
Continua…
Attendo impaziente i vostri commenti
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Capitolo X. End of the truce ***
CApitolo 10
Capitolo X. End of the truce
De Soto National Forest
Sarah si sofferma sul volto della ragazza. Era carina, sedici anni,
capelli castano chiaro e occhi color ambra. Sicuramente era fra le
ragazze più corteggiate della scuola. Qualcuno aveva stroncato
quella giovane vita con una noncurante crudeltà. Il fatto
che uno dei ragazzi che ha interrogato il giorno prima sia un brutale
assassino la intristisce. Niente può giustificare un omicidio a
sangue freddo.
Si volta verso Derek che tiene lo sguardo sull’albero dove
troneggia il nome dell’assassino di quella ragazzina. Anche lui
è turbato. Sarah tira giù la gonna per coprire quella
scritta, poi si alza ed afferra il cellulare.
- Chi chiami?
- Hotch, dobbiamo aggiornarlo – dicendo cosi inoltra la chiamata e mette il viva voce.
- Agente Hotchner.
- Hotch, sono Collins.
- Novità? – il tono di Hotch è più freddo del solito.
- Il modus operandi è lo stesso, come la
firma. Una pugnalata al centro del petto e il nome di un arcangelo
scritto con la vernice rossa sul tronco di un albero.
- Altro?
- Stavolta gli S.I. hanno scritto un nome anche sul
corpo della vittima. “Lucifero”, il quarto arcangelo.
Inoltre hanno lascito un messaggio.
- Che tipo di messaggio.
- Una citazione della bibbia, Isaia 14 versetti
11-15, la caduta di Lucifero dal paradiso. Garcia ha trovato il nome di
Miller nel blog?
- No, ma sta ancora cercando. Tornate qui il prima possibile.
- Arriviamo.
Sarah chiude la conversazione e guarda Morgan. C’è
qualcosa di strano in Hotch, qualcosa di insolito. Neanche durante le
loro peggiori litigate ha mai assunto quel tono cosi freddo e poi
rispondere cosi seccamente alle novità che lei gli porta non
è da lui. Non le ha chiesto neanche un parere.
- Credi che sia arrabbiato per quello che ho fatto l’altra sera? – chiede Derek.
- Se fosse per quello avrebbe avuto lo stesso
comportamento anche ieri. No, credo sia successo qualcosa ieri in
centrale, non centra niente la tua “visita di cortesia”
dell’altra sera.
Si incammina con passo deciso verso il SUV. Preferisce soprassedere per
il momento, lasciando le spiegazioni a se e quando Hotch
deciderà di affrontare l’argomento.
Stazione di polizia di Biloxi
Hotch chiude la chiamata e mette via il cellulare. Sembra strano ed
assente, è rimasto in silenzio da quando Morgan e Collins hanno
lasciato la stazione di polizia. Riprende in mano il fascicolo che
stava leggendo senza commentare ulteriormente quello che Sarah ha
comunicato.
Il resto del team si guarda di sottecchi. Il loro capo è strano,
questo è fuor di dubbio, ma nessuno vuole affrontare
l’argomento per primo. Spencer decide che è meglio
concentrarsi sul caso e cosi comincia a parlare delle ultime
novità.
- E’ interessante che abbiano cominciato a
lasciare messaggi, come se volessero giustificare in qualche modo
quello che fanno.
- Ma cosa centra Lucifero? Era solo una ragazzina – Rossi aggrotta le sopracciglia.
- Lucifero fu punito per la sua superbia –
interloquisce Spencer – Forse sul blog troveremo qualcosa di
più…
- Tutti ragazzi popolari, ma oltre questo non avevano
niente in comune. A parte le prime due vittime, vengono tutti da
scuole diverse. Estrazione sociale, quartiere, amicizie, etnie, credo
religioso, niente in comune – fa notare Emily.
- Allora scelgono le vittime da blog? – chiede JJ scettica.
- Deve esserci dell’altro – ribatte Rossi
– Devono poter avvicinare le vittime, per farlo devono conoscerle
personalmente. Nel blog non ci sono neanche le foto di quei ragazzi,
solo i nomi. Di alcuni non è riportata neanche la scuola che
frequentano.
- Oh oh….
- Garcia che vuol dire “oh oh”? – Emily si gira verso la bionda informatica.
- A quanto pare tutte le vittime appaiono sul blog e
sono iscritte a facebook o twitter. Tutte tranne Dawn Miller. Lei non
è nominata nel blog in senso negativo.
- Come scusa? – Hotch pare destarsi del suo stato di assenza.
- C’è un post su di lei, ma viene lodata
perché è l’unica ragazza popolare della sua scuola
che è gentile anche con i nerd.
- Quindi non ci sono scheletri nel suo armadio? – chiede Spencer stupito.
- Assolutamente. Viene descritta come una ragazza
seria, studiosa, allegra, gentile e con una moralità
ineccepibile. Il prototipo della brava ragazza.
- Ma allora perché l’hanno uccisa? – Rossi da voce alla domanda che si pongono tutti.
Morgan entra nella sala seguito da Sarah. Nessuno dei due dice niente mentre si siedono. Hotch non solleva neanche lo sguardo.
- Allora novità? – chiede Derek per rompere il silenzio.
- A quanto pare Miller non rientrava nella
vittimologia – li aggiorna Emily – Persino nel blog viene
descritta come una brava ragazza.
- Ma allora perché? – chiede Derek turbato.
- Perché conosceva gli S.I. e aveva capito – dice Sarah senza alzare lo sguardo.
- Come fai a dirlo? – chiede Rossi.
- Le hanno dato un nome, Lucifero. L’arcangelo
caduto, colui che per superbia si era ribellato a Dio. Anche il passo
della bibbia che hanno lasciato…
- Quindi lei aveva capito chi erano gli S.I. e loro
l’hanno uccisa – Spencer sembra rimuginare su
quell’ultima affermazione.
- Siamo pronti con il profilo? – chiede Hotch.
- Direi di si.
- Allora raduno i poliziotti – JJ si alza e lascia la stanza.
- Hotch, credo che sia necessario risentire alcuni
dei ragazzi – dice Sarah sempre fissandosi le mani poggiate sul
tavolo.
- Si, più tardi puoi andare alla scuola superiore – Hotch non si gira neanche a guardarla.
I poliziotti sono tutti radunati, mentre i profiler sistemano la
lavagna con le prove che hanno messo insieme. Sarah fa un passo avanti
e comincia a fornire il profilo.
- Stiamo cercando tre ragazzi dai 15 ai 18, sono fra
i ragazzi meno popolari della scuola. Probabilmente hanno delle
difficoltà di inserimento a livello sociale. Sono tipi
tranquilli, non hanno mai avuto richiami dai professori o dal preside.
Il capo del gruppo è molto intelligente e occupa una posizione
di predominio sugli altri due. Sono tutti ragazzi bianchi.
- Tutti maschi? – chiede un poliziotto prendendo appunti.
- No, c’è almeno una ragazza nel gruppo
– interloquisce Sarah sotto gli occhi attenti dei colleghi.
- Come fate a dirlo? – chiede il detective La Voisin.
- Manca la componente sessuale – dice Sarah.
- Alcune delle vittime sono belle ragazze, se fossero
tre maschi almeno uno di loro avrebbe tentato un approccio di tipo
sessuale – chiarisce Spencer portandosi al fianco di Sarah
– Inoltre tutte le vittime sono state ritrovate con gli indumenti
addosso.
- Quindi quello che li spinge non è il sesso? – chiede La Voisin visibilmente scettico.
- No – ribadisce Sarah – Vogliono punire
i ragazzi popolari. Tutte le vittime veniva nominate in un blog che
metteva in piazza i loro panni sporchi. Si sentono come dei
giustizieri. Visto che quei ragazzi abusavano della loro
popolarità, li puniscono uccidendoli. L’ultima vittima,
Dawn Miller, conosceva almeno uno degli S.I. e aveva capito che era
collegato ai delitti. Per questo è stata uccisa.
- Quindi conviene cominciare ad indagare nella scuola di Dawn Miller.
- Si. E’ mia intenzione recarmi li appena
finita la riunione – puntualizza Collins in risposta a La Voisin.
- C’è altro? – chiede ancora il detective.
- Prestate attenzione, sono estremamente pericolosi.
Se messi alle strette i due maschi non si arrenderanno – dice
Hotch incrociando le braccia e poggiandosi al tabellone.
Sarah si gira e gli lancia un’occhiata piena di ira, riacquista
subito il controllo di se e torna a rivolgersi ai poliziotti.
- Vorrei ricordarvi che stiamo parlando di
adolescenti. Cerchiamo di mantenere il controllo ed i nervi saldi.
Consigliamo la massima prudenza questo si.
La riunione è finita. Tornano tutti nella sala riunioni. Sarah
chiude la fila e appena entrata sbatte la porta alle sue spalle.
- Ma dico, ti ha dato di volta il cervello? –
è furiosa con Hotch e non fa niente per nasconderlo.
- Dobbiamo dare un profilo il più accurato
possibile – risponde lui non degnandola di uno sguardo, in favore
dei fascicoli sul tavolo.
- Dicendo quella cosa, è come se avessi
autorizzato i poliziotti a sparare prima e chiedere dopo! E senza
nessuna prova a sostegno della tua tesi!
L’atmosfera è tesissima. Gli altri membri del team
guardano per terra mentre Hotch finalmente alza lo sguardo a
fronteggiare Collins. Oramai è guerra.
Continua…
Per Giunone: il fatto che tu mi
abbia messo fra gli autori preferiti vale più di mille
recensioni^^ Cmq mi fa sempre piacere ricevere "notizie di prima mano",
cosi posso migliorarmi e migliorare la storia (anche perchè non
vorrei finire recensita da Fastidious). Mi fa piacere che tu ti
riconosca in Sarah, quello che spero sempre quando scrivo è di
riuscire a far immedesimare il lettore. Mi raccomando se notate che
vado OOC fatemi un fischio (a volte presa dalla trama tendo a
sfarfallare^^). Un bacio e ancora grazie per il commento e per i
complimenti ^^
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Capitolo XI. Defection ***
Capitolo 11
Capitolo XI. Defection
Stazione di polizia di Biloxi
Rossi si sposta davanti a Sarah e cerca un contatto visivo con Hotch.
La tensione è alle stelle e lui decide di intervenire.
- Collins, tu, Reid, Morgan e Prentiss andate alla
scuola di Miller ed interrogate i suoi compagni. JJ prepara un
comunicato stampa con il profilo che abbiamo stilato. Garcia va a dare
una mano a JJ. Tutti fuori, ORA!
Il tono perentorio fa scattare Garcia come una centometrista mentre il
resto del team si allontana più lentamente continuando a fissare
Rossi e Hotch che si fronteggiano. Appena la porta si chiude Rossi fa
scattare la serratura e si volta di nuovo verso il suo antagonista.
- Mi vuoi spiegare cosa diavolo sta succedendo?
Hotch non fissa lui, ma la porta chiusa come se riuscisse a vederci
attraverso. E’ furioso con se stesso, con Sarah e con Spencer.
Cerca di rallentare il respiro accelerato e di riacquistare la
padronanza di se. Chiude gli occhi e fa profondi respiri.
- Sto aspettando una spiegazione per la scena a cui
ho appena assistito – Rossi non demorde, sa che deve porre un
freno a quello che sta succedendo ma non è sicuro di riuscire a
far ragionare il suo vecchio amico.
- Sai perfettamente cosa sta succedendo. Come dici
sempre tu, non ti fai bagnare il naso del primo venuto. Sei un
profiler, perché non dici tu a me cosa sta succedendo.
- Stai perdendo il controllo, ecco cosa sta succedendo. E tutto per una stupida…
- Non provarci, Dave. Non definire stupido quello che…
- Quello che provi per lei? Hai ragione…
sarebbe svilire te, i tuoi sentimenti e Collins. No, non è
stupido quello che provi. E’ stupido continuare ad arrabbiarsi
come fai tu. Lei non ti vuole, ha scelto qualcun altro e tu non puoi
farci niente.
- Si che posso – interviene lui aprendo
finalmente gli occhi – Posso fare in modo che vengano assegnati
ad altre squadre. Posso fare in modo che vengano divisi almeno sul
lavoro.
- E’ questo quello che vuoi? Perdere i tuoi due migliori profiler?
- Il protocollo dice…
- Il protocollo! Ora tiri in ballo il protocollo? E
se lei avesse scelto te? Avresti ugualmente tirato in ballo il
protocollo? Oppure l’avresti tenuta nella squadra?
- Io…
- Fatti un esame di coscienza. Il protocollo non
è il motivo del tuo furore. E’ il tuo orgoglio ferito che
parla. Hotch ci conosciamo da tanto. Sei sempre stata una persona
equilibrata e razionale. Cosa ti ha fatto cambiare cosi tanto?
- Io… - Hotch chiude di nuovo gli occhi, deve
dirlo a qualcuno prima di esplodere – credo di essermi innamorato
di lei…
- Non pensi più a Haley?
Hotch prova a guardare dentro di se. E’ ancora innamorato della
sua ex-moglie, ma Sarah… lei riesce a risvegliare in lui
sensazioni e sentimenti che non credeva più possibile provare.
Non è solo perché ha scoperto quello che la lega a Reid.
Anche se è ferito dalla scelta della ragazza, non è solo
quello. Almeno spera di non essere cosi meschino…
- Hotch non è possibile essere innamorato di due persone contemporaneamente.
- Lo so, ma…
- Ma niente! Il problema non è lei, sei tu.
Non ti permetterò di fare a pezzi la squadra per seguire gli
impulsi del tuo orgoglio ferito e dei tuoi ormoni!
- Dave, io ho bisogno di aiuto.
- Decisamente.
Roosevelt High School, Biloxi
Il viaggio si è svolto nel più totale silenzio. Nessuno
di loro ha osato provare a parlare con Sarah, che sembra ancora furiosa
per quello che è successo con Hotch. Persino Spencer si tiene
alla larga, la conosce abbastanza bene da sapere che ora è
meglio evitare di parlare con lei dell’accaduto. Quello sguardo
vuol dire che è una bomba pronta ad esplodere da un momento
all’altro.
- Come ci dividiamo? – chiede Morgan per rompere il silenzio.
- Ho già parlato con il preside –
interviene Emily – Direi di dividerci come ieri. Io e te con i
ragazzi popolari e Spencer e Sarah…
- No! – interviene Sarah – Io e Derek e
tu e Spencer. Voglio un elemento discordante in ogni interrogatorio.
Dobbiamo metterli sotto torchio e non a loro agio.
- Credi che sia il caso? – chiede Spencer dubbioso.
- Non abbiamo più tempo per essere gentili e
accomodanti. Stiamo andando verso un’escalation e non voglio
altri adolescenti morti – Sarah sembra tornata padrona di se.
- Ok, facciamo come vuoi tu – cede Derek.
Stazione di polizia di Biloxi
Garcia ha finito di impaginare il comunicato e lo sta mandando in
stampa. Si volta verso l’amica che ha un’aria assorta.
- Cosa sta succedendo? – le chiede a bruciapelo.
- Come scusa? – JJ fa finta di cadere dalle nuvole.
- Andiamo! Io non sono una profiler, ma fra Hotch e
Sarah è successo qualcosa! Hai visto come si sono fronteggiati!
- Sarah porta solo guai – JJ è
arrabbiata con Collins, prima che lei arrivasse nella squadra non era
mai successa una cosa del genere.
- Come fai a dirlo? Allora sai cosa sta succedendo!
- No, non ne ho la più pallida idea. Ma Hotch
non si arrabbierebbe con lei se non avesse fatto qualcosa.
- Mpf… oppure si è arrabbiato con lei proprio perché NON ha fatto qualcosa.
- Cioè? – JJ appare perplessa dall’ultima affermazione di Penelope.
- Andiamo! Si vede lontano un chilometro che lui ha una cotta per Sarah.
- Non dire assurdità!
- Sto facendo delle costatazioni, non sto dicendo
assurdità. Il modo in cui la guarda e in cui si rivolge a
lei… è chiaro che lui ha un interesse più che
professionale nei suoi confronti.
- Anche se fosse, non dovremmo stare qui a spettegolare su queste cose.
- Anche perché lui non ha la minima possibilità con lei…
- Perché?
- Per via di Reid.
JJ trasecola alle parole dell’amica. Spencer e Sarah? Non le sembra possibile, eppure…
- Stai insinuando che…
- Io non insinuo niente. Due settimane fa Kevin mi ha
portato a Falmouth per una gita. Indovina chi abbiamo visto camminare
mano nella mano e sbaciucchiarsi?
- Vuoi dire che…?
- Già – dice Garcia con un sorriso furbo
– Sarah e Reid! Dovevi vederli. Sembravano due piccioncini.
- Loro vi hanno visti?
- No, ci siamo nascosti. Non volevo metterli in imbarazzo.
- Ecco spiegato il motivo del comportamento di Hotch.
- Gelosia!
- Figurati. E’ arrabbiato con loro. Conosci il
protocollo, non si può fraternizzare con i proprio colleghi.
- Anche io e Kevin siamo colleghi eppure Hotch non ha mai detto niente al riguardo.
- E’ diverso voi non lavorate insieme.
- Ti sembra che quei due non siano in grado di lavorare insieme nonostante tutto?
- E’… è… inappropriato.
- Direi che l’unica cosa di
“inappropriato” nel loro legame è il modo in cui lui
le stava succhiando via il labbro dalla faccia – scoppia a ridere
Garcia.
JJ sbarra gli occhi. Possibile che Spencer non si sia confidato con
lei? Forse, si dice, è solo una cosa passeggera. Un legame senza
futuro, altrimenti lei ne sarebbe al corrente. In quel momento sente
una porta aprirsi.
Si volta e vede Hotch camminare spedito verso l’uscita della
centrale, mentre Rossi si affaccia alla porta con aria contrariata. Si
avvicina al profiler e guarda Hotch salire in macchina.
- Dove va?
- Torna a Washington.
- Come? Lascia la squadra?
- No, non sta molto bene e torna a casa. Non lascia
la squadra. Nessuno lascia la squadra. Ora concentriamoci sul caso.
- Ma…
- Niente ma. Finché Hotch non starà
meglio prendo io il comando. Obiezioni? – si volta verso JJ con
un sguardo duro e deciso.
- No. Torno al lavoro.
Continua…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Capitolo XII. If you change your mind ***
Capitolo 12
Capitolo XII. If you change your mind
Roosevelt High School, Biloxi
Il cellulare di Sarah squilla mentre sono in corridoio e lei prontamente risponde.
- Collins.
- Sono JJ.
- E’ successo qualcosa?
- Hotch è andato via...
- In che senso? – rimane indietro rispetto al resto del gruppo.
- Nel senso che ha lasciato la squadra. Rossi dice
che è una cosa momentanea ma ho visto il suo sguardo quando ha
lasciato la stazione di polizia dieci minuti fa. Credevo fosse il caso
che tu fossi informata.
- Dove è andato?
- Torna a Washington. Credo che se ne vada per quello che è successo fra te e lui prima.
- Ok, grazie. Ho capito – Sarah riattacca e continua a guardare il cellulare.
- Qualcosa non va? – Derek si è voltato verso di lei ad aspettarla.
- Dammi le chiavi del SUV.
- Come?
- CAVOLI DEREK! TI HO DETTO DI DARMI QUELLE MALEDETTE CHIAVI!
Morgan le allunga le chiavi e la guarda stupito. Non è da lei alzare la voce in quel modo.
- Voi cominciate senza di me. Mi raccomando torchiateli per bene.
- E’ successo qualcosa?
Sarah guarda Emily e Spencer che li osservano dal fondo del corridoio.
- Devo risolvere una cosa. Voi cominciate. Ci sentiamo appena posso.
Non aspetta la risposta dell’amico, si avvia a passo spedito
verso il parcheggio. Mentre guida a velocità sostenuta, mette il
vivavoce e chiama Hotch. Lui risponde al terzo squillo.
- Collins, se avete delle novità contattate Rossi.
- Dove cavolo credi di andare, Hotch?
- Non sono affari tuoi. Ho lasciato il comando a Rossi, io non sto bene.
- Hotch, non farlo. Possiamo sistemare le cose…
- Come?
- Sto venendo all’albergo. Aspettami in camera tua.
- Senti, Collins…
- Smettila! Ti ho detto di aspettarmi, non farmi
arrabbiare più di quanto non sia già! Sarò li a
breve e potremo parlare. Dopo se vuoi puoi anche andartene.
- Collins…
- Sto arrivando, mi aspetto di trovarti lì
– dicendo cosi chiude la comunicazione e preme il piede
sull’acceleratore.
Camera di Hotch, albergo, Biloxi
Hotch cammina avanti e indietro per la stanza. Le valigie sono pronte e
sta solo aspettando Sarah per potersene andare. Già sa che
qualsiasi cosa si diranno non servirà a fargli cambiare idea.
Non può tornare al comando finché non avrà
riacquistato la padronanza di se e il suo autocontrollo. Sa di non
poterci riuscire con quei due sempre sotto gli occhi, come un dente
guasto che batte di continuo.
Sente bussare alla porta e si ripropone di mantenere la calma qualsiasi
cosa succeda. Apre la porta con prudenza, pronto a sorbirsi una delle
solite sfuriate di Collins. Tutto si aspettava meno quello che sarebbe
seguito…
Roosevelt High School, Biloxi
- Non ti ha detto dove andava o chi era al telefono? – Reid appare preoccupato.
- No – Derek scuote la testa con enfasi –
assolutamente. Ma non è da lei lasciare cosi un’indagine.
Deve essere successo qualcosa.
- Forse sua madre – prova Emily dubbiosa.
- Se fosse cosi ci avrebbe detto qualcosa – le fa notare Spencer.
- Ha detto di cominciare gli interrogatori e di
ricordarci di mettere sotto torchio quei ragazzi – Morgan
riprende le redini della situazione – Siamo qui per fare un
lavoro. Sarah ci spiegherà dopo.
Si guardano tutti e tre con una strana inquietudine. L’ultima
volta che Sarah si è allontanata senza dire niente a nessuno
erano a Miami. C’era voluto più di un mese perché
decidesse di tornare all’unità.
Camera d’albergo, Biloxi
Sarah è ferma sulla porta e fissa Hotch. Il suo sguardo non
è più duro come durante l’ultima lite, sembra
preoccupata.
- Posso entrare?
Hotch si scosta per lasciarla passare e chiude la porta. Mette le mani
in tasca e guarda un punto imprecisato della parete di fronte.
- Hotch? Perché?
- Perché cosa?
- Perché te ne vai?
- La situazione è divenuta insostenibile, lo sai bene.
- Allora è più giusto che me ne vada io. Tu sei il capo della squadra, io sono sacrificabile.
- Non dire cosi. Non è definitivo. Ho bisogno di tempo.
- Se te ne vai ora, perderanno la fiducia in te. Un leader non abbandona la sua squadra.
- E cosa consigli? Che continuiamo a sbranarci a vicenda? Questo si che fa bene alla squadra!
- Lo so di essere insopportabile, ma…
Lei si sta addossando la colpa. Hotch la guarda stupito e nota come lei
adesso appaia diversa dalla donna dura e decisa che gli fa battere il
cuore. Sembra un uccellino spaventato.
- Non è colpa tua. Io devo solo accettare lo stato delle cose. Anche se mi sembra assurdo…
- Cosa?
- Che tu abbia scelto lui. Forse sarebbe stato meglio se fosse stato Morgan, l’avrei accettato.
- E’ cosi difficile da capire? Proprio non ci arrivi? – Sarah si siede sul letto e lo osserva.
- Aiutami a capire.
- Tu cercheresti sempre e comunque di dominarmi, di
tenermi sotto controllo. Non riuscirei mai ad accettare di essere
tenuta al guinzaglio, fidati ci sono già passata.
- E come è finita?
Sarah chiude gli occhi e cerca di scacciare il ricordo di Mark e della loro ultima conversazione.
- Per sfuggirli sono tornata in America. Tu me lo
ricordi molto, forse è proprio per questo che non riesco neanche
ad immaginare di stare con te.
- E’ stato cosi terribile? – Hotch le si siede accanto e le prende una mano delicatamente.
- Peggio, molto peggio. E’ stata
l’esperienza più brutta che io abbia mai fatto. So che
sotto molti aspetti voi due siete diversi, ma rimanete due maschi alfa.
Il predominio per voi è molto importante. Specialmente per un
maniaco del controllo come te. Io non sono un tipo facile, anzi sono
una stronza senza speranza. Credi che ne potrebbe uscire fuori qualcosa
di buono da un legame del genere?
- No – Hotch guarda la mano di lei chiusa fra le sue – Come lui con te?
- Mi capisce, mi ascolta. Non prova mai ad avere la
meglio. Il nostro è un legame fondato sulla parità,
nessuno dei due ha il predominio. Lui… scusami Hotch, ma se devo
essere sincera fino in fondo, lui è l’uomo migliore che io
abbia mai conosciuto.
- Lo ami?
- Si.
Non c’è altro da dire. Hotch sente qualcosa dentro di lui
cedere. La guarda intensamente e le scosta una ciocca dal viso. Si
rende conto che non è disposto a perdere il suo lavoro per
niente e nessuno. Lo ha sempre messo al primo posto. Il suo matrimonio
è fallito per questo e ora il lavoro è tutto ciò
che gli resta.
Sorride. Il suo lavoro è più importante di quello che
prova per quella strana ragazza. Le posa un bacio delicato
all’angolo della bocca.
- Sarah… se mai dovessi cambiare idea.
Lei lo guarda in modo dolce e gli passa una mano sul volto.
- Sarai il primo a saperlo, Aaron.
Continua…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Capitolo XII. As nothing happans ***
capitolo 13
Capitolo XIII. As nothing happans
Albergo, Biloxi
Sarah è vicina alla porta della camera di Hotch e lo osserva.
Lui non riesce a contraccambiare lo sguardo, mentre finisce di disfare
i bagagli. E’ come se la questione fra loro non si fosse risolta,
come se ci fosse ancora molto da dire. Si rimprovera mentalmente da
solo. Ora deve concentrarsi sul caso, non sui suoi sentimenti. Si sente
un idiota. Amava molto Haley, eppure non ha mai permesso al suo
matrimonio mettersi fra lui e il suo lavoro. Non sa cosa prova
esattamente per Collins, ma permette comunque ai suoi sentimenti per
lei di offuscare le sue capacità mentali. Si è comportato
da vero idiota davanti a tutta la squadra e voleva addirittura andare
via. Come potrà giustificarsi?
Sarah capisce la lotta interiore di Hotch, anche lei vive qualcosa del
genere ogni giorno. Quando si trovano sul campo si impone di mantenere
il distacco e di concentrarsi sul caso. Eppure molte volte tutto quello
che vorrebbe è rifugiarsi fra le braccia di Spencer e
dimenticare il mondo intero. Quando fuggì di Miami non era per
Hotch, anche se Rossi è convinto del contrario. Tranne che
Spencer nessuno cosa la spinse a fuggire, forse ora era in caso di
affrontare l’argomento per aiutare il suo capo.
- Hotch, so come ti senti.
- Ah si? Perché tu ti sei comportata da idiota davanti a tutta l’unità?
- Ho fatto di peggio. Vi ho mollati durante un caso senza dire niente a nessuno.
- Tu eri giustificata, dopo quello che io…
- Tu non c’entravi niente. Sarei stata in grado
di affrontarti anche in quel momento. Quello che non riuscivo ad
affrontare era… – sospira cercando le parole per spiegarsi
– Io ho sempre avuto solo il lavoro nella mia vita, non ho mai
avuto amici o relazioni veramente importanti per me. Anche in Francia,
non l’ho mai considerata una cosa seria. Non facevo progetti, non
desideravo avere un futuro con lui.
Si interrompe cercando lo sguardo di Hotch. Vuole assolutamente che lui
percepisca la sua comprensione in quel frangente cosi difficile.
- Se non ero io la causa, perché andasti via?
- Ero spaventata. Durante quel caso avevo altro per
la testa. Per la prima volta in vita mia qualcosa, o meglio qualcuno,
mi impediva di focalizzare tutta la mia attenzione sul caso. Mi sentivo
inutile e superflua, avevo paura che rimanendo con voi avrei combinato
un disastro. Io riuscivo a pensare solo a lui. Quindi so esattamente
come ti senti. Non preoccuparti, se c’è qualcosa che ho
imparato in un anno insieme è che abbiamo tutti dei momenti di
cedimento. Ma la forza della nostra squadra è che non
abbandoniamo mai un collega in difficoltà, per nessun motivo.
Quindi ora finisci qui e torna alla centrale di polizia. Io devo
raggiungere gli altri.
Lei si volta pronta ad uscire. Lui la guarda ancora un momento, riconoscente per quelle parole.
- Sarah?
- Si Hotch?
- Grazie di tutto e… scusami ancora.
Un sorriso le illumina il volto.
- Ehi non è da tutte potersi vantare di aver
fatto letteralmente perdere la testa all’agente supervisore
Hotchner.
- Non te ne vantare troppo in giro – lui le sorride, tutto sembra tornato normale.
Roosevelt High School, Biloxi
Reid è appoggiato al muro con le braccia conserte mentre osserva
il parcheggio. Prentiss e Morgan sono dentro a torchiare per bene i
ragazzi, lui si è estraniato. Non riesce a non essere in
pensiero per Sarah, ricorda ancora Miami. Il pensiero che lei possa di
nuovo scappare senza dire niente a nessuno lo terrorizza. Stavolta
sente di avere molto più da perdere nel lasciarla andare via.
Vorrebbe chiamarla, ma il cellulare di lei è spento.
Vede il SUV nero entrare nel parcheggio. Trattiene il respiro fino a
che non la vede scendere e non è sicuro che sia lei. Le va
incontro, mentre lei chiude la portiera e resta ferma ad aspettarlo. Si
ferma ad un passo da lei, lo sguardo arrabbiato. Lei invece ha
l’innocenza dipinta sul volto, come se non fosse successo niente,
come se non li avesse mollati lì senza dare spiegazioni.
- Allora? – il tono di lui è agguerrito.
- Allora, cosa?
- Dove sei stata?
- Dovevo risolvere un problema.
Dicendo cosi si sposta e fa per superarlo. Lui l’afferra
saldamente per il braccio e la fa voltare a forza per tornare a
fronteggiarla.
- Dove sei stata?
- Ma si può sapere che ti prende? – Sarah non capisce, lui non si comporta mai cosi.
- Te ne vai senza dire dove e poi vuoi sapere cosa prende a ME?
- Si, voglio sapere che ti prende. C’era un
problema e non potevo stare qui a spiegarvi, dovevo andare. Cosa
c’è di strano?
- L’ultima volta che hai agito cosi…
Lui allenta la presa e lei finalmente capisce. Si libera dalla presa di
lui e si guarda in giro. Il parcheggio è deserto e fra loro e la
scuola c’è il SUV. Gli poggia le mani sul petto e avvicina
il proprio viso.
- Non vado da nessuna parte. Non ho più paura. Abbiamo già affrontato questo argomento, no?
Lui le prende il viso fra le mani e la fissa insistentemente. Poi le
labbra si stendono in un sorriso mentre si china a baciarla.
- Devi smetterla di spaventarmi cosi…
Lei non risponde mentre si lascia baciare e si stringe a lui. Si
staccano da quell’abbraccio controvoglia e si guardano sorridenti.
- Credo che sia ora di fare il nostro lavoro – dice lei mentre gli sfiora una mano.
Lui annuisce e si incammina seguito da Sarah. Quasi all’entrata
dalla scuola vengono raggiunti da Emily e Derek. Le facce dei loro
colleghi fanno chiaramente capire come sono andati gli interrogatori.
- Niente? – chiede Spencer.
- Niente di niente – conferma Derek con un moto di rabbia.
- Eppure sono convinta che Dawn conoscesse i suoi assassini… - interviene Sarah.
- Ma i primi omicidi sono avvenuti in un’altra scuola – le fa notare Emily.
- Già, una costosa scuola privata… mi
chiedo se… - Sarah si perde nei propri processi mentali mentre
si incamminano di nuovo verso il parcheggio.
- Mi ha chiamato Garcia – annuncia Morgan – Hotch se ne è andato.
- No, non è andato da nessuna parte – dice Sarah alle sue spalle.
- Era questa l’emergenza? – chiede Spencer alzando un sopracciglio.
- Un piccolo malinteso niente di più –
lei continua a guardare di fronte a se – Cerchiamo di non tornare
sull’argomento. Ci sono cose più importanti ora.
- Tipo? – chiede Emily – Il nostro capo
stava per lasciare la squadra, cosa c’è di più
importante?
- Salvare la prossima vittima degli
“Arcangeli” – dice Sarah senza mutare espressione
– Per il resto ci sarà tempo.
Stazione di polizia di Biloxi
I quattro rientrano. Nella sala Rossi, JJ e Garcia fissano Hotch senza
proferire parola. Il capo alza lo sguardo a incontrare quello di Sarah.
- Novità?
- A quanto pare abbiamo fatto un buco
nell’acqua – Derek si siede e comincia a giocherellare con
una penna.
- Forse o forse no – dice Collins posizionandosi davanti al tabellone.
- Cosa vuoi dire? – chiede Hotch.
Il resto della squadra si guarda. Sembra che fra Collins e Hotch sia
tornato tutto normale. Come avranno fatto a chiarirsi cosi velocemente?
Spencer sembra contrariato da questa svolta.
- Sappiamo che le prime due vittime frequentavano la
Catholic High School. Le successive frequentavano tre licei diversi.
Per ultima Dawn Miller che frequentava la Roosevelt High School,
nessuna delle altre vittime la frequentava. Ma Miller non rientra nel
quadro vittimologico. Era una ragazza a posto, niente atti di bullismo,
non era sessualmente promiscua. Sul blog viene addirittura lodata per
la sua condotta, mentre sappiamo benissimo che gli altri ragazzi
popolari vengono fatti a pezzi.
- Allora? Dove ci porta tutto questo? – chiede ancora Hotch.
- Dawn è stata uccisa perché conosceva
almeno uno dei nostri S.I., di questo sono convinta. Abbiamo dato per
scontato che qualcuno dei suoi compagni sapesse qualcosa, ma se non
fosse uno dei suoi compagni?
- Non ti seguo più – Rossi scuote la testa.
- La Catholic High School, a differenza delle altre
scuole colpite, non è un liceo pubblico. E’ un costoso
liceo privato. I ragazzi che lo frequentano abitano in quartieri
diversi di Biloxi. E se il nostro S.I. fosse un compagno di infanzia
della Miller? – Sarah osserva la cartina della città.
- Allora lei è rimasta in contatto con questa
persona, che però ora frequenta una scuola diversa. Ha senso
– Spencer si avvicina e comincia a sua volta a guardare la
cartina.
- Quindi il nostro S.I. dovrebbe provenire dallo
stesso quartiere della Miller, giusto? – chiede Hotch in modo
retorico – Garcia.
- Consideralo come fatto – dice l’informatica cominciando la sua ricerca.
Continua…
Per Francyna: grazie dei
complimenti e non ti preoccupare ;) Finchè almeno una di voi mi
commenterà continuerò a scrivere fino a consumarmi le
dita XD
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Capitolo XIV. To break the rules ***
Capitolo 14
Capitolo XIV. To break the rules
Stazione di polizia di Biloxi
- Che vuol dire: niente? – Sarah è scioccata.
- Niente di niente. Nessuno degli studenti della Catholic High School proviene dal quartiere di Dawn Miller.
Sarah si chiede se non ha sbagliato. In fin dei conti non è
infallibile e il profiling non è una scienza esatta. Eppure
c’è qualcosa che non le torna.
- JJ è possibile parlare con i genitori della Miller – non sembra disposta ad arrendersi.
- Penso di si. Veramente dovevo andare a parlare con sua madre domattina.
- Se non ti dispiace vengo con te. Garcia potresti
controllare se i Miller hanno cambiato casa, oppure se qualcuno dei
ragazzi della Catholic High ha vissuto in quel quartiere?
- E’ un lavoro piuttosto lungo…
- Puoi ricominciare domattina – interviene
Hotch alzandosi – Ora direi di andare tutti a mangiare e poi in
albergo. E’ stata una lunga giornata, abbiamo bisogno di riposo.
Rossi guarda Hotch. Sembra tornato il capo di sempre. Qualsiasi cosa si
siano detti lui e Collins pare abbia funzionato. Si domanda solo se
l’ossessione di Hotch sia sparita o solo sopita. Il suo sguardo
si sposta su Reid. No, il ragazzo non ha la tempra adatta per
combattere una battaglia con Hotch… o forse si? Spera di non
doverlo mai scoprire.
Camera d’albergo, Biloxi
Dopo la cena Sarah è andata diretta nella propria camera per
farsi una doccia. Non è sicura se andare da Spencer, si sente
stanca e probabilmente anche lui ha bisogno di riposare. Rimane in
piedi a fissare il telefono, una chiamata può farla. Magari
anche lui ha voglia di parlare un po’. Sente bussare proprio
mentre la sua mano si posa sulla cornetta.
Apre piano la porta e rimane sorpresa di trovarsi davanti Reid.
E’ sempre lei che va nella sua stanza, mai il contrario, anche
perché di solito lei è sullo stesso piano di Hotch. Si
scosta per farlo passare e richiudere la porta prima che qualcuno se ne
accorga.
Non aveva mai riflettuto sul fatto della vicinanza della sua camera a
quella di Hotch. Comincia a pensare che non sia un caso fortuito, ma
qualcosa che il suo capo fa deliberatamente per tenerla d’occhio.
Che facesse pure, quello che si dovevano dire è stato detto quel
pomeriggio. Non ha intenzione di farsi condizionare la vita da lui.
E’ ancora in accappatoio e i suoi capelli sono ancora bagnati. Si
appoggia alla porta e aspetta che Spencer le dica qualcosa. Se è
venuto a trovarla ci sarà un motivo, ma sa anche che Spencer ha
i suoi tempi per dire le cose. Non vuole forzarlo, quando si
sentirà pronto semplicemente si volterà verso di lei e
parlerà.
Lui effettivamente si gira ma non le dice assolutamente niente. Rimane
lì fermo a guardarla con le mani in tasca, come se aspettasse
qualcosa.
Sembra quasi che usi la tecnica del
silenzio, quella che usiamo durante gli interrogatori per far parlare
il sospettato. Di solito la gente non regge la tensione di questo
silenzio per troppo tempo e finisce per dire qualcosa di
compromettente… Se non sapessi che è impossibile
direi proprio che lui vuole interrogarmi…
Restano cosi a fissarsi per un tempo indefinito, nessuno dei due vuole
fare il primo passo entrambi timorosi delle intenzioni dell’altro.
Lui le si avvicina e con un dito le scosta i capelli bagnati dal volto.
Lei sospira e si lascia andare contro la porta abbandonandosi a quel
momento di tenerezza.
- Hotch sembra tornato normale. Cosa è successo fra di voi?
Lei si irrigidisce.
- E’ per questo che sei venuto? Gelosia?
- Anche – risponde lui continuando il suo lavoro sui capelli di lei.
- Abbiamo parlato. Sono riuscita a farlo ragionare
ecco tutto. Non è successo proprio niente – lei non riesce
più a rilassarsi.
- Allora perché sei cosi tesa? – le bisbiglia lui in un orecchio.
- Perché ho paura che tu possa fraintendere
qualsiasi cosa io dica… Non voglio ferirti, anche perché
non c’è niente per cui tu ti debba sentire ferito.
- Me lo giuri?
- Si.
Lui fa scorrere le sue mani sul corpo di Sarah, ancora avvolto nell’accappatoio.
- Dormo qui stanotte.
- Abbiamo deciso delle regole ricordi. Durante i casi
possiamo parlare, possiamo baciarci ma niente di più – lei
cerca di essere ferma e decisa, ma sente la mancanza del suo uomo.
- Come dici sempre: le regole sono fatte per essere infrante.
Lei spegne la luce e lui le sfila piano l’accappatoio.
Raphael è di nuovo di fronte a
lui, ma stavolta non riesce nemmeno ad alzare le mani. La scena
è diversa. Non sono in quel cimitero abbandonato di notte,
è pieno giorno e sono su un campo da football. Si rende conto di
essere totalmente nudo e legato ad un palo, mentre tutti i ragazzi
della squadra ridono di lui. Anche Alexa, la ragazza più bella
della scuola è lì e ride con gli altri. Raphael lo guarda
ancora un attimo poi solleva il machete.
- I peccatori vanno puniti!
Si avventa sui ragazzi e li uccide davanti a lui.
Lui non riesce a svegliarsi e mormora il nome di Sarah. Ora lei non può aiutarlo, sta combattendo contro i suoi demoni.
Esce dalle docce e si avvolge
nell’asciugamano. Si vergogna del suo corpo di bambina in mezzo a
tutte quelle adolescenti in fiore. Sa che la guardano e ridono di lei.
Si sente ancora più piccola e sola. Loro vogliono farla piangere
e lei non vuole dare questa soddisfazione a quel branco di adolescenti
cattive.
Missy la guarda andare verso
l’armadietto con un sorriso di scherno sul volto. Missy, il capo
delle cheerleader, la più bella ragazza della scuola.
Dall’alto della sua popolarità può permettersi di
deridere quella piccola ragazzina prodigio che viene evitata da tutti,
persino dagli sfigati.
Si avvicina al suo armadietto per
indossare i vestiti, ma sente che c’è qualcosa che non va.
Apre lo sportello e comincia ad urlare spaventata, le
ragazze si mettono a ridere.
- Su piccolina
– la schernisce Missy – sono cose da donna, non lo sai? Ah
scusa! Dimenticavo tu sei solo una mocciosa!
Una ragazza le è affianco, non riesce a vederle il volto coperto da un cappuccio. La vede alzare lentamente una pistola.
- I peccatori vanno puniti!
Poi comincia a sparare all’interno dello spogliatoio femminile.
Si sveglia, mentre una mano delicatamente la scuote. Spencer chiama
piano il suo nome e lei si gira verso di lui, il viso rigato di
lacrime. Si rifugia nelle braccia del suo ragazzo e lo stringe forte.
Anche lui sembra sconvolto ed è tutto sudato.
- Brutto sogno? – le chiede mentre l’abbraccia.
- Si. Anche tu?
- Già.
- Il solito incubo?
- Quasi… stavolta era diverso.
- Diverso come? – gli chiede lei mettendosi a sedere mentre accende la luce.
- Due ricordi sovrapposti – sospira lui tirandosi su.
- Vuoi raccontarmelo?
- Solo se tu mi racconti il tuo.
- Avevo dieci anni – comincia lei tirandosi il
lenzuolo addosso – il mio primo anno alle superiori. Dopo
l’ora di ginnastica le ragazze decisero di farmi uno
“scherzo”…
- Immagino che tu non ti sia divertita – dice mentre le passa un braccio intorno alle spalle.
- Per niente – scuote la testa – Mi
avevano riempito l’armadietto di assorbenti e preservativi, tutto
rigorosamente già usato. Non l’ho mai raccontato a
nessuno. Era l’ultima ora, mi sono rimessa i miei vestiti e sono
andata a prendere lo scuolabus. Arrivata a casa mi sono messa sotto la
doccia e ho cominciato a strofinare più forte che potevo. Anche
se davanti a loro ho cercato di darmi un contegno, rimasta sola nella
doccia di casa…
- Il tuo rituale della doccia… è cosi che è nato, vero?
- Si. Non volevo dare loro la soddisfazione di
vedermi piangere. E’ stata una delle esperienze più
umilianti della mia vita. Stavolta però c’era uno dei
nostri S.I. nello spogliatoio e…
- A fatto una carneficina.
- Come lo sai? – chiede lei stupita.
- Raphael stavolta non ha attaccato me.
- E chi ha attaccato? – lei abbassa il tono della voce e gli carezza piano il viso.
- Questa cosa l’ho raccontata solo a Morgan una volta…
- Se non vuoi dirmelo... – dice lei abbassando gli occhi.
- Parlando di umiliazioni, non ti ho mai raccontato cosa hanno fatto a me al liceo…
Continua…
Per Harleen: mi fa
piacere sapere che Sarah sembra "vera". Ho cercato di renderla
più umana possibile ^^ e non è vero che la tua recensione
è "inutile". Fa sempre piacere sapere che qualcuno apprezza i
propri lavori^^ Spero di trovare ancora i tuoi commenti nei prossimi
capitoli ^^
Ciao e grazie di seguirmi
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Capitolo XV. Find the first! ***
Capitolo XV
Capitolo XV. Find the first!
Camera d’albergo, Biloxi
Quando Spencer finisce di raccontare lei si imita ad accarezzargli i
capelli senza dire niente, spenge la luce e rimangono abbracciati in
silenzio. Nessuno dei due riesce a riprendere sonno dopo l’incubo
che li ha svegliati. Fuori comincia ad albeggiare e Spencer, anche se
controvoglia, si scioglie dall’abbraccio e comincia a recuperare
i propri vestiti.
Deve tornare nella propria camera prima che gli altri si sveglino.
Sarebbe imbarazzante essere beccato da Hotch mentre esce dalla camera
di Sarah. Non vuole che il capo torni a comportarsi come un pazzo e sa
cosa prova Hotch per Collins. Dentro di se prova un moto di ribellione.
Perché deve preoccuparsi dei sentimenti di qualcun altro? In fin
dei conti Sarah è la SUA ragazza e il suo rivale dovrà
farsene una ragione prima o poi.
Non si rimette la cravatta, che infila distrattamente in una tasca
della giacca e poi si china si di lei per un ultimo bacio. Non si
dicono niente, anche se pesa ad entrambi non poter vivere la loro
storia alla luce del giorno. Hanno fatto un patto, il loro lavoro non
deve risentire del sentimento che li lega. Ma risulta sempre più
difficile separarsi.
Quando la porta si chiude alle spalle di Spencer, Sarah abbraccia il
cuscino dove lui ha dormito. Riesce ancora a sentire il profumo di lui
e si lascia cullare da quell’odore familiare che riesce sempre a
rilassarla e farla sentire al sicuro. Anche se non vuole finisce per
alzarsi e andare in bagno. L’attende una lunga giornata, inutile
rimanere al letto a crogiolarsi.
Si butta sotto la doccia bollente cercando di tenere a mente solo il
caso. Prova ad accantonare in un angolo della sua mente Hotch, la loro
discussione e l’incubo che l’ha svegliata. Sa che il motivo
per cui ha sognato uno degli S.I. che la vendicava del dispetto delle
ragazze è dovuto al fatto che gli S.I. puniscono i bulli. Deve
aver proiettato le sue angosce riguardanti il caso all’interno di
quel ricordo che la tormenta. La stessa cosa ha fatto Spencer,
inserendo Raphael all’interno del ricordo di quell’atto
meschino dei suoi compagni di scuola.
Si veste velocemente e prende il block-notes, cominciando a scrivere
tutto quello che sa del caso e degli S.I., vicino al nome di Dawn
traccia un grosso punto interrogativo. Spera di poterlo eliminare una
volta parlato con i signori Miller.
L’orologio segna le 7,30. Decide che è ora di muoversi,
mette i suoi appunti nella borsa. Si guarda allo specchio. Ha scelto un
tailleur pantalone molto professionale, vuole essere presa sul serio
dai genitori affranti di quella ragazza. Finisce di pettinarsi, legando
i capelli in un austero chignon. Afferra la borsa ed esce dalla stanza
con passo deciso. Vuole inchiodare gli S.I. prima che un’altra
famiglia subisca un lutto.
Rossi è chino vicino all’ascensore con qualcosa in mano.
Appena la vede arrivare infila la mano in tasca e le fa un sorriso
tirato. Sembra strano e biascica un buongiorno striminzito. Non
è espansivo e paterno come al solito.
Scendono insieme nella hall dove il resto della squadra comincia a radunarsi. Si avvicina a Reid e lo prenda da una parte.
- Qualcosa non va, Rossi? – chiede Spencer notando lo sguardo serio dell’altro.
- Credo che questa sia tua – dicendo cosi gli
mette in mano la cravatta che ha appena estratto dalla tasca –
Cerca di stare più attento, se l’avesse trovata Hotch
sarebbero stati guai seri. Non vi dico niente, ma per il futuro
gradirei che almeno durante i viaggi di lavoro vi comportaste come
professionisti.
Dicendo cosi si allontana senza lasciare la possibilità
all’altro di ribattere. Spencer è arrossito e mette
via la cravatta nella tracolla. Si rimprovera mentalmente per la sua
sbadataggine, Rossi ha ragione poteva trovarla Hotch. Si chiede se
inconsciamente non l’abbia fatto apposta a perderla sul piano di
Sarah. Vorrebbe che Hotch la smettesse di sbavarle dietro, vorrebbe che
sapesse che Sarah è già impegnata. Vorrebbe un po’
di rispetto, ecco!
Sente la mano forte di Morgan afferrare la sua spalla e si volta.
- Tutto bene, ragazzino?
- Si – mente lui sperando che l’altro lasci cadere l’argomento.
- Stiamo andando a fare colazione, muoviti o ti lasciamo qui.
Casa dei signori Miller, Biloxi
JJ e Sarah si accomodano nel salotto dove la padrona di casa, in
lacrime, cerca di rispondere alle loro domande. Sarah si alza e
comincia a girare per la stanza osservando i soprammobili, i quadri e
le foto. Ce ne sono molte di Dawn. In tutte le immagine ha il volto
illuminato da un sorriso felice. Sarah si volta verso il padre che non
ha ancora proferito parola.
- Mi scusi signor Miller, potrei vedere la camera di sua figlia?
- Perché? – l’uomo è spiazzato dalla richiesta di quell’agente federale.
- Abbiamo il sospetto che sua figlia conoscesse il suo assassino.
- E’ assurdo! Dawn era una brava ragazza, era… - il signor Miller si accascia sulla poltrona.
- Non lo metto in dubbio. Queste cose non succedono
solo alle persone cattive. Purtroppo può succedere a chiunque di
incontrare la persona sbagliata.
- Dawn non avrebbe mai dato confidenza ad un poco di buono – interviene la madre asciugandosi il viso.
- Signori, purtroppo chi ha ucciso vostra figlia non
ha stampato in faccia la parola “assassino”. Forse era una
persona della quale Dawn si fidava, qualcuno che conosceva da molto
tempo.
I signori Miller si guardano negli occhi, il dolore sembra troppo
grande da affrontare. Da dietro la porta appare un ragazzino biondo,
Collins valuta la sua età intorno ai dodici anni.
- Ciao – gli dice Sarah.
- Questo è nostro figlio Tom – il padre
gli fa cenno di avvicinarsi – Sai se Dawn frequentava qualcuno di
strano?
- Signor Miller, noi non stiamo cercando qualcuno di
“strano”. Anzi, probabilmente sembra una persona a posto,
qualcuno di cui anche voi vi fidereste – ribadisce Sarah.
La madre annuisce, poi si alza e fa segno a Collins di seguirla al
piano superiore. Apre la prima porta a destra dopo le scale e le fa
cenno di entrare.
- E’ tutto esattamente come lo ha lasciato lei.
Doveva tornare subito a casa dopo gli allenamenti delle cheerleader,
invece… - il pianto ricomincia.
Sarah poggia una mano sulla spalla della donna e cerca di confortarla come può.
- Signora, le prometto che farò tutto quanto
in mio potere per prendere la persona che ha fatto del male a Dawn.
- Grazie. Io non ce la faccio ad entrare. Quando ha finito chiuda la porta per piacere.
Entra nella camera. Le pareti sono coperte da una carta da parati
bianca con disegnati sopra dei lillà. E’ molto ordinata.
Dawn doveva essere una ragazza meticolosa. Apre l’armadio dove i
vestiti sono perfettamente allineati, tutti piuttosto seri per una
ragazza di appena sedici anni. Osserva i libri della ragazza che non le
servivano per la scuola. Soprattutto romanzi rosa, Sarah sorride al
pensiero che tutte le sedicenni pensano all’amore come qualcosa
di romantico.
Si gira verso la bacheca dove la ragazza attaccava foto, ritagli di
giornale e biglietti con sopra frasi di poeti famosi. Una foto in
particolare cattura la sua attenzione.
Dawn doveva avere dieci o undici anni in quella foto, si intravede un
prato ben curato e dei giochi lasciati in terra. La ragazzina sorride
verso l’obiettivo circondando con un braccio le esili spalle del
suo compagno di giochi. Stacca la foto ed esce dalla stanza chiudendo
la porta.
La somiglianza non lascia spazio a dubbi, ma vuole chiedere conferma
prima di mettere nei guai un adolescente. Scende nel salotto e si
avvicina alla madre che cerca come può di rispondere alle
domande di JJ.
- Signora Miller, il ragazzo che è con sua figlia in questa foto è un compagno di scuola?
- No, non più. Il piccolo Jerry Whitehouse ora
frequenta la Catholic High School, ma lui e Dawn sono rimasti molto
amici. Prima che i Whitehouse si trasferissero in un altro quartiere
erano i nostri vicini di caso, fin da piccoli erano letteralmente
inseparabile.
- Grazie, signora. Posso tenere questa foto?
- E’ stato lui? E’ stato Jerry? – il padre si alza come una furia dalla poltrona.
- Non lo sappiamo signore, stiamo solo cercando di
appurare chi Dawn frequentassi, di chi si fidava. Se lei e Jerry erano
cosi amici, sicuramente lui saprà dirci qualcosa. JJ?
- Si. Ora dobbiamo andare signori. Vi terremo aggiornati.
Interno di un SUV, strade di Biloxi
- Credi che sia lui? – chiede la voce di Hotch.
- Una cosa è sicura, abbiamo trovato il
collegamento fra Dawn Miller e la Catholic High. Quei due si
conoscevano. Erano amici fin dall’infanzia e Whitehouse era stato
preso di mira dalla nostra seconda vittima – risponde Sarah.
- Tommy Larsson – interviene Spencer – Lo
ricattava. O Jerry faceva i suoi compiti, oppure Tommy e gli altri
ragazzi della squadra di football l’avrebbero picchiato.
- Noi stiamo andando a prelevarlo – li informa Sarah – Credo che dovreste avvertire i genitori.
- State attente, quei ragazzi sono pericolosi –
Hotch attende un attimo prima di proseguire – Morgan, Prentiss,
raggiungetele alla scuola. Voi non fate niente finché non
arrivano.
- D’accordo – acconsente Collins – Ma sbrigatevi.
- Arriviamo in un baleno – assicura Morgan mentre già ha un piede fuori dalla porta.
Continua…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Capitolo XVI. The death of Raphael ***
Capitolo 16
Capitolo XVI. The death of Raphael
Catholic High School, Biloxi
Sarah e JJ sono ferme nel parcheggio della scuola, nell’attesa
che Emily e Derek arrivino. Collins continua a camminare su e
giù davanti al SUV ed a guardare l’orologio. Sembra avere
fretta di prelevare Whitehouse per interrogarlo.
- Sarah, dovresti calmarti. Morgan e Prentiss saranno qui a minuti.
- Non riesco a calmarmi. Dobbiamo interrogare quel
ragazzo il prima possibile. L’intervallo tra un omicidio e
l’altro si sta accorciando. Se non li fermiamo potrebbe esserci
un nuovo omicidio già domani – Sarah continua a
tormentarsi le mani.
- Credo di non averti mai visto cosi agitata – le fa notare JJ.
- Di solito riesco a controllarmi meglio – risponde appoggiandosi al SUV.
- Anche Hotch di solito non si comporta in quel modo
– JJ cerca di fare l’indifferente, sperando che
l’altra le dica qualcosa.
- Ognuno di noi ha i suoi momenti di… diciamo, nervosismo.
- Quello che è successo ieri è molto
più che nervosismo. Non sono fatti miei, però…
- Ecco, appunto – la interrompe Sarah –
Non sono fatti tuoi JJ, a dirla tutta è una faccenda che
riguarda solo Hotch.
- E te – insiste la bionda agente.
- Solo marginalmente. Non credere che io abbia tutto
questo potere su di lui. Ha dato fuori di matto una volta, allora? A
tutti noi capitano periodi di stress acuto. Ti devo ricordare il nostro
primo incontro?
JJ arrossisce. Decide di chiudere l’argomento, se Sarah non vuole
parlare è impossibile smuoverla. Riflette che dopo un anno sa
molto poco della sua collega. Sa che è dura, decisa e testarda.
E’ un’ottima profiler e sa mantenere i segreti meglio di
chiunque altro. Ma della sua vita privata al di fuori
dell’ufficio non sa niente. Garcia ha detto che lei e Spencer
hanno una storia, ma la cosa le sembra strana ed improbabile.
- Garcia mi ha detto una cosa – prova di nuovo.
- Cioè? – Sarah finalmente sembra concentrarsi sulla sua collega.
- Un mese fa è andata a Falmouth in gita con
Kevin. Le è sembrato di vederti in compagnia di…
Collins è visibilmente in imbarazzo e le gote cominciano a
prendere una leggera colorazione rossa. JJ la guarda a bocca aperta.
- Allora è vero!
- Non so a cosa ti riferisci – cerca di
recuperare il contegno ma il rossore sulle guancie si fa ancora
più acceso.
- Tu e Spencer! Non ci posso credere! – JJ è sconvolta dalla notizia.
- Torno a ripeterti che non so di cosa tu stia
parlando – ribadisce l’altra – e anche se fosse,
neanche questi sono affari tuoi.
In quel momento un SUV nero parcheggia accanto a loro. Sarah ne
approfitta per allontanarsi da JJ e porre fine a quella conversazione.
Derek e Emily scendono dall’auto e si avvicinano a Collins.
- Come procediamo? – chiede Derek.
- JJ andrà a parlare con il preside e
chiederà che Whitehouse sia allontanato dalla classe. Faremo
avvertire i genitori, lo porteremo in centrale e lo interrogheremo.
- Credi che parlerà? – chiede Emily dubbiosa.
- Non lo so, ma dobbiamo tentare di strappargli
almeno un nome. Mentre io e Derek lo portiamo in centrale tu e JJ
parlerete con i professori. Chiedete chi sono i suoi amici
all’interno della scuola. Con chi passa il tempo.
- Ok – annuisce Derek – siamo pronti?
Tre teste annuiscono e tutti e quattro si avviano verso la scuola.
Sentono delle urla provenire dagli impianti sportivi. Estraggono le
pistole e corrono verso l’origine di quei rumori.
Un gruppo di ragazzi e ragazze sono radunati vicino gli spalti, alcune
delle ragazze continuano a urlare, altre piangono. Sarah e Derek
cercano di farsi largo fra la calca di adolescenti. Il corpo di un
ragazzo giace riverso nel sangue. Qualcuno a pugnalato Jerry Whitehouse
in pieno petto, per il ragazzo non c’è più niente
da fare.
Stazione di polizia di Biloxi
Sono tutti radunati intorno al tavolo in silenzio. La notizia della
morte del loro unico sospettato a scosso tutta la squadra. Sarah
continua a guardare il tabellone con le foto delle vittime.
- Chi e perché l’ha ucciso? – chiede Garcia, la più scossa dalla notizia.
- Perché sapevano che saremmo arrivati a lui
tramite Dawn Miller – le risponde Sarah distrattamente –
Gli S.I. sapevano che uccidere la Miller era stato un passo falso,
troppo legata a uno di loro. Jerry, inoltre, aveva un movente anche per
Larsson. Era solo questione di tempo prima che lo prendessimo. Devono
aver avuto paura che parlasse e rivelasse i nomi dei suoi complici.
- Ma è stato rischioso ucciderlo lì in
pieno giorno – fa notare Spencer –Stanno scompensando.
- Non credo. Era un rischio calcolato. A
quell’ora gli impianti sportivi sono pressoché deserti, i
ragazzi hanno lezione. L’hanno ucciso dietro gli spalti ed hanno
lasciato lì il corpo – Sarah torna a fissare le proprie
mani incrociate sul tavolo.
- Tutto questo è assurdo! – sbotta Rossi
– Tutte queste vite distrutte, perché? Per qualche
dispetto?
- Il bullismo è qualcosa di molto diverso da
qualche scherzo – gli fa notare Sarah – Chi è
vittima di quegli atti li vive come soprusi personali. Non
c’è niente di peggio per un’adolescente che sentirsi
preso di mira dai propri compagni.
- Specialmente se non sei popolare – finisce Spencer.
- E adesso? Come ci muoviamo? – chiede Derek rivolto a Hotch.
Il capo scuote la testa. Non sa neanche lui come portare avanti il caso arrivati a questo punto. Si volta verso Sarah e Spencer.
- Collins, Reid, suggerimenti?
I due si guardano. Spencer scuote la testa, non sa come aiutare la squadra. Sarah prende un respiro.
- Direi di procedere come avevamo detto.
Interrogheremo i professori di Whitehouse. Il ragazzo avrà avuto
degli amici all’interno della scuola. Direi di partire da
lì.
- D’accordo – conviene Hotch –
Garcia fa una ricerca incrociata su Jerry Whitehouse. Controlla se
qualcun altro della Catholic High ha frequentato le sue stesse scuole.
- Subito.
- Prentiss e JJ, tornata alla scuola ed interrogate i
professori. Rossi e Reid dal medico legale. Collins tu aiuta Garcia con
le ricerche su Whitehouse. Io e Morgan andiamo a parlare con la
famiglia.
Sarah è concentrata sul monitor, la ricerca è un
po’ complessa e richiede tempo. Sente bussare alla porta e va ad
aprire. Il detective La Voisin è lì con un foglio in mano.
- Questa è arrivata poco fa, è diretta
a voi. Non c’è il mittente – sembra teso.
Collins prende in mano il foglio e comincia a leggere.
“Raphael non era più degno. Aveva riportato Lucifero
all’interno del paradiso nonostante i divieti. I miei arcangeli
non devono disubbidire alla mia volontà!
Gabriel e Mikael sono ancora fedeli. E’ scritto che nessuno
può mettere in dubbio le miei decisioni. State attenti voi che
sfidate le miei leggi. La mia collera non tarderà ad abbattersi
su di voi!
א*להים”
- Garcia chiama Hotch. Subito! – Sarah è preoccupata e si nota dal suo tono di voce.
- Cosa gli devo dire?
- Che il profilo era sbagliato e devono tornare tutti
qui il prima possibile. Detective chi ha ricevuto questa lettera?
- Uno dei miei agenti, me l’ha data poco fa.
- Voglio parlare con lui.
- Si, subito. Ma cosa è successo?
- Sappiamo chi sono le prossime vittime.
- Chi?
- Noi.
Continua…
Per Francyne: grazie^^
Per Benny: dove sei? mi manchi :(
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Capitolo XVII. Elohim ***
Capitolo 17
Capitolo XVII. Elohim
Stazione di polizia di Biloxi
Hotch, Morgan e Reid continuano a rileggere la missiva degli S.I.
cercando un indizio su chi siano. Garcia continua la sua ricerca sul
computer, mentre JJ, Rossi e Prentiss si concentrano sulle schede dei
ragazzi della Catholic High.
Sarah entra nella stanza e chiude la porta alle sue spalle. E’ visibilmente tesa e contrariata.
- Cosa ha detto il poliziotto? – la interroga Morgan.
- Niente di utile. Ha trovato la busta fuori dalla centrale.
- Come sapeva che era per noi? – chiede Rossi corrugando la fronte.
- C’è scritto “Per quelli
dell’F.B.I.” – risponde Sarah mostrando la busta
chiusa in un involucro di plastica – Non sono state rilevate
impronte, né sulla busta né sulla lettera.
- Cosa significa quella scritta alla fine della
missiva? – chiede Hotch continuando a rileggere il messaggio.
- E-lohim, “Coloro che hanno vita in se
stessi”. E’ uno degli appellativi biblici di Dio –
risponde Sarah riprendendo in mano il profilo – Quindi abbiamo
tre S.I. che commettono materialmente gli omicidi e un quarto che
impartisce gli ordini.
- Perché sostieni che le prossimi vittime siamo noi? – chiede Garcia visibilmente preoccupata.
- Ce lo dice la lettera. Abbiamo messo in dubbio
l’operato e le decisioni prese dall’S.I. dominante,
dobbiamo essere puniti come Miller e Whitehouse.
- Quindi non è stato Whitehouse ad uccidere la Miller? – interloquisce Spencer.
- No. Dalla lettera è chiaro che Whitehouse
era Raphael e che lui ha cercato di difendere Dawn – Sarah
comincia ad analizzare il caso – Sappiamo che chi ha ucciso la
Miller si firma come “Gabriel”. Probabilmente Dawn era di
ostacolo all’S.I. dominante, visto che aveva qualche tipo di
influenza positiva su Jerry. Il capo ha ordinato che fosse uccisa e
Jerry si è ribellato.
- A quel punto è stato ucciso anche lui per evitare che parlasse – finisce Derek con una smorfia.
- Questi ragazzi sono ormai fuori controllo –
Hotch mette da parte la lettera ed osserva uno ad uno i suoi agenti
– Dobbiamo stare attenti, se Collins ha ragione ci hanno preso di
mira. Nessuno di voi deve andare in giro da solo. Non lasciate le
vostre camere per nessun motivo e dovete comunicare sempre dove vi
trovate.
Sette teste annuiscono convinte. Sarah si gira ad osservare Garcia, la
più indifesa fra di loro. Hotch intercetta il suo sguardo e
sospira.
- Siamo otto. Ognuno di noi avrà un compagno
deciso secondo l’ordine di vicinanze delle stanze. JJ e Prentiss,
Rossi e Garcia, Reid e Morgan, io e Collins. Qualsiasi cosa succeda ci
muoveremo secondo queste accoppiate. Domande?
Il silenzio ritorna nella sala. Spencer e Sarah si guardano. Non
c’è bisogno che lui dica qualcosa, la sua
contrarietà è ben visibile nello sguardo che lancia a
Hotch. Sarah scuote leggermente la testa e torna a fissare il suo capo.
- Direi che è ora di andare a mangiare. Dopo
di ché andremo tutti diritti in albergo, ognuno nella sua stanza
– Hotch si alza seguito dal resto del team.
Albergo, Biloxi
Camminano fianco a fianco lungo il corridoio, non si erano rivolti la
parola da quando tutti insieme avevano lasciato il ristorante. Si
fermano davanti alla porta della camera di Sarah, lei si gira e
inserisce la scheda magnetica. Hotch le poggia una mano sulla spalla e
la fa voltare.
- Ti da cosi fastidio che sia io il tuo compagno? – sembra ferito dal comportamento di lei.
- Non è questo… non credi sia il caso
di rimandare Garcia a Quantico? Qui sta diventando pericoloso e lei
è la più indifesa. Non è neanche armata.
- Si, hai ragione. Ma come facciamo per il computer di Whitehouse?
- Quello posso benissimo farlo io. Dimentichi che sono anche un hacker.
- Già – lui la guarda ancora un attimo – e Rossi?
- Farà squadra con me e te. Siamo tutti e tre sullo stesso piano e le nostre camere sono vicine.
- Tutto pur di non rimanere da sola con me, vero? – Hotch scuote la testa e abbassa gli occhi.
- Cerchiamo di non andare sul personale. Qui si parla
di un caso e di quello che è meglio per la squadra. Garcia qui
ci è solo di intralcio, soprattutto per Rossi che in caso di
attacco dovrebbe pensare a difenderla. Cerchiamo di essere logici per
una volta – Sarah appare esasperata.
- D’accordo. Domani mettiamo Garcia
sull’aereo e io, te e Rossi faremo squadra insieme… Non
hai risposto alla mia domanda. Ti da fastidio rimanere sola con me?
- Si! – lei lo guarda con astio – Si, mi
da maledettamente fastidio. Pensi che non mi sia accorta della strana
vicinanza delle nostre camere durante i casi? O che è cominciata
da quando ti ho detto che c’è qualcuno nella mia vita?
Lui ricambia lo sguardo con altrettanto astio, poi scuote la testa e si
volta. Si avvicina alla porta della propria camera e senza guardarla le
risponde con amarezza.
- Sei stata chiarissima ieri. Non c’è
bisogno che mi ricordi ogni due minuti che hai preferito qualcun altro.
Buonanotte.
Lei non gli risponde neanche, chiude la porta con rabbia. Si siede sul
letto e comincia a massaggiarsi le tempie sentendo arrivare
l’emicrania. Quell’uomo è impossibile, per quanto si
sforzi di capire i sentimenti che muovono Hotch non sempre ci riesce.
Vorrebbe che lui la lasciasse in pace, in fin dei conti non è
colpa di nessuno la situazione che si è venuta a creare. Non si
può decidere di chi innamorarsi, questo Hotch lo dovrebbe capire.
Prende in mano la cornetta del telefono e chiama l’unica persona
che vuole sentire in quel momento. Il telefono continua a squillare, si
dice che forse è sotto la doccia. Va in bagno anche lei, rimane
sotto il getto dell’acqua calda con un orecchio teso per captare
il minimo rumore. E’ preoccupata, quei ragazzi sono imprevedibili.
Mentre finisce di asciugarsi prova di nuovo a chiamare, di nuovo
nessuna risposta. Comincia a preoccuparsi veramente. Decide di chiamare
Spencer.
- Pronto?
- Spencer, sono Sarah. Derek è lì da te?
- Perché?
- Ho provato a chiamarlo ma non risponde.
- L’ho lasciato in camera sua un’ora fa!
Sarah infila di corsa i pantaloni e una maglietta, afferra la pistola e
esce dalla camera. Bussa di sfuggita alla porta di Hotch e Rossi mentre
si dirige verso l’ascensore. I due si affacciano quasi in
contemporanea.
- Cosa sta succedendo? Dove vai a quest’ora? – Hotch la fissa stupito.
- Derek non risponde al telefono. Spencer l’ha lasciato in camera circa un’ora fa.
- Arriviamo – risponde Rossi mentre si volta per prendere la pistola.
Sono tutti davanti alla porta di Derek, Hotch ha chiamato il portiere
per farla aprire. Sono tutti tesi, Emily è pallida e, anche se
cerca di nasconderlo, le tremano le mani.
Finalmente il portiere apre la porta e Sarah e Hotch si precipitano
all’interno accendendo la luce. Emily fa capolino dalla porta.
Nella stanza c’è disordine, chiaramente è la scena
di una colluttazione. Sulla parete con la vernice rossa è stato
trascritto il nome di Mikael. Prentiss lascia andare la pistola che
cade a terra con un tonfo, Sarah le circonda le spalle con un braccio.
Gli S.I. hanno rapito Morgan su questo non c’è dubbio. Quanto tempo rimane prima che gli facciano del male?
Continua…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Capitolo XVIII. Fear and love ***
capitolo 18
Capitolo XVIII. Fear and love
Albergo, Biloxi
- Lo troveremo, ti giuro che lo troveremo – Sarah bisbiglia nell’orecchio di Emily.
Prentiss non riesce a reagire, il cuore si è come fermato. Si
aggrappa alla sua amica e chiude gli occhi. Spera che sia solo un
brutto sogno.
- Come hanno fatto a sopraffarlo? Morgan è un
tipo atletico, questi dovrebbero essere dei ragazzini! – Spencer
si rifugia nella logica.
- Dove possono averlo portato? – Hotch continua a guardarsi intorno in cerca di indizi.
Un urlo femminile dall’altra parte del corridoio fa scattare
tutti. Collins è la prima che corre. Volta l’angolo e si
trova davanti una cameriera spaventata che guarda dentro lo sgabuzzino.
Si affaccia a sua volta, Derek è lì stesso. Tasta il
collo dell’amico alla ricerca del battito cardiaco. Finalmente lo
trova, debole e irregolare.
- Chiami un’ambulanza. Subito!
Nota appena il resto della squadra che è lì in attesa.
Non ci sono ferite sul corpo di Morgan, solleva leggermente una
palpebra del collega. Le pupille dilatate dicono che è stato
drogato. Nota un biglietto appuntato sulla camicia del ragazzo. Hotch
si inginocchia accanto a loro.
- Come sta?
- E’ stato drogato, ma non ci sono segni di violenza.
- Cosa dice il biglietto?
Sarah guarda Hotch negli occhi prima di darglielo. Aspetta che lui finisca di leggere e poi si volta verso il resto del team.
- Portate Garcia in camera sua e fatele preparare le valigie.
- Come? – la bionda informatica osserva la
scena visibilmente scossa – Dove dovrei andare? Come sta Morgan?
- Sta bene, non temere. L’hanno solo drogato.
Tu torni a Quantico immediatamente – Hotch non toglie gli occhi
di dosso a Collins – Prentiss e JJ accompagnatela. Noi aspettiamo
l’ambulanza e andiamo in ospedale con Morgan.
JJ deve trascinare via Emily con la forza, mentre la mora continua a
voltarsi verso lo sgabuzzino. Sarah sospira e fa cenno a Hotch di
passare il biglietto a Spencer e Rossi.
Finalmente arrivano i paramedici che caricano Derek su una barella e lo
portano via. I quattro seguono l’ambulanza in silenzio, ognuno
perso dietro i propri pensieri e ragionamenti.
Pronto Soccorso, ospedale di Biloxi
Nella sala d’attesa sopraggiungono JJ, Garcia e Prentiss. Emily
è ancora scossa e Sarah si alza per portarla fuori e parlarle in
privato.
- Come sta? – le trema la voce e le sue mani sono gelate.
- Il medico non è ancora venuto a parlare con
noi, ma non c’erano ferite. L’hanno drogato, ma doveva
essere troppo pesante per loro, cosi l’hanno abbandonato nello
sgabuzzino. Vedrai che si riprenderà – afferra le mani
dell’amica e cerca di scaldarle con le proprie.
- Io… non credo di sentirmi bene.
- E’ la reazione alla paura, ora che
l’adrenalina sta calando è normale sentirsi cosi –
dicendo cosi la porta verso il distributore di caffè – Ti
serve qualcosa di caldo.
- Mi serve vederlo ed assicurarmi che sta bene!
- Lo so, ma cerca di trattenerti. Vuoi che tutta la squadra lo sappia?
- No – è sull’orlo delle lacrime – ma che mi importa! Voglio vederlo.
- Tra poco ci faranno entrare. Non preoccuparti, io e
Spencer distrarremo gli altri e vi lasceremo soli. Ora cerca di mandare
giù questo caffè e di farti forza.
- Come pensi di tenere lontana Garcia?
- Con l’ordine perentorio di rientrare
immediatamente a Quantico. Non preoccuparti, troverò il modo di
farvi stare da soli per un po’ – Sarah le sorride e le
scosta i capelli dal volto.
- Grazie.
- Tu faresti lo stesso per me.
- Come sarebbe che devo rientrare subito? – Garcia è arrabbiata.
- Sarebbe che devi rientrare subito. Cosa non ti
è chiaro del concetto? – Sarah sta diventando odiosa di
proposito.
- Non me ne vado senza prima aver visto Morgan! – Penelope si sta impuntando come previsto da Emily.
- Garcia, cerca di essere ragionevole. Tu qui sei
solo d’intralcio! Sei l’unica non armata e non in grado di
difendersi. Persino noi che siamo addestrati abbiamo dei problemi,
guarda cosa è successo a Morgan! – Hotch ha alzato la voce
senza volerlo, anche lui è scosso e preoccupato.
- Voglio vederlo! – Garcia si sente offesa e frustrata.
- Ti farò chiamare appena riprende conoscenza,
ora fa la brava e fatti accompagnare all’aeroporto da JJ e Hotch.
L’informatica incrocia le braccia e guarda tutti loro con odio.
Perché tutta questa fretta di liberarsi di lei? Sarah la
trascina verso il bagno, impendendo agli altri di sentire cosa si
dicono.
- Perché mi hai portato qui?
- Ascoltami bene. Ora noi dobbiamo concentrarci sul
caso, trovare chi ha fatto questo e non possiamo fare da baby-sitter a
te.
- Perché mi tratti cosi? – Penelope
è sull’orlo delle lacrime ormai – Tu sei sempre
stata gentile con me e ora mi tratti cosi male?
- Non credi che io sia preoccupata? Sono pericolosi e tu qui sei non sei al sicuro.
- Voglio vedere Morgan.
- Perché non vuoi renderci le cose più
facili? Se Derek fosse qui ora ti direbbe di prendere quell’aereo
senza fare tutte queste storie.
Penelope chiude gli occhi e una lacrima le corre sul viso. Collins ha ragione, Morgan la vorrebbe sapere protetta.
- Hai vinto. Ma appena si sveglia fammi chiamare.
- Promesso.
Rossi si unisce a JJ e Hotch che portano all’aeroporto Garcia.
Sarah, Spencer e Emily rimangono in ospedale nell’attesa che
Derek si svegli. Finalmente il dottore dice loro che possono entrare in
camera. Derek è ancora intontito, il suo sguardo si illumina non
appena vede i tre entrare.
- Dove sono gli altri? – chiede aggrottando le ciglia.
- Hanno accompagnato Garcia all’aereo –
spiega Spencer – L’abbiamo rimandata a Quantico, qui stava
diventando troppo pericoloso.
- E’ stata una vera lotta riuscire a
convincerla che era la cosa migliore – rincara Sarah con un
sorriso – Voleva prima assicurarsi che tu stessi bene.
- Non ha aspettato che mi svegliassi?
- L’ho convinta che tu avresti preferito
saperla al sicuro, inoltre… io e Spencer ci andiamo a prendere
un caffè. Emily, ti occupi tu di lui?
Emily fa solo un cenno con la testa e rivolge loro un sorriso grato.
Come i due ragazzi lasciano la stanza si siede ed afferra saldamente la
mano di Morgan.
- Deluso che non ci sia Garcia a tenerti la mano? – chiede abbassando lo sguardo.
- Sarei deluso se non fossi tu a tenermela –
risponde lui intrecciando le proprie dita con quelle di lei.
- Ho avuto cosi paura.
Prentiss poggia la testa sul petto di Derek e da sfogo a tutta la
tensione che ha cercato di trattenere. Lui le carezza piano la testa e
mormora piano il suo nome. Sarah rientra furtiva nella stanza e tira le
tendine prima di richiudere la porta con un sorriso malizioso rivolto
all’amico che arrossisce lievemente.
- Credi che sia il caso di lasciarli soli senza protezione? – Spencer appare perplesso.
- Da qui vediamo la porta della camera –
risponde lei appoggiandosi alla macchina del caffè – Hanno
bisogno di un attimo.
Si gira a guardare Spencer. Lui le si avvicina e le carezza piano una
guancia. Capisce quello che sta provando adesso Emily. Quando
quell’S.I. ha sparato a Sarah con il fucile a pompa lui credeva
di impazzire. Era rimasto tutta la notte al suo capezzale nella
speranza che lei si svegliasse prima dell’arrivo degli altri, per
avere un momento solo con lei. Sorride e pensa che in fin dei conti non
c’è niente di male se sorvegliano la stanza da
laggiù, lasciando a quei due un attimo per dirsi le cose
veramente importanti.
- Perché sorridi? – chiede lei sollevando un sopracciglio.
- Pensavo che sei molto brava a capire le necessità degli altri.
- Ti ricordi quell’S.I. che mi ha sparato?
- Certo, credo di non aver mai avuto cosi tanta paura in vita mia – risponde lui prendendole una mano.
- L’unica persona che volevo vedere al mio risveglio eri tu. Derek si sentirà nello stesso modo.
- E Prentiss si sente sicuramente come mi sono
sentito io. Il mio unico pensiero era di poterti parlare prima che
arrivassero gli altri.
Lei sorride e lo abbraccia, nascondendo il viso nel suo petto.
Rimangono cosi abbracciati osservando la camera di Derek, sorridendo al
pensiero che per quanto possano essere diversi quando si parla
d’amore sono in realtà tutti uguali.
Continua…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Capitolo XIX. Interview ***
Capitolo 19
Capitolo XIX. Interview
Ospedale di Biloxi
Emily è seduta sul letto di Derek, lui la sta stringendo mentre
la bacia con trasporto. Un leggero tossicchiare li fa voltare. Sarah e
Spencer sono sulla soglia della camera e li osservano sorridendo.
- Spiacente di interrompere il vostro…
discorso – esordisce Collins con un sorriso malizioso – ma
devo mantenere una promessa.
- Quale? – chiede Derek senza staccare le mani dalla vita di Emily.
- Ho promesso a Garcia che l’avresti chiamata
appena sveglio e già è mezz’ora che non sei
più in letargo – dice lei tirando fuori il cellulare e
premendo il tasto della chiamata rapida – Sbrigata questa
“formalità” puoi fare quello che preferisci.
Morgan lascia andare Prentiss controvoglia mentre questa si alza per permettergli di parlare con la sua amica al telefono.
- Intanto noi portiamo Emily a prendere un caffè – lo informa Spencer.
- Mi lasciate solo?
- Garcia parla abbastanza per tutti e tre – risponde Sarah strizzandogli l’occhio.
- Ehi bambolina! – esordisce lui mentre osserva i tre amici uscire chiudendo la porta.
Spencer lascia le due ragazze da sole per recarsi al bagno, mentre Sarah comincia ad inserire le banconote nella macchinetta.
- Lo sai che a forza di prendere caffè
renderai ricchi i proprietari dei distributori? – le fa notare
Emily con uno sguardo divertito.
- Qualcuno dovrà pur mandare
all’università i loro figli, no? – risponde
l’altra prendendo in mano il bicchiere – Come sta Derek?
- Bene, è vigile e presente.
- Anche troppo da quello che ho visto.
- Smettila – Prentiss spintona leggermente
l’amica diventando rossa – Vorrei vederti se io cominciassi
a fare questi commenti su te e Reid.
- Accomodati pure, l’unico che riusciresti a
far arrossire sarebbe Spencer. Sai com’è timido.
Piuttosto, parliamo di cose serie. Ti ha detto come sono riusciti a
drogarlo?
- Non abbiamo parlato di questo – ammette Emily prendendo a sua volta un bicchiere dal distributore.
- Appena torna Spencer dal bagno, io vado da Derek e
faccio un’intervista cognitiva. Voi non vi separate per nessun
motivo.
- Siamo ancora tutti in pericolo? Cosa diceva quel biglietto?
- Ne parleremo domani con calma tutti insieme.
Comunque, si, siamo ancora tutti in pericolo. Quei ragazzi sono
imprevedibili ed estremamente pericolosi nella loro follia.
- Come gli sarà saltato in mente di aggredire proprio Derek che è…
- Atletico e muscoloso. Devono averlo visto come il
bullo della situazione. Te lo detto prima, probabilmente dopo averlo
drogato si sono resi conto che era troppo pesante per loro e lo hanno
abbandonato nello sgabuzzino.
- Ma perché cercare di portarlo via? Voglio
dire, sono felice che non gli abbiano fatto del male,
però…
- La loro firma. C’è un luogo dove
uccidono le loro vittime. Fa parte della loro fantasia e non possono
rinunciarvi.
- Ma per Whitehouse l’hanno fatto!
- Si, ma non era un bullo da punire. Era uno di loro
che stava per tradirli. Non so esattamente come funzioni la loro mente,
ma credo che per loro il luogo degli omicidi sia molto importante.
- Di cosa state parlando? – chiede Reid appena tornato.
- Del caso, come sempre. Tu ed Emily rimanete qui ed
aspettate gli altri, io vado a parlare con Derek. Avrà finito la
telefonata con Garcia.
Sarah entra sicura nella stanza di Derek, che le porge il cellulare.
Lei lo rimette via e prende una sedia che posizione vicino al letto per
guardare in viso il suo collega. Si accomoda e lo scruta attentamente.
- Interrogatorio cognitivo? – chiede lui sospirando.
- Se te la senti, si. Potrebbe essere importante.
- Lo so.
- Pronto?
- Si – risponde lui chiudendo gli occhi – Entro nella mia stanza…
- No. Partiamo da prima. Siamo appena usciti dal ristorante.
- Ci incamminiamo verso i SUV, guido io come al
solito. Reid è di fianco a me, dietro ci sono Emily e JJ.
- Parlate?
- No, stiamo tutti in silenzio. C’è tensione nell’aria.
- Per via del caso?
- No, c’è tensione tra JJ e Reid. Non so
cosa si sono detti usciti dal ristorante, ma quando mi sono avvicinato
sembrava che stessero litigando.
- Vai avanti.
- Arriviamo in albergo e scendiamo dal SUV. Prendiamo l’ascensore.
- Rallenta. Siete scesi dal SUV, dove avevi parcheggiato?
- Davanti all’albergo.
- C’è nessuno in giro.
- Si, un sacco di gente. Ci sono due ragazzi che
amoreggiano vicino ad una macchina. Una signora che porta a spasso il
cane. Due motociclisti che discutono. Un ragazzo che parla al
cellulare. Aspetta! Il ragazzo ci sta osservando mentre parla al
cellulare!
- Lo vedi in volto?
- No, porta una di quelle felpe con il cappuccio.
Riesco a vedere solo le labbra che si muovono e una mano che regge il
cellulare vicino all’orecchio.
- Non importa. Poi che succede?
- Entriamo nella hall dell’albergo e prendiamo
l’ascensore. Io e Reid scendiamo per primi… JJ gli dice di
chiamarla non appena entriamo in camera. La cosa mi sembra strana ma
non faccio commenti. Reid mi lascia davanti alla porta della camera e
io aspetto che lui arrivi alla sua. Poi passo la tessera magnetica ed
entro.
- Accendi la luce?
- Si. C’è qualcosa di strano, mi sembra
che qualcuno abbia spostato le mie cose. Mi avvicino al tavolo e sento
qualcosa premermi sul viso. Sento due mani che mi premono un fazzoletto
sul naso, c’è un odore strano. Cerco di liberarmi della
presa, ma mi sembra che i miei muscoli non rispondano. Sento la vista
annebbiarsi e le gambe cedere. Prima di perdere conoscenza intravedo
una figura uscire dall’armadio.
- E’ uno degli S.I.?
- E’ una ragazza. Anche lei ha una felpa con il cappuccio tirato su.
- Come fai a dire che era una ragazza?
- La sua voce.
- Cosa dice?
- “Ottimo lavoro Mikael”.
- Ok, Derek. Penso che possa bastare.
Il profiler riapre gli occhi e si volta a guardare l’amica. Non
si era reso conto di averle stretto la mano durante la ricostruzione
della propria aggressione. Ci sono dei segni rossi sul polso della
ragazza.
- Scusami, non mi ero reso conto…
- Non preoccuparti – dice lei alzandosi e
posandogli un bacio leggero sulla fronte – Sono contenta che tu
stia bene. Ti hanno drogato con del cloroformio, era quello
l’odore strano che veniva dal fazzoletto.
- Sarah, dobbiamo prenderli.
- Lo faremo, Derek, lo faremo.
Hotch, Rossi e JJ tornano dall’aeroporto poco dopo. Si avvicinano
a Morgan chiedendogli come si sente. Sembrano tutti sollevati dalla
notizia che verrà dimesso in mattinata. Hotch prende la parola.
- Direi di tornare in albergo e riposarci.
- Derek non può rimanere da solo – fa notare Sarah – Io rimango con lui.
- Veramente toccherebbe a me rimanere – interviene Spencer – Lui fa coppia con me.
- Ok, Reid e Collins rimangono qui – acconsente
Hotch – Il resto di noi torna in albergo per dormire. Appena lo
dimettono ci raggiungerete alla stazione di polizia. D’accordo?
- Si, capo – risponde pronta Collins.
Escono tutti dalla stanza, Emily lancia un’ultima occhiata a
Derek che sta mettendo la propria pistola sotto il cuscino. Vorrebbe
parlargli ma sa di non potere davanti a tutta la squadra, cosi si avvia
lungo il corridoio seguendo il resto del team.
- Cerca di dormire – dice Sarah a Derek.
- E voi?
- Dormiremo a turni, non preoccuparti. In fin dei
conti non siamo noi quelli che sono stati aggrediti da tre adolescenti
fuori controllo – gli dice Sarah.
Derek vorrebbe ribattere ma sente le palpebre pesanti e si appisola. Spencer fa cenno a Sarah di uscire in corridoio.
- Dormi prima tu e poi ti sveglio io intorno alle tre – dice il ragazzo prendendole la mano.
- Prima perché non mi dici per quale motivo tu e JJ stavate litigando?
- Non so di cosa…
- Spencer, se vuoi dirmi le bugie almeno cerca di controllare la spalla sinistra.
- Te l’ha detto Derek?
- Durante l’interrogatorio cognitivo, si. Allora? Il motivo?
- Era arrabbiata con me.
- Per la nostra gita a Falmouth?
- Ha parlato anche con te?
- Ci ha provato ma io non le ho dato spago. Le avevo detto che non erano fatti suoi…
- Sai che io e lei siamo amici, si è sentita esclusa.
- Tu non ti sei sentito escluso quando hai saputo di Will? – chiede lei sollevando un sopracciglio.
- Infatti è quello che le ho detto.
- E lei cosa ti ha risposto?
- Mi ha chiesto se io ti frequentassi solo per ripicca nei suoi confronti.
- Che significa? Ripicca in che senso?
- Lascia perdere – le dice lui affondando una mano nei suoi capelli – Ha detto cose senza senso.
Lei si lascia baciare e poi rientra in camera accomodandosi sul divano.
Cerca di dormire qualche ora, ma non le piace quello che ha sentito
poco fa. Perché JJ ha detto che Spencer la frequenta solo per
ripicca?
Continua…
Per Gixi: si, Sarah è
decisamente Mary Sue^^ Non mi offendo, non preoccuparti. In fin dei
conti molte protagoniste di serie letterarie famose sono mooolto Mary
Sue (vedi Scarpetta e Brennan)^^. Sono contenta che ti piaccia la trama.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** Capitolo XX. No doubt ***
Capitolo 20
Capitolo XX. No doubt
Ospedale di Biloxi
E’ in una grande di sala, la pianta del locale era di tipo
circolare. Al centro un altare con sopra un ostensorio. Deve essere una
specie di chiesa o comunque un luogo di culto. Intorno all’altare
tre figure incappucciate sono indaffarate in un qualche tipo di
rituale. Si rende conto di essere fra due persone e si gira ad
osservare i suoi compagni. Da una parte Dawn Miller in tenuta da
cheerleader osserva le tre figure, dall’altra Jerry Whitehouse la
guarda e muove le labbra come se cercasse di dirle qualcosa. Non riesce
a capire le parole del ragazzo che improvvisamente l’afferra per
il braccio e comincia a scuoterla. Finalmente solleva lo sguardo per
incontrare gli occhi del ragazzo. Dietro gli occhiali ci sono solo due
orbite vuote.
Si sveglia di soprassalto, mentre Spencer la scuoteva delicatamente. Si
mette a sedere e si rende conto di essere tutta sudata. Si volta a
guardare il ragazzo e nota che Derek è sveglio seduto eretto sul
letto e li osserva.
- Ti stavi lamentando nel sonno – spiega Spencer carezzandole piano una mano.
- Un brutto sogno, niente di ché –
risponde lei chiudendo gli occhi per un momento – Che ore sono?
- Le quattro – risponde pronto Reid.
- Dovevi svegliarmi alle tre per darti il cambio
– replica lei con tono severo – Anche tu hai bisogno di
dormire qualche ora.
Si alza dal divano e va nel bagno per darsi una sciacquata al viso. Si
osserva allo specchio, profonde occhiaie nere mettono ancora più
in risalto gli occhi verdi. Non c’è niente di attraente
nella ragazza che la rimira dallo specchio. I capelli sono in disordine
e il trucco è colato. Si rinfresca come può e poi torna
nella camera, dove Spencer, seduto sul divano la guarda con aria di
rimprovero.
- Sembri a pezzi, dovresti continuare a dormire.
- Sopravvivrò – risponde lei con
un’alzata di spalle – Avrò modo di dormire dopo che
avremo preso gli S.I., tu piuttosto vedi di dormire almeno un paio di
ore. Sarà una lunga giornata.
Lui sbuffa, ma si sdraia comunque. Lei si avvicina al letto dove Derek
è sempre seduto e non la perde di vista un attimo. Lei cerca di
sorridere, ma sa di non avere un bell’aspetto. Si siede sul letto
e carezza il viso dell’amico.
- Come ti senti? – gli domanda preoccupata.
- Sicuramente sto meglio di te. Hai una faccia da far paura.
- Tu si che sai come parlare ad una donna – risponde lei con tono ironico.
- Che vuoi che ti dica? E’ una qualità
innata – ribatte lui con un sorriso – Comunque mi sento
bene. Ho solo dormito più del solito, nulla di più.
- Sei stato fortunato. Poteva andarti molto peggio, quei tre erano venuti per ucciderti.
- Lo so. Mi domando cosa li abbia fermati.
- Volevano portarti da qualche parte, su questo non
c’è dubbio. Probabilmente il luogo dove uccidono le
vittime designate ha un qualche significato per loro. Fa parte della
loro firma.
- Già. Probabilmente sono ancora vivo perché ero troppo pesante da portare.
- Ringrazia il cielo di avere tutti quei muscoli e di
non essere un peso piuma – Sarah si lascia sfuggire un sorriso
tirato.
Si voltano ad osservare Spencer, che nonostante le proteste di poco
prima si è già addormentato. Sarah si alza dal letto e
prende una coperta che poi usa per coprirlo. Delicatamente gli scosta i
capelli dal viso e poi torna a sedersi vicino a Derek.
- Se vuoi dormire un altro po’ posso fare io la
guardia – le dice mostrandole la pistola sotto il cuscino.
- Preferisco di no. Ultimamente il mio sonno non è proprio “tranquillo”.
- Incubi?
- In continuazione. Questo caso è… -
lei sospira cercando di spiegarsi – Mi tocca come non era mai
successo in passato. Anche se non approvo quello che stanno facendo
quei ragazzi, posso capirli. Sono stata anch’io vittima di atti
di bullismo.
- Anch’io. A quindici anni ero basso e magro, i
ragazzi più grandi mi picchiavano tutti i giorni. Mi sono
esercitato con i pesi per tutta l’estate e sono cresciuto in
altezza. Ho cercato di sopravvivere.
- Ci sei riuscito alla grande – gli dice lei
con un sorriso – Con somma gioia di molte stagiste ed agenti a
Quantico.
- Oramai per la gioia di una sola agente – risponde lui con un sorriso.
- Ehi dongiovanni, sbaglio o finalmente le cose si sono aggiustate?
- Ho seguito il tuo consiglio. Emily mi ha detto che
ti sei accorta tu della mia assenza. Come mai mi avevi chiamato?
- Avevo bisogno di parlare con qualcuno…
- Hotch?
Lei annuisce controvoglia. Non le sembra il momento adatto per affrontare quel genere di discorsi.
- Nonostante quello che gli ho detto, è tornato alla carica?
- No, non esattamente. Però… mi mette a disagio e poi mi sono accorda ti alcune cose.
- Tipo?
- La vicinanza tra la mia camera e quella di Hotch,
quando lavoriamo ad un caso per esempio. Il modo in cui mi
guarda… stasera abbiamo avuto un altro scontro. Sembrava cosi
triste.
- E tu non vuoi fargli del male, giusto? Beh, non
è colpa tua. In realtà non è colpa di nessuno.
Però fossi in te starei attenta. Per cercare di non ferire Hotch
potresti ferire qualcun altro – dicendo cosi Morgan indica con la
testa l’addormentato Spencer.
- Lo so e questo mi macera dentro. Io non vorrei
essere troppo dura con Hotch, ma non voglio neanche che lui si faccia
illusioni su quelli che sono i miei sentimenti. Inoltre Spencer
comincia a essere geloso e io non so come gestire la cosa.
- Wow! È la prima volta che ti sento ammettere di non riuscire a tenere tutto sotto controllo!
- Derek, io non sono perfetta e non ho il controllo
su niente e nessuno. Cerco di dare l’idea opposta per rassicurare
la squadra, ma a volte mi sento solo una ragazzina spaventata.
- E’ la prima volta che ti sento dire cose del
genere – le dice lui prendendole la mano – Io mi sono
sempre appoggiato a te nei miei momenti di sconforto. Non te l’ho
mai detto, perché pensavo che fosse implicito nel nostro
rapporto. L’amicizia è una strada a due corsie, puoi
sempre venire da me per sfogarti. Emily sa come ti senti?
Lei scuote la testa con gli occhi lucidi. Cerca di non piangere ma
sente il peso di tutta la situazione. Hotch, la gelosia di Spencer, il
caso, il senso di colpa per Jerry Whitehouse. Poggia la testa sulle
spalle del suo amico.
- Non sono brava nell’esternare i miei
sentimenti e non voglio preoccupare Emily. In realtà
l’unico con cui a volte parlo di quello che provo veramente
è Spencer…
- Ma di questo non puoi parlare con lui, capisco.
Puoi venire da me in ogni momento. Sai che sono l’ultimo che
può dare consigli, ma almeno ti ascolterò con attenzione
come fai tu con me.
- Grazie, due neuroni – finalmente le lacrime
cominciano a scendere e le si stringe ancora di più a Derek
– Sei sempre il mio migliore amico.
- Vorrei poter essere un amico eccezionale la
metà di quello che tu sei stata per me. Cos’è che
ti preoccupa tanto?
- Non lo so. Ci sono cose che ho sempre avuto paura di chiedere a Spencer.
- Che tipo di cose? Voi parlate praticamente di tutto – risponde stupito Morgan.
- Emily una volta si è lasciata sfuggire che
Spencer ha portato JJ ad una partita di football. Nessuno sa cosa
esattamente sia successo fra loro due, ma…
- Ma cosa? Non è successo assolutamente niente. JJ e Reid sono solo amici.
- Allora perché lei ha insinuato che Spencer mi frequenta solo per ripicca nei suoi confronti?
Morgan l’afferra per le braccia e la scosta da se. Si rende conto
per la prima volta che Sarah non è la donna dura e decisa che
cerca di apparire sempre e comunque. E’ macerata dentro da un
dubbio che non vuole affrontare per paura di soffrire. Le bacia la
fronte e le asciuga le lacrime con le dita.
- Non so cosa sia successo fra quei due quel giorno,
però ti posso dire un paio di cosette. Non ho mai visto Reid
cosi felice come da quando vi frequentate. Inoltre lo conosco
abbastanza da sapere che non sarebbe mai in grado di usare gli altri
come ha insinuato JJ. Lascia perdere questa storia e pensa solo che a
volte nei momenti di rabbia si dicono cose senza senso.
Sarah chiude gli occhi e cerca di farsi coraggio. Anche lei conosce
abbastanza Spencer da sapere che non la userebbe mai in quel modo, che
non è capace di fare del male agli altri. Non è nella sua
natura essere cosi calcolatore e cattivo, non le farebbe mai una cosa
del genere. Inoltre Spencer non sa mentire e se le ha detto che sono
solo sciocchezze lei deve crederci. Sospira e abbraccia di nuovo Morgan.
- Grazie, pollice non opponibile. E’ la prima volta che sei tu la voce della ragione.
- Prego ciuffo buffo. E comunque il motivo è
che è la prima volta che ti rivolgi a me per un aiuto.
- Devo ricordarmi di farlo più spesso –
dicendo cosi lo bacia su una guancia e si scosta dall’abbraccio
mettendosi a sedere sulla sedia.
- E adesso? Cosa facciamo? – chiede Derek poggiandosi di nuovo sui cuscini.
- Aspettiamo che ti dimettano e poi andiamo a prendere quei tre piccoli luridi bastardi!
- Dobbiamo prima capire chi sono…
- Non preoccuparti. Hanno fatto il loro secondo errore dopo l’uccisione della Miller.
- Che vuoi dire?
- Che ho capito chi è l’S.I. dominante.
Dobbiamo solo capire dove si stanno nascondendo e poi li andiamo a
prendere.
- Chi è?
- Cerca di dormire, ne parleremo domani con gli
altri. Ti voglio riposato, credo che ci sarà da tirare
giù qualche porta.
- Quella è la mia specialità!
Continua…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Capitolo XXI. Revenge ***
Capitolo 21
Capitolo XXI. Revenge
Interno di un SUV, strade di Biloxi
Derek ha insistito per guidare. Spencer è seduto di fianco a
lui, mentre Sarah si è coricata sul sedile posteriore.
- Bell’addormentata, ti decidi a dirci chi è l’S.I.? – la interroga Morgan piuttosto indispettito.
- Bastava leggere il biglietto che ti hanno lasciato sulla camicia per capirlo – risponde lei senza aprire gli occhi.
- Io non l’ho letto. Sai ero piuttosto impegnato a…
- Dormire, quello che vorrei fare io se me ne lasciaste la
possibilità – risponde lei mettendosi finalmente a sedere
– Spencer.
- Cosa? – le chiede il ragazzo sentendosi tirare in ballo.
- Il testo del messaggio, per favore – risponde lei.
- La dovreste smettere di usarmi come un promemoria personale – replica lui piccato.
- Io ti uso anche per altre cose, mi sembra – dice lei maliziosa.
Il giovane profiler diventa di un colore indefinito fra il porpora e il
rosso acceso. Si schiarisce la voce, cercando di riprendere il
controllo.
- “Questo è solo un
avvertimento. La prossima volta non ci fermeremo. Mia cara meretrice di
Babilonia dagli occhi di serpente, vattene, questo non è luogo
per te. Stai attento colui che tenta Adonai, il prossimo sarai tu!”, poi c’era una scritta in ebraico.
- E-l, un altro dei nomi biblici di Dio – interviene in suo aiuto Sarah tornando a sdraiarsi.
- E allora? Chi è l’S.I.? – riprova Derek.
- Chiedilo a Spencer – ripete lei – E adesso lasciatemi dormire fino alla stazione di polizia.
I due ragazzi si guardano sconcertati e cercano di trovare il nesso tra il biglietto e l’S.I. dominante.
Stazione di polizia di Biloxi
- Insomma, Sarah! – Derek è esasperato.
- Mi meraviglio di voi due – dice lei entrando nella sala dove il
resto del team li attende – dovreste esserci arrivati.
Specialmente tu Spencer. Che razza di profiler siete?
- Di che state parlando? – chiede Hotch aggrottando la fronte.
- Sarah sostiene di sapere chi è l’S.I. dominante, ma non vuole dircelo – sbotta Morgan frustrato.
- Non ho detto che non voglio dirvelo – risponde lei facendo
spallucce – Semplicemente mi meraviglio che non ci siate arrivati
anche voi due. Ripeto: cosa dice il biglietto?
- Cose senza senso! Ecco cosa dice! – Derek si mette a sedere di botto e comincia a guardarla male.
- No, no. Un senso ce l’ha e come! Proviamo a esaminarlo insieme
– dice lei avvicinandosi alla lavagna bianca – Tira in
ballo la meretrice di babilonia…
- Che significato ha? – chiede Emily sedendosi accanto a Derek.
- Nell’Apocalisse di Giovanni si parla di questa figura. Dovrebbe
rappresentare la perdizione del mondo. Credo che qui si riferiscano a
me.
- Cosa te lo fa dire? – chiede Spencer prendendo uno dei bicchieri di caffè sul tavolo.
- Occhi di serpente, quindi con degli occhi particolari. Senza offesa
ma credo proprio che si riferisca a me. Comunque non è questo
l’indizio…
- E quale sarebbe? – chiede Rossi incuriosito.
- Cito testualmente “Colui che tenta Adonai” – Sarah
si volta e vede lo stupore negli occhi dei suoi colleghi –
Andiamo! Adonai vuol dire signore. Qui si parla di Spencer!
- Di me? – Reid è allibito.
- Ragioniamo un attimo. Qualcuno tenta il “signore”,
cioè l’S.I. dominante, quel qualcuno deve essere uno di
noi. Chi è che ha fatto colpo su una ragazzina durante
l’interrogatorio?
- Vuoi dire che… - Spencer spalanca bocca e occhi cominciando a capire.
- Mary Oldbride. Garcia sarà già arrivata in ufficio?
- Adesso proviamo. Intanto mando a prelevare questa Oldbride – dice Hotch uscendo dalla stanza.
- Perché ti interessa Garcia? – chiede JJ mettendosi al fianco di Spencer come a volerlo proteggere.
- Dobbiamo fare delle ricerche sul passato di quella ragazza. Le
vittime non sono morte subito. Le hanno tenute segregate in qualche
posto per dei giorni. Manca ancora una ragazza all’appello, forse
possiamo salvarla se troviamo il loro covo.
- Ce lo faremo dire dalla piccola svitata – dice Derek sicuro.
- Non ce lo dirà mai. Poco ma sicuro – risponde Collins con un sospiro.
Derek prende il cellulare e mette il vivavoce mentre lo poggia sul tavolo. Al terzo squillo, finalmente qualcuno risponde.
- Ehi, zucchero, tutto bene? – chiede la voce allegra e squillante di Garcia.
- Sì, dolcezza. Ne ho approfittato per farmi una bella dormita
– scherza il ragazzo moro – Sei pronta per una delle tue
magie?
- Oh, tesoro, non sai neanche che magie potrei fare per te – risponde lei maliziosa.
- Vediamo se riesci fare una magia anche per me – si intromette Sarah con un risolino.
- Dimmi Sarah – la voce di Penelope non è più cosi allegra come poco prima.
- Mary Oldbride, tutto quello che riesci a trovare sul suo passato
– Collins capisce perché l’informatica sia risentita
con lei.
- Ci sto lavorando – replica Garcia.
Sarah afferra il cellulare, toglie il vivavoce ed esce dalla stanza.
- Penny?
- Non mi chiami mai cosi…
- Mi dispiace per ieri. Volevo metterti al sicuro. So che a volte
riesco a essere una vera stronza, ma ti garantisco che ero solo
preoccupata per te. Ti voglio bene, non potrei sopportare l’idea
che ti succeda qualcosa.
- A volte riesci a essere la regina delle stronze! Comunque ti voglio
bene anch’io, quindi cerca di tornare qui tutta intera…
anche perché mi aspetto che, per farti perdonare, tu mi offra la
cena.
- Con vero piacere.
- Ricerca terminata, vi sto inviando i file.
Sarah rientra nella sala e restituisce il cellulare a Derek, poi si
siede davanti al portatile e comincia a leggere il materiale inviato da
Garcia. Hotch entra e richiude la porta alle sue spalle.
- Una pattuglia è andata a prelevarla a scuola e un’altra
è diretta a casa sua. E’ in trappola – dice
andandosi a sedere vicino a Collins – Novità?
- Garcia ha eseguito una ricerca sul passato della ragazza su mia
richiesta. Sto controllando i file – risponde la ragazza
concentrandosi sul monitor.
- Che cosa stai cercando? – chiede Morgan sporgendosi verso di lei.
- Qualsiasi cosa possa esserci utile per capire dove tengono le loro vittime prima di ucciderle.
Il telefono di Hotch squilla in quel momento, in perfetta sincronia con
quello di Derek. Il capo dell’unità risponde alla
telefonata e si allontana. Morgan guarda il display. Garcia li sta
chiamando di nuovo.
- Bambolina sei in vivavoce.
- Questo potrebbe interessarvi. Ho fatto una ricerca incrociata fra
Jerry Whitehouse, Dawn Miller e Mary Oldbride. Fino a un anno fa
frequentavano tutti un liceo pubblico che ora è stato chiuso.
- Perché è stato chiuso? – chiede Sarah mettendo da parte il computer.
- Un incidente. Una delle matricole è morta, durante quello che alcuni suoi compagni definirono uno scherzo.
- Il fattore di stress! – Rossi si alza eccitato.
- Alcuni ragazzi portarono una delle matricole sul tetto e poi
cominciarono a tirargli addosso dei palloni. Il ragazzo, nel tentativo
di sfuggire, è precipitato dal secondo piano. Morto sul colpo
– Garcia termina il suo racconto con una nota di biasimo nella
voce.
- Come si chiamava la scuola? – chiede Spencer.
- Archangels High School – risponde pronta la ragazza.
- Ora sappiamo dove portano le loro vittime – dice Derek alzandosi pronto a entrare in azione.
- Garcia – lo interrompe Sarah – Chi erano i ragazzi coinvolti nello “scherzo”?
- Credo che a voi interessino solo un paio di nomi. Fra i ragazzi coinvolti c’era Thomas J. Larsson.
- La prima vittima! – salta su Emily.
- Già, c’era anche John Clark. Pare fossero coinvolte
anche alcune ragazze – Garcia riprende fiato – Credo che
anche le vittime femminile fossero coinvolte nella morte del ragazzo.
- Come si chiamava la vittima? – chiede Sarah accigliandosi.
- Robert Summers, perché?
- Uno dei ragazzi che abbiamo interrogato faceva di cognome Summers – Collins si volta verso Spencer.
- Jeremy Summers – le viene in aiuto Reid.
- Eccolo qui! – Garcia riprende la parola – O mio dio!
- Cosa c’è bambolina? – chiede Derek preoccupato.
- Ho trovato un altro articolo sull’incidente. Robert e Jeremy
erano fratelli. Qui dice anche che la ragazza di Robert aveva assistito
alla scena! La ragazza è la stessa su cui mi avete chiesto di
fare ricerche: Mary Oldbride
- E’ terribile – JJ si porta la mano davanti alla bocca – Si sta…
- Vendicando – finisce per lei Rossi.
Hotch irrompe nella sala con aria contrariato.
- Mary Oldbride non fa ritorno a casa da ieri sera. Non riescono a trovarla da nessuna parte.
Continua…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** Capitolo XXII. He is back! ***
capitolo 22
Capitolo XXII. He is back!
Stazione di polizia di Biloxi
Sono tutti pronti per andare alla scuola dove gli S.I. si annidavano.
Sarah continua a scorrere i file che Garcia gli aveva inviato.
Improvvisamente si alza di scatto e si volta verso Hotch.
- Cosa c’è? – le chiede il suo capo avvicinandosi.
- Garcia non l’aveva notato…
- Cosa?
Lei indica il monitor del portatile e lui avvicina il viso per vedere
meglio. Sarah clicca sul mouse e Hotch si allontana di scatto.
- Reid, forse è meglio che tu rimanga qui – dice continuando a fissare qualcosa.
- Perché? – chiede il ragazzo avvicinandosi seguito dal resto della squadra.
Sarah gira il computer e tutti possono vedere l’articolo sulla
morte di Robert Summers a schermo intero. Il pezzo giornalistico
è corredato dalla foto a colori del giovane morto. Una faccia
pulita circondata da capelli biondo miele lunghi e sottili sorride
dallo schermo. Due occhi nocciola scrutano il mondo attraverso degli
spessi occhiali dalla montatura nera.
- Ecco perché lei si sente attratta da te
– dice Sarah abbassando gli occhi – Somigli moltissimo al
suo ragazzo.
Il silenzio cala sulla squadra. Derek si avvicina all’amico e gli
poggia una mano sulla spalla. Sarah non riesce ad alzare lo sguardo.
Capisce perfettamente come si deve sentire la giovane Mary Oldbride e
l’effetto che la vista di Spencer possa aver avuto sul suo
precario equilibrio emotivo. Deve essere difficile trovarsi davanti
alla copia vivente del proprio ragazzo morto. Non era timidezza quello
che la bloccava, ma lo shock di trovarsi di fronte il suo redivivo
ragazzo. Collins cerca di scacciare quei pensieri. Ora non può
provare empatia per quella ragazza che sta massacrando i suoi ex
compagni di scuola per vendicarsi. Probabilmente anche Jeremy Summers
è coinvolto nella faccenda. Si chiede chi sia il terzo S.I. e il
ruolo che ricopre in tutta questa faccenda.
- Io vengo con voi. Forse sono l’unico a cui
darà ascolto, visto che somiglio cosi tanto al suo ragazzo.
Hotch annuisce ed escono tutti dalla stanza, ognuno perso nei propri
pensieri. Stavolta non sarà facile fare la cosa giusta. Quei
ragazzi stanno vendicando una morte che il sistema giudiziario ha
archiviato come “incidente”. Eppure il loro dovere è
fermarli a qualsiasi costo.
Hotch e La Voisin stanno parlando. Il capo dei profiler cerca di
spiegare al detective del Missisipi quello che hanno scoperto e
dedotto. Spencer si allontana dal resto del gruppo e si infila nella
sala riservata a loro. Sarah lo osserva allontanarsi e fa segno a
Derek, che le risponde con un assenso. Si avvia a sua volta verso il
locale e chiude la porta. Lui è davanti al monitor e continua a
scorrere il testo dell’articolo.
- Sei che quello che ha detto Hotch durante
l’esposizione del profilo è vero? Non si fermeranno. Se
riusciremo a trovarli saremo costretti a…
- Non è colpa nostra, Spencer. Non possiamo farci niente.
- Questo non rende le cose più facili – lui si siede e abbassa la testa sconfitto.
- Il caso Savage ha dimostrato che non sempre
c’è un’unica soluzione – mormora lei
accarezzandogli la testa – Quella volta hai rischiato grosso,
eppure sei riuscito a far arrendere quel ragazzo. Non sempre deve
finire con una morte, Spencer.
Lui scuote la testa avvilito e non la guarda. Sarah si accuccia accanto a lui e gli prende una mano.
- Owen sei riuscito a salvarlo, con un po’ di fortuna riusciremo a salvare anche Mary.
- Sarah… - lui finalmente alza lo sguardo per
incontrare quello di lei e le stringe la mano – Stavolta è
diverso. Con Owen ho potuto fare leva sul suo rapporto con Jordan
Norris. Qui non abbiamo appigli. Robert è morto e Mary cerca di
vendicarlo.
- Dobbiamo provare. Ci deve essere qualcosa su cui fare leva, ci deve essere un appiglio.
Rossi entra nella stanza e li guarda.
- Siamo pronti a muoverci. Reid, te la senti?
- Si – risponde il ragazzo alzandosi – Andiamo.
Archangels High School
Sono davanti alla scuola in disuso, mentre la polizia locale si prepara
a fare irruzione. Hotch li chiama a raduna intorno a lui per impartire
gli ultimi ordini.
- Reid e JJ entreranno dalla porta principale con la
polizia. Morgan, tu e Collins farete irruzione dal lato ovest mentre
io, Prentiss e Rossi entreremo dal lato est. Domande? – Hotch
guarda le facce della sua squadra e sembra annuire soddisfatto –
Bene. State attenti, sono estremamente pericolosi.
La squadra si divide seguendo le indicazioni di Hotch. Derek e Collins
si avviano fianco a fianco verso il lato ovest della scuola.
Improvvisamente Sarah si ferma ad osservare una costruzione leggermente
staccata dal resto del complesso.
- Cos’è quello? – chiede a Morgan indicando l’edificio.
- Dovrebbe essere la palestra.
- Chiama Hotch. Dobbiamo fare irruzione lì se vogliamo stanarli.
- Cosa te lo fa credere? – chiede il collega aggrottando la fronte.
- Stanno punendo gli atleti e le cheerleaders. Dove
credi che delle menti cosi contorte potrebbero decidere di
“eseguire la condanna”?
- In un luogo che rappresenti qualcosa per le vittime
– annuisce Derek prendendo il walkie-talkie dalla cintura e
contattando Hotch.
Sarah si incammina verso la palestra e si ferma a metà strada.
Si sente tesa e nervosa, sente le mani sudate. Sa che lo scontro con i
tre ragazzi è inevitabile, eppure spera di riuscire a salvarli
da se stessi. Sospira ripensando a quello che ha detto a Spencer, poi
stringe i pugni e si volta verso Morgan.
- Il capo dice di fare irruzione noi due. La polizia
locale controllerà il perimetro della scuola e gli altri ci
stanno raggiungendo – dicendo cosi estrae la pistola – Sei
pronta?
- No, ma non credo faccia differenza – risponde lei impugnando l’arma a sua volta.
Camminano vicini con i sensi allerta fino alla porta
dell’edificio. Derek poggia una mano sulla maniglia e si gira a
guardarla. Sarah sente un’immensa tristezza dentro di se, ma sa
qual è il suo dovere e stringe ancora di più la pistola
nel pugno. Prende un respiro e fa cenno a Morgan di aprire la porta.
Entrano nella palestra deserta con le pistole spianate. Al centro del
campo da gioco un corpo giace senza vita, con un pugnale nel petto.
Dalle macchie di sangue è chiaro che è quello il luogo
dove i tre S.I. hanno ucciso tutte le loro vittime. Sarah e Derek si
mettono spalla contro spalla e perlustrano con gli occhi il resto del
locale. Si sentono osservati, sanno che i tre ragazzi sono nascosti
nella penombra di quel posto e stanno valutando il grado di
pericolosità di quei due agenti federali.
- Mary lo so che sei qui – urla Sarah
continuando a scandagliare gli spalti vuoti – Arrenditi, sappiamo
tutto.
- Tutto? – dice una voce femminile che Sarah
riconosce subito – Non credo che voi riusciate a capire...
Morgan continua a girare lo sguardo, l’acustica della palestra
non permette di capire dove effettivamente si trovi la ragazza.
- Mary, so come ti senti. Vuoi vendicare Robert, vuoi
fargliela pagare per quello che gli hanno fatto. Ma non è questo
il modo, non gettare via la tua vita.
- Gettare via la mia vita? Cosa ne sai tu della mia
vita? – il tono della ragazza è duro e deciso, niente a
che vedere con l’essere tremante e insicuro
dell’interrogatorio.
- So che ti hanno fatto del male, so che ti hanno emarginata. Hanno strappato via Robert da te.
- Robert è sempre con me – risponde lei
– Non mi abbandonerà mai! E’ tornato per me.
Sarah sbarra gli occhi capendo cosa è scattato nella mente della ragazza quando ha incontrato Spencer.
- Non è lui, Mary. Gli somiglia tantissimo, ma
non è lui – vorrebbe riuscire a vedere la ragazza per
rendersi conto se sta attaccando il punto giusto.
- Si che è lui!
Sentono una porta sbattere e sussultano. Lei forse è uscita da
un’entrata secondaria. Sarah cerca di mantenere il controllo.
Mary se ne è andata lasciandoli alle amorevoli cure dei suoi
“arcangeli” che sono nascosti da qualche parte
nell’oscurità di quel locale.
Morgan percepisce un movimento e arma la pistola.
- Mani in alto ragazzino! Non costringermi a spararti.
Per tutta risposta un pugnale vola attraverso il locale conficcandosi nel parquet.
- Non sono solo due – bisbiglia Sarah.
- Quanti diavolo ne ha coinvolti nella sua vendetta personale.
- Ci sono almeno altre tre persone oltre a noi qui
dentro. Siamo circondati – risponde lei senza alzare la voce e
cercando di tenere sotto controllo la sua metà del locale.
- Spero che Hotch e gli altri arrivino presto.
- Lo spero anch’io.
Dei movimenti ai margini del campo dicono chiaramente che la situazione sta per precipitare.
Continua…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** Capitolo XXIII. The last ***
Capitolo 23
Capitolo XXII. The last
Archangels High School
Sarah tiene la schiena premuta contro quella di Derek, sente il sudore
colarle lungo la colonna vertebrale. E’ tesa come una corda di
violino e il suo respiro è affannato. Non può vedere il
suo compagno, ma sa che anche lui è vicino alla rottura. La
situazione è critica, presto dovranno aprire il fuoco su tre
adolescenti esaltati che si credono angeli della vendetta.
Sarah cerca di abituare gli occhi a quella penombra che le impedisce di
distinguere i movimenti lungo il perimetro del campo da gioco. Ormai i
suoi occhi sono solo due fessure che scrutano intorno alla ricerca del
minimo movimento. Stringe ancora di più la pistola, terrorizzata
all’idea di perdere la presa sulla sola cosa che può
salvarle la vita.
- Qualsiasi cosa succeda – le dice Derek
– continua a tenere sotto controllo la tua metà del campo.
Non farti distrarre e se si avvicinano troppo, apri il fuoco.
- Vale anche per te. E, Derek? Sei stato il miglior amico che abbia mai sperato di avere. Ti voglio bene.
- Non dire queste cose. Usciremo da qui sani e salvi
– Derek cerca di farle coraggio e si rifiuta di rispondere alle
sue parole.
Si rende conto che dirle quello che prova per lei, sarebbe
l’equivalente di ammettere che uno dei due potrebbe non farcela.
Quando Hotch ha cominciato a metterli in coppia insieme durante le
irruzioni, Reid gli ha fatto promettere di proteggerla sempre. Solo una
volta non ha mantenuto la promessa di portarla fuori sana e salva, non
vuole che questo accada di nuovo.
Improvvisamente un urlo proveniente dagli spalti attira
l’attenzione di Sarah. Un ragazzo di circa sedici anni si avventa
su di lei con il pugnale in mano. Riconosce quel ragazzo, l’ha
interrogato solo due giorni prima in compagnia di Spencer. Jeremy
Summers correva verso di lei, pronto a farle del male.
- Fermo o sparo! – urla con quanto fiato ha in gola.
Il ragazzo non rallenta la sua corsa e lei preme il grilletto mirando
alle gambe. Lo colpisce al ginocchio sinistro e lui si accascia per
terra. Prontamente Sarah rialza lo sguardo continuando a muovere la
pistola da un lato all’altro.
- Tutto bene? – chiede Derek continuando a tenere d’occhio la sua area.
- Sì. Non distrarti.
- Gli altri arriveranno a momenti.
- Speriamo, quel ragazzo ha bisogno di aiuto.
- Non provare a muoverti e mollarmi qui, chiaro?
- Non ci penso neanche. Insieme fino alla fine, giusto?
- Giusto.
Improvvisamente le porte si spalancano lasciando entrare il resto della
squadra. Sarah torna a respirare normalmente. Numericamente sono
superiori agli S.I., ora hanno una speranza di farli arrendere.
- Il gioco è finito! – raduna tutto il
suo autocontrollo per non cedere alla tensione – Avete visto cosa
è successo ai vostri amici? Arrendetevi e nessuno si farà
male.
Il tintinnio di due coltelli lasciati cadere per terra la rincuora.
- Venite avanti con le mani bene in vista – interviene Hotch estraendo la pistola.
Il resto del team si dispone a semicerchio per coprire tutte le
angolazioni, mentre due ragazzi si fanno avanti dagli spalti con le
mani sollevate.
- NO! – urla Jeremy dal pavimento –
Dobbiamo terminare la nostra missione, ne manca ancora uno! Non
possiamo tradire! Avete visto cosa è successo a Jerry?
I due ragazzi non lo degnano di uno sguardo, mentre lui muove la mano
alla ricerca del pugnale che gli è caduto. Morgan lo sovrasta
con la pistola puntata.
- Fidati ragazzo, non è una buona idea.
Fuori dalla palestra i ragazzi vengono ammanettati e caricati sulle
auto della polizia. Jeremy viene caricato su una barella per essere
trasportato in ospedale. Sarah intercetta i portantini e guarda il
ragazzo dritto negli occhi.
- Hai detto che ne manca ancora uno. Chi?
Il ragazzo volta la faccia chiuso nel suo ostinato mutismo. E’
ammanettato alle traversine e non può muoversi, ma i suoi occhi
dicono che se ne avesse l’occasione proverebbe di nuovo a farle
del male.
- Ti ho fatto una domanda: chi altro era coinvolto nella morte di tuo fratello?
Lui sobbalza e la guarda stupito. Non si era reso conto che ormai loro
sapevano tutto, o quasi. Una lacrima gli scende sul viso dai lineamenti
delicati.
- L’hanno ucciso e nessuno ha fatto niente.
Hanno detto che era stato un incidente, ma io c’ero!
L’hanno fatto apposta, dovevano essere puniti!
- Chi è l’ultimo? – Sarah insiste
senza lasciare all’altro il tempo di riordinare le idee.
- Susan Billings. Teneva ferma Mary mentre continuavano a colpire Robert.
Sarah finalmente consente che venga portato via. Doveva arrivarci da
sola, l’ultima vittima era quella più importante di tutte,
secondo la logica di Mary Oldbride. La ragazza che le aveva impedito di
salvare il suo amore, che l’aveva tenuta ferma e costretta a
guardare mentre il suo ragazzo precipitava dal terrazzo della scuola.
- Hotch, dobbiamo andare alla Catholic immediatamente.
- Si – annuisce lui – Ormai sa di avere
le ore contate prima di essere presa. Cercherà di portare a
termine la sua vendetta.
Due SUV neri sfrecciano con le sirene spiegate attraverso le strade di Biloxi.
Catholic High School, Biloxi
Si sono mossi il più velocemente possibile, mentre Hotch ha
già avvertito il preside di far portare Billings nel suo ufficio
e di non lasciarla sola. Hotch, Morgan, Collins e Reid si dirigono a
passo spedito verso la presidenza. Il resto della squadra ha portato i
ragazzi alla stazione di polizia per interrogarli e convalidare
l’arresto.
Improvvisamente Sarah si blocca ed estrae la pistola. I tre colleghi si
voltano verso il fondo del corridoio e seguono il suo esempio. Mary
è ritta al centro del passaggio con un pugnale stretto nel
pugno. Sarah fa cenno con una mano agli altri e abbassa la pistola. Si
avvicina lentamente alla ragazza continuando a guardarla negli occhi.
- Mary, è finita. Arrenditi.
- Non è finita! – urla lei con le lacrime agli occhi – non ancora!
- Non ti permetteremo di uccidere Susan, lo sai bene. Non serve a niente continuare, butta quel pugnale.
La ragazza non le risponde continuando a sostenere il suo sguardo.
Sarah spera che ci sia un modo per evitare quello che sta per
succedere, non vuole che questo caso finisca cosi. Spera di non essere
costretta a spararle e di evitare un’altra morte inutile.
- Robert ti amava, non avrebbe voluto questo.
- Tu che ne sai? Non lo conosci come lo conosco io.
Sarah ha un’idea, pazzesca forse, ma è l’unica cosa
che può salvare quella ragazza. Spera che Spencer intuisca il
suo piano e che assecondi i vaneggiamenti di quell’adolescente
sconvolta dal dolore.
- Possiamo chiederlo a lui, non è vero?
– non osa staccare i suoi occhi da quelli della ragazza –
Vuoi che glielo chiediamo? Robert, vuoi che Susan muoia?
Un'unica preghiera nel suo cervello “Ti prego, Spencer, ti prego!”
- No – la voce calma e calda di Reid risuona
nei locali vuoti – Non è questo quello che voglio Mary.
Mary si volta verso di lui e il suo sguardo di odio si trasforma
disperazione. Nel profondo sa che è solo una sua fantasia
malata, ma l’adolescente ferita ha bisogno di rifugiarsi in
quella menzogna. Vuole credere disperatamente che il suo ragazzo
è tornato da lei.
- Robert, tu non sai cosa stai dicendo. Lei ti ha plagiato.
La follia torna a impossessarsi di lei e si avventa su Sarah. Uno sparo
pone fine al suo slancio, mentre si accascia inerme sul linoleum.
Collins si precipita a cercare di aiutare la ragazza, la volta è
preme sulla ferita.
- Chiamate un’ambulanza – solo in quel
momento solleva lo sguardo, Derek è ancora in posizione con la
pistola spianata, le ha appena salvato la vita.
Stazione di polizia di Biloxi
Stanno sgombrando la sala che hanno occupato durante le indagini. Il
detective La Voisin continua a congratularsi con loro per
l’ottimo lavoro svolto, è la sola voce all’interno
del locale. Il team rimane in religioso silenzio, evitano persino di
guardarsi negli occhi. Di solito quando prendono un S.I. sono felici,
stavolta i loro sguardi sono tristi. Nessuno di loro trova il coraggio
di ammettere che non provano nessuna soddisfazione. Si avviano verso
l’uscita, secondo la tabella di marcia si fermeranno brevemente
all’albergo per prendere i bagagli e poi torneranno a casa.
Accademia dell’F.B.I., Quantico, Virginia
Sono appena usciti dall’ascensore, ognuno diretto alla propria
postazione, mentre Garcia li abbraccia Morgan impedendogli di
continuare a camminare. Hotch e Rossi si rifugiano nei propri uffici,
JJ scuote la testa e lascia l’openspace. Emily, Spencer e Sarah
si siedono alle rispettive scrivanie.
Prentiss rompe il silenzio per prima.
- Non potevamo fare di più per quei ragazzi.
- Ne sei convinta? – le chiede Sarah con astio – Ne sei proprio sicura?
Prentiss e Reid non fanno in tempo a reagire che lei si alza e si
dirige verso l’ascensore. Derek prova a fermarla poggiandole una
mano sulla spalla, lei lo scansa bruscamente ed esce dall’ufficio
senza salutare nessuno.
Continua…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** Capitolo XXIV. Question and Answer ***
capitolo 24
Capitolo XXIV. Question and Answer
Boston, Massachusetts
Ha chiesto a Hotch una settimana di ferie, che il capo le ha
prontamente accordato. Ha evitato il resto del team dal loro ritorno da
Biloxi, si è rifiutata di parlare persino con Spencer. Cerca
delle risposte agli interrogativi che il caso ha fatto sorgere in lei.
Crede di sapere chi può risponderle e porre fine a quella lotta
interiore fra quello che è giusto e quello che era sbagliato.
Non l’aveva avvertito del suo arrivo, temendo che lui le dicesse
di non andare. Rintracciarlo è stato facile, la sorpresa di
sapere dove si trovava la scossa ancora di più. Parcheggia la
macchina ad Harvard Square e si incammina per quei viali che conosce
cosi bene.
Lì non era stata un mostro per i suoi compagni di
università, era quella che veniva guardata con ammirazione per
la sua intelligenza. In quel posto era stata apprezzata per la prima
volta in vita sua. Sorride ricordando come le piaceva passeggiare per
il campus con un poderoso tomo sotto il braccio e l’aria di chi
ha molto da fare.
Era solo una ragazzina che cercava approvazione all’epoca, ora
è una donna che ha imparato a considerarsi utile ma non
indispensabile. Conosce se stessa e i propri sentimenti, ha imparato ad
apprezzare gli altri e a non temere di essere ferita. Beh, quello non
è stato merito dell’università, ma del suo legame
con Spencer.
Si ferma davanti alla facoltà di psicologia e i ricordi di
quando ha conseguito il dottorato proprio lì le tornano alla
mente. Sorride di nuovo ed entra nell’edificio dai mattoni rossi
con aria sicura. Lungo il corridoio incontra un suo vecchio professore
che non la smette più di lodarla per essere riuscita a diventare
una profiler. La trattiene ricordando come fosse stata una delle sue
studentesse preferite e di come riuscisse sempre a consegnare i compiti
con largo anticipo rispetto ai suoi compagni più grandi. Sarah
finalmente lo interrompe e gli spiega che è venuta per vedere
una persona.
Il suo vecchio professore rimane perplesso quando sente chi lei stia
cercando, poi le indica un’aula in fondo al corridoio. Le dice
che hanno dovuto assegnargli l’aula più capiente della
facoltà, visto il gran numero di studenti che partecipano alle
sue lezioni. Non le chiede perché deve vederlo, pensando che
abbia qualcosa a che fare con l’F.B.I. e il suo lavoro. Lei non
lo disillude e si affretta a raggiungere l’aula.
Entra alla chetichella e si mette a sedere nell’ultima fila
dell’aula magna. Guarda in giù e lo vede fare avanti e
indietro davanti alla cattedra mentre le immagini scorrono sullo
schermo alle sue spalle. Un moto di tenerezza la pervade osservando i
movimenti di lui, che lei ricorda cosi bene. Il suo vizio di strofinare
i palmi delle mani l’uno contro l’altro, il modo di
camminare e l’espressione seria che assume mentre cerca di
spiegare un concetto.
Improvvisamente lui annuncia che la lezione è finita e che quel
giorno non sarà disponibile per i colloqui di approfondimento
nel suo ufficio. Lei aspetta che l’aula si svuoti completamente,
poi si alza e scende lentamente i gradini. Lui è di spalle
intento a riordinare il materiale didattico e sembra non averla notata.
- Non dovresti essere a Quantico? – le chiede senza voltarsi.
- Ho preso una settimana di ferie.
- E sei venuta a cercarmi cosi, senza un motivo? – lui finalmente si gira e le sorride.
- No, non senza un motivo – sospira lei abbassando lo sguardo.
- Vieni, andiamo a parlare in un posto più tranquillo. Ti offro un caffè.
Sono seduti dentro uno Starbucks, continuando a fissare ognuno la
propria tazza e non si rivolgono la parola. Lui improvvisamente alza lo
sguardo e la osserva. E’ cambiata molto dall’ultima volta
che si sono visti. I capelli sono lunghi e ha rinunciato a quel
ridicolo ciuffo colorato. Il suo abbigliamento è più
sobrio ed elegante, ora è veramente un’agente
dell’F.B.I. e non una ragazzina che si atteggia a profiler.
- Hai fatto tutti questi chilometri per rimanere lì in silenzio? – le chiede infine.
- Un caso difficile – comincia lei.
- Sai che non sono più un profiler.
- L’abbiamo risolto. Ma è stato…
devastante a livello personale – lei finalmente ricambia lo
sguardo – Jason, come si fa a capire quando è ora di
andarsene?
- Non credo che tu sia ancora pronta a gettare la spugna.
- Non riesco più a distinguere quello che
è giusto e quello che è sbagliato. Cosa succede quando
non ci sono innocenti? Quando tutti sono colpevoli?
- Si va avanti – le risponde lui prendendole
una mano – Sarah, io ti ho addestrato, ti ho fatta diventare una
profiler, ma questo non vuol dire che tu sia costretta a rimanere
lì. Se vuoi andartene nessuno ti biasimerà.
- Tu sì, tu mi biasimerai. In fin dei conti
è questo ciò che sono: la dimostrazione che Jason Gideon
sa addestrare i migliori profiler.
- Tu sei molto di più e io non devo dimostrare niente a nessuno.
- Jason, io non voglio andarmene, quella è casa mia.
- Allora perché questi dubbi?
- Ho paura di non riuscire più a fare bene il mio lavoro. Mi sono lasciata coinvolgere troppo.
- Essere un profiler non vuol dire non avere
sentimenti. Non permettere a questo lavoro di inaridirti o di portarsi
via la tua vita. Non fare il mio stesso errore – la stretta sulla
mano di lei si accentua – Io ho rinunciato a molto per continuare
a fare il profiler.
- Spencer mi ha detto…
- Lo chiami per nome? – lui sembra perplesso.
- Sì, ci chiamiamo per nome – lei volta
lo sguardo per non dover spiegare di più – Lui mi ha detto
che una volta si è trovato nella situazione di dover scegliere
fra ciò che riteneva giusto e ciò che il suo cuore gli
diceva.
- Il caso Harris.
- Sì, alla fine ha salvato quel ragazzo. Ma
adesso vive nella paura che lui possa fare del male, che diventi il
mostro che credeva di essere.
- Sai cosa gli ho risposto quando mi ha confidato questa sua paura?
- No.
- Gli dissi che aveva salvato la vita a quel ragazzo
innocente, ma che se lui fosse tornato per uccidere avrebbe fatto il
suo dovere: l’avrebbe fermato.
Lei annuisce. Vorrebbe che per una volta sola Jason la trattasse come
sua figlia e non come una sua allieva. Spencer e Jason non hanno legami
di sangue, eppure il loro rapporto era del tipo padre e figlio. Lei
è veramente sua figlia, ma il loro rapporto è molto
freddo e professionale. Non ha idea di quale domanda l’abbia
spinta a recarsi a Boston, ma sa che non è qui che
troverà la risposta.
Saluta Jason, promettendo di rimanere in contatto. Sale sulla macchina
ma decide di non prendere l’aereo. Sa che sono la bellezza di 486
miglia, ma chiama la compagnia di autonoleggio e li avverte che
riconsegnerà la macchina all’aeroporto di Washington. Deve
riflettere e la possibilità di stare da sola le sembra la
soluzione ideale.
I-95, Boston – Quantico
Continua a rimuginare sul perché non sia soddisfatta delle
risposte che le ha dato Jason. Era sicura che la soluzione al suo
dilemma fosse parlare con lui, eppure non si sente meglio. Comincia a
rimuginare sullo strano rapporto che la lega a suo padre e al fatto che
non ne abbia mai fatto parola con Spencer.
Continua a pensare al perché non abbia rivelato la verità
sulla sua nascita al suo ragazzo. Non sa neanche lei come ma una
conversazione le torna alla mente.
- Sai, Gideon ha un figlio, Steven.
- Lo conosci? – Sarah non ha mai incontrato il suo fratellastro ed è curiosa.
- No, non ha mai
voluto incontrarmi. Mi dispiace, perché per me Gideon è
come un padre e mi avrebbe fatto piacere avere un rapporto con suo
figlio.
- Vedi Steven come un fratello?
- Mi piacerebbe, sì.
Improvvisamente si rende conto del fatto che Spencer potrebbe vederla
come una sorella, se scoprisse la verità su lei e Jason. Il solo
pensiero è intollerabile. Per tutta la sua vita da adulta ha
lottato perché gli uomini vedessero in lei il cervello e non la
donna. Si rende conto che vuole disperatamente che Spencer veda in lei
la donna e non la profiler.
- Sei incontentabile, mia cara – si dice sorridendo.
Durante il resto del tragitto, rimugina su cosa vuole veramente nella
vita. Si chiede se le decisioni che l’hanno portata a quel punto
siano veramente sue o solo il frutto di quello che gli altri si
aspettavano da lei.
Quantico, Virginia
E’ giovedì notte, è stata via solo tre giorni,
eppure le sembra che sia cambiato tutto. Si muove lentamente nel
soggiorno senza accendere la luce, si sfila il giubbotto e lo lascia
cadere sul divano. E’ stanchissima dopo aver guidato per tutti
quei chilometri. Entra nella stanza da letto cercando di non fare
rumore, si avvicina al letto e si siede accanto al ragazzo
addormentato. Lui si sveglia e la guarda stupito. Lei gli sorride e gli
scosta i capelli dal viso.
- Sei tornata – dice lui con calma – Dove sei stata?
- A fare visita ad un vecchio amico, dovevo chiarirmi le idee.
- E ci sei riuscita? – lui si tira su a sedere e si guarda le mani.
- Lui non aveva le risposte che cercavo.
- E allora? Lascerai la squadra?
Sarah afferra la mano di Spencer e la stringe forte. Lui si gira a
guardarla, è ferito dal fatto che lei non abbia voluto parlargli
prima di partire. Si chiede cosa le frulli nella testa.
- Sarah, che risposte stai cercando?
- Non ne ho idea, ma so dove trovarle – il sorriso di lei diventa dolce.
- Dove?
Lei lo abbraccia stretto e sospira soddisfatta.
- Tutte le risposte di cui ho bisogno sono fra le tue braccia.
Fine
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=582272
|