The Ghost's Diary

di Ili91
(/viewuser.php?uid=75721)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° capitolo ***
Capitolo 8: *** 8° capitolo ***
Capitolo 9: *** 9° capitolo ***
Capitolo 10: *** 10° capitolo ***
Capitolo 11: *** 11° capitolo ***
Capitolo 12: *** 12° capitolo ***
Capitolo 13: *** 13° capitolo ***
Capitolo 14: *** 14° capitolo ***
Capitolo 15: *** 15° capitolo ***
Capitolo 16: *** 16° capitolo ***
Capitolo 17: *** 17° capitolo ***
Capitolo 18: *** 18° capitolo ***
Capitolo 19: *** 19° capitolo ***
Capitolo 20: *** 20° capitolo ***
Capitolo 21: *** 21° capitolo ***
Capitolo 22: *** 22° capitolo ***
Capitolo 23: *** 23° capitolo ***
Capitolo 24: *** 24° capitolo ***
Capitolo 25: *** 25° capitolo ***
Capitolo 26: *** 26° capitolo ***
Capitolo 27: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** 1° Capitolo ***


Kodocha - 1° capitolo
Salve a tutti! Eccomi tornata con una nuova long-fic. Il genere è completamente diverso dal precedente e spero che questo primo capitolo vi invogli ad arrivare fino alla fine. Ho deciso di pubblicarla oggi che è il mio Compleanno... 19!
In fondo alla pagina c'è un albero genealogico che illustra la complicata situazione famigliare di Akito e Sana e, per la prima volta in una mia fanfiction, un piccolo spoiler del secondo capitolo.
Buona lettura!
 

The Ghost's Diary


 1

4 Aprile
Caro Diario,                                                                                                                                 
Mi chiamo Hana e ho sedici anni. E’ la prima volta nella mia vita che tengo un diario in cui racconto che cosa mi succede, ma spero di riuscire a farlo con continuità.
Sono una ragazza di bassa statura e con una costituzione fisica nella media. I miei capelli sono di color castano chiaro, ondulati e lunghi fino alle spalle, e i miei occhi marroni.
Le mie più grandi passioni sono il disegno e la cucina. Proprio ieri ho avuto il tempo di completare un acquerello che raffigura la mia grande casa. Io l’adoro! E’ stata fatta costruita da mio nonno e si trova poco distante da Tokyo; è composta da due piani, esclusa la cantina e la soffitta, e dispone di un curato giardino esterno pieno di alberi in fiore. 
Sono figlia di Chikage e Yukito Kougami. Mia madre è una donna tutta d’un pezzo ed è lei che tiene le redini della casa, mentre mio padre si occupa di commercio. Ogni tanto penso che lui sia succube di mamma.
Ho anche un fratello, ma è molto più piccolo di me. Abbiamo ben dieci anni di differenza. Il suo nome è Aoi e io gli voglio molto bene. Lui è davvero un bravo bambino.
Oh, è tardi. Mia madre desidera che vada a dormire.

Buonanotte, Caro Diario.
Hana

Tokyo, 6 maggio 2010
Il treno si muoveva a tutta velocità verso Tokyo. Sana aveva lo sguardo puntato fuori dal finestrino, ma non vedeva nulla del paesaggio che scorreva davanti ai suoi occhi. La sua mente era rivolta verso tutt’altri pensieri.
Pensava a suo padre, Ryo Kurata, che era deceduto a seguito di un infarto alcune settimane prima. Le era ancora difficile credere che il suo amato papà non ci fosse più, non riusciva ad accettarlo. Le sembrava che fossero passato solo poche ore dall’ultima volta che l’aveva visto, due mesi prima. Era stato il giorno in cui era ripartita verso Matsumoto, la città dove viveva, dopo un vacanza a Tokyo che aveva trascorso insieme a suo padre. Non abitava più nella capitale già da un paio d’anni, perché aveva deciso di trasferirsi in un luogo più tranquillo, che le permettesse di lavorare meglio ai suoi romanzi ed essere indipendente. Ora, non poté fare a meno di pentirsi di quella decisione, che l’aveva portata a trascorrere molto tempo lontana da Ryo.
L’altoparlante la distolse dai suoi pensieri, mentre annunciava che la fermata successiva era la sua. Abbandonò il suo posto di fianco al finestrino e recuperò il piccolo trolley. Non era nelle sue intenzioni fermarsi molto a Tokyo. Ci era venuta solo per assistere alla lettura del testamento di suo padre e, all’occorrenza, sistemare eventuali situazioni che lui avesse lasciato in sospeso, come, ad esempio, decidere cosa fare della sua casa.
Il treno si fermò e le porte davanti a lei si aprirono. Sana scese dal treno trascinandosi dietro la valigia. Evitando le varie persone che si erano ammassate per salire o scendere dal treno, si avviò verso l’uscita. Quando, uscita dalla stazione, Tokyo si presentò interamente davanti ai suoi occhi, la tristezza che già provava si intensificò. L’ultima volta che era venuta era stato una settimana prima. Aveva appena saputo del malore di suo padre - era stata la sua governante Shimura ad avvisarla - era partita immediatamente, ma non aveva fatto in tempo a giungere al capezzale di suo padre prima che lui chiudesse gli occhi per sempre. Era rimasta i giorni necessari perché potesse organizzare il funerale e presenziarci, e poi era ripartita. Si era detta che era inutile trattenersi fino alla lettura del testamento e che doveva riprendere il lavoro o rischiava il licenziamento - lavorava come cameriera perché ancora il ricavato di ciò che scriveva non le bastava per mantenersi -, ma la verità era che non voleva rientrare nella casa che per tanti anni aveva condiviso con suo padre. Era troppo piena di ricordi e il dolore per la sua morte era ancora troppo vivo in lei. Nei pochi giorni che si era trattenuta a Tokyo aveva preso una stanza in albergo proprio per evitare di essere costretta a tornare nella casa di famiglia.
Rendendosi conto di essere stata ferma immobile con lo sguardo fisso nel vuoto per troppo tempo, aveva ripreso a camminare alla ricerca di un taxi. Appena ne trovò uno, consegno all’autista la sua valigia, che la ripose nel portabagagli, mentre lei si accomodò sulla vettura.
Diede all’autista l’indirizzo dello studio e il taxi si mise in moto.
Sana appoggiò il capo sul sedile e chiuse gli occhi. Si sentiva sola. Dopo la morte di suo padre non le era rimasto niente se non i suoi amici, ma non bastava. Ryo era l’unico famigliare che le era rimasto, dato che sua madre Misako era morta da anni e non aveva fratelli né parenti prossimi, ma ora anche lui se n’era andato. L’aveva lasciata sola.
Una lacrima sfuggita al suo controllo venne asciugata con un gesto della mano. No, non doveva lasciarsi andare così, doveva essere forte e reagire. Suo padre non sarebbe stato contento di vederla così depressa e triste. Doveva farsi forza e riprendere in mano la sua vita.
Il taxi giunse a destinazione. Sana pagò l’autista e si fece consegnare il trolley. Si avvicinò al portone del condomino e si mise alla ricerca del citofono del notaio.
Sawako Ayase… no. Kyohei Mizuki… no. Notaio Izumi Tamiya… ecco! E’ lui. Premette il pulsante accanto al suo nome e attese. Passarono pochi secondi prima che una voce femminile rispondesse: - Sì? Chi è? -
- Salve, sono la signorina Sana Kurata. Avevo un appuntamento con il notaio. -
- Ah, sì, certo. - Il portone venne aperto. - Salga. Lo studio è al terzo piano - la informò la donna prima di chiudere la comunicazione. Forse era la segretaria del notaio.
Entrò nell’atrio; era in buone condizioni, ma la struttura e l’arredamento erano piuttosto antichi. Si diresse verso l’ascensore, l’unica cosa moderna presente - dovevano averlo installato da poco - e lo chiamò.
Arrivata davanti alla porta dello studio suonò il campanello. Una donna sui quarant’anni dai capelli castani e tarchiata le venne ad aprire. - Salve, signorina. - La fece entrare. Riconobbe la voce, era la stessa con cui aveva parlato poco prima al citofono. Percorsero un breve corridoio fino ad una piccola stanza, allestita come sala d’attesa e come ufficio della donna. La stanza non era vuota come si era aspettata, c’era un uomo. Doveva avere più o meno la sua età. I suoi capelli era ribelli e biondi, e il suo sguardo, o meglio, gli occhi ambrati la catturarono subito quando si incontrarono con i suoi. Era muscoloso, ma anche piuttosto magro, soprattutto il viso dava segni di pallore e una non buona salute fisica. Forse era stato malato recentemente e si era appena ripreso. Non avrebbe saputo dire se era alto o basso perché era seduto, ma squadrandolo le sembrava che la superasse di parecchi centimetri. Notò due stampelle appoggiate al muro bianco, ma nessuna delle gambe presentava a prima vista una fasciatura. Chissà che cosa gli era successo? Si concentrò sul viso, l’espressione che gli vide dipinta in viso era dura e lei provò un’immediata antipatia verso quello sconosciuto che la squadrava senza ritegno.
- Signorina Kurata? - la richiamò al presente la segretaria.
Si voltò verso di lei. Le stava sorridendo. - Sì? -
- Si accomodi pure. Il notaio si libererà tra pochi minuti e si occuperà della sua pratica. -
La osservò confusa. - Ma… e quel signore? - chiese, scoccando una breve occhiata allo sconosciuto, che, resosi conto dello sguardo, pensò bene di fulminarla con gli occhi. - Non c’è lui prima di me? -
- Ah, no. Anche il signor Akito Hayama è qui per presenziare all’apertura del testamento del signor Ryo Kurata. -
Oh, quindi conosceva suo padre. Dovevano essere grandi amici se gli aveva lasciato qualcosa in eredità, però non ricordava di averlo mai incontrato di persona, né di averlo mai sentito nominare. Che fosse un parente alla lontana? Ma allora perché non l’aveva mai visto? - Capisco - disse e andò a sedersi. Scelse apposta un sedia piuttosto vicina a quella del signor Hayama in modo che potesse facilmente conversare con lui e scoprire come conosceva sua padre.
Gli porse la mano. - Salve, io sono Sana Kurata, la figlia di Ryo Kurata - si presentò.
Sentendo le sue ultime parole vide gli occhi di Hayama accendersi di una luce misteriosa, ma per niente rassicurante. Guardò prima la sua mano protesa verso di lui e poi di nuovo lei. - Akito Hayama. -
Sana ritirò la mano. Che maleducato. Non si perse d’animo e riprovò ad instaurare una conversazione: - Ho saputo che è qui per il testamento di mio padre. Lo conosceva, quindi? -
Lui inarcò un sopracciglio e la fissò con aria saccente. - Lei lascerebbe dei beni in eredità ad una persona che non ha mai visto? -
Stringendo forte la mano a pugno, trattenne la rabbia che provava e si stampò un falso sorriso in faccia. - Ha ragione, ho posto male la domanda. Volevo solo sapere come conosceva mio padre. Eravate amici? -
- Non direi proprio. -
Ma allora lo faceva apposta ad eludere le sue domande! Odioso. - Parenti? -
- E’ così importante per lei saperlo? - le chiese, stanco.
Sennò perché ti starei tempestando - inutilmente - di domande? Per divertimento? - E’ solo per curiosità. -
- Ah, sì? Beh, io non sono disposto a soddisfarla. - Hayama voltò la testa in direzione opposta. La loro esaltante conversazione era giunta al termine.
Imbronciata, Sana prese a far vagare lo sguardo per la stanza. Era piccola, a superficie rettangolare; sul pavimento c’era il parquet che era coperto da un enorme tappeto. C’erano poche sedie in velluto rosso con la spalliera rivolta al muro, un piccolo tavolo in vetro con delle riviste sopra e delle piante di vario genere vicino alle finestre ricoperte da tendine semplici. La scrivania della segretaria era interamente coperta di carte e cartellette, ed era piuttosto disordinata; la donna che vi era seduta dietro, batteva velocemente sulla tastiera del computer. Quattro lampade poste agli angoli della stanza illuminavano il tutto.
Annoiata, prese una delle riviste dal tavolino e cominciò a sfogliarla svogliatamente.
Era arrivata a metà delle pagine del giornale, quando la porta che delimitava lo studio del notaio si aprì.
Uscirono due uomini. Con sua sorpresa, il primo lo conosceva piuttosto bene. Si alzò in piedi e si avvicinò per salutare Naozumi Kamura. - Arrivederci, notaio. E grazie - disse quest’ultimo all’uomo che era uscito dallo studio dietro di lui. Si strinsero la mano, poi Naozumi si voltò e notò la sua presenza; i suoi occhi azzurri si illuminarono. - Oh, Sana, ciao - la salutò.
- Naozumi, che piacere vederti. Come stai? - gli chiese sorridendo.
- Bene, grazie. E’ da molto che non ci vediamo. -
- Sì, tra il lavoro e mio padre non ho avuto molto tempo, soprattutto perché non vengo spesso qui a Tokyo. -
Il viso di Naozumi si rabbuiò. - Ho saputo quello che è successo a tuo padre. Mi dispiace molto. Come ti senti? - le chiese premuroso.
Con fare nervoso, Sana scostò una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio e sospirò. - E' stato… piuttosto inaspettato. Ancora fatico a crederci che lui non ci sia più. - Piegò le labbra in un lieve sorriso e continuò: - Ma sto bene, non devi preoccuparti. Ora, devo andare. Chiamami, okay? -
- Contaci. - Le riservò un enorme sorriso e si congedò. Naozumi era un suo vecchio amico dai tempi del liceo Jimbo, ora faceva l’attore e aveva cominciato a farsi un nome. Era molto bravo nel suo lavoro, lo vedeva sempre più spesso in tv.
Nel frattempo, il notaio aveva fatto accomodare Akito Hayama nello studio e i due stavano aspettando solo lei. Si decise a raggiungerli e, dopo essersi presentata al notaio e avergli stretto la mano, si accomodò sulla sedia davanti alla scrivania di fianco a quella di Hayama.
- Bene, ora che ci siamo tutti possiamo cominciare - annuncio Tamiya tirando fuori dei fogli da una busta sigillata. Il notaio Izumi Tamiya era un uomo che sembrava avesse passato la cinquantina. Aveva composti capelli grigi e gli occhi di un semplice marrone. Era di un’altezza inferiore alla media ed era magro. Degli spessi occhiali da vista erano appoggiati sul suo lungo naso. Il notaio spiegò i fogli contenuti nella busta e cominciò a leggere: - Io sottoscritto Ryo Kurata, in pieno possesso delle mie facoltà e senza costrizione alcuna, decido di lasciare a mia figlia Sana Kurata e a mio figlio naturale Akito Hayama… - Scioccata, Sana girò il capo verso Hayama. Lui era il suo quasi fratellastro? Quasi, perché lei non era la vera figlia di Ryo Kurata, ma era entrata a far parte della sua famiglia quando sua madre si era risposata - pochi anni dopo il decesso del primo marito, nonché suo padre naturale - con lui. Ma per lei era Ryo il suo papà dato Shota era morto quando aveva solo tre mesi e di lui sapeva ben poco, se non quello che le era stato raccontato.
Non si sarebbe mai aspettata che Ryo avesse avuto un figlio. Non l’aveva mai visto in vita sua, non era mai venuto nella loro casa. L’oggetto dei suoi pensieri incontrò il suo sguardo. Su di lui non c’era traccia di stupore.

- Signorina Kurata, si sente bene? - le chiese il notaio.
Sana si voltò a guardarlo e annuì. - Sì. Mi scusi, potrebbe ripetere le disposizioni di mio padre? -
- Il signor Ryo Kurata lascia a voi due tutto il suo patrimonio, vale a dire la sua casa e il considerevole conto in banca, equamente diviso in due parti. La casa sarà vostra immediatamente, mentre entrerete in possesso del denaro fra sei mesi se rispetterete la clausola da lui pensata. -
Di che clausola parlava?
- Dovrete abitare nelle stessa casa per sei mesi, altrimenti perderete tutto. Sia la casa che il denaro - la cifra è pressappoco di dodici milioni di yen* - verranno dati in beneficenza. -
- Cosa?! - Doveva vivere per sei mesi nella stessa casa con un completo sconosciuto?

Quel giorno Akito era dovuto andare dal notaio per presenziare all’apertura del testamento del padre naturale, Ryo Kurata. Non aveva avuto la possibilità di conoscerlo molto bene, né di arrivare a considerarlo suo padre, dato che aveva scoperto che lo fosse solo due anni prima alla morte della madre Koharu. Sua madre li aveva lasciato una lettera in cui gli rilevava che il suo vero padre non era Keiichi Hayama, come aveva sempre pensato, ma era il frutto di una relazione clandestina con Ryo. Quest’ultimo inizialmente non sapeva che sua madre era sposata e per questo, dopo averlo scoperto, aveva deciso d’interrompere la relazione. Da quella breve storia era nato Akito, ma Ryo Kurata non ne venne al corrente se non alla morte di Koharu. Nella lettera, sua madre concludeva chiedendogli di perdonarla per averlo ingannato. Gli aveva fatto male sapere che gli aveva mentito per tutta la vita, ma lei era pur sempre sua madre e lui le voleva bene, quindi non le aveva serbato rancore. Saputa l’identità del padre biologico, aveva provato a rintracciarlo. Dopo un inizio piuttosto impacciato era riuscito ad instaurare un fragile rapporto con lui, peccato che un infarto glielo aveva portato via, sottraendogli la possibilità di conoscerlo davvero. Ma ormai era inutile rammaricarsi sulle occasioni perdute, si disse.
Era seduto davanti alla scrivania del notaio ed aspettava che l’impicciona e strana ragazza di cui Ryo gli aveva tanto parlato si decidesse a congedare il tizio con cui parlava e raggiungesse lui e Tamiya. Vide Kurata sorridere affabilmente al damerino - con una sola occhiata Akito aveva deciso che lui e il tizio mingherlino dai capelli grigi e gli occhi azzurri non avevano niente in comune - e non rendersi conto dell’occhiata di pura adorazione che le riservava. Beh, in fondo poteva benissimo provare un po’ di compassione per quel povero uomo… insomma, era una vera disgrazia perdere la testa per una donna come quella: esuberante, logorroica e impicciona… In una parola… insopportabile!
Doveva ammettere, però, che era davvero carina, anche se troppo magra, sembrava quasi priva di curve. I lunghi capelli erano rossi e lisci, mentre gli occhi ricordavano la cioccolata. Era di altezza superiore alla media per le donne giapponesi.
Kurata decise finalmente di congedare il damerino ed entrare nella stanza. Si accomodò al suo fianco e il notaio cominciò la lettura del testamento. Scoprire che lui in realtà era il suo fratellastro l’aveva colta di sorpresa: sbarrò gli occhi e le labbra rosse e luccicanti per il lucidalabbra. Quando si era girato a guardarla, l’aveva sorpresa a fissarlo in quella posa.
- Signorina Kurata, si sente bene? - Il notaio aveva notato la distrazione della donna e il suo improvviso pallore.
Kurata riprese coscienza della realtà e rispose al signor Tamiya, mentre le sua guance si tingevano di un lieve rossore. Seguì l’utile richiesta di lei di ripetere il contenuto del testamento - nemmeno lui era stato attento, dovette ammettere Akito con sé stesso.  
Il notaio spiegò loro che avrebbero dovuto convivere civilmente nella stessa casa per sei mesi prima che fosse concessa loro la possibilità di ereditare il patrimonio lasciato loro da Ryo.
Akito non era per niente felice di essere costretto a vivere per metà anno insieme a quella ragazzina, la convivenza con lei sarebbe stata un inferno. D’altro canto, non voleva nemmeno rinunciare ai sei milioni di yen dell’eredità. Con quel denaro avrebbe potuto realizzare il suo sogno di aprire una palestra di karaté.
Anche Kurata, come immaginava, non aveva preso bene l’imposizione di dover vivere insieme a lui. - Cosa?! - esclamò, poi aggiunse: - Non ho alcuna intenzione di vivere con uno sconosciuto.  Non mi interessa se è mio fratello, mio padre o mio cugino… io non lo conosco minimamente. -
- Nemmeno a me esalta l’idea di dover vivere con te, ma perlomeno tento di utilizzare il cervello anziché sbraitare. -
- Stai insinuando che sono scema? - replicò, puntando su di lui due occhi che se avessero potuto lo avrebbero incenerito.
- Sto solo dicendo che anziché perdere la calma come stai facendo tu, analizzo prima i pro e i contro di questa storia. -
- Non ho bisogno di perdere tempo a farlo, mi è bastato un istante per capire che non sarebbe una buona idea vivere con te. E non ci sono lati positivi. -
- Davvero? Nemmeno i sei milioni di yen? -
Lei esitò un attimo. - La salute è più importante del denaro. -
- Signorina Kurata, per favore, si calmi e mi lasci finire - provò a calmarla il notaio.
- Mi scusi, non volevo essere scortese con lei. Prego, vada avanti. -
- Ehm, come vi dicevo. Queste sono le disposizione del signor Kurata. L’unica cosa di cui non siete ancora al corrente è che la casa dove andrete a vivere, se lo vorrete, non è la stessa in cui il signor Ryo aveva abitato per anni, ma una villa da lui recentemente acquistata, mentre la precedente abitazione è stata venduta. -
- Venduta? - ripeté Kurata abbattuta.
- Sì. Poco tempo fa aveva deciso di acquistare una grossa villa, bisognosa di lavori di ristrutturazione, situata appena fuori Tokyo, in un luogo piuttosto isolato. Perché non andate a vedere la casa insieme prima di prendere una decisione? - propose loro. Il notaio li guardò speranzoso.
- Per me non c’è problema - acconsentì Akito, scrollando le spalle.
Kurata rimase in silenzio per un po’ prima di annuire dicendo: - Bene, andiamo a vedere questa casa. Anche se non credo che cambierò idea. -

* Circa 108.000 €

Eccovi qui un bel prospetto per districarvi nella complicata situazione famigliare dei due protagonisti: (se qualcosa non vi è chiaro non esitate a chiedere)
 
Shota (14/5/58 - 15/6/88) - Misako (21/10/63 - 10/1/2006) [matrimonio celebrato nel 1985]
Figli: Sana (7/3/1988)

Misako [2°matrimonio] - Ryo Kurata (19/2/55-27/4/2010)
Figli: Sana entra nella famiglia di Ryo dopo il matrimonio con Misako, celebrato nel 1991.

Ryo - - - Koharu [relazione]
Figli: Akito (12/10/1987)

Koharu (5/12/57 - 17/7/2008) - Keiichi Hayama (11/3/50 - 4/2/1997)   [Matrimonio celebrato nel 1980]
Figli: Akito, anche se è stato riconosciuto e ha il suo cognome non è figlio di Keiichi

(Pensate che inizialmente gli unici adulti defunti dovevano essere Shota e Ryo, per ovvi motivi. Poi piano piano si sono aggiunti tutti gli altri. Perdonatemi se ho fatto una strage.) 


Spazio Autrice:Ed ecco qui il primo capitolo della mia nuova fanfiction! Spero vi sia piaciuto. Mi raccomando fatemi sapere che cosa ne pensate. Ho già scritto altri due capitoli e una pagina del quarto. Per ora la pubblicazione sarà settimanale. 
A presto!
Ilaria

Spoiler del prossimo capitolo:
- Ma noi non ci conosciamo per niente! - replicò. - Tu saresti disposto a dividere casa con una completa sconosciuta?! E se una notte decidessi di soffocarti con un cuscino mentre dormi? -

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2° capitolo ***


Kodocha - 2° capitolo Grazie mille per i vostri commenti. Ecco a voi il secondo capitolo. In fondo alla pagina c'è un piccolo spoiler del terzo. Buona Lettura!!!


The Ghost's Diary

2


7 Aprile
Caro Diario,                                                                                                                              
Oggi è stata un bellissima giornata! Non solo in cielo splendeva un meraviglioso sole, che io adoro, ma sono anche uscita a fare un passeggiata in compagnia del mio fidanzato, Sentaro.
Sentaro ha diciassette anni; è molto alto e prestante. Il suo viso è illuminato da due meravigliosi occhi grigi e i suoi capelli sono scuri come una notte senza stelle. Non l’ho mai potuto frequentare molto, anche se da bambini abbiamo giocato spesso insieme, però so che ama la lirica, la letteratura e io gli piaccio.
Mi sembra un ragazzo molto educato e gentile; sono davvero contenta che i nostri genitori abbiano combinato il fidanzamento. Presto potrò sposarlo!
Sentaro è venuto a prendermi nelle prime ore del pomeriggio e abbiamo fatto una lunga passeggiata in città. Mentre stavamo uno di fianco all’altra mi ha parlato molto di sé, era un piacere ascoltarlo. Non è stato facile entrare nella conversazione per me però, perché la sua presenza mi scatenava nervosismo e timidezza. Spero di avergli fatto una buona impressione.
Buonanotte, caro Diario,
Hana

- Prima che andiate, il signor Kurata ha lasciato un‘altra cosa per voi - affermò il notaio.
Sana sollevò lo sguardo su di lui e anche Hayama la imitò. - Che cosa? - chiese lei.
Dalla busta che a suo tempo era stata sigillata Tamiya ne prese due più piccole. - Queste sono per voi, una per ciascuno - disse, porgendo loro le lettere. Lei e Hayama presero la propria. 
Per Sana, lesse su un lato della busta. Una lettera di mio padre. Sentì i suoi occhi inumidirsi di lacrime. La leggerò con calma non appena avrò il tempo e sarò sola, decise. - Grazie, notaio - mormorò infine, mentre riponeva con cura la lettera nella borsa.
- Dovere, signorina Kurata. -
Sana, insieme a Hayama, si fece dare dal notaio le indicazioni per raggiungere la villa e le chiavi, e si congedò da lui. Mentre si dirigeva verso l’uscita, incrociò lo sguardo delle segretaria che le rivolse un sorriso e un cenno di saluto con la testa. Lei ricambiò scuotendo una mano.
Nel breve tempo che passarono insieme nell’ascensore né lei né Hayama dissero una parola.
- Penso che potremmo andare adesso a vedere la villa, se per te non è un problema - propose Sana nell'atrio, ormai stanca di quel pesante silenzio. - Tu hai l‘automobile? -
Hayama inarcò un sopracciglio e poi spostò lo sguardo verso il basso. Lei seguì il movimento e arrossì per la gaffe. Era ovvio che lui non potesse avere l’auto, non in quel momento almeno, dato che si muoveva aiutandosi con le stampelle. - Scusa. Ehm, io sono venuta qui da Matsumoto in treno, perché la mia macchina è dal meccanico. Che ne dici se ci andiamo in taxi? -
Hayama scrollò le spalle. - Fa come vuoi. -
Ma è sempre così di poche parole? Sana prese il telefonino dalla borsa e telefonò alla compagnia dei taxi per farsene mandare uno il più presto possibile.
Erano sul marciapiede, molto vicino al bordo della strada. Le molte automobili che passavano davanti a loro, mentre impedivano che fra di loro ci fosse il completo silenzio, scuotevano i loro capelli. Sana spostò una ciocca rossa fastidiosa dietro l’orecchio. Scoccò un rapido sguardo sul suo fratellastro, era a pochi passi da lei. - Hayama? -
- Uhm? - I loro occhi si incrociarono; anche da quella distanza Sana aveva la sensazione che avrebbe potuto perdersi nei suoi occhi ambrati.
- Hai… hai visto papà negli ultimi giorni? - La frase le era uscita un po’ priva di senso, ma era sicura che lui avesse capito comunque cosa voleva chiedergli.
- Sì. -
- E come… - Deglutì e riprovò: - Come stava? Non solo fisicamente, intendo. -
- Se mi stai chiedendo se avrei mai immaginato quello che sarebbe accaduto, la risposta è no. Era normale, almeno dal mio punto di vista - rispose secco, con un tocco d’irritazione nella voce.
Sana si zittì, non sapeva cosa dire. Prese ad osservare le macchine che le passavano davanti senza vederle realmente.
- Gli mancavi - aggiunse Hayama dopo un po’.
- Cosa?! - replicò, presa alla sprovvista.
- A Ryo mancavi molto. -
Sana piegò il capo verso il basso. - Anche a me mancava molto. -
Poco dopo giunse il taxi richiesto da Sana. Mentre consegnava la valigia all’autista, vide Akito salire sulla macchina aiutandosi con le stampelle. Lo raggiunse e si sedette al suo fianco.

Erano già alcuni minuti che il taxi era partito e né Akito, né Kurata spiccicavano parola. Per lui questo non recava alcun problema, anzi, era contento di non essere costretto a sostenere una conversazione non voluta.
Il suo sguardo era fisso sull‘esterno. Osservava senza particolare interesse il paesaggio che gli passava davanti agli occhi. La proposta di Ryo l‘aveva decisamente sorpreso, ma aveva deciso di accettare se anche la donna di fianco a lui si fosse convinta. Non amava che le cose gli venissero imposte, ma in questo caso si trattava dell‘ultimo desiderio di Ryo che, tra l‘altro, gli aveva dato più di un motivo per accettare. Si accomodò meglio sul sedile. Si sentiva stanco e il ginocchio gli faceva più male del solito.

Era vero che il luogo in cui si trovava la villa era piuttosto isolato dal caos cittadino, ma aveva anche il vantaggio di non distare molti chilometri dal centro di Tokyo. La vettura accostò. Sana pagò la sua parte al taxista e scese. L’abitazione era molto più grande di quanto avesse immaginato e di quanto fosse stata la precedente casa posseduta da suo padre, ma non furono le dimensioni a colpirla maggiormente; la villa era stata progettata seguendo uno stile occidentale, che, se non ricordava male, si chiamava gotico. A causa dello stile architettonico e della necessità di alcuni lavori di ristrutturazione, la casa appariva piuttosto sinistra. Era a due piani ed era piuttosto vecchia. Sana sorrise, le piaceva molto.
La casa era anche provvista di un grande giardino, peccato però che necessitasse di cure perché sembrava un campo abbandonato. Intorno c’erano anche altre ville, ma queste erano decisamente più recenti e più piccole. Sana si ritrovò a pensare che non sarebbe stato male vivere lì, dove avrebbe avuto tutta la tranquillità che voleva e la casa le piaceva molto.
- Beh, ti sei incantata? - la chiamò Hayama. Fermo a pochi metri più avanti di lei, la attendeva.
- Arrivo subito. - Mentre si affrettava a raggiungerlo, notò che il taxista se n’era andato. Raccattò la sua valigia ed entrò nella villa. Due grandi finestre illuminavano l’ingresso che aveva bisogno di essere dipinto e di essere pulito, i pochi mobili che c’erano presentavano uno spesso strato di polvere. Si bloccò. Ma a cosa stava pensando?! Perché la sua mente stava mettendo in conto che cosa c’era da fare per sistemare quella casa? Lei non sarebbe andata a vivere con quell’uomo… anche se era suo fratello. Fratellastro, si corresse.
Hayama proseguì il giro e la lasciò sola. Meglio, lui la confondeva. Riprese a camminare, ma in direzione opposta a quella presa da Hayama.
La stanza in cui giunse era un salotto. La prima cosa che la colpì fu un grande camino. Si avvicinò e con la punta delle dita sfiorò la superficie in pietra quasi con venerazione. Quanto le sarebbe piaciuto sedersi davanti a quel camino accesso con un libro aperto in mano e un bicchiere di vino rosso di fianco.
Salì al piano superiore. La prima stanza in cui entrò era un camera da letto. Non doveva essere stata una matrimoniale, perché il letto era di una piazza e mezza e c’era solo una vecchia lampada impolverata e con delle ragnatele su un comodino nelle stesse condizioni. Quando ci avrebbe messo a pulire quella casa da cima a fondo? Non aveva il denaro sufficiente per assumere un’impresa di pulizie. Forse avrebbe dovuto implorare l’aiuto dei suoi amici. In tanti sarebbe stato più semplice e veloce. In quel momento, la porta lasciata aperta da Sana si mosse cigolando in modo sinistro e sbatté. Che strano… non c’è corrente. Scrollando le spalle, liquidò la questione e si ripromise di far oliare i cardini, ne avevano un gran bisogno.
Incontrò Hayama quando ritornò al piano inferiore ed entrò nella biblioteca. Lui non disse nulla, né si voltò a guardarla.
Sana si avvicinò ad uno delle librerie e osservò i vari titoli dei volumi che vi erano riposti. C’erano moltissimi libri antichi e famosi. Quanto le sarebbe piaciuto leggerli!
- E’ proprio una bella casa - commentò.
Solo un mormorio d’assenso fu la risposta di Hayama.
- E’ tranquilla ed è anche un luogo che mi ispira molto. Sai, io scrivo romanzi fantasy. -
Lui si girò. - Hai deciso di venire a vivere con me, ma non sai come dirmelo? - le chiese, diretto.
- Eh?! Cosa? No, non intendevo affatto questo. Dicevo solo che sarebbe un buon posto dove vivere, almeno per me. -
- La tua unica possibilità di poter venire ad abitare in questa casa è di dividerla con me. Se accettassi, potrei anche essere disposto a lasciartela alla scadere dei sei mesi per una bassa cifra. -
Sana dovette ammettere con sé stessa che quella di Hayama era una buona offerta e cominciava ad essere tentata di accettare. - Ma noi non ci conosciamo per niente! - replicò. - Tu saresti disposto a dividere casa con una completa sconosciuta?! E se una notte decidessi di soffocarti con un cuscino mentre dormi? -
Un lieve sorriso, che ricordava molto un ghigno, gli piegò le labbra. - Vorrà dire che chiuderò la porta a chiave, o forse sei anche una provetta scassinatrice? -
- Non prendermi in giro. -
- Kurata, credimi, quei sei milioni di yen mi servono; se per averli devo solo dividere una villa, in cui potrebbero starci comodamente dieci persone, per sei mesi con te, per quanto strana tu sia, sono ben disposto a farlo. -  
Chissà a cosa gli serviva a lui tutto quel denaro. Okay, doveva ammettere che anche a lei avrebbe fatto comodo, visto che le avrebbe permesso di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura senza preoccuparsi di guadagnare i soldi necessari per sopravvivere, almeno per un po’. In quella storia c’erano decisamente più lati positivi di quanti avesse immaginato. - Io… ecco, non so. Non sono ancora convinta che sia una buona idea. Anche se devo dire che non sono più contrariata come prima. - Il fatto che la casa fosse tanto grande era un bel vantaggio: avrebbero potuto dividerla senza quasi mai incontrarsi, sarebbe stato come vivere da sola. Oh, accidenti! Stava cominciando ad essere convinta anche lei della possibilità di dividere la villa. - Vorrei pensarci ancora un po’, scusami. Penso che riprenderò ad esplorare le varie stanze. - Senza attendere risposta, lo aggirò e abbandonò la biblioteca. Camminando a passò svelto risalì al piano superiore ed entrò nella prima camera che le capitò. Era un’altra stanza da letto, un più piccola di quella che aveva visto precedentemente. Si avvicinò al letto e si sedette sul bordo. Cosa devo fare?, si chiese. Fino a poche ore prima voleva solamente partecipare all’apertura del testamento e riuscire a ritornare il prima possibile a Matsumoto. Ora, invece, stava prendendo in considerazione l’idea di tornare a Tokyo stabilmente. Che cosa le stava accadendo?
Il suo sguardo si posò sulla borsa che teneva in grembo. Si ricordò della lettera che le aveva consegnato il notaio. Ora che era sola, poteva leggerla con calma e tranquillità.
Fece scorrere la cerniera che teneva chiusa la borsa e tirò fuori la busta. Le dita di Sana scivolarono sulla superficie ruvida; con un gesto secco e deciso la aprì e tirò fuori il foglio bianco piegato. La lettera che vi era contenuta diceva:

Cara Sana,
Se stai leggendo questa lettera, significa che non sono più qui. E che hai scoperto dell’esistenza del tuo fratellastro Akito. Ti chiedo scusa, tesoro, per non avertelo detto di persona, ma l’ho scoperto da così poco tempo anch’io e ancora mi è difficile accettare di aver perso tutta la vita di mio figlio. Tante volte sono stato sul punto di dirtelo, ma le volte in cui tornavi a casa eri così felice che non volevo turbarti. Perdonami, ma temevo di deluderti e perciò non ti ho detto nulla.
Ma passiamo al reale motivo di questa mia missiva: quando aprirai questa lettera, sarai già al corrente della condizione posta nel mio testamento. Spero che eviterai di vedere solo negativamente la mia proposta ed escludere con testardaggine l’idea di andare a vivere con il tuo fratellastro. Lo so benissimo che non vi siete mai visti prima e che dividere casa - anche se enorme come quella che ho acquistato - con uno sconosciuto non ti aggrada, ma è proprio questo il motivo della mia idea. Vorrei tanto che voi vi conosceste meglio e vi voleste bene come i fratelli che avreste dovuto essere se io avessi saputo prima dell’esistenza di Akito.
Posso immaginare quali pensieri stiano passando per la tua testolina in questo momento, ti conosco, ma ti assicuro che Akito è un bravissimo ragazzo. Solo un po’ scontroso e scorbutico. La tua vicinanza gli farebbe bene. Spero tanto che esaudirai la mia richiesta.
Concludo questa lettera augurandoti tutta la felicità di questo mondo. A te e ad Akito.
Ti voglio bene,
Papà

Le lacrime cominciarono a scenderle lungo le guance e il suo corpo venne scosso da singhiozzi implacabili. - Se-sei… sco… scorretto, papà - mormorava con voce sconnessa. - Come po… potrei dirti d-di no? - No, non avrebbe potuto. Non se quello era l’ultimo desiderio di suo padre. Pianse ancora per qualche minuto, lasciando fuoriuscire dolore e disperazione. Quando si fu calmata, prese un fazzoletto di carta dalla borsetta e si asciugò gli occhi. Era certa che fossero talmente rossi da risultare inguardabili, ma in quel momento non gliene importava.
Si alzò in piedi, lisciò la gonna che indossava lungo le gambe e si avviò alla ricerca di Hayama.    

Akito stava sfogliando un libro con fare distratto, in attesa che Kurata lo raggiungesse. Il rumore della porta della biblioteca che si apriva con uno scatto lo fece girare verso di essa. Vide Kurata entrare, notarlo e raggiungerlo decisa. Quando solo pochi metri li distanziarono, Akito si rese conto degli occhi rossi di lei. Doveva aver appena smesso di piangere, constatò. - Verrò a vivere con te - affermò diretta.
Akito sollevò le sopracciglia, un chiaro segno dello stupore che la frase di Kurata gli aveva scatenato. - Davvero? E cosa ti ha fatto cambiare idea così repentinamente? -
L’espressione dura che aveva dipinta in volto si sciolse un po’ e Akito per un attimo temette che si mettesse a piangere davanti a lui, ma non fu così. - Questi non sono affari tuoi - disse infine Kurata.
Lui scrollò le spalle. - Come ti pare. Era solo per chiedere. -
Lei lo ignorò e osservò il suo orologio da polso. - Se hai finito anche tu il giro direi che possiamo andare. -
- Okay. -
- Chiamo il taxi, allora. -
Lui annuì di nuovo. Passò poco più di un’ora prima che si potessero salutare e andare ognuno per la propria strada.  


Spazio Autrice:Salve a tutti! Ed anche il secondo capitolo è andato. Quando stavo scrivendo la parte in cui Sana legge la lettera mi stavo quasi per mettere a piangere anch'io... Sana è disperata, ma mi sembra più che giustificata visto che le è appena morto il padre che adorava. Sapete, sono riuscita a finire il quarto capitolo... un paio di scene mi hanno fatto impazzire, ma ce l'ho fatta! 
Beh, spero che vi sia piaciuto. A mercoledì!
E ora i ringraziamenti:

QeenSerenity83: Ciao! Che bello, una lettrice di "Omicidio"! Sono contenta che mi segui anche in questa nuova fanfiction e che ti interessi. Non preoccuparti se non potrai sempre recensire, non sempre si ha il tempo per farlo, ma quando lo farai ne sarò felice. Spero ti sia piaciuto questo secondo capitolo. A presto! Kiss

roby5b: Ciao! Ahah, sì, sono proprio io, Ilaria. Sono molto felice che ti sia piaciuto il primo capitolo di questa nuova fanfiction, spero ti sia piaciuto anche questo. Grazie per i complimenti al mio stile e sono contenta ti sia piaciuto "Omicidio". Ahah, sì, sì! Scrivo! A presto! Kiss

ryanforever: Ciao! Grazie mille per gli auguri! Sì, beh, come hai visto in questo secondo capitolo alla fine Sana si è convinta... accadranno un bel pò di cose. Spero ti sia piaciuto questo secondo capitolo. A presto! Kiss

daygum: Ciao! Grazie, sono contenta che ti piaccia. Sì, esatto, non sono fratelli di sangue, anzi, non si può nemmeno dire che sono fratellastri. Fare il loro albero genealogico è stato complicato, dovevo fare in modo che tutto combaciasse. Come hai visto, in qualche modo si sono messi d'accordo, ma i problemi tra i due sono appena iniziati. Come ho detto, l'aggiornamento sarà settimanale, ogni mercoledì, almeno per ora. A presto! Kiss

Deb: Ciao, carissima! Grazie per gli auguri! Come mi sento? Uhm... di sicuro non mi sembra di avere già diciannove anni... XD!
Quella frase che dici tu nel diario è ispirata a me! Infatti... anch'io una volta ho tentato di tenere un diario, ma sono durata quattro o cinque giorni. Proprio non faceva per me... Ah, e anch'io quando l'ho iniziato ho utilizzato la tua stessa frase. Comunque, Hana continuerà a scriverlo, anche se non lo farà tutti i giorni (altrimenti la sua storia procederebbe troppo lentamente).
Sì, povera Sana, per ora non sfonda... ma, chissà... prima o poi...
Ahah, Sana parla parla... e invece... alla fine si fa convincere. 
Ci credo che "Kyohei" ti ha ricordato PGE, l'ho usato apposta! Speravo tanto che tu lo notassi!
Grazie, sono contenta che ti piacciono le mie descrizioni.
Povero Akito... purtroppo ha le stampelle, però smette di usarle presto.
Kamura è spuntato senza che nessuno l'abbia chiamato, come un fungo velenoso. Non volevo nemmeno metterlo, ma alla fine ha fatto lo stesso la sua comparsa... è probabilmente non sarà nemmeno l'ultima. Mi dispiace deluderti... ma non era andato dal notaio per il suo testamento...
Oh, non preoccuparti. So benissimo che in questo periodo sei impegnatissima. Appena ti libererai, ci sentiremo di più. A presto! Kiss

elenafire: Ciao! Grazie mille per i complimenti, sono contenta che il primo capitolo ti sia piaciuto. Sì, quei due insieme combineranno un bel pò di cose. Spero ti sia piaciuto questo secondo capitolo. A presto! Kiss

LipsOfBlackPearls: Ciao! Wow... non so cosa dire... grazie! Mi hai fatto dei complimenti bellissimi (che nemmeno credo di meritare, ma vabbè...). Contenta che il primo capitolo ti abbia colpito, spero tanto che sia la stessa cosa con questo e i successivi.
Kodocha è un manga meraviglioso e direi che un pò tutte quelle che l'hanno letto adorano Akito, io compresa. I personaggi che ha creato Miho Obana sono veramente ben fatti ed è un piacere prenderli in prestito per scriverci su. Alla prossima settimana! Kiss

Grazie per le 7 recensioni, le visite, le 4 preferite, le 10 seguite e le 2 ricordate.


Alla prossima settimana!
Ilaria

Spoiler del prossimo capitolo:
- Non è questo il punto, Hayama. Quello che voglio dire è che avresti dovuto essere più gentile. -
- Ma lo sono stato! - insistette lui.  

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3° capitolo ***


The Ghost's Diary - 3° Capitolo
Grazie mille per le vostre parole. In fondo alla pagina un piccolo spoiler del prossimo capitolo. Buona Lettura!

The Ghost's Diary


3


10 Aprile
Caro Diario,                                                                                                               
Oggi, il mio adorato Sentaro ha cenato con la sua famiglia nella mia casa. Eravamo seduti vicini e abbiamo avuto la possibilità di chiacchierare molto. Mi sento ancora un po’ a disagio nei suoi confronti, ma sto migliorando man mano che lo conosco.
Quando è arrivato mi ha consegnato un mazzo di fiori. Sono bellissimi, tutti colorati. Li ho messi dentro un vaso sopra la scrivania della mia camera; sono proprio qui, di fianco a me. Non riesco a smettere di guardarli. Annuso il loro profumo e un sorriso sempre più grande si dipinge sul mio viso.
Dato che questa sera avevamo a cena la famiglia di Sentaro, oggi, insieme a mia madre e ad una domestica, siamo andate in città a fare compere. A seguito di questo ho fatto un nuovo incontro.
Mia madre si è fermata a parlare con un uomo poco più vecchio di lei accompagnato dal figlio. Il ragazzo ha la mia età e si chiama Shotaro. Ho scoperto che l'uomo, il cui nome è Takumi Tanigawa, è un vecchio amico di famiglia e fa affari con mio padre. Shotaro ha i capelli castani e gli occhi marroni; è piuttosto magro e pallido. Mentre i nostri genitori parlavano, mi ha sorriso e devo ammettere che è piuttosto carino. Mia madre ha invitato lui e il padre alla mia festa di fidanzamento, quindi lo rivedrò ancora. Ho la sensazione che questo non porterà nulla di buono, ma forse mi sto preoccupando inutilmente.
Buona notte, caro Diario,
Hana

Sentendo un leggero indolenzimento al collo e alla schiena, Akito si svegliò. Sbatté più volte le palpebre e mise a fuoco la stanza. Era sdraiato sul divano del salotto davanti al televisore ancora acceso, che stava trasmettendo il telegiornale. Sbadigliando, si tirò su a sedere e stiracchiò i muscoli indolenziti. Prese il telecomando e spense la televisione, riducendo al silenzio la stanza.
Guardò l’ora e si rese conto che erano due del pomeriggio passate. Aveva dormito almeno un’ora. Si era messo a guardare i programmi televisivi seduto sul divano, appena terminato di mangiare il sushi che aveva acquistato per pranzo, finendo per addormentarsi.
Akito si alzò in piedi e si diresse in cucina. Le vettovaglie che aveva utilizzato ore prima attendevano di essere lavate e riposte al loro posto. Non aveva molta voglia di farlo, ma viveva da solo e non gli sembrava di avere altra scelta. Uhm, forse avrebbe dovuto prendere in considerazione l’idea di assumere una donna delle pulizie. Era l’unico abitante - per ora - di quella grandiosa e tetra villa dove da pochi giorni si era trasferito e non era per niente facile tenerla in ordine da solo. Quasi quasi sperava che Kurata si sbrigasse a venire ad abitare lì con lui, così almeno si sarebbero divisi le faccende domestiche, che al momento erano tutte a suo carico. Anche se, doveva ammettere, Kurata non gli dava per niente l’idea della donna di casa, anzi, temeva che avrebbe fatto più danni che altro con il suo aiuto.
Suonarono alla porta. Akito scrollò le mani bagnate e le asciugò malamente con uno strofinaccio. Andò nell’ingresso e lasciò entrare Sana Kurata. La donna aveva legato i capelli in una lunga treccia rossa e indossava una leggera giacca sopra la maglietta e dei jeans.
- Ciao - lo salutò. Nelle mani lei teneva un grosso borsone e al suo fianco c’era un trolley.
Lui ricambiò con un cenno del capo. Si spostò di lato per lasciarla passare. - Di sopra è pieno di stanze da letto, scegli pure quella che preferisci. La mia è l’ultima in fondo. -
- Va… va bene - disse un po’ incerta.
Akito l’aggirò e zoppicando leggermente si avviò verso un mobiletto dove c’era il telefono fisso. Da poco aveva smesso di utilizzare le stampelle, ma ancora non riusciva a camminare bene. Aprì il cassetto e prese un mazzo di chiavi. Gliele lanciò e lei le prese al volo, ma fu costretta a lasciar cadere sul pavimento il borsone con un tonfo. - Sono le chiavi di casa e della cantina - la informò. - Me le ha date il notaio insieme ad un paio per me. - Gli parve di averle detto tutto, perciò andò verso la cucina, lasciandola sola.

Sana era rimasta a bocca aperta di fronte al comportamento poco gentile e maleducato di Hayama. Era quello il modo con cui secondo lui si accoglieva una ragazza in casa e le si dava il benvenuto? Aveva fatto un lungo viaggio in macchina ed era stanca, non le sarebbe dispiaciuto un’accoglienza più calorosa. Mandandolo mentalmente a quel paese, agganciò il pesante borsone - ma quante cose ci aveva messo dentro?! - alla sua spalla e trascinò il trolley con l’altra mano.
Percorrere i pochi metri fino alle scale non fu difficile, ma quello che le si prospettava richiedeva uno sforzo ben maggiore. Guardando le scale con disperazione, sbuffò e cominciò a salirle uno scalino alla volta.
Arrivata in cima alla rampa ancora più stanca e con il fiatone, Sana posò il borsone a terra e lasciò andare il trolley. Decise di dedicarsi alla scelta della camera. Se si trascurava quella di Hayama, scoprì che c’erano ben cinque stanze da letto. Erano tutte piuttosto belle e spaziose, ma lei era rimasta colpita dalla prima che aveva visitato la volta precedente che era stata in quella casa. Era una della più piccole tra quelle proposte, ma comunque più che sufficiente per una persona sola. L’armadio a muro era enorme, ma sarebbe bastato a contenere tutti i suoi vestiti?
Si avvicinò alla finestra e scostò la tenda polverosa che la ricopriva. Sorrise vedendo la vista che aveva a disposizione. Sì, decise infine sicura, quella sarebbe stata la sua stanza.
Sana tornò nel corridoio per prendere i bagagli e portarli nella sua nuova camera da letto. Si avvicinò di nuovo alla finestra e la spalancò per lasciar circolare l’aria. C’era davvero un gran bisogno di eliminare l’aria viziata di cui era impregnata la stanza. Quando scostò le pesanti tende, una grande luce illuminò ogni angolo. Soddisfatta, Sana aprì le ante dell’armadio e lasciò andare un sospiro di frustrazione. Davanti a sé c’era uno spesso strato di polvere e ragnatele. Avrebbe dovuto immaginarlo… Sospirò. Non le restava altro da fare se non rimboccarsi le maniche e dare una bella pulita a quella stanza. Negli anni che aveva trascorso lontana dalla casa in cui aveva abitato con suo padre, era andata a vivere da sola e aveva acquisito una cerca pratica con le faccende domestiche. Anche se in cucina, dovette ammettere almeno con sé stessa, era un vero disastro. Era riuscita a sopravvivere con cibi precotti - almeno con il microonde non aveva problemi - o già pronti. Nel periodo che aveva trascorso a Matsumoto aveva potuto assaporare la bontà di un piatto fatto in casa solo quando un’amica la invitava a pranzo. Era la sua vicina di casa, si chiamava Mitsuko ed era una donna di mezz’età amante dei canarini; ne aveva sei.
Il suo stomaco scelse quel momento per brontolare. Sana posò una mano sul ventre e sorrise. Beh, le pulizie avrebbero dovuto aspettare, prima era meglio riempirsi la pancia.
Uhm, dato che Hayama si era trasferito già da qualche giorno era molto probabile che lui avesse fatto la spesa, ma non poteva chiedergli le sue provviste. Loro non erano veri fratelli, né amici e men che meno fidanzati. Non c’erano gli estremi perché lei gli chiedesse qualcosa. Sospirò. Era stanca e non aveva voglia di uscire, ma se voleva mangiare non le restava altro che andare al supermercato. Si sistemò meglio la borsa sulla spalla e scese al piano inferiore. Prima di andarsene si mise alla ricerca di Hayama. Doveva parlargli di alcune questioni.
Lo trovò in cucina. Era appoggiato al bordo del tavolo e con una mano reggeva un tazzina di caffé fumante. L’aroma della bevanda si era diffuso in ogni angolo della cucina. Lo stomaco di Sana si lamentò con più forza e le venne l’acquolina in bocca.
Avendola sentita arrivare, Hayama sollevò lo sguardo e si mise in attesa che lei parlasse.
- Senti, Hayama, dovremmo stabilire delle regole per poter convivere al meglio. Partiamo dalla cucina ad esempio? Come la dividiamo? Potremmo organizzare degli orari precisi e dividerci equamente le credenze e il frigorifero. Uhm… Idea! E se attaccassimo anche delle etichette sui vari cibi per distinguere i miei dai tuoi? - Solo in quel momento si accorse del sopracciglio inarcato di lui e del sua espressione molto poco favorevole. - Che c’è? Non sei d’accordo? Io almeno sto proponendo delle soluzioni. -
- Kurata, tu devi essere fuori di testa. Secondo te ogni volta che comprassi un maledetto barattolo dovrei metterci un’etichetta con il mio nome? Elabora una soluzione più semplice. Tipo: quando c’è bisogno di fare la spesa mettiamo metà dei soldi a testa. Ah, seconda cosa: scordati che io mangi ad orari fissi. Se ho fame vengo in cucina e mangio, chiaro? - Non lo conosceva ancora bene, e forse mai sarebbe successo, però era certa che quello fosse uno dei discorsi più lunghi che mai gli avrebbe sentito dire.
Hayama si girò per andarsene, mentre Sana rimaneva a bocca aperta. Non voleva stabilire nessun rapporto con quell’uomo, ma suo padre avrebbe tanto voluto che loro si conoscessero meglio e lei non se la sentiva di deluderlo. Gli corse dietro. Dato che era impossibilitato a muoversi normalmente, lei lo raggiunse in pochi rapidi passi. Gli posò la mano sul braccio e gli disse: - Aspetta, Hayama. Ascolta, abbiamo cominciato con il piede sbagliato. -
Lui si voltò e incontrò il suo sguardo. - Io?! Me se sei tu che volevi stabilire dei turni per evitare d’incontrarmi. Meno male che abbiamo tre bagni, altrimenti vorresti stabilire dei turni anche lì. -
Va bene, doveva ammetterlo, quella che aveva avuto non era stata una delle sue idee più brillanti, ma non capiva perché lui dovesse prendersela tanto. - Non dare la colpa solo a me. Ti ricordo che il tuo modo di accogliermi in questa casa è degno del peggior zotico presente sulla faccia del pianeta. - Una vocina dentro di sé le aveva detto di tener la bocca chiusa, ma Sana non aveva alcuna intenzione di darle ascolto.
- Ah, sì? Perché, che cos'ho fatto? -
- Beh, tanto per cominciare avresti potuto tenere una conversazione più brillante, chiedendomi magari com’era andato il viaggio, invece che quei quattro monosillabi che mi hai rifilato. Poi, avresti potuto offrirmi qualcosa. -
- Credimi, se avessi voluto veramente accoglierti male avrei fatto ben altro. E poi, se volevi qualcosa, bastava chiedere. Come potevo sapere che avevi sete o altro? Non leggo nel pensiero - disse con semplicità.
Sana si coprì gli occhi con una mano e scosse la testa leggermente. - Non è questo il punto, Hayama. Quello che voglio dire è che avresti dovuto essere più gentile. -
- Ma lo sono stato! - insistette lui.
Aveva la sensazione che se avessero continuato così non sarebbero arrivati da nessuna parte. - Sì, va bene, ho capito. Lasciamo perdere. - Come aveva detto prima? Ah, sì. Erano partiti con il piede sbagliato. Decisamente, io e Hayama non saremo mai amici, figuriamoci fratelli. Con voce calma disse: - Credo di essere d’accordo con la tua idea per l’utilizzo della cucina e la spesa. Se per te va bene, utilizzerò le tue provviste finché non sarà necessario fare rifornimento. Se mi dici quanto hai speso, ti pagherò la mia metà. -
Hayama annuì e in breve sbrigarono quella piccola formalità.
Finalmente poté andare in cucina per cercare qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti. Beh, almeno tutta quella lunga discussione - litigata - le aveva risparmiato un viaggio fino al supermercato più vicino. Riflettendoci, forse sarebbe stato meno faticoso anche se fosse dovuta andare a piedi al supermercato, magari percorrendo chilometri, piuttosto che trovare un punto d’incontro con Hayama.
Sicuramente.

Quando finalmente Kurata si convinse che la sua idea era balzana e a dirigersi verso la cucina per pranzare, Akito si girò e si avviò verso il piano superiore in direzione della sua camera.
Quella donna era un tornado e portava solo guai.
Sei mesi. Sei mesi e probabilmente non l’avrebbe più vista in vita sua. Era certo che, quando il giorno della separazione sarebbe arrivato, un’ondata di sollievo lo avrebbe invaso.
Per intanto, non gli restava che averci a che fare il meno possibile.
Era molto carina - anche se era sempre più convinto che fosse troppo magra, oltre che piatta - e aveva un qualcosa che lo aveva colpito, ma mai e poi mai avrebbe iniziato una relazione, anche se solo sessuale, con una donna con un carattere di quel tipo.
Oltretutto, era la sua sorellastra - anche se non avevano sangue in comune -, no?

Sana suonò il campanello, su cui c’era una targhetta con incisa la parola “Tomiya”.
Era il cognome della famiglia in cui avrebbe dovuto prestare servizio per quella sera. Dato che ancora non guadagnava molto come scrittrice, arrotondava facendo la babysitter o altri lavori part-time; lei amava molto i bambini. Era la prima volta che prestava quel servizio a Tokyo, l’esperienza l’aveva acquisita a Matsumoto. Sperava che sarebbe andato tutto bene. Anche se non aveva affitto o mutuo da pagare, aveva bisogno di guadagnare per sostenere le molte spese che aveva.  
La porta davanti a lei si aprì e fece capolino una donna vestita elegantemente sulla trentina. Era magra ed aveva lisci capelli neri lunghi fino alle spalle e gli occhi marroni. Le sorrise vedendola e Sana ricambiò. - Ciao, Sana, ben arrivata. Accomodati. - Si fece da parte per lasciarla passare, mentre lei ricambiava il saluto.
Sana aveva messo un annuncio sul giornale ed era stata molto fortunata ad aver trovato subito lavoro. Dopo essere stata contattata dalla famiglia Tomiya aveva presentato le sue referenze alcuni giorni prima.
Entrò nell’appartamento. L’ingresso era piccolo e portava direttamente al soggiorno, che era arredato con gusto. Era sera e le persiane erano abbassate. A dare luce alla stanza erano delle lampade con un grosso paralume beige appoggiate sui mobili. Questi erano in legno di faggio e c’erano due poltrone e un divano bianchi in pelle. Sopra un grosso tappeto era seduto un bambino di sei anni con la schiena appoggiata al divano. Si chiamava Junichi e aveva lo sguardo puntato sul televisore.
- Junichi, è arrivata Sana. Vieni a salutarla. -
- Sì, un attimo - disse, senza nemmeno voltarsi.
Sana sorrise. - Oh, non importa. Dopo avremmo tutto il tempo per conoscerci meglio. -
Dal corridoio che presumeva portasse alle camere da letto sopraggiunse Renge Tomiya, il padre del piccolo Junichi. Era un uomo alto sui quarant’anni. Avevi i capelli castani, bianchi sulle tempie, e gli occhi grigi. Indossava un completo blu da sera. - Oh, ciao, Sana. Ecco, se hai bisogno di rintracciarci questi sono i nostri numeri di cellulare e quello del ristorante dove andremo - le disse porgendole un foglio di carta. Lei allungò il braccio e lo prese.
- Perfetto. Ora dobbiamo andare - disse il signor Tomiya. Sua moglie annuì e raggiunse suo figlio per scoccargli un ultimo bacio sulla fronte e salutarlo.
- Alle nove mettilo a dormire, okay? Se hai bisogno non esitare a chiamarci - le ripeté la signora Tomiya ritornando nell‘ingresso. Sana annuì.
- Andiamo, tesoro, o faremo tardi - richiamò di nuovo la moglie l‘uomo. - A dopo, Sana - disse poi, rivolgendosi a lei.
- Arrivederci, Sana. -
- Buona serata - augurò ai due coniugi mentre la porta di casa si richiudeva. In risposta sentì un soffocato - a causa della porta - ringraziamento.
Ora, il silenzio della casa era interrotto solo dal rumore proveniente dalla televisione. Si avvicinò al bambino e si sedette sul divano. Facendola scivolare lungo il braccio, appoggiò la borsa di fianco a lei. - Ciao, Junichi. Cosa stai guardando? - chiese riferendosi al programma in televisione.
Era di sicuro un anime, ma lei non lo conosceva.
Lui le riferì il nome. - E’ forte! - le spiegò, voltandosi un istante verso di lei e sorridendole. Junichi aveva i capelli castani come il padre e gli occhi della madre. Era alto per la sua età e aveva un bel sorriso. Sana era certa che dieci anni dopo le ragazze avrebbero fatto la fila per uscire con lui!
Sullo schermo cominciarono a comparire i titoli di coda. Sana si alzò in piedi e premette il pulsante della televisione che si spense. - L’anime è finito. - Guardò l’orologio che aveva al polso. Erano le otto e trenta. - Adesso è ora di prepararsi per andare a dormire. - Lui la guardò male e imbronciò le labbra. - Se ci vai senza lamentarti ti racconterò una storia. Ma non una delle solite fiabe, sai, io scrivo racconti. Ti va di sentirne uno? - Il genere a cui si dedicava era il fantasy, era sicura di poter raccontargli una storia che potesse piacergli.
Gli occhi di Junichi si illuminarono. - Wow! Scrivi libri! Raccontami due storie! -
Sana rise. - No, mi dispiace. La mia proposta non è soggetta a contrattazione. -
Lui la guardò confuso. - Cosa vuol dire con… cont…? -
- Beh, in pratica significa: o una storia o niente. Andiamo a metterci il pigiama, adesso. -
- Prima devi prendermi - disse con un sorriso dispettoso e fuggì via.
Sana gli corse dietro. - Attento, Junichi. Se ti prendo non sai cosa ti faccio! - disse con voce fintamente spaventosa.
Una risata infantile fu la risposta che ottenne.
Lo trovò nella camera da letto matrimoniale. Quando la vide arretrò in direzione dalla finestra, ma mentre lei si avvicinava, lui la prese di sorpresa. Salì sul grande letto a due piazze e lo attraverso correndo. Ricade sul pavimento con un salto e ripartì di scatto verso il salotto.
Sorridendo per la sua furbizia, Sana riprese la sua caccia. Junichi girò intorno al divano e lei lo acchiappò arrivando dall’altra parte. Lo prese in braccio, lo distese sul divano e cominciò a fargli il solletico. Dopo alcune implorazioni soffocate da incontrollabili risa smise.
Junichi si lasciò prendere per mano ed accompagnare nella sua cameretta. Sana lo aiutò a prepararsi per la notte e gli rimboccò le coperte. - Ora raccontami la storia - le disse lui.
Lei annuì. In un angolo della cameretta adocchiò una piccola sedia di colore azzurro. La sollevò e la posizionò di fianco al letto. Si sedette su di essa e accavallò le gambe. Quale storia avrebbe potuto raccontargli? Beh, ovviamente l’avrebbe resa più adatta ad un bambino della sua età.
Prendendo fiato cominciò a raccontare. Junichi inizialmente pendeva dalle sue labbra, ma poi, pian piano, cominciò a sbattere più volte le palpebre nel tentativo di non addormentarsi. Poco prima che potesse sussurrare la parola fine, il bambino chiuse gli occhi e il suo respiro si fece più lento e regolare. Era precipitato nel sonno. Sorridendo dolcemente, Sana si alzò il piedi e si chinò per scoccare un bacio della buonanotte sulla fronte del bambino. Rimise la sedia dove l’aveva presa e senza far rumore ritornò in salotto.
Ora che il bambino dormiva avrebbe potuto dedicarsi alla stesura del suo nuovo romanzo finché non fossero tornati i genitori di Junichi. Prese il suo block-notes e una penna, e si sedette comodamente su una poltrona. Sbadigliò. Era troppo comoda quella poltrona, sperava che non avrebbe finito per addormentarsi anche lei.
Giocherellando con la penna, si concentrò su quello che voleva scrivere. Ancora non le era ben chiaro il protagonista. Sarebbe stato misterioso e di poche parole. Biondo e maleducato. Uhm? Mi ricorda qualcuno. Scrollò le spalle e finì di tratteggiare il profilo del suo personaggio, poi si dedicò alla bozza dei primi capitoli.
Si appisolò davvero un paio d’ore dopo, ma fu solo per pochi minuti perché venne svegliata dal rumore della porta d’ingresso che si apriva. I coniugi Tomiya erano tornati.
Sana ripose le sue cose e andò ad accoglierli. - Bentornati. -
- Ciao, Sana. E’ andato tutto bene? - le domandò la signora Tomiya.
- Sì. Adesso Junichi sta dormendo. E’ stato bravissimo. -
L’altra sorrise, mentre il signor Tomiya annuì e ringraziandola le diede il compenso che le spettava. Erano duemiladuecento* yen.  
- Buonanotte e arrivederci - salutò Sana.
- Grazie. Potresti venire anche domani pomeriggio? Alle due - le disse la signora Tomiya.
- Sì, non c'è problema. A domani, allora! -
- A domani. Buonanotte. -
Sana sorrise mentre la porta si richiudeva.
Era molto stanca. Non vedeva l’ora di potersi rifugiare tra le calde coperte del suo letto.

* Circa 20 €

Spazio Autrice: Ed eccomi qui con il 3° capitolo (tra i cinque che ho scritto, è quello che mi piace di meno). E' un pò di passaggio, dato che l'ho sfruttato principalmente per vedere l'arrivo di Sana nella nuova casa e ho anche lasciato trascorrere qualche giorno di convivenza. Nel prossimo si scoprirà come si trovano Akito e Sana a vivere insieme.
Parlando dei capitoli futuri: oltre ad aver scritto il capitolo cinque, sono riuscita a preparare la scaletta dei capitoli dal 6° all'11°. Spero vi sia piaciuto il capitolo.
E ora i ringraziamenti:

roby5b: Ciao! Sì, Sana ha deciso, ma, conoscendola, non possiamo nemmeno dire che ci ha messo su troppo tempo, dai! Beh, l'importante in fondo è che si trasferissero e in questo capitolo, come hai visto, l'hanno fatto. Evviva! E adesso vedremo che cosa combineranno!
Non preoccuparti, il fatto che in un certo senso loro possano definirsi anche fratelli non è poi questo gran problema. Non si faranno molti scrupoli in questo senso. Il loro problema maggiore deriva dal carattere che si ritrovano e dalla mancata conoscenza. Alla prossima settimana! Kiss

Deb: Ciao, carissima! Oh, mamma... che lunga recensione... preparati perchè ti arriverà una lunga risposta.
Sì, è vero... l'attesa è una cosa speciale. Stai lì ad aspettare nell'attesa che arrivi e nel frattempo pregusti il momento in cui accadrà.
Oh, accidenti... hai delle aspettative alte? Con una frase del genere sai che potrei rischiare l'ansia da prestazione?! XD! Farò del mio meglio, te lo prometto.
Sono contenta che ti piaccia Hana. Piano piano si scopriranno sempre più cose di lei e della sua storia. E adesso è meglio che tacio prima che te la riveli tutta.  
Sì, Sana è molto triste, povera. Beh, piano piano tornerà quella di sempre. Già ora alterna momenti in cui torna quella di sempre, come hai visto.
Sana è Sana, ma è pur sempre una donna e quale donna potrebbe rimanere completamente indifferente ad Akito?
Come ti ho già detto per e-mail... il ginocchio di Akito verrà introdotto nel prossimo capitolo.
Sì, anch'io adoro lo stile gotico... è veramente suggestivo... avrei l'ispirazione ventiquattro ore su ventiquattro!
Ci mette un pò, ma alla fine si è decise a darti retta e ad andare ad abitare con Akito, eh, Deb?
Ahah... di porte cigolanti e scricchiolii se ne sentiranno un bel pò nel prossimo capitolo. Ecco, vedi... te l'avevo detto che lentamente avrei scucito tutto...
Contentissima che ti è piaciuta la battuta... se non ricordo male, mi è venuta in mente quando ero sul bus e mi sono messa a ridacchiare. Cioè, giusto giusto per far capire agli altri passeggeri con che pazza stavano viaggiando...!
Credimi, dalla lettera non sembra, ma il padre di Akito (e Sana) è speciale (oltre per il fatto che ha concepito Akito, intendo!!!)...
In questo capitolo è avvenuto il trasferimento di Sana. Ho lasciato perdere l'abbandono della vecchia casa di Akito e anche quello di Sana, perchè si sarebbe trattato solo di pratiche e di scatoloni da riempire... del tutto inutile ai fini della storia.
Sì, è vero che il tempo passa veloce... mi ricordo che quando stavo in prima superiore una volta ho detto che la maturità era lontana... è invece è già venuta e passata. Corre tanto veloce il tempo che non facciamo nemmeno in tempo a rendercene conto.
Sai, sono tornata a vedere la tua prima recensione di "Omicidio". E' datata 2 Settembre 2009 (è già un anno e due mesi che ci conosciamo!) e pensa che in quell'occasione avevi azzeccato l'omicida! E' vero, mi ricordo che in quel periodo soffrivo perchè non potevo leggere "Love or Sex". Beh, perlomeno, mentre aspettavo, mi sono goduta "Scoop". Sì, in effetti parlare del tempo che passa mette un pò tristezza.
Ahah... hai ragione. Uhm, i produttori di diari dovrebbero scrivere un'etichetta con questa avvertenza: "è sconsigliato cominciarlo scrivendo: spero di riuscire a scriverlo con continuità. O derivati." XD!
Oh, è vero... anche a me dispiace un pò non chiamarla più "altra" (anche se è un sollievo averle trovato un titolo). Sono tantissime le mail in cui la chiamavamo così.
Grazie mille per i complimenti alle mie descrizioni...*me arrossisce*.
Uhm... forse. Sì, è probabile che prima o poi Naozumi il mollusco ricompaia e che dica a Sana i motivi della sua diparti... eh?! No, volevo dire... del perchè è andato dal notaio! XD!
Ahah, no, non è troppo lunga. Sì, beh, è lunga, ma a me ha fatto molto piacere riceverla.
A presto, cara! Kiss

ryanforever: Ciao! Grazie! Sono molto contenta che ti piace come sto gestendo la vicenda. Nello spoiler del prossimo capitolo già si capisce che accadra qualcosa fra loro... di non molto piacevole (tanto per cambiare), mentre in quello successivo, il quinto, qualcosa di inaspettato. Sono felice che ti interessi la storia del diario... ad Hana accadranno anche a lei molte cose. Piano piano si scoprirà ogni cosa. La sua è una storia che ho ben in mente. Grazie per la recensione. Alla prossima settimana! Kiss

elenafire: Ciao, cara! Felice di aver catturato il tuo interesse. Presto vedrai se i tuoi sospetti avranno conferma. Ahah, sì conbineranno un pò di casini... a cominciare da prossimo capitolo. Nello spoiler si capisce già qualcosa. La lettera del papà di Sana l'ho cominciata almeno in quattro modi diversi... ero indecisa su che tono darle e sono contenta che abbia scatenato delle emozioni. Alla prossima settimana! Kiss

daygum: Ciao! Wow, grazie. Sono contenta che la mia storia ti piaccia tanto che abbia già meritato l'appellativo di preferita. Ti è piaciuta la lettera? Meno male. Sì, è stato davvero un duro colpo per Sana. E sicuramente si sarà sentita in colpa per non essere stata presente quando Ryo ha esalato l'ultimo respiro.
Mi dispiace davvero, ma più di un capitolo a settimana non posso fare, rischierei di pubblicare subito i pochi capitoli che ho già pronti e se mi capitasse di rimanere senza ispirazione per qualche settimana (o di ritrovarmi con meno tempo per scrivere) vi lascerei senza capitoli. L'aggiornamento settimanale per ora mi consente di mantenere un ritmo costante. Grazie per la recensione. Kiss

Angye: Ciao! Grazie mille per i complimenti. E' bello sapere che anche se non è il genere di storia che ti interessa, ti abbia presa a sufficienza da decidere di leggerla e seguirla. Spero di non deludere le tue aspettative. Alla prossima settimana! Kiss

vanille_blue: Ciao! Sono molto contenta che la mia storia ti piaccia. S^, anche a me piacciono le storie AkiSana, loro due sono personaggi speciali. A presto. Kiss

lillixsana: Ciao, omonima! E' bello risentirti. Grazie mille per i tuoi complimenti, spero davvero che questo terzo capitolo ti sia piaciuto. Alla prossima settimana! Kiss

So smile: Ciao! Sono felice che ti piaccia la mia storia e spero che ti piacerà la piega che prenderà. A presto! Kiss

Grazie mille per le 9 recensioni, le visite, le 7 preferite, le 5 ricordate e le 19 seguite.
Al prossimo capitolo!
Ilaria 


Spoiler del prossimo capitolo:
- Perché no? - Kurata sorrise, alzandosi. Il suo sorriso non prometteva nulla di buono.
[...]
Bevve solo un minuscolo sorso, poi abbassò il braccio e gli versò il vino addosso.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4° capitolo ***


The Ghost's Diary - 4° capitolo
In fondo alla pagina un piccolo spoiler del prossimo capitolo. Buona lettura!!!
The Ghost's Diary

4


15 Aprile

Caro Diario,  
Perdonami se per ben quattro giorni ti ho trascurato, ma ero così presa dai preparativi per la festa di fidanzamento che mi sono dimenticata.
La suddetta festa si è tenuta questa sera e vi hanno partecipato tutte le persone più importanti di questa città; mio padre è un uomo molto stimato.
La cena è stata abbastanza noiosa, soprattutto perché ero seduta di fianco ad una ragazza che non faceva altro che parlare di cose di poco conto. Stavo per chiederle se aveva mai preso un libro in mano, ma mi sono trattenuta. Solo per educazione, ovvio.
Per fortuna, sono iniziate le danze e ho potuto divertirmi al fianco del mio Sentaro. Mentre ballavamo abbiamo parlato molto e ne sono stata molto felice.
Ho concesso un ballo pure a Shotaro - ti ricordi? Il figlio dell’uomo incontrato qualche giorno fa - ed è molto simpatico. Ha fatto alcune battute che mi hanno fatto ridere e mettere a mio agio, e poi è stato molto gentile con me. Sai, penso che potremmo diventare amici.
A fine serata, è stato ufficializzato il mio fidanzamento e Sentaro mi ha regalato un bellissimo anello a cui è stato incastonato un diamante. Ho quasi il terrore di perderlo!
Oggi, è stata una lunga giornata.
A presto, caro Diario,
Hana

- Ecco a lei il resto - gli disse la cassiera sorridendogli e porgendogli alcune monete e una banconota. - Grazie e arrivederci. -
Akito prese le buste della spesa, un paio per braccio e si avviò verso l’uscita del supermercato.
Davanti all’uscita c’era un marciapiede e subito dopo una fila di automobili di modello e colore diversi. Si diresse verso la sua macchina. Posò le pesanti borse sul marciapiede - ma quanta roba aveva inserito nella lista Kurata? -, poi si infilò una mano nella tasca anteriore dei jeans per prendere le chiavi.
- Ehi, Akito! - lo chiamò una voce alla sua destra.
Akito si voltò ad incontrare lo sguardo di Tsuyoshi. - Ciao. Bentornato nel mondo dei vivi. -
L’altro fece un sorriso mesto. Tsuyoshi Sasaki, il suo migliore amico dai tempi delle elementari, fino a pochi giorni prima era stato impegnatissimo con la tesi di laurea e praticamente non usciva mai di casa per essere preparato al meglio. Beh, alla fine ne era valsa la pena dato che aveva preso il massimo dei voti. Ora, Tsuyoshi era laureato in architettura. - Adesso che sono libero, voglio che mi racconti del testamento di tuo padre, della casa e della ragazza con cui convivi. Quando me l’hai accennato al telefono, mi hai incuriosito molto. -
- Tanto per cominciare io non convivo con quella, ma semplicemente dividiamo casa - precisò Akito, mentre posava i sacchetti della spesa nel bagagliaio della sua automobile.
Tsuyoshi inarcò un sopracciglio. La sua espressione chiaramente esprimeva il concetto: e quale sarebbe la differenza? - Sì, come vuoi… dividete casa. Beh, lei com’è? -
- Bella, penso. Senza dubbio è comoda… Ma, sai, non mi intendo molto di queste cose, sei tu l’esperto. - Stava per aggiungere qualcos’altro, ma quando vide gli occhi e la bocca spalancata di Tsuyoshi si bloccò. Che cosa aveva detto di sbagliato? - Tsuyoshi, tutto bene? -
- Akito, potresti ripetere? - gli chiese l’amico pallido in volto.
Ma cosa aveva Tsuyoshi? Tutto quello studio doveva proprio avergli fuso il cervello. - Ho detto che secondo me è una bella casa, ma tu potresti giudicare meglio di me visto che sei laureato in architettura. -
Tsuyoshi si portò una mano al viso. - Ah, parlavi della casa. Io intendevo la ragazza, Akito. La figlia di tuo padre com’è? -
- Oh. Beh, lei è impicciona e insopportabile. In due parole: da evitare! -
Tsuyoshi sollevò gli occhi al cielo e sospirò. - La conosci da pochissimo, Akito. Non ti sembra un impressione un tantino troppo affrettata? -
- No - affermò lui laconico.
- E quindi con lei va male? -
Akito scrollò le spalle. - No. Va bene, direi. -
- Davvero? Ma se mi hai appena detto che non la sopporti! - esclamò Tsuyoshi sorpreso.
- Lo so, appunto. Va tutto bene proprio perché non parliamo mai e ci vediamo pochissimo. Capita solo che qualche volta pranziamo o ceniamo alla stessa ora, ma non comunichiamo. E a me va benissimo così. - Non mentiva, era davvero così. Era convinto che tutta quella brutta storia scaturita dal testamento di suo padre si sarebbe risolta più facilmente di quanto avesse pensato.
- Il solito asociale. Beh, mi piacerebbe conoscerla. E anche ad Aya piacerebbe. -
Aya Sugita era la ragazza di Tsuyoshi. Stavano insieme dalle superiori e andavano d’accordissimo. Lei lavorava in una sartoria ed era una ragazza carina, dolce, gentile e tranquilla… Esattamente l’opposto di Kurata, si ritrovò a pensare Akito.
- Se proprio ci tieni, stasera puoi venire a cena a casa mia con Aya, così la conoscerete. - E la smetterete di assillarmi. Non pronunciò queste ultime parole, ma si potevano benissimo dedurre dalla sua espressione.  
- Con piacere. Facciamo alle otto? -
- Okay. -

Era quasi ora di cena quando Sana rientrò a casa dopo il pomeriggio di lavoro con il piccolo Junichi. Dato che c’era il sole, lo aveva portato al parco e gli aveva fatto trascorrere delle ore piacevoli.
Era stanca. Avrebbe riscaldato qualcosa nel forno a microonde, avrebbe preso un bel libro dalla rifornita biblioteca e sarebbe andata a letto a leggere.
Sana passò dalla sala da pranzo e con la coda dell’occhio notò che c’era qualcosa di strano. Il tavolo rettangolare in legno al centro della stanza era apparecchiato, ma non per uno, o al massimo per due, bensì per quattro persone. Hayama ha ben tre ospiti, stasera? Poteva almeno prendersi la briga di avvertirmi… Sbuffando, proseguì verso la cucina. Trovò Hayama davanti ai fornelli, ma non si stupì molto. L’aveva già visto altre volte, in quei pochi giorni che vivevano insieme, cucinare e, dal profumo che emanavano i piatti da lui preparati, doveva essere anche bravo. - Vengono un mio amico e la sua ragazza, stasera - si decise ad informarla, appena si accorse della sua presenza.
D’accordo che in matematica era sempre stata una completa incapace, però sapeva ancora fare uno più uno. - Perché hai apparecchiato per quattro, allora? Tu più due amici fa tre, no? -
Hayama sollevò gli occhi al cielo. - Il quarto piatto è per te, sciocca. -
- Eh?! Da quando prepari e cucini anche per me? E poi… perché dovrei partecipare ad una cena in cui non conosco nessuno? - Mai parole era state più vere. Non conosceva proprio nessuno dei partecipanti, organizzatore compreso.
- Ti lascerei volentieri cucinare se non fosse che non ho ancora intenzione di avvelenare il mio migliore amico. E se lo facessi alla sua ragazza, sarebbe lui ad uccidermi. In caso contrario ti chiamerò, okay? - replicò l’altro con ironia.
- Spiritoso… - Se gli sguardi potessero uccidere, Hayama sarebbe stato un mucchietto di cenere ai suoi piedi.
Lui ghignò. - Sai, lui è un architetto e muore dalla voglia di vedere questa casa. E poi gli piacerebbe conoscerti - aggiunse.
Sana sospirò, l’aveva convinta. Poteva dire addio al suo programma dedicato al relax per quella serata. - Okay, va bene. Hai bisogno di una mano qui? -
Hayama scosse la testa. - No. -
Aveva la sensazione che lui temesse che lei combinasse qualche guaio, ma decise di passarci sopra. Era troppo stanca sia per discutere sia per aiutare. - Uhm, okay. Vado a cambiarmi, allora. Tra quanto arrivano i tuoi amici? - chiese.
- Una mezz’ora, più o meno. -
- Farò in un lampo! - E con queste ultime parole uscì dalla cucina e si diresse verso la sua camera.   
 
Il suonò del campanello risuonò in tutta la casa. - Accidenti! - mormorò Sana sentendolo. - Sono già arrivati. - Non era ancora pronta! Doveva finire di vestirsi e pettinarsi. Per una volta aveva tentato di prepararsi nel minor tempo possibile, ma non era bastato. Quasi litigò con la cerniera della maglietta blu notte che stava tentando di indossare, ma alla fine riuscì a vincere lei la battaglia e a chiuderla. Prese la spazzola dal comò e se la passò tra i capelli ancora un po’ umidi per la doccia. Infine, li raccolse dietro la nuca con un mollettone. Di corsa, lasciò la stanza e scese le scale per raggiungere l’ingresso a tempo di record.   
Hayama aveva già aperto la porta e fatto entrare i suoi ospiti. Sana si stampò un sorriso sul viso e a grandi passi li raggiunse. Cosa?!  La sorpresa le mozzò l’espressione sorridente. - Aya?! E anche tu, Tsuyoshi? - esclamò riconoscendo la coppia. - Che ci fate voi due qui? - Essendosi trasferita da poco a Tokyo aveva avuto moltissime cose da fare, soprattutto in casa, e non aveva avuto il tempo di contattare nessuna sua amica, tanto meno il fidanzato di questa. E nessuna di loro conosceva nemmeno il suo indirizzo, tra l’altro. Sapevano a stento che era ritornata.
- Noi che ci facciamo qui?! Potremmo chiederti la stessa cosa, Sana - disse Aya. - Oh, mi avevi detto che eri ritornata in seguito alla morte di tuo padre, ma non l’ho collegato all’improvviso trasferimento di Akito. -
Sana si voltò verso Hayama. - Allora l’amico di cui parlavi era Tsuyoshi. Mamma mia, che coincidenza! - Si voltò verso il fidanzato di Aya dicendo: - Beh, felice di rivederti. -
Lui sorrise. - Anche per me è un piacere, Sana. -
Sana si avvicinò ad Aya e l’abbracciò. - Sono contenta che sei qui. Scusami se non ho ancora avuto il tempo di vederti. - Si staccò da lei. - Sono stata impegnatissima con il trasferimento. -
- Non preoccuparti, Sana. Capisco. -
- Bene, visto che vi conoscete, mi avete risparmiato le presentazioni - commentò Hayama.
Ma era sempre così freddo? Lei vide Tsuyoshi alzare gli occhi al cielo e Aya muoversi nervosa. - Ehm, che ne dite di spostarci in sala da pranzo? - suggerì Sana.
- Sì, è una buona idea - affermò Tsuyoshi. Al suo fianco, Aya annuì solo.
I quattro si incamminarono verso la sala da pranzo. La sua amica la prese sottobraccio e le chiese sottovoce: - Allora? Racconta. Con lui come va? -
- Diciamo che ritengo quasi impossibile solo che io e lui possiamo intrattenere una normale conversazione, figuriamoci diventare amici. Se non fosse che ogni tanto mi fa irritare, poi, penserei quasi di star vivendo da sola in questo enorme maniero. -
- Va così male? -
- Sì. - Fece una pausa per riflettere su i suoi impegni per il giorno successivo. - Senti… ti va di vederci domani mattina? Facciamo un giro in centro e possiamo fermarci ad un bar a prendere un caffè, così chiacchieriamo un po’. Ho un milione di cose da raccontarti. -   
Aya sorrise. - Ma certo. Alle nove e mezza davanti alla fontana in centro? -
- Perfetto. -

- E allora, Akito, come va il tuo ginocchio? - gli domandò Tsuyoshi portandosi alle labbra un boccone di sushi.
Erano arrivati al secondo. Akito aveva deciso di preparare quel piatto che non gli dispiaceva affatto e che avrebbe volentieri mangiato tutti i giorni.
Spostò lo sguardo sul suo amico e rispose: - Migliora. Ho smesso di utilizzare le stampelle da circa una settimana. - Era vero che la sua gamba stava meglio, ma era altrettanto certo che non sarebbe mai tornata come era prima dell’incidente. Non sarebbe più potuto tornare a praticare il karaté a livello professionistico, il massimo che si sarebbe potuto concedere sarebbe stato aprire una palestra ed insegnare a dei mocciosi.
- Come ti sei ferito? - gli domandò Kurata.
Prima di rispondere pensò bene di fulminarla con gli occhi. Non gli piaceva affatto ricordare quel maledetto giorno. - In combattimento, sono caduto. -
- Sai, Sana, Akito praticava karaté. Era molto bravo - la informò Aya.
I fatti tuoi, no, eh?, pensò Akito.
- Oh… mi dispiace molto. -
- Risparmia la finta cortesia, Kurata - replicò lui con tono minaccioso. Lei poteva benissimo risparmiarsi il suo tono compassionevole.
- Non era finta cortesia! - si indignò lei. - Sono un essere umano, io, e quindi sentire che qualcuno ha sofferto mi provoca dispiacere, in special modo se conosco questa persona. -
- Bene. E allora vai a dimostrare il tuo dispiacere, o la tua compassione, o in qualsiasi modo tu voglia chiamarlo a chi lo desidera. Di certo, non a me! -
Kurata lo fissò con odio. E Akito fu ben lieto di ricambiare il favore.
Entrambi, ora, si fissavano in cagnesco.
- Ehm, Sana, non ti ho ancora detto che Tsuyoshi si è laureato in architettura a pieni voti. Perché non facciamo un brindisi per festeggiarlo? - propose, tentando di sviare la conversazione e riportare la calma.
- Oh, grazie, tesoro - commentò Tsuyoshi reggendole il gioco.
- Perché no? - Kurata sorrise, alzandosi. Il suo sorriso non prometteva nulla di buono. Prese il bicchiere riempito di vino bianco e, sollevando il braccio sopra la testa, proclamò: - A Tsuyoshi! - Bevve solo un minuscolo sorso, poi abbassò il braccio e gli versò il vino addosso.
- Brutta… - imprecò Akito osservando la macchia sulla camicia. Lo aveva colpito in parte sulla faccia e sui vestiti.
Kurata si voltò verso Tsuyoshi e Aya, che avevano osservato la scena in silenzio e a bocca aperta. - Vi chiedo scusa per avervi rovinato la serata. Ciao, Tsuyoshi, spero di rivederti presto. Aya, ci vediamo domani - si congedò. Girò sui tacchi e fece per andarsene.
Non così in fretta! Akito strinse con le dita il collo della bottiglia mezza piena e si alzò in piedi. In pochi passi raggiunse Kurata e, con la mano libera, la fermò stringendole il polso. - Pensi di potertene andare così? - E le versò il contenuto rimanente della bottiglia sul capo, bagnandole i capelli, il viso e parte dei vestiti.
- Bastardo! - strillò lei. Sollevò il braccio libero e lo schiaffeggiò con forza.
Akito fu costretto a lasciare il polso e lei ne approfittò per lasciare la sala da pranzo.
Lui la osservò andarsene, mentre sentiva il dolore pulsare sulla sua guancia. Il silenzio era interrotto solo da tacchi frenetici che battevano sul pavimento in legno.     

Sbadigliando, Sana si tolse i vestiti indossati quella sera e prese quelli per dormire. Indossò la maglietta grigia con rappresentata sul davanti l’immagine della protagonista di un anime e i pantaloni azzurri. Si infilò tra le coperte, spense la luce della lampada e chiuse gli occhi.
Rimase immobile per alcuni minuti, ma poi, non soddisfatta della posizione, si girò dall’altra parte.
No. Era stanca, ma se non avesse letto qualcosa non sarebbe riuscita a dormire. Scostò le coperte con rabbia e si alzò. I suoi muscoli però non furono molto contenti di aver abbandonato il comodo materasso. Non vedeva l’ora di tornarci.
Si avventurò in corridoio e scese al piano inferiore. In biblioteca avrebbe certamente trovato qualcosa che faceva al caso suo. L’aveva già visitata molte volte da quando abitava lì e c’erano parecchi libri interessanti.
Entrò nella buia biblioteca della casa e accese la luce. La stanza si illuminò e Sana sorrise alla vista di tutti quei libri ben ordinati nei propri scaffali. Si avvicinò ad uno di questi e cominciò a scorrere i vari titoli. Ogni tanto toglieva qualche volume e lo sfogliava, ma alla fine lo rimetteva sempre al suo posto. Non erano quelli che voleva, non per quella sera, almeno. 
Il suo sguardo cadde su una vecchia raccolta piuttosto rovinata di favole per bambini. La tirò fuori per darle un’occhiata, ma, aperta la copertina, il libricino contenuto all'interno cadde a terra con un piccolo tonfo. Ma che...? Incuriosita, Sana appoggiò la raccolta sullo scaffale e si chinò per raccogliere il libricino. Questo si rivelò essere in realtà un diario.
Lesse le prime righe:

“4 Aprile
Caro Diario,                                                                                                                              
Mi chiamo Hana e ho sedici anni. E’ la prima volta nella mia vita che tengo…”

Il libro sembra piuttosto vecchio - le pagine era ingiallite e piuttosto fragili -, quindi poteva essere appartenuto ad una parente lontana dell’ultimo proprietario della casa acquistata da suo padre, oppure uno dei precedenti.
Soddisfatta, strinse il diario al petto, spense le luci e uscì dalla biblioteca. Aveva trovato cosa leggere per quella sera.


Spazio Autrice:
Ed eccoci qui con il quarto capitolo! Il diario di Hana è stato trovato, ma c'è scritto quello che serve? Chissà... lo scoprirete presto. Beh, per ora di presenze strane si è sentito poco, ma molto presto le cose cambieranno.
La situazione tra Akito e Sana sta degenerando più di quanto avevo previsto (ad esempio nella scaletta non c'era la scena della lite, tantomeno il vino versato prima da Sana e poi da Akito...), beh, vedremo come andrà tra questi due. Non potranno litigare per sempre, no? O meglio, non sarà l'unica cosa che faranno...
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
E ora i ringraziamenti:

Deb: Ciao, cara! Ah, Sentaro non ti ispira? Beh, presto vedrai se i tuoi dubbi troveranno conferma o no. Come hai visto anche Hana aveva i suoi dubbi, chissà se ha ragione oppure no.
Credo che Akito pur di mangiare sushi non si farebbe problemi perfino ad ipotecare la casa... XD! Ehi, ma la casa mi serve... dovrò fare qualcosa perchè non arrivi a tanto!!!
Sìsì, la stanza prescelta è quella di Hana, almeno questo posso dirtelo.
Ho scelto di far tenere all'ex vicina di casa di Sana i canarini perchè ne ho uno a casa e allora ho pensato a lui, e poi era per fare qualcosa di diverso. Sempre cani o gatti, per una volta... canarini!
Sì, è vero, la soluzione di Akito è molto più comoda di quella di Sana... uhm, mi ricordo che con qul pezzo di capitolo ci ho praticamente litigato... i personaggi facevano quello che volevano.
Contenta che lo scambio di battute ti sia piaciuto. Sì, bella l'accoglienza che hai descritto...
Brava! Fai bene a dare ordini ad Akito... forse è la buona volta che comincia a fare solo quello che gli diciamo. 
In verità la parte transitoria doveva durare di meno - giusto giusto per far vedere i lavori che fa Sana per sopravvivere e che e cosa scrive -, ma alla fine mi sono dilungata un pò in più (penso che sia per questa parte che il capitolo mi sia sembrato peggio degli altri, temevo fosse un pezzo un pò noioso o simili). Sai, ho anche pensato di far tornare Junichi in seguito, ma non sono ancora sicura nè di quando, nè come.
Ahah, scusa, non so nemmeno sicura che si scoprirà il motivo per cui è speciale il papà di Sana. L'idea c'è, ma non so se la metterò in pratica... rischio di cadere nel banale, temo.
La patente procede... sto facendo tanti quiz, però non ho ancora iniziato la pratica.
Beh, appena ho visto la pubblicazione di "Love or Sex?" ci sono rimasta male vedendo che era rossa e quindi allora non potevo leggere... non vedevo l'ora di compiere i diciotto anni e fiondarmi nei tuoi capitoli. Infatti, esattamente il 13, ho letto immediatamente tutti i capitoli che erano stati postati.
Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. A presto! Kiss

daygum: Ciao! Felice che ti sia piaciuto lo scorso capitolo. E grazie mille per i complimenti che mi hai fatto. Sì, Akito è sempre Akito, non cambierà mai! In questo hai visto cosa ne pensano i due della loro forzata convivenza... uhm, sempre opinioni opposte hanno quei due. Alla prossima settimana! Kiss

Angye: Ciao! Grazie, sono contenta che ti piaccia la mia storia. Sì, sto facendo del mio meglio per tentare di mantenere i loro caratteri originari. Spero che il capitolo ti sia piaciuto. Alla prossima settimana! Kiss

venus 189: Ciao! Grazie mille, sono contenta che la mia storia ti piaccia. Mi dispiace, ma purtroppo non posso proprio dirti se Hana si innamorerà o no di Shotaro, dovrai aspettare qualche capitolo per saperlo. Comunque, nel prossimo capitolo la parte soprannaturale prenderà il sopravvento. Alla prossima settimana! Kiss
 
lillixsana: Ciao! Sì, lo scorso dovevo per forza farlo di passaggio, per far vedere che tutti e due si erano trasferiti, questo capitolo è diverso, invece. Sono contentissima che il capitolo scorso ti è piaciuto, soprattutto la parte finale... per quella ero un pò incerta perchè temevo che la trovaste noioso o inutile o cose simili. Grazie per i complimenti. Alla prossima settimana! Kiss

Grazie per le visite, le 5 recensioni, le 9 preferite, le 5 ricordate, le 18 seguite.
Alla prossima settimana!
Ilaria

Spoiler del prossimo capitolo:
Successe tutto molto in fretta. Prima ancora che il suo cervello potesse capire che cosa stava accadendo, lei crollò a terra e perse conoscenza.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5° capitolo ***


The Ghost's Diary - 5° capitolo
Un capitolo per cui sono un pò in ansia. L'idea iniziale è cambiata parecchie volte e alla fine è venuto così. Poi, volevo spiegarvi una piccola cosa del diario di Hana: all'inizio di ogni capitolo non vengono annotati tutti i giorni, ma ogni volta c'è un breve salto temporale (dai due ai quattro giorni circa). A volte perchè è Hana a non averle scritte e altre non le annoto perchè la sua storia non procederebbe più se mettessi un giorno a capitolo. In fondo alla pagina un breve spoiler del prossimo capitolo. Buona Lettura.


The Ghost's Diary

5

18 Aprile
Caro Diario,
In questi giorni, purtroppo, non ho avuto modo di vedere Sentaro nemmeno una volta. E’ fuori città insieme a tutta la sua famiglia e non farà ritorno prima del 21 aprile. Uhm, ancora due giorni e mezzo. E’ dura aspettare, ma devo avere pazienza.
Nel frattempo, ho visto di nuovo Shotaro. Mia madre ha invitato i suoi per il tè e quindi ho avuto la possibilità di passare il pomeriggio insieme a lui. Lo conosco sempre di più e, anche se questa volta più che risate ci sono state discussioni per futili motivi, ho trovato piacevole il tempo che abbiamo passato insieme.
Sua madre, al contrario, mi ha innervosito. Non era mai venuta a casa nostra e, quando ha visto che non era una tipica abitazione giapponese, ha storto il naso. Se penso che mio nonno ha lavorato tanto per poterla un giorno costruire… Va bene, lo so che ognuno ha i propri gusti, ma c’era bisogno di dimostrare così apertamente il suo disgusto? Spero davvero di non doverla più incontrare, e provo pena per Shotaro e suo padre - una persona simpatica e interessante - che la devono sopportare tutto il giorno.
Sai, domani Shotaro ha promesso che verrà con me a vedere gli alberi di ciliegio in fiore. Non vedo l’ora! Sarà un meraviglioso spettacolo.
Buonanotte, caro Diario,
Hana   

Appoggiandosi pesantemente al corrimano salì la rampa di scale che separava il piano terra con quello superiore. Ogni pochi passi era costretta ad avvicinare il palmo alle labbra a causa dei frequenti sbadigli che emetteva.
Che sonno…
Si era stancata parecchio nella ricerca del libro giusto. Decise che avrebbe dato solo una breve occhiata per quella sera al diario. Le sue palpebre non avrebbero resistito aperte a lungo.
Giunta nella sua stanza, con gioia le sue membra ritornarono fra le calde coperte.
Accese la lampada sul comodino e riprese la lettura da dove l’aveva interrotta poco prima.
Hana sembrava una persona interessante e lei non vedeva l’ora di conoscere la sua vita.
Riuscì a leggere le prime due giornate descritte nel diario, ma poi fu costretta a riporre il libro di fianco alla lampada.
La stanza sprofondò nel buio e lei si addormentò.

Degli scricchiolii insistenti la strapparono della calde braccia di Morfeo. Voltando il viso verso la sveglia digitale sul comodino si accorse che erano le tre di notte.
Che Hayama soffrisse di insonnia e per questo si stesse facendo una passeggiata notturna? Certo, poteva evitare di fare tanto casino da essere riuscito a svegliarla, comunque.
Tutta intenzionata a riprendere a dormire, lasciò sprofondare la testa sul cuscino e chiuse gli occhi.
Il rumore inquietante di prima si ripeté.
Ma cosa succede?
Ormai completamente sveglia, si tirò su a sedere e accese la luce. Era sicura che non provenisse né dal piano in cui si trovava lei, né da quello inferiore, ma dalla soffitta.
Che cosa ci fa Hayama in soffitta? Il suo cuore perse un battito. E se non fosse stato Hayama? Magari era un malintenzionato.
Gli scricchiolii si ripeterono ancora e a questi si aggiunse anche il rumore fastidioso di una porta non oliata.
I suoi sospetti vennero confermati. C’era qualcuno in soffitta.
Non poteva essere un ladro, tentò di convincersi Sana. Quale ladro sarebbe così incapace da fare tanto rumore? E perché rubare in soffitta dove difficilmente potrebbe esserci qualcosa di valore?
Che Hayama stesse tentando di giocarle un brutto scherzo? Sì, doveva essere proprio così. Perché non ci aveva pensato prima? Sicuramente voleva vendicarsi per il vino che gli aveva tirato addosso e lo schiaffo della sera precedente.
Beh, non l’avrebbe passata liscia. Lo avrebbe ripagato con la stessa moneta.
Risoluta, scostò le coperte e si alzò. A piedi scalzi si avviò verso il corridoio tentando di non rendere nota la sua presenza. Un passo alla volta raggiunse la piccola e malandata scala che conduceva in soffitta.
Da quando era arrivata, si rese conto, nemmeno una volta ci era salita. Era stata tanto occupata a rendere abitabili le stanze che utilizzava di frequente e a trovare un lavoro che non ne aveva avuto il tempo. In effetti, era anche curiosa di sapere quali meraviglie nascondeva. Certo, era anche vero che avrebbe preferito visitarla di giorno, quando il sole fosse stato ben alto nel cielo, piuttosto che alle tre di mattina. Beh, non si poteva avere tutto.
Era giunta a destinazione. Posò la mano sulla maniglia della porta davanti a lei, mentre sentiva il suo cuore battere forte nel petto. Non riusciva a capire perché si sentisse tanto nervosa, era solo una casa.
Facendosi coraggio, abbassò la maniglia ed entrò. La stanza era in penombra, illuminata solo dalla luce della luna che traspirava da una tapparella in parte sfasciata. Si guardò intorno alla ricerca di Hayama. Vide alcuni scatoloni in un angolo - si ripromise di scoprire il giorno dopo che cosa contenevano -, un armadio a muro poco distante e cianfrusaglie di vario genere sparse sul pavimento. Vide una lampadina collegata ad un filo pendere dal soffitto e sperò che funzionasse. A tentoni cercò l’interruttore sul muro e, quando lo trovò, una pallida luce diede una visione meno angosciante di quel polveroso posto. Con stupore si rese conto che la soffitta era vuota, Hayama non c’era.  
Ma allora da dove provenivano i rumori? Eppure era sicura di averli sentiti di nuovo mentre saliva i ripidi scalini. Hayama non avrebbe mai potuto passarle davanti senza che lei lo vedesse. Sempre che non si possa rendere invisibile, pensò con sarcasmo.
La porta che aveva lasciato aperta dietro di sé cigolò e si richiuse con un colpo.
Sana si girò di scatto.
Successe tutto molto in fretta. Prima ancora che il suo cervello potesse capire che cosa stava accadendo, lei crollò a terra e perse conoscenza.

Qualcosa di caldo e pesante gli pesava sullo stomaco. Qualcos’altro di umido gli stava solleticando piacevolmente il collo. Erano… labbra?!
Akito spalancò gli occhi. Ma cosa…? Allungò un braccio e accese la luce. Piegò di pochi centimetri il capo, quel tanto che bastava per riuscire a capire cosa - o meglio, chi - c’era con lui in quel momento.
Una testa colma di scompigliati capelli rossi fu la prima cosa che vide.
Kurata?!, si rese conto con shock. Era sopra di lui, le labbra sul suo collo, le gambe intorno ai suoi fianchi e le mani strette intorno alle sue braccia.
Akito le posò entrambe le mani sulle spalle e si tirò su, scostandola da sé. - Kurata, sei impazzita? -
Lei incrociò il suo sguardo. C’era qualcosa di strano. Non sembrava lei. D’accordo, non la conosceva molto, ma non avevo mai visto una persona con lo sguardo fisso nel vuoto. Sembrava quasi che non lo vedesse, come se fosse cieca.
Kurata, in risposta alla sua domanda, gli strinse le braccia intorno al collo e lo avvicinò a sè per baciarlo. Akito non riuscì proprio a impedirlo, anche se non era del tutto certo di averci provato per davvero. Lei si avvinghiò ancora più stretta a lui e approfondì il bacio. Gli morse il labbro inferiore con i denti e fece incontrare le loro lingue.
Un angolo del cervello di Akito continuava ad insistere che non era possibile che tutto ad un tratto Kurata volesse venire a letto con lui e di ripensare con lucidità allo sguardo strano che aveva notato trasparire dagli occhi di lei, ma lui non l’ascoltò.
Si lasciò ricadere sul materasso portandola con sé e le infilò una mano sotto la maglietta che indossava. Le accarezzò la pelle del fianco, mentre cominciò a tracciare una scia umida lungo la guancia. Kurata emise un lieve gemito. - Sho… - sospirò.
Cosa?! Con inesistente gentilezza la rivoltò supina sul materasso di fianco a lui e poi si allontanò da quel letto. - Kurata, a che gioco stai giocando? - le ringhiò contro. Come si era permessa di nominare il nome di un altro uomo? Non era una questione di sentimenti, ma di principio.
Lei lo guardò - o forse era meglio aggiungere il non dato che sembrava non lo vedesse - confusa.
Che accidenti le era successo? - Kurata, tutto bene? -
Lei ignorò la domanda. - Sho… amore mio, non mi hai perdonato, vero? - disse invece.
Okay, considerando che nella stanza c’erano solo loro due, si stava rivolgendo proprio a lui. Ma perché lo chiamava in quel modo? E da quando era diventato il suo amore?
Akito si avvicinò di nuovo al letto e si sedette al suo fianco. - Io sono Akito Hayama, non Sho, o come cavolo si chiama. Non mi riconosci? -
Lei lo ignorò di nuovo e gli posò una mano sulla guancia. - Sho, scusami. E’ solo colpa mia. -
Lui scostò la mano come se fosse una mosca molesta. Era in stato confusionale, sicuramente. Che fosse caduta e avesse battuto la testa? Forse avrebbe dovuto portarla all'ospedale. - Ehm, senti, Kurata, come ti senti fisicamente? Hai dolore da qualche parte? - provò a chiederle gentilmente. Ma perché si trovava in quella situazione?
La vide imbronciare le labbra. E ora che cosa aveva detto di sbagliato? - Che c’è? - le chiese preoccupato.
- Perché continui a chiamarmi in quel modo? Non mi riconosci? - La sua espressione si fece scura e una lacrima le rigò la guancia. - Ti sei innamorato di un’altra? Mi hai dimenticato. -
D’accordo, stava decisamente perdendo la pazienza. Era decisamente più semplice sopportare la Kurata isterica e schiaffeggiatrice che quell’essere che aveva davanti. Le strinse le spalle con le mani e la scosse. - Forza, Kurata, torna in te. - Infine, le schiaffeggiò la guancia tentando di non metterci troppa forza. Per quanto strana e problematica fosse, era pur sempre una donna.
Lei chiuse gli occhi, ma li riaprì poco dopo. Fissò prima lui - veramente questa volta - poi se stessa e il luogo in cui si trovava. Con uno scatto si prese la briga di mettere più metri possibili di distanza fra di loro. - Hayama, che accidenti ci faccio qui? -
In cuor suo, Akito tirò un lungo sospiro di sollievo. Era tornata. - A me lo chiedi? Sei venuta qui da sola mentre stavo dormendo e mi sei letteralmente saltata addosso. -
La pelle chiara di Kurata si tinse di rosso. - Che… cosa? Stai mentendo. Non farei mai una cosa simile. -
- E invece sì. Stavo tranquillamente dormendo, quando il tuo pesante corpo sul mio mi ha svegliato. Eri completamente avvinghiata a me e tutta impegnata a baciarmi il collo. - Akito godette ogni singolo istante dell’espressione sconvolta di lei.
- No, no, stai zitto. Non è vero. Tu nemmeno mi piaci, perché dovrei provare a sedurti?! Io stavo tranquillamente nel mio letto a dormire. Sicuramente mi avrai portata qui per vendicarti dello schiaffo di ieri. - Si bloccò improvvisamente. Si prese la testa fra le mani. - No, io… non stavo dormendo. Ero andata in soffitta per tenderti una trappola, perché tu eri andato lì per fare rumore e così spaventarmi. E poi… -
- Tu stai vaneggiando - la interruppe Akito. - Esattamente come prima. -
- No, ti giuro che è andata così! - si infiammò lei. - Dunque, poi… ero in soffitta, convinta di beccarti, ma non ti ho trovato. Te ne eri andato via prima? -
- Non ci sono mai andato in soffitta! - urlò. - Ti ripeto che sono sempre stato qui. Probabilmente dei mobili avranno scricchiolato, in tutte le case capita, e sei andata in soffitta. Non trovando nessuno avrai deciso di tornare in camera, ma sei caduta dalle scale e avrai picchiato la testa. Dev‘essere andata così. -
- Non è andata così. E’ vero che non ho trovato nessuno, ma non ho lasciato la soffitta. Stavo per andarmene, anche questo è vero, ma quando mi sono girata… - Si fermò di nuovo.
- Cosa? - le chiese spazientito Akito. Ormai era completamente sveglio, ma sentiva che alle sue membra non sarebbe dispiaciuto tornarsene a dormire. Sempre che Kurata glielo avesse permesso.
- Non lo so. E’ l’ultima cosa che mi ricordo. -
- Ulteriore conseguenza della caduta - continuò a sostenere. - Ora, ti senti male? -
- Direi di no. -
- Bene, e allora tornatene a dormire. Così posso seguire anch’io il tuo esempio. -
Lei lo fissò indignata. - Non puoi liquidare così la questione. Dobbiamo capire per bene cosa è successo. -
- Ti ho già dato la mia versione dei fatti, no? -  
- Non del tutto. Mettiamo che hai ragione tu e che dopo essere caduta, mi sono risvegliata un po’ confusa e sono venuta qui. Dopo che ti sei svegliato, cosa è successo? - Appoggiata ad uno dei muri della stanza, lei lo fissava, in attesa.  
Uhm, doveva dirle dell’interessante intermezzo che avevano avuto prima che lui ponesse fine a tutto? Beh, lei ci teneva tanto a conoscere ogni cosa, no? Anche se non le avrebbe fatto piacere, l‘avrebbe accontentata. - Sei sicura di volerlo sapere? -
Lei esitò. - Perché? -
Akito sorrise malignamente. - Come probabilmente ogni uomo presente sulla faccia del pianeta che sappia apprezzare una donna, non ho… come dire… saputo tirarmi indietro alle tue incontrollabili manifestazioni d’affetto. Eri una specie di… piovra, ecco. -
Kurata strinse forte il pugno e lo guardò male. - Piantala di girare intorno l’argomento, Hayama. Dimmi senza mezzi termini se siamo andati a letto insieme o meno. -
Forse stava tirando un po’ troppo la corda. Sospirò. - Stai tranquilla, non è accaduto nulla. - O quasi. - Mi sono tirato indietro. -
- Oh, ma quale nobile gesto da parte tua - replicò lei con sarcasmo.
- Risparmiati i commenti, Kurata, o dovrai rinunciare al resto. Che, credo, ti interesserà molto. -
Kurata incrociò le braccia al petto e sbuffò.
- Poi, hai cominciato a comportarti in modo strano. Più del solito. - Non riusciva proprio a trattenersi dal stuzzicarla. - Mi chiamavi “Sho” e questa persona per te dev’essere davvero importante dato che non smettevi di professare il suo amore per lui. Ah, e poi devi avergli fatto qualcosa dato che imploravi il suo perdono. -
- Hayama, fermati. Hai detto che ti chiamavo “Sho”? -
- Sì. Chi è? Un tuo ex? -
- No. Io non ho mai sentito nominare questo tipo. Mai, nemmeno una volta. -
Akito si fece pensieroso. Possibile che la faccenda fosse più seria di quanto avesse creduto fino a quel momento? Che cosa era veramente successo in soffitta? E poco prima? - Non so proprio cosa dirti, Kurata. Forse è andata come penso io e questo Sho è solo un parto della tua testa. -
- Uhm, non ne sono così convinta. - Fece un pausa, poi aggiunse: - Non so… forse… forse hai ragione. Adesso tornerò a dormire. Buonanotte. - Si girò e si avvicinò alla porta. La mano era chiusa intorno alla maniglia però non si mosse. - Ehm, Hayama? -
- Che c’è? - chiese esasperato. Cosa voleva ancora da lui? Quando lo avrebbe lasciato in pace?
Lei di voltò a guardarlo. - Metti il caso che non sia caduta giù dalle scale o simili, ma colpita alla testa da qualcuno. Forse dovremmo fare un giro della casa - propose, ma, chissà perché, ad Akito parve quasi un ordine.
- Metti il caso che ti sbatta fuori di qui e richiuda la porta a chiave, immagino troveresti il modo di assillarmi lo stesso, vero? -
Lei sorrise. - Esatto. -
Quando sarebbe finita quella giornata? Ah, già. Era appena cominciata.


Spazio Autrice: Salve a tutti! Sapete, ho scritto questo capitolo praticamente di corsa... ma non nel senso che ho dovuto farlo in fretta per mancanza di tempo... anzi, è vero il contrario.  Ho trovato relativamente facile scriverlo (soprattutto la prima parte). Le parole comparivano a velocità impressionante per i miei standard. La parte finale è stata un pò difficile perchè non mi convinceva molto e non sapevo nemmeno come chiudere. Alla fine ci sono riuscita e spero che vi sia piaciuto. Personalmente, non sono convintissima del risultato (Akito in primis), anche se devo ammettere di aver trovato divertente scriverlo. Lascio a voi l'onere del giudizio, spero vi sia piaciuto.
E ora i ringraziamenti:

Deb: Ciao, carissima! Ahah, grazie mille, Deb. E' un bel complimento sapere che non vedevi l'ora che postassi.
No, ahah, ti giuro che Hana non abbandonerà il diario. La tengo sotto controllo (un pistola puntata alla tempia) e le impongo di non smettere di scrivere tutto quello che ha combinato. Comunque, questa cosa del diario trascurato è proprio vera, almeno per chi come noi due dopo un pò ha smesso. Si inizia a farlo bene i primi giorni, poi piano piano si smette completamente.
XD! Povera Hana, che deve girare con quel coso al dito e magari ogni secondo controllare che ci sia ancora...!
Sai, quella battuta della casa temevo davvero che non sarebbe piaciuta... credevo che fosse un pò scontata. Sono molto contenta che tu l'abbia apprezzata.
Sì, è vero, sono in molti ad immaginarsi Aya con ago e filo in mano... chissà perchè. Beh, per scoprire di che cosa si occupa più specificamente bisogna attendere il sesto dove lo spiega.
Sì, Akito nel quarto fa innervosire un pò tutti... che dici dopo questo capitolo metti da parte l'intenzione d'ucciderlo? Guarda, io te lo lascerei anche volentieri fare, ma mi serve. Se fai fuori il protagonista con chi lascio Sana? Non vorrai mica che finisca con il Mollusco, vero? XD!!!
Forse ora Sana ha attivato una sorta di meccanismo che porterà il fantasma ad apparire! *_*  Questa frase della tua recensione mi è piaciuta molto. In fondo, si può benissimo dire che ci hai azzeccato, infatti in questo capitolo succeddono cose strane e subito dopo la scoperta di Sana.
Spero ti sia piaciuto il quinto capitolo.
A prestissimo! Kiss

lillixsana: Ciao, omonima! Sono molto felice che ti piaccia la mia storia, i tuoi apprezzamenti mi hanno fatto molto piacere. Spero che questo capitolo e quelli che seguiranno ti piacciano. Grazie mille per la recensione e i complimenti. Alla prossima settimana! Kiss

ryanforever: Ciao! Non preoccuparti, può capitare di mancare un aggiornamento, piuttosto sono contenta che la mia storia continui a piacerti.
Mi dispiace, ma la mia bocca rimarrà cucita e non quindi non posso smentire nè confermare i tuoi sospetti su Hana. Piano piano scoprirai tutto, vedrai!
Ahah, ti prometto che non litigheranno e basta... già qui trovano qualcosa di meglio da fare, non trovi? Sì, è vero, lei non era cosciente, ma prima o poi lo sarà. Spero ti sia piaciuto il capitolo! Kiss

daygum: Ciao! Grazie mille per i complimenti. Sono contenta che ti sia piaciuto il battibecco... no, ti assicuro che non litigheranno sempre. Discuteranno spesso (sono Sana e Akito e questo dice già tutto), ma faranno anche altro. Alla prossima settimana! Kiss

Grazie per le 4 recensioni, le visite, le 10 preferite, le 5 ricordate, le 21 seguite.
Alla prossima settimana!
Ilaria

Spoiler del prossimo capitolo:
- Uhm? Che c’è, ora? - Girò il capo e la fissò. Lei lo stava osservando con un’espressione colpevole e un po’triste.
- Ti fa male la gamba perché ti sei stancato troppo per colpa mia? -

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6° capitolo ***


The Ghost's Diary - 6° capitolo
Grazie mille. In fondo alla pagina un piccolo spoiler del prossimo capitolo. Buona lettura!!!

The Ghost's Diary

6


22 Aprile
Caro Diario,
Questa sera, sono triste. Purtroppo, la bella giornata che speravo di passare con Sentaro appena fosse tornato, non è andata come speravo. Abbiamo avuto una brutta discussione.
Come ben sai, in questi ultimi giorni ho passato molto tempo con Shotaro, mi piace molto la sua compagnia e, dopo che lo è venuto a sapere - una serpe dalla lingua biforcuta deve averglielo riferito -, Sentaro se l’è presa molto con me. Immagino che in fondo dovrebbe farmi piacere questa sua gelosia nei miei riguardi, un’ulteriore conferma dei suoi sentimenti per me, ma non ho affatto apprezzato che lui desideri che interrompa la mia amicizia con Shotaro.
Mia madre sicuramente mi direbbe di seguire il suo suggerimento dato che presto diventerà mio marito, ma io non sono della sua stessa opinione. D’altro canto, mi dispiace arrecare dispiacere al mio fidanzato, ma non voglio nemmeno dire addio per sempre a Shotaro. Mi trovo bene con lui, perché Sentaro non può semplicemente essere felice per me? Non mi piace questa mancanza di fiducia che ha nei miei confronti; io lo amo, non lo tradirei mai!
Sono un po’ insicura, non so cosa fare. Spero tanto che la notte mi porti consiglio e mi suggerisca come comportarmi.
Buonanotte, caro Diario,
Hana

Il tempo soleggiato e temperato di quel giorno contrastava completamente con quello che provava Sana. Dei grossi nuvoloni grigi sarebbero stati più in sintonia con la stanchezza e il sonno che aveva. La notte precedente, aveva trascinato Hayama in giro per tutta la casa - e la loro non era certo un monolocale - e questo aveva fatto perdere loro le restanti ore che mancavano all’alba. Ormai convinta che in casa ci fossero solo loro due, era andata in cucina per prepararsi una tazzina di caffè che la tirasse un po’ su. Hayama, al contrario, senza pensarci due volte, era tornato in camera sua. Mentre scendeva verso la cucina, Sana era certa di aver sentito la serratura della porta di lui scattare. Non voleva che lei lo disturbasse? Benissimo. Anche se accidentalmente la casa avesse preso fuoco lo avrebbe lasciato lì.
Lei, purtroppo, non aveva potuto nemmeno prendere in considerazione l’idea di seguire l’esempio di Hayama e ritornare a dormire. Aveva temuto che se si fosse riaddormentata, magari anche con l’intenzione di concedersi una sola ora di sonno, non sarebbe riuscita a svegliarsi per tempo. Con il sonno che aveva avrebbe rischiato di non ridestarsi prima di mezzogiorno.
Ora, Sana era seduta sul bordo della fontana dove si era data appuntamento con Aya, per la prima volta in vita sua in anticipo. Pensava che forse doveva ringraziare il sole di essere luminoso nel cielo, perché tutta quella luce, nonostante le sembrasse stranamente comodo il marmo della fontana, le impediva di appisolarsi.
- Sana?! - esclamò una voce famigliare. Aya era arrivata. Sana sollevò lo sguardo su di lei. La sua amica aveva lasciato liberi i capelli castani e aveva indossato una camicetta bianca insieme ad una gonna lunga. - Sei già qui? - riprese stupita.
Alzandosi, Sana sbadigliò. - Sì, ho avuto una notte difficile. Visto che non ho potuto dormire, mi sono preparata presto e sono arrivata qui in anticipo. -
- Beh, se eri stanca potevi chiamarmi così disdicevi l’appuntamento e ci vedevamo un’altra volta. Potevi passare la mattina a letto e riprenderti. -
- Ma no - replicò Sana, escludendo la possibilità con un gesto della mano. - E’ tanto tempo che non ci vediamo. Oggi pomeriggio volevo passarlo a scrivere, ma se non ci riuscirò andrò a schiacciare un pisolino e recupererò, non preoccuparti. - Si guardò intorno per vedere quale direzione prendere. - Dai, iniziamo il giro - suggerì con un sorriso.
Lei e Aya si incamminarono a passo lento per le vie del centro. Gli occhi puntati sulle vetrine che le circondavano.
- Nel tempo che sono stata via c’è stata qualche novità? Le cose con Tsuyoshi come vanno? - cominciò a chiedere Sana.
Lei si sistemò meglio la borsetta sulla spalla in un chiaro gesto di nervosismo. - Bene. Almeno credo. -
- In che senso? - chiese Sana, volgendo il capo verso di lei. Se Tsuyoshi avesse fatto soffrire la sua amica l’avrebbe pagata.
- Beh, come sai è stato molto impegnato negli ultimi tempi con l’università e potevamo vederci poco, ma anche adesso mi evita utilizzando scuse un po’ stupide. -
Sana rifletté. Forse era solo un’impressione di Aya che magari negli ultimi tempi si era
sentita un po’ trascurata da Tsuyoshi, però la sua amica era una persona concreta che difficilmente prendeva un abbaglio. Decise che avrebbe affrontato l’argomento con Hayama: gli avrebbe fatto le domande più discrete possibili in modo che non capisse che si stava impicciando nella relazione di Tsuyoshi e Aya. - Forse ti sbagli - tentò di rassicurarla con un sorriso.
L’altra piegò le labbra in un lieve sorriso. - Lo spero. Io… ci tengo molto a lui - disse arrossendo leggermente.
- Ehm… ma parlami del tuo lavoro. Quella linea di abbigliamento che hai creato come va? -
Gli occhi di Aya si illuminarono. Sana era contenta di essere riuscita nell’intento di rasserenare l’amica. - Va alla grande! Sta piacendo molto, quasi non riesco a crederci. -
Lei rise. - Ma cosa dici?! Tu sei bravissima. -
- Oh, Sana, guarda - disse Aya con gli occhi puntati su una vetrina.
Lei seguì la rotta del suo sguardo e vide un abito da sera blu notte. Le spalline erano sottili, la scollatura era a barchetta e la stoffa scendeva a coprire fino alla caviglia. Era veramente bellissimo. Vide il prezzo segnato nel cartellino. Ecco, quello era decisamente meno bello.
- Ti starebbe benissimo - riprese la sua amica.
- Grazie, se lo dici tu che sei un’esperta, dev’essere così. -
- Dovresti provarlo. -
Se lo avesse fatto, molto probabilmente - per non dire di sicuro - avrebbe finito per non resistere ed acquistarlo. Ripensò ai pochi soldi che aveva da parte e scosse la testa. - Magari un’altra volta. - Già, quando avrebbe pubblicato un libro di successo, o, comunque, sistemato le sue finanze. - Proseguiamo? -
A malincuore Aya annuì e ripresero a camminare. - Le tue storie come vanno? -
- Sto lavorando ad un racconto nuovo, ma non sono ancora riuscita a sviluppare bene la trama. Ci penserò meglio oggi pomeriggio e nei prossimi giorni - le spiegò Sana.
- Sei bravissima a scrivere. Vedrai che questa sarà la volta buona. -
Lei rise. - Speriamo! -
Arrivarono ad un bar così decisero di fermarsi e prendere un caffé. Sana sperò che la seconda dose di caffeina la svegliasse del tutto, o quel pomeriggio non avrebbe scritto una riga.
Era una bella giornata e quindi decisero di sedersi ad uno dei tavolini all’aperto. Ordinarono il caffé che fu portato loro da un cameriere sui venticinque anni molto carino. La sua altezza era nella media, aveva i capelli color castano chiaro e gli occhi grigi.
- Carino, eh? - rise Aya, quando si fu allontanato.
- Aya! - la riprese, ridendo anche lei.
- Che c’è? Sono fidanzata, mica morta! -
Sana smise di girare il cucchiaino nella tazzina e se la portò alle labbra. Il calore e il sapore della fragranza la colmarono facendola sentire meglio.
- Non te l’ho ancora chiesto… - disse Aya dopo un po’. - Spiegami meglio come va la situazione tra te e Akito. -
- Uhm… non ne sono sicura. -
- Che vuoi dire? - chiese, osservandola con più attenzione.
- Ieri notte è capitata una cosa strana. Mi sono svegliata perché ho sentito un rumore. Ieri sera ho litigato con Hayama, no? -
Aya annuì.
- Ecco, per questo ho pensato che lui volesse vendicarsi giocandomi un brutto tiro. Dopo aver capito che il rumore proveniva dalla soffitta, ho pensato di andare a vedere e rovinare il suo scherzo, ma… non c’era nessuno. Non so bene cosa è successo poi, perché ho perso conoscenza e mi sono ritrovata in camera di Hayama. -
- Eh?! - La sua amica sgranò gli occhi. - Aspetta, Sana. Credo di non aver capito molto bene. Perché hai perso conoscenza? E come ci sei arrivata in camera di Akito? -
- Non lo so, è questo il punto! Dopo aver capito che in soffitta non c’era anima viva, mi sono girata per tornare in camera, ma da quel momento in poi non ricordo. -
- E Akito? Lui cos’ha detto? -
Sana non poté fare a meno di arrossire lievemente. Non era molto propensa a dire proprio tutto quello che Hayama le aveva raccontato. Ancora faticava a credere lei stessa a ciò che aveva fatto. Come aveva potuto saltargli - quasi - addosso? - Solo che mi sono comportata in modo strano. Chiamavo Sho, ma sono sicura di non conoscere nessuno che ha questo nome. Che ne pensi? -
L’espressione di Aya si fece pensierosa. - Forse questo Sho è solo un prodotto della tua fantasia, Sana. Hai a che fare con romanzi tutti i giorni e forse ti sei immedesimata nella protagonista di un qualche libro. Probabilmente in soffitta sei scivolata e hai battuto la testa. -
- Sì, forse - disse Sana con poca convinzione. Anche Hayama aveva dato una spiegazione molto simile. Sembrava proprio che in torto fosse lei a pensare che ci fosse una verità più complicata dietro quella storia. D’altro canto, lei e Hayama non avevano trovato nessuno in casa la notte precedente e quella, al momento, sembrava davvero l’unica spiegazione possibile.
- Tutto a posto, Sana? - domandò con leggera apprensione Aya.
- Sì. Riprendiamo il giro? - chiese con un sorriso. - Chiamo il cameriere per il conto. -  

Gli faceva male. Molto più di quanto sarebbe stato disposto ad ammettere anche con se stesso, ma era davvero così. Erano parecchi giorni, forse settimane, che il suo ginocchio malandato non si lamentava più così tanto. Evidentemente, la lunga passeggiata che Kurata gli aveva costretto a percorrere quelle notte non gli aveva fatto per niente bene. L’aveva detto che quella avrebbe portato solo guai, e ora ecco il risultato!
Zoppicando più vistosamente del solito, prese a salire le scale che lo avrebbero portato al piano superiore. Aveva intenzione di stendersi anche quel pomeriggio dopo aver passato la mattina a letto, tanto non aveva nulla d’importante da fare.
Poco dopo, sentì la porta sbattere e dei passi frenetici girovagare per la casa. - Hayama? - si sentì chiamare. Ignorando Kurata che continuava a strillare il suo nome, riprese a salire gli scalini, tentando di sbrigarsi e così evitare d’incontrarla. Purtroppo… fallì. Non aveva ancora raggiunto il piano superiore che non fu solo voce di Kurata ad arrivare fino a lui, ma anche lei. - Hayama, finalmente ti ho trovato. Ma… non mi hai sentito chiamarti? -
Sospirando, si voltò verso di lei. - Sì, ma speravo fosse solo frutto della mia immaginazione. -
Lei lo fulminò. - Sempre più simpatico, che bravo! - replicò con ironia.
Akito ghignò. - Solo per te. -
- Odioso. -
- Mi dici cosa vuoi? - chiese esasperato Akito. Aveva strillato per tutta casa in cerca di lui e ancora non gli aveva spiegato il motivo.
- Eh? Ah, sì! Sai, ieri sera a cena mi è sembrato che Tsuyoshi fosse un po’ strano. Un po’… distante, ecco. -
Lo prendeva in giro? - E allora? -
- Beh, dato che sei suo grande amico pensavo che magari fossi a conoscenza se lui abbia o no qualche problema. -
Tsuyoshi non gli aveva detto proprio nulla e nemmeno lui si era accorto di qualcosa. D‘altra parte, negli ultimi tempi lo aveva visto pochissimo. Comunque, lei non c'entrava nulla. - Kurata, anche se questo fosse vero, non sarebbero fatti che ti riguardano. -
La vide arrossire. - Oh, ehm… immagino che tu abbia ragione. Speravo solo di essere d’aiuto. -  
- Forse non ti è mai capitato, ma non tutte le persone apprezzano che la gente si impicci dei loro affari anche se non è stato chiesto loro aiuto - le disse.
- Magari non lo fanno per troppo orgogliose o per timore - replicò lei sollevando il capo e fissandolo con aria di sfida.
- Mantieni pure le tue convinzioni da crocerossina se vuoi. Ora, se hai finito con le domande, posso finalmente andare in un luogo tranquillo lontano da te. - Senza attendere risposta, le voltò le spalle e riprese a salire i gradini con il suo passo zoppicante.
- Ehi, Hayama, mi era parso che la tua gamba fosse migliorata negli ultimi giorni, va tutto bene? -
- Benissimo - affermò secco.
Ma lei non lo ascoltò, tanto per cambiare. La sentì salire di corsa le scale e giungere al suo fianco. - Vuoi una mano? -
- No, sto benissimo - ripeté.
- Dai, non mi costa nulla. In fondo tu mi hai aiutato gironzolando per tutta casa con me stanotte e vorrei ricambiare e… Oh. - Si fermò. - Hayama? -
- Uhm? Che c’è, ora? - Girò il capo e la fissò. Lei lo stava osservando con un’espressione colpevole e un po’triste.
- Ti fa male la gamba perché ti sei stancato troppo per colpa mia? -
Akito non se la sentì di confermare i suoi sospetti e, di conseguenza, ferirla. Sospirò e scosse la testa. - Ma no, è solo che ci vorrà ancora un po’ prima che guarisca. -
Lei lo guardò poco convinta e poi lo prese sotto braccio. Che vuole fare? - Ma… cosa? -
- Appoggiati a me, ti do una mano a raggiungere la tua camera. E’ lì che stavi andando, vero? -
- Sì, ma… ce la faccio da solo. Non ho bisogno di aiuto - disse, tentando di staccarsi dalla sua presa. Era diventata una piovra, come la notte prima? Almeno la volta precedente ne valeva davvero la pena. Con uno scatto improvviso, riuscì a separarsi da lei e giungere finalmente in cima al piano superiore. Più che una semplice rampa di scale sembrava quasi avesse dovuto scalare una montagna.
- Che scontroso - commentò lei, ma questa volta il suo tono non era del tutto serio ed era possibile riscontrare una nota di divertimento nella voce.
Anche ad Akito quasi scappò un sorriso e questo lo sorprese. Cominciava a trovare divertenti le loro discussioni, forse? Doveva essere impazzito. Che fosse il dolore a farlo sragionare? Con questi pensieri confusi in testa, percorse a passo lento il corridoio fino a giungere nella sua camera.

Quando Sana era tornata a casa carica di borse - avrebbe dovuto fare più economia, ma non era riuscita a resistere - le aveva subito abbandonate nell’ingresso e si era messa alla ricerca di Hayama. Non era stato semplice trovarlo, dato che la casa era grande e lui non si era nemmeno degnato di rispondere ai suoi ripetuti richiami.
Finalmente lo aveva trovato, sulle scale, che tentava di sbrigarsi a raggiungere il piano superiore e così poterla evitare. Infantile, pensò.
Purtroppo, il suo discreto tentativo di strappare qualche informazione a Hayama su Tsuyoshi era andato a vuoto. Beh, con un tipo del genere avrebbe dovuto aspettarselo, decretò alla fine.
Sana non aveva preso benissimo la sua lezione di vita. Lei non voleva affatto impicciarsi degli affari di Tsuyoshi, ma semplicemente aiutare una sua amica. Non vedeva cosa c’era di sbagliato in questo. Hayama è troppo rigido.
Dopo che l’aveva lasciata sola tornando in camera sua, Sana si era seduta in soggiorno, su una delle sedie del grande tavolo ovale. Aveva tirato fuori i suoi appunti scritti su svolazzanti fogli a penna e il computer portatile, e aveva cominciato a lavorare al suo romanzo.
La sua concentrazione, però, era al minimo, troppo presa com’era a ripensare alla conversazione avuta con Hayama. Quando si sarebbe deciso a lasciarla in pace e permetterle di lavorare?

Spazio Autrice: Salve a tutti! Inizialmente la parte dedicata ad Akito e Sana doveva essere un pò più lunga, però, questa volta, Akito è stato un pò più parco con i suoi pensieri. Beh, spero vi sia piaciuto.
Sapete questa settimana trascorsa è stata dedicata alla stesura dell'ottavo capitolo (sono un pò più avanti rispetto agli aggiornamenti per permettere a voi di avere lo spoiler e a me di sentirmi più sicura in caso non avessi nè tempo nè ispirazione)... e non è stato semplice scriverlo... da mercoledì a sabato ho affrontato una maledetta crisi ispirativa. C'era la pagina bianca davanti a me e non riuscivo a riempirla... veramente terribile... per fortuna poi mi sono sbloccata e l'ho scritto l'ottavo capitolo.
E ora i ringraziamenti:

92titti92: Ciao! Grazie, sono contenta che ti piaccia la mia storia. Sìsì, ti assicuro che tra Aki e Sana accadranno tante cose... non potrebbe essere altrimenti con due come loro.
Grazie per avermi fatto notare l'errore, l'ho corretto subito. Ogni tanto quei cattivelli scappano! Spero ti sia piaciuto il capitolo. A presto! Kiss

sailorm: Ciao! Sono felice che ti sia piaciuto lo scorso capitolo, grazie mille. Sì, Hana ha preso il posto di Sana e a quanto pare ha commesso un'azione sbagliata verso questo Sho. Ovviamente non posso dirti nulla, lo scoprirai in seguito... e temo proprio che per questo particolare dovrai attendere un bel pò... dubito che salti fuori prima degli ultimi capitoli a cui manca ancora molto. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. Alla prossima settimana. Kiss

Deb: Ciao, cara! Ahah, ringrazia la tua gatta Ester per il saluto e ricambia.
Dai, non prendertela con Hana... lei approfondisce la conoscenza con Sho in assoluta buona fede. Se poi le cose dovessero cambiare non era una cosa voluta inizialmente.
Sì, anche a me piacciono questo genere di storie... una bella casa buia, misteriosa, porte che cigolano e fantasmi o simili... troppo interessante!!!
Mi dispiace, Deb... il fantasma si vedrà prima o poi, però è ancora troppo presto.
Dici che dovevo descrivere un pò di più in quel pezzo? Uhm, sì... forse hai ragione...
Alla fine Akito si è fermato... anche se ho dovuto dargli un incentivo... XD!
E' vero, avevi indovinato... tra Sho e Hana succederà qualcosa e presto vedremo cosa e dove porterà loro due e Sentaro. In verità avevo pensato di modificare il nomignolo "Sho" con "Taro" in modo che non si potesse capire se ci si riferiva a "Shotaro" o a "Sentaro" (giuro che è causale che i loro nomi finiscano allo stesso modo!), ma il secondo non mi piaceva... e allora ho lasciato Sho. Vi ho risparmiato l'incertezza!
Povera Hana, non trattarla male... non è colpa sua se ha conosciuto Shotaro dopo... pensandoci bene... è colpa mia...
Il fantasma è rimasto "addormentato" parecchio tempo... concedigli almeno di essere un pò confuso la prima volta.
Sono molto contenta che la mia storia ti piaccia sempre di più... e spero che continui così. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo.
Ovviamente non ci si può aspettare che Akito diventi dolce nè tutto ad un tratto nè dopo vent'anni... al massimo... un pochino meno insopportabile... Come si dice nelle ricette di cucina: q.b. ... quanto basta!!! A presto! Kiss

venus 189: Ciao! Grazie mille per i complimenti! E sono molto felice che ti sia piaciuto lo scorso capitolo. Purtroppo, non posso acconsentire alla tua richiesta... a stento riesco a scrivere un capitolo a settimana... se dovessi farne due scenderei di qualità perchè dovrei farli in fretta e furia. Uno a settimana è il massimo che posso fare...
Spero ti sia piaciuto il capitolo. Alla prossima settimana! Kiss

roby5b: Ciao! Sono contenta che ti sia divertira a leggere il capitolo e che ti piaccia sempre di più la mia storia. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. A presto! Kiss

chany41: Ciao! Sono felice che la mia storia ti abbia colpito. Per ora continuerò a postare il nuovo capitolo di mercoledì. Sì, Hana si era impossessata di Sana... il fantasma aveva "dormito" per parecchio tempo ed era un pò confuso al risveglio. Akito assomiglia un pochino (veramente pochissimo... giusto giusto i lineamenti) a Shotaro e non si rendeva conto della realtà. Poi c'è un'altra cosa, ma non te la posso dire... si scoprirà in seguito. Alla prossima settimana! Kiss

ryanforever: Ciao! Nello scorso capitolo, mi preoccupava un pò come mi era riuscita Akito... un pò... incontrollabile! Sono contenta che ti sia piaciuto.
Ahah, mi dispiace... a parte le due righe a fondo pagina in ogni capitolo non faccio spoiler... Vi toglierei il gusto di leggere, altrimenti. Spero ti sia piaciuto il capitolo. Alla prossima settimana! Kiss  

lillixsana: Ciao! Grazie mille per i complimenti. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto! A presto! Kiss

daygum: Ciao! Grazie per i complimenti! Ahah, sì, Akito parla parla, ma poi i fatti si vedono!!! Oh, grazie... sono felice che ti abbia colpito quella scena. Piano piano si scopriranno sempre più cose sulla storia del fantasma. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. A presto! Kiss
  
Grazie per le visite, le 9 recensioni, le 13 preferite, le 5 ricordate e le 20 seguite!
Alla prossima settimana!
Ilaria  

Spoiler del prossimo capitolo:
- Non la smetti mai di impicciarti dei fatti altrui, eh? - la stuzzicò.
Lei lo guardò male e sbuffò. - E tu di fare il saputello? -

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7° capitolo ***


The Ghost's Diary - 7° capitolo
Eccomi qui con il settimo capitolo! Sono molto incerta per la parte in cui compare Fuka, soprattutto in quella in cui c'è anche Sana, perchè mi sembra di averla resa molto OOC. A voi il compito di giudicare. In fondo alla pagina un piccolo spoiler del prossimo capitolo. Buona Lettura.
The Ghost's Diary

7



24 Aprile
Caro Diario,
Sono proprio contenta! Quest’oggi, Sentaro è passato a trovarmi, portando con sé un mazzo di fiori e le sue scuse. Mi ha detto di essersi reso conto che erano ingiuste le sue parole, dettate solo dalla gelosia che prova, e voleva il mio perdono. Dopo averglielo concesso, l’ho rassicurato su i miei sentimenti per lui.
Sono sollevata che Sentaro abbia compreso le mie ragioni e abbia ritratto l’ordine di non vedere più Shotaro. Non volevo davvero trovarmi costretta a dover scegliere, non sarebbe stato per nulla facile e mi avrebbe fatto soffrire molto.
Ora, basta, non devo più pensarci. Il peggio è passato e io e Sentaro siamo tornati una coppia unita. Anche l’amicizia con Shotaro diventa sempre più salda. A proposito di questo, oggi, Shotaro mi ha rivelato di avere anche una sorella più giovane di alcuni anni. Non è potuta intervenire né alla mia festa, né al pomeriggio passato insieme nella mia casa perché era malata.
Ora che sta meglio le piacerebbe conoscermi. Sono ansiosa d’incontrarla.   
A presto, caro Diario,
Hana

Sana sbatté più volte le palpebre e si stropicciò gli occhi. Voleva finire di leggere la pagina di diario di Hana che stava leggendo e perciò lottava per rimanere sveglia, anche se gli occhi premevano per essere chiusi.
Un forte sbadiglio la colse, mentre arrivava alle parole di commiato e al nome in mezzo alla pagina scritto in una calligrafia svolazzante, ma non particolarmente bella.
Prima di chiudere il diario - era arrivata a leggere la facciata dedicata al 20 aprile - voltò la pagina per vedere quale data fosse segnata sulla seguente. Capitava spesso che Hana saltasse alcune date e quindi era curiosa di sapere quanto fosse durata la pausa, questa volta.
Con delusione notò che la pagina successiva aveva subito dei danni e delle parole erano illeggibili. Sembrava come se qualcuno avesse bagnato la pagina, che poi, con il tempo, si era riasciugata, anche se non era più tornata come prima.
Voltò nuovamente pagina e vide che lo scempio era un po’ più evidente. Man mano che scopriva una nuova facciata sempre meno parole erano visibili alla vista; l’ultima si presentava spiegazzata e con macchie di colore d’inchiostro e carta ingiallita. In quella nulla si sarebbe potuto leggere. Sana richiuse il diario e lo appoggiò sul comodino al suo fianco. Le sarebbe davvero piaciuto apprendere che cosa era successo a Hana, ma, a quanto pareva, quel desiderio sarebbe rimasto tale. Voleva leggere ancora di lei e del fidanzato Sentaro, dell’amico Shotaro, dei suoi genitori, i suoi sogni e le speranze.
Mentre appoggiava la testa sul cuscino e spegneva la lampada, si disse che il giorno dopo avrebbe pensato ad un modo per scoprire qualcosa su quella giovane ragazza. Almeno quel piccolo mistero di quella enorme casa non sarebbe rimasto insoluto, come invece era accaduto con quello capitato a lei.

Akito seguiva con assoluta concentrazione un incontro di karaté in televisione. Vedeva il combattimento e si lamentava di quanto fosse incapace uno dei due partecipanti. No, non così… che cosa combini?! Lui non avrebbe utilizzato una mossa così prevedibile, lui… avrebbe tanto voluto essere al posto di quello alla tv. Avrebbe voluto praticare karaté.
Abbassò lo sguardo e fissò il suo ginocchio, che non era più quello di prima. Che non sarebbe mai più tornato come era prima dell’incidente.
No, non gli piaceva piangersi addosso e compatirsi, per questo riportò lo sguardo sullo schermo del televisore.
- Hayama?! - strillò una voce fin troppo famigliare. Kurata arrivò quasi di corsa in soggiorno. Era mattina presto, che cosa ci faceva sveglia a quell’ora? In genere non la vedeva comparire prima delle dieci passate, a meno che non avesse un impegno, ma anche in quel caso si svegliava molto più tardi. E a fatica. - Senti, Hayama… - Si fermò.
Aveva già dimenticato cosa doveva dirgli?
- Che cosa stai guardando? -
Si voltò verso di lei. In verità aveva capito che quella di Kurata era una domanda retorica, ma le rispose comunque. - Un incontro di karaté, non lo vedi? - sbottò acido.
Lei lo fissò triste. Lo stava compatendo? Non doveva farlo, non lo avrebbe sopportato. - Allora, cosa vuoi? - la sollecitò.
- Guarda che cosa ho trovato qualche giorno fa in biblioteca - disse e gli mostrò un piccolo quaderno malridotto. Akito lo prese e lo sfogliò. Era un diario. - E quindi? - le chiese, osservandola confuso.
- Questo è un diario di una ragazza vissuta qui anni fa. Purtroppo solo le prime pagine si leggono senza problemi, perché le altre sono composte da parole scolorite e non si riesce a capire né come prosegue, né tanto meno come va a finire. Mi piacerebbe saperlo. Hai qualche utile suggerimento da darmi? - chiese speranzosa.
- Non la smetti mai di impicciarti dei fatti altrui, eh? - la stuzzicò.
Lei lo guardò male e sbuffò. - E tu di fare il saputello? - Gli strappò il diario di mano. - Non ho bisogno di te. - Si allontanò lamentandosi sottovoce e dandosi della stupida perché si era illusa che lui volesse o potesse aiutarla.
Akito, guardandola, non poté trattenersi dal sollevare un lato della bocca a formare un mezzo sorriso. - Ehi, Kurata, perché non dai un’occhiata in soffitta? C’è un mucchio di roba antica là dentro - le suggerì, mentre era ancora a portata d’orecchio. L’unica volta in cui era salito in soffitta era stato quando lei l’aveva trascinato alla ricerca di un fantomatico ladro e aveva visto la moltitudine di cianfrusaglie che vi erano abbandonate.
Un po’ più sereno di prima che arrivasse Kurata, tornò a concentrarsi sul programma in televisione.

Con il diario stretto in una mano, Sana salì gli scalini in direzione della soffitta. Anche se era un po’ burbero, alla fine Hayama le aveva dato un suggerimento. Non era così male in fondo.
Arrivò davanti all’entrata della soffitta e si fermò prima di attraversare la porta. Doveva ammettere che non le faceva molto piacere essere costretta a tornare lì dentro dopo quello che era successo alcuni giorni prima. Dandosi della stupida per delle preoccupazioni senza fondamento, si decise ad entrare nell’angusta soffitta.
La stanza era un po’ più illuminata rispetto alla volta precedente in cui l’aveva vista perché era mattina e la luce del sole passava attraverso le parti mancanti della tapparella rotta.
Doveva ricordarsi di farla sistemare. Si avvicinò alla finestra e con delicatezza tentò di sollevare la tapparella e dare ancora più luce alla stanza. Purtroppo, non resse: un pezzo si staccò e precipitò sul pavimento, mentre una nuvola di polvere si sparse in giro e inondò Sana.
Infastidita, cominciò a tossire. Beh, perlomeno ora la stanza era perfettamente illuminata.          
Volse lo sguardo sugli scatoloni abbandonati in un angolo - si ricordava che la famosa sera, prima di perdere conoscenza, aveva pensato di tornare e scoprire cosa contenessero - e decise di cominciare da quelli. Si inginocchiò di fronte a loro e ne prese uno per studiarne il contenuto.
Il primo conteneva vecchi soprammobili e vecchi kimono in buono stato; la stoffa era veramente molto bella e pregiata e la fantasia era molto elegante e particolare. Purtroppo, nessuna di quelle cose c’entrava qualcosa con il motivo per cui si era spinta fin lassù.
Sana rimise gli oggetti estratti dallo scatolone al suo interno un po’ alla rinfusa. Avvicinò a sé un’altra scatola e l'aprì, ma nemmeno con quella ebbe fortuna dato che il suo contenuto era piuttosto simile al precedente; all’appello mancavano solo i kimono.
Nella terza, in cima alla pila di oggetti ben ordinati nello scatolone, c’era un piccolo cofanetto in metallo rifinito con dei rilievi. Sul lato anteriore Sana vide che un lucchetto sigillava il coperchio. Studiò la serratura rigirandola con le dita e osservandola attentamente.
Forse avrebbe potuto forzarla, non sembrava molto resistente come lucchetto. Avrebbe voluto avere una forcina, nei film funzionava! Peccato che non ne aveva con sé al momento, le toccava andarne a prendere una. Si alzò in piedi e scese di corsa verso il piano inferiore con, stretto tra le mani, il cofanetto. Si diresse in camera sua e buttò all’aria il contenuto del beauty-case alla ricerca di una forcina. Quando finalmente ne tirò fuori una trionfante, il suo comò era coperto per metà da oggetti di ogni tipo.
Armeggiò con il lucchetto per alcuni minuti, ma non ebbe successo. Con nessuna intenzione di arrendersi utilizzò ogni possibile cosa potesse passare attraverso la serratura.
Alla fine, la sua perseveranza fu premiata e il lucchetto cedette. Soddisfatta, Sana prese il cofanetto con sé e ritorno in soffitta. Sarebbe ritornata lassù prima di decidersi ad aprirlo e svelare i segreti che conteneva. Sempre che ce ne fossero, naturalmente.
Lettere non sigillate, carte e documenti, questo era il contenuto del cofanetto.
Sana sperò che qualcuno di quei fogli le svelasse quello che voleva sapere.
Una ad una prese le carte e le lesse per scoprire di che cosa si trattassero. Alcune erano vecchie lettere destinate ad una certa signora Kougami - quel nome le ricordava qualcosa, doveva averlo incontrato, probabilmente nel diario di Hana - e altre appunti di poco conto, almeno per lei che cercava tutt’altro. Senza permettersi di scoraggiarsi, riprese in mano lo scatolone che aveva abbandonato prima senza finire di svuotarlo. Avrebbe trovato qualcosa di utile prima o poi, ne era certa.     

Akito, convinto che grazie alla sparizione di Kurata nella soffitta della casa non sarebbe più stato disturbato da nessuno, si era rimesso tranquillo a vedere l’incontro di karaté.
Purtroppo per lui, si era sbagliato. Meno di mezz’ora più tardi, il campanello suonò.
Chi cavolo è che rompe?, si chiese Akito gettando uno sguardo scocciato verso la porta.
Anche se presumeva che fosse piuttosto difficile che Kurata, chiusa in soffitta, potesse aver sentito suonare ed andare lei ad aprire, ci sperò lo stesso. Attese qualche momento di sentire i suoi passi svelti discendere la scala, ma non andò come voleva. Quando sentì per la seconda volta il suono fastidioso del campanello si decise ad alzarsi, borbottando: - Arrivo, arrivo. -
Alla porta, con un espressione sorridente dipinta in volto, c’era una ragazza. Il sorriso si incrinò un poco vedendolo, lasciando spazio alla sorpresa. La donna doveva avere più o meno l’età di Kurata e doveva ammettere che anche i lineamenti erano piuttosto simili. I capelli erano diversi però, notò; erano di color castano scuro e tenuti più corti di una decina di centimetri e scalati. Anche gli occhi avevano una tonalità un po’ più scura e l’abbigliamento, almeno in quell’occasione, era meno appariscente di quello in genere indossato dalla sua coinquilina.
- Ciao - lo salutò. - C’è Sana? -
La sconosciuta aveva anche un accento strano. Non era molto marcato, ma si sentiva che proveniva dal Kansai. Doveva essersi trasferita da lì, probabilmente.
- Sì, è in soffitta. Vieni. - Si fece da parte per lasciarla passare.
- Io sono Fuka Matsui, un’amica di Sana. Aya al telefono mi ha detto il suo indirizzo visto che lei sembra che non ha avuto tempo di riferirmelo. - C’era un nota di risentimento nella voce. Lo squadrò, curiosa. - Non mi ha parlato di te, però. Sei il ragazzo di Sana? -
Lui il ragazzo di quella?! Si trattenne a stento dal boccheggiare. - Nemmeno per idea! Sono Akito Hayama e sono il fratellastro di Kurata. - Per un volta la quasi parentela gli era tornata utile per semplificare la questione del “viviamo insieme, ma non siamo fidanzati”.
Se si era stupita che la sua amica avesse un fratello a lei ignoto, non lo diede a vedere. - Akito Hayama, eh? Beh, piacere. Prima hai detto che Sana è in soffitta, ti spiacerebbe accompagnarmi, o, perlomeno, indicarmela? -
Gli spiaceva eccome, ma decise comunque di acconsentire alla richiesta di Matsui. Non aveva molto scelta, comunque. Essere scortese con un’amica di Sana avrebbe potuto farla irritare e decidere di conseguenza di vendicarsi su di lui... meglio evitare.      
Akito accompagnò Matsui fino alla porta chiusa della soffitta e poi ritornò zoppicante al primo incontro di karaté della sua vita che non era riuscito a vedere per intero.

La porta della soffitta si aprì improvvisamente, tanto che Sana si voltò verso di essa con il cuore che batteva come un tamburo. - Fuka! - si lamentò. - Stava per venirmi un infarto! -
- Beh, amica mia, te lo saresti meritato - sentenziò l’altra incrociando le braccia al petto. - Non ti sei fatta vedere nemmeno una volta, non mi hai nemmeno telefonato per farmi sapere il tuo nuovo indirizzo. -
Sana sospirò e si alzò in piedi. Okay, Fuka aveva ragione, ma cosa poteva fare se il suo tempo era stato tiratissimo negli ultimi giorni. - Si avvicinò all’amica e l’abbraccio. - Scusami, hai ragione. Lo so che la scusante del poco tempo non è molto, ma è vero che ho avuto un milione di cose a cui pensare. L’altra sera sono riuscita a vedere Aya praticamente per puro caso. Sono contenta di vederti! - Si separò da lei e la osservò: l’espressione accigliata era meno accentuata e un mezzo sorriso era comparso sul volto di Fuka.
- Sì, va bene. Ti perdono. Nei prossimi giorni fatti sentire più spesso però, okay? -
Sana sorrise. - Te lo prometto. -
- Uh, cambiando argomento… raccontami chi è quel bel biondino al piano di sotto. Dai, a me puoi dirlo: è il tuo ragazzo? -
- Eh? Ma stai parlando di Hayama? - replicò Sana scioccata.
- Sì, esatto. Quanti altri biondi nascondi in casa? - chiese, con un sorriso ironico dipinto in faccia.
Sana si chiese se in segreto la sua amica frequentasse Hayama dato che la sua espressione le ricordò molto la faccia da schiaffi di lui. - Ehi, non nascondo proprio nessuno io! Hayama non è il mio biondo e il fatto che abitiamo insieme è pura fatalità! - strillò indignata. Quello il suo ragazzo? Ma in quale universo parallelo?
- Non state insieme, ma abitate nella stessa casa? Cos‘è, un nuovo modo di vivere una relazione sessuale? - chiese Fuka. Aveva piegato la testa da un lato e la fissava confusa.
- Fuka, sei impazzita?! Ti ripeto che non c’è un bel niente tra me e Hayama, e mai ci sarà. Divide casa con me perché è il figlio naturale di papà - le spiegò alla fine, abbandonando il tono accesso per uno serio. Parlare del padre non smetteva d’intristirla e di rammentarle i bei momenti passati insieme.
- Ah, sì. In effetti mi aveva detto di essere tuo fratello, ma pensavo scherzasse. -
Hayama che scherzava? Si vedeva che ancora Fuka non lo conosceva a fondo. - No, diceva sul serio. Vedi, il giorno che sono tornata a Tokyo per il testamento di papà, sono anche venuta a sapere che lui aveva da poco scoperto di avere un figlio naturale, mai riconosciuto. Nel testamento ha imposto che noi due avremmo dovuto vivere per sei mesi, o non avremmo visto un centesimo dell’eredità. -
- Sicuramente ti ha proposto questa clausola per costringerti a conoscere meglio Hayama. -
Sana annuì. - Sì, è proprio così. Me l‘ha scritto nella sua ultima lettera che mi ha consegnato il notaio. -
Rimase in silenzio qualche istante, poi Fuka sorrise. - Beh, comunque dovresti farci un pensierino. -
- Su cosa? -
- Ma su Hayama, no? -
- Fuka! -


Spazio Autrice: Ciao! Che dite, Fuka è OOC? Non so perchè, ma mi è venuta così.
In questo capitolo sono anche tornata a parlare del diario di Hana trovato da Sana... purtroppo in passato si è rovinato... come mai? Passarà parecchio prima che risponda a questa domanda, ma ci arriverò.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
A questo punto, di solito, dovrei rispondere alle recensioni, ma vista la novità (fantastica!) messa da Erika, ho già provveduto a farlo.
 
Grazie per le 7 recensioni, le visite, le 15 preferite, le 5 ricordate e le 21 seguite.
Alla prossima settimana!
Ilaria

Spoiler del prossimo capitolo:
- Ti vedi con Tsuyoshi? Me lo saluti? -
- Non posso farlo, non mi vedo con lui. -
Sana inarcò le sopracciglia. - Fai fisioterapia di sera, adesso? -

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8° capitolo ***


The Ghost's Diary - 8° capitolo
E' stato un incubo scrivere questo capitolo, dato che per tre giorni ho avuto una brutta crisi creativa. Per fortuna alla fine è venuto fuori e spero che vi piaccia. In fondo alla pagina un piccolo spoiler. Buona Lettura.

Alla mia amica Deb,
anche se in ritardo, questo è mio regalo per il suo compleanno.

The Ghost's Diary
8


26 Aprile
Caro Diario,
Oggi, ho incontrato la sorellina di Shotaro. Ha solo tredici anni, ma è molto matura per la sua età, e si chiama Mieko. Ha un carattere abbastanza simile a quello di suo fratello e, come lui, anche lei mi è molto simpatica. Penso che potremo diventare grandi amiche con il tempo.
Sono contenta di aver conosciuto un’altra persona speciale. Questo è stato un mese davvero importante per l’amicizia. E l’amore, ovviamente! Aprile è anche il mese in cui c’è stata la mia festa di fidanzamento.
A proposito di questo, ora, io e mia madre stiamo organizzando il matrimonio. Sarà in grande stile, ovviamente, e si terrà tra alcuni mesi.
Sentaro l’ho visto questa sera. E’ passato a trovarmi e abbiamo trascorso un po’ di tempo insieme. Prima di andarsene mi ha baciato. Lo aveva già fatto prima - una volta, alla festa di fidanzamento -  e mi è piaciuto.
Anche se… ecco, forse mi sbaglio, non sono pratica di questo genere di cose, ma ero convinta che avrei provato un’emozione più grande. Mi è piaciuto, è vero, ma è tutto qui. Credi che mi stia immaginando tutto? Forse ero solo un po’ stanca per tutti gli avvenimenti di questa giornata, ci sono molti preparativi per questo matrimonio ed è probabile che sia un po’ stressata.
E’ solo questo, ne sono sicura.
Ora chiudo, non faccio altro che sbadigliare.
A presto, caro Diario,
Hana

Fuka se ne era andata da circa un’ora, con la promessa che Sana si sarebbe fatta sentire o sarebbe andata a trovarla e viceversa. Aveva rivoltato la soffitta, ma per quella mattina si era dovuta rassegnare: non aveva trovato nulla di utile alla sua ricerca.
Peccato. Beh, comunque non aveva alcuna intenzione d’arrendersi. Appena ne avesse avuto il tempo - in quei giorni aveva troppi impegni - avrebbe provato in biblioteca. In fondo, era proprio in quel luogo che aveva rinvenuto il diario, perciò sperava di avere ancora fortuna e trovare qualcos’altro.
Ripose al loro posto le poche cose che ancora giacevano sul pavimento della soffitta, poi uscì dalla stanza chiudendosi alle spalle la porta.
Mentre scendeva le scale, venne presa da un’improvvisa voglia di scrivere. Sì, era proprio ora di tirare fuori carta e penna - o per meglio dire il computer portatile - e mettersi a scrivere un bel capitolo!

Sana inghiottì il boccone di Donburi e subito si riempì di nuovo la bocca. Era veramente buono.
Era un piatto unico giapponese, veloce da preparare e sostanzioso, ma, soprattutto, casalingo.
Questa, per lei, era quasi una novità. Ovviamente, non era stata lei a cucinarlo. Per quanto la sua preparazione non fosse particolarmente complessa - per gli altri -, Sana non si era nemmeno avvicinata ai fornelli. No, l’autore di tutto quello era Hayama.
Poteva sembrare incredibile, ma erano riusciti a stipulare un accordo. Dato che mangiavano agli stessi orari - colazione esclusa - erano giunti alla conclusione che non sarebbe stata una cattiva idea se Sana si fosse occupata lei della spesa e Hayama della cucina. In questo modo, lei non avrebbe fatto saltare in aria la casa e lui non avrebbe dovuto perdere tempo al supermercato e, soprattutto, alla fila alla cassa.
A Sana non dispiaceva affatto fare la spesa - lei amava girovagare tra gli scaffali e osservare la gente -, perciò era del parere che era lei ad averci guadagnato di più da quella situazione. Ovviamente, questo era solo il suo punto di vista.
Davanti a lei, Hayama mangiava velocemente e aveva il piatto quasi vuoto, mentre il suo era ancora a metà. Aveva avuto molti giorni per accorgesi che lui si comportava sempre così, ad esclusione di quando in tavola c’era del sushi - situazione che accadeva piuttosto di frequente - dove diventava l’ultimo a finire. Doveva piacergli molto, considerò Sana.
- Ehi, Hayama! Dimmi una cosa. Ho notato che cucini il sushi molto spesso, è il tuo piatto preferito, forse? - chiese, sollevando lo sguardo verso di lui. Era curiosa di veder confermata la sua ipotesi e poi fino a quel momento erano rimasti in silenzio. Se non ci pensava lei a fare un po’ di conversazione, chi l’avrebbe fatto?
- Non mi dispiace - replicò Hayama scrollando le spalle.
Wow, una risposta davvero precisa. Beh, in quelle settimane che avevano trascorso insieme si era abituata alle mezze risposte o ai monosillabi di Hayama, quindi non ci fece molto caso.
Sana lo vide allungare il braccio lungo il tavolo, prendere la bottiglia d’acqua e riempirsi il bicchiere vuoto.
- Una risposta di più facile comprensione no, eh? -
Finì di bere, poi le rispose, fingendo sorpresa: - Non hai capito quello che ho detto? Qual è la parola che hai difficoltà a comprendere? “Non“, “mi” o “dispiace”? -
- Il tuo umorismo e la tua ironia peggiorano di giorno in giorno, Hayama, te ne sei accorto? -
Lui ghignò. - Dici? Sarà la tua vicinanza a farmi male. -
Sana sbuffò. - Figurati. E’ vero il contrario, piuttosto. -
Lui non disse più nulla per qualche minuto. Svuotò il piatto e si alzò. Prima di andare in cucina a riporre le vettovaglie sporche, si voltò verso di lei. - Stasera dovrai arrangiarti per la cena, non ci sono. -
Sana lo guardò sorpresa. Non se lo aspettava perché Hayama non usciva molto, non in quel periodo almeno, dato che non voleva sforzare troppo il ginocchio e quindi si limitava a vedere Tsuyoshi ogni tanto e andare a fare fisioterapia. - Ti vedi con Tsuyoshi? Me lo saluti? -
- Non posso farlo, non mi vedo con lui. -
Sana inarcò le sopracciglia. - Fai fisioterapia di sera, adesso? - domandò, piegando la testa da un lato.
Hayama sollevò gli occhi al cielo. - No. -
Ora, lui aveva tutta la sua attenzione, non che lui la volesse. Se non vedeva Tsuyoshi e non doveva fare fisioterapia, cosa rimaneva? - Ma allora dove vai? -
- Kurata, quante volte dovrò ripetertelo prima che ti entri in testa, si può sapere? Non. Sono. Affari. Tuoi - disse scandendo bene ogni singola parola.
Uhm, reticente… Possibile che…? - Esci con una… -
- Donna. Sì - completò lui per lei. Interruppe la conversazione voltandosi e dirigendosi verso la cucina.
Non era possibile. La stava prendendo in giro. Chi era la pazza che sarebbe uscita con un tipo del genere? Una con un paio d’occhi, probabilmente, giunse come conclusione subito dopo. Come le aveva fatto notare Fuka - non che lei non ci avesse fatto caso -, Hayama era decisamente un bel uomo. Già, ma la bellezza non era sufficiente perché si decida d’uscire insieme ad una persona, almeno non per Sana. Sì, ma non tutte le donne erano come lei, e forse la conquista di Hayama era un tipo superficiale.
Lui aveva un brutto carattere, ma, come anche le aveva ricordato suo padre, era il suo fratellastro. Non avrebbe dovuto permettergli d’imbarcarsi in una storia con una donna superficiale. Era il suo dovere di sorella.
Abbandonando l’ormai freddo Donburi dov’era, si alzò e raggiunse Hayama in cucina. Lo trovò intento a mettere in ordine gli ingredienti che aveva utilizzato per cucinare.
Cosa avrebbe dovuto dirgli? “Non uscire con lei”? “Lei non fa per te“? “Trovati una donna che sia interessata a te e non al tuo fisico”?
Beh, Hayama fino a quel momento non era sembrato molto propenso ad ascoltare lei e i suoi consigli. Forse non le conveniva immischiarsi.
E se avesse sofferto - anche a lui poteva capitare, no? - gli sarebbe servita come lezione.
Si era quasi convinta della sua decisione, quando aprì la bocca e parlò: - lei com’è? -
Lui la guardò stranito. - Cosa? -
- Lei, la ragazza con cui esci, com’è? Saprai descrivermela, no? Per… per curiosità, ovvio, non voglio mica impicciarmi - disse gesticolando con le mani.
- E’… è una donna - affermò scrollando le spalle.
Wow, che descrizione!  Sana assunse un’espressione ironica. - Fin lì c’ero arrivata. Ma è alta o bassa, mora o bionda, o rossa, esile o formosa, intelligente o stupida? Com’è? Non mi sembra una domanda particolarmente difficile. -
- No, ma sicuramente è una domanda da impicciona. Non sono tenuto a dirti nulla. -
Okay, in effetti non poteva davvero costringerlo, anche se le sarebbe piaciuto, a svelarle niente, ma lei voleva saperlo! - Che c’è di male a descrivermi la tua… - Fece una pausa, trovava difficile pronunciare quella parola. - fidanzata? - concluse alla fine, con stizza.
- Non è la mia fidanzata! Difficilmente riceverai a breve una partecipazione di nozze, Kurata. -
- Anche se non è la tua fidanzata ora, potrebbe diventarlo. Prima o poi la porterai qui. Non vuoi farle conoscere tua sorella? -
Lui la guardò schifato. - Tu non sei mia sorella. - L’idea lo disgustava? Oh, beh, in effetti, anche a lei infastidiva l’idea di considerarlo suo fratello. Se avessero avuto veramente sangue in comune avrebbe pensato ad uno scambio di culle alla nascita.
- E poi… - aggiunse lui ghignando. La sua espressione non le piaceva, macchinava qualcosa. - Ti capita spesso di saltare addosso a tuo fratello per portartelo a letto? -
Sana sentì le proprie guance tingersi di rosso. Glielo avrebbe rinfacciato a vita? Probabilmente sì. Avrebbe tanto voluto che anche lui non si ricordasse nulla. - Se fossi stata in me non avrei mai fatto una cosa simile, non con te. E poi tu non sei mio fratello. -
Le puntò un dito contro. - Ecco, vedi. Niente parentela e nessun motivo per cui ti presenti le donne con cui esco o con cui faccio sesso e basta. -
Sana si infiammò. Come le era saltato per la mente di preoccuparti per lui? Aveva bevuto solo acqua a tavola, non era ubriaca. - Ah, arrangiati! - disse, alzando il tono della voce e muovendo le braccia come a scacciare la questione. - Probabilmente quella lì sarà una pazza che non vede al di là del proprio naso. Deve essere stupida o disperata se esce con un tipo maleducato e rozzo come te! -
- Beh, sempre meglio di te. Qualsiasi donna, anche quella con tutti i difetti di questo mondo, sarebbe una scelta migliore. -
- Non voglio più ascoltarti! - strillò lei. Era insopportabile. Lei tentava solo di essere gentile, d’instaurare un rapporto di civile convivenza, ma a quanto pare si era illusa di poter andare d’accordo con Hayama. Avevano mentalità molto diverse.
- E chi te l’ha chiesto! - replicò lui.
Sana si voltò e a grandi passi uscì dalla cucina. Sfogò un po’ della sua rabbia sferrando un calcio ad una delle gambe della sedia dov’era stata seduta fino a pochi minuti prima e poi si diresse verso la sua stanza. Decise di uscire. Non sarebbe rimasta in compagnia di quell’individuo un minuto di più.  

Il tergicristallo era acceso alla massima velocità, l’unico modo per riuscire a vedere dove andava e così evitare di sbattere contro un muro. Era una sera non esattamente giusta per uscire.     
Arrivò alla villetta dove abitava Eri Taneoka, la sua fisioterapista, alle otto in punto. Akito parcheggiò la macchina nel vialetto e raggiunse la porta di casa coprendosi con un piccolo ombrello. Nelle settimane precedenti aveva passato parecchie serate in casa, doveva scegliere proprio quella per mettersi a diluviare? Che pessimo tempismo…  
Suonò il campanello e attese. Pregò che si sbrigasse prima che la pioggia e il freddo gli facessero prendere un brutto malanno.
Poco dopo la porta si aprì e Eri oscurò la soglia. Era una giovane donna di venticinque anni - circa tre più di lui -, con un viso a cuore contornato da ricci biondi. Gli occhi erano scuri ed era piuttosto bassa - gli arrivava al petto - e formosa. Era la sua fisioterapista, si occupava lei di rimettergli in moto il ginocchio, ed era stata sempre lei a chiedergli un appuntamento.
Ad Akito Eri non piaceva particolarmente - in quel senso -, ma non aveva trovato nessun buon motivo per cui dovesse rifiutare - oltre che carina, era simpatica - e quindi aveva accettato.
Non aveva idea se sarebbe nato qualcosa fra di loro, nemmeno aveva intenzione di pensarci subito, però sperava di passare una bella serata. Perlomeno, sperava che lo distogliesse per un po’ dal pensare al suo ginocchio malandato. Ecco, quello sarebbe stato già un buon risultato.
- Akito, ciao! - lo saluto lei con un sorriso. - Presto, entra. - Si fece da parte per lasciarlo passare.
L’ingresso era carino, arredato con gusto e dava una strana sensazione di calore famigliare. Un brivido lo attraversò.
- Oh, hai freddo. Vieni in salotto, c’è il camino, e ti darò qualcosa che ti tirerà su. - Eri aveva frainteso, ma Akito annuì e la seguì.
In salotto, la vide avvicinarsi ad una credenza. La aprì e questa rivelò essere riempita con liquori di vario genere.
- Che cosa preferisci? -
- Se c’è, un aperitivo. -
- Sì, eccolo. - Prese la bottiglia e riempì due bicchierini. Gliene offrì uno. Mentre bevevano si scambiarono qualche rapido commento sul brutto tempo, poi calò il silenzio.
Akito non era il tipo che intratteneva conversazioni, anzi, preferiva di gran lunga stare in silenzio e lasciare il piacere agli altri di condurle. Eri, nelle ore che avevano passato insieme per la fisioterapia, aveva parlato quasi sempre lei, adesso, invece, non diceva una parola e lo guardava di sottecchi. Nel suo lavoro era brava e impediva che lui si perdesse d’animo o si opponeva con fermezza se non voleva fare gli esercizi, ma adesso tutta quella energia sembrava scomparsa. Si sentiva a disagio in sua presenza, forse? Ma perché solo ora? Era perché avevano un appuntamento? Akito svuotò il bicchiere e lo appoggiò su un basso tavolino lì vicino. - Ehm, che ne pensi d’andare? -
Lei annuì. Indossò una giacchetta sopra il vestito rosso che aveva e prese la borsetta.
Si addentrarono nell’aria frizzante e sotto la pioggia scrosciante.

Akito era infastidito. Eri, dopo un inizio un po’ impacciato, probabilmente solo dovuto alla situazione, durante il tragitto verso il luogo dove avrebbero cenato aveva cominciato a chiacchierare e non aveva ancora smesso. Non che quello che diceva fosse esasperante o noioso - beh, forse un po’ -, piuttosto lo irritava la parlantina veloce e senza controllo, molto simile a quella di un’impicciona a lui famigliare.
Già, perché non voleva assolutamente che Eri gli rammentasse Kurata e quella era una di quelle sere in cui voleva dimenticarsi completamente della sua esistenza e il fatto che l’avrebbe trovata a casa ad aspettarlo. Oh, beh, non ad aspettare lui, ovviamente.
Kurata diventava irritante davvero molto spesso - sempre, avrebbe voluto dire in quel momento, ma non sarebbe stato sincero con se stesso -, ma a volte lo era più di altri giorni. Quella sera era uno di quelli.
Si impicciava sempre di quello che faceva, ma non aveva altro di cui preoccuparsi. Era gelosa, forse? Rise mentalmente di quell’assurdo pensiero.  
Perso nei meandri della sua mente, Akito aveva perso qualche passaggio della conversazione di Eri. Ora, stava parlando dei libri che le piacevano e lui si sentì costretto a prendere parte all’argomento, perlomeno con qualche piccolo commento su quello che piaceva a lei e sulle sue preferenze.
Aveva notato che con molto tatto Eri aveva evitato di nominare il suo ginocchio e il karaté e Akito le era grato per questo. Meno ci pensava, meglio era. Appena fosse guarito, termine fra l’altro che aveva poco riscontro con la realtà dei fatti, avrebbe cominciato seriamente a mettere su la palestra di karaté. Non era come praticarlo a livello professionistico, ma era certo meglio che rinunciarci del tutto, no?
- Akito, tutto bene? - lo richiamò all’attenzione Eri, probabilmente aveva notato la sua distrazione.
- Eh? Sì. -
La discussione con Kurata gli bruciava ancora, possibile che lei fosse riuscita ad impicciarsi nella sua serata anche se non era presente?
Erano passate solo un paio di settimane, sarebbe stato costretto a vederla almeno per altri cinque mesi e poco più. Decisamente un tempo troppo lungo.

Spazio Autrice: Sull'appuntamento di Akito ci sono un altro paio di cose da dire, ma le leggerete nel prossimo capitolo. Spero che vi sia piaciuto... a me, sinceramente, non dispiace solo la prima parte, mentre per la seconda temo proprio di avervi deluso. Beh, a voi l'ardua sentenza.
 
Grazie per le 9 recensioni, le visite, le 16 preferite, le 23 seguite e le 5 ricordate. E grazie anche alle 13 persone che mi aggiunto tra gli autori preferiti.

Alla prossima settimana!
Ilaria

Spoiler del prossimo capitolo:
- Sarebbe stato meglio un bicchiere d’acqua - commentò una voce famigliare alle sue spalle.
[...]
- Chi è che si sta impicciando, adesso? -

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9° capitolo ***


The Ghost's Diary - 9° capitolo
Grazie mille. In fondo alla pagina un piccolo spoiler del prossimo capitolo.
Buona Lettura.
The Ghost's Diary

9

3 Maggio
Caro Diario,
Purtroppo, alcuni giorni fa, la mia cara nonna, la madre di mio padre, è venuta a mancare. Da tempo soffriva di una brutta malattia e, anche se fino all’ultimo abbiamo sperato in un miglioramento, sapevamo che non le restava molto da vivere.
Avrei tanto voluto che potesse vivere abbastanza da vedermi maritata con Sentaro, ma questo desiderio non si è potuto realizzare.
Ancora fatico a crederci e mi sembra solo un brutto sogno da cui vorrei svegliarmi, ma purtroppo è tutto vero e nonna Setsu ha lasciato un vuoto nei nostri cuori.
Tra pochi giorni le daremo l’estremo saluto, ma, anche se l’ho pregato di farlo, Sentaro non potrà intervenire. E’ di nuovo lontano, fuori città fino alla prossima settimana, e ha detto che non riuscirebbe a tornare in tempo. Speravo che mi offrisse il suo conforto, ma a quanto pare non sarà così.
La nonna adorava dipingere - nella mia stanza c’è un suo bellissimo quadro - e in quei momenti sprizzava gioia da tutti i pori ed è così che la ricorderò sempre.
A presto, caro Diario,
Hana

Akito, terminata la cena, aveva riaccompagnato alla sua abitazione Eri e si era trattenuto per il bicchiere della staffa. Esattamente come la prima volta che ci era entrato, vale a dire poche ore prima, anche questa volta scese fra di lui e la padrona di casa un inquietante silenzio.
Si erano seduti sul divano a debita distanza l’uno dall’altra e sorseggiavano lentamente il contenuto alcolico del bicchiere.
Akito non aveva idea di cosa parlare - e nemmeno ne aveva voglia, veramente -, mentre Eri probabilmente aveva esaurito gli argomenti di conversazione. A questo aveva notevolmente influito il fatto che avevano molto poco in comune, per non dire nulla affatto.
A lui lei non interessava già dal principio e la cena non aveva fatto che confermare quello che già pensava: non vedeva possibilità per l’inizio di una relazione fra di loro. Forse, in un altro momento meno difficile della sua vita, non avrebbe detto di no ad una sessuale, escluso il fatto che Eri non sembrava quel tipo di donna. Sembrava piuttosto bramare una normalissima relazione, fidanzamento… Matrimonio! No, Akito scosse la testa più volte, non c’era futuro per loro. Se fosse stata interessata, invece, dal canto suo c’era da considerare l’incidente, la futura palestra… Beh, sinceramente doveva ammettere che quelle erano più motivazioni da: non voglio una storia seria. Il vero problema era Kurata, era lei che voleva. L’aveva ammesso silenziosamente, ma il solo pensiero lo preoccupava e lo infastidiva. Quasi quasi, per quanto fosse sbagliato pensarlo, gli dispiacque di essersi fermato quella notte.
Quella donna noceva veramente in modo grave alla sua salute mentale. Ancora una volta desiderò che i sei mesi trascorressero nel più breve tempo possibile e di poter tornare alla realtà.
Svuotò il bicchiere e lo appoggiò sul basso tavolino in vetro colorato davanti al divano. Si alzò e Eri seguì il suo movimento con lo sguardo. - E’ ora che vada. -
Anche Eri lasciò il suo posto sulla poltrona. - Ti accompagno - disse seria.
Prima che Akito potesse varcare la soglia, lei lo fermò. - Aspetta. -
- Uhm? - Si voltò a guardarla. Un’espressione triste e nervosa le distorceva i lineamenti.   
- Senti… mi dispiace. E’ stato un errore da parte mia invitarti a cena. - Si fermò e sbarrò gli occhi. - Oh, con questo non voglio dire che tu sia un pessimo accompagnatore, sono io il problema. Tu mi piaci, Akito, davvero, ma solo come persona e paziente, non come possibile fidanzato. Scusami, non avrei dovuto mischiare lavoro e vita privata. Ti capirò se vorrai cambiare fisioterapista. -
- Ehi, Eri, aspetta un secondo. Nemmeno tu mi interessi e non ho nemmeno intenzione di cambiare fisioterapista. -  
Lei sorrise. Si alzò in punta di piedi e gli scoccò un bacio sulla guancia. - Grazie. Buonanotte e a domani, allora. -
Akito la salutò con un cenno del capo e uscì. Si sfiorò la guancia con due dita. No, non poteva funzionare in nessun caso.

L’odore di fumante caffé la svegliò. Sana si guardò intorno, non era la sua stanza quella, ma il salotto. Ah, sì, ora ricordava: stava terminando il capitolo della sua storia e si era addormentata.
Il computer, però, non si trovava più sul suo grembo, ma vicino ai suoi piedi e un coperta messa un po’ a caso la copriva.
La testa le pulsava in modo pauroso. Rammentò di aver passato la sera insieme a Fuka - Aya non era potuta venire perché impegnata con il lavoro - in un pub, ma non aveva bevuto molto.
Era tornata a casa poco dopo la mezzanotte, non ricordava bene l’ora, e si era messa a lavorare dato che non riusciva a dormire.
Sana scostò la coperta e si diresse in cucina. Desiderava una bella tazza di quel profumato caffè.
- Hayama… già in piedi? - chiese, prima di ricordassi che la sera prima avevano discusso. Questi erano i problemi del risveglio, ci voleva un po’ di tempo prima che il cervello si rimettesse in moto. - Ah, ehm… scusa per ieri. Non avrei dovuto impicciarmi della tua vita privata. Non accadrà più. - Nel tempo che aveva passato insieme a Fuka, Sana le aveva parlato della discussione avuta con Hayama e alla fine l’aveva convinta che aveva torto, non doveva intromettersi e sarebbe stata una buona idea scusarsi con lui.
Lui la guardò. - Lascia perdere le false promesse, Kurata. Tanto sai benissimo, esattamente come me, che alla prima occasione non riuscirai a fare a meno di immischiarti nella mia vita. Evita l’ipocrisia, almeno. -
Quello che aveva detto Hayama era, purtroppo, sostanzialmente vero. Comunque per lei non si trattava di impicciarsi, ma di interessarsi in buona fede della vita delle persone che conosceva. E aiutarle, in caso occorresse. - Ma possibile che tu debba sempre essere così freddo? Cosa precisamente vuoi che dica? Va bene, hai ragione, mi intrometterò nei tuoi affari perché non ho di meglio da fare? Se ti chiedo qualcosa è perché mi interessa saperlo, non c’è bisogno d’essere così rigidi. Meno male che al mondo c’è ben poca gente come te! - Si portò una mano alla tempia. Aveva parlato veloce e la sua testa non aveva apprezzato lo sforzo: il suo mal di testa era aumentato considerevolmente. Il caffé non sarebbe bastato, aveva bisogno anche di un cachet.
- Stai male? - le chiese Hayama inclinando il capo da un lato, doveva aver notato la sua espressione distorta dal dolore.
- E’ solo mal di testa, starò subito meglio. - Si avvicinò a lui e gli rubò la tazzina di mano. Hayama non aveva opposto resistenza dato che non si era aspettato la sua azione.
- Ma… cosa? -
- Scusa, versati un’altra tazzina. - Con queste ultime parole lasciò la cucina e si diresse verso il mobile dove teneva i medicinali. Si trovavano in un cassetto nel suo bagno.
Posò sulla lingua la pastiglia e l’affogò con il caffè. Sperò che facesse effetto il prima possibile, o come avrebbe affrontato la giornata?
- Sarebbe stato meglio un bicchiere d’acqua - commentò una voce famigliare alle sue spalle. Dietro di lei, appoggiato allo stipite della porta con le braccia conserte, c’era Hayama.
- Chi è che si sta impicciando, adesso? -
Lui ghignò, ma questa volta sembrò essere meno ghigno rispetto al solito. Un mezzo ghigno, ecco. - D’accordo, chiudiamo la questione dicendo: è nella natura umana non occuparsi solo dei propri affari? -
Sana sorrise. - Mi sembra una buona idea. -     

Sdraiato sullo scomodo pavimento del soggiorno, Akito riprese gli allenamenti da troppo tempo trascurati facendo gli addominali. Quando sentì dei passi arrivare nella sua direzione, stava contando: - ottantanove… novanta… novantuno… - Faticava parecchio, non era più abituato a quello sforzo quotidiano; la degenza in ospedale l’aveva distrutto.
- Hayama, fai esercizio? - sentì chiedergli.
- Novantatre… Oh, che intuito! - replicò con sarcasmo.
Lei, si stupì, decise di lasciar correre. - Ma… e il ginocchio? -
- Ho fatto esercizi… Novantasei… Che non comportassero… Novantasette… Il suo utilizzo - spiegò a scatti.
- Uhm… capisco. Attento a non strafare - disse, mentre lui esalò il numero cento e concludeva l’esercizio. Si alzò in piedi e si voltò a guardarla. Si era raccolta i capelli all’indietro in modo che nessuna ciocca le penzolasse davanti dandole fastidio e aveva indossato una semplice camicetta a righe a mezze maniche e i pantaloni di una tuta. Un braccio era abbandonato lungo un fianco e la sua mano tratteneva un grosso volume, mentre l’altra reggeva una tazza fumante. Ad un esame più attento giunse alla conclusione che fosse tè. Notò con piacere che almeno l’acqua calda riusciva a non bruciarla. - No, ma nemmeno tu. Sempre a leggere? - chiese e indicò il libro che Kurata stringeva tra le dita.
Lei seguì il suo sguardo e scosse il capo. - Uhm… questo? No, mi serve per una ricerca per il mio romanzo. -
- Ah - commento Akito, mentre qualcuno suonava il campanello.
Lei appoggiò la tazza e il libro sul divano, e lasciò il soggiorno. Chiedendosi chi fosse, seguì Kurata che andò ad accogliere il visitatore.
- Naozumi, ciao! - esclamò lei poi, mentre sul viso si andava a formare un grosso sorriso.
Aperta la porta, si erano ritrovati davanti un giovane uomo della loro età, pochi centimetri in più di Kurata e magro. Quello che stupì Akito furono i capelli grigi - invecchiamento precoce? - e gli occhi azzurri - era veramente giapponese?
Quel tipo indossava un abbigliamento elegante: camicia bianca con stretta intorno al collo una cravatta intonata ai pantaloni. Gli era famigliare, dove l’aveva già visto? Ah, sì, nello studio del notaio. Quel giorno era stato convinto che non l’avrebbe mai più rivisto, ma, a quanto pareva, si era sbagliato.
Dopo i saluti di rito da ambedue le parti, Kutata aveva fatto accomodare l’ospite. - Naozumi, ti presento Akito Hayama. Il mio coinquilino. - Momentaneo, probabilmente avrebbe voluto aggiungere, ma la sua ipotesi non venne confermata. - Hayama, lui è Naozumi Kamura, un mio amico. Uhm, non so… forse ti è capitato di vederlo in qualche programma televisivo o al cinema, è un attore famoso. -
Se anche fosse stato veramente così, l’aveva dimenticato. A meno che in quelle occasioni l’istinto non gli avesse suggerito di cambiare canale o, nel caso del cinema, abbandonare la sala. - Può darsi - disse solo. Nel frattempo, i due si studiarono, come due leoni che lottano per un pezzo di carne. Anche se, a detta di Akito, non era ben chiaro quale fosse per lui il pezzo di carne, mentre per Kamura era sicuramente Kurata. Era lampante che il tipo fosse preso da lei, se non addirittura innamorato. Lui, invece, al massimo voleva portarsela a letto. Anche se, doveva ammettere, non gli faceva piacere l’interesse di Kamura verso Kurata, lo rendeva nervoso.
- Beh, piacere - disse rigido il damerino, si era ricordato come l’aveva chiamato nei suoi pensieri la prima volta.
- Il piacere è solo tuo - gli sbatté in faccia. Perché avrebbe dovuto fingere qualcosa che non provava minimamente? Il damerino spalancò la bocca sorpreso, mentre l‘altra si limitò a scuotere la testa e ad alzare gli occhi al cielo. Che si stesse abituando al suo modo di fare? - A dopo, Kurata. Kamura… - si congedò e si allontanò.
Prima che le voci si furono fatte troppo lontane perché potessero giungere al suo orecchio, sentì Kurata scusarsi con il damerino per il suo comportamento e suggerirgli di non prendersela.

- Scusa, Naozumi. Hayama non è cattivo, ma ha un carattere un po’ scostante e asociale. Non prendertela. - Sana aveva notato che tra i due c’era stata un’antipatia immediata, però le sfuggiva la causa scatenante.
- Sana, non riesco a capire: perché vivi con un tipo simile? -
- E’ una storia lunga. Se vieni con me, ti spiego. - Lo guidò fino in soggiorno e gli offrì da bere. Dato che l’acqua che aveva usato per preparare il suo tè era ancora calda, Naozumi ne accettò una tazza. Sapeva che il suo amico non apprezzava molto gli alcolici* e quindi, in alternativa, non aveva molto da dargli.
- Ecco, tieni - disse Sana posando la tazza sul tavolino di fronte a lui, poi si sedette poco distante.
- Grazie. - Bevve un sorso, senza darle il tempo di avvertirlo che il tè era bollente. - Scotta! - si lamentò, ispirando con la bocca spalancata a pieni polmoni, mentre gli occhi si fecero lucidi..
- Scusa, ho l’abitudine di scaldare sempre troppo l’acqua. Vuoi che te ne porti un po’ fredda? -
- No - rifiutò Naozumi con un gesto della mano. - Sto bene, sto bene. - Si asciugò gli occhi e aggiunse: - Cosa stavi dicendo di quel tipo? Perché abitate insieme? -
- Ho scoperto da poco che è il figlio naturale di papà, praticamente il mio fratellastro. Papà ha preteso che vivessimo insieme per un po’, per conoscerci meglio - spiegò in poche parole, cominciava ad essere stanca di dover ripetere sempre la stessa cosa ogni volta.  
- Non capisco… tuo padre ti ha nascosto di avere un figlio per tutti questi anni? - Naozumi prese il cucchiaino e soffiò sul suo contenuto prima di portarselo alle labbra, evitando di scottarsi di nuovo.
- No… Anche lui aveva da poco scoperto della sua esistenza. E’ una storia un po’ complicata della famiglia di Hayama e della mia - tagliò corto.
Naozumi sgranò gli occhi e s’adombrò. - Mi stai dicendo che tuo padre voleva che vivessi per mesi in compagnia di un completo sconosciuto? Non temeva per la tua incolumità? E se ti succedesse qualcosa? Hayama mi sembra un tipo molto poco raccomandabile. Senti, Sana, se vuoi posso darti una mano. Rinuncia all’eredità e vieni a stare da me finché non ti sarai sistemata in un buon posto tutto tuo. -
Stringendo forte il pugno, Sana si alzò in piedi. - Adesso basta. Naozumi, posso capire che sei preoccupato per me, ma ora stai esagerando. Non pensi che prima di prendere la decisione di venire ad abitare in questa casa non abbia pensato se fosse una buona idea vivere con Hayama o meno? Sono adulta a sufficienza per prendere le mie decisioni e per capire se mio padre sapesse o no quello che faceva. - Kyo Kurata era un tasto dolente e non avrebbe permesso a nessuno d’infangarne la memoria. Con la testa si rendeva conto che Naozumi aveva parlato spinto dalla preoccupazione nei suoi confronti, ma non poteva accettare che mettesse in dubbio una decisione ponderata a lungo o una supplica del suo adorato papà. Incapace di stare ferma, si allontanò dal divano e andò alla finestra; il suo sguardo puntato verso l’esterno, ma non vedeva realmente il paesaggio che circondava la grande casa.
Prima che gli voltasse le spalle, aveva visto Naozumi portassi una mano alla testa, imbarazzato. - Io… ecco, scusami, Sana. Non volevo certo mettere in dubbio il tuo buon senso, ero solo preoccupato. -
Sana sospirò. - Accetto le tue scuse, chiudiamo il discorso. - Tornò al suo posto, bevve un sorso di tè - ormai non era più bollente - per calmarsi e chiese: - Il motivo della tua visita? -
Naozumi sorrise incerto. - Volevo invitarti fuori a pranzo, domani, sempre che per te non sia un problema. Ovviamente offrirò io per farmi perdonare per oggi. -  
A Sana bruciava ancora un po’ per la lite con lui, ma il giorno successivo le sarebbe passata sicuramente del tutto l’arrabbiatura e le avrebbe fatto piacere passare del tempo con Naozumi. - Preparati, allora, perché ordinerò tutti i piatti più costosi! - affermò sorridendo.
Lui rise. - Dici che sarò costretto a portare il libretto degli assegni? - chiese scherzando.
- Certo, e dovrai anche vendere casa! -
- D’accordo. Ora devo andare, tra poco devo presentarmi per la registrazione di un programma. -  
Dopo che gli accordi su dove e a che ora vedersi furono presi, Naozumi la salutò e se ne andò.   


* Nell’anime non ricordo bene, anche se mi sembra che un accenno ci sia, ma nel manga c’è una scena in cui il manager di Nao il Mollusco dice che lui non sopporta niente di “forte” (ma da quando le gomme da masticare sono forti? Bah!) e quindi ho deciso di mantenere questo particolare riportato agli alcolici.

Spazio Autrice: Salve a tutti! Ogni tanto ho il dubbio di essere troppo crudele con il Mollusco… (non credeteci, sto scherzando!) Nel storia precedente è morto prima ancora che cominciasse la storia e in questa gli ho fatto ustionare la lingua… chissà cosa mi inventerò la prossima volta! XD!
Ah, comunque la litigata non era prevista… il Mollusco mi è sfuggito di mano e Sana ha fatto il resto.

Grazie per le 6 recensioni, le visite, le 16 preferite, le 5 ricordate, le 27 seguite e le 15 persone che mi hanno aggiunto tra gli autori preferiti. 
Alla prossima settimana!
Ilaria

Spoiler del prossimo capitolo:
- Qui ogni piatto è molto buono, ma ti consiglio il sushi. Quello che cucinano in questo ristorante è il migliore della città - le consigliò.
- Sushi? Oh, se qui ci fosse Hayama sarebbe davvero felice di mangiarlo, lo adora! -

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10° capitolo ***


The Ghost's Diary - 10° capitolo
Anche questo capitolo, come l'ottavo, è stato parecchio difficile da scrivere, soprattutto la parte di Naozumi. Spero vi piaccia. In fondo alla pagina uno spoiler del prossimo capitolo.
The Ghost's Diary

10


6 Maggio
Caro Diario,
Quest’oggi non posso aspettare fino a stasera per confidarti gli avvenimenti della mia giornata. Ho bisogno di sfogarmi con qualcuno, ma, oltre te, non saprei proprio con chi confidarmi su quanto è accaduto dopo il funerale della mia adorata nonna Setsu.
Shotaro, dopo aver chiesto il permesso ai miei, mi ha accompagnata a casa. Abbiamo fatto una passeggiata a piedi e mi ha ascoltata e consolata.
Quando abbiamo raggiunto la mia abitazione, però, mi ha colto di sorpresa e mi ha baciata.
Non era un semplice bacio sulla guancia in segno di conforto, mi ha sfiorato le labbra.
Davvero non me lo aspettavo e non sono riuscita ad impedirglielo. Io ero - e sono - disperata per la morte della nonna ed ero troppo confusa e distante per accorgermi per tempo del suo gesto.
Non ho idea dei motivi che hanno spinto Shotaro a baciarmi, magari voleva solo distrarmi.
Io amo Sentaro e il bacio di Sho non ha significato nulla. Farò finta che nulla sia successo e spero che anche per Shotaro valga lo stesso.
A presto, caro Diario,
Hana
P.s. No, non è vero! Perdonami, in parte ti ho mentito. La verità è che quel bacio mi ha quasi fatto uscire il cuore dal petto. Non so proprio cosa dovrei fare ora. Io sono fidanzata.

Shotaro si trovava al funerale della nonna della sua amica Hana. Non sapeva come ci era arrivato, ma sapeva che era giusto che si trovasse lì.
Il kimono che indossava era scuro, adatto per quei momenti di dolore, così come quello degli altri presenti. Hana si trovava a pochi metri di distanza da lui e i capelli castani, essendo raccolti dietro il capo in una stretta crocchia, non ricoprivano il viso contratto dal dolore e bagnato di lacrime. Le mani erano strette una all’altra e lei era leggermente chinata in avanti, come se la testa pesasse troppo per essere tenuta dritta. Ogni tanto sollevava un braccio e se lo passava sulle guance nel vano tentativo di porre fine al pianto.
Shotaro non riusciva a smettere di staccarle gli occhi di dosso e di provare un dolore terribile al cuore osservandola soffrire tanto. Gli era capitato di incontrare la signora Setsu Kougami e gli era sembrata un donna davvero speciale. Hana era davvero molto legata a lei e quindi non c’era dubbio che probabilmente fosse quella che soffrisse di più tra le tante persone presenti in quel momento.
L’unica cosa - improponibile e sconveniente - che avrebbe voluto Shotaro era avvicinarsi a lei, stringerla in un forte abbraccio e non lasciarla andare mai più.
Ma non poteva farlo, Hana era fidanzata con un altro, un uomo che certamente non la meritava. Lei non era sua, non lo sarebbe mai stata.
Mentre il funerale volgeva al termine, Shotaro si sentì strano. Un piccola parte dentro di sé gli suggeriva che non era quello il suo posto, il suo nome e il suo carattere.
Quello era il suo corpo, si disse. Mentre ognuno prendeva direzioni diverse, lui poté finalmente avvicinarsi ad Hana.
- Hana - sussurrò solo con tono dolce e le strinse una mano con la sua in segno di conforto.
Lei sollevò il capo ad incontrare il suo sguardo e gli rivolse un sorriso tremulo. - Grazie per essere venuto. -
Dov’era quel tipo, il suo fidanzato? Perché non era lì a lenire il suo dolore?, pensò con rabbia celata Shotaro.
I genitori di lei, alle sue spalle, gli sorrisero. Anche se, notò con rammarico, quello della madre era piuttosto finto e si notava un accenno di disapprovazione.
Come mai?, si chiese. - Scusatemi, signori Kougami, vi chiedo il permesso di accompagnare io vostra figlia a casa - domandò poi, accantonando il dubbio.
Prima che la signora Kougami potesse rispondere, la precedette il marito: - Accettiamo l’offerta con piacere. Penso proprio che sia una buona idea per lei. -
Shotaro ringraziò e condusse l’amica lontano da loro. La villa dei Kougami non era molto lontana ed era una giornata nuvolosa, ma non fredda, non sarebbe stato un problema fare una passeggiata fino a lì.
Hana lo prese sottobraccio e gli si strinse addosso.
- Su, andiamo - le disse e la trascinò via. Camminarono per alcuni minuti in silenzio, Shotaro era incerto su cosa dirle, sicuro che ogni argomento fosse inopportuno.
- Sho? - lo chiamò. Era un po’ di tempo che aveva cominciato ad utilizzare quel diminutivo, anche se a lui non piaceva molto. In un’altra occasione le avrebbe detto di smetterla, ma questa volta non lo fece ed accettò di buon grado il modo in cui lo chiamava.
- Sì? -
- Lei mi… mi mancherà molto. - Non c’era bisogno che specificasse a chi si riferisse, era ben chiaro ad entrambi.
- Sì, lo so. - Si sentiva dannatamente impacciato. Fermandosi, si girò verso Hana e la strinse forte tra le braccia. - Sfogati, sfogati ancora, fino a che non ti sentirai meglio! - disse con intensità, stringendola ancora più forte, fino quasi a farla soffocare.
Le passò un mano tra i capelli e l’acconciatura non resse. I capelli ondulati le ricaddero sulle spalle e lui sentì di nuovo una sensazione di stranezza. Quello che stringeva tra le dita doveva essere liscio, non mosso e come mai quelle profumate ciocche non erano rosse?
No, strillò nella sua mente, Hana ha i capelli castani!
I singhiozzi incontrollati di Hana non cessarono prima di qualche minuto, al termine dei quali lui si separò da lei e le consegnò un fazzoletto.
Gli sorrise e questa volta il suo gesto fu molto più naturale del precedente.
Ripresero a camminare arrivando in breve tempo davanti al porta della casa di Hana. - Grazie per oggi. Per essermi stato vicino, per avermi consolata… per tutto. Grazie di esserci - disse seria.
Shotaro la osservò e si sentì felice dei grandi sentimenti che provava per lui. Senza che potesse farne a meno, i suoi occhi si posarono sulle labbra di lei. Prima che se ne rendesse conto, le strinse una mano sulla spalla e si chinò ad incontrare le sue labbra.
Non fu un contatto lungo, perché tornò in sé in fretta e si rese conto con sconcerto di aver baciato la sua migliore amica, che non solo era innamorata di un altro, ma era pure fidanzata.
- Sho, che cosa…? - Non disse altro mentre lo fissava a bocca aperta.
Shotaro arretrò e si allontanò, sordo ai richiami di lei.

Akito sbarrò gli occhi. Le immagini di un mondo diverso dal suo ancora gli vorticavano nella mente. Si passò una mano fra i capelli e sentì il sudore che gli imperlava la fronte.
Shotaro? Hana?, ripetè nei suoi pensieri incredulo.
Si tirò su a sedere e rifletté. Era il sogno più strano che avesse mai fatto. Lui era un altro, un certo Shotaro. Più basso e più magro di quanto non fosse realmente e c’era una ragazza, Hana, un po’ gli ricordava Kurata, di cui era innamorato. Di cui era innamorato Shotaro, precisò.
Perché aveva sognato certe cose, che cosa gli era preso al suo subconscio?
Si passò le mani sul viso e si strofinò gli occhi con le dita. Sho, l’aveva chiamato Hana.
Era lo stesso che aveva sentito pronunciare da Kurata quando lei aveva perso la testa.
Che cosa gli stava accadendo? Perché la sua vita aveva sempre meno senso? Chi erano Sho e Hana, esistevano veramente? Akito si lasciò scivolare all’indietro fino a toccare con il capo il cuscino e chiuse gli occhi. Che cosa aveva quella casa di sbagliato?, fu il suo ultimo pensiero, la sua ultima domanda senza risposta, prima che sprofondasse di nuovo nel sonno.

Quel giorno pioveva. Diluviava, avrebbe detto qualcuno, ma a Sana non interessava perché lei amava la pioggia, esattamente come qualsiasi tempo atmosferico. Certo, forse stare spaparacchiata sulla poltrona con un libro in mano e il fuoco accesso nel camino sarebbe stato preferibile, ma andava bene anche così. Sperava solo che il vestito corto a fiori che indossava non si rovinasse dato che era uno dei suo preferiti.
Sana scosse l’ombrello per scrollarlo in parte dall’acqua di cui era impregnato e lo richiuse, poi entrò nel ristorante. Aveva fatto bene a scegliere quel locale, era carino e accogliente. La sala era spaziosa e occupata da semplici tavoli in legno quadrati e ricoperti da tovaglie bianche. I muri, dipinti di un colore caldo, che circondavano il ristorante era ricoperti in modo alternato da sostegni di colore nero - lo stesso delle sedie - a cui erano appese lampade con intorno un piccolo paralume bianco circolare. Lasciò scorrere lo sguardo lungo i tavoli fino ad incrociare lo sguardo allegro e sorridente di Naozumi.
L’aveva vista entrare e perciò aveva sollevato un braccio per richiamare la sua attenzione e farle notare il posto in cui era seduto. Lui aveva suggerito di venirla a prenderla e portarla in uno dei ristoranti più cari della città, ma Sana aveva rifiutato. Non era mica un appuntamento il loro, ma un’uscita tra amici.
Lo raggiunse e lui si alzò. Sana gli posò le mani sulle spalle e si avvicinò per scoccargli un bacio su entrambe le guance. - Naozumi, ciao! -
- Sana, ben arrivata. Sei bellissima! - Si separarono e lui, impeccabilmente, le scostò la sedia per farla sedere. - Oh, grazie. Diventi sempre più galante - rise lei e gli sorrise con calore.
Naozumi tornò a suo posto e le passò uno dei menù. - Qui ogni piatto è molto buono, ma ti consiglio il sushi. Quello che cucinano in questo ristorante è il migliore della città - le consigliò.
- Sushi? Oh, se qui ci fosse Hayama sarebbe davvero felice di mangiarlo, lo adora! -
Sana vide il sorriso di Naozumi incrinarsi leggermente. Aveva detto qualcosa di male? - Hayama? Tuo… fratello. -
- Fratellastro - lo corresse lei con una smorfia, interrompendolo. Ma nemmeno quello. Sana dubitava davvero che sarebbe mai arrivata a considerare Hayama come un parente, era impossibile.
- E… come sta? - chiese rigido.
- Meglio, sempre meglio. Sai, un po’ di tempo fa si è ferito ad un ginocchio ed è da poco che ha smesso di utilizzare le stampelle. Però ha già ripreso ad allenarsi, spero solo che non esageri e si faccia male di nuovo. -
Naozumi annuì e si concentrò sul menù. Sana lo imitò e pensò a cosa le andava di mangiare. Non aveva molto appetito, forse perché, essendosi alzata tardi, aveva fatto colazione solo un paio d’ore prima. - Penso che prenderò il Misoshiru e i Takoyaki - disse alla fine, richiudendo con un scatto il menù. Una cameriera doveva aver colto il suo gesto, perché si avvicinò affermando: - I signori hanno deciso cosa ordinare? -
Naozumi si girò a guardarla e sorrise. La cameriera - i capelli era rossi ed era formosa, piuttosto attraente e giovane - ricambiò lo sguardo e arrossì di botto. - Lei è l’attore Naozumi Kamura? - chiese, con gli occhi che le luccicavano.
Il sorriso di Naozumi si incrementò.
- Sono una sua fan, ho visto tutti i suoi film - riprese la cameriera. - Lei è veramente bravissimo! -
- Grazie. Ora, se non le dispiace, vorremmo ordinare - disse con gentilezza glaciale.
L’espressione dell’altra si riempì di vergogna. - Scusatemi. Cosa prendete? -
- Una porzione di Udon, una di Misoshuri e poi due di Takoyaki - rispose. Dopo che ebbe ordinato acqua - per lui - e vino bianco - per lei -, la cameriera li lasciò soli.
- Non pensi di essere stato un po’ duro con lei? Una volta eri più gentile - si decise a chiedere Sana.
- No. - Si zittì un momento poi aggiunse: - Forse hai ragione. Ma, sai, ultimamente le mie fan sono aumentate e non volevo rischiare che ci interrompesse ogni due minuti. -  
- Capisco. Uhm… a proposito del tuo lavoro… l’ultimo film come sta andando? -  
- Molto bene, ne sono piuttosto soddisfatto. - Sorridendo pago, cominciò a raccontarle del suo ultimo lavoro da poco ultimato e di prossima uscita nei cinema.
Mentre la conversazione si spostava sul lavoro di Sana, ritornò la cameriera con le loro ordinazioni. - Grazie! - esclamò lei rivolgendo all’altra un sorriso. Venne ricambiato, ma Sana vide un lampo di irritazione sul viso della cameriera dai capelli rossi.
Non se la prese, né ci fece molto caso. Era amica di Naozumi da molto tempo ed era abituata a notare gelosia e invidia negli occhi delle sue fan.  
- Sai, Sana… - cominciò Nao, mentre ancora stavano assaporando il primo piatto. Era buonissimo il Misoshiru di quel locale. - Mi piacerebbe leggerlo il tuo manoscritto. Ho a che fare con molti copioni e, dunque, ho acquisito una certa pratica. Magari potrei esserti di un qualche aiuto. -
- Te lo farò leggere, sì, ma non subito. Non è ancora completo. Nessuno legge quello che scrivo fino a che non ho raggiunto la conclusione - disse lapidaria. Naozumi non avrebbe potuto replicare e tentare di convincerla nemmeno se avesse voluto.
- D’accordo, come vuoi. -

Quando finirono entrambi di mangiare, Naozumi chiamò un cameriere e si fece portare il conto. Sana prese la borsetta e tirò fuori il portafoglio.
- Ma no, Sana, lascia stare. Ti ho invitato io e quindi tocca a me pagare - affermò Naozumi scuotendo la testa.
- Figurati… è un’uscita tra amici, non un appuntamento. Non è giusto che tu sostenga da solo la spesa. Pagherò la metà. -
- Ieri avevi detto che avrei pagato io per farmi perdonare. -
- Stavo scherzando, non dicevo sul serio. -  

- Ma… -
- Non riuscirai a convincermi, Naozumi - lo interruppe Sana con un sorriso.
Naozumi sapeva che quello che aveva detto era vero. Sana era caparbia e nulla di quello che avrebbe potuto dire l’avrebbe fatta desistere dal suo proposito. Rassegnato, pagò solo la metà del conto. Sana aveva detto che il loro non era appuntamento e lui sapeva che purtroppo era così, anche gli aveva fatto piacere pensarla diversamente. Naozumi amava Sana da molto tempo, forse dalla prima volta che l’aveva vista, non avrebbe saputo dirlo con certezza.
Entrambi si alzarono e si avviarono all‘entrata del ristorante. Mentre le apriva la porta per lasciarla passare per prima, Naozumi vide che aveva smesso di piovere. Ne era contento, non amava molto la pioggia. Il sole era molto più facile da gestire.
Sana si voltò a guardarlo e disse: - Ora devo andare, ho alcune commissioni da sbrigare. Grazie mille per il pranzo. - Si avvicinò a lui e gli schioccò un bacio sulla guancia. Era stanco di quell’amore a senso unico, voleva qualcosa di più.
Quando si staccò, lui le posò una mano sul braccio, ma senza stringere. - Sana? -
Lei lo fissò con espressione interrogativa. - Sì? -
Sentì gli occhi inumidirsi di lacrime. Doveva dirglielo, aveva aspettato tanto tempo e sentiva che era il momento di essere sincero.
- Nao… Cosa? - Sbatté le palpebre più volte.
- Sana, io ti amo. Ti amo, Sana - ripeté. Una lacrima gli rigò la guancia. Accidenti alla commozione!  
L’espressione di lei si fece seria e gli coprì la mano con la sua. - Naozumi, noi siamo amici e ti voglio molto bene, ma non posso amarti, non nel modo che intendi tu. -
Accusò il colpo. In fondo al suo cuore sapeva che lei non lo amava, ma il dolore lo sentì comunque, perché un barlume di speranza c’era sempre. - Potresti lo stesso stare con me e, magari, con il tempo amarmi - provò a convincerla, perfettamente consapevole di starla pregando, ma non gli importava.
- No… non potrei mai stare con qualcuno di cui non sono innamorata. Scusami. -
Naozumi si limitò ad annuire, non sapeva proprio che cosa avrebbe potuto replicare.
- Scusami - la sentì ripetere. - Ciao. - Dopo averlo salutato, si girò e andò via.
- Ciao - sussurrò Naozumi poco dopo, quando ormai era troppo lontana per sentirlo.


Spazio Autrice: Voi non avete idea di quanto mi sia costato far comportare la cameriera in quel modo… Purtroppo siamo tutti al corrente che Naozumi è piuttosto famoso e ha molte fan, per motivi ancora oscuri al genere umano, e perciò ho pensato che fosse giusto che qualcuna lo riconoscesse. Inizialmente, poi, la dichiarazione doveva essere dal punto di vista di Sana, ma alla fine, non so nemmeno come, sono arrivata a scrivere il PDV del Mollusco. Spero vi sia piaciuto.

Grazie per le 6 recensioni, le visite, le 17 preferite, le 6 ricordate e le 28 seguite. Grazie di cuore anche alle 17 persone che mi hanno aggiunto tra gli autori preferiti.

Alla prossima settimana!
Ilaria

Spoiler del prossimo capitolo:
Abbassò lo sguardo e osservò con malcelato stupore le macchie rosse che ricoprivano il parquet.
Si inginocchiò e le sfiorò con le dita prima di portarsi quest’ultime più vicine al viso.
Sembrava… sangue

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11° capitolo ***


The Ghost's Diary - 11° capitolo
Ecco un capitolo in cui il fantasma compare parecchio. Spero vi piaccia. In fondo alla pagina uno spoiler del prossimo capitolo! Buona Lettura.

The Ghost's Diary
11

 9 Maggio
Caro Diario,
Dopo quello che è avvenuto subito dopo il funerale di mia nonna Setsu, non ho più avuto il coraggio di incontrare Shotaro e perciò mi sono rifiutata di vederlo inventando scuse ridicole.
Mi sento a disagio, come posso far finta che non sia accaduto nulla dopo quello che è successo?! E impossibile, ecco.
Il mio brillante piano di evitarlo, però, ha presentato una falla. A quanto pare non avevo tenuto conto di quanto mi sarebbe mancato non vederlo.
Sì, sono trascorsi solo tre giorni, ma è un sacco di tempo, non ti pare?
Vorrei tanto che non fosse successo niente, che non mi avesse baciato.
Oh, ma perché l’ha fatto?! Non poteva lasciare le cose come stavano? Non potevamo rimanere amici e basta? Quel… quel coso ha rovinato la nostra amicizia.
Tre giorni fa avevo detto che avrei fatto finta di nulla e ci ho provato, davvero. Ma poi ho capito che non potevo passarci sopra come se nulla fosse. Non è qualcosa che potessi prendere alla leggera.
Come mi devo comportare? Forse dovrei parlare con Shotaro e discutere di quanto è accaduto e scoprire finalmente il motivo del suo gesto.
A Sentaro non dirò nulla. Volevo essere sincera con lui, ma temo che pretenderebbe di nuovo che dica addio a Shotaro e non potrei mai farlo.
Nei prossimi giorni tenterò di vedere Shotaro e risolvere la situazione. Devo comunque assolutamente vederlo, mi manca molto.
Buonanotte, caro Diario,
Hana  

Sana rientrò a casa alcune ore dopo il pranzo con Naozumi, aveva appena riportato ai suoi genitori il loro pestifero figlio. Il dolce angioletto, di nome Hiroto, era riuscito a farle uno strappo nel vestito e a macchiarglielo di terra; era certa che non sarebbe mai riuscita a riaverlo com’era prima. Aveva appena varcato la soglia che si precipitò a prendere la cornetta per telefonare.
- Pronto? - rispose la voce di Fuka dopo alcuni squilli.
- Ciao, Fuka. Come stai? - chiese andando verso il salotto e lanciando la borsa verso il divano.
- Sana, ciao! Sto bene, sì, ma sono irritata. Ho appena avuto una lezione con il professor Shibusawa… ma quando si decide ad andare in pensione? Quando spiega perde in continuazione il filo del discorso ed anche mezzo sordo! - si lamentò la sua amica. Fuka frequentava l’università per diventare avvocato. Sana era sempre stata convinta che quello fosse il ramo giusto per l’amica.
Un sorriso le incurvò le labbra e trattenne a stento una risatina. Aveva fatto bene a telefonare a Fuka, si sentiva già meglio. - Mi dispiace. Uhm, adesso sei impegnata? Ti sto disturbando? -
- No, è tutto okay. Sono in pausa pranzo, adesso. Perché mi hai telefonato? Va tutto bene? -
Sana sospirò, era arrivato il momento di confidarsi. Si lasciò cadere all’indietro finendo distesa sul divano e con l’ausilio dei piedi si sfilò le scarpe; i talloni avevano cominciavano a dolerle a causa dei tacchi alti. - Ehm, ti ricordi Naozumi? -
- Kamura, intendi? L’attore che veniva a scuola con noi e che, tra parentesi, ti moriva dietro? -
Sana sgranò gli occhi e si tirò su a sedere, certa di aver capito male. - Mi… cosa? Come hai detto, scusa? -
- Dai, Sana, non dirmi che non lo sapevi. Era così evidente, gli si leggeva in faccia. Tutti quelli che vi conoscevano se n’erano accorti. In effetti non dovrei essere così sorpresa che tu non ti sia accorta di nulla… sei sempre stata poco… come dire… sveglia per certe cose. -
Sana aveva ascoltato ogni sua parola in silenzio e con un’espressione di sorpresa dipinta in volto. - Io… non immaginavo proprio - commentò alla fine.
- Beh, comunque… cosa volevi dirmi a proposito di Naozumi? -
- Avevi ragione, è innamorato di me. Oggi si è dichiarato - rivelò con tono neutro.
- Davvero? E tu cosa gli hai risposto? -
Scuotendo la testa, Sana si alzò dal divano e cominciò a passeggiare nervosamente avanti e indietro per la stanza. - Sai benissimo che non mi interessa nessuno al momento e quindi l’ho rifiutato, ovviamente. -
- Ah, capisco. Beh, mi trovi d’accordo con la tua decisione. -
- Perché? - chiese e smise di girare intorno.
- Sana, secondo me un tipo come Naozumi non fa per te. Ti ci vuole un uomo con un carattere completamente diverso. -
Non riusciva a capire, cosa aveva Naozumi che non andava? O era lei il problema? - Un tipo come? -
- Cosa vuoi che ne sappia io?! - strillò l’altra e Sana fu costretta a staccare di alcuni centimetri la cornetta dall’orecchio ed evitare così la frantumazione del suo innocente timpano. - Ah, e poi? Che cosa è successo dopo? -
Entrò in cucina e aprii il frigorifero dove prese una bottiglia piena per tre quarti di succo di frutta. Distratta dalle sue azioni, la domanda la colse impreparata. - Dopo? Dopo cosa? -
- La dichiarazione! - le ricordò Fuka spazientita. - L’hai rifiutato, e questo l’ho capito. Ma dopo cosa hai fatto? E lui? -
- Ci siamo salutati e me ne sono andata. Ero anche di fretta perché rischiavo di arrivare tardi dalla famiglia in cui avrei prestato servizio - spiegò, mentre prendeva il bicchiere e lo riempiva per buona parte.
- Capisco. Poverino, gli avrai spezzato il cuore. -
- Fuka! Mi sento già abbastanza in colpa senza che peggiori la situazione - la rimproverò, sollevò il bicchiere e bevve. Non aveva voluto certamente far soffrire Naozumi, d’altro canto non poteva amarlo per forza.
- Non volevo farti sentire più in colpa… no, aspetta! Ti senti colpa? Non devi sentirti in colpa! -
Il succo quasi le andò per traverso. - Cosa? E perché? -
- E’ vero, l’hai fatto soffrire, ma non è certo colpa tua se non lo ami. Metterti con lui per compassione, quello sì che meriterebbe sensi di colpa da parte tua. Non l‘hai ingannato e perciò non hai commesso errori. Hai capito? -
- Certo, non sono stupida - replicò, ma il dispiacere verso Naozumi era ancora ben radicato in lei. Ci fu un attimo di silenzio, poi Sana riprese: - Fuka, pensi che riusciremo a rimanere amici comunque io e lui? -
- Beh, tu comportati normalmente, come se nulla fosse accaduto. Se lui tiene così tanto a te, non ti starà lontano. -
Sana sorrise. Era contenta di aver interpellato la sua amica e ora si sentiva più sollevata. - Grazie, Fuka. Ci sentiamo presto, d’accordo? -
- Certo. Ciao - la salutò.
Sana ricambiò e chiuse la telefonata. Finì di svuotare il bicchiere e lo posò nel lavandino. Lo sguardo le cadde sul vestito - sulle orrende macchie - e un gemito di frustrazione infranse il silenzio nella cucina. Una missione impossibile l’aspettava.

Hana passeggiava per il corridoio della sua casa. No, non più sua, si corresse, ora ci abitavano due persone, un uomo e una donna, che non erano nemmeno parenti.
Se sua madre fosse stata presente avrebbe gridato allo scandalo per questo.
Se, appunto. Ma lei ora non c’era più e nemmeno suo padre o il suo fratellino. La loro vita era proseguita e alla fine se n’erano andati com’era giusto che fosse.
Arrivò alla soglia del bagno e vide Sana - così si chiamava la donna che aveva preso possesso della sua camera - intenta a utilizzare l’acqua per ripulire un vestito a fiori molto corto. Ormai i giapponesi non indossavano più abitualmente il kimono o lo yukata*, ma abiti occidentali.
Hana arretrò, poi si voltò e si diresse in direzione della sua stanza. Passò attraverso la porta chiusa e osservò con commozione la camera dove aveva passato anni della sua vita.
Era diversa da come l’aveva lasciata, ma a lei sembrò comunque di tornare indietro nel tempo a quando era viva e felice. Lasciò vagare lo sguardo fino a che esso non si posò sul comodino su cui era stato abbandonato il suo diario. Si avvicinò lentamente, quasi con timore e fissò con attenzione il libricino malconcio.
Ricordava bene il motivo per cui si era ridotto così, non l’avrebbe mai scordato. Sollevò un dito e il diario si aprì. Non poteva toccarlo, ma per fortuna aveva a disposizione altri modi per ovviare il problema.
Lesse alcune righe e un lieve sorriso le spuntò in volto. Erano passati decenni da quando aveva vergato quelle pagine e lei non era più la ragazzina che era stata allora.
Chinò il capo e la nostalgia l’assalì di nuovo. Doveva uscire da lì, abbandonare il luogo che la faceva soffrire.
Corse fuori e attraversò il corridoio. Se fosse stata ancora viva sarebbe stata piegata in due e avrebbe avuto il fiatone.
Si fermò. Davanti a lei c’era una porta chiusa. Alcune notti prima, non ricordava bene quando, si era impossessata del corpo di Sana e ci era entrata. Aveva visto il corpo addormentato di Akito e aveva creduto per un attimo che lui fosse Sho. La somiglianza tra i due non era moltissima, ma rivedere qualcuno che somigliava anche solo in minima parte a Sho le aveva fatto credere che lui fosse tornato da lei. Com’era stata sciocca.
Ripercorse il corridoio e scese al piano inferiore. Vide Sana avviarsi verso la cucina e la seguì.
Hana l’aveva vista molte volte cercare informazioni su di lei per scoprire che cosa le era accaduto, ma non riusciva a comprenderne il motivo.
Perché voleva conoscere i particolari della sua vita? Era così importante per lei?
La osservò socchiudendo gli occhi e con sospetto. Beh, se ci teneva tanto a scoprire quanto era stata felice e gli sbagli che aveva commesso, le avrebbe dato una mano.   

Sana aveva steso il vestito ad asciugare ed era ritornata in cucina. Aveva appetito e perciò aveva deciso di prepararsi un panino.
Mancavano solo alcune ore alla cena, ma non avrebbe resistito così tanto, il suo stomaco richiedeva cibo ora.  
Avrebbe mangiato e poi si sarebbe spostata sul divano a vedere un po’ di televisione, non era dell’umore giusto per mettersi davanti allo schermo del computer a scrivere.
Prese il coltello e divise in due parti il pane e poi cominciò ad affettare i pomodori.
Alle sue spalle ci fu uno spostamento d’aria e la porta, da lei lasciata spalancata, si mosse.
Si girò, ma non vide nessuno. Aveva forse lasciato in salotto una finestra spalancata? Ma non ricordava di averne aperta una. Che fosse stato Hayama?
Scosse le spalle e rimostrò la schiena alla porta.
Fu improvviso e inaspettato e Sana non poté rendersi conto di non essere più lei, ma qualcun’altra.
E il coltello le scivolò di mano.

Sana aprì gli occhi. Si trovava ai piedi della scala, come ci era arrivata? Rammentava di essere stata in cucina fino ad un attimo prima. Si guardò intorno incuriosita. La sua casa era arredata in modo differente, solo alcuni dei mobili più vecchi erano al loro posto. Che cosa…?!
Sentì un forte dolore al polso sinistro e istintivamente chinò il capo. Lo sfiorò con le dita, ma non aveva niente che non andava.
- Perché? Dannazione, perché? - sentì urlare qualcuno in cima alla rampa. Era un uomo, ma non Hayama. Chi era e cosa ci faceva in casa sua?
Una voce femminile con un tono molto più basso disse qualcosa, ma Sana non riuscì a decifrare, era troppo lontana.
- Rspondimi, Hana. Rispondimi! - ordinò di nuovo la voce maschile.
Hana? Possibile che sia la ragazza del diario?
Ignorando il dolore al braccio, Sana salì i gradi di corsa, giusto in tempo per sentire Hana replicare: - Perdonami, Sentaro. Ma io… amo un altro. Per questo non posso più sposarti. -
Sana si trovava abbastanza distante da loro, ma distinse lo stesso senza problemi le lacrime sul volto di Hana.
Hana e Sentaro. Poteva essere solo una coincidenza? Ma lei era convinta che fossero morti, o al massimo anziani, come potevano essere giovani e lì davanti a lei?
Hana era più bassa di lei, ma nei lineamenti le somigliava abbastanza. I capelli erano castani chiari e ondulati. Sentaro, invece, doveva essere alto all’incirca come Hayama, ma meno muscoloso, anche se aveva lo stesso un bel fisico. I capelli erano neri e corti e sia lui che lei indossavano un kimono.  
- Non puoi annullare tutto e lasciarmi, hai capito? Tu sei mia, solo mia! - urlò ancora Sentaro fuori di sé, sollevò una mano e le mollò uno schiaffo.
Sana si arrabbiò. Come osava quel tipo malmenare in quel modo la fidanzata? Decise di raggiungerli e aiutare Hana.
A frenare il suo intento furono dei passi concitati lungo le scale. Si girò e vide un uomo e una donna di mezz’età oltrepassarla e dirigersi verso i due litiganti. Nessuno dei due degnò di un’occhiata Sana, nemmeno Hana e Sentaro che si erano voltati sentendo l’arrivo dei due signori. Possibile che non la vedessero?
Che cosa le stava succedendo? Era come se si trovasse nel passato o in una dimensione parallela. Stava forse sognando? L’ultimo suo ricordo risaliva a lei in cucina che preparava un panino. Non avrebbe mai potuto addormentarsi in piedi così di colpo!
Il dolore al polso non accennava a diminuire e avvertiva una sensazione come di bagnato e di gocce che le rigavano il braccio e la mano.
Nel frattempo, i due signori, che scoprì essere i genitori di Hana, avevano raggiunto quest’ultima e Sentaro e stavano discutendo. Il padre era furibondo con il ragazzo che aveva schiaffeggiato la figlia e lo cacciò di casa con l’ordine di non farsi più vedere. La madre osservava con un misto di distacco e preoccupazione la guancia rossa di Hana.
Avrebbe voluto avvicinarsi, provare che in realtà i presenti potevano - dovevano - vederla e farsi aiutare, ma si sentì mancare e le sue ginocchia cedettero sotto il suo peso.

Akito rientrò a casa con un sacchetto del sushi migliore della città stretto in una mano. La fisioterapia aveva dato buoni risultati quel giorno e quindi si sentì sereno e pronto a dividere la sua preziosa - e abbondante - cena con Kurata.
Mentre richiudeva la porta con due mandate sentì che c’era qualcosa di strano. Troppo silenzio.
Che Kurata non fosse in casa? In genere la sentiva sempre fare qualcosa di rumoroso quando rientrava in casa e tutto quel silenzio non era da lei.
Liquidando la questione con un’alzata di spalle si diresse verso il salotto, ma prima di raggiungerlo un piede scivolò sul pavimento e quasi cadde riverso a terra.
Abbassò lo sguardo e osservò con malcelato stupore le macchie rosse che ricoprivano il parquet.
Si inginocchiò e le sfiorò con le dita prima di portarsi quest’ultime più vicine al viso.
Sembrava… sangue.
Si alzò in piedi e chiamò: - Kurata? -
Le macchie rosse proseguivano in direzione del salotto. Preoccupato, le seguì e giunse fino in cucina. Non c’era nessuno, ma sul tavolo erano rimasti un panino diviso a metà e dei pomodori in parte affettati. Akito sgranò gli occhi quando vide un coltello abbandonato sul pavimento e sporcato con alcune macchie rosse.
Con il cuore che batteva come un tamburo, ripercorse il tragitto appena compiuto all’inverso e giunse ai piedi della scala che portava al piano superiore.
Le macchie rosse - il sangue - non si fermavano neanche lì. Salì più velocemente che poté i gradini e sbiancò completamente quando giunse in cima.
Kurata era sdraiata sul pavimento - svenuta? -, girata su un fianco. Il braccio destro piegato, mentre il sinistro, il cui polso presentava una brutta ferita da taglio, era allungato sopra la testa.
- Sana! -  

* Lo yukata sarebbe il kimono estivo.

Spazio Autrice: Crudele ad averlo fatto finire così? Forse.
Beh, comunque spero che vi sia piaciuto. Akito purtroppo compare solo alla fine, ma non si poteva fare altrimenti.
Grazie per le 6 recensioni, le visite, le 16 preferite, le 5 ricordate e le 28 seguite.
A mercoledì!
Ilaria

Spoiler del prossimo capitolo:
Lo osservava con espressione fiammeggiante, mentre le lacrime avevano smesso di scorrere.
- Hai smesso di piangere, direi che ti ho fatto un favore. Dovresti ringraziarmi. - Sapeva che con quella risposta l’avrebbe fatta imbestialire di più, ma non gli importava.  

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 12° capitolo ***


The Ghost's Diary - 12° capitolo
Avviso (Importante): Da questo momento in poi sono costretta a mantenere la pubblicazione di "The Ghost's Diary" ogni due settimane, anzichè una, a causa di un calo d'ispirazione per questa storia. Se riuscirò a tornare a scrivere come prima, riprendererò a pubblicare settimanalmente, ma al momento non mi è possibile. Scusate.
In fondo alla pagina uno spoiler del prossimo capitolo. Buona Lettura.

The Ghost's Diary

12


11 Maggio
Caro Diario,
Come ti avevo già preannunciato, oggi sono andata a casa di Shotaro per incontrarlo e chiarire la questione. Volevo che tornassimo amici come un tempo… tutto era più facile fino a qualche settimana fa.
Inizialmente, tenevo la testa bassa a causa dell’imbarazzo, era la prima volta che mi capitava con lui. Stare in sua compagnia mi era sempre venuto naturale, ma non questa volta.
Mi sono fatta coraggio e gli ho chiesto spiegazioni riguardo al suo gesto. Lui mi ha spiegato che era preoccupato per me e voleva farmi stare meglio quindi ha pensato di dimostrarmi quanto mi volesse bene. Come amico, ha specificato.
Poi si è scusato, perché allora non si era accorto dell’errore che stava commettendo e sperava che lo potessi perdonare. Temeva che fossi arrabbiata e non volessi mai più vederlo.
In realtà, io ero solo confusa.
L’ho rasserenato dicendogli che non ci avremmo pensato più entrambi e che la nostra amicizia sarebbe tornata quella di sempre.
Gli ho sorriso e mi sono congedata, fingendo di avere delle commissioni da sbrigare per il matrimonio. Sono stata costretta a mentirgli altrimenti avrebbe finito per accorgersi della delusione che traspariva dal mio volto. Non mi ha fatto piacere sapere che per lui quello che è accaduto non ha significato nulla, per quanto mi costi ammetterlo.
D’altro canto, se lui avesse ammesso di amarmi, avrebbe finito per calare un pesante imbarazzo tra di noi dato che sono legata a Sentaro.
Non riesco a capirmi, perché continuo a sentire incessantemente la sensazione di star commettendo uno sbaglio?
Buonanotte, caro Diario,
Hana

Akito, per alcuni interminabili istanti, aveva osservato bianco in volto il corpo privo di conoscenza e macchiato di sangue della sua coinquilina, Sana Kurata.
Incredulo, l’aveva raggiunta in due rapidi passi, si era inginocchiato e l’aveva scossa, ordinandole di svegliarsi.
Lei però non gli aveva risposto.
Immediatamente aveva preso il telefono cellulare dalla tasca anteriore dei pantaloni e aveva chiamato il pronto soccorso, urlando loro di sbrigarsi, perché lei stava morendo.
Ma è davvero così? Deglutì nervosamente, mentre avvicinava due dita al collo di Sana. O è già morta? Con sollievo ascoltò i lenti, ma regolari battiti del cuore di lei.
Al telefono aveva risposto in breve alle domande che gli venivano poste, tentando in qualche modo di frenarsi ed evitare di perdere la pazienza. Un angolo della sua testa sapeva che così non avrebbe certo giovato a lei.
L’ambulanza quando sarebbe arrivata? Perché ancora non sentiva le sirene in lontananza? E se non fosse arrivata in tempo? Doveva fare qualcosa. Strappò un pezzo della maglietta che indossava e lo premette forte sulla ferita al polso. Voleva arrestare l’emorragia ed evitare che perdesse altro del tanto sangue che aveva già versato.
Il suo ginocchio cominciò a lamentarsi per la scomoda posizione, ma lui lo ignorò e appoggiò una mano sul ventre di Sana per accertarsi che respirasse. Poco dopo, sentì il leggero movimento dell’addome di lei.
Respira.
I restanti minuti che mancarono all’atteso arrivo dell’ambulanza, lui li passò in silenzio, il cuore a mille e con la mente concentrata su di lei e sull’impedire con ogni mezzo a suo disposizione che si lasciasse andare.

Akito, seduto su una delle sedie bianche nel corridoio dell’ospedale, la testa appoggiata al muro rivolta all’indietro e le braccia incrociate, si rese conto, per la prima volta, di quanto fosse interminabile l’attesa di una notizia.
Di fronte a lui, passavano avanti e dietro senza tregua medici, infermieri e pazienti di ogni tipo, ognuno con la propria destinazione, ma nessuno diretto ad informarlo delle condizioni di Sana.
Ad aspettare, però, non era solo. Poco distante c’erano due uomini in divisa che lo tenevano sotto controllo - credevano che sarebbe fuggito? -, uno lo osservava con cipiglio severo, l’altro indifferente. Anche se non era accusato di niente, era stato comunque trovato vicino ad una donna con un ferita da taglio e finché Sana non avesse chiarito la questione, rimaneva comunque come possibilità che lui c’entrasse qualcosa.
Dopo che aveva accompagnato Sana in ospedale con l’ambulanza, i due uomini in divisa erano arrivati alcuni minuti dopo e gli avevano fatto le solite domande di routine. In seguito, si erano allontanati di alcuni metri, ma da allora non avevano smesso di spostare ripetutamente lo sguardo da Akito alla stanza in cui era scomparsa Sana.
Improvvisamente, un uomo di mezz’età che indossava un camice bianco aprì la porta che Akito aveva fissato intensamente per tutto quel tempo e si avvicinò a lui. Si alzò in piedi e si portò all’altezza del dottore.
- Lei è un parente della signorina Kurata? - gli chiese l’uomo.
Ecco un’altra occasione in cui si rendeva utile la sua quasi parentela con Sana. - Sì, è la mia sorellastra. -
- La ferita al polso non era molto profonda ed è la sola che abbiamo riscontrato, però aveva perso molto sangue. L’abbiamo medicata e praticato una trasfusione. -
Akito ascoltava in silenzio, sentendosi più sollevato ad ogni parola, e con gli occhi lo esortava a continuare.
- Si è svegliata pochi minuti fa e, a parte un po’ di stanchezza, sta abbastanza bene e può tornare a casa. Per sicurezza, si è ritenuto necessario un antitetanica e perciò le abbiamo prescritto un antidolorifico. Glielo faccia prendere se sente troppo dolore. -
Lui annuì impercettibilmente.
Il dottore si spostò di lato. - Ora può entrare, l’aspetta - concluse e si voltò per avvicinarsi ai due uomini in divisa.
Akito si avvicinò alla porta da cui era sbucato il medico e entrò nella stanza. I colori che predominavano erano il bianco e l’azzurro, fu la prima cosa che notò. Cercò con lo sguardo Sana e la trovò seduta su un lettino con il braccio ferito ripiegato e tenuto vicino al corpo e l’altro la cui mano stringeva il bordo in ferro. Aveva la testa chinata in avanti e l’espressione tesa. Quando sentì il rumore dei suoi passi in avvicinamento, sollevò lo sguardo e si accorse della sua presenza. - Hayama! E’ successo… ecco, io non mi so spiegare, ma… - cominciò confusamente.
Lui la raggiunse in pochi e rapidi passi e le strinse il polso sano con una mano. - Kurata! - l’apostrofò con durezza. Il sospetto, che da quando l‘aveva trovata sdraiata a terra aveva tenuto ben nascosto in sé, senza volersi soffermare, uscì fuori. - Hai tentato il suicidio? - le chiese diretto. Trovava del tutto inutile girare intorno alle cose senza esporle chiaramente.
Lei spalancò occhi e bocca, non doveva esserselo aspettato. - Eh? Ma perché lo pensate tutti? Prima i dottori e ora tu! E’ stato un incidente, dannazione! -
Akito rallentò la presa sul polso di Sana e lei ne approfittò per farlo scivolare via e stringergli la mano con la sua. Si rabbuiò e precisò: - Un incidente… strano. -
Lui socchiuse le palpebre e la incitò a continuare.
- Ero in cucina e stavo tagliando i pomodori e preparandomi un panino. Dietro di me ho sentito il rumore della porta che si muoveva e mi sono girata. -
- C’era qualcuno? Ti ha assalita? -
Sana scosse la testa. - No, c’ero solo io, te lo assicuro. Mi sono voltata di nuovo e in quel momento è accaduto qualcosa di strano. E’ come se avessi perso conoscenza senza nessun motivo apparente. Non so quanto tempo dopo, ma mi sono risvegliata ai piedi della scala, il polso mi faceva male e ho sentito delle voci. Mi sono avvicinata e ho visto Hana e Sentaro litigare, capisci? La ragazza del diario e il suo fidanzato. Ho visto una scena del passato, a cui non era possibile avessi assistito. Stai pensando che sono pazza o che mi sto inventando tutto per evitare che tu mi creda un'aspirante suicida, vero? -
Se non la conoscesse già da un po’ di tempo e non avesse lui stesso sognato Hana, probabilmente lei avrebbe avuto ragione e non avrebbe mai creduto alla sua stramba storia. Al punto a cui erano arrivati, però, non aveva più idea in che cosa credere, che cosa fosse reale o solo frutto della loro fantasia. - Ti credo. -
Lei sorrise e annuì. - Grazie, Hayama - disse, mentre una lacrima le rigava la guancia, seguita da un’altra.
Stava piangendo, ma ad Akito parve bella comunque. Cominciò a pensare di avere qualcosa che non andava, perché non era possibile che dopo solo un mese che si conoscevano - e vivevano a stretto contatto - lui si sentisse già così legato a lei. La sua presenza, poi, non lo infastidiva più, anzi, cominciava anche a fargli piacere averla intorno.
Spinto da un impulso si piegò e le cercò le labbra. Una mano era ancora stretta a quella di lei, ma il braccio libero le circondò le spalle e la attirò a sé. La sorpresa di Sana doveva essere stata grande, perché non mosse un muscolo e lui ne approfittò per mordicchiarle leggermente il labbro inferiore e far incontrare le loro lingue. In quel momento, Sana lo spinse bruscamente premendogli una mano sul petto, saltò giù dal lettino e gli pesto violentemente un piede.
Akito emise un lamentò per il dolore al piede. Meno male che quella maledetta non indossava scarpe con il tacco a spillo, altrimenti sarebbe stato perduto. - Ma sei pazza? -
- Io? Io?! E tu che mi sei saltato addosso? Che accidenti ti è preso? - Lo osservava con espressione fiammeggiante, mentre le lacrime avevano smesso di scorrere.
- Hai smesso di piangere, direi che ti ho fatto un favore. Dovresti ringraziarmi. - Sapeva che con quella risposta l’avrebbe fatta imbestialire di più, ma non gli importava.  
- Mi baci solo per farmi smettere di piangere?! - strillò infatti indignata.
Akito scrollò le spalle. - Beh, ritornando a quel discorso, che ne pensi se torniamo a casa e mi spieghi meglio? - propose.
Lei lo osservò interdetta e incerta su cosa fare per alcuni secondi. Alla fine, sembrò decidere che scoprire con esattezza cosa le era successo fosse più importante che mettersi a discutere sul suo innocuo bacio. Forse perché lui non l’aveva quasi dissanguata? Poco dopo la vide annuire. - Sì, andiamo. -
Akito arretrò di un passo, lasciandole spazio a sufficienza per farla passare. - Per ora chiudiamo il discorso, ma non credere che ci passi sopra così. Prima o poi mi dovrai spiegare i motivi che ti hanno spinto a baciarmi - aggiunse, fulminandolo con lo sguardo.
Lui sollevò gli occhi al cielo, esasperato, mentre si voltava e si avviava verso la porta seguito a ruota da Sana.
Usciti dalla stanza, Akito notò con stupore che gli uomini in divisa erano scomparsi. - Che cosa hai detto ai dottori riguardo quello che è successo? - chiese a lei.
- Che maldestramente mi è scivolato il coltello e mi sono tagliata. Stavo andando verso il bagno per prendere qualcosa di igienico con cui tamponare la ferita, ma prima di arrivarci mi sono sentita male e non c’era nessuno che mi potesse aiutare. Le bugie più semplici sono le migliori e nessuno avrebbe creduto alla verità a cui io stessa stento a credere. -
Akito rispose affermativamente con un mormorio. A chi lo dici. Lui stesso, infatti, doveva compiere un grosso sforzo per credere a quanto era accaduto a Sana, ma le coincidenze erano troppe.
Quando poterono lasciare l’ospedale, Akito fu costretto a chiamare un taxi dato che aveva seguito Sana in ambulanza e la sua automobile era rimasta a casa.
- Ho sonno - mormorò lei sbadigliando sonoramente. - Sono proprio distrutta. - Si strofinò un occhio con il dorso della mano e un altro sbadiglio la colse.
Nel frattempo, il taxi era arrivato e loro poterono accomodarsi nell’autovettura. - Resisti, tra un po’ saremo a casa e potrai andare a dormire. - Poi si rivolse al taxista e gli diede l’indirizzo della loro abitazione.  
Lei scosse la testa più volte. - No, a casa devo mostrarti quanto è successo - replicò, mentre lottava per rimanere sveglia. La voce cominciava già ad essere impastata.
Con tutto quello che le era accaduto, Akito non si stupì affatto che non riuscisse quasi a reggersi in piedi. - Lascia perdere, lo farai domani. - Mentre pronunciava queste parole, Sana appoggiò il capo sulla sua spalla e si appisolò.

Spazio Autrice: Scusatemi, so che questo capitolo è un pò più breve del solito, ma è venuto così.
Vi ho fatto attendere così tanto, che spero di non avervi deluso.
Grazie per le 9 recensioni, le visite, le 20 preferite, le 5 ricordate e le 30 seguite.
Il prossimo capitolo tra due settimane, cioè il 19/1.
Ilaria

Spoiler del prossimo capitolo:
Akito scrollò le spalle. - Beh, non lo trovi interessante? -
Sana lo fissò come se fosse pazzo. - Interessante?! Seccante calza meglio. -

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 13° capitolo ***


The Ghost's Diary - 13° capitolo
The Ghost's Diary

13
15 Maggio
Caro Diario,
Sono passati alcuni giorni da quanto mi sono riappacificata con Shotaro, anche se in realtà non avevamo proprio litigato, e tutto è ritornato alla normalità.
Io, lui e sua sorella continuiamo a vederci come sempre abbastanza spesso e i preparativi per il mio matrimonio sono ricominciati, anche se abbiamo posticipato la data di un mese.
Sono stata io a proporlo, per rispetto verso mia nonna Setsu da poco mancata. Purtroppo, è il massimo che ho potuto fare, perché i preparativi erano già troppo avanti perché si annullasse tutto e poi per Sentaro è stato molto difficile accettare che la data fosse stata spostata di un mese, non avrebbe accettato un solo giorno di più. Perché ha tanta fretta, aspettare qualche mese in più avrebbe fatto qualche differenza?
Come ti avevo già preannunciato, quando è tornato Sentaro, tre giorni fa, non gli ho rivelato quanto è successo con Shotaro. In questo caso è stato meglio così, l’avrei fatto soffrire per qualcosa di cui non ho colpa. Lui, invece, appena è arrivato mi ha abbracciato, mi ha fatto di nuovo le sue condoglianze e si è scusato profondamente per non essere stato presente al funerale. L’ho perdonato e gli ho detto che non importava più ormai.
In verità, non sono stata sincera fino in fondo. E’ vero che ormai è passato, che non conta più molto, ma il suo gesto ha aperto una profonda ferita nel mio cuore che credo sarà difficile da risanare.  
A presto, caro Diario,
Hana

Sana si destò sentendo gli uccellini cantare e la luce del giorno sugli occhi. Si premette il palmo contro le palpebre mentre le apriva e lentamente si rendeva conto del luogo in cui si trovava.
La stanza era la sua, non c’era dubbio, però le sfuggiva il come ci era arrivata. Il solito fastidio, anche se meno marcato, che provava dalla sera prima al polso le fece rammentare alla perfezione gli ultimi avvenimenti che l’avevano vista protagonista e vittima.
Doveva parlare con Hayama, non vi era alternativa. Spostò le lenzuola con un gesto del braccio sano, l’altro appena ne muoveva la mano le si tiravano i punti che le avevano messo.
Si alzò in piedi e si diresse verso l’armadio per scegliere cosa indossare. Si bloccò con la mano chiusa attorna all'anta spalancata, lo sguardò fisso di fronte a sè, e un nome stampato in testa. 
Hayama.
Il ricordo del bacio che lui le aveva dato le riaffiorò nella mente, provocandole irritazione. L’aveva colta di sorpresa e non aveva potuto fare niente per impedirglielo. Non riusciva proprio a capire che motivo avesse avuto di assalirla in quel modo. Possibile che lei gli piacesse? Scosse più volte la testa scacciando quell’immaginario pensiero. Impossibile. Si conoscevano da poco, circa un mese, avevano caratteri diversi e discutevano in continuazione, non era possibile una simile eventualità.
Hayama aveva detto di averla baciata per farla smettere di piangere. Poteva davvero essere così innocente il suo intento, solo far star meglio la sua quasi sorella? Forse si era sentito impacciato e non aveva saputo che fare, finì per convincersi Sana. Beh, qualunque fosse la sua stramba motivazione, doveva scoraggiarlo dal riprovarci. Non aveva intenzioni serie con lei, non era certamente innamorato e quindi non aveva senso iniziare una relazione intima con lui senza queste premesse. Ammetteva che il bacio di Hayama non l’aveva di certo disgustata, anzi, le era anche piaciuto, ma solo perché era una donna anche lei come tutte le altre, non era fatta di legno e Hayama era oggettivamente un bel ragazzo e baciava bene. Ovviamente, ciò non significava che lui le interessasse in quel senso, proprio no, non era nemmeno il suo tipo.
Nel frattempo, aveva preso una semplice maglietta arancione e dei pantaloncini con una simpatica fantasia a fiori, l’intimo e si era diretta in direzione del bagno per farsi la doccia.

Akito passò davanti al bagno di Sana sbadigliando sonoramente. La sera prima non erano tornati tardi a casa, poco dopo le nove più o meno, ma lui, quando era andato a letto, non era riuscito a prendere sonno per molte ore. Era rientrato tenendo in braccio Sana profondamente addormentata e l’aveva in qualche modo messa a dormire, poi era sceso in cucina per prepararsi una frettolosa cena e infine aveva osservato le macchie del sangue di Sana nel tentativo di capire meglio cos’era successo. Inutile dire che non era arrivato a capo di nulla.
Giunse in cucina, la quale era ancora nello stesso stato della sera precedente, aveva preferito lasciare il pane, i pomodori e il coltello dov’era nel momento in cui era rientrato a casa.
Akito aprì la dispensa e cominciò a preparare la colazione per sé e per Sana. Passando davanti al bagno aveva sentito lo scroscio dell’acqua della doccia, perciò immaginava che lei lo avrebbe raggiunto da un momento all’altro.
Come aveva previsto, Sana fece capolino in cucina alcuni minuti più tardi, mentre il caffè bolliva ed era pronto per essere versato nelle tazzine.
- Accidenti! - esclamò lei, entrando. - La scia del mio sangue arriva fino in cima alle scale. A proposito, come mai non le hai lavate via? -
- Ho pensato che ti potessero essere d’aiuto per ricordare meglio - le spiegò, posando la caffettiera sul tavolo e accomodandosi su una delle sedie.
- Capisco. Sì, è una buona idea. - Sana prese posto davanti a lui. - Grazie - disse, probabilmente riferendosi alla colazione.
Akito scrollò le spalle e prese una piccola porzione di riso bianco dalla scatola laccata. La masticò mentre colmava la tazzina davanti a lui con il caffè. - Come va il polso? -
- Meglio - rispose lei, addentando un polpo.
- Ti sei fatta male in modo davvero stupido. -
- Ehi, non è vero! -
- Sì, invece. Avevi il coltello in mano e quando ti è caduto sei andata a c’entrare proprio il polso… solo tu potevi fare una cosa simile. - Già, e gli era quasi venuto un infarto per averla trovata in quelle condizioni, anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce.
Sana sbuffò. - Se non avessi perso il senso della realtà, letteralmente, non mi sarebbe accaduto nulla. Proprio non mi spiego cos’è accaduto - concluse con lo sguardo perso, mentre si portava la tazzina alle labbra. Lo sguardo di Akito si fissò su quest’ultime. Quelle erano le labbra che neanche ventiquattro ore prima aveva fatto incontrare con le proprie, che aveva baciato e assaporato, anche se per pochi istanti. Un modo come un altro per dimostrarle che in fondo gli piaceva. Decisamente usare le parole per esprimere i proprio sentimenti non era mai stato il suo forte. - A proposito di questo, spiegami meglio cos’è accaduto ieri. -
La vide annuire prima di cominciare a parlare: - Come ti ho già spiegato, mi stavo tranquillamente preparando un panino. Ho sentito dei rumori alle mie spalle, ma, ripeto, non c’era nessuno. E prima che tu possa chiedermelo: sì, ne sono sicura. -
- Non stavo per farlo! - replicò Akito.
- Ma devi criticare ogni cosa che dico? - Sana batté il cucchiaino che aveva in mano sulla superficie del tavolo.
Lui inarcò un sopracciglio. - Come se non facessi lo stesso anche tu… -
Il cucchiaino venne stretto ancora con più forza dalla mano di Sana, come se la sua intenzione fosse quella di piegarlo. - Non è possibile che almeno una volta possiamo tenere una conversazione civile senza metterci a discutere? - si lamentò lei, scuotendo la testa esasperata.
Akito scrollò le spalle. - Beh, non lo trovi interessante? -
Sana lo fissò come se fosse pazzo. - Interessante?! Seccante calza meglio. - Sospirò stancamente. - Lasciamo perdere, è meglio. E’ inutile discutere con te. Dunque, dopo essermi accertata che non ci fosse nessuno, mi sono voltata ed è in questo istante che i ricordi si fermano. -
- Così di colpo? - Era strano quello che era accaduto, non vi era dubbio. Anche se credeva alla parola di Sana, non aveva scelta a quel punto, era difficile trovare un senso logico in quella vicenda.
Lei annuì. - Mi sono risvegliata, per così dire, ai piedi della scala, ma non era casa nostra quella. Cioè, sì, ma non quella attuale… era come se mi trovassi in un’altra epoca - specificò. - Il polso mi faceva male, anche se non vedevo nessuna ferita apparente. Poi ho sentito le voci. -
- Hana e Sentaro, giusto? -
Seguì un nuovo cenno d’assenso da parte di Sana. - Per un attimo ho pensato che ci fosse qualcuno, ancora non avevo capito che quella non era casa mia, non allora, almeno. Sono salita e li ho visti. Stavano discutendo animatamente. Lui ha detto qualcosa… che lei non poteva annullare tutto e lasciarlo, poi l’ha schiaffeggiata. -
Akito la fermò con un cenno della mano. - Frena, frena. Annullare cosa? -
- Non lo so, non l’ha detto. - Subito dopo il suo viso s’illuminò. - Anzi, no… Mi è tornato in mente che prima di Sentaro, Hana ha detto che amava un altro e che non poteva più sposare lui. E pensare che stavano organizzando il matrimonio, l’ho letto nel diario. - Sana si fece pensierosa. - Non riesco a capire il ripensamento di Hana, però, sembrava così ansiosa di convolare a nozze con lui… Di chi si sarà innamorata? -
Akito ripensò al sogno che aveva fatto poche sere prima. Shotaro, un amico di Hana, che andava al funerale della nonna di lei e finiva per rubarle un bacio. Forse non era poi così strano che quella Hana avesse cambiato idea così improvvisamente, considerò. - E poi? - la sollecitò.
- Uhm… sono arrivati i genitori di lei e hanno cacciato via Sentaro. Basta, è tutto qui, perché poi mi sono risvegliata all’ospedale. -
Già, e meno male che l’aveva trovata in tempo, anche se avrebbe preferito trovarsi a casa molto prima. Beh, ormai era passato, non si poteva più cambiare quanto era successo. Sana era salva e questo era ciò che più contava.
Finirono di fare colazione e riposero le stoviglie in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.

- Io vado. A dopo, Kurata - annunciò Hayama, entrando nella stanza dove si trovava lei.
Sana era seduta di traverso su una poltrona davanti al camino accesso, la schiena appoggiata ad un bracciolo, le gambe ripiegate su se stesse e un libro in grembo. Sana sollevò una mano e fece un cenno di saluto. - A dopo, ciao! -
Hayama annuì con un cenno del capo, poi si voltò e richiuse la porta alle sue spalle.
Ecco, era sola, avrebbe passato il pomeriggio oziando. Aveva un ottima scusa per farlo.
Riprese a leggere con un sorriso, ma dopo appena un paio di pagina risollevò la testa. Le era parso di sentire un rumore, per questo le si gelò il sangue nelle vene e cominciò a guardarsi intorno con aria circospetta.
Accidenti, dopo quello che le era accaduto cominciava forse a spaventarsi per un nonnulla?
Avrebbe cominciato a guardarsi le spalle, le si sarebbero rizzati i capelli in testa per il terrore per ogni singolo suono fuori dalla norma?
Quando si era svegliata non si era sentita così vulnerabile, perché sapeva di non essere sola, ma ora che lo era, doveva ammettere che gli avvenimenti di poche ore prima l’avevano scossa.
No, era inutile, quel giorno non se la sentiva di rimanere sola in casa, dove qualcosa di oscuro e misterioso li stava tormentando.
Richiuse il libro con un colpo secco e si alzò dalla poltrona. Sarebbe salita in camera, si sarebbe preparata per uscire e sarebbe andata a fare una passeggiata. Avrebbe allontanato la mente dai brutti pensieri e si sarebbe ripresa.  
Sana salì di corsa gli scalini, mentre la sua mente veniva di nuovo bombardata dei ricordi della sera precedente, in particolare riguardanti la lite a cui aveva assistito. O a cui l’avevano fatta assistere?, finì per chiedersi. Richiuse la porta dietro di sé e si precipitò di fronte al suo armadio, da cui estrasse un top colorato e una gonna abbinata.
Si preparò molto in fretta e si passò la spazzola tra i capelli con tanta foga quasi volesse strapparseli dalla testa. Anche per il trucco impiegò pochi minuti, infine prese la borsa e uscì di casa.
Era da poco iniziato giugno, l’estate era alle porte, e quel pomeriggio faceva molto più caldo del giorno precedente; aveva fatto bene a vestirsi leggera. Il sole picchiava, forse avrebbe fatto meglio a dirigersi in direzione del parco, dove avrebbe potuto trovare un po’ di ombra.
La passeggiata di Sana proseguì in completa tranquillità e lei poté riflettere su quanto era accaduto a lei e a Hayama. Quando decise che era giunta l’ora di tornare a casa, al parco, nascosto dietro ad un albero, notò un ragazzo che conosceva molto bene, o almeno le sembrava, era piuttosto lontano.
Si avvicinò e la sua prima impressione venne confermata. - Tsuyoshi - lo salutò lei ad alta voce, attirando l’attenzione anche di un paio di persone. Vide l’interpellato irrigidirsi e voltarsi verso di lei. La prese per un polso, sfortunatamente scelse quello ferito e Sana emise un gemito di dolore, e la spinse dietro di sé. La lasciò subito, osservandola con espressione contrita, poi cominciò a fissare preoccupato un punto oltre l’albero.
- Tsuyoshi, cosa stai facendo? - gli chiese confusa. Si sporse oltre la sua spalla e vide che il suo amico stava guardando con tanto interesse un ragazza di circa tre o quattro anni più giovane di loro. Quest’ultima si era fermata da un gelataio e aveva capelli di colore castano chiaro che le arrivavano al mento ed era piuttosto bassa. Sana giunse ad una sola conclusione: - Oh, accidenti, non riesco a crederci! Tsuyoshi, ti interessa quella ragazza, vero? Pensi forse di tradire la mia amica Aya con lei?! E la stai pure seguendo! Cosa sei, uno stalker? - Il tono che usò non si poté certo considerare soave. Ora, i passanti li guardavano con curiosità mista a disapprovazione.
Tsuyoshi si voltò di nuovo nella sua direzione e la guardò ad occhi spalancati. - Ma che stai dicendo, sei impazzita? -
- Perché tutti mi danno della pazza? - si lamentò e incrociò le braccia sotto al seno. - E comunque… ti ho visto benissimo mentre stavi fissando quella ragazzina… avrà sì e no diciotto anni, vergognati! -
Tsuyoshi si portò una mano davanti agli occhi e scosse la testa esasperato. - Sana, quella è mia sorella! -
Sorella, sorella… aveva detto sorella?! - Mi stai prendendo in giro? -
- No, ti giuro che quella è mia sorella Aono. Ha quattro anni circa meno di me. - Sembrava sincero, dovette ammettere Sana. Si sporse un’altra volta oltre Tsuyoshi e osservò di nuovo la ragazza. - Non ti somiglia molto - commentò poco convinta.
Lui si adombrò. - Sì, invece. -
- E perché la stai seguendo? -
Tsuyoshi si infilò le mani in tasca con fare nervoso. - Sono preoccupato per lei. Credo che frequenti persone poco raccomandabili. -
Sana si rassicurò, era solo un ragazzo preoccupato per la sorte di sua sorella. - D’accordo, Tsuyoshi. Ti aiuterò. -  


Nota: La storia “discutere per Akito e Sana è interessante o seccante” è una rivisitazione di un pezzo del volume 2, dove salta fuori proprio questa questione.

Nota 2: So che per molti di noi (per non dire tutti), il pensiero di riso e polpi al mattino è... beh... strano, ma la colazione giapponese è così (fatta esclusione per il caffè, perchè è una mia idea), anzi, mangiano anche sottaceti, verdure... cibo pesante, in altre parole.   


Spazio Autrice:
Salve a tutti, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Sono ancora un pò in crisi creativa e perciò questa volta lo spoiler sarà un pò misero dato che il cap. 14 non è ancora completo e non posso darvi nulla di meglio. 
Grazie per le 10 recensioni, le visite, le 21 preferite, le 7 ricordate e le 34 seguite.
Al 2/2!
Ilaria

Spoiler del prossimo capitolo:
Sana spalancò la bocca. - Che fedifrago! - sbottò, arrabbiata. - Gli faremo pentire di essere nato, Tsuyoshi, vedrai. -

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 14° capitolo ***


The ghost's Diary - 14° capitolo
The Ghost's Diary
14

20 Maggio
Caro Diario,
Sono triste, questa sera. Anche oggi io e Sentaro abbiamo litigato. Il giorno del matrimonio si avvicina sempre di più, ma io e lui non siamo mai d'accordo su niente. Non abbiamo praticamente nulla in comune e nessuno dei due vuole cedere.
Inizialmente, ho tentato di assecondarlo il più possibile, ma ora mi sono stancata. E' anche il mio matrimonio e perciò vorrei che rispecchiasse anche il mio gusto personale, non solo il suo.
Non sopporto questo suo eterno tentativo di soffocare i miei voleri e di comandarmi. E' da poco che mi sono resa conto che lui si è comportato in questo modo fin dall'inizio. Prima i miei sentimenti mi hanno impedito di vedere com'è in realtà e ora che lo so, comincio a chiedermi se non sto commettendo un grosso errore. Potrei davvero passare tutto il resto della mia vita con una persona come Sentaro? Ora capisco che il fidanzamento è stato organizzato troppo presto, non lo conoscevo abbastanza per sapere se i miei sentimenti per lui fossero davvero amore. Che cosa devo fare?
Un altro fatto che ha reso negativa la mia giornata è che mia madre mi ha impedito di vedere Shotaro quest'oggi. Lei mi ha detto che questo periodo, sempre a causa del matrimonio, è pieno d'impegni e non c'era tempo, ma penso che la sua sia solo una scusa. Ho avuto una brutta sensazione.
Buonanotte, caro Diario,
Hana


Allombra di un albero, Sana vide Tsuyoshi osservarla sorpreso. - Mi aiuterai? - articolò, inarcando un sopracciglio.
Lei annuì vistosamente. - Proprio così. Ti darò una mano nella tua indagine. Forza, Watson, al lavoro. - Avvicinò una mano chiusa a pugno al viso, come se in essa fosse racchiusa una lente dingrandimento.
Tsuyoshi impallidì leggermente, come se la prospettiva lo preoccupasse. Sollevò gli occhi al cielo e probabilmente si chiese come fosse finito in quella situazione. Poi, socchiuse le palpebre e il suo sguardo si puntò sul suo polso sinistro, ma più precisamente sulla benda che vi era avvolta attorno. - Che hai fatto al braccio? -
- Ehm, niente. Uno stupido incidente: mi è scivolato il coltello di mano. Ma nulla di grave, non preoccuparti - lo informò, minimizzando la questione.
Tsuyoshi sembrava intenzionato a chiederle altro, ma lei lo precedette, perché oltre le spalle di lui aveva visto muoversi Aono. - Ehi, guarda! Tua sorella se ne sta andando! - esclamò a gran voce.
Tsuyoshi si voltò e seguì la direzione del suo sguardo. La sorella dell’amico aveva già percorso alcune centinaia di metri, se non si sbrigavano l’avrebbero persa. Svelta, lei lo prese per un polso e lo trascinò con sé. Quando raggiunsero una distanza accettabile - quanto bastasse per non perderla di vista e non farsi beccare, in altre parole -, rallentarono.
Sana lasciò andare Tsuyoshi e si portò al suo fianco. - Allora? - bisbigliò. - Spiegami meglio perché segui Aono-chan. -
Lui annuì. - Aono, qualche tempo fa, si è messa con un ragazzo e temo che lui la farà soffrire. -
- Perché? -
- Ho sentito delle voci sul suo conto… -
- Ti sei informato, vorrai dire - sentenziò Sana e gli rivolse un sorriso comprensivo.
- Ecco… sì. Ho chiesto un po’ in giro, a scuola di Aono, se qualcuno lo conosceva. So che non si dovrebbe dare retta ai pettegolezzi, però… insomma, sembra proprio che questo tipo abbia un’altra. -
Sana spalancò la bocca. - Che fedifrago! - sbottò, arrabbiata. - Gli faremo pentire di essere nato, Tsuyoshi, vedrai. -
Quest’ultimo si mosse, a disagio. - Beh, a me basterebbe che lasci in pace mia sorella - disse, passandosi una mano fra i capelli.
Era sempre il solito pacifico. Peccato, un traditore di quel calibro si sarebbe meritato ben di peggio. Sana scrollò le spalle. - Come vuoi. - Riportò l’attenzione su Aono, che si era fermata per buttare via un fazzoletto di carta, e un dubbio la colse in quel momento. - Tsuyoshi, ma perché seguiamo Aono-chan e non il suo ragazzo? - chiese confusa, inclinando la testa da un lato. - Come facciamo a scoprire se lui vede un’altra se seguiamo lei? -
- Purtroppo non l’ho mai incontrato e perciò non so com’è fatto. So che si chiama Masashi, ma non conosco il suo cognome. -
- Sì, capisco. Beh, speriamo che lo incontri oggi. -
Tsuyoshi annuì più volte. - Lo spero davvero, la seguo da parecchio tempo e non ho ancora avuto fortuna. -
Sana si voltò di scatto verso di lui. - E’ per questo che trascuri Aya ultimamente? -
- Cosa? - La domanda lo aveva preso in contropiede. Le guance gli si colorarono di rosso. - Oh, ecco… ehm, sì. Forse è proprio così. Ti ha detto qualcosa? - aggiunse, riferendosi chiaramente ad Aya.
Ops, che sciocca. Senza volerlo aveva rivelato il segreto dell’amica. - No, niente, era una mia impressione - mentì e distolse lo sguardo. - Hai provato a parlare con Aono-chan dei tuoi sospetti? - domandò, cambiando bruscamente argomento.
Tsuyoshi si rabbuiò. - Certo, l’ho fatto subito, ma lei si è arrabbiata. Ha detto che sa badare a se stessa e non ha voluto sapere una parola in più sull‘argomento. Non voglio che mi odi, ma… -
- Nemmeno che uno stupido ragazzino la prenda in giro, giusto? - completò lei per lui.
Lo vide annuire. - Già. - Spostò lo sguardo e subito lo vide illuminarsi. - Guarda, Sana! - esclamò vivacemente. - Dev’essere lui. -
Lei si girò e vide che davanti ad Aono si era fermato un ragazzo della sua stessa età. Era piuttosto alto, ma meno di Hayama, robusto e muscoloso. I capelli neri come la pece erano piuttosto lunghi e mossi. Sorrise alla sorella di Tsuyoshi e si chinò per schioccarle un bacio a stampo. Apparentemente, sembrava un ragazzo piuttosto comune, che vuol bene alla proprio ragazza. Le apparenze ingannano, si ricordo Sana e fissò Masashi con espressione pungente e attenta.
I due ragazzi si presero per mano e si allontanarono, così l’inseguimento di Sana e Tsuyoshi riprese. Meno male che la sua doveva essere solo una breve passeggiata, pensò lei con un sorriso.


Aono e Masashi passeggiarono e chiacchierarono amichevolmente per poco tempo. Neanche dieci minuti dopo che si erano incrociati, Sana vide il ragazzo scusarsi con lei e allontanarsi per la sua strada. Probabilmente non avevano un appuntamento quel giorno e si erano incontrati casualmente, oppure quello di lui era un impegno improvviso. Lei sperò con tutto il cuore che l’impegno improvviso non fosse vedersi con un’altra rappresentante del genere femminile, non voleva che la sorella dell’amico soffrisse.
- Ecco l’occasione giusta! - affermò trionfante. - Seguiamolo! - E trascinò Tsuyoshi con sé.

Sana era stanca, ma non avrebbe abbandonato Tsuyoshi. Aveva deciso di aiutarlo e lo avrebbe fatto senza lamentarsi. In più, lontana da casa e tutta presa da quel nuovo impegno, la tensione che aveva accumulato, a causa di quanto era successo, si era allentata e lei si sentiva molto più rilassata rispetto a poche ore prima.
Il timore di rimanere sola nella sua abitazione riusciva a vederlo in un'altra prospettiva, ora.
Nel frattempo, Masashi si era fermato. Sana, che era persa nei suoi pensieri, non se ne accorse subito, perciò toccò a Tsuyoshi fermarla posandole una mano sul braccio.
Lei riporto l'attenzione sul ragazzo di Aono che si era fermato sorridente di fronte al citofono di un piccolo condominio.
Masashi mormorò qualche parola che lei non riuscì a decifrare a causa della troppa distanza. - Chissà di chi è quella casa - sussurrò Sana all'indirizzo di Tsuyoshi. Si voltò verso di lui e vide che aveva assottigliato le palpebre e stretto le mani in due forti pugni. Doveva covare una gran rabbia, pensò Sana.
Il portone d'ingresso del condominio si spalancò e ne uscì una ragazza della stessa età di Aono, ma con i capelli rossi e ricci, e più robusta e bassa. Il volto era dipinto di un'espressione innocente e sorridente. Sembrava una comune ragazza innamorata, esattamente come Aono.
Per un'istante, Sana si chiese se lei avesse mai avuto il viso illuminato da un'espressione del genere. Probabilmente no, si disse poi con una punta d'amarezza, non era mai stata veramente innamorata. Speriamo sia sua sorella. O sua cugina.

Masashi si avvicinò alla ragazza, le prese il viso fra le mani e la baciò. Sana e Tsuyoshi erano distanti, ma non abbastanza per non rendersi conto che quello era certamente un bacio vero, troppo intimo perchè potesse venir scambiato con un parente. Una versione prolungata di quello che le aveva rubato Hayama, per intenderci.
Maledetto traditore! Ti faremo pentire di quello che hai fatto alla povera Aono!
Sana si affrettò a seguire Tsuyoshi, che era già partito alla carica per far passare un pessimo quarto d'ora a Masashi. Lei non l'aveva mai visto così, era veramente furioso e privo di controllo.
Prima che potesse chiedersi se fosse il caso o no di fermarlo, ci pensò qualcun altro ad attaccare l'infedele prima di loro.
Aono, una ragazza non troppo alta e sottile, si era appena trasformata in una belva, la versione al femminile del fratello.
Aono corse verso Masashi e gli mollò un ceffone, tanto forte e improvviso che gli girò la faccia dall'altra parte e lo costrinse a fare un involontario passo indietro. - Bastardo traditore! - la sentì urlare.
La ragazza dai capelli rossi, che fino a un attimo prima era rimasta a bocca aperta di fronte al maltrattamento del suo ragazzo, ora aveva il viso rigato di lacrime e stava insultando Masashi colpendolo con la borsetta. A Sana sarebbe piaciuto aggiungersi alle due ragazze, ma era davvero troppo stanca e poi sembrava proprio che non ce ne fosse il bisogno. Si voltò verso Tsuyoshi, che fissava Aono come se la vedesse per la prima volta. La sua sorellina era grande ormai, sarebbe stato costretto ad ammetterlo, pensò lei ghignando.
Masashi fuggì via più veloce che potè, ma nessuna delle due ragazze si prese la briga di seguirlo. Entrambe si limitarono a guardarlo allontanarsi, una in lacrime e l'altra furibonda, ma a Sana parve scorgere tristezza anche in quest'ultima.
La ragazza dai capelli rossi li salutò con un cenno per educazione e si ritirò in casa, mentre Aono si avvicinò a lei e Tsuyoshi.
- Avevi ragione, scusa per non averti dato retta - disse Aono e abbracciò il fratello.
Lui ricambiò la stretta e disse: - Scusa tu per considerarti ancora la mia sorellina da proteggere. -
Sana sorrise. Non aveva dubbio che prima o poi Aono non avrebbe di nuovo dato retta ai consigli di Tsuyoshi e lui avrebbe ripreso a trattare la sorella come una bambina, ma questa volta avevano fatto pace e questo era ciò che più contava.

- Come sapevi che avremmo seguito Masashi? - si intromise Sana nel quadretto familiare, rivolgendosi ad Aono.
- Non lo sapevo. Stavo per andare in direzione della biblioteca, quando vi ho visto per caso. - Arrossì leggermente, poi continuò: - In verità, la mia intenzione era di raggiungervi e farla pagare a mio fratello per le supposizione che aveva sul mio... su Masashi e per essere arrivato addirittura a pedinarmi pur d'incontrarlo, ma... alla fine è andata diversamente. -
Lei annuì con il capo. Poteva capire quanto doloroso fosse stato scoprire come veramente stavano le cose, ma sempre meglio che vivere una menzogna. - Ora devo andare – si congedò alla fine. - A presto, ragazzi. - Prima che potesse voltarsi, Tsuyoshi le propose d'accompagnarla, ma lei rifiutò; c'era chi aveva molto più bisogno del suo sostegno. Fece un cenno di saluto che venne prontamente ricambiato, poi si avviò verso la strada di casa.


Un brivido corse lungo la schiena di Akito al suo rientro. La grande casa immersa in uno spettrale silenzio gli aveva fatto provare la stessa sensazione della sera prima quando aveva trovato Sana.
Per fortuna, questa volta il silenzio era causato solo dalla mancanza di lei e non dall'impossibilità di rendere nota la sua presenza.
Si diresse in salotto chiedendosi dove Sana fosse andata a cacciarsi, soprattutto considerando tutto quello che era successo nemmeno ventiquattro ora prima.
Accese il televisore e prese una lattina di coca-cola dal frigorifero, poi prese posto al centro del divano. Guardò praticamente senza alcun interesse il programma che stavano trasmettendo, sentendosi sempre più nervoso man mano che i minuti passavano.
Va bene, doveva ammetterlo, era preoccupato. Un sentimento certamente non dovuto al pensiero di doverla cercare ovunque se non fosse tornata al più presto, ma causato solo dalla paura che potesse esserle capitato qualcosa. Di nuovo.
Akito cominciava a sentirsi sempre più legato a Sana, troppo per i suoi gusti.
Decisamente, aveva un problema.


- Hayama, sono a casa! Ci sei? - chiese allegramente Sana appena varcata la soglia. Lo trovò seduto sul divano con lo sguardo puntato sul televisore acceso.
- Ah, sei viva, allora. Pensavo fossi svenuta per strada – commentò con tono indifferente.
Lei scacciò la possibilità con un gesto della mano. - Figurati, sono una roccia io! - si vantò e occupò il posto al suo fianco. La roccia era sfinita. - Dimmi di te, piuttosto. Com'è andata fisioterapia? - domandò e sospirando si appoggiò più comodamente sul cuscino dietro la sua schiena.
- Migliora. -
- Wow, sono riuscita a tirarti fuori una parola, sto migliorando – commentò con sarcasmo, ma non riuscì a trattenersi dal piegare le labbra in un lieve sorriso.
- Come mai sei uscita? - le chiese dopo un po', cogliendola di sorpresa.

Nervosamente si alzò e girò intorno al divano. - Ma che domande sono? Avevo voglia di una passeggiata. - Rise falsamente e si voltò a guardarlo. Lui la stava fissando intensamente, come se la studiasse. - Ho fame! E se cenassimo? - E con queste ultime parole fuggì in cucina.


Spazio Autrice: Questo capitolo ha avuto bisogno di settimane per venir completato, tutto a causa della mancanza d'ispirazione... in qualche modo, alla fine sono riuscita a finirlo e spero via sia piaciuto.
Ho trovato lavoro e quindi il tempo per scrivere si è ridotto di parecchio... però spero di riuscire comunque a pubblicare ogni due settimane. Purtroppo, però, questa volta niente spoiler del prossimo capitolo, dato che non ho potuto ancora iniziarlo. 
Grazie per le 4 recensioni, le 26 preferite, le 35 seguite, le 6 ricordate e le visite.
Al 16/2!
Ilaria

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** 15° capitolo ***


The ghost's Diary - 15° capitolo
The Ghost's Diary
15


 24 Maggio
Caro Diario,
Che brutta sorpresa ho avuto, oggi! E' stato tremendo scoprire che mia madre da qualche tempo ha trovato il mio diario e lo legge di nascosto. Non so da quanto va avanti questa storia, ma penso non da molto. Anzi, credo che il suo cambiamento di atteggiamente verso Shotaro derivi da questo: deve aver letto le mie parole sul bacio che lui mi ha dato e pensato che volessi mandare all'aria il matrimonio.
Sono veramente delusa e arrabbiata con mia madre. Stamattina sono uscita di casa per fare una passeggiata, ma sono tornata subito indietro perché avevo scordato il quadretto con uno dei disegni di mia nonna che avevo promesso alla sorella di Shotaro. Sono salita in camera mia e l'ho trovata china sul mio diario a leggere a mia insaputa. Avrei voluto rivelarmi e arrabbiarmi con lei, ma poi ho capito che non era la scelta migliore. Sono tornata sui miei passi e ho fatto la passeggiata che avevo in programma. Quando sono tornata in casa ho preso un quaderno, identico al precedente e ho trascritto il diario. Poco fa, sulla pagina di oggi, ho segnato una finta pagina di diario, mettendo solo cose di poca importanza e ho messo il quaderno dove stava prima questo. Il mio vero diario, invece, continuerà ad essere il luogo in cui riporto i miei pensieri più segreti e perciò ho cambiato il suo nascondiglio. Da questo momento in poi lo terrò praticamente sempre addosso, in una piega del kimono, in questo modo sarò certa che nessuno potrà leggerlo.
A presto, caro Diario,
Hana

Sana era appena andata in cucina. Anzi, lei era appena corsa in cucina, si corresse. Aveva voluto evitare l'argomento del perché fosse uscita di casa, per quale motivo? Akito si stava sbagliando e aveva frainteso il modo in cui lei aveva liquidato la questione? Probabilmente no, era chiaro come il sole che nascondesse qualcosa.
Se fosse andata a lavorare glielo avrebbe detto, non avrebbe avuto senso mentire. Aveva dovuto forse vedersi con qualcuno? Un'amica? E perché mentirmi, allora? Un uomo?, finì per chiedersi e non riuscì a trattenere l'irritazione al pensiero di Sana con un altro.
Loro non stavano insieme, non era affar suo se lei aveva una qualche relazione con chicchessia, anche se ciò non toglieva che questo potesse dargli fastidio. Molto fastidio.
Lasciò il posto vuoto sul divano, spense il televisore, che era stato ignorato fino a quel momento, e seguì Sana.
La trovò intenta a cuocere del riso e non poté fare a meno di domandarsi se quella sera avrebbe mangiato cibo commestibile.
- Guarda che a me non interessa se ti vedi o meno con qualcuno, non c'è bisogno d'inventarti una scusa. Ti ho chiesto il motivo della tua passeggiata solo perché mi è sembrato strano che uscissi dopo quanto ti era accaduto, tutto qui – le disse.
- Eh? - mormorò lei confusa. Si era girata al suo arrivo e ora lo fissava con espressione stranita.
- Hai sentito – borbottò Akito. La raggiunse in due passi e la scostò dal fornello per dedicarsi al salvataggio del riso. Uhm, forse era ancora recuperabile.
- Aspetta un secondo! Hai forse pensato che ti avessi mentito per non dirti che mi vedevo con un uomo, ho capito bene? -
Benissimo, peccato che, stringata in quel modo, la sua affermazione assumeva una connotazione diversa. Suonava un po' come una... scenata di gelosia.
Si girò a guardarla e vide che sorrideva perfida. - Sei geloso, Hayama? -
Anche se fosse, non glielo avrebbe mica detto. - Di chi, di te? - domandò con ironia. - Ma figurati, scema! Hai completamente frainteso quello che ho detto. -
- E cosa volevi dire, allora? - replicò, senza smettere di sorridere e incrociando le braccia al petto.
- Dannazione, ho parlato in chiaro giapponese! Possibile che tu non abbia capito? Beh, arrangiati, io non ho intenzione di ripetermi. -
- Uffa, quanto sei noioso e irritante! - sbuffò lei, mentre si avvicinava alla credenza per prendere uno alla volta piatti e posate, utilizzando solo il braccio sano. - E anche stupido! - aggiunse dopo un attimo.
- Uhm? Perché? -
- Beh, se non fossi stupido, avresti dovuto capire che ieri sera, quando mi hai baciato, ti avrei almeno lanciato dietro qualcosa se fossi stata fidanzata. E poi, scusa, mi hai mai vista con un uomo prima d'ora? -
- Sì. Uhm, come si chiamava quel tipo, il damerino? Non ricordo. - L'aveva visto poche volte, ma gli erano sembrati molto in confidenza. E, anche se gli dava parecchio fastidio, doveva ammettere che il tipo e Sana potevano stare bene insieme.
- Naozumi, intendi? - Ad Akito parve di notare una leggera tensione in Sana per un momento, prima che lei aggiungesse scherzosamente: - Figurati, lui è solo un amico, niente di più. -
Forse era un amico per lei, ma era sicuro che il damerino la pensasse diversamente. Si voltò verso la pentola e subito si affrettò a spegnere la fiamma sotto di essa; ancora un attimo e sarebbe stato lui stesso a rendere il riso immangiabile. Riempì i piatti e Sana si accomodò al suo posto.
- Uhm, allora ti sei decisa a spiegarmi il motivo della tua scusa poco plausibile? - chiese, mentre soffiava piano sopra una piccola porzione di riso fumante.
Lei sbuffò di nuovo e si mosse a disagio sulla sedia. Perché si lamentava? In genere era lei a torchiarlo per ottenere quello che voleva sapere, per una volta le parti erano state invertite. Akito attese in silenzio la replica di Sana, evitando di domandarsi il motivo del suo eccessivo interesse.
Poco dopo le guance di lei si colorarono di rosso e finalmente rispose: - Ho deciso di uscire perché mi preoccupava un po' rimanere qui da sola dopo quanto successo. -
Tra tutte le possibilità che Akito aveva vagliato, quella era certamente l'ultima che avrebbe preso in considerazione. - Capisco – disse solo. Non voleva compatirla, altrimenti l'avrebbe fatta stare peggio, ne era certo.
- Ma ora va molto meglio! - si affrettò ad aggiungere Sana. - E' stato solo un momento, ora non ho più problemi. -
- Comunque, se avessi bisogno... io sono qui – concluse con un po' d'incertezza. Le parole in cui erano racchiusi sentimenti non erano il suo forte.
- Grazie, Hayama – disse lei dolcemente e sorrise.
Cenarono in silenzio per alcuni minuti, il viso puntato sul proprio piatto, poi lui sollevò lo sguardo su di lei e affermò: - Sai, penso che i tuoi timori non fossero proprio infondati, oggi. -
Lei lo osservò confusa. - Che vuoi dire? -
- Solo che effettivamente questa casa è un posto pericoloso. Non sappiamo perché ti sei ferita, se sia stato un incidente o meno. Forse sarebbe meglio per tutti e due trasferirsi. -
- Ma non sono ancora passati sei mesi! In questo modo non avremmo la possibilità di rispettare la clausola del testamento – replicò lei. - Pensavo fosse importante per te. -
Lui annuì con il capo. - Sì, ma... - Tu sei più importante, pronunciò nella sua mente, anche se mai e poi mai l'avrebbe ammesso ad alta voce. - Sopravvivere è più importante. Il prossimo incidente potrebbe concludersi diversamente. -
Sana deglutì nervosamente. - Non so. Io penso che l'incidente sia stato solo causale e che non corriamo il rischio che ne capitino di più gravi. Trasferirsi mi sembra... eccessivo, ecco. -
Akito scrollò le spalle. Si era scoperto troppo per i suo gusti. - Come vuoi, ma almeno pensaci. -
- Okay. -

Sana era seduta su una delle sedie del tavolo del salotto con lo sguardo puntato sullo schermo del computer. Stava lavorando alla bozza del suo romanzo da alcune ore, mentre, poco distante, Hayama era seduto sul divano e guardava la televisione.
Avevano finito di cenare da alcune ore e, dopo aver sistemato la cucina, avevano dedicato la loro attenzione ad una diversa occupazione.
Lei salvò il documento e spense il computer, poi sollevò le braccia sopra la testa e si stiracchiò.    
- Ehi, Hayama! - lo chiamò girandosi nella sua direzione.
Lui, senza smuovere di un millimetro la sua attenzione dal programma in tv – ancora karate? Ma non si stancava mai? –, rispose apatico: - Cosa? -
- E' un po' che mi faccio questa domanda... ma tu perché hai accettato di sottostare alla clausola del testamento di papà? - Lei si alzò e andò a sedersi anche a lei sul divano, anche se di traverso, con la schiena rivolta al bracciolo. - Il denaro che ci ha lasciato ti serve per un motivo in particolare? -
Seguì un pesante silenzio, tanto lungo che lei credette che Hayama non avrebbe risposto. - Per una palestra. Voglio aprire una palestra di karate. -
- Davvero? - sussurrò interessata. - A me servono per darmi il tempo necessario ad ingranare come scrittrice. Potrei smettere con i lavoretti e dedicarmi solo alla scrittura. - Era quello il suo sogno, lo era sempre stato. Da così tanto tempo che quasi non ne aveva memoria.
Lui finalmente si girò e la guardò interrogativo. - Ah, sì? Ero convinto che ti piacesse lavorare con i bambini, in mezzo al gente. Forse mi sono sbagliato. - E con queste ultime parole tornò a rivolgere la massima attenzione al incontro di karate.
Sana rimase interdetta per qualche secondo. Certo che le piacevano i bambini e la gente, ma non aveva mai pensato di dedicare la sua vita a qualcosa che comprendesse queste cose. Ricordava bene sua madre seduta davanti ad uno schermo del computer o, prima ancora, ad una macchina da scrivere e di come lei avesse seguito le sue orme. Sua madre che le diceva quanto era brava e suo padre che le aveva regalato un quadernino con un set di penne per scrivere le sue storie.
Ecco, visto in quel modo, il suo sembrava un percorso predestinato, quasi forzato, anche se ciò non significava necessariamente sbagliato. Possibile che la professione a cui stava dedicando tutto il suo impegno non fosse la più giusta per lei? Era la prima volta che si poneva una domanda del genere. Ritrovò la voce e chiese: - Pensi che scrivere romanzi non faccia per me? -
- Non sono io che devo pensarlo, Kurata, ma tu. In fondo riguarda la tua vita, non la mia – replicò saggiamente.
- Sì, ma come posso immaginare che devo pensare che sto sbagliando lavoro se nessuno me lo dice? - si lamentò in modo contorto, incrociando le braccia al petto.
Hayama sollevò gli occhi al cielo. - Beh, ora lo sai. E non angustiarti troppo, non vai in pensione domani, se vuoi puoi cambiare professione anche un milione di volte. -
Sana si spinse qualche centimetro in avanti e reclinò la testa all'indietro, fino a poterla appoggiare al bracciolo alle sue spalle, e fissò il soffitto. - Hayama, come hai capito che il karate era la tua vita? Perché hai cominciato a praticarlo? -
Lui scrollò le spalle. - Ho cominciato a praticarlo senza un motivo in particolare. Mi avevano detto che era lo sport che faceva per me e io volevo dedicarmi a qualcosa. All'inizio non ero poi così preso, ma poi mi sono appassionato. Insomma, Kurata, che domande fai?! - si spazientì alla fine e il suo viso assunse un'espressione scocciata e minacciosa.  
Sana rise. Doveva averlo messo molto in difficoltà parlare di sé e del suo maggiore interesse. Il sorriso le morì sulle labbra. Era così strano! Lei e Hayama che conversavano civilmente – più o meno – e approfondivano la loro rispettiva conoscenza come due normali amici. Fino a poche settimane prima non avrebbe mai immaginato che sarebbero arrivati fino a quel punto, ma che avrebbero continuato a ignorarsi e comportarsi come se non abitassero nella stessa casa. Anche la pessima opinione che aveva di Akito Hayama era cambiata – quasi – completamente, forse ormai lo considerava davvero un amico a cui voler bene. Doveva ammettere che la sua presenza le piaceva e non aveva più tanta fretta che i sei mesi imposti dal testamento trascorressero.
- Perché sorridi come una stupida? - sentì chiedere.
- Ehi! - si arrabbiò. Prese un cuscino e glielo lanciò contro. - Perché sono felice, scemo. -
Hayama agguantò il cuscino con una mano prima che questi lo colpisse in faccia e lo rispedì al mittente. Mentre Sana cominciava a pensare che avrebbero cominciato una battaglia a suon di cuscinate, un tuono improvviso la fece sobbalzare. Si voltò verso la finestra e vide che pioveva piuttosto forte.  
- Oh, piove. Peccato, era una così bella giornata fino a poche ore fa. -
- Rasserenati, domani è previsto bel tempo – la informò Hayama.
Nel frattempo si era alzata per avvicinarsi alla finestra. - Uhm? Una macchina? - sussurrò poco dopo, quando vide due fari avvicinarsi in direzione della casa. - Sta venendo qui. Chi sarà a quest'ora? - chiese, più a se stessa che a Hayama.
- Chiunque sia, avrebbe dovuto restarsene dov'era. -
Lei lo fulminò con un'occhiata e si avviò verso l'ingresso. - Non fare l'asociale. -
Alle sue spalle, lo sentì sbuffare.
- Fuka! – esclamò aprendo la porta. Sulla soglia fece capolino Fuka. I vestiti che aveva indosso – una maglietta a mezze maniche e un paio di jeans – erano completamente bagnati e i capelli le si erano incollati al viso. Sana si scostò e la lasciò entrare. - Perché sei venuta? Con questo tempo, poi. -
- Ho un problema a casa. E' successo un casino con l'impianto idraulico e si è allagato tutto. Ci vorrà qualche giorno prima che sia tutto sistemato, perciò volevo chiederti se nel frattempo potevi offrirmi ospitalità. -
- Non devi nemmeno chiederlo! Mi fa piacere averti qui. Andiamo di sopra che ti prendo qualche asciugamano così ti puoi asciugare. - La osservò per qualche secondo e aggiunse: - Dovrò prestarti anche qualcosa di mio, i tuoi vestiti sono inservibili per ora. -
Fuka sollevò le braccia per farle cenno di fermarsi. - Aspetta, non c'è bisogno. Ho una borsa con qualche vestito in macchina. Vado a prenderla. -
- Eh? Ma no, sei già bagnata e infreddolita. Dai, chiedo a Hayama, tu vai in bagno al piano di sopra. -
Fuka inarcò un sopracciglio, poco convinta della sua idea, ma le consegnò le chiavi dell'auto. Poi seguì il suo suggerimento e si avviò verso le scale.
Sana, invece, andò in salotto. - Hayama? Potresti andare a prendere la borsa con... -
- Ho sentito - la interruppe.
- Bene. Allora, ci vai? -
- Neanche per sogno! Fuori diluvia. Mandaci Matsui che è già completamente bagnata, perché devo andarci io? -
Sana assunse un finta espressione tragica. - Fuka è già di sopra ad asciugarsi, toccherà a me, quindi. E pensare che ieri ho avuto un brutto incidente e ho perso molto sangue. Chissà che brutto malanno prenderò! - Attese un istante, giusto il tempo di vedere il cipiglio di Hayama scomparire dal suo viso. Per completare la sua scenetta, si girò e fece alcuni passi.
- E va bene, vado io. - Hayama la raggiunse a grandi passi, le strappò le chiavi di mano e uscì dal salotto. Solo quando sentì la porta dell'ingresso sbattere, lasciò andare le risa che aveva trattenuto fino a quel momento. Senza smettere di ridacchiare, salì al piano di sopra per raggiungere la sua amica.   
   

Spazio Autrice: In extremis, praticamente, ma sono riuscita a portare a termine il capitolo. Spero vi sia piaciuto.
Che fatica scrivere quel pensiero di Akito secondo cui Sana e il Mollusco starebbero bene insieme... purtroppo, anche se io la penso diversamente, credo che Akito lo consideri un buon rivale.
Purtroppo, non sono riuscita a darvi uno spoiler nemmeno questa volta, però perlomeno ho scritto un capitolo lungo come lo erano i primi... gli ultimi erano stati un pò più brevi.
Grazie per le 5 recensioni, le 27 preferite, le 39 seguite e le 7 ricordate.
Al 2/3!
Ilaria

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** 16° capitolo ***


The Ghost's Diary - 16° capitolo
The Ghost's Diary
16

1 Giugno
Caro Diario,
La mia idea del doppio diario sta funzionando alla perfezione e la presa su di me che aveva esercitato mia madre si sta allentando. Per essere sicura che non si intromettesse nella mia amicizia con Shotaro e che mi impedisse di vederlo, ho inventato che sta rivolgendo le sue attenzioni verso un'altra ragazza e professato il mio amore per Sentaro praticamente in ogni riga. Purtroppo, mi duole dire che, al contrario, i rapporti tra me e il mio – per quanto? - fidanzato peggiorano di giorno in giorno. Ora che mi sono ribellata al suo tentativo di soffocare i miei voleri, non facciamo altro che discutere.
Sto seriamente prendendo in considerazione l'idea di rompere il fidanzamento, pensi che stia commettendo uno sbaglio? Vorrei veramente che potessi rispondermi e darmi un consiglio. Sei l'unico con cui posso parlare della situazione che si è creata. Shotaro è il mio migliore amico, ma dubito fortemente di potermi confidare con lui su questo. Ultimamente mi sento sempre più a disagio in sua presenza. Non fraintendere, lui non ha colpa, sono io il problema.
Non sono certa di riuscire a vederlo più solo come un amico. Ecco, l'ho detto! I preparativi per il matrimonio continuano e - forse - la sposa è innamorata di un altro. Era tutto così semplice fino a poco tempo fa, come ho fatto a complicare tanto la mia vita?
Vorrei tanto lasciare la situazione com'è e permettere che si evolva da sola, ma sarebbe sbagliato. Questo pasticcio è soprattutto opera mia e sono l'unica che può risolverlo. Non voglio vivere di rimpianti.   
Buonanotte, caro Diario,
Hana

- Grazie mille, amica mia, per l'ospitalità – le disse Fuka con il suo irrinunciabile accento di Osaka, quando Sana entrò nella stanza. Ora che si era fatta la doccia e aveva indossato vestiti asciutti, Fuka aveva un aspetto decisamente migliore, notò.
Lei si avvicinò, prese posto sul bordo del letto della stanza per gli ospiti che aveva offerto alla sua amica e incrociò le gambe. L'altra, invece, aveva appoggiato la schiena contro la testata del letto e al suo fianco aveva posizionato una pila di libri di diverse dimensioni. Probabilmente aveva intenzione di studiare per buona parte della notte in vista degli esami universitari.
- Noi abbiamo già cenato, però se vuoi possiamo fare uno spuntino di mezzanotte! - propose sorridendo.
- Sono le undici, Sana! -
- Lo so, però spuntino delle undici non suonava bene come nell'altro modo – replicò e scrollò le  spalle. - E poi mamma diceva sempre che non bisognerebbe mai studiare a stomaco vuoto. -
Fuka mise le mani avanti. - Okay, okay! Facciamo questo spuntino – accettò, rassegnata all'idea che non sarebbe mai riuscita a far cambiare idea a Sana.
Soddisfatta della vittoria ottenuta, si alzò e uscì dalla stanza. - Torno subito. -  

Akito spense il televisore e sbadigliò. L'incontro di karate era finito, peccato che non fosse riuscito a seguirlo completamente, come succedeva ogni volta che Sana era nei paraggi.
La nominata comparve proprio in quel momento. Entrò nel salotto e gli gettò un'occhiata, poi lo oltrepassò per dirigersi in cucina. Lui la seguì e la trovò intenta a prendere un grosso vassoio e riempirlo di bibite, lattine di birra e schifezze di vario genere.
- Oltre a Matsui hai invitato anche un esercito, per caso? Per chi è tutta quella roba? - domandò ironico incrociando le braccia al petto.
- Per me e Fuka – rispose, senza raccogliere la provocazione.
- Quanto si ferma? -
- Chi? -
Difficile dire se dicesse sul serio o lo stesse solo prendendo in giro. - Mio nonno! La tua amica, Kurata. E' lei che stai ospitando, no? - Quelle due insieme gli avrebbero portato guai e problemi, ne era certo.  
- Non lo so. Qualche giorno, penso. Non essere maleducato, Hayama, Fuka rimarrà finché ne avrà bisogno. -
Uhm, forse avrebbe dovuto chiedere asilo a Tsuyoshi, però questo avrebbe significato sopportare lui e la fidanzata Aya che insieme erano più dolci dello zucchero. Dopo quello che il suo amico gli aveva accennato al telefono prima che Sana tornasse, poi, la situazione sarebbe stata anche peggiore. Okay, forse rimanere a casa propria era la soluzione migliore.
Sana gli passò davanti con il vassoio destinato all'esercito e lui svelto le rubò una pesca matura da sotto il naso.
- Ehi, molla l'osso! - la sentì lamentarsi.
Akito, con un ghigno, uscì dalla cucina con il suo bottino, mentre lei alle sue spalle continuava a blaterare. - Buonanotte, Kurata – le augurò e si avviò verso la sua camera, sordo ai richiami dell'altra.

Sana entrò in camera di Fuka sfoderando un grosso sorriso, anche se dentro di sé era ancora un po' indispettita per quanto accaduto in cucina. Quello sciocco!
- Sana, aspetta, ti aiuto! - esclamò Fuka vedendola e capendo che da sola stava avendo un po' di problemi di equilibrio nel reggere il pesante vassoio con un braccio solo. - Potevi usare due mani, no? - Puntò lo sguardo sul suo braccio sinistro e subito si accigliò. Accidenti, beccata di nuovo! Questa volta le sarebbero toccate un bel po' di spiegazioni. - Che ti è successo? - chiese, un dito ad indicare la parte offesa.
Ecco, lo sapevo. - Nulla, niente di ché – minimizzò nella vana speranza che l'altra di accontentasse di quella breve spiegazione.
Ovviamente no. - E' una strana fasciatura. Ti sei slogata il polso? -
Sana scosse il capo. - Mi sono tagliata con un coltello. Mi è scivolato di mano – ammise. Si sedettero entrambe sul letto, una di fronte all'altra a gambe incrociate e il vassoio a dividerle. - E' una storia lunga e anche parecchio strana. -
Fuka allungò un braccio e prese una patatina. - Sono curiosa, racconta! -
Sana si arrese e cominciò a parlare. Sapeva che Fuka era un persona molto concreta e razionalista, ma anche Hayama lo era e se ci aveva creduto lui...

Il sospirato sonno tardava ad arrivare quella notte. Era stanco, però non era ancora riuscito ad appisolarsi. Akito cambiò nuovamente posizione, tenne serrate le palpebre e attese in silenzio.
Passarono solo pochi minuti prima che si spazientisse e decidesse di alzarsi e scendere al piano inferiore. Forse se avesse sprecato qualche energia con qualche flessione sarebbe stato più semplice addormentarsi quando sarebbe tornato a letto.
Infilò i piedi nudi nelle ciabatte e uscì dalla camera a passo lento e felpato. Nel buio corridoio non si udiva un solo suono, chiaro segno che sia Sana e la sua ospite erano profondamente addormentate.
O forse no, fu costretto a correggersi, quando arrivò in salotto e vide che la luce della cucina era accesa. Si avvicinò alla stanza chiedendosi se in realtà era solo che Sana non aveva spento la luce.
In cucina, un'assonnata Matsui girava lentamente il cucchiaino in una tazzina di caffè. Lei si accorse della sua presenza e si voltò a guardarlo. - Hayama. Devo studiare ancora un po' e volevo tenermi sveglia... spero non ti dispiaccia se ho preparato un po' di caffè. -
- No. -
- Prima non c'è stata occasione per salutarsi e volevo ringraziarti per la valigia. -
Akito liquidò la questione con un cenno della mano. - Non importa. -
- E grazie anche per l'ospitalità. -
- E' stata Sana ad invitarti, io non c'entro nulla. - Se fosse stato per lui, l'avrebbe volentieri spedita in un albergo.  
Lei inarcò un sopracciglio e insistette: - Va bene, però è anche casa tua e perciò ritengo giusto ringraziare anche te. -
- Okay, okay – si arrese Akito.
- Ti ha mai detto nessuno che sei davvero irritante? -
Lui curvò un labbro in un mezzo sorriso ironico. - Qualche volta. -
Matsui bevve un grosso sorso di caffè fumante. - Aspetta, non voglio discutere con te. Volevo parlarti e, visto che sei capitato qui e presumo che tu non riesca a dormire, mi sembra giusto sfruttare l'occasione. -
Lui non voleva parlare, ma solo fare gli esercizi e andare a dormire. - Che cosa volevi dirmi? - chiese con voce atona e senza il minimo interesse.
- Sana stasera mi ha raccontato quello che le è successo ieri... anzi, l'altro ieri vista l'ora, e volevo conoscere la tua opinione in proposito. -
- Che cosa ti ha detto esattamente? -
- Tutto, credo. Ogni cosa strana successa a te e a lei qui dentro mi è stata riferita. -
Akito dubitava che Sana le avesse raccontato proprio tutto, ma non fece commenti. - Se sai com'è andata, cosa vuoi sapere da me? -  
- Il racconto di Sana è abbastanza... come dire... fantasioso. Non fraintendermi, non penso che si sia inventata ogni cosa, solo vorrei avere conferma che lei non abbia equivocato. Una controprova, ecco. -
Akito non poteva darle torto. Nemmeno lui al suo posto avrebbe creduto alla loro storia, piuttosto avrebbe preferito pensare che avevano perso qualche rotella, ma ormai non si poteva più negare l'evidenza. Sospirando si accinse a rispondere. - Sì, da quando ci siamo trasferiti sono successi fatti soprannaturali. Siamo stati presi di mira, Sana soprattutto, da non si sa bene cosa, forse un fantasma. Lei, ieri sera, è come se avesse rivissuto un avvenimento passato in cui comparivano persone e luoghi descritti in un diario. -
- Il diario che ha ritrovato Sana? -
- Precisamente – confermò con un cenno. - Che tu ora mi creda o no non mi interessa, sono fatti tuoi. Se è tutto, tornerei a dormire. -
L'espressione pensierosa di Matsui scomparì. - Aspetta, non essere precipitoso! Accidenti, che carattere! -
Akito, sul punto di voltarsi, si bloccò e ritornò a guardarla.
- Sia quel che sia, non pensi sia necessario andarsene da qui? Credo che entrambi teniate al testamento, ma la vita è più importante. -
- In bocca al lupo nel tentativo di convincere Sana. - Lui ci aveva provato e senza successo. E certamente non poteva abbandonarla lì da sola.
- Ah, è così? - la sentì sussurrare con tono malizioso.
- Cosa? -
Matsui svuotò la tazzina e l'appoggiò nel lavandino. - Buonanotte, Hayama – gli augurò e lo lasciò lì a chiedersi cosa avesse detto di tanto divertente.

- Sana! Sana, svegliati. Sana – chiamava una voce poco conosciuta. Chi era, cosa voleva da lei? Sana sbatté piano le palpebre e lentamente mise a fuoco una pallida figura sospesa in aria.
- Hana! - esclamò incredula. Era proprio lei, anche se non corporea come la volta in cui l'aveva vista nel suo sogno-non sogno. L'espressione era diversa, notò, molto più triste e tormentata. Sbatté più volte le palpebre aspettandosi che la visione sparisse e si pizzicò la pelle della mano. Okay, era sveglia, non vi era dubbio, e quello che aveva davanti era un fantasma.
- Finalmente – sospirò quella.
Una lieve luce illuminava la stanza, proveniva dalla lampada sul comodino. La fissò confusa. Strano, mi sembrava di averla spenta, pensò, mentre il cuore nel suo petto batteva come un tamburo per la preoccupazione.
Hana, o meglio, il suo fantasma, individuò il suo pensiero e disse: - E' opera mia. -
- Sei un fantasma? - chiese incredula. Era pericolosa? Sarebbe dovuta fuggire?
- Sì. Non tutti vanno avanti, qualcuno rimane bloccato qui. Sospeso a metà strada. -
- E perché sei qui? - domandò ancora, un po' più calma, perché rassicurata dall'espressione tranquilla dell'altra.
Hana inarcò le sopracciglia. - Volevo parlarti. -
Lei scosse il capo. - No, intendevo... perché non sei andata avanti? -  
Ci fu un attimo di pesante silenzio. - Non è importante. - Il fantasma era evidentemente sulla difensiva. - In genere non ci presentiamo ai vivi, preferiamo proseguire la nostra esistenza in solitudine, ma mi sembrava giusto chiederti perdono per la ferita che ti è stata inferta. Non è stato intenzionale da parte mia, non volevo assolutamente farti del male. -
Sana annuì. Era un modo per assicurare all'altra che le credeva. - Perciò sei stata tu a farmi vedere quella scena, giusto? -
- Sì. Avevo visto quanto ti eri mostrata interessata alla mia vita, anche se non ne capisco il motivo, e volevo farti vedere quanto fosse stato difficile. Non avrei dovuto, è stato uno sbaglio. Il passato è meglio che resti dov'è. -
Sana si tirò su a sedere e poggiò la schiena contro la testata del letto. - Scusa se sono stata invadente, ero solo curiosa, non pensavo che avrei potuto ferire qualcuno. -
- Non importa, non lo sapevi. Shotaro mi manca molto, vorrei tanto poter dimenticare... -
Hana emanava un tale tristezza che anche lei si sentì contagiata. - C'è nulla che io possa fare per aiutarti? Se magari sapessi meglio cosa ti è successo... -
Il fantasma indietreggiò di scatto provocando un lieve spavento a Sana. Sembrò quasi impallidire e sgranò gli occhi. - No, io... dimenticami – pregò e sparì.  


Spazio Autrice: Eccomi qui con un nuovo capitolo! Spero vi sia piaciuto, anche se ammetto di essermi trovata un pò in difficolta con la scena in cui compaiono Aki e Fuka... è stato difficile gestirli insieme.
Grazie per le 8 recensioni, i 30 preferiti, le 40 seguite, le 7 ricordate e le visite.
Al 15/3!
Ilaria

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** 17° capitolo ***


The Ghost's Diary - 17° capitolo
Eccomi tornata con il capitolo 17! E questa volta, finalmente, è disponibile uno spoiler del prossimo capitolo, visto che sono riuscita a cominciarlo, almeno. Buona Lettura.

The Ghost's Diary
17
5 Giugno
Caro Diario,
E' finita. Tra me e Sentaro è tutto finito. Oggi, finalmente, mi sono decisa e ho rotto il fidanzamento. Non potevo più andare avanti così, il matrimonio era sempre più vicino e la situazione mi stava sfuggendo di mano.
Questo pomeriggio Sentaro è passato a trovarmi. Mi sono fatta coraggio e gli ho detto che non lo amo e non me la sento più di sposarlo. E' stato molto difficile, soprattutto perché lui è diventato insistente. Non sapevo più cosa dirgli per convincerlo, perciò gli ho mentito e ho inventato di amare un altro. Beh, in verità non saprei dire con certezza se questa fosse o meno una bugia, perché in effetti il legame che si è creato tra me e Shotaro si fa di giorno in giorno più forte.
Purtroppo, la mia giustificazione è servita solo a far infuriare di più Sentaro. Mi ha schiaffeggiata. Non mi ha fatto troppo male, però mi sono spaventata e ho provato anche una cocente delusione: non pensavo di essermi sbagliata così tanto sul suo conto.
Fortunatamente, i miei genitori hanno sentito le urla, ci hanno raggiunti e l'hanno cacciato via. E' stato un sollievo vederlo percorrere per l'ultima volta la strada per uscire dalla mia casa. Spero davvero di vederlo mai più.
A presto, caro Diario,
Hana

- Fuka! - strillò Sana entrando nella stanza che aveva assegnato all'amica. Il colpo dato alla porta fu tale che questa sbatté con forza contro il muro. La luce proveniente dal corridoio illuminò in parte la stanza permettendole di vedere l'interno.
Si avvicinò al letto dove era profondamente addormentata Fuka. Quest'ultima era ricoperta dal lenzuolo solo fino alla vita e le dita stringevano un libro. - Ma dormi?! - sussurrò sorpresa, prima di gettare uno sguardo all'orologio. - Oh, beh, in effetti sono le quattro. - Si sedette con poca grazia sul letto sperando che questo bastasse a svegliare l'altra, ma fu delusa. Fuka si limitò a girarsi verso di lei e mugugnare qualcosa d'incomprensibile, ma non si svegliò.
- Avanti, svegliati, è importante! Importantissimo! - Cominciò a scuoterla e bastò poco perchè Sana venisse accontentata.
- Che vuoi, Sana? Ho sonno – disse Fuka con voce impastata e gli occhi socchiusi.
- Devo parlarti, è importante. -
- Se si tratta di Hayama, ne parliamo domani. - L'amica si voltò dall'altra parte. - E spegni la luce – aggiunse infastidita.
Sana, però, ignorò completamente le ultime parole pronunciate da Fuka, era ancora presa dalle prime. - Hayama? Perché dovrei parlarti di lui? - Che cosa c'entrava Fuka con Hayama? Proprio non riusciva a spiegarselo.
- Oh, Sana, a volte mi stupisco di quanto ancora tu sia lenta per certe cose. - Ora l'altra sembrava un po' più sveglia.
- Stai forse insinuando...? - Sentì le guance accalorarsi, doveva essere arrossita. - Non c'è nulla tra me e Hayama! – negò con forza. Loro erano così diversi e... ma perché perdeva tempo a pensarci?! Aveva cose molto più importanti di cui occuparsi al momento. - Hayama non c'entra nulla con questo, non direttamente, almeno. Si tratta di Hana – rivelò. Con esasperazione si rese contro che Fuka era scivolata di nuovo nel sonno.

Sana risalì le scale e attraversò il corridoio in direzione della stanza di Akito Hayama. Dopo aver risvegliato Fuka per la seconda volta, l'aveva convinta ad alzarsi e l'aveva accompagnata in salotto. Ora non le rimaneva che svegliare il suo coinquilino e finalmente avrebbe potuto confidarsi con qualcuno su quanto aveva visto poco prima in camera sua.
Spalancò la porta e premette il pulsante alla sua destra. Provò un leggero fastidio perché i suoi occhi, abituati alla penombra, non apprezzarono l'intensa luce che illuminò la stanza. Istintivamente si schermò il volto con una mano e oltrepassò la soglia.
Hayama era steso prono sul materasso e con un mugugno la imitò coprendosi il viso con braccio. Non dovette sembrargli sufficiente, dato che nascose la testa sotto il cuscino come gli struzzi fanno con la sabbia. Sana si sedette al suo fianco e lo scosse leggermente. - Hai forse intenzione di soffocarti? - scherzò. - Su, vieni fuori. -
La voce di lui le arrivò soffocata. - Che vuoi? Vattene! - Con quello che sembrò essere il più grande sforzo di questo mondo, estrasse il viso da sotto il cuscino e la guardò minaccioso.
- Qualcuno è venuto a trovarmi questa notte. -
- Eh? - La guardò confuso, poi scosse la testa. - Non è possibile, Kurata viene a tormentarmi anche nei sogni! -
- Hana, idiota! Sei assolutamente sveglio. In piedi, avanti! - Si alzò e lo prese per un polso cominciando a tirare con forza. Sbilanciato e colto di sorpresa, Hayama non poté evitare di scivolare e precipitare sul pavimento insieme al lenzuolo che gli avvolgeva le gambe.
Sana sorrise diabolica. - Ti aspetto di sotto – disse candida e canticchiando lasciò la stanza.

Akito entrò in salotto meno di cinque minuti dopo che Sana lo aveva abbandonato sul pavimento della sua camera. Il suo corpo era ancora caldo di sonno, però la sua mente ora era perfettamente attiva e sveglia. Era bastato il nome di “Hana” - la causa di alcuni dei loro problemi – a stuzzicare il suo interesse. Non era riuscito a capire che cosa Sana gli aveva detto con precisione, però qualsiasi cosa fosse sarebbe stata almeno importante.
Sana e Matsui l'aspettavano sedute sul divano, una di fianco all'altra. La prima era seria, anche se si illuminò quando lo vide entrare, mentre la seconda era leggermente irritata, forse per essere stata svegliata.
Akito prese posto su una delle poltrone e puntò uno sguardo interrogativo su Sana. Lei colse subito la sua domanda silenziosa e annuì. - Fino a poco fa stavo dormendo come voi, solo che Hana è venuta a svegliarmi. -
- Hana?! - Matsui fissò l'amica sorpresa. - Non è quella del diario? Pensavo che fosse vissuta qui molto tempo fa, come ha fatto a... -
Non poté terminare la replica, perché l'altra la interruppe: - E' un fantasma. -
Un fantasma? La mente di Akito immaginò la ragazza che aveva visto nel sogno trasparente e si chiese quanto questo suo pensiero fosse distante dalla realtà. - Ma non esistono! - si lamentò, anche se lui stesso non poté credere completamente alle proprio parole.
Sana lo guardò male, anche se Matsui annuì leggermente nella sua direzione. - Esistono eccome! - esclamò la prima. - Io l'ho vista. -
- Ti ha detto qualcosa? - chiese lui, rinunciando a confutare l'esistenza o meno dei fantasmi.
- Sì. Voleva scusarsi per quanto accaduto l'altro ieri in cucina, mi ha detto che è stato un incidente e che non aveva nessuna intenzione di ferirmi. -
- Kurata, non penso che dovresti fidarti ciecamente delle sue parole. Poteva essere il suo modo per convincerti a non andartene da qui e poi cogliere l'occasione migliore per aggredirti di nuovo. -
- Avrebbe potuto farlo anche prima, visto che ero sola, no? -
- Ha ragione – la sostenne Matsui. - E poi se avesse voluto attaccarvi avrebbe avuto migliaia di altre occasioni, è più di un mese che vi siete trasferiti qui. -
Okay, non avevano tutti i torti, doveva concederglielo. - Sì, forse. -
- Ti ha detto altro? - parlò di nuovo Matsui e si girò verso l'amica.
Sana inarcò le sopracciglia, pensierosa. - Mi ha detto che aveva visto come mi ero interessata a lei e l'altra volta aveva voluto mostrarmi la sua vita... penso che sia un po' sospettosa riguardo a questo. Credo non capisca la mia curiosità. -
- Non è l'unica! - affermò ironico e lei fu lesta a mollargli un calcio, prima di tornare a rivolgere l'attenzione a Matsui. Un lieve gemito di dolore gli fuoriuscì dalle labbra e si toccò la parte lesa con la punta delle dita. Colpiva forte!
- Hana è molto restia a parlare della sua vita, vuole che mi dimentichi di lei. -
- Mi sembra un buon suggerimento. Sarebbe una buona idea seguirlo – riprese lui con lo stesso tono di prima.
- Questa volta sono costretta a trovarmi d'accordo con Hayama, Sana – disse l'altra, sorprendendolo. Meno male che non prendeva per oro colato qualsiasi cosa dicesse l'amica. - Non sai che cosa nasconde il suo passato. Costringerla a riviverlo potrebbe causare in lei grande dolore. -
Akito annuì con il capo, pensava la stessa cosa.
Sana reclinò la schiena fino a toccare la superficie morbida del divano e sollevò il viso pensieroso. - Probabilmente avete ragione, ma... non so, non sono convinta. Penso che se sapessi, se conoscessi la sua storia, potrei aiutarla in qualche modo. -
Lui sollevò gli occhi al cielo. - Kurata, lei è morta. Non c'è più nulla che tu possa fare – affermò senza mezzi termini. Aveva sempre pensato che fosse inutile girare intorno alle questioni senza giungere direttamente al punto della situazione.
Negli occhi di Sana passò un lampo d'irritazione. - Questo lo so anch'io. Ciò non significa che Hana non possa ritrovare la pace che necessita. -   
- Kurata, dammi retta, rassegnati. Non puoi cambiare il passato, quel che è fatto è fatto. - E non si riferiva solo ad Hana, ma anche a se stesso. Il suo ginocchio non era più quello di prima, il karate per lui non sarebbe più stato quello di prima. Si alzò in piedi e sia Sana che Matsui seguirono i suoi movimenti con lo sguardo: la prima lo fissava infuriata, la seconda indifferente e, se gli fosse importato, non avrebbe saputo dire che cosa le passasse per la mente. - Se vuoi continuare la tua ricerca della verità fai pure, non posso fermarti, ma non contare su di me. - Voltò le spalle ad entrambe e si avviò verso la porta. Poté muovere solo qualche passo prima che gli giungesse all'orecchio la risposta di Sana. - Non me ne frega niente del tuo aiuto, posso arrangiarmi benissimo da sola. -
Tornò in camera sua con l'intenzione di riprendere il sonno da dove era stato interrotto, anche se aveva la nefasta sensazione che la sua fosse solo una vana speranza e addormentarsi non sarebbe stato per nulla semplice.

- Mostro privo di sentimenti, verme senza cuore... - borbottava imperterrita la sua amica Sana da alcuni minuti. Fuka era certa che ormai avesse esaurito tutti gli insulti che le saltavano in mente e avrebbe cominciato ad inventare qualcosa privo di senso.
- Uomo acido – la sentì dire e un lieve sorriso le incurvò le labbra. Ecco, appunto. Era il caso di fermarla e farle ritrovare la ragione, sempre che fosse possibile.
- Dai, Sana, non prendertela. Ha solo detto quello che pensava – tentò di blandirla. Hayama le era sembrato strano poco prima. Aveva notato un'espressione ferita mentre lui parlava di passato e dell'impossibilità di cambiarlo. Non aveva potuto capire con precisione che cosa lo tormentasse però, non lo conosceva a sufficienza. Sana, invece, era stata troppo arrabbiata e presa da quella Hana perché si rendesse conto di qualcos'altro.
- Mi irrita quando si comporta così. Come fa ad essere così insensibile? - Dall'espressione accigliata traspariva una nota di delusione.
Se voleva, Sana era brava a fingere, ma Fuka la conosceva da molto tempo e sapeva che l'amica era dispiaciuta d'aver litigato con Hayama. - Vedrai che cambierà idea e farete presto pace. -
- Pace?! - La fissò come la volta in cui aveva chiesto se lei e Hayama erano fidanzati. - Non ho alcune intenzione di fare pace, voglio che i mesi rimanenti trascorrano in fretta per poter non vederlo più. - Incrociò le braccia sotto il seno e a Fuka quell'immagine ricordò molto una bambina capricciosa.
- Non lo pensi veramente. Ti da solo fastidio che ti abbia contraddetta. -
- Non è vero, non sono più una bambina. Il punto è... -
- Il punto è... – la interruppe Fuka. - Che sai che lui ha ragione, ma non vuoi ammetterlo. - Con tono più dolce, aggiunse: - Sana, se vuoi aiutare davvero quella ragazza, fallo, hai il mio appoggio, però non puoi pretendere da Hayama lo stesso. -
- Pensavo ci stessimo avvicinando, invece abbiamo finito di nuovo per litigare – sospirò tristemente Sana. - Beh, peggio per lui. Ora torno a dormire. Buonanotte, Fuka. - Sbadigliò e sollevò le braccia per stiracchiarsi. Poi si alzò dal divano e lasciò il salotto.
- Buonanotte – le augurò Fuka un attimo prima che oltrepassasse la soglia della stanza. La sua amica era caparbia, ma, anche se era stata poco propensa a dare retta alle sue parole, sperava che avrebbe fatto pace presto con Hayama. Aveva avuto poco tempo e forse era troppo presto per giudicare, però quei due le erano sembrati in sintonia insieme.
Sorrise. Era proprio curiosa di scoprire come sarebbe andata a finire tra Sana e Hayama. E, con quest'ultimo pensiero, tornò anche lei nella sua stanza.
 

Spazio Autrice: Scusate se il capitolo è leggermente più breve del solito, ma sono stata costretta a troncarlo in quel punto per ragioni temporali. Spero comunque che vi sia piaciuto.
In verità non era previsto che litigassero, ma i personaggi mi sono sfuggiti di mano ed è andata così... beh, presumo che se non litigassero non sarebbero Sana e Akito, no?
Grazie per le 7 recensioni, le 33 preferite, le 8 ricordate, le 44 seguite e le visite.
Al 30/3!
Ilaria

Spoiler del prossimo capitolo:
Con sua sorpresa, ferma sulla soglia c’era Aya. Il sorriso sul suo viso era enorme, era parecchio che non la vedeva così allegra. Gli occhi marroni erano luminosi e le guance lievemente arrossate. - Ciao, Sana! -
[...]
 
- Tutto bene, Aya? - chiese cauta.
L’interpellata annuì con il capo ed entrò in salotto.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** 18° capitolo ***


The Ghost's Diary - 18° capitolo
The Ghost's Diary
18
 9 Giugno
Caro Diario,
In questo periodo stanno accadendo tante cose troppo in fretta. Prima io che sento di non amare Sentaro e di provare qualcosa per Sho, poi la rottura del fidanzamento e infine, proprio questo pomeriggio, il secondo bacio da parte di Shotaro.
Quest'oggi ci siamo incontrati e gli ho fatto sapere che il mio matrimonio è saltato e che Sentaro non mi interessa più – e forse non mi è mai interessato davvero. Lui mi ha guardata sorpreso, poi mi ha preso il viso tra le mani e le ha sfiorate con le proprie. E' stato tutto così improvviso, proprio non me l'aspettavo, anche se credo che sapendolo in anticipo non l'avrei comunque fermato. E' stato bellissimo sentirlo più vicino, il cuore mi batteva forte e mi prudevano le mani dalla voglia di toccarlo. Sono davvero contenta che il mio diario ora sia assolutamente al sicuro, lontano dalle mire di mia madre: le prenderebbe un colpo se leggesse le mie parole!
Dopo che si è separato da me, Shotaro mi ha osservato intensamente. Mi vergogno a dirlo, ma non sono riuscita a dirgli quello che provavo davvero e sono scappata via. Non voglio sbagliarmi questa volta, voglio essere assolutamente certa dei miei sentimenti prima di farli sapere a Shotaro. Non voglio rompere un altro fidanzamento.
A presto, caro Diario,
Hana

Sana era seduta a gambe incrociate sul divano, il computer posato sulle ginocchia e aveva lo sguardo fisso e concentrato sullo schermo. Alla sua destra, nella sua stessa posizione, c’era Fuka, solo che lei non batteva velocemente i pulsanti della tastiera, ma era china su un grosso volume scolastico e quaderni pieni di ordinati appunti.
Anche Sana aveva scritto parecchi appunti riguardanti il suo romanzo, ma i suoi erano segnati in pessima calligrafia su fogli volanti sparsi ovunque: alcuni sui cuscini intorno a lei e altri buttati a caso sul pavimento.
Il suono fastidioso e disturbatore del campanello interruppe il lavoro di entrambe.
- Vai tu? - chiesero all’unisono. Resesi conto della coincidenza, voltarono il capo una verso l’altra.
- Sana, io sto studiando per l’esame e poi questa è casa tua - le fece notare Fuka.
Con suo disappunto, lei non seppe proprio come replicare alla sua logica. Si alzò e borbottando sottovoce, si rassegnò ad andare ad aprire.
Se Hayama fosse stato presente, avrebbe potuto lasciare a lui l’onere, pensò. Certo, bisognava anche considerare che era una settimana che facevano il possibile per evitarsi e i loro discorsi, quando necessari, si limitavano a frasi del tipo: “mi passi il sale?” Probabilmente, anche se Hayama non fosse uscito per andare a fisioterapia, lo stesso non si sarebbe fatto alcuno scrupolo ad ignorare completamente il campanello che suonava. Idiota.
Con sua sorpresa, ferma sulla soglia c’era Aya. Il sorriso sul suo viso era enorme, era parecchio che non la vedeva così allegra. Gli occhi marroni erano luminosi e le guance lievemente arrossate. - Ciao, Sana! -
- Ciao, Aya. Prego, entra. - Si fece da parte per lasciar passare l’amica. La condusse in salotto e con stupore notò che Aya si comportava in modo diverso dal solito. Lei, che era sempre molto composta e tranquilla, quel giorno si muoveva nervosamente. Che cosa poteva esserle successo?
Sembrava davvero allegra, quindi a Sana non parve ci fosse bisogno di preoccuparsi, però…
- Tutto bene, Aya? - chiese cauta.
L’interpellata annuì con il capo ed entrò in salotto. Quando i suoi occhi incrociarono la figura di Fuka, si avvicinò e la salutò. L’altra ricambiò subito, accennando un sorriso nella sua direzione.
- Come va a casa tua, Fuka? - domandò Aya e prese posto su una poltrona poco distante.
- Ci sono stati dei problemi e la riparazione dell’impianto idraulico sta durando più del previsto, però a breve il mio appartamento sarà di nuovo disponibile. Sana dovrà sopportare la mia presenza ancora per un po’! - scherzò.
Lei sorrise. Era contenta che Fuka fosse rimasta ancora da lei per altri giorni, soprattutto visto il freddo rapporto che si era creato con Hayama. Chiese ad Aya se desiderasse qualcosa da bere, ma questa rifiutò, perciò ritornò ad occupare il suo posto accanto a Fuka.
Fissò l'amica con espressione interrogativa e tacitamente le domandò il motivo della sua visita.
Aya, come risposta, si limitò a sollevare il braccio sinistro. Sana lo fissò inarcando un sopracciglio. All'inizio le sfuggì il motivo del suo gesto, ma poi il suo sguardo si soffermò su un luccicante anello portato sull'anulare. Un anello di fidanzamento!
Lei fissò a bocca aperta il cerchio dorato con incastonato sulla superficie un piccolo diamante.
Era semplice, ma di buon gusto.
- Wow! Finalmente Tsuyoshi si è deciso, eh? - esclamò Fuka e si alzò per andare ad abbracciare l'amica. - Sapevo che te lo avrebbe chiesto da un momento all'altro, si vedeva. -
Aya sorrise e cominciò a ridere spensierata. - Beata te. Ultimamente era così strano, così... distante. Cominciavo a credere che mi volesse lasciare. -
Sana ripeté il gesto di Fuka stringendo l'amica a sé e affermò: - Figurati, tu e Tsuyoshi siete predestinati. Vi immagino già tra molti anni, più vecchi e grigi, ma ancora innamorati e felici. -
Fuka le diede un colpetto scherzoso sul braccio. - Dai, Sana. Che pensiero prematuro il tuo, almeno dalle il tempo di sposarsi. -
- Dobbiamo festeggiare – propose Aya in quel momento.
Sana si voltò a guardarla sorpresa. - Che fai, mi rubi le battute? Stavo per dirlo io. Potremmo dare un grande, enorme, colossale festa. Inviteremo un sacco di gente, tanto qui c'è un mucchio di spazio. - Nella sua testa, lei aveva già tutto in mente. Sarebbe stato bellissimo e si sarebbero divertiti tutti moltissimo.
- Ehm, Sana, forse Aya preferirebbe qualcosa di più semplice – le fece notare Fuka. La nominata non la stava guardando, perciò colse l'occasione al volo per dirle qualcosa utilizzando solo il labiale. Lei la fissò intensamente, ma Fuka dovette ripetersi più di una volta prima che potesse cogliere il messaggio: fantasma.
Okay, ripensandoci, forse la sua non era un'idea così brillante. Non tanto per gli ospiti, ma più che altro per la povera Hana che si sarebbe ritrovata la casa piena di sconosciuti.
- Beh, una festa qui, se non invitiamo troppa gente, potrebbe andare bene se a Sana non dispiace – commento Aya.
Avevano un problema. Ora, potevano raccontarle tutto, ma ad Aya non piaceva il soprannaturale e Sana non voleva spaventarla, oppure trovare un soluzione per ritirare l'offerta di utilizzare la propria casa per festeggiare il fidanzamento. Meglio la seconda.
- L'ho proposto io, Aya, certo che mi fa piacere organizzare la festa qui, però... credo proprio che Hayama sarà contrario – inventò. E in fondo, si disse poi, non si poteva nemmeno definire un bugia.
- Già! - le rese prontamente il gioco Fuka. Grazie, amica mia! - Odia le feste e la confusione. Non darebbe mai il suo benestare. -
- Non puoi proprio provare a convincerlo? - Al suo cenno negativo, aggiunse: - Proverò a chiedere a Tsuyoshi. Si conoscono da molto tempo e forse, se glielo chiederà lui, accetterà. -    
- Ehm, ma... - provò a dire, ma fu Fuka a bloccare sul nascere la sua replica. - Prova, forse funzionerà. -
Sana si girò a fissarla con gli occhi sbarrati. Che accidenti stava dicendo? Appena sarebbero rimaste da sole, avrebbe preteso delle spiegazioni.
Accantonato, almeno per il momento, l'argomento “festa”, chiese, piena di curiosità, in che modo Tsuyoshi le avesse fatto la proposta, dove e quando.
- E' successo poche ore fa. Si è presentato a casa mia tutto in tiro e si è inginocchiato ai miei piedi. Prima si è scusato, perchè mi ha detto di essersi reso conto di avermi trascurata negli ultimi tempi... - Si girò verso di lei e le gettò un'occhiata. - Tu c'entri qualcosa, per caso? -
Sana sentì le sue guance imporporarsi. - Ehm, beh, come prima impressione può anche sembrare così, ma osservando bene i fatti è chiaro che... - si fermò, aveva perso il filo del suo discorso contorto. Sollevò le mani in segno di resa. - Va bene, lo ammetto. In questa storia potrei c'entrare qualcosina. -
- Immaginavo. Non importa, Sana. So che volevi solo aiutarmi. -
- Non so di cosa state parlando, ma è irrilevante. Dai, Aya, continua a raccontare. Poi cosa ha fatto Tsuyoshi? - si intromise Fuka. Naturalmente quest'ultima non poteva conoscere che Aya le aveva fatto sapere che il suo fidanzato era stato distante negli ultimi tempi, nè quello che aveva fatto lei in proposito. Beh, glielo avrebbe raccontato un'altra volta, ora anche lei voleva sapere il resto sulla proposta di matrimonio di Tsuyoshi. Piegò la schiena in avanti per avvicinarsi di più, come se in questo modo potesse ascoltare prima e meglio. - E tu cosa hai fatto? - Entrambe pendevano dalle labbra della loro amica.
- Poi mi ha offerto una scatolina di velluto. -
Quest'ultima frase scatenò delle urla da parte delle altre due, soprattutto Sana che si alzò e prese a saltellare per la stanza.
- All'interno c'era questo – continuò Aya facendo sventolare di nuovo la mano con l'anello davanti a loro.
- Infine, mi ha fatto la proposta. E' stato molto dolce e romantico. -
- Sono veramente molto felice per te – le disse e la strinse in un altro abbraccio.
Era contenta che le cose tra Aya e Tsuyoshi si fossero risolte nel migliore dei modi, avrebbe voluto che lo stesso succedesse tra lei e Hayama. Cioè, non proprio lo stesso, voleva solo che smettessero di ignorarsi e tornassero amici.
Lei e le sue amiche chiacchierarono piacevolmente per qualche altro minuto, poi Aya si congedò. - Ora devo proprio andare, mia madre mi ha invitato a pranzo – spiegò.
Sana assunse un'espressione delusa. - Oggi è già la seconda volta che vengo anticipata, avrei voluto anch'io che restassi per pranzo. -
- Dai, Sana, sarà per un'altra volta – la consolò Fuka posandole una mano sulla spalla.
- E' vero – confermò Aya e se ne andò.
In piedi davanti alla porta d'ingresso, Sana si girò ad incontrare gli occhi di Fuka. - Abbiamo un problema. -
- Già, che tu hai causato con la tua mania per le feste. -
Beh, almeno poteva evitare di rigirare il coltello nella piaga. - Senti chi parla! Tu le hai detto che sarebbe stata una buona idea chiedere a Tsuyoshi di intercedere presso Hayama – replicò e incrociò le braccia al petto. - A proposito, perchè lo hai fatto? -
Fuka sollevò gli occhi al cielo. - Dai, Sana, sai benissimo che Hayama è testardo e non si farà convincere a fare qualcosa che non gli piace nemmeno dal suo migliore amico. In questo modo, Aya sarà certa d'aver tentato il possibile e non ci penserà più. -
In verità a Sana era capitato più di una volta di riuscire a convincere Hayama a fare quello che voleva lei e la storia della valigia di Fuka era solo un esempio, ma era anche vero che Tsuyoshi era meno caparbio di lei. Avrebbe funzionato, doveva funzionare. - Forse hai ragione – concesse e scrollò le spalle.
Dimentiche del problema, Sana tornò al suo capitolo e Fuka al suo studio.

- Fuka, puoi chiedere a Hayama se mi passa la pentola con il riso? - domandò la pazza alla sua amica.
Akito sospirò. Così stavano – no, stava – leggermente sfiorando il ridicolo.
- Credo ti abbia sentito – replicò Matsui, evidentemente poco propensa a dare corda alle pagliacciate di Sana. - E comunque non ho intenzione di farti da tramite: o glielo chiedi tu, o ti alzi e t'arrangi. - Uhm, forse anche lei come lui si era stancata di vederli perennemente impegnati a ignorarsi.
Vide Sana rimanere a bocca aperta e senza parole. A disagio, lei si mordicchiò il labbro inferiore con i denti e Akito seguì il gesto con gli occhi, provando una fitta in mezzo alle gambe.
La desiderava, era chiaro da molto tempo questo, ma non era così semplice. Provava sentimenti molto più complessi nei suoi confronti per quanto trovasse difficile anche solo accettarlo e ammetterlo con sé stesso.
Non sapeva bene cosa fare ora, lei era ancora furiosa con lui, aspettava forse che si scusasse? Avrebbe atteso a lungo, allora. Ad Akito non sembrava di aver fatto nulla di sbagliato, aveva solo detto ciò che pensava e non si sarebbe scusato senza motivo.
Perché si era innamorato di una donna tanto strana come quella? Sarebbe stata preferibile una come Matsui, che diceva le cose come stanno.
Proprio per confermare il suo pensiero, Matsui scelte quel momento per alzarsi, prendere il bicchiere e sbatterlo sulla superficie del tavolo con rabbia. Nemmeno lei doveva possedere un carattere mite.
Sia Akito che Sana si voltarono stupiti verso di lei, impreparati davanti al suo gesto.
- Fuka, cosa...? - provò a dire Sana, ma venne bruscamente interrotta.
- Ora basta! Mi avete stancato! – esclamò, senza usare toni soavi e con l'accento di Osaka ancora più marcato del solito. - Avete discusso una settimana fa e ancora non vi parlate? Beh, mi sembra sia arrivato il momento di farlo. Non ne posso più di vedervi ignorarvi a vicenda e allo stesso tempo cercarvi con lo sguardo. Vi rendete conto di essere ridicoli? - Si allontanò dal tavolo e si avviò verso la soglia del soggiorno. - E' arrivato il momento che parliate – sentenziò e Akito ebbe un presentimento, che fosse brutto o bello era ancora da decidere.
Anche Sana aveva lasciato il suo posto e aveva mosso qualche passo in direzione dell'amica. - Fuka, non puoi costringerci a parlare. -
Matsui si voltò a guardarla e sorrise. - Io penso di sì. - Estrasse la chiave dalla serratura interna e il sorriso si allargò. Akito sbarrò gli occhi, sorpreso, abbastanza sicuro delle intenzioni dell'amica di Sana e del fatto di non avere possibilità di riuscire a fermarla.
Sana mosse qualche altro passo e pregò: - Aspetta, non... - Due mandate diedero conferma ai loro sospetti. - Chiuderci dentro – completò lei, ma era troppo tardi.
Sospirando, Akito riportò l'attenzione sul suo piatto. Solo perchè Matsui aveva fatto loro la cortesia di chiuderli in quella stanza, non significava che avrebbe buttato via il suo pranzo. Sana si voltò e lo fissò infuriata. - Come puoi mangiare in un momento simile? -
Lui scrollò le spalle. - Ah, non lo so. Fame, forse? - chiese ironico. Oh, gli aveva rivolto la parola. Uhm, forse il colpo di testa di Matsui – ora era anche più chiaro perchè quelle due fossero amiche – si sarebbe rilevato davvero utile.


Spazio Autrice: Questa volta ho rischiato davvero di non farcela a pubblicare per oggi, infatti, fino a ieri, era pronto solo metà capitolo, ma alla fine - sempre ieri - sono riuscita a finirlo. La prima parte riguarda le tre amiche Sana, Aya e Fuka insieme, tranquille e felici (più o meno), spero vi piaccia com'è venuto fuori. La seconda - tanto per cambiare - è una scena che mi è sfuggita di mano... stavo scrivendo di quei tre che pranzavano e Fuka mi è uscita fuori di testa.
Spero vi sia piaciuto il capitolo.
Grazie per le 6 recensioni, i 33 preferiti, le 8 ricordate, le 51 seguite e le visite.
Al 13/4!
Ilaria

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** 19° capitolo ***


The Ghost's Diary - 19° capitolo
Ecco il nuovo capitolo. Per questa volta sono riuscita a mettere anche uno spoiler del capitolo 20. Buona Lettura!

The Ghost's Diary
19

14 Giugno
Caro Diario,
Dopo aver evitato Shotaro per giorni, quest'oggi mi ha colto di sorpresa e si è fatto trovare in camera mia. E' salito sull'albero ed è passato dalla finestra! Quando l'ho visto non riuscivo quasi a crederci.
All'inizio l'ho rimproverato, perché ha rischiato di precipitare giù e rompersi l'osso del collo, ma poi non sono riuscita a tenergli il muso e l'ho abbracciato.
Quasi subito mi sono accorta che un ramo gli aveva ferito una guancia e un braccio, così l'ho fatto sedere e l'ho medicato.
Shotaro ha pensato bene di approfittare di quel momento per mettermi con le spalle al muro. Ha stretto le mie mani con le sue e mi ha confessato d'amarmi.
Sapevo che non era più il caso di evitare l'argomento o mentirgli, perciò gli ho detto che per me era lo stesso, ma anche che non volevo che ci fidanzassimo ufficialmente per il momento. Voglio essere sicura questa volta, perciò voglio godermi questi giorni in suo compagnia senza pensare troppo al futuro. Forse tra qualche mese cambierò idea, ma per ora è meglio così.
A presto, caro Diario,
Hana

Sana distolse lo sguardo da Hayama, disgustata. Erano chiusi dentro e lui pensava a riempirsi lo stomaco. Ridicolo!
Con passo deciso, raggiunse la porta chiusa a chiave dalla sua amica Fuka poco prima. Cominciò a colpirla con la mano stretta a pugno con tanta forza che se non fosse stata robusta l'avrebbe buttata giù. - Fuka, facci uscire! - urlò. - Ti conviene darmi ascolto, perché prima o poi uscirò di qui e te la farò pagare! - La parte razionale di sé, al momento ben nascosta dentro di lei, era certa di quanto i suoi sforzi fossero inutili, ma Sana era decisa a provarci lo stesso. E comunque era anche un modo come un altro per sfogare rabbia e frustrazione.
- Dubito che sia dietro la porta ad aspettare – affermò la voce di Hayama alle sue spalle. - Avrà di meglio da fare che attendere invano che tu rinsavisca. Sempre che questo sia possibile. -
- Se è il tuo modo di affermare di avere ragione, sprechi il fiato – replicò, e si girò a guardarlo. In quella settimana aveva riflettuto sulla sua lite con Hayama ed era giunta alla conclusione che forse era stata un po' troppo precipitosa a prendersela con lui. D'altro canto, non aveva nessuna intenzione di dargli ragione e ammettere la sua colpa.
Lo vide scrollare le spalle e riportare l'attenzione sul piatto. Con tutta l'intenzione d'ignorarlo e non rivolgergli più la parola finché fossero rimasti lì dentro – tanto era sicura che prima o poi Fuka li avrebbe liberati comunque -, prese posto al centro del divano e accese la televisione.
Le sembrava di ricordare che a quell'ora dessero un telefilm a cui partecipava nel ruolo del protagonista Naozumi Kamura. Non lo seguiva con continuità, molto spesso a causa della mancanza di tempo, ma le poche volte che l'aveva visto doveva dire che il suo amico era proprio un bravo attore. Era un telefilm in costume, ambientato nel far west e Naozumi interpretava il ruolo di un cowboy.
Sintonizzò la televisione sul canale che voleva e sorrise riconoscendo il primo piano di Kamura. Molte donne lo consideravano bello e anche lei era della stessa opinione, ma non era il suo tipo e non era nemmeno mai riuscita a vederlo più che come amico, al massimo come fratello.
- Non mi sembra un ruolo che gli si addica – commentò Hayama, ancora una volta alle sue spalle.
Si era mosso così silenziosamente che non l'aveva sentito avvicinarsi e il suo cuore perse un battito per la sorpresa. - Non arrivare così alle spalle della gente. Ancora un po' e mi sarebbe venuto un infarto! – si lamentò. Riportò l'attenzione sulla televisione e la sua mente registrò le ultime parole che lui aveva pronunciato. - Perché? Mi sembra molto bravo, invece. -
- Sarà... - sussurrò poco convinto.  
Ehi, ma cosa stavano facendo, discutevano tranquillamente riguardo un programma televisivo?! Lei era ancora arrabbiata con lui, molto arrabbiata. Cominciò a fissare lo schermo senza vedere realmente il telefilm.
Lo sentì girare intorno al divano e con la coda dell'occhio le parve che volesse occupare il posto – o il mezzo posto considerando che si era seduta nel centro apposta – al suo fianco. Hayama non si fece scoraggiare dalla sua presa di posizione e, spingendola con il solo uso del corpo, riuscì a guadagnare sufficiente spazio per sé.
Sana ribolliva di rabbia. Che cosa pensava di dimostrare in questo modo? Incrociò le braccia al petto e continuò a fissare ostinatamente davanti a sé.
Fu proprio per questo, probabilmente, che non si accorse della mano di Hayama che lesta le sfilò il telecomando di mano. Si girò a guardarlo con espressione sorpresa. - Cosa...?! -
- Non mi sembravi molto interessata al programma del damerino, perciò pensavo di cercare qualcosa di meglio – spiegò e iniziò a fare zapping.
Era disposta ad ammettere che il telefilm di Naozumi non la faceva impazzire, ma il punto non era questo! - Ridammi il telecomando, sono arrivata prima e ho il diritto di guardare quello che voglio! - Allungò un braccio e si sporse sulla destra nel tentativo di recuperare il maltolto, ma Hayama lo tolse dalla sua portata.
- Non stavi realmente seguendo prima, hai perso la precedenza. -
Se sperava si fosse arresa, sarebbe rimasto deluso. Si spinse ulteriormente in avanti, decisa a prendere ciò che voleva e ignorando totalmente la vocina che sosteneva quanto fosse infantile il loro comportamento, soprattutto il suo. Si aggrappò alla maglietta a mezze maniche di lui con la mano destra e allungò la sinistra verso quella che tratteneva fermamente il telecomando.
- Sana, finiscila! -
Cosa? Da quando la chiamava per nome? Si fermò e gli diede un colpetto sulla spalla. - Maleducato! Come ti permetti di chiamarmi per nome senza suffissi? Non siamo grandi amici, né parenti, né fidanzati. -
Lui fece un sorriso di scherno. - Però ti ho baciata. Il che denota un briciolo d'intimità fra noi. -
Sana sentì le sue guance imporporarsi di rosso. Ora che si era calmata e aveva sospeso – momentaneamente – la lotta per la conquista del telecomando, la posizione in cui si trovava sembrava un tantino compromettente. Lei era praticamente appoggiata al petto di Hayama, aggrappata alle sue spalle, e teneva un ginocchio sopra una delle gambe di lui. E il viso... Oh, accidenti! A distanziarli c'erano veramente pochi centimetri. Come aveva fatto a spingersi tanto in là?
- Allontanati immediatamente! - strillò isterica, spingendolo via da sé.
- Adesso sarebbe colpa mia?! Ma se hai fatto tutto da sola. -   
Tecnicamente poteva essere così, ma era stato lui a cominciare. Sbuffò e si allontanò il più possibile. Decise di alzarsi e raggiunse il tavolo ancora apparecchiato. Il riso nella pentola era stato coperto, per questo non era ancora totalmente freddo e immangiabile. Se ne servì una porzione.
- Non dicevi che era ridicolo mangiare in un momento simile? - le chiese l'irritante voce di Hayama.
- In qualche modo devo pur passare il tempo e poi è un peccato sprecare questo cibo – replicò e infilò tra le labbra un generoso boccone della tiepida pietanza.

Noia. Seduta su una delle sedie del tavolo, il mento appoggiato su una delle mani, Sana si stava annoiando. Erano passate alcune ore e lei aveva mangiato, dato uno sguardo di tanto in tanto alla tv – ora spenta – e passeggiato su e giù per la stanza. Ora non sapeva più cosa fare. In effetti, avrebbe potuto lavare i piatti e mettere apposto, ma non aveva proprio voglia di farlo, perciò continuava a stare seduta a fissare il vuoto in attesa di un'idea per passare il tempo.
- Presto Tsuyoshi ti chiamerà per chiederti un favore, tu rispondigli di no – buttò lì a quel punto.
- Cosa? Che favore? - chiese lui con il fiato corto. Circa mezz'ora prima si era disteso sul pavimento e aveva iniziato ad allenarsi.
- Lui e Aya si sposano, lo sapevi? -
- Sì, Tsuyoshi mi aveva accennato al telefono che voleva chiederlo. Ma questo cosa c'entra con il favore? - Si fermò e si mise seduto, poi si voltò a guardarla.  
- Aya vorrebbe organizzare qui la festa per il suo fidanzamento, ma, per Hana, vorrei evitarla. Dato che le ho detto che probabilmente non avresti dato il tuo benestare, lei ha pensato di chiedere a Tsuyoshi di convincerti. -
Lui sbarrò gli occhi sorpreso. - Davvero? Aya non mi sembra proprio il tipo di farti una proposta del genere e poi importela. -
- E' vero, ma sono stata io a proporlo – ammise imbarazzata.
Lui ghignò e lei provò l'impulso di lanciare contro qualcosa a quella faccia da schiaffi. - Piuttosto ironico, non trovi? -
- Evita di infierire, per favore – sibilò lei, fumando di rabbia.
Una lieve risata colse Hayama, ma durò poco, perché lui si fece subito serio. - Non preoccuparti. -
Un'ondata di sollievo l'avvolse e gli sorrise. - Grazie, Hayama. -
Lui si voltò di scattò e borbottò. - Non lo faccio solo per te, davvero non voglio che venga organizzata una festa qui. La casa finirebbe sottosopra e ci sarebbe solo insopportabile casino. -
Sana inclinò la testa da un lato e lo fissò attenta. Quella di Hayama sembrava solo  l'ennesima dimostrazione dei suo carattere burbero e asociale all'apparenza, ma era diverso questa volta.
- Dai, Hayama! Sei imbarazzato? - Con un balzo scese dalla sedia e di corsa lo raggiunse, posizionandosi di fronte a lui.
- Non essere sciocca, Kurata – negò lui, ma un quasi impercettibile rossore alle guance lo tradì.
- Che carino, sei imbarazzato. Wow, questa è una scoperta sensazionale, non pensavo potesse accadere veramente. Il freddo Hayama che si imbarazza... - commentò e si sedette al suo fianco ridendo.
Qualcosa non andava, però. Stava prendendo in giro Hayama e conversando con lui – quasi – normalmente, ma lei avrebbe dovuto essere arrabbiata. Si girò a guardarlo. - Senti, riguardo la discussione dell'altra volta... - cominciò, incerta per un momento su come proseguire. - So che il passato è passato, però se riuscissi a risollevare Hana da quanto è accaduto nella suo vita, qualsiasi cosa sia, non pensi che potrebbe esserle d'aiuto. -
Lui la fissò e Sana notò dell'amarezza nel suo sguardo. - Ma, anche se le tue parole fossero le più giuste e adatte possibili, potrebbero non bastare e peggiorare la situazione. Non hai pensato a questo? -
Hayama chinò il capo e, nel momento in cui lei notò le mani dell'altro appoggiate sulle ginocchia, la consapevolezza di essere stata cieca davanti al dolore di lui la colse. D'istinto, lo abbracciò. Non disse una parola, si limitò a stringerlo a sé e lasciare che lui ricambiasse la stretta. Non c'erano bisogno di parole, non in quel momento, non tra loro due.

Con un sospiro soddisfatto, Fuka chiuse con un lieve tonfo il libro. Piegò la schiena all'indietro fino a toccare la testata del letto e sollevò le braccia per stiracchiare i muscoli intorpiditi. Aveva finalmente portato a termine lo studio e ora non le restava che dare un'ultima riguardata la mattina successiva.
Voltò il viso verso la finestra e si stupì nel notare che era sera inoltrata. Era stata così presa dal suo lavoro che non si era resa realmente conto del tempo che passava e poi la casa di Sana era così silenziosa che nulla aveva potuto intervenire a distrarla. Le sarebbe piaciuto anche a lei vivere stabilmente in un posto simile, era così diverso dal suo appartamento in città.
Si alzò in piedi e completò platealmente l'opera di stiracchiamento, poi provò l'acuta sensazione di aver dimenticato qualcosa. Di cenare, probabilmente, pensò, quando sentì il suo stomaco lamentarsi in proposito. Ma era qualcos'altro, Fuka ne era sicura.
Uscì dalla sua camera e attraversò il corridoio con l'intenzione di raggiungere la cucina. Lontana dai libri e con la pancia piena, le sarebbe certamente tornato in mente ciò che aveva dimenticato.
Si bloccò di colpo dopo pochi passi, però, perché la menzione della cucina era stata sufficiente a rammentare che non aveva ancora permesso a Sana e Hayama di uscire dal salotto.
Accidenti allo studio e agli esami, come aveva potuto scordarsi un fatto tanto importante?!
Improvvisamente frettolosa, scese di corsa gli scalini per raggiungere il piano inferiore e liberare i due prigionieri. Beh, la cucina era collegata al salotto e non avrebbero rischiato di soffrire la fame, tentò di tranquillizzarsi, anche se le nacque il dubbio che fosse stato poco saggio lasciarli con tanti oggetti contundenti in vista.
Finalmente raggiunse la porta che aveva sigillato – molte - ore prima e la fissò apprensiva. Stava diventando melodrammatica e frenetica come Sana, frequentarla molto le aveva trasmesso due suoi difetti, o forse anche di più.
Prese la chiave dalla tasca in cui l'aveva riposta e la infilò nel toppa. Spalancò la porta ed entrò, preoccupata su cosa avrebbe potuto trovare all'interno.
Nessuno?, osservò sorpresa, quando né Sana, né Hayama comparvero davanti a lei per riguadagnare finalmente la libertà. Si guardò attorno, ma la prima impressione venne confermata: in salotto sembrava non esserci nessuno. Attraversò la stanza e provò in cucina, ma nemmeno lì ebbe fortuna. Entrambe le stanze erano come le aveva lasciate, compreso il tavolo dove avevano pranzato.
Ritornò in salotto e, con un'occhiata accurata, notò dei piedi che sbordavano dal divano. Si avvicinò e sorrise tranquillizzata quando vide la sua amica Sana e il suo complicato coinquilino pacificamente appisolati. Lei teneva la testa sulla sua spalla ed era appoggiata quasi completamente addosso a Hayama, che le aveva avvolto un braccio intorno alla vita.
Era molto contenta che la sua idea avesse permesso ai due litiganti di riappacificarsi. Muovendosi silenziosamente per il timore di svegliarli e rovinare il momento, si diresse un'altra volta in cucina. Era il momento di soddisfare anche lo stomaco.


Spazio Autrice: Salve a tutti! Eccomi tornata come promesso con il diciannovesimo capitolo (wow, stanno diventando tanti!). Ecco cosa a portato il colpo di testa di Fuka, spero abbiate apprezzato la scena e il capitolo. Uhm, purtroppo accade anche che Akito promette a Sana che non darà il suo benestare per la festa... se va avanti così non si farà a casa di loro due. Vedremo come si evolverà la situazione.
Al 27/4! (Visto che pubblicherò dopo le feste vi auguro già di trascorrere una felice Pasqua!)
Grazie per le 8 recensioni, le 35 preferite, le 7 ricordate, le 54 seguite e le visite.
Ilaria

Spoiler del prossimo capitolo:
Si voltò verso il cuscino, che non era molto comodo, ma abbastanza per riuscire lo stesso a farci una buona dormita, e spalancò la bocca sorpresa. Che cosa ci faceva abbracciata a Hayama?!

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** 20° capitolo ***


The ghost's Diary - 20° capitolo
The Ghost's Diary
20

20 Giugno
Caro Diario,
Oggi sono molto felice. Il tempo è stato soleggiato per tutta la giornata, la temperatura era calda, ma piacevole, e Shotaro mi ha portato a fare un picnic.
La mattina ho preparato il cestino, ho scelto i suoi e i miei piatti preferiti, poi sono uscita per incontrarmi con lui. Ai miei ho mentito però, ho raccontato che al picnic sarebbe stata presente tutta la famiglia di Shotaro, altrimenti non avrei mai ottenuto il permesso di vedermi sola con lui.
Ci siamo fermati sotto la chioma di un'enorme quercia e abbiamo mangiato quello che avevo portato. Sono stata felice di vedere Shotaro mangiare di gusto i miei piatti.
Dopo pranzo, abbiamo fatto una lunga passeggiata, chiacchierato e riso, è stato molto divertente.
Ci siamo scambiati anche molti baci e carezze, è stato bellissimo!
Vorrei tanto che giornate come questa si ripetessero più spesso.
A presto, caro Diario,
Hana

Fu l'odore gustoso del cibo sul fuoco a svegliarla. Con gli occhi ancora chiusi, sdraiata su un fianco e abbracciata ad un cuscino, annusò a pieni polmoni il delizioso profumo che proveniva da poca distanza. Doveva essere dalla cucina, ragionò, e lei probabilmente si era appisolata di nuovo sul divano del soggiorno. Il suo stomaco brontolò e le venne l'acquolina in bocca. Appena avrebbe avuto sufficiente energia e voglia si sarebbe alzata. Socchiuse un poco gli occhi e li spalancò completamente quando vide che il salotto era avvolto nel buio. Era sera o notte, allora, non mattina, si rese conto.
Si voltò verso il cuscino, che non era molto comodo, ma abbastanza per riuscire lo stesso a farci una buona dormita, e spalancò la bocca sorpresa. Che cosa ci faceva abbracciata a Hayama?! Prima che la sua mente si rimettesse completamente in moto, istintivamente gli diede un poderosa spinta e lo osservò precipitare a terra e svegliarsi di colpo.
- Ma sei matta?! - esclamò Hayama girandosi a guardarla e massaggiandosi un braccio dolorante per la caduta.
Improvvisamente, Sana rammentò per quale motivo si trovava lì con lui. Alcune ore prima, dopo che lei lo aveva abbracciato, si erano messi a parlare di argomenti più leggeri, tranquillamente, come due normali amici. Avevano parlato a lungo, o meglio, lei aveva parlato a lungo. Hayama, per lo più, si era limitato ad ascoltarla e borbottare qualche parola di tanto in tanto. Infine, si erano addormentati, anche se non avrebbe saputo dire con esattezza chi fosse stato il primo a scivolare nel sonno, né tanto meno come fosse possibile che lei avesse utilizzato il petto di Hayama come cuscino. Solo di un particolare era dannatamente certa, vale a dire chi era stato a scatenare tutta quella situazione. - Scusa, Hayama – gli disse, prima di scavalcare il divano. Lui non c'entrava e non aveva meritato la brusca sveglia che gli aveva rifilato.
A passo di carica, attraversò la soglia della cucina e con lo sguardo cercò la figura di Fuka.
- Fuka! - strillò il nome di lei e provò soddisfazione nel vederla sussultare per la sorpresa e irrigidirsi leggermente. La sua amica si girò e la fissò malamente. - Non arrivare in questo modo alle spalle della gente – la rimproverò. - E risparmiami quella brutta espressione che hai dipinta in faccia. Hai fatto pace con Hayama e questo è ciò che più conta. - Incrociò le braccia al petto per un attimo, poi si girò per spegnere i fornelli.
- Ci hai tenuto chiusi dentro per quasi un giorno! - Era vero che grazie all'espediente di Fuka la lite con Hayama era giunta al termine, però avrebbe potuto trovare una soluzione migliore.
- Esagerata – replicò l'altra. - Saranno state poco più di dodici ore. Adesso terrai il muso a me come hai fatto con Hayama per tutta la settimana? - chiese alla fine, fissandola con espressione dispiaciuta.
Forse avrebbe potuto, ma era stanca di litigare. - No – sospirò. - Ma non pensare nemmeno di rifarlo! - la minacciò velatamente alla fine, anche se ci aggiunse un sorriso.
Fuka le si avvicinò e l'abbracciò. - Mi dispiace di avervi tenuti rinchiusi per tutto quel tempo, però sono contenta che abbiate appianato le vostre divergenze. -
Sana ricambiò la stretta. - Grazie a te. -
- Uhm, avete finito? Io vorrei mangiare prima che la cena si trasformi in colazione. - Alle spalle di Sana, l'irritante voce di Hayama giunse alle loro orecchie.
Ridendo, Fuka si allontanò e prese la pentola aiutandosi con una presina. - Avanti, sotto con i piatti! - proclamò.

Akito osservò il contenuto del bicchiere appoggiato sul bancone davanti a sé e si chiese speranzoso se sarebbe stato possibile potercisi affogare. Probabilmente no, ma era da prendere in considerazione l'idea di bere a sufficienza da non sentire più le chiacchiere ininterrotte di Tsuyoshi.
Quando quest'ultimo l'aveva invitato ad andare in un locale per staccare un po' dalla solita vita, non aveva trovato nessun motivo per rifiutare, anche se sospettava che quell'uscita nascondesse un secondo fine. In più, il fatto che non ci fosse Aya lì con loro, aumentava i suoi dubbi in proposito che l'invito fosse genuino.
Con la testa rintronata di discorsi di cui non aveva capito – ascoltato – nemmeno la metà, sollevò il bicchiere e ingurgitò in un sorso il cocktail. Probabilmente non sarebbe bastato a salvarlo, ma almeno avrebbe aiutato.
Gettò uno sguardo alla sua sinistra, dov'era seduto Tsuyoshi che gli stava raccontando della proposta di matrimonio che aveva fatto ad Aya. Aveva la testa leggermente piegata all'indietro e l'espressione sognante. Il bicchiere che teneva tra le mano era ancora intatto e forse era meglio così. Se Tsuyoshi fosse stato ubriaco la situazione non avrebbe fatto altro che peggiorare.
Voleva bene a Tsuyoshi, anche se non l'avrebbe ammesso ad alta voce nemmeno sotto tortura, ma quando parlava a manetta era davvero insopportabile.
Intercettò la barista con la coda dell'occhio e sollevò di qualche centimetro il bicchiere vuoto. - Un altro – ordinò indicandoglielo.
La donna, piuttosto giovane e carina, annuì con il capo ed eseguì la sua richiesta. Quando si avvicinò di nuovo a lui per consegnarli la sua ordinazione, lo osservò maliziosa e gli posò una mano sul braccio con fare languido. I capelli neri erano molto lunghi e un ricciolo nero arrivò a posarsi sulla sua spalla. Gli occhi castani si illuminarono mentre diceva: - Ciao, io sono Yoko. Tu come ti chiami? -
- Akito Hayama. - Yoko sembrava parecchio interessata a lui, sarebbe stato così semplice cedere.  O almeno, lo sarebbe stato se lui non fosse stato così preso da Sana, era lei che voleva.
- Akito, eh? Hai un nome molto bello. - Spostò la mano dal suo braccio fino a posarla sulla sua e stringerla leggermente. Lo chiamava già per nome? Quasi rise rammentando le scene che aveva fatto Sana quando si era permesso di fare lo stesso.
Al suo fianco, Tsuyoshi aveva smesso di parlare e fissava malamente Yoko. Non approvava che lei ci provasse con lui, forse?
Ritirò la mano come se si fosse scottato e scosse la testa. - Scusa, ora devo andare. - Svuotò il bicchiere, pagò il conto e trascinò via Tsuyoshi. Ora il suo amico sembrava ad un passo dal ridere felice e saltellare come un canguro.
- Si può sapere a cosa è dovuta quell'espressione contenta? - sbottò ad un certo punto. Avevano lasciato il locale da alcuni minuti e ora stavano percorrendo le vie illuminate di Tokyo. Doveva aveva parcheggiato la macchina...?

- Io tifo per te e Sana, lo dovresti sapere. Certo, se ti dessi una mossa, sarebbe tutto più facile – commentò pensieroso.
- Lascia perdere, Tsuyoshi, dammi retta – sibilò con tono minaccioso. Non aveva proprio voglia di ascoltare nessuna predica.
- Va bene, va bene, come vuoi – si affrettò a ritrattare l'altro. Rimase in silenzio per qualche minuto, poi riprese a parlare: - Senti, Akito, ho un favore da chiederti. -
Lui aveva qualche sospetto su quale fosse la richiesta che l'amico gli premeva fargli, ma lo lasciò parlare.
- Ti dispiacerebbe se la festa di fidanzamento mia e di Aya la organizzassimo a casa tua? E' stata Sana a proporcelo. -
- Scordatelo – rispose, come da copione. Se avesse accettato, cosa peraltro che non voleva, Sana se lo sarebbe mangiato vivo.
Tsuyoshi incurvò le spalle, sconfitto. - Dai, amico, fammi questo favore. Aya ci tiene molto. Sana si arrabbierà se le impedirai di organizzare la festa. -
Non gli importava di passare per l'asociale rovinatore di propositi, ma lo infastidiva un po' sistemare i guai che lei combinava e prendersi la colpa al posto suo. Uhm, forse avrebbe dovuto accettare per ripicca. Per un secondo, il suo proposito di aiutarla vacillò, ma si riprese subito. - No - affermò lapidario.
- Penserò io alle cibarie e ci sarà molto sushi. Tutto quello che vuoi. -
Akito si bloccò sul posto e Tsuyoshi, che camminava un passo dietro di lui, gli finì contro. - Tutto quello che voglio? - ripeté, con l'acquolina in bocca.
- Esattamente. - Non poteva vederlo, ma poté immaginare benissimo l'espressione vittoriosa che doveva essersi dipinta sul volto di Tsuyoshi.
- Va bene, potete fare la festa a casa mia. -
- Grazie, amico! -   
Sana lo avrebbe ammazzato.


Spazio Autrice: Salve a tutti! Capitolo breve, lo so, solo tre pagine invece delle solite quattro e mezzo, ma questa volta è il massimo che ho potuto fare. Spero lo stesso che vi sia piaciuto.
Uhm, forse l'espediente del sushi è un pò scontanto, eccettera, eccettera, ma ho pensato fosse la soluzione migliore.
Grazie per le 10 recensioni, 39 preferite, le 9 ricordate, le 60 seguite e le visite.
Al 11/5!
Ilaria

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** 21° capitolo ***


The Ghost's Diary - 21° capitolo
The Ghost's Diary
21


24 Giugno
Caro Diario,
Questa sera, sono un po' preoccupata. E' cominciato tutto questo pomeriggio, quando sono uscita con Mieko, la sorella di Shotaro, e la cameriera, e siamo andate in città. All'inizio andava tutto bene e Mieko e io ci stavamo divertendo molto, poi però ho incontrato Sentaro.
Non gli ho parlato, ho solo incrociato il suo sguardo da lontano, ma è stato sufficiente a provocarmi inquietudine. Era fermo a guardarmi e il suo sguardo era carico di odio. Sì, capisco che sia normale data la situazione che si è creata fra noi, ma... Non lo so. Credo di non conoscere nemmeno io il motivo della mia preoccupazione. Forse è solo dovuta al fatto che non mi ha fatto piacere vederlo e sto esagerando.
Più tardi, sempre nel pomeriggio, quando abbiamo riaccompagnato Mieko a casa, ho visto Shotaro e ho passato del piacevole tempo con lui. Per un po' non ho più pensato al brutto incontro che mi aveva rovinato la giornata. Non gliene ho fatto cenno, ma pensi che dovrei dire a Shotaro che ho visto il mio ex fidanzato? Non vorrei farlo preoccupare per una simile sciocchezza.
In fondo, Sentaro non ha fatto nulla, a parte guardarmi, nemmeno ci siamo parlati.
Credo di volermi solo dimenticare di quel brutto momento e non pensarci più.
Buonanotte, caro Diario,
Hana

Sana spalancò la porta con rabbia. Quello stupido non aveva mantenuto la promessa! Intercettò il suddetto e gli lanciò un'occhiata malevola. Akito Hayama era in piedi davanti ad una scrivania, la cui superficie era in parte ricoperta da fogli e altri oggetti. Un cassetto era spalancato e le mani di lui erano ferme a mezz'aria e stringevano una risma di carta. Stava evidentemente dando una sistemata alla sua stanza, prima che il fragore della sua entrata lo distrasse e lo facesse voltare verso di lei. Lo stupore sul volto di lui durò poco, la sua espressione arrabbiata gli doveva aver rammentato alla perfezione la colpa di cui si era macchiato.
- Hayama, sei un bugiardo – lo accusò e gli puntò un dito contro. - Avevi detto che avresti rifiutato il tuo consenso alla festa e invece sai che cosa mi ha detto tutta contenta Aya, oggi? -
Lui rimase in silenzio, un accenno di pentimento sul suo viso, anche se sicuramente non sufficiente ad ottenere il perdono di Sana.
- Ridendo, Aya ha detto che Tsuyoshi ti ha offerto del sushi in cambio del tuo consenso e tu non hai esitato ad accettare. Mi avevi fatto una promessa, sei un bugiardo. - Avrebbe voluto tirargli qualcosa, fargli pentire di essersi messo contro di lei, ma la verità era che avrebbe reagito in quel modo se lui avesse mancato ad una promessa futile. Teneva davvero a quello che gli aveva chiesto e il comportamento di Hayama l'aveva ferita a tal punto che desiderava solo urlargli contro e poi non rivolgergli mai più la parola. - Mi avevi fatto una promessa – ripeté di nuovo. - Ti odio! - Forse non lo pensava davvero e forse a lui non sarebbe importato, però aveva voluto tentare di fargli provare la sua stessa sensazione di ferimento. Si voltò e oltrepassò la soglia di scatto. Portò con sé la porta e lasciò che sbattesse, poi si allontanò.

Akito, lo sguardo sulla porta chiusa, rimase immobile qualche secondo, incerto su come comportarsi; era ancora in parte sconvolto dal turbine che era piombato nella sua stanza improvvisamente e allo stesso modo era sparito. Che cosa aveva fatto?! Lui non aveva avuto nessuna intenzione di mancare alla promessa, tanto meno di ferire Sana. Era stato davvero sciocco da parte sua. Allentò la stretta intorno ai fogli che teneva in mano e questi scivolarono sul pavimento sparpagliandosi tutti intorno. Akito non li degnò di un'occhiata e si precipitò in corridoio. Stava veramente correndo dietro ad una donna? Se la situazione fosse stata diversa, forse avrebbe dovuto fermarsi e riflettere sul suo comportamento, ma quello non era certamente il momento adatto. - Sana... Kurata, aspetta, fermati – la chiamò e, avvolgendole una mano intorno al polso, la strattonò all'indietro. Sbilanciata, lei non poté impedirsi di ritrovarsi faccia a faccia con lui e impossibilitata a fuggire. Aveva il capo piegato all'indietro e i suoi occhi esprimevano tutta la rabbia che provava. - Lasciami – sussurrò e Akito poté scorgere una velata minaccia nel suo tono se non le avesse dato retta.
- No. - Sapeva di essere in torto e che l'unica cosa gli rimaneva da fare era parlare sinceramente, anche se esprimere quello che provava a parole non era mai stato il suo forte. - Kurata, io non volevo assolutamente ferirti. Non... lo vorrei mai. Io... - incespicò leggermente e avrebbe tanto voluto non dover più dire nulla. - Ecco... non mi ero reso conto di quanto tenessi al fatto di non organizzare la festa qui. Scusa. - Quasi inconsapevolmente, allentò la presa intorno al polso di Sana, al punto che sarebbe bastato un lieve strattone per liberarsi, ma lei non si mosse. - Penso che andrò a chiamare Tsuyoshi per dirgli che ho cambiato idea. - La lasciò andare del tutto e il braccio di Sana ricadde lungo il fianco.  
- Non chiamare Tsuyoshi. - Erano le sue prime parole da quando l'aveva raggiunta. Non sembrava più molto arrabbiata, perciò Akito si rilassò in modo impercettibile.
La fissò sorpreso. Uh? Soffriva di duplice personalità, forse? - Che cosa? Ma... -
- Prima, quando mi ha telefonato Aya, lei era così felice. E' una mia amica, le voglio bene e non voglio deluderla. -
- E Hana? Tutto questo è nato per lei, no? -
Sana annuì. - Sì, lo so. Farò in modo che la festa non degeneri e inviterò poche persone. In fondo, Aya stessa voleva una festa tranquilla, con solo gli amici più intimi. -
- Bene, come preferisci. Ma sei una donna volubile – aggiunse, senza riuscire a trattenersi. Lui aveva sbagliato e si era scusato, ma alla fine lei aveva cambiato idea. Che razza di comportamento era quello?
- Eh?! Non è vero. Il danno ormai è stato fatto, perciò ho solo pensato di lasciare le cose come stanno. Sei stato tu a farti comprare! -
- Lo so, ma anche se avevi già accettato il fatto che quel maledetto fidanzamento si festeggiasse qui, ti sei lo stesso infuriata con me e hai preteso che mi scusassi. - Magari anche la sua espressione ferita era una finta.
- Non ho preteso un bel niente! - strillò, alzando la voce. - Hai fatto tutto da solo. -
Se non fosse che Matsui se n'era ritornata a casa propria il giorno prima, probabilmente si sarebbe precipitata da loro. - Ah, ma dai, hai fatto in modo che mi sentissi in colpa. -
Lei sorrise, trionfante. - Oh, no, Hayama, i sensi di colpa sono nati perché non volevi ferirmi, perché in fondo ci tieni a me. A discapito di tutte le volte che fingi indifferenza verso tutto e tutti. -
Akito sentì le sue guance imporporarsi e si odio per questo. - Tenere a te? Nemmeno se fossi l'ultima persona sulla faccia del pianeta. - Si voltò e si incamminò in direzione della sua camera. Alle sue spalle, sentì distintamente il ridacchiare soddisfatto di Sana.
Dannazione a Tsuyoshi e alla sua balorda idea di sposarsi!

Sana controllò il contenuto della sua borsa, aveva voluto verificare di non aver dimenticato nulla. Tranquillizzata, fece  scorrere la cerniera, richiudendola. La agganciò alla spalla, poi si voltò verso il divano dove era seduto Hayama. Erano passati alcuni giorni dalla loro lite e la festa di fidanzamento si sarebbe tenuta l'indomani. Da allora non avevano più toccato l'argomento della promessa non mantenuta, non ce n'era più stato bisogno, Sana aveva capito che Hayama era sinceramente pentito ed aveva accettato le sue scuse. Nonostante quello che gli aveva detto, lei era rimasta davvero sorpresa dal fatto che lui sentisse il bisogno di scusarsi, ma aveva apprezzato il gesto. Era anche contenta che lui avesse finito per affezionarsi a lei e viceversa. Suo padre sarebbe stato contento di sapere che i due fratelli acquisiti avevano cominciato a volersi bene.
Aggirò il divano e si posizionò proprio davanti al televisore in modo da costringere Hayama ad ascoltarla. I piedi ben piantati a terra, le gambe leggermente divaricate e le mani sui fianchi, lei lo fissò decisa.
- Che vuoi? - le chiese Hayama, gettandole un occhiata molto poco benevola.
- Vado a fare la spesa e... -
- E allora? - la interruppe con tono annoiato.
- Vado a fare la spesa per la festa e tu vieni con me – affermò ed era davvero sicura di riuscire a portarlo con sé.
Lui inarcò un sopracciglio e sembrò quasi sul punto di scoppiare a ridere. - No. Che domande fai... -
Lei incrociò le braccia al petto. - Non era una domanda. -
- Va bene, ma la risposta rimane sempre no. Perché dovrei farlo? -
- Forse perché tu non hai mantenuto la promessa e questa sarebbe la tua buona occasione per farti perdonare? -
- Mi sono scusato. -
- Pensavi fosse sufficiente? - In effetti lo era stato, ma se poteva sfruttare l'occasione per farsi aiutare... Gli prese la mano e lo strattonò per farlo alzare in piedi. - Dai, andiamo. Ho parecchie cose da prendere per la festa e ho bisogno di aiuto. -
- E va bene – acconsentì lui alla fine. - Ma smetti di tirarmi il braccio in quel modo o me lo staccherai – si lamentò, prima di decidersi ad alzarsi.
Sana sorrise e lo spinse verso la porta. - Forza, andiamo! E' già tardi e non voglio trovare il supermercato pieno di gente. -
Arrivati nei pressi della porta d'ingresso, lui si sfilò le ciabatte e si chinò per mettersi le scarpe. - Se ti alzassi prima, non correresti un simile rischio. -
Sana sbuffò, poi insieme oltrepassarono la soglia di casa.

Era mattina inoltrata e il supermercato dove Sana l'aveva trascinato era, come da lei temuto, pieno di gente. Anche a lui infastidiva questo fatto, riteneva che era molto più semplice e comodo fare la spesa alcune ore prima, quando non c'era quasi nessuno. Akito prese la moneta che gli tendeva Sana e la infilò nell'apposita fessura del carrello, per poi guidarlo fra i reparti del supermercato con lei al suo fianco. - Che cosa devi prendere? Hai preparato la lista? -  
- Sì, aspetta che la prendo. -
Akito la vide rovistare nella borsa a lungo – ma quanto roba ci metteva dentro? - e poi estrarre un pezzo di carta arrotolato su se stesso. Sana lo aprì e lui fissò a bocca aperta l'infinita lista di prodotti che si presumeva dovessero acquistare. - Kurata, per curiosità, quanta gente viene alla festa? -
Lei si voltò a guardarlo. - Quanti...? Uhm, dunque... - Utilizzando le dita come abaco e borbottando sottovoce, la vide svolgere la complicata somma. - Inclusi noi otto, credo. Sì, otto, ma uno deve ancora confermare. -
Akito riportò per un momento lo sguardo sulla lista, poi si concentrò di nuovo su Sana e alzò gli occhi al cielo. - Devono essere elefanti, allora, vuoi comprare lo stesso quantitativo che servirebbe per un reggimento – commentò ironico.
Lei imbronciò le labbra. - Non è vero, è lo stretto necessario. E anche se avanzasse qualcosa non importa, la terremo da parte per finirla i prossimi giorni. -
- O i prossimi mesi – replicò e le rubò la lista di mano per osservarla meglio. Lesse alcune voci e sentì che c'era qualcosa di strano. Quando arrivò alla fine, capì: quelli che Sana aveva segnato erano tutti ingredienti sciolti, nessun pasto pronto. - Hai assunto una cuoca, per caso? Chi cucinerà tutta questa roba? -
- Lo farò io. -
La cucina sarebbe saltata in aria o sarebbero finiti al pronto soccorso per una lavanda gastrica? - Tu? - chiese scettico.
Lei annuì e le parole “con il tuo aiuto”, anche se non pronunciate ad alta voce, rimasero sospese fra di loro. Come aveva fatto a cacciarsi in quel guaio? Accidenti a Tsuyoshi e alle sue offerte irrinunciabili. Rilesse la prima voce sulla lista e girò il carrello per dirigersi nella giusta direzione. - Su, vieni. O saremo ancora qui quando questo posto chiuderà – borbottò.
Lei sorrise e lo seguì.

Sana premette il dito sul pulsante sulla superficie della penna per farne uscire la punta e tracciò un'altra riga sulla lista che aveva preparato. Lei e Hayama erano un paio d'ore che giravano quel supermercato, il loro carrello era quasi pieno e dovevano prendere ancora una decina di prodotti assortiti. Uhm, forse aveva davvero esagerato un pochino.
- Che cosa manca ancora? - le chiese Hayama.
 Sana abbassò lo sguardo. - Il sake* e qualche bibita – lesse.
 - Mi sembrava che ci fosse il sake a casa. -
- Sì, ma è quasi finito. - Si guardò intorno per controllare se stesse dimenticando qualcosa e finì per incrociare gli occhi di un'anziana signora che li fissava sorridendo. Sana non riuscì a capire il motivo di tanto interessamento, ma cordialmente ricambiò il sorriso.  
Raggiunsero lo scaffale delle bibite e dei liquori in breve tempo; ora che l'ora di punta era passata, era molto più semplice girovagare per i reparti senza correre il rischio di scontrarsi con qualcuno.  
 Sana prese alcune bottiglie di sake e qualche vario tipo di bibita gassata e non, compreso del tè verde freddo molto buono. - Così dovrebbe bastare – commentò, studiando le bottiglie che aveva riposto nel carrello. - Che ne pensi? -
- Direi che gli ospiti non moriranno di sete nemmeno se organizzerai una spedizione nel deserto. -
Lei sbuffò. - Il solito scemo. Andiamo a prendere il pane, ora, vorrei preparare dei tramezzini. -
- Akito-kun? - mormorò una voce a lei sconosciuta pochi metri davanti a loro. Una voce femminile. - Eh, sì, sei proprio tu. -
Sana sollevò il capo e vide una giovane donna dai lunghi e ricci capelli neri venire verso di loro. Era molto carina, aveva dei bei lineamenti e dei luminosi occhi marroni. Indossava un vestito corto a vita alta marroncino chiaro che le sottolineava il fisico e sandali intonati con il tacco a spillo. Lei, in confronto, con la sua maglietta azzurra, la gonna di jeans e le scarpe da ginnastica, non si sentiva niente.
La sconosciuta li raggiunse e scoccò due baci sulla guance ad Hayama, sotto lo sguardo incredulo di Sana. Ma chi era e perché si prendeva tutta quella confidenza con lui? Senza riuscire a capire nemmeno lei il motivo, la odiò istintivamente.   
Era sbagliato giudicare una persona senza nemmeno conoscerla, ma non le importava. L'unica cosa che voleva era capire chi fosse, cosa volesse e che se ne andasse il più lontano possibile da loro.


* Sake: Bevanda alcolica tipica del giappone, che si ottiene dalla fermentazione del riso. Contenti loro...

Spazio Autrice: Volevate la svolta? Eccola qui! Beh, questo è un argomento che prima o poi avrei dovuto introdurre, aspettavo solo il momento migliore. Come ben sappiamo, Sana è un po' – molto – lenta a capire certe cose, ma un po' di sana gelosia sveglia chiunque.
La giornata al supermercato proseguirà nel prossimo capitolo, a presto.
Grazie per le 14 recensioni (wow!), le 41 preferite, le 9 ricordate, le 64 seguite e le visite.
Al 25/5!
Ilaria

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** 22° capitolo ***


The Ghost's Diary - 22° capitolo
Salve a tutti. Vorrei dirvi un paio di cose prima di lasciarvi al capitolo:
1) Prima di tutto mi scuso per il capitolo breve... la prossima volta sarà meglio, ve lo prometto.
2) Ho indetto un Contest su Kodocha sul forum di Efp. Spero che a qualcuno di quelli che ama questo fandom interessi parteciparvi. Ecco il link:
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9787966
E ora il capitolo!

The Ghost's Diary


22

30 Giugno
Caro Diario,
Oggi ho rivisto di nuovo Sentaro. E' venuto a casa mia e ha chiesto di vedermi. I miei genitori non erano presenti, perciò sono stata costretta a parlagli di persona. Questo incontro mi preoccupava molto, ma forse ho esagerato.
Sentaro è stato gentile e ha implorato il mio perdono per il suo comportamento e ha pure aggiunto che avrebbe capito se non avessi più voluto vederlo.
Solo pochi mesi fa, lo avrei perdonato immediatamente senza pensarci su due volte, acceccata com'ero dall'infatuazione che sentivo nei suoi confronti, ma ora non sono più così, sono cambiata.
La sua presenza mi metteva a disagio e sono stata un pò fredda, ma non sgarbata. Gli ho detto chiaro e tondo che accettavo le sue scuse, ma che sarebbe stato meglio per entrambi non rivederci più, che era meglio buttarci il nostro passato alle spalle. Ho anche rinnovato le mie scuse per aver rotto il fidanzamento a così breve distanza dalle nostre nozze; nemmeno il mio comportamento è stato esemplare.
Sentaro ha acconsentito alla mia richiesta, anche se mi è parso contrariato. Beh, immagino sia comprensibile. Prima di andarsene, mi ha chiesto se poteva tornare un'altra volta per scusarsi anche con i miei genitori. Lo ammetto, avrei voluto rifiutare con tutte le mie forze, la sua presenza continua ad inquietarmi, ma non ho potuto. Sarebbe stato davvero maleducato da parte mia e mia madre avrebbe dato di matto se lo avesse saputo.
Domani mi vedrò con Shotaro, sono molto felice.
A presto, caro Diario,
Hana

Preda di una furia crescente, Sana cominciò a stringere quasi inconsapevolmente la lista pasticciata che aveva in mano. La carta, a causa dei ripetuti segni, il passaggio da Sana a Hayama e viceversa, e spiegazzamenti vari, era diventata sempre più fragile, tanto che sarebbe bastato poco perché si spezzasse.
Sana si voltò verso Hayama e osservò di sottecchi la sua reazione alla vista della sconosciuta. Lesse confusione nel suo sguardo, come se non riuscisse a riconoscere la donna che l'aveva salutato. Anziché provare sollievo per questa scoperta, che la rassicurava sul fatto che Hayama non la conoscesse bene, un disgustoso pensiero le si affacciò alla mente.
Possibile che lui non la riconoscesse perché i due avevano avuto pochi incontri, terminati magari con una notte di sola passione? La stretta, che provava allo stomaco da quando la donna riccia aveva fatto la sua comparsa, si intensificò.
Hayama poteva essere quel tipo d'uomo? Non lo sapeva, la sua domanda sarebbe rimasta senza risposta.
Lei vide i lineamenti, finora contratti, di Hayama distendersi. - Yoko – sussurrò lui.
Yoko? Ah, così si chiamava quella?  Si voltò verso di lei e sorrise, affabile. - Ciao, io sono Sana Kurata – si presentò, tendendole una mano.
Yoko – ma non ce l'aveva un cognome? - la fissò imbarazzata per un momento, poi ricambiò la stretta. - Yoko Honjo. - Si rivolse ad Hayama: - Hai una ragazza, allora. E' molto carina. -  
- Akito è mio fratello. -
Hayama si girò a guardarla, interdetto. In effetti, al suo posto, anche lei si sarebbe guardata sorpresa. Aveva perso il controllo delle sue parole e delle sue azioni, come se il suo cervello avesse perso una delle viti che lo facevano funzionare.
- Siete fratelli? Non vi somigliate molto – commentò Yoko, lasciando scorrere lo sguardo da uno all'altra.
- Perché siamo fratelli acquisiti – spiegò Hayama. - Non pensavo di rivederti – aggiunse, riportando l'attenzione sull'altra.
Quella  sorrise. - Già, nemmeno io. Che coincidenza incontrarci di nuovo così presto. -
- Dove vi siete conosciuti? - chiese Sana.
- Al locale dove lavoro. Sedeva al bancone in compagnia di un ragazzo con gli occhiali e mi è sembrato un po' solo. Volevo fargli compagnia... peccato che fosse di fretta. - Abbassò lo sguardo, un po' delusa.
La tensione alla bocca dello stomaco si allentò del tutto e Sana cominciò a provare un inspiegabile ed acuto senso di soddisfazione. - Capisco – disse con tono neutro.
Yoko spostò l'attenzione per un attimo sul loro carrello. - Quanta roba. Siete in molti a casa o date una festa? -
- Sì, una piccola festa privata. Due nostri amici stanno per sposarsi. -  
- Oh, congratulazioni. -
- Grazie. - Sana spostò innocentemente lo sguardo sull'orologio da polso di Hayama. - Accidenti, com'è tardi. Akito, andiamo, o faremo tardi. Arrivederci, Honjo, piacere di averti conosciuta. - Prese lui sottobraccio e lo trascinò via.
- Ciao. - Hayama sollevò una mano in un accenno di saluto.
L'altra ricambiò e si allontanò con un'espressione corrucciata dipinta in viso.
Sana riuscì a raggiungere il reparto del pane, prima che Hayama dicesse qualcosa. - Si può sapere che ti è preso? E da quando mi chiami per nome? -
Lei sbuffò e si mise ad osservare indecisa i sacchetti di pane fresco. - Non essere sciocco, Hayama. Che fratelli sono due che si chiamano per cognome? E poi non capisco di cosa stai parlando. -
- Con Yoko sei... stata strana, ecco. Piuttosto falsa, a dirla tutta. Non è da te – spiegò lui, ignorando volutamente la questione del chiamarsi per nome o cognome. Probabilmente aveva capito che non sarebbe riuscito a spuntarla, qualsiasi cosa avesse detto.
Lei aprì e chiuse la bocca un paio di volte prima di decidersi a parlare. - Ti sbagli, il mio comportamento è stato assolutamente naturale – mentì. Beh, d'altra parte, che avrebbe potuto dirgli? Nemmeno lei era riuscita a decifrare il proprio comportamento. C'era qualcosa in Honjo che l'aveva irritata, anche se non avrebbe saputo dire quale. Non voleva assolutamente che avesse a che fare con Hayama. - Credo che prenderò anche del pancarrè – affermò, prendendo una confezione del suddetto e cambiando argomento.
Hayama sospirò e scosse la testa esasperato, poi la seguì.

Akito spinse il carrello fino alla cassa più libera e si mise in fila. Lui e Sana erano stati fortunati, c'era solo una persona davanti a loro: una donna un po' più vecchia di loro insieme ad un moccioso di quattro o cinque anni. Non vedeva l'ora di essere fuori da quel supermercato. L'ora di pranzo era passata da un pezzo e stava morendo di fame, voleva mettere qualcosa sotto i denti il prima possibile. Gettò uno sguardo su Sana che era al suo fianco e si guardava intorno in silenzio. Nonostante avesse negato, lui continuava a pensare che con Yoko si era comportata in modo strano. Forse la trovava antipatica, concluse fra sé e sé con semplicità. Ormai era abituata ai comportamenti fuori dalla norma di Sana. A lui, invece, l'incontro a sorpresa non aveva fatto né caldo, né freddo, Yoko gli era piuttosto indifferente e non aveva interesse a stringere amicizia o qualcosa di più con lei.
- Trentaquattromilacentocinquantasette yen*, signore – lo informò la cassiera.
Akito quasi sbiancò. Ma quanto avevano speso? Sana, poco distante, infilava con espressione innocente i loro acquisti nelle borse. Pagò il conto e uscì da quel posto succhiasoldi seguito da Sana. - Tu sei matta! Quasi trentacinquemila yen. In un mese spendiamo praticamente lo stesso. -
- Uffa, non essere tirchio. Lo facciamo per Aya e Tsuyoshi. A casa ti darò la metà. -
Akito annuì distrattamente. - E poi non capisco perché dobbiamo essere noi a occuparci dell'organizzazione. - Cercò con lo sguardo l'automobile. Dove l'aveva parcheggiata? Appena la trovò, prese la chiave dalla tasca anteriore dei jeans e fece scattare la serratura.
- Aya mi ha proposto di aiutarmi, ma le ho detto che ce ne saremo occupati da soli. Voglio che sia una sorpresa! - esclamò con sguardo sognante. - Sarà tutto perfetto. -   
- Che sciocchezza... - borbottò lui, mentre riponeva i sacchetti nel bagagliaio. - Ehi, aspetta un attimo, perché parli al plurale? -
- Perché tu mi aiuterai. - E con queste ultime parole, Sana salì in macchina e sbatté la portiera.


* 34157 yen sono poco più di 300 euro circa.
 
Nota: Ho messo una piccola citazione del nono volume di Kodocha. Avete capito quale?

Spazio Autrice: E' il capitolo più breve che io abbia mai scritto per questa storia e mi odio per questo, ma l'alternativa era non pubblicare e non mi sembrava giusto lasciarvi completamente all'asciutto.
Spero davvero che comunque sia venuto fuori lo stesso qualcosa di buono.
Grazie infinite per le 14 recensioni (siete gentilissimi), le 44 preferite, le 10 ricordate e le 65 seguite.
Al 8/6!
Ilaria

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** 23° capitolo ***


The Ghost's Diary - 23° capitolo
The Ghost's Diary
23

7 Luglio
Caro Diario,
Questa sera c'è stata una festa, si è svolta a casa di Shotaro. C'era davvero molta gente e ho trascorso la maggior parte del tempo con lui.
Nonostante questo, non sono serena come dovrei. Non mi ero mai accorta che Sho riscuotesse più interesse nelle donne di quanto fossi disposta a sopportare. In verità, ha dedicato la sua attenzione praticamente solo a me, ma non riesco a frenare questo malumore e il disprezzo provato verso le ragazze con cui ha ballato, o anche solo parlato. Una in particolare, Hinako “qualcosa”, ha tentato di attirare la sua attenzione in tutti i modi, senza particolare ritegno o decenza. Tutto questo è solo colpa mia. Se non avessi preteso di aspettare, prima di dichiarare ufficialmente il nostro fidanzamento, sono sicura che quella ragazza non ci avrebbe provato tanto spudoratamente. Agli occhi del mondo lui risulta libero e un bel partito.
Non sono ancora pronta a desiderare di voler preparare un altro matrimonio, ma non so quanto riuscirò a resistere a questa gelosia che mi consuma.
Buonanotte, caro Diario,
Hana

Sana oltrepassò la soglia del salotto e osservò soddisfatta il suo lavoro. Il divano era stato spostato, per aumentare lo spazio destinato al passaggio, e messo in un angolo. Il tavolo che utilizzavano per pranzare era stato accostato al muro e ricoperto con una bella tovaglia colorata; vassoi e piatti colmi di cibo appena preparato, utensili, bicchieri e bottiglie occupavano ogni suo spazio disponibile.
Lei, nei giorni precedenti alla festa, aveva anche preparato festoni adatti all'occasione, divertendosi molto, e costretto Hayama ad aiutarla a disporli in giro per la stanza. Sorrise e annuì, era tutto a posto. Ora mancavano solo gli ospiti e la festa avrebbe avuto inizio. Sospirò, sperava che tutto sarebbe andato bene.
Il campanello suonò in quel momento e Sana si precipitò ad aprire. - Hisae – riconobbe sorridendo.
- Ciao, Sana. Sono felice di rivederti. - Hisae oltrepassò la soglia e la strinse in un veloce abbraccio. Negli ultimi tempi non si erano viste perché l'amica si trovava lontana dal Giappone per il suo lavoro di hostess. Era molto spesso in viaggio e aveva visitato tante parti del mondo.
La sua amica era un po' più bassa di lei e più in carne, ma era molto carina. I capelli castano chiaro, ondulati le ricadevano sulle spalle e gli occhi marroni erano grandi e luminosi.
Hisae entrò in casa e sospirò, estatica. - Una festa in casa Kurata, da quanto tempo non ne organizzavi una. E poi questa casa è veramente bellissima. -
- Grazie. Beh, comunque, hai ragione. Si vede che aspettavo l'occasione giusta – scherzò. Sana prese l'altra sottobraccio e la trascinò in salotto.
- E l'hai trovata. - Si guardò intorno. - Ehi, è proprio bello qui. Hai organizzato bene. Ma... i festeggiati dove sono? -
- Non ci sono, sei la prima. Dovrebbero arrivare a momenti, comunque. -
Hisae si staccò da lei e si avvicinò al tavolo che faceva da buffet. - Quante buone cose. Ti sei affidata ad una ditta di catering? -
- E' così difficile immaginare che possa essermi occupata da sola di tutto? - chiese imbronciando le labbra e incrociando le braccia al petto.
- Ehm, non prendertela, Sana, sei brava a fare tante cose, ma la cucina non è proprio il tuo campo. -
Sana sospirò. Purtroppo era vero, doveva rassegnarsi al fatto che non sarebbe mai stata una brava cuoca. Beh, decise, un giorno avrebbe lasciato l'incombenza a suo marito. - Va bene, lo ammetto, è stato Hayama ad occuparsi di cucinare. -
Hisae si illuminò e le si avvicinò. - Oh, sì, il tuo fratellastro. Sono proprio ansiosa di conoscerlo. Che tipo è? -
- In che senso? -
L'altra scrollò le spalle. - Non so... è carino, simpatico? Ti somiglia caratterialmente? -
Sana la fissò perplessa. - Se mi somiglia? Siamo come il giorno e la notte, esattamente l'opposto. Hayama è asociale, antipatico, apatico e un insopportabile saccente. Non credo ti piacerebbe. - Sana si scoprì a trattenere il fiato per l'apprensione. La stessa misteriosa sensazione provata al supermercato al cospetto di Yoko Honjo ritornò più prepotente che mai. C'era la possibilità che Hisae e Hayama si interessassero l'uno all'altra? Non lo sapeva, ma non voleva che fosse così.
Hayama scelse quel momento per entrare. Tra le mani stringeva alcune bottiglie e si diresse direttamente al tavolo per posarle senza degnarle d'attenzione.
- E' davvero carino – le sussurrò Hisae all'orecchio. - Anzi, di più. -
Carino? Carino come uomo, questo intendevano tutte le ragazze a cui lo presentava? Sana lo osservò, ma veramente questa volta, come non aveva mai fatto prima. Da quando lo aveva conosciuto, si era concentrata su di lui all'inizio come fratellastro con cui non voleva avere a che fare, poi come amico.
Forse c'era qualcosa di più che non aveva mai preso in considerazione, che non mai voluto prendere in considerazione.
Si riscosse dai suoi pensieri, perché Hayama si era girato a guardarle, probabilmente sentendosi osservato.
Senza che quasi potesse rendersene conto, Hisae si era avvicinata ad Hayama per presentarsi e porgergli la mano. - Ciao, io sono Hisae Kumagaya, un'amica di Sana. -
Lui le strinse la mano brevemente e rivolto un freddo e scostante: - Akito Hayama. -
Sana sollevò gli occhi al cielo. C'era da immaginarselo, si disse, mentre Hisae lo fissava interdetta.
- Torno in cucina. C'è ancora molto da fare – aggiunse Hayama, rivolgendosi a lei e scoccandole un'occhiata eloquente e piena di risentimento.  
Uhm? Lo aveva forse sfruttato troppo per organizzare la festa? Sana sorrise divertita. - Un attimo e ti raggiungo – promise.
Hayama annuì con il capo e scomparve di nuovo in cucina senza un'altra parola. -
Hisae le ritornò vicino. - Che peccato. Una così bella faccia, ma un così pessimo carattere. Tieniti il tuo fratellino, non ho proprio idea di come fai a viverci insieme. -
Lei scosse il capo. - Ti sbagli. Hayama è molto più di questo – affermò solenne. Vide Hisae assottigliare le palpebre e fissarla in modo strano, come se la stesse studiando. - Che c'è? - le chiese confusa.
- Sana, non ti sarai innamorata, per caso? -
Innamorata? Ma cosa?! - E di chi? -  
L'altra sospirò esasperata. - Ma di Hayama, no? -
Probabilmente avrebbe dovuto ridere, davanti all'assurdità detta da Hisae, ma si rese conto che non c'era nulla di divertente. - Stai scherzando? Io voglio davvero bene a Hayama, ma da questo a... insomma... - Stava tentennando. Perché stava tentennando?! - Io... no, certo che no. Ora è meglio che vada. - Lei innamorata di Hayama? Assurdo, veramente assurdo.  

In disparte, Hana osservava Sana e quella sconosciuta parlare. Si era nascosta e non potevano vederla, non aveva alcuna intenzione di rendere nota la sua presenza. Inizialmente, era scesa al piano inferiore per scoprire come stessero occupando febbrilmente il loro tempo da alcuni giorni a quella parte Akito e Sana, dare una breve occhiata e non farsi vedere.
A farle cambiare idea era stato sorprendere Sana in compagnia di quella sconosciuta, una ragazza che non aveva ancora avuto l'occasione d'incontrare. Hana non era riuscita ad impedirsi di origliare i loro discorsi.
Un'altra amica di Sana o una serpe in seno? L'aveva visto quell'eccessivo interesse verso Akito della sconosciuta, l'eccessiva curiosità, e poi gli occhi dell'altra accendersi per la gelosia.
Hana aveva vissuto una scena simile, quando era in vita. Era passato molto tempo e non rammentava più alla perfezione la rivale, ma riusciva ancora a sentire la stretta al petto che aveva sentito, la rabbia cieca verso... - come si chiamava? - ...Hinako, i pensieri cupi, il seme del dubbio che le era stato insinuato...
Anche Sana avrebbe provato le stesse cose? Avrebbe messo in pericolo l'amore tra lei e Akito?
Hana si ritrasse, aveva ascoltato abbastanza. Avrebbe solo voluto non essere costretta ad assistere alla distruzione di un altro grande amore.
Silenziosamente, si avvio verso il piano inferiore. Ebbe appena il tempo di vedere Akito fare il suo ingresso nella stanza.

Akito osservò le condizioni in cui era ridotto il suo salotto e si chiese come aveva potuto permettere che tutto questo accadesse. Sana gli aveva fatto comprare e cucinare montagne di cibo, gli aveva fatto appendere decorazioni, fatto spostare mobili, poi si era procurata – lui non aveva idea di come - luci al neon che cambiavano colore e acceso lo stereo a tutto volume. Era una fortuna che non avessero vicini nelle vicinanze, o avrebbero rischiato una denuncia per schiamazzi.
Puntò lo sguardo su Sana, la causa di tutto ciò, e la vide trascinare i due neo-fidanzati al centro dell'improvvisata pista da ballo e costringerli a ballare un lento romantico – spacca timpani.   
Poi, lei si avvicinò anche ad altri due invitati, Kumagaya e Kamura, che stavano parlando amichevolmente, e provò a convincerli a fare lo stesso. Kamura, probabilmente per farsi bello agli occhi di Sana, si inchinò galantemente davanti a Kumagaya e le chiese: - Mi concedi questo ballo? - Il sorriso pomposo che seguì le sue parole, fece prendere in considerazione al suo stomaco di rimettere tutto il sushi che aveva ingurgitato. Inutile dire che invece Kumagaya accolse con gioia la richiesta e si fece trascinare in pista.
Il grosso sorriso che piegò le labbra di Sana gli fece pensare che lei era convinta di aver appena dato vita ad un nuovo ed eterno amore. Illusa.
Poco più lontano, c'era Fuka, l'amica di Sana, che era appoggiata al bordo del tavolo e teneva le braccia e le gambe conserte. Gomi, invece, si stava divertendo ad improvvisarsi fotografo e aveva riempito la memoria della macchina digitale con centinaia di foto di ognuno di loro. Tranne lui, ovviamente, a meno che Gomi non volesse ingoiarla, quella macchinetta fotografica.
Con la coda dell'occhio, notò Sana avvicinarsi a Fuka, probabilmente con il proposito di chiederle – ordinarle – di ballare con Gomi, ma l'occhiataccia che le getto l'amica la fece desistere. Qualcuno che scoraggiava i propositi folli di Sana c'era, allora, pensò Akito.
Lui decide di allontanarsi dal muro dove aveva appoggiato la schiena ed osservato discretamente la festa, e ritornare nell'angolo dov'era stato messo il sushi.
Quando assaporò il primo boccone, si sentì decisamente più bendisposto verso Sana e quella stupida festa.
- Ehi, Hayama. Vieni a ballare. -
Non così tanto, però. Akito restò in silenzio e sperò che bastasse a farla rinunciare.
Non fu così fortunato. - Dai, stanno ballando tutti – insistette Sana.
Si girò a guardarla. - Gomi e Matsui no. -
- Probabilmente lo farebbero, se dessimo loro il buon esempio. -
Oh, no. Era riuscita a fargli fare molte cose contro la sua volontà, ma ballare un lento con lei assolutamente no. Gli sarebbe piaciuto stringerla tra le braccia, questo era vero, ma non al punto di rendersi ridicolo. - No, Sana. E poi non so ballare, chiedilo a qualcun altro. Magari a Gomi, così smetterà di girare per la stanza come un maniaco della fotografia. -
Gli prese una mano e lo strattonò. Colto di sorpresa, gli scivolò il rotolino di sushi dalle dita che ricadde sul tavolo. - L'ho chiesto a te. Su, solo un ballo. Perché devo sempre implorarti per ogni sciocchezza del genere? -
- E tu perché mi chiedi solo cose che non voglio fare? -
Tra una parola e l'altra, era riuscita ad avvicinarlo alle altre due coppie danzanti. Sana gli teneva le mani strette alle sue e lo fissava in silenzio. Lesse incertezza nel suo sguardo, ma non capì a cosa si riferisse. Poté vedere i suoi occhi luminosi, le labbra lucide e le guance rosse, prima che Sana si decidesse a stringergli le braccia intorno al collo e farsi ancora più vicina.
- Dovresti muoverti, ora – lo informò, prendendolo in giro.
Fu lo sguardo irritato di Kamura a convincerlo completamente. Sospirò e mosse un passo.  
In quel momento, la luce si spense e la stanza sprofondò nel buio.


Spazio Autrice: Credo non esistano parole sufficienti per scusarmi per avervi fatto aspettare tanto. Spero almeno che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se non è lunghissimo.
Ho avuto una brutta, brutta crisi ispirativa e solo da poco ho ricominciato a scrivere qualcosa per sbloccarmi ed ancora da meno tempo ho ripreso a dedicarmi a questo fandom che adoro.
Non vi darò una data precisa per il prossimo capitolo, ma spero di riuscire a postarlo tra due settimane. Comunque, alla fine non mancano molti capitoli. Dovrei farcela entro il trentesimo, in teoria.
Vi ringrazio infinitivamente per le 13 recensioni, le 47 preferite, le 8 ricordate, le 76 seguite e le visite.
A presto.
Ilaria

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** 24° capitolo ***


The Ghost's Diary - 24° capitolo
The Ghost's Diary
24

13 Luglio
Caro Diario,
Io e Sho abbiamo avuto una brutta discussione, è la prima volta che litighiamo con toni tanto accessi.
E' tutta colpa mia, ho fatto un commento malevolo su quella Hinako - quella di cui ti ho parlato l'altra volta e che ci provava spudoratamente con lui – e abbiamo finito per litigare.
Lui afferma che lei sia solo un'amica, ma in quel momento ero così arrabbiata che non sono riuscita a credere alle sue parole.
Ora che ci siamo salutati in modo tanto aspro ho riacquistato il senno, anche se continuo a ritenere che le intenzioni di lei, se non di lui, non fossero completamente innocenti.
Però... Non voglio perderlo!
Avrei dovuto avere più fiducia, spero che riesca a perdonarmi. Non può essere finito tutto così.
Perdonami, non me la sento di scrivere altro, per oggi.
Buonanotte, caro Diario.
Hana

Sana, stretta tra le braccia di Hayama, stentava quasi a credere di essere riuscita a trascinarlo sulla pista da ballo. Ogni tanto era disposto a cedere, allora.
Sollevò il viso e lo fissò negli occhi. Non erano stati così vicini tanto spesso - come le volte in cui l’aveva baciata, ad esempio - ed era una sensazione strana, ma piacevole.
Quando si rese conto che ancora non avevano fatto un passo e che Hayama la guardava con incertezza, decise che gli avrebbe concesso ancora qualche secondo, poi avrebbe fatto lei la prima mossa.
Non fu necessario. Lui, dopo aver gettato un’occhiata alle sue spalle - non avrebbe saputo dire a chi o a cosa -, finalmente prese l’iniziativa e cominciò a seguire la musica.
Solo per un attimo, però.
Sana ebbe appena il tempo di provare soddisfazione di essere riuscita a convincere Hayama a ballare con lei, che la luce si spense. Si bloccò di colpo e mormorò un sorpreso: - Ma cosa…? -
Alle sue spalle poté sentire elevarsi mormorii sorpresi anche dagli invitati.
Lasciò scivolare via le mani dal collo di Hayama, ma gli rimase comunque vicina. - Pensi che sia un sovraccarico? - gli chiese.
Anche se era ormai sera, il sole era tramontato e l’unica luce presente era quella lunare, lo vide scuotere lentamente il capo. - No. Non lo senti? -
Fu allora che Sana fece caso che la musica non si era affatto fermata, ma continuava imperterrita. Se la corrente fosse davvero saltata, lo stereo non avrebbe potuto continuare a rimanere acceso e funzionante. - Forse… forse sono saltate le lampadine. -
- O forse Hana ha qualcosa in mente - replicò Hayama, sussurrandole le parole nell‘orecchio.
Esattamente quello che aveva temuto. Si girò verso i loro amici. - Ehm, mi dispiace per il contrattempo, dev’essere saltata qualche lampadina. Vado a prendere qualche candela. - Si rivolse a Hayama: - Vieni anche tu. -
Lui annuì senza discutere, doveva aver capito la vera ragione della sua richiesta, cioè parlare senza essere disturbati.

Akito prese il cellulare dalla tasca dei jeans e, premendo un pulsante, illuminò il display.
Si diresse lentamente verso la cucina – non voleva rischiare di sbattere contro qualcosa -, con Sana al seguito.
Appena entrambi furono entrati nel locale, lui chiuse la porta e ci si appoggiò a braccia conserte. - L'elettricità c'è, non c'è dubbio – affermò.
- Pensi che sia stata Hana a far sparire la luce? - chiese lei e la sentì avvicinarsi a tentoni ad un cassetto, aprirlo e rovistare alla ricerca delle candele. - Forse... forse sono saltate davvero le lampadine. -
Sicuramente lui avrebbe preferito che la spiegazione fosse questa, semplice e razionale, ma la realtà gli sembrava ben diversa. - Tutte quante nello stesso momento? - domandò con tono scettico. - Assurdo! -
Nel frattempo, Sana aveva preso delle candele e le aveva posizionate sugli appositi sostegni; ad una ad una le accese utilizzando un fiammifero. Una bassa e tremolante luce si diffuse nella stanza, permettendogli di scorgere la figura di Sana.
Lei sollevò le candele e gli si avvicinò per porgendogliene una; Akito la strinse fra le dita. - Se è stata Hana... -
Inarcò un sopracciglio. Ancora quel tono ipotetico? Non voleva proprio saperne di dargli ragione, per una volta?
- Che cosa facciamo? - concluse, piegando leggermente la testa da un lato e fissandolo intensamente.
Akito scosse piano la testa. - Non lo so, ma credo che questa sia la conferma che dovremmo andarcene da qui e trasferirci. -
Sana sbarrò gli occhi. - No, perché? Lei non è pericolosa, Hayama! Non vuole farci del male, credo che si senta molto sola – aggiunse cupamente e sospirò. - Sono certa che abbia i suoi buoni motivi per comportarsi in questo modo. -
- Non sarà pericolosa, però ti ha fatto del male. - E non sarebbe più accaduto, mai più.
Istintivamente, con la mano libera, lei si sfiorò il polso che ancora portava i segni dell'incidente. L'espressione di Sana si intenerì. - Hana non voleva, ho fatto tutto da sola. -
- Beh, ma... - cominciò, non sapendo più cosa fare per convincerla. Probabilmente non ci sarebbe mai riuscito.
Improvvisamente, la porta su cui Akito era appoggiato si spalancò. Sbilanciato, per evitare di cadere a terra, si aggrappò con una mano alla spalla di Sana e la distanza tra di loro si accorciò ulteriormente.
Matsui fece capolino ed entrò nella cucina. - Allora, cosa succede? - domandò. Li fissò per un attimo, sorpresa, poi aggiunge maliziosamente: - Se la vostra intenzione era appartarvi, potevate trovare una scusa e un momento migliore. -
Sana si allontanò precipitosamente da lui e Akito ne approfittò per chiudere di nuovo la porta, rimasta socchiusa. - Eh?! Cosa? No, no, ti sbagli. Stavamo solo prendendo le candele e parlando. Diglielo anche tu, Hayama. - Si voltò a guardarlo, in cerca di sostegno.
Lui non era del tutto convinto di volerglielo concedere. - Ha ragione... - iniziò guardando Matsui, mentre con la coda dell'occhio vide il volto di Sana accendersi d'approvazione. Non così in fretta! - Altrimenti mi sarei premurato di chiudere a chiave la porta, onde evitare inopportune interruzioni. -
Difficile dire se il viso di Sana si infiammò più per la rabbia o per l'imbarazzo, sta di fatto che gli mollò uno schiaffetto sul braccio e gli disse irritata: - Idiota! -
Poi lei si girò verso l'amica. - Seriamente, Fuka, pensiamo che la scomparsa della luce sia correlata ad Hana, ma non sappiamo né perché, né come fare a sistemare le cose. -
- Hana? E perché l'avrebbe fatto? -
Akito sollevò gli occhi al cielo. - Ma è davvero così importante? Non sarebbe piuttosto preferibile rintracciarla e convincerla a ridarci la luce? -
- Magari sapere le sue motivazioni ci aiuterebbe a convincerla – insistette Sana e Matsui, che si era spostata al suo fianco e aveva preso anche lei una candela, annuì.
Far ragionare Sana era già difficile, ma se veniva pure supportata da Matsui, la sua diventava una sfida persa in partenza. - Bene, fate un po' come volete – affermò esasperato. - Ma sbrigatevi, perché nell'altra stanza abbiamo degli ospiti che non hanno la minima idea che in questa casa si aggiri un fantasma. -
- Chi è che si aggira? - chiese Tsuyoshi, entrando in cucina in quel momento. Dietro di lui, a poca distanza, c’era la sua fidanzata.
Akito si coprì il volto con una mano. No, forse nemmeno del sushi valeva i guai che si stavano susseguendo in quella maledetta serata, non avrebbe mai dovuto dare il suo consenso per organizzare quella stupida festa.
- Niente! - si ritrovò ad esclamare insieme a Sana, anche se con toni ben diversi: irritato il suo e nervoso quello di lei.
- In questa casa si aggira un fantasma – proruppe Matsui.
- Fuka! - la riprese Sana, fissandola sconvolta.
Tsuyoshi cominciò a ridacchiare, anche se Akito notò un certo nervosismo nella sua voce. - Molto divertente! Che cosa succede, dai? -
Lui sospirò, cominciava ad essere stanco di tutti quei sotterfugi. - Matsui non stava scherzando, il fantasma c'è davvero. Puoi scommettere che non sto affatto scherzando e che non ho completamente perso il senno – affermò serio, con tono quasi lugubre.  
- Akito! - lo riprese Sana come aveva fatto con Matsui. 
Intanto, Tsuyoshi e la sua fidanzata erano impalliditi visibilmente. - Un fantasma? Non puoi star dicendo sul serio – disse il primo, mentre l'altra gli prese la mano e si strinse a lui.
- Mi dispiace non avervelo detto – si scusò Sana, rinunciando ai suoi tentativi di negare. - Fuka lo sa solo perché l'abbiamo ospitata qui e l'ha scoperto, non è qualcosa che volevamo si sapesse in giro. -
- Anche perché è ben difficile crederci – aggiunse Akito.
- Comunque Hana non è pericolosa, non c'è bisogno che vi preoccupiate. -
Akito aveva qualcosa da ridire sulla pericolosità di Hana, ma se la tenne per sé, la situazione era già abbastanza complicata così com'era.
La luce riapparve all'improvviso e con essa una bianca figura. Akito la riconobbe immediatamente come Hana, il fantasma che da un po' di tempo a questa parte si era infiltrato nelle loro vite – o loro nella sua?. - Hana! - esclamò Sana, scorgendo anche lei il fantasma.
Hana indossava il solito kimono bianco, aveva il capo leggermente piegato in avanti e i capelli lunghi che le coprivano in parte il viso. L'espressione malinconica era più accentuata del solito. Uno strillo attirò la sua attenzione, Tsuyoshi non aveva preso molto bene l‘arrivo della loro trasparente coinquilina. - Un-un fantasma! - esclamò il suo amico, mentre Aya si fece pallida e si nascose impaurita tra le braccia del fidanzato. Beh, non poteva di certo biasimarli per quella reazione.
- Sana – chiamò Hana, avvicinandosi.
Akito, istintivamente, si portò più vicino a Sana come sostegno e protezione.
- Hana, sei stata tu a far saltare la luce? Qualcosa non va? - chiese Sana al fantasma candidamente.
L'espressione del fantasma si scurì e piegò la testa. - Sì, scusami. -
Intorno a loro, Matsui, Tsuyoshi e Aya osservavano la scena senza emettere un suono e la tensione era palpabile.
- Non importa. Ma... perché l'hai fatto? - Sana, di fianco a lui, avvicinò la mano alla sua e gliela strinse e lui ricambiò la stretta. 
- Io... io... - tentennò Hana, arretrando un po'.
Sana le sorrise incoraggiante.
- Ho visto Hinako e ho perso la testa. -
Akito aggrottò le sopracciglia. - Hai visto chi? -
Avevano invitato una certa Hisae Kumagaya – si chiamava così, giusto? -, ma nessuna Hinako per quello che ne sapeva. 
- Hinako. So che non può essere davvero lei, quella che conoscevo io, ma si comporta esattamente allo stesso modo, con i suoi tentativi di portar via il fidanzato alle altre. Non dovresti permetterle di farti soffrire come ho sofferto io. -
L'espressione di Sana era ancora confusa. - Continuo a non riuscire a seguirti. Di chi e cosa stai parlando? - In effetti anche Akito stava avendo qualche problema a capire gli sproloqui di Hana.
- Parlo della ragazza bionda che c'è in salotto. Ha flirtato con Akito, non preoccupandosi del fatto che sta con te. E' vergognoso. -
Sana spalancò la bocca. - Hai frainteso! Hisae non è interessata ad Hayama e poi io e lui non stiamo affatto insieme. -
Matsui rivolse loro un'occhiata eloquente, Sana la notò e arrossì.
Hana si allontanò ulteriormente, turbata. - Scusatemi di nuovo. Continuo a fare sbagli, mentre volevo solo aiutarvi. E' meglio che sparisca dalle vostre vite – affermò disperata.
- No, Hana, aspetta! - tentò di fermarla Sana, ma non fece in tempo, perché il fantasma scelse quel momento per dissolversi. 


Spazio Autrice: Salve a tutti! Vi risparmio le scuse, perché credo che non esistano per giustificare i ritardi di questi ultimi capitoli.
Passiamo al capitolo: non mi piacciono molto le scene con tanti personaggi, perché sono complicate da gestire, spero pertanto che sia venuto qualcosa di decente. Comunque, per la cronaca, non mi sono dimenticata di Gomi, Hisae e il Mollusco, semplicemente sono rimasti tranquilli nell'altra stanza e parlare mentre aspettano che arrivino le candele o la luce. Nel prossimo capitolo realizzeranno che gli altri invitati è troppo tempo che sono in cucina e si aggiungeranno anche loro al discorso.

Comunicazione: Dato che non ho la minima idea di quanto arriverà di preciso il prossimo capitolo (spero presto), il 25°, e per aiutare voi e me con gli aggiornamenti, ho aperto una pagina autore su facebook. Probabile che oltre a news e scleri metta anche qualche spoiler di tanto in tanto.
Ecco il link: http://www.facebook.com/pages/Ili91/322833071126812?skip_nax_wizard=true


Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ora vado a rispondere alle recensione dello scorso capitolo.
Grazie per la pazienza e a presto.
Ilaria

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** 25° capitolo ***


The Ghost's Diary - 25° capitolo
The Ghost's Diary
25

 16 Luglio
Caro Diario,
Io e Shotaro abbiamo litigato di nuovo. Non posso credere che mi abbia tradito... Stringeva quella Hinako tra le braccia, l'ho visto. Non mi ero sbagliata, non era solo una mia impressione.
Questa volta è finita davvero, dopo tutto quello che c'è stato tra noi.
Non riesco a crederci.
Ero così felice, prima. Eravamo davvero felici insieme, come ha potuto comportarsi così.
Quando si è accorto di me, Shotaro ha tentato di giustificarsi. Ha blaterato spiegazioni e ha negato che fosse colpa sua.
Come si è permesso?! So benissimo cosa ho visto, era così evidente.
Ero andata da lui per scusarmi del mio infantile comportamento,come ha potuto? Pensavo che il nostro fosse amore vero, che sarebbe durato per tutta la vita. Sono stata proprio una stupida.
Dopo la discussione sono scappata via da casa sua e sono tornata a casa a piedi, il temporale mi ha messo in difficoltà. Anche se rispecchia alla perfezione il mio dolore.
Spero di non vederlo mai più.
Buonanotte, caro Diario,
Hana

- Non riesco a crederci - Aya ruppe il silenzio che si era creato. Era abbracciata a Tsuyoshi che come lei era pallido e tremante. Sollevò la testa che fino a quel momento era rimasta nascosta nella spalla del fidanzato e li osservò uno ad uno. - Un fantasma, uno vero! -  
- Forse stiamo avendo un’allucinazione collettiva. -
Tsuyoshi era una persona razionale, ma se l'aveva accettato Hayama – il che era tutto dire -, anche lui sarebbe giunto alla realtà della situazione. Solo, considerò Sana, meritava qualche spiegazione, sia lui che Aya.
- Lasciate che vi spieghi tutto quello che è successo, così capirete meglio – cominciò Sana con tono grave, poi parlò a lungo, raccontando tutti gli incontri che avevano avuto con Hana e quello che avevano scoperto. Tralasciò solo la responsabilità che il fantasma aveva avuto con il suo incidente, visto che non voleva si facessero una brutta opinione di lei. - Ragazzi, quello che avete visto e quello che vi ho raccontato è tutto vero, ma, ribadisco, Hana non è affatto pericolosa, è solo molto triste e necessita di qualcuno che l'ascolti – concluse, fissando negli occhi i suo amici. Ora sia Tsuyoshi che Aya sembravano molto più tranquilli, anche se c'era ancora un'ombra nel loro sguardo.
Hayama alzò gli occhi al cielo. - Sei ancora dell'idea di aiutarla? -
Sana incrociò le braccia. - Certamente. - Sospirò e piegò il capo in avanti. - Forse, se le parlassi e lei si sfogasse, questo l'aiuterebbe. - Cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, pensando ad alta voce. - Ma come faccio ad invocarla? -
- E se facessi una seduta spiritica? - propose Aya.
Sana si fermò e si girò a guardarla. - Come hai detto, scusa? -
- Una seduta spiritica. Non è quello che serve per contattare i morti? - chiese cautamente.
Nessuno ebbe il fegato di contestare l'idea, ne avevano viste troppe di stranezze per non prendere in considerazione quella possibilità.
Lei si voltò verso Hayama in cerca di sostegno e di un parere, ma questi aveva il viso pensieroso e non la considerò. - Forse potrebbe essere la soluzione giusta – disse più a se stessa che a qualcuno in particolare.
Sentirono il rumore della porta aprirsi e tutti si girarono a guardarla.
- Beh? Che state facendo tutti qui? - chiese Hisae entrando. - La luce è tornata già da alcuni minuti. -  
Alle sue spalle c'erano Gomi e Naozumi. - La festa si è spostata in cucina? - chiese il primo.
- Stavamo prendendo le candele, ma poi sono arrivati Tsuyoshi e Aya e ci siamo messi a chiacchierare – spiegò Fuka.  
La cosa sorprendente è che non stava affatto mentendo.
- Allora, la luce è tornata, direi che possiamo tornare alla festa! - affermò Sana, poi soffiò sulla candela che stringeva tra le dita, spegnendo la fiamma, e l'appoggio sul tavolo. - Vieni, Hayama, - Posò le mani sulle sue spalle e lo spinse in direzione della porta, oltrepassando Hisae, Gomi e Naozumi. - Mi devi ancora un ballo. -
- Eh? Ma... - provò a protestare lui.
Sana sbuffò. - Avanti, ti ho già pregato una volta e avevo ottenuto il tuo consenso, ora non puoi tirarti indietro. - Lo trascinò fino al centro del salotto, dove la musica non aveva smesso di suonare, sotto lo sguardo degli invitati che li avevano inseguiti.
Gli posò la mano sulla spalla e gli sorrise, mentre, intorno a loro, gli altri seguirono il loro esempio e presero a muoversi a ritmo di quella musica assordante.
Quando Hayama sospirò e prese a muoversi in modo un po' impacciato, il sorriso di Sana si intensificò. Anche se per un attimo temette che la luce scomparisse nuovamente, interrompendoli.
Invece, non accadde.
Hayama la fece volteggiare, poi protese un braccio e lei fece la giravolta. Era un po' rigido e non sembrava possedere una grande esperienza, ma perlomeno non le aveva ancora pestato un piede e doveva ammettere di starsi divertendo.
Ballarono in silenzio per qualche minuto, fissandosi negli occhi, poi Hayama disse: - La farai? -
Lei lo guardò perplessa. - Cosa? -
- La seduta spiritica. -
- Sì, credo di sì. Potrebbe funzionare – aggiunse. - Pensi che sia una sciocchezza, vero? - Piegò le labbra in una smorfia.
Lui scrollò le spalle. - Fino a qualche tempo fa non credevo nemmeno ai fantasmi, e hai visto com'è finita... -
Sana non poté fare a meno di sorridere, per quanto in effetti la situazione fosse alquanto tragica. - Grazie, Hayama – disse lei.
Lui la fissò. - Di cosa? -
- Di esserci, credo. Siamo in disaccordo praticamente su tutto, litighiamo sempre, ma si è instaurato un bel rapporto, vero? - Sana era incerta, forse per Hayama non era la stessa cosa.
- Certo, confermò lui con il suo solito tono apatico.
Sana sbuffò. - Potresti sembrare un po' più convinto. -
Hayama fece una smorfia sofferente. - Non sono bravo ad esternare i miei sentimenti – ammise a disagio. - Dovresti saperlo, ormai. -
Lei rise. - Dai, non essere imbarazzato. -
- Non sono imbarazzato! - negò lui, ma le guance un po' rosse lo tradirono.
Sana sorrise intenerita, trattenendosi dal proseguire nel stuzzicarlo. Nel tempo che avevano trascorso insieme a stretto contatto, aveva imparato a riconoscere i suoi pregi e i suoi difetti, il suo modo di fare, quello che amava e odiava.
Insomma, aveva imparato ad amarlo.
Boccheggiò e si irrigidì, abbastanza da attirare l'attenzione di Hayama. - Qualcosa non va? -
Lei lo guardò negli occhi. Lo aveva negato talmente tanto a lungo che le era diventato naturale farlo istintivamente, ma la verità era che, contrariamente ad ogni logica, si era innamorata.
Era un sentimento profondo, nato e sviluppatosi lentamente poco alla volta e si era talmente radicato in lei che era naturale provarlo.
- Certo! - esclamò con finta convinzione e l'altro non parve molto convinto.
C'era qualche possibilità che lui provasse la stessa cosa?
Era complicato, se non impossibile, definire cosa passasse per la mente di Hayama.
Era decisamente insondabile.
Certo, discutevano spesso, ma aveva dato prova di tenerci a lei a suo modo. Questo ovviamente non implicava lui l'amasse, però.
E se lui la considerasse come una sorella?
- Hayama, tu non sei mio fratello, capito? - sbottò all'improvviso.
Lui inarcò le sopracciglia. - No, che non lo sono. Che vai a dire tutto ad un tratto? -
- Niente, lascia perdere. - Bene, almeno non la vedeva come una sorella. D'altra parte, visto come l'aveva baciata, sarebbe stato strano il contrario.
Aveva la testa così confusa, perché doveva accorgersi proprio ora di questo sentimento?
No, doveva tornare a concentrarsi su Hana, e su quell'idea della seduta spiritica.
Doveva capire come fare ad organizzarne una.

Il sorriso di circostanza sul volto di Naozumi si incrinò. Per tutta la durata della festa aveva osservato di sottecchi Sana e il suo rapportarsi a Hayama.
La conosceva da parecchio tempo, ma mai l'aveva vista così presa da qualcuno. Era giunto il momento di gettare la spugna, lei non lo avrebbe mai guardato a quel modo.
- Sono una bella coppia – affermò Fuka Matsui, seguendo la direzione del suo sguardo.
Da un paio di canzoni aveva fatto cambio di compagna con il tipo con la macchina fotografica, Gomi. Ora lui e Kumagaya si erano allontanati dal centro della pista ed erano impegnati in un'accesa discussione. Non sembravano andare molto d'accordo.
- Già – concordò con poco entusiasmo.
- Lei è contenta con lui, se ti intrometterai e la farai infelice, te la farò pagare – affermò l'altra con calma glaciale, l'accento del Kansai più marcato del solito.  
Naozumi si adombrò. - Non lo farei mai, la sua felicità viene per me prima di tutto il resto. -
Matsui sorrise improvvisamente, il cambio d'espressione fu talmente repentino da stupirlo. - Bene. -
- Pensi veramente che lui sia la cosa migliore per lei? - chiese, osservando Hayama con un cipiglio nervoso. Quello sembrava sempre indifferente a tutto e non gli ispirava molta simpatia.
Lei scrollò le spalle. - No, non lo so. Ma so che è quello che Sana vuole e che lui è speciale. -
Naozumi inarcò un sopracciglio. Che cosa le faceva pensare che Hayama fosse speciale? Proprio non riusciva a capirlo. Scoccò un'altra occhiata alla coppia che danzava. - Forse hai ragione. -

- Grazie della festa, ragazzi. E' stato gentile da parte vostra – ringraziò Tsuyoshi rivolgendosi a Sana e Hayama.
- Molte grazie – si accodò Aya.
Erano trascorse alcune ore dalla visita di Hana, la festa era finita e i due futuri sposi erano gli ultimi invitati ad essere rimasti; Anche per loro era arrivato il momento dei saluti.
Quando la porta si fu chiusa alle loro spalle, Sana si voltò verso Hayama soffocando uno sbadiglio. - Alla fine, la festa è andata bene. Ma che stanchezza. -
Nel frattempo, erano ritornati in salotto. Lei si guardò intorno; tutta la sala era sottosopra. Sedie lasciate in giro per la stanza, il tavolo spostato dal suo solito posto, e su cui erano rimasti resti di cibo. I flutè utilizzati per festeggiare si trovavano ognuno su un mobile diverso, completamente svuotati. Un cuscino del divano era caduto sul pavimento e un altro si trovata in bilico sulla spalliera. E la cucina non era certo messa meglio. - A sistemare penseremo  domani mattina, ora sono proprio stanca. -
L'altro annuì, dopo una smorfia disgustata in direzione della stanza. - Sono d'accordo. -
- Buonanotte, allora – gli augurò Sana.
- 'Notte – replicò lui. Fece un cenno con il capo e si avviò fuori dalla stanza, verso le scale.
Si era allontanato di pochi metri che lei si affrettò a raggiungerlo. - Hayama? -
Lui si voltò. - Sì? -
- Hana sembra così timorosa all'idea di confessarci cosa le sia accaduto; possibile che la sua colpa sia così grave? - Si morse un labbro.  
- Sarà solo una sciocchezza, non preoccuparti. E, anche se non lo fosse, tu l'aiuterai a superarla. -
Lei si spinse in avanti e gli gettò le braccia al collo. - Grazie, Hayama – gli mormorò all'orecchio stringendolo a sé. Si staccò qualche istante dopo. - Buonanotte – ripeté più dolcemente e con un sorriso.
Si affrettò a raggiungere la sua stanza con il cuore che le batteva a mille.


Spazio Autrice: Questa volta sono tornata relativamente presto. Spero di impiegarci lo stesso tempo o meno anche per i prossimi, ultimi due capitoli.
Devo dire solo una cosa su questo capitolo: la pagina del diario. Ho tentato di mettermi in uno stato d'animo negativo mettendomi nei panni di Hana e ho cominciato a scrivere frasi confuse e sconnesse nel tentativo di far capire che non è lucida in quello che fa, spero di esserci riuscita.
Spero che abbiate apprezzato il capitolo.
Appena sarò a buon punto con il prossimo capitolo (il 26°) lascerò uno spoiler sulla mia pagina facebook, e lo stesso vale per qualsiasi news.
Grazie dell'attenzione.
A presto.
Ilaria

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** 26° capitolo ***


The Ghost's Diary - 26° capitolo
The Ghost's Diary
26


17 Luglio
Caro Diario,
Non sento Shotaro da giorni.
Lo so, ho detto di non volerlo più vedere. E sono ancora di quell'opinione, veramente. Solo... mi aspettavo un tentativo di riconciliazione da parte sua.
Non mi ha chiesto perdono, non è venuto da me per darmi una qualche spiegazione, nemmeno una falsa.
La nostra storia è contata così poco per lui da non meritare nemmeno lo sforzo di tentare di salvarla?
So che mi ha amato, gliel'ho letto negli occhi. Non posso essermi ingannata anche su questo.
Non riesco a capire cosa ci sia successo. Cosa ne è stato di Hana e Shotaro?
Ora... cosa succederà?
Continueremo ad evitarci a vicenda, faremo come niente fosse stato? Forse il tempo comincerà a scorrere sempre più velocemente e senza accorgersene ci dimenticheremo l'uno dell'altra e proseguiremo la nostra vita separatamente.
Sono molto arrabbiata, forse non lo perdonerò, ma lo amo ancora e non voglio che accada.
Buonanotte, caro Diario,
Hana

Akito abbassò la maniglia della porta d'ingresso e la spalancò. Entrando, notò che la stanza era buia e questo lo stupì, era certo che Sana fosse in casa.
Non aveva idea di cosa stesse succedendo, ma di qualcosa era certo: Sana era la causa.
Ormai la conosceva da abbastanza tempo da sapere che portava guai.
Sperava solo che questa volta non le fosse successo nulla di grave. Attraversò l'ingresso e raggiunse la soglia del salotto. Questi era illuminato da una tremolante luce di candele. La concentrazione maggiore era sul tavolo da pranzo, su cui erano state disposte una lunga fila di candele, che partiva da un capo all'altro.
In quel momento, notò Sana; era seduta al centro di un lato della tavola, il viso illuminato in modo scarso e inquietante, le braccia allungate davanti a sé e gli occhi chiusi.
- Che diavolo stai facendo? - sbottò scioccato, prima di rammentare il suo proposito di organizzare una seduta spiritica. Evidentemente era proprio quello che aveva fatto.
Lei spalancò le palpebre. - Oh, bentornato, Hayama. Finalmente sei arrivato. Com'è andata la fisioterapia? Tutto apposto? Avanti, vieni qui a sederti! -
Lui inarcò un sopracciglio davanti a quella tempesta di parole, poi allungò un braccio alla sua destra e premette un pulsante.
La luce del lampadario illuminò la sala.
- Perché hai accesso?! - esclamò Sana indispettita. - Così non può esserci l'atmosfera giusta. -
- Sarebbe questo il modo con cui chiamerai Hana, bruciandole il salotto in cui è vissuta? -
Nemmeno Akito sapeva perché si stava irritando tanto, ma era tutto così assurdo!
Sana sbatté le mani sul tavolo e si alzò tanto repentinamente che la sedia alle sue spalle cadde a terra con un tonfo. A grandi passi lo raggiunse. - Si può sapere qual è il tuo problema? Ti viene naturale o il tuo obiettivo è farmi arrabbiare? -
- Potrei dire esattamente la stessa cosa! - Akito mosse un passo in avanti e la breve distanza che li divideva si ridusse ulteriormente. - Non ho mai avuto tanti problemi come da quando mi sono trasferito qui. Tu sei una fonte unica di guai, per te stessa e gli altri. -
Il cipiglio di lei si distese. - Eri preoccupato per me, per questo te la sei presa? -
Uhm, sì, probabilmente era così. - Figurati, sei una sciocca – mentì, preparandosi alla risposta adirata di Sana.
Solo che... non accadde.
Lei si sporse in avanti, gli prese il viso tra le mani e lo baciò. Akito rimase immobile, non se lo aspettava proprio. Non da lei. Socchiuse le labbra e cominciò a rispondere, era troppo tempo che aspettava questo momento.
Le posò le mani sui fianchi e la tirò a sé fino a che i loro corpi non si toccarono, poi la circondò con le braccia. Il movimento sollevò leggermente Sana sulle punte, che spostò le mani dalla guance e avvolse le braccia intorno al collo di Akito.
Quando Sana separò le loro labbra, lui non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato.
- Che cosa... - ansimò lei. - Che cosa stiamo facendo? -
Entrambi avevano il fiato corto. Lui la guardò stralunato. Decisamente era troppo aspettarsi da lei una piena consapevolezza in amore. - Credo che, in fondo, tu mi piaccia molto – ammise. Aveva allentato la presa intorno ai fianchi di lei e la fissava intensamente negli occhi, il tono serio.
Lei sorrise. - Ti amo. - Gli accarezzò una guancia. - Anche se sei insopportabile. -
Lui rese meno rigida la piega delle labbra. Non proprio un sorriso, ma quasi. - Da che pulpito! - disse e riprese a baciarla.
La seduta spiritica non sarebbe ripresa per molto tempo.

Sana allungò le mani davanti a sé e strinse fra le sue quelle grandi e calde di Hayama. Dopo tutto quello che era successo tra loro, pareva assurdo che lo chiamasse ancora per cognome, ma a lei piaceva così. Lui sarebbe rimasto per sempre il suo Hayama.
Chiuse gli occhi e si concentrò. Pochi istanti dopo spalancò una palpebra. - Avanti, impegnati un po' di più! Ricambia la stretta e chiudi gli occhi – disse all'altro.
Lui sbuffò, ma eseguì.
Lei, soddisfatta, riabbassò la palpebra e riprese a concentrarsi; iniziò anche a mormorare a bassa voce. - Mh... -
- Stai scherzando?! - sentì esclamare Hayama. - Mh? E che cos'è, una lezione di yoga? -
Il sarcasmo di lui la irritò e gli mollò un calcio sotto il tavolo.
Lui rispose con un gemito di dolore.
- Ben ti sta! - replicò Sana senza cuore.
L'idillio amoroso non era durato molto, ma loro erano fatti così.
- Avanti, riprendiamo – disse lei.
Lo vide alzare gli occhi al cielo, ma rinunciò a replicare. Lui strinse le sue mani con più forza ed entrambi smisero di distrarsi, puntando la loro completa attenzione su Hana.  
- Hana, ci stai ascoltando? Noi ci teniamo molto a tentare di parlarti... di capire. Vorremo riuscire ad aiutarti. - Sana si interruppe e prese un respiro profondo. - Mostrati. - Puntò il viso al soffitto e spalancò le palpebre. - Raccontaci quello che ti è successo. - Si zittì e rimase ad ascoltare il silenzio, che era tale da riuscire a sentire i battiti ritmati del suo cuore. - Hana, ti prego. -
Il fantasma apparve. Era seduto su una delle sedie a capotavola – le candele nelle vicinanze si spensero – e delle lacrime le scorrevano lungo le guance. Dovevano essere immaginarie, però, perché appena scivolavano dal mento di Hana e atterravano sulla superficie lignea scomparivano. L'espressione funerea era più evidente del solito e Sana si sentì triste solo a guardarla.
- Hana, sei arrivata – mormorò e Hayama, a quelle parole, aprì gli occhi per vederla.
Hana spostò lo sguardo affranto su Sana e poi su Hayama. - Ho deciso di dirvi la verità, vi svelerò cos'è accaduto a me e al mio Sho. -

Fu il suono del campanello a svegliarla. Seguirono delle voci concitate e gemiti di orrore.
Che cosa poteva essere accaduto?
Hana fece il possibile per prepararsi in fretta, poi lasciò la sua stanza e scese al piano inferiore.
- Oh, che cosa terribile – stava dicendo sua madre. Il tono freddo sembrò più sciolto del solito.
Hana percorse il corridoio e raggiunse la soglia del salotto, dove i suoi genitori stavano parlando con un uomo anziano, a lei poco famigliare.
- Sta molto male? - chiese suo padre.
Hana si avvicinò ancora di più, chiedendosi chi fosse l'oggetto della conversazione.
- Dicono che non passerà la notte – rispose l'uomo anziano, che, Hana rammentò improvvisamente, era il maggiordomo in casa della famiglia di Shotaro.
- Chi? - domandò lei, rendendo nota la sua presenza.
I tre si voltarono a guardarla contemporaneamente, con espressione stupita. - Tesoro... - mormorò suo padre, cautamente.
- Chi è che sta male? - ripeté, sentendo il cuore martellarle nel petto velocemente per la preoccupazione. Mosse qualche altro passo in avanti.
Il maggiordomo sospirò. - Il signorino Shotaro, signorina. -
Il suo cuore sprofondò.

Il tempo necessario per raggiungere la casa della persona che amava le sembrò infinito.
Il maggiordomo aveva provato a dissuaderla dall'andare da Shotaro, perché i genitori di lui la ritenevano responsabile della malattia – polmonite – del figlio.
- Che significa? - chiese.
- Ieri pioveva forte, signorina. Ed era freddo. Provare a cercarla dopo la vostra litigata ha compromesso la salute già cagionevole del signorino Shotaro. -
Le lacrime cominciarono senza controllo a rigarle le guance. Non si sarebbe mai potuta perdonare per questo.
Entrò nella casa di Shotaro correndo, senza curarsi degli sguardi o dei commenti delle persone che notarono il suo arrivo.
- Sho – urlò ripetutamente tra le lacrime.
Quando arrivò alla soglia della sua camera, fece scorrere lo sguardo lungo la stanza di lui fino al luogo dove giaceva.
Attorno al futon erano raccolti i genitori di Shotaro, e una persona che Hana non conosceva.
Sia la madre sia il padre piangevano e lei ebbe improvvisamente troppa paura di avvicinarsi.
- Sho – mormorò piano, facendosi coraggio e muovendo qualche passo in avanti.
I genitori di Shotaro si girarono verso di lei, ma l'attenzione di Hana era completamente rivolta alla figura nascosta tra le coperte.
Il viso di Shotaro era pallidissimo.
No, no, no!
Non si muoveva, non respirava nemmeno.
Ti prego, no!
Era morto.

La voce di Hana si ruppe alla fine del racconto. Sana si accorse che anche lei stava piangendo, in modo silenzioso. - E poi? - chiese, trattenendo un singhiozzo. - Cos'è accaduto? -
- Qualche giorno dopo il funerale, Hinako venne da me per scusarsi. In realtà non le interessava davvero Shotaro, era stato tutto un gioco architettato da lei e Sentaro. E... - La voce le tremò. Deglutì e riprese: - Shotaro... lui non la stava nemmeno baciando, stava solo tentando di allontanarsi da lei. - Hana si asciugò le lacrime e concluse con voce fredda e ferma, come se non fosse capitato a lei: - Subito dopo, insieme al diario che conteneva tutti i ricordi di me e Shotaro, mi sono gettata dalla finestra. -
Sana, che fino a quel momento aveva tenuto le mani strette a quelle di Hayama, le liberò e le usò per coprirsi il viso.
Si sentì il rumore di una sedia e dei passi, poi Hayama l'avvolse in un abbraccio. - Tu sei forte, ricordi? - le sussurrò all'orecchio. - Siilo anche per lei. -
Sana sollevò la testa, si asciugò gli occhi ed annuì. Si voltò verso il fantasma. - Hana, sarei scontata se ti dicessi che non è stata colpa tua se Shotaro è morto e anche se lo facessi, se non sei tu la prima a crederci, è come se parlassi al vento. Ma, in fin dei conti, è proprio così. Si è trattato solo di una tragica catena di eventi. Smettila di torturarti per questo e vai avanti. - Spinse la sedia all'indietro, si alzò e si avvicinò all'altra. - Non conoscevo Shotaro, ma da quello che ho saputo sembra ti amasse molto. Non penso ti abbia mai fatto una colpa della sua morte o di non avergli creduto. - Gettò uno sguardo su Hayama, dolce e intenso. - Continuare a non perdonarti non te lo riporterà indietro, ma potrebbe aiutarti a rincontrarlo. Fallo per il vostro amore, è così difficile trovare quello vero. -
Le lacrime immaginarie smisero di scendere lungo le guance di Hana. - Grazie, Sana. - Piegò le labbra in un piccolo sorriso. Non era molto e non era convinta nemmeno che sarebbe mai riuscita a perdonarsi del tutto, ma ora sembrava esserci una possibilità.
Il fantasma sparì e l'atmosfera nella casa sembrò improvvisamente più serena.   


Spazio Autrice: NON è finita. Sì, ci sarà ancora un capitolo, l'epilogo che chiude quello che è rimasto in sospeso.
In questo capitolo – che spero abbiate apprezzato -, si scopre finalmente com'è finita tra Shotaro e Hana. Dannatamente tragico, ma era scontato che non potesse essere allegro.
Sana e Akito, invece, finalmente hanno concluso qualcosa. Era ora, finalmente.
Ripeto, le ultime cose da dire - alcune sono solo dettagli, altre abbastanza importanti (tipo Hana-fantasma) - nel prossimo e ultimo capitolo.
Vi ringrazio per i commenti allo scorso capitolo e spero di non avervi deluso con questo.
Domande, chiarimenti, scleri e lo spoiler che metterò riguardo l'epilogo a disposizione sulla mia pagina fb.
A presto.
Ilaria 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Epilogo ***


The Ghost's Diary - Epilogo
The Ghost's Diary
Epilogo

20 Luglio
Shotaro è morto.
Addio, amore mio.
Hana

Alcuni mesi dopo

Meiko sollevò il capo. Si concesse un ultimo sguardo alla casa in cui era vissuta per molto anni, consapevole che non ci avrebbe più rimesso piede. Gettò un'occhiata al ragazzo al suo fianco. Non ci furono bisogno di parole.
Lui annuì, le prese la mano e insieme si allontanarono da quel luogo.

Sana smise di battere sulla tastiera del computer, rilesse le ultime righe e annuì. Sì, aveva finito.
Salvò il documento su cui era riportato tutto il suo racconto, frutto di mesi di duro lavoro, e gettò uno sguardo all'orologio.
Spalancò le palpebre.
Era tardissimo, lei e Hayama rischiavano di arrivare in ritardo al matrimonio di Tsuyoshi e Aya, mancavano solo venti minuti all'orario concordato.
Spense il computer e uscì di scatto dalla sua stanza. Sollevò con una mano l'orlo del vestito per evitare che la intralciasse nei movimenti – per fortuna aveva avuto l'accortezza di prepararsi in anticipo, per una volta – e scese le scale per raggiungere il piano inferiore di corsa.
- Hayama? - chiamò. Dove si era cacciato? E perché non le aveva ricordato del matrimonio? Se solo ne avesse avuto il tempo, avrebbe preso in considerazione l'idea di fargliela pagare. Ripeté nuovamente il nome del suo ragazzo.
- Sono qui. -
Sana entrò nel salotto e vide Hayama in piedi al centro della stanza. Indossava uno smoking nero semplice che gli stava divinamente. Lo guardò sorpresa, non era abituata a vederlo tanto elegante, ed era un peccato, perché il completo gli calzava alla perfezione.
Lui le si avvicinò e per un attimo Sana scordò che Aya e Tsuyoshi stavano per sposarsi, che lei e Hayama erano in ritardo e...
Si riscosse e allungò una mano per stringere quella di lui. - Sono una delle damigelle, Hayama, non posso arrivare in ritardo. -
Lui fece una smorfia. - Dobbiamo proprio andare? L'ultima volta che sono stato ad una festa organizzata per Aya e Tsuyoshi, ho avuto solo problemi. -
Sana sorrise un po' tristemente. Da quando Hana le aveva rilevato la verità sulla sua storia non l'aveva più rivista. Ogni tanto le sembrava di sentire la sua presenza – ogni volta sempre meno cupa -, ma accadeva sempre più di rado. Le piaceva pensare che ben presto Hana se ne sarebbe andata definitivamente, smettendo di incolparsi e soffrire. - Questa volta andrà tutto bene, vedrai. - Guardò l'ora sull'orologio a muro: quindici minuti. - Sempre che arriviamo in tempo. - La damigella non poteva arrivare dopo la sposa, sarebbe stato ridicolo!
Trascinò Hayama fuori di casa e salirono entrambi sulla macchina di lui.  
- Ci sarà anche il dam... Kamura al matrimonio? - le chiese Hayama, infilando la chiave nel cruscotto.
- Eh? Perché? - Era confusa, non riusciva a capire il senso di quella domanda così improvvisa.
L'altro scrollò le spalle. - Così. - Mise in moto il motore e l'auto si mosse.
- Beh... come al solito è molto impegnato con il lavoro di attore, però sì, credo che ci sarà. -
Un mormorio poco soddisfatto fu la replica di Hayama.
Sana voltò il capo verso il finestrino, osservando il paesaggio. Qualche minuto dopo, riprese a parlare: - Ah, mi sono dimenticata di dirti che l'avvocato ha telefonato ieri. -  
- Uh? Quando? - Hayama si girò un attimo verso di lei, poi riportò l'attenzione sulla strada.
- Mentre eri fuori a concludere gli ultimi accordi per la palestra di karate. Ha detto che sono rimaste ancora delle carte da firmare e che vorrebbe rivederci entrambi un giorno della prossima settimana. - Esattamente dieci giorni prima, si erano conclusi con successo i sei mesi di tempo che lei e Hayama avrebbero dovuto trascorrere insieme nella stessa abitazione e l'eredità era entrata in loro possesso. Hayama aveva potuto mettere in atto il suo progetto di aprire una palestra di karate, e lei avrebbe potuto dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. Inoltre, a discapito di quello che entrambi supponevano all'inizio, non avrebbero abbandonato e venduto la villa in cui avevano vissuto per tanti mesi, ma sarebbero rimasti ad abitarci. Insieme.  
- Va bene – acconsentì Hayama.
Quando raggiunsero il luogo in cui era stato organizzato il matrimonio dei loro migliori amici, la sposa li attendeva all'entrata con un sorriso accondiscente sulle labbra. Erano fortunati che Aya fosse una persona calma e composta in praticamente ogni situazione.
O forse no, considerò Sana, quando notò in che condizioni era il fazzoletto di seta che l'amica stringeva tra le dita.
I due ritardatari si precipitarono ai loro posti: erano uno di fronte all'altro, ai fianchi degli sposi.
Sana incrociò lo sguardo di Hayama e gli sorrise. Lui la imitò, più o meno.
La sposa fece il suo ingresso e il matrimonio incominciò.

Hana pianse le sue ultime lacrime tra le pagine del suo vecchio diario. I suoi ultimi pensieri non era più possibile leggerli, ma lei non ne aveva bisogno per rammentarli.
Sollevò una mano e il diario si richiuse da solo. Poi si sollevò in aria e si posò sul copriletto della sua vecchia camera.
Hana fece correre lo sguardo per la stanza prima di lasciarla definitivamente.
Per la prima volta da quando era morta, uscì dalla sua casa.
Shotaro le mancava davvero molto, sperava di rivederlo.
Cominciò a svanire e la paura la colse.
Un calore improvviso, come se fosse frutto di un abbraccio, le fece spalancare gli occhi per la sorpresa. - Sho? - mormorò.
Hana scomparve e non fece più ritorno.   


Spazio Autrice: Buonasera a tutti. Con questo epilogo si conclude "The Ghost's Diary".

Qualche considerazione (a random):

- La similitudine tra il finale del libro di Sana e l'ultimo pezzo con Hana è voluta.
- Curiosità: Sana ha abbandonato la sua stanza (sì, sta in quella di Akito!), perché voleva che quella rimanesse la stanza di Hana e basta (Akito non c'entra! Non pensate male! XD).
- Ho fatto un finale un po' aperto, che strano! Credete che l'abbraccio fosse di Sho? Bene. Pensate che Hana se lo sia solo immaginato? Bene uguale. Pensate qualsiasi altra cosa? Bene un'altra volta.
- La pagina di diario ad inizio capitolo è l'ultima che Hana scrive. Perché poi Hinako le rileva la verità su lei e Sho e Hana infine si suicida.


Sono abbastanza soddisfatta di com'è venuto fuori questo capitolo, perché è praticamente come volevo venisse. Purtroppo, non lo sono altrettanto della storia in generale. Ho commesso degli errori, deluso alcuni di voi, avrei potuto scrivere meglio alcune parti, comunque, nonostante questo, sono affezionata a questa storia e spero vi abbia lasciato qualcosa.

Ringrazio chi l'ha seguita fin dall'inizio (il lontano 13 ottobre 2010), chi quando era già cominciata, chi l'ha recensita, chi l'ha aggiunta alle sue liste, chi ha avuto la pazienza di aspettare il nuovo capitolo anche non ho pubblicato per lungo tempo (tra il cap. 22-23 e tra 23-24).
Grazie mille a tutti.

Comunicazione: Con questo capitolo, chiudo (forse definitivamente) completamente la mia presenza sul fandom di Kodocha.
Ho scritto moltissimo con Kodocha (tre long-fic, tante storie brevi), ma ora voglio dedicarmi a dei fandom nuovi, come Revenge e Kaichou.
Akito, Sana e Co mi hanno ispirato per tantissimo tempo, questo fandom rimarrà lo stesso uno dei miei preferiti.
Arrivederci. E grazie. <3
Ilaria

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=582774