Nuovo Mondo Sud

di sorika
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I ***
Capitolo 2: *** Atto II ***
Capitolo 3: *** Atto III ***
Capitolo 4: *** atto IV ***



Capitolo 1
*** Atto I ***


atto I

Note dell’autrice: Bisogna fare delle piccole precisazioni. Innanzitutto, come è nata questa storia (perché leggendo ve lo chiederete). Allora, in sostanza, io ed una mia amica (la protagonista di questi atti) stavamo al Mcdonald a mangiucchiare qualcosa, quando abbiamo cominciato a delirare sul Nuovo Mondo di Light Yagami. Da lì, ce lo siamo diviso: lei il Nuovo Mondo Sud io il Nuovo Mondo Nord. Ci siamo date dei consiglieri (3 a testa noterete) e lei mi ha dato cinque parole da seguire per ogni capitolo. Da tutto questo è nata questa cosa.

Piccola precisazione: i personaggi sono, purtroppo OOC ed anche se io odio l’OOC, non ho potuto esimermi dall’usarlo. Spero vi piaccia lo stesso.

 

Ah, ovviamente tutta la raccolta è dedicata alla mia insostituibile Somma Rashmi, perché lei è la mente e io il braccio <3

 

ATTO I

Piccoli scherzi, esperimenti mal riusciti e idee diaboliche

 

Sasori camminava distratto per i corridoi del palazzo del Nuovo Mondo Sud senza un occupazione degna di questo nome- poteva andare ad infastidire Neko-Neko, ma che gusto c’era a spaventare un uomo che se la faceva sotto se per caso scricchiolava qualcosa?-.

Da quando gli avevano proibito di entrare nel proprio laboratorio, Sasori si sentiva mogio e depresso, inutile come un fazzoletto usato. Nemmeno più infilarsi a tradimento nel letto della regina lo faceva emozionare. Anzi, stufa di vederselo comparire sempre nei momenti sbagliati, la Somma Rashmi gli aveva vietato anche di intrufolarsi in camera sua. Così, avendo perso entrambe le sue occupazioni preferite, Sasori vagava come un spirito per il castello, moralmente sconfitto.

Aveva provato a prendersela con Sesshomaru- gli aveva scambiato il vasetto di gelatina con dei piselli frullati- ma l’enorme taglio che aveva sulla schiena era stato l’esauriente commento del Lord alla sua bravata. Taglio che bruciava ogni volta che provava a muoversi più velocemente del consentito e che gli suggeriva, pungolando durante la notte, che Sesshomaru non era lo scemo che faceva credere. Così aveva rinunciato anche a lui, perché di farsi fare a fettine non gli andava proprio.

C’era anche Kyouya, ovvio, ma lui era così Bleah che non valeva nemmeno la pena scervellarsi per pensare ad un modo per infastidirlo. E poi era sempre chiuso nel suo studio a far quadrare i conti, quindi come poteva riuscire ad infastidirlo?. La somma Rashmi gli aveva anche proibito di avvicinarsi a lui, perché se gli faceva sbagliare un solo conto, lo avrebbe sbuzzato personalmente. E Sasori aveva imparato a fidarsi delle sue minacce.

Così, depresso e nullafacente, Sasori camminava, canticchiando una canzoncina inventata sul momento, sperando di riuscire a far passare un po’ di tempo. Ma quando voltava lo sguardo all’enorme pendolo in fondo al corridoio si accorgeva che le lancette non si erano ancora spostate. E allora gli dava le spalle e ricominciava, pregando che, quando sarebbe tornato a guardarlo, le lancette erano già sulle sei.

~-.-~

«Ehi Sasori! Cosa stai combinando?» lo apostrofò la Somma Rashmi andandogli incontro di gran carriera. Sasori, alzando lo sguardo perplesso, la guardò, poggiando il cacciavite sul pavimento dov’era seduto, ed attese che parlasse ancora.

Ma vedendola alquanto perplessa, Sasori si ritenne in dovere di rispondere.

«Niente, mia Regina».

La Somma Rashmi continuò a guardarlo perplessa.

«Niente?» domandò, per confermare.

Sasori annuì corrucciando le ciglia. Un ticchettio sinistro riempì per un attimo il silenzio.

Poi la voce sprezzante ed arrabbiata della Somma spezzò l’aria come un colpo di pistola.

«E tu, smontare l’orologio a pendolo, lo ritieni un Niente?».

«Mi annoiavo» si giustificò Sasori.

La regina lo guardò smarrita e vagamente comprensiva, ma quando una molla partì dagli ingranaggi e si schiantò sul suo naso, lo sguardo di lei divenne di fuoco e fiamme.

Niente di rassicurante, insomma.

«Non me ne frega una beneamata mazza se ti annoi! Per punizione andrai a far compagnia a Kyouya nel suo studio! Ci siamo capiti?».

Sasori spalancò gli occhi, boccheggiò qualcosa e strinse i resti dell’orologio fino a romperne il vetro- che fece diventare esaurita la regina- e poi, chinando il capo come una povera vittima sacrificale sibilò un “d’accordo” mesto e si incammino verso lo studio di Kyouya.

La regina, da lontano, lo guardò fino a quando non sparì dietro l’angolo, poi blaterò qualcosa ed infine prese a calci quel poco che rimaneva del pendolo. Infine si aggiustò i vestiti e se ne andò in sala da pranzo, per farsi servire una bella cioccolata calda.

~-.-~

La stanza dove quel perfettomane di Kyouya lavorava era un luogo abbastanza carino ed ordinato, con i scaffali pieni di libri e un televisore in schermo antico che, tantissimo tempo fa,  doveva aver trasmesso dei film in bianco e nero. C’erano due ampie finestre che davano sul giardino principale, adornate da tende di un bianco brillante. Sul lato destro c’era anche un caminetto in marmo rosa, con sopra un orologio antico e due violinisti in porcellana. Vicino ad esso, rivolte di poco verso il centro, c’erano due poltrone in velluto rosso che guardavano verso un tavolinetto in vetro, su cui troneggiava un libro alto e dalla copertina verde.  Sul lato sinistro, invece, coperto da soffici coperte rosse, il letto a baldacchino si ergeva trionfante del suo spazio. C’era anche un comodino, di lato, sopra cui c’era un bicchiere vuoto e una candela consumata. Di fronte a lui, infine, c’era Kyouya che, seduto sulla sedia e girato di un po’ verso il suo ospite, guardava quest’ultimo perplesso, sorpreso di vederselo lì. Tra le dita stringeva una penna e sembrava essere stato colto in un momento critico.

«Che cosa vuoi, Sasori?» gli domandò, alzando un sopracciglio.

Sasori si riscosse e disse, alzando le spalle:

«La Somma Rashmi ha detto che devo stare con te».

Kyouya strabuzzò gli occhi così tanto da farsi scivolare gli occhiali sulla punta del naso. Non poteva crederci! La regina, la donna che lo sobbarcava di lavoro fino a fargli detestare la matematica, ora gli stava palesemente offrendo la causa dei suoi problemi su un piatto d’argento? Andiamo, probabilmente era un sogno! Sicuramente si era appisolato sulla scrivania e la postura scomoda gli aveva fatto sognare questa cosa orrenda! Perché altrimenti non poteva essere, insomma, se voleva che i conti quadrassero doveva lasciarlo nella pace più assoluta e non con quel pazzo ambulante tra le scatole!

«Allora? Cosa stavi facendo di bello?» cominciò Sasori, giusto per intavolare una discussione. Non che volesse davvero parlare con quel fissato dei numeri, ma se doveva passarci un pomeriggio intero, tanto valeva che lo trattasse come uno alla pari.

Kyouya sembrò ancora più stupito dalla sua domanda, ma tentò di darsi un contegno, così prima di rispondere, si aggiustò gli occhiali e rispose, serio:

«Contavo quante spese hai effettuato questo mese».

«Ah, e quante ne sono?»

«Molte più di quanto immagini» concluse Kyouya, sedendosi di nuovo dritto ed impugnando la sua fedele calcolatrice, per cominciare l’ennesimo calcolo.

Con sopperito stupore, Sasori si accorse che la scrivania di Kyouya era strapiena di fogli, cartelle e post it. C’era un caos indicibile lì sopra tanto che le braccia di Kyouya centravano a malapena sopra. Si accorse che c’erano anche dei libri.

La matematica nell’ 500 – noiosissimo!-.

Numeri e vita- ovvero?-.

Dall’ipotesi alla legge- fisica, sicuramente-.

E un quaderno con la copertina nera e consunta. Sembrava stato usato di recente e la curiosità di Sasori prese il sopravvento. Allungò una mano per afferrarlo e sbirciare qualcosa al suo interno, ma la presa salda di Kyouya interruppe il suo movimento.

«Cosa hai intenzione di fare?» ringhiò, fissandolo.

Sasori non si fece impressionare ed alzò le spalle, scrollando la mano.

«Volevo prendere quel quaderno. Posso?».

Kyouya scosse vigorosamente la testa e precisò, serio:

«No. È una cosa privata, quindi fammi il favore di tenere le tue manacce a posto. Chiaro?».

Attese che Sasori rispose, ma vedendolo assente, con lo sguardo perso oltre la finestra, decise di ignorarlo a sua volta e di riprendere da dove aveva lasciato.

Per un po’ regnò la pace, nella stanza di Kyouya, ma quando quest’ultimo si stava abituando alla sua presenza, Sasori esordì dal nulla:

«Credi che domani pioverà?».

Kyouya arricciò le sopracciglia, colto alla sprovvista, e balbettò:

«N-Non saprei. Pensi che pioverà?».

«Se l’avessi saputo, te l’avrei chiesto?» e Kyouya, per non spaccargli sul cranio la boccetta d’inchiostro, si morsicò le labbra e tacque, ricominciando a fare i conti.

Sasori sghignazzò e preparò la prossima domanda. Perché, doveva ammetterlo, si stava annoiando da morire lì con lui, soprattutto perché quell’essere preciso non lo degnava di una sola occhiata.

Sbuffò  e decise di alzarsi e di ficcare il naso un po’ ovunque. Kyouya lo seguì con lo sguardo.

Ora che dava un occhiata più attenta, in una cesta nascosta in un angolo c’erano dei Peluche. Per un momento gli venne alle labbra una risata meschina, ma per non morire torturato preferì ingoiarla e proseguire nell’esaminazione. Era una cesta in vimini a forma di casa. Aveva il tetto rosso e due finestre sul davanti. Al suo interno, sorridente come un ebete, un orsetto marrone lo guardava spento, con gli occhi vuoti come biglie.

E fissando le sue iridi finte, gli sovvenne un'altra domanda invadente.

«Kyouya, scommettiamo che ti batto a scacchi?».

Kyouya alzò di scattò la testa e lo guardò per un momento, cercando di capire bene quello che aveva detto. Poi sogghignò e disse, saccente:

«Certo, come no».

Sasori parve interdetto.

«Beh? Non potrebbe essere?».

«Direi di no, scemo. Tu non sai nemmeno qual è la regina!».

Sasori lo fissò, ghignando appena, e gli si avvicinò, sedendosi vicino a Kyouya, il quale, sentendosi superiore, lo guardava dall’alto in basso, sicuro che almeno in quello l’avrebbe stracciato. Perché Sasori poteva essere bravo nel combattimento corpo a corpo, nel tirare shuriken o kunai, nel convincere la regina a portarselo a letto, a fare aeroplani di carta più belli dei suoi, a mangiare la minestra senza cucchiaio- e senza sporcarsi-, a cantare Heidi meglio di chiunque altro e a fare lavori a maglia. Ma a scacchi, no. Non ce l’avrebbe fatta.

Lui era il più forte.

«Allora, cominciamo?» domandò Sasori, grattandosi la testa.

Kyouya liberò il tavolo da ogni intralcio e vi poggiò la scacchiera.

«Preparati a perdere, nanerottolo».

~-.-~

La Somma Rashmi, dopo essersi rifocillata con una buona cioccolata calda, aveva deciso di andare a controllare com’era la situazione in camera di Kyouya.

Conoscendo Sasori- e il suo pessimo carattere- non riusciva ad immaginarsi nulla di buono. Così, bussando gentilmente alla porta, attese che qualcuno andasse ad aprirla.

Aspettò ed aspettò, rimanendo immobile poco distante dalla porta, ma quando la sua pazienza- già limitata- finì con l’esaurirsi, la Somma Rashmi gridò:

«Insomma! C’è qualcuno che è disposto ad aprirmi?».

Ma non ricevette risposta. Allora, urtata, afferrò la maniglia ed aprì la porta, già pronta ad inveire contro di loro nel peggior modo possibile.

Gonfiò i polmoni, aprì la bocca, e l’insulto le morì sulle labbra quando, guardandoli stralunata, si accorse che erano concentrati in un “duello all’ultimo sangue”.

Non sapeva se ridere, se piangere, se fare entrambe le cose insieme, o se prendere il vaso nel corridoio e spaccarlo sulle loro teste. Qualcosa di macabro le suggeriva la terza, ma alla fine non optò per nessuna di queste. Decise solamente di strillare come un uccello in gabbia:

«Si può sapere cosa c’è di così impegnativo negli scacchi?» e si avvicinò minacciosamente.

Kyouya alzò una mano e le intimò di fermarsi. Lei obbedì, interdetta.

Sasori si mise una mano sul mento, piegò un sopracciglio in giù e poi afferrò la testa del cavallo. Lo mosse e Kyouya, aspettandosi quella mossa, afferrò il re e lo mangiò.

La Somma Rashmi rimase ad osservarli, senza sapere cosa dire. Si era già figurata la sfuriata a cui li avrebbe sottoposti, ed invece si ritrovava senza una parola da spiccicare.

Nel frattempo, l’aria si era fatta irrespirabile. Chi dei due avesse sganciato, la Somma non saprebbe dirlo, ma la puzza era tale che fu costretta ad avvicinarsi alla finestra e a mettere la testa fuori, riempiendosi i polmoni di aria pura.

Kyouya, intanto, togliendo il cavallo di Sasori dalla scacchiera, si accinse a fare la sua prossima mossa. Osservò il piano di gioco con studiato interesse, e poi spostò il re poco lontano dalla regina di Sasori il quale, rimasto con tre pedine, non sapeva più dove mettere le mani.

Guardò la propria regina, inerme dietro un fante. Rivolse uno sguardo pietoso alla torre che giaceva immota al suo posto iniziale e decise. Sacrificò proprio lei.

Kyouya, ghignò malignamente.

Oramai erano alla resa dei conti.

«Sei ancora del parere che mi batterai?» domandò Kyouya, alzando il proprio cavallo per metterlo vicino alla regina di Sasori e fare Scacco.

Quest’ultimo, sorrise sardonico.

«Rendiamola più interessante. Se perdo mi dai quel quaderno nero».

E Kyouya, ormai in un punto di non ritorno, poggiò il cavallo proprio dove non avrebbe dovuto.

Scacco Matto.

Ma a giudicare dalla proposta, era stato Sasori a farlo.

«Ora che avete finito, potete ascoltarmi?» proruppe la Somma Rashmi, mettendosi le mani sui fianchi. Sasori la guardò accorato, mentre Kyouya fissava ancora sconcertato il suo errore.

«Certo, mia regina. Dica pure» esordì il marionettista, felice come un pasqua.

«Mi annoio, chi viene a vedersi con me “50 volte il primo bacio”?».

Sasori fece uno scatto felino e si alzò, agguantando il quaderno nero di Kyouya e si avvicinò alla sua regina, prendendola sotto braccio.

«Vengo io, naturalmente. Ma ad una condizione» il suo sorriso si fece malizioso «Dovremo prendere esempio dal film!» e ridacchiò quando la regina, indignata, gli schiaffeggiò una spalla.

«Sasori! Che modi sono questi?» ma si avviò lo stesso con lui.

 

Kyouya, ancora, fissava inerme la scacchiera.

Sasori l’aveva preso. Aveva preso il quaderno. Il Diario.

Ora era veramente spacciato.

 

 

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Capitolo 2
*** Atto II ***


atto II

ATTO II

Sogni angoscianti, segreti inconfessabili e dolci impresentabili

 

«Allora, Kyouya, vuoi spiegarci?» domandò la regina Rashmi, puntandogli al viso una torcia abbacinante. L’interpellato si schernì gli occhi, infastidito, e non trovò il coraggio di rispondere.

«Non credi che sia giusto farci sapere il perché?» sibilò Sesshomaru, pulendo con un panno la sua tagliente spada. Kyouya deglutì, spaventato.

«O hai bisogno di un incoraggiamento?» proruppe Sasori, con in mano qualcosa di non meglio identificato ma che, ad una sola occhiata, suggeriva molto dolore.

I tre, in piedi di fronte a lui, ghignanti come bambole di Halloween, aspettavano la confessione. La luce chiara della torcia sottolineava le ombre dei loro visi in un modo spettrale, che non avrebbe suggerito niente di buono nemmeno se fosse stato pieno giorno.

Kyouya deglutì di nuovo, più rumorosamente di prima, e provò ad articolare qualche frase sensata. Come avrebbe potuto spiegargli quelle cose senza morire?

«V-Vedete, io non… non le pensavo veramente. E-erano solo… sfoghi!».

«Sfoghi?» ripeterono sconcertati i tre.

Kyouya annuì, sperando che ci credessero.

Ma la somma Rashmi non governava il Nuovo Mondo Sud perché aveva trovato l’autorizzazione nell’uovo di pasqua. Quindi sperare che ci cascasse come una pera era escluso. Infatti, picchiettandosi sulla mano la torcia, sussurrò:

«Dovremmo crederti?».

«C-Certo! Chi mentirebbe mai?» provò Kyouya, nel tentativo disperato di rendersi credibile.

Ma l’avvicinarsi crudele di Sasori e Sesshomaru non sembrava il momento di commiato fra persone che si vogliono bene. Anzi, sembrava tutt’altro all’infuori di quello.

Provò a mantenere la calma, sfoggiando uno sguardo a suo parere tranquillo, ma quelle presenza inquietanti vicine e il sogghigno sardonico della Somma, gli fecero sgretolare la maschera come se fosse stata fatta di sabbia bagnata.

«Si dia il caso, caro Kyouya, che le frottole sai raccontarle piuttosto bene. Sta di fatto, però, che a questa non ho creduto. Per cui ho da dire solo una cosa: Procedete».

E Sasori e Sesshomaru gli furono addosso.

†O.O†

Kyouya si svegliò di soprassalto, mettendosi seduto.

A giudicare da come giacevano scomposte le coperte, il sogno doveva averlo scosso dal più profondo. Inoltre era tutto sudato e scarmigliato.

Si mise una mano sul viso, ancora ansante per lo spavento, e provò a dimenticare lo sguardo sadico della sua regina. Non che non l’avesse mai visto, ma rivolto a  sé era tutta un'altra cosa. Una cosa terrificante, avrebbe osato dire.

Perché purtroppo sapeva che ben presto l’avrebbe ricevuto. Era questione di tempo.

Non appena quell’idiota sadico di Sasori avrebbe letto il quaderno, poteva star certo che avrebbe raccontato tutto alla regina. E da lì, ovviamente, sarebbe partito il finimondo.

Se voleva prevenire la sua morte precoce doveva architettare qualcosa per riprenderselo prima che quello scemo patentato leggesse anche solo la prima parola della pagina. Ne andava della sua vita e della salute dell’umanità. No, magari l’umanità non ne avrebbe risentito, ma lui sì, perché già di vedeva morto, schiaffato in una bara come un oggetto, o peggio ancora! Si vedeva cristallizzato nel tempo sottoforma di marionetta!

Rabbrividì, sconcertato, e si disse, per evitare altri raccapriccianti pensieri, che non era a quell’ora del mattino che poteva organizzare un piano d’attacco. Così, allungando una mano per prendere gli occhiali sul comodino, Kyouya si alzò ed indossò una vestaglia.

Poi andò in bagno, si rese presentabile e si vestì, dirigendosi verso la sala da pranzo.

Lì, seduti composti, Sasori e Sesshomaru consumavano la loro colazione.

«Buongiorno» disse, per attirare la loro attenzione.

Sesshomaru ricambiò il saluto con un gesto calcolato del viso e delle sopracciglia- mai che si sprecasse a salutare come i comuni mortali, quello!-, mentre Sasori, sformandosi le labbra in un ghigno divertito, lo salutò con un certo calore.

Calore a cui Kyouya avrebbe risposto con un conato di vomito.

«Buongiorno, Kyouya. Dormito bene?».

«Dovrebbe importarti?» gli domandò retorico.

«Probabilmente sì, visto che ti ho battuto!» ridacchiò Sasori, inzuppando una cialda nello sciroppo di ciliegie. Sembrava un bambino goloso e Kyouya si scoprì a preferire il Sasori sadico e scandalizzante piuttosto che quella caricatura mielosa di un serial killer.

Che fine aveva fatto l’idiota vero?

Perché se lo avevano rapito gli alieni per studiare l’intelligenza umana, dubitava che avrebbero scoperto qualcosa di utile!

Logicamente non si premurò di rendere partecipe gli altri di questi suoi pensieri, e decise di ignorare bellamente Sasori, servendosi una tazza di caffè e una brioche.

Il marionettista, ghignando, riprese a mangiare, orgoglioso della sua vittoria.

«Sentite, inutili esseri» proruppe Sesshomaru, pulendosi i lati della bocca ed alzandosi, scostando la sedia con grazia «Io devo sbrigare delle faccende. Dite alla regina che non mi aspetti alzata».

«Tranquillo» fece Sasori, leccando dello sciroppo rimastogli all’angolo della bocca «Non ti avrebbe aspettato comunque!» e mozzicò l’ultima cialda.

Sesshomaru, con nonchalance, si aggiustò un ciuffo di capelli e gli disse, malevolo:

«Spero ti vada per traverso. Con permesso» e sparì dietro alla porta.

Kyouya, che non aveva potuto non udire lo scambio di battute, sorrise. Se Sasori si fosse strozzato davvero allora la regina sarebbe diventata dolce come il miele, Neko-Neko intelligente, lui potentissimo e l’intero mondo avrebbe cominciato a credere nella filosofia del “Peace and Love”.

Assurdo, appunto.

Anche perché Sasori, in un modo o nell’altro, se la cavava sempre. Sempre.

Non c’era l’occasione di vederlo schiattare davvero. Aveva un cul… una fortuna sfacciata che lo faceva sempre salvare all’ultimo momento.

Ma la cosa che lo faceva imbestialire di più non era tanto il fatto che Sasori si salvasse in ogni frangente, piuttosto che, dopo essersi fatto ferire, andasse dalla regina ad elemosinare coccole. E lei, lasciandosi impietosire, lo accontentava pure!

Grrr, quanto avrebbe voluto spaccargli la faccia a quel strafottente, lurido, viscido, orripil-

«Kyouya, non è guardandolo in quel modo truce che il caffè sparirà» gli fece notare Sasori, bevendo la sua aranciata.

Kyouya si limitò ad afferrare la tazzina e a mandare giù il caffè tiepido tutto ad un sorso, borbottando un inferocito:

«Sta zitto, imbecille» prima di pulirsi la bocca ed alzarsi per andarsene.

 

Rimasto solo, Sasori si lasciò andare ad un sorriso sadico.

Cominciava a divertirsi, doveva ammetterlo.

†O.O†

Non avendo ancora ricevuto il permesso di riaprire il proprio laboratorio, Sasori se ne andò un po’ in giardino, per osservare il paesaggio e riflettere.

Non che avesse qualche problema- a parte la presenza odiosa di Kyouya. Solo, doveva riflettere su cosa farne del quaderno. Di leggerlo non gli andava- chissà che pallosità c’erano scritte!- e di restituirglielo nemmeno a parlarne. L’aveva vinto, diamine!

Così, ciondolando i piedi come un ragazzino, fissò l’erba che si muoveva scossa dal vento. Poteva chiamare l’Akatsuki e discutere con Deidara sull’Arte, ma di sentirlo starnazzare assurdità non gli andava. E poi avrebbe sicuramente risposto Tobi, il che era la peggior tortura psicologica che potesse infliggersi.

Poteva anche andare da Sesshomaru e proporgli un film, ma non sapeva se era tornato o se stesse ancora in giro a combinare guai. La regina, poi, nemmeno a parlarne, visto che era alquanto presa a leggersi un manga.

Sospirò, battendo i piedi uno contro l’altro.

Cosa poteva fare?

L’unico orologio del castello l’aveva disintegrato, senza laboratorio non poteva dissezionare nessuno e ogni altra cosa gli era stata proibita perché troppo pericolosa.

Neko-neko era escluso a priori.

Il gatto l’aveva già sezionato.

«Che palle!» gridò, volgendo lo sguardo verso il cielo nuvoloso. «Mi annoio!» continuò e una nuvola assunse la forma di un dolce.

Ecco, trovato! Poteva fare un dolce!

Sasori battè allegro le mani, si alzò dalla panchina e se ne andò spedito in cucina, per preparare qualcosa di delizioso.

Lì, con un grembiulino bianco, Sesshomaru amalgamava distratto qualcosa di non meglio specificato. Sasori ridacchiò, attirando la sua attenzione, ed un mestolo volò nella sua traiettoria, schivato per miracolo.

«Se lo racconti a qualcuno, pazzo, ti mangio la lingua!» ringhiò Sesshomaru, già pronto a tirargli un coltello.

Sasori alzò le mani in segno di resa, prese un'altra grembiule e se lo legò in vita. Poi prese un mestolo e una ciotola e propose, amichevole:

«Facciamo qualche dolce insieme?».

Sesshomaru non lo degnò di uno sguardo.

«Sto facendo i muffin al cioccolato, perdente».

Sasori battè le mani.

«Sì! Muffin!» poi, cominciando a mischiare gli ingredienti, suggerì: «Vediamo chi li fa meglio!».

E dopo quell’affermazione, la cucina si ricoprì di bianco e di qualcosa che doveva assomigliare ad un impasto, ma che, scivolando a terra, sembrava il cervello spappolato di qualcuno.

†O.O†

Kyouya, ignaro che in cucina si consumasse una tale battaglia, faceva avanti ed indietro nella sua camera, provando a pensare ad un modo per riprendersi quel maledetto quaderno.

Non era mai entrato nella camera di Sasori, e aveva pregato di non farlo mai, ma il pazzoide era lì che teneva segregato il diario, quindi, se due più due faceva quattro, lui doveva per forza varcare la soglia di quella stanza.

Non l’aveva mai vista, ma se l’era immaginata grande come la sua, con un letto sgangherato messo a caso nella stanza, una scrivania mangiata dai tarli, delle finestre nere ad impedire al sole di entrare, una sedia con qualche molla di fuori, un quintale di polvere e una lingua dentro un vasetto di formaldeide. Niente di più, niente di meno.

Forse le lenzuola erano sporche e marce, rotte in più punti, l’armadio aveva un anta rotta che cigolava e da cui pendevano i suoi vestiti, il comodino era inondato di sangue ed appeso alla parete ci sarebbe stato quel suo schifoso Terzo Kazegake.

Rabbrividì al solo pensiero e si sedette sul letto, prendendosi la testa tra le mani.

Pensare a quanto schifosa fosse la camera di quel maniaco compulsivo non avrebbe accresciuto la sua voglia di entrarci, perciò scacciò quei pensieri e tentò di riflettere per bene.

Per entrare lì, avrebbe dovuto essere sicuro che il suo proprietario fosse momentaneamente il più lontano possibile, così da poter cercare indisturbato. Inoltre avrebbe dovuto tappare la bocca a quel mausoleo di Sesshomaru, che aveva la stanza di fianco a quella del marionettista perché, conoscendolo, avrebbe spifferato tutto sia al diretto interessato sia alla regina.

E lui ci teneva ancora alle sue gambe.

Si sdraiò, poggiandosi una mano sugli occhi stanchi e provò un altro piano.

Avrebbe tramortito Sasori con un oggetto contundente, l’avrebbe trascinato per i piedi fino al giardino e gli avrebbe poggiato la testa sullo spigolo della panchina, di modo che, quando avrebbe riaperto gli occhi, avrebbe creduto di essere caduto. Nel frattempo, lui sarebbe entrato nella stanza del marionettista, avrebbe cercato a fondo fino a trovare il diario e poi avrebbe tramortito anche Sesshomaru, lasciandolo di fianco a Sasori, così lui avrebbe creduto che era stato il marionettista a colpirlo e se le sarebbero date di santa ragione.

C’era solo un pecca: come diamine avrebbe fatto a far svenire quei due che non cedevano nemmeno se venivano colpiti all’infinito?

Dovette lasciar perdere anche quel piano.

Chiederlo direttamente a Sasori era fuori questione, perché tanto l’avrebbe preso in giro per una buona mezz’oretta senza dargli niente.

Chiedere a Sesshomaru di chiedere a Sasori il quaderno era come ammettere di essere troppo inferiore per farlo da solo.

Chiedere alla Somma Rashmi di chiedere a Sasori di darle il quaderno puzzava di raccomandazione- il che era vero, ma la regina non si sarebbe limitata a prendere il diario e a darlo al proprietario. Bensì l’avrebbe letto, e lei doveva essere l’ultima persona a fare una cosa del genere.

Così, afflitto e senza essere andato a capo di nulla, Kyouya si addormentò, mentre le ultime lingue di Sole baluginavano nel disperato tentativo di sopravvivere alla notte.

†O.O†

Sasori guardava triste i suoi Muffin, mentre Sesshomaru, tronfio di vittoria, sistemava i propri  su di un vassoio d’argento, per portarli alla regina.

«Ma sei sicuro che non le piaceranno?» domandò Sasori, per essere sicuro.

Sesshomaru non si sperticò nemmeno a trovare le parole giuste. Si limitò ad un:

«Certo. Quei cosi che tu chiami Muffin sono la cosa più orrenda del mondo».

«Dopo di te» ghignò Sasori, sistemando i muffin in un vassoio di plastica.

Sesshomaru si limitò a fulminarlo con lo sguardo prima di imboccare la porta e dirigersi dalla regina. Sasori invece, osservando sconfitto i propri dolci ne mangiò uno, cercando di capire cosa farsene.

Buttarli era escluso visto che ci aveva impiegato tanto per farli.

Mangiarli pure, perché altrimenti sarebbe scoppiato.

Darli alla regina Rashmi non se ne parlava perché glieli stava già portando Sesshomaru- che poi, Sasori si chiedeva perché gli fossero venuti tanto bene. li aveva messi negli stampini ed aveva aspettato che si gonfiassero per bene, ma mica si era prodigato come lui a farli a mano! Quindi perché la Somma avrebbe dovuto scegliere quelli del Lord e non i suoi?- scosse la testa e decise che non gliene importava niente.

Quindi gli rimaneva solo una persona- non molto gradita, tra l’altro.

Sasori sbuffò, si aggiustò i capelli, si tolse il grembiule e se ne andò sconfitto da Kyouya, per dargli i muffin. Quello che non sapeva però, era che il suddetto Re Ombra era da tutt’altra parte, rispetto a dove se lo immaginava.

†O.O†

Wow era l’unica esclamazione che sovveniva alle labbra di Kyouya in quel momento. Ovvero, nell’esatto momento in cui, con terrore e ribrezzo, apriva la porta della camera di Sasori.

Non sapeva dire quale fosse la sua espressione facciale- come minimo era il ritratto dello sgomento- ma di sicuro la mascella gli aveva toccato terra.

Perché, diciamocelo, doveva aver sbagliato stanza!

La camera che presumeva fosse di Sasori era piena di luce. E non erano lumini votivi posti ai lati di foto mangiate dal tempo, né lampade fatte con la pelle delle persone che scuoiava. Piuttosto era il Sole, che sembrava tanto diverso visto da lì.

Di fronte aveva un letto a baldacchino con le coperte di un verde brillante, segno che erano pulite, e ai lati c’erano due comodini. Su uno c’era la foto un po’ rovinata dell’Akatsuki al completo, e sull’altro il suo astuccio di kunai. Sulla destra c’era l’onnipresente caminetto in marmo, sul cui davanzale troneggiava una testa di cervo- beh, gli sarebbe parso strano il contrario- e di fronte ad esso c’era una poltrona dallo schienale alto di un bel bordeaux. Sulla sinistra invece, attaccato al muro c’era sia il Terzo Kazegake sia un uccello fatto d’argilla- sicuramente qualche opera sconclusionata di quel suo amico dinamitardo- e una scrivania, linda e spendente- la sua al confronto sembrava lercia.

Una bella stanza, se doveva proprio dirlo, con delle tende bianche- bianche per la miseria!- che svolazzavano leggere, sospinte dal vento. Un posto che di Sasori non aveva proprio niente.

E la lingua sotto formaldeide? E i cadaveri da scuoiare? Dove teneva le armi con cui uccideva la gente? Possibile che ci fosse solo quella testa di cervo a mostrare la sua malsana voglia di uccidere? Gli sembrava tutto troppo strano.

Per un momento credette di essere entrato nella stanza sbagliata, ma quell’orrendo Kazegake non poteva essere di altri se non di Sasori. Per cui, confermandosi di essere nella stanza giusta, cominciò la propria ricerca.

Aprì tutti i cassetti dei comodini, scavò nella sua biancheria intima- trattenendo più conati- ficcò le mani nel suo armadio, tra le carte della scrivania e persino sotto al letto- dove teneva uno scatolone enorme. Si disse, prima di cercare da un'altra parte, che un giorno ci avrebbe ficcato il naso, perché lo incuriosiva.

Comunque, scatoloni misteriosi a parte, del quaderno nessuna traccia.

Kyouya imprecò, si tirò indietro i capelli e sistemò gli occhiali sul naso. Poi imprecò di nuovo, e di nuovo ancora, mordendosi le unghie.

Dove cavolo teneva quel maledetto quaderno?

«Si può sapere cosa ci fai qui?» proruppe una voce facendogli gelare il sangue.

Si voltò lentamente a vedere chi fosse, e quando i suoi dubbi presero un nome, decise di fare finta di niente. Lo guardò, liberò la gola da un potenziale catarro e disse:

«Ti cercavo» ma si vedeva lontano un miglio che non era vero.

Infatti Sasori, entrando nella stanza e poggiandosi al muro, chiese, ghignando:

«Cercavi me? O cercavi questo?» e dalla tasca del mantello tirò fuori il quaderno tanto agognato. Kyouya fece per allungare la mani, ma senza successo. Sasori l’aveva già fatto sparire.

«Cercavo te per quello. Devi ridarmelo» disse.

«E perché mai?».

Kyouya deglutì a vuoto.

«Perché ci sono cose private».

Sasori spalancò la bocca in un muto assenso, e annuì avvicinandosi. Kyouya non si era mai sentito in trappola come quel giorno.

«Cosa private dici? E cosa avrai mai da scrivere di così privato?» e fece per aprirlo.

«No!» gridò Kyouya, allungando una mano «C-Cioè, per favore, non leggerlo. Sono cose mie».

«Ma noi siamo amici, o sbaglio?» disse Sasori, ghignando malignamente.

Kyouya non sapeva se sputargli in faccia o se baciargli i piedi.

«R-Ridammelo» ringhiò, sull’orlo si una crisi isterica.

«E le paroline magiche?»

Kyouya sospirò un :

«Per favore?».

Sasori negò con un dito, aprendo la prima pagina del quaderno.

«No. Le parole magiche sono: Leggi Pure!» e i suoi occhi calarono sulla scrittura elegante di Kyouya.

Da lì, al poveretto non resto che pregare.


 

Note dell’autrice: ed ecco il II. Nn ci sono precisazioni al riguardo, quindi passo ai ringraziamenti ^^

 

TheWarriorOfAkillian: grazie per aver recensito. Spero che anche questo atto ti piaccia! ^^

Dorce89: visto e considerato che la fanfics è tutta tua, direi che nn posso fare altro che ringraziarti per avermi suggerito l’idea e per avermi supportato a continuarla. Ovviamente mi aspetto che tu li recensisca tutti XD ahahah un bacio <3


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Capitolo 3
*** Atto III ***


atto III

ATTO III

Diaboliche vendette, confessioni strappate e cene stravaganti

 

«Sasori è la cosa più odiosa e stupida apparsa sulla terra. Il suo cervello è paragonabile ad una mollica nello stomaco di un uccellino di dimensioni microscopiche. Persino dentro alla pancia di un colibrì sarebbe sembrato più grande. È un assassino depravato che gioisce per ogni nuova morte, come se non fosse stato lui a ficcare le sue luride mani nello sterno spaccato di qualche disgraziato dimenticato da Dio. È scemo, senza dubbio, e sembra sempre assente, come se non vivesse nemmeno con noi. Non dico che dovrebbe dimostrarci la sua attenzione- è già tanto che per un quarto della giornata non l’ho tra i piedi- ma vorrei che almeno evitasse di riemergere dal suo stato catatonico solo per andarsene a letto con la Somma. Lo odio, nel più sincero dei modi, e se non fosse che potrebbe staccarmi la testa con un solo gesto, l’avrei già picchiato fino a farlo diventare un mucchietto indistinguibile di ossa e carne. Al diavolo lui e quel suo sorrisino ipocrita che porta di solito. È solo un leccapiedi, per non dire di peggio, fissato con il sangue, la morte, e il sesso. Fa tanto il santo, nascondendosi per giorni interi, e poi si rivela per quello che è: uno schifo. Se dovessi paragonarlo a qualcosa, probabilmente dovrei pensarci almeno un giorno. E se lo mettessi a confronto con una cacca spiccicata da un intero battaglione di fanti, probabilmente risulterebbe ancora più orrendo. Come faccia la regina ad andarci a letto è un mistero insondabile. Povera lei. Non che a me interessi qualcosa, sia chiaro. Ma essere scartato al suo posto mi brucia parecchio. Che cos’ha lui che io non ho? Ho cervello, sono bravo in matematica, indosso camicie, so soffiarmi il naso senza smocciolare da tutte le parti, ho un fisico invidiabile, so tutte le tabelline, ho visto tutta la serie di Smallville senza addormentarmi, ho l’intera collezione di film di Harry Potter, e sono intelligente. Mentre quel bigotto idiota e cretino non ha cervello, non sa quanto fa 2+2, indossa solo quella schifosissima mantella dell’Akatsuki, smocciola ovunque gli capiti, ha un fisico invidiabile ma non quanto il mio, è una zappa in fatto di gusti, non ha mai visto realmente un film con la Somma, adora solo i film horror e detesta cucinare. Quando invece a me piace. Quindi, perché la regina adora solo Lui? A volte mi chiedo se ci sia ancora un po’ di intelligenza in questo castello» finì di leggere Sasori, stringendo il quaderno in modo sinistro.

Kyouya smise di respirare, osservandolo terrorizzato.

Ora che lo scemo era venuto a conoscenza di tutto quello che pensava su di lui, forse non avrebbe più visto sorgere il sole.

Sarebbe potuto scappare, correndo così veloce da perdersi le gambe per strada, ma Sasori era una marionetta, ergo: quando avrebbero cominciato a scoppiargli i polmoni, lui sarebbe stato  fresco come una rosa. Quindi era in svantaggio.

Deglutì, boccheggiando qualcosa di non specificato, quando la voce leggermente sinistra di Sasori sibilò:

«Ti sono molto simpatico, a quanto pare».

Kyouya si asciugò il sudore sulla fronte.

«M-Ma quello che hai letto è una cosa vecchissima! Ormai io n-non penso più niente di te» provò a dire, cercando di sembrare sincero. Ma Sasori, che si stava rivelando per quello che era, non sembrava credergli poi molto.

 

Gli si avvicinò, rivolgendo uno sguardo distratto alle cose scritte sul diario, e gli disse, bisbigliando al suo orecchio:

«A quanto pare devi avere molto paura di me, Kyouya» e ridacchiò, malevolo «E devi essere infinitamente stupido per scrivere queste cose su un quaderno. Credevi che non l’avrei mai trovato? Eh?».

La sua voce sembrava il canto suadente di una sirena. O del Diavolo.

Per non vomitare scelse la seconda. Anche perché Sasori con il reggipetto, i capelli rossi lucenti e la coda squamosa era la cosa più orrida che avesse mai immaginato.

«M-Ma io avevo bisogno di sfogarmi! A chi l’avrei mai potute dire quelle cose se non a un quaderno? Qui non c’è nessuno che mi ascolti!».

«Perché dici tutte cazz… sciocchezze!» si corresse Sasori, per un attimo abbastanza furibondo da scaraventarlo al muro. Kyouya provò ad allontanarsi dal suo corpo, troppo vicino.

Ma Sasori gli artigliò un braccio, stringendo convulsamente la carne.

«Ecco perché nessuno ti ascolta. Ti attacchi troppo alle cose, diventi troppo palloso e sei di una pignoleria che rasenta la patologia. Probabilmente nemmeno tu ti ascolti, altrimenti ti faresti ribrezzo. E sai cosa ti dico?».

Oh, Kyouya si aspettava molte variati:

a)    “Sei uno schifoso matematico di merda e per questo ti taglierò a pezzi e ti brucerò con il tuo stramaledetto quaderno”;

b)    “ ti riempirò di botte fino a quando non ti ridurrai ad una poltiglia informe schiaffata sul pavimento”;

c)    “Ti sputerò fino a corrodere la tua inutile pelle”;

d)    “Ti userò per fare una marionetta”;

e)    “Ti consegno direttamente alla regina Rashmi”;

f)    “Muori”.

Ma invece, a dispetto di tutte le teorie che aveva sviluppato in un sedicesimo di secondo, Sasori sibilò, spintonandolo abbastanza forte da farlo sbattere contro la parete dietro di lui:

«Te la farò pagare, caro il mio Kyouya. Preparati, perché dopo di questo, non potrai scrivere per un bel po’» e si voltò, sbattendo il quaderno a terra e lasciando Kyouya immobile, ancora appoggiato alla parete su cui lo aveva scagliato.

^.^

Sesshomaru, che era passato lì per caso, quando vide Sasori uscire a passo infuocato dalla sua stanza, non si pose molte domande. Più che altro gli sembrava strano che Kyouya si trovasse lì dentro. Avevano forse una relazione?

Al solo pensiero un brivido freddo gli increspò la pelle. No, era inconcepibile.

Sasori e Kyouya si odiavano, quindi non si sarebbero mai messi insieme, a meno che qualcuno, accidentalmente, non li avesse colpiti in testa. Cosa che escludeva totalmente, visto che Sasori non si sarebbe mai fatto picchiare da nessuno.

Ma visto che a lui queste cose non importavano, se ne andò dritto in camera sua.

Se non andava errato, a quell’ora, facevano il suo programma preferito: Capelli che Passione!, quindi non poteva di certo perdersi in chiacchiere su cosa ci facesse Kyouya in camera di Sasori.

Se nutrivano pensieri perversi l’uno per l’altro, beh… fatti loro.

L’importante era che lui non venisse coinvolto. Per il resto… Amen.

^.^

«Dannazione, dannazione, dannazione!» ripetè Kyouya camminando avanti ed indietro nella stanza. La propria, stavolta.

Si teneva la testa fra le mani, e ringhiava improperi sulla sua infinita stupidità. Com’aveva potuto lasciare il quaderno nelle mani di quell’idiota assassino? Come aveva potuto aspettare tutto quel tempo? E soprattutto, perché quando aveva cominciato a leggere non gliel’aveva tolto dalle mani?

Era proprio un idiota. Senza scusanti.

Che poi, il sopraccitato idiota- non lui, ma Sasori- era persino entrato in camera sua per portargli i muffin! I MUFFIN! E lui si era fatto trovare come un ebete che cercava disperatamente qualcosa di potenzialmente pericoloso.

Avrebbe potuto benissimo organizzare un piano, prima di entrare in camera d’altri per frugare. Tanto quello scempio d’uomo non l’aveva ancora letto, quindi avrebbe avuto molto tempo a disposizione. Ed invece, da perfetto scemo, si era precipitato a salvarsi.

Ringhiò ancora, calciando l’aria, e pregò che Sasori fosse clemente- sì, certo. Come se fosse stato possibile. Sasori aveva smesso di essere clemente quando aveva ucciso la prima volta.

Si sdraiò sul letto, e lanciò qualche pugno al cuscino.

Non poteva crederci! L’aveva letto!

Che ne sarebbe stato di sé, ora? Cosa sarebbe successo da quel momento in poi? Quando duro avrebbe picchiato Sasori per ritenere compiuta la sua vendetta? Molto, probabilmente. E Kyouya non sapeva dire se la sua soglia del dolore fosse abbastanza alta per sopportarlo.

Si morse le labbra, terrorizzato, e si asciugò le mani sui pantaloni, sudate per lo sforzo di architettare qualcosa in tempo.

Ecco, trovato! Sarebbe potuto fuggire in Spagna, o in Tunisia, oppure sarebbe potuto andare nel Nuovo Mondo Nord! Sicuramente lì l’avrebbero accettato!

Avrebbe lavorato per loro e gli avrebbe fatto migliorare le finanze- solo in un secondo momento si ricorderà che nel Nuovo Mondo Nord ce l’hanno già un contabile e che lui non è ben accetto. Ma per adesso si illude che tutto sia apposto- e non avrebbe occupato spazio. Gli sarebbe bastata una branda e qualche coperta, un bagno dove darsi una sistemata e un piatto caldo la mattina e la sera. Stop. Non doveva essere portato fuori due volte al giorno e non perdeva pelo. Se non fosse stato umano, sarebbe stato un ottimo animale da compagnia! Avrebbe fatto le feste alla padrona scodinzolando e leccandole la faccia, le avrebbe portato la posta trotterellando allegro e avrebbe tenuto lontani i ladri dal castello. Si sarebbe accoccolato ai suoi piedi la sera, mentre leggeva un libro e l’avrebbe aspettata il mattino successivo, seduto perfettamente.

Ma non è questo il punto, dannazione!

Sasori minacciava la sua salute e lui pensava a fare il cane?

Diamine, ma che c’era nella colazione quella mattina?

Scosse la testa, buttandosi a peso morto sul letto. Non sapeva cosa fare e non vedeva nessuna via d’uscita se non il suicidio. Perché si era rincoglionito fino a quel punto?

«AAAAH» gridò, scalciando come un bambino.

«Ti senti bene, Kyouya?» domandò la regina, entrata nella sua stanza proprio mentre si disperava gridando.

Kyouya scattò sull’attenti.

«Le serve qualcosa?»

La regina scrollò le spalle, sorridendo e gli disse, serafica:

«Nulla in particolare. Volevo solo avvisarti che sta sera darò una festa, quindi ti pregherei di vestirti in modo decente. Ci sarà la regina del Nuovo Mondo Nord con i suoi consiglieri».

Kyouya annuì, mentre l’immagine di lui che scodinzolava ai piedi della regina del Nord gli si ripresentava nella mente, e disse, per rassicurarla:

«Stia tranquilla. Sarò impeccabile».

La regina annuì e fece per andarsene, ma prima di uscire gli rammentò, tanto per evitare guai in seguito:

«Ah, mi raccomando: niente pagliacciate. Ho avvisato anche Sasori. Comportatevi bene».

«C-Certo».

Lei allora gli sorrise e se ne andò.

Kyouya invece, fissando la porta chiusa, si chiese se sarebbe sopravvissuto.

Qualcosa di sinistro gli diceva di no.

^.^

Sasori, chiuso in camera sua, si strofinava le mani, diabolico.

Quella cena capitava proprio a pennello.

Cosa c’era di meglio se non umiliare in pubblico quel perfettomane?

Niente. Tranne sbuzzarlo fino a fargli schizzare le viscere in aria. Ma era un dettaglio.

Visto che si era permesso di scrivere tutte quelle cose su di lui, Sasori aveva deciso di ripagargli il “favore” con la stessa moneta. Non avrebbe scritto i suoi difetti, sarebbe diventata una buffonata, ma nella sala da pranzo gli avrebbe fatto trovare una bella sorpresina.

Oh, nulla di scandaloso come appendere una riproduzione della sua testa alla parete o lasciare scie di sangue ovunque, ma solo facendogli prendere un bello spavento.

Ah, già pregustava il sapore della vittoria! E poi quella sera ci sarebbe stato uno dei suoi fidi compari dell’Akatsuki, quindi non poteva chiedere di meglio!

Ridacchiò, aprendo l’armadio per scegliere accuratamente i vestiti da mettere.

Giacca e cravatta? No. Se la sarebbe messa Kyouya.

Jeans e maglietta? Poi la regina lo avrebbe linciato.

Allora, giusto per cambiare un po’ e per non fare un torto a nessuno, si mise la NUOVA mantella dell’Akatsuki, che Pain gli aveva inviato per il compleanno come regalo- gli aveva anche chiesto i soldi indietro, ma in quello c’era lo zampino di Kakuzu.

Guardandosi allo specchio e costatando di essere assolutamente perfetto- si trovava un po’ monotono, a volte, ma era solo impressione- se ne andò in sala da pranzo, per mettere in atto il suo bel piano.

MUAHAHAHAH!

^.^

Il pomeriggio passò in fretta e quando giunse la sera, la sala da Pranzo era già stata addobbata a dovere. Ci aveva pensato personalmente la Somma Rashmi, quindi era  perfetta.

Aveva messo la tovaglia nuova, le posate in argento, i bicchieri di cristallo e qualche candelabro a rendere più mistico l’ambiente. C’erano anche dei mazzetti di fiori qua e là, perché Sasori aveva insistito tanto, nel metterli; e visto che lei non sapeva dirgli di no, lo aveva accontentato.

E poi era così adorabile vederlo alle prese con gli addobbi! Davvero puccioso. Probabilmente si era gasato perché stava arrivando Itachi. Chissà.

Comunque, sentendo il campanello di casa suonare, la Somma Rashmi si era precipitata ad aprire, visto che l’ultimo maggiordomo che avevano avuto era deceduto per cause misteriose.

«Prego, entrate pure!» cinguettò, spalancando la porta.

Lì, uno di fianco all’altro, i suoi ospiti le sorridevano- beh, non proprio tutti. Diciamo nessuno.

«Ti abbiamo portato un regalino. Tanto per non venire a mani vuote» le disse la regina del Nuovo Mondo Nord, ordinando ad uno dei suoi consiglieri di porgergli la cesta.

Questo obbedì, anche se svogliato.

«Oh, ma non ce n’era bisogno!» e glielo strappò dalle mani, gongolando «Venite, gli altri vi stanno aspettando» e gli fece segno di seguirla.

Le due regine intanto, parlottando tra di loro di solo Dio sa cosa, non si accorsero che Kyouya, entrando nella sala da pranzo, aveva cominciato ad annusare l’aria in modo piuttosto strano.

Solo Sasori se ne accorse, ma non disse niente, limitandosi ad un sorrisino cattivo.

«Ciao, Itachi!» salutò, e l’altro non rispose, dandogli le spalle.

«Ehi, Itachi, sono di qua!» gli fece presente, picchiettandogli su una spalla. L’interpellato di voltò e lo afferrò alla gola, puntandogli una lunga katana addosso.

«Stai forse insinuando che non ti ho visto perché non ci vedo più tanto bene?» ringhiò, pigiando la punta della spada sulla guancia del povero Sasori il quale, scuotendo le mani in segno di resa disse:

«No, no, non mi sarei mai permesso!» assicurò, anche se non era vero. Itachi si rilassò e lo lasciò andare, tornando a ciondolare pigramente.

Ok, ammise Sasori, magari non era poi tanto felice di rivederlo.

Intanto, distanti di qualche metro, Light e Kyouya discutevano animatamente su delle cose che solo degli stramboidi come loro potevano conoscere.

«…Incredibile come quel tizio non capisse la formula sulla forza dei pesi che, volenti o nolenti, è inevitabilmente influenzata dalla forza di gravità. E si chiedeva perchè riuscissi a capire dove avesse messo la pallina... assurdo che esistano ancora persone come queste, manco fossimo nel Medioevo».

Kyouya aveva annuito, partecipe nella comun afflizione.

«Hai perfettamente ragione. Ma in fondo non ci vuole nemmeno un genio a capire quanti protoni debbano scontrarsi affinché l’esperimento del tunnel funzioni. C’è gente in giro che è proprio ignorante».

«Parole sante, Kyouya, parole sante» asserì Light, sdegnato oltre modo dalla feccia che continuava a girare nel mondo. Se la sua fottutissima adorata regina non gli avesse tolto il Death Note, a quell’ora non sarebbero più esistite le persone ignoranti!

Ma lasciamo che gli oscuri pensieri di Light Yagami restino dove sono, altrimenti non affittiamo più con questa storia.

Dall’altra parte della stanza invece, in religioso silenzio, Sesshomaru e Homura non si scambiavano nemmeno una parola. Seduti composti ognuno al proprio posto, aspettavano diligentemente che tutti quei ciarlieri odiosi smettessero di ciarlare e andassero a mangiare. Ma visto che le regine non si vedevano da un eternità e che Light e Kyouya dovevano sproloquiare fino a consumare tutta la saliva, dubitavano che prima di domani avrebbero toccato cibo. Potevano sperare nell’intervento di Sasori, ma finchè la sua pancia non avrebbe borbottato, avrebbero dovuto aspettare. Così, senza muovere un solo muscolo attendevano, pregando di non atrofizzarsi prima.

«Io direi che è il caso di mangiare. Voi che ne dite?» propose la regina Rashmi, indicando il tavolo. Tutti volsero lo sguardo alla tavola imbandita e dissero che per loro non c’era nessun problema, così si sedettero e cominciarono a mangiare.

Intanto Kyouya continuava a starnutire e a lacrimare, sconvolto da qualcosa che nessuno conosceva, mentre in fondo al tavolo Sasori se la ridacchiava, divertito.

Quello era solo un assaggio. Il bello sarebbe venuto dopo.

^.^

«Finalmente siamo arrivati al dolce!» cinguettò la Regina del Nord, strofinandosi le mani.

Al suo fianco, Homura trattenne un conato.

Come avevano fatto quelle persone ad ingurgitare tutte quelle cose senza scoppiare? Il suo stomaco stava gridando vendetta già dal secondo primo! I loro, probabilmente, dovevano essere assuefatti, perché altrimenti non si spiegava.

«C’è qualcosa che non va, Homura? Hai una faccia orrida…» gli fece notare la sua regina, guardandolo preoccupata.

«Tutto magnificamente, mia regina. Stavo pensando» si affrettò a dire, sospirando e preparandosi ad ingurgitare anche il dolce. Dopo di quello però, si sarebbe messo a dieta.

Non che il suo fisico ne risentisse, per carità! Era quasi immortale! Non aveva problemi così stupidi! Però prima o poi qualche filino di grasso avrebbe intaccato la sua suprema bellezza, quindi prevenire il problema non gli arrecava nessuna fatica.

«Che dolce hai fatto preparare, eh?» chiese la regina dal Nord a quella del Sud, momentaneamente occupata a passare un pacchetto di fazzoletti a Kyouya.

«Al cuoco ho chiesto di preparare un dolce al cioccolato. Così nessuno ha da ridire qualcosa» e si aspettò che la regina del Nord rispondesse, ma la sua voce fu coperta dalla risata prorompente di Sasori.

Tutta la tavolata si voltò a guardarlo, stupiti di sentirlo ridere di cuore, e attesero che quel momento di pazzia si concludesse presto.

Era così strano sentirlo ridere, sembrava… divertito. Ma nessuno aveva detto o fatto qualcosa che potesse scatenare un ilarità simile.

La regina del Nord, avvicinandosi a Rashmi in modo circospetto, le chiese, sottovoce:

«Ma che gli dai da mangiare a quello?»

La Somma Rashmi sospirò rassegnata.

«E’ proprio nato così. Io non ho interferito su nulla» poi guardò di nuovo Sasori «Allora, ci spieghi perché te ne esci fuori con queste risate terrorizzanti?»

Sesshomaru, con assoluto ossequio, disse, sincero:

«Perché è matto, mia signora. Sta talmente fuori che vive sulla soglia di casa» e l’unico che ghignò del commento fu Homura. Gli altri, fissandolo scettici, lo ignorarono, aspettando la risposta del diretto interessato.

«Niente, mia signora» si decise a dire, alla fine «Ho ricordato una cosa divertente» e guardò Kyouya, che lacrimava e smocciolava a tutto spiano. (sempre con grazia ovvio!).

La truppetta di scettici annuì e riprese a parlare di altre cose, lasciando Sasori a bollire nel suo brodo di giuggiole.

Quando poi finalmente arrivò il dolce non ci fu più spazio per le parole- e nemmeno per la torta, ma per non fare torto alla cucina liberarono un buco nello stomaco e ci ficcarono la torta.

In quel momento, ghignante come un bambino birichino, Sasori fissò Kyouya.

Se il cuoco aveva ascoltato ciò che gli aveva detto la sua fetta di torta sarebbe dovuta…

BOOOM!

Il viso di Kyouya fu ricoperto da glassa al cioccolato fondente, da pandispagna al cioccolato al latte e da panna. Wow…

Sasori scoppiò di nuovo a ridere, cadendo dalla sedia e cominciando a rotolare, mentre gli altri guardavano attoniti Kyouya e la sua espressione inebetita.

Non. Poteva. Crederci.

Quell’idiota, cretino, rompiballe, gli aveva fatto esplodere la torta in faccia! La Torta!

E sapeva che non si sarebbe fermato. Qualcosa gli suggeriva che aveva in serbo altro, e non era del tutto sicuro che fossero scherzetti leggeri come quello.

«Ossignore!» disse la regina Rashmi alzandosi «Chi è stato l’Idiota a fare questo?».

Calò un silenzio spettrale nella stanza, rotto solo dalle risate isteriche di Sasori e non ci fu bisogno di indagare oltre.

Pestando i piedi come un soldato, la Somma si avvicinò al marionettista e lo tirò su per la collottola, neanche fosse stato un gattino. Lo fissò, scuotendolo per farlo smettere di ridere e gli intimò, cattiva:

«Sei stato tu?» ma Sasori ghignava ancora «Allora, cretino, sei stato tu? eh?»

«Ah-ah» disse, annuendo.

«Ah-ah un emerito cavolo!» esplose la regina, sbattendolo sulla sedia come un sacco di patate «Dimmi perché l’hai fatto!» tuonò, puntandogli un dito contro.

Ci fu silenzio per un attimo- eccetto per la voce monocorde di Itachi che diceva, atono «Povero coglione. menomale che se n’è andato»- e poi la voce di Sasori, disse:

«Kyouya sa perché l’ho fatto. Vero?»

L’interpellato, che si stava ancora pulendo il viso, sentendosi tirare in causa fissò smarrito i presenti, tentando di depistarli.

«S-Sapere?» ripetè, fingendo di non aver ascoltato.

«Già. Perché non glielo dici cosa hai scritto sul tuo quaderno?»

«Quale quaderno?» domandò La regina Rashmi, voltandosi verso Kyouya.

«Q-quaderno?». Kyouya era sempre più preoccupato.

«Già, Kyouya. Dille che nel quad-»

«Ora basta!» s’intromise la regina del Nord, sbattendo in palmi delle mani sul tavolo «Non è questo ciò che la Somma Rashmi ti ha chiesto! Vogliamo sapere perché l’hai fatto!».

«E lei che c’entra? Non credo che la cosa la riguardi» le disse, degnandola di un occhiata fugace. 

«Scusami?» ringhiò lei, brandendo un coltello. Light si mise in mezzo per fermare l’imminente rissa. Per fortuna, la regina Rashmi, mollando uno scappellotto all’indisciplinato Sasori, disse:

«Smettetela tutti! Questa è una serata tra amici quindi deponete le armi immediatamente!».

La Regina del Nord tornò a sedersi e Light le tolse il coltello dalle mani, mentre Sasori sbuffava e scivolava un poco sulla sedia, per sistemarsi meglio.

«Chiedetevi scusa» intimò la proprietaria di casa.

«Scusa» sibilarono pianissimo i due litiganti, senza nemmeno guardarsi.

«Non ho sentito bene» riprovò la Somma.

«Scusa» dissero di nuovo.

«AD ALTA VOCE!» gridò la regina, dando sfogo alla sua ira.

«SCUSA!» gridarono gli altri due, guardandola in cagnesco.

«Bene. E ora spostiamoci in salotto, così possiamo stare più comodi» disse la regina Rashmi, lisciando le pieghe del vestito ed incamminandosi. Gli altri la seguirono.

E lì, Sasori decise di compiere l’ultimo atto del suo piano.

^.^

Kyouya stava camminando, a fatica, per via delle lacrime che gli offuscavano gli occhi, e la giacca del suo completo svolazzava tranquilla dietro di lui, sospinta dall’aria che spostava mettendo un piede dietro l’altro.

Light gli stava illustrando il suo piano di conquista del mondo e lui lo ascoltava, perché Light era un genio. Un esempio da imitare ed idolatrare fino a consumarsi per lui.

E fu un quell’istante, nell’istante in cui concepiva un simile pensiero, che sentì la puzza di bruciato. Fu un attimo, e poi sentì il proprio didietro in fiamme.

 Si voltò, rincorrendo le fiamme come i cani fanno con la propria coda e solo il tempismo scocciato di Itachi, che afferrò un vaso li vicino e glielo buttò addosso, sventò la tragedia.

Sasori, artefice dell’attentato sghignazzava, nascondendo dietro la schiena la candela incriminata. Di fronte a lui, un Kyouya sbigottito osservava il suo prezioso completo oramai inutilizzabile. E la rabbia gli montò dentro.

Si avvicinò a Sasori, lo afferrò per il bavero della mantella e gli sferrò un pugno che lo mandò a terra. Poi un calcio e poi un altro pugno, che però andò a vuoto. Sasori si era già rialzato, impeccabile grazie alla sua natura, e lo fissava scherzoso, pronto a mollargli un calcio in faccia che non si sarebbe mai più scordato.

Alzò la gamba, prese la mira e preparò il tiro. Ma quando stava per sferrargli il colpo la regina Rashmi, ululando come un lupo impazzito, ordinò a Sesshomaru di prenderli per la collottola e di sbatterli al muro. Cosa che avvenne in un secondo netto.

«Si può sapere che vi prende oggi?» domandò, mentre i due si dibattevano come anguille.

Sesshomaru, nonostante la difficoltà, li teneva ancorati al muro, pigiando sulle gole.

«Vieni qui brutto schifo di una marionetta! Vieni, che ti stappo gli occhi!» gridava Kyouya, scalciando come un cavallo infuriato e ringhiando.

Sembrava un incrocio fra un cavallo e un cane. Un canello. O un Cavane.

La regina si impose di non ridere. E lo stesso fecero i presenti, comunque troppo sbigottiti per fare altro se non respirare. Persino Light, imperturbabile e serio, era rimasto colpito dalla poca sanità mentale di Kyouya.

«Mi strappi gli occhi? Non farmi ridere femminuccia! Con quelle manine delicate puoi solo accarezzarmi il--»

«SMETTETELA!» gridò la regina, e Sesshomaru, per riflesso pigiò così forte sulle loro gole che i due sfidanti smisero di gridare e si lasciarono ciondolare pigramente tra le braccia del demone.

Solo allora la regina si avvicinò, ripetendo la domanda.

«Si può sapere che avete?».

E la rissa scoppiò di nuovo.

«Quel deficiente perfettomane dice che sono pazzo! PAZZO! a me! questo sporco, lurido, perfetto, schifoso-»

«Taci marionetta dal cavolo! Tu sei esattamente così! Tu sei schizzato! Muori! MUORI!»

«Taci tu, idiota! Appena mi lasciano vedi quello che ti faccio!»

«Sempre se riesci a prendermi, rimbambito!»

«Cos’è, una sfida?»

«Ehi, insomma!» disse la regina Rashmi, affiancata da quella del Nord «Ora basta!».

«No! Io… io lo ammazzo questo bastardo!» gridò Kyouya, ricominciando a dibattersi.

«Fatti sotto, checca!» rispose Sasori, ghignando.

La regina si portò una mano sulla fronte, scioccata.

«Perdona la loro natura sbagliata. Li avevo pure avvisati» disse alla regina del Nord, che scosse il capo, come per dire che non importava.

«Maledetto!»

«Stronzo!»

«Qualcuno faccia qualcosa» implorò distrutta.

 La regina del Nord fece un segno ad Itachi che sfoderò lo sharingan e li costrinse in un illusione. Dopo poco, con la bavetta alla bocca, i due smisero di dimenarsi.

«Cosa gli hai fatto?» domandò, leggermente preoccupata.

Itachi si limitò a dire, atono:

«Niente. Tra qualche giorno si riprenderanno».

E la combriccola del Nord levò le tende.

^.^

Esattamente due giorni, dieci ore, e sessantaquattro minuti dopo, Kyouya e Sasori aprirono gli occhi, frastornati da qualcosa che nemmeno ricordavano.

Kyouya si era ripreso dalla sua allergia, e Sasori aveva rimesso apposto il suo io sadico.

Quindi tutto ok.

Sì, certo. Come no.

I due, ricordandosi improvvisamente di quella sera, scattarono in piedi, furiosi. Ma la presenza di barattoli pieni di vernice nelle loro stanze li distrasse.

C’era pure un bigliettino.

“Ho notato, passeggiando per il castello, che le pareti hanno bisogno di una rinfrescata. E visto che siete dotati di abbastanza energia e voglia di fare, quale compito migliore se non spaccarvi la schiena a dipingere? Buon lavoro”.

Entrambi si limitarono a sopprimere un insulto.

^.^

Intanto, quando sia Sasori, sia Kyouya erano andati a svolgere le loro mansioni, Sesshomaru passò per caso di fronte alla camera del marionettista. E lì, per terra come un oggetto di poco conto, c’era un quaderno nero.

Qualcuno, un tempo gli aveva detto che bisognava sempre farsi gli affari propri se si voleva campare cent’anni. Ma visto che lui era un demone e che ne viveva molti, molti, molti, molti, molti […] di più, decise di infischiarsene delle buone maniere e di prenderlo.

Tanto, era solo un quaderno, no?

 

 

 

 

 Note dell'autrice: Scusate l'imperdonabile ritardo, ma non sono più molto convinta di voler continuare a postare i capitoli, visto che comunque la storia non riscuote un grande successo. beh, se non la troverete più, almeno saprete il perchè.

se vi va passate a dare un occhiata! ^^

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Capitolo 4
*** atto IV ***


Atto IV

ATTO IV

Letture indiscrete, sangue e tante botte

 

Sasori e Kyouya, dopo un intera settimana passata a dipingere tutte le pareti del castello e ad aver attentato alla loro vita almeno dieci volte, se n’erano tornati nelle loro corrispettive camere, per riposare le membra affaticate.

Intanto, nella sua camera, barricato dietro la lucente porta in mogano, Sesshomaru osservava scettico il quaderno che aveva raccolto, insicuro se aprirlo o restituirlo al proprietario.

Qualcosa gli diceva che se il quaderno era davvero di Sasori allora probabilmente era stato creato al solo scopo di infastidire chi lo trovava. E visto che era stato lui a trovarlo, non gli andava per niente di vedersi esplodere qualcosa in faccia o peggio! Di vedersi  i capelli in fiamme.

Quindi, afferrandolo saldamente per due dita, si avviò alla porta per riportarlo a quell’idiota, perché di sottostare ai suoi scherzetti idioti non gli andava proprio.

Così, percorrendo quel piccolo tratto di corridoio che li distanziava, si avvicinò alla porta e bussò, quasi scardinandola. Dall’altra parte, soffocando un insulto indefinito, il marionettista L’aprì esibendo la migliore espressione omicida che riuscisse a fare.

Sesshomaru, per nulla impressionato, gli mise sotto al naso il quaderno.

«Ehi, micronano. È tuo?»

«No. E togliti dai piedi, che sono stanco»

«Sapessi quanto m’importa. Tieni, riprenditelo» e glielo spinse contro, scatenando una crisi isterica e una sequela di improperi che preferisco non trascrivere.

Sesshomaru se li prese tutti senza battere ciglio, come se non riguardassero lui tutte quelle maledizioni. Semplicemente, usufruendo della sua pazienza, aspettò che Sasori si desse una calmata, prima di sbatterglielo in faccia o di farglielo ingoiare.

«…E’ di Kyouya, stupidissimo demone! Dallo a lui se ci tieni tanto!» sbraitò, pronto a chiudergli la porta in faccia. Sesshomaru, prontamente, bloccò il movimento con una mano, fissando indifferente la faccia furente di Sasori.

«Che ci faceva in camera tua?»

«Che t’importa?»

«Rispondi, idiota»

«Altrimenti?»

La risposta arrivò immeditata. Sotto la sua gola, a pochi centimetri dalle giugulare, la katana di Sesshomaru sostava tranquilla, pronta a conficcarsi nella pelle tenera del collo come uno stecchino nell’oliva. Sasori non ebbe nemmeno la forza di deglutire. Semplicemente rispose, infischiandosene delle conseguenze.

«Gliel’ho preso per leggerlo. Hai presente? Ci scrive cose strane. Su di noi»

e Sesshomaru, ottenuto ciò che voleva, lo lasciò andare di scatto, fregandosene se aveva sbattuto la porta e o se l’aveva mandato cordialmente al diavolo.

Quello che gli interessava era ciò che c’era scritto nel quaderno. Per il resto… chissene.

-ò.O-

Kyouya, sbuffando distrutto, si lasciò cadere sul soffice materasso con un tonfo sordo, rilassandosi non appena si era accorto di sprofondare tra le lenzuola.

Si sentiva stanchissimo e la schiena, dove quello scemo di Sasori l’aveva colpito con il barattolo di vernice, pulsava quieta, dolendo un poco. Ma probabilmente non era quello che gli faceva chiudere gli occhi dalla stanchezza, e nemmeno il dolere feroce del braccio destro. No. Era stanco solo perché aveva faticato, per la prima volta in vita sua.

E poi, cribbio, come poteva non stancarsi lavorando insieme a quello scemo di Sasori?

Sbuffò di nuovo, raggomitolandosi in posizione fetale. Si tolse gli occhiali, abbassando le palpebre e provò ad addormentarsi, ma un pensiero lo fece quasi rimanere senza fiato.

Il quaderno che quel impudente di Sasori gli aveva preso, dov’era ora? Se non ricordava male Sasori l’aveva sbattuto al suolo con fare alterato e lì era rimasto, poiché nessuno dei due aveva avuto il tempo materiale di riprenderlo. Quindi, se nessuno aveva messo mano, doveva essere ancora lì, giusto?

Kyouya non ci pensò due volte, e con le gambe a pezzi, andò verso la stanza di Sasori, per riprenderselo e magari mollargli un altro pugno in faccia- era stato veramente troppo bello sentire la guancia del marionettista tirare, mentre sferrava il suo destro. Ma lo era stato molto di più vederlo barcollare, sorpreso.

Bussò, sorridendo, e attese che quello screanzato aprisse.

«Maledettissimo demone del cav-» abbaiò, aprendo la porta di scatto.

Kyouya lo fissò per un attimo, stupito. Poi gli chiese, freddo:

«Dammi il quaderno, idiota» e tese una mano.

Sasori la schiaffeggiò, ringhiando:

«Al diavolo voi e il vostro fottuto quaderno!»

«Dimmi dov’è» gli chiese di nuovo, mentre Sasori imprecava come uno scaricatore di porto. A quanto pareva il sonno era l’unica cosa che lo mandasse in bestia. Kyouya se lo appuntò mentalmente.

«Ce l’ha Sesshomaru, occhialuto. E spero che quando l’abbia letto te ne dia così tante da rifarti i connotati» e gli sbatté la porta in faccia, imprecando di nuovo.

Kyouya, con la mano ancora tesa, non osò dire niente. Si limitò a fare dietro front, a tornare nella sua camera e a redigere il testamento.

Perché, lo sapeva, ormai era morto.

-ò.O-

Sesshomaru, comodamente seduto sul suo prezioso divano in pelle ecologica bianca, sfogliava distratto il quaderno, lasciandolo scorrere sulle dita pagina dopo pagina. Non è che avesse tanta voglia di leggerlo né tanto meno di ridarlo a Kyouya visto che ci scriveva cose strane, come aveva detto Sasori.

Non che poi si fidasse tanto di quello che diceva quello scemo- aveva smesso di credergli quando l’aveva visto entrare tutto saltellante in camera sua con una piastra in mano.

«Posso farti i capelli, Sesshomaru?» gli aveva chiesto e lui, idiota, aveva detto di sì.

E beh, il risultato era stato una testa per metà bruciata e una mano contusa e rotta, per via del potente cazzotto che aveva tirato a quell’imbecille quando si era accorto del disastro.

Ecco perché non poteva dare retta alle sue parole. Perché erano troppo subdole.

Così, perfettamente spaparacchiato sui cuscini soffici del divano, Sesshomaru si crucciava nel dubbio: leggere o non leggere? (peccato che avesse buttato il teschio proprio la settimana scorsa. Altrimenti sarebbe stato un perfetto Amleto!).

Alla fine, guardando l’ora e notando che era le 18.02, senza gridare né allarmarsi, si fiondò sul telecomando, per vedere una delle sue telenovele preferite.

Non che ci fosse molto di speciale in quel programma ma i protagonisti avevano dei capelli così belli e setosi! E sempre una pettinatura diversa! Come poteva resistere?

Ed infatti, come un cagnolino elettrizzato, Sesshomaru alzò il volume e canticchiò la sigla, ben attento a non farsi udire.

Quello che non sapeva però, era che nell’altra stanza, davanti a dei lumini votivi e alla figura di Kira Sceso in Terra, Kyouya pregava il buon fato di non fargli leggere il quaderno.

Cosa che, per il momento, sembrava riuscire.

-ò.O-

«Ti prego, buon Kira, fa che Sesshomaru si tagli malamente una ciocca di capelli e che rimanga per le prossime ventiquattro ore accasciato al suolo a maledirsi. Ti prego, Dio di Un Nuovo Mondo, salvami la vita, lasciami vivere nel tuo nome, perché altrimenti cosa mi rimane, dopo di questo?»

«Di pulire dove avete sporcato» lo interruppe la Somma Rashmi, appoggiandosi allo stipite della porta con un sopracciglio alzato.

Kyouya, interrotto durante il suo momento di preghiera la guardò accigliato, prima di alzarsi dal suolo e di scrollarsi eventuali granelli di polvere dai vestiti. Poi, schiarendosi la gola, disse:

«Io non ho sporcato, mia regina. Dovreste dirlo a Sasori»

«Mi consideri stupida al punto di svegliarlo mentre riprende le forze?»

Kyouya scosse la testa, avanzando di qualche passo verso la regina.

«Non ho detto questo, mia signora. Però non mi sembra equo che sia io a dover pulire anche la sua parte» concluse, esponendo alla perfezioni le sue motivazioni.

Perché, cavolo, lui non aveva la minima intenzione di pulire dove anche quell’essere aveva sporcato. E poi lui era stato ben attento a non far gocciare niente quindi che diamine voleva quella rompiscatole della sua regina?

Lui non avrebbe nemmeno messo mano nel lavoro dell’essere riprovevole, quindi era inutile che la regina lo guardasse con quell’espressione furibonda. Lui avrebbe fatto come voleva, perché non era assolutamente giusto che chiunque in quel castello poteva muoversi come preferiva senza risentire delle conseguenze!

«Vai a pulire. Subito» gli ordinò, lampeggiando fiamme dagli occhi.

Kyouya, dopo un momento di silenzio, abbassò il capo e disse, sconfitto:

«Come vuole, mia regina» e la Somma, tutta trionfante, tolse il disturbo.

Kyouya, di nuovo rimasto solo, si piegò di nuovo sulle ginocchia e portò le mani unite verso l’immagine di Light Yagami che scendeva dal cielo come un angelo.

Chiuse gli occhi e ricominciò a pregare.

«Grande Kira, dato che ci sei, fai in modo che anche la mia regina smetta di trattarmi come un suo tirapiedi. Per esempio potresti fargli esplodere qualcosa di non lesivo in faccia, o potresti fargli ingurgitare della cioccolata scaduta. Potente Dio, uccidi Sesshomaru e tutti quelli che impediscono al tuo devoto servo di servirti come dovrebbe. E, sopra a ogni cosa, fai in modo che Sasori veda le pene dell’inferno».

Poi, ritenendosi soddisfatto delle sue preghiere, si alzò, ripetè le stesse azioni descritte prima e si avviò verso la camera di Sesshomaru, per chiedergli con le buone la restituzione del quaderno sottratto impunemente dal deficiente.

Prima di bussare si aggiustò gli occhiali sul naso e poi attese.

Ma visto che nessuno gli apriva la porta decise di aprirsela da solo. Poggiò la mano sul pomello d’ottone, lo fece girare e poi aprì la porta.

«Ehi, Sesshomaru, che per caso hai un quad-» ma una katana, lanciata da un angolo buio, lo schivò per un pelo. Kyouya la guardò stralunato.

«Che diamine ti prende!» starnazzò e Sesshomaru emerse dall’ombra come un fantasma.

«Va via, scemo. Sono impegnato»

«Ma il mio quad-»

«Sparisci ho detto» ringhiò il  Lord «Lo avrai quando avrò finito di leggerlo» e tornò ad accucciarsi nell’ombra sparendo alla vista.

Kyouya, recepito il messaggio, chiuse la porta e rimase un attimo nel corridoio, poi lanciò un grido acuto simile a quello di un aquila morente ed infine decise di telefonare ai suoi amici per un ultimo saluto.

Addio mondo crudele, fu il suo unico pensiero.

-ò.O-

Quando la telenovela finì, Sesshomaru si alzò dal divano, stiracchiò i muscoli indolenziti e decise di andarsi a fare una bella passeggiata nel boschetto adiacente la tenuta, quello dove poteva tranquillamente infilzare gli scoiattoli senza che qualche scocciatore gli ricordasse che erano animali da proteggere e non da uccidere.

Così, si avviò alla porta, ma all’improvviso si ricordò del quaderno di Kyouya e lo prese. Se non avesse trovato scoiattoli da infilzare, avrebbe letto quello.

Sempre meglio di stare immobile ore ed ore a guadare i pezzi di cielo che si stagliavano oltre i rami degli alberi. Guardarli gli faceva venire solo sonno.

«Dove vai di bello?» gli disse una  voce non appena uscì dalla camera. Quella voce, che riconobbe come quella di Sasori, attendeva una risposta celandosi dietro al sorrisino malevolo che c’era sul volto del proprietario.

Sesshomaru decise di snobbarlo.

«Ma come, non eri morto?».

«Se io fossi morto, tu saresti stato una donna» gli disse, ridacchiando.

Santo cielo, cosa lo frenava da spaccargli quella faccia da c…?!

«Sparisci dalla mia vista, sgorbio».

«Dove stai andando?»

«Dove i bambini petulanti non possono venire» e si voltò, ma Sasori non si era ancora arreso. Strascicando i piedi lo seguì, fermandosi poi di fronte a lui.

«E allora perché ci vai?» gli fece giustamente notare.

Sesshomaru represse un altro istinto omicida e con uno spintone che avrebbe scaraventato a terra anche un elefante, scansò Sasori dal suo cammino, intimandogli con un ringhio feroce di stargli alla larga.

Allora Sasori, capendo al volo che cominciava a rischiare grosso e che probabilmente un'altra spinta di quelle l’avrebbe catapultato lontano abbastanza da diventare un puntino di ossa e legno tumefatto, prese una distanza di cinque metri e disse:

«L’hai letto il quaderno?»

Sesshomaru si fermò sul posto, senza voltarsi, e concluse:

«No. Ma lo farò a breve».

E Sasori, saltellando gioioso per la lieta notizia decise di andare a rompere le scatole alla regina. Così almeno avrebbe impiegato in modo utile il suo tempo.

Kyouya intanto, barricato nella propria stanza, aveva sentito tutto, grazie ad uno spioncino che aveva applicato alla porta e non sapeva che fare.

L’idea di tramortire Sesshomaru con una scodella gli sembrava eccessiva ed inefficace. E poi lo sapevano pure i muri ormai che Sesshomaru non sarebbe crollato a terra moribondo nemmeno se qualcuno gli avesse fatto cadere addosso un palazzo di cinque piani.

Ma qualcosa doveva pur fare. Ucciderlo no, altrimenti la Regina avrebbe eletto consigliere qualcun altro di peggio (ovviamente consigliato da Sasori), legarlo ad una sedia nemmeno, perché tanto si sarebbe sciolto senza problemi e farlo uccidere da qualcun altro era veramente troppo da vigliacco.

Quindi, che fare?

Poteva suicidarsi, ma non era coraggioso fino a quel punto. E nemmeno per altri punti. Quindi doveva assolutamente inventarsi qualcos’altro.

Per il momento l’avrebbe pedinato, in modo da prevenire qualsiasi malsana azione (tipo aprire la pagine proprio sulla descrizione del demone) e per strapparglielo dalle mani.

Così, ritenendosi un genio, si incamminò, seguendolo quatto quatto.

-ò.O-

Sesshomaru, troppo preso ad immaginare i corpicini straziati dei scoiattoli, in un primo momento non notò un essere indefinito di foglie e bacche procedere dietro di lui come una spia da film scadente, ma quando il sopraccitato essere calpesto un ramoscello secco, il demone si volto di scatto, già pronto ad infilzare il malcapitato.

Kyouya, preoccupato rimase immobile, con il respiro fermo nel petto. Poteva sentire il proprio battito cardiaco squarciare il silenzio e per una frazione di secondo gli sembrò che Sesshomaru riuscisse a sentirlo. Ma il demone, annusando l’aria e non sentendo niente (per fortuna era sottovento) alzò le spalle e riprese a camminare.

Kyouya avrebbe volentieri tirato un sospiro di sollievo, ma evitò, perché poteva davvero rilassarsi solo quando il quaderno sarebbe tornato nelle sue mani.

Così, notando che la schiena del demone era abbastanza lontana, riprese a camminare ed in poco tempo raggiunsero il piccolo paradiso che la Regina Rashmi aveva creato apposta per loro.

C’era un laghetto circondato da tanti alberi che sostava pochi metri da dove si trovava. Al suo interno, starnazzando loquaci, tante piccole ochette nuotavano per passare il tempo, mentre Scoiattoli e uccelli banchettavano con le bacche cadute al suolo. Il silenzio era l’unica nota di realtà che c’era e persino Sesshomaru, che non perdeva mai la concentrazione, si abbandonò al suo suono, distraendosi.

E in quel momento, nel momento in cui il Lord chiudeva gli occhi e si poggiava ad un albero, decise di agire.

Camminando lentamente lo raggiunse e si nascose dietro lo stesso albero.

Poi, ripetendosi che sarebbe andato tutto bene, allungò una mano e sfiorò la copertina del quaderno che Sesshomaru si teneva in grembo.

E fu lì, che accadde.

Sesshomaru aprì gli occhi e con uno scatto velocissimo lo afferrò per la mano incriminata e lo gettò al suolo, facendogli rimpiangere il giorno in cui era nato e quello in cui aveva deciso di diventare consigliere.

Un unica,devastante fitta di dolore lo costrinse a rotolarsi a terra nel tentativo di placare le fitte atroci alla schiena, ma un piede pesante come un masso gli bloccò ogni movimento.

Sesshomaru, austero nella sua altezza, lo guardava indifferente, pigiando quel piede senza porsi remore e Kyouya, buttato a terra come un agnello da sacrificare non sapeva più se pregarlo gli avrebbe salvato la pelle.

Era troppo giovane per morire! Ma che gli era saltato in mente? Credeva forse che quel demone indemoniato fosse Sasori?! Sasori era una bazzecola in confronto! Diamine, si era rovinato da solo per la seconda volta! Possibile che stesse diventando così idiota?

«Che sei venuto a fare?» gli chiese Sesshomaru, fissandolo.

Kyouya deglutì e provò a sorridere, ma le fitte lancinanti alla schiena e alle braccia gli permettevano solo di dedicargli una smorfia. Ma comunque al demone non doveva interessare.

«I-Io… ti dispiace togliere il piede?» domandò.

«Rispondi alla mia domanda, nano» e Kyouya sospirando, disse:

«E-ero venuto per il quaderno»

Sesshomaru alzò un sopracciglio ed estrasse dalla tasca del kimono il quaderno incriminato.

«Questo?»

«Esatto. V-vedi, Sasori mi ha detto che ce l’avevi tu, così i-»

«Quel micronano rossiccio ha detto anche che ci scrivi cose strane. È vero?»

Kyouya maledì Sasori mentalmente e pregò che, qualunque cosa stesse facendo, morisse all’istante. Perché se lo meritava proprio! Gli stava rovinando la vita, l’esistenza, non gli avrebbe più permesso di fare calcoli matematici, né di rivedere l’Host Club! Avrebbe passato la sua esistenza su una sedia a rotelle, o peggio, in un letto (perché Sesshomaru non ci sarebbe andato leggero) e non avrebbe più sentito il sapore delle stagioni, e del sole sulla pelle, non avrebbe più sentito gli uccelli cinguettare e nemmeno avrebbe assistito alla fioritura dei ciliegi. Per lui non ci sarebbe stato più niente, ed era così triste saperlo che-

«Vuoi rispondere?!» gli ordinò Sesshomaru, spingendo sulla sua pancia senza riguardo.

Kyouya si contorse ringhiando e gli chiese di smettere, venendo accontentato.

«Ci scrivo gli affari miei li! E tu dovresti ridarmelo!» gli gridò, scalciando per liberarsi dalle costrizioni imposte dal demone.

«Non credo che tu sia nella posizione di darmi ordini. Per cui taci, idiota» e aprì per bene il quaderno.

Su una pagina, scritto in rosso carminio, il nome Sesshomaru occupava mezza pagina.

E il diretto interessato, accigliandosi, cambiò pagina per cominciare a leggere.

A quel punto, e solo a quel punto, sapendo di non avere altre vie di scampo, Kyouya scalciò così forte da sbattere l’osso sacro per terra e si liberò, cominciando a correre come il vento.

Poteva sentire il rumore degli occhi di Sesshomaru che scorrevano sulle parole e quello più lugubre delle sue dita che si chiudevano a pugno.

Bene, aveva qualcos’altro d’aggiungere?

Merda.

-ò.O-

La regina Rashmi, dopo aver trascorso una buona oretta e mezza con Sasori (uhuhu ^///^) se n’era andata a leggere un buon libro in biblioteca.

Il libro in questione, regalo vecchissimo di non ricorda chi, s’intitolava “10 modi per fare una torta ed usarla nel peggiore dei modi”. Lei era arrivata soltanto al terzo, poiché era una donna davvero molto impegnata (la sua vita si riduceva a: Gridare- governare- gridare- rilassarsi- gridare. Davvero sfiancante) allora non trovava mai tempo per leggere. Ma visto che nel castello stava regnando il silenzio più assoluto, poteva benissimo riprendere la lettura.

 Così, accomodandosi su un divano, aprì il libro alla pagina contrassegnata. Ma quando arrivò alla seconda parola, un dubbio le fece accapponare la pelle.

Gridando come un aquila per far arrivare Sasori il prima possibile, le venne in mente che sia Sesshomaru sia Kyouya mancavano all’appello. Di solito erano sempre in giro a quell’ora, a farsi gli affari loro o a combinare qualcosa che le avrebbe fatto venire le crisi isteriche, ma in quel momento non c’erano e il dubbio si faceva sempre più vero.

«Ma dove caspita sei, eh? SASORI!» gridò ancora e il marionettista, senza scomporsi tanto, fece capolino dalla porta con l’espressione più annoiata del suo repertorio.

«Cosa vuole?» le chiese, scocciato.

«Dove sono Sesshomaru e Kyouya?»

Sasori ridacchiò.

«Vuole che glielo dica veramente?»

La regina gli tirò il libro, indignata, e lo prese in mezzo alla fronte, ma il marionettista non sembrò risentirne. Anzi, il suo ghigno si allargò ulteriormente.

«Fai il serio e rispondi. Dove sono?»

«Ad amoreggiare, probabilmente»

«Quindi, anche tu lo pensi» gli disse la regina, preoccupatissima. Così preoccupata che prese a mangiarsi le unghie. Non poteva essere.

«Cosa?»

«Che… beh, che loro due…. Insomma…»

«Che si fottono a vicenda?»

«SASORI!» gridò indignata la regina «Che termini sono? Sei proprio volgare!»

Sasori roteò gli occhi, scocciato.

«Scusi» disse, tanto per troncare sul nascere la solita tiritera del “devi comportarti bene se vuoi vivere in un palazzo di signori per bene”. una scocciatura, insomma.

«Comunque» continuò poi lei, tossicchiando «Tu lo pensi?»

«Mah, così su due piedi non saprei cosa dirle…» in verità qualcosa da dire ce l’aveva ed assomigliava a qualcosa del tipo “In realtà Sesshomaru lo vuole solo riempire di botte fino a sventrarlo, quindi stia tranquilla”. Ma la conosceva abbastanza da sapere che sarebbe corsa in aiuto del matematico, quindi i giochi si sarebbero conclusi con una sua sfuriata. E visto che la cosa non era divertente non le avrebbe detto niente.

«Ah, beh… se si amano…» e riprese a leggere, per placare il dubbio.

Quanto si sbagliava.

-ò.O-

 «Anf, anf, anf»

Correre non era mai stato così impegnativo, considerò Kyouya, avanzando a gran velocità per riuscire a scampare da una scarica di botte che non gli avrebbe mai più permesso di guardarsi allo specchio senza considerarsi schifoso.

Aveva i polmoni in fiamme, stretti come due prugne secche, e il suo cuore pompava così forte che per quasi tutto il tragitto aveva creduto che gli sarebbe scoppiato.

Il che non era male, visto che almeno sarebbe morto di morte naturale e non pestato a sangue da un idiota fissato con i capelli e i morti e gli scoiattoli e suo fratello!

Chissà poi quanto tempo era passato! Da quando aveva cominciato a correre non aveva più visto l’ora, ma su per giù sarebbe dovuta passare un ora.

Rallentò quasi di botto, stupito. Era un ora che correva? Impossibile. Escludendo il fatto che non fosse un grande campione di corsa e che si era giocato ormai le gambe, era veramente troppo strano che avesse fatto un ora di corsa. Giusto le persone allenate potevano raggiungere simili record. Non che lui fosse una schiappetta; intendiamoci, lui aveva in fisico prestante, era bello, giovane e in salute, le ultimi analisi che aveva fatto lo davano sano come un pesce, quindi poteva anche dire che il suo fisico reggesse agli sforzi. Ma che gli permettesse di correre per un ora filata senza accusare infarti o crisi respiratorie, beh, era assurdo.

Eppure così era, visto che le lancette del suo orologio segnavano un ora esatta dalla partenza.

Kyouya scosse la testa e prese enormi boccate d’aria, fermandosi del tutto. Da qualche parte, ora che ci pensava, aveva letto che l’adrenalina, quando entrava in circolo nel sangue, permetteva di fare cose assurde. Beh, nei limiti concessi da un semplice corpo umano, ma abbastanza forti da lasciare il segno. Probabilmente la sua adrenalina, mista al terrore fisico di essere pestato, gli aveva dato la giusta carica di correre! Già, doveva essere per forza così!

C’era chi si ricaricava con il Poket Coffee e chi con L’adrenalina e La Paura!

Un ragionamento semplicemente impeccabile!

Era veramente un genio! Diamine ma nessuno si accorgeva della sua suprema intell-

«BUU!» lo spaventò Sesshomaru, piombandogli davanti con la stessa forza di una scarica di pallottole.

Il povero Kyouya, dallo spavento, si lasciò cadere a terra, sbattendo di nuovo quel povero osso sacro che rimpiangeva il giorno in cui poteva essere delicatamente accomodato su poltrone di velluto, nella scuola chiamata Ouran.

«Sesshomaru…! Che.. che cazzo fai?!» sbraitò, con il cuore a mille.

Il diretto interessato, limitandosi ad un ghigno compiaciuto, rispose:

«Che faccio? Semplice: leggo il quaderno con te. Ti va?»

«NO!» gridò Kyouya, spingendolo lontano per aprirsi un varco e scappare. Ma Sesshomaru, che sotto alla cascata setosa di capelli aveva un cervello perfettamente funzionante, lo afferrò per un braccio e lo sbatté sul tronco di un albero, intimandogli:

«Sta qui, mio piccolo, stupido, Kyouya. Che ora ci divertiamo».

«Ti ho detto che-»

«Sta zitto per favore. Vuoi farmi arrabbiare?»

Ovvio che no, avrebbe detto, e poi gli avrebbe permesso di usarlo come poggia piedi, ma tanto non avrebbe funzionato; Sesshomaru l’avrebbe picchiato senza porsi remore.

«Non leggerlo» lo supplicò, ma Sesshomaru decise di ignorarlo.

Aprì il quaderno alla pagina giusta, prese un bel respiro, e cominciò a leggere:

«Non odio Sesshomaru, non almeno come odio Sasori, ma diciamo che una buona percentuale di sopportazione se ne va a farsi fottere quando me lo trovo davanti. Non che faccia o dica qualcosa di sbagliato o di eretico, ma c’è qualcosa nella sua persona che da un immenso fastidio. Innanzitutto è un fissato dei capelli. Non c’è giorno in cui nn se li piastri o non se li lavi o non se li ritocchi. Anche se se li è tagliati il giorno prima deve assolutamente rimetterci mano perché, e non sia mai, potrebbero essere stati spuntanti male. Ma dico! Se li taglia da solo! E con la cura maniacale che ha di certo non si scorda proprio niente! Bah, pover uomo! A volte mi chiedo se sotto quel manto di capelli setosi ci sia qualcosa, oltre al fumo e ad Inuyasha. Perché, diciamocelo, in una persona che è fissata per il fratello cosa ci può essere di buono? Niente, ovvio. Per me lo ama e vuole creare un incesto, oppure il suo odio è così smisurato che proprio non riesce a pensare ad altro. Il che poi non è vero visto che va a letto con la regina senza tante cerimonie. Odioso essere immondo! E poi è un demone cane. Un DEMONE CANE! Lui dice di essere quello di sangue puro, come i pastori tedeschi o i rotvailer, e che suo fratello invece è un bastardino senza ritegno che deve sparire dalla faccia della terra… mah, per me, cane di razza o cane incrociato, non c’è differenza. Non hanno entrambi quattro zampe, un naso, due orecchie e una coda? Ma se ti azzardi a dire qualcosa del genere a quel bigotto ecco che ti si rivolta contro e prova ad ucciderti. Io non so cosa prova la gente ad ammazzare, ma lui proprio non cambia mai espressione. Sasori almeno esulta, o finge di essere dispiaciuto, ma lui no, non fa niente. Ficca la sua katana nella pancia di qualcuno e lo guarda. Così. Senza fare niente. Come se stesse guardando per la centesima volta lo stesso film. All’inizio credevo che lo facesse per trovare un modo originale per uccidere il fratello. Poi ho creduto che lo facesse per tenersi in allenamento. Ora invece credo che lo faccia solo per ammazzare il tempo. Come i poveri scoiattoli che giustizia nel bosco vicino alla tenuta. Che gli hanno fatto? Niente, ma il signorino, veramente troppo affaticato dai suoi compiti da consigliere, si sente così tanto annoiato da dover troncare la vita di povere bestiole indifese. È uno schifoso assassino dalla fulgida chioma argentata, tanto che fa invidia a tantissimi Mini Pony, che non si pone limiti e che si crede pure in diritto di guardarti dall’alto in basso e di giudicarti con quella sua aria da essere supremo. Ah, spero che il giorno in cui Light ritrovi il quaderno si concretizzi di più, perché gli chiederò di giustiziarlo. Quante atroci sofferenze gli farò patire! Sì! Così finalmente me lo toglierò dalle palle, e la stessa cosa farò con Sasori. Il mondo sarà libero dalla feccia e io ucciderò Mikami e salirò alla destra di Kira, per regnare insieme a lui nei secoli dei secoli».

Kyouya chiuse gli occhi ed attese la punizione quasi con trepidante attesa, mentre il silenzio carico di angoscia saturava l’aria come un odore molesto- che doveva pur esserci, visto che Kyouya si era lasciato scappare qualche puzzetta innocente.

Ma Sesshomaru non si sentiva e non si vedeva e il poveretto non aveva voglia di aprire gli occhi e di assicurarsi della situazione. Se doveva essere picchiato, voleva fingere di non saperne niente.

«E’ così, eh?» gli domandò Sesshomaru, camminando sul tappeto di foglie scricchiolanti ed avvicinandosi a l’essere rannicchiato che un tempo era Kyouya.

Quando fu abbastanza vicino, afferrandolo saldamente per il mento, lo costrinse ad alzare il viso e a guardarlo, fissandolo da pochi centimetri.

«Perché non provi a difenderti?» domandò.

«Perché non servirebbe»

«Giusto. Allora rendiamo il gioco più interessante» lo tirò su di scatto, facendolo mettere in piedi. Gli lasciò il mento e lo spinse avanti, ghignando. Kyouya si volse a guardarlo.

«Dai, scappa. Altrimenti che gusto c’è?»

Kyouya si voltò completamente verso di lui e lo fissò con lo sguardo alto.

«Non scapperò!» disse, convinto.

«Bene» e sguainò la katana «Addio».

Kyouya fece in tempo solo a vedere una lama brillare nel buio imminente della sera.

Poi gli convenne chiudere gli occhi.

-ò.O-

La regina Rashmi, notando che il tramonto aveva lasciato già da un po’ il posto alla notte, si chiese, tutta preoccupata, che fine avessero fatto Sesshomaru e Kyouya.

Anche se fosse stata vera la storia della loro presunta relazione- a cui lei non credeva molto- questo non giustificava il loro immenso ritardo per la cena.

Infatti, seduti a tavola con tante portate davanti, sia lei che Sasori attendevano l’arrivo degli altri due, senza successo, poiché la porta rimaneva chiusa.

Solo dopo altri due minuti, la regina decise di chiedere spiegazioni:

«Tu sai dove sono vero?» domandò a Sasori, il quale, alzando lo sguardo con spassionata cortesia, la guardò senza capire.

O fingendo di non capire.

«E’ inutile che fai quella faccia da pesce imbalsamato. So che sai dove sono!»

Sasori ghignò ed accavallò le gambe, senza dire una parola.

A quel gesto, la regina, scattando come una molla, gli andò davanti e lo prese per il bavero della mantella. Lo fissò con insistenza e alla fine lo strinse così forte da strozzarlo.

«D’accordo. So dove sono» ammise poi Sasori, liberandosi dalla presa della regina ed alzandosi. La regina lo osservò impassibile.

«Venga. La porto da loro»

«Era ora, scemo. Aspettavi forse che mi venissero le rughe?»

«Sareste stata bella comunque» mentì Sasori, senza voltarsi a guardarla.

La regina gli mollò un calcio nel sedere.

«Non mentirmi idiota. Altrimenti ti faccio decapitare»

«Certo» acconsentì, senza entusiasmo.

Se l’avesse fatto decapitare davvero allora i maiali avrebbero spiccato il volo.

E Kyouya con loro.

Muhahahah!

«Cos’è quell’espressione ebete? Ti sei forse rincoglionito?» gli fece presente la regina, guardandolo inorridita. Il marionettista di voltò a guardarla con uno sguardo sornione che avrebbe fatto venire la pelle d’oca a chiunque.

«Pensavo ad una cosa» e si voltò, proseguendo.

La regina, seppur scettica, continuò a seguirlo.

Il dubbio della presunta relazione era più forte dell’interesse sulla salute mentale di quel menomato del suo consigliere.

-ò.O-

«Direi che basta. Non trovi?» convenne Sesshomaru, comodamente seduto su uno sperone di roccia poco distante da quella cosa informe che somigliava a tutto men che meno a Kyouya.

Per parlare non aveva nemmeno alzato lo sguardo, concentrato com’era a lucidare la lama della katana completamente sporca di sangue.

Sangue che non imbrattava solo la sua arma ma che sembrava essere schizzato ovunque come una bomba di gelatina che esplode e lascia il suo viscoso contenuto dappertutto.

La cosa provò a sillabare un affermazione, ma quello che uscì dalle sue labbra tumefatte fu più un sussurro agonizzante che una vera e propria frase.

Sesshomaru lo guardò ghignando.

«Bene. Allora direi che è il caso di salutarci» e fece per andarsene ma quella che risultava essere una mano lo pregò di fermarsi. Sesshomaru lo assecondò per pura curiosità e non per senso del dovere o per compassione.

«Vuoi che resti?» domandò, sapendo benissimo che quella cosa non avrebbe potuto rispondere.

Infatti, il sibilo che ne venne fuori, non corrispose nemmeno ad una lettera dell’alfabeto.

Ma Sesshomaru, che cominciava a stufarsi e ad avere fame, non gli diede più retta e se ne andò, abbandonando il corpo martoriato e decadente di Kyouya nei pressi di quel laghetto macchiato di rosso.

Nel tragitto, però, incrociò la regina e quel rompipalle di Sasori.

Dedicò loro una lunga occhiata prima di chiedere, cortese:

«Problemi?».

E la regina, spintonando di lato Sasori lo aggredì dicendo:

«E lo chiedi a noi, razza di idiota? Siete tu e Kyouya che avete dei problemi!» e lo spintonò, tanto per ribadire che era lei che comandava.

Sesshomaru si mosse di appena un millimetro, e senza scomporsi più di tanto disse:

«Oh, i miei problemi li ho risolti. La saluto» e se ne andò, sparendo come una visione.

Solo allora, Sasori domandò, essendosi perso un tassello della questione:

«Ma Kyouya dov’è?»

E la regina, in preda ad uno strano presentimento si fiondò tra gli alberi correndo a più non posso, stracciandosi il vestito nel percorso.

Quando arrivò, inciampando in una pozza che di acqua non era affatto, si accorse che c’era qualcosa di strano, poco distante. Un qualcosa che si muoveva a scatti, come in preda alle convulsioni.

Si avvicinò, cauta, seguita a ruota da un Sasori super annoiato che non faceva altro che canticchiare l’angustiante canzone dello squalo, e si accorse che la cosa melmosa e tremante non era altro che Kyouya.

Si gettò vicino a lui e gli tastò il polso, poi gli tirò qualche schiaffetto sulla faccia ed infine esaminò il resto del corpo.

Avete mai visto come si uccide un maiale?

Beh, la cosa gli si avvicinava in modo spaventoso.

«Dobbiamo portarlo in un ospedale!» starnazzò la regina, alzandosi in piedi.

«Probabile» fece Sasori, alzando un lembo della camicia della cosa e osservando attirato un pezzo dell’intestino. Per un attimo gli balenò alla mente che se fosse morto sarebbe venuta fuori una bella marionetta, perché a giudicare dalle viscere era messo bene, ma quando la regina gli dedicò l’occhiataccia più brutta del suo repertorio e gli buttò in faccia tanta di quella terra infetta di sangue da far ribrezzo a chiunque l’unica cosa saggia che pensò di fare fu quella di starsene buono al suo posto.

«Forza, prendilo e portalo all’ospedale» gli ordinò la regina, indicando la cosa.

«Non ci penso proprio!» disse, incrociando le braccia sul petto.

La regina gli puntò un dito sotto il mento.

«Fallo, razza di scemo. O ti faccio sbuzzare da Sesshomaru»

«Sa che paura»

«Dovresti provarne invece. Potresti essere tu quello a terra»

«Non ho sangue né organi che potrebbe colpire»

«PRENDILO E BASTA CRETINO DI UN DEFICIENTE!» gridò la regina, colpendolo sulla testa con un bastone raccattato al suolo.

Sasori girò gli occhi al cielo e ringhiò un “d’accordo”, prima di piegarsi e di raccogliere la cosa dal suolo e di portarla all’ospedale più vicino.

-ò.O-

Tre settimane e dodici iniezioni di morfina dopo, Kyouya era quasi come nuovo, tranne che per qualche brutta cicatrice che il dottore non era riuscito a suturare meglio.

Semi sdraiato sul letto dell’ospedale, intento nella lettura di un saggio, Kyouya aspettava l’arrivo dei suoi soliti visitatori, già a reprimere il bisogno fisiologico di uccidere Sesshomaru con qualche bel liquido presente nell’ospedale.

Indossava un camice bianco che gli lasciava scoperto il sedere, ma per fortuna aveva una stanza singola, quindi poteva anche non vergognarsi- quando invece c’era Sasori il colore della sua pelle diventava quasi bordeaux per quante prese in giro riceveva.

La stanza in cui l’avevano messo era ricca di luce e le parenti verdi lo riflettevano molto bene. odorava di detersivi e di malattie, ma almeno era pulito ed ordinato.

«Come sta il nostro povero Kyouya?» cinguettò la regina, presentandosi con un grosso mazzo di fiori e con un cesto di frutta fresca. Dietro di lei Sasori e Sesshomaru, attesero l’invito.

«Forza, cretini. Entrate» ordinò loro la regina, e questi si mossero.

Sesshomaru, per volere del veterinario di fiducia, indossava ancora la museruola e la camicia di forza, che gli veniva tolta solo quando doveva pettinarsi i capelli e la sera.

«Come stai?» chiese la regina, prendendo una sedia ed accomodandosi.

«Molto meglio, grazie. Domani mi dimetteranno»

«Ma che bella notizia!» cinguettò ancora, ma visto gli altri due non fecero niente, la sua felicità scemò in un ordine perentorio «Non trovate anche voi che sia una bella notizia?»

Sesshomaru e Sasori, dandole un occhiata sommaria dissero:

«Sì, Sì» e tornarono a fissare il paesaggio oltre la finestra.

«Allora ci vediamo domani» lo salutò la regina, andandosene.

Una volta da solo, dopo essersi sbucciato una mela, Kyouya si ritirò in preghiera.

-ò.O-

Una volta a casa tutto riprese una parvenza di normalità. O almeno così sembrava poiché quando erano nella stessa stanza Kyouya e Sesshomaru stavano ad una distanza di cinquanta metri l’uno dall’altro e quando si parlavano sembravano ringhiarsi sempre, come cani in continua battaglia.

Sasori aveva di nuovo accesso al suo laboratorio, quindi lo riuscivano a vedere solo per i pasti e per le sue solite bighellonate e Kyouya poteva finalmente rilassarsi.

Del quaderno non aveva più saputo niente ed era fermamente convinto che fosse rimasto nel bosco, sepolto sotto il suo sangue rappreso o sotto qualche albero. Quindi poteva stare certo che la regina non lo avrebbe trovato.

Quindi beh, le cose erano proprio tornate alla normalità.

«Ragazzi, vado a fare una passeggiata nel bosco qui vicino!» li avvertì la regina, salutandoli come la mano.

I tre si limitarono ad augurarle una buona giornata.

Solo Kyouya si sentiva un po’ inquieto.

Quante probabilità c’erano che passasse proprio dove si era compiuta la tragedia?
 

 

Note dell’autrice: Avevo pensato di togliere questa specie di storia a capitoli perché ero convintissima che nessuno la stesse seguendo, e invece, dando un occhiata al nuove opzioni di EFP ho scoperto che si può vedere chi segue le tue storie. E beh, notare che ci sono ben tre anime pie che la seguono mi ha dato una motivazione per continuarla.

Quindi un grazie speciale va a:

Prof, Sarhita e Targul che silenziosamente mi appoggiano ^^

Ah, manca poco alla fine, il V atto è in fase di stesura (ancora) ma spero presto ci sarà ^^

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