Phoenix

di Val
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Capitolo 1




Per chi non conosce la serie tv(temo che siano in tanti), Methos...è un personaggio a dir poco controverso e sarebbe troppo lungo mettersi a raccontare tutto di lui ora.
La sua figura si dovrebbe capire con l'andare avanti della storia.
Qui c'è una galleria in cui compaiono i personaggi della storia:
http://geocities.yahoo.com.br/gisele_highlander_fan/methos/galeria/
Ci sono anche riferimenti ad altri immortali che si susseguono nella serie, ma non sono personaggi essenziali.




Era quasi Natale ormai e Parigi era molto fredda.
Dawson era arrivato poche ore prima e si era diretto subito verso la Senna dove, sapeva, avrebbe trovato attraccata la casa di Mac Leod e, come previsto, ecco il vecchio barcone nero illuminato dall'interno.
Joe si avvicinò appoggiandosi stancamente al bastone: Duncan era lì.
Bussò e pochi istanti dopo ecco la porta aprirsi.
Duncan sorrise.
- Dai entra, si gela là fuori...- disse.
L'uomo lo ringraziò e varcò la soglia.
L'amico lo fece accomodare e gli offrì da bere.
- Come vanno le cose Mac? - domandò Joe dopo un po'.
- Al solito...- rispose brevemente quello.
- Amanda è passata dal mio locale qualche tempo fa...ha detto che era stata qui fino a due giorni prima, ma che a Parigi stava avendo delle noie...-
- Già...chissà? Magari se mi appropriassi indebitamente di tre o quattro pezzi di Cartier potrei averne anche io...- disse Mac Leod.
Joe sorrise.
- Non si smentisce mai eh?- commentò.
Anche Duncan sorrise.
- Mille anni di abitudini si perdono difficilmente...-
Poco dopo, mentre i due chiacchieravano tranquilli, un immortale si avvicinò.
Duncan avvertì il solito sibilo alle meningi, quello strano peso all'imboccatura dello stomaco.
Si voltò di scatto verso la porta a cui un attimo dopo qualcuno bussò.
- Mac qualcosa non va?- domandò Joe.
- Non ne sono sicuro...- borbottò Duncan.
Avvistò la katana: era abbastanza vicina.
Poi aprì e si rilassò visibilmente.
- Methos...- disse.
Lo guardò meglio, era ridotto piuttosto male.
- Salve Mac Leod...ti prego non starmi a dire che aspetto ho...- esordì l'altro bloccandolo prima ancora di sentire qualunque cosa.
- Beh hai un aspetto orribile - commentò invece Duncan, ma l'amico lo guardò storto così pensò bene di lasciar perdere - ma fa' conto che io non abbia detto niente, dai entra...-
- Grazie...- disse acidamente Methos.
Entrò e vide Joe.
- Salve Dawson...- salutò.
- Methos...mio Dio, ma che ti è successo?- chiese.
Methos si guardò l'impermeabile sbruciacchiato e sporco di grasso per auto e polvere.
- La solita vecchia conoscenza molto benintenzionata a farmi perdere la testa...Garkov ci si è scomodato da Mosca per venirmi a cercare tentando di decapitarmi con un segaossa - disse - ti rendi conto? Un segaossa da macellaio!- protestò.
- Dopo tutto era un cuoco...non è che gli dovevi una cena? Hai un che di pollo bruciato stasera...sarà quel filo di fumo che ti sale dai capelli? - sghignazzò Mac Leod.
- Finito di sfottere? - chiese.
- Finito di ardere?- domandò Duncan agitando la mano come a voler mandare via l'odore di bruciato.
Insistendo nel gioco fece nascere in Methos il serio dubbio di stare davvero andando a fuoco, così quello si precipitò in bagno a controllare.
Duncan si mise a ridere e guardò Joe che ridacchiava a sua volta.
Sul viso dello scozzese era dipinta la classica espressione pestifera di quando prendeva in giro qualcuno.
Poco dopo ecco ricomparire Methos.
Si era dato una sciacquata al viso ed era sicuramente meno teso di prima.
- Hai un animo veramente comico Mac Leod quando ti ci metti...- mugugnò riferito allo scherzo di poco prima.
- Che brontolone...tieni - rispose Duncan dandogli un bicchiere con del cognac – e goditelo perché è della mia riserva speciale...- lo avvertì.
- Hai ripreso in mano la spada Methos?- domandò Joe.
Quello ci pensò su un attimo.
- Credo sia più corretto dire che...sono l'impotente ostaggio di quel dannato arnese...in altre parole da quando Kronos, Silas e Caspian sono stati uccisi ed è venuto fuori tutto quel pasticcio...la mia è una testa molto desiderata...penso si possa parlare quasi di legittima difesa...- rispose.
Joe annuì.
- Forse mi dovrei allontanare da Parigi per un po'...- sospirò Methos.
- Dovunque andrai, qualcuno ti inseguirà o ti troverà per caso, lo sai che non è utile...- obiettò Mac Leod.
Methos dovette ammetterlo.
- Potrei rifugiarmi alle Meteore...- rifletté - erano un posticino tranquillo...niente auto, niente telefono...-
- Niente donne...- disse Duncan come deterrente.
- Non ne sento una gran mancanza, mi conosci...- ribatté l'altro.
- A proposito di donne...- esclamò Dawson.
Methos e Mac Leod si voltarono a guardarlo.
- Cassandra è a Le Havre...- riferì.
Methos guardò Duncan e gli sorrise nervosamente.
- Prenoto un volo...- disse dandogli una pacca sulla spalla.
- Pensavi alle Meteore? - chiese Duncan, Methos annuì.
- Sì...un posto silenzioso, isolato, splendida vista...è suolo consacrato...- interloquì.
- Perché non un bel tempio buddhista sull'Himalaya...- propose in alternativa Duncan.
- E di Petra che mi dici?-
Joe rideva.
- Ma che ci fa a Le Havre?- domandò poi Duncan.
- Non ne ho idea...- rispose Joe.
In quel momento suonò il telefono.
Duncan rispose.
- Lupus in fabula!- esclamò guardando Methos -...no niente è che stavo pensando a te...- disse poi rispondendo ad una domanda di lei.
Riattaccò poco dopo.
- Bene! Cassandra ora è a Parigi, ha detto che ci vedremo presto...- riferì.
- Faccio in tempo a raggiungere la Patagonia?- chiese Methos.
- Piantala...- ridacchiò Duncan.
- Ehi! Per poco non mi stacca la testa l'ultima volta, te ne sei scordato?- protestò quello.
Il telefono squillò interrompendoli nuovamente.
-Pronto?- rispose Duncan ridendo in faccia a Methos.
"Ehi...uomo del gonnellino!" esclamò una voce dall'altra parte.
- Emma? Sei tu?- chiese Duncan incredulo.
"Sì! Sono io, sono a Parigi e un uccellino di nome Amanda mi ha detto che, se eri qui, ti avrei trovato a questo numero!" disse la donna dall'altro capo del telefono.
- Dovrò ringraziarla allora! - si ripromise Mac Leod.
" Beh intanto vedi di farti trovare alla mia mostra domani sera o ti vengo a prelevare quel tuo testone nero personalmente! E se hai amici fammelo sapere, ti mando gli inviti al tuo indirizzo"
- Mostra?- domandò lui.
"Certo! Ho i miei bravi settantanove anni, ma non mi ferma nessuno dietro l'obiettivo!" ridacchiò Emma.
Duncan sorrise contento.
- Beh...io verrò senz'altro e per gli inviti non preoccuparti...Amanda ha già largamente provveduto - disse buttando l'occhio su una pila di pieghevoli appoggiati su una scrivania.
Non aveva capito bene che diavolo fosse quella roba, ma ora gli era molto chiaro.
Dopo qualche altra parola affettuosa, salutò Emma e riagganciò.
- Sei ricercato eh, Mac? Chi era la donzella dal nome così soave o comunque molto meno minaccioso del precedente?- si informò Methos.
- Tu fatti gli affari tuoi e domani sera vieni con me a vedere una mostra fotografica così ti rilassi un po'...a Cassandra penserai a tempo debito – lo zittì Duncan.
- Una mostra fotografica?- chiese Methos perplesso - ma come? Qui c'è in gioco la mia testa e tu mi proponi una mostra fotografica? -
Duncan sbuffò e si girò seccato verso l'amico.
- La tua testa è sempre in gioco!- ribatté.
- Ma...- tentò di obiettare Methos.
- Niente ma...Cassandra non sa che sei qui quindi per ora stattene un po' tranquillo, Parigi è grande e io cercherò di tenertela lontana...- lo bloccò Duncan - Joe, tu domani sei dei nostri vero?- disse poi a Dawson.
- Sicuro...perché no? La fotografia mi interessa...Centre Pompidou, inaugurazione ufficiale - rispose quello leggendo un depliant che Mac gli aveva passato.
- Bene...per fortuna Amanda largheggia sempre e gli inviti alle serate mondane non mancano mai...- osservò Duncan sfogliando il nutrito mazzo di cartoncini patinati.
- Largheggia...certo...- rispose Methos prendendogli di mano le partecipazioni - pensi che qualcuno degli invitati previsti abbia ricevuto almeno l'ombra di uno di questi graziosi foglietti? -
Duncan sorrise un po' imbarazzato.
- La fotografa è una mia vecchia amica...gli inviti non erano neanche indispensabili...- rispose.
Methos annuì.
- Amica eh? Quanto amica? Da salutare con un bacio o da passare allo spiedo?- chiese.
- Non è una di noi, anche se sa degli Immortali...è Emma Carlton - disse.
- Accidenti!- esclamò Joe - mi stupisci sempre con queste tue amicizie illustri, Mac...- disse.
Emma Carlton era una delle fotografe più di grido da molti anni ormai.
Duncan guardò Methos.
- Ho altro da fare, ma grazie comunque dell'invito...- disse lui facendosi più serio.
- E dai! Prova a distrarti per una sera...- lo incoraggiò.
Sapeva che da quando era venuta a mancare Alexa, Methos si era molto chiuso nella sua vita, nelle sue ricerche, malgrado la sua esistenza fosse tutt'altro che tranquilla.
- Non puoi continuare ad evitare tutto il mondo, andiamo...- aggiunse Joe.
- Troppi mortali tutti insieme non fanno per me...senza offesa Dawson – mugugnò Methos.
Joe scosse la testa.
-Siamo molti più di voi...hai una ottima percentuale di possibilità di imbatterti in uno di noi dovunque tu ti rinchiuda...- osservò.
Methos si arrese, in fondo lo facevano per farlo svagare un po'.
- D'accordo, mi avete convinto...ci vengo...- rispose.
Duncan gli sorrise.
Joe si alzò e si congedò.
- Mi aspettano al quartier generale...devo andare - annunciò - ci vediamo domani sera!-
- Mi raccomando, fatti bello...è una serata elegante...- gli disse Mac Leod.
Joe si voltò sulla porta.
- Potrei stupirvi con la mia classe...- ridacchiò.
Uscì, lasciò soli gli altri due e tra loro cadde un velo di turbamento.
- Dovrò andarmene, Mac Leod, lo sai...- disse Methos.
- Per Cassandra?- domandò l'amico.
Methos annuì.
- Se lei rischia di uccidermi, io uccido lei...-
-Lo so - rispose Duncan ammusonito - sono le regole -
Methos lo fissava, Mac Leod si voltò.
- Sono regole che tu non accetti, però...non per Cassandra - disse Methos.
Duncan aggrottò le sopracciglia.
- Che vuoi dire?- domandò.
Methos sorrise e scosse la testa.
- Non hai dimenticato cos'ero Mac Leod...ricordi? Quello che ho fatto, tu non lo puoi perdonare...- disse riportandogli alla mente le parole che gli aveva detto in una piccola chiesa di Bordeaux, un anno prima.
Duncan sospirò.
- L'ho perdonato invece...almeno in parte...ma lei no, Methos, lei non credo che possa - rispose.
- Non me lo aspetto, ma tienila lontana da me, se mi cerca: lo dico per lei – lo avvertì.
Mac Leod annuì.
Methos se ne stava andando, ma lui lo richiamò.
- Ci vediamo domani sera?- chiese come offerta di pace in seguito a quel momento di tensione.
- Mi precipito a procurarmi uno smoking...- sospirò Methos uscendo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 1

Il personaggio femminile anche qui è una pellerossa, è un po' come se avessi in mente un'attrice a cui cucio intorno dei personaggi...chiedo scusa se sono un po' monotona.
Invece, lì dove parlo di Osservatori, mi riferisco alla società segreta, di cui Joe Dawson fà parte, che registra da tempo i movimenti, i duelli e la vita di ciascun Immortale senza mai interferire nella sua esistenza.





Capitolo 2


- Odio le giacche...non le ho mai potute soffrire...- brontolò Methos muovendo nervosamente la testa e le spalle.
- Signor Pierson...- disse con sussiego l'addetto all'ingresso degli ospiti restituendogli l'invito.
Methos lo ringraziò a mezza bocca: persino il suo pseudonimo lo irritava quella sera.
- Sei bellissimo in smoking!- lo incoraggiò Duncan.
- E' vero Methos, sei davvero molto elegante...- convenne Dawson.
Quello invece sbuffò.
- Questi colli sono impossibili!- protestò passandosi il dito nel colletto della camicia - io amavo la mia toga romana, adoravo il mio saio francescano e odio le serate mondane aggiunte a queste ridicole pretese nell'abbigliamento...-
- Ma hai visto quante donne non ti staccano gli occhi di dosso? - chiese Duncan porgendogli un bicchiere con dello champagne.
- E che donne!- rincarò Joe.
Methos li guardò con fastidio.
- Guardano Mac Leod e lo sapete benissimo entrambi...non insultate la mia intelligenza...- disse.
- Chissà se Emma è già qui?- si chiese Duncan cercando l'amica tra la folla.
Methos bevve un sorso di champagne e indicò alle spalle dei due amici.
- Là c'è un assembramento di giornalisti sospetto...- disse dopo aver deglutito.
Duncan annuì e si avvicinò al gruppo.
Infatti trovò Emma.
L'anziana donna, quando lo vide, si illuminò in viso e gli andò incontro a braccia aperte.
- Mio Dio...Duncan Mac Leod...- sussurrò abbracciandolo.
- Ciao Emma! - salutò lui.
- Non speravo davvero di trovarti ieri sera, non ero sicura che fossi a Parigi - disse.
Duncan sorrise.
- Hai avuto fortuna...e io non sarei mancato per niente al mondo!- rispose.
Si abbracciarono di nuovo.
- Come stai?- domandò lui.
- Invecchio, Duncan...come è giusto che sia per me...sono alla soglia degli ottanta sai? - rispose mettendo una punta di orgoglio autoironico sull'ultima frase.
Mac Leod sorrise.
- Te li porti benissimo, credi Emma...sei una sorpresa - commentò lui.
- A proposito! Ho un'altra sorpresa per te! - annunciò Emma prendendolo sottobraccio - non indovinerai mai chi arriverà qui stasera...- disse.
Duncan la portò verso Methos e Joe.
- Joe Dawson, Adam Pierson...questa è Emma - li presentò.
I due le strinsero la mano.
- Joe e Adam sono miei buoni amici e tuoi grandi ammiratori...ho pensato bene di portarteli...- disse Duncan.
- Hai fatto benissimo!- rispose lei.
- Ma chi è che dovrebbe arrivare?- chiese poi Mac Leod guardandosi intorno incuriosito.
Emma sorrise tra sé.
- Una mia preziosissima collaboratrice nonché soggetto ricorrente nelle foto che saranno pubblicate per la prossima esposizione in questa galleria...- disse.
- E la conosco?- chiese lui.
Mentre Emma annuiva, Duncan e Methos avvertirono chiaramente l'arrivo di un immortale.
Emma notando la reazione di Methos rimase colpita.
- Anche lei è forse...-
- Sì, signora, molto più di quanto non si direbbe...- rispose lui guardandosi intorno.
Temeva che potesse trattarsi di Cassandra.
Anche Duncan in verità, ma poi, tra la folla, vide qualcuno che conosceva e si tranquillizzò moltissimo.
- Tutto a posto...è un'amica - disse in tono affettuoso.
Tra la gente, si fece avanti una ragazza.
Una bellissima pellerossa, alta, dal portamento aggraziato e felino e le forme esili di un airone.
Quando vide Emma sorrise e si affrettò verso di loro.
Salutò l'amica che le era andata incontro poi vide Duncan, poi Joe...sorrise ancora...infine, mentre prendeva la mano a Mac Leod, vide Methos.
Anche lui la guardò e rimase come stordito.
- Duncan...che bello vederti!- disse lei abbracciando forte Mac Leod.
- Megan!- esclamò lui - non me lo sarei mai aspettato!-
- E' lei la mia collaboratrice - spiegò Emma - sapevo che ti avrebbe fatto piacere...-
Megan sorrise e si rivolse a Dawson.
- Ciao Joe...- salutò dolcemente.
- Meg...sei sempre più bella...- commentò lui.
- Come stai?- chiese lei prendendogli il viso tra le mani.
- Al solito...zoppico agilmente tra locale, osservatori, duelli di Mac Leod e una vita privata assolutamente solitaria...- rispose scherzosamente Joe.
- Ma dove hanno gli occhi le donne?- commentò lei baciandolo sulle labbra.
Alla fine si rivolse a Methos, che era rimasto in disparte fino a quel momento.
- Megan questo è...- iniziò Mac Leod.
Lei lo fermò.
- Ci conosciamo da molti anni...- disse sorridendo.
Lei e Methos si guardavano.
- Davvero?- chiese Duncan.
Methos annuì senza guardarlo.
Joe ed Emma si rivolsero uno sguardo.
- Vieni Mac, andiamo a vedere un po' di foto...- disse Dawson prendendolo e portandoselo via.
- Ma tu lo sapevi?- chiese Duncan.
Joe annuì.
- E tu?- domandò ad Emma.
- Megan mi ha parlato di Methos, certo...- disse, poi ci ripensò - perché quello è Methos vero?- chiese.
Dawson confermò.
Methos e Megan sorrisero dell'incredulità di Duncan.
Lei prese un bicchiere di champagne.
Lui la guardava, così affusolata, avvolta in un abito scuro, semplice e raffinato, lungo fino al ginocchio, senza scollature, un'unica apertura all'altezza dell'anca su cui spiccava un'applicazione di metallo traforata in due o tre punti che lasciava scoperta la pelle.
I lunghi capelli neri erano raccolti dietro la schiena, ma si vedeva chiaramente che erano molto lunghi, lucenti e liscissimi come sempre.
Il collo allungato usciva dall'abito, alla base dei capelli si intravedeva un piccolo tatuaggio geometrico.
Una delle tracce delle sue origini mohawk.
- Ti trovo molto bene...- disse lui.
Lei lo guardò.
- Anche tu hai un aspetto niente male...sempre troppo magro, però…- rispose.
Guardò Duncan.
- Non credevo vi conosceste...- commentò.
- Neanche io credevo che tu lo conoscessi, ma...- ribatté Methos.
Lei lo guardò di nuovo.
I suoi occhi erano profondi, felpati e di un colore scuro e caldo.
- Ma?- chiese.
- Era tanto che non mi capitava di essere così contento di incontrare una datata amicizia di Mac...- concluse lui.
Lei sorrise.
- Non pensavo di rivederti...- disse.
- Perché?- domandò Methos.
- Pensavo che uno di noi sarebbe morto prima...- rispose Megan senza troppi preamboli.
Methos sorrise.
- Vuol dire che ti ho insegnato bene a combattere - osservò.
Lei annuì.
- Non mi dispiace essermi sbagliata - sussurrò passandogli lentamente una mano tra i capelli. Fu un gesto spontaneo per lei, quanto inaspettato per lui, eppure quella piccola, confidenziale carezza, servì a dare a entrambi un brivido di cui non ricordavano l'intensità.
Rimasero un istante fermi, poi lei sorrise.
- Così ora fai la modella?- domandò lui.
Megan disse di sì.
- Per qualche tempo andrà bene...ufficialmente ho pur sempre ventitré anni e comunque non ne dimostrerò mai più di trenta…quindi in teoria per altri cinque o sei posso contare su questo -
- Oculata autogestione dell'immortalità...approvo- commentò lui portandosi il bicchiere alle labbra.
Lei sorrise.
- Hai visto le foto?- chiese lei.
Lui scosse la testa.
- Sai fino a pochi minuti fa mi interessavano molto di più...- le disse.
- Vieni con me...usciamo un po’- sussurrò lei.
Lo portò verso la chiesa di Saint Merry e si sedette sulla scalinata, le gambe avvolte in stivali scamosciati.
Lui appoggiò i gomiti sul gradino successivo a quello su cui sedeva.
- Passi molto tempo in Francia vero?- gli domandò lei.
- Come lo sai?- chiese lui di rimando.
Megan sorrise stringendosi le ginocchia al petto.
- Joe a volte mi parla di te...- rispose.
- Te ne parla lui...o glielo chiedi tu?-
Lei rise di nuovo.
- Touché, monsieur Pierson...- sghignazzò – o hai cambiato pseudonimo nel frattempo?-
Allora sorrise anche Methos.
- Anche io ti ho tenuta d'occhio, fino a qualche tempo fa...ma non potevo arrischiarmi a cercarti, gli Osservatori erano diventati un po'...imprevedibili e io c'ero dentro fino al collo -disse.
- Sì, Joe me ne ha parlato, so che ti spacciavi per Adam Pierson, l'Osservatore di Methos...ci sentiamo spesso al telefono sai?- rispose Megan.
Si fermò un attimo prima di dire la frase successiva.
- So anche di Alexa...- aggiunse più mestamente.
Lui si indurì un po'.
- E' stata fortunata, nella sua disgrazia...- disse lei.
- Davvero? Non mi era sembrato…- borbottò lui.
- Ha avuto te vicino...non è cosa da poco...io lo so bene...-
- Eppure hai sempre preferito scappare da me...- obiettò lui.
- Tu non mi hai mai detto la verità su di te...ho avuto paura - ribatté lei.
Furono due frasi dette con sofferenza da parte di entrambi.
Methos sbuffò.
- La verità...- disse - è una cosa strana, imprevedibile...paradossalmente può risultare anche più ingannevole di una bugia...ognuno è libero di accettarla, distorcerla, negarla, velarla, guardarne costantemente l'altro lato, positivo o negativo che sia....-
Megan si mise a ridere a sospirò.
- Oh mio Dio! Ecco i tuoi discorsi labirintici! Ti confesso che comincio a temerli più di questa terribile e minacciosissima verità - disse.
- Ho esagerato? Ma sì, forse hai ragione...comincio a ragionare quasi fossi un plurimillenario...non sono più giovane come quando avevo otto-novecento anni...-
Megan continuava a ridere, ma quel momento di allegria venne bruscamente interrotto da un altro immortale.
Lo sentirono avvicinarsi, ma non più di tanto.
Methos d'istinto si voltò verso la piazza temendo Cassandra.
Invece vide di peggio: Kronos.
Tarchiato, i capelli neri, un sorriso freddo dipinto sul volto, quasi come non fosse suo.
Si spostò sotto un lampione rivolgendo lo sguardo a Methos...poi il bagliore della luce lo coprì.
Methos però continuò a percepirlo ghignare e beffarsi del suo sgomento.
Alla fine lo vide andarsene.
Un silenzio assordante e grave lo avvolgeva.
Solo la voce di Megan lo riscosse pochi secondi dopo.
- Si allontana...ha rinunciato...- disse lei.
Methos scosse la testa incredulo.
Megan lo guardò.
Era atterrito, pallido e sperduto.
- Methos...se n'è andato - gli disse prendendogli il viso tra le mani - calmati, sembra tu abbia visto un fantasma...-
- E forse l'ho visto - bisbigliò lui.
- Ehi tu, cominci a credere ai fantasmi dopo più di cinquemila anni?- scherzò lei accarezzandogli la fronte.
Methos le prese le mani, le strinse mentre lei tornava seria, guardò di nuovo la piazza ormai deserta in cui l’unico suono che rompeva il silenzio era quello dei giochi d’acqua della fontana.
- Noi esistiamo no?- si limitò a dire.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3





Capitolo 3


- Ti dico che era lui, Mac Leod! Ed era davanti a me in fondo alla piazza – mormorò Methos fissando il bicchiere di brandy che teneva in mano.
Duncan era perplesso.
- Methos, l’ho ucciso io, con le mie mani, c’eri anche tu…-
- Lo so! Maledizione, non sono un visionario!- protestò l’amico.
Megan e Joe li ascoltavano.
- Chi è questo Kronos?- domandò Meg in un momento di silenzio.
- Un incubo…- disse Methos.
Lei sospirò innervosita dalla mancata risposta allora anche Methos sbuffò.
- Ora è un po’ lunga da spiegare – disse passandosi la mano sulla testa.
- E’ un immortale più vecchio di Methos ed è molto pericoloso, specialmente per me e per lui a questo punto…- intervenne Duncan.
- E non scordarti Cassandra…- aggiunse Dawson.
- E lei chi è?- chiese allora Megan.
Duncan e Methos si guardarono.
- Un’altra pretendente della nobile testaccia del nostro amico…- disse Mac Leod.
- Ne hai di ammiratori eh?- commentò lei rivolta a Methos.
- Uno per ogni anno di vita, sì…- mugugnò lui.
- Fanno un esercito allora!- scherzò Mac Leod, ma Methos lo fulminò con lo sguardo.
Joe fece un paio di passi in avanti.
- Io vado ad indagare un po’, chissà che non scopra qualcosa – disse.
Duncan lo accompagnò alla porta.
- Credi a questa storia?- chiese.
- Mac, Methos ha ragione, non è un visionario, sai quanto è prudente e scettico per certe cose…è bene togliersi ogni dubbio – disse l’uomo.
Mac Leod annuì e Joe andò verso l’auto.
- Ah Mac!- lo richiamò.
Duncan si voltò.
- Forse è meglio che Meg venga via con me, finché non siamo sicuri non è prudente che passi troppo tempo con voi – suggerì Joe.
L’altro gli diede ragione, rientrò e parlò con Megan.
- D’accordo, vado – rispose lei – ma non ho intenzione di passare la vita sotto la vostra campana di vetro, chiaro? Ho vissuto per due secoli senza voi due a farmi da balia…- puntualizzò.
Duncan le sorrise e lei lo baciò sulla guancia, poi si voltò verso Methos.
Lo guardò, gli sorrise, poi prese carta e penna e gli consegnò il biglietto.
- Tieni…tante volte decidessi di usarlo- sussurrò.
Lui lesse: un indirizzo in rue Bonaparte.
“ Se avrai voglia di fare due chiacchiere…” diceva una nota sotto.
Meg si allontanò ed uscì.
Methos sollevò lo sguardo su di lei che se ne andava.
Uscì sul ponte anche lui.
- E’ un incoraggiamento?- le gridò dietro.
Lei non si voltò, lo salutò soltanto con la mano.


Il mattino seguente, Mac Leod stava tentando di svegliarsi un po’ quando arrivò Cassandra.
- Mi stavo facendo un caffè, ne vuoi?- chiese.
- Grazie…- rispose lei sedendosi sul divano.
Il caffè arrivò di lì a poco.
- Allora? Qual buon vento ti porta a Parigi?- chiese lui.
- Se te lo dicessi mi prenderesti per pazza…-
-E tu prova lo stesso – rispose Duncan, ma già immaginava il resto.
- Da circa un anno ero sulle tracce di Methos, sono arrivata fino in Messico, quasi sei mesi fa, e da lì ho iniziato a inseguirlo più da vicino…poi un giorno l’ho perso.
Nel frattempo intorno a me, c’è stata una strage di immortali, senza freno, senza criterio, uomini, donne, bambini, perfino chi non aveva ancora scoperto la sua immortalità. In una settimana sono stati rinvenuti cinque cadaveri decapitati nei soli Messico e Perù. Devo riconoscere che qualche sospetto che non si trattasse di Methos iniziava già a venirmi.
Così, pensando di trovare qualche informazione sono andata a casa di Manuel Herrero, ma mentre salivo le scale ho sentito che si stava battendo con un altro immortale, uno vecchio almeno quanto me…ho sentito Manuel morire. Sono salita ancora e ho trovato il suo corpo e quando sono corsa alla finestra credevo che avrei visto Methos…invece ho visto…-
- Kronos – sbuffò Duncan.
- Come lo sai?- domandò lei stupita.
- Intuito…- mormorò lui.
- Lo hai visto vero, Duncan?-
Mac scosse il capo.
Allora Cassandra capì.
Se non si era mostrato a Mac Leod, poteva esserci solo un’altra persona da cui si sarebbe fatto riconoscere.
- Methos dov’è?- indagò.
- Pensi davvero che te lo direi?- chiese lui.
Quando la guardò però, negli occhi di Cassandra non vide il solito odio cieco della volta precedente.
Nel suo sguardo c’era una strana smania, una bramosia quasi, risvegliata dal pensiero di Methos così vicino.
- Non puoi continuare a metterti tra me e lui!- gridò lei.
- Cassandra devi smetterla con questa storia! Sta diventando la tua ossessione!- ribatté Duncan.
Lei lo guardò adirata.
Prese il cappotto, se lo infilò e si avviò alla porta.
- Se non me lo dici tu…sarà Kronos a portarmi da lui!- disse con decisione.
Mac Leod le andò dietro, la bloccò sulla porta, la prese per le spalle e la riportò a sedere.
- Sei pazza, se pensi di sopravvivere a Kronos e Methos messi insieme, Methos non ha alcuna intenzione di farsi avvicinare da te, credimi! La tua testa rotolerebbe via prima! Quanto a Kronos, ti ricordo che avrebbe dovuto essere morto, mentre, non si sa come, è ancora in giro, quindi ti consiglierei di darti una calmata e di aspettare di saperne qualcosa di più…-
- E da chi?- domandò lei.
- Se stacchi la testa a Methos, di certo non ci sei di aiuto!- la zittì lui.
Lei allora si rabbonì.
Più tardi, fu Megan a raggiungere Mac Leod.
- Scusa se ti disturbo Duncan, ma…- esordì lei.
Lui la fece entrare.
Era agitata.
- E’ successo qualcosa?- le domandò.
Lei sospirò nervosamente.
- Sì…insomma…credo di sì…- disse, poi fece un gesto di stizza – insomma, non vorrei sembrare una psicotica, ma…-
- Meg, dimmi – la spinse lui.
Lei si passò una mano sul viso.
- Stamattina, molto presto…ho sentito uno di noi avvicinarsi…- Duncan annuì – era molto vecchio, ho pensato fosse Methos, ma poi mi sono affacciata e ho visto uno strano tipo che guardava dritto verso di me…-
- Puoi descrivermelo?- domandò lui.
Lei era incerta.
- Aveva capelli scuri, non alto con…una grossa cicatrice sull’occhio destro – disse muovendo il dito a mimare lo sfregio.
- Bene…ora Kronos si sta interessando a te a quanto pare…- sbuffò Mac Leod.
- Cosa facciamo allora?- chiese lei.
Poi sentì un altro immortale.
- Bene, bene…non mi presenti la tua amichetta pellerossa Duncan?-
Megan si voltò.
Una donna con immensi occhi azzurri, capelli lanosi, zigomi scavati e labbra piene la stava guardando.
Meg sentì una vena di gelo attraversarle il collo e la schiena.
- Cassandra…- mormorò Mac Leod.
- Tu conosci Methos…- disse la donna a Meg.
Non ci fu risposta.
Megan era come impietrita da quella fisionomia…forse un uomo l’avrebbe detta bella, ma a lei dava i brividi: c’era un campanello d’allarme che le suonava in testa…c’era qualcosa che doveva ricordare forse?
- Megan non rientra nelle tue battute di caccia, Cassandra…- intervenne Duncan – non sa niente dei Cavalieri dell’Apocalisse…-
- Questo non lo so…c’era un tempo in cui quelli come lei erano trofei piuttosto ambiti…- disse freddamente quella – ma non è la preda che desta il mio interesse per ora…- aggiunse dopo un attimo.
Mac Leod era interdetto non capiva cosa fosse quell’odio.
- Non interessarti troppo a me, non amo essere braccata - ribatté Megan tranquilla, ma stufa di quella aggressione immotivata.
Cassandra la guardò con sfida.
Duncan guardò fuori.
- Vieni con me, Meg…- disse cercando di rompere la tensione.
La portò sul ponte.
- Non è il caso che tu resti qui, ora…-
- No, direi che l’atmosfera è piuttosto velenosa– convenne Megan - ma che razza di vipere frequenti?- commentò poi.
- Sono sorpreso quanto te…non è da lei un tale astio verso gli sconosciuti- rispose lui.
- E poi che diavolo è questa storia dell’Apocalisse?- domandò lei perplessa.
- Questo è davvero troppo lungo da spiegare ora -
– Va bene, dimmi dove trovare Methos allora -
Duncan la mandò a Saint Severin.
Lui l’avrebbe raggiunta quanto prima.
- Perché qui Joe?- chiese lei quando incontrò Dawson.
Duncan gli aveva telefonato dicendogli della visita notturna di Kronos da Megan.
- Methos è qui…- disse.
Infatti poco dopo eccolo arrivare.
Megan lo riconobbe da lontano, con quella sua camminata dinoccolata, il collo magro, le spalle larghe, ma ingobbite per tenere le mani affondate nelle tasche del cappotto.
Aveva gli occhiali da sole anche se la giornata non era limpida.
Non fu contento di vedere Megan.
- Perché l’hai portata qui? Non voglio metterla nei guai…- disse a Dawson prendendolo da una parte.
- Kronos era sotto casa sua la scorsa notte, a me e a Mac è sembrato giusto portarla almeno può rendersi conto del rischio che corre –
Allora Methos fu d’accordo.
- Scoperto niente?- chiese Mac Leod quando arrivò e tutti si sedettero dentro la chiesa.
- Qualcosa sì- rispose Methos.
- E la tua amica?- gli chiese Meg.
- L’ho chiusa nel barcone, per un po’ starà buona…-
- Cassandra?- domandò Methos.
- E’ impaziente di rivederti!- scherzò Mac Leod.
Methos si fece seguire dentro una stanza della sagrestia, poi ancora lungo un corridoio, giù per una scalinata, fino a raggiungere un’antichissima cripta piena di scaffali.
- Cos’è questo posto?- domandò Megan.
- Uno degli archivi segreti degli Osservatori, nessuno ne è a conoscenza a parte loro…- rispose Methos prendendo a cercare tra alcuni vecchissimi libri.
Ne prese uno alquanto voluminoso.
- Questo è un resoconto scritto negli anni dai capi degli Osservatori, solo in queste pagine se ne susseguono sette o otto…- disse.
Smise di sfogliare e pose il manoscritto davanti agli altri tre.
- Guardate, questo rapporto risale al 1634 – disse.
- George Chrone, decapitato a Londra nel 1634 – lesse Mac Leod, poi proseguì leggendo ciò che gli indicava Methos.
Janus Kronor, decapitato a Stoccolma nel 1712, Julian Konrad, a Praga nel 1797.
- D’accordo, sono tutti nomi piuttosto simili, ma dov’è Kronos?- chiese Mac Leod.
Methos scorse di nuovo tutte le pagine.
Ad ognuno dei nomi corrispondeva un ritratto, fino ad arrivare a Melvin Koren intorno al 1860.
- Sempre lui…- disse perplesso Dawson.
L’uomo rappresentato era indubbiamente lo stesso.
- E dopo ogni decapitazione subita da Kronos, c’è stata una serie interminabile di uccisioni tra immortali anche molto giovani in zone relativamente vicine a quella in cui lui è morto…- aggiunse confermando quanto raccontato da Cassandra.
- Kronos ha trovato il modo di sopravvivere anche alla decapitazione? Ma come?- domandò confuso Duncan.
Methos scosse la testa.
- Ancora non lo so…- disse.
- Devo dirlo a Cassandra – mugugnò Mac Leod – ti accompagno?- chiese a Megan.
Lei guardò Methos che sfogliava altri libri.
Scosse la testa.
- …tu vai, io voglio parlare con lui – rispose.
Duncan annuì e si allontanò.
Dawson lo seguì.
Megan si avvicinò a Methos.
Lui aveva fatto finta di nulla, ma si era accorto benissimo di essere rimasto da solo con lei.
Era nervoso infatti, tentava di fare attenzione a ciò che leggeva, ma invano.
Meg gli si fermò davanti, poi si avvicinò e si mise accanto a lui sedendosi sul tavolo.
Lo guardò insistentemente.
Non sapeva perché, ma Methos risultava incredibilmente attraente, pur con le sue orecchie e sventola, quello strano viso allungato e magro, la bocca piccola e il naso stretto, ma importante se guardato di profilo.
Saranno stati quei suoi begli occhi grigio verdi…con le lunghe ciglia, l’espressione fanciullesca e vivace, o forse la voce, penetrante e calda.
O forse era il suo modo di fare, l’intelligenza che traspariva da qualunque suo gesto.
Un sorriso le si dipinse sulle labbra, quasi senza che lei se ne accorgesse.
Si avvicinò ancora a lui e gli appoggiò il mento sulla spalla.
- Come sei serio…- mormorò.
Lui sorrise, rilassandosi un po’.
La guardò.
- Perché non mi spieghi qualcosa di questo tipo che passeggia sotto casa mia e di quella Cassandra?- chiese lei.
Il sorriso si spense sulle labbra di Methos.
- Andiamo…- lo incoraggiò lei.
Lui era riluttante, non sembrava affatto intenzionato a parlare.
Megan si fece più seria e più dura.
- Methos, io non so quanto ancora ti importi di me, non so se per te è tutto come prima, non posso avere la presunzione di saperlo, ma ti prego…ti prego…se provi per me ancora un briciolo dell’affetto che c’era una volta, spiegami cos’è che mi ha sempre fatto scappare quando non volevo…perché te lo giuro Methos, io non volevo allontanarmi da te… – disse.
Lui la guardò di nuovo.
Erano quasi ottant’anni che non la vedeva, l’ultima volta lei lo aveva lasciato perché ancora lui era arrivato ad un soffio dal parlarle di sé e invece aveva rinunciato per paura di farsela sfuggire.
Proprio allora lei lo aveva cacciato via.
“ Non voglio stare con te temendo che tu mi stia sempre nascondendo qualcosa…” gli aveva detto.
Se avesse parlato lei avrebbe saputo tutto quanto c’era da sapere e forse quell’unico ostacolo tra loro sarebbe stato saltato.
Però continuò a tacere.
La fissava negli occhi, perdendosi nel loro nero vellutato senza riuscire a dire nulla.
Non c’era solo un briciolo di quell’affetto in lui: Megan era l’unica, era sempre stata l’unica per lui, l’unica che sapesse suscitare in lui un sentimento che non poteva essere confuso con altri, non era cambiato niente.
Le parole gli turbinavano in mente, sperava che lei potesse sentirle, invece vide gli occhi di lei velarsi di un leggero strato di lacrime e riempirsi di delusione.
- Mi spiace…non ho più possibilità da darti, fa troppo male rincorrersi così, non sono io a dover decidere di parlare…- gli disse dopo un attimo.
Sentì il suo profumo riempirgli le narici mentre si voltava per andarsene.
Finalmente qualcosa in lui si mosse.
La prese per le spalle e la trattenne.
Era arrivato il momento, doveva dirle tutto o lei se ne sarebbe andata ancora e stavolta l’avrebbe persa per sempre.
- E va bene…- sospirò.
Inspirò profondamente e si immerse nei ricordi.
- E’ iniziato tutto intorno all’età del bronzo, per me… – cominciò.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 1





Capitolo 4



“Avevo intorno ai trent’anni credo…
Avevo una compagna, in un villaggio, da qualche parte, non ricordo neanche esattamente dove.
Un giorno venimmo aggrediti da un grosso gruppo armato.
Non eravamo più forti di loro, così dovemmo usare un po’ di strategia, in questo me la sono sempre cavata abbastanza bene, ma alla fine rimasi solo.
Ero ferito e disarmato ormai…correvo tra i grandi massi rotolati sul letto del fiume, mi nascondevo, ma sentivo un cavallo dietro di me e sapevo che su quel cavallo c’era Kronos.
Era il loro capo e cercava me, voleva me, si era allontanato dai suoi per inseguirmi quindi non avevo scampo.
Alla fine mi trovò e mi uccise.
Quando mi svegliai ero davanti al cadavere di mia moglie.
Ero confuso, un sibilo doloroso mi annebbiava la mente e un peso soffocante e profondo mi opprimeva lo stomaco.
Non avevo idea di cosa fosse la reminiscenza in quel momento.
Avevo paura di quest’uomo che mi guardava ridendo, ma capivo che lui sapeva cosa mi era successo, poteva spiegarmi perché non ero morto e conosceva il modo per uccidermi.
Mi offrì una scelta: morire o unirmi a lui…e io non volevo morire, così non ebbi nemmeno più una scelta da fare.
Lo seguii, diventai suo allievo, suo fratello, il suo braccio destro.
Imparai a fare la vita del bandito, non mi costò nemmeno troppa fatica.
Poi incontrammo Silas e dopo di lui Caspian e…il gruppo fu completo.
Fu allora che venne il peggio per chi ci incontrava.
Silas era un bestione senza cervello che mostrava un briciolo di sentimento solo per qualche animale e Caspian era un esaltato assassino…chi lo incontrava subiva un destino ben peggiore della morte.”
Si voltò verso Megan senza guardarla.
- Kronos sguazzava nella loro ferocia con un inquietante compiacimento…ma mi ci volle comunque qualche tempo per capire che quella non poteva essere la strada giusta…- concluse.
Lei teneva gli occhi bassi, serrava forte le mascelle, respirava con leggero affanno.
In mente aveva tutte le parole che gli aveva detto lui miste e tutte le immagini che custodiva nella sua memoria.
Le uccisioni di donne e bambini, tutta la sua gente spazzata via da una nuvola di polvere da sparo e sangue e in quella nuvola era arrivato Methos a tenderle una mano.
E ora quella mano le si stringeva intorno al cuore come una tenaglia.
Perché le stava confessando di essere stato come coloro che le avevano distrutto la vita? Perché proprio lui?
- Meg…- la chiamò lui.
Le mise una mano sulla spalla.
Lei si riscosse, si allontanò da lui, prese ad indietreggiare, poi si voltò e corse via.
C’era il resto da sentire, ma cosa le importava ormai?
Lui non la richiamò, la lasciò andare.
Non si aspettava niente di diverso.
Megan intanto correva, non sapeva nemmeno dove finché non si trovò davanti al barcone di Duncan, ma lì vide Cassandra parlare con lui.
Allora se ne andò, non voleva incontrare quella donna, specialmente ora che sapeva tutto.
Alla fine si ritrovò seduta su un divano insieme a Joe.
- Prima o poi ne saresti venuta a conoscenza, Maggie…- le disse lui dopo averla ascoltata.
- Tu lo sapevi?- chiese lei, lui disse di sì – non posso crederci Joe…Methos è…- si interruppe.
Joe sospirò.
- Meg, hai un’idea del tempo cui risalgono quei fatti?- le domandò.
- All’età del bronzo…- bisbigliò Meg.
- Esatto…e Methos era già vecchio per la media dell’epoca– disse – il vivere civile a quei tempi, quasi non esisteva, i rapporti tra gli uomini per lo più erano basati sul derubarsi a vicenda, uccidersi l’un l’altro, dovunque c’era una banda che spargeva più terrore delle altre, ma omicidi e saccheggi erano all’ordine del giorno…-
- E questo migliora le cose? Era meglio lui delle Giacche Blu? Non posso essere così ipocrita da pensare che siccome con me si è comportato diversamente allora ciò che ha fatto in passato sia meno grave…-
- No, certo che no, ma rifletti: se lui in quelle vesti si trovava così bene, perché smettere? Più andava avanti, più diventava potente no? Perché combattere contro la schiavitù quando puoi sfruttarla? Perché mettersi contro i nazisti benché stessero vincendo una guerra mondiale?-
- Che vuoi dire?- gli domandò lei.
- Ascoltami, Methos ha superato intere epoche storiche, epoche in cui la violenza era uno stile di vita: pensa al circo dei romani, era uno degli spettacoli più feroci dell’antichità, eppure la gente impazziva su quegli spalti, era il passatempo più apprezzato e chi lo rimetterebbe in piedi oggi? Gli uomini si evolvono e con loro le regole sociali, la moralità e l’immoralità. Methos ha attraversato un processo evolutivo personale, è cambiato attraverso i tempi. Cinquemila anni sono un tempo di vita troppo lungo per giudicare con canoni odierni ciò che lui era all’epoca…–
Megan però non era ancora convinta.
- Ti faccio un esempio più vicino a te, per spiegarmi meglio – riprese lui – pensa alla tua gente. Una volta un guerriero doveva dare delle prove di valore per raggiungere uno scopo importante come conquistare una donna. A volte si rubavano dei cavalli giusto?- Megan annuì - All’epoca questo era usuale…era facile che qualcuno tornasse ferito o non tornasse affatto- disse Joe, lei rispose di sì – ma quanti tra i Nativi oggi lo troverebbero normale?- chiese allora Joe.
- Parecchi di meno suppongo…- convenne Megan – ma cosa cambia?- domandò Megan.
Joe scosse la testa.
- Non molto in effetti, sto solo consigliandoti, se ti fidi del giudizio di uno sbarbatello di neanche sessant’anni – scherzò cercando di rendere meno cupo l’umore di Megan che infatti accennò un sorriso – fatti un’idea di lui riconducendola al tempo cui appartiene, non a quello attuale: parlare di Methos è come…parlare dell’Uomo,anche se in misura molto ridotta–
Lei si passò una mano sulla fronte.
- Non lo so Joe…non so cosa fare…ho scambiato Mister Hyde per il dottor Jekyll, ho sbagliato tutto, non so nemmeno più chi è l’uomo che…-
- L’uomo che ami?-
Lei sbuffò e scosse la testa.
- Lascia stare…-
Lui le mise una mano su una spalla.
- Io ti consiglierei di pensarci un po’ su, riordina un po’ le idee, ma più di tutto è una la cosa che dovresti fare –
- Cioè?-
- Parla di nuovo con lui: in fondo il Methos che tu conosci, che hai conosciuto…–
Mag annuì.
- E’ così anche grazie a ciò che è stato – rifletté lei - D’accordo, ci penserò…- disse.
Si alzò in piedi, infilò il cappotto, poi si chinò nuovamente su Joe e gli schioccò un grosso bacio su una guancia.
- Sei un tesoro, signor Dawson – sussurrò – Ora però devo andare, Emma mi aspetta -
- Se la ricompensa è sempre questa, devo dire al tuo innamorato di comportarsi male più spesso!- scherzò lui stringendole una mano.
Lei sorrise, anche se i suoi occhi continuavano ad essere malinconici, e lo salutò.
A fine giornata si sedette nel suo camerino per struccarsi.
- Tutto bene?- domandò Emma comparendo sulla soglia – ti vedo pensierosa oggi…-
Megan sospirò e si passò una mano sotto i capelli che le ricaddero tutti su una spalla.
- Coraggio: finisci di struccarti e andiamoci a prendere un caffè da qualche parte, così parliamo un po’- le disse Emma.
Poco dopo erano in un caffè dei Grand Boulevards.
- Cinquemila anni?!- esclamò la donna quando Megan le disse l’età di Methos – e io ero convinta di essere vecchia…ragazza lo credo che possa darti dei pensieri, tu hai trecento anni, ma sei una bambina al confronto…-
- Un uomo di un’età così avanzata è…come un dedalo…è talmente vecchio da non ricordare bene nemmeno dove è nato capisci? E ora questo…- disse Megan riferendosi a ciò che Methos le aveva raccontato quel mattino.
Emma meditò un istante.
- Sono d’accordo con Dawson – disse poi, Megan la guardò – tesoro tu parli con una cui il ku klux klan ha bruciato la casa e seviziato e ucciso due fratelli, non sono un’ingenua idealista ed è per questo che ti dico che il tuo attempato Romeo…-
- … non è mio, non lo amo – si affrettò a dire Megan.
- No, certo che no, comunque sia: quello che mi hai raccontato non me lo fa sembrare peggiore di ciò che ho visto io. Uno che fa con piacere quel genere di cose, non diventa certo un antischiavista o un antinazista, non si innamora come un bambino…o vuoi dirmi che non hai notato l’espressione che ha quando ti guarda?- le chiese l’amica - Non è un serial killer maniaco della pulizia etnica, è uno che le ha provate tutte per trovare la via che gli piaceva o semplicemente gli permetteva di sopravvivere in pace. E poi non dimenticare Duncan… -
- Duncan?- domandò perplessa Meg.
- Se Duncan Mac Leod lo considera un buon amico…vuol dire che tanto marcio non è –
A questo Meg non aveva pensato.
Si disse che avrebbe dovuto parlargli, aveva ragione Joe.


- Non dovevo dirle niente! Sono stato uno stupido! Lo sapevo che mi avrebbe odiato poi!- ringhiò rabbiosamente Methos.
Aveva raccontato a Duncan di Megan.
C’era anche Dawson.
- Vedrai che avrete modo di chiarirvi – disse a Methos – l’ha sconvolta che tu possa essere stato un bandito, per lei si ricollega tutto ai massacri che ha visto, lei ha l’esercito in mente…-
- E’ strano…è proprio così che l’ho conosciuta – rispose quello.
- Come?- domandò Mac Leod.
- Era il 1766…io ero con…l’altro Mac Leod, Connor– disse rivolto a Duncan – ci eravamo spinti a nord, verso i Laghi con l’intento di raggiungere il Canada. Eravamo in territorio Pawnee e…d’un tratto il vento cambiò portandoci alle narici odore di bruciato…di corpi, bruciati – raccontò – ci avvicinammo, trovammo un campo dei Pawnees ancora fumante…in mezzo c’erano vecchi, donne, bambini. Poi avvertimmo la presenza di un immortale. Io ero chino su un vecchio morto quando Connor richiamò la mia attenzione su qualcosa alle mie spalle.
Quando mi voltai vidi Megan. Era sporca, bagnata, gli occhi brillavano febbricitanti dietro i capelli che le ricadevano sul viso…guardava noi, ma sembrava non vederci. Non parlavo la sua lingua e così le prime parole fu lei a dirle…in un francese quasi ineccepibile per l’epoca. Mi vide con una coperta in mano, la stavo mettendo addosso ad uno dei cadaveri. Lei indicò la coperta e disse…”Les Anglaises…” mi disse “la fièvre des blanches”–
- Il vaiolo…- mormorò Duncan.
Methos annuì.
- Megan ci spiegò che gli inglesi avevano portato al villaggio coperte infette, avevano aspettato che il contagio fosse sufficientemente diffuso e poi erano arrivati e avevano appiccato il fuoco…-
- Era morta di malattia?- chiese Duncan.
- Non lo so…non credo, aveva il vestito strappato lungo un fianco e insanguinato sullo stomaco, credo l’avessero uccisa con una carabina…non sono mai stato tanto coraggioso da chiederle come si fosse strappato il vestito –disse Methos - ho paura di immaginarlo…- aggiunse – non le ho mai chiesto nulla, né lei ne ha mai parlato…ci volle un giorno solo per convincerla a venire via da quell’inferno, nei tre successivi non pronunciò una sola parola…non aveva paura di me e Connor, aveva capito che le eravamo amici e non solo. Poi d’improvviso, mentre cavalcava insieme a Connor, vicino a me, mi tirò una manica e mi disse”Io sono Lunga Ombra dei Mohawk, Cammina nell’Alba dei Pawnees, mi hanno uccisa…ora sono di nuovo qui: dimmi perché”; rimasi di stucco…solo osservandoci, studiando ciò che sentiva dentro di sé aveva capito che eravamo simili e che noi potevamo spiegarle. Più d’una volta l’avevo vista ferirsi volontariamente per studiare le lacerazioni rimarginarsi…le spiegammo tutto naturalmente, ma non le piaceva ciò che sentiva…ne percepiva l’innaturalità e più che altro l’ingiustizia; già intuiva cosa sarebbe successo: sarebbe stata testimone della rovina della sua gente…comunque imparò a combattere bene e in fretta –
-Ne eri già innamorato vero?- domandò Mac Leod.
Methos sbuffò.
- Credo di esserlo dal primo sguardo che mi ha rivolto…e lei lo sa, l’ha sempre saputo, ma ha paura di me – rispose – e ora mi rifugge come la peste…-
-Dalle tempo – disse Dawson.
- Non dovevo dirle nulla!- ribatté Methos.
- Sarebbe stato peggio – commentò Mac Leod.
- Peggio dici? Peggio che credermi uguale ai soldati blu?- sbottò Methos.
Mac Leod sospirò.
- Tu non eri come loro – ribatté- cosa c'entrano?-
Methos abbandonò un ricordo.
- Niente, non importa – rispose afferrando il cappotto – io vado, devo fare qualche altra ricerca…- disse.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5





Capitolo 5


anche per Witchchild che come me, ha subito il fascino delle splendide orecchie a sventola e del nasone di quell'uomo fantastico che è Peter Wingfield


Quando arrivò a Saint Severin, Methos si infilò senza esitazione nel cunicolo, ma di lì a poco, Megan arrivò.
- Speravo di trovarti…- gli disse.
Lui non rispose, né smise di sfogliare i volumi polverosi.
- Voglio sentire il resto…- aggiunse lei.
- Non ti faccio già abbastanza ribrezzo?- domandò lui in risposta.
- Voglio sentire il resto…- ripeté Megan a bassa voce – Cassandra e i Cavalieri…-
- Dell’Apocalisse, sì, Cassandra e le sue idiozie…- mugugnò Methos.
Megan gli si avvicinò cautamente.
- Non è stata un’idiozia incontrarvi per lei a quanto pare…-
Lui allora si voltò, sospirò passandosi una mano sul viso e la guardò.
- Assaltammo il suo villaggio, uccidemmo tutti, anche lei…quando si svegliò io la presi prigioniera, rimase con me finché non ebbe l’occasione di scappare e io la lasciai andare –
- Generoso da parte tua…- commentò freddamente Megan.
Lui accennò un sorriso sarcastico e chinò leggermente il capo.
- E l’Apocalisse?- chiese lei.
Methos si alzò in piedi e si avvicinò ad un lucernario che dava sulla strada.
- Quella è una sciocchezza…i Cavalieri dell’Apocalisse sono e rimangono un simbolo, poco importa che questo o quel villaggio li vedesse nei suoi aggressori: chiunque venga aggredito e brutalizzato incontra la sua personale Apocalisse…a Kronos l’appellativo piacque, quando Giovanni l’Evangelista lo usò…e ci si è crogiolato per qualche tempo, tutto qui –
- Tutto qui?- sibilò Megan – è tutto qui per te?- gridò poi costringendolo a guardarla strattonandolo per una spalla.
- No! No, non è tutto qui, Meg, ma cosa vuoi che faccia? Pensi che con qualche scusa ipocrita le cose migliorerebbero? No! Cosa te ne faresti di un mea culpa? Volevi sapere ciò che ero, te l’ho detto! Volevi la verità e hai avuto la tua stramaledettissima verità ed è Tutta Lì!- urlò lui ribaltando la sedia su cui sedeva fino a poco prima.
Megan era impietrita.
- Non volevo dirtelo! Non volevo rivedere quell’espressione nei tuoi occhi, avrei preferito morire!- aggiunse sbattendo anche il libro che teneva in mano sul pavimento.
Meg lo guardò e lo raccolse riponendolo sul tavolo.
- Quale espressione?- gli chiese.
Lui non rispose.
- Methos!- lo chiamò aspramente lei.
Lui allora si voltò, la afferrò per le braccia e la sbatté contro il muro.
- Quella che hai adesso, quella che vidi quando ti conobbi, quella che ho rivisto dopo Washita…- ringhiò – il terrore dipinto negli occhi! L’orrore! Lo sgomento di fronte alla tua paura più profonda! Io non volevo essere il tuo incubo, è così disumano da parte mia?-
Aveva gli occhi accesi di rabbia e lucidi, una guancia rigata da una lacrima.
Lei rimase senza parole.
- Io non ti ho mai ingannata…il mostro che credi che io sia, non esisteva già più da molti secoli, quando ti ho conosciuta…-bisbigliò lasciandola andare – e non è mai tornato -
Meg si strinse le braccia dove l’aveva afferrata Methos.
- Washita…- bisbigliò con aria assente.
Ricordò il massacro.
Dopo era stata presa prigioniera e deportata con altre squaws in un forte.
Era lì che si erano ritrovati lei e Methos dopo il loro primo incontro, erano passati tanti anni.
Lui aveva ancora in mente l’immagine di Megan che, tenendosi il vestito di pelle arrotolato intorno alle cosce per non bagnarlo, muoveva piccoli passi incerti nell’acqua gelida del fiume per guardare lui che si allontanava a bordo di una canoa.
L’avevano lasciata con un gruppo di Mohawk , tra i monti più alti.
Lui e Connor erano dovuti scappare perché qualcuno, per i disertori, aveva importato la ghigliottina.
Megan aveva capito che Methos l’amava e lo voleva anche lei, ma ancora era troppo spaventata…anche solo da sé stessa.
Così lo aveva guardato sparire in lontananza, col cuore in pezzi e un polso cinto da un antichissimo braccialetto d’argento che lui le aveva donato prima di andarsene.
Poi era arrivato il 1868 e la strage sul Washita River e le loro strade si erano incrociate di nuovo: lui medico militare tra i soldati blu, lei di nuovo sopravvissuta.
Methos era riuscito a persuadere i suoi superiori a lasciarla con lui come interprete, benché lui parlasse benissimo la lingua dei Cheyenne.
- Ho tentato di impedirlo…- le disse quando rimasero soli.
Lei rimaneva immobile in mezzo alla stanza, sporca di terra, di sangue, distrutta.
Lui si tolse il camice e le mostrò la casacca piena di buchi di proiettile e anche quella imbrattata di sangue.
- Mi hanno ucciso prima che potessi arrivare da voi…è un miracolo che non abbiano scoperto la verità…-
Megan non reagì, ma lasciò che lui la prendesse tra le braccia.
Gli mise le mani sulle spalle, col palmo rivolto verso sé, gli posò la testa sul petto e allora iniziò a piangere lamentandosi debolmente.
- Fu la prima volta che mi abbracciasti…- disse lei allontanandosi dal muro freddo della Chiesa.
- La prima volta che me lo hai concesso…- puntualizzò lui.
Allora Meg capì, ricordò la sensazione.
Si era lasciata abbracciare perché lui era l’unica persona in quel mondo distorto e assurdo che le desse sicurezza e amore dal primo momento che si erano visti, forse anche più di quanto lui stesso volesse dimostrare.
Lo guardò di nuovo negli occhi.
Era confusa, la testa le scoppiava e, per la prima volta da quando si era scoperta immortale, ebbe una forte fitta di dolore alla base del cranio.
Fu come quando avvertì la reminiscenza al suo risveglio quasi quattro secoli prima.
Si portò la mano sugli occhi e si appoggiò incerta al muro.
Methos se ne accorse e la sostenne.
- Stai bene?- le chiese toccandole la fronte.
Tremava.
- Mi…mi accompagneresti a casa?- gli chiese scostandosi da lui.
- Ma certo…- rispose Methos.
Fecero la strada in silenzio, finché lui fermò l’auto sotto casa di Meg.
Megan rimase un attimo seduta prima di aprire lo sportello, poi scese e aspettò che lui la seguisse.
- Nient’altro da dire?- gli chiese andando verso il suo portone.
- Niente che aggiunga alcunché a ciò che già sai…- rispose lui – come stai tu?- le domandò toccandole i capelli.
Lei annuì aprendo.
- Meglio…è stato solo un attimo -
Entrarono e lei si fermò nell’androne.
- Sapevi che Kronos era vivo?- investigò.
Methos fece spallucce.
- Non me ne sono mai accertato, ma in fondo la volta scorsa non ne sono rimasto poi così sorpreso…ora è diverso…lui doveva essere morto invece non lo è, per di più è determinato ad uccidermi senza possibilità di ripensamento perché sa che io non sono più dalla sua parte…-
Megan assentì, gli voltò le spalle e andò verso la porta di casa.
Lui la seguì ancora, ma a distanza.
- Ti rivedrò?- le chiese avvicinandosi lentamente.
Lei chiuse gli occhi e si voltò verso di lui, ma anche quando li riaprì non lo guardò.
- Ascolta Methos io…- mormorò gingillandosi con le chiavi – ti ringrazio della spiegazione, ma cerca di capire, per me è stato come finire sotto una frana e…-
- Oh! Certo che capisco – la interruppe lui – non sprecare altro fiato…lo sapevo che sarebbe finita così, hai voluto tu che finisse così, Meg! – disse con molta rabbia.
Le voltò le spalle e se ne andò sbattendosi dietro il portone.
Meg rimase appoggiata al muro, strizzò gli occhi e sobbalzò leggermente per il fragore dei battenti che cozzavano l’uno nell’altro.
Guardò il pavimento poi, e quello si fece liquido e appannato.
Si strinse nel cappotto lasciandosi andare alle lacrime, reprimendo quel bisogno tremendo che sentì di richiamarlo indietro e di abbracciarlo.
Salì a casa e chiamò Duncan che arrivò subito.
- Ha ragione, Duncan, ha ragione lui: l’ho voluto io che finisse così…-
- Era un tuo diritto sapere la verità – rispose lui.
- Me lo sentivo che era qualcosa di enorme, ma che proprio lui avesse fatto cose del genere…capisci?-
- Anche per me è stato un colpo, te lo assicuro…però...-
- Però?-
Duncan sospirò.
- Meg...io ho sempre potuto dargli il beneficio del dubbio, senza che lui me lo chiedesse e non mi ha mai deluso...- disse - certo ha dei metodi e dei mezzi tutti suoi,è un farabutto doppiogiochista e in un paio di occasioni mi ha anche ucciso, ma...alla fine era sempre a fin di bene-
Megan lo guardò sorpresa.
- In un paio di occasioni ti ha ucciso?- chiese perplessa.
- Mai in modo definitivo- ci tenne a puntualizzare Mac.
- Lo credo bene, altrimenti che ci fai tu qui?-ridacchiò Meg.
Lui la guardò un po 'risentito per non essere stato preso sul serio.
- Beh insomma...ci siamo capiti- tagliò corto.
Megan sorrise, gli andò vicino, lo abbracciò e lo baciò leggermente sulle labbra tenendogli il viso tra le mani.
- Sì, ci siamo capiti...musone-
Lui le accarezzò una guancia.
- Ora devo andare - disse.
Megan annuì e lo accompagnò alla porta, passarono pochi minuti e di nuovo la reminiscenza.
- Ehi scozzese, ti sei scordato qualcosa?- chiese scherzosamente Meg aprendo la porta.
Ma la cicatrice sull'occhio non era una caratteristica di Mac Leod, fu la prima cosa che pensò.
- Salve Megan...- la apostrofò Kronos - che ne dici di una cosa da bere?-

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