From small things (big things one day come)

di CowgirlSara
(/viewuser.php?uid=535)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Tagli e suture ***
Capitolo 2: *** 2 - Piccoli passi in un grande mondo ***
Capitolo 3: *** 3 - Telefoni e viaggi ***
Capitolo 4: *** 4 - Accadde ai Caraibi ***
Capitolo 5: *** 5 - Quell'ultimo passettino ***



Capitolo 1
*** 1 - Tagli e suture ***


Come promesso ecco il seguito del mio primo racconto su Orlando Bloom; la storia dell’altra ff si evolve

Come promesso ecco il seguito del mio primo racconto su Orlando Bloom; la storia dell’altra ff si evolve. Spero che vi piaccia come l’altra e che la commentiate con altrettanto entusiasmo!

Approfitto per salutare e ringraziare tutte le lettrici e commentatrici delle mie storie, un bacione a tutte!

 

Naturalmente, tutto quello che leggerete è scritto con il massimo rispetto per Orlando Bloom, il suo lavoro e la sua vita privata. Questa è un opera di pura fantasia, che serve solo per avvicinare ognuna di noi all'oggetto dei nostri sogni. Chiedo scusa a tutti coloro che non la pensassero così.

 

Divertitevi

Sara

 

1. Tagli e suture

 

Lo squillo del telefono era insistente e diabolico, penetrava i timpani in modo insopportabile; dalle tende accostate filtrava, timida, la luce del primo mattino. La ragazza allungò una mano fuori della trapunta, afferrando il ricevitore, ma l'unica cosa che avrebbe voluto fare era far volare l'apparecchio giù dalla finestra, come in quel film di Almodovar...

"Pronto..." Biascicò con voce impastata e stanca, tenendo ancora la testa sotto la coperta.

"Vieni alla finestra." Le ordinò una voce calma.

"Orlando?"

Improvviso, come un pugno inaspettato, le tornò alla mente il ricordo della discussione del giorno prima. Dopo quasi due mesi di assidua frequentazione e amicizia, si era decisa a confessargli di averlo "osservato" a lungo, tramite le sue finestre che si trovavano proprio di fronte a quelle della casa di lui, giovane, bellissimo e famoso attore; Orlando l'aveva presa malissimo, si era offeso, poi incazzato, aveva urlato e poi se n'era andato sbattendo la porta. E lei aveva creduto che la loro amicizia fosse finita lì; ma ora era al telefono...

"Vieni alla finestra." Ripeté il ragazzo.

Evie si alzò dal letto barcollante, reggendo il cordless con la destra, poi si avvicinò alla finestra e scostò le tende. Lo vide subito, in piedi dietro ai vetri di casa sua, col telefono appoggiato all'orecchio. Si guardarono.

"Che vuoi?" Gli chiese la ragazza, con tono supplicante. 

"Hai i capelli dritti da un lato..." Le disse, indicandola; lei, con un gesto sofferto, si schiacciò i capelli. "Dall'altro lato..." Evie roteò gli occhi, poi li abbassò su di lui.

"Ascolta." Gli disse. "Ieri è stata una giornata veramente di merda, prima quell’orribile discussione con te, al lavoro andava tutto storto, alla fine mi sono tagliata una mano, ho passato tre ore al pronto soccorso e mi hanno messo quattro punti, perciò tu puoi buttarmi giù la casa a cannonate, uccidermi i canarini, spaccarmi la testa con un maglio se vuoi, ma ti prego, fallo domani..." Affermò, tutto d'un fiato, con tono rassegnato, supplichevole e stanco, poi riagganciò il telefono e chiuse velocemente la tenda.

Orlando rimase immobile, allibito, con il braccio alzato e la cornetta appoggiata all'orecchio; non ritentò di chiamarla.

 

L'orologio da muro della famiglia Addams suonò le dieci; Evie era in cucina, cercando di prepararsi la colazione, ma con una mano sola non era facile. Suonò il campanello; lei roteò gli occhi, sistemandosi sui fianchi la troppo grande felpa di Topolino, poi si avvicinò alla porta.

Aprì e spalancò gli occhi; Orlando era di fronte a lei, con espressione vagamente colpevole, le braccia rilasciate lungo i fianchi.

"Che fai qui?" Gli domandò sorpresa la ragazza; lui abbassò gli occhi sulla sua mano fasciata.

"Allora ti sei fatta male davvero." Disse poi.

"Hm, sì." Rispose Evie, annuendo e abbassando gli occhi. "Cosa vuoi?" Gli chiese poi. Lui alzò il braccio destro, mostrando una busta di carta bianca. "Che cos'è?"

"Croissant, freschi, caldi, alla marmellata..." Confessò il ragazzo.

"Di cianuro?" Ribatté sarcastica lei, aggrottando le sopracciglia; Orlando fece un mezzo sorriso beffardo.

"Di albicocche, sono rimasto sul classico." Replicò poi.

"Entra." Lo invitò allora lei, scostandosi per farlo passare; lo seguì con gli occhi, mentre, tenendo i bordi della busta coi denti, si toglieva la giacca. "Hai forse deciso di perdonarmi?" Domandò la ragazza, con lieve timore; lui la guardò indeciso.

"Beh... non lo so, ancora... però, mi dispiaceva per stamattina..." Rispose titubante.

"Ti va un cappuccino?" Lo interruppe lei; era meglio se cambiava discorso, e il sorriso che le fece Orlando le fece capire che la pensava allo stesso modo.

"Sì." Annuì il ragazzo. "Ti do una mano?" Aggiunse poi, seguendola in cucina.

Pochi minuti dopo erano seduti sul divano, coi loro cappuccini ed i croissant; era bello fare colazione con lui, temeva che non sarebbe più successo. Orlando riusciva puntualmente a sorprenderla...

La luce di una bella mattina di sole arrivava sui suoi capelli, facendogli prendere dei riflessi dorati, e i suoi occhi sembravano più chiari, illuminati a quel modo; non riusciva a non meravigliarsi, di come la sua bellezza spuntava nei momenti più imprevisti. Orlando l'imprevedibile, in ogni senso.

Lui le lanciò un'occhiata fintamente distratta; era proprio bella, seduta con le gambe incrociate sul divano e quella buffa felpa di Topolino e i pantaloni del pigiama. I capelli chiari, lunghi e lisci, le scendevano sulle spalle, la frangetta era un po' spettinata; il suo viso dolce era un po' pallido, stanco, ma delizioso, con quelle fossette che le venivano sorridendo.

"Allora..." Orlando interruppe il silenzio, posando la sua tazza e pulendosi il labbro superiore con la lingua. "Com'è successo?" Le chiese, indicando col capo la sua mano sinistra fasciata.

"Toglievo la spina ad un branzino e mi è sfuggito il coltello..." Spiegò Evie. "Imprevisti del mestiere..."

"Prendi qualcosa?" Continuò lui, spostando continuamente gli occhi dal suo viso alla mano ferita; sembrava un po' preoccupato, e questo le fece piacere.

"Certo." Annuì Evie. "L'antibiotico e gli antidolorifici, ma non insieme, sennò entro in coma." Gli spiegò; Orlando sorrise, divertito dal suo tono.

Si guardarono per un po'; cioè, lui la guardava, mentre lei preferiva evitare i suoi occhi, vagando sulla fasciatura, sulla decorazione del cuscino, sul bordo della sua felpa.

"Hai qualche impegno, domani sera?" Le chiese infine, fissandola.

"Perché? Hai in mente un piano per punirmi del mio peccato?" Replicò lei; Orlando fece un sorriso acido e retorico.

"Volevo solo che venissi in un posto con me." Ribatté poi.

"Beh, normalmente ti direi che lavoro, ma il mio capo mi ha dato un paio di giorni, per i punti..." Rispose infine la ragazza. "Dove mi vuoi portare?"

"Ad un vernissage." Disse lui.

"Chi espone?" S'informò Evie, incuriosita.

"Un mio amico..." Rispose Orlando, con un gesto vago, spostando gli occhi.

Non era mai stata ad un evento simile; lei lavorava in un ristorante di lusso, le sue entrate le permettevano un'esistenza agiata, ma non era una che amava la bella vita, perciò non aveva mai frequentato posti chic come le inaugurazioni di mostre di pittura. Si figurò in mezzo ad un sacco di persone con vestiti firmati, che bevevano champagne, atteggiandosi a intellettuali; sembrava una scena di Sex and the City...

"Devo vestirmi elegante?" Domandò al ragazzo; lui tornò a guardarla.

"Beh, un po'..." Le rispose, sfiorandole una spalla con la mano, che teneva allungata sulla spalliera del divano. Evie adorava quei gesti, che lui faceva sembrare sempre così casuali, ma aveva la sensazione non lo fossero per niente; gli sorrise.

"Va bene, vengo." Accettò infine; Orlando si sporse verso di lei e le diede un leggero bacio sulla guancia, poi si alzò.

"Ora devo andare." Le disse, riprendendo la giacca. "Passo a prenderti io, domani sera alle sette, ok?" Aggiunse poi; attese che Evie gli annuisse con le sopracciglia aggrottate, poi sorrise e se ne andò, salutandola con la mano.

Imprevedibile Orlando, si diceva. Solo il giorno prima l'aveva trattata, con ragione, a pesci in faccia, e ora era il più tenero, dolce e premuroso dei ragazzi. Un giorno avrebbe rinunciato a capirci qualcosa, con lui.

 

Il trillo del campanello la sorprese, mentre si sistemava l'elastico delle autoreggenti; corse in soggiorno scalza, per aprire la porta. Era lui.

"Ciao, vieni!" Ma Orlando rimase nel vano della porta. "Mi metto le scarpe..."

Il ragazzo la seguì con gli occhi, mentre si dirigeva di nuovo in camera; chiuse distrattamente la porta, perché, anche se lei era sparita dalla sua vista, non riusciva a guardare altro che dalla sua parte, in trepida attesa che la visione si ripresentasse.

Evie tornò quasi subito, sorridente e splendida. Indossava un tubino con scollo quadrato e spalline sottili che, come colore, cangiava dal rosa al grigio; sopra aveva un corto golfino grigio perla con pagliette argentate. I capelli raccolti semplicemente in uno chignon basso, fermato da una mollettina brillante. Completavano il tutto un paio di orecchini con piccolo brillantino pendente ed i decolté argentati, aperti dietro, che aveva ai piedi. Semplice, elegante, favolosa; Orlando era senza parole.

"Cosa c'è?" Gli domandò lei, accorgendosi della sua espressione leggermente assente.

"Sei bellissima..." Riuscì a dire lui, dopo essersi riscosso; la ragazza gongolò per un attimo: che soddisfazione sentirselo dire da uno come lui...

"Ma la fasciatura..." Commentò infine, sollevando la mano ferita.

"Non si nota per niente, tranquilla." La rassicurò Orlando con un dolce sorriso, che Evie corrispose. "Ti prendo il cappotto?" Le chiese poi; lei annuì.

Erano in macchina, un’elegante berlina con autista, e si dirigevano velocemente verso il luogo dell'evento. Evie lo aveva rimproverato di aver preso l'autista, adducendo che potevano benissimo andare con la metro; Orlando aveva replicato che, in certi posti, non si arriva a piedi, ne guidando. Lei aveva sbuffato, lamentandosi del suo atteggiamento da star.

"Ci siamo." Annunciò garbatamente l'autista, interrompendo la discussione via interfono; Evie diede un'occhiata fuori.

Era assiepata un sacco di gente, fotografi e teleoperatori, giornalisti; la ragazza sgranò gli occhi, poi guardò Orlando con espressione sorpresa.

"Cos'è tutta questa gente? Giornalisti per un semplice vernissage?" Gli domandò preoccupata.

"Non è proprio un semplice vernissage..." Rispose lui, alzando le sopracciglia e indicandole un cartellone fuori; Evie lo guardò, sotto il titolo della mostra c'era scritto, a chiare lettere: espone Viggo Mortensen.

"Che significa?!" Sbottò la ragazza, reggendosi la mano fasciata.

"Ti ho detto che esponeva un mio amico." Affermò noncurante Orlando.

"Che vuol dire? E' la tua vendetta per averti spiato, sbattermi sui tabloid, additata come la tua nuova conquista?!" Replicò offesa Evie.

"Dai, tranquilla..." La rassicurò lui, prendendole la mano sana. "Togliti il cappotto, attraverserai la fossa dei leoni con me, e voglio che vedano quanto sei bella." Aggiunse con un sorriso malizioso; lei si arrese, davanti a quella adorabile faccia da schiaffi.

Scesero dalla macchina sotto un diluvio di flash; Evie si sentiva tremendamente in imbarazzo, inadeguata, non sapeva dove guardare, sperava solo di non inciampare. Sentì la mano di Orlando posarsi delicatamente sulla sua schiena e spingerla piano in avanti; cominciò a camminare, girando il capo verso di lui.

Il ragazzo sembrava completamente suo agio, sorrideva, salutava, era favoloso; indossava camicia bianca, giacca nera da smoking e jeans sdruciti, un insieme al limite dell'azzardato, ma che su di lui faceva la sua gran bella figura. La sua naturalezza la rassicurò un po'.

"Signor Bloom, questa è la sua nuova fidanzata?" Chiese un tizio, indicando la ragazza e parlandone come se fosse un paio di scarpe.

Per tutta risposta, Orlando sorrise maliziosamente al reporter, poi si abbassò e baciò con tenerezza la guancia di Evie, lei spalancò gli occhi sbalordita; i flash si attivarono violenti.

"Si può sapere che ti è saltato in testa?!" Esclamò la ragazza, una volta entrati nel locale. "Domani sarò sulle copertine dei giornali scandalistici di mezzo mondo!"

"Guarda che ci sono ragazze che pagherebbero per essere al tuo posto, e a te dispiace?" Replicò lui, divertito.

"Sì!" Rispose secca Evie. "Sei un infame..."

"E tu una spiona." Ribatté Orlando con un sorrisetto compiaciuto.

"In casa mia, almeno, non c'è mai stata la fila per vedere il tuo culo dalla finestra, se lo vuoi sapere." Affermò la ragazza indispettita, ma abbassando la voce.

"Oh, dai..."

"Ciao Orlando!" Una voce di donna l'interruppe; si girarono verso l'elegante bionda che gli andava incontro. (non ho idea se la moglie di Viggo sia bionda, né come si chiami, o se attualmente ne abbia una, perdonate. N.d.Sara).

"Ciao!" Rispose Orlando tranquillamente affabile; si abbracciarono. "La mia amica Evie..." Le presentò la ragazza. "La moglie dell'artista." Fece altrettanto con la bionda.

"Piacere." Disse Evie, porgendole la mano.

"Piacere mio." Rispose l'altra, stringendogliela con un sorriso, poi si rivolse al ragazzo. "Viggo ti aspetta dentro, io ricevo gli altri ospiti." Orlando annuì, prendendo Evie per mano e entrando nella mostra.

La ragazza si diede un'occhiata intorno, c'era già diversa gente. Vide subito un paio di cose interessanti; non poteva definirsi una vera esperta, ma la pittura le era sempre piaciuta, trovava che aveva molto in comune con l'alta cucina.

Un uomo biondo dai penetranti occhi azzurri si staccò da un gruppetto di persone, per accoglierli sorridendo; Orlando si avvicinò a lui con un grosso sorriso, si abbracciarono.

"Come stai?" Gli chiese allegramente il ragazzo.

"Bene, e tu?" Rispose l'uomo, con voce pacata e tranquilla.

Evie lo trovò un po' diverso, al naturale, rispetto a come lo aveva visto nel film, mai avrebbe detto che sotto il moro e tenebroso cavaliere ci fosse un biondo nordico di quel tipo; però, doveva ammettere che, comunque, era un gran bell'uomo.

"La mia amica Evie." Gli presentò la ragazza, lei gli sorrise.

"Salve, amica Evie." Le disse in modo pacato, stringendole la mano. "Io sono l'amico Viggo." Lei rise sommessamente.

"Sembra proprio bella questa mostra, non vedo l'ora di dare un'occhiata." Affermò poi la ragazza.

"Prego." La invitò lui con un gesto elegante; lei gli sorrise e fece per allontanarsi.

"Ti prendo qualcosa da bere?" Le domandò Orlando, prima che fosse troppo lontana.

"Hm, sì, ma niente di alcolico, sai con le medicine." Rispose Evie, ricordandogli la sua mano ferita; lui annuì, accennando un 'ok'.

"Evie?" Gli fece Viggo, quando la ragazza fu sparita tra la gente; Orlando lo guardò con espressione interrogativa. "Che fine a fatto Greta?" Aggiunse con un sorrisino allusivo.

"Grethel." Precisò acido il ragazzo, avvicinandosi al bancone del bar. "E' tornata in Olanda, tra i tulipani, a mangiare il formaggio con la buccia rossa..." Viggo lo osservò, con sguardo retorico.

"Edamer." Mormorò poi.

"Sì, quello..." Confermò noncurante Orlando, sventolando la mano. "Comunque..." Si girò verso l'amico. "Evie è solo un'amica."

"Ho perso il conto delle volte in cui me lo hai detto..." Commentò l'altro, senza perdere il tono calmo e sommesso della sua voce. "Devi cambiare frase..." Se lo avesse detto un'altro, si sarebbe offeso, ma Viggo riusciva a dire certe cose senza sarcasmo, e questo smontava Orlando da qualsiasi reazione.

 

Più tardi, quando Evie si fu complimentata con l'artista, sia per i quadri che per le fotografie, decisero di andare a cena insieme; la ragazza riuscì a strappare un tavolo per quattro a Bruno, il maitre del Lounge, ristorante chic dove la ragazza lavorava come chef, sempre pieno come un uovo.

Durante la cena, per altro ottima come sempre, Orlando ebbe modo di stupirsi della cultura sfoggiata da Evie; non era da tutti sostenere una conversazione con Viggo, lui era capace di partire dalla forma di un bicchiere e arrivare alla Bibbia, passando per i filosofi greci e la mitologia celtica. E lei gli andava dietro. Per la prima volta quella sera, il ragazzo si accorse di non avere il controllo della situazione, e si sentì a disagio. Scoprì, però, poco dopo, il grande sogno della ragazza: aprire un ristorante suo. Viggo si offrì subito come socio, e apprendista cuoco. "Per allargare i miei orizzonti." Aveva commentato; sì, come se ne avesse bisogno, più larghi di così?

Fu una bella serata, tutto considerato; più di una volta, Orlando si era ritrovato a fissare il viso di Evie, mentre lei parlava con l'amico, e sorrideva, annuiva. Era bellissima, e lui non poteva fare a meno di guardarla. Sì, avrebbe dovuto essere ancora arrabbiato con lei, ma si era accorto di non riuscirci, si era reso conto che, in fondo, non gli dispiaceva poi così tanto che lei lo avesse spiato. Ma, soprattutto, non gli dispiaceva di essere diventato suo amico... Amico, beh, almeno per ora...

Quando si lasciarono, davanti all'albergo di Viggo, l'amico trattenne Orlando, mentre Evie risaliva in macchina.

"Dammi retta..." Gli sussurrò, indicando la ragazza con un cenno del capo. "Tienitela stretta." Gli consigliò poi, allontanandosi con un sorriso bonario; poi strinse alla vita la moglie ed entrò nell'hotel, salutandolo con la mano.

Orlando passò il viaggio a rimuginare su quelle parole, lanciando ogni tanto un'occhiata alla bella ragazza col cappotto nero seduta al suo fianco, che gli rispondeva con un sorriso.

 

CONTINUA...

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 - Piccoli passi in un grande mondo ***


Spero che anche il secondo capitolo sia di vostro gradimento, volevo solo dire che la canzone citata è “4th of July, Asbury Pa

Spero che anche il secondo capitolo sia di vostro gradimento, volevo solo dire che la canzone citata è “4th of July, Asbury Park (Sandy)” di Bruce Springsteen, che trovate anche nella recente raccolta “The Essential”; ovviamente la consiglio come colonna sonora della scena! ^___-

E la canzone la dedico alla Ruby, e lei sa perché.

 

Sara

 

2. Piccoli passi in un grande mondo

 

Era passata una settimana; quella sera, Orlando e Evie avevano cenato nell'appartamento di lui. Seduti al bancone della cucina, avevano mangiato lasagne e panna cotta ai frutti di bosco, bevendo prosecco.

Il ragazzo le doveva dire una cosa, ma non trovava l'occasione e sperava che il vino gli desse un po' di coraggio; per ora gli faceva solo girare un po' la testa.

Orlando si alzò lentamente, per poi avvicinarsi allo stereo; voleva un po' di musica, ma era indeciso, così si limitò a dare il play alla prima piastra. Appena la musica partì, Evie alzò su di lui uno sguardo stralunato.

"Ma cos'è questa roba?!" Sbottò poi; lui la guardò sorpreso.

"Beh... allora, se non ti va bene, metti qualcosa tu!" Rispose piccato, senza motivo, o meglio, lei aveva appena interrotto il flusso dei suoi pensieri.

"Certo!" Replicò Evie, alzandosi e raggiungendo lo stereo; poi si mise a spulciare tra la mostruosa collezione di cd.

Poco dopo sorrise soddisfatta, prendendo un disco e inserendolo nel lettore, poi gli diede il via; partì una musica rock lenta e ritmata.

"Questo che cos'è?" Le chiese Orlando; lei sgranò gli occhi.

"Ma come? Hai uno stereo spaziale, una collezione di cd da paura, e non riconosci Springsteen?!" Gli disse stupita; lui roteò gli occhi.

"I cd me li regalano, non li ascolto mai..." Ribatté imbarazzato.

"Peccato mortale!" Esclamò lei; Orlando, lentamente, cambiò espressione, sorridendole.

"Balliamo?" Le chiese; Evie spalancò gli occhi.

"Che?!"

"E' un lento, balliamo, dai." Insisté lui, porgendole la mano; un po' titubante la ragazza acconsentì, posando la propria mano sulla sua.

Orlando la strinse subito a se, prendendola per la vita. Oddio, non gli era mai stata così vicina! Un braccio del ragazzo le circondava la vita, mentre l'altro si allungava sulla schiena fin quasi alla base del collo. Lei gli passò le dita tra i capelli, socchiudendo gli occhi contro il suo collo perfetto; profumava delicatamente, di pulito.

"...the aurora is risin’ behind us..." Mormorava il Boss, e loro ballavano piano, in mezzo al salotto.

Doveva dirglielo. Il sospetto era che evitava il discorso perché sapeva sarebbe stato pesante per lui esserle lontano... Era così bello abbracciarla così, profumava di gelsomini...

"Love me tonight for I may never see you again..."

Quel verso della canzone fece fermare Orlando; quando smise all'improvviso di ballare, Evie alzò gli occhi sul suo viso. Sembrava titubante, come se dovesse dirle qualcosa.

"Che c'è?" Gli domandò preoccupata la ragazza.

"Lunedì parto per i Caraibi." Confessò lui, tenendo gli occhi bassi; Evie sospirò.

"Oggi è sabato..." Mormorò poi, rammaricata.

"Lo so." Ammise Orlando, tornando a guardarla. "Dovevo dirtelo prima..."

"Quanto starai via?" Chiese la ragazza, scostandogli i capelli da una tempia, con tenerezza.

"Se tutto va bene..." Pausa imbarazzata. "...tre mesi..."

"Tre mesi?!" Esclamò lei sorpresa.

"Vado per lavoro..." Affermò dispiaciuto lui, prendendole le mani. "Mi dispiace..."

"Ma no, perché? Figurati..." Replicò Evie, cercando di sembrare comprensiva, ma era rimasta male, molto male; ora che le cose sembravano mettersi bene, lui partiva per tre mesi, e li passava su un set ai Caraibi, con intorno qualche bellissima attrice molto disponibile...

"Rimani qui, stanotte." Le disse, guardandola negl'occhi, con espressione dolce e supplicante.

"Ah..." Riuscì soltanto a rispondere la ragazza, senza riuscire a staccare gli occhi dai suoi.

Ecco la richiesta che milioni di ragazze avrebbero voluto sentirsi fare proprio da lui, proprio da quella voce, esattamente con quell'intonazione, che prometteva una notte di tenerezza e passione indimenticabile. Evie, invece, si scostò leggermente.

"Devo andare a lavorare..." Dichiarò incerta.

"Prendi un permesso..." Implorò Orlando, tenendole ancora le mani.

"Non posso, sono mancata la settimana scorsa, per via della mano..." Protestò debolmente la ragazza.

"Allora, torna dopo." La pregò lui, insistente; Evie diede l'impressione di pensarci per un momento.

"Va bene, torno a darti la buonanotte..." Mormorò infine, Orlando sorrise. "Adesso devo andare, sono già in ritardo..."

"Ci vediamo dopo." Le disse poi, mentre lei s'infilava velocemente il cappotto; il ragazzo, mentalmente, ringraziò la fortuna, d'ora in poi si sarebbe ricordato dei lenti di Springsteen...

 

Evie, ferma davanti alla porta, si rigirò per l'ennesima volta le chiavi tra le dita; le chiavi dell'appartamento di Orlando Bloom. Quando erano insieme andava tutto bene, era come se fosse un ragazzo qualsiasi, ma in occasioni simili, lei non si poteva evitare un certo tuffo al cuore; insomma, cavolo, lui era... era bellissimo, famoso, era il sogno di un'orda di ragazze, pronte alla guerra spietata. E lei, anonima ragazza di periferia, entrava in casa sua con le chiavi, col rischio di trovarlo, chessò, completamente nudo... L'idea le fece alzare le sopracciglia con aria furba, mica da buttare l'ipotesi... Dopo un sorrisetto malizioso, aprì.

L'appartamento era completamente al buio, silenzioso. La ragazza chiamò Orlando, ma non giunse risposta; posò le sue cose sul divano e si diresse in camera da letto.

Lui era lì, a letto. Un leggero fruscio veniva dalla tv accesa; la cassetta nel videoregistratore era finita, e ora sullo schermo c'erano solo righe e puntini. Evie la estrasse, spegnendo l'apparecchio, poi si avvicinò al letto.

"Orlando..." Mormorò dolcemente all'orecchio del ragazzo; lui si stiracchiò, stringendosi nelle spalle e aprì con lentezza gli occhi.

"Evie, dolcezza..." Le disse, con gli occhi ancora semichiusi, carezzandole la guancia. "Allora sei venuta..."

"Te lo avevo promesso, se non mi sbaglio..." Orlando sorrise compiaciuto.

"Dormi qui?" Le domandò distrattamente; dopo sbadigliò, passandosi le mani tra i capelli.

Evie si risollevò, osservandolo. Ma come diavolo faceva a essere così sexy anche facendo i gesti più banali del mondo? Quelle braccia che si alzavano in alto, quella maglietta che si sollevava appena sul suo addome scolpito... Non poteva rimanere, come avrebbe fatto a resistere? Ora la fissava, con il capo reclinato da un lato, con quei suoi occhi ammiccanti, teneri eppur maliziosi, in attesa di una risposta.

"Non... non ho portato nulla..." Balbettò la ragazza; lui fece un sorriso sbieco e sornione, con un'espressione che sembrava dire: 'per fare quello che devi, non ti serve nulla, baby'.

"Puoi mettere una delle mie magliette, ne ho un sacco." Le disse invece.

In quel momento preciso, mentre era mezzo steso sui cuscini, come un Apollo cui mancava solo la corona d'alloro, Evie sentì di odiarlo; odiava quei suoi occhi dolci, quel sorriso sicuro, quella sua spaventosa carica erotica; eppure, lo desiderava, troppo, troppo...

"Fa freddo..." La ragazza tentò un ultimo disperato tentativo per evitare di rimanere.

"Oh, dai!" Protestò Orlando, scuotendo la testa. "Ho qui una vera trapunta danese, che tiene un caldo pazzesco, e poi..." Eccolo, lo avrebbe detto, lo avrebbe detto... "Ti scalderò io..." Gli avrebbe tirato quel maledetto collo da statua greca, certo dopo averglielo a lungo e languidamente baciato.

"Non ho lo spazzolino da denti..." Com'è che si diceva? Arrampicarsi sugli specchi?

Il sorriso di Orlando fu retorico in modo mostruoso; le indicò una porta alla sua sinistra, alzando anche un ginocchio, cosa che lo fece somigliare all'Adamo della Cappella Sistina.

"Ne ho uno di scorta, nuovo nuovo, ancora incartato, nell'armadietto del bagno." Dio, ma aveva la soluzione a tutto, questo insopportabile, adorabile, essere diabolico?

Stavolta non sapeva davvero più che dire, in più era stanca morta, la ferita alla mano le pulsava un po', e quella battaglia di nervi con Orlando non era ideale; tanto più che lui era un campione delle battaglie di nervi.

"Va bene..." Si arrese Evie, chinando il capo; non vide il sorriso soddisfattissimo del ragazzo, ma se lo immaginò. "Dove sono le magliette?"

"In quei cassetti là." Le indicò il mobile.

La ragazza prese la prima maglietta che trovò nel primo cassetto, poi entrò in bagno, chiudendosi sgarbatamente la porta alle spalle; Orlando ridacchiò piano.

Evie rientrò in camera pochi minuti dopo; si era sciolta i capelli, lavata i denti, disinfettata il taglio, e aveva fatto la pipì. Ora la battaglia poteva ricominciare.

"Dove l'hai trovata, questa maglietta?" Domandò al ragazzo; lui si voltò e rimase pietrificato.

Evie indossava una t-shirt viola scuro, con le maniche più chiare e una grossa T rossa sul petto, sulla sinistra. E basta. Le belle gambe erano nude, e si stringevano timidamente una con l'altra, mentre la luce proveniente dal bagno ne disegnava il morbido profilo. Orlando deglutì; sarebbe stata una lunga, lunga notte...

"Mi... mi pare di... averla comprata in Giappone..." Le rispose balbettando. "Durante la promozione de La Compagnia dell'Anello..."

Soddisfatta di essere riuscita a metterlo in crisi, anche solo per un istante, Evie si avvicinò al letto, sedendosi poi sul bordo, dalla parte opposta rispetto a Orlando.

"Beh?" Le fece lui, vedendo che non accennava a sdraiarsi.

"Devo togliermelo..." Disse la ragazza, come parlando a se stessa.

"Cosa?!" Chiese preoccupato Orlando; senza rispondergli, Evie allungò le mani dietro la propria schiena e poi, senza sollevare la maglietta, si sfilò il reggiseno dalle maniche.

Il ragazzo prese un lungo respiro, come se dovesse immergersi; era il gesto più innocente del mondo, continuava a ripetersi. La familiare sensazione al basso ventre gli ricordò che, ad ogni modo, bastava. Ora l'aveva accanto, con addosso solo una maglietta e un paio di mutandine... Oh mio Dio, oh mio Dio...

Evie si voltò verso di lui, che era rimasto imbambolato e stringeva convulsamente il bordo della trapunta; riconobbe l'eccitazione nei suoi occhi, ma fece finta di nulla, sorridendo compiaciuta.

"Beh? Allora, dormiamo?" Gli chiese poi, con l'espressione più innocente possibile, stendendosi sotto le coperte; Orlando era rimasto sollevato, come se stesse pensando a qualcosa. "Ah, marinaio..." Aggiunse poi, spostando un malizioso sguardo su quel che si vedeva dei suoi boxer bianchi. "...non mollare le zavorre..." Lui, che nel frattempo si era riscosso, rise sommessamente.

"Ho paura di averlo già fatto..." Ammise poi, passandosi una mano sulla nuca.

"Mi spiace, ma io sono qui solo per dormire..." Replicò lei, dandogli le spalle. "...le aspettative del tuo amichetto saranno lettera morta per stanotte." Aggiunse, con ironia.

Orlando, deluso, ma divertitamene rassegnato, si stese a sua volta, osservando la spalla sottile di Evie, i suoi bei capelli lunghi sparsi sul cuscino, e immaginò il suo profumo nelle narici; represse un nuovo stimolo, deglutendo.

"Posso abbracciarti?" Le domandò infine; in fondo che poteva succedere, se si addormentava era fatta.

"Sì." Rispose inaspettatamente lei. "Ma non puoi toccarmi."

"E come faccio ad abbracciarti, senza toccarti?!" Esclamò stupito il ragazzo.

"Dicevo che puoi abbracciarmi, ma questo non implica far scorrere le tue mani sul mio corpo, o scendere oltre la vita, capito?" Specificò Evie, alzando l'indice.

"Capito." Annuì Orlando, con un mezzo sorriso.

Si avvicinò piano al corpo della ragazza, scostando i suoi capelli dal cuscino, poi si adagiò contro di lei col busto e le gambe; Evie si mosse un po'.

"Hei!" Gli disse, facendo per scostarsi e sollevando un po' il capo dal cuscino, ma lui la prese per la vita e stringendola a se.

"Hai detto cosa potevo non potevo fare con le mani, non con il resto del corpo..." Replicò Orlando, con una nota furba nella voce; la ragazza sospirò.

"E va bene... mi sono inguaiata da sola..." Ammise poi, reclinando la testa di nuovo sul cuscino. "Sei troppo sottile, per me, latin lover." Aggiunse ironica.

Orlando rise sommessamente, compiaciuto, mentre passava il braccio libero sotto il collo di Evie, e alzava le ginocchia, portando con se quelle della ragazza; la avvolse con il braccio, intrappolandola in una posizione quasi fetale. Evie intrecciò le dita con le sue, coprendo il braccio con il proprio, solo per, si disse, evitare che lui la toccasse... Sì, come no... Entrambi si addormentarono con un sorriso soddisfatto sulle labbra.

 

CONTINUA...

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 - Telefoni e viaggi ***


Prima di tutto voglio ringraziare le commentatrici dei precedenti capitoli: graaaazzzziiiieee

Prima di tutto voglio ringraziare le commentatrici dei precedenti capitoli: graaaazzzziiiieee! Anche le vostre storie sono fantastiche, scusatemi se non le commento mai, ma sono una che ha poco tempo, però vi assicuro che le leggo con tanto piacere.

Godetevi un latro capitolo, ci risente in settimana per la conclusione. Grazie dell’attenzione e buon anno a tutti!

 

Sara

 

3. Telefoni e viaggi

 

E fu così che, due giorni dopo, Orlando partì. Si salutarono la sera prima, perché lui sarebbe partito con il solito codazzo di agenti, controagenti, addetti stampa, assistenti, ecc., e preferiva evitare che lo vedessero con una ragazza. Evie cercò di non offendersi, dicendosi che, in fondo, era meglio così; fu molto più persuasivo il pur leggero bacio che le diede Orlando in saluto.

Passarono le settimane, si avvicinava il Natale e Londra era un pochino malinconica... O forse sembrava a lei, perché lui non c'era...

Guardò le decorazioni nel suo appartamento: l'alberello con le lucine colorate, la ghirlanda coi rami di agrifoglio, il centrotavola dorato con la candela rossa... Sbuffò.

Non le aveva mandato nemmeno una cartolina, niente telefonate. Si disse che forse era troppo impegnato, che non poteva certo perdere tempo in telefonate intercontinentali.

Cercò di far cadere il pensiero, buttandosi a capofitto nel lavoro; inventò piatti elaboratissimi per le feste, dolci raffinati, zuppe di pesce... Ma il giorno in cui le fu chiesto di preparare il pollo al latte di cocco, le prese una di quelle botte di nostalgia da farsi sfuggire una lacrimuccia nella salsa. Ecchecavolo, non poteva sentire quegli odori caraibici e non pensare a lui!

Non sapeva che, dall'altra parte del mondo, in un'afosa isola caraibica, mentre baciava la copratogonista indossando abiti settecenteschi, qualcun altro sentiva un profondo desiderio di maiale con le mele...

Come al solito il periodo natalizio era molto intenso al ristorante; Evie già sapeva che, anche quest'anno, non avrebbe incontrato i parenti, ma, stranamente, questo non le pesava troppo come gli anni passati. Perché quell'anno c'era un'altra persona che le mancava di più.

Orlando, ad ogni modo, continuava a languire nel silenzio, come ingoiato dalle cristalline acque dei Caraibi; non una parola, uno squillo, fino a quella telefonata, pochi giorni prima di Natale...

Evie stava preparandosi le riserve; cioè, quando aveva un po' di tempo preparava cannelloni, lasagne, crepes, poi le surgelava, così da non rimanere mai senza una cena pronta ed evitare i precotti del supermercato. Orlando l'aveva lodata per questo una sera che era piombato a casa sua, affamato come un lupo, e si era sbafato tre porzioni, abbondanti, di cannelloni.

La ragazza sorrise a quel ricordo, e in quel momento squillò il telefono; Evie si pulì le mani con uno straccio, avvicinandosi all'apparecchio.

"Pronto!" Rispose, con voce stranamente allegra; dall'altra parte però, solo silenzio. Evie fece un'espressione interrogativa, fissando la cornetta.

"Ciao..." Mormorò, infine, una voce lontana.

"Orlando, sei tu?" Domandò la ragazza; improvvisamente le mani avevano cominciato a tremarle.

"Sì." Rispose lui.

"Ma sei impazzito, lì saranno le sei del mattino!" Esclamò Evie stupita.

"Quasi..." Replicò; il suo sorrisetto lo immaginò soltanto. "Come stai?" Le chiese poi.

"Io bene, ma..." Si rassegnò al fatto che con lui devi essere preparata a tutto. "Tu come va? Il lavoro?"

"Tutto bene, devo andare sul set tra un'oretta..." Rispose, però sembrava volere far cadere il discorso. "...mi manchi da morire..."

Evie rimase paralizzata, con il telefono in mano, impossibilitata a dire qualsiasi cosa; il tono con cui lo aveva detto era così triste, appassionato ed erotico insieme che si sentì mancare le gambe. Ma del resto lui era un attore, sapeva bene come usare la voce, quei mezzi toni...

"Mi manchi anche tu, Orlando..." Riuscì a mormorare infine, stringendo con tutta la forza la cornetta, riuscendo a trovare l'intonazione più calma possibile; forse quello che le era uscito suonava più atono, che calmo.

"No, non hai capito." Replicò lui. "Io vorrei essere lì con te, abbracciarti, sentire il tuo profumo... e baciarti..." Confusa, la ragazza si passò una mano tra i capelli.

Baciarla... Certo il modo in cui lo aveva detto non lasciava spazio a dubbi su come volesse baciarla; non l'aiutò il fatto di pensare alle sue labbra, che la facevano semplicemente impazzire... Le labbra di Orlando, che si muovevano sulle sue... NO!

"Se stai recitando, guarda che non è proprio il caso." Affermò improvvisa Evie.

"Non sto recitando." Ribatté subito lui, restando calmo. "E se tu mi potessi vedere in faccia lo sapresti." Oddio, non recitava, era serissimo... "Che cos'hai addosso?" Le domandò.

Evie sollevò le sopracciglia, sorpresa; e questo cosa c'entrava ora? Beh, un argomento come un altro, pur di cambiare discorso.

"Hm... un cardigan di lana grigia..." Rispose distrattamente lei.

"E sotto?" Dio, ma dove voleva andare a parare?

"Una camicetta rosa e un paio di jeans... Orlando, ma..." Non poté continuare la frase, poiché lui la interruppe.

"E allora ti bacerei, esplorando delicatamente la tua bocca, poi scenderei sul tuo collo, prima con le labbra e poi con la lingua..." Un brivido molto inteso le percorse la schiena alla sola idea; se lo avesse avuto davanti, mentre le diceva quelle cose, in quel modo, come minimo lo avrebbe sbattuto sul tappeto strappandogli i vestiti di dosso. "...e mentre faccio questo, slaccerei i bottoni di quella tua camicetta rosa, lentamente... Cosa troverei sotto?" Le chiese malizioso; la ragazza ci mise un attimo, prima di connettere.

"Un... un... reggiseno di pizzo bianco..." Balbettò Evie; non credeva a quello cui stava dando il via.

"Hmmm, questo mi piace..." Mormorò Orlando, dall'altra parte del telefono, poi lo sentì ridere sommessamente. "Siediti, sarà una cosa lunga..." Le consigliò.

 

La spirale l'aveva inghiottita senza che lei potesse far nulla per impedirlo. E dire che non si era mai ritenuta il tipo che fa certe cose. Lei e Orlando Bloom facevano sesso al telefono; proprio loro, il cui massimo contatto fisico era stata quella casta notte passata nello stesso letto, e un paio di baci a fior di labbra.

Ma non poteva essere andato a cercarsi una simpatica indigena, per sfogare la sua libido, e risparmiare quelle telefonate intercontinentali? No, smentì da sola il suo stesso pensiero, la sola idea le faceva bollire il sangue per la gelosia.

Perché, queste telefonate cambiavano qualcosa, tra loro; con una di cui non ti frega nulla  le faresti certe cose... A dire il vero, esistevano le hot-line, ma quelle le frequentavano i repressi, gli adolescenti brufolosi, non Orlando Bloom, che dove si muoveva aveva folle di ragazzine questuanti pronte a tutto per lui.

E poi, era lui ad aver cominciato, era lui quello che parlava, quello che aveva le idee; lei, per lo più, si limitava a rispondere alle sue domande, a dire 'sì' e 'continua'.

Fatto sta, comunque, che la cosa era andata avanti; le telefonate avvenivano più o meno ogni due giorni, e tutte le volte andavano oltre. Fino alla panna.

Sembrava una "normale" telefonata erotica, come molte precedenti, e invece lui se ne venne fuori con l'idea di cospargerla di panna liquida e di cominciare a mangiarsela partendo dai ca... dal seno.

A quel punto, Evie lo aveva interrotto bruscamente, chiedendogli come, continuando a quel modo, si sarebbero potuti comportare il giorno in cui si fossero rivisti dal vivo. E qui, lui l'aveva sconvolta definitivamente, dichiarando, con la più totale tranquillità, che intendeva applicare tutto quello che si erano detti.

Era il giorno di Natale. Quello che le aveva detto, nonostante l'atteggiamento noncurante, significava qualcosa; decisamente si meritava un regalo, andò a comprarglielo, glielo avrebbe dato al ritorno.

 

La settimana di Natale era un vero tour de force per Evie, poiché al lavoro era il periodo più intenso dell'anno, poi c'era da pensare ai regali, alle telefonate ai parenti, e pure a dedicare del tempo alla personale hot-line del signor Bloom. Ad ogni modo tutto sembrava procedere per il meglio, fino all'ennesima telefonata di Orlando; quel ragazzo sembrava avere una specie di sesto senso per scompaginare i programmi della gente.

Evie era in ritardo, stava cercando di infilarsi allo stesso tempo le scarpe e il cappotto, quando suonò il telefono; disperata, la ragazza afferrò la cornetta.

"Pronto..." La sua voce era più un lamento.

"Ciao, dolcezza." Quando lo riconobbe roteò gli occhi, quello non era proprio il momento.

"Orlando, oddio... sono in ritardissimo, non ho tempo per..."

"Non ti ho chiamato per quello..." Cos'era quella nota malinconica? Insospettita, Evie si raddrizzò, lasciando perdere la scarpa che non voleva entrare, ascoltandolo. "Non ce la faccio più così, mi manchi lo stesso..." Le disse con tono triste. "Molla tutto e vieni qui." La ragazza spalancò la bocca, totalmente sorpresa.

"O... Orlando, tesoro..." Mormorò infine, dopo un attimo di silenzio. "Adesso sono in ritardo e non posso parlare, sentiamoci domani, così ne discutiamo..."

"Va bene." Acconsentì lui con calma. "Ti chiamo domani mattina, ciao..."

Le aveva dato proprio un bel pensiero; quella sua richiesta continuò a frullarle per la testa durante tutto il viaggio fino al ristorante. Prendere le ferie, partire per i Caraibi, solo per raggiungere un attore che forse l'avrebbe mollata per la prima bellona del suo ambiente, sarebbe stata la cosa più affrettata, incosciente e stupida che avesse mai fatto. In quel momento, però, non vedeva nulla di più sensato... Cazzo, si era innamorata di lui!

Quella sera, appena ne ebbe l'occasione, prese da parte Michael, il suo datore di lavoro, decisa a sapere se era possibile assentarsi dal ristorante per qualche giorno.

"Ascolta, Michael..." Gli disse, in un momento di pausa. "Se io, ipoteticamente, ti chiedessi una decina di giorni di ferie, in questo periodo..." Buttò lì, titubante; lui la guardò.

"Guarda, non se ne parla, siamo oberati." Rispose l'uomo dal bel viso cordiale.

"Non te lo chiederei se non ne avessi proprio bisogno..." Insisté Evie, supplicante.

"Vabbene..." Si arrese lui. "Passato il capodanno, posso darti dal due al tredici gennaio, ma il quattordici ti voglio qui puntuale." Lo sguardo della ragazza s'illuminò.

"Grazie, mi fai un favore enorme!" Esclamò entusiasta Evie, baciando sulla guancia l'uomo.

L'umore della ragazza migliorò notevolmente durante il resto della serata, mentre progettava di prenotare il biglietto aereo; quella notte dormì serena, sognando Orlando.

Era appena uscita dalla doccia, quando squillò il telefono; guardò l'orologio, erano poco più delle nove del mattino, praticamente le cinque nei Caraibi. Era proprio fuori di testa, quel ragazzo.

"Sì?" Rispose tranquillamente, dopo qualche squillo.

"Ma dov'eri?!" Sbottò Orlando.

"Ho appena finito di fare la doccia." Spiegò con pazienza Evie, sedendosi sul divano.

"Ah..." S'immaginò la sua espressione cambiare, le sue labbra arricciarsi in un sorriso malizioso, i suoi occhi illanguidirsi. "Perciò hai addosso solo l'accappatoio..."

"Orlando, fermati." Gli consigliò la ragazza. "Devo dirti una cosa."

"Spara." La incitò lui.

"Mi hanno dato le ferie." Confessò Evie; silenzio, dall'altra parte della cornetta, come se trattenesse il respiro.

"Quando parti? Domani?!" Il tono di Orlando era diventato concitato, urgente.

"Il due." Rispose la ragazza.

"Ma è tra una settimana!" Esclamò spazientito lui.

"Meno di una settimana, e poi prima era impossibile, arrenditi." Replicò lei, decisa, ma sorrideva soddisfatta.

"Cazzo..." Imprecò arreso il ragazzo; forse si era adagiato sui cuscini. "Ma guarda che se non ti vedo qui il tre, faccio un casino." Evie rise piano.

"Tranquillo, anche tu mi manchi da morire..." E stavolta, il tono che usò, fu proprio quello giusto; lo sentì sorridere, sì, lo sentì davvero.

 

Il viaggio fu abbastanza agevole; Evie si distrasse leggendo, anche se il pensiero di rivederlo era prepotente. Il fatto d'indossare una sua maglietta lo rendeva, in qualche modo, più vicino.

All'arrivo l'accolse un cielo scintillante, azzurro terso, ed una bella giornata ventosa e non troppo calda; era comunque una gioia, dopo il gelo della Londra invernale.

Non lo riconobbe subito; il tizio con i capelli lunghi, una maglietta psichedelica ed un paio di pantaloni verde militare che gli arrivano ai polpacci, non poteva essere niente di più lontano dal signor Orlando-i'm so cool-Bloom. Poi portava gli occhiali da sole; visto così poteva sembrare un qualsiasi turista, ma quel pizzetto, quelle collanine e, soprattutto, quel sorriso, non potevano essere di nessun altro.

Evie gli si avvicinò lentamente, sorridendo, mentre teneva stretto a se il libro che aveva letto in aereo; lui la osservò a lungo, poi chinò appena il capo, abbassando leggermente gli occhiali. I suoi occhi dolci e maliziosi la colpirono in pieno, dandole i brividi.

"Ciao." Le fece.

"Ciao." Rispose lei, fermandosi davanti al ragazzo; Orlando la squadrò per un attimo.

"Quella maglietta è mia!" Esclamò poi; Evie rise, facendo un giro su se stessa.

"Non protestare!" Disse ancora ridendo. "Non ho resistito, quando ho visto nel tuo cassetto una maglietta con scritto 'Bored of the rings', e dietro quel dito medio con l'anello! Troppo forte!" Continuava a ridere, ma forse era l'emozione.

"Vabbene, puoi tenerla..." Ribatté lui, con un sorriso tranquillo. "Adesso dammi un bacio." Aggiunse poi; lei si fermò e lo guardò.

Orlando fece un passo verso di lei, prendendola per la vita, mentre con l'altra mano le carezzava il viso. "Un bacio vero." Le sussurrò sulle labbra, appena prima di coprirle con le sue. E fu vero, un bacio dolce e appassionato, che entrambi desideravano da chissà quanto.

"Bene, ora che ci siamo scambiati un bacio cinematografico, davanti a tutto lo scalo internazionale..." Affermò Evie, una volta saliti in macchina. "...immagino che mi accompagnerai in albergo." Orlando ridacchiava divertito, poi annuì.

"Sì, ti ho preso una camera." Le disse, mentre metteva in moto.

"Grazie..."

"All'inizio non volevo prendertela..." Lui guardava avanti, la ragazza lo osservò insospettita.

"Perché?" Chiese, quasi con timore.

"Beh, ho pensato che così ti avrei obbligata a dormire con me..." Sembrava concentrato sulla guida, ma la sua voce era chiaramente maliziosa; Evie aggrottò le sopracciglia, facendo un broncio strano. "...poi mi sono detto che, nella mia suite, c'è sempre un gran viavai, così..." Le lanciò uno sguardo assassino. "...era meglio se prendevo una camera anche a te, così posso venire io..."

I loro occhi rimasero incatenati, calò il silenzio; Orlando allungò una mano e prese quella di Evie, con sulle labbra un sorriso dolce.

"Guarda la strada." Gli consigliò la ragazza, continuando a fissarlo; lui accettò, tornando a guardare avanti. "Sei impossibile..." Aggiunse poi, il ragazzo sorrise. "...ma mi fai impazzire..." Questo lo disse a voce talmente bassa che lui non la sentì, coperta com'era dal rumore della strada.

La lasciò in hotel, perché lui doveva rientrare in tutta fretta sul set; la promessa era di rivedersi a cena. Evie, tra l'altro, era ancora un po' scombussolata dal fuso orario, così andò a riposarsi.

 

La ragazza, per l'ora di cena, si preparò accuratamente; indossò una maglietta con le spalline sottili, nera ed aderente, ed un paio di pantaloni ampi che le cadevano perfettamente sui fianchi. I capelli li legò in una coda alta, poi si truccò in modo leggero, un tocco di lucidalabbra e via, era pronta. Ma non sapeva cosa aspettarsi. Prese, intanto, il regalo per Orlando, almeno quello glielo voleva dare.

Lui arrivò un po' in ritardo, quando la ragazza si era già seduta al tavolo del ristorante di quel lussuoso hotel dove alloggiavano; era vestito come quella mattina, con la stupida maglietta e i pantaloni militari, ma almeno si era pettinato i capelli. Era un gran figo, nonostante tutto; Evie represse una risatina, a quel pensiero da adolescente.

"Eccomi qua!" Esclamò Orlando sedendosi, poi la osservò per bene. "Se non ci stessero guardando tutti, ti bacerei..." La ragazza fece un piccolo sorriso sbieco.

"Ne parleranno comunque, sei seduto da solo al tavolo con una ragazza..." Commentò poi.

"Una bella ragazza, specifichiamo." Precisò lui; si sorrisero. "Hai già ordinato?" Le domandò; lei negò col capo. Chiamarono il cameriere. "Io muoio di fame... Spero ti piaccia il pesce, perché qui non si mangia altro..." Le mormorò Orlando; Evie annuì.

Mangiavano da un po', quando la ragazza si accorse dello sguardo di Orlando fisso su di lei; lo guardò, con espressione interrogativa. A dire il vero non è che avessero parlato molto, fino ad allora; lui le aveva chiesto della ferita alla mano, lei aveva riferito che le avevano tolto i punti, roba così, niente a proposito delle loro pratiche telefoniche, grazie a Dio...

"Cosa c'è?" Gli chiese.

"Ho qualcosa per te." Le confessò lui; la ragazza sbatté gli occhi. "Sono andato a New York per Natale, e ti ho preso un regalo." Aggiunse.

"Non dovevi..." Mormorò preoccupata Evie; non sapeva cosa aspettarsi, ma aveva paura.

"Prendilo." Affermò Orlando, porgendole una scatoletta di velluto nero. "Non l'ho incartato, non ci so fare con queste cose..." Disse poi, un po' imbarazzato.

"Grazie..." Evie prese la custodia, ma mentre l'apriva guardava il viso del ragazzo, che le sorrideva tranquillo.

Niente di terrificante, era solo una catenina, d'oro bianco; al centro c'erano due lettere, tempestate di luccicanti pietruzze bianche, da cui partiva la catena sottile: O... e... B...

Evie la osservo attentamente, sollevandola dalla custodia; era davvero carina... Ma che cavolo pensava, quel deficiente di un ragazzo?!

"E' molto bella..." Lui sorrise compiaciuto. "Però..." Il sorriso morì, piano. "...non ti sembra un regalo un po'... egocentrico?" Gli disse, aggrottando le sopracciglia; Orlando fece un'espressione stupita.

"Perché?" Chiese, con faccia ingenua.

"Dovrei andare in giro con le tue iniziali al collo? Sembra il guinzaglio di un cane..." Lui sgranò gli occhi, totalmente sorpreso.

"Io... non... davvero, non ci ho pensato neanche..." Era decisamente imbarazzato. "Volevo solo che ti ricordassi chi te lo aveva regalato... Se avessi saputo, chessò, il tuo segno zodiacale, magari..." Sembrava rammaricato, molto, e lei si accorse di essere stata brusca.

"No, scusa..." Affermò, alzando una mano. "Mi spiace, davvero, ho frainteso..."

"No, sono io che..."

"Anch'io ti ho fatto un regalo." Dichiarò lei, interrompendolo; Orlando sollevò gli occhi e la trovò sorridente, che gli porgeva una scatolina quadrata impacchettata d'oro.

"Un regalo? Per me?" Gli luccicavano gli occhi, era molto carino, così sorpreso. "Spero che non siano un paio di calzettoni rossi..." Aggiunse, più sarcastico; Evie sbuffò divertita.

"Aprilo, e falla finita, giullare."

Orlando aprì il pacchetto con velocità, ma, quando vide l'oggetto, fece un'espressione interrogativa; sollevò la medaglietta. Aveva la forma di una piastrina da militare, ma più piccola, d'oro giallo, bordata d'oro bianco. Il ragazzo alzò su Evie uno sguardo retorico.

"Questa..." Dondolò il ciondolo. "...è per il guinzaglio?" Domandò, alzando un sopracciglio; scoppiarono a ridere.

"Oh, dai, scioccherello!" Lo rimproverò dopo un po', in modo scherzoso. "Almeno io ti ho lasciato lo spazio, così puoi farci incidere quello che vuoi!"

"Sì, scusa..." Anche Orlando smise di ridere. "Ho già una mezza idea di cosa farci scrivere..." Aggiunse, osservando il ciondolo.

Ordinarono il dessert, ma il ragazzo sembrava dare segni di cedimento. Evie lo osservava, se ne stava col capo appoggiato sulla mano sollevata, con gli occhi lucidi ed il viso arrossato; decisamente era l'immagine della stanchezza.

"Ne hai preso di sole, oggi." Commentò la ragazza, contemplando il suo bel viso cotto dai tropici; trovava che gli donasse, lo addolciva.

"Umpf..." Sbuffò Orlando, passandosi una mano tra i capelli. "...non me ne parlare, la faccia mi scotta, e pure il petto..." Mormorò poi, mestamente.

"Beh, ma tutti dovrebbero tornare dai Caraibi con un'abbronzatura atomica!" Scherzò lei.

"Altro che atomica, queste sono proprio scottature da radiazioni!" Replicò divertito il ragazzo. "Abbiamo girato tutto il pomeriggio sotto il sole..."

"Sembri stanco..." Gli disse dolcemente lei, allungando una mano e sfiorandogli uno zigomo.

"Lo sono." Ammise Orlando, stiracchiandosi appena. "Ti dispiacerebbe tanto se me ne andassi a letto?"

"Hm, bel finale, per la mia prima sera ai tropici..." Rispose Evie, levando gli occhi al cielo. "Vorrà dire che mi troverò un disponibile giovanotto locale, che m'insegni quei balli caraibici in cui si struscia bacino contro bacino..." Aggiunse, allusiva.

"Se fai una cosa del genere, domattina ti affogo in piscina." Annunciò, serissimo, Orlando.

"Andiamo, morto di sonno, ti accompagno in camera!" Intervenne lei, prendendolo per mano e facendolo alzare dal tavolo.

 

La serata terminò in camera di Orlando. Evie lo aiutò a spogliarsi, e gli passò la crema idratante. Il tutto, naturalmente, mentre si baciavano e la mani di lui s'infilavano sotto la maglietta della ragazza. Continuarono a baciarsi e accarezzarsi per un po', finché, cullato da una grande luna caraibica che entrava dalla vetrata, e dalle carezze di Evie, Orlando non si addormentò. Lei lo lasciò sorridendo, dandogli un ultimo bacio sulla fronte.

 

CONTINUA...

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4 - Accadde ai Caraibi ***


Eccoci qua, come promesso arriva il finale di questa storia, godetevi gli ultimi due capitoli e fatemi sapere il vostro parere

Eccoci qua, come promesso arriva il finale di questa storia, godetevi gli ultimi due capitoli e fatemi sapere il vostro parere, come al solito!

Ringrazio tutte la ragazze che hanno scritto una piccola recensione, soprattutto per i loro simpatici commenti.

Non so quando scriverò ancora qualcosa su Orlando (un paio di idee ce l’ho, ma devo fare chiarezza), però è stata davvero una bella esperienza, grazie a lui che ispira così bene!

Ora vi saluto, e divertitevi! Un bacione grande grande.

 

Sara

 

4. Accadde ai Caraibi

 

La mattina dopo, l'urgente bussare alla porta svegliò Evie molto presto; spettinata e ancora un po' sbattuta dal fuso orario, la ragazza andò ad aprire. Era lui.

"Buongiorno dolcezza." Le disse.

"Ciao..." Mormorò lei, stropicciandosi un occhio.

"Sto andando sul set, oggi sarò impegnato tutto il giorno, mi chiedevo se ti andava di raggiungermi lì dopo pranzo." Affermò velocemente Orlando.

"Hm... sì..." Biascicò lei, tentando di sembrare meno assonnata. "Come lo trovo?"

"Tutti i tassisti sanno dov'è." Rispose il ragazzo.

"Va bene, ci vediamo dopo." Promise, poi lo guardò; lui le sorrideva dolcemente. "Un bacio?" Gli chiese.

"Sono in ritardo." Dichiarò Orlando, mentre si piegava per darle un leggero bacio sulle labbra; Evie sorrise, e lui ebbe voglia di farlo di nuovo. "Molto in ritardo..." Soltanto un altro non cambiava nulla. "Mostruosamente in ritardo..." Solo un pochino più appassionato. "Fanculo!" Esclamò infine, scostandosi da lei e avviandosi nel corridoio; la ragazza lo guardò andare via, sorridendo compiaciuta.

Dopo pranzo, come promesso, Evie si avviò verso il set; aveva indossato una canottiera gialla ed una minigonna di cotone leggero blu, scarpe da tennis. Si sentiva allegra e leggera. Come aveva detto Orlando, il tassista sapeva perfettamente dove giravano.

All'ingresso della zona del set c'era una specie di guardiola; la ragazza si avvicinò un po' titubante, all'interno c'era un uomo enorme.

"Buongiorno." Gli fece Evie; quello la guardò appena, restando davanti al suo ventilatore. "Sono un'amica di Orlando Bloom..."

"Sì, e io sono sua nonna." La interruppe l'uomo, con uno sguardo retorico.

"No, veramente, mi sta aspettando." Replicò la ragazza, leggermente offesa; capiva che potevano dubitare, ma lei non voleva mica chiedergli di passare e via.

"Ieri è venuta una che diceva di essere sua sorella..." Disse l'uomo, voltandosi e prendendo un sorso d'acqua.

"No, guardi, mi sta davvero aspettando, lo chiami per favore." Insisté Evie, indicandogli il telefono; non voleva passare per una fan isterica e capace di tutto.

L'uomo sbuffò apertamente, poi prese la cornetta e compose un numero; parlò, ascoltò per qualche istante, poi riattaccò e la guardò.

"Ora stanno girando, appena vanno in pausa mi fanno sapere, dovrà aspettare qui." Le disse; la ragazza annuì, spostandosi all'ombra di una palma. Sospirò arresa.

"Hey, lei." Il custode la chiamò dopo un po'; la osservò per un istante, poi parlò al telefono. "Sì, è lei... Ok, la faccio passare." Aggiunse annuendo. "Questo è il passy..." Le diede un cartoncino plastificato. "Segua il nastro bianco e rosso fino alle roulotte." Le indicò una direzione sulla destra.

"Grazie." Gli disse lei, senza cortesia, prendendo il prezioso cartellino e lasciando il cancello.

Camminava da qualche minuto, leggendo tutte le targhette sulle varie roulotte, ma non riusciva a trovare quella di Orlando; vide un uomo, in costume d'epoca, seduto a fumare sui gradini di un van. Si alzò, lei si avvicinò.

"Mi scusi..." Attirò la sua attenzione toccandogli appena la spalla; lui si girò. "...stavo cercando la roulotte di Orlando Bloom..."

"Di là." Le disse il tizio pesantemente truccato. "La seconda a destra." Le indicò.

"Oddio, Johnny Depp!" Esclamò Evie, quando lo riconobbe.

"No?! Dove?!" Scherzò lui, voltandosi di scatto; la ragazza, resasi conto della figura che aveva fatto, si portò una mano alle labbra.

"Oh, mi scusi..." Mormorò imbarazzata. "Sembra che non abbia mai visto nulla..." Lui tornò a guardarla e le sorrise; madonna, quanto era bello dal vivo...

"Fa nulla, tranquilla." Le disse con gentilezza.

"Johnny, tocca a te!" Una voce lontana lo chiamò; Depp guardò in quella direzione.

"Cazzo, ma non mi fate mai finire una sigaretta!" Gridò, fintamente scocciato; poi sorrise di nuovo a Evie e se ne andò.

Finalmente la ragazza trovò il van di Orlando; sulla porta c'era una piccola stella e sotto il suo nome. Bussò, ma nessuno rispose.

"Orlie non c'è io sono Tom il suo assistente posso fare qualcosa per te?" Il tipo aveva parlato tutto d'un fiato, come un discorso senza punteggiatura; lei rimase interdetta per un momento.

"Sono Evie, una sua amica..." Rispose timidamente.

"Sì mi ha detto di te puoi entrare ora arriva la porta è aperta." Non riprendeva fiato, ma come caspita faceva? Se ne andò, veloce come era arrivato, rispondendo ad un paio di telefoni in contemporanea.

Evie, con gli occhi ancora spalancati, aprì la porta della roulotte, ma dove era capitata? "Il favoloso mondo del cinema..." Mormorò sarcastica, entrando.

L'interno era spazioso, c'era un grande tavolo, un paio di divani lungo le pareti, un tavolo con specchiera per il trucco, e una porta che conduceva in una... camera da letto. Le famose alcove da amori sul set, pensò Evie. C'era anche uno stand con appesi diversi abiti, ma gli indumenti civili di Orlando erano piegati su una poltrona.

Voci si avvicinarono alla porta, che venne spalancata all'improvviso; il ragazzo entrò sfilandosi dalla testa una ampia camicia. La vide solo quando fu a torso nudo, e le sorrise.

"Ciao! Sei già qui?" Evie annuì, non finendo di stupirsi di quanto era bello, anche sudato e spettinato così.

"Depp mi ha indicato la tua roulotte..." Gli disse, mentre lui apriva il frigo e beveva del succo di frutta.

"Sì?! Fantastico, vero?" Replicò poi.

"Decisamente, è quasi più bello di te..."

"Hey..." Si voltò verso di lei, con le mani sui fianchi. "Come sarebbe?" Evie gli fece un sorrisino retorico, scuotendo il capo.

"Tranquillo narciso, ho detto quasi." Affermò, sorridendo; di sicuro, per lei, in quel momento, non c'era uno più bello di lui. Porta spalancata di nuovo, tizia dentro.

"Questa è la camicia, questi sono i pantaloni, per i capelli ci pensano al trucco..." Scandì la donna, con voce totalmente priva di intonazione, depositando dei vestiti sul divano, senza vedere la ragazza e fumando come una turca. "...hai sette minuti." Continuò, uscendo.

Orlando e Evie si scambiarono un'occhiata allibita, ma lui sorrise, sembrava molto a suo agio, ma del resto quello era il suo mondo, doveva essere abituato a simili personaggi.

"Vado un attimo in bagno." Le disse, poi sparì nella stanza attigua; tornò poco dopo, Evie si era seduta sul divano.

"Ti spiace se mentre parliamo mi cambio?" La ragazza negò, stava osservando la copia del copione che c'era sul tavolo.

Orlando si sfilò i pantaloni velocemente, lanciandoli sullo stand. "Mi puoi fare un favore?" Le chiese, infilandosi l'altro paio che gli avevano portato.

"Certo." Annuì la ragazza.

"C'è una ricevuta, là, nel primo cassetto..." Le indicò mentre si sistemava le calze; Evie lo prese e glielo mostrò, era un foglietto arancione.

"Questo?"

"Hum, sì..." Rispose lui, mentre cercava qualcosa. "Potresti andare a ritirarmi l'oggetto? Mi faresti un grosso piacere..." Aggiunse, infilandosi la camicia, già sdrucita ad arte.

"Volentieri, in fondo sono in vacanza." Si sorrisero.

"Ti chiedo un'altra cosa..." Continuò Orlando, poi le diede le spalle. "Mi allacceresti i pantaloni?" Evie rise piano, avvicinandosi e stringendo la chiusura d'epoca dell'indumento.

"Hmm..." Mormorò la ragazza, dopo aver finito; lui girò appena il capo.

"Mi stai forse guardando il culo?" Chiese ironico.

"Nooo..." Rispose divertita lei.

Orlando si voltò verso la ragazza ridendo, e la cinse alla vita; Evie si fece abbracciare, posandogli le mani sul petto. Si guardarono negl'occhi per un lungo momento.

"Sei molto carina, lo sai?" Le mormorò dolcemente; lei sorrise.

"E tu sei bellissimo." Replicò poi, carezzandogli una guancia; il ragazzo alzò un sopracciglio.

"Lo so." Dichiarò, con un sorrisetto furbo.

"Modesto..." Sussurrò Evie, appena prima che lui la baciasse.

"Orlando, tre minuti... Oh, scusa..." Il tutto era stato pronunciato con atona velocità, da un tizio con le cuffie che era entrato senza bussare, sorprendendo i due a scambiarsi il bacio.

Evie guardò il ragazzo allibita e un po' spaventata; lui sembrava del tutto tranquillo, sorrideva e continuava ad abbracciarla.

"Non preoccuparti, sono abituati." Le spiegò, scostandosi per infilarsi le scarpe.

"Perché? Lo fai spesso?" Domandò la ragazza, sarcastica, tenendo le mani sui fianchi.

"Se tu passi ancora..." Ribatté Orlando, alzando le sopracciglia divertito.

"Vabbene..." Riprese Evie, scuotendo il capo e prendendo la sua borsetta. "Ci vediamo dopo." Gli disse poi.

"Ok, ma non credo a cena, qui saremo impegnati fino a tardi stasera." La ragazza annuì, prima di uscire dalla roulotte.

 

Dopo aver lasciato il set, Evie decise di andare subito a fare la commissione per Orlando; prese un taxi e gli diede l'indirizzo che c'era sulla ricevuta, era una gioielleria.

Entrò incuriosita nel negozio, guardandosi intorno; poco dopo venne a servirla una splendida commessa di colore, lei gli porse la ricevuta.

"Devo ritirare questo." Le disse, mentre l'altra prendeva il foglio.

"Sì, benissimo, vado a prenderlo." Ribatté gentilmente la commessa, allontanandosi un momento. "Spero che ne sarà soddisfatta..." Estrasse una scatolina da una busta contrassegnata. "...è venuto proprio bene." Le mostrò il gioiello.

Era la piastrina d'oro che lei aveva regalato a Orlando, ma c'era sopra un'incisione; Evie la prese tra le dita, osservando il bel lavoro fatto, ma quello che la sconvolse fu quello che vi avevano scritto... il suo nome...

"Oh mio Dio..." Mormorò la ragazza, guardando meglio. "Oh mio Dio!" Disse di nuovo.

"Qualcosa che non va? Si scriveva forse con la Y?" Chiese preoccupata la ragazza.

"No, no, no, si scrive così..." Rispose immediatamente lei, continuando ad osservare il ciondolo, che ora era appeso ad un cordino di cuoio.

La ragazza non riusciva a togliere gli occhi da quella piccola scritta elegante incisa sull'oro... Evie... Ci aveva fatto incidere il suo nome, cazzo... voleva portare il suo nome al collo, omioddio...

"Allora, siamo a posto così, il signor Bloom ha pagato in anticipo." Le disse la commessa sorridendo; Evie ripose il ciondolo, le sorrise, prese la scatola e se ne andò, salutando cordialmente.

 

La veranda del bar dell'hotel si propendeva fin sulla spiaggia bianca; la notte era blu e tersa, calda, ma mitigata da una tenue brezza di mare, la luna illuminava quasi a giorno. All'interno del locale la luce era soffusa e rilassante, il salone quasi deserto; il barista stava cominciando a sistemare il suo bancone, mentre gli ultimi avventori svuotavano i bicchieri al suono di una dolce musica reggae. Evie era in piedi vicino al parapetto della veranda, e si muoveva piano al ritmo della musica, mentre la scatolina del gioiello era sul tavolo.

Qualcuno le posò le mani sui fianchi, depositandole poi un tenero bacio sul collo; Evie sorrise, riconoscendolo all'istante. Orlando, nel frattempo, aveva cominciato a muoversi con lei, seguendo la musica; era una sensazione molto sensuale, sentirlo così.

"Scusa per il ritardo..." Le sussurrò all'orecchio; gli rispose solo un sorriso e la mano della ragazza che si alzava per posarsi sulla sua guancia.

"Ti ho preso quello." Gli indicò la scatolina sul tavolo.

"Oh..." Mormorò lui, quasi sorpreso. "E, lo hai visto?" Le chiese poi.

"Sì..." Rispose Evie e, ancora a ritmo di reggae, reclinò la testa sulla sua spalla, guardandolo negl'occhi con un dolce sorriso. "Non dovevi..." Le parole erano di rimprovero, ma il tono era soddisfatto.

"E invece sì." Replicò Orlando, afferrando la scatola e prendendo il ciondolo; poi se lo mise al collo, ma sempre senza lasciare lei, e ballando piano. "Ti voglio avere sempre sul cuore..." Aggiunse, coprendosi il ciondolo sul petto con la mano.

Evie sorrise, felice, poi si baciarono lentamente; nel frattempo, l'atmosfera, la musica, il movimento, si facevano sempre più caldi... I lembi nudi della loro pelle si sfioravano, Orlando disegnava le curve del suo seno e dei suoi fianchi, Evie lo sentiva contro di se e non poteva trattenere le mani dal cercare l'orlo della sua maglietta.

"Andiamo di sopra..." Sussurrò il ragazzo contro il suo collo. "...mi sono stancato del telefono..." Aggiunse sensualmente.

"Anch'io..." Confermò lei, con un filo di voce; a quella risposta, le prese la mano, trascinandola verso l'ascensore.

Appena le porte si furono aperte, entrarono; Orlando schiacciò il pulsante del piano, poi la spinse contro la parete, cominciando a baciarla appassionatamente. Il ragazzo teneva le mani appoggiate alla parete, mentre Evie aveva messo le suo sotto la maglietta di lui. Per fortuna riuscirono a fermarsi prima che le porte si riaprissero.

Uscirono veloci, Evie davanti e Orlando dietro che la spingeva delicatamente con una mano sulla schiena; camminavano con urgenza, mentre lei tirava fuori le chiavi della camera.

"Orlando!" Una voce maschile li bloccò a un passo dalla stanza, e fu una sensazione sgradevolissima, come quando i vecchi vinile saltavano una traccia.

"Fanculo!" Imprecò Evie a denti stretti; lui la guardò sorpreso, ma poi sorrise.

"Lo liquido subito." Le disse nell'orecchio, poi si allontanò. "Che ci fai qui?" Domandò all'uomo elegante al quale si era avvicinato.

"Ma come?! Dobbiamo discutere di quel contratto!" Sbottò quello.

"Ahh..." Fece il ragazzo, passandosi una mano sulla nuca. "Guarda... stasera non ce la faccio proprio..." Continuò poi, con la faccia più abbattuta della storia. "...abbiamo girato tutto il giorno, sotto il sole, non ti dico..." Era incredibile come riuscisse a dire tutto con espressione sinceramente affaticata. "...non mi sento le gambe, devo proprio andare a dormire..." Ecco a voi, signori, l'interpretazione da oscar di Orlando Bloom. "...possiamo farlo domattina, anche sul tardi, giriamo solo di pomeriggio, eh? Ci vediamo, buonanotte." Aggiunse infine, impedendo all'uomo di aggiungere altro, poi si allontanò.

"Ma, Orlando... la tua camera non è..." Il tizio si voltò per indicare una direzione, ma quando tornò a guardare davanti a se, l'attore era sparito. "Orlando?" Chiamò, guardandosi intorno.

 

Evie e Orlando si erano rifugiati nella stanza della ragazza; dopo aver chiuso la porta si scambiarono uno sguardo languido, lui appoggiato allo stipite, lei a pochi passi.

La guardò sfilarsi lentamente la gonna, rimanendo immobile, poi le tolse la maglietta, facendola scivolare via dalle sue braccia; lei fece altrettanto, percorrendo il corpo del ragazzo, mentre gli toglieva l'indumento. Un solo bottone, ed i larghi pantaloni di Orlando caddero a terra; molte volte si erano descritti quella scena al telefono, la bramosia di essere nudi, ma la voglia di spogliarsi reciprocamente.

Raggiunsero il letto, ed Evie vi cadde sopra, seguita da Orlando; lui portava ancora il suo ciondolo, ed era l'unica cosa che ora indossava. La ragazza, allo stesso modo, ora aveva solo la sua catenina con le iniziali.

Lei gli sciolse i capelli, legati da un piccolo elastico nero, che caddero morbidi in avanti; lui sorrise e si piegò per riprendere a baciarla, poi la portò con se, quando si rotolò sul letto. Stavano facendo l'amore, dolcemente, con passione, con tenerezza, sul serio... questa non era davvero una telefonata, questi erano la sua pelle, le sue labbra, il suo corpo, i suoi sospiri...

 

Si abbracciavano ora, dopo l'amore, tra le lenzuola stropicciate, senza rendersene conto messi come quella notte a casa di Orlando; lui la stringeva a se delicatamente, sfiorando la sua spalla con le labbra. La sentì ridere sommessamente.

"Cosa c'è?" Sussurrò il ragazzo, sorridendo.

"Niente..." Rispose lei, divertita. "Solo... non ti ho chiesto di fare l'amore come se fosse l'ultima volta nella vita, però..." Orlando alzò appena il capo per guardarla. "...ti ringrazio di averlo fatto..." Aggiunse, poi rise di nuovo.

"Prego." Replicò lui, lusingato e divertito, poi prese a baciarle il collo e l'orecchio.

"E' stato magnifico." Affermò piano la ragazza; ed era sincera, era bravo, forse per l'esperienza con le sue tante donne, o forse per natura, però era bravo.

"E ancora non siamo arrivati alla panna..." Ribatté malizioso Orlando, affondando il viso nei suoi capelli; Evie spalancò la bocca, stupita, poi si sfilò il cuscino da sotto la testa e lo colpì.

"Brutto sporcaccione!" Lo rimproverò ridendo.

"Hey! Sta parlando la regina delle hot-line telefoniche!" Esclamò lui di rimando, colpendola a sua volta con l'altro cuscino.

La battaglia durò poco, presto i cuscini volarono in mezzo alla stanza, e loro si ritrovarono uno sull'altra; l'ultima cosa che Orlando riuscì a fare, prima che la sua attenzione fosse monopolizzata dal corpo di Evie, fu allungare la mano sul comodino, dove stava la scatola dei profilattici... (Raga, usateli sempre - N.d.Sara&Orlie)

 

CONTINUA...

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5 - Quell'ultimo passettino ***


5

5. Quell'ultimo passettino

 

La porta scorrevole della doccia si aprì lentamente; Orlando si voltò, era lei. L'abbracciò, si baciarono, mentre la trascinava sotto il getto di acqua calda.

Avevano fatto l'amore ogni giorno, dopo quella prima sera; quando il ragazzo non stava sul set, era a letto con Evie. E il bello era che non facevano solo l'amore con passione, ma parlavano, scherzavano, ridevano, come se il loro rapporto di amicizia si fosse non solo consolidato, ma approfondito e diventato più intimo, con il sesso. Lui sarebbe stato ore solo a sentirla parlare, ad ascoltare la sua voce; lei adorava osservare ogni espressione o smorfia che lui riusciva a fare col suo bel viso, e quel suo sorriso solare, che le scaldava il cuore.

"Allora te ne vai..." Mormorò Orlando, scostandole i capelli bagnati dal viso.

"Lo sai, se dopodomani non sono al lavoro mi licenziano." Rispose lei annuendo.

"Mi mancherai, è bello averti qui." Le disse, carezzandole le spalle e guardandola con un sorriso.

"Abbiamo sempre il telefono..." Ribatté allusiva Evie; lui rise.

"Non è la stessa cosa." Affermò poi.

"Lo so bene." Confermò la ragazza, abbracciandolo.

Sarebbe stato il momento per dire molte cose, ma nessuno dei due aveva voglia di cominciare un discorso serio, in quel momento, volevano solo godersi quell'ultimo giorno insieme, prima che un aereo riportasse Evie dall'altra parte dell'oceano.

Quella sera, dopo un ultimo cedimento alla passione in mezzo agli abiti pronti per la valigia, Orlando accompagnò Evie all'aeroporto; dopo l'imbarco dei bagagli, i due si salutarono.

"Mi mancherai." Le sussurrò il ragazzo, abbracciandola.

"Me lo hai già detto..." Replicò divertita lei.

"Lo so... ma volevo che il concetto fosse chiaro." Affermò allora Orlando, scostandosi e sorridendo ironicamente, anche Evie sorrise, ma in modo triste.

"Tu quando tornerai?" Gli chiese poi.

"Se non ci sono imprevisti, la seconda settimana di febbraio." Rispose il ragazzo.

"Più o meno tra un mese." Intervenne lei, poi fece una smorfia rassegnata.

"Sarà dura..." Ammise lui, fissandola, mentre le scostava i capelli dalla spalla; la ragazza gli sorrise. "Ti chiamerò..." Aggiunse poi.

La voce metallica dell'altoparlante li interruppe; entrambi alzarono gli occhi verso l'alto, da dove veniva il messaggio. Il tempo era finito.

"E' il mio volo, devo andare." Dichiarò Evie rammaricata.

"Dammi un bacio." Le chiese Orlando; la ragazza gli prese il viso tra le mani e gli baciò delicatamente le labbra.

Evie, infine, si avviò nel corridoio del check-in, salutandolo con la mano. E fu così, mentre la guardava andare via, con quella magliettina a fiori, quei capelli color miele, gli occhi scuri, che Orlando realizzò all'improvviso cosa provava davvero per lei... Corse verso il muretto che lo separava dalla ragazza.

"Evie!" La chiamò; lei si voltò un po' stupita. "Devo dirti una cosa!"

"Orlando..." Replicò la ragazza. "Non posso fermarmi, devo andare..."

"E' importante..." Continuò lui, posando le mani sulla transenna e guardandola supplicante.

"Signorina..." La hostess richiamò l'attenzione di Evie.

"Devo proprio andare..." Mormorò la ragazza, con sguardo dispiaciuto. "Me la puoi dire quando torni, quella cosa..." Aggiunse, facendogli un ultimo saluto con la mano.

Orlando, rammaricato, e anche un po' incazzato con se stesso,  la osservò scomparire oltre le porte del check-in; sospirando si voltò indietro per andarsene, ma si trovò davanti un muro di ragazzine già pronte a chiedergli un autografo. Rassegnato s'infilò gli occhiali da sole e sfoderò il migliore dei suoi sorrisi.

 

Evie stava cenando, quando squillò il telefono. Era passata qualche settimana, dalla sua partenza dai tropici; con Orlando non si erano sentiti spesso, lui le aveva detto che era molto impegnato nelle ultime settimane di lavorazione. Le telefonate, ad ogni modo, erano state molto più caste di quelle precedenti; ad entrambi, infatti, sembrava ridicolo parlare di certe cose, visto quanto era meglio farle dal vivo.

La ragazza posò il piatto ed il bicchiere nel lavandino, poi prese distrattamente il ricevitore; poteva essere lui, oppure sua madre per sapere come stava.

"Pronto..." Rispose Evie.

"Ma che voce hai?!" Esclamò Orlando; lei rise, poi tossicchiò.

"Ho un mal di gola tremendo." Confessò poi. "Qui fa un freddo cane, specie la notte." Aggiunse, con voce flebile e roca.

"Riguardati, non farmi preoccupare." Intervenne premuroso lui.

"Vabbene mammina!" Scherzò Evie; lo sentì borbottare.

"Scema..." Le disse infine. "E io che volevo darti una buona notizia..." La ragazza rise brevemente.

"Dai, non fare l'offeso, ti prometto che prendo la medicina e mi copro bene." Replicò divertita.

"Oh, così va bene!" Sbottò Orlando soddisfatto. "Sto tornando, abbiamo finito prima." Aggiunse poi, senza darle tempo di dire nulla.

"Davvero?!" Esclamò entusiasta la ragazza. "Quando?" Domandò stringendo la cornetta.

"Il mio volo dovrebbe arrivare tra due giorni, giovedì notte." Affermò Orlando

"Di notte?" Lo interrogò con tono deluso.

"Eh, lo so, tu sei fuori gioco a quell'ora..." Mormorò lui.

"Sì..." Confermò tristemente Evie. "Aspetta un momento..." Il ragazzo rimase in attento ascolto. "Potrei farmi trovare a casa tua, ho ancora le chiavi."

"Questa è un'idea geniale, Evie!" Replicò allegro Orlando.

"Allora, ci vediamo tra due giorni..." Dichiarò lei, con voce volutamente dolce; il ragazzo trovava che quell'arrochimento la facesse sembrare molto più sensuale del solito.

"Non vedo l'ora dolcezza..." Le salirono i brividi lungo la schiena, forse aveva la febbre... no, era la sua intonazione...

 

Quando le porte dello scalo internazionale dell'aeroporto si aprirono, Orlando capì come Evie si era presa il mal di gola; Londra era coperta di neve e la temperatura, a quell'ora del mattino, era glaciale, tanto che il povero ragazzo pensò di aver sbagliato aereo e di essere sceso a Oslo.

Era ancora buio, mancava poco alle quattro, ed il rimpianto per il sole dei Caraibi si stava già facendo strada nel cuore di Orlando, mentre languiva sul taxi, immerso in una delle sue coloratissime sciarpe; la malinconia, però, non riusciva a prendere il sopravvento, era troppo felice di rivedere Evie e fremeva al pensiero del calduccio nel suo letto e di quello del corpo della sua ragazzina spiona. Sorrise tra se, stavolta glielo doveva dire, in tutti i modi.

Entrò in casa piano piano, tutto era silenzio, ma c'era un profumo meraviglioso, di vaniglia, forse di cannella, insomma, proprio uno di quei profumi che ti dicono 'bentornato a casa, tesoro mio!'; tutto questo lo fece sorridere.

Mollò le borse nell'ingresso, vicino alla porta, poi si avvicinò la bancone della cucina; il suo sorriso si allargò ulteriormente, quando vide una di quelle torte dall'apparenza rustica, con lo zucchero a velo sopra. Senz'altro la colpevole di quel dolce profumo; ne staccò un pezzettino con le dita e lo mangiò. Dio, era dolce, morbida e deliziosa come Evie! Sorrise ancora, si diresse in camera.

La ragazza dormiva profondamente; poverina, c'era da capirla, con tutta probabilità era tornata dal lavoro da poco più di un'ora. Orlando si spogliò con una silenziosità da elfo (chissà che interpretarlo per tanti mesi non gli avesse lasciato qualcosa...), poi andò in bagno a farsi una doccia calda, mentre rifletteva su quello che avrebbe dovuto fare ora; non era necessario svegliarla, glielo poteva dire domattina.

Il ragazzo, con addosso la biancheria pulita e la circolazione ristabilita dall'acqua calda, si stese sotto le coperte; il calore sprigionato dal corpo di Evie era troppo invitante, le si avvicinò, abbracciandola nel loro modo ormai tipico, avvolgendola con le braccia, poi le baciò i capelli. Lei si mosse appena.

"Orlando..." Mormorò con un filo di voce.

"Sì, continua a dormire dolcezza." Le rispose lui, carezzandole la spalla e stringendola di più a se; la ragazza si sistemò tra le sue braccia.

La guardò, appena visibile grazie alla tenue luce che veniva da fuori, e gli sembrò ancora più bella; le scostò i capelli, fino a scoprire il collo, e la baciò.

"Ti amo..." Sussurrò contro la sua pelle.

"Era questo che volevi dirmi all'aeroporto?" Gli chiese Evie, quasi all'improvviso; lui sollevò un po' la testa per vederla in viso, sorrideva.

"Sì..." La ragazza rise. "Perché ridi?!" Sbottò Orlando offeso.

"Forse perché sono felice!" Esclamò lei. "Quanto pensavi di aspettare a dirmelo, ancora?!" Continuò, prendendogli il viso tra le mani; nel frattempo si era voltata verso di lui.

"Ma... cosa..." Orlando era sbalordito.

"Lo sapevo che volevi dirmi questo." Affermò Evie, sorridendo dolcemente. "L'avevo capito, solo non volevo metterti fretta, tu vivi in un mondo così diverso dal mio..."

"Ma che mondo e mondo!" La interruppe lui. "Io voglio sapere cosa provi tu?!" Le disse; la ragazza rise ancora, poi lo baciò.

"Certo che ti amo anch'io, cosa pensavi?" Gli confessò dolcemente, stavolta fu lui a baciarla.

"Potevi dirmelo, brutta... spiona!" Dichiarò poi, stringendola a se con passione. "Potevi dirmelo..." Mormorò poi, affondando il viso tra i suoi capelli.

"Te lo dico adesso..." Rispose Evie, carezzandogli i morbidi riccioli. "Ti amo da morire, Orlando..." Sussurrò nel suo orecchio con dolcezza; lo sentì ridere.

 

Fine

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=6060