I wanna be a rock star

di devilrose1982
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tour ***
Capitolo 2: *** Whisky a go go ***
Capitolo 3: *** L'incontro del secolo ***
Capitolo 4: *** Autodifesa ***
Capitolo 5: *** Scontri ***
Capitolo 6: *** Since I don't have you ***
Capitolo 7: *** Happy birthday ***
Capitolo 8: *** Caro Babbo Natale... ***
Capitolo 9: *** Chiarimenti ***
Capitolo 10: *** This I love ***
Capitolo 11: *** Estranged ***
Capitolo 12: *** Don't cry ***
Capitolo 13: *** Move to the city ***
Capitolo 14: *** My World (part.1) ***
Capitolo 15: *** My World (part.2) ***
Capitolo 16: *** My World (part.3) ***
Capitolo 17: *** At home ***
Capitolo 18: *** Riflessioni ***
Capitolo 19: *** Anything goes ***
Capitolo 20: *** Ti presento i miei ***
Capitolo 21: *** Patience ***
Capitolo 22: *** ...that was just a dream... ***
Capitolo 23: *** Addio. Farewell. Goodbye. ***
Capitolo 24: *** Different Life ***
Capitolo 25: *** Vogue ***
Capitolo 26: *** Red Rose for dessert... ***
Capitolo 27: *** Il mare e il falò: un bacio al chiaro di luna... ***
Capitolo 28: *** Volo AZ 485 Roma-Los Angeles... ***
Capitolo 29: *** I won't say a word... ***
Capitolo 30: *** If you could only live my life... ***
Capitolo 31: *** The end...??? (Finale Hollywoodiano) ***



Capitolo 1
*** Tour ***


Il mal di schiena mi stava uccidendo, era la parte meno divertente del tour, centinaia di chilometri al giorno in bus mi prosciugavano tutte le energie ma non potevamo permetterci altri mezzi e quello era il mio sogno, era sempre stato il mio sogno e non avrei smesso di gustarmene ogni singolo istante a causa di un po' di stanchezza.
Eravamo notevolmente in ritardo, altre soste non sarebbero state possibili di li alle prossime due ore, mi guardai rapidamente intorno, fuori dal finestrino il panorama era sempre uguale, gli altri ragazzi stavano tutti dormendo, l'atmosfera era ovattata, meglio quindi riaccendere l'i-pod e provare a rilassarsi.
Si, rilassarsi; come se fosse possibile, per quanto ci provassi da giorni vivevo costantemente in un'altra dimensione, i nervi a fior di pelle, non sapevo per quanto ancora avrei retto.
Non sopportavo tutta quella pressione
Io la sentivo piu' degli altri.
Le note di Appetite erano come sempre un sottofondo perfetto per i miei viaggi mentali.
Mi lasciai andare ai pensieri, tanto dormire mi era impossibile.
Eravamo un gruppo rock, un buon gruppo rock, a detta della critica il miglior gruppo rock degli ultimi anni, ottime promesse, peccato  che fossimo nati nel posto sbagliato negli sbagliati.
Gia; gli anni sbagliati, quegli anni che mi avevano sempre fatto sentire fuori dal coro.
Ero carina, cioè no carina, ero bella, sempre stata fin da piccola, ma la mia vena rock aveva spiccato su tutto il resto, anche a scuola, gli anni dell'adolescenza, le ragazze mi vedevano come un'aliena.
Avevo un bel viso, un bel fisico, genitori che mi consentivano di fare piu' o meno cosa mi pareva, serate in discoteca comprese, senza scomodarmi a raccontare grosse palle.
Ma per la stragrande maggioranza delle mie coetanee ero strana, loro mettevano di nascosto minigonne e lustrini, io mi coprivo di borchie e teschi,loro si disperavano per lo scioglimento dei take that, io ascoltavo il rock, quello vero.
Mi aveva "iniziato" mio padre, poco piu' che adolescente quando sono nata, ricordo come se fosse adesso quando entro' in casa col disco di quel nuovo gruppo americano, lo ascoltammo insieme.
Appena partirono quelle note spalancai gli occhioni blu e dimenticai tutto il resto, come una folgorazione, completamente rapita da quella musica che mi fece dimenticare lo stuolo di giocattoli sparsi sul pavimento, magicamente spariti, tutto annullato per un'ora.
Nell'attimo preciso in cui la puntina smise di solcare il vinile tutto mi fu chiaro.
Andavo ancora all'asilo ma avevo già deciso il mio futuro.
Niente principesse, ballerine e castelli fatati.
Io volevo fare la rock star.
Poi tutto il resto venne da se, i dischi ascoltati e riascoltati fino a imparare a memoria ogni minimo dettaglio, le giornate passate davanti a mtv ad aspettare che si decidessero a passare quei video, le notti a sperare in un successo che prima o poi sarebbe arrivato e che poi puntualmente arrivò.
Ce l'eravamo sudato, anche solo per le vacanze con gli amici saltate pur di comprare gli strumenti dei nostri sogni.
Solo per i sacrifici che avevamo fatto all'inizio per andare a suonare nei locali piu' sperduti.
Buttai un'occhiata distratta sulla rivista che avevo a fianco, ora che le nostre facce erano stampate in prima pagina,ci credevo davvero.
La gente veniva ad ascoltare noi.
E ora che anche gli States ci volevano non mi sembrava vero, ripensavo a quando tutto era ancora un sogno, sembrava passato un secolo.
Continuavo a ripercorrere il cammino che avevo fatto fin li.
Era più o meno fine agosto il giorno che il nostro menager ci aveva riunito in tutta fretta, ansimante, per proporci quello che avrebbe forse cambiato le nostre vite .
Faceva caldo e lui balbettava frasi sconclusionate, aveva uno sguardo alienato e un non so che me lo rendeva piu' odioso del solito, forse il fatto che per colpa di quel suo "è di vitale importanza" avevo dovuto rinunciare all'ultimo momento a una cena con le mie amiche.
Non so cose avesse di così tanto importante da dirci.
Lo ascoltavo senza grande interesse, soffermandomi sulle sue mani che non la smettevano di gesticolare, fissandole totalmente incapace di prestargli attenzione.
Una frazione di secondo, le mie orecchie avevano sentito bene?
Incrociai lo sguardo degli altri e avevamo gia deciso, o meglio, non c'era niente da decidere, solo da dire si.
Un tour negli Stati Uniti, 3 mesi in giro per i palchi che prima di noi erano stati solcati dai nostri idoli, in giro per i locali che li avevano osannati.
Ora tutto questo era toccato anche a noi.
Era gia tutto deciso, mancava solamente la nostra firma e di li a una decina di giorni saremmo partiti.
4 Settembre 2009 la data, ancora non credevo quando l'aereo atterò a Jfk.
Era tutto vero, la prima locandina che incrociai sulla strada per l'albergo me lo confermò.
La tentazione di scendere dal taxi e staccarla dal muro per averla come souvenir era veramente forte, fortunatamente Valerio mi fece desistere, riusciva sempre a riportarmi sulla retta via ogni volta che avevo qualche idea cretina, era il cantante del nostro gruppo, insieme a me il fondatore del gruppo, il gemello che non avevo mai avuto.
Mi girai di scatto senza rendermi conto di non avere piu' nessuno intorno, per quanto mi ero estraniata?
Un'ora, due ore forse, avevo completamente staccato da tutto e da tutti, senza rendermi contro del tempo che era passato mentre io vagavo tra i ricordi, eravamo arrivati al locale per le prove del concerto di quella sera.
La voce del menager mi fece capire senza troppa gentilezza che gli altri erano gia dentro che aspettavano solo me.

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Capitolo 2
*** Whisky a go go ***


New York - Cage, la prima data Americana,non tantissima gente presente, ma il pubblico sembrava sapere le nostre canzoni.
Da li Washington, Kansas city, Atlanta, Capital city, l'Indiana, lo Utha, la Florida, Lousiana con la sua New Orleans, centiana di facce diverse, migliaia di chilometri e poi le luci della città degli angeli.
Ed eccola finalmente la data che avevo bramato fino a quel momento, che per esattamente  84 giorni avevo aspettato con tutta me stessa, Los Angeles: Whisky a Go go.
La cattedrale.
Quante volte mi ero immaginata di stare su quel palco, quante volte mi ero immaginata anche solo di stare li a vedere suonare quella cascata di riccioli corvini sotto al cilindro nero.
Lo adoravo, avevo sempre voluto essere come lui, avevo imparato a suonare la chitarra, forse meglio di lui, peccato che LUI fosse irraggiungibile, alcune volte avevo persino fantasticato di poter vivere la sua vita, peccato che io ero: nata nel posto sbagliato, con circa vent'anni di ritardo e soprattutto femmina.
Effettivamente il fatto di essere femmina un po' mi penalizzava, era difficile che mi prendessero sul serio, come se essere nati sprovvisti del cromosoma y ti consentisse solo, agli occhi di tanti, di indossare qualcosa che mettesse in mostra le tette e sculettare su un palco.
Io scrivevo le canzoni, mi lanciavo in acrobatici assoli.
I camerini del whisky erano favolosi, un po' cupi ma avevano il loro fascino, velluto nero bordato di rosso, lampadari rossi a goccia dal gusto barocco.
Fantastico, semplicemente.
La preparazione fu abbastanza veloce e il manager chiamò i 5 minuti, c'eravamo finalmente, non stavo piu' nella pelle, con gli altri 4 ci facemmo coraggio a vicenda e via in pasto ai leoni.
Il concerto fu un successone, eravamo arrivati dritti alle persone, sembrava impossibile, ma quelli sapevano le nostre canzoni, squadravo le facce in prima fila, erano rapiti dalla nostra musica, lo vedevo dai loro occhi, si muovevano a tempo, qualcuno addirittura scandiva ogni singola parola.
Era una sensazione indescrivibile, stare su quel palco, imbracciare la mia BC e divertirmi insieme a un pubblico che a sua volta si stava divertendo.
Quando tornammo nel backstage ci venne incontro il padrone in persona, insieme al nostro promoter americano, Tim, uno sulla cinquantina che a primo impatto era tutto meno che credibile, sembrava un biker, ci presento' velocemente, il padrone, il signor Robin sembrava stranamente fin troppo cordiale, ci strinse la mano uno ad uno soffermandosi su di me:
-"Devi essere Cecilia" disse
- "Si" risposi, con aria interrogativa, non capivo il perchè di quella domanda ovvia, evidentemente se ne rese conto dei punti interrogativi nel mio sguardo e subito continuo':
-"Ah scusami, sono per te quelle"
Quelle disse, indicando piuù o meno un centinaio di rose rosse che perfettamente si intonavano all'arredamento.
-"Bellissime, ma chi le ha mandate?" gracchiai
-"Ahhhhhh un ammiratore..."
-" Oh si parlava tanto di groupie..."
-" Si, si, zitta zitta ha fatto colpo"
-"Tho ma guardala l'innocentina"
Furono piu' o meno i commenti ironici dei miei compagni d'avventure.
-"Quelle" - continò - "Le manda il Signor Rose"
Il Signor Rose, pensai, il Signor Rose che mi manda le rose, scacciai velocemente il pensiero cretino e mi fiondai sulla birra per continuare la festa con i ragazzi.
C'era qualcosa da festeggiare...

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Capitolo 3
*** L'incontro del secolo ***


Ancora concerti nella Mecca del rock.
Venerdi sera di enormi speranze, a dire il vero era ancora presto e con una birra in mano stravaccata sul divano del backstage ero concentrata a canticchiare con i guns nelle orecchie, dovevo essermi concentrata troppo, evidentemente ero stata  abbastanza brava a riprodurre la vocina di Axl Rose visto che Mattia di fronte a me aveva un'aria che non saprei descrivere, non saprei dire se era piu' sbigottita o chissà cosa.
-" Non mi avevi mai sentito cantare? E si che suoniamo insieme da parecchio..."
-" Voltati"
Glaciale, stranito, così imbambolato che quasi mi fece paura.
-" CC, girati" tuonò.
Cos'era successo... nemmeno ci fosse un maniaco omicida con una motosega.
Oddio pensai appena realizzai chi ci fosse veramente dietro di me.
Stivali texani, jeans, camicia rossa aperta sul petto, tantissimi anelli, bandana in testa, me lo immaginavo più alto sinceramente, in una frazione di secondo avevo studiato ogni singolo centimetro di quella figura, era cambiato con gli anni ma l'avrei riconosciuto tra mille.
Axl Rose.
No, aspetta, le rose, il signor Rose, no, non era possibile, non poteva essere stato lui.
Era una cosa inimmaginabile.
-"Salve, posso?"
Chiese, evidentemente solo per cortesia visto che era gia entrato e aveva gia preso posto sul  divano vicino a noi.
-" Bel concerto ieri sera mi hanno detto, purtroppo non sono riuscito ad essere presente, ci tenevo ad essere qui stasera..."
Sembrava anche gentile
-"... dicono che siete bravi, anche se di solito la gente tende ad esagerare, volevo vedere di persona se valevate davvero..."
Gentile forse era un parolone...
-"Anche le belle ragazze si sono messe a fare rock"
Ok ok, lui era quello che era, una celebrità, un mostro sacro, adoravo le sue canzoni, lo avevo segretamente ringraziato per averci regalato perle come November rain, My Michelle, ma non mi era mai stato simpatico e il suo tono in quel momento non mi faceva certo cambiare idea.
C'era un qualcosa di strano nelle sue parole, nel suo tono, nella sua voce che non me lo faceva sentire sincero.
Mi sentivo a disagio, e non perchè stavo parlando, oddio,lui stava parlando, noi ci limitavamo a 
fare da spettatori al suo monologo visto che interrompeva ogni abbozzo di nostra risposta.
Mi sentivo a disagio perchè non mi toglieva gli occhi di dosso, mi guardava come se non avesse mai visto una donna in vita sua.
-" Vedrà chi siamo, così si renderà conto che è valsa la pena disturbarsi a  venire fin qui"
Respirai e feci un cenno di ringraziamento a Mattia per la sua sfacciataggine.
-" Speriamo" disse mentre si versava del vino nel bicchiere
-" Ma non datemi del lei, mi fa sentire vecchio" 
-"Mi aspettavo un grazie per le rose, me le ricordavo più cordiali le italiane"
Quell'uomo mi irritava sempre di più mentre continuava a fissarmi, mi versò del vino nel grosso calice di cristallo che teneva in mano, abbozzò un brindisi con un sorriso malizioso girandomi intorno come fanno le api con i fiori.
Fortunatamente arrivò anche il resto del gruppo per iniziare le prove.

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Capitolo 4
*** Autodifesa ***


 
Fortunatamente anche quello andò bene nonostante la pressione che mi sentivo addosso.
Era inevitabile, quell'incontro mi aveva sconvolta e lui era ancora lì ad aspettare.
Si complimentò sinceramente, soprattutto con i ragazzi, con loro si comportava quasi da fratello maggiore, li trattava come suoi pari.
Loro.
Io non ricevevo lo stesso trattamento, come tutti evidentemente mi vedeva come la bambolina che giocava a fare la rocker.
A me nessuna parola sul concerto, niente di niente.
In compenso mi stava addosso come un rapace con la sua preda.
I suoi commenti su di me si limitavano al mio aspetto fisico, aveva notato la mia figura alta e slanciata, i miei occhi blu, mi sussurrò nell'orecchio con voce languida che i miei capelli erano
profumatissimi e morbidissimi, mentre ci affondava le mani.
Com'era possibile che nessuno si rendesse conto che ero così terribilmente a disagio?
Gli altri erano occupati a godersi la festa post concerto e tutto quello che ne derivava, fans che
li osannavano, ragazze, io non ero lì a bearmi di tutto quello.
-"Brindiamo a te Dea"
Non volevo altro da bere, volevo restare lucida, non capivo bene se per godermi in
pieno quel momento o perché restando lucida sarebbe stato più facile tenerlo a bada.
Insisti quanto vuoi, parla, giocati tutte le tue carte, ti sembrerà impossibile, ma non verrò a
letto con te, mi ripetevo per convincermi.
Accettai comunque il vino, in fondo mi divertivo a giocare a quel gioco, ero pur sempre femmina, mi piaceva sentirmi corteggiata.
Soprattutto da uno come lui.
Passammo un bel po' di tempo a parlare del più e del meno, continuando a bere, più lui si faceva insistente, più io ero maliziosa e scostante.
Guardavo gli altri in lontananza che mi guardavano a loro volta divertiti, incapaci di credere ai loro occhi.
Io mi avvicinavo pericolosamente a lui sfoggiando i miei migliori sguardi da cerbiatta.
La testa iniziava a girarmi.
-"Grazie, ma ora devo andare dai i ragazzi, non posso lasciarli in pasto alla stampa da soli"
Rimase di sasso ma nonostante nei suoi occhi vidi bruciare la delusione non disse nulla.
La festa si prolungò più del previsto, mi trattenni a lungo a parlare con un gruppo di ragazzi che
ci avevano seguito per diverse date, quando iniziai a smaniare per rivederlo lui ovviamente era
andato via.
E io ero...
Delusa?
Mi sentivo una scema.
Arrivammo in hotel che il sole splendeva già alto, gli ultimi tre giorni erano stati pieni di emozioni, riuscivo a toccare il cielo con un dito, ma ero anche stanca, il tour stava finendo ed era stato massacrante.
Sabato sera, Devil's cellar, ultima data del tour.
Il delirio, dovettero scortarci fin dentro al locale per la massa che si era accalcata in strada, non so dove sarebbe riuscita ad entrare tutta quella gente, mi preoccupava ma mi rendeva orgogliosa.
Superò addirittura le nostre aspettative, fu un successone.
La chiusura perfetta di quell'avventura.
La festa quella sera si spostò nella hall del Four Seasons, dove mi aspettava insieme a decine di tipi di fiori diversi, il cui biglietto recitava "Con le rose non ho fatto colpo, sarò più originale”.
Ridacchiai fra me e me, un po' scocciata e un po' lusingata per tutto quell'interesse, arrossii e gli altri lo notarono.
Mi dava fastidio che mi sfottessero così, che insinuassero che la lady di ghiaccio avesse permesso
di infatuarsi di una celebrità.
-“E' solo una star sul viale del tramonto che si aggrappa con le unghie al ricordo dei tempi passati, è veramente patetico" sentenziai acida cercando di mantenere intatto il mio orgoglio.
Quanto cogliona ero stata me ne resi conto vedendo la sua sagoma immobile sulla porta.
Ovviamente aveva sentito tutto.
Mi fissava gelido, non so se il suo carattere irascibile fosse solo una leggenda, ma il suo sguardo
mi fece paura, un brivido mi paralizzò la schiena, ma durò un istante.
Sbatté forte la porta dietro di lui.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Scontri ***


Ma cosa mi saltava in mente?
Lo stavo seguendo?
Lo raggiunsi appena fuori, nella chiostra.
-"Mi dispiace" dissi.
-"Lo sai anche tu che non è vero " la sua voce si era fatta sadica, fredda.
-"Non hai capito niente" rincarò la dose, "per una volta che cercavo di fare qualcosa di sincero, che ero interessato veramente a una persona che aveva i miei stessi interessi, hai rovinato tutto"
Lo guardai dritto negli occhi senza sapere cosa dire.
Abbassai lo sguardo.
-"Ti piaceva l'idea che qualcuno di famoso si interessasse a te, ma volevi andare oltre, mi volevi dimostrare a tutti i costi di essere tu a condurre il gioco."
Evidentemente avevo tirato troppo la corda, per me era un gioco, lui se l'era presa un po' troppo a cuore, cercai di fingere disinteresse peggiorando le cose visto che mi strattonò per un braccio.
-"Ascoltami bene" mi stava facendo male.
Si accese una sigaretta, nel buio della sera il bagliore della fiamma dell’accendino li infuocò gli occhi rendendolo per un  istante simile a un demone.
Aspirò una boccata e mi sputò il fumo in faccia, insieme alla sua rabbia.
-"Pensavo che tu fossi diversa, che amassi la musica piu' di ogni altra cosa, pensavi che ci volessi provare senza ritegno? Poteva essere anche vero, ma apri bene le orecchie, perchè quello che sto per dirti ti brucerà un pochino" era tagliente, lo faceva apposta per ferirmi.
-"E' parecchio che vi seguo, ho ascoltato tutti i vostri dischi, ho smosso mari e monti per farvi arrivare fin qui, hai uno stile unico nel comporre i tuoi testi, mi ricordi molto…Me…Volevo proporti di aiutarmi col nuovo album, mi servivano idee fresche e tu potevi darmi una mano, ma non ti interessava, dovevi dimostrare a tutti i costi di essere superiore a tutto e tutti".
-“Sei te che sei patetica”.
Colpita e affondata.
-"Sei solo uno stronzo Axl Rose."
Di tutto quello che avevo in mente quelle furono le sole parole che mi uscirono dalla gola, era inutile cercare di giustificazioni, aveva ragione lui.
Riuscii a divincolarmi dalla presa, lui mi lasciò andare senza forzare.
Mandai un messaggio agli altri di non aspettarmi, che ero stanca, poi presi un taxi e arrivai all'hotel.
Quelle parole pesavano come un macigno, non sapevo se fossero vere o se le avesse dette col solo scopo di farmela pagare.
Mi rassegnai, avevo buttato nel cesso la mia occasione per il troppo orgoglio.
Era inutile ora leccarsi le ferite.
Decisi di scacciare via tutti i pensieri mentre cercavo di far rientrare in valigia tutte le mie cose.
L'indomani mattina salii sull'aereo che mi riportava a casa, ormai non valeva più la pena farsi male inutilmente.
Sarei tornata a casa vantandomi con le mie amiche di quell'esperienza favolosa.
Avrei tenuto solo la parte bella del tour.
Dimenticandomi di quell'ultima discussione.
Ma una frase mi tornava in mente, "... ho smosso mari e monti per farvi arrivare fin qui..." ma sinceramente non capivo il significato di quella frase.

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Capitolo 6
*** Since I don't have you ***


Ormai ero a casa, appena varcato la soglia mi chiusi la porta alle spalle lasciando fuori l'alter-ego rockstar.

Morivo dalla voglia di tornare a una vita normale, alle mie abitudini da comune mortale,al mio svegliarmi all'ora di pranzo, la spesa al mercato, gli aperitivi, il solito ritrovo con gli amici,cosa c'era che pero' non andava?

Di solito ogni volta che tornavo da un tour ero entusiasta, al settimo cielo, perchè quella volta non era così?

Di solito non vedevo l'ora che qualcuno mi chiedesse com'era andata per raccontare tutto nei minimi dettagli, senza tralasciare niente, ero ansiosa che mi facessero mille domande, non questa volta, dopo i primi giorni di racconti mi chiusi in un mutismo strano, evitando anche accuratamente qualsiasi contatto con gli altri membri del gruppo.

Semplicemente chiusi gli occhi, ripercorsi uno ad uno gli ultimi giorni del tuor e feci finta che non fossero mai esistiti.

Mi abbandonai al quotidiano senza grossi sforzi.

Le feste di Natale erano alle porte, la città era addobbata, mai come quell'anno mi metteva addosso una strana malinconia, ma concentrarmi sui regali da fare era un’ottimo pagliativo.

Il centro commerciale era sommerso di gente, la calca rendeva difficile anche avvicinarsi agli scaffali, mi sentivo soffocare e non riuscivo neanche a leggere la lista che avevo in mano.

Tutto intorno a me persone che sembravano impazzite mentre si ammassavano addosso agli scaffali cercando di arraffare a caso quanta piu’ roba possibile, bambini urlanti e scalmanati che correvano avanti e indietro facendo lo scivolo con i carrelli.

Dagli altoparlanti iniziarono a suonare le note tutt’altro che natalizie di Welcome to the jungle.

Perfetto pensai.

Mi diressi verso la zona della libreria, cercando qualcosa di diverso dal solito da regalare ai miei cari, avevo gia afferrato la ristampa di “Memorie di una geisha” per la mia amica Bianca e una raccolta di manga per il mio fratellastro, presi rapidamente un live dei Pink Floyd ma mentre mi recavo alla casa mi imbattei in un Axl Rose alto 2 metri che pubblicizzava da un cartellone le date dell’imminente tour europeo.

Mi resi conto che in tutto quel tempo avevo vissuto come un'automa.

Non avevo più ascoltato i Guns, non avevo mai sbirciato su internet se c'erano novità, non avevo mai canticchiato nessuna sua canzone, quasi come se volessi provare a me stessa che lui non esisteva, che non c’eravamo mai incontrati.

Il problema era che lui esisteva, in carne e ossa, che avevamo parlato, ci eravamo scontrati, lo stavo solo negando a me stessa.

Il ricordo di quegli occhi mi colpì come un pugno in pieno viso, quella sera proprio non ce l’avrei fatta a stare a casa, meglio quindi provare a radunare gli amici  e organizzare qualcosa.

Ci trovammo dopo cena al solito bar, era una bella serata per essere metà dicembre, il cielo stellato si rifletteva sul mare e sugli scogli, si stava bene fuori, la temperatura era piacevole, era rilassante stare  con gli amici di sempre a bere una birra, mi aveva sempre dato un senso di tranquillità quel posto.

Dio come mi mancava quell’atmosfera familiare, tutte le chiacchiere che sempre vertevano sulle onde, sul lavoro.

-“Dal 1 febbraio mi mandano un mese a lavorare a Siviglia, hanno aperto una filiale li e devo andare a seguire il lavoro dei nuovi assunti”

-“E non sei contento?”

-“Ehhhh come no, sono contento, è una bella opportunità, ma mi girano le palle perché avevo gia preso i biglietti per i Guns n’Roses il 6 febbraio a Milano e non ci posso andare, avevo smosso mari e monti…”

-“Cos’avevi fatto?’” sbiancai…

-“Era stato difficile trovargli, erano già quasi tutti esauriti a fine estate, non hai mai sentito dire “ho smosso mari e monti?”

-“Si, ma…”

Eccome se lo avevo già sentito dire, e la voce che me lo aveva detto era tagliente come una lama .

-“Il 6 febbraio hai detto?”

-“Si, il 6 febbraio a Milano, unica data italiana”

-“Te li prendo io” dissi senza pensare…

La serata aveva preso una piega inaspettata, le coincidenze erano state fin troppe per non farmi scattare un campanello d'allarme, la canzone al centro commerciale, il nuovo lavoro del mio amico, l'unica data italiana il 6 febbraio.

Improvvisamente capii tutto.

Avevo bisogno di sentire il mio manager, avevo bisogno di conferme, che puntualmente arrivarono.

-“No, non e’ stato un caso che vi abbiano chiamato negli Stati Uniti, è stata la casa discografica dei Guns nRoses che mi ha contattato, all’inizio dovevate suonare come spalla a loro, ma durante il loro tour voi eravate impegnati a registrare il nuovo disco e abbiamo dovuto spostare tutto, e poi il resto lo sai, mi avevano chiesto di non dire niente, era rimasto in ballo la parte del loro tour europeo, ma poi all’improvviso hanno chiamato altri come supporto, ma come fai a saperlo?”

-“Voci, ma lascia perdere, se l’avessi saputo prima mi sarei evitata qualche figura di merda.”

-“CC è tutto ok?”

-“Si, si lascia perdere, ci sentiamo”

Avevo troppo bisogno di risentire quella voce, accesi Since I don’t have you nello stereo a palla mentre guidavo veloce sulle strade semideserte.

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Capitolo 7
*** Happy birthday ***


Finalmente il 6 febbraio, mi preparai con cura all'evento scegliendo il look dopo ore e ore di prove davanti allo specchio, indossai un vestitino grigio perla stretto in vita da un fiocco di raso nero, scarpe col tacco nero, raccolsi i capelli e mi truccai mettendo in rilasto gli occhi, forse ero un po' troppo elegante per un concerto rock, ma volevo essere perfetta, non sembrare una groupie.
Presi il pacchettino verde e dorato che da giorni giaceva in bella mostra sopra al mio comodino insieme al biglietto per il concerto e al pass vip che mi ero abilmente fatta rilasciare dal locale.
Ormai era tutto pronto, c'era solo da raggiungere Milano che distava da casa mia circa 300 km, non sarebbe stato un problema, avevo bisogno di scaricare la mente e guidare da sola mi avrebbe consentito di riordinarmi le idee.
Poche ore mi separavano dal rincontrarlo. 
Avevo avuto due mesi di tempo per pensare a cosa gli avrei detto quando ci saremmo trovati di nuovo faccia a faccia.
Aprii la portiera della macchina, salii, scelsi Chinese democracy a farmi compagnia e mi misi in marcia speranzosa e piena di buoni propositi.
Quando arrivai a Milano era già l'ora del concerto, il palazzetto era stivato di persone trepidanti, presi posto quasi in fondo alla sala.
Era da paura, non li avevo mai visti in concerto e la sua voce sembrava ancora quella di una volta, gli anni passati non l'avevano scalfita.
Mi fece venire un groppo allo stomaco, inviadiai Ashba con tutta me stessa mentre li stava accanto suonando l'inizio di Sweet child o'mine, per me era veramente troppo, mi sentivo mancare il fiato, dovevo uscire.
Stavo cercando di superare un capannello di gente in fondo alla sala per uscire a prendere una boccata d'aria quando scorsi da lontano Claudio, il buttafuori del locale che mille volte ci aveva rimproverato bonariamente per la quantità di gente che facevamo passare nel backstage dei nostri concerti lì.
Mi salutò con entusiasmo,lo stesso con cui lo ricambiai ricordandomi che aveva un debole per me, per un attimo mi sentii anche in colpa quando ne approfittai e con tutta la sfacciatagine che avevo, mostrando il pass vip, pregandolo di farmi entrare già da subito nel backstage.
Volevo evitare di incrociare troppa gente dopo.
-"Lo sai che non si può, devi aspettare la fine del concerto".
Insistii, tanto non sarebbe stato difficile farlo desistere.
-"Eddaii... per favore" - "E' sempre stato il mio sogno conoscere Axl Rose, lo sai...pensa alla strada che ho fatto per venire qui..."
Sfoderai gli occhioni da cerbiatta e una voce quanto più smielata possibile, sapevo di avere un certo ascendente su di lui, un paio di volte ci aveva provato, nel nostro ultimo concerto aveva smosso anche l'esercito pur di farsi dare il mio numero, ottenendolo dal mio batterista dopo ore e ore di suppliche.
Evidentemente sperava ancora che gli concedessi un'uscita.
-"Si, va bene occhioni,proprio perchè sei te, ma vedi di non farti sgamare dalla direzione sennò siamo nei casini, supera il corridio, apri la porta verde, il camerino di Axl Rose è il secondo sulla sinistra."
-"Grazie grazie grazie."
Perlomeno nei ringraziamenti ero stata sincera.
Non mi interessava sentire il concerto, non mi interessava più.
Il camerino era proprio come me lo aspettavo, approfittai del tempo che mi restava prima che lui tornasse , mi sedetti sul divano di pelle beige, mi rialzai, accarezzai i suoi abiti sullo stesino, mi ritoccai il trucco nel grosso specchio, mi rigirai tra le mani il pacchetto centinaia di volte, rischiando di rovinare la confezione.
-"Tu che ci fai qui?" la sua voce era provata dalle due ore di concerto, ma inconfondibile, non avevo fatto caso che era l'una passata, avevano già finito da una mezz'ora.
-"Allora?" tuonò Axl dalla soglia della porta, guardandomi senza neanche entrare.
-"Mi pareva di essere stato chiaro, non ti voglio tra i coglioni."
Evidentemente non era sua intenzione perdonarmi visto che chiamò la sicurezza per farmi sbattere fuori.
-"Ero venuta solo per augurarti buon compleanno" fu l'unica cosa che riuscii a dire, posando il pacchettino sul divano e andandomene.

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Capitolo 8
*** Caro Babbo Natale... ***


I tacchi mi stavano uccidendo, camminare senza scarpe fino alla macchina non sarebbe stato un problema, dopo questa serata avrei potuto tranquillamente farmi i restanti 300km a piedi scalza fino a casa, avrei provato meno dolore.
Io ti volevo solo chiedere scusa, dicevo tra me e me come una bambina cercando di convincermi.
Le lacrime mi rigavano gli occhi mentre il conta chilometri sfiorava i 200 orari, non avrei dovuto guidare in quelle condizioni ma non me ne fregava niente.
Arrivai a casa che era ancora buio, con il trucco colato per il pianto e lo smalto rovinato per la smania, meravigliandomi di essere arrivata sana e salva a causa dell'eccessiva velocità.
Ignorai abilmente la luce lampeggiante della segreteria ,il cellulare che continuava a trilla e andai dritta sotto la doccia per togliermi di dosso i residui di quella giornata di merda.
Alla fine cedetti snervata al cellulare
-" Ti sto cercando da ore" disse preoccupato il mio manager dall'altro capo del telefono
-"L'avevo capito dai 600 messaggi che mi hai lasciato"
-"Cos'è successo ieri sera? Ho bisogno che tu venga subito all'Hilton"
-"Dove?"
-"All'Hilton, a Milano."
-"Sono le 5 di mattina, sono a casa, sono appena tornata a casa, non ho dormito, non intenzione di venire a Milano..Ma cosa ci fai a Milano?"
-"Mi scusi Sua maestà, io cosa ci faccio? Mi hanno chiamato dalla casa discografica 4 ore fa ma ho capito solo che c'entravi te, e sai che quando c'entri te non ci sono mai buone notizie, per cui, visto che per colpa tua nemmeno io ho dormito, muovi il culo che tra mezz'ora passa una macchina a prenderti"
-"Ciao anche a te..." bofonchiai sarcastica ma aveva gia chiuso la conversazione.
Che poi era l'unica volta che non ho avevo combinato niente, a parte entrare nei camerini, ma non credo ce l'avessero con me per quello, non poteva essersi incazzato tanto, riempii la borsa a caso e aspettai l'autista per strada.
Mi svegliai con il manager incazzato che bussava al finestrino nel parcheggio dell'hotel.
-"Buongiorno..." lo salutai ancora mezza assonnata e di pessimo umore.
-"Ti aspettano, non so chi, non so cosa, muoviti, stanza 930."
Stanza... reggia 930, non avevo mai visto niente di più lussuoso, era il doppio di casa mia, un cameriere in livrea mi fece accomodare in un salottino, quando tornò dieci minuti dopo lo seguii in terrazza dove LUI stava fumando e mi venne incontro facendo cenno di lasciarci soli.
-"Non ho chiuso occhio stanotte e non sono dell'umore migliore, ma apprezzo lo sforzo che hai fatto arrivando fin qui, volevo chiederti una cosa."
-"Dimmi" la voce mi tremava e gli avrei detto volentieri che anche io non avevo chiuso occhio, che mi ero fatta quel viaggio due volte nel giro nelle ultime 7 ore e che sicuramente il mio umore era peggiore del suo, ma feci solo cenno con la testa.
-"Ero solo curioso di sapere, eri tu?"
Ero io si, ero io felicissima, ero io che non sentivo più la stanchezza, ero io che rischiavo di farmi scoppiare il cuore dalla gioia e dall'emozione, ero io che non m'importava più di niente, solo che lui avesse visto il mio regalo.
Avevo pensato per tanto tempo al regalo che si poteva fare a una star che mi odiava, per farmi perdonare, poi guardando a casa tra le cose vecchie avevo trovato qualcosa che non l'avrebbe lasciato indifferente.
Ero io quella bambina con gli occhi blu e le treccine che cantava a modo suo welcome to the jungle, mentre i parenti divertiti imprimevano per sempre quel momento su una videocassetta.
-"Si, ero io, avevo 6 anni."
Mi porse poi il biglietto che era insieme al regalo facendomi capire che non era riuscito a capire cosa fosse nè a trovare qualcuno in grado di tradurlo.
Iniziai a leggere quel biglietto scritto a pennarello dorato e a caratteri infantili:
-"Natale 1988, Caro Babbo Natale, mi conosci, l'anno scorso mi hai fatto portare la casa di Barbie e i pattini rosa, grazie dei regali, ma quest'anno ti volevo chiedere una cosa perchè il mio babbo per farmi addormentare mi canta sempre una canzone, ma non e' tanto bravo e io faccio solo finta di addormentarmi così smette, ma lo sai che sono buona e lo faccio per non farlo essere triste, però ti chiedevo se mi mandavi qui il cantante Acsel Ros che me la canta lui che è più bravo, mi raccomando Babbo Natale, non te lo scordare di dirglielo."
Non so dove ma da qualche parte a casa avevo trovato anche quella letterina che scrissi esattamente 22 anni prima, mettendola nel regalo come biglietto, mi sembrava un'idea carina.
Avevo gli occhi lucidi nel rileggerla, lui se ne accorse e si avvicinò, mi sorrise in una maniera talmente dolce che iniziai a piangere come una bambina, lo abbracciai d'istinto tradita dalla commozione, lui strinse l'abbraccio e mi disse "Grazie" asciugandomi le lacrime.
-"Dall'altra parte del mondo è ancora il 6 febbraio, tanti auguri Axl Rose".

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Capitolo 9
*** Chiarimenti ***


Festeggiammo il suo compleanno con una colazione a base di caffè e cornetti caldi sulla terrazza dell’hotel, dalla veranda socchiusa si poteva ammirare un panorama mozzafiato.
C’era un timido spiraglio di sole su Milano che rifletteva una luce fantastica sui tetti bagnati di rugiada, spostai lo sguardo a cercare la Madonnina che svettava tra i palazzi, abituata alla calma del mio mare quella città caotica non mi aveva mai entusiasmato, ma quella mattina mi sembrava fantastica.
-"Tra due ore devo partire per l'aeroporto"
-"Ok, ti lascio andare."
-"No, aspetta, ci sono delle cose che volevo chiederti"
-"Dimmi"
-"Continui a pensare che io sia finito?"
-"Sinceramente, l'ho pensato, gli anni sono passati, ma vedendoti sul palco, sentendo la tua voce, mai come ieri mi sei sembrato quello di una volta"
-"E pensi che sia un dittatore?"
-"Non lo so, oddio, un dittatore... Hitler era un dittatore, tu al massimo sei un po' stronzo" azzardai, ridendo.
-"Che cazzo, sono solo un perfezionista, mi piace avere tutto sotto controllo, il problema è che tutti giudicano dalle quattro cazzate che hanno sentito su di me, nessuno si è mai preoccupato di vedere cosa c'era dietro, era il mio sogno, capisci? Non ho mandato tutti a fanculo per un capriccio, non volevo che nessuno me lo potesse rovinare”.
Mi chiesi sinceramente se stesse cercando di convincermi o di convincere più se stesso.
-"Ma è anche merito degli altri se sei diventato quello che sei"
Mi morsi la lingua, non mi resi conto di quanto fosse spinoso l'argomento ex compagni di band.
-"Si, è anche merito loro e non finirò mai di essergli grato di tutto, ma alla fine è andata così, abbiamo preso strade diverse, loro si incazzavano sempre, volevano fare i cazzi loro, dicevano che ero io che li tenevo a freno, che ero la prima donna, che volevo avere l'ultima parola su tutto, ma poi entravo in sala prove e componevo intere canzoni, mentre loro erano in giro a fare casino, allora chi era lo stronzo?"
-"E non ti mancano mai?"
-"Terribilmente, ma che ci vuoi fare, abbiamo preso strade diverse"
-"E non pensi che valga la pena...?"
-"No, sinceramente no, ormai abbiamo la nostra vita, provare a tornare insieme, forzare, quello si, sarebbe patetico davvero"
Dov'era l'Axl Rose di cui tutti parlavano? Quella mattina la rock star capricciosa aveva lasciato spazio a una persona vera, decisamente migliore di come l'avevo sempre immaginata, di quella che descrivevano nelle pagine patinate delle riviste.
-"Axl..."
-"Ti volevo chiedere una cosa, ma ho paura di pentirmene, non voglio che pensi che sia troppo sfacciata"
-"Io penso già che tu sia troppo sfacciata"
Il tono della sua voce e l’espressione del suo viso erano però ora rilassati, quasi canzonatori, mi sentivo a mio agio.
-"Ok, lo prendo come un si, è tanto che ci penso e non riesco a levarmelo dalla testa, quelle cose che mi hai detto, quella sera al Four Seasons dopo il concerto le pensavi davvero o ci volevi solo provare?"
Buttò indietro la testa, sorseggiò il caffè che aveva davanti, si tolse gli occhiali da sole, si appoggiò allo schienale della poltrona, mi guardò dritto negli occhi e rispose:
-"Così mi deludi, vedi qual è il problema, che nessuno mi prende sul serio, pensi davvero che se avessi voluto portarti a letto avrei durato fatica a inventarmi tutte quelle storie?"
Domanda retorica...
-"Sempre la stessa storia, per anni ho potuto avere tutte le ragazze che volevo e non me ne fregava niente, le rare volte che ero veramente interessato a qualcuno, e magari ero gentile, mi sforzavo di essere una bella persona senza fare lo stronzo, quella pensa che la voglio solo portare a letto.
Ti posso garantire che se avessi voluto portarti a letto sarei stato molto diverso"
-"Ok, sono stata un'idiota io, ma mettiti nei miei panni, noi non siamo così famosi, si, abbiamo fatto due o tre cd, ma non siamo certo celebrità, negli Stati Uniti non ci conosce quasi nessuno, d'un tratto ci chiamano a suonare in America, è un'occasione unica, sono gasatissima perchè finalmente realizzo un sogno e appari tu, Axl Rose, uno dei miei idoli di una vita, uno che tutti descrivono come uno stronzo e fai tutto il carino, mille complimenti per la musica, mi fai capire che dietro alla nostra chiamata in America c'eri te, che addirittura volevi che ti aiutassi a scrivere dei nuovi pezzi, io sono una ragazza, e come tutti dicono, le ragazze non sono adatte a fare rock, e io conosco la tua fama, tutte facevano la fila per venire con te, cosa dovevo pensare? Che veramente ti interessasse come suonavo? Che ti interessassero i testi che scrivevo?”.
-"Si, ma non ti sei nemmeno preoccupata di pensare che fosse vero, non sarete famosi negli Stati Uniti, ok, ma nella tournè Europea non ho sentito altro che parlare di questo gruppo italiano che a detta di tutti faceva il culo alla maggior parte dei gruppi più famosi e mi sono incuriosito, ho cercato le vostre canzoni, le ho ascoltate e riascoltate centinaia di volte, mi piaceva il vostro genere, i vostri testi mai banali, e poi quegli assoli di chitarra, non avevano niente da invidiare ai nostri e ho pensato che dietro quello strumento ci fosse un chitarrista coi controcoglioni e ho scoperto te, ho cercato informazioni su di te, ho scoperto che eri l'autrice della maggior parte delle canzoni e che da bambina sognavi di essere come Slash, non potevo non venire a bussare alla vostra porta"
-"E' vero, mi ricordo quell'intervista, è la domanda di rito, sempre, a chi ti ispiri, era vero, io ho sempre voluto essere come Slash, era il mio chitarrista preferito."
-"L'ho letto e credimi, avrei preferito che dicessi che ero io il tuo preferito" disse con un tono finto offeso, mi sfoderò un sorriso che mi sciolse, era diventata una conversazione piacevolissima.
-"Ma ho anche visto come ti comportavi con i tuoi compagni, durante il tour, prima e dopo i concerti, ti ho studiato attentamente e c'ho rivisto, me, tanti anni fa, sei come me, per quello ti ho voluto"
Ci vennero a chiamare i suoi assistenti, la macchina l'aspettava per andare all'aeroporto, guardò l'orologio, le due ore erano volate, ci alzammo e mentre lo accompagnavo all'ascensore dissi a testa bassa con un filo di voce:
-"L’ultima cosa…"
-"Dimmi"
"Non andare via ti prego, farò in modo che il tempo si fermi, potremo restare a parlare in eterno su questa terrazza, come due vecchi amici, scriverò con te tutte le canzoni che ancora non sono state scritte, le suonerò per te, farò tutto quello che vuoi ma non andartene, non lo sopporterei”.
Li dissi solamente:
-"Buon viaggio"
-"Ci sentiamo presto, abbiamo tanto lavoro da fare"
Gli strinsi la mano, desiderosa di iniziare a lavorare a quel disco.

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Capitolo 10
*** This I love ***


Il mio volo era stato terribilmente in ritardo e per niente tranquillo a causa di continue turbolenze dovute a una forte perturbazione sull’atlantico, lo avevano annunciato i telegiornali e io ne portavo ancora i postumi, talmente tanto che quasi baciai terra appena posai piede sul pavimento dell'aeroporto di Los Angeles e quando il tizio prese i miei bagagli per caricarli sulla limousine non trovai neanche la forza di urlargli di fare piano.
Mi preoccupai solo che le chitarre non subissero danni.
Avevo sempre fantasticato su me stessa scendere da una limousine nera in super tiro e sfilare sul tappeto rosso per qualche premiazione, sorrisi guardando la mia immagine riflessa nel finestrino, altro che super tiro, avevo ancora la tuta da ginnastica, i capelli arruffati, occhiaie profonde e la faccia stanca di che e’ reduce da un volo per nientra tranquillo durato più di 10 ore.
Non ero mai salita su una limousine prima d'ora.
La strada che dall’aeroporto portava alla villa costeggiava l’oceano e la vista del mare mi calmò mettendomi addosso uno strano buonumore.
Strano, mi sembrava di esserci già stata… 
Fu la prima cosa che pensai appena scesi davanti al portone della villa, chissà perché ma me l'ero sempre immaginata proprio com’era.
In principio avrei preferito stare in hotel, mi sarei sentita più a mio agio, ma lui aveva tanto insistito che alla fine mi aveva fatto cedere.
Sapeva essere molto convincente quando voleva.
Effettivamente a Los Angeles non conoscevo nessuno e magari stare lì a casa sua mi avrebbe fatto sentire meno sola, avrei avuto una schiera di domestici al mio servizio, avrei anche potuto poi suonare come e quando ne avevo voglia, ma soprattutto avrei avuto la possibilità di conoscerlo più a fondo.
La tristezza che nascondevano quegli occhi.
Vivere la sua quotidianità.
Mi accolse una signora sulla cinquantina, con uno strano accento, si scusava ma il signor Rose aveva avuto un imprevisto e che non sarebbe tornato prima dell’ora di cena, mi fece cenno di seguirla lungo le scale che portavano al piano di sopra, in quella che nei mesi a seguire, chissà per quanto tempo sarebbe stata la mia stanza. 
-“Spero sia di suo gradimento, faccia come se fosse a casa sua”
Eccome se lo era, il grosso letto rotondo di pelle nera, le lenzuola di seta, l'alta finestra che si apriva sul Pacifico, il pavimento in parquet bianco, l'arredamento barocco del 21° secolo, l'amavo, amavo tutto di quella casa.
Poggiai i bagagli a terra, superai la tentazione di mettermi a dormire e scesi in spiaggia, le mie valigie avrebbero tranquillamente aspettato l'indomani.
Il mare aveva sempre avuto il potere di rilassarmi meglio di qualsiasi altra cosa.
Feci una lunga passeggiata a piedi scalzi sulla sabbia umida, con l'odore di salmastro a inebriarmi le narici e la brezza che scompigliava i capelli.
Peccato solo che nella fretta di uscire non aveva indossato il costume, avrei fatto volentieri un bagno.
Tornai a casa giusto in tempo per una doccia ma la stanchezza prese il sopravvento, mi accorsi diverse ore dopo di essermi addormentata come un sasso dimenticandomi completamente del resto.
Mi svegliarono delle note che sentivo in lontananza, senza accendere la luce allungai la mano per prendere il cellulare che stava sul comodino, fuori era buio, il mio telefono segnava le 7, avevo dimenticato di rimettere l'ora Americana, secondo i miei calcoli dovevano essere grosso modo le dieci di sera, non avevo neanche cenato.
Cercai qualcosa da mettermi addosso e scesi lungo la scala di marmo, le note che sentivo provenivano dal pianoforte a coda che stava nel salone al piano di sotto, feci più piano che potevo per non distoglierlo dalla sua musica, ma si accorse ugualmente della mia presenza.
Mi salutò con un sorriso timido e fece cenno di raggiungerlo;
-"Sai suonare?” disse riferendosi chiaramente al pianoforte bianco.
-“No” risposi sedendomi accanto a lui e guardando attraverso la luce soffusa le sue mani che scorrevano leggere sui tasti, quasi carezzandoli.
-"Mi dispiace averti svegliato".
-"Non ti preoccupare, non mi hai svegliato, ho ancora il fuso italiano, scusami se non sono scesa prima,"
-"Fa niente" mi disse, "Sono abituato a mangiare da solo, tu però non hai nemmeno mangiato niente, posso farti preparare qualcosa?"
-"No, davvero, sto bene".
Stavo bene seduta li nonostante la stanchezza, quelle note mi cullavano dolcemente, quella scena mi fece venire in mente qualcosa, mi misi a ridere per il pensiero idiota che avevo appena avuto.
-"Cosa c'è?"
-"Niente, non farci caso"
-"Fai ridere anche me"
-"Questa scena, seduti al pianoforte, le luci basse, mi veniva in mente il video di Don't cry, tutto li, mi faceva ridere"
-"Non faceva ridere"
-"Te l'ho detto, era una cazzata, suonami qualcos'altro" appoggiai la testa sulla spalla.
Le sue mani attaccarono le prime note di This I love, chiusi gli occhi e iniziai a cantare piano insieme a lui, facendomi prendere dalla musica.
Le nostre voci si integravano a meraviglia, quasi carezzandosi a vicenza, senza mai surclassarsi l'un l'altra e fu naturale trovare da subito la giusta sincronia.
-"Lo potremmo proporre come duetto" disse a fine canzone con la voce tremante che ruppe in un istante la magia e l'imbarazzo di quel momento.
-"E' tardi, è ora di andare a dormire" mi disse sfiorandomi una guancia con una carezza mentre si alzava, risalimmo lungo la scala mano nella mano, indugiò un attimo davanti alla porta della camera, poi mi baciò sulla fronte e mi diede la buonanotte con un sorriso.
E' questo quello che amo, pensai appena mi chiusi la porta alle spalle e tornai a dormire.
Da domani ci aspetta un duro lavoro.

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Capitolo 11
*** Estranged ***


 
"Nessuno TI ha mai detto come sarebbe andata, quel che TI accadrà, mi sa che ci vorrà tempo per capirlo..."
 
Man mano che il tempo passava era sempre più dura lavorare con lui, era un perfezionista, un genio schizoide.
Lì avevo tutto quello che avevo sempre sognato, ma era dura.
Più dura di quanto credessi.
Ero abituata a lavorare da sola sulle melodie, sui testi, provandoli e riprovandoli prima di proporli agli altri per eventuali modifiche, mi piaceva farmi prendere dalla musica nei momenti più impensabili, ora ero segregata tra quelle quattro mura anonime, con ritmi ben precisi, sempre scanditi e sempre uguali.
Come un vero lavoro, timbravo il cartellino, facevo le mie ore lavorative e tornavo a casa a sera.
Ero abituata ad appuntarmi i testi su qualsiasi pezzo di carta trovassi in giro, in qualsiasi momento, non ero fatta per vivere rinchiusa in una sala con la chitarra costantemente in braccio ad assecondare i capricci di qualcuno e purtroppo era lì che venivano fuori tutte le sue paure, le sue frustrazioni, le sue ansie.
Comporre era sempre stato per me, in genere, un momento di liberazione.
Evidentemente la mia introspezione portava con sè molto meno malessere, meno sofferenza della sua.
In quei momenti, a volte, seduto davanti a un piano si trovava di fronte il suo dolore, e in quei momenti spesso mi faceva paura, come se componendo una canzone si mettesse a nudo, tirando fuori tutto quello che più l'aveva fatto soffrire e che ancora lo faceva soffrire.
Tutto quello che di negativo aveva dentro.
 
 
"Still talkin' to myself... and nobody's home... alone "
 
Era da solo, questo era il problema, era rimasto solo, più volte l'avevo notato, troppe volte in passato si era contornato di persone interessate a tutto tranne a quanto di più prezioso aveva da offrire, se stesso.
E col passare del tempo questo sentirsi sempre tradito dalle persone in cui aveva riposto fiducia l'aveva reso duro, fino a farlo rinchiudere in un isolamento quasi paranoico, rinchiuso in una prigione dorata dove era consentito solo a pochissime persone entrarvi.
Ci pensavo e mi rendevo conto che nei sei mesi che avevo vissuto lì non lo avevo mai visto uscire di casa se non per impegni di lavoro, non avevo mai visto amici o conoscenti entrare e uscire da casa sua, solo uno stuolo di servitori pronti a soddisfare i suoi bisogni.
Nessuno però che si preoccupasse veramente di lui, mai nessuno pronto a sostenerlo nei momenti più tristi, mai nessuno pronto a sostenerlo in un momento di bisogno.
Mai nessuno che fosse realmente disinteressato, ma che volesse offrirgli una spalla su cui piangere nel momento del bisogno.
Anche i membri della band, ottimi musicisti che condividevano con lui i successi, facevano solamente da colonna sonora alla farsa di quella che era diventata la sua vita.
Durante i concerti poteva fingere che tutto andasse bene, che non esistessero problemi, sotto le luci del palco era un leone da palcoscenico in grando di coinvolgere il pubblico, facendolo impazzire, il problema era che quando i riflettori si spegnevano il leone tornava in gabbia e lui tornava a sprofondare nelle sue turbe.
Non sapevo se fossi in grado di tenerlo a bada, di gestire la situazione, per quanto a casa era affettuoso, dolce e gentile, quando componeva era irritabile, nervoso e arrabbiato.
E mi sentivo impotente, avrei voluto stringerlo, fargli capire che ero li con lui, che non l'avrei abbandonato, ma mi paralizzavo, uscivo di casa con un persona e mi trovavo lì con una completamente diversa.
Mi destabilizzava.
Le mie certezze stavano crollando, insieme ai miei nervi.
Per quanto un momento trovasse grandioso qualcosa che gli proponevo, il momento dopo era tutto, completamente da rifare, un attimo prima riuscivo a farli sentire una strofa che a detta sua era la migliore del mondo, un attimo dopo la stravolgeva completamente.
Se avessimo continuato così quell'album non avrebbe mai visto la fine, avevamo gia lavorato alla maggior parte delle canzoni, ma sembrava che ci fosse sempre qualcosa da rifare.
Sbuffai, il mio livello di sopportazione dopo l'ennesimo cambiamento era pari allo zero.
-"Sono stanca, per favore, chiudiamo qui per oggi, non riesco ad andare avanti così, non capisco se, nè dove sbaglio"
-"Facciamo una pausa, ok?"
Cercai senza troppi giri di parole di fargli capire che così non saremmo arrivati da nessuna parte.
Non so se sbagliai i toni o cosa, se fossi veramente stanca ma mi ritrovai ad alzare la voce più di quanto credessi.
-"Non voglio fare una pausa, voglio solo capire se c'è qualcosa di giusto o se è tutto da buttare via, a volte mi fai credere di non aver mai ascoltato niente di meglio di quello che ti faccio sentire, altre è come se qualsiasi cosa che faccia sia sbagliata, non è facile, ti giuro, non ce la faccio più".
-"Piantala Izzy" mi urlò dall'altra parte della stanza senza staccare gli occhi dal pianoforte.
Lasciai cadere i fogli che tenevo in mano, sbiancando : - "Come mi hai chiamato?" 
-"Scusa" alzò lo sguardo su di me, senza aggiungere altro, ma i suoi occhi erano vuoti, alienati.
Poi calò il gelo.
Tornammo a casa senza dire una parola, ognuno per conto suo, quella giornata inconcludente doveva chiudersi li, senza ulteriori strascichi.
Ci voleva una svolta o le cose sarebbero veramente naufragate.
Fu allora che decisi di prendere in mano la situazione, altrimenti lui sarebbe naufragato.
Col tempo avevo imparato a volergli bene veramente, ora era arrivato il momento di dimostrarlo.
Mi sarei impegnata a tirare fuori quello che lo faceva stare male, a stravorgergli la vita, a rendergli un pezzo di quella spensieratezza che non gli apparteneva più da troppo tempo.
L'indomani lo lasciai andare da solo in sala d'incisione:
-"Non mi sento bene, mi scoppia la testa e ho una nausea terribile, non ce la faccio ad affrontare un'altra giornata massacrante"
Si offrì nonostante tutto di restare con me, ma se avessi avuto bisogno ci sarebbero stati i domestici, preferivo restare da sola.
Avrei avuto tutta la casa a disposizione solo per me, fino a sera, per riflettere sul da farsi...
 
"Nessuno CI ha mai detto come sarebbe andata, quel che CI accadrà tesoro, mi sa che ci vorrà tempo per capirlo..."
 

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Capitolo 12
*** Don't cry ***


Avevo impiegato una notte intera ad architettare il piano.
Avrei avuto tutto il giorno la villa a mia completa disposizione, fino a sera non sarebbe tornato, avrei lavorato tutto il giorno per organizzare quella sorpresa e morivo dall'impazienza e dalla voglia di mostrargliela.
Diedi alla servitù il preciso ordine di dire al signor Rose, quando sarebbe tornato, di raggiungermi in sala da pranzo perchè avevo bisogno di parlargli.
Era quasi ora di cena, fremevo facendo il conto alla rovescia, aspettando il momento in cui lui avrebbe fatto rientro a casa.
Mi ero preparata con cura, senza lasciare nulla al caso, avevo tra una cosa e l'altra trovato il tempo di uscire a comprare un vestito nuovo per l'occasione, avevo arricciato i capelli, mi ero truccata con cura, avevo indossato i tacchi.
Avevo preparato la sala da pranzo deviando gentilmente l'aiuto della servitù, volevo fare tutto per conto mio.
Ci avevo impiegato una giornata intera.
Le rose bianche e rosse che tanto gli piacevano e che si intonavano al resto della sala, i calici di cristallo , i piatti di porcellana nera e le posate d'argento, avevo anche scelto accuratamente il vino per la serata.
Tutto doveva essere perfetto.
Finalmente sentìì il trillo del campanello, la porta aprirsi e la domestica dall'ingresso annunciare come le avevo richiesto:
 -"Buonasera signore, la signorina Cecilia la sta aspettando in sala da pranzo".
Appena la porta si aprì il cuore mi salto' in gola aumentanto i battiti.
Diede uno sguardo alla sala preparata con cura, alle candele accese.
Evidentemente senza capire il motivo di tale sfarzo.
-"Tutto questo è opera tua?"
Annuii senza dire una parola per l'emozione.
Feci cenno di sedersi a tavola e di aspettarmi, tornai dopo un paio di minuti, il cestello del vino in una mano, il carrello con le portate nell'altra.
-"Cena tipica italiana, non come quello che mangiate qui e che avete il coraggio di chiamare italiano, vera cucina italiana..."
Ero stata un po' troppo teatrale, forse.
-"Stasera signore serviamo il menù delle grandi occasioni" sorrisi alzando il coperchio in argento del vassoio che avevo appena poggiato sul tavolo per evitare di scottarmi.
-"per iniziare, signor Rose, pasta al forno" annunciai trionfale.
Sedeva, tranquillo, di fronte a me, con lo sguardo finalmente rilassato, mentre annunciavo, come una perfetta donna di casa e con suo grande divertimento, tutti i piatti che avevo abilmente preparato durante la giornata.
Iniziai con la pasta al forno, mi destreggiai con le polpette a cui artisticamente avevo dato delle forme buffe, le arricchii con patatine arrosto.
E il dolce, per finire.
Tutta la serata proseguì in un'atmosfera spensierata come non accadeva ormai da diversi giorni.
Finimmo la cena e mentre i domestici sbarazzavano andammo a sederci sul grosso divano bianco, portando con noi i calici e lo champagne.
I Pink floyd in sottofondo.
-"E quindi sai anche cucinare"
-"Mi difendo, abbastanza bene credo.."
-"Si, lo ammetto, sei stata brava" con un tono ironico.
-"E sentiamo... cos'altro spresti fare così bene?" domandò, malizioso.
Arricciai il naso e mi morsi un labbro: -"la torta di mele..."
-"La torta di mele??" mi fece eco, con un'espressione sbigottita.
-"Si, me la sono dimenticata" bisciacai preoccupata correndo verso la cucina.
Tornai compiaciuta del buon esito della mia opera, mi avvicinai a lui sedendomi sul divano con la testa affondata nel suo petto, chiusi gli occhi abbandonandomi al suo profumo, mentre lui mangiava la torta, interruppe la magia:
-"CC"
-"Axl..." feci cenno col dito di fare silenzio, mentre mi alzavo sedendomi di fronte a lui,
-"Perchè hai fatto tutto questo?" insistette.
-"Per te."
-"Quando ero piccola e c'era qualcosa che non andava, mia nonna per tirarmi su di morale mi faceva stare in cucina con lei, mi faceva sempre la torta di mele e io ero felice, ho pensato che magari rendesse un po' più felice anche te"
-"Ma hai fatto tutto tu, potevi farti aiutare..."
-"Axl" lo zittii di nuovo, "Io volevo farti una sorpresa, non ordinare a qualcuno di preparartela per me, preparare tutto questo, per te, mi faceva sentire importante, mi faceva sentire d'aiuto, tu hai fatto tanto per me, mi hai accolto qui, dovevo sdebitarmi in qualche modo".
-"Nessuno ha mai fatto una cosa del genere, per me".
I toni erano diventati seri, solenni.
-"Io non sono nessuno, non voglio pretendere chissà cosa, ma mi hai dimostrato la tua stima, facendomi arrivare fin qui, ti ripeto, sono sei mesi che vivo con te ogni singolo giorno, ogni singolo momento, ho imparato a conoscerti, ad apprezzare tutto quanto di bello hai da offrire e credimi, se nessuno in tutti questi anni se n'è mai accorto, se non l'hanno mai apprezzato, peggio per loro.
Ammetto che spesso non è facile starti accanto, ma non so cosa si possa provare, non ho passato o vissuto un decimo di quello che è stata la tua vita, ma ora ci sono, sono qui e farò qualsiasi cosa tu voglia, fidati di me, William"
Era la prima volta che lo chiamavo per nome e mi era venuto spontaneo, molte volte mi aveva chiesto di chiamarlo così, ma in quel preciso istante, mi ero trovata di fronte una persona diversa.
Era stato come sottolineare il cambiamento.
-"Ma stai meglio? Insomma stamattina sembravi uno straccio..." chiese, sinceramente preoccupato.
-"Niente, davvero, non arrabbiarti, ma non avevo niente, era solo una scusa, ho visto ieri che c'era qualcosa che non andava, volevo farti una sorpresa, ma avevo bisogno di un po' di tempo per prepararla".
-"Immagino te la sia cavata anche senza di me oggi" provai a sdrammatizzare.
Gli sfiorai una guancia con la punte delle dita.
Mi resi conto che i suoi occhi velati di tristezza, una tristezza che lui troppe volte provava a respingere si erano lasciati andare al dolore, mi accarezzò i capelli con un gesto che nascondeva un affetto che troppe poche volte era stato rivolto a lui, provai ad alzarmi per lasciarlo solo ma mi strinse a se, mi adagiai accanto a lui, tornai ad affondare la testa sul suo petto facendo finta di niente.
Sentivo chiaramente il suo respiro affannato, i singhiozzi soffocati.
Strinsi la sua mano, non so per quanto tempo, ma mi parve un'eternità.
"Se hai bisogno di qualcuno il mio cuore non ti respingerà, c'è così tanta gente sola, senza nessuno con cui piangere".
L'hai scritto tu Axl, pensai.

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Capitolo 13
*** Move to the city ***


L'eternità passo' trascinandosi via la notte e portando il mattino.
Un raggio di luce che filtrava dalle tende della grossa finestra mi colpì in pieno volto, svegliandomi, aprii un occhio e spostai di lato la testa per cercare di capire dove fossi.
Dovevamo esserci addormentati sul divano la sera prima.
O forse mi ero addormentata , visto che il posto accanto a me era vuoto.
Dopo le parole dette la sera prima, gli sguardi, le carezze che ci eravamo scambiati, avevo aprto gli occhi al mattino e lui non c'era.
Mi alzai per vedere se fosse in sala da pranzo, vuota, andai fin sopra in camera sua ma di lui nemmeno l'ombra.
Trovai solo la cameriera che mi disse che era uscito stranamente presto quella mattina, che non sapeva dove era diretto ma che sarebbe tornato per pranzo.
Una mezza mattinata giusta giusta per annoiarmi.
Mi metteva malinconia quella casa senza di lui, era vuota e io mi sentivo sola.
Avrei potuto preparare anche il pranzo per quel giorno, ma mi ricordai che la spesa che avevo fatto era mirata alla cena della sera prima e che avevo finito tutto.
Perfetto.
Gironzolai un po' per casa, mi preparai il caffè, o quella sottospecie di bevanda che gli americani osavano chiamare caffè.
Lessi il giornale, ma ben presto mi annoiai anche di quello, di mettermi a suonare la chitarra non avevo voglia.
Accesi la televisione a farmi compagnia mentre aspettavo, trasmettevano un documentario su history channel e le immagini che passavano mi colpirono come un pugno allo stomaco, mi sentii un groppo in gola, non capivo bene di cosa parlasse il documentario, la mia attenzione era catalizzata dallo scorrere delle immagini di quei posti sullo sfondo.
Riconoscevo quei posti, li conoscevo talmente bene che avrei postuto chiudere gli occhi e farne una descrizione dettagliata.
In un attimo realizzai quello che era lampante ma che non avrei mai ammesso nemmeno sotto tortura: mi mancava terribilmente casa mia.
Restai imbambolata a seguire le immagini sullo schermo non so per quanto tempo, mi distrasse solo la sua voce che risuonava in lontananza nell'ingresso.
Spensi di scatto la tv e gli andai incontro.
_"Buongiorno, cos'è quella faccia?" mi chiese tirandomi verso di lui.
-"Niente"
-"Non sembra niente."
Provai a fare finta di nulla, ma evidentemente i pensieri si susseguivano troppo rumorosamente per provare a scacciarli.
-"Cc, non è come pensi, stamattina ti ho lasciato come un'amante clandestino ma stavi dormendo e non me la sono sentita di svegliarti..."
-"Di che amanti clandestini stai parlando??"
Cosa stava blaterando?
Aveva pensato che me la fossi presa perchè la mattina non lo avevo trovato quando mi ero svegliata?
L'assurdità della situazione era quasi comica.
Per quanta poca voglia avessi, cercai di chiarire le cose.
-"Ho visto un documentario prima, non so bene di cosa trattasse, ma parlavano dell'Italia..."
-"E ti è venuta nostalgia di casa..." aggiunse, per me.
Colpito nel segno, annuii.
-"Una cosa del genere"
-"Non ti facevo così sentimentale, Milady".
-"Ieri sera quella cenetta, oggi ti manca casa, ti ho conosciuta che eri una leonessa e ora ti riscopro un agnellino... ho creato un mostro!"
Cercai di sorridere ma la malinconia aveva preso il sopravvento.
Per quanto provasse a sdrammatizzare non riuscivo proprio a sorridere.
Misi il broncio come un bambino, sperando di ottenere l'effetto sperato, mi venne incontro abbracciandomi.
Oggi ero io che avevo bisogno d'affetto.
-"Io dovevo essere quello triste, quello sentimentale, tu la donna di ghiaccio, ricordi? Erano questi i piani..."
-"Mi sa che i piani son cambiati, almeno per oggi me lo concedi?"
-"Ok, te lo concedo, pero' ora che ci penso bene..." lasciò la frase in sospeso.
-"Cosa stavi pensando.."
-"Che abbiamo abbastanza tempo per prenderci una pausa, dal disco, da tutto e poi che non sono mai stato in Italia" aggiunse, quasi vergognandosi di quello che aveva appena detto.
-"Dov'è che non sei mai stato?" lo guardai dubbiosa.
-"In Italia" - "Non da turista perlomeno..."
-"Quindi, amante clandestino, tu mi stai dicendo...??"
-"Divertente!!! Prepara le valigie, che il prima possibile partiamo..."
Non si rendeva conto della portata del regalo che mi stava facendo.
-"grazie grazie grazie" iniziai a saltellare di gioia come un'idiota.
Non stavo più nella pelle al pensiero di tornare per un po' a casa.
-"Non devi ringraziarmi tesoro" mi buttò lì, facendo il finto indifferente.
-"Non è per te, è per me, non mi sono mai fermato ad ammirare le bellezze dell'italia, tranne te, ovvio" mi guardò e sospirò ironico.
-"Ma mi sono preparato sai, mi farai visitare il Colosseo, la torre di Pisa, il Ponte Vecchio, il Partenone..."
Il cosa???
-"Axl..." lo guardai con un aria indulgente.
Lui per tutta risposta, mi strinse in un'abbraccio ancora più forte, rispondendomi:
-"Davvero piccola, mi hai gia ringraziato, non importa che tu lo faccia ancora, mi fa piacere, vorrà dire che ti sdebitarai facendomi da guida turistica"
-"Si, ma il partenone è ad Atene..."
-"Ad Atene, sicura?"
-"A meno che non l'abbiano spostato stanotte, ma non credo."

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Capitolo 14
*** My World (part.1) ***


L'aereo atterrò a Fiumicino alle 14 di un afoso giovedi di metà settembre.
Nessuno sapeva della nostra venuta, della sua venuta soprattutto, nessuno ad aspettarci, nessun bagno di folla, proprio come mi aspettavo, niente di niente, tutto tranquillo.
-"Cosa c'è?" dissi guardando Axl che si guardava intorno con aria perplessa.
-"Non c'è nessuno ad aspettarci"
-"Chi pensavi che ci fosse, non lo sa nessuno che siamo qui"
Passammo indisturbati la dogana e ci dirigemmo verso il bar dell'aeroporto, il tempo per un caffè veloce e per decidere il da farsi.
-"E' incredibile..."
-"Cosa è incredibile? Che ci facciano pagare 3 euro per questo schifo di caffè, hai ragione , è incredibile" sogghignai sarcastica per allentare la tensione, immaginavo perfettamente a cosa si riferisse.
-"Non mi riconosce nessuno"
Erano momenti come questo che mi facevano adorare sempre di più quest'uomo.
-"Se vuoi mi metto a urlare "Nooooooo ma tu sei Axl Rose!!!" oppure preferisci che scriva un cartello? No, no no, idea, una maglietta con una freccia che ti indica e sotti ci scrivo AXL ROSE. Scegli tu"
-"Smettila, non sei divertente".
-"Ma scusa, non è quello che volevi? Brontoli tanto che non puoi andare in giro senza che la folla ti accerchi e ora ti lamenti che non ti riconoscono, puoi andare in giro tranquillo".
-"Si, ma non ci sono abituato".
-"Cazzo Rose non sei mai contento" finsi una voce impostata per enfatizzare la scena.
-"Andiamo a cercare la macchina".
-"Abbiamo una macchina?"
-"No, non abbiamo una macchina, ma pensavo di rubarla, cerchiamone una ben nascosta, così non ci vedono"
-"Stai dicendo sul serio?"
-"Secondo te? No che non sto dicendo sul serio, la noleggeremo"
-"Ah, ma non abbiamo un autista, noleggiamo anche quello?"
-"Certo, poi noleggeremo un maggiordomo, una serva, dei bodyguard, cos'altro ti serve?"
-"Milady, giocare in casa non ti autorizza a prendermi per il culo"
Mi inchiodò con un'occhiata finto-arrabbiata, non era credibile per niente.
Sorrisi.
-"Singor Rose, sarò io la sua autista! O puoi guidare tu se preferisci..."
-"Si si, dove la prendiamo la macchina?"
-"Li ci sono i banchi dei noleggi, vado io, aspettami qui"
Il tempo di sbrigare lo procedure per il noleggio di una favolosa bmw serie 3, rigorosamente nera, chiesi, e ritirai l'auto all'uscita del terminal.
-"Complimenti per la scelta bambina" approvò.
Saliti in auto mi misi alla guida, tirai fuori dalla borsa la custodia dei cd, lasciai a lui la scelta, ovvia, di mettere su Chinese Democracy.
-"Ammettilo, è un ottimo disco"
-"Come potrebbe non esserlo"
-"Certo, ogni mio disco è fantastico"
-"Certo, ogni mio disco è fantastico" lo scimmiottai.
La giornata era partita così', mi stavo divertendo troppo.
-"Smettila o scendo"
-"Sei fantastico quando fai così, giuro"
Negli ultimi mesi che eravamo stati insieme ogni giorno avevamo sviluppato una sintonia fantastica, saranno stati gli anni ad addolcirlo, ma primi incontri a parte, raramente mi era capitato di imbattermi nella persona pessima che tutti avevano sempre descritto in passato.
-"CC, ma il Colosseo c'è sempre, non lo vedo"
-"Rilassati, siamo partiti ora, da qui a Roma c'è un po'"
-"Si, ma fra quanto arriviamo? Facciamo in tempo?"
-"In tempo per cosa?"
-"Per vedere il Colosseo"
-"E' li da duemila anni il colosseo, tranquillo che non va da nessuna parte, è lì buono buono che ci aspetta"
-"Si ma..."
-"Si ma cosa, parli tu di impazienza, ti ricordo signore, che per far uscire QUESTO disco c'hai messo 15 anni, c'erano ancora i carmina burana quando l'hai iniziato e ora hai fretta???"
Lui per tutta risposta mi borbottò qualcosa in un inglese incomprensibile, almeno per me, lo faceva sempre quando si divertiva e voleva farmi arrabbiare.
Mi laciò un foglietto appallottolato.
"Oh Oh William guarda li, sbrigati" ululai isterica cercando di attirare la sua attenzione.
-"Cosa c'è?"
-"Il Partenone" ma non finii la parola che scoppiai a ridere senza riuscire a fermarmi.
-"Non si divertente, dovevo farti venire da sola"
-"Eddai che magari ti faccio ridere un po'"
-"Cioè per una volta che ho sbagliato sei sempre qui a rinfacciarmelo?"
Quel primo pomeriggio di fine estate stava facendo nascere tutti i più rosei presupposti per una vacanza indimenticabile.
La strada da Fiumicino al centro era breve, eravamo alle porte della città eterna.

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Capitolo 15
*** My World (part.2) ***


Visitammo il Colosseo, tra la memoria dei gladiatori che vi sfidavano le tigri ai tempi dell'antica Roma, passeggiammo al Pincio come gli innamorati, gli decantai la storia del Vittoriano e del primo re d'Italia.
Ero riuscita sempre a trovare qualche aneddoto divertente su ogni monumento, se mi fosse andata male con la musica avrei sempre potuto fare la guida turistica, pensai.
Gli raccontai anche la storia della fontana di Trevi, dove i turisti tirano la moneta con la promessa di tornare, ci lanciammo due monete da un dollaro, promettendoci che ci saremmo tornati, insieme, prima o poi.
Due giorni massacranti di turismo storico-culturale nella capitale d'Italia.
Il cannone del Gianicolo scandì mezzogiorno, eravamo arrivati fin lassù, ad ammirare il panorama dall'alto, da quel colle che sovrasta tutta Roma.
Quante terrazze c'erano a Roma?
Eravamo così', tranquilli, seduti su un muretto freddo a rilassarci fumando una sigaretta.
Non c'era nessuno a quell'ora e il silenzio era assordante.
Me ne stavo semplicemente seduta lì, a riflettere su quante volte, in passato avevo sognato una scena simile, fantasticando.
 
"Lui si avvicinò, piano, le prese il volto tra le mani e dolcemente la baciò"
 
-"E' tanto lontana casa tua?" la sua voce roca mi risvegliò di colpo, riportandomi alla realtà, avevo solamente sognato ad occhi aperti.
-"Casa mia? Mah, insomma, saranno 300 chilometri, perchè?"
-"Portami a casa tua"
Cosa?
-"Non c'è niente da vedere a casa mia, è una casa normale, e anche la città, non è questo granchè, è piccola, non c'è niente di storico, guarda che non ti perdi nulla"
-"Voglio conoscere tuo padre"
-"Vuoi conoscere mio padre?"
-"Si, devo conoscerlo"
-"Non ti sembra un po' presto per le presentazioni ufficiali? Va bene tutto quello che c'è tra di noi, ma mica vorrai chiedergli la mia mano?"
-"Non hai detto che è merito suo se sei una rocker?"
-"Che fai cambi discorso? O non mi vuoi più sposare? Ho capito, non mi ami più!"
-"Scema"
-"Giusto, ora ricordo, ti ho detto anche che è un fan dei Guns, magari è per quello che vuoi conoscerlo, magari sei sicuro che almeno lui ti riconosce e ti chiede un autografo?"
-"Continui a essere irritante, sono serio, voglio vedere casa tua"
Già, casa mia, per quanto mi mancasse da morire, per quanto avessi fatto carte false per essere lì, ora non volevo tornarci, di cosa avevo paura?
Cosa c'era che mi turbava?
Avevo sempre sognato di portarlo nel mio regno, a spasso per le mie strade, nella mia città, davanti al mio mare.
E ora avevo paura, non so se fossi veramente pronta a fargli conoscere la mia famiglia, i miei amici, con lui vivevo in una specie di sogno, in un universo parallelo, non ero veramente convinta di riuscire a vivere anche la realtà.
Ma lui insistette.
-"C'è tutto il tuo mondo, ogni volta che me ne parli hai uno sguardo talmente felice, ti brillano gli occhi, voglio viverlo anch'io, voglio vederlo con i miei occhi".
-"Ok, andiamo, sennò arriviamo a buio" dissi senza troppa convinzione.
Mi misi alla guida seguendo a caso le vie che ricordavo per uscire dalla città, la macchina mi rilassava, l'andatura da viaggio, lo stereo acceso, il panorama che scorre intorno, mi ricordavano le gite che facevo da bambina.
Imboccai la strada più lunga, ufficialmente perchè, com'era noto al mondo intero, non ero granchè portata per le strade, inconsciamente perchè quella vicinanza ravvicinata in quello spazio ristretto mi dava un fremito di piacere.
Ogni tanto distoglievo gli occhi dalla strada per posare lo sguardo su di lui, se ne stava con la testa appoggiata al vetro, guardando fuori dal finestrino, sembrava un bambino mentre ammirava curioso la campagna sconfinata che ci circondava.
 
"Hai visto milioni di cose nella tua vita Axl Rose, e ora ti meravigli per delle rovine vecchie di migliaia di anni, ti stupisci per questa campagna verde? Chissà a cosa ti fa pensare tutto questo"
 
Eravamo in macchina da 3 ore quasi.
Rallentai prima si svoltare nel viale di cipressi che saliva in cima fino al castello:
-"Siamo quasi arrivati?"
-"Non ancora, prima di arrivare a casa c'è un altro posto che volevo farti vedere"
-"Ma dove siamo?"
Schiarii la voce e iniziai a decantare a memoria:
"I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr.
 
Mi riconobbero, e - Ben torni omai -
Bisbigliaron vèr me co 'l capo chino -
Perché non scendi? perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino."
Recitai stupidamente Carducci, in italiano e lui non capì niente, fermai la macchina all'ingresso del paese, da lì in poi dovevamo proseguire a piedi.
-"Siamo a Bolgheri, qui fanno un rosso che è tra i più famosi al mondo, ci facciamo una pausa, ci beviamo un bicchiere e arriviamo a casa per il tramonto, ti piace il vino, no?"
Annuì con la testa.
-"Bene, allora dimenticati il nightrain, man" annunciai sarcastica.
-"Due bicchieri di Sassicaia, grazie" ordinai all'enoteca.
Accennai al brindisi, ci gustammo il vino seduti a un tavolo nel giardino, nella piazza.
Quanto avrei voluto fermare il tempo.
-"Andiamo, s'è fatto tardi, dobbiamo arrivare prima del tramonto"
-"Perchè? cosa succede dopo il tramonto?"
-"Che vuoi che succeda dopo il tramonto, niente, è bello e basta"
-"Stai diventando troppo romantica".

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Capitolo 16
*** My World (part.3) ***


Aveva ragione, ero diventata troppo romantica, chissà perchè poi.
-"Dai, ora andiamo, è tardi" ripetei alzandomi e facendo cenno a lui di alzarsi.
Perchè mi sentivo così?
Quando ero a Los Angeles avevo fatto carte false per tornare a casa e ora?
Ora non ero più così sicura di niente, sarei forse potuta tornare dritta in California col primo volo.
Cos'era che mi frenava così continuai a pensarlo per la restante strada.
Tirai la macchina guidando nervosa lungo le curve che conducevano in città, proseguii per inerzia, quasi ipnotizzata, avrei potuto guidare ad occhi chiusi da tanto che conoscevo quelle strade.
Mi fermai di fronte al castello a picco sulla scogliera.
Mi mancava il fiato ogni volta che vedevo quel posto, era sempre così, un circolo vizioso, ogni volta che avevo un problema mi rifugiavo in quel lembo di terra ad ammirare il tramonto e ogni volta il mescolio dei colori al tramonto mi bloccava il respiro.
Scendemmo dalla macchina giusto in tempo per ammirare la palla rossa del sole tuffarsi al largo, mi voltai verso di lui, il verde dei suoi occhi, il rosso dei suoi capelli, avevano lo stesso colore di quel mare al tramonto che si infrangeva sugli scogli.
Erano passati 205 giorni esatti dall'ultima volta che avevo salutato quella terra in quella fredda mattina del 26 febbraio scorso, gli avevo contati uno per uno.
Trovarmi di fronte a quello spettacolo, ora, accanto a lui mi metteva una certa inquietudine.
"You gonna step into my world" pensai tra me e me cercando di stemperare il nervoso.
Passammo di fronte al bar dove mi ritrovavo con i miei amici, non trovai il coraggio di fermarmi, se avessi avuto veramente le palle avrei fermato la macchina, sarei corsa da loro urlando "Ehi sono tornata, guardate chi c'è qui con me!!" ma semplicemente passai oltre, non mi sentivo pronta, avevo paura del loro giudizio o chissà quali altri motivi.
Il punto fondamentale però era quello: avevo paura.
Paura che fosse tutto solo un'illusione.
Le cose finora erano state fin troppo facili, troppo facili per sembrare vere.
Finchè eravamo a casa sua, a Malibù, era come vivere in un sogno, perlomeno per me, ero vicina a lui, a lui rockstar, scrivevo canzoni, facevo quello che avevo sempre desiderato fare, vivevo il mio sogno, e mi piaceva fin troppo, lui era la grande rockstar e io la giovane promessa che lo aiutava a scrivere un disco nuovo.
Lì era stato tutto diverso, in quei giorni in Italia eravamo stati diversi noi, avevo capito tante cose, eravamo andati in giro come due normalissime persone, senza che nessuno ci prestasse attenzione, avevamo mangiato, passeggiato, bevuto vino, guardato il tramonto come due persone normali.
Ci eravamo divertiti veramente, eravamo stati veramente noi stessi.
Quello era il punto, essere persone normali.
Avevo passato 28 anni della mia vita a vederlo come un idolo, come un'entità superiore, irraggiungibile, senza pensare a quello che ci fosse veramente dietro.
Poi per qualche scherzo del destino ci eravamo incontrati ci eravamo avvicinati.
Quando avevo avuto la possibilità di scavare avevo trovato una persona molto migliore di quello che mi aspettavo, di quello che mi ero sempre aspettata.
E quello mi spaventava.
Lui come persona.
Se in California entrambi combattevamo spesso con William e Axl, in quei giorni era esistito solo William.
Il personaggio aveva lasciato spazio definitivamente alla persona.
E ora ero di nuovo in Italia.
Insieme a lui.
Lui si era fidato di me facendomi scoprire il lato più nascosto di sè.
Ora toccava a me fare altrettanto e la cosa mi spaventava a morte.
Se lui mi avesse conosciuta solo da chitarrista non temevo niente, ero scaltra e boriosa, sicura di me.
Certo gli avevo parlato di me, avevamo una certa confidenza ma ora, scoprirmi come persona vera, nel mio mondo provinciale, mi incuteva un certo timore.
Ero stata una roccia lontana da casa.
Ero nel mio mondo, dove c'erano anche i  miei amici che  forse non avrebbero capito e condiviso la mia "posizione", i miei familiari che mi avrebbero messo in croce.
C'era soprattutto la persona che più temevo, mio padre che per quanto considerava lui un idolo, per quanto era sempre pronto a supportarmi e darmi sostegno in tutto, era pur sempre mio padre.
E i padri si preoccupano per le figlie.
Dopo vari giri e innumerevoli seghe mentali arrivammo finalmente a casa mia, quel vecchio palazzo in pieno centro mi sembrava più imponente di come me lo ricordavo.
Tirai fuori dalla borsa il portachiavi a forma di stella, me lo rigirai tra le mani un numero non meglio precisato di volte, indugiai.
-"Sei emozionata?" mi domandò notando che da almeno 5 minuti ero ferma davanti alla porta di casa mia e stavo trattenendo il respiro.
-"Un po'"
-"Dai tranquilla" mi sussurrò affondando la mano sinistra nei miei capelli e baciandomi la testa.

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Capitolo 17
*** At home ***


Finalmente trovai il coraggio di girare la chiave nella toppa e spinsi la porta.
Diedi un'occhiata rapida alla casa, era tutto fin troppo in ordine per essere stato chiuso così tanto tempo, 205 giorni che non mettevo piede a casa mia.
Quasi mi vergognai di farlo entrare nel mio piccolo museo personale, era così diverso da casa sua.
Posai le valigie a terra, aprii le finestre e iniziai a gironzolare come un'esagitata tra le stanze, tutto era esattamente come ricordavo, come lo avevo lasciato.
Notai che lui era ancora sulla porta che mi fissava divertito.
-"Allora? Mi fai entrare o rimango qui?"
Evidentemente la mia smania lo divertiva profondamente.
Quella era una delle cose che più mi piaceva del nostro rapporto, la capacità di influenzarci a vicenda gli stati d'animo, l'immedesimarsi l'un l'altro.
In quel momento la sua espressione divertita e rilassata mi calmo'.
-"Vieni, ci sono un po' di cose che ti devo far vedere" li dissi tendendogli la mano.
Lo guidai in giro per casa, fino al mio piccolo museo personale.
Appesi alle pareti della mia vecchia camera troneggiavano ancora i cimeli dei vecchi guns ai loro massimi fasti.
-"Lo riconosci?" chiesi arrossendo indicando i vari ritagli di giornale appesi alle ante dell'armadio.
-"No, non mi pare, dovrei?" sorrise malizioso.
-"Eh si che dovresti, guarda che lui era il cantante di un gruppo famosissimo, perdono; E' il cantante di un gruppo famosissimo, uno strafigo che non immagini nemmeno, pensa che negli anni '90 era un sex simbol"
-"Macchè sex symbol, mi sta sul cazzo solo a vederlo, di sicuro sul palco faceva il fenomeno, fuori dal palco era un coglione, pallone gonfiato, ma poi come cazzo era vestito..."
-"Vabbè ma la voce... sulla voce non si può dire niente..."
-"Sicuramente era effettata" sorrise beffardo.
-"Si va bhe la voce era effettata, lui era odioso, ma era il migliore"
-"Lui? Guarda che sono geloso, me lo immagino ora, già vecchio con la pancia e stempiato, direi quasi...patetico?"
-"Si, anche un po' rincoglionito!"
-"Attenta a come parli signorina"-"Guarda che vorrei vederci tanti alla mia età..."
Risi di gusto -"No dai, direi che ti difendi sempre abbastanza bene! Quella foto poi è stupenda"
-"Lo so, ma guarda che sono ancora un sex symbol!"
-"Si, come no, per le mamme! Ma se non ti riconoscono nemmeno più, ti ricordo che l'ultima volta, hanno fermato me per un autografo..."
-"Mavvaff..."
Sorrisi beffarda.
-"E' la conversazione più stupida che potessi ricordarmi, perlomeno da sobria"
-"Va un po' meglio allora ora, ti sei rilassata?"
Certo, immaginavo che se ne fosse reso conto, era impossibile non notarlo.
-"Eh? Si, grazie, mi faceva strano essere di nuovo qui, sono 205 giorni che non tornavo a casa"
-"Gli hai contati?"
-"Si, è stupido vero?"
-"Ho fatto di peggio che contare i giorni"
-"Tipo? Farti autografare un disco?"
-"Eh? Che disco?"
-"Appetite"
-"Appetite?" mi guardò stranito.
-"Preferisci autografarmi Chinese? Facciamo tutti e due?"
-"Bambina, ho smesso di seguirti quando mi hai detto che contavi i giorni"
-"Si, dicevo che visto che sei qui, con tutte le cazzate che abbiamo detto, cazzata più cazzata meno, ti chiedevo se mi autografavi i tuoi cd"
-"Pensavo che avessi superato la venerazione"
-"Eddai..."
_"Mmm ok, però poi devi autografare tu qualcosa..."
-"Io? E cosa?"
-"Ah... scusa, quasi dimenticavo... ho parlato con il manager ieri"
-"Eh, e...?" morivo dalla curiosità.
-"A Natale esce il disco"
-"Che disco?" continuavo a non capire.
-"Come che disco, finora a Los Angeles cosa ci sei stata a fare? Per i surfisti? Il nostro disco"
-"Il tuo disco"
-"Hai scritto le canzoni con me, il nostro disco"
-"E me lo dici così?"
-"Come te lo devo dire?" 
Giusto, come dirmi che di botto una cosa che un anno fa nemmeno avresti sognato ora si sta realizzando, come dire che la persona che hai venerato per quasi 22 anni, la persona per cui hai iniziato a suonare, ti ha voluto con se su un disco che uscirà fra soli 3 mesi?
-"No, va bhe, ora posso anche morire felice"
-"Prima di morire, ti dimentichi una cosa"
-"Sarebbe?"
-"Mi dovevi presentare una persona".

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Capitolo 18
*** Riflessioni ***


Giusto,la tua ossessione, avevo dimenticato, o forse avevo fatto di tutto per non pensarci.
Vuoi che ti presenti mio padre, la mia famiglia.
La verità è che ho una paura fottuta.
Cosa devo pensare ora?
Non so nemmeno cosa sono per te, come posso presentarti agli altri.
E' quello il punto, cosa dovrei dire a mio padre?
Ti presento il mio...?
Che poi, cosa sei per me?
Una persona importantissima, si ok, ma in pratica?
Sei il mio fidanzato, il mio amante, il mio amico, un fratello maggiore, il mio datore di lavoro?
Non lo so nemmeno io.
Vivo con te, ti guardo addormentarti, ti sveglio al mattino, passiamo insieme ogni istante della nostra vita dal 26 febbraio scorso.
Dagli ultimi, quasi 7 fottutissimi mesi.
Da quando sono partita per Los Angeles per venire da te.
Con la valigia piena di sogni e la testa piena di cazzate.
So tutto di te.
Tu sai tutto di me.
Sappiamo tutto l'una dell'altro, ci capiamo con uno sguardo.
Bruciamo ogni volta che le nostre mani si sfiorano, che i nostri sguardi si incrociano.
Ho mollato quasi tutto, per seguire te.
E mi spaventa presentarti a mio padre.
Mio padre ti venera, ti adora, ti ha sempre adorato, ti adorerà anche questa volta.
So già come andrà, ti guarderà dritto negli occhi, guarderà me e senza dire una parola capirà tutto.
Ti riconoscerà senza neanche che ti presenti, ti riconoscerebbe tra mille.
Proprio come me, siamo uguali, sai.
Mi fa quasi ridere pensare che fino a qualche tempo fa ti potevo solo immaginare dalle copertine dei dischi.
Siamo anche venuti a vederti a Torino, son passati 18 anni.
Ero ancora una ragazzina.
Ti potevo solo sognare, ora sono qui seduta accanto a te con un telefono ormai muto ancora in mano e la tua mano dell'altra.
Anche lui ti stringerà la mano, emozionato.
Penserà che si, hai 20 anni più di me, penserà al tuo passato, si preoccuperà per me, è sempre mio padre dopotutto.
Poi penserà a me, a quella buffa foto, dovrei cercarla, vorrei fartela vedere, il mio primo giorno di scuola, non smettevo più di piangere, per convincermi ad andare mi lasciarono indossare la maglietta dei Guns, si , proprio quella nera con il logo che hai tatuato sul braccio destro.
Penserà a quando da piccola cantavo Welcome to the jungle, penserà a quella lettera a Babbo Natale che ti ho fatto vedere, ricordi?
Era il mio regalo di compleanno per te, da lì è iniziato tutto, tu eri ancora Axl Rose.
Io ero ancora quella che ti aveva offeso.
Mi odiavi ancora.
Ma quella lettera ti fece cambiare, ti fece sorridere.
Stavi bene, evidentemente vederti attraverso occhi innocenti ti ha aperto il cuore.
Da lì ti sei fidato ciecamente di me.
E' stata la prima volta che ti ho visto sorridere, evidentemente ti sei rivisto bambino.
Mio padre penserà a quando volevo che fossi tu a cantarmi la buona notte, lui non sa cantare.
Mi ha insegnato a suonare la chitarra, se non fosse per lui ora forse non saremmo qui a pensare a tutto questo.
Era veramente bravo a suonare, forse meglio di me.
Pero' non sa cantare, davvero.
Vorrei che ti guardasse dritto negli occhi e si dimenticasse di Axl Rose.
Gli presenterò solamente William.
Lui allora forse guarderà te, penserà a tutto questo e sarà felice per me.
Sarà felice per noi.

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Capitolo 19
*** Anything goes ***


Ero riuscita fino a quel momento a divagare su questo argomento, ma lui si faceva sempre piu pressante, non potevo continuare a trovare alibi o altre scuse, ma non riuscivo minimante a immaginare la faccia di mio padre di fronte a colui che per anni era stato il suo idolo, la sua voce aveva accompagnato una parte della sua vita e aveva significato molto per lui, si era ispirato ai Guns quando suonava con un gruppo di amici.
Già, anche mio padre è sempre stato rapito dalla musica come me, suonava la chitarra ed era anche molto bravo ma poi il lavoro, il dover mantenere una figlia già quando era molto giovane aveva fatto si che smettesse di suonare, ma io sapevo che il fuoco per il rock and roll non si era mai del tutto istinto nel suo cuore.
Lo aveva tramandato a me trasmettendomi la sua passione.
Mi feci forza e composi il numero, non avevo detto a nessuno del mio ritorno in città, nemmeno a lui.
Squilla, è libero.
-"Ohhh sei ancora viva? Da che pare del mondo ti trovi?"
-"Ciao babbo, si sono viva, e sono molto piu vicina di quanto pensi"
-"Si magari sei a casa... vuoi prendermi in giro come fai di solito??’
-"Questa volta sono seria, sono davvero a casa"
-"E non ti sei nemmeno degnata di avvisarmi prima, ti sarei venuto a prendere, ma che hai, ti sento strana; c'è qualcosa che non va?"
Mio padre aveva intuito subito che la mia voce non era del tutto naturale, che c’era qualcosa di esterno che mi forzava a fare quella telefonata di cui io non ero ancora sicura.
-"No, no, tutto a posto, sono solo stanca, ho bisogno di riposarmi un po'".
-"Bè, mi farebbe piacere vederti, ma se sei molto stanca facciamo domani mattina?"
-"Mamma come sta? Tutto a posto?" buttai lì provando a sviare.
-"Si, si, è in cucina che finisce di sistemare, lo sai lei è sempre presa dagli affari di casa, non è certo come sua figlia..."
Quella battuta fece ridere tutti e due, è vero, non ero mai stata ferrata nei lavori di casa, ovviamente senza pensare a quella cena famosa che aveva fatto cambiare tante cose.
William intui che stavo per terminare la chiamata e mi prese per il braccio, nonostante non capisse una parola di italiano riusciva sempre a capire le mie intenzioni, ci bastava un solo sguardo per intenderci.
-"Babbo vi passo a trovare tra poco, devo presentarti una persona……".
-"Oddio, fammi sedere prima di darmi una notizia del genere, l’irrequieta si sarà mica fidanzata? È un rocchettaro sfigato da quattro soldi che vuole imitare qualche musicista famoso? Magari Slash o Axl rose? Ti aspetto muoviti, mamma sarà felicissima di vederti, vi preparerà qualcosa, avete gia mangiato?"
Com'è che pensava che mi fossi fidanzata? Per giunta con un tizio che poteva scimmiottare Slash, o Axl Rose...
Bè in quel preciso istante la mia testa comincio a navigare in un universo parallelo, che cosa avrei detto a mio padre?.
Cosa avrebbe pensato di me? Soprattutto non sarebbe stato molto facile presentare Mr. William Axl Rose in persona.
Silenzio assoluto…..
-"Oh ma ci sei? Tutto a posto? Gia ti sentivo strana prima, adesso non ne parliamo, non sarà mica quella persona che hai accanto che ti rende cosi, lo sai ci metto poco a rimetterlo su un aereo, anzi, a rispedirlo a casa sua a calci nel culo" la sua voce si fece seria.
-"No babbo, non sentivo niente, prende male qual il telefono..." di nuovo silenzio.
Mio padre si era inevitabilmente accorto che c’era qualcosa di molto strano, infatti mi rispose secco e con tono autoritario, cosa che lui non amava fare.
-"Vieni qui subito, e porta con te anche il tuo amico".
E riattaccò il telefono.
 
 
 
 
 
Nota: 
A te: grazie di tutto, soprattutto di sopportare tutti i miei scleri, questo compreso!

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Capitolo 20
*** Ti presento i miei ***


A questo punto rimandare o inventare ulteriori scuse sarebbe stato inutile, oltre che impossibile.
Il momento della verità era arrivato, si sarebbero finalmente trovati faccia a faccia.
-"Ci aspettano per cena" quasi sussurrai rivolgendomi a lui.
-"Perfetto, allora andiamo".
Durante tutto il tragitto che mi divideva da casa dei miei cercai di non pensare troppo a come sarebbero andate le cose o rischiavo di impazzire ancora prima di scoprirlo.
Feci un respiro profondo e suonai al campanello, fu proprio mio padre a venire ad aprirci.
Nel momento stesso in cui la porta si aprì e lui mi abbracciò mi ritrovai di fronte quelli che allo stato attuale erano i due uomini più importanti della mia vita.
Mentre mio padre mi stava abbracciando notò subito la figura che era rimasta immobile sulla soglia, in attesa del nostro invito, notò subito gli stivali e man mano che il suo sguardo saliva la sua immaginazione prendeva sempre più forma, forse davvero si aspettava un ragazzo della mia età, il suo sguardo salì ancora, in una frazione di secondo, per passare alla camicia, le maniche arrotolate che lasciavano scoperti i tatuaggi, quella croce, inconfondibile, nitida, il marchio di fabbrica.
Arrivò finalmente al viso, gli anni passati l'avevano segnato, indubbiamente, ma quei tratti erano sempre li stessi, unici, caratteristici, e quei capelli rossi, il viso di mio padre cambiò espressione.
Non capivo cosa stesse provando, sembrava solo un bambino che ha appena visto un suo eroe, il suo supereroe preferito.
-"Axl Rooooose?" balbettò freneticamente, la voce tremante tra lo sconvolto e lo sconcertato.
-"Piacere mr. Andrea" pronunciò in un'italiano stentato, la frase che mi aveva pregato di insegnargli, che per tutta la strada aveva cercato di ripetere per tenerla a mente.
La mia presenza sembrava essere diventata futile.
Si dettero la mano, mio padre entrato in un improvviso stato di trance, confondendo immaginazione e realtà, restò in silenzio per una trentina di secondi, con lo sguardo perso nel vuoto.
Finalmente si riprese, eravamo ancora fermi sulla porta di casa, ci invitò ad entrare.
Sentii chiaramente mio padre dirigersi verso la cucina e annunciare a mia madre l'ospite illustre.
-"Silvia...non hai idea di chi c'è di là...."
-"Tua figlia, più che maggiorenne che, ti ricordo, per inciso, è col suo nuovo ragazzo e tu non vuoi fare brutta figura, quindi togliti quell'espressione ebete, soffoca gli istinti omicidi Scarface, perlomeno per stasera"
-"No, Silvia non capisci, non hai veramente idea..."
-"Si, si, ok, ma ora scusa, se ti togli vado a farmela quest'idea..."
Mia madre mi corse incontro pulendosi le mani al grambiule da cucina, mi abbracciò dopodichè salutò William, come al solito non si preoccupò granchè della persona che mi stava accanto, posso dire che neanche lo riconobbe, la musica non era mai stata il suo forte, per lei contava solo la famiglia, aveva sempre sperato di avere una famiglia "normale" in questo era molto diversa da mio padre che ancora non si era ripreso dallo shock, erano opposti in questo e non capivo come facevano a stare insieme da così tanti anni.
Li seguimmo in cucina e guardai William pregandolo di fare qualcosa, la situazione stava diventando veramente grottesca.
-"Sua figlia mi ha detto che lei è veramente bravo con la chitarra" provò a dire per sciogliere una tensione palpabile.
Fui sorpresa dalla frase in italiano, evidentemente in tutti quei mesi si era documentato per fare bella figura qualora ci fosse stata l'occasione di incontrare qualche mio parente o amico.
Si sforzava di parlare la mia lingua solo per me, solo per farmi piacere.
 
Allora mi conosci davvero, ci tieni davvero a me, sai che per me queste piccole cose sono immensamente importanti...
 
Mi sollevava vedere William usare un tono così amichevole e rilassato con una persona che aveva appena conosciuto, non aveva importanza se si trattava di mio padre, il suo lato migliore stava venendo fuori anche qui a casa mia, e la cosa mi riepiva di gioia.
Che la star viziata e arrogante se ne stesse andando lasciando spazio alla persona deliziosa che si stava prendendo cura di me?
-"Me la cavavo, ma niente di che, è lei la fuoriclasse di casa..." disse accennando ad abbracciarmi.
Il tono confidenziale aveva fatto riprendere mio padre di colpo, tra i due si era creato una specie di sintonia tra coetanei reduci degli anni '80.
-"Sono VERAMENTE CURIOSO di sapere che cosa ci fai qui con Axl Rose..." mi sussurrò incredulo in un orecchio, puntualizzando e soffermandosi sul "veramente curioso".
-"Segreto di stato" fu l'unica cazzata che mi venne a mente.
Eludere la domanda e rispondere in maniera vaga e sarcastica era sempre stato il mio forte in quelle circostanze.
Tendevo sempre a scappare quando dovevo dare spiegazioni.
Il suo lato paterno cominciò a spuntare fuori, non era facile, non era certo uomo da rimproveri o cazzate varie, tantomeno da scioccarsi per qualcosa, interpretare il padre severo e asutero non era nelle sue corde.
Era stata un'impresa lasciarlo a bocca aperta, mi ero presentata alla sua porta, dopo quasi 7 mesi di assenza, in compagnia di un suo vecchio idolo, suo coetaneo e famoso per i suoi eccessi quanto per la sua musica.
Era scontato che fosse preoccupato per me.
Ma che cosa poteva temere?
Che fossi l'ennesima scopata giovane di una rockstar che stava pian piano tornando nell'Olimpo del rock?
La verità era molto più sconvolgente, proprio per quello non avrei mai permesso che qualcuno la scoprisse.
 
"Don't damn me
When I speak a piece of my mind
'Cause silence isn't golden
When I'm holding it inside
'Cause I've been where I have been
An I've seen what I have seen
I put the pen to the paper
'Cause it's all a part of me
 
Non mi condannare 
quando svelo i miei pensieri
perchè il silenzio non è oro
se lo tengo per me
Sono stato dove sono stato
ho visto quello che ho visto
Ho scritto
perchè è tutto parte di me".
 
 

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Capitolo 21
*** Patience ***


L'incontro con mio padre mi aveva confusa più del previsto, eppure era sembrato tutto così tranquillo, la sua piccola aveva preso il volo, era cresciuta.
La bambina con la maglia con l'effige di Appetite for destruction, con le sue lunghe trecce castane e gli occhi azzurri, imbronciata nel suo primo giorno di scuola non esisteva più, era solamente un'immagine lontana, pensai.
Mi lavai il viso e mi cambiai, mi misi a letto sicura che non sarei riuscita a prendere sonno, fissavo il soffitto distesa sulle lenzuola di seta.
Lui si avvicinò a me con tutta la delicatezza possibile, totalmente languido si sdraiò a fianco a me posando la testa sul cuscino accanto alla mia.
-"Come mai non gli hai detto la verità?" mi puntò addosso gli occhi verdi.
-"Pensavo reagisse in maniera diversa, che ne so, che si incazzasse, che fosse perlomeno sorpreso, ma ti guardava inebetito, sembrava un coglione, va bene venerarti, ma così è esagerato, mi ha spiazzata"
-"Preferivi che si incazzasse?"
-"No, non preferivo che si incazzasse, ma una reazione più da padre, quello si, e te, sei arrabbiato?"
-"Io? E per cosa?"
-"Perchè magari ti aspettavi che gli dicessi tutto stasera, ma non mi sembrava il momento"
-"Non ri preoccupare, non avere fretta, le cose si sistemeranno se abbiamo un po' di pazienza"
Già, era facile per lui essere ottimisti, chissà se le cose si sarebbero mai sistemate, ma il mio ritorno a casa era giunto al termine almeno per il momento.
Mi accoccolai tra le sue braccia assaporando il suo profumo inebriante.
Perlomeno tornando a Los Angeles avrei avuto altre cose per la testa a cui pensare, il disco, primo tra tutte.
-"L'ultima cosa..." sussurrò mentre col dito tracciava il profilo del mio viso, delle mie labbra.
-"Dimmi"
-"Che canzone era?"
-"Di che caznone parli"
-"Quella che volevi ti cantassi prima di dormire...te lo  ricordi? Il tuo desiderio era addormentarti mentre ti cantavo qualcosa, è ora che tutti i tuoi sogni diventino realtà piccola, che canzone vuoi che ti canti?"
-"Patience" mormorai completamente stremata con un filo di voce.
Così mi addormentati tra le sue braccia mentre finalmente realizzavo il mio sogno di adormentarmi ascoltando la voce di Axl Rose cantarmi Patience.
 
E poi col sonno arrivarono i ricordi, i sogni, gli incubi, tutto mischiato in un vortice confuso.
Il video di November rain, quelle vecchie foto scolorite, la turnè in America, quell'incontro che mi aveva cambiato la vita, le lacrime che mi rigavano le guance, quante cose erano cambiate, io com'ero cambiata?
Sposo Axl Rose e vado nel culo a tutti, non l'avrei pensato nemmeno per scherzo, non l'avrei mai detto, eppure quelle parole stavano uscendo con impeto dalla mia bocca.
Ancora me ne pentivo.
Quella figura sfocata era... me.
Urla che uscivano dalla mia gola.
Fissavo il bicchiere in frantumi per terra, vedevo ancora il sangue che usciva dalla mia mano, lo guardavo ipnotizzata, misto al sapore della delusione, ai vetri rotti.
Alla rabbia che avevo dentro, agli sguardi degli altri fissi di me, indagatori, delusi.

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Capitolo 22
*** ...that was just a dream... ***


-"Ale alza senti bella la canzone..." urlai come al solito alla mia amica, da una stanza all'altra.
-"Dai Ce' che palle, sempre con questo casino, questa mica è musica... sei proprio fissata"
-"No, sarà musica quello schifo da discoteca che ascoltate voi, questi sono i Guns N'Roses..."
-"Chi sono i Ganzi e Rozzi?"
Risate, risate cretine.
-"Voi non capite proprio un cazzo di musica".
Ah i ricordi dell'adolescenza...
Ma... quella sono io!!
Mado', ma come mi vestivo?
E lei?
Lei è la mia amica dai tempi remoti, Alessandra, bravissima ragazza, non c'ha mai capito nulla di musica, pero' le voglio bene, pare che tra poco si sposi e come marcia nuziale metta proprio November Rain.*
 
Giusto, il video di November Rain, mi ipnotizzava ogni volta che lo vedevo, troppo sfarzoso per i miei gusti, ma ogni volta ero combattuta, preferivo essere al posto di Slash per andarmene nel bel mezzo della cerimonia a suonare il mio assolo in mezzo al deserto in completa solitudine, o preferivo essere nei panni di Stephanie Seymour per sposare Axl?
Bel dilemma.
Lo pensò probabilmente anche la professoressa qualche mattina più tardi a scuola, sembrò non gradire granchè la mia distrazione.
-"Conti, la lezione non è suo gradimento? Possiamo parlare d'altro se vuole...Che ne so, a cosa stava pensando" domandò sarcastica.
-"Lei preferirebbe essere al posto della sposa o di Slash?"
-"Cosa?"
-"Mi ha chiesto a cosa stavo pensando, ero indecisa se vorrei essere al posto di Stephanie Seymour o di Slash, non riesco proprio a decidere, apriamo un dibattito...?"
In momenti come questo ero veramente una grandissima rompicoglioni.
-"Vai fuori" ordinò acida l'arpia.
Poco importa se mi fossi persa il resto della lezione.
Tanto non me ne importava niente, avrei avuto più tempo per pensare alle mie cose.
Scarabocchiai sul quanderno un accenno di testo che mi era venuto in mente la mattina, tra la lezione di matematica e quella di filosofia. 
-"Anche te in giro, che ci fai qui?"
-"M'ha buttato fuori la Rossi, non seguivo la lezione"
-"Come ha osato, nessuno mette in punizione Jimi Hendrix"
-"Non mi prendere per il culo, leggi qui, che te ne pare..." dissi tirando fuori di tasca un testo scarabbochiato alla meglio su una pagina di quaderno.
Volevo spostare l'attenzione da quello che veramente stavo scrivendo.
-"Sarebbe?"
-"Cosa ti sembra... un testo per una canzone, l'ho scritto stamattina"
-"Il testo mi piace, portalo oggi alle prove, così ci mettiamo la musica"
-"Che prove? Oggi non proviamo, io vado a scuola guida, non te l'ha detto Mattia?
Poi domani suoniamo..."
-"Ah si, dov'è che suoniamo domani sera?"
-"Bo, in un paesino qui vicino, non me lo ricordo il nome"
I ricordi della scuola, c'ero sempre andata mal volentieri, mi pesava stare ore e ore dietro un banco a seguire i prof che mi infarcivano la testa di nozioni inutili nella vita reale.
Io volevo avere successo, non mi fregava niente della Rivoluzione Francese, delle Monadi di Leibniz, se i prof avessero avuto la ricetta per il successo gliene sarei stata immensamente grata, ma le loro lezioni teoriche potevano anche fare a meno di me.
 
 
 
 
-"Oh ma dove cazzo siamo, qui non c'è niente"
-"Che ne so, il cartello era giusto, dobbiamo trovare il locale"
-"Te vedi qualcosa che sembri un locale qui intorno? Siamo in culo alla luna"
Evidentemente non ero l'unica ad avero problemi con le strade.
Un dejavu?
Un'atmosfera era da horror splatter, una fitta nebbia che non lasciava vedere niente, la campagna spoglia d'autunno.
Cos'era quel posto?
Io c'ero già stata lì mi pare, non ricordo cosa fosse quel posto, le immagini non erano granchè chiare
Un concerto sfigato per pochissime persone, capirai, chi è che avrebbe pagato per vedere suonare 5 sfigati sedicenni.
Piano piano iniziavo a ricomporre i pezzi, iniziavo a ricordare.
Fu il primo concerto organizzato dal nostro manager, il primo concerto che ci pagarono, un locale sperduto nelle campagne toscane, completamente fuori mano, di solito frequentato da motociclisti metallari, i pochi che vennero sembrarono apprezzare quel concerto.
Non suonavamo male pero', anzi, per essere sedicenni eravamo già parecchio bravini.
La foto sbiadita, rovinata, era ancora lì attaccata alla parete di camera mia come testimonianza, quella serata c'era stata, il primo vero concerto in un locale.
Com'ero piccola, com'eravamo piccoli.
Guardai la data: 18 Ottobre '98, una scossa sembrò passarmi lungo la schiena.
Era passato un secolo.
Mi ricordo la sera mentre tornavamo a casa in macchina di qualcuno:
-"Giuro che se divento famosa mi sposo Axl Rose e vado nel culo a tutti" balbettai.
-"Anche a noi?"
-"No, a voi no, ma proprio perchè siete voi" aggiunsi con la voce impastata dall'acool.
Poi poggiai la testa sulla spalla di Valerio e mi addormentai fino a casa.
 
 
 
 
 
*Questo lo dedico alla mia amica Ale che si sposa veramente con November Rain, in bocca al lupo ciccina.
P.s potete anche recensire, mica vi mangio!!
Grazie Lilith che mi vizia con le sue recensioni... ;-)

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Capitolo 23
*** Addio. Farewell. Goodbye. ***


-"Tra qualche giorno parto, mi trasferisco a Los Angeles per un po'..." mormorai dal nulla, fu la mia entusiasmante frase ad effetto, la bomba scoppiata una sera fino a quel momento apparentemente tranquilla di fine febbraio.
-"Scherzi vero?"
-"No, c'è già il volo prenotato per lunedi prossimo"
-"E quanto starai via? Due settimane, tre... quanto?"
-"Finchè le canzoni non saranno pronte, non prima di sei mesi comunque credo"
Non ero certo nuova alle uscite teatrali, ormai dovevano essersi abituati alle mie sparate, ma questa evidentemente le aveva superate tutte.
-"Eh no cazzo Cecilia, non ci puoi mollare così proprio ora..."
-"Ma chi credi di essere, sbaglio o ti sei montata un po' la testa lady..." furono i commenti acidi degli altri, completamente spiazzati dalla mia decisione di mollare tutto e partire all'improvviso.
Non riuscii nemmeno a rispondere, me ne stavo con le spalle al muro, preoccupandomi di tenere la testa bassa pur di non incrociare i loro sguardi, tutti lì pronti a sputarmi addosso il loro veleno.
Era dura da mandare giù, la mia dipartita, ci avevo investito anni e fatica in quel gruppo, ora era difficile mollarli così, alla vigilia dell'uscita del nostro nuovo disco.
Mi sentivo come se stessi tradendo una moglie che ami alla follia e che sta per dare alla luce il tuo bambino.
Inghiottii per trattenere le lacrime, avrei voluto urlare ma solamente strinsi più forte il bicchiere che tenevo in mano, rompendolo, i vetri mi ferirono la carne facendo uscire il sangue.
Fissavo imbambolata quel rivolo di sangue rosso scarlatto uscire dalla mia mano, mi bruciava la ferita ma quella sofferenza era niente in confronto a quello che avevo dentro.
Non riuscivo a respirare, l'aria mi si bloccava in gola, premeva, mi sentivo soffocare.
Non sentivo dolore per i vetri, mi faceva più male che quel rapporto terminasse così, immaginavo che non sarebbero stati entusiasti della mia decisione ma pensavo che capissero, quel gruppo, quei ragazzi erano la mia vita, erano stati la mia vita per oltre dieci anni e ora li stavo voltando le spalle.
-"E' per lui vero? Te l'ha chiesto lui di seguirlo?"
Annuii.
-"Si, vai, vai, ma ricordati bene che quando si stuferà di te e ti mollerà, non venire a piangere qui" Mattia, il nostro batterista era quello più incazzato di tutti, se quella doveva essere la reazione tanto valeva darmi un pugno in faccia.
Valerio mi aspettava in disparte appena fuori dalla porta, salutare lui sarebbe stata la parte più difficile.
Ci eravamo incontrati da bambini, la scuola insieme, le lezioni di musica, la voglia di inventarsi una band, trovare gli altri membri.
Lui c'era sempre stato, eravamo come gemelli, insieme fin da quando sognavavamo ad occhi aperti il successo fino alle prime copertine sulle riviste di musica, eravamo sempre noi due in primo piano, gli altri sullo sfondo, non meno importanti ma semplicemente non erano noi due.
C'era sempre stato, pronto a riportarmi sulla retta via ogni volta che sgarravo.
-"Avevi detto che non sarebbe mai successo, me l'avevi promesso"
L'abbracciai senza dire niente, almeno lui sapevo che non mi avrebbe giudicata, non riuscivo più a trattenermi, iniziai a singhiozzare, sentii chiaramente le lacrime uscire, rigarmi le guance facendo colare il trucco.
-"In bocca al lupo bambina, ricordati che non sarai mai sola" disse scostandomi una ciocca di capelli dagli occhi, poi rientrò dentro per placare gli animi degli altri.
Io girai i tacchi e andai via senza voltarmi.
Avevo sempre odiato gli addii e non ero ancora pronta a scrivere la parola fine, ora ero solamente ansiosa di partire per vivere il mio sogno e loro, loro ero certa che un giorno avrebbero capito.

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Capitolo 24
*** Different Life ***


Fin da quando ero tornata a Los Angeles ogni notte mi ero rigirata nel letto in preda agli incubi e col respiro affannato, fortunatamente erano stati tutti solamente brutti sogni, che certo mi avevano lasciato addosso una grande inquietudine, ma pur sempre  sogni.
E i sogni scompaiono appena arriva giorno.
Mi alzai dal letto, immaginavo fosse quasi l'ora di pranzo, mi avvicinai verso la finestra per controllare che fuori il paesaggio non fosse cambiato, che tutto fosse ancora al suo posto, l'oceano era ancora lì di fronte a me scintillante sotto il sole della California, mi sentivo sollevata, essere di nuovo a Los Angeles insieme ad Axl per occuparci dell'uscita imminente del nuovo disco mi teneva la mente occupata, tra la scelta della copertina, le foto, i servizi e la campagna pubblicitaria c'era ancora un gran lavoro da fare.
L'avventura italiana era stata solo una breve parentesi che mi aveva permesso di farlo entrare nel mio mondo, ma che allo stesso tempo aveva fatto rinascere in me alcuni vecchi fantasmi.
Raggiunsi Axl in salotto, era già sveglio da un pezzo, questa nuova avventura lo galvanizzava tremendamente, era sempre indaffarato a scegliere tra migliaia di foto quella che sarebbe stata la copertina del disco, si districava tra il manager e gli addetti stampa per le interviste di rito.
Un momento: Axl Rose rilassato in salotto che parlava con un giornalista?
Da quand'è che si divertiva a parlare con la stampa?
In attesa che lui avesse finito con l'intervista mi appartai in veranda con una tazza di the e un cornetto al cioccolato, per rilassarmi mi misi a sfogliare la rivista che ci era appena stata consenta, il nuovo numero di Rock World con lui in copertina; Axl in copertina dopo tanti anni, che col suo sguardo beffardo annunciava l'incombente uscita del nuovo disco corsi a leggere la recensione e l'intervista.
 
DA ROCK WORLD* DI NOVEMBRE:
"IL NUOVO DISCO DEI GUNS N'ROSES E'LA COSA PIU' STRAORDINARIA CHE ABBIATE MAI SENTITO DAGLI ANNI '90"
Sarà in uscita nel prossimo mese di Dicembre il nuovo disco dei rinnovati Guns n'Roses, il disco si compone di 12 tracce per un totale di un'ora di puro rock.
L'album è stato anticipato dal singolo Blue Eyes.
Il disco si apre con l'intro della traccia SPOT unica traccia simil industrial dell'intero album, prosegue con i brani PUSHER e DAMAGES che ricordano molto i suoni dei vecchi Guns di Appetite per concludersi poi con le ballate BLUE EYES e ONE YEAR IN HEAVEN.
Specialmente in OYIH si respira un'atmosfera fantastica, come un sogno che ti nasce in mente, caldo e gelido allo stesso tempo, BLUE EYES è soprattutto un gioco di chitarre rabbiose e struggenti, una canzone d'amore che vi farà dimenticare per sempre la ormai datata November Rain.
Questo album ci regala un Axl Rose in gran forma e veramente ispirato, la temuta lunga attesa che c'era stata per Chinese Democracy è finalmente solo un lontano ricordo.
Bisogna essere degli idioti per non apprezzare un lavoro del genere.
Un disco fenomenale e fondamentale, una grinta da fare invidia, 65 minuti di goduria senza mai una caduta di stile o di qualità.
Un regalo di Natale veramente degno del nome.
LA TRACKLIST DELL'ALBUM:
1. SPOT
2. FUCKIN' ROCK WORLD
3. PUSHER
4. DAMAGES
5. THE LAST PARTY 
6. DESOLATION 
7.DIFFERENT LIFE
8. REBIRTH
9.EUROPEAN TRIP
10. LIAR
11. BLUE EYES
12. ONE YEAR IN HEAVEN
 
Segue l'intervista ad Axl Rose a pagina 12.
 
QUALI SONO LE TUE IMPRESSIONI SUL NUOVO ALBUM?
Questo disco come dice il titolo è un aprirsi a una nuova vita, lasciarmi alle spalle gli anni di eccessi del passato, tutte le critiche e le polemiche che ci sono state, su di me, sui vecchi membri del gruppo, sui nuovi musicisti dei Guns n'Roses.
Diciamo che per la prima volta entrare in studio e comporre un nuovo disco è stato un divertimento più che un lavoro, erano anni che non provavo una sensazione del genere.
E SI VESE, ABBIAMO DOVUTO ASPETTARE QUASI 15 ANNI PER LA PUBBLICAZIONE DI CHINESE DEMOCRACY E ORA DOPO 2 SOLI ANNI ESCE QUESTO NUOVO DISCO...
E' già stato detto tutto quanto potesse essere detto su questa cosa, dopo l'uscita dal gruppo dei vecchi membri ci sono state un sacco di polemiche chi su chi fosse stato licenziato, chi se ne fosse andato di sua volontà, la verità è che se io avessi avuto l'opportunità di registrare prima un disco per conto mio, avrebbe suonato esattamente così, diciamo che nella pubblicazione di CD ci sono stati numerosi "intoppi", per Differen Life eravamo ormai un gruppo rodato; sia io che i ragazzi eravamo pieni d'entusiasmo dopo la conclusione del tour, poi ho trovato dei collaboratori molto validi ed è filato tutto liscio.
DOPO TUTTI QUESTI ANNI DI SILENZIO PER QUESTO TOUR TI ASPETTAVI UN SIMILE SUCCESSO?
Mah, sinceramente non saprei rispondere, abbiamo fatto un po' di fatica le prime date, dovevamo oliare bene gli ingranaggi, ma poi chi amava veramente i Guns n'Roses è venuto fuori, diciamo che speravamo in questo successo ma non ci aspettavamo un così grande flusso di fans ai nostri concerti.
Mi sembrava di essere tornato ai concerti di vent'anni fa.
QUALI SONO I TEMI TRATTATI NEL DISCO?
Le tematiche spaziano dalle riflessioni sul passare del tempo, sulla mia vita, fino ad arrivare ovviamente all'amore.
E' un disco molto introspettivo e, a tratti malinconico.
UNA CURIOSITA': LA CANZONE EUROPEAN TRIP E' QUASI UN OMAGGIO: COSA L'HA SPINTO A DEDICARE UNA CANZONE ALL'EUROPA? E' COSI' AFFASCINATO DAL VECCHIO CONTINENTE?
Si, adoro l'Europa, ma il testo non parla proprio di quello. Diciamo che le parole della canzone mi sono venute in mente una sera, dopo il concerto in Italia a Febbraio, più che una canzone dedicata all'Europa in sè è dedicata a come la mia vita è cambiata dopo quel viaggio, è ispirata ad alcuni episodi che sono successi là, la sera dopo il concerto di Milano, mentre aspettavo l'aereo per raggiungere la città del concerto successivo mi è arrivato un messaggio che diceva: "Ancora auguri e goditi il tuo viaggio in Europa", anche se in quel momento non credevo che quel messaggio sarebbe diventato poi così importante, mi ha dato l'idea per scrivere il testo della canzone, troppo spesso si dà poca importanza ai sentimenti, in quel momento avevo capito di aver realizzato il sogno di una bambina e la cosa mi aveva riempito d'orgoglio.
NON NEL FINALE POI SI PARLA D'AMORE, MI PARE DI CAPIRE CHE LE ULTIME DUE TRACCE SONO DEDICATE A UNA DONNA, E' PER LEI QUESTA "DIFFERENT LIFE", QUESTA VITA DIVERSA?
Si, le canzoni d'amore si sa, sono nel mio stile, il finale del disco parla di una donna, è dedicato a una persona che mi e' stata particolarmente vicina nell'ultimo periodo.
E' LEI CHE LE HA INVIATO QUEL MESSAGGIO?
Diciamo che... si è stata lei.
SPECIALMENTE LA TRACCIA BLUE EYES, PARLA DI UN RAPPORTO TORMENTATO CON UNA DONNA, CHE PRIMA PARE AVERLA DELUSA E POI CONQUISTATA: E' SEMPRE DEDICATO TUTTO ALLA STESSA PERSONA?
Effettivamente all'inizio ero molto colpito da questa donna che prima mi aveva ha deluso pronfondamente, in seguito diciamo che da quel momento, giorno dopo giorno ha saputo conquistarsi la mia piena fiducia, mi ha dato una grande mano a rimettermi in carreggiata.
E se ora ogni mattina mi sveglio e ringrazio il cielo per avermi regalato tutto questo, è solo merito suo, alla fine è di questo che parla BLUE EYES.
 
Mi sentivo molto chiamata in causa, non avevo mai sentito la canzone completa prima della realizzazione del disco, avevo composto quasi interamente la parte musicale, era il mio piccolo capolavoro, si sentivano in apertura le chitarre rabbiose, continuavano struggenti come lo era stato il mio "umore" dopo la nostra prima litigata, la canzone finiva come in allegria con un assolo che sembrava suonare a festa.
Appena l'aveva sentita gli era piaciuta subito, mi raccontò poi che dopo il primo ascolto della musica aveva già in mente le parole, perchè l'intero brano gli ricordava la nostra storia, altalenante all'inizio, mi raccontò che era esattamente così che si sentiva, che con le mie chitarre ero riuscita a replicare in maniera esatta il suo stato d'animo, per quello non aveva mai voluto che leggessi le parole, fino a quando il brano non fosse stato interamente finito, poi l'attesa continuò fino all'incisione e la prima volta che ascoltai il brano, piansi.
L'intervista si concludeva con alcune altre domande di rito, su quale sarebbero stati gli altri singoli estratti, se sarebbe stato seguito da un altro tour mondiale, se non altro il giornalista, evidentemente poco temerario, o molto intelligente si era risparmiato la domanda che tutti fanno sulla reunion con gli altri vecchi Guns, avrebbe rovinato lo spirito gioviale di un rinnovato Axl Rose.



*Non so se esista una rivista chiamata così, e se esiste me ne scuso immensamente, ho cercato di pensare a un nome plausibile per una rivista di musica evitando i nomi di quelle esistenti.
Cosa dire di questo capitolo, è il vero sogno di tutta la storia, un disco nuovo di zecca.

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Capitolo 25
*** Vogue ***


Mentre Axl continuava a destreggiarsi abilmente tra giornalisti e fotografi io continuai la mia colazione in perfetto relax con vista mare, tra le riviste che stavo sfogliando mi colpì un servizio su Vogue di Settembre ambientato nei giardini di Versailles dove la modella indossava un abito da sposa favoloso, aveva il bustino in pizzo candido lavorato a motivi astratti e abbellito da perline candide, sul dietro del  bustino si intrecciavano nastri di raso rosso fuoco che si chiudevano in una rosa alla fine della schiena, la gonna ampia e vaporosa, di morbidissimo tulle bianco; sorrisi, quello era il vestito da sposa più bello che avessi mai visto, e le rose rosse, ormai facevano parte del mio destino.
Chiusi la rivista giusto in tempo per l'arrivo di William, vergognandomi anche per quel pensiero stupido, innamorarmi di un vestito da sposa non era certo da me.
Io che al matrimonio nemmeno ci pensavo.
Giusto qualche volta da ragazzina con le amiche avevo immaginato il giorno delle mie nozze, ma l'immagine era sempre quella e nitida, niente cose sfarzosi, niente vestiti bianchi nè lustrini.
-"Allora, andato tutto bene con le interviste?" li saltai quasi al collo, raggiante, stranamente quella mattina mi aveva messo di buonumore.
-"Si si tutto ok, ho due notizie, una buona e una cattiva...quale vuoi sentire prima?"
-"Dai su: prima la cattiva..."
-"La cattiva è che sto uscendo e sarò impegnato tutto il giorno": gli sorrisi uguale sfoderando la mia fantastica faccia finto imbronciata.
Avevo già pensato a come trascorrere la giornata, accoccolati sul divano ascoltando e commentando il nuovo disco e per finire una passeggiata sulla spiaggia e una cenetta tranquilla; purtroppo dovevo rivedere i miei piani.
-"E la buona?"
-"Che hai tutto il giorno per prepararti con calma, stasera andiamo a cena fuori in un posto speciale, ti voglio stupenda, come sempre".
-"Ok ciao" gli dissi con una punta di delusione baciandolo sulla guancia.
Annoiata dalla prospettiva non troppo allettante di passare un'intera giornata da sola salii in camera, volevo prendere il mio diario per mettere nero su bianco le sensazioni di quegli ultimi giorni, dagli incubi delle notti passate alla serenità ritrovata dopo aver visto la gioia negli occhi di Axl per l'interesse che il nuovo disco stava suscitando.
Tenevo un diario fin dai tempi delle superiori annotandovi dentro tutto quello che mi succedeva, scrivendo giorno per giorno i miei pensieri, le mie ansie e le bozze per i testi delle canzoni che mi venivano in mente.
Nella mia borsa il diario non c'era più, eppure ero convinta; sicuramente prima dell'atterraggio l'avevo messo via, si, doveva essere nel trolley, tirai fuori da sotto al letto il piccolo trolley di pelouche rosa, ancora non era stato svuotato dal suo contenuto, il diario non era neanche lì, non ricordavo di averlo messo in valigia, era impossibile, ci stavo scrivendo in aereo, mi ricordai che smisi di scrivere appunto perchè l'aereo era in procinto di atterrare, controllai ugualmente per sicurezza ma ovviamente niente.
Mi feci aiutare dalla domestica, mettemmo a soqquadro l'intera stanza e il resto della casa ma del diario nemmeno l'ombra.
Ormai si era fatto quasi sera, William sarebbe tornato a breve e non ero ancora pronta.
Mi precipitai nella doccia e iniziai a prepararmi con cura per la grande sera che si prospettava, lasciai i capelli sciolti, il sole dell'estate li aveva schiariti donandomi dei riflessi color miele che tutti sembravano apprezzare, scelsi un look elegante visto cosa mi era stato "ordinato", scesi giusto in tempo per raggiungere Axl in salotto che mi stava aspettando sorseggiando Martini.
Indubbiamente ero in ritardo, ma lui tirato a lucido nel suo completo grigio perla stava veramente bene.
Chissà cosa c'era da festeggiare così eleganti. 

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Capitolo 26
*** Red Rose for dessert... ***


La macchina ci stava già aspettando fuori, io tirata a lucido come forse non avevo mai in fatto in tutta la mia esistenza, lui come sempre splendido come il sole, l'autista che ci apriva la porta per farci salire, sembrava veramente un sogno, l'unica differenza è che questa volta ero sveglia...
Nel tragitto che facemmo per arrivare al locale mi stavo già immagiando la stuola di giornalisti che stava aspettando fuori e questo mi rendeva molto nervosa, nessuno sapeva di noi e neanche che io avevo lavorato al disco.
La strada fu molto lunga e la mia ansia cresceva ad ogni chilometro percorso, solo il mare sempre in bella vista riusciva a calmarmi un pò, ci allontanammo sempre più dalla città e la mia ansia stava pian piano calando, anche perchè William se ne stava là, spaparanzato molto tranquillamente sul sedile sorseggiando champagne...
Imboccammo una via che portava direttamente ad una spiaggia, non riuscivo a distinguere bene cosa ci fosse in fondo, il sole stava tramontando e vedevo solo una palla rosso fuoco che si adagiava placida sull'acqua.
Arrivammo fino in fondo al vialetto, c'era un ristorantino molto piccolo, nessuno fuori ad aspettarci, ne rimansi molto meravigliata e mi rasserenai in un attimo, entrammo nel ristorante, una sala intima, solo per noi due che si affacciava su una terrazza meravigliosa, il tramonto era uno spettacolo.
Appena entrati mi colpì l'accuratezza di tutto il locale, le candele, l'apparecchiatura, non avevo mai visto tanti bicchieri e posate su un tavolo per due persone.
Appena seduti il cameriere si presentò con un aperitivo di benvenuto: delle ostriche accompagnate con due calici di champagne, tremai, le ostriche erano sempre state il mio cruccio, ma mi sarei sforzata comunque di mangiarle per non deludere il mio cavaliere.
-"Hei, non mangi? Ma che faccia hai?"
Già, una donna di mare come me le avrebbe dovute già divorare, su C.C. forza mangia che poi ti aspetta il brindisi, pensai tra me e me cercando di farmi un briciolo di coraggio.
Evidentemente mi tradì la mia espressione, mi conosceva troppo bene oramai.
-"Veramente William queste non mi piaccino proprio" dissi io con aria imbarazzata.
-"Ed era per questo che avevi quella faccia? Dai non ti preoccupare mangeremo altro per adesso brindiamo..."
-"A cosa?": 
-"Iniziamo dalla cosa di poco conto, il primo brindisi lo facciamo al disco, ti va?"
-"E questo sarebbe di poco conto? Ma sei pazzo?"
-"No, no non sono mai stato meglio... allora lo facciamo o no...?"
-"Ok"
Facemmo il brindisi sorseggiando davvero un ottimo champange, senza soffermarmi su quanto potesse costare tutto ciò, la cena proseguì con degli antipasti crudi di mare, ovviamenete Axl, molto premuroso, fece capire al cameriere che non avrei gradito ulteriori ostriche, ricordandosi i miei gusti arrivarono quindi un sacco di stuzzichini di pesce crudo presentati nel piatto come dei capolavori artistici, tutto di grande effetto.
Si susseguì un trionfo di crostacei, fino ad arrivare al dolce, minuscole mousse di fragole a forma di petali di rosa adagiati su veri petali di rose rosse.
Quest'uomo sapeva sempre come stupirmi.
-"Le rose non mancano mai..." li feci notare.
Mangia e stai zitta, mi ammonii poco dopo, perchè non riuscivo mai a tenere per me i miei pensieri, perchè non sapevo mai quando tenere la bocca chiusa?
-"Diciamo che sono... il marchio di fabbrica" ci scherzò su.
-"E il prossimo brindisi?"
-"Non correre bambina, abbiamo tutta la serata per noi..."
-"Ma io lo voglio sapere"
Rise, il mio lato infantile veniva sempre fuori nei momenti più inaspettati, soprattutto odiavo sentirmi sulle spine, sapevo essere anche molto impaziente quando veniva stuzzicata la mia curiosità, ma evidentemente avrei dovuto aspettare la fine della cena per conoscere tutti i dettagli, quindi facendo buon viso a cattivo gioco, mi godetti quella cena fantastica cercando di tenere da parte la mia impazienza.
-"Allora, cosa te ne pare di tutto questo?"
-"Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere, hai prenotato tutto il locale solo per me? E'...E'.. favoloso!"
-"Tu sei favolosa, ti meritavi una cosa del genere"
Ripensai alla cena che avevo preparato a lui tempo prima, mi vergognai del pensiero, la mia era stata una cenetta casereccia, qui era lo sfarzo a regnare, mi sentii un po' fuori luogo, tutta la mia esistenza era fin troppo provinciale a confronto con la sua vita, con la vita che vivevamo qui.
-"Che c'è, ho detto qualcosa che non va?"
-"No, è che mi vergogno se penso alla cena che ti preparai io se la paragono a questa"
-"Non lo dire nemmeno per scherzo, quella cena è stata favolosa, l'hai preparata col cuore, avevo pensato anch'io di cucinarti qualcosa con le mie mani..."
Lo fermai subito -"E ti ringrazio per non averlo fatto, credimi, sei una persona favolosa...quando stai lontano dalla cucina" dissi smorzando l'imbarazzo che stavo provando.
-"Allora, questo brindisi?"
-"Giusto, si, bridiamo a noi principessa..."
-"A noi" dissi alzando il calice con poca convinzione, che razza di brindisi era?
C'era veramente da aspettare di finire tutta la cena per un brindisi così scontato?
Forse mi ero illusa io che il motivo fosse ben diverso, o forse avevo detto qualcosa di storto, fattostà che dopo il brindisi abbandonammo quel fantastico posto per tornarcene a casa.

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Capitolo 27
*** Il mare e il falò: un bacio al chiaro di luna... ***


Per tutto il tragitto di ritorno a casa l'atmosfera fu molto tesa, mi sembrava essere tornata indietro di mesi, tra di noi regnava il gelo, mi stavo spremendo la mente pensando a cosa poteva averlo d'improvviso reso così cupo, taciturno.
Era come se ci fosse un muro in mezzo a noi, lo scrutavo per riuscire a decifrare la sua espressione, lui se ne stava seduto sul sedile, con le mani in tasca, guardando fuori dal finestrino col suo sguardo assente, come se qualcosa lo turbasse.
L'auto al ritorno fece una strada diversa per tornare verso Malibù, probabilmente una scorciatoia visto che fu molto più corta rispetto all'andata, eravamo quasi arrivati quando ci fermammo poco prima di casa.
-"Ci lasci qui, per favore" disse lui rivolgendosi all'autista.
Guardai fuori dal finestrino cercando di intravedere qualcosa di familiare, eravamo vicini alla spiaggia, riconoscevo quel pezzo di strada, ma non capivo come mai ci fossimo fermati lì se a casa mancavano ancora un paio di chilometri.
Mi fece cenno di scendere, lo seguii, passeggiammo sulla spiaggia deserta, ancora in silenzio vicini, molto più vicini del solito, mano nella mano.
Scorsi una luce soffusa poco più in là, non capivo bene che cosa fosse ma pian piano che ci avvicinavamo misi a fuoco quello che sembrava essere un falò, in riva al mare, ci sedemmo intorno al fuoco sotto la luce amica della luna, era uno spettacolo mozzafiato, ma non riuscivo a capire il significato di tutto ciò.
-"Tutto questo era preparato?"
Annuì con la luce del fuoco che gli illuminava gli occhi, scintillanti, lucidi.
Evidentemente era stata la preparazione dell'intera sorpresa ad averlo tenuto occupato per tutto il giorno.
-"Non ho parole, è meraviglioso, ma che cosa significa tutto questo?"
-"Davvero non l'hai capito?"
Che cos'era che non avevo capito?
Lui per tutta risposta affondò la mano nei miei capelli e mi avvicinò a sè, posò le sue labbra sulle mie quasi con la paura di farmi male, fu un bacio a fior di labbra, fugace, lieve e dolcissimo, si staccò per un attimo, ci guardammo negli occhi per alcuni istanti che a me sembrarono interminabili, poi tornò a baciarmi con più impeto di prima, un bacio vero, intenso.
Mi irrigidii tremante scostandomi da lui, sentii la sua mano cercare la mia, mi accarezzò il volto scambiando la mia paura per emozione, il pensiero di cosa stava per succedere mi fece passare in un attimo la magia di quell'istante; avrei voluto fuggire il più lontano possibile.
Abbassai lo sguardo sperando di sbagliarmi, ma era proprio come credevo, l'anello era lì, scintillante tra le sue mani, un grosso diamante di taglio classico che poteva significare una cosa sola.
-"Cecilia, vorresti diventare mia moglie?"
-"William, io..."
No, non era quello che si sarebbe aspettato da me, rimase immobile, gelido, vedendo l'espressione riluttante che si era materializzata sul mio volto.
-"Io... non posso sposarti, non sono innamorata di te..." risposi quasi sussurrando, mortificata.
Avrei voluto ringraziarlo per tutto quello che aveva fatto per me, per l'immensa opportunità che mi aveva dato; ma trovarmi di fronte ai suoi sentimenti mi fece sentire un mostro per averlo illuso che da parte mia ci fosse qualcosa di più di una splendida amicizia e semplicemente feci l'unica cosa che ero capace di fare: fuggii lasciandomi tutto alle spalle, senza affrontare la realtà nè le sue conseguenze.
E quella fu l'ultima volta che lo vidi.
 
 
 
 
"And please remember that I never lied
And please remember
How I felt inside now honey
You gotta make it your own way
But you'll be alright now sugar
You'll feel better tomorrow
come the morning light now , baby
And don't you cry tonight..."

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Capitolo 28
*** Volo AZ 485 Roma-Los Angeles... ***


Si: un No inaspettato e plateale doveva essere il finale più azzeccato per quella storiella pensò Penny quando lesse tutto d'un fiato la fan fiction che aveva appena finito di scrivere, vergognandosi da morire per com'era uscita fuori e non troppo convinta di pubblicarla.
Era sempre stata una grande fan degli Stills e non le era sembrato vero quando sull'aereo aveva incontrato nientemeno che la chitarrista del gruppo; C.C.
L'aveva studiata di nascosto per tutto il viaggio senza il coraggio di avvicinarla, pensando che come tutte le persone che hanno conosciuto un po' di successo fosse una tipa viziata e poco disponibile a parlare con i fan salvo per quelle poche occasioni in cui erano obbligati a farlo, poi aveva visto come la ragazza si era dimostrata gentile con la hostess e non senza un briciolo di timore le si era avvicinata per chiederle una foto.
La chitarrista si mostrò subito disponibile ad accontentare la ragazzina.
A scuola, durante l'intervallo fece leggere la storia anche alla sua amica del cuore per chiederle un parere.
-"Beh è carina, ma come ti è venuta in mente questa storia?"
-"Era un po' che avevo in mente di scrivere qualcosa, leggevo sempre le storie degli altri su un sito di fan fiction, poi ho incontrato lei e mi ha dato lo spunto a scriverla, trovavo sempre in giro storie che parlavano di ragazzine esaltate che fanno di tutti di portarsi a letto gli altri ragazzi degli Stills e nessuno scriveva di lei, poi l'ho incontrata e mi è venuta l'ispirazione per scrivere la storia"
-"L'hai incontrata davvero?"
-"Si, sull'aereo per Los Angeles, mammamia non ti immagini che emozione, vedo entrare questa tizia e mi sembrava un viso conosciuto, poi ho sentito la hostess che l'ha chiamata per nome, l'accompagna a sedersi e penso, ora vado lì e le chiedo un autografo"
-"Eh, e poi?"
-"E poi non avevo il coraggio, la vedevo lì, assorta nei cazzi suoi, che ne so, se ne stava lì seduta al suo posto con l'i-pod e scriveva, scriveva su un quaderno senza nemmeno guardarsi intorno, ho pensato, chissà, vado lì e questa non mi caga nemmeno o magari fa anche la risentita perchè l'ho disturbata, sai come sono quelli famosi, tutti sorrisi quando ci sono i fotografi, poi quando sono a giro per i fatti propri si incazzano pure se t'avvicini per chiedergli una foto..."
-"E invece?"
-"E invece ho visto che comunque con la hostess e con la gente che era lì vicino a lei era gentilissima, così mi son fatta coraggio e le ho chiesto una foto, è stata disponibilissima perchè le foto con le luci dell'aereo non venivano granchè e l'abbiamo dovuta rifare 3 o 4 volte, mi ha fatto i complimenti per gli stivali che avevo, poi ha visto la maglietta che avevo e mi ha raccontato che lei è una grandissima fan dei Guns n'Roses fin da quando è bambina, è stata anche al concerto a Milano, così ci siamo messe anche a parlare per un botto di tempo, mi sembrava di... conoscerla da una vita, è come se sapessi tutto di lei...mi ha raccontato che tra un po' esce il nuovo disco degli Stills, che era già pronto da un po' però hanno avuto un po' di casini con la casa discografica e hanno ritardato l'uscita."
-"Dai, e poi non ti ha detto altro? Pettegolezzi?"
-"No, peccato perchè poi eravamo quasi arrivati, lei aveva un casino di cose lì intorno, ha dovuto iniziare a mettere via tutto per l'atterraggio, aveva un trolley di pelouche rosa che era una figata, poi la hostess mi ha fatto tornare al mio posto e quando siamo scese dall'aereo l'ho persa di vista"
-"Va bhe dai, ma lei com'è dal vivo? Bella come nelle foto oppure struccata è un cesso?"
-"No, è bellissima anche struccata, con quegli occhioni blu, la vedrei bene nei servizi su Vogue".
Penny rise a tutti quei pensieri insieme, l'approvazione della sua amica le diede il coraggio di pubblicare la sua fan fiction in internet, in modo da poter essere ben visibile a tutti, certamente avrebbe creato un po' di pubblicità in vista dell'imminente uscita del nuovo disco del gruppo.
 
 
 
 
Ammetto: il titolo fa schifo, ma non mi veniva in mente niente....

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Capitolo 29
*** I won't say a word... ***


"Now you're clean 
And so discreet 
I won't say a word 
But most of all this song is true 
Case you haven't heard 
So c'mon and stop your cryin' 
'Cause we both know money burns 
Honey don't stop tryin; 
An you'll get what you deserve "
 
 
 
 
 
La macchina rallentò poco prima di superare la folla di fans impazienti, indugiò un attimo prima di arrestarsi del tutto, poi l'autista scese per aprirci le porte.
Spostai di lato la testa per vedere meglio l'immagine riflessa nel vetro del finestrino, era tutto perfetto, ero il massimo dello splendore, un bel respiro profondo e scesi dalla macchina facendomi forza con gli altri, mi scappo' un sorriso pensando all'ultima volta che avevo visto il mio riflesso sul vetro di una limousine, non era passata certo una vita, ma io stentavo a riconoscermi.
Accanto a me c'erano i ragazzi, il mio gruppo e ora eravamo lì in piedi, sul tappeto rosso che molte volte avevamo fantasticato di calpestare.
Il nostro primo disco di platino.
Sorrisi per così tante foto da arrivare a sera con la mascella dolorante e gli occhi abbagliati dai flash dei fotografi.
Alla cena di gala scazzai all'ennesima domanda su cosa avesse ritardato di così tanto l'uscita del disco e su cosa l'avesse veramente ispirato, chissà cosa si aspettavano che rispondessi, sapevo esattamente cosa aveva ritardato l'uscita di quell'album e cosa mi avesse dato l'ispirazione, ma non avevo nessuna voglia di condividerlo con qualcuno, non in quel momento.
Ormai avevo fatto il callo a tutte quelle domande, sempre le stesse, ma se non ci avevo mai prestato attenzione non avrei certo iniziato adesso.
Non mi ero mai tirata indietro per le interviste, ero sempre stata gentile e disponibile a parlare con la stampa ma stranamente questa, nonostante fosse la più importante, non mi interessava, avevo altro per la testa, se avessi potuto avrei mandato solo gli altri a parlare con i giornalisti, per una volta non mi sarebbe pesato rimanere nell'ombra.
Ci chiamò il manager per le interviste di rito; entrai in sala stampa insieme agli altri come se mi aspettasse il patibolo.
Iniziò un tizio anonimo, di una rivista altrettanto anonima, chiedendo innocentemente il perchè di un titolo così curioso per un disco: "Scarlet Blood", fu Mattia a prendere la parola:
-"Sappiamo tutti che la nostra C.C. è molto sbadata; una sera era tipo febbraio scorso, una cosa del genere, insomma, eravamo alle prove col gruppo, parlando del nuovo disco e pensando a un possibile titolo e Cecilia si è tagliata con un bicchiere, la ferita sanguinava e il titolo sangue scarlatto faceva molto trash, così ci è piaciuto e l'abbiamo tenuto".
Giusto, un nome veramente d'effetto avevo pensato quando mi era stato proposto, istintivamente guardai la mano, si vedevano ancora i segni della ferita a più di un anno di distanza.
-"Si mormora che il disco fosse già pronto da diverso tempo, che dovesse uscire la primavera scorsa, ma poi siete stati lontani dalle scene per un po' e si è parlato di attriti tra di voi, cosa c'è di vero in tutto questo?"
-"La verità è che il disco era pronto, ma poi sono subentrati altri impegni da parte nostra, non saremmo stati in grado di portare avanti la promozione del disco e così abbiamo deciso di farlo uscire con un po' di ritardo".
Iniziai a tranquillizzarmi, le domande erano molto più innoque di quanto pensassi e i ragazzi erano bravissimi a rispondere ai giornalisti, mi crogiolavo nella mia aria annoiata quando una giornalista, per portare un po' di brio alla serata azzardo' una domanda su quella storiella che girava in rete su di me, chiedendo quanto ci fosse di vero su quella fan fiction.
Già, in rete si trovava una storia dedicata a me, parlava della chitarrista all'inizio del successo che viene notata da una rock star affermata che la chiama a lavorare per il suo prossimo disco, entrano in confidenza, sviluppano un rapporto ambiguo, lei rifiuta poi la proposta di matrimonio di lui e torna a casa giusto in tempo per festeggiare i successi del suo vero gruppo.
Mi divertiva tantissimo, scoppiai in una risata fragorosa cercando di dribblare la domanda.
-"Allora, cosa c'è di vero in tutta quella storia?" 
-"Preferiremmo parlare del disco, se non le dispiace..." rispose pronto il nostro manager, sempre pronto a venirci in soccorso.
-"Se non le dispiace la domanda era rivolta a Cecilia" rincalzò la giornalista.
Andiamo, chi avrebbe mai creduto che io mi fossi permessa di dare del fallito ad Axl Rose, lui poi non avrebbe certo avuto bisogno del mio aiuto per comporre un nuovo disco, e poi dai, che fantasia poteva essere vederlo visitare il Colosseo, passeggiare tra i cipressi di Bolgheri sorseggiando Sassicaia, addirittura venire a conoscere i miei genitori...
Quella storiella era veramente originale e ben scritta, l'autrice mi aveva descritto benissimo, quasi come se avesse potuto leggere i miei penseri...
Il finale poi era fantastico, la proposta di matrimonio al chiaro di luna, che io rifiutavo.
Mi rigirai sulla sedia, incrociai le braccia al petto e la guardai con aria di sfida.
Tanto valeva rispondere alle sue domande, la donna era tosta e non avrebbe certo desistito tanto facilmente
-"Allora?" ripetè guardandomi "Si dice che sia stata presente al concerto del Guns n'Roses"
-"Lo sanno anche i sassi che sono una fan dei Guns da una vita, non credo ci sia da stupirsi più di tanto se vado a un loro concerto"
-"Però non ha risposto alla mia domanda: cosa c'è di vero in quella storia?"
Questo alone di mistero e curisità si du me mi divertiva immensamente, Valerio lo notò, incrociai il suo sguardo e ci scambiammo un sorriso complice.
-"Bhe, il nuovo album dei Guns n'Roses è uscito, ma il nome non c'è, e poi se ci fa caso in tour con loro c'è ancora Ashba e io sono qui con voi, quindi..."
-"Effettivamente ha ragione, però è stata lontana per parecchio tempo, si parlava di gravi attriti con gli altri ragazzi del gruppo"
-"Sono stata via dall'Italia per alcuni mesi, mi sono laureata, immagino che essendo giornalista sappia come funzionano queste cose, ti tengono un po' impegnato..."
Ghignò, ormai ci avevo preso gusto, continuai...
-"E poi diciamocelo, secondo lei, se avessi vissuto finora con Axl Rose non credo che se mi avesse chiesto di sposarlo avrei rifiutato, lei non crede?"
Quel pensiero mi risultò ancora più comico di tutto il resto, sposare Axl Rose, e magari mandare a puttane tutto quello che avevo fatto col mio gruppo.
Rise anche lei.
-"Non le do torto, magari se fosse stato quello di 20 anni fa... ma forse anche ora non credo me lo sarei fatto scappare..."
Era impertinente la signora.
Sembrava quasi volesse sfidarmi, col suo doppio petto blu fin troppo elegante per quell'occasione e il registratore alla mano, evidentemente si era preparata bene quelle domanda, quel battibecco l'aveva realizzata.
Veramente comico, pensai tra me e me.
Finalmente l'intervista era finita,potevo andare con i miei amici a godermi l'immensa festa organizzata per festeggiare il disco.

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Capitolo 30
*** If you could only live my life... ***


Finalmente la fine delle torture, non ne potevo più di interviste, cene di gala e foto di rito, raggiunsi impaziente la mia stanza d'albergo, mi tolsi il sorriso falso d'ordinanza stampato sulla faccia e me ne andai sul terrazzo a fumare una sigaretta.
La mia quiete durò poco, sentii bussare alla porta, andai ad aprire la porta sapendo benissimo chi fosse a bussare; "Mi volevi?" mi chiese Valerio entrando nella stanza e raggiungendomi in terrazza.
-"Si, ti volevo rignraziare per tutto, se non fosse stato per te gli altri non avrebbero mai capito, non credo che mi avrebbero mai permesso di rientrare nel gruppo"
-"Te lo dovevo, ma sai che alla fine non erano poi tanto arrabbiati, è stato lo sfogo di un momento, ma poi è passato subito"
-"All'inizio non sembrava, ho ancora la cicatrice dei vetri..." dissi mostrando la mano che portava ancora i segni.
-"Però mi devi spiegare una cosa: cazzo ti conosco da una vita e ancora non ci posso credere; hai davvero finto che tutta quella storia fosse inventata, perchè non hai detto la verità?"
-"Ha importanza?"
-"Non lo so, se vuoi che ne abbia..."
-"No, non credo sia fondamentale saperlo"
-"Dici? A me sembra invece che sia molto più importante di quello che pensi, perchè l'hai fatto?"
-"Pensaci, lo sai che alla fine poi ai giornalisti, alla gente, della musica non gli importa più di tanto, hai visto le domande che hanno fatto stasera, era più importante sapere se davvero avessimo litigato o se quella storiella fosse vera, il disco e' passato in secondo piano, loro vogliono la loro copertina, del resto non gliene frega niente, prendila come se fosse una piccola vendetta, che credano quello che vogliono, non mi interessa, alla fine in tour negli Stati Uniti ci siamo andati, che pensi pure che qualche ragazzina fantasiosa ci abbia ricamato un po' su"
-"Ti ha fatto passare per una stronza però...perchè finisce così la sua storia?"
-"In effetti finisce male, non ho idea del perchè, probabilmente la ragazza che l'ha scritta voleva che finisse così, ti dirò, mi va anche bene, crea molta più suspance..."
-"Ma come faceva lei a sapere tutte quelle cose, dai, è troppo reale, sembra quasi che l'abbia scritta te..."
-"Oddio, in teoria... ti ricordi il diario che tenevo fin da quando eravamo a scuola? Mi sono accorta che era sparito, qualcuno doveva averlo preso, letto tutto, cambiato un po' di cose e pubblicato come se fosse una fan fiction, solo che mancava il finale e andava inventato, so anche quand'è successo"
-"Ma c’è qualcosa che non capisco, spiegami perchè sono curioso..."
-"La mia storia si interrompeva sul volo Roma-Los Angeles, quando siamo stati qui, a settembre scorso, dopo qualche giorno che ero tornata in California mi sono accorta che il diario nella borsa non c’era più, l’ho cercato ovunque, poi ho avuto il flash; sull’aereo io stavo scrivendo sul diario i ricordi del viaggio in Italia, la visita ai miei, tutto, poi mi si è avvicinata una ragazzetta per fare una foto, era una nostra fan, abbiamo parlato per un bel po’, mi ha fatto compagnia per qualche ora, poi quando la hostess ci ha detto che stavamo atterrando ho iniziato a radunare le mie cose, lo sai come sono disordinata, devo essermi distratta e non c’ho più pensato, poi quando sono andata a cercare il diario e non l’ho più trovato ho ricollegato le due cose”
-“Ma scusa, lui non è tornato indietro con te?”
-“No, io sono rimasta qui qualche giorno in più perché avevo problemi col visto per rientrare in America, lui però doveva trovarsi con i dirigenti della casa discografica per il disco, non volevo fargli rimandare l’appuntamento, così io sono partita da sola tre giorni dopo, non ci ha visto insieme”
-“Ok…la scaletta del cd e l’intervista, quelle le avrà copiate da qualche parte”
-“Chiaro, quello non era difficile…pensa che dentro il diario c’erano anche le bozze dei vestiti”
 -“Però mi dispiace per lui, con tutta la fatica che aveva fatto a imparare un po’ d’italiano per parlare con i tuoi, cantarti la ninna nanna, l’ha fatto passare da sfigato con te che gli dici di no…Ma dimmi, lui l’ha letta?”
-“Si, gliel’ho fatta leggere,”
-“E come l’ha presa?”
-“Ci sta ancora ridendo, pensavo s’incazzasse ma sa che non l’ho fatto di proposito, certo, ho dovuto convincerlo a non denunciare la ragazzina, però alla fine ha capito, l’avrei fatto anch’io se mi fossi trovata al suo posto”
-“Però è diabolica, nella storia c’ha messo in mezzo anche il diario, così sembrava più reale, chissà perché voleva che tu gli dicessi di no, secondo te è invidiosa?”
-“Non credo, secondo me ha viaggiato troppo con la fantasia, mentre stavo scrivendo, in volo, raccontavo della sera chi ha cantato Patience, scrissi che mi sognai la nostra litigata e i ricordi di quel giorno che me ne sono andata, poi non ce l’ho fatta a scrivere altro perché è venuta lei per la foto, evidentemente poi ha visto che ero tornata con voi, che il mio nome sul suo disco non c’era e ha viaggiato con la fantasia…”
-“Tanto lo sai che te lo chiedo: perché non hai voluto che comparisse il tuo nome?”
-“Per lo stesso motivo che vi stavo spiegando l’altra sera, hai visto tanto cosa interessa a tutti, avrebbero pensato che l’avessi fatto solo per farmi un nome, io l’ho fatto col cuore, del resto non mi interessava niente, mi bastava la canzone che mi ha dedicato, poi lo sai meglio di me che non si trattava solo di un nome scritto, avrei dovuto scegliere poi…”
-“Tu sei completamente pazza”
-“Si, lo so, ma ti ricordi quando abbiamo iniziato? Quando i nostri genitori ci accompagnavano perché non avevamo ancora la patente?”
-“Si, in effetti è passato un bel po’ di tempo”
-“Era il ’98, ho ritrovato le foto del primo concerto, ci abbiamo messo una vita da quando eravamo i sedicenni che suonavano alle feste di paese, ora abbiamo vinto un disco di platino, fatto tour mondiali, questo era il mio sogno che è diventato realtà, non vi avrei mai mollato, non vi potrei mai mollare, questa band è la mia vita, sarebbe stato troppo facile mollare tutto per andare a suonare con i Guns n’Roses, l’ha capito anche lui”
-“Quindi hai scelto noi”
-“Ho scelto di continuare ad essere la chitarrista degli Stills, te l’avevo promesso che non vi avrei mai mollato…”
-“Te avevi detto testuali parole: “Se divento famosa sposo Axl Rose e vado nel culo a tutti”, la promessa l’hai mantenuta solo per metà” rise a quel punto Valerio abbracciandomi con affetto.
-“Però ammettilo: eri gelosa da morire stasera con quella giornalista, le hai risposto acida a tutte le domande, ti divertivi a prenderla in giro, hai visto la faccia delusa che faceva ogni volta che le rispondevi?”
-“Era solo un’oca invidiosa, quanti anni avrà avuto lei, 40, 42? Lei se lo sognava davvero vent’anni fa, magari in camera aveva anche il poster di Axl Rose con i boxer bianchi e la bandana, e non credo sia stata l’unica, sai quante vorrebbero essere al posto della ragazza della storia?”
-“Mettiti nei loro panni, anche te avresti voluto”
-“Io vent’anni fa però ero troppo piccola…” ammicai…
-“Va beh, diciamo che sei stata molto paziente se hai aspettato tutto questo tempo…”
-“Non so se mi sarebbe andato bene vent’anni fa, era bello si, ma era solo un’immagine vuota, ora è un’altra persona, chi lo critica per com’è ora non si rende conto che il tempo purtroppo passa per tutti, è assurdo pensare che una persona sia identica a com’era vent’anni fa, anzi, più di vent’anni fa, è logico che il tempo è passato anche per lui, però a stargli accanto ho scoperto una persona vera, una persona addolcita dal tempo, e credimi, lo vedo anche più bello di com’era prima, ti dico, che se tu potessi vivere la mia vita capiresti la differenza che fa per me.”
-“Comunque, ora come pensi di giustificarla, fra qualche giorno tutto il mondo saprà la verità”
-“Fra qualche giorno ci penserò, ora non mi interessa, lui mi aspetta a casa, me lo sono voluto e tenuto con le unghie e con i denti, se i gossip dovranno far parte di questa esistenza pace, non ci posso fare nulla”
-“Hai ragione, è tardi però ora andiamo all’aeroporto, che se perdi il volo poi chi lo sente…”
Lo abbracciai e lo ringraziai per tutto quello che aveva sempre fatto per me, per avermi sempre fatto da fratello maggiore, per aver supportato e sopportato tutti i miei colpi di testa, soprattutto per aver convinto gli altri a riprendermi nel gruppo dopo tutto quel tempo.
Mi rinfilati al dito il diamante nero che per tutta la sera avevo abilmente nascosto nella borsa, l’orologio del grosso campanile illuminato segnava le 4.
Chiesi a Valerio di farmi l’ultimo favore, di prendermi la valigia mentre armeggiavo con la grossa sacca appoggiata sul letto, un lembo di tulle bianco usciva dalla cerniera semiaperta, aprii la sacca per dare un ultimo sguardo: strinsi tra le mani la gonna vaporosa di tulle bianco stando ben attenta a non rovinarlo, accarezzai la rosa di seta, sistemai la sacca preoccupandomi solo che non si sgualcisse e spensi le luci della stanza.
Alle 7 sarebbe partito il volo per Los Angeles.
 
 
 
 
 
 
E ora?
Questo capitolo doveva essere il finale, ma mi son talmente affezionata che quasi quasi faccio un seguito...
Secondo voi è il caso?

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Capitolo 31
*** The end...??? (Finale Hollywoodiano) ***


 
 
DAL SITO WEB DELLA RIVISTA ROCK WORLD - MAGGIO 2011*
 
 
 
WEDDING N'ROSES:
 
"Ormai è ufficiale la notizia del matrimonio tra il leader dei Guns n'Roses Axl Rose e la chitarrista degli Stills Cecilia Conti.
La notizia, già trapelata nei giorni scorsi era stata  più volte smentita dai diretti interessati.
L'ufficialità è arrivata solamente nella mattinata di ieri: è stato reso noto infatti direttamente da Axl Rose che la coppia convolerà a nozze il prossimo 5 giugno.
I due, che si sono conosciuti durante la tournè negli Stati Uniti della rockband italiana, sono fidanzati dalla primavera scorsa.
Il cantante non ha fatto pervenire ulteriori dettagli; solamente che la cermonia avverrà nella sua villa a Malibu in forma strettamente privata e con pochissimi invitati."
 
 
 
*Le nozze di Axl Rose e Cecilia Conti annunciate quando il numero era già in stampa.
 
 
 
.... THE END...???
 
 
 
 
 
Lo annuncio, il precedente doveva essere il capitolo finale.
Avevo ritenuto giusto che finisse così, che quest'annuncio fosse la conclusione della storia, però poi ho cambiato idea, vuoi perchè, stupidamente forse, mi ero affezionata ai personaggi, vuoi perchè mi sono venute a mente nuove idee che non aveva senso inserire in una nuova fan fiction essendo il seguito di questa.
Quindi... vi toccherà sopportare ancora me e i miei personaggi...
Grazie a tutti quelli che mi hanno letto, recensito, apprezzato.

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