Combinazioni ovvero Coincidenze

di Nischino
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Oblivion ***
Capitolo 2: *** Furia Coraggiosa ***
Capitolo 3: *** Impulsi ***
Capitolo 4: *** Domande senza risposta ***
Capitolo 5: *** Incubi ***
Capitolo 6: *** Ergo ***
Capitolo 7: *** Andando all'indietro ***
Capitolo 8: *** Faccia a Faccia ***
Capitolo 9: *** Alla fine ***



Capitolo 1
*** Oblivion ***


Introduzione: i vecchi amori, i primi amori, non muoiono mai. Ed è per questo che, dopo tanto tempo, ho ripreso in mano Harry Potter e ho deciso di dedicargli una nuova storia. Come al solito, quando si parla del suo universo (che vorrei tanto fosse anche il mio) , le parole mi escono di getto, così come la trama, i dialoghi, il dolore, la speranza. Questa è una sotria scritta in cinque giorni, passati interamente davanti al pc a scrivere e scrivere come non mi capitava da tanto tempo. E' stato così bello e liberatorio scrivere di Harry e di Draco e di Ron ed Hermione come facevo anni fa. Mi sono ricordata quanto sia bello ed importante il dono che mi è stato concesso: amo scrivere. A volte mi capita di dimenticare quanto sia speciale questa mia passione ma, per fortuna, c'è sempre qualcuno a ricordarmelo.

Questa storia è ambientata durante un ipotetico settimo anno (cosa? La Rowling ha già scritto un libro a riguardo? Io non ne so niente! Cosa? Fred muore? E anche Remus? No, non è possibile, ve lo siete immaginato. L'ultimo libro di Harry Potter è "Harry Potter e Il Principe Mezzosangue", sono sicura! Eh? Come? Harry sposa Ginny? Naaah, allora è sicuro! Non esiste!) e tiene fede a tutti gli avvenimenti narrati in Harry Potter fino a "Harry Potter e L'Ordine della Fenice". 

Vi auguro una buona lettura.

Prologo - Oblivion

Hogwarts

I corridoi di Hogwarts erano bui e deserti a quell’ora della notte e, soprattutto, erano freddi. Il gelo invernale trapassava le pareti di pietra perché nessuno si era curato di fare qualche incantesimo antigelo al settimo piano. In realtà, quell’anno, la maggior parte degli incantesimi che solitamente rendevano la scuola accogliente non erano stati fatti, come se l’intero corpo insegnanti fosse sprofondato in una sorta di torpore, come se ci fosse stato qualcos’altro a cui pensare, qualcosa di più importante.

Anche le lezioni si erano fatte noiose e ripetitive ed i pochi studenti tornati ad Hogwarts quell’anno passavano le ore a pensare ad altro, bisticciare, e nessuno avevano ancora aperto un libro dall’inizio dell’anno scolastico.

A nessuno sembrava importare.

Era la guerra, naturalmente. La guerra che incombeva su tutte le famiglie e su tutta l’Inghilterra e che, molto presto, avrebbe coinvolto il mondo intero.

Velocemente, dopo l’attacco dei mangiamorte al Ministero, la voce sul ritorno di Voldemort si era sparsa in tutto il Mondo Magico; molte delle famiglie avevano ritirato i figli dalla scuola e si erano rifugiate dove credevano che il Signore Oscuro ed i suoi leccapiedi non potessero raggiungerle.

Ovviamente sbagliavano di grosso.

Perché una volta conquistato il potere non ci sarebbe stato luogo al mondo che Voldemort non avrebbe potuto raggiungere, uomo che non avrebbe potuto uccidere e famiglia che non avrebbe potuto sterminare.

Hermione rabbrividì perché uno spifferò penetrò nella sua divisa, nonostante la tenesse ben stretta attorno a sé. A farle compagnia c’era solo la statua di un cavaliere dall’aspetto virile a dagli occhi audaci.

Tra le mani teneva un foglio di pergamena, un messaggio che aveva ricevuto quella mattina a colazione via gufo e in cui le veniva chiesto di farsi trovare nel corridoio del settimo piano all’una del mattino.

Hermione non era sorpresa dal contenuto del messaggio perché gli incontri segreti erano divenuti una sorta di routine da quando a scuola non erano rimasti che pochi studenti e molti figli di mangiamorte, ma era il suo mittente a sconcertarla.

Inizialmente aveva creduto che si trattasse di uno scherzo o di una trappola ma poi si era detta che mai Draco Malfoy gliene avrebbe tesa una proprio ad Hogwarts, sotto gli occhi di diversi membri dell’Ordine.

Così aveva deciso di presentarsi all’appuntamento, nonostante fosse terrorizzata; si sapeva ormai da tempo che Malfoy era destinato a prendere il marchio nero e che non sarebbe passato molto tempo prima che questo accadesse. Si sapeva anche, seppur non ufficialmente, che Voldemort aveva stabilito il suo quartier generale a Malfoy Manor, impenetrabile a causa delle decine di incantesimi piazzati a tutti gli ingressi e ai mangiamorte che la sorvegliavano giorno e notte.

L’una era passata ormai da una decina di minuti quando Hermione sentì dei passi in fondo al corridoio; presa da un panico improvviso si nascose dietro la statua del cavaliere e vi rimase finché non vide apparire, dalla penombra, una figura incappucciata che si guardò intorno, circospetta, una, due e tre volte, prima di calarsi il cappuccio e rivelare i capelli biondi del principe di serpeverde.

Hermione uscì dal suo nascondiglio, nonostante fosse ancora titubante ed incerta e terrorizzata all’idea che, da un momento all’altro, dal buio potessero apparire anche i compagni di scorribande di Malfoy.

Invece non apparve nessun altro.

-Granger- la salutò; stranamente, dalla sua faccia, era sparito quell’odioso ghigno che l’aveva caratterizzato per tutti quegli anni, anche se la sua espressione di superiorità non l’aveva abbandonato

-Che vuoi Malfoy?-.

Ancor prima di vederlo, Hermione aveva deciso che sarebbe stata sbrigativa, chiara e concisa e ci teneva a continuare con quei buoni propositi

-Subito al sodo, Granger?- si avvicinò di un passo e lei, inconsciamente, arretrò. Nella luce che proveniva dalla finestra il volto di Malfoy sembrava ancora più pallido del solito e le ombre accentuavano la magrezza naturale, ma ora forse scheletrica, del suo viso –Obliviami-.

-Che cosa?- Hermione si stupì nell’udire la propria voce uscire come un gridolino strozzato –Non posso fare una cosa del genere! Che cos’è, uno scherzo?-.

-No- Malfoy si era avvicinato ancora e le aveva afferrato un braccio, in modo da non lasciarle via di scampo –Non è una trappola. Chiedimi quello che vuoi, procurati anche del veritaserum ma, Granger, giuro che è la verità quando ti dico che non lo faccio per il mio bene ma per il vostro. Puoi interrogarmi, chiedermi se lo faccio perché è stato il Signore Oscuro ad ordinarmelo e scoprirai che non è così-.

Hermione, allora, constatò che Malfoy era disperato. Disperato al punto da chiedere a lei di aiutarlo. E sentì il bisogno, quasi il dovere, di credergli. Sapeva che non stava mentendo.

-Perché vuoi che lo faccia?- domandò e, ancora una volta, la sua voce tremò così come le sue gambe

-Non posso dirtelo- Malfoy le rivolse uno sguardo implorante e, per Merlino, da quando Malfoy implorava, seppur solo con lo sguardo?

Nonostante lui le facesse una paura tremenda, Hermione sapeva che non stava mentendo ed il suo intuito non si era mai sbagliato.

-Che cosa vuoi dimenticare?-.

Malfoy parve illuminarsi di una felicità tetra e di sollievo. La lasciò andare.

-Tutto quanto su quest’ultimo anno. Voglio ricordare solo le lezioni e tutto ciò che riguarda Zabini. Pensi di poterlo fare, Granger? Ho sentito dire che sei la migliore con questi incantesimi-

-Posso provarci-.

Hermione sfoderò la bacchetta e sentì un brivido correrle lungo l’avambraccio ma non sapeva dire se fosse a causa del freddo o della paura. Allungo la bacchetta e la poggiò sulla tempia di Malfoy.

-Grazie, Granger-

-Oblivio- e mentre pronunciava l’incantesimo Hermione sentì che qualcosa le scivolava in tasca.

eHm...

Spero davvero che questo primo capitolo vi sia piaciuto.

Un commento è la moneta più preziosa con cui un lettore possa ripagare un'autrice come me, e la cosa più bella è che a voi non costa niente, se non due minuti del vostro tempo.

Nischino

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Capitolo 2
*** Furia Coraggiosa ***


Capitolo Primo: Furia Coraggiosa

Malfoy Manor

Hogwarts aveva chiuso i battenti e suo padre era talmente compiaciuto che Draco non l’aveva mia visto così felice. Si aggirava per il maniero con addosso un’espressione talmente felice da far invidia al Signore Oscuro che, da quando aveva torturato qualche babbano e violentato altrettante mezzosangue, sembrava rinato anche nello spirito. Ma non erano solo la caduta in disgrazia di Silente e l’ascesa del Signore Oscuro a rendere Lucius così felice. Quel giorno, il cinque febbraio, suo figlio avrebbe preso il marchio nero e, finalmente, sarebbe potuto entrare ufficialmente nella schiera dei mangiamorte e combattere al suo fianco per la giusta causa di Voldemort.

Il rituale prevedeva che Draco giurasse eterna fedeltà al Signore Oscuro e, dopodiché, avrebbe avuto l’onore di ricevere il marchio da Voldemort in persona.

Il rituale si sarebbe svolto nella sala da pranzo di Malfoy Manor e lì Draco attendeva che Voldemort arrivasse in compagnia di suo padre, sua madre, sua zia Bellatrix ed altri mangiamorte di cui non conosceva il nome, oltre ad alcuni suoi vecchi compagni di scuola.

Finalmente avrebbe preso il marchio ed avrebbe reso orgoglioso suo padre, cosa che aveva tentato di fare per tutta la vita anche se con scarsi risultati.

Una volta aveva avuto paura di quel rituale ma, ora che era venuto il momento, si sentiva come inebriato da una nuova sensazione che assomigliava molto al compiacimento, perché sentiva di stare facendo la cosa giusta.

Voldemort si materealizzò al centro della stanza insieme a Minus e a Blackgoul, un’altra new-entry, di un anno più vecchio di lui, e che sembrava essere ai primi posti nelle preferenze di Lord Voldemort.

-Bene bene, Malfoy Junior- il Signore Oscuro strisciò verso di lui con in pugno la bacchetta gemella di quella di Potter. Gli si accostò e avvicinò il volto al suo in modo che Draco riuscisse a guardarlo dritto nelle pupille.

-Malfoy sei pronto a ricevere il marchio?- domandò e la sua voce sembrò divenire all’improvviso molto più alta e riempì le pareti dell’intera sala. I presenti trattennero il fiato

-Sì mio Signore- disse Draco, con solennità

-Mi giuri fedeltà?-

-Sì mio signore-

-E giuri che impiegherai tutte le tue forze per estirpare dal mondo quella razza putrida ed inetta di mezzosangue?-

Draco esitò e guardò Voldemort che sorrise; Draco ebbe come la sensazione di essere letto fin nel profondo e che Voldemort potesse sentire ogni suo pensiero, ogni sua incertezza e ogni suo ricordo.

-Lo giuro-

-Allunga il braccio-.

Draco obbedì e Voldemort vi poggiò sopra la bacchetta

-Io ti marchio come mio servitore-.

Un dolore acuto e lancinante percosse l’intero corpo di Draco ma fu solo un istante, il tempo necessario perché dalla bacchetta di Voldemort uscisse un lampo di luce verde, un serpente che si insinuò sotto la pelle di Draco e che si acquietò sul suo avambraccio, prendendo la forma del marchio.

Narcissa si lasciò sfuggire un singhiozzo perché suo figlio era stato battezzato.

La Tana – Nuova sede dell’Ordine

Harry era infuriato. Era infuriato perché Hogwarst era stata chiusa, perché Silente era stato rinchiuso nelle segrete dal Ministero e perché nessuno sembrava d’accordo con lui sul suo piano per farlo evadere.

Remus, sul cui appoggio Harry aveva contato fin dall’inizio, aveva bocciato la sua idea come suicida. Hermione e Ron continuavano a ripetergli che, se Silente si era lasciato catturare, aveva avuto i suoi motivi perché ne aveva scappate così tante, durante la sua lunga vita, da non essere così sciocca da farsi imprigionare dal Ministero per false accuse. Su questo punto Harry non aveva granchè da obiettare ma restava il fatto che lui, da solo, non sapeva davvero come affrontare tutta la faccenda.

Tutti davano per scontato che lui avesse un piano, un asso nella manica per sconfiggere Voldemort, e invece Harry non aveva proprio niente, se non mal di testa continui.

Per quel pomeriggio era stata indetta una riunione straordinaria per tutti i membri dell’Ordine ma Harry, diamine, Harry non sapeva davvero che cosa inventarsi, che cosa dire a tutta quella gente che aveva riposto in lui una fiducia che non meritava.

Si sentiva sconfortato e solo, abbandonato anche dai suoi amici che avevano reagito ai recenti avvenimenti (l’arresto di Silente, la distruzione di una parte di Londra, lo sterminio di intere famiglie) in modi del tutto inaspettati. Ron era furioso. Furioso nel senso che ce l’aveva a morte col mondo, con tutto ciò che respirava e non riusciva a darsi pace. La notte Harry lo sentiva mugugnare e lanciare maledizioni e gioire della morte di questo o quel mangiamorte, immerso in un sonno profondo. Harry, al contrario, la notte non dormiva e rimuginava su strategie e piani, ma tutti risultavano irrealizzabili.

Hermione, invece, era sempre assorta nei suoi pensieri. A volte si perdeva per lunghi minuti a fissare il vuoto e Harry era giunto a chiedersi se, per caso, non dormisse con gli occhi aperti o non stesse diventando matta. In quelle ultime settimane Harry aveva visto un sacco di maghi capaci andare fuori di testa e si augurava che non succedesse anche a lui. La pressione a cui era sottoposto era enorme e sapeva di non poterla condividere con nessuno.

L’Ordine si riunì nel salotto della Tana. Quando Harry entrò si accorse che tutti i posti attorno al tavolo e sul divano erano stati occupati, tranne quello a capotavola. Naturalmente era un invito, una conferma della presa posizione dell’Ordine che lo considerava (ma, diamine, aveva solo diciassette anni!) il suo capo.

Harry prese posto e sospirò.

-Qual è l’ordine del giorno?- domandò a Remus che, seduto alla sua destra, aveva l’aria più grave e seria di tutti

-Sempre lo stesso. Ieri un altro paese è stato distrutto e, ancora una volta, i mangiamorte hanno fatto razzia e poi sono scomparsi. L’unica cosa che possiamo fare è attendere un loro attacco perché le loro difese, a Malfoy Manor, sono impenetrabili.

Ma Voldemort, Harry, non ti attaccherà mai finché non sarà sicuro di vincere. Dobbiamo escogitare una trappola, obbligarlo ad uscire dal suo nascondiglio-.

Harry, tutte queste cose, le sapeva già e si chiese perché Remus continuasse a ripetergliele in continuazione. Che cos’era? Una sfera di cristallo in grado di dare loro una soluzione immediata a tutti i loro problemi?

-Ci sto pensando, ma non so che cosa fare- si risolse a dire –Nessuno di voi ha qualche idea?-.

Nessuno ne aveva perché le avevano già messe tutte in pratica ed erano fallite miseramente a volte peggiorando addirittura la situazione

-Possiamo, per lo meno, stare all’erta. Organizzare delle squadre di ricognizione in ogni città e paese in modo che possano avvisarci non appena subiscono un attacco-.

A parlare era stato Robert, appena entrato nell’Ordine. Era un ragazzo a posto, di circa la sua età, ma Harry non aveva avuto molto tempo per parlarci. Insieme a Robert, nell’Ordine, erano entrati anche Neville e Luna ed alcuni auror che avevano compreso le vere intenzioni del Ministero. Comunque, rispetto ai mangiamorte, restavano un numero infimo

-Buona idea- disse Harry –Chi se ne può occupare? Remus, Arthur?-. Entrambi annuirono ed Harry pensò che, per lo meno, dal momento che era il capo nessuno si permetteva di mettere in dubbio le sue decisioni.

-Molto bene. Se non ci sono altri punti, direi che la riunione è tolta. Tenetevi sempre molto stretti i vostri anelli, nel caso di un attacco li sentirete scottare. Cercherò un modo più efficiente per tenerci in contatto-.

 
****
In realtà Hermione non stava diventando matta. Era solo confusa.

Continuava a rigirarsi tra le mani quel ciondolo a forma di ballerina che Malfoy le aveva infilato in tasca e non riusciva a capire che cosa fosse.

Il gesto di Malfoy non era stato casuale e quella ballerina d’argento doveva di certo rappresentare qualcosa. Solo che, nonostante si scervellasse, non riusciva davvero a capire cosa.

Inoltre aveva saputo che Malfoy aveva preso il marchio.

Che cos’era quella ballerina?

Più ci pensava più le veniva mal di testa. Forse parlandone a Ron o a Harry avrebbe trovato la soluzione più facilmente ma aveva paura di dover dare troppe spiegazioni.

Che cosa sarebbe accaduto se avessero scoperto che aveva aiutato Malfoy, un mangiamorte?

Nulla, probabilmente, ma era comunque meglio non rischiare. E poi era convinta che, se la ballerina era stata consegnata a lei, un motivo doveva esserci.

Per alleviare il senso di colpa, Hermione si diceva che Harry aveva già troppe cose per la testa e che Ron era troppo suscettibile per riuscire a ragionare lucidamente su una cosa qualsiasi. Probabilmente aveva ragione.

Da quando aveva la ballerina, Hermione aveva cercato su tutti i libri che aveva potuto trovare che cosa fosse o che cosa potesse rappresentare, ma non aveva trovato niente. La ballerina, anche nella lettura delle foglie del tè (la sua curiosità l’aveva spinta addirittura a rispolverare i libri della Cooman), non aveva alcun significato.

E allora perché Malfoy gliel’aveva infilata in tasca?
****

Robert aveva cominciato a fare un filo spudorato ad Harry e, tranne Ron, se n’erano accorti tutti. Gli ronzava attorno giorno e notte, riempiendolo di complimenti e le sue conversazioni erano ricche di frecciatine e praticamente una cantilena continua doppi sensi.

A Harry Robert non dispiaceva. Lo trovava un piacevole diversivo per i momenti in cui non voleva pensare o per quelli in cui si sentiva depresso.

Aveva cominciato a parlare una notte, davanti al caminetto; insonne come al solito, Harry era sceso al piano di sotto, irritato a morte dalle continue minacce e cruciatus di Ron e, in salotto, aveva incontrato Robert.

Non era un ragazzo stupendo, ma nemmeno brutto, e i suoi lineamenti erano dolci ed aggraziati, armoniosi.

-Posso?- gli aveva chiesto Harry indicando il posto libero accanto a lui

-Certo-.

Erano rimasti in silenzio a fissare il fuoco. Harry non aveva una gran voglia di parlare al contrario di Robert che sembrava scalpitare dalla voglia di dirgli qualcosa.

-Come mai non dormi?-

-Non ho sonno – aveva mentito Harry. Robert era poco più di uno sconosciuto e Harry detestava quando gli sconosciuti gli ponevano domande, soprattutto se erano domande idiote

-E’ colpa dello stress, vero? Anche io non riuscivo a dormire, dopo la morte dei miei genitori e di mia sorella. Ora ci ho fatto l’abitudine-

-Mi dispiace-

-Non devi dispiacerti. Tu stai facendo tutto il possibile per aiutarci a sconfiggere il Signore Oscuro-.

Harry, ormai veterano di questo tipo di approcci, aveva capito subito che Robert cercava di adularlo eppure, forse perché era notte fonda e cominciava a sentire il peso della fatica della giornata o forse perché Robert era un ragazzo carino, aveva finto di non accorgersene

-Grazie-

-Nulla- Robert gli aveva sorriso –Sei molto coraggioso, Harry-.

Da quel giorno gli attacchi di Robert furono incessanti, eppure Harry non sembrava dispiacersene anche se non era ancora chiaro a nessuno se avesse intenzione di assecondare Robert oppure no.

Mentre Ron insisteva nel dire che mai e poi mai tra Harry e Robert ci sarebbe stato del tenero, Hermione era scettica. Continuava ad osservare Harry, convinta che in lui ci fosse qualche cosa di strano.

Nel modo in cui guardava Robert mancava quella scintilla che aveva animato Harry tutte le volte che aveva desiderato qualcuno. Se lo conosceva bene, –e lo conosceva bene, molto più delle proprie tasche- Harry si stava lasciando andare a quella storia per dei motivi sbagliati, come la noia o il bisogno di distrazione.

Ma finché Harry non avesse dimostrato intenzioni più serie, Hermione non poteva fare a meno che starsene in disparte e mettere in guardia Harry. Che, puntualmente, non le dava ascolto.


eHm...

Non ho molto da dire su questo capitolo...spero davvero che vi sia piaciuto e che la storia cominci ad incuriosirvi. 

Sto passando un periodo piuttosto triste della mia vita, quindi non mi va di dilungarmi in inutili sproloqui idioti. Vi lascio con la speranza che abbiate apprezzato la mia scrittura.

A presto!

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Capitolo 3
*** Impulsi ***


Capitolo Secondo: Impulsi

Malfoy Manor

 
Mentre Draco si guardava allo specchio, rendendosi conto di essere dimagrito ancora, gli venne in mente una conversazione che aveva avuto con Blaise in quei mesi che aveva frequentato Hogwarts (tra le altre cose, si chiedeva dove fosse finito Zabini).

 
Draco è davanti allo specchio che controlla come gli sta la divisa. Blaise è disteso sul suo letto, con le gambe accavallate e la mani sotto la nuca e fissa il soffitto.

Draco gli dice

-Sai, ho scoperto delle cose interessanti sull’incantesimo Oblivion-

-Cos’è? Vuoi Obliviare Paciock per fargli dimenticare quant’è stupido?- Draco ride e si sistema la cravatta

-Sul serio. Lo sai che è reversibile? Non del tutto, ma può succedere-

-Non l’avevo mai sentito- dice Blaise e scrolla le spalle

-Davanti ad un forte shock o prima di morire- spiega Draco lisciandosi le sopracciglia con le dita –Incredibile vero? E sai cos’altro è incredibile? Ho sentito che la Granger è la migliore con questo tipo di incantesimi-

-Draco, non è che vuoi farti Obliviare?- chiede Blaise, scettico

-Non dire stupidaggini. Dico solo che è strano che una mezzosangue sia in grado..-

 -Draco, smettila con quelle sopracciglia o ti si attaccheranno alle dita- lo interrompe Blaise e sembra spazientito –Faremo tardi a lezione-

-Sia in grado di praticarli in modo impeccabile- conclude Draco e si lascia stare le sopracciglia

-Non lo so, la Granger sembra brava in tutto-

-Lo so-.

 
Chissà come mai gli era venuto in mente Blaise. Forse il suo subconscio gli suggeriva di mettersi a posto le sopracciglia. E così fece.

 
La Tana

 
Dopo cena Harry e Robert si ritrovarono soli nella cucina di Molly Weasley che odorava di aria fritta e uova, quello che avevano mangiato per cena.

Le persone che mangiavano alla Tana non erano mai le stesse e, a volte, Molly si ritrovava a dover cucinare per un esercito di bocche affamante.

Quella sera, però, alla Tana non c’erano che Molly, Ron, Hermione, Ginny, Harry e Robert. Erano passati solo pochi giorni dalla loro conversazione davanti al caminetto e Harry capì che Robert si stava chiedendo se fosse, o meno, troppo presto per tentare un approccio diretto. Lo era? Probabilmente si. Ma aveva importanza?

Da quando era cominciata la guerra, Harry aveva perso il senso del tempo, il suo significato. Una volta l’aveva sprecato credendo di poterlo recuperare in qualsiasi momento. Le ore passate a fare altro durante le lezioni, il tempo passato a studiare, quello che non aveva dedicato ai suoi amici o a fare quello che desiderava realmente era tempo perduto che non avrebbe potuto recuperare mai più. E, ora che il domani era incerto e che c’era la possibilità di morire, ogni giorno ed ogni istante, e vivevano tutti nell’incertezza che le persone a loro vicine non sopravvivessero a quella battaglia, Harry si chiedeva se il metro di giudizio che aveva utilizzato fino a quel momento fosse corretto.

Il giorno dopo, forse, sarebbe stato morto. Era giusto far aspettare Robert per un bacio quando era una cosa così semplice ed innocua in confronto ad una morte imminente e al tempo che non avrebbe mai avuto?

Forse Robert non era la sua anima gemella ma poteva bastargli per consolarsi nel tempo che gli rimaneva.

Il presentimento di una morte imminente non l’abbandonava mai. Si sentiva vuoto, distrutto, disarmato davanti agli eventi della vita che si susseguivano senza che lui potesse fermarsi per poter pensare, almeno per un momento, a Sirius, che era morto per salvarlo, a Cedric, che era morto per colpa sua, ai genitori di Neville che avevano dato forse anche più delle loro vite per una causa che non era ancora stata vinta e che sarebbe toccato a lui portare a termine.

Tutte queste morti pesavano su di lui come un presagio di un avvenire oscuro.

E allora un bacio non era altro che un gesto, piccolo, per dimostrare un sentimento che Harry non riusciva a provare, perché era così terrorizzato dall’avvenire che l’unica cosa che riusciva a sentire era la paura ed il dolore alla testa.

Ma Robert era lì, ed era reale, non come la sua paura irrazionale di fallire.

Così Harry gli si avvicinò lentamente e gli sfiorò una guancia. Non aveva mai baciato un ragazzo ma doveva essere proprio come con una ragazza.

Si chinò sul suo volto e gli toccò le labbra con le proprie. Robert s’irrigidì prima di cingergli il collo con le braccia e ricambiare il bacio appassionatamente.

Le labbra di Robert erano ruvide, grandi e calde ed Harry ebbe come la sensazione di venire risucchiato nella sua bocca. Sapeva che, tra uomini, non c’erano gli stessi scrupoli di quando si faceva la corte ad una donna.

Il bacio non era altro che il principio, la premessa per una notte che era appena cominciata e che si sarebbe risolta in camera da letto.

Baciare un ragazzo, farci l’amore, gesti normali di una vita quotidiana che Harry non aveva mai avuto. Voleva costruirsela, però, e voleva farlo con tutte le sue forze. Uccidere Voldemort era il primo passo verso questo suo sogno impossibile che teneva chiuso in un cassetto fin da quando era bambino, ben prima che l’assurdità della sua vita lo travolgesse.

E, se non fosse riuscito a sconfiggere Voldemort, per lo meno avrebbe permesso ad altri di vivere quel suo sogno. E sperava che le persone a cui aveva voluto bene, Ron, Hermione, gli Weasley, potessero essere felici anche per lui.

 
Malfoy Manor

 
Draco si posò sul volto la maschera da mangiamorte e si coprì il capo col cappuccio scuro. Quella sera sarebbe avvenuta la sua iniziazione.

Dopo pochi giorni dal rito del marchio, era stato prescelto per attaccare, insieme ad un piccolo gruppo di mangiamorte, un villaggio di maghi poco fuori Londra. L’obbiettivo era quello di seminare un po’ di panico ed una buona dose di terrore, in modo da facilitare al suo Signore l’ascesa al potere.

Suo padre e Bellatrix l’attendevano nell’atrio del Maniero, pronti a smaterializzarsi.

Draco poteva sentire l’eccitazione che li pervadeva e che, da lì a poco, si sarebbe diffusa anche dentro di lui.

-Sei pronto, Draco?-

-Si padre- Lucius annuì (il compiacimento sul suo volto aumentava di giorno in giorno e Draco cominciava a chiedersi come fosse possibile che una faccia potesse risultare così compiaciuta da essere irritante) e si posò la maschera sul volto.

-Chiamali, Bellatrix-.

Lei sorrise e, ancora una volta, il modo in cui i suoi angoli della bocca si piegarono all’insù fece venire i brividi a Draco. Bellatrix era una donna bellissima, bella al punto da poter essere ritratta come regina degli Inferi o Dea del Satanismo e Draco la trovava spaventosa. C’era una qualcosa di sadico, nei suoi occhi, che ricordava quelli di Voldemort.

La strega si sollevò la manica per scoprire l’avambraccio tatuato e vi poggiò la bacchetta. Draco sentì il familiare formicolio, doloroso, della chiamate del Signore Oscuro. Poi, insieme a suo padre e a Bellatrix, si smaterializzò.

Si ritrovarono nella piazza del villaggio e la prima cosa che colpì Draco non furono le fiamme che già divampavano da tutte le abitazioni che li circondavano, ma le urla di donne straziate e i pianti dei bambini. Si guardò attorno: decine di mangiamorte la cui identità era irriconoscibile, celata dietro alle loro maschere di morte, si aggiravano lungo le strade della città, uccidendo e massacrando, torturando.

C’erano corpi morti in ogni strada e sangue dappertutto. Più si guardava attorno più Draco sentiva la voglia di darsela a gambe e rifugiarsi in un angolo aspettando che tutto finisse.

Ma non era possibile. Aveva preso il marchio e, da quel giorno in avanti, aveva giurato di servire Lord Voldemort.

Un rombo risuonò nell’aria e Draco sollevò il capo verso il cielo. Contro la luce dei lampioni si stagliavano decine di uomini in sella alle loro scope: membri dell’Ordine.

Uno schiantesimo lo mancò di un soffio e Draco, allora, ricordò che erano lì per uccidere, esattamente come lui.

Si guardò attorno e si accorse che, oltre a quelli sulle scope, ce n’erano altri e avevano cominciato a lottare nelle strade, permettendo agli abitanti del villaggio di scappare.

Uno schiantesimo lo colpì in mezzo al petto, facendolo volare dall’altra parte della piazza.

Non capì chi fosse stato finché non vide Shacklebolt avvicinarglisi con la bacchetta in pugno. Non pensò nemmeno di lottare; si alzò in piedi e cominciò a correre.

Sentiva di avere Shacklebolt alle calcagna e non aveva idea di come seminarlo. D’altro canto non poteva nemmeno fermarsi ed affrontarlo perché sapeva che avrebbe significato una disfatta certa.

Sentì un tonfo alle proprie spalle ma non se ne curò e continuò a correre. Non era stato Shacklebolt a cadere, lo sapeva anche senza bisogno di voltarsi, perché i passi alle sue spalle si facevano sempre più vicini e riecheggiavano nelle sue orecchie come un urlo di terrore.

Vide una porta aperta e, senza nemmeno pensarci, entrò in casa. Si guardò attorno, vide delle scale e salì, di corsa, con ormai il fiato così corto che sentiva un dolore lancinante alla milza e la sensazione di stare per svenire. Aprì una porta: e si trovò in trappola.

Prima ancora di riuscire a pensare, un incantesimo disarmante gli strappò la bacchetta di mano e, un istante dopo, si ritrovò schiantato contro al muro.

Ma chi aveva davanti non era Shacklebolt.

La Granger gli si avvicinò e l’immobilizzò contro al muro, puntandogli la bacchetta al collo. Aveva il volto arrossato per l’inseguimento e solo allora Draco si accorse di riuscire a vederla bene, senza l’impiccio della maschera. Doveva averla perduta.

-Cos’è la ballerina?- gli gridò la Granger, facendo pressione con la bacchetta. Draco boccheggiò

-Cosa?- gracchiò, terrorizzato, appiattendosi al muro

-La ballerina! Dimmi cos’è la dannata ballerina!- urlò ancora la Granger e Draco, esasperato, le rispose con il suo stesso tono di voce

-Non lo so!- gridò, con tutto il fiato che aveva in gola, perché aveva una paura fottuta di lasciarci le penne.

La Granger lo tenne stretto per il bavero della camicia. Sembrava davvero convinta di ciò che stava dicendo, ma Draco proprio non riusciva a capire che cosa volesse da lui. Sapeva che il suo destino era segnato e che implorare la Granger di lasciarlo andare non sarebbe servito a niente.

Delle voci risuonarono al piano di sotto ed entrambi rizzarono le orecchie. Lo stomaco di Draco si capovolse quando riconobbe la voce di Weasley tra quelle.

La Granger gli lanciò un’occhiata torva e, per un istante, a Draco parve combattuta. Poi, senza alcun preavviso, lo lasciò andare con uno strattone e gli mise in mano la bacchetta

-Vattene- sussurrò

-Cosa?- Draco sgranò gli occhi

-Vattene!- le persone al piano di sotto avevano cominciato a salire le scale. Non c’era tempo per altre spiegazioni e Draco ci teneva abbastanza, alla sua libertà, da mettere da parte tutte le domande.

Si smaterializzò davanti allo sguardo stordito di Hermione.

eHm..

Finalmente è primavera. Adoro la primavera. Non ce la facevo più con tutto quel grigiore, il freddo, i berretti di lana... anche se sono allergica al polline, preferisco starnuti e fazzoletti alla tristezza del mio appartamento.

Ringrazio di cuore, ma davvero di cuore, FridaKahlo, per aver commentato l'ultimo capitolo e mi scuso con tutti coloro che non l'hanno apprezzato. Ringrazio inoltre tutti colori che hanno aggiunto la mia storia tra i preferiti o tra le storie seguite. Ringrazio la mia beta, che corregge sempre le mie bozze anche se le grido di tutto perché mi toglie le virgole che io adoro.

Ringrazio la primavera per avermi fatto tornare l'ispirazione.

Come al solito elemosino commenti, perché scrivo per me ma anche, un pochino, per sapere che cosa ne pensate.

A presto

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Capitolo 4
*** Domande senza risposta ***


Capitolo terzo: Domande Senza Risposta

La Tana

Non passò molto tempo prima che Harry e Robert si rendessero conto di non avere molto, in comune. A parte il sesso.

Una mattina, mentre se ne stavano distesi a letto in attesa che uno dei due decidesse che era ora di alzarsi, Harry sentì Robert ridacchiare.

-Che c’è?- gli chiese.

Era irritato perché non aveva dormito per niente bene e perché la cicatrice gli faceva un male fottuto. Inoltre la sera prima Ron e Hermione avevano difeso coraggiosamente un villaggio mentre lui se n’era rimasto a casa a scopare con Robert. Il problema? Nessuno, a parte il fatto che veniva trattato ancora come un bambino di dieci anni.

Perché quando faceva comodo era il Salvatore del Mondo Magico e la guida di tutti i maghi e quando, al contrario, reputavano che fosse troppo pericoloso lo chiudevano in casa.

-Non credevo che le storie sul tuo egocentrismo fossero vere- ridacchiò Robert, in tono giocoso. Ma Harry non era in vena di scherzi, quella mattina

-Ma che stai dicendo?- l’espressione di Robert cambiò quando udì il tono irritato di Harry

-Dai, stavo scherzando. Però devi ammettere che tatuarsi l’iniziale del proprio cognome..-

-Io non ho nessun tatuaggio- sbottò Harry

-Si che ce l’hai- ribatté Robert –Sulla schiena-.

Harry saltò giù dal letto e si diresse a passò svelto in bagno. Non era affatto in vena di quei giochini.

Davanti allo specchio, Harry si sollevò la maglietta e pensò “merda”.

Il tatuaggio c’era davvero ed era proprio a forma di P. Ma quando diavolo se l’era fatto? Non riusciva a ricordarlo. Certo, era stato spesso ubriaco negli ultimi mesi, soprattutto durante le gite ad Hogsmeade (però non ricordava di essere stato così ubriaco da dimenticare una cosa simile). Probabilmente era uno stupido scherzo di Fred e George.

Ma se non fosse stato così?

Hermione gli avrebbe tagliato la testa se avesse scoperto che si era fatto un tatuaggio di cui nemmeno si ricordava. Imprecò ancora e tornò a letto.

-Allora?- gli domandò Robert, ironicamente, non appena Harry ebbe rimesso piede nella stanza

-Non me lo ricordavo- Harry fece spallucce –E’ carino però-

-Si, è vero. E’ molto sexy- Robert lo afferrò per le spalle e lo trascinò sopra di sé, baciandolo sulla bocca.

 

Aveva lasciato andare Malfoy. Aveva fatto una cosa così stupida. Era un mangiamorte, diavolo, un maledetto mangiamorte! E lei gli aveva permesso di scappare.

Naturalmente aveva detto a Ron che se l’era svignata schiantandola e questo l’aveva fatto infuriare ancora di più. Dire che Ron stava divenendo intrattabile era dire poco.

E, tra le altre cose, Malfoy non aveva saputo spiegarle niente sulla ballerina il che le faceva pensare che non avesse un significato importante nemmeno per lui.

Probabilmente il ricordo della ballerina se n’era andato insieme a tutti gli altri.

Ancora una volta si sentiva impotente. Non sapeva da che parte cominciare e che cosa cercare.

Perché si era lasciata coinvolgere in quel modo da Malfoy? E se fosse stato tutto un trucco?

Da qualche giorno, ormai, il dubbio di essersi lasciata trascinare in qualche tranello la faceva sentire sempre più a disagio, impedendole di ragionare con calma.

E se, per colpa sua, avessero perso la guerra? C’era anche quello, in gioco, e quella stupida ballerina avrebbe anche potuto essere la chiave con cui Voldemort avrebbe potuto vincere la guerra.

Ma Malfoy era stato sincero. Lo sapeva.

 
Malfoy Manor

Draco, disteso sul suo letto di Malfoy Manor, si scervellava. L’unico motivo per cui la Granger avrebbe dovuto lasciarlo andare era che aveva intenzione di unirsi alle schiere del Signore Oscuro per lottare contro Potter, ma lo trovava alquanto inverosimile. Altrettanto inverosimile era l’idea che l’avesse fatto per compassione perché, nonostante fosse una grifondoro, le angherie che le aveva fatto durante quei sei anni di scuola erano più che sufficienti per consegnarlo nelle mani degli auror almeno una decina di volte.

Ma nell’ultimo anno erano successe così tante cose strane che, oramai, Draco cominciava a chiedersi se non fossero la normalità. Come la sua decisione improvvisa di prendere il marchio. Non ne era mai stato completamente certo, finché non ne aveva sentito il bisogno impellente. Ricordava ancora quando Blaise l’aveva guardato sorpreso e stupito e gli aveva domandato che cosa gli avesse fatto cambiare idea. Draco non lo sapeva ma credeva che, in fondo, fosse per tutti lo stesso. Una mattina ci si svegliava e si cominciava a credere che una cosa fosse giusta ed un’altra fosse sbagliata. Per lui prendere il marchio era la cosa giusta.

Tra le altre cose strane c’era anche quella ballerina di cui aveva tanto parlato la Granger. Forse era ammattita definitivamente.

Una ballerina. Lui non ricordava nessuna ballerina. Assalito da un dubbio, chiamò Rolty, il suo elfo domestico. Questi si smaterializzò accanto al suo letto con quel consueto “pop” che annunciava il suo arrivo.

-Il Signorino Malfoy ha chiamato?- gli chiese con la sua voce strascicata

-Rolty ti ho mai parlato di una ballerina?-

-Una ballerina, Signore?- domandò Rolty, per verificare di aver capito bene

-Si, una ballerina. Non so, una statua, un modellino, una fotografia. L’hai mai vista?-

-Rolty non ha mai visto nessuna ballerina- solo allora Draco si accorse di come la voce di Rolty suonasse acuta e terrorizzata. Draco si mise a sedere e puntò i suoi occhi glaciali in quelli acquosi e terrorizzati di Rolty

-Che cosa sai della ballerina, Rolty?-

-Rolty non sa niente, niente!- esclamò l’elfo. Draco si alzò in piedi, puntandogli contro la bacchetta

-Rolty dimmi subito che cosa sai di quella maledetta ballerina!- lo minacciò.

Rolty indietreggiò, stropicciandosi le mani ed abbassando le orecchie

-Il Signorino Malfoy ha ordinato a Rolty di non dirgli nulla della ballerina- bisbigliò Rolty. Draco sollevò un sopracciglio

-E ora ti ordino di dirmi tutto quello che sai-

-Il Signorino Malfoy ha anche ordinato a Rolty di non dirgli niente anche se il Signorino Malfoy gliel’avesse ordinato..- continuò l’elfo, sempre più impaurito.

Draco, del canto suo, era sempre più sorpreso. Forse non era la Granger, quella matta, ma lui

-Rolty..- gli intimò, sollevando la bacchetta

-Rolty sa che il Signorino Malfoy non gli farebbe mai del male, ma il Signorino Malfoy ha ordinato a Rolty di scappare se avesse sollevato la bacchetta contro di lui..- per un momento, l’elfo esitò. Poi parve ricordare qualcos’altro perché i suoi occhi si fecero all’improvviso più decisi –Arrivederci, Signorino Malfoy- disse e si smaterializzò.

Draco abbassò la bacchetta, ammutolito, e si lasciò cadere sul letto, mentre il suo sguardo si soffermò, ancora, su quel posto vuoto lasciato dall’elfo. C’era davvero qualcosa di strano, in tutta quella faccenda.

 
La Tana

 
Harry continuava a pensarci eppure non riusciva davvero a trovare qualche scappatoia. Malfoy Manor era inespugnabile e, quindi, l’unica cosa che potevano fare era attendere che fosse Voldemort a sferrare gli attacchi.

Per di più tra Ron ed Hermione si era creata una strana tensione, dettata dal fatto che lui era sempre isterico e lei sempre confusa. Così Harry non riusciva a parlare né con uno né con l’altra.

L’unico che sembrava in grado di dargli ascolto era Remus anche se, parlare con lui, non era come parlare con Ron o Hermione.

Per distrarlo, Remus gli raccontava aneddoti di quando lui, suo padre e Sirius avevano frequentato la scuola e, a volte, gli mostrava vecchie fotografie.

La Signora Weasley, non appena aveva visto le fotografie di Remus, aveva tirato fuori gli scatoloni dei suoi album e aveva cominciato a raccontargli la storia della famiglia Weasley, imbarazzando a morte tutti i suoi figli.

Eppure Harry riusciva a capire il motivo per cui sembrava così contenta di poter parlare a qualcuno del suo passato e, quindi, l’ascoltava pazientemente, per sommo orrore di Ron.

eHm...

Bene, così finisce anche questo capitolo! La storia comincia a delinearsi... spero davvero di avervi incuriositi almeno un pò. 

Ringrazio chi ha commentato (meno male che ci siete voi!). Mi fa davvero tristezza rendermi conto di come la community di Harry Potter presente su questo forum fino all'anno scorso sia morta. Non ci sono stata per un anno e, una volta tornata, mi sono resa conto che non ci sono più di tre superstiti del vecchio gruppo. La Rowling è riuscita davvero a fare un ottimo lavoro, col suo ultimo libro. Ha ucciso lo spirito di Harry Potter e non biasimo quelli che hanno deciso di abbandonarlo. Insomma, con quell'epilogo ha davvero toccato il fondo.

A presto,

Nischino

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Capitolo 5
*** Incubi ***


Capitolo quarto: Incubi

Malfoy Manor

Draco aveva cominciato a riflettere e, effettivamente, si era reso conto che qualche cosa non quadrava. Per quanto si sforzasse non riusciva a ricordare nulla che non riguardasse le lezioni o il tempo passato con i suoi compagni serpeverde. La cosa strana era che Blaise, in un modo o nell’altro, spuntava sempre, nei suoi ricordi, mentre la sua testa sembrava aver cancellato completamente i momenti che aveva passato in solitudine.

Il comportamento di Rolty, poi, gli aveva fatto pensare una certa cosa che, inizialmente, gli era parsa assurda ma che, più ci rifletteva, più gli sembrava possibile.

Era come se, alla sua memoria, mancassero dei tasselli. Come se qualcuno glieli avesse cancellati. E poi c’era quella ballerina di cui sia la Granger che Rolty conoscevano l’esistenza. E, dal momento che gli elfi domestici non mentivano, anche lui doveva esserne stato a conoscenza. Ormai era quasi certo di aver scelto, di propria spontanea volontà, di dimenticarla, ma non riusciva a ancora a capire perché.

Gli unici che avrebbero potuto aiutarlo o erano suoi nemici giurati o erano svaniti nel nulla e, quindi, non gli restava che rimuginarci sopra da solo.

Un dubbio, piccolo ma terribile, gli era sorto una sera mentre cercava di addormentarsi con scarsi risultati. E se, si era detto, avessi dato quella ballerina alla Granger per aiutarla?

L’ipotesi gli sembrava così impossibile da escluderla a priori però era l’unica motivazione che gli venisse in mente.

Voldemort lo fece chiamare e, dal tono con cui il messaggio gli venne riferito, Draco intuì che non si trattava di niente di buono.

Scese nella sala da pranzo adibita a sala del trono del Signore Oscuro e vi trovò un cospicuo numero di mangiamorte davanti all’ingresso che gli impedivano di entrare. Si sollevò sulle punte ma, nonostante la notevole altezza, non riuscì a vedere che cosa stesse succedendo.

-Hanno catturato una famiglia di traditori- lo illuminò un uomo bruno accanto a lui –La madre è una strega, il padre babbano e la figlia mezzosangue. Ci sarà da divertirsi-.

Quel genere di giochi facevano inorridire Draco, eppure non era la prima volta che era costretto ad assistervi. Solitamente la moglie veniva obbligata a guardare mentre torturavano il marito e poi il marito assisteva allo stupro della moglie. Il tutto mentre gli altri, quelli non sorteggiati per compiere l’atto in prima persona, gridavano sconcezze e grida d’incoraggiamento.

Era uno dei passatempi preferita da Voldemort, anche se molti dei mangiamorte, tra cui suo padre, non approvavano questo tipo di rituale.

-Lasciate passare Draco Malfoy- la voce serpentina di Voldemort tuonò in sala, mentre un passaggio si apriva davanti a Draco ed i mangiamorte si facevano da parte, come le acque del Mar Rosso.

Draco avanzò e, allora, riuscì a vederli. Un uomo ed una donna, al centro della stanza, se ne stavano rannicchiati uno contro l’altro. Lei piangeva sommessamente e lui, con una mano sulla sua nuca, tentava di consolarla, anche se sapeva di non avere alcuna speranza di sopravvivere.

-Vieni avanti, Draco-. Accanto al Signore Oscuro c’era Goyle che, tra le braccia, teneva il corpo immobilizzato di una ragazza in cui Draco riconobbe una Tassorosso di forse due anni più giovane di lui.

I suoi occhi erano enormi e terrorizzati e cercava di dibattersi, tra le lacrime, e di liberarsi. Era strano come, anche davanti ad una prospettiva di morte certa, le vittime trovavano sempre la forza di lottare fino alla fine.

Il Signore Oscuro prese il volto della ragazza tra le mani e l’obbligò a guardare Draco.

-Non è splendida, Draco?- le accarezzò il volto pallido e bagnato dalle lacrime e poi le spalle nude sotto alla veste stracciata e sporca di sangue –Sembra così pura, così innocente- il respiro affannoso della ragazza era così forte e chiaro che Draco poteva sentirlo come se gli stesse ansimando nell’orecchio. Il suo cuore mancò un battito. Aveva capito.

-E invece è sporca, sporca dalla nascita! Il suo sangue è impuro e la sua esistenza è una macchia nel Mondo Magico-. La sua veste scomparve e la madre gridò. Sotto alla tunica la ragazza non era pallida come sul volto, ma rosea e delicata. I suoi seni pieni si abbassavano e rialzavano al ritmo affannoso del suo respiro. Le avevano tolto anche la sua ultima difesa, la dignità.

-Smettetela!- l’urlo disperato del padre ebbe il potere di far sorridere Voldemort. Era raro vederlo così divertito

-Bellatrix..- mormorò e lei fece un passo avanti, ricambiando quell’oscuro e sadico sorriso

-Crucio- ghignò e l’uomo si piegò su se stesso, lanciando grida di inumano dolore. Draco inorridì quando sentì nuovamente lo sguardo del Signore Oscuro su di sé.

-Questo è un mio dono per te, Draco. Fai di lei ciò che vuoi e poi, come tutte le appartenenti alla sua specie, morirà-.

Un urlo di assensi si levò nella sala, delle grida di macellai e aguzzini.

Un’orda sospinse Draco fuori dalla sala e poi su per le scale, fin nella sua stanza dove venne condotta anche la ragazza.

Nuda, inerme, fu gettata sul suo letto, con come unica difesa le proprie unghie.

La porta si chiuse alle spalle di Draco.

Lui l’osservò per un momento e non provò nemmeno per un attimo quell’eccitazione che avrebbe dovuto pervaderlo e che, di certo, avrebbe provato qualsiasi altro mangiamorte al suo posto.

Lei era effettivamente bellissima e lui avrebbe potuto approfittarne per dimostrare la sua potenza e sfogare i propri istinti.

Le si avvicinò e lei lanciò un grido, prorompendo in un pianto disperato. Qualunque cosa avesse fatto, lei sarebbe morta comunque.

Draco si sedette sul letto e lei non provò nemmeno a scacciarlo.

-Come ti chiami?- le chiese.

Lei sollevò lo sguardo ma non smise di piangere

-Angelique- disse, con un accento lievemente francese ed una voce ancora di bambina

Draco sentì un nodo salirgli alla gola e si poggiò la testa fra le mani. Poi, senza nemmeno accorgersene, cominciò a piangere. Angelique si alzò a sedere e, senza preavviso, l’abbracciò.

Era molto più coraggiosa di quanto lui fosse mai stato.

-Oddio- mormorò e sentì la propria voce strozzata e roca, irriconoscibile –Mi dispiace, mi dispiace così tanto, Angelique-.


La Tana


Ron si sedette accanto ad Hermione. Negli ultimi tempi non si erano nemmeno rivolti la parola se non per impellente necessità.

Erano rimasti soli, alla Tana, e l’unica persona che avrebbe potuto sentirli bisticciare era il fantasma in soffitta, il che non aveva molta importanza.

Entrambi avevano dei buoni motivi per sentirsi in colpa solo che nessuno dei due voleva ammetterlo e, così, preferivano litigare e far ricadere la colpa sull’altro.

Ma ora cominciavano a sentire l’uno la mancanza dell’altra, solo che nessuno voleva fare il primo passo.

-E’ stressante stare tutto il giorno chiusi a casa- disse Hermione

-Già- annuì Ron.

Poi lui sospirò

-Senti, mi dispiace se in questi giorni sono intrattabile ma, cavolo, Hermione, ho paura! Ho paura tutti i giorni. Per tutto il tempo. Ho paura che qualcosa di brutto possa succedere alle persone a cui voglio bene e so di poter fare niente per proteggerle!-

-Ron..- tentò Hermione ma Ron l’interruppe

-Quando sei rimasta sola in quella stanza con Malfoy io ho avuto paura, Hermione, una paura tremenda che ti accadesse qualcosa di brutto. Ma come posso fare?-.

Hermione lo guardò negli occhi e sentì ancora, come sempre, la voglia di baciarlo. Ma non lo fece.

-Non puoi. Ho paura anche io, ma non possiamo fare niente- sapeva che avrebbe dovuto dire qualche cosa di più intelligente ma tutte le domande che le aveva fatto Ron erano le stesse che lei si faceva ogni sera prima di chiudere gli occhi ed addormentarsi e a cui non era mai riuscita a dare una risposta

-Dobbiamo combattere perché è la cosa giusta- disse allora perché era, in un modo o nell’altro, la sua unica certezza

-Lo so. Ma a volte vorrei solo scappare e nascondermi. E sono così arrabbiato perché mi sento inutile ed impotente. Vorrei solo essere al posto di Harry per trovare una dannata soluzione-

-Harry ci sta provando, Ron- lo riprese Hermione ma Ron la zittì

-Non ci sta provando abbastanza. Non gli importa nello stesso modo a cui importa a me. Lui non ha una famiglia di cui preoccuparsi. L’unico a cui deve salvare la pelle è se stesso-.

Hermione lo guardò stranita. Ron era diventato irriconoscibile e non solo per le profonde occhiaie che gli solcavano il volto ma anche per tutta la rabbia che l’aveva fatto diventare uno sconosciuto

-Non voglio più parlarne, Ron- Hermione si alzò, voltandosi. Sapeva che stava per piangere eppure non voleva darlo a vedere a quel bastardo.

Uscì dalla stanza e Ron non cercò nemmeno di fermarla.

Gli album fotografici che la Signora Weasley aveva disseminato per tutta la casa davano ad Hermione quel po’ di sollievo di cui aveva bisogno.

Vedere un piccolo Ron senza cattivi pensieri che la salutava da una fotografia la faceva sentire decisamente meglio. Sfogliando quegli album, Hermione aveva trovato anche diverse foto raffiguranti Molly al tempo della scuola, riconoscibile dai folti capelli rossi.

L’Arthur delle foto era identico a quello che aveva conosciuto Hermione, solo con qualche ruga e qualche preoccupazione in meno.

Hermione visionò decine di foto finché la sua attenzione non si soffermò su una in particolare mentre il suo stomaco si contorceva per l’emozione. Aveva il cuore in gola.

Con l’album stretto tra le mani scese in cucina dove Molly stava preparando una cena a base di uova e pancetta. Non appena vide Hermione col suo album gli occhi le si illuminarono

-Dimmi, cara- cinguettò.

Hermione poggiò con un tremito l’album sulla tavola ed indicò, con un dito, una foto alla Signora Weasley. Si accorse allora di stare tremando.

-O, queste siamo io e la mia amica Diana. Una ragazza molto simpatica, forse un po’ pettegola. Aveva un anno più di me, ma andavamo molto d’accordo- la Signora Weasley si lasciò andare ad un sorriso nostalgico.

-Signora Weasley- Hermione era così impaziente che il cuore le rimbombava nelle orecchie –Cosa sono quei ciondoli che tenete appesi al collo?-.

La Signora Weasley prese tra le mani la foto, per guardarla più da vicino (non avrebbe mai ammesso di aver bisogno degli occhiali). Effettivamente lei e Diana avevano appesi al collo due ciondoli, a forma di gufo e ballerina

-Ora ricordo!- esclamò allegra –Dovrei averla ancora da qualche parte, chissà dove però..- ridacchiò, immersa in altri ricordi. La lentezza esasperante con cui si stava svolgendo quella conversazione stava per far saltare i nervi ad Hermione

-Signora Weasley..- la riprese, forse un po’ stizzita, perché Molly ripose l’album e le lanciò un’occhiata da madre indispettita

-Sono boccette porta profumo, andavano molto di moda ai miei tempi- disse.

Boccette porta profumo. La ballerina di Malfoy era un contenitore.

In effetti, esaminandola con più attenzione, Hermione si accorse della sottile linea al di sotto della testa della ballerina. Il capo si svitava.

Il suo primo impulso fu quello di aprirla per vedere che ci fosse dentro ma poi la razionalità ebbe la meglio. Non poteva rischiare di perdere il suo contenuto e, quindi, prima avrebbe dovuto capire che cosa fosse.

ehm...

Finalmente si scopre qualcosa di nuovo. Insomma, più o meno. Spero che la storia non risulti troppo noiosa (anche se a quanto pare è così, dato lo scarso numero di recensioni XD). Ho voluto fare un esperimento e, evidentemente, è fallito miseramente LOL. Non nego che anche la sottoscritta preferisce le storie con tanto sesso, qualche smanceria e poca avventura. Va bè, ho imparato la lezione. Finirò di pubblicare comunque questa storia nel rispetto di coloro che la seguono. Un bacio,


Nischino

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Capitolo 6
*** Ergo ***


Capitolo Quinto: Ergo

Malfoy Manor

 
Draco non riusciva ancora ad avere il quadro completo della situazione ma qualcosa gli diceva che sarebbe stato impossibile averlo comunque.

Eppure quell’ultimo tassello del puzzle gli aveva dato le risposte che gli mancavano ed ora tutto aveva un senso.

Da quando il livido era scomparso, Draco aveva cominciato a dare un senso a quei suoi ricordi e a comprendere come mai la sua vita degli ultimi mesi risultasse così povera di emozioni ed estremamente monotona.

Aveva cancellato tutto quanto.

Ed il motivo era impresso a fuoco sul suo fianco sinistro.

 
La Tana

 
Hermione aveva chiuso a chiave la porta della stanza che divideva con Ginny e si era seduta alla scrivania. Appesa al collo aveva la ballerina di Draco. Sulla scrivania aveva poggiato un pensatoio.

Sospirò, portandosi la ballerina davanti agli occhi e lei ricambiò il suo sguardo.

-Malfoy, prega che sia la cosa giusta- mormorò, un po’ alla ballerina, un po’ a se stessa ed un po’ al fantasma invisibile di Draco. Chiuse gli occhi e svitò il capo alla ballerina, svuotandone il contenuto nel pensatoio.

Trattenne il fiato.

Aveva come la sensazione che l’importanza di quel compito che le era stato affidato fosse vitale e sbagliando avrebbe causato danni irreparabili.

La sostanza liquida e grigiastra, all’interno del pensatoio, non si mosse. Le venne da piangere.

Strinse tra le dita il corpo decapitato e gelido della ballerina ed imprecò, anche se detestava farlo.

Che cosa aveva sbagliato? Le era sembrato tutto così logico dopo aver visto il tatuaggio di Harry! Ma il suo intuito, questa volta, aveva sbagliato.

E ne fu convinta finché la sostanza non cominciò a vorticare e, all’improvviso, si ritrovò nuovamente ad Hogwarts.

 
Malfoy Manor

 
Draco guardò il proprio riflesso negli occhi. Di lui, del vecchio Draco Malfoy, non era rimasto che un’eco.

Chi era quel ragazzo dal viso scheletrico e mortalmente pallido, i capelli un po’ troppo lunghi e gli occhi spenti?

Lentamente allungò una mano e, con le dita, sfiorò la superficie gelida dello specchio.

Per chi si era ridotto così?

Che cosa aveva fatto per meritarselo?

Ripensò a Rolty, a Blaise, allo sguardo terrorizzato di Angelique. Ed ebbe come la sensazione che quella stanza sfarzosa, lì, a Malfoy Manor, non fosse il suo posto.

Avrebbe dovuto trovarsi da un’altra parte. Era certo che avrebbe dovuto trovarsi da un’altra parte.

Ormai sapeva anche che cosa gli aveva fatto cambiare idea, chi gli aveva aperto gli occhi.

Non era più il Draco Malfoy di prima e forse non lo era mai stato.

Forse aveva semplicemente voluto esserlo per compiacere suo padre, per non incorrere nell’ira di Voldemort.

Intuiva che il suo trovarsi lì, in quel momento, non era una scelta, ma un dovere che si era imposto.

Era un altro il suo posto, a fianco di un’altra persona.

Un giorno, un giorno che non ricordava ma che sapeva esserci stato, Draco Malfoy aveva deciso di rinunciare a se stesso e alle proprie sicurezze.

Quello doveva essere stato lo stesso giorno in cui era divenuto un patetico sentimentalista. Doveva aver pensato che valesse la pena soffrire, rischiare la pelle, mentire e dimenticare per quella persona che, dannazione, doveva essere una gran bella persona, altrimenti era lui ad essere un idiota.

Ma si fidava di se stesso e, quindi, anche se non ricordava perché, si fidava anche di lui.

Di Potter.

 
eHm…

Questo capitolo funge da spartiacque, da intermezzo, prima della svolta. Chissà che accadrà O.O

Comunque, vorrei dedicare questo mini capitolo a tutte le persone gentilissime che hanno commentato quello precedente dopo aver letto il mio commento disfattista. La sottoscritta spesso è una lagna XD

Al prossimo aggiornamento,

grazie di cuore per aver letto questo capitolo.

Nischino

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Capitolo 7
*** Andando all'indietro ***


Capitolo Sesto: Andando all’indietro

 

Il Pensatoio di Hermione

 

Draco la fissa con un’espressione circospetta. E’ in piedi al centro di una stanza che Hermione non riconosce finché non capisce che è il dormitorio di serpeverde.

-Granger- esordisce Malfoy ma, nella stanza, tranne lui, non c’è nessuno. Prima di cominciare a parlare ha insonorizzato la camera e si è accertato che nessuno potesse mettervi piedi –Se i miei calcoli sono esatti, dovrebbe essere passato circa un mese dal nostro ultimo incontro. Ti ho fatta abbastanza sveglia? Forse ti ho sottovalutata? Non lo so, ma spero per te, e per me, anche se quando tu mi starai ascoltando per me non avrà importanza, di aver valutato correttamente i tempi. Una settimana per fidarti completamente, una per capire che cosa fosse la ballerina e un’altra per essere certa che le tue intuizioni fossero corrette. Se sopravvivrò a tutta questa storia, anche se non credo che la cosa sia possibile, dovrai raccontarmi come hai fatto a capire tutto quanto. Ho lasciato volutamente tutto al caso, facendo affidamento sulle tue doti intuitive di strega e di donna.

Scommetto che Weasley non ci sarebbe mai arrivato e starebbe fatturando il ciondolo in tutti i modi, convinto che si tratti di una trappola o qualcosa del genere. Sono convinto che l’hai pensato anche tu e che, probabilmente, sei ancora dubbiosa. Non ti biasimo: al tuo posto lo sarei anch’io.

Devo essere onesto, questa mia idea di racchiudere qualche ricordo in una boccetta da profumo mi è venuta proprio mentre pensavo ad un modo di convincermi che una delle persone in cui non nutrivo alcun tipo di fiducia e che avevo sempre creduto mia nemica stesse dicendo la verità.

Farti vedere come stanno le cose mi è sembrata la maniera migliore di fartele comprendere. Inoltre, spero davvero che tu mi restituisca questi miei ricordi, se ti sarà possibile.

Quello che sto per mostrarti è di fondamentale importanza per quello che accadrà dopo.

Posso capire che tutto ti sembrerà assurdo e che non vorrai crederci ma questi sono i ricordi che ti chiederò di cancellare dalla mia memoria. Non mostrarli a nessuno, nemmeno ad Harry, e fai in modo che ti credano anche senza vedere quello che vedrai tu. Ho paura che se guardassero questi miei ricordi deciderebbero, senza alcuno scrupolo, di ignorarli palesemente e di non crederci per principio. Inoltre potrebbero scatenare una serie di reazioni che ho cercato di evitare fino a questo momento.

Non so cos’altro fare per convincerti che sto dicendo la verità.

Tutto quello che hai bisogno di sapere lo troverai in questa ballerina.

Spero davvero che tutto questo serva a qualcosa-.

 

Draco è seduto nell’aula di pozioni e, sulle ginocchia, ha un libro aperto su una pagina sgualcita e piena di appunti. E’ agitato. Con un piede martella a terra velocemente e cerca, in continuazione, di trattenere l’istinto di mangiucchiarsi le unghie.

Harry entra mentre Draco sta per avere una crisi di nervi e gettare il libro nel calderone

-Malfoy- dice e il suo è un tono d’avvertimento così minaccioso che per poco Draco non rabbrividisce

-Potter, che ci fai qui?- naturalmente Draco lo sa dal momento che è stato lui a far finire Harry in punizione

-Non lo so..una passeggiatina per i sotterranei?- ironizza  Harry e Draco capisce che ha una voglia matta di tirargli un pugno in faccia per farlo stare zitto, ma non si arrende.

Ha pianificato tutto nei minimi dettagli ed ora ha intenzione di portare a termine il suo piano, costi quel che costi, compreso un labbro sanguinante.

-Siamo in vena di sarcasmo?- chiede mentre fa penzolare le gambe giù dalla sedia ostentando una tranquillità che, in quel momento, proprio non gli appartiene

-Andiamo, Malfoy, dimmi quello che vuoi e poi lasciami in pace. Ho l’allenamento di Quiddich questa sera e non ho intenzione di perdermelo per litigare con te-.

Harry ha usato un tono davvero tremendo e, per un attimo, Draco valuta seriamente la possibilità di lasciar perdere tutto quanto, anche se l’occasione probabilmente non si ripeterà molto presto (ha faticato per quasi due settimane per far finire Harry in punizione).

Riesce a riprendersi quando vede che Potter lo fissa con un’aria impaziente che non è poi tanto minacciosa come la sua voce.

Draco si alza e gli va incontro, pazientemente, lentamente, perché sente che le gambe gli tremano e ha paura di commettere un passo falso che gli costerà l’orgoglio, che è molto peggio della vita

-Ero un bello spettacolo, l’altra mattina, a colazione- dice, quando è abbastanza vicino ad Harry da poter bisbigliare. Sa benissimo quant’è seducente la sua voce. E anche Harry lo sa.

-Malfoy..- tenta Harry, ma Draco lo interrompe

-E l’altra sera in biblioteca?- chiede, mellifluo, e quando Harry arrossisce capisce di aver fatto tombola, ma non desiste. Freme per l’eccitazione. Ha desiderato quel momento per anni e non ha mai nemmeno osato sperare che ottenerlo potesse essere così facile –Sugli spalti durante la partita contro tassorosso, alla lezione della McGranitt, in giardino. Potter, l’ho visto come mi guardi-.

Harry si scrolla di dosso la vicinanza di Draco facendo un passo indietro ed il rossore scompare dalle sue guance. Il suo cipiglio si fa decisamente minaccioso

-Che cosa vuoi, Malfoy? Vuoi ricattarmi?- è arrabbiato come una furia e Draco questo non se l’era proprio aspettato, ma non si arrende comunque

-Perché dovrei, dal momento che vogliamo la stessa cosa?- chiede.

Harry lo guarda diffidente ed incrocia le braccia davanti al petto, quasi a volersi difendere

-Cos’è? Anche Draco Malfoy è soggetto al fascino del Salvatore del Mondo Magico?- domanda Harry e Draco capisce che la risposta che sta per dare segnerà definitivamente la decisione di Harry

-Suppongo di essere più soggetto al fascino del tuo sedere, Potter-.

Harry sorride e Draco capisce di aver fatto centro.

 

Harry e Draco camminano lungo il tunnel sotterraneo che li porterà ad Hogsmeade. Harry è particolarmente euforico e Draco cerca, in tutti i modi, di trattenere un sorriso che gli sta per spuntare sulle labbra.

-Che hai detto ai tuoi amici per scaricarli?- domanda Draco anche se, in realtà, sa già la risposta perché Harry, su quelle cose, è prevedibile quando la tonalità di rossetto di Pansy. Harry non gli risponde e, invece, dice -Sarà bellissimo- Draco finge di non capire

-Che cosa?-

-Il tatuaggio- risponde, tastandosi la tasca in un gesto puramente inconscio per accertarsi che la pergamena sia ancora lì –Me l’ha disegnato un grifondoro del quinto. E’ una specie di artista-

-Non ho ancora capito perché vuoi farti tatuare un P sul sedere-.

Harry solleva gli occhi al cielo e scoppia a ridere

-Sempre a fare lo snob, Malfoy. Te l’avrò ripetuto un milione di volte che un giorno questo tatuaggio finirà anche sul tuo, di sedere. E’ una D, non una P-

-E’ una P storpiata- controbatte Draco

-Allora questa P storpiata finirà anche sul tuo sedere-

-Tu stai sognando, Potter-.

 

Draco è nudo, disteso in un letto gigantesco. Accanto a lui c’è Harry che gli accarezza il viso, il collo, la pancia, i fianchi.

Su quello sinistro di Draco c’è una D storpiata o una P monca e Harry la sfiora con reverenza, quasi con paura di romperla.

-Sei la cosa migliore che potesse accadermi, Harry- sussurra Draco. I suoi occhi sono dolci anche se non ne hanno la conformazione e nessuno li giudicherebbe tali se non li vedesse in quel momento

-Ti amo- Harry lo sovrasta col suo corpo che è leggermente più robusto di quello di Draco, anche se è un po’ più basso, e lo bacia sulla bocca –Se vincerò questa guerra sarà solo grazie a te- gli sussurra nell’orecchio

-Lo so- controbatte Draco, ironico

-Qualcuno qui si sta montando troppo la testa- Harry lo bacia dappertutto, sulla fronte, sulle guance, sul collo e gli dimostra la sua più completa devozione –Quando vincerò la guerra ti porterò in trionfo con me e dirò a tutti che è solo merito tuo. Farò vedere al mondo quanto sei meraviglioso ma non permetterò a nessuno ti toccarti, perché sei mio. Ultimamente ho paura di morire solo per non poterti vedere più-.

Si accascia al suo fianco e lo stringe a sé

-Andrà tutto bene-

-Lo so. Ho più fiducia in me stesso da quando a letto ti faccio gridare come una ragazzina- scherza –Però ho paura comunque. Se solo potessimo attaccare ora..-

-Harry, per favore..-

-Si, lo so- lo tranquillizza –Due mesi. La madre di Blaise lascerà il suo maniero e gli incantesimi di difesa svaniranno. Lo so. Così proteggeremo anche Blaise nel caso l’attacco fallisca. Ma non fallirà-

-So che non fallirà, ma l’entrata del passaggio segreto è nella sua cantina. La possibilità che accada un imprevisto non è mai da escludere. E se falliamo Voldemort lo ucciderà. Senza contare che sarebbe impossibile usare quel passaggio mentre gli incantesimi di difesa sono ancora attivi-

-Sei sicuro che nessuno lo conosca?-

-A parte Blaise nessuno. E Blaise è dalla mia parte. Preferisce fuggire e nascondersi che prendere il marchio- Draco sospira e Harry gli sorride

-Tuo padre doveva essere davvero crudele se, a nove anni, hai creato un passaggio segreto che conducesse da camera tua alla cantina di Blaise- Draco lo guarda per un momento, poi distoglie lo sguardo

-Lo era- dice.

 

Draco è solo in corridoio e ha una gran fretta perché sta per fare tardi alla lezione della McGranitt e quella vecchia megera gliela farà pagare, se arriva in ritardo.

All’improvviso viene sbattuto contro al muro e non ha nemmeno il tempo di sfoderare la bacchetta. Per fortuna, perché davanti a lui c’è la professoressa Cooman.

Solo che i suoi occhi sono spalancati e la sua bocca socchiusa; respira a fatica

-Il Signore Oscuro trionferà quando il Bambino Sopravvissuto sacrificherà il destino del Mondo Magico per salvare colui che è stato suo nemico e che ora è divenuto il suo amante.

Draco Malfoy sarà la rovina del Mondo Magico e Voldemort prevarrà perché Harry Potter rinuncerà alla propria vita per salvare la sua.

Nulla può ora fermare l’ascesa dell’Oscuro Signore perché l’inimicizia è divenuta amore e l’amore ci condurrà alla rovina-.

 

-Deleo- mormora Draco e, con un lieve cenno della bacchetta, la pelle pallida del suo fianco si richiude sopra al tatuaggio, cancellandolo.

Harry dorme quietamente accanto a lui. Draco pensa che, forse, quella sarà l’ultima volta che lo vede così.

Lo ama e non gliel’ha mai detto, anche se è convinto che Harry lo sappia comunque.

Gli accarezza i capelli arruffati e gli viene da piangere perché quello è il loro addio.

Allunga la bacchetta e, una lacrima, gli scende galeotta lungo la guancia.

Quando scompare sono svaniti anche i ricordi di Harry.

Silenziosamente Draco lascia il dormitorio grifondoro e si dirige al settimo piano.

Lì, ad attenderlo, c’è lei, Hermione.

Draco prende tra le mani la ballerina, la apre. Poi esita un istante e pensa di fuggire, di tornare da Harry. Ma ormai è troppo tardi e, in realtà, non ha altra scelta.

Ripone anche quell’ultimo ricordo nella piccola ballerina.

 

eHm…

 

Ed eccoci qui con un nuovo capitolo. Finalmente si scopre la verità… chissà se l’avevate capito!

Ciò detto, vi lascio senza dilungarmi in noiosi ringraziamenti, anche se sono sottointesi.

Tra le altre cose, ringrazio Biancalatte per aver segnalato un errore imperdonabile: si è infatti accorta che Hogwarts era scritto in modo scorretto (e ho anche scoperto il motivo: il mio computer lo correggeva automaticamente O.O). Invito tutti quanti a segnalarmi eventuali errori di battitura o simili, perché detesto, dico davvero, le storie con errori e strafalcioni.

Nonostante la mia beta si impegni il più possibile, ogni tanto qualche errorino scappa anche a lei!

Ringrazio di cuore anche tutti coloro che hanno commentato. Vi avverto che, purtroppo, la storia sta arrivando alla fine. Mancano solamente un capitolo e l’epilogo.

Ho, comunque, in serbo per voi un’altra long, molto meno impegnativa e più come piace a noi, non so se do l’idea XD

Detto ciò vi saluto e vi mando un grosso bacio.

Nischino

 

 

 

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Capitolo 8
*** Faccia a Faccia ***


Capitolo Settimo: Faccia a Faccia

 

Hermione si accasciò sulla sedia. Si toccò la faccia.

-Merda- disse, quando si accorse di stare piangendo.

 

Harry stava mangiando la cena quando Hermione irruppe in cucina. Aveva il fiato corto e gli occhi arrossati, come se avesse appena smesso di piangere. Il primo pensiero di Harry fu rivolto a Ron e lo maledisse perché l’aveva fatta piangere ancora.

-So come entrare a Malfoy Manor- disse invece Hermione

-Cosa?- bofonchiò Harry

-So come entrare a Malfoy Manor. C’è un passaggio, Harry, un passaggio che Voldemort non conosce-

-E tu come lo sai?- chiese Harry, scettico.

Hermione lo guardò dritto negli occhi

-Devi fidarti di me-.

 

Malfoy Manor

 

Si divisero in due gruppi, uno capeggiato da Harry e uno da Kingsley. Harry avrebbe dovuto attendere, con la maggior parte delle forze, fuori dal maniero, in attesa che Kingsley ed Hermione gli dessero il via libera per attaccare.

Hermione aveva insistito moltissimo per essere tra coloro che avrebbero formato il gruppo da mandare in avanscoperta e, alla fine, era stata accontentata.

Inoltre era stata lei a trovare la botola nella cantina di casa Zabini, ricoperta di ragnatele e polvere.

 

Fino a quel momento Hermione era stata sicura di cosa fare e di come comportarsi ma ora che stavano risalendo lentamente il passaggio segreto, cominciava a sentire la paura.

Stava per andare in battaglia. Forse stava per morire.

E non aveva nemmeno detto addio a Ron.

Che sarebbe accaduto se fosse morto e non l’avrebbe rivisto mai più? Che sarebbe accaduto se, in realtà, quella di Draco non fosse stata altro che una trappola?

Ma tutto combaciava alla perfezione e quei ricordi erano così veri, così intensi, che era impossibile non crederli reali.

Giunsero davanti ad una porta chiusa che Kingsley sfondò con un incantesimo.

Mentre le assi di legno tremavano ed esplodevano, Hermione si chiese che cosa sarebbe accaduto se la prima persona che avessero incontrato fosse stata Malfoy.

L’avrebbero ucciso?

Avrebbe dovuto fermare i suoi compagni? Come?

E Malfoy? Sapeva di essere dalla loro parte? Aveva idea di quello che aveva fatto per loro, di quello che aveva fatto per aiutarli a vincere? Ricordava abbastanza? Oppure aveva davvero scordato tutto quanto e avrebbe combattuto al fianco di Voldemort?

Strinse le dita attorno alla bacchetta. Il cuore le pulsava nelle orecchie con una tale intensità che percepì l’urlo di Kingsley come un sussurro.

La stanza di Malfoy era vuota.

 

Quando irruppero nel maniero Draco era nello studio di suo padre.

Sentì le urla e l’allarme e capì immediatamente che cosa stava accadendo.

Non si mosse.

Oltre alla porta sentiva persone correre, strillare incantesimi, cadere a terra.

Ma non si mosse.

Strinse tra le mani la bacchetta. Che cosa sarebbe successo? E, soprattutto, da che parte doveva stare?

Ma non ebbe il tempo di pensarci.

La porta della stanza si spalancò all’improvviso e, davanti a lui, comparve Ron Weasley.

Trasse un respiro di sollievo.

-Malfoy- ringhiò.

Weasley aveva i capelli sporchi di sangue, era sudato e coperto di polvere. Il sollievo abbandonò Draco non appena si accorse della sua espressione.

Alle sue spalle comparve anche la Granger.

-Ron, abbassa la bacchetta- mormorò, ma lui non le diede ascolto –Ron, abbassala-.

Weasley guardò Draco, guardò Hermione e poi i suoi occhi spaventosi tornarono a posarsi su Draco. Quando parlò la sua voce aveva una nota isterica.

-Dobbiamo ucciderlo, Hermione! Dobbiamo ucciderli tutti. Non devono più fare del male a nessuno!-

-Ron!- strillò Hermione.

Un boato si levò dal pian terreno e il pavimento tremò.

 

Harry si ritrovò davanti a Voldemort. E capì che sarebbe morto.

Non aveva alcuna possibilità contro quel mostro e, qualsiasi cosa avesse fatto, per lui sarebbe stata la fine comunque.

Non aveva molto da perdere, ma aveva paura comunque. Ripensò a Ron, Hermione, Remus, Robert, Ginny.. combatteva per loro eppure si sentiva vuoto lo stesso.

Impugnò con più fermezza la bacchetta. Avrebbe lottato fino alla morte. Tanto, vivo o morto, non avrebbe fatto alcuna differenza.

 

-Ron!- gridò ancora Hermione –Abbassa la bacchetta! Abbassala! Lui è dalla nostra parte!-

-E’ un mangiamorte!-.

Draco era paralizzato. Si era scordato perfino il suo nome. In un altro momento l’avere paura di Weasley gli sarebbe parso del tutto ridicolo ma adesso lo trovava perfettamente razionale.

-Ci ha aiutati!-.

Hermione cercò di strappare la bacchetta dalle mani di Ron ma questi la respinse, facendola cadere a terra

-Tu sei pazza- disse poi e, nuovamente, la punta della sua bacchetta si diresse verso Draco –Lui morirà e, insieme a lui, tutti quelli che ci hanno rovinato la vita. Voglio che soffrano, che soffrano come ho sofferto io! Crucio!- .

Draco si accasciò a terra

-No!- l’urlo di Hermione fu così forte da raggiungere Draco nonostante il dolore lancinante. Anche se non ricordava perché, sapeva di stare per morire per una giusta causa.

-Harry!- gridò Hermione e, allora, il dolore cessò.

 

Urla di gioia si levarono in tutto il Maniero quando Harry Potter uccise Lord Voldemort.

I mangiamorte si dispersero quando il loro Lord esalò l’ultimo respiro e quelli che non riuscirono a fuggire vennero catturati.

Harry corse a cercare Ron ed Hermione terrorizzato all’idea di trovarli morti.

Sentì le urla di Hermione provenire dal secondo piano e capì che lì la battaglia doveva essere ancora in corso.

Salì a balzi le scale, facendo capolino nella stanza a testa alta, con il fiato corto e la bacchetta in pugno

-Harry!-

Prima ancora di guardarsi attorno Harry iniziò ad urlare

-Riponete le armi! Voldemort è morto!- solo allora si rese conto che nessuno stava combattendo

-Harry! Harry ferma Ron!- gridò Hermione.

Ron era in piedi in mezzo alla stanza. Aveva gli occhi arrossati e tremava convulsamente. Ai suoi piedi era disteso Malfoy.

-Ron!- Harry gli strappò la bacchetta di mano senza che il suo migliore amico opponesse alcuna resistenza.

-E’ morto?- chiese, invece.

Piangeva.

Hermione corse dal corpo esanime di Draco e s’inginocchiò al suo fianco, poggiando una guancia sul suo petto –No, oddio, no, è vivo- gemette e, anche lei, iniziò a piangere.

Il suo, però, era un pianto così differente da quello di Ron, che Harry non poté fare a meno di chiedersi che cosa ci fosse, tra Hermione e Malfoy.

Perché quello di Hermione era un pianto di liberazione e i suoi occhi quelli di una belva quando li punto contrò Ron

-Sei un mostro, Ron! Ti detesto!- gridò –Non sai niente! Non sapevi niente! Come hai potuto? Ron! Come hai potuto!-.

Harry le si avvicinò lentamente, per non spaventarla, e le posò le mani sulle spalle

-Dobbiamo consegnare Malfoy agli auror- mormorò, cercando di farla alzare in piedi –Lascialo stare-

-No!- Hermione era sconvolta e, tra le lacrime, cercava a tentoni la propria bacchetta. Harry la fissava, incapace di capire. Ron continuava a piangere in silenzio.

-Hermione…-.

Tentò ancora una volta di farla alzare ma lei lo cacciò con uno schiaffo

-Dammi la tua bacchetta, Harry! Dammi la bacchetta!- gliela rubò dalle mani e si asciugò gli occhi.

Guardò il corpo di Draco, lì, disteso a terra. Nonostante sentisse l’impulso di uccidere Ron, puntò la bacchetta verso Draco

-Evanesco- sussurrò e le vesti di Malfoy scomparvero. Ron sgranò gli occhi senza capire. Probabilmente pensò che quella fosse la conferma definitiva della pazzia di Hermione.

Harry, invece, rimase immobile a fissare il fianco sinistro di Draco.

Poi vomitò l’anima.

 

eHm…

Siamo quasi giunti alla fine. Questo era il penultimo capitolo che spero vi sia piaciuto come i precedenti. Devo ammettere che l’ho scritto abbastanza fluentemente, anche se conteneva alcuni dei passaggi più impegnativi della storia. Non mi convince pienamente ma non mi andava di cambiarlo. Perché? Perché sono irrazionale e istintiva e mi sono emozionata moltissimo mentre lo scrivevo. Ho sentito le grida di Hermione, il dolore di Draco e la paura di Harry nitidamente. Spero di avervi trasmesso almeno un po’ di queste emozioni.

Naturalmente ringrazio di cuore tutti coloro che mi sostengono con i loro commenti ^__^

A presto,

Nischino

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Capitolo 9
*** Alla fine ***


 

Epilogo: Alla fine

 

Malfoy Manor

 

Voldemort era stato sconfitto. Harry Potter aveva trionfato.

E Draco Malfoy era seduto sul divano della sua casa distrutta con tra le mani la Gazzetta del Profeta.

Harry Potter sorrideva in prima pagina con la sua cicatrice ben in vista.

Hermione si materealizzò al suo fianco e la prima cosa che Draco notò fu che si era tagliata i capelli. Adesso li portava corti.

-Posso?- chiese Hermione indicando il posto vuoto accanto al suo

-Si, siediti-.

Hermione si mise una mano in tasca e ne estrasse la piccola ballerina argentata. La porse a Draco.

-E’ questa, dunque- mormorò lui, prendendola tra le mani per guardarla da vicino –Adesso mi ricordo. Mia madre me la fece vedere, una volta, quand’ero bambino-

-Mi avevi chiesto di ridartela, quando sarebbe stato tutto finito- bisbigliò Hermione –Riavrai i tuoi ricordi, Draco-.

Draco tornò a guardare la ragazza che gli aveva salvato la vita ma che, con quei capelli corti e quelle occhiaie scure, era irriconoscibile

-E’ la cosa giusta?-.

Su questo, dopo mille incertezze, Hermione non aveva dubbi.

-Si-.

Vide Draco esitare un istante e poi svitare la testa della ballerina. Hermione si alzò.

-Grazie per tutto quello che hai fatto per noi, Draco-

-Non lo so ancora che ho fatto- rispose.

 

Grimmauld Place – Casa di Harry

 

Harry aveva rilasciato decine di interviste e scattato migliaia di fotografie con la testa che gli scoppiava e una nausea pressoché continua. Dopodiché era tornato a Grimmuld Place, si era gettato sul letto e aveva dormito per venti ore consecutive.

Si era svegliato ancora confuso su cosa fosse realmente accaduto e che cosa invece no.

Provava sentimenti contrastanti e non sapeva nemmeno quali fossero davvero suoi.

Le cose certe erano poche ma, per lo meno, tangibili.

Voldemort era morto.

Hermione non era affatto impazzita, ma aveva permesso a tutti loro di vincere la guerra.

E lui era ancora vivo.

Ogni tanto, per accertarsene, Harry sentiva il bisogno opprimente di tastarsi la carne sotto ai vestiti o di sentire il proprio cuore battere.

Quel tum tum rassicurante serviva a ricordargli che niente era finito e che moltissime cose dovevano appena cominciare.

Robert andò a trovarlo un pomeriggio. Harry lo fece accomodare in salotto.

Per tutto il tempo non fecero altro che osservarsi constatando che non erano altro che due estranei e, se Robert non sembrava più di tanto stupito da questa rivelazione, per Harry era scioccante.

Aveva davvero creduto che Robert rappresentasse qualcosa di importante per lui?

Solo ora si rendeva conto che Hermione aveva avuto ragione quando gli aveva detto che cercava solamente una distrazione.

Si salutarono con una stretta di mano e si dissero addio allo stesso modo.

Quando Robert lasciò la casa di Harry, arrivò Hermione.

La prima cosa che Harry notò fu il suo nuovo taglio di capelli.

Si abbracciarono sulla soglia di casa e si tennero stretti finché non fu Harry a parlare.

-Forse dovresti raccontarmi tutto- le disse, ma Hermione scosse il capo

-Credo che dovresti chiederlo a Malfoy-.

 

La Tana

 

Harry andò a trovare Ron dopo una settimana.

In quel lasso di tempo che ad Harry era scivolato addosso come una doccia fredda, Ron non aveva provato a contattarlo in nessun modo.

Harry non odiava Ron per quello che aveva fatto o, per lo meno, ci provava. Sapeva che avrebbe dovuto cercare di capire le sue ragioni, giustificarlo, in qualche modo, ma non ci riusciva.

Solamente la consapevolezza che la paura ed il terrore che lui stesso aveva provato durante l’assalto a Malfoy Manor erano stati talmente forti da risultare incontrollabili gli diede la forza di recarsi alla Tana per parlare con lui.

Ad accoglierlo fu Molly Weasley.

Aveva il viso stanco ma sereno e mancava di quella solita allegria che l’aveva contraddistinta fin dal primo incontro con Harry. Sembrava sfinita.

-Vieni, caro-.

Condusse Harry fin davanti alla porta della camera di Ron e vi bussò con leggerezza.

-Ron, tesoro, c’è Harry- mormorò.

Dalla stanza non giunse nessuna risposta ma Molly sembrò non preoccuparsene ed aprì la porta.

Ron era disteso a letto, con la schiena poggiata alla testiera e lo sguardo vuoto perso fuori dalla finestra. Anche quando entrarono Ron non provvide a spostare i suoi occhi su di loro.

-Vi lascio soli un momento- disse Molly.

Uscì e si chiuse la porta alle spalle.

Harry osservò Ron che, come Hermione, sembrava così diverso dal Ron che aveva vissuto con lui per sette anni. Era come se fosse invecchiato di molti, moltissimi anni, e che del ragazzo diciassettenne che era in realtà non restasse che un’eco.

Prima di vederlo Harry era stato arrabbiato con lui. Si rese conto che l’aveva odiato sul serio, anche se aveva provato a negarlo.

Ma adesso che se lo trovava davanti capì che non c’era niente che Ron potesse fare per fargli dimenticare l’affetto che provava per lui.

Dovevano dirsi un sacco di cose e c’erano un sacco di punti da cui poter cominciare.

Ma ad Harry non ne veniva in mente nemmeno uno.

Così si sedette su ciglio del letto di Ron e, con cautela, poggiò una mano su quelle dell’amico unite in grembo.

Ron non lo guardò ma contrasse le labbra e socchiuse gli occhi. Non pianse, ma Harry pensò che se non avesse finito le lacrime l’avrebbe fatto.

Ron non era ancora pronto a guardarlo in faccia, non era ancora pronto a perdonarsi e a pensare a quello che aveva fatto. In futuro confidò ad Harry che aveva avuto paura di se stesso e di quello che quel suo gesto avrebbe potuto significare.

Ma quel giorno non disse niente e lasciò che Harry passasse delle ore in silenzio insieme a lui.

Non parlarono di Voldemort, della guerra, di Malfoy o del futuro.

Ma Ron capì, senza bisogno che Harry dicesse niente, che non c’era bisogno di chiedere scusa.

 

Malfoy Manor

 

Draco non si era mosso da quel divano per i successivi tre giorni. Si era alzato per mangiare, lavarsi e cambiarsi d’abito ma non aveva fatto nient’altro, a parte crogiolarsi in quei pochi ricordi che gli erano rimasti.

Non appena aveva aperto la ballerina e i suoi pensieri erano tornati al loro posto, tutto gli era apparso incredibilmente chiaro. E si era ricordato di quanto amasse Harry e di quanto fosse stato stupido a non dirglielo.

Il terzo giorno Harry bussò alla sua porta.

Draco non si stupì di vederlo perché sapeva che, prima o poi, Hermione l’avrebbe mandato da lui. Eppure si sentì ugualmente imbarazzato quando lui lo guardò con quei suoi intensi occhi verdi.

Draco non ricordava come si fossero scambiati il primo bacio, com’era stata la prima volta che avevano fatto l’amore, ma si ricordava abbastanza per sapere che Harry era l’uomo della sua vita.

Harry era lì per avere delle spiegazioni e Draco era pronto a fornirgliene, perché ne aveva il diritto, anche se questo l’avrebbe fatto soffrire terribilmente. Si sedettero sul divano (perché era l’unico mobile di casa Malfoy a non essere andato distrutto durante la battaglia).

Draco rimase zitto. Fu Harry a cominciare la conversazione.

Mentre si dirigeva a Malfoy Manor, Harry si era chiesto come sarebbe stato rivedere Draco, che cosa avrebbe provato una volta che ce l’avesse avuto davanti. Ora era tutto chiaro.

-Che cos’è successo?- gli chiese. Draco lo guardò dritto in faccia perché di quella parte della storia andava orgoglioso ed era convinto che fosse stata la cosa migliore e soprattutto la più coraggiosa che mai avrebbe fatto in vita sua.

-In realtà è stato tutto merito della Granger- disse, giusto per non sembrare troppo vanitoso –Un mese fa le diedi un ciondolo a forma di ballerina, che in realtà era un porta profumo..- ma Harry l’interruppe

-Io intendevo che cosa è successo tra noi due-.

Ecco, si disse Draco, quella era la parte su cui non era affatto preparato e alla quale non sapeva dare una risposta. Non si era aspettato che Harry glielo domandasse subito; sperava, almeno, che avrebbero rotto il ghiaccio, prima.

L’Harry che aveva davanti era quello dei suoi ricordi e il sentimento che provava per lui era immutato. Eppure aveva paura di dire qualcosa di sbagliato.

-Perché- continuò Harry –Sono confuso. Dopo aver visto il tuo tatuaggio..- sollevò gli occhi al cielo e Draco capì che stava per dire qualcosa di estremamente imbarazzante –So che ti amo, ma non ricordo perché-.

Il cuore di Draco si fermò in quell’istante. Evidentemente la Granger era davvero più brava di lui con quel tipo di incantesimi se ad Harry era bastato vedere un tatuaggio perché la sua fattura perdesse efficacia.

-Davvero?- domandò Draco, sorpreso.

Harry arrossì e Draco pensò che fosse buffo veder arrossire l’eroe del Mondo Magico. In realtà, pensò Draco, anche la sua voce doveva sembrare buffa, così tremula ed acuta.

-Cos’è, Malfoy- scherzò allora Harry, per sdrammatizzare –Sei anche tu soggetto al fascino dell’eroe del Mondo Magico?-.

Draco sollevò un sopracciglio. Se l’era ricordato davvero?

-No- esitò –Suppongo di essere più soggetto al fascino del tuo sedere- disse.

Harry lo guardò per un momento e a Draco sembrò che lo studiasse. Poi lo incollò al divano e lo baciò sulla bocca.

Draco non capì se Harry ricordasse qualcosa di quella conversazione che aveva dato il via alla loro storia.

Ma andava bene ricominciare da lì.

-Scusa- Harry si staccò dalla sue labbra –Non lo so che mi prende-

-Lo so io, Potter- Draco gli prese il viso tra le mani –Volevi ricordare com’era bello baciarmi-.

E lo baciò ancora.

 

eHm…

 

Eccoci giunti alla fine. Con quest’epilogo si conclude la mia ennesima avventura che spero vi abbia fatti emozionare, sorridere e magari trattenere anche un po’ il fiato.

Vorrei dedicare questo capitolo alla mia beta Alyxya.

Inoltre vorrei fare un ringraziamento speciale a seven, lucluc, Akanexx87 e draco potter per aver commentato pazientemente ogni capitolo e avermi dato utili consigli e suggerimenti, oltre ad avermi aiutato a continuare questa storia grazie al loro entusiasmo che è bastato a compensare il mio nei momenti in cui è venuto meno.

Grazie anche a tutti gli altri recensori e alle innumerevoli persone che hanno aggiunto la mia storia tra i preferiti, da ricordare ma soprattutto tra i seguiti (davvero un numero insperato).

Ci rivedremo presto con una nuova storia che sto già preparando.

Per ora vi saluto, anche se con un po’ di tristezza.

A presto,

Nischino

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