IL FASCINO PERVERSO DELLE AVVENTURE: racconti segreti del Libro Rosso di NiNieL82 (/viewuser.php?uid=6229)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.Elfi e feste di compleanno ***
Capitolo 2: *** Una festa a lungo attesa ***
Capitolo 3: *** Una donna sa sempre come fare ***
Capitolo 4: *** Lontano da casa ***
Capitolo 5: *** In quattro... si viaggia meglio! ***
Capitolo 6: *** Cortesie, rimorsi, paure e inaspettate sorprese ***
Capitolo 7: *** Non si torna indietro ***
Capitolo 8: *** Una scorciatoia che porta ai funghi ***
Capitolo 9: *** Una congiura smascherata... ***
Capitolo 10: *** Nella casa di Baccador e Tom Bombadil ***
Capitolo 11: *** Al Puledro Impennato ***
Capitolo 12: *** Grampasso ***
Capitolo 13: *** Di nuovo in viaggio ***
Capitolo 14: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 1 *** 1.Elfi e feste di compleanno ***
Salve.
Sono Niniel. Ho già scritto in questa sezione una one shot su
Aragorn e Arwen e da allora mi sono ripromessa mille volte di cercare
una storia da scrivere mettendo in mezzo gli altri personaggi.
So
che molti leggono l'introduzione prima di leggere una storia. E forse
la mia sembrerà insulsa. Spero davvero che, prima di giudicare
questa introduzione, che cerca di spiegare un lavoro che ho in
cantiere da anni, e che lo fa malamente, lo ammetto, vi fermiate a
leggere la mia storia nel quale, non senza qualche piccolo patema
d'animo, ho aggiunto un nuovo personaggio, sperando che non
stravolgesse troppo la storia.
Vorrei
quindi dirvi che, quella che vi apprestate a leggere e una visione
tutta personale del libro -o di una parte- più bello che ho
letto da tutta una vita. E spero davvero di non deludere e/o
offendere quelli che, come me, sono fans del libro.
Spero
inoltre di riuscire a divertirvi e non annoiarvi mai. E se mai
dovesse succedere, vi prego di dirmelo e di farmi sapere con una
recensione o con una mail quello che pensate di questo mio piccolo
lavoro, nel bene e nela male, che, finalmente ho messo nero su bianco
-anche se il finalmente riguarda solo me, che ho pensato a come
disporre questa storia per tanto tempo.-
Naturalmente
tutte le critiche sono bene accette. Basta che non siano offensive e
volgari. Ho pieno rispetto dell'opinione altrui ogni qualvolta non
mira a ferire l'altrui persona.
Vi
auguro -e spero davvero che lo sia- una buonissima lettura. E aspetto
tutte le vostre opinioni.
DISCLAIMER:
quello
che vi apprestate a leggere e solo un racconto di pura fantasia,
scritto da me medesima nel rispetto della storia, dei personaggi,
dello scrittore e di tutti i fans de 'IL SIGNORE DEGLI ANELLI'. Ho
usato dei personaggi esistenti nella storia, seppur marginali, per
introdurre il mio nuovo personaggio. Devo quindi precisare che
Esmeralda Baggins non esiste. È solo un frutto della mia
immaginazione -a meno che Tolkien non avesse realmente inventato un
personaggio simile e allora chiedo scusa poiché non l'avevo
sentita nominare- e spero davvero che non ferisca la sensibilità
dei molti fans che leggono le fan fiction in questa sezione.
Voglio
inoltre aggiungere che ogni nome presente nel libro da Bilbo a Frodo,
da Merry a Pipino, passando anche per i personaggi minori, sono solo
stati 'presi in prestito' per costruire questa
storia che, spero davvero vi possa divertire e non offendere chi ha
scritto i romanzi o i fans che lo amano.
IL FASCINO PERVERSO DELLE AVVENTURE: racconti segreti dal Libro Rosso.
1.Elfi
e feste di compleanno.
La
Contea era da sempre uno dei posti più belli di tutta la Terra
di Mezzo. A detta di un hobbit, almeno. I suoi villaggi erano sempre
un gran via vai di gente allegra, pronta ad una grande abbuffata ,
dopo una spossante giornata di lavoro, o una buona bevuta in una
delle locande sempre ben fornite della birra più buona e
cariche del fumo di mille pipe piene di erba pipa
Le
terre floride e verdi che circondavano i villaggi dei vari Decumani,
regalavano ad uno spettatore che la vedeva per la prima volta,
un'immagine armonica e tranquilla, che donava pace a chi stava di
fronte.
La
vita di un hobbit, contornata da tutte queste meraviglie, non poteva,
quindi, che scorreva tranquilla. Senza grandi scossoni, priva di
avventure o di guai che avrebbero portato il protagonista in
situazioni spiacevoli. Certo, c'è sempre una piccola eccezione
che conferma la regola. Ma nonostante questo, nulla poteva davvero
scuotere la vita della Contea, che scorreva uguale tutti i giorni
senza che nessuno se ne lamentasse.
Almeno
fino a che, nel 1341, un hobbit di nome Bilbo Baggins ritornò
da un lungo viaggio, carico di oro e di oggetti preziosi, tutti di
dubbia provenienza.
Fu
allora che nella Contea venne introdotto il più pericoloso
degli oggetti Magici. Un oggetto dall'aria completamente innocua che
avrebbe segnato la vita di Bilbo, prima e poi quella di tantissime
altre persone che, inevitabilmente, vennero travolte dalla valanga di
eventi che ne seguirono nel tempo.
Il
racconto che vi apprestate a leggere è la cronaca sincera di
quello che accadde in quegli anni, partendo dalla festa per i
centoundici anni di Bilbo Baggins, fino ad arrivare alle terribili
esperienze che ne seguirono. Questo è uno dei pochi racconti
del Libro Rosso a non essere abbastanza conosciuto, introducendo nomi
che nella narrazione degli eventi, quella riguardante il viaggio di
Bilbo e la storia di Sauron, Signore degli Anelli, non sono stati
introdotti. Un po' perché il loro cammino si è
interrotto prima che il terreno diventasse troppo pericoloso e
accidentato. Un po' perché, loro hanno costruito la loro
storia dopo la fine di questi racconti.
“Angelica!
Angelica! Aspettami!”
Angelica
Baggins , figlia di Ponto Baggins, era una delle ragazze più
belle della Contea. Forse perfino la più bella dei quattro
Decumani messi assieme. Bella e soddisfatta di esserlo per giunta.
Godeva,
tra la gente della Contea, di una grande popolarità,
specialmente tra i ragazzi, che facevano a gara per farle la corte.
Angelica
era la classica ragazza piena di sé, che non si interessa di
nulla che non di se stessa. Le piaceva molto di più osservarsi
ad uno specchio, piuttosto che leggere un buon libro o scrivere
lettere ai cugini e alle cugine lontane, in modo da tenere saldi i
rapporti. La sua unica preoccupazione era quella di avere i vestiti
più belli e di trovare, tra tutti i suoi pretendenti, qualcuno
di abbastanza ricco e facoltoso.
Come
quella mattina di Agosto -o meglio, quella mattina di fine Agosto-
dell'Anno 1401 - secondo i calcoli della Contea- che camminava per le
strade di Hobbiville attorniata da uno stuolo consistente di
corteggiatori ammirati dalla sua bellezza, con il quale civettava
velatamente ridendo gustosamente alle varie battute.
Stava
appunto ridendo alla battuta di uno dei tanti, quando venne
disturbata dalla sua sorella minore. Esmeralda.
Esmeralda
Baggins, aveva dieci anni quando la storia ebbe inizio, dieci in meno
della sorella ormai ventenne. Come tutte le sorelle minori,
Esmeralda, era il bersaglio preferito di Angelica, che non perdeva
occasione di farle qualche brutto tiro o di prenderla in giro.
Angelica,
infatti, che per anni era stata la preferita di suo padre, quando
venne a sapere della nuova nascita, non prese per nulla bene la
notizia. Amava essere al centro dell'attenzione e avere gli sguardi
ammirati di tutti addosso già da quando era bambina. Sapere
che ci sarebbe stato qualcun altro con cui condividere
quest'attenzione, maschio o femmina fosse stato, la rendeva nervosa e
la faceva arrabbiare.
Quando
nacque Esmeralda e Ponto la mostrò alla piccola Angelica,
questa la guardò con tutto il disprezzo di cui era capace una
bambina e con tono altezzoso, voltando la testa disse di non aver mai
visto un essere più insulso e brutto.
In
realtà, Angelica, nemmeno sapeva che cosa voleva dire insulso,
ma lo aveva sentito dire da sua madre mentre parlava di un vicino e
aveva fatto sua la parola per rigirarla alla sorellina appena nata.
Esmeralda
Baggins, in realtà non era brutta. E tanto meno insulsa. Anzi,
crescendo divenne sempre più bella. Una bambina hobbit dai
lunghi boccoli neri che sua madre ogni mattina riempiva di nastrini,
che la piccola, puntualmente, perdeva ogni volta. Esmeralda, infatti,
non si curava del suo aspetto. O per lo meno, non le importava come
alla sorella maggiore. Giocava alla guerra con i bambini e odiava i
noiosi giochi delle bambine. Preferiva stare con suo cugino Peregrino
Tuc, ogni qualvolta lui arrivava ad Hobbiville in visita di qualche
parente, e combinare un sacco di birbonate che causavano ai due un
sacco di guai ma che rinsaldava il rapporto tra i due piccoli Hobbit
cresciuti assieme e, tra cui, si era creata una tenera amicizia.
Ma
c'era una cosa che Esmeralda amava sopra ogni cosa: andare da Bilbo
ad ascoltare le sue storie.
Amava
ascoltare la storia del Drago Smaug, del suo viaggio dove lo zio
incontrò e conobbe gli Elfi e dove rischiò di essere
mangiato da dei Troll. Le piaceva stare davanti al cammino a sentire
di come Gandalf li prese in giro facendoli litigare prima che
sorgesse il sole, facendoli trasformare in pietra. E le piacevano le
canzoni che Bilbo cantava, le poesie che scriveva e che lei aveva
imparato a memoria e trascritto in un quadernino per non dimenticarle
più.
Era
specialmente per questo motivo che Angelica prendeva in giro
Esmeralda. Ed era per questo che Esmeralda non sopportava Angelica,
ma che doveva piegarsi al fatto che, essendo troppo piccola, se
doveva arrivare a casa di Bilbo o allontanarsi da casa, doveva
chiederle aiuto.
Come
quella mattina di fine Agosto, per l'appunto.
“Angelica!”
ripeté frustrata la bimba.
Angelica
si voltò e sbuffando infastidita, incrociando le braccia,
domandò:
“Che
vuoi Esmeralda?”
La
bimba, stretta in un vestitino molto grazioso, blu cielo, corse verso
la sorella maggiore, stringendo tra le braccia il suo quaderno. E
sorridendo dolce, rispose:
“Papà
mi ha detto che mi devi accompagnare dallo zio Bilbo!”
Angelica
sollevò gli occhi al cielo e ridendo, voltandosi, riprendendo
a camminare, replicò:
“Sai...
Non sono tanto sicura di volerti accompagnare!” e fece ridere
tutti i suoi corteggiatori che guardarono con divertito interesse la
piccola.
Esmeralda
aggrottò le sopracciglia e confusa disse:
“Ma
il papà ha detto...”
“Ma
il papà ha detto...” le fece il verso la sorella
voltandosi e mettendo le mani sui fianchi e guardando la sorella con
uno sguardo gelido: “E
papà sa come mi hai chiamata questa mattina?”
Esmeralda
boccheggiò. Ricordava benissimo che cosa aveva detto quella
mattina alla sorella maggiore dopo l'ennesima lite. E di come
questa fosse finita con l'arrivo della madre che le divise e diede
ragione alla piccola che, senza volerlo, sentì ricadere su di
se la promessa di vendetta da parte della sorella maggiore. Vendetta
che, alla fine, Angelica aveva trovato. E lo stava mettendo in atto
nel peggiore dei modi.
“Hai
cominciato tu!” si lamentò Esmeralda.
“E
io finisco!” sorrise malvagia Angelica. “Trova qualcun
altro che ti accompagni. Io non lo farò di sicuro. E bada di
non dirlo a papà. Oppure ti farò rimpiangere di avere
una lingua!” e ridendo come una matta, si allontanò con
i ragazzi.
Esmeralda
sentì gli angoli degli occhi pizzicare. Quella era una
cattiveria in piena regola. Degna di sua sorella del resto che,
quando si trattava di fare cose meschine nei suoi confronti diveniva
più cattiva di un Troll.
Chinando
il mento, lasciò che alcune lacrime scendessero veloci sulle
guance rosee. E avvilita si mise a sedere su di un muretto che
fungeva da confine per una delle tante strade che si congiungevano
alla strada principale. Come avrebbe voluto essere un Gigante in quel
momento, oppure un Uomo per farle vedere che cosa poteva farle solo
perché non l'aveva accompagnata a casa di Bilbo. Anche se,
onestamente, se fosse stata un Gigante o un Uomo, non avrebbe avuto
bisogno di nessuno per accompagnarla a casa di Bilbo. A dire il vero,
forse nemmeno ci sarebbe andata da Bilbo.
Stava
riflettendo sulla sua misera condizione di sorella minore, quando
vide un'ombra oscurare la sua.
Sollevò
la testa, con il naso bagnato proprio sulla punta da un lacrimone che
non ne voleva sapere di scendere giù, quando vide l'ultima
persona che avrebbe immaginato: il pretendente numero uno di sua
sorella. Meriadoc Brandibuck. O, come dicevano tutti, Merry.
“Esmeralda
Baggins che cosa ci fai tutta sola in mezzo ad una strada, piangendo
come una matta?”
Esmeralda
passò una mano sotto il naso, tirando su con forza. E mettendo
il broncio, chinando il capo, rispose:
“Non
sto piangendo. Mi è andata la polvere negli occhi...”
“Hai
litigato con Pipino per caso?” sorrise Merry mettendo le mani
nelle tasche e guardandola con aria di uno che la sa lunga su queste
cose.
“Pipino
è a Tucboro. E non sto piangendo ti ho detto!” esclamò
Esmeralda.
Merry
rise divertito. Non lo faceva con cattiveria e forse l'effetto era
meno indisponente di quando lo faceva Angelica. Nonostante questo, in
quel preciso istante, essere presa in giro da Merry non era
propriamente quello che voleva. Infatti, un forte singhiozzo segnò
l'apertura definitiva delle dighe e Esmeralda si trovò il viso
inondato di lacrime calde e amare.
Probabilmente
fu questo che fece rendere conto Merry di non essere stato cortese e
di avere innervosito ulteriormente la piccola Esmeralda. E cercando
di guadagnare terreno, inchinandosi con tanti ghirigori, disse:
“Se
smetti di piangere sarò il tuo cavaliere per tutto il giorno!”
Il
viso di Esmeralda si illuminò subito, davanti alla proposta di
Merry Brandibuck. E sorridendo, radiosa, rispose alla proposta:
“Mi
basta solo che mi accompagni fino alla casa di zio Bilbo!”
Merry
guardò in direzione di via Saccoforino, pensando per un attimo
a chissà cosa. Poi, guardando di nuovo Esmeralda, disse:
“E
sia! Ma bada bene che dovrai camminare, non ti porterò sulle
spalle fino alla casa sotto la collina!”
Alla
fine si ritrovò seduta nei gradini della casa di Bilbo,
aspettando che sia lui che Frodo arrivassero a casa.
Succedeva
spesso, infatti, che Esmeralda stesse ad aspettare per tanto tempo i
due abitanti della casa, usciti a fare lunghe passeggiate dalle quali
tornavano con storie sempre più avvincenti e straordinarie.
E
spesso, durante il lunghi racconti, trasportata dalle immagini
-completamente personali dal momento che non ne aveva mai visto uno-
di Elfi che partivano in Terre Lontane, Esmeralda si trovava a
guardare il vuoto e chiedere:
“E
quando porterete anche me a vedere gli Elfi?”
Finiva
sempre che sia Frodo che Bilbo scoppiavano a ridere e poi, guardando
l'ora, ammettevano che erano stati un po' troppo tempo a
chiacchierare e la riaccompagnavano a casa.
Il
motivo però, di quelle visite, era anche un altro. Per quanto
potesse avere solo dieci anni, in casa Baggins, in via Saccoforino,
Esmeralda cercava la sola persona che le riusciva a far battere il
cuore a cento all'ora. L'unico che, un giorno, sognava, l'avrebbe
sposata con una bella cerimonia a cui sarebbe stata invitata tutta la
Contea. Frodo Baggins.
Non
sapeva di preciso quando fosse successo. A dire il vero, le prime
volte che provò quella strana sensazione, quello strano
formicolio alle pareti dello stomaco come se avesse ingoiato un
intero alveare e un milione di api volassero dentro cercando
un'uscita, pensò davvero che le fosse successo qualche cosa di
grave e che dovesse chiamare il dottore. La fortuna volle però
che, prima di farlo, Esmeralda avesse ben pensato di chiedere
informazioni alla sorella. E Angelica, ridendo, mentre si guardava
allo specchio, spazzolando i lunghi capelli, le annunciò
l'inevitabile: era innamorata di qualcuno. Certo, la cosa comportò
molte cattiverie da parte della sorelle maggiore che la prese in giro
per giorni tentando di capire quale dei suoi amichetti fosse lo
'sfortunato'. Poi, sempre troppo presa da se stessa, Angelica
dimenticò il fatto e riprese ad occuparsi a tempo pieno di se
stessa, come consuetudine. Nonostante questa inaspettata clemenza di
Angelica, Esmeralda studiava spaventava la profondità di
quello che stava provando. Aveva sempre pensato che l'amore fosse
bello, che tutto sarebbe stato perfetto e roseo quando si sarebbe
innamorata di qualcuno. Ma ben presto si rese conto che non era così.
Al contrario, ora, sentiva di poter morire per colpa del dolore; che
le api non era api che ronzavano, ma farfalle che, con le loro lunghe
ali sbattevano contro le pareti dello stomaco facendole il solletico
per poi, una volta finito il loro gioco e la loro breve vita decidere
di andare a morire sul suo cuore spezzandolo con il loro peso, che
diventava gravoso come quello di mille once.
In
un primo momento cercò di scappare a questo sentimento. Si
rese conto che le era impossibile e che il cuore doleva di meno
quando riusciva a vedere Frodo. Il contrario succedeva quando non lo
vedeva.
Decise
allora di seguire il suo amore, seppur platonico, in uno stato di
silenzio religioso, ascoltandone rapita la voce, guardando fisso gli
occhi azzurri e i capelli neri.
Quella
mattina, però era troppo arrabbiata con la sorella per poter
gioire appieno del fatto che Frodo, assieme a Bilbo, con mantello e
bastone stessero risalendo Saccoforino, parlando e ridendo, stesse
ritornando a casa dalla sua passeggiata.
Il
primo a vederla nelle scale fu Bilbo che, sorridendo, allargò
le braccia -ed Esmeralda corse subito incontro abbracciandolo- e
disse:
“La
mia piccola Esmeralda. Speravo che arrivassi. Ho grandi novità
da annunciarti. Ma mi raccomando. Sono cose segretissime. E non
dovrai dirle a nessuno...”
“Oh!
Non stare a sentirlo Esmeralda!” esclamò Frodo
divertito. “Entro una settimana lo saprà tutto il
paese!” e ridendo aprì la porta.
Esmeralda
lo guardò sorridendo. Solo un minuto prima aveva pensato che
non gli importasse dell'arrivo di Frodo dal momento che la rabbia
verso sua sorella era davvero troppo grande. Ma appena Frodo aveva
parlato, con un tempismo insperato, il suo cuore aveva cominciato a
battere come un pazzo e aveva ignorato quasi l'invito di Bilbo che,
liberandola dall'abbraccio di benvenuto, fregando le mani, dopo aver
guardato l'orologio, disse:
“Bene!
Vedo che sei arrivata giusto
per l'ora del tè. O meglio... Noi siamo arrivati giusto per
l'ora del tè...” e rise della sua battuta. Poi prendendo
una chiave aprì la porta tonda della sua caverna Hobbit e
voltandosi verso Esmeralda, con un elegante inchino, aggiunse:
“Vieni, vieni Esmeralda. Ho un mucchio di cose da dirti!”
ed insieme entrarono nella casa di Bilbo e Frodo.
Il
bollitore fumava sulla grande tavola sempre ingombra di oggetti
inutili o di pasti consumati a metà. Frodo stava seduto in
disparte, fumando silenzioso la sua pipa. Bilbo parlava a ruota
libera, come ogni volta, raccontando quello che una bambina poteva
ascoltare, contento di un pubblico -benché fosse formato da
una sola persona- così attento e così entusiasta delle
sue storie.
Quella
sera parlavano del fatto che, mentre passeggiavano nei confini della
Contea, Frodo e Bilbo aveva incontrato degli Elfi Silvani con il
quale avevano parlato a lungo e dai quali avevano raccolto
interessanti notizie. Notizie che, però, si rivelarono tristi.
“Credi
che stessero andando anche loro ai Rifugi Grigi?” chiese con
amarezza la piccola Esmeralda che quasi aveva le lacrime agli occhi
nel sapere che gli Elfi avessero deciso di andarsene via dalla Terra
di Mezzo.
Bilbo
annuì e guardando fuori dalla finestra, giocherellando con
qualche cosa che aveva nella tasca del panciotto damascato. Era un
gesto che faceva spesso, che Esmeralda, in realtà, gli aveva
visto da fare sin da quando era nata.
Non
sapeva con esattezza che cosa ci fosse dentro quella tasca da
permettere che Bilbo, così pieno di oggetti di grande valore e
di ninnoli inutili, passasse anche ore intere giocherellando con il
misterioso oggetto che aveva in tasca, crucciandosi se, infilando la
mano, di tanto in tanto, non lo trovava, portandolo al punto di
rovistare disperato tutta la casa, di rigirare mille volte nei
corridoi, rivoltando i mantelli, bofonchiando parole che Esmeralda
non capiva, ma che le mettevano addosso la stessa ansia, salvo poi
rimettere la mano nella tasca del panciotto e trovare l'oggetto
smarrito.
Esmeralda
non lo aveva mai visto. Sapeva da Pipino che si trattava di un
gingillo d'oro che Frodo e Merry ritenevano di poco valore rispetto
ad altri oggetti ben più costosi che lo stravagante Hobbit
possedeva. Aveva però notato -e con lei tutte le persone
vicine a Bilbo- che lo zio aveva una certa predilezione per
quell'oggetto, al punto che poteva quasi arrabbiarsi con tutti,
perfino con lei se non lo trovava. E questo la feriva notevolmente. E
le metteva addosso una strana tensione ogni qualvolta la mano dello
zio cominciava a giocherellare con il misterioso ninnolo riposto
nella tasca del panciotto.
Persa
nei suoi pensieri, Esmeralda venne quasi scossa dalla voce di Bilbo
che si fece profonda, quasi fosse qualcun altro a parlare. Parlava
con Frodo e con Esmeralda, ma senza guardarli realmente, fissando
invece i prati verdi di fronte a lui e sembrava che il suo fosse si
fosse riempito di mille solchi e sulle sue spalle fosse stato calato
un pesante fardello che costringeva a tenerle curve:
“Hanno
detto che il mondo sta cambiando e che loro non lo possono sopportare
e devono lasciarlo prima che sia troppo tardi...”
A
quelle parole, nella stanza calò un silenzio quasi innaturale
e tutto parve scurirsi, divenire cupo, nonostante fuori splendesse un
caldo sole estivo e le api giocassero a rincorrersi di fiore in
fiore.
Sentendo
il gelo salire lentamente sulla schiena, Esmeralda cominciò a
sentire il disagio aumentare. Era come se lunghe dita invisibili
apparissero dal nulla e si allungassero verso di lei, per afferrarla
e non lasciarla più. Si guardò intorno, cercando segni
del suo stesso fastidio, senza però trovarli. Possibile che
fosse l'unica che se ne rendeva conto?
Chiuse
gli occhi e immaginò di giocare per i prati verdi della Contea
e qualche cosa di caldo si sciolse nel suo stomaco, scacciando quella
spiacevole sensazione di freddo che la stava attanagliando. E
rispondendo più ad un impulso atavico che alla sua volontà,
alzò la voce e cercando di sembrare allegra, più per
scacciare la paura che per altro, disse:
“Zio!”
Bilbo
si voltò. Sorrise e subito tolse le mani dalle tasche
drizzando la schiena si mise a sedere al posto del capotavola. Si
accorse solo allora che il visino della bambina era più
pallido del normale e, indovinando che la stessa paura e lo stesso
gelo fossero stati avvertiti anche lei, allungò la mano e
prese quella della piccola e disse:
“Lasciamo
gli Elfi ai loro viaggi. Abbiamo altre cose a cui pensare, vero
Esmeralda?”
Esmeralda
annuì perplessa da quel cambiamento repentino ma ascoltò
Bilbo che continuò:
“Ho
una notizia bellissima. Adatta per una bambina curiosa come te!”
Frodo
sorrise poggiando i piedi sopra la tavola, mentre Esmeralda estasiata
dall'arrivo di un elettrizzante notizia, con la bocca spalancata,
guardò da Frodo a Bilbo e viceversa.
“Stai
parlando del segreto che mi hai accennato prima?” domandò
la bambina che quasi si sentiva male per l'eccitazione.
“Vorrai
dire quello che tra
un paio di giorni non sarà più
un
segreto?” s'intromise Frodo con sarcasmo.
Bilbo
fece finta di non sentirlo e avvicinandosi ad Esmeralda, quasi
sussurrando, domandò:
“Vuoi
saperlo o preferisci tenerti la sorpresa?”
Esmeralda
per un attimo che le sembrò interminabile, fu combattuta tra
il sapere tutto e subito o serbare la sorpresa. Guardò i due
Hobbit pensierosa, poi, sorridendo, felice, giunse alla sua
conclusione che esternò esclamando:
“ORA!
Lo voglio sapere ora!”
Bilbo
e Frodo risero di gusto e fu lo stesso Bilbo a dire:
“Sai
che quest'anno compirò centoundici anni e che Frodo diventerà
maggiorenne? Ebbene! Il 22 Settembre ad Hobbiville ci sarà la
più grande festa che si sia mai vista a memoria di hobbit!”
Per
la sorpresa, Esmeralda, spalancò la bocca in un perfetta O.
Poi, saltando in piedi e battendo le mani, gridò felice e,
continuando a saltellare, chiese:
“Ma
è bellissimo! Ed io sarò invitata?”
Frodo
rise ancora saporitamente e Bilbo, ridendo con lui, si avvicinò
ad una madia scura, aprì un cassetto e prese una busta
finemente ed elegantemente decorata. Stava per darla alla bambina -e
lei allungava le piccole mani bramose, contenta di vedere che cosa ci
fosse scritto dentro- quando, ritraendo la busta, Bilbo, si
raccomandò:
“Non
lo aprirai per nessuna ragione al mondo! E appena arriverai a casa lo
darai a Ponto. Me lo prometti?”
Esmeralda
annuì sincera e Bilbo dolcemente aggiunse:
“Bene.
Mi fido. Ma sta bene attenta a non rovinarlo. E dì a tuo padre
di tenere il segreto e non far parola con nessuno della festa!”
La
piccola annuì di nuovo e rigirò la busta sigillata tra
le mani, guardandola come se si trattasse del più grande dei
tesori.
Che
fosse curiosa di vedere il contenuto del biglietto -nonostante lo
conoscesse già a grandi linee- glielo si leggeva nel viso.
Frodo, infatti, dopo averla osservata in silenzio, disse:
“Scommetto
che vuoi andare a casa!”
“SI!”
disse troppo velocemente Esmeralda che, rendendosi conto di aver
risposto in maniera poco educata -più per gli sghignazzi di
Frodo e Bilbo che coscientemente-, chinò la testa imbarazzata
e correggendosi aggiunse: “Vorrei rimanere, ma si sta facendo
tardi...”
Frodo
sorrise e bloccandola disse:
“Tranquilla.
Abbiamo capito!” e affacciandosi guardando il guardino, chiamò:
“SAMWISE GAMGEE!”
Ci
volle relativamente poco prima che una testa ricciuta e bionda
apparisse dalla finestra, contornando una faccia impaurita e
interrogativa.
Sam
era il figlio del Gaffiere, un uomo che era da sempre stato ai
servizi di Bilbo ed ora che le artrosi erano diventante
insopportabili, aveva istruito il giovane figlio e lo aveva messo al
servizio della famiglia Baggins, continuando però, con lavori
minori, a sua volta a servire Bilbo.
Sam
era davvero devoto a Frodo e cercava in tutti i modi di non deluderlo
mai. Era dunque in apprensione non sapendo che cosa volesse il suo
giovane padrone.
“Padrone?”
“Voglio
che tu accompagni la piccola Esmeralda a casa di Ponto Baggins!”
rispose Frodo, mettendo le mani in tasca e guardando sia Esmeralda
che Sam.
Sam
guardò la bambina e il suo viso si distese in un
impercettibile sorriso. Non aveva fatto niente di sbagliato. Al
contrario! Il padrone gli aveva affidato un compito importante.
“Mi
raccomando!” aggiunse Frodo con fare minaccioso. “Fin
sotto l'uscio. Se vengo a sapere che non lo hai fatto è meglio
che tu sappia già da adesso che posso diventare molto
cattivo!”
A
quelle parole, il povero Sam drizzò la schiena e annuendo,
velocemente, si avvicinò alla porta, fermandosi sull'uscio in
attesa della piccola Esmeralda. Per Sam Gamgee una minaccia di Frodo
non cadeva inascoltata.
Esmeralda
prese il suo quaderno e avvicinandosi a Bilbo, mettendosi in punta di
piedi gli baciò una guancia. Fece lo stesso con Frodo, poi,
sorridendo, disse:
“Allora?
Andiamo, Sam?”
Il
giardiniere annuì imbarazzato e lasciò che la bambina
uscisse dalla porta prima di seguirla.
Bilbo
e Frodo li guardarono, dall'uscio, incamminarsi verso il tramonto. E
quando sparirono svoltando via Saccoforino, Frodo chiese:
“Quanto
pensi che passerà prima che tutti lo sappiano?”
Bilbo
sorrise e chiudendo la porta rispose:
“Non
più di due giorni. Poi tutti cominceranno a fare domande e a
bussare alla nostra porta” e ridendo entrò in cucina per
preparare la cena.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Una festa a lungo attesa ***
Volevo
cogliere l'occasione per ringraziare Arena e Jhonny Nicotine che
hanno recensito il mio primo capitolo. Spero davvero di non deludervi
con questo capitolo che è stato proprio un parto podalico,
tanto ci ho messo a finirlo.
Spero
davvero che vi piaccia e che non vi annoi dal momento che è '
un po' ' lunghetto.
Grazie
ancora a tutti.
Buona
lettura.
Niniel.
2:
Una festa a lungo attesa.
Grazie
al vecchio gioco chiamato 'telefono
senza fili',
Angelica, una volta saputo che Bilbo e Frodo avrebbero dato una festa
per i loro compleanni il 22 Settembre di quello stesso anno, diffuse
la notizia in tutta Hobbiville.
Ci
vollero, così, meno di due giorni prima che Bilbo trovasse un
gruppo di vecchie signore hobbit che sorridendo gli chiedevano se
fossero vere le voci messe in giro dalla figlia maggiore di Ponto
Baggins riguardo una spettacolare festa.
E
ci volle anche meno di una settimana per scoprire che, l'argomento
festa, era l'argomento preferito dell'intera Contea.
Nacque
così una fitta aurea di mistero attorno a questa festa,
specialmente quando, a casa di Bilbo cominciò un gran via vai
di Nani, Hobbit e tanti altri carichi di oggetti e provviste.
In
ogni angolo dei quattro Decumani, tutti parlavano della festa che
Bilbo Baggins stava preparando per i suoi centoundici anni. E con le
chiacchiere sulla festa di Bilbo, arrivarono anche i racconti -triti
e ritriti- dell'avventuroso viaggio di Bilbo, assieme
all'inaffidabile Gandalf -considerato da tempo un disturbatore
dell'altrui quiete- che lo portò lontano dalla Contea per un
lungo periodo, al punto che molti lo credettero morto, salvo vederlo
tornare a dorso di un pony, carico d'oro qualche tempo dopo.
Le
opinioni sulla fortuna di Bilbo era discordanti. Chi diceva che fosse
una cosa che si sarebbe dovuta pagare con il tempo, dato che, oltre
che il tesoro, Bilbo aveva trovato, nel suo avventuroso viaggio,
anche l'elisir di lunga giovinezza, visto che, dei suoi centoundici
anni, non ne dimostrava nemmeno uno. Altri che invece dicevano che
alla fine piove sempre sul bagnato e che Bilbo non solo era ricco, ma
anche sfrontatamente giovane nonostante l'età.
La
maggior parte delle volte, le chiacchiere della gente, venivano
bloccate dal Gaffiere che, con orgoglio, si definiva una persona
vicina
alla famiglia di Bilbo
e spendeva sempre buone parole sul suo vecchio padrone e sul nipote
Frodo che suo figlio Sam adorava sinceramente. Ogni qualvolta
qualcuno rumoreggiava sulla stranezza di Bilbo lui definiva il
vecchio hobbit come una persona apposto, un vero gentilhobbit,
come non se ne facevano da tempo. E detto questo se ne andava senza
aggiungere altro. Una volta protetto l'onore del signor Bilbo, poteva
ritenersi soddisfatto e lasciare la gente alle sue chiacchiere senza
senso.
“Dicono
che ci sarà anche Gandalf!”
“Io
l'ho visto una volta. Ero a casa di Frodo e lo zio mi stava sgridando
perché mi ero completamente sporcato con il fango, quando lui
è entrato in casa... devi vederlo come è alto!”
Due
bambini stavano seduti su di un ramo che pendeva sull'acqua
gustandosi gli ultimi sprazzi d'estate, lanciando sassolini
nell'acqua inerme del lago.
Uno
era un bambino dai riccissimi capelli biondo rosso, un viso da
birbante e la camicia e un po' fuori dai pantaloni. La bambina aveva
dei bellissimi capelli neri adornati di nastri colorati.
Uno
si chiamava Peregrino Tuc, appartenete agli hobbit di Tucboro. Un
bambino birbante per davvero, capace dei peggiori danni e con una
faccia da schiaffi degna del miglior farabutto. Stava seduto sul
tronco sopra il fiume con la sua migliore amica, Esmeralda Baggins,
la figlia di Ponto, con il quale era cresciuto e di cui, l'unica cosa
che li separava era l'unico anno di differenza che avevano.
“Tua
mamma ti lascerà molto a Hobbiville?” chiese Esmeralda
guardando i cerchi che si allargavano sullo specchio tranquillo, dopo
che Pipino aveva buttato dentro un sasso.
Il
bambino scrollò le spalle, guardando l'acqua e lanciando
l'ennesimo sasso, rispose:
“Non
lo so. La mamma vorrebbe ripartire dopo la festa. Il papà dice
che bisogna trattenersi, che ci sarà da mangiare tantissimo
anche dopo la festa...”
Esmeralda
guardò davanti a se. Da quando Bilbo stava organizzando la
festa era sempre troppo occupato. E Frodo con lui. Nessuno dei due le
raccontava storie di Elfi o di Troll che diventavano di pietra ai
primi accenni di sole e lei aveva perso la sua fonte principale di
divertimento.
L'arrivo
di Pipino, fu quindi accolto da Esmeralda come il più felice
degli avvenimenti, poiché la scrollava dalla solita monotonia
in cui la sua vita di botto era piombata.
“E
se chiediamo alla mamma di ospitarti da noi per un po'?” chiese
ancora Esmeralda guardando speranzosa il giovane Tuc.
“Si
potrebbe. Ma come mai sei così ansiosa di sapere quanto mi
tratterrò a Hobbiville? Stare con Frodo e Bilbo ti annoia
adesso?” domandò Pipino avvicinando la gamba al petto e
tenendola stretta. Guardava Esmeralda divertito dalla sua scoperta,
sapendo che, se quello che Esmeralda aveva detto era vero, tutti i
discorsi della sua amichetta sulle bellissime serate passate a casa
dello zio comune, si perdevano.
Pipino
aveva capito che Esmeralda aveva una cotta per Frodo il giorno che la
vide imbambolata sulla strada che conduceva alla casa di Bilbo,
fissando il giovane Hobbit. L'aveva chiamata più volte, ma era
stato tutto inutile. Esmeralda guardava fisso Frodo e il mondo che la
circondava era diventato qualche cosa di superfluo. C'era voluto
relativamente poco perché Pipino capisse. E un tempo
infinitamente minore prima che cominciasse a prenderla in giro.
Sapere
quindi che, a pochi giorni dalla festa di Bilbo, Esmeralda era
annoiata, significava che lei non riusciva a passare abbastanza tempo
assieme al suo amato.
“Smettila
di fare lo scemo Tuc. Non ho nessuna voglia di scherzare. Sono tutti
fuori di testa, non si fa altro che parlare della festa...”
disse Esmeralda voltando il viso verso la sponda orientale del lago
più per celare il rossore del volto che per puro interesse.
“E
Bilbo ha messo fuori dalla porta un cartello che dice che non può
entrare nessuno che non sia un addetto alla festa” continuò
divertito Pipino.
“Guarda
che io posso entrare comunque. Lo zio Bilbo a me non dice nulla...”
gli rispose Esmeralda, quasi sfidandolo a trovare qualche cosa da
dire ora che aveva ammesso di avere comunque libero accesso alla
casa.
Cosa
che non fece il minimo effetto a Pipino, che, infatti, replicò:
“E
Frodo non sta più nella tua stessa stanza. E Bilbo non ti
racconta più le sue favolette...”
“Quelle
di Bilbo non sono favolette. E tu lo sai benissimo...” disse
risentita Esmeralda.
“Guarda
che lo so che a te delle storie di Bilbo non ti importa nulla. Vai a
casa dello zio solo per vedere Frodo. Perché sei innamorata di
lui. E lui non ti pensa nemmeno un po'!” la prese in giro
Pipino, ridendo mentre parlava.
Quello
che aveva detto era vero solo in parte. Esmeralda andava nella casa
sotto la collina per vedere Frodo, sì!, ma tutto era
cominciato perché andava a casa di Bilbo per sentire le
meravigliose storie che lui raccontava e che facevano vagare la mente
della piccola in terre a lei sconosciute, in avventure che lei non
aveva mai intrapreso ma che, un giorno, sentiva avrebbe fatto anche
lei.
“Sei
innamorata di uno che nemmeno ti pensa! Sei innamorata di uno che
nemmeno ti pensa!” ripeteva Pipino divertito all'idea di far
arrabbiare Esmeralda.
E
ci stava riuscendo dato che la bambina, indispettita, rispose:
“La
vuoi smettere?”
“E
magari sogni anche di sposartelo? Ma lui non ti vuole!”
continuò Pipino ignorandola.
“Smettila!”
strillò esasperata Esmeralda.
“Sei
innamorata di Frodo. Sei innamorata di Frodo” disse Pipino
sempre più divertito.
“Ti
ho detto di smetterla!” sbottò Esmeralda e, dicendolo,
spinse Pipino che, solo per un caso molto fortunato non cadde dentro
lo specchio d'acqua.
Sbarrando
gli occhi, riprendendosi dalla sorpresa del gesto dell'amica, Pipino
si voltò lentamente e sbraitò:
“Mi
volevi far annegare?”
“Così
impari la prossima volta a fare lo stupido!” replicò
risentita Esmeralda che, pulendosi le mani, con qualche difficoltà
per via del vestitino, scese dal ramo e si allontanò, non
accettando la minima protesta da parte del cugino.
Stava
camminando maledicendo in cuor suo tutta la razza maschile degli
hobbit, giurando che mai nella sua vita si sarebbe sposata -salvo che
Frodo non decidesse all'ultimo momento di chiederglielo e allora le
cose sarebbero cambiate- quando andò ad urtare contro un
ostacolo. O meglio, qualche cosa che le aveva sbarrato la strada dal
momento che, in mezzo alla via, nessuna persona sana di mente
metterebbe un ostacolo, rischiando di causare spiacevoli incidenti.
Scosse
la testa per riprendersi un po' dal colpo, quando vide un'ombra. E
dai tratti le parve riconoscere a chi appartenesse. E sollevando la
testa per guardare nel viso chi aveva urtato, invece di domandargli
scusa, con le lacrime agli occhi, esclamò:
“UFFA!”
Davanti
a lei c'era l'ultima persona che avrebbe voluto vedere. Meriadoc
Brandibuck che, anche quel giorno, aveva lasciato Villa Brandy per
venire ad Hobbiville a chissà cosa fare.
“E
mai possibile che ogni volta che ho la fortuna di incontrarti ti
trovo che piangi! Devo forse pensare che Esmeralda Baggins è
una bambina che ha le lacrime in tasca!”
Esmeralda
si mise in piedi, sbattendo con le mani il vestitino per toglierli la
polvere da sopra e facendo lo stesso con le mani, guardando
corrucciata Merry, disse:
“Caro
Merry... Io non ho le lacrime in tasca. È che questo vestitino
è nuovo e la mamma mi punirà se lo rovino...”
“Bugiarda!”
sorrise Merry mettendo le mani nelle tasche. “Ti ho visto
questo vestitino addosso molto di più di quello che pensi.
Stai piangendo. Ammettilo... Hai scoperto che Pipino ha la
fidanzata...”
Esmeralda
sbuffò sollevando gli occhi al cielo. Se solo l'avesse vista
sua madre fare una cosa simile, le avrebbe dato una bella strigliata
e le avrebbe ricordato, per le prossime due ore, come e che cosa
doveva fare una signorina hobbit davanti ad un ragazzo hobbit. Ma
visto che sua madre era molto lontana -o per lo meno, non era nei
paraggi- Esmeralda seguì la sua istintività e, come un
vulcano eruttò sul povero Merry -che poi tanto innocente non
era- una serie di insulti che avrebbero fatti impallidire i più
scrupolosi e abituali avventori del Drago Verde.
“Tu!
Piccolo pollo con le piume sporche di letame, mi hai seccata. È
mai possibile che ogni volta che mi succede qualche cosa di brutto,
puntualmente ti trovo davanti a me che ti metti a peggiorare tutto
prendendomi in giro? Ma non hai una famiglia su a Villa Brandy?
Possibile che non fai altro che passare il tuo tempo qua ad
Hobbiville?”
Merry
sollevò un sopracciglio sorpreso da quello che una bambina di
dieci anni poteva dire ad un hobbit più grande di quei tempi.
E scuotendo la testa, pensando che i bambini hobbit non erano più
quelli di una volta, sospirando, ma comunque sorridente, replicò
all'invettiva di Esmeralda, con un semplicissimo:
“Facile.
Voglio sposare tua sorella!”
Esmeralda
strabuzzò gli occhi e aprendo la bocca in una perfetta 'o',
aspettò qualche secondo prima di rispondere, più per il
bisogno di ferire Merry che per qualche altro motivo. E quando lo
trovò, un sorriso malvagio le si dipinse sul volto e mettendo
le mani sui fianchi, disse:
“Tu
vorresti sposare mia sorella?” e facendo una risata teatrale
per manifestare il suo divertimento, aggiunse: “Mia sorella non
ti sposerebbe nemmeno se tu fossi l'ultimo hobbit della Terra di
Mezzo. Lei aspira a qualcuno di meglio. Qualcuno come Frodo. Un
Baggins come lei. Non un volgare Brandibuck!”
Merry
sentì un po' il peso di quelle parole, più per il fatto
che era la stessa sorella minore di Angelica a dirle. Ma era anche
vero che era una bambina di dieci anni, arrabbiata per di più
e che tutto quello che voleva dire era quadruplicato dalla rabbia che
aveva dentro. Per cosa, Merry lo ignorava, ma comunque era furiosa.
E
mettendosi dritto, con l'aria un po' ferita, serio disse:
“Stai
parlando come una Sackville-Baggins!”
“E
allora?”esclamò Esmeralda. “Non mi importa. Non mi
importa di nessun meschino maschio hobbit che sta ad Hobbiville o
nelle vicinanze. Tu per primo!” e voltando i tacchi, si
allontanò, senza chiedere scusa o senza mostrare il minimo
interesse a farlo. E lasciando dietro di se un Merry basito e
contrariato.
Nessuno
dei due si rese conto che, verso casa Baggins, Gandalf e il suo
carretto facevano ritorno nella Contea per festeggiare degnamente il
compleanno del vecchio amico.
Il
giorno dopo l'arrivo di Gandalf cominciarono ad arrivare molti carri
a Casa Baggins, facendo borbottare non poco i vicini che cominciarono
a dire che Bilbo 'disprezzasse le cose locali', salvo poi
ricredersi quando cominciarono a fioccare anche un sacco di
ordinazioni di ogni tipo di attrezzi, oggetti e provviste dai negozi
di Lunguacque e Hobbiville e tutti i paesi della Contea.
Cominciò
così l'attesa per tutti gli abitanti che, a differenza della
piccola Esmeralda, non avevano ancora ricevuto l'invito.
Quando,
quindi, cominciarono a riversarsi, sull'ufficio postale di Hobbiville
e in quello di Lunguacque tanti di quegli inviti che l'ufficio
postale ebbe bisogno di altri fattorini, la febbre della festa
cominciò a salire, mentre chi ancora non aveva ricevuto
l'invito, sperava sempre di vedere il fattorino arrivare; chi invece
aveva ricevuto l'invito, cominciava a contare sulle dita i giorni che
mancavano alla festa.
E
d'altronde, come non si poteva non attendere ed essere in
fibrillazione.
Bilbo
si trovò così occupatissimo, al punto che, per non
avere nessuno che lo disturbasse per il solo gusto di curiosare e
vedere che cosa stesse preparando per la festa, appese un cartello
alla porta che diceva: VIETATO L'INGRESSO AI NON ADDETTI AI LAVORI
PER LA FESTA. Ma ben presto dovette intervenire Frodo stesso dato
che, nel mezzo di una crisi di nervi 'da parenti impiccioni',
Bilbo cominciò anche a fare storie per fare entrare chi era
invitato.
E
mentre la gente delle Contea intera vociferava cose più o meno
veritiere di quello che stava accadendo attorno alla casa di Frodo e
Bilbo, che,m nel frattempo, ai piedi della sua collina, aveva
cominciato a far apparire oggetti di ogni tipo dalla corde, ai pali,
fino a stranissimi teli, a prima vista molto grandi che, tutti non
sapevano, con certezza, a cosa servissero.
Gli
abitanti di Saccoforino divennero i più invidiati per la loro
posizione strategica che permetteva loro di vedere la festa senza
sentire borbottii infastiditi. E il vecchio Gaffiere conobbe il
momento di maggior notorietà dal momento che, spesso, mentre
lavorava, si fermava nel giardino e osservava, fingendo di lavorare
di tanto in tanto.
Fino
a che, una mattina, gli abitanti di Hobbiville si svegliarono e
videro il grande campo addobbato per le grandi occasioni, con tende e
con l'albero delle festa messo a capotavola del buffet principale,
mentre da tutte le osterie e i ristoranti del paese, tutti i cuochi
cominciarono ad aiutare i Nani che avevano il loro quartiere generale
in Casa Baggins.
Esmeralda,
dal canto suo, visse l'attesa nell'apatia. Aver litigato con Pipino
prima e con Merry, poi, l'aveva resa molto triste, al punto che la
stessa Angelica si cominciò a preoccupare del fatto che, la
sua sorellina minore, fosse del tutto disinteressata al grande
avvenimento di cui, lei, era venuta per prima a conoscenza.
Almeno
fino alla settimana prima.
Accadde
infatti che, mentre camminava per strada con la madre per prendere un
nuovo vestito per lei e per sua sorella Angelica, quando videro Frodo
sorridere e camminare verso di loro.
“Salve
signorine Baggins. È un piacere incontrarvi ancora. È
da tanto tempo che non ho più avuto l'occasione per potervi
salutare!” e guardando Esmeralda le fece l'occhiolino.
Fu
in quel momento che la gioia persa della piccola tornò a galla
come fa un pallone che è stato spinto giù: con un saltò
altissimo. E in un solo istante si rese conto, la piccola Esmeralda,
di non aver atteso altro che la festa, anche infondo al suo cuore
triste, e cominciò a contare i giorni che la dividevano da
quel giovedì, 22 Settembre.
Accadde
però che, il mercoledì, alla Vigilia della festa, il
cielo si coprì di nuvole, cosa che mise angoscia e lasciò
indispettiti tutti gli hobbit della Contea.
Per
tutta la giornata la speranza che il 22 Settembre le cose sarebbero
state diverse, si perse tra gli abitanti.
Almeno
fino all'alba, quando una giornata di sole, caldo come se fosse
ancora estate inoltrata, splendette e iniziarono i divertimenti.
Esmeralda
non era mai stata ad una festa di quel tipo. Sia chiaro! Nella
Contea, tutti hanno parenti sparsi qua e là e, spesso e
volentieri, ci si ritrovava ad una festa di compleanno almeno una
volta alla settimana. Ma mai nessuna festa fu ricordata nella Contea
come quella di Bilbo.
Era
usanza degli hobbit, ogni qualvolta arrivava il loro compleanni, di
regalare qualche cosa, anche di poco valore, agli invitati. Anche
Bilbo e Frodo non furono da meno. Comprarono oggetti per tutti, belli
e di buona fattura essendo fatti dai Nani e ordinati persino un anno
prima della festa, dato che, per arrivare ad Hobbiville, avrebbero
percorso un lungo tragitto.
Esmeralda,
mentre si avvicinava al campo, quasi tremava per l'eccitazione. Non
poteva credere fosse possibile che, dopo tutta quell'attesa,
finalmente il giorno della festa era davvero arrivato.
Teneva
la mano di suo padre e si guardava intorno, con gli occhi in costante
stato di stupore, sorridendo e salutando eccitata i bambini e le
bambine hobbit concitata; più educatamente gli hobbit adulti.
Angelica,
invece, appena giunti alla festa, sempre piena di sé, si
allontanò dalla sua famiglia per unirsi ad un gruppo di
ammiratori che le stavano intorno adulanti.
Esmeralda,
invece, speranzosa, cercava Frodo, ma senza successo. E quando stava
per entrare nello spazio in cui erano state montate le tende,
incontrò suo zio.
“Zio
Bilbo!” squittì felice saltellando. “Auguri!”
aggiunse allungando i braccini e schioccando un tenero bacio sulle
guance di Bilbo che sorridendo, si voltò e prese un pacchetto
e disse:
“Ti
stavo aspettando piccola. Non ho avuto il tempo di salutarti in
questi giorni. E mi dispiaceva davvero!”
Esmeralda
corrugò le sopracciglia per poi, dopo, sorridere divertita e
dire:
“Ma
che dici zio! Mi hai salutato. E vedrai che dopo la festa verrò
tutti i giorni a casa tua per salutarti!”
Bilbo
sorrise. Ma era un sorriso strano che non si estendeva al volto. Cosa
di cui solo la bambina si rese conto. Né suo padre, né
sua madre, mentre salutavano il cugino, si resero conto che,
nonostante fosse la sua festa, quel sorriso non era completamente
sincero. Esmeralda in quegli anni aveva conosciuto bene ogni
espressione dello zio e, sicuramente, quando era allegro o eccitato
per qualche cosa, non faceva quell'espressione tirata, o, almeno,
così falsamente felice.
“Sai
una cosa?” disse Bilbo, facendole cenno di avvicinarsi.
Esmeralda
si avvicinò guardandolo poco convinta, poi, sentì lo
zio sussurrarle all'orecchio:
“Ho
una persona da presentarti!” e sollevandosi vociò:
“Gandalf!”
Esmeralda
sentì il cuore saltarle in gola e il sorriso spento di Bilbo e
la sua preoccupazione, passarono in secondo piano. Finalmente avrebbe
conosciuto lo stregone che aveva portato Bilbo a vivere un'avventura
pericolosa ma terribilmente bella.
Si
guardò intorno cercando un uomo all'altezza di un hobbit,
quando trasalì vedendo un vecchio, alto, vestito di grigio.
Portava una lunga barba grigia e aveva delle cespugliose sopracciglia
dello stesso colore della barba. Le sue spalle sembravano curve, come
piegate da un peso, forse, più che altro dall'età. E
quando si avvicinò, sorrideva tranquillo.
“Immagino
che tu sia la piccola Esmeralda! Frodo e Bilbo mi hanno parlato molto
di te. E del fatto che ami sentire la storia di quando ho sconfitto i
Vagabondi che si volevano mangiare tuo zio e i Nani che stavano con
lui!”
Esmeralda
stava con il naso all'insù e guardava Gandalf con la bocca e
gli occhi spalancati, intimorita, quasi, ma terribilmente interessata
da un uomo che, sapeva dai racconti di Bilbo, avere un grande potere
magico.
E
stupidamente, chiese:
“Puoi
farmi vedere una magia!”
Gandalf
e Bilbo scoppiarono a ridere e Gandalf si chinò e le chiese:
“Sicura
di voler vedere una magia? Allora seguimi!” e senza aggiungere
altro, tra la folla di hobbit che entravano nel recinto della festa e
quelli che mangiavano Gandalf guidò Esmeralda vicino a quella
che si rivelò essere la sua scorta di fuochi d'artificio.
“Oddio!
Ma allora è vero!” esclamò Esmeralda stupita.
“Cosa?”
chiese Gandalf divertito.
Esmeralda
lo guardò con la stessa espressione di prima e quasi non
volesse credere a quello che vedeva, domandò:
“Dicono
che tu sai fare dei fuochi d'artificio meravigliosi. È vero?”
Gandalf
rise e prendendo uno dei razzi, rispose:
“Dicono
che i miei fuochi d'artificio sono i migliori? Credo che prima tu
debba vederli per aver un tuo parere onesto, non trovi?” e
preparando il razzo propose: “Che ne dici di stare qua e vedere
cosa succede una volta che questo viene acceso!”
Esmeralda
annuì entusiasta.
E
quando il razzo partì... Capì che quello che dicevano
di Gandalf era davvero riduttivo.
Esmeralda
stava ancora mangiando tranquilla, quando sentì qualcuno
picchiettare sulla sua spalle.
Si
voltò e quasi le andò di traverso quello che stava
mangiando, quando vide chi era il suo interlocutore. Poi, prendendo
un cipiglio severo, disse:
“Peregrino
Tuc. A cosa devo l'onore?”
Pipino
non si aspettava di certo grandi cerimonie da parte della sua
migliore amica. L'aveva presa in giro toccando il suo tasto più
debole, ma anche lei aveva sbagliato, se ben ci pensava.
Nonostante
questo, però, decise di mettere il suo orgoglio sotto i tacchi
e serio disse:
“Sono
venuto qua a chiederti se ti stavi divertendo!”
Cominciare
da un argomento che con la loro lite non aveva a che fare, per Pipino
era una mossa saggia. O per lo meno gli sembrava.
E
infatti...
“Mi
sto divertendo... Ora puoi andare!” rispose acida Esmeralda.
Pipino
colto di sorpresa, strabuzzò gli occhi e, chinando la testa,
maledì le sue buone intenzioni e tutte le bambine hobbit. Poi,
riprendendo la sua espressione contrita, ricordando che Esmeralda era
molto più simile ad un bambino che ad una bambina e che a lui,
con lei, piaceva davvero scherzare, decise di tentare il tutto e per
tutto. E sempre più serio, disse:
“Non
ci parliamo da tanto io e te...”
“Lo
so!” replicò dura Esmeralda mangiucchiando un delizioso
manicaretto di cui si era scoperta ghiotta.
Pipino
represse la voglia di sbuffare e dirgliene quattro e dolcemente,
disse:
“Io
sarei venuto qui per dirti che volevo far pace con te... Ma se non ti
interessa...” e usando la tattica del vittimismo, con le mani
nelle tasche, a testa china si allontanò.
E
stavolta la sua tattica funzionò. Esmeralda, vedendolo davvero
colpito dalla loro lite, sospirò e ingoiando il manicaretto
-il rischio che qualcuno lo potesse prendere era davvero alto- disse:
“Ehy,
Pip!”
Il
ragazzino si voltò. Dentro di se sapeva di aver vinto. Era
stata lei a chiamarlo Pip per prima e usava quel nomignolo, che altro
non era che l'abbreviazione stessa dell'abbreviazione del suo nome,
quando voleva andare a giocare con lui, ogni volta che andava ai
grandi Smiàl di Tucboro.
“Mi
sei mancato anche tu in questi giorni!”
Pipino
sorrise e avvicinandosi a Esmeralda, indicando uno dei fuochi di
artificio di Gandalf che esplodevano per aria disse:
“Hai
visto Gandalf! È meraviglioso quello che sa fare, non trovi?”
Merry
stava camminando per le tende quando vide Ponto, suo zio, parlare con
Angelica che rideva e aveva le guance rosse.
Stupito
dal fatto che la giovane e bella figlia di Ponto non fosse attorniata
da un gruppo di ammiratori adoranti decise di avvicinarsi, per vedere
che cosa fosse successo.
Sorridente
e con le mani nelle tasche si avvicinò, quando vide con lo zio
un altro ragazzo.
Era
uno dei Tronfinpiede, di cui nemmeno ricordava il nome. Sapeva solo
che lo considerava molto stupido. Ma era anche vero che suo padre,
era terribilmente ricco.
“Spero
che tu non sia geloso della bellezza di mia figlia. Angelica è
bella e sa di esserlo...” rise Ponto facendo ridere anche i due
ragazzi.
Il
giovane stupido sorrise e divenne rosso. Era visibilmente nervoso. E
con voce tremante disse:
“Ho
comprato un terreno vicino ad Hobbiville e intendo costruirvi una
bella casa. E trovare della buona servitù per vivere
agiatamente. Volevo chiederle se, una volta che tutto questo sarà
pronto... Il permesso di sposare Angelica...”
Quella
frase esplose nella testa di Merry. Quello stupido, piccolo, ridicolo
hobbit, marito di Angelica. Non poteva crederci.
Si
portò le mani sul viso e, in un solo attimo, come se un
fulmine lo attraversasse, le parole di Esmeralda gli tornarono alla
mente:
'Tu
vorresti sposare mia sorella?Mia sorella non ti sposerebbe nemmeno se
tu fossi l'ultimo hobbit della Terra di Mezzo. Lei aspira a qualcuno
di meglio. Qualcuno come Frodo. Un Baggins come lei. Non un volgare
Brandibuck!'
“Milo!”
intervenne Ponto, attirando l'attenzione di Merry che lo vide
poggiare una mano sulla spalla del giovane, disse: “Visto che,
per fare tutte le cose che hai detto ci vuole molto tempo e che nel
frattempo, forse, Angelica avrà il tempo per maturare un
po'...” e risero tutti e tre: “... Accetto che tu sposi
mia figlia. A patto che tu la renda felice!”
Merry
sentì di non poter sentire oltre. Sentiva il cuore fargli male
e la testa esplodergli mentre, allontanandosi, sentiva la voce di
Esmeralda, rotta dal pianto ripeteva quell'infausto presagio, non
pensando forse che, una bambina ferita poteva dire tutto solo per far
del male a chi la stava facendo piangere o per sfogare un po' di
rabbia.
Ma
per un uomo dal cuore ferito, tutto era importante. E tutto prendeva
importanza, anche il più piccolo dettaglio.
“Odio
Diamante di Lungosquarcio!”
Esmeralda
guardava i bambini hobbit e vide la piccola Diamante che rideva e che
correva felice.
“Perché?”
chiese interessato Pipino con la bocca piena.
Esmeralda
addentò un manicaretto e facendo spallucce, non prima di aver
inghiottito, disse:
“Forse
perché mi ricorda mia sorella Angelica. È antipatica e
piena di sé!”
Pipino
deglutì a fatica il boccone troppo grande e ridendo, disse:
“Veramente
si comporta come tutte le bambine!”
“IO
sono una bambina!” esclamò indignata Esmeralda,
guardando, non poco contrariata Pipino.
Il
bambino hobbit sapeva che era stato difficile riottenere di nuovo
l'amicizia di Esmeralda e, cercando di sembrare cortese, disse:
“Non
ti offendere. Ma tu sei diversa dalle altre bambine hobbit!”
“Che
vuoi dire?” chiese sospettosa Esmeralda.
Pipino
bevve un lungo sorso di succo e sorridendo e rispose:
“Sei
meno noiosa. Certo! Stai sempre a leggere i libri e conosci a memoria
le storie dello zio Bilbo... Ma ti sai arrampicare sugli alberi,
giochi a fare la guerra... Alle volte sembri come me...” e
annuì guardando il vuoto aggiungendo dopo: “... ma con
la gonna!”
Esmeralda
sorrise. Sentirsi dare del maschiaccio avrebbe fatto sbiancare la
piccola Diamante di Lungosquarcio, ma non lei. La prospettiva che
qualcuno la trovasse interessante e indipendente come un vero
ragazzino hobbit, le piaceva. E stava per rispondere a Pipino, quando
Bilbo salì sul podio. Questo significava che stava per fare un
discorso.
“DISCORSO!
DISCORSO!” gridarono tutti intorno.
Al
dire il vero nessun vero hobbit amava i discorsi durante le cene.
Toglievano tempo al mangiare e questo per loro era un grande
problema.
Quindi,
dopo quel lauto pasto, in quel momento, tutti erano arrivati a quel
punto in cui 'dovevano riempire gli spazi vuoti' ed erano
davvero poco inclini ad ascoltare un lungo e noioso discorso sui
tempi passati e vecchie favole. Speravano quindi di imbonire il
vecchio hobbit, incitandolo a parlare e, così, ottenere
l'effetto contrario, lasciando loro più tempo per mangiare.
“Miei
cari...” cominciò Bilbo.
Tutti
attorno chiesero silenzio, ma inutilmente, dato che, una volta che la
folla si zittiva erano loro stessi a ripetere 'Silenzio!'
oppure 'Ascoltate!', facendo perdere serietà alla
richiesta.
Ma
Bilbo, che, Esmeralda notò, teneva la mano in tasca come
quando le raccontava la storia del suo viaggio nella tana di Smaug,
agitò l'altra mano e ottenne una stiracchiata attenzione:
“Miei
cari Baggins e Boffin. Beneamati Tuc e Brandibuck, Scavari e Paffuti,
Rintanati e Soffiatromba, Bolgeri e Serracinta, Boncorpi, Tassi e
Tronfipiede...”
“TRONFIPIEDI!”urlò
furente un vecchio hobbit che stava seduto con i piedi sul tavolo.
Effettivamente
la taglia dei piedi del vecchio Tronfipiede era notevole e lui
richiedeva il plurale del cognome proprio per quel motivo. Cosa non
condivisa da Bilbo che, ribadì il cognome dell'uomo e
aggiunse: “... e miei cari Sackville-Baggins...”
Esmeralda
rise sotto i baffi. Sapeva che Bilbo aveva lasciato volontariamente i
suoi odiati parenti per ultimi. Ed era anche a conoscenza del fatto
che, sia Lobelia che Otto, si erano accorti di questo e dietro di lei
si rodevano il fegato.
Non
era una novità per quanto riguardava i due vecchi parenti di
Bilbo. Quando quest'ultimo infatti era partito per la sua avventura
alla volta delle Montagne che contenevano il tesoro del drago Smaug,
loro erano entrati in possesso di casa Baggins. E l'avevano anche
occupata, salvo poi doverla abbandonare quando, carico di tesori e
pieno di salute, Bilbo fece ritorno.
Piuttosto
grottescamente, i Sackville-Baggins, cominciarono a fare affidamento
sulla natura e sul lento e inesorabile passare degli anni. Ma non
solo Bilbo si conservava fresco e vigile di anno in anno, ma,
addirittura, fece loro un oltraggio ancora più grande,
nominando Frodo unico erede di tutta la sua fortuna e di casa
Baggins, di conseguenza, lasciandoli definitivamente a bocca
asciutta.
Ricordarli,
quindi, per ultimi, ad una festa in cui, era risaputo, non erano gli
ospiti d'onore, era l'ultima di una serie di offese.
“Oggi
è il mio centoundicesimo compleanno. Oggi ho centoundici anni.
Spero che vi stiate divertendo tutti come me” qualcuno gridò
'Si!', qualcun altro 'No!', salvo poi cominciare un
chiasso infernale, ballando e suonando. Nemmeno i bambini hobbit si
sottrassero a quella cagnara -inclusi Pipino ed Esmeralda,
naturalmente- e usarono le loro scatole magiche che avevano ricevuto
all'inizio della festa.
Bilbo
cercò inutilmente di richiamare l'attenzione e fu costretto ad
usare il corno di un ragazzo che stava in piedi accanto a lui,
suonandoci dentro tre volte. E una volta ottenuto silenzio disse:
“Non
vi tratterrò a lungo. Vi ho riuniti per un motivo preciso!”
Esmeralda
corrugò la fronte, sentendo il tono della voce dello zio
cambiare in quel modo. Era diventato più serio, quasi stesse
per dare una brutta notizia. Ma nessuno, a parte lei se ne rese conto
e Bilbo continuò, schiarendosi la voce:
“Anzi...
Per tre Motivi! Innanzi tutto per dirvi che voglio tanto bene a tutti
voi e che centoundici anni di vita in mezzo a gente così
straordinaria ed ammirevole non sono sufficienti” detto questo
il silenzio venne rotto da uno scroscio di applausi ed acclamazioni:
“Conosco la metà di voi solamente a metà; e nutro
per meno della metà di voi, metà dell'affetto che
meritate
Tutti
cominciarono a mormorare tra di loro cercando di capire se fosse il
caso o no di offendersi per quello che Bilbo aveva espresso con
quella frase ingarbugliata.
“Credi
che durerà ancora per molto? Io ho fame!”
Esmeralda
sollevò gli occhi al cielo. Solo una persona poteva essere
così insolente e intromettersi in un discorso importante solo
per dire di aver fame: Pipino. E voltandosi, con sarcasmo, gli
rispose:
“Mi
fai perdere il discorso di Bilbo!”
“Ma
ho fame!” piagnucolò Pipino.
“Possibile
che tu pensi solo a mangiare Peregrino Tuc?” rincarò
Esmeralda puntando le mani sui fianchi al fine di apparire seccata.
“Che
vuoi che ti dica?” sorrise anche Pipino prendendo una mela:
“Tutto sto movimento mi ha messo un certo appetito...”
Esmeralda
prese una mela a sua volta e rispose:
“Sei
tu che hai un pozzo senza fondo al posto dello stomaco. Credo che tu
sia riuscito a mangiare di tutto e di più!”
“Guarda
che anche tu ti sei data da fare...” replicò fingendosi
ferito Pipino.
“Ma
sono certa che non toccherò mai i tuoi livelli, Peregrino, dal
momento che ti stavi per mangiare anche le gambe del tavolo.
“Ripeto!
Anche tu...” stava per rispondere il giovane hobbit quando la
voce di Bilbo sovrastò il chiacchiericcio che cominciava a
farsi annoiato, dicendo:
“...
desidero fare un annuncio...”
“...
non sei rimasta a guardare...” continuò Pipino ignorando
lo zio.
Esmeralda
aveva sentito bene quello che Bilbo aveva appena detto e voltandosi
seccata verso Pipino, disse secca:
“Shhh!”
Pipino
aggrottò le sopracciglia e boccheggiando sorpreso, disse:
“Sei
davvero maleduc...”
“VUOI
STARE ZITTO?” si voltò di scatto Esmeralda facendo
voltare anche alcuni degli astanti.
Pipino
arrossì e cercò di sparire nella sedia, mentre Bilbo
diceva:
“Mi
rincresce dovervi comunicare che quantunque, come vi ho detto prima,
centoundici anni in mezzo a voi siano davvero troppo pochi, ora è
giunta la 'fine'. Me ne vado. Parto 'subito'! Addio!”
e detto questo, scese dalla sedia e scomparve.
L'unica
cosa che Esmeralda vide, nel momento in cui Bilbo spariva, fu una
luce accecante che la costrinse a serrare gli occhi e, così,
non poter cogliere ogni singolo avvenimento futuro, fino alla loro
totale riapertura. E quando, con ancora la vista disturbata da
piccoli flash neri che le disturbavano l'occhio, si guardò
intorno e si rese conto che tutti i centoquarantaquattro presenti
erano sbigottiti: chi era caduto dalla sedia; chi invece era saltato
in piedi. Tutti fermi, in un perfetto e religioso silenzio. Silenzio
che venne rotto solo dal vecchio Odo Tronfinpiede che tolse i due
enormi piedi dal tavolo e cominciò a sbatterli per terra. E
quella fu la molla che fece scattare l'ingranaggio.
Prima
lento poi, sempre più assordante, con lo stesso rumore di un
mare di cicale che cantano in un campo in estate, le voci dei vari
hobbit, che cominciavano a parlare contemporaneamente, facendosi
domande, divennero una sola.
Esmeralda
sbatté le palpebre un paio di volte per riottenere la normale
visione, poi si guardò intorno, pensando di vedere Bilbo
saltare fuori da un cespuglio e fare una delle sue entrate
spettacolari da posti lontani dall'ultimo nel quale lo si era visto.
Ma
non quella volta. Inutilmente, Esmeralda lo cercò. Il cervello
lavorava frenetico, cercando di immaginare il posto in cui Bilbo si
era nascosto. Ma più il cervello lavorava, più le
informazioni si affollavano nel cervello, più la realtà
diventava un quadro unico che veniva scoperto da un grande lenzuolo
bianco che l'aveva scoperta.
Si
mise in piedi anche lei e portò una mano sul cuore, chinando
la testa. Pipino, che aveva girato la testa di qua e di là,
senza capire poi tanto di quello che era successo dopo l'esplosione
della luce bianca, si voltò e guardando Esmeralda, le chiese:
“Che
c'è?” e voltando lo sguardo verso il podio chiese
ancora: “Ma dove è andato?”
“Se
n'è andato!” mormorò Esmeralda.
“Cosa!”
esclamò incredulo Pipino.
Esmeralda
sollevò la testa, scoprendo il viso rigato dalle lacrime. In
un attimo fu tutto dolorosamente chiaro. Bilbo stava lasciando la
Contea. E non per uno di quei suoi viaggi avventurosi in cerca di
tesori e di posti sconosciuti. No! Stavolta sarebbe andato via per
sempre, per non fare più ritorno.
In
quel momento, Esmeralda non riusciva a pensare ad altro. E correndo,
spingendo la gente, sentendo la eco lontana della voce di Pipino che
gridava:
“Esmeralda!
Che fai? Torna qua.” scappò via dal campo della festa,
senza avere una meta precisa nella testa, ma con un mare di ricordi
che si andava ingrossando per sbattere, con grosse onde, sulle pareti
della memoria.
Non
degnò i Sackville-Baggins che quasi la travolsero, lasciando
anche loro la festa, indignati.
In
quel momento l'unico pensiero era che Bilbo non le avrebbe più
cantato le canzoni che aveva appena finito di comporre; non le
avrebbe più raccontato storie di posti meravigliosi che solo
lui nella Contea poteva dire di aver visto; non le avrebbe più
parlato degli Elfi.
E
in tutto questo, il dolore più grande, quello che le faceva
bagnare il viso con calde lacrime, era che lui aveva deciso di
andarsene senza nemmeno salutarla. Senza nemmeno dirle addio.
E
correndo, per lasciare dietro le spalle quella baraonda di persone
che rideva, gridava e sbraitava, Esmeralda non notò nemmeno
Frodo che, da solo, sollevò il bicchiere e brindò
silenziosamente a Bilbo, per andare via alla chetichella.
Ma
forse nemmeno le importava.
In
quel momento voleva solo raggiungere l'unico posto in cui suo zio
Bilbo sarebbe sicuramente andato prima di lasciare Hobbiville per
sempre.
Merry
non capiva.
Sentiva
un gran vociare e la gente che, vicino all'albero della festa,
correva come in cerca di qualche cosa.
Era
curioso, come molti hobbit del resto, ma il suo malumore lo costrinse
a stare inchiodato dov'era.
Si
rese conto che voleva stare lì, nel suo cantuccio, senza
essere costretto a vedere nessuno, senza essere costretto a vedere
Angelica felice con il suo ricco fidanzato.
Portò
le mani alla testa e trattenne a stento le lacrime. E fu allora,
mentre si disperava e si crogiolava nel suo dolore, che sentì
il leggero scalpiccio di passi sull'erba umida.
Messo
in allarme da quella che, tutto era ma non un illusione, Merry
sollevò la testa e cercando di riuscire a vedere qualche cosa
nell'oscurità, provando a nascondere il panico che sentiva
invaderlo a fiotti, si mise in piedi e gridò:
“CHI
VA LÀ?”
Nessuno
rispose. Merry sapeva che ad Hobbiville le cose erano diverse da
Buckburgo, che le porte non venivano sprangate come succedeva a Villa
Brandy e in tutte le case attorno. Hobbiville era un posto
tranquillo, in cui non poteva succedere nulla di brutto a nessun
hobbit. Almeno un hobbit che viveva tranquillo.
Così,
nonostante cercasse di tranquillizzarsi in silenzio, sentì un
rumore di passi che mise a dura prova i suoi nervi logorati e lo fece
saltare sul posto e gli fece gridare di nuovo:
“CHI
VA LÀ?”
Stavolta
sentì una risata sommessa che gli fece rizzare i capelli
dietro la nuca. E deglutendo a vuoto, guardando nel vuoto,
indietreggiando gridò ancora:
“HO
CHIESTO CHI VA LÀ?” e non ottenendo nessuna risposta
intimò: “FATTI VEDERE!”
Per
colpa della paura sentiva il sudore scendere lungo la schiena, oltre
che imperlargli la fonte. Tremava e sperava che, chiunque fosse lo
sconosciuto invisibile, non avesse una buona vista per rendersi conto
che stava tremando come una foglia.
Cedendo
alla paura stava per gridare aiuto quando qualcosa lo urtò,
proprio nel momento in cui Esmeralda, con il fiatone, tenendo il
fianco dolorante, lo raggiunse:
“Esmeralda!”
esclamò in un misto tra il sorpreso e lo spaventato.
Esmeralda
si fermò e poggiando le mani sulle ginocchia, si sollevò
e puntò gli occhi su Merry. E subito si rese conto che aveva
pianto.
“Stavi
per caso cercando di far sentire la tua voce fino all'albero della
festa?” disse lei cercando di dissimulare il fatto di aver
pianto fino a qualche secondo prima.
Merry
non rispose, continuando a guardarla stralunato. Esmeralda si guardò
intorno e chiese:
“Hai
visto salire qualcuno?”
Merry
scosse la testa ed Esmeralda, sedendosi nell'erba sbuffò
delusa e disse:
“Allora
è vero. Se n'è andato!”
“Chi?”
chiese Merry aggrottando le sopracciglia.
Esmeralda
si voltò e lo guardò. Gli occhi erano pericolosamente
liquidi, ma nonostante questo rispose con voce ferma:
“Bilbo
è sparito durante la festa!”
Merry
sollevò un sopracciglio e un debole sorriso cominciò a
farsi largo sul viso triste. E sussurrò:
“Ora
capisco!” e guardando Esmeralda, aggiunse: “Ricordi
qualche mese fa? Quando stavamo litigando perché ti avevo
fatto uno scherzo e abbiamo visto lo zio in fondo alla via che
camminava tranquillo, canticchiando e guardando gli alberi?”
Esmeralda
annuì senza aggiungere una parola e Merry continuò:
“Ricordi
che tu volevi andare a salutarlo, ma, da una via secondaria, i
Sackville – Baggins sono apparsi dal nulla e lui, per evitarli
è come sparito? Era l'Anello...”
Esmeralda
lo guardò perplessa e Merry le spiegò:
“Ma
si! L'anello che usava per sparire ogni tanto. Quell'anello magico
che ha vinto a Gollum!”
Esmeralda
spalancò la bocca sorpresa e Merry aggiunse:
“Lo
aveva anche adesso. E ti dico che si è divertito come un matto
a prendermi in giro e a farmi spaventare, quel vecchi pazzo.” e
sorridendo, guardò Esmeralda e concluse: “Era qui, prima
che tu arrivassi...”
A
quelle parole Esmeralda scattò in piedi e disse:
“Dobbiamo
cercarlo. Non sarà lontano...”
Merry
la fermò tenendola per un braccio e serio replicò:
“Non
vuole che nessuno lo segua. Altrimenti non avrebbe messo l'anello!”
In
un attimo le lacrime bagnarono il viso di Esmeralda. E fu inutile
asciugarle per nasconderle a Merry. Bilbo non l'aveva salutata e lei
non lo avrebbe mai più rivisto. Si sentiva tradita. Triste. E
le lacrime non si potevano fermare, mentre questi sentimenti le
dilaniavano il petto.
Tirò
su con il naso e con la voce ancora un po' nasale, chiese a Merry,
più per cambiare discorso e non pensare a quello che stava
succedendo che per vero interesse:
“E
tu che facevi qua?”
Merry
sorrise e lentamente si mise a sedere vicino ad Esmeralda e,
guardando le mani rispose:
“Angelica
si sposa. Ha trovato l'uomo ideale per lei!”
A
quella notizia, le lacrime e il dolore furono spazzati come da una
grande folata di vento. Guardò stupita il cugino, che non
perse la sua espressione e disse:
“Vedo
che non lo sapevi anche tu! E pensare che quando ho saputo che
Angelica si sarebbe sposata, ho ricordato tutte le cattiverie che mi
hai detto qualche giorno fa e ho pensato che fossi al corrente di
tutto. Sbagliavo a quanto pare!”
Esmeralda
non capiva più nulla. Sapeva solo che il cuore le batteva
forte e che la testa le girava per via delle troppe emozioni della
serata.
Guardò
l'erba fresca e si rese conto di una cosa. Stavamo seduti, lei e
Merry, da qualche secondo e non avevano ancora cominciato a litigare.
Sorrise
e disse:
“Strana
questa serata. Ma c'è voluta affinché potessimo stare
nello stesso metro quadro senza gridarci contro. C'è proprio
voluta questa serata perché accadesse questo!”
Merry
la guardò e sorrise. Poi in silenzio, guardarono verso
l'albero della festa, dove tutti avevano ripreso a mangiare. Non
sapevano che dietro di loro Bilbo, silenziosamente, li salutava per
l'ultima volta.
Per
la prima volta, trovarsi a Casa Baggins le metteva tristezza.
In
mezzo alle cose di Bilbo più o meno nuove, Esmeralda guardava
la folla che cercava qualche cosa da accalappiarsi.
Disgustata,
guardò il regalo che Frodo le aveva dato appena entrata.
Era
un pensiero che Bilbo aveva preparato in vista della partenza. Era un
bellissimo carillon, di manifattura elfica. Esmeralda lo conosceva
bene, perché, molto spesso, quando andava a trovare lo zio, lo
aveva fatto suonare ripetutamente.
Lo
strinse al petto, rileggendo di nuovo il bigliettino:
“Alla
piccola Esmeralda a cui piace sognare di draghi che sputano fuoco e
di vedere il sorriso antico di un elfo. Con infinito affetto zio
Bilbo”
In
quel clima di pazzia, quel regalo era uno scoglio dopo un naufragio.
Lo stringeva, guardando la gente che leggeva i cartellini senza
capirli. E angelica che guardava lo specchio che lo zio le aveva
lasciato con un cartellino che diceva:
“Per
Angelica, da parte dello zio Bilbo”
Non
si sarebbe mai resa conto che lo zio l'aveva presa in giro.
Ma
ad Esmeralda non importava. Bilbo se n'era andato e lei sapeva che le
aveva lasciato quel carillon per ricordarle le serate passate
assieme, lei con Bilbo e Frodo.
E
di una cosa Esmeralda era certa. Per niente al mondo avrebbe lasciato
quel carillon.
Gli
altri avrebbero perso e riciclato quel regalo, ma non lei. Quello era
il suo filo rosso che la teneva collegata a Bilbo e, per questo lo
avrebbe custodito per sempre.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Una donna sa sempre come fare ***
Chiedo
scusa a chiunque abbia atteso questo capitolo. Ho avuto dei
grossissimi problemi con il pc e sembrava quasi che non ci fosse più
nulla da fare per lui.
Colgo
quindi l'occasione di ringraziare e salutare Arena e Johnny Nicotine
che continuano a recensire la mia storia. E anche nini superga e
thiliol che hanno recensito per la prima volta.
So
che è passato più di un mese e chiedo immensamente
scusa per il mio ritardo a tutti, ma come ho già detto, il pc
era più morto che vivo, in uno stato di coma profondo quindi.
Ho comunque avuto il tempo di scrivere su carta il terzo capitolo e
il quarto che, purtroppo è ancora in fase di correzione.
Spero
che il computer mi assista e l'antivirus pure. E che il nuovo
capitolo, cosa più importante, sia di vostro gradimento.
3.
Una donna sa sempre come fare.
Quante
parole si possono dire in diciassette lunghi anni?
Tante
da riempire un intero oceano. E ad Hobbiville le parole scorrono
veloci come fiumi in piena.
Gandalf
e Bilbo sbagliarono quando pensarono che sarebbero bastati un paio di
giorni affinché il clamore per la scomparsa del vecchio hobbit
potesse sopirsi completamente.
Non
bastarono sette giorni, né una settimana, né un mese,
né un anno. Le chiacchiere sulla fine di Bilbo cominciarono
quasi subito dopo la festa, quando ancora nei piatti c'erano ancora
le briciole del succulento pranzo di compleanno. E con loro si
cominciarono a fare largo le idee più disparate sulla sorte
del povero Bilbo. O almeno per quello che potevano pensare gli
hobbit.
Accadeva
spesso, quindi, che davanti al fuoco del Drago Verde molti hobbit
ascoltassero avidi di notizie più o meno conosciute, storie e
teorie di persone vicine e no alla famiglia di Bilbo.
“Quello
era pazzo. Ho sempre pensato che facesse davvero male a dare tanta
confidenza a Nani e Stregoni. E non avevo torto. È saltato in
aria. E penso che sia la fine che si merita chi toglie per troppo
tempo e troppe volte il naso fuori da casa sua...”diceva uno.
“No!
Bilbo era ricco. Lo sappiamo tutti. E il suo tesoro è stato
vinto in maniera misteriosa. Ho sempre pensato che qualcuno, un
giorno, lo avrebbe rivendicato. E chissà contro si è
messo quel pazzo di un vecchio hobbit...” diceva un altro.
“IO
credo invece che il vecchio Stregone e Frodo c'entrino qualcosa.
Bilbo era ricchissimo. E il suo oro faceva gola a tutti. E una volta
morto, Frodo sarebbe diventato padrone di una grossa fortuna, casa
Baggins esclusa, intendiamoci. I Sackville-Baggins me lo hanno detto.
E loro erano molto intimi con il vecchio Bilbo”
“Ma
se lo sanno tutti che Bilbo non li sopportava!” esclamava
qualcuno divertito dalle varie teorie.
“No!”
riprendeva l'hobbit che sosteneva l'ultima teoria: “Negli
ultimi tempi Bilbo stava pensando di lasciare Casa Baggins a loro.
Frodo deve averlo scoperto e ci posso giurare... Non l'ha presa
affatto bene!”
A
quel punto la sala del Drago Verde si riempiva di mugolii di assenso,
fino a che qualcuno non faceva la fatidica domanda:
“Pensate
quindi che Frodo abbia fatto fuori Bilbo?”
Era
quello il momento di vero pathos. Tutti si guardavano attorno
sbigottiti, intimoriti perfino a rispondere ad una domanda simile. E
nessuno osava farlo.
Certo,
l'ipotesi a lungo ventilata dai Sackville-Baggins era una delle più
conosciute in tutti i Decumani. Bilbo, effettivamente, era un uomo
ricchissimo e possessore oltretutto di quella che pareva l'eterna
giovinezza. Il fatto che potesse essere un ingombro per Frodo era
un'idea più che plausibile, specialmente perché in
tutti quegli anni Frodo si era rifiutato categoricamente di portare
il lutto al braccio, dicendo che lo zio era vivo e per di più
aveva preso la macabra abitudine di fare una festa di compleanno
doppia, meno sontuosa di quella organizzata da Bilbo, che chiamava
Festa dei Cento Chili. E questo bastava per far definire il
comportamento del giovane Frodo molto strano. E ad animare sempre di
più le discussioni al Drago Verde. Almeno fino a che il
Vecchio Gaffiere non decideva di alzarsi e di difendere il giovane
hobbit:
“Il
signor Frodo è un grande hobbit. Proprio come lo zio. E se
fossi in voi non prenderei per oro colato tutto quello che dicono Oto
e Lobelia. Il signor Bilbo ha lasciato tutto a suo nipote. C'è
un testamento che lo può provare. E sopra ci sono un po' di
firme con l'inchiostro rosso. Non chiedetemi quante e di chi. Non so
leggere e contare. Dovreste saperlo. Quello che so io, invece, è
che i Sackville-Baggins non l'hanno presa affatto bene e sparlano di
Frodo per questo!”
“Ma
rimane il fatto che Bilbo sia sparito nel nulla. Così!”
azzardava qualcuno scioccando le dita per dare l'idea della
sparizione 'lampo' di Bilbo.
Il
Gaffiere beveva un lungo sorso della sua birra, un po' perché
gli piaceva avere l'attenzione di tutti, un po' perché voleva
finire il suo boccale prima di lasciare il Drago Verde. Si asciugava
la bocca con il dorso della mano e sollevandosi, sistemando la
camicia, rispondeva:
“Il
signorino Frodo ha detto al mio Sam che il signor Bilbo è
vivo. Certo! Lo trovo anche io un po' bizzarro. Ma se Frodo lo dice
vuol dire che sa delle cose che noi non sappiamo. E questo per me può
bastare per pensare che il signorino abbia ragione. E questo è
tutto!” e pagando la sua birra a Rosie Cotton usciva dalla
locanda conscio di lasciarsi dietro un pubblico incuriosito e per
nulla soddisfatto.
Perché
mai prima della festa di Bilbo nella Contea qualcuno era sparito per
un periodo così lungo e questo rendeva il fatto ancora più
strano, anche se si parlava di Bilbo Baggins.
E
questo spiegava la morbosa curiosità di tutti per la
misteriosa scomparsa del vecchi, strampalato hobbit che aveva subito
il fascino perverso delle avventure.
Mentre
tutta Hobbiville discuteva dello strano comportamento di quello che
doveva essere un giovane e affranto hobbit -che cominciava per giunta
ad assomigliare troppo allo zio perduto- i campi della Contea per
diciassette volte conobbero la festa della vita portata dalla
Primavera, la floridezza del grano in Estate, la lenta e lunga agonia
della natura in Autunno e la sua triste morte in Inverno.
Come
già detto, passarono lentamente diciassette anni dal giorno
della festa di Bilbo. E passarono anche per la piccola Esmeralda che
cominciò a conoscere il lento succedersi degli eventi che la
fecero diventare una giovane e sempre più bella hobbit.
In
quegli anni la sua famiglia fu allietata dal fidanzamento di Angelica
che si sposò dopo sette anni, mettendo su uno dei matrimoni
più sfarzosi della Contea. Dal canto suo, la piccola
Esmeralda, nonostante stesse diventando più bella perfino
della sorella maggiore, non passava il suo tempo esibendo la sua
bellezza. Al contrario amava stare ore a leggere i vecchi libri che
Bilbo le aveva regalato, anche se li conosceva ormai a memoria.
Ebbe
molti corteggiatori, ma a nessuno diede importanza dal momento che
nonostante fosse passato molto tempo rimaneva sempre innamorata di
Frodo.
In
compenso visse una vita felice, anche se i suoi premevano affinché
trovasse un marito, suggerendo perfino Pipino come uno dei candidati
papabili, non sapendo che la figlia sognava ancora che il suo unico
grande e segreto amore un giorno si accorgesse finalmente di lei.
Così
i giorni cominciarono a passare lenti, come tutti i giorni nella
Contea andando su e sempre più su, fino all'inizio dei tempi.
Esmeralda
cresceva in grazia e in tranquillità. Poi, in un tranquillo
giorno di primavera, la vita di Esmeralda cambiò per sempre.
Sua madre Petunia, nonostante la giovane età, morì
improvvisamente. Fu il padre a fare la terribile scoperta e da quel
giorno la sua mente rimase devastata dal trauma. Cadde in uno stato
catatonico permanente che lo lasciò istupidito e in costante
attesa della moglie quasi che nella sua testa la moglie fosse solo
uscita di casa e lui, pazientemente seduto nella sua poltrona davanti
alla finestra tonda della sua casa, ne aspettasse speranzoso il
ritorno.
La
sfortuna di Esmeralda e della sua famiglia attirò
inevitabilmente la curiosità di tutta la comunità
hobbit, che cercava di fare domande sempre più invadenti alla
giovane, nonostante lei cercasse di evitarle con una buona dose di
cortesia e una scorta inesauribile di pazienza.
E
mentre Angelica viveva il suo matrimonio non curandosi della sorte
del padre e di quella della sorella, Esmeralda conobbe le prime
privazioni: non poté più ritagliare un po' di tempo per
se stessa occupandosi a tempo pieno del padre; l'impossibilità
di costruirsi una vita sua; le continue occhiate imbarazzanti che le
venivano rivolte dai più e che la costringevano a ridurre le
sue uscite per evitare le persone sempre prodighe di attenzioni e di
domande.
E
di conseguenza tutto cominciò a cambiare. Per la strana legge
intransitiva che se non esci di casa, non vuoi vedere nessuno, molti
degli amici di Esmeralda cominciarono ad evitare accuratamente la
casa di Ponto, un po' per paura di Ponto stesso, un po' perché
è sempre più facile pensare che le persone che non ci
cercano più si sono dimenticate di noi.
E
tra questi inevitabilmente si trovò anche Pipino. Questo per
Esmeralda fu sicuramente la più brutta delle rinunce. Il non
dover crescere con il suo migliore amico, non potersi confidare con
lui, fu per Esmeralda il più grande dolore.
Pipino
continuò infatti la sua vita spensierata, quasi non si fosse
accorto di aver perso la sua migliore amica. Divenne un grande amico
di Frodo, assieme a Merry e Grassotto e con loro era spesso e
volentieri ospite di Casa Baggins.
E
mentre nuove amicizie, vecchie ruggini, lutti, matrimoni e nuove
nascite segnavano la vita di tutta Hobbiville, Esmeralda continuò
a crescere.
Fino
all'alba del suo ventisettesimo anno di vita. Fu allora che tutto
cambiò. Fu allora che la vita di Esmeralda, finalmente,
ricominciò.
Non
si sarebbe mai abituata a camminare per le strade di Hobbiville con
il peso di mille sguardi addosso, quasi che tutta la popolazione non
avesse di meglio da fare, se non che cercare il minimo segno di
scompenso o di cedimento da parte della ragazza.
Dalla
stanchezza di dover accudire un uomo pazzo, alla pazzia stessa, per
gli abitanti di Hobbiville andava tutto più che bene, bastava
che Esmeralda lo esternasse permettendo loro di parlarne. O meglio
sparlarne.
Anche
quella mattina le cose non era cambiante. Tutti le rivolgevano
sguardi sfrontatamente interessati e un po' troppo invadenti che
Esmeralda sembrava quasi evitare camminando a testa alta, sfidando
quel morboso interesse pensando a tutt'altro.
Fu
così che si trovò -senza sapere come ci era arrivata-
in via Saccoforino poco lontano da Casa Baggins.
A
dire il vero Esmeralda non sapeva come ci era arrivata. Era stata
quasi calamitata da quella casa, quasi che quella stessa via l'avesse
misteriosamente attirata a se, affinché Esmeralda la
percorresse come faceva diciassette anni prima. Pensando inoltre
che da molte notti ormai i suoi sogni erano agitati e pieni di sogni
in cui il filo conduttore era, stranamente, Gandalf. E stranamente
era la parola più adatta dato che da quando era bambina e
bramava di conoscerlo, Esmeralda non sognava più lo stregone.
Per giunta i sogni erano confusi e strani ma, in maniera alquanto
inquietante, molto realistici quasi fossero fatti realmente avvenuti
o che si stavano svolgendo nel momento stesso in cui Esmeralda stava
sognando. Ricordava bene di aver visto Gandalf cavalcare verso una
città bianca veloce e una volta arrivato cercare notizie su di
un certo Isildur. E aveva visto lo stesso Stregone arrivare alla cima
di una collina spazzata dal vento, nel quale era stata eretta una
città nella quale regnava un vecchio Re e al quale Gandalf
chiese di poter prendere un cavallo. E ancora, Esmeralda vide Gandalf
in compagnia di un uomo strano dagli abiti frusti e dai lunghi
capelli neri entrambi intenti a seguire una strana creatura
dall'aspetto sgradevole, trasmettendole la strana sensazione che la
cattura di quello strano essere fosse di vitale importanza.
Sogni
strani, che al risveglio lasciarono perplessa Esmeralda ma non quanto
guardare Sam, instancabile giardiniere di Casa Baggins e figlio di
Ham Gamgee, intento ad ascoltare qualche discussione nella casa del
padrone, non degnando il giardino della minima cura.
Essendo
anche lei una hobbit e quindi curiosa di natura, Esmeralda si guardò
intorno. Era decisa a sentire quello che Samwise Gamgee stava
ascoltando e scoprire cosa ci fosse sotto.
Guardandosi
intorno si curò che nessuno la seguisse e prendendo una strada
secondaria raggiunse la casa di Frodo, posizionandosi in un punto
strategico, sotto una delle finestre più piccole della grande
sala di Casa Baggins, dove non poteva essere vista nemmeno da Sam, si
accucciò e tese l'orecchio. Dovette far leva su tutto il suo
buon senso per non gridare di sorpresa quando sentì la voce
che parlava lenta dentro la casa: era quella di Gandalf!
“Sono
solo due versi di un antichissimo poema...” diceva “...
della tradizione elfica:
Tre
Anelli al Re degli Elfi sotto il cielo che risplende
Sette
ai Principi dei Nani nelle loro rocche di pietra,
Nove
per gli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno
per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra.
Nella
Terra di Mordor dove l'ombra nera scende.
Un
Anello per domarli, un Anello per trovarli
Un
anello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella
Terra di Mordor, dove l'Ombra scura scende.”
Esmeralda
trattene per l'ennesima volta il fiato. Bilbo qualche volta le aveva
accennato a Mordor e perfino di un certo Sauron, definendolo
l'essere più pericoloso e crudele di tutta la Terra di Mezzo.
Sentirlo quindi nominare nella Contea riempì la giovane
ragazza di terrore, ma mai quanto quello che Gandalf aggiunse subito
dopo:
“Questo
è l'Anello Sovrano, quello che serva a dominarli tutti. E
quell'unico Anello che Egli perse molto tempo fa, affievolendo di
parecchio la sua potenza. Lo desidera più di qualsiasi altra
cosa al mondo, ma 'non' deve mai più riaverlo”
Ci
fu un attimo di silenzio lunghissimo nel quale Esmeralda era sicura
di sentire il suo cuore battere all'impazzata dentro il petto. Fu
Frodo a parlare e rompere il silenzio balbettando:
“Questo
Anello! Ma com'è possibile che l'abbia io?”
Esmeralda
non capiva. In effetti quello che aveva detto Frodo aveva senso:
com'era possibile che un oggetto così potente fosse finito
nella mani di un hobbit?
Divisa
dalla paura e dalla curiosità di saperne sempre di più,
lasciò vincere la seconda e tese l'orecchio per sentire ancora
quella che senza dubbio era una storia formidabile e degna d'ascolto.
Fu
così che dalla voce di Gandalf, Esmeralda venne a conoscenza
di Sauron e della forgiatura di un Anello capace di controllare
quelli forgiati per i Nani e quelli degli Uomini. Un oggetto
pericoloso, intriso della malvagità di Sauron stesso.
Raccontò
di Isildur e dell'ultima disperata battaglia che i Popoli Liberi
combatterono fianco a fianco contro le forze del male e di come lo
stesso Isildur tranciò di netto il dito di Sauron con un colpo
della lama spezzata del padre morto poco prima in battaglia, entrando
così in possesso dell'Unico Anello e vincendo la guerra contro
Mordor. Gandalf narrò anche di come l'Anello soggiogò
Isildur, salvandosi così dalla distruzione per mano del figlio
di Elendil e di come questi perì durante un agguato teso dagli
Orchetti, perdendo l'Anello che gli scivolò dal dito dopo
essersi buttato in acqua per scappare alla morte.
Raccontò
del fatto che l'Anello sparì per anni e che molti lo
dimenticarono rendendolo una leggenda lontana, quasi una favola da
raccontare ai bambini. Ma questo era falso. Mentre a Mordor, Sauron
si riorganizzava per tornare al potere, l'Anello attendeva che una
mano lo allungasse per prenderlo dal fondo del lago dove per anni era
rimasto celato.
E
questo accadde quando un Hobbit, avo degli Sturoi, di nome Deagol
pratico del nuoto e delle barche, mentre pescava venne tirato giù
da un grosso pesce che lo trascinò nel fondo del lago. Per un
po', il povero Deagol rimase attaccato alla sua canna da pesca, fino
a che non venne attirato da un luccichio sul fondo. Lasciando la
prese decise di dirigersi verso il luccichio. Afferrò
l'oggetto misterioso e della melma e quando tornò alla riva,
stanco e quasi senza fiato, dentro la mano, trovò un anello.
L'Unico. Trovò la morte quasi subito, quando sopraggiunse il
suo amico Smeagol un Hobbit malvagio che si mostrò subito
debole al fascino oscuro dell'Anello. Disposto a tutto pur di entrare
in possesso dell'oggetto prezioso, Smeagol strangolò l'amico,
ne nascose il corpo e divenne il proprietario del prezioso Anello.
Da
quel momento in poi il racconto divenne mano a mano più cupo.
La storia di Smeagol era una storia triste che divenne oscura per
colpa dell'Anello. La sua cattiveria, già grande prima di
trovare l'anello, divenne insostenibile perfino per i suoi parenti e
la nonna che teneva in mano le redini dell'intera famiglia, stancata
dalla malizia crescente del nipote, lo cacciò.
Ridotto
in miseria, Smeagol fu costretto a procacciarsi il cibo da solo e a
vivere senza avere più un tetto sulla testa. La sua rabbia
verso chi lo aveva cacciato e verso tutto il mondo stesso crebbe
rodendolo a fondo, aiutando così l'Anello nella sua opera di
devastazione.
In
breve il povero Hobbit divenne un'ambra di quello che era un tempo,
che cominciò ad aver paura della luce del Sole e della Luna e
in breve si trovò costretto a scappare da essa, nascondendosi
nelle caverne profonde e oscure delle Montagne Nebbiose.
E
dentro quelle caverne l'Anello giacque con il nuovo padrone,
dimenticato e prigioniero.
Ma
l'Unico ha una volontà propria. Sentendo il potere del suo
padrone aumentare, l'Anello stesso decise di lasciare Smeagol. Ma
accadde qualche cosa che nemmeno l'Anello poteva immaginare. Nel buio
della caverna, mentre Bilbo scappava da morte certa, la sua mano
toccò l'Anello. E da quel giorno ne divenne il padrone.
Ci
fu un attimo di silenzio in cui Esmeralda rimase ferma a pensare a
quello che aveva appena sentito. Aveva capito che Smeagol altri non
era che Gollum, l'essere che aveva fatto con Bilbo il crudele gioco
degli indovinelli dove l'hobbit avrebbe potuto perdere la vita. E nel
mentre Gandalf raccontava quello che aveva fatto negli anni per
capire se l'Anello che aveva trovato Bilbo fosse l'Unico, del suo
viaggio a Minas Tirith per leggere i documenti che narravano la
storia di Isildur legata all'Anello, del viaggio dello Stregone fino
a Edoras per prendere un cavallo e della ricerca disperata di Gollum
assieme ad un certo Aragorn, per sapere quanto aveva detto al Nemico
di Bilbo, dell'Anello e della Contea, Esmeralda si rese conto che
tutte quelle cose lei le aveva viste nei suoi sogni la sera prima.
Con
il cuore il gola per le troppe coincidenze, Esmeralda si poggiò
al muro, con una mano premuta sul petto. La sua curiosità si
stava trasformando lentamente in paura: che cosa poteva succedere di
peggio?
“Purtroppo
credo che tu abbia ragione...” continuò Gandalf “...
L'Anello non potrà rimanere nascosto nella Contea ancora a
lungo; per il tuo bene e per quello del tuo popolo, dovrai partire
lasciando la tua casa, ed il cognome Baggins sarebbe tutt'altro che
prudente portarlo fuori dalla Contea, o nelle Terre Selvagge. Ti darò
un nome adatto al tuo viaggio. Dal momento della tua partenza ti
chiamerai signor Sottocolle. Ma non credo che sia indispensabile che
tu vada da solo; perlomeno se conosci qualcuno di cui ti puoi fidare,
che sarebbe pronto a combattere al tuo fianco e che tu saresti
disposto a trascinare in mezzo a pericoli ignoti. Ma se cerchi un
compagno, sii estremamente cauto nella scelta! E stai attento a ciò
che dici, anche agli amici più intimi. Il Nemico ha molte spie
e molti modi di sentire...”
In
quel momento successero molte cose. Esmeralda sapeva di aver
singhiozzato ed era sicura di averlo fatto anche molto forte. Ma era
sicura di non essere stata l'unica ad averlo fatto.
Sollevando
la testa di scatto ebbe appena il tempo dii sporgersi e vedere
Gandalf sollevare Sam per un orecchio e, acquattandosi meglio sentì
Gandalf dire:
“Bene,
bene, bene! Cosa mi tocca vedere! Sam Gamgee, no? Che diamine stavi
facendo?”
Esmeralda
scosse la testa sorridendo, mentre Sam cominciava a squittire scuse.
Quel sempliciotto del figlio del Gaffiere le aveva fatto proprio
prendere un colpo. Ringraziava la Provvidenza che le aveva dato un
po' più di intelligenza che le permetteva di non fare le
stesse sciocchezze che faceva Sam.
Curiosa
tese l'orecchio e sentì Gandalf dire:
“Portarti
a vedere gli Elfi, eh?” e portando Sam dentro, disse: “Così
sai anche che il signor Frodo sta per partire?”
“Si,
signore! Ed è per questo che ho singhiozzato e voi mi avete
sentito. Ho cercato di trattenermi signore, ma non ce l'ho proprio
fatta”
Esmeralda
tirò mentalmente un sospiro di sollievo: a quanto pareva
nessuno l'aveva sentita singhiozzare.
“Non
ho altra scelta Sam...” disse Frodo. “... Devo
assolutamente partire. Ma se mi sei veramente affezionato, se mi vuoi
veramente bene, sarai muto come una tomba. Altrimenti sai che ti
succede? Se ti lasci scappare una sola parola di quel che hai
sentito, mi auguro che Gandalf ti tramuti in un rospo macchiato e
riempia il giardino di orribili serpi!”
Lentamente
Esmeralda si allontanò, ben attenta a non sentire oltre,
contenta di aver appreso tutte quelle cose.
Allontanandosi
da Via Saccoforino velocemente, la sua testa venne invasa da mille
pensieri. L'Anello di Sauron nelle mani di Bilbo per tutti quegli
anni; il grosso pericolo che correva Frodo e tutta la Contea se
l'Anello fosse rimasto lì nascosto; l'inevitabile viaggio di
Frodo assieme a Sam Gamgee.
Fu
questo a far sorridere Esmeralda. Se conosceva bene Sam -e sapeva di
conoscerlo meglio di molti altri- avrebbe sicuramente cantato con
qualcuno. Ma non uno qualsiasi. No! Qualcuno di cui poteva fidarsi.
Qualcuno che come lei conosceva bene Frodo.
Peccato
che avrebbe cercato un uomo.
Ma
questo non scoraggiava Esmeralda. Avrebbe trovato il modo per far
parlare Sam.
Era
una donna, infondo. Hobbit per di più.
E
si sa... Una donna sa sempre come fare.
Pipino
stava fermo con aria assente davanti alla casa di Esmeralda.
Nella
finestra tonda vicino all'ingresso, con i capelli spettinati, lo
sguardo fisso e vuoto rivolto alla porta quasi attendendo che
qualcuno entrasse da un momento all'altro, le mani strette ai
braccioli della sedia stava suo zio Ponto.
Un
piccolo sorriso si dipinse sul volto del giovane hobbit. Ma era un
sorriso amaro, carico di ricordi che ora sembravano lontani anni luce
e che rievocati causavano solo un grande dolore.
Sembrava
passato un secolo da quando era un ospite fisso nella casa di Ponto e
Petunia Baggins; da quando Esmeralda, poco più di una bimba,
correva verso il padre salendo sulle sue ginocchia, abbracciandolo e
riempendolo di baci; oppure quando Angelica di soppiatto entrava in
cucina per rubare una fetta di crostata calda senza che la madre se
ne rendesse conto.
A
stento Pipino riusciva a credere che quel quadro idilliaco si fosse
logorato con il tempo per rompersi irrimediabilmente alla morte di
sua zia Petunia, pochi anni prima.
Era
anche vero che lui aveva lasciato quella realtà da molto
prima, accettando il fatto che una volta cresciuti lui ed Esmeralda
dovevano per forza prendere via differenti. Aveva inoltre riempito il
vuoto lasciato dalla grande amicizia di Esmeralda, con quella nuova
-e per alcuni versi più interessante per la sua età-
con Frodo Baggins.
La
cosa che lo colpiva, però, era un'altra. Un tempo, anche
quando la sua amicizia con Esmeralda cominciò a mutare per via
del lento passare degli anni, non aveva il minimo problema di aprire
la porta della casa dello zio e sedersi nella tavola imbandita pronto
a gustarsi un gustoso pranzo. Ora anche solo vedendo quell'uomo
scarmigliato e assente provava un certo disagio a pensare anche
lontanamente di avvicinarsi alla soglia e bussare. E si sentiva in
colpa per aver abbandonato quella che un tempo era la migliore dei
suoi amici solo per quella stupida sensazione di fastidio che provava
alla bocca dello stomaco guardando lo zio malato.
Molte
volte, vergognandosi di se stesso, aveva pensato che Esmeralda avesse
deciso di non vedere più nessuno e di voler stare da sola,
cosa che tra l'altro sostenevano molti dei suoi amici che da tempo
non andavano nemmeno a portarle un semplice saluto. Ma dentro Pipino
sapeva che non era così. Anzi!
Esmeralda
si era trovata prigioniera della sua stessa casa, della sua stessa
vita e tutti l'aveva abbandonata, facendo la cosa che a loro sembrava
migliore, come se si trattasse di un oggetto. Come se si trattasse di
uno di quegli attrezzi da giardiniere che stavano ad arrugginire
davanti alla porta della casa di Esmeralda, come se anche loro
avessero deciso di lasciarsi morire come quello che un tempo era
stato il loro padrone.
Sospirò
chinando la testa e con la punta del piede si mise a smuovere il
terriccio. Era più che altro una scusa per non tornare a
guardare la casa, ma il suo sguardo, forse la sua stessa coscienza,
lo spingevano a farlo.
Sollevò
lo sguardo dentro la finestra e vide Angelica porgere la zuppa al
padre con un sorriso tirato dipinto in volto. L'uomo scosse la testa
e Angelica, un po' meno sorridente, porse di nuovo il piatto
all'uomo. E puntualmente il padre rifiutò come un bambino
capriccioso. Irritata da quel comportamento, Angelica prese il piatto
e lo lasciò sul tavolo vicino al padre sbattendocelo sopra in
malo modo e dicendo stizzita e con voce quasi isterica:
“Fai
come vuoi, vecchio scemo!”
Quella
fu la goccia che fece traboccare il vaso. Sospirando affranto Pipino
chinò la testa e si voltò lentamente, dando le spalle
alla casa di Ponto e chiedendosi in cuor suo dove fosse l'amica.
Sentì
in un attimo il bisogno di abbracciarla, di parlarle e di permetterle
di confidarsi con lui, come non succedeva da troppo tempo. E stava
per voltarsi e bussare alla porta quando sentì:
“Brutto
spettacolo, eh?”
Pipino
si voltò e vide arrivare Merry che si avvicinava a grandi
passi addentando una mela. Sorridendo all'amico Pipino rispose:
“Credo
che vedere una persona che si è tanto amata in rovina renda
tutti un po' tristi. Non trovi?”
Merry
si fermò davanti alla casa mettendosi vicino al giovane amico.
E guardando dentro vide Angelica.
Della
bella ragazza che tutti i ragazzi della Contea amavano era rimasto
davvero poco. I lineamenti erano duri e gli occhi non sorridevano più
e avevano perso parte della loro ingenuità.
Tutta
Hobbiville parlava del suo matrimonio e del fatto che fosse
tutt'altro che un isola felice. Aver passato la gioventù a
spezzare i cuori di giovani ed ignari Hobbit aveva portato i suoi
frutti, in un certo senso. Angelica non aveva mai fatto mistero del
volere un uomo ricco accanto a se. Ed era anche riuscita a trovare il
suo buon partito. Erano stati a lungo fidanzati e dopo avevano messo
su un matrimonio da favola, mandando inviti in tutta la Contea e
arrivando a superare di molto i centoquarantaquattro Hobbit invitati
da Bilbo per la sua festa di compleanno.
Anche
Merry era tra gli invitati. E fu grazie a quel matrimonio, quando
vide entrare Angelica in un bellissimo vestito giallo e bianco e con
i capelli pieni di nastri, che divenne un grande amico di Pipino. Gli
stette silenziosamente vicino e quando la situazione per Merry
divenne insopportabile, Pipino prese l'amico e lo portò al
Drago Verde, raggiunti poi da Frodo, Fredegario e Samwise. E quella
fu come la molla che fece scattare nella testa di Merry la volontà
ferrea di dimenticare quella ragazza con la puzza sotto il naso, più
intenta a guardare i tesori che un giovane hobbit aveva nella sua
caverna piuttosto che il suo amore.
Passarono
dieci anni e l'amore di Merry prima si sopì e poi svanì
come una nuvola di fumo, dissolvendosi nell'aria.
Ma
visto che la vita è una ruota che gira e che -spesso e
volentieri- il dolore che diamo ci viene rimandato indietro, Angelica
venne punita dalla Provvidenza. Ed era per questo che tutti parlavano
del suo matrimonio e i lineamenti un tempo delicati si erano induriti
notevolmente.
Tutti
sapevano che il matrimonio di Angelica non era felice e che il marito
cominciasse a chiedersi che maleficio ci fosse dietro al fatto che,
dopo dieci anni di matrimonio, Angelica non lo avesse ancora reso
padre.
“Non
possiamo farci nulla, anche se mi spiace dirlo!” ammise Merry
scacciando quei pensieri dalla testa e dando un pacca sulla spalla
dell'amico aggiunse: “Andiamo. Sam ci aspetta a casa sua. Ha
detto che ci deve dire qualche cosa di importante riguardo a Frodo e
Gandalf!”
“Pensi
che c'entri qualche cosa l'anello e quello che hai letto nel Libro
Rosso del vecchio hobbit?” chiese Pipino.
Merry
annuì e rispose:
“Ho
chiesto a Sam di tenere d'occhio Frodo e di dirmi se sentiva o
notava qualche cosa di sospetto. Ma sai com'è Sam. Quando si
tratta di Frodo entra in panico anche se si alza cinque minuti più
tardi del solito. Sono quasi convinto che lo nominerò balia
personale di nostro cugino!”
I
due risero e cominciarono ad incamminarsi, mentre una figura snella e
slanciata, da dietro la casa di Ponto, lasciò il suo
nascondiglio, badando bene di guardare a destra e a sinistra prima di
mettersi su strada e seguire i due Hobbit.
Era
Esmeralda stessa ormai troppo curiosa di sapere che cosa quei tre
squinternati avessero in mente.
Era
diventata brava a nascondersi e a non farsi notare, quasi lo avesse
fatto da tutta la vita.
Esmeralda
seguì Merry e Pipino senza che i due si rendessero conto per
una sola volta di essere pedinati da qualcuno e una volta giunti
davanti alla casa di Ham Gamgee, si nascose come aveva fatto qualche
giorno prima e ascoltò quello che i tre avevano da dire.
“Sei
sicuro?” chiese Merry dopo che Sam aveva raccontato in maniera
striminzita la sua storia.
“Si,
signorino Merry. Il padrone non può tenere con se l'Anello del
signor Bilbo e lo deve portare lontano dalla Contea. Ma ho giurato di
non dire nulla, quindi da qui il mio racconto si blocca!”
rispose Sam con zelo.
Pipino
guardò Merry in silenzio. E fu quest'ultimo a prendere di
nuovo parola e dire:
“Quindi
Frodo vuole partire per l'avventura senza portarsi dietro noi.
Un'avventura pericolosa tra l'altro... E per giunta vuole sparire
come ha fatto lo zio Bilbo quando è andato ad uccidere il
Drago Smaug” scosse la testa e guardando i due continuò:
“Sapete che vi dico. Che voglia o no, noi tre seguiremo Frodo.
E vi dico di più: faremo finta di aiutarlo e di non sapere
nulla dei suoi piani. Poi, al momento opportuno ammetteremo di sapere
tutto e lo costringeremo a portarci con lui. Che ne dite?”
Sam
e Pipino di guardarono negli occhi e sorridendo risposero di si in
direzione di Merry.
Questo
bastò ad Esmeralda per capire che, a breve, avrebbe fatto i
bagagli e avrebbe seguito quell'insolita carovana.
Amava
Frodo e aveva diritto di stargli accanto in quella prova difficile.
E
sospirando, mentalmente studiò un piano che l'aiutasse a
seguire Frodo senza destare i sospetti di Merry o Pipino.
Si
allontanò dal suo nascondiglio e raggiunse il bivio alla fine
della via. Nascondendosi di nuovo attese che i tre passassero. Se
aveva fortuna e se i tre hobbit avrebbero agito come lei aveva
pensato, era probabile che si sarebbero divisi: Merry e Pipino che
andavano via per primi; Sam che seguiva a ruota o che rimaneva a
casa. In entrambi i casi lo avrebbe raggiunto e gli avrebbe parlato a
quattrocchi.
Attese
qualche secondo e poi, come sperato, gli hobbit si allontanarono
divisi. E, fortuna insperata, Sam aveva lasciato la casa per andare
al Drago Verde. Fu allora che Esmeralda si palesò al
giardiniere e disse:
“Vedo
che la minaccia di essere tramutato in un rospo macchiato e di essere
gettato in un giardino pieno di serpi non ha alcun effetto su di te,
Sam Gamgee!”
Sam
si drizzò come se qualche cosa o qualcuno lo avessero colpito
alle spalle. Lentamente si voltò e quando vide Esmeralda
uscire dal suo ennesimo nascondiglio, disse:
“Signorina
Esmeralda... Che ci fate voi qui? E come sapete delle serpi?”
Esmeralda
si avvicinò e sorridendo rispose:
“Sai.
Sono una donna. E le donne sanno sempre come fare quando si tratta di
sentire le chiacchiere sui fatti altrui!” e diventando seria e
dura, aggiunse: “So tutto dell'Anello e del viaggio di Frodo. E
so che anche tu, Merry e Pipino lo seguirete, che Frodo voglia o
no...”
“Ma...
Ma...” balbettò stupidamente Sam che venne bloccato da
Esmeralda che disse:
“Niente
ma! Io vengo con voi. E non voglio che tu lo dica a qualcuno. Perché,
se lo farai, spiffererò a Frodo il fatto che tu hai raccontato
tutto a Merry e Pipino e ti guarderò mentre Gandalf ti
trasforma in un rospo macchiato e ti da in pasto alle serpi”
Sam
deglutì ed Esmeralda concluse:
“Mi
prometti che mi dirai tutto quello che deciderà Frodo, Merry e
Pipino?”
Sam
annuì con gli occhi e la bocca stupidamente spalancati.
Esmeralda,
ottenuto quello che voleva, sorrise e dando qualche piccola pacca
sulla spalla di Sam, disse:
“Bene!
Allora aspetto solo qualche tua notizia!” e senza nemmeno
salutarlo si allontanò.
Esmeralda
non lo sapeva, ma in quel momento anche lei si era gettata nella più
grande avventura della sua vita. E che nulla, da quel momento in poi,
sarebbe stato più lo stesso.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Lontano da casa ***
4
Lontano da
casa.
Fu
con gran sorpresa che Esmeralda scoprì che non avrebbe avuto
bisogno di Samwise per seguire i movimenti di Frodo. Una mattina,
infatti, non molto tempo dopo la partenza di Gandalf e dalla scoperta
dei piani del cugino di Merry e Pipino, che in tutto il paese
cominciò a parlare di un fatto strano. Anzi, stranissimo:
Frodo Baggins vendeva Casa Baggins e tornava a vivere nella Terra di
Buck, dove, aiutato da Meriadoc Brandibuck, aveva trovato una piccola
casa a Crifosso. E cosa ancor più straordinaria era la notizia
che avrebbe venduto la casa ai tanto odiati Sackville-Baggins.
Superato
il primo momento di sorpresa che aveva lasciato sbigottiti i più,
ben presto si sollevò un vero e proprio vespaio e in città
la notizia che Frodo lasciava Hobbiville oscurò tutte le
altre, anche le più importanti.
Non
c'era uomo, donna, vecchio o bambino che non parlava di questo fatto
strano. E se ci fossero riusciti, visto con chi erano vissuti in
tutti quegli anni, anche gli animali avrebbero parlato di questo.
Esmeralda
invece non era per nulla stupita. Se faceva due conti riusciva a
capire che Frodo non poteva partire come aveva fatto Bilbo tanti anni
fa, sparendo nel nulla. Se lo avesse fatto avrebbe attratto troppa
curiosità su di se e la gente avrebbe cominciato a farsi
domande. E stavolta non era proprio il caso che lo facesse.
Non
era quindi una cosa tanto strana per Esmeralda che suo cugino Frodo
andasse in giro ad incoraggiare voci che lo volevano sull'orlo della
bancarotta e quindi costretto a vendere Casa Baggins anche al suo
peggior nemico.
Ciò
che Frodo non sapeva era che Sam, senza che lui lo sapesse, informava
sia Merry e Pipino, che Esmeralda su ogni suo movimento e perfino
sulla data della sua partenza.
Una
bella congiura in parole povere.
Ma
nemmeno tanto grande.
Frodo
infatti ammise davanti alla più grande gola profonda di tutta
Hobbiville che pensava di partire per il giorno del suo compleanno.
Non
bastò mezz'ora affinché tutto il paese lo sapesse.
L'estate
era calda e assolata. Frodo guardava fuori dalla sua finestra e il
suo cuore era colmo di dolore. Ora che doveva andarsene, non voleva
lasciare la Contea, non voleva stare lontano da casa. Si stava
rendendo conto di amare quei luoghi, quei campi floridi, quel
paesaggio bucolico da cui era scappato negli anni successivi la
partenza di Bilbo. Avere la certezza di doversene andare lo riempiva
di dolore e gli sembrava quasi che non avesse abbastanza tempo per
congedarsi da ogni cosa, ogni piccola zolla di terra.
Tirò
una grande boccata dalla sua pipa. L'erba pipa di Pianilungone lo
calmava e lo rilassava e non gli faceva pensare per un solo attimo
che stava per lasciare tutto.
Aprì
gli occhi mentre espelleva il fumo in grandi cerchi, quando vide una
piccola figura camminare veloce. Era una donna, o meglio, una ragazza
hobbit. E se la vista non lo ingannava, lui conosceva quel modo di
camminare veloce. Quella figura che si muoveva veloce e con la testa
china verso il piccolo camposanto era Esmeralda. La stessa -come
Merry sosteneva- andava a Casa Baggins solo perché follemente
innamorata di lui. Questo pensiero per Frodo era a dir poco
incredibile: se fosse stato vero perché, dopo la partenza di
Bilbo, Esmeralda non si era più fatta vedere?
Sorrise
ripensando a questa eventualità piuttosto assurda e seguì
Esmeralda da lontano. L'ultima volta che l'aveva vista era stato alla
veglia funebre della madre. Ricordava quanto quel viso che ricordava
gioioso fosse diventato di colpo cupo e duro, quasi invecchiato di
mille anni. Dopo quel giorno, dopo quel bacio che le aveva dato sulle
guance bagnate dalle lacrime salate, Frodo si era ripromesso mille
volte di andare a trovare Esmeralda e portarle un po' di conforto,
soprattutto dopo la grave malattia che aveva colpito Ponto rendendolo
una larva. Ma le sue nuove amicizie e i vari impegni lo tennero
lontano dalla casa di Ponto, facendogli perdere ogni rapporto con la
piccola Esmeralda.
Chinò
la testa e respirò a fondo. Sentiva dei sensi di colpa
invaderlo nel profondo. Forse avrebbe dovuto fare qualche cosa di
più, forse avrebbe dovuto essere più vicino a quella
ragazza che da sola stava affrontando il mondo nella sua versione più
dura e cattiva.
Sollevò
la testa e guardò la strada. Esmeralda non c'era più.
Doveva
aver raggiunto il camposanto. Forse al suo ritorno le avrebbe
parlato.
O
forse il giorno dopo.
Sicuramente
prima di partire.
Quando
avrebbe trovato il coraggio di guardarla negli occhi senza sentirsi
in colpa.
Esmeralda
stava seduta sull'erba con le gambe strette al petto e le lacrime che
le bagnavano il viso.
Il
terriccio smosso qualche anno prima per coprire la salma di sua madre
Petunia aveva cominciato a coprirsi di una piccola peluria verde
simile a muschio. I gigli che aveva portato alla madre era un po'
sciupati dal caldo e dalla corsa di Esmeralda che per scappare dallo
sguardo della gente curiosa non si era curata della sorte dei poveri
boccioli.
Sospirò
e guardando verso la piccola tomba della madre disse, con la voce
rotta dai singhiozzi:
“Lo
so che cosa pensi. Ma io devo farlo. Lo amo e non voglio che corra
dei pericoli inutili. Tu lo hai sempre saputo che ero innamorata di
Frodo Baggins e non hai mai detto nulla. Mi facevi andare alla casa
dello zio Bilbo e mi guardavi silenziosa. Ma se solo avessi saputo
che pericolo si celava tra quelle mura, forse mi avresti proibito di
andare. Perché sapevi che per il forte sentimento che provavo,
avrei seguito Frodo fino in braccio alla morte, se il caso lo
richiedeva...” con un gesto stizzito asciugò le lacrime
che le bruciavano gli occhi. Come odiava piangere.
Allungò
le braccia e fissò la punta delle dita nel quale spuntava
unghie spezzate e rovinate: che ne era stato della piccola
principessa che cresceva nella bambagia? Era andata anche lei
sottoterra assieme alla madre in un giorno di primavera e ora
rimaneva ben poco, se non che una scorza dura. Gridò
frustrata, sentendo il senso di colpa crescere come un piccolo mostro
implume e senza forma, dentro il suo petto. Alcuni uccellini
spaventati da quel grido improvviso in quel luogo di quiete e
silenzio, pigolarono più forte, quasi protestassero.
“Lo
so che non vuoi che vada! Lo so che vuoi che rimanga con il papà.
Ma parli bene tu, qua. A casa è diventato un inferno. Lui sta
li tutto il giorno a spaventare la gente, aspettando qualcuno che non
tornerà, impazzito e sporco, quasi non si rendesse conto di
essere vivo. Tutti gli amici sono andati via, perfino Pipino non
viene più a trovarci... Non che prima della tua morte le sue
visite fossero frequenti, ma almeno varcava la soglia, sorrideva e se
ero triste il poter solo scherzare con lui mi rendeva felice... Ora
non ho nemmeno quello, mamma. Non ho più nulla. Solo questo
viaggio. Solo la possibilità di scappare da questa vita!”
asciugò
di nuovo gli occhi, meno bagnati di prima. Era risoluta, non
tranquilla. Aveva smesso di esserlo da quando suo padre, guardandola
con occhi vacui le aveva detto 'tu non sei Petunia' e
indicando la finestra, con passo incerto, aveva aggiunto 'porta la
mia poltrona vicino alla finestra. Mia moglie deve essere uscita e
non ci metterà molto a tornare...' e si era fermato per
sempre, in quell'attesa inutile. Da allora aveva capito che se voleva
uscire da quella prigione che era diventata la sua casa doveva solo
scappare. Scappare senza dire nulla a sua sorella che mai si sarebbe
presa la responsabilità di accudire il loro vecchio e pazzo
padre. Angelica che nonostante fosse noto a tutto il paese che non
fosse per nulla felice, non voleva lasciare la sua vita perfetta
fatta di agi e di cose belle.
Guardò
il terriccio smosso e lo accarezzò fugacemente con una mano e
sorridendo disse:
“Pensa
solo che se tutto va bene mi sposerò con Frodo e sarò
felice... Puoi esserlo anche tu per me, mamma?”
Si
voltò di scatto e guardò verso il piccolo sentiero
sterrato con dei piccoli steccati che delimitavano il cammino. Aveva
gli occhi sbarrati e guardava terrorizzata chi si stava avvicinando e
poteva anche solo aver colto una parte di quella 'discussione'
e quindi poter aver capito non solo le sue intenzioni, ma anche
quelle di Frodo, scoprendolo.
Tirò
un sospiro di sollievo quando vide Sam che sorridendo, mettendo le
mani avanti per tranquillizzarla disse:
“Non
temete signorina Esmeralda. Sono io. Sono Sam!”
Esmeralda
sorrise e rispose, volgendo lo sguardo di nuovo sulla tomba della
madre:
“Sam
Gamgee mi hai fatto prendere proprio un colpo” e voltandosi
verso di lui, domandò: “Ma che ci fai qui?”
“Ho
chiesto a vostra sorella dove foste e lei mi ha detto che vi avrei
trovato qua!”
Esmeralda
lo guardò con gli occhi di fuori e subito chiese troppo
agitata per pensare alla cortesia e alle buone maniere:
“E
hai inventato una qualche scusa per non destare sospetto...?”
“Ho
detto che mi mandava il padron Frodo...” la bloccò Sam
mettendosi a sedere vicino a lei e con un sospiro aggiunse: “...
Sono stupido, ma non così tanto!”
Esmeralda
scosse la testa con un sorriso e replicò:
“Scusami
tu Sam. Sono io che sono stata una stupida. E che ho paura che
scoprano tutto e...”
“Sono
felice che veniate anche voi, signorina!” la bloccò sa.
Esmeralda
sbarrò gli occhi e disse:
“Come,
scusa?”
Sam
sorrise e annuendo ripeté:
“Sono
felice che voi veniate con noi. E sapete perché?” chiese
Sam godendosi l'ombra di un grande olmo che stava nel campo.
Esmeralda
scosse la testa con la bocca aperta in una piccola 'o' di sorpresa e
Sam continuò:
“Voi
amate il padrone. Lo amate più di quanto lo amano il
signorino Pipino e il signorino Merry. E per quanto loro siano degli
uomini, so che dovrò avere mille occhi per badare al signor
Frodo. Con voi al mio fianco so che il padrone sarà protetto
per bene!”
Esmeralda
chinò la testa e sorridendo rispose:
“Ho
quasi pensato che mi stessi facendo una dichiarazione d'amore e che
dovevo vedermela con Rosie...”
Sam
arrossì e cominciando a balbettare per l'imbarazzo rispose
grattandosi la testa:
“No!
No! Non volevo dire... Io non sono... E Rosie... Oh! Com'è
imbarazzante!”
Esmeralda
rise divertita da tutto quel balbettare e abbracciando Sam replicò:
“Tranquillo
Sam. Ho capito che non volevi dire nulla a me” e staccandosi da
lui, anche lei imbarazzata da quel suo gesto impulsivo, domandò:
“Anche se credo che tu non sia venuto fino a qui per dirmi che
ti fidi di me Sam Gamgee. Che cosa dovevi dirmi?”
Sam
guardò il tumulo di Petunia Baggins. Sembrava quasi intimorito
a dire quello che doveva davanti alla tomba della madre di Esmeralda.
Ma si fece coraggio e serio disse:
“Il
signor Frodo ha incominciato ad impacchettare le sue cose e a
spedirle a Crifosso, nella sua nuova casa nella Terra di Buck!”
“So
che Frodo ha preso una casa a Crifosso, Sam. Ne parla tutto il paese
e tu me lo hai detto all'inizio dell'estate, dopo che io lo avevo
sentito da mia zia Peonia a cui lo aveva detto Frodo stesso...”
lo interruppe di nuovo Esmeralda, ma Sam intervenne e continuò
scuotendo la testa:
“No!
No! Mi ha detto che dobbiamo tenerci pronti. Partirà la sera
del suo compleanno. Ha detto che non vuole lasciare la casa ai
Sackville-Baggins un solo giorno prima! Sono venuto a dirvi che la
sera del 22 Settembre è meglio se vi fate trovare nei pressi
di Casa Baggins e che stiate nascosta fino al nostro arrivo a
Crifosso, come avevamo accordato in precedenza!”
Esmeralda
guardò davanti a se, fissa, in silenzio.
Ora
era tutto certo. Meno di sei settimane e sarebbe partita. Lontana da
Hobbiville, lontana da suo padre, da sua sorella, dalla tomba di sua
madre. Lontano da casa.
Passò
una mano dietro il collo e sorridendo tirata rispose:
“Grazie
Sam. Forse è meglio che per un po' tu non mi rivolga la
parola. Lo dico nel tuo interesse. Se Frodo dovesse scoprire qualche
cosa credo che andrebbe per davvero su tutte le furie. E mi
raccomando: acqua in bocca anche con miei cugini!”
Sam
annuì e senza aggiungere altro si alzò e lasciò
Esmeralda da sola. Rimase qualche secondo in silenzio poi, voltandosi
verso la tomba della madre sussurrò:
“Ci
siamo. È arrivato il momento!” e baciando la punta delle
dita, poggiò la mano sulla sabbia e si allontanò dal
camposanto, cercando di pensare ad un modo per non far capire a sua
sorella che la sera del 22 settembre non sarebbe stata a casa sua al
momento del risveglio.
“Ma
tu pensi che io non abbia altro da fare nella mia vita che stare con
un vecchio rimbambito per tutta la giornata?”
“Si
da il caso che il vecchio rimbambito sia anche tuo padre, Angelica!”
“Cara
piccola Esmeralda! Devo forse ricordarti che io, da dieci anni, sono
una donna sposata?”
“Oh,
si ! Certo! Come ho potuto dimenticare il tuo caro marito che
maltratti dalla mattina alla sera!”
“Piccola
insolente!”
Era
così ogni volta. Quando Esmeralda chiedeva ad Angelica di
passare un po' di tempo con Ponto, in casa si cominciava a litigare e
non si sapeva quando e come si sarebbe finito.
Ma
quella volta Esmeralda non poteva rischiare. Era il 20 settembre.
Aveva un fagotto e un vecchio vestito di suo padre che avrebbe
indossato durante il viaggio che l'attendevano in camera sua,
nascosti allo sguardo vigile di qualsiasi hobbit curioso. Per il
viaggio avrebbe indossato il vecchio mantello di sua madre che
indossava sempre.
Aveva
preparato tutto. Aveva chiesto a sua zia Peonia di andare a casa sua
la mattina del 22 perché lei doveva sbrigare delle faccende.
Esmeralda sapeva che la zia non avrebbe mai abbandonato suo padre. Ma
lo stesso non poteva dire per Angelica sua sorella, troppo piena di
se e della sua vita semplice perfetta nella sua imperfezione che non
cedeva di un solo passo quando si trattava di Ponto. Ma non quella
volta. Quella volta Angelica doveva stare a casa fino all'arrivo
della loro zia Peonia. E a quel momento, lei, Esmeralda, sarebbe
stata lontana da raggiungere. Troppo lontana da Hobbiville per poter
tornare indietro.
Scappando
da sua sorella, pronta a lanciarle dietro uno dei pentolini di
alluminio che era appartenuti a loro madre, Esmeralda congiunse le
mani a mo scusa e implorò:
“Ti
prego Angelica. Ascoltami! Io quella mattina devo uscire prima
dell'alba. Devo andare lontano da Hobbiville. Sto cercando un lavoro.
Qua i soldi cominciano a scarseggiare e non possiamo permetterci di
chiedere aiuto alla famiglia di tuo marito. Sarebbe troppo umiliante
per te, non trovi?”
Quelle
parole accesero come una luce nella testa di Angelica che con ancora
il pentolino di rame in mano, si fermò a guardare il vuoto. In
effetti Esmeralda aveva bisogno di lavorare. E poi, non doveva
sacrificarsi per molto. Dopo averlo aiutato a mettersi a sedere nella
sua sedia, Ponto sarebbe stato lì fermo a guardare il nulla,
aspettando che sua moglie tornasse. A quel punto sarebbe arrivata la
zia e sarebbe tornata a casa sua. E avrebbe anche risolto il fatto
che la sua famiglia stava diventando indigente. Guardò
Esmeralda e seria disse:
“Hai
avvertito già la zia?”
“Si!”
rispose Esmeralda illuminandosi.
“E
le hai parlato del fatto che potresti cominciare a lavorare?”
domandò ancora Angelica.
“Certo!
Ha detto che non ci sono problemi che ci darà una mano con il
papà!” replicò Esmeralda.
Angelica
percorse la cucina a grandi falcate, guardando il pavimento con due
dita sotto il mento.
Esmeralda
la guardava speranzosa, con le dita incrociate dietro la schiena.
Aspettò
qualche secondo poi Angelica si voltò e disse:
“Bada
bene che se è un modo per dartela a gambe quando ti trovo
io... Io...”
“Darmela
a gambe!” esclamò Esmeralda ridendo. “E dove
dovrei andare?” chiese incrociando le braccia e fissando la
sorella.
Angelica
la guardò in silenzio e scuotendo la testa ribatté:
“E
che ne so io! Tu sei sempre stata quella con la testa per le
avventure e per i viaggi strani di Bilbo. Cosa credi che non ho mai
avuto paura di non trovarti a casa una mattina di queste e di
scoprire che eri sparita come lo zio Bilbo?”
Esmeralda
rise scuotendo la testa. Angelica non lo sapeva ma era andata
vicinissima alla realtà.
Ma
doveva fingere. Si avvicinò alla sorella e poggiandole una
mano sulla spalla la rassicurò:
“Tranquilla.
Il giorno che me ne andrò di qui significherà che sono
morta o che mi sono sposata. Sino ad allora non dovrai preoccuparti
di nulla!”
Angelica
la guardò e scansando la mano con una punta di fastidio disse:
“Se
lo dici tu! Allora ci vediamo sorellina!” e prendendo il
mantello aprì la porta tonda che cigolò forte facendo
sollevare la testa di Ponto che gridò:
“PETUNIA!”
Angelica
lo guardò e rispose:
“No.
Sono io papà. Sono solo Angelica!” e guardando per un
ultima volta Esmeralda lasciò la casa.
E
quando la porta tonda si chiuse, con gli occhi lucidi, Esmeralda
sussurrò:
“Addio
sorellina!”
Esmeralda
stava china nel focolare a spegnere le ceneri del fuoco che aveva
spento.
Quando
fu abbastanza contenta del suo lavoro, si sollevò e guardò
il padre che stava fermo nella sua poltrona, con la testa reclinata
di lato e che dormiva profondamente.
La
sera tanto attesa era giunta infine. Aveva indossato gli abiti prima
di mangiare e il fagotto, il mantello e il bastone stavano vicini
alla porta.
Se
suo padre sospettasse qualche cosa Esmeralda non lo sapeva. Sapeva
che non voleva turbarlo e che non gli avrebbe detto direttamente che
sarebbe partita. Anzi, a malincuore, aveva deciso di salutarlo come
faceva tutte le sere, mettendolo a letto presto e fingendo di fare lo
stesso anche lei.
Sistemando
i boccoli neri affinché non scappassero via, Esmeralda, pulì
le mani dalla cenere e si avvicinò al padre. Sorrise
scuotendolo un po' e lui si sveglio con un buffò balzò
mormorando un confuso:
“Papà
non sono stato io. Giuro. È stato Porto. Chiedilo a Peonia!”
Esmeralda
sorrise e dolce lo rassicurò sussurrando:
“Tranquillo
papà. Sono Esmeralda!”
Gli
occhi vitrei dell'uomo scrutarono quelli di Esmeralda e sorridendo
per la prima volta dopo anni, le accarezzò una guancia e
disse:
“La
mia piccola principessa!”
Esmeralda
sbarrò gli occhi per la sorpresa e la paura. Era da tempo che
non riconosceva più il viso di chi gli stava intorno.
Possibile che proprio quella sera avesse ripreso a ricordare, a
tornare nel mondo dei vivi dal quale per troppo tempo era scappato?
“Si
sono io!” disse lei con le lacrime agli occhi.
Ponto
annuì, piangendo a sua volta, accarezzando la mano che la
figlia le aveva poggiato sulla spalla. Poi, tornando a guardare
davanti a se, aggiunse:
“Di
a tua madre di aggiungere un'altra coperta. Comincia a fare freddo!”
In
un solo attimo Esmeralda provò sollievo e un dolore lacerante
squarciarle il petto. Suo padre non ricordava nulla. Quello di prima
era stato solo un raggio di sole che aveva bucato per qualche secondo
le nubi, facendolo tornare per un infinitesimale momento alla realtà.
Poi il raggio di sole era sparito e nella testa di Ponto era tornato
il buio.
Esmeralda
tirò su con il naso e asciugando qualche lacrima, disse:
“Ora
andiamo a dormire, papà. La mamma ritorna tra poco!” e
aiutandolo ad alzarsi lo accompagno nella stanza.
Fece
le solite azioni con il cuore pieno di un'emozione diversa. Era la
solita routine, sempre la solita cosa che faceva tutti i giorni. Un
braccio, poi un altro. Via la camicia. Di nuovo un braccio, di nuovo
l'altro. Ed ecco indossata la casacca del pigiama.
Prendendo
il braccio del padre con delicatezza lo condusse al letto dove,
scansando le coperte, lo fece sdraiare e lo coprì. Poi,
baciandole la fronte, piangendo, sentì che quello poteva
essere un addio e il suo cuore si riempì di un sentimento di
profonda tristezza. E in un sussurrò, mormorò
nonostante la voce rotta dal pianto:
“Addio
papà. Ti voglio bene!”
Ponto
la guardò. Sorrise come un bambino che non capisce quello che
gli stai dicendo e le accarezzò una guancia rispondendo con un
ottuso:
“Ti
voglio bene anche io, Petunia!”
Esmeralda
annuì e sollevandosi spense il lume. Fu quando stava per
uscire dalla camera e dirigersi verso l'entrata della caverna che
sentì:
“Stai
attenta!”
Esmeralda
sbarrò gli occhi, ma non volle illudersi e voltandosi, con un
sorriso rispose:
“Lo
farò. Stai tranquillo papà!” e chiudendo la porta
andò a prepararsi.
Guardò
il bastone di Ponto che stava tra le sue mani. Era vecchio e nodoso.
Però ricordava che quando era piccola e con Pipino giocava
alle avventure dello zio Bilbo lo rubava e giocava fiera di quel
vecchio bastone che grandi viaggi non ne aveva conosciuto.
Ora,
impugnando quel bastone sapeva che la mossa successiva era una.
Aprire la porta e lasciare la casa. Guardò la sua mano
apparire da sotto il mantello vinaccia e sorridendo girò la
maniglia e uscì. Fuori la brezza scompigliò i capelli
che cadevano sulla fronte e che il cappuccio del mantello non aveva
riparato. Guardò la strada e con un sorriso ricordò una
filastrocca di Bilbo che diceva:
'La
Via prosegue senza fine
Lungi
dall'uscio dal quale parte.
Ora
la Via è fuggita avanti,
Devo
inseguirla ad ogni costo
Rincorrendola
con piedi alati
Sin
all'incrocio con una più larga
Dove
si uniscono piste e sentieri
E
poi dove andrò? Nessuno lo sa.'
E
ancora prima che potesse rendersene conto stava canticchiando,
diretta in Via Saccoforino.
Non
pensava al pericolo.
Non
ancora.
Non
nella Contea.
Stava
canticchiando la sua canzone ed era quasi vicino alla casa del
Gaffiere quando sentì come un lungo sibilo e poi una voce
acuta.
E
subito dopo la voce del Gaffiere.
E
nascondendosi, cercò di mettere a fuoco nell'oscurità le due figure,
cercò di carpire parti del discirso tra i due, non riuscendoci. E sussurrando frustrata disse:
“Ma
cosa sta succedendo?”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** In quattro... si viaggia meglio! ***
Colgo
l'occasione per ringraziare nini e arena per avermi recensito e per
seguire lo scazzo di questa piccola fan di Tolkien. Spero di non
deludervi e che la storia non offenda la sensibilità dei fans
di Tolkien. Vorrei anche ricordarvi che per i personaggi e per le
loro descrizioni userò quelle degli attori del film, nel caso
doveste notare delle discrepanze tra il Frodo del libro e quello che
descrivo io che, lo ammetto, assomiglia ad Elijah Wood.
Detto
questo ringrazio anche i lettori silenti che non recensiscono ma che
ci sono.
E
auguro -e spero lo sia davvero- una buona lettura.
5.
In
quattro... si viaggia meglio.
Esmeralda
trattenne il respiro e si appiattì contro il muro. Non capiva
perché, ma quell'uomo nero seduto in sella ad un cavallo nero
come lui, le faceva battere il cuore all'impazzata.
Chi
era? Che cosa poteva cercare nella Contea uno della Gente Alta?
“Cerco
Baggins! Conosce Baggins?” sibilò rivolto al Gaffiere.
Il
vecchio Ham non tradì una nota di paura nella voce, ma non
scappò, al contrario disse:
“Il
signor Frodo non è più qui!”
“E
le sue cose? Ha qualcosa di mio!” sibilò ancora lo
strano Cavaliere.
“Nemmeno
la roba è qua. L'hanno tutta impacchettata e spedita via, vi
dico.” ripeté il Gaffiere.
Esmeralda
era davvero ammirata dal coraggio del vecchio giardiniere. Solo
stando ferma lì sentiva i capelli nella nuca rizzarsi per la
paura.
“Perchè?”
sibilò il cavaliere. “Dove è andato?”
Ci
fu un attimo di silenzio in cui Esmeralda sentì chiaramente il
suo cuore battere forte contro la cassa toracica e aveva davvero
paura che qualcuno lo potesse sentire. O che quell'essere immondo
riuscisse a fiutare la sua parola. Perché era quella la cosa
che spaventava più Esmeralda. Il fatto che annusasse l'aria,
come alla ricerca di qualche cosa.
“Perché?
Non sono affari miei, e nemmeno vostri. Dove si è trasferito?
Non è un segreto: a Buckburgo, o qualcosa del genere, laggiù
da quelle parti.”
“Dista
molto?” sibilò il cavaliere.
Il
Gaffiere guardò la strada e annuendo rispose,ora quasi
infastidito da tutte quelle domande che quello strano straniero le
stava facendo:
“Sì,
c'è un bel po' di strada; io personalmente non ci sono mai
stato: c'è della gente strana, lì nella Terra di Buck.”
Esmeralda
trattenne a stento una risata. Era una cosa normale per il Gaffiere
vedere con occhio cattivo chiunque amava andare su delle barche. Per
lui un vero Hobbit doveva stare con i piedi piantati per terra e non
con il sedere poggiato sul sedile di una bagnarola.
Poi
un lungo sibilo la fece tornare alla realtà e tendendo
l'orecchio sentì:
“Può
portargli un messaggio?”
“No,
non posso trasmettere nessun messaggio. Buona notte!” risolse
indispettito il Gaffiere lasciando il terribile cavaliere con un
palmo di naso e sbattendogli la porta sul muso. Il Cavaliere Nero non
rimase a lungo davanti alla porta, anzi, subito girò il suo
destriero verso la strada indicata dal vecchio e veloce si caracollò
verso la sua nuova destinazione.
Esmeralda
quasi non poteva credere a tanta insperata fortuna. Ora che il
Cavaliere era lontano aveva quasi dimenticato la paura che aveva
provato e si rimise nella strada aspettando che Sam si avvicinasse
per dare il segnale promesso. Con l'adrenalina in circolo si era
quasi dimenticata della grossa paura che quello strano cavaliere le
aveva fatto e non la sfiorò nemmeno l'idea che potesse seguire
Frodo -e di conseguenza lei- durante il loro viaggio verso Gran
Burrone.
Si
poggiò vicino alla porta del Gaffiere, calando il cappuccio
sul viso, tenendo il suo bastone vicino. Non attese molto. Quando
arrivò il giovane giardiniere sorrise divertita guardandolo
caracollare verso la casa del padre, come promesso.
“Sam!
Sam!” bisbigliò con voce gracchiante Esmeralda.
Sam
si guardò intorno, poi si rese conto che davanti a lui stava
un hobbit che non aveva mai visto e con voce tremante, disse:
“Chi
va là?”
Esmeralda
scosse la testa e cercando di non arrabbiarsi disse:
“Pezzo
di idiota, sono io. Esmeralda!” e uscendo dall'ombra, abbassò
il cappuccio sorridendo, mostrando il suo volto a Sam.
Il
giovane giardiniere la guardò stupito e domandò:
“Che
ci fate voi vestita da maschio?”
Esmeralda
sollevò gli occhi al cielo e indicandosi rispose:
“Non
ti passa per la testa che così mi potrei sentire più
comoda, Sam Gamgee?”
Sam
rimase qualche secondo in silenzio, guardandola con la bocca
spalancata in una piccola e divertente 'o' di sorpresa. Poi,
scuotendo la testa, indicando dietro di se, disse:
“Il
signor Frodo mi sta aspettando con il signorino Pipino dietro casa
Baggins. Dice che potrebbero seguirci e preferisce non prendere la
strada maestra!”
“Ti
ringrazio di essere venuto fino a qui per dirmi...” stava per
dire Esmeralda quasi imbarazzata da quell'atto di cortesia del
giardiniere.
“No!
No!” intervenne Sam. “Il signor Frodo mi ha mandato fino
a qui per consegnare le chiavi al mio vecchio Gaffiere. Sarei dovuto
passare qui in ogni caso!”
Delusa,
Esmeralda guardava Sam con un sopracciglio sollevato rimanendo ferma
con uno stoccafisso. Era bello che Sam fosse un ragazzo dal grande
cuore e sincero. Ma alle volte, questa sua sincerità colpiva
dritta come un gancio ben assestato.
“Tutto
bene?” chiese Sam vedendola ferma.
Esmeralda
si riprese subito e sorridendo tirata disse mettendo di nuovo il
cappuccio sulla testa:
“Io
vado avanti. Rimarrò dietro e nascosta. È una gran
fortuna che Frodo abbia deciso di non camminare per la strada
maestra, mi sarà più facile nascondermi e non farmi
vedere fino a Crifosso!”
Sam
la guardò con aria agitata, torcendosi le mani. Esmeralda che
stava sistemando il mantello e prendeva meglio il bastone, quando se
ne rese conto sollevando la testa, chiese:
“Sam
che succede?”
Sam
chinò la testa e quasi imbarazzato disse:
“Lo
so che vi ho detto che sono molto felice che voi veniate con noi. Ma
credevo che, una volta lontani dalla Contea, voi avreste deciso di
unirvi a noi...” e sollevando lo sguardo su quello fermo di
Esmeralda aggiunse, quasi facendosi forza: “Siete proprio
sicura di voler venire con noi?”
Esmeralda
incrociò le braccia e sospirando rispose:
“Tu
credi che dopo tutto quello che ho fatto, dopo tutta la forza di
buona volontà che ho dovuto mettere per uscire di casa mia, mi
chiedi di tornare indietro perché TU sei spaventato? Ma che ti
dice la testa?!”
“So
che per voi partire è importante, signorina Esmeralda. Chi più
di me lo sa. Sono venuto a casa vostra per dirvi quello che stava
succedendo o quello che aveva deciso il signor Frodo. Ho visto vostro
padre e so che per voi la situazione è diventata
insostenibile...” stava spiegando Sam quando Esmeralda sbottò:
“TU
VUOI...”
“Shhh!
Pietà signorina Esmeralda. Mio padre ci potrebbe sentire e
fare delle domande!” pigolò Sam.
Esmeralda
emise un ringhio di frustrazione e abbassando la voce, continuò:
“Tu
credi che se io, ora, vado da Frodo e gli chiedo di venire con voi
lui accetterebbe?”
“Il
signor Frodo è un hobbit molto comprensivo!” si difese
Sam.
“Non
lo metto in dubbio!” replicò sarcastica Esmeralda.
“Peccato che una cosa che Frodo non sopporti sia che qualcuno
stravolga i suoi piani. Quindi se ora vado da lui, felice come una
pasqua, vestita di tutto punto, all'ora esatta in cui doveva partire,
nel migliore dei casi mi manda via con un bacio sulla fronte; nel
peggiore ci caccia tutti e due e appena gli sarà possibile ci
manderà dietro Gandalf per mandarci una maledizione
qualsiasi!” e avvicinandosi a Sam, abbassando la voce, continuò:
“Ora sono in ballo. Devo ballare fino a che la musica non
finirà. Ho detto che partirò con voi e lo farò.
Il fatto che dovrò stare dietro, da sola, anche di notte, non
mi preoccupa. Siamo nella Contea. In nessuno dei quattro Decumani mi
può succedere nulla. Quindi tranquillizzati Samwise Gamgee.
Sono una hobbit adulta. E manca davvero poco perché diventi
maggiorenne!” e mettendo meglio il fagotto sulla spalla
concluse: “Mettiti il cuore in pace Sam Gamgee. Verrò
con voi. Che ti piaccia o no!”
Sam
sospirò frustrato. Era davvero preoccupato, ma Esmeralda era
davvero cocciuta e lui doveva tornare da Frodo e Pipino prima di
cominciare a destare sospetti di alcuna sorta. Sollevò la
testa e guardando Esmeralda disse:
“Va
bene. Cominciate ad andare. Ma badate bene! Non dovete farvi vedere.
Nascondetevi e aspettate che il signor Frodo decida di partire! E non
fate cose che potrebbero metterci tutte e due nei guai. E guai
grossi!”
Esmeralda
annuì alle raccomandazioni di Sam e sorridendo rispose:
“Non
mi vedrai una sola volta! Prometto!” e senza aggiungere altro
si allontanò, senza fare rumore come fanno tutti gli hobbit.
Sam
la guardò sparire nell'oscurità e con un sospiro disse:
“Speriamo
che la fortuna ci assista!” e voltandosi bussò alla
porta tonda della casa del padre.
Ci
volle poco prima che l'uomo aprisse e guardandolo dicesse:
“Ciao
Sam! Credevo fossi partito stamattina con il signor Frodo...”
Pipino
sbuffò infastidito, spostando un sassolino con la punta di un
ramoscello.
“Ma
dove è finito Sam? Quanto ci mette a dare una chiave al
vecchio Gaffiere?”
Frodo
lo guardò. Stava in piedi, con il suo fagotto leggero, con le
mani nelle tasche. Sorrise e tranquillo rispose:
“Non
credo che partire con qualche minuto di ritardo sia un problema.
Lascia che Sam saluti suo padre e poi partiremo!”
Esmeralda,
nascosta nell'oscurità, arrivò appena in tempo per
vederlo lì in piedi. Il suo cuore cominciò a battere
fortissimo e cominciò a sentire tanto caldo. E in un attimo,
seppur fugace, si chiese quanta strada avesse percorso per arrivare
fino a lì. E con gli occhi umidi ricordò il giorno in
cui si era innamorata di Frodo.
Un
estate di molti anni prima....
Esmeralda
stava correndo per le strade polverose di Hobbiville. Pipino la stava
seguendo perché Esmeralda gli aveva rubato un suo gioco. A
dire il vero non ci teneva parecchio, ma Pipino non sopportava che la
sua migliore amica lo prendesse in giro o gli rubasse le cose.
“Esmeralda
Baggins se non ti fermi immediatamente ti faccio male!” intimò
Pipino.
“E
tu provaci!” lo sfidò Esmeralda voltandosi.
“Dai
Esmeralda! Non ho voglia di correre!” si lamentò il
piccolo hobbit che cominciava a piangere perché l'amica non le
dava retta.
Esmeralda
si mise a ridere e si voltò di nuovo. Fu quella mossa fulminea
che le fu fatale: nella strada sterrata di Hobbiville c'era un grosso
buco che nessuno aveva sistemato. Esmeralda ci finì dentro e
cadde lunga distesa mentre il giocattolo volava qualche metro lontano
da lei.
I
piedini di Pipino corsero oltre Esmeralda per raccogliere il gioco.
Esmeralda non si era mossa e con la testa poggiata sul selciato
vedeva le persone che camminavano tranquille, ma sapeva, anche senza
vederlo, che Pipino era andato avanti per vedere in che condizioni
fosse il suo gioco. E poco dopo disse:
“Pensavo
che lo avessi rotto... Se lo avessi fatto ti avrei uccisa!”
Fu
allora che Esmeralda si sollevò. Aveva la faccia scorticata e
il ginocchio completamente pieno di sangue. Pipino la guardò
con gli occhi di fuori e indicandola gridò quasi:
“Oddio!
Stai perdendo un sacco di sangue!”
Esmeralda
guardò la gamba: sul ginocchio c'era un profondo taglio e
bruciava da impazzire, oltre che sanguinare copiosamente.
Socchiudendo un occhio, con aria dolorante disse:
“Chiama
qualcuno. Mi fa male da morire!”
Pipino
annuì e corse verso via Saccoforino. Esmeralda rimase per
terra tenendo la gamba dolorante fino a che non vide correre qualcuno
verso la sua direzione.
Era
Frodo Baggins, il nipote orfano di zio Bilbo. Esmeralda lo conosceva,
ma la sua timidezza non gli permetteva di parlare con lui. Alle volte
si dava dell'idiota visto che lui cercava in tutti i modi di legare
con lei. Ma le varie chiacchiere su di lui e sul fatto che venisse
direttamente da Villa Brandy, che stava nelle Terre di Buck. In tutta
Hobbiville, infatti, non si parlava mai bene di chi abitava vicino al
Brandivino per il fatto che stavano a stretto contatto con la Vecchia
Foresta, un posto oscuro e malvagio nel quale si narrava gli alberi
prendessero vita e riuscissero perfino a camminare. Questa grande
minaccia che incombeva sugli abitanti delle Terre di Buck li
costringeva a dormire con le porte chiuse a chiave quando scendeva la
notte, pratica alquanto strana per gli abitanti della Contea.
Aggiungendo inoltre che i Bucklandesi non avevano paura
dell'acqua e si destreggiavano più che bene tra barche e
zattera -e si diceva che qualcuno sapesse perfino nuotare- per gli
abitanti di Hobbiville questo bastava per renderli persone strane,
dal quale era meglio girare alla larga.
Vederlo
arrivare in quel momento, quindi, riempiva la bimba d'imbarazzo e di
paura allo stesso tempo. Ma una cosa che Esmeralda non poteva negare
era che quel giovane hobbit le metteva curiosità.
Lo
guardò chinarsi e fissò gli occhi sbarrati di lui
guardando il taglio:
“Sanguina
molto per davvero!” disse pensando a voce alta e guardano
Esmeralda le chiese: “Ti fa molto male!”
Esmeralda
annuì e Frodo, sollevandosi chiese ancora:
“Ce
la fai ad alzarti?”
“Posso
provarci!” rispose dolorante Esmeralda.
Detto
fatto cercò di sollevarsi, ma la gamba faceva troppo male e fu
costretta ad appoggiarsi a Frodo che sorridendo disse:
“Non
ci penso nemmeno. Non puoi camminare con questa gamba così...”
E
quello che accadde dopo fu talmente veloce che Esmeralda lo ricordava
solo a tratti veloci. Frodo che la prendeva in braccio. Pipino che li
seguiva correndo. Il profumo di Frodo. La camicia bianca che sembrava
quasi luminosa sotto il sole di quell'estate calda della Contea. La
porta di Casa Baggins che si apriva e il fresco salone della caverna
nel quale stava Bilbo intento a rileggere dei tratti del suo Libro
Rosso.
“Zio!
Esmeralda si è fatta male, portami una benda e qualche cosa
per pulire bene la ferita mentre io la porto in cucina!” disse
Frodo senza fermarsi.
“Certo
ragazzo!” esclamò Bilbo sparendo nel lungo corridoio che
conduceva alle stanze della caverna.
Frodo
adagiò Esmeralda sul tavolo e prendendo un fazzoletto dal
taschino del panciotto lo aprì con un gesto della mano e lo
bagnò sotto l'acquario.
Esmeralda
guardava attenta ogni mossa del ragazzo. Guardò il fazzoletto
fresco poggiarsi sulla carne martoriata del ginocchio e diventare
rosato mentre Frodo la rassicurava e diceva:
“Adesso
io e lo zio Bilbo ti curiamo, stai tranquilla!”
Esmeralda
annuì, mentre Pipino, con i gomiti poggiati sul tavolo e il
mento poggiato sulle mani guardava interessato la scena, in silenzio.
Non sembrava preoccupato ma affascinato dai grumi di sangue che
uscivano dalla ferita della bambina. Esmeralda si voltò e
stava per dirgli che se stava così era solo colpa sua, quando
arrivò Bilbo che disse:
“Frodo!
Controlla se qui c'è quello che ti serve!”
Aprirono
assieme la piccola cassetta di legno intagliato dove Bilbo teneva le
bende. Presero il necessario e le pulirono e fasciarono la ferita.
Esmeralda
fissava Frodo e sentiva una strana sensazione allo stomaco. Uno
strano sfarfallio che non riusciva a collocare tra le sensazioni
belle o brutte. Sentiva solo che provava lunghi brividi sulla schiena
ogni volta quello sfarfallio diventava più forte e che
aumentava ogni qualvolta Frodo avvicinava la mano al ginocchio
ferito.
“Fatto!”
disse Frodo una volta legata la benda al ginocchio.
Esmeralda
lo fissò a lungo. Teneva ancora in mano il fazzoletto che
Frodo aveva bagnato per tamponare e pulire il sangue che fuoriusciva
e il ginocchio, tra l'altro, pulsava e doleva da morire, nonostante
questo non riusciva a non guardare il giovane hobbit negli occhi.
Cosa che, tra l'altro, Frodo notò e passando una mano davanti
al viso di Esmeralda chiese:
“Sicura
che è tutto apposto? Non è che hai colpito la testa
quando sei caduta?”
Esmeralda
non parlò, ma scosse la testa in segno di diniego e sorrise
timida. Frodo rispose al sorriso e accarezzandole una guancia le
disse:
“Assomigli
tantissimo alla tua mamma. Io l'ho conosciuta che era ancora una
giovanissima ragazza hobbit e un sacco di ragazzi le facevano la
corte. Sicuramente anche tu, un giorno, avrai la fila di pretendenti
fuori casa che vogliono chiederti la mano...”
“Io
non voglio!” disse Esmeralda mettendo il broncio.
Frodo
sollevò un sopracciglio e guardandola negli occhi le chiese:
“E
perché mai una bella bambina non sogna il matrimonio o di
essere corteggiata da tanti ragazzi hobbit?”
Esmeralda
chinò la testa e giocherellando con il lembo della sua gonna
rispose:
“Non
voglio diventare come Angelica. Lei ha tanti ammiratori però è
antipatica. E mi tratta male!”
Frodo
rimase un attimo in silenzio. Esmeralda non lo seppe mai, ma Frodo
provò una grande tenerezza e una grande ammirazione per quella
piccola bambina che non voleva diventare una persona vuota e solo
piena di se. Esmeralda sentì solo quello che Frodo le disse
dopo, sollevandole il mento:
“Se
tu non lo vuoi non lo diventerai. Lo sai. E poi sei una ragazzina
troppo intelligente per finire come tua sorella. Quasi quasi mi fanno
pena tutti quei ragazzi hobbit che ti faranno la corte. Gli spezzerai
il cuore con una battuta arguta o cercando qualcuno capace di vivere
l'avventura proprio come te!”
“E
come lo sai che a me piaccio le avventure?”
Frodo
ridacchio sotto i baffi e chinandosi per guardare Esmeralda negli
occhi rispose:
“Per
il semplice fatto che pendi dalle labbra di Bilbo ogni volta che ti
racconta di Elfi e di Troll. Tu sei una vera Baggins, una vera nipote
di tuo zio Bilbo. E non mi stupirei se un giorno venissi a sapere che
sei partita per chissà dove in cerca di chissà quale
tesoro!”
Esmeralda
sorrise imbarazzata. Non ebbe il tempo di rispondere che Frodo le
chiese:
“Ce
la fai a camminare da sola?”
“Certo
che ce la fa. Solo che è troppo pigra per provarci!”
Solo
in quel momento, Esmeralda si rese conto che nella stanza era rimasto
anche il piccolo Pipino che, con il mento poggiato sui gomiti la
guardava annoiato.
Sentendosi
avvampare e non capendone il motivo, Esmeralda si indispettì e
lanciando uno sguardo di fuoco al piccolo amico rispose:
“Zitto,
idiota di un Tuc! E ricordati che se sono caduta è solo colpa
tua!”
“E
se tu non mi avessi rubato il gioco, altrimenti non saresti caduta!”
ribatté risentito Pipino.
“E
se tu non mi avessi cominciato a fare lo stupido io non ti avrei
rubato il gioco!” esclamò Esmeralda.
Pipino
stava per ribattere quando provvidenzialmente intervenne Frodo che
mise le mani avanti per calmare i due bambini e disse:
“Il
concorso delle colpe è stato fatto, va bene? Diciamo che
Pipino non deve stuzzicare la piccola Esmeralda; e che Esmeralda non
deve rubare i giochi a Pipino. Siamo d'accordo?”
I
due bambini si guardarono un po' in cagnesco e Frodo dovette
ripetere:
“D'accordo?”
“Si!”
risposero mesti i due bambini voltando i reciproci sguardi in
direzioni differenti.
Frodo
sorrise e replicò:
“Mi
sembra un buon inizio” e rivolgendosi a Pipino disse:
“Peregrino Tuc devo chiederti un favore!”
Lo
disse con un tono pomposo, cercando di dare importanza alla richiesta
che stava per fare al piccolo. Che ovviamente, sentendo il tono del
cugino, si ringalluzzì e chiese:
“Cosa
devo fare?”
“Dovresti
andare da Bilbo e dirgli che io sto accompagnando te ed Esmeralda a
casa e che rientrerò più tardi dato che c'è
Merry a Hobbiville!”
Pipino
annuì e ribatté:
“Certo!”
e senza farselo ripetere due volte, trotterellò verso
l'interno della caverna dove era sparito poco prima Bilbo.
Fatto
questo Frodo si voltò verso Esmeralda e le disse:
“Ti
porto sulle mie spalle, uhm?”
“Ma
non c'è bisogno! Posso benissimo camminare da sola!”
cercò di protestare Esmeralda.
Non
ebbe il tempo di finire che Frodo la prese in braccio e replicò:
“Non
attacca con me. E smettila di fare il maschiaccio non sta bene ad una
bambina carina come te”
Esmeralda
arrossì imbarazzata e disse:
“Se
mi rimetti sul tavolo ti permetto di portarmi sulle spalle!”
Frodo
rise di gusto e facendo sedere di nuovo Esmeralda sul tavolo si voltò
e la prese sulle spalle dicendo:
“Ecco
come ti voglio! Una signorina in cerca del suo Cavaliere!”
Esmeralda
cinse il collo di Frodo e stava per ribattere che lei non aveva
bisogno di cavalieri, quando vide il fazzoletto di Frodo:
“Il
tuo fazzoletto. Anche se mi spiace che sia macchiato di sangue...”
Frodo
lo guardò e disse:
“Tienilo
tu!”
“Ma
è il tuo!” ribadì Esmeralda che non capiva perché
Frodo non volesse il suo fazzoletto.
Frodo
scosse la testa e rispose:
“Lo
so. Ma ne ho tantissimi con me. E non credo che averne uno in più
o in meno faccia tanta differenza!”
“Allora
lo riporto quando sarà pulito!” esclamò
Esmeralda.
“Facciamo
una cosa. Tienilo tu. Fanno un buon uso e se un giorno ne avrò
bisogno, te lo chiederò di nuovo!” ribatté Frodo
divertito.
Esmeralda
guardò il fazzoletto e lo mise nella tasca.
Esmeralda
per anni si chiese se quello che aveva provato in quel momento fosse
amore. Di certo fu da allora che cominciò a pensare a Frodo
ogni sera prima di andare a dormire. E si trovò spesso, sempre
dopo quel giorno, ad arrossire violentemente quando, fissando il
turbinio della polvere attraverso un raggio di sole che bucava la
finestra, si scopriva a pensare agli occhi azzurri di Frodo.
In
effetti per anni non si seppe spiegare davvero se il suo amore fosse
nato quella sera di diciannove anni prima. Forse lo capì la
sera della partenza di Frodo da Casa Baggins, mentre nascosta lo
guardava stagliarsi contro il cielo notturno pacato, tranquillo,
quasi indifferente a quello che poteva succedere durante quel
viaggio.
E
mentre Sam Gamgee si avvicinava ai due compagni di viaggio ammettendo
di aver decimato le scorte di birra di Casa Baggins, Esmeralda lasciò
un po' di vantaggio ai tre guardandoli allontanarsi. Fu allora che,
dalla tasca destra del pantalone di suo padre estrasse una cosa, che
tenne stretta in un pugno: era il fazzoletto di Frodo.
Si
era rovinato un po' perché dopo quel giorno, Esmeralda, lo
aveva usato parecchio.
Ma
l'importante era qualche cos'altro. E di sicuro era che, con quel
viaggio non solo avrebbe tenuto fede al suo giuramento, ma avrebbe
finalmente confessato a Frodo i suoi sentimenti.
Tutto
al momento opportuno.
E
cominciando a incamminarsi, sorrise mentre Frodo Pipino e Sam
camminavano in modo tale che nemmeno un hobbit avrebbe potuto
sentirli, Esmeralda chinò la testa e badando bene di non farsi
vedere, seguì i tre ascoltando quello che dicevano, senza
sapere che la stessa strada l'aveva fatta Bilbo per lasciare la
Contea diciassette anni prima.
NdA:
il pezzo in grassetto e corsivo è un ricordo di Esmeralda.
Vorrei precisare perché alle volte ho introdotto flashback e
non si è capito -vedi 'Un amico particolarmente importante'-.
Chiedo scusa per questa precisazione ma l'ho fatta per farvi capire
meglio la storia!!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Cortesie, rimorsi, paure e inaspettate sorprese ***
Colgo
l'occasione per ringraziare nini e arena per avermi recensito e per
seguire lo scazzo di questa piccola fan di Tolkien. Spero di non
deludervi e che la storia non offenda la sensibilità dei fans
di Tolkien. Vorrei anche ricordarvi che per i personaggi e per le
loro descrizioni userò quelle degli attori del film, nel caso
doveste notare delle discrepanze tra il Frodo del libro e quello che
descrivo io che, lo ammetto, assomiglia ad Elijah Wood.
Detto
questo ringrazio anche i lettori silenti che non recensiscono ma che
ci sono.
E
auguro -e spero lo sia davvero- una buona lettura.
6.
Cortesie, rimorsi, paure e inaspettate
scoperte.
“Devi
prometterti che se io non sarò a Brea quando arriveranno ti
prenderai tu cura di loro!”
Gandalf
sembrava teso. Il suo volto sembrava patito, invecchiato ancora di
più.
“Promettimelo
Aragorn!” ripeté quasi disperato.
L'uomo
misterioso guardò la mano che stava poggiata sul fodero di una
spada. Sorride amaro e sfoderandola mostrò che la spada altro
non era che una lama spezzata.
“Narsil
non serve per difendere. È solo un cimelio in frantumi! Cosa
posso fare io per l'attuale Portatore, Gandalf?”
Gandalf
sorrise e sembrava quasi farlo con dolcezza.
“Narsil
sarà pure distrutta, ma è comunque la spada di un Re. E
sai che se vai a Gran Burrone l'abilità degli Elfi può
riforgiarla!”
L'uomo
misterioso -o meglio Aragorn!- chinò di nuovo la testa. Gran
Burrone. Imladris, l'Ultima Casa Accogliente. E là c'era
qualcuno di importante per lui. Qualcuno che non vedeva da troppo
tempo.
“E
se io non volessi raccogliere l'eredità di Isildur? E se
l'Anello corrompesse anche il mio cuore? Non discendo forse dalla sua
stessa stirpe?” domandò l'uomo.
Gandalf
scosse la testa e con la stessa dolcezza di un padre, di un maestro
che spiega al suo allievo che non deve aver paura di mettere in atto
ciò che ha imparato, poggiò la mano su quella di
Aragorn e rispose:
“Sei
l'erede di Isildur, non Isildur stesso!”
Lo
sconosciuto rimase in silenzio. Guardava il vuoto chiedendosi se
accettare sarebbe stato giusto.
Sapeva
che se lo avesse fatto nulla sarebbe stato più come prima. E
che lui avrebbe dovuto prendere in mano le redini e accettare, di
conseguenza, il suo destino.
“Veglierai
sul Portatore, Aragorn? Veglierai su Frodo?”
Aragorn
sollevò la testa. E deciso rispose:
“Lo
farò. E accetterò il mio destino...”
Esmeralda
si muoveva mentre dormiva.
Quando
ad un tratto un rumore e un grido di dolore la fece svegliare di
soprassalto.
Impugnando
il bastone, pronta a colpire, disse decisa nonostante la forte paura:
“Chi
va là?”
“Ohi!
Ohi! Ohi! La mia povera testa!” si lamentò il
disturbatore.
Esmeralda
impugnò meglio il bastone e intimò:
“Mostrati
e bada di tenere le mani alte sopra la testa o avrai un altro
bernoccolo a fare compagnia all'altro!”
Le
piante si mossero, spostate dal passaggio di qualcuno. Esmeralda
impugnò meglio il bastone e cominciò a sudare freddo: e
se fosse stato il Cavaliere Nero che aveva interrogato il Gaffiere ad
Hobbiville? Quello era un 'Gambe Lunghe'! Cosa poteva una
ragazza hobbit contro di lui.
Trattenne
il fiato guardando le piante che si aprivano per lasciare il passo
all'intruso. Il cuore batteva. La testa frullava pensieri e ipotesi
di attacco.
E
alla fine apparve lo sconosciuto.
“Samwise!
Ma che diavolo vuoi fare? Farmi prendere un colpo e lasciarmi
stecchita sulla strada di Brea?” disse Esmeralda abbassando il
bastone e mettendosi a sedere.
Il
suo cuore sembrava volesse ancora uscire dal petto tanto stava
battendo forte.
“E
voi mi volevate colpire con il vostro bastone!” si lamentò
Sam indicando il bastone da viaggio che Esmeralda aveva fatto cadere
per terra.
“Ci
credo!” esclamò Esmeralda. “Hai fatto tanto di
quel chiasso che mi chiedo come è possibile che Pipino e Frodo
non si siano precipitati qui!”
“Perché
sono inciampato qua vicino. E ho sono sbattuto la testa contro il
tronco di un albero cadendo!” spiegò Sam grattando la
parte offesa. Poi indicando un posto davanti a Esmeralda chiese:
“Mi
posso sedere?”
Esmeralda
alzò il capo e annuì. Sam si mise a sedere e tolse un
piccolo involto da sotto la giacca. E porgendolo ad Esmeralda le
disse:
“Pensavo
che fosse affamata e ho deciso di portarvi qualche cosa. Non è
tanto, ma nemmeno noi stiamo facendo dei pasti regali!”
Esmeralda
prese l'involto e lo aprì. Erano salsicce arrostite e pane
abbrustolito. Sorrise guardando Sam e prendendo un pezzo di pane, lo
addentò e disse:
“Va
benissimo. Sono affamata. Le mie scorte sono limitate e mi chiedevo
come avrei fatto!”
Sam
arrossì e lasciò che Esmeralda mangiasse cercando di
non fissarla e quindi metterla in imbarazzo. Poi, guardando il
sentiero poco lontano dal punto dove Esmeralda si era accampata per
la notte le chiese:
“Avete
avuto problemi? Qualcuno vi ha disturbato durante la notte?”
“Perché
mi fai questa domanda?” chiese con la bocca piena Esmeralda.
Era troppo affamata per pensare all'etichetta e a quanto pareva
nemmeno Sam ne era interessato perché subito domandò:
“Il
padron Frodo ha ammesso di non essere tranquillo! Ha detto che può
esserci qualcuno che ci segue. E io non gli ho ancora raccontato del
cavaliere che lo stava cercando quando ancora non eravamo partiti da
Hobbiville...”
“E
quando penseresti di dirglielo? Quando siamo sulla strada di Brea in
mezzo ad un mare di pericoli? Il fatto che a Buckburgo ci aspetti
Merry non ci rende più sicuri. E tu lo sai!”
Sam
guardò con interesse l'erba davanti a lui e rimase a lungo in
silenzio. Poi, grattandosi la testa disse un po' imbarazzato:
“Io
non volevo dirgli niente!”
Esmeralda
rimase con un grosso boccone in bocca, guardando Sam con gli occhi
sbarrati. Per il povero giardiniere quel momento sembrò durare
un'eternità e aspettò con tutto il cuore il momento in
cui Esmeralda avrebbe detto qualche cosa e avesse smesso di guardarlo
in quel modo inquietante. Ma quando lo fece rimpianse lo sguardo
assassino della ragazza:
“MA
SEI PAZZO?” sbottò la giovane hobbit sputacchiando
pezzettini di pane. “FORSE TU NON PUOI CAPIRE PERCHÉ NON
LO HAI VISTO, MA QUEL CAVALIERE FACEVA PAURA!”
“Signorina
Esmeralda non gridate! Potreste svegliare il signorino Pipino e il
signor Frodo!”
“MEGLIO!
ALMENO GLI DICO IO A FRODO CHE TU SEI UN INCOSCIENTE CHE NON SOLO TI
METTI A DIRE A MEZZA CONTEA CHE STA PARTENDO, MA TI METTI ANCHE A
TENERE NASCOSTO IL FATTO CHE LO STA INSEGUENDO UN LOSCO CAVALIERE
VESTITO DI NERO!” strillò quasi in preda all'isterismo
Esmeralda.
“Se
il padron Frodo si dovesse svegliare e la dovesse vedere qua la
manderebbe a Hobbiville senza darle il tempo di dire ma! E lei non
vuole questo, vero?” fece notare innocente Sam, nonostante
stesse spudoratamente tirando l'acqua al suo mulino.
Esmeralda
rimase un attimo in silenzio, sfoggiando comunque lo stesso sguardi
inquietante di prima. Poi, tornando a mangiare disse:
“Si
è fatto tardi. Ti conviene tornare da Pipino e Frodo e far
finta di aver dormito sino ad ora. Non una sola parola sul fatto che
sono qui. E devi dire a Frodo, il prima possibile del Cavaliere Nero
che lo stava cercando a Hobbiville!”
Sam
annuì, si sollevò dal punto dove si era seduto poco
prima e sorridendo rispose:
“E
voi state tranquilla. E se potete dormite un po' più vicina a
noi. Mi preoccupa sapervi così lontana. E se vi dovesse
succedere qualche cosa e Rosie lo venisse a sapere non me lo
perdonerebbe mai!”
Esmeralda
rise. Rosie Cotton era un'amica di Esmeralda e ogni volta che vedeva
Sam che l'accompagnava a casa prima di entrare al Drago Verde, si
raccomandava sempre di trattarla bene e di stare attento che non le
succedesse nulla se ci teneva alla vita.
“Ci
proverò!” promise Esmeralda con un sorriso e guardò
Sam sparire nello stesso punto da cui era arrivato.
In
silenzio mangiò il pane. E cominciò a pensare.
Il
Cavaliere Nero. Il sogno... Gandalf che diceva ad un certo Aragorn di
vegliare su Frodo.
Ma
chi era Aragorn? Doveva essere qualcuno di veramente fidato se
Gandalf gli chiedeva di vegliare su Frodo e sugli altri. Ma allora
quel Cavaliere che ad Hobbiville stava chiedendo di Frodo era davvero
un individuo pericoloso?!
Mangiò
in silenzio il pezzo del pane che Sam aveva messo assieme alle
salsicce arrosto. Guardava il vuoto e si faceva mille domande. E di
quelle mille sono la metà -e forse meno- avevano una risposta.
Pensò
anche di alzarsi e dire a Frodo quello che sospettava, quello che
aveva visto pur di metterlo in allerta, pur di fargli capire che
doveva stare attento perché quella faccenda era più
pericolosa di quello che credeva.
Poi
ricordò quello che aveva detto Sam poco prima:
'Se
il padron Frodo si dovesse svegliare e la dovesse vedere qua la
manderebbe a Hobbiville senza darle il tempo di dire ma...'
Deglutì
e bevve un lungo sorso d'acqua dalla sua borraccia. La finì
tutta e la rivoltò per accertarsi che fosse così. Poi,
sospirando irritata, lanciò l'ultimo pezzo di pane tra l'erba
alata.
Era
andata via da casa sua. E lo aveva fatto per seguire Frodo e
proteggerlo. Ma anche per non stare in un luogo che non considerava
più suo da tanto, troppo tempo oramai.
Avrebbe
custodito lei Frodo.
Avrebbe
protetto lei il ragazzo che più amava.
Ma
non sarebbe tornata indietro. Non voleva tornare a Hobbiville dove,
probabilmente, l'unica cosa di cui si preoccupavano tutti era che
Ponto non aveva più una persona che badava a lui ventiquattro
ore su ventiquattro.
Nello
stesso momento, ad Hobbiville...
“Vi
dico che non può essere sparita nel nulla. Ha detto che stava
andando fuori Hobbiville per cercare lavoro. Lo sanno tutti ormai che
la mia famiglia non ha più un soldo visto che mio padre non
lavora da quando è morta la mamma...”
Angelica
aveva gli occhi e il viso gonfio. Aveva pianto e visto il colorito
della pelle del viso, probabilmente, non dormiva da molto.
“Ma
che bisogno aveva di scappare senza dire nulla?” esclamò
lo zio Porto, vicino alla porta aperta.
Angelica
lo guardò e guardando la casa e il padre, tirando su con il
naso rispose:
“Se
tu vivessi con nostro padre tutto il giorno, caro zio Porto, verrebbe
anche a te la voglia di scappare, sai?”e nascondendo il viso
con le mani tornò a piangere. “Perché? Perché?
È tutta colpa mia. Tutta colpa mia!”
Milo,
il marito di Angelica, si avvicinò alla moglie con un
bicchiere d'acqua.
“Non
è colpa tua tesoro. Lo sai. Esmeralda stava male da quando
vostra madre è morta. È esplosa e ha deciso di
scappare!”
Angelica
scosse la testa e guardando il marito rispose:
“Io
l'ho lasciata sola. Io non l'ho aiutata!”
“Nemmeno
io, piccola!” le accarezzò il capo la zia Peonia.
Angelica
scosse la testa e mormorò:
“Non
l'ho protetta zia. E ora, solo ora, mi rendo conto che non la voglio
perdere!!”
Esmeralda
era tornata dal ruscello dove aveva riempito la borraccia e stava
sistemando tutte le sue cose con riluttanza.
I
sogni di quella notte avevano disturbato il suo sonno, rendendolo
inquieto e non permettendole di riposare bene.
Come
poteva, Gandalf, chiedere ad un uomo con una lama in frantumi di
proteggere Frodo?
E
poi, da cosa lo doveva proteggere?
Sta
sistemando il suo fagotto quando i suoi pensieri vennero disturbati
da uno strano rumore.
Come
un gatto si protese all'ascolto. Ogni fibra del suo corpo sembrava
tesa nell'ascolto. Ogni nervo era pronto a scattare.
Ascoltò
il rumore e ben presto il cuore perse un battito: non era un rumore
qualsiasi. Era un rumore di zoccoli.
'Qualcuno
a cavallo!' pensò Esmeralda appiattendosi al fine di
rendersi invisibile.
Il
rumore di zoccoli aumentò.
Il
Cavaliere si avvicinava e come una strana sensazione di gelo si
insinuò nel petto della giovane hobbit.
Non
voleva affrontare quel Cavaliere e dentro di se sapeva che non
doveva farsi vedere da lui.
Si
appiattì fino a stare lunga distesa sul terreno, con la faccia
schiacciata sopra.
Il
Cavaliere si fermò. Il cavallo nitrì e subito si sentì
il losco figuro smontare e camminare.
Non
smuoveva l'erba per cercare. Faceva qualcosa di peggio, che fece
accapponare la pelle alla piccola hobbit: annusava. Come una bestia
che cerca una preda nell'oscurità, il Cavaliere Nero annusava
l'aria alla ricerca di un odore che gli dicesse che lì vicino
ci fosse una preda, qualcuno o qualcosa che indicasse la presenza di
quello che stava cercando.
'Non
gridare! Non gridare!' pensò Esmeralda stringendo gli occhi.
Il
Cavaliere annusò ancora poi, forse non sentendo né
rumori, né odori interessanti, salì di nuovo a cavallo
e riprese il galoppo.
Nonostante
il pericolo si fosse allontanato, Esmeralda rimase ferma, schiacciata
al terreno.
Non
sentì che poco dopo Frodo, spaventato come lei, si era
acquattato a pochi metri dal punto in cui stava Esmeralda. E come
lei, non si era accorto della presenza di un amico a un tiro di
schioppo da lui.
Frodo
si guardava intorno, quasi sentisse degli occhi puntati sulla
schiena.
Si
voltava spesso e guardava preoccupato.
“Che
hai Frodo?” chiese Pipino che stava molti passi avanti e fu
costretto a bloccarsi.
Sam
si bloccò a sua volta senza tradire un certo nervosismo. Se
Frodo continuava a voltarsi e guardare bene avrebbe sicuramente visto
Esmeralda che li seguiva.
“Non
lo so! Da quando abbiamo incontrato quel Cavaliere non mi sento
tranquillo. E forse non sarei stato così imprudente come sono
stato se qualcuno mi avesse detto che lo stesso Cavaliere -o uno
simile- ci seguiva da Hobbiville!” e rivolse a Sam uno sguardo
di rimprovero.
“Se
sei così spaventato, allora perché ti blocchi ogni due
passi per guardarti le spalle. Non sento alcun rumore di zoccoli!”
sorrise Pipino.
Frodo
si voltò di nuovo e Sam, con il cuore a mille, quasi
implorando dentro di se che Esmeralda stesse usando tutte le
attenzioni per non farsi scoprire, incrociò le dita.
“Mi
sento seguito. Ma da qualcuno a piedi, non a cavallo!” disse
Frodo con fare sospetto, guardandosi attorno.
Per
un attimo Sam cominciò a sudare freddo. Se Frodo si convinceva
a tornare indietro e vedere se quello che pensava fosse vero, avrebbe
visto sicuramente Esmeralda. E allora che sarebbe successo?
“Mio
caro cugino!” scoppiò a ridere Pipino rompendo il
silenzio e la tensione. “Non c'è nessuno. Sei solo un
po' nervoso per questo viaggio. E dalla scoperta del terribile
Cavaliere e del fatto che ci sta alle costole, ora vedi inseguitori
ovunque!”
Sam
guardò Pipino quasi con gioia. Lo aveva involontariamente
tolto da un bell'impiccio!
“Ti
dico che non me lo sono sognato. Sento dei passi muoversi dietro di
noi. Ecco perché mi fermo e sto camminando per ultimo...”
continuò Frodo.
Pipino
si avvicinò a Frodo e mettendogli una mano sulla spalla lo
rassicurò:
“Mio
caro Frodo. Non sono i passi di una terzo hobbit quelli che senti, ma
l'eco dei passi del fidato Samwise che pesa per quattro e fa un sacco
di rumore se cammina. Se il nostro viaggio si basasse sulla
segretezza, non porterei Sam Gamgee nemmeno se mi pagassero!” e
rise di gusto.
Sam
chinò la testa imbarazzato. Conosceva quel tipo di battute. Le
aveva provate da sempre sulla sua pelle e non si arrabbiava nemmeno
più. Ma mentre chinava la testa fingendosi imbarazzato, guardò
per un attimo fugace la faccia di Frodo. Infatti, se Pipino rideva,
Frodo era tutt'altro che contento.
Sapeva
che qualcuno li stava seguendo e che non erano i passi troppo pesanti
di Sam quelli che aveva sentito. E se Sam non stava attento a breve
avrebbe capito tutto.
Il
sole era tramontato, rosso dietro le colline alle loro spalle e la
sera giunse prima che ritornassero sulla strada in fondo al lungo
tavoliere che essa tagliava dritta per molte miglia. In quel punto
voltava a sinistra e scendeva nelle basse terre dello Iale,
dirigendosi quindi verso Scorta. Di là partiva però
anche, sulla destra, un sentiero che serpeggiava poi tra le vecchie
querce di un bosco fino a Boschesi.
Esmeralda
camminava sempre a molti passi dietro il trio e cominciava a sentire
la forte stanchezza assalirla. Nonostante gli hobbit fossero
instancabili camminatori, Esmeralda sapeva che anche il più
resistente avrebbe risentito il peso di quella scarpinata.
Guardava
attorno a se. La malinconia era una cosa malefica, pensò.
Stava andando a Brea, di sua volontà e mille motivi la
spingevano a continuare il suo cammino piuttosto che fermarsi.
Ma
guardando la sua Contea stendersi così bella nel tramonto di
una sera di fine estate, Esmeralda sentiva un grosso peso nel cuore:
andava a Brea, sì! E poi? Avrebbe seguito Frodo sempre, anche
fino alla morte. Ma dove l'avrebbe portata il suo viaggio? A Gran
Burrone? Oppure molto più lontano?
In
un momento, mentre i suoi enormi piedi pelosi si ponevano uno di
fronte all'altro permettendole di camminare, si rese conto che quella
era la sua casa. E che quello era il posto più accogliente nel
quale sarebbe potuta tornare dopo un lungo viaggio.
Chinò
il capo e sentì una lacrima scendere, quando ad un tratto fu
attratta da un canto provenire davanti lei:
Rosso
è il fuoco del camino,
Sotto
al tetto un letto aspetta;
Ma
non son stanchi i nostri piedi,
Voltato
l'angolo incontrar potremmo
D'improvviso
un albero oppure un grosso sasso,
Che
nessuno oltre noi ha visto.
Alberi
e fiori, foglie e fuscelli,
Fateli
passare! Fateli passare!
Sotto
al nostro cielo colli e ruscelli
Passeranno
oltre! Passeranno oltre!
Sorrise.
Conosceva quella canzone. Era una vecchia melodia hobbit sul quale
Bilbo aveva scritto le parole di quella canzone.
In
un attimo un mare di ricordi la colse e le lacrime cominciarono a
scendere sempre più veloci. La nostalgia di casa, o di quel
posto bellissimo fatto di laghi e fiumi placidi, di case scavate nel
terreno, con le stesse facce rubiconde tutti i giorni scorreva veloce
davanti a lei, mentre Frodo, Pipino e Sam cantavano la loro canzone.
Fu
così che non si rese conto che qualcuno alle sue spalle era
giunto e che, senza troppi complimenti le aveva messo il cappuccio
sul viso.
E
in un attimo le visioni di paesaggi rurali e i ricordi su Bilbo e le
sue storie vennero sostituiti con il buio fitto del cappuccio che le
copriva gli occhi.
“Silenzio!”
disse Frodo. “Mi sembra di sentire di nuovo rumore di zoccoli”
Pipino
e Sam si fermarono e si tesero anche loro ad ascoltare. In effetti il
rumore degli zoccoli era forte e questo fece perdere un po'
dell'allegria che i tre hobbit aveva preso cantando.
Veloci
lasciarono la strada e si nascosero all'ombra delle vecchie querce
che lo delimitavano.
“Non
andiamo molto lontano!” si raccomandò in un sussurro
Frodo. “Non voglio che mi veda, ma voglio vedere se è un
altro Cavaliere Nero”
“Molto
bene!” disse Pipino non propriamente tranquillo. “Ma non
dimenticare che annusa!”
Frodo
lasciò che Pipino e Sam si nascondessero dietro un grosso
ramo, mentre lui si nascose ad un passo dal sentiero pallido.
Ci
volle poco per capire che quello che avevano sentito era lo
scalpiccio del cavallo del Cavaliere Nero.
Frodo
era spaventato. Sentiva il bisogno di scappare, mentre nel buio il
losco cavaliere annusava l'aria cercando la presenza di qualcuno che
lui, cieco, non poteva vedere.
Sembrava
tutto perduto e Frodo, preso dalla paura stava per infilarsi l'Anello
quando d'un tratto si sentirono delle voci melodiose, risate e le
note di una dolce canzone. Fu allora che Sam sussurrò:
“Gli
Elfi!”
Frodo
sentì il Cavaliere arretrare e subito la sensazione di paura e
di gelo svanì, lasciando posto alla speranza. Non c'era alcun
dubbio: quelli erano Elfi!
“Sì,
sono Elfi! Alle volte si incontrano al Terminalbosco. Non vivono
nella Contea, ma cominciano a migrarvi in Primavere e in Autunno.
Arrivano dalle loro terre lontane che si trovano al di là dei
Colli delle Torri. Grazie al cielo che sono arrivati! Voi non lo
avrete sicuramente visto, ma quel Cavaliere Nero era proprio qui e
stava strisciando verso di noi. Poi quando ha sentito le note della
canzone è fuggito via!”
Sam
era fuori di se dalla gioia. Quasi non credeva possibile che
all'inizio del suo viaggio avesse avuto tale fortuna:
“E
gli Elfi?” domandò, quasi non avesse sentito quello che
aveva detto Frodo: “Possiamo andare a vederli?”
Frodo
sorrise e indicando verso il sentiero disse:
“Abbi
un po' di pazienza, Samwise. Stanno venendo verso di noi!”
Subito
fu nitido il loro canto. Un canto che riempiva il cuore dei tre
hobbit di gioia, nonostante lo capissero solo per metà.
Candida
neve! Candida neve! Limpida dama!
Regina
al di là dei Mari Occidentali!
Luce
per noi che qui girovaghiamo
Ove
gli alberi tessono un'oscura trama!
Gilthoniel!
O Elbereth!
Limpidi
i tuoi occhi e terso il tuo respiro!
Candida
neve! Candida neve! Noi te decantiamo
In
un ermo paese dal Mare molto lontano.
O
stelle che durante l'Anno Cupo
Le
sue brillanti mani hanno tessuto,
In
campi ove l'aria è limpida e lucente
Vi
vediamo fiorire pari a boccioli d'argento!
O
Elbereth! Gilthoniel!
Ricordiamo
ancora noi che viviamo
In
un luogo boscoso da te tanto lontano,
Il
tuo chiaror stellare sui Mari Occidentali.
La
canzone terminò. Frodo sentì il cuore invaso dal petto
e sorridendo, lieto della canzone e della presenza benefica degli
Elfi disse:
“Ma
questi sono gli Alti Elfi! Hanno parlato di Elbereth! Sono un ramo
dei Luminosi che quasi mai viene nella Contea! Ne sono rimasti
pochissimi nella Terra di Mezzo, ad Oriente del Grande Mare. Questa è
proprio una fortuna inattesa!”
A
quelle parole Sam tremò di eccitazione come un bambino e
sorridendo prese posto vicino a Frodo, seguito da Pipino.
Li
osservarono in silenzio e tutti e tre gli amici poterono notare che
davvero emanavano un'aurea luminosa che splendeva come la luce delle
stelle dai loro capelli e dai loro occhi.
Avanzavano
sorridenti quando uno di loro, l'ultimo, si voltò verso Frodo
e rise forte:
“Ciao
Frodo!” salutò: “Stai facendo tardi o ti sei
smarrito?”
Poi
chiamò anche gli altri che tornarono sui loro passi e si
riunirono attorno agli hobbit.
“Una
cosa straordinaria, non c'è che dire!” disse uno di
loro. “Quattro Hobbit in giro per la Contea! È dai tempi
di Bilbo che non succedeva una cosa simile!”
Frodo
e Pipino si guardarono negli occhi perplessi. Poi si guardarono
attorno, quasi volendosi contare e Pipino domandò:
“Quattro
hobbit? Ma se siamo solo tre!”
Uno
degli Elfi Luminosi rise e guardando Frodo rispose:
“Allora
credo che abbiamo fatto bene a mettere l'intruso in catene! Si
aggirava sospettoso per i boschi. Lo seguivamo da un po', ma solo
poco tempo fa, prima che calasse il sole, siamo riusciti a
prenderlo...” e facendo spazio fece avvicinare una figura
piccola avvolta in un mantello da viaggio logoro. “Forse voi ci
potete dire chi è!” e togliendole il cappuccio una
cascata di riccioli neri caddero sulle spalle, svelando un viso di
donna che gli hobbit conoscevano.
E
assieme, Frodo e Pipino esclamarono:
“Esmeralda
Baggins!”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Non si torna indietro ***
Allora
voglio ringraziare: Arena, ninisuperga, johnny nicotine e DiNozzo323
per le belle recensioni. Come sempre in ritardo ecco un nuovo
capitolo.
Spero
che vi piaccia e che piaccia a tutti quelli che mi aggiungono in una
delle tre liste personali e a tutti i lettori silenti che leggono e
basta.
Un
bacio e spero a prestissimo per il prossimo capitolo.
Baci
a tutti. Niniel82
7.
Non si torna indietro.
“Esmeralda
Baggins!”
Ok!
Era stata scoperta. La cosa più importante era quella di non
perdere la testa e di non fare stupidaggini.
“Frodo!
Pipino! Samwise! Felice di vedervi!” disse lei e guardando il
cielo aggiunse con fare indifferente: “Bel tempo per fare una
passeggiata non trovate?”
L'elfo
che la teneva rise divertito e guardando Gildor, l'elfo che aveva
parlato con Frodo quando si erano fermati, domandò:
“Siamo
davvero sicuri che questa Hobbit sia pericolosa?”
Gildor
rise più forte. Era una risata bella che scaldò il
cuore di Esmeralda, nonostante fosse davvero spaventata dall'idea di
essere rispedita senza complimenti ad Hobbiville. Quando terminò
il gelo della notte penetrò di nuovo nelle ossa della giovane
e non solo.
“Caro
Frodo, credo che questa signorina ti abbia seguito di nascosto perché
aveva paura di essere cacciata!”
“E
aveva ragione a pensarlo! Ma dico io! È stato già
difficile portare Pipino con me in questo viaggio che si sta
rivelando sempre più pericoloso...” disse Frodo che non
stava badando a quello che stava dicendo. Venne bloccato appena in
tempo da Sam che tempestivo, disse:
“Padron
Frodo avete ragione ad arrabbiarvi, ma non pensate che state
esagerando? Infondo la signorina Esmeralda voleva solo potervi
seguire fino a Crifosso!” e calcò volutamente l'ultima
parola della frase.
Pipino
guardò Sam per un attimo, non capendo il perché di
quell'intervento, poi voltandosi verso la cugina sbottò:
“Frodo
ha ragione! Sei impazzita, per caso? Vai in giro per la Contea da
sola? Ma che ti dice la testa? Chissà che cosa poteva
succederti stando a dormire di notte da sola. Ma sei incosciente? Non
pensi al povero zio Ponto? Non ha passato già abbastanza cose
brutte per dover sopportare anche l'idea di perdere una figlia solo
perché vuole vivere l'avventura e seguire suo cugino a
Crifosso?”
Esmeralda
si sentiva imbarazzata. Sapeva che Frodo non si sarebbe fermato a
Crifosso e che il suo viaggio sarebbe continuato ben oltre la Terra
di Buck. Ma osservando Frodo di sottecchi si rese conto che il cugino
era davvero fuori di se. La guardava con rimprovero e teneva i pugni
stretti talmente tanto che le nocche erano diventate pericolosamente
bianche.
Voleva
dire qualche cosa per calmarlo, per difendersi, per fargli capire
perché avesse deciso di lasciare la Contea per seguirlo, ma la
sua testa era dolorosamente vuota.
-Fai
che qualcuno mi tolga da questo impiccio!- implorò Esmeralda.
“Io
penso...” intervenne Gildor, con voce pacata e seria: “...
che la signorina voglia essere sicura che tu stia bene Frodo. Non
capisco quindi perché tu ti debba crucciare così tanto.
Dovresti essere, invece, molto felice di avere delle persone come lei
al tuo fianco. Perché sappi che è di persone coraggiose
e disinteressate come la piccola Esmeralda di cui hai bisogno quando
inizi un viaggio di cui non conosci l'esito!”
Frodo
non rispose. Guardava ancora fisso Esmeralda. Il suo viso era duro,
ma, almeno, non teneva i pugni stretti. Le braccia, infatti erano
lunghe sul suo corpo, quasi si fosse arreso dopo quella constatazione
di Gildor.
Gli
occhi di Esmeralda guardando Frodo si cominciarono ad inumidire. Si
sentiva in colpa. All'inizio la sua idea le era sembrata giusta, non
aveva nemmeno pensato a quello che avrebbe potuto dire Frodo quando
l'avrebbe vista apparire a Crifosso. Aveva dato per scontato che
vedendosela davanti, dopo tanti pericoli e dopo aver dimostrato il
suo coraggio, Frodo sarebbe stato più che felice di
accoglierla con se nel suo viaggio. Ora però si rendeva conto
che quello che aveva dato per scontato, per sicuro, non lo era
affatto.
“Credo
che ormai sia troppo tardi per prendere decisioni. Alla luce del sole
potrebbero sembrare avventate e sciocche!” si intromise Gildor.
“Vorrei che voi cinque Hobbit vi fermaste a mangiare con noi,
questa sera. E spero che accettiate la nostra cena, che non ha nulla
a che vedere con i vostri succulenti banchetti!” rise e
aggiunse: “Voglio fare una chiacchierata con te, Frodo amico
degli Elfi!”
Frodo
non rispose, ma accettò l'invito.
Esmeralda,
dal canto suo, si mise da una parte e si accucciò nel suo
cantuccio. Una patina annebbiò la sua vista. Stava piangendo
mentre gli Elfi preparavano il luogo dove si erano fermati per la
cena e per la notte e non vide, quindi, la magia elfica in atto.
Sentiva
chiaramente le sguardo severo di Frodo su di se e non aveva il
coraggio di guardare Sam che in silenzio annuiva a quello che gli
diceva Pipino all'orecchio.
Ma
perché? Perché aveva deciso di fare quello stupido
viaggio? Perché aveva lasciato suo padre nelle mani di sua
sorella Angelica per finire umiliata in quel modo davanti agli Elfi?
Elfi che di certo non si erano comportati bene con lei.
L'avevano,
infatti, trattata come una ladra, prima. Poi, non paghi, l'avevano
messa davanti a Frodo che subito, trovandosela di fronte, era andato
su tutte le furie.
E
lei non poteva nemmeno dire la verità perché di mezzo
sarebbe passato anche Samwise.
Quella
situazione non solo era ridicola ed imbarazzante, ma poteva cacciare
nei guai molte persone. Ed Esmeralda, sospirando e poggiando il mento
sulle ginocchia mentre due grosse lacrime correvano sulle sue guance,
sapeva che era l'ultima cosa che doveva fare.
Si
guardò intorno in silenzio, cercando di asciugare di tanto in
tanto gli occhi con una mano. Fu allora che vide una bellissima donna
Elfo avvicinarsi a lei e sorridente offrirle del cibo. Esmeralda
sorrise e mormorò afflitta:
“Hannon
le(*)”
La
donna Elfo sorrise e disse:
“Vedo
che parli il Sindarin anche tu! È una dote molto rara negli
Hobbit!”
Esmeralda
si voltò e sorridendo rispose:
“Mi
ha insegnato qualche parola Bilbo, mio zio!”
La
donna Elfo sorrise e replicò:
“Ora
si spiega tutto. Un'altra nipote di Bilbo...” e indicando il
cibo disse: “Mangia qualche cosa. Ti prego!”
Esmeralda
annuì e prese un pezzetto di quello che sembrava pane. Lo
addentò e cominciò a masticare. Ma anche quel gesto
sembrava costarle una fatica immensa.
La
donna Elfo se ne rese conto e sospirando aggiunse:
“Vedo
una profonda tristezza nei tuoi occhi e nel tuo cuore. C'è
qualche cosa che ti turba?”
Esmeralda
emise uno strano rumore: un misto tra una risata e uno sbuffo. Si
voltò, guardò gli occhi azzurri della donna Elfo e
disse:
“Forse
ho fatto un errore. Credevo che partendo avrei potuto aiutare un mio
amico e proteggerlo, ma ho scoperto che lui non voleva essere
seguito! O protetto da nessuno!”
La
donna Elfo sorrise e guardando di fronte a se rispose:
“Dicono
che voi Hobbit non siate coraggiosi. Io non conosco molto il vostro
popolo e non posso dire alcunché su di voi. Ma oggi ho
scoperto una cosa: davanti a me ho una delle donne Hobbit più
coraggiose che abbia mai conosciuto. Quando ti hanno messa in ceppi
eri sola. Hai percorso tutta questa strada, giorno e notte; hai
dormito da sola... E hai affrontato le tue paure vincendole, in
questo modo, se mai ne hai avute. E noi sappiamo che ci sono cose
molto scure all'opera in questi tempi...”
Esmeralda
ascoltò in silenzio. Detta così, la sua incoscienza
risultava quasi un atto eroico. E forse lo era davvero.
Sorrise
tirata e disse:
“Devo
dire che un po' mi aiutato sentire questo...”
La
donna Elfo sorrise e guardando la foresta che le circondava aggiunse
malinconica:
“Combatti
per quello in cui credi! E per quello che ami! Perché il
giorno in cui non lo farai sarai costretto a lasciarlo per sempre e
sarà il più grande dolore per te...”
Esmeralda
guardò l'Elfo aggrottando le sopracciglia. Non aveva capito.
La ragazza si voltò e sorridendole le spiegò:
“Il
mio popolo sta abbandonando queste terre ormai. I Luminosi sono
rimasti davvero in pochi in questo angolo di mondo. Io amo la Terra
di Mezzo, ma non posso rimanere qua. Il male che avanza finirebbe per
travolgermi e io non sarei più quella di prima...”
“Ma
c'è sempre una speranza. Finché vive tu puoi rimanere
nella Terra di Mezzo!”
L'Elfo
femmina scosse la testa e sospirando disse:
“Piccola
Mezzuomo non c'è più nessuna speranza per il mio
popolo. Io parto per Valinor!”
“E
quando tutto sarà finito torna a casa! Qua nella Terra di
Mezzo che tanto ami!” esclamò Esmeralda.
L'Elfo
rise di gusto, ma la sua luce si affievolì un poco e negli
occhi profondi si lesse una profonda tristezza. La osservò per
un attimo in silenzio e rispose:
“Una
volta arrivata a Valinor non si torna indietro...” e
sollevandosi con un cenno del capo disse:
“Namaarie!”
e sorridendo aggiunse: “Non ci rivedremo più. Spero
quindi che tutto ciò che più desideri si possa
avverare!” e si allontanò.
Esmeralda
sentì il cuore divenire pesante. Era triste. Quell'Elfo
l'aveva resa triste con le sue parole. Come si può abbandonare
un luogo in cui si è vissuto per tanti anni? Come si può
dire addio alla propria casa e sapere di non poterci più far
ritorno?
“Gandalf
cavalcava nella radura. Sentiva che doveva correre, che doveva fare
qualche cosa per dare qualche possibilità a Frodo. A costo
della sua stessa vita.
Era
tranquillo, almeno per quanto riguardava gli Hobbit. Li aveva
lasciati in buone mani. Aragorn era la migliore guardia del corpo che
si potesse sperare di trovare.
Scosse
la testa spronando il cavallo che prese a correre più veloce.
Doveva raggiungere Orthanc. Doveva vedere il capo degli Stregoni. E
capire se i suoi sospetti erano fondati, capire se era stato tradito
da Saruman il Bianco e quanto profondo fosse il suo tradimento.
Ancora valli a perdita di vista davanti e dietro a lui.
Che
cosa aveva sbagliato? Come non aveva potuto riconoscere l'Anello,
l'Unico tra i ninnoli di Bilbo? Una volta Saruman le aveva detto che
la sua mente era annebbiata dal fumo dell'erba pipa dei Mezzuomini.
Forse era vero. Forse avrebbe dovuto solo prestare un po' di
attenzione in più e tutto quello che stava avvenendo sotto il
suo naso.
Ad
un tratto davanti a lui si erse minacciosa una torre. Era alta e
antica. L'aveva vista già altre volte. Ma mai come quella
volta, incuteva timore al vecchio Stregone. Un'ombra. Un'ombra cupa
era scesa su quel luogo e nel cuore di Gandalf. Che il suo destino
dovesse essere deciso ad Orthanc?”
Esmeralda
si svegliò di soprassalto. Si guardò intorno. Era
ancora assieme agli Elfi e Pipino e Sam dormivano poco distanti da
lei. Ad un tratto sentì una voce.
Era
Frodo.
“Quindi
tu pensi che sia giusto permettere ad Esmeralda di viaggiare con me e
con gli altri?”
Gildor
annuì con un piccolo verso e disse:
“Non
pensi che sia una prova do grande coraggio da parte sua aver
viaggiato da sola per tutto questo tempo e aver sfidato pericoli ben
più grandi di quello che crede. E che noi conosciamo?”
Frodo
rimase in silenzio. Esmeralda si appiattì un po'. Teneva gli
occhi spalancati e ascoltava quello che Gildor e Frodo dicevano su di
lei e sulla sorte del suo viaggio.
“E
se le accadesse qualche cosa? Dici che la devo portare fino a Brea e
far finta di nulla, ignorare tutti i pericoli che sto già
facendo correre a Sam e farli correre anche a lei?”
Gildor
sorrise e rispose:
“Preferisci
che ti segua di nascosto anche fuori della Contea? Perché
credo che sarebbe capace di farlo, sai?”
Ci
fu un attimo di silenzio e Frodo sospirò.
Esmeralda
sentì il cuore leggero. Aspettava la risposta di Frodo, ma
ormai aveva capito che Gildor l'aveva convinto.
“E
va bene! Porterò Esmeralda con me. Ma solo perché me lo
stai chiedendo tu. E perché non saprei con chi farla tornare
alla Contea...” disse Frodo frustrato.
“Noi
facciamo la stessa strada. E il Cavaliere Nero che hai detto che vi
segue è lontano da Hobbiville!” sorrise Gildor, con un
po' di sarcasmo.
Frodo
sospirò e rispose:
“Scapperebbe,
Gildor amico mio. E mi cercherebbe. Non posso mettere a repentaglio
la sua vita più di quello che ha già fatto da sola...
Le sono affezionato e non sopporterei che il Male la prendesse e la
rendesse sua schiava...”
Gildor
rimase in silenzio. Poi, per mettere fine a quella discussione su
Esmeralda Frodo disse:
“Dimmi
Gildor, hai più rivisto Bilbo da quando lasciò Casa
Baggins?”
Esmeralda
si morse il labbro inferiore felice. Ce l'aveva fatta.
E
senza ricordare nulla del suo sogno -che fosse premonitore o una
visione del passato non riusciva a capirlo- si sistemò nel suo
cantuccio e tornò a dormire. E sognare di sposare Frodo e
andare con lui a vivere a Casa Baggins.
Pipino,
Sam ed Esmeralda stavano vicini al posto in cui gli Elfi avevano
lasciato le bevande e le pietanze e mangiavano silenziosi. Lei di
tanto in tanto guardava Frodo che dormiva e non ascoltava Pipino che
diceva:
“Non
avrei aspettato il giorno per rimandarti a casa. Ti avrei spedita ad
Hobbiville seduta stante, appena scoperto quello che avevi fatto!”
“Forse
padron Frodo voleva parlare con la signorina Esmeralda prima di
mandarla via!” disse Sam terrorizzato dal fatto che sotto
torchio Esmeralda avrebbe confessato tutto e anche lui sarebbe
tornato ad Hobbiville senza troppe cerimonie.
Ad
un tratto, dall'asilo nel quale aveva passato la notte emerse Frodo.
Pipino
si sollevò e disse:
“Ci
hanno lasciato pane, frutta e bevande. Vieni a fare colazione. Il
pane è quasi buono come ieri sera. Non ne volevo lasciare
nemmeno un boccone, ma Sam ha pensato a te...”e mettendosi a
sedere aggiunse: “E poi credo che dobbiamo parlare di cose
importanti!” e guardò con rimprovero Esmeralda.
Esmeralda
abbassò il capo e non rispose, mangiando la sua porzione di
pane e frutta. Frodo si mise a sedere vicino a Sam, guardando con
un'espressione indecifrabile Esmeralda. Pipino, non rendendosi conto
di quegli sguardi, domandò:
“Qual
è il programma per oggi?”
Frodo
cominciò a mangiare e serio rispose:
“Di
arrivare a Buckburgo il più presto possibile!”
Cominciarono
a parlare di quello che Gildor aveva detto e dei sospetti di Frodo,
senza mai fare anche un solo accenno ad Esmeralda, che da quando si
era alzata non aveva detto una sola parola. Lei sapeva che Frodo non
l'avrebbe fatta andare via. Ma aveva davvero paura che la decisione
del cugino andasse a ramengo se solo avesse aperto bocca.
Onde
evitare ulteriori danni, tacque preventivamente.
Poi,
quando il discorso sul fatto del seguire o no Frodo, rivolto a Sam e
Pipino fu terminato, Frodo guardò Esmeralda e disse:
“Nessuno
più di me vorrebbe che ora tu fossi a casa, tranquilla, ad
aiutare tuo padre e ad andare a fare compere per Hobbiville. Ma ieri
sera un amico mi ha fatto notare che ci vuole coraggio per seguire
qualcuno di nascosto, specialmente in tempi come questi. Sono felice
di avere amici come Pipino, Merry e Sam. E ancora di più di
avere una cugina coraggiosa come te. Quello che voglio sapere è
se sei pronta a seguirmi nonostante quello che ci siamo detti poco
fa”
Esmeralda
spalancò gli occhi. Allora era vero. Poteva seguire Frodo!
“Fin
sopra la luna Frodo Baggins. Ti seguirò fino a lì se ci
sarà bisogno!” rispose lei.
Frodo
sorrise amaro. Non era convinto di quel nuovo acquisto, Esmeralda lo
sapeva. Ma non poteva e non voleva tornare indietro.
Sam
sorrise alla ragazza raggiante. Non era convinto che la storia si
sarebbe conclusa così bene per lui.
Pipino
osservò Esmeralda con un sopracciglio sollevato e rispose:
“Sappi
che ti tengo d'occhio, cuginetta!” e abbracciandola aggiunse:
“Sono felice però che tu sia dei nostri sarà come
tornare bambini!”
Esmeralda
strinse il cugino a sua volta. Sapevano che non sarebbe stato come
essere di nuovo bambini. Ma preferiva vedere la loro avventura come
una birichinata che affrontare la realtà. Per quello ci
sarebbe stato tempo.
E
soddisfatta guardò Frodo. Ora sapeva anche lei che non poteva
più tornare indietro.
(*)
significa grazie
in lingua elfica.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Una scorciatoia che porta ai funghi ***
So
che sono mancata davvero per tanto tempo. L'ultimo capitolo che ho
postato risale al 15 giugno.
Chiedo
scusa a chiunque legge questa storia e anche solo ultimamente l'ha
aggiunta tra i preferiti, ricordati, seguiti. Ho avuto problemi con
un'altra fanfiction e giuro che ora che l'ho finita mi dedicherò
solo a questa, promesso.
Bene.
I ringraziamenti sono d'obbligo.
Arena,
DiNozzo323, Yunie992 vi ringrazio per aver recensito la storia e vi
chiedo scusa per la lunga assenza, se mai la leggerete ancora!
Nuovo
capitolo. Fedele al quarto capitolo della prima de 'La Compagnia
dell'Anello'.
Fatemi
sapere che ne pensate. Ci tengo davvero. Un bacio a tutte.
Niniel82.
Buona
lettura!!!
8.
Una scorciatoia che porta ai funghi.
Era
stata una mattina dura.
Esmeralda
ancora bagnata dopo il forte acquazzone che li aveva colti mentre
stavano costeggiando il ruscello di Scorta, si massaggiava la schiena
indolenzita dal peso del suo fagotto, che aveva formato un solco
doloroso proprio sulla spalla destra.
Frodo
la guardò e sorridendo le domandò:
“Ci
stai ripensando per caso?”
Esmeralda
si voltò aggrottando la fronte e chiese a sua volta:
“Scusa?”
Frodo
si avvicinò e riformulò:
“Vuoi
tornare a Hobbiville?”
Esmeralda
scosse prontamente la testa e cercando di essere naturale disse:
“Naa!
Non me lo perderei per niente al mondo. Ma vuoi mettere la carica che
ti dà essere seguita da dei pazzi vestiti di nero a cavallo? O
di incontrare Elfi che ti dicono tutto e non ti dicono niente allo
stesso tempo? O di finire bagnata fino al midollo da un temporale
autunnale? No! Ad Hobbiville mi sarei annoiata a morte!”
Frodo
rise di cuore. Esmeralda era felice di questo. Era raro vedere Frodo
ridere così da quando Bilbo era partito.
Poi,
guardandola, serio ma con gli occhi che ancora ridevano, Frodo disse:
“Tu
lo sai che preferirei davvero che tu fossi ancora ad Hobbiville.
Vero?”
Esmeralda
non rispose. Non fece un gesto, un verso per annuire. Chinò
solo la testa e sospirando guardò il suo tozzo di pane.
“Non
te la prendere” continuò Frodo. “Ti conosco da
quando sei una bambina. Ti ho vista nascere e crescere. Forse è
per questo che penso che sarebbe stato molto meglio se fossi rimasta
a casa al sicuro...”
Esmeralda
non sollevò lo sguardo ma sussurrò:
“Quando
ho saputo che avresti lasciato Hobbiville ho sofferto tanto. Ho
capito che ti sono affezionata. Molto affezionata...” e sollevò
la testa guardando Frodo negli occhi.
Frodo
aggrottò le sopracciglia e deglutì. Esmeralda invece
sentì il cuore in gola e sentiva che era giunto il momento di
confessare finalmente i suoi sentimenti, dopo tanto tempo.
Lo
stava per fare quando la sua voce venne coperta da un coro:
O!
O! O! Ho bisogno del nettare del bel colore
Per
guarire il mio cuore ed annegare il mio dolore.
La
pioggia può cadere ed il vento soffiare,
È
lunghissima la strada che mi resta da fare,
Ma
sotto un grande albero mi riposerò
E
le nuvole veloci passare guarderò.
O!
O! O! Ricominciarono da capo e più forte, salvo fermarsi
improvvisamente.
Esmeralda
che esasperata aveva chinato la testa per la mancata dichiarazione,
guardò Frodo sollevarsi e guardare con aria atterrita attorno
a se.
Da
quando aveva cominciato il suo viaggio con gli altri i suoi sensi si
erano come sopiti, cullandosi del fatto che adesso aveva qualcuno che
si curava dei pericoli prima di lei.
Fu
allora che sentì un lamento. Un grido appartenente a qualche
essere malvagio che cominciò stridulo e quasi soffocato, salvo
terminare con una nota acutissima.
Esmeralda,
terrorizzata, portò le mani alle orecchie e chiuse gli occhi,
mentre Sam, Frodo e Pipino stavano fermi e immobili, fissando il
punto da cui, si presumeva, arrivava il grido.
“Cos'è?”
chiese Esmeralda in un sussurro.
Frodo
si portò un dito alla bocca, chiedendole silenziosamente di
non parlare.
Non
si sentirono altri rumori, se non che un sinistro silenzio tra le
foglie.
“E
quello che cos'era?” chiese Pipino cercando di essere
disinvolto, nonostante la voce tremante: “Se era un uccello è
uno che non ho mai sentito nella Contea fino ad oggi!”
“Non
era un uccello; non era una bestia. Quello era un richiamo, un
segnale. C'erano parole in quel lamento, parole che non conosciamo!”
disse Frodo: “ Ma non penso che sia una voce Hobbit. Nessun
Hobbit ha mai parlato così!”
Esmeralda
si guardò intorno. Le venne in mente solo una cosa: i
Cavalieri Neri. E per quanto cercasse conforto nei volti dei suoi
amici, sopra vi trovava dipinta la sua stessa paura.
Non
ne parlarono più. E partirono restii, quasi spaventati e
l'idea di incontrare uno di quegli esseri malvagi sul loro cammino. E
l'idea che potesse accadere, ora che avevano sentito quel verso
stridulo, faceva anche più paura. Ma partirono comunque in
fretta perché volevano raggiungere il Traghetto prima che
imbrunisse e non avevano la minima intenzione di attraversare la
campagna immersi nell'oscurità.
Camminarono
a lungo.
Esmeralda
di passo in passo si sentiva stanca, spossata. La paura, la tensione
e tutto quell'insieme di avvenimenti sinistri stavano rendendo quel
viaggio terribilmente stancante, oltre che pericoloso. Più di
una volta la piccola Hobbit pensò, in quella giornata, di
tornare indietro e di fare da balia a suo padre come aveva fatto fino
a qualche giorno prima.
Ma
quando guardava Frodo camminare davanti a lei sorrideva come una
stupida e allora si pentiva subito del suo pensiero e tornava a
camminare, con passo svelto, cercando di non pensare alla fatica.
Mentre
Esmeralda era persa nelle sue elucubrazioni, Pipino si fermò:
“Conosco
questi campi e questo cancello! Siamo nelle terre del vecchio Maggot.
Ci deve essere la sua fattoria in mezzo a quegli alberi”
Frodo
si bloccò terrorizzato.
“Bene!
Siamo finiti dalla padella alla brace a quanto pare!” mormorò
atterrito Frodo.
“Perché?
Che ha il vecchio Maggot che non va?” intervenne Pipino
tranquillo “È sempre stato un buon amico di tutti i
Brandibuck. Certo! È il terrore di tutti quelli che
oltrepassano i suoi campi senza il suo permesso e i suoi cani sono
conosciuti per essere i più feroci di tutti i Decumani... Ma
che vuoi? La gente vive vicino alla frontiera e qua le cose non sono
semplici come ad Hobbiville!”
Alla
parola 'cani' e 'feroci', Esmeralda e Sam si guardarono terrorizzati
l'uno negli occhi dell'altro. Checché ne dicesse Pipino a loro
due quel Maggot, con i suoi cani feroci, non piaceva proprio.
Frodo
parve pensieroso e rispose:
“Lo
so! La vita al confine è pericolosa!” e mortificato e
timido aggiunse: “Questo non toglie il fatto che una volta,
quando ancora abitavo a Villa Brandy, mi ha trovato a cercare funghi
nella sua proprietà. Prima mi ha riempito di scapaccioni e poi
mi ha mostrato ai suoi cani dicendo che se mi trovavano ancora dentro
i suoi confini mi avrebbero potuto divorare. Poi, non pago, diede
loro ordine di seguirmi. Ricordo solo che corsi fino al Traghetto,
anche se sono sicuro che quelle bestie conoscessero più che
bene il loro lavoro e quel giorno non mi avrebbero torto un solo
capello!”
Esmeralda
e Pipino, che avevano ascoltato in silenzio, alla fine del racconto
non si poterono più trattenere e scoppiarono a ridere come dei
matti. Sam, invece, si rabbuiò confuso: voleva proprio
conoscere chi aveva osato prendere a scapaccioni il suo padrone.
Pipino,
ancora scosso dal troppo ridere, disse:
“Beh!
Credo che sia arrivato il momento perché voi facciate pace una
volta per tutte, dal momento che hai intenzione di tornare a vivere
nella terra di Buck. Infondo il vecchio Maggot è una brava
persona. Se non tocchi i suoi funghi. Sapete che vi dico? È
molto meglio se camminiamo sul viale. Eviteremo una strigliata perché
stiamo calpestando i suoi campi. Lasciate che gli parli io. È
un buon amico di Merry e c'è stato un tempo in cui io e lui
venivamo spesso a fargli visita!”
Gli
altri tre annuirono e fecero come ordinato da Pipino. Percorsero il
sentiero e subito videro una casa con il tetto di paglia, cinta da un
alto muro che si congiungeva grazie ad un enorme cancello di legno.
Erano
ormai vicinissimi al cancello, quando sentirono un forte latrare di
cani e la voce possente di un uomo gridare:
“Raffa!
Lupo! Zanna! Venite qua ragazzi!”
Frodo
e Sam si fermarono su due piedi. Esmeralda si voltò a
guardarli, titubante sul fare o no la stessa cosa. Solo Pipino mosse
ancora qualche passo ma si dovette bloccare anche lui quando tre
enormi cani uscirono dal cancello abbaiando minacciosi. Il più
grande si fermò a pochi passi da Frodo, ringhiando e fremendo,
mentre Sam stava appiattito contro il muro, bloccato da due cani
simili nell'aspetto a due muli, che ringhiavano ogni volta che
cercava di muoversi. Pipino, invece, che non era stato nemmeno preso
in considerazione dai cani, guardava la scena divertito. Lo stesso fu
per Esmeralda, con l'unica differenza che la povera ragazza era
bianca come un lenzuolo per la paura.
Al
cancello apparve un Hobbit grosso e ben piantato che chiese più
spaventato che arrabbiato:
“Allora?
Chi siete mai e che diavolo volete?”
“Buona
sera, signor Maggot!” sorrise Pipino rispondendo alla domanda.
Subito
il vecchio si avvicinò e lo guardò. Poi sorridendo
esclamò:
“Mastro
Pipino! O meglio... Signor Peregrino Tuc! Guarda un po' chi si vede!
È da un po' che non ti vedevo più da queste parti. Devo
dire che sei stato davvero fortunato a venire a trovarmi proprio ora.
Pensa che stavo ordinando ai miei cani di sbranare gli stranieri.
Stanno succedendo cose troppo strane da queste parti, ultimamente.
Non c'è un solo giorno che non si veda qualche straniero che
passa per di qua a curiosare o a girovagare. L'ho sempre detto io!
Siamo troppo vicini al fiume, accidenti!”e scosse il capo per
dar la giusta forza e gravità alla sua affermazione: “Ma
giuro, Pipino... Individui strani come quello passato qualche secondo
fa... Giuro non lo avevo mai visto! Giuro che è l'ultima volta
che gli permetto di attraversare la mia terra”
Pipino
aggrottò la fronte e serio domandò:
“Di
chi stai parlando?”
“Ma
allora non lo avete visto?” rispose Maggot. “È
andato su per il viale, verso la strada maestra, appena qualche
minuto fa! Era un individuo losco, che faceva domande losche! Ma è
meglio che entriate, parleremo più comodamente. Ho dell'ottima
birra. Sempre che tu e i tuoi amici vogliate favorire!”
Da
buon Hobbit, il vecchio Maggot sembrava sempre pronto ad una bella
chiacchierata sui fatti suoi o altrui. Se poi si parlava seduti ad un
tavolo a mangiare e bere birra in buona compagnia, non poteva che
renderlo più felice.
Stava
infatti rientrando in casa, dimenticando di richiamare i cani quando
Frodo, turbato da questa manchevolezza gridò terrorizzato e
arrossendo per la sua stessa paura:
“E
i cani?”
Il
vecchio si voltò e rise dicendo subito:
“Raffa!
Zanna! Qui! Cuccia! Lupo, cuccia!” e guardando i quattro
aggiunse: “Sono brave bestie in fondo. Fanno solo quello che
gli dice il loro padrone!”
“Solo?”
mormorò terrorizzata Esmeralda.
Pipino
sorrise e battendo una mano sulla fronte esclamò:
“Quasi
mi dimenticavo!” e indicando gli altri, rivolto a Maggot disse:
“Questi sono i miei tre compagni di viaggio: Samwise Gamgee, il
miglior giardiniere di tutta la Contea!”
A
quanto pareva, nonostante Maggot avesse richiamato i tre cani, Sam
non si era ancora ripreso dalla shock e sembrò non dare
orecchio al complimento di Pipino che continuò:
“La
piccola Esmeralda Baggins! Maggot dovresti ricordarti di lei. È
venuta qualche volta a Villa Brandy, quando era piccola...”
Maggot
sgranò gli occhi e spalancò la bocca. Esmeralda non
aveva calato ancora il cappuccio e conciata com'era sembrava un
Hobbit e non una Hobbit.
“Tempi
strani! Le ragazze di buona famiglia vanno in giro vestite come dei
ragazzi... Tempi strani davvero!” mormorò Maggot serio.
Pipino
sembrava sempre più divertito, invece. E voltandosi verso
Frodo che aveva lasciato per ultimo non a caso, disse:
“E
il signor Frodo Baggins. Probabilmente ti ricorderai di lui dato che
lui ha vissuto per un po' di tempo a Villa Brandy!”
Frodo
guardò il vecchio Maggot rivolgergli un'occhiata penetrante.
Per un secondo pensò che il vecchio si fosse ricordato dei
funghi rubati e stesse per ordinare ai suoi cani di attaccarlo,
quando invece questo mormorò:
“La
cosa diventa sempre più strana! Voi siete il signor Baggins!
Venite, venite dentro. Credo che dobbiamo fare davvero quattro
chiacchiere!”
Esmeralda
apprezzò da subito la casa di Maggot, il suo odore di funghi
che cuociono con la pancetta che riempiva la cucina dove capeggiava
un grande cammino davanti al quale lei, Frodo, Sam e Pipino presero
posto per riposarsi e riscaldarsi dopo le fatiche di quella giornata.
Il
fattore era sparito una volta entrati dicendo loro di accomodarsi e
che avrebbe portato la birra che aveva promesso loro poco prima. E in
effetti, dopo qualche minuto, riapparve con un grosso boccale con il
quale riempì cinque piccoli bicchieri.
Pipino
ne bevve un lungo sorso e schioccando la lingua contro il palato,
poggiando una mano sulla spalla di Maggot, disse:
“Caro
Maggot spero che ogni cosa tu faccia ti dia gioia e prosperità!”
“Grazie!”
rispose confuso il vecchio. “Ma perché dite questo,
Mastro Pipino?”
“Con
questo bicchiere di buonissima birra hai rinfrancato il cuore di un
giovane Hobbit, caro vecchio Maggot. E ti dico di più! Mi hai
ripagato della mia mancata sosta alla Pertica d'Oro...”
e rise di cuore, quasi avesse dimenticato -o forse lo aveva fatto
davvero- il vero motivo per cui erano entrati in casa.
Esmeralda
pareva non ascoltare quello che diceva il cugino. Quella giornata era
stata davvero spossante. Prima aveva quasi detto tutto a Frodo, salvo
essere bloccata da quel grido straziante. Poi aveva affrontato il
viaggio più faticoso che aveva intrapreso nella sua vita,
quasi che qualcuno con uno strano senso dell'umorismo avesse deciso
di farle pagare la sua voglia di avventura facendola pentire
anzitempo della sua scelta di lasciare la Contea. E poi quei cani che
sembravano aver l'intenzione di sbranare Frodo e Sam per primi e
lasciare lei e Pipino come dessert.
“Non
so lei, signorina Esmeralda, ma a me questi abitanti della Terra di
Buck non piacciono proprio. Cioè... Ad Hobbiville nessuno
avrebbe mai aizzato delle bestie così feroci contro dei
viandanti... E poi, quel Maggot... Non mi piace...” mormorò
Sam che bevendo un lungo sorso di birra lanciò sgaurdi obliqui
verso il loro ospite.
Esmeralda
non rispose, ma sorrise continuando a rigirare il suo bicchiere di
birra ancora intatto. Sam non aveva mai mostrato grande simpatia
verso gli abitanti della Contea che abitavano vicino al lago. Non
approvava che delle persone che erano nate con i piedi ben piantati
per terra dovessero avventurarsi su pericolose imbarcazioni che li
trasportavano sulle infide acque scure e morte dello specchio d'acqua
davanti a Buckburgo. Aggiungendo poi che il vecchio Maggot, qualche
anno prima, si era macchiato dell'atroce delitto di prendere a
scapaccioni il suo padrone, la situazione diventava sempre più
grave per il giovane giardiniere.
Maggot
parve non sentire quello che aveva appena detto Sam che stava in
disparte, poco dietro ad Esmeralda e disse:
“Caro
Peregrino ora devi dirmi proprio dove stavi andando e da dove sei
venuto. Stavi venendo a farmi visita? Perché hai attraversato
il mio cancello senza che ti vedessi”
Pipino
poggiò il bicchiere dove aveva bevuto l'ennesimo sorso di
birra svuotandolo completamente. Si voltò verso il fattore e
scuotendo la testa rispose:
“In
realtà abbiamo tagliato per i campi per arrivare fino a qui.
Siamo arrivati alle tue terre per puro caso, visto che abbiamo
cominciato a vagare senza meta e senza sosta dopo esserci persi
vicino a Boschesi, mentre cercavamo una scorciatoia per raggiungere
il Traghetto prima che calasse la notte!”
“Per
i viandanti che hanno fretta di raggiungere il Traghetto la strada
sarebbe stata di gran lunga la scelta più adatta! Ma come vi
ho accennato prima la cosa che mi preoccupa non è questa,
Mastro Pipino. Come vi ho già detto stanno succedendo cose
molto strane, ultimamente. Tu hai il permesso di vagare per le mie
terre come e quando voi...” e rivolgendo uno sguardo sornione a
Frodo aggiunse: “... e anche voi, signor Frodo. Non mi sono
dimenticato di voi, sapete? Rammento ancora quando eravate un
ragazzetto e venivate a rubare i funghi dalle mie terre! Ricordo bene
i tempi in cui il piccolo Frodo Baggins era il peggior monello delle
Terre di Buck!”
Tutti
risero. Tutti tranne Sam naturalmente che borbottò qualche
cosa tra i denti che Esmeralda tradusse come un 'screanzato'.
Poi, rabbuiandosi di nuovo, il vecchio Maggot aggiunse:
“Ma
da quello che vi ho detto prima, credo che abbiate capito che non
siamo qui a parlare dei bei vecchi tempi andati o dei funghi che mi
sono stati rubati dal signor Frodo. Quello che credo che sia
importante che voi sappiate è che il cognome Baggins vi ha
preceduto di qualche secondo, prima del vostro arrivo!”
Esmeralda
sollevò la testa di scatto. Perché sentire che il
cognome Baggins 'li aveva preceduti' le mise una strana agitazione in
petto?
In
un attimo ricordò il Gaffiere, in Via Saccoforino, che poco
prima dell'arrivo di Sam aveva cacciato il Cavaliere Nero in malo
modo, ignaro del pericolo che poteva correre.
Maggot
guardò attorno a sé, contento dell'attenzione e della
tensione che aveva creato e serio continuò:
“Non
meno di un'ora fa, un tizio losco, in groppa ad un grosso cavallo
nero ha oltrepassato il mio cancello che avevo dimenticato aperto.
Vedendolo entrare senza invito mi diressi verso di lui. Come sapete,
questa è una zona di frontiera è passa un sacco di
gente qua intorno. Ma la Gente Alta cammina raramente su queste
terre. Tra l'altro, nonostante sia un semplice contadino, ho sentito
parlare degli Uomini e so come sono fatti. Quel losco figuro, secondo
me, aveva qualche cosa di strano... Ve lo dico io. Non corrispondeva
affatto all'idea che mi sono fatto della Gente Alta, potete
giurarci!”e bevendo un sorso di birra disse: “Bando alle
ciance. Mi sono avvicinato a lui e l'ho salutato, avvisandolo che
questa strada non porta a nessun luogo e che se voleva raggiungere
al più presto qualcuno o qualcosa lo doveva fare imboccando la
strada maestra che aveva lasciato. Lo guardai meglio e più lo
osservavo, meno il suo aspetto mi piaceva... Pensate che Raffa si è
avvicinato per annusarlo ed è scappato via, mettendosi a
guaire come se lo avesse punto una vespa. Lui si è chinato
verso di me. Non sapete quanto spaventoso potesse essere quell'uomo.
Era completamente vestito di nero e portava un cappuccio sulla testa
che gli copriva tutto il viso, quasi non volesse farsi riconoscere.
Ha allungato una mano e mi ha detto che veniva da Ovest, e che era
arrivato da quella direzione. E mentre puntava il dito, indicò
i miei campi!” e sbuffando arrabbiato disse: “Non solo è
entrato in casa mia senza il permesso. Ha anche calpestato le mie
terre. Ve ne rendete conto?”
Esmeralda
sentiva il cuore in gola. Si guardò intorno. Sam aveva
dimenticato la sua ostilità e guardava a bocca aperta il
vecchio, mentre Frodo, con la fronte imperlata di sudore, accarezzava
nervosamente Lupo, che sdraiato ai suoi piedi dormiva beato, e
guardava fisso il fuoco. Perfino Pipino aveva perso la sua giovialità
e ascoltava con la fronte corrugata i racconti del fattore. Maggot
non sapeva nulla del loro viaggio, non conosceva i pericoli che
stavano affrontando, ma aveva descritto benissimo il Cavaliere Nero
-o uno dei tanti- che stavano loro alle calcagna.
Maggot
parve non rendersi conto della tensione che stava creando il suo
racconto e tranquillo continuò:
“Fu
allora che mi disse che stava cercando un certo Baggins. Io,
spaventato com'ero, cominciai a rispondere in maniera sgarbata.
Quell'uomo mi faceva drizzare i capelli dietro la nuca, credetemi.
Era inquietante. Gli dissi che non c'era nessun Baggins qua e che lo
avrebbe sicuramente trovato a Hobbiville, riprendendo la strada dal
quale era venuto. Lui si chinò più verso di me. In quel
momento sentì il sangue diventare di ghiaccio. Non avevo forza
di rispondere e lui mi disse che sapeva che il signor Baggins
era partito da Hobbiville e stava arrivando qui e se potevo fargli
sapere quando sarebbe arrivato, che mi avrebbe ricompensato con
dell'oro. Non so come ritrovai il coraggio. Gli dissi che mentiva,
che non gli avrei detto proprio nulla e che se non avesse lasciato le
mie terre immediatamente, avrei sciolto i miei cani. E sapete cosa ha
fatto. Ha fatto uno strano verso. Poteva sembrare una risata, ma vi
giuro, quello non aveva nulla di umano da sembrare una risata. Quello
ero un sibilo, lungo ed agghiacciante. E sapete cosa ha fatto dopo?
Ha girato il cavallo verso di me e mi è venuto addosso. Feci
appena in tempo a spostarmi che lui voltò il cavallo e corse
via giù per la strada maestra!” e bevendo l'ultimo sorso
di birra disse: “Allora che ve ne pare?”
Calò
il silenzio. Frodo rimase qualche secondo a guardare il fuoco. Era
preoccupato. E sia Sam, che Pipino, che Esmeralda, sapevano che stava
pensando la stessa cosa che stavano pensando loro: come avrebbero
raggiunto il Traghetto dal momento che fuori c'era un Cavaliere Nero
che li stava aspettando?
“Non
so proprio cosa pensare!” mormorò scoraggiato Frodo.
Lupo
lasciò il suo cantuccio vicino a Frodo, scuotendo il pelo e si
avvicinò a Raffa e Zanna che dormivano poco lontano, in una
zona più in ombra, sul pavimento in pietra.
Maggot
lo guardò serio e rispose:
“Ve
lo dico io, cosa è successo, signor Frodo. Voi non dovevate
aver nulla a che fare con quelli di Hobbiville. Sono gente strana. Lo
sanno tutti!” a quelle parole Sam si mosse sulla sedia e anche
Esmeralda aggrottò la fronte. Ma che ne sapeva quel vecchio
villico di loro e di Hobbiville?
“Ma
voi siete sempre stato irrequieto!” continuò Maggot.
“Quando ho saputo che lasciavate la casa dei Brandibuck per
seguire il vecchio Bilbo, sapevo dentro di me che sareste finito in
mezzo ai guai. Questa storia, ci metto la mano sul fuoco, è
opera degli strani traffici di Bilbo. E ci siete passato in mezzo
anche voi. Dicono che il suo denaro fosse arrivato da terre lontane e
che lo avesse trovato in modo curioso. Forse, alla fine, qualcuno è
venuto davvero a cercare e reclamare come suo tutto quell'oro e quei
gioielli!”
Sentir
parlare della fantomatica ricchezza di Bilbo e del modo in cui se
l'era procurata non avrebbe fatto nessun effetto su Frodo qualche
tempo prima. Ma sentendo il vecchio Maggot parlare di Bilbo e del
Cavaliere Nero e del collegamento tra il vecchio, il suo oro e lo
sconosciuto, lasciò Frodo atterrito e spaventato. Maggot non
lo sapeva, ma era andato molto vicino alla verità.
“Mi
fa felice sapere che state tornando nella Terra di Buck e se mi
permettete il consiglio, vi dico che fareste davvero molto meglio a
restare qua. E viverci tranquillamente, senza avere più
contatti con la gente di fuori. E se dovesse tornare quel losco tizio
lo liquiderò io dicendogli che siete morto e che è
inutile che continui a chiedere di voi! Oppure gli dirò che
avete lasciato la Contea per non farci più ritorno. Infondo,
se ci fate caso, ha detto solo Baggins. Non ha chiesto proprio di
voi. Potrebbe benissimo cercare il vecchio signor Bilbo, che ne
dite?” domandò Maggot che ormai aveva il monopolio della
conversazione.
“Credo
che abbiate ragione!” rispose Frodo fuggendo lo sguardo
dell'uomo, continuando a guardare il fuoco.
“Io
credo invece che voi abbiate già chiare le vostre idee e che
non mi vogliate dire tutto. State tranquillo per questo: non v farò
domande!” e sorridendo Maggot aggiunse: “So anche, che
dentro di voi, sapete che è molto strano che uno losco
cavaliere abbia chiesto dei Baggins proprio lo stesso pomeriggio che
voi siete arrivato sulle mie terre. E so che vi state chiedendo come
potete arrivare al Traghetto assieme ai vostri compagni senza essere
raggiunti da un uomo a cavallo!”
Frodo
sollevò lo sguardo e guardò l'uomo per la prima volta
negli occhi da quando aveva cominciato a parlare e con un sospiro
rispose:
“In
effetti è quello che stavo pensando. E so che se stiamo qua a
parlare e a bere birra non riusciremo a farlo prima che cali il
sole!” e alzandosi con un sorriso aggiunse: “Mi spiace,
ma dobbiamo andare. Vi ringrazio infinitamente per la vostra
cortesia, la vostra ospitalità e per la buona birra, ma
dobbiamo affrettarci. Non voglio partire prima che sia troppo scuro
anche per vedere ad un palmo dal nostro naso”
Maggot
si alzò e replicò:
“Sappiate,
tutti, che siete benvenuti a qualsiasi ora. Ma, mentre parlavate,
signor Frodo, ho avuto un'idea. Il sole è quasi del tutto
tramontato e noi tra poco ceneremo: che ne dite se ci fate compagnia
e vi unite a noi? Ci farebbe davvero piacere!”
“Anche
a noi!” rispose Frodo. “Ma anche partendo ora, tra un'ora
sarà già buio e questo rallenterà ulteriormente
il nostro viaggio verso il Traghetto!”
“Come
siete impulsivo. Fatemi finire... Che ne dite se vi unite a noi e se
dopo vi accompagno io stesso al Traghetto con i miei pony? Ho un
carretto al quale li posso attaccare e potrebbero trasportarci tutti
e cinque!” propose ancora Maggot.
Frodo
guardò Sam, Pipino ed Esmeralda. Dagli sguardi dei tre
compagni si leggeva a chiare lettere il loro desiderio di restare e
di poter compiere almeno una parte del viaggio comodamente e in
maniera un po' più sicura. Sorrise e annuendo accettò
l'invito.
In
breve la casa fu un continuo viavai di persone. Le tre figlie di
Maggot con due dei figli maschi apparecchiarono la tavola con
stoviglie, birra, cibo e altre cose della loro terra. Accesero
candele e misero altra legna sul fuoco, costringendo Esmeralda che
voleva aiutarli a stare seduta.
La
signora Maggot correva avanti e indietro , indaffaratissima. E quando
il sole fu completamente calato anche le ultime persone appartenenti
alla grande famiglia della fattoria arrivarono a casa.
In
breve si trovarono tutti seduti attorno alla tavola. Mangiarono uova,
pancetta, funghi e altri alimenti campagnoli sani, innaffiandoli
abbondantemente con la birra, mentre i cani, vicini al fuoco,
mangiavano croste di pane o di formaggio e ossa.
Quando
ebbero finito di mangiare, mentre i figli di Maggot stavano aiutando
il padre a sistemare il carretto e ad attaccarci i pony, Frodo,
Pipino, Sam ed Esmeralda salutavano e ringraziavano la signora Maggot
che sorridendo rispose:
“Per
gli amici la porta della nostra casa è sempre aperta!”
“Il
carro è pronto!” annunciò uno dei giovani Maggot
entrando. “Papà vi sta aspettando!”
I
quattro uscirono accompagnati dalla signora Maggot. Faceva già
buio quando i quattro viandanti si apprestarono a salire sul carro.
Maggot
frustò i robusti pony e la moglie si raccomandò:
“Mi
raccomando vecchio. Stai attento! Non metterti a litigare con gli
estranei e torna subito a casa una volta lasciato il Traghetto!”
“Tranquilla
donna!” sorrise il vecchio Maggot che spronando i pony imboccò
la strada sterrata che lo avrebbe portato al cancello e quindi fuori
dalla tenuta.
Era
una serata di fine estate. Non troppo calda, non troppo fredda. Non
tirava un solo alito di vento e tutto intorno regnava il silenzio e
la tranquillità.
Il
carretto del vecchio fattore camminava immerso nel buio. Maggot aveva
infatti deciso di non accendere la lanterna. Fu Esmeralda che
domandò, incuriosita dalla particolare scelta:
“Perché
viaggiamo al buio?”
“Perché
ci da vantaggio su chi ci cerca! Una cosa è sicura, signorina
Baggins. Nonostante la nebbia diventerà fitta, tra poco,
permettendoci di non vedere bene, non accenderò la lanterna. E
sapete perché? Con questo stratagemma riusciremo a sentire
chiunque vi verrà incontro molto prima che lui ci veda!”
Come
previsto la nebbia cominciò a scendere sui campi, raffreddando
l'aria e costringendo gli Hobbit ad imbacuccarsi ben bene per
resistere meglio all'umidità scesa d'improvviso.
Nonostante
non avessero incontrato nessuno e ci fosse un silenzio quasi di tomba
tutto intorno, tutti e cinque aguzzavano le orecchie, pronti a
captare ogni singolo rumore. Ma l'unico suono che sentivano ripetersi
era il clop cadenzato degli otto zoccoli dei due pony.
Quando
giunsero finalmente all'ingresso del viottolo che li avrebbe condotti
all'ingresso del Traghetto, tutti tirarono un sospiro di sollievo.
Guardarono
i due pali alti e bianchi che giganteggiarono sulla loro destra. Il
vecchio Maggot fermò il carro e mentre Esmeralda si apprestava
a scendere aiutata da Frodo e Pipino, tutti sentirono quello che
avevo da sempre tenuto: il rumore di zoccoli che venivano verso di
loro.
Anche
Maggot smontò per tenere ferme le teste dei pony e come gli
altri fissò le tenebre.
Clip-clop.
Clip-clop. Clip-clop.
Questa
proprio non ci voleva! Avevano percorso al buio tutto quel tratto di
strada senza incontrare nessuno, proprio quando erano arrivati a
destinazione dovevano trovarsi faccia a faccia con il nemico?
Clip-clop.
Clip-clop. Clip-clop.
Maggot
prese coraggio e gridò:
“Ehilà!”
Il
rumore degli zoccoli parve interrompersi. Dal rumore che sentirono,
probabilmente qualcuno era smontato da cavallo.
“E
allora!” esclamò il vecchio Maggot che facendo un cenno
a Sam lo invitò ad avvicinarsi e gli lasciò le redini.
Poi avvicinandosi, minaccioso si diresse verso la direzione
dell'estraneo: “Fermo dove sei. Cosa vuoi e dove stai andando?”
“Cerco
il signor Baggins!” disse una voce soffocata.
Esmeralda
aggrottò la fronte, sorreggendosi a Pipino una volta scesa e
mormorò:
“Merry?”
Una
lanterna si accese e illuminò il volto stupefatto di Maggot
che esclamò:
“Signor
Merry!”
Esmeralda
sentì le gambe cedere. Nessuno se ne accorse mentre tutti si
avvicinavano al nuovo arrivato e lo festeggiavano sollevati.
La
giovane Hobbit rimase in silenzio e si poggiò alla ruota del
carro chinando la testa. La tensione di quella giornata parve
insopportabile e sollevando il cappuccio sui boccoli scuri, in
silenzio si mise a piangere. Non emise un singhiozzo, un solo
lamento. Calde lacrime che solcarono il viso della giovane. Stava
seguendo Frodo perché lo amava. Ma a che prezzo?
Merry
sollevò lo sguardo e disse:
“Chi
c'è con voi?”
“Non
potrai crederci...” sorrise Pipino e prendendo la lanterna
dalle mani di Merry aggiunse: “Ma è molto meglio che tu
lo veda con i tuoi occhi!”
Merry
si avvicinò. Esmeralda ebbe appena il tempo di asciugare gli
occhi e lasciando cadere il cappuccio sulle spalle sorrise in
direzione del vecchio amico.
Merry
aguzzò la vista alla luce della lanterna. Vide due occhi
azzurri che conosceva bene e guance rosee allargarsi in un piccolo
sorriso civettuolo.
Il
cuore gli mancò un battito e mormorò.
“Angelica?”
Pipino
schioccò la lingua contro il palato e sorridendo disse:
“No!
Hai sbagliato. La piccola Esmeralda Baggins ci ha seguiti di nascosto
fino a Boschesi. Poi è stata trovata dagli Elfi che l'hanno
scambiata per un nemico e l'hanno legata come un salame. Da allora ci
ha seguiti di sua sponte. Infondo questo era il suo piano, no?”
Merry
guardò stupefatto Esmeralda. Non la vedeva da molto tempo ad
essere onesto ed era molto cambiata dalla bambina capricciosa che era
stata. Crescendo era diventata in tutto e per tutto uguale a sua
sorella Angelica. Forse non era civetta come lei. Sicuramente, visto
come l'avevano presa, era rimasta la piccola imbranata che gli andava
sempre a sbattere contro.
“Bene!
È stata una giornata davvero strana! Non c'è che dire!”
disse il vecchio Maggot riprendendo le redini dalle mani di Sam e
salendo in cassetta disse: “Tutto è bene quel che
finisce bene! Anche se non mi va di dirlo fino a che non avrò
varcato il cancello di casa mia. So che non mi fa onore, ma giuro che
mi sentirò davvero sicuro dopo che avrò chiuso per bene
la porta della mia fattoria alle mie spalle!” e dopo aver
acceso la luce del carro, chinando a prendere un cesto aggiunse:
“Quasi dimenticavo... La signora Maggot mi ha detto di dare
questo al signor Baggins con tanti auguri!” e dando il cesto a
Frodo girò il carro e si avviò, seguito da un coro di
ringraziamenti e di buonanotte.
Guardarono
il carro sparire nella nebbia e Frodo guardò il contenuto del
cesto. Rise. Da dentro arrivava un buonissimo odore di funghi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Una congiura smascherata... ***
9.
Una scongiura smascherata: Sam non sa proprio
come si tiene un segreto.
Decisero
che sarebbe stato meglio che seguissero l'esempio del vecchio Maggot
e presero il Traghetto per raggiungere l'altra sponda del lago e
poter finalmente andare a casa e dormire.
Esmeralda
guardò le acque scure nel quale si specchiava la luna.
Non
sapeva perché ma sapere di avere vicino Merry la faceva
sentire sicura.
Si
lasciò cullare dallo scroscio dell'acqua contro il bordo del
Traghetto, sorridendo guardando Sam per nulla a suo agio. In effetti
il povero Hobbit non era proprio adatto a quel tipo di avventure.
Esmeralda sapeva che stava rimpiangendo i giorni tranquilli in cui
Frodo viveva ancora a Casa Baggins, lontano da Cavalieri Neri, strida
agghiaccianti e specchi d'acqua pronti ad inghiottirlo al minimo
passo falso. Esmeralda poteva capire lo stato d'animo del giovane
giardiniere. Mai prima di allora si era avventurato così
lontano da casa. E questo faceva pensare ad Esmeralda che essere
arrivato fin lì per Sam significava aver già dato gran
prova di coraggio, superando il confine personale del mondo che fino
ad allora aveva conosciuto.
Il
Traghetto andò a sbattere dolcemente sulla riva opposta del
lago e tutti e cinque scesero finalmente sulla terra ferma: chi
troppo occupato a parlare con il suo amico, chi perso nei propri
pensieri, chi troppo stanco per parlare, chi felice di aver rimesso i
piedi per terra.
“Mi
sembra carino salutare la Contea, signorina Esmeralda, non trovate?”
mormorò Sam.
Esmeralda
sorrise e seppur assonnata rispose:
“Hai
ragione Samwise. Chissà quando la rivedremo!” e si
voltarono assieme.
Merry
stava ormeggiando il Traghetto mentre Pipino teneva la briglia del
pony che l'amico aveva cavalcato, quando Sam ed Esmeralda videro una
cosa che fece gelare il sangue ad entrambi. Esmeralda rimase
immobile, come una statua di sale, Sam prese coraggio e tirando la
manica della giacca di Frodo mormorò terrorizzato:
“Guardate
padron Frodo! Guardate e ditemi cosa vedete!”
Sia
Frodo, che Merry, che Pipino si voltarono e videro nel pontile una
mantello nero. A prima vista poteva sembrare abbandonato, ma poi
tutti si resero conto che stava ondeggiando da un lato all'altro.
“Ma
che diavolo è quell'affare?” domandò Merry che
non sapeva ancora dell'esistenza dei Cavalieri Neri.
“Quella
cosa ci sta inseguendo da quando siamo partiti da Hobbiville! Ma
preferisco non parlarne per il momento. Andiamocene via da qua,
immediatamente!” rispose Frodo e assieme agli altri corsero
verso il viottolo alla sommità dell'argine. Tutti e cinque si
voltarono di nuovo a guardare il lato opposto della riva, ma la
nebbia impediva di vedere chiaramente.
“Non
ci sono imbarcazioni nell'altra sponda, vero?” chiese Frodo a
Merry.
“No!
Non ne teniamo!” rispose Merry.
“Sai
se i cavalli possono guadare il fiume?” domandò ancora
Frodo.
“Tra
venti miglia c'è un punto del fiume abbastanza basso. Un
cavallo può benissimo attraversarlo a nuoto. Ma che c'entrano
i cavalli?” rispose Merry senza capire che cosa stesse
succedendo.
“Lascia
perdere!” replicò Frodo. “Andiamo a casa. Lì
parleremo con calma!”
“Bene!”
disse Merry prendendo le briglie del pony. “Tu e Pipino
conoscete la strada. Io vado ad avvisare Grassotto che siete
arrivati. Nel mentre ci aspettate noi prepariamo il pranzo!”
“Abbiamo
già mangiato dal vecchio Maggot!” pigolò
Esmeralda.
“Questo
non significa che non sia benaccetto un bis!” sorrise Frodo.
“E
lo avrete!” rispose Merry guardando Esmeralda preoccupato e
prendendo il cesto partì al galoppo.
Hobbiville
era immersa nell'oscurità.
Dalle
finestre tonde di ogni caverna si vedeva al luce di un lume che
illuminava la sala dove i vecchi stavano raccolti a raccontare storie
ai loro nipoti.
L'odore
dell'erba bagnata permeava le strade deserte. Al Drago Verde si
sentivano canti divertiti. A Casa Baggins, Lobelia sorrideva
soddisfatta davanti al camino: dopo tanti anni aveva ottenuto quello
che aveva sempre desiderato. Certo! Non colmo di tutti i tesori che
Bilbo possedeva, ma la cosa più importante era che,
finalmente, dopo tutti quegli anni, Casa Baggins era sua.
Angelica
guardò con nostalgia le strade deserte. Sembrava appena ieri
che gli Hobbit, tenuti svegli dall'afa opprimente, si riversavano per
le strade con le loro voli alte, le loro canzoni sguaiate.
Milo,
suo marito, stava sistemando qualche cosa in giardino. Dopo il grande
acquazzone di quella mattina avevano dovuto sistemare delle cose,
rendendosi presto conto che molte delle cose che si trovavano lì
erano talmente vecchie da essere irrecuperabili.
“Amore!
Fa tardi! Non c'è più nessuno in giro!” disse
Angelica al marito.
“Arrivo
subito!” sorrise Milo.
“Ho
preparato il tè. Entra o si raffredda!” e chiudendo la
piccola finestra tonda, Angelica si avvicinò al fuoco e
aggiunse qualche pezzo di legno.
Guardò
il padre che stava con lo sguardo fisso alla porta e poi, senza
nemmeno averlo veramente deciso, andò verso la camera della
sorella.
Sospirò
socchiudendo la porta di una delle prime camere della caverna di
Ponto Baggins. Guardò il letto con la testiera in mogano
finemente intagliato. Lentamente aprì la porta, quasi avesse
paura di disturbare qualcuno, quasi temesse di essere cacciata via.
Entrò senza che questo accadesse e sospirando guadò
l'armadio dei vestiti di Esmeralda semiaperto. I nastri , i fiocchi,
i lacci e i tessuti colorati formavano una babele indistinta di
tonalità che si riusciva anche con una luce fioca come quella
che illuminava la stanza.
Con
gli occhi pieni di lacrime, Angelica si avvicinò al piccolo
guardaroba e passò una mano sui tessuti che stavano appesi. Fu
in quel momento che si rese conto di aver paura. Paura che
quell'attesa si prolungasse all'infinito. Paura che Esmeralda fosse
stata rapita. Paura che l'avesse lasciata da sola proprio come aveva
fatto loro madre. Paura e terrore di non aver vissuto appieno ogni
momento con sua sorella minore.
In
un attimo ricordò tutte le cose cattive che era riuscita a
dire ad Esmeralda nell'arco di una vita e si vergognò. Chinò
la testa sospirando e sentì qualcuno bussare alla porta.
Si
voltò e vide Milo. Sorrideva dolcemente.
“Ti
manca, eh?” chiese lui avvicinandosi alla moglie.
Angelica
annuì e replicò:
“Ricordi
quello che mi hai detto un paio di sere f riguardo la mamma e il
papà?”
“Riguardo
cosa?”
“Riguardo
il loro amore. Mi hai detto che papà non ha tenuto conto del
loro amore fino a che non lo ha perso per sempre. E allora è
impazzito...”
Milo
annuì ed Angelica disse:
“Io
ho capito di voler davvero bene a mia sorella nel momento in cui mi
sono resa conto di averla persa per sempre... Proprio come hai detto
tu!”
Milo
abbracciò Angelica e le baciò la fronte rassicurandola:
“Tranquilla.
Tornerà!”
“Deve!”
esclamò sorridendo Angelica che sollevando lo sguardo su
quello del marito aggiunse: “Non può perdersi la nascita
del suo primo nipotino!”
La
casa di Frodo a Crifosso -o almeno quella che tutti credevano
sarebbe stata la dimora del Hobbit da quel momento in avanti- era
molto diversa da Casa Baggins ad Hobbiville. Vi si giungeva
percorrendo un viale erboso. Esmeralda la vide apparire nell'oscurità
e la guardò poco convinta. Non riusciva ad immaginare che un
posto diverso da Casa Baggins potesse ospitare Frodo o Bilbo e un
brivido le percorse la schiena al pensiero di Lobelia intenta a
godersi quello che per lei era stato un dolce rifugio per tutta
l'infanzia.
Frodo
che camminava davanti a lei arrivò per primo e bussò
alla porta. Dopo poco l porta della casa si aprì illuminando
il volto dei quattro viandanti. Davanti a loro c'era Grassotto
Bolgeri che sorridendo disse:
“Alla
buon'ora!” e abbracciò Frodo. “Merry mi ha detto
che ci sono stati degli impicci e che c'è un cosa che devo
assolutamente vedere con i miei occhi per crederci...”
Pipino
sorrise e abbracciando il cugino rispose:
“Di
impicci ne avremo da raccontare per i prossimi anni e ancora... Per
quello che devi vedere...” e sorridendo si fece di lato.
Esmeralda
con i ricci neri che cadevano sul logoro mantello del padre sorrise
nervosa a Grassotto.
Tra
i due, qualche anno prima, c'era stato qualche problema. Grassotto,
infatti, si era innamorato di Esmeralda perdutamente, talmente tanto
che era uno dei pochi pretendenti rimasti dopo la morte di Petunia,
la madre della ragazza. Nessuno, infatti, dopo la grande tragedia che
aveva colpito la famiglia di Ponto Baggins, aveva continuato a
corteggiare la giovane Esmeralda. Nessuno tranne Grassotto, appunto
che le aveva fatto una corte spietata e aveva anche deciso di
chiedere la sua mano. Esmeralda, sognatrice di natura, aveva
rifiutato la proposta del giovane Bolgeri, sperando che Frodo aprisse
finalmente gli occhi e decidesse di sposarla. Dal conto suo,
Grassotto non l'aveva presa per niente bene. All'inizio si era chiuso
in sé stesso, senza uscire dalla sua camera. Poi aveva
cominciato a passare le sue serate al Drago Verde. Poi, quando
cominciò a capire che nulla poteva ricucire la ferita che gli
era stata procurata, cominciò a non andare ad Hobbiville,
tranne per le feste che dava Frodo o per andare semplicemente a
trovare il cugino e amico. Esmeralda fece di tutto per non
incontrarlo, ma inevitabilmente, un giorno, successe una cosa che mai
avrebbe immaginato.
Qualche
anno prima. Vicino a Casa Baggins.
Esmeralda
scosse la testa stanca. Angelica la guardava severa e aveva le narici
erano talmente dilatate che la minore delle figlie di Ponto si
chiedeva come fosse possibile che non sputasse fuoco come il drago
Smaug.
“Ti
rendi conto, Esmeralda, che hai rifiutato un partito più che
buono?”
“Ancora
con questa storia! Io non amo Grassotto!” replicò
Esmeralda esasperata.
“Sì!
Lo so che ami Frodo Baggins! Altrimenti non ti pescherei ogni volta a
sbirciare se è in casa oppure no!” ribatté sempre
più arrabbiata Angelica.
Esmeralda
sospirò frustrata, incrociando le braccia strette al petto.
Angelica la osservò in silenzio per qualche secondo poi,
cercando di essere dolce disse:
“Esmeralda...
La mamma è morta. Il papà è impazzito. Ti rendi
conto che tutto questo è accaduto ancora prima che tu
prendessi marito?”
“Come
potrei dimenticarlo visto che m lo ricordi ogni santissimo giorno!”
sbottò risentita Esmeralda.
“Appunto!
Devo forse ricordarti che puoi ritenerti fortunata se Samwise Gamgee
ti chiede in moglie...” le fece notare Angelica.
“E
devo ricordarti che a m non importa se non mi sposerò con
nessuno? Io voglio sposare l'uomo che amo Angelica!”ribadì
Esmeralda.
“Non
puoi lasciarti andare a stupide romanticherie, Esmeralda. Non te lo
puoi permettere!” disse Angelica che allargando le braccia
aggiunse: “L'amore, Esmeralda,. L'amore! Ti rendi conto che
stai parlando di una cosa che non esiste. Proprio come tutte le
storie di Bilbo...”
“Le
storie di Bilbo non sono stupidaggini. Lo sai! E la mamma e il papà
si amavano!” replicò Esmeralda.
“La
mamma e il papà non c'entrano! Non tutti possiamo essere
fortunati come loro!” rispose Angelica.
“Immagino
che tu avrai fatto lo stesso con Milo!” sorrise Esmeralda
soddisfatta di aver colto in fallo la sorella maggiore.
“Io
non amo Milo. L'ho accolto nella mia vita, tutto qui! Rispose
tranquilla Angelica,
Esmeralda
sbarrò gli occhi e la bocca come quando era una bambina. E
scuotendo la testa disse:
“Se
tu hai smesso di sognare, di certo non lo farò io! La colpa è
solo tua... Io conosco i miei sentimenti. Che ti piaccia o no, non
sposerò Grassotto. Non lo amo e mai lo amerò. E ti
dico di più! Riuscirò a sposare Frodo. E quando accadrà
ti dimostrerò che l'amore esiste!” e si allontanò
da Angelica.
Fu
girando l'angolo che si rese conto che in lacrime, Grassotto, aveva
sentito tutto.
“Che
ci fa con voi Esmeralda Baggins?” chiese poco delicatamente
Grassotto.
Esmeralda
sollevò un sopracciglio ma non rispose. Fu Pipino a dire:
“Non
lo sapevi? Esmeralda e Frodo si sono sposati in gran segreto e sono
venuti a vivere a Crifosso per mettere su una famigliola con i
fiocchi!”
Grassotto
stava per avere un tracollo quando Merry, tempestivamente, si mise in
mezzo e disse:
“Pipino
non dire stupidaggini. E tu, Grassotto, fai entrare gli ospiti. Sono
stanchi e credo che abbiano fame!”
Esmeralda
sorrise al cugino che le fece un occhiolino da dietro Grassotto
mentre Frodo, ridendo per quello che aveva detto Pipino replicò:
“Esmeralda
sposare me? Credo che quel giorno dovrete andare a dire ad Angelica
che è impazzita!”
Grassotto
si incupì ancora un po'.
Frodo
non lo sapeva. Ma tutti in quella stanza sapevano che Esmeralda
Baggins era innamorata di Frodo da quando era una bambina.
“Ho
pensato che fosse il caso di preparare un bagno per t a parte. Non
credo che lavarti assieme a Frodo, Pipino e Sam sia una cosa indicata
per una ragazza di buon famiglia!” sorrise Merry.
Esmeralda
annuì guardando il volto appena illuminato del vecchio amico.
Si rese conto di quanto fosse cambiato. Si rese conto che in quegli
anni in cui non si erano mai visti, Meriadoc Brandybuck era diventato
un uomo. E forse era per questo che si sentiva tranquilla nel saperlo
vicino.
Dalla
stanza vicina, intanto, si sentivano le risate di Frodo, Sam e Pipino
che intonavano canzoni adatte per il bagno.
La
giovane sorrise e prendendo la biancheria dalle mani di Merry,
riprendendo il vecchio cipiglio di quando era una bambina, sorrise e
disse:
“Allora
vado a lavarmi. So solo io quanto ho bisogno di un bagno!” e
sorridendo sparì dietro la porta.
Merry
rimase a guardar il punto dove era sparita Esmeralda, sorridendo a
sua volta.
E
mentre guardava il buio, ripensando alla bambina che gli gridava
contro che mai sua sorella avrebbe sposato un Brandybuck, sentì
la voce del suo amico Grassotto cupa dietro di lui:
“Non
è Angelica. È differente. Forse, se fosse stata come
sua sorella, avresti avuto qualche possibilità di sposarla per
via del fatto che sei ricco. Ma Esmeralda è differente. Stare
troppo vicino a Bilbo quando era una bambina le ha riempito la testa
di fantasie assurde!”
Merry
si voltò sorridendo nervoso. Non gli piaceva essere colto di
sorpresa, specialmente in momenti imbarazzanti come quello.
“Che
vuoi dire Fredegario?”
Grassotto
sospirò e asciugano le mani con un vecchio straccio rispose
sospirando:
“Tu
lo sai che ho chiesto la mano di Esmeralda Baggins qualche anno fa e
che lei mi ha rifiutato...”
“Ancora
con quella storia!” lo interruppe seccato Merry.
Grassotto
scosse la testa e replicò:
“Io
so che è così. Esmeralda è innamorata di Frodo.
E ha detto che non sposerà nessun altro!”
“E
come fai a saperlo?” chiese sorridendo Merry.
“L'ho
sentito io, con le mie orecchie. Stava litigando con sua sorella
Angelica per quello che aveva fatto negano la mia offerta. Angelica
le ha detto qualche cosa tipo che nella vita bisogna imparare ad
accettare i compromessi, come aveva fatto lei con mio cugino Milo
Tronfinpiede, sposandolo solo perché era ricco!” e senza
aggiungere altro si allontanò lasciando Merry da solo.
Non
capiva il nesso dei discorsi di Grassotto, ma di una cosa era certo:
se pensava che Esmeralda Baggins gli piacesse, beh! Allora si
sbagliava davvero di grosso!
Merry
non sapeva perché, ma solo l'idea di stare con una ragazza on
un carattere come quello della piccola Esmeralda, con il suo
carattere e le sue manie, gli faceva accapponare la pelle.
Esmeralda
guardò i vestiti di Ponto abbandonati per terra poi,
lentamente, si lasciò scivolare dentro la vasca di acqua
calda. Subito emise un sospiro di sollievo al contatto del calore
contro la pelle fredda e lasciò il capo appena riverso sul
bordo della tinozza.
Quella,
in assoluto, era stata la giornata più lunga della sua vita.
Solo il fatto di essersi persi l'aveva terrorizzata, anche se aveva
cercato in tutti i modi di non darlo a vedere. E si era notevolmente
trattenuta quando aveva sentito quel grido terribile dei Cavalieri
Neri.
Poi
c'erano stati i cani di Maggot e le storie terribili che il vecchio
fattore aveva loro raccontato.
E
la visione che le fece accapponare la pelle. Quella del mantello nero
che odorava l'acqua alla ricerca di qualche loro traccia.
Sospirò
e si sporse appena per prendere il bricco di acqua calda che poi
versò sui lunghi capelli neri.
Non
c'era niente di più appagante di un rigenerante bagno caldo
dopo una faticosa giornata.
A
questo pensava Esmeralda mentre la stanza era piena del rumore
dell'acqua smossa dal suo corpo immerso quasi completamente quando
sentì chiara la voce di Pipino cantare una delle canzoni
preferite di Bilbo quando faceva il bagno:
Canta!
Perché il bagno sul finir del giorno,
sai
che laverà il fango più immondo!
Pazzo
è colui che si rifiuta di cantare;
dell'Acqua
Calda non vi è piacere più salutare!
Dolce
è della pioggia che cade intorno il suono
e
del ruscel che scorre dal colle al pianoro;
ma
meglio della pioggia e dell'impetuoso torrente.
è
l'Acqua Calda di un fango fumante e bollente.
Dell'acqua
fredda il bisogno noi risentiamo a volte
per
cavare la sete e procurar sollievo;
ma
in quei casi è meglio di Birra una botte
e
giù per la tua schiena Acqua Calda a dirotto.
Bello
è veder l'acqua zampillare
e
da una fonte limpida al sole scintillare
ma
suono di fontana non sarà mai sì piacente
come
dello sguazzar sull'Acqua Calda il rumor allettevole!
Sorrise
canticchiando quando sentì un tremendo tonfo e un grido di
Frodo. Allarmata si sollevò dalla vasca e coprendosi con uno
di grandi asciugamani che le aveva dato Merry si avvicinò alla
porta aprendola appena.
“Che
dite del pranzo e della botte di birra?” chiese Merry vicino
alla porta del bagno di Esmeralda.
La
ragazza sorrise tirando più su l'asciugamano sul seno nudo.
Merry si rese conto e sorrise a sua volta, salvo voltare il capo e
arrossire violentemente:
“Esmeralda
Baggins. Non sono modi questi di presentarsi davanti ad un
gentilhobbit!”
Esmeralda
sollevò le sopracciglia e sollevando l'asciugamano fino al
collo disse:
“Mi
preparo ed esco!” e chiuse la porta con un tonfo.
Frodo
uscì dalla camera dove stavano lui, Pipino e Sam e strofinando
i capelli, rise:
“C'è
tanta di quell'acqua per aria che mi sembra impossibile asciugarmi”
e guardando Merry, sospettoso, chiese: “Come mai sei
arrossito?”
Merry
scosse la testa e rispose:
“Niente!”
e sporgendosi nella camera disse: “Cielo! Sappi che voglio che
tutto sia asciutto prima che tu venga a tavola, Peregrino Tuc !”
e senza nemmeno degnare di uno sguardo Esmeralda che usciva non più
nuda dal bagno aggiunse: “ spicciati o non ti aspetteremo!”
Esmeralda
sorrise più per circostanza che per altro e andò a
tavola. Anche lì Merry fece finta di non vederla. E questo
ferì un po' Esmeralda. Infondo, con Merry, aveva avuto sempre
un buon rapporto. Non si aspettava certo che per averla vista un solo
attimo con un solo asciugamano addosso potesse arrabbiarsi così
tanto. E se questo era quello che era successo, allora le dispiaceva
davvero!
“Bene!
Bene! Vedo che ci sono dei funghi! E immagino che voi, avendoli già
mangiati dal vecchio Maggot ne abbiate abbastanza!”
Fredegario
sorrideva, anche se sapeva che nessuno avrebbe detto di averne
abbastanza dei funghi dato che erano tutti Hobbit quelli che aveva
davanti.
“Ed
è qui che ti sbagli, cugino caro... Io ne voglio ancora!”
esclamò Pipino guardandolo serio.
“Mi
sa che ti è andata male!” sorrise Merry divertito dalla
piccola diaspora tra i due parenti.
“Hey!
La signora Maggot ha regalato a me i funghi. Quindi sarò io a
dividerli!” e prendendo la padella cominciò a riempire i
piatti di tutti.
Mangiarono
in silenzio, gustando affondo il sapore dei funghi di Maggot, poi,
una volta finito cominciarono a parlare di quello che stava
succedendo e di quello che Merry aveva visto al pontile quando erano
sul Traghetto..
“Allora!
Dovete spiegarmi perché il vecchio Maggot sembrava così
paventato quando vi ho incontrati giù al Traghetto!”
disse Merry accendendo la sua pipa.
“Non
era solo Maggot ad essere spaventato!” replicò Pipino
satollo. “Quella cosa ha spaventato anche noi!”
“Signor
Merry! Lo sareste anche voi se quei... quei... quelli lì vi
avessero seguito per due giorni come hanno fatto con noi.
Esmeralda
deglutì a vuoto. Il solo ricordo di quello che aveva visto in
quei giorni le faceva accapponare la pelle.
“Se
mi aveste raccontato questa storia qualche ora fa, prima che salissi
sul Traghetto, probabilmente avrei riso e vi avrei preso in giro, ma
visto quella creatura che ho visto sul pontile... Capisco la vostra
paura e quella del vecchio Maggot che -tra l'altro- è la cosa
più insolita di tutta questa storia. E tu Frodo cosa ne
pensi?” disse Merry.
“Se
domandi a Frodo non caverai un ragno dal buco. Il nostro amato cugino
non ci ha detto nulla da quando siamo partiti. A quanto pare è
diventato un amante dei misteri. Gandalf ha fatto una buona scuola,
vero Frodo?” rise Pipino.
Tutti
risero ed Esmeralda aggiunse:
“In
effetti quello che sappiamo noi si basa solo sulle supposizioni del
vecchio Maggot, vecchio mio!”
“Le
supposizioni del vecchio Maggot sono appunto solo supposizioni. Lui
non sa nulla di questa storia!”replicò Frodo.
“E
allora spiegaci tu , Frodo!” sorrise Fredegrio.
Frodo
si schiarì la voce e sospirando disse:
“Non
lo avrei mai immaginato qualche anno fa. Ma quello che dice la gente
riguardo i tesori di Bilbo non è poi così tanto
sbagliato. Qui Cavalieri cercano qualche cosa che Bilbo ha trovato ed
ora stanno dando la caccia o a me o a lui...”
Merry
e Pipino si guardarono sorridendo e fu il secondo a mormorare:
“Sta
per vuotare il sacco?
Frodo
li guardò tutti senza capire e chiese:
“Cosa
vorreste dire?”
“Che
forse io posso aiutarti a svelare qualche mistero!” disse
sorridendo Merry: “Credo di sapere per che COSA ti stanno
seguendo i Cavalieri Neri!”
“Che
vorresti dire, scusa?” domandò Frodo.
“Frodo!
È ora che tu sappia che noi siamo a conoscenza del tuo
segreto. Tu non rimarrai a Crifosso vero?” rispose Merry.
“Ma
cosa stai dicendo!” cercò di sviare Frodo sorridendo
nervoso.
“Quello
che ho detto!” replicò Merry. “Sono... Anzi siamo
a conoscenza del tuo segreto Frodo. Sappiamo che devi lasciare la
Contea e che la casa di Crifosso non è altro che una
copertura!”
Frodo
sbarrò gli occhi e la bocca per la sorpresa.
“E
voi come potete saperlo?”
“Abbiamo
avuto una buona spia!” sorrise Merry guardando Sam che un po'
imbarazzato disse:
“Ho
detto loro che volevate lasciare la Contea, padron Frodo. Ero troppo
preoccupato per lasciarvi affrontare questo viaggio da solo!”
Frodo
scosse la testa e guardò Sam con tanto d'occhi e voltandosi
verso Esmeralda domandò:
“Immagino
che anche tu sapessi che non stavo lasciando solo casa Baggins,
quando sono partito da Hobbiville, ma che stavo lasciando anche la
Contea, vero Esmeralda?”
La
giovane sorrise e annuì:
“Ecco
perché ti ho seguito. Ma non prendertela con Sam. L'ho
costretto a dirmi tutta la verità perché anche io
so...”
“In
che senso?” chiese Pipino che non capiva.
Esmeralda
sorrise e guardò Sam con dolcezza. Il poveretto era arrossito
fino alla punta dei capelli:
“Sam
non ha tradito del tutto Frodo. Vi ha detto che doveva partire e
lasciare la Contea. Ma non vi ha detto il motivo per cui deve andare
via... E il luogo che deve raggiungere. Penso che Gandalf abbia fatto
un buon lavoro con lui!”
Sam
annuì e ricambiò un sorriso raggiante ad Esmeralda
dicendo a Frodo:
“Padron
Frodo. Io non ho detto nulla riguardo quello che ho sentito mentre
parlavate con Gandalf a Casa Baggins, qualche tempo fa. La signorina
Esmeralda ne è a conoscenza solo perché lei stava
origliando come me quella mattina...”e pigolando aggiunse: “...
solo che è stata più furba e non si è fatta
scoprire!”
“Quindi
tu hai sentito tutto?” domandò Frodo guardando sorpreso
Esmeralda.
La
giovane annuì e Frodo concluse mettendo una mano sulla faccia:
“Oh
mio Dio! Credo che ti abbia fatto davvero male essere cresciuta a
pane e racconti di Bilbo!”
“sappi
comunque che anche noi siamo a conoscenza del fatto che non è
vera la storia che hai finito il denaro. E che siamo molto delusi dal
fatto che hai finto di aver finito il denaro e hai venduto la casa a
quegli odiosi Sackville-Baggins con annessi tutti i bei ricordi ad
essa legati... Ma per quanto sapessimo che tu partissi per motivi
differenti da quelli che dicevi qualche cosa ancora non ci è
del tutto chiara!” spiegò Merry.
“Oddio!
E Gandalf mi ha detto di essere prudente. Mi sa che la mia missione è
andata alle ortiche allora!” scherzò Frodo.
Tutti
sorrisero tranne Sam, che aspettava il suo castigo arrivare da un
momento all'altro.
“Come
ti abbiamo già detto, Sam ci ha detto qualche cosa ma non
tutto!” replicò Merry serio. “E quello che
sappiamo lo possiamo solo dedurre da quello che abbiamo scoperto e
visto non possiamo lasciarti andare!”
“Ma
che dite!” esclamò Frodo terrorizzato.
“Che
se tu devi partire non possiamo lasciarti andare da solo. Ecco cosa
vogliamo dire cugino!” disse tranquillo Pipino.
Frodo
si rabbuiò. E scuotendo la testa disse:
“Voi
non sapete bene il motivo per cui devo andare... Non posso
permettermi di farvi correre un rischio del genere. A nessuno di
voi!”
Merry
sbuffò divertito e ribatté:
“Sappiamo
tutto invece, cugino. Conosciamo la storia dell'Anello e sappiamo che
dovremo lottare con un nemico ben oltre le nostre forze!”
“L'Anello?
Un nemico conto le vostre forze?” disse Frodo stralunato.
“Hai
capito benissimo Frodo. A quanto pare non sei l'unico che conosce i
segreti di Bilbo. Ho letto il suo libro e conosco la vera storia di
come ha preso il tesoro a Gollum!”
“Tu
hai letto il libro di Bilbo!” si intromise risentita Esmeralda.
E
ne aveva ben donde dal momento che non era mai riuscita a leggere una
sola parola del libro di Bilbo nonostante fosse stata ospite fissa
del vecchio Hobbit fino alla sua fuga spettacolare.
“Non
l'ho letto tutto... Solo una piccola parte. Certo non disdegnerei
un'altra occhiata se Frodo ha il libro con sé!” rispose
Merry sempre senza degnar di uno sguardo Esmeralda.
La
giovane mise un broncio quasi impercettibile senza rendersi conto che
Fredegario non aveva tolto lo sguardo per un solo minuto da lei. E
dopo essersi resa conto per l'ennesima volta che Merry non la degnava
di uno sguardo i chiuse in sé stessa, silenziosa, chiudendosi
in un mondo senza suoni, lontano dalle voci di Merry, Pipino, Sam,
Fredegario e Frodo.
Pensava
che cosa avesse fatto di sbagliato ma non riusciva a trovare un solo
gesto, una sola parola o un solo motivo che avessero potuto ferire
Merry.
A
parte l'incidente del bagno. Ma c'era motivo di reagire così?
“Vero
Esmeralda?”
La
voce di Frodo riempì il silenzio creato che Esmeralda aveva
creato.
“Cosa?”
chiese Esmeralda come se stesse cadendo dalle nuvole.
Pipino
rise e disse:
“Frodo,
Esmeralda non ha sentito una sola parola di quello che hai detto. Io
propongo di non ripetere e di rimandarla a casa per pacco postale!”
Tutti
risero ma Frodo disse:
“Mi
devi promettere che non dirai a nessuno del mio viaggio e...”
“E
proprio un bel niente!” lo interruppe Esmeralda punta. “IO
vengo con voi! E se non mi porterete vi seguirò fino in capo
al mondo. L'ho fatto una volta posso farlo di nuovo!”
Frodo
batté la fronte con una mano arreso. Merry fece spallucce come
per dire 'io te lo avevo detto' e Pipino disse:
“Bene.
Allora è fatta. I parte in cinque alla volta di Brea per
raggiungere Gandalf!”e alzando il braccio gridò: “Urrà
al Capitan Frodo ed al suo equipaggio!” e prendendo esempio dai
nani, Merry e Pipino si misero a cantare una vecchia canzone che
Bilbo cantava spesso riadattandola a loro:
Addio
a voi, mio atrio e mio caro braciere,
Il
vento può soffiare e la pioggia cadere
Ma
prima della rugiada, che l 'alba fresca bagna,
Noi
marcerem pei boschi e sull 'alta montagna.
A
Gran Burrone,ove sono gli Elfi intenti all 'opre,
In
radure che un fine velo di nebbia ricopre,
Arriverem
attraverso lande deserte e brughiere,
E
da lì poi dove andrem, nessuno può sapere.
Davanti
a noi i nemici e dietro lo spavento,
Il
nostro letto sarà sotto il cielo e nel vento,
Fino
al giorno in cui con la stanchezza in volto,
il
viaggio sarà finito, e il compito svolto.
Dobbiamo
andare! Dobbiamo andare!
Prima
che l 'alba incominci a spuntare!
Esmeralda
rise e diede il tempo con le mani.
Sarebbe
andata a Brea e forse, poi, se solo fosse riuscita a convincere
Gandalf, avrebbe visto Gran Burrone.
Non
diede ascolto a Fredegario che li redarguiva sulla Vecchia Foresta
che li aspettava poco dopo l'inizio del suo viaggio.
La
sua avventura era cominciata e nulla l'avrebbe interrotta ancora per
un po'.
Il
cielo era scuro e sotto quella che sembrava essere un'altissima
torre, guardava il cielo.
Sospirò
come in attesa di qualcosa di qualcuno che mettesse fine a quella
prigionia.
Sotto
i suoi piedi c'erano le ceneri di quello che doveva essere un
bellissimo giardino. Alberi sradicati e messi a bruciare, buchi che
squassavano il terreno.
Poi
una voce gelida alle sue spalle:
“Allora
Gandalf! Cosa hai deciso? Che strada seguirai? Quella della sconfitta
e della morte? O quella della gloria e del potere!”
Gandalf
si voltò lentamente e sorrise sprezzante mormorando:
“Vecchio
pazzo! Il Signore degli Anelli è uno solo e lui non divide il
potere!” poi si sentì un grido di un'aquila e Gandalf si
buttò nel vuoto.
Esmeralda
si svegliò di soprassalto, reprimendo un grido di terrore. Era
ancora notte e non doveva essersi addormentata non più di
un'ora prima.
Si
guardò intorno tastando il letto.
Doveva
smetterla di fare quei sogni. Ogni volta, ad ogni risveglio si
sentiva più debole, quasi non dovesse fare quei sogni, quasi
che ogni volta che sognava Gandalf e quello che li stava
presumibilmente accadendo le strappasse una piccola parte di sé.
Sospirò
e si mise a dormire di nuovo. Ma ci volle un po' prima di riprendere
sonno.
Il
salto nel vuoto che aveva visto fare a Gandalf l'aveva turbata.
Cosa
stava accadendo realmente?
E
se quello che vedeva era vero, avrebbero trovato Gandalf a Brea?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Nella casa di Baccador e Tom Bombadil ***
10.
Nella casa di
Baccador e Tom Bombadil
Merry
camminava avanti e indietro davanti alla porta chiusa della camera di
Esmeralda. Come aveva potuto essere così stupido e non
rendersi conto di quello che stava succedendo? Come aveva potuto
permettere che Frodo prendesse una decisione tanto azzardata e
decidesse che anche lei si unisse alla loro compagnia?
Forse,
quella sera, quella prima della partenza, davanti al fuoco della casa
di Frodo a Crifosso, tutto sembrava semplice, normale e avevano
perfino dimenticato l'esistenza dei Cavalieri Neri, almeno mentre
cantavano le vecchie filastrocche di Bilbo.
In
quel momento, però, tutta la pericolosità di quel
viaggio sembrava quasi essere calata sulle loro spalle. Non si
parlava di Cavalieri neri, stavolta. Il ricordo di quella maledetta
foresta gli faceva ancora gelare il sangue nelle vene. E gli faceva
chiedere come non era riuscito a sentire che la prima che era stata
rapita da quell'albero parlante e dall'animo nero.
Non
poteva sopportare ancora. Il suo corpo stava cedendo. Se non avesse
finito immediatamente, le cose sarebbero sicuramente precipitate.
“Piccolo
stupido. Credi davvero che l'Oscuro Signore avrebbe permesso ad un
piccolo Hobbit di tenere per se l'Anello del Potere? È proprio
vero Gandalf. L'erba pipa dei Mezzuomini ti ha annebbiato il
cervello!”
Un'ennesima
fitta di dolore percorse da capo a piedi il corpo del vecchio Istaro
che stringendo i denti, sollevò lo sguardo e guardò
Saruman. Lo sguardo dello stregone grigio era pieno di sfida e di
odio, cosa che non sfuggì all'Istaro bianco che, quasi per
punirlo per la troppa insolenza, usò di nuovo la magia per
infliggere una nuova tortura al vecchio amico.
Di
nuovo il grido di Gandalf riecheggiò dalla cima della torre di
Isengard, mentre ai suoi piedi gli orchi deturpavano il giardino una
volta rigoglioso della vecchia torre numenoreana, scavando cunicoli
che sembravano raggiungere le viscere stesse della Terra di Mezzo.
Gandalf
cadde con il viso per terra. Se solo avesse avuto ancora il suo
bastone le cose sarebbero cambiate. Almeno avrebbero lottato in
parità.
“Dov'è
diretto l'Hobbit?”
Gandalf
non rispose cosa che fece alterare Saruman che gridò:
“Ti
ho chiesto dove è diretto l'Hobbit?”
Gli
occhi di Gandalf vennero percorsi da un guizzo che Saruman non poté
vedere. Se Saruman gli chiedeva dove fosse Frodo voleva dire che non
lo aveva ancora rintracciato e che i Cavalieri Neri non lo avevano
fatto prigioniero. Sorrise divertito, cosa che lasciò stupito
Saruman che aggrottando la fronte, chiese:
“Stai
forse impazzendo, amico?”
Gandalf
si sollevò appena e cominciò a ridere. Saruman
indietreggiò spaventato e sorpreso assieme della reazione di
Gandalf, impietrito dal fatto che lo stregone grigio avesse ancora la
forza di ridere. Prendendo la palla al balzo si sollevò a
fatica e guardando Saruman negli occhi, ignorando il suo corpo che
gridava per il dolore provocatogli dalla tortura, disse con calma,
con una punta di ironia volontariamente malcelata:
“Come
ti ho già detto, amico, colui che rompe un oggetto per
scoprire cos'è, ha abbandonato il sentiero della saggezza. E
tu non solo hai abbandonato la saggezza, ma sei diventato schiavo
della tua stessa follia...” e senza nemmeno pensarci si avventò
su Saruman, sapendo di non aver nessuna possibilità, ma che
con quella mossa avrebbe preso di sorpresa lo Stregone Bianco.
Ai
piedi della torre, tra gli insulti, i colpi di frusta e i borbotti
degli orchi che lavoravano meticolosamente, l'urlo di sorpresa di
Saruman riecheggiò per qualche secondo. Ci vollero pochi
istanti perché l'urlo di dolore di Gandalf sovrastò
ogni rumore.
Ma
nessuno ci fece caso.
Esmeralda
venne scossa da una fitta fortissima.
Era
Gandalf quello che aveva visto, non c'erano dubbi. E aveva provato
parte del suo stesso dolore. Questo significava solo una cosa. Stava
impazzendo. Sognare e sentire il dolore provato da altri significava
che il suo cervello non stava più connettendo. Oppure...
Ricordava
poco di quello che era successo, quando? Il giorno prima? Una
settimana prima? Un anno prima? Oddio! Stava perdendo anche il conto
del tempo...
Esmeralda
sapeva solo una cosa. Un albero l'aveva rapita, nel vero senso della
parola e l'aveva intrappolata al suo interno. E quando questo era
successo lei non aveva retto ed era svenuta.
Da
allora di una cosa era sicura. I suoi sogni erano stati tormentati e
non era riuscita ad aprire gli occhi.
“Svegliati,
piccola Hobbit dal cuore forte” mormorò una voce lontana
ma piena di tutta la gentilezza e la dolcezza che Esmeralda aveva
sentito solo da sua madre.
-Non
ci riesco!- pensò Esmeralda cercando di aprire gli occhi ma
sentendoli pesanti.
“Devi
riuscirci. Non è bene che un Hobbit abbia un potere come il
tuo”
-Potere?
Io non ho nessun potere!- replicò Esmeralda a quella voce che
riempiva il buio della sua testa.
“Tu
hai un potere, mia cara giovane Hobbit, ma non so come lo hai
acquistato. E mi spaventa, perché ha già cominciato...”
La
voce dolce si velò di una leggere nota di preoccupazione, cosa
che non sfuggì ad Esmeralda che preoccupata chiese:
-Cosa
sta cominciando?-
“Non
sono sicura... Ma vedo il tuo cuore. Ed è provato!”
-Da
cosa?- domandò quasi disperata Esmeralda.
“Da
tutto quello che sta succedendo. E soprattutto da questo collegamento
con Gandalf. Collegamento che io non mi spiego...”
-Cosa
può succedere? Ti prego! Dimmelo!- implorò Esmeralda
che per la paura sentiva il cuore battere talmente forte da sentirne
anche la eco nelle orecchie.
“Ti
stai consumando. Questo contatto ti sta consumando l'anima, piccola
Hobbit...”
-Con...
Consumando l'anima... No! Non è possibile. Dei sogni non
possono consumarmi l'anima...- cercò di tranquillizzarsi
Esmeralda ma la voce risuonò nell'oscurità, dolce e al
contempo spaventosamente minacciosa:
“Quelli
che fai tu non sono sogni, mia dolce Esmeralda... Sono visioni. E
quello che hai visto, sta davvero accadendo!”
-Allora
Gandalf è in pericolo!- replicò sempre più
spaventata Esmeralda.
“Svegliati!”
-Spiegami
ti prego!- implorò ancora Esmeralda.
“Svegliati.
E ti darò tutte le risposte. O almeno quello che so!”
-Dammele
ora!-replicò stizzita Esmeralda ma la voce dolce ordinò
ancora:
“Svegliati!”
-Aspetta!-gridò
nel buio di quel limbo senza vie d'uscita Esmeralda, ma senza essere
ascoltata.
“Svegliati!”
E
come se qualche cosa la afferrasse per l'ombelico, Esmeralda si sentì
strappare da quell'oscurità. Gli occhi divennero leggeri e
poté di nuovo spalancarli. Respirò forte e i polmoni
vennero invasi da una dolorosa sorsata di aria fresca che le perforò
il petto con un dolore lancinante.
Si
mise a sedere, respirando ancora affannosamente. Fu allora che gridò:
“Gandalf!”
Frodo
si avvicinò a Merry con passo lento, tenendo le mani nelle
tasche.
Non
sapeva spiegarsi quello che aveva spinto Merry a passare quasi un
intera giornata davanti alla porta chiusa di Esmeralda, ma sapeva
che, come lui, anche Merry si sentiva responsabile di quello che era
successo alla loro giovane cugina. Anche se, nel concorso delle
colpe, Frodo sapeva di essere quello che aveva la responsabilità
più grande.
“Come
sta?” chiese quando fu abbastanza vicino.
Merry
si voltò, quasi sorpreso di vederlo. Poi sorrise e rispose:
“La
moglie di Tom è dentro da ore ormai e ancora non è
uscita da là dentro. Ci ha detto solo di non preoccuparci
quando ci ha visti sulla porta prima di entrare!”
“Ci
ha detto?” chiese Frodo curioso, dal momento che in quel
momento non c'era nessuno con Merry.
“Si.
A me e a Pipino!”rispose Merry serio passando una mano sui
ricci biondi e un po' ribelli.
Frodo
sospirò e si poggiò al muro. Quel viaggio era al di
fuori della sua portata e di tutte le persone che aveva coinvolto: da
Sam, che non aveva mai messo il naso fuori dalla Contea; a Merry che
doveva stare a casa a cercare moglie, come voleva tutta la famiglia
Brandibuck; a Pipino che era poco più che un giovane con
ancora tante cose da imparare. E poi c'era Esmeralda. La piccola
Esmeralda che lo aveva seguito perché Bilbo le aveva
raccontato troppe storie di avventure e affini.
E
tutti stavano pagando un prezzo troppo alto.
Sospirò
e poggiò una mano sulla spalla di Merry e disse:
“Se
ieri non ci fosse stato Sam ad aiutarci... E Tom con lui... Non credo
che nessuno di noi sarebbe qua a quest'ora!”
Merry
guardò Frodo senza dire nulla. Era sconvolto quanto lui da
quello che era successo alla piccola Esmeralda e lo si vedeva da come
teneva stretti i pugni e dal fatto che non si fosse mai staccato
dalla porta della camera dove stava sua cugina da quando erano
arrivati. Stava per dirgli qualche cosa per tranquillizzarlo, quando
un grido fortissimo riempì la stanza.
Entrambi
si voltarono spaventati e assieme dissero:
“Esmeralda!”
Esmeralda
stava seduta sul letto, con le mani che stringevano strette le
coperte. Il cuore le batteva forte e il suo petto si sollevava e si
abbassava così velocemente che la giovane si meravigliò
di non essere appena rientrata da una corsa, invece di essersi appena
svegliata da un incubo.
Si
guardò intorno spaurita. L'ultima cosa che ricordava era che
un albero l'aveva fatta prigioniera e che, nonostante avesse lottato,
aveva dovuto cedere ad una forza scura, una forza racchiusa dentro lo
stesso albero.
“Vedo
che ti sei svegliata. Bene!” disse qualcuno, una donna per
essere precisi, che stava al fianco del letto e che Esmeralda ancora
non aveva visto.
Si
voltò di scatto e vide una donna bellissima, sicuramente di
natura elfica. Aveva un lunghissimo vestito verde scuro, con una
cinta dorata alla vita. I lunghi capelli erano raccolti in una
treccia e gli occhi azzurri, che la stavano osservando amorevoli,
erano profondi e miti.
“Voi
siete... Siete un elfo è così?”mormorò con
rispetto e circospezione Esmeralda.
La
donna sorrise e rispose dolcemente:
“Io
sono Baccador la moglie di Tom Bombadil, padrone e signore di questa
foresta?”
Esmeralda
aggrottò la fronte e domandò:
“Scusi
signora, ma non ricordo nessuno con un nome simile. A dire il vero
l'unica cosa che ricordo è che un albero ci stava per
divorare. E poi nient'altro...”
Baccador
sorrise e replicò sempre con la solita dolcezza:
“E
ricordi bene, mia piccola amica. Tom vi ha salvati da quell'albero
oscuro e tu non ti sei ripresa fino a questa sera...”
“Ripresa?”
chiese Esmeralda confusa.
Ricordava
davvero poco di quello che era successo dopo che l'albero l'aveva
inghiottita e ora che trovava qualcuno che le poteva dare qualche
risposta era davvero intenzionata a non lasciarsela scappare.
Baccador
sorrise e rispose:
“Sei
stata nelle mani dell'oscurità per un giorno intero...”
Esmeralda
rimase con la bocca e gli occhi spalancati per la sorpresa: aveva
dormito per un giorno intero? Quello si che era strano! Non le era
mai successo in tutta la sua vita.
Baccador
sorrise e domandò:
“Non
vuoi sapere come stanno i tuoi amici?”
Alla
parola amici sentì il cuore andargli in gola e gridò:
“Gandalf!”
Merry
e Frodo entrarono nella stanza con i visi pallidi e gli occhi colmi
di paura.
Si
erano preparati al peggio ma quando videro Esmeralda che stava seduta
sul letto un sorriso illuminò il viso di entrambi e Merry,
correndo verso il letto della sua amica, disse:
“Che
paura che ci hai fatto prendere!”
Esmeralda
accolse l'abbraccio di Merry con gioia e una strana e piacevole
sensazione la pervase. Per tutto il viaggio, prima dell'incidente, il
giovane hobbit non le aveva mai rivolto la parola e sapere che
nonostante quella piccola parentesi nulla era cambiato la rendeva
davvero felice.
“Meriadoc
sto bene. Rischi tu di farmi male se non la smetti di stringermi così
forte!”
Merry
però sembrava non interessarsi alle lamentele dell'amica e
stringendola più forte rispose:
“Smettila,
piccola arrogante di una Baggins. Ci hai fatto prendere a tutti un
bello spavento!”
Esmeralda
sorrise e replicò:
“Era
tutto programmato. Sapevo dell'albero e avevo proprio intenzione di
farmi mangiare per vedere chi era l'hobbit più coraggioso che
mi avrebbe salvata. Ma a quanto ho visto vi siete fatti prendere
anche voi...” e sorrise guardando la faccia contrariata di
Merry.
Fu
in quel momento che si rese conto che nella stanza c'era anche Frodo.
Prima, quando stava entrando, Merry si era catapultato sul letto ed
Esmeralda aveva visto che era entrato qualche altro hobbit con lui ma
non era riuscita a distinguere chi fosse.
In
quel momento, guardando gli occhi azzurri del cugino, il cuore le
mancò un battito. Era lui, stava bene e le sorrideva, senza la
minima traccia di risentimento o di rabbia nei suoi confronti. Al
contrario sembrava davvero felice nonostante un velo malinconico le
oscurasse gli occhi. Esmeralda lo sapeva. Frodo si sentiva in colpa
per quello che era successo e per averla portata con sé in
quel viaggio folle.
“Frodo!”
mormorò quel tanto che bastava al fine che anche il cugino,
non molto distante, la sentisse.
Frodo
sorrise e Merry, vedendo gli occhi di Esmeralda illuminarsi mentre
guardava Frodo si sentì quasi in imbarazzo e un po' della
ritrosia del giorno prima riaffiorò. Che Grassotto avesse
ragione? Che Esmeralda fosse davvero innamorata di Frodo?
Scese
dal letto e mise le mani nelle tasche dei pantaloni, schiarendosi la
gola con un piccolo colpo di tosse. In quel momento, dalla prima
volta da quando era entrato nella stanza, si sentiva quasi di troppo,
come se tutto il tempo che aveva aspettato da solo davanti alla porta
di Esmeralda, sperando che si svegliasse da quel sonno malvagio non
valesse a nulla. Frodo aveva preso la scena, come era da immaginarsi
ed Esmeralda non aveva occhi che per lui in quel momento.
Non
ascoltò altro. Uscì con la schiena china e le mani in
tasca. Non capiva perché, ma in quel momento si sentiva
dannatamente triste.
Esmeralda
non si rese conto subito che il cugino aveva lasciato la stanza. Al
contrario aveva parlato con Frodo per tutto il tempo, senza rendersi
conto d'altro e solo quando anche Baccador aveva annunciato di dover
lasciare la stanza, si era resa accorta dell'assenza di Merry.
Non
ebbe il tempo di parlare veramente con nessuno una volta rimessa. Le
domande di Sam e di Pipino erano insistenti e quasi insopportabili,
specialmente quando cominciavano a farle quasi in sincrono.
Ma
c'era una cosa che lasciava Esmeralda quasi attonita. Il ricordo di
qualche cosa, ancora confuso nella sua testa. Una sorta di monito per
il futuro, riguardo qualche cosa che aveva sognato e che riguardava
Gandalf. Sapeva che lo stregone, nel suo sogno, era in pericolo. Ma
il fatto che fosse davvero solo un sogno di cui ricordava poco,
lasciava tranquilla la giovane hobbit, che cominciò a vivere
la sua vita che sembrava quasi fosse finita in un sogno. Difatti la
casa di Tome Baccador era davvero immersa in un'atmosfera strana,
magica e per nulla pericolosa. Tutti erano come trasformati,
tranquilli e sereni.
Frodo,
Sam e gli altri passavano molto del loro tempo con Tom che raccontava
loro storie e cantava canzoni che, qualche volta, Esmeralda ascoltava
incantata. Almeno quando non doveva aiutare Baccador. Infatti tra le
due, uniche donne della casa nel mezzo della Vecchia Foresta, si era
creata una grande alchimia, una sorta di amicizia che le rendeva
quasi complici.
Baccador
era una donna di una bellezza unica. Esmeralda più volte si
era scoperta a fissarla con meraviglia, chiedendosi se quella
creatura che stava davanti a lei fosse una donna, un elfo o un essere
superiore, di quelli che stanno nei vecchi racconti degli elfi che
Bilbo amava tanto raccontare a lei e a Frodo quando ancora era una
bambina.
Nonostante
questo Baccador non diede nessuna risposta sulla sua vera natura,
nemmeno quando furono i quattro ragazzi hobbit a chiederlo. Lei era
la moglie di Tom. Niente di più.
Nonostante
questo, però, Esmeralda sentiva una sorta di disagio quando
sentiva la vice dolce di Baccador, qualcosa che la innervosiva e che
la faceva sentire, inconsciamente in pericolo.
Qualcosa
che non sapeva dire cosa fosse, ma che alle volte la prendeva allo
stomaco e la faceva sentire come sul ciglio di un baratro.
Accadde
una mattina che Esmeralda capì il perché di tutto quel
disagio che la prendeva alla bocca dello stomaco e la faceva sentire
in pericolo.
Stava
sistemando le camere assieme a Baccador. Stranamente, a differenza di
quando era a Hobbiville quando era costretta di occuparsi di tutto da
sola, incluso di suo padre e della sua ingombrante malattia,
Esmeralda si stava divertendo. In quella casa, in quello speciale
angolo di foresta era come se il mondo fosse impregnato di magia.
Baccador, con la sua aura luminosa riusciva a risplendere in tutto
quello che faceva e lo faceva con una delicatezza tale che sembrava
davvero un essere di un mondo lontano.
L'ora
del pranzo di stava avvicinando e Baccador si mise a cantare un
canzone. Esmeralda non ne capiva le parole, ma la voce della donna
aveva un suono davvero melodioso che a qualsiasi orecchio sarebbe
sembrata una lieta melodia. Esmeralda l'ascoltò, ma
d'improvviso il suo cuore manco un battito.
E
una frase le tornò alla memoria:
Non
è bene che un Hobbit abbia un potere come il tuo...
La
pelle le si accapponò e la schiena venne attraversata da un
brivido mentre una seconda frase, come se qualcuno la stesse dicendo
in quel momento nonostante ci fossero solo due persone nella sala.
Tu
hai un potere, mia cara giovane Hobbit, ma non so come lo hai
acquistato. E mi spaventa, perché ha già cominciato...
Esmeralda
sentì il sangue gelarsi. Sapeva quando erano state dette
quelle parole. E sapeva di chi era quella voce mentre il terzo
monito, quello più terribile le ritornò alla memoria.
Ti
stai consumando. Questo contatto ti sta consumando l'anima, piccola
Hobbit...
Esmeralda
si voltò e guardò Baccador negli occhi. Si sentiva
persa e per un istante voleva far del male a quel viso tranquillo.
E
sussurrò:
“Eravate
voi, allora!”
Baccador
si voltò e il suo volto non perse l'aura luminosa che l'aveva
caratterizzato fino a quel momento.
“A
cosa?” chiese con delicatezza.
Esmeralda
si avvicinò e rispose:
“Voi
sapete cosa mi sta succedendo. Sapete che vedo Gandalf in sogno e
sapete che percepisco quando lui è in pericolo...”
Baccador
non rispose subito, ma il suo sorriso, per un attimo scomparve dal
suo volto. Si avvicinò alla giovane hobbit e sospirando disse:
“So
del tuo collegamento con Gandalf. So che tu vedi dei fatti
riguardanti la vita dello Stregone Grigio, nonostante questo non so
se quello che vedi è successo nel presente, nel passato.... O
se si deve ancora verificare!”
Esmeralda
guardò Baccador a lungo. Sentiva lo strano malessere che era
rimasto sopito in lei crescere di minuto in minuto.
“Voi
mi avete detto che mi sto consumando!”
Baccador
sospirò e rispose solo muovendo la testa.
Esmeralda
sentì le gambe cedere e poggiandosi al tavolo che stava vicino
a lei domandò ancora:
“Questo
significa che morirò?”
Baccador
annuì di nuovo e aggiunse:
“Non
subito. La tua anima si sta consumando e tu potresti risentirne tra
qualche tempo... Entrambe però sappiamo che questo non è
un viaggio semplice e ti porterà molto lontano dalla Contea e
da questa foresta... Ecco perché quando eri svenuta e ho
percepito questo potere straordinario e inusuale in un Hobbit mi sono
stupita. Ma al tempo stesso spaventata. Questo potere è
grande, ma anche rischioso. Devi controllare la tua mente. Cercare di
liberarla prima di andare a dormire, non pensare a nulla, cullarti
solo nell'oblio...”
“E
se non dovesse succedere? Come farò a controllare la mia
mente? Non sono un elfo o uno stregone. Non posso riuscire a
controllare un potere che non sapevo nemmeno di avere!”
Baccador
si avvicinò ad Esmeralda e poggiandole una mano sul volto
sorrise e rispose:
“Quando
arriverete a Gran Burrone avrai tutte le risposte. Ecco perché
dovrete fare presto... Non dipende solo la tua vita da questo
viaggio.
Baccador
si allontanò, ma prima che lasciasse la stanza, Esmeralda le
chiese:
“Devo
forse dire ai miei amici quello che ho visto?”
Baccador
si voltò e scuotendo la testa rispose:
“Credo
che sia meglio che nessuno sappia nulla di queste apparizioni fino a
che non sarete al sicuro. O con Gandalf o a Gran Burrone. Ma
ricordati quello che ti ho detto. È importante ora più
che mai che siate veloci e che arriviate a Gran Burrone
velocemente...”
Esmeralda
annuì e lasciò che Baccador lasciasse la stanza senza
chiederle altro. Poi la sua attenzione venne attirata da delle voci
fuori dalla finestra. Si voltò e vide Frodo e gli altri ridere
e ballare, cantare e scherzare assieme a Tom.
Scosse
la testa e ricacciò qualche lacrima.
Doveva
parlare con Frodo e chiedergli di partire il prima possibile. Anche
se, visto il viaggio che stavano intraprendendo, le sarebbe costato
davvero tanto.
Fu
con sorpresa che Frodo stesso comunicò, senza aver parlato con
Esmeralda, che tutti e cinque avrebbero lasciato la casa di Tom
Bombadil.
Lo
annunciò quando erano seduti per la cena. E nessuno osò
controbattere.
Da
una parte Esmeralda, in quel preciso momento si sentì triste.
Non voleva lasciare quell'isola tranquilla per un viaggio che nessuno
sapeva davvero come sarebbe andato a finire.
Poi,
quando finalmente andarono tutti a dormire e la casa piombò
nel sonno e nell'oscurità, la voce di Baccador che ripeteva il
suo monito oscuro fece sentire il cuore di Esmeralda più
leggero. Si rese conto che non voleva più stare in quel luogo.
Per quanto bello e tranquillo potesse essere quell'angolo di
paradiso, non riusciva a stare tranquilla. L'idea che quello che
sognava potesse essere reale la faceva stare male. E la spaventava da
morire che quei sogni che lei non poteva controllare, la potessero
portare alla morte consumandola dentro.
Voglio
ringraziare tutti quelli che mi hanno recensito.
Chiaretta78,
DiNozzo323, Laila_ , Johnny Nicotine, Yunie
e
Arena che -non tutti- mi hanno chiesto
quando
sarebbe tornata questa ff.
Eccola.
Scusate
il ritardo. Spero che la storia vi piaccia.
Un
bacio a tutte. E fatemi sapere.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Al Puledro Impennato ***
11.Al
PULEDRO IMPENNATO.
Un
grido risuonò lontano.
Il
cielo era trapuntato di stelle e la notte era tranquilla.
L'aria
notturna cominciava ad essere più fredda nonostante fosse
passata da poco la metà di settembre.
-L'autunno
è alle porte- pensò il vecchio curvandosi sul dorso del
rapace al fine di non essere disturbato dal vento.
Gwaihir,
il Re dei Venti, con le sue grandi ali, fendeva la stessa aria fredda
che frustava il volto ferito di Gandalf.
Era
stata l'aquila stessa a liberare lo Stregone dalla sua prigionia ad
Orthanc ed ora lo stava conducendo verso Rohan, al fine di trovare
una cavalcatura più comoda e meno rischiosa per l'Istaro.
Gandalf,
che si stringeva alle penne e alle piume della grandissima aquila
reale, non riusciva quasi a controllare il suo corpo.
Per
giorni, ad Isengard, aveva subito torture e barbarie da parte di
Saruman, che cercava di capire, senza successo, i piani dello
Stregone Grigio riguardo l'Anello che Frodo custodiva ancora nella
Contea. Per più di un mese aveva lottato contro la fame, il
dolore, la paura di poter svelare anche senza volerlo qualche cosa di
più di quello che stava realmente succedendo a miglia di
distanza. Ora, il suo corpo, stava lentamente cedendo. Il sonno
gravava come una minaccia sul vecchio Istaro.
Gandalf
non voleva e non poteva dormire. In lui c'era un timore, seppur solo
di questo si trattasse, che Saruman in qualche modo potesse
controllare la sua testa e potesse in qualche modo vedere addentro i
piani che lo Stregone Grigio e Frodo stesso avevano accordato prima
che si separassero, quando l'estate era ancora agli albori.
Ma
per quanto la paura fosse grande, gli occhi di Gandalf si fecero
sempre più pensati, talmente tanto che fu normale che il capo
ciondolante del vecchio uomo si posasse sul dorso ampio e imponente
di Gwaihir.
E
altrettanto semplice fu cominciare a suonare.
Sentiva
freddo. Un freddo gelido e innaturale ben lontano da quello che aveva
provato prima di addormentarsi. Lo sentiva, maligno come la sua
fonte, che gli gelava l'anima e la mente.
-Saruman!-
pensò terrorizzato.
Sollevò
appena la testa pronto a vedersi di nuovo sulla cima della Torre di
Orthanc, quando uno strano moto di terrore lo invase, lasciandolo
impietrito dov'era.
Non
era ad Isengard, né tanto meno in groppa a Gwaihir. Era in
quella che sembrava una caverna piena di tesori, fredda e scura come
un tumulo. Ma la cosa che sconvolse di più Gandalf fu quella
di accorgersi non solo di non essere nello stesso posto dove si era
addormentato, ma per di più di essere nel corpo di un'altra
persona. E con sua somma sorpresa, guardando le curve dolci a cui non
era abituato, si rese conto non solo di essere una donna, ma una
donna hobbit per giunta.
-Che
maleficio è mai questo?- si domandò guardandosi intorno
e ignorando la testa che girava come una trottola.
Benché
fosse certo di essere in un luogo oscuro in tutti i sensi in cui un
luogo può essere, gli occhi dello Stregone riuscivano a
distinguere tutto con chiarezza.
E
in un attimo il cuore gli balzò in gola. Non solo non era
nello stesso punto in cui si era addormentato. Non solo si trovava in
un tumulo e -per fortuna?- lontano dalle grinfie di Saruman, ma era
diventato una donna.
Una
donna hobbit per giunta!
-Ma
che razza di scherzo è questo?- si chiese guardandosi le mani.
Si
guardò di nuovo intorno e con suo sommo stupore vide Frodo
avvicinarsi a lui.
Gli
sorrise, gli passò una mano sul viso e gli domandò:
“Esmeralda...
Tutto apposto?”
“Sì!”
rispose in automatico la giovane nonostante lo stregone si
domandasse:
-Ma
in che razza di sogno sono capitato?-
Ma
ebbe poco tempo per pensare. Un coro di voci cominciò a
cantare canzoni a lui incomprensibili, a lamentarsi, a gridare.
Qualcosa si stava svegliando e quel qualcosa gli stava gelando il
sangue.
“Frodo?”
domandò la voce terrorizzata di Esmeralda.
Gli
occhi della giovane vagarono intorno e lo Stregone poté
finalmente capire dove si trovava. E con un moto di orrore pregò
davvero che quello fosse solo un sogno.
Frodo
portò un dito alla bocca e mormorò:
“Non
gridare. Sono gli spettri dei tumuli!”
Gandalf
sentì il cuore mancare un battito per l'ennesima volta da
quando era cominciato quel sogno. Le sue non erano solo delle
ipotesi. Frodo ed Esmeralda si trovavano in un tumulo nelle colline
dei Tumulilande.
Non
sapendo cosa fare, sentendo il terrore di Esmeralda crescere pari
passo con il coro degli spettri, gettò di nuovo lo sguardo
intorno e con orrore sempre più crescente si rese conto di una
cosa. Merry, Sam e Pipino stavano dormendo supini, vestiti con le
stesse tuniche che indossava lei, con l'unica differenza che quel
sonno non era naturale, non era dovuto al desiderio di riposare. Era
un sonno indotto ed era talmente profondo e talmente sinistro da far
sembrare che fossero quasi morti.
“Merry!”
gridò Esmeralda cominciando a sentire calde lacrime scendere
sulle guance.
Frodo
non ebbe tempo di metterla a tacere perché nel tumulo il coro
tetro di voci divenne un unica voce e cominciò ad intonare
quello che era un incantesimo.
Fredda
la mano e il cuore e le ossa,
Freddo
anche il sonno è nella fossa:
Mai
sarà risveglio sul letto di pietra,
Mai
prima che muoia il Sole e la Luna tetra.
Nel
vento nero le stelle anch'esse moriranno,
Ed
essi qui sull'oro giaceranno,
Finché
l'oscuro signore non alzerà la mano
Sulla
terra avvizzita e sul mare inumano.
Dietro
di loro si udì un cigolio e un raspamento. Gandalf voleva
girarsi a vedere cosa fosse pronto a prepararsi all'attacco, ma
Esmeralda non era dello stesso avviso. Piuttosto chiuse gli occhi e
portò una mano sul cuore che cominciò a battere sempre
più forte, tanto che Gandalf stesso pensò che se
continuava così la giovane hobbit sarebbe morta.
Passò
quello che per Gandalf fu molto tempo prima che la giovane riaprisse
gli occhi. E lo fece quando si sentì una spada vibrare
nell'oscurità e tagliare qualche cosa che cadde senza il
minimo lamento o il minimo dolore.
Esmeralda
aprì gli occhi e vide un moncherino dimenarsi nell'oscurità
e Frodo, in piedi vicino a Sam, cominciare a cantare.
Oh!
Tom Bombadil, Tom Bombadillo!
Nell'acqua,
bosco e colle, tra il salice e giunchiglio,
Col
fuoco, sole e luna, ascolta il mio richiamo!
Vieni,
Tom Bombadil, del tuo aiuto abbisognamo!
Il
silenzio che ne seguì dopo fu più tetro del canto che
prima aveva risuonato nel tumulo. Attesero secondi forse, ma a loro
parvero minuti, ore, giorni, mesi, anni.
Poi,
seppur lontana sentirono entrambi una voce che rispondeva alla
richiesta di aiuto, così:
Il
vecchio Tom Bombadil è un tipo allegro,
Porta
stivali gialli e una giacca blu cielo.
Nessuno
lo ha mai preso, perché Tom è il Messere;
Più
potenti i suoi canti, e più veloci i suoi piedi.
Quello
che avvenne dopo Gandalf non lo poté ricordare. Ci fu un
rumore di valanga e una luce accecante invase il tumulo.
Esmeralda
gridò. E lo Stregone si svegliò.
Gandalf
sollevò la testa dal dorso di Gwaihir. Portò una mano
sulla fronte e scosse la testa. Quel sogno lo aveva indebolito.
Sempre che di sonno si trattasse.
Cercò
di pensare se fosse già successo in precedenza, ma la risposta
che si dette fu negativa. Sospirò e cercò una
spiegazione a quello che aveva appena sognato. Ma non la trovò.
E passando una mano sul possente collo di Gwaihir disse:
“Vola
veloce, amico mio. Dobbiamo essere più veloci del nemico e del
tempo stesso. Troppe cose stanno accadendo e io non riesco a
capire...”
Il
Re dei Venti gridò e salì più in alto.
Pochi
passi sotto di loro cinque hobbit e un uomo strano si salutavano
davanti alle porte di Brea.
Esmeralda
si guardava intorno intimorita, ma nonostante tutto incuriosita da
quello spettacolo. Benché ci vivessero anche degli Hobbit,
Brea era un paese quasi completamente abitato dalla Gente Alta. Per
questo, quando entrarono nel paese -almeno per quanto riguardava lei
e Sam- si trovarono per la prima volta davanti a delle case a più
piani, ben diverse dalle caverne a cui erano abituai.
Stava
scrutando silenziosa i palazzi, quando Merry dietro di loro disse,
rivolgendosi a Frodo:
“Quell'uomo
al cancello stava facendo un po' troppe domande. Non trovi cugino?”
Frodo
annuì e rispose:
“Come
vi ho già detto, siamo inseguiti. Non dobbiamo far trapelare
nulla sulla mia vera identità e ancora di meno sull'Anello.
Nessuno a parte noi deve essere a conoscenza di questo segreto. Non
siamo nella Contea e gli occhi del Nemico sono bene aperti. Fate
attenzione. Mi raccomando!”
Gli
altri quattro annuirono con un cenno del capo, ma dopo
quell'avvertimento si resero conto che la paura cominciò a
prendere di nuovo il sopravvento. Da quando avevano lasciato il
vecchio Tom uno strano malessere aveva preso possesso di loro, ma
dopo aver sentito le parole del guardiano del cancello poco prima di
entrare a Brea -parole che seguirono le raccomandazioni di Frodo-
tutti cominciarono a vedere l'ombra di un cavallo nero e del suo
cavaliere in ogni angolo della città.
In
silenzio, nonostante la gente per le strade fosse allegra,
camminarono uno vicino all'altro, guardandosi bene anche dall'urtare
qualsiasi persona gli camminasse vicino.
Arrivarono
così davanti ad una graziosa struttura dove in un arco stava
appesa una lanterna, sotto la quale oscillava un grande cartello che
rappresentava un grosso pony che si ergeva sulle zampe posteriori.
Sull'architrave della porta si leggeva a lettere cubitali bianche: IL
PULEDRO IMPENNATO DI OMORZO CACTACEO.
“Non
avremo mica intenzione di passare la notte qua, signore!”
chiese Sam con la bocca spalancata. Nessuno lo sapeva ma il povero
hobbit si sentiva mancare solo a guardare quella struttura a due
piani, per lui così alta e ben lontana dai canoni di casa
hobbit che aveva sempre avuto.
“Sam!
Dobbiamo passare la notte da qualche parte!” sospirò
Esmeralda guardando con lo stessa diffidenza di Sam la locanda.
“Penso
che ci saranno pure degli hobbit da queste parti e che non dovremmo
dormire in mezzo a tutti questi... Questi...” cercò di
spiegare Sam, non riuscendo però a finire la frase non
conoscendo un modo per definire gli abitanti di Brea. Difatti come
per i Breatini era strano vedere qualcuno della Contea -perlomeno di
quei tempi-, quelli della Contea non avevano grande stima degli
abitanti di Brea. Molta meno di quella che avevano nei confronti
degli abitanti di Buckburgo.
“Cos'ha
la locanda che non va? Non ricordate quello che ha detto Tom prima di
lasciarci? È stato lui a consigliarcela, quindi penso che sua
un posto in cui possiamo stare tranquilli!” replicò
Frodo e si avviò prima dei quattro amici e ricoverò i
pony nel cortile che stava al fianco della locanda, per poi entrare
dentro la locanda.
L'aria
era viziata. C'erano molti fumatori e le finestre erano chiuse per
via del tempo che cominciava a guastarsi. Nonostante questo si
sentiva l'eco di numerose risate e di voci che si sollevavano di una
nota più delle altre a seconda della discussione.
Si
guardarono attorno alla ricerca di qualcuno che fosse il proprietario
e subito lo videro: alto, grosso, con la barba e i capelli arruffati
e un logoro grembiale bianco.
“Potremo...”
azzardò Frodo quando fu abbastanza vicino.
“Un
attimo. Soltanto un attimo!” disse l'uomo senza nemmeno
fermarsi e finendo dentro una nuvola di fumo dal quale si sentiva una
babele di voci e di risate.
In
meno che non si dica se lo ritrovarono davanti sorridente e con la
fronte imperlata di sudore, disse:
“Buonasera
signore!” e inchinandosi aggiunse: “In cosa posso esservi
utile?”
“Desidereremo
letti per cinque e stalle per sei pony, se possibile. Voi siete il
signor Cactaceo?” domandò Frodo cercando di sembrare il
più naturale possibile.
Nonostante
l'aria goliardica della locanda, nessuno degli hobbit si sentiva
completamente a suo agio. Si sentivano gli occhi di tutti puntati
addosso e non sapevano se fosse vero o se fosse solo una loro
immaginazione. Sincerarsi quindi se quello che avevano davanti era o
no il proprietario era una mossa dovuta.
“Sì!
Sono io! E voi, se non sbaglio, siete hobbit della Contea, nevvero?”
domandò l'oste.
Non
diede loro nemmeno il tempo di rispondere che sbattendosi una mano
sulla fronte disse:
“Hobbit!
Mi fa pensare a qualche cosa di importante, ma in questo momento non
riesco proprio a ricordarla... Potrei sapere i vostri nomi?”
“Il
signor Tuc e il signor Brandibuck,” cominciò a
presentare Frodo: “Lui è Sam Gamgee. E lui è...”
Frodo
non aveva pensato che anche Esmeralda era un Baggins e anche il suo
cognome avrebbe creato dei problemi. La giovane se rese conto e
intervenendo disse, cercando di camuffare la voce:
“Cugino.
Possibile che tu sia già ubriaco senza aver toccato un solo
goccio? Io sono Milo. Milo Rintanati!”
Frodo
sorrise e rispose:
“Hai
ragione cugino... Lui è Milo Rintanati e io sono il signor
Sottocolle...”
“Ma
guarda un po'!” disse Cactaceo facendo schioccare le dita.
“L'ho perso di nuovo. Ma me lo ricorderò non appena avrò
un minuto di tempo per pensare. Sapete... Non so nemmeno dove mettere
le mani, talmente sono tante le cose da fare, ma vedrò di fare
il meglio per voi. Come ben sapete non si vedono tutti i giorni degli
Hobbit della Contea, da queste parti, mi dispiacerebbe se ne
andassero insoddisfatti! Solo che ci sono tante cose da fare questa
sera. Non piove mai, diluvia soltanto, diciamo qui da noi a
Brea” e voltandosi gridò: “Ehi! Nob! Dove sei
specie di infingardo trottapiano? Nob!”
Un
Hobbit dall'aria gioconda si avvicinò a loro dicendo:
“Arrivo,
signore! Arrivo!” e vedendo i viaggiatori si fermò di
botto.
“Dov'è
Bob?” chiese Cactaceo.
Nob
scosse la testa e l'oste continuò la sua invettiva:
“Non
lo sai, eh? Dovevo immaginarlo! Che aspetti? Vai a cercarlo e digli
che ci sono sei pony da ricoverare nelle stalle. E digli di trovare
il posto, in un modo o nell'altro. Non ho mica sei gambe e sei occhi
io!” e voltandosi verso gli ospiti aggiunse dolcemente: “Cosa
stavo dicendo? L'ho già dimenticato. Troppi pensieri per una
testa sola. Ieri sono arrivati dei viandanti dal Verdecammino e credo
che questo basti a spiegare tutto. Non è una cosa di tutti i
giorni. Aggiungendo che poi siete arrivati voi, il gioco è
fatto. Se non foste Hobbit, giuro che non saprei dove mettervi... Ma
nessuno può dire che al Puledro Impennato qualcuno ha
avuto da lamentarsi. Da quando è stata costruita la locanda, a
Nord, abbiamo fatto delle camere a misura d'Hobbit, al piano terra e
con tutte le cose che piacciono a voi. Spero davvero che vi troverete
bene. Nel frattempo ordinerò che vi venga preparato un lauto
pranzo. Non penso proprio che lo rifiuterete, vero?” sorrise
Omorzo che con un cenno di mano aggiunse concludendo: “Seguitemi!”
I
cinque si guardarono confusi e cercando di trattenere un sorriso,
Esmeralda, rivolgendosi a Pipino sussurrò:
“Ma
quanto diavolo parla questo?” e, quindi, lo seguirono in
silenzio.
Si
sistemarono e mangiarono. E quando furono abbastanza sazi si
guardarono intorno cercando qualche cosa da fare.
Fu
Frodo a proporre per primo:
“Perché
non seguiamo il consiglio del signor Cactaceo e andiamo nella sala
ad unirci agli altri?”
“Passo!”
disse subito Esmeralda. “Non amo stare in posti con aria tanto
viziata. E non amo nemmeno fingermi un uomo per troppo tempo. Un
conto è indossare abiti maschili e rimanere comunque una
donna. Un altro è camuffarsi nel corpo e nella voce per troppo
tempo. No! Non credo che lo sopporterei!”
Frodo
annuì. Pipino e Sam si aggregarono subito a lui mentre Merry,
tranquillo, rispose:
“Non
credo che verrò con voi! Preferisco stare seduto qui davanti
al camino, tranquillo, invece di stare in mezzo a tutta quella
bolgia. Magari, dopo, esco a fare quattro passi. E se Esmeralda vuole
si può unire a me. L'unica cosa che vi voglio dire è di
non fare stupidaggini quando andrete nella sala. State in guardia,
come se foste in mezzo alla Vecchia Foresta. E ricordatevi che la
nostra fuga deve rimanere segreta!”
“Va
bene, cugino!” intervenne Pipino, notoriamente allergico alle
strigliate ricevute da chicchessia. “stai in guardia anche tu!
Non ti perdere quando vai a fare la tua passeggiata. E ricordati
anche tu che non siamo più nella Contea ed è molto più
sicuro stare dentro casa, anziché fuori!” e salutandosi
con cenni di mano, i cinque si divisero momentaneamente.
Quando
il silenzio fu calato nella sala dove stavano Esmeralda e Merry, la
giovane Hobbit si sentì subito a disagio. Si fidava di Merry,
sapeva per giunta che era molto meglio che lui fosse assieme a loro
durante quel viaggio, ma non capiva perché quando stava con
lui si sentiva come una ridicola ragazzina capricciosa. Dentro di sé,
Esmeralda, sapeva che Merry sospettava qualche cosa. Qualche cosa
riguardo il suo amore non dichiarato per Frodo. Durante il viaggio
Pipino l'aveva presa in giro, dicendo che tutte le storie di Bilbo le
avevano fuso il cervello e che li aveva voluti seguire solo per quel
motivo, ma Merry, che aveva passato tutti i primi anni dell'infanzia
di Esmeralda a prenderla in giro, non rispondeva e si incupiva,
guardando Frodo e lei, in silenzio.
Spesso,
inoltre, si trovava in condizione che il cugino non la parlasse
nemmeno e che evitasse persino di guardarla negli occhi. Segni
evidenti del fatto che per Merry, Esmeralda non doveva essere lì.
Decisa
quindi a chiarire la questione, più perché le faceva
male non riuscire nemmeno a litigare con Merry come faceva in
passato. Quasi quasi le mancava un po'. Che stesse diventando
masochista?
Si
schiarì la voce e disse:
“Non
c'è nessuno a quanto vedo!” e giocherellando con un
bottone del suo panciotto aggiunse: “E ì penso che sia
arrivato il momento che io e te ci facciamo una bella chiacchierata,
non trovi?”
Merry
si voltò e la guardò con un sopracciglio sollevato.
Esmeralda sorrise, cercando di essere sempre il più naturale
possibile, riuscendo invece ad essere più forzata di quanto
riuscisse ad immaginare.
“Di
cosa dovremo parlare, scusa?” chiese Merry poggiando la schiena
e la testa allo schienale della poltrona dove stava seduto.
Esmeralda
sospirò e rispose:
“Del
fatto che da quando ci siamo visti a Crifosso, mi sei sembrato
strano, ecco tutto! Sembri distante. Alle volte penso anche che tu
sia arrabbiato con me!”
Merry
guardò il fuoco in silenzio, evitando lo sguardo della giovane
cugina. Ci fu quindi un lungo silenzio, che nessuno ebbe il coraggio
di interrompere. Almeno fino a che l'imbarazzo non fu troppo grande
per stare zitti.
“Meriadoc?”
cercò di rompere il ghiaccio Esmeralda.
Merry
si voltò e la guardò, serio. Sospirò scuotendo
la testa e disse:
“Non
sono arrabbiato con te. E non mi comporto in maniera strana nei tuoi
confronti!”
Esmeralda
sbarrò gli occhi per la sorpresa di quella risposta e replicò
indignata:
“Oh!
Lo sei eccome. Solo che nemmeno te ne rendi conto. Alle volte penso
che non volessi nemmeno che mi unissi a voi per questo viaggio!”
Merry
si voltò e serio rispose:
“Secondo
te, un Hobbit normale vorrebbe che tu, piccola ragazzina viziata, ti
unissi ad una spedizione che non ha niente a che fare con un viaggio
di piacere? Se ti riferisci a questo posso dirti che, no! Non sono
felice che tu sia qui con noi durante questo viaggio e dover stare
attenti che tu non ti faccia troppo male o, peggio, che tu muoia!”
Esmeralda
drizzò la schiena come se qualcosa o qualcuno l'avesse
accoltellata.
E
puntando l'indice contro Merry disse:
“Io
non sono una ragazzina viziata. Non lo sono mai stata. Se ben ti
ricordi, quella è Angelica, la bionda delle due figlie di
Ponto. Io mi sono spaccata la schiena dopo la morte di mia madre,
quel periodo in cui nessuno di voi, né tu, né Sam, né
Pipino, avete bussato alla mia porta. Io che dovevo stare dietro ad
un uomo che non somigliava nemmeno lontanamente all'ombra di se
stesso. Che ne sai tu di quanto sia stato difficile per me in questi
ultimi anni, con la gente che mi cercava solo per sapere di più,
che parlava sottovoce al mio passaggio, che mi compativa quando
questa era l'ultima cosa che volevo. Perché l'unica cosa che
volevo era solo ridere. E divertirmi come quando mia madre era viva!”
Merry
si alzò e scuotendo la testa replicò:
“Mi
spiace. Mi spiace non essere stato abbastanza vicino a te e alla tua
famiglia in un momento così dedicato. È solo che nella
vita, la gente, alle volte, tende a pensare per sé invece di
curarci delle sventure altrui. Ma non ti sembra strano che tu abbia
deciso di partire proprio quando Frodo è dovuto andare via
dalla Contea?”
“Forse
perché prima di allora nessuno di noi è partito? Ti
devo ricordare forse che gli Hobbit non amano le avventure? Chissà
quante ne diranno di noi dopo che torneremo ad Hobbiville!”
ribatté Esmeralda sempre più infuriata.
“E
invece potevi farlo!” sorrise maligno Merry, conscio di aver
colto nel segno. “Potevi andare da Pipino a Tucboro, o venire
da me a Buckburgo. Anche se non ci sentivamo o vedevamo da un po' ti
avremmo accolto come una sorella. Invece tu hai deciso di partire
quando Frodo ha deciso di lasciare la Contea!”
Esmeralda
boccheggiò. Sentiva, dentro di sé che Merry aveva
capito qualche cosa. E che qualche cosa stava salendo a galla.
Poggiò
una mano sulla fronte e prese tempo. Poi, prendendo un profondo
respiro, disse:
“Avevo
bisogno di scappare. E la partenza di Frodo mi è sembrato il
momento più opportuno...”
Merry
rise e rispose:
“Tu
dici? Allora lascia che ti dica una cosa. Sai cosa mi ha detto
Grassotto quando eravamo a Crifosso? Mi ha detto che tempo fa ti ha
chiesto di sposarlo e tu hai rinunciato!”
“E
allora?” domandò Esmeralda, sfidando Merry a trovare
qualche cosa che non andasse. “Non sono mai stata interessata a
lui. Pensa solo a mangiare e ad ubriacarsi alla Pertica d'Oro!”
“Molto
carino da parte tua!” esclamò divertito Merry, che stava
cominciando a provare gusto nello stuzzicare la giovane. “Ma
non penso che disti tanto dalla popolazione media di Hobbiville!
Trovi che sia un motivo valido per non conoscere meglio qualcuno?”
“Non
sognavo di stare con lui. Tutto qui!” ribatté seccata
Esmeralda.
Merry
bofonchiò una risata e rispose:
“Sai
cosa mi ha detto Grassotto? Che quando tua sorella ha saputo che lo
avevi respinto, ti ha chiesto cosa avevi per la testa. E dice che tu
le hai risposto che eri innamorata di Frodo e che non potevi far
finta di nulla...”
Quella
rivelazione colpì Esmeralda in pieno volto come se l'avesse
schiaffeggiata. Ricordava che nessuno era presente in quel momento.
C'erano solo lei e Angelica. Come poteva Grassotto aver sentito
quello che Merry aveva appena detto.
“Cosa
vorresti dire?” chiese lei con gli occhi ridotti a due fessure.
“Quello
che ho detto. Grassotto ha ammesso che non lo hai sposato per un
semplice motivo: tu sogni ancora che Frodo si accorga di te e che un
giorno decida di sposarti!” rispose Merry incrociando le
braccia la petto.
Esmeralda
sbiancò. Nessuno lo sapeva. Nessuno a parte sua sorella.
Pipino forse lo aveva sospettato quando erano bambini, ma un bagno
scampato nel grande lago vicino ad Hobbiville gli aveva fatto
cambiare idea.
Quello
che diceva Merry era vero, ma lei non lo voleva ammettere. E non lo
avrebbe fatto nemmeno sotto tortura.
“Vaneggi!”
cercò di ridere lei.
Merry
scosse la testa e rispose:
“No!
E tu lo sai meglio di me. Tu sei partita dalla Contea perché
non volevi lasciar partire Frodo da solo. Una scelta ridicola visto
gli enormi pericoli che stiamo affrontando giornalmente e visto il
fatto che stiamo rischiando la vita un giorno sì e l'altro
pure!”
“Non
capisco ancora quale sia il problema. Ho capito! Sei arrabbiato
perché ho dato il due di picche al tuo amico, ma non capisco
che c'entri con noi due tutto questo? E non capisco perché per
te sia così importante sapere o no se sono innamorata di
nostro cugino!”replicò Esmeralda.
Merry
scosse la testa e rispose:
“Quando
diventerai più matura, forse allora ti renderai conto delle
cose che sono davvero importanti. E non parlo del fatto che hai
lasciato tuo padre per venire dietro a noi in questo viaggio senza
speranza. Lo dico per tutto. Per te che non ti rendi conto di chi può
star male se sa che sei in pericolo e per il fatto che a ventisette
anni dovresti cominciare a smettere di credere ai sogni. Stai per
diventare una Hobbit adulta e ci si aspetta ben altro da te che
cadere nel fascino perverso delle avventure per seguire un'amore
impossibile” e senza aggiungere altro uscì, lasciando
Esmeralda da sola con i suoi pensieri.
So
che ho promesso l'arrivo di Grampasso. Ma mi veniva un capitolo
davvero
troppo lungo.
Per
il bel Ramingo dovete aspettare la prossima puntata.
Nel
frattempo ringrazio:
Arena,
DiNozzo323, Johnny Nicotine e Dreamer97.
Vi
ringrazio tutte perché avete continuato a seguirmi nonostante
non
mi
facessi spesso viva con questa storia.
E
ringrazio chi come Dreamer97 ha appena cominciato
a
seguire la mia storia.
Grazie
davvero a tutte e spero che
-nei
tempi a me possibili-
sia
possibile postare più spesso questa storia che è quasi
a metà.
Un
bacio e alla prossima.
Niniel82.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Grampasso ***
12.GRAMPASSO.
“Ehi!
Chi siete e cosa volete!”
La
voce di Pipino, non propriamente tranquilla, svegliò
Esmeralda, che scendendo veloce dal letto corse nel salottino dove
trovò Frodo, Pipino e Sam assieme ad un uomo che non aveva mai
visto.
“Che
ci fa in camera nostra questo... Umano?”chiese lei.
“Tranquilla
Esmeralda. Ora lo spiegherà anche a noi!” disse Frodo.
“Lasciate
che mi presenti. Mi chiamo Grampasso. E come ha ricordato il vostro
amico, sono qua per fare una chiacchierata con lui riguardo delle
informazioni che ho da barattare con voi...” rispose l'uomo
tranquillo.
Esmeralda
sbarrò gli occhi e domandò:
“Barattare?
Barattare con cosa?”
Frodo
si voltò verso la ragazza. In effetti non aveva con sé
molto, ma non voleva palesarlo a quell'uomo che tutto sembrava meno
che qualcuno di cui potersi fidare.
“Non
vi chiedo più di quanto possiate darmi. Voglio solo che mi
portiate con voi a partire da questo momento e fino a che non
deciderò di lasciarvi!”
Tutti
e quattro gli hobbit presenti nella stanza rimasero perplessi dalla
richiesta dell'uomo. Fu Frodo a rispondere:
“Veramente?
Non posso negare che vorrei davvero un nuovo compagno di viaggio,
visto le persone che ci stanno seguendo. Ma non posso accettare fino
a che non saprò abbastanza sul vostro conto”
L'uomo
sorrise. Il suo volto era segnato dalle rughe e i capelli in alcuni
punti erano argentati.
Esmeralda
capì che quell'uomo doveva aver visto molte cose che lei e gli
altri ignoravano e qualche cosa scaldò il suo cuore. Non
capiva perché ma sentiva che di questo Grampasso non doveva
aver paura.
“Vedo
che avete lasciato da parte la vostra negligenza. È un grande
sollievo per me, specialmente dopo quello che è successo nella
sala principale appena poco fa. Bene, quindi! Io vi dirò
quello che devo e voi stabilirete la ricompensa anche se spero
davvero che teniate conto di quello che vi ho chiesto quando sono
entrato!”
“Avanti
allora!” disse Frodo. “Cosa avete da dirmi?”
Grampasso
sospirò e incominciò:
“Sono
un uomo che ha viaggiato molto nella sua vita. Non fatevi ingannare
dal mio aspetto, ma sono molto più vecchio di quello che può
sembrare. Sono un ottimo camminatore. E credo che per questo motivo
qua a Brea mi chiamano Gambelunghe. In realtà sono un Ramingo.
Non ho nessun potere in particolare, almeno non come voi, signor
Sottocolle, che avete la capacità di sparire. Io riesco a non
farmi notare invece, quando lo desidero. Questa sera stavo oltre la
siepe che delimita l'entrata a Brea, quando mi sono reso conto che
cinque hobbit arrivavano da Tumulilande assieme al vecchio Tom
Bombadil. Ascoltai di nascosto quello che si dicevano. O almeno
quello che riuscivo a cogliere. Poi, quando ho visto che superavano
il cancello di Brea, dopo essere stati bombardati di domande dal
vecchio Enrico, ho scavalcato le mura e ho sentito uno di loro che si
raccomandava di non dire mai il suo vero nome, Baggins, da quel
momento in poi. Quel signore, se posso permettermi, signor
Sottocolle, eravate voi!”
Frodo
aggrottò le sopracciglia e replicò:
“E
a voi cosa importa del mio nome?”
“Mi
importa eccome!” rispose Grampasso. “Dal momento che sto
cercando un Hobbit di nome Frodo Baggins. E lo dovevo trovare con una
certa urgenza. So che è partito dalla Contea e che porta con
sé un segreto molto importante che riguardano me e i miei
amici!”
Frodo,
Sam ed Esmeralda saltarono in piedi e persino Pipino guardò
Grampasso con aria truce. Ma fu lo stesso Ramingo a tranquillizzarli
dicendo:
“Tranquilli.
Il vostro segreto è al sicuro con me. Posso solo dirvi che da
qui in futuro dovrete muovervi con più cautela di quella che
avete usato fino ad ora. E scusatemi se ve lo dico, ma è stata
davvero poca. Dovete imparare a scrutare ogni ombra. I Cavalieri Neri
sono in viaggio e stanno percorrendo indisturbati il Verdecammino...
E non molto tempo fa, uno di loro è giunto direttamente dal
Sud!”
Quelle
rivelazioni cominciarono a far mettere in moto il cervello di Frodo e
degli altri tre. Si spiegavano molte cose da quel comportamento.
Specialmente il motivo per cui gli erano state rivolte troppe domande
quando arrivarono a Brea e anche lo strano comportamento dell'oste.
Per
quello che fu possibile Grampasso li rassicurò, ma non poté
non calcare sul piccolo incidente che era avvenuto nella sala
dell'osteria pochi minuti prima. Frodo ripeté inutilmente che
era stato un incidente, cosa a cui il Ramingo, a quanto pareva non
era disposto a credere, ma chiarì da subito che
quell'avvenimento aveva reso la posizione dei cinque Hobbit davvero
pericolosa.
L'unica
cosa che pareva rassicurare Frodo era il fatto che i Cavalieri
sembravano aver perso le sue tracce e che se ne fossero finalmente
andati.
Grampasso
sorrise, guardando il ragazzo divertito e rispose:
“Non
ci conterei se fossi in voi. I Cavalieri torneranno e ce ne saranno
altri con quelli che già avete visto. E non mi stupirei se ve
li dovreste ritrovare proprio a Brea, dopo quello che è
successo stasera nella sala principale. Billy Felci avrà
sicuramente informato chi di dovere! Persone come lui venderebbero la
madre e forse anche l'anima per puro divertimento!”
Frodo
scosse la testa e facendo il finto tonto disse:
“E
cosa dovrebbe vendere Billy Felci a proposito del mio incidente di
poco fa!”
“Credo...
Ed è molto probabile, che informazioni sul vostro conto
valgano molto di questi tempi. Una descrizione minuziosa di quello
che è successo sarebbe molto utile a molte persone. E penso,
come ho già detto prima, che quelle persone arriveranno a
quelle informazioni e a voi entro questa notte. Ora sta solo a voi se
decidere di prendermi come guida o no. Ma posso solo consigliarvi di
rispondere di sì! Non posso e non voglio arrecarvi alcun male
e spero che per la vostra stupidità non vogliate cadere nelle
mani dei Cavalieri Neri. Sono terribili e capaci di fare cose
altrettanto brutte!” rispose Grampasso e dicendo quelle parole
una strana agitazione parve impossessarsi di lui che strinse forte le
mani sui braccioli della poltrona frusta. Gli occhi del Ramingo erano
come vuoti, quasi che in quel momento stessero sondando ricordi
lontani e dolorosi, ma soprattutto terribile. Talmente tanto da
riuscire a rendere più fievole perfino la luce della stanza.
“Ascoltate!”
disse Grampasso riprendendosi e passandosi una mano sulla fronte. “Io
conosco i vostri inseguitori, molto meglio di quello che pensate. E
so come aiutarvi a scappare da loro. Domani dovete fuggire. Grampasso
può indicarvi il modo e il momento migliori per farlo. Può
venire con voi?”
Nella
stanza calò un silenzio ancora più cupo di quello
precedente. Esmeralda si guardò intorno scrutando le
espressioni di tutti, cercando di capire che cosa stessero pensando.
Scrutò di nascosto persino Grampasso, cercando di
interpretarne i pensieri dallo sguardo.
Fu
la voce di Sam a rompere quel silenzio e a far trasalire Esmeralda.
L'hobbit, rivolgendosi a Frodo, disse:
“Padron
Frodo, se vuole ascoltare il mio modestissimo parere, io non sono
sicuro di potermi fidare di questo Grampasso. Ci ha detto di non
fidarci di nessuno. E io dico che, sì, ha ragione. E che non
dovremmo fidarci di lui per primo. Lui è uno che viene dalle
Terre Selvagge e nella Contea non ho mai sentito niente di buono su
quel tipo di persone. Per me, questo Grampasso sa qualche cosa. È
chiaro! E non penso che sia una cosa intelligente farci condurre in
terre selvagge e oscure da un tipo altrettanto oscuro”
Pipino
si mostrò irrequieto, tanto quanto lo era Esmeralda che quasi
poteva sentire in ogni minimo minuto di silenzio poteva sentire i
cuori di tutti battere all'impazzata.
Grampasso
in silenzio guardava fisso Frodo che non potendo più reggere
quello sguardo, replicò:
“Sam
non sono d'accordo con te. Credo che il nostro amico Grampasso sia
una persona differente da quello che ci vuole far credere. Ho notato
che avete cominciato a parlare con l'accento di Brea quando ci siamo
conosciuti, ora invece il vostro accento è cambiato. C'è
qualche cosa di strano in voi, ma non come dice Sam! So che dobbiamo
seguire il vostro consiglio di essere prudenti, ma non riesco a
capire perché dovremmo prendervi come guida e venir così
meno al vostro stesso consiglio!” e prendendo coraggio
aggiunse: “Come posso fidarmi di una persona che usa un
travestimento per andare in giro? Chi siete voi e che cosa sapete
sul... Sui miei affari? Credo che sia arrivato il momento di essere
chiari, una volta per tutte”
Grampasso
rimase in silenzio. Esmeralda era stupita da tutto quel coraggio di
suo cugino e si chiedeva terrorizzata quale potesse essere la
reazione dell'uomo nei loro confronti.
Ma
il Ramingo sorrise e rispose:
“Vedo
che la mia lezione di prudenza è servita a qualche cosa. Ma
per quello che sapete posso dirvi che prudenza e indecisione sono due
cose differenti e che la seconda potrebbe portarvi tra le braccia del
nemico. Volete delle spiegazioni. E io sono qui per darvele...”
E
avrebbe cominciato a farlo se qualcuno, proprio in quell'istante, non
avesse bussato alla porta.
Bastò
solo che qualcuno picchiasse l'uscio perché i nervi di
Esmeralda saltassero, logorati da quel viaggio troppo stressante.
Tutti
si voltarono verso la porta e nessuno ebbe il tempo di chiedere chi
fosse che la porta si aprì ed entrò Cactaceo con Nob.
Portavano dell'acqua e delle candele e l'oste sorrise quando entrò,
mentre Grampasso, silenzioso, si nascondeva in un angolo scuro della
camera senza che nessuno se ne accorgesse.
“Bene!”
disse Cactaceo sistemando le cose che aveva portato. “Sono
venuto per porgervi la buonanotte...” e guardando Nob storto
aggiunse: “E tu, perdigiorno, vai in giro per le camere e porta
l'acqua agli altri ospiti!”
L'hobbit
trotterellò via e Cactaceo, credendo di essere rimasto solo
con gli hobbit suoi ospiti, chiuse la porta ed esitante disse:
“Dunque!
Credo – e dico credo- di aver fatto un grossissimo sbaglio. Se
è così mi spiace sinceramente. Ma come vi ho detto poco
fa, ho la testa piena di cose e una caccia l'altra. Il problema è
che stavolta credo di aver dimenticato qualcosa di importante e spero
che il torto sia rimediabile in qualche modo...”
“Potreste
finire con queste mezze confessioni e queste mezze verità e
andare direttamente al nocciolo della questione?” esclamò
Esmeralda che cominciava a spazientirsi.
Cactaceo
annuì e replicò:
“Mi
è stato chiesto di tenere gli occhi aperti nel caso in cui a
Brea fosse arrivato un gruppo di Hobbit della Contea, perché
tra questi ci sarebbe stato uno con il nome Baggins”
Frodo
deglutì. Per la seconda volta in quella sera si sentiva
scoperto e in pericolo. Cercando di dissimulare la sorpresa, chiese:
“E
cosa c'entra tutto questo con me?”
“Beh!”
balbettò imbarazzato Cactaceo.“È quello che mi
sarei chiesto anche io se non mi fosse stato detto che questo Baggins
avrebbe viaggiato sotto falso nome. E che quel nome sarebbe stato
Sottocolle. Inoltre, questa persona, ha fatto una descrizione che
combacia perfettamente con voi!”
“E
quale sarebbe di cortesia?” lo interruppe Frodo.
“Un
piccoletto ben piantato e con le guance rosse” rispose
prontamente Cactaceo.
Pipino
ed Esmeralda risero sotto i baffi mentre Sam guardò l'oste
turbato e arrabbiato al contempo per via dell'insolenza che aveva
osato verso il suo padrone.
Cactaceo
non si rese conto delle esternazioni di chi gli stava intorno e
continuò, come se nulla fosse:
“Comunque
non basta per in quanto vale per la maggior parte degli Hobbit. Ma
quello di cui ti parlo è uno più alto e più
chiaro degli altri e ha una fossetta sul mento. Un tipo vivace e
dagli occhi impertinenti...” e chinando la testa mormorò:
“Chiedo scusa per lui... Non ho mai nemmeno pensato una cosa
simile di voi, signor Sottocolle!”
Esmeralda
sollevò un sopracciglio da quella situazione surreale. Quasi
sentiva i nervi stendersi davanti a quel tipo insolito. Anche tutti
gli altri sembravano divertiti. Tutti tranne Frodo che ansioso, non
nascondendo una certa urgenza nella voce, disse:
“Lui!
Lui! Lui! Lo avete ripetuto talmente tante volte ma non avete detto
chi sia lui!”
“Gandalf!”
rispose prontamente Cactaceo.
I
quattro Hobbit sbarrarono gli occhi sorpresi e persino Grampasso, nel
suo cantuccio oscuro, si mosse nervoso.
“Per
quello che so è uno burbero che fa pagare gli errori che si
commettono. C'è chi dice che sia uno stregone. Io so solo che
è mio amico, anche se devo ammettere che ho davvero paura di
quello che dirà quando verrà a sapere che cosa ho
combinato. Ho paura che farà inacidire la mia birra o peggio.
Ma che posso farci. Quel che è fatto è fatto...”
“Potreste
smettere di divagare e comunicarci il torto che ci avete arrecato? Da
quando siete entrato non fate altro che parlarne eppure non ne
sappiamo ancora nulla!” sbottò Frodo che cominciava a
perdere la pazienza.
Per
l'ennesima volta Cactaceo annuì imbarazzato e riprese:
“Bene!
Dove ero arrivato? Ah! Sì! È successo tutto tre mesi
fa. È entrato nella mia camera e ha detto: Omorzo io parto
domattina. Mi puoi fare un favore grande? Accettai senza remore e
lui continuò: Ho molta fretta e devo portare un messaggio
alla Contea, ma non posso. Hai qualcuno di fidato da mandare?
Risposi che potevo trovare qualcuno per il giorno dopo o per quello
seguente e lui ha detto: Più presto è meglio è...
E mi ha dato questa lettera che, devi dire, è indirizzata con
molta precisione!” e con molto orgoglio, cogliendo una delle
rare occasioni in cui poteva dimostrare di essere uno dei pochi
uomini istruiti di Brea, lesse ad alta voce e sicuro: “SIG.
FRODO BAGGINS, CASA BAGGINS, HOBBIVILLE. CONTEA”
“Una
lettera per me da Gandalf!” gridò Frodo.
Cactaceo
sorrise e disse:
“allora
il vostro nome è per davvero Baggins!”
“Sì”
replicò duramente Frodo. “E ora capisco perché
avete divagato tanto riguardo il vostro torto. Fareste molto meglio a
darmi subito quella lettera e a non indugiare oltre...”
Stavolta
Cactaceo era talmente imbarazzato al punto che era arrossito fino
alla punta dei capelli e borbottò turbato:
“Giuro!
Non era mia intenzione arrecarvi nessun danno, signore. Né a
voi, né a Gandalf. E il solo pensiero di quello che potrebbe
dirmi Gandalf una volta che scoprirà questo danno. Ma come vi
ho detto sono un uomo molto occupato e mi sarei recato io stesso da
voi se avessi potuto. Ma un impegno dopo l'altro non sono riuscito né
io, né qualcuno della mia famiglia. E poi è andato via
dalla mia testa, come per magia. E mi spiace di non aver mantenuto la
parola data. Ricordo ancora quando mi disse: Omorzo, questo mio amico
della Contea potrebbe passare da queste parti fra non molto tempo, in
compagnia di qualcheduno. Si farà chiamare Sottocolle. Mi
raccomando, ricordatene! Ma non fargli domande. E se non ci sarò
io con lui significa che sarà in difficoltà e avrà
bisogno di aiuto. Fa tutto quello che puoi per lui e te ne sarò
grato. E aveva ragione il vecchio Gandalf. Il pericolo è più
vicino di quanto pensassi...”
“Che
volete dire?” domandò Frodo.
“Gli
uomini neri!” rispose terrorizzato l'oste. “Vi hanno
preceduti e vanno in giro per Brea cercando Baggins. E vi
posso giurare che se loro hanno delle buone intenzioni nei vostri
confronti io stesso sono un Hobbit!”
“E
li avete incontrati?” chiese Pipino che non cominciava a
trovare divertente la situazione.
“Sì!”
rispose prontamente Cactaceo.
“E
quando?” domandò Esmeralda.
In
qualche modo i suoi nervi stavano di nuovo risentendo della tensione
e cominciava di nuovo a tremare per la paura e a vedere ombre oscure
sbucare fuori da ogni angolo oscuro.
“Lunedì!”
replicò Cactaceo che cominciava a coltivare una remota
speranza che con quelle informazioni stesse riuscendo a farsi
perdonare il grave danno che aveva commesso.
“E
che cosa vi hanno detto?” domandò serio Frodo.
“Parlarono
con Nob, prima” cominciò a spiegare l'oste. “Mi
disse che dei tipi vestiti di scuro cercavano un Hobbit di nome
Baggins. Era terrorizzato. E anche io mi spaventai a morte quando lo
vidi. Ma nonostante questo li cacciai via. Sto attento alle persone
che frequentano il mio locale e anche a quelle a cui rivolgo la
parola...” e abbassando la voce aggiunse: “E se posso
permettermi, signor Sottocolle, stasera vi ho visto parlare con quel
Grampasso. Il Ramingo, intendo... Credo che sarebbe molto meglio per
voi se cominciaste a guardarvi intorno e a scegliere meglio le vostre
amicizie!” e alzando la voce aggiunse: “Figuratevi che
quel Grampasso voleva raggiungervi ancor prima che voi cominciaste a
desinare!”
“Cercava!
Appunto!” esclamò Grampasso uscendo dal suo nascondiglio
facendo trasalire il povero oste che sorpreso riuscì solo a
dire:
“Tu!
Sempre in mezzo ai piedi. E ora che vuoi?”
“È
stato invitato da me!” intervenne Frodo con durezza.
L'oste
guardò con durezza il Ramingo e rispose:
“Nonostante
quello che ho appena detto penso che siate in grado di discernere di
vostra sponte le buone e le cattive compagnie. Ma lasciate che vi
dica che non è consigliabile portarvi dietro un Ramingo!”
Grampasso
sollevò un sopracciglio e per nulla divertito domandò
all'oste:
“E
chi consiglierebbe di portarsi dietro il buon Cactaceo? Magari un
oste chiacchierone che non dimentica del suo nome solo perché
se lo sente ripetere dietro mille volte in un'ora?”
“Non
lascerei Brea per tutto l'oro del mondo!” si schermò
Cactaceo. E rivolgendosi a Frodo domandò: “Vi prego,
però, signor Sottocolle, di spiegarmi il motivo di tutte le
disavventure che vi precedono o che vi portate dietro...”
Frodo
scosse la testa e rispose:
“Non
posso spiegarvi tutto, mi spiace! Posso solo dirvi che fino a che io
sarò qui, tutti voi sarete in pericolo. I Cavalieri Neri, per
quello che so, sono davvero pericolosi e sono diretti servitori di...
di...”
La
parola rimase sospesa, come un presagio, congelata nella gola di
Frodo, diventando un rospo difficile da buttare giù, anche con
tutta la birra del mondo.
Fu
Grampasso ad arrivare in aiuto dell'Hobbit e a dire:
“Sono
servitori di Mordor. Conosci questo nome, Omorzo?”
L'oste
impallidì e Frodo, arreso, quasi conoscesse la risposta a
quella domanda, disse:
“Volete
ancora aiutarmi come avete promesso a Gandalf!”
“Certo!”
esclamò con voce malferma e un po' isterica Cactaceo. E
cercando di sembrare più sicuro di sé aggiunse in tono
grave: “Ora più che mai! Anche se non sono sicuro del
mio ruolo. Insomma... Cosa può fare un uomo come me contro una
forza tanto spaventosa?”
“Non
molto!” rispose Grampasso. “L'unica cosa importante che
puoi fare è quella di ospitare per questa notte il signor
Sottocolle e che dimentichi il suo nome fino a quando non sarà
abbastanza lontano da Brea!”
“Io
posso anche farlo, ma il problema non è questo. Stasera,
all'osteria, è stato il signor Sottocolle stesso ad attirare
troppa attenzione su di sé con la storia della scomparsa.
Tutti l'hanno collegata a quella del signor Bilbo Baggins di qualche
anno fa. Infatti, nonostante non ci occupiamo molto di quello che
accade nella Contea, noi Breatini non lasciamo passare storie strane.
Anche Nob, che non è uno sveglio, conosce quella storia a
memoria!” spiegò con naturalezza l'oste.
“Credo
che sia inutile piangere sul latte versato, a questo punto! La cosa
importante è che i Cavalieri Neri non tornino qui stanotte”
glissò Frodo.
“Lo
spero anche io!” si augurò Cactaceo. “Anche se
sono sicuro che sarà difficile per loro entrare al Puledro
Impennato. Siete al sicuro qua. Nessuno aprirà bocca e nessun
uomo in nero valicherà la soglia della mia locanda. Faremo la
guardia... Quindi potete riposare tranquilli stasera!”
“Vi
ringrazio!” sorrise per la prima volta Frodo in quella sera.
“Posso solo chiedervi il favore di essere svegliati all'alba,
se possibile? E se si può, vorrei che la colazione ci venisse
portata alle sei e mezzo, per favore!”
“Sarà
fatto signor Bagg... Ehm! Sottocolle!” rispose Cactaceo e
guardandosi intorno aggiunse preoccupato: “Solo ora mi rendo
conto che il signor Brandibuck non è con voi!”
Esmeralda
sentì il cuore mancarle un battito e uno strano sentimento,
frammisto a paura e rimorso cominciò a roderle lo stomaco.
Merry non era ancora rientrato. Ed era uscito da tanto. Perché
non lo aveva seguito dopo quella lite. Solo allora si rendeva conto
di quanto grande fosse il pericolo fuori dal Puledro Impennato.
-Se
dovesse succedergli qualcosa non so se sarei capace di perdonarmelo!-
pensò Esmeralda deglutendo a vuoto.
“Esmeralda?”
domandò Frodo riscuotendola dai suoi pensieri.
Sia
Grampasso che Cactaceo guardarono la giovane con la fronte
aggrottata, visibilmente confusi nel sentire che una ragazza facesse
parte di quel gruppo. Esmeralda, arrossendo dalla punta dei capelli a
quella dei piedi, domandò:
“Mi
hai chiesto qualche cosa?” e subito si sentì
dannatamente stupida. Era difficile sostenere gli sguardi di cinque
uomini che cercavano di capire ognuno una cosa differente dall'altro.
“Merry
ti ha forse detto dove andava?”
Esmeralda
scosse la testa e rispose:
“No!
Vi aveva già detto che sarebbe uscito a prendere una boccata
d'aria subito dopo la cena. E lo ha fatto quando ho deciso di andare
a letto. È uscito poco dopo che voi siete andati via dalla
camera”
“Certo
che voi Hobbit della Contea siete proprio curiosi!” esternò
Cactaceo contrariato dal comportamento di Merry e dal fatto di aver
scoperto di essere stato raggirato non solo da Frodo ma anche da
Esmeralda. “Il pericolo vi sovrasta e voi sembrate in vacanza.
Che volete che vi dica? Sbarrerò comunque porte e finestre e
perfino il più piccolo buco. Manderò Nob a cercare il
signor Brandibuck e se dovesse arrivare lui per primo darò
ordine che gli permettano di entrare!”e dopo aver salutato uscì
borbottando qualche cosa riguardo la stranezza di quei tempi in cui
era più facile fidarsi di un Ramingo che di se stessi e di
come una donna, anche se Hobbit, provasse il gusto di travestirsi e
sfidare la morte.
“Allora!”
sorrise Grampasso una volta che la porta si richiuse e nella stanza
rimasero solo loro. “Non siete curiosi di sapere che cosa sta
scritto in quella lettera?”
Frodo
si rigirò la lettera tra le mani e studiò il sigillo.
Indubbiamente era quello di Gandalf. Lo ruppe e prese il foglio,
cominciando a leggere la lettera.
IL
PULEDRO IMPENNATO, BREA.
Giorno
di Mezzo Anno, Calendario Contea, 1418.
Caro
Frodo,
cattive
notizie mi sono giunte fino a qui devo partire immediatamente.
Faresti bene a lasciare Casa Baggins fra non molto e andartene dalla
Contea prima che arrivi la fine del mese di Luglio., al più
tardi. Tornerò appena mi sarà possibile, e se tu sarai
già partito ti seguirò. Lasciami un messaggio in questa
locanda se passi da Brea. Puoi fidarti dell'oste (Cactaceo). Forse
incontrerai un mio amico per strada: un uomo alto e magro, scuro, che
taluni chiamano Grampasso. Sa i fatti nostri e ti aiuterà. Va
a Gran Burrone: lì spero ci ritroveremo finalmente. Se non
dovessi venire prima della tua partenza, Elrond ti consiglierà
sul da fare.
Affettuosamente
tuo frettolosissimo,
Gandalf.
P.S.
-NON l'adoperare mai più, per nessuna ragione al mondo! Non
viaggiare di notte.
P.P.S.
-Accertati che sia il vero Grampasso. Ci sono un sacco di uomini
strani in giro. Il suo vero nome è Aragorn.
Non
tutto quello che è oro brilla,
Né
gli erranti sono perduti;
Il
vecchio ch'è forte non s'aggrinza,
Le
radici profonde non gelano.
Dalle
ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra
sprigionerà una scintilla;
Nuova
sarà la lama ora rotta,
E
re quei ch'è senza corona.
P.P.P.S
-Spero che Cactaceo ti faccia avete questa mia al più presto.
Un brav'uomo, ma la sua memoria è un ripostiglio: non troverai
mai quel che cerchi. Se lo dimentica lo arrostisco.
Buon
viaggio!
Dopo
aver finito la lettera Frodo la passò anche agli altri che la
lessero con attenzione e disse a Grampasso:
“Il
guaio che ha combinato Cactaceo è ben più grave di
quello che pensavo. Spero davvero che Gandalf lo arrostisca quando lo
incontra lo prossima volta. Quello che non capisco, però, è
il modo in cui ha scritto la lettera Gandalf. Sembra che si stia
apprestando ad affrontare un grande pericolo. Ma che gli è
successo?”
“Gandalf
affronta da sempre grandi pericoli, anche se voi Gente Piccola non lo
sapete!” rispose dolcemente Grampasso.
Frodo
rimase silenzioso qualche secondo e mentre Sam leggeva la lettera per
ultimo domandò:
“Perché
non ci hai detto fin da subito che eri amico di Gandalf. Avremo perso
meno tempo, non trovi?”
“Tu
credi?” replicò Grampasso. “Pensi che mi avresti
creduto se mai te lo avessi detto. Se non sbaglio non hai ancora
deciso se vuoi o no che ti faccia da guida. Comunque non sapevo nulla
di quella lettera e che dovevo convincervi a portarmi con voi senza
l'ausilio della minima prova. E non pensiate che per me sia stato
facile fidarmi di voi. Anche a me il nemico ha teso delle trappole
pericolose e anche io dovevo studiare e capire se voi foste proprio
le persone che cercavo. E devo ammettere che quando ho sentito che
tra di voi c'era una donna la mia fiducia, per un solo attimo, ha
vacillato. Ma ho visto dentro i vostri cuori. E sono puliti. Posso
fidarmi di voi come spero voi vi fiderete di me, nonostante il mio
non sia un aspetto che ispiri fiducia”
“Non
ne ispira alcuna, infatti. Almeno a prima vista!” si intromise
Pipino ridendo di gusto, mentre Esmeralda si torceva le mani
imbarazzata dallo sguardo che le aveva lanciato Grampasso. “Penso
comunque che...” continuò Pipino: “... che dopo
qualche giorno in mezzo a siepi e alberi siamo un po' tutti uguali”
“Non
penso che basterebbe solo qualche giorno per essere come me. E vi
giuro che morireste molto prima almeno che non mi dimostriate che voi
Hobbit siete fatto di una pasta molto più dura di quello che
sembra” replicò Grampasso a Pipino.
“C'è
una cosa che non capisco, però” si intromise Esmeralda,
prendendo coraggio e tornando alla lettera di Gandalf. “Gandalf
ci ha scritto di voi ma non riesco a capire che cosa significhi il
poemetto che c'è scritto nella lettera. Potete spiegarcelo
voi?”
Sam,
che ancora non si fidava dell'Uomo, guardandolo in cagnesco ribatté:
“In
effetti, messere, non ci avete ancora dato prova di essere voi il
vero Grampasso. Potreste benissimo essere una spia del nemico e state
cercando di essere nostro amico per ucciderci tutti al momento più
opportuno”
Grampasso
sospirò. Qualche cosa diceva ad Esmeralda che non era carino
il modo in cui Sam si stava comportando con Grampasso, ma era
successo qualche cosa in quel placido Hobbit dedito solo a coltivare
fiori e potare siepi. Era cambiato da quando era entrato nella
Vecchia Foresta. Vedere il pericolo da vicino lo aveva reso più
coraggioso di quanto Sam stesso potesse immaginare.
Osservarono
tutti Grampasso che sollevandosi disse:
“Se
davvero fossi una spia del nemico che ha ucciso il vero Grampasso per
arrivare a voi e all'Anello e uccidere voi stessi per entrarne in
possesso, posso assicurarvi che avrei avuto modo di uccidervi molte
volte stasera...”
In
piedi, Grampasso sembrava se possibile più inquietante e
pericoloso di quanto lo fosse stato per tutta la sera. Il suo viso
era duro e la paura percorse la stanza silenziosa scuotendola come
una scossa di terremoto. Ma il viso del Ramingo si aprì in un
sorriso e aggiunse:
“Potete
pure stare tranquilli, però. Io sono il vero Grampasso,
fortunatamente! Sono Aragorn, figlio di Arathorn. E se con la mia
vita o con la mia morte vi potrò aiutare, lo farò!”
Ci
fu di nuovo un lunghissimo silenzio.
Fu
Frodo, per l'ennesima volta in quella sera, che ruppe il silenzio ed
esitante disse:
“Ho
pensato che tu fossi una persona amica molto prima che leggessi
quella lettera. Penso che saresti stato diverso se fossi stato un
servitore del nemico. Forse ci avresti riempito di lusinghe, penso.
Sarebbe stato molto meno rude di come tu sei stato in realtà
con noi, questa sera”
“Capisco!”
rise divertito Grampasso. “Sembro equivoco ma do la sensazione
di essere una persona onesta. E così? Non tutto l'oro
brilla, né gli erranti sono perduti”
“Ora
capisco” esclamò Frodo. “Quei versi si riferiscono
a te, non è vero? Ma come facevi a sapere che Gandalf li aveva
scritti se tu non hai letto la lettera?”
“Infatti
non lo sapevo” ammise candidamente Grampasso. “Ma io sono
Aragorn e quei versi accompagnano il mio nome” ed estrasse la
spada dal fodero.
Tutti
e quattro gli Hobbit saltarono su vedendo un uomo molto più
alto di loro sfoderare una spada su di loro che non solo erano inermi
ma avevano abbassato la guardia da molto prima che Cactaceo entrasse
nella stanza per scusarsi.
Furono
quindi sorpresi quando la spada che si trovarono di fronte non era
come tutte le altre, bensì la sua lama era stata tagliata ad
una decina do pollici dall'elsa.
Esmeralda
spalancò la bocca sorpresa e ripeté piano:
“Nuova
sarà la lama ora rotta...”
Grampasso
sorrise e riponendo la spada nel fodero, rivolgendosi con dolcezza ad
Esmeralda disse:
“Sono
onorato che abbia imparato così in fretta uno dei versi più
importanti del mio poema”
Sam
boccheggiò ancora sopreso. Nessuno poteva capire che battaglia
c'era dentro il piccolo giardiniere. Aveva desiderato credere a
Grampasso dal primo momento in cui aveva chiesto loro di poterli
seguire, ma la paura che fosse anche lui un pericoloso servitore del
nemico lo aveva fatto rimanere sulla difensiva, diffidente verso il
Ramingo. Vedendo però quella spada, Sam aveva capito -almeno
dentro di sé- che Grampasso non poteva essere pericoloso.
Grampasso aveva ragione quando diceva che se solo avesse voluto
ucciderli lo avrebbe fatto molto prima di quanto loro potessero
immaginare. Ed ora, alla vista di quella lama distrutta, Sam aveva
fatto cadere ogni remora.
Il
Ramingo si rese conto dello sguardo di Sam e sorridendogli disse:
“Mastro
Gamgee, credo che ora non possa più dire che io sia
pericoloso. E dalla vostra espressione deduco che ora siate certo del
fatto che posso unirvi alla vostra comitiva senza che chieda un
ulteriore conferma a Frodo”
Esmeralda
e Pipino risero sotto i baffi e fu quest'ultimo a chiedere:
“Hai
detto che vuoi farci da guida. E se questo va bene a Gandalf, per me
è lo stesso. Ma hai detto anche che ci stiamo andando a
buttare in una serie di guai molto più grandi di quello che
possiamo immaginare. Mi chiedo quindi come tu possa essere una guida
utile con una spada rotta!”
“Tranquillo,
mastro Pipino. Il tempo in cui questa lama tornerà nuova è
molto più vicino di quanto credi.” e rivolgendosi agli
altri, Grampasso aggiunse: “Bene! La strada che dobbiamo
intraprendere domani è dura e faticosa. Credo che sarà
già un miracolo lasciare Brea senza dare nell'occhio. E penso
anche che sarà difficile passare inosservati anche quando
saremo molto lontani qua qui. Cercheremo e dovremo far perdere le
nostre tracce. Vi aiuterò a trovare alcune strade che vi
condurranno fuori dalle Terre di Brea, oltre la strada maestra. Dopo
potremo dirigerci verso Colle Vento”
“Colle
Vento?” chiese Sam. “Cos'è?”
“È
una collina che sta a metà strada tra Brea e Gran Burrone.
Domina la zona circostante e potremo godere di una veduta piuttosto
ampia” rispose Grampasso. “Sono sicuro che dopo Colle
Vento il nostro viaggio sarà molto più arduo...”
e guardò Esmeralda dritto negli occhi.
La
giovane Hobbit restituì lo sguardo a Grampasso, senza battere
una sola volta ciglio. Se quello credeva che lei aveva paura di
viaggiare in mezzo alle Terre Selvagge, si sbagliava di grosso. Lei
era Esmeralda Baggins e non avrebbe lasciato quell'avventura per
niente al mondo.
Esmeralda
era troppo occupata a lanciare improperi -almeno mentalmente- contro
Grampasso, che perse gran parte del discorso di Frodo e degli altri
riguardo al viaggio.
Le
orecchie pulsavano e le mani le tremavano e aveva davvero voglia di
cantarne quattro all'uomo che si era persino dimenticata di aver
paura. E di quanto fosse in ansia per Merry.
Trasalì,
spaventata, quando la porta della loro camera si spalancò con
fragore e apparve Nob che sorreggeva Merry.
Esmeralda
non capì bene quello che stavano dicendo gli altri. Riuscì
solo a captare che Merry era stato attaccato da dei Cavalieri Neri e
che era stato Nob a salvarlo.
Il
solo sentire che Merry aveva davvero rischiato la vita fece cadere
nello sconforto e nel rimorso la giovane. Se suo cugino si era
allontanato dalla camera era anche colpa sua e del fatto che avevano
litigato poco prima che lui uscisse.
Dimenticando
la sua rabbia verso Grampasso e la sua paura per quello che stava
succedendo, lasciò che gli altri decidessero di cambiare
stanza e di proteggersi in qualche modo dai Cavalieri Neri, e si
nascose in un cantuccio buio come prima aveva fatto Grampasso.
E
in quel cantuccio cominciò a chiedersi se avesse davvero fatto
bene a lasciare la Contea e a mettere a rischio non solo la sua vita
ma -cosa più importante- quella di tutti gli altri.
Ringrazio
dal più profondo del cuore
chiaretta78,
Dreamer97,
DiNozzo323
per
avermi lasciato una recensione
all'ultimo
capitolo.
Chiedo
scusa per il ritardo ma
dei
problemi di salute mi hanno tenuta
lontana
dalla mia storia per
un
po' di tempo.
Spero
davvero di riuscire a conquistarvi
con
questo nuovo capitolo
che
vede l'entrata in scena
del
rude Ramingo:
Grampasso.
O per gli
amici:
Aragorn.
Scherzi
a parte...
Ci
saranno dei risvolti nel prossimi capitolo
e
succederanno delle cose che
cambieranno
il corso del viaggio,
almeno
per Esmeralda.
Ma
non faccio ulteriori spoiler.
Vi
saluto e vi ringrazio ancora.
Un
bacio.
Niniel.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Di nuovo in viaggio ***
13.INIZIA
UN NUOVO VIAGGIO.
Esmeralda
stava camminando si di una collina sopra il quale si ergeva una
reggia completamente costruita in legno.
Guardò
le persone che scrutavano diffidenti ogni passo che compiva e osservò
con attenzione le case di quel regno a lei sconosciuto. Con un
sospiro arreso si rese conto di non essere alla locanda del Puledro
Impennato e tanto meno a Brea. Di sicuro stava sognando. E
altrettanto sicuro era che quello che stava sognando era collegato in
qualche modo a Gandalf.
Con
passo svelto, nonostante sulle spalle sentisse un grosso peso, arrivò
alla cima del colle e all'entrata dell'imponente palazzo vide un
Uomo.
Non
era molto alto visto che gli altri soldati di guardia dietro a lui lo
superavano di qualche spanna e la sua corporatura era tozza. Aveva
lunghi capelli di un colore rossiccio e la barba, folta ma corta,
era dello stesso colore.
Quando
fu abbastanza vicina l'uomo sollevò una mano e bloccandola
disse:
“Fermò
là! Chi siete? Cosa vi porta ad Edoras?”
Esmeralda
deglutì e sospirando rispose con una voce molto più
roca e più bassa di qualche ottava:
“Sono
Gandalf il Grigio e vengo ad Edoras per chiedere aiuto e consiglio.
Piuttosto! Chi siete voi che bloccate il passaggio ad un vecchio
amico?”
“Sono
Hàma, signore. E ho l'incarico di evitare che il nemico giunga
al mio sovrano e lo faccia prigioniero”
Esmeralda
sorrise e replicò:
“Sono
amico del tuo sovrano e del padre di questi da molto prima che tu
nascessi. Suvvia! Fa passare un vecchio che ha camminato a lungo
prima di arrivare a Rohan!”
Hàma
squadrò Esmeralda da capo a piedi. La hobbit, pur sapendo di
non essere lei sotto esame, sentiva di correre un grosso rischio solo
a stare in piedi davanti a quella porta. Sentiva che bastava una sua
mossa falsa per far sì che Hàma decidesse che Gandalf
non entrasse all'interno del palazzo.
Attese
per quella che sembrò un'eternità. Poi vide Hàma
spostarsi e le porte del palazzo aprirsi davanti a lei. E con un
sospiro di sollievo entrò nel palazzo di Edoras.
Quando
fu dentro si stupì guardando i soffitti alti e provò
uno strano senso di vertigine solamente ad osservarli. Poi il suo
sguardo venne attirato da uno scranno molto alto. Non ci volle molto
per capire che quello era il trono e che l'uomo che ci stava seduto
sopra era sicuramente il re di quel luogo che Esmeralda cominciava a
sentire come infausto e inospitale.
C'era
infatti qualche cosa nell'aria che non la convinceva. E non parlava
del forte odore di cavallo che si sentiva per tutto il paese e anche
dentro la reggia. C'era qualche cosa, come un'oscura presenza che
gravava sulla sua testa. Cercando di scansare il forte senso di
disagio e di paura che provava, Esmeralda fissò gli occhi sul
re che stava seduto sul vecchio trono e subito si rese conto che
anche in lui qualche cosa non andava. Era un uomo anziano, ma non nel
corpo. Presentava infatti una costituzione sana e robusta nonostante
qualche cosa, da dentro, cominciasse a roderlo lentamente. In più
il suo viso era molto più vecchio del resto del corpo, segnato
da rughe e da solchi profondi che denunciavano un'età
differente.
In
un primo momento pensò che fosse gravemente malato, ma si
dovette ricredere quando cominciò a parlare assieme a Gandalf.
“Salve
re Théoden, signore di Rohan. In quest'ora cupa vengo a te per
chiederti aiuto e consiglio”
“Gandalf”
disse con voce lenta ma per nulla resa fragile o incerta dalla
malattia. “Vieni qui in un'ora cupa, dici bene. È da
molto che non concedo aiuto agli stranieri. E forse nemmeno agli
amici. E ad essere onesto non sono in vena di consigli”
Esmeralda
sollevò un sopracciglio, indignata da tanta insolenza nei
confronti di Gandalf, per il quale aveva sempre nutrito un
grandissimo rispetto. Non pensava quindi che qualcuno -fosse esso re
o che altro- potesse in qualche modo mancare di rispetto allo
Stregone, senza essere punito.
Lo
stregone, però, non si scompose. Sorrise e replicò:
“Vedo
che i tempi diventano sempre più cupi se non ci si ricorda
nemmeno dei vecchi amici!”
Fu
in quel momento che entrò un uomo vestito di scuro,
dall'aspetto sgradevole e malaticcio. Gandalf lo guardò negli
occhi e in un attimo tutto sparì. E al posto degli occhi
lattiginosi e umidi di quell'uomo viscido e sinistro, vide due occhi
scuri e cattivi che ricambiavano il suo sguardo. Occhi che
appartenevano ad un uomo alto e dai lunghi capelli bianchi. Non seppe
perché, ma Esmeralda ne ebbe paura e senza far nulla per
cacciare dentro un grido, la giovane si svegliò.
La
prima cosa che vide, con sua somma sorpresa, fu il viso di Grampasso,
visibilmente preoccupato. Perfino gli altri si erano messi seduti e
lo guardarono con aria interrogativa, mentre Esmeralda ricambiava il
loro sguardo imbarazzata.
“Ho
avuto un incubo!” si scusò.
“Questo
lo avevamo capito!” esclamò Pipino con uno sbadiglio,
ricevendo un pizzicotto da Merry che lo fulminò con
un'occhiata capace di incenerire un'intera foresta.
Grampasso
passò una mano sui capelli di Esmeralda e replicò:
“Che
hai avuto un incubo lo abbiamo davvero capito, o meglio, sentito
tutti; quello che non capisco è perché hai pronunciato
il nome di Gandalf e hai detto Edoras. E Théoden... So poco di
voi gente piccola, ma sono sicuro che nessuno della vostra gente è
arrivato così lontano dalla Contea, a parte Bilbo. Sono quindi
sicuro che si trovino a miglia e miglia di distanza dal luogo in cui
tu abiti e...” si bloccò un attimo e spaventato imprecò:
“Accidenti!” e corse a prendere uno degli asciugamani che
Cactaceo aveva portato loro quando avevano preso posto nella nuova
stanza.
Esmeralda
deglutì e il sapore inconfondibile di ferro le fece capire che
aveva ingollato, senza volerlo, una grossa quantità di sangue.
Lentamente portò una mano sul viso e toccò il naso,
guardando la punta delle dita. Erano piene di sangue. Prima che si
potesse spaventare Grampasso l'aveva fatta alzare dal letto premendo
il vecchio asciugamano contro il naso sanguinante della giovane
hobbit. E guardandola serio e confuso disse:
“Mi
devi spiegare cosa è successo. Non avevo mai visto niente di
simile. E non mi piace! Ma non lo farai stanotte. Sei spaventata
tanto quanto io sono preoccupato da ciò che hai detto nel
sonno. Ora fermerò l'emorragia e tornerai a dormire!”
Esmeralda
annuì e si voltò verso la porta. Frodo la guardava con
le sopracciglia aggrottate. Era confuso e per nulla felice di quello
che era successo. Esmeralda non capiva perché ma quello
sguardo non la rassicurava per niente.
La
mattina dopo vennero svegliati da Grampasso che aprì le tende
e spalancò le persiane con fragore lasciando che la fioca luce
del mattino entrasse nella stanza, bagnando silenziosamente i visi
dei cinque hobbit profondamente addormentati.
Si
alzarono quasi tutti controvoglia, sbadigliando e dormicchiando in
piedi in attesa di poter occupare il bagno.
Esmeralda
fu la prima a prepararsi e a seguire Grampasso giù dal vecchio
oste che infreddolito e spaventato disse loro:
“Non
ho potuto chiudere occhio stanotte. Non potete nemmeno immaginare
quello che è successo in questa locanda. Mai, in tutta la mia
vita, ho visto una cosa simile. Non solo i miei clienti non hanno
potuto occupare la stanza a loro affidata, ma nella stessa camera
hanno distrutto letti e cuscini nuovi...”
“chi?”
domandò Esmeralda.
“Intrusi!
E sono certo che fossero Cavalieri Neri. Hanno attaccato la camera
dove voi cinque siete stati ricoverati appena giunti al Puledro
Impennato e si sono accaniti contro il cuscino con il tappetto
marrone, che somiglia al signor Sottocolle...” rispose Cactaceo
che sembra molto più preoccupato per i cuscini che per altro.
Grampasso
annuì ascoltando in silenzio e alla fine disse:
“L'unico
modo che hai per rimanere tranquillo è che tutti noi lasciamo
la tua locanda prima che il sole sia alto...” si fermò a
pensare e aggiunse: “Lasceremo perdere la colazione: berremo un
sorso di qualche cosa e mangeremo giusto un boccone. E importante
quindi che i cavalli siano pronti il primo possibile. Noi aspetteremo
in camera...”
Cactaceo
annuì e corse in cucine a dare ordini per la colazione veloce,
mentre Esmeralda e Grampasso salivano le scale.
Fu
la giovane a chiedere la Ramingo, sussurrando appena:
“Pensi
che i Cavalieri Neri siano lontani?”
Grampasso
scosse la testa e rispose:
“Non
so dirtelo. Posso immaginare che abbiano pensato che siate scappati
la notte scorse, dopo la sorpresa che gli abbiamo preparato. Ma penso
che sia molto meglio non correre rischi e partire comunque il prima
possibile, sicuri di passare inosservati”
Esmeralda
annuì e salì con Grampasso in camera. Ebbero appena il
tempo di annunciare le nuove notizie che Cactaceo piombò nella
stanza, costernato.
“Scomparsi!
I pony sono scomparsi. Abbiamo trovato i cancelli delle stalle aperte
e nessun cavallo o pony era rimasto dentro”
La
notizia buttò ancora più giù l'umore dei sei
viaggiatori. Sarebbe già stata un'impresa arrivare a Gran
Burrone a cavallo di un pony, ma arrivarci a piedi diventava
praticamente un'impresa impossibile.
Toccò
a Grampasso risollevare gli animi, anche se pareva impossibile.
“I
pony non ci sarebbero stati comunque utili per scappare da degli
uomini a cavallo. Penso che la strada che dovremo percorrere non
rallenterà il nostro cammino anche se andremo a piedi. La cosa
che mi preoccupa è il cibo. Dovremo portarne ampie scorte
poiché da qui a Gran Burrone sarà impossibile cacciare
e trovare qualche cosa di commestibile. Inoltre potremmo essere
costretti a fare ampi giri, che allungheranno notevolmente il nostro
cammino. La domanda è: quanto siete disposti a portare sulle
spalle?”
“Tutto
ciò che è necessario!” rispose prontamente
Pipino, terrorizzato dall'idea di non riuscire a mangiare qualche
cosa.
“Io
posso portarne almeno per due!” si offrì coraggiosamente
Sam.
“Io
porterò tutto quello che riesco e forse di più se è
possibile” replicò Esmeralda.
“Tu
non porterai nulla. È già stata una pazzia portarti
fino a qui. Ma dopo gli avvenimenti della scorsa notte non penso che
potrai ancora seguirci. Mi spiace Esmeralda. Ma il tuo viaggio
finisce qui!”
A
parlare era stato Frodo. C'era durezza nella sua voce, nota
totalmente sconosciuta per la giovane Hobbit.
A
sentire quelle parole il cuore di Esmeralda parve sprofondare. Ebbene
era quella la fine di tutto?
Per
quanto odiasse piangere piangere sentiva calde lacrime scendere lungo
il viso. Avrebbe voluto gridare, sbattere i piedi, dire che non
sarebbe servito mandarla via. Lei lo avrebbe seguito fino a Gran
Burrone.
Grampasso
guardò Frodo ed Esmeralda in silenzio e solo qualche secondo
dopo che l'hobbit aveva finito di parlare, disse:
“Non
vorrei intromettermi nelle tue decisioni, Frodo. Ma penso che sarebbe
davvero rischioso mandare Esmeralda a casa da sola. A piedi ci
metterebbe troppo e nessuno a Brea sarebbe disposto ad accompagnarla.
In più, dopo quello che è successo ieri notte penso che
sia giusto che anche lei venga assieme a noi a Gran Burrone. Sono
sicuro che Elrond ci saprà dare le risposte a tutte le nostre
domande!”
Frodo
rimase in silenzio, guardando Esmeralda non più con durezza ma
con rassegnata preoccupazione. La giovane solo allora si rese conto
che il cugino non voleva mandarla via perché la considerava un
intralcio, ma perché era davvero preoccupato per lei.
Soprattutto dopo quello che era successo quella sera.
“Grampasso...
Tu sai che è una pazzia portarla con noi!” replicò
Frodo.
“Lo
è anche lasciarla sola a Brea. Tutti sanno che era nel gruppo
del Signor Sottocolle e potrebbero rapirla e consegnarla al nemico al
fine di strapparle delle informazioni, in qualunque modo possibile!”
e sottovoce aggiunse: “Credo che la pazzia l'avete compiuta
portandola con voi fino a qui!”
“Guarda
che è venuta senza che nessuno la invitasse!” si
intromise Pipino con uno sbadiglio. “È sempre stata una
zuccona e da piccola pensava che fosse possibile vivere avventure
come quelle di Bilbo”
Grampasso
corrugò la fronte e domandò:
“Vi
ha seguiti senza invito?”
“Senza
invito e furtiva come una ladra!” replicò divertito
Pipino che trovava la situazione divertente.
Bastò
l'occhiata di Merry perché Pipino tornasse nei ranghi e
continuasse a farsi i fatti suoi, dando un po' troppa attenzione al
suo bagaglio ormai finito.
Grampasso
invece osservò in silenzio Esmeralda. La giovane hobbit per un
attimo si sentì davvero a disagio e dovette far leva su tutta
la sua volontà per non abbassare lo sguardo e cedere agli
occhi indagatori di Grampasso. E in quel poco tempo che aveva avuto
per conoscerlo, Esmeralda odiava con tutto il cuore questa capacità
del Ramingo di farla sentire in imbarazzo.
Ma
Grampasso si aprì in un sorriso e replicò:
“Tutto
ciò mi stupisce. Penso che dovrò ricredermi sul conto
di voi hobbit dal momento che sia gli uomini che le donne del vostro
popolo sono davvero coraggiosi!”
Esmeralda
si aprì in un sorriso di gratitudine. Proprio nel momento in
cui Frodo aveva deciso di farla tornare a casa, le parole di
Grampasso le servivano non solo come tonico per l'anima poiché
nessuno aveva ammesso che lei avesse avuto davvero molto coraggio a
seguirli, ma le regalava un nuovo lustro agli occhi di Frodo dandole
così la possibilità di poter restare con loro.
Anche
Frodo parve pensare la stessa cosa con la differenza che si intromise
nel piccolo idillio creato tra i due e disse:
“Molti
hobbit sono incoscienti e non coraggiosi. E per quanto mi dolga
dirlo, Esmeralda è una di questi. Non avrebbe dovuto seguirci.
Non avrebbe dovuto arrivare a Brea con noi...” e bloccandosi
guardò fuori dalla finestra. Il silenzio invase la stanza,
come uno spettro oscuro che ghermiva ogni presente togliendogli il
dono della parola. Fu Frodo il primo a rompere questo incantesimo,
proprio come lo aveva fatto cadere. E voltandosi verso Grampasso
aggiunse: “So che è una pazzia... Ma non voglio che
continui a rischiare la vita. Specialmente dopo quello che è
successo questo notte...”
“Invece
è proprio questo il motivo che dovrebbe convincervi a portarla
con noi. L'abbiamo sentita tutti nominare il nome di Gandalf. E
sappiamo che se ha sognato che scappava ci sono delle ottime
probabilità che sia vero. Non penso che sia il sogno di una
bambina spaventata quello che ha colto Esmeralda questa notte. Penso
che sia una premonizione. E sono sicuro che a Gran Burrone, re Elrond
saprà darci una risposta su quello che sta succedendo!”
intervenne Grampasso.
Frodo
rimase in silenzio. Esmeralda aveva gli occhi pieni di lacrime e
stava davvero dando fondo a tutta la sua forza di volontà per
non piangere davanti ai suoi amici e Grampasso. Non voleva, in
particolar modo, che il Ramingo, dopo quello che aveva detto,
pensasse che fosse per davvero una bambina capricciosa e avventata
come invece stava dicendo Frodo.
Il
cuore di Esmeralda batteva tanto forte che quasi sentiva male
aspettando un sì o un no come risposta quando qualcuno disse:
“Frodo...
Penso che lei debba venire con noi!”
Esmeralda
si voltò con la bocca spalancata dalla sorpresa. Merry aveva
preso la parola e dopo quello che aveva detto la notte prima, stava
convincendo Frodo a portarla con loro.
Frodo
stesso parve stupito e indicando la giovane, replicò:
“Merry
sai che il viaggio a cui andiamo incontro è uno dei più
pericolosi che un hobbit abbia mai intrapreso. Se non voglio che
venga con noi è questo il motivo. Ha rischiato fin troppo
e...”
“Continuerebbe
a rischiare se decidessi di lasciarla a Brea. Pensi davvero che
Cactaceo avrebbe il tempo di accompagnarla? O vuoi che faccia il
viaggio con Nob! Sono hobbit come noi, ma non penso che sarebbero di
grande aiuto se dovessero in qualche modo essere presi dal Nemico.
Penso che Grampasso abbia ragione. L'errore è stato fatto
permettendole di uscire dalla Contea. Ora è più saggio
che ci segua fino a Gran Burrone. Poi torneremo tutti assieme a
casa!”
Pipino
spostò il suo peso da una gamba all'altra e aggiunse:
“Anche
io la penso come Merry. Esmeralda non doveva venire con noi, questo è
fuori dubbio. Ma non penso che sia saggio lasciarla andare ora. Con
quei cosi che fiutano, la situazione si fa anche più
pericolosa se si viaggia da soli!”
Frodo
guardò Sam che con fare arreso disse:
“Padrone.
Io sono solo un povero servo. Quello che posso dirvi, però, è
che la signorina Esmeralda ha dimostrato molto coraggio e mi sentirei
anche io più sicuro se continuasse il viaggio con noi fino a
Gran Burrone”
Gli
occhi di Frodo scrutarono quelli di Esmeralda. Il silenzio tra di
loro parve interminabile anche per chi in quella decisione non era
minimamente coinvolto.
Poi,
voltandosi e interrompendo il contatto visivo, disse:
“E
sia! Esmeralda verrà con noi. Ma qualunque sarà il
destino dell'Anello, dopo Gran Burrone la prossima tappa del suo
viaggio sarà Hobbiville!”
Pipino
e Sam sorrisero raggianti ed Esmeralda turò un sospiro di
sollievo. Si voltò e guardò Grampasso che sorridendo,
annuì senza dire altro.
Frodo
si voltò e riprese a sistemare il bagaglio, riprendendo ad
ignorare Esmeralda. Lo stesso fece Merry, che cominciò a
guardare intorno alla stanza cercando chissà che cosa.
Esmeralda
sospirò affranta. Dentro di sé sentiva che anche se
Frodo aveva detto di sì, davvero pochi erano contenti che lei
stesse viaggiando con quella strana comitiva.
Tra
i vari preparativi uscirono dal Puledro Impennato che era ormai
mattino inoltrato.
Il
fatto che non avessero dei cavalli aveva costretto Cactaceo a
chiedere in giro per un pony o un cavallo che potesse portare i pesi
che loro non potevano portare a spalla. In men che non si dica tutto
il paese venne a sapere che gli Hobbit e Grampasso stavano partendo.
Nessuno era disposto a dar loro un pony ma, a quanto pareva, molte
persone si scoprirono curiose di vedere lo hobbit stregone di cui
tutto il paese aveva parlato la sera prima e di cui ancora si parlava
e di partecipare, se il caso avesse voluto, ad una nuova magia,
scrutavano sfacciatamente il gruppo dei viandanti.
Grampasso
camminava in testa, evitando gli sguardi di tutti, guardando dritto
davanti a sé. Qualcuno lo derideva, qualcuno parlava con il
vicino coprendosi il viso con una mano. Come aveva detto la sera
prima, Grampasso non era visto di buon occhio da quelli di Brea,
fossero essi Hobbit o Umani. Alcuni lo schernivano più o meno
apertamente; altri invece indicavano Frodo e gli altri Hobbit
scuotendo la testa.
Avanzarono
per la strada principale del paese in silenzio, con Sam che chiudeva
la fila tirando un vecchio pony macilento, venduto ad un prezzo
esorbitante da Billy Felci stesso, seguiti da bambini che gridavano
curiosi e dalle risate degli adulti. Li scortarono fino all'altra
parte del paese e solo quando capirono che Frodo lo stregone non
avrebbe fatto magie lasciarono il gruppo al loro destino e tornarono
alle loro case con la coda tra le gambe. Fu allora che Esmeralda,
scrutando la strada che li conduceva finalmente fuori dal paese, vide
dietro un'alta siepe una vecchia casa trascurata. Ad una finestra
stava affacciato un uomo dalla faccia olivastra e gli occhi strabici
che non appena li vide arrivare sparì di colpo.
La
ragazza continuò ad osservare con attenzione la casa e vide
che dietro la siepe un uomo dalle folti sopraccigli neri e la bocca
grande storta da un ghigno malefico, li guardava fumando la sua pipa
e quando furono abbastanza vicini sputò per terra. Era Billy
Felci che guardando Grampasso, deridendolo disse:
“Guarda
un po' chi si vede. Buongiorno Gambelunghe. Vedo che vai via di buon
ora! E vedo che hai trovato anche dei nuovi amici!”
Grampasso
annuì col capo ma non rispose. Vedendo che disturbandolo non
otteneva nulla si rivolse agli Hobbit e disse:
“Buongiorno
anche a voi piccoli amici! Anche se dire amici dopo quello che è
successo la scorsa notte alla locanda è un po' esagerato. Non
so se lo sa, signor Sottocolle, ma qua non siamo abituati a strane
magie, non so se mi spiego...” e guardando Esmeralda aggiunse:
“Come non siamo abituati alle donne che si vestono da uomini...
Vero?”
Il
cuore di Esmeralda fece una capriola. Non si voltò verso Billy
Felci, come invece fece Sam che lo guardò sbalordito.
“Camminate
e non voltatevi!” mormorò Grampasso.
Billy
Felci rise di nuovo, contento di avere colto nel segno, e sputando
per l'ennesima volta in terra aggiunse con voce dolce:
“Piccoli
miei spero proprio che sappiate con chi siete andati a mettervi.
Quello è Grampasso-attacca-a-niente! E gli ho sentito anche
altri nomi molto meno carini. State attenti ai vostri bagagli,
stanotte!” e sputò di nuovo per terra.
“So
che sarei più tranquilla con Grampasso che con te!”
mormorò Esmeralda.
“E
tu, piccolo Sam, trattami bene il mi povero vecchio pony!”
aggiunse Felci.
Sam
si voltò di botto e rispose:
“E
tu, Felci togli dai piedi la tua brutta faccia o le succederà
qualche cosa di spiacevole!” e come un lampo, segnando un arco
perfetto in aria, la mela colpì violentemente il volto di
Billy Felci.
L'uomo
sputò una litania di minacce e di bestemmie mentre Esmeralda,
poggiando un braccio sulle spalle di Sam si congratulò con lui
sorridendo e dicendogli:
“Bella
mira Sam!”
Sam
arrossì e chinando la testa rispose:
“Grazie”
e scuotendo la testa aggiunse: “Una buona mela sprecata!”
e varcato il cancello la strana compagnia di viandanti si lasciò
alle spalle Cactaceo, Billy Felci, le chiacchiere e, finalmente Brea.
Chiedo
immensamente scusa per la mia
latitanza.
Ma
come promesso a
DiNozzo323
sono
riuscita a postare il 13 capitolo.
Lasciatemi
ringraziare
chiaretta78
DiNozzo323
e
la new entry
EdieSedgwick
(a
cui chiedo scusa per tutte le ripetizioni del
capitolo
scorso. Spero di non averne fatte troppe qui)
per
avermi recensito.
Grazie
grazie grazie.
Ringrazio
tutti quelli che hanno
aggiunto
la storia tra le preferite,
ricordate
e o seguite e chi
legge
silenziosamente.
Novità
cibernetica.
Se
seguite le mie storie e non volete perdervi un
aggiornamento
venite
sulla mia pagina Facebook.
Si
chiama Niniel82.
È
la mia. E ci sono solo io ^^
Ora
vi lascio.
Un
bacio e grazie.
Alla
prossima.
Un
bacio.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Sensi di colpa ***
14.SENSI
DI COLPA.
Il
sentiero lontano dalla via maestra che Grampasso decise di far
percorrere loro era molto più tranquillo e molto meno faticoso
di quello che gli Hobbit avevano pensato una volta lasciata Brea.
La
strada si stendeva pianeggiante sotto i loro piedi pelosi, percorsa
dalle grande falcate di Grampasso e i passettini piccoli e veloci dei
altri cinque piccoli viandanti.
Nonostante
l'aria cominciasse a farsi più fredda e il freddo rendeva
difficili le loro notti, gli Hobbit parvero rinfrancati da quella
parte del viaggio al punto che -se non avessero saputo di correre un
grosso pericolo nel farlo e quindi incorrere nell'ira di Grampasso-
avrebbero volentieri intonato una delle loro vecchie canzoni.
Tutti,
quindi, sembravano aver ripreso vigore e speranza dalla presenza di
Grampasso. Persino Billy, il poni di Billy Felci ribattezzato così
da Sam, sembrava cominciare a cogliere i frutti delle cure e delle
attenzioni -e soprattutto della sana dieta- che gli venivano rivolte.
Tutti,
appunto. Anche se dire tutti non era esattamente la cosa giusta.
Esmeralda
cominciava a sentire il peso di quel viaggio. Sapeva di essere ormai
in un botte di ferro e che nessuno l'avrebbe rispedita a casa come un
pacco postale, specialmente dopo che Grampasso si era messo in testa
di sapere cosa le succedeva la notte mentre dormiva. Ed in effetti
era proprio questo quello che la preoccupava. I sogni che la notte
faceva si facevano sempre più vividi. Spesso sognava di
cavalcare per tutta la notte in groppa ad un bellissimo cavallo
bianco, altre si trovava al cospetto di esseri abominevoli pronti ad
ucciderla. Ed ogni volta che si svegliava si trovava con il naso che
sanguinava.
Inoltre
cominciava a sentirsi strana, svuotata, come se qualcuno avesse preso
un cucchiaino e avesse cominciato a scavare dentro di lei lasciando
solo un guscio.
Aveva
paura di parlarne con qualcuno. Frodo aveva ammesso di volerla
mandare a casa senza tanti complimenti; Grampasso si era mostrato
preoccupato quando qualche notte prima si era svegliata con il naso
che sanguinava; Pipino era il più infantile di tutti e
sembrava davvero pronto a partire per un gita; Sam, dopo che Frodo
aveva proposto di lasciarla tornare alla Contea, aveva cominciato a
non parlarle ed Esmeralda non capiva se non lo faceva per paura
dell'ira di Frodo o perché si sentiva in colpa per averle
permesso di seguirli.
In
poche parole quella che sembrava una bellissima avventura, per la
piccola Esmeralda si stava trasformando in un viaggio pericoloso e
terribile dove quasi nessuno era felice della sua presenza.
E
mentre il bosco diventava via via più fitto, mentre il
pericolo diventava più incombente ogni passo che facevano
nonostante i cuori di tutti -o quasi- fossero più leggeri,
Esmeralda cominciava a chiedersi cosa stesse succedendo ad Hobbiville
e se qualcuno, da suo padre a sua sorella, sentisse la sua mancanza.
Hobbiville,
Contea.
“Petunia!
Petunia!”
La
voce roca di Ponto risuonava per tutta la casa.
I
cunicoli rivestiti in legno della caverna di Ponto erano come vuoti,
nonostante fossero pieni di quadri e di mobili.
Angelica,
con passo stanco, si avvicinò alla poltrona del padre malato e
con voce altrettanto stanca, disse:
“Che
cosa succede ora papà!”
L'uomo
sollevò gli occhi vitrei sul viso della figlia e arrabbiato
disse:
“Ho
chiamato tua madre! Dove diavolo è finita? Non si è
resa conto che tua sorella Esmeralda non è tornata a casa per
il pranzo, oggi? Accidenti a quella bambina e a tutte le stupidaggini
che si sta facendo mettere in testa da mio cugino Bilbo! Avventure!”
borbottò sempre più indignato: “Sono una cosa
ridicola. L'ho sempre detto a Bilbo che quel viaggio che ha fatto non
gli porterà nulla di buono. È tornato carico d'oro
tutto di dubbia provenienza. Sono sicuro che lo pagheremo in qualche
modo!” e voltandosi verso la figlia continuò, sempre più
arrabbiato: “Chiama tua madre se non vuoi che vada a sfondare a
calci la porta di casa Baggins sotto la collina!”
Angelica
sospirò e passò una mano sui ricci biondi che stavano
scomposti sulla fronte. Chi lo avrebbe mai detto che lei, Angelica
Baggins, la più corteggiata di Hobbiville, che aveva sposato
l'uomo giusto ed accumulato una piccola fortuna, si sarebbe trovata
in quella situazione: il padre impazzito, la sorella scomparsa chissà
dove e un figlio pronto a nascere quando nella Contea cominciavano ad
apparire strani uomini vestiti di nero, che cavalcavano destrieri
dello stesso colore e che chiedevano continuamente di Frodo e di
Bilbo.
Sospirò
e mormorò:
“Vado
papà!” e con un passo lento e strascicato si avvicinò
alla cucina.
Stava
per cominciare a preparare il pranzo, quando la porta d'ingresso si
spalancò e Milo entrò come un furia, chiamando a gran
voce il nome della moglie.
Angelica
con il passo pesante di una donna incinta si avvicinò alla
porta della cucina e allarmata chiese:
“Milo!
Che succede? Perché stai gridando così?”
Milo
si avvicinò e prendendo la moglie per le spalle, concitato
disse:
“A
Crifosso, qualche sera fa, è successa una cosa che non
riusciresti nemmeno ad immaginare. La casa di Frodo Baggins è
stata attaccata da strani uomini vestiti di nero!”
Angelica
portò una mano alla bocca e preoccupata domandò:
“E
cosa gli hanno fatto? Frodo sta bene?”
“Molto
meglio di quello che possiamo pensare dal momento che in casa sua,
fingendosi lui, c'era Grassotto Bolgeri!” rispose Milo.
Angelica
corrugò la fronte e confusa replicò:
“Grassotto
Bolgeri? Milo non ti seguo!”
“Non
ci crederai ma è quello che ho detto anche io quando ne ho
sentito parlare al Drago Verde. A quanto pare Grassotto ha preso il
posto di Frodo e nessuno sa dove sia quello scervellato di un
Baggins. Ma la cosa più strana sai qual è? È che
anche Meriadoc Brandibuck e Peregrino Tuc sono spariti e nessuno sa
che fine abbiano fatto... Sai questo cosa significa?” le spiegò
Milo che aveva la faccia sconvolta.
Angelica
si voltò a guardare da un'altra parte, poggiando le mani su di
una vecchia credenza appartenuta a sua madre. Esmeralda aveva sempre
amato Frodo e lei lo sapeva. Era arrivata persino a rifiutare la
proposta di Fredegario per un amore impossibile. Frodo, dal canto
suo, si portava dietro le chiacchiere sul tesoro di Casa Baggins e
anche se da un po' non ci abitava più, molti avevano detto che
uomini vestiti di nero dall'aspetto inquietante chiedevano a tutti
notizie su di lui.
“Frodo
sta scappando chissà a che cosa... Ed Esmeralda lo ha seguito,
vero?”
Milo
annuì ed Angelica stava per ribattere quando sentirono la
porta di ingresso sbattere. Tremando per lo stupore e per la paura
dei discorsi appena fatti, Milo e Angelica, quasi con riluttanza si
avvicinarono all'ingresso e lì, il terrore invase il cuore
della giovane figlia di Ponto.
Suo
padre era uscito.
“Dov'è
andato?” domandò Milo guardando la sala vuota con la
stessa sorpresa della moglie.
“Non
lo so... Ma ti prego... Vai a cercarlo!” e guardando il marito
uscire dalla casa, Angelica rimase per un attimo ferma a guardare
l'uscio ancora spalancato.
Si
avvicinò alla porta e prendendo un vecchio scialle della madre
lo indossò e seguì la direzione opposta a quella del
marito, quella che conduceva a Saccoforino. Qualche cosa le diceva
che suo padre era lì perché li aveva sentiti parlare.
Con
passo incerto si avvicinò alla strada e i suoi peggiori dubbi
trovarono conferma. Come un dannato, Ponto Baggins, picchiava con
forza la porta della casa un tempo appartenuta al cugino e gridava a
gran voce:
“Diavolo
di un pazzo. Bilbo Baggins fai uscire mia figlia da quella casa e
smettila di riempirle il cervello di fantasticherie. Petunia è
da questa mattina che è in giro a cercarla e ancora non è
tornata. Apri questa dannata porta Bilbo se non vuoi che la sfondi!”
Nel
frattempo, attirati da quel fracasso, molti hobbit si erano fermati a
guardare divertiti la scena, dandosi gomitate e indicando il vecchio,
facendo gesti eloquenti con le dita ogni qualvolta volevano dire che
era solo un pazzo.
Angelica,
per quanto le permettevano le forze, si avvicinò al padre e
cercando di tirarlo via lo implorava a bassa voce:
“Papà!
Smettila. Andiamo!”
“Non
me ne vado finché quel vagabondo di mio cugino non apre questa
dannata porta. Maledetto sia tu e le tue avventure... Ma Esmeralda
vedrà quello che le farò quando uscirà...”
In
quel momento la porta si aprì e il viso di Lobelia apparve da
dietro la porta. Angelica non riusciva a capire se fosse arrabbiata
oppure no, quello che sapeva era che aveva uno sguardo che avrebbe
cagliato il latte appena munto.
“Pazzo
di un Baggins. Mala pianta la vostra famiglia. Che diavolo bussi in
questo modo?”
“Cerco
mia figlia!” disse Ponto serio. “Di a mio cugino che è
ora di smetterla di riempirle la testa di vento!”
Lobelia
incrociò le braccia e ridendo disse:
“Stai
cercando Frodo o Bilbo?”
“Lobelia,
smettila!” sibilò Angelica.
“Bilbo,
stupida Sackville Baggins! Chi altri sennò?” rispose
prontamente Ponto, sempre più infuriato perché Lobelia
non si apprestava a fare quello che gli aveva ordinato.
Sentendosi
dare della stupida, Lobelia sputò fuori più veleno di
quanto riusciva a fare di suo solito e con malcelata soddisfazione
disse:
“Pazzo
di un Baggins, tuo cugino Bilbo è morto quasi vent'anni fa. È
sparito nel nulla e ha lasciato tutto in mano a quello scansafatiche
di suo nipote Frodo. Ho dannato prima che quel imbecille cresciuto in
mezzo a quei pazzi di Brandibuck mi lasciasse quello che era mio per
diritto... Ora se mi permetti, torna alla tua poltrona ad aspettare
che il fantasma di tua moglie venga a bussare alla tua porta!”
e senza tanti convenevoli sbatté l'uscio della caverna sul
muso di Ponto.
Angelica
guardò il viso del padre e lo vide trasformarsi. In un attimo
il torpore della malattia lasciò il posto ad una cupa
certezza. I ricordi balenarono come un lampo a ciel sereno nella
mente devastata del vecchio Hobbit.
“Papà?”
disse Angelica dolcemente.
L'uomo
la guardò e si guardò intorno. La folla lo guardava
fisso: chi divertito, chi serio, aspettando una sua risposta.
Gli
occhi di Ponto si riempirono di lacrime e voltandosi verso la figlia
disse:
“Portami
a casa. Sono stanco!” e attaccandosi al braccio della figlia,
con passo stanco si avviò verso la sua casa mentre un brusio
via via sempre più crescente cominciò a riempire la
strada.
Angelica,
con una stoica sopportazione, fece come se quei brusii fossero
inesistenti e tenendo stretto il braccio del padre di incamminò
verso casa.
Quando
la raggiunse qualche curioso ancora li seguiva. Milo, sull'uscio, con
la fronte imperlata di sudore per la corsa che aveva fatto cercando
il suocero, non disse nulla, almeno fino a che la moglie non fu
abbastanza vicina e lui potesse prendere per l'altro braccio Ponto.
Allora, in un sussurro, domandò:
“Dov'era?”
“A
casa di Lobelia...” rispose stanca Angelica chiudendo la porta
alle sue spalle e lasciando gli impiccioni fuori.
Milo
aiutò Ponto a sedersi e poi chiese ancora, smarrito:
“La
nuova casa o quella vecchia?”
“La
nuova!” rispose Angelica mettendosi a sedere nella vecchia
sedia a dondolo e guardando il padre in silenzio.
Si
sentiva umiliata, arrabbiata e infastidita. Lei, la bella Angelica
che aveva fatto girare la testa a tutta la Contea, umiliata davanti a
tutti per colpa di suo padre. E come se non bastasse sua sorella era
sparita come d'incanto e con lei Frodo, Merry, Pipino e Sam.
Cosa
stava succedendo? Chi erano quegli uomini che stavano cercando Frodo?
E soprattutto: dov'era sua sorella?
Milo
le poggiò una mano sulla spalla e lei sorrise appena.
“Vuoi
qualche cosa da mangiare?” chiese lui dolcemente.
Angelica
annuì e rispose:
“Vengo
a darti una mano!” e si alzò dirigendosi con il marito
verso la cucina.
Lasciarono
Ponto da solo, seduto sulla sua vecchia poltrona.
Gli
occhi erano persi nel vuoto e cominciarono a riempirsi di lacrime.
Aveva
preso coscienza in un solo attimo che la sua vita era cambiata.
L'uomo che attendeva che Petunia tornasse a casa seduto in quella
vecchia poltrona sgangherata non esisteva più. Al suo posto,
ora, c'era un uomo distrutto dal dolore.
Passare
per le Chiane Ditteri non fu una cosa piacevole.
Dei
piccoli moscerini, particolarmente famelici attaccavano gli Hobbit,
Grampasso e perfino Billy riducendoli ad una mappa in rilievo di
bozzi e bubboni.
Esmeralda
era sempre più infelice. L'assenza di pony e il fatto che
dovevano portare molto più peso di quanto ne avevano portato
prima di Brea cominciava a farsi sentire e la strada per Gran Burrone
sembrava allungarsi di giorno in giorno.
La
necessità di fare dei turni di guardia stava cominciando a
togliere il sonno a tutti e il sorriso e l'ottimismo che aveva fatto
parte della prima parte del viaggio stava andando via via sparendo.
La
pazzia di quel viaggio, Esmeralda, la stava cominciando a sentire
tutta e sempre più la certezza di aver fatto la cosa
sbagliata la schiacciava come un masso.
Un
cavallo bianco correva veloce per praterie sconfinate.
La
terra era inospitale e le colline intorno erano brulle, piene solo di
spuntoni di pietre che rappresentavano statue o antiche case ormai
diroccate.
Ogni
miglio percorso dal bianco destrieri sembrava come un passo di una
formica per Esmeralda che sentiva il bisogno di oltrepassare i colli
di fronte a lei e arrivare finalmente a Gran Burrone.
Come
sapesse che dopo tutto sarebbe stato più facile, la giovane
hobbit non lo sapeva, ma sentiva dentro di sé che il tempo
stringeva e già troppo ne aveva tolto alla sua missione.
Davanti
alla collina smontò da cavallo e congedò, seppur a
malincuore il bianco destriero. Non poteva seguirla. Gli mormorò
qualche parola di cui nemmeno lei conosceva il significato e dopo
averlo visto allontanarsi per la brughiera desolata, si voltò
e guardò la vetta della collina.
Raggiunse
la cima con difficoltà, oppressa da un peso ancora più
grave di quello che portava normalmente, conscia di non aver fardello
alcuno sulle spalle e quando stanca raggiunse la cima si mise a
sedere su di una vecchia roccia sbeccata, guardandosi intorno
preoccupata.
Era
da sola. E non solo. Sapeva che il Nemico era stato allertato da
Saruman stesso e che le sarebbe piombato addosso quando meno se lo
aspettava.
Frugò
nella tasca e accese la sua pipa. Piccole nuvole di fumo salirono
veloci. Sorrise rilassata. Ma quella parentesi di calma durò
pochissimo. Un grido squarciò la notte. Si mise in piedi e
brandendo il suo bastone si preparò alla battaglia.
L'ultima
cosa che vide distintamente fu solo una fulgida luce bianca.
Esmeralda
si svegliò di soprassalto e si mise a sedere.
Si
guardò intorno e sentì subito qualcosa di caldo e
appiccicoso scendere lungo il mento. Portò una mano sul viso e
spaventata vide qualche cosa di scuro brillare tenue al bagliore
della luna.
Stava
di nuovo sanguinando. Maledicendo quella strana situazione a mezza
voce cercò qualche cosa per tamponare il naso quando sentì:
“Sta
succedendo di nuovo vero?”
Si
voltò e vide Grampasso, in piedi vicino a lei che sorrideva.
Sorrise
di rimando e prendendo una camicia logora, tamponò il naso e
rispose:
“Ogni
notte! Succede ogni notte!”
“E
quando di preciso?” chiese il Ramingo mettendosi a sedere
vicino a lei.
Esmeralda
strappò un lembo della camicia e rispose:
“Quando
sogno. E credo che mi succeda sempre quando sogno Gandalf!”
Grampasso
annuì senza dire nulla. Esmeralda, dal canto suo, tamponò
il naso cercando di non deglutire il sangue. Se fosse successo,
sicuramente, si sarebbe provocato un conato e avrebbe svegliato
tutti.
“Vuoi
che ti prenda un po' d'acqua?” domandò Grampasso.
“No!”
rispose con cortesia Esmeralda. “Sta già passando!”
Grampasso
la guardò e sorrise. Fu allora che Esmeralda prendendo
coraggio esternò le sue preoccupazioni chiedendo al ramingo
l'unica cosa che la tormentava durante quella parte di viaggio. E
prendendo un lungo respiro chiese:
“Sei
felice che io sia venuta con voi?”
Grampasso
sospirò e sedendosi meglio rispose:
“Non
porterei con me in questo viaggio nemmeno il mio peggior nemico, se
potessi. Non sono felice che nessuno di voi cinque si sia trovato
immischiato in qualche modo in questa storia”
Esmeralda
annuì in silenzio. Almeno per lui non era un intralcio. O
almeno non lo dava a vedere. O meglio ancora riteneva quel viaggio
pericoloso per tutti e non solo per lei.
Seguì
un attimo di silenzio. Da quando erano partiti da Brea quella era la
seconda occasione che aveva per parlare con Grampasso e, anche se non
sapeva bene il perché, la giovane hobbit si sentiva un po' a
disagio.
“Forse
sarebbe meglio che tu tornassi a dormire!” le suggerì il
ramingo.
Esmeralda
scosse la testa e ribatté:
“Non
avrei mai pensato di dirlo, ma il sonno è il mio peggior
nemico!”
Grampasso
stavolta non sorrise. La guardò grave e chiese:
“Ti
vedo turbata ogni giorno che passa. E cominci a portare su di te i
segni di questo strano collegamento”
Esmeralda
non rispose ma non poté non ricordare le parole di Baccador
quando erano ancora a casa di Tom Bombadil. Parole che risuonarono
cupe, quasi come una condanna nella sua mente.
'Tu
hai un potere, mia cara giovane hobbit, ma non so come lo hai
acquistato. E mi spaventa perché ha già cominciato...
Ti sta consumando. Questo contatto ti sta consumando l'anima piccola
hobbit...'
“Un'ombra
è scesa sul tuo viso, giovane amica. Vuoi raccontarmi che
succede?” chiese Grampasso sempre più preoccupato.
Esmeralda
guardò gli occhi grigi del ramingo e rispose:
“Quando
ero nella casa di Tom Bombadil, ho avuto modo di parlare con
Baccador, sua moglie. Sono arrivata alla loro dimora nel mezzo della
Vecchia Foresta più morta che viva e lei si è presa
cura di me. È stato allora che si è resa conto del mio
potere. E mi ha detto che mi stava già cominciando a consumare
l'anima. E che solo a Gran Burrone avrei trovato le risposte a tutte
le mie domande!”
Grampasso
corrugò la fronte e replicò:
“Quello
che mi dici va ben oltre le mie peggiori ipotesi, giovane hobbit. Che
il collegamento con Gandalf fosse per te pericoloso come bere del
veleno lo avevo immaginato. Ma non fino a questo punto...”
Voltandosi,
Grampasso, si rese conto di essere stato forse troppo diretto nei
confronti della giovane e sorridendo, cercando di tirarla su di
morale, recuperò subito dicendo:
“Tranquilla.
Ho grandissima fiducia in Re Elrond. È un Elfo dalla grande
conoscenza e sono sicuro che saprà darci tutte le risposte a
tutte le domande che gli faremo e, cosa più importante,
spezzerà questo filo che ti collega a Gandalf”
Esmeralda
sorrise più per circostanza che per altro. Fu per questo che
non poté trattenersi dal chiedere al compagno di viaggio la
domanda che invece si ponevano tutti da quando avevano lasciato Brea:
“Ma
quanto ancora dovremo scappare prima di raggiungere Gran Burrone!”
Grampasso
sospirò ed Esmeralda vide un'ombra attraversa questa volta gli
occhi del suo compagno. Rimase in silenzio qualche secondo e poi una
luce lontana illuminò la cima di una collina lontana.
Spaventati i due si voltarono a guardare cosa avesse sprigionato quel
fascio di luce ma questo si spense subito. Entrambi si misero in
piedi e guardarono fissi il buio. Poi la luce si riaccese e si spense
di nuovo. Grampasso non disse nulla ma in un attimo quello che aveva
sognato le tornò alla mente. E stringendosi al ramingo
mormorò:
“Gandalf!”
La
mattina dopo per Esmeralda fu molto più difficile rimettersi
in piedi.
Il
sonno la sopraffaceva ogni passo che faceva. A differenza sua,
Grampasso invece sembrava fresco come un rosa.
Non
parlarono della luce che avevano visto ed Esmeralda non confidò
a Grampasso che anche nel suo sogno Gandalf aveva sprigionato la
stessa luce fulgida. Non sapeva perché ma non voleva
aggiungere altra legna al fuoco. Il viso preoccupato di Grampasso
quando le aveva confidato quello che le aveva detto Baccador le era
bastato.
Il
viaggio diventava via via più difficile e il terreno più
impervio. A quanto pareva la loro prossima tappa non era lontana.
Grampasso aveva detto che si chiamava Amon Sul.
Esmeralda
non sapeva nulla su quel posto. L'unica cosa che sapeva era che il
suo corpo si stava indebolendo e cominciava a fare fatica a respirare
regolarmente.
Ci
vollero tre giorni per raggiungere Amon Sul. Delle luci che avevano
visto, nelle notti a seguire nemmeno l'ombra, Esmeralda non sapeva se
esserne felice o no. Sapeva, ora, che quello era Gandalf e che aveva
combattuto probabilmente contro i Cavalieri Neri, ma il fatto che non
vedesse più la luce bianca lampeggiare sulla vetta della
collina come qualche giorno prima la faceva stare male. Non poteva
non pensare a quegli esseri raccapriccianti e non poteva non pensare
che nel suo sogno Gandalf era da solo.
La
paura di dormire e di vedere il vero destino dello stregone fece
dormire male la giovane hobbit che quando raggiunse Colle Vento -il
nome in Lingua Corrente di Amon Sul- era lo spettro si se stessa.
Fu
grata, quindi, di mettersi a sedere in un incavo della collina e
riposare almeno un po'. Si poggiò ad una roccia e chiudendo
gli occhi si abbandonò al sonno e alla paura di scoprire cosa
fosse accaduto a Gandalf.
Eccomi
qua!!!!
Sono
mancata per un'infinità di tempo, lo so.
Chiedo
venia e spero di non avervi deluso con questo
capitolo
un po' di passaggio, diciamo.
Lasciatemi
ringraziare
chiaretta78
Luna
Dubhe Baggins
Dreamer97
Mel
e
DiNozzo323
che
mi hanno recensita.
Spero
di non avervi deluse.
E
ringrazio tutti i lettori silenti
che
continuano a leggere e
che
mi aggiungono
alla
lista dei
preferiti
ricordati
o
seguiti.
Grazie
di cuore.
Un
bacio e
alla
prossima
Niniel!!!!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=649749
|