Nuove magie Doremi

di KiraKira90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - DO.RE.MI ***
Capitolo 2: *** Capitolo1 - FA.SOL.LA ***
Capitolo 3: *** Capitolo2 - SI.DO.RE ***



Capitolo 1
*** Prologo - DO.RE.MI ***


 

 

 

 

DO.RE.MI.

Dormire non regala minuti.

Fattisi più intensi e fastidiosi, alcuni raggi svicolarono fra le tende socchiuse, quasi in combutta con la sveglia che quasi subito iniziò a squillare. A nulla le era servito raggomitolarsi di più sotto le coperte per proteggere gli occhi, il fastidioso suono del mattino riusciva comunque a perforarle le orecchie. Ancora assonnata liberò il braccio più vicino al comodino, tastando il vuoto in cerca del bottone che avrebbe fatto smettere quel rumoraccio. Rabbrividì non appena la mano abbandonò il calore delle coperte, ma era più che mai decisa a mettere a tacere quel suono, indipendentemente dalla posizione delle lancette. Anzi. Non appena tutto tacque di nuovo, non si preoccupò nemmeno di darci un’occhiata. Se ne tornò al caldo, rigirandosi dall’altra parte. Mugugnò un poco a causa del freddo che era entrato nel suo piccolo rifugio, raggomitolandosi ancora più di prima.

Già. Non c’era niente di meglio che restarsene al caldo in pieno inverno …

 

“Non si è ancora alzata?” sospirò, dando una breve occhiata alle scale.

“Che ti aspettavi mamma?” rispose Bibì saccente, fra un sorso di succo d’arancia e l’altro. “Non lo fa gli altri giorni figurarsi oggi!”

Per tutta risposta l’altra sospirò ancora, portandosi la tazza di caffè alle labbra. Si gustò l’aroma per un po’, rivolgendosi nuovamente alla figlia.

“C’è un solo modo!” constatò a bassa voce, trovando conferma nel sorriso di Bibì. Posò di nuovo la tazza e si schiarì la voce. “Doremiiii?” la chiamò, gridando dal piano di sotto senza ottenere ovviamente risposta. “Le bistecche sono pronte!” gridò ancora più forte, mentre Bibì a stento non si strozzava con la fetta di pane che masticava. Si sentì un tonfo, un gran lamento ed un isterico urlo.

“Direi che è sveglia ora!” constatò vittoriosa la madre, fra le risatine della figlia.

“Maledizione sono in ritardo! In ritardissimo!” continuava a ripetere freneticamente al piano superiore, mentre cercava di guadagnare tempo. Era saltata fuori dal letto sbavando, ma appena l’occhio le era caduto sull’orologio per controllare fosse ora di pranzo si era resa conto della catastrofe. “Accidenti! Ho dormito troppo!” si maledì agguantando l’uniforme, mentre il pigiama volava.

Dai rumori Bibì dedusse fosse inciampata almeno due volte nel tentativo di  vestirsi  in corridoio, mentre saltellava verso il bagno. Sospirò rassegnata prima di alzarsi.

 “Mamma io esco, non voglio certo far tardi il primo giorno come qualcun altro.” Avvertì, dando una sconsolata occhiata al piano di sopra. “Che sorella pasticciona mi ritrovo!” pensò fra sé, mentre, afferrata la cartella,  si dirigeva all’ingresso. “Hai preso il pranzo?” le domandò la madre, guardandola infilarsi le scarpe. “Sì, non preoccuparti.” La tranquillizzò, scattando in piedi e uscendo di corsa. “A dopo!”

“Fuori una.” pensò fra sé la donna, rabbrividendo per l’ennesimo tonfo di sopra. Era l’altra a preoccuparla!

Salì di qualche gradino spazientita, in modo potesse farsi sentire con certezza. “Doremi, vuoi sbrigarti? Tua sorella è già uscita!” la rimproverò.

“Arrivo!” esclamò con forza l’altra, incespicando sul calzino mezzo infilato che ciondolava. Decise di indossarlo per bene evitando di ammazzarsi per le scale.

“Possibile che anche il primo giorno nella tua nuova scuola tu sia in ritardo?” brontolò sua madre, iniziando a spalmare un po’ di marmellata su una fetta di pane tostato.

Non riuscì nemmeno ad appoggiarla sul piatto che Doremì, piombata giù dalle scale in fretta e furia la stava già addentando. “Bevi o ti strozzerai.” Si limitò a commentare rassegnata l’altra, porgendogli la limonata. Bevve d’un fiato senza farselo ripetere e posato il bicchiere si stava già infilando le scarpe, cercando di uscire. “Scappo! Ciao.”

Doremi aspe …” Troppo tardi e come al solito il suo pranzo era rimasto sul tavolo.

 

*continua*

 

 

Note autrice:

Sotto stress mi succede sempre. Devo sfogarmi scrivendo quello che la mia mente vuole, perciò mi scuso se invece di aggiornare le tante storie inizio questa. Nonostante l’impulso però ho ancora un barlume di lucidità tanto da pubblicare solo il prologo, attendendo di terminarla tutta prima di postare il resto. =)

Spero vi piaccia e vi incuriosisca. A ispirarmi è stata l’immagine iniziale: una fanart di cui non conosco l’autore e dove Doremi e le altre sono proprio come me le immaginavo anni dopo. =)

Cari lettori vi presento il mio seguito di Doremi. ^^

KissKiss KiraKira90

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Capitolo 2
*** Capitolo1 - FA.SOL.LA ***


 

 

 

 

Capitolo 1

FA.SOL.LA.  

Il fato solleva languidi sospiri.

 

“Padre, mi avete fatto chiamare?” titubò nel vederlo ancora alla finestra a contemplare l’esterno.

“Ti aspettavo.” con calma la massiccia schiena si volse, mentre con passi cadenzati si diresse al trono. “Grazie per essere venuto subito.” Sedette con un espressione tirata, socchiudendo gli occhi quasi volesse soppesare le parole con giudizio. Poche volte si era trovato in una posizione tanto scomoda eppure quel confronto era inevitabile.

“Il messaggio di Alexander diceva che era importante.” Iniziò, scrutando il segnato viso paterno in cerca di una spiegazione. “Che sta succedendo, padre?” non poteva più sopportare l’ansia di quell’atmosfera. Percepiva c’era qualcosa che non andava in quel prolungato silenzio e in quell’improvvisa convocazione.

“Non è facile per me comunicarti una cosa simile …” le rughe sul suo volto si moltiplicarono. “… ma devo essere io e nessun altro a parlartene.”

Gli occhi violacei del principe si sbarrarono. “Papà ti prego. Dimmi che sta succedendo!”

Finalmente il re incrociò il suo sguardo spaventato. “Akatsuki, per favore siedi.”

“Basta girarci attorno!” sbottò lui. Temeva da sempre che quella pace non durasse a lungo, che il ripopolamento del regno dei maghi avrebbe incontrato presto difficoltà, che impotente avrebbe visto la sua patria decadere, ma ora … proprio quando aveva sospirato di sollievo e aveva creduto a quel miracolo, il re lo aveva convocato in segreto, indugiando sulla ragione.

“Devo sapere!” Non aveva mai tenuto tanto stretti i pugni. “Se il nostro regno è in pericolo devi dirmelo!” sibilò fra i denti.

Il re annuì. “Hai ragione.” Si scusò. “Prima però devo chiederti se saresti disposto a tutto, per assicurare un futuro prospero al nostro mondo.”

Il principe assunse una posa ed un’espressione assolutamente seria. “Certo che sì, mi stupisce tu mi chieda una cosa tanto ovvia!” rispose senza indugio. L’altro iniziò a massaggiarsi la tempia, cercando di prendere tempo. “Come re ho dei doveri verso il mio popolo, ma come padre ne ho verso di te ... Non è facile!” iniziò.

“Non dimenticarti che sono il principe ed anche io ho dei doveri verso il Regno dei maghi. Qualunque cosa sia saprò affrontarla!” il re lo guardò stupito: era cresciuto molto stando fra gli umani, senza che lui se ne accorgesse. Nonostante tutto però trovare le parole non era facile. Non aveva di che temere per la sua gente, ma era per lui che si corrucciava ed esitava a quel modo. Si abbandonò rassegnato sullo schienale, consapevole di non poter tacere, e schiuse le labbra. “Come ben sai il nostro regno e quello delle streghe sono finalmente in pace, ma le semplici parole non bastano a suggellare una simile unione.” Prese fiato, ridandosi compostezza. “Le streghe ed i maghi più anziani hanno detto la loro e noi sovrani non possiamo ignorare l’opinione del Supremo Consiglio.” Akatsuki lo guardò sperduto. Il Supremo Consiglio era nato in tempi relativamente recenti, un organo formale composto dai maghi e le streghe più anziane. Era rimasto probabilmente troppo nel mondo umano per non essersi reso conto che il suo valore non era più puramente simbolico, che non rappresentava più solamente il patto fra i due mondi. “Da quando il Supremo Consiglio ha così tanta influenza sulle vostre decisioni?”

“L’ha nelle questioni comuni ai due regni ed entrambi credono ci sia bisogno di maggiore garanzia per il futuro.” Calò di nuovo il silenzio ed un altro sospiro uscì dai polmoni del re.

“Il Consiglio ha deciso che non ci sarebbe unione più simbolica di un matrimonio ...” deglutì quasi irritato da quelle parole.

“Intendi un matrimonio misto?” chiese dubbioso, mentre il padre annuiva. Non era usanza di nessuno dei due regni unirsi con un rituale simile, perché un simile cambiamento improvviso?

Non ebbe bisogno di chiedere per ricevere risposta. “Gli anziani pensano che l’unione di un mago ed una strega con un rituale umano, rappresenti egregiamente il concreto realizzarsi dei propositi perseguiti.”

Akatsuki lo fissò, sondandolo. Su quel volto era palese il suo stato d’animo: per nulla disteso. “Cosa ne pensi davvero?”

La domanda lo fece rabbrividire. Aveva rimandato finché possibile, ma ora veniva la parte più dura mai capitatagli. “Credo sia ingiusto, ma … indispensabile.” ammise.

Il principe si grattò la testa pensieroso. “Mi hai convocato per cosa esattamente?” il re lo guardò mortificato e all’improvviso, quasi in preda ad una terribile intuizione, Akatsuki sbarrò gli occhi verso di lui. “Quale mago e quale strega dovranno …?”

Il sovrano distolse lo sguardo dal suo e quel dubbio divenne una terribile consapevolezza. “Ho deciso di abdicare figlio mio.” Un brivido percorse la giovane schiena del mago. “Quando sarai re spetterà a te fare la cosa giusta.”

“Dunque è così?” una rabbia profonda lo assalì. “Dovrò sposare …”

“Sì …” lo interruppe il padre. “… la regina Hanna.”

 

***

 

 

Era appena suonata la campanella di mezzogiorno, quando una terribile consapevolezza gli arrivò dritta allo stomaco. Doremi estrasse sconsolata la mano che fino a poco prima aveva frugato nella cartella.

“Sono la ragazza più sfortunata del mondo! Uff!” si lamentò, resasi conto di aver dimenticato il pranzo. Decisamente un pessimo inizio non riuscire a placare la sua fame da lupo. L’idea di digiunare per tutto il giorno la deprimeva  e di certo in quel momento l’ultima cosa che voleva era una delle frecciatine di Tetsuya. Altra grande sfortuna quella di esserselo ritrovato nella stessa classe e nella stessa scuola.

 “Sei a dieta pasticciona?” il suo solito tatto non tardò ad arrivare.

“Non sono affari tuoi, brutto antipatico!” gli gridò dietro.

“Quando ti arrabbi così ti vengono le rughe, lo sai?” la punzecchiò ancora, prima di svignarsela ridacchiando.

Fiiilaaaaaaa!”  sbraitò lei, inseguendolo fino la porta della classe.

Lo vide svanire nel corridoio, iniziando a calmarsi. “Che razza di maleducato!” brontolò fra sé, ritornando verso il suo banco. Richiuse la cartella ed involontariamente l’occhio le cadde sulla finestra che le stava accanto. C’era un bel cielo azzurro e limpido, un cielo che da bambina avrebbe volentieri percorso a cavallo della sua scopa …

Doremi scosse la testa per scacciare quella malinconia improvvisa. Era una bella giornata di sole e quasi tutti gli studenti erano usciti per goderselo. Perché non avrebbe dovuto farlo anche lei?

Fece scorrere il vetro, sporgendosi per dare un’occhiata. Subito un bel venticello le scompigliò i capelli, costringendola a toglierseli dagli occhi. Di sotto c’era un gran fermento, mentre nella sua classe era praticamente rimasta sola. Eppure a vedere quei gruppetti di amici ridacchiare la voglia di prendere un po’ d’aria le passava completamente.

Era inutile … le mancavano troppo le sue vecchie amiche. Melody era capitata in una scuola di elite e aveva pochissimo tempo anche solo per respirare, Sinfony si era ritrasferita nella città della madre dopo le seconde nozze dei genitori, mentre Lullaby e Mindy si trovavano in America anche se per motivi diversi.

Era triste non poterle avere lì con lei, ma cercavano di tenersi in contatto il più possibile. L’ultima mail era stata di Lullaby; le diceva che era riuscita ad ottenere una parte minore in un film americano e appena finito gliene avrebbe spedita una copia. Non vedeva l’ora di scoprire quanto fosse diventata brava!

Le cose erano proprio cambiate in quegli anni … ma soprattutto spesso si chiedeva come stessero la sua piccola Hanna e tutti gli altri. Eppure si erano scambiate una promessa: appena fosse diventata regina gli avrebbe fatto visita. Avrebbe riabbracciato le sue “mammine”.

“Amiche mie …” sospirò intristita. “Che starete facendo in questo momento?”

 

***

 

Il ticchettio frenetico  dei tacchi sul pavimento, risuonava per le alee oscure del castello.  Fra gli scaffali impolverati della vecchia biblioteca abbandonata, una figura stretta in un mantello nero svicolava cauta verso una meta poco chiara. Nella solitudine di quel luogo, ricoperto da ragnatele, la sagoma si fermò davanti l’unica parete libera dai libri. Una mano affusolata fuoriuscì lenta dal mantello e ci fu un rapido schiocco di dita. Una strana vibrazione sonora riecheggiò nell’aria, materializzando per magia un varco sulla parete in mattoni. L’ambigua presenza l’attraversò senza indugio ritrovandosi a dover scendere una lunga rampa di scale a chiocciola, a ridosso delle pareti.

Con medesimo ritmo scendeva gradino dopo gradino e, quando giunse all’ultimo, altre due figure nascoste  parevano attenderla.

“Perdonate il ritardo.” Si scusò, portandosi velocemente di fronte le due presenze.

“Non preoccuparti. L’importante è che sei riuscita a venire.” Una voce gentile la tranquillizzò, bloccandosi in attesa che la strega al suo fianco esponesse la questione. Cadde un silenzio inquietante.

“Vi prego non ditemi sono le brutte notizie che temo!” La sua supplica ruppe la tensione, spronando la figura più alta a schiudere le labbra.

“Purtroppo il regno dei maghi ha accolto la proposta del Supremo Consiglio della Magia.”

“Il matrimonio!?” chiese incredula, comprendendo la terribile notizia.

Le figure annuirono mestamente, poi il discorso riprese. “Il rifiuto da parte del regno delle streghe potrebbe essere male interpretato …”

“Perciò mi state dicendo che Hanna non avrà scelta, giusto?” gli occhi di tutte si intristirono, ma non ricevette risposta, poi la strega dalla voce cortese intervenne.

“Il Consiglio ha ottenuto potere e influenza. Sia maghi che streghe hanno le mani legate …” ammise sconsolata prima di essere interrotta bruscamente.

“Questo non ha senso. Non posso stare a guardare, mentre i principi dei due regni vengono usati in questo modo!” s’infervorò. “Se la cerimonia avrà luogo, l’amore umano per cui tanto ci eravamo battuti svanirà completamente dai cuori dei futuri regnanti …”

“Calmati ora …” la tranquillizzarono. “Noi non potremo agire senza rischiare una guerra, ma lo stesso non vale per chi non appartiene ai nostri mondi.”

La strega sbarrò gli occhi. “Loro?”

 

* continua *

 

 

Note autrice:

Spero la mia storia vi stia incuriosendo! Non ve lo aspettavate un simile sviluppo, vero? ^^

Mi raccomando fatemi sapere che ne pensate! =)

KissKiss KiraKira90

 

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Capitolo 3
*** Capitolo2 - SI.DO.RE ***


SI.DO.RE.

 

Capitolo 2

SI.DO.RE.  

Situazioni dolcemente impreviste.

 

Lalà volteggiava per la stanza reale, con quel foglio di pergamena pregiata, da quando Hanna aveva messo piede giù dal letto. Nemmeno seduta alla specchiera, mentre le altre fatine la pettinavano, poteva avere tregua dall’incalzante lista d’impegni che ogni mattina l’aspettava. Non che le prestasse la dovuta attenzione, ovviamente, ma la voce di Lalà con quel monotono tono non aiutava certo il suo risveglio. Quanto invidiava Pao in quei momenti, che ancora russava fra le coperte del loro letto con solo la proboscide scoperta …

Hanna sbadigliò vistosamente di fronte l’ennesima udienza del pomeriggio. Rimpiangeva spesso i bei momenti passati con le sue mamme, anche se bastava guardare le loro ex-fatine per capire che un pezzo di tutte le era accanto. Non era certo così che si aspettava la sua vita da regina, ma doveva comportarsi a dovere per avere il permesso di andare nel mondo umano e rivederle. Così le aveva detto il Supremo Consiglio e, come Eufonia le aveva spiegato, non era saggio disobbedirgli.

Quel pensiero le fece istintivamente scrutare i riflessi nello specchio in cerca dei visi a lei familiari in quell’ora. Uno solo mancava all’appello. “Dov’è Eufonia?” chiese incuriosita.

 

***

 

Si era allontanato il più possibile per sfuggire dal suo regno e dai suoi impegni. Purtroppo non era riuscito a lasciarsi alle spalle i suoi tormentati pensieri e quei sentimenti così contrastanti nel cuore.

Era ritornato nel mondo umano e aveva camminato senza meta, così tanto da non capire dove fosse quando aveva alzato gli occhi dal suolo. Era vicino all’argine di un fiume e ormai il cielo che vi si rifletteva era tinto d’arancio. Senza accorgersene, ormai si era fatta sera e a giudicare dai ragazzi in divisa che coloravano le strade le lezioni erano terminate.

I gruppetti che gli passavano accanto avevano espressioni davvero spensierate, mentre lui …

Gli sarebbe piaciuto poter essere allegro come quegli umani, ma lui aveva il bene di un regno sulle spalle. Smise di seguire con lo sguardo quei ragazzi che l’avevano ormai sorpassato. Girò la testa, sospirando distrattamente, e si sorprese nel trovare una figura che lo scrutava. Mai si sarebbe aspettato di vedersi davanti quella ragazza che, un po’ smarrita, lo fissava incredula.

Akatsuki?” chiese, bofonchiando e generando in lui ulteriore stupore. Conosceva il suo nome?

La squadrò per identificarla. Provava una strana familiarità di fronte quella voce e a quei capelli rossi, eppure non riusciva a capire chi fosse. Lei invece parve avere conferma dalla sua mutata espressione.

Akatsuki sei tu!” un radioso sorriso si dipinse sulle sue labbra e all’improvviso quasi qualcosa in lui si fosse scosso, comprese. “Doremi?” domandò smarrito. Lei annuì radiosa e come fosse una malattia contagiosa il mago arricciò le labbra in un’espressione contenta. “Doremi, sei proprio tu!”

La ragazza gli corse incontro, fermandosi a pochi centimetri di distanza da lui. “Quanto tempo è passato. Sono così contenta di rivederti!”

Bizzarro come il suo desiderio, quello che per tutto il giorno aveva sentito nel cuore, si era avverato. Era di fronte a un suo vecchio e caro amico, forse quello che meno si aspettava di rivedere!

“Sei cresciuta! A stento non ti riconoscevo. Le sorrise ancora e sinceramente, riconoscente per averlo distolto dai suoi problemi. “È bello esserci incontrati così!”

“Ho così tante cose da chiederti!” le brillarono gli occhi prima di prendere fiato ed elencarle. “Dimmi, come va nel regno della magia? Gli altri Flat4 stanno bene? Alexander? E tuo padre il re?”

Akatsuki cercò di nascondere i pensieri tristi che questi nomi gli rammentavano. “Calmati! Non posso rispondere a tutte insieme.” Cercò di sviarla dal discorso o per lo meno ritardare le informazioni che avrebbe dovuto dare. Era comprensibile volesse sapere tutto quello che era successo in quegli anni, ma forse non era il caso di dirgli la verità …

“Scusami.”  Si grattò la testa imbarazzata, consapevole del troppo entusiasmo che aveva dimostrato. “È  solo che …” un terribile rumore fece calare un improvviso silenzio fra i due.

Doremi si era fatta rossa in viso, portando le braccia allo stomaco quasi a volerlo nascondere. Akatsuki la guardava stupito, mentre lei si contorceva per la vergogna. “Che imbarazzo!” esclamò, distogliendo lo sguardo dagli occhi increduli del mago. “Sono la ragazza più sfortunata del mondo!” si lamentò ancora.

Akatsuki scoppiò a ridere, uccidendo il poco d’autostima che le era rimasta. “Sarai cresciuta, ma sei sempre la Doremi che conosco!” le accarezzò affettuosamente la testa, cercando di voltarla verso di lui.

“Se hai fame posso rispondere alle tue domande, mentre ordini qualcosa.

Non aveva voglia di stare da solo, inoltre da sempre quella ragazza aveva la capacità di rasserenarlo. Si era deciso: avrebbe cercato di ritardare i saluti il più possibile …

 

***

 

L’imponente struttura si ergeva immensa davanti ai suoi occhi. Si chiese come fosse possibile che nel regno della magia simili rovine fossero sconosciute ai più. Le due eleganti figure l’avevano condotta fra quelle nebbie ancestrali e lei le aveva seguite senza troppi indugi. Era suo dovere farlo, a prescindere dai rischi in cui era possibile incorrere. Si strinse alle altre due streghe durante l’attraversata, per evitare di perdersi fra quella fitta foschia. Parve interminabile il tempo che occorse per uscirne e, quando accadde, una meravigliosa parete d’alabastro risplendette alla luce del tramonto, quasi accecandola.

In tutto il suo splendore, il poco che restava degli antichi miti e delle verità celate nelle favole della sera, si stagliava davanti a lei con prepotenza.

Riuscì a pronunciare solo qualche parola, ad occhi sbarrati: “La perduta Avalon …”

Entrambe le figure si volsero in quel frangente.

“Ti abbiamo reso partecipe del segreto che da secoli ci tramandiamo …” la strega si tolse il cappuccio, liberando la lunga chioma dorata. “…di regnante in regnante!”

L’altra la seguì nei medesimi gesti. “Benvenuta nella città in cui un tempo magia e spada servivano onore e valori. Dove maghi, streghe e umani vivevano in pace.

Eufonia fissò quei bei volti per un po’, ancora scossa per quelle rivelazioni, poi riuscì a chiedere quello che desiderava. “Majo Tourbillon. Jou-sama. Cosa desiderate mostrarmi, veramente?”

Non potevano averla condotta lì senza motivo … Non dopo tutti i discorsi fatti in precedenza!

Le passate regine si scambiarono uno sguardo d’intesa. Poi, le dita affusolate di Tourbillon si protesero verso Eufonia, quasi ad invitarla. “Seguici, Majo Rika!”

 

***

 

Si era allontanata un attimo per avvertire casa del ritardo. Stava chiacchierando animatamente al cellulare, mentre lui, seduto al caffè, scorreva la lista dei dolci. Ogni tanto alzava gli occhi per guardarla gesticolare: era davvero buffa come ricordava!

Gli sfuggì un altro sorriso e se ne stupì. Era stata di certo la sua fortuna averla incontrata, ma soprattutto che lei l’avesse riconosciuto. Gli aveva fatto piacere essere accolto a quel modo, con quel calore così umano che le apparteneva. Era così assorto nelle sue riflessioni, che si rese conto del suo ritorno solo quando gli si sedette di fronte e afferrò l’altro listino sul tavolo. “Accidenti che fame!” esclamò, adorante mentre leggeva.

Akatsuki richiuse e appoggiò sul tavolo il foglio che teneva in mano. “Scegli quello che vuoi, mi raccomando.” L’esortò.

“Davvero?” lo sguardo le brillò.

“Certo, ti ho promesso avrei offerto io.” Le sorrise calorosamente. Quella sua gentilezza era quasi un modo per sdebitarsi, per ripagarla del tempo che gli dedicava. Inoltre, più lei sorrideva, più i suoi brutti pensieri si accantonavano.

Sei troppo gentile!” rispose allegra. Poi riportò gli occhi sui dolci. “Sai, molte di queste torte ce le ha insegnate a fare Mindy …” Un velo malinconico ne ricoprì le iridi e questo disturbò il mago. “Sia lei che Lullaby sono in America adesso, ma anche con Sinfony e Melody è un problema vedersi, purtroppo.” Nella sua voce percepì un certo tremore, mentre gli raccontava dei cambiamenti avvenuti in quegli anni e scoprì che non era il solo ad essere malinconico in fondo al cuore. Si sgridò mentalmente per essere stato tanto insensibile da averla “usata” per distrarsi. “Mi dispiace. Le sussurrò.

“Non devi!” e di nuovo quel bel sorriso le illuminò il volto. “Proprio quando ero triste e pensavo alle mie amiche ti ho incontrato … Non sai quanto ne sono stata contenta!”

Akatsuki la fissò, finendo per regalarle un’espressione piena di gratitudine. “Sai, anche io ti ho incontrato proprio quando mi sentivo solo …”

 

***

 

Hanna era caduta addormentata dopo un’altra e faticosa giornata da regnante. Lei e Pao erano teneramente abbracciate, mentre Lalà dava la meritata buonanotte alle altre fatine. L’assenza di Eufonia l’aveva costretta a farsi carico anche dei suoi compiti, lavorando per due. Era più stanca del solito, ma non poteva addormentarsi prima di averci parlato. Da tutto il giorno l’aspettava pazientemente, ansiosa come non mai.

Accarezzò amorevolmente Hanna con lo sguardo. Come poteva il Consiglio imporre una cosa del genere? Del resto era ancora una bambina! Non era forse per questo che avevano convocato Eufonia in quanto sua tutrice e non lei direttamente?

Dovette fare un respiro profondo per calmare la rabbia. Oggi era riuscita ad arginare la sua valanga di domande, ma Hanna era sensibile: sapeva facilmente percepire le bugie. Non sarebbero riuscite a tenerla all’oscuro per molto, inoltre, né a lei né alla sua strega, piaceva mentirle.

Si raggomitolò pensierosa, fissando la porta chiusa. Se Eufonia avesse eccessivamente tardato sarebbe andata a cercarla. Non le piaceva quando si separavano troppo a lungo…

La serratura scattò e la porta si schiuse, destando il suo immediato interesse. La fata concluse che evidentemente si preoccupava sempre troppo e per niente.

“Eufonia?” la chiamò, quando vide che indugiava ad entrare.

Lalà, non fare rumore o sveglierai qualcuno!” quel bisbiglio le rammentò una voce conosciuta. Un ronzio sottile, simile al suo quando volava, si avvicinò nell’oscurità della stanza. Il volto dell’intrusa, ormai vicina, fu rischiarato dalla luna ben visibile dalla finestra, rivelandone l’identità.

Baba? Cosa ci fai qui?”

 

* continua *

 

 

Eccomi qui, con il nuovo capitolo! Chiedo scusa per l’attesa, ma gli esami sono sempre in agguato.ç_ç

Mi auguro che questo nuovo tassello di storia vi sia gradito, o che almeno lo riteniate decente.

Spero mi farete sapere cosa ne pensate. ^^

Approfitto anche per ringraziare tutti i lettori e chi fra loro mi ha recensito.

Un caloroso saluto a tutti! KissKiss KiraKira90

 

 

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