Verso La Maturità

di Scarcy90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Modo Più Veloce Per Farsi Scoprire ***
Capitolo 2: *** Appena Prima Di Partire ***
Capitolo 3: *** Welcome To United States Of America ***
Capitolo 4: *** Fuoco Inarrestabile ***
Capitolo 5: *** Il Calore Della Neve ***
Capitolo 6: *** Avalon ***
Capitolo 7: *** Non Si Sfugge Al Destino ***
Capitolo 8: *** Ricordi Che Riaffiorano ***
Capitolo 9: *** Rapimento Inaspettato ***
Capitolo 10: *** Verità O Menzogna? ***
Capitolo 11: *** Tutto Viene Sconvolto ***
Capitolo 12: *** Nessuna Spiegazione ***
Capitolo 13: *** La Resa ***
Capitolo 14: *** Quello Che Resta ***
Capitolo 15: *** Amicizia Tradita ***
Capitolo 16: *** I Famosi Nodi ***
Capitolo 17: *** Prima Prova ***
Capitolo 18: *** Seconda Prova ***
Capitolo 19: *** Terza Prova ***
Capitolo 20: *** Il Mare Dopo La Tempesta ***
Capitolo 21: *** Ultima Prova ***
Capitolo 22: *** Il Principe Che Sconfisse Il Drago ***
Capitolo 23: *** Ciò Che L'Acqua Non Scioglie ***
Capitolo 24: *** Epilogo - Reo Confesso ***



Capitolo 1
*** Il Modo Più Veloce Per Farsi Scoprire ***





Verso La Maturità- Capitolo 1



Verso La Maturità

 
Prologo
 La mia vita? Un’eterna e incontrollabile serie di eventi catastrofici. Odio il mio Liceo, odio il fatto di essere sfortunata, odio la maggior parte dei miei professori, e fino a poco tempo fa odiavo i due ragazzi più popolari della scuola. Il mio odio per loro è venuto a mancare quando sono diventata la migliore amica del più bello e la fidanzata segreta del più stupido. Li odiavo così tanto che alla fine non ho potuto fare a meno di avvicinarmi a loro per riuscire a conoscerli, anche se la maggior parte della conoscenza è avvenuta contro la mia volontà. Il mio ragazzo, inoltre, è anche il figlio della mia professoressa di scienze. Questo è il motivo della segretezza della nostra relazione. Che cosa accadrebbe se la professoressa che mi detesta di più scoprisse che il suo adorato, unico e intelligente figlioletto ha finito con l’innamorarsi di… me? Non ci voglio neanche pensare. Fino a quando sarò un’alunna di Lucifero non posso permettere che si sappia la verità su me e il “figlio della prof”. Eppure non pensavo che il mio piano di segretezza avrebbe quasi rischiato di mandare all’aria tutto ciò per cui avevo lottato.
 Niente poteva più separarmi dall’amore della mia vita. Niente tranne, forse, il primo amore della mia vita…







 

 



 
La Prudenza E L’Amore Non Sono Fatti L’Una Per L’Altro:

Via Via Che Cresce L’Amore, La Prudenza Diminuisce
François de La Rochefoucauld
 
 
Capitolo 1: Il Modo Più Veloce Per Farsi Scoprire
 
 -Sono tornata! Massi ci sei?-
 Cosa?! Fermi tutti! Spalancai gli occhi e cercai di fare mente locale. Ero in una stanza che non era la mia, stesa su un letto che non era il mio, e con una mano infilata sotto le mie mutandine che non era la mia. Alzai lo sguardo e degli occhi verdi con delle calde pagliuzze grigie mi stavano scrutando.
 Lanciai uno sguardo veloce ai miei vestiti: la camicetta era sbottonata e il reggiseno sganciato, mentre la lampo dei jeans era del tutto tirata giù.
 -Dimmi che quella che ho sentito non era la voce di tua madre?- chiesi con tono di supplica.
 -E’ lei purtroppo.-
 -Ma avevi detto che sarebbe tornata tardi stasera-, dissi con tono di rimprovero.
 A quel punto il ragazzo che fino a poco prima stava steso su di me si alzò di scatto e, prendendo la maglietta che era finita sul pavimento quando io ero troppo immersa nel mio mondo di passione per rendermene conto, la infilò in fretta.
 -Massi? Ci sei?- sentii di nuovo quella voce.
 -Sì, mamma. Avevo l’ipode al massimo, scusa-, disse lui afferrando le mie scarpe e lanciandole nell’armadio.
 -Presto, va là dentro!- mi ordinò con un filo di voce indicando l’armadio.
 -Cosa?!- esclamai incredula.
 -Non fare storie…-, mi supplicò lanciando sguardi alla porta della sua stanza.
 Aveva ragione. Non potevo permettermi di fare la schizzinosa in un momento del genere. Non avevo alcuna intenzione di lasciare che la D’Arcangelo scoprisse quello che stava per accadere in quella stanza, ma soprattutto non potevo permettere che vedesse proprio me in quella stanza, da sola con suo figlio.
 -Questa cosa mi sa tanto di telefilm-, mormorai incrociando le braccia mentre Massi mi aiutava a entrare nell’armadio. –E’ da non credere.-
 Lui mi sorrise e mi diede un delicato bacio sulle labbra. Era solo un piccolo bacio, leggero come una piuma, ma appena avvertii le sue labbra sulle mie ci mancò poco che prendessi fuoco.
 -Resisti, cercherò di liberarmi in fretta di lei.-
 Annuii con la faccia di una che probabilmente stava pensando “tutto quello che vuoi, baciami ancora e potrei fare il giro del mondo di corsa!” Lui mi sorrise ancora ammiccando, sicuro di sé come sempre, e il mio cuore cominciò a battere a una velocità indecente.
 Esattamente in quel momento la porta della sua stanza si aprì e lui chiuse in fretta l’armadio prima che qualcuno potesse vedermi.
 -Cosa stai facendo?- chiese la D’Arcangelo con voce sospettosa.
 -Volevo farmi una doccia…-, cercò di spiegare lui.
 L’armadio non era perfettamente chiuso così, grazie ad uno spiraglio, potei vedere l’espressione della D’Arcangelo che si distendeva. Aveva creduto alla balla della doccia! Che fortuna sfacciata!
 -Hai dormito nel pomeriggio?- chiese lei guardando il letto disfatto.
 -Io…Sì. Ero stanco e ho deciso di riposarmi un po’. Com’è andata a scuola?- Massi iniziò a riordinare il letto. Aveva subito cercato di distogliere l’attenzione della madre da lui, e dal luogo del misfatto.
 La D’Arcangelo si passò una mano sul collo con un gesto stanco e sbadigliò.
 -Come al solito, sono stanca morta. Gli incontri genitori-insegnanti mi distruggono sempre. Ogni volta c’è una fila chilometrica fuori dall’aula e si lamentano pure se li liquido con poche parole. Se i figli hanno voti alti stanno lì a lodarli per ore, se sono sotto la sufficienza mi tediano con tutte le loro preoccupazioni. Mica è colpa mia se i loro figli non studiano, io ho la coscienza a posto perché faccio sempre il mio dovere.-
 Sì, con interrogazioni a sorpresa il sette gennaio e facendo domande assurde. Quanto sarei voluta uscire dall’armadio e gridarle in faccia quelle parole!
 -Hai ragione mamma, però prova a metterti nei loro panni. A te è andata bene perché io sono un ragazzo responsabile che studia costantemente. Pensa a come ti sentiresti se tornassi a casa puntualmente con dei voti pessimi, se mi drogassi o se facessi lo stupido. Devi considerare anche questo.-
 La D’Arcangelo guardò per un attimo il figlio e poi sorrise.
 -Come al solito sei sempre più diplomatico e riflessivo di me, a volte la mia istintività mi porta a fare la figura della stupida. Dovrei imparare a contare fino a dieci prima di parlare.-
 Tanto non lo avrebbe mai fatto. La professoressa Claudia D’Arcangelo, la mia insegnante di scienze, soprannominata Lucifero da alunni venuti molto prima di me, era niente popò di meno che la madre del mio ragazzo, Massimiliano Draco. Dell’unica persona esistente al mondo che amassi con tutte le mie forze, come se fosse stata una parte fondamentale di me, una metà del mio stesso cuore.
 Ci amavamo, o almeno lo facevamo non in pubblico. All’interno di quelle quattro mura decadenti del Liceo Classico Virgilio di Lecce, Massi ed io dovevamo essere visti come degli estranei. Avevamo calcolato tutto con molta cura, dato che avevamo anche una finta fidanzata da usare a nostro piacimento. Delia Barton, una spilungona bionda italo-americana, mi era stata antipatica appena conosciuta, ma poi era diventata una delle mie più care amiche e ci aiutava volentieri. Ufficialmente era lei la sua ragazza, a scuola si facevano vedere insieme il più possibile, ma appena trovavamo un luogo lontano da occhi indiscreti, riprendevo il posto che mi spettava.
 Era una situazione piuttosto assurda che non tutti trovavano normale. Il primo ad affermare che fosse un’idea idiota quella di tenere nascosta la nostra relazione era proprio Massi, seguito a ruota dal suo migliore amico, Marco Iovine. Marco era il ragazzo più bello dell’intero liceo, Massi era secondo dopo di lui, ma da qualche settimana la sua popolarità era venuta meno a causa della relazione instaurata con una delle mie migliori amiche, Amelia Tarantini.
 In pochi mesi erano accadute tante di quelle cose che al solo pensiero mi girava la testa, mi sentivo oppressa da tutti quei cambiamenti, per certi versi anche assurdi.
 Avevo sempre odiato Massi, e me ne ero innamorata.
 Marco Iovine mi era sempre stato antipatico, ed era diventato il mio migliore amico.
 E come se non bastasse anche le mie migliori amiche erano cambiate tanto in quegli ultimi mesi.
 Amy era passata dall’essere possessiva verso il fratello minore Luca e odiosa verso Marco, al concedere al primo di far parte di una band e di avere una ragazza e all’innamorarsi perdutamente del secondo. Mentre Martina Giuliani, una ragazza che conoscevo da tutta la vita, si era lasciata abbindolare da un ragazzo che l’aveva quasi violentata e si era rinchiusa in una strana bolla di depressione.
 Era proprio questo che mi faceva seriamente imbestialire. La mia amica non meritava di soffrire, lei era una persona meravigliosa, gentile e dolce, e quel mostro di Christian Corradi l’aveva resa quasi… arida. Sorrideva di rado e parlava anche meno. Avevamo provato di tutto per farla tornare quella di prima ma forse era solo questione di tempo o almeno lo speravo con tutte le mie forze.
 In tutto ciò si doveva anche aggiungere un’altra folle idea di quell’idiota del mio ragazzo: voleva conoscere i miei genitori. Ormai non parlava d’altro. Sosteneva che il fatto che io non volessi dire a sua madre che ci frequentavamo non avesse nulla a che fare con il dirlo ai miei… Illuso. Non conosceva quell’amabile uomo che era mio padre.
 Ero la sua unica e adorata figlia, e fin da piccola mi aveva sempre detto che non avrei mai dovuto avere un ragazzo prima dei trent’anni. Molti padri lo dicono per scherzare, il mio no.
 Non avevo difficoltà nel dire che mio padre era l’uomo della mia vita, era proprio tutto quello che cercavo in un ragazzo, e dovevo anche ammettere che alla fine ero stata accontentata. Non lo avevo notato subito, forse perché avevo conosciuto il vero Massimiliano Draco solo da poco tempo, ma lui e mio padre erano caratterialmente due gocce d’acqua, e questo mi spaventava. Mio padre non avrebbe mai accettato Massi come mio fidanzato, lo sentivo, e questo avrebbe indispettito Massi a tal punto dal cominciare a odiare mio padre. Proprio per questo volevo assolutamente evitare che si conoscessero, almeno fino a quando non fosse stato davvero inevitabile.
 Meglio contenere i danni finché ce n’era la possibilità.
 Probabilmente agli occhi di Massi dovevo sembrare una pazza che aveva paura persino di dire a suo padre che aveva un fidanzato ma io avevo le mie ragioni, esattamente come avevo i miei motivi nel non volere che la D’Arcangelo venisse a sapere di noi. Nel primo caso lo facevo per l’incolumità di Massi- mio padre lo avrebbe squartato- e nel secondo caso lo facevo per la mia di incolumità- Lucifero mi avrebbe reso la vita un vero e proprio Inferno, o almeno la mia vita scolastica di sicuro.
 Vidi la D’Arcangelo sbadigliare sonoramente e sedersi con calma sul letto di Massi stiracchiandosi con aria stanca. Avevo il terrore che potesse accorgersi della mia presenza, o dello spiraglio dal quale stavo osservando la scena. Fortunatamente era una persona troppo distratta per notare dei dettagli così insignificanti.
 -Come vanno le cose con Delia?- chiese a un tratto mentre Massi la guardava stupito. Sapevo che il cervello del mio ragazzo stava cercando il modo più efficace e meno sospetto possibile per riuscire a cacciare la madre dalla stanza. Dalla sua espressione sorpresa capii subito che non aveva idea di cosa rispondere e sperai con tutto il cuore che riuscisse a imbastire una storia plausibile, non sapevo fino a che punto fosse in grado di improvvisare e di mentire a sua madre.
 -Ah, be’… Va tutto bene-, rispose lui con voce piuttosto normale. –Come mai questa domanda?-
 -Non lo so-, la D’Arcangelo alzò le spalle con semplicità. –E’ solo che prima veniva qua da noi più spesso e a scuola stavate sempre insieme. Da qualche settimana a questa parte mi sembrate un po’ più distanti. Quindi ho pensato che forse le cose tra voi non stessero andando più tanto bene.-
 Accidenti! Nonostante il mio brillante piano per fare in modo che non ci scoprisse, la prof stava cominciando a sospettare qualcosa.
 “Ti prego Massi, inventa una spiegazione plausibile! Ti scongiuro!” pensai disperata mentre non riuscivo neanche più a respirare, sentivo la tensione del momento opprimermi lo stomaco.
 -Ma figurati, le cose con Delia vanno benissimo-, disse subito lui con tono leggero e tranquillo, per fortuna le sue doti di attore erano sempre impeccabili. –E’ solo che sta per finire il quadrimestre quindi entrambi siamo impegnati con lo studio e le occasioni per vederci non sono tante. Va tutto bene…-
 Mi sentii sollevata come mai mi era successo in tutta la vita.
 -Capisco-, rispose la D’Arcangelo con un sorriso. –Sono proprio contenta.-
 Se l’era bevuta alla grande e non poteva andare meglio di così.
 -Sai-, continuò lei con un sorriso dolce. –Mi piace molto Delia. Devo ammettere che io e sua madre avevamo sempre sperato che tra voi due potesse nascere qualcosa un giorno.-
 Quelle parole, mi attraversarono con la violenza di un fulmine.
 -Non credo che potrei mai immaginare un’altra ragazza al posto di Delia. Spero che non accada, ma se un giorno doveste lasciarvi, probabilmente, odierò la tua nuova ragazza, mi trasformerò in una suocera di quelle davvero pesanti e insopportabili.-
 Massi la guardò raggelato mentre lei ridacchiava divertita.
 Quella che stava peggio ero io. Non solo avevo sempre saputo di non andare a genio alla D’Arcangelo ma adesso avevo anche avuto la conferma che, nel momento in cui, si sarebbe accorta che io e suo figlio stavamo insieme avrebbe deciso di odiarmi ancora di più.
 -Non dire stupidaggini, mamma-, intervenne Massi con sguardo serio. –Non sarai di certo tu a decidere chi devo amare. Lo sai che sono testardo e ottengo sempre quello che voglio, quindi se un giorno m’innamorerò di un’altra ragazza, tu la tratterai esattamente come adesso fai con Delia. E’ davvero infantile questa storia della suocera rompiscatole e odiosa che hai tirato fuori.-
 La D’Arcangelo alzò le spalle divertita.
 -Nella vita non si può mai sapere, magari diventerò davvero una suocera rompiscatole. Dopotutto madre rompiscatole lo sono già, il passo è breve per diventarlo anche come suocera, no?-
 Guardò il figlio per qualche secondo e poi iniziò a ridere. Pochi istanti dopo Massi non poté evitare di seguirla a ruota, mentre io continuavo a sentirmi uno schifo.
 Avevo sempre saputo che non sarebbe stato facile dire tutto alla D’Arcangelo ma adesso che ne avevo ricevuto la conferma dalle sue stesse labbra mi sentivo agitata e delusa. Pensavo che forse avrei trovato un modo per farmi accettare da lei ma ormai la vedevo davvero dura. Che cosa potevo fare per apparire ai suoi occhi come una degna sostituta di Delia? Quella ragazza non solo era bella, intelligente e simpatica, ma era anche la figlia della sua migliore amica. Era logico che sperasse di poterla accogliere un giorno nella sua famiglia, ed io sarei stata vista solo come un ostacolo per la realizzazione di quel progetto.
 Cavolo! Crescere faceva davvero schifo e non mi piaceva per niente.
 Non mi ero mai sentita così stressata e sotto pressione come in quelle settimane in cui ero stata la fidanzata segreta di Massi. Non potevo negare di amarlo e che stare con lui era qualcosa di meraviglioso, che mi completava e di cui non potevo fare a meno. Ma sarei stata in grado di sopportare quella situazione così a lungo? Sarei riuscita a non farmi travolgere dallo sconforto? Sarei riuscita a non rinunciare a lui pur di tornare ad avere una vita normale e tranquilla?
 Il solo fatto che stessi cominciando a pormi certe domande mi preoccupava. Non potevo fare a meno di Massi. Sentivo di essere in un certo senso destinata a stare con lui come se niente potesse dividerci ma allo stesso tempo avevo come la sensazione che la nostra storia fosse costantemente in bilico, su un filo teso che rischiava in continuazione di spezzarsi o di essere tagliato da una forza più forte dei miei sentimenti, dei suoi sentimenti…
 In quel momento, chiusa nel suo armadio, con la camicetta ancora sbottonata mi resi veramente conto, per la prima volta, di quanto il futuro mi spaventasse. Di quanto il timore di perderlo e di perdere quei sentimenti che mi facevano sentire così bene fosse radicato in me, fino nell’anima.
 -Se non ricordo male oggi dovevo lavare la tua tenuta per la palestra. Il borsone è nell’armadio, vero?-
 Quelle parole mi raggiunsero come se fossero state pronunciate al rallentatore ma solo una arrivò completamente al mio cervello: armadio. La D’Arcangelo aveva intenzione di aprire l’armadio?! Lo stesso armadio in cui io ero entrata per evitare che mi vedesse?!
 Signore cosa ho mai fatto di male per meritare tanta sfortuna?!
 -No-, disse Massi parandosi davanti all’armadio, e quindi davanti a me.
 -Che c’è?- chiese la madre sorpresa.
 -E’ che… Questa settimana non sono andato in palestra quindi non c’è nulla da lavare-, una scusa buona, ma io non ci sarei cascata e dubitavo che lo avrebbe fatto Lucifero.
 -Ma se ci sei andato due giorni fa. Guarda che per il momento la memoria mi funziona-, disse la madre con tono sospettoso.
 -Hai ragione-, rispose Massi ridendo. –Forse riposarmi durante il pomeriggio non mi fa poi così bene.-
 Si voltò verso l’armadio-quindi verso di me- e mi fece l’occhiolino. Aveva un piano? Possibile che avesse escogitato un modo per evitare che sua madre mi vedesse?
 -Prendo il borsone-, disse camminando verso di me.
 Con gli occhi guardò prima giù e poi mi fece un cenno verso la sua destra, quindi la mia sinistra.
 Non capii subito cosa volesse che io facessi ma, quando abbassai lo sguardo, vidi un borsone e allora non ci misi troppo ad afferrare quale fosse il suo piano.
 Con un gesto veloce ma silenzioso, feci scivolare il mio piede destro accanto al borsone e lo spinsi il più possibile a sinistra mentre io mi rannicchiai completamente sul lato destro dell’armadio.
 Massi si avvicinò e aprì l’anta sinistra, prese con calma il borsone proprio per non fare vedere a sua madre che aveva fretta di richiudere l’armadio e poi si voltò dandole gli indumenti che erano contenuti nel borsone. Non richiuse completamente l’anta sinistra, in modo che la D’Arcangelo non avesse davvero alcun tipo di sospetto latente.
 -Bene-, disse lei afferrando gli indumenti che Massi aveva tirato fuori dalla sacca. –Metto questi in lavatrice e preparo la cena.-
 -Sto morendo di fame-, annunciò Massi con un sorriso.
 Intanto io me ne stavo immobile terrorizzata dall’idea che la D’Arcangelo potesse ancora cercare un modo per guardare nell’armadio ma alla fine uscì dalla stanza e Massi non esitò a chiudere la porta a chiave.
 Si precipitò verso l’armadio e aprì l’anta dietro la quale mi nascondevo io.
 I suoi occhi incontrarono i miei ma c’era qualcosa di strano: il suo sguardo era preoccupato, come se stesse guardando la cosa che più lo faceva soffrire al mondo.
 Solo in quel momento mi resi conto che delle lacrime avevano cominciato a solcarmi il viso. Stavo piangendo e non me ne ero neanche resa conto. Odiavo piangere e soprattutto detestavo lasciarmi andare davanti a qualcuno, ma con Massi non ce la facevo a tenermi tutto dentro, lui riusciva a tirarmi fuori tutto prima che io potessi bloccarlo o almeno filtrarlo.
 Le parole della D’Arcangelo mi avevano ferita e non potevo nasconderlo, non a lui.
 -Mi odia-, mormorai mentre le lacrime mi annebbiavano la vista e il cuore. –Già lo sapevo ma ascoltare quei suoi discorsi su Delia mi ha fatto sentire come l’intrusa della situazione.-
 Massi mi guardò per un lungo istante e poi afferrandomi per un polso mi attirò a sé stringendomi con forza.
 -Mia madre può pensare quello che vuole-, mi sussurrò lasciandomi un bacio tra i capelli. –Io amo te e non credere che smetterò di amarti solo perché mia madre vuole che io stia con Delia. Non puoi pensare che mi arrenderò così facilmente.-
 Continuavo a piangere senza trovare un modo per smettere, e il corpo di Massi era caldo a contatto con il mio, talmente caldo che lo sentivo quasi fin dentro le ossa.
 Si allontanò quel tanto che bastava per guardarmi negli occhi.
 Posò una mano sulla mia guancia e con delicatezza cominciò ad asciugare le lacrime che pian piano stavano diminuendo. Il suo tocco era lento e il suo sguardo mi accarezzava il volto con una dolcezza tale che il cuore cominciò ad aumentare i battiti. Massi era il mio telecomando personale per attivare le tachicardie.
 -Tu sei mia, mettitelo in testa una volta per tutte-, stava ancora sussurrando. Adoravo il tono della sua voce quando sussurrava, era così calda e invitante per non dire che scatenava nella mia mente scene da vero e proprio bollino rosso. –Non permetterò che qualcosa si metta tra noi. Né tuo padre né tantomeno mia madre m’impediranno di amarti e di essere felice con te.-
 Mi strinse ancora di più e le sue mani si posarono sulla mia schiena, sotto la camicetta che era ancora sbottonata. Erano così calde e forti, mi sentivo sempre al sicuro tra le braccia di Massi. Avevo ancora paura che qualcosa ci avrebbe separato un giorno ma in quel momento non ci volevo pensare. In quel momento eravamo solo lui ed io.
 Sollevai il viso e incontrai i suoi occhi verdi, dolci e luminosi. Quante volte mi ero persa in quegli occhi, quante volte il solo fatto di poterli incontrare mi aveva reso la ragazza più felice dell’Universo, quante volte avrei voluto gridare al mondo che quegli occhi erano solo miei e che io avrei permesso solo a loro di guardarmi. Tante volte, ma mai abbastanza per il mio cuore.
 Mi avvicinai al suo viso e lui con delicatezza posò le sue labbra sulle mie. Senza fretta, senza foga… Quello era uno dei nostri baci d’amore, uno dei nostri baci consapevoli, senza passione o desiderio, privi di qualsiasi malizia ma colmi di tutti i sentimenti che ci permeavano e ci attiravano l’uno verso l’altra.
 Le mie mani finirono dietro al suo collo e mi divertii a giocherellare con i suoi capelli biondi che mi solleticavano le dita mentre i nostri corpi sfregavano l’uno contro l’altro e i nostri cuori battevano sempre più veloci.
 Avvertii le mie guance che cominciavano ad arrossarsi per il calore emanato dai nostri corpi e inarcai la schiena per permettere al mio corpo di aderire ancora di più contro quello di Massi.
 Le nostre labbra si dischiusero lentamente, molto lentamente, per assaporare ogni attimo e ogni minimo istante. Le lacrime continuavano a scendere lungo le mie guance ma queste erano lacrime diverse: non sapevo come ci riusciva, ma quel ragazzo era in grado di trasformare ogni mia emozione in realtà. Quelle lacrime scendevano perché io ero felice e in quel momento era il modo più diretto che il mio corpo aveva per dimostrarlo. Quando ero con Massi non avevo più freni: riusciva a farmi imbestialire, riusciva a farmi piangere, riusciva a rendermi felicissima, riusciva a sciogliere ogni mia cellula di cinismo. Lui era l’unico in grado di farmi sentire così amata e così al sicuro. Lui era il mio Massi e questo non sarebbe mai cambiato… Mai!
 Il bacio si fece più profondo mentre una mano di Massi risaliva lungo la mia schiena con delicatezza e raggiungeva il gancetto del mio reggiseno. Non potevamo proprio stare lontani, appena ne avevamo l’occasione finivamo con il fare l’amore.
 Aveva quasi sganciato il reggiseno quando…
 -Massi! Ti vanno bene spezzatino e insalata di patate per cena?- chiese la D’Arcangelo gridando dal piano di sotto.
 Massi si staccò da me e sbuffando gridò un sì.
 -E’ meglio se me ne vado-, sussurrai con un sorriso. –Altrimenti stasera rischiamo davvero che ci scopra.-
 Lui mi guardò per un secondo con un’intensità che mi lasciò senza fiato. Sembrava quasi che i suoi occhi mi stessero chiedendo di non andare.
 Poi si chinò su di me e mi lasciò un dolce bacio sulle labbra mentre io sentivo il cuore che ripartiva a correre la sua solita maratona.
 -Quanto vorrei stare con te per tutta la notte-, mi sussurrò a fior di labbra. –Stringerti e tenerti vicina a me, per non lasciarti andare più.-
 Lo fissai e un sorriso divertito si aprii sul mio volto mentre lui con dolcezza asciugava le ultime lacrime che tracciavano delle linee umide sulle guance.
 -Troveremo il modo per stare di nuovo da soli-, dissi con calma riabbottonandomi la camicetta. –Però non mi sembra il caso di sfidare ancora il destino, almeno per oggi.-
 -Hai ragione-, sorrise e si diresse verso la scrivania.
 Aveva preso il cellulare.
 -Che fai?- domandai con una certa curiosità.
 -In questo momento per te è impossibile uscire da questa casa, mia madre sta cucinando e ti vedrebbe di sicuro mentre esci dalla porta. E poi siamo venuti qua con il mio scooter, come vorresti tornare a casa visto che io non ti posso accompagnare?-
 Prima che potessi rispondere aveva già portato il cellulare all’orecchio in attesa che la persona chiamata accettasse la sua telefonata.
 -Sabri-, esordì lui con un sorriso. –Dovresti farmi un favore. Sei a casa?-
 Subito un sorriso si dipinse anche sulle mie labbra. Sabrina De Giorgi, una delle mie amiche più care nonché amica d’infanzia di Massi ed ex fidanzata di Marco. Era una ragazza decisa e responsabile, con un senso della giustizia davvero unico.
 Mi aveva aiutato in diverse occasioni e probabilmente era destinata a essere una delle persone più importanti della mia vita. Quando c’era lei in giro, difficilmente le cose andavano male, bastava che lei si mettesse solo un po’ d’impegno e tutto si sistemava. Era come se la sua presenza annullasse completamente tutta la sfortuna che mi perseguitava.
 Quindi fui felice di sapere che Massi voleva l’aiuto di Sabrina per tirarci fuori da quel pasticcio di dimensioni bibliche.
 -Vale è qui da me-, disse Massi con voce seria. –E mia madre è tornata a casa prima. Dobbiamo trovare un modo per farla uscire da qui senza che venga scoperta, e dovresti anche riportarla a casa.-
 Sabrina gli rispose qualcosa e gli occhi di Massi s’illuminarono. Chiuse la chiamata e mi sorrise.
 -Sabrina sta venendo qua, distrarrà mia madre così tu potrai uscire-, venne verso di me e mi abbracciò, io mi lasciai cullare da quel contatto. –Quanto vorrei poter gridare al mondo intero quanto ti amo.-
 -Provaci e ti faccio fuori, razza di biondino senza cervello-, risposi divertita.
 -Sì, lo so-, esordì lui un po’ scocciato. –Prima della fine della maturità nessuno dovrà sapere di noi due. Ho capito.-
 -Tanto meglio-, alzai la testa e lo inchiodai con il mio sguardo più penetrante. –Almeno questo sei riuscito a capirlo, mi meraviglio che il tuo cervellino sia arrivato a compiere un passo del genere. Dovremmo ricordare questo giorno e celebrarlo come festa nazionale.-
 Forse il mio poteva sembrare un comportamento un po’ stupido agli occhi di un estraneo ma tra me e Massi era sempre andata così. Difficilmente riuscivamo a essere completamente dolci e affettuosi, tra noi doveva sempre esserci una piccola dose di prese in giro altrimenti non saremmo più stati noi.
 -Sai, Ferrari-, cominciò lui alzando un sopracciglio con fare spavaldo. –Spesso mi chiedo quale dei miei innumerevoli neuroni abbia deciso di portarmi al suicidio facendomi innamorare di una come te.-
 -Una come me?- chiesi stizzita.
 Lui sorrise sicuro, si piegò verso di me e raggiunto il mio orecchio sussurrò: -Una bellissima, intelligente e spiritosa ragazza acida come te.-
 La sua voce. Era come una ventata fresca durante una torbida estate, mi rianimava e mi faceva sentire bene, appagata e felice. Come poteva una voce, una semplice voce, causare un marasma così confuso ma allo stesso tempo definito, dentro al mio piccolo cuore di umana?
 Proprio in quel momento il campanello suonò.
 -Deve essere Sabrina-, mormorò Massi sorridendomi.
 Mi diede un veloce bacio sulla fronte e si diresse verso la porta.
 -Appena ti faccio uno squillo sul cellulare scendi ed esci immediatamente. Poi aspetta Sabrina vicino alla sua auto, è parcheggiata davanti alla casa qua accanto.-
 Aprì la porta e mi lanciò un ultimo sguardo.
 -Ci vediamo domani a scuola.-
 Annuii e con un sorriso lui scomparve richiudendosi la porta alle spalle.
 Rimasi ferma al centro della stanza a pensare. Come avevo potuto innamorarmi di un ragazzo così egocentrico, megalomane, bellissimo, meraviglioso e fantastico? Ma la domanda che mi stava togliendo il sonno da diverse notti era proprio quella contraria: come aveva fatto lui a innamorarsi di una ragazza ordinaria come me? Non avevo la risposta e da una parte non la volevo neanche. Ormai il tempo delle spiegazioni razionali era finito da un pezzo, fin da quando Massi ed io avevamo litigato per la prima volta davanti alle macchinette della nostra scuola, la mia vita era cambiata ed ero stata travolta da un vortice inarrestabile di avvenimenti inspiegabili che difficilmente avrebbero trovato una risposta sensata.
 Massi mi amava ed io amavo lui, come risposta era più che sufficiente. Per la prima volta sentivo di non voler andare in fondo alla faccenda, le cose stavano così punto e basta, senza drammi o strane teorie nascoste. Ed ero felice di questo.
 Pochi minuti dopo Massi mi fece uno squillo e capii che era arrivato il momento di fuggire da quella casa prima che la D’Arcangelo mi scoprisse sul serio.
 M’infilai velocemente il cappotto e afferrai lo zaino che avevo abbandonato dietro al letto di Massi, per fortuna la D’Arcangelo non lo aveva visto quando era entrata nella stanza.
 Cercando di fare il meno rumore possibile aprii la porta della stanza e mi ritrovai nel corridoio che portava alle scale. Sentii delle voci provenire dal piano di sotto e distinsi senza problemi quella di Sabrina insieme a quella di Massi e di sua madre.
 Raggiunsi le scale e cominciai a scenderle lentamente in modo che le mie scarpe non facessero rumore a contatto con i gradini.
 -Allora Sabrina… Ho saputo che Marco ha trovato una fidanzata, una delle mie alunne. Spero che la cosa non ti dia fastidio.-
 La D’Arcangelo era sempre la solita impicciona, non poteva proprio fare a meno di ficcare il naso nelle vite altrui. Anche se la vita in cui preferiva ficcanasare era certamente quella di Massi.
 -Si figuri, Claudia-, cominciò Sabrina ridendo. –Ormai Marco ed io siamo solo amici, e in più la ragazza con cui sta adesso è anche una mia grande amica.-
 -Sul serio?- chiese la D’Arcangelo sorpresa.
 Nel frattempo io avevo quasi raggiunto la porta d’ingresso. Posai la mano sulla maniglia e gettai un’occhiata verso la stanza da cui provenivano le voci. Era la sala da pranzo e se la D’Arcangelo non fosse stata voltata di spalle, mi avrebbe di certo vista passare.
 Davanti a lei Sabrina la stava intrattenendo e Massi se ne stava seduto al tavolo fingendo di essere impaziente di cenare. D’un tratto alzò lo sguardo e i suoi occhi incontrarono i miei come se avessero sentito la mia presenza.
 Per un lungo istante ci ritrovammo nel nostro piccolo Paradiso fatto d’irrealtà e sicurezza, un luogo dove non c’era il pericolo che ci scoprissero, dove potevamo essere semplicemente Massi e Vale, senza parentele scoccianti di mezzo o genitori idioti a decidere al posto nostro.
 Il verde dei suoi occhi era così caldo ma allo stesso tempo così freddo e sensuale, come se l’unico desiderio di quegli occhi fosse stato potersi perdere per tutta la vita nei miei- oppure stavano sperando che per una qualche magia io perdessi tutti i vestiti. Nessuna delle due prospettive era male se proprio dovevo essere completamente sincera.
 -Rimani a cena Sabrina?- chiese la D’Arcangelo con un sorriso. Anche se non potevo vederla in volto si capiva dal tono di voce che stava sorridendo.
 -No, grazie. Mio fratello mi sta aspettando, non mangia se io non sono in casa..
 -Che bambino dolce e affettuoso-, mormorò la D’Arcangelo estasiata.
 Massi mi fece un eloquente segno in direzione della porta, intimandomi implicitamente di andare via. E sapevo che mi dovevo sbrigare, la D’Arcangelo avrebbe potuto vedermi in qualsiasi momento, le bastava semplicemente voltarsi.
 -Sì, come no-, rispose Sabrina sorridendo.
 Con calma e senza fare il minimo rumore aprii la porta e uscii richiudendola con cautela alle mie spalle.
 Mi ritrovai sotto il portico della villetta di Massi e subito notai quanto facesse freddo in quel tardo pomeriggio d’inizio febbraio. Era così seccante. Poco prima ero al caldo tra le braccia del mio ragazzo e adesso mi ritrovavo da sola al freddo a guardare il cielo coperto di nubi sopra di me. Quella situazione stava cominciando a diventare davvero pesante, e dopo due mesi capivo perfettamente perché Massi volesse uscire allo scoperto. Neanche per me quella circostanza era facile da affrontare ma sapevo che, se la D’Arcangelo avesse scoperto tutto, le cose si sarebbero complicate davvero troppo per la mia sopportazione. Non avrei resistito e alla fine avrei gettato la spugna: mi conoscevo e non potevo proprio correre quel rischio. Massi per me era troppo importante, indispensabile come l’aria.
 Sentii delle voci avvicinarsi alla porta e subito scesi i gradini che mi separavano dal cancelletto di ferro battuto, uscii in strada e mi nascosi dietro l’Opel Corsa nera di Sabrina.
 -Allora ci vediamo presto Sabrina e salutami i tuoi genitori-, disse la voce della D’Arcangelo.
 -Lo farò, arrivederci-, rispose Sabrina cordiale.
 La porta si chiuse e avvertii dei passi dirigersi nella mia direzione.
 -Puoi venire fuori, Vale.-
 Feci un sospiro di sollievo. Finalmente ero al sicuro e non correvo più il pericolo di essere vista.
 Uscii dal mio nascondiglio e mi ritrovai davanti a una delle ragazze a cui più volevo bene al mondo.
 -Stai bene?- mi chiese lei mettendo una ciocca dei suoi corti capelli neri dietro l’orecchio.
 Le sorrisi in modo amaro.
 -Diciamo di sì, in fondo non è mai stata una novità il fatto che la D’Arcangelo non sopportasse l’idea che Massi e Delia si lasciassero. Non sarà semplice arrivare alla fine di questa battaglia, ed io sono già stanca in partenza.-
 -Non dire così-, esclamò Sabrina raggiungendomi con due lunghe falcate e abbracciandomi. Mi lasciai stringere senza provare a fare nulla, ero troppo stanca anche per rassicurarla. –Tu e Massi dovete stare insieme e quando sua madre capirà da che genere di sentimenti siete legati non potrà fare a meno di accettarti.-
 Si staccò da me e mi fissò negli occhi sorridendo.
 -Nessuno potrebbe mai odiarti, Vale. Tu sei una ragazza fantastica e vedrai che se ne renderà conto anche la D’Arcangelo, esattamente come ha fatto Massi.-
 Era inutile, non riuscivo a credere che una cosa del genere sarebbe mai avvenuta, ma non potevo di certo arrendermi così. Non dopo tutto quello che avevo passato per stare con Massi. Per il nostro amore avrei fatto di tutto, si trattava solo di resistere. Ce la dovevo fare.
 Sabrina mi riaccompagnò a casa. Mi feci una doccia calda e mi misi a letto, con in testa le parole della D’Arcangelo che viaggiavano attraverso i miei pensieri rendendomi sempre più ansiosa.
 Quella fu la prima notte in cui feci un sogno. Un sogno che in realtà era il peggiore dei miei incubi: Massi era di spalle e si allontanava da me sempre di più senza mai voltarsi verso di me… Mai. Anche se io urlavo il suo nome, lui continuava dritto per la sua strada, lasciandomi indietro. Sola con il mio dolore.











***L'Autrice***
Comincio questo commento (che prevedo abbastanza lungo ^^') con una premessa per me davvero importante.
GRAZIE!
Lo so, sembra strano che un'autrice ringrazi al primo capitolo ma sento di doverlo fare. E' un grazie che scaturisce davvero dal cuore e che comprende almeno un centinaio di motivazioni ma cercherò di riassumerle. Prima di tutto ringrazio tutte le lettrici che hanno avuto la santa pazienza di aspettare ben un anno e cinque mesi per leggere questa storia, ma soprattutto le ringrazio per non aver deciso di ammazzare il tempo nell'attesa lapidando me (forse me lo sarei meritato, e anche per questo le motivazioni sono infinite). Ringrazio, ovviamente, anche le "nuove" lettrici che magari hanno letto "Il Figlio Della Prof" durante la seconda pubblicazione e quindi hanno dovuto aspettare meno di altre ma che hanno comunque dimostrato una grande pazienza e un grande entusiasmo. Terzo: ringrazio tutte le persone che si sono affezionate a questa coppia e che mi hanno dimostrato tutto il loro sostegno tramite facebook e tramite le recensioni qui su EFP. Può sembrare strano, ma ringrazio anche le case editrici che hanno rifiutato "Il Figlio Della Prof", anche se non è stato nè piacevole nè tantomento semplice affrontare quel momento e tutti quei rifiuti, sono uscita da quell'esperienza più forte e determinata di prima, e ancora più consapevole del fatto che, come dico sempre, questa storia non ha la pretesa di essere un capolavoro ma solo un modo come un altro che io stessa utilizzo per evadere un attimo dalla realtà (che, vi assicuro, non è per niente facile da affrontare) e con cui cerco di trasmettere un po' del mio amore per la lettura, per la scrittura, per le storie romantiche a chi, come me, vuole ancora continuare a sognare. Se riesco a farvi provare anche solo l'1% dei miei sentimenti grazie alle mie parole allora posso ritenermi la persona più felice e soddisfatta del mondo. Un altro grazie va a loro: Massi e Vale. Senza di loro non avrei conosciuto persone meravigliose, e spesso non avrei neanche avuto la forza di affrontare una giornata o di svegliarmi al mattino. Devo molto a questi personaggi che, per alcuni versi, sono due facce della stessa medaglia e riassumono due lati paralleli del mio carattere e del mio essere. E probabilmente un grazie lo devo anche a me stessa. Non pretendo di affermare che senza di me non ci sarebbe stata alcuna storia perchè per scrivere le vicende di Massi e Vale mi sono ispirata a tutto, avvenimenti che mi sono ritrovata a vivere io o le persone che mi circondano, però devo ammettere che forse, guardandomi dall'esterno, un po' mi stimerei per essere riuscita a creare un mondo parallelo al mio, il mondo di Massi e Vale. Ma soprattuto mi ringrazio per essere riuscita ad andare avanti nonostante tutte le difficoltà che mi hanno ostacolato in questi mesi (dai rifiuti delle case editrici, all'Università fino ad arrivare ai miei ormai conosciuti drammi sentimentali ^^). E l'ultimo grazie, quello per me più importante, va a tutte quelle persone che in questi mesi mi hanno spronato a non arrendermi e ad andare avanti, facendo uscire tutta la forza di volontà che probabilmente avevo sepolto in qualche angolo oscuro del mio cuore. Questa storia si intitola "Verso La Maturità" e non è un caso, perchè come i protagonisti cresceranno nel corso degli eventi, anch'io lo farò. Cambieranno, come io ho già fatto e continuerò a fare. La vita, alla fine dei conti, è solo questo: un percorso in cui ognuno di noi cresce, matura e cambia, proprio per questo va vissuta, altrimenti non si potrà mai sapere quello che sarebbe potuto accadere se al posto di stare a guardare non avessimo agito e deciso di crescere sul serio.
Dopo questa filippica enorme direi di passare al commento del capitolo. ^^
Allora, da dove cominciare? Be' direi che un bel "vaf... lo" alla D'Arcangelo ci sta tutto, fatemi passare il francesismo... xD Lei e il suo tempismo del cavolo! Ma una vagonata di fatti suoi mai, eh? Nonostante io abbia finito il liceo da più di un anno e non veda la vera D'Arcangelo da tempo immemorabile, quella donna riesce ancora a scatenare tutto il mio odio. E' riuscita persino a far piangere Vale. La odio ancora! -__-'
Tolta quella serpe della D'Arcangelo, sono così felice di poter parlare di nuovo di Massi e Vale con la consapevolezza che nessuna lettrice sa già quello che accadrà... Muahahahah, come sono crudele... xD E comunque mica tanto visto che per il momento ho scritto solo cinque capitoli e quindi, alla fine, neanche io sono completamente onniscente riguardo al resto della storia. Diciamo che il mio cervello ha solo un'idea  poco definita di quello che potrà accadere, ho solo poche certezze sparse qua e là per il resto della storia. Spero di non fare qualche casino e di non deludervi.
Ma parliamo dei veri protagonisti di questo capitolo: il letto e l'armadio... u.u ahahah Scherzo, ovviamente voglio parlare di Vale e Massi. Massi e Vale. Vale&Massi. MassixVale. Insomma credo di essermi spiegata, scrivetelo come vi pare, ma voglio parlare proprio di loro due... xD Ebbene sì, quello che non vi dato ne "Il Figlio della Prof", cioè dei veri e propri capitoli pieni di romanticismo tra loro due, ho intenzione di darvelo nei primi capitoli di questo sequel. Pensandoci ho capito che se lo meritavano dopo tutto quello che hanno dovuto passare nella prima parte della loro storia. Naturalmente, chi mi conosce sa che non lascerò che vivano tranquilli per molto tempo ma cercherò di far durare questa piccola parentesi felice il più a lungo possibile. ^^ Promesso.
Giusto per chi magari non lo sa, più che altro mi riferisco alle nuove lettrici, questa storia è davvero una parte di me. Il Liceo Classico Virgilio è stato mio liceo, Lecce è la mia città, la D'Arcangelo era la mia professoressa di scienze (e anche tutti gli altri professori, sono stati davvero miei professori), Martina e Amelia erano le mie migliori amiche a quel tempo (dico così perchè purtroppo con la ragazza che mi ha ispirato il personaggio di Amy le cose sono finite male, non per volere mio. E' una storia lunga che mi fa davvero male ricordare), e mi piacerebbe dire "Massi è il mio ragazzo" ma purtroppo non è così... xD Però Massi è il mio ragazzo ideale e sulla base di questa mia idea ho creato Massimiliano Draco. O almeno, all'inizio è andata così, poi anche in lui, come in Vale, ho riversato una parte del mio carattere, quindi adesso non saprei neanche dirvi come e perchè Massi sia così, lui è Massi, non c'è altro da dire... xD Per quanto riguarda Vale, qualcuno mi ha chiesto se io e lei fossimo la stessa persona. Be', mi piacerebbe essere come Vale, ma non è così. In lei rivedo molto di me stessa ma suppungo che sia una persona migliore di me. Si potrebbe dire che Vale rispecchia quello che io vorrei essere in realtà, la me che mi piace immaginare. Di certo quello che abbiamo in comune è la sfortuna che ci perseguita... xD
Parlando invece degli aggiornamenti, pubblicherò un capitolo a settimana. Questo l'ho pubblicato di sabato solo perchè è il 19 febbraio (compleanno mio e di Vale) e ho pensato che fosse un'idea carina, ma probabilmente gli altri li pubblicherò sempre di domenica pomeriggio (ovviamente a partire dalla prossima domenica, non da domani... ^^'). Non me ne vogliate ma la domenica è l'unico giorno libero che mi rimane. Su questo punto purtroppo sono irremovibile, sia per gli impegni ma soprattutto perchè non ho ancora finito di scrivere la storia e pubblicando un capitolo a settimana potrei riuscire a non farvi aspettare mesi tra un aggiornamento e l'altro... ^^
Altra cosa di cui volevo parlarvi sono gli aggiornamenti di "La Ragazza Delle Macchinette" e "Ghost Seeker". Non è certo ma finchè avrò in cantiere "Verso La Maturità" sarà un po' difficile che io riesca ad aggiornare anche quelle storie. Purtroppo se cerco di fare troppe cose insieme poi non concludo niente, quindi è meglio che mi concentri su questo Sequel per poi continuare le altre storie con più calma quando avrò finito. Questo non vuol dire che magari un giorno, all'improvviso, non troviate qualche aggiornamento che non vi aspettavate. Sono fatta così, la mia ispirazione mi può colpire quando meno me lo aspetto. Vi chiedo comunque di avere pazienza e di perdonarmi.
Visto che la storia di Massi e Vale sta continuando direi che sarebbe una cosa buona e giusta tornare alle vecchie tradizioni. A cosa mi riferisco? Le lettrici della prima pubblicazione de "Il Figlio della Prof" lo sanno bene. E' arrivato il momento di qualche spoiler sul prossimo capitolo... xD
Anticipazioni:
Vediamo un po' chi indovina. Nella storia siamo a febbraio e la D'Arcangelo è stata all'incontro genitori-insegnanti. Quindi, secondo voi, nel prossimo capitolo cosa succederà? Ovvio, la consegna delle pagelle del primo quadrimestre! Che per chi sta preparando l'esame di maturità equivale più o meno a una condanna a morte. -__-' Ricordo quel momento come se fosse ieri, bleah! xD Inoltre ci sarà un dolce Massi&Vale moment, e una piccola rivelazione riguardo al rapporto di Delia e Massi. Ovviamente nulla di preoccupante giusto una piccola curiosità che forse non tutti si aspettavano.
Non posso dirvi altro, ma una cosa ve l'anticipo: secondo il mio parere i veri capolavori di dolcezza saranno i capitoli tre, quattro e cinque... xD Quando li leggerete capirete il senso delle mie parole.

Direi che questo commento è andato avanti anche troppo a lungo, quello che vi dovevo dire l'ho detto perciò prendo un altro minuti per ricordare a tutti che potete trovare molto altro su Massi e Vale cliccando su questi link:




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Per finire vi ringrazio ancora una volta per la pazienza e ringrazio tutte le nuove persone che decideranno di leggere questa storia. *-*
Un bacio!



 

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Capitolo 2
*** Appena Prima Di Partire ***






Verso La Maturità- Capitolo 2
L’Attesa E’ Una Freccia Che Vola E Che Resta Conficcata Nel Bersaglio.
La Realizzazione Dell’Attesa E’ Una Freccia Che Oltrepassa Il Bersaglio
Soren Kierkegaard
 
 
Capitolo 2: Appena Prima Di Partire
 
 E va bene.
 Con Delia poco prima della fine del quadrimestre avevamo progettato di partire per gli Stati Uniti. Visto che voleva andare a trovare suo padre e suo fratello Michael, le era sembrato che le vacanze di Carnevale fossero il momento più opportuno per partire tutti insieme.
 Questo prima di una serie di eventi che ci aveva praticamente portati a rinunciare.
 Sabrina non poteva allontanarsi da Lecce perché il suo fratellino non riusciva a vivere senza di lei. Quando aveva solo accennato alla partenza, il bambino era scoppiato a piangere pregandola di non andare, di non abbandonarlo. Quindi Sabrina era out.
 Martina non sarebbe partita a prescindere. Figuriamoci se sua madre le avrebbe mai dato il permesso, era inutile persino chiederglielo.
 Amy era pronta alla partenza, aveva persino comprato una valigia nuova. Ma all’improvviso suo padre si era preso la polmonite e lo avevano ricoverato. Di certo lei non sarebbe mai partita con il padre in quelle condizioni, anche se ormai era in via di guarigione.
 Di conseguenza Marco non aveva intenzione di muoversi senza Amy, perciò anche lui era fuori dal gioco.
 Massi non aveva avuto problemi. Sua madre conosceva i Barton da una vita e la sola idea che lui partisse con Delia la mandava in estasi. Ovviamente non sapeva della mia presenza.
 Fin qui potrebbe anche sembrare che la situazione non fosse poi così tragica, se non ci fosse stato il piccolo insignificante dettaglio che io non avevo ancora detto ai miei che volevo partire per Boston. In genere non mi avrebbero mandato da sola neanche a Bari, figurarsi se mi avrebbero lasciato andare negli Stati Uniti senza battere ciglio.
 Ero talmente gasata all’idea di partire che mi era proprio passato di mente il fatto che avevo dei carcerieri e non dei genitori.
 Accidenti a me!
 Mia madre, Roberta Rizzo, sarebbe morta d’infarto all’idea di me, sua unica figlia, su un aereo- cioè a chilometri di distanza dalla terra ferma- per tutte quelle ore.
 Ma sopra ogni cosa immaginavo e già sentivo la reazione di mio padre: mi avrebbe semplicemente incenerito con lo sguardo senza lasciarmi neanche modo di replicare.
 Mio padre, Gianpaolo Ferrari, la maggior parte delle volte non si comportava come un padre. Era più come un fratello, un fratello minore per giunta. Probabilmente per lui io sarei stata la sua bambina sempre e comunque. Fin da piccola mi aveva ripetuto costantemente che il giorno in cui avrei trovato un fidanzato lui avrebbe dovuto ucciderlo, era nel suo pieno diritto e nessuno avrebbe mai potuto dire nulla.
 Ovviamente non ero così idiota da pensare che se mio padre avesse saputo di Massi lo avrebbe fatto secco per davvero, ma conoscendo mio padre ero abbastanza consapevole del fatto che lui non avrebbe accettato tanto facilmente una mia relazione con un qualsiasi ragazzo.
 In più, conoscendo Massi sempre di più, mi ero resa conto di quanto somigliasse a mio padre.
 Come tutte le bambine quando da piccola mi chiedevano chi avessi voluto sposare da grande io rispondevo “Il mio papà”. Non c’era altro uomo al mondo per me: sapeva proteggermi, sapeva farmi ridere e sapeva cosa desideravo facendo di tutto pur di donarmelo.
 Alla fine ero stata accontentata: avevo trovato la fotocopia di mio padre.
 Massi e papà erano uguali. Non lo avevo mai notato prima ma in quell’ultimo mese avevo trovato delle somiglianze davvero inquietanti.
 Papà era uno a cui piaceva mettersi in mostra. Amava avere ragione e sapeva che la maggior parte delle volte era lui a essere dalla parte del giusto, cosa per cui si sentiva in diritto di vantarsi. Scherzava e faceva battute in continuazione, aveva sempre voglia di ridere. Era il migliore nel suo lavoro e non avrebbe mai accettato il contrario. In più il suo sport preferito era stuzzicare me.
 Massi era identico a lui.
 Questo mi spaventava perché sapevo che se un giorno si fossero incontrati si sarebbero uccisi a vicenda a suon di frecciatine e di battute, fino a quando non sarebbero passati definitivamente alle mani.
 Avevo paura, inutile nasconderlo.
 Mio padre aveva sempre avuto un forte ascendente su di me. Il mio scopo fino a quel momento era sempre stato quello di non deluderlo, a costo di stare male io stessa. Per questo sapevo che se per caso non avesse accettato Massi come mio ragazzo io sarei entrata ancora più in crisi.
 E quello stupido di Massi si arrabbiava perché non volevo che i miei genitori sapessero che avevo una relazione, che mi ero innamorata.
 Come faceva a non capire che io agivo solo per il suo bene?
 A volte quel cretino era proprio un idiota buono solo a farmi incavolare come una iena!
 Tanto lo sapeva che l’avrei spuntata io, che bisogno c’era di fare tante storie? Pensandoci, probabilmente, per lui era quasi naturale ribattere, proprio per spirito di contraddizione. E sempre pensandoci, difficilmente avrei potuto continuare ad amare un Massi diverso da quello di sempre, pieno di ego e di dolcezza.
 Parcheggiai con calma il mio scooter nel solito posto, dietro l’edificio scolastico. Ormai era già da un po’ che Amy ed io non venivamo a scuola con il mio scooter. Era Marco a passare ogni mattina da lei e a riportarla a casa quando finivano le lezioni. Ero davvero contenta di vedere quanto stesse andando bene la loro storia, si amavano tanto e lo potevano dimostrare in ogni modo.
 Quello che mi lasciava un attimo sorpresa era che ancora non avevano “consumato”. Sapevo che Amy aveva sempre avuto una mentalità piuttosto rigida per quanto riguardava il sesso ma non avrei mai pensato che l’avrebbe portata avanti così strenuamente, e di certo non credevo che Marco l’avrebbe accettata senza battere ciglio. Sempre che lui sapesse davvero qual era l’opinione di Amy al riguardo. Potrebbe sembrare un attimino esagerato ma c’era una frase che la mia amica mi ripeteva fin da quando avevamo capito cos’era il sesso e cosa comportava. Questa frase era: “Non ho intenzione di farlo fino a quando non sarò sposata. Voglio che mio marito sia il primo e l’ultimo.”
 La solita esagerata dai gesti eclatanti, ma quando diceva una cosa difficilmente se la rimangiava. Per quanto mi riguardava, rimanevo della mia opinione: Marco non aveva ancora idea di quanto facesse sul serio Amy riguardo quella faccenda.
 Lo avrebbe capito con il tempo.
 Solo immaginando quello che avrebbe pensato il povero Marco non potei fare a meno di lasciarmi sfuggire un sorrisetto.
 Comunque quelli erano solo affari loro, adesso avevo altro a cui pensare e di cui preoccuparmi.
 Ero arrivata un po’ troppo presto per i miei standard ma quella notte non avevo dormito bene e non avevo voglia di starmene in casa. In cortile non c’era praticamente nessuno e stavo pensando di sedermi su una panchina per ripetere scienze ma quando mi avvicinai notai che era bagnata fradicia. Odiavo l’umidità notturna!
Visto che non c’era nessuno decisi di andare in classe.
 Entrai nell’atrio della scuola e vidi che non c’erano bidelli in giro, ma per sicurezza, visto che non permettevano a nessuno di entrare in aula così presto, decisi di entrare dalla porta laterale che dava sulle altre scale.
 Aprii con calma la porta senza fare rumore e stavo per cominciare a salire le scale quando mi sentii afferrare per il polso e trascinare all’indietro, mentre una mano mi chiudeva la bocca.
 Mi ritrovai al buio.
 Ero… Ero… Ero finita nello stanzino delle scope sotto le scale!?
 -Stai calma sono io-, sentii una voce dietro di me, come sentivo il battito forsennato del cuore di Massi contro le mie scapole, e come sentivo distintamente il calore del suo corpo contro la mia schiena.
 Lo stanzino delle scope era uno spazio piuttosto ristretto quindi eravamo costretti a rimanere in quella posizione.
 Di certo non sarei stata io a lamentarmi!
 -Che succede?- chiesi stizzita. –Perché mi hai trascinata qui dentro?-
 Era proprio buio, non vedevo nulla. Mi sembrava di parlare con il vuoto.
 -Tu non vuoi che ci vedano insieme ed io avevo bisogno di parlarti.-
 -E di cosa?- chiesi contrariata.
 I miei occhi stavano cominciando ad abituarsi lentamente all’oscurità e cominciai a distinguere diversi flaconi di detersivo posati su uno scaffale proprio davanti al mio naso.
 -Volevo solo parlare un attimo di quello che ha detto ieri mia madre…-
 La sua voce era seria, molto seria. Non avevo mai sentito quel tono di voce uscire dalla bocca di Massi.
 Non parlai, non ne avevo la forza.
 -Mia madre ha sempre voluto che io e Delia stessimo insieme. Da piccolo ero persino arrivato a pensare che le nostre vacanze in America avessero il solo scopo di farci innamorare, e non credo di aver avuto tutti i torti.-
 Mi voltai lentamente verso di lui e cominciai a intravedere i suoi occhi anche attraverso il buio di quello sgabuzzino sudicio.
 -Se questo è il tuo modo per tranquillizzarmi, ti comunico che non funziona. Sapere che tu e Delia siete vittime di una relazione combinata non mi aiuta per niente.-
 -Se magari mi fai finire di parlare, forse riusciamo a uscire da questa storia senza ucciderci a vicenda-, rispose lui stizzito.
 Lo fissai per un attimo e poi abbassando lo sguardo gli diedi il mio tacito consenso a continuare.
 -Non posso nasconderti che in effetti c’è stato un periodo, un paio d’anni fa, in cui sembrava che io e Delia stessimo per metterci insieme sul serio.-
 Alzai la testa di scatto, sconvolta da quella rivelazione.
 -Era estate e i nostri genitori trovavano sempre il modo di lasciarci soli o di farci uscire insieme, alla fine stavamo quasi per cascarci. Ma non è mai successo nulla.-
 -Scusa la domanda, ma che intendi quando dici “stavamo quasi per cascarci”?- la mia voce era dura e le mie braccia s’incrociarono in una posa rigida e furibonda senza che io me ne rendessi neanche conto.
 Lui mi guardò per qualche istante ed ebbi la netta impressione che un sorrisetto gli si fosse dipinto per pochi attimi sul volto.
 -Sei gelosa per caso?-
 Ma allora era proprio cretino!
 -Ehm… Fammici pensare…-, mi posai l’indice sul mento. –Direi proprio di sì! Delia è stupenda e lo sai che ho sempre sofferto di un senso d’inferiorità nei suoi confronti, quindi se per caso tu hai mai provato qualcosa per lei direi proprio che sono in diritto di essere gelosa. Perché lo so che io non potrei mai competere con una come lei e se c’è anche solo la minima possibilità che tu possa provare qualche interesse nei suoi confronti probabilmente io non potrei mai fare niente per convincerti a cambiare idea.-
 Massi mi posò l’indice sulle labbra per zittirmi e sentii il mio cuore cominciare a battere forte.
 -Ancora devo capire come spiegarti che tu non devi convincermi di niente.-
 Lo fissai con gli occhi spalancati mentre lui si chinava sul mio viso e mi lasciava un bacio delicato sulle labbra facendomi vedere tutto luminoso nonostante il buio dello sgabuzzino.
 Prese la mia mano sinistra e la posò sul suo petto. Il ciondolo del mio bracciale fece capolino fuori dalla manica del mio cappotto. La V con il brillantino che Massi mi aveva regalato per Natale si ritrovò ora a contatto con il suo cappotto ed io sapevo che sotto gli strati di stoffa si nascondeva un altro ciondolo, quello appeso alla catenina che Massi portava al collo, il ciondolo con la M. Erano un ricordo del nostro primo Natale insieme e il modo con cui Massi mi aveva fatto capire fino a che punto lui ed io fossimo legati in modo indissolubile.
 -Ricordi quello che ti ho detto a Natale?- mi chiese lui in un sussurro mentre premeva la sua mano contro il suo petto con ancora più forza.
 Certo che lo ricordavo! Non avrei mai dimenticato neanche una sola parola pronunciata dalle labbra di Massi ma mi sarebbe piaciuto sentirle di nuovo.
 -Rinfrescami la memoria-, mormorai divertita.
 Sapevo che stava sorridendo compiaciuto, ormai lo conoscevo abbastanza da sapere che i miei atteggiamenti di arrendevolezza nei suoi confronti portavano il suo ego smisurato a gonfiarsi ancora di più, ma non me ne importava niente. Dopotutto anche quel lato così egocentrico di Massi mi piaceva altrimenti non mi sarei mai innamorata di un tipo come lui.
 Lui si chinò verso di me e avvicinando le labbra al mio orecchio cominciò a ripetermi le parole che mi aveva detto a Natale.
 -Quando siamo lontani… Siamo tu ed io, separati. Due persone che neanche dovrebbero conoscersi e che nessuno deve vedere insieme…-
 Staccò la mia mano dal suo petto e portandola alla bocca ci lasciò un bacio delicato mentre io sentivo il mio cuore che stava per esplodere, non sapevo cosa fare per calmarmi ma probabilmente non avevo alcuna intenzione di farlo.
 -Quando siamo insieme però torniamo ad essere Massi e Vale, sempre. Non dimenticarlo mai, per favore.-
 Lo guardai notando, anche nel buio poco luminoso dello sgabuzzino, quanto l’idea che io non riuscissi a recepire il suo messaggio avrebbe potuto renderlo infelice.
 -Non lo dimenticherò-, promisi con tono serio. –Ti amo troppo per poterlo dimenticare.-
 Quelle parole funzionarono esattamente come il detonatore di una bomba: Massi mi attirò verso di sé, senza neanche lasciarmi il tempo di rendermene conto, e cominciò a baciarmi con forza, con possesso, come se volesse farmi capire sul serio cosa significasse essere solo ed esclusivamente sua. Sentii le sue braccia stringermi forte mentre il mio corpo rispondeva in modo automatico a quello di Massi, assecondandolo e rendendogli tutto molto più semplice.
 Più il bacio diventava profondo e più sentivo quanto il mio legame con Massi fosse forte, nonostante tutti i miei dubbi mi bastava solo averlo così vicino a me per continuare a essere sicura del nostro rapporto.
 Massi doveva averlo capito visto che continuava a baciarmi in quel modo che mi toglieva fiato, parole e voglia di ragionare in modo razionale.
 Alla fine ci dividemmo e d’un tratto mi resi conto di aver dimenticato tutti i motivi che fino a poco prima mi avevano così angosciato. Ma rimaneva ancora un problema da risolvere e Massi neanche ne era al corrente.
 -Non ho ancora detto ai miei di Boston-, lo dissi tutto d’un fiato, come se avessi avuto il timore di non ritrovare più il coraggio per pronunciare quelle parole.
 Lo sguardo di Massi, che fino a poco prima era dolce e pieno di desiderio, si fece grave, davvero pesante da sopportare.
 -La partenza è fissata per la prossima settimana! Si può sapere che cavolo stai aspettando?!-
 -Non c’è bisogno che ti scaldi tanto-, ribattei innervosita. –Lo so anch’io che ho fatto un casino, me ne rendo perfettamente conto.- Mi staccai da lui e incrociai le braccia stizzita.
 -Evidentemente non te ne rendi conto davvero, altrimenti lo avresti già detto ai tuoi-, il suo tono era risentito e la cosa non mi piaceva per niente. –Non ho intenzione di andare a Boston senza di te, quindi cerca di risolvere questa situazione o andrà a finire che parlerò io con tuo padre.-
 Fu come se un fulmine mi avesse colpito in pieno stomaco.
 Massi che parlava con mio padre?!
 Una cosa del genere non sarebbe mai dovuta accadere, piuttosto era meno pericoloso saltare attraverso dei cerchi di fuoco in sella a un triciclo.
 -Non ci pensare neanche!- esclamai con voce stridula. –Faresti solo danni!-
 -E allora vedi di risolvere questo problema oggi stesso!-
 Massi era stato categorico, probabilmente perché ci teneva proprio a quella piccola fuga a Boston, e di certo non potevo dargli torto. In America, per una settimana, non avremmo dovuto nasconderci. Potevamo finalmente uscire alla luce del sole senza avere sempre il terrore che la D’Arcangelo o qualcun altro potesse scoprirci.
 -Ci proverò-, risposi alla fine abbassando lo sguardo.
 Lui posò due dita sotto il mio mento e sollevò il mio viso per fare in modo che i nostri occhi si potessero incontrare.
 -Sai che non sono il tipo che accetta le sconfitte-, mi sussurrò con un sorriso dolce. –Quindi vedi di far accettare a tuo padre l’idea di questo viaggio.-
 Incredibilmente quel sorriso così premuroso riuscì a donarmi un po’ di buonumore fino al punto di far sorridere anche me, nonostante avessi davvero poco di cui essere felice.
 -Prometto che non ti deluderò.-
Un’ora dopo quell’intenso incontro nello stanzino delle scope, ero in classe a cercare di seguire una delle noiosissime spiegazioni di Filosofia della Lubelli. Quando si trattava di Storia amavo il suo modo di spiegare ma se dovevo affrontare un’intera ora a sentirla parlare di Hegel, come in questo caso, mi prendeva proprio un senso di angoscia.
 Eravamo tutti piuttosto impegnati nel fare tutto tranne che prendere appunti o seguire quando bussarono alla porta. Entrò il professor Salerno con la sua solita aria indaffarata e un paio di fogli in mano.
 -Buongiorno, ragazzi-, disse con tono tranquillo.
 Rispondemmo al saluto tutti ancora parecchio annoiati e assonnati.
 -Sono solo passato per informarvi che abbiamo ricevuto dal Ministero le prove e le materie per l’esame di Stato.-
 All’improvviso la noia scomparve letteralmente dall’aula e venne sostituita da qualcosa di molto più simile ad ansia e attesa.
 Io per prima cominciai a realizzare solo in quel momento quanto gli esami fossero vicini e quanto poco mi sentissi preparata per affrontarli.
 Era tutta colpa di Massi!
 Mi aveva tenuto talmente impegnata in quegli ultimi mesi che mi ero completamente dimenticata della Maturità e di tutto quello che avrebbe comportato. Fino ad allora avevo continuato a considerarla solo come il momento in cui Massi ed io avremmo potuto smettere di nasconderci senza pensare a tutto quello che avrei dovuto affrontare in quei giorni infernali.
 -Dunque-, Salerno prese uno dei fogli che aveva in mano e cominciò a leggerli. –Per la prima prova avrete ovviamente lo scritto d’italiano, e il commissario sarà interno. Quindi io sarò nella commissione d’esame.-
 Ci guardammo tutti con un sospiro di sollievo che uscì spontaneo. Avere un commissario esterno d’italiano sarebbe stato un vero e proprio incubo. Inoltre con Salerno avevamo un rapporto speciale ed eravamo certi che sarebbe stato dalla nostra parte sempre e comunque.
 -La seconda prova sarà lo scritto di latino con commissario esterno.-
 A quel punto ci fu un boato di sbuffi incredibile. Un po’ ce lo aspettavamo che le cose sarebbero andate così, però l’idea di dover “sfoggiare” il nostro bel latino con un docente che non ci conosceva non ci riempiva proprio di gioia.
 -Infine le altre materie con commissari esterni saranno matematica e filosofia-, concluse Salerno guardandoci.
 Mi ci volle qualche secondo per riuscire a metabolizzare quella frase.
 Filosofia?! Esterna?!
 Uccidetemi! Vi prego…
 -Adesso potete proporre voi le materie con i commissari interni, tranne italiano ovviamente. Mi raccomando cercate di fare una scelta ponderata. Da questo dipenderà buona parte del vostro esame, quindi pensateci bene.-
 Il panico si diffuse nell’aula. Non avevamo mai pensato alle materie da proporre per la commissione quindi non sapevamo proprio dove sbattere la testa.
 Per nostra fortuna la Lubelli decise di venirci incontro dandoci uno dei suoi consigli.
 -Probabilmente vi conviene associare due dei vostri docenti alle materie che già avete. A latino potreste affiancare greco, quindi la professoressa Bianchi che comunque può darvi un aiuto in caso di difficoltà.-
 Ci guardammo tutti con aria scettica. La definizione che la Bianchi dava alla parola “aiuto” era parecchio diversa da quella attribuita da noi.
 -Ovviamente vi converrebbe anche affiancare al commissario esterno di matematica la professoressa Gigli con fisica. In questo modo non lascereste due materie prettamente scientifiche nelle mani di un docente che non vi conosce.-
 In effetti quella era un’idea buona. La Gigli non ci avrebbe difeso a spada tratta ma almeno sapevamo che in fisica non pretendeva chissà quali brillanti e meravigliose prestazioni. E se avessimo avuto un po’ di fortuna, magari, il commissario esterno di matematica avrebbe deciso di seguire la linea adottata dalla Gigli.
 -A questo punto vi rimarrebbe scoperta solo Filosofia. Nel senso che sareste costretti ad avere un commissario esterno sia per Filosofia sia per Storia, ma almeno avreste la certezza di non avere tra le materie d’esame né Scienze né Storia dell’Arte.-
 Era vero! Non ci avevo minimamente pensato! Seguendo quella logica, Scienze sarebbe rimasta fuori e di conseguenza… Di conseguenza Massi ed io saremmo potuti uscire allo scoperto molto prima del previsto!
 Certo, avrei dovuto affrontare un indiavolato commissario esterno per Storia e Filosofia, ma sinceramente dubitavo che la presenza della Lubelli mi sarebbe stata d’aiuto. Filosofia era comunque materia esterna e in Storia me la cavavo senza problemi.
 -Non dimenticate che voi potete solo proporre le materie, poi sta a noi docenti del Consiglio decidere se accettare o meno. Comunque, in genere, questa scuola tende a non rifiutare le materie scelte dagli alunni perché non vogliamo crearvi ulteriori difficoltà.-
 Traduzione: “Voi proponete che noi tanto accettiamo sicuro…”
 Appena suonò la campanella, la Lubelli uscì e noi iniziammo subito a preparare una bella lettera da consegnare alle Preside, dove avevamo scritto tutte le materie per l’esame. Ci attenemmo diligentemente a tutto quello che ci aveva consigliato la Lubelli con la speranza che quella lavatrice ambulante della Preside non avesse nulla in contrario.
 Mentre eravamo ancora impegnati nel trovare le frasi più d’effetto e convincenti per scrivere quella lettera, la Bianchi entrò in aula di gran carriera e si sedette velocemente come al solito senza guardare nessuno.
 Prese il registro e firmò, mentre la classe cadeva nel silenzio più tombale. Eravamo a Febbraio, il quadrimestre era ormai finito, ma lei aveva quella faccia solo quando aveva intenzione di interrogare. Ovviamente nessuno era preparato, visto che non interrogava mai a inizio quadrimestre.
 -Avete sentito delle materie d’esame?- chiese la Bianchi chiudendo il registro.
 Noi cominciammo ad annuire intimoriti, mentre qualcuno aveva anche trovato il coraggio, chissà dove, di sibilare un flebile “sì”.
 -Latino è esterno, quindi preparatevi perché ho intenzione di mettervi sotto. Tirate fuori i libri di letteratura latina. Come minimo dovrò spiegare tre autori oggi.-
 Un silenzioso sospiro di sollievo si levò quasi impercettibile per l’aula. Non avrebbe interrogato. Per un attimo mi ero sentita morire, era come se avessi perso dieci anni di vita in un colpo solo.
 La Bianchi stava per iniziare la spiegazione quando qualcuno bussò alla porta che si aprì subito dopo senza neanche lasciare alla professoressa il tempo di dare una risposta.
 -Salve.-
 O dei di tutto l’Olimpo! Santi di tutto il Paradiso!
 Era il vicepreside! E non era solo! Tra le mani aveva le schede di valutazione!
 Erano le pagelle!
 Chiusi gli occhi disperata, mentre visualizzavo già nella mia mente tutti i cinque che ci avrei visto.
 Un brusio di tensione cominciò a levarsi all’interno della stanza mentre Marti si voltava a guardarmi terrorizzata. La odiavo quando faceva così! Che si terrorizzava a fare! Aveva nove in tutte le materie. Di che aveva paura? Di un otto? Ma io avrei pagato per avere delle paure come quelle! Accidenti a lei.
 Il vicepreside, tale professor Giannaccari Luigi, cominciò a consegnare le schede chiamandoci uno ad uno alla cattedra. Giusto per farci fare una bella figura di merda in più, poiché prima di consegnarci la scheda doveva leggerla e commentarla.
 -Ferrari Valeria.-
 Alzai gli occhi al cielo disperata mentre abbandonavo il mio posto e camminavo verso il prof. In quel momento quell’uomo era identico a un patibolo.
 -Be’, Ferrari, direi che ti puoi ritenere soddisfatta-, disse porgendomi la scheda dopo averla letta. Non aveva commentato. Le sue parole erano state solo quelle.
 Aggrottai la fronte stranita e tornai al mio posto.
 Aprii lentamente la scheda e quando lessi i miei voti per poco non mi presero un infarto fulminante, un ictus cerebrale e una trombosi tutto insieme.
 Italiano Otto
 Latino Sette
 Greco Sei
 Storia Otto
 Filosofia Sette
 Matematica Nove
 Fisica Nove
 Storia dell’Arte Otto
 Educazione Fisica Nove 
Ma il voto che di certo mi aveva sorpreso più di tutti era stato di certo il suo. Quello della D’Arcangelo, la donna che mi odiava e mi denigrava sempre davanti a tutti.
 Il Sette se ne stava lì, accanto alla parola Scienze ed io non potei fare a meno di sgranare gli occhi fino a quando non mi fecero male.
 Non era possibile! Non ci credevo. Eppure era scritto tutto nero su bianco su quel pezzo di carta che in quel momento per me era diventato quasi d’oro.
 Un’ora dopo ero in corridoio per la ricreazione. Insieme a me c’erano anche Marti, Amy, Marco e Sabrina. Avevamo ricevuto tutti le pagelle, e i risultati erano stati piuttosto prevedibili: Marti e Sabrina avevano preso una bella sfilza di nove a testa, Marco era riuscito a prendere un sette in matematica (per la gioia della sua insegnante, cioè me) e un buon numero di otto, mentre Amy più o meno era andata come me, tranne un bell’otto troneggiante in Scienze.
 Con una pagella del genere forse sarei riuscita a convincere mio padre a lasciarmi partire per l’America, anche se ancora la vedevo davvero dura.
 -Ferrari.-
 Per poco non mi prese l’ennesimo infarto della giornata. Mi voltai di scatto e mi ritrovai davanti Massi che mi guardava con aria di sufficienza, come se fossi l’ultimo essere presente sulla terra che meritasse le sue attenzioni. Era incredibile che attore nato fosse quel ragazzo.
 Delia se ne stava al suo fianco e mi sorrideva con la solita aria svampita che assumeva a scuola.
 -Draco?- chiesi io sollevando un sopracciglio scocciata. –Hai bisogno di qualcosa?-
 Mi veniva da ridere quando pensavo che ogni santissimo giorno a scuola dovevamo mettere su quel teatrino per non creare sospetti nella gente che ci stava intorno. A volte decidevamo persino di ignorarci per giorni e giorni, giusto per essere sicuri che nessuno s’impicciasse dei fatti nostri e non decidesse di indagare. Ovviamente mi riferivo alla D’Arcangelo, che, quando voleva, sapeva essere più pressante di un segugio.
 -L’hai ricevuta la pagella?- mi chiese lui con un sorrisetto soddisfatto.
 Okay, forse la sua non era proprio una recita. Il suo lato egocentrico e megalomane era venuto fuori e adesso non vedeva l’ora di vantarsene.
 -Sì-, risposi un po’ confusa. –Ne sono soddisfatta, soprattutto del mio Sette in Scienze.-
 A quelle parole Massi rimase stupefatto e stava per aprirsi in un sorriso luminoso, ma riuscì a bloccarsi in tempo. Sapevo che era orgoglioso di me, che avrebbe voluto abbracciarmi ma non poteva farlo, e questo feriva lui esattamente come lacerava me che avrei voluto saltargli al collo e baciarlo per festeggiare quel voto inaspettato.
 Odiavo a morte quella situazione, e odiavo la D’Arcangelo! Maledetta!
 -Be’ Scienze per me è un giochetto da nulla, un Nove non me l’ha mai tolto nessuno. E anche Delia ha avuto un Otto, vero?-
 Si voltò verso Delia e lei sorrise soddisfatta.
 -Oh, Yes-, rispose con un sorriso meraviglioso. –E’ stato very difficult, ma the end ho avuto un Eight. Sono così happy!-
 Era incredibile come Delia riuscisse a sembrare davvero una deficiente patentata quando ci si metteva d’impegno. Quei due erano andati alla stessa scuola di recitazione, me lo sentivo.
 -Sai Draco, non m’interessa se tu e la tua “girlfriend” avete dei voti più alti dei miei, almeno sono sicura di avere molto più cervello di un biondo platinato arrogante e della sua degna compagna che avrebbe bisogno di un vocabolario anche per dire “Ciao”!-
 Wow, dovevo ammettere che quando non ero davvero arrabbiata tiravo fuori delle frecciatine parecchio pesanti.
 Massi stava per rispondermi, e nei suoi occhi lessi l’indecisione tra lo scoppiare a ridere e il saltarmi addosso per fare l’amore proprio in quel momento, quando accadde qualcosa di strano.
 -Salve ragazzi-, una voce conosciuta interruppe lo slancio di Massi.
 -Ciao Davide-, risposi io confusa voltandomi a guardare il mio compagno di classe.
 Lanciai un veloce sguardo verso Marti che come al solito non sembrava aver voglia di mostrare alcun tipo di reazione. Da quando c’era stato tutto quel casino con Christian, in fatto di emozioni, era diventata più arida di un deserto. Non pretendevo che facesse i salti di gioia vedendo Davide ma che almeno s’irritasse un po’ come faceva prima quando lo vedeva.
 Niente. Non riuscivo ancora a capire cosa le passasse per la testa, e le si ostinava a non voler parlare.
 -Ehm-, disse Davide un po’ impacciato come al suo solito. –Non so se lo avete saputo, ma…- guardò un attimo Marti. Sembrava indeciso se continuare o meno. –Ecco, ho appena incontrato Giacomo e mi ha dato una notizia, non lo so se si possa definire buona.-
 Lo guardammo tutti incuriositi.
 -Cosa ti ha detto?- chiese Marco, ovviamente il più curioso di tutti. A volte avevo il dubbio che fosse davvero una donna e non un uomo.
 -Mi ha parlato di… di Christian.-
 Si bloccò. Evidentemente aveva paura che magari Marti si potesse stranire, ma guardando la mia amica notai che un iceberg avrebbe avuto più emozioni di lei.
 -Continua-, lo invitai io cercando di tranquillizzarlo.
 -Avete notato che da quando ha avuto quel problema con quei “teppisti” non si è più fatto vedere a scuola. Be’, Giacomo ha scoperto che i genitori lo hanno iscritto in un’altra scuola un po’ lontana da qui.-
 -Dove?- chiesi con un misto di rabbia e irritazione nella voce.
 -Milano. A quanto pare lì ha uno zio, un fratello del padre. I genitori hanno pensato che fosse meglio che si allontanasse un po’ da qui. Secondo Giacomo è perché quei ragazzi che l’hanno picchiato probabilmente hanno continuato a minacciarlo anche dopo quello che gli avevano fatto.-
 -Direi che è un’ottima notizia-, ribattei con una nota irritata parecchio evidente.
 -Sì, lo penso anch’io-, rincarò Massi serio fissando Delia che abbassò lo sguardo intristita.
 Se avessi avuto Christian tra le mani non so cosa sarei stata capace di fargli. Avrebbe implorato di essere di nuovo picchiato da quei motociclisti piuttosto che restare con me anche solo un minuto.
 Aveva fatto del male a Marti che era una delle persone più importanti della mia vita, e aveva ferito Delia. Non avrei mai potuto perdonarlo per ciò che era, mai.
 La campanella suonò ricordandoci per l’ennesima volta che il momento della ricreazione non poteva durare in eterno.
 Davide lanciò un’occhiata veloce a Marti che non alzò lo sguardo. Si voltò e tornò lentamente in classe. Il ragazzo abbassò gli occhi e anche lui si diresse verso la nostra aula con l’aria di un povero cucciolo bastonato.
 Le voleva bene per davvero. Fino a quel momento avevo sempre pensato che Davide fosse solo attratto da Marti o che semplicemente la trovasse carina, ma forse il suo affetto era molto più profondo di quanto avessi mai potuto immaginare.
 Se solo Marti avesse aperto gli occhi e lo avesse guardato. Non potevo di certo costringerla ma i suoi tempi potevano anche essere eterni e chissà se Davide l’avrebbe aspettata. L’amore deve essere alimentato in qualche modo, un sentimento, anche se così forte, non poteva durare per sempre se veniva messo davanti ad un muro di cemento armato.
 -Ferrari.-
 Massi mi riportò alla realtà.
 -Vedi di risolvere quella questione oggi stesso altrimenti saranno guai.-
 Alzai gli occhi al cielo esasperata.
 -Draco, vai a farti un giro-, risposti acida. –Le tue minacce non mi sono d’aiuto.-
 Come al solito vidi nel suo sguardo la voglia matta di ridere ma si trattenne.
 Prese Delia per mano e si diresse verso la sua aula.
 Non era piacevole vedere il mio ragazzo andarsene in giro mano per mano con un’altra ma non potevo farci niente. Mi conveniva resistere, non potevo assolutamente rischiare che la gente sospettasse, e il Liceo Classico Virgilio era famoso per la velocità con cui i pettegolezzi si diffondevano all’interno di quelle mura decadenti.
 Ingoiai ancora una volta quel rospo e mi preparai a tornare in classe per l’interrogazione di Fisica. Questa volta neanche lo charme di Andrea, il nostro rappresentate, avrebbe impedito alla Gigli di interrogare e dovevo essere pronta ad andare al macello, anche se speravo con tutto il cuore che almeno quella tortura mi fosse risparmiata visto che già dovevo affrontare quel brav’uomo di mio padre.









***L'Autrice***
Come promesso: nuova domenica, nuovo capitolo... *-*
Allora, durante la settimana avevo progettato di rispondere a tutte le meravigliose recensioni che mi avete lasciato, siete state tutte talmente dolci. Solo che c'è stato qualche imprevisto (un paio brutti ma uno bellissimo) che hanno preso tutto il mio tempo libero... Scusatemi, quindi se non vi ho risposto... Spero che possiate perdonarmi.
Passando al capitolo, come avete visto ci sono state parecchie evoluzioni riguardo alla situazione scolastica. Gli esami si avvicinano e si avverte parecchio la tensione della povera Vale che si è ritrovata la materia che più odia al mondo come materia con commissario esterno... Forse per lei sarebbe adatta la frase: "Fortunata in amore, sfortunata a scuola"... xD Be', sinceramente, per avere uno come Massi accetterei anche di avere tutti commissari esterni... xD
Nel capitolo c'è stato anche quel piccolo momento in cui Massi e Vale erano da soli, credo che sia un'ottima introduzione a quello accadrà nei prossimi capitoli. Intendo dire che nei prossimi capitoli i nostri due protagonisti vivranno davvero molti momenti di dolcezza... *-*
Direi che adesso è arrivato il momento per qualche spoiler.
Anticipazioni:
Allora... Anche se in questo capitolo potrebbe sembrare che Vale avrà delle difficoltà a partire in realtà non sarà così. Vale, Massi e Delia partiranno per Boston. Ad attenderli ci saranno il padre e il fratello di Delia, spero che questi nuovi personaggi vi piaceranno perchè secondo me sono simpaticissimi. Non credo di potervi dire altro sul prossimo capitolo... ^^

Ricordo a tutti che potete trovare molto altro su Massi e Vale cliccando su questi link:





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Vi ringrazio davvero tantissimo per aver letto anche questo capitolo. Spero che vi sia piaciuto e vi aspetto domenica prossima con il capitolo 3... Un bacio!

 

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Capitolo 3
*** Welcome To United States Of America ***






Verso La Maturità- Capitolo 3
Forse, Dopotutto, L’America Non E’ Mai Stata Scoperta.
Io Personalmente Direi Che E’ Stata Appena Intravista
Oscar Wilde 
 
 
Capitolo 3: Welcome to United States Of America
 
“Non lo dirò a nessuno, lo terrò lì nascosto
 Senza lasciare il segno, il segno in nessun posto.
 E non avrà una data per una ricorrenza
 Il mondo non saprà mai della sua esistenza.
 Eppure è grande, tanto grande
 Che il silenzio a volte mi fa soffocare…
 Non è un tesoro negli abissi, è invece tutto il mare…
 Il Nostro Amore Segreto, Amore Sottovoce,
 Amore che non avrà mai Luce, Amore Maledetto,
 Amore Latitante, Amore Senza Nome o Direzione,
 Solo Amore…”
 
 Sussultai al suono di quelle parole. Dov’ero? Che stava succedendo? Ricordavo soltanto che fino a pochi secondi prima mi sentivo protetta e al sicuro, come se nulla al mondo avesse mai potuto ferirmi. Mi sentivo al caldo, mi sentivo a casa, mi sentivo amata.
 -Ben svegliata, Piccola Panda.-
 Quella voce arrivò alle mie orecchie più dolce e soave della canzone che stavo ascoltando sull’ipode.
 Alzai gli occhi e subito incontrai lo sguardo sincero e pieno di gioia di Massi.
 -A quanto pare ti piace proprio usare la mia spalla come cuscino, questa scena mi è stranamente familiare-, disse lui con un sorriso mentre si abbassava un po’ verso di me e con le labbra mi sfiorava delicatamente la fronte. –Solo che questa volta sono ancora più felice.-
 Il braccio di Massi avvolgeva la mia spalla e mi teneva stretta a lui, mentre l’aereo sul quale ci trovavamo procedeva silenzioso verso la nostra meta: Boston.
 Solo in quel momento riuscii a fare mente locale.
 La settimana prima mi ero presentata da mio padre con quella pagella che per i miei standard era davvero perfetta e presa dall’enfasi che la felicità di mio padre mi aveva trasmesso, avevo accampato una scusa e gli avevo tirato fuori la notizia che sarei andata in America per una settimana.
 Ufficialmente avevo raccontato che la mia amica Delia mi aveva invitato a Boston per conoscere suo padre e suo fratello ma anche per farle un po’ di compagnia. Avevo deciso di omettere la presenza di Massi confidando nel fatto che mio padre sarebbe stato più clemente se avesse saputo che non avrei avuto ragazzi intorno. Più o meno aveva funzionato. Mi era toccato pregarlo ma alla fine aveva acconsentito a lasciarmi partire.
Quando, quella sera, chiamai Massi per comunicargli la notizia per poco non si mise a urlare al telefono. Aspettava quel viaggio da tanto tempo e anch’io se proprio dovevo dirla tutta. Per una settimana saremmo stati liberi di fare quello che ci pareva senza dover temere che qualcuno ci vedesse.
 Eravamo davvero liberi di essere noi!
 Alzai lo sguardo nuovamente e i miei occhi incrociarono quelli di Massi.
 In quel momento ricordai la canzone che ancora girava nel mio ipode. Tolsi una cuffietta e la porsi a Massi.
 -Amore, puoi ascoltare un attimo?- chiesi con un sorriso.
 Lui alzò un sopracciglio sospettoso.
 -Se è una di quelle canzoni sdolcinate che ascoltate voi ragazzine, mi rifiuto categoricamente-, rispose deciso.
 Quanto poteva risultare pesante quel ragazzo! Mica gli avevo chiesto di andare dall’assistente di volo americano e obeso che ci aveva accolto e di limonarselo a morte.
 -Per favore…-, mormorai facendo gli occhi da cucciolo ferito. Era uno di quei trucchetti che odiavo usare con Massi ma gli uomini possono essere convinti solo con dei mezzucci infami, altrimenti risultano essere testardi, neanche fossero fatti di granito.
 Lui sospirò e, dopo aver afferrato la cuffietta, la infilò nell’orecchio con fare scocciato.
 
 “…Perché lui è puro, tanto puro
 Che non so se io lo posso meritare.
 Per questo lo terrò qui chiuso a costo di impazzire.
 Il Nostro Amore Segreto, Amore Sottovoce,
 Amore che non avrà mai Luce, Amore Maledetto,
 Amore Latitante, Amore Senza Nome o Direzione,
 Solo Amore…”
 
 Vidi la sua espressione ammorbidirsi mentre le parole della canzone continuavano a scorrere nelle nostre menti. Sapevo come anche lui trovasse in quel testo molte similitudini con la nostra vita. Erano anche troppe, quasi come se la canzone fosse stata scritta per noi che non potevamo amarci davanti ad altri, che dovevamo tenere i nostri sentimenti rinchiusi e il nostro amore nascosto. Ero certa che per quanto Massi non fosse sdolcinato, come me, sentiva quella canzone praticamente sua.
 La canzone terminò e lui mi restituì la cuffietta con un sorriso appena accennato.
 -Carina-, mormorò imbarazzato.
 Mi posò un altro bacio sulla fronte e uno sulla tempia, e scese ancora fino a raggiungere con una lentezza quasi esasperante il mio orecchio. Il mio cuore ormai aveva preso a battere veloce come un treno e il cervello era in procinto di spegnarsi di nuovo.
 -La canzone è carina-, sussurrò a pochi millimetri dal mio orecchio. –Però, sinceramente, preferisco credere che questa settimana le parole di quella canzone non ci riguardino per niente.-
 Sospirai.
 Lo volevo anch’io! Non poteva neanche immaginare quanto.
 Le sue labbra si posarono sulla mia guancia e piano, tremendamente piano, si mossero verso la mia bocca. La trovarono. Non c’era niente che mi potesse impedire di lasciarmi baciare. Si mosse piano mentre schiudevo la bocca e approfondivo quel bacio così agognato.
 Con la mano, delicato e dolce, percorse la linea del mio collo a ritroso fino a raggiungere la mia guancia. Spinse con più forza la sua bocca sulla mia e il bacio si fece ancora più intenso e profondo…
 -Ehm-ehm.-
 Ci staccammo quasi senza rendercene conto.
 -Non vorrei disturbare-, cominciò una voce alla mia destra, mi voltai e vidi che Delia ci guardava sorridendo. –E’ vero che siamo lontani da Lecce e potete fare i piccioncini quanto vi pare, ma non potreste aspettare di essere in una stanza da soli? Stavate per strapparvi i vestiti di dosso…-
 Delia si lasciò scappare un risolino mentre io sentivo il sangue affluire tutto d’un colpo alle guance. Ero imbarazzata da morire.
 -Non vedo l’ora di essere in quella stanza…-, mormorò Massi scocciato.
 Mi voltai e lo fulminai con lo sguardo.
 -Che c’è?- mi chiese con fare da angioletto. –Ho dei bisogni da soddisfare, sono pur sempre un uomo e tu lo sai bene.-
 Il suo sorrisetto divertito mi fece venire ancora più voglia di strozzarlo. Ero talmente imbarazzata che avrebbero potuto scambiare tranquillamente la mia faccia per un semaforo tanto era rossa.
 -Massi, ti sembrano frasi da dire?-
 -Io ti amo e ti rispetto ma se quest’aereo non si dà una mossa ad atterrare giuro che ti prendo di peso e ci rinchiudiamo in bagno.-
 Delia rise divertita mentre io spalancai gli occhi incredula.
 Anch’io non vedevo l’ora di stare da sola con lui ma non ne facevo un affare di stato di quelle dimensioni. A volte gli uomini ce le tirano proprio fuori frasi come “ragioni solo con il testosterone, per non dire altro.”
 Fortunatamente per me e per tutto il resto dei passeggeri, l’aereo atterrò appena due ore dopo al Logan International di Boston. Massi era riuscito a reprimere il suo istinto animale ed io mi ero risparmiata una figura di merda assicurata perché dubitavo fortemente che, se lui mi avesse preso di peso e portata nel bagno, io avrei fatto qualcosa per impedirglielo.
 Recuperammo i nostri bagagli e con calma ci dirigemmo verso la zona degli arrivi.
 -Daddy!- esclamò a un certo punto Delia mollando il suo trolley enorme e correndo come una pazza in direzione di un uomo in giacca e cravatta. L’uomo accolse Delia in un abbraccio fortissimo e si lasciò ad andare a un sorriso pieno di gioia.
 -Delia, my honey!- mormorò cullandola tra le sue braccia.
 -Quello è Devon, il padre di Delia-, mi spiegò Massi prendendomi per mano e sorridendo. –Lui e Delia sono sempre stati molto legati. Quando lei ha deciso di venire in Italia con la madre lui ha provato in tutti i modi a convincerla a non partire ma Delia sapeva di non poter lasciare sola Romina. Il divorzio dei suoi ha distrutto entrambi i genitori, nonostante si siano lasciati di comune accordo.-
 Non avevo mai pensato a quanto il divorzio dei genitori di Delia avesse portato dolore in quella famiglia. Probabilmente quelli che avevano sofferto di più però erano stati Delia e suo fratello.
 Delia e suo padre si divisero e si lanciarono uno sguardo colmo di felicità. Poi Devon alzò gli occhi e si accorse di me e Massi che ci tenevamo per mano.
 -Ehi, Massi!- esclamò contento. –La tua ragazza è davvero meravigliosa, come sempre hai un gusto impeccabile.-
 Anche se quelle parole non fossero state pronunciate con quell’italiano misto a un affascinante accento americano, dubitavo che non sarei arrossita.
 Devon Barton era esattamente come lo avevo immaginato. Tremendamente affascinante, proprio come sua figlia. Con quegli occhi azzurro chiaro che troneggiavano su quel viso maturo ma stranamente giovanile. I capelli castani un po’ brizzolati tenuti perfettamente in ordine e i modi di un uomo di successo che dalla vita professionale aveva davvero avuto tutto. Quel naso un po’ aquilino che rendeva i suoi lineamenti decisi e attraenti. Devon Barton era un uomo talmente bello da sembrare quasi il protagonista di un film. Un uomo comune non poteva scatenare così tanto charme solo dopo neanche un minuto che lo avevo guardato.
 Massi fece qualche passo avanti in direzione di Delia e suo padre. Io lo seguii in silenzio mentre lui non sembrava avere intenzione di lasciare la mia mano.
 -Delia mi ha spiegato tutto-, continuò Devon abbracciando Massi e porgendomi una mano per presentarsi. –So che la mia ex moglie e la madre di Massi credono che lui e mia figlia stiano insieme, ma io so tutto quindi puoi stare tranquilla, Valeria.-
 Sapeva anche il mio nome!
 Lasciai la mano di Massi e strinsi quella di Devon.
 -Piacere di fare la tua conoscenza, Valeria-, il suo sorriso era quasi abbagliante, era così perfetto.
 -Il piacere è mio, signor Barton. La ringrazio per avermi invitata qui a Boston-, risposi rincuorata ma ancora parecchio impacciata.
 -Odio le formalità, in ufficio le tollero a malapena. Chiamami pure Devon e dammi del tu, my Dear.-
 -Va bene, allora-, risposi cercando di non arrossire di nuovo. Quell’uomo era affascinante, nonostante potesse essere mio padre non potevo non ritenerlo un uomo da sposare!
 -Certo che sei cresciuta, sorellina-, una voce profonda ma allegra, in perfetto italiano, pronunciò quella frase a pochi centimetri da me.
 -Michael!- esclamò Delia pochi istanti prima di passarmi accanto con la velocità di un treno.
 Mi voltai e mi ritrovai finalmente davanti al proprietario di quella voce, il fratello di Delia.
 -Quanto mi sei mancato.-
 -Anche tu mi sei mancata, scricciolo-, mormorò lui stringendola ancora di più.
 Quando si divisero, potei osservare meglio Michael Barton. Anche lui aveva preso tutto quello che c’era da prendere dal padre. Aveva gli stessi occhi di Devon, capelli più neri del petrolio, due spalle larghe come il ponte di Brooklyn che avrebbero fatto sbavare anche un pesciolino rosso se fosse stato femmina. Il naso era simile a quello del padre e anche i tratti del viso ricordavano in modo impressionante Devon. Michael però era molto più alto del padre, Michael era… Michael era alto e basta. Di sicuro superava il metro e novanta.
 -Mocciosetto! Anche tu sei cresciuto. Spero che anche la tua abilità con PES sia migliorata altrimenti sai che noia giocare contro di te!-
 Michael rise divertito mentre Massi si apriva in un sorrisetto soddisfatto.
 -Stavolta ti batterò Mike, puoi starne certo.-
 -L’importante è esserne sicuri-, rispose Michael sempre più divertito. –Comunque devo dire che il regalino che ci hai portato non è niente male.-
 Mi guardò incuriosito e mi si avvicinò porgendomi la mano.
 -Sono Michael, il fratello di Delia.-
 Gli strinsi la mano sentendomi ancora una volta in soggezione.
 -Piacere, io sono Valeria.-
 -Dai tuoi occhi potrei giurare che sei una ragazza molto intelligente-, cominciò lui dubbioso. –Come mai hai deciso di stare con un bamboccione come Massimiliano Draco? Sono certo che in Italia ci siano ragazzi molto più svegli di lui.-
 -Ehi!- esclamò Massi risentito.
 -Che ti devo dire?- risposi con un sorriso complice. –Evidentemente deve avermi conquistata con la sua infantilità e il suo egocentrismo. Se devo essere sincera anch’io mi sono chiesta spesso cosa ci trovo in lui ma ancora non ho trovato una risposta.-
 -Bella, intelligente e sagace. Sei davvero troppo per lui-, constatò Michael con aria accademica.
 -Sì, lo so. Diciamo che ho preferito risparmiare questa disgrazia a qualche altra povera ragazza. Sono stata molto generosa con il mio prossimo, alla fine dei conti.-
 -Trovo che tu abbia proprio ragione, mia cara Vale.-
 -Avete finito voi due?- chiese Massi scocciato.
 Michael ed io ci scambiammo uno sguardo e poi cominciammo a ridere di gusto. Avevo trovato un alleato per prendere in giro Massi, e questo mi piaceva davvero.
 -Ho la sensazione che io e la tua dolce metà abbiamo appena cominciato, Mocciosetto-, rispose Micheal ridendo ancora di più.
 -Concordo-, rincarai io.
 Massi ci guardò a lungo con aria di rimprovero ma alla fine anche lui si lasciò andare ad una risata. Mi guardò con dolcezza. Era felice che quel primo incontro con la famiglia americana di Delia fosse andato in quel modo, sapeva che da quel momento in poi non ci sarebbe stato più imbarazzo e noi ci saremmo goduti quei giorni molto di più. Forse molto più di quello che avremmo mai potuto immaginare.
 Ovviamente il signor Barton non aveva badato a spese per la sua residenza a Boston. Il “loft di famiglia” si trovava a Fort Point Channel una delle zone più prestigiose della città. Devon non possedeva un loft qualunque ma un intero edificio. Prima della ristrutturazione era una delle tante fabbriche diffuse in quella zona, ma quella, come tutto il resto, era stata trasformata in una delle abitazioni più belle e chic di tutta Boston.
 Il piano terra era occupato del tutto da una delle sedi dello studio legale di Devon. Il primo piano era il suo appartamento, e il secondo piano invece era interamente di Michael e Delia.
 Devon ci lasciò davanti alla porta del loft dei figli e ci salutò con rammarico per tornare a lavoro.
 -Ci vediamo a cena-, disse prima di sparire dietro le porte dell’ascensore che si affacciava direttamente in casa.
 Rimasi un attimo stordita da tutto quel lusso ma quando mi resi conto che per una settimana avrei vissuto in quel posto paradisiaco tutte le mie titubanze andarono a farsi benedire, insieme alla soggezione e all’imbarazzo.
 Delia accompagnò Massi e me nella nostra stanza e, quando la vidi, riuscii a malapena a trattenere la voglia matta di urlare di gioia.
 Il pavimento ricoperto di parquet, come in tutta la casa, mi rese già felice. Poi notai le splendide vetrate che si affacciavano direttamente sulla suggestiva Boston pomeridiana, il salottino bianco che si trovava davanti ad un enorme televisore al plasma fissato al muro, scaffali neri stracolmi di libri diligentemente ordinati, e il meraviglioso letto bianco che si trovava al centro della stanza. Era quanto di più bello avessi mai visto nel campo dell’arredamento.
 Il lampadario era una sfera di vetro appesa a un filo quasi invisibile che si trovava esattamente sopra il letto, una volta accesa doveva dare l’idea di una piccola stella personale che ti guardava mentre eri steso su quel materasso che aveva un’aria tremendamente comoda e confortevole.
 -Ceneremo verso le otto-, disse Delia con un sorriso. –Prendetevi qualche ora per riposare, il jet leg deve avervi distrutto.-
 Si allontanò, diretta alla sua stanza.
 Se dovevo dire la verità, vedere quella casa mi aveva svegliata del tutto. Non mi sentivo stanca per niente.
 Massi ed io entrammo in camera e ci chiudemmo la porta alle spalle.
 -Sei sorpresa?- mi chiese mentre poggiava le valigie vicino all’enorme armadio bianco laccato che stava alla sua sinistra.
 -Direi…-, mormorai ancora incredula. Mi diressi verso le vetrate per osservare meglio il panorama che avevo davanti. Boston era una città davvero bellissima. Sembrava che quello fosse l’esatto punto in cui Inghilterra e Stati Uniti si erano fusi. Si sentiva l’aria dominatrice e autoritaria dell’America, ma gli edifici eleganti in pieno stile ottocentesco inglese premevano per far avvertire ancora la presenza anglosassone radicata nelle viscere di quella città.
 -Ti piace Boston?-
 Mi voltai a guardare Massi che si era spalmato sul letto.
 Se ne stava steso a occhi chiusi, tranquillo e sereno come l’avevo visto solo in poche occasioni. Si lasciò andare a uno sbadiglio. Io avevo dormito per quasi tutta la durata del viaggio ma lui non doveva aver chiuso occhio e certamente era stravolto.
 -Mi piace molto-, risposi con l’enfasi di una bambina davanti al suo regalo di Natale. –Non pensavo che un giorno sarei davvero venuta qua in America, ancora stento a crederci. Sono felicissima.-
 -Sono contento che sei felice-, mormorò lui con un sorriso. –E’ questo che voglio. Saperti sempre felice.-
 Sbadigliò di nuovo. Era meglio che riposasse un po’, altrimenti a cena si sarebbe addormentato sul piatto.
 -Ho voglia di vedere il bagno, penso che farò una doccia-, annunciai dirigendomi verso la mia valigia per prendere un cambio.
 -Uhmm-, quel mugugno di risposta mi fece capire che Massi era quasi nel mondo dei sogni. Avrei preferito che non si addormentasse tutto vestito e con ancora le scarpe addosso ma non volevo neanche disturbarlo.
 Presi quello che mi serviva e aprii la porta scorrevole che portava al bagno.
 Rimasi letteralmente senza parole. Al contrario della camera che era l’apoteosi del bianco, nel bagno regnavano le tenebre. Era scuro. I muri erano di ardesia grigio fumo e il resto, vasca, doccia, lavabo erano di marmo nero. La vasca si trovava al centro del bagno e intorno aveva dei faretti che alternavano luci bianche a luci violette. Quel bagno era stato progettato per far rilassare anche una corda di violino.
 Avrei voluto fare un bagno rilassante ma optai per la doccia. Era più veloce e non avrei rischiato di addormentarmici dentro.
 Chiusi la porta per evitare che il rumore dell’acqua potesse svegliare Massi e cominciai a spogliarmi.
 In quel momento mi resi conto di quanto i miei muscoli fossero indolenziti. Mi avvicinai allo specchio enorme che stava sopra il lavabo e notai con orrore quanto il mio viso sembrasse stanco e provato. Ero inguardabile.
 Mandai a quel paese il mio riflesso nello specchio e m’infilai sotto la doccia. Aprii l’acqua che usciva direttamente da un quadrato di marmo nero sul soffitto. L’acqua tiepida della doccia accarezzò il mio corpo provato da quelle dodici ore di aereo. Avvertii subito il sollievo che la mia pelle provò in quel momento.
 Cominciai a muovere il collo avanti e indietro, a destra e a sinistra. I muscoli si rilassarono sempre di più e anch’io.
 Lavai i capelli con uno degli shampoo che ci avevano messo a disposizione. Profumava in modo assurdo di cocco e pesca. Un’accoppiata che non avevo mai visto ma che contribuì a farmi sentire bene.
 Afferrai un doccia schiuma al cioccolato bianco e iniziai a passarlo con una spugna morbida su tutto il corpo.
 Lentamente avvertii ogni cellula del mio corpo sciogliersi e rilassarsi.
 La luce soffusa dei faretti aiutava tutti i sensi del mio corpo a sentirsi sempre meglio mentre anch’io cominciavo ad anelare un dolce riposo in quel letto bianco e soffice.
 Uscii dalla doccia e dopo aver frizionato i capelli con l’asciugamano afferrai la biancheria intima pulita e iniziai ad indossarla.
 Allungai una mano verso lo specchio e tolsi un po’ di vapore che si era depositato sulla superficie. Osservai ancora una volta il mio viso riflesso e dovetti ammettere che avevo proprio bisogno di dormire. Nonostante la doccia rilassante i miei occhi erano contornati da uno strano alone scuro dovuto alla stanchezza, e poi erano rossi. Sembrava quasi che avessi passato mesi sveglia senza mai aver chiuso occhio.
 Sbuffai scocciata. Odiavo essere impresentabile quando ero insieme a Massi anche se questa volta avevo la scusa di un viaggio in aereo interminabile e di un fuso orario che avrebbe steso persino Mike Tyson.
 Presi la morbida sottoveste nera con spalline sottili che avevo deciso di mettere per andare a riposarmi e la indossai. Il tessuto delicato e soprattutto costoso scese lungo i miei fianchi con un movimento fluido e naturale. La mia pelle adesso era completamente felice ed io ero pronta per permettere a Morfeo di rapirmi e di portarmi direttamente sull’Olimpo se avesse voluto.
 Frizionai ancora un po’ i capelli con l’asciugamano per togliere le ultime goccioline d’acqua. Non volevo usare l’asciugacapelli per non rischiare di svegliare Massi, tanto non avrei di certo rischiato di ammalarmi: in quella casa il riscaldamento era talmente alto che nonostante fuori ci fosse il gelo più rigido e solo una settimana prima avesse nevicato come al Polo Nord, io me ne andavo tranquillamente in giro mezza nuda come se fosse piena estate. Se dovevo dire la verità sentivo quasi caldo.
 Stavo per uscire dal bagno quando il mio cellulare iniziò a vibrare. Guardai il display e sorrisi.
 -Ciao-, dissi subito appena accettai la chiamata.
 -Ohi, Vale. Siete arrivati?- la voce gioviale di Marco mi staccò quasi un timpano. Non riuscivo ancora a capire come riuscisse a essere sempre di buonumore.
 -Sì, siamo già a casa di Delia. E’ impressionante quanto suo padre sia ricco, ha un appartamento da sogno- risposi ammirata.
 -Massi me lo aveva detto che casa di Delia è fantastica. A proposito, siete insieme?-
 -Sta dormendo, io ho fatto una doccia e credo che tra poco andrò a riposare. Tu che fai?-
 -Sono stato fino a ora con Amy. Oggi suo padre è stato dimesso e non mi andava di lasciarla sola, sono tornato a casa giusto due minuti fa.-
 -Come sta Mauro?- chiesi sinceramente preoccupata. Il padre di Amy era una persona che difficilmente si ammalava, era sembrato strano a tutti che si fosse preso una polmonite così forte.
 -Meglio-, cominciò Marco con voce serena. –I dottori dicono che tra una settimana o due sarà come nuovo.-
 -Se sono contenta.- Per fortuna non era nulla di grave.
 -Adesso ti lascio, così avviso Amy che siete arrivati. Era preoccupata che l’aereo potesse precipitare.-
 Risi divertita. Dubitavo altamente che Amy avesse pensato una cosa del genere, amava viaggiare quanto me e non si sarebbe mai spaventata di un viaggio così lungo. Era più credibile che quello preoccupato per l’aereo fosse Marco.
 -Va bene, salutamela. Ci sentiamo domani così parlo anche con lei.-
 -Okay. Mi raccomando, tu e Massi cercate di fare i bravi… Anzi, non fate per niente i bravi! Dovete darci dentro come conigli!-
 Aggrottai la fronte contrariata. Ma che cavolo andava a dire?!
 -Ciao, Marco. Meglio se non ti rispondo altrimenti ti incenerisco via telefono.-
 Lui rise divertito mentre io gli chiudevo il telefono in faccia scandalizzata. Uomini! Sanno pensare solo a una cosa!
 Afferrai con un gesto stizzito i vestiti che avevo tolto prima della doccia e aprii piano la porta scorrevole. Guardai verso il letto e un piccolo sorriso mi si dipinse sul volto. Massi era ancora nella posizione in cui lo avevo lasciato, con la testa rivolta un po’ di lato e il torace che andava su e giù rilassato.
 Era così bello mentre dormiva; se fossi stata una pittrice avrei agguantato subito una tela e avrei cominciato a dipingere ogni sfaccettatura di quel viso così dolce.
 Lui continuava a dormire mentre io mi avvicinai all’armadio e ci riposi dentro i miei abiti.
 Cercando di fare il più piano possibile mi diressi verso il letto e mi adagiai lentamente sulle lenzuola, cercando di non disturbare l’angelo che dormiva dall’altro lato.
 Appena posai la testa sul cuscino mi resi veramente conto di quanto il mio corpo fosse in cerca di quel tanto agognato riposo.
 Mi voltai verso Massi e il suo viso mi apparve ancora più dolce di prima. Avrei voluto continuare a guardarlo all’infinito, per riuscire a imprimere nella mente ogni suo lineamento ma, prima che me ne accorgessi, i miei occhi si chiusero e un piacevole senso di benessere prese possesso di ogni mia cellula.
 Stavo quasi per addormentarmi quando avvertii una strana sensazione avvolgermi. Un tocco, una carezza. Una mano che conoscevo mi stava accarezzando il viso.
 Non aprii gli occhi, non volevano aprirsi, il buio rendeva quelle sensazioni molto più intense.
 La mano continuò ad accarezzarmi con dolcezza la guancia e cominciò lentamente a scendere. Percorse con calma e senza alcuna fretta l’incavo del mio collo, delicata come una piuma. Raggiunse la mia spalla, e con più decisione il fianco coperto dalla sottoveste, troppo sottile perché ogni fibra del mio essere non cominciasse a vibrare come le corde di una chitarra. Continuò il percorso sempre con più urgenza fino ad arrivare alla coscia. Di nuovo pelle contro pelle, e il mio corpo se ne accorse: senza volerlo mi lasciai andare ad un fremito di piacere, incontrollato e sconvolgente.
 La mano rimase ferma per qualche secondo, muovendo solo il pollice, ed io lo avvertivo leggero come una nuvola ed elettrizzante come un fulmine.
 Sospirai mentre la mano stringeva un po’ la presa e attirava la mia gamba verso un’altra fonte di calore, un corpo che era fremente almeno quanto il mio.
 Mi sentii bruciare, mentre la mia gamba era stata intrecciata ad altre due e il mio intero corpo finalmente si era avvicinato quasi totalmente a quello che fino a poco prima mi era così distante.
 Avvertivo la maledetta stoffa dei jeans che ancora avvolgevano la gamba dell’altro, ma la parte superiore del mio corpo toccava quella che era indiscutibilmente pelle, calda e profumata.
 Quando cavolo l’aveva tolta la maglietta?!
 Aprii gli occhi e finalmente lo vidi, Massi mentre fissava le sue iridi nelle mie e mi guardava come se fossi davvero la cosa più bella che potesse esserci in questo Universo e in tutti gli Universi paralleli esistenti.
 Mi lasciò un bacio delicato sulle labbra e poi tornò a guardarmi.
 -Davvero pensavi che mi sarei messo a dormire? Sei uscita da quel bagno in queste “condizioni” così invitanti… -, sfiorò il lembo della sottoveste che copriva parte della mia coscia. –Non potevo di certo ignorarti.-
 Sbattei le palpebre inebetita. Non avevo neanche idea di cosa pensare, i suoi occhi e la sua voce così suadente mi avevano completamente rapita. Non avevo la forza di pensare, e non volevo soffermarmi a perdere tempo spremendo dei neuroni che di sicuro ormai erano belli che morti.
 Lui tirò fuori il suo sorrisetto sghembo, quello che mi faceva battere il cuore, quel sorriso che per tanto tempo avevo detestato ma che ora era il mio sole, l’unico motivo per cui trovavo la forza di svegliarmi ogni mattina.
 -Pronta?- mi chiese con quel sorriso che non accennava ad andarsene.
 Alzai un sopracciglio incuriosita.
 -Pronta per cosa?-
 Lui sbuffò divertito e fissandomi ancora un attimo con occhi gentili tolse la mano dalla mia gamba e la posò sul fianco, mentre l’altra mano s’infilava sotto l’altro fianco. Mi afferrò e quasi senza fatica si girò sulla schiena portandomi totalmente sopra di lui.
 Mi aveva presa talmente di sorpresa che mi ero ritrovata con tutto il mio peso sul suo corpo. Le mie gambe erano aperte ad avvolgere il suo bacino. Sentivo il suo petto nudo contro il mio, coperto ancora da quella sottilissima sottoveste.
 -Per farmi da copertina-, rispose lui accarezzandomi il collo per poi affondare la mano nei miei capelli ancora umidi. –Ho tanto freddo.-
 Spalancai gli occhi sorpresa mentre quella mano spingeva il mio viso verso il suo.
 Le nostre labbra si trovarono mentre Massi percorreva la mia schiena con le mani. Dal collo scese lentamente verso il fondoschiena, le nostre bocche erano unite e i nostri cuori battevano veloci come non mai.
 Sentivo la sua mano dietro al mio collo, lo accarezzava con voglia. Il suo tocco era così leggero ma allo stesso tempo così pieno di desiderio, ed io persi ogni cognizione di tempo e spazio. I brividi mi avvolgevano, la mia mente era completamente vuota e leggera. Stavo bene, ero al sicuro ma soprattutto ero tra le braccia del mio Massi.
 Il suo bacio si fece ancora più profondo, avvertivo la sua voglia premere contro di me e la mia arrivare alle stelle mentre la sua mano lasciava il mio collo e scendeva lentamente verso la schiena.
 Un nuovo brivido mi prese d’assalto, non potei evitare di gemere. Avvertii le labbra di Massi sotto le mie distendersi in un sorriso compiaciuto.
 -La mia copertina è più calda del solito-, sussurrò con voce roca tornando ancora una volta a baciarmi con impeto.
 Il cuore mi batteva fortissimo e un’altra scarica di brividi prendeva possesso del mio intero corpo. La mia mente si svuotò per l’ennesima volta. Le labbra di Massi lasciarono le mie e iniziarono a scendere fameliche sul mento fino ad arrivare al collo. Con la mano continuava ad accarezzarmi dolcemente la schiena e la sua bocca lasciava baci di fuoco sul mio collo.
 Fui preda di sensazione così intense e violente che per poco non cominciai a urlare.
 -Adesso non puoi davvero scappare più-, mormorò lui sul mio collo. Il suo respiro era caldo e delicato, mi sfiorò con dolcezza e fu fonte di nuovi brividi incontrollati.
 -Non ho mai avuto intenzione di scappare-, sussurrai con appena un filo di voce.
 Lo guardai un attimo negli occhi e mi chinai sul suo collo lasciando milioni di baci su quella pelle così profumata e conosciuta.
 No, mio caro. Non avevo intenzione di scappare e non lo avrei mai fatto. Il mio amore era troppo grande per permettermi di stare lontana da te più del tempo necessario. La mia vita ruotava intorno a quella di Massi come un satellite con il suo pianeta, la forza che ci legava era troppo grande per poterci dividere.
 Il mio corpo lo sapeva, ma quello di Massi decise di dimostrarmelo ancora una volta portandoci in un mondo dove io e lui eravamo già stati ma che ogni volta visitare era un dono del cielo.











***L'Autrice***
 E allora? Come vi è sembrato questo capitolo...? Spero che vi sia piaciuto... Non chiedetemi da dove è venuta fuori tutta la storia della Copertina... u.u Non me lo chiedete perchè tanto sto per dirvelo... xD Un ragazzo che frequentavo mi chiamava così quando dormivamo insieme... ahahah In realtà dovrei dargli i diritti d'autore, ma visto che adesso lo odio non posso parlargli, quindi non posso dirglielo... u.u ahahahah Almeno è servito a darmi questa idea per la storia... xD
 Se questo capitolo vi è piaciuto, chissà il prossimo che sarà davvero fuoco allo stato puro.
 Volevo dirvi... Ne "Il Figlio della Prof" avevo dato dei nomi diversi ai genitori di Delia (Elisa e Richard), ma ho deciso di cambiarli con Romina e Devon... Mi piacciono di più... Un giorno spero di ricordarmi che li devo modificare ne "Il Figlio della Prof"... ahahah Sono sempre la solita sbadata.
 Prima di darvi qualche anticipazione sul prossimo capitolo, volevo davvero ringraziarvi!!! State seguendo questa storia davvero in tantissimi, e questo mi rende davvero fiera di quello che scrivo... Per non parlare di tutte le meravigliose recensioni che ogni volta mi lasciate (questa volta sono fiera di dire che ho risposto a tutte... xD). Grazie davvero!!!! Grazie, Grazie, Grazie!
 Anticipazioni:
 Non c'è molto da anticipare... Passione, Passione, Passione! Questo sarà l'argomento del prossimo capitolo... xD Passione e tanto tanto amore... Diciamo che Massi e Vale ci daranno dentro come conigli (sono parole di Marco non mie)... ^^

 
Ricordo a tutti che potete trovare molto altro su Massi e Vale cliccando su questi link:





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Capitolo 4
*** Fuoco Inarrestabile ***






Verso La Maturità- Capitolo 4
Fugge Frattanto,
Fugge Il Tempo Irrecuperabile.
Virgilio
 
Capitolo 4: Fuoco Inarrestabile  
 
 Quella settimana a Boston era davvero volata. Prima che me ne rendessi conto era arrivato l’ultimo giorno da passare in quella meravigliosa città, e dovevo ammettere che il mio cuore si riempiva di tristezza al solo pensiero di dover prendere l’aereo e tornare a Lecce. Rientrare a casa avrebbe riportato me e Massi nella quotidianità di sempre, ci avrebbe riportato a scuola, in quel maledetto liceo dove eravamo costretti a fingere e a mentire.
 Era inutile che raccontassi balle a me stessa: quei giorni a Boston erano stati i più belli della mia vita ma anche i più sofferti. Sapevo che quel periodo non sarebbe durato in eterno e questo mi uccideva. E’ difficile rinunciare a qualcosa di così meraviglioso, soprattutto se lo si è scoperto da poco tempo.
 Avrei voluto rimanere a Boston per sempre, con il mio Massi. Lì non avevamo preoccupazioni o timori, ma dovevamo tornare a casa. La realtà doveva essere affrontata, come sempre accade quando ci si sveglia da un sogno meraviglioso. E la sveglia ormai stava per suonare, mancavano solo ventiquattro ore alla partenza.
 Delia ed io eravamo in giro per Boston. Quella sera lei e Michael ci avevano invitato ad uscire, Mike affermava che avevano aperto un nuovo locale fantastico dove voleva portarci.
 Mentre camminavo accanto a Delia per le strade di Boston mi tornò in mente il primo giorno che avevo trascorso in quella città. In quel pomeriggio che mi sembrava tanto lontano, Massi ed io avevamo fatto l’amore in un modo talmente meraviglioso che il solo ripensarci mi faceva tornare dei brividi incontrollati in tutto il corpo.
 Era stato allora che Massi mi aveva raccontato tutta la storia di Delia e della sua famiglia.
 -Romina, la madre di Delia, ha tradito Devon-, cominciò Massi quando gli chiesi come mai i genitori di Delia avessero divorziato. Mi teneva abbracciata a lui mentre parlava, stesi su quel letto che aveva accolto il nostro amore.
 Alzai leggermente la testa per poterlo guardare mentre parlava. Sentivo il suo cuore battere sotto il mio orecchio poggiato sul suo petto. Non era agitato, si stava solo limitando a raccontare.
 -Devon non gliene ha mai fatto una colpa. Da anni il loro matrimonio era in crisi: lui lavorava sempre, trascurava lei e i figli, era completamente assorbito dallo studio legale che stava fondando. Non si era accorto di nulla ma alla fine Romina ha confessato tutto.-
 -Non hanno provato comunque a restare insieme?- chiesi con un filo di voce.
 -Lo hanno fatto. Dopo il tradimento di Romina hanno provato ad andare avanti per un paio d’anni, ma ormai la fiducia era rotta e anche se si amavano non era più come prima. Alla fine hanno deciso di separarsi e poco dopo hanno divorziato. Romina ha deciso di tornare in Italia per cominciare una nuova vita.-
 -Delia e Michael sanno il motivo della separazione dei loro genitori?-
 Massi chiuse un attimo gli occhi e prese un respiro.
 -Sì, lo sanno. Delia non ha mai rimproverato nulla a sua madre, sa quanto Devon li avesse trascurati e sa anche che Romina lo amava, ma probabilmente quell’amore non le era bastato. Mentre Michael… Be’ Michael è un tipo molto meno comprensivo. Non ha mai perdonato alla madre quello che aveva fatto, non la vede da più di un anno e non ha mai avuto voglia di incontrarla di nuovo. Non dico che la odia, ma prova molto risentimento per lei, sia perché ha distrutto il suo matrimonio e sia perché ha portato Delia in Italia con sé. Conosco Mike, probabilmente non perdonerà mai sua madre.-
 -Delia sarà uscita distrutta da questa storia-, mormorai con una nota di dolore nella voce.
 -Sì-, rispose Massi riaprendo lentamente gli occhi. –E’ per questo che quando è arrivata a Lecce per Christian è stato semplice riuscire a prenderla in giro. Lei si sentiva sola, e in più si sentiva in colpa per aver lasciato suo padre e suo fratello. Christian era dolce e riusciva a non farle pensare al brutto periodo che la sua famiglia stava attraversando.-
 Christian… Quel viscido verme senza neanche un briciolo di spina dorsale! Se solo mi avessero lasciato sola con lui due minuti, lo avrei fatto pentire di essere venuto al mondo!
 Massi mi strinse un po’ più forte, forse aveva capito che il sentir nominare Christian mi aveva fatto innervosire. Il mio Massi continuava a sorprendermi, riuscendo sempre a capire tutto quello che provavo senza che io dovessi neanche aprire bocca.
 Mi lasciò un delicato bacio sulla fronte ed io mi accoccolai meglio tra le sue braccia mentre percepivo la sua mano ancorata sul mio fianco stringermi con più decisione a lui.
 Un piacevole calore mi attraversò la schiena mentre avvertivo il corpo di Massi diventare sempre più caldo e profumato.
 -Hai di nuovo freddo?- chiesi in un sussurro.
 Lui mi strinse ancora di più e alzando lo sguardo notai che un sorriso divertito si era dipinto sul suo volto.
 -Penso che dovrò farmela passare, visto che tra poco dobbiamo scendere per la cena.-
 Un piccolo sbuffo sfuggì alle mie labbra al pensiero che di lì a pochi minuti avremmo dovuto abbandonare quel letto, ma soprattutto nel pensare che non c’era il tempo per un altro viaggio.
 -A quanto pare non sono l’unico che ha di nuovo freddo. Ti è venuta voglia di scaldarmi, Copertina?- mi chiese accarezzandomi i capelli e cominciando a giocherellare con uno dei miei boccoli informi.
 Arrossì leggermente a quella frase, ma dovevo ammettere che era la verità. Alzai lentamente la testa e mi sporsi un po’ verso di lui lasciandogli un bacio sul mento. Lo sentii trattenere il respiro a quel mio gesto, mentre con calma la mia mano cominciava ad esplorare il petto fino a fermarsi in corrispondenza del cuore. Mi sembrava quasi di poter sentire i suoi battiti accelerare. Le mie labbra scesero un po’ e lasciarono un altro bacio più deciso su quel collo morbido e appetitoso.
 -Voglio scaldarti-, mormorai con un filo di voce mentre il torace di Massi si alzava e si abbassava più velocemente. –Voglio che il mio calore ti avvolga e ti tolga la capacità di ragionare. Voglio che le mie carezze ti facciano sognare-, la mia mano si mosse da sola sul suo petto con delicatezza, quasi a sfiorarlo. –Voglio che le mie labbra brucino completamente la tua pelle-, mormorai, e con un altro bacio ancora più profondo sigillai quelle parole sul suo collo come se avessi intenzione di marchiarle a fuoco sulla sua pelle.
 -Voglio che tu sia per sempre mio.-
 Lo dissi con una tale urgenza e con un tale desiderio che Massi non ci vide più: con uno scatto me lo ritrovai sopra. I suoi occhi mi guardavano con un’intensità che mi fece battere il cuore. Sembrava che il verde delle sue iridi volesse completamente annullare il castano delle mie.
 -Non puoi dirmi queste cose, non ora che non ho neanche il tempo di sfiorarti. Sei crudele!-
 Uno strano sorriso divertito comparve sulle sue labbra prima che decidessero di posarsi con veemenza sulle mie che erano rimaste leggermente aperte per la sorpresa nel sentire quelle parole.
 Il ricordo di quel bacio era talmente intenso che anche a distanza di tutti quei giorni non potei fare a meno di arrossire al solo pensiero di quello che avevamo fatto dopo, anche se avevamo così poco tempo prima della cena.
 -Sai, ti si legge in faccia quando cominci a ricordare le porcherie che fai con Massi-, disse una voce divertita accanto a me.
 Sussultai arrossendo ancora di più a mi voltai a guardare Delia.
 -Ma di che diavolo stai parlando?- chiesi con una voce stridula che probabilmente non sembrava neanche la mia.
 -Puoi anche negare ma tanto lo so che stavi pensando a qualche notte di fuoco passata con Massi. Avevi un’aria talmente beata che di certo non stavi pensando a delle lezioni di scuola.-
 Alzai gli occhi al cielo divertita mentre Delia mi afferrava e mi costringeva ad entrare nell’ennesimo negozio di vestiti.
 Adesso eravamo in quello di Gucci. Ovviamente con una come lei non si poteva sperare di entrare in un negozio più abbordabile per le mie tasche, quindi mi limitavo ad ammirare i vestiti senza neanche provare a toccarli. Delia invece provava di tutto e di più, e comprava anche di tutto e di più. Fortuna che si faceva portare tutto direttamente a casa, altrimenti non saremmo mai riuscite a trasportare da sole così tanta roba.
 Uscimmo dal negozio e Delia mi fece la domanda più sbagliata che avrebbe mai potuto pormi.
 -Cosa indosserai stasera?-
 Feci un respiro profondo e mi preparai ad una sfuriata.
 -Non ho portato un granché di indumenti per un’uscita. Credo un jeans, degli stivali e una maglietta carina.-
 Guardai Delia terrorizzata, ero certa che mi avrebbe ucciso.
 -Uhm-, mugugnò lei tranquilla. –Capisco. Be’ non è male come idea.-
 Alzai un sopracciglio incredula. Delia Barton, la ragazza più fissata al mondo con la moda, non aveva nulla in contrario se mi vestivo in modo così sobrio per andare in uno dei locali più in voga di Boston? Okay, c’era decisamente qualcosa che non andava.
 Avrei voluto indagare di più su quella risposta, ma l’auto che ci aveva messo a disposizione Devon per quella giornata si fermò davanti a noi. L’autista scese e ci aprì lo sportello per farci entrare in macchina.
 Una volta arrivate nell’appartamento la scena che mi ritrovai davanti era la stessa che si riproponeva ai miei occhi da quando ero arrivata a Boston.
 -Stavolta ti faccio nero!- esclamò Massi spingendo con più forza i tasti del Joystick.
 -Sogna, moccioso!- ribatté Mike con un sorriso pungente sul volto.
 -Possibile che voi due sappiate solo stare davanti a quel televisore a giocare-, mormorò Delia esasperata.
 Non potei non essere concorde con lei. Fin dalla prima sera a Boston Massi si era piazzato su quel cavolo divano, davanti a quell’enorme schermo ultrapiatto a giocare a PES contro Mike. Avesse vinto una volta. Michael era davvero troppo forte per lui.
 I due non sembravano essersi neanche accorti di noi tanto erano rapiti dal gioco.
 Non mi era mai piaciuto essere ignorata in generale, figurarsi se lo avrei sopportato da quello che dichiarava di essere il mio ragazzo. Avevo la tentazione di catapultarmi davanti a quei due stupidi e staccare tutti i cavi della console, ma decisi di non farlo per due motivi: Massi ci teneva davvero tanto a quella partita e non volevo rovinargliela; tutti quei marchingegni costavano un occhio della testa ed io non volevo rischiare di fare danni come il mio solito.
 Ingoiai quel rospo e senza rivolgere neanche una parola a Massi dissi a Delia che andavo a fare una doccia così poi ci saremmo preparate per uscire.
 Mi diressi con calma verso la camera da letto e una volta dentro cominciai a spogliarmi entrando subito in bagno.
 Quello lì non lo capivo proprio! Avevamo ancora poche ore da passare insieme e preferiva stare dietro ad uno stupido gioco piuttosto che venire dietro… a me! Quando si comportava in modo così infantile lo avrei strozzato con le mie mani. 
 Entrai ancora una volta in quella doccia meravigliosa e dopo aver aperto l’acqua mi lasciai cullare dal suo dolce tepore. Chiusi gli occhi e decisi di non pensare più a nulla. Non valeva la pena di arrabbiarsi per una cosa simile anche se dovevo ammettere che mi bruciava ancora parecchio!
 Maledetto Massimiliano Draco!
 L’acqua tiepida mi accarezzava delicatamente mentre un sospiro sfuggì alle mie labbra. Ad un certo punto però mi sembro quasi che l’acqua diventasse qualcosa di più concreto, qualcosa di molto più simile ad un corpo che scaldava la mia schiena.
 Una mano spostò i capelli dal mio collo e delle labbra morbide cominciarono a lasciarci dei baci mentre un’altra mano si posava sul mio ventre. Era calda, no… Era incandescente! Potevo sentire il suo calore oltrepassare la mia pelle e raggiungere la parte più intima della mia anima.
 Lentamente girai la testa e i miei occhi incontrarono quelli di Massi, verdi come mai li avevo visti. Mi scrutavano con gentilezza e divertimento, brillavano pieni di quello che mai sarei riuscita a spiegarmi. Era quasi qualcosa di magico, o forse era semplicemente amore.
 -Speravi che ti lasciassi fare la doccia da sola?- mi chiese con un sorriso di scherno. 
 Mi voltai totalmente verso di lui e vidi il suo corpo perfetto. Era lì davanti a me, non dovevo fare altro che allungare la mano per prenderlo. Sui suoi muscoli scorrevano lente delle gocce d’acqua. In quel momento le odiavo! Avrei voluto che fossero le mie mani a percorrere ogni millimetro del suo corpo, ma il mio orgoglio le teneva ancorate a me, non permetteva loro di muoversi.
 Il mio sguardo era grave mentre si fissava nei suoi occhi. Inizialmente sembrava sorpreso dal mio comportamento ma poi un altro sorriso gli illuminò il viso, un sorriso sghembo. Un modo per prendersi gioco di me!
 -Lo sai che non ti ho ignorata, mia delicata…-, con una mano cominciò ad accarezzarmi il viso.
 -Profumata-, sfiorò il mio collo con il naso, e io trattenni il respiro a quel contatto.
 -Dolce-, posò le labbra sulle mie e appena avvertii la sua lingua lasciare una piccola scia di piacere sul mio labbro inferiore mi sciolsi totalmente.
 -Permalosetta.-
 Si staccò da me e mi guardò incuriosito mentre io me ne stavo come un’ebete ferma davanti a lui con la bocca semiaperta in attesa di un bacio che mi aveva negato. Le mie guance si tinsero subito di rosso e il mio orgoglio ferito decise di parlare al mio posto.
 -Eri impegnato con la partita, sembrava una cosa importante-, borbottai spazientita.
 -Non dirmi che non sai la novità?- mi chiese Massi con finta aria sconvolta. Si avvicinò di nuovo e spingendomi con delicatezza sotto il lento getto d’acqua sfiorò di nuovo il mio collo con la punta del naso. –Sui Joystick delle Play hanno inserito il tasto pausa.-
 Sussurrò quella parola proprio vicino al mio orecchio, e nonostante lo scrosciare dell’acqua potei avvertire il suo respiro delicato e fresco sfiorarmi la pelle.
 Il mio orgoglio e la mia rabbia stavano scivolando via piano, come se fosse stata quell’acqua che lambiva i nostri corpi a lavarli via e a farmi dimenticare lo stupido ed insignificante motivo per cui prima me l’ero presa così tanto.
 -E Michael? Ti ha lasciato andare?- riuscii a dire con un filo di voce mentre le labbra di Massi trovavano la mia spalla e ci lasciavano delicati baci lunghi e passionali.
 -Gli ho…-, bacio. –Detto… -, altro bacio. –Che dovevo…-, le sue labbra si spostarono sul collo e si fecero più decise. –Andare in bagno…-, mi lasciò un ultimo bacio prima di sorridere. Avvertii le sue labbra distendersi sulla mia pelle e a quel gesto anch’io non potei fare a meno di sorridere.
 -Alla fine mi sembra che tu gli abbia detto la verità-, dissi sorridendo.
 Lui non rispose. Le sue labbra si richiusero su una piccola parte del mio collo e il suo bacio bloccò qualsiasi mio pensiero.
 Le sue mani si posarono sulla mia schiena e mi attirarono completamente a lui. Il respiro mi si mozzò completamente e le mie mani si ritrovarono dietro il suo collo, tra i suoi meravigliosi capelli completamente bagnati.
 -Non stare a preoccuparti di queste stupidaggini-, bisbigliò lui ad un mio orecchio mentre le sue mani risalivano lente la mia schiena andando contro l’acqua che mi scorreva addosso. Lui era sempre così. Andava sempre contro tutto quello che pensavo annullando qualsiasi mio pregiudizio o pensiero, facendomi sempre scoprire qualcosa di nuovo, un punto di vista che magari da sola non sarei mai stata in grado di vedere.
 -Ci è rimasto davvero poco tempo-, mormorò e non mi fu difficile cogliere la nota di amarezza che gli era sfuggita mista a quelle parole.
 Sì, il tempo rimasto era davvero poco. Il tempo per essere totalmente Vale e Massi alla luce del sole, senza nessun timore di essere scoperti, era quasi finito ormai. Non potevo e non volevo litigare con lui o prendermela per delle futilità.
 Lentamente con la mano ripercorsi il suo petto, fino a raggiungere il collo per poi arrivare finalmente alla guancia. Feci una lieve pressione per portare i nostri volti l’uno di fronte all’altro.
 Lo guardai intensamente negli occhi, mi persi nelle sue iridi e feci in modo che lui si perdesse nelle mie.
 Riempii i miei occhi di tutti i sentimenti che Massi mi aveva fatto provare: gioia, dolore, divertimento, rabbia, passione, gelosia. Tutto quello che Massi mi aveva dato adesso era lì, nei miei occhi, nel mio castano scuro e caldo. Volevo che li vedesse, volevo che quei sentimenti si mostrassero a lui e gli facessero capire quanto era grande, immenso ed incalcolabile quello che provavo quando eravamo insieme.
 Il tempo sembrò fermarsi.
 Non sentivo più lo scrosciare dell’acqua, non avvertivo più l’ansia per l’imminente partenza, non avevo più paura del domani. Quel momento era nostro, ed io lo sentivo come sapevo che anche Massi lo aveva compreso.
 E poi lo vidi. Nei suoi occhi vidi quello che mai avrei creduto di poter vedere. Ci aveva messo tutto quello che poco prima io avevo cercato di mostrargli.
 Gioia. Il verde dei suoi occhi quando gli avevo confessato di amarlo.
 Dolore. Il verde dei suoi occhi quando gli avevo detto che la nostra relazione doveva restare segreta.
 Divertimento. Il verde dei suoi occhi ogni volta che rispondeva ad una delle mie sfuriate.
 Rabbia. Il verde dei suoi occhi durante il nostro primo incontro davanti alle macchinette.
 Passione. Il verde dei suoi occhi durante la nostra prima volta, un verde dolce che aveva paura di farmi del male e che soffriva al solo pensiero di potermene mai fare.
 Gelosia. Il verde dei suoi occhi all’idea che qualcuno potesse portarmi via da lui.
 Ma oltre questo c’era dell’altro. Qualcosa che Massi decise di mostrarmi proprio in quel momento.
 Verde. Era il verde più caldo che avessi mai visto. Era un verde che racchiudeva tutte le sfumature che mi ero trovata di fronte in tutti quei mesi, un verde che assorbiva in sé tutti quei sentimenti che mi aveva mostrato piano, tutti quei sentimenti contrastanti che avevano trovato il modo di unirsi sotto un unico colore. Il colore con cui mi guardava adesso e con cui aveva cominciato a guardarmi già da qualche tempo. Quello era il verde dell’amore che provava per me. Il verde con cui me lo mostrava, il verde che amavo di più e che aveva il potere di uccidermi e di riportarmi in vita, tutto in un solo istante. Un istante che poteva durare in eterno… Un istante che poteva durare meno di un secondo. Era tutto lì, tutto in quegli occhi.
 Il mio respiro si fece più veloce, ero talmente satura di emozioni che mi sembrava quasi di poter esplodere da un momento all’altro.
 Sapevo che anche per Massi era lo stesso. Lo vedevo, le sue emozioni erano quasi tangibili: le sentivo sotto la sua pelle, la mia mano avvertiva ogni sua vibrazione.
 La sua mano si mosse lentamente sulla mia schiena e subito ebbi un fremito incontrollato, il cuore cominciò a battere molto più veloce mentre avvertivo un rossore scandaloso ricoprirmi le guancie e l’anima. Avvertii la pelle cominciare a scaldarsi sotto il suo tocco delicato, e l’acqua non poté nulla contro il calore che Massi stava provocando in tutto il mio corpo.
 Un sospiro pieno di desiderio sfuggì alle mie labbra, Massi continuava ad accarezzarmi la schiena guardandomi dolcemente negli occhi.
 Fu una cosa così strana. Mi sentii come preda di una forza sconosciuta scatenata dallo sguardo di Massi.
 Presi un respiro, attesi il più possibile per assaporare ogni particolare di quell’istante colmo di tensione ma poi non fui più in grado di attendere. Il mio corpo fremeva, il mio cuore accelerava, il mio amore chiamava.
 Mi sollevai un po’ sulle punte e unii le mie labbra a quelle di Massi.
 Senza rendermene conto, avevo appena gettato un fiammifero su una montagna di legna cosparsa di benzina.
 Massi si accese irradiandomi totalmente con il suo calore e il suo impeto.
 Mi strinse a sé ancora di più, premendo le mani sulla mia schiena, e approfondendo il bacio con una foga che mi lasciò letteralmente senza fiato, azzerando ogni mio pensiero.
 Mi ancorava al suo corpo con una forza sempre più intensa, e il bacio diventò incontrollato, profondo, famelico. Le sue labbra cercavano le mie, la sua lingua esplorava la mia bocca, i suoi denti mi lasciavano dei morsi terribilmente piacevoli sul labbro inferiore.
 Era un’onda potente, un uragano che non riuscivo a controllare… Ma io non volevo controllarlo, volevo che mi prendesse con quella foga. Volevo donarmi a lui con tutta la passione che sentivo scaturire dal mio corpo.
 Mi prese e, sollevandomi, le gambe si avvolsero intorno al suo bacino. Le sue mani si posarono sotto le mie cosce e la mia schiena incontro il muro freddo, ma non abbastanza per attenuare il fuoco che mi stava divampando sotto pelle.
 Le labbra di Massi si spostarono sul mio mento, decise e voraci, fino a raggiungere il mio collo dove avvertivo il sangue correre veloce. Defluiva rapidamente dal mio cervello verso il cuore che batteva rapido.
 Aprì piano la bocca e inizio a baciarmi il collo con una lentezza così veloce, era come se volesse essere delicato ma non potesse farlo, la sua fame era troppo forte per riuscire ad essere completamente attento.
 Il suo bacio si fece sempre più deciso, e avvertii le sue labbra stringersi con più veemenza intorno a quel piccolo lembo di pelle prescelto per farmi provare una marea di sensazione incontrollate.
 La mia mente era completamente e beatamente annebbiata.
 Ormai non mi era chiaro più nulla, persino la luce della stanza cominciava a perdere significato e i contorni degli oggetti mi apparivano sfocati. L’unica cosa che continuava ad essermi davvero chiara era… Massi. Le sue mani, la sua pelle, il suo profumo, il suo sapore, il suo calore, il suo intero corpo. Tutto di lui mi era chiaro, niente riusciva a sfuggire ai miei sensi.
 Massi. Massi. Massi
 -Massi…-, mormorai in un sussurro vicino al suo orecchio.
 Ed eccolo. Avevo appena accesso il lanciafiamme direttamente su un enorme cumulo di paglia.
 A quella mia unica parola appena sospirata, i gesti di Massi si fecero ancora più decisi, conscio di quanto tutta quella situazione mi stesse facendo uscire fuori di testa.
 Neanche lui, da quel momento in poi, sarebbe più riuscito a controllarsi, a questo punto ne ero consapevole. E tutto ciò mi rendeva ancora più calda, mi eccitava ancora di più. Il lanciafiamme aveva preso fuoco proprio come il cumulo di paglia.
 Tutto aveva preso fuoco, e niente sarebbe stato risparmiato a quell’evento di proporzioni bibliche.
 Le fiamme avevano preso il controllo di tutti i nostri gesti, persino delle nostre menti. Ogni carezza, ogni bacio, ogni sussurro era colmo del fuoco che avvolgeva i nostri cuori, che lambiva la nostra pelle.
 L’acqua ci sfiorava appena, non l’avvertivo perché le fiamme erano più potenti. Erano inarrestabili. Erano loro a comandare e noi eravamo soltanto il mezzo che avevano trovato per mostrare tutto il loro potere.
 Le fiamme… C’erano solo loro tra noi e dentro di noi.
 
 -Ma guarda tu che razza di disastro-, esclamai rivolta al mio riflesso nello specchio.
 -Che succede?- chiese Massi avvinandosi a me. Aveva appena rimesso pantaloni e maglietta, pronto per tornare a giocare tranquillamente con Michael.
 Io ero ancora completamente nuda, con i capelli fradici e il viso sconvolto dal rossore.
 -Sei un cretino!- mormorai risentita. –Sai fare solo danni.-
 Massi mi guardò un attimo confuso ed io decisi che dovesse vedere quanto era stato stupido poco prima sotto la doccia.
 Scostai ancora di più i capelli e resi visibile ai suoi occhi il suo misfatto.
 Lui alzò un sopracciglio e poi si allargò in un sorriso pieno di orgoglio.
 -Direi che è un vero capolavoro-, disse soddisfatto.
 -Ma sei completamente rimbambito?! Secondo te posso uscire con questo coso sul collo stasera?!-
 Il succhiotto che Massi mi aveva lasciato quando avevamo fatto l’amore sotto la doccia, solo pochi minuti prima, era in bella mostra sul mio collo. Diventava sempre più viola e sempre più enorme.
 -Secondo me è bellissimo-, la nota soddisfatta era ancora più chiara nelle sue parole.
 -Bellissimo?! E’ un disastro-, mormorai avvilita. –Oltre al fatto che stasera dovrei uscire con questa sotto specie di marchio sul collo, secondo te domani come lo spiego ai miei? Non credo che possa passare in poche ore. Sembra quasi che mi abbia aggredito un vampiro!-
 Mi voltai di nuovo verso lo specchio e delicatamente passai un dito sulla parte più scura del succhiotto.
 -Guarda che roba…-
 -Non volevo lasciartelo-, mormorò Massi in segno di scusa. –E’ solo che non sono riuscito a controllarmi. Stavolta mi hai fatto davvero impazzire, non ho capito più niente e mi sono lasciato prendere un po’ la mano.-
 Il rosso che mi colorava le guancie divenne ancora più intenso. Al solo ricordo di quello che avevamo fatto poco prima sotto la doccia delle piacevoli fitte mi attraversavano il ventre.
 La testa stava cominciando a girarmi e sperai con tutto il cuore che fosse solo per il caldo soffocante che c’era in quel bagno, ma in realtà sapevo che il desiderio stava bussando di nuovo alla mia porta, avvolgendo il mio corpo.
 Maledetti ormoni del cavolo!
 -Vabbe’-, cominciai con voce incerta. –Credo che Delia potrà fare qualcosa con quell’arsenale di trucchi che ha in camera.-
 Massi si avvicinò lentamente e con calma mi abbracciò da dietro posando il mento sulla mia spalla.
 -Sì, credo che Delia potrà fare qualcosa.-
 La sua voce era bassa, e le sue braccia erano calde mentre mi ancoravano al suo corpo. La mia schiena fu pervasa da un brivido quando i nostri corpi entrano completamente in contatto, e bruciava contro la stoffa della sua maglietta e dei suoi pantaloni.
 -Dovresti tornare da Mike-, mormorai quasi in un bisbiglio. Non volevo che se ne andasse ma non potevamo neanche restare rinchiusi in quel bagno in eterno.
 Massi si accoccolò meglio sul mio collo e con le labbra sfiorò delicatamente il segno che mi aveva lasciato.
 -Sai, tu mi attrai molto di più di un pallone gonfiato e di uno stupido videogioco-, sussurrò quelle parole a pochi millimetri dal mio orecchio. Avvertii il cuore cominciare a battere ancora una volta più forte di quanto avessi mai potuto immaginare.
 I miei respiri si fecero sempre più pesanti e la testa diventava man mano più leggera. Il solo pensiero che in quel momento la occupava era il calore del fuoco che Massi riusciva a scatenare in me.
 Le fiamme si alzavano sempre più, senza controllo.
 Le labbra di Massi si aprirono e si posarono di nuovo sul segno che mi aveva lasciato. Avvertii la sua lingua giocare con la mia pelle e le sue mani sfiorarmi delicatamente il ventre.
 -Come fai ad essere sempre così dolce?- mi chiese poi in sussurro mentre continuava ad assaporare la mia pelle. –Mi sento quasi drogato da te, non posso fare a meno di toccarti e di…- prese delicatamente il mio viso e lo voltò verso il suo. –Baciarti.-
 Chiuse gli occhi e le sue labbra travolsero letteralmente le mie che risposero da sole al bacio senza che ci fosse alcun bisogno di ragionarci su.
 I miei occhi erano rimasti per attimo aperti dalla sorpresa di quel gesto e potei ammirare le lunghe ciglia bionde di Massi e le sue palpebre che tremavano per l’emozione che quel bacio gli stava trasmettendo.
 Mi voltai totalmente verso di lui e lasciai che le sue mani si posassero sulla mia schiena attirandomi a sé.
 Posò poi una mano sul mio collo, esattamente in corrispondenza del succhiotto che mi aveva lasciato, e inizio ad accarezzare quella parte di pelle con una lentezza quasi esasperante. Una lentezza che mi faceva impazzire.
 Presa dalla foga gli buttai le braccia al collo e lo strinsi a me, come se non volessi lasciarlo andare mai più. E in effetti il mio intento era proprio quello: mai, per nessun motivo al mondo, avrei potuto rinunciare a Massi. Vivere quei momenti con lui era troppo elettrizzante per immaginare un futuro in cui non ci fossero.
 Resi quel bacio ancora più profondo e Massi sembrò molto felice della mia decisione.
 Notai a malapena che la terra mi mancò all’improvviso sotto i piedi. Massi mi aveva preso in braccio continuando a baciarmi. Si diresse con calma verso la camera e staccando le nostre labbra mi depose con cura sul letto.
 -Mike dovrà aspettare ancora un po’-, era in piedi davanti a me e mi guardava come se fossi stata un tesoro prezioso che lui solo poteva ammirare. Si sentiva orgoglioso di quel tesoro che possedeva, lo potevo capire dalla luce che leggevo nei suoi occhi.
 Sorrisi a quelle sue parole e lui rispose a quel mio sorriso. Si tolse la maglietta, ancora una volta il mio cuore fece un balzo alla vista di quel corpo quasi scultoreo che avevo davanti. Più volte lo guardavo e più forti diventavano le fitte al basso ventre che prendevano possesso della mia ragione.
 Si stese su di me e subito il piacere di avvertire la sua pelle sulla mia prese il posto di quelle poche facoltà mentali che ancora mi erano rimaste.
 
 -Non potevi dire a Massi di andarci un po’ più leggero?-
 Sospirai con aria sconfitta. Ero in camera di Delia, e mio malgrado ero stata costretta a mostrarle quello che Massi aveva lasciato sul mio collo quasi un’ora prima. Anche se dubitavo che un segno del genere sarebbe passato inosservato.
 -Ti prego, dimmi che puoi fare qualcosa-, dissi con tono di supplica.
 -Sì, qualcosa si può fare. Ma quel timbro non sparirà tanto presto, come pensi di spiegarlo ai tuoi genitori?-
 La domanda di Delia era più che legittima e io per prima non avevo idea di come superare lo “scoglio genitori” una volta tornata a casa.
 -Non lo so, Delia. So solo che non ci voglio pensare. Dopotutto a me e Massi non è rimasto tanto tempo e se devo stare anche a preoccuparmi dei miei sarà la fine.-
 Delia mi guardò con un sorriso.
 -Devo dire che tu e Massi state cercando di impiegare al meglio il tempo che vi è rimasto-, un risolino le sfuggì dalle labbra e questo mi fece arrossire ancora di più.
 -Non commentare, per favore-, rispose imbarazzata. –Direi che se puoi far in modo di rendere meno evidente questo coso-, indicai con decisione il succhiotto, -devi darti una mossa visto che tra un’ora dobbiamo essere pronte per uscire.-
 -Va bene-, rispose Delia con un sorrisetto che non mi piacque per niente. Aveva qualcosa in mente, me lo sentivo. – Però se vuoi che io faccia sparire il succhiotto dovrai fare una piccola cosa per me.-
 Alzai un sopracciglio poco convinta.
 E adesso che diavolo le stava passando per la testa a quella italoamericana spilungona?!
 -Cosa dovrei fare?- chiesi con un misto di curiosità e cautela.
 -Dovrai lasciare che sia io a decidere cosa indossarai questa sera-, il suo sorriso divenne ancora più luminoso.
 Io impallidii prima che lei finisse quella frase.
 Lasciare che Delia Barton decidesse il mio abbigliamento avrebbe significato la mia condanna a morte. Primo perché ero certa che mi avrebbe fatto indossare dei tacchi e con il mio equilibrio precario sarei morta appena avessi messo piede fuori di casa, se non prima. Secondo perché ero certa che l’abbigliamento che aveva in mente comprendeva il minimo indispensabile di stoffa, e non ero tanto sicura che questo sarebbe piaciuto a Massi.
 Eppure prima che me ne rendessi conto la mia bocca aveva decretato la sentenza.
 -Okay.-
 Delia si aprì in un sorriso soddisfatto per poi cominciare a stendere una dose massiccia di correttore sul marchio che le labbra del mio Massi mi avevano lasciato impresso sul collo.










***L'Autrice***
 E allora mie care? Che ne pensate di questo capitolo? Personalmente lo trovo davvero molto dolce, non sono per niente abituata a vedere Massi e Vale in situazioni così zuccherose e passionali, ma devo ammettere che mi piace molto scrivere capitoli come questo...
 Purtroppo brutte notizie in arrivo, il prossimo è l'ultimo capitolo che ho scritto, purtroppo quel luogo infernale chiamato "Università" mi ha assorbito parecchio tempo però spero di riuscire a finire il capitolo 6 nelle due settimane di tempo che avrò o anche prima (lezioni e studio permettendo)... xD
 Che altro dire di questo Capitolo 4? Uhm... Si è scoperta la storia dei genitori di Delia, Massi e Vale ci hanno dato dentro per la gioia di Marco, e soprattutto... Quanto vorrei che Massi lasciassi un succhiotto anche a me! *-* ahahahaahh Penso di interpretare il pensiero di molte di voi con queste parole... xD Okay, adesso la smetto, sembro una vacchia pervertita, ormai Massi è fuori dalla mia portata ho 3 anni più di lui... ahahahahah Ma rimane comunque il mio adorato Massi... *-*
 Ma voi non potete capire che mi è successo venerdì... Dovevo andare a fare un esame facilissimo e non mi è suonata la sveglia, mi sono svegliata a mezzogiorno passato e mi è preso un colpo... ^^' Adesso mi toccherà fare quell'esame a settembre, che rottura... ^^'
 Tolti i miei ormai innumerevoli problemi con l'università direi di passare a qualche spoiler.
 Anticipazioni:
 Vedremo come Delia acchitterà la nostra povera Vale, che sarà costretta ad accettare tutte le follie stilistiche dell'amica... xD Oltre a questo ci sarà qualche momento romantica tra Massi e Vale. Diciamo che è più un capitolo preparatorio per il sesto.... xD
 Come sempre ringrazio tutte le persone che stanno seguendo questa storia, sto cercando di metterci il cuore come sempre e spero che i miei sentimenti e la mia gratitudine riescano ad arrivarvi anche attraverso i miei capitoli... Vi devo davvero tanto per tutto l'affetto che mi dimostrate e per tutto l'entusiasmo che mettete nel seguire le vicende di Vale e Massi. Siete tremendamente dolci e io vi voglio un mondo di bene. *-*
Detto questo vi ricordo che potete trovare altre informazioni su Massi e Vale cliccando su questi link:



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Capitolo 5
*** Il Calore Della Neve ***






Verso La Maturità- Capitolo 5
Non Sempre Cambiare Equivale A Migliorare
Ma Per Migliorare Bisogna Cambiare
Winston Churchill
 
 
Capitolo 5: Il Calore Della Neve
 
 -Stai scherzando spero!- esclamai guardandomi allo specchio.
 -Ti sembro una che ha voglia di scherzare?- chiese Delia con un sorriso soddisfatto. –Sei la mia creazione migliore, sapevo che avevi del potenziale nascosto.-
 Alzai un sopracciglio sconvolta.
 Avevo concesso a Delia di decidere cosa avrei indossato per quella serata in discoteca ma non avrei mai creduto che in meno di un’ora quella ragazza avrebbe fatto così tanti danni. Prima di tutto aveva deciso di prestarmi lei tutto quanto, e così mi ero ritrovata almeno duemila dollari addosso tra abiti, trucco, accessori e profumo.
 -Quel vestito ti sta da Dio!- Delia batté le mani con gli occhi che le brillavano.
 -Vestito? Quale vestito? Questo è a malapena un francobollo.-
 -Se ti sentisse Gucci ti ucciderebbe-, borbottò Delia contrariata.
 Il vestito era fantastico, nero a fascia con una cinghia decorata che passava intorno alla vita. La parte superiore era molto simile ad un corpetto ed era corto, estremamente corto, arrivava appena a metà coscia.
 -E Prada che ne penserebbe del fatto che vorrei prendere queste scarpe e bruciarle? Lo sa che noi donne non siamo trampolieri?-
 Delia alzò un sopracciglio scocciata.
 -My God, Vale. Stai sempre a lamentarti-, incrociò le braccia risentita. –Per una volta dimentica la tua acidità e fidati di me, è ora di far uscire la strafiga che è in te.-
 -Ma non è acidità, è solo la realtà. Secondo te come faccio a camminare tutta la sera su tacchi a spillo di 12 centimetri?-
 Dovevo ammettere che erano scarpe bellissime ma la comodità non era stata neanche contemplata quando le avevano disegnate. Erano delle decolté nere a punta, con un braccialetto nero che abbracciava la caviglia. Non sarei durata un minuto con quelle scarpe addosso.
 L’unica cosa che mi piaceva e che non mi creava nessun problema del guardaroba che Delia mi aveva costretta ad indossare era una meravigliosa borsa di Armani, una pochette grigio scuro fatta a pieghe. Bellissima e almeno non era corta come il vestito o scomoda come le scarpe.
 -Pensa che quando Massi ti vedrà comincerà a sbavare ammirato-, concluse Delia soddisfatta mettendomi a posto gli ultimi dettagli del trucco. Era riuscita a coprire totalmente il segno che Massi mi aveva lasciato sul collo solo che si era lasciata prendere un po’ la mano visto che aveva passato in rassegna qualsiasi cosa che sul mio viso fosse “truccabile”. 
 -Quando Massi mi vedrà mi chiuderà in casa-, mormorai sconsolata. Dubitavo che a lui quell’abbigliamento sarebbe andato a genio più che a me.
 Delia fissò il mio viso per un attimo e poi sorrise soddisfatta.
 -Direi che sei pronta, un vero capolavoro.-
 Mi alzai e mi voltai verso l’enorme specchio che troneggiava accanto all’armadio di Delia. Prima di quel momento non avevo ancora avuto occasione di vedermi ma una cosa era certa: non ero io quella specie di modella bellissima che mi guardava stupita.
 -Quella non…. Non sono io…-, mormorai incredula.
 -Certo che sei tu-, rispose Delia con un risolino. –Te l’avevo detto: un vero capolavoro. Probabilmente non ti riconoscerebbe neanche tua madre.-
 Non mi avrebbe riconosciuta di certo! Quella non ero io! Non potevo essere io! Sembravo davvero una modella… Da quando avevo gambe così snelle e lunghe? E i miei occhi? Da quando erano così grandi e luminosi? Eppure il trucco non era poi così pesante. Per non parlare dei capelli! Delia li aveva resi lisci e setosi, ad ogni più piccolo movimento danzavano lentamente sulle mie spalle, quasi fossero stati fatti di fumo.
 -Non posso essere io-, non riuscivo davvero a crederci.
 -Ancora?- ribatté Delia esasperata posandosi le mani sui fianchi. –Tesoro, ti assicuro che quella sei tu. Che la cosa ti piaccia o no, tu sei una ragazza bellissima ed era ora che te ne rendessi conto anche tu.-
 Mi voltai a guardare Delia. Lei era bella come al solito, la sua bellezza era eterea quasi intangibile. Fasciata nel suo vestito rosa scuro leggermente a palloncino, e su quelle eleganti scarpe grigie, sembrava davvero una dea. La sua pelle chiara e luminosa, i suoi occhi scuri messi in risalto dai boccoli biondi che le danzavano sulla schiena.
 Lei era una dea, una bellezza non umana. Eppure non potei fare a meno di confrontarla con la tizia che mi guardava dallo specchio. La bellezza di quella ragazza era reale, una bellezza che si può trovare ovunque ma stranamente unica. Una bellezza umana, una bellezza vera che io non avevo mai visto in me.
 -Direi che possiamo andare-, disse Delia soddisfatta. –Adesso la puoi anche smettere di sbavare dietro a te stessa, quell’onore spetta a Massi.-
 Mi voltai a guardarla di scatto.
 -Ma… ma…-, non avevo più parole.
 -Sì, lo so. Sei uno schianto, penso fosse questa la parola che stavi cercando-, rise Delia porgendomi il lungo cappotto nero che avrei indossato quella sera. Mentre lei prendeva il suo cappotto grigio scuro.
 I ragazzi ci stavano aspettando nell’appartamento del padre di Delia. Devon aveva insistito per fare una foto a tutti e quattro davanti al suo adorato caminetto ultramoderno. Adorava quella zona della sua casa e adorava tutti noi.
 Una volta dentro l’ascensore cominciai davvero a sudare freddo. Avevo il terrore che Massi non avrebbe reagito bene vedendomi così poco vestita.
 Arrivato al piano di sotto l’ascensore si fermò e cominciò ad aprirsi. Proprio in quel momento scorsi Massi in piedi, appoggiato al divano nero di pelle che stava nel salone. Era una visione. Spalancai gli occhi incredula mentre osservavo quanto Massi potesse essere affascinante quella sera. Aveva scompigliato i capelli più del solito e li aveva resi più brillanti con un po’ di gel. Indossava giacca e pantaloni neri e sotto una camicia grigio fumé.
 Accanto a lui c’era Michel, i capelli neri tirati un po’ indietro e indossava una camicia viola, dei pantaloni marrone scuro e un cappotto grigio scuro. Anche lui era molto affascinante ma Massi, Massi era qualcosa d’indescrivibile, un’immagine che mai sarei riuscita a cancellare dalla mente.
 -Vale, sei splendida-, esclamò Michael con un sorriso enorme. –Ovviamente anche tu Delia, ma da Vale non mi sarei aspettato tanto.-
 In quel momento Massi alzò lo sguardo e incontrò i miei occhi. Fu come se un fulmine mi avesse colpito in quel preciso istante. Gli occhi di Massi scrutarono i miei o poi cominciarono a percorrere il mio corpo: partì dalle scarpe risalendo le gambe, osservò i miei fianchi e si soffermò un po’ di più sulla scollatura per poi tornare a guardarmi negli occhi.
 Non pronunciò una sola parola ma bastò il suo sguardo per farmi andare il viso a fuoco, arrossii senza poterlo impedire mentre i miei occhi all’improvviso trovarono che l’angolino in fondo alla stanza fosse un particolare davvero molto interessante.
 Era la prima volta che i miei occhi non si sentivano in grado si sostenere lo sguardo di Massi, avevo il terrore di non piacergli, forse lui preferiva la solita me e non quella sotto specie di splendida ochetta che tutto d’un tratto si era ritrovato come fidanzata.
 -Bene, ragazzi-, esclamò Devon entusiasta entrando nella stanza. Quando lo guardai per poco non inciampò nei suoi stessi piedi. –Vale?-
 Sollevai un sopracciglio confusa.
 -Devon-, risposi con semplicità sbattendo gli occhi stranita.
 -No, scusa-, sgranò gli occhi imbarazzato. –Per un attimo non ti avevo riconosciuta. Sei diversa… Non fraintendere, è un diversa positivo, solo che non immaginavo che nascondessi una bellezza di questo livello.-
 Il mio rossore divenne ancora più evidente visto che tutta la famiglia Barton scoppiò a ridere. Non mi arrischiai neanche a guardare in direzioni di Massi, avevo la sensazione che fosse furente.
 -Se avessi vent’anni di meno probabilmente Massi avrebbe parecchio di cui preoccuparsi-, scherzò Devon con un sorriso luminoso. Quell’uomo riusciva ad essere bellissimo ed intrigante anche quando si prendeva gioco di me.
 Per quanto il mio amore per Massi fosse forte la mia mente si ritrovò assolutamente con la battuta di Devon. Se avesse avuto vent’anni di meno sarei stata capace di cadere ai suoi piedi senza che lui dovesse neanche sforzarsi troppo.
 Arrossii ancora di più a quei pensieri e scossi il capo per scacciarli via. Ci mancava soltanto che cominciassi a desiderare di stuprare un uomo che aveva l’età di mio padre.
 -Dad-, intervenne Michael. –Scattiamo questa foto alla svelta altrimenti finiremo per passare la nottata qui a sbavare dietro a Vale.-
 Spalancai gli occhi imbarazzata e lanciai a Mike uno sguardo che avrebbe potuto uccidere tutti i cattivi dei fumetti Marvel in un colpo solo.
 Massi diede un colpo di tosse contrariato ma continuò a non proferire parola. La mia situazione continuava ad aggravarsi, di questo passo mi avrebbe presa di peso e portata di sopra rinchiudendomi nella nostra stanza per impedirmi di mettere il naso fuori di casa.
 -Direi…-, cominciò Devon con calma. –Voi ragazze mettetevi al centro con le spalle al caminetto. Tu, Massi, vai alla destra di Vale e Mike vai accanto a tua sorella. Sto per scattare un vero capolavoro di foto, con dei soggetti come e voi e il mio caminetto non potrei desiderare di meglio.-
 Quello che desideravo io invece era di andare a sotterrarmi nella fossa più profonda che avrei potuto trovare nei dintorni. La serata non stava cominciando esattamente benissimo e conoscendo l’andamento solito della mia sfortuna non poteva far altro che peggiorare.
 Ci posizionammo come Devon ci aveva chiesto e cercai nel fondo del mio cervello un motivo valido per riuscire a sorridere ma soprattutto per calmarmi e togliere dalle mie guance quello strato di rosso intenso che dimostrava tutto il mio disagio.
 -Pronti?- chiese Devon puntando verso di noi la sua ultramoderna macchinetta digitale.
 All’improvviso avvertii un forte senso di calore sul mio fianco, Massi mi attirò a sé e la mia spalla si ritrovò a toccare il suo torace.
 Alzai gli occhi e vidi che il suo volto era tirato dalla rabbia mentre il mio cuore batteva come un pazzo scoprendosi così vicino alla fonte che lo faceva sempre uscire fuori da ogni schema.
 Forse Massi era in collera e probabilmente mi avrebbe rimproverata ma quella rimaneva l’ultima sera in cui saremmo potuti essere solo lui ed io, senza nessuno che tra i piedi. Accidenti a tutto! Io avevo intenzione di godermi quella serata fino all’ultimo.
 Un sorriso sincero si dipinse sul mio volto e senza accorgermene appoggia la testa sul petto di Massi. Il suo cuore: potevo sentire i suoi battiti e mi accorsi che stavano aumentando in modo esponenziale mentre la sua mano mi stringeva con più forza a lui.
 Era arrabbiato ma questo non cambiava nulla, mi amava e io lo sentivo con tutta me stessa. Quel calore che irradiava e che riusciva a passare oltre la mia pelle… L’idea che fossi io a scatenare quel calore e che fosse a causa della mia vicinanza che il suo cuore si sentiva così in diritto di aumentare i battiti mi faceva sentire totalmente e incondizionatamente autorizzata ad amarlo molto più di quanto avrei mai potuto credere possibile.
 Devon scattò finalmente la sua foto e riguardandola sullo schermo ad alta definizione della sua fotocamera per poco non si mise a piangere.
 -Mi sembra ieri che facevo le foto a Mike che pestava i bambini che ci provavano con Delia, e lei aveva solo tre anni.-
 Delia roteò gli occhi scocciata.
 -Ci dovevano solo provare a sfiorare la mia sorellina-, ribatté Michael dandosi un pugno sul palmo della sua mano destra.
  Delia alzò gli occhi al cielo esasperata.
 -Ti avverto, Mike. Se stasera provi a mettermi i bastoni fra le ruote con i tuoi soliti attacchi di gelosia da fratello maggiore, giuro che ti picchio davanti a tutti. E che cavolo!-
 Michael la fulminò con lo sguardo.
 -Se i ragazzi si comporteranno bene non avrò motivo di intervenire.-
 -Pensi che io mi sia vestita così per andare in un museo?! Voglio divertirmi e non m’interessa se i ragazzi non si comporteranno bene, non voglio che lo facciano.-
 Gli fece la linguaccia e si diresse verso l’ascensore.
 -Per sicurezza li farò fuori tutti allora-, rispose Michael con semplicità.
 Adesso capivo perché Massi non voleva che Mike venisse a conoscenza di tutta la storia di Christian. Avrebbe ammazzato lui- e su questo non avrei avuto nulla da ridere- e chiuso Delia in un convento.
 Lanciai un’occhiata a Massi per invitarlo a seguire Delia ma lui aveva ancora quello sguardo… come dire… incazzato a morte.
 -Divertitevi ragazzi-, esclamò Devon salutandoci con ancora in mano la sua preziosa digitale.
 Visto che Massi non dava segno di volersi muovere cominciai a seguire Delia e Michael nell’ascensore.
 -Massi-, lo chiamò Mike notando che se ne stava fermo a fissare un punto nella stanza. –Hai intenzione di venire con noi o trovi che la mensola sopra la TV sia più interessante?-
 Non ricevette nessuna risposta verbale, Massi si limitò a fare un respiro e ad entrare insieme a noi nell’ascensore.
 Arrivammo a piano terra ed uscimmo da casa. Il gelo era indescrivibile e aveva cominciato persino a nevicare. Le mie sottili collant e il cappotto di Delia non poterono fare molto contro quel freddo polare.
 -Mike, andiamo a prendere l’auto-, disse Delia afferrando il fratello per il braccio.
 -Ma posso andare da solo a prenderla-, rispose Michael sorpreso.
 -Ti ho detto andiamo-, rincarò Delia lanciando uno sguardo di fuoco al ragazzo. –Voi aspettate qui, torneremo tra un minuto.-
 Trascinò Michael verso il retro della casa dove era parcheggiata l’auto.
 Era una mia impressione o Delia aveva fatto di tutto per lasciare me e Massi da soli? Non capivo il perché. Possibile che volesse che io gli parlassi per capire come mai fosse così strano?
 Alzai lo sguardo e ancora una volta nei suoi occhi lessi una strana rabbia.
 -Ti senti bene?- gli chiesi esitante.
 Mi guardò ancora poi distolse lo sguardo e sospirò.
 -Non era nei miei piani venire fino a Boston per andare in galera.-
 -Come scusa? Ma di che diavolo stai parlando?-
 Aveva bevuto e non me n’ero accorta? O forse aveva la febbre visto che stava delirando.
 -Ti sei vista?- mi chiese lui accarezzandomi con lo sguardo, i suoi occhi mi squadravano così intensamente che nonostante il freddo uno strano calore mi avvolse. –Sei… Sei una specie di dea, non ho mai visto niente di così bello. Sarà impossibile che io riesca ad evitare una rissa stasera, non ci sarà altro modo per tenere quei polipi americani lontani da ciò che mi appartiene.-
 Spalancai gli occhi incredula. Lui era preoccupato per i ragazzi che ci avrebbero provato con me? Non sapevo se sentirmi lusingata per il complimento o incavolarmi per la poca fiducia che riponeva in me.
 -Ammesso che qualcuno ci provi con me, il che è quasi totalmente da escludere visto che ci saranno ragazze più belle da accalappiare, non hai dimenticato un piccolo dettaglio?-
 Massi mi fissò negli occhi.
 -Quale dettaglio?-
 Sorrisi divertita.
 -Hai dimenticato chi sono? Secondo te lascerei a un qualsiasi americano senza cervello e pieno di testosterone di avvicinarsi a me? Sai perfettamente che se una persona mi sta sulle scatole divento più acida di un limone. Sarò anche bella stasera ma il mio caratteraccio rimane dov’è, non saranno di certo un lucidalabbra e un bel vestito a coprirlo o a cancellarlo.-
 Negli occhi di Massi passò un guizzo di felicità.
 -E c’è un’altra cosa-, continuai fissandolo dritto negli occhi.
 -Cosa?-
 Sorrisi e posando una mano sul suo petto lasciai penzolare il ciondolo del mio braccialetto in modo che la V fosse evidente.
 -Lo hai appena detto tu: io appartengo a te.-
 Gli occhi di Massi mi avvolsero completamente e posò una mano sulla mia guancia accarezzandomi dolcemente.
 -Sono tua, e difenderò questo ruolo con le unghie e con i denti. Non sarà di certo il primo che passa a farmi dimenticare quanto ti amo. In effetti penso che neanche una lobotomia potrebbe mai cancellare dalla mia mente l’immagine del tuo volto. Ormai sei parte di me.-
 -Dopo quello che hai detto sarò ancora più assetato di sangue quando dovrò picchiare gli idioti che ci proveranno con te.-
 Rise e il suo sguardo si fece tremendamente dolce mentre la sua mano mi scaldava completamente il viso. Era inutile tentare di fermare il mio cuore che accelerava, erano mesi che neanche ci provavo più.
 -Possono provarci quanto vogliono, non otterranno nulla-, mormorai divertita.
 -Se proveranno anche solo a guardati li ucciderò tutti.-
 -Non ti sembra di esagerare? Alla fine non sono così bella, avranno altro da guardare.-
 Massi alzò gli occhi al cielo e sorrise ancora.
 -Possibile che ancora tu non ti renda conto di quanto sei meravigliosa stasera? Se ti avessi incontrato oggi mi sarei dichiarato senza aspettare neanche un secondo. Me ne sarei fregato del tuo caratteraccio e ti avrei baciato subito.-
 Lo guardai scettica.
 -Tutte parole. Mi dici che sono bella e che ammazzeresti tutti quelli che mi guardano ma non mi pare che tu abbia dimostrato con i fatti tutto ciò che vai blaterando. Sei ancora qui a parlare e non…-
 Massi posò le sue labbra sulle mie chiudendomi definitivamente la bocca. Mi strinse a sé approfondendo il bacio con una passione che, insieme al respiro, mi tolse anche qualsiasi motivo per continuare a pensare. Il fuoco prese ancora una volta possesso del mio corpo mentre la mia bocca accoglieva quel bacio come una boccata d’aria fresca dopo non aver respirato per ore. Il mio corpo aveva patito la mancanza di quello di Massi e adesso si sentiva finalmente appagato per quel contatto così intenso.
 Le sue braccia mi tenevano ancorata a lui e le sue labbra continuavano a cercare le mie. Intorno a noi non c’era più nulla: la neve, il freddo, il rumore delle auto… Era tutto svanito, come se una calda bolla di felicità e completezza ci avesse avvolti cancellando tutto quello che per noi era assolutamente inutile.
 In quel momento le labbra di Massi, le sue mani sulla mia schiena, il suo respiro che delicato accarezzava il mio volto erano le uniche cose che potessero contare. Mi strinse ancora di più e il bacio si approfondì prima di terminare in un dolce, dolcissimo, bacio a fior di labbra.
 -Le mie parole sono state dimostrate a sufficienza?- mi chiese mormorando quella frase sulle mie labbra e potei sentire il profumo del suo respiro pervadermi come un’onda di passione.
 -Dovrei vestirmi così più spesso-, risposi sorridendo. –Mi piace l’effetto che ti ha fatto.-
 Massi rise e mi lasciò un altro bacio a fior di labbra.
 -Tu mi fai sempre questo effetto, non riesco a starti lontano. Quando non sono con te mi sento vuoto come se la mia felicità e il mio benessere mentale dipendessero soltanto dalla tua presenza. Se un giorno non potessi più starti accanto penso che ne morirei.-
 Mi allontanai un po’ da lui e lo guardai negli occhi.
 -Forse sembra un po’ melodrammatico e stupido ma è così-, continuò giocando con una ciocca dei miei capelli. Era arrossito! Non potevo crederci ma Massimiliano Draco era davvero arrossito in modo scandaloso!
 -Non riesco ad immaginarmi senza di te in futuro, sembra che tu abbia trovato il modo di radicarti dentro di me, nel profondo, prima che io me ne rendessi davvero conto. A quanto pare anche tu sei parte di me, forse la mia parte migliore, e di certo la parte che amo di più e a cui non potrò mai rinunciare.-
 Non riuscivo a parlare, quelle parole… Erano bellissime. Mi avevano assolutamente spiazzato forse molto più di quando da quella bocca avevo sentito per la prima volta che era innamorato di me. Mi amava molto più di quanto avrei mai immaginato e solo adesso capivo quanto per lui fosse stato difficile il periodo in cui fingeva di stare con Delia. Lui voleva me, aveva sempre voluto me e adesso stava cercando di dirmelo.
 -Lo so, non è da me essere così melenso e ti giuro che questo sta diventando il momento più imbarazzante di tutta la mia vita. Probabilmente se lo racconterai a qualcuno di ammazzerò ma… Questo è quello che provo per te, il solo vederti mi rende l’uomo più felice sulla faccia della terra… E… E… Ma quanto ci mettono quei due a prendere la macchina?-
 Un sorriso dolce mi si dipinse sulle labbra. Era davvero imbarazzato e non potevo dargli torto, ci mancava poco che mi chiedesse di sposarlo.
 -Massi.-
 Lui continuò a guardare nella direzione in cui erano spariti poco prima Delia e Mike.
 -Massi-, lo chiamai ancora con voce più dolce.
 Abbassò lentamente lo sguardo e incontrò i miei occhi pieni di dolcezza e comprensione.
 -Pensi che quello che hai detto sia imbarazzante, e forse lo è. Ma sono le parole più belle che io abbia mai sentito. Tu le hai dette a me, questo può solo rendermi felice. Non ti libererai di me così facilmente quindi è inutile che continui a pensare a quello che faresti se io e te non stessimo più insieme perché ti assicuro che nei miei piani futuri l’idea di stare anche solo un minuto senza di te non è neanche contemplata. Possibile che non capisci che ti amo troppo per pensare che un giorno non staremo più insieme? E’ stato troppo difficile averti per immaginare di dover rinunciare a te.-
 Gli occhi di Massi si fecero cupi.
 -Lo è stato, vero? Ti ho fatto soffrire parecchio.-
 Perché dovevamo ricordare quel periodo di merda? Era la nostra ultima serata prima di dover tornare alla realtà, non potevamo semplicemente godercela?
 -Ho sofferto, sono stata davvero molto male in quel periodo. Pensavo di non poter competere con quello che provavi per Delia e credevo di essermi innamorata del più egocentrico e stupido ragazzo esistente nell’Universo, eri tutto quello che avevo sempre cercato di evitare. Mi ero innamorata proprio di qualcuno che ritenevo sbagliato per me, e non capivo perché dovessi essere proprio tu. Io ho sofferto, è vero. E tu? Anche per te non è stato facile, è stato un brutto periodo per entrambi e ricordarlo non porterà a niente visto che ormai è passato.-
 Sorrisi sperando che la mia serenità potesse riportare a galla anche la sua.
 -Se stare male e soffrire alla fine mi riporterà sempre da te allora mi va bene essere ferita. Vale la pena di stare male se vengo ripagata in questo modo, se poi il mio premio sei tu.-
 -Stiamo diventando parecchio sdolcinati, non trovi Ferrari?- mi chiese lui con il suo solito sorriso sghembo.
 Lo guardai sorridendo e non potei fare a meno di rifugiarmi tra le sue braccia e di stringerlo a me.
 -Hai cominciato tu-, mormorai. –Semplicemente non volevo essere da meno, altrimenti tra qualche mese te ne usciresti con frasi del tipo “Perché io sono sempre stato dolce e sincero mentre tu sei la solita acida”.-
 -Però è vero che sei acida-, rise lasciandomi un bacio tra i capelli e mi strinse ancora di più.
 -Sarò anche acida ma quando serve so essere sincera.-
 -E’ impossibile combattere contro di te, con le parole mi batti sempre. Dici la cosa giusta anche quando cerco di insultarti.-
 Il suo tono era tranquillo, finalmente ero riuscita a rasserenarlo.
 -Semplicemente ho più cervello di te, mio caro Draco.-
 -“Come uccidere il romanticismo- Volume 1” scritto da Valeria Ferrari-, Massi rise ancora nel pronunciare quelle parole.
 -Da quando Massimiliano Draco si preoccupa del romanticismo?- chiesi ridendo anch’io.
 Lui si scostò un po’ da me per guardarmi negli occhi.
 -Da quando si è innamorato di una ragazza bellissima e acida-, posò un bacio sulle mie labbra. –Da quando la felicità di quella ragazza è diventata l’unica cosa che veramente conta per lui.-
 Non sapevo cosa mi stesse ancora trattenendo dallo scoppiare a piangere come una bambina. Se Massi avesse continuato a dire certe cose probabilmente mi sarei davvero sciolta tra le sue braccia. In quel momento mi sarebbe piaciuto diventare un soffio di vento per poter avvolgere completamente il corpo di Massi e fargli capire quanto quelle parole mi fossero entrate nel profondo.
 Il mio cuore batteva frenetico mentre mi perdevo negli occhi di Massi e li facevo ancora una volta miei inglobandoli nel mio stesso corpo.
 Mai.
 Mai finché avrei avuto i vita i miei occhi sarebbero stati in grado di fare a meno di quelli di Massi, erano come una fonte di energia indispensabile per la mia anima e per il mio cuore.
 Eravamo talmente immersi nei nostri pensieri e nel guardarci che neanche ci accorgemmo di un’auto che si era fermata proprio davanti a noi.
 -Se volete possiamo posticipare la serata di un’oretta, tanto la discoteca chiuderà verso le sette del mattino- disse una voce divertita.
 Mi voltai di scatto con le guance che sicuramente erano diventate di un bel rosso scarlatto.
 Mike era sceso dall’auto e ci fissava con l’aria di chi stava riuscendo a trattenere una risata grazie all’opera di un miracolo divino.
 -Mike, sei sempre il solito stupido-, rispose Delia scendendo dall’auto e sorridendomi.
 Solo in quel momento notai che cavolo di macchina avessi davanti. Un’Audi tt nera fiammante.
 -Michael…-, cominciai con un po’ di esitazione. –E’ tua quest’auto?-
 Mi guardò un po’ sorpreso per la domanda.
 -Certo, perché?-
 -No, niente. E’ solo che ti tratti bene, vai in giro con una macchina che costa un occhio della testa.-
 Mike si lasciò andare a una risata.
 -Questa è quella che uso di solito, per le occasioni davvero speciali ho anche una Porsche ovviamente.-
 Okay, la ricchezza di Delia e Michael cominciava quasi a fare schifo.
 -Certo…-, commentai sollevando un sopracciglio. –Mi sembra ovvio.-
 Massi mi si avvicinò e ridendo mi sussurrò: -Credevo che ormai ti fossi abituata alla ricchezza dei Barton.-
 Mi voltai e lo fulminai con lo sguardo. Non era facile abituarsi a una cosa del genere, quei tre potevano avere tutto quello che desideravano con un solo schiocco di dita e i miei genitori non mi avevano insegnato a vivere in quel modo.
 Mi lasciai andare ad un sospiro e raggiunsi Delia che si era accomodata sul sedile posteriore dell’Audi.
 Massi riagganciò il sedile e si sedette al posto del passeggero accanto a Michael.
 -Allora-, chiese mettendosi la cintura di sicurezza. –Dove andiamo Mike?-
 -Direi che per una serata come questa l’Avalon è il posto migliore, mi sembra di avertelo già detto-, rispose Mike letteralmente su di giri. –Ci sono stato un paio di volte e ti assicuro che è una forza, era da una vita che ti ci volevo portare Massi.-
 Alzai un sopracciglio irritata.
-Si rimorchia da paura!- esclamò Michael mettendo in moto la macchina.
 E proprio lì lo volevo! Ero certa che quell’argomento sarebbe venuto fuori.
 -A me non interessa rimorchiare-, intervenne subito Massi con voce incerta. Lo sentiva che mi stavo indispettendo. Sapevo perfettamente che quella con il fucile puntato dovevo essere io, altro che lui. La galera americana sarebbe di certo toccata a me!
 -Sì, lo so. Hai già dato in quel frangente, Vale è uno splendore. Lo dicevo solo a titolo informativo, mica ti volevo incoraggiare a flirtare con qualche sconosciuta.-
 Il tono di Mike era troppo ironico per i miei gusti.
 E poi… Che cavolo di titolo informativo era quello? “Ti informo che anche se non le puoi toccare ci saranno gnocche da panico che ti faranno uscire gli occhi fuori dalle orbite!? Ma fatemi il piacere!”
 -Scusa se m’intrometto in questo discorso di grande spessore culturale, caro Michael-, cercai di ostentare un tono neutro anche se dubitavo di esserci riuscita. –Visto che non sono nata ieri potrei chiederti di scegliere un posto dove la gnoccaggine delle ragazze non sia a livelli stratosferici?-
 Mike mi guardò nello specchietto retrovisore e io gli lanciai un’occhiata così incavolata che avrebbe potuto radere al suolo un grattacielo. Lui non se ne curò, anzi scoppiò a ridere di gusto.
 -Vale, quando ti arrabbi diventi di una bellezza allucinante.-
 Massi si voltò di scatto verso di lui mentre io arrossivo di brutto.
 -Giù le mani, Barton. Altrimenti giuro che quando avrò finito con la tua macchina non sarà neanche paragonabile ad un rottame.-
 La voce di Massi era seria, si era infastidito per davvero.
 -Eh su Massi, un po’ di elasticità. Lo sai che non toccherei Vale neanche un dito, voglio troppo bene a te e a quel caratteraccio che ti ritrovi. Però penso che tu sappia quanto stasera sarà difficile per te vedere tutti quei ragazzi intorno alla tua bella.-
 Ancora con questa storia? Stavo cominciando a stancarmi di sentire dire da tutti che un mucchio di ragazzi ci avrebbero provato con me. La cosa che davvero mi preoccupava in quel momento erano le oche che avrebbero cominciato a starnazzare alla vista del mio fidanzato.
 -Mi fido di lei-, rispose Massi con tono sicuro.
 Spalancai gli occhi incredula prima di aprirmi in un sorriso imbarazzato.
 Lui aveva piena fiducia in me. Non potevo sapere se lo pensasse davvero o se lo avesse detto solo per chiudere il discorso ma quelle parole, pronunciate dalla sua bocca, mi avevano letteralmente scaldato il cuore. In un certo senso mi aveva anche fatto sentire in colpa per aver pensato che lui potesse andare dietro a qualche bella ochetta americana.
 Forse stavo diventando troppo paranoica, dopotutto il mio destino era legato in modo inscindibile a quello di Massi. Non sarebbe di certo stata un’unica serata trascorsa all’Avalon che avrebbe cambiato questa dolce e meravigliosa realtà.
 Lui era mio. Io ero sua.
 Non c’era altro da aggiungere.











***L'Autrice***
 Salve a tuttiiiiiiiiiiii!
 Scusatemi davvero per questo assurdo ritardo. Qualcuno di voi già saprà che avuto una marea di problemi con il computer, per colpa di un virus non potevo accedere ai file dove avevo salvato questo capitolo, quindi non ho potuto pubblicarlo fino ad oggi. Per fortuna, alla fine, dopo vari ricatti e minacce, un mio amico ha trovato gentilmente (stavolta l'ho davvero minacciato di morte) del tempo per sistemare tutto. Quindi se oggi pubblico e anche grazie a lui... xD Anche se il grazie se lo merita per miracolo visto che mi ha fatto penare per settimane prima di convincersi.
 Comunque, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, è un preludio al prossimo (che ancora non ho finito di scrivere... ^^') in cui sto progettando una bella scenata di gelosia, e non dico di chi o verso chi. Lo scoprirete leggendo il prossimo capitolo... ^^
 Vi ringrazio davvero tantissimo per tutte le recensioni che avete lasciato alla scorso capitolo, e mi dispiace per non aver risposto ma tra l'università e tutto il resto non ne ho avuto il tempo. Perdonatemi, ma sappiate che le ho lette tutte e che vi adoro sempre di più per tutti i complimenti che mi fate e per tutte le parole meravigliose che spendete per questa storia e per me.
 Anticipazioni:
 Nel prossimo capitolo... si ballaaaaaaaaaaaaa! O meglio gli altri balleranno mentre Vale maledirà in 50 lingue diverse le scarpe che Delia l'ha costretta ad indossare. Per quanto riguarda il resto non posso anticipare nulla, un po' perchè il capitolo ancora non è completo e un po' perchè voglio lasciarvi così in sospeso. Ahahahahah Dico solo una cosa: i ragazzi italiani sono più provoloni degli americani.... xD E qui mi fermo.
 Non vedo l'ora di finire il prossimo capitolo: il mio cervellino ha paracchie idee in mente.
 Grazie davvero per aver letto il capitolo e grazie soprattutto perchè continuate a seguirmi in così numerosi. GRAZIE!
 Un bacio grande!
 Francesca

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Capitolo 6
*** Avalon ***






Verso La Maturità- Capitolo 6
Chi Ama Non Deve Sentirsi Sicuro Del Suo Amore Per Mancanza Di Rivali:
Senza Sospetti E Gelosie L’Amore Non Dura A Lungo.
Ovidio
 
 
Capitolo 6: Avalon
 
 -Michael-, cominciai titubante. –Sei proprio sicuro che sia una buona idea provare ad entrare in quel posto.-
 Non ero mai stata maldisposta all’idea di una discoteca, anzi mi erano sempre piaciute ma l’Avalon… Be’ l’Avalon non era esattamente il luogo migliore in cui sperare di trascorrere una serata tranquilla.
 Fuori dall’enorme porta d’ingresso di quella discoteca c’erano almeno un centinaio di persone in attesa di entrare. La sola idea di stare ore fuori, al gelo, solo per poter entrare in un locale, che di certo non morivo dalla voglia di vedere, mi faceva venire davvero l’orticaria.
 Michael scese dalla macchina parcheggiandola proprio davanti all’Avalon.
 -Sei sicuro che vada bene lasciarla qui?- chiesi mentre Massi mi porgeva una mano per scendere da quell’auto costosa ma tremendamente scomoda.
 Appena misi piede a terra rischiai di cadere per colpa dei tacchi ma Massi mi afferrò prontamente evitando che il mio viso si spiaccicasse su un cumulo di neve che si era formato davanti al marciapiede.
 -Non la lascerò qui-, rispose Mike con un sorriso mentre io mi ricomponevo.
 Proprio in quel momento uno degli enormi tizi della sicurezza che stava davanti al locale gli si avvicinò e con un sorriso prese le chiavi della macchina.
 -Ciao Barton-, disse dandogli una pacca sulla spalla. –Te la parcheggio sul retro, quando la rivuoi fammi un fischio e te la faccio ritrovare qui davanti.- Aveva parlato in un inglese che non avrei capito neanche sforzandomi, fortunatamente Massi mi aveva tradotto tutto in tempo reale sorridendomi. Chissà quante ragazze avrebbero pagato per avere un traduttore così sexy che sussurrava le frasi al loro orecchio, come Massi faceva con me.
 -Grazie mille Jimmy, sei un grande!-
 Guardai il tizio entrare in macchina e, dopo averla messa in moto, partire verso il retro del locale.
 Mike mi guardò facendomi l’occhiolino e io mi aggrappai di nuovo a Massi per evitare un’altra caduta. Tacchi e superficie ghiacciata non contribuivano al miglioramento del mio equilibrio.
 Ci avvicinammo ad uno dei ragazzi della sicurezza che stavano all’entrata. Era alto, enorme, nero e con una faccia che diceva “se provate a contraddirmi vi spezzo un braccio”. Mi faceva quasi paura, per non dire terrore.
 Appena vide Michael si aprì in un sorriso e disse:
 -Mike Barton! E’ da un pezzo che non ti si vede in giro.-
 Le traduzioni sussurrate al mio orecchio da Massi cominciavano a diventare sempre più sensuali, m’impedivano persino di sentire il gelo che c’era nell’aria a causa della neve.
 -Ehi, T.J.!- esclamò Mike dandogli il cinque.
 Intanto mi voltai lentamente verso la folla di persone che avevamo scavalcato, e non mi ero sbagliata nel pensare che ci avrebbero voluto come minimo morti. Ci guardavano come se stessero pensando alla tortura più dolorosa da infliggerci.
 -Quanti siete?- chiese il tizio di nome T.J. rivolto a Micheal.
 -Siamo in quattro. Ah, ti ricordi di mia sorella Delia?-
 Il ragazzo guardò Delia con un sorriso sornione.
 -Tua sorella non è una ragazza che si scorda facilmente-, e le fece un occhiolino mentre lei sollevava un sopracciglio scocciata. –Quando io e tuo fratello andavamo al Liceo insieme venivo a studiare da voi solo per il piacere di vedere te, nonostante tu avessi solo tredici anni. E’ un vero peccato che tu abbia deciso di trasferirti in Italia, poteva esserci un’intesa tra noi.-
 Delia lo guardava incredula. Mike stava già per rispondere ma la sorella fu più veloce di lui.
 -Guarda, sarebbe più facile per te avere un’intesa con le dita della mia mano destra scagliate contro la tua guancia piuttosto che con me.-
 -Uhm, sei rimasta la solita dura, eh Delia? Vabbe’ allora vuol dire che potrei sempre provarci con lei.-
 Mi voltai di scatto quando Massi mi aveva tradotto quella frase. Avrei voluto rispondergli ma prima di tutto non avevo idea di come mandarlo a quel paese in una lingua che potesse capire e poi Massi era stato più veloce di me, stringendomi a sé e dicendo qualcosa che non avevo capito. Il suo tono era stato abbastanza chiaro e la traduzione non mi serviva.
 -Okay, okay-, replicò T.J. alzando le mani come per difendersi e cominciando a ridere. –Ho capito che con voi è meglio non fare battute, comunque potete entrare. Mike e i suoi amici saranno sempre i benvenuti nei locali dove lavoro.-
 Si spostò di lato per farci passare e proprio in quel momento sentii una specie di boato provenire dalla marea di persone che stava in fila ad aspettare.
 -Non sono molto contenti di vederci entrare-, mi spiegò Massi ridendo. –Non credo che convenga tradurti i loro insulti.-
 -Non ci tengo per niente a sapere in che modo mi stanno augurando di morire-, risposi alzando un sopracciglio.
 Una volta dentro il locale mi fu chiaro praticamente subito che lì dentro sarebbe stato quasi impossibile riuscire ad avere una conversazione con qualcuno. La musica era altissima, raggiungeva livelli stratosferici, e già mi rimbombavano le orecchie facendomi sentire completamente fuori dal mondo.
 Massi mi prese per mano per paura di potermi perdere in mezzo a quella calca disumana di gente. Erano in tantissimi, e nonostante le dimensioni della discoteca davvero notevoli, era impossibile riuscire a camminare senza essere travolti da qualcuno.
 Mi girava la testa. Non era solo la musica ad uccidere ogni mio singolo neurone ma anche le uniche frasi che sentivo, urlate dagli altri ragazzi all’interno della discoteca, in un americano per me incomprensibile. Ormai ero assolutamente certa che non sarei uscita viva da quella serata. Avrei ucciso Michael! E lo avrei fatto in diversi modi, assolutamente dolorosi.
 -Fantastico, vero?- l’urlo di Mike sparato direttamente nel mio timpano mi fece trasalire, per non dire che per poco non avevo fatto un salto aggrappandomi al soffitto come un gatto terrorizzato.
 Mi voltai a guardarlo e cercai di fare buon viso a cattivo gioco per non deluderlo. Alzai i pollici in segno di approvazione e sorrisi. Falsa! Indiscutibilmente falsa. Almeno ero felice che Michael sembrasse così soddisfatto della mia risposta “entusiasta”.
 Quando Mike si chinò verso Delia per urlarle qualcosa nell’orecchio vidi che Massi mi stava guardando a metà tra l’ammirato e l’incredulo.
 Alzai gli occhi al cielo esasperata.
 Okay, per una volta avevo deciso di non fare l’acida e di lasciar correre. Mica potevo dire a Massi che non avevo fatto una ramanzina con i controfiocchi a Michael semplicemente perché non avrebbe sentito neanche una virgola del discorso che avevo in mente.
 Ero troppo rimbambita dalla musica e dal dolore che cominciava a diffondersi sotto la pianta dei piedi per rimproverare qualcuno.
 Feci un respiro profondo e cercai in tutti i modi di fare una seduta zen interiore per restare calma e per trovare almeno un motivo che non mi facesse girare i tacchi e scappare da quel posto.
 Mentre mi rintanavo nei mille pensieri che mi vorticavano in testa, il motivo che stavo cercando si presentò davanti ai miei occhi prima che la mia seduta interiore terminasse.
 -Hi.-
 Quel saluto quasi urlato da una voce femminile mi diede subito i brividi.
 Un’oca! Un’oca alta, ossigenata, con sgargianti occhi azzurri e un vestito così corto e scollato che lasciava ben poco all’immaginazione umana, si era avvicinata al MIO Massi e gli sorrideva con le voluttuose labbra ricoperte da un rossetto così rosso che in confronto un semaforo era pallido e incolore.
 Il sangue cominciò ad abbandonare il mio cervello e agii d’impulso prima che uno qualsiasi dei miei neuroni potesse impedirmelo.
 Mi avvinghiai al braccio di Massi e stampandomi in faccia un sorriso malvagio risposi: -Hi, Darling.-
 Non sapevo neanche se avessi detto qualcosa di sensato ma il mio sguardo era più combattivo e omicida del solito.
 L’oca mi guardò sbattendo le lunghe ciglia truccate, e si lasciò andare ad un’espressione sorpresa.
 “Sì, mia cara” pensai tra me. “Mi hai appena dato un validissimo motivo per decidere di sopportare il dolore ai piedi e la musica assordante. Non mi allontanerò da Massi neanche un instante finché si troverà in un posto dove la topagine delle ragazze è a livelli esorbitanti.”
 -Oh, sorry-, rispose lei facendo un gesto con la mano e allontanandosi. Pensavo fosse finita ma lei si voltò e fece un occhiolino a Massi.
 -La uccido!- esclamai lasciando il braccio di Massi per lanciarmi al collo di quell’oca che ormai si era mischiata alla massa che ballava in pista.
 Massi mi trattenne per un polso e mi attirò verso di sé abbracciandomi da dietro, e posò la testa sulla mia spalla.
 -Dove credi di andare, amore mio?- disse con voce alta ma seducente. Il suo respiro raggiunse il mio collo e mi fece rabbrividire.
 -Non puoi andare in giro ad ammazzare le ragazze.-
 Stavo per rispondere ma mi posò un dolce bacio sul collo.
 -Non provare neanche ad allontanarti da me. Sei il mio ossigeno e io ho bisogno di respirare per vivere.-
 Voltai la testa verso di lui. I suoi occhi invasero i miei, e ancora mi chiedevo come diavolo facevano le gambe a reggermi. L’intensità del suo sguardo, la dolcezza delle sue parole, l’amore che mostrava chiaramente sul suo viso: avevo appena trovato un milione di ragioni per non allontanarmi da lui.
 -Mi piace da impazzire quando fai la gelosa-, disse lui facendomi l’occhiolino.
 Aggrottai la fronte irritata ma non potei rispondere. Le sue labbra si posarono sulle mie, chiudendo le mie parole in un dolce bacio che piano si approfondiva sempre di più. Mi girai totalmente verso di lui e lo attirai a me prendendo con le mani il colletto della camicia. I nostri corpi si ritrovarono praticamente incollati mentre le sue mani si posavano sulla mia schiena.
 La temperatura nel locale cominciò ad alzarsi sempre di più, o forse era il mio corpo che stava cominciando ad ardere completamente.
 -Massi!-
 Interrompemmo il bacio contrariati e ci voltammo a guardare Mike, il soggetto che quella sera era la causa di tutta la mia irritazione.
 -Che vuoi?- chiese Massi scocciato.
 -Andiamo a prendere qualcosa da bere. Ci avete dato dentro per tutta la settimana, non morirete di certo se vi staccate un attimo.-
 Chiusi gli occhi e con calma li riaprii, presi un respiro e guardai Massi.
 -Ti prego, lo posso uccidere? Solo un pochino…-
 Massi mi guardò sorridendo.
 -Più tardi ti darò una mano ad ucciderlo-, mi accarezzò la guancia e sorrise ancora. –Vado a prendere da bere. Vuoi qualcosa?-
 Premessa: l’alcol ed io avevamo sempre vissuto su due pianeti assolutamente diversi, quindi non avevo la più pallida idea di quello che avrei potuto bere.
 -Fai tu-, risposi dubbiosa. –Niente di forte.-
 -Okay. Sicura che vuoi qualcosa di alcolico?- mi chiese stranito.
 -Prova a camminare tu su questi aggeggi di tortura, e poi vediamo se non vorresti bere qualcosa di alcolico-, risposi facendogli la linguaccia.
 -Saranno anche aggeggi di tortura, ma quando li indossi mi viene voglia di torturarti in altri modi.-
 E con questa frase che mi rese più rossa del rossetto dell’oca, Massi si allontanò insieme a Michael per raggiungere il bar, lasciando Delia e me da sole.
 -Andiamo verso i divanetti-, mi urlò Delia. –Forse riusciamo a trovare un paio di posti.-
 Nel sentire quella frase i miei piedi lanciarono un urlo di gioia.
 Fortunatamente riuscimmo a trovare un paio di divanetti liberi non molto lontano dal punto in cui eravamo prima.
 Appena mi sedetti sentii i miei poveri piedi rilassarsi e il dolore cominciare a sparire lentamente. Mi accorsi quasi immediatamente, però, che il problema era un altro: quel cavolo di vestito diventava davvero corto quando stavo seduta, quindi mi trovai costretta ad accavallare le gambe per non mostrare al mondo più di quando non avessi mai mostrato.
 Delia si sedette accanto a me e si tolse il cappotto.
 In effetti cominciava a fare davvero caldo lì dentro e per quanto mi potessi vergognare non potevo di certo rischiare di morire asfissiata, quindi tolsi anch’io il cappotto. Le mie spalle totalmente scoperte mi facevano sentire in enorme imbarazzo: in quel momento qualcosa da bere mi era davvero necessario, altrimenti avrei dato fuori di matto per la vergogna.
 -Accidenti!-
 Sentii quella parola urlata dalla voce di Delia.
 -Cosa c’è?- chiesi ad alta voce guardando la mia amica.
 -Si sono smagliate le collant-, esclamò lei irritata. M’indicò il suo ginocchio e notai che c’è un foro enorme proprio nel centro che si stava pericolosamente allargando. –Devo andare un attimo in bagno a toglierle, non posso andare in giro così. Vieni con me o mi aspetti qui?-
 La guardai per un secondo soppesando le mie opzioni: restare seduta comoda su quel divanetto senza attirare l’attenzione di nessuno, o alzarmi, camminare sui trampoli della morte, e mostrare a tutti quanto il mio vestito non compisse il suo dovere di coprire il mio corpo. Assolutamente la prima!
 -Ti aspetto qui-, risposi sicura.
 -Va bene, torno tra un attimo. Non ti muovere.-
 -Non ho intenzione di fare neanche un passo. Vai tranquilla.-
 Mentre Delia si allontanava la tentazione di togliermi quei trampoli diventava sempre più invitate, ma non mi sembrava il caso di dare sfogo a quella mia fantasia proibita. I miei piedi sbuffarono nell’apprendere quella sentenza mentale.
 Di gente ce n’era davvero un’infinità. Il bancone del bar non era lontano dal mio piccolo angoletto in disparte ma di Massi e Michael non c’era neanche l’ombra: erano stati sommersi dalle innumerevoli persone in fila per riuscire ad ottenere qualcosa da bere.
 Sospirai sfinita. La serata era appena cominciata e già non vedevo l’ora che finisse.
 Il locale era bellissimo e la musica cominciava ad essere quasi piacevole ma continuavo a non sentirmi a mio agio in quel vestito striminzito e indossando quelle scarpe del cavolo.
 Avrei di gran lunga preferito passare la mia ultima sera a Boston passeggiando con Massi per le vie del centro e poi tornare nella nostra stanza per passare un’ultima notte che avrei ricordato per tutta la vita.
 Il solo stress di stare in quel posto mi stava prosciugando tutte le energie e dubitavo che una volta giunta a casa sarei riuscita anche solo a sfiorare Massi.
 -Ehi.-
 Qualcuno aveva pronunciato quella parola a pochi centimetri dal mio orecchio. Mi voltai di scatto e vidi un ragazzo. Quando si era seduto accanto a me? Non ci avevo fatto per niente caso.
 -Hi, nice to meet you.-
 Frena! Frena! Frena!
 Ragazzo. Inglese. Occhi da pesce lesso che fanno l’occhiolino.
 -Ehm…-
 Accidenti a quel paese del cavolo! Come facevo a mandarlo a quel paese senza conoscere neanche un solo insulto in inglese? Avevo bisogno di aiuto, e subito! Ma dove diavolo era finita quella sciagurata di Delia?
 -I’m Fabio-, mi disse con un sorriso mentre mi porgeva la mano.
 Restai per un attimo basita mentre quasi in modo meccanico stringevo la sua mano.
 -Fabio?- chiesi sorpresa. Se la mia supposizione era giusta forse un modo per mandarlo a quel paese c’era.
 -Yes. I’m from Italy but I live in Boston.-
 Dio ti ringrazio!
 Era incredibile che avessi incontrato proprio un provolone italiano.
 -Ehm. Fabio, anch’io sono italiana e purtroppo sono anche fidanzata, quindi ti dispiacerebbe girare a largo?- chiesi con un sorriso minaccioso.
 -Ma dai!- i suoi occhi s’illuminarono. –Sei italiana? Non ci posso credere! Anzi lo dovevo immaginare visto che sei uno splendore. Mi dai il tuo numero?-
 -Fabio, quale parte di “sono fidanzata” non ti è chiara?- cominciava seriamente a stancarmi quell’idiota.
 -Be’ il tuo ragazzo non è un mio amico e io non sono geloso. Seguo la politica del “tentar non nuoce”.-
 Il suo sorriso melenso mi colpì direttamente la glicemia che salì alle stelle per la rabbia.
 -Oh, vuoi scommettere che invece può nuocere eccome?-
 Sollevai un piede e infilzai il suo con il mio tacco a spillo. Lui gemette di dolore mentre io mi alzavo raccattando il mio cappotto e quello di Delia.
 -Visto?- chiesi con un sorriso notando con soddisfazione che la smorfia di dolore non aveva ancora abbandonato il suo volto. –Fossi in te cambierei politica.-
 Prima che potesse aggiungere un’altra cavolata qualsiasi, rubai il suo bicchiere poggiato sul tavolino davanti a noi e di gran carriera mi diressi verso il bagno per cercare Delia soddisfatta di aver dato un senso a quelle scarpe create da Satana in persona.  
 Assaggiai un piccolo sorso di quel cocktail e notai che era abbastanza forte ma aveva anche un sapore piuttosto fruttato e dolce. Non era per niente male.
 Incontrai Delia proprio mentre usciva dal bagno e mi guardò sorpresa.
 -Che ci fai qui?-
 -Niente, un tizio ci stava provando e sono scappata-, risposi porgendole il cappotto. –Ovviamente non prima di prendermi un risarcimento.-
 Sollevai leggermente il bicchiere che stringevo in mano.
 -Gli hai fregato il cocktail?- Delia sembrava molto divertita. –E cos’è?-
 -Non ne ho idea. E’ buono però-, diedi un’altra sorsata e glielo passai. Delia m’imitò.
 Anche se per le leggi americane nessuna di noi due avrebbe potuto bere ce ne stavamo altamente infischiando.
 -E brava Vale. Non solo hai rimediato un cocktail gratis ma hai beccato anche il mio preferito: è un Alabama Slammer.-
 -Allora cerchiamo i ragazzi, perché ne voglio un altro uguale. Questi tacchi mi stanno uccidendo e devo trovare qualcosa per distrarmi.-
 -Credimi, un paio di questi ti distrarranno eccome. Ma non eri astemia fino a dieci minuti fa?- chiese lei ridendo.
 -Dovrei esserlo ma non so cos’altro fare per sopportare questa tortura-, stavo mandando all’aria anni di “non berrò mai” solo perché non ero in grado di soffrire per un po’ di mal di piedi. Accidenti a me!
 -Ecco Mike!- esclamò Delia indicandomi un punto lontano all’interno di quella calca umana appostata davanti al bancone. –Tu resta qui, io vado a dirgli di prendere un Alabama Slammer anche per te.-
 Annuii mentre continuavo a bere quel liquido così dolce e piacevole per le mie papille gustative.
 Cominciai a guardarmi intorno un po’ stranita e senza accorgermene la cannuccia iniziò a produrre un suono strano. Alzai il bicchiere e notai che, a parte il ghiaccio, non era rimasto più nulla. Era completamente vuoto! Ma chi se l’era finito? Non potevo averlo bevuto tutto così in fretta ma a giudicare da come la testa cominciava a farsi pesante probabilmente era opera mia. C’era di positivo però che i piedi non erano più al centro dei miei pensieri ed era diventato tutto molto più sopportabile. La musica altissima, la gente che mi urtava passando, le luci basse ma allo stesso tempo fastidiose per gli occhi. Tutto era improvvisamente diventato molto più interessate e… divertente.
 Posai il bicchiere su un tavolino che avevo sotto mano e misi i cappotti su una sedia perché a malapena riuscivo a reggermi in piedi figurarsi se ero in grado di tenere con me degli oggetti.
 Cercai di seguire il tragitto che Delia aveva fatto per arrivare da Michael ma non riuscii a trovare né l’una né l’altro in mezzo a tutta quella gente.
 Ebbi l’improvviso impulso di cercarli ma pensai fosse meglio non muovermi, mi sembrava anche troppo facile perdersi di vista in quella discoteca e almeno Delia sapeva dove fossi, quindi era meglio che non mi postassi neanche di un centimetro.
 Allora perché stavo camminando?!
 La pista da ballo era diventata d’un tratto molto attraente e le mie gambe si stavano muovendo senza che io potessi in alcun modo fermarle.
 -Ciao!- esclamò una voce alla mia destra. –Ti ho trovata finalmente.-
 Mi voltai e il viso di Fabio si stagliò davanti a me aprendosi in un enorme sorriso.
 Avrei voluto dire qualcosa per mandarlo a quel paese e liberami nuovamente di lui ma quel cocktail aveva rallentato tutti i miei sensi e non riuscii a formulare alcuna frase, né con il pensiero né tanto meno con la bocca.
 -Mi hai rubato il cocktail, quindi per farti perdonare dovrai ballare con me- il suo sorriso si fece sempre più ampio.
 -Cosa?!- fu l’unica parola che potei esclamare prima che lui mi afferrasse per un braccio e mi portasse con lui sulla pista da ballo.
 -Ehi! Aspetta!- biascicai con la lingua che si inceppava a ogni sillaba.
 Arrivammo al centro della pista e lui si piazzò davanti a me cominciando a dimenarsi seguendo il ritmo della musica.
 Il cocktail che avevo bevuto stava iniziando ad avere un effetto troppo strano perché riuscissi a gestirlo. Senza che io lo volessi, il mio corpo cominciò a muoversi e a seguire i gesti di quello di Fabio.
 Avvertivo la musica palpitarmi direttamente a livello del cuore mentre mi scatenavo in pista. Dovevo ammettere di non aver mai provato una sensazione così liberatoria. Ballare non era mai stata una delle mie attività preferite ma con un po’ di alcol diventava davvero un’esperienza molto interessante.
 Fabio era compiaciuto dal mio comportamento, lo dimostrava il sorriso soddisfatto che troneggiava sul suo volto. Cercai di osservarlo meglio: non sembrava volesse provarci più di tanto. Era abbastanza distante da me e ballava senza dare troppo peso alla mia presenza, voleva solo divertirsi un po’. La dovevo smettere di pensare continuamente male.
 Lanciai un’altra occhiata verso il bancone ma dei miei compagni non c’era neanche l’ombra.
 Uffa!
 Ora che avevo scoperto quanto fosse divertente ballare in quel modo volevo condividerlo con Massi. Volevo scatenarmi insieme a lui e fargli vedere quanto sapessi essere sensuale ballando, o almeno lo speravo. Mi mancava così tanto, nonostante ci fossimo divisi da pochi minuti.
 Avevo bisogno di lui come l’aria. Aria che in quel momento cominciava decisamente a mancarmi.
 Ma perché?
 E poi realizzai a cos’era dovuta quell’improvvisa sensazione di claustrofobia. Fabio!
 Si era avvicinato di molto a me e mi aveva messo le mani sui fianchi attirandomi a lui in modo che i nostri bacini si toccassero. Si lasciò andare a dei movimenti ondulatori e cercò in tutti i modi di costringermi a fare lo stesso, rendendo la sua presa sui miei fianchi ancora più intensa.  
 Fu in quel momento che capii una cosa fondamentale: non mi ero sbagliata su di lui! Ci stava provando di brutto, e soprattutto ci stava provando in un modo così viscido da farmi venire il voltastomaco.   
 Dovevo allontanarmi da lì! Massi mi avrebbe ucciso e io dopo mi sarei suicidata! Non volevo più ballare! Non lo volevo fare con uno sconosciuto che mi aveva portato su quella pista con un mezzo inganno probabilmente immaginando che avevo bevuto.
 Massi! Volevo Massi!
 Provai a girare i tacchi per squagliarmela ma Fabio fu più veloce di me e, afferrandomi per un braccio, mi attirò a sé. Adesso la mia schiena era contro il suo petto e una delle sue mani cominciò a scivolare lenta sulla mia pancia.
 Alzai gli occhi al cielo e cercai di divincolarmi ma un po’ per l’alcol che avevo in corpo un po’ perché lui era più forte di me, non fu possibile in alcun modo.
 Mentre con una mano continuava a tenermi il braccio con l’altra si spostò dalla mia pancia e raggiunse il collo spostandomi i capelli di lato. Avvertii le labbra di un ragazzo che non conoscevo, di qualcuno che non era Massi, posarsi sulla mia spalla.
 Provai di nuovo ad infilzargli un piede con il mio tacco ma questa volta fu più veloce di me e si scanso in tempo.
 Con forza mi voltò in modo che i nostri sguardi si incontrassero.
 -Davvero pensavi che ci sarei cascato di nuovo?- mi chiese ridendo mentre teneva le mani saldamente ancorate alle mie braccia.
 Non riuscivo a muovermi, sentivo la testa pesante e i muscoli sembravano non reagire agli impulsi che cercavo in ogni modo di inviare.
 Massi! Avevo bisogno di Massi!
 Ero in trappola, non sapevo che inventarmi per riuscire a scollarmi di dosso quell’insulso idiota di un italiano importato in America!
 Lui continuava a sorridermi mentre nessuno sembrava essere accorto di nulla. La gente intorno a noi ballava ignara di quello che stava accadendo, e la musica era troppo forte perché io potessi urlare a qualcuno di spaccare la faccia a quel tizio. Eravamo come due aghi in un pagliaio mimetizzati alla perfezione, nessuno avrebbe potuto sospettare che Fabio mi aveva praticamente sequestrato e che stesse utilizzando la presenza di tutta quella gente per coprire il suo reato.
 L’odio mi stava crescendo dentro alla velocità della luce e se solo ne avessi avuto la possibilità avrei preso a sberle quel ragazzo finché il primo strato di epidermide non si fosse staccato da quella sua faccia del cavolo, che tra l’altro era ancora contenta e sorridente mentre io pianificavo un modo per farlo letteralmente fuori.
 Mi guardai intorno alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarmi a mettere in atto il mio piano omicida ma quando i miei incontrarono nuovamente quelli sorridenti di Fabio accadde qualcosa di così sconvolgente da frenare tutti i miei pensieri.
 Aveva posato le sue labbra sulle mie con forza e stava cercando di costringermi a ricambiare un bacio assurdo e senza alcun senso. Per me non era neanche un bacio visto che ero concentrata nel tenere le labbra serrate, e ci stavo mettendo così tanta forza da farmi male. Questo non sembrava importare a quell’idiota che dischiuse le labbra e accarezzò le mie con la lingua. Voleva convincermi a ricambiare quella cosa!
 Era matto!
 Era un idiota!
 Non lo avrei mai baciato di mia spontanea volontà e sapeva che quello era l’unico modo per costringermi ma non sapeva quanto potessi essere testarda.
 Continuava ad insistere mentre io meditavo un nuovo attacco con la mia scarpa conficcata nel suo piede quando avvertii uno spostamento d’aria alla mia destra e delle mani che mi attiravano verso un corpo.
 -Che cazzo fai?!-
 Quell’urlo mi costrinse ad aprire gli occhi. Ero tra la braccia di Delia che mi stringeva a sé con sguardo arrabbiato rivolto verso qualcuno che era a terra. Fabio!
 Davanti a lui, in piedi, c’era un altro ragazzo di spalle. Capelli biondi, postura sicura ma allo stesso tempo resa spaventosa da quei respiri forti e decisi che facevano sollevare le spalle.
 Massi!
 Era lui e sembrava a dir poco furioso.
 -Rispondimi, stronzo!-
 Massi urlò di nuovo contro Fabio che se ne stava a terra con il labbro sanguinante e un livido che cominciava ad espandersi lentamente sulla guancia.
 -Ballavo-, rispose semplicemente Fabio rimettendosi con calma in piedi.
 Ovviamente la musica non c’era più e l’attenzione di tutti era puntata su quei due ragazzi che stavano per darsela di santa ragione, o almeno quello era il presentimento che c’era nell’aria.
 Massi si fiondò su Fabio afferrandolo per il colletto della camicia.
 -Quella è la mia ragazza! Toccala di nuovo e giuro che sarà l’ultima cosa che farai nella vita!-
 -Fossi in te non lascerei da solo un bocconcino succulento come quello, e pare che neanche a lei dispiaccia troppo ballare con qualcuno che non sia tu, amico.-
 Il sorriso passò per un attimo sul volto di Fabio prima che Massi gli sferrasse un altro pugno facendolo rovinare di nuovo a terra con un tonfo molto più forte rispetto a prima.
 Massi stava per avvicinarsi a Fabio, voleva colpirlo ancora.  
 -Massi, fermati!- urlai con le lacrime agli occhi.
 Lui si blocco immediatamente. Si voltò di scatto e mi trapassò con lo sguardo.
 Spalancai gli occhi incredula: mi stava fissando con aria infuriata e allo stesso tempo delusa. Che cavolo avevo combinato?! Come minimo stava pensando che avessi accettato tranquillamente di ballare con Fabio e che magari glielo avessi chiesto io di baciarmi.
 No!
 Non stava succedendo! Tutto ma non quello. Non sopportavo che i suoi occhi mi guardassero in quel modo.
 -Massi, io…-, cominciai provando ad avvicinarmi a lui.
 -Andiamo-, disse rivolto a Michael che se ne stava fermo accanto a me e Delia. –Torniamo a casa, domani devo prendere un aereo.-
 Mike fece un cenno con la testa e Massi si mosse verso l’uscita. Mi passò accanto senza neanche degnarmi di uno sguardo e fu come ricevere una pugnalata in pieno stomaco.
 Mi voltai, pronta ad urlargli di aspettare, che dovevamo parlare, che dovevo spiegargli ma Delia posò una mano sul mio braccio fermandomi.
 -Vi chiarirete quando arriveremo a casa, adesso è troppo arrabbiato-, la guardai con una lacrima che mi scendeva sul volto. –Tranquilla, lascialo sbollire un po’.-
 Presi un respiro profondo e annuii con un gesto quasi impercettibile.
 Guardai la schiena di Massi allontanarsi e sentii come se un pezzo del mio cuore volesse in tutti i modi staccarsi dal mio corpo per raggiungere quello di Massi. In quell’istante lo sentivo lontanissimo, non avevo mai sentito Massi così distante da me, neanche quando passando per i corridoi del Virgilio mi ignorava.
 -Raggiungiamoli-, mi disse Delia con calma.
 Annuii ancora una volta in modo meccanico e mentre ci dirigevamo verso l’uscita sentii il DJ dire qualcosa al microfono per poi mettere su un nuovo disco.
 Tutto era tornato alla normalità all’interno dell’Avalon, come se niente fosse accaduto. Eppure, forse, quel nulla che era accaduto per l’Avalon aveva appena stravolto la mia vita.











***L'Autrice***
 Siete assolutamente autorizzati ad uccidermi se volete. Sia perchè ci ho messo una vita a pubblicare questo capitolo (perdono perdono perdono), sia per come ho deciso di farlo finere (perdono perdono perdono) e anche perchè non ho risposto alle vostre recensioni (ma c'è bisogno di dire quanto vi adoro quando mi scrivete quello che pensate della mia storia??? xD Ormai vi adoro, e lo sapete... xD Sì, sto cercando di comprare il vostro perdono con le lunsinghe... ^^).
 Comunque non so che m'è preso oggi, ma praticamente ho scritto questo capitolo quasi tutto d'un fiato, ed era da una vita che non mi succedeva quindi spero proprio che questa sia la volta buona per tornare a scrivere e pubblicare regolarmente... ^^
 Riguardo al prossimo capitolo ho un quesito: tra Massi e Vale... litigata furiosa e funesta o chiarimento senza cadaveri intorno??? xD
 Che mi dite? Che ne pensate? Vale ne uscirà viva? ahahahah
 Comunque secondo le mie previsioni dovrebbe essere un capitolo quasi totalmente Massi/Vale xD Poi lo sapete che cambio continuamente idea, quindi non prendete per oro colato questa specie di spoiler... ^^
 Sono contentissima di essere riuscita a pubblicare e soprattutto di essere riuscita a scrivere, quindi spero davvero che mi perdonerete per questa mi assenza eterna ^^
 Vi ringrazio davvero dal più profondo del cuore per aver aspettato ^^
 Un bacio xD
   
 
  

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Capitolo 7
*** Non Si Sfugge Al Destino ***






Verso La Maturità- Capitolo 7
Il Destino Assomiglia Al Vento,
Poiché Ci Spinge Rapidamente In Avanti Oppure Ci Rigetta All’Indietro
Arthur Shopenhauer
 
 
Capitolo 7: Non Si Sfugge Al Destino
 
 Il viaggio in auto per tornare a casa di Delia e Michael fu qualcosa di assolutamente surreale. Se avessi dovuto confrontarlo con il percorso che avevamo fatto poche ore prima per recarci all’Avalon, avrei di certo detto che erano l’uno l’opposto dell’altro. Nell’abitacolo di quella macchina c’era un solo elemento che regnava sovrano: il silenzio.
 Dal canto mio avevo provato più di una volta ad aprire bocca per spiegare a Massi quello che era successo in quella maledetta discoteca con Fabio ma ogni volta Delia mi bloccava facendomi cenno di lasciar perdere, che avrei dovuto aspettare.
 Aspettare cosa?!
 Non avevo fatto nulla di sbagliato, a parte affidare i miei sensi e le mie decisioni ad uno stupido cocktail. Tolto questo, non mi sentivo per niente in colpa e non vedevo proprio perché Massi doveva trattarmi come l’ultima persona degna di rispetto sulla faccia della terra. Forse a lui serviva tempo per sbollire e chiarire con calma ma, se non l’aveva ancora capito, io ero esattamente l’opposto: dovevo chiarire subito con le persone altrimenti cominciavo ad accumulare rabbia fino al punto di scoppiare.
 Delia conosceva bene Massi e sapevo che aveva ragione eppure nessuno in quell’auto conosceva abbastanza me per sapere che non era il mio ragazzo la bomba ad orologeria, ero io.
 Appena arrivati davanti casa Barton Massi scese dall’auto e camminò verso l’entrata senza dire nemmeno una parola o augurare la buonanotte a qualcuno.
 -E’ fatto così-, disse Michael mentre mi aiutava a scendere dall’auto. –Spiegagli con calma quello che è accaduto e vedrai gli passerà. Ha solo bisogno di metabolizzare quello che ha visto.-
 Fissai Michael con uno sguardo di fuoco.
 -Il fatto che un ragazzo ci abbia provato con me, costringendomi a ballare con lui e baciandomi contro la mia volontà non lo autorizza a fare l’offeso-, dissi con tono deciso. –Se qualcuno non lo avesse notato sono io quella che è quasi morta di paura perché non sapeva come uscire da una situazione disarmante e, chissà, forse anche pericolosa. Massi si comporta da duro credendo che io abbia commesso il reato più grave esistente nell’universo ma è proprio lui quello che si sta scavando la fossa da solo perché io non merito di essere trattata così. Non da lui, che dovrebbe amarmi.-
 Michael e Delia mi fissavano allibiti.
 Ancora più arrabbiata sbattei lo sportello dell’auto infischiandomene del fatto che costasse più di casa mia con tutto l’arredamento e mi diressi di gran carriera in camera, dove sapevo che Massi avrebbe passato i suoi ultimi secondi di vita.
 Lo avrei ucciso con le mie mani! Non poteva trattarmi così! Non lo avrei permesso.
 Entrai in casa e mi fiondai all’interno dell’ascensore che pochi secondi prima aveva ospitato anche Massi. Aspettai che le porte si richiudessero battendo il piede a terra.
 Ma quanto diavolo ci metteva quel coso a salire?!
 Quando le porte si riaprirono, uscii e camminai velocemente verso la stanza che aveva ospitato me e Massi in quei giorni. Se solo qualcuno mi avesse detto che il nostro viaggio sarebbe finito in quel modo assurdo non ci avrei mai creduto, anzi avrei iniziato a ridere come una matta pensando che quella persona aveva un urgente bisogno di essere rinchiusa.
 E invece eccomi lì, furiosa come un gatto a cui avevano pestato la coda, e altrettanto agguerrita con una voglia matta di avere la testa di Massi. Fossi stata una regina, lo avrei fatto decapitare senza neanche pensarci.
 Dio! Quanto ero arrabbiata!
 La porta della stanza era chiusa ed io la spalancai immediatamente, senza neanche starci a pensare, entrando come una furia.
 Massi era di spalle, rivolto verso le enormi vetrate che davano all’esterno. Aveva smesso di nevicare già da un po’ e la notte si stagliava nera e cupa come non mai, non avrei trovato una stella nemmeno cercandola con il telescopio.
 Si tolse la giacca, senza voltarsi. Questo mi fece infuriare ancora di più, una specie di patina rossa di rabbia si diffuse davanti ai miei occhi e avvolse il mio cervello. Volevo solo ucciderlo!
 -Hai intenzione di rivolgermi ancora la parola o mi rassegno definitivamente?!- chiesi con voce risentita sbattendo la porta. Almeno se aveva fatto finta di non sentirmi entrare adesso non aveva più quel lusso, il rumore di quella porta lo aveva avvertito persino mia madre in Italia.
 Nessuna risposta. Si limitò a sfilarsi anche la camicia restando in maglietta.
 -Massi! Rispondimi!- adesso cominciavo davvero a stancarmi.
 -Non ho voglia di parlare. Domani dobbiamo svegliarci presto-, il suo tono era assolutamente innaturale, sembrava quello di un automa e non del mio Massi.
 -Non hai voglia di parlare?- chiesi incredula. –Ti sembra il caso di fare il bambino capriccioso proprio adesso? Qui non si tratta di aver voglia di parlare ma di dover parlare. Ho già aspettato troppo tempo e non mi va che continui a credere che quello che è successo sia stato un mio errore.-
 Massi continuava a non guardarmi. Si tolse i pantaloni e s’infilò sotto le coperte.
 -Massi!- esclamai esasperata.
 Lo sentii prendere un respiro profondo.
 -Massi-, lo chiamai ancora una volta con una nota di semi disperazione nella voce.
 -Non ho voglia di parlare!- disse lui quasi urlando e voltasi di scatto a guardarmi con quei suoi occhi pieni di rabbia.
 All’improvviso mi sentii come una bambina che era stata sgridata da suo padre. Sbattei le palpebre spaventate mentre il mio cuore accelerava impaurito da quello che stava accadendo. Massi mi fissò per qualche altro secondo continuando a trapassarmi la testa con quel suo sguardo e poi si rimise sotto le coperte dandomi ancora le spalle.
 Non poteva trattarmi così. Non era giusto.
 Mi tolsi le scarpe e piombai sul letto afferrando il braccio di Massi e provando in tutti i modi a farlo voltare.
 -Non puoi non parlarmi. Ho bisogno di chiarire. Massi, ti prego!-
 Il mio tono era tra l’arrabbiato e lo spaventato ma non sembrava smuovere Massi neanche di un millimetro dall’intenzione di non parlarmi.
 -Si può sapere che cavolo ti è preso?- chiesi al limite della disperazione. –So di aver sbagliato, non avrei dovuto bere quel cocktail ma io…-
 -Forse non sono stato chiaro-, cominciò lui tenendo gli occhi chiusi come se volesse addormentarsi al più presto. –Non ho voglia di parlarne. Non voglio sapere cosa è successo, ho solo bisogno di dormire. E’ stata una serata molto più stressante del previsto, quindi se non ti dispiace ora vorrei starmene tranquillo.-
 -E non ti importa un cavolo che io non starò tranquilla? Devo sapere che andrà tutto bene, che questa cavolo di serata non ha rovinato tutto.-
 -Sinceramente?- iniziò lui aprendo gli occhi. –Non lo so.-
 Fu come entrare in una doccia gelata quando fuori c’erano meno dieci gradi. Sentii che persino il mio cuore era stato avvolto da quel gelo che non accennava a diminuire nonostante io cercassi di respirare in modo più profondo e regolare
 -Che vuoi dire?-
 I suoi occhi erano aperti ma guardava da un’altra parte, come se incontrare i miei fosse troppo per lui o forse non gliene importava più di tanto di guardarmi negli occhi e tranquillizzarmi.
 -Voglio dire che un po’ me lo aspettavo quello che è successo stasera.-
 -Cosa?!- chiesi incredula. –Ma che vai blaterando?-
 Lui sospirò e finalmente mi guardò negli occhi ma ancora una volta non ci vidi il solito sentimento con cui mi avvolgevano di solito. Erano stranamente freddi e aridi.
 -Tra noi è successo tutto molto in fretta, stiamo iniziando a conoscerci davvero solo ora e sapevo che prima o poi uno di noi due avrebbe commesso un qualche tipo di errore. Ti amo così tanto che non volevo credere che sarebbe successo ma ovviamente non è stato così.-
 -Ascoltami, ti prego. Non è stata colpa mia, non totalmente almeno. Quel ragazzo mi ha portato con l’inganno a ballare con lui, e mi ha baciato contro la mia volontà.-
 Massi mi guardò con un sorriso amaro.
 -E quale sarebbe stato l’inganno? “Scusa ho perso una lente a contatto sulla pista da ballo, mi aiuti a cercarla?”. Era questo il grande piano per convincerti a ballare con lui, perché a meno che non ci sia una spiegazione valida, dal mio punto di vista tu l’hai seguito senza farti alcun tipo di problema. Accidenti Vale! Mi sono allontanato solo per qualche minuto e quando torno ti trovo avvinghiata a un altro! Come cazzo dovrei sentirmi secondo te?-
 Detta così sembrava molto più grave di quanto non fosse in realtà, eppure sapevo che Massi non aveva tutti i torti. Se la situazione fosse stata capovolta probabilmente io avrei dato fuori di matto e non gli avrei parlato per una vita e mezzo.
 Dovevo stare calma e cercare di ragionare. Arrabbiarmi avrebbe solo peggiorato la situazione, e di parecchio anche.
 -Massi, io avevo bevuto. Sai che sono astemia e quel poco d’alcol mi è bastato per non capire più dov’ero. So che avrei dovuto fare più resistenza e ti giuro che ci ho provato ma lui è riuscito comunque a portarmi sulla pista da ballo. Quando mi ha baciato gli avrei infilzato il mio tacco nel piede se tu non fossi intervenuto prima. Credimi, ho avuto talmente tanta paura che stavo per mettermi a piangere e l’unica cosa che volevo era ritrovare te perché mi abbracciassi e mi dicessi che andava tutto bene. Non credermi se preferisci, ma le cose sono andate così.-
 Lui mi guardò negli occhi, il suo sguardo mi sembrava leggermente più morbido rispetto a prima.
 -Va bene-, sospirò abbassando lo sguardo. –Tranquilla, è tutto a posto. Adesso vorrei dormire se non ti dispiace.-
 -Sicuro che vada tutto bene?- chiesi con il cuore che batteva così forte da farmi quasi male, e non era un dolore piacevole.
 -Sì, certo-, fece un mezzo sorriso ma sapevo che non era sincero. Aveva capito che stava cercando di liquidare la questione perché ci voleva pensare su e non perché fosse realmente tutto tornato come al solito.
 -Okay-, risposi rassegnata
 Era inutile continuare, non avrei cavato un ragno dal buco. Insistendo avrei solo rischiato di peggiorare la situazione e non era certo quello di cui avevo bisogno, la situazione era già grave così senza creare ulteriori problemi.
 Lui mi guardò per un altro secondo e poi si stese dandomi di nuovo le spalle.
 Rimasi immobile, inginocchiata su quel letto mentre Massi provava a far finta di dormire.
 Nonostante i riscaldamenti fossero al massimo avvertivo un gelo quasi surreale in quella stanza. Mi sembrava di vedere tutto con gli occhi di un’altra persona, era come se fossi completamente separata dal mio corpo e quello non fosse un momento che stavo vivendo ma solo il pezzo di un qualche spettacolo a cui assistevo davanti al televisore.
 Niente di tutto quello che era accaduto mi sembrava reale eppure così era. Era accaduta ogni cosa: Fabio, l’Avalon, il bacio, la rabbia e il risentimento di Massi.
 Tutto era stranamente reale e profondamente doloroso.
 Abbassai la testa che era diventata troppo pesante e, con una calma che non era da me, mi alzai da quel letto e spensi la luce.
 Il cielo buio non riusciva a illuminare troppo la stanza, giusto quel poco per farmi intravedere il profilo di Massi che faceva ancora finta di dormire. Quel buio avvolgeva completamente il mio cuore oltre che la mia vista.
 Con un sospiro mi diressi in bagno e accesi la luce chiudendo la porta dietro di me. Tolsi lentamente il cappotto e il vestito gettandoli a terra, me ne sbattevo altamente se costavano un occhio della testa, non riuscivo a pensare troppo e il valore degli indumenti era passato assolutamente in fondo alla classifica delle mie priorità.
 Mi ritrovai davanti all’enorme specchio sopra il lavandino. Il mio viso era ancora perfetto, il trucco non era per niente sbavato, come se nulla fosse accaduto. Balla! Il mio corpo stava raccontando una balla colossale. Qualcosa era successo e quel qualcosa stava rischiando di rovinare tutto.
 Non ero stupida e le parole di Massi erano anche troppo chiare perché io facessi orecchie da mercante e non le comprendessi a pieno senza scorgere il loro reale significato.
 
 Tra noi è successo tutto molto in fretta, stiamo iniziando a conoscerci davvero solo ora e sapevo che prima o poi uno di noi due avrebbe commesso un qualche tipo di errore. Ti amo così tanto che non volevo credere che sarebbe successo ma ovviamente non è stato così.
 
 Quelle frasi, ogni sillaba era stata come una coltellata in pieno petto.
 Uno, due, tre, quattro…
 Pugnalata dopo pugnalata quel coltello si era conficcato sempre più affondo dentro al mio cuore, ferendomi, facendolo sanguinare come mai era accaduto in tutta una vita.
 Non era difficile tradurre tutto quel discorso: Massi non si fidava di me, probabilmente non lo aveva mai fatto, e stava cominciando a pensare che fosse stato un errore lasciarsi andare ai sentimenti così presto. Era questa la verità. Non c’entrava nulla quello che era successo all’Avalon, ero certa che fin dall’inizio lui avesse non poche riserve nel decidere di instaurare una relazione con una ragazza che fondamentalmente conosceva appena.
 Aveva usato dei giri di parole ma era chiaro quanto fosse insicuro sul nostro rapporto. Probabilmente non sul nostro amore, quello non lo stava mettendo in discussione: i sentimenti c’erano, su quello non appariva nessun dubbio.
 Ciò di cui non era sicuro, quello di cui io cominciavo ad avere paura, era che i nostri caratteri non fossero compatibili.
 In quel momento capii il significato delle parole “a volte l’amore non basta”. Ci amavamo, ma eravamo in grado di portare avanti un rapporto? Eravamo fatti per stare insieme? Era quello che il destino aveva in serbo per noi o ci stavamo precludendo la possibilità di trovare la persona davvero adatta a noi?
 Di una cosa ero sicura: se fino a quel momento l’amore non era bastato, avrei trovato il modo per colmare tutte le lacune che i nostri caratteri così diversi avevano scavato nel nostro rapporto. Dopotutto ero sempre stata una persona molto diplomatica e riflessiva, un modo per far andare le cose lo avrei trovato a costo di spenderci tutta una vita.
 Massi era il mio Massi. Dopo tutto quello che avevo passato avrei lottato con le unghie e con i denti per far in modo che lo capisse e che non si mettesse in testa strane idee come quelle che già aveva. Avrei fatto tabula rasa nel suo cervello e avremmo ricominciato da capo.
 Volente o nolente si sarebbe reso conto che nessun’altra sarebbe stata come me e che lui non avrebbe mai potuto condividere con un’altra ragazza quello che condivideva con me.
 Ero decisa a combattere.
 Mi guardai determinata allo specchio. Sì, quella era la decisione giusta.
 Mi sciacquai diligentemente il viso per eliminare ogni traccia del trucco di quella sera: non doveva restare nemmeno la più piccola traccia sul mio viso. Avevo bisogno di sentirmi pulita, di sentirmi di nuovo la solita Vale che per un attimo, un maledetto attimo, era sparita portando via con sé tutto quello che di buono c’era stato in quei mesi.
 Presi il morbido asciugamano -probabilmente prodotto con qualche materiale super pregiato ma non me ne importava nulla- e me lo passai sul volto macchiandolo di fondotinta e matita per gli occhi. Sciacquai ancora una volta il viso, strofinando per bene, e questa volta sull’asciugamano non rimase alcuna traccia di trucco.
 Sospirai ancora una volta fissando la mia immagine dello specchio. Ero tornata ad essere me stessa ed ero pronta ad affrontare qualsiasi cosa, come avevo sempre fatto nella mia vita.
 Spensi la luce del bagno e aprii la porta. Lanciai un’occhiata verso Massi: non si era mosso di un millimetro, quindi non stava ancora dormendo, era inutile che fingesse.
 Presi la maglietta smessa di mio padre da sotto il mio cuscino, la infilai e mi misi sotto le coperte cercando di restare il più lontano possibile dal corpo di Massi.
 Era incredibile.
 Fino a quel pomeriggio avremmo pagato chissà quale cifra per stare da soli in un letto e adesso ce ne stavamo ai due lati opposti, dandoci persino le spalle. Poteva esserci qualcosa di più triste? No, dubitavo che potesse esserci. Non dopo che avevamo passato ogni secondo di quella vacanza a baciarci e abbracciarci, persino quando dormivamo.
 Se solo uno di noi due avesse avuto meno orgoglio che gli scorreva nelle vene avrebbe fatto il primo passo, almeno un accenno di voler far pace. Sì, perché per quanto Massi avesse detto che tutto era tornato normale, non era per niente così. Si sentiva nell’aria che eravamo distanti come il Brasile e la Russia: tra noi c’era un oceano e un paio di continenti.
 Non sapevo che fare.
 Avrei dovuto trovare un modo per sfiorarlo, per fargli capire che avevo bisogno di lui ma avevo il terrore che mi mandasse a quel paese: non volevo che i suoi occhi mi guardassero ancora con quel disprezzo che li aveva permeati quella sera.
 Per la prima volta in vita mia ero davvero terrorizzata, spaventata dall’idea di essere ancora ferita da una persona che amavo così tanto, e ancora di più avevo la pressante paura di perdere quella persona e quel sentimento che, sia nel bene che nel male, mi aveva reso immensamente felice come mai ero stata.
 Mi rigirai sulla schiena e posai il dorso della mano sulla fronte. Il respiro di Massi non era ancora forte e regolare, quindi era più che sveglio.
 Il mio cervello lavorava febbrilmente alla ricerca di una soluzione che non riusciva a trovare.
 Ipotesi numero uno.
 Potevo rischiare e cercare di attirare l’attenzione di Massi in un modo qualsiasi con la complicanza che la sua rabbia crescesse e la situazione degenerasse. Ma almeno avrei fatto qualcosa.
 Ipotesi numero due.
 Avrei potuto aspettare che passasse la notte, che Massi si facesse una bella dormita, e poi cercare di riprendere il discorso il giorno dopo sperando che entrambi avessimo riflettuto abbastanza e non avessimo parlato a sproposito. Probabilmente era la soluzione migliore ma significava anche passare la notte in bianco perché avevo le mani legate.
 Mossi le gambe in un gesto impaziente mentre la testa rischiava di andarmi a fuoco: stavo davvero pensando troppo.
 Accidenti!
 Sentii Massi muoversi, si era messo a pancia sotto. Non lo avevo visto, ma lo avevo immaginato dal movimento che aveva fatto. Non sembrava avesse intenzione di parlare o di farmi capire in qualche modo che era sveglio, eppure sapevo che non dormiva. Forse anche lui era in preda a pensieri simili ai miei. Qualcuno di noi doveva fare qualcosa, non ce la facevo più a stare in quella situazione di stallo.
 Non avevo assolutamente la minima idea di come uscire da quel casino, qualsiasi cosa pensassi mi portava inesorabilmente alla sconfitta. Era la prima volta che Massi ed io ci trovavamo a litigare in modo così serio e non sapevo davvero come comportarmi. In realtà, ipoteticamente sapevo cosa fare ma metterlo in pratica era tutta un’altra storia.
 Sospirai ancora una volta e voltai leggermente la testa per guardare il profilo di Massi ma proprio in quel momento mi arrivò un cuscino in pieno viso.
 -Ehi!- esclamai buttando il cuscino a terra.
 -Cosa?- mi chiese Massi senza voltarsi e con voce assonnata.
 -Mi hai lanciato un cuscino in faccia!- come se già non lo avesse saputo perfettamente ciò che aveva appena fatto.
 -E allora?- il suo tono era abbastanza strafottente, il che mi fece irritare parecchio.
 -E allora sei un cretino!- esclamai risentita.
 -E tu una stupida!-
 -Razza di deficiente!-
 -Cretina!-
 -Imbecille!-
 -Idiota!-
 -Scemo!-
 Dopo questa serie di dolci parole d’affetto… Okay, dopo questa marea d’insulti, Massi fece un sospiro e non disse più nulla mentre io ero ancora a bocca aperta sul punto di blaterale l’insulto successivo al suo, che però non arrivò.
 Rimase semplicemente in silenzio ed io del silenzio ne avevo davvero abbastanza.
 Mi voltai sul fianco in modo da poter vedere bene la sagoma del ragazzo che era a pochi centimetri da me.
 -Massi?- cominciai titubante.
 -Cosa?-
 -Mi abbracci?-
 Non volevo ma il mio tono era uscito fuori molto più disperato e triste di quanto avrei immaginato. Altro che orgogliosa! Mi ero ritrovata così fragile e stanca che a malapena me n’ero resa conto di quanto il contatto con il corpo di Massi mi stesse mancando.
 Lui non se lo fece ripetere due volte. Si giro di lato, in modo che ci trovassimo l’uno di fronte all’altra, e mi attirò a sé stringendomi forte. Mi ritrovai con il viso nell’incavo del suo collo e mi rannicchiai meglio in quell’abbraccio. Avvertivo tutto il suo calore trasmettersi al mio e subito il mio cuore, come la mia anima, trovò la sicurezza che stava cercando da ore. Era incredibile come quel semplice abbraccio mi facesse sentire bene e in pace con il mondo. Bastò solo quel banale contatto per aumentare la mia determinazione nel sistemare le cose.
 -Sei una stupida-, mormorò Massi stringendomi di più e accarezzandomi delicatamente la schiena e il collo.
 -Anche tu-, risposi sfregando il naso contro il suo mento.
 -Probabile. Sei tu che mi fai rincretinire.-
 Rimanemmo qualche secondo silenzio, poi decisi che era arrivato anche per me il momento di fare un passo verso il chiarimento.
 -Scusa-, cominciai con molta calma, come se stessi camminando su un pavimento di cristallo. –Mi sono comportata davvero come una cretina, non volevo ferirti. Spero solo che questo non ti faccia cambiare idea su di noi, non lo sopporterei. Non posso pensare di non stare più con te, per quanto a volte sia davvero complicato starti dietro.-
 -Vale-, sospirò lui tra i miei capelli.
 -Cosa?-
 -Ho detto quelle cose solo perché stare con te è la cosa migliore che mi sia mai capitata e ho il terrore che per una sciocchezza possa finire tutto. Siamo diversi, molto diversi, ed è possibile che un giorno ti stancherai di stare con qualcuno che non potrai mai comprendere appieno.-
 -Non succederà-, risposi con fermezza.
 -Lo spero.-
 Quelle due parole racchiudevano tutti i suoi timori e mi fecero sentire così impotente. Volevo solo che si sentisse meglio e che capisse quanto avevo bisogno di averlo accanto a me. Lui doveva far parte della mia vita, non c’era altra soluzione.
 -Non ti ho mai chiesto una cosa-, continuò lui un po’ titubante.
 -Dimmi pure.-
 Prese un respiro e mi strinse ancora un po’.
 -Valeria Ferrari. Anche se siamo diversi, anche se litigheremo altre cento volte come stasera, anche se ti farò venir voglia di scappare via e di non vedermi mai più, vuoi stare con me… per sempre?-
 Spalancai gli occhi stupita. Che stava succedendo? Possibile che Massi avesse così tanta paura di perdermi da cercare una conferma come quella? Mi amava davvero così tanto? Non avrei mai pensato possibile che accadesse una cosa così sconvolgente e meravigliosa come quella.
 Gli occhi cominciarono a riempirsi di lacrime e stringendomi di più a lui risposi: -Certo, che lo voglio.-
 Anche se non potevo vederlo, sapevo benissimo che sul viso di Massi era comparso un sorriso, uno di quei sorrisi sinceri e pieni d’amore che mi facevano battere il cuore e che mi ricordavano ogni volta perché mi fossi innamorata di lui.
 Non potevo assolutamente immaginare una vita senza Massi e non avrei mai creduto che per lui fosse lo stesso. Saperlo mi riempii il cuore di gioia e di speranza: se entrambi lo volevamo a tal punto di certo le cose non sarebbero mai potute andare male. Bastava metterci il massimo dell’impegno.
 Massimiliano Draco era il mio destino e se c’era una cosa che avevo imparato era che puoi cercare di nasconderti e di fuggire ma non potrai mai sfuggire al destino, ed io non avevo alcuna intenzione di evitare il mio destino se aveva il volto del ragazzo che amavo.
 Piano, con tutte quelle certezze e il calore del corpo di Massi, mi rilassai fino ad addormentarmi, felice come poche volte mi era successo nella vita. La maggior parte delle volte quella felicità era stata merito di Massi, sempre e soltanto merito suo.
 
 La mattina dopo Devon e Michael ci accompagnarono in aeroporto. Delia era abbastanza depressa all’idea di lasciare suo padre e suo fratello ma sapeva di dover tornare a casa e, con un po’ di fortuna forse, loro sarebbero venuti presto in Italia a trovarla. Per quanto riguardava me ero davvero grata a Boston, mi aveva fatto vivere momenti indimenticabili e l’episodio della sera prima forse era quello che mi era servito di più: mi aveva fatto capire quanto l’idea di perdere Massi fosse assolutamente impensabile.
 -Sorellina-, disse Michael quando eravamo quasi pronti per imbarcarci. –Fai la brava a Lecce, altrimenti vengo lì e ti striglio come si deve.-
 -Oh, andiamo Mike-, rispose Delia esasperata. –Lo sai che io non so fare la brava, cerca di fartene una ragione.-
 -Massi.-
 -Sì, Mike. Tranquillo, la controllerò io.-
 -Anch’io-, aggiunsi alzando la mano.
 Ci guardammo e tutti scoppiammo subito a ridere.
 -Pensate che mi lascerete vivere in pace tutti quanti?- chiese Delia divertite.
 -Ovviamente no-, intervenne Devon. –Non ci sperare.-
 Dopo dei saluti quasi eterni, un po’ tristi ma soprattutto divertenti raggiungemmo l’aereo e ci preparammo al viaggio infinito che ci avrebbe riportato a casa.
 Passammo il tempo chiacchierando e maledicendo il fatto che il giorno dopo saremmo dovuti tornare subito a scuola. Di certo non potevo chiedere ai miei genitori di restare a casa dopo che mi avevano permesso di attraversare l’Atlantico. Se dovevo essere sincera, poi, non vedevo l’ora di rivedere le mie amiche e Marco: anche se erano dei matti col botto mi erano mancati da morire.
 L’aereo atterrò in perfetto orario all’aeroporto di Brindisi.
 Scendemmo con calma e ci dirigemmo verso la zona per il ritiro dei bagagli.
 Proprio in quel momento Massi riaccese il cellulare e subito compose un numero. Sapevo anche troppo bene chi stava chiamando.
 -Mamma?-
 La D’Arcangelo, ovvio.
 -Sì, siamo appena atterrati. Ho capito, va bene. A dopo.-
 Chiuse la chiamata e io già sapevo cosa stava per dirmi.
 -Mia madre è qui fuori-, disse con voce amara.
 -Lo avevo immaginato, anche mio padre sarà qui tra poco. Mi ha mandato un messaggio dicendo che è appena partito da casa.-
 Arrivammo davanti ai rulli e subito i bagagli cominciarono a girare, pronti per tornare dai loro proprietari.
 Vidi la mia valigia e Massi mi aiutò a tirarla giù. Diede una mano anche a Delia e fece la stessa cosa con la sua.
 -Vale-, cominciò Delia sorridente. –Ci vediamo domani a scuola. Salutatevi con calma.-
 Si allontanò di qualche passò, avvicinandosi alle porte che ci avrebbero portato all’interno dell’aeroporto.
 Avevo detto a mio padre che il volo sarebbe arrivato con mezz’ora di ritardo in modo che non rischiassimo un incontro tra lui e la D’Arcangelo, e gli avrei detto che la madre di Delia era già venuta a prenderla così non sarebbe stato strano vedermi in aeroporto da sola.
 Massi e Delia avrebbero subito raggiunto la D’Arcangelo fingendo di aver appena passato una meravigliosa settimana a Boston come due perfetti innamorati. Io avrei dovuto aspettare al ritiro bagagli finché loro non fossero andati via.
 Un piano perfetto.
 Ben tornata a casa Vale! Ben tornata nel tuo mondo di bugie e di sotterfugi per evitare che la tua prof scopra la tua storia d’amore con suo figlio.
 Inutile, il mio destino sembrava quello per il momento.
 -Ti chiamo più tardi-, disse Massi abbracciandomi.
 -Lo so che abbiamo passato insieme tanto tempo però non credo che mi sia bastato-, sussurrai al suo petto mentre lo stringevo a me con tutte le mie forze.
 -Ancora pochi mesi e saremo liberi.-
 -Non vedo l’ora.-
 Si staccò da me e guardandomi negli occhi mi fece sentire ancora una volta in Paradiso. Il suo sguardo era così dolce e innamorato, come se non volesse far altro che guardarmi per tutta la vita.
 -Ti amo-, disse semplicemente.
 -Anch’io, tantissimo-, risposi col cuore.
 Si chinò su di me e mi diede un dolce bacio. Leggero come una nuvola, deciso come la pioggia, delicato come la seta, intenso come il nostro amore.
 Dopo quel bacio ci separammo. Aspettai qualche minuto e poi, portandomi dietro il mio trolley, mi avviai verso l’uscita del ritiro bagagli.
 In Italia era ormai pomeriggio inoltrato e fuori era già buio. C’era ancora un po’ di tempo prima che arrivasse mio padre quindi mi sembrava il caso di prendere un caffè, un caffè italiano, uno vero! Mi era mancato da morire!
 Mentre mi dirigevo verso il bar sentii il mio cellulare vibrare. Lo presi e vidi che era un messaggio.
 
 Amore. Questi giorni sono stati i più belli della mia vita. Spero ce ne saranno ancora tanti, e la sai una cosa? Neanche a me il tempo che abbiamo passato insieme è bastato. Ti amo.
 
 Un sorriso mi nacque spontaneo sul volto mentre leggevo. Ero talmente impegnata nel guardare quelle parole da non vedere dove stavo andando e senza accorgermene andai dritta a sbattere contro qualcuno. Alzai lo sguardo mortificata.
 -Mi scusi, io non…-
 Le parole mi morirono in gola. I miei occhi avevano incontrato quelli di un colore famigliare intrappolati in centinaia di ricordi che credevo perduti. Quel verde tendente al marrone, quel verde così scuro e deciso che per tanto tempo era stato al centro dei miei pensieri, quel verde così diverso da quello di Massi eppure altrettanto bello e che mi stava guardando altrettanto stupito.
 -Vale…-
 Quella voce. Era stata la padrona dei miei sogni per così tanto tempo che non avrei potuto confonderla con quella di nessun altro.
 -Riccardo.-
 Con ancora il cellulare in mano dove troneggiava il messaggio di Massi mi persi negli occhi di Riccardo. Passato e presente lì, nello stesso istante, entrambi nella mia vita.
 Ancora una volta, in poche ore, mi ritrovai a pensare che era davvero impossibile sfuggire al destino quando ci si metteva d’impegno.













***L'Autrice***
 Bene, bene, bene... Avete notato quel piccolo, insignificante, particolare finale?
....
....
....
RICCARDO!!!
 E' tornato! E adesso? Ah, bella domanda. Adesso cominciano i guai seri (anche per me che non so precisamente cosa scrivere ma spero che l'ispirazione degli ultimi giorni mi aiuti a uscire da questo eterno dilemma). Comunque adesso chi mi ha aggiunto su facebook avrà capito che l'immagine di copertina del mio diario non era stata messa lì a caso, era un'immagine spoiler. Chi lo aveva capito alzi la mano? xD Sì, lo so. Sono parecchio subdola, chiedo perdono xD
 Sinceramente non so voi, ma io il ritorno di Riccardo me lo immaginavo esattamente così, e ovviamente penso che avrete capito perchè si trovava anche lui in aeroporto, era appena tornato da Londra. Non so quanti di voi lo ricordino ma alla fine de "Il Figlio della Prof" la madre di Riccardo aveva detto sarebbero partiti a febbraio, e Vale parte per l'America durante le vacanze di carnevale, quindi qualche lettrice attenta avrebbe potuto scoprire facilmente il mio piano... ^^ Alzi la mano chi di voi lo aveva capito? ahahah Spero non troppi altrimenti come scrittrice di colpi di scena faccio veramente pena...
 Adesso il problema è: Massi... Povero il nostro Massi, chissà cosa gli farò passare. Devo ammettere che nella mia mente di stanno delineando parecchi scenari e sono uno più catastrofico dell'altro. Vi prego, non odiatemi ma vi avevo avvertito che questo Sequel non sarebbe stato tutto rose e fiori, ma l'esatto contrario ^^
 Prima di concludere questo mio commento volevo ringraziare tutte le persone che dopo tutto questo tempo continuano a seguirmi: so che vi ho fatto aspettare una vita ma spero che non vi siate pentite di aver atteso questi capitoli... ^^
 Ringrazio ancora una volta le ragazze che hanno scritto quelle splendide recensioni per il capitolo precedente e chiunque sia passato a leggere questo capitolo... ^^
 Al prossimo capito...
 Un bacio ^^       

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Capitolo 8
*** Ricordi Che Riaffiorano ***






Verso La Maturità- Capitolo 8
Vedi, Non Mi Preoccupo Che Tu Ti Ricordi Di Me…
La Vita Che Conoscevo E’ Cambiata E Ora E’ Cambiata Di Nuovo
Cecilia Ahern
 
 
Capitolo 8: Ricordi Che Riaffiorano      
 
-Ma la smetti di rompere? Ti prego, basta!-
 Mi rotolai sul letto cercando di divincolarmi dalla presa che mi teneva ferma.
 -Ti prego! Basta! Smettila!-
 -Lo sai che non resisto quando si tratta di farti il solletico, Vale-, disse una voce divertita, anche troppo per i miei gusti e per la situazione in cui mi trovavo.
 Cercai ancora una volta di liberarmi mentre un’altra ondata di risate prendeva possesso di me. I poveri muscoli del viso e dello stomaco cominciavano a farmi male mentre non riuscivo a smettere di ridere come una matta.
 -Riccardo, finiscila!- non riuscii a trattenere altre risate. –Devo studiare!-
 Improvvisamente le mani che mi stavano torturando si bloccarono lasciandomi uno strano senso di vuoto dentro.
 -Hai ragione, ho promesso a tua madre che stavolta ti avrei aiutato per davvero.-
 Mi voltai e gli occhi di Riccardo m’inondarono con la loro luce di spensieratezza. Avevo sempre pensato che i suoi occhi ricordassero quelli di un bambino un po’ capriccioso e la loro dolcezza mi disarmava sempre, come se fossero stati messi su quel volto per farmi sentire meglio ogni volta che li guardavo.
 -Vabbe’, si tratta dell’ultima interrogazione prima dell’estate anche se va male pazienza. Non è che abbia molta voglia di studiare.-
 -Vale, non cominciare-, rispose lui afferrando il mio libro di latino. –Hai una buona media non puoi fartela rovinare da un pessimo voto preso l’ultimo giorno di scuola. Su, a lavoro.-
 -Guastafeste di un secchione!- esclamai tra il divertito e lo scocciato. Gli sfilai il libro dalle mani e cominciai a ripetere le proposizioni interrogative sistemandomi i cuscini dietro la schiena per stare più comoda. 
 -Sì, lo ammetto. Sono bello, intelligente, divertente, spiritoso…-
 -Umile-, continuai senza distogliere gli occhi dal libro.
 -Che vuoi di più in un amico?- disse con ovvietà. –Non potresti desiderare di meglio.-
 Già, aveva preso proprio il punto giusto. Era un mio amico, il mio migliore amico, a cui volevo un mondo di bene e di cui, probabilmente, mi stavo innamorando. Dubitavo però che per lui fosse lo stesso. Io ero una normale quindicenne che aveva appena iniziato le superiori mentre lui era un bellissimo e intelligente diciassettenne pedinato fin sotto casa da centinaia di ragazze infoiate. L’unico ruolo che avrei mai potuto ricoprire nella sua vita era quello di migliore amica o al massimo di sorellina minore.
 La vita faceva davvero schifo!
 Oddio! Ma che andavo a pensare?! Non avevo mai fatto dei pensieri del genere su Riccardo, mai. Lo avevo sempre visto come il mio insostituibile migliore amico, a volte dimenticavo persino che fosse un ragazzo. Perché proprio in quel momento avevo pensato alla parola “amore” e l’avevo ricollegata a lui. Non era normale, io non ero normale.
 -Vale, devo dirti una cosa-, cominciò lui chiudendo il libro che avevo tra le mani e fissandomi dritta negli occhi.
 Sbattei le palpebre un paio di volte, un po’ sorpresa per la sua espressione seria e un po’ per mettere a fuoco quel viso così famigliare eppure così diverso dal solito.
 -Cosa?- chiesi stranita.
 -Devo partire-, mormorò lui abbassando lo sguardo.
 Alzai un sopracciglio stranita.
 -Vai in vacanza da qualche parte? Non c’è bisogno di essere così solenne nel dirmelo, mica stai ammazzando qualcuno. E dove vai?-
 -A Londra, ma…-
 -Londra?! Brutto traditore infame!- esclamai risentita. –Sai che Londra è la mia città preferita e che la voglio vedere da una vita. Ci vai in vacanza e neanche m’inviti?! Assurdo. Io non…-
 La frase non la terminai mai. Riccardo mi aveva messo una mano sulla bocca per zittirmi. I nostri occhi s’incontrarono di nuovo e avvertivo il calore della sua mano sulle mie labbra. In un’altra situazione lo avrei morso per riottenere la mia libertà ma nel suo sguardo c’era qualcosa che m’impedii di farlo. Era come se fosse combattuto, come se nei suoi occhi stesse avvenendo una guerra per cercare le parole adatte da pronunciare.
 -Non vado lì per una vacanza-, disse sospirando.
 Pian piano nella mia mente comparve la risposta a tutta quella serietà e quella confusione ma non ci volevo credere.
 -Mio padre ha ottenuto una promozione ed è stato trasferito a Londra. Partiremo alla fine di agosto, ormai è tutto deciso.-
 Abbassò lo sguardo e lentamente la sua mano scivolò via ma io me ne accorsi appena. Tutti i miei neuroni erano impegnati nell’elaborare le parole che erano appena uscite dalla bocca di Riccardo.
 Lo avrei perso.
 Non c’era altro da dire. Stava andando ad abitare a migliaia di chilometri da me e non vedevo come la nostra amicizia potesse continuare, e di certo era fuori discussione che diventasse qualcosa di più. Ancora quei pensieri! La dovevo smettere, a maggior ragione in quel momento, proprio quando anche la più piccola speranza che Riccardo si accorgesse di me era perduta.
 La vita faceva veramente e profondamente schifo!
 
 L’aeroporto di Brindisi era pieno di persone che camminavano, chi di fretta chi con molta calma. Sentivo il vociare frenetico della gente che avevo intorno: madri che sgridavano i loro bambini, nonne che salutavano i loro nipoti in partenza, ragazze che accoglievano il ritorno dei loro fidanzati, coppie pronte a partire per qualche lunga e romantica vacanza. Tutto attorno a me si muoveva e tutto intorno a me mi fece capire che quello che stavo vivendo non era uno dei miei vividi sogni ma la pura e semplice realtà.
 Riccardo Donati era davanti a me, in carne ed ossa. Dopo quattro lunghi anni lui era lì e i suoi occhi, che non avevo mai dimenticato, mi guardavano sbalorditi.
 Era cambiato, cavoli se era cambiato!
 Mi sembrava un po’ più alto dell’ultima volta in cui l’avevo visto- il che era in incredibile, visto che già allora superava il metro e novanta- e i suoi lineamenti erano molto più decisi e maturi rispetto a quelli del diciassettenne che albergava nei miei ricordi. Aveva messo su un fisico atletico, non era più semi scheletrico e magro. I capelli castani erano più corti e avevano perso quei ricci che mi piacevano tanto.
 I suoi occhi però erano sempre uguali, non erano cambiati di una sola virgola.
 Continuavo a fissarlo imperterrita, cercando in tutti i modi di riattivare la mente, di riaccendere quel poco di cervello che mi era rimasto dopo la sorpresa di pochi secondi prima. Nonostante tutti i miei sforzi non riuscii a parlare, era come se la mia bocca si fosse completamente scollegata, o forse non c’erano parole per descrivere quello che mi stava accadendo dentro. E poi, senza che me ne rendessi conto un enorme sorriso mi si dipinse sul volto. Riccardo lo ricambiò immediatamente, senza attendere neanche un millesimo di secondo.
 -Riccardo!- esclamai quasi gridando.
 Mollai il mio trolley e gli gettai le braccia al collo, avvinghiandolo in un abbraccio colmo di gioia, felicità e sorpresa.
 -Vale-, sussurrò lui posando il mento sulla mia spalla e stringendomi a sé.
 Uno strano senso di nostalgia mi avvolse il cuore. Era da tanto che non mi sentivo così sollevata nel vedere qualcuno, era come se i miei sensi avvertissero la presenza di Riccardo, di quel mio amico che per me era stato così importante e fondamentale, e avessero deciso di tornare tutti al loro posto, in pace con il mondo.
 Era una sensazione talmente strana ma allo stesso tempo piacevole da lasciarmi completamente spiazzata.
 Massi era colui che faceva partire il mio cuore come un razzo costringendolo a perdere ogni cognizione di tempo e spazio, ma Riccardo era rimasta l’unica persona al mondo che poteva farmi sentire tranquilla e serena come una volta. Era come una vacanza dopo tanto tempo di stress e fatica, come una camomilla calda nei giorni in cui l’agitazione e l’ansia la facevano da padrone. Una specie di tranquillante tutto mio che adesso era di nuovo con me.
 Mi era bastato solo un attimo per formulare quei pensieri, eppure erano talmente chiari nella mia mente, così cristallini da spaventarmi.
 Era davvero ancora tutto come un tempo, nonostante non ci vedessimo da anni e fosse completamente sparito dalla mia vita. Riccardo, era tornato. Non potevo ancora crederci.
 Sciolsi lentamente l’abbraccio e continuai a fissare quel volto così famigliare eppure così diverso.
 -Che ci fai qui?- chiesi con un enorme sorriso.
 -Sono appena tornato da Londra-, rispose con i suoi soliti occhi divertiti. –Tornato per sempre.-
 -Cosa?!- esclamai. Mi era venuta voglia di saltare come una bambina che aveva visto una montagna di regali sotto l’albero la mattina di Natale.
 -Mio padre ha avuto un’altra promozione e siamo tornati qui. I miei genitori si sono trasferiti la settimana scorsa, io sono arrivato solo oggi perché dovevo sistemare alcune cose a Londra prima di venire a Lecce.-
 -Ma dai! Non ci posso credere! Sei tornato per davvero?- ero ancora troppo stupita.
 -Vale, ti è peggiorata la vista da quando sono andato via? Non mi vedi? Eppure dovrei essere abbastanza di presenza-, scoppiò a ridere dandomi un buffetto in testa. –La solita citrulla.-
 -Ehi!- risposi contrariata. –Scusa se sono ancora troppo sorpresa di vederti per crederlo possibile.-
 -Hai ragione, scusa. Anch’io mi sto ancora abituando all’idea di tornare a vivere qui.-
 Gli sorrisi e mi sistemai i capelli nel punto in cui mi aveva toccato: aveva sempre avuto la capacità di scompigliarli tutti anche solo sfiorandomi.
 -Ti va di prendere un caffè? I miei genitori arriveranno tra una mezz’ora.-
 -Sì, certo-, risposi con gli occhi che quasi mi brillavano. Vero caffè italiano e Riccardo: cosa avrei potuto chiedere di più dopo la nottata stressante che avevo passato?
 Afferrammo i nostri trolley e ci dirigemmo con calma verso il bar. Ordinammo due caffè- il mio macchiato con una spruzzatina di cacao- e ci sedemmo a uno dei tavolini vicino alle grandi vetrate che davano all’esterno dell’aeroporto.
 C’era veramente tantissima gente eppure mi resi conto che riuscivo ad avvertire pienamente solo la presenza di Riccardo. Non mi ero mai accorta di quanto in quegli anni mi fosse mancato. Amy e Marti erano delle amiche meravigliose, le mie migliori amiche in assoluto, ma con Riccardo era sempre stato diverso: nel nostro rapporto c’era qualcosa di speciale quel qualcosa che non avevo ritrovato in nessun altro, una complicità quasi surreale. Mi era mancato davvero tantissimo.
 -Come sta tua madre?- gli chiesi aprendo una bustina di zucchero e versandola nel caffè.
 -Abbastanza bene, è un po’ stravolta dal nuovo trasloco. Penso che prima o poi ammazzerà mio padre per tutti i traslochi che ci ha costretto a fare. E tua madre? Fa ancora la pasta al forno più buona dell’universo?-
 Risi a quelle parole. Riccardo andava matto per la pasta al forno di mia madre, era riuscito a mangiarne tre porzioni durante il pranzo per i miei quindici anni.
 -I tuoi gusti non sono cambiati a quanto vedo. Sì, cucina ancora benissimo tranne che per i…-
 -Dolci-, completò lui con un sorriso.
 Sorrisi anch’io.
 -In quelli non ti batte nessuno, Vale. Ancora oggi devo trovare qualcuno che faccia una torta mimosa anche solo simile alla tua.-
 -Ti ricordi ancora?- chiesi con un mezzo sorriso nostalgico.
 -Potrei dimenticare secondo te? Sei stata una delle persone più importanti della mia vita, te la batti tranquillamente con mia madre. Non ho dimenticato neanche un istante del tempo che ho passato con te. A dire il vero ero entusiasta all’idea di tornare qui perché avevo la speranza di rivederti e magari di riprendere da dove avevamo lasciato. Mi sei mancata tantissimo.-
 Spalancai gli occhi incredula.
 Dopo tutto quel tempo nemmeno lui mi aveva mai dimenticato, forse la nostra era davvero una di quelle amicizie eterne che neanche la distanza e gli anni avrebbero potuto scalfire.
 -Riccardo, anche tu mi sei mancato tantissimo. Certo che possiamo riprendere da dove avevamo lasciato, non rinuncerei mai alla nostra amicizia ora che sei tornato.-
 Posai una mano sulla sua e lui la strinse guardandomi fisso negli occhi, sorridendo come se gli avessi appena detto che aveva vinto un milione di euro.
 Poi, all’improvviso, il suo sguardo si fece stranamente intenso e serio, sembrava volesse dirmi qualcosa di davvero importante.
 -Non eravamo rimasti alla semplice amicizia, almeno non da parte mia.-
 -Che vuoi dire?- chiesi piuttosto confusa.
 -Vale, andiamo. Lo sappiamo entrambi che la nostra amicizia si stava trasformando in qualcosa di più. Se non fossi partito, probabilmente, staremmo ancora insieme perché è così che deve essere. A Londra, quando ho incontrato Lara, credevo che fosse la ragazza giusta che forse tu eri stata solo una cotta da adolescente, ma poi ho capito che non era così, che tu sei insostituibile nella mia vita.-
 Sbattei le palpebre per cercare in qualche modo di riattivare il cervello ma non ebbi molto successo. Non riuscivo ancora a capire esattamente cosa volesse Riccardo da me, lo stupore aveva rallentato tutti i collegamenti tra i miei neuroni.
 -Vuoi sapere una cosa?- continuò lui prendendomi anche l’altra mano e stringendola nella sua. –Se mio padre non avesse avuto il trasferimento per Lecce probabilmente sarei tornato qui anche da solo. Tra me e Lara le cose non sono andate fin dall’inizio, lei aveva capito perfettamente che nella mia testa e nel mio cuore c’era un’altra ragazza. Una splendida ragazza che mi ha sempre fatto ridere e sentire in pace con il mondo, una ragazza che non sono mai stato in grado di dimenticare, neanche dopo quattro anni e migliaia di chilometri di distanza. Vale, io ci ho provato ma proprio non riesco a cancellarti dalla mia mente, è una cosa che non posso controllare, è più forte di me.-
 Fermi tutti! Si poteva riavvolgere il nastro perché non ero sicura di aver capito bene.
 No. No. No.
 No, Riccardo non poteva piombare fuori dal nulla e pretendere che io provassi ancora dei sentimenti per lui. Ci avevo messo mesi, quasi anni, a convincermi che il nostro destino non era stare insieme, avevo incontrato Massi, ero innamorata di lui, ed ero relativamente felice se si evitava di menzionare lo stress nel tenere la nostra storia segreta. Non poteva! Non aveva alcun diritto di avanzare pretese su di me.
 -Riccardo, io… E’ passato tanto tempo-, cominciai guardandolo negli occhi. –Hai ragione quando dici che quattro anni fa mi sarei potuta innamorare di te ma le cose cambiano. Le persone cambiano.-
 -Vale, non puoi essere cambiata a tal punto. Sono certo che dentro di te è rimasto ancora un sentimento profondo nei miei confronti.-
 -Certo che è rimasto-, risposi cercando di pesare ogni parola. –Quello che è rimasto dentro di me è un forte sentimento di amicizia ed è inutile che ti dica che ti voglio bene ma… Riccardo è cambiato tutto da quando sei andato via, io…-
 Proprio in quel momento il cellulare di Riccardo cominciò a squillare.
 -Scusa un attimo-, disse con gentilezza.
 Accettò la chiamata.
 -Mamma, sì. Dove siete?-
 Mentre parlava con sua madre, lo osservavo cercando di capire cosa fosse appena accaduto. Era come se tutto intorno a me fosse sparito e fossero rimasti solo i miei rumorosi e confusi pensieri che vorticavano freneticamente nella mia povera testa.
 -Okay, allora vi raggiungo io.-
 Quella frase mi riportò sul pianeta Terra e mi ricordò che Riccardo, il mio amico Riccardo, era ancora seduto davanti a me e aveva appena imbastito quella che sembrava una dichiarazione in piena regola.
 -I miei genitori sono qua fuori ma non riescono a trovare parcheggio quindi devo raggiungerli subito. Mi dispiace lasciarti sola.-
 -Non preoccuparti-, risposi in modo automatico, in realtà non stavo ancora riuscendo a riflettere pienamente. –Mio padre dovrebbe essere qui a minuti, non dovrò aspettare troppo. Anzi, grazie per avermi fatto compagnia fino ad ora.-
 -Vale-, cominciò lui serio mentre iniziava ad alzarsi. –Prima non stavo scherzando, spero tu l’abbia capito. Non ho intenzione di perderti una seconda volta.-
 A quel punto riuscii finalmente a riprendermi del tutto dalla sorpresa. Era arrivato il momento di chiarire le cose prima che la situazione precipitasse.
 -Riccardo, io sono innamorata di un ragazzo e sto con lui. Anche se le tue parole erano sincere non troveranno riscontro nella realtà. Non lascerei mai il mio ragazzo.-
 Sperai con tutto il cuore che quelle parole non l’avessero ferito troppo.
 -Tranquilla, quello che ho detto si avvererà. Avevo messo in conto che tu potessi stare con qualcuno, bella come sei non mi aspettavo di certo che restassi sola dopo la mia partenza.-
 Quella frase mi colpii dritta allo stomaco.
 -Inoltre non m’importa più di tanto del tuo ragazzo, non sono geloso e poi ho la vittoria in tasca-, il suo sorriso sicuro mi diede quasi i brividi.
 -La vittoria? Non è una gara-, risposi incredula. –Io sto con un altro e lo amo, non c’è nulla per cui combattere, Riccardo.-
 Lui sorrise ancora.
 Stavo parlando italiano o aramaico? Mi sembrava proprio che Riccardo non riuscisse a comprendere bene quello che stavo cercando di dirgli.
 Mi si avvicino con calma e si piegò su di me lasciandomi un delicato bacio sulla guancia.
 -So che da qualche parte provi ancora qualcosa di sincero per me, e farò in modo che quella parte di te venga fuori, dovessi metterci anche tutta la vita.-
 Bisbigliò quelle parole a pochi centimetri dal mio orecchio facendomi venire la pelle d’oca in tutto il corpo.
 -A presto, Vale-, mi salutò così, con quella semplice frase. Non aggiunse altro e, in effetti, aveva parlato anche troppo per i miei gusti, aggiungere anche una sola sillaba a quel discorso mi avrebbe solo fatto uscire fuori dai gangheri, e lui lo sapeva anche troppo bene. Avevo quasi dimenticato quanto sapesse essere cocciuto e insistente.
 Mentre andava via, trascinando con sé il suo trolley, si voltò ancora una volta a guardarmi e mi fece un gesto di saluto con la mano e un sorriso enorme. Poi si voltò e attraversò l’uscita dell’aeroporto pronto per tornare alla sua vita a Lecce e per sconvolgere completamente la mia di vita.
 Quel suo ultimo sguardo e quel suo sorriso così sicuro… Erano identici a quelli che quattro anni prima aveva sfoggiato in quello stesso aeroporto per dirmi addio.
 
 -Ti scriverò talmente tante e-mail che t’intaserò la casella, lo sai vero?- cominciò Riccardo sorridendo e accarezzandomi una guancia.
 -Adesso dici così ma lo sappiamo che non lo farai, sei sempre troppo distratto per ricordartene-, dissi cercando di sembrare divertita ma lo sapevamo tutti e due che dentro di me si stava scatenando il finimondo.
 Il mio migliore amico stava andando a vivere dall’altra parte dell’Europa e non avevo la sensazione che le cose sarebbero andate bene per noi. La lontananza non era semplice da affrontare, se poi ci aggiungevo il fatto che in quegli ultimi mesi mi ero resa conto di provare qualcosa per lui, qualcosa che somigliava pericolosamente ad un sentimento d’amore, il quadro era completo.
 Stavo per dire addio al ragazzo di cui mi stavo innamorando e nonostante il mio talento nel celare i miei reali pensieri ero cosciente del fatto che a Riccardo non la potevo fare: per lui ero sempre stata un libro aperto. Probabilmente lui ed Amy erano gli unici che riuscivano a leggermi così bene, ma Riccardo era un gradino sopra ad Amy.
 Lui mi capiva sempre.
 Lui leggeva dentro di me ed io non potevo impedirglielo.
 Lui mi conosceva come nessuno a questo mondo.
  Riccardo era Riccardo, e adesso stavo per perderlo. E-mail, telefonate, lettere non sarebbero mai bastate a colmare tutti i momenti che avrei passato senza averlo accanto e lo sapevo troppo bene perché non diventasse il mio pensiero fisso anche in quel momento che dovevo fingere di essere la solita per non creargli una preoccupazione in più.
 Gli volevo troppo bene perché il mio cuore sopportasse che lui soffrisse più del necessario.
 -Vale, non cominciare a pensare al peggio come tuo solito.-
 -Se hai un modo per non pensare al peggio sono tutta orecchi-, risposi risentita.
 La faceva facile lui, ma per me fingere che tutto stesse andando bene mi stava distruggendo.
 Mentre la gente ci passava accanto e vociferava, io mi sentivo come in gabbia. L’aeroporto era pieno e i genitori di Riccardo lo stavano aspettando all’imbarco, lui aveva deciso che era meglio stare con me fino all’ultimo minuto piuttosto che perdersi quei pochi momenti che ci erano rimasti. Stavo cercando di fare del mio meglio perché rimanesse un bel ricordo di quegli istanti, ma come potevo continuare a fingere in una situazione come quella? Come potevo far finta? Non ce la facevo. Non ne ero in grado.
 Mi sarebbe mancato da morire, inutile prendersi in giro.
 Non appena formulai quel pensiero avvertii qualcosa pungere dietro le palpebre e quando vidi l’espressione di Riccardo farsi seria capii che il mio tentativo di arginare le lacrime che lottavano da giorni per uscire era ormai giunto al capolinea.
 Riccardo posò a terra il suo zaino e mi abbracciò senza dire neanche una parola. Mi strinse forte a sé e in quel momento compresi che non avevo più voglia di trattenermi: le lacrime cominciare a scendere lente e copiose sul mio viso mentre Riccardo mi accarezzava la testa per tentare, almeno in parte, di rassicurarmi.
 -Vale, io non sparirò nel nulla-, cominciò con voce seria. –Non ho intenzione di abbandonarti, in un modo o nell’altro tornerò da te. Te lo prometto, farò di tutto per tornare qui. Prima o poi rivivremo ancora i nostri momenti meravigliosi, di questo puoi starne certa.-
 -Me lo prometti?- mormorai tra le lacrime.
 -Te lo giuro. Tornerò da te.-
 “Si comunica ai passeggeri in partenza per Londra che il volo verrà imbarcato al Gate 7. Siete pregati di raggiungere la zona d’imbarco.”
 Era arrivato il momento che avevo temuto. Lo sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontarlo fin da quando Riccardo mi aveva comunicato che si sarebbe trasferito a Londra ma non avrei mai creduto che avrebbe fatto così male lasciarlo andare via.
 Odiavo non poter contrastare i brutti scherzi del destino! Ma stavolta non avevo alcuna arma per poterlo combattere e non mi restava che accettarlo senza battere ciglio. Non c’era altro da fare.
 -Me lo hai promesso-, dissi guardandolo negli occhi.
 -Promesso-, rispose lui sorridendo. Quel suo sorriso. Sarei mai riuscita a togliermi dalla testa quel suo sorrido così dolce e a tratti innocente? Era il sorriso spensierato che poteva avere un bambino, così ingenuo ma anche consapevole della sua intelligenza. Non avrei mai ritrovato un sorriso così neanche cercandolo fino alla fine della Galassia. Era il suo sorriso e lo osservai con attenzione per stamparlo bene nella mente, in modo da andarlo a ripescare tra i miei pensieri nei giorni in cui la lontananza di Riccardo sarebbe stata difficile da sopportare. Avevo bisogno di conservare una parte di lui dentro di me e quel sorriso era ciò che non avrei mai voluto dimenticare.
 Riccardo si staccò da me, con calma asciugò le lacrime che ancora mi solcavano il volto e mi lasciò un tenero bacio sulla fronte facendomi sentire stranamente tranquilla. Aveva la capacità di farmi calmare anche in una situazione straziante e triste come quella. Era davvero incredibile il tipo di potere che esercitava su di me, e dubitavo che quel genere d’influenza sarebbe mai svanito, neanche dopo anni, nemmeno dopo secoli o ere glaciali.
 Riprese il suo zaino e lo mise sulle spalle.
 -A presto, Vale-, disse con aria serena.
 -A presto-, risposi io cercando di sembrare il più tranquilla possibile anche se non era un’impresa semplice.
 Mi sforzai di sorridere mentre lui ricambiava quel mio gesto fissandomi con occhi gentili.
 Si voltò e si diresse con calma verso la zona degli imbarchi ma prima di attraversare la porta che ci avrebbe separati, forse per sempre, si voltò ancora una volta e mi regalò un ultimo sorriso, poi mi salutò ancora con un gesto della mano e sparì.
 Era fuori dalla mia vita ormai, ne ero consapevole. Nessuno di noi due credeva nei rapporti a distanza ed entrambi sapevamo che se quel giorno non c’era stato un vero e proprio addio prima o poi quel momento sarebbe arrivato.
 
 Stesa sul mio letto, al buio e con il palmo della mano posato sugli occhi ripensavo a quel ricordo di quattro anni prima che all’improvviso mi era tornato in mente.
 Riccardo mi aveva fatto quella promessa, e alla fine, dopo tanto tempo era riuscito a mantenerla. Non avrei dovuto dubitare della sua parola ma non pensavo che avrebbe avuto l’occasione di tornare a Lecce e, di conseguenza, nella mia vita.
 Avevo solo quindici anni quando lui era andato via e di certo tutto quello che accadeva era amplificato. La sua partenza per me era stata una specie di tragedia che mi aveva segnato per diversi mesi e proprio quando avevo trovato l’amore e una nuova vita lui era rispuntato dal nulla per dirmi cosa? Che mi voleva e non solo come amica.
 Ma come poteva accadere una cosa del genere?!
 Cosa diavolo avevo fatto al destino perché si divertisse in quel modo con me?
 Riccardo era sempre stato una persona fondamentale per me e ora che era tornato dubitavo che sarei riuscita ad evitarlo. Solo il rivederlo per pochi minuti in quell’aeroporto mi aveva restituito una strana pace che probabilmente avevo smesso di provare nel momento in cui quel giorno di quattro anni prima un aereo diretto a Londra lo aveva portato via da me. Quindi come avrei potuto evitare di attaccarmi di nuovo a lui? E soprattutto, ammesso che saremmo tornati a frequentarci come amici, Massi avrebbe accettato che un ragazzo che era stato così importante per me facesse di nuovo parte della mia vita?
 Oh, ma perché l’esistenza umana doveva essere così complicata? Tutta colpa di quell’idiota di Eva! Aveva proprio bisogno di quella stramaledetta mela?! Accidenti a lei e accidenti a me che ancora stavo pensando a Riccardo!
 Avevo un brutto presentimento. Davvero molto brutto.
 Ero ancora immersa nei miei pensieri quando sentii il mio cellulare vibrare, lo presi e accettai la chiamata senza neanche guardare lo schermo.
 -Pronto?- chiesi con voce stanca.
 -Ehi, allora sei viva…-
 -Massi!- esclamai mettendomi a sedere di scatto.
 -Sì, sono io ma non c’è bisogno di sorprendersi così? Aspettavi la chiamata del tuo amante, per caso?- chiese ridendo.
 -NO!- forse ero stata un po’ precipitosa nel rispondere ma alla parola “amante” mi era apparso nella mente il volto di Riccardo. 
 -Vale, stai bene?- il suo tono sembrava davvero preoccupato.
 -Sì, scusa. Sono solo molto stanca. Attraversare l’Atlantico non è uno scherzo-, dissi sbadigliando. In effetti non mi ero ancora resa conto di quanto fossi distrutta.
 -Povero il mio tesoro, mi piacerebbe essere lì per coccolarti. Forse la stanchezza ti passerebbe.-
 -Massi-, dissi sospettosa. –Ti sei pentito di non aver fatto nulla ieri notte, vero?-
 Ormai lo conoscevo anche fin troppo bene.
 -Abbastanza. Un’ultima notte di fuoco non mi sarebbe dispiaciuta prima di restarti lontano per tutto il tempo-, mormorò con voce roca che a me risultava tremendamente sensuale.
 -Se tu non avessi fatto l’idiota, la scorsa notte te la saresti ricordata a vita-, dissi parecchio divertita. Se solo non avessimo litigato avrei fatto l’amore con lui fino all’alba, tanto per dormire c’erano le migliaia di ore d’aereo.
 -Hai ragione-, disse dispiaciuto. –Sono stato uno stupido, ho solo perso tempo arrabbiandomi ma quando penso a te con un altro non capisco più nulla, ogni mia capacità di razionalizzare se ne va al diavolo.-
 -Si chiama gelosia Massi, non è grave tranquillo. E’ una malattia dalla quale o si guarisce o si convive senza rompere le scatole al prossimo, che in questo caso sarebbe la sottoscritta.-
 -Non sono geloso!- esclamò sdegnato. –Sono solo possessivo.-
 Cominciai a ridere di gusto.
 -E quale sarebbe la differenza tra l’essere geloso e l’essere possessivo?-
 -Che un uomo geloso è solo un insicuro che ha paura di perdere la sua donna mentre un uomo possessivo cerca solo di far valere i suoi diritti su qualcosa che è suo.-
 Io ancora la differenza non ce la vedevo, comunque meglio che non glielo facessi notare altrimenti non saremmo più venuti fuori da quella conversazione.
 -Se lo dici tu.-
 -Comunque come mai non hai risposto al mio messaggio, in genere sei più veloce della luce quando te li mando.-
 Cavolo! Con tutto quello che era successo l’sms di Massi era finito in fondo alla mia lista delle priorità. Tutta colpa di quel celebro leso di Riccardo! Era tornato da poche ore e già stava cominciando a fare dei danni disumani. Tipico di Riccardo…
 -Scusami, l’ho visto solo poco fa. Era dolcissimo-, al solo ripensare a quel messaggio, e all’amore con cui Massi lo aveva scritto, mi si scaldò il cuore.
 -Stavo cominciando a preoccuparmi, in genere non sei così distratta quando si tratta di me. Sicura che vada tutto bene?-
 No, per niente. Le cose non stavano andando bene per niente visto che stava anche subentrando il senso di colpa perché stavo omettendo dei dettagli relativamente importanti al mio ragazzo. Ma come potevo dirgli che un ragazzo di cui ero forse innamorata a quindici anni era rispuntato per non so quale punizione divina e adesso gli aveva dichiarato praticamente guerra senza che lui neanche lo sapesse? Semplice, non potevo. Era meglio non dire nulla per ora, non ne avevo la forza, ero davvero troppo stanca.
 -Sì, tutto bene. Tranquillo.-
 -Mi manchi, sai.-
 Oddio! Quanto sapeva essere dolce il mio Massi e sempre nei momenti migliori. Il cuore cominciò a battermi alla velocità della luce: inutile l’effetto che Massi aveva su di me era a dir poco disarmante.
 -E io ti amo da morire-, risposi sincera. Era la pura e semplice verità, lo amavo dal più profondo del cuore e non potevo farci nulla, non era un sentimento che controllavo, faceva parte di me ed io mi limitavo ad accettarlo con gioia.
 -Anch’io ti amo.-
 Restammo a parlare per qualche altro minuto ripercorrendo insieme tutti i momenti più belli e divertenti della nostra vacanza a Boston e subito il pensiero di Riccardo venne relegato in un punto lontano della mia mente. Lui non era Massi, era quella la realtà. Per quanto decidesse di lottare, per quanto mi volesse, per quanto avesse intenzione di non arrendersi non poteva competere con un cuore innamorato quanto lo era il mio.
 La verità era quella, pura e semplice.
 Massimiliano Draco era l’unico proprietario del mio cuore.













 ***L'Autrice***
 Ebbene, signore e signori, cominciano i guai. Riccardo non ha perso tempo nel dire a Vale come stavano le cose e lei è sicura che le cose tra lei e Massi non potranno mai cambiare per colpa di Riccardo? Chissà se avrà ragione lei o se Riccardo riuscire a vincere questa guerra. Di certo il ragazzo è molto deciso su quello che vuole quindi io prevedo parecchi problemi, soprattutto se si sottolinea il fatto che Massi è all'oscuro di tutto (almeno per il momento ^^).
 E' stato un capitolo all'insegna dei ricordi per farvi capire quali fossero i pensieri di Vale a quindici anni, quando il ragazzo più importante della sua vita era proprio Riccardo, mettendoli a confronto con una Vale diciottenne (e più matura) innamorata di Massi e sicura riguardo i suoi sentimenti.
 Ovviamente l'incontro con Riccardo non è bastato a scalfire il suo cuore che ancora convinto dell'importanza di Massi. Ma sarà sempre così? E chi lo sa, io di certo ancora no ma il mio cervellino si è messo in moto per risolvere al più presto questo mistero ^^
 Il problema adesso è? Che scrivo nel prossimo capitolo??? Non ne ho veramente idea... Potrei farvi aspettare mesi... :(
 Ci avete creduto??? ahahahah No, scherzavo, a grandi linee so già cosa scrivere e se volete un po' ve lo anticipo: dovrei rendere la figura di Riccardo più presente nella vita di Vale, quindi di sicuro lui ci sarà ma ci sarà anche Massi ovviamente, quindi non escludo un incontro tra i due nel prossimo capitolo, ma non ne sono ancora del tutto sicura ^^
 Comunque la smetto di delirare in questo mio commento e passo subito a ringraziarvi per aver letto anche questo capitolo e un altro grazie a tutte le persone che hanno recensito e che hanno inserito questa storia tra le preferite ^^ Siete davvero meravigliose^^
 Un bacio a tutti xD
 
 

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Capitolo 9
*** Rapimento Inaspettato ***






Verso La Maturità- Capitolo 9
Per Tutti, Anche Per I Più Fortunati,
L’Amore Comincia Necessariamente Con Una Sconfitta.
(Hermann Hesse)
 
 
 
Capitolo 9: Rapimento Inaspettato  
 
 -No, ferma! Cosa?!-
 -Hai capito bene Amy-, mormorai sconsolata poggiando la testa sul banco mentre sentivo ancora i pensieri che facevano un rumore incredibile vorticando nella mia mente.
 Era il primo giorno dopo le vacanze di Carnevale ed era il momento della ricreazione. Avevo provato in tutti i modi a cancellare l’incontro con Riccardo ma quando Amy mi aveva chiesto se andasse tutto bene, non ce l’avevo proprio fatta a mentirle. Con qualcuno dovevo pur parlarne. Le avevo raccontato ogni cosa, dal nostro incontro imprevisto alla chiara dichiarazione di Riccardo davanti al mio agognato caffè.
 -Ma stiamo scherzando?! Non può tornare così all’improvviso, non ci posso credere. Riccardo è davvero un idiota!-
 -Chi è Riccardo?- chiese una voce alle spalle di Amy.
 Era Sabrina. Come ogni giorno veniva nella nostra classe per fare ricreazione insieme: le compagne di classe di Marco adesso odiavano molto di più Amy ma Sabrina era ancora evitata e ignorata. Se non fossimo stati a metà dell’ultimo anno scolastico Sabrina avrebbe volentieri chiesto il trasferimento nella nostra classe.
 -Riccardo?- la voce sorpresa di Marti mi arrivò lontana come un sussurro. –Ma chi? Riccardo Donati?-
 -Sì, proprio lui-, rispose Amy con voce irritata.
 -Chi è Riccardo?- riprovò Sabrina dubbiosa.
 -Perché state parlando di Riccardo?- Marti prese posto al mio fianco e iniziò a mangiare il suo panino. –Adesso che c’entra?-
 -E’ tornato-, disse Amy lapidaria.
 Marti si bloccò e comincio a tossire come una matta mentre cercava di far scendere quel boccone che evidentemente le si era fermato in gola alla notizia ricevuta da Amy.
 -Che cosa?!- esclamò fissandomi. –E’ uno scherzo, vero?-
 -Magari-, mormorai sconsolata.
 -Spero sia tornato per una vacanza-, disse tra un colpo di tosse e l’altro mentre apriva la sua bottiglietta d’acqua.
 -E’ tornato per sempre-, continuò Amy risparmiandomi l’ennesima spiegazione.
 -Ma è impazzito?!- Marti sembrava davvero sconvolta.
 -Insomma chi è questo Riccardo?- chiese Sabrina piuttosto spazientita.
 -Nessuno-, rispose Amy con tono acido, non per la domanda di Sabrina ma per l’evidente astio che provava all’idea dell’assurda decisione di Riccardo di tornare con prepotenza nella mia vita che stava diventando quasi perfetta grazie a Massi.
 Sabrina alzò un sopracciglio scettica.
 -Per essere un nessuno ha causato abbastanza scompiglio in voi tre.-
 -E’ un amico di Vale-, rispose Marti respirando regolarmente per riuscire a riprendersi dal semisoffocamento di poco prima.
 -Amico non è la parola adatta-, rincarò Amy beccandosi una delle mie occhiate di fuoco.
 -Certo che è la parola adatta-, ribattei sulla via dell’irritazione più pura, Amy stava cominciando davvero ad esagerare. –Riccardo ed io siamo sempre stati solo amici.-
 -Sì, e io sono Julia Roberts-, rispose Amy alzando gli occhi al cielo. –Se Riccardo non fosse partito per Londra alla fine vi sareste messi insieme e lo dimostra il fatto che lui è tornato qui e ha lasciato la sua ragazza perché è innamorato di te. Adesso spiegami dove dovrebbe essere la “sola amicizia” in tutta questa storia.-
 -Da parte mia, ora, c’è solo amicizia e le cose non cambieranno-, cercai di spiegare nel tono più sicuro e deciso possibile.
 -Aspettate solo un attimo-, cominciò Sabrina stralunata. –Questo tizio è sbucato fuori dal nulla dicendo di essere innamorato di Vale e lei in passato stava per innamorarsi di lui? Ho capito bene?-
 -Più o meno è così-, rispose Amy. Io avevo finito qualsiasi parola riguardo quella storia. La notte prima ero riuscita a dormire solo grazie alla telefonata con Massi che mi aveva fatto completamente dimenticare l’incontro con Riccardo ma quella mattina, appena sveglia, la consapevolezza mi aveva investito come un’onda durante una tempesta. Insieme ad essa era giunta anche la sensata idea di dover dire al più presto a Massi di Riccardo, prima che lui lo venisse a sapere da qualcun altro con magari particolari inesistenti.
 -Vi prego di non farne parola con nessuno-, cominciai mentre le mie amiche si voltarono a guardarmi. –Alla fine delle lezioni incontrerò Massi e gliene parlerò, anche se magari sorvolerò sul fatto che Riccardo gli ha praticamente dichiarato guerra. Neanche Marco deve sapere nulla, la sua capacità di mantenere un segreto equivale al mio senso d’orientamento.-
 Amy, Marti e Sabrina mi guardarono con uno strano sguardo di compassione, forse immaginavano ciò che mi passeggiava nella mente già da qualche ora: che avevo fatto di male per meritarmi un destino simile? Ero finalmente felice, avevo trovato una persona che mi amava e soprattutto che io amavo più della mia vita e adesso si era posto sul mio cammino un ostacolo che di certo non potevo ignorare.
 Riccardo. Un nome che in passato per me aveva significato moltissimo adesso era diventato una specie di sassolino nella scarpa che mi dava fastidio al solo nominarlo. Gli volevo bene come anni prima, inutile negarlo, ma la sua dichiarazione mi aveva fatto capire che niente poteva più essere come nel passato, almeno non per lui.
 Tutte a me! Sempre tutte a me!
 Pochi minuti dopo suonò la campanella che decretava la fine della ricreazione e l’arrivo della D’Arcangelo per la sua lezione. Eravamo tutti abbastanza tranquilli, il secondo quadrimestre era appena cominciato e quindi era certo che la prof avrebbe solo spiegato. In quella giornata mi ci mancava solo un’interrogazione della D’Arcangelo quando non avevo aperto libro per decidere di pensare seriamente al suicidio.
 -Buongiorno ragazzi.-
 La sua voce allegra dimostrava che ancora non era stanca di quella giornata di scuola. In genere all’ultima ora diventava intrattabile come un Pitbull con il mal di denti.
 -Cosa avevo spiegato prima delle vacanze?- chiese rivolta alla Giordano, ovviamente.
 -Il sistema solare in generale-, rispose lei pronta.
 -Bene-, si alzò e prese il gessetto da dentro il cassetto per poi avvicinarsi alla lavagna. –Allora oggi andremo avanti e spiegherò le caratteristiche del Sole.-
 -Che hai intenzione di fare?- mi sussurrò Marti una volta che la D’Arcangelo si voltò per scrivere.
 -Nulla-, risposi un po’ sorpresa. –Sono innamorata di Massi e voglio stare con lui, Riccardo si dovrà mettere l’anima in pace.-
 -Vale, stiamo parlando di Riccardo. Sai che è una testa dura e che non si fermerà davanti al tuo rifiuto.-
 Martina aveva la capacità straordinaria di farmi vedere una situazione già pessima sotto una luce anche peggiore. La odiavo quando lo faceva!
 -Marti lo so, ma io so essere più testarda di lui. Se non si rimette in quella zucca vuota l’idea che lui ed io possiamo essere solo amici allora è meglio che giri parecchio alla larga da me. Lo sai che so diventare piuttosto cattiva quando mi ci metto.-
 -Ferrari, avete intenzione di continuare ancora per molto tu e la tua collega?-
 La voce stizzita della D’Arcangelo mi raggiunse come un fulmine dritto nel cervello. Lo sapevo che sarebbe successo! Quanto la mia vita andava male non poteva fare altro che peggiorare.
 Tutti si voltarono a guardarci ed io mi sentii sprofondare mentre mi era venuta la voglia incredibile di spaccare la faccia a qualcuno. Riccardo sarebbe stata la persona perfetta allo scopo ma in quel momento, pur di sfogarmi, sarebbe andata bene una persona qualunque.
 La D’Arcangelo si trovava proprio al secondo posto e mi servii davvero tanta ma proprio tanta meditazione interiore per ricordare che ero all’ultimo anno di liceo e che qualunque mia risposta non consona avrebbe comportato parecchi problemi. Respirai con molta calma e stampandomi sul volto un’espressione di vero pentimento cercai di riflettere prima di parlare.
 -Ci scusi professoressa-, cominciai. –Chiedevo a Giuliani a che pagina del libro fosse l’argomento che sta spiegando.-
 Avevo già il libro aperto a quella pagina, ma la D’Arcangelo non si sarebbe messa ad indagare.
 -Sono contenta che tu stia ritrovando la voglia di studiare, Ferrari. L’ultima interrogazione è andata davvero molto male, in pagella ti ho messo sette solo perché ho visto l’impegno ma lo sai che se avessi dovuto seguire la media sarebbe stato un sei.-
 Dovevamo affrontare l’argomento della mia ultima interrogazione proprio in quel momento? Era proprio necessario? Da qualche parte nell’ultima Gazzetta Ufficiale c’era scritto che il Parlamento aveva accettato un decreto legislativo in cui si citava l’articolo “Fate passare a Valeria Ferrari la giornata più pesante e stressante della sua vita”? No, perché se così non era, mi ritrovai ad essere davvero stufa di tutti quei problemi. Non ce la facevo più e la D’Arcangelo ce la stava mettendo tutta per portarmi allo stremo, lo sapevo benissimo.
 -Ha ragione, professoressa-, non volevo risponderle male, le avrei dato esattamente quello che voleva. –M’impegnerò di più per la prossima interrogazione.-
 Mi lanciò un’occhiata scettica.
 -Spero di vederti venire volontaria, Ferrari. Dimostrami la tua buona volontà.-
 E che cavolo! Pure volontaria! Voleva la soddisfazione di vedermi andare al patibolo di mia spontanea volontà! Era una strega, un aspide, un mostro! Il nomignolo Lucifero era davvero niente, era solo un complimento per descrivere quella donna senza cuore. Come poteva essere la madre di una persona meravigliosa come Massi? Come poteva aver dato la vita al ragazzo che amavo e che desideravo?
 -Certo, verrò volontaria.-
 Mi toccò fare ancora una volta buon viso a cattivo gioco. Avevo la brutta sensazione che quel giorno avrei dovuto correre a casa subito dopo la fine delle lezioni, altrimenti con la sfiga che mi aveva preso di mira, avrei rischiato davvero di morire senza nemmeno accorgermene.
 La professoressa mi lanciò la sua ennesima occhiata scettica e si voltò per tornare a scrivere qualunque cosa avesse deciso di spiegarci in quella giornata assolutamente da dimenticare.
 Marti mi lanciò uno sguardo per scusarsi ed io le sorrisi per poi poggiare di nuovo la fronte sul banco lasciando che l’angoscia prendesse possesso dei miei pensieri.
 Avrei tanto voluto lasciar perdere quella giornata di scuola per tornarmene sotto il mio piumone caldo e soffice. Avrei voluto dormire per almeno una settimana in modo che il mio cervello fosse totalmente libero da qualsiasi tipo di stressante agonia mentale.
 “Andiamo Vale, tu sei un tipo forte. Non ti lasci abbattere da certe stupidaggini.”
 Spalancai gli occhi mentre la mia fronte era ancora poggiata sul banco. Quelle parole, la mia mente le aveva formulate associandole al volto e alla voce di Riccardo. Già, il mio amico Riccardo, quello di quattro anni prima, mi avrebbe detto esattamente quelle parole per impedire che io mi arrendessi. Lui era fatto così, anche a costo di dovermi costringere non avrebbe mai permesso che io gettassi la spugna perché credeva in me e nella mia forza.
 Quello stesso ragazzo, solo poche ore prima, aveva deciso di rovinare tutto gettandomi addosso i suoi sentimenti. Se solo lo avesse fatto quattro anni prima, se solo non si fosse trasferito… Mi ritrovai a pensare che aveva ragione, con tutti quei SE di mezzo Riccardo ed io ci saremmo messi insieme, era una cosa quasi inevitabile e Massi sarebbe rimasto l’odiato figlio della mia professoressa di scienze. La quindicenne sepolta dentro di me e invaghita di Riccardo pensava questo, mentre la diciottenne innamorata di Massi si ripeteva altro: Massimiliano Draco era il ragazzo giusto e lo sarebbe sempre stato.
 Eppure, nonostante la mia decisione, uno strano senso di rimpianto mi permeava. Era come se nella mia mente si fossero formati dei puntini di sospensione, come se fossi in attesa di qualcosa, e non avevo idea se si trattasse di qualcosa di bello o no. Ero solo cosciente del fatto che la mia tranquillità, tutte le mie certezze, stavano per essere sconvolte. Si trattava solo di una sensazione, di una specie di presagio avvertito dal mio cuore, ma riuscivo a sentirlo chiaramente.
 Stava per accadere qualcosa. Ne ero certa.
 Alla fine feci un respiro profondo e decisi di ascoltare la voce nella mia testa, per quanto mi desse fastidio che fosse quella di Riccardo. Quindi, rimboccandomi le maniche, cominciai a prendere appunti su quello che la D’Arcangelo stava spiegando.
 Proprio in quel momento qualcuno bussò e poco dopo fece il suo ingresso in classe il signor Roberto che con un educato “Buongiorno” porse un foglio alla professoressa.
 -Ferrari-, disse lei facendomi quasi venire un infarto.
 -Cosa?- chiesi con la faccia di una che era appena tornata dalla luna con la metà dei suoi neuroni funzionanti.
 -Devi uscire prima, i tuoi genitori sono venuti a prenderti.-
 Sì, certo. I miei genitori, entrambi, erano usciti prima dai loro rispettivi uffici per venire a prendermi alle 11.30 della mattina. Come no! E io ero Cappuccetto Rosso che salvava il Principe Azzurro dalle grinfie di un Troll.
 -Scusi, ci deve essere un errore. I miei genitori dovrebbero essere in ufficio.-
 -Ferrari, adesso fai pure storie per uscire prima? Qui c’è la firma di tua madre e del vicepreside. Quindi prendi le tue cose e vai dai tuoi genitori.-
 Il tono seccato della D’Arcangelo non lasciò spazio ad altri tipi di proteste da parte mia.
 Poco dopo mi ritrovai a scendere le scale del Liceo Classico Virgilio con in mente duemila domande da porre a mia madre. In tanti anni di scuola non erano mai venuti a prendermi prima e non capivo cosa potesse essere accaduto.
 Ero quasi all’uscita quando una voce, una voce sepolta nella mia memoria mi richiamò alla realtà.
 -Vale.-
 Mi voltai con un movimento meccanico, quasi senza rendermene conto.
 -Giovanni!- la mia sorpresa era evidente e si rispecchiava negli occhi dell’uomo di mezza età che avevo di fronte. Era alto, con i capelli brizzolati e un po’ stempiato, eppure quello che mi era rimasto impresso di più nella memoria erano i suoi occhi verdi tendenti al marrone. Gli stessi occhi di Riccardo. –Ma che ci fai qui?-
 -Mio figlio non ti ha detto nulla? Eppure in aeroporto avrete parlato.-
 Sì, avevamo parlato ma Riccardo aveva sparato solo cretinate per tutto il tempo.
 -No, non mi ha detto nulla.-
 -Sono il nuovo vicepreside-, rispose lui con un sorriso. –Le scuole superiori di Londra non erano esattamente fatte per me e alla fine ho chiesto il trasferimento qui a Lecce. Ci hanno messo un po’ per accettarlo, sai quanto è lenta la burocrazia italiana ma alla fine mi hanno affidato l’incarico proprio in questa scuola visto che il vecchio vicepreside va in pensione l’anno prossimo e aveva chiesto qualche mese di malattia.-
 -E’ fantastico-, risposi contenta. Ricordavo anche troppo bene quanto a Giovanni Donati, professore d’Italiano, piacesse insegnare e l’idea di diventare preside o vicepreside non gli era mai dispiaciuta. –Ti devo dare del lei?-
 Giovanni si lasciò andare a una risata.
 -Magari qui a scuola sarebbe meglio, non vorrei che si creassero equivoci.-
 -E allora, lei mi sa dire perché i miei genitori sono venuti a prendermi? E soprattutto dove diavolo sono? Qui non li vedo?-
 Giovanni rise ancora e la cosa cominciava a sembrarmi anche troppo sospetta.
 -Sì, lo so benissimo. Credo che ti stiano aspettando fuori.-
 Mi fece l’occhiolino e con lo sguardo indicò la porta per invitarmi ad uscire.
 A quel punto non sapevo più cosa pensare. Salutai Giovanni con un gesto della mano ed un sorriso e mi diressi verso il cortile della scuola con miliardi di pensieri che mi girovagano in testa. Stavo per prendere il cellulare per scrivere un messaggio a Massi così almeno avrebbe saputo perché non ci sarei stata al suono dell’ultima campanella quando mi bloccai sul posto appena vidi chi mi aspettava fuori dai cancelli.
 -Tu che diavolo ci fai qui?!-
 Inutile dire che non avevo urlato solo perché ero troppo sorpresa.
 -Sono venuto a prenderti-, rispose un impavido Riccardo poggiato con la schiena alla sua Mito bianca.
 -Dove sono i miei genitori?- chiesi mentre mi avvicinavo a lui con fare minaccioso. Avevo una strana voglia di picchiarlo, forse perché avevo capito quello che aveva combinato quel ragazzo idiota.
 -Ehm, direi che sono a lavoro-, rispose lui con un altro occhiolino.
 Sollevai un sopracciglio irritata e fissai i miei occhi dritti nei suoi sperando che prendesse fuoco per autocombustione.
 -Che c’è?- chiese spaesato.
 Alzai gli occhi al cielo incredula.
 -Io me ne torno in classe-, sentenziai voltandomi.
 -Ferma! Non puoi!- esclamò lui afferrandomi il polso.
 -Ah, no?- dissi guardandolo ancora negli occhi. –Perché non potrei, sentiamo un po’. Perché lo dici tu? L’idiota che è tornato da Londra solo da poche ore e già si permette di dire quello che posso o non posso fare. Io me ne torno in classe, perché con te non vado proprio da nessuna parte. I tuoi modi non mi piacciono per niente, se volevi vedermi, bastava che mi telefonassi e ci saremmo visti nel pomeriggio, il mio numero di casa non è cambiato.-
 Lui mi guardò per un secondo e poi si aprì in un sorriso così luminoso che per poco non rimasi abbagliata.
 -Mi era mancata così tanto?-
 -Di che cavolo stai parlando?!- esclamai con un tono di voce che stava cominciando ad alterarsi sul serio.
 -Sto parlando dell’espressione che fai quando diventi acida e cominci ad arrabbiarti.-
 Spalancai gli occhi mentre sentii uno strano tuffo al cuore.
 -A quindici anni ti rendeva tenera, ma adesso che sei quasi una donna diventi assolutamente meravigliosa con quell’espressione. Potrei guardarla anche tutta la vita senza mai stancarmi.-
 Abbassai lo sguardo cercando con tutte le forze di non arrossire. Non potevo! Non era lui che mi dava certe emozioni, non potevo sentirmi lusingata.
 -Riccardo-, mormorai. –Lasciami tornare in classe e smettila di lasciarti andare a certe sdolcinatezze. Non ti sopporto quando fai così.-
 Lui lasciò andare il mio polso e mi posò una mano sotto il mento per sollevarmi il viso.
 -Non puoi tornare in classe. Mio padre ha falsificato la firma di tua madre, non vorrai metterlo nei guai durante il suo primo giorno di lavoro spero…-
 E che cavolo?! Stava facendo leva sul mio senso di colpa.
 -Ma siete impazziti?! Si può sapere che vi è saltato in mente a tutti e due?!-
 -E’ stata un’idea di mio padre-, si difese lui. –Lo sai che è più matto di un cavallo, e ha pensato che ti avrebbe fatto piacere uscire prima da scuola e stare un po’ con me dopo tanto tempo. Appena ha saputo che ti avevo incontrato in aeroporto e che avevamo parlato ha praticamente fatto i salti di gioia.-
 -Tu e tuo padre avete messo su un’associazione a delinquere per caso?- chiesi sconvolta. –Prima di tutto è contro la legge falsificare una firma, e secondo, magari potevate chiedermi se ero d’accordo prima di architettare tutto sto casino!-
 -Dai su, non fare l’acida adesso-, alzò gli occhi al cielo e poi mi posò una mano sulla testa scompigliandomi i capelli. Sapeva perfettamente di aver vinto, non avevo altre armi per oppormi al suo piano. –Andiamo alla Villa Comunale?-
 Annuii senza neanche provare a protestare, ormai non potevo appigliarmi più a nulla. Comunque alla fine non mi sarebbe dispiaciuto poi così tanto passare un po’ di tempo con Riccardo, magari sarei anche riuscita a spiegargli come si deve che la doveva smettere di provarci con me.
 Una decina di minuti dopo scendemmo dall’auto dopo che Riccardo ebbe parcheggiato e ci dirigemmo con calma verso l’enorme cancello nero che ci avrebbe permesso di fare il nostro ingresso nella Villa Comunale, un piccolo spazio di verde proprio al centro della città.
 Durante il viaggio in macchina non avevamo parlato più di tanto. Riccardo si era limitato a farmi qualche domanda sui miei genitori o a chiedermi come andasse il mio percorso scolastico. Non si era minimamente interessato al mio ragazzo, era come se per lui nemmeno esistesse, eppure avevo la sensazione, conoscendolo, che presto avrebbe cominciato a tartassarmi di domande riguardo Massi. Ne ero praticamente certa. Stava solo facendo come un puma che si divertiva a girare un po’ intorno alla preda prima di avventarsi su di lei e sbranarla.
 Entrammo nella Villa e iniziai a respirare un po’ di quell’aria fredda ma resa più leggera dalla presenza degli alberi e delle aiuole con il prato. Mi era sempre piaciuto quel posto, da piccola mia madre mi ci portava a vedere il laghetto dei cigni che ormai da anni non era più in funzione.
 Seguimmo per un po’ il viale di mattoni e poi decidemmo di sederci su una panchina sotto un enorme pino.
 -Allora-, cominciò Riccardo con un sorriso. –Che tipo è lo stronzo con cui me la batto?-
 Mi voltai a guardarlo di scatto e lo fulminai con uno dei miei sguardi fuoco.
 -Ma come ti permetti?!- la mia voce era più squillante e imbestialita del solito.
 -Vale, mettiti nei miei panni. Sono innamorato di te e tu stai con un altro, permetti che la cosa mi dia leggermente ai nervi. Soprattutto considerando che sono tornato qui in pratica solo per te.-
 -Mi ci sono messa nei tuoi panni, quattro anni fa quando mi hai detto di esserti fidanzato e non mi pare di aver chiamato stronza la tua ragazza. L’ho accettato e basta, ed è quello che dovresti fare anche tu così non avresti più tanti problemi mentali e non cercheresti di rapirmi contro la mia volontà.-
 -Prima di tutto non ti ho rapita, ho solo fatto in modo che non potessi rifiutare il mio gentile invito. Per la questione di Lara, invece, tu avevi solo quindici anni e io stavo a migliaia di chilometri da te. Non puoi negare che la lontananza ti abbia aiutato parecchio ad accettare la mia relazione.-
 Ma porca di quella miseria! Perché Riccardo era sempre in grado di fare ragionamenti inattaccabili, ogni volta che avevo provato a contraddirlo in passato mi aveva battuto su tutta la linea. Sembrava che le cose non fossero cambiate per niente.
 -Riccardo-, cominciai prendendo un grosso respiro. –Ho pensato a quello che mi hai detto ieri ed è vero che probabilmente se non te ne fossi andato per noi sarebbe andata in modo diverso ma questo non toglie che io adesso sono innamorata di Massi e non ho intenzione di lasciarlo. Puoi inventarti tutti i trucchi e piani malefici che ti pare ma dopo tutto quello che ho passato per avere Massi non ho alcuna intenzione di perderlo. Mi dispiace non m’innamorerò mai di te.-
 Mi guardò intensamente negli occhi con uno sguardo che non riuscii a decifrare. Forse lo avevo ferito. Oddio, ero stata troppo diretta. Magari potevo essere un attimo più delicata, ma non credevo che ci sarebbe rimasto male. Riccardo non era il tipo che se la prendeva quindi…
 -Perciò il tizio in questione di chiama Massi. Che nome da coglione-, disse sedendosi meglio sulla panchina con fare pensieroso. –Potevi scegliere di meglio, Vale.-
 In quel momento compresi come si doveva sentire un vulcano che rimane silente per tanto tempo un attimo prima dell’eruzione. Avvertivo la pressione crescere dentro di me e le parole esplosero fuori come lava incandescente.
 -Ma come ti permetti! Razza di idiota patentato senza un minimo di neuroni ancora funzionanti!-
 Riccardo si voltò a guardarmi ma non sembrava infastidito dalla mia frase, quasi urlata, più che altro appariva divertito. La cosa mi rese ancora più furiosa.
 -Parli tu, razza di cretino! Spiegami che cavolo di nome è Larissa?!-
 Spalancò gli occhi un po’ sorpreso dalla mia argomentazione.
 -Avanti, dimmi perché io avrei fatto una cattiva scelta quando il più scemo tra noi due sei stato proprio tu. Larissa sembra il nome di un cane.-
 -Per essere una che aveva accettato la cosa mi sa che hai odiato parecchio Lara-, disse facendomi l’occhiolino.
 -Tu sei deficiente-, alzai gli occhi al cielo e gli diedi uno scappellotto in testa. –Non me ne frega niente di Lara o di quello che c’è stato tra voi. Solo non accetto che insulti Massi senza nemmeno conoscerlo.-
 -Ho il diritto di odiarlo-, rispose con semplicità mentre si massaggiava la parte lesa fingendo che il dolore fosse più di quello reale. –C’ero prima io di lui. Mi sento come se mi avessero rubato qualcosa, e in effetti, è proprio quello che è accaduto. Tu puoi dirmi di non tormentarti e di non provare a riaverti, ma non puoi chiedermi di non odiare il tuo ragazzo. Detestarlo e l’unica cosa che m’impedisce d’impazzire dal dolore. Non puoi essere così crudele da togliermi anche questo, il mio cuore è già a pezzi e non ti permetterò di distruggere persino la mia salute mentale.-
 Riccardo stava soffrendo così tanto. Il mio amico Riccardo, quello che mi era stato accanto in molti dei momenti peggiori della mia vita, quello che mi aveva sempre spronato ad andare avanti nonostante i problemi e la poca fiducia in me stessa, quello che non mi aveva mai abbandonata anche quando lo avevo trattato male. Riccardo era a pezzi ed era solo a causa mia. Non avevo idea di cosa fare o pensare, sapevo solo che mi sentivo tremendamente in colpa e che quel senso di tristezza non mi avrebbe abbandonato tanto presto perché era la stessa tristezza che stavo leggendo in quel momento negli occhi dolci, da bambino, che mi stavano fissando chiedendo aiuto in modo disperato. Mi guardava come se fosse indeciso se odiarmi o amarmi, e quel suo tormento interiore stava diventando anche il mio: dovevo allontanarmi da lui o restargli accanto come aveva fatto quel ragazzo in miliardi di occasioni?
 -Riccardo…-
 -Non dire nulla-, disse abbassando lo sguardo. –Puoi dirmi di dimenticarti quanto ti pare. Ho capito che sei innamorata di lui e che non vuoi lasciarlo ma non puoi decidere della mia vita. Se ho scelto di riaverti non puoi impedirmi di provarci.-
 Alzò gli occhi e mi guardò con occhi pieni di quello che era indiscutibilmente amore, non avevo altre parole per definirlo. Conoscevo anche troppo bene quello sguardo, quel liquido dolore che gli si stava diffondendo nelle iridi, era lo stesso che avevo io quando pensavo che Massi non mi avrebbe mai amato. Avevo visto quegli occhi ogni mattina quando mi guardavo allo specchio fino al giorno in cui Massi ed io ci eravamo messi insieme. Non potevo sopportare di vederlo negli occhi di una persona a cui volevo così bene e all’improvviso sentii una fitta tremenda all’altezza del cuore. La sofferenza di Riccardo stava diventando anche la mia e la cosa mi spaventava.
 -Smettila-, disse alzandosi in piedi di scatto.
 -Cosa?- chiesi stranita come se mi fossi svegliata all’improvviso.
 -Smettila di provare pena per me. Non è quello che voglio da te e non posso sopportarlo, quindi smettila. Odiami, prendimi a schiaffi, urlami contro ma non provare pena per me.-
 Mi alzai anch’io e lo fissai negli occhi.
 -Riccardo, lo sai perfettamente che ti voglio un bene incredibile. La mia non è pena ma dolore perché tu stai soffrendo a causa mia e questo mi uccide. Pensi che per me sia facile ferirti e non poter far nulla per evitarlo? Be’, ho una notizia per te: tutta questa storia mi tormenta da ieri perché non sopporto l’idea di farti del male.-
 A quelle parole i suoi occhi diventare due languidi laghi di dolcezza mentre lentamente le sue labbra si aprirono in un leggero sorriso felice.
 -Perdonami, ti chiedo scusa.-
 -Per co…-
 Non riuscii a terminare la frase, Riccardo aveva posato le mani sulle mie guance e aveva chiuso le mie labbra in un bacio che mai mi sarei aspettata. La sorpresa mi fece chiudere gli occhi e all’improvviso l’odore di Riccardo m’investì come un’ondata di ricordi. Quante volte avevo sperato di sfiorare quelle labbra e di sentire il profumo di Riccardo mentre mi baciava. Lo avevo sognato talmente tante volte e avevo rinchiuso tutti quei sogni in un cassetto che decise di spalancarsi e di farmeli rivivere tutti in una volta sola annullando ogni mia volontà.
 Le labbra di Riccardo si mossero dolcemente sulle mie e senza rendermene conto risposi con lentezza a quel bacio che non divenne più profondo. Era come essere in un limbo in cui le nostre labbra si accarezzavano senza mai cercare di più e il mio cuore, che batteva come un matto ma allo stesso tempo era in pace con il mondo, cominciava a sperare che quel bacio durasse in eterno.
 D’un tratto degli arruffati capelli biondi e dei profondi occhi verdi apparvero nella mia mente.
 Massi!
 Spinsi via Riccardo immediatamente e mi posai una mano sulla bocca come per difendermi da un suo nuovo attacco.
 -Lo ami-, disse lui con calma. –Ma una parte di te mi ama ancora, non puoi negarlo altrimenti mi avresti respinto prima.-
 Fu un attimo. Mi sentii come un toro che vedeva il torero sbandierare qua e là il suo drappo rosso. La mia mano si alzò e si scagliò con forza sulla guancia di Riccardo costringendolo a voltare la testa di lato.
 In quello schiaffo avevo messo tutta la rabbia che avevo in corpo.
 -Riportami immediatamente a scuola-, sentenziai lapidaria.
 -Vale...-
 Lo fulminai con lo sguardo.
 -Prova a dire un’altra parola e, giuro, sarà l’ultima che pronuncerai nella tua vita. Se vuoi arrivare a domani riportami subito a scuola.-
 Non disse altro, né in quel momento né tantomeno durante il viaggio di ritorno.
 Ero veramente infuriata e non solo con Riccardo ma anche con me stessa. Mi ero lasciata andare ai ricordi e per un secondo il mio cuore aveva battuto per qualcuno che non era Massi. Non sarei mai riuscita a perdonarmi, eppure mi resi conto di quanto quel bacio mi fosse servito. Lo avevo immaginato e forse provarlo mi avrebbe definitivamente tolto dalla testa le fantasticherie romantiche avevo fatto su Riccardo a quindici anni. Nessuna di quelle fantasie e neanche un secondo di quel bacio potevano essere paragonati a quello che provavo per Massi e ai momenti meravigliosi che avevo trascorso con lui e che avevo la ferma intenzione di trascorrere ancora.
 Riccardo non aveva alcun modo di vincere perché io ero più testarda di lui e soprattutto perché il mio amore per Massi non era in discussione, non lo era mai stato.
 Arrivammo davanti al cancello della scuola. La campanella era ormai suonata da più di mezz’ora quindi non c’era più nessuno nei dintorni.
 -Non c’è bisogno di salursi-, mormorai uscendo dalla macchina. Non mi voltai neanche per un attimo e mettendomi lo zaino in spalla mi diressi verso il mio scooter.
 Aspettai che la macchina di Riccardo si allontanasse e iniziai a cercare le chiavi. Volevo solo tornarmene a casa e dimenticare tutto quello che era successo. Per quanto il dolore di Riccardo fosse intenso non poteva prendersi certe libertà, era stato un gesto assurdo.
 Prima di partire forse era meglio mandare un messaggio a Massi, con tutto quello che era successo mi ero dimenticata di farlo prima e probabilmente era preoccupato.
 Presi il cellulare e iniziai a pensare a cosa fosse meglio scrivergli.
 -Se stai cercando una scusa da rifilarmi ti puoi risparmiare la fatica.-
 Mi bloccai di colpo e avvertii il gelo prendere possesso del mio corpo. La paura mi avvolse e sapevo che quando mi sarei voltata avrei dovuto affrontare gli occhi verdi che più amavo e che adesso, probabilmente, mi avrebbero guardato con odio puro.








 ***L'Autrice***
 Ed eccomi qui con un nuovo capitolo e con in mano il passaporto per cambiare Continente. Non uccidetemiiiiiiiiiiiiiiiii! Vi prego, lo sapete che nonostante questi capitoli voglio bene a Vale e Massi ma non posso assicurarvi nulla riguardo il loro rapporto. La storia si sta praticamente scrivendo da sola, contro la mia volontà.
 Comunque spero che sia valsa la pena di restare sveglia fino alle sette del mattino per finire questo capitolo... Il mio obiettivo era quello di SCONVOLGERVI! xD Spero di esserci riuscita e spero di farlo anche nei prossimi capitoli. Non immaginate neanche che idee mi stanno vorticando in testa, io stessa mi stupisco di quanto ho intenzione di stravolgere la situazione... xD
 Scrivere questo capitolo è stato davvero deleterio per me. Mi sono sentita come se stessi cercando di distruggere qualcosa che ho creato con tanto amore... Tutto quello che ho scritto ne "Il Figlio Della Prof" lo sto spazzando via e vi posso garantire che non è una cosa semplice. E' molto più facile far andare tutto bene, scrivere capitolo dolci e pieni d'amore... Questi capitoli rivoluzionari mi costano veramente tanta fatica, ma non nello scrivere, la fatica è davuta al fatto che sento la rabbia e l'inquietudine di Vale e capisco tutto il suo sconcerto quando pensa "ci ho messo tanto ad avere Massi e adesso potrei perdere tutto", è come se io dicessi "ci ho messo tanto a scrivere Il Figlio Della Prof e adesso sto distruggendo tutto". Mai come adesso ho sentito così vicino il personaggio di Vale, averto davvero tutto il suo dolore quando scrivo e questo mi distrugge.
 Riguardo il prossimo capitolo, ho una vaga idea di cosa scrivere ma non ne sono ancora del tutto certa. E vi avviso che tra pochi capitoli inizierò ad inserire i punti di vista di Massi, per un po' la storia continuerà a raccontarla lui e vi assicuro che i suoi capitoli saranno davvero sconvolgenti... ^^
 Adesso la smetto con questo commento e vi ringrazio per tutte le recensioni che avete lasciato al capitolo precedente e vi ringrazio per aver letto questo capitolo (con la speranza che vi sia piaciuto... ^^).
 Un bacio a tutte!!!

P.S. Mancano le risposte ad alcune recensioni... Risponderò a breve... ^^
 






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Capitolo 10
*** Verità O Menzogna? ***






Verso La Maturità- Capitolo 10
E’ Difficile Credere Che Un Uomo Dica La Verità,
Quando Sai Bene Che Al Suo Posto Tu Mentiresti
Henry Louis Mencken
 
 
Capitolo 10: Verità O Menzogna?
 
 All’improvviso ebbi l’impressione che tutto si muovesse a rallentatore. Mi girai lentamente, tenendo lo sguardo basso, e un attimo dopo alzai gli occhi e una potente fitta mi accoltellò il cuore.
 Che avevo fatto?! Cosa diavolo mi era passato per la mente?!
 Quel verde che tanto amavo, che era stato per me sempre come un meraviglioso limbo in cui perdermi nei momenti di difficoltà adesso si smarriva nei miei occhi inondandoli di delusione e dolore. In un solo giorno ero stata in grado di deludere due persone per me così importanti ma quella che mi stava davanti in quel momento era davvero l’ultima a cui avrei mai voluto fare del male. E invece era accaduto.
 -Non ho intenzione d’inventare scuse-, dissi guardandolo. –Ti dirò tutta la verità.-
 -Sai qual è la parte divertente?- mormorò Massi con un sorriso amaro. –Io lo sapevo che eri con lui eppure non ho fatto nulla perché pensavo che mi avresti avvisato in qualche modo, che avresti cercato di tranquillizzarmi. Invece per tutte queste ore sei stata con un tizio che nemmeno conosco e non hai pensato a me nemmeno per un istante. Questa è la cosa che mi ha ferito di più, non vederti salire sulla sua auto di merda per andare chissà dove.-
 Spalancai gli occhi incredula. Ero stata davvero una stupida.
 -Dal tuo sguardo immagino che avessi dimenticato che la mia aula si affaccia sul cancello della scuola e che io sono seduto accanto alla finestra. Forse questo ha rovinato un po’ i tuoi piani per svignartela senza dirmi nulla.-
 Adesso nei suoi occhi la rabbia cominciava a prendere il sopravvento sulla delusione. Non potevo biasimarlo, si stava comportando anche troppo civilmente, al suo posto io avrei dato fuori di matto. Massi però preferiva non rinunciare alla sua dignità, per quanto io non avessi fatto nulla di intenzionale per metterla in discussione.
 Era inutile girarci intorno, dovevo dirgli la verità e spiegargli tutto quello che era successo. Ero già abbastanza nei casini senza che cominciassi ad inventare qualche scusa assurda a cui io per prima non avrei mai creduto.
 -Immagino che Amy o Marti ti abbiano detto che sono venuti a prendermi i miri genitori-, cominciai guardandolo.
 -Certo, ma è ovvio che era solo una bugia. Immagino che tu abbia chiesto loro di coprirti mentre te la spassavi con quel tizio-, esclamò lui risentito mentre i suoi occhi mi fulminavano.
 -NO!- lo dissi quasi urlando. –E’ stato tutto un piano di quel ragazzo, lasciami spiegare.-
 -Vai, sono tutto orecchi-, incrociò le braccia e continuò a fissarmi con occhi furenti.
 -Quel ragazzo si chiama Riccardo, è un mio vecchio amico che si era trasferito a Londra quando avevo quindici anni.-
 -Oh, ma che bello. Ti ha fatto una sorpresa, che ragazzo gentile…-, la sua ironia era quasi palpabile.
 -Non è proprio così. Ieri l’ho incontrato in aeroporto e oggi ho scoperto che suo padre è il nuovo vicepreside del Virgilio.-
 -Giovanni Donati?-
 Immaginavo che lo conoscesse, come minimo sua madre gliene aveva parlato. La D’Arcangelo non era una persona molto discreta.
 -Sì, proprio lui-, risposi. Dovevo pesare le parole con molta cura, non volevo che tutto sfociasse in un litigio senza precedenti. –Ero in classe, durante l’ora di tua madre e mi hanno detto che i miei erano venuti a prendermi prima. Quindi sono scesa e  nell’ingresso ho incrociato Giovanni che mi ha confermato tutto.-
 Il suo sguardo era sempre più scettico, non riuscivo proprio a capire se mi stesse credendo o no ma dovevo fare di tutto perché lui avesse fiducia in me.
 Non avevo alcuna intenzione di perderlo! Avrei preferito farmi scuoiare viva piuttosto che dover rinunciare a Massi.
 -Quando sono arrivata qui fuori ho visto Riccardo. Ero imbestialita e volevo tornarmene in classe ma lui mi ha praticamente ricattato dicendo che avrei messo suo padre nei guai perché aveva falsificato la firma di mia madre, quindi sono praticamente stata costretta ad andare via con lui.-
 Massi socchiuse gli occhi sospettoso.
 -E ti dispiace così tanto?-
 -Massi, è un mio amico e potevo uscire prima da scuola. Mi sembra ovvio che non fossi poi così dispiaciuta.-
 -Allora perché non mi hai nemmeno inviato un messaggio? Ti veniva così difficile?-
 -Certo per messaggio sarei riuscita a raccontarti tutto sto casino, come no. Cerca di metterti nei miei panni, volevo spiegarti tutto con calma e soprattutto di persona. La situazione è più complicata di così.-
 -In che senso?-
 Mi passai una mano sul viso e chiusi gli occhi per cercare le parole adatte. A costo di far infuriare Massi dovevo dirgli tutta la verità, ogni cosa.
 -Riccardo per me è un amico ma ieri in aeroporto mi ha detto che lui non prova esattamente dei sentimenti di amicizia nei miei confronti.-
 I suoi occhi spalancati furono più esplicativi di qualsiasi parola.
 -Il nostro rapporto, prima che si trasferisse a Londra, stava prendendo una piega che non comprendeva solo l’amicizia. Per me le cose sono cambiate. Mi sono innamorata di te, ti amo più di qualsiasi cosa possa esserci al mondo ma lui pensa che dovremmo stare insieme. In sostanza è ancora innamorato di me e non ha usato molti giri di parole per dirmerlo.-
 Massi non disse neanche una parola, si limitò a fissarmi con uno sguardo che non riuscii a decifrare. Era come se stesse aspettando che la sua reazione si manifestasse senza che fosse lui a compierla, come se il suo cervello stesse ragionando contro la sua volontà. Poi i suoi occhi persero qualsiasi tipo di luminosità e divennero quasi vuoti.
 -Comincia a pregare-, disse semplicemente con voce atona.
 -Come?-
 -Prega con tutte le tue forze che io non mi ritrovi mai davanti quel pezzo di merda altrimenti ti giuro che lo faccio fuori con le mie mani. Se ti si avvicina di nuovo lo uccido!-
 Va bene, forse la rabbia poteva giustificare la sua frase ma non doveva per forza morire qualcuno in tutta quella storia.
 -Massi, Riccardo è comunque un mio caro amico. A quindici anni era il mio punto di riferimento e mi è mancato. Per quanto tu sia il ragazzo che amo, lui è colui che mi ha sostenuto e spronato sempre nelle situazioni peggiori quando tu ancora non eri neanche contemplato, non mi puoi chiedere di non vederlo più e di rinunciare alla nostra amicizia-
 Era la verità. Nonostante il rapimento, gli insulti verso Massi, e il bacio, Riccardo restava una persona importante per me e non potevo rinunciarci, nonostante il suo comportamento da emerito stronzo. Solo in quel momento mi resi conto di quanto avessi bisogno che tornassimo ad essere amici, mi era davvero mancato così tanto e la sola idea di non vederlo più mi provocava delle dolorose fitte allo stomaco.
 -E’ innamorato di te-, sottolineò Massi. –Da te non vorrà mai solo amicizia e non puoi pretendere che io accetti la situazione come se niente fosse. Non credo che se fossi stata al mio posto tu lo avresti fatto.-
 Per un attimo immaginai la situazione al contrario e non potei non dare ragione a Massi, se lui se ne fosse uscito all’improvviso con una storia come quella mi sarei infuriata. Di una cosa però ero certa: mi sarei mangiata il fegato e avrei finto che mi stava bene perché mi fidavo di Massi, sapevo che lui non avrebbe mai fatto nulla per ferirmi. Forse, e ripeto forse, sarei stata in grado di accettare una situazione del genere, con molto auto convincimento e tanta, ma proprio tanta, meditazione interiore.
 -Hai ragione, di sicuro mi sarei infuriata ma avrei avuto fiducia in te.-
 Massi mi fissò sorpreso, era evidente che non si era aspettato una risposta del genere.
 -Non nego che per me sarebbe quasi impossibile da accettare ma lo farei se questo ti fosse d’aiuto. Il mio obiettivo principale è fare in modo che tu stia bene con me e non causarti ulteriori problemi, quindi ti darei tutta la mia fiducia. Magari non la darei a lei ma di te mi fido ciecamente, senza riserve.-
 Presi la sua mani e intrecciai le nostre dita sperando che lui non si ritraesse. Per fortuna non lo fece, si limitò a guardarmi negli occhi indeciso sul da farsi e su cosa dirmi.
 -Massi, io ti amo e mi fido di te. Vorrei solo che tu nutrissi la stessa fiducia nei miei confronti. Non ho alcuna intenzione di perderti, ficcatelo in quella testa!-
 Il mio sguardo era così intenso e il mio tono così sicuro che Massi non poté fare a meno di perdersi nei miei occhi. Era inutile, il nostro legame era così forte che nemmeno un’incomprensione colossale come quella avrebbe potuto scalfirlo. Lui mi sorrise, in modo un po’ debole, ma quel tanto che bastava per farmi capire che il peggio era passato.
 Alzò una mano e la posò leggera sulla mia guancia accarezzandomi dolcemente. Il suo tocco attivò il mio cuore che cominciò ad accelerare i battiti, e stavolta non avevo neanche la voglia di provare a farlo rallentare. Per un attimo infernale avevo avuto la tremenda e quasi insensata paura che non avrei mai più provato quella sensazione. La paura aveva lasciato il posto all’amore che mi stava avvolgendo e non potei fare a meno di sorridere perdendomi negli occhi verdi del mio adorato Massi.
 Mi sentivo come se una ventata di aria fresca stesse soffiando su tutto il mio corpo facendomi sentire immensamente felice e libera. All’improvviso tutto quello che era accaduto con Riccardo passò in secondo piano esattamente come la sera prima quando Massi mi aveva telefonato, mi bastava la sua voce o il suo sguardo per farmi dimenticare persino su che pianeta fossi o come mi chiamassi. 
 Solo Massi poteva farmi provare sensazioni e sentimenti del genere.
 -Mi fido di te-, rispose lui senza staccare i suoi occhi dai miei. –Di lui un po’ meno quindi basta che mi prometti che farai in modo che tra voi non accadrà mai nulla.-
 Ed ecco la doccia fredda subito pronta a rovinarmi quel bellissimo momento!
 Avevo giurato a me stessa di essere completamente sincera con Massi eppure come mai avrei potuto raccontargli del bacio che Riccardo mi aveva praticamente “rubato” e che io non avevo prontamente evitato? Quale parte ancora integra del mio cervello avrebbe lasciato che la mia bocca proferisse anche solo una mezza parola di quell’argomento quasi assurdo solo a pensarci figurarsi a raccontarlo?
 La risposta arrivò alla mia mente senza nemmeno che ci pensassi più di tanto: nessuna! Assolutamente neanche la più piccola parte della mia mente aveva intenzione di raccontare a Massi del bacio. Avrei fatto in modo che non lo venisse mai a sapere e avrei minacciato Riccardo di una morte lenta e molto dolorosa se solo avesse provato a parlarne di nuovo. Era l’unica soluzione per non rischiare che Massi mi mandasse a quel paese una volta per tutte.
 -Troppo tardi, Biondino.-
 Quella voce! Quella voce maledetta era arrivata direttamente dall’Inferno per prendermi e farmi naufragare nella disperazione più nera! Porca di quella miseria! Accidenti al mondo!
 Massi si voltò verso la fonte di quella voce e io lo imitai all’istante.
 Riccardo se stava con la schiena poggiata a uno dei cancelli chiusi della scuola e ci fissava con uno strano sorriso sul volto. Era evidente che aveva ascoltato tutto il nostro discorso. Conoscevo anche fin troppo bene l’espressione che Riccardo stava sfoggiando e sapevo con certezza che non avrebbe portato nulla di buono, non che le parole con cui aveva celebrato il suo ingresso mi avessero fatto pensare altro.
 -Mi dispiace ma il primo bacio c’è stato proprio pochi minuti fa, e sono certo che non sarà l’ultimo-, il suo sorriso si fece ancora più marcato ed evidente, era lì per sfottere Massi e lo sapevamo tutti.
 La mano di Massi lasciò improvvisamente la mia e si allontanò di un passo continuando a fissare Riccardo, mentre la mia vista cominciava ad annebbiarsi. Era come se tutto il sangue che avevo in corpo avesse deciso di rallentare e di non arrivare più al cervello. Sentivo la mano abbandonata da quella di Massi diventare sempre più fredda mentre la testa cominciava a girarmi per colpa delle parole che Riccardo aveva appena pronunciato e che di certo erano il preludio di quello che sarebbe stato il primo pomeriggio più devastante di tutta la mia vita.
 Amico o no, ricordi bellissimi o no, legame meraviglioso o no, Riccardo aveva appena deciso di suicidarsi e uccidermi nello stesso momento. Stavo seriamente iniziando ad odiarlo con tutte le mie forze.
 -Di che cazzo sta parlando?!-
 Massi si voltò di scatto a guardarmi e la rabbia che potevo leggere nei suoi occhi mi causò una fortissima fitta allo stomaco come se Mike Tyson avesse deciso di prenderlo a pugni per un’ora di fila.
 -Io…-, cominciai titubante cercando le parole adatte. Sì, ma quali potevano essere le giuste parole per spiegare al mio ragazzo una situazione paradossale come quella: lo avevo praticamente scongiurato di fidarsi di me e di non considerare Riccardo come una minaccia e adesso non avevo più nessun appiglio a cui aggrapparmi. Ero nei casini fino al collo e questa volta non avevo davvero alcuna idea per tirarmene fuori senza che Massi decidesse di rompere con me seduta stante. Dopotutto non avrei potuto biasimarlo se avesse deciso di fare una cosa del genere: ai suoi occhi non solo avevo baciato un altro ma stavo anche cercando di occultare il tutto dopo avergli promesso che sarei stata completamente sincera con lui.
 Se ci fossimo trovati al decimo piano di un grattacielo di certo avrei aperto la finestra e mi sarei buttata di sotto per porre fine a tutte le mie sofferenze. Eppure dovevo trovare un modo per spiegargli ogni cosa prima che quel guaio continuasse ad ingigantirsi fino ad azzannarmi, masticarmi e risputarmi subito dopo.
 Era inutile provare a mentire, a quel punto sarebbe stato meglio dire ogni cosa senza nascondere più nulla, visto anche che ero stanca di mentire a Massi.
 -Prima, mentre eravamo alla Villa, Riccardo mi ha baciato-, dissi abbassando lo sguardo, non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi. –Ovviamente l’ho respinto.-
 Una risata insolente partì da quello che doveva essere un mio caro amico.
 -Non subito direi.-
 Alzai lo sguardo di scatto e vidi Massi fissare Riccardo con una rabbia disumana negli occhi.
 -Diciamo che Vale ci ha messo un po’ a ricordarsi di non essere libera di baciarmi.-
 Lo sguardo di Massi tornò a fissarmi con intensità mista a risentimento.
 -E’ vero?- mi chiese con voce atona quasi irreale.
 Cosa dovevo fare? Mi sentivo come sul ciglio di un precipizio con i piedi per metà oltre il limite e le rocce che cominciavano a sgretolarsi sotto di essi. Oltre me vedevo solo il vuoto e non sapevo come fare per salvarmi.
 La verità era l’unica risposta.
 -E’ vero-, risposi mentre avvertivo le lacrime pungere dietro gli occhi.
 Massi sembrò all’improvviso colto da un’apatia surreale. Mi fissava ma nel suo sguardo vitreo non leggevo nulla. Poi, lentamente, si affacciò in quegli occhi un lampo di rabbia che mi fece rabbrividire.
 -L’ho fatto senza pensarci, mi ha colto di sorpresa. Io… Io non volevo.- Non era esattamente la verità ma non potevo confessare a Massi di aver provato lo strano desiderio di vivere quell’esperienza con Riccardo. Non potevo farlo! Dovevo cercare di risolvere quella situazione e di salvare il mio rapporto con Massi! L’unico che valesse la pena di salvare, visto che quello con Riccardo, almeno da parte mia, era praticamente giunto al capolinea.
 Massi non disse una sola parola. Si limitò a guardarmi per qualche secondo e poi fece quello che in effetti mi sarei dovuta aspettare.
 -TU!- esclamò con rabbia scagliandosi su Riccardo. Lo afferrò per il colletto del cappotto e lo scaraventò contro il cancello della scuola fissandolo dritto negli occhi.
 -Massi!- gridai sconvolta.
 -Ehi, Biondino. Stiamo cominciando a scaldarci?- chiese Riccardo con un sorriso divertito. –Meglio che ti dai una calmata, non vorrei che ti facessi male.-
 Massi lo afferrò più saldamente e lo fece sbattere ancora contro il cancello.
 -Fossi in te farei poco lo sbruffone.-
 -Ho ferito il tuo orgoglio? Povero piccolo…-
 Il tono di Riccardo era sempre più derisorio mentre lo sguardo di Massi… Be’ il suo sguardo sembrava emanare fuoco allo stato puro.
 -Smettila!- esclamò Massi con rabbia. –Non accetterò mai che un tizio come te mi dica quello che devo fare. Vale è mia!-
 -Ah sì?- chiese Riccardo con una calma incredibile. –Be’ lo vedremo. Sei il suo ragazzo, è vero ma questo non significa che dobbiate per forza stare insieme e io ho tutti i mezzi per portartela via. Oppure potremmo sempre chiedere a lei che ne pensa di tutta questa storia.-
 All’improvviso i riflettori si puntarono di nuovo su di me. Gli occhi di Massi e di Riccardo attraversarono i miei come delle saette. Mi sentivo messa con le spalle al muro peggio di Riccardo. Avevo ancora addosso la sensazione di essere sull’orlo del precipizio e i loro sguardi non facevano altro che alimentare quella spiacevole sensazione.
 Avevo bisogno di starmene da sola. Di andarmene da lì il più in fretta possibile e di ritrovare un attimo di tranquillità. La loro inquisizione visiva serviva solo a rendermi più agitata e sconvolta, quella era l’ultima cosa che desideravo in un momento come quello.
 D’un tratto notai un piccolo dettaglio che attirò completamente la mia attenzione. Un piccolo oggetto brillava alla luce del sole proprio vicino al cancello della scuola.
 Senza pensarci mi misi a correre, afferrai quell’oggetto e corsi di nuovo, ignorando Massi e Riccardo che urlavano il mio nome per fermarmi.
 Aprii lo sportello della macchina di Riccardo, misi in moto e partii senza voltarmi indietro.
 Spinsi l’acceleratore il più affondo possibile. A quell’ora non c’era quasi più nessuno in giro e la strada era mia. Andavo veloce, forse non ero mai andata così veloce in tutta la vita. Avevo voglia di scappare da tutto quello che era accaduto e dalle due persone a cui tenevo di più ma che in quel momento si erano tramutate nel mio incubo peggiore.
 Non ne potevo più. Mi avevano portato allo sfinimento. E non solo loro: anche il mio cervello che continuava ad arrovellarsi iniziava a darmi un fastidio incredibile.
 Mentre guidavo i pensieri continuavano ad affollarsi nella mia mente senza darmi tregua.
 Massi.
 Riccardo.
 Massi.
 Riccardo.
 Amore.
 Amicizia.
 Voglia di dolcezza.
 Voglia di sangue!
 Avrei voluto uccidere Riccardo con le mie mani, fargli tanto male da costringerlo a chiedere pietà eppure, nonostante la mia voglia assassina, mi tornarono in mente tutti i bei momenti passati con lui e la rabbia iniziò a scemare.
 Lo avevo appena ritrovato, mi stava rovinando la vita, ma nel mio cervello era ancora registrato con l’etichetta “Il migliore amico che abbia mai avuto”. Forse c’era qualcosa di sbagliato in me, forse ero io che non ero fatta per trovarmi in una situazione come quella. Se fosse stato diverso, se non si fosse trattato di Riccardo, avrei preso le chiavi e gliel’avrei rigata la macchina, altro che prenderla in prestito.
 Ma era Riccardo! Questo era il problema!
 Quel ragazzo aveva la capacità di farmi infuriare ma di non perdere quel posto speciale da amico nel mio cuore.
 Dall’altro lato c’era Massi. Il ragazzo che amavo, che mi aveva donato tanto di quell’amore da lasciarmi senza respiro. E io lo avevo ferito. Non era stato Riccardo a deluderlo, a trafiggerlo con quel bacio, a calpestare la fiducia che aveva in me.
 Ero stata io!
 Non sarei riuscita a perdonarmi tanto presto, come non lo avrebbe fatto lui.
 Che casino del cavolo!
 Qual era la soluzione? Qual era la risposta? Il comportamento giusto? La scelta migliore?
 Rinchiusa in quella macchina, lanciata a paletta per le strade di Lecce, per l’ennesima volta mi ritrovai a pensare che crescere faceva davvero schifo.
 Fino a pochi mesi prima stavo da Dio. Il mio unico problema era gestire l’ira funesta della D’Arcangelo e il suo accanimento accademico- e personale?- nei miei confronti, e adesso mi ritrovavo a dover affrontare la mia insolita indecisione tra due ragazzi.
 Ma come diavolo avevo fatto a cacciarmi in un guaio di quelle dimensioni?
 Mi passai una mano sul volto cercando di riflettere e per poco non persi il controllo dell’auto andando fuori strada.
 Mi rimisi di colpo in carreggiata e rallentai provando a non maledire ancora una volta la mia vita. Ci mancava solo un incidente per completare quel bel momento!
 “Vale” pensai. “Cerca di calmarti e di riflettere. Respira. Respira. Respira. Calmati. Prova a trovare una soluzione senza lasciarci le penne.”
 Rallentai ancora.
 Lo spavento di poco prima mi aveva provocato una specie di doccia fredda in tutto il corpo. Dovevo restare tranquilla e riflettere.
 Non c’era molto da fare. Senza contare che avevo lasciato Massi e Riccardo da soli, quindi non ero l’unica a rischiare seriamente di rischiare la vita o qualche arto.
 Prima o poi sarei dovuta tornare. Non che temessi una denuncia di furto da parte di Riccardo ma lasciare quei due in balia della loro rabbia non era buona idea. Ancora una volta mi sarei dovuta immolare per la causa e cercare di riportare la pace, sperando che non ci fossero spargimenti di sangue.
 Svoltai e imboccai la strada per tornare verso il Virgilio.
 Il cellulare vibrava già da un po’ ma non avevo bisogno di vedere il display o di rispondere per sapere di chi si trattava. C’erano due opzioni: un incazzato Massi o un preoccupato Riccardo. Già li avrei affrontati di persona da lì a qualche secondo, non avevo bisogno che la loro voce mi raggiungesse prima del dovuto.
 Mi sentivo proprio come prima di un’interrogazione della D’Arcangelo: permeata da un senso di impotenza e di resa, pronta- ma non proprio- ad affrontare il patibolo senza sapere come sarebbe andata a finire. Quella sgradevole sensazione di aver studiato, di conoscere le risposte, ma di non riuscire a spiccicare parola per la tensione creata dal momento.
 Merda! Merda! Merda!
 Sapevo quello che dovevo dire e fare, era arrivato il momento di chiudere quella storia una volta per tutte. Dovevo essere chiara, fino in fondo, con entrambi. Lo avrei fatto e mi sarei assunta tutta la responsabilità delle eventuali conseguenze.
 Non c’era altro da fare.
 Quando cominciai a vedere in lontananza il Virgilio il mio cuore iniziò a battere sempre più forte mentre avvertivo delle forti fitte allo stomaco. Era come se fossi tornata bambina: aveva fatto qualcosa di sbagliato e adesso avevo paura che i miei mi sgridassero e mi punissero. Solo che non ero più una bambina che magari aveva rotto per sbaglio un bicchiere, ero un’adulta che aveva tradito la fiducia della persona che amava. Non ci sarebbe stato un rimprovero, la punizione più grave sarebbe stata la fine della mia storia con Massi.
 Non potevo permetterlo!
 Tutto ma non quello!
 Improvvisamente tutta l’ansia e la paura che avevo provato fino a poco prima sparirono e vennero sostituite dalla determinazione.
 Non sapevo che dire, non sapevo come affrontarli, ma una certezza l’avevo: non avrei permesso che tutto quello che era accaduto decretasse la fine della mia storia con Massi. Stavamo resistendo alla segretezza e allo stress di non farci scoprire, ne avevamo passate tante fino a quel momento, e uno stupido bacio dato in un momento di debolezza non avrebbe decretato la fine.
 Anche se avessi dovuto strisciare ai piedi di Massi, avrei fatto in modo che lui mi perdonasse.
 Parcheggiai davanti al cancello, scesi dalla macchina e varcai le porte del cortile.
 La scena che mi ritrovai davanti mi sorprese parecchio: Riccardo e Massi erano seduti, accanto, su una panchina del cortile. Stavano parlando, non si stavano prendendo a pugni e non stavano gridando, stavano semplicemente parlando.
 -Vale-, disse Riccardo alzandosi e venendomi incontro.
 Lo raggiunsi, gli misi le chiavi dell’auto in mano e lo fissai dritto negli occhi.
 -Vai via-, replicai lapidaria.
 -Come?-
 -Vattene. Sei mio amico, e ti voglio bene. Se vuoi evitare che oggi rompa qualsiasi rapporto con te, devi andare via.-
 -Ma…-
 -Ora!- esclamai con la rabbia nello sguardo.
 Lui abbassò lo sguardo e girò i tacchi senza dire altro.
 -Come vuoi tu-, mormorò prima di allontanarsi troppo perché potessi sentirlo.
 Riccardo era andato via. Probabilmente avrei dovuto chiarire ancora una volta anche con lui, ma in seguito. Quello che mi premeva di più in quel momento era ritrovare in quegli occhi verdi che mi stavano fissando l’amore che avevo visto solo fino a poche ore prima. Adesso assente.
 Non sapevo cosa leggere negli occhi di Massi, erano cambiati così tante volte in pochi minuti da non darmi il tempo di riuscire a decifrarli.
 Mi avvicinai lentamente continuando a guardarlo e quando fui a meno di due passi da lui, decisi di cominciare a parlare.
 -Riccardo è stato molto importante per me in passato, so che avrei dovuto parlartene ma non credevo che sarebbe tornato.-
 Massi non perdeva i miei occhi neanche per un istante. Stava lasciando che io gli spiegassi ogni cosa e gliene fui immensamente grata.
 -A quindici anni credevo di essere innamorata di lui, e forse lo ero, non lo so. Non ho avuto il tempo di capire cosa provavo davvero. E’ andato via prima che potesse nascere qualcosa ma lui sa di essere innamorato di me, e io non posso controllare i suoi sentimenti. I miei li conosco invece.-
 Presi un respiro e continuai.
 -E’ vero, ho risposto al suo bacio all’inizio. L’ho fatto in modo involontario. Anni fa avevo immaginato quel momento non so quante volte ed è stato come se il mio corpo volesse provarlo ma non ha niente a che fare con l’amore. Ci tengo a lui, è il mio migliore amico, nonostante tutto quello che ha fatto. Per me è stato un punto di riferimento, qualcuno a cui potevo dire tutto e che aveva sempre una risposta. Mi è stato accanto in molte occasioni e non posso dimenticare tutto quello che ha fatto per me. Gli voglio molto bene, Massi. Non so se riuscirò a farlo uscire dalla mia vita ma se devo scegliere tra voi due, io scelgo te. Sempre.-
 -Non lo fare.-
 Furono quelle le sue parole. Stavo risentendo la sua voce dopo del tempo e quelle furono le sue uniche parole. Lo guardai confusa.
 -Non devi rinunciare alla sua amicizia-, mi spiegò con calma. –Prima abbiamo parlato e mi ha detto di aver agito preso dalla rabbia di poterti perdere. Non rinuncerà a te, su questo è stato chiaro ma io mi fido del tuo amore. Ti amo, Vale e non potrei chiederti di cancellare dalla tua vita una persona che per te è così importante.-
 I miei occhi dovevano sembrare piuttosto spaesati visto che Massi sorrise divertito.
 -Dovresti vedere la tua faccia. Sembri una specie di cefalo incredulo.-
 Si mise a ridere e per la prima volta in quella giornata sentii il mio cuore stranamente leggero.
 -Mi stai perdonando?-
 Era una domanda un po’ stupida ma non riuscivo a pensare ad altro.
 -Esattamente cosa dovrei perdonarti? L’unico tuo sbaglio è stato non dirmi subito di Riccardo ma, ti conosco, sicuramente sarai andata nel panico temendo di perdermi. E di sicuro volevi parlarmene di persona e non ci siamo incontrati dopo che Riccardo è tornato. Quindi non hai nulla da farti perdonare, forse al tuo posto avrei agito nello stesso modo. Prima mi sono fatto prendere dalla rabbia ma dopo che sei andata via ci ho ragionato e so che non hai fatto nulla di male.-
 E ancora mi chiedevo perché lo amavo? Ma com’era possibile che Massi mi capisse così tanto senza che nemmeno parlassi? Come poteva essere così perfetto e buono con me?
 Mi si avvicinò con calma, continuando a guardarmi negli occhi. Posò una mano dietro il mio collo e mi attirò a sé baciandomi con foga. Mi sentii avvolgere da sensazioni così violente da sfinirmi, era come se mi stessero risucchiando l’anima, lasciando in me solo un cuore che batteva intensamente. Massi stava cercando di farmi capire che ero sua, quel bacio era una specie di marchio lasciato sulle mie labbra.
 E quel marchio non lo avrei mai rifiutato, lo stavo accogliendo, consapevole di quanto per lui fosse importante baciarmi in quel modo, nonostante ci trovassimo nel bel mezzo del cortile scolastico con i bidelli e la preside che si erano ancora dentro l’edificio, pronti ad uscire in qualsiasi momento.
 Quel bacio si stava trasformando in qualcosa di così perfetto da togliermi il fiato, la forza di pensare, i motivi per cui avrei dovuto respirare, e lo stava facendo tutto in una volta, senza darmi modo di reagire.
 Era perfetto! Perfetto se non fosse stato per il mio cellulare che continuava a ronzare imperterrito nella mia tasca. Cercai di ignorarlo.
 Massi mi lasciò andare e mi guardò intensamente negli occhi: rividi quel suo sguardo così dolce e pieno d’amore che mi fece sciogliere.
 -Sbaglio o prima hai detto che sembravo un cefalo?- chiesi fingendomi stizzita.
 Lui risi accarezzandomi la guancia.
 -Lo sembravi davvero.-
 -Antipatico-, risposi mettendo il broncio per poi scoppiare a ridere.
 -Pensi che risponderai mai al cellulare? Sta squillando da ore.-
 Aveva ragione. Mi ero così concentrata sul bacio che avevo davvero dimenticato che il mio cellulare stava continuando a vibrare.
 Lo presi e lessi il numero sul display.
 -Mamma?- chiesi sorpresa mentre rispondevo.
 -Era ora!- esclamò mia madre esasperata. –Ti avrò chiamato dieci volte.-
 Mia madre era ancora in ufficio e di solito non mi telefonava a quell’ora. Doveva essere successo qualcosa.
 -Va tutto bene?- chiesi preoccupata.
 -No, non va tutto bene-, rispose lei con voce arrabbiata.
 -Che è successo?!-
 -Sei veramente assurda, Vale! Mi chiedo da dove ti sia uscito quel caratteraccio che ti ritrovi. Si può sapere perché non mi hai detto che i Donati sono tornati in Italia?!-
 Era quella l’emergenza. Per me era stata una tragedia fin dall’inizio.
 -Se oggi non avessi incontrato Catia Donati al bar davanti al mio ufficio, probabilmente non lo avrei mai saputo. E sai qual è stata la cosa più imbarazzante? Lei mi ha detto: “Ma come? Vale non ti ha detto niente? Eppure ha incontrato Riccardo in aeroporto ieri”. Avrei voluto sprofondare in un mare di vergogna. Ed è tutta colpa tua!-
 -Scusa, mamma. Mi è passato di mente-, Massi mi fissava preoccupato ma quella mia risposta data in tono annoiato doveva averlo tranquillizzato perché mi guardava sorridendo divertito.
 -Comunque ho risolto invitandoli a cena stasera-, rispose mia madre con voce orgogliosa.
 -Che hai fatto?!- esclamai sconvolta.
 -Vale, non rompere. Sono amici di famiglia, e Riccardo ha passato più tempo a casa nostra che dai suoi quando eravate amici. Ho proprio voglia di passare una serata con loro, quindi torna immediatamente a casa e inizia a dare una pulita.-
 -Ma mamma…-, risposi scocciata.
 -Niente, ma mamma. Cerca di muoverti!- esclamò prima di chiudermi il telefono in faccia.
 Guardai il mio cellulare sperando che esplodesse.
 -Tutto bene?- mi chiese Massi accarezzandomi il braccio.
 -Sì, ma pensi che andrei in prigione se uccidessi mia madre?-
 Massi sorrise mentre io cominciavo davvero a riflettere su quale fosse il modo migliore per uccidere mia madre e farla franca. Era vero che volevo chiarire con Riccardo, ma quella stessa sera, con il contorno dei nostri genitori chiacchieroni e impiccioni, non mi sembrava proprio il momento migliore.
















***L'Autrice***
 Perdonatemi per avervi fatto attendere. Come ho scritto su Facebook, ho avuto parecchi problemi in famiglia e poi ci si è messo anche il mio ragazzo che mi ha costretto a scrivere delle idee che deve presentare ad un produttore di Mediaset ^^' Ho capito che me la cavo a scrivere ma questo è sfruttamente di ragazza innamorata!!! ahahahah
 Comunque come avete potuto leggere la situazione si è prima complicata, poi si stava risolvendo, poi si è complicata di nuovo fino quasi a degenerare, e poi si è risolta. Ma per quanto? Ah, bella domanda. Fossi in voi non mi tranquillizzerei, l'ha detto anche Massi che Riccardo non ha intenzione di arrendersi, e vi posso assicurare che non lo farà.
 Secondo i miei calcoli (e spero che non siano sbagliati ^^') il prossimo capitolo sarà l'ultimo dal POV di Vale, poi scriverò i capitoli seguenti dal punto di vista di Massi (e fidatevi, secondo quello che ho in mente, ne vedremo davvero delle belle. Non avete idea di quello che mi sta passando per la testa), e poi la parte finale della storia continuerà dal POV di Vale.
 Qualche anticipazione sul prossimo? Uhm, credo che ci sarà la cena tra le due famiglie, e non so quello che farà Riccardo, sono ancora abbastanza indecisa. E poi vedrò che altro inserire per questo ultimo capitolo narrato da Vale ^^
 Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, è stato veramente difficile da scrivere, lo sapete quanto per me sia duro descrivere una situazione così complicata tra Massi e Vale dopo tutto quello che ho fatto per il lieto de "Il Figlio della Prof". Come sempre, sto cercando di mettercela veramente tutta.
 Scusate se non ho risposto a tutte le recensioni, cercherò di farlo al più presto (magari oggi stesso, non lo so) ^^
 Grazie davvero per aver letto questo capitolo, siete meravigliose!!!
 Un bacio
 Francesca   

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Capitolo 11
*** Tutto Viene Sconvolto ***






Verso La Maturità- Capitolo 11
Il Vero Modo Per Amare Qualsiasi Cosa
Consiste Nel Renderci Conto Che La Potremmo Perdere
(Gilbert Keith Chesterton)
 
 
Capitolo 11: Tutto Viene Sconvolto
 
 Massi prese piuttosto bene il fatto che dovessi passare un’intera serata in compagnia di Riccardo. Sospettavo che questa sua benevolenza fosse data dalla situazione: saremmo stati circondati da genitori chiassosi e pieni di allegria perciò dubitava che ci avrebbero lasciato il tempo di restare da soli. Era quello che pensavo anch’io, il che mi rendeva un po’ più tranquilla sulla questione “incontro con Riccardo dopo che l’hai cacciato a calci”.
 Sapevo che prima o poi avrei dovuto chiarire con Riccardo ma non avevo paura del confronto: Massi era con me e Riccardo era sempre stato mio amico, nonostante tutto. Avrebbe capito- con le buone o con le cattive-, si sarebbe arresto all’evidenza e la nostra amicizia avrebbe potuto riprendere senza creare altri problemi al mio rapporto con Massi.
 Mia madre mi aveva incastrato per le pulizie e, stranamente, tornò dall’ufficio con quasi due ore di ritardo rispetto al solito. Era ovvio che al suo arrivo era rimasto poco da fare, in pratica mi aveva scaricato tutto il lavoro addosso. Mia madre era fatta così.
 -Vale, puoi fare di meglio-, esclamò mia madre entrando nella mia stanza.
 -Di che stai parlando?- chiesi chiudendo la zip dei jeans.
 -Andiamo, jeans e maglietta? Puoi fare decisamente di meglio. E raccogli quei capelli, hai degli occhi così belli e non fai altro che coprirli!-
 -Mamma, sono i Donati non i reali di Spagna-, mormorai contrariata.
 -Vale, è Riccardo.-
 -Sì, e quindi? Devo stendere il tappeto rosso?- chiesi ironica.
 -No, ma… Oh, andiamo. Hai quasi diciannove anni e ancora non ti ho mai sentito parlare di ragazzi. L’unico è stato Riccardo e tu hai intenzione di conquistarlo vestita così?-
 -Io non voglio conquistare Riccardo.-
 Sì, ci mancava solo che mi mettessi in ghingheri per quella cena. No. No. No. Assolutamente no!
 Circa mezz’ora dopo mi ritrovai con addosso un vestito color pesca di mia madre, piuttosto scollato e dei scarpe bianche di mia madre con un po’ di tacco. I capelli tirati su in uno chignon semplice e un trucco leggero che mi valorizzava gli occhi.
 Le minacce di mia madre avevano funzionato, non avevo potuto far niente per evitarlo. Non mi avrebbe lasciato vivere per giorni- se non per mesi- se non l’avessi accontentata.
 Mi consolava il fatto che anche lei si fosse messa abbastanza in tiro, almeno non si sarebbe letta la sua intenzione di accasarmi con Riccardo.
 Se Massi avesse saputo quello che aveva in mente mia madre, come minimo avrebbe ucciso Riccardo e non credevo che avrebbe risparmiato me solo perché mi amava.
 La situazione peggiorò all’arrivo di mio padre.
 -Vale, sei uno schianto! Vuoi accalappiare Riccardo, eh?- mi disse facendomi l’occhiolino.
 Dov’era finito mio padre?! Quello che mi aveva sempre minacciata di morte se avessi deciso di fidanzarmi prima dei trent’anni?! Dov’era?!
 -Papà? Ti senti bene? Tu non vuoi che io abbia un ragazzo-, risposi semplicemente mentre mettevo gli antipasti in tavola.
 -Oh, andiamo. E’ di Riccardo che stiamo parlando. Se vuoi metterti con lui io non avrò niente da dire. Se fosse stato un altro… Ma a Riccardo cedo volentieri la mia bambina.-
 Spalancai gli occhi e lo fissai. Quella frase mi aveva quasi traumatizzata. Un altro no ma Riccardo sì, e che cavolo di ragionamento era?! Perché dovevo avere dei pazzi con personalità multiple per genitori.
 -Non voglio mettermi con Riccardo-, risposi semplicemente.
 -Sì, come no-, disse mio padre ridendo.
 -No, sul serio. Riccardo è solo un amico-, sperai di chiudere la conversazione con quella frase.
 -Sì, certo. Anche io e tua madre eravamo “solo amici”, e guardaci adesso: sposati felicemente da più di vent’anni. L’amicizia è un ottimo preludio per l’amore.-
 -Papà! Non voglio mettermi con Riccardo! Non succederà mai.-
 -Va bene, va bene. Come vuoi-, mi liquidò lui.
 Non ne potevo più. Avrei voluto dire tutto ai miei per togliermi da quella situazione ma non potevo tirare fuori Massi così all’improvviso e comunque mio padre aveva detto che un altro ragazzo non lo avrebbe accettato e non volevo che uccidesse Massi. Ma perché Riccardo doveva piacere così tanto ai miei genitori?! Perché sempre tutte a me!?
 Poco dopo quella conversazione i Donati fecero il loro ingresso in casa mia. Sembrava una vera e propria scena da film, mancavano solo le lacrime di commozione.
 Rivedere Riccardo dopo gli avvenimenti di poche ore prima fu abbastanza strano. Si comportò come al solito, come se non fosse accaduto nulla ma c’era qualcosa di diverso nell’aria: avevo la sensazione che volesse parlarmi, e anch’io sentivo l’improvviso bisogno di parlare con lui, dovevo spiegarmi. Sapevo di averlo ferito e volevo rimettere le cose al loro posto.
 L’atmosfera sarebbe stata molto piacevole se mia madre non avesse cercato in continuazione di mettermi in buona luce con Riccardo e la sua famiglia.
 -Quindi, Riccardo-, iniziò quando eravamo arrivati al dolce. –Non sei fidanzato? Un così bel ragazzo come te avrà la fila sotto casa.-
 Per poco non mi sfuggì di mano il cucchiaino ma riuscii a salvarmi ficcandolo con forza nella porzione di tiramisù che avevo davanti.
 -No, Roberta. Ho avuto una ragazza quando ero a Londra ma le cose non sono andate bene, non era fatta per me. Forse tra noi era successo tutto un po’ troppo in fretta.-
 -Eh, sì-, rispose mia madre dandosi arie da donna saggia. –I rapporti nati troppo in fretta tendono a naufragare. E’ molto meglio essere amici per un po’, a volte anche per anni, così ci si può conoscere fino in fondo prima di affrontare una relazione vera e propria. Non hai qualcuno che ti piace, Riccardo?-
 Alzai la testa di scatto e fissai mia madre con sguardo assassino, poi mi accorsi che Riccardo mi aveva lanciato un’occhiata veloce. Sperai con tutto il cuore che non decidesse di fare una dichiarazione davanti a tutti.
 -C’era una ragazza ma è già fidanzata con un altro, e non credo di poterci fare molto.-
 -Oh, dai-, adesso era mio padre ad immischiarsi. –Fai l’uomo Riccardo, impegnati e portagliela via. Se lei ti piace così tanto sono certo che ci riuscirai.-
 -Gianpaolo!- esclamò mia madre scandalizzata. –Non essere sciocco. Dovrebbe lasciar perdere quella ragazza e guardarsi un po’ intorno, sono certa che vicino a lui ci sarà qualcuna che possa andare bene. Magari è più vicina di quanto pensa.-
 Okay. Cercai mentalmente di tradurre quello che era accaduto. Riccardo si riferiva a me, mio padre pensava che stesse parlando di un’altra, e mia madre aveva consigliato di lasciar perdere quell’altra e di provarci con me.
 Ma i miei non potevano stare zitti?! In ogni caso stavano incitando Riccardo a mettersi con me. Da qualunque lato guardassi quella cena riuscivo a vedere solo catastrofe su catastrofe.
 Quando i nostri genitori si spostarono in salotto per bere qualcosa, lasciando me e Riccardo da soli, decisi che era arrivato il momento di parlare con lui. Stavo cercando le parole più adatte per intavolare una conversazione sensata ma Riccardo mi precedette.
 -Tua madre sta provando a farci sposare?- chiese ridendo con aria compiaciuta.
 Lo guardai con occhi esasperati.
 -Ti prego, lasciala perdere. Da quando ho compiuto diciott’anni e ha notato che non avevo ancora un ragazzo è diventata peggio di una comare. Non fa altro che dire che dovrei avere un fidanzato.-
 -E non sa del tuo biondino?- mi chiese ridendo.
 -Devo spiegartelo?-
 -Capisco. Hai paura che tuo padre lo faccia fuori-, disse semplicemente.
 -Sai com’è mio padre. Massi rischierebbe la vita e mia madre lo riempirebbe di domande fino ad esaurirlo.-
 Era incredibile quanto fosse sempre così semplice parlare con Riccardo. Tutta l’ansia che avevo provato poco prima era sparita nel nulla.
 -Poi ci sarebbe anche quell’altra cosa.-
 -Cosa?- chiese lui curioso.
 -Massi è il figlio della mia professoressa di scienze. Una donna impicciona e ho paura che se scoprisse di noi non mi lascerebbe in pace. Mi torturerebbe, portandomi al limite della sopportazione. Per questo, tranne i nostri amici e mia zia Lucia, nessuno sa di me e Massi.-
 -Quel ragazzo sopporta di tenere un segreto del genere?-
 -In che senso “quel ragazzo”?-
 -L’ho visto, Vale. Ti ama molto e ho capito com’è fatto. E’ orgoglioso e fiero di quello che ha, come minimo vorrebbe sfoggiarti davanti a tutti, urlare al mondo che sei sua. E invece non lo fa, per te.-
 In effetti Riccardo non aveva tutti i torti, come al solito si era dimostrato molto perspicace.
 -Già-, risposi abbassando lo sguardo. Aveva parlato dell’amore di Massi nei miei confronti senza fare una piega, con una voce così normale da spaventarmi. Eppure sapevo che per lui non era facile mostrarmi quella maschera, lo faceva solo per tranquillizzare me. Ancora una volta Riccardo si era dimostrato molto più amico di quello che avevo creduto fino a poco prima.
 -Vale-, cominciò sedendosi accanto a me e mettendomi una mano sotto il mento per costringermi a guardarlo negli occhi. –Alla fine dei conti io voglio solo il tuo bene. Ti amo, e per questo non posso farci nulla. Qualcosa però la posso fare: posso rendere la tua vita più semplice. Quindi ti sarò amico, se è questo che vuoi. Non voglio che tu sia triste o in ansia per colpa mia, non proverò più a baciarti o cose così, tornerò ad essere il Riccardo che hai sempre conosciuto.-
 -Ti ferirai-, dissi lapidaria.
 L’idea che Riccardo soffrisse così tanto per colpa mia non mi piaceva per niente. Conoscevo anche troppo bene il mondo dell’amore non corrisposto, e conoscevo anche meglio la sensazione di sconfitta ed impotenza che si diffondeva in tutto il corpo. Non volevo che Riccardo passasse tutto quello che era successo a me pochi mesi prima, ma non avevo idea di come evitargli certe sofferenze.
 -Non preoccuparti per me, mi farò bastare la tua amicizia. Quello che conta davvero è poter continuare a stare al tuo fianco, e oggi per un momento ho pensato di perderti per sempre, di perdere quello che abbiamo, anche se non è quello che vorrei.-
 -Mi dispiace-, mormorai con tono sommesso.
 -Non devi dispiacerti. Sono felice di essere tornato qui, di averti incontrata di nuovo, di aver scoperto che la quindicenne insicura che conoscevo si è trasformata in una meravigliosa ragazza, certa delle sue azioni e dei suoi desideri. Non potevo sperare in qualcosa di meglio e in quanto ai miei sentimenti, non te ne fare un problema, sono pure sempre Riccardo Donati e sai benissimo che io non mi faccio abbattere da niente, neanche da un biondino pieno di sé che ti ha portato via da me.-
 Rise e quella sua risata mi rese felice e triste allo stesso tempo. Sapevo che stava fingendo di stare bene per non ferirmi e causarmi problemi, questo mi distruggeva. Ma sapevo che anche era vero: Riccardo Donati non si faceva mai abbattere ed ero felice di vederlo così sicuro della sua decisione. Fu questo a darmi la forza di non piangere per il male che stavo facendo al mio migliore amico.
 -Riccardo, ti voglio bene e non posso credere di essere proprio io a doverti chiedere un sacrificio del genere.-
 Ormai il mio tono era evidentemente triste e Riccardo mi accarezzò la guancia per cercare di darmi un po’ di forza.
 -Ti voglio bene anch’io, e qualunque cosa accada resterò tuo amico. Non posso farti del male cercando ancora di intrometterti nel tuo rapporto, questo mi ferirebbe molto più di quello che ho deciso di fare adesso facendomi da parte.-
 -Sei il migliore-, sussurrai un po’ rincuorata.
 -Lo so-, rispose lui con un enorme sorriso.
 -E come al solito sei il re dell’umiltà-, sorrisi anch’io.
 -Ovvio.-
 Quella cena mi aiutò a sistemare le cose con Riccardo. Nonostante tutti i tentavi successivi di mia madre per fare in modo che Riccardo si mettesse con me, tutto si svolse in modo abbastanza tranquillo e piacevole.
 Prima di andare a dormire chiamai Massi per raccontargli tutto quello che il mio amico mi aveva detto. Inutile dire quanto fosse soddisfatto e felice della scelta di Riccardo, non ne avevo la certezza, ma era come se Massi avesse sorriso dall’inizio alla fine della telefonata.
 Mi addormentai quasi subito dopo essermi messa a letto, i pensieri erano spariti dalla mente. Non tutti però. Mi aspettava una settimana molto faticosa, stavano per cominciare le simulazioni della terza prova dell’esame di Maturità. Avevo una fifa nera che mi inondava tutto il corpo. Con gli avvenimenti degli ultimi mesi, lo studio non era stato proprio al centro dei miei pensieri e ora cominciavo a pentirmi di non essermi impegnata di più.
 Senza contare che avevo un appuntamento in sospeso con Lucifero.
 
 Era una mattina come tante. Ero arrivata a scuola prima del solito, probabilmente per colpa del nervosismo non avevo dormito bene e alla fine avevo deciso di uscire di casa prima di dare fuori di matto. La D’Arcangelo quel giorno avrebbe cominciato ad interrogare e io avevo garantito che sarei andata volontaria. Dubitavo che la D’Arcangelo, distratta com’era, si sarebbe ricordata della nostra conversazione di qualche giorno prima, ma il mio obiettivo era proprio quello di sorprenderla e di scucirle un voto decente.
 -Buongiorno.-, disse una voce depressa.
 -Buongiorno Marco-, risposi mentre vedevo il mio amico sedersi accanto a me su una delle panchine dello spiazzo davanti alla scuola. –Ti senti bene?-
 -Ha l’interrogazione di matematica-, mi rispose Amy sedendosi accanto a lui.
 Guardai Marco e per poco la sua depressione non contagiò anche me. E no! Non quel giorno! Avevo già i miei di problemi senza sobbarcarmi anche quelli di Marco.
 -Dai, Marco. Vedrai che andrà tutto bene.-
 -Lo spero-, rispose lui con un sospiro che avrebbe potuto spostare un intero edificio.
 -Marco, ho speso una marea di pomeriggi della mia vita in cui avrei potuto fare qualcosa di molto più produttivo per me stessa, facendoti ripetizioni. Se prendi meno di sette ti verrò a cercare e ti squarterò con le mie mani fino a che l’ultima goccia di sangue del tuo corpo non diventerà un tutt’uno con la terra.-
 -Vale, rilassati-, cominciò Amy guardandomi comprensiva mentre Marco diventava sempre più piccolo sotto il mio sguardo quasi assassino. –Oggi è anche il tuo compleanno, non fartelo rovinare da un’interrogazione della D’Arcangelo.-
 -E’ il tuo compleanno?- chiese Marco riprendendosi dalla minaccia di poco prima. –Auguri!-
 -Auguri? Auguri un cavolo!- esclamai esasperata. –Oggi la D’Arcangelo mi farà nera e come se non bastasse mia madre mi ha svegliato con un mazzo di diciannove rose rosse lasciate da Riccardo come regalo. Questa giornata è cominciata malissimo e dubito che possa migliorare. Se Massi viene a sapere delle rose mi ucciderà!-
 -Tranquilla, da noi non lo saprà-, rispose Amy con tono materno. –Vero?!-
 Marco, la persona alla quale era rivolta anche quella minaccia, la fissò per un secondo e poi annuì con convinzione. Evidentemente quel ragazzo aveva imparato a tenerci alle penne!
 Mi mancava solo che il giorno del mio compleanno Massi facesse una qualche scenata da ricordare a vita, non ne avevo proprio bisogno, non quando stavo andando al patibolo per colpa di un’interrogazione di scienze e di una prof che era il mio incubo peggiore.
 Tirai fuori il libro, decisi di ripetere ancora una volta tutto il programma che la D’Arcangelo aveva spiegato fino a quel momento. Non si sarebbe risparmiata: mi avrebbe chiesto anche argomenti spiegati all’inizio dell’anno, lo aveva sempre fatto.
 Mancavano più di dieci minuti al suono della campanella, decisi di entrare in classe. Eludere la sorveglianza dei bidelli era un gioco da ragazzi per me.
 Salutai Marco ed Amy, che avrei rivisto poco dopo, infilai il libro nello zaino e mi diressi di gran carriera verso la porta. Avevo bisogno di un po’ di tranquillità per ripetere in santa pace e in mezzo alla calca di studenti che si stava cominciando a radunare nel cortile non mi sentivo per niente in grado di concentrarmi.
 Come avevo immaginato non c’era nessuno di fronte alle scale della seconda entrata, quella davanti alle macchinette. Quindi mi diressi al piano di sopra ed aprii la porta della mia aula, pronta ad una full immersion nel mondo della geografia astronomica per quei pochi minuti che mi rimanevano. Già, questa era la mia intenzione, ma come al solito i miei piani dovevano sempre trovare degli ostacoli.
 Appena entrata in aula vidi qualcosa che mi sorprese parecchio: sul mio banco, nell’ultima fila, c’era qualcosa. Mi avvicinai e capii subito di cosa si trattava. Era una rosa. Una semplice rosa bianca, una stupenda rosa bianca, così meravigliosa da lasciarmi senza fiato.
 -Buon compleanno, Amore mio-, quella voce per poco non mi fece venire un infarto. Mi voltai lentamente e subito il verde degli occhi di Massi mi invase come un raggio di sole del primo mattino.
 -Potrebbero scoprirci, tra poco suonerà la campanella-, mormorai incredula. E certo! Massi mi faceva un regalo del genere e io, con la mia solita delicatezza, cercavo di svicolare perché la cosa m’imbarazzava e, a dirla tutta, stava diventando piuttosto rischiosa. Non c’erano molte scuse da accampare se ci avessero trovati lì, da soli. Dato soprattutto il fatto che alla prima ora avevo proprio la D’Arcangelo. Dubitavo potesse crearsi una situazione più rischiosa di quella che avevo davanti agli occhi.
 -Volevo solo lasciarti il mio regalo prima che affrontassi l’interrogazione-, ribatté lui sorridendomi e avvicinandosi sempre di più a me.
 -Massi-, dissi notando quanto la distanza fra noi si fosse ridotta. –Tua madre sarà qui tra poco.-
 Mi guardò e sollevò un sopracciglio.
 -E va bene, lo so. Quella donna ha la puntualità di un bradipo, se va bene sarà qui tra mezz’ora-, risposi cosciente della cavolata che avevo detto poco prima. –Ma comunque arriveranno i miei compagni di classe e non mi sembra proprio il caso di rischiare.-
 -Vorrei solo un bacio e poi andrò via-, mi bisbigliò lui accarezzandomi la guancia e spostando una ciocca dei miei capelli dietro l’orecchio. –Voglio solo questo.-
 Anch’io volevo solo quello! Ne avevo bisogno come l’aria, l’acqua e il calore messi insieme! Ne avevo bisogno come la facoltà di parlare e scrivere! Ne avevo bisogno per permettere al mio cuore di continuare a battere e impedirgli di fermarsi come se gli mancasse l’impulso elettrico. Era Massi la mia elettricità, e il mio cuore l’anelava per non spegnarsi per sempre.
 Tenendo ancora la rosa in mano, posai l’altra mano dietro il suo collo sentendo i suoi capelli che si insinuavano tra le mie dita e prima che potesse dire altro lo attirai a me.
 Lo baciai. Lo baciai facendogli sentire tutto il bisogno che avevo di lui e del nostro amore.
 Lo baciai. Con quel bacio volevo ringraziarlo per la rosa, ma soprattutto ringraziarlo di essere entrato nella mia vita.
 Lo baciai con tutta la paura che avevo di perderlo. Lo baciai con il terrore che potesse essere l’ultima volta, anche se sapevo benissimo che non lo sarebbe stata.
 Ci misi talmente tante sensazioni e sentimenti da restare praticamente senza fiato, mentre le mie labbra continuavano a muoversi insieme a quelle di Massi, in un’armonia quasi surreale ma così bella da lasciare il marchio nel mio cuore.
 -Grazie per il regalo-, mormorai mentre mi staccavo da lui e lo guardavo negli occhi. Quel bacio aveva risucchiato via dal mio cervello tutto ciò che ci aveva abitato poco prima, compreso tutto quello che avevo studiato per la D’Arcangelo, ma non me ne importava un fico secco. Stare tra le braccia di Massi, in quel momento, era l’unica cosa che poteva avere un minimo di senso nella mia vita sgangherata.
 -Figurati-, rispose lui lasciandomi un delicato bacio sulla fronte. –Ora vado, sta diventando davvero troppo rischioso.-
 Lo guardai e lui lesse nei miei occhi un “TE L’AVEVO DETTO” grande come una casa. Sorrise divertito e dandomi un altro veloce bacio sulle labbra, si diresse verso la porta. Poi si voltò.
 -Vale.-
 Lo fissai senza dire nulla, aveva tutta la mia attenzione, non c’era bisogno che parlassi.
 -Ti amo.-
 Sorrisi.
 -Anch’io, tanto.-
 Quelle parole chiusero il mio breve incontro con Massi e furono l’introduzione per l’ingresso della D’Arcangelo che arrivò esattamente un quarto d’ora dopo- dieci minuti in anticipo rispetto al suo solito ritardo- quando eravamo tutti intenti a ripetere in religioso silenzio. Quell’aula sembrava una chiesa, non volava davvero una mosca, probabilmente si erano suicidate sapendo che la D’Arcangelo stava per interrogare.
 La professoressa prese il registro pronta a chiamare qualcuno e improvvisamente accadde qualcosa.
 -Professoressa.-
 -Dimmi, Ferrari. Che c’è?- disse lei con aria un po’ annoiata.
 Cosa? Ero stata io parlare? Ma io non avevo detto niente! Eppure la professore si era rivolta a me quindi dovevo essere stata io ad attirare la sua attenzione. D’un tratto mi sentii come al centro di un palcoscenico che avrebbe decretato la mia morte o il beneficio di poter continuare a vivere. Mi sembrava di essere un gladiatore a terra con un gladio puntato alla gola che aspettava la decisione dell’Imperatore: pollice in su, vita, pollice in giù, morte!
 -Ecco, le avevo detto che sarei venuta volontaria per l’interrogazione-, dissi con una voce che non sembrava la mia. Avevo parlato in modo sicuro, troppo sicuro per essere il giorno in cui, con ogni probabilità, la mia carriera scolastica sarebbe giunta alla fine.
 -Giusto, me ne stavo quasi dimenticando. Hai fatto proprio bene a ricordarmelo, brava Ferrari-, i suoi occhi s’illuminarono all’idea di interrogarmi, come sempre. Ormai c’ero talmente abituata da non fare più caso al suo sguardo sadico quando sapeva di potermi torturare. –Forza, vieni alla lavagna.-
 Mi alzai con calma, senza guardami intorno. Incontrare gli occhi di un solo essere umano diverso dalla D’Arcangelo mi avrebbe destabilizzato troppo. Potevo farcela! Avevo Massi dalla mia parte e sapevo che il pensiero di lui mi avrebbe dato la forza per affrontare sua madre.
 -Bene-, disse la D’Arcangelo iniziando a scorrere il programma che aveva segnato sul registro. Era andata dietro di parecchie pagine, stava per chiedermi qualcosa che aveva spiegato all’inizio dell’anno, lo sapevo benissimo. La prima delle sue tre domande era sempre su un argomento affrontato nel paleolitico, dopo tre anni la conoscevo come le mie tasche.
 -L’effetto Doppler.-
 Evvai! Quello era uno degli argomenti che avevo sempre ricordato meglio.
 -L'effetto Doppler è un fenomeno fisico che consiste nel cambiamento apparente della frequenza o della lunghezza d'onda di un'onda percepita da un osservatore che si trova in movimento o in quiete rispetto alla sorgente delle onde, anch'essa in movimento o in quiete.-
 La professoresse non disse nulla, non mi corresse e non fece smorfie, si limitava a guardare il registro quasi ignorandomi. Era un buon segno, significava che non avevo sbagliato nulla e che potevo continuare.
 -In geografia astronomica viene utilizzato per misurare la velocità con cui stelle e galassie si stanno avvicinando o allontanando da noi. Si basa sul fatto che lo spettro elettromagnetico emesso dagli oggetti celesti non è continuo, ma mostra delle linee spettrali a frequenze ben definite, correlate con le energie necessarie ad eccitare gli elettroni di vari elementichimici. Poiché i colori posti ai due estremi dello spettro visibile sono il blu (per lunghezze d'onda più corte) e il rosso (per lunghezze d'onda più lunghe), l'effetto Doppler è spesso chiamato in astronomia spostamento verso il rosso se diminuisce la frequenza della luce, e spostamento verso il blu se aumenta. L'effetto Doppler è una prova inoltre della continua espansione dell'universo. Consideriamo infatti una stella. Controllando la sua lunghezza d'onda noteremo che si sposta sempre di più verso il rosso. Ciò significa che la sua lunghezza d'onda è aumentata e conseguentemente la stella è sempre più lontana da noi. Questo indica che l'universo è in continua espansione e ogni elemento tende ad allontanarsi da tutto, allungando sempre di più la sua lunghezza d'onda.-
 Avevo risposto a quella domanda senza fermarmi neanche per un secondo, avevo respirato solo lo stretto necessario, e il silenzio tombale che troneggiava in classe cominciava ad innervosirmi. Non dovevo mollare, Lucifero non mi aveva interrotta quindi avevo detto tutto quello che voleva sapere.
 -Spiegami sinteticamente la classificazioni di Harvard. Scrivila alla lavagna.-
 Una parte del programma di ottobre, voleva proprio mettermi alla prova chiedendomi qualcosa di così datato. Sperai con tutto il cuore di riuscire a ricordare quella maledetta classificazione.
 Iniziai a scrivere e spiegare.
 -Le stelle hanno temperature superficiali variabili fra i 2.000 e i 40.000 Kelvin. Le classi spettrali di Harvard sono solitamente elencate dalla più calda alla meno calda. La classe O ha una colorazione convenzionale blu e comprende stelle con temperatura superiore a 33.000 K…- continuai a scrivere tutte le classi senza mai fermarmi e sentivo gli occhi della D’Arcangelo puntati sulla mia schiena. –La classificazione continua con le lettere B, A, F, G, K fino ad arrivare alla M che è la più bassa con temperature inferiori a 3.700 K, con colorazione convenzionale rossa e apparente arancio-rosso.-
 Avevo scritto sulla lavagna tutta la classificazione, con classe, temperatura, colorazione convenzionale e apparente, e stelle a cui si riferivano. In pratica sembrava che avessi copiato perfettamente lo schema che ci aveva spiegato lei, ed era proprio quello che la professoressa si aspettava durante un’interrogazione.
 -Molto bene, Ferrari-, disse lei alla fine. Lasciai il gesso nel contenitore e la guardai mentre cercavo di pulirmi le mani. –Adesso puoi scegliere. Sei già su un sei e mezzo, puoi fermarti qui oppure posso farti un’altra domanda. Scegli tu, ma considera che se non rispondi il voto potrebbe scendere.-
 E certo! Perché rendermi le cose facili quando poteva complicarmele?
 -Ne faccia un’altra.-
 Mi ero preparata a tre domande e avevo la possibilità di alzare il voto, male che fosse andata sarei solo precipitata nel vuoto e lei sarebbe stata contenta. Non avevo voglia di darle la soddisfazione di vedermi gettare la spugna, avevo ancora abbastanza energie per combattere.
 -Parlami sinteticamente dei Buchi Neri.-
 Feci un respiro e cercai di raccogliere nel cervello tutto quello che riuscivo a ricordare su quell’argomento.
 -Verso il termine del proprio ciclo vitale, dopo aver consumato tramite fusione nucleare il 10% dell'idrogeno trasformandolo in elio, nel nucleo della stella si arrestano le reazioni nucleari. La forza gravitazionale, che prima era in equilibrio con la pressione generata dalle reazioni di fusione nucleare, prevale e comprime la massa della stella verso il suo centro….-
 Continuai a parlare con una velocità e una sicurezza che non erano da me, avevo così tanta paura che la professore m’interrompesse facendomi perdere il filo che non avevo assolutamente intenzione di lasciarla ragionare troppo su quello che stavo dicendo.
 Avevo detto quasi tutto quello che ricordavo.
 -A questo punto la densità della stella morente, ormai diventata un buco nero, raggiunge velocemente valori tali da creare un campo gravitazionale talmente intenso da non permettere a nulla di sfuggire alla sua attrazione, neppure alla luce. Si ha una curvatura infinita dello spaziotempo che può far nascere dei cunicoli all'interno di buchi neri in rotazione.-
 Non avevo più altro da dire, il mio cervello si sarebbe rifiutato di formulare anche solo un’altra parola.
 -Direi che può bastare-, disse la D’Arcangelo posando la penna e voltandosi a guardarmi. –Ferrari, è un otto e mezzo.-
 Per poco non mi misi ad urlare- non l’avrei mai fatto, in realtà mi sfuggii solo un piccolo sorrisino.
 -Non ti adagiare sugli allori però, questa è solo la prima interrogazione e lo sai che ne dovrai sostenere almeno un’altra, ma devo dire che mi hai sorpreso davvero. In tre anni credo che questa sia stata la tua interrogazione migliore.-
 -La ringrazio-, risposi con un filo voce.
 -Voglio solo farti capire che è tutta una questione d’impegno. Il cervello e l’intelligenza non ti mancano, devi solo trovare la voglia di farti piacere quello che ti spiego.-
 Non erano gli argomenti a non piacermi, ma lei e il suo odio incondizionato nei miei confronti. Ovviamente mi limitai a pensarla quella frase.
 -Puoi andare a posto.-
 Annuii e prima di muovermi mi assicurai di vedere quell’otto e mezzo segnato su quel cavolo di registro!
 Non potevo crederci! Era come se in quella giornata tutto fosse stato sconvolto e capovolto. Prendere un voto del genere con Lucifero era praticamente un dieci, e finalmente anch’io ne avevo avuto uno! Era assolutamente surreale! Incredibile! Sconvolgente!
 Il giorno più sconvolgente di tutta la mia vita scolastica!
 Non avrei mai potuto chiedere di meglio!
 -Professoressa.-
 -Dimmi, Tarantino-, rispose la D’Arcangelo alzando lo sguardo su Amy. Io mi voltai di scatto a fissare la mia amica. –Vuoi venire volontaria anche tu?-
 -Ehm, no. Magari un’altra volta-, rispose Amy con un sorriso.
 -Sì, direi che dopo la performance di Ferrari non ho la forza per farmi rovinare la giornata da uno qualsiasi di voi che ha studiacchiato rosicchiando un po’ d’informazioni qua e là. Allora, cosa ti serve, Tarantino?-
 -Volevo solo dirle che oggi è il compleanno di Ferrari.-
 Per poco non mi venne un colpo! Ma che diavolo le era saltato in mente!? Quanto mai quell’informazione sarebbe potuta interessare alla D’Arcangelo.
 -Ah, bene-, rispose la professoressa guardandomi. –Spero che il mio regalo ti sia piaciuto, Ferrari.-
 La D’Arcangelo sorrise e io per poco non caddi dalla sedia. Era la prima volta che si rivolgeva a me in modo così gentile. Dovevo prendere un voto alto per farmi rispettare da lei?
 -Sì, la ringrazio ancora.-
 Appena la campanella suonò chiesi di poter andare in bagno, avevo bisogno di stare un momento da sola per riflettere. Mi chiusi dentro e mi coprii il volto con le mani cercando di capire in che dimensione o universo parallelo fossi capitata.
 Lucifero mi aveva messo un otto e mezzo ed era stata gentile con me! Se solo me lo avessero detto il giorno prima non ci avrei mai creduto e invece era successo davvero.
 Una cosa così poteva davvero sconvolgermi la vita!
 Un volta uscita mi bagnai un po’ la guance arrossate per lo stress e decisi di scendere alle macchinette per comprare una bottiglietta d’acqua. Dopo un inizio di giornata come quello ne avevo assoluto bisogno.
 Arrivata all’ultimo gradino delle scale mi bloccai.
 Due voci conosciute arrivarono al mio orecchio e decisi fosse meglio non farmi vedere. Captai uno stralcio del loro discorso e improvvisamente il mondo mi crollò addosso. Non avrei mai voluto sentire quella conversazione, mai in tutta la vita e invece, quando i proprietari di quelle voci si allontanarono, mi ritrovai con le spalle poggiate al muro e lentamente scivolai fino a sedermi su un gradino.
 La mia vita era appena giunta ad un bivio e non sapevo come uscirne.
 Tutto era stato sconvolto da parole pronunciate proprio vicino a me pochi istanti prima.
 La giornata più bella di tutta la mia vita si era appena trasformata in un vero e proprio incubo.


















***L'Autrice***
E con questo capitolo lasceremo per un po' Vale e vedremo la storia che continua ad essere raccontata dal punto di vista di Massi.
Probabilmente vorrete uccidermi per come ho fatto terminare il capitolo ma presto capirete perchè è finito così. Diciamo che il mio cervello sta elaborando davvero un intreccio un po' strano per la continuazione della storia ^^ Non prendetevala con me ma con la mia mente che si diverte a fare queste cose.
Il prossimo capitolo ce l'ho già in mente quindi spero davvero di non farvi aspettare a lungo, e spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Comunque non crediate che con Riccardo finirà così, potrebbe anche decidere di tornare all'attacco ^^
Per quanto riguardo l'interrogazione, l'ho subita davvero, con quelle domande. Purtroppo non avevo a portata di mano i miei appunti del liceo quindi le informazioni le ho prese da Wikipedia, ma più o meno era esattamente quello che aveva spiegato la mia professoressa a suo tempo. Ancora ricordo, dopo tre anni, quella maledetta interrogazione, mi aveva davvero fatto sudare freddo xD
Ricordo a tutti che potete aggiungermi su facebook, così saprete quando aggiornerò ^^
Grazie davvero a chi legge questa storia e alle meravigliose recensioni che mi lasciate, siete meravigliosi!
Un bacio, alla prossima

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Capitolo 12
*** Nessuna Spiegazione ***






Verso La Maturità- Capitolo 12 Verso La Maturità- Seconda Parte
 
Verso Lei
 





La Sola Cosa Che Si Possiede
E’ L’Amore Che Si Dà
(Isabel Allende)
  
Capitolo 12: Nessuna Spiegazione
 
 L’ultima ora di lezione sembrava non passasse più quel giorno. Avevo aspettato per così tanto tempo il compleanno di Vale. Volevo portarla fuori, da qualche parte, per festeggiare lontani da occhi indiscreti e soprattutto lontano da quel cavolo di liceo che ci stava portando via la vita. Per non parlare di quel coglione di Riccardo Donati che si era messo in mezzo proprio in un momento tanto delicato: ma proprio adesso doveva decidersi a tornare? Non se ne poteva restare in quella cazzo di città piovosa e grigia e lasciare in pace la mia Vale?
 Gli avvenimenti degli ultimi giorni cominciavano a farmi sospettare che Vale mi avesse in qualche modo contagiato con la sua sfortuna apocalittica.
 Comunque alla fine si stava sistemando tutto: Riccardo aveva capito quel’era il suo posto –lontano anni luce dalle labbra della mia ragazza!- e mancavano pochi mesi alla Maturità. Avremmo dovuto resistere ancora un altro po’ e finalmente avrei potuto dire ogni cosa a mia madre che se ne sarebbe fatta una ragione- con le buone o con le cattive.
 L’arrivo di quell’ameba di Riccardo mi aveva fatto temere davvero il peggio e non avevo alcuna intenzione che le stupide idee di mia madre rischiassero di farmi perdere Vale per sempre. Non lo avrei mai permesso a costo di rimetterci tutto quello che avevo e ogni cellula del mio cervello!
 Avrei fatto di tutto per tenere Vale con me. Era il mio sole, il mio ossigeno, l’unica ragione che mi permetteva di essere davvero felice. E non avrei permesso a niente e nessuno di portarmela via.
 Il nostro rapporto era cambiato così in fretta ma costellato di parecchie sofferenze e ancora sapevo che sarebbe stata dura andare avanti, ma sentivo che i nostri sentimenti erano abbastanza forti per resistere a qualsiasi problema.
 Stavo iniziando a passare mentalmente tutti i locali in cui avrei potuto portare Vale quando, finalmente, quella maledetta campanella dell’ultima ora decise di suonare.
 Riposi in fretta nello zaino tutte le mie cose e felice come una Pasqua mi diressi insieme a Marco verso la porta dell’aula.
 Appena uscito, però, mia madre mi bloccò venendomi incontro. Marco si fermò al mio fianco aspettando che mia madre parlasse.
 -Tesoro, ti avevo già detto che oggi ho un Consiglio di Classe e non tornerò a casa per pranzo?-
 -Sì, mamma. Me lo avrai detto almeno tre volte in tutta la giornata, credo di averlo assimilato-, risposi in tono parecchio brusco ma non avevo voglia di scusarmi. In quel momento mia madre era davvero l’ultima persona al mondo a cui avevo intenzione di dar retta. Vale era la prima e forse l’unica che albergava nei miei pensieri e dubitavo che quella classifica sarebbe mai stata scalata da qualcun altro.
 -Okay, allora ci vediamo più tardi a casa.-
 -Non lo so. Forse più tardi uscirò-, risposi senza tante cerimonie.
 -E dove vai?- chiese lei sorpresa. Non era esattamente da me uscire di lunedì, soprattutto sapendo che avevo miliardi di libri che mi aspettavano per studiare.
 -Devo… Ecco…-
 -Ho chiesto a Massi di darmi una mano a studiare-. Ringraziai mentalmente Marco per il suo intervento tempestivo.
 -Ah, sono contenta-, disse mia madre sorridendo. –Sono sicura che Massi ti sarà di grande aiuto, sono veramente felice che il tuo impegno nello studio stia arrivando a certi livelli, Marco. Sono certa che farai un figurone agli esami.-
 Marco la guardò cercando di non scoppiare a ridere, e sperai con tutto il cuore che non lo facesse altrimenti mia madre avrebbe continuato a fare altre domande.
 -Spero di farcela, Claudia-, rispose lui con uno dei suoi soliti sorrisi attira ferormoni.
 Mia madre sorrise ancora di più.
 -Continua ad impegnarti.-
 Quando riuscimmo a liberarci di mia madre che stava per attaccare un’omelia su quanto fossero importanti gli esami, scendemmo di corsa le scale e raggiungemmo il cortile il più velocemente possibile.
 Marco cercava Amy con lo sguardo e io feci lo stesso per trovare Vale.
 -Amore!- esclamò una voce alle nostre spalle. Ci voltammo e subito una figura mi sfrecciò accanto catapultandosi ad abbracciare Marco.
 -Amy! Così mi fai cadere!- rispose lui cercando di mantenersi in piedi destabilizzato dall’abbraccio della sua ragazza. Faceva il duro ma ero certo che quella dimostrazione d’affetto lo facesse uscire fuori di testa dalla gioia.
 -Ma che fine avevi fatto? Ti sto aspettando da una vita!-
 -La madre di Massi ci ha trattenuto-, disse Marco accogliendo Amy nel suo abbraccio e dandole un bacio sulla fronte. –Vale dov’è?-
 Stessa domanda che mi stavo ponendo anch’io. Non potevamo parlare troppo a scuola ma con la scusa che i nostri amici stavano insieme almeno qualche parola all’uscita potevamo scambiarla e lei non era mai mancata a quella specie di appuntamento.
 -E’ andata a casa-, rispose Amy con una voce strana.
 -Sta bene?- chiesi subito.
 -Sinceramente non lo so. Appena è suonata la campanella ci ha salutate ed è andata via. Dopo l’interrogazione con la D’Arcangelo è diventata molto silenziosa, non ha detto una sola parola fino al termine delle lezioni.-
 -L’interrogazione è andata male?- Mi sentivo uno schifo, se mia madre avesse dato un brutto voto a Vale il giorno del suo compleanno l’avrei uccisa con le mie mani.
 -No, anzi. E’ andata benissimo, infatti pensavo che si sarebbe messa a saltare da una parte all’altra fino a domani, e invece… Non lo so… E’ diventata strana.-
 -Forse dovrei andare casa sua per vedere se sta bene-, dissi subito. La preoccupazione stava cominciando a rendermi davvero nervoso.
 -Conoscendola, quando fa così vuole restare sola. Magari vai a casa e falle una telefonata, sono certa che ti dirà cosa è successo. Non piombarle a casa all’improvviso altrimenti le farai venire un mezzo infarto se i suoi sono già tornati.-
 In effetti, Amy non aveva tutti i torti. Vale mi avrebbe sbranato vivo se i suoi genitori fossero stati in casa e io mi fossi presentato lì senza preavviso con il rischio che suo padre mi vedesse.
 Salutai Marco ed Amy deciso a tornare a casa e soprattutto a capire cosa diavolo stesse succedendo. Avevo un brutto presentimento e non sapevo cosa aspettarmi, avevo solo uno strano senso di angoscia nello stomaco e quello bastava a rendermi totalmente irrequieto.
 Arrivato a casa mangiai qualcosa al volo, senza neanche rendermi conto di cosa stessi facendo e subito dopo aver lavato i piatti mi chiusi nella mia stanza e afferrai il cellulare.
 Nessun messaggio.
 Anche questo era così strano. Vale mi mandava sempre un messaggio quando arrivava a casa dopo scuola, lo aveva sempre fatto, fin dal primo giorno in cui ci eravamo messi insieme.
 Cosa cazzo stava succedendo?!
 Scorsi la rubrica e feci partire la chiamata, una telefonata, che sperai, avrebbe risolto tutto e mi avrebbe tranquillizzato. Sì perché sapevo che si sarebbe sistemato tutto, ero io che mi stavo facendo problemi che non esistevano. Vale mi aveva davvero contagiato con ogni parte del suo carattere!
 Il telefono suonava libero con quel tuu tuu sincronizzato perfettamente con i battiti del mio cuore. Lo lasciai squillare per un tempo infinito ma non ricevetti nessuna risposta. Misi giù e richiamai all’istante ma ancora nulla. Vale non rispondeva!
 Aspettai qualche minuto, magari in quel momento non poteva rispondere. Riprovai ancora una volta a far partire una chiamata e successe qualcosa, qualcosa che mi sconvolse e spaventò allo stesso tempo. Al primo squillo lei chiuse la chiamata senza rispondere.
 Che cazzo stava succedendo?! Che cavolo era successo?! Che accidenti dovevo fare?! Che cosa diavolo avevo fatto?!
 L’ultima volta che l’avevo vista Vale mi era sembrata quella di sempre, ed era successo solo quella mattina. Cosa diavolo poteva essere cambiato in così poco tempo per indurla a comportarsi in quel modo?!
 Dato che non voleva parlarmi decisi di scriverle un messaggio, di sicuro quello lo avrebbe visto e avrebbe capito che quel comportamento mi stava portando al manicomio.
 Cominciai a scrivere ma cancellavo ogni parola dopo averne scritte tre o quattro. Sembravo un imbecille, avevo paura di sembrare troppo offeso o troppo disperato, quindi non avevo idea di che scrivere. Alla fine ce la feci dopo quasi dieci minuti di ripensamenti.
 
Amore, potresti dirmi che sta succedendo? Comincio a preoccuparmi e anche le altre ti hanno visto strana oggi. Richiamami. Ti amo.
 
 Così poteva andare, lo inviai e restai in attesa di una risposta per diverso tempo. Mi sentivo come una tigre in gabbia ero così agitato e sorpreso che mi alzavo dal letto, facevo dei passi in giro per la stanza e tornavo a sedermi. Lo facevo in continuazione!
 Dopo mezz’ora di questa tiritera decisi di distrarmi un attimo e di fare una doccia. Misi la suoneria del cellulare al massimo e lo portai in bagno con me nel caso Vale avesse deciso di rispondermi proprio mentre avevo l’acqua sparata su tutto il corpo.
 Posai il cellulare vicino al lavandino, mi spogliai e m’infilai sotto la doccia. Appena l’acqua toccò la mia pelle, inaspettato, improvviso, indesiderato il ricordo di me e Vale a Boston sotto il getto di una doccia così diversa ma allo stesso tempo così simile invase i miei pensieri come un ricordo lontano, quasi di una vita passata. Era accaduto solo poche settimane prima e a me sembrava già che fossero passati anni. Mentre l’acqua mi scorreva addosso mi ritrovai a pensare che persino il volto di Vale iniziava ad apparirmi lontano, quasi sfocato, come se la preoccupazione stesse cercando di cancellarla completamente dalla mia testa. Mi sembrava di non sentire la sua voce da secoli, di non avvertire il suo dolce profumo da millenni, di non sfiorare la sue labbra da un’era geologica. E invece… Invece avevo avuto davanti il suo corpo e la sua anima solo poche ore prima.
 Perché mi sentivo così?
 Perché avevo una paura fottuta che invadeva tutto il mio corpo e soprattutto il mio cuore?
 Perché era come se avvertissi che qualcosa stesse per spezzarsi?
 Forse erano solo preoccupazioni che non avrebbero mai trovato un riscontro, ma quello che mi rendeva così inquieto era che quel riscontro ci potesse essere e la cosa mi terrorizzava.
 Odiavo sentirmi così e non potevo credere che stesse accadendo proprio a me. Ero sempre stato sicuro di me stesso, non avevo mai avuto dubbi o preoccupazioni del genere. Era bastata una ragazza, per quanto non fosse una ragazza come le altre, a rendermi insicuro su tutto e soprattutto ad avvolgermi con quella strana, perenne, paura che quell’amore, quelle emozioni, quella felicità potessero scivolarmi via tra le dita da un momento all’altro.
 Nemmeno quando avevo scoperto di Riccardo mi ero sentito così spiazzato, perché sentivo che Vale c’era comunque. Ed era proprio quella sua strana assenza a farmi più male, era quella spiegazione che non arrivava a ferirmi come un coltello ficcato dritto nel petto!
 Avevo bisogno di conoscere la ragione del comportamento di Vale e avrei fatto qualunque cosa per capire cosa stava succedendo. Fu allora, quando la mia doccia stava giungendo alla fine, che decisi di andare direttamente al problema. Sarei volato a casa di Vale e le avrei chiesto di persona che cavolo le era preso! Cominciai a pensare che, se avevo fatto qualcosa di sbagliato, mi sarei persino messo in ginocchio ai suoi piedi pur di rivedere il suo sorriso e i suoi occhi luminosi che mi guardavano con quell’amore che solo lei sapeva darmi.
 Non avrei mai creduto che nel mio cervello sarebbero passati dei pensieri simili.
 Io, Massimiliano Draco, messo al tappeto da una donna! Sarebbe stato quasi divertente se non mi fossi sentito così in ansia.
 Uscito dalla doccia, mi avvolsi nell’accappatoio mentre tremavo di freddo. Quel febbraio era davvero troppo gelido per i miei gusti, davvero troppo gelido!
 Presi il cellulare e vidi che c’era un messaggio, lo aprii trepidante ma notai subito che non era di Vale. Marco mi chiedeva come andassero le cose, se avessi avuto modo di parlare con Vale.
 Non avevo voglia di scrivergli quindi decisi di fargli una telefonata veloce.
 -Cosa?!- esclamò il mio amico non appena gli spiegai quello che stava accadendo.
 -Non c’è bisogno di mettermi altra ansia, Marco. Potresti mostrarti un po’ più tranquillo?-
 Ci mancava solo che quel deficiente di Marco mi mettesse addosso più preoccupazioni di quante già non ne avessi.
 -Non posso tranquillizzarti-, rispose lui mentre io mi vestivo dopo essere tornato in camera.
 -Che vuoi dire?-
 Marco fece una pausa.
 -Vale mi ha mandato un messaggio poco fa.-
 -Cosa?! Che cazzo stai dicendo?!-
 Non potevo crederci! Si era fatta viva con Marco e invece ignorava completamente me?! No, adesso avrei visto un alieno salutarmi sorridente dalla finestra! Non era possibile!
 -Che ti ha detto?!- chiesi con urgenza.
 -Niente di che. Solo che dovevamo annullare la nostra lezione di oggi, nulla di più. Nessuna spiegazione, mi ha solo detto questo.-
 Rimasi con il cellulare in mano, pietrificato come mai mi era successo in tutta la vita mentre Marco continuava a parlare.
 -Non ha mai annullato una lezione. Ci siamo sempre visti anche se non stava bene o aveva altri cavoli per la testa. Per questo ho deciso di sentirti, non mi sembrava lei e volevo chiederti se tu sapevi qualcosa.-
 -Non so niente perché lei non mi vuole parlare!- urlai esasperato.
 -Calmati, Massi. Una spiegazione ci sarà.-
 -Io non ci arrivo proprio!- esclamai ormai senza più un briciolo di pensiero in testa. –Non ho fatto niente di sbagliato e lei continua a non volermi sentire! Non capisco!-
 Marco non disse nulla, lasciò che mi sfogassi ma non mi sentii per niente meglio, neanche dopo quella sfuriata diretta più a me stesso che al mio interlocutore.
 -Ho sentito anche Amy. Pare che abbia telefonato a Vale, ma lei è stata lapidaria, l’ha liquidata dicendo che non aveva voglia di parlare, tutto qui.-
 -Ha risposto?! Ad Amy ha risposto?!- iniziavo a sentirmi furioso. In pratica si era fatta sentire con mezzo mondo anche solo per mandare qualcuno a quel paese ma con me non voleva parlare.
 -Mi dispiace-, disse Marco con voce stranita. –Non ho proprio idea di cosa stia succedendo a Vale, e neanche Amy riesce a spiegarselo. E di certo non immaginavo che ti stesse evitando, mi dispiace davvero.-
 Già, mi stava evitando e questo mi mandava in bestia. Amore o no, paura di sembrare un idiota preda della rabbia o no, avrei capito che cazzo stava succedendo a costo di rinchiudere Vale in una stanza per farla parlare.
 Mi ero stancato!
 -Basta!- esclamai. –Vado da lei!-
 -Massi, ti sembra una buona idea? Magari prova a richiamarla, non ti presentare a casa sua incazzato come sei. Faresti incazzare anche lei e le cose potrebbero mettersi male, intendo per l’intero pianeta non solo per te.-
 -Marco, forse non l’hai notato, ma mi sembra evidente che lei è già incazzata con me. Non ne conosco il motivo, non so perché si stia comportando così ma di certo è arrabbiata e se il suo scopo era indispettirmi c’è riuscita in pieno.-
 -Massi, cerca di riflettere… Per…-
 Chiusi il telefono. Non avevo alcuna intenzione di ascoltare una delle solite ramanzine senza capo né coda di Marco. Ormai il danno era fatto, non sapevo cosa fosse successo, ma di certo presentandomi a casa di Vale non avrei peggiorato le cose perché stava già andando tutto nel modo sbagliato. Almeno avrei avuto una spiegazione, e che cavolo!
 Finii di vestirmi alla velocità della luce ed ero pronto per uscire, incavolato come una bestia, quando sentii un suono provenire dal cellulare che avevo messo in tasca.
 Lo afferrai convinto che fosse un messaggio di Marco che mi esortava a ripensarci e invece mi ero sbagliato di nuovo.
 Era lei!
 Aprii subito il messaggio e lo lessi con la rabbia che mi accecava completamente.
 
 Ho bisogno di parlarti. Ci vediamo a piazza Mazzini tra quindici minuti. Scusa, se non ho risposto alle tue telefonate, ti spiegherò tutto di persona.
 
 Fine. Non aveva scritto altro.
 Non era uno dei suoi soliti messaggi, era freddo, lapidario, tremendamente arido. Non conteneva nulla di quello che Vale mi aveva donato in quei mesi, niente a cui potessi aggrapparmi per arrivare a pensare che sarebbe andato tutto bene. Per un attimo mi ritrovai a pensare che sarebbe stato decisamente meglio non ricevere quel maledetto messaggio.
 All’improvviso tutta la voglia di una spiegazione che avevo provato fino ad un istante prima era svanita. Il motivo del comportamento di Vale sarebbe arrivato da lì a quindici minuti e forse non avevo molta intenzione di ascoltarlo.
 Avevo una paura fottuta!
 Non potevo però scappare da quella situazione. Magari non si sarebbe trattato di nulla di grave e mi stavo fasciando la testa prima di romperla. Avrei affrontato quell’incontro a testa alta come avevo sempre fatto nella vita davanti a una difficoltà. Si trattava solo di incontrare la mia ragazza non di essere scuoiato vivo da uno dei cattivi di Dragonball. Mi dovevo dare una regolata e smetterla di sembrare una ragazzina impaurita dal nulla.
 Presi il casco e le chiavi dello scooter e mi diressi fuori, nel gelo invernale pronto per dirigermi al luogo dell’appuntamento.
 Il vento gelido mi sferzava le mani mentre correvo verso piazza Mazzini. Come un idiota mi ero completamente dimenticato di prendere i guanti. Mi sembrava che le mani mi si sarebbero staccate da un momento all’altro, non le sentivo nemmeno più per quanto erano fredde.
 In realtà cominciavo a fregarmene altamente delle mie mani, più mi avvicinavo a destinazione e più sentivo che il freddo, un freddo diverso da quello ambientale, mi stava arrivando, lento e inesorabile, dritto al cuore.
 Parcheggiai lo scooter proprio poco prima della piazza e misi il casco nel bauletto.
 Una volta arrivato in prossimità della mia destinazione iniziai a guardarmi intorno alla ricerca di Vale. La piazza era deserta, come c’era da aspettarsi a quell’ora di un primo pomeriggio invernale. I negozi intorno erano ancora tutti chiusi e un leggero vento freddo stava completando la missione delle sferzate che mi avevano torturato sullo scooter.
 La fontana, situata proprio al centro della piazza, era spenta come spesso succedeva nel periodo invernale e gli alberi che circondavano quella piazza a forma di quadrato erano tutti spogli.
 Il paesaggio era davvero desolante, mi faceva sentire ancora più vuoto.
 Arrivai ad una panchina e mi sedetti in attesa dell’arrivo di Vale. Ero parecchio in anticipo, visto che abitavo molto vicino a quel luogo quindi Vale ci avrebbe messo ancora qualche minuto ad arrivare.
 Ogni tanto mi voltavo a guardare le auto che passavano perché in quel silenzio qualsiasi rumore di motore mi faceva pensare che potesse essere lei.
 Improvvisamente il mio cellulare iniziò a squillare, lo afferrai e senza nemmeno guardare il display risposi.
 -Pronto?!- chiesi con urgenza sicuro che fosse Vale.
 -Marco? Dove sei?- mia madre trovava sempre i momenti meno opportuni per telefonare, accidenti a lei!
 -Sono uscito un attimo, ti ho detto che dovevo andare da Marco. Ci incontriamo in centro per prendere un caffè prima di studiare.-
 -Hai ragione, scusami ma sono proprio fuori di testa oggi. Ti stavo chiamando per dirti che tuo padre sta tornando a casa perché tra poco deve portare la nonna dal dottore e volevo che gli preparassi qualcosa da mangiare, lo sai che lui potrebbe mandare a fuoco la cucina.-
 La sua voce era divertita mentre la mia venne fuori parecchio spazientita.
 -Mamma, adesso sono fuori. Papà può mangiare un panino-, in un momento del genere non riuscivo proprio a credere che avrei dovuto occuparmi del pranzo di mio padre. E che diamine!
 -Sì, sì. Avevo dimenticato che dovevi uscire, ero convinta che fossi a casa. Non importa, avviserò tuo padre di arrangiarsi. Grazie lo stesso, tesoro.-
 Proprio in quel momento sentii il rumore di uno scooter e mi voltai nella direzione dalla quale proveniva. Era lei! La vidi smontare dal suo mezzo e togliersi il casco per poi riporlo nel bauletto.
 Si sistemò un attimo i lunghi capelli castani e si guardò un po’ intorno. Alla fine mi vide, e si diresse con calma nella mia direzione. Era così bella mentre camminava: le gambe lunghe, i capelli che danzavano, i suoi occhi profondi che si avvicinavano sempre di più a me. Anche a quella distanza mi venne una voglia matta di baciarla e tutta la rabbia iniziò a svanire fino quasi a dissolversi.
 -Tesoro?- la voce al telefono di mia madre mi riportò alla realtà.
 -Mamma, scusa ma devo andare-, risposi velocemente per togliermela dalle scatole.
 -Va bene, salutami Marc…-, non la lascia nemmeno terminare che già avevo riattaccato, ero troppo impegnato ad osservare la mia Vale per preoccuparmi di quell’impicciona di mia madre.
 La mia ragazza era ormai ad un passo da me ma il suo volto era strano: era pallida, con un espressione seria, gli occhi arrossati come se avesse pianto fino a pochi minuti prima.
 -Stai bene?- fu quella la prima frase che riuscii a pronunciare. Il suo aspetto ma soprattutto i suoi occhi fecero crescere in me una preoccupazione incredibile, mai provata prima.
 -Diciamo di sì-, rispose lei con un tono di voce così diverso dal solito. Anche se parlava in modo normale era come se dietro le sue parole si nascondesse un dolore che non voleva rivelare.
 -Mi dici che sta succedendo? Non mi sembra che tu stia bene e il tuo comportamento inizia a preoccuparmi.-
 Le avevo semplicemente detto la verità cercando di essere il più calmo possibile. Vederla così pallida e vulnerabile, così diversa dalla Vale sempre piena di energie che conoscevo, mi aveva talmente spiazzato che quel poco di rabbia rimasta dopo averla vista era stata portata via dal quel vento gelido.
 -Devo dirti una cosa ma prima mi devi fare una promessa-, cominciò guardandomi negli occhi.
 -Va bene, dimmi.- Tutto quello che voleva, avrei fatto davvero tutto quello che mi avrebbe chiesto per aiutarla a ritrovare il sorriso. Sarei stato persino disposto a camminare scalzo sui carboni ardenti per renderla felice.
 -Mi devi promettere che non ti arrabbierai per quello che sto per dire e che accetterai tutto quello che dirò senza tentare di convincermi a tornare indietro.-
 Pronunciò quelle parole con così tanto dolore nella voce da spezzarmi il cuore. Ora ero davvero preoccupato ad un livello quasi disumano.
 -Vale, ma che sta succedendo? Non ti ho mai visto in questo stato. E questa promessa che mi chiedi e assurda. Amore mio, cos’hai?-
 Provai ad accarezzarle una guancia per tentare di farla sentire meglio ma lei si scostò. La cosa mi sconvolse: si era scostata. Non voleva che la toccassi.
 Sollevò lo sguardo e cercò di farmi un tenue sorriso.
 -Scusa, ma ho bisogno che tu mi faccia quella promessa.-
 All’improvviso notai che i suoi occhi erano lucidi come se stesse per scoppiare a piangere da un momento all’altro e si stesse trattenendo per miracolo.
 Non ero convinto che mantenere quella promessa fosse una cosa saggia, più che altro perché non riuscivo a capire dove volesse andare a parare Vale con tutta quella storia.
 Alla fine il bisogno di darle sollievo prese il sopravvento sulla ragione.
 -Va bene, te lo prometto.-
 -Grazie-, rispose semplicemente.
 La guardai cercando di capire cosa dovevo aspettarmi. Aveva lo sguardo abbassato come se non volesse incontrare i miei occhi e questo mi ferii quasi quanto il fatto che avesse rifiutato la mia carezza.
 Tutto in quella giornata stava cercando di uccidermi, lentamente, mentre agonizzavo intrappolato nei miei sentimenti che m’impedivano di comportarmi come avrei fatto di solito.
 Mi sentivo prigioniero del mio stesso cuore.
 -Allora, dimmi cosa ti sta succedendo-, cercai di invitarla a parlare nel modo più rilassato possibile, non volevo che cogliesse la mia ansia, stava già così male.
 -Massi-, cominciò alzando lo sguardo e finalmente rividi i suoi occhi, erano ancora più lucidi. –Vedi, in questi mesi ho accettato di tutto per stare con te. So che la storia di tenere tutto segreto è partita da me e mi rendo conto che sono stata io la causa del mio male.-
 Non mi piaceva per niente come iniziava quel discorso. Proprio per niente.
 Prese un respiro e continuò.
 -Quindi mi prendo la responsabilità e ti dico in partenza che quello che sta per succedere non dipende da te ma da me.-
 -Non capisco-, risposi confuso. Stava cercando di mandarmi in pappa il cervello? No, perché se il suo obiettivo era quello ci stava riuscendo benissimo.
 -Io credo di dovermi allontanare da te.-
 Quelle parole mi trapassarono il cervello come una manciata di spilli sparati con un lancia razzi.
 -Come scusa?-
 -Non credo di poter continuare a stare con te. Non è un bene, per nessuno dei due, non per il momento almeno.-
 La guardavo come se fosse un’aliena ma soprattutto come se stesse parlando in una lingua a me sconosciuta.
 -Ma di che diavolo stai parlando? Sei impazzita?-
 -No, io credo di essere tornata in me. Sai che sono una persona molto razionale e adesso sto iniziando a capire che forse metterci insieme è stato un errore. Professiamo il nostro amore a destra e a sinistra, lo abbiamo fatto come se fosse una cosa scontata quando invece l’amore dovrebbe essere un’altra cosa, che avviene gradualmente e matura. Per noi non è stato così, ci siamo comportati come i ragazzini di un telefilm, ed è ora di tornare alla realtà.-
 -Dì, la verità… Ti sei drogata per caso? Il tuo discorso non ha senso!-
 Ma che cazzo stava dicendo?! Era veramente uscita fuori di testa!
 -Massi-, disse lei sospirando. –Ci siamo fatti travolgere da quello che stava succedendo ma se ti soffermi un attimo a pensare come ho fatto io capirai che stiamo sbagliando. E’ tutto sbagliato. Non ci siamo rivolti la parola per più di quattro anni e poi all’improvviso ci innamoriamo. C’è qualcosa che non va e io ho bisogno di starti lontana per capire cos’è quel qualcosa. Ho bisogno di capire che genere di amore voglio, e non so se il nostro è quello giusto.-
 Quelle parole, bastarono quelle parole per farmi capire tutto quanto.
 -Il genere di amore che vuoi? Quindi devi fare una scelta. Tra chi? Me e Riccardo? E’ questo che mi stai dicendo? Eh?! Ti sei trovata davanti l’amore improvviso e l’amore maturato nel tempo e adesso non sai chi scegliere?-
 Sentivo la rabbia lambirmi la gola fino ad arrivare alla bocca. Aveva un sapore acido e amaro come se avessi mangiato un’incudine.
 Lei mi guardò per attimo e poi abbassò di nuovo lo sguardo.
 -Sì, più o meno è così.-
 La sua ammissione mi arrivò addosso come una scarica elettrica presa direttamente da un traliccio della corrente.
 -Riccardo si è fatto indietro ma io ho pensato molto a quello che mi ha detto. Mentirei se dicessi che una parte di me non abbia desiderato sapere come sarebbe andata con lui. L’ho amato e forse lo amo ancora. Non mi sembra giusto continuare a stare con te quando non sono sicura al cento per cento di amarti. Si è insinuato il dubbio dentro di me e non posso semplicemente ignorarlo, prenderei in giro tutti quanti, soprattutto te.-
 Cercai di fare respiri profondi per calmarmi, se avessi dato retta al mio istinto avrei preso a pugni il primo albero sotto la linea di tiro.
 -E queste cose le pensavi anche stamattina mentre ti davo il mio regalo e ti baciavo?-
 Lei alzò la testa di scatto e vidi che i suoi occhi diventavano sempre più lucidi. Stava per scoppiare.
 -Allora? Pensavi a quello che provavi per Riccardo mentre eravamo insieme oggi? Rispondi!-
 -Massi… Io… Io penso sempre a Riccardo, almeno quanto penso a te.-
 Quelle parole, se erano state pronunciate con lo scopo di uccidermi, avevano fatto bene il loro dovere perché all’improvviso mi sentii come se tutto intorno a me si fosse spento.
 Stavo sognando. Era l’unica spiegazione plausibile, e quel sogno aveva preso la piega dell’incubo peggiore che avessi mai potuto fare.
 -E’ per questo che voglio chiudere con te. Non ti chiedo di aspettarmi ma di darmi la possibilità di riflettere senza che io continui a mentirti. Io ti amo Massi, ma in un certo senso amo anche Riccardo e devo capire chi voglio davvero prima di decidere di stare con qualcuno.-
 -Mi sembri una bambina-, risposi senza pensare.
 Lei mi guardò confusa.
 -Hai due giocattoli. Quello nuovo e lucente appena comprato e il vecchio giocattolo malandato a cui non riesci a rinunciare. E’ questo che mi sembri, Vale. Solo una bambina indecisa che ha deciso di fare i capricci.-
 -Massi…-
 -No, non dire più nulla. Hai deciso di prendere una pausa e io non lo accetto. Ti ho fatto una promessa, non ti chiederò di tornare indietro ma non puoi chiedermi di farmi totalmente da parte mentre quello lì prova in tutti i modi a riprenderti con sé.-
 Cercai di respirare e riflettere. Non sapevo se essere arrabbiato o se provare in tutti i modi a convincerla che ero io la persona che amava.
 -Non ci posso credere. Pensavo davvero che tu mi amassi senza alcuna riserva e invece scopro che basta una vecchia fiamma per metterti in crisi e farti dubitare dei tuoi sentimenti verso di me.-
 La guardai negli occhi con la delusione che trasudava da ogni poro.
 -Si può sapere chi diavolo sei tu? Dov’è la ragazza di cui sono innamorato?-
 -Si è fusa con l’adolescente innamorata del suo migliore amico-, rispose lei semplicemente, senza dire altro.
 Mi guardò, fissò i suoi occhi nei miei, avevo la sensazione che mi stesse guardando per l’ultima volta.
 -Quindi vuoi farla finire così?- chiesi con voce asciutta.
 -Se deciderai di aspettarmi, forse non è la fine ma solo una pausa.-
 Stavo per rispondere, per dire che stava facendo una cavolata, che si stava comportando come una matta, che non aveva il diritto di prendere quella decisione anche per me ma lei scappò via. Si voltò, si mise a correre verso il suo scooter e prima che io potessi raggiungerla, troppo sorpreso per tutto quello che era successo, mise in moto e se ne andò. Mi lasciò lì, nel bel mezzo della piazza, incredulo e ferito. Mi aveva appena ucciso e non se n’era nemmeno accorta.
 Avevo avuto la spiegazione che avevo cercato per ore e mai avrei pensato che delle parole avrebbero potuto devastarmi in quel modo.
 Alla fine non era neanche una spiegazione plausibile, non era possibile che Vale mi avesse dichiarato il suo amore poche ore prima e che dopo avesse deciso di punto in bianco che era innamorata anche di Riccardo. Lei non sarebbe mai arrivata a lasciarmi, non mi avrebbe mai chiesto una pausa, lei mi amava più di sé stessa, ne ero ancora certo.
 E allora che diavolo era successo poco prima?
 Mi aveva ferito. Mi aveva ucciso. Mi aveva lasciato.
 Ecco quello che era successo e io potevo solo restarmene in piedi, in quella piazza, al freddo a chiedermi perché.

















***L'Autrice***
E finalmente eccomi qui.... Riuscire a pubblicare questo capitolo è stata una vera Odissea. A Roma internet non funzionava e ho dovuto aspettare di tornare a Lecce per poterlo pubblicare. A Lecce, esattamente dove tutto è iniziato tra Massi e Vale tutto ha anche trovato quella che sembra la fine. Sembra quasi un segno del destino, dovevo proprio tornare qui per riuscire a portare alla luce questo capitolo che, vi assicuro, mi ha straziato. Mentre lo scrivevo ho pensato che davvero stavo facendo del male a dei personaggi che amo tanto ma è stata una decisione che ho preso tempo fa e dovevo portarla avanti.
Non ho altro da aggiungere, il prossimo capitolo è già in cantiere ma a luglio ho la sessione d'esame quindi non so quanto tempo potrò dedicare alla scrittura, comunque spero di riuscire a finirlo al più presto. Nella mia mente questa storia sta prendendo delle pieghe davvero assurde e sinceramente non vedo l'ora che sia completa per condivere il marasma che ho in testa con voi ^^
Mi scuso per non aver risposto a tutte le recensioni ma con internet fuori uso e una nonna da accudire non ne ho proprio avuto il tempo, vi ringrazio però dal più profondo del mio cuore siete sempre troppo buone con me ^^
Un bacio grande! Alla prossima xD   

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Capitolo 13
*** La Resa ***






Verso La Maturità- Capitolo 13
Ci Sono Abissi Che L’Amore Non Può Superare,
Nonostante La Forza Delle Sue Ali
(Honorè De Balzac)
 
 
Capitolo 13: La Resa  
 
 -Stai scherzando?!-
 Già, anch’io avrei voluto che le parole pronunciate poco prima fossero solo il frutto di un mio ingegnoso scherzo, ma non era così.
 -Marco, mi ha lasciato. Non c’è niente da dire.-
 Il mio amico se ne stava sulla sedia della sua scrivania, mentre io ero disteso sul suo letto a fissare il soffitto bianco. Marco era stata la prima persona che mi era venuta in mente dopo quello che era accaduto con Vale. Avevo bisogno di parlarne con lui, di cercare di capire se le parole di Vale fossero vere oppure solo il frutto della mia immaginazione.
 Erano vere. Mi avevano ucciso lentamente, e continuavano ad infierire anche dopo diverse ore dal loro arrivo, dritto e preciso, nel mio cuore.
 -Non hai capito male, vero?- mi chiese Marco troppo stupito, evidentemente, per dire qualcosa di un po’ più intelligente.
 -Certo, lei mi dice che forse ama Riccardo e che non vuole più stare con me e io capisco male. Cosa ci sarebbe da non capire in un discorso del genere?-
 Era proprio rincitrullito. Il comportamento di Vale aveva sorpreso anche lui, e la sua decisione lo aveva shockato a tal punto da non rendersi conto che non avrei mai potuto fraintendere quelle parole che risuonavano ancora nella mia mente con quella voce dolce che tanto amavo.
 -E tu?-
 Mi voltai a guardarlo.
 -Io cosa?-
 -Che vuoi fare? Te la vuoi riprendere, spero. Non lascerai mica che finisca tutto così, senza nemmeno una motivazione valida.-
 -Io non so che fare, il mio cervello è completamente in panne- risposi con un sospiro. –Mi ha detto delle cose che solo a ripensarci mi fanno ribollire il sangue nelle vene.-
 -Tipo cosa?- mi chiese. Non stava infierendo, voleva solo analizzare la situazione insieme a me e gliene fui grato: non ero il tipo che si rigirava i pollici in attesa che accadesse qualcosa. Volevo agire, e l’unica cosa che potevo fare in quel momento era cercare di comprendere a pieno i motivi per cui Vale avesse fatto una cosa come quella.
 -Mi ha detto che si è trovata di fronte ad una scelta quando è tornato Riccardo. Secondo lei noi ci siamo comportati come dei ragazzini, e ci siamo lasciati trasportare da un qualcosa che non era amore, perché l’amore deve cominciare lentamente e poi sbocciare, o una cosa così. Non mi ricordo le parole esatte, so solo che mi sono sentito come si avessero sparato un colpo in testa quando l’ha detto.-
 Marco mi guardava e non parlava. Voleva che mi sfogassi.
 -In pratica ha messo in dubbio tutto quello che abbiamo provato fino a questo momento, dicendo che non era normale che due persone si mettessero insieme così in fretta quando si erano ignorati per quattro anni.-
 -E’ impazzita-, disse semplicemente Marco senza aggiungere altro.
 -A parer suo è tornate in sé.-
 -Ma andiamo, non può aver detto una cosa del genere, non è da lei.-
 -L’ha detto invece-, sospirai e mi misi a sedere sul letto. –L’ha detto eccome.-
 Dubitavo che avrei mai dimenticato quel pomeriggio di febbraio e di certo non avevo frainteso le parole di Vale. Eppure continuavo a sentire che ci fosse sotto qualcosa, lei non si sarebbe mai comportata così: se davvero aveva avuto dei dubbi su Riccardo alla fine me ne avrebbe parlato subito e di certo non mi avrebbe preso in giro quella mattina comportandosi in modo amorevole come al suo solito.
 Quell’ultimo nostro bacio, all’improvviso mi tornò in mente. Indesiderato e violento come una tempesta in piena estate. Il suo sapore era la pioggia, il suo profumo i nuvoloni neri, i suoi occhi chiusi il vento gelido. Tutto nel ricordo di quel bacio mi faceva male, persino il ricordo delle sue labbra morbide per me era un tormento.
 Il mio cuore era come malato, lo sentivo battere a fatica sotto il peso dei miei sentimenti dolorosi che lo stavano affliggendo. Più ripensavo a quel bacio e più faceva male, mentre d’un tratto mi venne la strana voglia di piangere come un bambino.
 Mi ero svegliato da un sogno meraviglioso, e la realtà era piombata su di me con una voce tanto dolce e degli occhi caldi e avvolgenti. Avrebbe fatto meno male essere investito da un auto lanciata a tutta velocità.
 Vale era stata davvero in grado di uccidermi, non potevo pensare altro.
 Marco non era riuscito a tirarmi su di morale, ma non era quello che mi aspettavo da lui. Volevo solo parlargli di quello che era accaduto per vedere la cosa da un punto di vista razionale. Non ci riuscivo, non c’era assolutamente nulla di razionale nelle parole e negli occhi di Vale. Più cercavo di ripensare al suo volto sorridente, ai suoi occhi pieni d’amore, e meno li ricordavo. Le uniche immagini che avevo in mente ritraevano una Vale con gli occhi gonfi dal pianto, un sorriso inesistente e un viso pallido, colmo di dolore.
 Capivo quanto stesse soffrendo per la decisione presa ma questo non serviva a far diminuire la mia rabbia.
 Le sue parole erano state un tizzone incandescente piantato nel mio cuore.
 Eppure, nonostante tutto quello che mi aveva detto non riuscivo a perdere la speranza. Avevo sempre, costantemente, il bisogno di credere che qualcos’altro l’avesse spinta a lasciarmi, non solo l’amore che forse provava per quel pezzo di merda di Riccardo.
 Arrivato a casa gettai il giubbotto per terra e salii in camera. Avevo bisogno di starmene un po’ da solo e di metabolizzare quello che era successo.
 Accesi il computer e misi a palla Watch Over You di Alter Bridge. Una canzone triste, quasi da tagliarsi le vene, ma abbastanza movimentata da svuotarmi un po’ il cervello.
 Mi stesi sul letto e rimasi a fissare il soffitto ripassando in mente, parola per parola, tutto quello che mi aveva detto Vale. Da una parte il mio amore per lei mi spingeva a credere che ci fosse una spiegazione sensata che non comprendesse Riccardo, ma dall’altra parte avevo una voglia matta di prendere a pugni qualcosa, e di certo non mi sarebbe dispiaciuto gonfiare di botte quel cazzo di stronzo che si era messo in mezzo!
 Non sapevo che diavolo fare! Ero come impantanato nel fango prodotto dai miei pensieri e non trovavo un modo per uscirne.
 Mi alzai di scatto e raggiunsi il cassetto del mio comodino, aprii un astuccio che mia madre non apriva mai perché pensava che ci tenessi i preservativi. Madri, sono convinte che noi adolescenti maschi abbiamo solo il sesso in testa! Non c’era solo quello, non per me almeno.
 Aprii l’astuccio e tirai fuori quello che stavo cercando insieme ad un pacchetto di sigarette e un accendino. Fumavo solo quando ero veramente nervoso e Marco era l’unico a saperlo visto che mi faceva compagnia. Non avevo toccato quel pacchetto per mesi, la mia storia con Vale era stata talmente bella che il nervosismo lo avevo dimenticato completamente. E invece, in quel momento, mentre mettevo il pacchetto di sigarette in tasca e mi dirigevo verso il giardino, riuscivo solo a pensare che mi sarei volentieri preso anche una sbronza. Mi sembrava che tutto fosse diventato nero, sia dentro che fuori di me. Non avevo più neanche la voglia di pensare a quello che era successo.
 In giardino accesi la sigaretta dando tiri profondi per riuscire a rilassarmi. Mentre buttavo fuori il fumo cominciai a sentire i miei pensieri in modo più nitido.
 Mi stavo facendo una marea di problemi quando forse la soluzione era semplice: Vale era scappata prima che io potessi riflettere e farle delle domande, ma non viveva in Alaska. Le domande che adesso mi erano sorte in mente avevano diritto a delle risposte e me ne fottevo altamente del fatto che in casa ci sarebbero stati i suoi! Ormai non ero più il suo ragazzo e volevo delle risposte! Volevo capire che cazzo le fosse preso, e lo avrei scoperto a costo di farmi odiare da lei, non m’interessava più quello che pensava di me.
 Gettai il mozzicone nel giardino dei vicini e mi diressi spedito in camera, presi il contenuto dell’astuccio che avevo aperto prima ed uscii, pronto ad affrontare tutto quello che avrei dovuto pur di avere la mente di nuovo libera.
 Per l’ennesima volta in quella giornata, che avrei gettato nel dimenticatoio, inforcai il mio scooter e mi lanciai nel freddo gelido. Ormai il sole iniziava a tramontare nonostante fossero solo le quattro del pomeriggio, e con lui stava tramontando anche la mia decisione così ferma di andare da Vale.
 Preso dalla voglia di sapere non mi ero soffermato a pensare su quanto sarebbe stato difficile ma soprattutto doloroso rivederla. Non l’avrei mai dimenticata, nemmeno dopo milioni di anni, e lei invece era solo riuscita a lasciarmi per un altro.
 Era incredibile!
 Se quella mattina mi avessero detto che sarebbe accaduta una cosa del genere non ci avrei mai creduto, mai! Io mi fidavo ciecamente di lei, le avevo dato il mio cuore, per la prima volta avevo abbassato le mie difese per accogliere qualcuno nella mia vita, e alla fine mi era solo rimasto il mio cuore, frantumato in mille pezzi, che non aveva assolutamente idea di come riprendersi.
 Avrei dovuto odiarla, detestarla, volerla cancellare dalla faccia della Terra e invece, già, e invece lei era ancora lì, nel mio cuore malridotto e sapevo che non sarebbe mai andata. Per quanto mi fossi sforzato e impegnato Valeria Ferrari ormai era parte di me e nessuna avrebbe mai preso il suo posto, mai!
 Dovevo riprendermela, dovevo fare qualcosa perché scegliesse me. Non potevo arrendermi così, non potevo permettere che Riccardo vincesse, non l’avrei mai sopportato.
 Poteva lasciarmi quante volte le pareva, poteva prendermi a male parole e insultarmi fino a quando le sarebbe piaciuto farlo, ma non poteva impedirmi di amarla. Avevo bisogno di lei, ne avevo un bisogno fottuto e non poteva togliermi anche quello. La mia determinazione nel riconquistarla mi avrebbe portato a farla diventare nuovamente mia, ci ero riuscito una volta e sapevo di poterci riuscire ancora. E lo avrei fatto altre mille volte se fosse stato necessario.
 Non mi sarei arreso, non lo avevo mai fatto e non avevo intenzione di cominciare proprio in un momento come quello rischiando di perderla per sempre.
 Non l’avrei mai permesso! Mai!
 -Non ci credo-, mormorai con gli occhi spalancati mentre mi fermavo dietro l’angolo prima di casa di Vale.
 -Ciao, mamma!- gridò lei. –Ci vediamo dopo.-
 Questo aveva detto prima di raggiungere Riccardo che l’aspettava fuori dalla sua auto. Appoggiato con la schiena a quella cazzo di macchina, lo stronzo, aveva spalancato le braccia per accoglierla in un caldo abbraccio.
 Rimasero così per qualche secondo, poi lei alzò la testa e gli diede un bacio sulla guancia sorridendo.
 In quel momento mi crollò il mondo addosso.
 Neanche due ore prima mi stava lasciando con quegli occhi gonfi e il viso pallido, e ora se ne stava bella sorridente tra le braccia del suo “forse” nuovo ragazzo.
 Non ci potevo credere. Non me lo sarei mai aspettato da lei.
 Da come mi aveva parlato pensavo che fosse confusa, che avesse bisogno di tempo per riflettere e invece no. Era stata solo una balla per addolcirmi la pillola, non c’era altra spiegazione.
 Avevo avuto tutte le risposte di cui avevo bisogno.
 Salirono in macchina e partirono.
 Ora sapevo anche troppo bene cosa avrei dovuto fare.
 Scesi dallo scooter e mi diressi con passo calmo verso casa di Vale. Avevo la rabbia in tutto il corpo, ormai sapevo che non sarei riuscito a gestirla ancora per molto.
 Mi sentivo con un vulcano pronto ad eruttare da un momento all’altro. Quella giornata mi aveva sottoposto ad uno stress senza precedenti ed ero arrivato alla frutta.
 Avrei fatto quello che dovevo e poi mi sarei rinchiuso nei miei pensieri depressi, in cui la morte di Riccardo, lenta e piena di agonia, l’avrebbe fatta da padrona.
 Davanti al portone della casa di Vale non ebbi nessuna esitazione, suonai pronto ad andare avanti nella mia decisione.
 La madre di Vale doveva essere ancora vicina alla porta perché mi aprii direttamente senza rispondere al citofono.
 -Salve-, dissi io con un sorriso cercando di essere cordiale nonostante tutto quello che mi stava passando per la mente. La madre di Vale era così simile a lei, i suoi occhi erano della stessa forma e del colore di Vale e anche i loro capelli si somigliavano tantissimo. Sembrava lei con vent’anni in più e dovevo ammettere che era proprio una bella donna.
 -Salve, non stiamo aspettando dei pacchi-, disse guardando il mio casco.
 -Ah, no. Non sono il postino-, risposi con un sorriso divertito. La madre era psicopatica come la figlia, mi aveva davvero scambiato per il postino!
 -E chi sei?- mi chiese.
 -Nessuno. Solo l’ex fidanzato di sua figlia-, dissi semplicemente.
 Lei mi fissò con occhi spalancati mentre apriva e chiudeva la bocca senza riuscire ad emettere suono.
 -Vale, mi ha lasciato proprio due ore fa.-
 Pensavo non potesse apparire più stupita e invece mi sbagliai: sembrava una statua di cera.  
 -Mi vuole chiedere qualcosa?- avevo ancora l’impressione che volesse parlare ma che non ci riuscisse.
 -Tu… Ecco… Ti va una tazza di cioccolata calda?- mi chiese alla fine.
 Adesso quello sorpreso ero io, dopo quello che avevo detto pensavo mi tempestasse di domande oppure che mi cacciasse via a calci, visto che lei adorava Riccardo. Non pensavo m’invitasse ad entrare.
 Prima che me ne accorgessi ero seduto in salotto con la madre di Vale, davanti a una tazza di cioccolata calda fumante.
 -Davvero sei il ragazzo di mia figlia?-
 Finalmente si era decisa a parlare, si era limitata a fissarmi dal momento in cui avevo messo piede in quella casa, e sinceramente cominciavo a scocciarmi.
 -Lo ero, fino a questa mattina.-
 -Mi hai detto che ti ha lasciato. Perché?- mi chiese curiosa.
 -Veramente è un po’ complicato ma posso farle un riassunto. Io sono il figlio della sua professoressa di Scienze, quindi abbiamo tenuto la nostra storia nascosta per tre mesi e la cosa ci stava stressando parecchio. Poi Vale aveva paura che io non piacessi a suo padre e infine, come ciliegina sulla torta, è tornato Riccardo. Quindi oggi Vale dopo avermi detto che mi amava ha improvvisamente deciso di essere confusa e mi ha lasciato dicendo di non sapere cosa provava per me e per Riccardo. Che ci doveva pensare.-
 Feci una pausa osservando quella donna che mi fissava sempre più stupita.
 -Ora, penso che lei abbia visto quello che ho visto io qui fuori poco fa. Dubito che Vale ci stia pensando, mi sembra più che altro che abbia deciso.-
 Lei mi guardò ancora per qualche istante.
 -Adesso capisco tutto-, mormorò stranita. –Mia figlia era così strana negli ultimi mesi, non l’avevo mai vista così, probabilmente avrei dovuto immaginare che c’entrasse un ragazzo e invece l’ho spinta verso Riccardo, mi dispiace… ehm, com’è che ti chiami?-
 -Massimiliano-, risposi. –Comunque non credo che sia colpa sua, Vale non si lascia condizionare da nessuno quando prende una decisione.-
 -Sì, su questo hai ragione.-
 -Signora, io amo sua figlia. Penso sia la persona che amo di più al mondo e non voglio farmi da parte ma dopo quello che ho visto non ho alcuna intenzione di farmi umiliare da Vale. Mi ha mentito dicendo che era confusa e che mi lasciava solo per capire davvero quello che provava. Non ho intenzione di far l’ex rompiscatole che non si toglie di mezzo, quindi sono qui solo per lasciarle un paio di cose che vorrei le facesse avere.-
 Lei mi guardò stupita ancora una volta.
 -Certo che per essere solo un ragazzo ragioni davvero come un adulto.-
 -Sono sempre stato così-, risposi con voce cortese.
 -La ami davvero tanto-, constato la donna guardandomi con occhi materni.
 -Non credo che potrò mai amare un’altra quanto lei, ma evidentemente per Vale non era la stessa cosa nonostante lo avesse professato in lungo è in largo. E’ bastato il ritorno di Riccardo per farle mettere in discussione il nostro amore.-
 -L’unica cosa che posso dirti è che anni fa il rapporto tra Riccardo e mia figlia era veramente molto forte, in pratica era impossibile separarli quando stavano insieme. Perciò posso capire che lei abbia pensato di averlo dimenticato totalmente e che poi non sia stato così. Non è colpa tua, sono certa che tu sei stato un ragazzo meraviglioso con lei ma…-
 -Ma Riccardo è quello con cui deve stare-, conclusi con una fitta al petto.
 -No, volevo semplicemente dire che mia figlia è tutta matta.-
 La fissai con un sorriso.
 -Fidati, tu potresti essere la persona migliore del mondo ma quella matta non se ne rende conto. Sicuramente potrebbe pentirsi di averti lasciato e poi crogiolarsi nel suo orgoglio pur di non tornare da te. Quindi, se vuoi un consiglio, se vedrai mai il suo interesse verso di te tornare, se la amerai ancora come adesso, fallo tu il primo passo perché se aspetterai lei potresti attendere in eterno.-
 -Non credo che questo accadrà mai-, mormorai con un filo di voce.
 -Se c’è una cosa che ho capito in quarant’anni di vita è che non si può mai dire mai-, mi fece un sorriso.
 Era veramente così simile a sua figlia quando sorrideva, il solo guardare lei mi stava uccidendo.
 -Ora come ora non ho intenzione di avere delle speranze. Accetterò la decisione di Vale e le lascerò fare quello che desidera, sono troppo orgoglioso per combattere una causa persa.-
 -Perché ti arrendi così? Io non capisco…-
 -Perché lottare fa davvero troppo male e in questo momento non ce la faccio. Provare a riprendermela sapendo che non vuole nemmeno che la sfiori mentre Riccardo può abbracciarla, mi uccide lentamente e non ho intenzione di intensificare questa agonia buttandomi a capofitto in questa battaglia. Mi faccio da parte sperando di riuscire a stare meglio, penso sia la decisione migliore.-
 -Sei tu a dover decidere.-
 -Ho già deciso-, risposi tirando fuori dalla tasca l’oggetto che avevo preso dall’astuccio nel mio comodino. –Prenda questa e la dia a sua figlia, insieme a questo.-
 Portai le mani dietro al collo aprendo il gancio della mia collana. La porsi alla signora che osservò con uno sguardo sorpreso.
 -Questo ciondolo, mi ricorda la V del braccialetto di Vale-, mormorò confusa.
 -Perché quel bracciale è un mio regalo. Insieme collana e bracciale dovevano ricordare il nostro amore, ma sinceramente non me la sento più di portarla e preferisco darla a Vale. Il mio amore appartiene a lei ed è giusto che quella collana sia sua. Può farne quello che vuole, basta che io non riveda più quell’oggetto, è legato a troppi ricordi.-
 -E questa?- mi chiese la donna riferendosi alla foto che le avevo messo in mano.
 -E’ l’ultima foto che abbiamo fatto insieme. Stavamo a Boston.-
 -Vale era con te a Boston?!- mi domandò sconvolta.
 -Sì, eravamo a casa di una nostra amica. Dovevamo partire tutti insieme ma alla fine gli unici liberi eravamo io e Vale.-
 -Adesso tutto comincia ad apparirmi più chiaro. Sono stata davvero un’idiota a non capire che mia figlia stava con qualcuno, era così palese-, mormorò fissando il ciondolo e la foto. –Mi aveva detto che quel bracciale se l’era comprato in un negozio di roba usata ma a me sembrava nuovo.-
 -Vale è molto brava a nascondere quello a cui tiene, non deve prendersela con se stessa.-
 Lei rimase in silenzio ancora per un secondo e poi alzò lo sguardo fissandomi.
 -Ma perché mi hai detto tutte queste cose? Perché non sei rimasto zitto?-
 -All’inizio pensavo di volermi vendicare di Vale, di volerla mettere nei guai, ma in realtà il motivo è un altro. Volevo che Riccardo non fosse l’unico tra noi due ad essere entrato in questa casa. L’ho fatto per me, per dimostrare a me stesso che se Vale me ne avesse dato la possibilità anch’io sarei potuto essere il fidanzato che lei voleva per sua figlia.-
 Proprio in quel momento la porta si aprii e mi voltai di scatto.
 Sapevo quello che avrei visto, lo sapevo ancor prima di voltarmi ma quella scena mi uccise. Vale, bella come non l’avevo mai vista, fece il suo ingresso in casa tenendo Riccardo per mano. Il suo viso era felice e rilassato, i suoi occhi scoppiavano di felicità.
 Avrei voluto morire, lì in quell’istante. E mi sarei volentieri preso a schiaffi per essermi trattenuto in quella casa così a lungo. Il mio piano era quello di lasciare la foto e la collana per poi andarmene immediatamente senza perdere tempo. Invece la somiglianza di Vale con sua madre mi aveva intrappolato lì, perché vedere anche solo una piccola parte di lei in un’altra persona mi aveva impedito di andare via subito come avevo pianificato in principio.
 Ero stato un autentico stupito! Quella scena era stata la giusta punizione per la mia stupidità.
 -Massi!- esclamò Vale vedendomi e mollando all’istante la mano di Riccardo. –Che ci fai qui?-
 -Niente di particolare-, risposi alzandomi. Volevo scappare, non potevo restare in quella stanza un secondo di più. Il solo fatto che Vale fosse lì e mi stesse guardando mi rendeva fragile, troppo per i miei gusti. Se quella storia si doveva chiudere tanto valeva che fossi io a farlo. –Ho solo portato a tua madre delle cose che volevo avessi tu.-
 Vale spostò lo sguardo su sua madre e su quello che aveva in mano.
 -Con questo volevo solo dirti che hai avuto quello che desideravi: accetto e comprendo tutto quello che mi hai detto prima. La nostra storia finisce qui e non proverò mai più ad entrare nella tua vita.-
 Si avvicinò a sua madre e prese la collana che lei aveva tra le mani. La guardò per un po’ e poi anche lei si tolse il braccialetto.
 -Finisce qui allora-, disse semplicemente, senza nemmeno una nota di rimpianto.
 -Sì-, risposi abbassando lo sguardo. –A quanto pare ha vinto lui, e io non posso fare nulla. Quello che ho sempre voluto è la tua felicità e se pensi che con Riccardo potrai essere più felice allora io mi faccio da parte.-
 -Massi…-, mormorò lei con tono triste.
 -Non dire nulla, mi sembra che tu abbia dedicato anche troppo tempo a parlare con me oggi.-
 -Voglio solo che tutto finisca nel migliore dei modi-, disse con calma. –E vorrei solo un ultimo favore. La foto, prendila tu. Io davvero non saprei che farmene.-
 Quel giorno aveva proprio deciso di pugnalarmi in tutti i modi, adesso anche questo.
 Senza pensarci oltre mi avvicinai a lei e presi la foto dalla sua mano cercando di non sfiorarla nemmeno, ci mancava solo che mi scansasse come aveva fatto in piazza quando avevo provato ad accarezzarle il viso. Sarei morto se fosse accaduto!
 -Siagnora-, dissi voltandomi verso la madre di Vale. –La ringrazio per tutto e anche per avermi ascoltato. Mi sarebbe piaciuto conoscerla meglio.-
 -Sarebbe piaciuto anche a me, Massimiliano-, rispose la donna guardandomi con occhi materni.
 Mi diressi verso la porta ed uscii senza nemmeno salutarla o guardarla. Improvvisamente il mio cervello si scollegò del tutto dal mio cuore e prese il comando. La strada giusta da prendere era proprio quella che avevo appena imboccato: avrei fatto di tutto per uscire dalla vita di Vale, essere un fastidio per lei non era mai stato nei miei piani.
 Era tutto finito!
Solo questo riuscivo a pensare mentre uscivo da casa di Vale e prendevo la via per tornare a casa. Era davvero tutto finito. Tutto quello che avevamo passato per metterci insieme, tutto quello che avevo fatto per proteggerla, tutto quello che avevo fatto per amarla, non era servito a un cazzo! Era finito tutto nel cesso per colpa di quello stronzo e io, io che avevo sempre lottato per ottenere quello che volevo, io che non avevo mai paura di combattere, mi ero arreso.
 La mia resa era arrivata per un motivo molto semplice: la felicità della persona che amavo. Pur di darle la possibilità di essere felice avevo deciso di soffrire e di farmi definitivamente da parte.
 Questo sarebbe stato il mio ultimo regalo per Vale.
 Correvo con il mio scooter verso casa, cercando di dimenticare tutto.
 Sapevo che avrei dovuto odiarla ma la delusione era il sentimento che prevaleva su tutti gli altri, persino sull’odio.
 Mi aveva deluso così tanto che ormai non riuscivo a pensare ad altro, anche l’idea di picchiare a sangue Riccardo stava lentamente abbandonando la mia mente. Alla fine dei conti era stata Vale a prendere la decisione nonostante Riccardo avesse abbandonato il campo.
 Lei aveva deciso di lasciarmi.
 Lei pensava di amare più lui di me.
 Lei credeva che la nostra storia fosse stata solo una cotta adolescenziale.
 Lei era la causa della delusione che permeava tutto il mio corpo.
 Lei. Lei. Lei. Sempre e solo lei.
 Era stata la causa di tutta la mia felicità e adesso, per uno strano scherzo del destino, era diventata la persona che mi aveva provocato un dolore quasi insopportabile, lancinante, che mi straziava l’anima.
 Il dolore che provavo mi impedì di tornare subito a casa, lì ci avrei trovato mia madre, che di sicuro era uno dei motivi che aveva spinto Vale a lasciarmi. Non avevo alcuna voglia di vederla o parlarle.
 Quasi automaticamente il mio cervello m’indicò la strada e mi ritrovai a Piazza Mazzini, il luogo in cui lei aveva deciso di uccidermi e togliermi ogni brandello di sanità mentale.
 Scesi dallo scooter e mi diressi verso la fontana spenta.
 Era strano come quel posto fosse desolato d’inverno. I negozi erano aperti ma faceva troppo freddo perché la gente decidesse di fare shopping a quell’ora del pomeriggio.
 Ormai era quasi buio, e quell’oscurità che stava avvolgendo il cielo la sentivo anche dentro di me. Non riuscivo a vedere nessuno spiraglio di luce. Mi ero aperto ad una persona, dandole tutto e in cambio avevo ricevuto solo sofferenza.
 Sarei mai riuscito a riprendermi?
 Ma soprattutto, sarai mai riuscito a dimenticarla davvero? A non pensare più a lei?
 Purtroppo conoscevo la risposta e la cosa mi spaventava.
 Vale mi aveva cambiato, mi aveva reso diverso e quel cambiamento lo avrei portato dentro di me per tutta la vita. Insieme a quel cambiamento il ricordo di lei non mi avrebbe mai abbandonato.
 Avrei voluto scappare lontano, per non doverla rivedere mai più. Ovviamente non potevo, e il Virgilio, che era stato la prigione del nostro amore, adesso era diventato il carcere del mio dolore immenso e indomabile.
 Ora ero da solo in quella prigione piena di gente, dove non avrei potuto urlare o mostrare quanto soffrivo perché per la maggior parte delle persone che frequentavano quel posto, la mia relazione con Vale non era mai esistita. Sinceramente cominciavo a pensare che non ci fosse mai stata per davvero, forse lei non l’aveva mai considerata una vera relazione e adesso iniziavo a capirlo.
 Misi le mani in tasca per proteggermi dal freddo e mi resi conto che c’era ancora una cosa che dovevo fare.
 Tirai fuori dalla tasca il pacchetto di sigarette e ne accesi una. Feci un tiro profondo, cercando il modo di rilassarmi il più possibile.
 Poi mi ritrovai in mano la foto che Vale non aveva voluto conservare. L’aveva riconsegnata a me, in un gesto che dimostrava quanto non gliene fregasse di farmi soffrire o meno. Ormai per lei non contavo davvero più nulla.
 Neanche io volevo più quella foto: troppi ricordi, troppi bei momenti, troppo dolore.
 Presi l’accendino e lo misi vicino l’angolo basso della foto.
 La guardai ancora per qualche minuto, indeciso sul da farsi.
 Vale era così bella, il suo sorriso felice, come se davvero starmi accanto potesse regalarle qualcosa di meraviglioso.
 Chissà se già allora, quando eravamo a Boston, quando Riccardo era ancora a Londra, lei stava pensando di non poter essere felice con me. Chissà se già allora aveva iniziato a credere che la nostra storia fosse nata troppo in fretta.
 Chissà se aveva già tutti quei dubbi che l’avrebbero portata ad abbandonarmi.
 Se davvero già pensava tutto questo lo nascondeva davvero alla perfezione.
 Ormai in quella foto vedevo accanto a me solo una bugiarda che si era presa gioco dei miei sentimenti.
 Continuavo a non odiarla ma non riuscivo più a vederla nello stesso modo. Aveva preso la decisione che reputava migliore ma non poteva pretendere che io vedessi in lei ancora la stessa Vale che si professava innamorata di me.
 Forse quella ragazza non era mai esistita. Forse si nascondeva dietro una maschera di cui io mi ero innamorato, ma che probabilmente non era la vera lei, quella che poi aveva deciso di lasciarmi per stare con Riccardo.
 Con quei pensieri in mente lasciai che la mia mano si muovesse accendendo la fiamma.
 Il volto di Vale iniziò a prendere fuoco sempre più velocemente, e lo vedevo andare in fumo come tutto quello che avevo passato in quel periodo.
 Tutti i momenti meravigliosi passati con lei stavano bruciando sotto i miei occhi, insieme a quella foto che adesso mi faceva così male guardare.
 Quando era bruciata quasi del tutto la gettai nella fontana vuota, aspettando che sparisse totalmente e con lei andasse via anche quel senso di frustrazione che provavo.
 Non fu così.
 La foto era sparita ma tutti i miei sentimenti erano ancora lì. Mi avvolgevano, dentro e fuori, e non avevo la forza di scacciarli.
 L’avrei amata per sempre, nonostante tutto.
 Era così e non potevo farci nulla.  














***L'Autrice***
Salve a tutte!!!
Sono tornata con un altro capitolo e con altre preghiere: non uccidetemi, so che vorreste farlo ma vi prego, ricordatevi che vi voglio tanto bene e che voglio tanto bene anche ai miei personaggi ^^
Comunque questo capitolo è stato difficile da scrivere almeno quanto il precedente. E' davvero una sofferenza vedere Massi soffrire così tanto e non so ancora quando finirà questo sofferenza. Posso solo dirvi che come al solito la mia mente sta pensando ai risvolti più assurdi, senza contare che anche gli personaggi verranno reinseriti nei prossimi capitoli. Infatti ho deciso di concentrarmi anche un po' sugli altri visto che ormai Massi e Vale sembrano essersi allontanati per sempre. Vedremo come andrà a finire ^^
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante quello che è successo...
Vi ringrazio anche per le recensioni (e le minacce di morte xD) dell'altro capitolo, e ovviamente ringrazio tutti quello che hanno letto ^^
Un bacio, alla prossima.

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Capitolo 14
*** Quello Che Resta ***






Verao La Maturità- Capitolo 14
Odio E Amo. Forse Ti Chiederai Come Sia Possibile,
Non so, Ma E’ Proprio Così E Mi Tormento
(Catullo)
 
Capitolo 14: Quello Che Resta
 
 Era passato ormai quasi in mese da quel maledetto pomeriggio in cui Vale aveva deciso di chiudere la nostra storia senza una spiegazione, almeno per me, abbastanza plausibile. Nonostante tutto quello che era successo e tutti i suoi discorsi senza alcun senso, continuavo, quasi in modo inconsapevole, a cercare il suo sguardo durante i pochi momenti in cui riuscivo ad incrociarla a scuola.
 Uno sguardo mai ricambiato.
 Stava sempre molto attenta a non guardare nella mia direzione e ad evitarmi, come se fossi il Diavolo in persona.
 Non ero l’unico a non capire più il suo comportamento. Le sue amiche avevano provato molte volte a parlare di me con lei ma non avevano ricevuto nessuna risposta soddisfacente, si era limitata a ripetere loro tutto quello che mi aveva buttato in faccia in quel maledetto pomeriggio.
 Amy era a dir poco furiosa con Vale, mentre Marti si limitava a dire di non riuscire più a capirla.
 Se neanche loro erano riuscite a capire cosa fosse accaduto davvero forse l’unica spiegazione sensata consisteva seriamente nel fatto che Vale si era innamorata di nuovo di Riccardo.
 Eppure ogni volta che la vedevo aveva la sensazione di non poterla dimenticare, che non sarei mai riuscito a credere che il nostro amore fosse finito in modo così orrendo.
 Mi aveva trattato alla stregua di un estraneo, come se tutti i sentimenti che aveva provato per me non fossero mai esistiti. Non potevo credere che la vera Vale fosse così, per me la vera Vale era quella che avevo avuto il privilegio di conoscere, e non quella ragazzina indecisa che mi aveva lasciato senza nemmeno pensarci un po’.
 -Amy è diventata una furia!- esclamò Marco un pomeriggio di fine marzo mentre eravamo a casa sua per studiare. –Ormai non fa altro che blaterare sulla pazzia di Vale, è diventata monotematica.-
 -Cerca di capirla-, risposi io facendo finta che sentire quel nome non mi avesse turbato. –Sono amiche da una vita e adesso non riesce più a capirla, anch’io sarei furioso al suo posto.-
 -Ma coma fai?-
 -A fare che?-
 -Ad essere così indifferente. Parlo di Vale in continuazione ma tu non reagisci. Come diavolo fai?-
 Presi un respiro e poggia l’evidenziatore sul libro di storia mentre avvertivo che Marco seguiva ogni mia mossa.  
 -E’ l’unico modo che ho per non perdere la testa. Se reagissi male ogni volta che la sento nominare o che la vedo probabilmente non sarei più padrone di me stesso e non posso permetterlo. E’ ovvio che la sola idea di lei con Riccardo mi fa impazzire ma non voglio dare loro anche la soddisfazione di vedermi completamente a terra. Lo sai come sono fatto.-
 Non avrei lasciato che la delusione mi mettesse completamente fuori combattimento, non sarebbe stato da me. Avrei reagito a tutti i costi.
 -Già-, mormorò Marco abbassando lo sguardo. –Tra noi due sei sempre stato quello più saggio e il tuo comportamento dell’ultimo mese ne è solo la conferma.-
 Stavo per rispondere quando i nostri cellulari squillarono contemporaneamente.
 -E’ Amy-, disse Marco con un sorriso mentre fissava il cellulare e si affrettava a rispondere.
 Presi il mio.
 -Delia, ciao-, risposi con voce rilassata.
 -Massi! Massi! Massi!-
 -Delia! Delia! Delia!- dissi ridendo. –Che ti è preso? Cos’è tutta questa euforia?-
 -Sei a casa?- chiese lei senza rispondermi.
 -Sì.-
 -Non ti muovere di lì, sto arrivando. Ho una sorpresa.-
 Non disse altro e riattaccò.
 Anche Marco aveva smesso di parlare con Amy.
 -Delia sta venendo qui.-
 -Amy sta venendo qui.-
 Pronunciammo quelle frasi all’unisono.
 -Hanno deciso di invaderti casa?- mi chiese Marco stranito.
 -Che ne so? Perché Amy viene qui?-
 -Si trovava a passare e voleva farci un saluto. E Delia?-
 -Era mezza matta al telefono. Urlava tutta contenta e ha detto di avere una sorpresa. Non ho la minima idea di che cosa stia succedendo.-
 Ci guardammo per un secondo e poi scoppiammo a ridere. Era da tanto che non mi capitava di ridere così di gusto.
 -Siamo circondati da pazzi senza controllo!- esclamò Marco tra un risata e l’altra mentre cercava di respirare il più possibile.
 -Eh già, solo Vale le batte tutte.-
 Appena pronunciai quella frase la risata mi si spezzò in gola e anche Marco si fermò a guardarmi con espressione preoccupata.
 -Non credo che riuscirò mai a togliermela dalla testa.-
 Marco annuì senza dire nulla.
 -Non pensavo che mi sarebbe accaduta una cosa del genere, soprattutto dopo che mi ero innamorato di lei. Ero davvero convinto che mi amasse e che non mi avrebbe mai fatto soffrire e invece ha fatto proprio l’unica cosa per cui non avrei avuto la forza di reagire. Mi ha messo di fronte alla scelta di arrendermi e farla felice o di continuare a lottare dandole però solo fastidio. E sapeva benissimo cosa avrei scelto, nonostante tutto quello che mi ha detto mi conosce molto bene.-
 -Ma non credi che sia proprio questo il punto?- chiese Marco con un cipiglio concentrato.
 -In che senso?-
 -Non è un po’ strano che da un momento all’altro lei abbia usato proprio questo modo per lasciarti? L’unico modo in cui era certa che tu non avresti reagito?-
 Sospirai con una gran fatica nel petto. Ci avevo pensato anch’io, era inutile negarlo.
 -E’ vero, ma è probabile che lo abbia fatto per mettere definitivamente le cose in chiaro. Magari tutto quello che mi ha detto riguardo la nostra storia e il fatto che fosse un errore non era la verità, ma lei ha deciso di lasciarmi. Non so se mi abbia detto i suoi veri motivi però se lo ha fatto avrà avuto le sue ragioni e io non voglio farla soffrire mettendomi di nuovo in mezzo.-
 -Massi, è inutile che ti dica che il comportamento di Vale è stato assolutamente assurdo.-
 -Lo so, ma non me la sento di andare contro la sua decisione. Sono certo che sa quello che fa.-
 Marco mi guardò in un modo che non riuscii ad interpretare.
 -Che c’è?-
 -Ti fidi ancora così tanto di lei?- mi chiese con una strana espressione in volto, un misto tra pena e ammirazione.
 -Marco, che tu sappia, mi ero mai innamorato prima dell’arrivo di Vale?-
 -No, mai. Non sei il tipo che si innamora facilmente.-
 -Allora ti sei risposto da solo.-
 Non dissi altro, sapevo che Marco avrebbe capito le mie parole. Io amavo Vale, amavo tutto di lei, compreso quel suo cervello bacato e sapevo che tutto quello che faceva era portato avanti da delle motivazioni, magari sbagliate, ma erano motivazioni in cui lei credeva.
 Non avevo intenzione di andarle contro, mai. Neanche se avesse deciso di trafiggermi ripetutamente il cuore con un pugnale rovente avrei mai pensato che lo stesse facendo senza una giusta causa.
 Dopotutto io mi fidavo ancora di lei e sarebbe stato sempre così.
 Era una sensazione strana ritrovarmi a parlare di lei con Marco. Da quando Vale mi aveva lasciato avevo sempre cercato di non far vedere agli altri quanto ci stessi male anche se sapevo benissimo di non poterla fare a Marco, mi conosceva troppo bene per sperare che anche lui ci cascasse. Ma proprio perché mi conosceva sapeva come comportarsi e anche lui faceva finta di niente e aveva continuato a parlare di lei senza problemi. Se non ci fosse stato lui avrei dato fuori di matto subito e invece ero riuscito a mantenere un minimo di sanità mentale, quel minimo che mi bastava per non mandare tutto a quel paese e tenere le redini della mia vita ben strette in mano.
 Avere un amico come lui era proprio la medicina giusta per quel dolore al cuore che non accennava ad andarsene.
 -Massi, non devi per forza soffrire in silenzio.-
 Alzai lo sguardo di scatto mentre Marco pronunciava quelle parole.
 -Sei pieno di amici, e io sono il primo. E solo perché Amy e Marti sono le migliori amiche di Vale non vuol dire che approvino il suo comportamento. Se devo dirtela tutta loro sono dalla tua parte e se vuoi parlare ci siamo. So che non sei il tipo che chiede consigli o cose così, e di certo io non sono la persona migliore per dispensarne ma… Noi siamo qui, per te e per tutto quello di cui hai bisogno. Se vuoi dare un pugno a qualcosa, ubriacarti o sparare a Riccardo noi ti daremo una mano.-
 Mi lasciai consolare da un debole sorriso arrivato direttamente dal mio cuore pieno di ferite.
 -Grazie, amico. So di poter contare su di voi ma per il momento riesco a cavarmela anche se l’idea di Riccardo sbranato da un branco di lupi non mi farebbe tanto schifo.-
 -Uhm… Mio zio lavora in uno zoo come veterinario, vedo che posso fare-, disse lui con aria seria.
 Lo fissai e, per la seconda volta in poco tempo, mi lasciai andare ad una risata piena di gioia e divertimento.
 -Sai che ti dico?- cominciò Marco continuando a ridere. –Quando Vale tornerà a strisciare ai tuoi piedi, e sono certo che lo farà, non riprenderla subito, falla stare sulle spine un bel po’ prima.-
 -Non credo che lo farà ma se dovesse succedere ti assicuro che saprò vendicarmi- ,dissi continuando a ridere.
 Ovviamente mentivo, sia a Marco che a me stesso. Se Vale avesse deciso di tornare da me non ci avrei pensato due volte prima di perdonarla. Non avrei mai creduto che sarei diventato così morbido: io, l’orgoglioso Massimiliano Draco, il ragazzo tutto d’un pezzo che non avrebbe mai perdonato un comportamento simile, mi ritrovavo a pensare che sarei tornato subito da lei senza neanche stare a rifletterci.
 L’amore faceva dannatamente schifo, e non credevo che mi avrebbe trasportato via con le sue onde tramutandomi ad un punto tale che nemmeno io riuscivo a capire quello che stavo pensando.
 Mi sentivo cambiato, nel profondo, come se tutte le mie certezze fossero state spazzate via e sostituite con un solo e unico pensiero dagli occhi scuri e il sorriso luminoso. Era questa l’unica cosa davvero chiara nella mia mente: Vale e la sua fondamentale felicità.
 Non c’era altro.
 -Ci rimettiamo a studiare o aspettiamo che arrivino quelle due matte?-
 La domanda di Marco mi riportò alla realtà e mi trovai costretto a riaprire il cassetto della mia mente in cui relegavo il pensiero di Vale quando ero obbligato a fare altro.
 -Direi di fare una pausa, Delia dovrebbe essere qui a momenti.-
 Appena terminai di pronunciare quella frase il campanello suonò.
 -Come volevasi dimostrare-, mormorò Marco con aria di ovvietà.
 Mi alzai e mi diressi al citofono.
 -Massi! Apri! Apri! Apri!-
 Non ebbi neanche il tempo di chiedere chi fosse.
 -Delia, ti vuoi dare una calmata. Ti sei bevuta il cervello?!-
 -Apri e basta! Sbrigati!-
 -Okay, okay. La porta di casa è aperta.-
 Premetti il tasto per aprire il cancello che dava sul giardinetto d’ingresso della mia casa.
 Mi rimisi a sedere fissando Marco.
 -Si sente bene? L’ho sentita urlare da qui.-
 -Credo che le sia partita qualche rotella-, mormorai sconsolato.
 Pochi secondi dopo iniziò la fine del mondo.
 -Massi! Dove cavolo sei!?- 
 -Che dici? E’ entrata?- mi chiese Marco ridendo.
 -Mi sa di sì-, risposi con voce esasperata. –Siamo in sala da pranzo, Delia.-
 Non avevo neanche finito di gridare quelle parole che mi ero ritrovato Delia a pochi centimetri dal mio naso con un sorriso talmente grande che non riuscivo a capire se stesse ridendo o se avesse una paralisi facciale.
 -Ciao!- esclamò lei con la felicità che le usciva da tutti i pori.
 -Delia, ti senti bene?- cominciai un po’ titubante.
 -Ho una sorpresa per te-, disse continuando a sorridere.
 -Lo vuoi uccidere nel sonno?- chiese Marco ridendo.
 -Ah Ah, spiritoso.-
 -No, sul serio. Hai l’aria di una serial killer fuori di testa-, rispose Marco. Mi ritrovai a pensare che aveva ragione, gli occhi di Delia sembravano quelli di una pazza scatenata.
 -Allora, questa sorpresa?- chiesi io cambiando argomento prima che Delia azzannasse Marco direttamente alla giugulare, e dal modo in cui lo stava guardando c’erano molte possibilità che potesse accadere.
 -Vieni!- urlò Delia in direzione della porta d’ingresso alla sala da pranzo.
 In quel preciso istante pensai che Delia fosse davvero uscita fuori di testa, almeno prima di vedere chi era la sorpresa di cui stava parlando.
 -Porca puttana!- esclamai con un sorriso che si aprì enorme sulla mia bocca.
 -Che accoglienza, Massi. Usa un linguaggio meno da scaricatore di porto, cazzo!-
 Mi misi a ridere e corsi ad abbracciarlo.
 -Mike, che diavolo ci fai qui?!-
 La mia felicità era tale da rasentare l’inverosimile, non avrei mai pensato di poter rivedere Michael così presto. Anche se nel momento in cui l’avevo rivisto tutto il viaggio a Boston con Vale mi era ripassato nella mente come la pellicola di un film. Non dovevo farci caso.
 -Ho saputo che la tua ragazza merita una bella strigliata e sono venuto appena me ne hanno dato la possibilità.-
 All’improvviso mi rabbuiai, avrei preferito evitarlo ma ormai era inutile nascondere il dolore che provavo.
 -Non è più la mia ragazza-, mormorai cercando di mantenere un tono neutro.
 -A me non interessa, la strigliata di Mike se la merita e la avrà. Non avrei mai immaginato che sarebbe successo tutto questo casino.-
 -Non dirlo a me-, risposi. –Ma non pensiamo a questo. Sono così felice di rivederti, non rovinare tutto con questi discorsi del cavolo, Vale è una cosa passata.-
 -Se lo dici tu-, alzò gli occhi al cielo in segno di disapprovazione. Faceva sempre così quando rovinavo i suoi piani. Di certo, durante tutto il viaggio fino a Lecce, aveva preparato tutto un discorso per indurmi a farmi di nuovo avanti con Vale e non si aspettava che io evitassi così l’argomento. Probabilmente non era per niente preparato al fatto che io mi fossi già arreso, ed io per primo mi sorprendevo del mio atteggiamento.
 -Ehm-ehm.-
 Cavolo!
 L’arrivo di Michael mi aveva fatto dimenticare che Marco era dietro di me, si era fatto notare con quel colpo di tosse. Adesso mi toccava pure spiegare al mio migliore amico italiano che c’era anche un migliore amico americano e che si trovava proprio lì davanti a lui.
 Conoscendo il carattere di Marco sapevo che non l’avrebbe presa bene, ma proprio per niente.
 Era possessivo con qualsiasi cosa e soprattutto con i suoi amici, per cui dubitavo che avrebbe accettato senza lamentarsi che Michael fosse venuto in Italia. Il fatto che fino a quel momento non lo avesse mai visto lo rendeva meno reale per lui ma adesso che se l’era ritrovato davanti ero certo che si sarebbe infuriato.
 -Marco, questo è Michael-, dissi quando trovai il coraggio di voltarmi e guardarlo in faccia. –Fratello di Delia e…-
 -E il tuo migliore amico?- mi chiese Marco incrociando le braccia. Era evidentemente scocciato e quella frecciatina non fece altro che confermare tutte le mie teorie.
 -Certo che sono il suo migliore amico!- esclamò Micheal con un sorriso prima di darmi una forte pacca sulla spalla. –Ci conosciamo da sempre.-
 O no, avevo un bruttissimo presentimento.
 -Tanto perché tu ne sia informato-, cominciò Marco alzandosi e dirigendosi nella nostra direzione. –Sono il migliore amico di Massi! E sono io che lo conosco da una vita!-
 Il tono di Marco era minaccioso, molto più di quanto mi sarei mai aspettato.
 -Ah, quindi anche tu lo conosci da quando è nato?-
 -Certo… Cioè, no. Non proprio. Ma eravamo molto piccoli, avremmo avuto quattro anni.-
 -Be’, io lo conosco dal giorno della sua nascita. Le nostre madri erano amiche all’università e non si sono mai perse di vista, perciò credo di essere io il suo migliore amico.-
 -Cosa?!-
 -Ragazzi, adesso smettetela!- esclamai esasperato.
 I due si fermarono e finalmente decisero di starsene buoni. Avevo già abbastanza pensieri senza dover aggiungere quella assurda sceneggiata.
 -Mi sembrate due mocciosi di tre anni! La volete piantare? Siete entrambi miei amici, e non mi sembra il caso di prendersela fino a questo punto. Non mi sembra di aver detto di preferire uno piuttosto che un altro e mi sembra anche piuttosto stupido fare un discorso del genere alla nostra età.-
 -Massi ha ragione-, intervenne Delia. –Sembrate due bambini con ancora il pannolino addosso, dateci un taglio.-
 -Ma ha cominciato lui-, rispose Michael facendo un cenno verso Marco che iniziò a fulminarlo con lo sguardo.
 -Mike, non è il caso che tu reagisca così-, continuò la sorella. –Hai vent’anni suonati da un pezzo, falla finita!-
 Quella frase sembrò sedare il loro astio, almeno in apparenza, perché non dissero più una parola.
 Qualche minuto dopo eravamo seduti intorno al tavolo a bere una cioccolata calda, e mentre io e Delia eravamo impegnati a non far precipitare di nuovo la conversazione, suonò il campanello.
 -Deve essere Amy-, dissi mentre di alzavo per rispondere.
 -Amy?- chiese Mike con curiosità.
 -E’ la ragazza di Marco-, risposi con una certa non curanza.
 Sollevai il ricevitore del citofono.
 -Amy? Ciao. Sì, ti apro il cancello. La porta di casa è aperta, vieni pure.-
 Chiusi il ricevitore e tornai a sedermi pronto ad inzuppare un buonissimo biscotto al cocco nella mia cioccolata fumante.
 -Spero che la tua ragazza non sia rompipalle come te, caro Marco.-
 -Mike!- esclamammo io e Delia insieme.
 -Quello che la mia ragazza è o non è, non credo proprio che sia affare tuo, americano del cazzo!- urlò Marco alzandosi in piedi e sbattendo la mano sul tavolo. Fece tremare la mia tazza e in quel momento giurai che se Marco l’avesse fatta cadere lo avrei ucciso con le mie mani.
 -Che sta succedendo qui?- chiese Amy non appena entrò nella stanza.
 -Amore!- disse Marco con un sorriso a trentadue denti, lanciandosi verso di lei per baciarla. Lei rispose a quel bacio a fior di labbra ma poi lo scostò subito.
 -;Mi sembra di aver fatto una domanda.-
 -Ah, niente. E’ solo arrivato quell’imbecille del fratello di Delia dall’America.-
 -Marco!- esclamai.
 Pensavo che anche Michael avrebbe risposto in qualche modo e mi ritrovai sorpreso nel comprendere che non aveva spiccicato parola. Quando mi voltai, ebbi un fremito capendo perché non aveva parlato ma sperai di sbagliarmi, lo sperai veramente tanto.
 Era imbambolato a fissare Amy, come se non avesse mai visto una ragazza in vita sua!
 Perché proprio Amy?!
 Porco mondo! Ce l’aveva proprio con me!
 Cercai di spostare subito l’attenzione di tutti, soprattutto prima che Marco si accorgesse dello sguardo da pesce lesso di quello stupido di Mike.
 -Amy, lasciali perdere-, cominciai, e per fortuna tutti, tranne Mike, si voltarono a guardarmi. Era quello che volevo. –Hanno cominciato a bisticciare dal primo momento per fare a gara su chi fosse più amico mio. Ti consiglio di non entrare in questa faida. Vero, Michael?-
 Il mio tono doveva aver risvegliato Mike che si voltò subito a guardarmi.
 -Co- come?- mi chiese spaesato.
 -Non vogliamo che Amy entri in questa questione tra te e Marco, giusto?- avevo cercato di mettere in quella frase tutto quello che avevo capito lanciandogli solo uno sguardo.
 -Io, sì. Ovviamente-, poi si voltò verso Amy. –Piacere di conoscerti, sono Michael.-
 -Io sono Amelia-, rispose lei con un bel sorriso dolce. –Mi dispiace se Marco si è comportato in modo sgarbato con te.-
 -Ehi! Io non ho fatto nulla!- si ribellò il mio amico.
 -Sta’ zitto! Sei sempre il solito attacca brighe. Non hai due anni! Massi può avere quanti amici vuole, quindi vedi di darti una sana calmata!-
 Marco abbassò lo sguardo afflitto. Amy aveva colpito nel segno, era l’unica persona sulla faccia della Terra in grado di far ragionare Marco e lo faceva nell’unico modo possibile: con il senso di colpa.
 -Comunque venendo qui ho visto il manifesto di film che voglio vedere, quindi adesso io e te ci andremo così lascerai un po’ in pace Massi.-
 -Ma io…-, cominciò Marco.
 -Niente ma, andiamo e non voglio sentire una sola parola su tutta questa storia per tutta la serata o ti giuro che non mi vedrai mai più.-
 Marco sapeva che Amy era davvero arrabbiata perché era raro che arrivasse ad una minaccia del genere con lui.
 -Okay.-
 -Bene-, disse Amy con un sorriso. –Michael è stato un piacere conoscerti, spero che avremo occasione di rivederci per poter avere una conversazione normale.-
 -Certo-, rispose subito Mike, e notai ancora una volta una strana luce nei suoi occhi mentre guardava Amy. –E’ stato un piacere anche per me conoscerti.-
 -Massi, Delia. Ci vediamo domani a scuola.-
 Ci salutò con un ultimo sorriso e trascinò Marco e i suoi libri fuori da casa prima che chiunque di noi potesse emettere anche solo una sillaba.
 -Fortuna che è arrivata Amy-, mormorò Delia concentrandosi di nuovo sulla sua cioccolata. –Voi due stavate diventando davvero ingestibili.-
 Michael non rispose.
 -Non credo che sia stata una fortuna-, dissi ficcandomi un biscotto in bocca. Delia si voltò e mi guardò in modo strano mentre Mike fissava la sua tazza con occhi quasi sognanti.
 -Perché dici così?- mi chiese lei.
 -Ah, non lo so. Perché non lo chiedi a tuo fratello?-
 -Ma di che stai parlando?-
 -Mike!- esclami cercando di riportarlo tra noi. Lui si voltò a fissarmi quasi spaventato, come se non si aspettasse di essere chiamato in causa.
 -Cosa?-
 -Non ci pensare proprio-, iniziai con voce minacciosa. -Togliti dalla testa qualsiasi idea malsana ti stia venendo.-
 -Non so di cosa tu stia parlando-, disse con aria confusa.
 -Nemmeno io-, rincarò Delia.
 -Amy è offlimits.-
 Delia si lasciò sfuggire di mano il suo biscotto mentre Michael si impegnava a fissare con concentrazione il muro bianco davanti a lui.
 -NO! No, no, no. My God!- ecco che a Delia prendeva una crisi isterica. –Ti prego, Mike. Dimmi che a Massi è partita una rotella! Ti scongiuro.-
 -E’ così bella-, si limitò a mormorare Michael.
 -Lo sapevo!- esclamai. –Sapevo che ti aveva colpito, sei un libro aperto quando si tratta di ragazze. Ti prego, Michael, non farlo. Non prenderti una cotta per Amy, nemmeno la conosci. La devi smettere di farti abbindolare dalle ragazze solo per la loro bellezza, dacci un taglio!-
 -Fratellone, Massi ha ragione-, disse Delia posandogli una mano sul braccio. –Amelia è la ragazza di Marco, e lo ama molto. Non metterti in mezzo.-
 -Non ho mai detto che mi metterò tra quei due, però Amy è davvero splendida.- 
 -Lo abbiamo perso-, mormorò Delia posandosi una mano sulla fronte. –Ormai è partito.-
 -Mike, ti prego. Marco è mio amico e Amy… Amy è una delle migliori amiche di Vale, non posso permettere che tu le complichi la vita. Loro sono felici, molto felici, e proteggerò la loro relazione a costo di farti a pezzi con le mie mani.-
 Entrambi si voltarono a guardarmi.
 -Non essere il Riccardo della situazione, non fare a Marco quello che lui ha fatto a me. Non lo sopporterei, non una seconda volta.-
 -Massi…-, cominciò Mike con sguardo di compassione.
 -Avrai di certo capito quanto questa storia di Vale mi abbia ferito, al punto che non credo di riuscire mai a riprendermi. Lei era tutto per me, e lo è ancora. La sua felicità, nonostante tutto, è ancora la mia quindi non posso permettere che avvenga qualcosa che la faccia star male.-
 Mike rimase in silenzio per qualche secondo, forse stava cercando le parole per rispondermi.
 -Vieni a Boston con me.-
 Tutto, mi sarei aspettato di tutto, ma mai delle parole del genere.
 -Come scusa?-
 -So che avrei dovuto chiederti il permesso ma prima di partire ho mostrato il tuo curriculum scolastico al rettore di Harvard.-
 Cosa? Non ci potevo credere.
 -Lui è rimasto affascinato dalle tue doti e visto che è in buoni rapporti con mio padre, diciamo che sono molto amici, ha accettato di fare un colloquio con te dopo che avrai sostenuto l’esame di maturità. Il che, secondo me, è solo una formalità. Lui ti vuole, vuole che il tuo talento si esprima nel suo college, e non credo che accetterà un no come risposta.-
 Ci misi solo un attimo a capire.
 -E’ stata mia madre, vero?-
 Mike non rispose ma sapevo di averci preso. Era sempre stato il sogno di mia madre vedermi partire per l’America per frequentare un prestigioso college e laurearmi in medicina. In effetti, quello era stato anche il mio sogno, almeno prima di conoscere Vale. Ma poi c’eravamo innamorati e tutto il resto era passato in secondo piano.
 -Pensi che dovrei farlo?- chiesi guardando Delia.
 Lei prese un respiro profondo prima di rispondere.
 -Credo di, Massi. Te lo meriti, hai faticato tanto per ottenere dei risultati e finalmente qualcuno li riconosce. Ad Harvard hai la possibilità di diventare un grande chirurgo pediatrico, il migliore.-
 -Allora pensi anche tu che restare qui sia inutile-, sapeva a cosa mi stessi riferendo.
 -Vale ha preso la sua decisione, è ora che tu prenda la tua a prescindere da lei. E’ in gioco il tuo futuro e non puoi permetterti di rischiarlo per continuare a sperare in qualcosa che forse non si avvererà mai.-
 Sapevo che Delia aveva perfettamente ragione. Non potevo negare che una possibilità del genere non sarebbe capitata due volte nella vita e chiunque al mio posto avrebbe accettato senza nemmeno starci a pensare.
 -Massi-, continuò Delia. –Devi aggrapparti a qualcosa per dimenticare Vale, e tutto quello che ti resta è il tuo sogno, non permetterle di infrangere anche questo. Io le voglio bene, so che è una persona giusta e buona, ma in questo caso penso che la possibilità che ti stanno dando sia più importante di lei e della sua felicità. Devi pensare a cosa è meglio per te, solo questo.-
 Ancora una volta Delia aveva fatto centro e io non potei fare altro che trovarmi d’accordo con lei.
 -Posso avere un po’ di tempo per pensarci?- chiesi a Michael.
 -L’appuntamento con il rettore è per quando avrai finito gli esami di Maturità, quindi potrai pensarci fino ad allora.-
 Chiusi gli occhi e presi un respiro, per poi riaprirli. Li sentivo indolenziti come se avessero voglia di piangere ma io glielo stessi impedendo.
 -Sai, Delia. Credo che tu abbia ragione ma c’è una cosa su cui ti sbagli.-
 Lei mi fissò stranita.
 -Il sogno di diventare un medico di fama e di aiutare gli altri non è l’unica cosa che mi resta. Quello che mi resta davvero, dopo aver perso Vale, siete voi.-
 Entrambi mi guardarono con aria confusa.
 -Tu, Mike, Marco, Amy, Sabrina e Martina, siete degli amici importanti per me. Mi siete stati vicino, lo fate ancora, e mi spronate ad andare avanti. Questo è quello che mi permette di non perdere totalmente il cervello a causa dell’enorme voragine che mi si è aperta dentro. Quindi vi ringrazio, e credo che partirò.-
 Mike si aprì in un sorriso mentre vedevo che agli angoli degli occhi di Delia si cominciavano a concentrare delle lacrime.
 Le cose stavano così, che mi piacesse o meno. Vale ormai apparteneva ad un altro ed io mi ero stancato di stare fermo a piangermi addosso. Avrei reagito, mi sarei creato una nuova vita lontano da lei, un nuovo inizio che con un po’ di fortuna mi avrebbe permesso di essere di nuovo felice.
 Dovevo fare in modo che la mia vita non dipendesse da lei, e se per farlo fossi dovuto andare a Boston forse lo avrei fatto.
 Qualsiasi cosa pur di costringere il mio cuore a smettere di sanguinare.
 Qualsiasi cosa pur di impedire a Valeria Ferrari di sconvolgermi ancora l’esistenza.















***L'Autrice***
 E con questo nuovo capitolo vengono sconvolte un po' di cose. Il nostro Massi se ne andrà in America per studiare e provare a dimenticare Vale, ma c'è ancora tempo prima della partenza e ne devono ancora succedere di cose xD
 Nel prossimo capitolo, per esempio, accadrà qualcosa che potrebbe capovolgere ancora una volta (e ancora di più) tutto quanto.
 Il prossimo sarà l'ultimo capitolo dal POV di Massi e poi torneremo a sentire i pensieri di Vale, e forse si avrà finalmente una vera spiegazione. Ovviamente vedremo anche la scena della conversazione ascoltata da Vale e tutti i nodi verrano finalmente al pettine. Ma davvero si risolverà tutto? Lo vedremo.
 Come avete visto, in questo capitolo è tornato Mike xD Piaciuta la sorpresa? Sembra che Amy lo abbia attirato molto, ma tranquille, me n'è bastata una di coppia scoppiata, non ho intenzione di rovinare anche il rapporto di Amy e Marco. Era giusto per far capire quale effetto ha Amy sui ragazzi ^^
 Spero che questo capitolo vi sia piaciuto ^^ Se vi va, aggiungetemi pure su facebook (Scarcy Novanta) lì avrete tutte le informazioni su quando aggiornerò e soprattutto degli spoiler sui prossimi capitoli ^^
 Vi ringrazio tantissimo per tutte le recensioni (comprese le minacce di morte xD) mi fanno capure quanto apprezziate il mio lavoro. Grazie! Grazie! Grazie!
 Un bacio grandissimo
 Alla prossima xD
 Francesca

 P.S. Il prossimo capitolo è già in stesura, spero di farvi aspettare il meno possibile ^^


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Capitolo 15
*** Amicizia Tradita ***






Verso La Maturità- Capitolo 15
Questo E’ Il Dolore Della Vita:
Che Per Essere Felici Bisogna Essere In Due
(Edgar Lee Masters)
 
 
Capitolo 15: Amicizia Tradita
 
 Alla fine ero riuscito a sopravvivere alla frenetica vita scolastica dell’ultimo anno di Liceo. Ormai eravamo nella seconda settimana di giugno e la scuola era finalmente finita. I quadri erano usciti quella mattina e fortunatamente Marco era stato ammesso senza problemi, nonostante tutte le sue paranoie sulla professoressa di matematica che secondo lui lo odiava a morte e avrebbe fatto di tutto per rendergli una vita un Inferno.
 -Mi ha ammesso, ma sono sicuro che all’esame mi farà il culo e mi bocceranno.-
 Ripeteva questa frase in continuazione, e persino Amy si era arresa lasciando blaterale senza sosta. Quando quel ragazzo lasciava che il pessimismo gli entrasse nelle vene diventava veramente insopportabile.
 La sera in cui eravamo andati a vedere le ammissioni all’esame decidemmo di uscire per festeggiare. Ci rintanammo in un pub nel centro storico di Lecce, il Route 66, e lasciammo che la pace si impossessasse di noi, almeno per il momento.
 Michael e Delia avevano raggiunto me, Marco, Amy, Martina e Sabrina per festeggiare insieme a noi. Le ragazze mi avevano detto di avere invitato anche Vale ma lei aveva rifiutato, probabilmente perché c’ero io.
 In quei mesi il nostro rapporto non era cambiato di una virgola, e lei si era persino allontanata dalle sue amiche. Ormai il comportamento di Vale non riusciva a spiegarselo proprio nessuno, ma d’altra parte, erano più o meno tutti dell’idea che non le sarebbero corsi dietro. Quando lei avrebbe voluto tornare la Vale di prima l’avrebbero riaccolta, ma non avevano intenzione di continuare ad umiliarsi elemosinando la sua presenza o la sua attenzione.
 La mia scelta era stata simile, con l’unica differenza che sapevo che non avrei dovuto riaccoglierla, perché lei non sarebbe mai tornata da me. La mia mente se n’era fatta una ragione e il mio cuore ci stava ancora provando però avevo la sensazione di essere a buon punto. L’alcol che avevo ingurgitato durante quella serata stava avendo l’effetto desiderato, e i miei pensieri erano piuttosto annebbiati.
 Dentro al pub si avvertiva una tranquilla atmosfera di divertimento, ma dentro di me si stava combattendo una battaglia epica, e proprio mentre Marco si piangeva di nuovo addosso, nel mio cervello ci fu un vincitore e un vinto.
 -Dopo gli esami partirò per Boston insieme a Michael.-
 All’improvviso sul nostro tavolo scese il silenzio.
 -Fai un viaggio post-maturità e non ci inviti?- chiese Marco indignato mentre lanciava una delle sue solite occhiatacce a Michael.
 In quel momento ringraziai il cielo che la cotta di Michael per Amy fosse una cosa passata. Per fortuna Mike aveva trovato più stimolante provarci con Sabrina che gli dava puntualmente un bel due di picche. Conoscendolo non credevo che si sarebbe arreso.
 Michael però continuava a non stare molto simpatico a Marco.
 -Non è un viaggio di piacere-, risposi.
 Sentivo gli occhi di tutti puntati addosso. Era arrivato il momento di vuotare il sacco, e la birra mi stava aiutando a trovare quel coraggio che per mesi mi era mancato.
 -E’ molto probabile che io venga ammesso alla facoltà di Medicina di Harvard, perciò partirò, farò un colloquio e dopo di che tornerò qui per prepararmi a traslocare. A settembre andrei a vivere a Boston per tutta la durata degli studi.-
 Non avrei immaginato che i miei amici reagissero in quel modo. Il silenzio si era fatto così pesante da rendermi quasi impossibile respirare, l’aria era densa, colma di incredulità.
 Delia e Michael guardavano gli altri e me, ma non sorridevano. Sapevano che per Marco e le ragazze era stato un colpo, di certo non se lo aspettavano.
 Avevano immaginato che sarei partito per studiare Medicina ma dubitavo che avessero mai potuto prevedere che sarei andato a vivere a Boston.
 -Dimmi che scherzi…-, disse alla fine Marco fissandomi dritto negli occhi. –Hai intenzione di lasciare tutto per partire?-
 -Sì-, risposi limitandomi ad abbassare lo sguardo. Non avevo la forza di reggere la durezza dei suoi occhi.
 -E lo fai per lei?! Lo fai per dimenticarla?! Lasci tutti noi e te ne vai dall’altra parte del mondo perché così speri di togliertela dalla testa?!-
 Le parole di Marco un po’ mi ferirono ma presero in pieno i miei sentimenti.
 -Lo faccio anche per questo, ma soprattutto perché lì riceverei la migliore istruzione che avrei mai potuto sperare.-
 -Ma a chi vuoi darla a bere, razza di deficiente?!- Marco si alzò in piedi e mi guardò con occhi penetranti. –Qualsiasi cosa tu faccia lo sai benissimo che non te la toglierai dalla testa, quindi smettila di dire che vai lì per l’istruzione. Non smetterai mai di amarla, neanche a migliaia di chilometri di distanza, il tuo amore non…-
 -Lo so!-
 Marco si zittì immediatamente. I miei occhi erano tornati a fissare i suoi e questa volta i miei erano pieni di rabbia.
 -So che non mi basterà andare dall’altra parte del globo per avere anche solo una piccola speranza di dimenticarla, ma non posso permettere che il mio amore per lei mi precluda una possibilità del genere.-
 Mi guardavano tutti come se avessero visto un fantasma, era la prima volta da febbraio che tornavo ad imporre il mio carattere come in quel momento. Sentivo che una parte di me, quella che era morta nel momento in cui Vale mi aveva lasciato, stava tornando lentamente in vita. Mi sarei aggrappato a quella piccola, nuova, nascita con tutte le mie forze. Quella doveva essere la mia nuova ragione per andare avanti, lasciando da parte, in quel famoso cassetto, tutto quello che Vale mi aveva donato.
 -Partirò. Voglio una nuova vita, lontano da qui e da Vale.-
 Quando pronunciai quelle parole avvertii uno strano senso di angoscia, come se ci fosse una strana presenza che mi costrinse a voltarmi. Non appena lo feci sentii che il mio cuore era sprofondato nella parte più recondita di me stesso.
 -Scusate, io… Io non volevo disturbare.-
 Quella voce, quegli occhi, quel volto… Erano l’ultima cosa che avrei voluto vedere in un momento come quello.
 -Vale!- esclamò Delia, di sicuro l’unica che aveva ritrovato un minimo di attività cerebrale per riuscire a formulare un pensiero.
 -Ciao, Delia-, rispose lei con un sorriso.
 Il suo viso si era illuminato con quella espressione, era incredibile quanto potesse aumentare la sua bellezza grazie a un gesto semplice come quello.
 -Sono solo passata per congratularmi, siete stati ammessi tutti.-
 Me ne stavo imbambolato a fissarla, pendendo da ogni sua parola. La sua voce ebbe il potere di riportarmi indietro nel tempo, a quando veniva usata per parlarmi della giornata, per dirmi che mi amava, per farmi capire quanto le piacesse fare l’amore con me.
 Ora quelle parole erano per Riccardo e a me erano rimasti solo dei ricordi rinchiusi nella mia mente, dove gli avrei sempre custoditi gelosamente.
 -Siediti con noi-, continuò Delia cercando di mantenere la situazione su toni normali.
 -Io… No, grazie-, ancora una volta il suo sorriso, ma quello di circostanza che usava per togliersi dagli impicci. –Devo andare. Ero solo passata per un saluto, davvero.-
 -Vai pure-, Marco aveva parlato. Ero talmente sorpreso da voltarmi di scatto a fissarlo. –Non c’è bisogno della tua presenza qui.-
 Era duro, il suo tono celava un odio che non avevo mai sentito in lui.
 -Lo capisco-, mormorò Vale abbassando lo sguardo.
 -No, tu non lo capisci-, disse Marco con un strano sorriso amaro prima di rivolgere i suoi occhi colmi di rabbia verso Vale. –Il mio migliore amico, la persona che conosco da una vita, ha deciso di andarsene!-
 -Marco-, provai a richiamarlo ma non mi diede retta.
 -Non me ne frega un cazzo di quanto siamo amici e di quello che hai fatto per me, Vale. Massi è una delle persone più importanti della mia vita e tu, non solo lo lasci senza una spiegazione degna di questo nome, ma lo distruggi a tal punto da costringerlo a mettere un intero oceano tra voi due.-
 Non avevo davvero la forza di fermarlo, come nessuno a quel tavolo. Era inutile negare che le parole di Marco riassumevano tutti i miei pensieri e i mesi passati senza di lei e forse era arrivato il momento per Vale di capire che cosa aveva causato con la sua decisione.
 -Mi hai deluso, Vale.-
 Lei alzò lo sguardo di scatto e ci misi un secondo a capire che stava cercando di trattenere le lacrime. Il cuore iniziò a farmi male come tutte le volte che l’avevo vista soffrire.
 -Hai deluso tutti noi. Credevo che fossi una persona meravigliosa, una persona disposta a soffrire pur di non causare dolore a chi vuole bene. Be’, sai che c’è? Mi sbagliavo, mi sbagliavo di grosso. Sei solo una ragazzina che non ha riconosciuto il vero amore e la vera felicità, e arriverà il giorno in cui ti pentirai di ogni tua azione. Vorrei essere lì quel giorno, solo per vederti soffrire quanto basta perché il dolore di Massi, e il nostro, venga ripagato.-
 Nessuno disse una sola parola mentre Vale si limitava a stare davanti a noi con il capo abbassato, non voleva far vedere quanto le parole di Marco la stessero ferendo. Avrei voluto dare un pugno a Marco e correre da lei per abbracciarla e farla sentire meglio, ma sapevo che lei non voleva più avere nulla a che fare con me. Mi avrebbe rifiutato, e non avrei barattato il mio migliore amico, che si stava battendo per me, con una speranza che neanche esisteva.
 -Io…-, cominciò Vale esitante. Ormai potevo quasi vedere le lacrime che cominciavano a formarsi agli angoli dei suoi occhi. –Mi dispiace.-
 Senza dire altro si voltò e corse fuori dal pub.
 Non so cosa mi scattò dentro, e non me lo chiesi. Era un senso di protezione che avevo sempre avuto nei confronti di Vale e il mio cervello non poteva combattere contro un istinto così forte che mi era appartenuto dal primo momento in cui avevo conosciuto Vale.
 Mi alzai di colpo e non riuscii quasi a sentire i rimproveri di Marco che cercavano di trattenermi a quel tavolo.
 In un lampo mi ritrovai fuori dal locale, pronto a correre dietro a Vale.
 Sentivo di doverla trovare per farla stare meglio, per dirle che non aveva fatto niente di sbagliato, che forse le cose dovevano andare così e che nessuno ne aveva colpa. Dovevo farlo! Lo sentivo come un dovere e un bisogno!
 Mi guardai intorno ma non c’era traccia di Vale, era come se fosse sparita nel nulla. Mi diressi in una via di fronte al locale ma non riuscii a trovarla. Non sapevo dove fosse andata e non riuscivo a capire perché dentro di me avvertissi un senso di angoscia pressante.
 Me ne rimasi immobile al centro di quella piccola via storica, fissando un punto imprecisato del muro davanti a me.
 Era una fortuna che non l’avessi trovata, di sicuro mi avrebbe rifiutato ancora una volta e io sarei morto non appena l’avesse fatto. Mi conveniva tornare dagli altri e sperare che Marco fosse abbastanza calmo perché non avevo proprio voglia di litigare con lui.
 Non appena mi voltai per tornare sui miei passi mi resi conto che degli occhi stavano fissando i miei. Occhi di una bellezza quasi imbarazzante.
 -Stai bene?-
 Cercai di fare mente locale per riuscire a rispondere a quella domanda.
 -Sai quello che ho passato negli ultimi mesi, Marti. Dubito di poter mai stare veramente bene.-
 -Lo immagino-, rispose lei.
 Negli ultimi tempi Martina si era rivelata un’amica a dir poco speciale. Era l’unica con cui poter parlare di Vale senza sentire urla isteriche o piani di vendetta. Lei si limitava ad ascoltarmi e a dire quelle poche e giuste parole per rendere la giornata meno pesante.
 Le dovevo davvero tanto.
 -Marco è ancora infuriato?- chiesi avvicinandomi a lei per vederla meglio in quella viuzza poco illuminata.
 -Diciamo che non è proprio al massimo della tranquillità. Se ne sta fermo in un angolo a borbottare imbronciato. Credo non si aspettasse che tu le corressi dietro.-
 Mi fece un sorriso per rincuorarmi.
 -Tu non sembri sorpresa invece.-
 Alzò le spalle con fare rassegnato, sembrava una bambina che aveva capito tutto della vita.
 -Infatti non lo sono. Pensavo che saresti corso da lei fin dal primo rimprovero di Marco, mi è sembrato strano che tu abbia aspettato tanto per intervenire.-
 Feci un sorriso che di buono aveva poco. Era un sorriso amaro, colmo di dolore.
 -Non mi vuole, Marti. Non è me che vuole, l’unica persona che io abbia mai desiderato… Mi detesta!-
 Marti mi si avvicinò e mi posò una mano sulla guancia. La sentivo, era così morbida e allo stesso tempo calda. Era da tanto che il tocco di una mano non era così piacevole per me.
 -Vale ti ha sempre voluto bene, Massi. Anche quando negava di amarti, anche quando pensava di non poterti avere, persino quando era convinta che Delia vi avrebbe divisi per sempre, lei non si è mai arresa alla fine. Ha sofferto ma ha continuato ad amarti, perciò io non credo ad una sola parola di quello che ha detto e se ti fidi davvero di lei nemmeno tu dovresti. Questa storia è solo una grande bugia creata da lei. Non so perché e non so nemmeno da dove le sia venuta questa idea ma una cosa la so: la conosco come le mie tasche e ti posso garantire che non è la ragazza superficiale di cui ha parlato prima Marco. Vale è esattamente la ragazza che hai conosciuto tu e di questo ne sono convinta e lo sarò sempre.-
 La guardai negli occhi: non mentiva.
 Si fidava di Vale quanto mi fidavo io, lo potevo leggere chiaramente in quegli occhi color miele che mi fissavano con decisione.
 -Pensi che non dovrei partire? Che dovrei aspettarla?-
 Era quello il problema che mi ero posto per tutti quei mesi, fin da quando Mike mi aveva detto della proposta di Harvard.
 E se fossi partito per poi scoprire che Vale mi amava ancora? Avrei abbandonato tutto pur di tornare da lei. Ma sarebbe stata quella la scelta giusta? Ormai non ero più sicuro di niente e questo mi spaventava perché la mia vita non era mai stata così colma di dubbi.
 -Credi che Vale ti permetterebbe mai di farlo? Pensi davvero che lei si reputi più importante del tuo futuro? Dovresti pensare a questo e prendere una decisione ma sono certa che tu sappia già cosa è meglio fare.-
 Martina aveva appena dato vita a tutti i miei pensieri. Vale non avrebbe mai permesso che io rinunciassi ad Harvard per aspettare che lei si ricordasse della mia esistenza, mi avrebbe ucciso per una cosa come quella.
 -Partirò, credo sia questa la decisione migliore.-
 Marti mi sorrise contenta.
 -Sì, lo credo anch’io. Ci mancherai davvero molto, Massi. E’ per questo che Marco si è comportato in quel modo: il futuro, i cambiamenti, il rinunciare agli amici, spaventano sempre molto. Stiamo crescendo e quello che siamo oggi, il gruppo che abbiamo creato, non è detto che rimanga per sempre unito. Abbiamo solo paura, Massi, ma tu non devi lasciarti influenzare. La paura non deve impedirti di percorrere la tua strada. Noi ci saremo sempre, almeno per quanto mi riguarda ne puoi essere certo.-
 Ancora una volta mi sorrise con uno sguardo talmente innocente da disarmarmi. Non riuscii a risponderle, le parole si erano bloccate in gola… Ero troppo impegnato a pensare a quanto Marti fosse buona e gentile, a quanto mi avesse supportato, a quanto le sue parole fossero giuste e benaccette. Per la prima volta dopo tanto tempo mi sentii di nuovo tranquillo, e in pace con me stesso.
 Quei sentimenti mi inondarono a tal punto che senza accorgermene mi ero avvicinato a Marti molto più del dovuto, ma lei non sembrava volersi muovere neanche di un millimetro.
 Forse era colpa dell’alcol e dell’innocenza dello sguardo di Marti ma io… Io le posai una mano sulla guancia per poi unire delicatamente le nostre labbra. Non avrei mai pensato che baciarla potesse essere così piacevole. Le sue labbra erano morbide, quasi esitanti sulle mie, ma non si era ritratta.
 Non sentivo un profumo così buono da mesi e il tutto mi fece girare la testa ancora di più. Era come il profumo di Vale ma meno da donna.
 Vale?!
 All’improvviso nella mia mente s’insinuò il ricordo, così lontano, del suo profumo. Dolce, fruttato misto a qualcosa di deciso. Deciso come il suo carattere che allo stesso tempo sapeva sempre spiazzarmi e impedirmi di dare una vera risposta. Il profumo della donna che amavo.
 Con delicatezza, cercando di non essere brusco, posai le mani sulle spalle di Marti e la allontanai da me. Lei all’iniziò mi guardò un po’ sorpresa poi i suoi occhi si fecero comprensivi.
 -Mi dispiace-, cominciai cercando di reggere il suo sguardo.
 -Non devi scusarti, capisco come ti senti. Dopo Christian capisco molte più cose, fidati.-
 Disse solo questo. Mi regalò un altro sorriso comprensivo ma pieno di affetto e si voltò, un tacito invito a seguirla dentro al pub non appena i miei pensieri fossero di nuovo meno vorticosi.
 Vedendola andare mi via mi chiesi “Ma che diavolo hai fatto? Brutto idiota senza alcuno scrupolo?!” Senza volerlo avevo davvero baciato la migliore amica della ragazza di cui ero innamorato. Ma come mi era venuto di farlo? Perché? Be’ la risposta era semplice: senza Vale mi sentivo perso, pericolosamente solo, e per la prima volta dopo tanto avevo visto in qualcun’altra uno sguardo che mi ricordava il suo.
 Non era il suo.
 Non lo sarebbe mai stato. Per quanto cercassi di sforzarmi era inutile sperare che di trovare Vale in un’altra ragazza. Non sarebbe mai successo.
 Presi un respiro profondo e mi preparai a tornare dagli altri, pronto a sorbirmi i rimproveri di Marco che sicuramente sarebbe stato furioso con me. Nonostante tutto mi sentivo pronto.
 Mi voltai un attimo indietro, avevo ancora la tentazione di andare a cercare Vale, il mio cuore non riusciva ad arrendersi.
 Non ci fu bisogno di chiedergli una cosa simile.
 L’oggetto delle mie ricerche era proprio davanti a me. Gli occhi spalancati, le lacrime ancora visibili sulle sue guance, il petto che le andava su e giù per la corsa di pochi minuti prima.
 Aveva visto tutto, non avevo dubbi. Mi sentii lacerato all’interno, come se la persona davanti a me fosse un fantasma e non un essere umano in carne ed ossa.
 -Vale… Io…-
 Non disse nulla. Il suono della mia voce sembrò riportare i suoi pensieri al presente. La vidi sobbalzare per poi voltarsi e correre via.
 Non l’avrei lasciata andare, non più. Mi ero stancato di starmene in un angolo senza pretendere un minimo di chiarezza. Se io ero nel torto, lei lo era di più.
 Senza pensarci cominciai a rincorrerla per le vie del centro.
 -Vale aspetta!-
 Cominciai ad urlare e la gente che stava passeggiando per le strade ci fissava mentre io le correvo dietro come un pazzo. Non avrei mai creduto che fosse così veloce ma non avrei mollato.
 Lei voleva scappare da me almeno quanto io volevo raggiungerla, quindi non mi sarei arreso tanto facilmente.
 Finalmente dopo qualche minuto riuscii ad afferrarle la mano e a farla voltare. Eravamo in una via più piccola e non c’era nessuno.
 -Si può sapere perché stai scappando?- le chiesi con una certa rabbia nella voce.
 -Lasciami.- Non mollai, la mia presa intorno al suo polso si fece ancora più decisa. –Ti ho detto di lasciarmi!-
 -No!- esclamai.
 Smise di divincolarsi e cominciò a fissarmi con i suoi occhi ancora freschi di lacrime.
 Vederla così mi uccideva ma avevo bisogno di risposte e questa volta non mi sarei nascosto dietro al fatto di volerla proteggere. Mi ero stancato di pensare solo al suo bene, era arrivato il momento di pensare anche alla mia sanità sia mentale che fisica.
 -Perché sei scappata?- le chiesi senza lasciarle il polso.
 -Non sono scappata.-
 -Ah, no? Quindi tu di solito parti a correre in mezzo alla folla per sport? E’ una disciplina olimpica per caso?-
 Non rispose.
 Se ne restava lì, davanti a me, con lo sguardo basso e il torace che si affannava ad immagazzinare l’aria di cui aveva bisogno per tornare a funzionare correttamente.
 -Perché sei scappata?- chiesi ancora una volta scandendo bene le parole.
 -L’hai baciata-, rispose sempre senza guardarmi.
 -E allora?-
 Sapevo che la mia risposta non era proprio la più appropriata. C’erano almeno un milione di ragioni per cui non avrei mai neanche dovuto immaginare di baciare Marti ma il fatto che Vale mi sembrasse gelosa mi faceva uscire fuori di testa. Non doveva permettersi neanche per un secondo di essere gelosa di me!
 -Allora?!-
 Il suo tono era stizzito, quasi oltraggiato, ma la mia risposta almeno la costrinse a guardarmi di nuovo negli occhi.
 -Martina è la mia migliore amica, tu non puoi baciarla e pensare che io non ne risenta.-
 -Tu sei innamorata di un altro!- quasi urlai. –Che ti frega se io bacio Martina o chiunque altra? O forse se avessi baciato un’altra ragazza qualsiasi le cose sarebbe state diverse? Magari mi avresti anche fatto gli auguri per aver ritrovato la felicità dopo quello che mi hai fatto.-
 Mi fissava ancora dritto negli occhi, non aveva paura di affrontarmi, in effetti non aveva mai temuto il confronto con me ed era stato proprio questo che mi aveva attratto in lei.
 -Lasciami andare, Massi.-
 -No, non lo farò.-
 -Lei è mia amica, mi è permesso essere sconvolta per aver visto la mia migliore amica baciare il ragazzo… Il mio ex ragazzo?-
 Nelle sue parole c’era un astio quasi disumano. Si sentiva tradita, lo vedevo. Non capivo però se il tradimento era venuto da me o da Marti. Data la situazione speravo che fosse avvenuto da parte mia perché almeno avrei avuto ancora una speranza con Vale. Dopo mesi passati a chiedermi il motivo per il quale mi avesse lasciato, dopo aver creduto che mai sarebbe tornata da me, dopo essermi praticamente arreso, arrivava un’occasione del genere, l’occasione per capire e, forse, per tornare a sperare in qualcosa d’impossibile.
 -Te lo ripeto, tu sei innamorata di Riccardo quindi ancora non vedo dove sia il problema-, la mia risposta era secca, senza alcuna titubanza. Vale lo notò subito e mi guardò con degli strani occhi, tristi ma allo stesso tempo decisi.
 -Va bene, hai ragione. Adesso mi lasci?-
 -Vale, per quanto tu possa pensare che io non abbia avuto il tempo di conoscerti quanto Riccardo ti sbagli. So che se sei scappata c’è un motivo, forse lo stesso motivo che ti ha spinto a lasciarmi in quel modo.-
 Lei spalancò gli occhi sorpresa.
 -Non sono stupido. So che mi hai lasciato con quelle parole proprio perché sapevi che non avrei provato a reagire.-
 Il suo sguardo si fece sempre più impaurito, stavo riuscendo a scoprire il suo segreto, mi sentivo sempre più vicino alla verità. L’avrei fatta confessare anche con la forza se ce ne fosse stato bisogno.
 -Io ti conosco, Vale. Molto più di quanto tu possa pensare e questo tuo piano mi ha confermato che tu conosci me.-
 -Sei ubriaco-, rispose lei ridendo. Era la sua risata nervosa quella che usava per coprire i suoi veri pensieri. –Non so di cosa tu stia parlando. Tutto quello che ti ho detto lo pensavo, fino all’ultima sillaba. Smettila di dire sciocchezze e cerca di bere meno la prossima volta che decidi di confrontarti con me.-
 Mi venne quasi da ridere.
 Pensava davvero che un discorso del genere mi avrebbe intimorito? Se aveva provato a tenermi testa con quella teoria assurda allora sapevo che era davvero alla frutta.
 Sarei riuscito a farla cedere, almeno un po’.
 -Quindi sono io che mi sto sbagliando. Tu non provi più niente per me, giusto?-
 Lei mi guardò per un secondo e poi annuì con decisione.
 -Mi dispiace, Massi, è proprio così. Ti ho già spiegato le mie motivazioni e non ho alcuna intenzione di ripetermi. Ormai tra non ci potrà essere più nulla, ed è inutile che te ne vai in giro a baciare le mie amiche, perché questo non mi convincerà a cambiare idea.-
 -Sì, immagino che baciare le tue amiche non serva a molto.-
 -Infatti-, rispose lei annuendo. –Sono contenta che tu l’abbia capito.-
 -Baciare le tue amiche non servirà ma forse baciare te sì.-
 -Cosa?- disse confusa.
 Non le lasciai il tempo di dire altro. Strinsi di più la presa attorno al suo polso e la trascinai verso di me posando le mie labbra sulle sue con una forza che non credevo di avere.
 Per mesi e mesi avevo sognato di sentire ancora una volta le sue labbra, di poterla ancora stringere, di poter sentire il suo profumo e di perdermi in quei doni meravigliosi senza più pensare a nulla.
 Nessuna preoccupazione, nessun dolore, nessun genere di bugia.
 Solo lei ed io, di nuovo nel nostro mondo, di nuovo insieme.
 Era quello che sognavo, ed era quello che ero finalmente riuscito ad ottenere ancora per una volta.
 All’inizio Vale cercò di divincolarsi ma non ci riuscì. Non avevo alcuna intenzione di interrompere quel bacio. Volevo sentire il suo sapore fino infondo, fino ad esserne saturo, fino quasi a drogarmi di lei.
 Senza che la costringessi, cominciò a lasciarsi andare, a lasciar scorrere dentro di lei la voglia che aveva ancora di me. Perché era così, magari poteva fingere con le parole di non amarmi più e di non desiderarmi ma il suo corpo non poteva mentire.
 Il modo in cui mi baciava non poteva lasciarmi dubbi. Le ero mancato, riuscivo ad avvertirlo attraverso le sue labbra: il modo in cui cercavano lei mie, l’urgenza che avevano di sentirmi, la voglia che scaturiva da ogni minimo movimento. Non poteva mentirmi, il suo corpo era più di un libro aperto per me, lo conoscevo, conoscevo ogni sua più piccola reazione. Ero certo di quello che avevo davanti.
 Lei mi amava, mi amava ancora, o forse non aveva mai smesso.
 Se non fossi stato impegnato ad imprimere quel momento in ogni mio centimetro di pelle che la toccava, avrei interrotto tutto solo per farle il terzo grado. Avevo avuto la conferma che mi serviva sui suoi sentimenti ma non avevo ancora la verità su quello che mi aveva fatto.
 Il bacio continuò a travolgerci per diversi minuti, come se i nostri corpi volessero recuperare tutto il tempo perduto, tutti mesi passati a raccontare bugie a noi stessi. Era un turbine, un uragano, una tempesta appena nata e che cresceva ad ogni battito di ciglia. Il bisogno di sentire il suo corpo andava aumentando come un’onda, e sentivo anche in lei la stessa identica necessità. Se non fossimo stati in mezzo a una strada, se solo avessimo avuto un letto a portata di mano, dubitavo altamente che i nostri vestiti sarebbero rimasti al loro posto ancora a lungo.
 Ad un tratto, mentre ero ancora perso nei miei pensieri, la bugia che si era inventata Vale tornò a farsi strada dentro di lei perché s’irrigidì e pochi istanti dopo mi scostò con forza da lei.
 -Non avresti dovuto farlo-, disse con gli occhi bassi e il fiatone. –Non avresti dovuto.-
 -Perché?- chiesi con voce calma. –Perché così avrei avuto la conferma che mi ami ancora o perché speravi che non avessi ancora voglia di baciarti?-
 Lei alzò gli occhi di scatto e finalmente rividi la cosa che mi era mancata di più in lei: il suo sguardo pieno d’amore. Stava cercando di nasconderlo dietro la sua espressione dura ma io riuscivo comunque a vederlo, e quello fu la vera conferma.
 -Massi, io non ti amo più.-
 -Sì, e tra poco vedrò un pinguino volare-, dissi con un sorriso di scherno.
 -E’ la verità.-
 -E allora perché mi hai baciato?-
 -Sei stato tu a baciarmi!-
 -D’accordo, perché non ti sei scansata prima? Il tempo l’hai avuto.- Volevo proprio vedere come se la sarebbe cavata adesso.
 -Non lo so perché! Forse perché ho ancora attrazione fisica nei tuoi confronti, ma di certo non perché sono innamorata di te!-
 Va bene, ero arrivato al limite. Mi ero stancato dei suoi tentativi di mentirmi.
 Avevo ottenuto quello che volevo: era a conoscenza del fatto che mi amava ancora e che anche io lo sapevo. Tanto mi bastava per non sentirmi più un fallito o un povero idiota che veniva preso in giro.
 Il tempo per conoscere tutta la verità ci sarebbe stato e io non avevo alcuna fretta. Era la strategia migliore con Vale, costringerla a dirmi tutto non mi avrebbe portato molto lontano.
 -Sai che ti dico?- cominciai. –Continua a raccontarti tutte le bugie che vuoi, continua a nasconderti dietro le tue motivazioni del cazzo, continua pure a costringerti a stare con un altro.-
 Mi avvicinai al suo viso e la fissai dritta negli occhi, poi mi lasciai andare ad un sorriso colmo di gioia.
 -Io non ci casco più-, spalancò gli occhi incredula. –So che mi ami e tu sai che io ti amo. Un giorno, magari non troppo lontano, ti stancherai di mentirmi e tornerai da me. So che succederà, adesso ne ho la certezza.-
 Mi voltai senza darle la possibilità di parlare. Feci qualche passo e mi fermai.
 -Ah, Vale-, cominciai senza guardarla. –Salutami Riccardo e digli che la partita è ancora aperta. Solo che adesso ho delle nuove armi da usare, armi che lui non avrà mai.-
 Non cercò di fermarmi, mi lasciò andare con quelle parole e quel bacio ancora fermo sulle sue labbra accaldate. Sapevo che non l’avrebbe dimenticato facilmente, e avevo solo bisogno di un suo momento di debolezza. Appena avrebbe capito di avere ancora bisogno di me, sarebbe tornata e io avrei scoperto finalmente tutto quanto.
 Si trattava solo di attendere, e per lei lo avrei fatto anche a costo di aspettare un secolo.
 Lei era mia, e ormai non poteva più negarlo.













***L'Autrice***
 E alloraaaaaaaaaaa... Che ne dite di questo capitolo? Piaciutooooo? xD Io mi sono divertita moltissimo a scriverlo, è stato davvero emozionante e mi mancava scrivere dei momenti tra Massi e Vale, fidatevi mi sono mancati davvero tanto.
 E quindi Massi e Marti hanno avuto un incontro ravvicinato, ve lo aspettavate? Lo stavo tramando fin dall'inizio e non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate. Per quanto riguarda Massi e Vale ormai è chiaro che Vale non l'ha data a bere a nessuno, e nel prossimo capitolo scopriremo le sue motivazioni, giuste o meno che fossero.
 Il POV di Massi finisce qui, dal prossimo capitolo tornerà a parlare la nostra Vale (per fortuna mia, perchè mi viene molto più facile scrivere dal suo punto di vista xD). La prossima parte s'intitolerà Verso Il Futuro e sarà l'ultima parte di questo Sequel. Non so ancora quanti capitoli conterrà ma credo cinque o sei al massimo e poi la storia si concluderà, quindi, mie care, siamo in dirittura d'arrivo ^^
 Come al solito vi ringrazio davvero per tutte le recensioni e ringrazio tutte quelle persone che mi hanno messo tra gli autori preferiti, ho visto sono più di 500 xD Grazie grazie grazie!
 Ricordo che per eventuali spoiler o miei scleri potete aggiungermi su Facebook (Scarcy Novanta) xD

P.S. Il mio ragazzo ha girato, insieme a dei suoi amici (registi e truccatori) il trailer di un film Horror... Se vi va visitate la pagina e mettete mi piace... Mi fareste un grandissimo favore ^^ Grazie





 Un bacio a Tutti!
 Alla prossima :) 

  
    

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Capitolo 16
*** I Famosi Nodi ***






Verso La Maturità- Capitolo 16
Verso La Maturità- Terza Parte
 
Verso Il Futuro
 





Esiste Nella Vita Una Sola Felicità:
Amare Ed Essere Amati
(George Sand)
 
 
Capitolo 16: I Famosi Nodi
 
 -Ma porca, porca, porca, miseria!-
 Quella specie di esclamazione disperata fu pronunciata dalla mia bocca con tanto di quell’astio che se ne avessi avuto la possibilità mi sarei azzannata da sola. Non potevo credere che fossi stata così stupida da permettere che accadesse. Mi odiavo a morte per quello che avevo fatto, incurante di tutto, mettendo in pericolo il mio piano.
 Un bacio, era solo un semplice bacio, ed era riuscito a far crollare tutti i muri che avevo costruito in quei mesi per allontanarlo da me. Massi mi conosceva e aveva scoperto quasi tutto, mancava solo qualche dettaglio per completare il quadro, dettaglio che io non gli avrei mai dato. Avevo passato dei mesi d’inferno per raggiungere il mio obiettivo e di certo quel piccolo incidente non avrebbe pregiudicato tutto. Se lo poteva scordare! Tutto quello che avevo fatto era stato per lui! Se solo avesse provato ad avvicinarsi un’altra volta lo avrei ucciso con le mie stesse mani.
 Appena entrata in casa mi ero lanciata sul letto e avevo cominciato a pensare a qualche soluzione soddisfacente perché Massi tornasse a credere che non avrei più voluto avere una relazione con lui.
 Minuti passati a pensare sprecati!
 Aveva scoperto, almeno in parte, il mio piano. Sapeva che lo avevo lasciato in quel modo perché così avrei avuto la certezza che non avrebbe provato a farsi avanti, ma quel che era peggio aveva capito che lo amavo ancora. La mia copertura era del tutto saltata, e dubitavo che avrei trovato un modo per tornare indietro: Massi era troppo testardo e furbo per ricascarci.
 Se solo non avessi deciso di tornare al pub per chiedere scusa a tutti, se solo non avessi visto il bacio tra Marti e Massi, se solo lui non avesse deciso di voltarsi proprio mentre io ero caduta in stato di shock. Se, se, se… Ne avrei potuti aggiungere a migliaia ma il risultato non sarebbe cambiato: ero nei casini e anche belli grossi.
 Come se non bastasse avevo ancora nella mente le labbra di Massi che si avvinghiavano a quelle di Marti. Non una qualunque, proprio la mia Martina! Mi ero sentita così tradita e delusa che non ero riuscita a reagire per tutto il tempo di quel bacio, ed era stato proprio quello il mio errore. Avrei dovuto mostrarmi impassibile, o magari leggermente infastidita, non scappare via con le lacrime agli occhi! Accidenti a me! Accidenti a tutto quanto!
 Come avevo fatto per tutti quei mesi, maledissi il giorno in cui mi ero innamorata di Massimiliano Draco, da quando tutto era cominciato la mia vita non solo si era complicata ma era anche diventata dolorosa ai massimi livelli. Difficilmente mi capitava di ridere, e anche con Riccardo le cose si stavano complicando, ormai anche lui aveva iniziato a sospettare che dietro la nostra relazione ci fosse qualcosa di strano, qualcosa che io non volevo rivelare. Ma perché avevo a che fare solo con gente che mi conosceva alla perfezione? Non potevo frequentare persone poco intuitive a cui risultasse facile mentire?
 Eh, no! Che scherziamo! Tutte le sfortune sempre a me, se non fosse stato così il mondo sarebbe finito all’istante sotto la forza bruta di una catastrofe di dimensioni epiche!
 Accidenti! Porca miseria! Maledizione!
 Ma il giorno del mio compleanno non potevo farmi i fatti miei e restarmene in classe? No, io dovevo avere la sacrosanta sfortuna di ascoltare una conversazione che mi avrebbe costretta ad agire di conseguenza! Dopotutto la mia vita era sempre stata così, mai una volta che avessi avuto la fortuna di non trovarmi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
 Il cervello stava per esplodermi.
 Troppi avvenimenti, troppo dolore, troppa delusione tutti in una volta sola. Avevo bisogno di parlarne con qualcuno, e sapevo a chi rivolgermi.
 Era il momento di confessare la verità a Riccardo, non me la sentivo di continuare a mentirgli ancora. Mancava poco tempo alla fine della recita, ancora pochi mesi e avrei ottenuto ciò che desideravo, ma non ce la facevo più a sopportare quel peso da sola. Sapevo che Riccardo difficilmente mi avrebbe perdonato, ma glielo dovevo. La sincerità era l’unica cosa che mi restava da donargli per tutto ciò che aveva sempre fatto per me.
 Presi quella decisione con un’angoscia che mi avvolgeva il cuore ma alla fine mi decisi a chiamarlo e a dirgli di raggiungermi a casa mia.
 Per fortuna i miei erano a una cena con amici quindi non sarebbero stati in casa ad origliare, comunque non avevano mai fatto problemi quando Riccardo passava da casa mia, a qualsiasi ora lui decidesse di presentarsi. Era incredibile quanto diventassero permissivi quando il mio nuovo ragazzo era in giro. Per non parlare di mia madre che era quasi scoppiata in lacrime alla notizia che Riccardo ed io ci eravamo messi insieme. Sarebbe piaciuto anche a me essere al settimo cielo come lei, ma non era stato così.
 Pochi minuti dopo la mia chiamata Riccardo si presentò a casa mia. Non provò nemmeno a baciarmi, aveva capito, forse dal tono della mia voce durante la telefonata, che c’era qualcosa che non andava.
 -Allora, cosa è successo?- mi chiese con un sorriso mentre si sedeva sul mio letto.
 -Devo confessarti una cosa.-
 Il mio tono era a dir poco lapidario. Come potevo dire al mio migliore amico/ragazzo che per mesi mi ero presa gioco di lui dicendogli che lo volevo e che ormai Massi era acqua passata? Come? Dove diavolo avrei trovato quel coraggio?
 -Sono tutto orecchi, spara- disse lui con la sua solita aria di comprensione. Avevo la sensazione che in tutto quel tempo avesse capito molto più di quanto avesse dato a vedere.
 -Ha a che fare con il giorno del mio compleanno.-
 -Lo avevo immaginato-, continuò non perdendo la sua aria indulgente.
 -Quel giorno, prima di dirti che volevo stare con te, è successo qualcosa. E’ stato proprio quel qualcosa a spingermi nella scelta di diventare la tua ragazza, ed è inutile negare che c’entra Massi.-
 Non disse nulla, si limitò a guardarmi ansioso di ascoltare quello che avevo da dirgli.
 -Dopo un’interrogazione sono scesa al piano di sotto e per caso ho ascoltato una conversazione, sono state proprio le parole che ho sentito a far cambiare tutte le carte in tavola. C’era la professoressa D’Arcangelo, la madre di Massi, che stava parlando con lui.-
 Al solo pensiero di quel ricordo la mia mente cominciò a riportarmi davanti agli occhi tutti i suoni e le immagini di quella maledetta mattina. E mentre raccontavo tutto mi ritornava alla mente come se fosse accaduto solo pochi minuti prima.
 
 -Mamma, si può sapere di che cosa mi vuoi parlare? Devo tornare in classe-, la voce di Massi arrivò alle mie orecchie più chiara che mai. Decisi di restare nascosta, non volevo che la D’Arcangelo mi vedesse. Sapevo che non avrei dovuto origliare ma la curiosità aveva avuto la meglio sul buon senso.
 -Tesoro, dobbiamo parlare di quello che mi hai detto ieri sera. Non posso ancora credere a quello che ti sta passando per la testa, cerca di ragionare e di tornare in te. Ti prego.-
 Il tono della D’Arcangelo era un misto tra disperazione e tristezza, non l’avevo mai sentita parlare così e tutto ciò mi incentivò a restare in ascolto. Era qualcosa che riguardava Massi e io avevo bisogno di sapere.
 -Non c’è niente di cui parlare, ho già preso la mia decisione e non mi porterai a cambiare idea.-
 -Massi, non puoi buttare tutto via in questo modo, non te lo permetterò. Non puoi avere davvero intenzione di abbandonare il tuo sogno di diventare medico.-
 Cosa?! Sperai di aver sentito male, non poteva essere vero. Massi non avrebbe mai neanche pensato una cosa del genere, sua madre doveva essere ubriaca o drogata anche solo per averlo immaginato.
 -Resterò a Lecce, è inutile che continui a battere su questo punto. Non ho alcuna intenzione di trasferirmi. Mi iscriverò alla facoltà di Biologia o qualcosa del genere.-
 Il cuore mi si fermò.
 Biologia?! Massi non era destinato a diventare un biologo sottopagato e sfruttato, lui doveva diventare un chirurgo, un angelo che avrebbe salvato la vita di centinai di bambini! Non poteva essere! Non stava accadendo!
 -Io non capisco perché dici queste cose-, continuò la D’Arcangelo con un tono stanco.
 -Perché il mio cuore è qui, e non ho intenzione di andare contro i miei sentimenti.-
 In quel preciso momento mi sentii morire.
 Era colpa mia! Era tutta colpa mia! Massi sapeva che io non sarei potuta andare a studiare lontano da casa, i miei genitori mi avevano chiaramente detto che non ne avevano la possibilità economica. Glielo avevo solo accennato qualche settimana prima, insistendo sul fatto che lui sarebbe partito ugualmente, che non avrebbe neanche dovuto pensare al fatto di rinunciare a tutto per me, che io ci sarei stata comunque, anche a migliaia di chilometri.
 Testardo di un imbecille!
 -Continuo a non capire. La madre di Delia mi ha assicurato che se lei lo volesse la farebbe partire con te, consentendole di trasferirsi in un altro liceo, in qualsiasi parte d’Italia. Non resteresti senza di lei.-
 Già, peccato che non era di Delia che Massi stava parlando. Ero io la colpevole!
 -So quello che Delia può e non può fare per me e ti assicuro che seguirmi non è nei suoi piani-, rispose lui con decisione.
 -Ma di che stai parlando?- chiese la D’Arcangelo sempre più sorpresa. Dubitavo che riuscisse a riconoscere suo figlio nel ragazzo che aveva davanti. –Delia ti ama.-
 -E’ proprio qui che ti sbagli!-
 La sua esclamazione arrivò dritta al mio cuore e il mio cervello la recepì intuendo subito le intenzione di Massi. Avrei voluto impedirgli di parlare ma se fossi uscita allo scoperto la situazione sarebbe solo peggiorata.
 -Delia non mi ama e io non amo lei!-
 Non potevo vedere sua madre ma immaginavo la faccia che aveva in quel momento. Lei adorava Delia, il fatto che lei e Massi stessero insieme era solo motivo di euforia per le loro madri e adesso quel bel sogno stava svanendo proprio davanti a lei.
 -Massi…-
 -No, fammi parlare-, la interruppe lui con voce ancora più seria. –Hai chiesto delle spiegazioni e io ho tutta l’intenzione di dartele, anzi ne sono felice. Adesso potrò essere sincero e ti posso assicurare che non aspettavo altro.-
 La mia mente era vuota, non c’era più niente dentro. La riempiva solo la voce di Massi, sentita quasi in lontananza, captata come una parola sussurrata nel vento. Stava per mandare tutto a monte, tutto quanto! Noi, il suo futuro, il rapporto con sua madre e stava accadendo tutto a causa mia! Io, perché ero alunna di sua madre. Io, perché non potevo trasferirmi con lui in qualsiasi Università decidesse di andare. Io, che ero odiata dalla D’Arcangelo.
 Era solo colpa mia!
 Se solo non avessi incontrato Massi davanti alle macchinette tanti mesi prima, tutto quel dolore non ci sarebbe mai stato.
 Mi sentivo uno schifo e potevo stare solo in disparte, in un angolo, mentre Massi buttava all’aria il suo futuro.
 -Io non amo Delia, e non sono mai stato con lei. Il nostro amore era solo una finzione, perché io sono innamorato di un’altra ragazza ma tu non ne dovevi sapere nulla.-
 -Cosa?!- esclamò la D’Arcangelo con la voce di qualcuno che aveva appena saputo di essere un alieno.
 -Amo una ragazza che è tua alunna, la amo da mesi. E non ho intenzione di rinunciare a lei solo perché devo trasferirmi in un’altra città per studiare!-
 Ecco fatto. “Una frittata con i contro cavoli calda calda per il tavolo sei-una-cretina-ed-è-tutta-colpa-tua”! Non ci potevo credere, Massi aveva appena detto praticamente tutto a sua madre, ci mancavano solo i miei dati anagrafici e tutto avrebbe trovato un nesso logico per la D’Arcangelo.
 -E chi sarebbe questa ragazza?- chiese subito la professoressa. Certo, non si sarebbe mai lasciata sfuggire il nome della ragazza che avrebbe dovuto torturare fino al termine dei suoi giorni.
 -Non te lo dirò, non ritengo che tu lo debba sapere.-
 Quella frase non avrebbe rabbonito la D’Arcangelo, anzi dubitavo che potesse esistere una qualsiasi frase che sarebbe stata mai in grado di farla calmare.
 -Non lo devo sapere!- esclamò. –Non dovrei sapere il nome della ragazza che ha deciso di rovinare la vita di mio figlio, che lo ha spinto a mentirmi e ad inventare una copertura tanto assurda per una storia d’amore?-
 Era furiosa, anche se non stava urlando perché si trovava in un corridoio scolastico, ero certa che si stesse trattenendo a fatica dall’abbattere qualche muro.
 La cosa peggiore però era che aveva perfettamente ragione, stavo rovinando la vita di Massi, quello era più che evidente.
 -Di che stai parlando? Non è stata lei a spingermi a rinunciare, se lo sapesse mi farebbe a pezzi con le sue mani. Comunque ribadisco che il suo nome non è affar tuo, mamma. E’ la ragazza di cui sono innamorato, e questo ti deve bastare.-
 -No che non mi basta! E’ per lei che stai rinunciando ad un’opportunità unica, me ne frego se lei non ti può seguire, tu non puoi cambiare tutti i tuoi piani per una ragazza. Non sei il tipo che rinuncia a quello che vuole per un motivo così stupido.-
 Chiusi gli occhi per un lungo istante e presi un respiro. Ancora un volta nel giro di pochi secondi mi ritrovai ad essere totalmente d’accordo con la mia professoressa. Non potevo essere paragonata al futuro di Massi, la sua carriera come medico veniva di certo prima di me. Lo avrei urlato al mondo intero se questo lo avesse aiutato a raggiungere quell’obiettivo.
 -Non ti puoi intromettere nella mia vita, ormai ho deciso.-
 Se solo avessi potuto farmi avanti, se solo non fossi stata la causa di tutta quella storia, sarei andata dritta da Massi e lo avrei preso a schiaffi. Per quanto io odiassi la D’Arcangelo lui non aveva il diritto di rivolgersi a sua madre in quel modo e soprattutto non poteva gettare via il suo futuro così. Non potevo permetterlo.
 -Io sono tua madre e tu sei solo un adolescente pieno zeppo di ormoni, devo impedirti di fare una scelta di cui poi ti pentirai.-
 -Mamma, sai che ti dico? Per il momento smettiamola di parlare di questa storia, quando arriverà il momento riprenderemo il discorso.-
 -E io sai che ti dico, mio caro figlio? Tu prova soltanto a fare una cosa del genere e ti posso assicurare che qui a Lecce non avrai più una casa!-
 Era arrabbiata e delusa, almeno quanto me.
 Nessuna di noi due si sarebbe mai aspettata che Massi facesse un discorso del genere. Le sue potenzialità erano evidenti persino per un cieco, e l’amore che provavamo per lui ci impediva di credere a quello che stava accadendo.
 Quello non era Massi.
 Era solo un ragazzino che non voleva rinunciare ad un relazione nata dal nulla.
 Questa era la verità. Il nostro rapporto, per quanto meraviglioso e forte, non poteva essere d’intralcio al destino di Massi. Non lo avrei permesso!
 -Fai come ti pare-, rispose lui con tono di sufficienza. –Io me ne torno in classe.-
 -Massi, aspetta. Il discorso non è ancora chiuso-, la voce della D’Arcangelo era un doloroso misto di preoccupazione e delusione.
 -Per me sì-, la voce di Massi mi sembrava più lontana. Se ne stava andando.
 Sua madre non disse altro per fermarlo, forse troppo delusa dalla situazione per insistere.
 Dal canto mio, me ne stavo ancora in piedi con le spalle poggiate al muro e mi sentivo come se il pavimento dovesse crollarmi sotto i piedi da un momento all’altro. Non sapevo cosa fare ma soprattutto non avevo la minima idea di cosa pensare. Era successo tutto così in fretta: un secondo prima la mia vita era perfetta e il secondo dopo tutto era svanito nel nulla, ogni certezza si era volatilizzata in una nube confusa.
 Il motivo del mio gesto non lo conoscevo ma decisi di dare un’occhiata alla situazione. Mi girai lentamente e buttai uno sguardo oltre il muro che divideva le scale dalla zona delle macchinette.
 La scena che vidi mi fece rabbrividire: la mia professoressa se ne stava in piedi, totalmente immobile, a fissare un punto impreciso della parete a pochi metri da lei. Mi sembrò quasi di sentire il suo cuore sgretolarsi sotto la forza delle parole del figlio. In quel preciso istante anche il mio cuore sembrò rompersi, come se una profonda frattura lo stesse attraversando piano fino a spaccarlo completamente in due parti. Una parte mi diceva di tornamene in classe, ma l’altra, quella che decisi di ascoltare, mi spinse a fare qualcosa di stupido, molto stupido.
 Le mie gambe si mossero da sole, dirigendosi verso quella madre che tanto madre in quel momento non si sentiva.
 -Professoressa-, mormorai a pochi passi da lei.
 La donna sobbalzò, forse troppo assorta nei suoi pensieri per ricordare di trovarsi in una scuola super affollata.
 Si voltò piano a guardarmi e i suoi occhi mi fecero quasi paura: erano vitrei, di un azzurro così spento da sembrare morto.
 -Ferrari, dimmi-, dissi cercando di riprendere quel contegno che sfoggiava davanti ai suoi studenti. Inutile dire che il suo tentativo fu piuttosto blando.
 -Professoressa, io… Mi dispiace, per sbaglio ho ascoltato la conversazione di poco fa con suo figlio.-
 Il suo sguardo si accese, ma non era odio, mi pareva più simile all’imbarazzo. I professori detestavano apparire deboli davanti ai loro alunni, e soprattutto cercavano di non parlare mai della loro vita privata.
 -Avrei dovuto immaginare che qualcuno avrebbe potuto ascoltare. Questa è una scuola dopotutto-, la sua voce era strana, così indifesa. Il sorriso amaro che le si dipinse sul volto quasi mi fece morire. –Mi dispiace per lo spettacolo a cui hai dovuto assistere, Ferrari.-
 Lei si scusava con me? Quella donna, quella madre, a cui io stavo portando via il figlio mi stava chiedendo scusa? Se solo avesse saputo che ero io quella che doveva scusarsi, quella che si sarebbe dovuta mettere in ginocchio sui ceci per chiedere perdono…
 -Professoressa, so che non sono affari miei ma io credo che suo figlio non pensasse sul serio quello che ha detto-, e se anche lo pensava presto avrebbe cambiato idea, di quello ne ero certa.
 -Tu dici, Ferrari?- la delusione nella sua voce mi pugnalò dritto allo stomaco.
 -Anche se lo pensasse, mancano ancora molti mesi per l’iscrizione all’Università, e potrebbe accadere di tutto. Io non conosco bene suo figlio, però sono amica di Marco Iovine e lui spesso mi parla di Massimiliano.-
 La D’Arcangelo mi guardò cercando di capire dove volessi andare a parare. Conoscevo suo figlio benissimo per esperienza diretta ma non potevo dirglielo, quindi l’avevo presa larga, forse molto larga.
 -Un ragazzo come lui, con un talento come il suo prima poi tornerà in sé. Alla nostra età una relazione di pochi mesi può sembrare la cosa più bella del mondo, l’unica cosa che avremmo mai voluto nella vita, ma poi basta poco per sgretolarla. Basta un piccolo errore e tutto scompare nel nulla e sa cosa rimane a quel punto? Rimane solo il desiderio di diventare quello che abbiamo sempre voluto essere. Torniamo a pensare solo a noi stessi e ai nostri veri desideri.-
 Lei continuava a guardarmi senza dire una sola parola.
 -Non dico che sua figlio sia un tipo superficiale che crede di essere innamorato quando invece non lo è, dico solo che durante l’ultimo anno di liceo si possono istaurare relazioni che sembrano dover durare per sempre ma che poi si rivelano solo dei fuochi fatui. Le ripeto che mancano ancora molti mesi prima che Massimiliano debba prendere una vera decisione quindi accetti le cose e aspetti, vedrà che alla fine suo figlio prenderà la decisione giusta. Alla fine lo facciamo tutti, prima o poi, e suo figlio mi sembra fin troppo sveglio per perdere l’occasione di realizzare i suoi sogni.-
 Calò un silenzio quasi glaciale ma sperai che le mie parole potessero servire a far sentire meglio quella donna che era stata il mio incubo per quasi tre anni. Non potevo credere che stavo consolando Lucifero in persona, ma davanti ad un figlio che fa una cosa del genere ad una madre, dei soprusi scolastici non potevano avere la meglio. Lei aveva bisogno di conforto e forse non ero la persona più adatta allo scopo ma di certo ero quella che poteva trovare le parole più adatte perché capivo perfettamente come si sentiva la D’Arcangelo. Il nostro cuore era appena stato spezzato dallo stesso uomo, e la nostra fiducia era stata tradita dalla stessa persona amata.
 -Ti hanno mai detto che i tuoi discorsi sono molto maturi per essere solo una liceale, Ferrari?- mi chiese lei con un debole sorriso.
 -Sì, me lo dicono spesso-, risposi sorridendo. –Diciamo che analizzo sempre tutto in modo razionale, e oggettivamente le posso assicurare che è davvero presto per minacciare suo figlio di essere cacciato di casa.-
 Lei sorrise quasi divertita.
 -Non lo avrei mai fatto.-
 -Lo so-, risposi subito. Sapevo perfettamente che lei non avrebbe mai allontanato suo figlio, lo amava troppo. Invece io, già… Io avrei dovuto fare l’esatto contrario.
 -Adesso è meglio che io torni in classi-, dissi cercando di stemperare un po’ la tensione. –Non posso perdermi un altro monologo politico del professor Salerno.-
 La D’Arcangelo rise di gusto.
 -Lo fate parlare a vanvera per non essere interrogati?-
 -Lo farebbe chiunque, basta leggere il titolo di un giornale, nominarlo in classe e l’interrogazione è scampata di sicuro. Il professore ama i suoi monologhi, noi un po’ meno ma almeno ci salviamo.-
 Rise di nuovo, poi tornando seria ma sempre con il sorriso mi guardò dritta negli occhi.
 -Grazie, Ferrari.-
 -E di cosa?- chiesi io sorpresa. –Io non ho sentito nessuna conversazione, quindi lei non deve ringraziarmi.-
 Lei sorrise e fece un cenno di assenso. Volevo essere certa che capisse il mio messaggio e per fortuna c’era arrivata: non avrei detto a nessuno quello che avevo sentito, volevo farla sentire tranquilla.
 Senza dire una parola, sorrisi e mi diressi verso le scale, salendo un paio di grandini.
 Quando fui sicura che la D’Arcangelo se n’era andata presi un grosso respiro e poggiai le spalle alla parete. In quel momento tutta l’angoscia che avevo cercato di nascondere mentre parlavo con la mia professoressa, prese di nuovo possesso del mio corpo. Sopraffatta da tutto quello che era successo mi lasciai scivolare lungo il muro fino a ritrovarmi seduta sul gradino.
 Era finita.
 Tutto quello che in quei mesi meravigliosi c’era stato tra me e Massi era arrivato alla fine.
 Conoscevo Massi, non potevo dirgli il motivo per cui avevo deciso di troncare, avevo bisogno che lui pensasse che il mio amore non esisteva più.
 Il solo pensiero di dovergli fare una cosa del genere mi uccideva ma non vedevo altra soluzione. Lui era testardo, non mi sarebbe mai stato a sentire e avrebbe fatto di testa sua. Per cosa poi? Per restare a studiare a Lecce e rinfacciarmi alla prima litigata che lui era rimasto rinunciando al suo sogno?
 No. Non sarebbe mai accaduto. Dovevo assolutamente trovare una soluzione anche a costo di soffrire come un cane fino alla fine dei miei giorni.
 
 -E qui sono entrato in gioco io, giusto?- mi chiese Riccardo.
 Eravamo seduti accanto sul mio letto e lui mi stava asciugando una delle tante lacrime che silenziose mi avevano rigato il volto durante tutto il tempo in cui gli avevo spiegato ogni cosa.
 -Sì, e mi dispiace da morire. Ma tu mi sei sembrato l’unico modo credibile per raggiungere il mio scopo. Ti ho usato, Riccardo. Perdonami, ti prego.-
 Lui non disse una sola parola e questo fu più doloroso dell’essere presa a sberle per ore.
 -Massi non mi avrebbe mai ascoltato, avevo bisogno di un pretesto credibile perché la mia decisione potesse risultare credibile. Tu sei stato il primo ragazzo che ho amato e sei rispuntato dal nulla minacciando il mio rapporto con Massi. Lui sapeva perfettamente quanto io tenessi a te, e quanti dubbi mi avevano assalita quanto ti avevo rivisto. Il fatto che io avessi capito di amarti poteva risultare più che plausibile.-
 -Lo capisco-, mormorò lui con un sospiro. –Non nascondo che la cosa mi ferisca ma non posso negare che ormai avevo capito già da un po’ che dietro che la tua decisione di metterti con me ci doveva essere dell’altro.-
 -Riccardo, mi dispiace da morire.-
 -Adesso capisco anche perché non hai mai voluto fare l’amore con me-, disse lui con tono amaro.
 Spalancai gli occhi sorpresa. Ogni volta che avevamo affrontato l’argomento avevo sempre detto di non sentirmi ancora pronta.
 -Non eri ancora pronta?- mormorò lui con una risata amara. –Avrei potuto aspettare a vita quindi e non lo saresti mai stata. L’unico che hai sempre voluto è stato Massimiliano, e solo lui.-
 Annuii con le lacrime che ormai avevano preso possesso persino dei miei pensieri, non avrei mai creduto di poter piangere così tanto senza emettere un solo suono.
 -Io amo Massi, ho sempre amato davvero solo lui. Non posso farci niente, ho provato in tutti i modi ad amarti come amo lui, ma non ci sono riuscita. E quando tu mi hai chiesto di fare l’amore mi è tornato in mente lui e… E ho capito che il mio corpo avrebbe voluto solo lui e nessun altro, non sarei mai riuscita a fare l’amore con te, o almeno non ci avrei messo tutta l’anima.-
 -Be’ il biondino sarà felice di sapere che gli sei rimasta fedele-, disse lui con una risata.
 -Lui non saprà proprio nulla-, risposi abbassando lo sguardo.
 -Come scusa?-
 Non mi sorprendeva che Riccardo non avesse capito, ancora non sapeva tutto.
 -Massi ha deciso di andare a studiare a Boston ma se scopre che per tutti questi mesi io ho solo recitato, tornerà sui suoi passi e resterà qui. Non deve succedere, lui deve partire.-
 -Aspetta un secondo. Mi stai chiedendo di reggerti il gioco?- mi chiese Riccardo incredulo.
 -Più o meno. Tu non dovrai fare niente, dovrai solo tenere la bocca chiusa fino a quando Massi non si sarà trasferito. In pratica è solo un’omissione, tutto qui. Lui non deve sapere la verità, non deve averne la certezza almeno.-
 -Che vuoi dire?-
 Adesso veniva l’ultima parte da raccontare. Presi un grosso respiro e cominciai.
 Spiegai a Riccardo tutto quello che era successo quella sera, soffermandomi sul bacio e sul fatto che quella era stata la conferma per Massi che io lo amavo ancora. Narrai di come tutto il mio piano era andato a farsi benedire per un unico e stupido errore.
 -Vale, te la posso dire una cosa?-
 Lo guardai incuriosita, il suo tono era quasi divertito.
 -Certo che sai proprio come incasinarti la vita. Porca miseria, ti sei incartata da sola senza nemmeno l’intervento di qualcun altro.-
 -Sì, lo so-, risposi indispettita. –Non c’è bisogno di sottolinearlo.-
 -E invece sì. Se ti facessi meno seghe mentali non avresti tutti questi problemi. Ogni volta che ti succede qualcosa è più il tempo che stai a rimuginarci che quello in cui agisci.-
 Mi stava insultando o mi sbagliavo?
 Sollevai un sopracciglio scocciata.
 -Voglio dire che secondo me fin dall’inizio sarebbe stato molto più semplice parlare con Massi e non ti saresti trovata in tutto questo putiferio, alla fine sono convinto che lui avrebbe capito.-
 -No, ti sbagli. Per lui sono la cosa più importante al mondo e avrebbe sacrificato il suo futuro per me anche se gli avessi ripetuto ogni giorno di non farlo. Lui è così, è testardo e quando si mette in testa una cosa non gliela togli nemmeno con una lobotomia. L’unica soluzione era eliminare una della due opzioni, così non avrebbe dovuto scegliere.-
 -E quindi hai deciso di chiamarti fuori. Ma adesso come pensi di gestirla?-
 Ora che avevo parlato con Riccardo, che almeno in parte mi ero alleggerita del mio peso, sapevo cosa dovevo fare. Proprio niente. Non avrei fatto nulla. Avrei ignorato quel bacio, e avrei continuato ad ignorare Massi e tutti gli altri, dovevo stare lontana da tutti loro fino a quando Massi non se ne fosse andato.
 -Ti stai facendo tutto un discorso mentale su come sia meglio stare lontana da Massi e far finta che il bacio non ci sia mai stato?- mi chiese Riccardo esasperato.
 -La smetti di leggermi nel pensiero?- dissi arrabbiata.
 -Ti conosco meglio delle mie tasche come tu conosci Massi, e lo sai benissimo che il tuo amore adorato tornerà all’attacco adesso. Sei sicura di riuscire a tenerlo a bada? Se è testardo come hai detto non si fermerà fino a quanto non ti riavrà con sé.-
 Sospirai asciugandomi le ultime lacrime.
 -Sai come sono fatta, purtroppo per lui anch’io sono molto testarda. Se lui tornerà a farsi avanti io lo respingerò, anche cento volte se sarà necessario. La sua determinazione posso riuscire a gestirla, di questo ne sono sicura.-
 -Quindi sei decisa ad andare avanti con questa storia?-
 Fissai Riccardo negli occhi, senza nemmeno l’ombra di un’esitazione.
 -Sì.-
 -Spero che tu sappia quello che stai facendo.-
 Senza dire altro Riccardo mi attirò a sé e mi abbracciò. Sapeva sempre quello di cui avevo bisogno.
 Mi lasciai cullare dal suo abbraccio, lasciai che il mio cuore si riempisse del suo affetto perché non mi aspettavano giorni facili. Come aveva detto Riccardo, Massi sarebbe tornato, presto o tardi, all’attacco e io dovevo risultare il più decisa possibile e questo sarebbe stato molto doloroso per me. Massi sapeva che lo amavo ancora e ciò rendeva tutto molto più complicato.
 Avevo la testa che stava per scoppiare ma non mi sarei arresa.
 Il futuro di Massi era l’unica cosa che mi interessava, mi ero spinta davvero lontano per dargli la possibilità di realizzare i suoi sogni e di certo non sarebbe stato un bacio a rovinare tutti i miei piani.
 Non potevo permettere che accadesse!












***L'Autrice***
 E dopo quasi due mesi di attesa, eccomi qui con il capitolo rivelatorie. Probabilmente qualcuna di voi aveva intuito quello che era successo a Vale, il motivo per cui aveva deciso di chiudere definitivamente con Massi. L'unico problema è che adesso lei non ha cambiato idea: Massi deve partire!
 Quindi adesso che cosa succederà, Massi andrà via o troverà il modo di far confessare Vale per poi rinunciare alla sua occasione di studiare ad Harvard?
 Bella domanda xD Ancora nemmeno io so di preciso quello che accadrà, come dico sempre: sto leggendo la storia insieme a voi, capitolo dopo capitolo. E' lei che comanda, io mi limito a trascrivere quello che sta succedendo. ^^
 Comunque spero veramente che questo capitolo vi sia piaciuto. Come al solito mi è costato davvero tante energie perchè ho finito di scriverlo quando il sole era ormai quasi sorto ^^ Devo dire che mi trovo davvero a mio agio nel tornare a scrivere dal punto di vista di Vale, i capitoli dal pov di Massi mi sono costati anni di vita.
 Spero di scrivere al più presto il prossimo capitolo perchè ormai manca davvero poco alla fine di questa seconda parte delle vincende di Massi e Vale, e non vedo l'ora che tutte voi sappiate tutto quello che mi frulla nel cervello ^^
 Come sempre ringrazio tutte colore che hanno recensito. Ho letto tutti i vostri commenti e siete meravigliose, vi ringrazio dal più profondo del cuore ^^
 Al prossimo capitolo, vi voglio bene!
 Francesca

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Capitolo 17
*** Prima Prova ***






Verso La Maturità- Capitolo 17
L’Amore E’ Un Bellissimo Fiore,
 Ma Bisogna Avere Il Coraggio Di Coglierlo Sull’Orlo Di Un Precipizio
 (Stendhal)
 
 Capitolo 17: Prima Prova
 
 Erano le sette del mattino e la sveglia stava suonando imperterrita. Io ero già in piedi da più di mezz’ora e la cosa era davvero sorprendente. Tra il pensiero che quel giorno avrei rivisto Massi e che alla nove di quella mattina sarebbero iniziati ufficialmente gli esami di Maturità non mi sorpresi del fatto che non avevo quasi chiuso occhio.
 Il mio stress stava decisamente raggiungendo livelli disumani e persino io non riuscivo a capire come mai non mi fossi già data alla fuga in qualche paese esotico. Non ne potevo davvero più! Ero stanca di combattere e di dover affrontare sempre guerre psicologiche. Anche la mia sanità mentale aveva un limite e da quando avevo conosciuto Massi lo avevo superato parecchie volte.
 Mentre mi pettinavo i capelli in una coda di cavallo alta- faceva talmente caldo che era impossibile anche solo pensare di lasciarli sciolti- mi fermai e osservai per diversi secondi il mio riflesso nello specchio. Il viso e la mia espressione lasciavano trasparire tutto lo stress che in quei giorni mi aveva attanagliato l’anima.
 Mi sentivo inquieta e sull’orlo di una crisi di nervi. C’era solo una cosa che poteva peggiorare le occhiaie nere che mi cerchiavano gli occhi: Massi mi mancava da morire.
 Da quando c’era stato quel bacio, da quando il mio corpo aveva riassaggiato il suo anche se per pochi lunghi istanti, ogni mia cellula aveva deciso di appendere ovunque lo striscione “Rivogliamo Massi!”. Ogni secondo, ogni istante, ogni momento il mio cervello mi riproponeva le ore di intimità che fino a pochi mesi prima avevo condiviso con Massi. Tutti i miei pensieri vertevano su una sola cosa e tutti ricordavano tremendamente un film a luci rosse. Un magnifico film a luci rosse!
 Presi un respiro profondo che fu seguito quasi immediatamente da uno dei sospiri più lunghi della mia vita.
 Ero riuscita a complicare le cose fino all’inverosimile. In pratica il futuro di Massi dipendeva da come avrei deciso di comportarmi in quegli ultimi giorni prima che ci dicessimo addio per sempre e avevo il terrore di mandare tutti quei mesi al diavolo.
 Sarebbe bastato un piccolo, insignificante, errore perché Massi scegliesse di restare per tentare di riconquistarmi: non potevo permetterlo!
 Avevo sofferto per tutti quei mesi e l’unica cosa che mi faceva vedere una luce alla fine di quel tunnel era pensare che Massi avrebbe realizzato il suo sogno. Non ce l’avrei fatta se Massi avesse deciso di restare. Il suo destino era quello di partire, non quello di restare a Lecce con me per prendere una laurea senza senso.
 Era scritto che Massi sarebbe diventato un medico e non sarei stata di certo io la causa del suo fallimento.
 Presi un altro respiro per trovare da qualche parte dentro di me quelle forze che sembravano svanite nel nulla.
 Mi aspettavano i giorni più difficili della mia vita e avevo bisogno di tutta la mia forza d’animo per non crollare e mandare tutto a quel paese.
 Oltre a tutti i miei problemi mentali per la storia di Massi quel giorno era destinato a diventare un incubo anche per un altro motivo, quasi il più importante: stavo per affrontare la Maturità completamente da sola. Le mie amiche ormai, e a ragione, non avevano intenzione di parlarmi e non avrei potuto sfogarmi con loro per la riuscita di quella prima prova. Sarei arrivata in classe, avrei letto le tracce della prova d’italiano senza alzare la testa dal foglio e soprattutto non avrei potuto guardare le mie due migliori amiche negli occhi augurando loro buona fortuna con lo sguardo.
 Non avrei potuto fare nulla di quello che avevo sempre immaginato in un giorno come quello. Niente di ciò che avevo sperato di poter fare.
 Alla fine non si trattava solo di Massi, il mio cuore sentiva la mancanza di tutte le persone che per me erano importanti.
 Amy, con la sua tenacia e irriverenza, sempre pronta a darmi una botta in testa pur di farmi capire qualcosa a cui non sarei mai arrivata.
 Marti, con la sua dolcezza e i suoi silenzi che spesso erano più utili di qualsiasi parola.
 Marco, con le sue crisi di panico e la sua voglia di impicciarsi dei fatti di tutti tranne che dei suoi.
 Sabrina, con le sue parole sagge e i suoi pensieri coerenti, paladina della giustizia e della vera amicizia.
 Delia, con i suoi sgangherati  consigli d’oltreoceano e la sua voglia di vivere secondo il suo modo di vedere le cose.
 Tutti, dal primo all’ultimo, per me erano amici importanti, fondamentali. In tutti quei mesi avevo accusato la mancanza di Massi almeno quanto la loro. Mi mancavano tutti e mi sentivo tremendamente sola nonostante ci fosse Riccardo al mio fianco.
 -Ah, sei sveglia.-
 Quella voce mi fece sobbalzare. Era mio padre, si trovava proprio fuori dalla porta aperta della mia stanza e mi guardava sorridendo.
 -Non ho dormito molto stanotte-, mormorai con voce talmente depressa che per poco non mi spaventai io stessa.
 -Tranquilla, tesoro mio-, rispose lui con sorriso. –Oggi almeno è solo il tema d’italiano e sono certo che non avrai problemi, sei sempre stata brava a scrivere.-
 Annuii con una certa esitazione. In effetti il tema non mi spaventava ma incontrare Massi e gli altri mi terrorizzava.
 -Mamma dorme ancora?- chiesi cercando di bloccare uno sbadiglio.
 -Sono ancora le sette, certo che sta dormendo!-
 Mia madre attaccava alle nove di mattina e quindi prima delle otto non ci pensava nemmeno a schiodarsi dal letto.
 -Papà?- cominciai io con voce esitante.
 -Dimmi-, rispose lui guardandomi.
 -Se tra me e Riccardo le cose non dovessero andare, pensi che mamma mi perdonerà?-
 Tra i miei pensieri a terrorizzarmi c’era anche quello che mia madre non accettasse una futura rottura tra me e Riccardo- cosa che era già accaduta ma prima o poi avrei dovuto ufficializzare il tutto.
 -Tua madre ti ama più di chiunque altra persona esistente al mondo, vuole solo il tuo bene. Quindi se tra te e Riccardo non dovesse funzionare lei ti resterà sempre vicina.-
 Non chiese altro, per fortuna mio padre sapeva essere una persona estremamente discreta. Mi diede solo un bacio sulla fronte augurandomi buona fortuna per quella prima prova degli esami.
 Uscimmo di casa praticamente insieme.
 La prova sarebbe iniziata alle nove ma io ero troppo nervosa per continuare a starmene chiusa in casa, quindi decisi di uscire e di affrontare quella giornata il prima possibile. Prima cominciavo e prima avrei potuto tirare un sospiro di sollievo, per poi tornare a preoccuparmi per il giorno seguente.
 Varcato il cancello della scuola, parcheggiai lo scooter insieme a quei pochi che erano già in bella mostra e mi diressi verso il cortile dell’obelisco.
 Non c’era praticamente nessuno, era davvero ancora troppo presto.
 Su una panchina sperduta vidi due compagne di classe di Massi che si agitavano mentre sfogliavano freneticamente i loro libri di letteratura italiana.
 Dall’altro lato dello spiazzale, su un’altra panchina, tre ragazzi se ne stavano per i fatti loro a chiacchierare e a fumare sigarette come se quella fosse stata una gita e non il giorno più stressante della loro vita.
 Beati loro che riuscivano a divertirsi anche in quella situazione.
 Della mia classe non c’era ancora nessuno, e non vidi nemmeno una delle persone che in una situazione normale avrei tanto voluto incontrare.
 Mi sedetti su una panchina vicino all’obelisco, in teoria speravo che proprio quella specie di monumento celasse la mia presenza a Massi. Non che ci credessi davvero in quel tentativo praticamente inutile ma tanto valeva provarci.
 Di prendere il libro di italiano e ripetere non se ne parlava, ero troppo agitata.
 Quindi decisi di portarmi avanti con le prove successive. Afferrai dal mio zaino il libro di filosofia- il mio tallone d’Achille per antonomasia- e cominciai a leggere qualcosa su Hegel. Avevo studiato quel filoso ormai per mesi ma ancora, appena iniziavo a leggere, mi sembrava che fosse la prima volta. Le parole mi entravano in testa con la stessa velocità che impiegavano ad uscirne, e non era per l’ansia. Era solo dovuto alla mia totale repulsione per la materia.
 -Ciao Vale.-
 Quella voce mi fece sussultare quasi fino a farmi saltare.
 Davide Zilli si sedette al mio fianco senza neanche dire altro.
 -Ciao Davide-, risposi io cercando di non far trapelare il mio infarto del miocardio.
 -Come vanno le cose? Ti senti pronta?- mi chiese accendendosi una sigaretta.
 Lo guardai negli occhi alzando un sopracciglio.
 Lui mi sorrise e scosse la testa, forse aveva intuito il significato della mia risposta silenziosa.
 -Scusa, se lo avessero chiesto a me avrei fatto la stessa faccia. Ma sono nervoso e non so di che parlare. Non voglio mettermi a ripetere e avevo bisogno di distrarmi.-
 -Lo capisco, ma tanto non credo che ci sia qualcuno davvero preparato per questi cavolo di esami.-
 -Tranne la Giordano.-
 Lo disse in modo così serio, talmente serio che guardandoci scoppiammo a ridere come due cretini.
 -Pensi che anche i commissari esterni s’innamoreranno di lei a prima vista?-
 -Potrebbe andare diversamente?- risposi io con ovvietà.
 In quegli anni di scuola non mi ero mai ritrovata a parlare da sola con Davide e dovevo ammettere che era stato un errore. Chiacchierare con lui si stava rivelando la distrazione adatta per non pensare più troppo alla mia complicata situazione.
 -Con la Giordano si va sul sicuro, i professori la amano appena la guardano in faccia.-
 Davide aveva assolutamente ragione. Lei era forse quella che sarebbe stata più in ansia per gli esami e probabilmente l’unica che non avrebbe dovuto farlo. Però io non ero nessuno per giudicare, lei era fatta così e non era giusto pensare che sbagliasse. Si meritava il cento e quello nessuno lo avrebbe mai messo in discussione.
 -Vale, io non ti ho mai chiesto scusa.-
 Alzai lo sguardo sorpresa, fissando quel ragazzo negli occhi come se avessi davanti un alieno.
 -Scusa per cosa?- Davide era un ragazzo buono e non mi aveva mai fatto nulla, non avevo assolutamente idea di cosa stesse per dirmi.
 -Christian era il mio migliore amico e io non gli ho impedito di fare quello che ha fatto a Martina, nonostante sospettassi quale fossero le sue intenzioni. Avrei potuto evitarlo e invece non ho fatto nulla per paura che Martina mi odiasse ancora di più.-
 -Marti non ti odia, non ti ha mai odiato. Hai persino preso le sue difese durante la festa di Christian. Non sei tu a dover chiedere scusa.-
 Lui abbassò lo sguardo e iniziò a fissarsi le mani come se non avesse mai visto nulla di così interessante.
 -Forse non mi odia, ma di certo la mia presenza la infastidisce molto.-
 Presi un respiro. Dovevo a Davide una spiegazione e volevo scegliere le parole giuste.
 -Martina è una ragazza molto complicata. Vive in un mondo tutto suo e non è semplice capirla. Persino io che la conosco da una vita ancora non ho tutti i pezzi del puzzle ma credo di poter dire con certezza che non ti odia e non la infastidisci.-
 Un sorriso scettico gli si dipinse sul volto.
 -Lei è ancora, come posso dire… Ferma. E’ ferma sentimentalmente in qualcosa che nemmeno lei conosce e ha paura. Credo che tema di soffrire ancora. Ha aperto il suo cuore una sola volta e ti assicuro che lei non era incline a farlo, eppure si è lasciata andare. Nel momento in cui lo ha fatto il mondo le è crollato addosso perché si è fidata della persona più sbagliata che potesse scegliere. Ma tutto questo non ha nulla a che fare con te. Lei sa bene di piacerti, credo che lo abbiano capito anche i muri, ma adesso non ha né la voglia né la forza per accettare quello che provi.-
 -Come è successo negli ultimi cinque anni-, rispose lui con tono amaro.
 Sorrisi e gli posai una mano sulla spalla.
 -Fidati, lei è davvero molto complicata.-
 Sospirò.
 -Vorrei solo che mi desse una possibilità, anche solo per essere amici. Ti giuro che ho sempre voluto solo e soltanto questo. Adesso stiamo per diplomarci e probabilmente le occasioni per rivederla saranno inesistenti.-
 -Ascoltami, so che lei ti piace ma forse dovresti guardare avanti e pensare alla tua vita. Non finirà tutto con il liceo, potresti incontrare una ragazza che ti piace di più oppure Marti potrebbe diventare una persona normale e darti una possibilità. Quello che ti posso dire e di non scoraggiarti solo perché la ragazza che ti piace non ricambia i tuoi sentimenti, ti garantisco che nella vita può succedere di peggio.-
 Lui mi guardò dritto negli occhi e sorrise, forse sollevato, non avrei saputo dirlo.
 -Sì, penso che tu abbia ragione.-
 Ricambiai il sorriso.
 -E se vuoi un altro consiglio comincia ad ignorarla, per il resto se un giorno parlerò ancora con lei metterò una buona parola per te.-
 Lui annuii sorridendo. Lo ringrazia per non avermi chiesto i dettagli del mio litigio con le mie amiche. Davide era un bravo un ragazzo e Marti avrebbe dovuto dargli una possibilità ma quando ci si metteva quella stupida sapeva essere più dura di una lastra di cemento armato.
 Passammo la mezz’ora successiva a ripetere filosofia. Davide se la cavava molto bene e mi aveva aiutato a capire un paio di quei tanti passaggi a cui da sola non sarei mai riuscita ad arrivare.
 Mentre stava cercando di spiegarmi la filosofia di Kant in modo più semplice e riassuntivo possibile, i miei occhi furono attirati da quello che avevo temuto per tutta la mattinata e buona parte della nottata. Vidi Massi varcare il cancello della scuola.
 Il sangue mi si gelò nelle vene e nello stesso tempo la circolazione aumentò in modo esponenziale. Non sapevo cosa fare e non sapevo assolutamente cosa pensare. Sapevo solo che all’improvviso mi venne voglia di scappare e la gola mi si seccò, avevo il deserto del Sahara lungo tutto l’esofago.
 -Davide, vado un attimo a prendere qualcosa da bere. Fa veramente caldo.-
 -Certo, ti aspetto qui- rispose lui sorridendomi.
 Massi stava parlando con alcuni ragazzi della sua classe vicino al portone della scuola. Non mi aveva visto per fortuna, quindi camminai velocemente verso l’ingresso dell’edificio sperando che a Massi non venisse voglia di voltarsi.
 Per fortuna non lo fece e la cosa mi sollevò parecchio.
 Non sapevo come avrei fatto ad evitarlo fino a quando non saremmo entrati nelle aule ma in qualche modo dovevo farcela.
 Dentro la scuola non c’era praticamente nessuno, pensavo che tutti i professori fossero ancora in riunione e delle bidelle non c’era traccia. Quindi dubitavo che qualcuno mi avrebbe sgridato per essere entrata prima del suono della campanella.
 Mi diressi spedita verso le macchinette e scelsi un tè al limone, l’acqua non sarebbe bastata a far passare l’arsura che ormai, tra il caldo e le mie emozioni, aveva completamente preso possesso del mio corpo.
 Bevvi un lungo sorso e subito dopo respirai con forza come se non lo avessi fatto per diversi minuti. Ero stanca, sia mentalmente che fisicamente. Dire che mi sentivo distrutta era il minimo.
 Non avevo molta voglia di tornare in cortile, avevo troppa paura che Massi si accorgesse della mia presenza, ma non potevo nascondermi per sempre e di certo Davide si sarebbe insospettito se lo avessi lasciato da solo per troppo tempo.
 Mi decisi alla fine di tornare fuori e con calma iniziai a camminare verso l’uscita. Avevo la testa tra nuvole, camminavo ma in realtà lo facevo in modo meccanico pensando a tutt’altro. Massi era già a scuola e non sarebbe passato molto prima che arrivassero anche gli altri. Quella giornata sarebbe stata un vero inferno e quello che più mi spaventava era che si trattava solo all’inizio, non sarebbe finita prima di tre ore o più.
 Non ero sicura di riuscire a reggere tutta quella tensione, il mio cervello cominciava davvero ad abbandonarmi.
 Mi sentivo quasi come una bambina che cercava di evitare i genitori quando aveva fatto un pasticcio. Lo avevo sempre fatto, avevo costantemente evitato di affrontare i miei problemi quando pensavo che fossero troppo gravi perché le mie spiegazioni potessero mitigare la ramanzina o la punizione. Lo stavo facendo ancora una volta: Massi era il mio giudice e il guaio che avevo combinato era il peggiore della mia vita. Sarei stata capace di evitarlo per molto, moltissimo, tempo. Avevo una specie di talento per farlo.
 Ero ancora assorta nei miei pensieri, in pensieri che non credevo nemmeno di avere quando sentii un rumore proveniente dalla mia destra e prima che me ne accorgessi una mano aveva afferrato il mio polso e mi aveva trascinato all’interno di un’aula.
 Il suono della porta che si chiudeva alle mie spalle fece bloccare il mio cuore e mentre mi voltavo per vedere chi mi avesse trascinato in quell’aula deserta la bottiglietta di tè mi cadde sul pavimento con un tonfo.
 -Sei brava ad evitarmi ma sono molto bravo nell’intrappolarti.-
 Gli occhi verdi di Massi erano fissi nei miei.
 Stavo a bocca semi aperta mentre vedevo Massi con la schiena poggiata sulla porta chiusa per evitare che io decidessi di scappare. Mi guardava con aria decisa e allo stesso tempo nei suoi occhi c’era un piccolo barlume di insicurezza, come se non fosse del tutto certo di fare la cosa giusta. Conoscevo Massi abbastanza bene da poter dire che quel piccolo barlume non aveva potuto niente contro la sua voglia di sapere e di vincere. Era troppo determinato, molto più di me, per tornare indietro sulle sue decisioni, e io lo sapevo anche troppo bene.
 -Non ti stavo evitando-, mormorai contrariata mentre mi chinavo a raccogliere la bottiglietta. Stavo cercando in tutti i modi di assumere un’aria disinteressata alla situazione e per il momento me la stavo cavando alla grande nonostante il tumulto di emozioni che cominciava a crescermi dentro come un uragano che non sarei mai riuscita ad estinguere.
 -Sei brava a mentire ma ormai non è tanto semplice essere ingannato da quello che dici.-
 Sospirai esasperata.
 -Se devi dirmi qualcosa parla, altrimenti vorrei essere libera di tornare fuori. Davide mi sta aspettando per ripetere. Sai, non so se l’hai notato ma oggi avremmo un piccolo impegno: gli esami di Maturità!-
 Lui mi guardò scettico.
 -Credo che il tema d’italiano preoccupi te meno di quanto possa preoccupare me, quindi rilassati.-
 -Devi dirmi qualcosa?- rincarai con il tono della voce su quella domanda. Non potevo di certo spostarlo con la forza per uscire, quindi tanto valeva che parlasse così poi sarei stata libera di andarmene senza ulteriori complicazioni.
 -Sì, in effetti devo dirti qualcosa visto che ti ho praticamente rapita e rinchiusa in un’aula a meno di un’ora dall’inizio degli esami.-
 La sua aria ironica mi fece innervosire così tanto che gli lanciai un’occhiataccia così piena di rabbia che mi sembrava strano non averlo incenerito all’istante.
 -Allora, parla!- esclamai. –Ho da fare, non so più come dirtelo.-
 -Ti amo.-
 Sentii il tonfo della bottiglietta di tè che incontrava il pavimento per la seconda volta. Non avrei dovuto reagire così, sapevo bene quello che Massi provava per me ma lo aveva detto in modo così strano. Non era sicuro di se stesso, non era deciso come al solito, era quasi spaventato. Si vedeva che era terrorizzato dall’idea di aver fatto un errore, aveva il timore di non aver detto la cosa giusta, aveva paura di essere respinto ancora una volta. Eppure nonostante tutti quei dubbi nei suoi occhi albergava la certezza delle sue parole, la voglia di farmi capire quanto fosse vero, il desiderio di farmi comprendere quanto quella piccola frase gli fosse costata.
 Mi amava, si vedeva anche troppo bene.
 Lo amavo anch’io e ancora una volta avrei dovuto deluderlo, lo dovevo fare per lui.
 -Massi, per favore, smettila-, cominciai con un filo di voce. –La mia risposta non cambierà anche se tu mi dirai che mi ami all’infinito.-
 -Ti amo.-
 Lo disse ancora una volta senza aggiungere altro e facendo un passo per avvicinarsi a me.
 -Massi… -, mormorai mentre il mio cuore accelerava i battiti disobbediente. –Lasciami andare.-
 Più che una richiesta, la mia, era una vera e propria preghiera. Non volevo trovarmi in quell’aula con lui, non volevo mandare a rotoli tutto il mio piano. Dovevo scappare, ancora una volta dovevo alzare i tacchi e andarmene per evitare che le cose andassero in malora.
 -Ti amo.-
Un altro passo verso di me, e un altro passo per verso il punto di non ritorno.
 -Non può funzionare, non puoi continuare a dirlo illudendoti che cambierà qualcosa. Devi finirla di farti del male.-
 Il mio cuore batteva sempre più veloce mentre lui faceva un altro passo ancora nella mia direzione.
 -Ti amo.-
 Ci divideva solo un passo e io non avevo nemmeno la forza di muovermi. Sapevo che dovevo allontanarmi da lui, ne avrei avuto la possibilità senza nemmeno sforzarmi troppo. L’aula era grande e se mi fossi allontanata lui si sarebbe arreso ma mi era impossibile. Ero incatenata ai suoi occhi come non mi era mai successo prima.
 Il mio cervello m’intimava di muovermi ma il cuore mi costringeva a stare fermo, annullava tutto il dominio che il cervello avrebbe dovuto avere sui miei muscoli.
 -Massi, per favore, torna indietro. Devi lasciarmi andare, non sono più tua. Lo vuoi capire?-
 Quella domanda venne fuori con un tono quasi disperato e fu quello a tradirmi più di tutto. Aveva già capito che lo amavo ancora, forse più di prima, e adesso gli avevo anche dato la conferma che tutto il mio mondo dipendeva da lui molto più di pochi mesi prima.
 -Ti amo!-
 Fu l’ultima volta che lo disse. La sua voce era sicura, era piena di tutti i suoi sentimenti e prima che me ne accorgessi la linea sottile che divideva il mio cervello dal mio cuore si annullò, completamente e in modo inesorabile.
 Non riuscii più a ragionare, non capivo nemmeno dove mi trovavo, solo un dettaglio mi era davvero chiaro: Massi mi stava baciando e io non lo stavo respingendo. Non avevo la forza di allontanarmi, quel bacio stava assorbendo tutte le mie energie e, peggio ancora, tutti i miei pensieri. Tutte le ragioni per cui quel bacio non ci sarebbe mai dovuto essere finirono all’istante nell’angolo più recondito del mio cervello, quello che nessuno ricorda mai di avere.
 Era svanito tutto.
 Riccardo, Harvard, la conversazione di Massi con la D’Arcangelo. Tutti i motivi che mi avevano portato a lasciarlo e a fingere di amare un altro erano svaniti nel nulla, sostituiti dai sentimenti che per mesi avevo cercato in tutti i modi di reprimere.
 I sentimenti… Erano tutto ciò che di più strano poteva esistere.
 Il sentimento di protezione verso Massi mi aveva portato ad imprimere a me e a lui una sofferenza quasi gratuita che probabilmente altre persone avrebbero evitato.
 Il sentimento di egoismo verso di me mi aveva portato a far soffrire Riccardo e ad allontanare tutti i miei amici.
 Il sentimento irrefrenabile verso Massi adesso mi stava portando ad annullare tutto e ad incasinare ancora di più la situazione.
 Più pensavo a tutti quei casini e meno me ne importava.
 Eravamo solo io e Massi, di nuovo, per l’ennesima volta come era accaduto perennemente dal primo momento in cui avevo capito di essere innamorata di lui.
 Quel bacio stava diventando il più bello e libero di tutti.
 Libero dai miei pensieri malati, libero da tutti i miei piani e le mie congetture, libero da problemi e assurdità che avevano permeato per mesi il mio cuore.
 Con quel bacio tutto stava per essere cancellato.
 Non avrei più potuto inventare scuse, non avrei più potuto fingere che non me ne importasse niente. Massi avrebbe voluto una vera spiegazione e io non avevo idea di come evitargliela.
 Il bacio stava diventando incredibilmente lungo ma ciò non mi disturbava per niente. Entrambi sapevamo che una volta giunti alla fine, la realtà sarebbe tornata ad insinuarsi tra di noi. Finché però quel bacio fosse stato il protagonista della scena, le spiegazioni e tutto il resto potevano aspettare, potevano ancora restare relegati nell’angolino recondito della mia mente senza permettersi di disturbare quel meraviglio istante.
 Eppure mentre le mie labbra erano impegnate in quel poetico compito, mentre assaporavano quelle di Massi in modo quasi nuovo, la mia mente malata decise ancora una volta di farmi uno scherzo.
 Non potevo!
 Non potevo assolutamente mandare tutto a monte. Il futuro di Massi tornava a fare capolino nella mia testa come una onnipresente spada di Damocle.
 Era solo un bacio.
 Avevo ammesso sere prima di provare ancora attrazione fisica per Massi, potevo ancora usare quella scusa. Potevo ancora salvare il mio piano. Potevo ancora negare. Forse lui non ci avrebbe creduto, nemmeno io lo avrei fatto, ma potevo ancora salvare la situazione e la sua scelta di trasferirsi a Boston. Potevo… Ancora… E dovevo!
 Mi presi ancora qualche secondo, mi lasciai cullare per un altro po’ in quel mondo senza problemi che quel bacio aveva creato.
 Massi mi stringeva a sé, mi abbracciava tenendosi aggrappato alla convinzione che tutto potesse tornare ad essere come prima. E io avevo il dovere di infrangere le sue speranze ancora per una volta e la cosa mi distruggeva.
 Trovai il coraggio, non so dove, dentro di me e alla fine posai una mano sul petto di Massi e lo allontanai da me.
 Non dissi nulla, mi limitai a fissarlo negli occhi e poi ad abbassare lo sguardo colpevole. Non reggevo il sentimento che avevo visto nei suoi occhi verdi pieni d’amore subito dopo quel bacio.
 -Te l’ho detto-, cominciai allontanandomi completamente da lui. –Sono ancora attratta da te ma questo bacio non mi ha fatto provare niente di più.-
 Alzai lo sguardo e lo fissai negli occhi in modo distratto, non volevo leggerci nulla, volevo solo risolvere quella questione prima che tutta la mia decisione e il mio coraggio andassero persi.
 -Non ti amo più.-
 Lo dissi con convinzione, forse anche più di quella che avrei mai pensato di riuscire a metterci.
 -Lasciami andare.-
 Questa volta non era una preghiera, era solo una richiesta e speravo che lui non si opponesse.
 Non lo fece.
 Non si oppose per niente.
 Si fece semplicemente da parte dandomi la possibilità di aprire la porta e andare via.
 Non aspettai nemmeno un secondo, lentamente mi diressi verso la porta, lasciando Massi alle mie spalle e posando la mano sulla maniglia per aprire la mia uscita verso la libertà da tutti quei sentimenti.
 -In bocca al lupo per la prova.-
 Mi disse lui semplicemente.
 Mi bloccai all’istante mentre aprivo la porta.
 -Crepi-, mormorai senza voltarmi.
 Uscii dall’aula e mi diressi velocemente verso il cortile.
 Davide era ancora seduto sulla panchina ad aspettarmi. E mentre mi sedevo accanto a lui, scusandomi per averci messo tanto, mi misi a riflettere.
 Era stato tutto troppo facile. Massi mi aveva lasciato andare troppo velocemente, senza nemmeno opporsi. Mi ritrovai a sperare che si fosse arreso, forse il suo era stato soltanto l’ultimo tentativo per provare a rimettere le cose al loro posto e adesso si era finalmente deciso a smetterla.
 Lo speravo davvero con tutto il cuore.
 Quel bacio mi aveva scombussolato abbastanza. Ormai non sapevo nemmeno più di preciso dove mi trovassi.
 Un attimo prima ero seduta in cortile insieme a Davide, e il secondo dopo ero in un’aula insieme ai miei compagni di classe, pronta ad affrontare la prima prova scritta del mio esame di Maturità.
 Quando il nostro professore d’italiano ci consegnò le buste con le tracce per il tema, presi un respiro profondo. Con tutto quello che era successo in quella assurda mattinata, molti dei miei neuroni erano andati a farsi benedire, quindi non mi sentivo più così tranquilla riguardo quella prova.
 Alzai lo sguardo per un secondo prima di aprire la busta.
 Avvenne qualcosa che mi sorprese davvero tantissimo. Amy e Marti erano sedute due banchi davanti a me, entrambe avevano la loro busta in mano e mi guardavano con un sorriso.
 Mi venne quasi da piangere. Dopo tutto quello che era accaduto, dopo ciò che avevo fatto loro, stavano comunque rispettando il nostro programma originale: sorriderci prima di aprire la busta.
 Lo avevamo deciso molti anni prima e alla fine niente poteva impedirci di rispettare quel rito.
 Sorrisi anch’io con una felicità che non pensavo di poter più provare.
 Poi contemporaneamente, aprimmo la busta e ci concentrammo sulle tracce che avevamo davanti.
 Non mi misi a riflettere più di tanto.
 Agguantai il foglio con la traccia del saggio breve e cominciai subito a leggere le fonti. Per tre anni il nostro professore ci aveva addestrati per il saggio breve, secondo lui era la traccia più comoda e meno rischiosa da sviluppare.
 Ero assolutamente d’accordo con lui. Inoltre avevo dato uno sguardo alle altre tracce: Dante e l’amore, il tema storico, quello politico. Troppo rischiosi, se gli altri commissari avessero avuto idee discordanti dalle mie, anche se il tema fosse stato perfetto mi avrebbero fatto parecchi problemi.
 Sì, il saggio breve era la scelta migliore.
 Lo stesi in poco meno di un’ora, e solo due ore e mezzo dopo dall’inizio della prova avevo finito. Lo rilessi per sicurezza e poi lo consegnai al mio professore, felice che quella prima prova fosse andata senza crearmi troppi problemi.
 -Sapevo che avresti consegnato per prima, Ferrari-, mi disse Salerno con un sorriso.
 -Questa era l’unica prova di cui ero sicura, professore- risposi con una faccia talmente sollevata che persino Salerno sembrò tranquillizzarsi. Ci teneva molto che la prova d’italiano andasse bene per tutti, ci aveva preparato per tutti quegli anni solo in funzione di quel giorno e io ero la prima che non voleva deluderlo, era l’unica materia in cui battevo persino la Giordano.
 Raccolsi le mie cose e mi diressi velocemente verso il cortile, avevo bisogno di tornare a casa e di riposare, ne avevo davvero bisogno.
 Mi diressi verso il mio scooter e solo in quel momento mi accorsi che qualcuno mi stava guardando.
 Massi.
 Era fuori dal cancello della scuola, in sella al suo scooter. Mi guardava ma smise appena si accorse che lo avevo visto. Non provò a venire da me, distolse lo sguardo e se ne andò prima che io potessi formulare un qualsiasi pensiero.
 Non riuscivo a capirlo, ma forse si era solo arreso come avevo sperato.
 Mentre salivo sul mio scooter mi venne da ridere e mi tornò in mente il ricordo di un discorso avvenuto qualche mese prima. La prova d’italiano era l’unica in cui potevo sperare di battere Massi e così avevamo scommesso su chi avrebbe finito prima.
 Avevo perso, per poco, ma avevo perso.
 La mia prima prova però mi aveva soddisfatto, il mio tema era praticamente perfetto secondo la mia opinione.
 Sì, la prima prova della Maturità forse mi aveva visto vincitrice.
 La mia prima prova contro i miei sentimenti per Massi, però mi aveva senza dubbio visto come la perdente della situazione e io non avevo potuto fare nulla per evitarlo.
 Non mi restava che sperare nella seconda prova, quella del giorno dopo.
 La prova di Latino!



















***L'Autrice***
 E alloraaaaaaa! Eccomi tornata. Tranquille mi prendo a sassate da sola per averci messo così tanto ma spero che ne sia valsa la pena di farvi aspettare così tanto.
 Questo, come avrete capito, è il primo di quattro capitoli in cui la nostra Vale affronterà i tanto temuti esami di maturità. Sono passati più di tre anni da quando ci sono stati i miei esami ma vi posso assicurare che li ricordo come se fosse accaduto ieri, quindi spero di rappresentarli in modo adeguato.
 Oltre agli esami, le prove di Vale saranno altre. Dovrà ancora affrontare Massi, anche se lei si illude che lui si sia arreso non ci sperate. Stiamo parlando di Massi mica del primo che passa xD E affronterà anche il percorso che la porterà di nuovo da lui oppure alla fine decisiva della loro storia. Staremo a vedere.
 Non credo di avere altro da dire. Vi ringrazio per le recensioni e scusate se non ho risposto ma come al solito non ho il tempo (o scrivo il capitolo o rispondo ^^), comunque se avete domande da farmi scrivetelo in una recensione, questa volta penso di riuscire a rispondere a tutte, ho un pochino di tempo libero ^^
 Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio perchè mi seguite costantemente nonostante i miei aggiornamenti un po' altalenanti ^^
 Vi voglio bene
 Francesca   

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Capitolo 18
*** Seconda Prova ***






Verso La Maturità- Capitolo 18
Quando Si Voglia Non Dimenticare Qualcuno, Pensarci Continuamente,
Bisogna Adoperarsi Non Ad Amarlo Ma Ad Odiarlo
(Emil Cioran)
 
 
Capitolo 18: Seconda Prova
 
 La prima prova della Maturità era andata e la mattina dopo mi ero nuovamente svegliata all’alba perché mi aspettava una prova decisamente più dura: la versione di latino!
 La Bianchi ci aveva tartassato per tutto l’anno con le versioni di latino più difficili che io- e probabilmente qualunque essere umano- avessi mai visto. Era convinta che lo scritto della seconda prova sarebbe stato latino e ci aveva preso. In più aveva controllato le ultime versioni di latino uscite negli anni ed era giunta alla conclusione che gli autori più quotati fossero Tacito e Seneca. Piccola parentesi sull’argomento: Tacito e Seneca sono un incubo! Avevano la capacità di farti impazzire in tre secondi, già dalla prima parola della versione.
 Tradurre per l’intero anno versioni di due autori come loro era una tortura tranquillamente paragonabile a una qualsiasi delle torture medievali.
 I miei neuroni ci avevano provato ad applicarsi, a completare anche solo una volta un’intera versione ma era davvero complicato. In genere nei compiti in classe di latino riuscivo ad arrivare a poco più di metà versione e la parte tradotta non era di certo scritta in modo impeccabile. Per poter tradurre quei due autori bisognava conoscere alla perfezione sia la grammatica che la letteratura latina e io non ero una cima né nella prima e né nella seconda.
 Quindi dire che quella mattina ero in ansia bastava solo a descrivere una piccola parte della mia disperazione.
 La mia possibilità di uscire dal liceo con un voto decente si sarebbe deciso in buona parte con quella versione, e io avevo la brutta sensazione che non me la sarei cavata a buon mercato come con il tema d’italiano.
 Con la versione non avevo molte alternative, non potevo cambiare traccia. La versione era quella. Quei quindici righi in latino dovevano essere tradotti nel modo migliore possibile e tutti. Quello che la bianchi ci aveva ripetuto in tre anni poteva essere riassunto in sola frase: “Traducete tutta la versione! Non importa se non è corretta ma traducetela tutta. Il tempo c’è e i commissari esterni vi crederanno degli asini se almeno non la finite”.
 Ecco, questo era l’incoraggiamento migliore che la Bianchi ci avesse mai dato.
 Dubitavo altamente che la professoressa ci avrebbe dato una mano durante la prova. Era una persona troppo corretta, e di certo se ci avesse visto copiare non se ne sarebbe stata zitta.
 Si poteva dire con molta tranquillità che eravamo tutti spacciati. Be’, tutti tranne la Giordano ovviamente.
 Con un sospiro così grande da poter spostare l’intera casa, afferrai riluttante il mio vocabolario di latino e mi diressi verso il liceo Classico Virgilio come se stessi andando al patibolo.
 La mia unica consolazione era che, con un po’ di fortuna, quella sarebbe stata l’ultima volta che avrei utilizzato quel maledetto vocabolario. Sì, era decisamente una grande consolazione.
 Anche quel giorno, come il precedente, la prova dell’esame non era la mia unica preoccupazione. Il bacio tra me e Massi aveva scombussolato tutto, o almeno aveva rivoltato ogni mio sentimento. Era diventato una specie di chiodo fisso. Per tutta la notte non avevo pensato ad altro, appena sveglia era stato la prima immagine e la prima sensazione che aveva preso possesso del mio corpo e anche in quel momento, mentre con il mio scooter correvo verso la scuola, era il mio unico e solo pensiero.
 Massi aveva trovato il modo di insinuarsi ancora più in profondità dentro di me e non avevo idea di come poter uscire da quella situazione. Mi sentivo sopraffatta dai miei sentimenti verso di lui, ormai non avevo più idea di dove metterli.
 Il mio cervello ne era pieno.
 Il mio cuore ne era saturo.
 Il mio intero corpo ne era drogato.
 Mi mancava. Mi mancava davvero ogni cosa di lui e dopo quel bacio quella sensazione di mancanza era aumentata in un modo che non avrei mai previsto.
 Era possibile che mi fossi innamorata di lui una seconda volta?
 I miei sentimenti erano gli stessi di sempre ma incredibilmente intensificati. Si erano assopiti dentro di me in quei mesi e quel bacio, molto più di quello che mi aveva dato dopo essere scappata via dal pub, aveva funzionato come un’enorme tazza di caffè che li aveva risvegliati e amplificati.
 Mi sentivo stordita da tutto quello che provavo. Era davvero troppo da gestire.
 Ancora una volta, senza rendermene conto, il mio corpo si muoveva mentre la mia mente restava ferma ad un solo pensiero. Così mi ritrovai a parcheggiare lo scooter senza nemmeno sapere come ci fossi arrivata a scuola.
 Quella mattina faceva un caldo soffocante, mi sentivo già sudata dalla testa ai piedi ed ero uscita da casa solo da pochi minuti. Era incredibile quanta afa ci potesse essere in giro, si soffocava.
 Senza nemmeno dare un’occhiata al cortile mi diressi veloce verso le macchinette. Avevo un assoluto bisogno di bere.
 Appena quel macchinario creato da Dio in persona fu davanti ai miei, presi una bottiglietta d’acqua ghiacciata e lasciai che quel liquido divino mi rinfrescasse.
 Almeno dentro l’edificio il caldo si accusava molto meno, quindi riuscii subito a riprendermi.
 Proprio come il giorno prima decisi di tornare nel cortile, magari avrei incontrato di nuovo Davide e non mi sarebbe dispiaciuto per niente chiacchierare ancora un po’ con lui. Era un ragazzo molto piacevole e soprattutto era un maestro nel distrarmi dai miei pensieri, che quel giorno erano davvero tormentati.
 Mentre camminavo verso il cortile, avvertii qualcosa che si chiudeva intorno al mio polso e prima che me ne potessi accorgere, venni scaraventata all’interno di una classe nuova.
 -No, non di nuovo-, esclamai rivolta alla finestra davanti a me. –Massi! Dacci un taglio!.
 Urlai quella frase mentre mi voltavo e la sorpresa per poco non mi uccise e anche quella bottiglietta d’acqua finì sul pavimento come il tè del giorno prima. 
 -Voi non siete Massi-, mormorai con un’evidente nota di ovvietà.
 -Sì, lo avevamo notato.-
 -Perché? Ti serviva Massi?-
 Amy e Marti erano davanti a me e io ancora stentavo a crederci. Non mi sentivo più il cervello, ero completamente rincretinita.
 -Uhm, chissà come mai ti aspettavi che ci fosse Massi al posto nostro-, iniziò Amy con aria indagatrice.
 -Ascoltate-, mi affrettai a spiegare. –Ormai Massi non è più un argomento che mi riguarda e spero che non mi abbiate trascinava qui dentro per questo.-
 -No, volevamo solo rapirti, oggi ci siamo svegliate con questa intenzione-, rispose Marti ironica.
 -Vi giuro che con Massi è finita, quindi lasciatemi in pace.-
 Non volevo, non avevo la forza di mentire ancora a lungo proprio alle mie migliori amiche e dovevo andarmene il prima possibile da quella stanza. Sapevo anche troppo bene quanto riuscissero ad essere persuasive, soprattutto con me. Mi conoscevano ed erano in grado di farmi confessare in pochi minuti se solo ne avessero avuto l’occasione. Quella per loro era la situazione perfetta!
 Dovevo scappare, e anche di corsa!
 -Sì, certo con Massi è finita-, il tono di Amy non mi piaceva affatto. –Sarà pure finita, secondo te, ma noi lo vediamo che sei ancora innamorata di lui.-
 -E’ palese-, asserì Marti con convinzione.
 -Ma cosa volete saperne voi?-
 -Già, in effetti c’è una cosa che non sappiamo: cosa ti è passato per la testa quando l’hai lasciato! E non provare a propinare anche a noi la storia che sei innamorata di Riccardo. Ti abbiamo lasciato i tuoi spazi perché era evidente che qualcosa ti avesse sconvolta ma adesso vogliamo sapere, e non importa se dovremmo torturarti per avere la verità. Se sarà necessario lo faremo e ti posso assicurare che non uscirai di qui tanto presto se non ti decidi a parlare.-
 La voce di Amy era impenetrabile e questo non era un buon segno.
 -Non so voi, ma io avrei una prova d’esame da sostenere tra un’ora esatta. Vorrei essere presente, grazie-, stavano esagerando. C’era una versione di latino avvelenata che ci aspettava e loro stavano lì a minacciarmi come se la cosa non le toccasse minimamente.
 Erano uscite fuori di testa?!
 -Prima parli e prima potrai andare in classe a tradurre la versione visto che ci tieni tanto-, disse Amy con tono brusco. 
 -Ma di cosa dovrei parlare? Non ho nulla da dire!-
 Non avrei mollato così facilmente, non potevano pensare che sarebbero riuscite a farmi confessare. Non lo avevo fatto in tutti quei mesi e potevo ancora resistere, ero testarda e lo sapevano meglio di me.
 Non dissero più nulla si limitarono a guardarmi e poi Marti fece un passo verso di me guardandomi negli occhi.
 -Non diremo nulla. Massi non saprà niente di quello che ci dirai, ma io ed Amy ne abbiamo parlato e pensiamo che tu debba sfogarti con noi. Non stai bene e noi lo vediamo, lo abbiamo visto ogni minuti di ogni giorno in questi mesi.-
 La fissai negli occhi e all’improvviso fui invasa da una grande voglia di piangere ma riuscii a ricacciare indietro le lacrime.
 A quel punto anche Amy fece un passo verso di me.
 -Massi ormai è un nostro caro amico, gli vogliamo bene e stiamo ancora soffrendo con lui per quello che è successo. Ma tu, Vale, sei una di noi. Siamo amiche da tanto tempo e sappiamo che se hai lasciato Massi senza una spiegazione c’è un motivo che il tuo cervello idiota ha ritenuto valido.-
 -Tutto quello che ti chiediamo-, continuò Marti, -è che tu torni a fidarti di noi e ci dici cosa è successo.-
 Mi guardavano come due cuccioli in cerca d’affetto e ciò mi stava letteralmente pugnalando al cuore. Non sopportavo di sentirmi così, ma che potevo fare? Non potevo rischiare di sconfessare tutto quanto. E se non lo avessero accettato e fossero corse a dire tutto a Massi? Tutti quei mesi passati ad allontanarlo non sarebbero serviti a nulla e io avrei perso la mia battaglia.
 -Vi prego-, cominciai guardandole negli occhi con lo stesso sguardo che loro avevano riservato a me. –Non posso dirvi nulla, non ce la posso fare. E’ meglio se restate allo scuro di tutto, è molto meglio così.-
 Non dissero nulla.
 Continuavano a guardarmi imperterrite con i loro occhi colmi di speranza. La speranza di capire cosa mi avesse spinto a cambiare, e soprattutto la speranza di avere anche solo una possibilità per aiutarmi ad affrontare quella situazione.
 I loro occhi mi scrutavano e il mio cuore cedeva ad ogni secondo che passava.
 Non ce la facevo più, avevo bisogno di parlare con loro, avevo il disperato bisogno di averle vicine, e sperai con tutte le mie forze che loro credessero abbastanza in me per accettare quello che stavo per dire.
 -Io amo ancora Massi, forse come non l’ho mai amato prima.-
 Quando pronunciai quelle parole mi resi conto di quanto fossero vere, erano i miei sentimenti a parlare non la mia bocca.
 Le mie amiche non dissero nulla, si limitavano ad ascoltarmi e volevano farlo fino all’ultima sillaba del mio discorso.
 Lo avevano aspettato per tanto tempo e non volevano rischiare che mi bloccassi per una loro interferenza. Apprezzai davvero tanto la loro pazienza perché una sola parola pronunciata da loro mi avrebbe impedito di andare avanti.
 Decisi di cominciare dall’inizio.
 -Il giorno del mio compleanno ho sentito Massi parlare con la D’Arcangelo. Lei lo rimproverava perché aveva deciso di non trasferirsi più per l’Università e di rinunciare a studiare Medicina perché era innamorato di una ragazza che non poteva seguirlo.-
 Non si sentiva neanche un respiro durante il mio racconto, Amy e Marti pendevano dalle mie labbra.
 -Quando ho sentito quello che si sono detti mi è crollato il mondo addosso.-
 Solo al pensiero di quel ricordo, le mie emozioni presero il sopravvento. Tutta la delusione provata in quei pochi minuti di tanti mesi prima tornò a farla da padrona e delle lacrime lente e silenziose avevano cominciato a solcarmi il viso.
 -Massi stava buttando al vento il suo futuro solo per colpa mia e non potevo permetterlo. Se ne avessi parlato con lui non mi avrebbe dato retta, ormai aveva deciso e quindi ho scelto di fare l’unica cosa che lo avrebbe costretto a prendere la strada giusta: l’ho lasciato andare. Ho lasciato che lui scegliesse il suo futuro e non me.-
 A quel punto persi completamente il controllo dei miei sentimenti: le lacrime si fecero sempre più intense e la voce cominciò a mancarmi a causa dei singhiozzi. Mi coprii il viso con le mani e lasciai che tutta l’angoscia venisse fuori, non ce la facevo più a reprimerla.
 Non credevo di poter piangere così tanto, non avevo idea di avere tutte quelle lacrime pronte a sgorgare come l’acqua di una fontana.
 Prima che me accorgessi mi sentii avvolgere da qualcosa e a causa di quel pianto nervoso, il profumo dolce di Amy ci mise qualche secondo a raggiungere la mia mente.
 La mia amica mi stava abbracciando, senza dire nulla. Era solo lì, per me, e mi stava stringendo per farmi sentire quanto mi volesse bene.
 Poi avvertii qualcos’altro. Anche Marti si era unita all’abbraccio e improvvisamente, nonostante le lacrime e l’ansia, mi sentii così bene da star male.
 Erano mesi che non mi sentivo compresa e trattata in quel modo tanto amorevole.
 Mi erano mancate! Mi erano mancate da morire!
 -Mi dispiace-, mormorai tra i singhiozzi e i morbidi capelli di Amy. –Mi dispiace tanto.-
 Amy mi posò una mano sulla testa e cominciò ad accarezzarmi per consentirmi di calmarmi.
 Mi sembrava così strano. Mi sentivo come una bambina che i genitori stavano consolando e allo stesso tempo avvertivo un’aria di pateticità che mi avvolgeva. Stavo piangendo come una cretina e non sapevo di preciso neanche il motivo.
 -Sei una stupida-, sussurrò Amy allontanandomi un po’ da lei per riuscire a guardarmi negli occhi.
 -Lo so-, la mia voce sembrava proprio quella di una bambina, la cosa stava cominciando a diventare imbarazzante.
 -Ma nonostante la tua stupidità non ce l’ho con te.-
 -Nemmeno io-, confermò Marti.
 I miei occhi si spalancarono increduli.
 -Tu sei fatta così. La felicità degli altri prima della tua, il futuro degli altri prima del tuo e bla bla bla. Sempre la solita storia, niente di nuovo. Lo sapevamo che dietro il tuo comportamento ci doveva essere qualcosa del genere e non dico che ti capisco o accetto la tua decisione ma posso farmi una ragione del fatto che sei una cretina e su questo non ci si possa fare nulla.-
 Non riuscivo a parlare, mi sentivo stranamente svuotata.
 -Allora, il piano prevede di ignorare Massi fino a quando tutta la sua roba non sarà in un appartamento a Boston?-
 Quella domanda mi sorprese davvero tanto.
 Avevano intenzione di aiutarmi?!
 -Sì, più o meno.-
 -Okay-, disse Marti. –E piano sia, noi ti sosterremo se credi che questa sia la cosa giusta da fare.-
 A quel punto altre lacrime mi rigarono il viso.
 -Ragazze…-, mormorai con un sorriso.
 -Be’ tu sei tu-, continuò Amy. –O ti prendiamo per quella che sei o ti accoltelliamo nel sonno e io sinceramente non ci tengo a finire in prigione per colpa tua.-
 -E poi non dovremo fare niente-, intervenne Marti. –Hai già chiarito le cose con Massi, ormai si sarà messo l’anima in pace.-
 Sarei stata d’accordo se i ricordi dei baci che c’erano stati tra di noi non avessero deciso di inondarmi completamente il cervello.
 -Ehm, in realtà…-
 -Cosa?- chiese Marti.
 -Ecco… Io…-
 -Che hai fatto?!- esclamò Amy fissandomi dritta negli occhi.
 -Io non ho fatto nulla, è stato Massi!- non sapevo perché stessi sulla difensiva ma una mezza idea ce l’avevo. In quei mesi tutti avevano sofferto per causa mia, le mie amiche avevano accettato la mia spiegazione e adesso io stavo per dire che il mio piano aveva qualche piccola, insignificante… Enorme crepa!
 -Vale, dicci cosa è successo prima che io decida di infischiarmene e di finire in prigione.-
 -Mi ha baciata-, dissi con semplicità.
 -Cosa?!- esclamarono tutte e due all’unisono.
 -E io non l’ho respinto, non subito comunque-, la mia ammissione suonava davvero colpevole.
 -Quando diavolo è successo?!- Amy era a dir poco sconvolta.
 Guardai Marti per un secondo, sperai con tutto il cuore che non accadesse il finimondo dopo quello che avrei detto.
 -La sera in cui sono venuta al pub, quando sono usciti i quadri. Ho visto il bacio tra lui e Marti, lui mi ha vista, mi ha seguita e poi mi ha baciata. E’ successo questo.-
 Marti spalancò gli occhi mentre Amy diventò pallida come un fantasma, avevo la sensazione che stesse per avere un infarto.
 Si voltò lentamente verso Marti con uno sguardo a dir poco assassino.
 -E’ stato lui a baciarmi, aveva bevuto! E io non sapevo che Vale ci avesse visto.-
 -E tu hai ritenuto che fossero dei motivi validi per non dirmi nulla. Ma dico! Ti sei completamente rincretinita!? Non puoi baciare il ragazzo della tua migliore amica!-
 -Amy, frena-, cominciai. Era meglio che cercassi di calmare le acque prima che la situazione precipitasse. –Ha ragione lei: Massi aveva bevuto e io non me la sono presa per quello che è successo. Forse in principio ero un po’ sconvolta ma mi è passata subito, e poi Massi non era e non è più il mio ragazzo. Marti non ha fatto nulla di male.-
 Amy prese un respiro profondo per cercare di calmarsi.
 Dal canto mio, con il viso ancora pieno di lacrime che, per fortuna, si erano fermate, sorridevo a Marti per farle capire che andava tutto bene. Ci mancava solo che Marti si sentisse in colpa a vita per qualcosa che non aveva nemmeno deciso di fare.
 -Va bene, va bene-, la voce di Amy era così lenta e calma, lo faceva solo per evitare di urlare. –Okay, quello che Marti ha fatto o non ha fatto in questo momento conta poco. Torniamo al tuo di bacio, Vale.-
 Ecco, adesso l’attenzione tornava su di me. Che cavolo di situazione!
 -Alla fine dei conti è stato solo un bacio. Massi non tornerà a sperare solo per un bacio e poi tu non l’hai respinto subito ma lo hai fatto dopo, quindi non credo che questo abbia complicato le cose più di tanto.-
 -Sì, quel bacio non ha avuto molta importanza però forse quello di ieri ha creato qualche problema.-
 Pronunciai quella frase senza pensarci, come se stessi risolvendo un problema di matematica. Stavo solo analizzando i dati ma appena finii di parlare mi resi conto che avevo sganciato una bomba nella stanza senza accorgermene.
 -Ieri?- chiese Marti sorpresa.
 -Ieri?!- esclamò Amy quasi disperata.
 -Ieri-, risposi io con aria rassegnata.
 Avevo la spiacevole sensazione di essere stata catapultata in una strana commedia. Ci guardavamo tutte e tre in modi diversi, come se non sapessimo a cosa aggrapparci per continuare la conversazione. Eppure io e Marti eravamo certe di quello che stava per accadere.
 -TU SEI SCEMA!-
 L’urlo di Amy confermò la nostra teoria.
 Ero abituata alle ramanzine di Amy ma avevo la fondata sensazione che questa sarebbe stata a dir poco epocale.
 -Io non capisco, ti giuro che non capisco! Prima fai fuoco e fiamme perché Massi ti lasci, ti allontani da noi, soffri come un cane e poi lasci che un mucchio di ormoni che ti girano per il corpo mandino tutto al Diavolo! Sei stupida o cosa?!-
 -Mi dispiace, sai quanto Massi sia testardo. Non ho potuto evitarlo ma non credo di aver fatto troppi danni.-
 -Ah, sì? E in che modo non ne avresti fatti?-
 Presi un respiro per riuscire a spiegarmi bene, ci mancava solo che Amy fraintendesse qualcosa e decidesse davvero di farmi fuori.
 -Ecco, credo di aver convinto Massi di non averlo respinto subito dopo il bacio perché ho ancora dell’attrazione fisica per lui. Insomma, il mio corpo appena sente il suo non si controlla, non sono in grado di tenermi. Durante quei baci lo avrei spogliato nel giro di cinque secondi se solo avessi potuto.-
 -Vale!-
 -E’ la verità-, risposi rivolta ad Amy. –Non posso farci niente, sono attratta da lui e questo non potevo negarlo. Se n’è accorto.-
 Amy mi fissava incredula, mentre vedevo un rossore che le si spandeva per le guance. Mi capiva, era quello che provava anche lei per Marco.
 -Va bene, senti. Facciamo finta che questo maledetto bacio non ci sia mai stato. Ignora Massi fino alla morte e vai avanti. Visto che sei decisa a portare a termine il tuo piano, cerca di riuscirci altrimenti non saremo solo noi ad ammazzarti ma anche Marco e tutti gli altri.-
 Quella conversazione continuava a sembrarmi così strana.
 -Che hai?- mi chiese Marti notando la mia espressione disorientata.
 -Io ancora non capisco perché volete aiutarmi. Pensavo che voleste vedermi di nuovo con Massi, credevo che avreste cercando di convincermi a tornare con lui.-
 Amy abbassò lo sguardo rattristata.
 -Tu e Massi siete fatti per stare insieme e forse questo suo viaggio a Boston sarà solo una parentesi,  mi piace pensare che in un modo o nell’altro vi ritroverete, e se devo essere sincera lo spero davvero tanto.-
 Guardai Amy con gratitudine.
 Entrambe avevano capito le mie ragioni. Non le accettavano, lo sapevo, ma le avevano comprese e mi sarebbero rimaste accanto.
 -Non vorrei fare la guasta feste, ma mancano dieci minuti alle nove.-
 Improvvisamente mi assalii un’ansia incredibile. Avevamo solo dieci minuti prima che le versioni di latino fossero consegnate.
 Quella piccola riunione aveva portato via più tempo del previsto.
 Ci guardammo spaventate e ci dirigemmo il più velocemente possibile verso l’aula dove la mattina prima avevamo svolto il tema d’italiano.
 Riuscimmo a raggiungere l’aula pochi secondi prima che i professori facessero il loro ingresso.
 La Bianchi, nostro commissario interno per Greco, ci guardava e tutti eravamo coscienti del fatto che al posto delle nostre teste vedeva una sfilza di insufficienze.
 Insieme a lei c’era il commissario esterno di Latino: una donna- secondo i punti di vista- minuta, con grossi occhiali, capelli ricci scuri e oleosi legati e… e l’apparecchio per i denti? Aveva almeno quarant’anni e portava l’apparecchio? Bene, dire che era strana non le rendeva giustizia. Ci sorrise e si sedette alla cattedra con il suo vestito a fiori che svolazzava da una parta all’altra.
 Ma perché le professoresse di lettere classiche dovevano essere così… particolari?  
 La Bianchi prese le buste con le versioni e ce le consegnò, per poi invitarci ad aprirle.
 Presi un respiro così grande che i polmoni mi fecero male.
 Lanciai uno sguardo alle mie amiche e ci sorridemmo come avevamo fatto la mattina precedente ma con la consapevolezza che quel giorno avremmo potuto disperarci insieme per il nostro destino.
 Finalmente mi decisi ad aprire la busta e lessi, con il cuore che quasi mi usciva dal petto, il nome dell’autore.
 
 Cicerone, De Officiis- libro I
 
 Per la prima volta in vita mia dentro di me ringraziai tutti i Ministri dell’Istruzione passati, presenti e futuri.
 Cicerone?! Avevamo passato un intero anno a tradurre Tacito e Seneca e alla fine era uscito fuori Cicerone? Mi sentivo al settimo cielo. Non che Cicerone fosse il primo cretino che passava ma rispetto agli altri due era decisamente più abbordabile.
 Almeno avevo la certezza di riuscire a finire la versione, Cicerone non mi aveva mai creato molti problemi.
 Come un fulmine tradussi, parola dopo parola, metà della versione. Ci misi solo un’ora e questo mi esaltò. Fino a quel momento avevo incontrato un paio di passaggi complicati ma me l’ero cavata trovando le frasi tradotte sul vocabolario, per fortuna era pieno di esempi in cui utilizzavano Cicerone.
 Ad un certo punto la professoressa esterna disse alla Bianchi che si doveva allontanare per qualche minuto, non che la cosa ci facesse sperare nel fatto di poter copiare ma sapere che in classe ci sarebbe stata solo la Bianchi un po’, ci rincuorava.
 Appena la professoressa esterna si fu allontanata, la Bianchi iniziò a girare tra i banchi e la cosa attirò la mia attenzione. Non lo aveva mai fatto durante i compiti in classe. Vidi che si fermava a leggere quello che gli altri avevano tradotto e poi puntava il dito su una o più parti del foglio.
 Non ci potevo credere! Stava indicando gli errori. Non diceva cosa c’era di sbagliato ma almeno stava dicendo che quella parte non andava e si doveva cambiare.
 Ebbi come una reazione spontanea.
 Prima che arrivasse da me dovevo tradurre il più possibile in modo che mi correggesse quanti più errori avrebbe potuto. L’altra professoressa poteva tornare da un momento all’altro e dovevo darmi una mossa.
 Quando la Bianchi si fermò al mio fianco ero riuscita a tradurre un altro paio di righi, ormai tre quarti della versione erano in italiano.
 Sentivo la sua presenza dietro di me e non riuscivo neanche a tenere in mano la penna in attesa della sua sentenza.
 Poi il suo dito puntò la prima frase della mia versione.
 Bene, già dalla prima frase aveva trovato qualcosa, non osavo immaginare in quanti altri punti quel dito si sarebbe fermato.
 Invece, la Bianchi passò avanti.
 C’era solo un errore?! Non ci potevo credere, mi sentivo più felice che mai.
 Decisi di pensare dopo a quell’errore e di continuare con il resto della versione.
 Dopo un’altra ora avevo terminato e la professoressa esterna se ne stava di nuovo seduta alla cattedra. Decisi di correggere l’errore trovato dalla Bianchi ma proprio non riuscivo a capire cosa fosse, mi sforzavo ma non capivo cosa dovessi cambiare. Di sicuro era una di quelle regole grammaticali del cavolo che in cinque anni non mi erano mai entrate in testa.
 Mi arresi, ero stanca e pensai che un errore o qualcuno negli ultimi righi della versione ci potevano anche stare. In latino avevo la sufficienza e quella versione era andata meglio di quanto avessi mai sperato, non ce la facevo più a riflettere. Quindi la copiai in bella e consegnai più o meno insieme ad altre cinque o sei persone.
 Amy e Marti ancora non avevano finito. Decisi di uscire fuori e di aspettarle in cortile.
 Mi sedetti su una panchina e presi dal mio zaino il libro di filosofia. Quella materia stava diventando il mio incubo peggiore e non vedevo l’ora di fare un bel falò con quel libro. Gli altri potevo anche conservarli ma quello lo avrei distrutto immediatamente dopo la prova orale.
 Mentre leggevo uno stupido paragrafo su Kant- per l’ennesima volta- alzai lo sguardo verso le porte della scuola per vedere se Marti o Amy si fossero finalmente decise ad uscire. In quel momento la mia attenzione fu attirata da qualcun altro.
 Massi, e chi sennò?
 Stava uscendo dalla scuola con alcuni suoi compagni di classe. Mi vide, fissò immediatamente i suoi occhi nei miei come se sapesse anche troppo bene che io ero lì.
 Una scarica elettrica mi attraverso la schiena.
 Non era dovuta a qualche bel sentimento d’amore che mi era cresciuto dentro ma all’odio.
 Massi, il mio Massi, il ragazzo che amavo con tutta me stessa mi stava guardando con un odio tremendo negli occhi.
 Fu come essere scaraventata indietro nel tempo a molti mesi prima, all’inizio della nostra conoscenza.
 Il suo sguardo era duro, non c’era più neanche l’ombra del ragazzo che conoscevo.
 Uno strano senso di angoscia mi pervase e non riuscivo a capirne il perché.
 Era quello che volevo, no?
 Adesso Massi mi odiava davvero, lo avevo rifiutato così tante volte che il suo orgoglio doveva essere tornato a prevalere. Non avrebbe mai più provato a baciarmi, non avrebbe neanche più provato ad avvicinarsi a me.
 Quando vidi quegli occhi fissarmi per poi scomparire come in uno strano sogno capii: era finita, era tutto finito! Qualunque cosa avessi fatto per scatenare in lui quel sentimento negativo aveva funzionato perché adesso avevo l’assoluta certezza di aver perso Massi per sempre.
 Mi aveva guardato come se fossi un’estranea, anzi peggio, mi aveva guardato come se fossi l’ultimo essere sulla faccia della Terra che avrebbe mai potuto renderlo felice.
 Massi se ne andò, inforcò il suo scooter e varcò il cancello della scuola.
 Marti e Amy uscirono dalla scuola ma io nemmeno me ne accorsi, ero caduta nei miei pensieri, ero shoccata da quello che era appena successo.
 -Allora, com’è andata?- mi chiese Amy sedendosi accanto a me. Si riferiva alla versione ma quell’argomento era stato completamente cancellato dal mio cervello.
 Non risposi, mi limitai a chiudere gli occhi e a poggiare la fronte sulla sua spalla.
 -Vale?-
 Il suo tono era preoccupato.
 -Il piano ha funzionato, l’ho perso per sempre.-
 Dopo aver pronunciato quelle parole la consapevolezza prese possesso della mia mente e delle lacrime mi solcarono il viso mentre Amy mi stringeva nel suo abbraccio.
 La seconda prova della Maturità era andata meglio di quanto mi aspettassi.
 Secondo il mio piano la mia seconda prova con Massi era andata alla grande.
 Secondo il mio cuore quella seconda prova aveva decretato la fine della mia felicità.



















***L'Autrice***
 Dite la verità, sono tornata prima che ve lo aspettaste, eh? xD
 Amo sorprendere la gente ahahahah
 Comunque, come avete potuto vedere, in questo capitolo ho deciso di soffermarmi più sull'amicizia che sull'amore. Mi sembrava doveroso fare in modo che Vale e le sue amiche si chiarissero, mentre faccio arrovellare ancora di più i vostri cervelli con gli sguardi d'odio di Massi. Be', Massi è buono e caro ma Vale l'ha fatto soffrire tremendamente e il suo orgoglio ha detto basta! Vi prego, non mi uccidete! Giuro che non è stata una cosa premeditata, io per prima non sono ancora certa della fine di questa storia quindi la sto seguendo capitolo dopo capitolo insieme a voi. Non ho idea di come andrà a finire ^^
 Per quanto riguarda la seconda prova, quella di latino, be' tutto quello che avete letto è successo davvero... a me xD Ho descritto esattamente come tre anni fa è andata la mia seconda prova ^^ Mi è piaciuto tantissimo rivivere quel momento, non potete capire quanto mi sono sentita sollevata quando ho letto CICERONE! Non ci potevo credere ^^
 Credo di avervi detto tutto, adesso la smetto di tediarvi. ^^ Spero di tornare presto con il prossimo capitolo, ormai non ne mancano molti alla fine della storia.
 Vi ringrazio tantissimo per le recensioni e per tutto il vostro sostegno su facebook, siete delle persone meravigliose ^^
 Vi voglio bene!
 Francesca 

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Capitolo 19
*** Terza Prova ***






Verso La Maturità- Capitolo 19
A Forza Di Vivere Con L’Idea Fissa Su Un’Unica Cosa, Bramandola Ardentemente,
Non Noti Più Il Crimine Dei Tuoi Desideri
Albert Camus
 
 
Capitolo 19: Terza Prova
  
 Un’altra mattina stava per cominciare ma non sarebbe stata uguale alle precedenti.
 Me ne stavo stesa nel letto con gli occhi aperti a guardare la sveglia sul mio comodino, mancavano pochi secondi prima che cominciasse a suonare come una dannata.
 Da lì a poco più di due ore mi sarei seduta per l’ultima volta ad un banco del Liceo Classico Virgilio per sostenere l’ultima prova scritta del mio esame.
 Non avevo paura, non avevo ansia. Ero solo rassegnata. Il solo pensiero della terza prova non mi era mai piaciuto, e sapere che nella mia terza prova ci sarebbero state, oltre alle altre, anche due domande di filosofia, mi faceva sentire sconfitta persino prima di vederle.
 Italiano, greco, fisica e matematica potevo anche riuscire a gestirle in qualche modo ma formulare un pensiero decente su un quesito filosofico e per giunta scriverlo mi confermava il fatto che quel giorno sarebbe stato uno dei peggiori della mia vita.
 Se anche nelle prime due prove avessi avuto dei risultati discreti, la terza prova avrebbe decretato la fine del mio sogno di finire il Liceo con un voto che superasse almeno il settanta.
 A complicare il mio umore c’era come al solito la mia vita sentimentale. Riccardo mi stava vicino come solo lui sapeva fare. Gli avevo raccontato ogni cosa dei giorni precedenti e mi aveva ripetuto per l’ennesima volta quanto io fossi stata stupida ad impelagarmi in una situazione del genere. Non potevo di certo dargli torto, ero stata veramente una stupida.
 Vedere gli occhi di Massi guardarmi con tanto odio mi avevano sconvolta a tal punto che non avevo neanche più voglia di parlare. Da quando lo avevo lasciato Massi non mi aveva mai guardato così e quindi avevo la certezza che mi avrebbe sempre amata, ma dopo quello sguardo ogni mia convinzione era crollata, insieme alla possibilità che lui un giorno potesse perdonarmi.
 Si era arreso e questo avrebbe dovuto rendermi felice, ma la sua resa mi provocava un dolore enorme all’altezza del cuore.
 Aveva rinunciato definitivamente a me e non solo, mi odiava!
 Ero stata in grado di fare proprio un ottimo lavoro. Mi ero messa in testa di farmi odiare e ci ero riuscita, con l’unica pecca che il mio vero desiderio non era certo quello. Il mio unico e solo desiderio era quello di restare al fianco di Massi per il resto della mia vita ma ero abituata a non ottenere mai quello che volevo, però questa volta faceva davvero male. Malissimo!
 Il mio umore era praticamente sotto terra ma era arrivato il momento di affrontare quella giornata. La terza prova della Maturità non sarebbe stata rinviata per i miei problemi con Massi, che ormai neanche esistevano più perché non c’era un noi di cui parlare e preoccuparsi.
 Alla fine riuscii ad alzarmi dal letto e a dirigermi con ansia crescente a scuola.
 Appena arrivata trovai il mondo, c’erano praticamente tutti i maturandi nel cortile. Evidentemente la terza prova non preoccupava solo me così tanto.
 Individuai Marti ed Amy sedute su una panchina proprio vicina al portone della scuola. Appena si accorsero di me mi sorrisero contente. Era inutile, averle accanto era proprio quello che mi serviva.
 -Come va?- mi chiese Marti mentre mi sedevo tra loro.
 -E’ il giorno della terza prova, secondo te come dovrebbe andare?-
 -Dai, Vale. Non preoccupiamoci troppo prima di vedere le domande.-
 -Senti, l’unico modo che ho per non preoccuparmi è pensare che sono un bigliettino vivente.-
 Loro mi guardarono incuriosite e io mostrai le mie sole ancora di salvezza. Avevo bigliettini di filosofia sparsi per tutto il corpo, il risultato di giorni e giorni di lavoro. Ce li avevo persino nel reggiseno e nei calzini. Divisi tutti per autore. Kant nella coppa destra, Hegel in quella sinistra, Freud nella tasca destra, e così via per tutti gli autori che avevamo studiato. Ci avevano concesso di avere il vocabolario di italiano e nella rilegatura avevo bigliettini di fisica, matematica, greco e italiano. Mi ero preparata per qualsiasi evenienza. A parte filosofia nelle altre materie non avevo grossi problemi, ma l’ansia di quei giorni mi aveva insegnato che un vuoto di memoria avrebbe decretato la mia fine, quindi mi ero equipaggiata a dovere.
 -Ma sei matta?- mi chiese Marti. –E se ti beccano?-
 -Sta tranquilla, ho un metodo. Leggero tutte le domande, individuerò i miei bigliettini mentalmente e metterò sotto il foglio quelli di cui avrò bisogno, è l’unico modo che ho per uscire viva dalla terza prova.-
 -Io mi metto dietro di te e se mi servirà qualcosa me la passi.-
 Amy era la solita opportunista ma tanto lo avrei fatto anche se lei non me lo avesse detto. Avrei fatto di tutto per aiutare anche loro. Dubitavo che Marti avrebbe avuto bisogno del mio aiuto, ma Amy forse sì. E quindi mi ero preparata anche per loro.
 -Come stai?- mi chiese poi Amy con tono preoccupato.
 -In ansia, come dovrei stare? Questa prova mi sta togliendo anni di vita.-
 -Lo sai che non mi stavo riferendo alla prova.-
 La guardai per un attimo e poi abbassai lo sguardo.
 -Lui è già qui?- chiesi con una voce così scoraggiata che quasi spaventò anche me.
 -E’ lì, su quella panchina insieme a Marco.-
 Seguii lo sguardo di Amy e lo vidi. Era intento a spiegare qualcosa a Marco e vedevo il suo sguardo assassino rivolto al suo amico. Sapevo cosa significava cercare di far capire qualcosa a quello zuccone di Marco e quindi immaginavo che Massi stesse per perdere davvero la pazienza. In un’altra situazione quella scena mi avrebbe fatto ridere ma per come mi sentivo in quel momento avevo solo voglia di tornarmene a casa e di non uscire più.
 -Marco non è arrabbiato perché parlate di nuovo con me?-
 -No, ovviamente non gli ho detto nulla del tuo piano. Gli ho solo detto che tu sei nostra amica e che vogliamo starti accanto, lui lo ha accettato ma ha detto che non vuole più saperne niente di te.-
 -Be’ non lo biasimo, ha fatto la stessa scelta di Massi.-
 -Allora?-, mi chiese Amy.
 -Allora cosa?-, non capivo cosa volesse.
 -Come stai? Ieri ti ho lasciata praticamente ancora in lacrime e oggi non parli per niente dell’argomento, la cosa mi preoccupa.-
 Alzai lo sguardo e proprio in quell’istante incrociai in lontananza gli occhi di Massi. Lui mi fissò con gli stessi occhi del giorno prima e velocemente tornò a guardare Marco che stava scrivendo qualcosa su un quaderno.
 Inutile, non potevo fare più nulla, era tutto finito. Ricacciai indietro le lacrime e cercai di sorridere nel modo più naturale possibile.
 -Il piano ha funzionato, sono contenta ovviamente.-
 -Sì, certo-, sbuffò Amy esasperata. –Tu sei proprio convinta di non voler provare a restare insieme a lui e a mantenere comunque viva la storia. Le relazioni a distanza possono funzionare a volte?-
 -Con un intero oceano nel mezzo e biglietti aerei che non potrei pagare nemmeno risparmiando una vita? Sì, potrebbe funzionare visto che riusciremmo ad incontrarci più o meno tre volte l’anno. Ormai ho preso la mia decisione e me la devo far piacere, non c’è niente da fare.-
 Amy non disse nulla, e se anche lei era senza parole voleva dire che non c’era proprio niente da dire. Il piano stava andando meglio di quanto avrei mai sperato e dovevamo essere tutti contenti per quello, Massi in primis. Un giorno mi avrebbe ringraziata nonostante in quel momento mi odiasse, sapevo che sarebbe stato così.
 -Sto morendo di sete-, annunciò Marti facendosi vento con i suoi appunti di matematica.
 -Se vuoi posso andarti a prendere qualcosa, tanto devo andare in bagno.-
 Non era vero, non dovevo andare in bagno ma avvertivo la necessità di restare per qualche minuto da sola. Ero felice di riavere le mie amiche ma il mio bisogno di sfogarmi, anche se solo per un secondo, era più forte di qualsiasi affetto. Era arrivato il momento di aprire una breve valvola di sfogo e non potevo sottrarmi a quella necessità.
 -Mi faresti un favore enorme-, rispose Marti posando delle monete della mia mano.
 Senza dire nulla ma con un semplice sorriso mi alzai e mi diressi all’interno della scuola evitando accuratamente di guardare in direzione di Massi.
 Mi diressi con calma verso le macchinette e da quel momento in poi fui avvolta dai miei pensieri, tutti i miei pensieri.
 Mentre camminavo era come se pesassi il doppio, era come se un macigno avesse una presenza costante sulla mia schiena e m’impedisse di sentirmi bene. Avevo un peso enorme e non riuscivo a liberarmene, più ci pensavo e più m’impelagavo in tutti i miei problemi. La fine della mia storia con Massi mi aveva sconvolto così tanto da non consentirmi di vedere un vero futuro. Non m’importava più nulla di quello che sarebbe accaduto. Non m’importava della terza prova o della prova orale, ancora meno m’importava dell’Università. Avrei vissuto tante nuove esperienze ma con il pensiero avrei continuato a rivivere la mia storia con Massi, tutti i nostri momenti d’amore e quelli in cui era lui la mia ancora e non ero alla deriva all’interno della mia stessa vita.
 Quel futuro che avevo sognato non si sarebbe realizzato e adesso non riuscivo a vederne un altro, proprio non ci riuscivo.
 Mi sentivo sconfitta ed amareggiata, nonostante fossi stata sempre abituata a non avere la vita che desideravo. Eppure la mancanza di Massi era forte, talmente forte da essere l’unica cosa che riuscivo a sentire davvero, come se fosse diventata una vera parte di me, tangibile e persistente. Come una ferita reale, bruciava e tirava, faceva davvero male e il bello di tutta quella storia era che proprio quella ferita era tutto ciò a cui riuscivo ad aggrapparmi. Ogni volta che la sentivo bruciare sapevo che stavo facendo la cosa giusta, che Massi si meritava il suo futuro e che del mio non sarebbe mai importato granché a nessuno.
 Alla fine il dolore era diventata la mia unica certezza.
 Sapevo che stavo soffrendo e che avrei sofferto per molto tempo ancora. Era una certezza inquietante e spaventosa ma almeno era una certezza, che mi piacesse o meno.
 Se Massi fosse venuto a conoscenza di quello che stavo facendo mi avrebbe ucciso. Avevo preso delle decisioni così importanti senza neanche parlargliene, di sicuro non avrebbe capito e quindi lo avrei potuto perdere comunque. Perciò, era evidente che le cose dovevano andare così e io dovevo solo farmene una ragione.
 Allora perché non ci riuscivo?
 Perché gli unici pensieri che inondavano la mia mente riguardavano Massi?
 Per quale diavolo di motivo non riuscivo a trovare un attimo di sollievo?
 Non ne potevo davvero più. Volevo solo che quella giornata finisse! Dopo la terza prova non avrei più rivisto Massi e quello era l’unico pensiero che mi confortava eppure allo stesso tempo mi terrorizzava a morte.
 Già, non lo avrei più rivisto.
 Mai più.
 Mai…
 -Piangi se vuoi, non c’è nessuno.-
 Due braccia mi avvolsero e il mento di qualcuno si posò sulla mia spalla. Un corpo caldo e morbido attirava la mia schiena e tutto il mio essere a sé mentre avvertivo un senso si pace avvolgermi.
 -E’ inutile che fingi, so che vuoi piangere. Fallo e basta.-
 E all’improvviso, quasi obbligate da quell’ordine, le lacrime cominciarono a solcarmi il viso, silenziose e crudeli, descrivevano la mia disfatta. Mi ero lasciata andare quando invece avrei dovuto combattere ancora per qualche ora e invece non ce l’avevo fatta. I sentimenti mi avevano totalmente investita lasciandomi vuota e priva di un qualsiasi pensiero.
 Me ne stavo lì, davanti alle macchinette guardando la bottiglietta che avevo preso per Marti e che ancora non avevo tra le mani. Era sola, lasciata a sé stessa ancora in quella sua prigione di metallo, come me. Ero imprigionata nel mio amore e non avevo assolutamente idea di come liberarmi. Per eliminare Massi da me non sarebbe bastato infilare una monetina. Invidiavo quella bottiglietta d’acqua perché almeno lei, in un certo modo, era libera dalla sua prigione mentre io ero stata condannata a restarci per l’eternità.
 Quel caldo abbraccio non mi calmò, anzi. Più quel corpo restava a contatto con il mio e più avevo voglia di piangere, di eliminare dal mio cuore quel peso così gravoso.
 -Piangi, tranquilla. Ti farà bene.-
 La voce di Riccardo raggiunse il mio orecchio e i miei occhi reagirono di conseguenza. Piansi sempre più forte e ancora più in silenzio, mentre le braccia del mio migliore amico mi stringevano per farmi capire che lui c’era. Sì, lui c’era ma non era la persona che avrebbe avuto il potere di riportare la mia vita su binari decenti.
 L’unico ragazzo che avrebbe potuto farlo era proprio l’unico che non avrei mai dovuto avere.
 Fin dall’inizio la nostra storia era stata un problema. Dal primo momento avevo capito che c’era qualcosa di sbagliato solo che non avrei mai immaginato di essere io quella sbagliata. Ero sempre e solo io a far soffrire tutti, a creare disagi e a prendere decisioni tenendomi tutto dentro. Ero la rovina di me stessa, e le ultime decisioni prese ne erano la conferma.
 Se fossi andata avanti di quel passo avrei decretato sicuramente la mia prossima morte. Avevo la capacità di ferirmi da sola senza neanche metterci troppo impegno, sembrava quasi che mi piacesse soffrire. Ma non era così: se avessi potuto evitare quel dolore, sia a me che a Massi, in qualunque modo lo avrei fatto. Un modo però non c’era, e io avevo fatto una scelta per tutti e due e ora dovevo tenermi le conseguenze.
 -Mi odia-, mormorai tra un singhiozzo soffocato e l’altro. –Mi odia.-
 Sì, questa era la conseguenza più dura da accettare.
 Dopo che un ragazzo mi aveva amata e aperto il suo cuore come aveva fatto Massi, e dopo aver capito di amarlo ancora di più, vedere quanto mi odiava mi aveva distrutta e non potevo negarlo. Non mi sentivo più io, e tutto era stato solo una conseguenza delle mie azioni.
 Conseguenza da accettare.
 Conseguenza da sopportare.
 Conseguenza di merda!
 Era questa la verità. Mi sentivo di merda! Quella situazione era di merda! E lo sguardo pieno d’odio di Massi era una merda!
 Mi sentivo delusa, arrabbiata, disperata, avrei voluto spaccare la macchinetta con un pugno, eppure me ne restai ferma, con le braccia di Riccardo che ancora mi avvolgevano, mentre sentivo quelle lacrime silenziose che mi rigavano il viso.
 Ero morta. Non c’era altra spiegazione.
 La me di due giorni prima si sarebbe sentita combattiva, nonostante tutto, avrebbe cercato di reagire. Quella persona doveva essere morta perché altrimenti non se ne sarebbe stata imbambolata a piangere.
 Sì, la parte più importante di me era morta nel preciso istante in cui avevo realizzato di averlo perso per sempre.
 Non esisteva nessun altro pensiero.
 Solo quello.
 Lo avevo perso e con lui avevo rinunciato per sempre a quella parte di me che lo amava e che forse era la mia parte migliore.
 Piansi, piansi davvero tanto e in un silenzio quasi tombale e poi tutto finì. Non avevo più lacrime, non vedevo il motivo per continuare a piangere, non avevo più voglia di piangere. Mi ero stancata di sentirmi così afflitta.
 Avevo fatto tutto da sola e dovevo accettare quello che adesso il destino avrebbe avuto in serbo per me. Non c’era niente per cui piangere, niente. Stava andando tutto bene e cominciavo a sentirmi una stupida per aver pianto nel bel mezzo di un corridoio scolastico con il rischio che chiunque potesse passare e farne una tragedia.
 La mia non era una tragedia, era solo la vita e io dovevo reagire.
 All’improvviso quella parte che pensavo morta tornò a galla e scoprii che non era morta ma si era solo trasformata. Era triste, certo, ma non per questo meno combattiva.
 -Lo sapevi?-
 -Cosa?-
 -Che se avessi pianto proprio in questo momento alla fine mi sarei sentita meglio?-
 Sentii uno sbuffo che ero sicura fosse stato seguito da un sorriso.
 -Vale, tu sei scema e su questo nessuno ci può fare niente. Ma almeno sei semplice da capire. Accumuli emozioni a non finire, potresti continuare per anni ad accumulare e riusciresti sempre a passarci sopra e a tornare ad essere te. Questa volta però era troppo, non potevi soffocarlo, avevi l’assoluto bisogno di alleggerirti e l’unico modo era piangere. Io ti ho dato solo il modo di farlo.-
 Asciugai le ultime lacrime con la mano e mi voltai a guardare Riccardo. I suoi occhi erano caldi e gentili, un’isola felice in cui rifugiarmi.
 -Da dove sei sbucato fuori?-
 In effetti me lo stavo domandando solo in quel momento ma Riccardo non era esattamente la prima persona che avrei pensato di vedere quella mattina.
 -Terza prova con due domande di filosofia? Conoscendoti oggi avevi bisogno di tutto il supporto possibile per non impazzire.-
 Non aveva tutti i torti.
 -Sono arrivato e Marti mi ha detto che eri entrata nella scuola così mentre ti stavo cercando ti ho vista impalata davanti al distributore con la bottiglietta d’acqua che era scesa già da qualche secondo e ho capito che stavi in uno dei tuoi momenti di raccoglimento folle e immotivato.-
 Non dissi nulla. Me ne rimasi ferma davanti a lui con il ricordo di quei minuti passati a piangere. Mi sentivo uno straccio ma mi ero stancata di sembrarlo, dovevo reagire.
 -Vale, dire che lo hai perso è davvero un parolone. –
 Sussultai.
 Non avrei mai pensato che Riccardo avrebbe affrontato l’argomento Massi in modo così diretto.
 -Tu non lo conosci, non hai visto come mi guarda. C’è odio puro nei suoi occhi.-
 -L’odio può scaturire da tanti motivi, certo penso che i motivi di Massi siano piuttosto evidenti.-
 -Già.-
 -Ma rimane il fatto che era proprio quello che volevi. Non si farà più avanti e avrà il futuro che tu hai deciso che dovesse avere. Dovresti almeno apprezzare i tuoi sforzi per tenerlo lontano da te. Invece ti disperi e accumuli tutto il tuo stress mentale.-
 Sapevo dove stava andando a parare.
 -Non era questo quello che volevi, Vale. Tu non volevi lasciarlo e ancora ti ostini a farti piacere la situazione. Sei proprio sicura che per risolvere tutto questo casino non dovresti semplicemente dirgli la verità? Non sarebbe la cosa più giusta?-
 Sorrisi amaramente.
 -No, sono certa di aver fatto la scelta giusta. Devo solo imparare a conviverci.-
 Riccardo mi guardò con degli occhi che non riuscii a decifrare.
 -Ho smesso di provare a farti cambiare idea, e anche le tue amiche a quanto vedo. Non dirò più nulla su Massi ma smettila di sembrare sempre sul crollo di una crisi di nervi. Gli esami possono giustificare la tua depressione ancora per pochi giorni. Senza contare che farti vedere così proprio da Massi non è esattamente il modo migliore per non farlo insospettire, e tu non lo vuoi, giusto? Non vuoi che lui si insospettisca e torni a farti domande.-
 Solo in quel momento mi resi conto di quello che stavo facendo.
 Il mio cervello bacato stava agendo per conto suo e di proposito mi stava gettando in quell’angoscia per riportare Massi da me. Ma certo! Finalmente tutto mi era chiaro. Avevo capito di amarlo come mai e cercavo in tutti i modi di farlo tornare indietro, stavo tentando di trasformare il suo sguardo d’odio in uno d’amore.
 Non dovevo! Non potevo! Non volevo!
 Le cose stavano andando bene, mi doveva entrare in testa!
 -Come al solito mi capisci molto più di quanto io capisca me stessa-, mormorai con aria seria.
 -Non sono così presuntuoso da pensare di poterti capire totalmente, ma in genere me la cavo-, rispose lui con un sorriso.
 Alzai lo sguardo e ricambiai il suo sorriso, anche se ancora non riuscivo ad essere del tutto spontanea.
 -Torniamo fuori. Amy e Marti si staranno chiedendo che fine hai fatto.-
 -Sono presentabile?- chiesi con titubanza, sentivo gli occhi bruciare ed ero certa che le mie amiche si sarebbero accorte subito che avevo pianto.
 -Stranamente non hai molte tracce del tuo sfogo-, mi disse lui sorridendo. –Puoi andare, tranquilla.-
 Speravo con tutto il cuore che Riccardo avesse ragione, non avevo alcuna voglia di dare spiegazioni alle mie amiche. Avevo pianto davanti a loro il giorno prima e non volevo che si preoccupassero ancora per me. Non ce n’era motivo, prima o poi sarei tornata ad essere me stessa.
 Presi la bottiglietta d’acqua per Marti e mi diressi fuori, contenta che per una volta una bottiglietta innocente non fosse finita per terra.
 Appena fuori mi ricredetti. Perché la bottiglietta raggiunse il pavimento subito fuori dalle porte della scuola.
 Ero rimasta impietrita da quello che avevo davanti agli occhi. Su una panchina, la stessa panchina che appena arrivata a scuola era stata motivo di ansia per il mio cuore, era appena diventata il prossimo luogo per un omicidio.
 Una delle compagne di Massi, una delle più oche, gli stava comodamente seduta sulle ginocchia, con un braccio intorno al collo mentre Massi continuava a spiegare qualcosa a Marco. Sembrava così concentrata nell’ascoltare Massi… No, di sicuro stava cercando di seguire almeno la metà di un suo discorso, dubitavo che avesse abbastanza cervello per seguirlo tutto.
 La rabbia mi stava montando dentro senza che io potessi fare nulla per impedirlo. Pregavo che Massi si voltasse anche per un solo attimo giusto per avere la soddisfazione di fargli prendere fuoco con una sola occhiata. Lo volevo incenerire.
 -Ah, Vale-, mormorò Riccardo.
 Trasalii. Mi ero persino dimenticata dove mi trovavo, la rabbia aveva annebbiato tutto.
 Lo vidi chinarsi ai miei piedi per raccogliere la bottiglietta che mi era sfuggita dalle mani.
 -Cosa si deve fare con te?- mi chiese con un sorriso divertito. –Prima piangi, poi torni in te e adesso diventi gelosa. La vuoi finire di mettere a rischio il tuo piano? Se Massi si fosse voltato mentre lo fissavi in quel modo cosa pensi che avresti ottenuto?-
 Abbassai lo sguardo.
 -Esattamente il contrario di quello che dovrei desiderare.-
 -Proprio così-, sentenziò lui.
 -Hai ragione, che si facesse pure coccolare da chi gli pare, alla fine ne ha tutto il diritto.-
 -Esatto.-
 -Ormai non è più affar mio.-
 Detto questo non guardai più in direzione di Massi fino al suono della campanella che decretava l’inizio della terza prova.
 Come i giorni precedenti, una volta sedute, e con in mano le domande di quella prova maledetta, le mie amiche ed io ci scambiammo uno sguardo e un sorriso. Ma c’era davvero poco da ridere.
 Svolsi velocemente le domande di letteratura italiana e, con grande sorpresa, anche quelle di letteratura greca che non erano perfette ma potevano andare.
 Quando i commissari erano distratti riuscii a prendere qualche bigliettino che poteva servirmi per le altre tre materie. Copiai alla perfezione i bigliettini di matematica e fisica, quindi anche quelle domande potevano considerarsi archiviate.
 I dolori erano appena cominciati.
 La prima domanda di filosofia non era complicata, ci sarei arrivata anche senza bigliettino ma per sicurezza copiai in modo perfetto anche quella. Kierkegaard non era uno dei filosofi più complicati e anche la domanda era accessibile.
 Il gelo si diffuse in tutto il mio corpo quando passai alla seconda domanda.
 Solo leggendola non avevo neanche capito di cosa stesse parlando. Fissavo quelle parole messe una di fila all’altra senza riuscire a vedere la luce.
 Non ci stavo capendo niente.
 Amy mi lanciò un’occhiata e capii che anche lei era nella stessa situazione.
 Era impossibile.
 A quanto ero riuscita a capire, quella stramaledetta domanda metteva a confronto la filosofia di Kant con quella di Hegel.
 Già era tanto se in un anno ero riuscita ad assimilare qualche nozione singola sui loro pensieri filosofici, figuriamoci se potevo mettere a confronto la loro intera filosofia.
 Non sapevo neanche da dove partire.
 A quel punto, nella disperazione più totale, decisi di lasciar perdere.
 Copiai dai bigliettini un riassunto della filosofia dell’uno e poi dell’altro senza fare uno straccio di confronto. Non avrei neanche saputo dire su cosa fare il confronto. Non avevo capito neanche cosa volessero affermare con quelle loro idee fuori di testa, fare un paragone per me era impossibile.
 Persino la Giordano annaspava su quella domanda, la vedevo in ansia e scriveva una parola ogni cinque minuti, segno che ci stava pensando davvero bene e per lei era un evento raro. In genere, sapeva tutto e scriveva subito la risposta senza rifletterci più di tanto.
 Se lei era in quelle condizioni, era davvero inutile che io mi ci sbattessi più di tanto. Le altre domande ero riuscita a completarle più o meno bene e non avevo proprio la forza di riflettere ancora su quella domanda assurda.
 L’esterna di filosofia ci aveva proprio voluto distruggere e già sapevo che anche durante la prova orale mi avrebbe dato filo da torcere. Tanto filo da torcere!
 Quando già qualcuno aveva consegnato la sua prova, anche noi tre ci alzammo e decidemmo di mettere fine a quella tortura. Lasciammo i fogli nelle mani dei commissari e scappammo da quell’aula alla velocità della luce.
 Riccardo era fuori ad aspettarci, seduto ad una delle panchine.
 Marti ed Amy avevano accettato senza tante riserve di parlare con lui, avevano capito che non era stato a causa sua se avevo deciso di lasciare Massi. Poi Riccardo sapeva farsi amare, era sempre stato simpatico e spiritoso ma in un modo intelligente. Era davvero impossibile non trovarlo adorabile.
 -Com’è andata?- chiese lui con sorriso.
 La panchina era troppo piccola per sederci tutti e tre quindi io mi accomodai sulle gambe di Riccardo. Ovviamente non c’era nulla di malizioso ma se per caso Massi ci avesse visto era tanto di guadagnato, era arrivato il momento che il mio cervello e il mio cuore si facessero entrambi da parte e che lasciassero tutto nelle mani del mio istinto.
 -Non bene, a giudicare dalla facce sembra che vi abbiano appena torturato brutalmente.-
 -Ci sei andato vicino-, risposi abbassando la testa per la stanchezza.
 -Che è successo?-
 -Hai presente la repulsione di Vale per la filosofia?- cominciò Amy.
 -Sì, molto presente. Credo sia la massima certezza di un essere umano, seconda solo alla morte.-
 -Ecco. Quella sua repulsione oggi si è diffusa in tutta la classe. L’esterna di filosofia è una strega, spero che le si spacchi una ruota della macchina mentre torna a casa.-
 Amy era davvero imbestialita. Alla fine se l’era sempre cavata in filosofia e se quella domanda aveva messo in ginocchio anche lei, eravamo davvero nei guai, tutti quanti.
 -Era qualcosa di mostruoso-, rincarò Marti.
 Anche Marti che aveva la media del nove in quasi tutte le materie era distrutta?!
 Meglio ritrattare: non eravamo nei guai ma proprio nella merda vera e propria.
 -Com’era la domanda?- chiese Riccardo con comprensione.
 Cercammo di spiegargli a grandi linee cosa cavolo ci fosse scritto su quel foglio e lui sgranò gli occhi.
 -Neanche io che amo la filosofia e che l’ho sempre capita sarei riuscito a scrivere qualcosa di decente. Questa prof è fuori di testa! Credo che nemmeno all’Università potrebbero porre una domanda del genere. E’ matta!-
 -Grazie, Riccardo. Con queste parole hai appena affondato tutte le nostre speranze-, dissi con un tono acido.
 Lo sapevo già da sola che la situazione stava precipitando. Dovevo tornare a casa al più presto e imparare il libro di filosofia a memoria perché sentivo che quella strega mi avrebbe presa di mira dal primo momento durante la prova orale, e ormai non erano rimasti molti giorni per riuscire a concludere qualcosa.
 -Volete una mano per prepararvi all’orale?-
 Un raggio di sole illuminò quel mio amico che adoravo. Non avevo mai capito quanto bene gli volessi finché non aveva pronunciato quella frase.
 -Lo faresti davvero?- chiese Marti con gli occhi lucidi.
 -Sì, certo. Non ho molti impegni in questi giorni, vi aiuto volentieri.-
 Ero certa che in quel preciso istante Riccardo aveva assunto di diritto un posto speciale anche nel cuore delle mie amiche.
 Lui era un insegnante fantastico. Quando anni prima mi aiutava a studiare capivo sempre tutto al volo. Dubitavo che sarebbe riuscito nell’impresa di farmi capire qualcosa di filosofia ma almeno sapevo che grazie al suo aiuto non avrei fatto scena muta.
 Pochi minuti dopo decidemmo di andare a mangiare tutti insieme da qualche parte. Amy doveva andare a pranzo da Marco ma, chiedendogli scusa in diverse lingue, gli disse che preferiva venire con noi. Non ci pensò nemmeno ad invitarlo visto che Riccardo avrebbe pranzato con noi, e vedere il mio migliore amico morto non era proprio il sogno della mia vita e anche Amy lo aveva capito.
 Decidemmo di darci alla cucina cinese.
 Amy e Marti andarono in macchina con Riccardo mentre io li avrei raggiunti con il mio scooter al ristorante in centro.
 Proprio mentre stavo per infilarmi il casco sentii vibrare il cellulare.
 Un messaggio.
 Presi il cellulare e per poco non mi venne un colpo quando cominciai a leggerlo.
 
 Da oggi in poi non credo che ci sarà più occasione d’incontrarci. Ti auguro tutta la felicità del mondo e sappi che ti ho amata più di qualunque altra cosa. Buona fortuna per tutto.
 
 Massi.
 Sempre lui, in qualunque momento e in qualsiasi modo era costantemente in grado di insinuarsi nei miei pensieri e nel mio cuore.
 Aveva ragione. Non ci saremmo più visti.
 Era un vero e proprio addio. Non c’era altro da aggiungere.
 Non risposi al messaggio, speravo che capisse che non me la sentivo. Avevo già chiuso i ponti e rispondere avrebbe significato per me dover ricominciare con tutto un trip mentale autolesionistico che non mi avrebbe portato da nessuna parte.
 Sospirai cercando da qualche parte la forza per non piangere proprio lì davanti l’ingresso della scuola.
 Stavo ancora una volta per indossare il casco quando uno scooter sfrecciò al mio fianco diretto al portone.
 Lo conoscevo bene quello scooter come conoscevo bene il ragazzo che era alla guida. Dei ciuffi biondi spuntavano fuori dal casco e le sue mani strette al manubrio erano grandi, come nei miei sogni ormai lontani.
 Non si voltò a guardarmi, non ne aveva più motivo. Si era lasciato tutto alle spalle ed era arrivato il momento anche per me di farlo.
 Alla fine uscii dal cancello e sparii dalla mia vista, come stava sparendo dalla mia vita.
 Fissai il punto in cui era andato via per qualche secondo.
 Era la fine.
 C’eravamo arresi tutti e due alle mie decisioni e il risultato adesso era davanti ai miei occhi.
 Nonostante fossi ormai certa della mia scelta, nonostante non avessi alcuna intenzione di tornare indietro, nella mia mente albergava una sola frase…
 Addio, Amore Mio. Ti amerò finché avrò vita.


















***L'Autrice***
 Ed ecco un altro capitolo al limite della disperazione... ^^
 Confesso che scriverlo è stata davvero un'agonia ma alla fine spero di aver fatto un buon lavoro.
 La storia comincia ad avviarsi verso la fine, dovrebbero mancare solo tre capitoli (epilogo compreso ^^) e credo che saranno i capitoli più intensi. Però non disperate, come sa chi mi segue su facebook, ho intenzione di scrivere una terza parte della storia (e ultima) intitolata Il Futuro E' Già Qui, ambientata cinque anni dopo l'esame di maturità.
 Tornando al capitolo, be' c'è poco da dire. Tutto è finito. Massi sembra essersi arreso definitivamente e anche Vale pare abbia trovato una specie di equilibrio. Ma può davvero finire tutto così? Ancora non ne sono sicura, ma per il momento le cose sembrano andare verso una direzione non proprio allegra... xD Ovviamente non dirò nulla sul prossimo capitolo ma vi consiglio di attenderlo con tanta ansia perchè ne succederanno di tutti i colori... E secondo le mie previsioni potrebbe essere un capitolo molto lungo, più dei miei soliti capitoli ^^
 Con questo mio commento vi lascio e spero di ritrovarvi alla prossima.
 Vi ringrazio per tutto il sostegno e per le recensioni meravigliose che mi lasciate ogni volta ^^
 Vi voglio bene.
 Francesca


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Capitolo 20
*** Il Mare Dopo La Tempesta ***






Verso La Maturità- Capitolo 20
Siamo Legati Da Infiniti Fili Sottili, Facili Da Recidere Uno Ad Uno,
Ma Che Essendo Legati Tra Loro Formano Corde Indistruttibili
Isabel Allende
 
 
Capitolo 20: Il Mare Dopo La Tempesta
 
 Alla fine della terza prova, e di quella giornata a dir poco infernale, avevo la certezza che Massi ed io non ci saremmo visti mai più. Ormai ne ero così sicura da non credere minimamente che ci potesse essere la possibilità di incontrarci ancora. Inutile dire che nella mia vita niente andava come prevedevo.
 Massi e io avevamo la prova orale nello stesso giorno!
 Strano, non l’avrei mai detto di essere così sfortunata. Non mi era mai successo.
 Cominciavo ad odiare la mia sfortuna sempre di più, stava diventando una compagna di vita troppo scomoda per sopportarla ancora a lungo. Ne ero stanca!
 Mancavano ancora una decina di giorni prima della prova orale, giorni che, stranamente, trascorsero alla velocità della luce e così senza che me ne accorgessi era arrivato l’ultimo giorno utile per riuscire a farmi entrare qualcosa in testa.
 La mia tesina era finita, stampata e rilegata in modo perfetto.
 Riccardo aveva dato una grande mano sia a me che alle mie amiche, soprattutto in matematica e filosofia.
 Non mi sentivo per niente pronta ma almeno avevo la certezza di aver fatto tutto il possibile per imbastire un discorso alquanto decente riguardo la mia tesina. Il vero problema era tutto il resto. Tutti gli argomenti, studiati in un intero anno, che con la mia tesina non avevano proprio niente da spartire. Erano tanti, troppi! Non pensavo che fosse così complicato riuscire a ricordare tutto di quelle materie del cavolo!
 La mia unica consolazione, come sempre, era pensare che la D’Arcangelo non era più il mio incubo. Non ci sarebbe stata al mio esame e già questo mi aiutava tanto nel riuscire a concentrarmi meglio. Se avessi dovuto affrontare anche lei mi sarei suicidata molti mesi prima.
 Me ne stavo seduta alla mia scrivania cercando di ripassare più capitoli di filosofia possibili, ma più leggevo e meno nozioni riuscivo a farmi entrare in testa.
 Mi sembrava un brutto, bruttissimo, sogno e non vedevo l’ora che tutto quello stress terminasse. Stava diventando una vera tortura, più i secondi passavano e più l’ansia mi assaliva. Non potevo continuare così. Ormai mi sarei accontentata anche del sessanta, non me ne importava più un fico secco del voto. Volevo solo terminare il liceo e mandare tutto al Diavolo!
 Era quasi sera.
 Il sole estivo cominciava a tramontare e le sfumature di viola e arancione coloravano il cielo che vedevo dalla mia finestra.
 Un giorno, un solo giorno e finalmente anch’io, come tanti altri ragazzi, avrei potuto cominciare a godermi l’estate. Quello sarebbe stato davvero il premio più bello e agognato in assoluto.
 I miei genitori avevano capito quanto io fossi tesa e avevano deciso di lasciarmi da sola fino al giorno dopo. Si erano sistemati a casa di mia nonna e non sarebbero tornati fino alla mattina successiva, dopo essersi assicurati che io fossi già uscita per andare a scuola.
 Li avevo ringraziati fino all’inverosimile per quel favore.
 Sapevano che vederli in giro per casa mi avrebbe messo ancora più in agitazione e avevano agito di conseguenza. Per questo li amavo, anticipavano sempre ogni mio pensiero.
 Ero ancora totalmente presa da quello che stavo leggendo quando il campanello suonò facendomi sobbalzare.
 Era Riccardo, già lo sapevo.
 Voleva passare la serata a studiare insieme a me. Quel ragazzo era davvero il migliore! Nonostante tutto quello che gli avevo fatto passare aveva deciso di non abbandonarmi, anzi mi stava vicino come mai aveva fatto. Gli ero grata, più di quanto potesse immaginare.
 Se solo non avessi conosciuto Massi, se solo la mia strada non avesse incrociato la sua, Riccardo sarebbe stato l’unico al mondo che avrei mai potuto amare.
 La vita era troppo complicata per accontentarci in tutto. E la mia era troppo… mia, per potermi concedere anche un solo attimo di felicità.
 Feci entrare Riccardo, provai a sembrare normale ma lui si accorse subito che l’angoscia mi stava divorando.
 -Usciamo!-
 Lo guardai stranita.
 -Come scusa?- chiesi sorpresa.
 -Usciamo, non devi stare chiusa in casa la sera prima del tuo esame di maturità-, lo disse con semplicità e con un sorriso così dolce che avrebbe fatto sciogliere un iceberg.
 -Ehm, Riccardo. Proprio perché domani ci sarà il mio esame di maturità dovrei stare chiusa in casa a studiare, non credi?-
 -No, non lo credo-, rispose tranquillamente. –Hai studiato per un anno intero e hai bisogno di rilassarti prima di domani. Ormai quel che è fatto è fatto, non credo che in poche ore riuscirai ad assimilare altri dati.-
 -Ma…-, non pensavo per niente che fosse una buona idea.
 -Niente ma, guarda un po’ qui.-
 Sempre sorridendo mi porse due biglietti per un concerto.
 -Un concerto?- chiesi quasi scandalizzata.
 -Eddai, sono i Negrita. Sarà un concerto bellissimo, e tu hai bisogno di liberare un po’ la mente.-
 -No, io ho bisogno che la mia mente assorba tutto quel libro-, risposi indicando il libro di filosofia aperto sulla mia scrivania.
 -Ascolta, i migliori voti li ho presi svagandomi sempre la sera prima. Lo trovo un ottimo modo per preparare il cervello a quello che deve affrontare.-
 -Forse funziona per te che sei un genio, ma per noi comuni mortali l’unico modo per superare un esame come quello di maturità comprende il fatto di studiare fino all’ultimo secondo.-
 Era proprio uno stupido se pensava che avrei abbandonato i libri per andare ad un concerto. Io? Andare ad un concerto la sera prima della mia prova orale? Non me lo potevo permettere e di certo non era da me. Dovevo studiare, studiare, studiare fino a quando i miei occhi non si fossero chiusi per la stanchezza.
 Non avevo proprio il tempo per svagarmi. Punto e basta.
 Esattamente un’ora dopo mi ero cambiata ed ero in macchina con Riccardo. Destinazione: Parco Gondar a Gallipoli, luogo in cui si sarebbe tenuto il concerto dei Negrita.
 Avevo ceduto, non poteva essere altrimenti. Ero stanca di studiare e Riccardo lo aveva capito anche troppo bene.
 Si trattava solo di passare un paio d’ore ad ascoltare un po’ di buona musica. Appena finito il concerto sarei tornata a casa con la mente un po’ meno pesante e magari avrei avuto ancora un po’ di forze per continuare a leggere filosofia.
 Sì, era la cosa migliore da fare per non impazzire del tutto.
 -Ancora non ci credo che mi hai convinta a venire qui.-
 Riccardo si voltò a sorridermi mentre mostrava i nostri biglietti al gorilla che stava all’entrata. Porca miseria quanto era grosso!
 -Vuoi qualcosa da bere? Abbiamo ancora una mezz’ora prima che cominci il concerto.-
 -Perché no? Tanto ormai questa serata di studio sembra tutto tranne quello che dovrebbe essere.-
 Facemmo una lunga fila al bar e con le nostre birre in mano raggiungemmo lo spazio dedicato al concerto.
 C’era una folla di gente disumana ma Riccardo aveva una certa esperienza in quelle situazioni, e a furia di “permesso” e “scusa, dovrei passare” ci ritrovammo non molto lontano dal palco.
 Sorseggiavo la mia birra ghiacciata- che con l’afa di quella sera estiva era il massimo- in religioso silenzio mentre con il cervello cercavo di ripassare quanti più argomenti possibili.
 -La vuoi smettere di pensare a ripetere?- mi chiesi Riccardo esasperato.
 -E tu la vuoi smettere di leggermi nel pensiero? Sei seccante-, risposi con un sorriso.
 Cercai di resettare tutti i miei pensieri e di relegare l’esame nell’angolo più remoto della mia mente. Sperai che lì tutti gli argomenti scolastici si sarebbero trovato a loro agio e mi avrebbero lasciato in pace almeno per un paio d’ore.
 -Ah, eccovi qui!-
 Quella frase quasi urlata alle mie spalle mi fece prendere un colpo. Mi voltai e sorrisi sorpresa.
 -Amy! Che ci fate qui?!-
 Le mie due migliori amiche e Marco erano davanti ai miei occhi, anche loro con dei bicchieri in mano.
 -Riccardo ci ha invitati-, rispose Marti. –E’ stato molto gentile.-
 -Siete ad un concerto, ve ne rendete conto, vero?-
 Noi tre non eravamo mai state troppo inclini ai concerti e mi sorprendeva vederle lì, come mi sorprendeva che ci fossi io.
 -E allora?- cominciò Amy ridendo. –La nostra prova orale non è domani a differenza di te, possiamo ancora divertirci.-
 -Grazie, Amy. Fortuna che ci sei tu a non farmi sentire in colpa.- Poi la presi un attimo da parte per sussurrale qualcosa che in quel momento mi sembrava fondamentale. –Marco che ci fa qui?-
 -Riccardo ha invitato anche lui-, rispose lei con semplicità.
 -Okay, ma a lui non viene voglia di ucciderlo Riccardo?-
 Mi sembrava la cosa più naturale che Marco avesse potuto fare o pensare.
 -Ha sorpreso anche me, ma ha detto di voler uscire e che non gli importava che ci foste anche voi due. Sinceramente non lo so cosa gli sia preso.-
 L’aria confusa di Amy cominciava a preoccuparmi. Secondo me Marco aveva un piano per far fuori Riccardo, ne ero convinta. Mi conveniva tenerlo d’occhio durante il concerto perché quando era sotto stress Marco tendeva a fare molte cavolate.
 Comunque non ci preoccupammo più del dovuto e pensammo solo all’idea di goderci un bel concerto.
 Intorno a me vedevo solo coppiette innamorate che si scambiavano effusioni come se fossero nelle loro camere da letto e non nel bel mezzo di una folla. Li capivo, anche troppo bene. Quando si era così innamorati e presi non ti importava proprio un bel niente di dove ti trovassi. Riuscivi a vedere solo l’altra persona, quel ragazzo che amavi più di te stessa e che avresti voluto baciare fino alla fine dei tuoi giorni.
 Nient’altro aveva importanza.
 Non esisteva nulla che non fosse lui.
 E per me non esisteva niente oltre a Massi.
 Avevo rinunciato a negarlo sia al mio cuore che alle mie amiche. Il mio sentimento per lui aveva preso il sopravvento su tutto, persino sui miei pensieri. Anche se studiavo, anche se cercavo di concentrarmi su altro, il mio cervello aveva creato una specie di sezione a parte dove Massi era l’assoluto protagonista.
 Solo lui.
 Sempre e soltanto lui.
 Non sarei mai riuscita a dimenticarlo e su questo potevo anche metterci una bella pietra sopra, se non un intero macigno.
 Come lui ormai aveva rinunciato a me, e la sua pietra era stata molto più dolorosa della mia per la mia anima.
 Sapevo di averlo ferito, di averlo praticamente ucciso, però io avrei continuato a soffrire per sempre mentre lui aveva ancora la possibilità di essere felice. Magari con un’altra ragazza e potendo diventare quello che voleva.
 Sì, lui aveva ancora una possibilità mentre io mi sarei limitata a vivere senza essere felice.
 Immersa ancora nei miei pensieri, fui riportata nel mondo reale dal fumo che stava salendo dal palco e soprattutto dalle migliaia di persone urlanti che avevo intorno.
 Il concerto stava per cominciare.
 Il palco s’illuminò e i Negrita fecero il loro glorioso ingresso in scena.
 -Ciao Gallipoli!- gridò Paolo, il cantante.
 E via tutti a rispondere a quell’urlo con altrettante urla.
 Se fossi stata in uno dei miei normali giorni da Vale, quelle urla mia avrebbero innervosito parecchio ma ero in uno dei miei giorni da depressione, come succedeva da molti mesi, quindi decisi di lasciarmi andare.
 Vedevo Riccardo urlare e saltare. Cominciai a farlo anch’io.
 Mi sentii subito meglio, mi stavo sfogando!
 Il concerto ebbe inizio con alcune delle loro canzoni più belle: Bambole, In Ogni Atomo, Mama Maè, Hollywood, Che Rumore Fa La Felicità?... Ogni canzone era una delirio di emozioni e di divertimento.
 Poi arrivò una delle mie canzoni preferite in assoluto.
 -Questa canzone-, cominciò Paolo. –Be’, questa canzone al nord non ci viene molto bene, ma qui al sud trova sempre un grande successo!-
 Quella sua frase urlata mi fece capire che stava arrivando… Rotolando Verso Sud.
 A quel punto non capii più nulla. Mi lasciai trasportare da quella canzone divertentissima e cominciai a saltare come una matta accompagnata da Riccardo che si stava scatenando al mio fianco.
 Mi sentivo veramente bene, qualunque pensiero era scomparso.
 Il mio corpo si agitava e ballava, urlando le parole di quella canzone che conoscevo a memoria. Quel momento stava diventando uno dei migliori della mia vita.
 Poi la canzone finì e Paolo si preparò ad introdurre la successiva.
 -Bene, dopo esserci scatenati, voglio dedicare il prossimo pezzo a tutti gli innamorati che sono qui stasera.-
 Il sorriso che avevo in faccia si spense all’istante.
 Sapevo quello che stavano per cantare. Conoscevo ogni singola parola di quella canzone e sentivo che per me sarebbe stato straziante doverla ascoltare in mezzo a tutte quelle coppie del cavolo!
 -A voi… Magnolia.-
 Subito le prime note della melodia raggiunsero il mio cervello e mi bloccai. Non riuscivo più a muovermi.
 Intorno a me c’erano ragazzi e ragazze che si tenevano per mano, si abbracciavano e si baciavano e all’improvviso ancora una volta il ricordo di Massi prese possesso della mia mente. Solo fino a pochi mesi prima anche noi ci saremmo comportati così ad un concerto, anche noi avremmo potuto mostrare il nostro amore e perderci nei nostri sentimenti. L’uno nel corpo dell’altra come una sola cosa… E adesso invece… Adesso cosa mi restava? Solo il ricordo di quello che era stato senza neanche più la voglia di cercare di nuovo quella felicità che solo lui era stato in grado di donarmi.
 Stavo per mettermi a piangere, lo sentivo.
 Voltandomi per caso vidi alla mia destra Amy e Marco che si scambiavano un tenero bacio a fior di labbra. Vedere Marco lì, il migliore amico di Massi, lo riportava nei miei ricordi quasi in modo prepotente. Non riuscivo a scacciarlo via. Era impossibile!
 Mi sentivo invasa dalla nostalgia, e mi chiesi se sarei riuscita ad andare avanti così, se avrebbe fatto sempre tanto male oppure se un giorno mi sarei ritrovata a pensare a Massi senza soffrire in quel modo disumano.
 Mi sentii avvolgere in una specie di abbraccio e riuscii a calmarmi, anche se non del tutto.
 Riccardo mi aveva avvolto la spalla con il suo braccio e aveva fatto lo stesso con Marti. Stava in mezzo a noi e ci cullava con le braccia in una sorta di danza dell’affetto.
 Lo guardai di soppiatto mentre lui si illuminava in uno dei suoi teneri sorrisi.
 Aveva capito che stavo per scoppiare a piangere e cercava di fare quello che poteva per eliminare i ricordi dalla mia mente. Non che ci fosse riuscito del tutto ma di certo sentirmi così amata anche se solo da un amico e non dall’unico ragazzo che volevo funzionò come una sorta di antidolorifico: sapevo che il problema non si sarebbe risolto così facilmente ma almeno per quell’attimo Riccardo era riuscito a curare in parte il mio dolore.
 Era di certo meglio di niente.
 Dopo un altro paio di canzoni il concerto terminò in un boato di urla. Tutti si erano divertiti ed erano spensierati. Persino io ero riuscita a trovare un attimo di pace in quel piccolo momento di svago e ancora una volta mi ritrovai a pensare quanto gli amici potessero diventare importanti durante i momenti difficili.
 Senza di loro non sarei stata mai più capace di essere me stessa, invece mi rendevo conto che la possibilità di non perdermi del tutto c’era ed era più che concreta.
 -Un concerto fantastico!- esclamò Riccardo mentre tutti insieme ci dirigevamo verso l’uscita.
 -Incredibile!- rispose Marco con un sorriso.
 -E tu non hai visto quello di Alter Bridge a Londra-, continuò Riccardo.
 -Alter Bridge?! Cavolo, è da una vita che voglio vedere un suo concerto!-
 -Ce ne sarà uno a Roma tra qualche mese.-
 -Stai scherzando?!-
 -No, io ci vado con dei miei amici.-
 Okay, Riccardo era stato in grado di conquistare persino Marco, il che era tutto dire. Quel ragazzo aveva la capacità innata di farsi volere bene, inutile.
 Passammo qualche altro minuto al bar. Avevamo tutti una sete pazzesca e quei due non la smettevano di chiacchierare. La cosa cominciava a diventare abbastanza petulante.
 Per fortuna le mie amiche decisero di non parlare della mia prova altrimenti le avrei squartate visto che stavo riuscendo a non pensarci.
 -Ragazzi!-
 Quella voce.
 -Delia?- disse Amy sorpresa. –Che ci fai qui?-
 Anch’io me lo chiedevo, non avrei mai immaginato di vedere Delia in quel posto, aveva sempre detto che i concerti non l’attiravano più di tanto.
 -Lo vorrei sapere anch’io, sono stata costretta-, disse sorridendo.
 -E da chi?- chiesi confusa. Adoravo Delia, e le volevo un bene dell’anima soprattutto perché mi stava parlando, pensavo che mi avrebbe odiata e invece ancora mi sorrideva.
 -Sono stato costretto anch’io-, disse una voce alle sue spalle.
 -Michael!- esclamò Marco interrompendo finalmente il suo discorso con Riccardo. Dal tono della sua voce avevo capito che ancora non riusciva a sopportare la presenza di Mike.
 -Scusate, ma si può sapere chi vi ha costretti?- la mia domanda era più che lecita.
 -Io.-
 A quel punto ero sicura che il mio cuore di fosse fermato. Mi voltai lentamente e vidi che alla spalle di Riccardo c’era Massi, proprio lui in carne ed ossa. I suoi occhi mi fissavano con intensità, e vidi che in loro albergava uno strano odio, ma era diverso da quello che avevo scorto durante le prove scritte della Maturità. Sembrava uno sguardo più consapevole e maturo, ma fuso sempre a quella nota d’odio. Non riuscivo proprio a decifrarlo.
 -Finalmente ti sei deciso-, disse Riccardo dandogli una pacca sulla spalla.
 -Mi ci è voluto un po’ per metabolizzare la cosa-, rispose Massi senza smettere di guardarmi.
 -E così ci ha costretti ad accompagnarlo a questo cavolo di concerto-, borbottò Michael seccato ma io non lo stavo ascoltando. Massi mi stava letteralmente incatenando ai suoi occhi, non aveva intenzione di abbandonare i miei per niente al mondo. Stava cercando di riversare tutto il suo odio dentro di me, con enorme successo se dovevo dirla tutta. Mi sentivo spaesata ma allo stesso tempo avvertivo la certezza della presenza di Massi.
 Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo e poi la consapevolezza mi avvolse. Spalancai gli occhi spaventata e irritata allo stesso tempo.
 -Sai tutto-, mormorai con una nota di disperazione nella voce.
 -So tutto-, concluse lui senza lasciare i miei occhi.
 -Veramente credo che tutti sappiano tutto, ormai-, completò Delia con un sorriso ma io quasi non lo vidi.
 La mia mente era affollata da mille pensieri, uno peggiore dell’altro. La situazione stava precipitando e io non avevo idea di come ne sarei uscita fuori ancora viva.
 -Ma come…?-
 -Colpa mia-, disse all’improvviso Riccardo.
 Mi voltai a guardarlo di scatto cercando di incenerirlo con lo sguardo.
 -Che c’è?- mi chiese con aria innocente. –Lo sapevi anche tu che questo piano del cavolo che ti era preparata faceva acqua da tutte le parti, non avresti ottenuto niente così. Avresti solo continuato a soffrire e siccome ti voglio bene non potevo permetterlo.-
 -Giuro che ti uccido!- esclamai con il cuore in gola. Oh se l’avrei ucciso! L’avrei fatto fuori con le mie mani tra le più atroci sofferenze.
 -Andiamo, Vale-, s’intromise Amy. –Sei stata una stupida, credo di riassumere il pensiero di tutti con questa frase.-
 -Concordo-, disse Marti.
 -Anche secondo me lo sei stata-, rincarò Mike.
 -Eh, sì mia cara-, anche Delia.
 -Lo sei stata eccome!- esclamò Marco.
 -Oh, ma state un po’ zitti tutti quanti!- Ero arrivata al culmine, non ne potevo più. Tutti ad impicciarsi dei fatti miei. –Se sono stata una stupida è un pensiero vostro, io non devo spiegazioni a nessuno quindi state zitti!-
 -E’ qui che ti sbagli.-
 La voce di Massi raggiunse all’improvviso la mia mente e la inondò con il suo suono dolce e allo stesso tempo deciso.
 -Qualche spiegazione me la devi.-
 Non feci in tempo a dire altro che me lo ritrovai a pochi centimetri dal mio viso. Mi fissava con un’intensità che non avevo mai visto in quegli occhi verdi che tanto amavo. Era la prima volta che lo vedevo come un uomo deciso e non solo come un ragazzo che doveva ancora crescere. Il dolore ci aveva reso entrambi più maturi, su questo non c’era nulla da dire.
 Ritrovai la forza che mi serviva per tenergli testa e distolsi lo sguardo per evitare che m’imprigionasse ancora in quegli occhi che mi attiravano come due calamite.
 -Non credo proprio-, dissi con un filo di voce. –Non c’è niente di cui parlare, anche se adesso sai tutto io non tornerò indietro. La mia decisione l’ho presa.-
 Non disse nulla, nessuno di loro lo fece e non ne capivo il motivo.
 Decisi di alzare lo sguardo per capire cosa stesse succedendo e vidi che Massi mi stava guardando, non aveva mai smesso.
 -Di decisioni ne hai prese anche troppo ultimamente. E’ ora che lo faccia anch’io.-
 Mi afferrò per un braccio e mi trascinò lontano dagli altri.
 -Ahi, ma che diavolo stai facendo?- chiesi con voce irritata. –Lasciami andare.-
 Non parlò, non si voltò neanche a guardarmi. Si limitava a trascinarmi dietro di sé con forza, facendomi anche abbastanza male per quanto la sua presa era salda.
 Cercai di divincolarmi in tutti i modi ma non ci riuscii, lui era troppo forte per me. La sua rabbia lo rendeva testardo e sapevo che qualunque mia protesta non sarebbe mai servita a nulla.
 -Sali-, mi disse una volta arrivati davanti al suv di suo padre.
 Mi misi a fissare il sedile senza muovere un muscolo. Non avevo alcuna intenzione di salire su quella macchina.
 Massi sbuffò spazientito.
 -Senti, puoi salire su questa macchina con le buone o con le cattive. E per cattive intendo che se non entri in auto domani mi presento a casa tua e racconto ai tuoi cari genitori tutto quello che abbiamo fatto in questi mesi, da Padova a Boston.-
 Alzai di scatto la testa per fissarlo.
 Non aveva davvero intenzione di farlo. No, non lo avrebbe fatto.
 -Sta a te scegliere, ma ti posso giurare che non vedo l’ora di fare una cosa del genere.-
 La determinazione che scorsi nel suo sguardo non mi diede modo di fraintendere. Non avevo vie d’uscita, sarebbe andato dai miei, lo avrebbe fatto di sicuro.
 -Allora?- mi chiese con tono duro.
 Alzai gli occhi al cielo, e sbuffando come una locomotiva a motore, aprii lo sportello e m’infilai in macchina.
 -Potresti almeno essere meno prepotente-, borbottai mentre agganciavo la cintura di sicurezza.
 -E tu potresti essere meno stupida, ma purtroppo nessuno è perfetto.-
 Avrei voluto rispondergli ma lui era partito a razzo. Stava andando come un treno, ma era impazzito?!
 -Puoi rallentare?!- esclamai aggrappandomi al sedile.
 -Non ci penso proprio, ho bisogno di correre per evitare di strozzarti con le mie mani.-
 Saremmo morti, me lo sentivo. Correva come un pazzo e non aveva alcuna intenzione di rallentare. Decisi di non dire più nulla, ci mancava solo che si arrabbiasse ancora di più e che andassimo a sbattere contro un muro.
 Mi misi a guardare fuori dal finestrino, un po’ per evitare di incrociare per sbaglio gli occhi di Massi e un po’ per capire dove diavolo mi stesse portando.
 Non stavamo tornando verso Lecce, stavamo andando esattamente nella direzione opposta e la cosa cominciò a preoccuparmi. Porca miseria! Io avevo un esame il giorno dopo e Massi aveva deciso che proprio quello fosse il momento adatto per scarrozzarmi in giro per la Puglia. Ma non se ne poteva restare a casa a studiare?! Anzi, avrei potuto restare io a casa, accidenti a me!
 Eppure nonostante mi maledicessi per aver deciso di uscire, lo stare ancora una volta, anche se forse sarebbe stata l’ultima, così vicina a Massi mi donava uno strano senso di pace. Quando ero con lui, anche nelle situazioni che in genere dovevano essere poco piacevoli, sentivo che tutto era al suo posto, e mi sentivo bene.
 -Quando?- chiesi poi con un filo di voce. Massi sapeva a cosa mi riferivo, non c’era bisogno che aggiungessi altro.
 -Dopo la prima prova, Riccardo si è presentato a casa mia.-
 Sarebbe morto, Riccardo era un uomo morto.
 -C’era anche Marco e ci ha raccontato ogni cosa.-
 Per questo Marco non aveva battuto ciglio quando Amy aveva deciso di tornare a parlarmi. E certo, lui sapeva già tutto.
 -Mi ha pregato di fare qualcosa, di farti tornare quella di prima perché non sopportava più di vederti in uno stato pietoso.-
 -Non sono in uno stato pietoso!- replicai con il tono di una bambina di cinque anni.
 -Lo so, tu sei sempre bellissima, non c’è bisogno che ti arrabbi.-
 Mi si fermò il cuore. Nella sua voce non c’era scherno o rabbia, si era solo limitato a fare un’affermazione, una piccola frase che sentiva di dovermi dire.
 Non ci dicemmo altro e nell’auto cadde un silenzio così assordante da rischiare di farmi impazzire completamente. Mi sentivo inquieta, non sapevo cosa sarebbe successo, quando la macchina si sarebbe fermata, o cosa avrei dovuto dire.
 Solo una cosa per me era davvero certa: non avrei ceduto. Non potevo farlo!
 Anche se Massi aveva scoperto tutto non sarebbe cambiato nulla. Se fosse stato necessario lo avrei mandato a Boston a furia di calci nel fondoschiena.
 Ad un certo punto vidi che imboccava la strada per il lungo mare e mi soffermai a guardare le onde scure che raggiungevano la spiaggia illuminata dalla luna. Era il primo anno, in tutta una vita, che vedevo il mare per la prima volta a fine giugno e di notte.
 L’anno precedente non mi ero resa conto che quella sarebbe stata l’ultima estate passata in modo spensierato. Tra esami di Maturità e poi iscrizione all’università quella non sarebbe stata un’estate come le precedenti e forse non ce ne sarebbe stata un’altra.
 La libertà di adolescente mi stava per abbandonare per lasciare il posto alla vita da adulta.
 Quando si è piccoli non si vede l’ora di crescere: i diciott’anni, la patente, il poter prendere decisioni. Eppure quando si arriva al punto in cui tutto sta per cambiare perché si deve crescere ci si rende conto che gli anni passati sono stati davvero i migliori, i più belli, i più liberi.
 Non avevo voglia di crescere, non avevo voglia di affrontare la vita da sola ma forse era quello che mi serviva per trovare una mia strada, un modo per vivere senza Massi.
  D’un tratto l’auto si fermò al bordo della strada.
 Massi non disse nulla, spense l’auto e prese un respiro forte e lungo. Avevo l’impressione che fosse sovrappensiero, come me d’altronde.
 Sapevamo molto bene entrambi che una sola parola fuori posto avrebbe potuto dare il via a un Inferno che Dante non avrebbe mai neanche potuto immaginare.
 -Scendi.-
 -Come?- chiesi disorientata.
 -Ti ho detto di scendere!-
 Pronunciò quella frase a voce alta, il suo non era un invito ma un ordine. Pensai non fosse il caso di contraddirlo, e con la speranza che non decidesse di mettere in moto e andare via una volta che fossi scesa, aprii lo sportello e lo richiusi alle mia spalle dopo aver lasciato l’auto.
 Con la coda dell’occhio osservai Massi ancora all’interno del veicolo.
 Era fermo, immobile, e guardava dritto davanti a sé con le palpebre che non accennavano a chiudersi. Era come se stesse osservando il portale di un altro mondo, troppo interessante per essere ignorato.
 Poi lo vidi, mi ritrovai davanti tutto ciò che gli avevo fatto passare per mesi. Aveva abbassato lentamente lo sguardo, in modo quasi struggente, e poggiando le braccia sul volante ci nascose il suo viso.
 Aveva bisogno di stare da solo, lo avevo capito, ma il mio primo impulso era stato quello di precipitarmi in macchina per abbracciarlo e dirgli la verità, confessare che anch’io stavo soffrendo e che non ne potevo più di stare lontana da lui. La mia coscienza però prese il sopravvento sui miei sentimenti.
 “Devi resistere, Vale. Fai l’adulta, pensa al suo futuro.”
 Mi ripetevo quella frase come un mantra e lanciando un’ultima occhiata verso Massi mi voltai per raggiungere la spiaggia. Forse sedermi sotto quella luna, al fresco di quel vento marino, mi avrebbe aiutato a resistere. Però, di certo, quello che più di tutto mi avrebbe aiutato era l’allontanarmi da lui. La sua vicinanza mi destabilizzava e non mi permetteva di ragionare come avrei dovuto. La situazione era delicata e non mi potevo permettere di distrarmi neanche per un attimo.
 Arrivata alla spiaggia, mi sfilai le Converse e tenendole in mano mi avvicinai un po’ di più al mare. Quel rumore così familiare mi era mancato da morire, era rilassante e pacifico, mi faceva sentire tranquilla come non lo ero da tempo.
 Ero quasi sul bagnasciuga e decisi di togliermi la leggera giacca a maniche lunghe che indossavo per stenderla e potermi sedere. Mi bagnai un po’ i piedi nella tiepida acqua estiva del Mar Ionio e mi sedetti.
 Non sapevo se Massi mi avrebbe raggiunta, chiamata o se mi avrebbe lasciata lì da sola per tutta la notte o forse per sempre. Dubitavo che la sua fosse una ripicca, più che altro sospettavo che non fosse ancora pronto a capire le mie motivazioni e stesse cercando in tutti i modi di trovare uno stato mentale che gli avrebbe consentito di non annegarmi all’istante.
 Fissai la luna quasi piena nel cielo scuro e pieno di stelle.
 Alla fine ebbi la mia risposta.
 Un paio di scarpe caddero alla mia destra mentre la figura di Massi mi superava a piedi nudi e si fermava sul bagnasciuga. Le onde calme gli lambivano la pelle dei piedi, consentendogli di rilassarsi il più possibile.
 -Il mare è calmo ma si vede che ieri era agitato.-
 -Già-, risposi io continuando a fissare le onde che lo sfioravano.
 Prese un respiro profondo e continuò a guardare dritto davanti a sé.
 -E’ come me-, cominciò senza voltarsi. –Fino a ieri dentro di me sentivo imperversare una vera tempesta, la rabbia mi aveva completamente invaso e non pensavo che sarebbe mai passata.-
 Si fermò e io non dissi nulla. Avevo bisogno che lui parlasse per capire cosa gli stesse passando per la testa.
 Poi all’improvviso si voltò a guardarmi.
 -Io non capisco perché non ti sei fidata di me, non capisco perché i miei sentimenti per te abbiamo avuto così poca importanza.-
 Eccolo, il momento della verità era arrivato.
 Il mare aveva superato la tempesta ma la nostra stava per cominciare proprio in quel momento.
 -Non è come pensi tu.-
 -E allora spiegami, porca miseria! Sono mesi che ti chiedo una spiegazione e poi vengo a sapere che mi hai lasciato perché io potessi partire senza pesi sulla coscienza?! Come diavolo ti è passato per la testa?!-
 Abbassai lo sguardo per cercare le parole adatte. Mi ero stancata di ferire Massi e soprattutto di ferire me stessa. Litigare con lui mi avrebbe solo fatto sentire peggio, quindi provai a mantenere la calma.
 -Dimmi una cosa, e devi dirmi la verità. Se fossi venuta da te a dirti tutto, di aver sentito la conversazione, del fatto che non volevi più partire, mi avresti dato ascolto o avresti fatto di testa tua?-
 Lui non rispose, si limitò semplicemente a guardarmi.
 -Se tu fossi stato al mio posto, sapendo che rinunciare a te è l’ultimo dei miei desideri e che per farlo avrei accantonato volentieri un futuro che per me è scritto, ti saresti comportato diversamente? Me ne avresti solo parlato sperando che prendessi la decisione giusta?-
 A quel punto sollevai la testa e i nostri occhi si incontrarono.
 -Hai cercato una spiegazione per tanti mesi ma la verità l’hai sempre avuta sotto gli occhi e se ti fossi fermato ad osservare meglio e a cercare di capire ci saresti arrivato senza problemi.-
 Mi alzai e fermandomi a pochi passi da lui, puntai i miei occhi dritti nei suoi. Doveva capire che anch’io avevo sofferto, non potevo essere io l’unica cattiva della situazione. Mi ero comportata in quel modo, lasciandolo, solo perché sapevo che se non l’avessi presa io quella decisione così dolorosa lui non l’avrebbe mai fatto.
 -Uno di noi due doveva sacrificarsi e io ho scelto di farlo. La verità è che l’unica spiegazione che posso darti che è ti amo.-
 Non potei più fermare le lacrime, era inutile anche provarci, tanto valeva lasciare che la mia mente decidesse di sfogarsi come meglio credeva.
 -E’ così-, cominciai con la voce rotta dal pianto.
 Tutta la rabbia e la frustrazione per il dolore provato. Tutta l’angoscia per fare in modo che il piano funzionasse. Tutta la sofferenza nel doverlo allontanare da me. Tutta la consapevolezza di avergli fatto del male e di averlo fatto anche a me. Tutto. Ogni cosa, si trasformò in un’enorme valvola di sfogo.
 -Ti ho lasciato perché ti amo!- quasi lo urlai. Ne avevo bisogno, avevo l’assoluta necessita di urlarlo dopo averlo tenuto nascosto per tutto quel tempo. E quello sfogo lentamente si trasformò in altro dolore e le lacrime cominciarono a solcarmi il viso copiose.
 -Ho scelto di rinunciare a te per permetterti di non avere rimpianti. Restare qui e non diventare un medico non ti porterà la felicità.-
 -Sei sempre stata tu la mia felicità.-
 Abbassai lo sguardo con un sorriso amaro.
 -Massi, l’unica certezza che ho nella vita, l’unica e sola, è che tu diventerai un bravissimo medico, forse il migliore. Noi due non siamo una certezza, non in questo momento, non a quest’età. Ti prego, fai diventare la mia certezza una tua certezza. E’ questa la cosa giusta da fare.-
 -Ti rendi conto che me lo stai chiedendo in lacrime?- mi disse lui con voce atona.
 -Questo non cambia nulla. Tu devi partire, devi prendere in mano la tua vita e diventare quello che hai sempre voluto essere.-
 -E non posso farlo con te?- mi chiese con tono quasi di supplica.
 -Non so se sia possibile-, mormorai asciugandomi le lacrime.
 Alzai lo sguardo e ancora una volta i nostri occhi s’incontrarono. A quel punto nei suoi vidi qualcosa che forse non avevo mai visto: la determinazione. Il suo sguardo era sicuro e c’era qualcosa che lo rendeva tremendamente attraente, nonostante la situazione.
 -Vale, io partirò. Ormai ho deciso.-
 I miei occhi si riempirono di nuovo di lacrime ma riuscii a ricacciarle indietro. Quella sua decisione doveva solo farmi piacere, non dovevo continuare a piangere. Avevo ottenuto quello che volevo, adesso si trattava solo di lasciarlo andare per sempre. Dovevo lasciare che lui raggiungesse il suo destino dall’altra parte dell’Oceano.
 -Ho deciso di partire ma questo non vuol dire che io non voglia provare a stare ancora con te. Ci sono ancora dei mesi davanti a noi, non devo trasferirmi domani. E magari, chi lo sa, potremmo essere una delle poche coppie al mondo che sopravvivono ad una relazione a distanza.-
 Mi sorrise e a quel punto i miei occhi si spalancarono.
 I suoi occhi verdi con le pagliuzze argentate mi stavano fissando con un sguardo particolare: c’era la speranza di potermi avere ancora, c’era la certezza della sua decisione di partire e soprattutto c’era tutto l’amore che aveva provato e che provava sempre per me. Tutto quello di cui avevo bisogno era in quegli occhi caldi, avvolgenti e tremendamente dolci.
 Tutto il mio mondo era in quegli occhi.
 Tutto il mio amore era in quegli occhi.
 Lì dentro c’era tutta me stessa.
 Avevo pensato che crescere significasse prendersi le proprie responsabilità ma ancora non era il momento di diventare adulta fino a quel punto.
  Dovevo crescere ma non necessariamente quella sera stessa. Mi ero stancata di pensare solo al futuro, mi ero veramente rotta! Ero cresciuta anche troppo per i miei gusti… Le altre responsabilità che mi aspettavano dietro l’angolo avrebbero potuto attendere ancora un po’.
 Mi avvicinai ancora di più al suo viso per poter vedere meglio i suoi occhi sotto la luce di quella splendida luna.
 -Mi hai lasciato-, disse Massi fissandomi con sguardo di dolore.
 -Lo so-, risposi senza lasciare i suoi occhi.
 -Mi hai ferito.-
 Ancora più vicina.
 -Lo so.-
 -Mi hai ucciso.-
 La mia mano si posò sulla sua guancia, era bello sentire la sua pelle.
 -Lo so.-
 -Eppure ti amo ancora, forse più di prima.-
 Sorrisi.
 -Lo so.-
 Quella notte tutto il resto non contava. Il mio corpo me lo fece capire agendo al posto mio.
 Massi stava per dire qualcosa ma non gli diedi neanche modo di cominciare la frase. Lo attirai a me con forza posando le mie labbra sulle sue e subito mi ritrovai catapultata in un Paradiso fatto di sogni e ricordi.
 Sentivo le sue labbra mentre le mie le accarezzavano e assaporavano dopo molto tempo un bacio che non avevano mai dimenticato.
 Massi mi strinse a sé, e sentire le sue mani sulla mia schiena mentre mi abbracciava era la sensazione più intensa che potesse esistere al mondo e anche in altri universi paralleli. Il suo corpo caldo e avvolgente, contro il mio rischiava di creare una combustione che avrebbe portato a vere e proprie fiamme.
 Il bacio si fece sempre più profondo ed intenso: morbido come nuvola, ardente come un incendio. Racchiudeva in sé sensazioni e sentimenti così diversi eppure indivisibili.
 Tutto intorno sembrava aver percepito che qualcosa di nuovo e unico stava accadendo. Il vento soffiava piano e fresco per impedirci di bruciare completamente, il suono delle onde che accarezzavano la spiaggia si fece più delicato per permetterci di goderci quel momento, il tempo… Oh, il tempo sembra essersi fermato così che noi potessimo restare lì a baciarci per l’eternità, com’era giusto che fosse.
 Era tutto talmente intenso che se non fossi stata presa dal bacio fino a quel punto sarei potuta scoppiare a piangere da un momento all’altro. Mi sentivo esplodere per quanto amore ero in grado di provare con un solo bacio e mi sentivo male all’idea di reprimere ancora quel sentimento. Doveva esistere ed essere sempre al centro della mia attenzione, doveva potersi sfogare, doveva essere vissuto, fino infondo senza nessun ripensamento.
 L’amore che provavo per Massi era la cosa più che bella che potesse esistere e non doveva mai più essere represso. Non lo meritava, perché era bellissimo, perfetto… Immenso.
 E ad un certo punto quel bacio non mi bastò più, avevo bisogno di sentire Massi su ogni centimetro del mio corpo, anelavo le sue carezze e la sua pelle. Ne sentivo davvero la necessità.
 Con delicatezza poggiai una mano sul suo petto e risalii la sua spalla. Feci una leggera pressione e lui doveva aver capito perché senza smettere di baciarmi s’inginocchio portandomi giù con sé.
 Il bacio continuava, sempre più profondo, sempre più intenso, sempre più dolce e con quel piacevole sapore nostalgico che lo rendeva quasi una droga.
 Massi mi fece distendere con delicatezza e si sistemò su di me, stringendomi in un abbraccio, facendomi sentire il calore del suo corpo che contrastava con la sabbia fresca che avvertivo sotto di me.
 Le sue labbra continuavano a cercare le mie, senza sosta, come se il loro compito fosse stato sempre quello.
 All’improvviso si fermò e mi guardò negli occhi. Erano lucidi, pieni di desiderio e d’amore. Quanto mi erano mancati quegli che mi guardavano in quel modo, un modo speciale che solo lui sapeva donarmi. L’unico al mondo che poteva riservarmi sguardi intensi e innamorati a tal punto da farmi scoppiare il cuore.
 L’unico.
 Lui era davvero l’unico e il solo che ci sarebbe mai riuscito.
 -La luce della luna rende il tuo viso ancora più bello-, mormorò con sguardo serio.
 I miei occhi s’incatenarono ai suoi, volevano solo continuare a guardarlo in eterno e desideravano, in tutti i modi, fargli capire quanto lo bramassero.
 -Ti amo-, dissi alla fine. Pronunciai quelle due piccole parole con un filo di voce eppure era come se le avessi urlate. Come se le avesse urlate direttamente il mio cuore in modo che il suo potesse sentirle bene.
 -Dio, quanto mi sei mancata.-
 La sua voce era seria, roca, colma di desiderio.
 Tornò a baciarmi, e ancora mi sembrò quasi la prima volta. Ogni bacio stava diventando diverso, ogni instante riusciva a mutare i miei battiti e le mie sensazioni. Stava diventando un’esperienza quasi paradisiaca senza precedenti.
 Non passò molto prima che i vestiti diventassero solo un mucchio di stoffa poco lontano da noi.
 Il suo corpo nudo stretto al mio.
 Il suo corpo nudo che si univa al mio.
 E la mia anima nuda che finalmente aveva ritrovato la sua.
 Abbracciati. Uniti. Insieme. Tutte parole che m’invadevano la mente e spazzavano via tutto il resto. Ritrovare tutto ciò che per mesi avevo solo sognato e cercato nei miei ricordi mi stava quasi svuotando.
 Era intenso.
 Era stupendo.
 Era nostro.
 Il nostro amore, da vivere. Per un mese, per un anno, per l’eternità.
 Ormai non m’importava più perché ero di nuovo felice.















***L'Autrice***
 Che ne dite? Adesso posso uscire di nuovo di casa senza pensare che dietro l'angolo ci sia una di voi che mi vuole uccidere? xD
  Allora, prima di commentare, ho bisogno di fare una premessa... HO SONNO!!! Sono stata in piedi tutta la notte per finire questo capitolo, e in pratica sono sveglia da quasi 30 ore, il che non fa bene. Tutto questo solo per dire che se ci sono errori sia nel capitolo che nel commento è colpa dei miei occhi che non riescono a stare aperti xD Ma comunque sono una donna forte (?) quindi non preoccupatevi, sopravvivero :)
 Torniamo a Massi e Vale. Ebbene sì, possiamo tornare a parlare di Massi e Vale come una specie di coppia. Non si capisce ancora molto bene cosa accadrà ma per il momento sono di nuovo insieme e tutti noi speriamo che ci restino, anche se, come avete visto, il mio cervello è abbastanza imprevedibile... ^^ Ma comunque io direi che una bella bottiglia di champagne per festeggiare non ci starebbe male (e io mi prendo anche un caffè per riuscire a stare sveglia xD).
 Anche se sono stata in piedi tutta la notte questo capitolo è stato bellissimo da scrivere, verso la fine mi sono messa a piangere come una bambina perchè davvero non vedevo l'ora di tornare a scrivere di un momento magico e romantico tra Massi e Vale, non ne potevo davvero più.
 Adesso spero che almeno per un po' vi sentiate bene dopo aver letto un mio capitolo e non sull'orlo del suicidio xD
 Se devo dire la verità stavolta mi piacerebbe davvero sapere che ne pensate del capitolo, mi sono impegnata veramente tanto per non farvi aspettare... Ovviamente questa non è una richiesta per farvi lasciare una recensione, non ve lo chiederei mai a me importa solo che il capitolo vi piaccia e vi coinvolga, ma se volete rendermi partecipe dei vostri pensieri lo apprezzerei tanto :) :) :) ma proprio tanto :) Giusto per capire se ho fatto la scelta giusta con questo capitolo ^^
 Questo commento sta durando un'eternità e le mie dita non sono più in grado di scrivere qualcosa di decente, hanno dato tutto per il capitolo... Anche loro sono a pezzi come me xD Evvai, avete un'autrice con mezzo piede nella fossa ahahahaahh
 Vabbe' la smetto con i deliri per mancanza di sonno :)
 Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia trasmesso le stesse belle emozioni che ho provato io nello scriverlo :)
 Per il prossimo capitolo ho già parecchio in mente quindi spero di scriverlo al più presto.
 Vi ringrazio, come sempre, perchè leggete la mia storia, mi seguite, mi supportate e mi sOpportate xD
 Vi voglio bene
 Francesca

 

  
  

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Capitolo 21
*** Ultima Prova ***






Verso La Matuirtà- Capitolo 21
La Ricchezza Del Mio Cuore E’ Infinita Come Il Mare, E Il Mio Amore E’ Così Profondo:
Più Te Ne Do E Più Ne Ho Per Me Perché Entrambi Sono Infiniti.
William Shakespeare


Capitolo 21: Ultima Prova

-Allora ci stiamo davvero provando…-
-Be’, non abbiamo altra scelta. Almeno un tentativo lo dobbiamo fare, non voglio perderti.-
Furono queste le parole di Massi in risposta alla mia osservazione.
L’aeroporto di Brindisi era pieno zeppo di gente pronta a prendere il volo delle 11:20 per Roma, lo stesso che stava attendendo Massi. Da Roma poi avrebbe preso quel maledetto aereo che per chissà quanti anni lo avrebbe tenuto lontano da me, dall’altra parte dell’Oceano, talmente lontano che quasi avevo la sensazione di non poterlo rivedere mai più.
-Spero solo che questa sia la scelta giusta-, cominciai. –Non voglio costringerti in una storia che magari non avrà alcun futuro.-
Lui sollevò una mano e sorridendomi me la posò sul viso con delicatezza.
-La nostra storia non è solo una storiella tra adolescenti. So che il nostro futuro è quello di stare insieme, l’ho sempre saputo. Voglio provare a tenerti per sempre con me, ho bisogno di provarci e dopo tutto quello che mi hai fatto passare me lo devi.-
Mi scappò un sorriso.
-Sì, hai ragione. Te lo devo sul serio.-
Lo avevo fatto soffrire, a causa delle mie scelte entrambi avevamo passato dei mesi orribili. Quel tentativo doveva esserci e dovevo assolutamente convincermi che quella era la cosa migliore da fare, nonostante il mio scetticismo riguardo le relazioni a distanza… A molta, moltissima, distanza.
-Ora devo andare-, mi disse con gli occhi che si fecero improvvisamente tristi.
-Lo so.-
-Tornerò tra qualche mese, mi faccio sentire appena arrivo. Spero di calcolare bene il fuso orario.-
-A qualsiasi orario andrà benissimo. Per te potrei anche restare sveglia tutta la notte.-
La situazione si stava a facendo a dir poco straziante. Era proprio quello uno dei motivi che mi aveva spinto a lasciare Massi per farlo partire. Quel momento si stava rivelando troppo difficile, vederlo partire senza sapere quando sarebbe tornato mi stava letteralmente spezzando il cuore. Non ce la facevo. Stavo provando in tutti i modi a trattenermi ma non riuscii ad impedire a lacrime disobbediente e impudenti di ignorare i miei segnali per costringerle a restarsene dov'erano. Cominciarono a rigarmi il viso e vincendo una battaglia che per quanto mi riguardava era persa in partenza.
-Tornerò.-
-Lo so-, mormorai abbassando lo sguardo.
-Ti amerò in ogni momento-, disse con calma mentre sollevava il mio viso per permettere ai nostri occhi d’incontrarsi.
Quando lo guardai in volto vidi che una lacrima stava solcando lenta la sua guancia. Se persino lui stava piangendo evidentemente avevo ragione a pensare che quel momento fosse un tortura, e non lo era solo per me.
Questo mi faceva anche più male.
Non volevo che Massi soffrisse ancora ma non potevo evitarlo. Era ciò che avevamo scelto per noi ed entrambi avevamo accettato di buon grado le conseguenze della nostra scelta.
Senza dire altro, Massi si chinò su di me e unì le nostre labbra in quel nostro ultimo bacio prima della partenza. Sentire un contatto come quello per l’ultima volta era straziante, mi stava lacerando l’anima.
Ci dividemmo e riaprii gli occhi per guardare il volto di Massi ancora una volta.
Qualcosa però non andava. Avvertivo gli occhi pesanti e all’improvviso mi resi conto di non trovarmi all’interno dell’aeroporto ma all’aria aperta. Il sole sul viso, il rumore del mare che mi accarezzava le orecchie e la morbida sabbia sotto la schiena.
Non ero in aeroporto! Era stato solo un sogno!
Guardai alla mia destra e vidi il volto di Massi a pochi centimetri dal mio. Dormiva, con la mano poggiata sulla mia pancia e un sorriso tranquillo che rendeva il suo volto l’ottava meraviglia del mondo.
Avevo solo sognato ma sapevo che quel sogno era quasi una premonizione. Sarebbe arrivato il momento di dire addio, o comunque arrivederci, al mio Massi e quella notte appena trascorsa sarebbe rimasto uno dei più bei ricordi legati a lui. Mi ci sarei aggrappata nei momenti in cui saremmo stati lontani, quando la Maturità sarebbe finita e…
La Maturità?
Porca miseria!
-Massi!- esclamai mettendomi a sedere e scuotendolo. –Massi, accidenti! Svegliati!-
-Uhm…-
Presi il cellulare e per poco non mi prese un colpo.
-Massi! Svegliati!-
-Che c’è?- mi chiese aprendo un occhio.
-C’è che tra un’ora ti chiameranno per la prova orale!-
Gli occhi di Massi si spalancarono subito, finalmente aveva capito che si doveva dare una mossa.
-Okay, ragioniamo-, disse poi con calma.
-Ragioniamo? Dobbiamo andare a scuola immediatamente, altro che ragionare.-
-Ascolta, abbiamo un’ora. Venti minuti per tornare a Lecce dovrebbero bastare se vado a tavoletta, quindi dovremmo farcela. La mia tesina è in macchina.-
-Oh cavolo! La mia è a casa.-
-Tranquilla, passiamo a prendere la tua tesina e poi andiamo a scuola.-
Massi si alzò e guardò il cellulare.
-Porca puttana!-
-Che c’è?-
-Mio padre mi ha chiamato venti volte, oggi gli serviva la macchina. Sono nella merda!-
A quel punto anch’io decisi di guardare meglio il cellulare. Io ne avevo quaranta di chiamate ed erano tutte dei miei genitori. Ero rimasta fuori a dormire senza avvisarli. Ero morta, letteralmente.
-Siamo nella merda entrambi-, dissi con un sospiro.
-Penseremo dopo ai nostri genitori-, disse lui prendendomi per mano e aiutandomi ad alzarmi. –Ora dobbiamo pensare all’esame.-
Annuii con decisione. Ci mancava solo che dopo tutto il casino che avevo combinato, Massi non arrivasse in tempo all'esame per colpa mia.
Fortuna che per mesi avevo professato in lungo e in largo che la sola cosa importante per me era la carriera di Massi.
Bel modo per dare inizio alla sua carriera.
Afferrai le scarpe senza neanche indossarle- lo avrei fatto in auto- e seguii velocemente Massi che si stava già dirigendo verso il SUV del padre.
Almeno i vestiti non erano stati un problema, la sera prima li avevamo indossati quasi subito dopo... Beh, dopo. Ma per quanto mi sforzassi non riuscivo assolutamente a ricordare in quale cavolo di momento ci fossimo addormentati.
Ricordavo che avevamo parlato quando i nostri istinti avevano trovato il modo di calmarsi. Ce n'eravamo stati abbracciati, stesi sulla soffice sabbia a parlare... Eppure non ricordavo proprio di essermi addormentata.
Maledizione!
Mi diressi allo sportello del passeggero pronta a salire quando all'improvviso mi sentii afferrare il braccio.
-Al Diavolo l'esame!- sussurrò Massi prima di costringermi a voltarmi.
Per un solo istante incontrai i suoi occhi verdi come il mare di prima mattina e poi avvertii il dolce sapore delle sue labbra che incontravano le mie.
Erano morbide e quasi succose, mi sembrava di baciare un fragola matura mentre la mia cara fragola cercava di approfondire il bacio passando leggera la lingua sulle mie povere le labbra che non avrebbero potuto desiderare di meglio.
La mia risposta non si fece attendere.
Permisi a Massi di insinuarsi lento dentro la mia bocca mentre le nostre labbra continuavano a danzare in sintonia come mai avevano fatto.
Lui mi strinse a sé e un sospiro di piacere sfuggi al suo controllo.
Per poco non mi sciolsi nel sentire quel sospiro perché sapevo esattamente cosa significava: Massi non era soddisfatto di dover andare all'esame e di non poter replicare tutto quello che era accaduto la notte precedente. Era il suo sospiro esasperato. Voleva qualcosa ardentemente e non poteva ottenerla subito, come desideravano invece il suo corpo e la sua mente.
Mi sentivo onorata di essere proprio io la cosa che Massi anelava in quel modo quasi struggente.
La sua stretta si fece sempre più decisa e avvertivo il calore del suo corpo scaldare ancora di più quella mattinata che si stava rivelando il preludio di un'afosa giornata estiva.
Alla fine sapevo che avrei dovuto farla io la parte della guastafeste. Se avessi lasciato la situazione nelle mani di quel pazzo di certo nessuno dei due avrebbe sostenuto l'esame orale quel giorno.
Posai con molta lentezza, davvero tanta, le mie mani sul petto di Massi e delicatamente cercai di spingerlo via. Sentii che si era aperto in un sorriso mentre mi baciava e come c'era d'aspettarsi al posto di assecondare il mio gesto mise ancora più forza in quel saldo abbraccio e intrappolò le mie braccia tra di noi come se non volesse altre interruzioni.
Mi venne quasi da ridere ma non avevamo proprio più tempo da perdere.
Massi doveva sempre farmi ricorrere alla violenza per ascoltarmi.
Era incredibilmente stupido, testardo e... semplicemente dolcissimo.
Mio malgrado fui costretta ad agire.
Con molta calma e precisione puntai mentalmente il piede di Massi e lo schiaccia con il mio mettendoci parecchia decisione.
Massi si staccò subito da me e si mise a bestemmiare mentre io lo guardavo con le mani poggiate sui fianchi. Il mio sguardo era un misto di desiderio e rimprovero. Alla fine anch'io avrei preferito passare tutta una giornata di fuoco con Massi piuttosto che prendere davvero fuoco in un'afosa aula del Virgilio mentre la commissione mi cuoceva lentamente allo spiedo.
Eppure anche lui sapeva benissimo che non potevamo essere irresponsabili fino a quel punto. I nostri genitori erano già furiosi, sarebbe stato decisamente meglio non peggiorare la situazione.
-Ma sei impazzita?!- esclamò Massi tornando a guardarmi una volta esaurite tutte le parolacce esistenti al mondo.
-No, Massi. Forse sono l'unica ad essere tornata sulla Terra. L'e-s-a-m-e d-i m-a-t-u-r-i-t-à-, cercai di scandire, magari così avrebbe capito meglio. -Non so se ti ricordi cosa significa. Niente esame, niente università per me e niente Boston per te, e soprattutto una bella bocciatura che ci costringerà a stare un altro anno al Virgilio, e quindi un altro anno passato a nasconderci da tua madre. Sempre che i miei non decidano di mandarmi in un convento dopo quello che ho fatto stanotte e dopo essere stata bocciata.-
Dallo sguardo di Massi capii di aver fatto finalmente centro.
-Hai ragione-, disse con il terrore negli occhi. -Un altro anno a nascondermi da mia madre io non lo passo. Andiamo.-
Si voltò verso l'auto.
-Massi.-
-Cos'altro c'è?- chiese quasi esasperato.
-Ti amo.-
Si bloccò e ci mise qualche secondo prima di voltarsi.
-E mi sei mancato come l'aria.-
Sorrisi mentre pronunciavo quelle parole. Volevo che Massi leggesse tutta la serenità che il mio corpo e la mia mente provavano solo al pensiero di poter stare insieme a lui.
-Vale, sei davvero incredibile-, il suo tono era ancora esasperato ma i suoi occhi lucidi non potevano mentirmi come la sua voce.
Mi si avvicinò e con una lentezza quasi dolorosa posò un delicato bacio sulle mie labbra ancora gonfie per il bacio precedente.
-Ti amo anch'io-, rispose sorridendo spavaldo. -Ma adesso smettila di saltarmi addosso. Dobbiamo andare.-
-Non sono io che ti sono saltata addosso-, risposi indispettita.
-Come no? Io non ho fatto nulla.-
-Massi prima o poi ti ucciderò.- Il mio tono era a dir poco acido.
-La tua acidità mi era davvero mancata, Ferrari-, mi fece l'occhiolino con fare spavaldo. Era proprio uno degli atteggiamenti che più avevo desiderato rivedere in Massi.
-Parli troppo presto, Draco. Lo vedremo quanti anni riuscirai a sopportare la mia acidità.-
Lui sorrise divertito ma allo stesso tempo sicuro di sé.
-Spero davvero tanti.-
Spalancai gli occhi emozionata mentre lui, ancora divertito, entrava in macchina invitandomi a darmi una mossa con un cenno del capo piuttosto impaziente.
Era davvero ora di andare. Anzi, l'ora di andare era passata da un pezzo: era arrivato il tempo di volare o meglio ancora di teletrasportarsi.
Io ero l'ultima del turno di quel giorno ma Massi era il primo e sarebbe giù dovuto essere a scuola.
Dire che l'auto su cui mi trovavo stesse superando la barriera del suono sarebbe stato davvero riduttivo. Mi sentivo schiacciata al sedile mentre ero costretta a reggermi forte a tutto quello che ci poteva essere di solido in quel trabiccolo.
Dopo aver rischiato l'infarto duo o tre volte finalmente intravidi la mia casa alla fine della strada e quando la macchina si fermò, con una brusca frenata, per poco non mi venne da piangere per la felicità.
-Avevi intenzione di ucciderci tutti e due?!-
-Avanti, non fare storie. Andiamo a prendere la tua tesina e poi voliamo a scuola, c'è rimasta solo mezz'ora prima che mi chiamino.-
Giuro che avevo sentito le parole di Massi ma qualcosa di tremendo aveva attirato la mia attenzione. Mia madre! Era sulla soglia della porta e il suo sguardo non prometteva niente di buono.
-Ti prego, non ora-, mormorai. -Non abbiamo tempo.-
-Vale, tranquilla.-
Tranquilla? Sì, come no!
Scesi dall'auto con la faccia di una che si stava dirigendo dritta al patibolo e negli occhi di mia madre ce lo vedevo chiaramente quel maledetto patibolo.
-Mamma... Io...-
-Non devi spiegare niente a me-, m'interruppe con questa frase che mi sorprese parecchio. In genere mia madre avrebbe voluto sapere ogni minimo dettaglio di quello che era accaduto e soprattutto del perché avevo deciso di sparire proprio la notte prima del mio esame di maturità.
-Riccardo mi ha chiamato ieri sera spiegandomi tutto.-
Ancora una volta Riccardo! I fatti suoi mai?!
-Mi aveva chiesto di non dire nulla a tuo padre e sai perché. Ma mi aveva anche assicurato che saresti tornata a casa stanotte e invece, indovina un po', stamattina presto tuo padre è uscito da casa della nonna per portarti la colazione da un bar, è arrivato a casa e tu non c'eri. Ho dovuto dirgli tutto, anche di Massi. A proposito, buongiorno caro.-
-Buongiorno a lei, signora-, rispose Massi da dietro le mie spalle con il suo solito tono educato.
-Ora, a me non interessa cosa avete fatto o dove siete stati ma ti conviene inventare subito una spiegazione plausibile per tuo padre.-
-L'ha presa tanto male?- chiedere non mi costava nulla, almeno avrei compreso un po' meglio che situazione mi sarei trovata davanti una volta salite le scale di casa.
-A tuo padre Riccardo piaceva e adesso che stai di nuovo con Massi puoi immaginare come si sente. Quando ha saputo che siete stati insieme prima che ti mettessi con Riccardo per poco non gli è scoppiata la vena che ha in fronte.-
Presi un bel respiro per prepararmi a quello che avrei dovuto affrontare.
-Massi, vai a scuola. Non credo che sarà una cosa breve e l'esame sta per cominciare.-
Non mi voltai, sperai che Massi capisse che dovevo affrontare mio padre da sola.
-Non ci penso proprio, resto con te.-
Ecco, speranza vana. Avrei dovuto immaginare che quello zuccone avrebbe preso la decisione più stupida.
-Prendi questa e vai con lui.-
Per poco non mi venne un altro infarto, e sarebbe stato il quarto quella mattina.
Mio padre era spuntato da dietro mia madre, tra le mani la mia tesina, e mi fissava con uno sguardo che non riuscivo a decifrare. Non ci riuscivo proprio. Forse era preoccupato e troppo sorpreso allo stesso tempo, aveva ricevuto una quantità di informazioni tale che gli ci sarebbe voluto un po' di tempo per digerirle tutte.
-Papà...-, cominciai prendendo la tesina.
-Mi devi parecchie spiegazioni, signorina.-
-Lo so... Io...-
-Ma adesso non hai proprio il tempo per stare qui a parlare con me, e almeno ne avrai di più per prepararti un discorso sensato.-
In effetti non sarebbe stato male pensare un po' di più a quello che avrei dovuto dirgli.
-In più non credo proprio che il tuo rag... beh che lui abbia intenzione di andare a scuola senza di te e non voglio che la tua professoressa di scienze venga qui ad uccidermi. L'ho vista un paio di volte e non mi sembra esattamente una persona con cui poter ragionare, senza offesa-, disse rivolto a Massi.
-Si figuri. Lei ha ragione-, rispose Massi con tranquillità. -Comunque signor Ferrari, la prego di perdonarmi per tutto. Mi permetta, se non altro, di presentarmi. Sono Massimiliano Draco.-
Stava per porgergli la mano ma mio padre si voltò pronto a tornarsene a casa.
-So chi sei. Per oggi ho sentito il tuo nome anche troppe volte. In bocca al lupo, a entrambi.-
Detto questo sparì su per le scale.
Una certezza in tutta quella storia l'avevo: mio padre era incazzato nero!
-Andate, ragazzi. Io intanto cercherò di far tornare in sé quell'imbecille di mio marito.-
Speravo davvero che mia madre riuscisse a far vedere a mio padre tutta la situazione sotto una luce migliore.
-Massi mi dispiace per il comportamento di Gianpaolo ma a lui Riccardo è sempre piaciuto e su questo ci dovrò lavorare parecchio. Però piano piano capirà.-
Massi non rispose, si limitò ad annuire.
-Nonostante tutto, figlia mia, credo di doverti delle scuse.-
-A me?-
-Sì. Pensavo che non avessi interesse per i ragazzi e invece eri fidanzata e neanche lo sapevo, poi ti sei messa con Riccardo e adesso di nuovo con Massi. Sei peggio di me alla tua età, e io ne ho fatte di pazzie.-
-Mamma!-
-In più devo ammettere che hai un gusto impeccabile. Ho sempre pensato che Riccardo fosse il top di bellezza ma devo dire che neanche Massi scherza. E' al suo stesso livello. Complimenti, caro.-
Le mie guance diventarono due semafori rossi.
-Mamma!-
-Signora, io non sarò mai allo stesso livello di Riccardo ma sempre un gradino più su.-
-Ah sì? E cosa te ne dà la certezza?-
Lui sorrise e poi mi prese la mano, forse per calmarmi perché di sicuro lo aveva notato che stavo per scoppiare.
-Ne sono certo perché sua figlia ama me e ha scelto me.-
Mi voltai a guardarlo e vedere il volto sicuro mentre pronunciava quelle parole quasi mi commosse mentre il cuore mi batteva come un matto per l'emozione.
-Direi che è un'ottima motivazione.-
Massi sorrise e mia madre ricambiò poi anche lei raggiunse mio padre su a casa.
Pochi secondi dopo eravamo di nuovo in macchina diretti a bordo di quel razzo verso l'ultimo giorno in cui avremmo varcato le porte del Virgilio come studenti di quella gabbia di matti.
-Quando l'esame finirà parleremo con tuo padre, vedrai che si sistemerà tutto.-
-In questo momento mio padre è l'ultimo dei miei problemi. Devo prima sopravvivere alla prova orale e poi mi preoccuperò del resto.-
All'improvviso il cellulare di Massi cominciò a squillare. Mise il viva voce perché considerando la velocità a cui stava andando era molto più saggio che entrambe le sua mani fossero sul volante.
-Pronto?-
-Massi, porca miseria! Dove Diavolo sei finito?!-
-Buongiorno, mamma-, il tono di Massi era tranquillo, anche troppo a dir la verità.
-Buongiorno mamma?! Buongiorno mamma!-
Quando urlava la D'Arcangelo faceva davvero paura.
-Che diamine ti passa per il cervello?! Tra dieci minuti ti chiameranno per l'orale e tu ancora non sei qui! Senza contare che tuo padre oggi ha dovuto prendere la mia macchina e io sono stata costretta a prendere i mezzi pubblici per arrivare a scuola!-
-Mamma, calmati. Sto arrivando. Stanotte ho studiato da Marco e ci siamo addormentati distrutti. Stamattina non ho sentito la sveglia e neanche le telefonate di papà. Però sto arrivando, tranquilla.-
-Ti voglio qui tra due minuti esatti, e spero che questa non sia una storiella inventata di sana pianta perché ti posso assicurare che non sono in vena di bugie stamattina.-
-E' la verità, mamma.-
Be', Marco c'era la sera prima quindi quella di Massi si poteva considerare una mezza verità. O forse un quinto di verità visto che non erano a casa di Marco e che non si era addormentato lì.
-Va bene, basta che ti dai una mossa.-
La D'Arcangelo chiuse la chiamata senza aggiungere altro.
Era a dir poco furiosa. Massi ed io eravamo davvero nei guai, guai seri ed enormi.
Quando intravidi dopo un incrocio l'edificio scolastico mi resi conto improvvisamente di un fatto di vitale importanza.
-Massi, fermati qui!-
-Cosa? Perché?-
Era visibilmente confuso.
-Fermati e basta!-
Lui obbedì continuando a guardare come se avesse davanti un alieno e non la sua ragazza.
-Non possiamo arrivare a scuola insieme-, cominciai. -Tua madre è già furiosa e io ho l'ultimo turno per l'esame. Vorrei arrivare a quel momento con il cervello tranquillo e non tartassato dallo stressante interrogatorio che la D'Arcangelo mi riserverà.-
Mi era venuto in mente solo all'ultimo momento ma per fortuna alla fine mi ero ricordata che la D'Arcangelo sarebbe stata lì per assistere all'esame di Massi e non volevo assolutamente che ci rendesse nervosi più di quanto non eravamo già scoprendo la nostra relazione e arrabbiandosi ancora di più per quel motivo.
Dovevamo arrivare a scuola separati.
-Io scendo qui e poi ci vediamo dentro, come se fosse un normale giorno scolastico. Quindi niente confidenza, non più del solito almeno.-
-Sei sempre la solita, devi tediarmi con questa storia proprio fino all'ultimo minuto-, lo disse sorridendo. Sapevo che ormai si era arreso con me, quando mi mettevo in testa qualcosa era meglio assecondarmi, soprattutto dato che il tempo era agli sgoccioli.
-Bene, allora ci vediamo dentro-, concluse Massi.
-A dopo-, dissi lasciandogli un leggero bacio sulle labbra.
Lui mi sorrise ancora una volta prima che chiudessi lo sportello e poi riparti alla volta del Liceo Classico Virgilio.
Avevo ancora qualche metro da percorrere a piedi, e stringendo tra le mani la mia tesina mi ricordai improvvisamente a cosa stavo andando incontro. Il secondo patibolo della giornata era proprio davanti a me, e come la prima volta, mi dirigevo verso di lui di mia spontanea volontà e senza sbattere ciglio.
La mia prova orale si sarebbe tenuta da lì a un paio d'ore o poco più e la sola idea mi provocava delle dolorose fitte allo stomaco che non accennavano a sparire. Non ne potevo più di tutto quello stress. Tra la storia di Massi e gli esami avevo raggiunto il limite... Mi sarebbe bastato davvero poco per crollare. Quindi mentre varcavo la soglia del grande portone del Virgilio decisi di fare un enorme respiro per provare a rilassarmi più che potevo.
Avevo ancora un po' di tempo per ripetere la tesina ma prima avevo il dovere di assistere all'esame di Massi, non sarebbe stato strano, era il primo giorno dell'orale e ci sarebbero stati molti altri ad assistere.
-Vale!-
Ecco, come volevasi dimostrare.
Marco si precipitò verso di me abbracciandomi.
-Sono venuto ad assistere all'esame di Massi-, disse con un sorriso a trentadue denti.
-Lo avevo immaginato-, risposi con un certa dose di acidità.
-Capisco che sei nervosa per l'esame, Vale, ma almeno fallo un sorriso per quello che è successo stanotte?-
Alzai un sopracciglio.
-E tu che ne sai di cosa è successo stanotte?-
Marco mi guardò per un secondo sorpreso per la mia domanda e poi scoppiò a ridere.
-Conosco Massi da sempre, lo capisco con un'occhiata se ha fatto sesso. Ti posso assicurare che il viso che ho incrociato poco fa urlava “sesso” da tutte le cellule.-
Arrossii immediatamente mentre Marco continuava a guardarmi ridendo.
Quanti omicidi avrei dovuto commettere nella mia vita per avere un po' di tranquillità? I primi due della lista erano di sicuro Massi e Marco.
-Marco, se farai mai un'altra osservazione del genere giuro che ti ucciderò!-
-Perché vuoi uccidere il mio ragazzo?- chiese Amy spuntando alle mie spalle. -Sei acida anche dopo aver passato una notte di fuoco con Massi?-
Sospirai esasperata. Ecco la terza della mia lista.
-Amy, devo ammazzare anche te?- poi mi sovvenne una domanda. -Ma tu che ci fai qui?-
-Voglio vedere il tuo esame, abbiamo la stessa commissione se non l'hai dimenticato.-
-Sì, anch'io-, Marti apparve accanto ad Amy seguita subito dopo da Mike e Delia.
-E voi?-
-Be' per l'esame di Massi e anche per il tuo-, rispose Delia.
-Parla per te, sorella! Io sono qui per avere i dettagli dei giochetti che hanno fatto stanotte loro due.-
Il quarto!
-Avete finito tutti quanti di impicciarvi dei fatti miei?! Vi vorrei ricordare che oggi avrei l'ultima prova del mio esame di maturità, vorrei starmene tranquilla.-
-Niente, neanche il sesso le fa passare l'acidità-, disse Mike ammiccando verso di me.
-Non ne posso più-, sussurrai voltandomi e dirigendomi verso l'entrata di scuola. Non avevo bisogno di guardare dietro di me per sapere di avere un corteo formato dai miei pseudo amici che mi seguivano.
Non sapevo in che aula si tenessero gli esami della III F ma non ci volle troppo a capirlo. L'indizio me lo aveva dato la voce infuriata della D'Arcangelo che inveiva contro il mio povero Massi.
Voltai l'angolo delle aule dopo la presidenza- sempre con al seguito il mio corteo- e vidi Massi e la D'Arcangelo davanti alla porta di un'aula chiusa. Insieme a loro c'erano anche gli altri quattro studenti che avrebbero dovuto sostenere l'esame dopo Massi e qualcun altro che era venuto ad assistere all'esame.
-Da te non mi sarei mai aspettata una cosa del genere, Massi. Sparire la notte prima del tuo esame di Maturità senza dare neanche una minima spiegazione. Si può sapere che Diavolo è successo?-
-Mamma, per favore. Ne parliamo dopo, adesso vorrei concentrarmi-, rispose Massi con aria scocciata.
-Certo che ne parliamo dopo, di questo ne puoi essere sicuro-, poi si accorse della nostra presenza. -Che ci fate qui voi della III C? Il vostro esame e al primo piano, non qui.-
-Vorremmo assistere prima a questo, professoressa-, risposi con tranquillità, o almeno con quanta più possibile. Non avevo intenzione di far arrabbiare la D'Arcangelo ancora di più, ci avrei rimesso quanto Massi.
-Come volete, anche se non ne capisco l'utilità.- Ovviamente era impossibile che per una volta quella donna si facesse un camion di fatti suoi.
-Claudia, lo fanno perché volevo assistere io e mi fanno compagnia.-
L'intervento di Marco fu provvidenziale. Lui era nella stessa classe di Massi quindi la D'Arcangelo non poteva avere da ridire anche su una cosa del genere.
-Massimiliano Draco.-
Quella voce veniva da dentro l'aula semi chiusa che stava proprio davanti a noi.
Massi trasalì, per un solo istante mi era parso di non vedere più in lui quella solita sicurezza che lo contraddistingueva quando si trattava di mettersi alla prova. Era stato solo un attimo ma io lo avevo colto e da lì capii che anche un tipo come Massi temeva l'esame orale della Maturità.
-Vai, tesoro-, lo esortò la D'Arcangelo.
Lui prese un respiro profondo e proprio poco prima di entrare in aula mi lanciò uno sguardo veloce. Veloce ma dolce, ansioso ma sicuro, inaspettato ma sempre voluto.
Era lo sguardo di chi voleva dimostrarti quanto avesse bisogno di te, e io ci sarei stata per Massi, sempre e comunque.
Entrammo nell'aula e all'improvviso mi sentii come se l'aria fosse sparita di colpo lasciandomi senza la facoltà di poter respirare.
La commissione era seduta tutta di fronte a noi e davanti avevano solo una sedia dove il “condannato” si sarebbe accomodato per dare inizio ad una tortura senza precedenti.
Al solo pensiero che da lì a poco mi sarebbe toccata la stessa sorte di Massi, mi veniva il voltastomaco. Non mi sentivo preparata, proprio per niente.
Massi si sedette e poco dopo l'esame cominciò.
Più ascoltavo Massi e il suo modo di esporre la tesina che aveva preparato e più capivo quanto lo studio fosse davvero il suo lavoro. Era perfetto, parlava con sicurezza e ti coinvolgeva con ogni sua parola mantenendo alta l'attenzione di chi lo ascoltava. Gli argomenti che trattava li faceva apparire come conosciuti da sempre e i commissari erano a dir poco conquistati da lui.
Era un cento con lode assicurato, non avrebbero potuto fare altrimenti.
Un paio di professori provarono a metterlo in difficoltà con alcune domande più precise e mirate ma lui riuscì a rispondere senza alcun tipo di problema evidente.
-Bene, Massimiliano-, esordì il presidente di commissione che fino a quel momento aveva detto poco e niente. -Direi che può bastare. Prima di andare, avremmo una domanda.-
-Mi dica.-
-Cosa hai intenzione di fare dopo?-
Non potevano porgli domanda più semplice di quella, e alla sola risposta mi si dipinse un sorriso sul volto.
-Farò medicina, professore.-
La sicurezza di Massi aumentava di minuto in minuto.
-Ah, bene. Ottima scelta. Ancora complimenti per il tuo esame.-
Massi strinse la mano a tutti i professori e vidi che le sue spalle si rilassavano. Si era tolto davvero un peso enorme.
Si voltò e subito sua madre andò ad abbracciarlo e a complimentarsi con lui ma io vidi altro. Quando si era voltato aveva guardato me e di sicuro ero io la prima persona che avrebbe voluto abbracciare ma non si poteva. Noi all'interno della scuola non avevamo molta confidenza, secondo gli altri, quindi un abbraccio tra noi due sarebbe sembrato davvero troppo strano.
Mentre formulavo quel pensiero vidi una strana luce negli occhi di Massi, una luce che conoscevo bene. Stava architettando qualcosa.
-Grande Massi!- esclamò Marco avvicinandosi a lui.
Massi gli sorrise e lo abbracciò. Stava abbracciando Marco? Lui era pietrificato dal gesto di Massi e se dovevo ammetterlo anche a me sembrava parecchio strano.
-Bravo Massi!- disse Amy.
-Grazie-, un altro sorriso e un abbraccio anche per lei.
Abbracciò uno ad uno tutti quelli che si stavano congratulando con lui e alla fine capii lo scopo di quel comportamento assurdo. Lo avevo capito eccome!
Mi si avvicinò. Sapevo quello che dovevo fare, era fin troppo chiaro, almeno a me.
-Congratulazioni, Draco. Ottimo esame.-
Cercai di usare un tono di voce neutro ma non potei evitare di aprirmi in un flebile sorriso. Mi stavo trattenendo, avrei voluto che il mio sorriso fosse più grande, anzi enorme.
-Grazie, Ferrari-, rispose sorridendomi. Lui poté metterci tutto il suo amore in quel sorriso perché dava le spalle a sua madre, e quando scorsi quella luce bellissima negli occhi di Massi per poco non mi sciolsi completamente.
Lui si sporse verso di me e mi prese tra le braccia, cercando di non stringere troppo anche se avvertivo che ogni fibra del suo corpo avrebbe voluto stringermi per non lasciarmi andare più.
L'abbraccio durò poco, troppo poco, ma dovetti farmelo bastare. Non potevamo esagerare, non ancora e non davanti alla D'Arcangelo. Senza contare che se si fosse prolungato anche di un solo secondo saremmo passati a ben altro e non mi sembrava il caso di lasciarci andare a certe effusioni davanti a tutti. I mesi passati separati si facevano sentire e appena i nostri corpi entravano in contatto scaturiva una reazione quasi chimica che era difficile da gestire.
Ci dividemmo ed evitammo di guardarci per non rischiare di insospettire oltre i presenti, tolti quelli che già conoscevano tutta la nostra storia.
Ora toccava a me sostenere l'esame, avevo ancora un po' di tempo e decisi di andare a rinchiudermi in qualche aula per utilizzare le ultime ore che mi restavano in modo produttivo ripetendo tutto quello che potevo.
Salutai gli altri e mentre andavo avevo sentito la D'Arcangelo dire al figlio.
-Adesso andiamo a casa, hai un bel po' di cose da spiegarmi.-
-Non adesso, mamma. Voglio assistere all'esame di Ferrari.-
Per poco non mi venne un colpo. Voltai l'angolo che dava sulle scale e ascoltai. Speravo davvero con tutto il cuore che Massi non avesse intenzione di rivelare tutto a sua madre proprio in quel momento, non ero ancora pronta per affrontarla.
-Perché dovresti assistere all'esame di Ferrari?-
Il tono della D'Arcangelo era sospettoso ma non pareva che avesse capito qualcosa.
-Lei è venuta al mio esame anche se non era obbligata. Si è anche congratulata con me e il minimo che posso fare è ricambiare, visto che ormai sono qui.-
Ci fu qualche istante di silenzio poi la D'Arcangelo rispose.
-Mi sembra giusto, sei corretto come al solito. Resterò qui con te, allora. Se non sbaglio Ferrari è l'ultima del turno di oggi, ci sarà da aspettare un paio d'ore.-
E ti pareva! Anche se non avevo la D'Arcangelo in commissione lei sarebbe stata comunque al mio esame e la sola idea di avvertire la sua presenza dietro di me mentre parlavo mi faceva venire i brividi. La mia sfortuna non aveva limiti come al solito.
Decisi di lasciar perdere tutta quella storia per un po'. Non avevo tempo da perdere e se quella donna aveva deciso di assistere al mio esame io non avevo né la voglia né la forza mentale per impedirglielo.
Salii le scale e m'infilai nella mia ormai ex aula.
Le ore passarono senza che neanche me ne accorgessi e prima che me ne rendessi conto Marti era venuta a dirmi che Silvia De Iaco, la compagna di classe che veniva prima di me nell'elenco, aveva quasi finito l'esame.
-Dai, Vale. E' meglio se cominci a venire anche tu di là.-
-Dimmi la verità, come sono quei mostri?-
Marti ci pensò un attimo prima di parlare, forse aveva paura di spaventarmi.
-Salerno è gentile come al solito, aiuta tanto. La Bianchi è la solita severa ma anche lei sembra più morbida. La commissaria esterna di Latino è un pezzo di pane, rifilale qualche data giusta in letteratura e ce l'avrai in mano. L'unico problema...-
Aveva esitato! Perché aveva esitato?!
Purtroppo era come se la risposta fosse sempre stata davanti ai miei occhi e ora stesse prendendo una forma più precisa.
-Be', l'unico problema è l'esterna di filosofia. A quanto pare non è rimasta soddisfatta della nostra terza prova. Quella domanda a cui non ha risposto nessuno l'ha resa piuttosto nervosa. Anzi, è proprio inviperita. Mi dispiace, Vale. E' stata talmente severa con le domande che neanche io ho capito cosa caspita ha chiesto.-
Lo sapevo! Avevo sempre saputo che un giorno quella stramaledetta filosofia avrebbe decretato la fine della mia più o meno discreta carriera scolastica. A quel punto sarebbe stato meglio avere la D'Arcangelo in commissione.
C'era poco da fare ormai. Presi le due copie della mia tesina, quella per me e quella per i commissari e seguii Marti dirette all'aula che avrei ricordato fino alla fine dei miei giorni.
Arrivammo e notai subito la presenza di tutti gli altri: Marco, Amy, Mike, Delia, Massi e purtroppo anche sua madre.
Erano tutti lì per assistere al più grande fallimento della mia vita.
La D'Arcangelo ne sarebbe stata davvero contenta.
Vidi Silvia che si alzava dalla sedia per stringere la mano a tutti i professori. Le mie orecchie erano come ovattate, non riuscivo a sentire nulla, la mia mente si era isolata a causa dell'ansia e del nervosismo. Guardai Massi e lui ricambiò il mio sguardo con uno dolce e pieno d'amore. Mi fece battere il cuore ma non riuscì a tranquillizzarmi. Ormai stavo per entrare nel pallone, me lo sentivo.
Silvia uscì dall'aula e il presidente di commissione chiuse la porta per poter discutere del voto di Silvia che sarebbe apparso insieme al mio e a quello di tutti gli altri sui quadri alla fine di tutte le prove orali.
Passarono pochi minuti e poi la porta si riaprì.
-Ferrari Valeria-, annunciò il presidente di commissione guardandosi intorno.
-Sono qui-, risposi in modo meccanico, non mi ero neanche accorta di aver parlato e subito dopo di aver fatto un passo avanti. Il mio corpo si muoveva da solo e cominciavo a vedere tutto un po' offuscato. L'ansia mi stava mangiando viva ma dovevo cercare di mantenere la calma se non volevo svenire proprio lì davanti a tutti.
Il caldo diventava sempre più insopportabile mentre mi presentavo alla commissione e mi sedevo davanti a quelli che sarebbero stati gli ultimi professori di Liceo che avrei visto per molto, molto tempo. Fino alla fine dei miei giorni come minimo!
-Bene, Ferrari-, fu la Bianchi a parlare. -Di cosa tratta la tua tesina?-
Presi un grosso respiro, consapevole del fatto che dietro di me assisteva all'esame il mio Massi. Non sarei mai stata al suo livello ma almeno sulla tesina speravo di non commettere errori, per le altre domande dovevo cercare di arrangiarmi.
-La mia tesi si basa sul “Romanzo”. Ho deciso di usare come filo conduttore tra le varie materie letterarie questo argomento.-
-Un ottimo argomento direi-, continuò la Bianchi.
Così cominciai ad esporre la mia tesina. latino, greco, italiano, storia... Erano andate. Mi avevano fatto un paio di domande fuori dal percorso ma ero riuscita a rispondere senza problemi. Ora mi toccava affrontare la parte più difficile.
-E da qui posso ricollegarmi alla filosofia di Charles Darwin.-
Passai a filosofia.
Inutile spiegare come mai avevo cercato di ficcare a forza proprio Darwin nella mia tesina. Meglio parlare della filosofia/teoria di uno scienziato piuttosto che della filosofia di un filosofo vero e proprio. Sapevo che era un rischio, la commissaria non si sarebbe accontenta di Darwin ma almeno su di lui avrei parlato senza mai bloccarmi e poi avrei affrontato la domanda di quella strega come meglio avrei potuto.
-Direi che su Darwin non si hanno dubbi-, m'interruppe dopo neanche due minuti che stavo parlando. La odiavo a morte!
-Facciamo una domandina al di fuori del percorso e poi con me avrai finito.-
-Certo-, risposi tranquilla. Era assurdo agitarsi ormai, sapevo già che non avevo speranze, tanto valeva tranquillizzarsi ed evitare un infarto.
-Sapresti, utilizzando poche parole, mettermi a confronto la teoria di Kant ed Hegel?-
Come volevasi dimostrare la strega aveva annusato la mia paura e la mia incompetenza nella sua materia e ne stava approfittando. Marti aveva ragione, quella professoressa ce l'aveva a morte con noi, era la stessa identica domanda che ci aveva posto alla terza prova.
Provai in tutti i modi a mettere in piedi un discorso che avesse avuto il minimo senso ma più parlavo e più l'espressione di quella maledetta professoressa mi faceva capire che stavo dicendo una marea infinita di cavolate.
-Per me basta così-, m'interruppe ad un certo punto. -Direi che la tua risposta non era soddisfacente, ti consiglio di passare alle altre materie.-
E così mi liquidò senza darmi l'occasione di continuare e senza pormi altre domande. Da una parte era meglio così, ero troppo stanca di filosofia, qualunque altra risposta sarebbe stata impossibile per me, anche la più semplice.
Passai a matematica e fisica, le ultime due materie rimaste. Me la cavai abbastanza bene, il commissario esterno di matematica era abbastanza indulgente. Ormai filosofia era una cosa passata e non ne volevo più sentir parlare. Andava bene così, anche se avevo fatto una magra figura. Alla fine lo avevo sempre saputo che con quella materia non avrei mai avuto scampo. La mia repulsione verso i filosofi e tutti i loro pensieri troppo astratti per i miei gusti era qualcosa che non potevo vincere.
Mi alzai con calma e strinsi la mano ai professori.
-Cos'ha intenzione di fare in futuro?- mi chiese il presidente di commissione.
-Ancora non ne sono sicura. Credo che proverò fisica all'università.-
-Un buona scelta-, rispose lui sorridendomi.
Ricambiai il sorriso e mi voltai, uscendo finalmente da quell'aula.
Gli altri probabilmente mi stavano aspettando in cortile, perché fuori dall'aula non c'era nessuno. Amy e Marti sapevano che avevo bisogno di qualche secondo per starmene da sola, sapevano che la commissaria di filosofia aveva messo a dura prova i miei nervi e non volevano di certo crearmi ancora più ansia. Ero sicura che avevano trascinato tutti fuori, D'Arcangelo compresa.
Come immaginavo, appena uscii in cortile, fui letteralmente assalita dai miei amici.
-Bravissima Vale!- esclamò Marti saltandomi al collo per abbracciarmi, il che era tutto dire visto che non era famosa per la sua propensione verso il contatto fisico.
-Stai bene?- mi chiese Amy con un sorriso di comprensione.
-Meno di settanta non possono darmi, anche se quella strega di filosofia si impunta, ci arrivo con i crediti quindi non può rompere più di tanto e a me basta superare il settanta, per il resto va benissimo così. Non ne potevo più di questi esami, è davvero una grande liberazione.-
-Lascia perdere quella tizia, Vale-, cominciò Mike. -Sei stata fantastica!-
-Mike ha ragione-, Delia mi guardava con un dolce sorriso.
-Considerando la notte di fuoco che hai alle spalle, sei stata davvero brava-, disse Marco facendomi l'occhiolino.
-Marco! Io ti ucciderò per davvero un giorno! Continua a punzecchiarmi e sarà la tua fine. E quell'idiota dell'amico tuo è il secondo della lista-, mi bloccai per un attimo. -Dov'è Massi?-
-Poco prima della fine del tuo esame la D'Arcangelo lo ha trascinato alle macchinette per un caffè. Non voleva andarci da sola.-
Guardai per un secondo il pavimento indecisa su cosa fare. Ormai non c'era più motivo per temere la D'Arcangelo, gli esami erano finiti e il mio voto era già stato deciso. Dovevo vedere Massi, ne avevo bisogno, anche se la D'Arcangelo era presente.
-Vado da lui-, dissi poi.
Anche questa volta, mentre camminavo, non avevo alcun bisogno di voltarmi per sapere che tutti i miei amici mi stavano seguendo.
In pochi secondi arrivai davanti alle macchinette e trovai la D'Arcangelo che discuteva ancora con Massi del perché era sparito per tutta la notte rischiando di non presentarsi all'esame.
-Ancora non riesco a capire perché tu abbia fatto una cosa del genere.-
-Mamma, ti prego. Ho sostenuto l'esame, possiamo non parlare più di questa storia?-
-Vorrei solo una spiegazione, tutto qui.-
-Professoressa...-, “la spiegazione sono io”, era questo che avrei voluto dire. La frase completa era proprio lì per uscire ma la D'Arcangelo fu più veloce di me e m'interruppe.
-Ah, Ferrari! Complimenti per l'esame-, cominciò parandosi davanti a me e sorridendo. Non riuscivo a capire se il suo fosse un sorriso sincero oppure se si stesse prendendo gioco di me e del mio mezzo fallimento.
-Grazie-, mormorai un po' spaesata.
-Certo, immagino che le incertezze che hai avuto in filosofia ti faranno avere un voto più basso di quello che avresti potuto prendere se avessi studiato di più. Ma in effetti poteva andare molto peggio, hai sempre avuto un andamento scolastico instabile e...-
-Mamma!-
-Dimmi...-, chiese lei sussultando per quell'interruzione.
-Vuoi una spiegazione per quello che è accaduto stanotte?-
-Certo-, rispose lei quasi esasperata.
-Allora sta un po' zitta e levati di mezzo.-
-Come?-
Massi mi guardò dritto negli occhi e con una mano spostò piano sua madre che stava proprio tra noi due.
Il verde dei suoi occhi mi attirava verso di lui come un calamità.
Mentre io ero ancora lì a farmi invadere da tutto l'amore che il suo sguardo poteva trasmettermi, Massi fece dei passi veloci nella mia direzione e annullò completamente le distanze prendendo il mio viso tra le mani e posandomi un dolce bacio sulle labbra.
Il bacio non partì per niente lento, come avevo immaginato. Era un bacio ricco di sentimenti e di un'attesa che era stata finalmente ripagata. Come se in quel bacio si stesse sfogando tutta la tensione accumulata in mesi interi. Un bacio liberatorio e passionale. Un bacio a cui non avrei rinunciato per nulla al mondo.
Eravamo a scuola, davanti a tutti e soprattutto alla presenza della D'arcangelo e a me non me ne importava più un fico secco. Dimenticai persino il motivo per cui per tutto quel tempo ci eravamo nascosti.
Il nostro amore era così meraviglioso e perfetto che nulla avrebbe dovuto mai celarlo, neanche le mie idee malsane. Era un amore che aveva bisogno di vita e respiro. Un amore forte e deciso. Un amore partito in modo immaturo ma che col tempo era cresciuto raggiungendo una nuova consapevolezza. Massi ed io avevamo affrontato l'ultima prova della maturità, la vera maturità, e il nostro amore con noi.
Tutti e tre l'avevamo superata a pieni voti.
-Che diamine sta succedendo qui?!-
La frase esclamata- quasi urlata- dalla D'Arcangelo, ci ricordò che era il momento di staccarsi per un po', e poi dovevamo riprendere fiato prima o poi.
Mi voltai a guardare la D'Arcangelo e dire che il suo viso era stupito era assolutamente riduttivo. Era allibita! Questa era la parola giusta per descrivere la sua espressione.
Allibita!
-Avevi detto di voler una spiegazione, no?-, cominciò Massi e prendendomi per mano senza mai smettere di guardare la madre continuò. -E' lei la spiegazione per tutto. Valeria è la spiegazione per ogni cosa.-
La D'arcangelo rimase impietrita ancora per qualche secondo e poi si limitò solo a sollevare un sopracciglio indispettita.
Le prove della Maturità erano finite, anche quelle della nostra intima maturità, ma l'ultima prova all'interno delle mura del Liceo Classico Virgilio era appena iniziata.
Quella prova se ne stava immobile davanti ai nostri occhi e aveva anche un nome: Claudia D'Arcangelo, professoressa di scienze e madre di Massimiliano Draco.
Era lei, e solo lei, la nostra ultima vera prova.









***L'Autrice***
 Dopo tanto tanto tanto , tantissimo tempo, sono finalmente tornata con un altro capitolo.
 In tutto questo tempo sono accadute molte cose che mi hanno tenuto lontana dalla scrittura ma alla fine sono riuscita a riprendere questa storia. Dopo aver avuto un bambino quasi cinque mesi fa e aver cambiato casa con un trasloco astronomico ho trovato finalmente la tranquillità mentale e fisica per rimettermi a scrivere... :)
 Tolta la mia vita privata di cui ve ne può fregare poco e niente, spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto. Alla fine di "Verso Maturità" dovrebbe mancare ancora un altro capitolo e poi l'epilogo.
 Vi chiedo ancora perdono per l'attesa e vi ringrazio per le recensioni.
 Ringrazio le ragazze di facebook che hanno continuato a sostenermi e a spronarmi anche durante la mia assenza da efp, e che hanno seguito la mia gravidanza e la nascita del mio piccolo Lorenzo.
 Un bacio
 Francesca

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Capitolo 22
*** Il Principe Che Sconfisse Il Drago ***


Capitolo 22: Il Principe Che Sconfisse Il Drago
 
 Gli occhi della D’Arcangelo scrutavano Massi da capo a piedi mentre io mi sentivo totalmente ignorata. Non avevo nessun problema al riguardo, se avesse evitato di coinvolgermi mi avrebbe solo fatto un enorme favore.
 Dopo la grande rivelazione che aveva letteralmente sconvolto la mente della mia amata professoressa, la gentil donna aveva agito come suo solito: trascinando Massi e me in un’aula deserta per venire a capo di tutta la faccenda. Eravamo in quella stanza da diversi minuti ma lei si era solo limitata a fissare il figlio, in attesa di chissà che tipo di ascesa celeste che desse al tutto una spiegazione più che logica. O forse cercava un modo per ucciderlo.
 La seconda ipotesi non era da escludere.
 Madre e figlio stavano una di fronte all’altro, come due torri giganti che si sovrastavano mentre io facevo la parte dell’innocuo cespuglio e me ne stavo relegata in disparte osservando un religioso silenzio.
 Più osservavo quei due e più avevo la netta impressione che si stessero studiando per capire in che modo attaccare il nemico. In base a chi avrebbe proferito parola per primo, il vincitore sarebbe già stato stabilito. Solo in quel momento mi resi conto di quanto si somigliassero. Lo stesso sguardo determinato e la stessa postura protesa verso l’altro, come se avessero assunto una stramba posizione d’attacco. Entrambi erano biondi e si erano irrigiditi nello stesso identico modo.
 Gli occhi erano di colore diverso. La D’Arcangelo possedeva degli occhi azzurro ghiaccio mentre Massi. Be’ sugli occhi di Massi non avevo bisogno di fare descrizioni mentali, il suo verde intenso era diventato l’unico colore in voga tra i miei neuroni. Presumevo che fossero gli occhi del padre.
 -Devo per forza cominciare io?-
 Oh, ecco. Una mossa finalmente. Era stata la D’Arcangelo a parlare.
 Massi incrociò le braccia e alzò un sopracciglio.
 -Sei tu che mi hai trascinato qui, io ho già detto tutto.-
 Cavolo, non la ritenevo la risposta corretta.
 -Tu non hai detto proprio un bel niente!-
 Le prime urla della D’Arcangelo fecero finalmente il loro, tanto atteso, ingresso. Sperai con tutto il cuore che i nostri i amici non stessero con le orecchie appiccate alla porta nel tentativo di origliare. Probabilmente era solo una mia vana speranza.
 -Mi hai solo fatto intendere che hai una specie di storia con Ferrari. Non hai spiegato altro, Massi. Sei mio figlio, esigo rispetto e sincerità da parte tua. Quindi, ringrazia il cielo che ancora ti parlo dopo tutte le menzogne che mi hai rifilato oggi.-
 Sapevo che il mio nome sarebbe saltato fuori presto ma ancora mi sentivo troppo vigliacca per essere chiamata in causa.
 -Mamma-, disse Massi con un sospiro esasperato. –Cosa pensi che possa essere successo? Sono un ragazzo, ho conosciuto Vale e mi sono innamorato di lei. Non è qualcosa di così assurdo da essere considerato un tradimento nei confronti della fiducia che riponi in me.-
 -Mi hai mentito, Massi! E non so neanche da quanto tempo va avanti questa storia! Non so se è con lei che hai passato la notte, se magari è per colpa di Ferrari che per poco non rischiavi di perderti il tuo esame di Maturità. Lo vuoi capire che questi sono avvenimenti di una certa gravità?!-
 Cominciavo ad essere tirata in ballo con un po’ troppa insistenza. Il mio piccolo angolino paradisiaco non sarebbe rimasto tale ancora per molto.
 Massi stava per rispondere quando la D’Arcangelo, come sempre aveva fatto dal primo giorno in cui l’avevo incontrata, lo interruppe per continuare imperterrita la sua ramanzina.
 -A questo punto non so più neanche chi sei, e se per questa attuale versione di mio figlio devo ringraziare la tua nuova ragazza.-
 -Adesso basta!-
 Massi urlò quella frase mentre io avvertivo la tensione attanagliarmi la bocca dello stomaco.
 -Smettila di giudicare tutto senza conoscere i fatti, sei insopportabile quando ti comporti in questo modo, mamma.-
 -I fatti non li conosco per colpa tua!-
 -No!-
 Spalancai gli occhi incredula. Ero stata io a parlare?
 Massi e sua madre si voltarono a guardarmi, e il mio adorato angolino solitario crollò definitivamente. La mia mente si era attivata da sola, senza che io impartissi alcun comando. Non potevo permettere che Massi si assumesse la responsabilità per delle decisioni che erano state prese solo dalla sottoscritta.
 -E’ colpa mia se Massi le ha mentito, solo colpa mia!-
 -Vale…-
 -No, Massi. Tua madre ha ragione, le dobbiamo delle spiegazioni e ha tutto il diritto di giudicare se non le forniamo i giusti motivi per comprendere le nostre azioni.-
 Massi mi guardava con occhi consapevoli mentre la D’Arcangelo mi rifilò un’occhiata raggelante, degna della più potente regina dei ghiacci.
 -Sono tutta orecchi, signorina Valeria Ferrari.-
 Era un evento che quella donna decidesse di ascoltare.
 Presi un respiro talmente profondo che avvertii i polmoni dolere.
 -Professoressa, Massi non le ha parlato di noi per una mia richiesta. Ecco…- le parole, dovevo trovare le parole adatte per spiegare il mio ragionamento. Probabilmente la D’Arcangelo non avrebbe compreso del tutto i miei pensieri fuori dal normale ma ci dovevo almeno provare. –Professoressa, diciamoci la verità una volta per tutte. Io non le sono mai stata simpatica, si tratta di un dato di fatto.-
 La donna trasalì come se avessi appena pronunciato un’eresia.
 -Mi ha sempre trattato più severamente rispetto ai miei compagni di classe e la questione non mi ha mai urtato più del dovuto perché mi sono sempre raccontata la favoletta che i professori severi sono quelli che lasciano più il segno dentro uno studente. Però, deve capire una cosa: se lei avesse saputo mesi fa che Massi ed io ci stavamo frequentando avrebbe reso la mia vita la madre di tutti gli inferi più neri.-
 Feci un attimo di pausa per raccogliere le idee, mentre sentivo gli occhi della mia, ormai ex, professoressa di scienze trapassarmi da parte a parte.
 -Massi ha rischiato di perdere l’esame per colpa mia, oggi. Le chiedo scusa per quanto siamo stati imprudenti ma noi dovevamo parlare e sistemare le cose. Mi dispiace se ho costretto suo figlio a mentirle.-
 La D’Arcangelo si passò una mano sul volto, forse per trovare il modo, in fondo al suo cuore, di risparmiare le nostre giovani vite.
 -Da quanto va avanti questa storia tra voi due?-
 La domanda era rivolta a me, ovviamente. Lei era la donna specialista nelle domande formulate appositamente per la mia persona.
 -All’incirca da quando Massi ha visitato l’Università di Padova.-
 -Ah, quella sciocchezza!- esclamò la D’Arcangelo esasperata. –Sapeva che l’avrebbero di certo accettato ad Harvard e continuava con questa storia di voler rimanere in Italia. Non capivo…-
 Ecco che stava arrivando a capire tutto. Sapevo, tuttavia, che sarebbe giunta alla conclusione sbagliata.
 -Tu? Sei stata tu a convincerlo?! Eri tu che volevi mandare all’aria il sogno di mio figlio? In quel periodo non faceva altro che dire di non voler più andare in America, e poi, pochi mesi dopo è passato addirittura a non voler lasciare neanche Lecce, e rinunciare così alla sua carriera di medico.-
 Si era avvicinata al bersaglio ma lo aveva mancato di poco.
 -E’ stato tutto a causa tua?! Lo avevi convinto tu!-
 La nota di puro odio in quelle parole sputate come il veleno di un serpente non era fraintendibile. Era evidente che avevo intavolato l’argomento nel modo più sbagliato.
 -Tu! Brutta piccola…-
 -Mamma, fermati! Stai per dire delle cavolate epocali.-
 Gli occhi della donna si fermarono addosso al figlio. Aveva l’aria di una che lo avrebbe sbranato pezzo per pezzo, se solo avesse potuto.
 -Devi tacere! Stavi mandando a monte i progetti di tutta la tua vita  per colpa di una ragazzina?! Ti sei fatto convincere da un bel musetto e dal sesso! Lei è solo una…-
 -Lei mi ama a tal punto che mi ha lasciato!-
 La D’Arcangelo si bloccò e i suoi occhi si spalancarono increduli.
 Massi era talmente arrabbiato che abbassò la testa per non far vedere alla madre la lacrima che gli stava solcando il viso. I pugni stretti e le spalle che salivano e scendevano frenetiche nel tentativo di trattenere il suo dolore.
 Quanto male gli avevo fatto, maledetta me.
 -Il giorno del mio compleanno-, cominciai con voce sommessa. Era giunto il momento di intervenire: avrei chiarito quella situazione, una volta per tutte. –Il giorno del mio compleanno. Ho scoperto che Massi voleva rinunciare al suo sogno solo per me, non voleva che ci separassimo e per questo avrebbe persino accettato una carriera di ripiego.-
 Non volava una mosca nella stanza. Massi era ancora intento a fissare il pavimento mentre la D’Arcangelo, per la prima volta, pendeva dalle mie labbra.
 Ero l’unica a poter spiegare ciò che era accaduto. Era partito tutto dalla mia convinzione di dover fare la cosa giusta infischiandomene del prezzo da pagare.
 -L’ho lasciato, senza dirgli che avevo scoperto tutto. Un mio amico si è finto il mio nuovo ragazzo e ho fatto in modo che Massi non si avvicinasse più a me. L’ho ferito, distrutto e gli ho massacrato il cuore senza pietà.-
 Anche il capo della mia professoressa ora era basso mentre le sue spalle si abbassarono in un gesto d’impotenza.
 -Sono stata solo una stupida immatura, una bambina che voleva risolvere tutto perché convinta di avere ragione. Dal mio punto di vista, Massi non avrebbe mai accettato di parlarne, se aveva preso quella decisione niente lo avrebbe smosso. Quindi, l’unica soluzione che intravedevo era quella di fare una sottrazione: tolta me di mezzo, lui non avrebbe avuto più alcuna ragione per restare qui, anzi lo avrei sicuramente spinto ad andare via. Eppure, da brava testona ingenua quale ero, non ho pensato alle conseguenze del mio gesto, con l’unico risultato di ferirlo a morte.-
 Presi un profondo respiro cercando di ricacciare indietro le lacrime le quali, al ricordo di ciò che avevo fatto, cercavano una valvola di sfogo da cui venir fuori come cascate.
 -Mi sentivo in dovere di salvarlo da me, e non importava se questo mi avrebbe ucciso. Solo che non sapevo quanto fosse dura anche per lui. La verità è che io amo Massimiliano. Le giuro, professoressa, ho fatto di tutto per non amarlo ma in un modo o nell’altro veniamo spinti l’uno verso l’altra e per quanto possa essere complicato, ho compreso a mie spese che neanche un oceano intero si potrà mettere tra noi due.-
 Rivolsi uno sguardo verso Massi e i nostri occhi s’incontrarono nel momento in cui alzò la testa.
 -Provare non costa nulla, giusto?- sorrisi perdendomi nel verde dei suoi occhi. –Tanto lasciarci non ha funzionato, tanto vale che restiamo insieme.-
 Le labbra e gli occhi di Massi si aprirono in un sorriso consapevole.
 -Professoressa- la D’Arcangelo si ridestò e adesso i miei occhi incontrarono quel ghiaccio che sembrava più liquido rispetto a poco prima. –Lei cosa avrebbe fatto al mio posto? Sono certa che si sarebbe comportata nello stesso modo, e anche lei avrebbe sbagliato. Sono arrivata alla conclusione, in tutta questa storia, che non si può essere perfetti e irreprensibili. E’ concesso sbagliare, l’importante è solo trovare una soluzione per quell’errore, un modo per rimettere le cose a posto. Massi ed io stiamo solo cercando di fare questo. Proprio adesso, stiamo cercando di rimediare ad un errore che abbiamo commesso, chiedendole di perdonarci. Le posso garantire che io sono veramente mortificata per aver indotto Massi a mentire e soprattutto per ciò che ha dovuto subire.-
 -Scusami, mamma. Vale ha ragione, abbiamo sbagliato ma adesso vogliamo rimediare. Mi dispiace davvero tanto per quello che ti ho fatto ma… Dai, mamma. L’hai sentita? Come faccio a non essere innamorato di una persona così? Una persona che mi ha messo talmente così al primo posto da rinunciare a me senza neanche pensarci? Senza importarsene della sua sofferenza.-
 Ancora una volta la D’Arcangelo si passò la mano sul viso in un gesto stanco.
 -Avete intenzione di continuare questa relazione anche dopo la tua partenza?- si rivolse al figlio come se io avessi smesso di esistere. Be’, dopotutto potevo capirla: lei adorava Delia e adesso si ritrovava me come fidanzata di suo figlio. Io che non era proprio la sua persona preferita, quindi era normale che quella donna non si fosse tramutata in piena gioia dopo che le avevo raccontato tutta la storia.
 -Sì, mamma. Il piano è questo.-
 -Capisco- abbassò lo sguardo sconfitta. Sembrava quasi che le fosse capitata una catastrofe, non credevo che avere me come nuora l’avrebbe resa depressa a tal punto.
 Alzai gli occhi al cielo e presi un respiro profondo. Questa volta sperai davvero con tutto il cuore di trovare le parole giuste.
 -Professoressa, comprendo che lei aveva tutt’altro in mente per suo figlio-, continuava a non guardarmi, la cosa era irritante ma stavo cercando di capirla in tutti i modi. –Delia è figlia della sua migliore amica, e sarebbe stata perfetta per Massi. Eppure, mi dispiace, ma ci siamo innamorati. Tuttavia questo non significa che io debba piacerle o che dovremmo passare del tempo insieme. Posso essere solo un’ombra per lei, prima che Massi vada via-, nel pronunciare le ultime parole una fitta al cuore mi smorzò il respiro per un attimo. –Non è costretta a frequentarmi, le ripeto che so perfettamente di non andarle a genio.-
 Scese il silenzio.
 Un silenzio così potente che sentivo le orecchie fischiare. Tutta la tensione che avevo provato si stava trasformando in attesa. Mi sentivo come se avessi sostenuto l’esame di Maturità per la terza volta quella mattina. Prima i miei genitori, poi la commissione e adesso l’interrogatorio della D’Arcangelo. Ero distrutta, avevo scalato una montagna insormontabile e adesso aspettavo di capire se avevo raggiunto quella vetta oppure no.
 Massi mi guardava e i suoi occhi dolci cercavano di tranquillizzarmi. Ci stavano riuscendo ma i miei pensieri erano tutti rivolti a quella donna che se ne stava in silenzio a riflettere su tutto ciò che avevamo detto, a pesare le mie parole una ad una e a decidere se avrebbe continuato ad odiarmi oppure se avrebbe provato almeno a sopportarmi per amore di suo figlio.
 -Chiariamo una cosa-, disse d’un tratto facendomi sobbalzare. I suoi occhi si fissarono nei miei, incatenandomi al suo volto contratto dalla serietà. –Non ti ho mai odiato, Valeria.-
 Valeria? Ce l’aveva con me? Aveva davvero usato il mio nome, e con un tono normale?
 Era ufficiale: gli alieni avevano rapito la D’Arcangelo senza che ce ne accorgessimo.
 -Non posso dire che mi sei simpatica, perché ti conosco solo come alunna e non come persona. Tuttavia ti spiegherò il motivo per cui mi sono comportata in un determinato modo con te. Hai del potenziale, lo hai sempre avuto e io lo avevo capito dal primo momento. Ammetto di averti massacrata in questi anni ma solo perché in te ho rivisto una parte di me.-
 Okay, gli alieni avevano fatto davvero un buon lavoro.
 -Anch’io alla tua età avevo bisogno di essere spronata, di essere messa sotto pressione. Non guardare i voti che ti ho dato, ti assicuro che non contano niente adesso e non conteranno niente in futuro. Ho solo una domanda da farti. A prescindere dal mio comportamento e dai voti, puoi affermare di ricordare tutto ciò che ti ho insegnato?-
 Spalancai gli occhi sorpresa. Certo che ricordavo tutto, avevo sempre studiato senza sosta per riuscire ad ottenere qualcosa da quella donna. Dopo il primo anno con lei, avevo deciso che non m’importava più della sua opinione e studiavo solo per me stessa.
 -Le tue compagne, forse quelle che hai ritenuto le mie preferite, sono brave e hanno saputo prendermi per avere voti alti e probabilmente alla maturità avranno un bel cento da esibire ma finiti gli esami rimuoveranno tutto perché studiavano per far contenta me. Valeria, per te non sarà così. Il tuo bagaglio scolastico è stato arricchito e quando frequenterai l’università ti sarà tutto molto più semplice rispetto a come sarà per loro.-
 Ero sempre più allibita mentre Massi fissava sua madre confuso.
 -Prima hai detto di essere stata un’immatura ingenua nel pensare determinate cose, nel prendere decisioni che poi si sono rivelate solo fallimenti. La decisione di studiare, nonostante il mio presunto odio nei tuoi confronti, invece, è stata quella più giusta.-
 Avevo davvero frainteso tutto? Lei aveva sempre creduto che io potessi dare di più e io l’avevo trattata nella mia mente come il peggiore dei demoni.
 -Adesso potrei non dimostrarlo, sono ancora confusa da tutto quello che è accaduto, ma non dovrai evitarmi. Non ti odio e vedrai che alla fine sarò molto contenta di vederti al fianco di Massi. Basandomi su quello che ho visto di te in questi tre anni, probabilmente sei la ragazza più adatta per lui.-
 -Hai preso una botta in testa, mamma?- il tono di Massi era l’apoteosi dell’incredulità.
 La D’Arcangelo scoppiò a ridere mentre il mio ragazzo ed io non eravamo neanche in grado di concepire un pensiero coerente.
 -State crescendo, e tra poco tempo capirete perché insegnanti ed adulti si comportano in un determinato modo con voi. L’unico dubbio che mi viene, tesoro, e se tu abbia veramente capito che un giorno Valeria potrebbe risultare molto più simile a me di quanto non lo sia adesso. Riuscirai a sopportarla?-
 Si era dimenticata che ero presente anch’io nella stanza? No, perché parlava come se io non ci fossi stata.
 -Non ho niente contro la vostra storia, devo solo riprendermi da tutte le notizie che mi avete dato e dall’infarto che mi hai fatto prendere svanendo nel nulla per tutta la notte. Per il resto, se davvero ne sentite la necessità, avete la mia benedizione.-
 La gola mi si chiuse completamente e mi ritrovai a fissare la mia professoressa come un’ebete che non era in grado di spiccicare parola. Lei mi stava guardando divertita e sorrideva. Mai, mai in tutta la vita avrei immaginato che il sorriso di una professoressa tanto temuta potesse risultarmi così bello. Per me era di una dolcezza infinita, come se mi stesse cedendo suo figlio con serenità senza battere i piedi, cosa che in genere era solita fare. Gli occhi mi si riempirono di lacrime e in quel momento non avevo i mezzi per riuscire a fermarle. Mi rigarono lentamente il viso ma prima che potessero raggiungere il mento qualcosa mi distrasse.
 Massi si era catapultato su di me e mi stava baciando. La sua mano era dietro la mia schiena e mi attirava a lui con rinnovato vigore mentre sentivo le sue labbra calde, quasi bollenti, intrappolarmi in quel bacio colmo di sentimento. Non ricordavo neanche più che la D’Arcangelo fosse nella stanza, quelle labbra sulle mie stavano mettendo fine a tutto: l’ansia di essere scoperti, il dolore che avevo causato, la convinzione che quella donna mi odiasse e, invece, sorpresa delle sorprese, mi stimava. Adesso mi aveva persino lasciato suo figlio con un sorriso e io riuscivo a pensare solo che il mio animo aveva trovato una pace che non credeva nemmeno esistesse.
 Tra le braccia di quel ragazzo tanto odiato ma che in realtà era l’uomo del mio destino.
 Sotto gli occhi di una donna che avevo detestato e che adesso per me si era dimostrata una maestra di vita.
 Ero stata così stupida, così cieca. Avevo passato anni nelle mie convinzioni, senza cercare in alcun modo di comprendere le motivazioni altrui. Il mio pensiero era sempre quello giusto e quando mi entrava in testa non ne usciva più.
 Non avrei mai creduto che sarebbero arrivati Massimiliano Draco e Claudia D’Arcangelo a scardinare quella parte orribile del mio carattere.
 -Bene, credo di dovervi lasciare da soli per qualche minuto.-
 Sentii la porta dell’aula chiudersi e in quel momento presi la mia ultima ferma decisione: niente più giudizi affrettati, niente più convinzioni sul mondo che ce l’aveva con me, o sulla mia apocalittica sfortuna.
 Avrei solo amato Massi.
 Non avrei più pensato ai problemi prima che si presentassero, avrei solo risolto i drammi reali quelli già compiuti. Era arrivato il momento di crescere e forse, solo forse, avevo trovato la chiave per cominciare quel percorso.
 Massi era la chiave.
 
 Quello stesso pomeriggio parlai con mio padre. Fu una lunga discussione in cui lui ascoltò tutto senza perdersi una sola sillaba. Si rivelò piuttosto comprensivo ma ancora non gli scendeva giù Massi, e soprattutto la questione che ero rimasta fuori con lui tutta la notte.
 Non c’era bisogno che lo dicesse esplicitamente ma credevo di aver intuito cosa stesse preoccupando davvero mio padre: non ero più la sua bambina. Per quanto pragmatico e realista, era sempre stato dolce e tenero con me. Il dividermi con qualcuno che neanche gli piaceva più di tanto, non sarebbe stato semplice per lui ma mi aveva promesso che lo avrebbe accettato, in qualche modo.
 Quella sera Riccardo si presentò a casa mia e anche lui spiegò il suo punto di vista a mio padre. Ora sembrava che Gianpaolo Ferrari comprendesse meglio la situazione. Riccardo aveva un ascendente speciale su di lui e per fortuna lo aveva usato.
 Il mio amico ed io eravamo nella mia stanza e stava ascoltando tutto quello che era accaduto con la D’Arcangelo. Amy e gli altri avevano saputo tutto quella mattina, quando uscita dall’aula mi ritrovai circondata dai miei amici affamati di informazioni.
 -Sembra che tutto si sia sistemato, finalmente.-
 Sorrisi a Riccardo che ricambiò il mio gesto con gioia.
 -Se non consideriamo il fatto che tra due mesi l’amore della mia vita se ne andrà dall’altra parte del globo. Direi che si è sistemato tutto.-
 -Vale, basta con il tuo pessimismo. Devi avere fiducia in Massi e soprattutto in te stessa. Andrà tutto bene.-
 Sospirai annuendo.
 -Ci provo a vedere il lato positivo della situazione.-
 Mi mise una mano sulla testa e mi scompigliò i capelli ricevendo in cambio un’occhiataccia irritata.
 -Tu che hai intenzione di fare adesso?-
 Era giusto chiedere anche a lui come si sentisse. Mi era stato accanto in tutti quei mesi, nonostante i sentimenti che provava nei miei confronti. La ragazza che ero stata non si era curata neanche di lui, e anche per quello avrei fatto ammenda per il resto della mia esistenza.
 -Uhm, non saprei. Devo dire che Delia è una bella ragazza, magari potrei fare un tentativo con lei.-
 Scoppiai a ridere divertita.
 -Hai conosciuto Michael, se ci provi con sua sorella sarai un uomo morto.-
 Riccardo si unì alla mia risata.
 -Magari Delia ed io potremmo tenere nascosta la nostra relazione, pare che al momento vada molto di moda.-
 L’occhiolino di Riccardo mi fece arrossire d’imbarazzo. Ci mancava solo che il mio cervello bacato creasse una moda.
 -Se vuoi uscire con Delia, fallo e basta. Chiedilo a lei e lascia perdere tutte le persone intorno. Non complicarti la vita, non sei me. Non potresti sopportare una relazione che non sia alla luce del sole. Non sei neanche riuscito a mantenere un segreto che neanche era tuo. Vero, pappagallo parlante che spiffera tutto ai quattro venti?-
 -Senza il mio spifferare staresti ancora qui a piangerti addosso.-
 -Probabile-, risposi con aria di sufficienza.
 Poi i miei occhi incontrarono quelli dolci e famigliari di Riccardo.
 -Grazie, Riccardo, davvero. In questi mesi sei stato il mio eroe. Se non ci fossi stato non avrei avuto nessuno a cui appoggiarmi.-
 -Non devi ringraziarmi, io sarò sempre pronto ad aiutarti. Sei una parte importante del mio cuore.-
 Mi avvicinai a lui e lo strinsi in un abbraccio forte, volevo che sentisse tutto l’affetto che provavo nei suoi confronti. Riccardo era stato il mio primo amore, e in un modo o nell’altro non era mai sparito dalla mia vita. Non sarebbe mai accaduto.
 Il mio cellulare decise di squillare proprio in quel momento.
 Era Massi.
 -Pronto?-
 -Scendi, stasera usciamo.-
 -Sei sotto casa mia?-
 -No, ti ho chiesto di scendere così puoi gettarti sotto la prima automobile che passa. Certo che sono sotto casa tua.-
 -Fai meno lo spiritoso, Draco.-
 -E tu datti una mossa, Ferrari.-
 Chiuse il telefono e io rimasi a fissare Riccardo confusa.
 -Un giorno lo ammazzerò. Bambino viziato e senza un briciolo di educazione-, esplosi alzandomi in piedi.
 Riccardo si lasciò andare ad una risata divertita mentre mi accompagnava giù per le scale.
 Quando aprii la porta di casa per poco non mi venne un colpo. Avevo una visione straordinaria davanti agli occhi. Il mio Massi con un casco in mano, poggiato ad una splendida motocicletta verde. Era di un verde così intenso da abbinarsi perfettamente con quegli occhi che mi guardavano divertiti.
 Il vento scompigliava i capelli di quel ragazzo e i suoi occhi erano solo per me.
 -Una Kawasaki Z1000?!-
 Ovviamente quell’esclamazione venne da Riccardo.
 -Da dove è spuntata fuori questa?- chiesi a Massi mentre mi avvicinavo.
 -E’ di mio zio, me l’ha prestata per un giorno come regalo per la Maturità. Mia madre si era imputata nel volermi mettere in punizione perché le ho mentito, per fortuna mio padre le ha detto di smettere di svalvolare e di lasciarmi usare la moto per festeggiare la mia libertà, santo uomo. Sali, andiamo a fare un giro.-
 -Ti prego, Massi. Dimmi che il giro lo vuoi fare come?-
 -Riccardo smamma!- esclamai prendendo il casco che Massi mi stava porgendo.
 -Vedrò se mio zio potrà prestarmela un’altra volta, così te la faccio provare. E’ partito in vacanza e ha deciso di lasciarla a casa nostra per tutto il mese.-
 Riccardo non riuscì a trattenere un urlo di gioia. Mentre ringraziava Massi in dodici lingue e si allontanava da noi, lasciandoci soli, non potei fare a meno di pensare che Riccardo era un ragazzo meraviglioso. Ero certa che un giorno anche lui avrebbe trovato la felicità, se lo meritava.
 Montai in sella alla moto, stringendomi forte al mio Massi.
 Fortunatamente il mio ragazzo decise che non c’era bisogno di correre come quella mattina, e ne fui davvero felice. Ci stavamo godendo il tragitto in moto lasciandoci cullare dal vento di quell’afoso pomeriggio di fine giugno.
 Gli esami erano finiti. Tutti, ogni genere di esame.
 Ora i nostri cuori erano leggeri e colmi solo del nostro amore.
 La mia testa era poggiata sulla schiena di Massi, avevo gli occhi chiusi e non pensavo a nulla.
 Poi, dopo quelle che erano sembrate ore, la moto si fermò.
 Aprii svogliatamente gli occhi e mi guardai intorno frastornata.
 -Ma…-, cominciai sorpresa.
 Era la stessa spiaggia dove avevamo passato la notte, solo che adesso c’era un bel tramonto a rallegrare tutto di colori caldi e avvolgenti.
 La spiaggia non era deserta come la sera prima, c’era ancora qualcuno che faceva il bagno o se ne stava steso sull’asciugamano a rilassarsi. Il tutto sembrava quasi una meravigliosa cartolina esotica.
 Scendemmo dalla moto e ci dirigemmo sulla spiaggia mano nella mano, senza dire una parola.
 Avevamo lasciato le scarpe vicino alla moto ed era una goduria poter sentire la bellissima sensazione della sabbia ancora tiepida sotto i piedi.
 Ero intenta a fissare un bambino che litigava con il filo del suo aquilone quando Massi si fermò.
 -Tutto bene?- gli chiesi mettendomi di fronte a lui.
 -Abbiamo… Abbiamo sconfitto il drago, vero?-
 Per un attimo lo fissai confusa, poi sorrisi ed annuì.
 -Sì, amore. Abbiamo sconfitto il drago.-
 Mi era servito qualche secondo per comprendere cosa intendesse lui con la parola drago, ma nel momento in cui lo avevo capito non potei non essere d’accordo con Massi.
 Il drago era tutto.
 Ogni cosa difficile e complicata che avevamo dovuto affrontare poteva essere descritta con quella parola. Prima l’odio reciproco, poi la D’Arcangelo, la mia decisione di lasciarlo, la storia con Riccardo e gli esami. Tutto. Il tutto era il drago e noi lo avevo sconfitto. Insieme.
 Mi alzai lenta sulle punte guardandolo negli occhi.
 -Grazie per avermi salvata dal drago, mio principe.-
 Le nostre labbra si unirono e le farfalle nel mio stomaco cominciarono a vorticare senza freni.
 Alla luce di quel tramonto il nostro amore stava vivendo una rinascita e una trasformazione. Era maturato con noi e anche lui aveva sconfitto il suo drago.

 
 
 
 
***L’Autrice***
 Dopo tanto, tanto, tanto tempo finalmente sono riuscita a scrivere l’ultimo capitolo di questa storia. In realtà non ho molto da dire, non voglio giustificarmi perché dovrei spiegare due anni di motivazioni per cui mi ero allontanata dalla scrittura. Spero che questo capitolo possa, in qualche modo farmi perdonare. L'amore di Vale e Massi ha raggiunto un nuovo livello di maturità, proprio come i due protagonisti, e questa è più o meno la fine che avevo sempre sognato per loro (dico più o meno perché conto di pubblicare ancora un altro capitolo, l’epilogo, che chiuderà tutto ciò che è rimasto da chiudere).
 Mi scuso se non ho risposto a molte recensioni dei capitoli precedenti, ma vi assicuro che le ho lette tutte e vi ringrazio dal profondo del cuore per averle scritte.
 Con questo vi lascio, e spero di sentirvi per l’epilogo.
 Un bacio
 Francesca 

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Capitolo 23
*** Ciò Che L'Acqua Non Scioglie ***


Capitolo 23: Ciò Che L’Acqua Non Scioglie
 
 Erano passati due mesi dalla fine del nostro esame di Maturità.
 Massi ed io non avevamo perso nessuna occasione per stare insieme. I miei genitori non avevano più avuto nulla da obiettare e anche la D’Arcangelo sembrava essersi ormai abituata alla mia costante presenza nella vita di suo figlio.
 Avevo ritrovato tutti miei amici e avevo di nuovo l’amore che mi era mancato per così tanto tempo. In tutti quei giorni avevo cercato di pensare il meno possibile alla partenza di Massi. Mancava ancora del tempo al fatidico evento e quindi quel pensiero restava relegato nella mia mente.
 Non volevo pensarci. Non volevo pensare al dolore e alla separazione. Mi sarei goduta quello che avevo fino a quando mi sarebbe stato concesso.
 -Avete intenzione di spiarla ancora per molto?-.
 Era la voce di Massi quella che sentivo al telefono.
 -Non la stiamo spiando.-
 -E’ ad un appuntamento e la state pedinando. Per me questo è spiare.-
 -Massi, la stiamo solo proteggendo.-
 Una risata mi spaccò il timpano.
 -La proteggete da Davide Zilli? Quel ragazzo non farebbe del male neanche a una mosca.-
 -Dopo quello che le è successo con Christian… Non mi fido più dei ragazzi che frequenta.-
 -Fai come vuoi ma sappi che sembri matta.-
 -Forse lo sono.-
 -Si muovono-, disse una voce al mio fianco.
 -Massi devo andare.-
 -Okay, non fate tardi. Non manca molto alla festa.-
 -Non preoccuparti.-
 Chiusi la telefonata e fissai il mio sguardo su Martina. Era stata per un’ora seduta fuori ad un tavolino di una gelateria di Lecce, in compagnia di Davide Zilli.
 Proprio così.
 Alla fine, non so grazie a quale congiunzione astrale, Marti aveva accettato l’ennesimo invito di Davide. Quello era il loro primo appuntamento ed Amy era riuscita a convincermi: dovevamo seguirli. Sapevo bene che Davide era un bravo ragazzo ma controllare la situazione per un po’ non avrebbe danneggiato nessuno.
 In quell’ora Amy ed io ci eravamo messe a sedere in un bar dal quale si vedeva perfettamente la gelateria. Marti non ci aveva notate, il bar era abbastanza anonimo, nessuno lo guardava per strada.
 -Dove staranno andando?- chiese Amy lasciando qualche moneta sul tavolino, sufficienti a pagare i nostri caffè.
 -Lo chiedi a me? Seguiamoli e vediamo dove ci portano.-
 Uscimmo dal bar e intanto ripensai alla conversazione avuta con Amy poco prima. Stavo pedinando Marti ma forse quella più in pericolo era la stessa Amy. La mia amica integerrima e super credente nella verginità fino al matrimonio, aveva deciso di andare a vivere con Marco, a Roma. Voleva cambiare città e convivere con il ragazzo che amava a soli diciannove anni.
 Più ci riflettevo e più vedevo solo guai.
 “Voglio frequentare una scuola teatrale che si trova a Roma. Marco vuole seguirmi per iscriversi all’università e sarebbe inutile pagare due affitti. Andremo a vivere insieme.”
 Alle mie remore riguardo i suoi genitori e i suoi fratelli iperprotettivi Amy aveva risposto con un’alzata di spalle. Secondo lei se ne sarebbero fatti una ragione. Avevano accettato Marco, stava simpatico a tutti e lei non prevedeva ostacoli sul loro cammino.
 Forse quei due erano talmente fuori di testa che le cose sarebbero andate bene. Almeno avevano la possibilità di vivere il loro amore giorno per giorno, sempre insieme.
 Un qualcosa che a me sarebbe stato negato.
 Era questo che mi aveva portato a non esprimere le mie obiezioni sulla loro scelta.
 Se la sarebbero cavata, in un modo o nell’altro.
 -Qui la questione si fa interessante. Guarda là.-
 Mi ridestai dalle mie elucubrazioni mentali e fissai gli occhi su quello che Amy stava osservando. Davide aveva preso Marti per mano e lei non aveva battuto ciglio: altro che protestare, si era voltata verso di lui e gli aveva sorriso.
 La mia amica appariva finalmente serena e senza pensieri. Non l’avevo mai vista così tranquilla in compagnia di un ragazzo. La pazienza che Davide aveva dimostrato in tutto quel tempo, per l’intero periodo delle superiori, stava dando i suoi frutti.
 Mi ritrovai a sorridere anch’io e afferrai il braccio di Amy bloccando la sua marcia decisa.
 -Che c’è?-
 -Andiamo via.-
 -Ma che vai blaterando?-
 Sorrisi. A volte Amy poteva risultare così ceca.
 -Marti sta bene, questo è il suo appuntamento. Gli abbiamo controllati anche troppo.-
 -Ma…-
 -Amy, guardala. Osservala bene. L’hai mai vista così felice con un ragazzo?-
 Smise di fare resistenza e potei lasciarle il braccio. Marti e Davide si stavano allontanando, si tenevano per mano e non sembrava che avessero l’intenzione di separarsi tanto presto.
 Amy abbassò la testa e un sorriso divertito prese forma sulle sue labbra.
 -Non ha bisogno di noi.-
 -Non più.-
 I due svoltarono l’angolo e noi restammo ferme sul marciapiedi senza proferire parola.
 Il mio cellulare suonò, lo presi e lessi il messaggio che era arrivato.
 
 Grazie. Mi siete state accanto per l’intero pomeriggio. Sto bene, non dovete preoccuparvi.
 
 Lo passai ad Amy.
 Dopo aver letto il messaggio mi guardò e una scintilla di felicità le attraversò gli occhi.
 -Direi che possiamo andare a prepararci per la festa.-
 Non potei resistere. Buttai le braccia al collo di Amy e la strinsi a me. Le mie amiche erano ciò che di più bello mi fosse mai accaduto nella vita. Matte, particolari, strane ma erano le mie anime gemelle e ora che anche loro avevano trovato la vera felicità mi sentivo onorata di averle accanto a me.
 -Ho il vestito perfetto per te.-
 M’irrigidì e sciolsi lentamente l’abbraccio. Lo sguardo di Amy era determinato mentre il mio colmo di timore.
 Quegli occhi così decisi mi avevano sempre fatto paura.
 
 La professoressa Claudia D’Arcangelo e consorte, che ancora non avevo avuto il piacere di conoscere, avevano invitato tutti noi ad una piccola festa in giardino per festeggiare l’ammissione di Massi ad Harvard.
 -Amy, io ti voglio bene ma non posso presentarmi a casa di Massi conciata in questo modo.-
 Mi guardò piuttosto contrariata mentre era intenta a fissarsi allo specchio incorniciando i suoi occhi in un trucco perfetto.
 -Vale, hai delle gambe stupende. E’ mio dovere costringerti a metterle in mostra.-
 -Sono praticamente nuda!-
 -E’ agosto, Vale, avere le gambe scoperte è lecito. Non rompere le scatole più del dovuto e taci.-
 Osservai il mio riflesso nello specchio. Il vestito mi cadeva alla perfezione. Bianco, corto e seducente. Il corpetto era liscio, proseguiva con un gonna morbida ricamata. Le mie gambe abbronzate erano valorizzate al massimo.
 -Metti queste.-
 Mi passo dei sandali bassi con fascette color argento. Dovevo ammettere che quelle scarpe completavano il tutto.
 Amy mi aveva arricciato i capelli e poi li aveva acconciati di lato. Il trucco che mi aveva riservato era leggero ma perfetto per il mio volto.
 -Massi ti salterà addosso.-
 Mi guardai ancora. Un sospiro di sconfitta soffiò dalle mie labbra.
 -Lo so, ma non credo che sia il caso davanti ai suoi genitori.-
 -Vale, ai suoi occhi sei già la donna più bella che possa esistere, ogni tanto devi dargli l’occasione di ammirarti in tutto il tuo splendore. Prova per un attimo ad infischiartene dei suoi genitori, del luogo o del momento. Mostra la tua eleganza e smettila di contraddirmi.-
 -Anche se continuassi a protestare, dubito altamente che mi concederesti jeans e maglietta.-
 -Brava, bimba. Obbedisci senza discutere.-
 Qualche minuto dopo Marco era in strada ad aspettarci. Ignorai i suoi commenti lusinghieri sul mio aspetto e salì in macchina.
 Sorpresa delle sorprese, in auto c’era già qualcuno.
 -Ciao Davide- dissi con un sorriso. –Sei dei nostri stasera?-
 Lui arrossì di colpo mentre Marti gli stringeva la mano.
 -E’ stata una cosa improvvisa, ho pensato che a Massi non sarebbe dispiaciuto se lo avessi portato.-
 Davide evitò di guardarmi. Ero convinta che fosse ancora incredulo per come si stavano evolvendo le cose con Marti.
 -Massi ti adora, Davide. Sarà felice di averti alla sua festa come sono contenta io di vederti qui.-
 I suoi occhi incontrarono i miei e vidi quella scintilla di gratitudine che mi scaldò il cuore.
 Quando arrivammo alla festa poco dopo incrociai subito gli occhi di Delia, Mike e Sabrina. Mi sorrisero tutti mentre mi dirigevo con gli altri verso di loro. Li avevo quasi raggiunti quando una persona mi si parò davanti.
 -Valeria.-
 -Professoressa-, risposi con un sorriso.
 Lei ricambiò con occhi divertiti.
 -Mi chiamerai mai Claudia?-
 Alzai le sopracciglia sorpresa. Non era la prima volta che mi rivolgeva quella richiesta ma io ancora non mi sentivo completamente a mio agio con lei. Non poteva pretendere di cambiare un’abitudine così radicata in me. Per il momento lei sarebbe stata sempre la mia professoressa di scienze.
 -Preferisco chiamarla professoressa. Mi sono affezionata a vederla così.-
 Lei scoppiò a ridere mentre un uomo alto, bello, con capelli neri scurissimo le apparve accanto. Rimasi un attimo impietrita nel vederlo. Sapevo bene chi era, quegli occhi li avevo scrutati così tante volte che era impossibile non riconoscerli. Quel verde profondo, dolce e pieno di sentimento. Lo avevo davanti tutti i giorni, lo sognavo tutte le notti.
 -Ti presento mio marito Sergio.-
 Quell’uomo somigliava a Massi in modo impressionante. Li stessi lineamenti, lo stesso naso, la forma delle sopracciglia, il sorriso spiritoso. In lui traspariva tutta la bellezza del mio Massi.
 -Finalmente ci conosciamo, signorina-, mi porse la mano
 La strinsi imbarazzata.
 -E’ un piacere.-
 -Ammetto di capire come mai mio figlio si è quasi perso l’esame di Maturità per te.-
 Spalancai gli occhi mentre avvertivo un principio di iperventilazione.
 -Quel giorno lo avrei strozzato volentieri ma ora che ti vedo… Massi ha un gusto impeccabile, credo che tu sia la ragazza più bella della festa.-
 Stavo per rispondere quando sentì qualcosa di caldo avvolgermi i fianchi. Fui attratta con la forza verso un corpo ancora più caldo che mi teneva stretta a lui.
 -Papà, dacci un taglio. Solo io sono autorizzato ad adularla.-
 Il signor Sergio scoppiò a ridere, seguito a ruota dalla moglie.
 Lentamente mi voltai verso la fonte di quel calore e incontrai ancora una volta gli occhi dell’uomo che amavo. D’improvviso una consapevolezza prese possesso della mia mente: i suoi occhi erano diversi da quelli del padre. Sì, erano dello stesso colore e si somigliavano in modo impressionante ma quelli di Massi avevano una particolarità: s’insinuavano nella mia mente, s’impossessavano dei miei pensieri, e mi guardavano come se fossi stata l’unica persona presente sull’intero pianeta.
 Non c’erano altri occhi al mondo come quelli. Erano miei, solo miei.
 Questo pensiero mi riempì il cuore fino quasi a farmi perdere i sensi.
 -Ciao amore-, mormorò posandomi un delicato bacio sulle labbra.
 Rimasi immobile a fissarlo. Il mio cervello aveva registrato il bacio e tutto il resto aveva perso di significato. Esistevano solo quegli occhi, quel volto, quelle labbra. La mia mano si mosse da sola e si posò sulla guancia di Massi. Lui mi guardava non lasciandomi neanche un momento. Mi alzai sulle punte e lo baciai, e non era un bacio come quello di poco prima. Era delicato ma profondo. Calmo ma deciso. Lo volevo sentire, volevo sentire quell’amore che si liberava dentro di me e che mi cullava nella certezza che nessun amore sarebbe stato mai così intenso.
 -L’ho detto e lo ripeto. Massi ha un gusto impeccabile.-
 Di colpo mi staccai da Massi che mi guardava divertito.
 Ma che diavolo mi era saltato in mente?! Mi ero praticamente pomiciata Massi davanti ai suoi genitori! Le guance avvamparono mentre i miei occhi guardavano ovunque tranne che nella loro direzione.
 -Tu non hai mai fatto una cosa del genere davanti ai miei…- rifletté Sergio.
 -Forse avrei dovuto, magari tua madre avrebbe capito chi comanda.-
 -Non te la prendere con mia madre, sei tu che hai un carattere impossibile.-
 -Io avrò pure un caratteraccio ma almeno non sono rimasta bloccata ai dodici anni.-
 -Stai dicendo a me?!-
 -Ti risulta che stia guardando qualcun altro?-
 Rimasi in silenzio osservando frastornata quel bizzarro battibecco. Uno strano pensiero si fece largo nella mia mente: quei due sembravamo Massi ed io. Litigavano ma nei loro occhi si scorgeva il divertimento, la voglia di stare insieme, la spensieratezza di poter dire a qualcuno tutto ciò che passa per la testa. Erano loro stessi, l’uno con l’altra. Come me e Massi, non avevano il timore di parlare perché l’altro avrebbe sempre capito.
 Un sorriso apparve sul mio volto.
 -I soliti testoni-, sussurrò Massi sul mio collo mentre mi abbracciava da dietro. I suoi genitori continuavano a scambiarsi frecciatine mentre io avvertivo distintamente il respiro di Massi sul mio collo.
 -Vieni con me-, soffiò con voce sensuale al mio orecchio.
 Mi prese per mano, e io ancora una volta non mi curai più neanche di una sola persona presente a quella festa. Esisteva solo Massi.
 Entrammo in camera sua e lui si sedette sul letto invitandomi a fare altrettanto.
 -Massi, non possiamo. C’è una festa in tuo onore in giardino.-
 Lui mi sorrise.
 -Dopo il bacio che mi hai dato prima me ne infischierei molto volentieri di tutti gli invitati ma mi rendo conto che la situazione non permette di lasciarmi fare al tuo corpo quello che vorrei.-
 Le mie guance presero fuoco.
 -Non ti ho portata qui per quello che credi.-
 Il suo sorriso si fece di colpo più luminoso.
 -E per cosa?-
 Mi prese le mani tra le sue.
 -Ti ho già detto che sei meravigliosa stasera?-
 -No, non ancora-, risposi divertita.
 -Sei bellissima, la creatura più bella che io abbia mai visto. Questo però è un grosso problema.-
 -Ah, sì?-
 Il discorso stava prendendo una piega che non riuscivo a comprendere.
 -Sei talmente bella-, mi accarezzò dolcemente la guancia con il dorso della mano. –Corro il rischio che qualcuno ti porti via da me.-
 Stavo per rispondere ma lui mi posò l’indice sulle labbra.
 -Il mondo deve sapere di chi sei. Tu sei mia.-
 Aprì il cassetto del comodino e tirò fuori una scatolina di legno.
 Quando l’aprì mi salirono le lacrime agli occhi.
 Prese ciò che c’era dentro e lo chiuse attorno al mio polso. Era il mio bracciale, quello che mi aveva regalato mesi prima e che io gli avevo restituito. Ma c’era qualcosa di diverso.
 -Ho scambiato i ciondoli-, disse lui aprendo i primi bottoni della camicia.
 La mia V non era più appesa al mio bracciale ma si trovava poggiata sul petto di Massi, infilata nella sua catenina. I miei occhi si posarono sul bracciale che avevo indosso. La M di Massi ora si trovava al posto di quella V.
 -Tu sei mia, e non voglio più nasconderlo, negarlo o dimenticarlo.-
 Le lacrime ormai avevano preso possesso del mio viso. Scendevano lente, copiose, ma portavano con loro una gioia indescrivibile.
 -Il tuo posto è nel mio cuore-, prese la mia mano e la posò sul suo petto.
 I ciondoli si toccarono.
 -Il mio posto è nel tuo cuore, sempre-, risposi osservando la mia mano che toccava la sua pelle.
 Alzai le spalle mentre un sorriso divertito mi fece scuotere la testa.
 -Cosa c’è?-, mi chiese lui con un tono preoccupato nella voce.
 -Sei Massimiliano Draco-, lo guardai dritto negli occhi mentre le lacrime continuavano lente il loro percorso. –Non credevo che un giorno una parte della mia stessa anima avrebbe avuto il tuo nome.-
 Lui sorrise e posò un bacio delicato sulle mie labbra.
 -Io non credevo nemmeno che tu esistessi-, mormorò sulle mie labbra prima di approfondire il bacio.
 Ci ritrovammo sul suo letto a baciarci e accarezzarci.
 Saremmo dovuti tornare alla festa ma eravamo noi due. C’era ancora tempo per noi, ci sarebbe sempre stato tempo per noi.
 Tutto il resto avrebbe aspettato.
 
 E poi Massi partì.
 Un giorno come un altro, in un momento come un altro, mi ritrovai a salutarlo e a vederlo partire per andare letteralmente dall’altra parte del mondo.
 Non piansi.
 Non versai neanche una lacrima quando lui andò via. Non si trattava di indifferenza o cinismo, solo non avevo motivo per piangere. La partenza di Massi era un nuovo inizio per entrambi e io ero abbastanza cresciuta per capire la differenza tra un addio e il principio di un viaggio verso il futuro.
 Entrambi ci saremmo impegnati.
 Entrambi avremmo perseguito i nostri obiettivi.
 Entrambi saremmo maturati per diventare le persone che volevamo essere.
 Lontani, certo, ma sempre insieme. Mai divisi. Un tutt’uno che ci avrebbe accompagnato per il resto della nostra vita.
 Il fatto che lui vivesse a Boston non contava. I nostri sentimenti ne sarebbero usciti illesi.
 Era questo che pensavo prima di un fresco pomeriggio di ottobre.
 Suonarono alla porta. Ero sola in casa quindi mi alzai per aprire.
 Il visitatore inaspettato era l’ultima persona che avrei creduto di vedere in casa mia.
 -Posso entrare?-
 Guardai quella persona, mi sentii confusa per un attimo poi la invitai ad entrare.
 Ci mettemmo a sedere al tavolo della cucina, davanti a noi una tazzina di caffè.
 -Cosa la porta qui professoressa?- chiesi con un sorriso.
 -Quel citrullo di mio marito-, bevve il caffè in un solo sorso. –Sabato è il suo compleanno, ti vuole a tutti i costi a pranzo con noi. Niente in contrario, per carità, ma gli ho detto che ti troveresti in imbarazzo ad affrontare tutta la famiglia senza Massi.-
 Senza Massi.
 -Sì, in effetti sarebbe imbarazzante-, mormorai abbassando lo sguardo.
 -Tuttavia mio marito mi ha detto che non mi darà pace se tu non verrai. Ritienilo un favore personale nei miei confronti. Anche se Massi non sarà presente, ti prometto che uscirai illesa dal pranzo.-
 Massi non sarà presente.
 Sorrisi cercando di non pensare al mio cuore sanguinante.
 -Verrò volentieri, professoressa. Se il signor Sergio insiste in questo modo non voglio certo che se la prenda con lei.-
 La donna mi sorrise contenta.
 -Per fortuna, credevo che l’assenza di Massi ti avrebbe frenata.-
 L’assenza di Massi.
 Non era intenzione della D’Arcangelo ma quelle parole stavano rendendo la partenza di Massi più reale di quanto fosse mai stata fino a quel momento.
 Quelle frasi erano pugnali che ferivano lente la mia anima.
 Fissai il pavimento cercando in tutti i modi di mantenere la calma.
 -Valeria.-
 La voce di quella donna era colma di dolcezza e mi trovai costretta a guardarla. 
 -Sei molto più simile a me di quanto pensi. So cosa stai pensando perciò ti chiedo: hai mai pianto da quando Massi è andato via?-
 Massi è andato via.
 Scossi la testa in un gesto di diniego.
 -Lo comprendo. Stai provando ad essere forte-, posò una mano sulla mia. –Le lacrime non sono un segno di debolezza, è il modo che la tua mente ha per sciogliere i pesi sul tuo cuore. Nel trattenere le lacrime non c’è nulla di nobile o maturo.-
 La fissai con gli occhi che si appannavano ogni secondo di più.
 La sua mano si strinse sulla mia.
 -Piccola, hai bisogno di sfogarti. Massi è partito, non lo vedrai per mesi. Devi piangere prima che il tuo cuore esploda.-
 I suoi occhi erano dolci e comprensivi. Il suo sorriso materno e colmo di affetto.
 Si avvicinò e mi strinse a sé con delicatezza.
 -Siamo solo tu ed io. Nessun altro dovrà saperlo.-
 Tutto quello che avevo cercato di negare, tutte le parole dolci, gli addii, i sentimenti vissuti, il dolore provato nel profondo, trovarono la via per esprimersi nella loro impetuosità.
 Scoppiai a piangere.
 Un pianto quasi isterico.
 Lacrime amare che mi mettevano davanti all’evidenza: Massi non era più accanto a me.
 Piansi per minuti, ore, forse anni, non lo ricordo. So solo che la professoressa rimase come me per tutto quel tempo, accarezzandomi la testa e sussurrando parole rassicuranti.
 Quando riuscii a ritrovare la calma, avevo gli occhi gonfi e rossi, il naso costipato, ma il cuore decisamente più leggero e libero.
 -Ti senti meglio?-
 Mi guardò ancora con i suoi occhi dolci. Annuì, non riuscivo a parlare.
 -Bene. Ora veniamo al motivo più importante per cui sono qui.-
 La guardai per un attimo confusa.
 Mi porse una busta chiusa.
 -Massi l’ha lasciata a me prima di partire.-
 Presi la busta e la osservai.
 -Mi ha fatto promettere di dartela nel caso in cui avessi capito che non stavi bene. Credo sia il suo modo per farti capire che nei momenti di difficoltà potrai sempre rivolgerti a lui.-
 Aprii la busta e dentro ci trovai una lettera piuttosto lunga.
 -E’ meglio se tu la legga da sola, in santa pace.-
 Mi alzai per accompagnarla alla porta ma lei mi bloccò.
 -Posso trovare l’uscita da sola, Valeria. Non ti preoccupare.-
 -Grazie di tutto…-, feci una pausa guardando quella donna che per anni era stata il mio incubo e che invece, in quel momento di sconforto, era stata la mia salvezza. Le dovevo qualcosa, forse la mia stessa salute mentale.
 -Grazie Claudia.-
 I suoi occhi s’illuminarono nel sentire il suo nome.
 -Ti aspetto sabato a pranzo.-
 -Ci sarò.-
 Uscì dalla mia casa e io rimasi da sola.
 Stringevo la lettera tra le mie mani, e alla fine trovai il coraggio di spiegarla e di leggere il suo contenuto.
 Mi presi tutto il tempo necessario per assorbire e comprendere ogni parola. La calligrafia di Massi era pulita ed elegante, proprio come lui.
 Ad ogni frase il mio cuore accelerava.
 Ad ogni ricordo la mia mente volava.
 Le lacrime si erano fermate ma la voglia di piangere non era svanita. Si trasformò in qualcosa di diverso. Le mie lacrime volevano solo dimostrare i miei sentimenti per l’uomo che aveva scritto quelle parole. Belle, decise, romantiche. Parole che dimostravano ancora una volta tutto l’amore che era in grado di provare.
 Quando giunsi alla fine, una lacrima sfuggì alle mie ciglia e andò a finire sul foglio che avevo tra le mani.
 Le parole Ti Amo si sfocarono a contatto con l’acqua, l’inchiostro si sciolse. Poco importava. Quelle parole le avevo sentite innumerevoli volte, pronunciate dalla voce del mio amore. Le avevo viste ogni giorno negli occhi del mio amore. Le avevo percepite, sin dall’inizio, con il mio cuore colmo del mio amore.
 L’amore per Massi. L’amore per un ragazzo che era diventato parte di me. L’amore per quell’uomo che sarebbe stato sempre il mio futuro.
 Quel Ti Amo era scolpito dentro di me.
 Da qui, fino all’eternità.
 Ti amo.
 
 
 
 
 


***L’Autrice***
 Con le lacrime agli occhi, e il cuore leggero, posso finalmente dire… La storia di Vale e Massi ha trovato il suo meritato finale. Una fine piuttosto aperta, che fa capire quanto il loro amore sia grande, ma anche quanto sia incerto il loro futuro. Scelta strategica, lo ammetto. Non so se un giorno avrò la forza di riprendere in mano le loro vite e di scoprire come due adolescenti diventano adulti. Mi piacerebbe, non lo nego, scrivere ancora di Massi e Vale. Quindi non ho chiuso definitivamente le porte ad un loro eventuale futuro.
 Ora, parliamo di un piccolo dettaglio. Questo doveva essere l’Epilogo, ma non lo è.
 La storia è iniziata con Vale, è cresciuta per la maggior parte del tempo con Vale. Eppure deve finire con Massimiliano Draco. Il bello, generoso, irritante Massimiliano Draco. L’Epilogo sarà la sua lettera per Vale. Tutto quello che lui ha provato in passato, quello che prova nel presente, e quello che ha intenzione di provare in futuro, sarà in quella lettera. L’amore di un uomo verso una donna, quando è sincero, è più bello e puro di qualunque altro tipo di amore, ed è giusto che sia Massi a mettere davvero la parola FINE a questa storia.
 Quindi, la mia disperazione e i miei saluti ai personaggi li riserverò per il commento dell’epilogo. Per questo vi lascio solo con un arrivederci, e la speranza che questa storia stia trovando il finale che meritava e, perché no, il finale che volevate.
 Vi ringrazio sempre per tutto il sostegno, le persone che leggono questa storia sono veramente stupende e vi adoro, tutte, da anni.
 Un bacio
 Francesca 

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Capitolo 24
*** Epilogo - Reo Confesso ***


Epilogo – Reo Confesso
 
 
 Potrei dare inizio a questo mio sproloquio con “Cara Vale” o “Mio dolce tesoro” ma tu sai perfettamente che non sarebbe da me. Non sarebbe da noi.
 Questo mi porta a pensare che esiste un solo modo per cominciare questa lettera…
 
 Ferrari,
 tu sei la persona più irritante, testarda e pessimista che possa esistere sulla faccia della terra. Sei stata in grado di farmi impazzire fin dal primo momento in cui mi hai rivolto la parola. Quelle tue frecciatine irritanti e il tuo sguardo di superiorità. Il modo con il quale i tuoi caldi occhi scuri mi fulminavano, resterà scolpito nella mia mente. Mi disprezzavi, e non facevi nulla per celarlo. Sembrava quasi che il tuo obiettivo fosse proprio di farmi comprendere, con tutte le tue forze, quanto la mia presenza, e persino la mia semplice esistenza, ti infastidissero. Non mi conoscevi, eppure avevi già preso coscienza di ciò che per te non sarei mai potuto essere. 
 Il tuo atteggiamento determinato, colmo di superiorità, mi ha incuriosito. Volevo capire per quale diavolo di ragione, avessi deciso che tu ed io non fossimo compatibili da nessun punto di vista.
 Ti ho punzecchiato, ti ho studiato. 
 Più andavo avanti nella mia indagine e più mi ritrovavo incatenato a te.
 Al tuo essere testarda, che in realtà era solo forza e risolutezza.
 Al tuo essere irritante, o come lo vedo io, un vano tentativo di allontanare tutto ciò che avrebbe potuto ferirti.
 Al tuo essere pessimista, anche se io preferisco definirti realista.
 Ci sono stati piccoli momenti, proprio piccoli, dove mi hai concesso di avvicinarmi a te. Ho cercato di farlo in punta di piedi ma con fermezza: una semplice tattica per attirare la tua attenzione. E, d’un tratto, i tuoi tanto indisponenti difetti si trasformavano in pregi, assumevano la forma di caratteristiche della tua personalità.
 Questa lettera si presenta come una missiva d’amore ma in realtà si tratta di una confessione.
 Io, Massimiliano Draco, costretto a rendermi reo confesso perché so che tu hai bisogno di leggere queste parole.
 Tutti mi hanno sempre considerato una persona altruista. In realtà, tu sei stata l’unica ad inquadrarmi da subito. Tutto quello che ho fatto nella mia vita, ogni mio gesto decantato come generoso, nascondeva un mio tornaconto. Che fosse l’ottenere la fiducia di qualcuno, o impegnarmi nello studio per avere ottimi voti, lo scopo principale era la mia soddisfazione. Tu non ci sei cascata. Mi hai costretto a guardarmi dentro, sei stata il mio specchio, ed è stato proprio questo aspetto di te che mi ha colpito ed attratto.
 Ora, posso affermare che gli unici gesti davvero altruisti li ho compiuti solo per te. Ho sofferto per te, il mio cuore ha sanguinato realmente e mi sono reso conto che sei la persona più importante. Sei stata tu a rendere possibile il mio cambiamento, mi hai quasi costretto a metterti al primo posto, hai superato di gran lunga ogni mio sogno, ogni mia ambizione e desiderio.
 La tua felicità è diventata la mia ragione di vita e l’unico modo perché anch’io potessi essere felice.
 Dal primo momento, fin dalla prima volta che ho osservato il tuo viso, dentro di me qualcosa si è smosso. Che si trattasse di rabbia o un qualunque altro sentimento, mi sono ritrovato a desiderare di leggere ogni tua più piccola sfumatura. Eri come un libro da sfogliare, pagina dopo pagina e mi affascinavi così tanto.   
 Prima che me ne accorgessi la tua mente aveva preso possesso della mia e sei divenuta un pensiero fisso.
 In principio eri solo una sfida, una battaglia che ero certo di portare a termine da vincitore.  L’obiettivo vero consisteva nell’interpretare i tuoi atteggiamenti, comprendere appieno le tue parole. Poi, non chiedermi quando, la sfida si è tramutata in qualcosa di più profondo. Mi hai intrappolato nella tua rete ed io sono stato tramutato nell’ignara preda. Le vie di scampo erano inesistenti. Hai mandato a monte i miei piani e lo hai fatto nel modo più atroce: rendendomi completamente dipendente dalla tua presenza e dal tuo sorriso. Potrei parlare per ore del tuo sorriso: di come mi scalda il cuore e di quanto rappresenti davvero la cosa migliore che potesse capitarmi.
 Mi sono innamorato di te. Mi sono accorto di quanto la tua decisione ti rendesse affascinante, e di quanto fossi bella durante le tue sfuriate.
 Ti sei sempre mostrata con me per quello che eri, non ho avuto la necessità di cercare significati nascosti dietro le tue parole, non ne ho avuto proprio bisogno. Ciò che mi dicevi era sempre la verità, ogni volta. E questo mi ha fatto innamorare un po’ di più ad ogni nostro incontro.
 Non t’importava che fossi il figlio della tua professoressa, che avessi la possibilità di renderti la vita un inferno a mio piacimento. Non eri come gli altri, non mi veneravi, mi consideravi un ragazzo odioso che non meritava il tuo rispetto.
 Ho dovuto farti cambiare idea.
 Ho dovuto renderti partecipe del mio vero carattere.
 Ho dovuto essere sempre sincero con te, tramite i miei atteggiamenti e le mie parole. Con te, solo con te, sono sempre stato me stesso. Ogni mio insulto nascondeva ammirazione nei tuoi confronti ed è ancora così. Quando scherziamo o ci prendiamo in giro, penso sempre che sei migliore di me in tante cose. Ed è proprio il tuo essere migliore a rendermi la persona che ho sempre voluto essere, come se tu mi completassi. Sei l’altra metà della mela.
 La mia confessione non termina qui. Ho tanto da dirti, avrei bisogno di mille e mille pagine per spiegarti chi sei e quanto tu mi abbia sconvolto.
 Hai preso possesso della mia mente e poi, d’un tratto, anche il mio corpo rispondeva alla tua presenza. Non potrò dimenticare il giorno in cui hai deciso di usarmi come cuscino, su quell’autobus che ci ha portato a Cascia. In quei giorni, sì, credo che sia stato in quei giorni, ho realizzato quanto la tua vicinanza mi donasse emozioni che fino a quel momento mi erano praticamente sconosciute.
 Ti sei ferita, e per me è stata una tragedia. Non potevo credere di essere stato così imbecille da non riuscire a proteggerti. Mi sono reso conto di quanto tenessi a te.
 E le tue dita, mentre medicavi la mia schiena mal ridotta, non erano fredde. Le ho sentite sfiorarmi con delicatezza e dolcezza, quindi la mia pelle ha reagito al tuo tocco e non ho potuto trattenere la mia reazione. Erano calde, così tanto da farmi battere il cuore contro le costole, lo avvertivo battere persino nelle orecchie. Il mio corpo aveva capito tutto ed è bastato dare ragione alle mie sensazioni per comprendere. Provavo qualcosa per te e non avrei potuto nasconderlo a lungo.
 Col bacio in ascensore, ogni mio dubbio è svanito completamente.
 Non hai idea di quanto quel bacio abbia ingarbugliato i miei pensieri. I miei sentimenti per te mi erano, ormai, piuttosto evidenti. Il problema, fino a quel momento, consisteva nel fatto che anche i tuoi erano chiari. Credevo che mi odiassi e non capivo perché diavolo avessi deciso di baciarmi. Di baciarmi in quel modo poi. Hai la minima idea dell’effetto che un bacio del genere possa avere su un ragazzo? Se non fossimo stati a scuola, non mi sarei trattenuto, non avrei interrotto quel bacio neanche per tutto l’oro del mondo.
 La mia confusione era arrivata al culmine. Cosa volevi da me? Mi odiavi, me lo avevi detto tante di quelle volte, ma in quel bacio non c’era odio. Nelle tue labbra, nel tuo sapore non c’era odio, e sentivo che non era solo attrazione fisica.
 Da lì ho osato sperare. Tuttavia dovevo pensare a Delia e ho cercato di starti il più lontano possibile, non avrei mai abbandonato la mia amica. Dovevo stare alla larga da te per non cedere, per non cadere completamente in trappola, altrimenti ero consapevole che non ti avrei più lasciata. Se tu mi avessi dato anche solo un piccolo barlume di speranza, avrei fatto in modo di renderti mia, in ogni significato possibile.
 Questo è accaduto a Padova. Quel barlume l’ho visto, l’ho percepito e ho deciso di aprire la finestra per inondarmi con la tua luce.
 Hai detto di amarmi, di provare quello che provavo io ed è stato l’inizio di tutto. Il mio amore è esploso e tu sei diventata la mia stella, colei che ha illuminato il mio intero mondo.
 Quando mi hai lasciato, sei stata così pragmatica da dire che i nostri sentimenti, che il nostro amore, erano solo il frutto di un’attrazione adolescenziale. Lo hai detto per allontanarmi perché credevi fosse la cosa giusta da fare. In realtà, il tuo, è stato un gesto di stupido altruismo.
 Nessuno di noi due è mai stato un vero adolescente. Lo hai detto tu stessa: ci hanno costretto a crescere troppo presto, proprio per questo siamo stati in grado di riconoscere il vero amore, anche se forse troppo giovani. Chi lo sa? Se mi avessi incontrato tra cinque o dieci anni, non avresti neanche mai pensato una cosa del genere. Tu sei consapevole quanto me che siamo fatti per stare insieme. Non esiste un’altra donna al mondo con cui vorrei condividere la mia vita. Lo so adesso, e lo saprò per sempre. Comunque vada questa nostra sfida, lo stare lontani, non amerò mai nessuno quanto amo te! Non lo dico perché ho solo diciannove anni. Lo dico perché ne sono certo.
 Quando vivremo lontani non sarà il sesso a mancarmi – non fraintendermi, fare l’amore con te mi mancherà come l’aria- ciò di cui sentirò la mancanza sarà ogni piccola cosa di te. Il tuo tono acido, la voce arrabbiata quando discutiamo, il suono della tua risata, il poterti parlare di tutto, ascoltare le tue opinioni razionali ma troppo pessimiste. Tu sei un universo, da scoprire ogni giorno, e da Boston non potrò farlo come vorrei. E’ questo che mi mancherà.
 In questi ultimi mesi ti ho visto diventare donna, e ancora non lo sei del tutto. Non essere lì con te, non accompagnarti totalmente in una trasformazione che avrei tanto voluto vedere mi uccide. Vale, sei una ragazza spettacolare, ma diventerai una donna magnifica e non potrò vederlo con i miei occhi. Questo mi fa davvero soffrire. Per quanto non poterti toccare o baciare sia un’agonia, non avere la possibilità di viverti concretamente giorno dopo giorno è molto peggio.
 Voglio innamorarmi della donna che stai diventando come mi sono innamorato della ragazza che eri. Perciò, non pensare più che siamo troppo giovani o che ci sarà qualcun’altra nella mia vita. Per nessuna ho mai provato ciò che sento per te. Per nessuna avrei accettato la sconfitta contro un altro uomo. Per nessuna mi sarei sacrificato in questo modo. Solo per te.
 Sei la donna che amo.
 Sei la mia migliore amica.
 Sei la persona che giorno sarà la madre dei miei figli.
 Nessuna sarà mai in grado di intrappolare il mio cuore come hai fatto tu.
 Tu sei in queste pagine, sei nel mio cuore e nella mia mente. Hai trovato posto dentro di me e quel posto è tuo.
 Non sarò lì fisicamente ma sarò tuo. Sempre.
 Perciò confesso.
 Confesso di non poter più fare a meno di te.
 Confesso di aver trovato la donna della mia vita e sono colpevole di non volerla perdere mai più.
 Confesso di volerti sposare un giorno, di creare una famiglia con te.
 Non potrebbe essere diversamente. Per quanto io mi sforzi, non riesco più ad immaginare la mia vita senza di te. E se questo è un reato, voglio scontare la mia pena. Ti amerò sempre, come il primo giorno in cui ho capito quanto il mio cuore ti appartenesse. Ti renderò felice e ti starò accanto in ogni momento, anche se mi troverò dall’altra parte del mondo.
 Parlami. Litiga con me. Ridi con me.
 Finché resteremo uniti, la distanza sarà solo uno sciocco dettaglio.
 Mi rendo conto che possono risultare parole fatte, parole di un ragazzino che non sa cosa significa amare una donna che potrà incontrare solo pochi giorni all’anno. Tuttavia, devi sforzarti di farmi un grosso favore. Come io ritengo che tu sia una donna ormai, tu guardami come se fossi già un uomo. Perché è questo che sono: il tuo uomo.
 Non so come andrà a finire.
 Non so se questa lettera riuscirà a farti davvero capire quanto io sia certo di ciò che ho scritto.
 Quello che so è che ho provato sulla mia pelle a vivere senza di te, e non ci riesco. Quello che so, è che farò di tutto, qualunque cosa, perché il nostro amore continui a vivere. Non lascerò che muoia, non lascerò che ti dimentichi di me.
 Non posso permetterlo!
 Quindi, amami.
 Solo questo. Amami come hai sempre fatto, fidati di me, io non ti abbandonerò mai.
 In queste pagine ho raccontato solo il passato, ho confessato tutto quello che provo. Il futuro non lo conosco ma conosco noi due. Siamo forti, insieme niente ci può sconfiggere. Devi solo crederci con a me.
 Credici Vale.
 Amami.
 Non lasciare che il contesto rovini il significato.
 Confida in me, lascia che ti aiuti a superare la distanza. Lascia che sia io a prendermi cura di te e allora anche tu non avrai più alcun dubbio.
 Apri la finestra, Vale. Fai entrare la mia luce, terremo lontane le ombre.
 Siamo noi il nostro futuro.
 
 Ti Amo    
  
 
 
Fine
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***L’Autrice***
 Scrivere la parola FINE è stata una vera tortura. Chi segue questa storia da anni, da quando ho cominciato a scriverla, sa quanto sia difficile per me scrivere questa parola.
 Massi e Vale sono stati il mio mondo per tanto di quel tempo che non posso credere che sia finita. Forse è per questo che ci ho messo anni a terminare questa storia. Avevo paura di questo giorno. Eppure, sono consapevole che i miei personaggi meritano una fine. Certo, non è un finale proprio definito ma è così perché un giorno mi piacerebbe scrivere ancora di loro, incontrarli ancora nella mia mente e sulle mie pagine. Immaginare come sarebbe la loro vita a venticinque o trent’anni. Pensare a loro come adulti, entrare nelle loro menti da adulti.
 E’ difficile scrivere questo commento. Chi leggerà questa storia solo adesso, magari penserà che sono un po’ melodrammatica –o completamente fuori di testa- ma Massi e Vale li conosco da anni. Avevo diciotto anni quando li ho incontrati per la prima volta, frequentavo ancore le superiori. E adesso ne ho ventisei, vivo con l’amore della mia vita e abbiamo un figlio. Massi e Vale mi sono stati accanto per troppo tempo perché io possa concludere questa storia con il cuore completamente leggero. Lascia tutto un sapore agrodolce: sono felice ma allo stesso tempo è come se io in prima persona stessi affrontando una partenza. I miei personaggi hanno trovato la loro fine, per il momento, e ora devo lasciarli andare.
 Mi mancheranno tutti, D’Arcangelo compresa.
 Mi scuso per questo sfogo un po’ troppo melenso ma non potevo salutare Massi, Vale e tutte le ragazze che mi hanno sempre seguito con un semplice “Sono contenta di aver finito”. Tutti loro meritano di più. E se tu, hai letto la mia storia per la prima volta solo adesso, sappi che ringrazio anche te.
 Ci ho lasciato il cuore, la mente e tutta me stessa in queste pagine. E ora sono fiera di aver portato i miei personaggi fino alla conclusione, anche se ci sono voluti anni.
 Finisce così la storia di Massi e Vale.
 Un bacio 

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