Eldolas' Tales

di Orfeo della Lira 2
(/viewuser.php?uid=40518)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Ricercato ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Alleanza ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Invasione ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Esecuzione all'Alba ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Echi di guerra ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Assedio a Castel Graze ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Monte Morte ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Ricordi passati ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Sturm und Drang ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: Per Renais ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: Awakening ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: Alba, Giorno, Tramonto ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Disclaimer: I personaggi contenuti in questa storia, come ambientazioni ed altro, sono proprietà dei rispettivi autori.
Avvertenze: SPOILER, Crossover, Au, shoujo-ai, shonen-ai, linguaggio volgare, violenza, probabilmente non per stomaci delicati e OOC.


Prologo

“Ahhhh!”
Come era potuto accadere?
“Si muova!”
“Aaaaaaaaah!!!”
 Correva a perdifiato, correva in quel dedalo di viottoli infiniti, correva per restare in vita.
“Aaaaaaaaaaaaaah!!!”
Un'altra vittima. E un'altra ancora. E un'altra. Le urla di dolore riempivano le vie della città, sormontate solamente dalle raffiche dei fucili.
“ATTENTO!”
Un fulmine abbatté una vecchia casa, i cui detriti si stavano riversando esattamente dove erano i fuggitivi.
“Di qua! Presto!”
Sfondò una porta e si rifugiarono dalla frana nella casa, uscendo da una finestra posteriore.
“Cecchini!”
Si ritrovò un puntino rosso all’altezza della fronte. Uno sparo risuonò nell’aria, mentre il proiettile riduceva a velocità folle la distanza che intercorreva fra se stesso e il suo obbiettivo. Era davvero la fine?
“Aaaaaaaaaah!”
Gli aveva fatto da scudo.
“Si sbrighi! Cosa fa ancora qui? Fugga!”
“Ma… Ma…”
“Loro vogliono lei! Si metta in salvo! Io li rallento!”
“Ma…”
“Insomma, fugga, dannazione! Mancano appena cinquecento metri, vuole che il sacrificio di tutta questa gente sia vano?”
Rimase un po’ immobile. Dopodiché, si girò e rincominciò a correre. L’altro gemette, rimettendosi in piedi. Davanti a lui arrivò un manipolo di soldati. Uno di loro si fece avanti e parlò.
“Spostati e avrai salva la vita.”
Non rispose. Emise un sospiro, aprì gli occhi e si avventò a spada tratta contro i nemici, menando fendenti a destra e manca, uccidendo due soldati sul colpo. Tuttavia, il dolore del colpo ricevuto in precedenza si iniziava a sentire: all’ultimo, non ricevette la forza necessaria ad un fendente mortale; il braccio si abbassò a causa del peso della spada, riuscendo solo ad infliggere un taglio poco profondo al capo del gruppo. Non era una ferita grave; tuttavia fu abbastanza per farlo infuriare.
“Lasciate a me questo bastardo”sibilò“Voi inseguite il principe.”
Gli diede un colpo con l’elsa della spada, facendolo barcollare, seguito da un violento pugno che lo fece cadere a terra. Diede un calcio alla spada, disarmandolo ed estrasse dalla tasca un coltello. Vibrò con esso un colpo che si abbatté sulla spalla ferita, una, due, cinque volte. Lo prese in seguito, appoggiandolo contro il muro e parando il debole pugno che gli scagliò contro. Gli diede un calcio allo sterno, portò indietro la spada e gli trafisse il cuore.
“Cane.”Ringhiò, sputando sul cadavere.
Più in là, il principe correva per la sua vita. Aveva dovuto proseguire la sua fuga sui tetti, a causa dei nemici. Silenziosamente, uccise un soldato che stava posando la sua bandiera su un tetto, recidendo la carotide, e saltò agilmente di tetto in tetto.
“Eccolo! Sparate!”
“Dannazione!”
Scampò miracolosamente alla raffica di colpi, correndo verso le mura della città. Si rallegrò: sarebbe bastato scendere, e avrebbe potuto scappare. Infatti, l’esercito nemico, sicuro della vittoria, aveva invaso totalmente la città, non lasciando in questo modo truppe all’esterno per  bloccare eventuali superstiti. Tuttavia, il sorriso gli morì sulle labbra quando sentì il grido di una viverna. Prese a correre ancora più velocemente, i muscoli gli dolevano a causa dello sforzo, il mantello ondeggiava a causa dell’aria. Le lance che gli lanciava contro il domatore di quel rettile colpivano poco lontano da lui, che continuava ad aumentare la velocità della corsa. Uccise due nemici che gli si paravano davanti e trasalì: scomparvero in una nuvola di fumo, ma diede come spiegazione a questo fenomeno la stanchezza. Guardò le mura, vedendo una cascata. Non c’era più tempo di scendere. Doveva saltare. Corse evitando di inciampare, fece leva col piede su un merlo e si lanciò nel vuoto, mentre la viverna gli passava sopra la testa, oramai impotente. Cadde sempre più velocemente, impattando con l’acqua, e sparendo nella nebbia.


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1: Ricercato ***


Recensioni

@Anonimo9987645: Grazie mille * Inchino * L’identità del principe viene svelata in questo capitolo, come si vedrà in seguito, sì, decisamente questo capitolo risponde ad un po’ dei tuoi interrogativi. E non so dove sia il tuo cibo, mi dispiace. Il tipo-che-ha-protetto-il-principe puccioso? Oh, me stesso!
@Sarhita: Grazie mille, ho dato il meglio di me in quella scena.
 @Cipotta91: Eh eh eh… Ci ho pensato molto a come strutturare il prologo, sono contento ti sia piaciuto. Grazie della recensione, molte cose saranno chiarite in questo capitolo, ed altre ancora in quelli venturi.
@Nyxenhaal89: Sì, è morto, purtroppo. Per i dialoghi, ho pensato: “Una città sotto assedio, posso preoccuparmi troppo dei dialoghi ecc. ecc.?” Se ci fai caso, non ho neanche descritto la città, in quanto se stai scappando non guardi molto i dettagli.

Capitolo 1: Ricercato

Marth si svegliò di soprassalto. Si guardò intorno spaesato, ancora intontito, finché il suo sguardo si posò sul fuoco che aveva acceso la sera prima. Dalla caduta di Altea, la capitale, era fuggito per il bosco per quattro giorni, cibandosi di ciò che trovava. Si stropicciò gli occhi, e guardò il cielo. L’alba era giunta, ed era tempo di rimettersi in marcia. Mancavano ancora sei giorni di viaggio per raggiungere il confine, e doveva muoversi il più cautamente possibile. Probabilmente, anzi, sicuramente le truppe dell’esercito del re di Gra, Jiol, lo stavano cercando. Si rimise in marcia, alla volta di Kadehin, la città più vicina. Avrebbe fatto rifornimenti lì, per poi affrontare un viaggio di cinque lunghi giorni nel deserto. Si mise una piccola corazza blu, che copriva le spalle e la gabbia toracica, sopra la maglia celeste, chiusa fino ai trequarti, stirò il mantello, poco più chiaro dell’armatura, e ricamato con il simbolo della famiglia reale. Si allacciò meglio gli stivali, dentro cui fece terminare i pantaloni bianchi. I suoi occhi azzurri si posarono sulla strada che doveva fare, mentre il vento scompigliava la sua chioma azzurra. Portò istintivamente la mano all’elsa di Falchion, la sua spada, appena sentì un rumore, ma constatò che era solo un animale selvatico. Spense il fuoco e si rimise in marcia, seguendo il fiume che poco dopo dovrebbe avuto abbandonare, in direzione del deserto.

Raggiunse la città nel pomeriggio. Kadehin era l’ultimo avamposto prima del deserto, oltre ad essere un’importante centro per i commerci con l’estero, e la città dei maghi. Nonostante questo, era una città ordinaria: nessun edificio costruito in diamante, né tantomeno viverne o pegaso. E, nonostante la sua posizione commerciale, Kadehin era un insulto all’urbanistica, con mole case pericolanti e le strade maleodoranti. L’unico edificio ben conservato era l’Accademia dei Maghi, il fiore all’occhiello di Kadehin. Ma, a parte il degrado, Kadehin era una città molto viva. Si mise il mantello che aveva rubato poco prima ad un passante e si infilò nella fiumana di gente diretta all’interno della città. Ebbe un po’ di paura quando passò vicino le guardie della città, ma queste non lo riconobbero, ed entrò a Kadehin senza problemi. Si discostò dalla carovana e si diresse verso una locanda. Dopo tre giorni di selvaggina cotta male, variare sarebbe stato un piacere.

Entrò nel locale. Un bancone, dove l’oste dall’aria pigra lustrava un bicchiere, e dei tavoli, dove pochi avventori consumavano il loro pasto. L’oste emise un grugnito come saluto, mentre il fuggiasco prese posto ed attese un inserviente. Dopo qualche minuto, l’oste si avvicinò, pose un piatto sul tavolo e, seccato, gli disse:
“Piatto unico.”
Marth guardò il piatto. Coniglio.
Mentre consumava il pasto, le voci di altri due avventori giunse alle sue orecchie.
“Hai sentito? La capitale è caduta.”
“Bisognerebbe essere sordi per non averlo sentito, tutta la città ne parla.”
“A quanto ammontava la taglia sul principe?”
“Quattro milioni.”
“Alla faccia! Quasi quasi mi metto a cercarlo.”
“Ogni occasione è buona per non lavorare, eh?”
“Già! Ahahahahah!”
Quattro milioni. La sua vita era stata quantificata in denaro. Si alzò, dirigendosi verso l’oste e pagò il conto. Appena aprì la porta, si rituffò nella bolgia di quella città. Chiese indicazioni ad un passante per arrivare al mercato e si affrettò ad arrivare. Non si accorse, però, di essere osservato.

Avanzò arrancando tra la folla, mentre il suo misterioso pedinatore non lo mollava di vista. Quando entrambi furono all’altezza di un viottolo laterale, il pedinatore trascinò il principe nel vicolo, tappandogli la bocca.
“Ascoltami bene.”Disse.”Non gridare: attireresti l’attenzione, e tu non vuoi che questo accada. Sono solo un messaggero. Dirigiti oltre il confine, e aspetta che si calmino un po’ le acque. Fra due mesi dirigiti alla Torre di Valni, a nord  di Renais. Ti aspetta una persona. Addio, principe.”
Lo sconosciuto, avvolto in un mantello bianco, si allontanò nella folla. Marth riprese fiato, poi iniziò a camminare verso il mercato.

Il principe si sentiva a disagio. Abituato alla vita a palazzo, non era mai entrato in contatto con il suo popolo, se non quando questo chiedeva udienza. Si guardò attorno: era un posto davvero pittoresco. Sentì il calore della gente comune, che rapportò alla freddezza con cui i nobili trattavano i sudditi. Sospirò pensando agli altri stati, molto più sviluppati di Akaneia, a causa dell’ostinazione delle famiglie regie di quest’ultimo a voler rimanere attaccati alle tradizioni. Rimanendo attaccati alle tradizioni, Altea era caduta. Contrattò il prezzo delle vivande con un commerciante particolarmente ostinato, ma alla fine riuscì a comprare ciò di cui aveva bisogno ad un prezzo abbastanza buono. Infine, si diresse verso il margine del deserto.

Nel palazzo regio di Altea, l’usurpatore stava discutendo con un uomo.
“Dannazione, vi ho già dato il compenso pattuito: tremila uomini, e mi è stato difficile insabbiare il tutto!”
L’uomo si avvicinò. Era avvolto in una tunica completamente nera, con cerniere in argento, incappucciato in modo che nessuno potesse vedere il volto. Camminò ancora un po’ per la sala, con le mani dietro la schiena.
“Questo”disse, mentre con le dita scorreva i libri della biblioteca”È stato possibile nell’arco di cinque anni. E in modo graduale, ogni vostro soldato è stato sostituito con una delle nostre… milizie speciali. Avrai certamente notato che i nostri combattenti risultano più forti dei vostri.”
“Ma è anche vero”intervenne Jiol”Che sono delle bestie allo sbando, e mi costa non poca fatica controllarli ed insabbiare le loro vittime.”
“Ogni medaglia ha due facce. Senza la loro forza, non avresti potuto conquistare la capitale. Il gioco vale la candela, e te ne sei reso conto quattro notti fa.”
“Non conti l’equipaggiamento avanzato delle mie truppe?”
“Nonostante questo fattore, questa città è una vera e propria fortezza impenetrabile. Sarebbe stata una disfatta. In meno di un’ora, del tuo esercito sarebbe rimasta solo polvere.”
Il tiranno si sedette.
“Dammi una buona ragione per far sparire altri cento uomini.”
“Altri cento dei nostri ‘mostriciattoli’ su un piatto d’argento.”
L’usurpatore ponderò la richiesta. Dopo un istante di riflessione, rispose:
“E va bene, avrai gli altri cento.”
L’uomo incappucciato ghignò. Gli uomini erano davvero stupidi, pensò. Bastava far leva sulle loro manie di gloria, e diventavano dei burattini.
“Tuttavia, c’è una condizione.”
“Sentiamo.”
“Voglio che Marth muoia.”
“Sono già sulle sue tracce.”
L’uomo sparì in un varco oscuro.
Il tiranno congiunse le mani, mentre bussarono alla porta.
“Signore”iniziò un soldato, facendo un inchino”mi ha chiamato?”
“Sì. Prepara l’esercito, Zelgius. Entro tre mesi voglio un’armata che faccia tremare di paura persino l’Impero di Graze.”
“Sarà fatto, mio signore. Ma, se posso permettermi, come faremo con quelle… Milizie?”
“Ti obbediranno. Me l’hanno assicurato.”
Zelgius si inchinò, ed uscì, chiudendo la porta alle spalle.

“Guarda un po’ chi abbiamo qui, addirittura il ricercatissimo principe!”
Marth imprecò sotto voce. Quella era decisamente una giornata da dimenticare. Dopo aver fatto compere, si era diretto verso il confine. Ma quando Khadein era sparita dal suo sguardo, erano spuntati i predoni.
“Di bene in meglio, a quanto pare.”
Il principe squadrò il capo dei predoni. Era vestito con abiti raffinati, che stonavano con il loro ‘lavoro’.
“Ditemi”esordì il bandito”Cosa ci fa sua altezza il principe, ricercato in tutto il regno e con una taglia di quattro milioni sulla testa, in giro da solo in mezzo al deserto? Non teme le brutte compagnie?”
“Sa”rispose Marth”È da maleducati parlare ad un'altra persona senza presentarsi. A quanto pare i suoi abiti sono ingannatori, e lei non è un galantuomo.”
“Ma dove ho la testa, perdonatemi. Il mio nome è Balthier, capo di questa banda , lei è la mia vice Fran”indicò una donna alta, scura di carnagione, con dei lunghi capelli che parevano d’argento, ed un paio di orecchie simili a quelle delle lepri”Una Viera, lei è Penelo” La ragazza in questione, che dimostrava appena diciotto anni, salutò con la mano, un po’ ingenuamente, mentre con l’altra si scrollava di dosso la sabbia che si accumulava sul suo pagliaccetto”Loro sono Vaan e Reks” I due evidentemente erano fratelli: si somigliavano molto, l’unica cosa che realmente li distingueva, oltre al vestiario, era l’acconciatura. Infatti, Vaan aveva i capelli più corti di Reks. Per il resto erano identici: stesso colore di capelli, biondo grano, stessi occhi, stessi lineamenti del viso.  e l’ultima è Ashe.” La ragazza si limitò ad alzare la testa. Era avvolta in una specie di mantello, e come quasi tutti i componenti della Strahl, era bionda, con gli occhi azzurri.
“Va molto meglio, ora. Mi ha chiesto dove sono diretto. Ebbene, la mia destinazione è il confine, dove le truppe dell’usurpatore non hanno potere.”
“E cosa le fa credere, altezza, che noi ci lasciamo scappare quattro milioni così? Non ho nulla contro di lei, sia chiaro, ma quattro milioni sono una bella cifra.”
“Questi” Allungò il sacchetto contenente i soldi verso il predone, che lo prese avido tra le dita.
Osservò il contenuto, dopodiché scosse la testa e si rivolse al principe.
“Temo che questa cifra sia nettamente inferiore a quanto offerto dal nuovo sovrano.”
“Quello non è altro che un acconto. Riceverete il doppio della mia taglia se mi scortate fino al confine.”
Balthier e gli altri assunsero un’espressione stupita.
“Andata?”
“Otto milioni…”balbettò, ma subito dopo riassunse la sua calma.”Facciamo dieci, maestà, potremmo essere intercettati da truppe regie per la via.”
“Dodici”aggiunse“Se mi accompagnate fino alla capitale. Andata?”
Balthier strinse la mano che il principe gli aveva teso.”Abbiamo un accordo.”
Iniziò ad impartire ordini, mentre l’equipaggio della piccola nave del deserto, il mezzo di locomozione usato nel deserto, iniziava a salirci sopra.
“Le presento la Strahl.”Disse fiero Balthier, battendo una mano sulla prua.”Salga ed ammiri il panorama.”

In un luogo non precisato, il misterioso uomo comparso nella capitale, avvolto nella sua tunica nera, era apparso su un trono, sospeso a diversi metri dal suolo. Oltre al suo, altri dodici troni erano presenti, tutti completamente bianchi. Ogni trono terminava con uno strano simbolo, simile ad un cuore rovesciato che terminava con tre punte, due orizzontali e una verticale. Su tredici troni, tre risultavano vacanti, mentre gli altri erano occupati da persone vestite come lui. Poco dopo il suo arrivo, altri due suoi compagni si materializzarono contemporaneamente. Colui che sedeva sul trono più alto parlò.
“Numero III, come è andata la missione?”
“ Egregiamente. Avremo quegli altri cento uomini. Tuttavia, ha chiesto un favore. ”
“E sarebbe?”
“Dobbiamo far sparire il principe. E per sparire intendo uccidere.”
“Non c’era bisogno di precisare. Come procede la ricerca del XIII, numero X?”
“Purtroppo nessuna novità.”disse quello, giocherellando con delle carte. Il retro di queste era fomato da uno sfondo blu chiaro, da cui faceva capolino sulla destra lo stesso simbolo che era presente in quel luogo, seppur tagliato a metà“Sembra sparito nel nulla. Tuttavia, se mi è permesso, perché ci serve? Non è ancora un Custode.”
“Numero X, ciò non ti deve interessare. Il compito di monitorare i Custodi, numero VII? ”
“Ancora non hanno manifestato i loro poteri, Superiore. Ancora non è giunto il momento”rispose apaticamente“Mentre dei precedenti tre si sono perse le tracce. Sospettiamo che uno sia morto.”
“Molto bene, tutto secondo i piani. Numeri IX e XI, la vostra missione è quella di uccidere Marth, il principe di Altea.”
“COSA?”sbottò inviperita la numero XI“Dovrei lavorare in coppia con questo idiota?”
“Ehi! Potrei anche offendermi!”replicò il diretto interessato.
In risposta, la numero XI lanciò verso il compagno un kunai, che aveva la forma dello stesso simbolo presente sul pavimento, che si conficcò sul trono poco lontano dal suo volto.
“Non me ne frega niente se ti potresti offendere”sibilò la XI “Non puoi nemmeno farlo davvero.”
“Basta così”Li riprese il numero I“Così ho deciso e così è. La riunione è terminata.”
Sbuffando la numero XI si smaterializzò, seguita a ruota dal IX, ed in breve da tutti gli altri.

“Allora principe, si diverte?”
Marth non rispose. Si voltò a fissare Khadein, che non si vedeva ormai più. Stava lasciando Altea, la sua terra. Tuttavia, pensò a ciò che gli aveva detto quell’uomo in bianco. Qualcuno lo aspettava, ma era il caso di fidarsi? Poteva essere una trappola di Jiol, ma non era nel suo stile. Acuendo la memoria, gli sembrò che quel simbolo, una specie di Alfa rovesciata, gli fosse familiare. Tuttavia non riusciva a ricordare dove l’avesse visto. I suoi pensieri furono bruscamente interrotti quando qualcosa colpì la barca, facendolo barcollare fino all’albero maestro.
“Cosa diavolo?”
“Molgera!”urlò Reks, dalla vedetta.
Marth si voltò verso il deserto. Acuendo la vista, scorse qualcosa che si muoveva appena sotto la sabbia, prima che un gigantesco verme saltasse fuori dalla sabbia, planando oltre la Strahl.
“Dannazione”imprecò Balthier“Fran! Reggi il timone! Penelo, Asche, Vaan, agli arpioni! Reks, dimmi subito dove si trova!”
“Ore sette, approssimativamente a 500 meri da noi!”
“Penelo, punta poco sopra la sabbia!”
“Roger!”
Il gigantesco verme saltò fuori dalla sabbia.
“Ora! Mira alla lingua!”
L’arpione saettò contro il gigantesco mostro, trapassandogli la lingua.
“Ci trascina!”strillò Penelo.
“Vaan, aiuta Penelo a tirarlo qui, Asche, sparane un altro!”
Un secondo arpione trapassò la lingua di Molgera, che strideva di dolore. Si trattava di un gigantesco verme, dal corpo piatto, ed una bocca che si apriva a tenaglia, da cui usciva una lunga lingua. Ciò che gli dava un’aspetto di imponenza, oltre alle sue dimensioni, erano le scaglie da cui era formata la sua coda.
“Tiriamo!”
“Balthier, arrivano altri vermi!”
“Ve ne dovete occupare tu ed il principe, se ci trascina in quel vortice siamo spacciati.”
“Andiamo, principe!”urlò Reks,“Mira alla testa, un colpo secco. Se gli dai il tempo di attaccarti, beh, ci rivedremo all’altro mondo.”
Reks attaccava con precisi colpi di spada, mentre Marth cercava di colpirli come meglio poteva come poteva.
“Un colpo alla testa? Questi qui si muovono troppo!”
Reks ridacchiò, staccando la testa ad un altro verme.
“Ti manca l’allenamento, principe.”
“Allenamento? Avete già combattuto questi mostri?”
“Oh, questo sarà il trentesimo.”
“Ne avete fatti fuori altri ventinove?”
“Questo pare un osso duro, però. Ehi Balthier! Qui abbiamo finito!”
“Ora tieni qui, allora, è tempo di far fuori questo vermone.”
Mentre Reks prendeva il posto del comandante, Balthier, sfoderato un fucile a canne mozze, prese la mira sul mostro.
“Lo vede quello, principe? Bastano due, al massimo tre proiettili in quelle specie di branchie”Prese la mira, e premette il grilletto. Il colpo andò a segno, mentre Molgera strideva dal dolore.“Tuttavia, basta sbagliarne uno e si è spacciati”Anche il secondo colpo lo colpì nelle ‘branchie’.“Diventano molto più pericolosi, quando sono in fin di vita.” Balthier premette il grilletto un ultima volta, ma dalle canne non partì nessun colpo. Si frugò nelle tasche per cercare altri proiettili, ma non li trovò, ne li trovò nella sacca dove portava le munizioni del suo fucile.
“Chi doveva comprare le munizioni?”
“Io…”mormorò Vaan.
“E perché diavolo non l’hai fatto?”
“Me ne sono… Dimenticato.”
“Razza di idiota!”sbraitò Balthier, mentre il verme gigante inizio a tirare con maggior forza.
“Dimmi Balthier”esordì Marth.“Quel coso ha altri punti deboli?”
“Sì”rispose il predone“Ma è virtualmente impossibile colpirlo, è una sottilissima linea che unisce la coda e l’addome.”
“Molto bene.”
“Perché me l’ha chiesto? Ormai è troppo-”
Marth scattò in avanti, dandosi lo slancio puntando i piedi contro il parapetto dell’imbarcazione.
“È una follia!”gridò Penelo.
Il principe ‘volò’ verso il verme, che tentava di dirigere la bocca verso di lui.
“Mollate la presa!”
“Cosa?!”
“Mollate, ora!”
Nel momento in cui Balthier e gli altri lasciarono la presa, per inerzia la testa del gigantesco verme fu proiettata all’indietro, mentre Marth vibrò un fendente mortale con la sua Falchion, che staccò di netto l’addome del mostro, il quale, contorcendosi un’ultima volta, cadde a terra, morto, mentre il principe atterrava con una capriola dall’altra parte del vortice, ora calmatosi.
“Ce la siamo vista brutta.”Commentò Vaan.
“E questo a causa tua!”tuonò Balthier. Il suo volto era una maschera di rabbia.
“Chiedo scusa.”mormorò il ragazzo, dispiaciuto.
Balthier era lì per inveirgli qualcosa contro, tuttavia lasciò perdere e sbuffò, scompigliando i capelli al ragazzo, che alzò gli occhi verso di lui, ringraziandolo tacitamente.
 “Allora, andiamo?” chiese il principe, appena salito sulla nave.
“Certamente! La via per Renais è ancora lunga, e già abbiamo perso troppo tempo.”
“Ehi”esclamò Marth.“La dogana è da quella parte.”
“E secondo lei, uno dei criminali più ricercati di tutto li mondo, può passare indisturbato alla dogana? Forza Fran, rotta nord-est!”
“Roger!”

Poco più in là, due figure incappucciate li stavano spiando.
“Ho caldo!”Si lamentò il numero IX.
“Fatti una doccia fredda, allora.”Ringhiò la numero XI. “Così posso fulminarti meglio.”
“Uffa, mi annoio. Quando li attacchiamo?”
 “C’è troppa gente. Deve essere da solo, l’Organizzazione deve restare segreta. Soprattutto, dobbiamo allontanarlo da quel Balthier.”

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2: Alleanza ***


@Anonimo9987465: Vero? E potrebbe essere, chi lo sa. Vaan nelle mie fan fiction sarà sempre trattato male. Grazie mille per la recensione :3
@Nyxenhaal89: Lieto che ti sia piaciuta. E Balthier è figo, inoltre l’OOC negli avvertimenti deve indicare qualcosa, no? :trollface: Grazie mille, anche del consiglio. E sì, è proprio lei :trollface:

Capitolo 2: Alleanza
“Allora, principe, si sta godendo il viaggio?”
Marth si allontanò dal parapetto, osservando il bandito.
“Un po’ troppa sabbia per i miei gusti, Balthier.”
“Non a caso è un deserto.”
“Quanto manca ancora?”
“Impaziente di portare a casa la pelle, eh? Ancora due ore e dovremmo essere arrivati.”
“Toglimi una curiosità: quel mostro, come si chiama?”
“Molgera.”
“Molgera, giusto. Dicevo, non l’ho mai visto in nessun libro di Altea, cosa ci faceva in questo deserto?”
“In effetti, i Molgera abitano nel Deserto Gerudo, a Hyrule.”
“E come ha fatto questo bestione ad arrivare fin qui, indisturbato, dall’estremo sud?”
“A questo non so rispondere, principe. Potrebbe essere stata opera di Jiol.”
Il principe tacque. Ancora poche ore e avrebbe superato il confine
“Se volete togliermi una curiosità, principe, come mai volete arrivare a Renais?”
“Tra Altea e Renais c’è una lunga storia di alleanza e aiuto reciproco. Credo che re Fado mi possa dare ospitalità e magari un aiuto per riconquistare il potere.”
“Capisco.”
“Piuttosto, il vostro accento non è di queste parti. Né di Akaneia, né di  Magvel.”
“Avete indovinato. Veniamo da Nabradia.”
“Malviventi giramondo, eh?”
“Noi ci definiamo turisti. Andiamo in un luogo, visitiamo ciò che c’è da vedere, e prendiamo qualche ricordino. Più o meno legalmente.”
“Capitano”interrupe Vaan, “Siamo quasi arrivati.”
“Vaan, quante volte ti devo ripetere di non interrompere due adulti che parlano?.”
“Ma se il principe avrà qualche anno più di me!”
“Su, torna al lavoro.”
Il giovane tornò al lavoro, borbottando frasi sconnesse.

Dopo due ore, il gruppo arrivò in una gola.
“Fran, ferma il mezzo. Penelo, attiva il segnale.”
La Strahl si fermò. Un attimo dopo, Penelo stava riflettendo la luce solare con uno specchio.
“Ingegnoso, vero?” Proruppe Balthier, vedendo lo stupore negli occhi di Marth. “Tramite questo sistema, comunichiamo a loro, gli altri ladri, che siamo anche noi banditi. Inoltre, il codice cambia ogni tre giorni, di modo che l’esercito non possa spacciarsi per noi.”
“E se qualcuno osservasse il codice?”
“Dopo il codice, vanno comunicati anche i nomi dell’equipaggio e del mezzo. Così, se ci fossero due Strahl, il cui equipaggio è composto da Balthier, Fran, Reks, Ashe, Penelo e Vaan, l’accoglienza della seconda Strahl sarebbe più calorosa. Fran, andiamo.”
“E di notte?”
“Si resta fuori.”

Entrarono in un piccolo accampamento. Le case di pietra erano poche, e per le strade circolavano porci e galline. C’erano tuttavia molte sentinelle, e molte persone andavano in giro armate. Una guardia si avvicinò a Balthier, e lo salutò.
“Appena in tempo, stavamo per sigillare le porte.”
“Abbiamo avuto un contrattempo.”
“Ma quello-”
“Sì, è lui. Lo scortiamo a Renais.”
“Capisco.”
“Ora se permetti noi ce ne andremmo, oggi è stata una giornata faticosa.”
“Certo, certo.”
La guardia si allontanò, mentre Balthier indicò al principe di seguirlo.

“Salute e pace.”
“Salute e pace, maestro.”
Entrambi gli interlocutori erano vestiti allo stesso modo: una tunica bianca li copriva quasi interamente, con il cappuccio alzato, e con degli stivali. Inoltre, entrambi portavano una spada ed una cintura simile ad un alfa rovesciata.
“Hai fatto presto a tornare.”
“Non più del solito.”
“Temo che dovrai tornare in missione molto presto.”
“Mi dica dove.”
“A Renais. Dovrai di nuovo incontrare il principe, e riferirgli un messaggio molto importante.”
“Sarà fatto.”
L’allievo si alzò, e attraversò un lungo corridoio, per poi uscire all’aperto. Superò una piccola arena recintata, dove altri due giovani vestiti come lui stavano combattendo, scese una scalinata in pietra, e si diresse verso una stalla, dove prese un cavallo dal manto nero.
“Già parti?”
L’allievo si girò verso l’interlocutore.
“Sì, una missione urgente.”
“Buona fortuna, allora.”
“Grazie.”
Salì sul cavallo e uscì al trotto, per poi oltrepassare delle grandi porte in legno, e spronò il cavallo, dirigendosi verso ovest.

“Cosa vuoi, Jiol?”
“Ganondorf, ben trovato.”
“Sai che odio i convenevoli. Cosa vuoi?”
Ganondorf era un uomo fuori dal comune. Era alto circa due metri, con una carnagione scurissima, dovuta alla vita nel deserto. Era il re della tribù delle Gerudo, le ladre guerriere. Nella loro tribù nasceva un maschio solo ogni cento anni, e questi ne diventava il re. Nei suoi capelli, rossi tendenti all’arancione, vi era posta una corona leggermente appuntita, da cui partivano sottili catenelle che terminavano in un monile color ambra posto sulla fronte. Sotto la corazza, che lasciava scoperti i fianchi, aveva una maglia nera con orlatura dorate sul bordo inferiore, e stretta in vita da una sottile fune rossa. Dalla vita fino all’altezza del ginocchio scendevano dei paracoscia, sotto ai quali indossava dei pantaloni grigio-neri, decorati con motivi a linee, che, all’altezza del cavallo, erano tenuti da due funi cremisi. Infine, un lungo mantello cremisi gli copriva le spalle.
“Semplicemente informarti. Il tuo mostro è stato ucciso. Con un solo colpo.”
Ganondorf ghignò.
“Interessante.”
“Interessante?”
“Sì, interessante. Era dai tempi dell’Eroe del Tempo che non succedeva.”
“Lo stesso Eroe che ti ha più volte sconfitto?”
Il ghigno sul volto di Ganondorf si trasformò in una smorfia rabbiosa. Si alzò di scatto, afferrando Jiol per il bavero, sollevandolo da terra di un metro, mentre sul guanto comparve un simbolo: tre triangoli dorati, due dei quali, con il vertice superiore rivolto verso l’alto, fungevano da base per il terzo. L’usurpatore sudò freddo, vedendo la rabbia negli occhi del suo interlocutore. Jiol aveva più o meno quaranta anni d’età. Lo stress dovuto a tanti anni di comando aveva lascito il segno: profonde occhiaie gli segnavano il volto, e le calvizie erano ormai evidenti.
“È vero, l’Eroe mi ha sconfitto molte volte. Ma ora, né lui, né la principessa della luce potranno più fermarmi. Durante la nostra ultima lotta, i Saggi ci hanno sigillato nel tempo. Tuttavia, l’Organizzazione mi ha liberato, mentre l’Eroe e la principessa sono ancora intrappolati nel flusso temporale. Ironico, vero?”
Si girò, ed aprì un varco oscuro.
“Tra una settimana”disse”Comincerò la conquista di Hyrule.”
“A proposito, i Goron sono ancora intenzionati a rimanere neutrali?”
“Neutrali? Non credo proprio. O con me, o contro di me. Ricordatelo, Jiol.”
Camminò nel varco oscuro e sparì, mentre il portale si richiudeva alle sue spalle.

Marth e Balthier erano seduti fuori una vecchia casa. Era ormai notte, e le sentinelle avevano intensificato i turni, a causa della scarsa visibilità.
“Balthier, posso farti una domanda?”
“Certo, dica pure.”
“E dammi del tu, mi fai sentire vecchio.”
“Come vuoi, principe.”
“Ho notato che tra te e Vaan c’è un rapporto speciale, o sbaglio?”
Balthier fece una risatina.
“Un ottimo osservatore, a quanto vedo. Non sbagli. Per me è come un fratello minore.”
“Ma i suoi veri genitori?”
“Sarà meglio metterti al corrente di tutta la storia, allora. Circa undici anni fa, scoppiò una guerra tra Nabradia e Archadia per il controllo di Dalmasca. Io e Fran giungemmo a Rabanastre, la capitale di Dalmasca,  due giorni prima che venisse attaccata. La maggior parte della popolazione era fuggita. Tuttavia, era fuggita lasciando ciò che rallentava. Vecchi, bambini, uomini malati. Vaan aveva circa sette anni allora, e suo fratello nove. L’esercito dalmasco riuscì in seguito a far evacuare in tempo poco più della metà della popolazione. Tuttavia, Vaan, Reks e Penelo ancora erano lì. Io e Fran li incontrammo mentre fuggivamo per le fogne. Abbandonati come cani. Fuggimmo per le fogne, dove incontrammo anche Ashe, insieme a diversi uomini morenti. Uno di loro ci pregò di salvarla. Uscimmo dalle fogne e ci voltammo a vedere Rabanastre in fiamme, ancora sotto i bombardamenti a tappeto.”fece una pausa.”Per dieci anni abbiamo viaggiato in lungo e in largo, sopravvivendo rubando qua e là. Siamo diventati una delle bande criminali più ricercate al mondo. La guerra è sempre sinonimo di sofferenza, principe. Ricordatelo. Ora, si è fatto tardi, domani dobbiamo partire presto. ”

Nella casa tutti erano tra le braccia di Morfeo. Poco prima dell’alba, si materializzarono nella casa due figure incappucciate.
“Un lavoretto facile facile.”disse il numero IX.
“Sst! Idiota! Vuoi svegliarli? Ma che cosa aveva in mente il Superiore quando mi ha messo in squadra con te?”disse a bassa voce la numero XI.
“Scusami.”
“Lascia perdere. Fai da palo, se quel Balthier si sveglia, per noi è finita.”
“È così forte?”
“Abbastanza da tenerti testa. Senza contare i suoi tirapiedi.”
La numero XI si avvicinò al letto dove Marth dormiva, tenendo tra le dita un kunai.nLo avvicinò alla gola del giovane.
“Addio, principe.”
Mosse indietro il braccio, pronta ad infilzare la gola di Marth, ma prima che potesse colpire, la porta si spalancò con un calcio, spingendo il numero IX addosso alla numero XI, che cadde a terra.
“C’è un motivo per il quale ancora nessuno mi ha ucciso nel sonno.”disse Balthier, entrando nella stanza seguito da Fran, tenendo Sirius, il suo fucile, su una spalla.”E il motivo è che ho il sonno leggero. Vi ho sentito da quando siete comparsi qui dentro.”
La numero XI si girò verso il IX. Nonostante non si vedessero i loro volti, si capiva che era uno sguardo carico d’odio. Subito dopo scomparve in un varco nero.
“Ehi! Aspettami!”il numero IX si girò verso i tre.”Ciao ciao!”
Scomparve anche lui in un varco oscuro, mentre Balthier guardò fuori dalla finestra.
“Ora di partire.”
    
“Avete fallito. Sono molto deluso.”
Nella sala dei troni bianchi, il numero I era stato informato dell’esito negativo della missione.
“La colpa è del numero IX.”sbottò irata la numero XI”Quell’idiota ha fatto rumore appena entrati nella camera, e siamo stati costretti a scappare.”
“Numero IX”disse il Superiore”Ti sei fatto scappare qualche altro dettaglio?”
“No.”rispose il IX”Me ne sono andato subito dopo il numero XI.”
“Questo è quello che succede a far fare un lavoro da sicario a chi non è adatto.”disse gesticolando il numero VIII, guadagnandosi un altro sguardo astioso dalla numero XI.
“Pensi di essere in grado di svolgere questa missione, numero VIII?”
L’VIII sorrise.”Certamente. Consideratelo già morto.”disse, prima di sparire.
“Numero XI, va con lui.”
“Cosa? Prima con il numero IX, ora con l’VIII, cosa ho fatto di male?”
“Per quanto riguarda te, numero IX”
Il numero IX deglutì a vuoto.
“Andrai a raccogliere informazioni sull’addestramento delle truppe di Altea.”
Il IX sospirò, prima di scomparire.

Un uomo si trovava in una fitta foresta. Era vestito con un semplice mantello da viaggio, e aveva il volto coperto da delle bende rosse, che lasciavano scoperto solo un occhio. Arrivò ad un piccolo tempietto di legno, situato in mezzo a sette alberi. Aprì la piccola porticina, mentre si portava alla bocca un’ocarina.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3: Invasione ***


@Anonimo9987465: Come in ogni gioco della serie, e no, non è lui. E Marth vivrà ancora :mke:
@Nyxenhaal89: Lo ammetto, ho scritto questo capitolo troppo di getto. Per le ambientazioni, le ho prese da Fire Emblem 8, dove c’è uni sfondo reimpostato per le conversazioni nei castelli ecc. Inoltre, i borghi sono disegnati tutti allo stesso modo, quindi lavoro molto di fantasia.
@sapphire313: Anche se hai recensito solo il prologo, spero che continui a seguire questa fic.

Note dell’Autore:
La Nintendo dovrebbe evitare di disegnare personaggi così complicati da disegnare…

Capitolo 3: Invasione
“Renais, finalmente!”
Vaan si sporse poco oltre il parapetto della Strahl. Dopo Nove giorni, in cui avevano vaiggiato per il deserto, per montagne e per boschi, finalmente erano arrivati nella piana antecedente a Renais, da cui la regione prendeva nome. Renais sorgeva all’esatto centro della piana, ma nonostante questo era stata espugnata nella sua esistenza appena tre volte. A nord-est della città, si estendeva una lunga catena montuosa, mentre ce n’era una più piccola a sud-ovest; a sud-est vi era un piccolo boschetto. Balthier nascose la Strahl all’interno di quest’ultimo, non senza fatica, a causa dei rami degli alberi che formavano un reticolato molto fitto. Il gruppo si mise dei mantelli da viaggio addosso, procedendo poi a piedi verso la città-fortezza.
Giunsero alle porte della città dopo tre ore.
Le guardie all’ingresso si misero in linea davanti all’ingresso, impedendo l’accesso ai sette.
“Cosa significa questo?”chiese Balthier sarcastico.
Uno degli uomini nella formazione si fece avanti, con la lancia ancora puntata contro di loro. Era un uomo sulla ventina. Alto nella media, possedeva un fisico temprato dalla vita militare. Indossava un’armatura leggera azzurro chiaro, da cui scendeva filo al torace un gilet nero con i bordi dorati. Sotto la cprazza aveva un lungo trench di cuio marrone, che si apriva all’altezza del cavallo, scendendo lungo le gambe. Indossava anche un pantalone marrone, infilato negli stivali, alti fino al ginocchio, che avevano gli stessi colori dell’armatura, così come i copri fianchi, legati tra loro da due piccole cinture arancione scuro.
“Difficilmente faremmo entrare una delle bande più ricercate in tutto il mondo in città.”
“Siamo famosi, a quanto vedo. Purtroppo non posso dire di conoscere voi come voi conoscete me.”
Con la mano libera, il cavaliere si tolse l’elmo, svelando gli occhi  e i capelli rossi.
“Il mio nome è Seth, capitano delle truppe di Renais.”Si rivolse agli altri soldati.”Catturateli.”
I dieci soldati accerchiarono il gruppo. Prima che potesse iniziare la battaglia, Marth si avvicinò a Seth.
“Va tutto bene, Seth.”
Il capitano si voltò verso il principe, tenendo puntata la lancia contro di lui.
“Sono io.”disse, abbassandosi il cappuccio”Marth.”
Seth lasciò cadere la lancia a terra per lo stupore.
“Principe Marth.”Balbettò.
“Proprio lui.”fece Balthier”Ora, se ci facesse strada verso il castello…”

Renais era una cittadina molto simile a Kadein. Ciò che però la differenziava dalla città dei maghi era la relativa modernità degli edifici e la pulizia delle strade. Superata la porta, un lungo viale, costellato di case da entrambi i lati, conduceva fino alla piazza principale della città. Come nell’accampamento  dei ladri, anche a Renais circolavano molte guardie armate.
“Come mai tutte queste guardie?”Chiese Reks.
“Non l’avete saputo? Le truppe di Gra hanno occupato Jehanna, e pare vogliano attaccarci a giorni.”rispose Seth.
“Jehanna? Abbiamo avuto fortuna, allora. Siamo passati da lì sei giorni fa.”
“L’hanno conquistata tre giorni fa, giustiziando re e regina.”
“E il principe?”
“È scomparso da tre anni.”
“Sapete chi ha guidato l’assalto?”Chiese Marth.
“Le nostre spie hanno scoperto che si tratta di Caellach di Gra.”
“Il famoso Caellach, detto ‘l’Occhio di Tigre?’”
“Proprio lui. Ma pare che a guidare l’assalto a Renais sarà il miglior generale di Gra, Zelgius il Coraggioso, detto anche il Cavaliere Nero.”

Ganondorf si alzò dal trono, posto al centro di un arena. Essa era un anfiteatro, sviluppato su quattro livelli. A differenza di molti anfiteatri, questo era coperto da un tetto, dove era situato il suo trono. Dietro di questo, era situata una gargantuesca statue, raffigurante una donna con le braccia alzate, circondata da sette ‘piedistalli’, alti poco più di questa. Il re del deserto guardò con odio la statua, ricordandosi cosa gli era stato fatto in quel luogo: ricordò di essere stato incatenato alla statua, ricordò sette figure evanescenti, che come volto avevano una maschera, che gli levitava ad un palmo dal loro volto, completamente piatto e liscio, i Saggi, ricordò che uno di loro prese una spada evanescente come loro e con essa gli trafisse il torace, ricordò che, come uno scherzo del destino, sul dorso della sua mano brillò la Triforza della Forza, che gli fece rompere le catene ed uccidere ad uno ad uno i Saggi, ricordò che si mise la loro spada sulla schiena.
Guardò verso il Deserto Gerudo, più precisamente verso il villaggio Gerudo, completamente distrutto, su suo stesso ordine. Nessuna supersite. Rivolse lo sguardo verso il suo enorme esercito, fornitogli dall’Organizzazione, che non attendeva altro che il suo segnale per invadere Hyrule. Sfoderò la spada dei Saggi, sollevandola in alto. Contemporaneamente, l’esercito di Ganondorf si mise in marcia verso il bordo dell’altissima montagna che teneva separati il Deserto Gerudo ed il lago Hilya. Quando anche l’ultimo degli uomini del suo sconfinato esercito si fu tuffato nel lago, scomparve in un varco oscuro.

“Come pensavo.”
L’uomo il cui volto era avvolto dalle bende smise di suonare. Sapeva già che solo il suono dell’Ocarina non sarebbe bastato ad evocare la divinità del Tempo, ma aveva voluto ugualmente provare. Si rivolse ai sue due compagni di viaggio, un ragazzo ed una ragazza. Il ragazzo poteva avere al massimo una decina di anni. Era mingherlino, ma abbastanza alto per la sua età. Portava in fronte una piccola coroncina, ed in volto si apriva un lungo sorriso. Indossava una tunica verde, smanicata, con due linee di stoffa dorata che l’attraversavano, ed era corta ai lati. Da sotto il gilet facevano capolino due maniche corte bianche, ed un gonnellino verde chiaro. In vita portava una cintura con una enorme fibbia d’acciaio centrale, con due bande blu ed una marrone centrale, alla quale era attaccato, tramite una corda con due nodi a metà, il fodero di un coltello, in noce e in oro, attaccato alla corda tramite un pezzo di stoffa. Il braccio sinistro era bendato dall’altezza del gomito fino al polso, mentre il sinistro era coperto da un grande polsino, che arrivava fino al gomito, sopra cui c’era un bracciale dorato, decorato con un motivo a triangoli, di colore marrone, disposti in modo alternato, uno con il vertice in alto, e quello successivo con il vertice in basso. Attorno al colletto, tenuto rigido, portava una grande sciarpa gialla, che scendeva fino all’altezza del ginocchio. Le gambe le aveva nude fino al ginocchio, dove portava dei lunghi stivali blu chiaro, attorno a cui aveva legati, poco dopo il ginocchio, due lunghe funicelle, infine le calze verdi spuntavano di poco dagli stivali. La ragazza, invece, dimostrava quattordici anni. Era una bella ragazza, vestita con un lungo vestito che arrivava a toccare il suolo, a due ‘strati’: il primo, di colore azzurro, partiva dal collo per terminare al ginocchio sinistro, e scalava sulla destra, creando delle pieghe; il secondo strato, di un colore più scuro, terminava toccando il suolo. Come l’abito del ragazzo, anche questo era smanicato. All’altezza del collo, stava un ‘collare’, decorato con lo stesso motivo del bracciale del ragazzo; all’altezza del seno, ne aveva un altro, decorato a rombi, che si stringeva mano mano che si avvicinava al centro del petto. Da questo, partivano due pezzi di stoffa trasparenti, leggermente piegati, che terminavano all’altezza del ginocchio con un cilindro dorato, a cui era attaccata una pietra rossa sferica. Dal ‘collare’ del collo, invece, scendeva lungo le spalle un mantello bianco, anch’esso a pieghe, che toccava il suolo. Al braccio sinistro aveva un copri-braccio di colore verde acqua, tendente al ghiaccio, con un bordo dorato, mentre al destro ne portava uno più scuro, tenuto all’altezza del polso da un elastico per capelli giallo, e all’altezza del gomito dallo stesso bracciale del ragazzo. Nei capelli aveva due fermagli, uno sul lato destro ed uno su quello sinistro, che reggevano un nastro bianco,di forma trapezoidale, che era unito tramite una pietra rossa ad un altro nastro, molto più lungo e di forma rettangolare, che finiva all’altezza del ventre. Alla vita portava due cinture, trasversalmente: una era molto sottile, di acciaio, ornata da una piccola pietra verde e da una ancora più piccola di colore rosso; l’altra era formata da piccole placche di metallo dorato, di forma rettangolare, collegate tra loro da perni di metallo nero, da cui scendevano dei cilindri dorati lunghi e sottili. I due si assomigliavano molto: entrambi avevano gli occhi rossi ed i capelli color ghiaccio, anche se il ragazzo li aveva corti, pettinati in modo da avere un ciuffetto di capelli davanti gli occhi, mentre la ragazza li aveva lunghi fino alla vita, con due ciocche che le scendevano lungo il petto.
“Ninian, Nils, mi dispiace dovervi far usare ancora i vostri poteri, ma come pensavamo l’Ocarina da sola non basta.”
“Non dovete scusarvi, saggio DiZ, ci ha evocato per questo.”rispose Ninian.
“Ma più usate i vostri poteri, meno tempo potrete rimanere in questo mondo.”
“Non cambiano molto uno, due giorni, quando hai un’eternità davanti.”scherzò Nils.
“Nils, non essere scortese.”
“Scusami, sorellona.”
“Siete pronti?”chiese DiZ, fissandoli con l’unico occhio libero dalle bende, di colore arancione.
I due fratelli fecero un segno d’intesa. Nils iniziò a suonare con il suo flauto. Non appena ebbe emesso la prima nota, un vento innaturale prese a scorrere nella foresta. Subito dopo, Ansem accompagnò il ragazzo con l’Ocarina. A quel punto, i sette alberi iniziarono a colorarsi di verdi sempre più luminosi, a tratti, mentre Ninian eseguiva i movimenti di una graziosa danza. Nel tempietto, dapprima vuoto, iniziò a formarsi una specie di vortice, mentre intorno a Ninian iniziarono a volteggiare delle lucine, emesse dagli alberi. Nel vortice, di colore argenteo, iniziava a formarsi una figura indefinita, simile ad una fata, ma con la testa più grande, simile ad una cipolla, delle ali estremamente piccole, le braccia esageratamente lunghe e sottili e i piedi tondi e corti. La figura rimase nel vortice solo un attimo, poiché scomparve subito, lasciando al suo posto due specie di lastre, di un materiale simile al ghiaccio. In una, si vedeva il volto di un ragazzo, dalle orecchie a punta, i capelli biondi ed un cappuccio verde, mentre nell’altra si vedeva il volto di una ragazza, che aveva anche lei le orecchie a punta, dai capelli castani, che le scendevano lungo la schiena, terminanti in una piccola coda, mentre ai lati del volto aveva due trecce, legate da molti sottili elastici per capelli bianchi. Entrambi avevano gli occhi chiusi. Le lastre iniziarono a brillare ad intermittenza, illuminandosi e spegnendosi dolcemente man mano che la canzone suonata da Nils andava concludendosi. Con l’ultima nota della canzone, le lastre si ruppero, mentre il tempietto si richiudeva da solo, tornando vuoto. Di fronte a due stremati Nils e Ninian, e ad DiZ, stavano i due giovani che poco prima erano rinchiusi nel Tempo. Il ragazzo portava attaccato alla schiena uno scudo, dallo sfondo blu, i bordi argentei, e al centro, in rosso, stava il simbolo della Triforza, sotto il quale era presente un altro simbolo che poteva essere scambiato per una fenice stilizzata. Dentro l’incavo dello scudo, vi era il fodero di una spada, che aveva l’elsa viola, con due alette ai lati. Vestiva una tunica verde, ed un paio di pantaloni portati dentro un paio di stivali. La ragazza vestiva un piccolo top viola molto scollato, che poco sotto il seno si apriva, arrivando all’altezza della vita. Aveva due coprispalla dorati, finemente decorati, sotto ai quali portava dei lunghi guanti bianchi, anch’essi finemente decorati. Sul petto portava una grossa collana, ai cui lati portava due zaffiri modellati a cilindro. Sotto il top, indossava un vestito che le copriva tutto il corpo, dalla vita ai piedi. All’altezza della vita, aveva un simbolo che poteva sembrare una bilancia, dorato, con tre zaffiri incastonati. Sotto questo, aveva ricamato lo stemma reale, lo stesso che figurava sullo scudo del ragazzo. Il vestito, alla fine, era piegato, ed era ricamata ciò che poteva sembrare un’arpa. I due aprirono gli occhi, di un profondo blu marino.
“Bentornati.”disse DiZ, affabile”Link, Eroe del Tempo, e Zelda, principessa della Luce.”

“Siamo arrivati al castello.”annunciò Seth.
Il castello di Renais era protetto da una cinta di mura, con un’unica porta, posizionata a sud, con due torri di vedetta per lato. Il castello era al centro di un fossato, ed era abbastanza piccolo. Due torri si affacciavano al lato sud, mentre solo una era rivolta a nord, dandogli una struttura triangolare.
“Vi annuncio io, seguitemi.”continuò il cavaliere, entrando dentro il castello.
Marth fece per entrare, ma Balthier gli mise una mano sulla spalla, facendolo fermare.
“Avevamo un accordo, o sbaglio?”
Il principe di Altea sospirò: avrebbe dovuto dirgli la verità.
“Ecco, temo di non potervi pagare. Il patrimonio di famiglia è ad Altea, e non mi sembrerebbe giusto chiedere soldi a re Fado, quindi-“
Balthier scoppiò a ridere, seguito da tutti gli altri.
“Perché ridete?”chiese Marth, alzando il sopracciglio.
“Secondo te, non l’abbiamo capito da quando ci siamo incontrati?”rispose Fran.
“Cosa? E allora perché-“
“Non ricordi nulla della nostra chiacchierata?”lo interruppe Balthier.
Marth annuì.
“Allora? Ho aiutato questi quattro imbranati, perché non avrei dovuto aiutare anche te?”
“Grazie, Balthier.”
“Tuttavia”disse, avvicinando pericolosamente il suo viso a quello del principe.”Penso che un qualcosina me lo debba.”
Prima che Marth potesse capire cosa stesse succedendo, Balthier gli diede un bacio sulle labbra, mentre Ashe e Reks coprivano gli occhi a Penelo e Vaan.
“Viva a lungo felicemente, principe.”disse Balthier, allontanandosi con i suoi.

Dopo essersi ripreso dall’imbarazzo, Marth arrivò alla porta che conduceva alla sala del trono. Davanti a questa si trovava Seth, che vedendo il principe bussò alla porta, entrando e trovandosi davanti il re di Renais, Fado. Era un uomo sulla quarantina, che portava una corazza verde con i bordi dorati. Aveva un fisico nella norma, i lineamenti del viso duri, come lo sguardo, e barba e capelli sul verde acqua.
“Seth, mio fidato cavaliere, che notizie mi porti?”
Seth fece un inchino.
“È presente un ospite.”
“Fallo passare.”
Seth si spostò, invitando Marth ad entrare. La sala del trono di Renais era poco sfarzosa: pochi stendardi, raffiguranti una pietra attraversata da una spada ed una lancia, addobbavano la sala, ed i due troni, di cui solo uno occupato, erano di legno.
“Saluti, re Fado.”disse Marth, con un inchino.
 “Marth! Ragazzo, che gioia vederti sano e salvo!”
Il re si alzò dal suo trono, avvicinandosi al ragazzo ed abbracciandolo.
“È un piacere anche per me.”
“E così alla fine Gra ha conquistato Altea, eh?”
“Già.”
“Io lo dissi a tuo padre, di non fidarsi di Jiol ed attaccarlo, ma quel testone non mi ha voluto ascoltare. Piuttosto, c’è qualcun altro con te? Lord Cornelius?  Elice?”
“Non c’è nessun altro.”rispose Marth rabbuiandosi”Sono l’unico superstite della famiglia.”
“Mi dispiace.”
Marth scosse la testa.
“Non c’è modo di tornare indietro, ormai. Dobbiamo pensare al futuro.”
“Hai ragione.”disse”Se puoi scusarmi, poco fa è arrivato un messaggio da Jehanna.”
“Jehanna?”
“A quanto pare, Jiol ha organizzato un incontro tra i regnanti. Vuole la resa incondizionata.”
“Ma voi non vi arrenderete, vero?”
“Ti basta sapere che anche Pherae, Ositia, Caelin e Etruria si sono alleate con noi per combattere Gra?”
“E allora, perché andare?”
“Se c’è un modo, anche il più impensabile, per risparmiarci una guerra, vale la pena tentare. Ora, scusami, ma devo prepararmi per il viaggio.” Avanzò verso la porta, dicendo”Perché non vai a salutare Ephraim e Eirika? Saranno felici di rivedere un vecchio amico. Dovrebbero essere in cortile.”

Hyrule era caduta. Nonostante l’eroica difesa dei circa cinquemila soldati, l’esercito di Ganondorf era entrato in città, seminando morte. La maggior parte dei soldati, stranamente, svaniva quando veniva toccata dai soldati di Ganondorf, divenendo uno strano essere dal corpo nero, tozzo e tarchiato, e dagli occhi gialli. Dopo appena tre ore di assedio, nonostante le spesse mura di cinta, Ganondorf aveva espugnato la città, decimando la popolazione, e cingendo d’assedio il castello. Re Daphne I era stato ucciso dallo stesso Ganondorf, che aveva ucciso da solo l’intera scorta del re. Ora, dalla torre più alta del castello distrutto, Ganondorf guardava con sadico piacere la distruzione intorno a lui.
“Un gruppetto di voi vada a distruggere i Goron, al Monte Morte!”gridò, indicando l’enorme montagna davanti la città”Gli altri, marcino verso Castel Graze!”
Il nero esercito si divise, muovendosi verso le loro destinazioni, mentre Ganondorf spariva, per andare a Jehanna.

Raust era una teocrazia. La famiglia reale, infatti, non aveva alcun potere, che era affidato al pontefice, di solito un familiare del re. La capitale, Raust, era circondata da mura ciclopiche, rendendola la città più sicura di Magvel. All’interno della città, circondata da boschi, il castello era ancora più piccolo di quello di Renais. Tuttavia, come commentavano sarcasticamente gli abitanti delle altre regioni, ‘Raust è sempre più grande e più bella’. Nella sala del trono, il pontefice stava discutendo con la nipote, la principessa di Raust.
“Quando dico no è no, L’Arachel.” Il pontefice di Raust aveva circa cinquanta anni. Aveva capelli verde chiaro, pettinati all’indietro, con evidenti segni di calvizie. Lo sguardo era duro e autoritario, e la barba ben curata ispirava saggezza. Era coperto da una semplice e lunga tunica rossa.
“Ma insomma, zio! Io ho il dovere di sconfiggere il male! Sono la principessa di Raust, teocrazia della giustizia!”L’Arachel aveva circa diciassette anni. Aveva gli occhi verde chiaro, così come i capelli lunghi e leggermente mossi, raccolti con numerosi elastici. Portava dei guanti bianchi, sormontati da dei copri-braccia dello stesso colore, con ricami dorati. Dalla spalla al gomito era coperto da un piccolo mantello di colore azzurro pallido. Indossava un body, aperto all’altezza dell’ombelico, da cui, con un gioco di stoffa, usciva una minigonna. Il body aveva uno spacco sui lati, da cui l’indumento si allungava fino all’altezza del ginocchio. Portava delle lunghe calze bianche fino al ginocchio, infilate in un paio di stivali bianchi e dorati.
“È troppo pericoloso, partecipare ad una guerra! Senza contare che rimarremmo sguarniti, in caso di attacco. Jehanna è ad appena due giorni da qui, potremmo subire un attacco da un momento all’altro!”
“Ma insomma, zio! Questa è Raust, Raust! Abbiamo gli arcieri migliori, i maghi migliori, i cavalli migliori, i guerrieri migliori, abbiamo le difese migliori di tutto il mondo! Nemmeno Midgar potrebbe espugnarci! Potremmo conquistare il mondo con un pugno di uomini, se lo volessimo!”
Il pontefice ci rifletté su.
“E va bene. Avrai una guarnigione di trecento uomini, non di più.”
“Grazie mille, zio!”
“Partirete dopodomani, alla volta di Renais. Torna intera.”
“Certamente!”
L’Arachel saltellò fuori dalla stanza, visibilmente soddisfatta. Ad aspettarla, c’erano due uomini: il primo, sulla quarantina, era leggermente basso e molto robusto, con una folta barba e dei lunghi baffi verdi, come il colore dei capelli, che iniziavano a mostrare i primi segni di calvizie, pettinati all’indietro, in modo da formare delle punte. Aveva il torace coperto da un’armatura rossa, che lasciava scoperte le braccia. Indossava un paio di guanti bianchi, un paio di pantaloni marroni, infilati in un paio di stivali rossi. Da sotto l’armatura, usciva un ‘gonnellino’ azzurro, dai bordi dorati, legato alla vita da una cintura con una fibbia semplice, color cuoio. Era visibilmente contento. Il secondo, invece, era un giovane intorno ai venti anni. Tra i capelli castani, pettinati in modo da avere due ciuffetti davanti a viso, un piccolo codino e due ciocche sul lato destro del viso, aveva una fascia giallo scuro. Vestiva una lunga tunica blu, aperta all’altezza del cavallo, con una tasca per lato. Sulla spalla sinistra aveva un coprispalla di cuoio, mentre alle mani portava due mitene di cuoio. Per cintura aveva una sciarpa viola. Sotto la tunica, si intravedeva una camiciola verde, tendente al giallo. Portava un paio di pantaloni marrone chiaro, infilato negli stivali.
“Dozla, Rennac, si parte!”squittì entusiasta.
“Gwahaha! Ce l’hai fatta a convincerlo! Ora potrai finalmente vedere Ephraim!”rispose Dozla.
L’Arachel si mise un dito davanti la bocca.
“Mio zio non deve sapere che il vero motivo è vederlo! Altrimenti non mi darà il consenso a partire!”
“Ops, hai ragione, scusa.”
“E quando saremo arrivati, nel mezzo della battaglia, io andrò a salvare il mio adorato Ephraim! Non posso lasciarlo morire in una stupida guerra, eh no! Sarete con me, vero?”
“Certo, L’Arachel! Mi getterei in mare, legato ad una pietra, pur di farti felice!”
Rennac sospirò sconsolato.
“Perché non mi avete lasciato affogare in santa pace, il giorno che ci incontrammo?”
L’Arachel fece una risatina.
“Hai sempre voglia di scherzare, Rennac! Andiamo a prepararci, domattina si parte!”
E mentre L’Arachel e Dozla partivano in quarta lungo i corridoi del castello, Rennac mormorò qualcosa simile ad ‘Io non sto scherzando’.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4: Esecuzione all'Alba ***


@Anonimo9987465: Da Ganondorf cosa ti vuoi aspettare? E grazie, ci ho messo l'anima nelle descrizioni ç.ç
@cipotta91: Non preoccuparti, un recensore non è mai in ritardo (cit.). E ho voluto togliere quell'alone da 'scipuafemmine' d Balthier. In modo un po' drastico, ma vabbè. Pensavo fosse più facile azzeccare DiZ O.O
@Nyxenhaal89: Sì, shonen-ai!!!!!!!1111!111! E quoto anche la vongola u.u Grazie per la recensione, marranissimo!


Capitolo 4: Esecuzione all’alba.

“Andiamo Eirika, impegnati di più.”
“Ephraim, non vale così! Hai un allungo maggiore con la lancia!”
“E allora? Vuoi o no diventare più forte?”
Marth si fermò ad osservare i due fratelli che giocavano. Ephraim, il ragazzo, aveva all’incirca diciassette anni. Era alto e muscoloso, sebbene l’armatura non lo facesse apparire tale. Aveva gli occhi azzurri ed i capelli verde acqua. Indossava un armatura simile a quella di Seth, con un solo coprispalla, sulla sinistra. Sotto la corazza indossava una maglia a maniche lunghe azzurra, con due righe verticali gialle. Portava legata una cinta, da cui spuntava un ‘gonnellino’. Indossava dei lunghi stivali, dello stesso colore della corazza, dentro i quali erano infilati un paio di pantaloni bianchi. Portava inoltre un paio di lunghi guanti di cuoio-su quello destro aveva un grosso bracciale- ed un mantello blu dall’interno rosso. Eirika, invece, aveva un anno in meno del fratello. Anche lei come il fratello aveva gli occhi blu ed i capelli verde acqua. Indossava una corazza, che arrivava all’altezza del petto, di colore dorato, sotto alla quale aveva una corta maglietta a maniche corte rossa, da cui fuoriusciva una corta gonna bianca, con delle pieghe. Indossava dei lunghi stivali rossi, che arrivavano poco più sopra del ginocchio, e dei guanti leggermente più lunghi del normale dello stesso colore, ed un grande bracciale sul guanto sinistro. Indossava infine un mantello che arrivava ai glutei, spiegazzato.
Fu Eirika ad accorgersi per prima del nuovo arrivato.
“Marth!”esclamò, correndo verso di lui, imitata dal fratello.
“Eirika, Ephraim…”
“Pensavamo fossi morto!”
“E invece, eccomi qui.”
“Come hai passato il confine? Sei da solo?”
Ephraim poggiò la mano sulla spalla della sorella.“Calmati, una domanda alla volta.”
La ragazza annuì con la testa.”Hai ragione. Scusami.”
“Per quanto riguarda la seconda domanda, sì, sono da solo.”rispose Marth.
“Mi dispiace.”rispose Eirika.
Marth scosse la testa, come per dire di non preoccuparsi, poi continuò”Per rispondere alla prima, ho avuto un aiuto.”
“Da chi?”chiese l’altro ragazzo.
“Da un amico.”
“A proposito, anche Greil è-“
Eirika diede una gomitata ed un’occhiataccia al fratello, mentre Marth si incupiva.
 “Si sta facendo tardi, meglio rientrare.”commentò Ephraim, osservando il sole tramontare. I tre ragazzi rientrarono dunque a palazzo.

“Sta tramontando.”
Zelda osservò il sole che stava per terminare il suo percorso. Una volta liberati dal tempo, DiZ spiegò loro ciò che stava succedendo, non omettendo niente: l’Organizzazione, Ganondorf, l’occupazione di Altea, la conquista di Jehanna, la caduta di Hyrule. Nils e Ninian si erano addormentati, mentre Link stava esercitandosi con la spada. Notò che nonostante la lunga prigionia riusciva ancora a maneggiare la Spada Suprema con maestria. DiZ era seduto sul tronco di un albero.
“Dimmi, DiZ.”chiese Link”Dove siamo ora?”
DiZ si alzò.”Nel bosco di Darklin, a Magvel, vicino Raust.”
“Allora non faremo in tempo a salvare i Goron.”
“Non è vero.”rispose Nils, appena svegliatosi.”Ce la farete.”
“E come?”chiese Zelda.”Il Monte Morte è a più di una settimana di cammino da qui, e dal castello di Hyrule al Monte ne bastano tre.”
“Ma noi abbiamo un passaggio.”rispose DiZ.”Seguiteci.”
Si inoltrò nella foresta, poggiandosi Ninian, che ancora dormiva, sulle spalle, seguito da Nils.

“Che palle.”
Un’ombra si mosse nell’oscurità.
“Non mi farò più assegnare il turno di notte.”
Iniziò ad arrampicarsi sulle mura esterne del castello.
“Ho di meglio da fare, io, la notte.”
“Che cosa? Ubriacarsi ed andare in giro a far casino?”
Scavalcò le mura, attento a non farsi vedere, e saltò aggrappandosi ad una finestra.
“Hai sentito?”
“No, non ho sentito niente. Ubriaco anche al lavoro, eh?”
“Oh, piantala.”
Si arrampicò di un paio di piani, entrando in una stanza. Proprio nell’istante in cui Marth entrava.
“Ben rivisto, principe.”
Il giovane gli puntò Falchion alla gola. L’ombra si mosse, avvicinandosi al principe.
“Sei tu.”realizzò, rinfoderando la spada.
“Una brusca accoglienza.”
“Di solito la riservo a chi non si fa riconoscere prima di entrare.”
L’uomo vestito di bianco si sedette sul letto.
Il principe gli si avvicinò.”Sembri conoscere molte cose sul mio conto. Chi sei?”
Lui rimase un attimo in silenzio.”Il mio nome è Ezio Auditore. Sono un Assassino.”

“Caer Pelyn, finalmente.”
DiZ scostò l’ultimo ramo che ostruiva la visuale al gruppo. Nel bosco di Darklin si estendeva una radura, con al centro un vecchio maniero. Costruito in pietra, aveva due torri di guardia, ed una sorveglianza scarsa.
“Quindi è questo il leggendario Caer Pelyn?”chiese Link.
Ninian annuì. Durante il tragitto nel bosco si era svegliata.
“Caer Pelyn, dimora dei Manakete.”aggiunse Nils.
“Manakete?”chiese Zelda.
“Solo a pochi è concesso il privilegio di conoscerli. Andiamo, ci stanno aspettando.”
Si diressero di gran carriera verso il castello.

Vennero accompagnati all’interno del castello da una ragazza, un po’ più piccola di Nils. Aveva gli occhi rossi ed i capelli indaco, legati da alcuni nastri. Indossava un abito che arrivava al ginocchio, rosso, con bordi dorati. Indossava inoltre dei sandali rossi, che arrivavano fino al ginocchio incrociandosi. Ai polsi portava due braccialetti rossi. Salirono di un paio di piani, dirigendosi verso una delle due torri. La ragazza, Myrrh, bussò alla porta.
“Entrate, vi sta aspettando.”disse, arrossendo un po’.
Ninian, Nils e Myrrh rimasero fuori, mentre il resto di loro entrava nella piccola stanza all’interno della torre.
Ad accoglierli vi era un uomo sulla quarantina, con piccoli occhi dorati e la barba ed i capelli corvini. Indossava una lunga tunica rossiccia, e portava una collana attorno al collo.
“Saggio DiZ, è un onore incontrarla di nuovo, sebbene avrei preferito in circostanze diverse.”
DiZ sorrise.”Andiamo Morva, ti ho detto mille volte di non essere così formale con me.”
‘uomo scosse la testa divertito, rivolgendo poi il suo sguardo verso Link e Zelda.
“L’Eroe del  Tempo.”disse, accennando un inchino”E la Principessa della luce.”ripetè l’inchino”Il mio nome è Morva, capo dei Manakete di Caer Pelyn.”
“Posso fare una domanda?”
“Mi dica,Eroe.”
“Cosa è esattamente un Manakete?”
Morva si alzò” Per capire cosa siamo, sarà meglio iniziare dalle origini della nostra specie, oltre mille anni fa. A quel tempo, ogni razza che popola Eldolas era separata e a sé stante. Gli uomini, la razza più numerosa, abitava solo ciò che ora è il continente di Midgar. I Goron, come tutt’ora, vivevano sul Monte Morte, mentre gli Elfi abitavano il continente di Ivalice. Infine, vi era la quarta razza. I draghi. Non i draghi a cui siete abituati grazie alle favole: a quel tempo, i draghi erano persone che potevano trasformarsi in rettili. Gli umani lo scoprirono e, spinti da una illogica paura, iniziarono a farci guerra. Quella guerra fu chiamata ‘Lo Sterminio’. Moltissimi draghi morirono, perseguitati dagli uomini, così come molti umani. Un giorno, però, il figlio del re dei draghi e la figlia del re degli umani scapparono insieme, insieme ad altri membri delle due fazioni. Le ostilità cessarono, a causa del dolore dei due condottieri per la perdita dei loro figli. I fuggiaschi si stabilirono qui, nel bosco di Darklin, costruendo Caer Pelyn. In sostanza, un Manakete è il frutto dell’unione di un umano e di un drago.”disse, togliendosi il mantello e scoprendo così due robuste ali membranose.”Spero che questo abbia soddisfatto la tua sete di sapere, Eroe.”
Link annuì.
“Ora, se voleste ascoltarmi, vi spiegherò cosa dovrete fare.”

“Un’Assassino?”
“Sì, esatto. Sono un’Assassino.”
Marth indietreggiò.
“Dalla sua reazione intuisco che non si fida più di me. Tuttavia deve. Ciò che il mio maestro ha da dirle cambierà le sorti della guerra.”
“Cosa dovrei fare?”
“Mh? Non si fidava più di me o sbaglio?”
“Se mi avessi voluto uccidere mi avresti accoltellato già da un pezzo.”
Ezio sorrise”Come mi aspettavo dal principe Marth. Domani, all’alba, insieme al principe Ephraim e alla principessa Eirika fatevi trovare davanti la porta nord. Preparate dei buoni cavalli, perché sarà un lungo viaggio.”
Si alzò dal letto e iniziò a scendere dalla finestra.
“Saluti e pace, principe di Altea. E non si scomodi, avvertirò io gli eredi di Renais.”

“Non possiamo partire ora?”
“A differenza tua, Eroe, credo che la principessa abbia bisogno di più tempo per risvegliare i suoi poteri.”
Morva aveva finito di illustrare ai due il loro compito: arrivare al Monte Morte e salvare i Goron dallo sterminio. Un piano semplice e diretto.
“Mi dispiace Link, io-“
Link scosse la testa.”Non è colpa tua, e se dobbiamo affrontare tutti quei mostri, meglio affrontarli nella migliore condizione possibile.”
Morva osservò il panorama.
“Credo che sia ora di andare a riposare.”si alzò, imitato dagli altri.
“Nils, Ninian, mostrategli le loro stanze.”
I due annuirono, guidando i tre ospiti tra i corridoi del castello.

L’alba era giunta.
Nei pochi giorni passati dalla sua occupazione, ad Altea era nato un movimento per la liberazione della regione: la Brigata dell’Alba. Questo gruppo, nato dall’unione di un gruppo di mercenari fedeli al re, i Mercenari Greil, ed alcuni volontari, iniziò ad ostacolare i banditi che razziavano liberamente la regione, a causa del malgoverno di Gra, oltre naturalmente a cercare di liberare Altea dagli usurpatori. A causa di una leggerezza, tuttavia, un membro della Brigata venne catturato. L’esecuzione fu fissata per l’alba.
Davanti il castello di Altea fu montato un patibolo, e la folla accorreva ad assistere all’esecuzione, costretta dalle guardie.
Una cospicua folla si radunò nella piazza antistante al maniero, quando una guardia iniziò il suo discorso:
“Cittadini di Gra.”ci fu un mormorio di dissenso, ma il soldato lo ignorò, proseguendo”Tutti conosciamo il gruppo di ribelli nato in questa settimana, che sta dando filo da torcere ai nostri soldati, che si impegnano per garantire l’ordine, la pace e la sicurezza non solo in Altea, ma in tutta Akaneia!”
Un uomo nella folla fece per correre contro il soldato, ma il suo vicino lo fermò, indicando con un cenno della testa i quaranta soldati schierati dietro all’oratore.
“E gioite, cittadini di Gra! Ieri abbiamo catturato un membro della Brigata dell’Alba, ed oggi sarà impiccata! Sarà un monito, per tutti i briganti! Per tutti i ladri, gli assassini!”si fermò un attimo, guardando l’albero lì vicino, credendo di aver visto qualcosa, ma poi tornò alla sua arringa”A quei cani della Brigata, che hanno fallito miseramente contro noi paladini della giustizia!”si voltò verso due soldati, che avanzarono verso il patibolo, tenendo ferma una donna. Dimostrava venti anni. Aveva i capelli e gli occhi blu. Era vestita con un lungo abito bianco, lungo fino al ginocchio, aperto all’altezza della vita, dove portava una grossa cintura bianca. Indossava dei copri braccia, anch’essi bianchi, lunghi fino all’attaccatura della spalla. Sotto l’abito si intravedeva una maglia rossa. Indossava anche dei lunghi stivali bianchi. Fissava fissa davanti a sé, imperterrita. In pochi passi fu sul patibolo. L’oratore gli mise il cappio al collo.

Nell’albero, intanto, stavano due persone. Uno dei due sembrava un bambino, dai capelli e dagli occhi verdi. Indossava una maglia blu, sotto il colletto portava una sciarpa arancione. Sulle spalle aveva due coprispalla in metallo, legati alla cintura da delle bretelle di cuoio, incrociate. Legati dalla cintura, un paio di pantaloncini verdi. Portava delle mitene, piegate su se stesse un paio di volte, e dei lunghi stivali, che arrivavano poco sotto il ginocchio, con numerosi lacci. L’altro, invece, dimostrava venti anni. Aveva lunghi capelli rossi, legati con un nastro verde in una lunga coda, e gli occhi verdi. Indossava un lungo abito verde,  lungo fino al ginocchio, tenuto all’altezza della vita da una pancera verde scuro, attraversata da due piccole cinture azzurre. Indossava un pantalone bianco, infilato negli stivali blu, coperti da protezioni di metallo. Indossava un piccolo mantello, attaccato sul davanti in modo frettoloso. Al braccio sinistro indossava una mitena di stoffa giallina, mentre quello sinistro era coperto da una manica lunga bianca, all’altezza del polso coperta da un lungo polsino giallo. Il bambino era armato con un arco corto, mentre il ragazzo aveva un arco lungo. Il ragazzo teneva sotto mira il patibolo, ma tremava visibilmente.
“Cosa c’è, Rolf?”
“Ho paura Shinon, cosa succede se la colpisco per sbaglio?”
Intanto, la guardia aveva messo il cappio al collo alla ragazza.
Quest’ultima si avvicinò alla ragazza.
“Qualche ultima parola?”
La ragazza urlò:”Cittadini di Altea, siate fedeli al re Marth, il vostro vero re!”
I cittadini si guardarono tra loro, mentre la guardia stava per abbassare la leva.
“Guarda qui: un colpo secco, senza esitazioni.”
Shinon incoccò una freccia nell’arco, scoccandola nello stesso istante in cui il soldato azionava la leva, tagliando il cappio e facendo cadere la condannata verso la folla, da cui spuntò un ragazzo che afferrò al volo la donna. Sembrava un diciottenne, dai capelli blu, così come gli occhi, vestito con un lungo abito blu, bordato d’oro, davanti lungo fino alla vita e dietro lungo fino al ginocchio. Indossava anche dei pantaloni bianchi, infilati in stivali neri. Sopra l’abito, sulla spalla sinistra, portava un coprispalla di cuoio, ed un lungo mantello, strappato in vari punti alla fine, di colore ruggine. Sulla testa indossava una fascia nera, mentre alle mani aveva due mitene nere. Si guardò intorno, mentre le guardie iniziavano ad avanzare contro di lui. Posò la ragazza a terra, mentre con un fendente uccise sul colpo quattro guardie. Si ritrovò presto circondato.
“Chi vi credete di essere voi vermi, la Brigata dell’Alba?”
Il ragazzo non rispose. Una folata di vento travolse le guardie che gli sbarravano la strada. L’autore di quella magia era un ragazzo, più o meno dell’età dell’altro, che teneva in mano un libro aperto e bisbigliava parole incomprensibili. Aveva un puntino arancione in mezzo alla fronte, come i suoi occhi, ed aveva dei lunghi capelli corvini. Indossava una lunga tunica nera, aperta sul fianco destro, mentre ai bordi aveva delle decorazioni grigie e verdi. Come cintura aveva una lunga sciarpa blu. Da sotto la tunica si vedevano dei pantaloni bianchi aderenti, infilati in un paio di stivali marroni. Una guardia gli arrivò alle spalle, pronto a colpirlo, ma cadde a terra, morto. Dietro di lui c’era una ragazza, con un volto sorridente.
“Soren, sempre preso dai libri, eh? Quante volte ti ho detto di guardarti le spalle?” Aveva lunghi capelli blu e gli occhi verdi. Sulla fronte aveva una fascia bianca, ed indossava un corto abito arancione scuro, bordato dorato e smanicato. Portava un grosso cinturone di traverso. Aveva dei corti stivali marroni, un po’ larghi, da cui partivano lunghe calze viola chiaro, che arrivavano poco sotto il vestito. Portava dei lunghi copribraccia neri, dal bordo dorato, e delle mitene dello stesso colore. Infilzò la katana in un altro soldato, mentre dall’albero gli arcieri davano copertura. Un nitrito si sentì, mentre una donna andava al galoppo su un cavallo bianco contro un gruppo di guardie, falciandole con pochi colpi d’ascia. Aveva lunghi capelli rossi, come i suoi occhi, legati in una treccia rossa lunga fino ai glutei. Sotto una corazza color avorio, spuntava un abito color rosso, lungo fino ai piedi ed aperto all’altezza dei glutei, mentre sul davanti era bianco, finemente decorato.
“Ike!”urlò”dobbiamo andarcene al più presto!”
Il ragazzo dai capelli blu corse verso di lei, saltando in groppa al cavallo.”Mia, Soren, difendete Lucia!”
I due fecero un segno d’intesa, mentre attaccavano le guardie che si avvicinavano, aiutate dalle frecce degli arcieri.
Intanto, in mezzo alla folla, una ragazzina ed un uomo cercavano di svegliare Lucia.
“Lucia! Lucia! Svegliati!”urlò la ragazzina. Aveva gli occhi azzurri e i capelli lunghi di colore castano chiaro. Vestiva uno stretto abito rosso, da cui usciva una gonna piegata color panna. Al collo aveva una lunga sciarpa bianca, stretta a tre quarti, ad entrambi i lati, da due nastri rosa. Aveva dei corti stivali, simili a quelli di Mia, ma più chiari, dai quali si vedevano delle calze arancioni. L’uomo chiuse le mani intorno al suo bastone, insieme agli occhi, mormorando delle parole incomprensibili. La punta del bastone si illuminò, mentre Lucia veniva avvolta da una luce verdastra, ristabilendosi. L’uomo era vestito con un lungo abito bianco, sotto il quale si vedeva una veste celeste. Entrambe avevano un cappuccio. Alla vita aveva una sciarpa azzurra, ed indossava degli stivali alti. Aprì gli occhi, rossicci come i capelli. Fece un cenno alla ragazzina, mentre Lucia si alzava da terra. I tre iniziarono a correre verso i cavalli, imitati dagli arcieri, da Mia e Soren e da Ike e la ragazza dai capelli rossi.
“Titania”disse Ike“andiamo.”
La ragazza spronò il cavallo ancora di più, mentre le guardie si gettavano all’inseguimento. Soren, dietro a Mia, aprì nuovamente il suo libro, mentre mormorava la stessa formula di prima, gettandole di nuovo a terra. Ike e Titania passarono davanti all’oratore.
“Esatto.”dichiarò Ike”Noi siamo la Brigata dell’Alba.”
 “Addio, idioti!”urlò Shinon, facendo impennare il cavallo, mentre Rolf gli si aggrappava in vita per non cadere.
“Gli altri ci stanno aspettando.”sentenziò Mia.

Fuori le mura di Renais, Ezio, sul suo cavallo, aspettava che i tre principi uscissero. Dopo un po’ di tempo, li vide uscire, a cavallo. Gli si avvicinò.
“Saluti e pace, principe Marth, principe Ephraim, principessa Eirika.”
“Saluti e pace, Ezio.”rispose Eirika.
“Credo che dovremmo andare. Sarà una lunga cavalcata.”
I tre annuirono, spronando i cavalli verso nord.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5: Echi di guerra ***


@Princess_Dadi: Grazie mille, spero continui a piacerti :3
@Nyxenhaal89: Grazie mille, e non preoccuparti, la croccopapera è dalla mia XD
@Cipotta91: Grazie mille, vedo che Ezio è piaciuto a molti XD

Capitolo 5: Echi di guerra.
Re Fado cavalcava alla testa di cinque cavalieri. Dopo una lunga ed estenuante cavalcata, Jehanna era in vista. Situata proprio al centro di un’oasi, era una cittadina lussureggiante ed accogliente. Gli abitanti non temevano la sete, grazie al lago che si trovava all’uscita nord, né il caldo, in quanto le case erano tinteggiate di bianco. Il palazzo regio era una grossa piramide a gradoni, finemente decorata. La città delle dune bianche, come veniva chiamata, a causa della sabbia del piccolo deserto che si estendeva intorno la città. Tale deserto era anche una buona difesa: i cavalli venivano rallentati di molto, nullificando eventuali cariche, e la fanteria arrancava. Tuttavia, Jehanna era caduta, presa da quello che, in fondo, non era che un pugno di uomini: appena duecento soldati avevano posto fine alla lunga imbattibilità della città delle dune bianche. Fado e la sua scorta cavalcò nella città semi-distrutta. Entrò nel palazzo regio, trovando ad aspettarlo i vari regnanti: Jiol, in qualità di re di Akaneia che parlottava con Ganondorf, re di Hyrule. Scorse seduto su una sedia il marchese Uther di Ositia, imponente nella sua altezza, affiancato dal marchese di Pherae Elbert, che si passava una mano tra i folti baffi rossi, e l’anziano marchese Hausen di Caelin, che tossicchiava a causa della sua cagionevole salute.
Jiol si volse verso il nuovo arrivato.
“Ben arrivato, mancavate solo voi.”
“Smettila con quel falso sorriso Jiol, so benissimo cosa vuoi ottenere da noi.”
Il regnante di Akaneia accusò il colpo, ma si limitò a rispondere di seguirlo nella sala del trono.
“Dove sono Pent, Mansel e Vigarde?”
“Lord Pent non verrà.”si intromise Ganondorf”Gli altri due ci aspettano.”

Si sedettero ad un lungo tavolo. A capotavola sedevano Jiol e Ganondorf, mentre gli altri sovrani sedevano ai lati. Mansel, il pontefice di Raust, osservò con disprezzo Ganondorf, mentre Vigarde si ravvivò i suoi capelli lilla. Jiol prese la parola.
“Come sapete, vi ho chiamato per un motivo molto semplice. Voglio la resa, incondizionata, di tutti voi, o i nostri eserciti marceranno sulle vostre terre.”
Ci fu un mormorio di dissenso.
“Questa richiesta non è accettabile. Siamo disponibili a firmare un patto di non aggressione reciproca, ma nulla più.”
“Lord Elbert”fece Ganondorf”Lei è quello che meno di tutti dovrebbe parlare. Il suo esercito, se tale lo vogliamo chiamare, è uno sputo di uomini raccattati qua e là.”
“Ma il mio può benissimo distruggervi in appena due giorni.”si intromise Vigarde”E so che l’esercito di Ganondorf è a pochi giorni di marcia da Graze.”
Il re di Hyrule serrò i denti.
“Avanti, avanti, siamo ragionevoli.”disse Jiol”Una resa incondizionata, mi basta una firma di ognuno di voi, e portate a casa la pelle, non avete speranza contro i nostri soldati. E questa è la prova.”concluse, indicando alle sue spalle il panorama di Jehanna devastata.
“Non ci faremo intimidire!”sbottò Uther, alzandosi di scatto, facendo cadere la sedia.”La lega di Lycia marcerà su Akaneia, e sarò io stesso ad ucciderti!”
“Temo che dunque la cosa non si possa risolvere così facilmente.”disse Jiol, squadrando un ad uno i componenti di quel convegno.” In tal caso, la vostra utilità è pari a zero.”
Ad un cenno d’intesa, Ganondorf schioccò le dita, e la stanza venne invasa da una decina di soldati.
“Cosa significa questo?”chiese Vigarde.
“Uccideteli.”
I soldati si gettarono contro i loro obbiettivi. Mansel fu il primo a cadere, seguito da Elbert, mentre Uther e Vigarde, agguantata un arma dai nemici, lottavano strenuamente per difendersi. Un colpo di lancia superò le difese del marchese di Ositia che, rabbioso, lanciò la sua contro Jiol, che la afferrò prima che potesse colpirlo. Ormai a terra giaceva solo un moribondo Vigarde. Ganondorf gli si avvicinò, sovrastandolo.
“Addio, imperatore. Domani prenderò la testa di suo figlio.”
“Ly… On…”fece in tempo a dire l’imperatore, prima che reclinasse la testa da un lato e spirasse.
Zelgius apparve sulla porta.
“Occupati di rimandare i corpi alle loro famiglie.”ordinò il re di Akaneia”Non sarebbe divertente se non si difendessero.”
Zelgius fece un inchino, per poi dare disposizioni ad una decina di soldati.

Zelda migliorava a vista d’occhio. Stava recuperando in fretta tutta la forza che aveva un tempo. Dapprima riusciva a creare solo una piccola sfera di fuoco, ma grazie all’allenamento di Morva ora riusciva a creare un globo grande quanto una testa umana. Anche con l’arco era migliorata, riuscendo a colpire perfettamente al centro ogni bersaglio che le veniva posto davanti. Tuttavia, se con le basi se la cavava bene, con le armi che avrebbero sconfitto definitivamente Ganondorf era ancora in alto mare. La freccia di luce, l’unica arma oltre alla Spada Suprema in grado di poter esorcizzare il male, era un incantesimo di alto livello. Anni e anni di studio occorrevano per impararlo, e non tutti erano in grado di usarlo. Era un incantesimo per pochi. Dalla sua creazione, si diceva che solo due persone fossero in grado di usarlo. Una di queste era, naturalmente, Zelda. Si concentrò al massimo, focalizzando poi la sua attenzione sulla freccia incoccata nel suo arco. Lasciò la presa, e il dardo saettò contro il suo bersaglio. L’ennesimo insuccesso. Morva assisteva all’allenamento immobile. Ogni tanto suggeriva qualcosa, ma si limitava a quello. Dopo l’ennesimo tentativo andato a vuoto, Zelda si buttò all’indietro, esausta. Morva allora le si avvicinò, aiutandola a rialzarsi.
Molte ore erano passate, ed ormai era giunto l’imbrunire.
“Credo che sia giunta ora di riposarsi.”
La principessa lo guardò negli occhi.
“I Goron dipendono da noi. Non posso fermarmi ora.”
Morva scosse la testa.
“Deve arrivare alla battaglia in forze. È inutile che riesca a creare una freccia di luce, se poi non è in grado di sostenere una battaglia.”
La principessa si trovò costretta a dargli ragione. Si allontanò allora nei cunicoli del castello, ritirandosi nelle sue stanze.

“La Torre di Valni.”annunciò Ezio.
Davanti a loro, in una piccola radura, si innalzava una torre altissima.
“È… Maestosa.”commentò Marth.
“Andiamo.”li esortò Ezio.
I tre obbedirono. Dopo svariate ore, passate a cavalcare, sarebbe stato un sogno tornare in piedi. Si diressero all’ingresso della torre. Legarono i cavalli ad un albero lì vicino, ed entrarono. Un ampio salone si estendeva davanti loro. Un pilastro centrale reggeva la struttura, insieme ad una fitta serie di colonne. Il pavimento era ornato con delle mattonelle blu, e alle pareti erano appese numerose torce. Ezio procedeva speditamente, mentre i tre principi non erano a loro agio. Quella torre aveva un aria sinistra. Tuttavia, appena notarono che non c’era nulla di cui preoccuparsi, seguirono il giovane assassino. Salirono un paio di piani, prima che Ezio li fermò con la mano, entrando in una stanza, chiusa da una tenda rossa. Ne uscì subito dopo, facendo cenno ai tre di entrare. Si trovarono in una piccola stanza quadrata, dove al centro sedeva un altro assassino. Era vestito come Ezio, ma si notava che era più vecchio, e gli mancava un dito.
“Salute e pace, principi”esordì”Il mio nome è Altair Ibn-La'Ahad, maestro degli assassini.”
“Ci ha convocato per qualcosa di urgente, vero?”chiese Ephraim.
“È così.”disse Altair, greve”Questa guerra è solo il preludio a qualcosa di molto più grande.”
I tre furono sgomenti a questa notizia.
“Qualcosa di più grande?”ripetè Eirika.
Altair annuì.
“Credo sia meglio istruirvi a cosa andate incontro.”Altair prese fiato”Voi conoscerete di certo la guerra conosciuta come ‘Lo Sterminio’, giusto?”
I tre annuirono.
“Bene. Dopo tale guerra, il mondo si trovava sull’orlo della rovina. La razza degli Elfi fu quasi completamente sterminata dagli umani, che vedevano in loro una minaccia, ed i draghi esiliati in una dimensione lontana. Una grande oscurità ormai era calata sul pianeta. Questa oscurità inizio piano piano a corrompere la più grande forza esistente: il Cuore. Ad un certo punto, i Cuori furono completamente corrotti dall’oscurità. Con questo processo, gli uomini perdono il proprio Cuore, così come il proprio corpo e la propria anima. Dal Cuore corrotto, nasce una nuova creatura. Essa è oscurità pura, guidata solo dall’istinto e dalla propria fame per ciò che hanno perso. Essi sono gli Heartless.”
“Quindi”chiese Marth”Un Heartless non ha un cuore, giusto?”
“Esattamente. Gli Heartless vagano cercando di saziare, invano, la loro fame di cuori. Se un Heartless riesce ad estrarre un cuore da un petto, si genera un altro Heartless. Tuttavia, se un Heartless ruba un Cuore forte, da esso si genera un Nessuno. Essi sono essenzialmente un guscio vuoto, tenuto insieme dall’oscurità. Stando alle informazioni che abbiamo raccolto fin’ora, tredici Nessuno hanno mantenuto una forma umana. Essi comandano tutti gli altri. In generale, indossano una lunga tunica nera.”
Marth sobbalzò.
“Si fanno chiamare Organizzazione XIII.”
“E questo cosa ha a che fare con la guerra?”
“L’esercito di Jiol è formato sia da uomini che da Heartless. Quello di Ganondorf, interamente da Heartless.”
Un cupo silenzio calò nella stanza.
“L’Organizzazione ha fornito loro questi Heartless.”
“Ma a quale scopo?”domandò Eirika.
“L’Organizzazione ha due obbiettivi: la conquista del mondo, ed uno ancora più importante. I Nessuno non provano emozioni. Vogliono riottenere il loro Cuore.”
“Non mi pare un obbiettivo così sbagliato.”commentò Eirika.
“Certo, non lo è. Ma per riottenere il loro Cuore, è necessario che si riesca ad evocare il Potere Supremo.”Altair fece una piccola pausa.”Il potere di Kingdom Hearts.”
“Kingdom Hearts?”ripetè Ephraim stupito.
“Il regno dei Cuori. Una volta evocatone il potere, l’Organizzazione potrà riavere ciò che vuole. Ma c’è un alto prezzo da pagare: per interessare Kingdom Hearts, occorrono migliaia, milioni di Cuori. E per liberare un Cuore prigioniero e farlo affluire in Kingdom Hearts, hanno bisogno degli Custodi del Keyblade.
“Keyblade.”mormorò Marth.
“L’arma più potente di tutte. Questa guerra è volta a far sprofondare immondo nell’oscurità, in modo che i Custodi vengano risvegliati. E allora, l’Organizzazione riotterrà ciò che vuole. E dominerà incontrastata il mondo.”
“Cosa dovremmo fare?”chiese Marth.
“Purtroppo, questa guerra non può essere evitata. Dovete trovare i Custodi, ed avvisarli di questo pericolo. Devono distruggere l’Organizzazione.”
“Ci chiede di trovare un ago in un pagliaio.”commentò Marth.
“Tuttavia, deve essere fatto. La salvezza di Eldolas è nelle mani dei Custodi.”
I tre si guardarono, ed annuirono.
“Lo faremo, Altair.”disse Ephraim con decisione.
L’assassino sorrise.
“Molto bene. Ora seguitemi, ho dei regali per i principi di Renais.”

I cinque salirono ancora. Arrivarono all’ultimo piano, il ventesimo, dove al centro della sala circolare, vicino il pilastro centrale, vi era un piccolo altare. Sopra, troneggiavano una lancia ed uno spadino. Altair si avvicinò ai due giovani.
“I vostri braccialetti.”
“Come?”chiese Eirika.
“I vostri braccialetti. Posateli sull’altare.”
I principi di Renais fecero come ordinato, e si tirarono indietro. Dapprima non successe nulla, ma dopo un po’ i braccialetti iniziarono a brillare, sempre più forte, finché non vennero avvolti da una luce arancione, e si sollevarono. Ruotarono intorno ad una piccola orbita, prima che anche le due armi iniziarono a brillare della stessa luce. In un attimo, il bracciale di Ephraim si era attaccato intorno alla lancia, mentre quello di Eirika intorno allo spadino. Altair avanzò verso le due armi, prendendole in mano e porgendole ai principi.
“Siegmund, la lancia delle fiamme”disse, consegnando la lancia ad Ephaim”E Sieglinde, lo spadino del tuono.”disse, mentre dava ad Eirika l’arma.
I due guardarono meravigliati quelle armi, di una bellezza straordinaria. Sentivano la loro potenza scorrere dentro di esse. Si meravigliarono della loro maneggevolezza e della loro velocità.
“Guarda guarda, i bambini hanno nuovi giocattoli”
Nel mezzo della sala, attraverso un varco oscuro, si materializzò un uomo vestito di nero.
“L’Organizzazione XIII!”urlò Eirika.
“Infatti.”rispose quello, gesticolando.”Io sono il numero VIII, il Soffio di Fiamme Danzanti. Il mio nome è Axel. A-X-E-L, l’avete memorizzato?”disse, scoprendosi il cappuccio, rivelando dei capelli rossi, ‘a porcospino’, con le sopracciglia più corte del normale. Due occhi verdi fissavano i presenti, e sotto di essi erano presenti due segni simili a gocce nere.
“Allora, chi di voi è Marth?”chiese.
Dopo che non ottenne nessuna risposta, abbassò sconsolato le braccia.
“Allora credo di dovervi uccidere tutti.”
Schioccò le dita, e la stanza venne coperta da un muro circolare di fiamme. Axel posizionò le braccia orizzontalmente, mentre delle fiamme le attraversavano, fermandosi davanti i palmi aperti. Iniziarono a girare vorticosamente, fino a quando non assunsero la forma di due dischi di metallo, con due assi in mezzo per facilitarne la presa. L’interno era rosso, e otto punte circondavano la parte esterna. Rivolse un ghigno ad i suoi avversari, che già avevano le armi in pugno.

“Oh… Che mal di mare.”Rennac stava aggrappato al parapetto della nave.
“Gwahaha, mezza calzetta!”lo prese in giro Dozla.
L’Arachel gli fu accanto ed, alzando lo scettro, il ragazzo venne avvolto da una luce verdastra. In men che non si dica si sentì meglio.
“Grazie”disse lui.
L’Arachel gli diede una forte pacca sulla spalla, ridendo.
“Ma non c’è di che!”
“Ma chi me l’ha fatto fare?”chiese Rennac.
“La tua devozione verso di me?”rispose la ragazza.
“Era una domanda retorica.”
Era passata una giornata. Le due navi, cariche di soldati, avanzavano alla volta di Porto Kiris. In due giorni avrebbero raggiunto Renais, o almeno così si augurava L’Arachel.
La ragazza si posò sul parapetto.
“Ah… Ephraim.”

La Brigata dell’Alba era giunta nel suo nascondiglio. Esso si trovava in un piccolo passo di montagna, non molto lontano da Altea. Si trattava di un forte abbandonato.
“Siamo tornati.”disse Ike.
In una stanza, più grande delle altre, stavano quattro persone, una ragazza e tre ragazzi. La ragazza era vestita con una tunica viola, lunga fino alla vita, dei leggins neri, infilati in stivali avana, allacciati fino sotto il ginocchio con stringhe rosse. Aveva dei lunghi copri - braccia neri, su quello sinistro aveva un fiocco rosso, mentre su quello destro aveva due bracciali. Indossava una lunga sciarpa blu, lunga fino al ginocchio. Aveva i capelli d’argento e gli occhi gialli. Il secondo era un ragazzo dai capelli verdi e gli occhi gialli. Indossava una aderente maglia nera smanicata, che lasciava scoperto l’ombelico, sopra cui indossava un corto gilet verde sbracciato. Aveva due copri – braccia azzurri, sopra i quali indossava delle mitene di cuoio. Indossava lunghi pantaloni avana, infilati in stivali di un colore giallino, sopra i quali indossava delle uose di cuoio. Portava una cintura e, trasversalmente, una fondina per un coltello e altre tre più piccole. Indossava anche una lunga sciarpa bianca. Il secondo era biondo, coi capelli un po’ lunghi e aveva gli occhi azzurri. Indossava una corta tunica azzurra, aperta all’altezza della vita, un paio di pantaloni bianchi inseriti in un paio di stivali color ruggine. Indossava due mitene, e a tracolla portava una faretra ed un arco. Il terzo aveva dei capelli a caschetto blu e gli occhi azzurri. Indossava una maglia a maniche corte grigia, con una croce di stoffa sul davanti, e sulle spalle aveva due copri spalla in acciaio. La mano sinistra era bendata, mentre alla destra aveva un copri – braccia bendato. Indossava lunghi pantaloni blu, infilati in alti stivali grigi, con delle piccole ghette nere. Stava lucidando una katana. Mia gli accollò anche la sua.
“Ike”chiese la ragazza”Lucia sta bene?”
Ike annuì e si spostò, facendo entrare la ragazza.
“Micaiah, Leonardo, Zihark, Sothe, mi fa piacere rivedervi.”
L’arciere, Leonardo, sorrise, Sothe, il ragazzo con i capelli verdi, salutò con una mano, mentre Zihark continuò a pulire la sua katana.
Shinon entrò nella stanza, con Rolf al suo fianco.
“Fra tre giorni è il grande giorno, eh?”
Zihark annuì.
“O la va o la spacca.”
Anche Rhys entrò, insieme alla ragazzina.
“Mist”disse”dobbiamo fare ancora un po’ di pratica.”
La ragazza annuì allegra.
“Dobbiamo essere pronti, fra tre giorni attacchiamo il castello.”disse Ike.
Il gruppo annuì. Dovevano giocare d’astuzia: erano in netto svantaggio numerico, ed equipaggiati come meglio potevano, ma non potevano certo competere con un vero esercito.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6: Assedio a Castel Graze ***


@Anonimo9987465: Grazie per la recensione :)
@Cipotta91: Grazie anche a te, Cipollina ;)
@Nyxenhaal89: Addirittura il mitico pollice all’insù! Grazie, maVVanissimo.

Capitolo 6: Assedio a Castel Graze.
“Ultima possibilità, chi di voi è Marth?”
Axel fissava uno ad uno i suoi oppositori, che avevano già le armi in pugno. Parve irritarsi quando non ottenne nessuna risposta, per lì ennesima volta.
“E allora…”
Con velocità sovraumana, si materializzò alle spalle di Ezio, pronto a colpirlo con i suoi Chakram.
“Addio!”
Tuttavia l’assassino fu più rapido di lui e gli afferrò entrambe le braccia, fissandolo con un sorrisetto sarcastico. Eirika si lanciò all’attacco, preparando un affondo con la spada, ma Axel, con una notevole dimostrazione di forza, le lanciò addosso il giovane assassino.
“Siete goffi, ragazzi.”provocò il Nessuno gesticolando. Lanciò i Chakram contro Altair, che li evitò con una
Capriola. Il Maestro degli Assassini corse incontro al nemico, ma si fermò a causa di una colonna di fuoco che si innalzò dal terreno.
“Attento alle spalle!”urlò Ephraim.
I Chakram infatti stavano tornando indietro, ma furono intercettati dalla Falchion di Marth, cadendo a terra con un rumore metallico. Axel saltò indietro, mentre i Chakram sparivano in uno sbuffo di fiamme, ricomparendogli poi nelle mani.
“Dai, dovete colpirmi per uccidermi, non stiamo prendendo il thé.”
Altair pensò ad un piano di fuga. Il loro avversario era troppo oltre la loro portata, nemmeno in cinque erano in grado di impensierirlo. Si ricordò che c’era un mucchio di fieno sistemato dietro la torre, ma dovevano trovare un modo per eliminare le fiamme che li costringevano in trappola. Prima che potesse accorgersene, Eirika ed Ephraim erano scattati contro Axel, che schivava e parava agilmente ogni loro colpo.
“Ci siamo quasi.”disse con tono di scherno il Nessuno.
Non si accorse che Ezio aveva steso il braccio contro di lui, all’altezza della fronte.
“Spostatevi!”urlò l’assassino, prima di far fuoco con la pistola.
Axel non ebbe il tempo di schivare: il proiettile lo prese in fronte, facendolo cadere di schiena sul pavimento, mentre le fiamme svanivano. Con un rapido cenno d’intesa, i due assassini corsero verso la finestra.
“Forza, da questa parte!”urlò Ezio.
“Ma co-“
“Forza, non è morto!”
I tre principi si girano verso il corpo di Axel, che già si stava alzando. Corsero verso la finestra e saltarono, atterrando nel fieno. Presero tre cavalli e fuggirono.
“Sono più tosti di quanto pensassi.”commentò Axel, mentre guardava il proiettile che aveva in mano.”Sarà divertente.”concluse, gettando a terra la munizione.

Se la città di Raust era virtualmente imprendibile, Castel Graze non era da meno. Il castello sorgeva su un’isola, addossato ad una montagna. I fiumi ed i laghi che dividevano il terreno in isole, collegate tra loro tramite numerosi ponti, riuscivano a dividere gli eserciti nemici in tanti piccoli gruppi, che venivano poi eliminati dagli arcieri e dalle catapulte. Grazie a questa semplice strategia, Castel Graze vantava una lunga serie di imbattibilità.
“Cosa significa che Renvall non invierà rinforzi?”
“Significa quello che ho detto, Duessel.”
“Maledetti!”
L’uomo rivolse lo sguardo verso l’esercito che stazionava poco fuori tiro. Ad occhio e croce erano mille soldati. Duessel aveva il viso squadrato, con capelli, barba e baffi grigi, e gli occhi marroni. Aveva una corporatura robusta, tanto da permettergli di sostenere il peso della sua armatura, di colore rosso scuro, sotto la quale indossava maglia e pantaloni di colore nero.
“Credo che siamo spacciati, Selena.”
La donna si voltò a guardarlo. Aveva gli occhi azzurri e i capelli biondi. Indossava un abito corto marrone scuro, con le bordature dorate, aperto in vita. Sopra di questo portava un corto mantello verde, che arrivava all’altezza della vita. Indossava dei copri-braccia bianchi, e dei pantaloni dello stesso colore infilati in un paio di stivali boredeaux, alti fino al ginocchio. Indossava anche una cintura bianca trasversalmente.
“Venderemo cara la pelle.”

Zelda chiuse gli occhi. Si trovava di nuovo davanti il bersaglio del giorno prima. Si concentrò al massimo. Incoccò la freccia nell’arco. Tese la corda al massimo.
“Ce la puoi fare”si disse”Contano tutti su di te.”
Morva e DiZ erano lì ad assistere.
“Ce l’hai sempre fatta. Non puoi fallire ora.”
Prese un profondo respiro e scoccò la freccia. Il dardo si rivestì di luce, trapassando il bersaglio, andando a conficcarsi in profondità nel muro.
Diz sorrise. Era fatta.
“Credo che convenga andare”disse”il Monte Morte è lontano, ed abbiamo appena un giorno di tempo per arrivarci.”
Zelda annuì, stremata.
“Come ci arriviamo?”
Morva si staccò dal muro.
“Ci penso io. Seguitemi.”

Seguirono Morva, che li condusse fuori il castello. Il Manakete guardò Link e Zelda. Poi estrasse una pietra dalla tasca del pantalone. Essa brillò per qualche istante, mentre una luce, così abbagliante da costringere i due eroi a schermarsi il viso con le mani, avvolgeva il corpo di Morva.
“Wow”commentò Link, una volta che la luce scomparve.
Al posto del trentenne, ora c’era un enorme drago rosso.
“Questo è un Manakete”disse il drago”Per accedere alla forma drago ha bisogno di una Dragopietra.”
Link e Zelda rimasero a contemplare il maestoso rettile.
“Vogliamo andare?”chiese DiZ, salendo sul drago, imitato dai due eroi.
Con un paio di battiti d’ali, Morva si staccò dal suolo, e volò in direzione del Monte Morte.

“Quindi ve ne andate?”
Gli Assassini annuirono.
“Torneremo a Masyaf, dai nostri compagni.”disse Altair.
“Toglietemi una curiosità”fece Marth”Il vostro simbolo l’ho già visto, da qualche parte, ad Altea.”
Altair sorrise.
“Non deve sorprendersi più di tanto, principe.”rispose Altair”Anche suo padre, lord Cornelius, faceva parte, in maniera indiretta, della setta.”
“Mio padre era un Assassino?”
Ezio annuì.
“Indirettamente, lo era. Non partecipava direttamente agli assassinii, diciamo che era un finanziatore, tra le altre cose.”
“In che senso?”
“Noi Assassini siamo impegnati in una lotta secolare contro i Templari.”spiegò Ezio”Molti dei regnanti di Akaneia facevano parte di questa fazione. Suo padre era una spia degli Assassini. Entrava nelle file dei templari, e ci forniva dati sulle nostre vittime.”
“Ma adesso, è davvero ora di andare.”disse Altair”Principi, il destino di questo mondo è nelle vostre mani.”
Fecero girare i cavalli, e galopparono verso Masyaf.
“Beh, di nuovo a casa.”annunciò Ephraim, entrando al passo in città, imitato dagli altri due.

Trovarono la città in subbuglio.
“Principe Ephraim! Principessa Eirika! Principe Marth!”
“Seth!”
“È tutto il giorno che vi cerco.”
“Cosa succede? Come mai tutti questi soldati?”
“Re Fado.”disse”Lo hanno ucciso.”
Quelle parole furono come una coltellata al cuore.
“Ucciso?”ripetè Ephraim, sconvolto.
Seth annuì.
“Ciò fa di voi il nuovo re di Renais.”
Ephraim rimase in silenzio.
“Preparate una degna sepoltura per mio padre.”ordinò”E radunate l’esercito. Mandate una missiva a Frelia, chiedendo loro aiuto. Dove staziona l’esercito nemico?”
“Le truppe di jiol si trovano a Jehanna, quelle di Ganondorf stanno assalendo Castel Graze. Non ce la faremo a fermarli.”
“Gli alleati?”
“Appena saputa la notizia, gli eserciti di Etruria, Ositia, Lycia e Pherae si sono messi in viaggio in direzione di Renais.”
“Renvall andrà in aiuto di Graze?”
Seth scosse la testa.
“Maledetti codardi.”sibilò Ephraim.
 
“Il cancello è stato abbattuto!”
“Mantenete le posizioni, non fateli avanzare.”
“Annientateli!”
“Arcieri, tirate a volontà.”
“Selena”chiamò Duessel, facendosi strada tra la folla”dov’è il principe Lyon?”
“Non lo so, l’ho perso di vista.”
“Generale, abbiamo trovato il principe!”
“Portatelo al sicuro, muovetevi!”
Il soldato annuì, portandosi sulle spalle uno sconvolto Lyon. Ancora più pallido del solito, Lyon aveva la stessa età di Ephraim ed Eirika. Aveva i capelli e il colore degli occhi identici a quelli del padre. Indossava una lunga tunica di colore viola, su cui aveva un mantello dello stesso colore, lungo fino ai piedi.
Duessel strinse i pugni. L’esercito nemico aveva iniziato l’assedio esattamente due ore dopo aver riconsegnato il corpo dell’imperatore Vigarde. Nonostante una prima ‘fase’, in cui gli assediati stavano avendo la meglio, la situazione era stata rovesciata dall’ingresso in campo dello stesso Ganondorf. In pochi minuti, gli assedianti erano riusciti a sfondare il cancello principale, e a gettare gli assediati nel caos.
“Duessel, immagino.”
Il generale guardò negli occhi il suo interlocutore.
“Ganondorf, vero?”
Lui annuì. Sfoderò la spada, puntandola contro Duessel.
“Non avremo nessuna pietà. Nessun superstite o prigioniero.”
Duessel impugnò la sua lancia.
“Vedremo.”
Si lanciò contro il re di Hyrule, provando un affondo con la sua lancia, che venne schivato lateralmente. Ganondorf passò al contrattacco, attaccando con la sua spada senza uno schema preciso, così che il generale parasse a fatica i suoi colpi. Duessel schivò un ennesimo colpo, per poi provare di nuovo un affondo. Ganondorf bloccò la lancia con una mano e, dando prova di una forza sovraumana, sollevò e scagliò Duessel contro un muro. Si avvicinò a lui a passi lenti.
“Davvero patetico.”
Duessel sputò sangue. Provò a rialzarsi, ma il peso dell’armatura lo costringeva a terra.
“Fatelo fuori.”ordinò ad un gruppetto di soldati, che si avvicinarono a lui. Prima che potessero alzare le armi, tuttavia, una fiammata li gettò a terra, in preda a dolorose ustioni.
Selena stava davanti Ganondorf, ansimante a causa degli scontri. Il re la guardò con un’espressione di rabbia. La donna mormorò qualcosa, e altre fiammate guizzarono contro il re di Hyrule, che non si mosse. Selena azzardò un sorriso, che gli morì sulle labbra. Ganondorf era illeso. Prima che potesse capire cosa stesse succedendo, sentì un dolore lancinante al ventre. Abbassò gli occhi, notando una lancia che la trapassava. Davanti a lei, con uno sguardo beffardo, stava Ganondorf, con ancora il braccio teso in avanti.
“Non siete voi quelli che possono uccidermi.”disse, mentre Selena cadeva in ginocchio, e poi a terra.

“Di qua.”
La scorta del principe era giunta alla sala del trono.
“Dov’è finito… ah, eccolo.”
La guardia tirò una leva dietro il trono, azionando un passaggio segreto.
“Andiamo, principe.”
Prima che potessero varcare la soglia, però, irruppero nella stanza venti soldati.
“Scappate!”
La guardia ed il principe entrarono nel passaggio segreto, mentre le guardie dietro di loro venivano uccise.
Percorsero il lungo tunnel e, dopo una ventina di minuti, videro l’uscita.
“Siamo salvi.”
Uscirono fuori, vedendo Ganondorf in persona che li aspettava.
“Salve, principe.”
Lyon tremava. Ganondorf uccise la guardia e si avvicinò a lui.
“Salutami il tuo caro padre.”disse, trapassandolo con la spada.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7: Monte Morte ***


Scusate se sono di fretta, ma ho un’emicrania terribile ç.ç Ringrazio Nyxenhaal89, Cipotta91 e Anonimo9987465 per i loro commenti, grazie ragazzi.
Capitolo 7: Monte Morte.
Ganondorf passò in rassegna le sue truppe. Sapeva che contro Graze non ne sarebbe uscito con qualche ginocchio sbucciato, ma di certo non credeva che le perdite fossero così significative. Circa mille soldati erano morti in battaglia, contro a malapena una guarnigione di duecento. Certo, era anche vero che Graze era una roccaforte quasi inespugnabile, e che Renvall non aveva inviato rinforzi, e dunque una vittoria del genere era più che accettabile, nonostante quella enorme perdita di uomini. Continuò a camminare alla testa delle sue truppe, squadrando uno ad uno la prima fila. Heartless, dispensatori di morte. Un esercito come il suo poco o nulla aveva da temere. Ogni Heartless era forte più di un uomo, ed in grado di sopportare molti colpi prima di cadere. Eppure, il re di Hyrule era nervoso. Certamente Renais avrebbe venduto cara la pelle. Il suo pensiero andava anche ai duecento Heartless inviati al Monte Morte. Abbastanza da tenere testa e sconfiggere i Goron. Montò sul suo cavallo, nero come la notte e fece un cenno ai suoi soldati, che si misero in marcia verso Renais. Dietro di lui, Castel Graze era stato dato alle fiamme.

Il Monte Morte teneva fede al suo nome: era un altissimo vulcano attivo si stagliava per circa ottocento metri. Il sentiero che conduceva al monte era costellato di geyser, e in alcuni punti era necessario arrampicarsi su delle reti di metallo, dato che la roccia era perfettamente liscia e priva di appigli naturali. Superata una stretta gola, il sentiero terminava in un’ampia valle, dove la temperatura iniziava a salire vorticosamente, a causa della vicinanza al vulcano. La valle era chiusa alla sinistra da un enorme portone in legno, che sbarrava l’accesso al vulcano e quindi al villaggio dei Goron. Un costone roccioso portava alle terme. Alla base del vulcano era scavata una profonda miniera.
Nonostante la presenza di pietre preziose nel sottosuolo del vulcano, mai nessuna guerra era stata combattuta per esse, un po’ per il rispetto che c’era per la razza dei Goron, ma soprattutto perché il calore era sopportabile solo dagli abitanti del vulcano.
Ciononostante, una fiumana nera ora risaliva rapida il sentiero. Un Goron posto come sentinella lungo il percorso la guardò inorridito. Un Goron normale era alto all’incirca il doppio di un uomo adulto, e possedevano un corpo nerboruto. Parzialmente composti di roccia, la loro pelle era molto più resistente di quella umana. Si accartocciò su se stesso, iniziando a rotolare lungo il pendio conducente al villaggio.

“Principe Ephraim!”
Il principe si voltò verso il cavaliere.
“Anche Frelia è arrivata.”
Eprhaim si sporse dalle mura per vedere. Sotto di lui, ordinatamente, i rinforzi da Frelia affluevano con regolarità all’interno della città.
“Molto bene, Seth. Dai disposizioni.”
“Eprhraim, amico mio!”
“Innes…”
Innes, il principe di Frelia, si avvicinò ad Eprahim, dandogli una pacca sulla spalla.
Aveva più o meno l’età di Ephraim, ed era poco più alto. Aveva i capelli lunghi fino alle spalle, biondo scuro, e gli occhi verdi. Indossava una lunga tunica celeste, con i bordi dorati. Da sotto le maniche, non abbottonate, uscivano due guanti, che coprivano solo l’indice e il pollice. Alla vita aveva una cinta con una fibbia elaborata, e portava un paio di stivali di cuoio alti fino al ginocchio. A tracolla portava una faretra e un arco lungo finemente decorato.
“Allora, guerra in vista, eh?”
“Già.”
“Allora, facciamo una scommessa.”
“Una… Scommessa?”
Innes annuì. “Se io uccido più nemici di te, esco con Eirika, se invece ne uccidi più tu, esci con Dana.”
“Innes, sai che è una scommessa idiota, vero?
“Okay, andata.”
Ephraim sospirò. Quando Innes diceva una cosa, doveva essere quella. Senza obiezioni.
“Beh, io vado a dare istruzioni ai soldati, ciao!”
Alzò la mano come saluto, e scese dalle mura, diretto alla piazza.

“Arrivano, roccia.”
Settanta Goron erano allineati dietro l’enorme portone che sbarrava la via agli Heartless. La tensione nell’aria era quasi palpabile. D’un tratto, si sentì uno schianto. Un altro. Un altro ancora. Al quarto tentativo, il portone schizzò all’indietro, schiantandosi a pochi metri dalla prima fila. Duecento esseri neri fissavano le loro prede con i loro occhi gialli.
Un Goron, leggermente più alto degli altri, e con dei pezzi di armatura addosso, diede il segnale dell’attacco.
“Addosso!”
I Goron si appallottolarono, caricando i loro nemici, che corsero loro incontro.

“Finalmente…”
“Andiamo Rennac, quante storie per un semplice mal di mare!”
Rennac si limitò a lanciare un’occhiataccia a L’Arachel. Durante il viaggio via mare, aveva vomitato anche l’anima.
Porto Kiris era una semplice cittadina portuale. Essendo costruita sulla costa, le case erano rovinate dalla salsedine. Tuttavia, era un’importante centro di scambio di merci, sia con Raust che con Costa del Sol. I soldati scendevano ordinatamente dalle navi, mentre L’Arachel si stiracchiava.
“Lady L’Arachel.”
“Mh?”
“I soldati saranno pronti a breve.”
“Molto bene.”
“Se non sono indiscreto, posso farle una domanda?”
L’Arachel annuì.
“Come mai stiamo andando a dare manforte a Renais? Non sarebbe stato meglio attaccare Jehanna?”
L’Arachel cercò una scusa convincente: non poteva certo dire che stavano andando a combattere solo perché voleva vedere Ephraim.
“Semplicemente perché attaccare Jehanna con a malapena trecento soldati sarebbe un suicidio.” Si intromise Rennac “Mentre attaccare a battaglia iniziata, quando entrambi gli eserciti sono stanchi, una carica può spezzare le linee nemiche e cambiare le sorti della battaglia.”
“Capisco. Chiedo scusa per la mia ignoranza.”
L’Arachel gli batté una mano sulla spalla.
“Non preoccuparti!”
Il soldato rimase interdetto, mentre Rennac sospirò sconsolato.
“Tali genitori, tali figli.”

“È ora di partire, capitano.”
Caellach rimase immobile, a guardare il suo signore.
Gli ribolliva il sangue nelle vene: era convinto che lui avrebbe guidato l’assalto a Renais. Invece, aveva appreso che Jiol in persona avrebbe attaccato la città nemica. E per un uomo ambizioso come lui, rimanere a fare la guardia alla città, era una condanna peggiore della morte. Si passò una mano sui capelli, stizzito, ravvivandosi i ciuffetti che ricadevano ai lati della testa. Sotto il suo sguardo, la maggior parte delle truppe di stanza della città si stava radunando per il viaggio. E lui non era tra loro. Si voltò, reprimendo un moto di rabbia, e si diresse alla sala del trono.

Nonostante la strenua resistenza, ed un iniziale vantaggio, i Goron ora stavano venendo sopraffatti. La forza di un Goron era immensa, ma l’enorme mole li rendevano lenti e poco agili, mentre gli Heartless erano quasi imprendibili. Già venti Goron erano caduti, e i restanti, stanchi ed innervositi, sembravano destinati a perire. Uno di loro crollò pesantemente a terra, troppo stanco persino per muoversi.
“Il Monte Morte, finalmente!”
Link e Zelda, in groppa a Morva, erano giunti nei pressi del vulcano. Aguzzando la vista, Link scorse la battaglia in corso.
“Il mio compito termina qui, eroi.”
Link lo guardò stupito.
“Cosa?”
“Dovresti sapere meglio di me che i Goron e i Manakete si odiano, dato che tu hai ucciso il Manakete che tormentava la tribù dei Goron, duecento anni fa.”
“Davvero?”
Il drago annuì.
“Volvagia, ricordi?”
Stavolta fu l’eroe ad annuire.
“Preparatevi a saltare.”
Morva virò alla sua destra, per far scendere al volo i due, che atterrarono nel mezzo della battaglia.
Link si aprì la strada con la Spada Suprema, ad ogni fendente corrispondeva un Heartless distrutto, mentre Zelda apriva enormi buchi nelle file nemiche con le sue frecce di luce. In meno di mezz’ora, la situazione era stata nuovamente ribaltata. A fine battaglia, i Goron avevano contato ventitre vittime.

“E così, tu sei il famoso Eroe del Tempo, roccia.”
Dopo la battaglia, i Goron avevano condotto Link e Zelda al loro villaggio. Lì, l’anziano Goron li stava aspettando. Era notevolmente più basso di un Goron, alto persino meno di un adulto. Tuttavia, possedeva ancora una forza invidiabile, ed essendo il capo villaggio, era tenuto in considerazione da tutti.
“Mentre tu sei la Principessa della Luce.”
Link e Zelda annuirono.
“Immagino voi sappiate cosa sta succedendo, e cosa questo comporterà.”
“Ne siamo a conoscenza.”
“E immagino che voi siate a conoscenza anche del fautore di questi eventi.”
Link annuì.
“Ganondorf.”
L’anziano scosse la testa.
“Temo di essermi espresso male: chi sono i fautori di questi eventi?”
Ci fu un lungo silenzio, che fu interrotto dal Goron.
“Organizzazione XIII. Sono loro che tirano i fili di questa guerra. Ganondorf e Jiol sono solo le loro mere pedine.”

Link e Zelda erano ai piedi del Monte. Dopo aver appreso tutto quello che l’anziano conosceva riguardo l’Organizzazione, il vecchio Goron aveva incaricato loro di fermare i Nessuno. Entrambi sapevano che non sarebbe stato facile, se non impossibile, ma avrebbero dovuto farlo, per la libertà di Eldolas. La loro prima tappa sarebbe stata Renais, per fermare i piani di Ganondorf.
Link suonò l’ocarina. Per molto tempo, non successe nulla. Dopo quella che sembrava un’eternità, si sentì un nitrito. Un cavallo era ai piedi del monte. I due eroi gli si avvicinarono. Link accarezzò il suo muso, mentre saliva sulla sua groppa insieme a Zelda.
“Andiamo, Epona!”
Link spronò il cavallo verso Renais, lasciandosi alle spalle il Monte Morte, ed un uomo col soprabito nero che lo osservava, nascosto.
“Link, Zelda e Epona.”disse, mentre sfogliava le pagine di un enorme libro. “Non avete speranza contro di noi.”
Un altro uomo incappucciato si materializzò alle sue spalle.
“Il Superiore vuole parlare con te.”
“Cosa vuole questa volta?”
“Vuole che tu vada ad indagare insieme al numero II ad Altea. I dettagli della missione ti saranno comunicati dal capo in persona.”
Chiuse il libro e si alzò in piedi, entrando nel varco oscuro dal quale il suo compagno era comparso.
“Ancora una missione di investigazione con quell’idiota.”
“Dovresti trattare con più rispetto i tuoi superiori.”
Entrambi sparirono, e la quiete tornò nella vallata sottostante il Monte Morte.

Zelgius percorse nervoso i corridoi del castello di Altea. L’esecuzione di Lucia era andata a monte, e durante l’interrogatorio non aveva rivelato nulla sulla Brigata dell’Alba. Inoltre, con appena cinquanta soldati, difendere il castello sarebbe stato molto difficile, in caso di attacco: della Brigata, eccetto il nome, si conosceva poco o nulla. Di loro si sapeva che il loro leader era una ragazza dai capelli d’argento, e che un membro era conosciuto per la sua bravura con la spada. Per il resto, né il loro numero né i loro volti erano noti. Forse erano in tutto quei pochi uomini che avevano rovinato l’esecuzione, o forse quelli non erano che una infima parte delle forze a loro disposizione. Zelgius scartò subito quella ipotesi: se fossero stati davvero così tanti, pensò, avrebbero già assaltato il castello. Giunse nella sua camera. Al centro di essa si trovava una armatura, completamente nera, ed uno spadone, dall’elsa dorata. L’armatura benedetta. La stessa che aveva quando aveva conquistato Altea.
D’istinto, si portò la mano al taglio sulla guancia che gli era stato inferto. Il suo nemico non l’aveva riconosciuto, del resto erano passati molti anni dall’ultima volta che si erano visti, ma lui sì.
Il suo maestro. Greil.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8: Ricordi passati ***


@Nyxenhaal89: Lo so, troppo spiccio, ma ho quasi finito gli argomenti per il primo atto. E i Goron sono stati salvati. Per quanto riguarda il libro… Forse :GURU:
@Anonimo9987465: Dei tizi fatti in parte di roccia e altri tre metri pucchosi? E si, Ganondorf è una piccola pedina, mwahahaha! Questa è la punizione per essere un boss finale troppo facile.
@Cipotta91: Grazie mille^^

Capitolo 8: Ricordi passati.

“Dunque sei tu Zelgius.”
Entrambi si trovavano in una stanza rettangolare, poco ampia, arredata spartanamente, con un’ampia finestra dal quale entrava la luce del sole, illuminando il viso del giovane Zelgius. Aveva i lineamenti da ragazzo, i capelli blu, scompigliati, e gli occhi verdi, quasi splendenti. Annuì irrequieto, teneva le braccia rigide lungo i fianchi e lo sguardo basso. L’uomo, che a quel tempo gli sembrava così possente da scambiarlo per un gigante, si abbassò alla sua altezza.
“Il mio nome è Gawain.”

Un mese passò da allora, ed i due iniziarono ad allenarsi insieme. Giorni e giorni passarono, mentre Zelgius migliorava ad un ritmo impressionante, tanto che gli si prospettava davanti una brillante carriera militare. Non solo aveva una forza notevole, ma anche una mente da stratega nato. Insieme a queste due doti, cresceva in lui anche l’ammirazione per il suo maestro: ogni volta che finivano di allenarsi, voleva sentirsi raccontare storie sulle sue imprese. E Gawain gli raccontava storie di guerra, della presa di Gra, della guerra combattuta dieci anni prima tra Altea e Hyrule, a volte gli raccontava anche dello Sterminio. Gli anni passarono, ed il rapporto tra maestro ed allievo continuava a rinforzarsi. Gawain, che nel frattempo aveva assunto a causa di una missione di spionaggio il nome Greil, aveva messo su famiglia, ed aveva avuto un figlio.
“Ti assomiglia” disse Greil, scherzoso, passandosi una mano tra i capelli castani.
“Avete già deciso che nome dargli?”
Lui annuì.
“Il suo nome sarà Ike.”

Al ventesimo compleanno di Zelgius, gli fu assegnata la sua prima missione importante.
“Andrai con Greil e altri cinque uomini ad esplorare la grotta sacra. Ulteriori informazioni ti saranno date dal tuo maestro.”
Zelgius si inchinò.
“Agli ordini, lord Cornelius.”
Quasi tre giorni di cammino furono necessari per arrivare alla grotta.
“Cosa cerchiamo, maestro?”
“Secondo alcuni testi, nella grotta dovrebbero essere custodite delle reliquie di due eroi dello Sterminio.”
“Reliquie?”
Greil annuì.
“Ci servono in caso di guerra. Si narra che le armi degli eroi siano magiche, che abbiano la forza di spaccare il cielo e la terra.”
Zelgius ascoltò interessato.

La grotta era enorme. Si accedeva tramite una entrata bassissima, e da cui usciva acqua gelata. Si proseguiva poi su dei costoni molto stretti, fino ad arrivare ad un lago, su cui si schiantava una cascata. Una volta risalita, si estendeva un lago grande il triplo del precedente. Da lì, si dipanavano due gallerie.
“Allora, io e voi tre andiamo da questa parte.” disse Greil, indicando la galleria di sinistra. “ Voi tre andate a destra.”
I due gruppi si divisero, e dopo qualche tempo Zelgius e i suoi due compagni si trovarono di fronte ad altre gallerie.
“E adesso?” fece uno di loro.
Da questa parte.
“Avete detto qualcosa?” chiese il giovane.
I due soldati scossero la testa.
Da questa parte.
“Tu prendi la galleria centrale, tu quella di sinistra.”
“Agli ordini!” dissero quelli, entrando nelle gallerie.
Zelgius seguì la misteriosa voce, svoltando in cunicoli sempre più stretti. Sembrava attirarlo come un magnete. Proseguì a lungo il suo cammino, fino a quando si trovò in un’ampia sala circolare, troppo regolare per essere opera della natura. E addossata al fondo di una parete, si trovava una armatura, nera come la pece, e due spadoni finemente decorati. E al centro, si trovava una figura evanescente di donna.
“Chi sei tu?”
Voi umani mi chiamate Din.
“No… Non è possibile.”
Lo è. Sono Din, la dea della Forza.
“Perché mi hai condotto qui?”
La figura si mosse verso le reliquie.
L’armatura nera, e le due spade sacre. Alondite e Ragnell.
Anche Zelgius si avvicinò alle armi.
Io, Din, dea della Forza, dono a te, Zelgius, questa armatura benedetta e la sacra spada Alondite!
Il giovane avvicinò la mano tremante all’elsa della spada. La strinse, ma appena lo fece, cadette a terra urlando di dolore. Nella sua mente vedeva cose terribili, e il volto di Din che gli ripeteva sempre la stessa frase:
Tu ora hai il potere di conquistare il mondo sotto il mio nome. Va e conquistalo.
Gridò sempre più forte, finché, stremato, cadde in ginocchio, il volto ormai ridotto ad una smorfia di dolore e gli occhi fuori dalle orbite, mentre stringeva Alondite nella mano destra.
I suoi compagni accorsero dopo poco tempo, richiamati dalle grida. Trovarono il giovane, fradicio di sudore e tremante nella stessa posizione in cui Din lo aveva lasciato. Un soldato gli si avvicinò, mentre Zelgius si alzava lentamente in piedi.
“Signore, sta bene?”
Fu un attimo. Zelgius si girò di scatto, trapassando l’uomo da parte a parte.
“Mai stato meglio.” Disse, impassibile.
Con un tonfo, il cadavere cadette a terra, mentre gli altri soldati guardavano impietriti dal terrore la scena. Ad un tratto, uno di loro, riscossosi dal terrore, gli domandò:
“Signore, perché l’ha fatto?”
Zelgius alzò lo sguardo.
“Ora io ho il potere di conquistare il mondo sotto il suo nome.” ripetè, freddo”Voi siete le prime vittime che verranno immolate alla dea.”
I soldati gli si lanciarono contro, mentre Greil fissava ancora sgomento ciò che stava succedendo. In poco tempo, i soldati caddero a terra, morti.
“Zelgius.” mormorò il maestro.
“Gawain. Perché sei stato il mio maestro, ti concedo di combattere ad armi pari.” Disse, indicando con un gesto della testa Ragnell“Prendila e combatti.”
“Zelgius.” Ripeté.
“Non mi hai sentito?”
Costretto dal tono secco del suo allievo, Greil raccolse riluttante la spada.
“Ecco, così. Questa non è più un’esercitazione.”
“Zelgius, smettila con questa stronzata!”
In risposta, il ragazzo gli puntò contro il collo Alondite.
“Questo è il volere della dea.” Disse, secco “E tu non puoi fare nulla per contrastarlo.”
Combatterono a lungo. Zelgius aveva una tecnica impeccabile, ma mancava di esperienza. Tuttavia, questo svantaggio veniva colmato dallo stile di Greil: abituato a maneggiare asce, aveva perso dimestichezza con le spade. Inoltre, si limitava a parare i colpi, non volendo ferire il suo allievo. Zelgius, conscio di questo, poteva andare completamente all’attacco. Un colpo riuscì a superare la difesa di Greil, ferendolo al fianco. Ragnell gli scappò di mano, cadendo tintinnante al suolo, mentre si teneva il fianco sanguinante con una mano.
“Hai perso.” Disse, glaciale “Addio.”
Lo trapassò con la spada. Greil emise un gemito di dolore, cadendo di faccia, mentre Zelgius lo superava, iniziando ad indossare l’armatura nera.
“Riposa in pace.” Gli disse, dirigendosi verso l’uscita.

“Molto bene. Davvero impressionante.”
Zelgius si voltò. Jiol gli venne incontro battendo le mani.
“Hai ucciso da solo ben quaranta uomini, senza ricevere un graffio.”
“Chi sei tu?”
“Hai ragione, perdona la mia cafonaggine.” Disse “Il mio nome è Jiol, re di Gra. E il tuo?”
“Zelgius.”
“Bene Zelgius. Ho una proposta da farti.”

Divenne il generale capo dell’esercito di Gra. Non aspettava altro che un passo falso di Jiol, per diventare il nuovo re. E allora, il mondo intero sarebbe stato dominato sotto il potere di Din.

“Re Ephraim! Re Ephraim!”
Seth entrò di corsa nella sala del trono del palazzo di Renais, rischiando di inciampare.
“Seth, cosa succede?”
“I ricognitori ci hanno informato che l’esercito nemico arriverà qui domani all’alba.”
Ephraim si alzò dal trono.
“Prepara i soldati e falli mettere ai loro posti.”
Seth annuì, uscendo di corsa dal palazzo.

La notte sopraggiunse. Link e Zelda avevano trovato riparo poco oltre il confine di Hyrule. A conti fatti, il giorno dopo sarebbero arrivati in vista di Renais.
“Link?”
“Sì?”
“Pensi che andrà tutto per il meglio?”
Link si girò a guardarla.
“Non siamo mai riusciti ad uccidere definitivamente Ganondorf. E l’Organizzazione… saremo in grado di sconfiggerla? E-”
Link la baciò.
“Ne sono certo.” Disse, guardandola negli occhi. “Ganondorf morirà, e l’Organizzazione sarà sconfitta.”
Zelda annuì, abbracciandolo, e si addormentarono così.

Bianco.
Tutto bianco.
Aprì gli occhi, venendo accecato da quel colore così insistente.
“Dove… Sono?”
Appena gli occhi si abituarono, guardò intorno a sé. Era seduto su un trono altissimo, e intorno a lui ne erano presenti altri dodici.
“Questo posto è… Familiare.”
Si accorse che altre dodici persone erano sedute su quei troni.
“Chi sono?”
Si svegliò di soprassalto.

“Ike, attacchiamo.”
Il ragazzo si girò verso i suoi compagni. Annuì.
“Procediamo con il piano.”
Il gruppo si avvicinò di soppiatto alle mura. Lanciarono un paio di rampini ed iniziarono ad arrampicarsi, fermandosi all’altezza dei merli. Titania si sporse poco oltre il bordo e, ad un cenno di Ike, saltò sulle mura, sorprendendo due guardie.
Rapidamente, i membri della brigata furono sulle mura.
Soren, con un gesto, li fece dividere in due gruppi. Leonardo sorprese una guardia, uccidendolo con una sua freccia, mentre gli altri iniziavano a scendere dalle mura. Purtroppo, una sentinella li vide e diede l’allarme. Dopo qualche minuto, i soldati già incominciarono ad accorrere.
“Ed ecco che il piano va a puttane.” Commentò Shinon, uccidendo l’uomo che aveva dato l’allarme “Grandioso.”

Zelgius entrò nella sua stanza. Prese l’armatura nera e iniziò a mettersela, allacciandosi il mantello e per finire l’elmo. Si mise alla cintura Alondite, e si diresse verso la piazza. Il cavaliere nero era entrato in azione.

“Non è cambiata per niente.”
“Già.”
Quattro persone, avvolte in un mantello da viaggio, stavano fissando il grande portone che dava accesso alla città di Jehanna.
“Sai che è un suicidio, vero?”
“Gerik, amico mio, sai benissimo che ce la siamo cavata da situazioni peggiori.”
L’uomo che rispondeva al nome di Gerik scosse la testa.
Da sotto il cappuccio si vedevano i capelli e la barba bionda, ed una cicatrice orizzontale sul volto.
“Ma è anche vero” Si introdusse un altro “che non eravamo quattro contro duecento.”
Da sotto il cappuccio, degli arruffati capelli biondo chiaro e dei sottili occhi blu si potevano vedere.
“Dettagli, Saleh, dettagli.”
“Ma dettagli leggermente significanti.” Aggiunse l’ultimo, dalla voce femminile.
“Insomma, mi aiuterete o no?”
La ragazza annuì, seguita da tutti gli altri. Delle ciocche di capelli rosa uscivano dal cappuccio.
“Siamo con te.”
“Siamo talmente folli da accettare.”
Il ragazzo annuì.
“Grazie.”
Si diressero alla porta.
“Buonasera.” Disse.
“Altolà! Non è possibile entrare a Jehanna a quest’ora.”
“Davvero? Le cose sono cambiate un po’ da quando sono partito.”
Un soldato lo minacciò con una lancia.
“Mostrati!”
“Va bene, va bene, cedo alla violenza.”
Si calò il cappuccio, mostrando un cappello tricorno nero e con legature di cuoio, dei capelli rossi poco più lunghi delle spalle, e degli occhi dello stesso colore.
“Non è possibile! Tu dovresti essere morto!”
“E invece è possibile. Joshua, il principe di Jehanna, è tornato.”
Con un rapido gesto, il ragazzo prese una spada da sotto il mantello e diede due rapidi fendenti alle guardie, uccidendole.
Saleh prese un libro e recitò delle parole arcane, ed il cancello fu abbattuto da un fulmine, schiantandosi all’interno della città con un fragore tremendo.
“Che la dea bendata ce la mandi buona!” Ruggì il principe, correndo verso il palazzo regio, imitato dagli altri tre.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 9: Sturm und Drang ***


Chiedo venia se non rispondo direttamente alle recensioni, ma non saprei cosa rispondervi D: Perdonoperdonoperdono… Sappiate però che vi voglio bene.

Capitolo 9: Sturm und Drang

“Cazzo, siamo davvero nella merda.”
Shinon e Titania si ritrovarono accerchiati dai nemici. Uno di loro venne abbattuto da un colpo d’ascia della donna.
“Pensa a salvarti il culo, idiota.”
Shinon ridacchiò, mentre uccideva una guardia davanti a se con un colpo di coltello.
“Cosa hai da ridere?”
“Nulla in particolare.”
Poco più avanti, Soren apriva la strada, grazie alle sue folate di vento, a Zihark, mentre dietro di lui Rolf forniva copertura con le frecce. Laura, intanto, si occupava degli arcieri sulle mura, aiutata da Leonardo. Micaiah era indietro, abbattendo i nemici grazie ai suoi incantesimi, mentre Rhys e Mist avanzavano, scortati da Mia, che si occupava di ogni singolo uomo che le stava davanti con potenti e precisi colpi di katana. Intanto, Titania aveva aperto un varco nei suoi assalitori, permettendo a Shinon di mettere distanza tra lui e la mischia.
“Ike dov’è?” chiese Micaiah, quasi urlando per il frastuono della battaglia.
“Dove volano i cadaveri.” Rispose in tono ironico l’arciere dai capelli rossi.

“Arrenditi.” Disse un soldato, sprezzante. “Sei solo e circondato.”
Ike lo guardò negli occhi. Uno sguardo talmente risoluto, da farlo vacillare.
“Quello sguardo-”
Prima che potesse rendersene conto, Ike lo colpì con un pugno, mandandolo per terra, e poi lo infilzò con la spada.
“… L’ho già visto…” concluse il soldato, morendo.
Il ragazzo non gli diede peso, mentre con un fendente sollevò da terra tre soldati, facendoli sbattere contro una casa, in un tintinnare di corazze. Un nemico gli si parò davanti, provando a colpirlo con la spada, ma Ike lo parò e si liberò di lui con un calcio, mentre effettuò un tondo, aprendo uno squarcio nell’armatura di un soldato; con la mano libera tirò un violento pugno in faccia ad un altro soldato, che barcollò ed urtò contro due suoi compagni che si stavano avventando contro il giovane. Ruotando su se stesso, vibrò un fendente mortale, tagliando di netto la testa di un soldato.
“Chi diavolo è quello?” chiese impaurito un assediato ” È una furia!”
Uccisi con rapidi colpi tutti quelli che lo accerchiavano, Ike si arrampicò sulle mura, spingendo di sotto un oppositore che gli era venuto incontro, mentre esegui un flèche su un arciere che lo stava per colpire. Si girò in tempo per parare un colpo di spada, trapassando con un affondo l’attaccante. Corse lungo le fortificazioni, uccidendo chi gli sbarrava la strada, a volte colpendoli con la spada, a volte spingendoli di sotto, finché non si trovò la strada sbarrata da un uomo che indossava un’armatura nera.
“La tua vita finisce qui.” Commentò Zelgius, mettendosi in posizione di guardia.

All’interno delle mura, la situazione volse rapidamente a favore della Brigata: non si contavano perdite e, quando uno di loro veniva ferito, Rhys e Mist fornivano supporto medico, curandoli grazie alla loro magia.
“Finalmente” Commentò Zihark, vedendo che tutte le truppe rimaste in città si stavano concentrando su di loro.
“Soren, se ci facessi la cortesia…” disse Shinon.
Il ragazzo, impassibile, aprì il suo libro, mentre iniziava a recitare una lunga formula. La prima linea degli assediati trovò la morte per mano di Titania, Lucia e Zihark, che formavano un muro impenetrabile.
“Spostatevi” disse Soren.
Il trio ubbidì, mentre attorno a Soren il vento iniziava a farsi più violento. Il ragazzo stese davanti a sé la sua mano, mentre il gruppo di soldati avanzava ignaro verso la propria fine.
“Excalibur” disse, quasi in un sussurro, ed il vento spirò verso i nemici con una violenza tale da sembrare una lama. I soldati vennero proiettati con violenza all’indietro, mentre squarci si aprivano sui loro corpi, lasciando uscire una quantità di sangue tale da tingere la strada di rosso. Chi era rimasto in vita – ed erano ben pochi – implorava la morte, tanto era il dolore che provava in quel momento; quei pochissimi che erano stati abbastanza fortunati da ricevere ferite superficiali, giacevano a terra esausti ed intontiti dalla potentissima folata di vento.
“Credo che sia giusto farli smettere di patire” disse Zihark, che passò tra i corpi infilzandoli uno ad uno.

Nessuno aveva notato una figura incappucciata che era seduta sul tetto di un campanile lì vicino. L’uomo  sfogliò interessato il suo libro, fino a che trovò la pagina che gli cercava. La lesse in un attimo, poi chiuse il tomo.
“Soren, uno dei possibili candidati per il titolo di Mago Supremo. Excalibur, la magia elementare di tipo vento più potente. Il suo Nessuno potrebbe farci comodo.”
Spostò lo sguardo verso Lucia.
“Trovata.” Si limitò a dire, sparendo “Prima di quell’idiota del numero II.”

Se ad Altea le cose erano ormai volte a favore dei ribelli, a Jehanna la situazione non era così rosea. Complice la abissale inferiorità numerica, i quattro avevano molte meno possibilità di vittoria della Brigata.
“Marisa, ricordami di picchiare Joshua così tanto che non lo riconoscerei nemmeno io, se ne usciamo vivi.” Disse Gerik, mentre con la sua spada tagliava un braccio ad un soldato di Gra.
 Marisa si liberò di tre suoi avversari con un rapido colpo di spada, mentre annuì, in risposta alla domanda del suo commilitone.
Joshua, dal canto suo, era troppo impegnato a combattere per rispondere, quindi esclamò soltanto un ‘Ehi!’. Si liberò di qualche nemico, dopodiché si rivolse a Saleh.
“Saleh, piazza pulita!”
Il mago allora prese a ‘bombardare’ le linee nemiche con fulmini, finché, notando che erano troppi per abbatterli con pochi fulmini, decise di usare la sua magia più potente.
“Levatevi” ordinò.
Il cielo si rannuvolò all’istante. Gli assediati si fermarono in un istante, mettendosi ad osservare il cielo, attoniti. Non fecero in tempo a realizzare quello che stava per succedere, in quanto Saleh terminò la formula magica in un attimo.
“Rexbolt” disse, la voce che sembrava una lama.
In un attimo, un gigantesco fulmine si abbatté sui soldati nemici, seminando la morte nelle loro file. Non tutti erano morti, quindi Gerik indicò al principe di correre verso il palazzo. Joshua fece come suggeritogli, uccidendo coloro che gli sbarravano la strada.
“Saleh, una domanda.”
“Hm?”
“Non potevi usarlo prima quell’incantesimo?”
“E dove sarebbe stato il divertimento?”

Il sole iniziava a sorgere, tingendo il cielo di rosa. Ephraim, bardato nella sua armatura scintillante, guardò davanti a sé. Era irrequieto, l’armatura quasi tintinnava per quanto tremava. Eirika gli posò una mano sulla spalla, rassicurandolo un po’. Il silenzio durò poco: si iniziarono a sentire i cupi rumori dei tamburi di guerra, il suono dei corni riempì l’aria. Dall’alto delle mura, Innes vide l’enorme esercito che si disponeva ordinatamente fuori dalla portata degli arcieri.

Joshua percorse correndo i numerosi corridoi del palazzo di Jehanna. Poche guardie erano presenti, ed erano state massacrate dalla furia del principe. Girò a sinistra, trovandosi nella sala del trono. Seduto al centro della stanza, c’era Caellach, l’occhio di tigre.
Si alzò, guardando dritto negli occhi Joshua.
“Allora sei tu la causa di tutto ciò. Non che la cosa mi sorprenda.”
“Nemmeno a me sorprende vederti qui.”
“Joshua, ricordi i tempi in cui combattevamo insieme?”
Il rosso annuì.
“Eravamo io, tu, Gerik e Saleh, se non sbaglio.”
“Non sbagli. Tuttavia, non sono qui per rivangare il passato.”
“Questo lo avevo capito.”
“Ho fatto un patto con mia madre. Lei mi ha concesso il permesso di girare il mondo e di combattere come mercenario, ma quando sarebbe venuto il momento, avrei dovuto prendere le mie responsabilità come re. Sai cosa significa?”
Caellach annuì.
“Significa che devi uccidermi.”
“Un’ultima cosa. Sei stato tu ad uccidere mia madre?”
“Sì, l’ho uccisa io, con le mie mani. È la guerra, Joshua.”
“Lo so, ma questo non significa che io ti perdoni.”
“Non mi serve il tuo perdono. Ti ucciderò in questa stanza, dove ho ucciso tua madre, ucciderò chiunque si opponga a me, e diventerò l’Imperatore di Crimea!”
Caellach sollevò da terra la sua ascia.
“Pronto per morire, re?
“Non sarò io a morire, imperatore.”

“Saleh, sei inutile.” Accusò Gerik.
“Una magia così potente non può essere usata a sproposito.” Si difese il mago.
“Ciò non cambia il fatto che sei inutile.”
In breve tempo, i tre vennero accerchiati nuovamente dai nemici.
“Piantatela, voi due.” Intervenne la ragazza “Abbiamo altro a cui pensare.”
Gerik affondò la sua spada nelle carni di un soldato, poi con un fendente ne abbatté un altro; Marisa, per quanto era veloce, sembrava non muoversi, ed intorno a lei i soldati cadevano come mosche; Saleh apriva varchi tra i nemici grazie ai suoi fulmini. Tuttavia, erano allo stremo, e sapevano bene che se non fosse accaduto qualche miracolo, non ne sarebbero usciti vivi.
“Saleh, qualche idea?”
Saleh sorrise.
“Arriva la cavalleria.”
A quell’affermazione, alcuni soldati di Gra si voltarono verso la direzione indicata dallo sguardo del mago.
I cittadini si erano fatti coraggio e si erano armati. Il loro numero era almeno tre volte maggiore di quello degli occupanti.
“Arrendetevi.” sentenziò Marisa “Non avete scampo.”
I soldati, ormai messi alle strette, deposero le armi.

Ike schivò con un movimento del capo un tondo, contrattaccando con un fendente, che venne parato dal cavaliere grazie alla sua armatura.
“Cosa? Ragnell può tagliare persino il Mithril!”
“Sorpreso, ragazzo?”
Ike fece un passo indietro, mettendosi in posizione di guardia.
“La tua spada, Ragnell, ti è stata data da tuo padre, Gawain - o dovrei dire Greil?”
“Come fai a conoscere mio padre?”
“Conosco molte cose di te, Ike.”
Il ragazzo rimase spiazzato.
“Chi sei?” chiese.
“Sono il prescelto della Dea.” Spiegò Zelgius. “Non ti serve sapere nient’altro.”
Il cavaliere mirò alle gambe, ma Ike evitò il colpo saltando. Ciò lo rese vulnerabile al pugno di Zelgius, che lo scaraventò a terra. Il ragazzo si rialzò in piedi, in tempo per parare il successivo affondo, deviando la lama di lato, spingendolo verso la merlatura, tentando di farlo cadere; ma Zelgius era un avversario troppo abile ed esperto per farsi ingannare in questo modo: mise un piede su un merlo e fece forza, poi diede una gomitata in pieno volto al suo avversario, facendolo barcollare pericolosamente, per poi provare un tondo rivolto al suo collo. Ike lo schivò abbassando la testa, ed effettuò un montante.
“Oh.” Disse Zelgius “Non sei male.”
Ciò che lo turbava maggiormente era la piccola crepa presente sull’armatura, dove Ike aveva appena colpito.
In quell’attimo di distrazione, Ike vibrò un colpo diretto al collo, ma Zelgius lo parò, abbassandosi all’ultimo momento e facendo così in modo che l’elmo cadesse.
“Tu…”
“Ne è passato di tempo, Ike.”
“Zelgius, tu hai… Ucciso mio padre…”
“Dunque eri presente quella notte? Se l’avessi saputo avrei ucciso anche te.”
Il volto di Ike si trasformò in una maschera d’odio e di rabbia. Saltò contro il Cavaliere, tirando un fendente, mentre Zelgius si piegò di poco, intercettando la spada. L’urto fu tale che le mura vennero percorse da leggeri solchi.
“Eh, non male.”
I due continuarono a tentare di colpirsi, ma tutti i colpi venivano intercettati dalle rispettive spade.
Poco lontano, Mist assisteva allo scontro. I due continuarono ad equivalersi per un lungo periodo di tempo, poi Ike scivolò, e Zelgius gli infilò la spada nella spalla, per poi buttarlo a terra.
Mist osservò sconvolta la scena. Presa da una rabbia incontrollabile, ignorò tutti i consigli degli altri e corse incontro al cavaliere, brandendo una spada che aveva preso da un cadavere, e lo attaccò alle spalle.
“Osi attaccarmi, figlia di Gawain? Molto… Divertente. Va’ via, e ti sarà risparmiata la vita.”
Mist tremava.
“Hai portato via mio padre. Hai portato via mio fratello. Mi hai portato via tutto! Anche se non ho nemmeno la minima speranza contro di te, io non ti perdonerò mai!”
La ragazza caricò il cavaliere urlando; un urlo di dolore misto a rabbia. Zelgius la mise al tappeto con  una singola mossa.
“Addio.”
Mist chiuse gli occhi. La lama scese rapidamente verso il suo cuore, ma prima che ciò potesse succedere, si fermò.
La ragazza riaprì gli occhi, vedendo il petto del cavaliere trapassato da Ragnell.
“La… Corazza… la benedizione… La Dea, aveva… scelto… me…”
“La Dea ha riconsiderato la sua scelta.” Disse Ike.
Zelgius cadde in ginocchio, mentre la vita fuggiva dal suo corpo.
“Abbiamo ripreso Altea.” Disse Ike, innalzando Ragnell, che diventò scintillante alle prime luci del sole.

“Sei migliorato, amico mio.” disse Caellach, che iniziava già ad avvertire la fatica. Joshua, invece, era ancora fresco come una rosa, e schivava con abilità i colpi d’ascia del suo avversario.
“Tu invece sei diventato più scarso.”
A quella provocazione, l’occhio di tigre scattò in avanti, calando l’ascia sulla testa del rosso, che la evitò semplicemente, per poi contrattaccare con un tondo. Caellach fu costretto a lasciare la presa sull’ascia, ed evitò il colpo saltando all’indietro, e rotolò lateralmente per evitare il successivo tondo. Sollevò l’ascia da terra e, roteandola sulla sua testa, la calò con una foga tale che spaccò il pavimento, fermando in questo modo l’avanzata del rosso, che si trovò costretto a scartare di lato per evitare il successivo colpo d’ascia di Caellach. L’attenzione dei due fu ben presto catturata dai rumori provenienti all’esterno. L’occhio di tigre sfruttò l’occasione, dando una testata al volto del principe, mandandolo al tappeto. Alzò l’ascia, pronto a colpire, ma con una spazzata da parte del rosso cadde a terra anche lui. Si rialzarono simultaneamente, distanziandosi di poco, poi Joshua deviò il colpo d’ascia che gli arrivò frontalmente, ma non fece in tempo a schivare il pugno, che gli fece uscire il sangue dal naso. Barcollò all’indietro, cercando un’apertura nella difesa del nemico. L’occasione arrivò subito dopo: Caellach provò un tondo diretto al collo, così Joshua si abbassò all’improvviso e con un fulmineo flèche trapassò il petto del nemico, che lasciò cadere con un tonfo la gigantesca ascia.
“Sei davvero… Migliorato… Re.”
“Requiescat in pace, Imperatore.”
Con un movimento secco, estrasse dal petto di Caellach la spada, mentre il corpo dell uomo crollò a terra, con un tonfo.
Gerik, Marisa e Saleh entrarono nel palazzo, in testa alla folla. Gerik alzò la spada in aria.
“Lunga vita a re Joshua, sovrano di Jehanna, la perla del deserto.”
Tutti imitarono il mercenario, alzando le loro ami improvvisati, urlando dalla gioia.

“Entro mezzogiorno dovremmo arrivare a Renais.” Dichiarò Link, spronando il proprio cavallo.
Passarono per un sentiero poco battuto, per evitare di incontrare guarnigioni nemiche.
“Ganondorf dovrebbe iniziare l’attacco a momenti.”
Zelda guardò decisa davanti a sé, ben conscia del fatto che, indipendentemente dal risultato, la vera vincitrice di quella battaglia sarebbe stata l’Organizzazione.

Note dell’Autore:

Phew! Manca pochissimo alla fine del primo atto, massimo due capitoli, che ho deciso di chiamare ‘Guerra di Crimea’. Perché? Lo scoprirete in seguito (forse)!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 10: Per Renais ***


@Nyxenhaal89: Ma povero piccolo Zelgy, perché nessuno lo capisce? Grazie della recensione!
@Cipotta91: Non ti preoccupare, ma chere, il tempo è tiranno^^ Ma povero piccolo Gany, perché nessuno lo capisce? Grazie anche a te, per i baci e la recensione!
@Anonimo9987465: Bene, sappiamo la storia del fail, e per l’Hack ‘n’ Slash, ti posso dire che non era richiesto dalla trama, e mica mi chiamo Rowling, io! E poi, beh, se non combatti vieni annichilito, se combatti e ‘vinci’ te la cavi con le ossa rotte u.u

Ed ora, mesdames et messieurs(sì, il mio francese è pessimo), il capitolo 10, dopo un abomino di tempo!

Capitolo 10: Per Renais

Ephraim volse di nuovo lo sguardo verso l’enorme macchia nera. Stava quasi tremando, non per la paura di dover affrontare quelle creature, ma per il pesante fardello che doveva portarsi sulle spalle: non poteva perdere. Perdere la battaglia significava perdere la libertà. Una libertà secolare: mai Renais l’aveva persa, dal giorno della sua fondazione, subito dopo la fine dello Sterminio, a voler indicare che dopo quel sanguinoso conflitto, ci sarebbe stata una rinascita – da lì il nome della città. Perdere la libertà, secondo Ephraim, era peggio della morte. Si ritrovò a pensare che fosse l’esatta copia di suo padre: da piccolo lo ascoltava sempre a bocca aperta, quando parlava di libertà e onore, voleva diventare come lui. E lo era diventato.
O meglio, quasi pensò.
Si voltò verso i soldati. Stavano aspettando il discorso del loro re, per essere rinfrancati, perché loro avevano paura di perdere la loro libertà, come il loro re. Ephraim rivolse lo sguardo verso Marth e Eirika. Annuirono, sorridendo.
Diede di nuovo un fugace sguardo all’esercito nemico, poi tornò con lo sguardo sulla folla.
Odio queste cose pensò.
“Figli di Renais!” gridò “Oggi siamo chiamati in causa, ognuno di noi, a combattere per ciò che ci sta più a cuore, per le nostre vite, per le nostre famiglie, per la nostra LIBERTÀ.” Si fermò ad osservare di nuovo la macchia nera “Non abbiate timore di morire per Renais! Perché fin quando anche un solo uomo rimarrà a combattere per essa, Renais non perderà la propria libertà! In alto le spade, in alto gli scudi! Renais non cadrà oggi, non cadrà domani, non cadrà mai!”
I soldati levarono le loro armi al cielo, gridando.
Non sarò mai un abile oratore pensò Ephraim.
La massa nera iniziò a caricare, quasi non aspettasse altro che la fine del discorso del giovane re.
“Innes!”urlò Marth.
Il principe di Frelia sorrise. Prese una freccia dalla faretra e la incoccò. L’arco sacro, Nidhogg, sembrava fremere dall’eccitazione. L’arma era composta da due serpenti scolpiti nel legno che scendevano fino a mordere le radici di un ceppo. Tese la corda, imitato dagli altri arcieri, e mirò la prima linea. Lasciò la presa, e il dardo volò a velocità folle contro i nemici, imitato da quelli degli altri arcieri, falciando la prima fila di nemici.
“Tirate!” gridò divertito Innes “Tirate a volontà! Ephraim!” si rivolse all’amico “ La scommesa è ancora valida!”
Ephraim sorrise, prima di scendere insieme agli altri soldati al cancello.
Non diede troppo peso alle parole del principe di Frelia, infatti era turbato: il nemico stava caricando a testa bassa, non c’erano baliste o catapulte in vista; possibile che contassero solo sulla forza degli Heartless, per vincere l’assedio? Davvero non avevano una strategia? Jiol e Ganondorf davvero erano così imprudenti?
“Qualcosa non torna” disse a bassa voce, rivolto più a se stesso che agli altri. Poi ricordò.
“Eirika! Le segrete!”
“Cosa?” rispose lei.
“Le segrete! Potrebbero pianificare un attacco dal basso e prenderci tra due fuochi! Eirika, Seth, Marth, prendete una guarnigione, scendete nelle segrete e fate franare il passaggio, sperando che non stiano già entrando.”
I quattro si staccarono dall’esercito di testa, prendendo con loro un gruppo di soldati, e si diressero verso il castello. Ephraim salì sul suo cavallo, in attesa che i nemici fossero abbastanza vicini al portone, in modo da poter caricare senza per questo essere troppo lontani dalla città, nel caso in cui le sue intuizioni fossero state giuste. La pioggia di frecce continuava a mietere vittime, ma il numero degli assalitori permetteva un costante avvicinamento alle mura. Alcuni Heartless portavano delle scale.
“Carica!” gridò Ephraim, notando che gli Heartless erano a portata.
I cavalieri di Renais si scontrarono contro la prima linea dei nemici, respingendoli indietro, seguiti dai fanti che provvedevano ad ammazzare i superstiti. Ephraim affondava la sua lancia nelle carni di molti nemici, prima che sentisse un rumore secco. Un’arma da fuoco. La pallottola colpì il cavallo, che cadde a terra, proiettando il giovane in avanti. Si rimise in piedi con una capriola e prese la spada di un cavaliere morto, vibrandola contro i nemici vicini, mentre con la lancia si occupava di quelli più lontani. Lo scudo lo aveva perso quando era stato disarcionato, dunque non poteva essere colpito. Ingaggiò una lotta tremenda contro molti nemici, ammazzandoli tutti, fin quando uno di essi non riuscì a superare la sua guardia. Per sua fortuna fu salvato da una freccia scoccata da Innes. Avanzò ancora nel bel mezzo della battaglia, supportato dai suoi soldati, finché un pugno in pieno volto lo gettò a terra. Si portò la mano al naso, cercando di attutire il dolore, e alzò lo sguardo. Davanti a lui, torreggiava Ganondorf, che lo guardava divertito. Il gigante gli fece un cenno con la testa, e Ephraim si voltò verso il castello: stava bruciando.
“No…” Mormorò.
Ganondorf rise. Una risata roca e buia come le tenebre. Una rabbia mai provata prima si impossessò di Ephraim. In quel momento, avrebbe voluto bruciare Ganondorf, così come ora il castello di Renais era in fiamme. E, quasi ad esaudire quel proposito di vendetta, Siegmund si incendiò, e il re di Renais la puntò contro Ganondorf.
“Incontrerai qui la tua morte.” Sibilò il giovane contro il gigante.
“Oh, no” disse quello, mellifluo, sguainando la sua terribile arma “Tu non puoi uccidermi.”
“Lo vedremo.”

“Seth! Stai bene?”
Seth aprì gli occhi, ancora intontito. Ephraim ci aveva visto giusto: numerosi gruppi di Heartless stavano risalendo attraverso le segrete. Avevano provato a far crollare l’ingresso, ma la forza di tutti quegli Heartless aveva ripulito la via dalle macerie, rendendo il tentativo vano. Per salvare Eirika, Seth si era messo un mezzo quando i massi erano stati letteralmente ‘risparati’ dentro la stanza, ed ora ad opporsi agli Heartless, che stavano mettendo il castello a ferro e fuoco, rimanevano solo quella quarantina di uomini, compresi Seth, Eirika e Marth. Il cavaliere si rimise in piedi, aiutato da Marth, prendendo la sua lancia. Gli Heartless lanciavano di tanto in tanto delle grida da far accapponare la pelle, seminando il disagio tra i soldati. Marth fu il primo ad ingaggiare il nemico, tagliando di netto la testa ad un Heartless. I soldati ripresero coraggio e li caricarono urlando, mentre Seth e Eirika uccidevano quelli che ancora entravano dal passaggio segreto.
Ironico si ritrovò a pensare Seth Quello che dovrebbe essere un passaggio di salvezza, ora potrebbe essere la nostra più grande rovina
Marth continuò a mietere vittime con la sua Falchion, ma attorno a lui i soldati cadevano come mosche, nonostante un manipolo di circa dieci soldati continuava ad uccidere i nemici quasi senza problemi. In poco tempo la sala fu quasi sgombra dagli Heartless, finché Seth e Eirika vennero proiettati dentro la stanza. Il volto di Marth divenne una maschera d’odio: davanti a lui, bardato in una pesante corazza rossa, c’era l’uomo che aveva distrutto la sua vita.
“Jiol!”urlò, in preda alla collera.
L’uomo indossò il suo elmo, e si mise in posizione di guardia con la sua lancia.
“Non interferite” sibilò Marth “Questa è una questione personale.”
Estrasse Falchion dal corpo dell’Heartless appena ucciso, che scomparve in uno sbuffo di fumo nero.
Il giovane puntò la sua arma contro il re di Gra.
“Questa è la tua fine.”

“Buttate giù quelle scale!”
Innes gridava ordini a destra e sinistra: gli Heartless erano riusciti a piazzare le scale sulle mura e si erano arrampicati fin sui bastioni. Gli arcieri avevano dovuto smettere di dare supporto ai soldati con le loro frecce e stavano tentando disperatamente di respingere l’assalto alle mura. Innes diede un calcio ad in Heartless che stava tentando di salire, spingendo di sotto la scala, schiacciando numerosi Heartless. Prese una spada dal cadavere di un soldato, e colpì con un fendente un Heartless, mentre diede un pugno ad un altro, gettandolo di sotto. Diede uno sguardo alla situazione dei soldati davanti il cancello: l’intervento del gruppo di Hector, Eliwood, Lyndis e Pent non aveva migliorato la situazione; infatti, i soldati di Renais stavano venendo ricacciati dentro le mura.
“Cazzo, ci serve un miracolo.” Bisbigliò, trapassando il collo di un nemico.

Ephraim attaccò con un affondo, che venne facilmente parato, abbassando la spada, lasciandolo così scoperto per il pugno di Ganondorf, che lo fece barcollare all’indietro; si riprese in tempo per schivare un colpo di spada. Il re passò all’offensiva con un calcio al ginocchio del nemico, che si piegò a destra, ed in seguito cercò di affondare Siegmund nel collo del re di Hyrule, ma la punta della lancia venne bloccata con il piatto della spada dei Saggi. Ganondorf tirò un calcio al petto di Ephraim che gli mozzò il fiato e lo fece ruzzolare per qualche metro. Il giovane re si rimise in piedi tossendo e sputando sangue, cercando di colpire il gigantesco essere con un colpo di taglio, ma Ganondorf piegò il collo indietro, rendendo l’attacco vano, e gettando a terra il principe spingendolo.
“Te l’ho già detto” disse, sollevando la spada “Tu non mi puoi uccidere.”
Una goccia di sangue cadde sul viso di Ephraim. Conficcata nella mano del re di Hyrule c’era una freccia luminosa.
“Lui no” disse Zelda “Ma noi sì.”
Link e Zelda scesero da cavallo, confrontandosi con il loro acerrimo nemico. Sul dorso delle loro mani, si vedeva, brillante, il simbolo della Triforza.
“VOI!” Tuonò Ganondorf “OGGI FINALMENTE VI VEDRÒ SOCCOMBERE AI MIEI PIEDI!”
“Sono quasi quattro secoli che cerchiamo di ammazzarci a vicenda.” Disse Link “Sarà una gioia liberarci della tua presenza, una volta per tutte.”
Link si mise in posizione di difesa, mentre Zelda incoccava un’altra freccia.
“Re di Renais, la guerra non è ancora finita.” Disse Zelda.
Ephraim annuì, riunendosi ai suoi soldati, che stavano venendo ricacciati indietro.
“È tempo di finirla” disse Ganondorf.

Marth attaccò il nemico con un fendente, che tuttavia non riuscì a oltrepassare la spessa corazza di Jiol. L’unica parte non coperta dall’armatura era il collo, ma Jiol non era un avversario che si faceva sorprendere: il principe di Altea doveva crearsi un apertura. Il ragazzo saltò all’indietro schivando un colpo di lancia, poi con una finta si portò alla sinistra di Jiol, provando a colpirgli il collo. Jiol ruotò, colpendo Marth con una gomitata e mandandolo a terra.
“Così non si va da nessuna parte” disse il tiranno, provando un affondo.
Il principe scansò la lancia. L’occasione era arrivata.
Bloccò l’arma del nemico a terra con un piede e saltò contro Jiol, che provò a difendersi con un pugno; tuttavia, il giovane principe fu più veloce e piantò Falchion nel suo collo. Marth cadde a terra, ma si rialzò subito.
“Questo è per mio la mia famiglia!” gridò.
L’aveva finalmente vendicata.

Zelda scoccò una delle sue frecce contro Ganondorf, che la evitò senza fatica. Link ne approfittò per portarsi dietro di lui, e lo colpì con forza, aprendogli una profonda ferita. Il re di Hyrule ruggì di dolore, dando un manrovescio all’eroe del Tempo, mandandolo a tappeto. Si girò verso la principessa, ma prima che potesse fare qualcosa, Link lo placcò, gettandolo a terra, e gli diede un pugno in faccia. Ganondorf se lo scrollò di dosso, e sollevò la sua enorme spada, parando la freccia di luce che Zelda gli aveva scagliato contro, poi provò a calarla su di Link, incontrando la resistenza del suo scudo. L’eroe spinse via Ganondorf, rialzandosi in piedi, ingaggiando un duello a colpi di spada con il re di Hyrule. Con una finta, Ganondorf entrò nella guardia di Link, mandandolo a terra con un montante, poi si rivolse verso Zelda, che gettò a terra con un pugno, ma per la seconda volta fu placcato da Link. Ganondorf rotolò per mettere un po’ di distanza tra lui e l’eroe, per poi partire di nuovo alla carica, incrociando di nuovo le spade. Mettendo più forza, il re di Hyrule fece perdere l’equilibrio all’eroe del Tempo, ma così facendo Link riuscì a passare la guardia del gigante e a infilzargli la spada in pieno petto, mentre una freccia di luce lo colpiva all’altezza del cuore.
“Abbiamo vinto noi.” Commentò Link, togliendo la Master Sword dal corpo di Ganondorf.
“Link! Renais sta cadendo!”
“No.” Disse, sorridendo “Arriva la cavalleria.”
Raust era arrivata.

In poco più di mezz’ora, la situazione si era ribaltata: grazie all’arrivo di Raust, i soldati di Renais avevano riacquisito vigore, e avevano letteralmente schiacciato gli Heartless. Altro tempo era passato, e la notte era giunta, stendendo il suo freddo velo sulla piana antistante Renais, coperta di cadaveri.
Ganondorf era ormai in attesa della morte, quando un varco oscuro apparve davanti ai suoi occhi.
“Tu…”
“Ti sei comportato bene. Un’ottima pedina.”
“Pedina?”
“Non sei mai stato altro che una pedina nelle nostre mani.”
“Tu… Bastardo.”
“Non sprecare fiato. Non ho un cuore per potermi offendere.”
Si sedette accanto a lui.
“Il grande e temuto re dell’Oscurità, nient’altro che un burattino nelle mani di noi Nessuno. Suona come qualcosa di ironico, non credi?”
“Cosa vuoi fare di me, Xaldin?”
Il Nessuno gli indicò il dorso della mano.
“Tu hai qualcosa che ci serve. E che ci appartiene.”
“Ah…”
“È inutile tentare di spiegarti, non capiresti mai.”
In un attimo, un piccolo turbine di sabbia prese a roteare, e da esso saltò in cielo una lunga lancia azzurro metallizzato, le cui estremità erano modellate per sembrare un drago stilizzato. Xaldin la afferrò al volo, roteandola in mano per qualche volta.
“Voi umani siete imperfetti. Siete schiavi delle vostre emozioni, basta promettervi il potere e siete talmente stupidi da accettare, anche se il patto viene fatto col demonio in persona.”
Si alzò in piedi.
“Addio.”
Lo infilzò con la lancia, mentre la Triforza usciva dal suo corpo. Il Nessuno la prese in mano, scomparendo nel varco oscuro dal quale era apparso.

Riapparve seduto sul suo trono. Tutti e tredici i posti ora erano occupati. Il numero I alzò al cielo le braccia.
“Le chiavi si sono risvegliate.” Annunciò.

Note dell’autore:

Fine parte uno, yeeeeeeeeeeee * Balla la danza della vittoria * Ringrazio di cuore tutti quei coraggiosi che si sono avventurati fin qui, alla fine di questo obbrobrio^^

Ne approfitto per fargli gli auguri di buon anno, sperando che questo 2011 non abbia nulla da spartire con questa ciofeca di 2010.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 11: Awakening ***


Bentornati, cari lettori! La prima parte è finita, con Marth che ottiene la sua vendetta e Link e Zelda che sconfiggono definitivamente Ganondorf! Certo, l’Organizzazione XIII ha ottenuto un pezzo di Triforza, e comunque ne è riuscita come vera vincitrice della guerra, ma tant’è! Ed ora, diamo il via alla seconda parte, ma prima la risposta alle recensioni!

@Nyxenhaal89: Ed ecco il nuovo capitolo, fresco di stampa!
@Cipotta91: Cipollina, mi fai paura da sadica o.O Grazie ancora per la recensione.
@Anonimo9987465: Niente Fanta gratis, lo sai che io sono per la Coca-Cola u.U
Ringrazio tutti per gli auguri di buon anno, e non mi resta altro da fare se non augurarvi una buona lettura.

Capitolo 11: Awakening

Il ragazzo stava cadendo nell’acqua sempre di più. Aveva gli occhi chiusi, e procedeva la sua discesa lentamente, quasi la gravità non avesse un  grande effetto su di lui. Cadeva in posizione orizzontale.
D’un tratto, lentamente aprì gli occhi: un blu così intenso, che quasi rischiarava l’oscurità che avvolgeva il ragazzo.

Ho avuto questi strani pensieri ultimamente

r e a l i
                                                    strani
o  n o ?

Sono reali… o no?

Continuò a sprofondare nell’oscurità dell’acqua per diverso tempo, incapace di muoversi. La sua attenzione fu catturata da un luminoso puntino, quasi un sole nell’oscura vastità dello spazio, che man mano che lui sprofondava, questo si ingrandiva. In poco tempo, si rivelò essere una piattaforma circolare, completamente bianca, molto grande. Quando fu abbastanza vicina ad essa, si mise automaticamente in verticale, atterrando dolcemente sui propri piedi. Smarrito, si guardò intorno, prima che una immensa luce lo investì, talmente accecante che il ragazzo dovette chiudere gli occhi.

{Destati – Kingdom Hearts}

Quando li riaprì, si ritrovò al centro della piattaforma. Adesso, mostrava le immagini di tre cavalieri, tutti e tre portavano un’armatura. Ciò che incuriosì il ragazzo fu l’arma che tutti avevano in mano: sembrava una fusione tra una spada ed una chiave.
“Key… Blade?” disse automaticamente.
Sì. Keyblade.
Il ragazzo sobbalzò: non c’era nessuno, per quanto sforzasse la vista non vedeva niente. Non c’era nulla nei dintorni della piattaforma. Solo l’oscurità.
Realizzò che la voce gli parlava direttamente nella testa.
Guardò in basso. Non vedeva il fondo.
L’arma più potente di tutte.
Il giovane si mosse automaticamente in avanti. Arrivò al bordo. Mise un piede nel vuoto. Sotto di esso, comparve quello che sembrava il gradino di una scala, fatto con un materiale simile a vetro.
Continuò a camminare, seguendo la scalinata, finché non arrivò ad una seconda piattaforma. Questa mostrava un uomo sulla quarantina, con capelli legati in una coda da un elastico rosso, baffi e pizzetto. Sulla guancia aveva una cicatrice, ed indossava degli abiti tradizionali color crema. Anche lui aveva in mano un Keyblade. Al centro della piattaforma, c’era un’area in cui era presente della luce.
Entra nel cerchio.
Il ragazzo ubbidì, e strali di luce iniziarono a ruotargli intorno vorticosamente.
Sora. disse la voce Sei stato scelto come detentore del Keyblade. Il mondo ha bisogno di te.
Gli strali si concentrarono intorno al braccio, creando una forma cilindrica; dopodiché, in un ultimo sprazzo di luce, nelle mani di Sora apparve un Keyblade: aveva la guardia quadrata, di colore dorato, e i denti erano costruiti in modo che lo spazio vuoto formasse una corona.
“Catena Regale…” mormorò.
Davanti a lui apparve un’altra scala. Salì, per arrivare ad una terza piattaforma. Vi erano raffigurate due persone: la prima era un vecchio calvo, di carnagione scura, con un folto pizzetto grigio. Indossava un lungo cappotto nero, sotto il quale portava una camiciola bianca, lunga fino al ginocchio, sopra la quale portava due cinte. Indossava un paio di pantaloni neri, infilati negli stivali. Il secondo, sebbene il suo volto fosse coperto da un caschetto, era indubbiamente più giovane. Indossava quella che sembrava una tuta, che riproduceva la muscolatura del corpo umano, di colore nero, tranne ai polsi e agli addominali, dove diventava rossa. Tenuto da una cinta color sangue, in vita indossava un gonnellino, che terminava con delle punte, sempre di colore nero, ed aveva degli alti stivali rosso scuro. Anche loro avevano in mano il Keyblade.
Il Keyblade può portare pace e guerra, a seconda del cuore del suo detentore.
L’ombra di Sora incominciò ad allungarsi alle spalle del giovane.
Non lasciare che il tuo cuore sia divorato dall’oscurità.
Sora si voltò, sentendo un rumore gutturale. Un enorme essere, di colore nero, si stagliava imponente e minaccioso su di lui.

{Destiny’s Force – Kingdom Hearts}
Sora indietreggiò di qualche passo, in preda alla paura: tutto di quell’essere gli provocava sgomento e terrore: i luminosi occhi gialli, i tentacoli che gli coprivano la testa, l’enorme buco a forma di cuore che aveva in petto.
Non lasciarti sopraffare dalla paura.
La faceva facile la voce, lei non stava fronteggiando un essere del genere!
Il mostro portò il pugno all’indietro, dirigendolo poi contro Sora. Istintivamente, il ragazzo parò il colpo con il Keyblade. L’urto fu tuttavia tale da farlo scivolare all’indietro fino all’orlo. Schivò il successivo colpo della creatura con una capriola, colpendola al polso, per poi dargli un colpo alla gamba. L’essere avvolse il proprio pugno nell’oscurità, e lo sbatté a terra con violenza. L’onda d’urto fece barcollare Sora, che venne attaccato da piccoli esseri neri e dagli occhi gialli. Con un paio di rapidi colpi, ne distrusse uno, mentre trapassò il secondo e, con un colpo in salto, fece scomparire anche il terzo. Evitò il colpo dell’essere mostruoso, e approfittò del braccio del mostro come piattaforma, assestandogli un poderoso colpo di Keyblade in mezzo agli occhi. Il mostro ruggì dal dolore, scaraventando a terra Sora con un pugno. Nell’urto il Keyblade gli cadde di mano, ad una distanza di qualche passo, ma quando si alzò barcollante, un altro colpo dell’essere lo mandò di nuovo a tappeto, facendolo sbattere contro l’arma, che cadde dalla piattaforma. Disarmato, Sora schivò come meglio poteva i colpi del mostro. Ad un certo punto, questo creò nella sua mano una sfera nera con sfumature rossastre. Appena la toccò, sopra di loro si formò una cupola, formata da tante sfere come quella che aveva in mano poco prima la creatura. In un attimo, iniziarono a muoversi verso Sora. Il ragazzo camminò all’indietro spaventato, vedendo le sfere avvicinarsi. D’istinto si portò le mani davanti, a mo’ di scudo, ed in un fascio di luce il Keyblade riapparve. Meccanicamente, il Sora deviò tutti i colpi con la sua arma, mentre l’ultimo lo reindirizzò contro il nemico, tramortendolo.
Sfruttando l’occasione, il ragazzo saltò in direzione dell’ Heartless, e lo colpì con un colpo rotante. Riatterrò dietro di lui, mentre questi iniziava a scomparire. Il sorriso sul volto del ragazzo mutò in terrore, quando vide l’imponente Heartless iniziare a cadere su di lui. Provò a muovere un passo, ma il corpo non gli rispondeva. Urlò con tutto il fiato che aveva in gola, mentre l’oscurità lo avvolgeva. In poco tempo, non vide che l’oscurità.
Si svegliò di soprassalto, con il cuore che batteva freneticamente, quasi volesse uscire dal torace.
Si guardò le mani, poi volse lo sguardo fuori dalla finestra. Il sole era appena sorto, tinteggiando il cielo di un rosa tenue, mentre gli uccellini cinguettavano.
Un sogno? Sembrava così reale, e al tempo stesso così strano.

r e a l e
                                                    strano
o  n o ?

Scese dal letto e si diresse in bagno. Dopo essersi lavato, aprì l’armadio e si vestì: indossò dei pantaloni neri larghi, una maglia blu e rossa sopra la quale si mise un gilet nero più corto, con il colletto e le rifiniture bianche lasciandolo aperto. Si infilò le scarpe ed i guanti e al collo si mise un ciondolo a forma di corona.
Prese sotto braccio lo skateboard, chiuse a chiave la porta di casa e si diresse verso il primo distretto: le vacanze estive erano appena iniziate, e voleva godersele con gli amici.

{Traverse Town – Kingdom Hearts}
Sfrecciò a tutta velocità tra le vie della città, ricevendo occhiatacce e sgridate da parte dei più anziani, ma a lui non importava. Era in ritardo mostruoso, ed era certo che Riku e Roxas lo stessero aspettando da almeno mezz’ora.
“Dovrò decidermi a far riparare quella sveglia, prima o poi.”
Traverse Town era una cittadina abbastanza piccola: era formata da tre distretti, a cui si accedeva mediante dei portoni, rimasti da quando nella città era presente il coprifuoco. Alcune case avevano un aspetto che ai più sarebbe sembrato bizzarro, ma agli abitanti piacevano così. Arrivò infine alla locanda del primo distretto. Riku gli lanciò un’occhiataccia, mentre beveva un caffè. Roxas invece era impegnato nella lettura di un quotidiano.
“Buongiorno.” Esordì Sora.
“Quando mai ti deciderai a pettinarli quei capelli?” chiese Roxas, alzando lo sguardo dal quotidiano. Sora alzò gli occhi ad osservarsi i capelli castani, che gli formavano delle punte.
“Non sarei più io altrimenti.” Rispose lui sorridendo “E poi senti chi parla, mister capelli all’insù!” disse, indicando i capelli biondi del ragazzo, sparati per aria.
“Sora, sai che sei in ritardo, vero?”
“Ehi, mi si è rotta la sveglia,  non è colpa mia!”
“Due mesi fa ti si è rotta, non mi dire che non hai mai trovato il tempo per aggiustarla!”
“Dai Riku, rilassati!” Si intromise Roxas.
“Sta di fatto che abbiamo perso il treno, ed ora dovremo aspettare il prossimo, che passa fra un’ora.”
“Scusami.” Disse Sora.
Riku sospirò, passandosi una mano tra i capelli albini.
“No, scusami tu.”
“Nessun problema.”
Il ragazzo si sedette.
“Che dice il giornale?”
“A parte il fatto che la guerra in Crimea è finita da due settimane, sempre le solite notizie: scippi, rapine, rialzi delle tasse, cose del genere.”
Sora osservò i suoi due migliori amici: Riku lo conosceva fin dall’infanzia, mentre Roxas si era trasferito a Traverse Town da appena un anno. Riku quel giorno indossava dei jeans blu scuro, tenuti fermi da una cinta, una maglia nera con la zip su cui indossava un gilet senza maniche giallo ed un paio di scarpe da tennis. Roxas invece indossava delle scarpe alte con i lacci rossi, dei pantaloni che da metà coscia fino all’altezza del collo del piede diventavano di color bianco sporco, una maglia nera con la zip sopra la quale indossava un gilet bianco con il colletto rosso. Inoltre, al braccio sinistro portava un polsino con motivo a quadrati bianchi e neri.
“Stanotte ho fatto un sogno stranissimo.” Disse Sora “Stavo come sprofondando nell’oceano, quando tocco terra… beh, diciamo che atterro su una specie di piattaforma di vetro, ed una voce mi guidava man mano, fino a che ho preso una strana arma, sembrava una fusione tra una spada e una chiave. Infine, compare un mostro gigantesco e dopo averlo sconfitto, mi sveglio.”
“Curioso.” Rispose Roxas, chiudendo il giornale “Anch’io ho fatto un sogno del genere.”
“Anche tu?” Chiese Riku.
“Beh, io però sono più figo di voi.” Disse Roxas.
“E perché?” Chiese Sora.
“Io ne avevo due, di quei… com’è che si chiamavano… Keyblade?”
Sora e Riku spalancarono la bocca dallo stupore.
“Mh? Che ho detto?”
“Come hai detto che si chiamavano?”
“Keyblade. O almeno, così ricordo.”
“È strano, anche nel mio sogno si chiamava così quell’arma.”
“Non è che nel videogioco a cui abbiamo giocato gli eri c’era un’arma del genere?”
“No.”
“È strano.”

r e a l e
                                                    strano
o  n o ?

Un urlo squarciò la tranquilla atmosfera della città.
“Viene dal secondo distretto!” urlò Riku.
“Andiamo a controllare che succede!” disse Sora.

Arrivarono in poco meno di cinque minuti al secondo distretto. Una calma quasi innaturale regnava in quel luogo, una calma quasi tetra. Il vento che si alzò in quel momento contribuì ad accrescere l’innaturale atmosfera che si era creata.
“Dove sono finiti tutti?” Chiese Riku.
“C’è qualcosa che non mi piace… troppo silenzio.”
Il cigolio di una porta li fece sobbalzare dallo spavento.
“È solo una fottuta porta.” Disse Riku, sospirando.
Poi, veloci come ombre, dal terreno spuntarono una sessantina di esseri neri, dagli occhi gialli.
“Sono identici a quelli del mio sogno!” Disse Roxas, in preda allo stupore.
Gli esseri li squadrarono un attimo, per poi corrergli contro.

{Destiny’s Force – Kingdom Hearts}
In un fascio di luce, nelle mani di Roxas si materializzarono due Keyblade: uno completamente nero, l’altro bianco colorato di azzurro e giallo ai denti; il Keyblade di Riku invece aveva un aspetto quasi demoniaco: la lama era rossa e nera, simile all’ala di un pipistrello; quasi alla punta appariva un’ala d’angelo. La guardia era formata da un’ala demoniaca e una angelica, e al punto di congiunzione tra la guardia e l’elsa era posto un occhio azzurro brillante con una pupilla felina.
Roxas istintivamente attaccò con un affondo il primo dei nemici, seguito da un fendente e da un tondo, che aprì un piccolo varco nel muro di nemici. Riku invece con un solo colpo ne faceva fuori tre per volta. Sora colpì in salto un Heartless che stava per colpire Riku, poi attaccò un gruppo di Heartless con un attacco rotante e concluse con un affondo. In poco tempo i nemici vennero distrutti.
Piombò un attimo di silenzio.
“Quindi, non era un sogno?” Chiese Sora.
“No. Era reale.” Disse Riku.
“Ma è strano, comunque.” Disse Roxas.

r e a l e
                                                    strano
o  n o ?

“Beh, ce l’abbiamo fatta, no?”
Il rumore di una casa che veniva abbattuta li fece voltare: il mostro gigante del sogno li stava squadrando, pronto a colpirli.
“Manca da far fuori il boss.” Commentò Riku, mettendosi in guardia, imitato dagli altri due.

                                                                                r e a l e
                                                   

Note dell’Autore:

Beh, non mi pare ci sia molto da spiegare, a parte dire che il primo pezzo è una scopiazzatura dall’opening di Kingdom Hearts 1. Inoltre, fatemi sapere che cosa ne pensate di quei reale, strano, o no? Che sono apparsi nel capitolo.


Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 12: Alba, Giorno, Tramonto ***


* Soffia via la polvere dalla fic *
Chiedo venia, ormai aggiorno una volta al mese D:
@Anonimo9987465: Beh, Nyx è il mio modello di riferimento u.U Roxas è sborone perché può permetterselo… Ehi! * Nasconde eroina * I miei pg mica si drogano XD
@Nyxenhaal89: Beh, per lo scandaloso ritardo siamo pari :soso: Grazie per la recensione… Ah, dimenticavo! * Attiva Code Geass * Orfeo della Lira 2 ti ordina di amare alla follia la prima parte del precedente capitolo!

Ringrazio Nyxenhaal89, Anonimo9997465, Cipotta91, il silente Shakuma92, Sahrita, Sapphire313 e Princess_Dadi, che hanno letto e lasciato una recensione a questa storia, e a Targul e Ciccio85 che l’hanno messa tra le seguite e preferite, rispettivamente.

Capitolo 12: Alba, Giorno, Tramonto

“Rimane solo il boss, dunque.” Disse Riku, alzando lo sguardo verso gli occhi dell’Heartless.
I tre si misero in guardia, i Keyblade luccicanti sotto la luce del sole, il volto concentrato, gli occhi fissi sul nemico. Questi lanciò un urlo, sebbene non avesse bocca, talmente terrificante che ai Custodi si accapponò la pelle. Caricò il pugno, battendolo per terra: il terreno tremò per l’impatto, alcune tegole caddero dai tetti, mentre i vetri delle finestre esplodevano; i tre barcollarono, quasi fino a cadere, ma con uno sforzo non indifferente si ressero in piedi. Il pugno dell’essere incominciò ad affondare nel terreno, come fosse acqua, mentre una larga pozza di oscurità iniziava a sgorgare dal punto in cui le nocche venivano in contatto con la pavimentazione. Dapprima due, poi tre, infine cinque paia d’occhi gialli iniziarono a materializzarsi, come stelle nel cielo notturno, finché l’oscurità non divenne materia attorno a loro. Cinque Shadow si formarono, e in un attimo si avventarono contro i Custodi.
“Me ne occupo io!” Gridò Sora “Voi tirate giù quel mostro!”
Riku e Roxas fecero un cenno d’intesa, scattando in avanti, portando a segno una gragnola di colpi contro l’enorme Heartless.
Con un rapido affondo, Sora si liberò dell’ultimo Shadow, e alzò lo sguardo ad osservare il gigante.
“Non sente dolore?” Chiese con sorpresa.
“Non lo so.” ammise Roxas, mentre parava il possente pugno incrociando i Keyblade.
“La testa!” gridò Riku, mentre continuava a colpire le gambe e i polsi. “Sora, colpisci la testa!”
Il corpo di Sora si mosse da solo: iniziò a correre contro il mostro e con un agile salto in avanti evitò il colpo che stava portando il mostro, arrampicandoglisi sul braccio. Saltò all’altezza degli occhi, e colpì con un attacco rotante il capo dell’Heartless. L’urto fu di una violenza tale da farlo barcollare all’indietro, finché non cadde su una casa, schiacciandola e facendola crollare sotto il suo peso.
“Roxas! Riku! Ora!”
I due scattarono in avanti, saltarono insieme, e conficcarono le lame dei rispettivi Keyblade nella testa del mostro, per poi atterrare in piedi.
“Ce l’abbiamo fatta?” Chiese Riku ansimante.
“Sembrerebbe di sì.” Disse Roxas.
Dal mostro iniziarono ad innalzarsi dei filamenti di oscurità, diretti verso il cielo. Prima che potessero rendersene conto, sotto ai loro piedi iniziò ad allargarsi sempre più inesorabilmente un mare di oscurità, dentro cui lentamente iniziò ad affondare il distretto.
“Ah!” strillò dallo sgomento Sora, cercando di evitare il contatto con l’oscurità.
“Roxas! Sora!”
“Datemi le mani!” Urlò Roxas, tendendo le braccia verso i suoi amici.
Entrambi allungarono le mani verso Roxas, ma l’oscurità li inghiottiva inesorabilmente, trascinandoli sempre più giù. Riku e Roxas affondarono completamente, sparendo dalla vista di Sora, che ormai vedeva solo l’oscurità. Il giovane iniziò a dibattersi sempre più freneticamente, ma l’oscurità gli stava drenando le forze. Gli occhi iniziarono a chiudersi, i muscoli a rilassarsi, ormai non urlava nemmeno più. Iniziò a perdere i sensi, pregando per una morte veloce, quando qualcuno gli prese una mano e lo tirò su.
Con uno sforzo immane, Sora girò la testa. Ciò che vide prima di perdere i sensi furono gli occhi azzurrissimi, quasi splendenti, del suo salvatore.

Dopo ore riaprì gli occhi, vedendo tutto sbiadito. Cercò di tirarsi su, ma notò con dolore e fatica che non riusciva a sollevare la schiena di più di cinque centimetri. Provò ad alzare un braccio, poi una gamba, ma nessun muscolo gli obbediva.
“Rimani sdraiato.”
Il ragazzo girò gli occhi verso chi aveva parlato, non riuscendo a distinguerlo a causa della vista appannata.
“Sei stato quasi inghiottito dall’oscurità, è normale che tu sia debilitato.”
Sora notò che era vestito con un semplice mantello da viaggio, lungo fino agli stivali, leggermente aperto sul davanti.
“Chi sei?”
“Il mio nome è Ike.” Disse lui.
“Il mio è –”
“Sora, lo so come ti chiami.”
“Come fai a saperlo?”
“È una lunga storia. Adesso riposati, fra un po’ dovremo partire.”
“Partire? Per… Dove?”
“Ora riposa. Avrai tutte le risposte quando ti sarai ripreso.”
Sora seguì il consiglio del giovane, e chiuse gli occhi, mentre la stanchezza lo riportava nel mondo dei sogni.

{Night of the Dark Dream - Kingdom Hearts Birth By Sleep Final Mix}
Riku aprì lentamente gli occhi, sbattendoli un paio di volte per cercare di distinguere i dintorni. Intorno a lui c’era solo il buio. A fatica si tirò in piedi, usando la Via per l’Alba come bastone d’appoggio. Iniziò poco a poco a distinguere i contorni delle cose. Era su una piattaforma rocciosa, di cui non riusciva a scorgere il fondo. L’unica flebile fonte luminosa era quella di alcune pietre, che brillavano nell’oscurità.
“Che razza di posto è questo?”chiese, con la bocca quasi impastata.
L’unica risposta che ottenne fu l’eco della sua voce.
“Roxas, Sora… Dove siete?” Chiese a voce bassa.
Mosse dei passi verso l’unica, flebile fonte di luce, notando che c’era una specie di ponte roccioso, ed una strada che si estendeva fino all’orizzonte, e forse anche di più.
“Meglio che mi incammini” disse ad alta voce, per esorcizzare la nascente paura di essere da solo. “Se ho fortuna potrei incontrare Roxas o Sora.”
Infilzò il terreno con la lama della Via per l’Alba e, con enorme fatica, iniziò a percorrere il lungo sentiero.

In tre ore arrivò alla fine della strada. Il rumore delle onde, già sentito da oltre cento metri, piano piano si stava facendo più forte. Davanti a lui ora si estendeva un mare quasi infinito. Si avvicinò alla riva, gettandosi a terra per la stanchezza. Rivolse gli occhi verso l’acqua. In qualche modo, quel mare gli dava l’illusione che non fosse solo. Dopo un po’ di tempo che fissò l’acqua, notò che si stava formando il riflesso di qualcuno.
“Un bello spettacolo, non è vero?”

{Villains of a sort – Kingdom Heart}
L’albino si girò. Chi aveva parlato, dalla statura, sembrava un ragazzo, il cui volto era coperto da un caschetto completamente nero. Indossava un abito che riproduceva la muscolatura umana, a tinte rosse e nere, ed aveva un gonnellino tenuto insieme da due cinture. Indossava degli stivali alti.
“Un bello spettacolo davvero. Ma noioso, una volta che lo vedi per cinquanta, lunghi anni.”
“Chi sei tu?” Chiese Riku “Che posto è questo?”
“Per rispondere al chi, puoi chiamarmi Vanitas.” Disse quello “Per quanto riguarda il dove… Siamo intrappolati nel regno dell’oscurità. Ma ancora per poco.”
Riku sgranò gli occhi.“C’è un modo per andarcene da qui?”
Invisibile a causa del caschetto, un ghigno sinistro si delineò sul volto del ragazzo.
“È stata davvero una fortuna che tu sia capitato qui. Vedi, sono stato intrappolato qui, circa… Dieci anni dei vostri? Qualcosa del genere.” Disse, gesticolando con la mano “Qui il tempo scorre in modo differente dal mondo della luce, e non ha effetto su chi abita in questo piano dell’esistenza. Ho passato cinquanta anni in questo posto. Da quando quei tre idioti mi hanno sigillato qui dentro.” Diede un pugno ad una roccia, frantumandola. “ Ma finalmente la fortuna gira dalla mia parte. “ Si avvicinò a Riku. “Tu sarai il mio vessillo nel regno della luce. Il mio mezzo di fuga da questa prigione. Insieme, porteremo le tenebre sul mon-”
Riku gli puntò il Keyblade contro la gola.
“Non mi interessa. Preferisco marcire in questo posto piuttosto che arrendermi a te” Ringhiò.
Vanitas emise una fragorosa risata.
“Non hai scelta, ragazzo. Ho già deciso così. Quindi, abbassa quell’arma, o sarò costretto a farti del male.”
Riku si mise in guardia.
“Non mi lasci altra scelta, allora.” Disse Vanitas.
 
{Enter the darkness – Kingdom Hearts Birth By Sleep}
Vanitas aprì le dita. Del fumo nero si concentrò nella mano destra del ragazzo mascherato, finché si solidificò e divenne un Keyblade. Aveva lo stesso occhio azzurro della Via per l’Alba, ma la somiglianza tra le due armi leggendarie finiva lì: l’arma di Vanitas era costruita in modo da sembrare un ingranaggio.
Riku partì all’assalto, nonostante provasse dolore lungo tutto il corpo, con una rapida successione di colpi, che Vanitas parò senza sforzo. L’albino fece forza sulla lama, spingendo Vanitas, che barcollò leggermente all’indietro. Tuttavia non era nient’altro che una finta: Riku portò un attacco contro il ragazzo mascherato, ma questi, sfruttando l’eccessiva sicurezza dell’albino, lo colpì all’addome con un poderoso pugno che gli mozzò il fiato. Riku fu proiettato all’indietro, atterrando di schiena sulla sabbia. Tossì un paio di volte, mentre Vanitas gli si avvicinava inesorabilmente.
“Tutto qui?” Chiese.
Con uno strattone Riku venne sollevato.
“Arrenditi all’oscurità!” gridò Vanitas.
Alle parole del ragazzo mascherato, l’albino vide entrambi i corpi venire avvolti da filamenti di oscurità.
Riku sentì il corpo quasi prendere fuoco, e gridò dal dolore, mentre il fumo lo avvolgeva completamente. Il fumo divenne talmente denso da impedirgli la vista, e stava quasi soffocando. L’oscurità confluì completamente in lui e cessò.
Cadde in ginocchio e si guardò le mani. Scoprì che i suoi abiti erano stati sostituiti da quelli di Vanitas, ma le parti rosse erano diventate blu.
Riku si alzò in piedi ed evocò il Keyblade di Vanitas.
Puntò la punta del Keyblade verso l’orizzonte e da essa ne uscì un fascio di luce, che fece comparire una porta.
“Tempo di portare le tenebre nel mondo.” Disse con un ghigno, varcando la soglia, chiudendo gli occhi, pregustandosi la libertà.

{Sacred Moon – Kingdom Hearts 2}
Roxas aprì gli occhi azzurri. Dopo un attimo di smarrimento si tirò su e si diede uno sguardo intorno. Si trovava al centro di una piazza, sotto un’enorme grattacielo. Decine di alti e neri palazzi circondavano la piazza, formando un anello, quasi a proteggerla.
Non notò la figura che stava in cima al grattacielo. Quest’ultima schioccò le dita, e Roxas venne circondato dagli Heartless.
Il biondo sguainò i Keyblade.
“Ancora?”

{Deep Drive – Kingdom Hearts 2}
Intorno a Roxas c’erano una trentina di Heartless. Erano diversi da quelli combattuti poco prima: erano degli umanoidi, alti quasi quanto lui, dai corpi muscolosi, artigli lunghi ed affilati, ed antenne lunghe fino all’altezza dei glutei.
Tre di loro emisero un verso gutturale, prima di andare all’attacco. Roxas non si fece sorprendere, e con tre rapidi colpi li distrusse tutti e tre. Lanciò il Keyblade bianco, il Portafortuna, contro il mucchio di nemici, falciandone cinque. Con il Keyblade nero, il Lontano ricordo, squartò un altro Heartless, poi corse a riprendere il Portafortuna, evitando con una scivolata due Heartless che gli saltarono addosso. Afferrato il Keyblade, si diede la spinta con le gambe e con un colpo rotante tagliò la testa ad altri due Heartless. Diede un calcio contro una delle creature ed usandola come trampolino spiccò un balzo all’indietro. Piantò Lontano ricordo a terra e lo usò come punto d’appoggio per un attacco rotante, che uccise altri sei Heartless. Con due rapidi colpi falciò un mostro, poi parò il colpo di un altro, mente gli infilzava la testa col Keyblade libero e prima che sparisse lo lanciò contro altri due. Quasi scivolando sul terreno, colpì con un fendente altri tre mostri, poi saltò e colpì con un colpo rotante altri due Heartless che avevano provato ad attaccarlo dall’alto. Cinque rapidi fendenti stroncarono altrettanti Heartless. Roxas fece un piccolo balzo indietro e ruotando i Keyblade nelle mani, scattò in avanti, tagliando in quattro l’ultimo Heartless.

{Organization XIII – Kingdom Hearts 2}
“Il Keyblade. Un’arma davvero meravigliosa.”
Roxas d’istinto si girò preparando un fendente, ma un uomo vestito di nero gli passò letteralmente attraverso. Nella mente di Roxas si materializzarono numerosi ricordi.
“Oh. Noto che non hai altri ricordi, oltre a questi.”
“Chi sei tu?”
“Il mio nome non ha importanza – Roxas.”
A sentire il suo nome Roxas sobbalzò.
“Come-“
Lo sconosciuto lo fermò con un cenno della mano.
“Sappiamo tutto di te, Roxas. Anche cose che tu stesso non conosci.” Gli tese una mano “Vuoi conoscere la verità? Vuoi sapere perché, fra tanti, quell’arma ha scelto proprio te? Unisciti alla nostra organizzazione.”
“Sai, benché non ricordi nulla sui miei genitori, credo proprio che mi hanno insegnato a non accettare inviti dagli sconosciuti.”
L’uomo ghignò.
“E non vorresti sapere perché non hai ricordi dei tuoi genitori?”
Roxas non rispose. Quelle parole lo avevano come paralizzato.
“Posso fornirti anche questa risposta.”
Si portò alle sue spalle.
“E molte altre ancora.”
Roxas spostò lo sguardo in basso
“E cosa dovrei fare in cambio?”
“Un semplice lavoro.”
L’uomo incappucciato stese la mano aperta contro di lui. Delle piccole saette bianche e nere lo avvolsero, vestendolo di una tunica simile a quella dell’uomo.
“Benvenuto nell’Organizzazione, numero XIII.”
Aprì un varco oscuro, e lo oltrepassarono insieme.

“Insomma, mi stai dicendo che io, Roxas e Riku dobbiamo salvare il mondo?”
“Esattamente.”
Sora ed Ike si erano lasciati alle spalle già da un pezzo Traverse Town, e mentre percorrevano la strada Ike lo aveva messo al corrente della situazione.
“E dobbiamo andare ad Altea perché degli assassini hanno affidato al re il compito di trovarci.”
“Sì.”
“Il mondo è minacciato da degli esseri senza cuore, giusto?”
“Apprendi in fretta.”
“Tutto questo è talmente assurdo che non può essere reale.”
“Invece lo è.”
“Scommetto che sei l’anima delle feste, vero?”
Sora sospirò sconsolato. La sua vita da ragazzo normale era finita, e adesso si ritrovava a viaggiare con uno sconosciuto per salvare il mondo.
Assurdo. Pensò. Totalmente assurdo.
“Bene, credo che possiamo fermarci qui.” Disse Ike.
“Nel mezzo del nulla?”
“E dove altrimenti, in un hotel a quattro stelle?”rispose il ragazzo.

In poco tempo il bivacco fu pronto.
Dopo un lungo lasso di tempo, in cui i due non si dissero una parola, Sora ruppe il silenzio:
“Ike, posso farti una domanda?”
Il giovane interruppe i suoi pensieri, e alzò lo sguardo verso Sora.
“Certo.”
“Roxas e Riku… Sono sprofondati nell’oscurità. Sono… Vivi?”
Ike chiuse un attimo gli occhi.
“Ci sono buone probabilità che lo siano. Sprofondare nell’oscurità è sicuramente fatale per chi possiede un cuore debole. Ma i tuoi amici sono stati scelti dal Keyblade. Secondo me sono vivi. Chissà dove, ma vivi.”
Sora si rallegrò a sentire quella notizia.
“Sora, ti consiglio di dormire. Domani ci aspetta una bella scarpinata fino alla stazione di Crepuscopoli. Da lì prendiamo il primo treno per Midgar e in due giorni prendiamo la nave per Altea.”
“E poi?”
“Purtroppo non ti posso dire nient’altro. Il re Marth ti metterà al corrente di tutto. Dormi bene”
“Buona notte.”
Sora si infilò nel sacco a pelo. Prima di chiudere gli occhi, da una tasca prese una foto che ritraeva lui e i suoi due amici insieme ad una ragazza dai capelli rossi.
“Riku, Roxas, dove siete?”

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=553984