Giuro che ti sputtano davanti tutta Europa, cioè come Romano ottenne la grazia da San Gennaro

di Pinca
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un tipo tutto particolare ***
Capitolo 2: *** Le riunioni a Bruxelles ***
Capitolo 3: *** La sfido a duello, Sir! ***
Capitolo 4: *** Intrallazzo ***
Capitolo 5: *** E svegliarsi la mattina turuturututtu ***
Capitolo 6: *** All'allegra locanda ***
Capitolo 7: *** We ricchiò, che fai, tocci? ***
Capitolo 8: *** L'idea di Feliciano ***
Capitolo 9: *** Intorno al mondo ***
Capitolo 10: *** La proposta indecente di Russia ***
Capitolo 11: *** The Sado east ***
Capitolo 12: *** Il laboratorio segreto ***
Capitolo 13: *** La crisi isterica di... ***
Capitolo 14: *** The Latin Lover ***
Capitolo 15: *** I vantaggi di essere femmine ***
Capitolo 16: *** Il piacere di scrivere il proprio nome sulla neve con la pipì ***
Capitolo 17: *** Giuro che ti sputtano davanti tutta Europa ***
Capitolo 18: *** La grazia di San Gennaro ***



Capitolo 1
*** Un tipo tutto particolare ***


Salve! Questa proprio non so da dove mi sia venuta! Dovrebbe essere comico, senza pretese… insomma, ho deciso di buttarmi sul leggero come prima storia su hetalia. E poi avevo bisogno proprio di svagarmi. Ho buttato tutto giù l’altra notte, quindi non so cosa ne sia uscito.
Il resto lo posterò domani, ciao!
Pinca!^^




 Lovino era un tipo tutto particolare, non che l’altra avesse un piglio assai differente, ma lui riusciva a batterla. Insomma, Spagna era arrivato al congresso e già aveva storto il naso, Egitto era arrivato e aveva sbuffato, Grecia aveva portato un gatto e non si era risparmiato la critica, a Turchia lo aveva snobbato. Aveva tirato avanti così per tutto il tempo, a ogni paese che arrivava a Napoli per quell’incontro sulla cooperazione dei paesi mediterranei.
Alla fine, riuscito a svincolarsi dalle, a suo dire, eccessive attenzioni di Spagna, che in verità non aveva fatto altro che salutarlo da lontano durante il rinfresco, si ritrovò accanto a una silenziosa e attenta Sicilia che lo studiava con un misto di noia e insofferenza.
-Non lo sopporto!- sbottò fissando guardingo in direzione di Antonio, che tutto stava facendo fuorché pensare a Lovino.
Sicilia infatti aggrottò le sopracciglia perplessa.
-È solo un’Italia numero due, e guarda come si atteggia!-
Sicilia si limitò a fissarlo per quegli abbondanti venti minuti, il tempo di sentir definire Grecia “solo un’ottima discoteca”, Egitto “mummia” e le imprecazioni una volta accortosi della presenza di un certo francese mezzo frufru che si aggirava presuntuoso facendo gli onori di casa.
-Quell’idiota di Feliciano! Non mi ha detto che c’era anche quel ricchi…-
Sicilia sospirò scambiando finalmente un’occhiata col caro Lovino.
-Non lo sopporto!-
-Al francese?-
-Feliciano!- chiarì Lovino tornando ad affacciarsi verso il giardino della regia di Napoli pieno di gente intenta a mangiare tra gamberetti in salsa rosa e cuscus. –Lui se ne va a Bruxelles a fare lo splendido e a me mi lascia queste improvvise sorpresine che mi organizza in casa mia. Manco servissero a qualcosa poi! È tutta una presa per il culo! Lo sai perché lo fa?- chiese in fine voltandosi verso la ragazza che non si scompose minimamente, come al solito. Il caro Lovino si agitava in maniera sproposita per qualsiasi cosa, lo conosceva troppo bene.
-Mi da il contentino, crede di farmi sentire importante così!-
-Oh poverino!- fece atona Sicilia, impassibile restando pianta davanti a Romano, che a quella risposta rimase zitto. Zitto a fissarla con tanto d’occhi, esaltato come era, per una buona manciata di minuti.
-Era sarcasmo questo?- chiese infine, serio.
Sicilia non gli rispose. Dopo un attimo di silenzio schioccò la lingua e si incamminò fuori dal palazzo reale, seguita a ruota da Romano che certo intenzioni non aveva ti tornare e prendere il posto di Francis, che intanto ocaleggiava a destra e a manca per i giardini reali.
-E allora… Etna, che vorresti dire con quel sarcasmo?- le chiese quando furono abbastanza lontani.
Lei si limitò a fare spallucce, proseguendo a camminare per le strade d’Italia svogliatamente.
Lovino sbuffò rassegnato, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni, ma non resistette per altri due passi. Estrasse una mano e, fermandosi in maniera plateale in mezzo alla strada, iniziò a sventolarla per aria.
-Pure io, ma che vado a pretendere, eh? Mi trovo con la persona più loquace della Terra!-
-Che ho da dirti?- fece lei sminuendo la faccenda e andando a vanti. –E poi ricorda Lovino, le parole, poche ma buone!-
-E già! Poche ma buone…- sbuffò lui continuando a decantare in mezzo alla gente che si voltava sorpresa verso di lui. –Ma le dicessi due parole di fila!-
-Ma com’è che ogni volta che esco con te mi devi sempre fare una delle tue sceneggiate napoletane?-
Lovino sgranò gli occhi e la guardò dalla testa ai piedi. –Sceneggiate?- chiese scandalizzato allargando le braccia come mostrare al mondo che non stava facendo, per l’appunto, sceneggiata alcuna. –Quali sceneggiate!-
-No, per carità!- fece lei alzando le mani e facendo un passo indietro.
Romano rimase zitto a fissarla, proprio come prima mentre erano ancora alla reggia.
-Anche questo è sarcasmo?-
Etna sospirò e passò un braccio intorno alle spalle del ragazzo, accompagnandolo lungo la passeggiata alberata.
-Ascoltami bene…- Lovino aggrottò le sopracciglia e si concentro il più possibile. Quando Sicilia iniziava una frase con “ascoltami bene” e assumeva quel tono confidenziale, quell’atteggiamento sicuro e spavaldo di chi sa bene cosa fare ma preferisce mantenere un certo riserbo, voleva dire che qualcosa di grosso lo stava per dire.
-Tu m’ha spiegare una cosa,- proseguì lentamente facendo schioccare la lingua e, quasi in maniera snervante, che fece annuire più volte Lovino per l’impazienza, le punte delle dita della mano libera si unirono per poi riaprirsi più volte. E mentre diceva questo Sicilia guardava fisso il marciapiede, come a ragionare sul da dirsi. –com’è che, gira e vo(l)ta, vo(l)ta e gira, chi capita capita, sempre antipatico ti sta?-
Proseguirono camminando lentamente. Romano ammutolito, a riflette su quanto detto. Etna a quel punto si fermò e ritirò il braccio dalla spalla di Lovino, rivolgendosi finalmente a lui guardandolo dritto in faccia.
-Eh, ha parlato la simpaticona!- sbottò Lovino teatrale sventolando una mano per aria.
-Senti, Spagna ti sta seduto qua, quell’altro pure, l’altro ancora peggio…- fece toccandosi ripetutamente lo stomaco con le dita. -Germania poi, per favore, manco a parlarne! Quello ha il posto riservato ai piani inferiori! Ci hai fatto pure il trono per farlo sedere ancora più comodo! Ora tu, mi devi dire, chi non ti sta sullo stomaco!- concluse aspettando la risposta dal ragazzo che gli stava di fronte.
Ma Romano non rispose, rimase in silenzio per diversi secondi, per poi superarla con passo spedito, fissando un punto indefinito dietro di lei che si voltò incuriosita.
Dopo una decina di metri Romano si fermò, proprio al centro di una bellissima piazza piena di turisti e palombi. Sicilia incrociò le braccia e sospirò scuotendo la testa.
No, non rimproverava lui, ma se stessa per non essersi saputa dare una risposta ben ovvia per lei che lo conosceva fin da quando era piccolo.
Romano sospirò continuando a fissare l’oggetto di grazia e costumanza fermo, incerto, in mezzo alla folla. Una bellissima madonnina, confusa e incerta che si guardava attorno alla ricerca di cosa?
E come era bella! Con un vestito lungo, dalla gonna gonfia, a fiori chiari che scendeva seguendo la linea esile delle spalle e dei fianchi. E il collo, esile, candido lasciato scoperto da un dolce caschetto ramato con sopra un cappelluccio verde, poggiato di sguincio e pieno di fiori.
Il cuore si gonfiò di gioia alla vista di tanta bellezza, così confusa e incerta. E pregava che si voltasse e gli mostrasse il suo volto per intero e non semplicemente il profilo del suo delicato nasino. Aspettava lui, ora ne era certo, aspettava un suo bacio!
-Allora! Ti muovi o hai intenzione di restare a fissarla da lontano?- lo fece trasalire Etna. Quello quando vedeva le femmine non ci capiva più niente!
Romano si irrigidì e poi si decise. Azzardò un passo, e gli altri vennero da soli. Come era bella, a ogni passo lo diventava sempre di più.
Ma lei si mosse, improvvisamente, e Romano automaticamente si piantò sul posto come se avesse paura di essere scoperto da non sapeva bene chi.
La ragazza dal capellino in fiore, stava camminando con passo incerto verso i tavolini di un bar, attraverso i turisti, che Romano maledisse senza esitazione ogni volta che gli occludevano quella meravigliosa vista.
Come si chiamava la graziosa la ragazza dal cappellino in fiore? Maria? Che nome dolce! O Carmela, come la bambola? No, Maria, questo era il suo nome, aveva deciso! La bella Maria.
Quando Maria si fermò davanti ai tavolini continuando a guardarsi confusa attorno, lui riprese a camminare determinato e sicuro.
Ed eccola, sempre più vicina, e ora ad un passo da lui, col suo cappelluccio sulla testa.
-Signorina!- la chiamò quando se la trovò davanti. Il profumo dei fiori lo inebriò e già si immaginava le sue dolci labbra baciarlo, piegarsi in un sorriso.
-Fa un buonissimo profumo di fiori lo s…- ma le parole gli morirono in gola, non appena Maria si voltò e se la trovò di faccia.
No, nessuno splendido sogno andò in frantumi come uno specchio. Semplicemente dopo aver messo pienamente a fuoco il quadro… deplorevole che si trovava davanti, si sentì gelare.
Un mancamento, si stava sentendo male!
-Oh mamma!-
Barcollò all’indietro e la sua ex Maria si affrettò ad afferrarlo per un braccio allarmata da una repentina mancanza di colore dal viso del giovane, lì lì per svenire.
-Oh mamma, lassam… lassam!- disse scostando malamente le mani della persona che gli stava di fronte.
Fece qualche passo indietro strofinandosi una mano sul petto. –Marò, mi sento male…- soffiò come in preda ad un attacco d’asma. –Male, male… Etna!- iniziò a chiamare a gran voce come un disperato, inspirando ed espirando con forza.
La ragazza di fronte a lui, mortificata, preoccupata all’inverosimile cercava di avvicinarsi, ma più ci provava e più Romano si allontanava.
-Etna!- continuò a chiamare lui.
Sicilia arrivò di gran carriera e si trovò a soppalcare tutto il peso di Romano che le passò un braccio intorno al collo, continuando, a suo ben dire, la sua sceneggiata clou.
-Tu… tu me vuoi fa’ murì a me!- continuava a farneticare Romano respirando affannosamente. –Me vuo’ fa murì?! Eh…-
La ragazza fece qualche passo indietro quasi in lacrime per l’accaduto.
E così, tutto d’un botto, Romano si tirò su e si avventò contro di lei, prendendola per il maglioncino e strattonandola avanti e indietro, mentre Sicilia si precipitava a bloccarlo passandogli le braccia intorno al torace.
-Me vuo’ fa murì?! Eh? Strunz! Come ti sei vestito? Che si ricchion pure tu!?-
E tra le lacrime e uno strattone, un “ve~” sofferto sfuggì dalle labbra del fratello più piccolo della gloriosa casata italica, e un “Ma Doitu….” che non ebbe tempo di essere commentato che un guanto raggiunse la guancia di Romano schiaffeggiandola.
-Tolga immediatamente le mani dalla signorina, Sir! La sfido a duello!-
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Le riunioni a Bruxelles ***


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Ciao! ecco il secondo capitolo! non è niente di che, ma spero che faccia ridere almeno un pò. grazie a tutti, ciao! 
 
 
 
 
Feliciano adorava fare le riunioni a Bruxelles. Aveva un posto dove sedersi, aveva tanti fogli e tante penne. Cosa poteva chiedere di più?
Passava i pomeriggi a disegnare, a progettare, a tracciare linee, a fantasticare. Gli altri parlavano, si davano contro, si deridevano a vicenda o semplicemente si annoiavano, e invece lui si concentrava al massimo per tenere in equilibrio la penna tra il naso e il labbro superiore. Era stupendo, quando stava a casa non aveva tutto quel tempo a disposizione!
-Italia!- ecco, come al solito, tutto procedeva tranquillamente come se si fosse trovato all’asilo finché non era il caro signore seduto nel posto dietro al suo a richiamarlo con un tono di disapprovazione.
-Doitu?- roteò appena gli occhi verso l’alto per incontrare la faccia seriosa e tirata di Ludwig, stando sempre ben attento a non far cadere la penna che pericolosamente ondeggiava, pendendo prima a destra e poi sempre più a sinistra.
-Stiamo lavorando, smettila e cerca di fare attenzione!- lo rimproverò. Ma l’attenzione del tedesco fu catturata dagli appunti sparsi sul tavolo di Italia e la precedente illusione che Feliciano stesse quanto meno seguendo con interesse ed ardore la riunione si infranse. I fogli erano pieni di scarabocchi, disegnini e…. Quella era la sua caricatura?!
Prima che potesse aggiungere qualcosa però, la riunione terminò e Italia scattò in piedi correndo via con la penna ancora tra naso e labbra.
Divertente fu la faccia sconcertata di Austria quando lo salutò sventolando la mano, correndo fuori dai corridoi per uscire e farsi una passeggiata.
Un tuono scosse l’aria e la pioggia continuò imperterrita a scrosciare sulle piastre di cemento al di fuori della sede europea, stroncando di netto la sua esuberante voglia di correre per i giardini e le strade di Bruxelles. Rimase sulla porta deluso e spento, finché una pacca sulla schiena non gli fece saltare la penna che neanche la delusione era riuscita a fargli cadere.
-Italia, che mi dici di bello?-
Fu strattonato malamente e il braccio forse di Gilbert gli strinse le spalle.
-Ve...-
-Bene, mi fa piacere!- lo ignorò il tedesco scoppiando a ridere. –Kesesese!-
Italia lo guardò perplesso. Non aveva neanche risposto!
-Senti carino…- gli disse spavaldo, trascinandoselo dentro l’edificio. –Io, ma soprattutto West, avremmo bisogno di un favore! Una cosa da poco, vedrai che ti divertirai! Kesesese!-
Anche Italia iniziò a ridere, proprio perché se rideva Gilbert, ci doveva essere qualcosa di divertente che prima o poi anche lui avrebbe capito... forse.
Dopo poche ore però si ritrovò perplesso a fissare il suo riflesso in uno specchio, per poi guardare quello di Elizabeth e Gilbert dietro di lui che gli sorridevano rassicuranti.
-Siete sicuri che sia stata un’idea di Ludwig?- chiese ingenuamente.
-Certo!- lo rassicurò Gilbert annuendo con vigore. –È solo che ha avuto un impegno… ma poco importa, arriverà sicuramente più tardi! Che c’è, non ti fidi del magnifico me?-
Feliciano sussultò a quella insinuazione e scosse la testa più volte con vigore. –No, che dici, non è vero! Mi fido di te!-
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** La sfido a duello, Sir! ***


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Salve! Ecco il terzo capitolo! lo posto anche perchè ho quasi finito la storia, ho scritto anche il finale, quindi perchè non pubblicarlo? il personaggi ho cercato di renderli più simili a quelli di hetalia, anche se con ungheria mi sono presa la libertà di farla come piace a me.  spero che questo capitolo risulti divertente. se ci sono frasi strane non ci fate caso, erano le 3 di notte, non ero io. avrei voluto inserire anche qualche espressione dialettale, ma non so se l'ho fatto... forse l'ho trasposta in italiano. grazie a tutti, ciao!
 
 
 
 
-Lasci immediatamente la signorina, Sir! La sfido a duello!-
Arthur, impettito e vestito di tutto punto, ma soprattutto indignato da un tale atteggiamento così villico nei confronti di una dama, si impose di fronte all’uomo che immediatamente riconobbe come Romano.
-Fatti gli affari tuoi e levati dai piedi damerino del cavolo!- sbottò inferocito Lovino spintonando senza complimenti l’uomo che neanche si era degnato di guardare in faccia.
E quindi era stato quel maledetto bastardo mangia patate a far travestire il suo fratellino scemo da donna!? Era stato Germania a convincerlo con chissà quale trucco! Quel depravato! Chissà quali fantasia perverse si stava facendo su suo fratello, chissà che cosa gli voleva fare! Quale vergogna!
Afferrò di nuovo Feliciano per il maglioncino ringhiando ad un centimetro dalla sua faccia.
-Dov’è quel bastardo di Ludwig! Questa è la volta buona che gli spacco la faccia!-
-Ve….-
-Smettila di piagnucolare come una donnetta!-
No, Arthur non poteva tollerare oltre! La sua bella damina, trattata in quel modo da quel cafone napoletano!
Brandendo il suo nero bastone da passeggio spinse lontano dalla lady quell’invasato.
-È così che vengono trattare le donne da voi?!- esclamò indignato.
Ma neanche quella volta fu degno di essere guardato in faccia, infatti Romano si voltò verso la ragazza mora al suo fianco e gli chiese, senza mezzi termini: –Ma che cazzo vuole ‘sto coglione!?-
Sicilia non ebbe il tempo di rispondere che Romano scappò praticamente buttando per aria il fratello e l’inglese, diretto a grandi passi verso l’entrata della chiesa lì vicino.
Intanto Feliciano si accorse con grande sorpresa di aver trovato l’oggetto che Gilbert gli aveva detto di cercare, e si trovava proprio sulla testa bionda dell’inglese che era intervenuto schiaffeggiando suo fratello con un guanto bianco: un cappello a cilindro nero dal nastro di raso blu notte.
Per Romano i pantaloncini con quel freddo, quei calzini bianchi sotto i sandali e la leccata di mucca bionda erano inequivocabile segno di quel cattivo gusto che solo una persona al mondo perseguiva con cotanta perseveranza. Si nascondeva vigliaccamente dietro una cartina che, presto, gli avrebbe fatto mangiare quel maledetto mangia patate!
-Ehi, crucco!-
La persona in questione non ebbe neanche il tempo di abbassare la cartina che se la ritrovò strappata dalle mani, cosa che lo sconcertò tanto da lasciarlo sbigottito a fissare il ragazzo moro davanti a lui che lo guarda truce.
-Maledetto depravato!- disse Romano appallottolando la cartina e lanciandola con forza a terra. -Come ti sei permesso, fare travestire da donna mio fratello solo perché è un po’ scemo!-
-Cosa?- Ludwig rimase di ghiaccio quando Romano, inaspettatamente ebbe perfino il coraggio di afferrarlo per la maglia con una mano e l’altra alzarsi per dargli un pugno.
-No!- Veneziano era scattato verso il fratello e gli si era aggrappato al braccio per bloccarlo.
-Lasciami, Feliciano!- sbraitò inferocito strattonandolo.
E all’assurdo quadretto che si era materializzato dal nulla di fronte a Ludwig a sconvolgere il suo programma di giro turistico, si aggiunse un tizio strambo col cilindro che altri non era che Arthur, che si frappose tra Romano e un Feliciano travestito da donna, difendendo quest’ultimo brandendo un orrendo bastone da passeggio come una spada.
-Lasciate immediatamente stare Margherita!- sbottò audace sir Arthur, proteggendo un Veneziano agitato.
-Margherita? E chi diavolo è Margherita?- chiese scorbutico Romano.
-È la qui presente lady, e le chiedo di osservarle rispetto fintato che ci sono io qui presente!-
-Margherita?- ripeté il tedesco incredulo.
-Si…- annuì Arthur risentito, rivolgendosi all’unica persona sana di mente in quell’intrallazzo. –La signorina ed io ci sentiamo via penna da molto tempo ormai. Oggi finalmente avevamo deciso di incontrarci, ma questo… pazzo- disse con disprezzo rivolgendo uno sguardo sdegnoso ad un Lovino sconcertato –ha pensato bene di imperare nelle nostre vite senza ritegno!-
-Ma che storia è questa?- chiese Romano al fratello che si strinse nelle spalle sinceramente estraneo alla faccenda di “Margherita”.
-Comprendi Ludwig con che selvaggi abbiamo a che fare?-
-Ma veramente…- provò a dire Ludwig, non del tutto certo di aver capito cosa c’entrassero con lui Lovino furioso, Feliciano travestito e Arthur trescato con Margherita/Feliciano.
-Ma quale Margherita e Filomena!?- sbottò Romano. –Quello è quel coglione di mio fratello che si è fatto infinocchiare da questo maledetto crucco depravato!-
-Non ti permetto di insinuare certe infamie nei confronti della mia adorata Margherita!- la difese duro di comprendonio l’inglese.
-Ma allora sei tosto! Quello è….-
-Cosa avrei fatto?- intervenne a quel punto Germania, tirato in causa.
-Me l’ha detto lui che l’hai costretto a vestirsi da donna umiliandolo pubblicamente!- sbraitò iracondo Romano pronto a saltare addosso al tedesco senza esitazioni. 
Feliciano scansò l’inglese e si avventò sul fratello per bloccarlo.
-Ve! Non lo fare fratellone!-
-Lasciami, stupido!- gli ordinò Romano dimenandosi.
-Ma… Margherita, cara….- Arthur si rifiutava categoricamente di credere che la sua bella lady, con la quale si era scambiato una appassionata corrispondenza, fosse un realtà un uomo, per di più Feliciano. –Che stai facendo, allontanati da quel bistrattato….- le disse porgendole gentilmente una mano sperando che tutto quello si rivelasse un malinteso, una fantasia di quel pazzoide di Romano.
Ma la sua Margherita si ritrasse a quel suo gesto, e dopo aver scosso la testa più e più volte, scoppiò a piangere.
-Io non sono chi sia Margherita! Mi hanno detto di venire a cercare un cilindro nero, io non so niente…. Doitu voleva che venissi qui a cercare il cilindro nero vestito così!-
-Cosa stai dicendo Italia?! Smettila di dire assurdità!- gli urlò ora su tutte le furie Germania.
Ma per Arthur quello era stato un colpo troppo grande. Sentì il suo cuore pieno di amore e desiderio nato e maturato in quei mesi di corrispondenze per quella fanciulla di nome Margherita, calpestato ignobilmente, frantumato e fatto in pezzi senza rispetto. Deriso, preso in giro. Che grande dolore, che grande vergogna. Si era dimostrato così debole, vulnerabile e speranzoso. E il bel visino di Margherita, che ora fissava da uomo svuotato e umiliato, era proprio quello dell’italiano.
E nel mentre che lui prendeva coscienza di tutto ciò, si era creato un capannello di curiosi tutt’intorno. Romano era saltato addosso a Ludwig, per la prima volta senza paura di un corpo a corpo col tedesco, e gli diede un pugno. Quello che ricevette un cambio fu un pugno che lo fece arrivare dritto addosso all’inglese, ancora intento a fissare incredulo il viso della sua “Margherita”.
Il cilindro rotolò di lato e, sotto gli occhi inermi di un Arthur sempre più sconvolto, lo vide ammaccarsi fino a diventare una fisarmonica sghemba sotto la mano di Lovino che si rialzò per dare ancora caparbiamente addosso al tedesco.
Questa volta però Ludwig non aspettò, gli diede un pugno nello stomaco che lo mise definitivamente K.O..
 
 

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Capitolo 4
*** Intrallazzo ***


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Questo è un minimini capitolo di passaggio. grazie, ciao! forse stasera pubblico il prossimo.
 



 
-Kesesese! Magnifico!-
-Magnificamente diabolico!- sghignazzò l’ungherese una volta chiusasi alle spalle la porta di casa, e battendo il cinque che Gilbert aveva alzato.
-Ci abbiamo messo sei mesi, con lettere e cazzate varie, e il risultato è stato più soddisfacente di quello che mi aspettavo! L’arrivo di Romano è stato… provvidenziale!-
-Che babbei!- scoppiò a ridere Elizabeth ripensando alla faccia di Arthur. Anzi, perché ripensarci se c’aveva le foto!?
Tirò fuori la macchina fotografica e iniziò a scorrere tutte le foto fatte quel pomeriggio, con Gilbert e Gilbird che seguivano da sopra la sua spalla.
-Che succede qui?- la voce irritata e improvvisa di Roderich li fece sussultare e mettere sull’attenti.
Elizabeth nascose automaticamente la macchina fotografica dietro la schiena e Gilbert si allontanò fischiettando con falsa indifferenza che non diede a bere a nessuno, figurarsi un tipo puntiglioso come Roderich.
 
 
 
 
 
 
 
Quattro birre e una intera bottiglia di marsala servirono a Ludwig e a Romano per riuscire a contrattare una tregua tra i due e permettere a Feliciano di poter parlare e chiarirsi con il povero tedesco.
E quando venne a sapere che dietro tutto quel trambusto c’era lo zampino di suo fratello Gilbert, si alzò di scatto e tornò a casa immediatamente, anche se, una volta arrivato, non vi trovò nessuno. Ma era così infuriato che girò tutte le birrerie del paese per cercarlo. Alla fine era tornato a casa cantando, ubriaco perché comunque, una birra offerta non la si rifiuta mai.
E nel mentre, nel più tenebroso dei castelli infestati di Gran Bretagna, una figura incappucciata e assetata di vendetta si aggirava tra le segrete pronta a scagliare il suo maleficio, uno dei più astuti e potenti. Avevano avuto il coraggio di umiliarlo, di giocare con i suoi sentimenti, di distruggere il suo adorato cilindro. Avrebbero pagato per tutto questo.
Peccato che nel bel mezzo dell’incantesimo Russia apparve aleggiando spettrale proprio sopra la sua testa.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** E svegliarsi la mattina turuturututtu ***


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 Ciao! ecco il nuovo capitolo! ciao e grazie a tutti! Pinca
 
 
La domenica mattina, quale giorno migliore per un napoletano? Niente lavoro, le notizie del calcio in tv, il caffè e il pranzo dalla mamma.
E così fece come ogni domenica mattina: si alzò col pensiero di bersi un buon caffè davanti al notiziario sportivo in tv. Solo questo riusciva a schiodare Lovino dal letto la domenica mattina, tanto che non passava neanche dal bagno neppure per una lavata di faccia, niente! Lui voleva sentire parlare del Napoli, anche se non c’era niente di nuovo, gli bastava sentirla nominate.
Affondato nella vecchia poltrona davanti al televisore acceso, bevve un sorso dalla tazzina marrone sospirando compiaciuto.
Quella si che era vita! Fuori il sole splendeva, le persone chiacchieravano per strada e lui stava comodamente seduto in mutande e canottiera davanti la tv…. Strano però che quando scese con la mano per giocherellare con il suo super pistolino, questo non lo trovò al suo posto.
Il cervello si inceppò continuando a scendere scettico con la mano dal basso ventre, constatando che vi vigeva il piattume più totale. Non ebbe il coraggio di abbassare gli occhi finché non infilò la mano nelle mutande.
Alzò l’elastico e tutto quello che intravide era solo un ciuffo scuro, ma niente Ciro…. Niente Ciro…. Non aveva più il suo Ciro… gli era caduto il Ciro!
Alzò gli occhi sullo schermo del televisore, e poi verso il soffitto e poi svenne.
Quando riaprì gli occhi la pubblicità dalla wii lo convinse che doveva essersi trattato di un sogno. Sì, si era addormentato davanti la tv e aveva fatto un incubo, tutto qui.
Era tutta colpa di Feliciano e della sua scemità, che il giorno prima si era fatto infinocchiare da quel tedesco col pulcino!
Prese un profondo respiro e incollò gli occhi alla tv. Ma non riusciva a prestare attenzione a niente di quello che stavano dicendo sul campionato. Aveva una strana sensazione, aveva quasi paura di spostare gli occhi dalla televisione. Dopo tutto, se era stato solo un incubo, perché si stava imponendo di non guardare nient’altro che la tv?
Che sciocchezze! Sbuffò e affondò ancora di più nella poltrona.
Si sentiva uno schiocco, ma alla fine si decise e guardò giù e la prima cosa che vide fu… non riuscì a vedere se c’era il suo Ciro o meno, perché qualcosa gli impediva la visuale… qualcosa come due….
Quando si riprese per la seconda volta non ebbe più dubbi: non solo aveva perso il suo Ciro, ma gli erano anche cresciute le tette!
Quella doveva essere la fine del mondo!
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** All'allegra locanda ***


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 CIAO!!! ecco il nuono capitolo! grazie!
 
 
 
 
Gilbert era seduto ad un tavolo in un locale a fare colazione con wurstel e crauti quando una bella biondina dai capelli corti e con una felpa enorme gli si sedette di fronte senza chiedere permesso e guardandolo fisso e truce.
Gilbert rimase fermo, con la mostarda in mano, perplesso per quella improvvisa invasione della sua privacy mattutina da parte di una emerita sconosciuta.
Alla fine ghignò soddisfatto. Non poteva pretendere certo di passare inosservato, col suo immenso fascino anche involontariamente seduceva e ammaliava le fortunate e sprovvedute fanciulle che gli passavano per caso accanto.
-Visto che sei carina puoi farti una foto con me da mostrare agli…-
-Gilbert!- lo interruppe inflessibile la ragazza, lasciandolo di stucco.
-Tu… conosci il…-
-Gilbert, sono io!- continuò la ragazza grave, rigida come un manico di scopa, aspettandosi che da quella frase lui capisse tutto.
Infatti il ragazzo annui e posò la mostarda, addentando un wurstel.
-Certo, anche io sono io, solamente che il mio io è magnifico rispetto all’io degli altri!-
La ragazza batte un pugno sul tavolo spazientita, e poi si sporse verso di lui parlandogli sottovoce per non farsi sentire da nessuno.
-Sono Ludwig, Gilbert! Mi riconosci?-
Gilbert la fissò per diversi minuti prima di spostare lo sguardo in giro per il locale. Infine tornò ad infilzare senza pietà la sua colazione.
-Senti bella, di a mio fratello che non è affatto bravo a fare scherzi! Non è cosa sua, è troppo prevedibile!- spiegò mangiando un boccone di crauti.
La ragazza parve spazientirsi a quelle parole.
-Smettila Gilbert, non sto scherzando, sono io!- insistette ancora.
Gilbert la fissò seccato e mandò giù.
-Anche io sono io! Si trovasse una ragazza carina come te non perderebbe il suo tempo in quello stupido parlamento europeo!-
-Se te la trovassi anche tu una ragazza, andresti in giro a fare meno cazzate!-
-E chi te lo dice che non continuerei indisturbato invece?- chiese brandendo orgoglioso la forchetta.
-Doitu!- Italia parve spuntare dal nulla, proprio da dietro la ragazza che, nel sentire quella voce, scattò sull’attenti allarmata.
L’italiano la abbracciò con slancio da dietro, sospirando un “ve” di contentezza.
Ma qualcosa non andava in quell’abbraccio, e Feliciano se ne accorse perché tra le mani non sentiva i solidi pettorali d’acciaio del suo amico, ma qualcosa di morbido, di gonfio, soffice….
Si ritrasse immediatamente quando realizzò che quella era una ragazza e le aveva appena toccato le tette. Ma la cosa che lo mise in allarme fu il tremito delle spalle di quello che pensava essere Ludwig e che, ora che si era alzata e voltata verso di lui e poté guardarla in viso, era convinto che si trattasse proprio di lui.
Con un pugno lo stese e gli fece saltare qualche dente.
Gilbert sconcertato spostava gli occhi da Feliciano a quella ragazza ancora col braccio teso.
Un pugno del genere solo suo fratello era capace di darlo. Il wurstel infilzato sulla forchetta si afflosciò fino a ricadere nel piatto.
–Ludwig?!-
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** We ricchiò, che fai, tocci? ***


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 Ecco il capitolo! spero che sia divertente come gli altri. ciao e grazie!
 
 
 
Assurdo, assurdo assolutamente assurdo!
Gli erano cresciute le tette, i capelli erano diventati lunghi e aveva perso il suo adorato Ciro. Gli veniva da piangere per la disperazione.
Corse fuori di casa senza sapere dove andare, da chi andare! A chi doveva raccontaglielo che si era trasformato in una femmina? A Etna? Lei era capace di sfotterlo con un solo sguardo! A Feliciano? E l’avrebbe riconosciuto? A Spagna?.... Era così disperato da pensare pure ad Antonio?!
Quello poi, come minimo, gli saltava addosso!
Aveva voglia di urlare al cielo, di chiamare a gran voce San Gennaro e chiedergli perché!
Corse a perdifiato ignorando i fischi di approvazione e i commenti dei ragazzi che lo vedevano passare. Non realizzò che quegli schiamazzi si alzavano al suo passaggio, uscito in mutande e canottiera, finché un ragazzo non gli palpò il sedere.
Andò su tutte le furie, in escandescenza. Non lo avesse mai fatto!
-We ricchiò, che fai, tocci?- lo aggredì spintonandolo.
-Ricchione? E se ero ricchione, venivo a toccare il culo a te!?- sbottò il ragazzo avendo da ridire proprio sull’insulto.
Ma a quel punto Romano riprese a correre, finché non gli venne in mente quel qualcuno che sicuramente l’avrebbe aiutato.
Quando entrò di gran carriera nel negozio molti occhi a mandorla lo seguirono con grande sorpresa.
-Yao! Yao!- entrò nel retrobottega ignorando le insistenze di una donnina che gli inveiva contro in cinese.
Da dietro una tenda finalmente vide spuntare il suo amico e nell’impeto lo abbracciò per il sollievo di vedere uno dei suoi, e straordinariamente non provò la solita antipatia e diffidenza.  
Per Yao fu un vero colpo, ricevere un abbraccio così improvviso da una sconosciuta in mutande, che, a farci bene caso, conosceva il suo nome.
Quando la ragazza si staccò iniziò a fare avanti e indietro gesticolando e farneticando qualcosa su un certo Ciro scomparso.
Quando finalmente finì il suo disperato quanto incomprensibile racconto, questa si aggrappò di nuovo a lui e lo scosse.
-We ciaina, mi devi aiutare!-
Yao, imbarazzato come poche volte in vita sua, si trovò costretto a chiederglielo.
-Ma, mi scusi, lei chi aru è?-
L’espressione disperata mutò in una sorpresa sul viso della ragazza.
-Ma come Yao, non mi riconosci? Sono io, Lovino!-
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** L'idea di Feliciano ***


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 Ecco il capitolo, spero che vi piaccia! ciao e un grazie a tutti! 
pinca!
 
 
Feliciano aprì gli occhi e lentamente mise a fuoco i pensieri e quello che aveva davanti.
Era steso sul pavimento, abbattuto da un pugno di Ludwig perché gli aveva toccato le tette. Questo non aveva senso, ma non se ne rese conto perché era ancora rintontito dal suddetto pugno, e anche perché qualcos’altro ora stava prendendo il posto di tutto.
-Sono in paradiso?- chiese guardando la figura verso l’alto.
-No, sce’! Stai ancora qui!- gli rispose.
Feliciano sorrise contento nel sentire quella soave voce e scrutava i contorni sempre più chiari e definiti del bel viso di fronte a lui. Aveva i capelli scuri, ricci, e gli occhi belli, grandi. Come era bella.
-Allora perché c’è un angelo qui con me?-
-Idiota, smettila di provarci, sono tuo fratello!- sbottò la bella figura di fronte a lui.
Questa affermazione lo zittì, ma non la comprese come non comprese come mai avesse toccato le tette di Ludwig.
-Mi sa che gli hai spostato il cervello!- disse Gilbert fissando preoccupato il ragazzo steso sul pavimento della locanda.
-Smettila, per favore!- sbottò Ludwig minaccioso.
Lovino guardò i due fratelli crucci col suo solito mezzo broncio. Era arrivato appena in tempo per vedere il fratello volare a terra sotto un pugno micidiale di quella che, a poco ,aveva scoperto essere Ludwig.
Con un “ve” si mise a sedere, guardandosi attorno confuso e frastornato, per poi concentrarsi sulle due ragazze, la mora seduta accanto a lui e la bionda svettante in piedi.
-Ve! Te son cresciute le tette Doitu! Guarda che roba!- disse sorridendo allegramente, per poi voltarsi verso la bella ragazza seduta accanto a lui.
La scrutò attentamente per diversi secondi, per poi inclinare il capo di lato.
-E tu perché sei vestita da cinese?-
-Vestito Feliciano, vestito! Sono un uomo!- lo corresse spazientito Romano.
-Perché sei vestito da cinese?- ripeté Feliciano, lasciando di stucco lui e i due tedeschi.
-Ma scusa! Tu mi vedi che sono diventato una femmina, e quello che mi chiedi e come mai sto vestito da cinese?- chiese platealmente alzando la voce e gesticolando, indicandosi e toccandosi il petto. -E mi vieni a chiedere questo? Ma fai veramente?- continuò agitandosi.
Feliciano infine sorrise serafico. -Ve, ma così ti preferisco, sei molto più carina!-
Lovino si azzittì a questa affermazione. Scattò in piedi fermando le mani sui fianchi.
-Ti ho detto di usare il maschile, Felicià! E mo’ aizt a là ‘n tierr che stai pulizian o pavimient!- sbottò per poi rivolgersi ai due tedeschi. –E invece voi mi spiegate che fine avete fatto fare al mio Ciro, o qua finisce a tragedia, va buono? Che se mi incazzo non so nemmeno io qui come va a finire!-
-Datti una calmata Lovino!- disse controllato Ludwig scostando la sedia e sedendosi come suo solito, incrociando le braccia. –Come vedi anche io questa mattina ho avuto una brutta sorpresa!- 
E infatti quella mattina al tedesco era bastato voltarsi di pancia nel letto per rendersi conto che qualcosa non andava. Era staccato seduto constatando immediatamente che i suo petto era cresciuto, e una fugace guardata allo specchio gli diede la conferma che si era trasformato in una donna.
-Ancora là!- sbottò Romano, ignorando il tedesco, rivolto al fratello ancora seduto per terra a guardarli. –Aizt!-
Feliciano sussultò a quel tono autoritario, sperando sinceramente di poter obbedire a quell’ordine invece che rimanere impalato lì.
-Aizt!- ripeté ancora Lovino.
-Ma, ma….- piagnucolo il ragazzo senza capire e rivolgendosi a Ludwig sperando in un suo aiuto. –Cosa devo fare Lud? Non capisco, perché ora parla in tedesco?-
-Alzati, ti ho detto di alzarti!- scandì meglio Romano prendendolo per un orecchio e tirandolo su, facendolo scoppiare in lacrime.
-Lasciami! Ve!-
-Smettila di frignare! Quello che dovrebbe disperarsi qui sono io che non ho più il mio Ciro!-
-E che me ne importa a me!-
-E infatti, a te non te ne importa mai niente!-
-Ve! Non mi trattare male, non è così che si comporta una ragazza!-
-Non sono una ragazza!-
-La volete smettere tutti e due?- tuonò seccato Ludwig facendo tremare i due italiani. –Non ho intenzione di rimanere in queste sembianze cinque minuti in più del dovuto, quindi non fatemi perdere tempo!-
-Beh Doitu, se devo essere sincero, non è che tu sia cambiato poi molto, né! Mi hai fatto un male cane!- si lamentò Feliciano massaggiandosi la guancia lesa.
Gilbert scoppiò a ridere e diede una pacca sulla schiena all’italiano. –Di un po’, ma almeno un po’ più carina la trovi così?-
Feliciano scosse la testa. –No, è sempre il doppio di me, mi fa paura!-
Dopo un quarto d’ora di chiacchiere Ludwig era riuscito ad istituire un'indagine e a mettere ordine nella versione di Lovino e nella sua, stilando una relazione che ci tenne a leggere.
Il giorno prima Romano aveva mangiato solo una pizza con salsiccia e un tipo di broccolo chiamato “friarielli”, accompagnato con del vino. Lui invece aveva bevuto una birra per locale visitato per un numero totale di ventidue. Prima di andare a dormire entrambi non avevano riscontrato stranezze. 
Non c’erano punti convergenti nelle due versioni fino al mattino, quando si erano svegliati in quelle condizioni.
Fece il riepilogo leggendolo ad alta voce ai tre che gli stavano seduti di fronte, e quando finì abbassò il foglio riscontrando la faccia annoiata di Gilbert, Lovino che provava ad appoggiarsi al tavolo per dormire ma che trovava difficoltà a causa delle tette schiattiate contro lo spigolo, e Feliciano intento a giocare con Gilbird.
-Ma insomma, sto cercando di risolvere il nostro problema! Un po’ di attenzione! Santo cielo, perché ci siamo trasformati in delle donne?!-
-Io ho un’idea!- fece Feliciano scattando in piedi e sorprendendo tutti. –Seguitemi!-
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Intorno al mondo ***


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 Salve! questo è il capitolo più lungo, divertitevi! ciao e grazie! Pinca^^
 
 
 
Yao guardò i quattro fermi sulla porta di casa sua con espressione perplessa.
Gilbert nascondeva le risate dietro dei “cof cof” poco credibili, Lovino, che già gli aveva raccontato la sua sventura mattutina, sbuffava sonoramente, impaziente di contraddire il fratello, mentre la bionda, che doveva essere Ludwig a detta loro, nascondeva la faccia dietro la mano, forse per l’incredulità di aver seguito fin lì Feliciano, che sorridente e più che convinto del suo piano continuava a sorridergli speranzoso.
Peccato che Yao, nonostante le buone intenzioni di aiutarli, non avesse idea di cosa fossero le “sorgenti maledette di jusenkyo”, e si ritrovò a ricambiare imbarazzato il sorriso dell’italiano senza sapere cosa dire.
-Allora Cina, ci aiuterai vero? Ci farai usare le tue sorgenti maledette, è così? Ne abbiamo veramente bisogno, ve! Lovino ci tiene così tanto a riavere il suo Ciro! Se tu ce le lasciassi usare si potrebbe immergere nella sorgente dove è annegato un ragazzo mille e mille anni fa! C’è una sorgente del genere, vero?-
-Sì, capisco la situazione di Ciro… cioè Lovino!- si corresse subito Yao. –Ma io non credo…-
-E poi quando tutto sarà finito potremmo mangiare tutti insieme due spaghettini al pomodoro!- continuò Feliciano, dimostrando di avere una soglia dell’attenzione alta quanto una vigorsol.
-O una bella lasagna, oppure dei tortellini! Sono così buoni i tortellini con burro e salvia! Li hai mai assaggiati?- gli chiese l’italiano scostandolo ed entrando in casa sua senza fare complimenti. –E poi un bel gelato, o un tiramisù per festeggiare!-
-Aspetta Italia!- disse Cina seguendolo mentre questo vagava per casa sua distrattamente. –Io non ho idea di cosa tu stia parlando! Non ho mai sentito parlare di sorgenti del genere!-
Feliciano si fermò e si voltò verso di lui sorpreso.
-Ma come, Kiku mi ha detto che hai delle sorgenti maledette che se una persona ci cade dentro, da quel momento, si trasforma se si bagna con l’acqua fredda o calda!-
Yao si sorprese. –Kiku ti ha detto questo?-
E così anche Kiku si ritrovò fermo sulla porta di casa ad osservare lo strano gruppetto, ma lui non gradì altrettanto invadenza di Italia quando questo provò ad entrare per accomodarsi.  
-Si può sapere che volete?- chiese scocciato passando a rassegna tutti. C’era Yao, e già questo non gli piaceva, e con lui una delle sue nuove conquiste a quando pareva che, anche se chiaramente occidentale, era comunque vestita da cinese.
-Ve… Kiku, abbiamo bisogno di te!- spiegò Italia, ma la ragazza vestita da cinese lo spintonò di lato piazzandosi al suo posto.
-Senti nano, voglio tornare immediatamente come prima e riavere il mio Ciro, quindi ti conviene dirmi dove cavolo si trovano quelle dannate sorgenti maledette di jusenkyo di cui parla mio fratello, o questi quattro scogli sul quale abiti te li faccio mangiare!-
La reazione di Kiku fu repentina, tirò la porta in faccia alla sua aggreditrice e andò a chiamare America con una serietà che fece scattare Alfred dalla bella poltrona di pelle sulla quale si stava dondolando.
-Ahahaha! Lo sapevo che sarebbe successo prima o poi!- disse spavaldo Alfred accerchiando con mezzo esercito i cinque fermi davanti la casa di Giappone. –Cina, sei circondata! D’ora innanzi non farai più del male a nessuno e ti insegnerò la democrazia!-
Yao si voltò seccato verso Alfred, che intanto continuava a ridete felice come una pasqua.
-Ma come ti permetti? Non ti azzardare a dire una cosa del genere, io non voglio la tua democrazia, impiccione!-
-E invece ti sbagli! Tu la vuoi e io te la darò! Ahahaha!-
-Dì immediatamente ai tuoi uomini di abbassare le armi!-
-Mai, sei un aggressore, hai attaccato Giappone, e questo non posso perdonartelo!- disse al settimo cielo Alfred.
-Cosa? Io non ho mai fatto una cosa del genere!-
-Si invece! Uno dei tuoi protetti comunisti ha aggredito apertamente Kiku!-
-Ma cosa…-
-America!- Ludwig si intromise tra i due per sedare gli animi. –Ti posso assicurare che Yao è qui per caso e che nessuno ha aggredito, ne ha intenzione di aggredire in futuro, Giappone!-
Alfred lo guardò e poi si rivolse parlottando a uno dei suoi uomini in giacca e cravatta neri, occhiali da sole e auricolare.
Questo dopo qualche secondo scosse la testa. –Non ho idea di chi sia, signore!-
-Come?! Deve essere sicuramente un alleato di Cina, guarda bene… inventatela!-
-Alfred, sono Germania!- sbottò Ludwig seccato dalla diffidenza dell’americano, che invece di affrontarlo direttamente preferiva fare ricerche su di lui.
-Sei un’impostora!- lo accusò Alfred. –A quest’ora Germania sta a Bruxelles a lavorare!-
-Veramente Germania non si è ancora presentato, signore!- lo avvisò lo stesso uomo di prima, cosa che diede un incredibile fastidio a Ludwig.
-Ma Ludwig è un uomo!- fece Alfred.
-Lo so, ma….-
-Alfred!- Kiku uscì di casa e fece un piccolo inchino. -È tutto a posto, vi chiedo scusa per il trambusto che si è creato!-
Ma Alfred non si arrese. –Ma come? Non ti stavano aggredendo?- chiese deluso.
-No,- confermò Kiku. –Italia mi ha spiegato tutto….-
-Come hai fatto?- chiese Gilbert al ragazzino che in tutto quel tempo, ne era certo, non si era mosso da dove stava.
-Ci siamo sentiti in chat!- spiegò Feliciano mostrandogli il cellulare.
-E non potevi farlo prima?- gli chiese.
Alfred sbuffò e poi riprese la sua solita aria spavalda scoppiando a ridere.
-Bene, allora via ragazzi, non ho bisogno di voi!- disse, e in un batter d’occhio tutti i suoi uomini si ritirarono come se non ci fossero mai stati. –Quindi, che succede?-
-Ehi, voglio delle scuse!- fece presente Yao, offeso per il modo in cui l’aveva trattato l’americano.
Questo gli diede qualche pacca sulla schiena. –Hahaha! Yao, amico, non te la sarai presa? Non è successo niente….-
-Comunque credo di non potervi aiutare per quando riguarda le sorgenti maledette!- spiegò Kiku. –Temo che siano solo il frutto di una leggenda, poi rielaborata nel manga “Ranma ½”!-
-Sì, l’ho letto!- esultò Feliciano.
-E tu dai autorevolezza a quello che leggi nei fumetti?!- lo sgridò aspramente Germania facendolo indietreggiare.
-Però… forse qualcosa la posso fare!- continuò Giappone.
Dopo diedi minuti Ludwig, Lovino, Gilbert, Feliciano, Yao e Alfred si ritrovarono in un tempio, davanti il fuoco sacerdotale ad osservare Kiku battere a tempo le mani, altre volte bruciare foglietti con strane scritte o agitare bacchettine con nastri attaccati, nel silenzio più totale.
In un attimo il fuoco si gonfiò in delle vampate colorate di blu, alte quasi fino al soffitto, e Kiku parlò: -Delle forze, vedo delle energie negative che si sono abbattute su di voi. Si tratta di una vendetta….- le fiamme si abbassarono e il giapponese si alzò e, come se niente fosse, come se il problema fosse risolto, si sistemò il kimono e si voltò verso il gruppo.
Si avvicinò a Lovino e Ludwig. –Questi dovrebbero tenere lontani i demoni.- e gli appiccicò sulla fronte due foglietti uguali a quelli che aveva precedentemente buttato nel fuoco.
-Fatto!- disse infine con soddisfazione.
Lovino certo non reagì bene, e anche Ludwig stava iniziando a dare segni di impazienza. Erano stati lì fermi per una ventina di minuti a fissare Kiku aspettandosi chissà cosa, e alla fine aveva detto quelle quattro scemenze.
L’unico che si era divertito era Feliciano. Era rimasto letteralmente affascinato da quello che aveva fatto Kiku, mentre Yao si era annoiato quasi a morte.
-Io ho un’idea!- disse quindi Alfred. –Ho la persona che fa sicuramente al caso vostro!-
E certo neanche Brasile, al pari di Yao e Kiku, si aspettava che a suonare il campanello fosse Alfred seguito da una comitiva di persone.
-Ciao Brasilia!- la salutò Alfred, accomodandosi in casa senza aspettare invito.
Brasilia era una bella ragazza, dalla carnagione scura e le labbra carnose.
-Senti, due miei amici, che anche tu conosci sicuramente, hanno bisogno del tuo aiuto!- spiegò Alfred.
Ma Brasilia non ebbe neanche il tempo di parlare che Lovino intervenne sbraitando contro l’americano.
-Io non voglio diventare donna! Voglio tornare un uomo vero, e rivoglio il mio Ciro originale, non un surrogato e campare di ormoni per farmi crescere la barba!- lo rimproverò.
-Ma che differenza fa?-
-Te la faccio capire io la differenza, idiota di uno yankee! Che ne dici se ti stacco la Florida e al suo posto ci piazzo un canotto?- lo minacciò brandendo un pugno.
Alfred sbiancò di colpo andando a coprirsi le parti basse con le mani. –Ripetilo un’altra volta e la riterrò una dichiarazione di guerra!-
-Scusate, ma che ci fate in casa mia?- chiese Brasilia.
Di nuovo Feliciano stava per prendere la parola, ma il fratello lo interruppe facendogli presente che era un idiota che divagava e che lui avrebbe spiegato mille volte meglio la situazione. A quel punto intervenne Alfred che, più che spiegare i fatti, si mise a blaterare sul fatto che lui, il grande eroe, era tempestivamente intervenuto per aiutare Germania e Sud Italia, ma questo comunque non chiarì a Brasilia il perché della presenza di America, Italia, Prussia, Giappone, Cina e due ragazze mai viste in casa sua, finché non fu l’intervento della bionda a chiarire le cose.
A quel punto la bella brasiliano annuì seria. –Capisco, si deve trattare di un maleficio! Seguitemi!-
Dei tamburi iniziarono a risuonare nella piccola chiesa sconsacrata dove li portò. Lei si era messa addosso dei vestiti tutti colorati e aveva portato degli oggetti di legno che avrebbe usato per scacciare il maleficio e farlo tornare al mittente. E quando si mise a danzare e ululare parole strane gli occhi andarono all’indietro lasciando solo il bianco, mentre continuava come in preda ad una possessione, i sette rabbrividirono per la paura.
Tutto si fece scuro e gli oggetti iniziarono a tremare senza che nessuno li muovesse.
-Ve… ho paura, Doitu!- fece Feliciano nascondendosi dietro la ragazza, mentre Romano correva a nascondersi dietro di lui, forse più impressionato di lui.
-Vi prego, fatela smettere!- cinguettò Lovino.
Ma nessuno ebbe il coraggio di dire niente finché non fu la stessa Brasilia a cadere a terra esausta.
Tutto tornò normale e i tamburi smisero di suonare.
I ragazzi si guardarono a vicenda per decidere chi si sarebbe avvicinato a Brasilia per vedere come stava. Alla fine, dopo essersi scambiati diversi spintoni tra Alfred, Yao e Prussia, fu proprio il reticente americano ad avvicinarsi alla ragazza che sembrava svenuta sul pavimento di terra cotta consumato.
Si fermò a qualche metro da lei e la chiamò timidamente.
-Allora, fatti avanti!- gli fece Yao spingendolo e facendolo finire in ginocchio accanto alla ragazza.
Alfred, dopo un urletto isterico, si ricompose e scosse con coraccio la ragazza.
-Brasilia, tutto bene?- chiese piano.
Si voltò verso gli amici e scosse la testa, ma quando tornò a guardare la ragazza fece un vergognoso salto per la paura che gli fece rissare i capelli sulla testa, e buttò un urlo che fu seguito fa un coro di urla. Brasilia spalancò improvvisamente gli occhi, bianchi come durante la possessione, e scattò a sedere.
La ragazza scosse la testa e si alzò spolverandosi la gonna, e poi li guardò, e parve sorpresa di vederli terrorizzati e appiattiti contro la parete della stanza.
-Tutto bene?- chiese, notando Alfred spuntare da dietro la spalla di Yao.
-Ahahah!- scoppiò a ridere di impulso Alfred, rintontendo il cinese. –Certo, certo, perché?-
-Vi vedo un po’ palliducci! Comunque non posso fare molto adesso, la maledizione che vi hanno inflitto è molto potente e per riuscire a scalfirla dovremmo passare tre notti a fare contro maledizione e invocazioni varie….- spiegò la ragazza.
-Non fa niente!- disse immediatamente Lovino preso da un nervosismo e una fifa mai provati in vita sua. –Non è poi così importante, anzi, mi piace essere una femmina!-
-Anche a me sinceramente non dispiace affatto!- convenne Ludwig, del tutto restio a passare una notte intera a fare sortilegi con quella, figuriamoci per tre di fila.
-Sicuri?- chiese lei, ma su investita da un coro di “si” che non le diede possibilità di replica.
-D’accordo…. Sono seimila dollari!-
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** La proposta indecente di Russia ***


10tisp Non ho potuto aggiornare, ero in viaggio. questo è un capitolo aggiuto, l'ho fatto di sana pianta, quindi l'impronta delle 3 di notte non ci sarà. è anche più lungo degli altri, spero che risulti divertente.
Ciao e grazie da pinca!^^




 
Dovettero fare una colletta per potersene andare via dal Brasile senza il rischio di portarsi dietro qualche macumba scagliata da quella specie di pazza del candomblè.
Si era fatta oramai sera e fecero rotta verso casa. Lovino e Ludwig non avevano nessuna voglia di parlare, mentre America li assillava enunciando altri mille favolosi piani che non avevano ne capo ne coda e Feliciano cantava allegramente saltellando per la strada, come se fosse niente. Aveva invitato tutti a mangiare a casa sua, visto che c’erano, perché non passare la serata in compagnia!
E si trovavano all’angolo delle colonne d’ercole quando il grazioso italiano andò a sbattere contro qualcuno che si trovava lì, piantato fermo ad aspettarli.
Chi era? A Feliciano bastò alzare gli occhi al cielo per rabbrividire dalla testa ai piedi.
-Salve!- lo salutò con voce serafica Ivan.
-Ci-ci-ciao!-
-Salve!- continuò Russia rivolgendo un sorriso anche al resto della comitiva.
Il gruppo non riuscì a ricambiare con altrettanto entusiasmo, tanto che Lovino non si fece problemi a imprecare, schiettamente contrariato già a causa del suo grande e grosso problema.
-Maledizione, e adesso che diavolo vuole questo idiota tracanna vodka?!- sbottò a mezza bocca, ma abbastanza forte da farsi sentire anche da Russia e far impallidire il fratello.
-Semplice!- rispose sempre con lo stesso tono pacifico Russia, il che Ludwig ne era certo, non prometteva niente di buono. –Sono venuto a sapere casualmente della vostra situazione! Io vi posso aiutare.-
-Come? Tu sai…- chiese incredulo Ludwig.
Ivan si limitò ad annuire.
-Veramente ci puoi aiutare? È fantastico!-  questo era bastato però a far cambiare idea a Feliciano, tanto che per poco non saltò al collo di Ivan per la felicità.
-Seguitemi…- disse solamente Ivan voltandosi e incamminandosi verso casa.
Feliciano iniziò a saltellare allegramente, proprio come prima, seguendo Ivan, ma Ludwig lo afferrò per la maglia frenandolo bruscamente che per poco non lo strozzò.
-Ve… che c’è Ludwig?- chiese il ragazzo.
-Non mi fido!- sbottò il tedesco serioso come sempre.
-Neanche io. E poi come faceva a sapere che Ludwig e Lovino si sono diventati ragazze?- lo appoggiò Yao.
-Trasformati, prego.- puntualizzò offeso Romano, -Qua nessuno voleva diventare una ragazza!-
-Ma ragazzi, come siete diffidenti!- sbottò Veneziano divincolandosi dalla stretta di Ludwig. –Ha detto che può aiutarci, perché dovete essere sempre così sospettosi? Dategli una possibilità, è stato gentile con noi!-
-Detto da te che ci hai portato a cercare le sorgenti maledette di non so cosa, ha un gran valore!- lo derise Gilbert sghignazzando.
-Io invece sono d’accordo! Hahaha!- America si avvicinò a Feliciano e gli diede una gran pacca sulla schiena che per poco non lo fece cadere in avanti. –Italia ha ragione! Dovremmo dare a tutti una seconda possibilità, e Russia non solo è disposto ad accoglierci a casa sua, ma ci vuole pure aiutare! È grandioso!-
In meno di quattro minuti si ritrovarono seduti nel salotto buio e tetro di Russia. Solo il camino faceva luce e emanava calore. Alfred non faceva altro che sghignazzare, oramai al settimo cielo. Certo, non era riuscito a portare la democrazia a Cina, e aveva pure lo strano sospetto che se la fosse pure presa, ma aveva avuto un secondo colpo di fortuna. Lui, a casa di Russia! Magnifico, perfetto, geniale…. Eroico! Dopo tutto lui era America, gli erano bastate quattro belle parole per convincere gli altri ad accettare senza problemi. Il suo piano sarebbe entrato in azione una volta che Ivan e gli altri si sarebbero distratti con la faccenda di Sud Italia e Germania e lui sarebbe sgattaiolato via a cercare indisturbato informazioni e armi di distruzione di massa per casa di Russia. Scommetteva tutto quello che aveva che dentro il cassetto dei calzini quel pazzoide schizzato nascondeva qualche arma chimica già indirizzata, o qualche piano per la conquista del mondo. Lui l’avrebbe scoperto, smascherato e avrebbe salvato il mondo, e tutti lo avrebbero lodato!
-Ahahahahhahah!- scoppiò così a ridere, esaltato da quelle idee, lasciando di stucco Ivan che gli aveva semplicemente chiesto se voleva un po’ di vodka.
-Ma sta bene?- chiese il russo a Kiku e Gilbert, seduti accanto ad America, che si scostarono leggermente dal biondo.
-Fino a qualche secondo fa era convito che stesse bene.- rispose pacatamente Giappone sorseggiando la vodka appena versatagli.
-Na, ti sbagli! È sempre stato suonato come un tamburo, un esaltato che si crede chissà chi!- lo contraddisse Gilbert. –Come fa a pensare questo, non è mica il magnifico me!-
-Bene, allora per lui è meglio non esagerare!- concluse Ivan passando avanti e versando da bere al tedesco, mentre imperterrito America continuava a ridere senza freni e senza nessun motivo apparente.
-Allora!- intervenne Ludwig impaziente di conoscere le vere intenzioni di Russia. –Come fai ad essere a conoscenza della situazione mia e di Lovino?-
Russia guardo la bionda e le sorrise. –Ognuno hai i propri mezzi.- rispose vado.
-Quali mezzi?- insistette Ludwig.
-Niente di speciale, questa mattina mi trovavo per caso a passare per Napoli e non mi ci è voluto molto per capire che cosa fosse successo a Lovino. Urlava come un disperato.-
Romano borbottò qualcosa, il fratello parve imbarazzato, mentre Yao e Gilbert sghignazzavano divertiti perché era proprio vero, quella mattina lo avevano sentito urlare a miglia di distanza.
-Poi non ti sei presentato a Bruxelles e ho intuito che ti fosse capitato qualcosa di brutto.- continuò Ivan, e una strana luce negli occhi si accese a quell’ultima parola. -E guarda un po’ il caso, vado a cercare Romano e con lui c’è anche una graziosa ragazza bionda. Sai, dovresti farti crescere i capelli e farti le trecce, staresti bene….-   
Ludwig incrociò le braccia contrariato. Quella era la seconda persona al di fuori dell’unione europea che dichiarava apertamente di conoscere o seguire i suoi movimenti a Bruxelles, e la cosa gli stava iniziando a dare un gran fastidio, considerando per di più che a controllarlo erano due che non gli davano affatto l’impressione di possedere una sanità mentale rassicurante.
-E allora? Come farai a riportare alla normalità Ludwig e Romano?- chiese Feliciano per poi buttare giù incautamente tutto il bicchiere.
-È semplice. Il loro dna è stato modificato, io posso farlo ritornare come prima.-
-Forte! Come nei film di Alfred!- esultò Veneziano allungando il bicchiere. –Ne voglio ancora!-
-Italia, evita di esagerare!- lo rimproverò Ludwig.
-Si, proprio come nei film di Alfred,- convenne Russia cambiando improvvisamente tono. –vero Alfred?-
Alfred si immobilizzò là dove era riuscito ad arrivare col suo felino passo silenzioso e impercettibile da agente segreto. Quell’idiota di Feliciano doveva proprio nominarlo? Era quasi arrivato alla porta!
Si gettò a terra e iniziò a tastare il pavimento. –Ahahah, ho perso le lenti a contatto!-
Italia si gettò automaticamente a terra correndo a quattro zampe per la stanza alla ricerca delle fittizie lenti a contatto di Alfred.
-Ma se porti gli occhiali?- puntualizzò Yao, mettendo a segno un punto a suo favore.
-Ahahahah!- questa volta la risata di America aveva qualcosa di isterico, e si tirò subito in piedi sfilandosi gli occhiali. –Che sciocchezza! Non è vero! Adesso basta Italia, non c’è bisogno che cerchi, userò i miei occhiali di riserva che per fortuna porto sempre con me!-
-Ma no, lascialo fare!- fece il russo con gli occhi incollati sul fondoschiena di Feliciano che continuava a gattonare indisturbato.
Questo diede ancora più fastidio a Ludwig, che fu sul punto di rimproverare l’italiano, ma Feliciano puntò a lui, determinato come un treno a vapore, e si ritrovò con le gambe all’aria e la testa del ragazzo nascosta sotto il suo sedile.
-Feliciano ma che stai facendo?- chiese Ludwig con voce stridula diventando rosso.
Ma il ragazzo là rimase, chinato per intrufolarsi sotto il divano, fregandosene che lì c’era seduto lui.
-Esci subito di lì!- gli ordinò esasperato, costretto a causa sua a dover stare a gambe aperte.
-Ve…!- Feliciano fece per uscire, e ci provò ancora, poi iniziò ad agitarsi e a ululare un “ve” dopo l’altro, disperato, battendo i pugni per terra.
-Feliciano, esci ti ho detto!- continuò Ludwig spazientito dall’agitazione dell’italiano.
-Doitu, aiutami! Doitu, sono rimasto incastrato!-
Ebbene si, Feliciano era riuscito a incastrarsi la testa sotto il divano.
Romano si alzò e invece di aiutarlo ad uscire, gli mollò un gran calcio nel sedere che lo fece urlare ancora di più in preda al panico.
-Sei un idiota! Solo tu potevi essere capace di fare una cosa del genere!- sbottò Lovino.  
-Ve… aiuto!-
Intanto Gilbert aveva tirato fuori il suo cellulare e fatto una foto a una delle scene migliori di quella giornata. Elizabeth sarebbe impazzita una volta vista, e bastarono pochi secondi dall’invio della foto perché la porta si spalancasse con un urlo che fece sobbalzare tutti i presenti.
-Ah! Che succede, non lasciatemi qui sotto, vi prego!- urlò spaventato Italia da sotto il divano.
-Questa è anche meglio di quella di te e Roderich!- Ungheria entrò con passo spedito, macchinetta fotografica alla mano e iniziò a fleshare la scena del delitto.
-Ehi, mi avevi giurato di non parlarne mai più!- scattò Gilbert all’affermazione, del tutto inosservata, della ragazza.
-Ok ok!- lo liquidò Elizabeth continuando a fare foto indisturbata. –E tu dovresti essere Ludwig! Carina…- continuò.
Ludwig fu rintontito dai flash e non rispose, ma Russia fu ben felice di rivedere la ragazza.
Le spuntò da dietro come uno spettro e le sussurrò all’orecchio: -Sei tornata per diventare tutt’uno con Russia…-
Elizabeth impallidì e finalmente smise di scattare foto.
-Allora? Sei tornata per diventare tutt’uno con me!- fece ancora più esaltato Russia.
-We, e che sono ‘ste proposte indecenti? E così ci si rivolge ad una signorina?- Lovino si mise in mezzo tra Russia e Ungheria con grande ardore, per poi voltarsi verso la ragazza. –Piacere di conoscerla signorina. Lo scusi, ma la solitudine sa, gli ha fatto perdere le buone maniere!-
Elizabeth lo fissò per qualche secondo per capire. –Ah, ma tu sei Romano! Ma lo sai che sei molto carina anche tu!?-
Per Romano questa fu una mazzata dritta dietro la testa. Per un attimo si era dimenticato di essere una ragazza. Quando l’aveva vista, così graziosa con quel fiore nei capelli, non aveva pensato a nient’altro che a provarci. Questa era una tragedia, lui, il più grande latin lover di tutti i tempi… definito carina da una ragazza. Il suo fascino, il suo fascino macho… era andato perso insieme al suo Ciro!
-Ti senti bene?- gli chiese vedendolo farsi scuro in volto.
Ma Romano si ritirò in un angolino, silenzioso e depresso peggio di prima.
-Ma si può sapere che ci fai qui?- chiese spazientito Ludwig cercando di alzarsi, ma Feliciano gli impediva di mettere i piedi a terra muovendosi in continuazione.
-Gilbert mi ha mandato una foto! Non potevo mancare!-
-Ve! Aiuto!-
-Gilbert!-
-Ho una strana voglia di tornarmene a casa aru!-
-Penserò sul da farsi.-
-Ciroooooo!!!-
-Dai fatevi fare un’altra foto!-
-Ho bisogno di una birra!-
-Questa giornata finisce dritta nel diario del magnifico me!-
Russia, fermo in mezzo alla confusione che vigeva in casa sua, non sembrava affatto preoccupato, anzi, sembrava fargli piacere tutto quel movimento, ma voleva arrivare al punto, quindi, scostò Ungheria e, afferrati i pantaloni di Feliciano, messo col sedere all’aria, lo estrapolo con un movimento secco e veloce. 
Calò il silenzio immediatamente, convinti che Russia gli avesse spezzato il collo, ma Feliciano tirò su la testa e sorrise contento.
-Ve… grazie Ivan!-
-Di niente! Ma adesso parliamo di Romano e Germania.-
-Ciao!- il tempo di mollare Feliciano a terra, già si era avventato su Elizabeth. –Sei diventata molto più bella dall’ultima volta che ci siamo visti!-
-Oh, ma che gentile!- fece lei sorridendo al ragazzo.
-Adesso basta, tornate tutti ai vostri posti immediatamente!- Ludwig si poté finalmente alzare e rimettere ordine in quella stanza. In men che non si dica, Lovino fu seduto di forza tra Yao e il bracciolo del divano, Elizabeth tra Gilbert e Kiku, il più lontano possibile da Feliciano che, per evitargli distrazioni ulteriori, se lo sedette accanto.
-E adesso dicci che intenzioni hai!-
Russia sorrise in modo inquietante. –Semplice. Se accetterete il mio aiuto, in cambio i vostri fratelli diverranno tutt’uno con me. Prussia e Nord Italia e voi tornerete come prima.-
Il silenzio seguì parole, finché un entusiasta Feliciano alzò la mano in alto. –Io ci sto!-
Per i presenti fu una doccia fredda. No, non era possibile, America non l’avrebbe mai permesso, America… Ma… dove era America?!
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** The Sado east ***


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 Ciao, ecco il nuovo capitolo. spero che vi piaccia! un grazie a tutti! ciao da pinca^^
 
 
America fremeva. C’era riuscito, era sgattaiolato via e ora era davanti al cassetto delle mutande di Russia. Allungò le mani bramoso di informazioni, e aprì il cassetto con uno scatto degno di una grande rivelazione, ritrovandosi con naso schiacciato contro il naso di Ivan.
Fece un balzò indietro, pronto a trovare mille giustificazioni per discolparsi, rendendosi conto che quello che era spuntato dal cassetto delle mutande non era il russo, ma la sua adorabile e inquietante sorellina Bielorussia con delle mutande strette nelle mani che lo fissava con canto d’occhi.
Si fissarono per diversi secondi, tutti e due beccati con la mano nel barattolo dei biscotti.
-Natasha! Ahahahah… facciamo così, io non sono mai stato qui e non ti ho mai vista snif… nel cassetto delle mutande di Ivan, ok?-
Natalia continuò a fissarlo, e il cipiglio sorpreso si trasformò nel solito imbronciato e minaccioso.
-Allora, che ne dici? Ivan non saprà niente di nessuno dei due, è perfetto!-
Ma Natasha non disse una parola, si limitò a proteggere il suo fratellone. Lei non avrebbe mai permesso a nessuno di fargli del male, e quell’americano… lui era cattivo!
Alfred indietreggiò terrorizzato nella camera da letto cupa e fredda ritrovandosi troppo presto con le spalle alla parete.
-Ivan non sarà certo contento di sapere che abiti tra le sue mutande!- cercò di farla ragionare. Ma proprio la sorella schizzata doveva trovare nel cassetto delle mutande? E se, e se ce l’aveva messa proprio Ivan per proteggere qualche informazione segretissima? Non poteva farsi scappare un’occasione. Ora che Bielorussia era uscita da quel cassetto lui poteva con uno scatto felino scansarla e introdursi nel cassetto. Una volta dentro nessuno più gli avrebbe potuto impedire di raggiungere le informazioni segrete che Russia vi nascondeva con tanto di guardia.
Come ogni sera, alle sette spaccate, Anya aprì la porta della camera del fratellone portando con se la cesta piena di legname per accendere il fuoco nel camino, proprio come amava tanto Ivan, ma qualcosa la fece fermare sulla soglia, qualcosa che la lasciò a bocca aperta.
-Che c’è?- le chiese Natasha col suo solito muso duro.
Che domanda schiocca. Non poteva certo pretendere che trovare un Alfred terrorizzato in boxer a stelle e strisce e giacca marrone, con i polsi legati alla testata del letto di Russia e un paio di mutande appallottolate a tappargli la bocca, le passasse del tutto indifferente!
-Niente!- fece Anya nervosamente, sotto lo sguardo duro della sorellina che teneva stretto nelle mani una striscia epilatoria e la cera. –È che… che ci fa America… che stai facendo ad America?-
Alfred sembrava su di giri, e si contorceva e mugugnava qualcosa in preda al terrore, sperando che Ucraina lo salvasse da quella pazzoide patentata di Bielorussia.
-Voleva impicciarsi negli affari del nostro fratellone!- spiegò Natasha. –Non perderà il vizio, ma intanto il pelo glielo faccio perdere tutto!- continuò guardando America con una luce sadica negli occhi che fece strepitare ancora di più Alfred.
Ucraina, così come l’aveva aperta, richiuse la porta uscendo, non del tutto certa di quel che aveva appena visto.
 

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Capitolo 12
*** Il laboratorio segreto ***


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 Ciao! ecco il nuovo capitolo. spero che sia divertente! grazie a tutti by pinca!
 
 
 
Feliciano aveva proprio accettato, e con che entusiasmo poi, tanto da lasciarli di stucco.
Prussia aveva strabuzzato gli occhi, e anche Ungheria parve atterrita a quella proposta di tornare sotto la mano di Ivan. Lovino stringeva i pugni sulle ginocchia, incredulo che il fratello fosse pronto a sacrificarsi per lui, e l’idea di perderlo si faceva inconcepibile e intollerbile.
-Feliciano, non sai cosa dici, non hai capito…- balbettò Ludwig per poi rivolgersi a Ivan. –La tua proposta è inammissibile!-
-Si che ho capito, e non mi dispiace poi tanto!- fece serio l’italiano.
-Fratellino, non puoi! Non devi, non ne vale la pena…- Romano non aveva neanche il coraggio di guardare il fratello, con la paura di lasciarsi andare e scoppiare il lacrime davanti a tutti. –Io, preferisco restare così piuttosto, non devi sacrificarti per me!-
Erano parole tanto sentire che si commosse perfino Yao, che gli poggiò una mano sulla spalla per confortarlo.
-Ma io non lo faccio per te!- rispose franco il ragazzo, gelando tutti, che già si stavano sciogliendo al dramma italiano.
A ciò Lovino alzò gli occhi da terra e guardo il fratello convinto di non aver capito. –Come scusa?-
-Avevo già intenzione di andarmene. E poi Russia mi passerebbe il gas a un prezzo più basso così, vero Ivan?-
Russia annui serafico. –Certo, ai miei amici fedeli faccio prezzi favorevoli!-
-È molto più conveniente che stare con te che, tra parentesi, sei anche abbastanza imbarazzante!- concluse come se nulla fosse Feliciano, continuando a sorridere al nulla.
-Tu non sai quello che dici, Italia!- lo rimproverò Germania agitato dalla strana piega che stavano prendendo le cose. –Smettila di fare lo sciocco e lascia fare a me!-
Yao fu travolto improvvisamente da una furia e si ritrovò col sedere di Lovino in faccia mentre questo era saltato addosso al fratello e lo strava strangolando, coinvolgendo anche Ludwig schiacciandolo sotto di loro.
-Ve…. Doitu, aiuto!- strillò Veneziano con Romano a cavalcioni su di lui che lo teneva stretto per il collo.
-Ma io t’accir! Bastardo, sono imbarazzante?!- urlava in preda ad una furia omicida.
-Ragazzi, vi prego!- li supplicò Yao.
-Smettetela immediatamente!- ordinò infuriato Ludwig.
-Ve… Doitu, che bonbon morbide, posso morire qui, ve Doitu!- soffiò sempre più strozzato Veneziano accortosi di essere affondato con la testa in qualcosa di morbido.
Ludwig divenne rosso fino all’attaccatura dei capelli, Ungheria estrasse di nuovo la macchina fotografica, e Gilbert scoppiò a ridere.
Ancora una volta fu Russia a riportare l’ordine. Gli bastò battere le mani e attirare l’attenzione dei presenti perché questi si ricomponessero. Si alzò dalla poltrona e con impazienza si rivolse a Gilbert.
-Tu invece? Non vuoi tornare a fare parte della Russia? Farò tornare tuo fratello come prima, e puoi portare con te la tua amica.-
Ludwig scattò in piedi agguerrito. –Scordatelo, non lo permetterò mai, e neanche Italia accetterà!-
Ivan affinò lo sguardo minaccioso. –Italia è sovrana, e decide da se, il tuo intervento non conta niente.-
Feliciano si alzò e, con la sua solita spensieratezza, lo tranquillizzò. –Non ti preoccupare amico mio, Ivan sarà gentile con me, vero?-
-Certo!- convenne Ivan. –Allora se siete sicuri di non voler accettare, darò solo a Romano la possibilità di tornare come prima!-
-Dai andiamo Lovino, così potrai riavere il tuo Ciro!- disse entusiasta afferrando il fratello per il polso e tirandolo, ma questo si divincolò e gli mollò un pugno sul braccio. – Ve, mi hai fatto male!-
-Non provare mai più a toccarmi, idiota!- sbottò ancora offeso a morte.
-Ve, va bene! Tanto prima o poi ti passerà!- fece lui.
-Seguitemi….- Ivan senza dare ulteriore attenzione ai litigi dei due, si voltò e aprì un’ampia porta scorrevole d’acciaio digitando un codice su un pannello che nessuno fino a quel momento aveva notato.
Ivan percorse un corridoio metallico seguito dalle altre nazioni che si guardavano attorno incuriosite, per arrivare infine in un’enorme laboratorio pieno di scienziati in camice bianco, e un enorme pilastro cilindrico si innalzava fino al soffitto altissimo.
-Ma dove siamo?- chiese incredulo Ludwig.
-Questo è un laboratorio di ricerca. Farò esporre Romano all’uranio vivo, così il suo dna diventerà malleabile e lo faremo tornare come prima… tutto questo prima che muoia a causa delle radiazioni!- concluse continuando a sorridere Russia.
 



 

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Capitolo 13
*** La crisi isterica di... ***


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 Ciao! non credo che ci sia qualcosa di divertente in questo capitolo... e neanche nel prossimo credo.... -.-''''! ok dopo questa botta di vita vi lascio al capitolo, che è veramente campato in aria. ciao e grazie da pinca!
 
 
 
 
-Tsk, che perdita di tempo! Quel pazzoide voleva sciogliermi in un forno a microonde!-
-Dai fratellone, voleva solo aiutarti! Potevi dargliela una possibilità…-
-Ma sei scemo? E non mi parlare più, io non ti conosco!-
-Uffa, ma quando ti passa?-
-Non mi passa!-
-Ti offro la cena per un mese intero!-
-Non ti sento!-
-Allora ti do un bacino!- 
Feliciano lo abbracciò e gli diede un bacio sulla guancia facendolo arrossire.
-Idiota!- borbottò Romano distogliendo lo sguardo imbarazzato e pulendosi la guancia col dorso della mano.
-Ok, ora che avete fatto pace, che si fa?- si intromise bruscamente Gilbert passando le braccia intorno alle spalle dei due fratelli.
Lovino si voltò dall’altra parte seccato. –Io non ho fatto pace con nessuno!- ci tenne a precisare, ma tanto nessuno lo ascoltò.
-Si va a casa a mangiare! Da me, vi va bene? Ho fame… preparo la pasta! La volete la pasta, vero?- fece contento Feliciano.
-Io posso preparare qualcosa!- si propose Yao, trascinandosi un esitante Kiku.
-Per me va benissimo, ma c’è birra buona da voi?- chiese Gilbert, per poi indicare il fratello. –Sai, credo che Ludwig sia vicino ad avere una crisi isterica, e se non gli date da bere potrebbe diventare peggio del solito!-
Feliciano si voltò a guardare la ragazza bionda che camminava silenziosamente in fondo alla comitiva.
-A me sembra normale!-
-Sembra, appunto!- convenne Elizabeth grave affiancandolo. –Ma te lo assicuro, sta per crollare!-
-Ve… veramente?- chiese preoccupato Feliciano.
I due si scambiarono un’occhiata fugace e poi annuirono con delle facce serie.
-Certo, ti sei mica dimenticato cosa ha combinato l’ultime volta…- aggiunse Gilbert.
-Ve… farò il possibile!- strepitò spaventato il ragazzo.
-Voi due!-
Gilbert e Elizabeth saltarono in aria e si misero sull’attenti.
-Ve… non ho la birra!- piagnucolò Feliciano terrorizzato andando a nascondersi dietro al fratello, coprendosi la testa come se stesse per esplodere una bomba.
-Che state combinando!?- chiese Ludwig, che anche con la voce di una donna era capace di far tremare chiunque.
-Niente!- fece Gilbert, convinto di sfoderare una faccia innocente che di innocente poco aveva.
Ludwig li raggiunse e Elizabeth e Gilbert si allontanarono automaticamente.
-Italia!- Ludwig si piazzò dinnanzi ai due italiani per parlare col più piccolo, ma questo tremò da capo a piedi, convinto che Germania se la volesse prendere con lui perché non aveva la birra, e si incollò alle spalle del fratello innervosendolo all’inverosimile, e facendo venire fuori uno strano balletto con Lovino che tentava di scrollarselo di dosso e lui che gli ballonzolava dietro.
-Ti vuoi levare da dietro!- gli intimò infatti continuando a spostarsi a destra e a sinistra, con Germania che li guardava senza parole.
-No, ve…!-
-Smettila!- continuò sempre più irritato Lovino. Alla fine si rigò di scatto, prese il fratello per la maglia e iniziò a scuoterlo convulsamente, in preda veramente ad una crisi isterica.
-Ti ho detto che ti devi togliere! E non la voglio la tua pasta, chiaro! Non voglio mangiare, non ho fame! Voglio solamente tornare come prima! E la vuoi sapere una cosa? La pasta mi fa schifo!-
Tutti rimasero di sasso a quell’affermazione, specialmente Feliciano, che venne scaraventato a terra.
-Calmati Romano!- gli disse Ludwig, ma anche questo venne preso di mira dall’isteria convulsa di Romano.
-Non mi dare ordini stupido crucco!- gli mollò un pugno che straordinariamente, contro ogni legge fisica e matematica, e contro ogni possibile pronostico, atterrò la bionda. Gli salì pure a cavalcioni e continuò a tartassarlo di pugni, togliendogli anche il tempo di realizzare di stare venendo picchiato dalla versione femminile dell’Italia del sud.
-Oh mio Dio! Il fratellone è impazzito! Ve!-
-Che diamine stai facendo! Rispondi con un magnifico pugno!-
Ludwig lo allontanò con uno spintone e si tirò su a sedere, aveva il viso tutto tumefatto. Ancora troppo incredulo, preferì controllarsi e non rispondere in alcuno modo, ma Lovino non sembrava della stessa opinione e con un calcio sotto al mento gli si rigettò addosso.
Questa volta però Germania rispose. Capovolse la situazione e caricò di pugni Lovino.
-Fermatelo!- strepitò disperato Feliciano.
-Non ci provate nemmeno!- Un Alfred in boxer a stelle e strisce spuntato dal nulla, liscio e depilato come una donzella e rosso come un peperone, fermò immediatamente Yao e Gilbert. –Una lotta tra ragazze! È stupendo!- disse buttando fumo dal naso come un toro. –Brave ragazze! Strappatevi i vestiti! Wow, guarda come graffia Romano, è una vera gatta selvatica!-
-Sei un depravato!- lo rimproverò Yao, ma l’americano certo non ascoltava lui, visto che ora si stavano prendendo anche a capelli.
Alfred estrasse una mazzetta di dollari dalla giacca e la porse a Elizabeth. -Ti do 300 dollari se indossi un costume super sexy e ti unisciti a loro!-
-Ma come ti permetti?!- urlò offesa Elizabeth regalandogli una padellata in testa che lo rincitrullì definitivamente.
-Il mio fratellone è più forte da ragazza!- osservò Feliciano impressionato e tendendosi a debita distanza.
Gilbert si tirò su le maniche e si avvicinò coraggiosamente alla zuffa. –Non dire sciocchezze Italia, è mio fratello che è diventato una donnetta!-
Ma le sue parole furono smentite mezzo minuto dopo quando si ritrovò messo in un angolo e ridotto peggio delle volte che finiva nella mischia alla locanda giù in paese.
-È indemoniato!- pigolò Gilbert mentre Gilbird tornava sulla sua spalla a consolarlo. Ovviamente l’uccellino era stato più furbo di lui, e quando era stato il momento, si era allontanato per evitare colpi indesiderati.
Ludwig era però riuscito a bloccare Lovino sotto di lui e a bloccargli i polsi. –Presto, andate a chiamare qualcuno!-
-Qualcuno chi?- chiese nel panico Italia.
-Non so, chiamate…- fece Ludwig ancora più nel panico di Feliciano, non essendosi mai trovato davanti ad un nemico più agguerrito di così, che gli ringhiava e lo prendeva a male parole nonostante fosse sotto di lui e che stava dimostrando una forza inaudita.
-Un anestesista?- ipotizzò Kiku.
-Un esorcista?- chiese Elizabeth.
-Uno psichiatra?- disse Yao.
-Un regista di film hard?- propose Alfred. –Stareste benissimo anche su un ring, ma voi due insieme…-
-Spagna?- suggerì Feliciano.
-SPAGNA!- ripeté Ludwig. –Chiamate Spagna dannazione, non ce la faccio più a tenerlo!-
 
 

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Capitolo 14
*** The Latin Lover ***


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 Ciao! ecco il nuovo capitolo. fa cagare, sicuro come... non so come. spero che vi piaccia lo stesso. grazie e ciao da pinca!^^
 
 
Spagna non avrebbe creduto ad una storia tanto inverosimile se non avesse visto con i proprio occhi quella che gli avevano indicato come Romano.
Era legata ad una sedia quella bella ragazza, e indossava un vestito cinese. Accanto a lei c’erano una bionda dai capelli corti conciata male, Ludwig, e Alfred che rideva per chissà quale motivo tutto suo, in boxer e giacca, con le gambe e il basso addome rossi come pomodori.
-Bastardi! Lasciatemi andare immediatamente!- sbraitò dandogli un’ulteriore conferma della sua vera identità.
Incredibile, il suo dolce Romano si era trasformato in una ragazza, e che ragazza!
-Ve… aiutaci Antonio, Romano è impazzito, ha detto che non gli piace più la pasta!- spiegò disperato Feliciano, come se quella fosse l’unica anomalia del fratello.
-In verità ha detto che gli fa schifo!- precisò Kiku, facendo disperare ancora di più l’italiano per il fratello degenerato.
Antonio sorrise tranquillo e si avvicinò alla scalpitante ragazza che urlava insulti incomprensibili ai molti.
Si chinò davanti a lei continuando a sorridere.
-Stai attento a non avvicinarti troppo,- lo avvisò Gilbert. –quel bastardo graffia!-
-È adorabile anche così!- disse felice Antonio. Batté le mani e poi allargò le braccia. –Fusososo!-
Rimasero tutti di stucco. E questa era la grande soluzione di Spagna?
Ma Antonio continuò indisturbato col suo ipnotico “fusosososo” e straordinariamente dopo la terza volta, a dispetto degli scettici, Lovino si rilassò sulla sedia incredibilmente tranquillo, seguendo incantato i movimenti di Antonio.
-Fusosososo!- fece ancora Antonio.
-Ma come hai fatto?- chiese incredulo Ludwig.
-Fusosososo!- continuò Antonio. –Ha sempre fatto così, anche da piccolo, e funziona ancora! Fusosososo!-
Al settimo “fusosososo” Antonio, invece di richiudere le mani e continuare, si sporse verso Romano e lo baciò senza indugio.
-Anche questo fa parte del “fusosososo”?- chiese Ludwig dubbioso.
-Beh, a quanto pare…- fece Alfred, visto che Lovino non diede segno di reagire in alcuno modo, nonostante il bacio sempre più appassionato di Antonio.
-Ehm… questo Romano non me l’aveva mai raccontato!- disse fra se e se Feliciano imbarazzato.
Antonio afferrò la sedia per i braccioli e, con una facilità impressionante, la sollevò da terra mettendosi dritto. –Mia bella mujeres caliente, te quiero!- disse con voce profonda, con la fronte appoggiata a quella dell’impassibile Lovino.
-Oddio, è così bello!- fece improvvisamente Ungheria.
-Ma chi?- fece Gilbert, scuotendo la ragazza. –Ma che ti prendere?-
-Oh cavolo!- Alfred sbiancò e indietreggiò di qualche passo.
-Che succede?- chiese allarmato Ludwig. Non era certo da tutti i giorni vedere Alfred impallidire in quel modo!
-Si è trasformato nel… Latin Lover!- spiegò con un filo di voce.
Infatti Antonio con un colpo di mano strappò via le corde, la sedia cadde a terra, e prese Lovino tra le braccia.
-Ma come cavolo ha fatto?- si chiesero Yao e Kiku che non avevano mai visto niente del genere.
-Cosa significa America?!- chiese agitato Germania.
-Guardate!- Alfred indicò Antonio, ora completamente trasformato nel protagonista maschile di una copertina Harmony. I capelli bruni ondeggiavano al vento alzatosi solo per quello, il pettorali gonfi e machi spuntava dalla camicia sbottonata, i pantaloni erano diventati quelli attillati di uno stalliere, mentre teneva tra le braccia forti la sua bella, che invece sembrava diventata una lastra di ghiaccio.
-Ve… vuole fare del male al mio fratellone!- si allarmò Feliciano.
-Credo che abbia tutt’altre intenzioni, e non certo fargli male, credimi Italia!- lo sfotté Gilbert.
-Come è bello!- continuò sognante Elizabeth infastidendo l’amico col pulcino appollaiato sulla testa.
-Vieni con migo, y farò di te la mie reina!-
-Antonio, mettilo giù!- si avvicinò con cautela Alfred. –So che sarà difficile per te, ma fallo!-
Ma Antonio non la prese affatto bene, infatti si girò verso di lui con un suono di nacchere.
-Maledetto, non ti permetterò mai di distruggere il nuestro amore!-
-Lasciami!-
-Certo Antonio, non è mia intenzione, ma è meglio se metti giù Lovino! È Romano, ricordi? È un ragazzo, non una ragazza!- gli fece ancora Alfred avvicinandosi ulteriormente.
-Kesesese, appunto per questo non lo molla, lo sa bene che è Romano!- sghignazzò Gilbert senza trovare la complicità dell’amica, presa dai sospiri di ammirazione.
-È così passionale!- fece lei sciogliendosi come un gelato.
-Lasciami!-
-Non osare, stupido yankee, avanzare di un altro paso! Non farai mai più del male alla mia mujeres! Io l’ho liberada e la difenderò al costo de mi vida!-
-Lasciami!-
-È molto nobile da parte tua, ma io non voglio farle del male…- lo assecondò America pazientemente. Dio sapeva solo quante donne gli aveva fregato dal sotto al naso quell’esaltato dello spagnolo in quel suo modo strambo che faceva strage di cuori femminili. –Ma dammi ascolto, mettilo giù…-
-Lasciami!-
-Non costringermi a farti probar el sabor de mia espada!- continuò con ardore Antonio.
-Lasciami!-
-Quale espada?- chiese stupidamente Ludwig, sicuro di non aver visto nessuna spada ad Antonio quando era arrivato da loro. Ma come per magia una spada scintillante comparve appesa alla cintura dell’aitante spagnolo.
-Qua le cose si stanno facendo ridicole!- si ritrovò a dire scuotendo la testa il tedesco.
-Lasciami!-
-Lascia stare mio fratello!- con grande sorpresa Feliciano corse in aiuto del fratello, ed ebbe pure l’ardore di mollare un calcio sugli stinchi ad Antonio, che ebbe solo l’effetto di farlo notare dallo spagnolo.
-Molla mio fratello! Già una volta l’ho liberato da te, non ho paura di farlo ancora!- disse coraggiosamente Veneziano.
Antonio lo guardo dall’alto -si, perché in versione Latin Lover era cresciuto di ben dieci centimetri- stupefatto non tanto per il coraggio che stava dimostrando Feliciano, ma per quello che aveva detto.
-Lasciami!-
-Scusa, ma… non mi pare che tu mi abbia mai affrontato per liberare Romano! Quando sarebbe successo?-
Feliciano fece per ribattere, ma poi ci pensò su e si stette zitto, finendo col ritirarsi dignitosamente in un angolo e facendo crollare le aspettative dei presenti.
-HO DETTO DI LASCIARMI!!! CHIGIIII!!!!-
Il naso di Antonio schiattò sotto la capata micidiale di Romano.
-Maledetto bastardo. Cosa avevi intenzione di farmi, depravato e ricchione! Provaci ancora e giuro che ti stacco le nacchere e te le faccio mangiare!- sbraitò furioso saltandogli sulla pancia.
-Che bello, non sei cambiato di una virgola!- disse agonizzante Spagna sotto di lui.
Rimasero tutti attoniti a fissare quel particolare quadretto finché Yao non fece la domanda fatidica: -Come mai sei in mutande?-
Alfred trasalì e guardò il cinese sghignazzante affianco a lui.
-Vero, dove eri finito?- aggiunse Kiku.
-E sei anche liscio come un bambino!- fece notare Gilbert.
Alfred scoppiò a ridere automaticamente. Certo non poteva raccontare in giro che era stato legato al letto e seviziato da quella pazzoide sadica di Bielorussa ed era riuscito a fuggire da lei solo perché in un attimo di distrazione, era riuscita a svignarsela dalla finestra. Che figura ci avrebbe fatto!?
-Ahahahah! Sarà tornato normale?- chiese cambiando radicalmente discorso e ignorandoli.
-Non lo so, ma io non ho intenzione di intromettermi questa volta!- fece Ludwig ancora con la faccia gonfia.
-Ma non ha risposto!- fece notare Ungheria di nuovo in se.
-Certo che è tornato normale!- disse Feliciano vispo e allegro come prima. –E ve lo dimostrerò! Ehi Romano, andiamo a casa a mangiare la pasta!-
Lovino smise di ballare sulla pancia di Antonio e saltò giù spensierato. –Certo, ho una fame….-
A quanto pareva gli era bastato veramente Antonio per fare pace col mondo.  
 
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** I vantaggi di essere femmine ***


 
 
 Ciao! non so se questa capitolo è divertente, ma bo, fate voi! grazie e ciao da pinca^^!
 
 
Fu così che Ludwig si ritrovò, afflitto e stanco, seduto al tavolo di casa Italia in attesa della cena,  tra Alfred che gli batteva una mano sulla spalla per consolarlo e Kiku che di diceva parole di conforto, mentre Gilbert, di fronte a lui tracannava birra.
Anche se non era esuberante come Lovino, questo non voleva dire che lui non teneva al suo “Ciro”. Il pensiero di restare per sempre in quella forma e di non avere più il suo schwanzstuck…. Si coprì il volto con la mano per nascondere l’emozione e la disperazione.
-Dai, cerca di vedere i lati positivi dell’essere una donna!- gli disse Alfred.
-E cioè?- chiese avvilito sollevando il viso.
-Puoi toccarti le tette!- fece l’americano come se questa fosse una gran cosa. –O insaponarsi sensualmente sotto la doccia! Puoi vederti nudo allo specchio!-
Kiku parve perplesso, mentre Germania incredulo.
-Insomma…- fece Ludwig. –Dovrei consolarmi con… l’autoerotismo?-
-Ma se è da una vita che si consola così!- sbottò Gilbert abbassando il boccale di birra e pulendosi il baffo di schiuma con una passata di manica, mentre Elizabeth ridacchiava.
-Gilbert!- Germania scattò automaticamente in piedi a quell’insinuazione, ma venne interrotto dall’arrivo di Lovino che entrò nella sala da pranzo con una cornice e delle candele.
-Che è quella roba?- chiese Alfred incuriosito.
Lovino posò la cornice su un davanzale in un angolo della stanza e vi mise davanti le candele rosse.
-Che è ‘sta roba?- chiese con fare serio aprendo poi i cassetti di un vecchio mobile lì accanto. –Le abbiamo provate tutte, no? Mo’ si fa come dico io, c’appicc o cer a San Gennaro!-
-Che?- fece l’americano.
-Gli accende un cero a San Gennaro!- spiegò Ludwig scocciato, tornando a sedersi.
-E l’appicc anche a te, che stasera mi fai ‘na pena, così forse San Gennaro ci fa ‘a grazia a tutti e due!-
Ludwig sospirò rassegnato, mentre Lovino accendeva i ceri e si inginocchiava davanti all’altarino improvvisato rivolgendo qualche preghiera.
-Come è carina!- sospirò Antonio osservandola.
Con grandi proteste di Romano, Feliciano aveva invitato anche lo spagnolo a casa loro, e per tutto il tempo non aveva fatto altro che tenergli gli occhi incollati addosso.
-Carino!- borbottò Lovino risentito.
-Muy, muy graziosa!- continuò lo spagnolo, ignorando le continue correzioni di Lovino.
Finalmente Feliciano arrivò portando con se una pirofila enorme piena di maccheroni al pomodoro, seguito da Yao con un vassoio di involtini primavera e ravioli al vapore.
-Sinceramente, Lovino, non capisco perché la stai prendendo così male,- continuò lo spagnolo. –Essere una ragazza per te può rivelarsi un vantaggio!-
-Tsk, che assurdità!- lo schernimì in risposta Romano, borbottando in fine un “somaro” assai sentito.
-No, veramente, ascoltalo Romano,- lo incalzò Feliciano fiducioso facendo i piatti. –potrebbe essere un’idea! Quale potrebbe essere un vantaggio?-
-Beh, sta in Italia, le basterebbe darla a qualcuno o sposarsi un uomo ricco per stare a posto per sempre!- rispose Antonio spiazzando Feliciano e facendo scoppiare a ridere tutti, tranne Kiku, troppo rispettoso per criticare gli altri, e Ludwig che trovò la battuta di pessimo gusto.
-Somari!- borbottò Lovino preferendo concentrarsi su San Gennaro.
-Ahahahah! Mi sa che a Romano è andata più di lusso, Germania!- disse Alfred ridendo.
Mortificato, Feliciano non potè fare altro che fare finta di niente e riprendere a sorridere. Ma come notò subito Ludwig, era un sorriso costretto e imbrarazzato.
-Adesso basta,- disse infine il tedesco troncando le risatine. –Sono stanco e non voglio sentire altre sciocchezze!-  
Feliciano apprezzò tanto il suo commento che gli mise davanti un piatto enorme di pasta, e riprese a sorridere spensierato come prima.
-Lovino, ma che fai? Vieni a tavola!- disse riempiendo poi il piatto al fratello.
-Sto provando a pregare!- spiegò il fratello irritato per l’ennesima interruzione.
-E speri che San Gennaro ti faccia la grazia?- lo derise Feliciano. –A questo punto accendi un cero anche a Maradona!-
-Ahah… come sei diverte!- sbottò sarcastico Lovino, imponendosi di restare immobile lì finché non avrebbe finito di pregare.
-Su alzati e vieni a mangiare! Almeno ti consoli con lo stomaco pieno…- gli fece il fratellino facendo un altro piatto.
-Ah! Bonu, qua si fa festa, e pare che qualcuno m’invita? Per carità!-
Il folto gruppo di persone si voltò verso la ragazza appena comparsa sulla soglia, che si strinse nelle spalle fintamente offesa.
-Etna, entra pure…- la invitò un sorridente Feliciano.
-E ci mancherebbe che ti devo chiedere pure il permesso per entrare in casa nostra!- sbottò sistemandosi lo scialle nero attorno le spalle e accomodandosi nel posto vuoto accanto a Spagna, che non la degnò neanche di un’occhiata tanto era preso da Lovino.
Feliciano rimase sconcertato da quel commento, ma riprese subito a fare i piatti e quando finì si sedette e chiamò il fratello, ancora inginocchiato davanti all’altare a pregare San Gennaro.
-Lovino, vieni a tavola dai, che si raffredda!- lo richiamò Feliciano.
Ma Romano non diede segno di volersi muovere, anzi, non gli rispose nemmeno, come se non lo avesse sentito, cosa che portò automaticamente ad insistere. –Lovino, dai, è a tavola!-
Romano imprecò mentalmente. In quel momento avrebbe ricoperto di insulti il fratello perché era un maledetto idiota ficcanaso. Avrebbe voluto sbraitargli contro di smetterla di chiamarlo, e di smetterla di insistere. Doveva per forza sbandierare al mondo intero che lui era lui!? Non riusciva a mettersi un freno!? E proprio davanti a Sicilia poi! Ma dove ce l’aveva il cervello?
Alla quarta volta che lo chiamava oramai era certo di avere gli occhi di tutti, ma soprattutto di Etna, puntati contro la nuca, quindi rassegnato e, soprattutto, trattenendosi dal saltargli addosso e prenderlo a pugni, si alzò e si voltò verso i commensali, che lo scrutavano impensieriti.
-Accidenti, ma si può sapere perché cavolo non mi hai risposto?- chiese seccato Feliciano.
Lovino fu sul punto di mollargli un pugno, ma gli passò accanto con passò svelto e a testa bassa per nascondersi dietro i lunghi capelli, e gli si sedette accanto.
Presa una forchetta iniziò a zappare nel piatto in preda al malumore, finché Sicilia, giustamente perplessa per aver sentito chiamare una ragazza col nome di Lovino, decise che quella era una di quelle rare occasioni in cui sentiva il bisogno di sacrificare il suo sacrosanto dogma del prediligere prettamente per i suoi affari, o in un sintagma più colloquiale “la santa virtù del farsi i cazzi propri”, per impicciarsi in quelli di Feliciano e di Romano che, tra l’altro, poco prima neanche aveva trovato in camera sua.
-Scusate, ma... Lovino?- domandò, restando vaga.
Quella domanda atterrì Romano, che piantò la testa nel piatto sperando che tutto questo passasse il più in fretta possibile.
I commensali rimasero in silenzio, scambiandosi sguardi incerti, indecisi forse su chi avrebbe dovuto iniziare l’ennesima spiegazione, mentre Feliciano era troppo preso dal suo piatto di pasta per pensare a rispondere e Antonio troppo preso da Lovino per scollargli gli occhi di dosso.
-Ce l’hai di fronte!- rispose distrattamente Gilbert col suo solito tatto, mangiando un boccone di pasta.
E Sicilia lo fissò per tutta la spiegazione della bella bionda che si rivelò essere in verità Ludwig. Ogni tanto annuiva, altre volte guardava l’americano, che sul finale ci teneva a sottolineare la sua partecipazione strategicamente fondamentale ai fini della storia.
-Quindi questa mattina vi siete svegliati… femmine!- sintetizzò Etna, giocherellando sovrappensiero con i maccheroni nel piatto. Alla fine fece un mezzo sorrisetto e si rivolse alla testa riccioluta che aveva davanti.
-E allora Lovino, alza la testa dal piatto, fammi vedere quanto sei diventata graziosa!- 
Per Lovino quello fu il colpo finale. Mollò malamente la forchetta e si alzò con impeto, tanto che la sedia si ribaltò per terra.
-Non sono graziosa, cazzo! Sono un uomo!- urlò esasperato senza il coraggio di guardare niente e nessuno, con gli occhi bassi, restando vergognosamente nascosto dietro i lunghi ricci castani. Le lacrime bruciavano e scalfivano le barriere del suo orgoglio, e corse via dalla stanza, lasciando il piatto ancora pieno, cosa che saltò subito all’occhio a Feliciano.
-Ma non ha finito di mangiare!- fece allarmato afferrando il piatto e correndo fuori dalla stanza. Dopo pochi secondi si poté sentire il potente e isterico urlo femminile di Lovino che intimava il fratello di andarsene con un mai così chiaro “Vavattern”.
Tornò nella sala da pranzo Feliciano, quasi in lacrime, ma le ricacciò indietro e si consolò mangiandosi il piatto lasciato dal fratello.
-Accidenti!- fece Sicilia impressionata dalla reazione spropositata di Romano. –Sono gli ormoni femminili in circolo, o l’avete già sfottuto a morte tutti quanti oggi?-
-Entrambe, ovvio! Kesesese!- disse Gilbert.
-E poi se l’è presa un po’ perché Antonio l’ha pure baciato!- sottolineò Ungheria passandole la macchinetta fotografica.
-Ma vero?- fece Sicilia osservando la foto. –Non ti smentisci mai, Antonio…-
Antonio parve risvegliarsi tutto d’un tratto senza più Lovino sotto il naso, e si accorse finalmente della ragazza accanto a lui. -Etna, carissima…- disse sorridente, poggiandole una mano sul ginocchio. –Che fine hai fatto ieri mattina? Mi avevano detto che c’eri anche tu a Napoli, ti ho cercata ovunque!-
E intanto che parlava, la sua mano si muoveva sempre più su, sotto lo sguardo vigile di Etna.
-È da un sacco di tempo che non ci vediamo, sarebbe bello…-
-Antonio.- lo interruppe lei fulminandolo con suo sguardo nero e minaccioso. –Se non vuoi un calcio nel culo da ogni piede della trinacria, ti consiglio di tenere la mano a posto!-
Ad Antonio si afflosciò il sorriso.
Feliciano fu l’unico invece a scoppiare a ridere, forse proprio perché non avvertì la minaccia intrinseca nelle parole della sorella. -Bella questa, Sicilia! Sei sempre così divertente!-
 
 
 

 
 

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Capitolo 16
*** Il piacere di scrivere il proprio nome sulla neve con la pipì ***


 
 ciao, ecco il nuovo capitolo! questo non è comico, è normale, ma spero che vi piaccia lo stesso. ciao e grazie da pinca^^!
 
 
 
 
 
-Lovino!- Feliciano entrò timidamente nella stanza del fratello, quatto, avanzando a tentoni nel buio.
Fece il più piano possibile per non svegliarlo, ma dopo pochi passi fece un capitombolo a terra, ritrovandosi impigliato in quella che doveva essere una sedia, facendosi un male lanciante alla gamba e al mento spalmato sul pavimento.
-Ohi…- si lamentò con voce tremolante alzandosi sulle braccia. Perché era sempre così precipitoso? Non poteva aspettare qualche attimo, il tempo che i suoi occhi si abituassero?
Fu a quel punto che sentì ridacchiare nel buio. Era una risatina debole e singhiozzante, femminile.
Si alzò e sistemò la sedia come meglio poté per poi avvicinarsi al letto.
-Lovino….- Tastò il materasso. Sentì il respiro del fratello altalenare, e fu certo che fino a prima che cadesse, stesse piangendo nascosto sotto il cuscino.
Scostò le coperte e si intrufolò avvertendo finalmente la presenza del fratello accanto a sé.
Quando alzò una mano per accarezzargli il volto, gli fece uno strano effetto sentire la pelle così liscia e umida e sapere che quello era il fratello che spesso aveva inviato proprio perché aveva più barba di lui, perché sembrava più uomo. Era strano sentire la pelle così morbida ora, dopo essersi lamentato mille volte con lui proprio perché se provava a dargli un bacio o una carezza si graffiava tutto. Romano non si faceva sempre la barba, se la sciava sempre cresce per qualche giorno prima di tagliarla, tranne nelle occasioni speciali. Allora farsi la barba era un rituale come per le donne lo era andare dal parrucchiere o dall’estetista, ma qualcosa di più fine, e amava farsela fare dal barbiere, col rasoio quello bello. Suo fratello per le grandi occasioni sapeva agghindarsi da gran signore, con una classe da fare invidia perfino a Francis.
Ma adesso il suo fratellone piangeva nascosto nella sua camera, in silenzio per non farsi sentire da nessuno, neanche da lui.
-Romano…- continuò ad accarezzargli il viso dolcemente per placare il respiro strozzato e irregolare. -ti voglio bene.-
Lovino deglutì e si lasciò baciare la fronte e abbracciare.
I lunghi capelli ricci solleticavano il viso di Feliciano, e tra le braccia il corpo di Lovino si rivelò essere quello più minuto di una ragazza, con le spalle e la schiena piccole rispetto a quelle ampie di prima. Gli accarezzò la testa, mentre sentiva contro il suo petto quello morbido e tremante, e il cuore di Lovino battere talmente forte da scuotere il suo.
-Veneziano…- la voce tremula e umida. Odiava aprire bocca e sentire uscire quella estranea di una ragazza, ancora peggio ora che piangeva, si sentiva ancora più debole e indifeso. –Perché è successo? Perché io?-
Feliciano continuò ad accarezzarlo con dolcezza scrutando il buio di fronte a se, mentre gli trasmetteva tutta la sua sofferenza ad ogni respiro.
Non gli rispose, non avrebbe saputo che dire. Sperava solo che quelle carezze e quell’abbraccio bastassero a fargli capire quando voleva aiutarlo.
-Non tornerò più come prima…-
Feliciano lo scostò da sé e lo strinse forte per le spalle, provando a guardarlo dritto negli occhi severamente, riuscendo però solo a distinguere i contorni del viso.  
-Non devi dire così! Non lo dire mai più!- lo rimproverò. -Tu tornerai come prima, devi credersi, devi! Devi essere convinto che domani mattina ti sveglierai e sarai costretto a farti la barba e che poi questo inverno andremo a Cortina…-
-In Sila…-
-Si, dove vuoi, e scriveremo i nostri nomi sulla neve con la pipì, proprio come piace tanto fare ad America!-
Lovino si incupì, investito dall’entusiasmo e dalla determinazione del fratello. Con slancio lo abbracciò forte. Non gli era mai stato così vicino, non aveva mai creduto così fortemente in lui.
-Domani andremo dal barbiere, perché sarà un giorno di gran festa!- continuò Feliciano.
-E poi faremo la pipì….-
 
 
 
 
 

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Capitolo 17
*** Giuro che ti sputtano davanti tutta Europa ***


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 eccoci arrivati al penultimo capitolo! anche questo non fa ridere, e non è dolce come il precedente. insomma, è il capitolo che mi risolve la storia e che da senso al titolo. grazie mille e un baciozzo da pinca^^!
 
 
 
L’arte del farsi gli affari propri comprendeva non solo il dogma del “non iciuciare”, del non fare pettegolezzo, ma anche nel non immischiarsi in situazioni che non sono le proprie.
Perché era bene sempre e comunque, per il buon vivere comune, non inoltrarsi in situazioni altrui ingigantendole, intrigandole come matasse. E poi era disdicevole provare piacere per il puro pettegolezzo, era roba da donnette, e lei era una femmina tutto d’un pezzo, con una vita propria già abbastanza movimentata per poter dare attenzione anche a quella degli altri. 
Il suo immischiarsi quindi non aveva a che fare col ficcanasare, ma coll’intervento in extremis.
E poi sentiva che quello rientrava nei suoi doveri. Era una di quelle occasioni che si presentavano per permettere di ripagare un debito, un senso di colpa, un dovere mancato nei confronti di una persona. E a Lovino sapeva di avere da farsi perdonare. Era una sciocchezza, niente di che, niente di specifico, niente successo in un determinato momento. Semplicemente in certe situazioni non era stata abbastanza dalla sua parte quando ne aveva maggiormente di bisogno, appunto, per quel suo sacrosanto chiodo del farsi gli affari propri.
Fu così che fu accolta nell’ufficio di sir Arthur nonostante l’ora tarda.
Lui era seduto dietro la sua bella scrivania lucida di legno scuro, con una tazza di tè fumante in una mano.  
-Sicilia! Ti ha mandata il suo caro fratellino a minacciarmi con la tua mafia?- così aveva esordito facendole cenno di accomodarsi nella sedia di fronte alla scrivania.
Lei si sedette senza fare una piega.
-No, non mi ha mandato nessuno, e non sono venuta con la “mia” mafia, anche perché, diciamocelo, che cosa sarà mai la mafia in confronto a te?-
Arthur ghignò distrattamente portando la tazza da tè alle labbra.
-Non capisco di cosa tu stia parlando.- disse gnorri, sorseggiando lentamente.
-Si, bravo, fa finta di non capire, ma intanto apri bene le orecchie e vedi di non perderti neanche una parola. So che mi consideri forse come… estensione dell’Africa, ma faccio parte dell’Italia e, facendone parte, ho anche io il mio posticino in Europa, e anche se potrà risultarti sgradevole, la pietà che posso muovere a mio favore non dura il tempo di una pubblicità progresso. 
Quindi, o fai tornare come prima Germania e Sud Italia, o giuro che ti sputtano davanti tutta Europa!-
La tazza tornò tintinnando sul piattino nella mano di Arthur, e il tè ondeggiò riflettendo la luce della lampada sulla scrivania.
La scrutava attraverso la penombra, come se volesse intimarla a recedere sulle sue intenzioni, infine fece un sorriso sghembo e abbassò lo sguardo.
-Mia cara, porti ancora il lutto.- posò la tazzina sulla scrivania e si alzò per darle le spalle, fermandosi di fronte la finestra.
-Sarò magnanime! Farò finta che questa conversazione non si sia mai tenuta, tu starai zitta e gli amici tuoi torneranno come prima! Oramai avranno imparato la lezione, no?...-
Ma quando Arthur tornò a voltarsi, la donna era già scomparsa, lasciando la sedia vuota.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 18
*** La grazia di San Gennaro ***


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Quella mattina le campane suonavano a festa. San Gennaro gli aveva fatto la grazia! Era successo davvero! Quasi dubitava di tutto quello che era avvenuto il giorno prima.
Quella mattina si era alzato e aveva affrontato con coraggio la porta del bagno. Voleva vedersi allo specchio, voleva crederci fino in fondo, proprio come gli aveva detto il fratello la notte prima.
Spalancata la porta del bagno chiuse gli occhi e si fermò davanti al lavandino.
E quando aveva aperto gli occhi non ci poté credere. Era successo veramente, era tornato come prima!
Era tornato di corsa in camera ed era saltato sul letto svegliando il fratello, urlando di gioia.
Poi era tornato in bagno e aveva dato il bentornato al suo Ciro, lavando la tavoletta più del dovuto. Donna Assunta l’avrebbe sicuramente rimproverato, e qualche ciabatta gliela avrebbe tirata dietro. Quante volte gli aveva detto di fare centro e di alzare la tavoletta quando doveva fare la pipì!?
E poi si tolse pure lo sfizio, a colazione, di bersi il suo caffè affacciato nudo sul balcone per poter osservare il golfo che mai gli era sembrato bello come in quel momento.
-Ve… andiamo a vedere se anche Ludwig è tornato normale?- propose Feliciano correndo nudo per l’ampio salotto. Ogni scusa per lui era buona per liberarsi dei vestiti!
E quando aprì la porta per correre fuori andò a sbattere contro un muro umano e ricadde col sedere sul pavimento freddo.
-Ohi ve…!-
-Italia, che ci fai nudo?!- tuonò la voce baritonale di Doitu.
Italia alzò gli occhi verso l’alto e sorrise contento di vedere che il suo amico Ludwig era tornato anche lui come prima, anche se insisteva col pensare che la differenza delle due versioni era minima e trascurabile.
-Ve! Anche a te San Gennaro ha fatto il miracolo!-
 
 
 
 
 
 
Pensate che sia finita qui? Vi sbagliate!
Volgete l’attenzione a mille e seicento chilometri di distanza, in una delle più suntuose camere d’albergo di Parigi.
 
 
-Ohohoho! Olalà! Regardez, Lovina, si jolie!-
-Francis, sei il solito maniaco!-
-Dici, Arthur?-
-Ufh, che doman…-
-Questa è la migliore!-
Sullo schermo del portatile comparve la foto di Feliciano con la testa incastrata sotto il divano tra le gambe di Ludwiga.
-Guardala, Arthur, è stupenda!- disse scoppiando a ridere, rotolandosi sul morbido piumone rosa del letto. –E poi guarda che gran gnocca che è Lud! Feliciano con la scusa che è sciocco le allunga le mani, eh!?-
-Già...- rispose l’inglese, nascondendo un ghigno pieno di soddisfazione dietro un bicchiere di whisky.
E chi glielo doveva dire che quella mattina, andando a curiosare su internet, proprio sul sito di quel megalomane di Gilbert avrebbe trovato l’album “il mio magnifico io in giro per il mondo alla ricerca del schwanzstuck di west e sud Italia”. Tra le miriadi di foto di quell’idiota e il suo pulcino pulcioso c’erano delle vere e proprie foto da ricatto!
Dopo tutto lui li aveva fatti seguire dai suoi servizi segreti tutto il giorno, ma una volta a casa di Russia non aveva più potuto sapere niente.
E pensare che quei babbei non avevano neanche lontanamente immaginato che dietro tutto quel trambusto c’era la sua infallibile magia!
-Arthur! Ma mi stai ascoltando?-
L’inglese trasalì ritrovandosi il francese, ammiccante, seduto accanto a se su quel divano.
-Allora, vuoi rispondermi?- chiese con fare suadente avvicinandosi a lui.
-Scusa, credo di non aver capito la domanda…- rispose iniziando ad avvertire un certo disaggio.
-Come mai sei corso immediatamente da me stamani?-
Arthur perplesso aggrottò le sopracciglia e si schiacciò contro il divano. –Per farti vedere le foto…-
-Sicuro, solo per quello?-
Lo afferrò per la cravatta, e a quel punto le intenzioni del francese gli furono finalmente ben chiare. Si ritrovò ad una spanna dal suo viso, mentre Francis lo scandagliava in preda ad una dei suoi attacchi di libido.
-Certo, a chi altro avrei dovuto mostrarle!- si difese in extremis Arthur, ma il francese lo zittì con quel suo modo di farfugliare e poggiandogli un dito sulle labbra. –Sh, sh, sh! Mon chère, ieri non sono stato avvisato che un Lovino e un Ludwig trasformati in belle donne si aggiravano per il mondo… adesso qualcuno mi dovrà consolare, ne’est-ce pas?-
-Cos…-
Un urlo lancinante echeggiò in tutta Parigi fino a perdersi nella tranquillità dei giardini di Versailles, dove gli uccellini ignari cinguettavano felici e l’acqua zampillava nelle belle fontane per piacere ai turisti.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Finito questo lavoretto senza senso. Come avete visto alla fine sir Arthur ha pagato! Wahahah! Il sangue latino non perdona! Su grande suggerimento di hanta, ho dato una parte anche al nostro caro francis, quindi ringraziate lei per il finale! XD
Che dire, vi ringrazio tutti infinitamente!
Spero di scrivere presto un’altra piccola commedia demenziale, anche contro la vostra volontà wahahahahhahahahah!
Adesso un saluto e un bacio a tutti!
Alla prossima
Pinca^^

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