Pentalogia dell'Olimpo-Parte 1:I figli dell'Olimpo

di UlquiorraSegundaEtapa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo:La mia avventura comincia con una gita ***
Capitolo 2: *** La mia supplente è in realtà una Furia ***
Capitolo 3: *** Come combattere delle mucche giganti ***



Capitolo 1
*** Prologo:La mia avventura comincia con una gita ***


PROLOGO:LA MIA AVVENTURA COMINCIA CON UNA GITA

 

 

 

Salve a tutti coloro che mi accompagneranno in questa avventura. Io sono Kaito, figlio di Miranda Wesler e...be scoprirete più tardi chi è mio padre.

Sono sempre stato un ragazzo diverso dagli altri:a volte non vedo bene, sembra che le parole mi si confondano e le lettere assumino forme diverse, vedo cose strane e mi sembra di sentire delle voci, bla, bla, bla...

Insomma, cose che capitano a tutti i ragazzi:io non direi. Fortunatamente, sono riuscito a trovare la causa di questi strani avvenimenti, ed è proprio su questo che si snoda la mia storia. Credete di sapere tutto sulla mitologia greca e sulle sue divinità?

Finite di leggere e vi ricrederete.

 

***

La nuova arrivata, e da quel che potei giudicare era una donna circa sulla quarantina d'anni,afferrò un gesso e scrisse con velocità immane il suo nome sulla lavagna.

-Io sono Megara Hundein, buongiorno ragazzi! -esclamò, e lanciò il gessetto nel contenitore. Era una donna di media statura, i capelli castani tenuti fermi da un nastro nero dietro alla nuca, due occhi verdi che sembravano quelli di un serpente e vestiti beige che...be, insomma avete capito il tipo:classica professoressa maniaca della precisione e dello studio.

Detto in poche, concise parole, non la persona che mi stesse più simpatica. La prof. se ne stava lì a fissarci, immobile, solo i suoi orrendi occhi si muovevano per tutta la classe, scrutandoci uno ad uno:sembrava soffermarsi particolarmente su di me.

Forse le nostre borse a tracolla e marsupi vari non le avevano fatto una buona impressione:ma il fatto era che quel giorno, essendo l'ultimo beneamato giorno di scuola, era in programma una visita al museo di storia e mitologia greca, organizzata con la nostra insegnante di greco e il nostro professore di storia, il professor. Brunner.

Solo che, quel giorno, al posto della nostra insegnante ci ritrovammo quella tipa. -Bene ragazzi-si decise finalmente a parlare. -So che oggi era stata programmata una gita al museo di storia greca:la vostra insegnante si è ammalata, e mi ha chiesto di sostituirla.

Ma non disperate:avete la sfortuna di avere gia i vostri zaini, e quei sorrisi da ebete che avete stampati su quelle vostre faccie mi obbligano a portarvi. E poi, il professor. Brunner è un bocconcino così tenero-disse acida.

Che donna incredibile:orribile era un complimento per lei. Si era rivolta a noi-maschi e femmine indistintamente-in un tono così maleducato che avrei avuto voglia di lanciarle il mio marsupio:ma se l'avessi fatto sarei stato espluso, di nuovo.

I miei compagni dimenticarono la cosa lanciando urla di approvazione, ma l'insegnate ci richiamò al silenzio. -Bene, prendete tutte le vostre cose, ed evitate di lasciare oggetti:non farete ritorno in questa classe fino a settembre.

Siete pregati di formare una fila composta. E ora andiamo.

La prospettiva di lasciare quell'aula non mi dispiaceva affatto:finalmente iniziavano i miei tre mesi preferiti. Niente più obbligo di svergliarmi presto la mattina, di andare a scuola o di fare i compiti. Solo sole, mare e divertimento.

Però la prof. continuava a darmi una strana sensazione:camminava in testa al nostro gruppo, che in quel momento stava lasciando l'istituto, ma ogni tanto, mi pareva che si girasse verso di me, e mi lanciasse certe occhiatacce che avrebbero fatto gelare il sangue nelle vene persino a una vedova nera.

Gelide occhiate che mi portarono a interrogare me stesso su cosa diamine potevo averle fatto di male:e dire che la conoscevo solo da pochi minuti. Ma avevo gia capito che non era un gran che di persona:il suo nome, Megara, l oavevo gia sentito, sol oche in quel momento non riuscivo a ricordarmi dove.

Ma mi ricordavo che apparteneva alla mitologia greca, e ritenevo che non fosse un caso che un'insegnante con un simile nome fosse venuta da noi proprio il giorno della visita. Comunque abbandonai in fretta il pensiero, e pensai a divertirmi:mi sarebbe venuto in mente più tardi, e poi, eravamo arrivati.

Il professor. Brunner. ci salutò con la mano:era un uomo abbastanza anziano, con capelli castani, occhi scuri e una barba abbastanza folta che gli copriva il mento. Si muoveva sulla sedia a rotelle, ma non aveva mai voluto dirci che tipo d'incidente aveva avuto:in fondo però, m isembra giusto che ognuno si faccia i propri affari, e io per primo non sono il tipo che va a ficcanasare nelle faccende altrui.

Una mia compagna di classe, Anne, mi afferò per un braccio e mi disse:-Kaito, ma non ti sembra che la prof ci stia osservando fin da quando siamo usciti.

Più che dirmelo, me lo sussurrò:forse anche lei aveva paura che quella vipera dalle umane sembianze potesse ascoltarci. -Chissà perchè, Anne, mi ha fatto la stessa impressione-le risposi io, ma mi voltai appena in tempo che il professor. Bunner ci rivolse la parola:era l'insegnante più cordiale dell'istituto.

-Buongiorno, ragazzi:in quest'ultima giornata di studio, come gia ben sapete, visiteremo il museo di storia e mitologia greca. Vorrei che prendeste appunti, e che prestaste molta attenzione alle immagini e a tutto ciò che troverete qui dentro.

Bene, direi che possiamo andare. -disse il professore, e si girò, mentre tutti noi lo seguimmo all'interno della struttura, ma io sempre con la consapevolezza di due occhi gelidi che mi fissavano:quanto odiavo quella supplente!

***

Poche ore prima, New York, Empire State Building, ore 24:00

In quell'afosa serata estiva, scoccò la mezzanotte anche a New York, dove la gente, presa dall'insopportabile caluria, si rilassava sulle panchine di Central Park, o si riversava per le strade fra le vetrine dei negozi.

In mezzo a quel caos di luci e suoni, l'Empire State Building si ergeva, imponente sentinella, sopra i grattacieli. Vicino ad esso, le luci di Ground Zero, luogo della memoria, puntavano verso il cielo.

Tutt'a un tratto, ci fu una folata d'aria più calda:proprio davanti all'Empire, la strada si squarciò, rivelando una voragine ardente di fiamme, dalla quale provenivano grida inumane. Le auto frenarono appena prima di caderci dentro, gli uomini e le donne scapparono spaventati o restarono a distanza di sicurezza.

Dal buco, sotto gli occhi di tutti, sbucò un uomo:elegante, ben curato, con un look alla Mike Jaggers, capelli neri, vestito con uno smoking di colore scuro, pantaloni e scarpe del medesimo colore e un bastone da passeggio in legno di mogano.

Come se sbucare fuori da un gayser fiammeggiante fosse la cosa più normale del mondo, l'uomo si avviò tranquillamente verso l'edificio, mentre la strada si richiudeva alle sue spalle. Entrò e prese l'ascensore per il tetto:quando fu arrivato, la calda folata lo investì in pieno viso.

Sbuffò, poi s'incamminò sul tetto, il bastone che picchiettava il terreno. C'era un uomo, vestito come lui ma con i capleli biondi, che osservava la tentacolare città sotto di lui con le mani appoggiate alla ringhiera.

-Zeus-disse tranquillamente il nuovo arrivato. Quello si volto, e ammiccò un sorriso.

-Ade.

-E' bello rivederti fratello, ma che è successo a Poseidone-chiese Ade, e indicò un uomo lala sua destra, vestito da pescatore, che russava con il volto appoggiato a un tridente.

-Oh, nulla di che:Dioniso ci ha invitati a bere qualcosa da lui. E tu sai che effetto fa il vino a Poseidone-spiegò Zeus. Ade annuì, po sussultò per un istante.

-Aspetta, Dioniso? Siete stati al Campo? -chiese. Zeus annuì.

-Si, ed in parte è anche per questo che ti ho invitato.

Ade non capiva l'urgenza di quella convocazione. -Se me lo avessi detto, avrei portato un ottimo cognac infernale, o magari qualche piatto cucinato da mia moglie...-disse, ma il fratello lo interruppe con un gesto della mano.

-Lascia perdere, Ade:non è una riunione di piacere questa, a mio malgrado. -disse Zeus con una punta di amarezza. Ade si rabbuiò, fatto non alquanto singolare per il Signore degli Inferi.

Il fratello gli fece cenno con un dito:-Avvicinati, e dimmi cosa vedi?

Zeus non ebbe bisogno di specificare il luogo, Ade sapeva gia dove guardare:alzò gli occhi al cielo, il regno di suo fratello, e vide che perfino in quella calda serata, nere nubi oscuravano le stelle.

-E' in arrivo un temporale, il tuo fenomeno atmosferico preferito fratello-gli rispose Ade. Zeus annuì, serio.

-Ma senza fulmini-aggiunse malinconico. Ade sgranò gli occhi, si girò verso il fratello, e capì:capì che ciò che era successo era un crimine più grave di qualunque altro, capì che se il cielo non risplendeva nuovamente di fulmini, voleva dire che i due mondi erano condannati.

-Vuoi dire che la Folgore è stata rubata?! -chiese Ade gridando. Zeus non rispose subito. -Non è tanto la Folgore il problema, ma l'arma in cui era rinchiusa. Per questo ti ho convocato qui-disse. Riusciva a nascondere la sua preoccupazione in maniera quasi perfetta.

Si, Ade la ricordava:ricordava l'arma in cui era custodita. La Folgore Olimpica è l'arma più potente dell'Universo. Poi però Ade ripensò alle parole del fratello:-Aspetta un attimo, mi hai detto che mi hai convocato per la Folgore, per il furto, ma non hai mai accennato a un mio aiuto:non mi starai forse accusando di averla rubata?

Zeus non rispose, gli occhi bassi sulla città. Ade esplose:-Oh, andiamo Zeus, è assurdo:non puoi accusarmi di aver rubato l'arma che pose fine alla guerra contro i Titani! E poi io che vantaggio ci avrei guadagnato rubandoti l'arma:si, va bene, ammetto che tu e l'Olimpo mi stavate sulle scatole, tempo addietro, ma ora è tutto passato!

Certo però che anche tu, a farti rubare l'arma così, su due piedi...-e battè un pugno sul corrimano per far calare la tensione. Il re dell'Olimpo rimaneva impassibile.

-E poi...-aggiunse Ade. -...anche se avessi voluto rubartela, non avrei potuto:agli dei è proibito rubarsi a vicenda i poteri. Credo che l'onnipotenza ti abbia dato alla testa, fratello:rubarci i poteri? Pf, a noi è proibito! -commentò.

-Ma non ai nostri figli-rispose Zeus con tono fermo, sicuro e deciso.

-Se ti azzardi a toccare mio figlio, Zeus! -urlò Ade, puntandogli alla gola il bastone da passeggio. -Ti giuro che affronterai la più dura battaglia della tua vita.

Zeus restava perfettamente calmo, consapevole della veridicità delle sue parole. Non appena aveva sentito nominare il nome-anche se indiretto-di suo figlio, Ade era esploso:non poteva sopportare che gli venisse fatto del male.

Il re degli dei, alquanto scocciato, abbassò con un gesto della mano il bastone di Ade, poi lo superò e si diresse verso l'ascensore. Un attimo prima di entrarvi, si bloccò, voltò la testa verso il fratello e disse:-Tuo figlio ha un mese di tempo per restituirmi la Folgore. Altrimenti sarà guerra. -ed entrò nell'ascensore, scomparendo in una colonna di luce per fare ritorno sull'Olimpo. Ade imprecò a denti stretti:-Non prendertela, Ade. -fece in quel momento una voce alle sue spalle.

Poseidone, dio dei mari, si era svegliato. -Ti sei preso una bella sbornia, eh? -ironizzò Ade. L'altro rise:-Lascia perdere:Dioniso è soltanto un ubriacone. Non pensa ad altro che non sia bere, mangiare o dormire.

Ade era comunque giu di morale. -Non prendertela, fratello:lo so che non è stato tuo figlio. Zeus ha preso un granchio-lo rassicurò Poseidone.

-Sono anni che non vedo mio figlio:e ora dovrei credere che sia un ladro! -esclamò Ade. -Tranquillo:se tuo figlio è innocente, allora sono sicuro che riuscirà a dimostrarlo, e ritroverà la Folgore-disse il fratello.

-Il problema è che lui non sa ancora di essere ciò che è. E non avrei mai voluto che lo capisse.

-Non so, Ade:forse lo ha gia capito, forse è ignaro di tutto. Nessuno può dirlo. La stessa cosa vale per me:sono ormai dieci anni che non vedo mia figlia, e mi manca terribilmente. -affermò il dio dei cavalli.

-Livia è diventata una bella ragazza:sei fortunato, fratello. l'ho vista, dagli Inferi. Ha i tuoi stessi occhi. -disse Ade. Poseidone sorrise:-Be, ti ringrazio della notizia, fratello. Purtroppo, è ora di andare:mi auguro che tuo figlio riesca ad evitare una guerra.

E detto questo fece ritorno anche lui sull'Olimpo. Ade, rimasto nuovamente solo, come milleni addietro, sul tetto dell'edificio, sospirò:-Figlio mio, abbi cura di te-disse in un soffio, prima di scomparire in una vampata e fare ritorno agli inferi.

***

E qui si conclude il prologo della mia storia. Megara non è un nome molto comune, e se qui c'è qualcuno di buona memoria, si ricorderà sicuramente dove compare nella mitologia epica. Oltrettutto, un dialogo tra i tre principali dei dell'Olimpo svolto sulla cima dell'Empire non è cosa da tutti i giorni.

Fra poco vi sarà chiara ogni cosa. A presto!

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Capitolo 2
*** La mia supplente è in realtà una Furia ***


LA MIA SUPPLENTE E' IN REALTA' UNA FURIA

 

 

 

Entrammo nel museo, trovandoci circondati da una lunga serie di vasi e sculture greche, in entrambi i casi raffiguranti scene mitiche e battaglie con fiere leggendarie. Mi sentivo a casa mia:adoravo la mitologia greca come nessun'altra cosa al mondo, mi sentivo partecipe di quel mondo come fosse il mio. Potevo citare tuta la storia dell'origine del mondo secondo i greci senza fermarmi, e senza mai sbagliare.

Le forze primordiali, Caos, Urano, Gaia, Tartaro, i Titani e gli dei dell'Olimpo.

Non riesco a ricordare quando ho iniziato a coltivare questa passione:per quel che ne so io, l'ho sempre avuta. Il professor. Brunner ci raccolse in un angolo dell'ampio padiglione centrale, dove erano presenti numerose statue in marmo.

Dietro di lui, vi era una famosa scena del mito:l'eroe greco Perseo intento a decapitare Medusa. -Allora ragazzi, noi sappiamo che molti miti greci sono giunti fino a noi perchè tramandati dagli aedi:questi cantori hanno permesso che opere come l'Iliade o l'Odissea giungessero fino a noi. Tuttavia, non hanno impedito che subissero qualche, seppur impercettibile, cambiamento. Ecco perchè troviamo molte differenti versioni di uno stesso mito-spiegò.

Si, conoscevo la storia. Un brivido freddo mi percorse la schiena:ancora quegli occhi. Ma cos'aveva da fissarmi. Anne, al mio fianco, sembrava avvertire lo stesso fastidio:che strano.

-Professore, mi scusi:potrei andare al bagno, non credo di sentirmi molto bene-gli chiese. Brunner le fece una strana espressione, come per dire"Ho capito, tienti pronta"e poi acconsentì. Si rivolse successivamente a me:-Kaito, sapresti nominarmi qualche eroe del mito?

Praticamente mi aveva chiesto il mio pane quotidiano:cominciai a elencargli vari eroi. -Certamente professor. Brunner:abbiamo Achille, potagonista dell'Iliade di cui lei parlava, oppure Bellerofonte, che sconfisse la Chimera, o Ercole, figlio di Zeus ,che compì le dodici leggendarie fatiche; non dobbiamo però dimenticare che Ercole è anche un dio, figlio di Zeus come ho già detto, dio dell'onestà e della forza. Brunner fece un sorrisetto divertito. -Esatto:se tu studiassi storia come studi epica a quest'ora non avresti a malapena sei nella mia materia, potresti prendere dieci come lo fai in epica. -mi canzonò Si, in effetti in storia non ero proprio una cima, e come avrete già capito epica mi appassionava molto di più.

-Sapresti nominarmi l'eroe raffigurato nella scultura alle mie spalle? -mi chiese il professor Brunner. Osservai la scultura:l'eroe era disegnato con caratteri differenti da quelli che avevo visto nelle precedenti sculture, ed era raffigurato in groppa ad un cavallo alato.

Credevo fosse nuovamente Perseo, poi però mi ricordai che anche Bellerefonte viaggiava su un cavallo alato. Non sapevo cosa fare:possibile che io non riuscissi a rispondere ad una domanda sulla mitologia greca?

Osservai il nome greco dell'eroe inciso sopra la statua, e le parole mi sembrarono confondersi e danzare fra di loro mentre leggevo:dovete sapere che io sono dislessico, e perciò faccio fatica a capire correttamente alcune parole, ma non sapevo che la dislessia includesse parole danzanti avvolte in una nebbia grigia fra i suoi problemi.

Poi accade qualcosa:le lettere, che fino a un attimo prima danzavano in maniera scordinata, mutarono e si rimpressero sulal stele, formando un nome italiano. Perseo.

-Perseo-risposi. Il professor. Brunner mi sorrise compiaciuto:aveva una aria da"Lo sapevo". Sono sempre stato bravo a dare un nome ai volti della gente, nomi strani come questo, che definivano-o potevano definire-i loro pensieri.

Girammo per un altra ora buona nei corridoi dell'edificio, osservando le statue e i vasi. Le figure mitologiche danzavano intorno a me, sembravano prendere forma e sentivo delle voci:voci che mi sussuravano"attento"o"guardati le spalle".

Ma che stava succedendo?

Alle mie spalle c'era solo quell'orrore di supplente, che non aveva smesso per un secondo di fissarmi. All'improvviso, il professor. Brunner annunciò la pausa pranzo, e così la mia classe si diresse fuori dal museo:non avevo ancora visto Anne, e speravo che non avesse nulla di grave.

Stavo per uscire, quando la voce della mia supplente mi richiamò:-Kaito.

Mi voltai, mio malgrado:-Si, prof.?

-Vieni con me, devo parlarti-mi disse, e con un cenno m'invitò a rientrare. Allora le avevo veramente fatto qualcosa:camminammo nel padiglione centrale, i tacchi delle scarpe della mia supplente che battevano il pavimento.

Fortunatamente, presto non l'avrei più vista, ma non aggiungo altro. Mi precedette dentro una stanza dove era presente una grossa impalcatura metallica. Quando vi entrai, non la vidi più:forse era veramnte sparita, ma mi sembrava strano, così decisi di chiamarla.

-Professoressa? Dov'è finita? -mi guardaì intorno, ma di lei non c'era nessuna traccia.

-Kaito Deadend! -mi fece una voce mostruosa e inumana alle mie spalle. Mi voltaì di scatto e la vidi:in cima all'alta impalcatura, in una posizione che sembrava quella di un predatore pronto all'agguato, vi era la mia supplente.

-Come ha fatto a salire lassù? -le chiesi io, totalmente stralunato e senza parole. Allora, è tecnicamente impossibile-per una donna della sua età-arrampicarsi su quell'enorme impalcatura, sopratutto in tre secondi, che era esattamente il tempo che io avevo impiegato per entrare nella stanza dopo che lei era scomparsa alla mia vista.

Quindi come cavolo aveva fatto ad arrampicarsi in cima a quella cosa. -Dammi la Folgore! -mi gridò lei con la stessa voce inumana.

La Folgore, quale Folgore:forse quella di Zeus?

-Non so di cosa stia parlando! -feci per schermirmi io, ma lei mi lanciò un urlo acuto, e i suoi lineamenti si deformarono:le sue vesti esplosero, rivelando un gigantesco essere dalla pelle grigia, con ali a rombo, simile a un grosso pipistrello e con una coda esile simile ad una frusta, la pelle ricoperta dalle rughe e la testa totalmente pelata.

Ma che diavolo era! -Non è possibile...-mormorai io, in preda al terrore, mentre osservavo quell'essere che si avvicinava in picchiata.

-Non è possibile, non è possibile! -continuai a ripetere io, mentre correvo verso la porta. Ma il mostro fu più veloce e mi afferrò per la schiena, con due protuberanze che dovevano probabilmente fungere da zampe.

Mi sollevò come se non avessi peso, portandomi a circa tre metri da terra:scalciare e urlare era inutile. -Ah...ah...ah, aspetta! Aspetta:sono sicuro che possiamo trovare un accordo! -urlaì io. Dovevo essere impazzito:come potevo pretendere di giungere ad un accordo con un una bestia del genere

E poi mi ricordai:ricordai che Megara, nel mito greco, era una delle tre Furie, insieme ad Aletto e Tisifone. Ok, il ragionamento filava, ma io non potevo trovarmi davanti una Furia:a meno che quella non fosse Megara, la moglie di Ercole, con tre chili di rughe sulla pelle e con una fila di ali.

Ma era improbabile. Comunque sia, torniamo a noi e immaginatevi la scena:mi trovo sospeso a tre metri da terra, a scalciare e a urlare, trattenuto da un pipistrello mitologico abnorme(e già questo di per se è strano)che pretendeva la Folgore del divino Zeus.

-Dov'è?! -mi gridò con la sua voce demoniaca.

-Gliel'ho già detto:non so di cosa stia parlando! -urlaì io, ma lei cacciò u naltro verso e avicinò la sua bocca al mio cranio. Ecco, ero sicuro che ora mi avrebbe mangiato.

La porta della stanza si spalancò con un calcio, ed entrarono Anne e il professor. Brunner. -Kaito! -gridò Anne, seguita"a ruota"dal professor. Brunner.

-Mettilo giù! -intimò alla Furia con voce autoritaria, e inaspettatamente severa. -Scappate! -gridai loro io:non volevo che finissero in pezzi.

Sorprendentemente, la Furia rispose come se lo conoscesse:-Non prima che mi abbia dato quello che voglio!

-Mettilo giù, o ti farò-a-pezzi! -scandì gelido il professor. Brunner. La Furia lanciò un aucto verso, e Brunner. si girò verso Anne:- Anne, ora!

La mia amica si fece avanti, e fece una cosa che non mi sarei mai aspettato:dalla sua bocca sputò un globo ambrato dai contorni neri, che rifulgeva di luce dorata; la sfera colpì in pieno Megara, che lanciò un verso di disapprovazione e mi lasciò andare.

Feci un volo di tre metri, prima di schiantarmi al suolo:mi sentivo come se un camion da tre tonnellate mi fosse caduto addosso. Per un attimo sentiì freddo, poi di nuovo tutto normale: Anne sparò altre due sfere che colpirono Megara, che gridò di nuovo e fuggì, infrangendo la finestra.

Mi misi a sedere e indietreggiai spaventato:-Che diavolo è successo? Che cos'era quella Furia? Perchè Esiste? Perchè tu, Anne, sparì sfere dalla boccca e perchè lei, professore, ha promesso di farla a pezzi? -biascicai io, più confuso che mai.

Ma loro sembravano non calcolarmi affatto, anzi borbottavano fra di loro:-Va bene, non tutto è perduto:ora chi ci hanno scoperti, bisogna che voi due raggiungiate il campo, io vi aspetterò là. Ma ricorda, non dovete farvi scoprire-disse il professor. Brunner ad Anne.

Lei annuì. -Me ne occupo io-disse convinta. Voi non avete idea di quanto sia irritante sentir parlare di se stessi e non conoscere al contempo l'argomento.

-Scusatemi?! Ehi?!! Ci sono anchio, sapete:potrei sapere di che diamine state parlando?! -chiesi gesticolando con le mani alzate per farmi notare. -Kaito-mi raccomandò il professor. Brunner.

-Fai molta attenzione:ora che ci hanno scoperto avrai bisogno di protezione. Tieni questo:è un'arma molto potente-e così dicendo mi consegnò un braccialetto. Il bracciale, di per se, sembrava una doppia catena, quindi due catene avvolte tra di loro, e aveva un paio di piccoli ornamenti neri di cui non riusciì ad identificare la forma. Un arma molto potente?

-E'-un-braccialetto. E' uno stupidissimo braccialetto! -protestai io, ma Brunner mi battè una mano sulla spalla. -Fa molta attenzione-mi ripetè, poi mi raccomandò di tenere sempre con me il braccialetto.

Me lo misi al polso-e notai che aderiva perfettamente-poi Anne mi prese una mano e mi trascinò fuori correndo. Il professor. Brunner rimase solo ,al centro della stanza con la sua carrozzina, a imprecare.

***

-Potrei sapere dove diamine mi stai portando?! -gridaì ad Anne, mentre continuava a trascinarmi per un braccio:non l'avevo mai notato, ma aveva una presa davvero forte, e stranamente gelida.

-A casa tua-mi gridò.

-Oh perfetto, cos'è adesso vuoi sputare anche in faccia a mia madre? -le dissi in tono ironico, con chiaro riferimento alle sfere ambrate.

-Datti una calmata, Kaito:io sto con i buoni!

-Mm-mh, e quali sarebbero i buoni?

-Io te, il professor. Brunner e altri, ma non ho tempo di spiegartelo adesso!

Eravamo arrivati:il mio appartamento era al terzo piano di uno dei tanti condomini di New York. Ci vivevamo solo io e mia madre, adesso, mentre quando ero piccolo vi abitava anche mio padre, ma non ho ricordi di lui.

Mia madre mi disse che se ne andò quando avrevo appena due anni:mi sono sempre chiesto il perchè. -Emh, scusa Anne ma non è che potresti lasciarmi la mano:so camminare anche da solo-le feci presente.

Lei mollò il mio braccio. -Grazie-dissi io, poi salimmo per le scale, fino a giungere di fronte alla porta del mio appartemento:infilaì le chiavi ed entrammo dentro.

-Mamma-gridaì io.

-Signora Wesler-gridò Anne. Mia madre sbucò dalla cucina:-Ragazzi, che vi succede?

Mia madre si chiamava Miranda Wesler:in quell'epoca aveva circa trent'anni, capelli neri e occhi scuri. Era una bella donna, e mio padre diceva di essersi innamorato di lei all'istante.

Cioè, perlomeno, questo è quello che mi ha raccontato mia madre. Non mi aspettavo che credesse a ciò che mi era capitato, ma Anne le raccontò tutto co nuna naturalezza spaventosa:-Kaito è stato attaccato da una Furia!

Mia madre rimase allibita-e io pensavo che non ci avesse creduto-ma poi disse:-Dannazione, ci hanno trovato!

-Come ci hanno trovato:chi ci ha trovato?! -urlai io:non ci capivo più nulla. Mia madre corse in camera sua, prese un cappotto per se e le chiavi della sua auto:ci disse di sbrigarci e di correre nel garage.

Ubbidimmo all'istante:ci fiondammo nell'auto, una Volskvagen, e mia madre mise in moto. Il nostro garage sbucava sul retro della fila di vilette a schiera, dunque imboccamo subito la tangenziale ch conduceva al ponte:una volta lì, avremmo oltrepassato i confini della città.

Sembravamo dei prigionieri in fuga:si, ma in fuga da che cosa?

***

Un tanfo insopportabile permeava quel luogo, una puzza stantia di carne in putrefazione. Le oscure caverne si estendevano nel sottosuolo per chilometri e chilometri, mentre in superficie la terria e l'aria bruciavano in eterno, sotto un cielo di polvere illuminato da un sole falso.

Nel profondo delle grotte, uno specchio rettangolare incastrato in una parete permetteva di vedere tre umani che fuggivano a bordo di una Volskvagen.

-Sembra che la Furia abbia fallito-disse una voce irrisoria.

-E ora che facciamo? -ripetè la stessa voce.

-Non m'importa se la Furia ha fallito:le Parche hanno predetto che stavolta sarò io a vincere! -fece una voce tonante e spaventosa, che proveniva dall'oscurità.

-Ma ciò implica che il ragazzo non ha la Folgore:sei ancora così sicuro della riuscita del tuo piano, Crono?

-OSI DUBITARE DI ME, IPERIONE?!! -tuonò la voce. Iperione tacque.

-Non preocuparti:la Furia non è che una delle mie tante conoscenze:presto, i figli di Ade, Zeus e Poseidone saranno morti, e la vittoria sarà finalmente mia!

Il Re dei Titani rise con fare sprezzante, pronto a scatenare il suo potere su un'umanità del tutto impreparata.

***

Ed ecco che la mia storia inizia a movimentarsi:l'apparizione della Furia e dei Titani sono eventi che non hanno a che fare con il mondo umano. Presto vi sarà tutto chiaro.

A presto.

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Capitolo 3
*** Come combattere delle mucche giganti ***


COME COMBATTERE DELLE MUCCHE GIGANTI

 

 

 

Prendemmo la strada che costeggiava i boschi, mentre l'auto procedeva ad una distanza non proprio moderata. -Va bene, ora potreste spiegarmi che succede? -chiesi io.

-Tesoro, è un po' complicato da spiegare:lo capirai quando sarete arrivati. -mi disse mia madre, in preda all'ansia. Non l'avevo mai vista così agitata:neanche quando le avevo riportato un quattro in matematica.

-Ma arrivati dove? -chiesi nuovamente.

-Al Campo-mi fece Anne, seduta dietro di me.

-Un campo? Quale campo? -domandani sempre più confuso.

-lo vedrai quando saremo là, ma ora dobbiamo sbrigarci! -fece mia madre, calzando ancora di più sull'accelleratore. Io non volevo vedere le cose quando fossimo arrivati là:ero stato attaccato da una Furia, la mia migliore amica sparava sfere ambrate dalla bocca e il mio professore preferito era tipo una sorta di Terminator a quattro ruote che aveva minacciato di fare a pezzi Megara.

Be, non proprio un Terminator visto che aveva lanciato solo una minaccia, ma era più che sufficiente.

-Sono stato attaccato da un pipistrello abnorme, hai presente mamma? Io voglio sapere in che cavolo di situazione sono finito, e lo voglio sapere ora!

-Non posso spiegartelo ora, tesoro:la priorità è mettervi al sicuro! -rispose mia madre, incurante delle mie domande:sembrava non perdere mai la calma.

-Ma al sicuro da cosa?! -sbottai io.

-Kaito, dannazione, la vuoi smettere con le tue dannate domande?! -mi gridò Anne. Zittiì immediatamente:il tono di voce con cui aveva pronunciato la frase era a dir poco inquietante. Restammo in silenzio per circa una mezz'oretta:la nostra auto lasciò la città, e s'iniziarono a vedere delle fattorie.

Le mucche muggivano in lontananza, divorando l'erba sotto i loro piedi. -Almeno puoi dirmi perchè sputi sfere dalla bocca? -chiesi ad Anne, ora entrambi più tranquilli.

-Be, vedi...è merito di mio padre.

-Di tuo padre, in che senso?

Anne non mi aveva mai parlato di suo padre, una coincidenza fin troppo strana, come molte, ultimamente.

-Noi non siamo esseri umani, Kaito-disse sospirando.

-Questo l'avevo capito:ma se non siamo umani cosa siamo?

-La gente ci chiama in molti modi:eroi, guerrieri...Io preferisco, semidei.

Raggelai:-Aspetta, semidei:vuoi dire come Achille, o Ercole?

-Ercole è un dio ora, non scordartelo esperto.

-Giusto, ma, come semidei:che cos'abbiamo di tanto speciale?

-Me lo hai chiesto un'attimo fa:tu hai mai visto qualcuno sputare globi d'energia dalla bocca? -mi fece lei sarcastica.

-No, decisamente no.

-Ecco per l'appunto:è un potere che ho ereditato da mio padre, perchè io sono per metà umana e per l'altra metà divina. Proprio come te.

-Come me? E chi sarebbe tuo padre?

-Non l'hai ancora intuito, esperto?

-No, perchè non conosco nessun dio che abbia un simile potere.

-Ok, pensa a quando abbiamo letto lo "Scudo di Talos". Ti ricordi il versetto sulle mosche?

-Certo che me lo ricordo:"Le mosche, fedeli compagne di...-mi bloccaì all'istante. Non poteva essere:non poteva avere un padre così strambo, o perlomeno non poteva avere proprio quel dio come padre.

-Vorresti farmi credere che tuo padre è Tanato?! -esclamaì io.

-Il Dio della Morte, si:calmati amico, dovresti vedere la tua faccia. Non devi stupirti:tu non sei molto diverso da me. -mi rassicurò. Diverso da lei:chi poteva esserci peggio di Tanato?

Comunque lasciai perdere per il momento l'argomento e mi volsi verso mia madre:-Vorresti dirmi che tu sapevi tutto questo, e non me ne hai mai fatto parola?

-L'ho fatto per proteggerti.

-Proteggermi da cosa?

-Da questo:la vita di un semidio non è facile, anzi è pericolosa e ogni giorno è quello buono per morire. Specie con tutta la fatica che ha fatto tuo padre per tenerti lontano dai pericoli.

-Ma cos'è successo realmente a papa:che dio è?

-Quando ci conoscemmo, io ero giovane, lui senza età:c'innamorammo subito, e qualche anno dopo sei arrivato tu. Allora andava tutto così bene:eravamo felici, e tu stavi crescendo bene, ma poi, abbiamo capito che non era una vita che potevamo condurre in eterno.

Stava tralasciando i suoi impegni, e tu stavi manifestando i tuoi primi poteri:eri diventato pericoloso, anche se no nsi sarebbe detto per un bambno della tua età, e così io e tuo padre decidemmo di separarci.

Credimi tesoro, lasciarci è stata la scelta più dolorosa che abbia dovuto compiere.

La punta di amarezza con cui l'aveva detto non fece altro che farmi rimpiangere di più l'assenza di mio padre. -E ora dimmi il suo nome, mamma, per favore?

-Lui è...

Mia madre non riuscì a finire la frase, noi non facemmo in tempo a gridare che una mucca-e ho detto proprio una mucca-si schiantò sul nostro parabrezza, ostruendo la visuale con la sua mole. Mia madre sbandò di conseguenza, e non riuscendo a riprendere il controllo finimmo fuori strada.

La macchina si cappottò su se stessa, e io mi sentiì come dentro a un enorme tubo che ruota su se stesso:poi, finalmente, la calma. La nostra auto era sottosopra, le cinture si erano slacciate automaticamente e noi eravamo oppressi da una bella ammaccatura sopra le nostre teste.

-Anne, mamma, state bene? -chiesi io.

-Tutto a posto-rispose Anne, seguita da mia madre. -Come cavolo ci è finita quella mucca sul nostro parabrezza? -chiesi io.

Anne sgranò gli occhi:e dal suo sguardo capiì che aveva trovato la risposta. -Così non va! -esclamò.

Mi voltai nella direzione in cui lei stava guardando:una nuvola di polvere seguì il passaggio di quella che sembrava una carica di bufali, proveniente da un pascolo più indietro, dove le mucche si stavano scansando, formando due blocchi compatti.

No, non era una carica:era una sola, gigantesca mucca che ci stava venendo addosso.

-Dobbiamo uscire da qui! -dissi in preda al panico. Puntai i piedi sullo sportello, ma la mia spinta non ottenne alcun risultato.

-Sono bloccate-disse mia madre. Nel frattempo, la gigantesca mucca si avvicinava sempre di più, e ora sembrava più simile che mai a un toro.

-Lasciate fare a me-fece in quel momento Anne, ed estrasse da una tasca dei suoi pantaloni la sua penna:Anne porta sempre con se una penna rosicchiata-e ho sempre pensato che fosse per il fatto che la mordesse in continuazione-dal colore del legno.

-Che diamine vorresti farci con una penna?! -urlai io, sempre più in preda all'agitazione.

-Datti una calmata, semidio! -mi rimproverò lei, poi la fece scattare:sotto i miei occhi, la penna si divise in due sezioni per formare una guardia, mentre il tappo con all'estremità il pulsante si allungò diventando un impugnatura: la parte rosicchiata delle due sezioni si unì e scattò verso l'alto, rivelando una lama rovinata non per i morsi, ma segnata dai tagli.

Lanciai un imprecazione:si era sempre portata in giro una spada del genere?

Anne bucò come se fosse burro la portiera dell'auto, poi disegnò un quadrato con la lama e calciò via lo sportello:dopo essere uscita, ruppe il vetro dalla parte di mia madre con l'impugnatura, e si scansò per permetterci di uscire.

Strisciammo fuori appena in tempo:appena in tempo per vedere la mucca-anzi no, il toro-che sfondava la recinzione di legno e trafiggeva la Volskvagen. Indietreggiammo spaventati:l'immenso toro umanoide si eresse in tutta la sua imponente statura-circa tre metri d'altezza-con l'auto che penzolava sulle sue corna.

Il mostro l'afferò con le mani e ce la scagliò contro:stavo per buttarmi a terra, quando Anne si parò davanti a me e, impugnando la spada con due mani, tagliò l'auto in due parti con un fendente. Le due metà si schiantarono contro gli alberi.

E addio alla nostra macchina.

-Quello-non-può-essere-il-Minotauro! -urlai io, riconoscendo la mitologica fiera affrontata e vinta da Teseo. Il Minotauro era per metà uomo e metà toro:il corpo era quello di un uomo, solo ricoperto da una folta peluria e con muscoli possenti, mentre la testa era quella di un toro, con lunghe e affilate corna che curvavano su se stesse.

Il Minotauro lanciò un possente grido di battaglia, e si battè le mani sul petto, sbuffando dalle narici:-Dobbiamo fuggire! -dissi io, e ci fiondammo nel bosco. Dietro di noi, la bestia lanciò un nuovo verso, poi si buttò al nostro inseguimento:quando sbirciavo alle mie spalle, lo vedevo che ci correva intorno a quattro zampe, buttando giù i possenti pini come fossero fuscelli.

Quello ci si puliva i denti con i pini! -Come faccio a combatterlo?! -urlaì al vento.

-Il bracciale di Brunner, premi i due pulsanti! -mi gridò Anne, mentre fuggivamo. Nel frattempo, s'iniziavano a intravedere i primi cambiamenti:fra gli alberi, erano piantate nel terreno fiaccole accese in bambu, alte quanto me; le due file di torcie portavano ad un grosso arco in mattoni di grigia pietra.

L'insegna-scritta in un greco che la mia vista tramutò in italiano-diceva: CAMPO MEZZOSANGUE. Che cavolo di nome è Campo Mezzosangue:forse il campo di cui parlava prima Anne.

-Sbrigati Kaito:là dentro il Minotauro non potrà seguirci! -mi gridò Anne. Varcammo l'arco:come faceva a proteggerci, il Minotauro l'avrebbe fatto a pezzi.

Mia madre si bloccò sulla soglia, impossibilitata a proseguire, trattenuta da una barriera invisibile.

-Mamma!- gridai. -Và, Kaito:là dentro siete al sicuro!

-Scordatelo, io non me ne vado senza di te! -protestai:avevo gia perso mio padre, non volevo che a mia madre toccasse la medesima sorte.

-Io non sono come te, tesoro, là dentro non posso entrare...

Non fece in tempo a concludere la frase:l'immenso Minotauro l'afferrò con una mano, mentre lei si dimenava invano.

-Mamma! -urlai, mettendo un piede fuori dall'arco.

-Non uscire Kaito:non pensare a me, ma tu salvati! -m'incitò, il viso rigato dalle lacrime. Totalmente incurante della disperazione di mia madre, il Minotauro gridò nuovamente e io vidi, impossibilitato a proferire parola, la donna a cui dovevo tutto tramutarsi in una nube di polvere dorata, per poi scomparire nel vento.

-Brutto bestione bastardo:ridammi subito mia madre!! -gridai con tutta la mia furia:sentivo la rabbia e la frustazione scorrermi nelle vene assieme al sangue. Ora lo sentivo, ora lo sapevo:avrei ucciso quel mostro.

Cos'aveva detto Anne:il braccialetto. -Kaito, sbrigati non fare cavolate! -mi gridò lei, ancora dentro l'arco.

-Anne!

Ci voltammo:una ragazza dai capelli castani e dagli occhi di un verde brillante ci stava venendo incontro dal bosco oltre l'arco. Indossava un lungo vestito azzurro con sotto dei jeans, e indossava un paio di converse blu.

-Livia! -gridò Anne. Il Minotauro mi riportò alla realtà:sferrò un manrovescio che mi colpì in pieno petto e, come se fossi stato assalito da una carica di quattrocento cavalli, volai contro il possente tronco di un albero.

Una piccola bozza apparve sul fusto. -Oh caspita...-mormorai, rialzandomi a fatica. -Kaito sbrigati ad entrare-mi fece la ragazza che Anne aveva chiamato Livia.

-Come fai a conoscermi? -le chiesi:non avrei potuto fare una domanda più idiota in un momento come quello. Sentiì un nuovo spostamento d'aria:mi piegai appena in tempo per evitare un'ascia che vibrò sopra i miei capelli, conficcandosi nel punto dell'albero dove-fino ad un attimo prima-c'era la mia testa.

Era apparso un nuovo minotauro, stavolta alto poco più di me, con la schiena irta di spuntoni appuntiti simili a stalagmiti, la pelle di un colore rossiccio e le corna più corte. Il mostro estrasse l'ascia a due mani dal tronco, scorticando una buona parte di corteccia.

Ma quanti minotauri c'erano?

Il Minotauro-quello più grande-lanciò un nuovo, poderoso ruggito, e sembrava come se un turbine di onde sonore uscisse dalla sua bocca, diffondendosi nell'aria. A quel lugubre verso ne fecero seguito molti altri:presto, il bosco si riempì di piccoli minotauri che correvano in tutte le direzione, alzando le loro ascie a doppia lama al vento.

-Diamine-imprecò Anne, e varcò i confini venendomi incontro, seguita da Livia.

-Kaito, ti sbrighi ad attivare quel braccialetto! -mi gridò la mia amica. Giusto, mi ero completamente dimenticato del braccialetto, ma avevo troppi problemi al momento:il dolore per la perdità di mia madre, la testa che girava a causa del pugno del bestione e tipo un'orda di minotauri che non vedeva l'ora di farmi a pezzi.

Ero capitato nel mondo che avevo sempre adorato, solo non nel modo in cui avrei voluto farlo. Mi decisi a dare retta ad Anne, e presi il braccialetto:cercai i due pulsanti che mi aveva detto, e li trovai sopra i due fregi la cui forma non ero riuscito a distinguere.

Automaticamente, evitai un velocissimo fendente inarcando il busto, poi indietreggiai, sgomento:come cavolo avevo fatto?

E da quando, poi, avevo riflessi così perfetti:ok sapevo di essere iperattivo, ma quello mi sembrava un po' troppo. Premetti i due pulsanti:sotto i miei occhi-sempre più increduli, le catene che componevano il bracciale si separarono fra loro, crebbero in forma e dimensione e si avvilupparono, rapide come serpenti, alle mie braccia, percorrendole interamente fino a fermarsi prima del gomito, mentre le estremità, composte da un anello spezzato a metà, s'incastrarono alla mia cintura; i fregi, invece, si acceserò di un'inquietante luce nera, e crebbero anch'essi, trasformandosi in due uncini ricurvi a due lame ciascuno, composti da quella che mi sembrò ametista, e che io impugnai saldamente per non farli cadere a terra.

Indietreggia spaventato, lanciando un urlo:non mi aspettavo certamente che un innocuo braccialetto potesse rivelarsi una tale arma; ma d'altronde, dopo aver visto la penna-spada di Anne-mi sarei aspettato molto peggio.

Osservai la mia arma:le catene di bronzo sembravano colorate di un oro che aveva perso il suo colore nel corso degli anni, mentre gli uncini erano puntellati da piccoli aculei grigi come essi; infatti, solo le estremità ricurve erano d'ametista, che brillava al punto che sembrava ci fosse un liquido che vi scorreva all'interno.

Era un dono di mio padre, lo sentivo:anche se me lo aveva consegnato il professor. Brunner, anche se indirettamente, sentivo che quello era il suo regalo per me; ma era soprattutto il suo modo per presentarsi a me:perchè ora avevo finalmente capito chi era mio padre, ora avevo capito che la mia vita valeva molto di più di quello che io abbia mai potuto immaginare, che da allora sarebbe stata in pericolo e che io avrei dovuto fare di tutto per difenderla.

Osservai il campo di battaglia, perchè era quello ciò che il bosco era diventato:Anne stava tenendo testa a ben cinque minotauri con la sua spada, e cercava anche di colpirli con le sue sfere; dall'altra parte, Livia, l'amica di Anne, stava combattendo a mani nude contro un minotauro...no un attimo, non era a mani nude:al suo indice detro v'era un'anello, fatto di non so quale strano materiale, che la stava proteggendo dai colpi.

Un'altra semidea, avevo pensato:dovevo darmi da fare anchio, ed era ora di provare i miei uncini. Mi gettai nel folto del bosco, gli uncini stretti in mano, e presi subito di mira un minotauro:anche lui si accorse di me, e mi venne incontro menando un fendente con l'ascia, che io intercettai con uno dei miei uncini.

In quel momento non perdevo tempo a chiedermi come avevo fatto a bloccarlo, dove avevo trovato tanto coraggio da affrontare un simile mostro o a domandarmi perchè impugnassi l'arma di un dio:in quel momento pensavo solo a combattere.

Respinta l'ascia, abbandonai la presa sull'uncino, lasciando scorrere la mano sulla catena, permettendo alla mia arma di raggiungere una maggiore distanza:un piccolo squarcio rosso si aprì sul torso del minotauro, che gridò di dolore e indietreggiò, mentre il sangue colava dalla ferita.

Non mi fermai, ma lanciai una seconda volta l'arma, che questa volta spezzò in due l'ascia, poi senza indugiare oltre me la riportai in mano e menai un ultimo fendente che abbattè il mostro:prima di cadere a terra, si dissolse in una nube di fumo nero.

Che strano:ma poi vidi che succedeva la medesima cosa con tutti i minotauri che venivano colpiti da Anne o Livia. Ora sapevo come affrontare quei mostri:il problema era quello gigante, che sembrava sparito.

Un altro minotauro raspò il terreno con gli zoccoli, sollevando la polvere da terra:lo invitai con una mano ad unirsi alla battaglia, e quello sbuffò fumo dalle narici, prima di lanciarsi all'attacco con l'ascia sulla testa.

Scartai di lato per evitare il maglio dell'ascia-perchè è così che si chiama il colpo dall'alto verso il basso-e mi accucciai successivamente nella polvere per evitare un nuovo fendente, che stavolta arrivò sottoforma di tondo.

Rapidamente, menai un fendente con l'uncino che lo colpì dietro al ginocchio, aprendo un taglio sanguinante:il minotauro si accasciò, con la gamba ferita che premeva sul terreno, ed io approfittai della situazion per montargli sulla schiena e affondare le lame.

Con un muggito di dolore, il mostro esplose in una nube dorata, ed io ricaddi a terra. Livia mi venne incontro:-Avanti Kaito rialzati, non abbiamo tempo da perdere! -mi disse prendendomi sotto le braccia, aiutandomi a rialzarmi.

-Grazie...eh, potrei sapere chi sei? -le feci.

-Livia Jackson, figlia di Poseidone, ma non c'è tempo per...wuahh! -e si abbassò in tempo, insieme a me, evitando un nuovo fendente d'ascia. Di nuovo, una strana sensazione di forza prese possesso del mio corpo:corsi verso il minotauro, che menò un nuovo fendente che scansai con una delle lame, prima di piantargliela in un polmone.

Conficcai nell'altro punto anche l'altra, poi-gli dei solo sanno come ho fatto- spiccai un salto, mentre le catene mi seguivano:riatterrai alle spalle del mostro, e gli uncini lo decapitarono non appena toccai terra, portandosi via la sua testa, che esplose prima di raggiungere il suolo insieme al resto del corpo.

Tornai padrone di me stesso:-Bel lavoro, ora seguimi! -m'intimò Livia, prima di correre verso il cancello del campo. Prima che potessi dire o fare qualsiasi cosa, sentiì un rumore che proveniva dal folto degli alberi:all'improvviso, da essi sbucò fuori una biga romana nera e vecchia, alla cui guida v'era una sorta di legionario non-morto.

-Per Spartaaaa!! -gridò quello, prima di passarmi a fianco, sollevando un gran polverone:le ruote della biga battevano il terreno, creando solchi alquanto profondi; il non-morto estrasse una lunga catena nera, e me la lanciò contro.

Dapprima riusciì a deviarla con gli uncini, ma poi essa passò sopra la mia testa e tornò indietro, afferrandomi per il collo. In men che non si dica, mi ritrovai con la schiena che raschiava sul duro terreno, in mezzo agli alberi, trascinato dalla biga, che stava acquistando velocità.

-Kaito!! -mi urlò Anne, con gli occhi spalancati; non riuscivo a risponderle, avevo la catena che mi graffiava il collo, quasi strozzandomi, la schiena mi bruciava da impazzire e vedevo gli alberi scorrere sopra di me.

Poi sentiì una voce:-Tranquillo cugino, ti salvo io!!

Scorsi con la coda dell'occhio-cioè per quel poco che riuscivo a vedere-un ragazzo con un pigiama costellato di fulmini stilizzati in mezzo agli alberi, che aveva tra le mani...una saetta.

Non è possibile, mi dissi:ma dov'ero capitato?!

La mia amica Anne sputa sfere dalla bocca, come ho già detto il mio professore preferito è un Terminator su sedia a rotelle, la mia migliore amica ha una spada, la sua amica mi ha detto di essere la figlia di Poseidone, ho decapitato un minotauro e ora questo!

Il ragazzo in pigiama lanciò il suo fulmine, e il proiettile a forma di saetta partì preciso, spezzando in un sol colpo la catena, fondendo il ferro come fosse burro:la mia corsa si arrestò, e mi ritrovai d'un colpo fermo, disteso sul suolo, con la schiena che mi stava trapassando e il mondo che non aveva capito che mi ero fermato e continuava a girarmi intorno.

Così disteso, potei vedere il non-morto che avanzava verso il ragazzo, roteando sulla sua testa la catena spezzata:-Pezzente! Affronta la furia di Sparta!!

Il ragazzo non ci pensò due volte:compì un potente salto, abbattendo un pugno sul terreno davanti alla biga, causando un'onda d'urto che spinse indietro il carro e il suo guidatore. La potenza generata dall'impatto del suo pugno raggiunse anche me, sottoforma di una brezza che mi trasportò la polvere del terreno. Ora, il giovane se ne stava in ginocchio sul cratere da lui formato, con lo sguardo fisso a terra:-Prima di tutto, pezzente ci chiami a tua sorella, capito?

Si rialzò e prese il carro, sollevandolo da terra e portandoselo sopra la testa senza apparente difficoltà:-E seconda cosa, a Sparta non si facevano le corse con i carri! -poi lanciò la biga, che investì un minotauro in pieno petto e lo fece finire tipo dieci metri più in là, dissolvendolo.

Mi si avvicinò, e mi tese la mano, come se nulla fosse successo:solo in quel momento vidi che la sua mano e gran parte del braccio destro erano avvolti da una sorta di enorme guanto dorato, che arrivava a coprire tutto l'avambraccio, e aveva proprio sopra il polso la figura di un anziano volto d'oro.

Probabilmente Zeus. Per quanto riguarda lui, aveva i capelli biondi, e gli occhi di uno strano blu elettrico. Afferrai il guanto-che scoprii emanare una strana energia che in quel momento non sapevo descrivere-e mi rialzai con molta fatica, poichè le escoriazioni che mi ero procurato mi bruciavano da impazzire.

-Grazie...per il tuo aiuto-mormorai. Mi rivolse un ampio sorriso:-E di cosa cugino?

-A proposito, perchè continui a chiamarmi cugino?

-Oh giusto che sbadato, non mi sono presentato:sono Luke Jameson, figlio di Zeus, il grande capo! -fece notare con un sorriso smagliante. Zeus e Poseidone:ora non avevo dubbi su chi fosse mio padre.

Gli sorrisi anchio, poi il ruggito di un minotauro ci riportò alla realtà:-Mi occupo io di loro, tu pensa a quelli sull'altro lato!

E cosi dicendomi si buttò nella mischia, caricando il guanto di elettricità. -Luke, alla buon'ora:bel pigiama! -fece notare Livia, prima di far partire un fulmine azzurrino dal suo anello, che trapassò il minotauro e lo uccise.

-Grazie-disse Luke, prima di pestare un minotauro con il suo guanto. -Sapete odio la gente come voi.sono stato fuori dal campo due settimane a combattere i bestioni come voi, e ora che sono appena tornato non posso nemmeno riposarmi che mi tocca combattere di nuovo con voi!

Luke stava sfogando la sua furia sui minotauri, uccidendone a più non posso:probabilmente aveva fatto un record da fare invidia ad Anne e Livia. -Poi mi dicono che sono cattivo, ma io non sono cattivo! -fece con voce innocente, prima di premere un piede contro un minotauro steso a terra.

-Io non vorrei arrabbiarmi con voi, ma dopo mi vedo costretto:quando mi vengono a svegliare nel cuore della notte per queste piccolezze, be vedete, vedete, io...-e avvicinò il suo volto con un mezzo sorriso a quello del minotauro a terra, che in quel momento mi parve iniziare a sudare freddo.

Un'attimo dopo volò oltre il folto degli alberi, seguito da scarice elettriche. -...io divento un mostro! -sbraitò Luke. La bestia mitica creò un cratere e si dissolse:-Si! Chi è il prossimo?! -fece mio cugino, dandosi delle arie.

Non appena si voltò, il gigantesco Minotauro-appena riapparso-lo centrò in pieno addome con un immenso tronco che reggeva con due mani, e lo fece volare oltre il cancello del campo. -Luke!! -gridò Livia.

Il mostro ringhiò, sbattendo a terra la sua rudimentale arma: mi fissava dritto negli occhi, strigendo quel tronco con le stesse mani che solo pochi minuti prima avevano ucciso mia madre. La rabbia mi cresceva in petto: volevo fare a pezzi quella cosa, per quanto forte potesse essere.

-Daccordo, dannato bestione: siamo solo io e te. Ridammi subito mia madre, altrimenti ti staccherò la testa e l'appenderò ad una parete. Sono sicuro che le tue corna abbellirebbero la stanza in modo incantevole! -lo minacciai, con una punta d'ironia.

-Kaito fermo: non puoi permetterti di scherzare con un minotauro! -mi rimproverò Anne. Il mostro emise un suono gutturale, che io identificaì come una risata: -Ehi sottospecie di carne da macello vivente, mi dici che cavolo hai da ridere?! -sbraitì.

Lui si placò: -Sei molto coraggioso, Semidio, e senz'altro sei bravo con le parole. Lui lo aveva detto, ma non per questo siginifca che potrai battermi: se avessi ricevuto solo un minimo dell'addestramento necessario, allora forse saresti riuscito a battermi. Ma ora come ora sei troppo inesperto, e sei una facile preda-sghignazzò.

-Oh, ma allora sai parlare-feci io, stupito. Il Minotauro si piegò, raspando il terreno con le zampe, le corna rivolte verso di me, come un toro pronto alla carica: -Questa è la tua fine, Semidio! -esclamò, partendo alla carica, riproducendo i versi di un toro inferocito.

"Sta calmo, Kaito. E' solo una creatura che non dovrebbe esistere da una tonnellata. Coraggio, concentrati: lasciati andare! " m'imposi io. Chiusi gli occhi, ascoltando il rumore degli zoccoli e delle zampe che battevano il terreno, i versi inferociti della bestia, il sibilio del vento smosso dalla creatura.

Lo sentivo, era vicino. Spalancai gli occhi: ora!

La bestia mi era sopra: tentò d'infilzarmi con le corna, ma io poggiaì un piede sul suo muso, facendo leva per poter spiccare un salto che mi portò sopra di lui; non appena quello voltò la testa, lanciai i miei uncini, che gli avvolserò il collo e poi si gli si conficcaronò nel petto, afferrando i...o be avete capito.

Il Minotauro ruggì, rabbioso, e afferrò le catene dorate, cercando di spezzarle, ma io aumentai la presa: il mostro alzò la testa al cielo, lasciando che il suo urlo disumano afcesse eco fra gli alberi, e si diffondesse nell'aria.

Avevo intenzione di strozzarlo, ma poco dopo che ebbi preso la mai decisione accadde qualcosa: dalla schiena dell'ibrido cominciò ad uscire qualcosa di blu, trasparente, che veniva guidato dagli uncini. Quando mi accorsi di cosa diamine era, sgranaì gli occhi: avevo-accidentalmente e magari no-strappato l'anima alla bestia: una sua copia perfetta ma trasparente era fuorisciuta dal suo corpo, lasciandolo immobile con la bocca aperta.

Lasciai gli uncini, che si staccarono con un suono metallico: all'istante, l'anima del mostro si allungò e si deformò, e io senza volerlo la risucchiaì al mio interno, come se fossi una specie d'imbuto umano. Chiusi gli occhi, spaventato dall'avvenimento, e quando li riapriì, il corpo senza vita cadde in ginocchio, e successivamente si accasciò a terra con un tonfo.

Ansimai per l'immenso sforzo: subito dopo mi prese un giramento di testa. -Non mi sento...molto bene, oh...-mormoraì, cadendo al suolo. L'ultima cosa che sentiì fu le voci dei miei compagni che mi chiamavano, poi vennì accolto da un abisso di tenebre, estraneo ad ogni suono, e quindi persi i sensi.

***

Rieccomi qui: ebbene si, sono tornato a tartassare i miei lettori, anche se credo di averne solo una, che ringrazio. Piccolo avviso: è finalmente cominciata l'estate, quindi il mio periodo di maggiore produttività. Aspettatevi aggiornamenti almeno ogni settimana, o massimo massimo ogni dieci giorni.

E qui inizia l'angolo delle anticipazioni, ovverò i piccoli spoiler sul capitolo che segue. Nel prossimo capitolo: Kaito si risveglia al Campo Mezzosangue, dove apprenderà da Anne e da qualcun'altro che sua madre non è morta, bensì è al sicuro negli Inferi.

Rassicurato, farà al conoscenza degli altri Semidei nel campo, e comincierà il suo addestramento: Anne sembra avere qualcosa da rivelare a Kaito-qualcosa che la turba profondamente-ma proprio in quel momento s'intromette la figlia di Artemide, che subito si fà nemica la figlia di Tanato.

Come andrà a finire. Ci vediamo nel prossimo capitolo, e grazie a tutti!!

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