Così tra queste immensità s'annega il pensier mio, e il naufragar m'è dolce in questo mare

di Rory Gilmore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter one: The kids from yesterday. ***
Capitolo 2: *** Chapter two: Teenagers. ***
Capitolo 3: *** Chapter three: Skylines and turnstiles. ***
Capitolo 4: *** Chapter four: Helena. ***
Capitolo 5: *** Chapter five: Demolition lovers. ***
Capitolo 6: *** Chapter six: I’m gonna wash that marriage right out of my head. ***
Capitolo 7: *** Chapter seven: Lets say goodbye, the hundreth time, and then tomorrow we'll do it again. ***
Capitolo 8: *** Chapter eight: Think happy thoughts. ***
Capitolo 9: *** Chapter nine: The only hope for me is you. ***
Capitolo 10: *** Chapter ten: Summertime. ***
Capitolo 11: *** Chapter eleven: Asleep or dead? ***
Capitolo 12: *** Nota dell'autrice; modifiche e correzioni alla Fan Fiction. ***



Capitolo 1
*** Chapter one: The kids from yesterday. ***


 
Ommioddio, da quant'è che non postavo una Frerard?
Saranno due annetti buoni. Mi sembra così strano, ora, postarne un'altra. 

Devo dire che mi era mancato tanto scrivere su questi adorabili ometti *-* e dopo il concerto (WAAAAH!) la fantasia è tornata. Beh, diciamo che è tornata anche la voglia. LOL.
Okay, spiego un po' di cosa si tratta: allora, sono principalmente dei ricordi, diciamo un excursus della vita di Gerard e Frank, da quando sono bimbetti delle elementari a...vabbè lo scoprirete poi.
Non sarà lunghissima come fan fiction, ovviamente. Mi limiterò a scrivere solo le parti più significative della loro vita, ed ogni capitolo tratterà una fascia d'età :3 
In questo, per esempio, ci sono loro alle elementari.

Beh, ho cercato di attenermi alla realtà, ma alcune parti sono inventate da me per esigenze di copione ù_ù
Ah, per quanto riguarda le poesie che sono presenti in questa FF, non l'ho fatto per darmi un tono e far vedere che sono colta, ma solo perchè penso ci stiano molto bene, visto che i poeti trattano molto la tematica dei ricordi.
Ad ogni modo, non scrivo a scopo di lucro, i personaggi non mi appartengono, ed è tutto frutto della mia mente malata/visionaria/pervertita. Ebbene sì, l'avreste mai detto?
Comunque, spero vi piaccia, a me sembra un'idea carina. Ma...ai posteri l'ardua sentenza! Quindi fatemi sapere cosa ne pensate. 
Una recensione è d'obbligo. ♥


 

ENJOY!                  
                                                                             


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Così tra queste immensità s'annega il pensier mio e il naufragar m'è dolce in questo mare.
(A tutti è concessa una seconda possibilità)

                         
                                                               

CHPATER ONE


The kids from yesterday

 
Tornami a mente il dì che la battaglia d'amore sentii la prima volta, e dissi: oimè, se quest'è amor, com'ei travaglia! (Giacomo Leopardi) 

 
 

Se c'era una cosa che Gerard odiava con tutto se stesso era andare a scuola.

 
Ma non che odiasse studiare.
Anzi, se in classe fossero stati presenti solo lui e la maestra, sarebbe stato perfetto.

 
Il problema era che lui provava un odio, un ripulso, nei confronti degli altri bambini, suoi coetanei.
Li considerava un mucchio di poppanti a cui interessava solo giocare e guardare sotto le gonne delle bambine.

E ovviamente in questa descrizione ci rientrava anche Mikey, il suo caro e dolce fratellino.
L'unica cosa bella dell'andare a scuola era non sentire, né vedere, quel mostriciattolo con gli occhiali che la natura, prendendosi gioco di lui, gli aveva affibbiato come fratello.
Ma sfortunatamente, nell'anno che stava per cominciare, sarebbero dovuti andare nella stessa scuola, perché a Belleville, la cittadina in cui si erano appena trasferiti per il lavoro del padre, esisteva solo una scuola elementare.

 
«Gee, sei pronto? Non vorrai fare tardi anche il primo giorno nella nuova scuola, tesoro! E poi Mikey è così eccitato, non riesco più a trattenerlo!»
Il piccolo Gerard sbuffò e prese la sua cartella di Batman.
Ma che ci trovava di tanto esaltante quel secchione di suo fratello nell'andare in una nuova scuola piena di nuovi marmocchi?

 
«Sto arrivando, mamma»


* * *

 
 
«E' occupato questo posto?»

 
Mikey si girò verso il bambino che aveva appena pronunciato quella domanda, e sorridendo scosse la testa.

Finalmente aveva un compagno di banco! Ormai non ci sperava nemmeno più.
Purtroppo aveva dovuto lasciare i suoi vecchi amici di scuola, e aveva il terrore che sarebbe diventato come suo fratello: sempre solo; senza amici da invitare a casa per pranzo, o per fare i compiti insieme.

 
«Sono Frank Iero, piacere.»
Il suo nuovo compagno di banco - Dio, quanto gli piaceva dirlo! - gli stava porgendo la mano con un sorriso amichevole.

 
«Piacere mio, Frank. Io sono Michael Way, ma tutti mi chiamano Mikey e siccome mi sei simpatico puoi farlo anche tu, se vuoi»
 
Frank annuì felice.
«Forte! Mi piace Mikey, ti chiamerò così, e tu, se vuoi, puoi chiamarmi Frankie»
Il ragazzino stava per rispondere, ma la maestra entrò in classe e calò il silenzio.
Mikey la guardò: era abbastanza giovane, ma sembrava in ogni caso severa.
Stava per chiedere a Frank se fosse una brava insegnante, ma si accorse che il suo nuovo amichetto gli aveva scritto qualcosa su un foglio.
Lo prese in mano, si aggiustò bene gli occhiali sul naso, e lesse:

 
«Ah...volevo dirti che anche tu mi sei molto simpatico, Mikey.»
Sorrise.

 
No, non sarebbe diventato come suo fratello.
 
 

        * * *

 
L'ora di pranzo era un accumulo di urla, capricci e sghignazzi di tutti i bambini della scuola.
Ma a Gerard piaceva: nessuno faceva caso a lui, in mezzo a quella mischia.

 
«Gee!»
Come non detto.
Suo fratello. C'era da immaginarselo, ora che frequentavano anche la stessa scuola.

 
«Mikey, mi hai fatto spaventare! Che cosa vuoi?»

 
«Guarda!»
Il fratellino indicò il bambino accanto a sé, come se fosse una qualche specie di trofeo da esibire.

Gerard non capì.

 
«Bhè?»

 
«Ma come! E' il mio nuovo migliore amico; si chiama Frank, ma io posso chiamarlo Frankie.»
Il più grande scosse la testa e si rigirò verso il piatto.
Il pranzo faceva schifo, ma era molto meglio fingere di mangiare, piuttosto che stare a sentire suo fratello.
Mikey, dal canto suo, da quando aveva iniziato le elementari,e cioè ormai da tre anni, aveva sempre avuto il pallino nel cervello di voler trovare, a tutti i costi, un amico a Gerard.
Era un gesto carino da parte sua, ma non capiva che lui stava bene anche così.
E il suo odio nei confronti degli altri bambini era reciproco, quindi il tentativo di Mikey era invano.

«Piacere di conoscerti Gerard» 
Il ragazzino più grande alzò gli occhi dal piatto e li puntò in quelli dell'amico di suo fratello che aveva appena parlato; era bassino, magro e con i capelli castano chiaro che gli ricadevano sul viso. I suoi anni li dimostrava tutti, anzi, forse anche qualcosa in meno. Gerard pensò che sembrava fosse appena arrivato dall'asilo nido.

«Uhm, sì. Piacere. Ora andate a giocare, eh Mikey?»

«Perché non vieni anche tu con noi? Vorremmo giocare a supereroi ma ci serve un altro che faccia il capo. E siccome tu sei più grande potresti farlo tu. Allora, ti va?»

Il nuovo amico di Mikey lo aveva appena invitato a passare l'ora di pranzo insieme a loro.
E questo, il piccolo Gerard, non se lo sarebbe mai aspettato.
Di solito nessuno gli chiedeva di giocare, nemmeno i bambini che aveva appena conosciuto. Lui era  sempre considerato quello strano, il bambino da evitare.
Ma Frank era stato l'eccezione alla regola.

«Se lo è inventato Frank, il gioco. Non ti sembra fantastico, Gee?»

Lo era. Lo era e come! Pensò il più grande. 
Non gli sembrava affatto uno dei soliti giochi noiosi. E poi, lui amava i supereroi. 

«Va- va bene. Vengo con voi a giocare» balbettò. 
Ai due bambini più piccoli si illuminarono gli occhi.
Forse- forse era arrivato il momento di cambiare idea e non disprezzare i suoi coetanei. O almeno non tutti.
 
 

* * *

 
«Visto?»

«Visto cosa?»

«Non era così difficile fare amicizia con qualcuno»
Gerard sospirò e chiuse il libro degli esercizi di matematica; aveva capito che suo fratello non gli avrebbe reso la vita facile. 

«Mikey, ho solamente giocato con te e quel… bambino. Non sono diventato suo amico. Mettitelo bene in testa questo- Ed ora non mi tormentare, devo fare i compiti.»

«Frank»

«Come?» Gerard alzò un sopracciglio confuso. Non aveva capito.

«Si chiama Frank, quel bambino, Gee.» rispose Mikey, deluso, accucciandosi sopra il letto di Gerard.
Era triste. Non sopportava il fatto che suo fratello stesse sempre da solo. E soprattutto che si rifiutasse di fare amicizia. 
Mikey voleva solamente che Gerard giocasse insieme a lui.
Che avesse degli amici.
Che sorridesse di più.
Il maggiore lo vide lì, sopra il suo letto, con il broncio e le manine sulle ginocchia, e non poté fare a meno di sciogliersi di fronte a quella scena. Poteva fare il duro con gli altri, forse, ma con suo fratello non ci riusciva mai. Si avvicinò al più piccolo e gli arruffò i capelli. 
«Ehi. Va bene. Giocherò di più con te, Mikey.» 

«Sul serio?» chiese speranzoso il più piccolo.

«Sì. Promesso.»

«E giocherai anche con Frank?»

«Mikey io- Va bene, giocheremo tutti e tre insieme.»
Il fratellino gli saltò addosso e lo abbracciò forte.
«Grazie Gee! Vedrai,è l'amico perfetto, ti innamorerai di lui!»

Solo qualche anno più tardi, Gerard capì davvero il significato delle parole che gli aveva appena detto suo fratello.

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Capitolo 2
*** Chapter two: Teenagers. ***


                                                          CHAPTER TWO


                                                                                             Teenagers


                   

                                                                     «Insegnami a scordarmi di pensare.» (W. Shakespeare) 



«Mikey com'è la risposta quattro?»
«E' la B»
«E la-»
«Iero! Way! Che state facendo?»
«Ehm...professoressa, noi...»
Mikey era rosso dalla vergogna, come tutte le volte che l'insegnante lo sgridava, e cioè tutte le volte che il suo migliore amico lo metteva nei casini.
«Lascia fare a me, Mikey. Professoressa, ci stavamo solo consultando sul risultato, poichè, vede, come diceva il grande filosofo Socrate, il vero sapiente è colui che sa di non sapere e di conseguenza, io ammetto di non sapere due delle risposte del compito in classe e quindi stavo chiedendo al mio amico, che invece, erroneamente, pensa di saperle, quelle domande a cui io non so rispondere, per metterlo alla prova e farlo rendere conto della sua illusione di sapere tutto.»
Frank, invece, come tutte le volte, riuscì a cavarsela, lasciando alla professoressa una sorta di dubbio su come potesse, quel ragazzino di appena tredici anni, avere la capacità di rigirarsela come voleva. Facendo quasi sentire lei stessa un'emerita idiota.
«Oh, okay. Ma non fatevi più beccare. Mi sono spiegata?»
I due ragazzi annuirono. 
Un minuto dopo suonò la campanella che segnava la ricreazione. 
«Io mi chiedo ancora come diavolo fai, Frankie» 
«A fare cosa?» 
Sapeva benissimo a cosa si riferiva l'amico, ma egocentrico com'era, gli piaceva sentirsi elogiare per la sua retorica impeccabile. 
«Dai che lo sai, e non ho intenzione di ripeterlo. E comunque se stavolta ci avessero mandati dal preside, glielo avresti raccontato tu a mia madre!»
«Tua madre mi adora, Mikey, avrebbe sicuramente trovato il modo per incolpare te, alla fine.» 
Accompagnò le sue parole con un occhiolino all'amico.
Mikey annuì, pensando che, in fondo, era proprio vero.

 
                                                                                             *****


Gerard fischiettava felice, camminando tra le stradine di Belleville.
Era riuscito a prendere la patente, finalmente.
Non aveva aspettato altro che i sedici anni per potersi iscrivere a scuola guida, ed ora che aveva tra le mani quel rettangolo di carta plastificata, si sentiva invincibile.
«Mamma, sono a casa!»
Non era andato a scuola solo per fare quell'esame. E ovviamente la madre si era arrabbiata con lui, per questo.
«Ah, eccoti»
«Quanto entusiasmo! E dai mamma, ho preso la patente!»
Lei lo guardò: il suo bambino-che bambino non era più- stava diventando grande, e doveva rassegnarsi all'evidenza.
«Oh Gee. Dai, abbracciami cucciolo. Sono contenta. Beh, immagino che allora oggi ti proporrai per andare a prendere Mikey a scuola»
«No, mamma. Io in quella scuola media piena di marmoc- Okay, sì, mi propongo per andarlo a prendere»
Donna sorrise raggiante.
«Oh, amore, non devi. Ma se proprio insisti, okay. Mikey esce a mezzogiorno.»
Gerard la fulminò con lo sguardo.
Lei gli diede un bacio sulla guancia.
«Oh, e dai un passaggio anche a Frank, ovviamente. Anzi, digli che è invitato a pranzo da noi»
«Mamma, ormai neanche c'è più bisogno di dirglielo. Viene tutti i santi giorni a mangiare da noi.»
«Certo, gliel'ho detto io di venire quando vuole.»
«Uhm. E devo dire che ti ha preso alla lettera. Comunque va bene, glielo dico. E' tutto? Lo schiavetto deve fare qualcos'altro?»
«Fammi pensare...uh, no. Puoi andare tesoro, grazie.»
Gerard uscì da casa e si avviò verso la macchina.
Ci aveva ripensato: prendere la patente non era stata assolutamente una buona idea.

 
                                                                                                 *****


«Allora, che dici se oggi ci abbuffiamo di Mcdonald fino a scoppiare e poi andiamo a casa mia a giocare alla playstation?»
«Magari domani Frank. Oggi Gerard ha preso la patente e mi viene a prendere all'uscita con la macchina. Però mia madre ha detto che se vuoi puoi venire a pranzo da me, ha preparato il tuo piatto preferito: purè di patate»
«Tuo fratello ha preso la patente?»
Frank non ce l'aveva fatta a non ridere: era così buffa l'immagine di Gerard al volante che non aveva ascoltato nemmeno il resto di quello che Mikey gli aveva detto.
«Dio mio, sono sicuro che adesso stia già litigando con qualcuno per strada»
Anche l'altro ragazzo rise e scosse la testa.
«Già, non mi fido molto ad andare in macchina con lui, in effetti. Quel ragazzo è un attaccabrighe come pochi. E' per questo che se vieni anche tu, magari, mi sento più sicuro. Sei l'unico che riesce a contraddirlo e farlo stare zitto.»
«Okay, ma solo se mi prometti che mi dai anche la tua porzione di purè.»


                                                                                                  *******


«Razza di imbecille, fai funzionare quell'unico neurone che possiedi nel cervello quando guidi! E togliti dalle palle!»
Ecco, stava succedendo esattamente ciò che Mikey e Frank avevano previsto: in dieci minuti che erano in macchina, Gerard aveva preso a parolacce una quindicina di persone. 
«Gee, stai calmo dai...»
«No Mikey, è una questione di principio. E poi- Ehi! Ma che diavolo sta facendo quel deficiente davanti a noi? E' verde dannazione!» 
Gerard fece per affacciarsi al finestrino dell'auto, ma Frank lo bloccò mettendogli una mano sulla spalla. 
«Gerard, potresti portarci a casa, magari senza litigare con qualsiasi disgraziato stia guidando nelle tue vicinanze?»
Il più grande lo guardò furioso.
«E tu potresti non dirmi ogni volta quello che devo fare?»
«Io lo dicevo per te, idiota! Visto che secondo me ancora non sei abbastanza maturo per portare una macchina.»
«Uh, ma sentitelo. Un bambino di tredici anni che mi accusa di non essere maturo.»
«Beh, avrò anche tredici anni, ma di sicuro, in quanto a cervello, tredici anni ce li hai tu!»
Mikey li fissava senza dire niente. 
Ci era abituato ormai. 
Questo era quello che succedeva praticamente un giorno sì, e l'altro pure , da almeno cinque anni.
Litigavano, si offendevano, si odiavano, e il giorno dopo li trovavi a parlare di musica e fumetti, come se non fosse successo nulla. 
Questi erano Frank e Gerard.
E nonostante tutto, Mikey era sicuro che si volessero un gran bene
«Okay, sai che ti dico? Questa è la mia macchina, caro Frankie, quindi, decido io. Se voglio prendere a parolacce qualcuno, lo faccio!»
«Non chiamarmi Frankie! Solo le persone che mi sono simpatiche possono farlo, e tu in questo momento mi stai sulle palle, Gerard.»
«Sentimento ricambiato», rispose il più grande, stizzito. 
«Bene»
«Bene'»
«Bene, dopo tutto ciò, possiamo andare a mangiare? Avrei fame»
Mikey si decise a parlare, temendo che da lì a poco lo avrebbero ucciso.
E infatti gli altri due gli riservarono uno sguardo omicida.
«Mikey, siamo quasi arrivati, aspetta cinque minuti e non ti ci mettere anche tu»
Per il tempo rimanente non fiatò nessuno dei tre. 
E Gerard non insultò più alcun automobilista. 
Mikey non poté fare a meno di pensare che Frank, ancora una volta, era riuscito a zittire suo fratello.


                                                                                              ******


Appena ebbe messo piede in casa, Gerard si gettò letteralmente sul divano, sperando che nessuno lo avesse visto entrare, così da poter stare cinque minuti tranquillo, cullato dal suo sacro silenzio.
Era stata una giornata devastante, sua madre lo aveva mandato in giro per tutta la città: Gerard, amore, puoi andare a comprare il pane?, Gerard, cucciolo, perchè non vai a prendere nonna Helena a casa?, Amore di mamma, non è che potresti andare a casa di zia Marie per riportarle la pentola che mi aveva prestato quattro mesi fa? 
Ecco cosa significava prendere la patente in casa Way.
E in più era ancora arrabbiato per quello che gli aveva detto Frank.
Non poteva crederci che si era fatto offendere, per l'ennesima volta, da un ragazzino dell'età di suo fratello. 
Il fatto era...
qual era il fatto?
Non c'era nessunissimo fatto che potesse giustificare l'accaduto.
Era vero, Frank poteva anche essere un ragazzino con una parlantina convincente e l'ultima parola sempre in bocca, ma, diamine, aveva comunque quasi quattro anni meno di lui! 
Non riusciva proprio a spiegarsi il perchè con lui fosse così fottutamente diverso discutere.
Di solito Gerard non ci pensava un minuto prima di mandare a fanculo qualcuno e zittirlo, anche quando si trattava di un suo parente. 
Ma Frank...Frank era diverso: già a tredici anni possedeva un animo ribelle e anticonformista.
Era uno che non si faceva plagiare dalla società, anche a costo di essere scansato, deriso, denigrato.
Credeva nei propri ideali. E questo gli faceva onore.
E lui, invece, ce li aveva degli ideali?
No. Al massimo si rinchiudeva nella sua stanza a disegnare, senza affrontare lo schifo di mondo in cui viveva.
Forse Frank non aveva tutti i torti.
Il tredicenne era lui.
«Posso?»
Gerard si riscosse dai suoi pensieri ingarbugliati e si girò spaventato nella direzione in cui era provenuta la voce.
«Scusa, non volevo spaventarti.»
Frank. Appunto.
«Oh. Ehm... no, no. Non mi hai spaventato, solo che non pensavo ci fosse qualcuno a casa, quindi mi stavo riposando, visto che oggi mia madre mi ha praticamente sfruttato come un servo della gleba.»
Il ragazzino più piccolo ridacchiò.
Non c'era alcuna presa in giro nella sua risata.
«Beh, Gee, vedila così: ora sei ufficialmente adulto. Fanculo il resto. Puoi fare come vuoi.»
«Ma non ero io quello che non era abbastanza maturo per portare la macchina?»
Frank abbassò lo sguardo, pentito.
«Scusa, non volevo dirti quelle cose, io-»
«Hey, fa niente, okay? Non devi chiedermi scusa, avevi ragione. Tra i due il più maturo sei tu. E...sinceramente, di tante persone che potevano dirmi questa cosa, sono contento che lo hai fatto tu.»
Condivisero un'istante lunghissimo di silenzio.
E Gerard pensò che era proprio quello di cui aveva più bisogno in quel momento: un silenzio che potesse equilibrare le urla ribelli dentro di lui. 
In quel momento, per la prima volta in cinque anni, si accorse che in Frank ardevano le stesse urla. 
Solo che il più piccolo le lasciava uscire, fregandosene del giudizio altrui.
Lui, invece, le teneva incatenate dentro di sé. 
Era questa la differenza che li divideva ma che allo stesso tempo li univa.
«Insegnami ad essere come te.»
«Cosa?»
Frank sgranò gli occhi.
«Voglio riuscire a liberare le urla in me. Ti prego, Frank. Aiutami a fregarmene di quello che gli altri pensano.» 
«Io- io non so come potrei insegnartelo Gee, io-»
«Sì, Frank, lo puoi fare. Me lo hai appena dimostrato.»

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Capitolo 3
*** Chapter three: Skylines and turnstiles. ***


                                                        CHAPTER THREE

 

                                                                                Skylines and turnstiles

 

 E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del Male.
(G. Pascoli)

 

Il mondo gli aveva sempre fatto schifo. 
Ogni qualvolta sentiva al telegiornale la notizia che una nuova guerra incombeva sul mondo, gli venivano i brividi ed era costretto a cambiare canale per non doversi imbattere nelle immagini di bambini, ragazzi, donne, stremati dalla fame, e sfruttati dai paesi vincitori.
Ma fortunatamente era mattina, e in televisione stavano trasmettendo solo cartoni animati. 
Gerard era chino sul suo disegno. Ogni tanto girava lo sguardo e ridacchiava per il solito banale clichè di cui tutti i cartoni animati erano costruiti.
Era l'11 settembre, e il giorno dopo avrebbe dovuto dare l'ultimo esame del semestre.
Quando aveva cominciato l'accademia di Belle Arti, era stato semplice trovare lì degli amici con cui condividere le sue passioni più grandi.
E in più poteva anche vantarsi di essersi imbattuto in quella che lui considerava la più bella persona del pianeta: Liza.
Liza era bella. Di quelle bellezze di cui non te ne accorgi immediatamente.
All'inizio tra loro era nata una semplice amicizia, che non andava al di là delle informazioni scolastiche. Ma poi, un giorno, si erano ritrovati a spiecchiarsi reciprocamente negli occhi, ed era successo ciò che nessuno dei due aveva preventivato.
Da quel giorno lui e la ragazza iniziarono ad uscire insieme, a frequentarsi spesso.
Un anno di continui appuntamenti, cene, passeggiate mano nella mano, che sfociarono poi in un fidanzamento ufficiale.
Gerard l'aveva portata anche a casa per presentarla ai suoi genitori. D'altronde, era la sua prima vera ragazza e avrebbe voluto condividere con loro la gioia di avere finalmente qualcuno accanto a sè, che lo amasse anche per il suo caratteraccio, e i suoi troppi difetti.
Tutta la famiglia Way sembrava ben predisposta nell'accettare Liza in casa.
Tutta tranne Mikey.
Il fratello non perdeva momento per rinfacciargli il fatto di non essere più presente nella sua vita.
Di aver bellamente snobbato lui e Frank.
In realtà, Gerard non poteva dargli del tutto torto. Ma il fatto era che da quando aveva cominciato l'università non aveva tempo di "giocare" con loro. 
Doveva studiare per gli esami. E in più, ora, c'era anche Liza.
Non avrebbe certamente potuto accantonarla per cazzeggiare con due diciassettenni.


                                                                                                                  * * *


«Cazzo Frank, non puoi convincermi sempre a fare ciò che vuoi!»
Il ragazzetto più basso rise e scompigliò affettuosamente i capelli all'altro.
Avevano marinato la scuola. Ed ora stavano passeggiando in riva al mare con in mano due caffè e una quantità industriale di cornetti alla nutella.
«Amico, ti ho salvato il culo. Volevi farti interrogare dalla Jefferson?»
Mikey abbassò lo sguardo.
«Beh, avevo studiato...»
«E' vero! Mi ero dimenticato che hai una cotta stratosferica per la professoressa di letteratura.»
«Non ho una cotta per la professoressa, Frank! E' solo che è una donna molto intelligente e colta e...»
Frank abbracciò l'amico e gli diede una spinta. 
«Ma come fa a piacerti quella? E' un'acida. Molto probabilmente starà attraversando quello che i medici chiamano il difficile periodo pre-menopausa.»
«Grazie Frank, con questa descrizione mi hai ricordato qualcuno di nome Liza. Dio mio,io mi chiedo ancora come mio fratello possa essere così fottutamente innamorato di quella! E' una specie di mostro marino con i capelli biondo platino.»
«Già. Liza.»
Frank si era improvvisamente incupito.
Il suono del suo cuore che si rompeva in altri pezzettini minuscoli, aveva superato il tono di voce di Mikey, e di conseguenza non aveva ascoltato nulla di ciò che l'amico gli aveva appena chiesto.
«Ei, hai capito che ti ho detto, Frank?»
«Oh no. Scusami, pensavo ad altro. Dimmi.»
«No, dicevo, tutto okay? Ti sei impallidito tutto insieme. Vuoi che torniamo a casa?»
Come avrebbe potuto spiegare al suo migliore amico che fisicamente stava bene, ma che semplicemente era il cuore che lo faceva piegare dal dolore?
«Sì, è tutto okay, Mikey, sta tranquillo.»
«Frank, porto gli occhiali, ma non sono cieco! Cazzo, o mi dici cos'hai oppure ti porto all'ospedale.»
Come dirgli che l'ospedale non poteva guarire una malattia come la sua?
Come dirgli che l'unica cura alla sua malattia era suo fratello?
Si specchiò negli occhi preoccupati del suo amico, e si sentì una vera merda.
Aveva sempre detto tutto a Mikey.
Tutto tranne questo.
«Bastasse un ospedale per curarmi.»
«Come scusa?»
«No, niente. Lascia stare.»
Si susseguirono attimi di silenzio. 
Per la prima volta, in nove anni, tra loro ci fu un imbarazzo incolmabile. 
Frank si morse dolorosamente la lingua, per non parlare. Ma la voglia di dare voce a quel suo sentimento era troppo forte, ormai, a distanza di così tanti anni dalla prima volta in cui si era accorto che era in lui e non poteva fare nulla per fermarlo.
«Dio, io non ce la faccio più. Mikey, devo parlarti.»
All'amico si illuminarono gli occhi e sorrise felice.
«Sono qui per questo, Frankie! Avanti dimmi tutto» 
«Sì, ecco io...»
«Ei, che succede, Mr. Parlantina ha perso la parlantina?» 
«Mikey non è divertente, è una cosa abbastanza imbarazzante per giunta, quindi fammi parlare»
«Okay, okay,starò zitto.»
«Okay, sì. Mi piace tuo fratello.»
A Mikey caddero tutti i cornetti dalle mani.
«I miei cornetti...ora non li posso più mangiare!»
Si chinò e cominciò a raccoglierli da terra.
«Mikey, ma... hai capito che ti ho detto?»
L'altro sembrava che non lo avesse sentito, o meglio, fingeva di non aver sentito.
Frank imitò i suoi movimenti e si sedette accanto al lui che raccoglieva ancora i cornetti.
«Da-da quanto?»
Finalmente parlò.
Frank si sentì sollevato. Almeno l'indifferenza era stata superata.
«Dal primo superiore. Cioè, in quel periodo me ne sono accorto. In realtà,- ridacchiò imbarazzato- credo di avere da sempre una cotta per Gerard.»
Mikey aveva smesso di guardare a terra e si era girato completamente verso Frank, guardandolo negli occhi.
«Perchè non me l'hai detto? Io...io pensavo di essere il tuo migliore amico.»
«E' proprio per questo che non te l'ho detto, Mik. E' tuo fratello!»
«Ma io non gli avrei detto comunque nulla, se tu non avessi voluto.»
«Lo so. Mi fido di te. E' che pensavo potesse passarmi. Pensavo fosse una cosa passeggera, ma in realtà, no. Non lo è. E ora che si è messo con quella, io...io non so che fare Mikey. Ed ora immagino che ti farò anche schifo. Sì, hai una checca come migliore amico. Figo eh?»
Mikey scoppiò a ridere come un pazzo, tenendosi una mano sulla pancia.
«Oh mio dio Frank! Sei completamente pazzo.» 
«Io...io sono pazzo? Sei tu che stai ridendo come uno scemo. Ora basta Mikey, ci stanno guardando tutti.»
Ma l'altro non sembrava intenzionato a smettere, anzi, aumentò anche di qualche decibel il tono della sua risata.
«Ma ci pensi? Potremmo scrivere un nuovo telefilm»
Frank lo guardò allibito.
Sì, era decisamente impazzito.
«Un gay per amico
«Mikey, vaffanculo.»
Detto ciò, si accese una sigaretta, e mentre aspirava, non potè fare a meno di ridacchiare anche lui, ripensando alla situazione.


                                                                                                                  * * *


Gerard aveva finito il disegno.
Era soddisfatto: avrebbe terminato il semestre con un bel voto, ne era sicuro.
Ma mancava comunque qualcosa.
Il professore gli aveva esplicitamente detto che per fare un lavoro completo avrebbe dovuto dare un titolo al suo disegno.
Sì, ma lui non era bravo in queste cose.
Ed ora si stava scervellando per trovare una fottuta frase che potesse attenersi a ciò che aveva rappresentato: una città calda, in sud Africa, e una donna, seduta, stanca a causa dei tanti chilometri attraversati per arrivare alla fonte d'acqua più vicina al suo villaggio. Un bambino in braccio a lei. Malnutrito. Deperito. Che piangeva, per la fame.
Il volume della televisione aumentò improvvisamente e Gerard dovette fare forza sulla sua attività cerebrale per non prendere un infarto istantaneo.
«Non capisco perché ogni volta devono alzare il volume della pubblicità.»
Bisbigliò tra sé, mentre cercava il telecomando per spegnere.
Si accorse però che in realtà stavano trasmettendo un'edizione straordinaria del telegiornale.
Trovò il telecomando, ma non spense.
Sapeva che qualche altra guerra era appena scoppiata ma...voleva farsi male, il suo animo sensibile, stavolta, avrebbe resistito.
Non riuscì a sentire bene la voce del giornalista, ma le immagini che vide furono abbastanza eloquenti da parlare da sé.
Due aerei terroristici si erano appena schiantati sulle torri gemelle.
Un terzo aereo era andato a finire sul Pentagono.
Il cervello di Gerard andò in tilt.
L'unico pensiero che riuscì a formulare fu che il liceo di Mikey e Frank era a New York, tra il Pentagono e le torri gemelle.
Il resto non contava più nulla.
Non avrebbe permesso di lasciarli morire così. Frank e Mikey erano tutto per lui.
Uscì di casa immediatamente, pronto a buttarsi tra le ceneri pur di salvarli.

 
                                                                                                                * * * 

 
«Sì mamma, stanno bene. Sono qui con me. No, non hanno nemmeno un graffio, tranquilla. Sì, okay, va bene. Sì, ciao mamma, a dopo.»
Il liceo di Mikey e Frank era stato danneggiato, ma tranne qualche ferito non c'erano stati morti, fortunatamente.
«Okay. Non dirò a mamma che avete fatto sega. Ma...cazzo, a chi è venuta in mente di farla?»
Frank guardò titubante Gerard e alzò la mano.
«A me, Gee. Tuo fratello non c'entra nulla.»
Gerard sorrise.
«Dovevo immaginarlo, Iero.»
Si avvicinò a lui e lo abbracciò forte.
«E' stata l'idea più fottutamente giusta che tu abbia mai avuto, amico.»
Gli sussurrò all'orecchio.
Frank rimase impalato, lì, tra le braccia del più grande.
Cercò di prendere aria più volte, ma era inutile, Gerard gli stava togliendo il fiato, in tutti i sensi.
Mikey li guardava intenerito.
Ora che il suo amico sapeva tutto, Frank si sentiva quasi nudo.
Gerard si girò verso il fratello e vide che li fissava.
«Bro, non essere geloso, dai. Vieni anche tu qui. Abbracciamoci come ai vecchi tempi su.»
Si strinsero. 
«Cazzo, non potete immaginare com'ero in ansia. Quando la vostra professoressa mi ha detto che non eravate a scuola, mi sono sentito come se qualcuno mi avesse liberato da un fardello.»
«Aspetta, aspetta. Quale professoressa ti ha detto che non eravamo a scuola?»
«Mi sembra la vostra professoressa di letteratura...perché?»
Frank e Mikey si guardarono terrorizzati.
«Cazzo

 
                                                                                                         * * * *

 
«Matt! Aspetta!» 
L'ultimo esame era andato.
Un bel trenta ora brillava all'interno del suo libretto universitario.
Ma non era ciò che in quel momento lo esaltava più di tutto.
L'accaduto del giorno precedente lo aveva ispirato, nel vero senso della parola: non solo era riuscito a trovare un titolo al suo disegno, ma tutta la notte aveva buttato giù i suoi pensieri sul mondo, trasformandoli in una cazone.
L'idea di formare una band era stata già presa in considerazione da lui e da un suo amico dell'accademia, Matt, un batterista.
Ma alla fine avevano dovuto bocciarla: a nessuno dei due veniva in mente qualcosa di serio su cui scrivere una canzone.
Stavolta, però, sentiva che il testo che aveva scritto era un bell'inizio su cui dare le basi per fondare una band. 
«Hey, Gee, dimmi tutto.»
«Ascolta, hai saputo ieri, cosa è successo, no?»
Matt annuì, serio.
«Okay. Beh, devo dire che ne sono rimasto abbastanza colpito da questo fatto. Ieri sera, quindi, ho provato a buttare giù qualcosa. E' un'idea ma...beh, leggila. E dimmi se ci si può fare un pensierino.»
Gli porse un fogliettino scritto con una calligrafia disordinata e un mucchio di cancellature qua e là.
Vide l'amico leggere attentamente. 
Attese qualche minuto, dopo di che Matt alzò lo sguardo verso di lui e sorrise raggiante.
«Gerard Way, sei pronto ad essere il cantante della nostra band?»
Gerard lo imitò e annuì convinto.
«Quando Liza leggerà questo testo ti chiederà di sposarla.» 
«Uhm? Dici?»
«Beh, ci sono parti che sono esplicitamente dedicate a lei, no? Tu che vuoi portarla via da questo mondo, per difenderla.»
«Già, proprio così.»
Gerard rimase colpito da quelle parole. 
In realtà, scrivendo quella canzone non aveva minimamente pensato a Liza.
Matt gli restituì il foglietto. 
L'occhio gli cadde su una frase che lui stesso aveva scritto, senza accorgersene.

«Hello Angel, tell me where are you? Tell me where we go from here?»

Era ovvio che quell'angelo che lui avrebbe difeso a tutti i costi indicava Liza.
Ma allora perchè quando pensava a quella frase l'unico viso che gli veniva in mente era quello di Frank?

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Capitolo 4
*** Chapter four: Helena. ***


                                                               CHAPTER FOUR

                                                                       Helena 


                                                           Amare è breve, dimenticare è lungo. (Pablo Neruda)

 

Piangeva.

Non di quei pianti con le lacrime copiose che scendono senza sosta. Piangeva senza lacrime. Qualche volta un singhiozzo gli usciva dalla bocca, squarciandogli il petto, il cuore, il cervello. E il rumore sordo del dolore rimaneva sospeso in aria, dentro una deserta sala d'ospedale.

Sua nonna giaceva davanti a lui, inerme. Solamente uno stupido macchinario la teneva in vita. Era diventata un vegetale.

Quella donna che lo aveva cresciuto, amato, cullato sul grembo, ora non era nient'altro che un vegetale.

Un altro doloroso singhiozzo si fece spazio nella sua bocca.

«Gee, tesoro, andiamo a casa, dai...»

Sua madre lo aveva preso per mano, e lo stava trascinando via.

Anche lei aveva dei cerchi rossi sotto gli occhi, ma a differenza di Gerard, aveva pianto. Aveva lasciato uscire il suo dolore.

«No, lasciami con lei, per favore mamma»

«Cucciolo, stiamo male tutti, ma si va avanti nella vita.»

«No, tu non capisci!»

«Gerard, era mia madre! Come puoi dire che non capisco?»

«E allora perchè non vuoi rimanere un altro po' qui con lei?»

Il ragazzo era diventato tutto rosso, a causa dello sforzo che aveva fatto per urlare quelle parole alla madre.

«Perchè è morta Gerard! E' morta! Se restiamo qui, non cambierà niente. Non tornerà in vita!»

Gerard si accasciò sul freddo pavimento dell'ospedale.

L'ultima cosa che vide fu il viso di sua nonna sorridergli.


                                                                          *******


Aprì gli occhi e una luce accecante lo colpì improvvisamente facendolo mugolare.

«Oh, signora Way? Suo figlio si è appena svegliato!»

Vide sua madre correre dentro la stanza, e abbracciarlo forte.

«Mamma, mi fai male»

«Oh Gee, come ti senti?»

«Io- bene. Ma cosa è successo?»

Donna cercò di trovare le parole, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu un sorriso falso.

Gerard, in un attimo di barlume, ricordò tutto e si alzò in piedi.

«Nonna- Nonna dov'è, mamma?»

«Gee...»

«Dov'è nonna?»

Urlò.

Il dottore uscì dalla stanza, lasciandoli soli.

«E' morta Gerard.»

«Vattene.»

«Gerard.»

Il ragazzo chiuse gli occhi.

«Mamma, lasciami solo. Ti prego»

«Va bene, ma se ti serve qualcosa...»

La guardò, con i suoi profondi occhi verdi.

Occhi che però non trasmettevano più alcun calore.

A Donna morirono le parole in bocca, non appena vide lo sguardo di suo figlio.

Gli strinse la mano delicatamente e poi si avviò alla porta, chiudendola alle proprie spalle.

Gerard si sdraiò sul letto, e sospirò.

Non aveva più la forza nemmeno per piangere.

Pensò a quanto quella donna era stata importante per lui.

Pensò a quante volte avrebbe dovuto dirle grazie, e invece non l'aveva fatto.

Pensò che c'era solo un modo per renderla felice e ripagarla di tutto quello che aveva fatto per lui.

Guardò il soffitto e quattro parole uscirono spontaneamente dalla sua bocca:


«so long and goodnight


Avrebbe trasformato le sue lacrime in musica.

Avrebbe cantato per lei.

Era certo che lei lo avrebbe ascoltato.


«Can you hear me? Are you near me?»



                                                                                            ******



Le lezioni di economia erano un vero e proprio sonnifero per Frank.

Ma perchè diavolo aveva scelto quella facoltà?

Si girò e vide affianco a sè un ragazzo biondiccio che prendeva attentamente appunti.

Sorrise.

Era lui il motivo per cui l'aveva scelta: Mikey Way.

Non avrebbe abbandonato il suo migliore amico nemmeno sotto tortura.

«Okay ragazzi, il prossimo esame è tra un mese, quindi vi conviene iniziare a studiare da oggi, visto che avete due tomi complicati da imparare quasi a memoria»

Frank sbuffò e raccolse la sua borsa.

«Ho bisogno di caffè.»

«Non ne avevo dubbi, Mikey»

Il ragazzo con gli occhiali fece una smorfia a mo' di sorriso e si avviò insieme all'altro verso il bar del college.

Frank pensò che, sì, forse l'amico non aveva sorriso completamente, ma almeno era un inizio quella smorfia.

Ormai era un mese che Mikey non era più quello di una volta.

Non sorrideva, mangiava poco e niente, e studiava continuamente per tenersi occupato il cervello e tenere lontano i pensieri dolorosi.

Non lasciava entrare nessuno nel suo mondo, nessuno tranne Frank, ovviamente.

L'amico organizzava ogni giorno qualcosa di diverso per farlo divertire, distrarlo, e non fargli pensare che poco meno di un mese prima era morta la sua amata nonna.

Ma Frank sapeva che se Mikey stava male per lei, Gerard era sull'orlo della depressione.

Sapeva benissimo che quel ragazzo era attaccato in modo morboso alla nonna.

Ma nonostante la voglia di correre da lui, abbracciarlo forte e fargli sentire che non era solo- perchè cazzo! Lui gli avrebbe donato la vita se solo glielo avesse chiesto- il suo orgoglio continuava imperterrito a tenergli i piedi incollati a quel fottuto college e gli ordinava di non fare passi azzardati.

Perchè Gerard aveva il cuore pieno di un'altra persona. E non sarebbe mai stato suo.

E Frank aveva avuto la conferma di tutto questo, quel giorno.

Quel giorno in cui Gerard aveva chiesto a Liza di sposarlo, mentre erano a casa con tutta la famiglia Way, compreso lui, sfortunatamente.

Quel giorno in cui Gerard gli aveva chiesto di fargli da testimone insieme al fratello.

Quel giorno in cui Frank avrebbe voluto rispondere che lui sarebbe voluto stare in chiesa accanto a Gerard, ma non come testimone.

Ma Frank ovviamente non aveva avuto le palle per dire tutto questo, e quindi aveva scelto la via più facile: scappare.

In amore vince chi fugge no?

No. Stavolta no.

Frank sapeva di aver perso, miseramente.

Aveva perso senza nemmeno avergli detto quello che provava nei suoi confronti.

Che misera, squallida perdita, la sua.

«Dovresti andare da lui, Frank»

Mikey aveva capito solo con uno sguardo a cosa stava pensando l'amico.

Frank scosse la testa e sorrise amaramente.

«C'è Liza che si sta prendendo cura di lui»

«Sì, certo. Avanti Frank, sappiamo entrambi che lei non è affatto in grado di tirare su mio fratello. Al massimo l'unica cosa che sa fare è fregargli la carta di credito ed andare a fare shopping»

«Ora diventerà sua moglie, Mikey. Che cazzo c'entro io lì in mezzo? Un ragazzino di ventuno anni in mezzo a una coppia di neo-sposini! Bella roba.»

Mikey stava bevendo tranquillamente la sua tazza di caffè. Ma Frank sapeva che stava davvero perdendo la pazienza, in realtà.

«Frank, se ti dico vai da lui, cazzo, è perchè so che tu sei l'unico che riesce a farlo ragionare. Nemmeno io lo tranquillizzo come fai tu. Ed ora, sono sicuro che lui stia morendo dalla voglia di parlare con te, ma siete entrambi così fottutamente orgogliosi che preferite mangiarvi i gomiti piuttosto che fare il primo passo.»

Frank buttò fuori il fumo dalla bocca e si appoggiò allo schienale della sedia, in modo strafottente.

Quella discussione lo stava mandando in bestia.

«Ha così tanta voglia di vedermi che dopo un mese non è riuscito a farmi nemmeno una telefonata per capire perchè cazzo non gli sto più intorno.»

«Mettiti nei suoi panni, Frank. Lui non sa perchè sei sparito. Pensa che ti sei fatto nuovi amici, e che quindi non puoi stare a perdere tempo con un vecchio amico a cui è appena morta la nonna.»

Il ragazzo più basso strabuzzò gli occhi e si rimise composto.

«Lui ti ha detto questo, Mikey?»

«No...io l'ho detto così...è una supposizione la mia...»

«Mikey, dimmi la verità! Lui pensa questo?»

Mikey abbassò gli occhi e li fissò nel suo bicchiere, ormai vuoto.

Sospirò pesantemente.

«Sì, Frankie. Pensa questo.»

L'amico prese la giacca e si alzò in piedi.

«Se ti lascio un'oretta da solo, ti uccidi, ti vai a prostituire o vai a vendere gli organi?»

Stavolta Mikey rise di gusto.

«Idiota di un Iero. Se so che tu vai da mio fratello, giuro che non faccio nulla di tutto ciò e, anzi, vado a suonare un po' al parco, è da tanto che non sfioro il mio basso, e magari trovo anche qualche bella ragazza da abbordare, che dici?»

Frank gli si buttò tra le braccia.

«Per l'ennesima volta sono io a doverti ringraziare, quattrocchi.»

«Ei! Ho fatto l'operazione! Non porto più gli occhiali ora, Frankie!»

L'altro si girò prima di uscire dal bar e gli fece l'occhiolino.

«Tu sarai sempre il mio quattrocchi.»


                                                                                               *****

«Gee? Sei in casa? Gee?»

Il citofono di casa Way-Cuts suonava insistentemente.

Frank odiava leggere quell'etichetta sopra cui erano incisi i cognomi di Gerard e Liza, con due cuori accanto.

Come sarebbe stato leggere invece il suo cognome accanto a quello di Gerard?

Way & Iero.

Sorrise per i suoi pensieri puerili.

Fece per risuonare il campanello ma improvvisamente la porta si aprì e un Gerard in lacrime gli si buttò addosso a peso morto.

«Gee ma che...- lo allontanò dolcemente da sè e vide che si era sfregiato il viso, le braccia, le mani- oh mio dio»

Lo portò in casa e lo stese sul divano.

«Dov'è Liza, Gerard?»

«Non...io...non...»

Non riusciva nemmeno a parlare.

Frank stava provando a mantenere la calma, ma era difficile, davvero difficile, vedere l'uomo che amava in quelle condizioni.

«Okay Gee, ora alzati e facciamo quattro passi fino al letto.»

Nonostante fosse molto più basso di lui, Frank fece affidamento su tutta la forza che aveva e se lo trascinò in camera da letto. Nel covo d'amore di Gerard e Liza.

Fece sdraiare Gerard e quest'ultimo iniziò a piangere disperatamente.

«Liza...dov'è? Io ho bisogno di lei, Frank»

Il più piccolo si portò istintivamente una mano al cuore per paura che potesse sanguinargli così tanto da macchiare il letto.

Gerard aveva bisogno di lei. Non di lui.

Si domandò perchè fosse stato così stupido da aver sperato ancora,ancora e ancora.

Non aveva fatto altro che sperare da quando lo aveva conosciuto.

Sperare che Gerard giocasse con lui.

Sperare che Gerard lo considerasse alla sua altezza.

Sperare che Gerard lo considerasse il suo migliore amico.

Sperare di essere notato da Gerard.

Sperare che Gerard si innamorasse di lui.

E alla fine? Cosa aveva ottenuto?

Nulla. Solo un cuore spezzato con migliaia di pezzettini sparsi per il suo corpo.

E lui nemmeno era bravo con i puzzle.

Si passò una mano sui capelli e vide che stava tremando come un cretino.

Quanto può rendere masochisti l'amore?

Chiuse gli occhi e sospirò.

«Gee, ora vado in bagno a prendere le garze per fasciarti, poi tu ti riposi e io intanto chiamo Liza, okay?»

Gerard annuì flebilmente.

Frank si alzò dal letto ma l'altro lo bloccò, trattenendolo per un braccio.

«Tu...tu non mi lascerai mai da solo, come ha fatto lei ora, vero Frank? Ti prego, promettimelo.»

«Io...no Gee. Te lo prometto.»

«Perchè in questi giorni non ci sei stato allora? Perchè non sei venuto a trovarmi?»

«Gerard ne parliamo do-»

«No! Dimmi perchè! Io avevo bisogno del mio migliore amico! E tu non c'eri.»

Scoppiò di nuovo a piangere.

Era emotivamente instabile, e si vedeva.

La morte di sua nonna lo aveva davvero segnato.

Ma a Frank non faceva tenerezza.

Anzi, tutto il contrario.

Faceva rabbia, tanta, tantissima rabbia.

«Perchè io non sono il tuo migliore amico,Gerard!»

Il più grande sgranò gli occhi e si coprì la faccia con le mani. I singhiozzi iniziarono di nuovo a scuotergli tutto il corpo.

Frank si maledì mentalmente. Che cazzo gli era saltato in mente di fare? Sputargli in faccia tutta la sua cattiveria repressa, proprio in quel momento?

Doveva rimediare.

Ma non poteva dirgli la verità.

Non ora.

O forse sì?

«Io non sono il tuo migliore perchè- perchè se fossi tale, adesso il mio cuore non starebbe sanguinando solo perchè tu mi hai esplicitamente detto che hai bisogno di Liza e non di me.»

Disse questo, tutto d'un fiato.

Si accorse che Gerard aveva smesso di singhiozzare e si era tolto le mani dal viso.

I suoi occhi sembravano ancora più belli e più verdi dopo il pianto.

«Che vuoi dire?»

Chiese innocentemente, solo come Gerard Way riusciva a fare.

Era l'essere più malizioso e allo stesso tempo innocente di tutto il pianeta.

E Frank si era irrimediabilmente innamorato di lui proprio per le sue mille sfaccettature.

«Hai capito Gee. Ed ora dormi. Ne riparliamo quando starai meglio.»

Frank uscì dalla stanza.

Gerard,chiudendo gli occhi, si accorse che in realtà dopo quelle parole lui stava già molto meglio.



                                                                                             *****


«Oh Gee! Diamine, come ti è saltato in mente di ridurti così? Dai, vieni qui e abbracciami.»

Frank aveva chiamato Liza e lei era subito corsa a casa.

Beh,subito era un eufemismo.

Gerard si era addormentato e Frank aveva avuto tutto il tempo per bersi quattro caffè, prima del ritorno della donna.

Ma il ragazzo non poté fare a meno di vedere le buste piene di vestiti con cui aveva varcato la porta.

Aveva lasciato da solo Gerard, sapendo benissimo quanto fosse instabile, per andare a fare shopping.

«l'unica cosa che sa fare è fregargli la carta di credito ed andare a fare shopping»

Mikey aveva un sesto senso fantastico.

In pochi secondi si trovò davanti ad una scena stomachevole, che gli fece salire un conato di vomito sino alla bocca.

Gerard e Liza erano abbracciati e lei lo baciava sulla fronte.

Il ragazzo però non la guardava, se ne stava serio, a fissare il muro bianco di fronte a sé.

«Okay, io ora devo andare»

Entrambi si riscossero e si allontanarono lentamente l'uno dall'altra.

Solo Liza, però, gli sorrise.

«Oh, non smetterò mai di ringraziarti Frank, senza di te probabilmente ora Gee sarebbe di nuovo all'ospedale.»

«Non ti preoccupare. Ero venuto a trovarlo e a vedere semplicemente come stava. Ma a quanto pare l'unica medicina per lui sei tu.»

Liza sorrise gratificata e abbracciò il suo fidanzato.

Gerard rimase fermo, fissando Frank in modo ambiguo.

Quest'ultimo li salutò per un'ultima volta e poi si avviò alla porta, chiudendosela alle spalle.

«Gee, che ti succede? Perché non hai degnato Frank di un saluto? Avete litigato?»

«Io...devo andare da lui.»

«Come?»

«Devo parlargli Liza, esco un attimo»

«Sì ma non puoi uscire, non stai ancora bene Gee...»

«Starò meglio dopo avergli parlato»



                                                                               ******


Da quant'era che non piangeva?

Anni, molti anni.

Da quando i suoi genitori si erano separati.

Ma si era promesso che non l'avrebbe più fatto.

Ed ora perché l'aveva infranta per uno stupido idiota, autolesionista?

Perché sei fottutamente innamorato di quello stupido idiota autolesionista, Frank.

Era ora di fare un'altra promessa a se stesso.

Basta perdere tempo per qualcuno che lo considerava solo un amico.

Bastare guardare i suoi occhi e morire per le loro sfumature verdi, ogni volta.

Basta...

«Frank!»

Gerard.

No, non si sarebbe girato. Non l'avrebbe ascoltato.

Sapeva che era ancora troppo preso da lui per potergli negare qualcosa.

Ora aveva una promessa da mantenere.

«Frank, cazzo! Fermati, non posso correre, sono ancora debole.»

Il ragazzo più piccolo chiuse gli occhi e si fermò, maledicendosi mentalmente.

Quante volte si stava maledicendo in una sola giornata?

Sarebbe andato all'inferno, ne era sicuro.

«Che vuoi?»

Mantenne lo sguardo basso. Almeno gli occhi non lo avrebbero influenzato.

«Guardami»

«No.»

«Frank, guardami ho detto!»

Alzò lo sguardo e Gerard vide che aveva gli occhi rossi, e le guance umide.

«Hai...hai pianto?»

«No.»

«Sai dire qualcosa che non siano monosillabi?»

«So dire: che cazzo vuoi ancora da me Gerard? Ti va bene questo?»

Gerard sorrise.

«Beh, meglio di niente»

Frank non ci trovò nulla di divertente.

«Posso andare ora?»

«Perché ce l'hai con me?»

«Perché non torni dalla tua bella mogliettina?»

«Non siamo ancora sposati.»

«Lo sarete tra qualche mese, Gerard.»

«E allora? E' questo il problema,Frank? Hai paura che non saremo più quelli di una volta? Gli amici di una volta?»

Frank lo guardò infuriato.

La rabbia gli ardeva negli occhi.

«Sai cosa cazzo me ne frega di essere amici come una volta, Gerard?»

«Ma che-»

«Io pensavo avessi capito. Dio mio, e invece sei così cieco d'amore per la tua dolce Liza che non ti accorgi di chi morirebbe per te.»

«Frank, spiegati!»

«No Gerard, ho fatto una promessa. E la manterrò. Torna da Liza ora.»

«Okay, se non vuoi parlare tu, lo farò io. Da tempo io, Matt e Ray stiamo pensando di far entrare nella nostra band anche un secondo chitarrista e un bassista. E io, beh, ho pensato a te e a Mikey. Se vi va potreste provare a venire alle prove e vedere se vi piace.»

Frank aveva sempre amato la band di Gerard, Ray e Matt.

Aveva assistito a qualche loro prova, e a dei concerti in sconosciuti pub di New York.

Le loro canzoni erano pura emozione.

Ma non si sarebbe mai aspettato che un giorno avrebbe avuto l'occasione di farne parte.

«Io- perché mi stai chiedendo questo? Ti ho appena insultato e tu-»

«Voglio rimediare.»

«Ma-»

«Frank, senti, so che ultimamente ci siamo allontanati. E vorrei che tornasse tutto come prima. Tu, io e Mikey insieme. E magari la band potrebbe essere una possibilità per riprendere a frequentarsi come prima.»

«Io- ci penserò, Gee. E per quanto riguarda prima...io...»

«Facciamo come se non fosse mai accaduto niente,okay?»

Frank sorrise falsamente.

Come poteva far finta di niente?

Ma comunque annuì.

«Va bene.»

«Amici più di prima?»

Gerard aveva allargato le braccia per invitarlo ad abbracciarlo.

L'altro si era avvicinato titubante.

«Non se continui ad abbracciarmi così.» Aveva sussurrato.

«Come?»

«No, nulla, Gee. Assolutamente nulla.»

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Capitolo 5
*** Chapter five: Demolition lovers. ***


                                                     CHAPTER FIVE 

                     

                                                     Demolition lovers


                                            Una bugia al momento giusto è mille volte meglio di una verità al momento sbagliato.(Anonimo)



«Sono così dannatamente agitato!»

«Frank, ti vuoi dare una calmata?»

Il ragazzo si passò una mano sudata sui capelli, rendendoli ancora più in disordine di quanto già non erano.

«Ecco, ora ti sei definitivamente rovinato tutta la pettinatura che ti avevo fatto!»

«Sai quanto me ne importa della pettinatura, adesso, Jamia?»

La ragazza lo guardò delusa e cambiò espressione: il suo sorriso era morto non appena Frank le aveva detto quella frase. E quest'ultimo se ne era reso conto.

«Oh, scusami amore. E' che…odio, non immagini nemmeno quanto sia agitato per questo concerto»

«Frank ma non è mica la prima volta che suonate davanti ad un pubblico.»

«Sì, ma stavolta non abbiamo di fronte solo un centinaio scarso di persone, ma ben tremila!»

Jamia gli si avvicinò e lo accarezzò dolcemente sul viso.

«Vedrai che andrà tutto bene. Siete forti. E tu- tu sei meraviglioso, amore»

Frank sorrise e la baciò.

La porta si aprì e un Ray sudato e sorridente tossì per ottenere la loro attenzione.

«Okay, okay, ora basta piccioncini. Jam, mi dispiace portartelo via ma dobbiamo fare il soundcheck e oggi Gee è più paranoico del solito, e sapete bene cosa significhi questo.»

«Cinque minuti e arrivò Ray. Dì a Gee che se vuole gli porto degli assorbenti, se li ha finiti»

Il ragazzo annuì e ridacchiò alla battuta dell'amico mentre usciva dal camerino per tornare dagli altri.

Beh, definirlo camerino forse era un' esagerazione.

Gli avevano ammollato una specie di sgabuzzino puzzolente, e loro, essendo una band alle prime armi, avevano dovuto accettare. Senza fiatare, ovviamente.

«Ma cos'ha in questo periodo Gerard? Non gli si può stare vicino.»

Chiese Jamia, che nel frattempo era intenta a sistemare la cravatta a Frank.

«Sai, le cose non vanno molto bene, con Liza intendo. Da quando hanno dovuto rimandare il matrimonio perchè la nostra band stava iniziando ad ottenere i primi successi con il primo album, beh, litigano di continuo. »

Jamia annuì.

«Oh. Capisco. Beh, è un comportamento puerile da parte di Liza. La band è più importante di uno stupido matrimonio. Per sposarsi ci sarà sempre tempo. Ma il successo...beh, quello arriva una volta sola nella vita e sarebbe da incoscienti non coglierne tutte le sfumature, anche quelle negative.»

Frank sorrise e, in quel momento, si sentì dannatamente fortunato ad avere una ragazza come Jamia accanto.

Gli tornarono in mente tutti i bei momenti con lei: era entrata nella sua vita ormai da un paio di anni, come una manna dal cielo.

Frank se lo ricordava bene il periodo in cui l'aveva vista la prima volta.

Oh sì, molto bene.

Era appena entrato nei My Chemical Romance, ed era entusiasta di questo.

Ma purtroppo anche i sogni avevano sia i pro che i contro.

I pro erano che, -cazzo!- avrebbe suonato finalmente in una vera band. Avrebbe dato sfogo al suo estro artistico. Avrebbe fatto uscire il vero Frank Iero.

I contro,in realtà,erano accomunati tutti da un solo nome, che valeva per cento: Gerard Way.

E nonostante i lati positivi fossero molto più numerosi di quelli negativi, Frank considerava questi ultimi un fardello troppo grande da sopportare; vedere ogni fottutissimo giorno Gerard. Accompagnare la sua magnifica voce con la chitarra. Fissarlo mentre si dimenava sul palco.

Il cuore malato di Frank aveva dovuto lottare duramente contro tutto questo.

Ma sapeva che non sarebbe riuscito a vincere se non avesse incontrato Jamia, la sua Jamia, in quel caldo pomeriggio di fine agosto.

Frank era tornato a Belleville, dopo aver dato l'ultimo esame del semestre, per stare un po' con sua madre.

Ma quella che per lui si prospettava una vacanza trascorsa a cercare di ricucire i pezzi mancanti del suo cuore, si era trasformata in un'occasione per ottenerne uno nuovo di zecca.

Infatti, appena arrivato, si era imbattuto in una ragazzetta della sua età, che portava in mano una torta al cioccolato. In seguito, aveva scoperto che quella era la sua nuova vicina di casa.

Rimase affascinato, fin dall'inizio, dal dolce sorriso della ragazza, così ingenuo, così diverso da quello di Gerard.

Gerard, Gerard, Gerard.

Sempre lui nella sua testa.

«Basta perdere tempo con Gerard.»

Era arrivato il momento di concretizzare la promessa che aveva fatto qualche mese prima.

«Ti piacciono le torte al cioccolato?»

Gli aveva chiesto lei, davanti alla porta di casa Iero.

«Sì, da morire, sono la mia droga.»

«Oh bene. E che altro ti piace? Sai, mia madre è uno chef. Potrei farti preparare qualcos'altro, visto che tua madre è stata così gentile da aiutarci con il traslogo, l'altra settimana»

«Mi piace il tuo sorriso. Ma non credo che tua madre possa cucinarmelo. In compenso tu potresti uscire con me, però»

Così era nato tutto. Era stato facile. Nessuno aveva sofferto per l'altro.

Ed ora quant'era che stavano insieme? Due anni. O forse di più.

A Frank non importava comunque.

Quello che Jamia era riuscita a donargli di nuovo era molto più importante di qualsiasi stupido, sdolcinato, anniversario.

 

                                                                                                                               *****

 

«Ce l'hai fatta Frank!»

Mikey gli passò la sua chitarra, la sua amata Pansy, con poca grazia.

«Hey, Mike, tratta bene la mia bambina.»

«Nano, zitto e suona, ora»

«Quattrocchi non romp-»

«Basta voi due!» Gerard era apparso sul palco.

«Frank, tra meno di un'ora abbiamo un concerto, e tu...tu ti metti ad amoreggiare con la tua ragazza!»

Il ragazzo più piccolo sbuffò infastidito, ma decise di non rispondere alle provocazioni di Gerard.

Per il primo periodo in cui Frank e Mikey erano entrati nella band, l'amicizia che legava i tre ragazzi si era solidificata di nuovo, come quando erano bambini.

Ma non appena le discussioni tra Liza e Gerard si erano ampliate, quest'ultimo era sempre più scontroso e non perdeva occasioni per rimproverare gli altri membri della band.

In modo particolare Frank. Era come se fossero tornati ad essere gli adolescenti di una volta.

Discutevano, si odiavano per qualche ora, ma poi la sera, dopo che gli altri erano tornati a casa, si trovavano davanti ad una birra a chiacchierare e confidarsi i loro problemi.

«Okay, non voglio discutere ora. Abbiamo un concerto importante stasera, e dobbiamo essere uniti ragazzi. - il resto della band annuì e il cantante continuò - Bene. Facciamo questo soundcheck come si deve e stasera spacchiamo il culo a tutti quelli che invidiano il nostro successo! Matt, tempo!»

Mikey e Frank si guardarono. Avevano capito che Gerard, dicendo quelle parole, si riferiva in parte anche alla sua donna che non accettava il suo essere così dedito alla band.

Ma non fecero in tempo a pensare ad altro, perchè il suono ritmato della batteria di Matt si diffuse sul palco, e tutti furono attraversati da un piacevole brivido appena la voce di Gerard intonò le prime parole della canzone.

Era una danza di suoni che concordavano tra loro.

Le chitarre di Ray e Frank, il basso di Mikey, la batteria di Matt e la voce di Gee.

Era come se fossero nati per far accoppiare i loro strumenti.

Non c'era stonatura, tutto era deliziosamente guidato da un'equilibrio stabile, forte ma allo stesso tempo dolce.

I My Chemical Romance erano questo.

Un'equilibrio di suoni che facevano trepidare il cuore e tremare le ginocchia. Come il primo amore.

E il resto del mondo li stava iniziando ad amare proprio per questo.

 

                                                                                                                        ******

 

«Siamo stati grandi...non stiamo stati grandi, Frank?»

«Sì Gee, stiamo stati grandi. Però ora basta Jack Daniels, ne hai bevuto troppo per stasera.»

Gerard sbuffò e scosse la testa.

«No, e dai! Un altro pochino»

Scoppiò a ridere per le sue stesse parole e poi si girò verso il barista che ormai aveva capito l'antifona.

«Batman! Ah no-» ridacchiò divertito«-volevo dire barman! Un altro goccietto, per me e il mio amico.»

Frank fece cenno al ragazzo dietro il bancone che non doveva portare più alcuna bevanda alcolica, ma solo qualche bicchiere di caffè e di acqua.

«Gee, ora tu ti bevi un bel caffè e poi ti porto a casa. Capito?»

«Ma...siamo appena arrivati!»

«Sono tre ore che siamo qui, e lo puoi notare dal fatto che Ray,Matt e tuo fratello si sono già dileguati perchè troppo stanchi. Ed anche io ora lo sono.»

Il ragazzo più grande sembrò pensarci su, ma poi scosse nuovamente la testa.

«No, non se ne parla, io resto qui.»

«Sì, okay. Ne discutiamo tornando a casa.»

«Ma…»

Frank lo prese per un braccio, facendolo alzare dallo sgabello in cui era seduto, dopo di che fece un profondo respiro e se lo caricò sulle spalle.

Era una scena estremamente buffa, che faceva sorridere anche le persone nel locale: un ragazzetto di sessanta chili per un metro e sessantacinque che portava in braccio uno che era quasi il doppio di lui.

«Frank, mettimi giù! Mettimi giù dai!»

Arrivati alla macchina, Frank lo fece scendere e lo infilò, nel vero senso della parola, nell'auto, mentre l'altro si divincolava.

Ma Gerard era troppo ubriaco ed aveva i riflessi di un bradipo, di conseguenza era facile per Frank riuscire a controllarlo.

«Ora te ne stai buono qui, mentre io guido.»

L'altro incrociò le braccia al petto ed assunse un espressione che a Frank ricordò i tempi passati, quando litigavano e Gerard voleva avere a tutti i costi ragione.

Il più giovane sorrise malinconicamente, e mise in moto l'auto.

Non l'avrebbe mai ammesso, ma gli mancavano quei tempi.

 

                                                                                                                                            ******

«Zitto Gerard! Sveglierai mezzo quartiere!»

«The amount of pills I'm taking, counteracts the booze I'm drinking. And this vanity I'm breaking, lets me live my life like this. And you can cry all you want to
I don't care how much you'll invest yourself in me,we're not working out…»

Gerard stava cantando, o meglio, stava urlando, una delle loro canzoni.

Frank pensò che, in qualche modo, l'amico non fosse poi così tanto ubriaco, perchè aveva scelto proprio quel pezzo di canzone, che si atteneva molto alla situazione che Gerard stava vivendo.

Frank aprì la porta di casa Way-Cuts e ci buttò Gerard, tappandogli la bocca.

«Gee, vuoi svegliare Liza e peggiorare la situazione?»

«Tranquillo Frank, tanto peggio di così. E comunque lei starà fuori con le amiche o con qualcun altro, quindi non sveglierei proprio nessuno.»

«Dai, vieni, ti porto al letto.»

Gerard stranamente non reclamò e seguì l'altro su per le scale.

«Dio, mi gira la testa»

«Avanti, sdraiati. Vedi cosa significa ubriacarsi, idiota?»

Gerard si stese sul materasso e sorrise.

«Era da tanto che non mi ci chiamavi»

Frank era appoggiato sullo stipite della porta e lo guardò confuso.

«Come?»

«Quando mi chiamavi idiota, intendo. Mi mancava, sai?»

«Beh, ti ci chiamerò più spesso allora.»

Gerard non aveva ascoltato la risposta di Frank, perchè era troppo intento ad aprire la porta ai ricordi che avevano appena bussato all'entrata del suo cuore.

«Te lo ricordi il gioco dei desideri colorati?»

Frank si avvicinò lentamente al letto, nel buio della stanza.

Non sapeva perchè Gerard stava ricordando quei momenti, ma non gli dispiaceva ricondividerli con lui.

«Sì, certo. Ci abbiamo giocato alla festa del tuo diploma.»

«Già. Quando eravamo giovani e ingenui.»

Frank ridacchiò. Finalmente era tornato il vero Gerard. Il suo Gerard.

Questo lo avrebbe dovuto spaventare?

No, ormai Gerard era solo un amico per lui. C'era Jamia che riempiva il suo cuore.

E' strano come si possa mentire così spudoratamente anche a se stessi.

Il ragazzo scosse la testa per scacciare quel pensiero.

Ma proprio in quel momento Gerard aveva alzato il busto e si era seduto sul letto.

Erano faccia a faccia ora.

«Ti ricordi i due desideri che avevo espresso?»

«Certo Gee! Come dimenticarseli, erano i desideri più bizzarri che qualcuno potesse avere.»

Gerard gli accarezzò la guancia, piano.

Il cuore di Frank perse un battito, ma dopo di ciò riprese a battere con una velocità degna da infarto.

«Ma...in realtà, i desideri erano tre.»

«Sì, mi ricordo le regole. Bisognava dire solo i primi due, mentre del terzo dovevamo scegliere un colore che potesse rappresentarlo.»

Gerard annuì piano. La sua mano scivolò dal viso di Frank, al suo braccio, fino alle dita, intrecciandole con le sue.

«Io avevo scelto il color nocciola.»

«Questo non lo ricordavo, per esempio.»

Frank cercò di sdrammatizzare la situazione. Aveva una fottuta paura che Gerard potesse percepire la sua agitazione nell'averlo così vicino.

Doveva tenere bene in testa che Gerard lo considerava un amico. Solo un amico. E anche per lui era tale.

Le mani intrecciate non avevano alcun significato. Erano due amici, che si conoscevano da una vita.

Si volevano bene. Solo questo. Nulla di più.

«Tu un giorno mi hai detto che io non capivo nulla perchè ero troppo acciecato dall'amore che provavo per Liza. Ma, Frank, tanti anni fa, la sera del mio diploma, sei stato tu a non capire.»

«Capire...capire cosa?»

«Il perchè avevo scelto il color nocciola»

«Gee, ma...ma...come facevo a capire il tuo desiderio tramite un colore…»

«Il nocciola è il colore dei tuoi occhi, Frank.»

Fu proprio quello il momento in cui Frank sentì distintamente il cuore scoppiare.

Non seppe precisamente se fosse gioia,ansia,emozione.

Sentì solo che gli finì dritto giù per lo stomaco,e che una miriade di sensazioni diverse e contrastanti tra loro si fece spazio in tutto il suo corpo, come a volerlo ubriacare e mozzargli il fiato.

Chiuse gli occhi e cercò di riprendere il controllo di se stesso.

«Frank, oddio, perdonami davvero, non dovevo dirti queste cose. Dimentica tutto»

Gerard si sdraiò a capofitto sul letto,coprendosi il viso col cuscino, come a volersi nascondere dalla consapevolezza di quello che gli aveva appena rivelato.

«Gee, ma come faccio a dimenticarmi tutto! Come faccio a dimenticarmi che mi hai appena detto che uno dei tuoi desideri ero io, quando per me era lo stesso?»

Non rispose, ma Frank potè sentirlo respirare pesantemente.

«Ti prego, guardami Gee. Non roviniamo ogni cosa,ora. Parliamone.»

Lentamente si girò dalla parte dell'amico e lo guardò negli occhi.

Si stava calmando.

«Io...mi ero promesso che non te lo avrei mai detto. Che mi sarei fatto passare questa cotta per te. E ci ero anche riuscito, dopo aver conosciuto Liza. Ma ora le cose con lei non vanno bene e…»

«…e hai pensato che io ora potessi sostituirla?»

Continuò Frank, acido.

«Ma che diavolo stai dicendo, Frank! No, è tutto il contrario. Lei...lei inizialmente ha sostituito te.»

«Che strano. E' esattamente ciò che ha fatto Jamia. Lei ha sostituito te. Ma ora...ora Gee è la mia fidanzata, le voglio bene. Non la lascerei mai.»

Gerard annuì. Lo sapeva benissimo, ma sentirselo dire faceva male.

«Lo so. Ti vedo. Sei felice con lei. E io lo sono per te. Non ti chiederei mai di lasciarla, tranquillo.»

«Meglio. Se me lo chiedessi probabilmente tutte le mie convinzioni crollerebbero. Tu...tu per me resterai sempre importante Gee, ma non solo perchè sei il mio migliore amico. Ma anche perchè sei stato il primo amore. Il mio cuore ha iniziato a battere per te.»

L'altro sorrise amaramente e continuò.

«E finirà a battere per lei.»

Frank non annuì, nè negò. Si sporse solo verso il più grande e lo abbracciò d'istinto.

Rimasero così, stretti, a godersi tutte le sensazioni che le rivelazioni di quella sera avevano scaturito.

Per la prima volta consapevoli di stare tra le braccia della persona giusta.

Ma nel momento sbagliato.

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Capitolo 6
*** Chapter six: I’m gonna wash that marriage right out of my head. ***


                                                          CHAPTER SIX

 

                                    I’m gonna wash that marriage right out of my head

 

Grido d'amore, grido di vergogna, del mio cuore che brucia, da quando ti mirai e m'hai guardato. E più non sono che un oggetto debole. (G. Ungaretti)





«Il matrimonio è la tomba dell'amore, piccolo Gee. Non sposarti mai, te ne pentiresti subito»

Gerard era cresciuto con la convinzione che quelle parole che gli aveva rivelato suo nonno prima di morire fossero una perla di saggezza come poche.

Quando aveva incontrato Liza, però, questa convinzione era stata messa da parte, e si era fatto prendere da quell'entusiasmo tipico di un nuovo amore.

Ed ora, mentre si guardava allo specchio, indossando uno smoking elegantissimo che non gli si addiceva affatto, quelle parole gli risultarono più vere che mai.

«Oh mio dio, cucciolo ma stai benissimo!»

Non si girò a guardare sua madre che era appena entrata nel camerino in cui lui stava provando l'abito, tanto poteva immaginare benissimo la faccia felice della donna, che non aspettava altro che piangere un po' in chiesa, al matrimonio del suo primogenito.

Alla fine, i litigi con Liza erano sfociati in un temporaneo armistizio: entrambi avevano deciso di provare a tornare come una volta, e di conseguenza stabilirono ufficialmente il giorno delle nozze.

Gerard credeva che una volta sposati, avrebbero condiviso tutto, senza litigare ogni minuto.

Si sarebbe sposato tra quattro giorni, e lui come sempre aveva dovuto rimandare all'ultimo momento anche l'acquisto dell'abito.

Ma non era stata colpa sua stavolta. La band lo risucchiava giorno dopo giorno in un mondo tanto bello quanto impegnativo.

Avevano inciso il secondo album e stavano lavorando sul terzo.

Il primo vero tour era stato grandioso, Gerard non si aspettava così tanti consensi da parte del pubblico, eppure il mondo li stava iniziando a conoscere e soprattutto adamare.

In quei mesi di tour avevano imparato a convivere come una vera famiglia. Erano prima di tutto amici, e poi compagni della stessa band.

Però ovviamente non erano mancati i problemi tra i membri: Matt dopo il primo album aveva iniziato a creare diatribe inutili e l'equilibrio si era quasi spezzato anche tra gli altri.

Alla fine Gerard,Ray,Frank e Mikey concordarono all'unanimità di allontanare il batterista dalla band. E dopo pochi mesi, trovarono un sostituto più che all'altezza: Bob Bryar.

Avevano fatto amicizia immediatamente con questo ragazzo slavato, quasi rossiccio di capelli, con lineamenti che ricordavano vagamente quelli dei tedeschi.

Soprattutto Frank si era avvicinato a lui, ed erano diventati molto uniti. E questo aveva scatenato le prime gelosie da parte di Gerard.

Era passato poco più di un anno da quella sera in cui si erano rivelati di essere stati innamorati l'uno dell'altro, ma entrambi avevano deciso di lasciarsi alle spalle tutto e andare avanti come se non fosse successo nulla.

O meglio, avevano provato a fare questo.

Prima di partire per i concerti, era stato facile fingere indifferenza, e essere amici come sempre.

I problemi infatti erano iniziati proprio durante il tour. Lì non si poteva scappare. Lì bisognava scontrarsi duramente con la realtà dei propri sentimenti.

Tuttavia erano riusciti a tenersi debitamente a distanza, e a parte qualche rara occasione in cui non potevano sfuggire, avevano preso l'abitudine di indossare una maschera abbastanza resistente che potesse nascondere i loro pensieri più profondi.

E così era finito tutto, ancora prima di cominciare.

Lentamente le poche e fredde parole scambiate si trasformarono in semplici saluti, e alla fine in vera e propria indifferenza.

Mikey e Ray li avevano visti sempre più distanti, e soffrivano anche loro per quella situazione. Ma sapevano bene di non poter fare nulla, solo continuare a sperare che si sistemasse tutto, per il bene della band, ma anche e soprattuto per la loro felicità.

«Allora, lo compri?»

Gerard si guardò un'ultima volta allo specchio e annuì.

«Sì, mi piace.»

«Anche a me, Gee. Sarete bellissimi tu e Liza. Il mio bambino si è fatto un uomo. Avanti, vieni qui.»

La madre lo strinse a sè e iniziò a piangere sommessamente.

«Tua nonna sarebbe fiera di te, Gee»

Il viso della sua cara nonna gli riempì la mente e il cuore, e non potè fare a meno di pensare a quello che lei gli aveva detto dopo aver divorziato con suo nonno...

«Gee, non fare il mio errore. Sposa solo la persona di cui sei innamorato e che, guardandola negli occhi, ti fa credere che il per sempre non è solo utopia.»

No. Sua nonna non sarebbe stata affatto fiera di lui.

Stava per sposare non solo qualcuno di cui non era del tutto innamorato, ma che non si avvicinava nemmeno lontanamente alla persona che da sempre possedeva il suo cuore.

Fin da bambino, Gerard aveva sempre avuto il problema di non riuscire ad esternare i suoi sentimenti, per questo motivo la nonna gli aveva insegnato a cantare. Secondo la donna infatti era più facile rivelare i propri pensieri attraverso una canzone piuttosto che mediante le parole.

«Le parole volano e si disperdono nell'aria, Gee. Ma se tu canti, rimarrai nel cuore delle persone.»

E lui lo aveva fatto. Stava dedicando tutta la vita a quella causa che sosteneva sua nonna, e non poteva sentirsi più fiero di così, dopo i successi ottenuti con la band.

Almeno per qualcosa sua nonna sarebbe potuta essere orgogliosa di lui.

«Okay, ora rivestiti e andiamo, ti ricordo che abbiamo il pranzo per la laurea di tuo fratello e di Frank, e verranno a mangiare da noi anche i suoi genitori, non vorremo fare tardi.»

La madre spostò le tendine del camerino, ed uscì fuori.

Il nome che lei aveva pronunciato rimbombò pesantemente nelle pareti più ristrette delle viscere di Gerard.

Frank.

Il cuore gli prese a battere più velocemente. Non lo sentiva da quando erano tornati dal tour.

E quel giorno sarebbe dovuto stare con lui, per il pranzo di laurea.

Non voleva. Non era pronto per affrontare di nuovo un'intera giornata stando a pochi metri di distanza da lui.

Adesso che era tornato a casa, sperava di restargli un po' lontano, riprendendo fiato da tutti quei mesi che glielo avevano tolto, in cui l'ultima cosa che avrebbe voluto era esattamente ciò che aveva fatto: fingere indifferenza.

Chissà se sua nonna lo avrebbe aiutato a fare qualcosa che lei stessa non avrebbe mai voluto: fargli dimenticare una volta per tutte la persona che amava.

«Can you hear me?» Sussurrò Gerard.

La luce del camerino improvvisamente si spense. Il ragazzo sorrise tristemente; capì che sua nonna lo aveva ascoltato, ma non approvava ciò che stava per fare.

 

                                                                                                                                              ****

 

Il pranzo stava procedendo piuttosto bene, tranne quando la zia Marie si perdeva a raccontare la storia della sua intera vita, esattamente come faceva ogni anno, o quando Donna riempiva i piatti fino a farli scoppiare, invitandoli a mangiare perché erano tutti troppo magri.

Gerard pensò che sua madre con questa scusa l'aveva fatto crescere fin da bambino con almeno cinque chili in sovrappeso.

Ma, dopotutto, si stava divertendo, e fortunatamente la presenza di Frank non aveva avuto alcun ascendente sul suo umore, anche perché il ragazzo lo stava completamente ignorando. E Gerard non poteva che essere felice di questo: gli stava facilitando il lavoro sporco che aveva programmato di compiere quel giorno.

«Gee, ma ti sei congratulato con Frank? Ha preso il massimo! E dire, che noi tutti pensavamo che fosse Mikey il secchione di casa…» Disse Donna, scompigliando i capelli al neo-laureato.

«Io…sì, certo mamma.»

«No, non è vero Gee, non l'hai fatto.»

Gerard si girò vero Mikey e lo fulminò con lo sguardo.

«Mikey, non cominciare, per favore.»

Donna si allarmò.

«Ragazzi, è successo qualcosa?»

«Sì mamma, non hai notato che Gerard e Frank non si sono nemmeno scambiati un saluto? Una parola? Niente di niente!»

Frank, che era seduto accanto a Mikey, mise una mano sulla spalla dell'amico per intimargli di tacere. Si girò poi verso Gerard - era la prima volta che lo faceva in quella giornata- e vide il terrore nei suoi occhi.

Sapevano entrambi di cosa era capace Donna se avesse saputo che due dei suoi bambini -sì, perché ormai Frank era come un figlio per lei- non si parlavano da ormai mesi.

«No. Mikey si sbaglia, Donna, io e Gee non ci siamo parlati perché non abbiamo avuto modo di farlo. Sai, non ho avuto un attimo di tempo oggi, non sono andato nemmeno al bagno!»

Come sempre Frank cercò di sdrammatizzare, ma stavolta le sue battute non ebbero l'effetto desiderato.

Donna li guardava in un modo che non lasciava nulla all'immaginazione. Era arrabbiata, e si vedeva.

«Frank, non prendermi in giro. Ti ho praticamente cresciuto io! Non accetto che mi veniate a raccontare falsità, soprattutto ora che siete grandi.»

La donna stava diventando rossa in viso per lo sforzo di urlare, e fortunatamente gli altri commensali erano usciti fuori in giardino a prendere il caffè, e in camera da pranzo erano rimasti solo lei, e i tre ragazzi.

«Ora voi due» -indicò Frank e Gerard con il dito- «ve ne state qui, da soli e cercate di chiarire e rimediare a qualunque discussione abbiate fatto! Non voglio nemmeno immaginare che un'amicizia come la vostra si possa rompere per una qualunque sciocchezza. Avanti. Mikey, vieni con me.»

Il fratello di Gerard sghignazzò felice ed uscì dalla sala, chiudendosi la porta alle spalle.

Il peso dell'imbarazzo riempì immediatamente la stanza. Solo i rumori delle persone in giardino adornavano il loro sacro silenzio.

Vent' anni di amicizia distrutti per uno stupido sentimento da cui non riuscivano a liberarsi.

Questo fu il pensiero di entrambi.

«Mio fratello è un idiota. Lo ha fatto apposta, sapeva benissimo quale sarebbe stata la reazione di mia madre.»

Gerard ruppe il ghiaccio, accendendosi una sigaretta. Frank annuì solamente, continuando a giocare con una mollica di pane.

«E così, tra quattro giorni ti sposi.»

Il più grande fu colto da un senso di nausea: sperò che fosse emozione e non disgusto.

«Già.»

«E sei sicuro che sia lei quella...giusta

Gerard deglutì. Dove voleva arrivare con quel discorso?

«No. Non si hanno certezze nella vita, e tu lo dovresti sapere meglio di me, Frank.»

L'altro annuì, sorridendo amaramente.

«Non avevi nemmeno la certezza che saremmo rimasti amici per sempre, a quanto pare.»

«che vuoi dire?»

Il cantante gli si avvicinò, fronteggiandolo; non aveva voglia di litigare ma si era stancato delle frecciatine sarcastiche dell'altro.

«Beh, che non mi hai più voluto parlare. In tour ti sei limitato a salutarmi solamente. Questo per le prime settimane. Poi, stancandoti anche di darmi il buongiorno, hai deciso di trattarmi come un soprammobile.»

«E invece quando lo hai fatto tu? Quando è morta mia nonna e tu non ti sei fatto sentire per settimane?»

Frank rimase in silenzio.

«Mi era sembrato abbastanza chiaro il motivo per cui l'ho fatto.»

«E non era chiaro anche il mio, Frank?»

Gerard stava urlando, ma non gli importava nulla se anche gli altri avessero potuto ascoltare le sue parole.

«Pensavo che- che dopo quella sera a casa tua, si fosse sistemato tutto tra noi. Pensavo che fossimo tornati amici, come una volta…»

«Non si può tornare come una volta Frank. E lo sappiamo entrambi.»

«Ma...ma perchè? Gee, avanti, anche tua madre l'ha detto, non- non si può rompere un'amicizia come la nostra…»

Il più piccolo non riusciva a parlare perchè i singhiozzi gli stavano impedendo di respirare bene.

Gerard dovette chiudere gli occhi per non vedere quella scena.

Se avesse potuto si sarebbe tappato anche le orecchie, per non sentire più la voce di Frank incrinata dal pianto.

«Frank non si può essere amici come una volta, perchè sto per sposarmi e se mi sei troppo accanto io...senti, fingiamo con mia madre che sia tutto okay. E anche quando siamo nella band. Sai, per mio fratello e Ray…»

«Ora è lui il tuo migliore amico, vero? Già, lo avrei dovuto capire quando gli hai concesso di essere il tuo testimone. E io che speravo di esserti accanto il giorno del tuo matrimonio, a dire il vero non so nemmeno se mi vuoi come semplice invitato…»

«Frank…»

«No Gee, va bene così. Va benissimo così. Alla fine, ho solo perso il mio migliore amico, il mio passato, il mio tutto.»

Si alzò dalla sedia dove era seduto.

«Ciao Gerard, ci vediamo presto.»

«Frank non puoi farti vedere così! Mia madre penserà che ti ho fatto piangere e si arrabbierà con me!»

«Tranquillo Gee, con tutte le volte mi hai fatto piangere si sarebbe dovuta arrabbiare molti anni fa.»

Gerard rimase immobile in mezzo alla sala da pranzo, guardando l'amico andare via. Sembrava immensa e vuota, senza Frank.

 

                                                                                                                  ******

 

«Fottutissima serratura! Ti ho aggiustata ieri e ora dai di nuovo problemi.»

Gerard trafficò per qualche minuto con la chiave in una mano e le buste della spesa nell'altra.

Quando finalmente riuscì ad entrare in casa, notò che tutte le luci erano spente e un silenzio quasi tombale circondava la casa.

«Liza, sono a casa! Mi vieni ad aiutare con la spesa?»

Urlò il ragazzo, per farsi ascoltare, ma non ebbe alcuna risposta. Magari la sua fidanzata stava facendo la doccia...

Sbuffò e appoggiò le buste sul tavolo della cucina, senza svuotarle.

«Liza?»

Salì le scale, ma lo stesso silenzio di prima circondava anche il piano superiore. Gerard si grattò la testa, confuso.

Liza non gli aveva detto niente che usciva, che fosse successo qualcosa?

Entrò nella loro stanza da letto per vedere se gli avesse lasciato un bigliettino, o una qualsiasi cosa per informarlo del perchè non era in casa.

Sorrise, avendo trovato un biglietto sul comodino, scritto su una carta delle gomme da masticare.

«Liza, siamo pieni di carta da disegno a casa e tu mi scrivi su quella delle gomme.»

Scosse la testa rassegnato, e aprì il biglietto.

Il resto fu buio.

 

                                                                                                                             ******

 

«mmmh, ma che ore sono, Frank?»

Il ragazzo dormiva pesantemente accanto a lei, e nonostante il telefono stesse squillando, non si era accorto di nulla.

Jamia si stropicciò gli occhi e guardò l'ora: le due e quaranta del mattino.

Sgranò gli occhi e corse subito a prendere il telefono che stava al piano inferiore.

«Pronto?»

«Ja-Jamia?'

«Sì? Chi è?»

«Sono Gerard..»

«Oddio, Gee! Tutto bene?»

Silenzio dall'altra parte della cornetta.

«Gee? Parlami!»

«Io...io ho bisogno di Frank, passamelo.»

La ragazza salì le scale velocemente e iniziò a svegliare Frank con poca grazia.

«Frank, amore, svegliati! Frank! E' Gerard!»

Il ragazzo, udendo quel nome, aprì immediatamente gli occhi e si alzò dal letto.

«Dov'è Gerard? Dov'è?»

Jamia gli passò il telefono.

«Gee, dimmi tutto. Stai bene? Che hai?»

«Frank, Liza mi ha lasciato un biglietto in cui diceva che...che non mi amava più, e che non era pronta per sposarsi, nè con me nè con nessun altro. Io pensavo che almeno lei...Dio, sono da solo ora. E ho perso anche te.»

A Frank si strinse il cuore. Come aveva potuto quell'imbecille lasciare una persona come Gerard?

Non si rendeva minimamente conto della fortuna che possedeva.

«Gee, arrivo subito. Dammi dieci minuto e sto da te.»

Frank attaccò il telefono e iniziò a cercare le scarpe.

Jamia era in piedi davanti a lui, a braccia conserte, con un espressione preoccupata.

«Che ha fatto? Frank, io non vorrei dirti niente ma...l'altra volta ti ha fatto piangere dicendo che non voleva esserti più amico e ora... A me sembra che ti chiami solo quando-»

«Lui può fare e dire quello che vuole Jamia. Ma io ci sarò sempre per aiutarlo.» 

 

                                                                                                                                    *****

 

«E' una stronza. Lo abbiamo sempre saputo Gee, ma tu sei voluto rimanerci a tutti i costi, ed ora ecco il risultato.»

Erano sdraiati nel giardino di Gerard e guardavano il cielo.

La luce lentamente annullava l'oscurita, e i loro sguardi erano persi in quei giochi di colore caratteristici dell'alba.

«Il matrimonio non fa per me, Frank.»

«Lei non faceva per te, Gee.»

Il più grande si girò verso di lui e lo fissò per minuti interminabili. Frank, accorgendosene, arrossì e sorrise imbarazzato.

«Che c'è Gee? E dai, lo sai che odio quando mi fissano.»

«Ma io amo quando arrossisci.»

Il più giovane diventò di un delizioso color porpora e si alzò a sedere, nel verdeggiante prato di casa Way. 

Cercò di cambiare discorso.

«Perchè hai chiamato me e non tuo fratello o Ray? Avevi detto che-»

«So cosa avevo detto. Ma…sai, tra dire il fare c'è di mezzo il mare, e io quel mare non sono riuscito a superarlo. »

Frank amava quando il suo amico blaterava frasi senza senso, riuscendo lo stesso a formulare aforismi da premio Oscar.

«…e poi» - continuò Gerard, alzandosi anche lui a sedere - «ora non sto più per sposarmi, e non ho più intenzione di nascondere quello che sono realmente dietro una stupida fede al dito.»

«Perchè, cosa saresti realmente?»

Gerard prese il viso dell'altro tra le mani e gli si avvicinò, respirando i suoi sospiri, beandosi del suo profumo.

«Non lo so ancora di preciso. Ma di sicuro nulla senza di te.»

Detto questo, lo baciò. E fu di nuovo buio per Gerard, ma stavolta, un buio estremamente piacevole.

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Capitolo 7
*** Chapter seven: Lets say goodbye, the hundreth time, and then tomorrow we'll do it again. ***


                                                             CHAPTER SEVEN

                          Let's say goodbye, the hundredth time, and then tomorrow we'll do it again


                                             È purtroppo destino ineluttabile che il tempo distrugga ogni cosa nel suo fluire perenne. (Ugo Foscolo)




«E' bellissima- non è bellissima Frankie?»

Mikey si era fidanzato.

Il piccolo, dolce, pargolo di casa Way aveva trovato finalmente l'anima gemella, quella che sembrava fosse destinata a stare accanto a lui per tutta la vita.

Si chiamava Alicia. Si erano conosciuti durante l'ultimo tour, il secondo per i My chemical romance.

La ragazza era la bassista ufficiale dei From first to last, ed era riuscita a fare breccia nel cuore di Mikey che, tra tante belle ragazze presenti in quel tour, non appena ebbe visto lei per la prima volta, se innamorò perdutamente.

Era ormai un anno e mezzo che stavano insieme, e i due ragazzi avevano organizzato una cena in casa Way per annunciare alla famiglia che si sarebbero sposati da lì a qualche mese.

Nessuno sapeva di questa decisione, nemmeno Frank e Gerard. Mikey avrebbe voluto fare una sorpresa anche a loro due.

Frank sbuffò pesantemente all'ennesimo commento dolce del suo migliore amico e si appoggiò al muro della cucina, fumando.

«Sì, Mikey, è bellissima. Ma se me lo ripeti un'altra volta giuro che ti mollo un destro con i fiocchi.»

«Non capisco perchè sei così acido da un po' di tempo a questa parte! Che c'è, Jamia non ti soddisfa come vorresti?»

Jamia è il male minore. Non potè fare a meno di pensare Frank.

Ormai da troppo tempo non riusciva a fare l'amore con lei, nè a dirle un semplice ti amo. Niente, quando la guardava non provava assolutamente niente.

Frank stava per controbattere al sarcasmo dell'amico, ma arrivò Donna che gli si mise davanti con le mani sui fianchi. Il che significava rimprovero in vista.

«Frank, tesoro, quante volte ti devo dire che non bisogna fumare in cucina?»

Gli strappò la sigaretta dalla bocca e la spense nel posacenere più vicino.

«Tu e Gerard vi completate. Dio mio, siete uguali in tutto e per tutto. A proposito, lo avete visto? Appena gli ho chiesto di aiutarmi ad apparecchiare se l'è svignata, quello scansafatiche.»

Il cuore di Frank precipitò nello stomaco, accompagnando la caduta con delle capriole degne di un acrobata.

Il suo cuore aveva un lavoro assicurato al circo.

Dietro di lui arrivò qualcuno che gli si appoggiò addosso con tutto il peso, scompigliandogli i capelli affettuosamente.

«La signora Way ha ragione, Frank. Stai fumando troppo in questo periodo. Ti fa male.»

Bob. Il solito, vecchio Bob, che si preoccupava per tutti.

Mikey aveva invitato anche lui e Ray a questo pranzo a casa dei suoi genitori, e tutti sospettavano ci fosse qualcosa sotto, in effetti.

Mikey Way, l'uomo antisgamo. Così lo chiama Frank quando erano ragazzini.

Frankie roteò gli occhi e sorrise falsamente.

«Okay, okay, vedo che oggi vi siete accaniti tutti contro di me. Posso andare almeno a pisciare o devo pagare qualche specie di dazio doganale per attraversare la soglia del bagno?»

Bob e Donna ridacchiarono, ma non risposero nulla.

«Con permesso allora…»

Frank si avviò verso le scale che portavano al bagno.

Mentre stava per entrare nella toilette, notò che la camera di Gerard era socchiusa, e una luce soffusa proveniva dall'interno.

Non entrare, Frank. Non entrare.

Niente. Il suo cervello aveva perso qualsiasi controllo su di lui, era il cuore ormai il sovrano che regnava incontrastato.

Si avvicinò lentamente, con ancora in mente alcuni pensieri contrari da parte del suo cervello. Ma erano troppo deboli rispetto alle urla del cuore che reclamavano costantemente la sua attenzione.

Sbirciò nella stanza, ma non vide nessuno.

Meglio così.

Voleva solo vedere se la stanza di Gee era rimasta quella di una volta: incasinata, impolverata, colorata e artistica. Insomma, quella stanza era semplicemente la rappresentazione inanimata di Gerard. Ed era per questo che Frank l'amava.

Fece un passo in avanti e sospirò. Da quando sospirava come una fan innamorata del suo cantante preferito?

Beh, alla fine Gerard era il suo cantante preferito...

Scacciò quel pensiero sciocco dalla testa e si decise ad entrare.

No, non era affatto cambiata.

Un miliardo di ricordi gli si accavallarono nella testa: Gerard che gli regalava un fumetto -che ancora aveva ed era ovviamente il suo preferito, guai a chi lo toccava!-; lui che faceva sentire a Gee le prime note che aveva imparato a scuola di chitarra; Gerard che timidamente gli mostrava il suo primo dipinto; i giochi stupidi inventati insieme; gli sguardi complici e le tante parole non dette; impulsi consumati anzichè vissuti.

Dio, gli veniva da piangere. Doveva smetterla di pensare a quelle cose.

Erano adulti ormai: lui aveva 26 anni e Gerard 29!

Non potevano più giocare a fare...gli amanti demolitori. Quella canzone, Frank l'aveva amata, quasi quanto amava chi l'aveva composta.

Sapeva che era per Liza, era il periodo in cui stavano ancora bene insieme.

Ma lui l'aveva sempre attribuita al loro rapporto, alla loro amicizia così...unica.

Amicizia.

Frank era convinto che tra loro due non c'era mai stata un'amicizia, in realtà.

Si asciugò meccanicamente una lacrima che era scesa sulla guancia. Ormai non faceva nemmeno più caso a quando piangeva pensando a Gerard.

Erano passati quasi due anni da quando quest'ultimo l'aveva baciato. E lui piangeva praticamente ogni giorno.

Frank l'aveva considerato il più bel bacio della sua intera vita; in realtà non era stato affatto così.

Ogni bacio che si erano scambiati, dopo il primo, erano stati altrettanto belli ma altrettanto diversi. Così diversi che ogni volta facevano venire voglia a Frank di dargliene subito dopo un altro, per cercare di capire come fosse possibile che baciare la stessa persona avesse così tante sfaccettature.

L' amore vero non è tutto bianco, nè tutto nero, Frank. Ha mille colori che lo decorano.

Glielo diceva sempre suo padre. Lui non ci aveva mai creduto però.

Con Jamia era sempre lo stesso identico colore piatto.

Nessun cambiamento. Un' emozione quasi automatica, innaturale.

Ora che si trovava in quella situazione, però, capì che suo padre aveva fottutamente ragione.

«Frank!»

Il ragazzo si mise una mano al cuore, spaventato.

«Mikey, ma sei impazzito o cosa?»

«Oh, scusami, è che ti stiamo cercando da circa…» -guardò l'orologio-«un'ora!»

«Ma se sono salito dieci minuti fa!»

«Vabbè, è uguale, più o meno.»

Frank scosse la testa. Ormai era abituato all'esagerazione del suo migliore amico, e non ci faceva nemmeno più caso.

«Comunque, è pronto da mangiare e -ma che stai facendo in camera di Gee?»

Frank diventò di un bel rosso porpora. Hai ventisei anni, idiota. Non arrossire come un ragazzino.

«Io...niente! Stavo...stavo cercando una...una cosa»

Mikey non era assolutamente uno che si rassegnava ad una bugia e lasciava perdere. Soprattutto quando si trattava del suo migliore amico.

Infatti si mise seduto sul letto.

«Okay. Ora parliamo.»

Non era un'affermazione, nè una domanda. Ma un vero e proprio ordine.

«Ma...ma è pronto da mangiare Mikey. E gli altri non possono aspettare. E poi parliamo praticamente tutti i giorni»

«Gli altri inizieranno a mangiare anche senza di noi, Frank, tranquillo. E, sì, parliamo sempre, ma di stronzate. E' da troppo tempo che non ci facciamo una chiacchierata come ai vecchi tempi. Ti ricordi, mi dicevi anche quante volte ti masturbavi?»

Frank si coprì il viso con una mano, sedendosi accanto all'amico.

«Mikey, per favore.»

Questi sorrise e fece spazio all'altro.

«Avanti, cos'hai? E non dirmi niente che mi offendo.»

Da quando aveva così paura di parlare?

Com'era che lo chiamavano?

Mr. Parlantina.

Era stato Gerard a inventarsi quel nomignolo. Beh, Mr. Parlantina non esisteva più. Al posto suo ora c'era un ammasso di gelatina incapace di formulare una frase di senso compiuto.

«Non ti è ancora passata, vero?»

Frank sapeva benissimo a cosa l'amico si stesse riferendo, e quindi si risparmiò di domandaglielo, per non passare da cretino.

Mikey non era a conoscenza di nulla riguardo il loro nuovo rapporto: i baci, le notti di passione consumate a insaputa di Jamia, le litigate e i loro modi speciali per fare pace.

Assolutamente nulla.

Ma aveva comunque capito che il suo migliore amico provava ancora qualcosa per Gerard. Quante volte Frank avrebbe voluto dirglielo senza che lo capisse guardandolo negli occhi? Quante volte aveva avuto l'impulso irrefrenabile di urlare al mondo che amava Gerard Way? Quante volte avrebbe voluto baciarlo davanti a tutti?

«Senti, non siamo più ragazzini. Se non vuoi dirmi cosa è successo tra te e Gerard, va bene. Ma io ci sono sempre per te, okay amico?»

Frank annuì: era stanco, spossato. Non reggeva proprio più quella situazione. Innamorato di un uomo che non sarebbe mai stato il suo uomo. Fisicamente e mentalmente stava con Gerard. Faceva l'amore con lui. Amava lui. Eppure ufficialmente lui era fidanzato con Jamia.

Nessuno si accorgeva che il suo cuore sanguinava, moriva lentamente, ogni volta che era obbligato a fingere spudoratamente.

E perchè poi? Perchè era sbagliato.

Gerard glielo ripeteva in continuazione; lo riempiva di stupide e banali sviolinate per poi obbligarlo a tacere, a non lasciare Jamia, perchè serviva da copertura, perchè ora che erano famosi non potevano dire ai fan che stavano insieme ed erano gay, perchè...

Perchè loro erano sbagliati.

Frank si chiedeva da quando l'amore fosse diventato sbagliato. Eppure loro lo erano.

Secondo Gerard.

Lo erano in un modo così dolce che però l'amaro del loro rapporto era diventato quasi una droga da cui sarebbe stato impossibile liberarsene. E infatti nonostante si ripetessero che era un errore che non si poteva andare avanti così, che si stavano comportando in modo scorretto nei confronti di Jamia, non riuscivano a liberarsi l'uno dell'altro.

«Okay, vado giù. Altrimenti gli altri penseranno che il piano superiore risucchia la gente come il triangolo delle Bermuda. Tu scendi quando vuoi, dirò a Jamia che stai facendo una telefonata di lavoro»

Mikey si avvicinò all'amico e gli posò un leggero bacio sulla guancia.

«Qualunque sia il problema, Frank, combatti. So che puoi farcela.»

Si alzò dal letto a una piazza di Gerard e a passi lenti si avviò alla porta.

«Come posso combattere se il nemico è dentro di me?»

Mikey si girò di scatto sentendo quelle parole. Capì che il problema di Frank non poteva essere sottovalutato come credeva.



                                                                                                                       *****


«Dovremmo smetterla…»

«Smetterla di fare cosa, Frankie

Le mani di Gerard si muovevano sensuali su tutto il corpo del più piccolo.

«Di...di fare...di fare ques- aah Gee.»

Ridacchiò, guardando la faccia di Frank in preda al piacere.

L'altro avrebbe voluto controbattere, o comunque essere più autoritario, ma le mani, il viso, gli occhi, il corpo di Gerard gli impedivano di far funzionare decentemente il proprio cervello.

Quando era con lui,diventava un'ameba, senza facoltà intellettive, impossessato da un piacere che partiva dai piedi fino alla testa. Dalle cellule fino agli organi. Dal cuore fino al cervello.

La bocca di Gerard scese a lambire il collo, e successivamente il petto tatuato del chitarrista.

Quando arrivò alla pancia, si bloccò, contro la volontà di Frank.

«Queste colombe…»- le accarezzo con le sue mani bianche e affusolate, facendo mugugnare Frank- «le ho sempre amate.»

«Perchè sai benissimo che sono dedicate a noi due.»

Gerard risalì piano il busto del ragazzo e lo baciò con foga. Quasi volendo morire in quel bacio.

«Ehi, per cos'era questo bacio?»

Il più grande gli accarezzò la guancia. La passione sensuale si era trasformata in pochi secondi in dolce amore. Era questo che distingueva la loro relazione dalle altre che avevano avuto.

Si attraevano fisicamente, bruciavano di passione ogni qualvolta i loro sguardi si incrociavano. Ma allo stesso tempo si amavano, in modo tanto lacerante da sopraffarli ogni volta che pensavano a loro due, insieme.

«Sapevo che il tatuaggio era per noi due, l'avevo sempre intuito ma...non me lo avevi mai detto.»

Frank sorrise imbarazzato.

«Mi vergognavo e poi...e poi Jamia pensa che sia dedicata a lei l'altra colomba.»

«Ed è giusto che lo pensi, Frank.»

Il chitarrista sentì una fitta ormai conosciuta travolgerlo nuovamente dritta al cuore. Si scansò dall'amante e raccolse la maglietta che era caduta per terra nella foga di svestirsi e fare l'amore velocemente, nella cantina di casa Way.

Gerard si accorse del cambio d'umore dell'altro.

«Ho detto qualcosa che non va?»

«No. E' che di là c'è Jamia ed è meglio se torno, si starà preoccupando. E poi voglio stare vicino a tuo fratello, è un giorno importante, ha annunciato il suo matrimonio con Alicia.»

«Da quando queste cose sono diventate più importanti di me? Abbiamo pochissime occasioni per stare insieme, e sai cosa intendo. E tu vuoi andare da Jamia e da mio fratello che vedi praticamente ogni giorno?»

Frank si infilò la maglietta. Gli tremavano le mani, e si maledì per questo. Non voleva lasciare di nuovo Gerard senza una spiegazione.

Doveva affrontare il problema, no? Beh, ora ce l'aveva davanti il suo problema. Meraviglioso, sì, ma pur sempre un problema.

«Vuoi sapere da quando? Beh, Gee, da quando io ti ho detto che avrei lasciato Jamia e tu mi hai risposto che sarebbe stato meglio non farlo perchè era una buona copertura. Da quando io ti ho chiesto di dire almeno a Mikey della nostra assurda relazione, e tu mi hai risposto che no, non si poteva dire a tuo fratello, perchè altrimenti lo sarebbero venuti a sapere anche gli altri della band. Da quando sono diventato un giocattolo per te, dopo che ti sei lasciato con Liza. Da quando non mi dici più ti amo, ma ti limiti a spogliarmi e a trattarmi come una puttana. Ho soddisfatto la tua curiosità ora?»

Gerard rimase in silenzio, a bocca aperta. Frank non gli aveva mai sputato così tanta cattiveria tutta insieme.

Ed ora che l'aveva fatto, si sentiva un grandissimo pezzo di merda per non essersi reso conto che- diamine! -aveva fatto soffrire la persona che amava credendo che a lui stesse bene tenere nascosto tutto.

Mentre invece avrebbe dovuto capire tutto prima. Frank non era uno da amanti.

Se amava una persona, lui donava tutto se stesso. E non la divideva con nessun altro.

Come aveva potuto credere che la loro relazione sarebbe durata nel tempo, andando avanti così?

Mentre pensava a tutto ciò, Gerard non si era accorto che Frank era uscito dalla cantina. Solo il rumore della porta che si richiudeva violentemente lo fece ritornare sul pianeta terra. Anche se avrebbe preferito restare nel perfetto mondo che si era creato, dove esistevano solo lui e Frank. E nessun altro.

Stavolta però sarebbe dovuto crescere e affrontare il mondo, quello vero. Altrimenti essere un sognatore lo avrebbe portato a perdere la persona che amava.



                                                                                                               ********



Il terzo tour era appena cominciato: Projekt Revolution, così si chiamava.

Sarebbe stato il tour che li avrebbe fatti conoscere a livello internazionale, così diceva Brian, il loro manager, e che avrebbe promosso il loro ultimo album: The black parade.

Ray, Mikey e Bob erano super entusiasti di tornare a viaggiare con il tourbus attraverso città diverse, ma accoglienti allo stesso modo. E di poter mostrare ai fan i loro ultimi frutti lavorativi.

Gli unici che se ne stavano in silenzio, da quando erano partiti da Belleville, erano Gerard e Frank.

Non si erano scambiati nemmeno un semplice saluto, e mentre la band scherzava con il manager, loro se ne stavano seduti, distanti l'uno dall'altro, a leggere un libro e a sentire la musica.

«Ehi, che leggi?»

«Harry Potter»

Mikey si era avvicinato al fratello, sedendoglisi accanto.

«Ma non è il libro preferito di…»

«Sì, lo è. Ed è anche l'unico modo per essergli vicino. Questo maghetto mi ricorda lui.»

«Perchè non gli parli?»

Mikey era sempre stato una persona diretta e schietta.

Non gli piaceva giocare con le parole.

E inoltre si era stancato di quella situazione che ormai da anni faceva soffrire entrambi.

Dopo quel litigio, lui e Frank non si erano più visti, se non alle riunioni della band.

Era passato un mese.

Gerard si era sfogato con Mikey e gli aveva raccontato ogni cosa. Ovviamente il fratello minore non ne era rimasto scioccato. Se lo aspettava che prima o poi sarebbe successo qualcosa tra loro.

Ma di certo non si sarebbe aspettato queste conseguenze.

«Parlargli? Ma se non mi saluta nemmeno. Mikey, l'ho trattato di merda. Sono stato uno stronzo. E ha ragione a non voler più avere a che fare con me.»

«Fratello, una volta ho detto a Frank che per sconfiggere il problema, bisogna affrontarlo e combattere. Tu non stai facendo nè l'uno nell'altro. Lui l'ha fatto invece e ti ha detto ciò che pensava Gee. Sei tu che sei rimasto in silenzio. Cos'altro vuoi che ti dica lui?»

Mikey diede una pacca sulla spalla del fratello e si alzò. Prese la rincorsa e saltò in braccio a Ray che giocava a Guitar hero contro Bob.

Dopo quella scena, Gerard si girò immediatamente, sentendo una dolce risata che aveva riempito la sua testa per tanti anni. Vide Frank che ridacchiava alla visione di un Ray, paonazzo, che cercava di liberarsi di Mikey.

Non poteva sopportare che quel sorriso non fosse più dedicato a lui. Non poteva proprio. Lui viveva in funzione del sorriso di Frank. Non vederlo più avrebbe significato morire.

Morire davvero.



                                                                                                              ********



La prima tappa del tour fu ad Auburn, Washington.

Era il 25 luglio del 2007. Ed un caldo afoso riempiva l'aria, rendendola soffocante.

I My Chemical Romance si esibirono nel primo pomeriggio e dovettero fare affidamento sulle loro forze per cercare di non svenire. Soprattutto Frank che era sempre stato un po' cagionevole di salute.

L'esibizione della band terminò, dopo cinque, interminabili canzoni.

Ed era solo la prima giornata del Project.

Immediatamente dopo essere scesi dal palco, i cinque ragazzi si rifugiarono nel fresco del loro camerino per riposarsi un po'.

«Ehi, tutto bene amico?»

Tutti si girarono a guardare Frank.

«Sì, Bob. E' che fa caldissimo e sto morendo asfissiato. Ma è okay, ora vado a farmi una doccia e mi riprendo.»

Non sembrava esattamente in forma.

«Ragazzi, siete stati grandi. Ora però vi voglio tutti in camera a fare la doccia. Ci vediamo stasera ed andiamo a festeggiare l'inizio del terzo tour. Okay?»

Annuirono flebilmente. Erano davvero sfiniti.

Si avviarono verso l'uscita del camerino per andare nelle loro camere d'albergo.

«Gee, tu non vieni?»

Mikey si era accorto che suo fratello aveva svoltato a sinistra.

«Più tardi. Sta suonando una band che non mi voglio perdere.»

«Okay, ma non fare tardi, altrimenti stasera non ti reggerai in piedi»

«Okay papà»

Sorrisero entrambi, mentre imboccavano due diverse strade.

Frank, che era avanti a Mikey, aveva seguito la scena con la coda dell'occhio, stando bene attento a non farsi beccare. Quando Gerard sparì dietro l'angolo, il suo migliore amico gli si avvicinò, cingendogli le spalle.

«Va solo a vedere una band che si esibisce, tranquillo.»

Quando si dice la forza dell'amicizia supera le parole. Mikey Way ne era la personificazione.

«Sai qual è la band che va ad ascoltare?»

Mikey scosse la testa.

«Mindless self indulgence, ti dice niente?»

«No, niente. Chi sono?»

«E Linz Ballato, non ti dice ancora nulla?»

Il ragazzo ci pensò un attimo.

«L'ho già sentito questo nome. Aspetta, ma non è quella che ci provava con Gee mentre stava con-»

«Sì. Esatto. Proprio lei.»

«Ma a lui non piace Frank! Lui-»

«Senti Mikey, risparmiati queste stronzate. Dal mio migliore amico mi aspetto qualcosa di meno banale sinceramente. Cosa vuoi dirmi? Che ama solo me, che è andato lì non per vedere la bassista che ad ogni nota allarga le gambe mostrando il perizoma leopardato, ma che in realtà gli piace la loro musica?»

Mikey si sentì impotente. Per la prima volta non seppe come aiutare il suo più grande amico, e questo lo faceva sentire malissimo.

Lo stava vedendo soffrire giorno dopo giorno e lui non faceva nulla per fermare questo fiume di dolore che lentamente uccideva la tipica vitalità di Frank.

Continuarono la strada,rimanendo in silenzio.

«Okay, io sono arrivato. Dì agli altri che stasera non vengo a festeggiare, sono stanco.»

«Ma Frank…»

«No Mikey, sul serio. Dì agli altri così come ti ho detto.»

«Va bene, però se ti serve qualcosa, qualsiasi cosa, ricordati che-»

«Lo so che ci sei sempre. Solo che ora nessuno può guarirmi se non la persona che mi ha fatto ammalare»

Mikey si trovò a fissare una porta di legno. Il suo amico era sparito dietro di essa.



                                                                                                       *******



«Siete stati bravi»

Una ragazza mora, con le labbra carnose colorate di un rossetto rosso, una minigonna che non lasciava nulla all'immaginazione, gli sorrise amabilmente.

«Oh, grazie Gerard. Anche voi siete stati grandi. E sinceramente speravo di rincontrarti…»

Il ragazzo arrossì e cercò di cambiare argomento.

«Sono un po' cambiato dall'ultima volta che ci siamo visti eh!»

«Ti sei fatto più bello e spero...più single

Inutile. Ormai aveva capito bene che quella ragazza ci stava provando nuovamente con lui. Come nel 2003, quando però lui era impegnato con quella stronza di Liza.

La parte divertente però era che Linz non lasciava niente sottinteso. Per lei non esisteva il pudore. Tutto il contrario di Gerard, insomma.

«Allora? Non pensavo fossi così timido Gee»

«Io...beh, non sono abituato ad una ragazza che mi fa delle avances così palesemente»

«Beh, c'è sempre una prima volta no? Allora, che fai stasera dolcezza? Ci esci con una ragazza che ti fa le avances così palesemente»

Gerard sorrise. Non era male quella Linz. Per niente. Magari sarebbero potuti diventare amici. Anche se lei era propensa per qualcos'altro.

Certo, lui amava Frank, ma...perchè non farsi delle amicizie al projekt? Alla fine sarebbero dovuti rimanere qualche mese lì, magari un'amica come Linz poteva far comodo.

«Okay, ci sto. Io e la mia band stasera andiamo a festeggiare per l'inizio del nostro terzo tour. Perchè non vi unite a noi?»

«Perfetto. Lo vado a dire agli altri allora. Beh, a stasera Gerard» Terminò il saluto con una bella pacca sul culo del ragazzo.

Erano davvero due opposti.



                                                                                                              ******



«Frank! Allora vieni anche tu! Che bello, sono così felice»

Mikey abbracciò il suo amico, tenendolo stretto a sè.

«Sì, ho deciso che rimanere in camera a mangiare schifezze non mi avrebbe aiutato»

«No, decisamente. Meglio ubriacarsi con noi, come ai vecchi tempi, che dici?»

Frank acconsentì.

«Possiamo andare allora»

«Ma non manca Gerard?»

«Ha detto che ci aspetta direttamente al pub. Ha invitato dei suoi amici. Non chiedetemi chi siano, non ne ho la minima idea. E per la cronaca, non so nemmeno come sia riuscito a fare amicizia con qualcuno, solitario com'è.»

Ray ridacchiò.

«Beh, devono essere persone speciali, se sono riuscite a rapportarsi con lui.»

«Credo proprio di sì. Beh, andiamo e scopriremo l'arcano.»

Si diressero a piedi verso il pub che distava circa due chilometri dall'albergo.

Arrivati, entrarono nel locale e una folata di aria condizionata gli rinfrescò il viso.

«Oh, il paradiso!» Esclamò Bob, con aria sognante.

«Bene, cerchiamo Gerard»

Cercarono di rimanere vicini, in modo da non perdersi, anche se era molto difficile per il fatto che c'era un mucchio di gente che ballava e una musica tecno assordante che sfondava i timpani.

«Eccolo lì!»

Urlò Mikey, per farsi sentire dai suoi compagni.

A tentoni si trascinarono verso il tavolo dov'era seduto il cantante.

«Finalmente! Pensavo vi foste addormentati. Comunque loro sono i Mindless self indulgence: Jimmy, Steve, Kitty e Linz. Mentre questi scalmanati e ritardatari ragazzi sono i miei compagni di band: mio fratello Mikey, Ray, Bob e-»

«Frank, piacere» Lo anticipò il chitarrista.

Gerard lo guardò truce.

«Lo stavo per dire»

Si lanciarono occhiate fulminanti, finchè Mikey decise di bloccare quello che era destinato ad essere un litigio, prima che potessero dare spettacolo davanti a tutti.

«Okay, direi che è ora di iniziare a bere!»

«Oh, tuo fratello mi piace, Gerard.» disse Jimmy sorridendo.

Il diretto interessato però non ripose, ancora troppo occupato a guardare di traverso Frank.

Notò poi che Linz lo stava guardando ammiccante e si girò verso di lei.

«Che dici di andare in un posto più tranquillo?»

Alla ragazza si illuminarono gli occhi.

«Finalmente! Credevo non ti svegliassi più. Dimmi dove e quando.»

«Vado al bagno. Tu aspettami fuori, arrivo subito.»

Lei si alzò dallo sgabello e, passandogli accanto, gli posò una mano sul cavallo dei pantaloni , leccandosi le labbra. 

Frank vide tutta la scena. Ormai nemmeno faceva più male. Non provava niente. Solo un grande, infinito, vuoto proprio al centro del suo cuore.

Gerard lo guardò in modo ambiguo. Frank non capì bene. Voleva farlo ingelosire? Beh ci stava riuscendo.

Resse il suo sguardo fino a quando non sparì dietro la porta del bagno.

«Vado a rinfrescarmi un pò»

Ray, Bob e Mikey non sembrarono dargli molta attenzione, visto che stavano facendo a gara a chi beveva più rum e pera. Senza mani.

Entrò nel bagno ma non trovò nessuno. Si guardò allo specchio.

Un morto che non sapeva bene cosa stava facendo sulla terra, ecco cosa stava diventando.

Una mano, improvvisamente, gli cinse i fianchi.

Prima di guardare attraverso lo specchio capì chi era che lo stava abbracciando solo mettendo le mani su quelle dell'altro.

Come dimenticare il calore della sua pelle?

«Vuoi farmi ingelosire, non è vero?»

«Non era propriamente il mio obiettivo primario ma se sta funzionando ben venga.»

«E qual era il tuo obiettivo primario? Portartela a letto?»

«Perchè, ti dispiacerebbe?»

Frank si girò per fronteggiarlo, sempre tra le braccia dell'altro.

«Non ti hanno detto che è maleducazione rispondere ad una domanda con un'altra domanda?»

«E' quello che hai appena fatto anche tu in questo istante, Frankie

Eliminarono ogni distanza tra le loro labbra e finalmente si baciarono. L'antica passione si riscoprì più viva che mai.

Entrarono nello stretto bagno e si chiusero la porta alle spalle.

«Ma Linz non ti sta aspettando?»

«Sai cosa me ne importa di quella, quando posso avere te, in questo bagno?»

Lo spogliò velocemente, leccandogli ogni parte del corpo, nessuna esclusa.

Frank gemeva e urlava il nome dell'altro.

Li avrebbero sentiti tutti, Gerard ne era certo. Ma non gliene importava nulla. Voleva solo fare l'amore con Frank.

«Gee…»

Gli prese il viso con le mani e lo allontanò dolcemente da lui, in modo che potessero guardarsi negli occhi.

«Ci stiamo dicendo addio per la centesima volta, vero?»

Gerard sorrise. Drowning lessons. Un'altra canzone scritta da lui e dedicata a Frank.

Aveva praticamente composto tutta la sua musica, pensando a quel ragazzo che ora stringeva tra le braccia.

«Sì, ma domani lo rifaremo ancora.»

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Capitolo 8
*** Chapter eight: Think happy thoughts. ***


                                                         CHAPTER EIGHT 

                                                                   

                                                      Just think happy thoughts 

                                 
                   
                                 Salutarti è una pena così dolce che vorrei dirti addio fino a domani. (W. Shakespeare)




Dejavù.

Quella scena l'aveva già vissuta tanti anni fa. Gerard ne era sicuro.

La storia non si ripete mai.

Chi aveva detto quella bugia?

La storia si ripete. E come. E con essa, anche gli errori.

Si sfregò le mani: faceva freddissimo in quel camerino, ma la sua pigrizia gli ripeteva che andare a chiedere se si potessero accendere i riscaldamenti era una fatica troppo grande da affrontare. Così preferiva restare lì, davanti allo specchio, coperto dalla sua giacca di pelle.

Sapeva benissimo però che quel freddo tanto lacerante non era dovuto solo al clima di fine estate che ricopriva il New Jersey.

Quel freddo era strettamente collegato ai battiti accelerati del suo cuore, alle ginocchia tremolanti e al nodo nello stomaco che gli aveva impedito di ingurgitare qualsiasi cibo da ormai un paio di giorni.

Era il 3 settembre 2007. E Gerard Way si sarebbe sposato da lì a poche ore.

Era già la seconda volta che si trovava a vivere una battaglia interiore davanti a uno specchio, prima del suo matrimonio.

Stavolta però, era sicuro che sarebbe andato tutto a buon fine. Linz non lo avrebbe mai lasciato sull'altare. E avrebbero vissuto per sempre felici e contenti, come nei migliori finali di ogni favola.

«e pensare che io non l'ho mai desiderata una favola…» sussurrò piano, come per non farsi udire, nonostante fosse completamente solo, in quella stanza.

Gli altri erano a parlare con Brian, il manager, riguardo gli ultimi ritocchi per il concerto che avrebbero tenuto quella sera.

Sarebbe stata una normale esibizione. Se non fosse stato che il post-concerto gli avrebbe cambiato la vita per sempre.

Linz non era una ragazza da abito bianco, chiesa e fiori in quantità. Lei era una rocker, e come tale aveva esplicitamente chiesto a Gerard di sposarsi nel backstage di un loro concerto.

Lui aveva acconsentito immediatamente: era felice che la sua fidanzata gli aveva risparmiato tutte quelle porcherie burocratiche che erano obbligatorie prima di sposarsi.

Inoltre non doveva nemmeno indossare alcun abito elegante. Lui e la ragazza si erano accordati nel mettersi una maglietta uguale in cui c'era disegnato un unicorno e un arcobaleno.

Sotto il disegno, scritti in corsivo, c'erano i loro nomi: Gerard aveva scritto Linz, e viceversa.

Sarebbe stato un matrimonio alternativo. E in effetti, Gerard, conoscendo se stesso, se lo era sempre immaginato di questo tipo, il giorno che avrebbe cambiato definitivamente la sua vita.

Si sentiva diverso rispetto a quando avrebbe dovuto sposare Liza. Era quasi felice di passare il resto della sua vita con Linz.

Già, quasi.

Quasi perché Linz a volte gli appariva una completa sconosciuta, quando la guardava negli occhi.

Quasi perché erano passati solo pochi mesi da quando si erano fidanzati, e non sapeva molto di lei.

Quasi perché, per la seconda volta, non stava per promettere il suo amore eterno alla persona giusta.

«Quale persona giusta, Gerard? E' Linz la persona giusta, idiota.» Stavolta alzò di più la voce, dando un calcio ad una bottiglietta che era davanti a lui.

Ray e la sua mania di lasciare tutto per terra...

«Bro, dieci minuti e iniziamo e...Oh. Carina la maglietta»

Mikey era entrato nel camerino, ed aveva trattenuto malamente una risata ironica, guardando la maglietta indossata dal fratello.

«Che c'è di tanto divertente?»

«Non lo so. Tu, la maglietta, il contesto in cui ti sposerai. Mi fa ridere»

Gerard si allontanò dallo specchio e si mise seduto sopra uno scatolone pieno di birre. Le uniche bevande che avrebbero accompagnato il suo matrimonio.

Prese la testa tra le mani e chiuse gli occhi.

«Ti stai concentrando per il concerto o per il dopo?»

Il fratello si era avvicinato ed aveva appoggiata una mano sopra la sua spalla.

«Per entrambi. Come ci si sente dopo essersi sposati, Mikey?»

Il ragazzo sorrise, senza accorgersene. Gli brillavano gli occhi.

«E' la cosa più bella del mondo. Se lo fai con la persona che ami…»

Gerard lo guardò. Aveva capito cosa voleva intendere l'altro. Cercò di non cadere nella sua trappola.

«Bene, allora sono sicuro che sarà una cosa meravigliosa anche per me»

Mikey alzò gli occhi rassegnato. Suo fratello era così, oramai ci aveva fatto l'abitudine: se non si complicava le cose, non era felice.

«Sei fortunato comunque. Frank dopo il concerto deve scappare a Belleville, da sua madre, che non sta bene.»

«Rita sta male? Cos'ha? Frank come sta? E lo lasciate andare da solo?»

Il fiume di domande di Gerard sommerse il fratello come una valanga.

«Ehi, non so niente, okay? So solo che Rita non sta bene e che Frank vuole andare da lei. E, tranquillo, lo accompagnerà Jamia. Per quanto riguarda come sta, beh, ci sono stati momenti migliori per lui. E non mi riferisco solo alla madre che sta male.»

Mikey aveva un potere: ogni volta che parlava di Frank, riusciva a far sentire Gerard una grandissima merda.

«Dobbiamo andare Mikey. Dove sono gli altri?»

«Sono di là, con Brian, ero venuto a chiamarti, sono già pronti loro.»

Gerard si alzò e diede un'ultima occhiata allo specchio del camerino. Fissò la maglietta con su scritto Linz.

Pensò a Frank.

Prese la giacca di pelle e lo indossò, coprendo la maglietta.

Non lo avrebbe fatto soffrire ancora di più di quello che già stava facendo.

 

                                                                                                            *****

 

Frank si era sempre chiesto perché dopo essere salito sopra un palco riuscisse a dimenticare ogni dolore, ogni preoccupazione e ogni dispiacere.

Finalmente aveva capito il perché. Le urla felici dei fan erano la cura. L'unica, vera cura in grado di guarire il suo cuore malato.

Si stava dimenando sul palco, come se fosse stata l'ultima volta che avrebbe potuto suonare.

Il cuore a mille per l'eccitazione, le gambe che andavano da sole, le mani che si muovevano languidamente sulla chitarra, come se fosse stata un'amante da vezzeggiare, la bocca aperta, da cui uscivano respiri affannati.

Tutto questo era la cura che riusciva a donare un temporaneo sollievo a Frank.

Ma una volta sceso da quel palco, sapeva benissimo che sarebbe dovuto tornare alla realtà.

Una realtà crudele.

Una realtà diversa da quella stava vivendo solo fino alla sera prima.

Una realtà in cui lui e Gerard non sarebbe potuti stare più insieme.

Cercò di non pensarci. Scosse freneticamente la testa, come a voler scacciare quei brutti pensieri. Urlò al microfono, parole senza senso, che però rispecchiavano benissimo la sua anima: confusa, vagante per un mondo che la stava uccidendo lentamente.

Gerard gli si avvicinò, continuando a cantare e guardandolo negli occhi. Sembrava volesse dirgli qualcosa, con quel suo sguardo magnetico.

Ma Frank non riuscì a capire, o meglio, forse non voleva semplicemente capire.

Stavano suonando una delle sue canzoni preferite: You know what they do to guys like us in prison. E sapeva bene che era anche la preferita di Gee da cantare live.

Il cantante avanzò velocemente, sempre più vicino a lui.

«And I don't know how we're just two men as God had made us…» 

Lo stava guardandando attentamente, mentre cantava quelle parole. Frank sapeva. Ora aveva capito cosa gli volesse dire.

«…I'll kiss your lips again»

Un'ultima frase e le mani di Gerard erano già tra i capelli dell'altro, trascinandolo violentemente contro di sè, per far combaciare le loro labbra.

Magia e fuochi d'artificio.

Questo era ciò che stava scoppiando negli organi vitali dei due ragazzi. 

Il bacio durò meno di dieci secondi. Ma l'effetto che ebbe su entrambi fu devastante come un terremoto.

Si staccarono.

Gerard tornò alla sua postazione, rimanendo fedele alla scaletta delle canzoni che avrebbe dovuto cantare. Frank per alcuni attimi non riuscì a fare nulla, se non pensare,pensare,pensare.

Pensare che Gerard per la prima volta lo aveva baciato davanti a tutti i loro fan.

Pensare che quel bacio era stato molto meglio di qualunque scopata avesse condiviso con il cantante.

Pensare che tutto ciò sarebbe stato solo uno splendido addio.

Sorrise involontariamente, mentre Gerard salutava il pubblico con l'ultima canzone: San Bernardino, quel palco non se lo sarebbe dimenticato facilmente.

 

                                                                                                                ****

 

«Allora, sei pronto?»

Bob gli sorrise, scompigliandogli i capelli affettuosamente.

«Sì. No. Cioè, non lo so.»

Il batterista ridacchiò per l'indecisione di Gerard.

«Comunque, sai dov'è Frank?»

Il ragazzo tornò serio.

«E' scappato appena finito il concerto. Ha preso la borsa ed è andato via come un fulmine. Credo perchè volesse arrivare il prima possibile da sua madre, anche se…»

«Anche se?»

«Beh, sono preoccupato. E' andato da solo. Jamia lo aspetta a Belleville. E...non lo so, l'ho visto così triste, ho paura che gli possa succedere qualcosa»

Gerard si morse le labbra a sangue.

«Cazzo. Non può andare da solo»

«Gee, vedrai che non gli succederà niente dai..»

«No Bob. Conosco Frank da quando portava ancora il pannolino. Quando è triste gli viene sempre sonno. Ho paura che mentre stia guidando lui- devo fermarlo.»

Bob strabuzzò gli occhi.

«Gee ma...fra poco arriverà Linz e dovrete sposarvi!»

«Senti, ti affido questo compito: vado ad accompagnare Frank alla stazione più vicina, così non dovrà guidare. Starò qui tra massimo un'ora e mezza. Dì a tutti, e soprattutto a Linz, che sono andato via per lavoro e che tornerò presto. La notte è lunga, dopotutto»

L'amico cercò di controbattere ma appena aprì la bocca Gerard lo anticipò.

«Mi fido di te, amico.»

«Okay, va bene. Ora vai però, che Frank già starà mettendo in moto.»

Il cantante sorrise e abbracciò velocemente l'altro.

«Grazie. Corro.»

 

                                                                                                                                                          *****

 

«Potresti anche dirmi qualcosa.»

«Ti avevo detto che non mi sarebbe successo nulla e che volevo andare da solo!»

«Prego, non c'è di che Frank»

Il ragazzo più giovane era fottutamente arrabbiato. Sarebbe stato felice di poter restare quattro ore in macchina, con la sua musica preferita a palla, e le lacrime finalmente libere di scendere.

E invece no.

Quel cazzone del suo cantante lo voleva accompagnare a tutti i costi in stazione. 

Perché non è sicuro viaggiare di notte.

Balle.

Nè gli insulti, né le imprecazioni, nulla era riuscito a frenare Gerard dal salire in macchina di Frank e convincerlo a prendere il treno.

«Mi spieghi perché ti preoccupi per me? Dovresti tornare indietro e sposarti con la tua bella fidanzatina»

Gerard buttò fuori il fumo dalla bocca e sorrise, continuando a guidare.

Frank si girò a guardarlo incantato, e per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.

E' una normalissima bocca, Iero.

No. Non lo è.

«Questa conversazione mi ricorda qualcosa.»

Sospirò il più grande, ricambiando lo sguardo.

«Ah sì? Beh a me tutta questa fottuta situazione ricorda qualcosa, e cioè vent' anni della mia vita! Ti rendi conto che sono stato praticamente metà della mia esistenza a discutere con te?»

«Perché, l'altra metà cosa hai fatto?»

«Mi sono maledetto per essermi innamorato di un idiota.»

Calò il silenzio.

Quante volte avevano condiviso silenzi carichi di parole non dette?

Troppe.

«Perché stasera ti sei comportato in quel modo al concerto?»

«Non era mica la prima volta che ti baciavo.»

«No, non ti sto chiedendo perché mi hai baciato. Intendo, perché lo hai fatto su un palco?»

Si erano fermati ad un semaforo.

Avrebbero potuto guardarsi, perché non c'era più la scusa che uno dei due stava guidando, ma non lo fecero lo stesso.

«Non lo so. Mi andava. Perché sentivo che il pubblico voleva di più, e li accontentati, tutto qui. Avrei potuto baciare anche Ray, ma tu eri il più vicino.»

Frank sorrise amaramente.

«E' stato solo fan-service, quindi?»

«Esatto, solo quello.»

Continuarono il resto del viaggio nel silenzio più assoluto.

La strada era deserta. L'unico rumore era la loro macchina che sfrecciava sull'asfalto freddo.

Frank sarebbe voluto arrivare il più in fretta possibile in quella fottutissima stazione. Per poi buttarsi su un sedile, appoggiare la testa e addormentarsi piangendo.

Solo questo, non stava chiedendo altro.

E magari anche morire nel sonno. Per non svegliarsi con la consapevolezza che Gerard sarebbe stato legato per sempre a quella semi-sconosciuta.

 

                                                                                                 ****

 

Non ricordava che il tragitto per tornare a San Bernardino fosse così breve.

Quando c'era Frank in macchina era sembrato molto più lungo, a causa del peso massiccio dei loro silenzi.

Ora, invece, era quasi arrivato a destinazione. Troppo in fretta.

Gerard avrebbe voluto avere più tempo per starsene solo, con i suoi pensieri, riguardanti tutti una sola persona, che non aveva niente a che fare con quella che stava per sposare.

Aveva accompagnato Frank in stazione.

E quest'ultimo gli aveva sussurrato un semplice saluto, per poi non aspettare nemmeno la risposta e chiudere la portiera dell'auto.

Si era accorto benissimo che il ragazzo stava trattenendo le lacrime e che appena allontanatosi da lui sarebbe scoppiato in un pianto liberatorio.

Lo conosceva fin troppo bene.

Ma non aveva fatto nulla per rassicurarlo, quando invece sapeva che l'unico desiderio dell'altro era proprio sentirsi al sicuro tra le sua braccia, nonostante tutto.

Gli stava scoppiando la testa e avrebbe voluto tanto bere, ma...no. Aveva voltato pagina, non avrebbe più bevuto per scacciare i problemi.

Ed era arrivato il momento di voltare un'altra pagina.

La pagina della sua infanzia, della sua adolescenza, della sua giovinezza in cui solo un nome era scritto a caratteri cubitali ed occupava tutta l'area del foglio: Frank.

Non era un addio il suo.

Perché sapeva che Frank avrebbe fatto sempre parte della sua vita.

Era un arrivederci. Un arrivederci da amici.

E forse, sì, era anche un addio, da un certo punto di vista. Un addio alla loro storia d'amore, che, però, non era mai cominciata.

Era certo che Linz sarebbe riuscita a prendere il posto di Frank.

Perché lei era simile al ragazzo: entrambi erano estroversi, logorroici, senza alcun pudore.

E mentre Gerard attraversava la stradina che lo avrebbe portato al luogo dove lo attendeva Linz, capì il perché le aveva chiesto di sposarla.

Aveva visto lui in lei.

Sperava che sposando Linz, avrebbe sposato in qualche modo anche il suo chitarrista.

«Bro! Eccoti. Dai, vieni, ti stiamo aspettando tutti!»

«Eccomi Mikey, ora arrivo.»

Gerard prese dalla tasca il cellulare e digitò alcune lettere. Le dita andavano da sole.

«Ti amo, Frank. Perdona il mio egoismo.»

Attese qualche minuto e poi il suo cellulare squillò: un messaggio.

«No. Mi dispiace, non ho più intenzione di credere alle tue bugie. Buon matrimonio. Vi auguro il meglio.»

Se l'aspettava una risposta del genere.

Spense il cellulare. Chiuse gli occhi, cercò di ripetere nella mente un pezzo di una sua canzone: Pensa a pensieri felici. Pensa a pensieri felici. Pensa a pensieri felici.

Dopo di che, ormai svuotato di ogni sentimento ed ogni paura, andò spedito verso il patibolo.

Un nuovo messaggio arrivò al suo cellulare, ma il cantante non se ne accorse, perché lo aveva spento.

«Pensa a pensieri felici, Gerard»

Solo dopo averlo letto, capì che era davvero come dicevano alcuni: il vero amore supera ogni distanza, sia fisica che mentale.

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Capitolo 9
*** Chapter nine: The only hope for me is you. ***


                                                         CHAPTER NINE

 

                                                   The only hope for me is you

 

                Ti amo e ti odio, forse mi chiedi come sia possibile. Non lo so, ma succede; me ne accorgo e mi tormento. (Catullo)

 

Era nata. 

Non aveva visto nulla di così piccolo e delicato nella sua intera vita. 

Di bambini ne aveva visti tanti, ma lei...lei era semplicemente diversa.

Guardarla negli occhi faceva un effetto strano a Gerard. Era come guardarsi allo specchio.

«Vuoi tenerla un po' in braccio, Gee?»

Linz era spettinata e sudata. Ma Gerard pensò che non mentissero poi così tanto le persone che affermavano che le donne, dopo il parto, erano ancora più belle.

«Va bene»

Il ragazzo annuì, timoroso: aveva una fottuta paura di rompere quel cristallo prezioso che lui e Linz avevano appena generato.

Ma comunque, la accolse tra le sue braccia e la osservò lentamente. Le guance erano morbide, piene e rosse. La bocca dischiusa emetteva mormorii indistinti, con una vocina che avrebbe intenerito anche il peggiore degli uomini. 

Gerard l'accarezzò, piano, quasi sfiorandola appena. Le si avvicinò con la testa e posò un bacio tra i suoi pochi capelli arruffati.

«Benvenuta Bandit. Sei la cosa più meravigliosa che io abbia creato nella mia vita, lo sai?» Sussurrò, nel suo piccolo orecchio, mentre si beava del profumo di pulito della bimba. Quest'ultima prese una ciocca di capelli di Gerard, facendolo sorridere. 

Si specchiarono l'uno negli occhi dell'altra, e mentre il ragazzo ancora le sorrideva con tutto l'affetto di un padre, lei ricambiava, con tutto l'affetto di una figlia.

 

 

                                                                                                                                               *****

 

«Benvenuta Bandit!»

Un coro di voci si espanse per tutta la casa, non appena Gerard ebbe acceso la luce. Uno striscione era appeso in alto: Welcome little miss Bandit.

Gerard riconobbe subito la scrittura, era di suo fratello.

«Gee, allora, come ci si sente ad essere padre?»

«Beh io…»

Non fece in tempo a finire di parlare perché novanta chili di batterista gli si buttarono a peso morto sulle spalle.

«Gee! Oh, fammi vedere la piccola Way dai»

«Bob, ce l'ha Linz la piccola Way, vai a scartavetrare i coglioni a lei, amico»

Tutti risero di gusto. Gerard si girò per setacciare la stanza.

«Ray!»

«Gee, amico, scusa stavo mangiando qualcosa»

«Che strano, chi l'avrebbe mai detto»

Risero di nuovo. Sembrava essere tornato quasi tutto come prima.

Non si erano visti molto quei mesi.

Avevano dedicato tutte le loro energie alle rispettive famiglie, prendendo una pausa dal tour. Ma avevano comunque in mente da lì a poco tempo di comporre un nuovo cd.

Gerard pensò che sarebbe stato facile scrivere nuove canzoni; sentiva che Bandit era la sua nuova musa ispiratrice. D'altronde la persona che lo era stata per tanti anni non si era più fatta sentire, era legittimo che lui la sostituisse...

«Ragazzi, ma Frank?»

Colpo al cuore. Quant'era che non lo vedeva? Dall'ultima riunione-band.

E cioè otto mesi. Praticamente tutto il tempo in cui Linz aspettava la bambina.

Purtroppo a sua moglie era venuta la brillantissima idea di fargli sapere che era incinta durante una cena, in cui erano presenti tutti. E tutti equivaleva anche a Frank e Jamia.

Ricordava bene l'espressione del ragazzo.

Era vero, non si erano più sfiorati dopo il suo matrimonio con Linz, ma comunque quell'amore lacerante, potente, e viscerale c'era ancora. Ed entrambi lo percepivano dentro di loro. Era impossibile non farlo.

E quindi aveva capito che Frank stava davvero male per il fatto che Linz fosse incinta. Era come se in qualche modo la nascita di un figlio avesse significato la rottura definitiva della loro relazione.

Così, da quella cena non aveva più visto il suo secondo chitarrista.

Gerard aveva provato a chiamarlo, per uscire a prendere qualcosa da bere insieme, ma niente. Non rispondeva mai. O forse non rispondeva mai a lui. Era Mikey a tenerlo informato su come stava e su ciò che combinava.

Sapeva che aveva formato una band, i Leathermouth, di cui era manager e cantante.

Cosa c'è Frank, non ti bastavano più i My chem? Eppure sei sempre stato tu il leader tra noi, nonostante fossi io il frontman.

No, non poteva essere. Frank amava i My Chemical Romance. Erano tutto per lui.

Beh, forse non era più così. Dopotutto le cose erano cambiate.

Tranne una.

Ed era quella che li avrebbe sempre tenuti entrambi uniti, nonostante tutto.

 

                                                                                                                                                ****


Il campanello suonò due volte.

Era mattina, e Linz era andata a comprare dei vestitini per la bimba insieme a sua madre.

La casa era silenziosa e Gerard pensò che fosse davvero tanto tempo che non se ne stava in pace con se stesso, senza che urla, pianti, e visite di parenti, intralciassero i suoi pensieri.

Forse avrebbe anche potuto scrivere qualcosa.

Ma adesso il campanello era più importante, visto che continuava a suonare imperterrito.

«Arrivo!»

Indossò la vestaglia e corse a piedi nudi verso la porta.

«Buongiorno signor Way!»

Un sorridente postino gli porgeva alcune lettere.

«Buongiorno» Rispose lui ancora assonnato.

«Se gentilmente mi mette una firma qui, le consegno la posta»

Gerard fece uno scarabocchio veloce e salutò il postino, chiudendosi la porta alle spalle.

Luce,acqua,gas,cartoline di amici che non vedeva da anni, l'invito di nozze di Frank e Jamia. Gerard stava per buttare sul tavolino tutte quelle carte e rimettersi a dormire, quando gli tornò in mente l'ultima lettera che aveva visto.

No, aveva letto sicuramente male. Doveva aver letto male.

Prese in mano la lettera e notò che era molto più decorata rispetto alle altre.

Forse non aveva letto male.

La aprì senza troppa grazia e iniziò a leggere...

«Jamia Nestor & Frank Iero vi invitano alle loro nozze il giorno 9 luglio 2009. Sarà gradita la vostra presenza per il giorno più bello della vita dei due sposi.»

Gerard lesse e rilesse quelle poche righe milioni di volte. In un moto di rabbia stropicciò la lettera e la buttò nel cestino.

Avrebbe voluto distruggere anche tutta casa come aveva appena fatto con quell'invito, ma poi come si sarebbe giustificato con Linz?

Si sedette sul divano e iniziò a fissare dritto davanti a sè, come un pazzo. Le mani che si muovevano ininterrottamente sui capelli, andandoli ad arruffare.

Solo una domanda nella sua testa: perché?

Perché Frank gli aveva fatto questo? Diceva sempre che non si sarebbe mai sposato. Perché aveva cambiato idea, ora?

Perché almeno non lo aveva invitato di persona?

Perché gli aveva mandato una stupida lettera come se fosse un conoscente che era obbligato ad invitare?

Sicuramente lui non lo avrebbe voluto invitare, infatti. Era certo che fosse tutta opera di Jamia, che era riuscita a convincerlo. Lui aveva acconsentito solo per non doverle rivelare il vero motivo per il quale non lo avrebbe voluto al suo matrimonio.

L'ultima domanda che gli passò per la testa, però, fu quella che lo fece urlare dal dolore e singhiozzare come non faceva ormai da tempo.

Perché faceva ancora così male?

 

                                                                                                                                                  ****

Era una giornata nuvolosa, nonostante fosse luglio inoltrato. Gerard guardò il cielo e sorrise. Almeno il tempo stava dalla sua parte.

Tutti sorridevano raggianti.

Vide suo fratello stringere Alicia tra le braccia e posarle un dolce bacio tra i capelli. Ray con i capelli ordinati, tutta opera di Christa e la sua pazienza. Bob che scherzava con Kate, la sua nuova fiamma, e la prendeva in giro alzandole il vestito.

Tutti erano felici, tutti tranne lui.

Ma Gerard non sapeva che in realtà qualcun altro era nel suo stesso stato. Quel qualcun altro che quello stesso giorno sarebbe stato al centro dell'attenzione perché era il suo matrimonio.

Frank sbuffò e si sistemò la cravatta. Lo specchio riproduceva un lui diverso.

Un lui elegante, un lui felice, un lui innamorato di Jamia. Ma in realtà il vero lui era nascosto dentro di sè.

Aveva intravisto Gerard, ma ovviamente non si era fermato a salutarlo.

A dire il vero per colpa di Gerard non aveva potuto abbracciare nemmeno Mikey, che era sempre con il fratello.

Non poteva sposarsi senza aver prima chiacchierato con il suo migliore amico. Si sarebbe sentito male se lo avesse fatto.

Ed anche se Mikey era il suo testimone, insieme a Bob e Ray, e quindi lo avrebbe avuto vicino tutto il tempo, doveva parlargli. Assolutamente.

Ma per chiamarlo sarebbe dovuto passare davanti a Gerard, e lui non aveva intenzione di vederlo. Decise di farsi forza e di mandare al diavolo i suoi sentimenti per una volta.

Uscì dalla stanza, attento a non farsi notare dagli altri invitati, che sicuramente lo avrebbero bloccato per congratularsi, e si diresse dritto verso Mikey. Non riuscì a vederlo.

«Bob..ehm..Bob, amico»

Il batterista stava amoreggiando con la sua bella fidanzata e Frank li aveva dovuti interrompere.

«Oh... ehm...dimmi sposino» Lo prese in giro il biondo.

«Hai per caso visto Mikey?»

«Ahm...fammi pensare. Sì! Dovrebbe essersi diretto lì verso il parco, con Gee.»

Perfetto. Pensò. Non poteva mancare lui.

«Okay, grazie amico»

Corse verso il parco, pregando dentro di sè che Gerard se ne fosse già andato.

Ma no. Gerard era lì. Fumava, seduto sotto un albero.

Si guardò intorno ma non c'era traccia del suo migliore amico.

Stava per arrendersi e tornare dentro ma sentì una voce chiamarlo.

«Frank!»

No. Non una voce. La voce.

Fece finta di non aver sentito nulla, e continuò a camminare, velocemente.

«Frank, cazzo, aspetta. Frank!»

Si fermò. Dopotutto, era cresciuto. E comunque fuggire non sarebbe servito a nulla.

Abbassò la testa e strinse i pugni.

«Gerard» Disse, a mo' di saluto.

L'altro arrivò con il fiatone e appoggiò le mani sulle ginocchia per riprendere fiato.

«Hey, scusa, sto cercando di rimettere in funzione il sistema respiratorio. Dovrei smetterla di fumare così tanto..»

Come diavolo faceva a parlare di queste sciocchezze? Come?

Dopo che non si erano visti per mesi. Dopo che si erano feriti a vicenda, anche indirettamente.

Frank non avrebbe mai pensato che la nascita di una bambina potesse trafiggere un cuore. Finché non era nata Bandit.

«Gerard, senti, devo finire di prepararmi e-»

«Dieci minuti. Promesso. Solo dieci e poi ti lascio andare dalla tua futura moglie.»

Frank sospirò, rimanendo in silenzio. E Gerard lo prese come un sì.

Si inoltrarono nel parco, vestiti entrambi come pinguini. Avrebbero riso come matti se quindici anni prima gli avessero raccontato che si sarebbe trovati a passeggiare in un parco, con vestiti elegantissimi e due cuori spezzati che battevano all'unisono.

«Volevo farti una domanda che non mi fa più dormire da quando tu e Jamia ci avete spedito quell'invito di nozze»

Frank continuava a non dire nulla. Se avesse potuto non avrebbe nemmeno respirato, solo per ascoltare il rumore dei loro passi sull'erba e la voce dell'altro.

«Perché? Cioè, sì, so perché lo hai fatto. Tu e Jamia siete fidanzati da… secoli. Ed è giusto che tu le conceda di diventare tua moglie, dopotutto avere un compagno come te è raro, anche io ti incatenerei a me per sempre..»

«E allora perchè non lo hai fatto?»

Non ce l'aveva fatta. Proprio non aveva resistito a rispondergli così.

Gerard si era fermato, ed ora lo aveva fronteggiato. Una sua mano andò sul viso di Frank, e gli sorrise come un padre fa con il suo bambino.

«Bella domanda. Mi chiedi perché non l'ho fatto. Sai, non lo so. So solo che l'unica cosa di cui non mi pento è stato avere Bandit. Solo questo. Per il resto...per il resto sceglierei mille volte te.»

Frank ingurgitò la saliva che ormai era diventata pesante nella sua bocca. Sentiva che le gambe gli avrebbero ceduto. Come quando aveva sedici anni e Gerard lo guardava.

Esattamente così. Era sempre un emozione strana scoprire che il sentimento per l'altro non mutava mai, anzi, cresceva ogni giorno di più.

Cresceva dopo le delusioni. Cresceva dopo i pianti. Cresceva dopo il dolore. Cresceva dopo aver rivisto i suoi occhi cangianti.

«Ora..ora vai. Ti ho fatto perdere anche troppo tempo.»

«No, non voglio.» 

Gerard strabuzzò gli occhi.

«Frank devi andare e sposare Jamia. E' giusto che sia così.»

«Perchè devi dirmi sempre cosa è giusto e cosa non lo è?»

Gerard gli prese la mano.

«Perchè so che le cose che non sono giuste sono sempre le migliori Frank.»

L'altro lo guardò con le lacrime agli occhi. Dentro di sè, sapeva che ciò che Gerard gli aveva appena rivelato era fottutamente vero.

Si passò una mano sul viso. Baciò Gerard sulla guancia. E si diresse verso gli ospiti.

«Chissà perchè quello che si vuole è sempre la scelta sbagliata.»

Gerard aspettò cinque minuti, dopodiché raggiunse sua moglie e la sua nuova unica speranza.

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Capitolo 10
*** Chapter ten: Summertime. ***


                                                           CHAPTER TEN

                                                                                         
                                                              Summertime

 

 

‎E se mi devi amare per null’altro sia che per amore. Non dire «L’amo per il suo sorriso, il suo sguardo, il modo gentile di parlare, per le sue idee che si accordano alle mie e che un giorno mi resero sereno». Queste cose possono in sé mutare o mutare per te. Così fatto un amore può disfarsi. Ma amami solo per amore dell’amore,che cresca in te, in un’eternità d’amore! (Elizabeth Barret)

 

 

Gerard odiava l'estate.

Nonostante si riempisse di crema protettiva, la sua pelle diafana diveniva subito rossa a causa dei potenti raggi solari che avvolgevano Los Angeles.

Era per questo che non andava mai al mare. Preferiva andare in giro per il mondo con sua moglie e sua figlia, e visitare città storiche e musei.

Ma quest'anno sua moglie gli aveva gentilmente esposto una delle sue filippiche su quanto lei e Bandit sarebbero volute andare in vacanza al mare come tutte le famiglie normali.

In realtà sua figlia era sempre molto entusiasta di girare l'Europa con uno zaino in spalla e la voglia di camminare. Quindi Gerard aveva il presentimento che fosse più che altro sua moglie a volerci andare.

Ma era anche vero che ormai Bandit aveva quindici anni e non era più una bambina che sarebbe saltata sulle spalle del padre avventurandosi in una nuova città.

«Ho prenotato in un villaggio a Miami, Linz. E' un posto tranquillo, e il mare è fantastico. Sono sicuro ti piacerà.»

La donna non lo fece finire nemmeno di parlare che gli era già saltata in braccio. Aveva quasi superato la soglia degli anta, eppure si comportava ancora come una bambina. Gerard a volte faceva fatica a capire chi fosse realmente più giovane tra Linz e Bandit.

Nella sala da pranzo entrò anche loro figlia che, ridacchiando, li guardò mentre erano avvinghiati. Gerard scansò gentilmente Linz da sè, e allargò le braccia per invitare la vera donna della sua vita a correre da lui e stringerlo forte.

Bandit sorrise. Era bellissima. Gerard lo aveva sempre pensato, fin da quando era nata.

Quel nasino all'insù, gli occhi di un verde opaco, la sua pelle bianca latte e i suoi capelli quasi rossi al sole. Era diventata una donna, anche se per lui rimaneva sempre la sua piccola, dolce, Bandit.

Camminò velocemente verso il padre e lo abbracciò forte, stringendosi a lui.

«Ecco, questo è un abbraccio tra adulti, mamma» Disse la ragazza, prendendo in giro Linz, che aveva messo il broncio per il rimprovero da parte della figlia.

«Okay, okay, ho capito che vi siete alleati contro di me. Beh, vi perdono solo perché avete acconsentito ad andare al mare insieme. Ah, mi sono presa la briga di invitare anche Frank, Jamia e le gemelle, visto che voi siete due scansafatiche e che Bandit si lamentava perché sarebbe dovuta stare da sola con due vecchi rimbambiti.»

Gerard guardò sua figlia corrungando la fronte.

«Ah sì?»

Iniziò a farle il solletico.

«Chi sarebbe ora il vecchio rimbambito?»

La ragazzina cercò di divincolarsi dalla morsa del padre, mentre rideva felice, ma quest'ultimo non la lasciava andare e continuava nella sua opera. Sapeva bene che il punto debole di Bandit era proprio il solletico sui fianchi.

«Okay papà! Mi arrendo: non sei un vecchio rimbambito!» Disse lei, con fatica, a causa delle tante risate che uscivano dalla sua bocca.

Gerard la lasciò andare e lei sospirò esausta.

«Io intendevo che mamma è una vecchia rimbambita, non tu, papà!»

Detto ciò, la donna la guardò sgranando gli occhi e Bandit capì che l'aveva fatta grossa: mai dire a Lidsay Ballato di essere vecchia. 

Si scatenò un battibecco tra madre e figlia, a cui Gerard era abituato da ormai quindici anni.

«Okay donne, potete andare a litigare di sopra? Io avrei una canzone da terminare entro la fine delle vacanze, se non ve ne siete rese conto. Ma purtroppo due oche starnazzanti non mi fanno concentrare»

Linz e Bandit ridacchiarono, e fecero, nello stesso momento, una linguaccia all'uomo, mentre uscivano dal suo studio.

Gerard sospirò. Ecco cosa significava avere due donne in casa; una in piena fase ormonale, e l'altra in piena fase pre-meno pausa.

Posò di nuovo gli occhi sul foglio davanti a lui e sbuffò. Quella canzone lo stava facendo diventare matto!

Non riusciva a continuare. Era come se le parole gli fossero morte nel cervello.  Serviva qualcosa, o qualcuno, che le potesse risvegliare, che riuscisse a trasformarle da pensieri a parole concrete. 

Gli tornò alla mente quando aveva scritto le canzoni per i loro primi tre cd. 

Era stato...facile

Ricordava che appena prendeva in mano la penna, quest'ultima lo trascinava in un mondo fantastico, in cui esistevano solo lui e i suoi pensieri. Scrivere canzoni lo aveva sempre aiutato a riordinare i sentimenti ingarbugliati che occupavano il suo cervello. 

Ma da quando era nata Bandit, e poi successivamente le gemelle di Frank, e i bambini di Ray e Mikey, i My Chemical Romance non avevano composto più alcun album.

E non perchè non volessero. La voglia c'era, e come. Solo che avevano preferito fare tour e stare con le rispettive famiglie. In modo da non trascurare nè fan nè mogli e figli.

Ovviamente però Gerard aveva quasi dimenticato cosa significasse scrivere canzoni, e così ogni suo pensiero, per quindici anni, era rimasto appeso sul filo del rasoio, aspettando con ansia di uscire fuori e occupare un foglio bianco.

Ed ora, dopo tanti anni, i My Chemical Romance avevano deciso, per la gioia di tutti i fan, di comporre un altro cd.

Ora che avevano più tempo, perchè i loro figli erano cresciuti. Ora che sembrava tutto andasse bene tra i membri della band. Ora che Frank e Gerard avevano trascinato vertiginosamente i loro sentimenti in un buco nero, in fondo al cuore. Accettando il fatto di essere solo amici. Nulla di più.

Gerard si toccò la fronte e strinse gli occhi. Sentiva che da lì a poco avrebbe dovuto avere a che fare un cerchio allucinante alla testa. Ma quella canzone era più importante. Doveva finirla.

Era l'ultima, dopo di che il cd sarebbe stato pronto per essere mandato alla casa discografica.

Nel corso dell'estate e dei mesi precedenti, il cantante aveva già scritto quattordici testi, mentre Frank, Ray e Mikey avevano arrangiato la musica per ognuno di questi.

Non era stato complicato riprendere a scrivere. Bandit a volte lo aiutava, non direttamente, ma grazie ai piccoli gesti della ragazzina, Gerard trovava la sua ispirazione. Era sempre stato così, per il cantante.

Scriveva le sue canzoni dopo aver osservato i gesti delle persone che amava. Era il suo piccolo segreto, che non avrebbe mai rivelato a nessuno.

E non solo per non essere copiato dagli altri cantanti. Ma anche per il fatto che se le persone avessero saputo tutto ciò, avrebbero capito, grazie ai testi dei primi due cd, chi era la persona che aveva riempito il suo cuore per così tanti anni.

 

 

                                                                                                                                              ****

 

Miami era calda, forse anche troppo, per Frank.

L'uomo si sventolava una rivista di sua moglie in faccia, mentre lei era intenta a prendere il sole in spiaggia. Era appena arrivati e già non sopportava più quel posto.

Gli mancava casa sua, rinfrescata dal condizionatore.

«Lily, Cherry! Venite subito qui! Prima di farvi il bagno dovete mettere la crema. Stanotte non voglio sentirvi cantare la Marianna perché vi siete ustionate!»

Le ragazzine corsero verso l'ombrellone.

«Quanto sei noiosa, mamma!» Borbottò Lily, sbuffando.

«Frank! Ma non hai sentito cosa mi ha detto?»

L'uomo, che stava ridacchiando ancora per l'esclamazione della figlia, cercò di assumere un'espressione severa. Fallendo miseramente.

«Lily...ehm...non dire queste cose a tua madre!»

Anche la ragazza scoppiò a ridere, seguita da sua sorella. Jamia, invece, rassegnata, tornò a sdraiarsi sul lettino, tirando la crema solare al marito.

«Tieni, aiutale tu a mettere la crema, visto che siete così complici»

«E dai, Jamia! Siamo in vacanza, falle divertire queste bambine.»

Cherry alzò gli occhi. 

«Papà, abbiamo tredici anni!»

Frank si avvicinò, ed abbracciò entrambe.

«Lo so, ma per me resterete sempre bambine. Ed ora mettetevi la crema, che altrimenti la mamma si arrabbia»

Fece l'occhiolino alle figlie e si sedette sul lettino dove stava prendendo il sole sua moglie. Le iniziò a massaggiare i piedi e lei sorrise.

«Guarda che non ti perdono.»

«Lo sai che i miei massaggi fanno cambiare idea a tutti.»

Smise di accarezzarla e si avvicinò, baciandola lievemente.

«Quando hai finito di fare il gambero, vieni anche tu al mare, okay? C'è un acqua bellissima amore.»

«Va bene, va bene. E' che volevo aspettare Gee e Linz. Non capisco perché non sono ancora- oh, eccoli!' 

Frank guardò davanti a sè e vide una testa rossa correre mano nella mano con una ragazzina. Capì che erano Gerard e Bandit. E il cuore gli si gelò.

Era così strana quella sensazione, fuori la temperatura superava i quaranta gradi, eppure dentro di sè, l'organo vitale era coperto di uno strato di ghiaccio che ormai da quindici lunghi anni si era solo rafforzato, invece di sciogliersi.

«Ehi! Ciao ragazzi!»

Linz baciò affettuosamente Jamia e poi si voltò verso di Frank, abbracciando anche lui.

«Oh, non trovate sia un posto magnifico? Sono così felice di passare del tempo con voi. Beh, non fate caso a quei due, è da quando sono arrivati che non fanno altro che correre e ruzzolarsi nella sabbia»

Linz sorrise, guardando sua figlia e suo marito. Anche lo sguardo di Jamia finì su di loro.

«Non ti preoccupare Linz, non sei l'unica. Pensa che io devo avere a che fare con tre bambini!»

Le donne risero per la battuta, ma Frank, che non aveva ascoltato nulla di ciò che la moglie aveva detto, si girò verso di loro, spaesato e confuso, chiedendosi che ci fosse di così tanto divertente.

«Frank? Amore? Ti senti bene?»

«Eh? Sì, sì. Stavo pensando che avrei proprio voglia di una bella coca cola. Voi volete qualcosa?»

«Oh! Grande Frankie! Anche io vorrei una coca.»

«Facciamo tre! Anche io ne ho bisogno, con tutto questo caldo.»

Frank annuì, dirigendosi verso il chioschetto che si affacciava sulla spiaggia.

Finalmente ombra! Il suo cervello lo stava ringraziando.

«Tre coca cole, grazie.»

Sorrise al barman, che era un ragazzino. Frank si chiedeva se arrivasse almeno a diciassette anni.

«Quattro. E pago io.»

Un brivido gli percorse la schiena e subito gli si rizzarono i peli delle braccia. Quel brivido conosciuto, familiare.  Un brivido da cui non era mai riuscito a sfuggire, anche se avrebbe tanto voluto.

Si girò dove sapeva si era seduto il suo frontman, e lo guardò.

«Ciao, Gee.»

«Ciao Frankie.»

Silenzio. Anni e anni di amicizia, per poi restare in silenzio. 

Erano anni ormai che non rimanevano soli. Avevano cercato volontariamente di stare alla larga, di non ascoltare il loro cuore. 

E tutto ciò aveva avuto conseguenze catastrofiche sulla loro amicizia.

Avevano buttato cenere sui loro cuori, spegnendo quel sentimento d'amore che li legava, ma con esso, avevano spento anche quel poco che rimaneva della loro amicizia.

Cosa erano ora?

Due mariti che accompagnavano la loro famiglia al mare. Due colleghi di lavoro. Niente di più.

I ricordi della loro infanzia a giocare, della loro adolescenza e giovinezza trascorsi insieme, cancellati da anni di duro lavoro per costruirsi una stupida e inutile maschera da indossare quando l'uno era accanto a all'altro.

Cosa rimaneva, ormai, del loro rapporto, se anche i ricordi erano stati annientati, annichiliti?

Rimaneva solo quella band.  Quella band con la sua musica e i suoi testi, che li aiutava a tirare fuori ciò che nella vita reale dovevano tenere chiusi a chiave.

Frank e Gerard erano stati così bravi che la chiave, però, l'avevano persa per sempre.

«Come va?»

Che domanda banale, Frank.

«Bene. Prima di partire stavo terminando l'ultima canzone, te la ricordi, no? Non riesco proprio a continuare. Sai, ho come un blocco. Ma...devo superarlo, cioè, è l'ultima canzone e poi, cazzo, è pronto il nostro quarto album Frank! Quindi, appena torniamo a casa, mi rimetto a scrivere. E vediamo cosa può uscire fuori.»

«Magari questa vacanza ti aiuterà a trovare l'ispirazione.»

No, Frank non doveva dire quella frase. Non ora. Non dopo tutte quelle promesse che Gerard si era fatto sul non dedicare più una canzone a Frank.

Stavolta era stato lui, però, a dirgli esplicitamente che aveva il via libera.  Frank gli stava chiedendo di essere di nuovo lui la sua ispirazione? 

E ora con che coraggio avrebbe potuto rifiutare quella silenziosa richiesta?

 

 

                                                                                                                                        ****

 

Erano davvero passati già sette giorni? 

Gerard si domandava se dovesse essere triste o meno di ciò. Aveva passato sette giorni con sua moglie e sua figlia.

E sette notti con Frank.

Neanche a vent'anni era mai riuscito a fare l'amore con qualcuno per sette giorni di seguito.

A più di quarant'anni invece si trovava a desiderare che arrivasse mezzanotte per poter giacere con il suo chitarrista.

Era tutto così assurdamente bello, ma nello stesso tempo sbagliatissimo. Esattamente come sempre.

Avevano davvero potuto sperare che aspettando quindici anni la situazione potesse migliorare? Avevano davvero sperato che dopo quindici anni non si sarebbero desiderati ardentemente come quando erano più giovani?

Non potevano vivere l'uno senza l'altro, eppure soffrivano nello stesso modo, anche quando erano insieme e facevano l'amore. Non sapevano come liberarsi di quel sentimento, nè, in realtà, volevano liberarsene del tutto.

Erano prigionieri, con le mani, il cuore e la mente legati l'uno all'altro. Ed ancora non erano coscienti di ciò. Ancora speravano che un giorno si sarebbero svegliati e avessero scoperto non solo di non amarsi più, ma anzi, di essere tornati amici come da bambini, quando ancora non erano a conoscenza di cosa sarebbero stati l'uno per l'altro.

Gerard guardava il mare. Era notte, e cercava di capire dove iniziasse l'acqua e finisse il cielo. Aveva detto a Frank di non vedersi, almeno l'ultima notte. 

Lui aveva acconsentito subito. Sapeva il motivo per il quale Gerard l'avesse fatto. Non c'era bisogno che glielo spiegasse.

Non perché volesse passare almeno l'ultima notte nel letto con sua moglie, che aveva reclamato sempre di più la sua presenza durante la vacanza, ma l'unica ragione che l'aveva spinto era stata Bandit.

Bandit, a differenza di Linz, non aveva fatto storie. Era felice quando il padre, durante il giorno, le era vicino. Ma non domandava il perchè la notte non ci fosse nel letto. Nonostante, Gerard ne era sicuro, si fosse accorta che mancava ogni santa notte. L'uomo aveva sempre avuto paura che Bandit scoprisse tutto. Era una ragazza intelligente, perspicace, molto responsabile. Tutto il contrario di sua madre. 

Non le sarebbe servita molta fantasia per capire che suo padre era innamorato di un'altra persona. Ma non era questo a spaventarlo di più.

Aveva il terrore che Bandit, parlando con Lily e Cherry, capisse che quella persona fosse Frank. Il caro, zio Frank. Il migliore amico di suo padre.

Sentì dei passi, appesantiti dalla sabbia, avvicinarsi. E poi qualcuno sedersi accanto a lui. La riconobbe subito dal profumo.

Un profumo dolce, delicato. Un profumo non chimico. Ma di pelle giovane. Un profumo per cui un ragazzo avrebbe perso la testa. E di questo Gerard aveva una paura fottuta.

Doveva essere sempre lui l'uomo della sua vita.

Quanto era egoista. Lo era sempre stato. Soprattutto con le persone che amava di più.

«Mi mancherà questo posto. A te, papà?»

«Non lo so. Credo di sì.»

Bandit lo guardò. I suoi occhi sempre così simili a quelli di suo padre. Si guardarono allo specchio.

«Ti amo, Bandit» 

«Come ami la mamma?»

«No, di più.»

«Anche più di Frank?»

Gerard capì. Capì che sua figlia voleva sapere.

Non per poterlo dire a sua madre. Ma perché voleva conoscerlo meglio, voleva sapere cosa c'era dentro quella persona tanto simile a lei.

Sorrise, e le accarezzò il viso dolcemente.

«Esistono modi diversi di amare»

Lei annuì, senza aggiungere nulla. Ma Gerard si sentì in dovere di continuare.

«Io ti amo perché sei la mia vita Bandit. Sei la cosa più preziosa e più cara che io ho.»

Vide che sua figlia aveva gli occhi lucidi. Non l'aveva mai vista commuoversi.

«E Frank, invece, papà? Cos'è per te?» Chiese curiosa. Senza alcun rancore. Solo con un barlume di speranza negli occhi. Come se fosse felice che suo padre era uno di quei pochi uomini rimasti sulla terra che amava con tutto se stesso. Amava la stessa persona da una vita.

«Frank è il mio cuore, Bandit. E' l'amore della mia vita. E' colui a cui ho dedicato praticamente tutte le canzoni che ho composto.»

La ragazza si mise seduta meglio e annuì per farlo continuare.

«E' quel bambino che mi chiedeva di insegnargli ad andare in bicicletta, quando invece sapeva già andarci. E' quel ragazzino che mi ha insegnato a fregarmene dei giudizi altrui, ad uscire fuori a testa alta. E' quel ragazzo un po' egocentrico, ma generoso e altruista, che mi è sempre stato accanto, anche quando stavo per auto distruggermi e tutti mi consideravano un fardello. E' quell'uomo che amo tuttora, Bandit, e che amerò per il resto dei miei giorni, ed oltre.»

Era incantata, come quando Gerard, da piccola, le raccontava le storie di paura e lei, invece di piangere, sgranava gli occhi e sorrideva.

Ma l'uomo aveva il timore di aver detto qualcosa di troppo, di averla ferita, in qualche modo.

«Bandit senti io..forse non…»

«Spero di trovare anche io, il mio Frank, papà.»

Gerard non si era aspettato una risposta del genere, ma in cuor suo, sapeva che Bandit avrebbe capito. Perché era sua figlia, perché era la sua dolce copia.

«Anche io spero che lo troverai Bandit. Ma...vedrai che a te andrà meglio. Ci sarà un lieto fine ad aspettarti.»

A Bandit si illuminarono gli occhi.

«Ma papà, il lieto fine ci sarà anche per te! Perché lui resterà sempre con te, e tu lo aspetterai, finché non troverete la vostra strada, al sicuro dal mondo. Sono sicura che lui scapperebbe con te, ogni volta che vuoi, papà.»

Gerard, udendo quelle parole, capì che sia Frank che sua figlia, per la prima volta, senza rendersene conto, lo avevano aiutato a concludere l'ultima canzone del quarto album dei My Chemical Romance.

 

 Cause if you stay, I would even wait all night. Well or until my heart explodes. How long? Until we find our way, in the dark and out of harm.

                                                                           

                     You can run away with me, anytime you want.

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Capitolo 11
*** Chapter eleven: Asleep or dead? ***


                         
Epilogo

 

 

                                                           CHAPTER ELEVEN  

             

                                                               Asleep or dead?

 

 

È proibito piangere senza imparare, avere paura dei tuoi ricordi. 

È proibito non sorridere ai problemi, non lottare per quello in cui credi e desistere, per paura. Non cercare di trasformare i tuoi sogni in realta'.

È proibito non dimostrare il tuo amore, fare pagare agli altri i tuoi malumori. Non cercare di comprendere coloro che ti stanno accanto e chiamarli solo quando ne hai bisogno.

È proibito non essere te stesso davanti alla gente, dimenticare tutti coloro che ti amano.

È proibito sentire la mancanza di qualcuno senza gioire, dimenticare i suoi occhi e le sue risate solo perché le vostre strade hanno smesso di abbracciarsi. Dimenticare il passato e farlo scontare al presente.

È proibito non creare la tua storia, non avere neanche un momento per la gente che ha bisogno di te.

E' proibito non sentire che, senza di te, questo mondo non sarebbe lo stesso.

(Pablo Neruda)

 

 

 

 

22 luglio 2051.

 

 

 

Gerard si era sempre domandato cosa si provasse a stare su un letto di morte.

Fin da bambino aveva amato i cimiteri e i cadaveri. Non sapeva nemmeno lui il motivo. Ma sentiva che quelle persone potevano trasmettere molto più dei vivi. 

Quando sei morto hai visto cose che nessuno in vita ha mai conosciuto.

Da quelle persone si poteva imparare sempre qualcosa di positivo. Di questo ne era certo.

Soprattutto per il fatto che sua nonna Helena, anche da cenere, era riuscita ad insegnargli come continuare a vivere. Nonostante il dolore, la sofferenza e il duro lavoro.

Ed ora, tutto ciò che voleva era diventare anche lui una di quelle persone. Vivere sotto terra. Essere mangiato dai vermi per poi riposare per sempre in pace. 

Senza che qualcuno potesse suggerirgli cosa fosse giusto e cosa sbagliato.

Libero di compiere finalmente tutte quelle azioni che secondo la società in cui viveva erano sbagliate per un eroe come lui.

Gli eroi sono persone normali che si rendono straordinarie.

L'aveva detta lui quella frase.  Ricordava ancora la circostanza.

I My Chemical Romance si trovavano in uno commercialissimo studio televisivo a rispondere a delle banali domande che gli venivano offerte dalla solita bionda mozzafiato senza un minimo di personalità.

Davvero era stato lui a rispondere in quel modo? Quindi significava che lui, per essere diventato un eroe per tanti ragazzi, si era reso straordinario? 

Lui? La persona più egoista, cinica e menefreghista del pianeta?

Sospirò, sorridendo. Un tubo lo teneva legato ad un fottutissimo letto d'ospedale.

Non mancava molto. Lo sentiva. Finalmente una delle persone più orrende del pianeta se ne stava per andare.


Gerard Way, non ti meriti di essere arrivato a questo punto. Senti i tuoi fan? Li senti come ti sono accanto anche in questi ultimi atti di vita? Tu cosa hai fatto per meritarti tutto ciò? Niente, Gerard, assolutamente niente. Se non far soffrire le persone che ti amavano davvero. La persona che ti amava davvero.

 

                                                  And if your heart stops beating , I'll be here wondering , did you get what you deserve? 

 

Una vocina dentro di lui gli continuava a ripetere questa frase, scritta da lui stesso.

E solo ora capiva che, in realtà, lui sapeva ormai da tanti anni, che persona orribile fosse. Ma si rifiutava ad ammetterlo a se stesso, per questo lo scriveva su un foglio di carta e poi lo cantava davanti ai suoi fan.

Gerard sapeva bene che quella era la voce della coscienza, di quella parte dentro di lui che era rimasta razionale e non si era fatta trascinare dai soldi, dalla fama, dall'orgoglio.

Si svegliò di soprassalto e iniziò a tossire pesantemente. Era un incubo. Nessuna vocina nella sua testa. 

Il tubo al naso, però, c'era. E lo teneva ancora avvinghiato al letto.

La malattia lo stava consumando. Inoltre, fare quegli incubi non lo faceva sentire meglio.

Una mano strinse forte la sua.

«Papà, papà!»

'Sto...sto bene Bandit, tranquilla amore, vai pure a casa»

La donna lo guardò contrariata.

«Non se ne parla. Io resto qui. Almeno finché non viene la mamma»

«A volte mi chiedo chi sia il genitore tra noi due»

Sorrisero entrambi.

«Vuoi qualcosa da bere, papà?» 

Scosse la testa.

«No, è tutto okay. Ho fatto solo un brutto sogno»

«Cosa hai sognato?» gli domandò sua figlia, preoccupata dall'espressione di suo padre.

«Nulla di nuovo. Solo una voce che mi ripeteva quanto io sia una persona orribile.»

Bandit strabuzzò gli occhi e gli si avvicinò velocemente.

«Ma papà! Che dici? Tu sei la persona più meravigliosa che io abbia mai conosciuto» 

«Lo dici perché sono tuo padre, Ban»

«No. Lo dico perché ho la certezza di questo. Ed anche qualun altro lo penserebbe se fosse ancora in vita, papà…»

Un vecchio amico chiamato dolore bussò nuovamente alla porta del suo cuore e lui dovette chiudere gli occhi per non piangere come un ragazzino.

Ogni volta che si parlava di lui si sentiva come se fosse appena stato trafitto da una spada a mille lame.

La donna se ne accorse e si morse il labbro.

«Scusami. A volte parlo davvero troppo»

«No. E' passato tanto tempo ormai, non ti preoccupare amore»

«Avanti, chi vuoi prendere in giro papà? Il tempo non potrebbe mai distruggere un amore come il vostro»

«Bandit, quando Frank si è...suicidato»- Deglutì pesantemente, gli faceva ancora dannatamente male ricordare quella notte, quando lo aveva trovato morto in casa sua- «lui...lui già non mi amava più! Io…»-i singhiozzi si fecero spazio tra le sue labbra aride- «non gli sono stato accanto neanche quando lui mi implorava di farlo, non gli ho detto che lo amavo! Come può resistere il nostro amore? Come?»

La donna si strinse al padre e lo abbracciò forte. 

«Papà, Frank ti amava, e ti ama tutt'ora, anche da cenere»

«Bandit, per favore..»

L'uomo sospirò stanco e il suo viso assunse un espressione di puro dolore.

«Okay. Basta, non posso più vederti così papà.»

Si allontanò dal letto e cominciò a preparare una borsa.

«Che...che vuoi fare?»

«Dirai a Frank quello che non gli hai mai detto in vita.»

«Hai intenzione di far resuscitare un morto?»

Gerard nonostante tutto non aveva ancora perso il suo senso dell'umorismo. 

Bandit ridacchiò.

«Nah, quello ancora me lo devono insegnare. Ma una cosa la so fare benissimo.»

«E sentiamo? Cosa?»

«Rendere felice mio padre.»

 

 

                                                                                                                                    ****

 

 

Era tanto che non entrava in un cimitero; dopo la morte di Frank si era rifiutato anche di andare a fare visita alla sua amata nonna. 

In realtà, dopo la morte di Frank, si era rifiutato di continuare a vivere.

Erano passati dieci anni, ma ancora non riusciva a sopportare il peso della perdita del suo amico.

Amico, già.

Era così strano come nella sua testa continuasse a ripetersi questa stupida e inutile bugia. Ancora adesso, dopo tutti quegli anni. Dopo che tutti avevano capito.

Anche Linz.

Davvero la considerava così stupida da non accorgersi di quello che c'era realmente sotto gli sguardi tra lui e Frank?

Gerard aveva avuto la presunzione di credere di essere molto più furbo e intelligente di sua moglie. In realtà, solo ora capiva quanto lui fosse il più ingenuo e illuso tra entrambi.

Lei sapeva, eppure, aveva taciuto per anni e anni.

Perché era davvero innamorata di suo marito, e comunque non avrebbe potuto cambiare quello che c'era tra i due uomini.

Quindi aveva scelto la strada più facile ma dolorosa: continuare a stare con lui, cosciente che non l'avrebbe mai amata quanto amava qualcun'altro.

Le foglie del cimitero erano a terra e formavano come un tappeto sotto i suoi piedi. Camminandoci sopra, Gerard sentiva il loro scricchiolio causato dai suoi passi pesanti e stanchi.

Sua figlia lo teneva sotto braccio.  La guardò e un sorriso gli increspò le labbra.

Non poteva guardarla senza sorridere automaticamente; lei era la sua unica medicina contro il malumore. Lo era sempre stata. 

Ogni qualvolta lui litigava con Frank, tornando a casa, la trovava ad aspettarlo, seduta sulla veranda, con le mani strette al grembo e un'espressione insonnolita.

La guardava e si sentiva un uomo migliore.

E più la guardava e più pensava che era riuscito a generare almeno un qualcosa di meraviglioso nella sua vita. E che alla fine non era stato poi tanto una nullità, come credeva nella maggior parte del suo tempo.

I suoi pensieri furono distolti dalla dolcezza della mano di Bandit sulla sua.

Si accorse che erano arrivati di fronte ad una lapide.  Fece un respiro profondo e cercò di non scoppiare a singhiozzare, almeno stavolta.

Vide le lettere del nome di Frank stampate sulla lapide, tanti fiori colorati e poi la foto del suo compagno. Fu l'ennesimo colpo al cuore per il cantante.

Ma decise di farsi coraggio e avvicinarsi ancora un po'. 

Si girò verso sua figlia.

«Bandit, amore, puoi lasciarmi da solo?»

«Va bene papà. Ti aspetto in macchina, per qualunque cosa, chiamami al cellulare»

Gerard annuì e le lasciò la mano, stampandole un bacio in guancia.

Dopo essersi accertato che era uscita dalla porta principale del cimitero, si sedette tra l'erba e accarezzò piano la lapide.

«E' liscia, come la tua pelle, Frank..»

Una lacrima solitaria gli scese fino al collo.

«Quante lacrime abbiamo versato l'uno per l'altro, eh, Frank? Possibile che non ci siano ricordi di noi due che sorridiamo beati? Ricordi di noi due che non pensiamo alle conseguenze di quello stavamo facendo? Ricordi di noi che ci amiamo, senza paura del mondo che ci guarda da fuori? Ti ho promesso mille volte che avrei combattuto contro tutti per te, e invece mi sono fatto sconfiggere dall'intero mondo. Non ho vinto contro nessuno. Tranne contro di te. Tu, l'unica persona che mi abbia mai amato sinceramente, sei stato la mia unica vittima. Che ho massacrato, annientato, ucciso. Io lo so, Frank, lo so che tu non sei morto di infarto, ma per quel mix fatale di pasticche. Lo so, che ti sei ucciso per me. Anzi, no. Io ti ho ucciso, amore mio. Ti ho fatto innamorare di me, ho stuprato il tuo cuore, ho annichilito la tua anima, ho spento il tuo sorriso e la luce dei tuoi occhi, e poi ho straziato anche il tuo corpo, l'unica cosa che mi rimaneva. Ed ora sto facendo lo stesso con me. So bene che se fossi qui, mi diresti di smetterla di auto distruggermi, come hai sempre fatto. Ma non ci riesco Frank. Solo Bandit riesce ancora a tenermi in piedi su quel filo sottile che è la mia vita. Tu eri l'unico rimedio ai miei attacchi autodistruttivi. E' solo grazie a te se ora sono ancora vivo, se non ti avessi mai incontrato, se quel giorno Mikey non mi avesse presentato quel bambino troppo esile per la sua età, e troppo buono per vivere in questo mondo di lupi, a quest'ora sarei già morto, Frank. E tu saresti ancora vivo. Allora, mi chiedo, se forse, per il tuo bene, sarebbe stato più giusto non averti mai incontrato, nè conosciuto. Io sarei morto, ma tu...ora saresti felice. Avresti trovato qualcuno che ti merita. E saresti morto di vecchiaia. Non così. Non per amore di un uomo orribile che l'unica cosa è riuscito a fare concretamente è stata...ucciderti. Se solo potessi tornare indietro Frank, me ne fregherei del mondo, e non sprecherei nemmeno un secondo lontano da te, amore della mia vita…»

 

Gerard si accasciò a terra, vinto dalla sofferenza, dal dolore fisico ed emotivo. 

Guardò per un ultima volta l'immagine del volto sorridente del suo amato e riuscì a provare finalmente quello che aveva sempre desiderato: il peso massiccio della sua vita che volava via...

 

 

                                                                                                               ****

 

 

Un urlo fece sobbalzare Mikey.

«Ehi, fratellone, tutto bene?»

Gerard si guardò intorno, spaesato e sudato. 

«Io...sì. Ma dove sono?»

«Gee, sei a casa, e ti sei addormentato come un pesce lesso!»

Il ragazzino chiuse gli occhi. La testa gli doleva e si sentiva come se fosse appena tornato da un viaggio sullo spazio.

Il suono del campanello lo intontì ancora di più, mentre vide Mikey sorridere raggiante.

«Questo deve essere il mio nuovo amichetto, Gee! Scendi a conoscerlo anche tu fratellone?»

Il più piccolo scese di fretta le scale, senza aspettare la risposta di Gerard. 

Doveva essere davvero speciale questo amico per catturare in quel modo l'attenzione di Mikey, pensò Gerard, alzandosi dal letto.

Il più grande dei due fratelli uscì dalla porta della camera e raggiunse il fratellino che era intento ad abbracciare un altro bambino, più o meno della sua età.

«Ehi, Gee! Eccoti finalmente. Oggi a scuola ho conosciuto il mio nuovo migliore amico, sai?»

Gerard si girò verso il bambino che gli sorrideva felice, e gli porgeva la mano.

«Piacere, io sono Frankie.»

Il suo cuore da uccellino iniziò a battere fortissimo. I ricordi del sogno che aveva appena fatto riaffiorarono improvvisamente. Ma Gerard era troppo piccolo per capire cosa significassero realmente quelle immagini che gli erano apparse durante il sonno.

«Frank…tu sei- tu sei vivo» 

Gli altri due bambini lo guardarono confusi, non capendo la sua affermazione.

«Gee, ma ti senti bene?» domandò Mikey.

Il ragazzino ritornò in sè e annuì velocemente.

«Sì, mai stato meglio. Ah e io sono Gerard, piacere di conoscerti Frank. Sono sicuro che diventeremo grandi amici.»

Frank sorrise, guardandolo negli occhi.

«Anche io ne sono sicuro, Gerard»

 

Da dietro lo stipite della porta s'intravide la sagoma di Helena, che aveva visto tutta la scena. 

La donna sorrise dolcemente. 

«La vita a volte da una seconda possibilità, Gerard. Non la sprecare.»

 





           
                                                                                                  THE END

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Okay, non so decisamente cosa scrivere, perché mi viene da piangere, considerando che è la prima FanFiction che riesco a terminare.
Ad ogni modo, mi sono affezionata anche io a questa storia. Dico davvero. Scriverla mi ha riavvicinata molto ai Chem, e sono felice di questo.
Vorrei davvero ringraziare di cuore tutte le splendide persone che l'hanno seguita, amata, recensita e che mi hanno accompagnata in questo viaggio.
Senza di voi non ce l'avrei mai fatta a finirla. Quindi, spero di non avervi deluso con questo ultimo capitolo.
E' stato davvero bello condividere con voi questa esperienza. 

                                                                                         Lunga vita ai My chem e al Frerard! Sempre e comunque

Li amo. Vi amo. Mi amo, per averla finita. (LOL)

La vostra, Vav. 

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Capitolo 12
*** Nota dell'autrice; modifiche e correzioni alla Fan Fiction. ***


Vorrei riproporre questa Fan Fiction, scritta da me ormai due anni fa, perché durante questi anni ho deciso di modificare e correggere alcune parti. 

L'ho fatto perché mi sembrava giusto che le persone, che a suo tempo l'avevano apprezzata, possano leggerla con le varie correzioni e le modifiche apportate in questi due anni.

Vi ringrazio per l'attenzione :)

Enjoy. 

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Questa storia è archiviata su: EFP

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