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Era un assolato pomeriggio d’inizio estate, quando il treno si fermò
nella piccola stazione di Carmody
Era un assolato pomeriggio
d’inizio estate, quando il treno si fermò nella piccola stazione di Carmody.
Passava soltanto due treni al
giorno e quello era il secondo. Il capostazione uscì dal piccolo ufficio
controllando l’ora.
Non era necessario visto la scarsità
di treni che passavano di lì, ma lui era sempre stato un tipo preciso, nessun
macchinista si stupiva più vedendolo tirar fuori il suo orologio e scrutarlo
per qualche istante prima di annuire soddisfatto.
“Stazione
di Carmody!” disse a voce alta portando i gradini mobili per far scendere
eventuali persone.
Ne scesero quattro persone: un
attempato signore di mezz’età vestito con un elegante abito grigio, una donna
con un abito alquanto stropicciato con un bambino riluttante, forse entrambi
avevano risentito del viaggio al quale erano poco avvezzi ed un giovane di
circa ventiquattro anni vestito con un semplice paio di pantaloni di panno neri
ed una camicia bianca ed una borsa capiente stretta in mano.
Il capostazione osservò quel
giovane, guardarsi intorno incerto, mentre un lieve sorriso gli incurvava gli
angoli della bocca.
Il ragazzo s’avvicinò ad una
panchina, posta proprio vicino all’ufficio dell’uomo e appoggiò con calma la
valigia a terra.
“Attende qualcuno? Sa… con questo
caldo non è consigliabile stare troppo al sole…” spiegò lui sbirciandolo
curioso.
“No, non attendo nessuno… Nessuno
sa del mio ritorno…” rispose lui alzando le spalle, mentre il sorriso di prima
s’incupiva di una profonda tristezza.
“Vuole entrare? Sa… per via del
caldo…” ripetè l’anziano guardingo.
Solitamente non invitava nessuno
ad entrare nel suo ufficio, che era un po’ il suo regno, ma quel giovane dagli
occhi così tristi… beh, lo incuriosiva.
Soltanto in un’altra occasione
aveva invitato qualcuno ad entrare… Chissà magari poteva convincerlo
raccontandogliela… meditò l’uomo.
“Sa… una decina d’anni fa è scesa
una ragazzina dal suo stesso treno…” iniziò lui con voce lenta, sembrava
incerto sui fatti che stava narrando.
“Non era particolarmente bella…”
continuò quasi a voler spiegare una cosa non tanto ovvia, come se solo le
bambine belle potessero fermarsi a Carmody.
Il giovane lo fissava attento: il
capostazione si scusò mentalmente con la donna che sicuramente quella bambina a
quest’ora era diventata.
Il viso curioso del giovane lo
spinse a continuare a narrare quel ricordo tanto vivido che ancora faceva
sorridere l’anziano “Deve sapere che fu l’unica persona a scendere da quel
treno… Doveva vederla… Pelle e ossa… Un vestito liso e di un orribile color
beige… Una manciata di lentiggini ed una chioma rosso fuoco…” la descrisse lui
chiudendo gli occhi, quasi a voler ricordare meglio quella bambina.
“Il treno ripartì subito dopo e
non le nascondo la mia sorpresa quando mi accorsi che nessuno era venuto a
prenderla…” raccontò ancora lui osservando i binari ora deserti.
“Le chiesi se voleva entrare… Che
ci saremo potuti fare compagnia a vicenda…” continuò lui “Ma lei rifiutò con
molto garbo… Mi ringraziò addirittura… Mi disse, testuali parole, qui posso
far volar meglio la mia fantasia ” disse lui con voce stridula, volendo
imitare quella della protagonista del racconto.
Il giovane sorrise ed osservò
l’uomo che gli stava parlando.
Forse non l’avrebbe mai ammesso,
ma era stato colpito da quella bambina… Quella bambina che altri non era se non
Anna Shirley…
“Meglio che mi metta in marcia…”
disse il giovane alzandosi.
“Non si ferma?” domandò stupito
il capostazione.
“Ho un po’ di strada da fare…
Magari la prossima volta…” promise lui, afferrando la borsa che aveva lasciato
ai suoi piedi durante l’intero racconto.
“Ho sentito dire che a giorni
dovrebbe arrivare il nuovo dottore…” rivelò Rachel Lynde.
“Era ora… Non possiamo dipendere
sempre dal dottore di Carmody…” protestò Marilla sorseggiando il suo the e
sbirciando la pendola.
Non voleva che Rachel si
offendesse, ma Anna era in ritardo e lei era sempre preoccupata quando la
ragazza tardava.
Aveva ormai ventidue anni, certo,
non era più una bambina, ma era più forte di lei.
“Marilla? Ma mi ascolti?!”
domandò l’altra osservandola con attenzione.
“Certo Rachel… Cosa vai a
pensare…” borbottò lei piccata per essersi fatta scoprire.
“Non è che sei preoccupata per
Anna?” buttò lì la matrona sorbendo un po’ di the e tenendo d’occhio l’amica.
“No… E’ a scuola… Perché dovrei
essere preoccupata?!” rispose lei con noncuranza.
“Forse perché non è a scuola…”
rivelò l’altra sospirando rassegnata.
“E dove dovrebbe essere?!”
protestò stupita. Anna le diceva sempre tutto. Perché stavolta non l’aveva
fatto?! si domandò lei arrabbiata con la ragazza che da quasi undici anni
allietava la sua vita.
“A Carmody… A comprare la stoffa
per il vestito… Tra due settimane c’è la festa di fine anno e Anna e Diana
andranno a White Sand a festeggiare insieme a Ruby, Jane e Josie…” le spiegò
Rachel fissando Marilla come se stentasse a riconoscerla.
“E’ vero… me ne ero completamente
dimenticata… e me l’ha detto stamattina prima di andare a scuola!” si ricordò
improvvisamente la donna, mentre la rabbia lasciava il posto al sollievo.
“L’avevo detto io che avevi altro
per la testa…” ribattè Rachel.
Rachel Lynde viveva ormai al
Tetto Verde da quasi cinque anni: tanto era infatti passato dacchè Matthew
Cuthbert e Thomas Lynde erano scomparsi. Rachel, oberata dalle ipoteche e non
potendo lavorare l’enorme terra che il marito aveva accumulato durante gli anni
aveva venduto, pensando di andare a vivere a Carmody, vicino ad uno dei suoi
figli.
Solo Anna e Marilla erano
riuscite a farla desistere dal suo proposito: entrambe sapevano che la donna
amava profondamente Avonlea ed avrebbe sofferto molto a separarsi dalla suo
amato paese, di cui conosceva tutto e soprattutto tutti.
Così la matrona si era installata
al Tetto Verde tenendo compagnia all'amica di sempre e curando amorevolmente Anna.
Già, Anna che nonostante i vari
studi aveva deciso d’insegnare ad Avonlea nonostante le varie cattedre che le
erano state offerte.
Quella stessa donna che undici
anni fa Marilla aveva accolto in casa sua e poi nel suo cuore.
Da cinque anni però aveva notato
una profonda tristezza nei limpidi occhi grigi della ragazza. Lei non ne aveva
fatto parola con nessuno, attendendo il suo sfogo, ma lei non aveva ceduto.
Un pensiero le balenò nella
mente: la sua tristezza era iniziata quando…
“Sei sicura che questa stoffa mi
starà bene?” domandò Anna alla sua amica del cuore Diana Barry.
“Più che sicura… Sarai bellissima
e poi… ti ricordo che molti vorrebbero avere l’onore di invitarti al ballo…”
disse semiseria lei.
“L’unico carino l’hai già preso
tu…” disse Anna allusiva.
Diana arrossì vistosamente, ma
non protestò, dopotutto lei e Fred Wright erano ormai fidanzati da qualche anno
e l’anno prossimo si sarebbero sposati.
“James Hamilton è deciso ad
occupare tutto il tuo carnet di ballo…” la informò Diana appena riuscì a
contenere il rossore.
“Non è decisamente il mio tipo…” le
fece notare la rossa sbirciando altre stoffe, accanto a quella che le aveva
suggerito l’amica.
“E chi sarebbe il tuo tipo?
Gilbert Blyte?” domandò l’amica pentendosi immediatamente.
“No… decisamente non è il mio
tipo!” ribattè Anna, afferrando l’organza verdolina che Diana le aveva
consigliato.
“Anna!” la seguì Diana afferrando
l’organza blu e seguendo la sua amica dalla commessa.
“Quant’è?” domandò distrattamente
quest’ultima, dando i soldi alla signora Paterson, ed uscendo dal negozio.
“Per fortuna che siamo venute con
il mio calesse…” disse Diana salendo a sua volta e sbirciando l’amica.
“Va bene! Scusami!” disse dopo
aver fatto partire il cavallo.
“Ti perdono sempre… Lo sai che
lui è un argomento tabù!” protestò la rossa non osando guardare l’amica.
“Lo dici sempre dopo che mi sono
già scusata però…” brontolò Diana, sorridendo di sollievo.
“Lo sai che arriverà a giorni il
nuovo dottore?” disse Anna per rompere il silenzio che aveva avvolto il
calessino da qualche minuto.
“Sì… era ora, non era possibile
continuare così!” le dette manforte l’amica.
“Chissà com’è il nuovo dottore?
Magari è carino…” disse meditabonda Diana.
“Io vorrei che fosse competente…
Magari sui trent’anni… Deve dare fiducia con il suo aspetto…” dichiarò Anna.
Stavano procedendo da qualche
minuto, quando videro una figura intenta a camminare.
“Un po’ tardi per una
passeggiata…” disse Diana sbirciando l’uomo.
“Se consideri che Avonlea è il
centro più vicino ed è a cinque chilometri da qui…” le fece notare Anna.
Lo affiancarono dopo qualche
attimo.
“Vuole un passaggio? Noi andiamo
ad Avonlea…” disse Anna sorridendo, guardando l’amica che le stava affianco.
“Anch’io vado lì… Anna…” disse
lui fissando la ragazza.
“Come fa a conoscere il mio
nome!?” chiese la rossa voltandosi verso l’uomo ed osservandolo meglio.
“Non può essere…” disse solo,
mentre impallidiva visibilmente riconoscendolo.
Ciao! Eccomi qua con una nuova ficcy su Anna &
C. Ovviamente vi chiedo di farmi sapere cosa ne pensate…
Un ringraziamento particolare va a Nisi Corvonero.
“Gilbert?!” domandò pallida la
rossa fissando il giovane con occhi sgranati, come se avesse visto un fantasma.
“Ciao Gilbert sei tornato ad
Avonlea…” cercò di dire Diana stupita quanto la sua amica, nel riconoscere
l’amico che da cinque anni mancava dal loro villaggio.
“Già mi è mancata parecchio… Ora
sono tornato per restare…” assicurò lui, distogliendo a malincuore lo sguardo
dalla rossa perposarlo sulla ragazza dai
capelli corvini.
“Arrivi giusto in tempo per la
festa annuale a White Sands…” gli ricordò Diana tranquilla, avendo superato lo
choc iniziale.
“Me ne ero dimenticato ci verrò
sicuramente posso magari sperare di poter accompagnare una di voi?” suggerì lui
di trattenendosi a fatica dallo sbirciare Anna.
“Gilbert!” rispose Diana senza
nascondere il suo compiacimento “Io ho già il mio cavaliere, ma Anna… ” disse
l’amica.
“Ho anch’io il mio cavaliere…”
sbottò lei anticipando l’amica.
Aveva capito dove Diana voleva
andare a parare e non l’avrebbe permesso. Non avrebbe sofferto una seconda
volta per Gilbert Blythe!
“Ah pazienza…” disse lui stupito
dal tono della ragazza.
“Lo vuoi il passaggio?” chiese
Diana, evitando lo sguardo che sapeva puntato su di sé, immaginando il severo
ammonimento per aver rinnovato la proposta.
“Se non disturbo…” domandò lui
ritroso, accorgendosi della tensione tra le due ragazze.
“Non te l’avremo proposto
altrimenti…” ribattè Anna evitando lo sguardo di lui.
Dopo che il giovane ebbe presto
posto sul calessino, partirono alla volta di Avonlea.
“Come va con Fred?” chiese Gilbert,
rompendo il silenzio che da quando erano partiti era sceso tra loro.
“Tutto bene, non potrebbe andare
meglio…” disse sognante la ragazza.
“E tu Anna?” domandò lui, con una
noncuranza che in realtà non provava.
“Con Fred non va proprio:
continua a considerarmi solo un’amica…” ribattè lei, eludendoilsenso della
domanda.
“Anna!” protestò Diana scuotendo
la testa e non riuscendo a non arrossire, mentre cercava di trattenere un
risolino divertito a quella battuta.
“Io intendevo con il tuo
cavaliere…” specificò il giovane, per nulla sorpreso dalla risposta della
ragazza.
Se l’era aspettato. Dopo cinque
anni di lontananza Anna non intendeva dimenticare quello che lei considerava
un’offesa ed era decisa a comportarsi come già aveva fatto in passato: ignorare
l’artefice della sua sofferenza.
La battaglia tra loro era appena
iniziata. Ma stavolta, lui, aveva una nuova priorità, ed avrebbe vinto,
superando la sua diffidenza e tornando a riallacciare quell’amicizia così
speciale, trasformandola magari in qualcosa di più.
“Il cavaliere è solo per la
festa…” chiarì lei, escludendo qualsiasi possibile legame affettivo.
Non gli avrebbe dato alcun tipo
di soddisfazione.
Era decisa a vendicarsi: lui
l’aveva abbandonata e lei aveva sofferto come una sciocca per lui,lui che in tutto quel tempo era sparito senza farle
sapere alcunché.
Lei sapeva dovesitrovasse,
gliel’aveva detto quando si erano detti addio… ma per una questione di
principio e d’orgoglio non l’aveva mai cercato, aspettando un cenno da lui;
dopotutto era stato lui a lasciare Avonlea, si era ripetuta ogni giorno per
superare il dolore che soprattutto la notte attanagliava il suo giovane cuore.
In fatto d’orgoglio e di
cocciutaggine nessuno poteva sperare di competere con Anna Shirley.
Gilbert ricordò con piacevole
nostalgia i suoi primi tentativi di riappacificarsi quand’erano a scuola.
Inutili… solo quattro anni dopo avevano fatto pace. Una pace che Gilbert aveva
fatto di tutto per consolidare giorno dopo giorno, riuscendo a diventare il suo
miglior amico al pari di Diana.
Ma cinque anni prima aveva
commesso un errore, almeno dal punto di vista di Anna, ed ora le ostilità erano
riprese. Ma in Gilbert ora c’era una nuova consapevolezza. La consapevolezza
che in cinque anni Anna non fosse cambiata, di questo era certo soprattutto
grazie alle informazioni che gli erano state date.
Già perché se Gilbert non aveva
mantenuto i contatti con la rossa, ci aveva pensato qualcun altro a tenerlo
costantemente informato sulla ragazza.
“Io mi fermo qui…” dichiarò Anna
non appena il calessino superò il ponticello che conduceva al Tetto Verde.
“Sicura? Non mi costa nulla
accompagnarti fino alla porta…” propose Diana.
“Un po’ di moto non può che farmi
bene. Ci vediamo domani Diana?” propose Anna scendendo.
“Certo, così iniziamo a cucire il
vestito” suggerì Diana felice.
“Benissimo, a domani!” disse lei
afferrando la stoffa e pronta a dirigersi verso casa.
“Ciao Anna ci si vede” disse
fiducioso Gilbert.
“Ciao Gilbert” rispose lei,
mentre il suo sguardo faceva chiaramente capire al ragazzo che, se fosse dipeso
da lei, non si sarebbero mai incrociati.
Anna si avviò risoluta al Tetto
Verde, mentre il calesse s’avviava verso casa Blythe.
“Sono a casa!” disse Anna appena
entrata in casa.
“Hai trovato la stoffa che
cercavi?” le domandò Marilla entrando in cucina.
“Sì e domani io e Diana iniziamo
a i tagliare i vestiti e poi vedremo di cucirli: tra due settimane saranno
prontissimi!” assicurò lei sorridente.
“Mi è sembrato di vedere il
giovane Blythe sul calessino di Diana…” insinuòRachel
Lynde entrando nella stanza.
“E’ tornato?” domandò sorpresa
Marilla fissando con stupore Anna che aveva taciuto un simile dettaglio.
“Già e sembrerebbe deciso a
restare stavolta…” disse la ragazza con voce atona.
“Meglio così… Si era sentita
parecchio la sua mancanza” ribattè Rachel sbirciando attenta Anna.
“Non mi pare” rispose
quest’ultima alzando lievemente le spalle.
“Vado a portare in camera la
stoffa e a preparare la lezione per domani” disse lei dirigendosi verso la sua
camera.
L’arrivo di Gilbert a casa Blythe
fu un tripudio di baci ed abbracci. Il giovane non si sorprese e rispose ad
ogni abbraccio con lo stesso calore. L’indomani sarebbe andato a parlare con il
suo collega ed avrebbe iniziato il suo nuovo lavoro.
Quel giorno voleva dedicarlo alle
persone che avevano creduto in lui, infondendogli spesso la forza necessaria
per andare avanti e permettendogli così di realizzare il suo sogno.
Avrebbe desiderato avere Anna al
suo fianco, ma sapeva e soprattutto sperava che in un futuro non molto lontano
avrebbe potuto festeggiare i suoi successi con lei.
Anna si svegliò con la certezza
di non aver dormito molto.
Sapeva che il motivo della sua
insonnia aveva un nome ed un cognome: Gilbert Blythe!
Si vestì lentamente, rivolgendo
improperi mentali al primogenito di casa Blythe.
Scese al pian terreno e Marilla e
la signora Lyndepoterono constatare che la loro
pupilla era di umore nero.
Decisero entrambe di attendere la
sua mossa, non volendo irritarla ancor di più.
“Buongiorno…” fece laconica Anna
sedendosi e sbocconcellando un pezzo di torta di mele.
“Buongiorno…” la salutarono le
due matrone, fingendo d’ignorare il suo strano comportamento.
“Meglio che vada, altrimenti
faccio tardi a scuola…” disse lei dopo qualche minuto sbirciando la pendola ed
afferrando i libri di testo.
“Buona giornata cara…” disse
Rachel sorridendo maliziosa, mentre Marilla guardava la torta lasciata a metà.
“Ci vediamo questo pomeriggio”
rispose lei senza guardarle, uscendo frettolosamente dalla porta.
“Quella ragazza mi preoccupa.
S’ammalerà sicuramente se inizia a saltare la colazione! Lo sa che è il pasto
fondamentale!” sbottò Marilla.
“Marilla, non si ammalerà, puoi
starne certa…” disse Rachel con aria saputa, iniziando a riordinare la tavola.
La mattinata si trascinava
insolitamente lenta e monotona: cosa alquanto insolita per Anna, che non
riusciva a spiegarsene il motivo.
Fissò i suoi alunni senza
apparentemente vederli.
Aveva modificato l’ordine dei
posti in base alle classi. Non era stato facile far accettare il cambiamento,
soprattutto ai genitori, ma con il tempo i fatti le avevano dato ragione.
Ora le classi, in ordine
crescente da destra a sinistra, erano più unite.
La scuola non era cambiata di
molto dacché lei aveva smesso di frequentarla: i muri bianchi erano stati abbelliti
da vari disegni a tema, che davano un’aria familiare, evitando che l’enorme
stanza spaventasse i più piccoli.
Le finestre alla sua sinistra le
permettevano di veder luccicare il lago dalle acque splendenti, mentre le
finestre a destra facevano scorgere lo splendido faggeto che si estendeva
dietro alla scuola.
Dopo aver dato un’ultima occhiata
ai suoi allievi, sbirciò fuori lasciando correre i suoi pensieri verso posti
fatati, nei quali non c’era nulla che potesse turbare le driadi o gli elfi che
liberamente giocavano tra loro senza paura.
Passi affrettati fecero voltare i
bambini e distolsero Anna da quei piacevoli pensieri, facendola tornare
velocemente alla realtà.
La porta si aprì improvvisamente,
rivelando così l’identità del visitatore.
“Diana? Cosa ci fai qui?” domandò
sorpresa la ragazza alzandosi in piedi ed avvicinandosi lentamente all’amica.
“Anna… Marilla… dottore…” cercò
di dire la ragazza dai capelli corvini con il fiato corto.
“Resta qui!” urlò Anna, uscendo
di corsa dalla scuola e dirigendosi a passo spedito al Tetto Verde ripetendosi
mentalmente d’andare più veloce.
Arrivò poco dopo con la fronte
madida di sudore: respirò profondamente cercando di calmare i battiti
affrettati del cuore e si sistemò la gonna sgualcita dalla foga della corsa.
Entrò in casa e vide Marilla
seduta sulla sedia con il piede fasciato e Gilbert intento a sorseggiare un
the.
“Cosa ci fai tu qui!?” sbottò lei
seccata.
Non era stata una mattinata
facile e vedere Gilbert tranquillo e sorridente era stata l’ultima goccia che
aveva fatto inevitabilmente traboccare un vaso già fin troppo colmo.
“Anna! Che modi sono questi?”
tuonò Marilla.
“Sono il nuovo medico di
Avonlea…” le rispose il ragazzo, mentre Rachel Lynde entrava nella stanza con
aria sorniona.
Ciao a tutti! Ecco qua il nuovo capitolo. Un
ringraziamento speciale va a Nisi Corvonero che mi ha fatto da Beta reader.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno lasciato il loro commento ed anche quelli
che leggono, ma non commentano.
“Sei il nuovo dottore di
Avonlea?” domandò con voce flebile Anna, stentando a credere alle sue orecchie.
“Non glielo avevi detto?” domandò
Marilla rivolgendosi a Gilbert.
“Non siamo entrati in argomento”
rispose lui, trattenendo un sorriso. Sapeva che se l’avesse fatto la ragazza,
sarebbe esplosa.
“E’ passato il giovane Hamilton…
Voleva sapere se hai deciso qualcosa per il ballo” disse con noncuranza la
signora Lynde, versandosi del the.
“No, non ho ancora deciso nulla”
ripeté lei senza pensare.
“Ai miei tempi il cavaliere lo si
sceglieva almeno un mese prima del ballo!” sentenziò per nulla scoraggiata la
matrona, sorseggiando la bevanda ambrata.
“Ma Anna non ha simili problemi”
s’informò curioso il dottore, fissando una ad una le tre donne che occupavano la
stanza.
“Veramente Anna non ha ancora il
cavaliere” spiegò Marilla, non notando l’occhiataccia della ragazza.
“Non glielo avevi detto cara?”
s’informò allusiva Rachel, guardandola con finta ingenuità.
“Veramente un mezzo impegno con
James ce l’ho” rispose lei, cercando di salvare la faccia.
“A noi non ha detto così, ma
forse abbiamo capito male. Gilbert? A te cos’è sembrato?” chiese Rachel poco
propensa a lasciar perdere un argomento così piccante.
“Non mi è sembrato…” confermò
lui, in parte dispiaciuto di dover contraddire Anna.
“Cos’è successo al tuo piede
Marilla?” s’informò la ragazza, lasciando cadere l’argomento.
“Sono caduta come una sciocca in
giardino” ammise lei scuotendo la testa avvilita.
“Non è nulla di grave, una
semplice storta che guarirà in pochi giorni” le spiegò Gilbert alzandosi in
piedi, pronto a lasciare la casa dal tetto verde.
“Ma Gilbert dovrà visitare spesso
la povera Marilla” disse con voce compassionevole Rachel.
“Passerò tra qualche giorno”
disse lui guardando stupito la matrona.
“Non vorrei sottovalutassi questo
incidente: Marilla non è più giovanissima” lo redarguì severa lei.
“Il mio lavoro è una cosa seria.
Se servirà a farla stare tranquilla passerò domani” rispose lui, guardando la
donna stupito dalla sua ipocondria.
Aveva letto da qualche parte che,
molte volte la gente che aveva perso persone care, tendeva a temere anche i
mali più sciocchi. Ma Rachel Lynde non le sembrava quel tipo di persona.
“Anna? Hai lasciato i tuoi
allievi da soli” le rammentò Marilla con voce preoccupata. Sapeva quando la
ragazza tenesse al suo lavoro e non voleva crearle problemi.
“C’è Diana con loro. E’ stata lei
ad avvisarmi” la tranquillizzò lei.
“Il dottore è arrivato con il
calesse, potrebbe ricambiare il passaggio di ieri” disse allusiva Rachel,
fissando Gilbert con occhi di braci.
“Se ad Anna fa piacere” disse
solo, non volendo contraddire la matrona.
“Chissà quante visite ancora hai
da fare” cercò di evitare lei.
“Devo solo andare allo studio” le
spiegò lui.
“D’accordo allora” accettò
riluttante.
“Ci vediamo nel pomeriggio”
cinguettò Rachel sotto gli occhi stralunati di Marilla, mentre i due ragazzi si
avviavano verso il calessino.
“Non dovevi sentirti obbligato”
disse lei, prendendo posto ed attendendo che lui facesse altrettanto, evitando
accuratamente di guardarlo.
“Nessun obbligo, dopotutto una
volta eravamo amici” disse lui cercando di portare la conversazione su
argomenti neutrali.
“Una volta Gilbert” specificò lei
fissando un punto lontano davanti a sé “non dimenticarlo”.
Anna si complimentò con se
stessa: era riuscita a dare un tono secco ma elegante. Purtroppo, il destino
aveva altro in serbo per lei.
Una buca rovinò l’effetto che la
ragazza aveva dato alla frase, rischiando di farla cadere: rischio evitato
grazie al pronto intervento del giovane che la sorresse abilmente con un
braccio, evitando danni peggiori.
“Tutto bene Anna?” chiese
preoccupato lui, fermando il cavallo con la mano libera, evitando di allentare
la stretta.
“Sì” ammise lei, sbirciandomalamente la buca sulla strada, quasi che un suo
sguardo potesse farla sparire, voltandosi verso il giovane.
Vicini… troppo vicini. Nessuno
dei due osò muovere un muscolo, in attesa che l’altro facesse la sua mossa. Il
verso di un uccello riscosse i due ragazzi che, arrossendo, si separarono.
“Dovrebbero riparare questa
strada” borbottò Anna seria, evitando lo sguardo del giovane.
“Avonlea è un piccolo villaggio,
sicuramente ci saranno strade in uno stato peggiore di questo” rifletté ad alta
voce.
“Se Matthew fosse vivo questa
strada sarebbe ancora perfetta” mormorò lei con voce improvvisamente triste.
Gilbert non rispose: non era
facile competere con una persona in circostanze normali, figurarsi con un
morto.
E non uno qualsiasi, ma uno che
aveva accolto una ragazzina sola e le aveva donato una casa e tutto il suo
amore.
“Nessuno potrà mai prendere il
suo posto” disse lui sorprendendo se stesso per primo.
Anna non osò ribattere: era vero, pur non avendo mai
espresso questo concetto a voce alta, lei aveva in qualche modo cercato di
vedere Gilbert come Matthew.
Che avesse sbagliato? Che avesse
sprecato tutto quel tempo per nulla? Che il ragazzo fosse completamente
innocente e fosse lei ad avere torto?
Non era una cosa facile da
accettare e soprattutto non voleva dargli quella soddisfazione.
“Anna? Siamo arrivati” le fece
notare lui gentilmente, risvegliandola dai suoi pensieri.
“Grazie Gil” rispose lei
scendendo.
Troppo tardi s’accorse d’aver
chiamato il ragazzo con il vecchio nomignolo. Arrossì imbarazzata, cercando di
non farlo notare.
“Prego Anna” disse lui, incapace
d’aggiungere altro, mentre la ragazza annuiva e rientrava frettolosamente in
classe.
“Perché non può tornare tutto
come prima?” mormorò lui facendo partire il cavallo.
Sei una stupida Anna Shirley! Che
cosa ti è preso?! si ripetè per l’ennesima volta.
“Maestra?” la chiamò unavocesottile, mentre
una manina le toccava il braccio.
“Dimmi” disseguardando il suo allievo.
“Volevamo sapere se abbiamo fatto
qualcosa di male” chiese lui dopo aver respirato profondamente.
“Non avete fatto nulla, perché?”
chiese imbarazzata.
“Da quando è rientrata ha l’aria
seria” le fece notare lui.
Anna fissò il ragazzino: era Josh
Bangley, un bambino di quarta elementare dai capelli rossi ed occhi verde
spento. Sapeva quanto fosse riluttante a parlare con i grandi, ma era stato
scelto suo malgrado per scoprire cos’affliggesse l’insegnante.
“Vai a posto Josh” disse lei
alzandosi in piedi “Avete terminato gli esercizi?” chiese con voce seria
fissando l’aula.
Vari mormorii le fecero capire
che i compiti erano stati svolti.
“Possiamo correggerli allora.
Adam vieni alla lavagna” disse sorridendo gentile.
I bambini si rilassarono
all’istante vedendo il suo viso tornare allegro e calmo e ripresero a seguire
la lezione con la stessa attenzione di sempre.
“Sei uscita prima del solito!” le
fece notare Diana appena vide l’amica uscire dalla scuola.
“Già, il pensiero di Marilla non
mi dà pace” disse lei. Si scusò mentalmente con la sua amica del cuore per la
bugia che le aveva detto, ma non era ancora pronta a raccontarle cos’era
accaduto qualche ora prima.
“Ti capisco. Se vuoi possiamo
rimandare la preparazione dei vestiti per il ballo” le propose Diana.
“No, altrimenti rischiamo di non
averli pronti in tempo e Marilla non lo vorrebbe” la rassicurò lei sorridendole.
“D’accordo, posso restare fino
alle sette e mezza” la informò, sospirando felice all’idea di trascorrere parte
del pomeriggio con lei.
“Hai trovato il tuo cavaliere per
la festa?” le domandò Diana.
“Non ho ancora deciso” ammise
riluttante lei, mentre l’immagine di Gilbert faceva capolino nella sua mente
“magari potrei invitare Gilbert” scherzò lei.
“Non credo… ho saputo che Jenny
Mayers lo ha invitato” rivelò Diana, mentre Anna sentiva ribollire la rabbia
che pensava d’aver represso nel migliore dei modi quella stessa mattina.
Ecco qua la fine di
un altro capitolo, ringrazio Nisi Corvonero per il Beta Reading, spero che
lascerete un commentino, anche piccino piccino…
Ringraziamenti:
Lu: ciao! Ecco il
seguito, spero d’aver aggiornato sufficientemente in fretta. Non posso dire cos’ha
combinato Gilbert, ma lo saprai abbastanza presto. Fammi sapere cosa ti sembra
il capitolo. Ciao!!
Nisi Corvonero:
carissima! Ecco il capitolo… Attendo il giudizio (tu sai ^^). Ciao!!
Ringrazio tutti i
lettori anonimi, magari lasciate un commentino…
“Ah, ed ha accettato?” s’informò Anna in tono casuale,
quasi stesse parlando del tempo, ma purtroppo non riuscì ad essere credibile
neppure alle sue orecchie.
Diana non rispose subito: non era certa che la sua amica
del cuore volesse sapere la verità, ma non aveva alcun diritto di
intromettersi. O forse sì?
“Ha detto solo che probabilmente dovrà essere reperibile in
caso di necessità o di urgenze. La signora Hammond non sta troppo bene e c’è il
rischio che peggiori” le spiegò brevemente Diana.
“Penso che accetterò la proposta” mormorò Anna
indispettita.
“Scusa?” chiese Diana non capendo l’affermazione
dell’altra.
“Ho detto che accetterò la proposta di James per il ballo”
ripetè Anna lentamente, sbirciando la faccia della ragazza che le camminava al
fianco.
“Ma fino a ieri non eri molto convinta” le fece notare
l’altra dopo aver riflettuto sulle parole dell’amica.
“Ho cambiato idea. E poi la notte porta consiglio” spiegò
brevemente Anna alzando le spalle.
Un calesse sul piazzale del Tetto Verde catturò l’attenzione
delle due ragazze.
“Siamo arrivate. Avete comprato un nuovo calesse?” domandò
Diana con curiosità.
“Non è nostro. Ma penso di sapere a chi appartenga!” sibilò
furiosa.
Marilla stava bene, non capiva perché Rachel Lynde avesse
tanto insistito affinché Gilbert passasse a visitarla spesso.
“Anna? Di chi è?” domandò Diana non capendo l’improvviso
mutismo dietro al quale la ragazza si era trincerata poco dopo aver visto il
calesse. A meno che…
Un piccolo sorriso comparve sul viso, intuendo chi potesse
essere il proprietario di quel calessino ed il perché Anna si fosse
improvvisamente zittita.
“E’ il dottore” si limitò a rispondere, mentre la rabbia
tornava a prepotente.
“Ma è stato questa mattina” asserì Diana con le
sopracciglia aggrottate.
“Marilla aveva una semplice storta, non capisco il motivo
di questa sua seconda visita” protestò Anna seria.
Entrarono in casa ed il chiacchiericcio di Rachel Lynde
attirò l’attenzione delle due ragazze.
Con passo sicuro, andarono in soggiorno e trovarono Rachel
e Gilbert intenti a conversare animatamente.
“Dottore, Signora Lynde. Dov’è Marilla?” chiese Anna
evitando lo sguardo del primo e concentrandosi totalmente sulla seconda.
“Oh Anna, sapessi. Mi sono tanto preoccupata! Marilla aveva
la fronte che scottava ed ho avuto paura. Così ho chiamato subito il dottor
Blythe” spiegò lei seria.
“Ciao Diana non ti avevo visto” aggiunse vedendo la ragazza
alle spalle della nuova venuta.
“Buongiorno signora Lynde, Gilbert” salutò lei compita.
“Non era nulla di preoccupante” iniziò a spiegare il
medico, mentre Anna lo ascoltava di malavoglia “Un semplice colpo di freddo”
illustrò brevemente lui.
“Ora dov’è?” chiese sbrigativa Anna.
“In camera sua” lo anticipò la signora Lynde “ora sta
riposando, quindi puoi sederti e farci compagnia” propose la matrona fissandola
con espressione corrucciata la ragazza che, sbuffando, prese posto sul divano.
“Davvero Anna, ultimamente stai facendo preoccupare
Marilla, e non è gentile da parte tua!” la rimproverò Rachel scuotendo la testa
preoccupata.
“Sono certo che Anna non ne aveva l’intenzione” la difese
Gilbert guardando di sottecchi la ragazza.
“Ho sentito che andrai al ballo con la giovane Mayers…”
buttò lì Rachel con noncuranza, fissando il medico mentre sorbiva una tazza di
the.
“E’ vero, stamane me l’ha chiesto” ammise riluttante lui
senza alzare gli occhi dalla tazza che aveva in mano.
“Magari il dottore potrebbe avere altri impegni” provò a
dire Anna, sperando che Gilbert raccogliesse.
“Hai ragione cara. Io parlo sempre. Mi perdoni dottor Blythe”
si scusò la matrona sorprendendo i ragazzi che la fissarono con tanto d’occhi.
Rachel si alzò dalla sedia ma un gemito di dolore sfuggì
dalle sue labbra.
“Signora Lynde!” gridò Anna preoccupata.
“La mia povera schiena” borbottò Rachel massaggiandosi la
parte dolorante.
“Conosco la strada signora Lynde” intervenne Gilbert,
aiutando la donna a sedersi.
“Ma non è educato!” borbottò risentita, fissando il
pavimento.
“Può accompagnarlo Anna” risolse il problema Diana fissando
i due ragazzi.
“E’ vero! Ti prego Anna” la supplicò lei.
“Andiamo dottore” rispose solo precedendo il ragazzo lungo
il corridoio.
“Non dovevi disturbarti Anna” cercò di essere gentile lui.
“Nessun disturbo. Dopotutto sono l’attuale padrona di casa”
spiegò lei mesta, aprendo la porta.
“Matthew sarebbe orgoglioso di te” disse solo uscendo.
“Non ho fatto nulla di speciale” sussurrò lei abbassando
gli occhi colmi di lacrime.
Nonostante il tempo passato, lei non riusciva ancora a
superare la perdita della prima persona a cui era importato davvero qualcosa di
lei.
“Tu sei speciale Anna, non dimenticarlo mai” disse con
serietà dirigendosi verso il calesse.
Lo fissò allontanarsi rapido verso il sentiero che
conduceva fuori dal Tetto Verde, mentre pensieri contrastanti affollavano la
sua mente.
Gilbert, rilassandosi, sospirò. Non immaginava che una
semplice chiacchierata con Anna Shirley potesse ridurlo così.
Cinque anni fa non era così difficile, mentre ora il solo
avvicinarsi gli faceva aumentare i battiti del cuore.
“E pensare che ho quasi venticinque anni…” borbottò
scuotendo la testa e scoppiando in un allegra risata.
Cercò di controllarsi, dopotutto era un dottore e non
poteva avere un aria così poco professionale.
Dopo essersi calmato un po’, decise di andare a trovare la
signora Allan, l’unica che l’avesse capito ed appoggiato, aiutandolo
incoraggiandolo a spiegare ai suoi genitori le ragioni della sua scelta.
Era lei che doveva ringraziare se era riuscito a diventare
dottore a tutti gli effetti.
In cinque anni di assenza, Avonlea non era cambiata un
granché, anche se qualche ragazzo che aveva lasciato il villaggio in cerca di
maggior fortuna nella città vicina.
Già la città attirava i giovani come i fiori attirano le
api. Anche lui in un primo momento era rimasto affascinato dalla novità di quel
luogo. Solo alcuni giorni dopo si era reso conto di quanto gli mancasse il
piccolo villaggio. In città si poteva trovare tutto, ma la pace ed i boschi di
Avonlea erano indimenticabili. E poi tutti i suoi amici abitavano ancora lì.
Appena terminata l’università aveva atteso con trepidazione
il suo primo incarico che, con suo sommo dispiacere, non era arrivato subito ed
aveva affiancato un medico di città, in attesa che si liberasse qualche posto.
Un mese dopo, il medico di Avonlea si era ritirato a vita privata deciso a
godersi il meritato riposo dopo aver svolto con passione ed impegno il suo
lavoro. Gilbert non era stato il primo candidato a quel posto, anche se le sue
referenze era invidiabile.
Il primo era rimasto inorridito alla sola idea di finire a
lavorare in un piccolo villaggio di provincia dimenticato piuttosto che in
città, la quale poteva offrire molto ad un giovane fresco di studi e pieno di
ambizioni. Anche Gilbert non era da meno, ma Avonlea era la sua casa e
l’offerta era molto vantaggiosa. Non aveva avuto esitazioni ed aveva accettato
subito quel posto.
Fermò il calesse vicino alla casa e scese con un agile
movimento.
“Ciao Gilbert” lo salutò cordiale la signora Allan dal
giardino.
Il ragazzo le si avvicinò con passo sicuro e sorrise.
Un bambino di poco più di un anno cercava di camminare
accanto alla madre.
“E’ bellissimo” riuscì a dire Gilbert sorridendo al
piccino.
“Si chiama Peter” gli rivelò lei con orgoglio materno.
Peter era un bel bambino grassottello e con i capelli color
cioccolato. La manine paffutelle tese, pronte a farsi abbracciare e coccolare.
Gilbert lo sollevò dolcemente ed il piccolo lo osservò con
attenzione, regalandogli poi un bel sorriso sdentato.
“Allora? Hai rivisto Anna?” domandò lei arrivando subito al
punto.
Gilbert sorrise: s’era aspettato una simile domanda da
parte sua.
Eccoci
qua con il quarto capitolo di questa fanfiction.
Ringrazio
Nisi Corvonero per il Beta Reading (Grazie Mitica!!) e:
Lu:
ciao cara! Grazie mille per le tue recensioni costanti, mi hai fatto arrossire
con quella del precedente capitolo, e non ti nascondo che mi ha fatto davvero
molto piacere. Aspetto un commentino anche per questo. Un bacione!!
Cate:
ciao cara! Lieta di averti incuriosito e grazie per i complimenti. Spero che mi
farai sapere anche in merito a questo chappy. Un bacione!!
Nisi
Corvonero: ciao carissima! E’ sempre un piacere leggere i tuoi commenti… Ti
ringrazio, per tutto e… attendo il tuo commento, come al solito. Un bacione!!
Ringrazio
anche i lettori anonimi, che potrebbero lasciare un commentino… Piccolo…
“Già” mormorò facendo il solletico a Peter che ridacchiava felice
“Già” mormorò Gilbert facendo il
solletico al piccolo Peter che ridacchiava felice, contento per le coccole che
il giovane gli faceva.
“Meglio rientrare” suggerì la
signora Allan dopo qualche minuto di assoluto silenzio. Riprendendo in braccio
il bambino, si avviò verso casa seguita dal ragazzo.
Rientrarono e presero posto sulla
veranda che era ancora illuminata dai raggi del sole.
“Come ti è sembrata Avonlea dopo
cinque anni di lontananza?” s’informò la signora Allan dopo che Abby, la loro
domestica, aveva portato il the e preso Peter dalle braccia materne.
“Non è cambiata molto, e questo
mi rilassa” ammise lui osservando la sala mentre vari ricordi affollavano la
sua mente.
I mobili in noce chiaro erano gli
stessi che ricordava e non sembravano aver risentito del tempo trascorso. I
quadri, raffiguranti alcune scene sacre, erano al loro posto dacché il
reverendo aveva occupato la casa parrocchiale,una decina d’anni prima.
Si ricordava di quando, insieme
con i suoi compagni del Queen’s, era stato invitato a prendere il the dal
reverendo. E di quella volta, in cui aveva accompagnato Anna e la signora Allan
a Bright River a consegnare i vestiti smessi per i poveri.
In quella stanza nulla era
cambiato, ma al di fuori… beh, al di fuori parecchie cose erano cambiate.
Un paio d’anni prima , dopo una
furiosa litigata con il padre, Charlie Sloane era partito per Carmody. Molti
avevano previstoil ritorno a casa del
giovane Sloane nel giro di un mese, ma ormai erano trascorsi alcuni anni e di
lui si era saputo ben poco.
Vari ragazzi avevano lasciato il
villaggio, attirati dalle maggiori prospettive di lavoro e dalle luci della
città.
Altri, come Matthew Cuthbert e
Thomas Lynde, avevano lasciato per sempre il loro amato villaggio per tornare
nella casa del Signore.
“E’ questo il bello dei villaggi:
nulla cambia completamente” gli fece notare lei, sorseggiando il the.
“Magari le persone?” azzardò lui
senza alzare lo sguardo dalla tazzina.
“Neppure le persone” precisò lei
osservandolo “Molte volte tendiamo a nascondere il cuore dietro una corazza,
nel timore che qualcuno lo ferisca nuovamente” gli spiegò paziente.
“Una corazza?” chiese lui ora
attento.
“Già. Non è facile essere felici”
gi fece notare con gentilezza.
“Signora Allan, io non la
capisco.” mormorò lui confuso da quello strano discorso.
L’arrivo del reverendo Allan,
impedì alla donna di essere più chiara.
“Gilbert, sei tornato!” esordì il
reverendo entrando nella stanza.
“Sono tornato ieri, e mi scuso
per non essere passato subito” disse felice dell’accoglienza calorosa che
l’uomo gli aveva riservato.
“Sarai stato stanco, non ti
preoccupare” lo tranquillizzò il reverendo prendendo posto accanto alla moglie.
“Gilbert è il nuovo medico di
Avonlea” gli rivelò con orgoglio la moglie.
“Sono molto contento! E’ bello
avere come medico una persona che conosci e che soprattutto ti conosce”
puntualizzò lui.
“Ho sentito che Marilla Cuthbert
si è fatta male” s’informò la signora Allan.
“Nulla di serio: solo una storta”
spiegò brevemente.
“Allora hai rivisto Anna?” gli
domandò l’uomo sorseggiando il the.
“Sì. So che insegna alla scuola
di Avonlea” asserì calmo, cercando di portare l’argomento su un terreno più
neutro.
“E’ vero, sono ormai quasi sei
anni” mormorò lui voltandosi meditabondo verso la moglie.
“Esatto” confermò lei.
“Voci dicono che andrai al ballo
con la figlia di Lucius Mayer” domandò la signora Allan dopo qualche secondo di
silenzio.
“Ho incontrato Jenny questa
mattina e mi ha invitato ad andare con lei” ammise lui, con voce distaccata.
“Anna invece andrà con James,
almeno così dicono” mormorò lui non troppo convinto. La signora Allan lo fissò
corrucciata per l’uscita poco felice che aveva appena fatto.
“Lo so, me l’ha confermato lei
stessa questo pomeriggio” borbottò lui, finendo il suo the che si era quasi
completamente raffreddato.
“Non credo proprio, dottore”
sibilò Anna Shirley facendo il suo ingresso proprio in quel momento.
“Reverendo Allan, signora Allan”
mormorò chinando la testa in segno di saluto.
“Oh cara, mi ero dimenticata che
saresti passata a ritirare il merletto per gli abiti” si ricordò
improvvisamente la donna alzandosi in piedi “accomodati pure mentre io vado in
salotto a prenderlo” mormorò lei.
“Accomodati Anna” la invitò il
reverendo.
“Grazie” mormorò compita la
giovane prendendo posto, mentre il reverendo le osservò “veramente ero convinto
che saresti andata al ballo con James. Lo dice tutto il villaggio.”
“E’ vero ma” iniziò lei
imbarazzata “ma io non ho mai detto niente del genere” precisò lei, lanciando
un’occhiata torva al ragazzo che sedeva accanto a lei.
Abby appoggiò sul tavolo in
tavola una tazzina e la teiera, pronta a servire la nuova ospite.
Era una donna di circa
quarant’anni, con capelli castani legati in una severa crocchia. Occhi azzurri
fissavano tutto e tutti senza particolare interesse. Era molto alta ed aveva un
fisico snello nonostante l’età.
“Veramente non mi posso fermare”
cercò di rifiutare Anna, ma Abby fu irremovibile.
“Un po’ di the non ha mai fatto
male a nessuno” borbottò la donna, mentre la giovane accettava di buon grado la
tazzina con il liquido ambrato.
Anche Gilbert si trovava nella
medesima situazione, ma preferì non ribattere, visto come aveva zittito la
ragazza.
“E’ piuttosto difficile dire di
no ad Abby, ma è una così cara persona” la giustificò il reverendo, appena la
donna si fu allontanata.
“Forse ha ragione Abby: una tazza
di the non ha mai fatto male a nessuno” ripetè Anna sorseggiando il the.
“Allora Anna, come vedi la classe
di quest’anno?” s’informò il reverendo.
“Molto bene, specie adesso che
tutti i Pye hanno terminato gli studi. Anche se il prossimo anno i gemelli di
Norman Pye e Tillie Wilson faranno la prima” mormorò corrucciata.
“Magari hanno preso dalla parte
dei Wilson?” suggerì Gilbert tentando d’inserirsi nella conversazione.
“Non credo” borbottò Anna senza
guardarlo.
“Peccato che l’anno scolastico
sia già terminato. Magari i gemelli andranno a studiare a Bright River?”
ipotizzò l’uomo, ma non riuscì ad sembrare convincente.
“Scusatemi per il ritardo” si
scusò la signora Allan entrando nella veranda.
“Grazie mille signora Allan, è
bellissimo!” disse emozionata la ragazza mentre i suoi occhi grigi brillavano
dalla gioia e le guance assumevano quella tinta rosea d’eccitazione.
Gilbert la osservò: sembrava che
il tempo fosse tornato indietro di cinque anni.
Molte persone nascondono il proprio cuore dietro una corazza per non
soffrire le parole della signora Allan gli tornarono in mente
vedendo l’espressione gioiosa di Anna.
Anna aveva sofferto molto nella sua vita… ed era decisa a non ripetere
le esperienze passate, trincerando il suo cuore dietro una corazza che le
garantiva sicurezza e serenità rifletté il giovane, capendo
solo in quel momento il senso della loro strana conversazione.
“Ti accompagno a casa Anna?” si
offrì Gilbert gentile, mentre lei tornava ad essere seria.
“E’ ancora giorno. Davvero
Gilbert non è necessario” cercò di rifiutare lei.
“Ma Anna, c’è un bel po’ di
strada da qui al Tetto Verde” le fece notare la signora Allan “E poi Marilla si
preoccupa. Sai com’è fatta, nelle sue condizioni poi” cercò di convincerla la
donna.
“D’accordo” mormorò non del tutto
convinta.
“Portale i miei saluti e dille
che giovedì pomeriggio farò un salto a trovarla” l’avvisò affabile.
“Non mancherò. Attenderà con
ansia la sua visita” si congedò Anna dirigendosi verso il calesse.
I coniugi li accompagnarono fino
alla staccionata e li salutarono fino a che scomparvero dalla loro vista.
“Con il mio arrivo ho forse
interrotto qualcosa?” chiese il reverendo.
“No, il nostro discorso era già
terminato. Il loro, invece, è ancora aperto” mormorò appoggiando la testa sulla
spalla del marito, mentre rientravano in casa.
“Davvero Gilbert, casa tua è
dall’altra parte e non è il caso che allunghi di così tanto la strada. Lasciami
pure qui” cercò di convincerlo lei.
“Anna, non mi pesa portarti fino
al Tetto Verde e poi ho una medicina per i dolori reumatici della signora
Lynde” le spiegò lui, mettendo a tacere le proteste della ragazza.
“D’accordo allora” mormorò lei
fissando la strada davanti a loro.
“Avete già finito di preparare i
vestiti?” chiese lui.
“Non ancora. Adesso abbiamo
disegnato i modelli e li abbiamo fissati alla stoffa,Diana la sta tagliando e domani inizierà il vero lavoro di
cucito” mormorò con voce sognante, immaginando il meraviglioso abito che si
sarebbe confezionata.
Anna amava ballare e amava farlo
soprattutto all’hotel di White Sands. Le ricordava un castello, almeno così le
aveva detto alcuni anni prima quando lui l’aveva accompagnata al ballo.
Era dispiaciuto di non poter
essere il suo cavaliere, ma temeva che lei non avrebbe mai accettato la sua
proposta.
Ma era davvero solo questo che
l’aveva spinto ad accettare l’invito di Jenny? Non era invece il timore che lei
accettasse, a spaventarlo?
“Gilbert? Gilbert? Gil!” lo
chiamò lei scrutandolo preoccupata.
“Scusami Anna?” domandò lui
osservandola stupito.
“Il Tetto Verde è a sinistra” gli
fece notare lei “stiamo andando a destra.”
“Scusami. Stavo pensando ad
altro” mormorò lui arrossendo lievemente.
“Non fa niente” concesse lei,
tornando a guardare il paesaggio.
Gilbert la osservò rapito dai
ricordi: chissà se un giorno il sorriso sarebbe tornato ad illuminare il suo
viso solo per lui.
Purtroppo per il ragazzo, la
distrazione gli impedì di vedere una buca un po’ troppo profonda.
Successe in un attimo: il rumore
secco della ruota che si rompeva ed il calessino che traballava incerto prima
di inclinarsi pericolosamente a destra.
“Gil!?” gridò Anna, cercando di
afferrare il braccio del giovane, che tentava di calmare i cavalli.
Ecco qua la fine del quinto capitolo. Come al solito
ringrazio Nisi Corvonero per il beta reading (spero di non aver combinato guai
^_^).
Ed ora i
ringraziamenti:
Nisi Corvonero:
ciao Mitica! Non posso dimenticarlo, ma lo apprezzo comunque un sacco. Non so
come ringraziarti, mi raccomando fammi sapere, attendo il tuo parere. Un
bacione!!
Lu: ciao cara! Sono
diventata color pomodoro: grazie per i tuoi complimenti! Sono felice d’esser
riuscita a rendere i personaggi aderenti alle caratteristiche che la Montgomery
aveva delineato nei suoi libri. La signora Lynde è fatta a suo modo, ma non è
cattiva. Non svelo nulla su Diana, ma non perdere le speranze… Non aggiungo di
più. Grazie per le recensioni costanti. Un bacione!!
Cate: ciao cara! Ti
ringrazio per i complimenti e sono felice che la storia ti piaccia. Questo è il
seguito: fammi sapere. Un bacione!!
Ringrazio i lettori
anonimi, se volete, alla fine della pagina c’è il pulsantino “Recensione” se lo
cliccate mica m’arrabbio?
“Anna!” gridò Gilbert vedendo che la ragazza stava per
cadere nel vuoto.
Si rese conto che non sarebbe riuscito ad afferrarla dato
che doveva assolutamente calmare i cavalli.
“Reggiti allo schienale” ordinò perentorio il giovane,
sperando in cuor suo che la ragazza lo ascoltasse.
“Non darmi ordini, Gilbert Blythe!” sbottò seccata ma
ubbidendo prontamente.
“Va bene, ma non fare movimenti bruschi” suggerì
conciliante, pensando a cosa fare per evitare danni maggiori.
“Non sono una bambolina fragile!” protestò lei irritata dal
tono del ragazzo.
“Ti assicuro che sei tutto tranne una bambolina fragile”
concordò lui, degnandola a stento di un’occhiata.
“Cosa vorresti insinuare!?” s’infiammò lei voltandosi di
scatto verso il giovane.
Uno scricchiolio sinistro proveniente dalla della ruota
danneggiata non si fece attendere, e fece preoccupare i due occupanti.
“Fai piano” scandì.
“Ho capito” gli rispose con una smorfia
“In teoria tu sei più leggera di me…” pensò ad alta voce.
“Senza ombra di dubbio…” convenne lei, attendendo che il
ragazzo finisse di parlare.
“Devi scendere dalla mia parte” concluse lui osservandola:
“piano” rimarcò secco.
“Agli ordini, comandante Blythe” borbottò lei.
Si alzò lentamente in piedi ed il lieve dondolio del
calesse la fece impallidire visibilmente.
“Non cadrai, basta solo che tu non faccia movimenti
bruschi” ripeté fiducioso.
“Lo sai che se mi dici una bugia il mio fantasma non ti
darà pace?” sibilò furiosa.
“Ancora con questa storia?” chiese lui stupito.
“Funziona sempre…” ribatté pronta, arrossendo per l’uscita
poco felice di poco prima.
“Funziona con i tuoi allievi Miss Shirley” la blandì lui.
“Ci credevi anche tu se non ricordo male!” protestò
irritata dal suo tono di voce.
“Spiegami adesso perché te la stai prendendo con me” chiese
Gilbert osservandola sorpreso.
“Perché è solo colpa tua se ci troviamo in questa
situazione!” rispose secca guardandolo storto.
“Non è vero!” cercò di difendersi lui, senza troppa
convinzione.
“Non sono io ad aver sbagliato strada e non sono stata io
ad insistere affinché accettassi il tuo passaggio!” rimbrottò acida.
“Uno vuole essere gentile e questo è il ringraziamento?
Complimenti, sei proprio una vera signora!” tuonò lui iniziando a perdere la
pazienza a sua volta.
Era stanco dell’atteggiamento bellicoso della ragazza: se
voleva riaprire le ostilità, lui non si sarebbe tirato indietro.
“Per stasera vorrei essere a casa” la informò asciutto.
“Non osare parlarmi così Gilbert Blythe!” tuonò lei acida.
“E come dovrei parlarti, eh?!” le domandò lui furioso “Ho
provato ad essere gentile, ma senza successo. Ho cercato di essere diplomatico,
ma ho fatto il proverbiale buco nell’acqua. Cosa devo fare con te, Anna Shirley?”
le domandò attendendo una risposta.
Anna era livida di rabbia: come osava parlarle a quel modo?
Lui che cinque anni prima se ne era andato senza neppure un saluto.
“Dovresti fare quello che ti riesce meglio” soffiò cattiva
“fuggire!” concluse con rabbia.
“Io non sono mai fuggito” protestò lui “Ti ricordo che tu
eri pienamente informata delle mie decisioni e sei stata tu a non volermi
seguire!” le fece presente, sorridendo impercettibilmente di fronte alla sua
espressione basita.
“Ti avevo spiegato le mie ragioni! Ma tu eri troppo preso
dalla tua carriera per starmi a sentire!” gridò appena si fu ripresa dal colpo
basso di Gilbert.
“Forse voi due vi state divertendo, ma io sono qui da quasi
mezz’ora che aspetto di aiutarvi” osservò una voce nota.
“Potevi farti vedere anche prima Fred, anziché divertirti
alle nostre spalle!” gli fece notare Gilbert osservandolo torvo.
“E perdermi lo spettacolo?” domandò sorridendo “Giammai!”
rispose pronto, scoppiando in un’allegra risata.
“Se avete finito con i convenevoli” s’informò Anna
“potreste aiutarmi a scendere” chiese ostentando un eccessivo contegno.
“Subito, Anna” mormorò Fred, guardando di sottecchi l’amico,
quasi gli stesse chiedendo il motivo di tanto astio.
Gilbert si limitò a scuotere leggermente la testa, non
volendo fornire spiegazioni E rischiando di scatenare una nuova guerra.
“Grazie Fred” mormorò Anna compita posando il grazioso
piedino a terra.
“Figurati, Anna” rispose Fred, mentre aiutava anche Gilbert.
“Grazie, Fred” fece Gilbert, imitando il tono di Anna e
sbattendo le ciglia in modo civettuolo.
“Figurati, Gil” rispose Fred, trattenendosi dal ridere.
“Vi lascio alle vostre chiacchiere” si congedò Anna “Fred, grazie
mille per l’aiuto” salutò prima di avviarsi verso il Tetto Verde.
“Si può sapere cos’è successo?” mormorò Fred appena la
ragazza ebbe fatto la curva, scomparendo dalla loro visuale.
“Nulla, Fred, solo incomprensioni che con il tempo possono
solo peggiorare” spiegò laconico, senza fornire ulteriori dettagli.
“Speriamo che queste incomprensioni non crescano fino ad
esplodere, altrimenti Avonlea non ne uscirà indenne!” ribatté prontamente.
“Avresti dovuto studiare legge” borbottò Gilbert osservando
il suo migliore amico.
“Già, e rischiare che qualcun altro mi soffiasse Diana?”
chiese aggrottando la fronte “No, grazie. E poi tu che hai frequentato la
scuola di medicina non sei messo in una situazione migliore rispetto alla mia”
gli fece notare.
“La mia storia è totalmente diversa” ribatté Gilbert “Io ed
Anna siamo nati per ostacolarci a vicenda e per farci la guerra” gli spiegò brevemente.
“Mi sono sempre chiesto cosa fosse successo tra voi due”
ammise con un pizzico di curiosità.
Diana era stata sempre sfuggente riguardo all’argomento, e
gli aveva ripetuto infinite volte che, se voleva sapere l’intera storia, doveva
chiedere direttamente ai due diretti interessati.
Fred, per sommi capi, sapeva che avevano litigato tra loro ai
tempi della scuola, ma non sapeva cosa fosse veramente accaduto o successo.
Svariate fonti gli avevano riferito versioni più o meno veritiere
sull’accaduto, ma ora voleva sapere la verità.
“E’ troppo lunga. E poi non abbiamo tutto questo tempo”
rimarcò Gilbert, cercando di cambiare argomento.
“Abbiamo tutto il tempo che vuoi” ammise baldanzoso,
stupendo non poco il suo compagno “La ruota te la riparo io e tu puoi tenermi
compagnia raccontandomi per filo e per segno la vostra storia” rispose pronto.
“A volte mi spaventi, Fred: prometti di diventare il giusto
erede di Rachel Lynde” ammise sconfitto Gilbert.
“E’ un modo gentile per dirmi di sì?” s’informò senza apparire
eccessivamente felice.
“D’accordo, ti racconterò tutto” concesse Gilbert.
“Perfetto! Però in futuro evita di paragonarmi alla Signora
Lynde” borbottò risentito.
Gilbert osservò per un attimo e poi esplose in una sonora
risata.
“Gilbert? Non sei divertente. Promettimelo” lo pregò in
tono accorato.
“Va bene!” bofonchiò tra una risata e l’altra.
Mentre Fred sistemava la ruota, Gilbert iniziava pian piano
il suo racconto.
Anna era rientrata a casa da qualche minuto, ma non aveva ancora
avuto il coraggio di uscire dalla cucina. Sapeva che Diana, la signora Lynde e
Marilla avrebbero fatto parecchie domande sul suo ritardo e lei non era ancora
disposta a rivelare tutti i dettagli e del contrattempo occorsole.
Attese qualche altro minuto, poi decise di salire in camera
sua, dove Diana era intenta a cucire i loro vestiti.
Con suo sommo sgomento, s’accorse di non avere con sè il
merletto che aveva causato tutto quel trambusto per la quale era uscita di casa
solo poche ore prima.
“L’ho lasciato sicuramente sul calesse di Gilbert!” mormorò
tornando sui suoi passi.
S’incamminò risoluta fino al calesse, stupendosi di sentire
la voce roca di Gilbert man mano che si avvicinava al luogo dell’incidente.
Abbandonò il sentiero e proseguì nel prato lì vicino: non
voleva correre il rischio d’essere vista.
Arrivò a pochi metri dal calesse e vide Gilbert appoggiato
ad un albero e Fred intento a lavorare sulla ruota.
“Ma eri davvero un piccolo romanticone!” lo prese in giro
bonariamente Fred.
“Non sei affatto divertente!” protestò l’altro arrossendo
lievemente e distogliendo in fretta lo sguardo dal suo interlocutore.
“Dev’essere stato divertente vedere l’espressione furibonda
di Anna” mormorò Fred, ridacchiando.
Anna lì osservò ancora per un po’: non capiva perché Gilbert
avesse deciso di raccontare quelle cose a Fred, ma non voleva preoccuparsene.
Ritornò sui suoi passi, decisa a fare la sua comparsa come se fosse appena
arrivata.
Dopo aver preso un bel respiro, riprese a camminare, mentre
sentiva il familiare chiacchiericcio farsi sempre più forte.
Girò la curva e si ritrovò i due ragazzi praticamente
davanti.
“Anna? Cosa c’è?” s’informò preoccupato Gilbert,
osservandola con attenzione.
“Ho dimenticato il merletto” rivelò lei “spero solo di non
averlo perso durante il tragitto” mormorò preoccupata.
“Ti do una mano” si offrì Gilbert.
“Anche due” sussurrò Fred, in modo che solo il suo amico
potesse sentire ed incontrando la sua occhiata poco amichevole.
“Grazie” mormorò lei arrossendo lievemente.
I due s’avvicinarono al calesse e dettero un’occhiata al
suo interno, mentre gli occhi grigi di Anna si riempivano di delusione.
“Non c’è” ammise con voce prossima al pianto.
“Sicuramente è qua, non può essere altrove!” cercò di
tranquillizzarla lui.
“Cosa c’è accanto alla ruota?” osservò Fred con noncuranza.
Forse anche troppa, si ritrovò a pensare Gilbert, ma non poté esprimere ad alta
voce i suoi pensieri.
Entrambi guardarono dove il ragazzo aveva indicato e videro
il merletto che avevano tanto cercato e che aveva portato tanto scompiglio in
quella calda giornata estiva.
“Trovato!” esclamò Anna improvvisamente euforica allungando
la mano, mentre Gilbert la imitava specularmene.
Fu un attimo: il tocco delle loro mani incatenò anche i
loro sguardi.
Si fissarono incapaci di muoversi né di dire alcunché:
entrambi sapevano che non erano soli, ma non riuscivano a ad interrompere quel
incanto che li aveva colti così di sorpresa.
Il rumore di un calesse che si avvicinava li fece voltare
ma nessuno dei due staccò la mano dall’altro.
Si trattava di Lucius e Jenny Mayer. Il primo era parecchio
seccato nel vedere il dottore, mentre sua figlia s’illuminò di gioia.
Fred borbottò qualcosa circa il tempismo con il quale i Mayer
erano arrivati, ma nessuno riuscì a sentire chiaramente.
“Gilbert! Cos’è successo? Ti diamo un passaggio più che
volentieri, non è vero papà?” s’interruppe la ragazza prendendo fiato.
Anna, risentita da quel incontro, ritirò frettolosamente la
mano.
Che sciocca, Gilbert era già impegnato con Jenny.
“Grazie per l’aiuto, dottore” disse Anna allontanandosi dal
ragazzo.
“Oh, signorina Shirley, non l’avevo vista” si scusò Jenny,
accorgendosi in quel momento della ragazza.
“Magari abbiamo interrotto qualcosa” sibilò allusivo il
signor Mayer. Tutti ad Avonlea sapevano del rancore che quest’ultimo nutriva
per il primogenito di casa Blythe.
“Non ha interrotto nulla, signor Mayer” lo tranquillizzò Anna
“un semplice incontro tra vecchi amici” spiegò breve poi, con un semplice cenno
del capo si congedò dal gruppetto.
Ciao a tutti, ecco qua il capitolo
n. 6, non mi ero dimenticata di questa ficcy, solo sono successe alcune cose
che hanno rallentato la posatura del capitolo. Mi raccomando, fatemi sapere
cosa ve ne pare.
Ringraziamenti:
Nisicorvonero: ciao Mitica, grazie mille
per il betareading, mi scuso io per il ritardo, e come al solito aspetto al tuo
commento. Un bacione!!
Lu: ciao stellina, giuste
osservazioni, sono profondamente pentita, infatti ecco qua il capitolo numero
sei tutto per te. Fammi sapere. Un bacione!!
Cate: ciao cara, addirittura due
recensioni, wow, sono davvero contenta che questa storia ti piaccia. Fammi
sapere cosa ti sembra. Un bacione!!
Ringrazio tutti i lettori anonimi.
Al prossimo capitolo (prometto
entro settimana prossima.)
“Sei una sciocca, Anna Shirley!” borbottò la ragazza
dirigendosi a passo spedito verso la casa dal Tetto Verde. “Alla tua età non
dovresti avere simili fantasie romantiche!” si rimproverò con severità.
Già, Jenny Mayer era giovane e poteva permettersi di civettare
amabilmente con il dottore, mentre lei, Anna Shirley, sembrava una zitella
acida e pettegola. Magari non ancora zitella, ma i commenti malevoli sul suo
stato di nubile non lasciavano presagire nulla di buono.
“Eravamo preoccupate per te, Anna” l’accolse la voce della
signora Lynde, non appena varcò la soglia di casa.
“Mi dispiace” si scusò lei “stavo chiacchierando con la
signora Allan ed il tempo è praticamente
volato” mormorò fissandosi le scarpe.
“Non fa niente, Anna. Ho appena finito di tagliare la
stoffa: domani inizieremo adimbastire” disse
Diana, fingendo di non notare la poca convinzione con cui la sua amica del
cuore si era giustificata.
“Perfetto, Diana. I nostri vestiti saranno pronti prima del
ballo!” garantì Anna nuovamente di buonumore.
“E’ passato il giovane Hamilton” la informò la signora Lynde,
mentre Diana osservava l’amica e vedeva il dubbio fare capolino nei suoi occhi
grigi.
“Ah… E cosa gli avete detto?” chiese senza apparire troppo
entusiasta.
“Nulla. Lui voleva parlare con te” rispose atona, mentre
Diana tratteneva un risolino. Era risaputo che la signora Lynde adorasse
conoscere tutti i particolari di tutte le storie d’amore che sbocciavanoad Avonlea e la risposta che il ragazzo le aveva dato
l’aveva parecchio indisposta nei suoi confronti.
“Ripasserà verso il tramonto: non è educato che un ragazzo
vada a trovare una ragazza troppo spesso” commentò acida la matrona, sperando
di veder soddisfatta la sua curiosità.
“Glielo farò presente” disse invece Anna, cercando di
mantenere un tono compito, cosa che irritò parecchio la sua interlocutrice.
“Marilla ha chiesto di te” le comunicò dopo aver
sorseggiato un po’ di the, sperando in tal modo di ottenere maggiori dettagli.
“Sta male?” s’informò Anna scattando in piedi come una
molla.
“No, voleva solo sapere se eri rientrata” rispose con
flemma la signora Lynde, mentre Anna si sedeva nuovamente, visibilmente più
calma.
“E’ meglio che vada” disse Diana appoggiando la tazza di
the ormai vuota sul tavolo.
“Ci vediamo domani, Diana” promise Anna, dispiaciuta di non
aver potuto trascorrere più tempo con lei.
“Mi troverai fuori dalla scuola al termine delle lezioni,
come al solito” la rassicurò la ragazza e, dopo essersi accomiatata dalla
signora Lynde, uscì diretta verso casa Barry.
Anna aveva appena terminato di asciugare piatti, quando il
rumore di un calesse attirò la sua attenzione.
Doveva trattarsi di James, pensò mogia la ragazza, incerta
se accettare o meno la sua proposta.
Fu con enorme sorpresa che, una volta aperta la porta, si trovò
davanti Gilbert.
“Cosa ci fai tu qui?!” sbottò sorpresa.
“Sono passato per controllare Marilla e per dare alla
signora Lynde la medicina contro i reumatismi” le ricordò lui visibilmente più
rilassato.
Pareva che la chiacchierata avuta poco prima con Fred Wright
l’avesse fatto tornare del solito umore gioviale di sempre.
Perché le cose devono cambiare? Perché la vita non può
continuare mai serena e spensierata come quando eravamo bambini? s'interrogò la ragazza, osservando
il giovane che attendeva d’essere invitato ad entrare.
“Anna? Chi è?” s’informò la signora Lynde dal soggiorno,
scuotendo così la ragazza dal torpore che l’aveva colta.
“C’è il dottore” l’avvisò, accompagnando il giovane vicino dalla
matrona seduta accanto alla finestra.
“Gilbert” borbottò la donna sorridendo.
“Le ho portato una medicina che farà benissimo ai suoi
reumatismi” esordì prendendo posto accanto a lei. “Come sta oggi?” s’informò
garbato.
“L’età avanza. Purtroppo non sono più giovane” mormorò con
voce flebile. Pareva che la vecchiaia le si fosse rovesciata addosso
improvvisamente.
“Gliela lascio. Mi raccomando, due volte al giorno dopo i
pasti” spiegò ad entrambe.
“La signorinaCuthbert è al
piano di sopra?” s’informò lui osservando ora l’una ora l’altra.
“Sono certa che Anna ti accompagnerà“ sussurrò la donna,
improvvisamente sembrava rinata alla prospettiva della nuova medicina, e non
solo.
“Se vuole seguirmi, dottore” rispose lei compita,
sbirciando la matrona con curiosità.
“Ci davamo del tu fino a qualche attimo fa” le fece notare
lui, mentre la seguiva.
“Ora sei un dottore: le cose cambiano” ritorse lei acida,
restia a svelargli che, solo qualche attimo prima aveva pensato la stessa cosa.
“Te ne do atto, ma per qualche attimo fa” disse calcando
sulle ultime parole “intendevo questo pomeriggio” precisò lui, poco propenso a
lasciar cadere l’argomento, e facendole capire che attendeva una sua risposta.
“Tutti facciamo degli errori” rispose lei, sperando che il
ragazzo desistesse dai suoi propositi, purtroppo dovette ricredersi.
“Le cose capitano, Anna” concesse lui “Ma non per questo
sono errori” ribadìlui.
“Siamo arrivati” disse con sollievo palese la padrona di
casaed interrompendo quella conversazione poco
piacevole, almeno dal suo punto di vista.
Anna bussò leggermente alla porta chiusa ed un flebile
“Avanti” dette il permesso ai due ragazzi di entrare.
“Come state Signorina Cuthbert?” s’informò Gilbert,
sedendosi sulla sedia accanto al letto.
“Molto meglio” ammise la donna “Anche se Rachel si ostina a
tenermi confinata quassù, quasi fossi un’appestata” sbuffò contrariata.
“La peste è scomparsa più di un secolo fa” le fece notare
gentilmente il dottore, mentre Anna cercava di trattenere suo malgrado un
risolino divertito.
“Anna Shirley!” tuonò Marilla sorprendendo la mano di Anna
che le copriva la bocca, chiaro segno che la ragazza stesse nascondendo un
risolino divertito “Osi deridermi?” fingendosi sorpresa.
“Affatto” si difese la ragazza calmandosi improvvisamente “Immaginavo
soltanto la signora Lynde nei panni di una carceriera” spiegò semiseria, mentre
il silenzio accoglieva la sua affermazione.
Dopo qualche attimo di assoluto silenzio, i tre scoppiarono
in un’allegra risata.
“La caviglia sta rispondendo molto bene alla pomata che le
ho messo il giorno dell’incidente” esordì Gilbert dopo essere tornato il
dottore posato e riflessivo di sempre “Gliela lascio nel caso in cui, questa
continui a gonfiarsi, specie la notte” spiegò pacato, appoggiando il barattolo
di linimento sul comodino della donna.
“Grazie infinite, Gilbert” mormorò Marilla commossa. Si
sentiva una sentimentale, ma si rimproverava tuttora lasuaavventatezzadiquasitrent’anniprima: se non fosse stata così cocciuta, ora quel
ragazzo avrebbe potuto essere suo figlio.
Scacciò subito quei pensieri: il Signore, con lei e Matthew,
era stato molto generoso, offrendo loro la possibilità di incontrare, conoscere
ed amare la ragazza dai capelli rossi che stava tuttora al suo fianco.
“Si figuri, Signorina Cuthbert. Questo è il mio lavoro, e ma
sono sempre felice di rendermi utile con i miei compaesani” ammise sincero il
dottore.
“Anna!” la chiamò la signora Lynde “C’è James” borbottò
contrariata.
“Scusatemi” mormorò Anna, alzandosi lentamente come un
martire che stesse dirigendosi verso il patibolo.
“Sicuramente avrai altri impegni. Io riposo un altro po’”
lo congedò la donna.
“Ci vediamo domani allora” si accomiatò il dottore,
seguendo la ragazza che lentamente usciva dalla stanza.
“Vieni al ballo con me, Anna” la sorprese Gilbert
afferrandole un braccio.
“Non dovevi andarci con Jenny?” chiese Anna senza osare
incontrare il suo sguardo.
“Non ho ancora accettato” rispose pronto lui.
“Non credo che sia il caso” cercò di sviare lei, senza
muoversi dal ballatoio “E’ passato troppo tempo” cercò di convincere per prima
se stessa.
“Proprio in ricordo dei vecchi tempi” ribadì pronto,
sperando in suo sì.
“Anna!” la chiamò nuovamente la donna dal pian terreno.
“Dimmi di sì” sussurrò lui.
“Non è leale” mormorò lei, mentre la sconfitta trapelava
dal tono della sua voce ed il suo cuore gridava sì.
“Non deve esserlo” le fece notare lui con gentilezza.
“Non possiamo” tentò ancora lei, mentre la ragione dava
manforte al suo cuore.
“Tutti meritano la felicità. Tu per prima, Anna” rispose
lui, senza staccare gli occhi dal suoi.
“Me ne pentirò” iniziò lei poi, dopo una breve pausa,
riprese “Sì, Gilbert: verrò al ballo con te” mormorò con un lieve sorriso,
subito ricambiato dal giovane.
“Adesso devo scendere” sussurrò improvvisamente timida di
fronte al dottore.
“Non voglio che la signora Lynde ti rimproveri” disse
lasciandole il braccio.
“Non accadrà, sono grande ormai!” rispose allegra, mentre
nei suoi occhi grigi balenava un lampo di pura felicità.
Scese rapidamente le scale, mentre Gilbert ripensava a
quell’incredibile conversazione che si era conclusa a suo favore. Sorrise,
rivolgendo un silenzioso grazie al Signore ed alla sua buona stella che aveva
permesso tutto questo.
Sicuramente Anna non gli avrebbe reso le cose facili, ma
lui non era disposto a perderla. Non di nuovo.
Ecco qua la fine di un altro
capitolo…
Ringrazio Anna aka Nisicorvonero
per il beta reading.
Ringrazio tutti i lettori ed in
particolare i recensori di sempre Nisicorvonero, Cate, Lu ed Evan88.
Mi raccomando fatemi sapere cosa vi
sembra questo capitolo.
“Stai dicendo sul serio?!” domandò Diana mentrecamminava accanto alla sua amica del cuore.
Quest’ultima le aveva appena raccontato quanto accaduto il
giorno prima e stentava a trattenere un sorriso di compiacimento.
“Già” riuscì a dire, mentre un soffuso rossore le
imporporava le guance.
“Povero James, già pregustava la soddisfazione di averti
come dama davanti a tutti quei ricconi” le fece notare la ragazza con voce
seriosa, mentre Anna arrossiva ancor di più.
“La signora Lynde la pensa esattamente come te. Inoltre mi
ha rimproverato per come l’ho trattato” spiegò alzando gli occhi al cielo “Gilbert
mi ha salvato” concluse sbirciandola.
“Gilbert è il classico cavaliere con la scintillante
armatura ed il cavallo bianco: è sempre stato così” le ricordò, sfidandola ad
affermare il contrario.
“E’ vero, ma il tempo delle favole è finito” le rispose
Anna, mentre osservava il sole che filtrava tra i rami degli alberi, creando un
gioco di luci ed ombre.
“A volte, la vita può essere una favola meravigliosa. Siamo
noi che impediamo al destino di fare il suo giusto corso” esordì Diana.
“Non ti facevo così saggia, Diana Barry” replicò Anna,
continuando a camminare.
“Sono sempre stata saggia, Anna Shirley. Anche cinque anni
fa” ribatté la ragazza dai capelli corvini.
“Cinque anni fa…” mormorò l’interpellata, facendosi
pensierosa.
“Dovresti dargli una seconda possibilità” le consigliò
Diana “è passato molto tempo e sono cambiate molte cose” le fece notare la
ragazza.
“Le cose non sono molto diverse da allora, sono solo più
vecchia” ritorse Anna acida.
“Anna! Ti rammento che abbiamo la stessa età! E non siamo
affatto vecchie!” ribatté irritata da quell’ultima osservazione.
“Ho solo detto la verità, Diana: tu tra qualche tempo ti
sposerai con Fred ed avrai dei bambini, ma io non mi sposerò mai!” tuonò
perentoria.
“Sei ancora ferita e delusa dal comportamento di Gilbert! Ma
non è solo con lui il colpevole in tutta questa vicenda. Ti ricordo che Matthew…”
obiettò Diana, cercando di placare l’ira improvvisa di Anna.
“Matthew non l’avrebbe voluto!” ribatté lei, interrompendo
l’amica.
“Matthew avrebbe voluto solo la tua felicità! Ha sempre
fatto l’impossibile per te!” le ricordò Diana, mentre Anna scuoteva la testa
con decisione, senza avere il coraggio di contraddirla “Ma sembra che tu faccia
di tutto per dimenticartene” riprese, poco disposta a lasciar cadere
l’argomento.
“Io non sto facendo alcunché per sfuggire al mio destino,
Diana” rispose dopo una breve pausa, servita più che altro per permetterle di
riordinare le idee.
“Il Tetto Verde non è un luogo adatto per simili discorsi”
concesse una tregua, vedendo Anna alquanto pensierosa.
“Anna! Diana! Iniziavamo a pensare che vi foste perse” le
accolse la voce di Marilla, poco dopo aver varcato la soglia di casa.
“Marilla! Come mai sei già alzata?” domandò Anna, vedendo
l’anziana donna seduta comodamente sul divano.
“Signorina Cuthbert, come sta?” domandò Diana, dopo aver
fatto un cenno di saluto alla signora Lynde.
“Ha tanto insistito che non ho potuto fare altrimenti!”
sbottò Rachel, facendo capire alle due nuove venute chenonc’entravanienteconladecisionepresadall’ammalata.
“Ero stanca di stare a letto!” borbottò rivolta alla
signora Lynde “Gilbert era d’accordo con me” mormorò rivolta alle due ragazze.
Anna non riuscì ad evitare di arrossire, mentre Diana si
mostrava fin troppo interessata allo scambio di battute tra le due matrone.
“Noi andiamo a lavorare ai vestiti” mormorò Anna, sperando
che nessuno facesse domande.
“Anna? E’ vero che non sarà James il tuo accompagnatore per
il ballo?” s’informò Marilla, sbirciando in tralice la signora Lynde.
“E’ vero,ancheperchéluinonmelohachiesto” spiegò brevemente, mentre Diana si
compiaceva silenziosamente per la risposta della sua amica del cuore.
“Povero James e fortunato colui che ti ha invitato” si
complimentò Marilla “Posso sapere il nome del tuo cavaliere?” s’informò
Marilla, sperando di non apparire troppo curiosa.
“Andrò al ballo con il dottor Blythe” rivelò Anna, pregando
in cuor suo di non essere arrossita.
“Il dottore non ci ha detto nulla” ribatté Rachel,
rendendosi conto che Anna le stava sfuggendo dalle mani, come una farfalla che evita
il retino.
“Credo che non ci abbia pensato o che se lo sia dimenticato”
rispose Anna, accompagnando la frase con un sorriso dolce, sperando di non aver
offeso la matrona.
“I giovani d’oggi non hanno rispetto per le tradizioni”
borbottò, guardando fuoridalla finestra.
Le due ragazze, dopo essersi scambiate un’occhiata veloce, salirono
al piano di sopra.
“Pensavo che la signora Lynde esplodesse dalla curiosità!
Sei stata molto concisa” esordì Diana appena furono nell’abbaino di Anna
ridacchiando al solo pensare all’espressione della donna.
“Non dovresti essere così dura nei suoi confronti: il suo
unico divertimento sono i pettegolezzi. Non puoi biasimarla. Io mi domando
ancor oggi come faccia a sapere sempre tutto di tutti!” mormorò Anna pensierosa.
“Tu la difendi sempre! L’accademia ti ha fatto male! Non
sai più divertirti” replicò contrariata “Lo sai che non andrei a riferirle
nulla!” concluse, sperando così che l’amica commentasse.
“Non ho cuore di deriderla in alcun modo, penso di
comprenderla invece” rivelò Anna, osservando il ciliegio accanto alla sua
finestra.
“Se comprendi lei” ripeté Diana calma “dovresti riservare
lo stesso trattamento anche al povero Gilbert” concluse, vedendo l’amica
agitarsi nervosamente.
“Con Gilbert non è la stessa cosa!” sibilò decisa.
“Tutto quello che ha a che fare con lui non è mai la stessa
cosa: sono passati cinque anni, Anna! Smettila di piangerti addosso e prendi in
mano le redini della tua vita!” esplose Diana.
“E’ quello che sto facendo!” la rassicurò, ma i suoi occhi
erano troppo sfuggenti.
“Inizia ad essere sincera. Almeno con te stessa se non con
me” borbottò l’altra “cosa sarà di te una volta che Marilla ti avrà lasciato?”
le domandò improvvisamente.
“Io… io…” balbettò incapace di accettare una simile
evenienza.
“Accadrà! Nessuno merita di essere solo, tantomeno una
persona meravigliosa come sei tu” rispose Diana, sperando che Anna tornasse la
ragazza solare di una volta.
“Non sono meravigliosa, ho un sacco di difetti” rispose
torcendosi una ciocca di capelli rossi.
“Tutti noi li abbiamo. Offrigli una seconda possibilità.
Non fare lo stesso errore della lavagnetta!” le rammentò con voce accorata.
Anna osservò nuovamente il ciliegio: un sorriso increspò le
labbra, mentre il ricordo di quel episodio le scorreva davanti agli occhi.
Leavevachiestoscusaun’infinitàdivolte,poiavevagettatolaspugnaedavevaaccettatoilsuocaparbiorifiuto…e così, erano
diventati nemici.
“Non ero pronta ad accettare allora” ricordò con sgomento
“e non credo di esserlo adesso; in più non saprei cosa dirgli!” rivelò alla
fine, sperando che l’amica potesse consigliarla al meglio.
“Non è detto che la cosa si ripeta: considera che ha
ottenuto il lavoro come medico di Avonlea” le fece notare.
“E se non gli bastasse? Ha studiato molto per diventare
quello che è oggi” replicò, poco disposta ad arrendersi all’inevitabile.
“Non sarebbe tornato e non ti avrebbe aspettato” sostenne Diana,
afferrandole la mano.
“E tu come lo sai?!” chiese Anna, comprendendo in quel
mentre il vero significato delle parole dell’amica.
“Non avrebbe insistito tanto affinché tu andassi al ballo
con lui” spiegò calma, mentre Anna assimilava quei discorsi.
“Nulla sarà più come allora” mormorò, mentre sentiva le
difese cedere lentamente.
“Non deve esserlo, e può essere anche meglio” rispose
Diana, ricordando l’inizio della sua storia con Fred.
“E se Gilbert non volesse?” chiese incerta, mentre il dubbio
s’impossessava nuovamente di lei.
“Non avrebbe cercato in tutti i modi di convincerti ad
andare al ballo con lui” le ricordò.
“Neppure oggi siamo riuscite a lavorare ai vestiti” ammise
Anna, sentendo i rintocchi del campanile.
“Domani lavoreremo anche per oggi” la rassicurò, scendendo
le scale.
“Ti voglio bene, Diana” mormorò Anna abbracciando l’amica.
“Anch’io, Anna. Anch’io” ricambiò la ragazza.
Diana stava rientrando a casa.
Quel pomeriggio era stato molto proficuo ed era contenta.
Aveva assistito impotente ai cambiamenti che erano avvenuti in Anna quando Gilbert
si era allontanato improvvisamenteda Avonlea.
Solo una settimana dopo Anna le aveva rivelato per filo e per segno cos’era
accaduto. Nonostante Diana avesse cercato di far ragionare l’amica, questa si
era caparbiamente rifiutata di accettare qualsiasi tipo di consiglio e si era
buttata a capofitto nel lavoro, nella speranza di dimenticare il ragazzo. Ma
ora il destino stava offrendo loro una nuova opportunità e lei non avrebbe
lasciato le cose in mano a quei due testardi.
“Gilbert Blythe, mi devi un favore enorme” mormorò
camminando lungo il bosco stregato, ricomponendo nella sua mente i fatti di
quel pomeriggio.
“Non mi ami più? Già sospiri per qualcun altro che, per
giunta, è il mio migliore amico? Devo preoccuparmi?” chiese una voce familiare
alle sue spalle.
“Non essere geloso, Fred Wright. Gilbert ha occhi solo per
Anna. Devo solo sistemare le cose in modo che possano vivere felici e contenti,
proprio come noi due. E poi tornerò la Diana di sempre” lo tranquillizzò lei.
“Non metterti a fare il paraninfo: ti ricordo che mi hai
fatto promettere di non intromettermi” le fece notare lui.
“Appunto: tu non ti devi intromettere, altrimenti comprometteresti
le mie mosse” gli spiegò Diana paziente, usando lo stesso tono che avrebbe
usato con un bambino.
“Ho visto Gilbert oggi” rivelò Fred.
“Davvero? E cosa ti ha detto?” s’informò lei, ascoltandolo
distrattamente.
“Non saresti qui altrimenti” gli fece notare, inarcando un
sopracciglio.
“Sei astuta. Mi ha detto che la prossima primavera il
medico di Glen St. Mary andrà in pensione” rivelò il ragazzo lentamente, mentre
Diana lo osservava senza capire.
“Buon per lui” mormorò continuando ad ignorare cosa questa
notizia avesse a che fare con i suoi due amici.
“Gil vuole fare domanda per quel posto” gli rispose alla
fine.
“Cosa vuole fare?! Ma allora siamo punto a capo!” tuonò
lei, mentre l’idea di sbattere le teste l’unacontrol’altraprendeva
sempre maggiore consistenza nella sua mente.
Sorrise dopo un secondo: quei due volevano renderle le cose
difficili, ma lei non si sarebbe lasciata fermare con così poco. Quei due erano
fatti per stare insieme e se loro non l’avevano ancora capito, poco male, avrebbe
rimediato lei.
Ciao! Mi scuso per il ritardo con cui poso
quest’ottavo capitolo, ma alcuni impegni e l’inizio del nuovo lavoro mi hanno
rallentato.
Ringrazio tutti coloro che leggono ed i
recensori, in particolare Jenny76, Nisi Corvonero, Altari 76, Ran91, Lu, Cate
ed Usagi-chan.
Mi raccomando: fatemi sapere cosa vi sembra questo
capitolo.
Alla prossima (prometto di non farvi
attendere un altro mese ^___^).
Gilbert si stropicciò gli occhi affaticati dalle lunghe ore di lavoro: alcuni fogli erano ancora sparsi sulla scrivania di noc
Gilbert si strofinò gli occhi affaticati dalle lunghe ore di lavoro: alcuni fogli erano ancora sparsi sulla scrivania di noce.
Era stanco. Quel giorno parecchi compaesani erano passati a fargli visita: chi per lamentare malesseri, chi semplicemente per fare quattro chiacchiere.
Aveva cercato di aiutare i primi e si era mostrato cortese con i secondi, cercando di far capire loro che in altri momenti si sarebbe potuto intrattenere.
Dopo aver dato un giro di chiave alla porta d’ingresso, ripensò
alla conversazione avuta con Fred. Forse era stato avventato raccontargli i suoi sogni ed i suoi desideri, ma sentiva il bisogno di parlarne con qualcuno che gli fosse vicino come età e come idee.
Avrebbe voluto poter vivere e lavorare ad Avonlea, d’altronde anche molti giovani stavano abbandonando le loro case natie preferendo la città che offriva più lavoro e più prospettive sotto molti punti di vista.
La sera precedente era giunto alla conclusione che, entro quindici anni al massimo, il suo amato villaggio avrebbe perso metà della sua attuale popolazione.
Non aveva senso lottare per restare in un luogo che non offriva garanzie di vita dignitose.
Il suo desiderio era di sposarsi e di mettere su famiglia: come avrebbe sfamato sua moglie ed i suoi figli? Era dispiaciuto per questa scelta, ma non poteva fare altrimenti. Fred si
era dichiarato d’accordo con lui, anche se aveva storto il naso alla prospettiva che Gilbert diventasse il nuovo medico di Glen St. Mary. Certo, quaranta miglia non erano una passeggiata, ma non erano neppure una distanza insormontabile.
Il problema era Anna.
La ragazza gli aveva detto di no già una volta e stavolta la situazione era molto simile.
Sospirò pesantemente, appoggiando la schiena contro lo schienale della sua sedia: poteva sperare in un sì? Il pensionamento del medico di Glen St. Mary non era così imminente, ma aveva solo un mese di tempo per proporsi come sostituto.
Anna stava correggendo alcuni compiti dei suoi allievi di terza. Preferiva farlo a scuola, appena terminate le lezioni, così da poter tornare a casa abbastanza presto
e per lavorare un po’ sui vestiti.
Controllò il compito con attenzione: non aveva alcun errore.
Soddisfatta scrisse il voto, rammentandosi di lodare l’impegno scolastico dell’autore di quel capolavoro l’indomani.
Un leggero bussare la fece trasalire. Sicuramente era Diana. Era strano, dato che era sicura d’averla avvisata il giorno precedente che sarebbe stata impegnata per un paio d’ore e che sarebbe passata lei a casa Barry.
"Avanti!?" domandò interdetta, certa di veder comparire sulla soglia la sua amica del cuore.
"Ciao, Anna" esordì Josie Pye, entrando nell’aula e facendo sgranare gli occhi alla ragazza ancora seduta.
"Josie, che sorpresa" mormorò con scarsa convinzione, cercando di essere educata.
Anna aveva cercato in molte occasioni di fare amicizia con la ragazza, ma senza successo. Frequentando l’accademia, si era accorta della perfidia della compaesana ed aveva rinunciato a diventare sua amica, preferendo persone più sincere che le dimostravano lealtà ed affetto sinceri.
"Passavo di qua, sai com’è" si giustificò avanzando lentamente. Il suo tono di voce era così palesemente falso che Anna s’irrigidì suo malgrado.
"Siediti pure" replicò con gentilezza la ragazza, appoggiando il compito corretto ed aspettando di scoprire il motivo che l’aveva condotta lì.
"Lavori ancora qui, a quanto vedo" mormorò con palese disprezzo "Dev’essere terribile essere orfani. Ma peggio ancora… poveri" concluse guardando la ragazza con ribrezzo.
"Non sono povera, Josie" ribatté la ragazza piccata da quell’insinuazione davvero poco velata "Non sono solo i soldi a far felice una persona, ma anche l’amore e l’affetto che riceve e che può restituire!" le spiegò, già sapendo che la sua compagna d’infanzia non avrebbe mai compreso il suo ragionamento perché troppo accecata dalle cose materiali e dall’aspetto esteriore.
"Beh, considera che lavori" gli rinfacciò aspra "Sei l’unica ad Avonlea a farlo" concluse alzando le spalle.
"Veramente, anche Jane e Ruby lavorano" replicò Anna, curiosa
di sapere dove la ragazza volesse andare a parare.
"Ma loro non sono orfane" le spiegò Josie, temendo che la sua interlocutrice non capisse il suo arguto ragionamento.
"Non capisco" mormorò Anna, aggrottando le sopracciglia.
"I Cuthbert non ti lasceranno nulla, tu non sei una loro parente!" le rinfacciò aspra.
"Dove vuoi arrivare, Josie?" le domandò seria. Stava iniziando a perdere la pazienza di fronte a quelle domande senza senso, almeno per lei.
"Mi ha detto mia cugina May, che lo ha saputo da sua sorella Sarah che Gilbert ha rifiutato l’invito di Jenny Mayer. E dicono che andrete al ballo insieme" rivelò sperando che la ragazza le fornisse ulteriori dettagli.
"E se così fosse?" chiese Anna senza lasciar trapelare alcunché.
"Quello che voglio dirti, Anne, è che dovrai trovarti un marito ricco, dato che i Cuthbert non ti daranno alcuna dote" concluse Josie alla fine.
"Non ho mai detto di volermi sposare" confessò candidamente l’altra.
"Allora dovresti parlare chiaramente con Gilbert. Non è giusto che tu lo illuda in questo modo!" s’inviperì lei.
"Io non lo sto illudendo!" precisò Anna con foga "Andremo al ballo in onore dei vecchi tempi" rivelò pacata.
"Andiamo, Anna! Tu credi ancora che uomini e donne possano essere amici?" domandò sarcastica "Ci avevate provato cinque anni fa e la cosa non è andata bene, perché provarci di nuovo!?" s’interrogò con finta apprensione.
Josie aveva da sempre avuto un debole per Gilbert. L’idea di vedere il ragazzo che tanto le piaceva correre dietro ad Anna Shirley la irritava oltre misura. Non aveva mai sopportato la ragazza, giudicandola una povera mendicante che faceva di tutto per risultare simpatica a destra ed a manca, tutti erano
accecati dalle sue disgrazie da non vedere la sua doppiezza. Ma lei era sempre stata più furba di tutte le altre sue coetanee ed aveva visto Anna per quello che era. Almeno così credeva.
"Josie? Tu sei fidanzata con Jacob Anderson" le ricordò Anna, vedendo le guance della sua interlocutrice farsi color porpora "Parli come se ti piacesse Gilbert" mormorò, realizzando in quel mentre che forse Josie provava qualcosa per il nuovo dottore di Avonlea.
"Non sono affari tuoi. Comunque evita di giocare con i suoi sentimenti. Se tu conti di restare per sempre qui, in questo sperduto paesino di campagna, fai pure. Io e tanti altri abbiamo altre idee per il nostro futuro" disse acida alzandosi in piedi, ritenendo conclusa quella conversazione.
"La città non è fatta per tutti" considerò Anna, vedendo la ragazza allontanarsi.
"Non è fatta per tutti, ma Gilbert non rimarrà qui in eterno" la gelò soddisfatta Josie.
"Cosa… Cosa vorresti dire?" domandò scattando in piedi e reggendosi alla cattedra.
"Gil farà domanda per il posto di medico a Glen St. Mary" la informò l’altra "tempo un mese ed il nostro nuovo dottore ci lascerà per quella meravigliosa cittadina affacciata sul mare. Ci vediamo, Anna Shirley" gongolò soddisfatta, chiudendosi la porta alle spalle.
Anna fissava l’aula vuota con gli occhi sbarrati: tutto si stava ripetendo come cinque anni prima.
Lui la lasciava nuovamente sola per inseguire la sua carriera. Possibile che per lui la carriera fosse così importante? Perché si divertiva ad illuderla? Lei non era un pupazzo da strapazzare e poi da lasciare dimenticato in un angolo.
Non avrebbe sofferto nuovamente per lui, stavolta avrebbe preteso delle spiegazioni.
Cinque anni prima era stata ingenua e forse accecata dalla testardaggine, ma dopo la chiacchierata che aveva fatto con Diana il giorno prima, era risoluta a cercare la felicità che riteneva di meritare.
Raccolse velocemente i compiti, ripromettendosi di correggerli quella sera stessa, e si affrettò verso l’ambulatorio.
Voleva alcuni chiarimenti dal dottore e li avrebbe avuti!
Un rumore insistente svegliò Gilbert dal dormiveglia in cui era scivolato lentamente poco dopo aver concluso il suo turno.
Si alzò lentamente massaggiandosi le ossa indolenzite e lanciò una rapida occhiata alla pendola appesa al muro alla sua sinistra: erano le quindici e trenta.
"Sicuramente un paziente" mormorò sbadigliando e girando la chiave.
"Anna!?" domandò sorpreso nel trovarsi di fronte la ragazza che fino qualche attimo prima aveva allietato il suo sonno.
"Ciao Gilbert, disturbo?" domandò con decisione.
Il giovane rimase spiazzato dalla determinazione che trapelava dalla sua voce. Per un attimo pensò di essere tornato indietro di cinque anni.
"Non disturbi mai. Non stai bene?" s’informò subito preoccupato.
"Sto bene. Ho solo bisogno di sapere un paio di cose" rivelò lei, iniziando a pentirsi d’essere andata lì.
"Beh, sediamoci allora. Per oggi ho finito" disse lui indicandole una sedia e prendendo posto a sua volta.
"Ho incontrato Josie questo pomeriggio" tergiversò lei, sentendosi sempre più imbarazzata.
Cosa mi è venuto in mente?! si rimproverò Anna per l’ennesima volta.
"E?" la incitò lui, notando quella pausa troppo lunga.
"Mi ha detto che hai intenzione di fare domanda per il posto di medico a Glen St. Mary" buttò lì con indifferenza.
"E’ vero" confermò dopo quella che ad entrambi sembrò un’eternità.
"Allora, quando dicevi che eri tornato per restare, mentivi?" inquisì lei, furiosa per essersi lasciata prendere in giro per la seconda volta.
"Troppa gente sta già lasciando Avonlea: credimi io vorrei restare, ma qui non ce posto per due dottori" le spiegò lui pacato.
"Tu te ne vuoi andare, proprio come cinque anni fa!" tuonò lei, furiosa per la condiscendenza con cui lui la trattava.
"Io non voglio andarmene!" sbottò lui "Io vorrei rimanere, ma vorrei potermi sposare ed avere dei figli: come li sfamerei?" domandò lui, sperando che lei comprendesse le sue motivazioni.
"Avonlea ti è sempre stata stretta!" inveì lei con gli occhi pieni di lacrime "Non ti è mai importato niente né di lei
né di me!" sbottò frustrata, comprendendo che quello che aveva detto Josie era vero.
"E’ una menzogna! Io tengo ad entrambe, ma non posso obbligare il dottor Thompson ad andare in pensione a soli quarant’anni!" sibilò lui.
"Non è necessario che ti giustifichi! Ho capito benissimo!" ribadì lei, scattando in piedi pronta ad andarsene. Non aveva motivo di restare, lui era stato molto chiaro.
"Non è vero! Tu capisci solo quello che vuoi capire!" le rinfacciò lui, mentre lei si voltava furiosa.
"E cosa c’è da capire, eh? Tu te ne andrai di nuovo ed io rimarrò qui a piangere la tua assenza come ho sempre fatto!" sibilò voltandosi timorosa d’aver rivelato troppo.
"Guarda che neppure io ero felice di stare
là da solo in una città a me completamente estranea" la informò serio "Non c’è stato giorno che non pensassi a te" replicò lui, stringendo con forza i pugni.
"Non verrò al ballo con te!" tuonò sorda alle sue parole, allontanandosi verso la porta.
"Mi vuoi spiegare cos’ha a che fare il ballo con la mia possibile nomina a Glen St. Mary?" sbottò lui incredulo, afferrandole un braccio e facendola voltare per poi ritrovarsela, tra le braccia.
Impreparata a quella mossa, Anna alzò risoluta la testa pronta a dare nuova battaglia, ma la dolcezza nello sguardo di lui
e fece scemare la rabbia che la pervadeva.
"Non voglio andare al ballo con una persona che poco dopo mi lascerà sola!" soffiò, incapace di staccare gli occhi da quelli di Gilbert.
"Vieni con me, allora" suggerì lui pacato, staccandosi dalla ragazza e scrutando negl’occhi grigi di lei.
Poi, senza attendere la risposta di Anna, unì le sue labbra con quelle della giovane, ancora confusa per quell’ultima affermazione.
Buondì… dopo una lunga assenza, di cui mi scuso, ecco qua il nuovo capitolo.
Ringrazio Nisi Corvonero per il beta-reading, spero di non aver fatto più danni che altro e… attendo i commenti, giudizi e critiche.
Ringrazio i lettori ed i recensori: mi scuso con entrambe le categorie per la mia lentezza…
Un leggero ma insistente bussare alla porta riscosse i due ragazzi dal
magico luogo in cui la semplice unione delle loro labbr
Un leggero ma insistente bussare alla porta riscosse i due
ragazzi dal magico luogo in cui la semplice unione delle loro labbra li aveva
trasportati.
“Devo aprire” mormorò Gilbert staccandosi a malincuore dall’invitante
bocca di Anna.
“Che cos…?” sussurrò lei, realizzando in quel mentre il
rumore continuava incessantemente.
“Dottore, la prego mi apra! Mio padre sta male!” gridò una vocetta
infantile da dietro la porta chiusa.
“I tuoi pazienti ti reclamano…” bisbigliò la ragazza,
arrossendo e ricordandosi il bacio che si erano scambiati qualche minuto prima.
“Già… ma il nostro discorso non è ancora terminato” le
disse Gilbert sicuro.
“Invece si è già concluso: cinque anni fa per la
precisione” replicò lei allontanandosi di qualche passo dal ragazzo ed appoggiandosi
alla scrivania “Sono una sciocca: mi ero illusa che durante questi cinque anni
tu fossi cambiato ed invece ti ritrovo più determinato che mai a far carriera,
ignorando il villaggio che ti ha sempre sostenuto ed appoggiato” sibilò lei,
stringendo con disperazione lo spigolo della scrivania.
“Anna, io…” iniziò lui, ma nuovi colpi alla porta lo
costrinsero ad aprire la porta.
Il giovane Mike Abbot, un ragazzino di dodici anni con
stopposi capelli castani ed occhi color tortora, entrò nella stanza cercando
il dottore.
“La prego! Mio padre sta male!” gridò dopo averlo visto.
“Prendiamo il mio calesse, faremo prima” spiegò il giovane
medico prendendo sottobraccio il nuovo venuto “Ti serve un passaggio, Anna?”
chiese rivolgendosi alla ragazza che gli dava le spalle.
Gilbert la osservò sparire dietro una curva: gli era
sembrato d’aver fatto qualche passo in avanti in quei giorni, mentre ora
sembrava che tutto fosse tornato al punto di partenza.
“Andiamo Mike: tuo padre ci aspetta” mormorò al ragazzino
che annuì con convinzione.
Anna si era fermata vicino alla Polla di Driade, sedendosi
sul ceppo di un vecchio acero. Aveva i nervi scossi, specie dopo le emozioni
che quel bacio aveva fatto nascere nel suo cuore e dopo quell’ultimo scambio di
battute con Gil.
“Sta accadendo di nuovo ed io non posso fare nulla per
impedire che i fatti si ripetano” sussurrò lei, mentre una solitaria lacrima
rigava il viso di porcellana.
I ricordi si affollarono minacciosi nella mente della
ragazza: pareva quasi che volessero travolgerla e riportarla a dove tutto era
cominciato. Esausta ed incapace di opporvisi, rivisse quello che era accaduto qualche
tempo prima.
Cinque anni prima.
Mancava appena una settimana al ballo di White Sands e le
giornate erano soleggiate e mitigate da una piacevole brezza.
Anna osservava divertita il tiepido venticello che giocava
con alcune ciocche dei suoi capelli che immancabilmente sfuggivano alla severa
crocchia.
“Buondì Anna: non capirò mai perché ti ostini a tenere i
tuoi meravigliosi capelli legati a quel modo” fece una voce, alla ragazza nota,
alle sue spalle.
“Perché in classe non avrei un aspetto professionale,
signor Blythe” rispose lei con finto rimprovero.
“Ed il buongiorno?” mormorò lui raggiungendola.
“Buongiorno, Gil” disse lei, regalandogli un dolce sorriso.
“Posso portarti i libri?” chiese lui dolcemente.
“Siamo arrivati, Gil. E poi qualche bambino potrebbe vederti” sussurròlei.
“Considera che in paese tutti sanno di noi” le rammentò
lui.
“Ed altrettanti non approvano” sottolineò lei, ricordando
la mezza crisi isterica che aveva colto la signora Mary Pye appena aveva
appreso che l’orfana del Tetto Verde si vedeva con il maggiore di casa Blythe.
“Io li lascio parlare” disse lui mordendo una mela uscita
quasi magicamente dalla sua tasca “e dovresti fare lo stesso anche tu” le
consigliò, dopo
aver deglutito.
“Sarà perché tutti e soprattutto tutte ti trovano
irresistibilmente affascinante” ironizzò Anna, guardando altrove, mentre lui
mordeva nuovamente la mela.
“Vorresti dire che tu non mi consideri irresistibilmente
affascinante?” le chiese lui prontamente.
“Non stavamo parlando di me” borbottò lei, riflettendo in
quel mentre che in ogni discorso che facevano insieme, Gilbert riusciva sempre
a coinvolgerla.
“Vergogna Anna: non hai risposto alla mia domanda” rincarò
lui, abituato ai rimbrotti della giovane.
“Forse non starei con te se non lo fossi” mormorò la
ragazza, arrossendo lievemente.
“E così stai con me solo per il mio aspetto fisico!?”
s’indignò lui.
“No, anche perché riesci ad esasperarmi. Sto con te perché
sei dolce e sensibile. Ti basta?” chiese Anna sbirciandolo.
“Sì, mi reputo soddisfatto, almeno per il momento” precisò
lui, vedendo il rossore aumentare sulle guance di lei.
“Devo andare” bofonchiò lei, mentre lui la tratteneva
gentilmente.
“A dopo…” mormorò Gil, allontanandosi verso il campo del
signor Barry.
Le lezioni erano volate ed Anna si apprestò a correggere i
compiti dei suoi allievi. Rammentò con la penna a mezz’aria che aveva potuto
avere quel posto grazie a Gilbert, subito dopo la morte di Matthew.
L’anziano proprietario del Tetto Verde si era spento l’anno
precedente. Il dolore era ancora molto vivido sia in lei che in Marilla.
Avevano dovuto vendere alcuni campi ed Anna aveva rinunciato all’università,
almeno per alcuni anni, dato che non se la sentiva di lasciare sola la persona
che con Matthew le aveva dato tanto. Era un ben misero sacrificio in confronto
a tutto quello che i due anziani fratelli avevano fatto per lei.
E poi lei si era innamorata del piccolo e sonnacchioso
villaggio che l’aveva accolta anni addietro e l’aveva aiutata a crescere e
maturare, permettendole di diventare quella che era adesso.
Le dispiaceva soltanto non poter dare la sua borsa di
studio a nessuno, dato che era nominativa.
Marilla all’inizio non era stata d’accordo ed aveva cercato
in tutti i modi di farle cambiare idea, ma Anna era stata irremovibile ed alla
fine la donnasi
era appoggiata a lei, fiduciosa e grata alla buona sorte che aveva fatto
incrociare la sua strada con quella ragazza tanto meravigliosa e giudiziosa.
“Ancora sui libri?” esordì una voce, facendo sobbalzare la
ragazza dallo spavento.
“Sei silenzioso come un gatto, Gil!” protestò lei, cercando
di placare i battiti furiosi del suo cuore.
“Veramente non sono china sui libri, ma su alcuni compiti
di matematica” precisò Anna incontrando lo
sguardo del ragazzo.
“Hai finito prima?” chiese Anna sbirciando la pendola
appesa alla parete.
“Già, ieri avevo piantato quasi tutte le piantine ed oggi
ho concluso” la informò lui, sedendosi mollemente su un banco.
“Sembri preoccupato” gli fece notare lei, distogliendo lo
sguardo dal compito ed osservando attentamente il giovane.
“Diciamo che da un po’ di tempo sto pensando ad alcune cose
e… beh, vorrei parlarne con te” disse d’un fiato, sentendosi addosso gli occhi
grigi e curiosi della ragazza.
“Sembra una cosa importante” concordò lei, alzandosi dalla
cattedra e prendendo posto accanto a lui.
“Quest’anno non sono potuto andare all’università: i miei
genitori avevano speso gran parte dei loro risparmi per mandarmi all’accademia
e non potevo pretendere che spendessero altri soldi per la mia istruzione” spiegòGilbert con aria grave.
Anna lo ascoltava attenta, timorosa di interrompere quel
discorso così serio ed importante.
“Ho lavorato sodo, sia quando andavo all’accademia siaquest’anno. Ora ho i soldi
necessari per poter frequentare l’università e poter cercarmi con calma qualche
lavoretto da fare per mantenermi” concluse lui osservandola con attenzione.
Anna ricambio quello sguardo: aveva sempre saputo che lui
voleva fare il medico e niente e nessuno gli avrebbe impedito di realizzare il
suo desiderio. Sorrise lieta che i desideri del giovane diventassero realtà
tanto in fretta.
“Qualche giorno fa ho mandato la domanda d’iscrizione
all’università ed oggi mi è arrivata la risposta: mi hanno accettato” rivelò il
ragazzo con una leggera incertezza iniziale.
“Ma è meraviglioso Gil, chissà che faccia faranno gli
studenti di Carmody!” disse Anna con trasporto, abbracciando il ragazzo
felicissima.
Lei ne era stata sicura: Gilbert aveva tutte le carte in
regola per sfondare ed avrebbe lasciato basiti tutti..
“Anna? Non mi sono iscritto a Carmody ma a Toronto” la informò
lui, mentre il sorriso della ragazza si spegneva.
Già, Gilbert le aveva spiegato solo più tardi che Toronto
era considerata la migliore università, sia per quanto riguardava la
preparazione che le innovazioni in campo medico.
Ma Toronto era lontanissima mentre Carmody avrebbepermesso
loro di vedersi più facilmente.
Con un gesto stizzito, la ragazza gettò un sassolino nel
laghetto, facendo increspare le acque tranquille.
Ancora adesso, rammentando quei fatti il suo cuore
sanguinava come allora alla prospettiva di lasciarlo andare, ma sapeva che non
era giusto tarpare le ali del ragazzo che tanto desiderava poter aiutare chi
soffriva diventando medico.
“Toronto… non è vicina” sospirò la ragazza, sbirciandolo
confusa.
“Vieni con me” propose lui, prendendo entrambe le mani tra
le sue “Ci sposeremo qui, ad Avonlea e dopo partiremo per Toronto: là c’è un
sacco di lavoro!” le assicurò lui.
“Io… io non posso andarmene” balbettò Anna, sgranando gli
occhi grigi e sciogliendo le mani da quelle del giovane.
“Anna” sussurrò lui, realizzando in quel mentre che la
ragazza non aveva reagito come lui si era aspettato.
Certo, prevedeva che Anna non avrebbe fatto i salti di
gioia, ma era convinto che il loro amore avrebbe superato quella difficoltà.
Era sicuro che Anna lo amasse, proprio come lui amava lei, e non riusciva a
spiegarsi il perché di quel rifiuto tanto netto e deciso.
“Carmody offre molte opportunità e specializzazioni” cercò
di blandirlo lei, anche se con scarsa convinzione.
Il suo cuore si era fermato nell’attimo stesso in cui Gil
aveva pronunciato la parola Toronto: come poteva volersene andare dopo neppure
un anno che erano tornati
dall’accademia? E poi, lei non poteva andarsene. Non poteva lasciare tutto e
tutti a quel modo.
Scosse la testa, quasi a scacciare la sola idea di una sua
eventuale partenza.
Amava Gilbert ed aveva cercato di dimostrarglielo in più di
un’occasione, ma il pensiero di abbandonare Avonlea le era quasi
insopportabile.
“Ti aspetterò” promise Anna dopo una breve pausa.
“Lo so, ma io ti vorrei con me” sussurrò lui, cercando di
riprenderle una mano.
“Non è possibile, lo sai” sussurrò lei con decisione.
“Non puoi pensare di accollarti tutto il peso di questo
villaggio sulle tue spalle. Devi pensare anche alla tua vita!” le disse lui
caparbio.
“Ci sto già pensando: posso vivere benissimo ad Avonlea.
Non tutti sono accecati dalla smania di lasciare questo villaggio!” sbottò
Anna, risentita con il giovane che l’accusava ingiustamente.
“Non voglio lasciare Avonlea: ritornerò. Ma purtroppo al
momento Avonlea non è in grado di offrirmi la scuola che vorrei!” chiarì lui.
“Non puoi sapere se tornerai: il tirocinio dura un anno e
lo decide l’università dove mandarti!” gli rammentò lei.
Gilbert la osservò: aveva gli occhi lucidi, chiaro segno
che faticava a trattenere le lacrime.
Il giovane voleva poter cancellare la sofferenza che aveva
arrecato alla ragazza ma sapeva che, per farlo avrebbe dovuto rinunciare al suo
sogno.
Amava Anna più della sua stessa vita e desiderava diventare
dottore con tutto se stesso.
“Partirò la settimana dopo il ballo di White Sands: non
voglio chiederti di aspettarmi, non sarebbe giusto. Ma ti prego di riflettere
bene. Ci amiamo ed entrambi vogliamo sposarci, cosa cambia farlo in un tempo
più breve?” domandò lui.
“Non è il solo fatto di sposarci, Gil. Considera che mi
stai chiedendo di abbandonare il mio mondo!” gridò lei, mentre una lacrima
sfuggiva dai suoi occhi grigi.
“Mi dispiace Anna, ma non posso tornare indietro rischiando
di perdere la possibilità di realizzare il mio desiderio” mormorò lui mesto.
“Non voglio che tu torni indietro: è giusto che tu realizzi
il tuo sogno” convenne lei, annuendo con gravità “Ma io non posso seguirti. Mi
dispiace” mormorò correndo fuori dall’aula.
Era fuggita allora proprio come ora. Sorrise sbirciando
alcuni girini giocare nell’acqua stagnante del laghetto. Adesso come allora
c’erano gli stessi problemi. Era suo dovere prendersi cura di Marilla e di
Rachel: loro contavano su di lei. Gilbert sarebbe presto ripartito ed avrebbe
trovato una ragazza con meno problemi di lei ed avrebbe formato la famiglia che meritava e che
tanto desiderava.
“Ti auguro tutta la felicità di questo mondo, Gil” sussurrò
Anna, correndo verso il Tetto Verde, mentre il suo cuore sanguinava nuovamente.
Ciao a tutti! Buon 2007 a tutti
quanti…
Mi scuso per l’enorme ritardo con
cui poso questo capitolo, ma purtroppo sono rimasta vittima del blocco dello
scrittore… (scusate, non mi reputo ancora una scrittrice, ma non so con che
altro termine spiegare la mia incapacità di scrivere il capitolo che mi ronzava
in testa da un bel po’ di tempo).
Ringrazio tutti i lettori ed i
recensori che mi hanno incitata e che nonostante il ritardo hanno continuato ad
attendere fiduciosi il seguito di questa fanfiction.
Spero che il capitolo soddisfi le
vostre aspettative.
Un ringraziamento particolare va
alla mia beta-reader Nisi Corvonero, che legge in anteprima il frutto della mia
mente malata e fa divenire un capitolo scialbo quasi un’opera d’arte (dico
quasi perché sono bravissima a fraintendere i suoi suggerimenti ^___^’).
Ringrazio ancora tutti i lettori ed
attendo i vostri commenti.
Un bacione a tutti e prometto di
non farvi aspettare oltre per l’ultimo (eh già) capitolo.
Diana stava stendendo il bucato in cortile e rifletteva su quanto era
accaduto tra i suoi due migliori amici in così poco tempo
Diana stava stendendo il bucato in cortile e rifletteva su
quanto era accaduto tra i suoi due migliori amici in così poco tempo. Era
riuscita a farli riavvicinare, riportando il loro rapporto a come era prima che
i due litigassero; ora, però, Anna e Gilbert avevano vanificato i suoi sforzi
come se le due settimane appena trascorse non fossero mai esistite.
“Ciao Diana” la salutò una voce, riscuotendo la ragazza dai
suoi pensieri.
“Gil! Non ti ho sentito, scusami” mormorò stendendo
l’ultimo lenzuolo e prendendo il cestino ormai vuoto.
“Ho bussato e Minnie May mi ha detto che eri qui” commentò
brevemente il giovane.
“Non c’è verso di spiegare a quella bambina come ci si
comporta con gli ospiti!” sospirò Diana, scuotendo la testa, avvilita. Lei e
sua madre non sapevano più cosa fare con l’ultimogenita di casa Barry che
sembrava refrattaria alle buone maniere, specie con i visitatori.
“Non sgridarla” la pregò lui, sorridendole gentilmente “ho
dovuto insistere parecchio” la giustificò pronto.
“Un’altra ragazza con il cuore infranto per colpa tua?”
domandò la giovane lanciando un’occhiata in tralice.
“Mi dimenticherà in fretta… dicono che Thomas Andrews abbia
un debole lei…” gli rivelò lui, mentre Diana lo osservava colpita.
“Non credo che Minnie May ricambi. E comunque non eri
sicuramente venuto fin qui per parlarmi dei ragazzi che le girano attorno,
vero?” domandò lei, scrutando il viso del dottore.
“Hai ragione, anche questa volta” replicò lui, mentre un
sorriso triste compariva sul suo viso.
“Ho sempre ragione, altrimenti non avrei continuato a
scriverti per quasi cinque anni lettere per tenerti informato su Anna” ribatté
Diana.
“Ed io che pensavo volessi tenermi informato su Avonlea”
rispose ironico.
“Anna, Avonlea: che differenza vuoi che faccia!?” inquisì
lei.
“Nessuna, credo” mormorò lui ridacchiando divertito.
“Tu ed Anna siete praticamente nati per stare insieme e
prima lo capirete, meglio sarà per tutti!” sibilò lei decisa.
“Diana? Pensavo che in cinque anni tu fossi cambiata!”
soffiò lui aspro.
“Non usare quel tono con me!” gridò lei, lanciandogli
un’occhiata di fuoco “E soprattutto non pensare di tirarti indietro per il
ballo di domani!” brontolò minacciosa.
“Anna non ci verrà mai con me!” disse lui mesto “E’ stata
fin troppo chiara” le spiegò, evitando d’incrociare il suo sguardo.
“Non ho trascorso gli ultimi tre giorni a cercare di
convincerla perché all’ultimo minuto tu cambiassi idea!” gli rivelò lei
trionfante.
“E sei riuscita nel tuo intento?” domandò lui, curioso suo
malgrado.
“Avevi dei dubbi in proposito?” chiese lei, sorridendogli
vittoriosa.
“Fred dev’essere spaventato all’idea di contrariarti”
rifletté Gilbert sorridendole.
“Fred non potrebbe desiderare niente di meglio” sbottò lei,
irritata dalla sua affermazione.
“La mia opinione non conta nulla in proposito?” domandò una
voce, comparendo alle spalle di Diana.
“Solo se è favorevole a me” replicò lei, voltandosi con un
radioso sorriso.
“Fred, hai fatto in fretta” l’accolse Gilbert.
“Potevi darmi un passaggio” brontolò il nuovo venuto.
“Dovevo fare un discorso con Diana” rivelò il dottore “da
solo” precisò enigmatico.
“Fortuna che non sono geloso” borbottò il ragazzo.
“Non ne avresti motivo” replicò lei, osservando Gilbert
allontanarsi.
“Vedrai che tutto si sistemerà per il meglio” cercò di
tranquillizzarla lui.
“Sei troppo sicuro: non è che mi nascondi qualcosa?”
domandò lei osservandolo attenta.
“Vedremo se il tempo mi darà ragione” disse sibillino,
dandole un buffetto sul naso.
Anna osservava, senza, apparentemente vederlo il torrente
che scivolava gorgogliante tra le pietre levigate, mentre un unico pensiero
affollava la sua mente.
“Devo essere una pazza” soffiò sbirciando un filo d’erba
lottare contro la corrente “sapevo che avrei sofferto nuovamente, ma non ho
fatto nulla per evitarlo” mormorò triste.
Già, aveva creduto d’esser maturata e di saper far fronte
ai sentimenti ed invece, da quando aveva rivisto Gilbert, il suo cuore era
tornato a palpitare come cinque anni prima.
“Un altro ballo ed un’altra decisione” sussurrò mesta,
fissando una farfalla danzare sul filo dell’acqua.
“Sei preoccupata?” domandò la voce nota di Marilla.
“Non dovresti essere fuori: la caviglia non è ancora completamente
guarita!” protestò Anna vivacemente.
“Non ti ci mettere anche tu!” gracchiò la matrona di casa
Cuthbert indispettita “Già Rachel mi tratta come un’invalida, pronta a
criticarmi appena muovo un dito” soffiò acida, guardando il fiumiciattolo.
“Un po’ d’aria non può farti che bene” concluse Anna, con
tono lieve, fissando anche lei il lento scorrere dell’acqua.
“Pensi ancora a lui, vero?” domandò Marilla dopo qualche
minuto di assoluto silenzio.
“Vorrei poterti mentire, ma sì, penso ancora a lui” rispose
lentamente, quasi stesse soppesando le parole usate.
“Rammenti quando ti dissi che io e John Blythe eravamo
innamorati?” le domandò improvvisamente la donna senza guardarla.
Anna la sbirciò incerta: era stato anche grazie alle parole
di Marilla se aveva fatto pace con Gilbert anni prima.
“Sì” disse solo la ragazza, incapace di aggiungere altro ed
osservandola ora più apertamente.
“Alcuni anni dopo John venne al Tetto Verde” narrò atona
Marilla “mi disse che a breve si sarebbe sposato con Ginny Madison. Soffrivo,
ma anziché pregarlo di ripensarci, gli feci i miei migliori auguri” concluse
sospirando pesantemente.
“Marilla …” sussurrò Anna dispiaciuta, stringendole la mano
nodosa appoggiata alla staccionata.
“Sai, la sera stessa me ne pentii, ma il mio orgoglio mi
proibì di andargli a chiedere scusa” continuò lei, ignorando l’accorato appello
della ragazza al suo fianco, ma non il suo gesto “Partecipai al matrimonio
quasi per sfida, sperando che John cambiasse idea all’ultimo minuto e scegliesse
me… ma purtroppo non fu così” le confidò roca. La tristezza si percepiva dal
tono basso con cui l’anziana donna parlava. Anna osservò i raggi del sole
morente rispecchiarsi nel piccolo corso d’acqua.
“Cinque anni fa ti ho vista commettere uno sbaglio, ma non
ho voluto intervenire” le spiegò dopo una breve pausa “Temevo di perderti e tu
eri l’unica cosa che mi legava in qualche modo a Matthew” ammise, mentre una
lacrima scivolava sul suo volto.
“Marilla, ho promesso che sarei rimasta con te e non verrò
meno a questa mia promessa” la rincuorò Anna, scacciando la vocina che le
faceva notare che Gilbert non avrebbe agito come suo padre.
“Non voglio!” esclamò guardando Anna negli occhi “Già una
volta hai rinunciato alla tua felicità per me e non posso permettere che tu
ripeta lo stesso errore una seconda volta” terminò decisa.
“Gilbert vuole andare a lavorare a Glen St. Mary” le rivelò
dopo una breve pausa “Dista quaranta miglia da Avonlea” precisò dopo una breve
esitazione, affinché Marilla comprendesse il significato delle sue parole.
“Non è una distanza insormontabile: Marge Abbot abita a
duecento miglia di distanza da qui” replicò pacata l’anziana matrona, facendole
un timido sorriso.
“L’ho promesso a Matthew” disse Anna, mettendo fine a
quella conversazione.
“Non è vero” la contraddì Marilla “Tu a Matthew hai
promesso di essere felice e Gilbert è la tua felicità.”
“Gilbert mi dimenticherà presto. Un’altra ragazza occuperà
il mio posto e vivrà una vita felice” s’intestardì la ragazza.
“Forse hai ragione: Gilbert andrà avanti per la sua strada,
otterrà il posto come medico a Glen St. Mary e conoscerà una ragazza dolce e
simpatica. Si sposerà ed avrà dei figli” concesse Marilla stupendo Anna “ma
credimi se ti dico che, nonostante l’affetto che proverà per sua moglie ed i
suoi figli, mai ti dimenticherà” concluse, mentre lacrime di dolore scivolavano
sulle guance della ragazza.
“Non piangere Anna” la rincuorò a sua volta Marilla “tutto
quello che ti ho detto si può ancora cambiare. Puoi essere tu la donna che
Gilbert sposerà e puoi essere tu la madre dei suoi figli” concluse felice di
vedere la luce di speranza brillare negli occhi della ragazza a cui voleva un
mondo di bene.
“Ma non potrò starti accanto!” le ricordò Anna, mentre il
brillio scemava improvvisamente.
“Quaranta miglia non sono una distanza insormontabile: c’è
un treno che collega Glen St. Mary a White Sands” le disse dolcemente.
“Marilla io …” ammise esitante la ragazza, impaurita da
quella felicità così palpabile.
“Non dire nulla: pensaci soltanto” le consigliò Marilla
“domani sera leggerò nei tuoi occhi la risposta” le disse comprensiva, mentre
Anna le si gettava tra le braccia dando libero sfogo ai singhiozzi che
squassavano il corpo.
“Anna? Vuoi stare ferma?” la rimproverò Diana, sistemandole
il fiocco sui fianchi.
“Scusami” ripeté per l’ennesima volta l’interpellata.
“Ecco fatto!” mormorò Diana facendo qualche passo indietro
ed ammirando l’amica.
Il vestito di Anna era piuttosto semplice, ma forse proprio
perché privo di fronzoli, catturava l’attenzione. Era di un tenue verde,
leggermente scollato e con due esigue, maniche a sbuffo. La gonna, lievemente
svasata, fasciava delicatamente il corpo della ragazza, rendendola simile ad
una creatura eterea.
Diana sorrise compiaciuta. Josie avrebbe invidiato Anna
anche quest’anno e non solo per l’abito, ma anche per il cavaliere che
l’avrebbe accompagnata.
“Sei sicura che i capelli stiano bene così?” domandò
incerta la ragazza, mentre Diana sbuffava contrariata.
“Sì!” rispose decisa, vedendo l’amica scrutarsi allo
specchio. I capelli erano stati attorcigliati in una complicata acconciatura
che terminava in una piccola treccia che arrivava a metà schiena.
“Sei davvero bellissima!” affermò Diana con orgoglio,
sperando che la serata andasse per il meglio.
“Anche tu: il blu è il tuo colore, ti fa risaltare gli
occhi” disse Anna, ammirando la mise dell’amica.
L’abito di Diana era leggermente più svasato rispetto al
suo e scendeva in morbide balze, mentre il corpetto, ricco di pieghe,
accentuava l’esile fisico ed i capelli erano pettinati in morbidi boccoli che
coprivano la schiena.
“Fred dovrà stare attento” disse Anna, fingendosi preoccupata.
“Credo che anche Gilbert avrà il suo bel da fare” ritorse
l’amica, notando con palese soddisfazione il rossore che le imporporava le
guance.
“Anna! Diana! Sono arrivati Gilbert e Fred!” gracchiò
Rachel dalle scale.
“Arriviamo!” risposero all’unisono le due ragazze.
Scesero le scale curiose di sentire il parere che le due
matrone ed i due ragazzi avrebbero rivelato loro di lì a poco.
“Siete magnifiche” approvarono Marilla e Rachel, annuendo
con convinzione.
“Assolutamente meravigliosa” disse Fred, sorridendo a Diana
e porgendole una peonia rossa che la ragazza si fece appuntare dietro
l’orecchio sinistro.
“Sei bellissima” mormorò Gilbert, facendo arrossire Anna,
mentre le porgeva una rosa bianca leggermente dischiusa.
“Ma questa…” balbettò lei incredula.
Ricordava perfettamente quando, quasi dieci anni prima, in
occasione della recita di natale, Diana le aveva appuntato una rosa tra i
capelli. Solo qualche anno più tardi, Gilbert le aveva rivelato d’aver
conservato quel fiore come un prezioso ricordo.
“Ho faticato a trovarne una uguale” le rivelò lui,
sistemandole il fiore sopra l’orecchio destro.
“Andate e divertitevi” augurò loro Rachel, mentre Marilla
si asciugava furtiva una lacrima.
“Buonanotte” risposero all’unisono le due coppie,
avviandosi verso il calesse.
“Spero che Anna faccia la scelta giusta” sussurrò Marilla,
osservando la prima stella della sera spuntare.
“Diana! Anna!” esclamò Jane Andrews vedendo le amiche
entrare nella sala principale.
“Jane!” risposero le due ragazze, avvicinandosi all’amica
che era scortata da Ralph Peterson.
“Gilbert! E’ un piacere rivederti!” squittì giuliva Josie,
facendo la sua comparsa al braccio di Jacob Anderson.
“Josie, Jacob, come state?” domandò Gilbert, salutando
calorosamente il ragazzo che aveva conosciuto all’Accademia.
“Molto bene, Gilbert” rispose lui, ricambiando la stretta
di mano.
Anna si domandò in quel mentre come potesse un ragazzo
tanto gentile e simpatico essere fidanzato con Josie. Rinunciò a volerlo
scoprire, dicendosi che molto probabilmente Josie si comportava in modo
antipatico solo con lei.
“Sono iniziate le danze!” strillò Ruby, comparsa in quel
mentre con Simon Edwards e, dopo un vago cenno della mano, iniziò a ballare
sotto gli sguardi attoniti delle amiche.
“Mi concedi questo ballo?” domandò Gilbert, mentre Anna
accettava con un lieve sorriso. Josie osservò la scena con occhi di fuoco e
Diana sorrise con palese soddisfazione.
“Andiamo a ballare” mormorò Fred conducendo la ragazza
sulla pista da ballo “mi spaventi quando hai quel sorriso” le rivelò il giovane
qualche attimo più tardi, mentre danzavano.
“Non ho fatto nulla” si difese lei, mostrando un visino
oltraggiato dall’affermazione da poco sentita.
“Chissà come mai, stento a crederti” replicò lui
sorridendole.
“Uomo di poca fede!” ribatté lei, guardandosi attorno “dove
sono Anna e Gilbert?” domandò curiosa, cercandoli nella sala.
“Tu hai fatto del tuo meglio: ora sono loro a dover
prendere in mano il loro destino” rispose lui, facendole fare una giravolta.
“Hai ragione” disse lei, dedicandosi completamente a lui.
Anna e Gilbert avevano raggiunto la terrazza, dalla quale
si poteva ammirare il mare illuminato dalla luna.
“Sembra d’esser tornati indietro di cinque anni” mormorò
Anna, rendendosi conto in quel mentre d’aver parlato a voce alta, ed abbassando
precipitosamente gli occhi.
“Già e come allora sono qui a porti la stessa domanda”
disse lui pacato.
“Gil io…” fece lei, ma lui la bloccò posandole un dito
sulle labbra.
“Non voglio costringerti a fare qualcosa che tu non vuoi”
iniziò lui “ma voglio che tu sappia che ti amo e che niente e nessuno cambierà
mai quello che provo per te. Durante questi cinque anni il tuo pensiero mi ha
spinto a dare il massimo, certo che prima o poi le nostre strade si sarebbero
nuovamente incontrate. So che ti sto chiedendo molto, ma se mi ami come cinque
anni fa, sposami e vieni con me a Glenn St. Mary” le chiese lui,
inginocchiandosi davanti a lei ed attendendo la sua risposta con il fiato
sospeso.
“Sì” sussurrò lei sbirciandolo.
“So che ti chiedo molto, ma potrai tornare al Tetto Verde
quando vorrai! E durante le vacanze potremo trascorrere un breve periodo qui,
sono certo che la Marilla e Rachel non ci negheranno una stanza” continuò lui,
ignorando la risposta della ragazza.
“Va bene” acconsentì lei, lieta che Gilbert avesse pensato
a lei.
“So che stanno costruendo una ferrovia che colleghi White
Sands, quaranta miglia non saranno una distanza eccessiva appena terminata. E
poi potrebbero venire a trovarci anche loro” rifletté lui, dopo una breve
pausa, ad alta voce.
“Gilbert? Ho detto di sì” disse Anna arrossendo “Sì,
accetto di sposarti” ripeté sperando che il ragazzo capisse.
“Accetti? Oh, Anna!” gridò lui, abbracciandola con
trasporto e facendola girare.
“Piano!” esclamò lei, stringendosi a lui, ebbra di
felicità.
“Non ci credo, non riesco a crederci: cosa ti ha fatto
cambiare idea?!” domandò lui, ancora incredulo di fronte alla risposta di lei.
“Ieri ho parlato con Marilla e mi ha detto un sacco di
cose. Forse il mio cuore aveva già accettato l’idea di sposarti, ma la mia
ragione faticava a credere di poter essere alla fine felice anch’io” spiegò lei
a bassa voce, osservando le persone all’interno della sala danzare “Ieri notte
ho sognato Matthew” rivelò lei sbirciandolo. Gilbert era serio e la osservava con
occhi colmi d’amore “Mi ha detto di vivere la vita, di cercare la felicità e di
non rimanere ancorata al passato” rivelò lei, con gli occhi colmi di lacrime.
“Dovrò ringraziarlo” mormorò Gilbert.
“Ti amo, Gilbert. E perdonami se sono stata così sciocca da
rischiare di perderti” disse lei.
“Ti amo, Anna. Non devi scusarti; tutto questo ci è servito
per far maturare il nostro rapporto” le fece notare lui “Ora siamo entrambi
sicuri di quel che proviamo l’uno per l’altra e niente e nessuno potrà mai
separarci” promise lui, abbracciandola.
Nel cielo una stella sembrò brillare ancor di più, quasi in
segno d’approvazione verso quell’amore che, nonostante le avversità e la
lontananza, aveva mantenuto la sua lucentezza e la sua purezza.
FINE
Ecco qua la fine di questa
fanfiction.
Vi confesso che è stato un capitolo
molto sofferto, anche perché per certi versi ha toccato un problema personale.
Ringrazio Nisi Corvonero per il
beta (spero di non aver fatto danni ^___^’).
Ringrazio inoltre tutti coloro che
hanno letto e coloro che hanno commentato (in ordine alfabetico):
Altair76
Cate
DidiBlack
Evan88
Jenny76
Kiru
Lu
Lucylu
Nisi Corvonero (la grande Beta)
Ran91
Usagi-chan
Valentina78
Grazie a tutti per avermi sostenuto
in questa fiction e soprattutto per aver atteso i miei tempi non sempre veloci
e puntuali.
Tornerò presto con un'altra fanfiction,
ma pur avendo in mente quasi tutto non ho ancora avuto il tempo di scriverla su
pc.