Il destino di un'amore

di Kirby
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Era un assolato pomeriggio d’inizio estate, quando il treno si fermò nella piccola stazione di Carmody

Era un assolato pomeriggio d’inizio estate, quando il treno si fermò nella piccola stazione di Carmody.

Passava soltanto due treni al giorno e quello era il secondo. Il capostazione uscì dal piccolo ufficio controllando l’ora.

Non era necessario visto la scarsità di treni che passavano di lì, ma lui era sempre stato un tipo preciso, nessun macchinista si stupiva più vedendolo tirar fuori il suo orologio e scrutarlo per qualche istante prima di annuire soddisfatto.

“Stazione di Carmody!” disse a voce alta portando i gradini mobili per far scendere eventuali persone.

Ne scesero quattro persone: un attempato signore di mezz’età vestito con un elegante abito grigio, una donna con un abito alquanto stropicciato con un bambino riluttante, forse entrambi avevano risentito del viaggio al quale erano poco avvezzi ed un giovane di circa ventiquattro anni vestito con un semplice paio di pantaloni di panno neri ed una camicia bianca ed una borsa capiente stretta in mano.

Il capostazione osservò quel giovane, guardarsi intorno incerto, mentre un lieve sorriso gli incurvava gli angoli della bocca.

Il ragazzo s’avvicinò ad una panchina, posta proprio vicino all’ufficio dell’uomo e appoggiò con calma la valigia a terra.

“Attende qualcuno? Sa… con questo caldo non è consigliabile stare troppo al sole…” spiegò lui sbirciandolo curioso.

“No, non attendo nessuno… Nessuno sa del mio ritorno…” rispose lui alzando le spalle, mentre il sorriso di prima s’incupiva di una profonda tristezza.

“Vuole entrare? Sa… per via del caldo…” ripetè l’anziano guardingo.

Solitamente non invitava nessuno ad entrare nel suo ufficio, che era un po’ il suo regno, ma quel giovane dagli occhi così tristi… beh, lo incuriosiva.

Soltanto in un’altra occasione aveva invitato qualcuno ad entrare… Chissà magari poteva convincerlo raccontandogliela… meditò l’uomo.

“Sa… una decina d’anni fa è scesa una ragazzina dal suo stesso treno…” iniziò lui con voce lenta, sembrava incerto sui fatti che stava narrando.

“Non era particolarmente bella…” continuò quasi a voler spiegare una cosa non tanto ovvia, come se solo le bambine belle potessero fermarsi a Carmody.

Il giovane lo fissava attento: il capostazione si scusò mentalmente con la donna che sicuramente quella bambina a quest’ora era diventata.

Il viso curioso del giovane lo spinse a continuare a narrare quel ricordo tanto vivido che ancora faceva sorridere l’anziano “Deve sapere che fu l’unica persona a scendere da quel treno… Doveva vederla… Pelle e ossa… Un vestito liso e di un orribile color beige… Una manciata di lentiggini ed una chioma rosso fuoco…” la descrisse lui chiudendo gli occhi, quasi a voler ricordare meglio quella bambina.

“Il treno ripartì subito dopo e non le nascondo la mia sorpresa quando mi accorsi che nessuno era venuto a prenderla…” raccontò ancora lui osservando i binari ora deserti.

“Le chiesi se voleva entrare… Che ci saremo potuti fare compagnia a vicenda…” continuò lui “Ma lei rifiutò con molto garbo… Mi ringraziò addirittura… Mi disse, testuali parole, qui posso far volar meglio la mia fantasia ” disse lui con voce stridula, volendo imitare quella della protagonista del racconto.

Il giovane sorrise ed osservò l’uomo che gli stava parlando.

Forse non l’avrebbe mai ammesso, ma era stato colpito da quella bambina… Quella bambina che altri non era se non Anna Shirley…

“Meglio che mi metta in marcia…” disse il giovane alzandosi.

“Non si ferma?” domandò stupito il capostazione.

“Ho un po’ di strada da fare… Magari la prossima volta…” promise lui, afferrando la borsa che aveva lasciato ai suoi piedi durante l’intero racconto.

 

“Ho sentito dire che a giorni dovrebbe arrivare il nuovo dottore…” rivelò Rachel Lynde.

“Era ora… Non possiamo dipendere sempre dal dottore di Carmody…” protestò Marilla sorseggiando il suo the e sbirciando la pendola.

Non voleva che Rachel si offendesse, ma Anna era in ritardo e lei era sempre preoccupata quando la ragazza tardava.

Aveva ormai ventidue anni, certo, non era più una bambina, ma era più forte di lei.

“Marilla? Ma mi ascolti?!” domandò l’altra osservandola con attenzione.

“Certo Rachel… Cosa vai a pensare…” borbottò lei piccata per essersi fatta scoprire.

“Non è che sei preoccupata per Anna?” buttò lì la matrona sorbendo un po’ di the e tenendo d’occhio l’amica.

“No… E’ a scuola… Perché dovrei essere preoccupata?!” rispose lei con noncuranza.

“Forse perché non è a scuola…” rivelò l’altra sospirando rassegnata.

“E dove dovrebbe essere?!” protestò stupita. Anna le diceva sempre tutto. Perché stavolta non l’aveva fatto?! si domandò lei arrabbiata con la ragazza che da quasi undici anni allietava la sua vita.

“A Carmody… A comprare la stoffa per il vestito… Tra due settimane c’è la festa di fine anno e Anna e Diana andranno a White Sand a festeggiare insieme a Ruby, Jane e Josie…” le spiegò Rachel fissando Marilla come se stentasse a riconoscerla.

“E’ vero… me ne ero completamente dimenticata… e me l’ha detto stamattina prima di andare a scuola!” si ricordò improvvisamente la donna, mentre la rabbia lasciava il posto al sollievo.

“L’avevo detto io che avevi altro per la testa…” ribattè Rachel.

Rachel Lynde viveva ormai al Tetto Verde da quasi cinque anni: tanto era infatti passato dacchè Matthew Cuthbert e Thomas Lynde erano scomparsi. Rachel, oberata dalle ipoteche e non potendo lavorare l’enorme terra che il marito aveva accumulato durante gli anni aveva venduto, pensando di andare a vivere a Carmody, vicino ad uno dei suoi figli.

Solo Anna e Marilla erano riuscite a farla desistere dal suo proposito: entrambe sapevano che la donna amava profondamente Avonlea ed avrebbe sofferto molto a separarsi dalla suo amato paese, di cui conosceva tutto e soprattutto tutti.

Così la matrona si era installata al Tetto Verde tenendo compagnia all'amica di sempre e curando amorevolmente Anna.

Già, Anna che nonostante i vari studi aveva deciso d’insegnare ad Avonlea nonostante le varie cattedre che le erano state offerte.

Quella stessa donna che undici anni fa Marilla aveva accolto in casa sua e poi nel suo cuore.

Da cinque anni però aveva notato una profonda tristezza nei limpidi occhi grigi della ragazza. Lei non ne aveva fatto parola con nessuno, attendendo il suo sfogo, ma lei non aveva ceduto.

Un pensiero le balenò nella mente: la sua tristezza era iniziata quando…

 

“Sei sicura che questa stoffa mi starà bene?” domandò Anna alla sua amica del cuore Diana Barry.

“Più che sicura… Sarai bellissima e poi… ti ricordo che molti vorrebbero avere l’onore di invitarti al ballo…” disse semiseria lei.

“L’unico carino l’hai già preso tu…” disse Anna allusiva.

Diana arrossì vistosamente, ma non protestò, dopotutto lei e Fred Wright erano ormai fidanzati da qualche anno e l’anno prossimo si sarebbero sposati.

“James Hamilton è deciso ad occupare tutto il tuo carnet di ballo…” la informò Diana appena riuscì a contenere il rossore.

“Non è decisamente il mio tipo…” le fece notare la rossa sbirciando altre stoffe, accanto a quella che le aveva suggerito l’amica.

“E chi sarebbe il tuo tipo? Gilbert Blyte?” domandò l’amica pentendosi immediatamente.

“No… decisamente non è il mio tipo!” ribattè Anna, afferrando l’organza verdolina che Diana le aveva consigliato.

“Anna!” la seguì Diana afferrando l’organza blu e seguendo la sua amica dalla commessa.

“Quant’è?” domandò distrattamente quest’ultima, dando i soldi alla signora Paterson, ed uscendo dal negozio.

“Per fortuna che siamo venute con il mio calesse…” disse Diana salendo a sua volta e sbirciando l’amica.

“Va bene! Scusami!” disse dopo aver fatto partire il cavallo.

“Ti perdono sempre… Lo sai che lui è un argomento tabù!” protestò la rossa non osando guardare l’amica.

“Lo dici sempre dopo che mi sono già scusata però…” brontolò Diana, sorridendo di sollievo.

“Lo sai che arriverà a giorni il nuovo dottore?” disse Anna per rompere il silenzio che aveva avvolto il calessino da qualche minuto.

“Sì… era ora, non era possibile continuare così!” le dette manforte l’amica.

“Chissà com’è il nuovo dottore? Magari è carino…” disse meditabonda Diana.

“Io vorrei che fosse competente… Magari sui trent’anni… Deve dare fiducia con il suo aspetto…” dichiarò Anna.

Stavano procedendo da qualche minuto, quando videro una figura intenta a camminare.

“Un po’ tardi per una passeggiata…” disse Diana sbirciando l’uomo.

“Se consideri che Avonlea è il centro più vicino ed è a cinque chilometri da qui…” le fece notare Anna.

Lo affiancarono dopo qualche attimo.

“Vuole un passaggio? Noi andiamo ad Avonlea…” disse Anna sorridendo, guardando l’amica che le stava affianco.

“Anch’io vado lì… Anna…” disse lui fissando la ragazza.

“Come fa a conoscere il mio nome!?” chiese la rossa voltandosi verso l’uomo ed osservandolo meglio.

“Non può essere…” disse solo, mentre impallidiva visibilmente riconoscendolo.

 

Ciao! Eccomi qua con una nuova ficcy su Anna & C. Ovviamente vi chiedo di farmi sapere cosa ne pensate…

Un ringraziamento particolare va a Nisi Corvonero.

Al prossimo chappy!!

Kirby

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


“Gilbert

“Gilbert?!” domandò pallida la rossa fissando il giovane con occhi sgranati, come se avesse visto un fantasma.

“Ciao Gilbert sei tornato ad Avonlea…” cercò di dire Diana stupita quanto la sua amica, nel riconoscere l’amico che da cinque anni mancava dal loro villaggio.

“Già mi è mancata parecchio… Ora sono tornato per restare…” assicurò lui, distogliendo a malincuore lo sguardo dalla rossa per posarlo sulla ragazza dai capelli corvini.

“Arrivi giusto in tempo per la festa annuale a White Sands…” gli ricordò Diana tranquilla, avendo superato lo choc iniziale.

“Me ne ero dimenticato ci verrò sicuramente posso magari sperare di poter accompagnare una di voi?” suggerì lui di trattenendosi a fatica dallo sbirciare Anna.

“Gilbert!” rispose Diana senza nascondere il suo compiacimento “Io ho già il mio cavaliere, ma Anna… ” disse l’amica.

“Ho anch’io il mio cavaliere…” sbottò lei anticipando l’amica.

Aveva capito dove Diana voleva andare a parare e non l’avrebbe permesso. Non avrebbe sofferto una seconda volta per Gilbert Blythe!

“Ah pazienza…” disse lui stupito dal tono della ragazza.

“Lo vuoi il passaggio?” chiese Diana, evitando lo sguardo che sapeva puntato su di sé, immaginando il severo ammonimento per aver rinnovato la proposta.

“Se non disturbo…” domandò lui ritroso, accorgendosi della tensione tra le due ragazze.

“Non te l’avremo proposto altrimenti…” ribattè Anna evitando lo sguardo di lui.

Dopo che il giovane ebbe presto posto sul calessino, partirono alla volta di Avonlea.

“Come va con Fred?” chiese Gilbert, rompendo il silenzio che da quando erano partiti era sceso tra loro.

“Tutto bene, non potrebbe andare meglio…” disse sognante la ragazza.

“E tu Anna?” domandò lui, con una noncuranza che in realtà non provava.

“Con Fred non va proprio: continua a considerarmi solo un’amica…” ribattè lei, eludendo il senso della domanda.

“Anna!” protestò Diana scuotendo la testa e non riuscendo a non arrossire, mentre cercava di trattenere un risolino divertito a quella battuta.

“Io intendevo con il tuo cavaliere…” specificò il giovane, per nulla sorpreso dalla risposta della ragazza.

Se l’era aspettato. Dopo cinque anni di lontananza Anna non intendeva dimenticare quello che lei considerava un’offesa ed era decisa a comportarsi come già aveva fatto in passato: ignorare l’artefice della sua sofferenza.

La battaglia tra loro era appena iniziata. Ma stavolta, lui, aveva una nuova priorità, ed avrebbe vinto, superando la sua diffidenza e tornando a riallacciare quell’amicizia così speciale, trasformandola magari in qualcosa di più.

“Il cavaliere è solo per la festa…” chiarì lei, escludendo qualsiasi possibile legame affettivo.

Non gli avrebbe dato alcun tipo di soddisfazione.

Era decisa a vendicarsi: lui l’aveva abbandonata e lei aveva sofferto come una sciocca per lui, lui che in tutto quel tempo era sparito senza farle sapere alcunché.

Lei sapeva dove si trovasse, gliel’aveva detto quando si erano detti addio… ma per una questione di principio e d’orgoglio non l’aveva mai cercato, aspettando un cenno da lui; dopotutto era stato lui a lasciare Avonlea, si era ripetuta ogni giorno per superare il dolore che soprattutto la notte attanagliava il suo giovane cuore.

In fatto d’orgoglio e di cocciutaggine nessuno poteva sperare di competere con Anna Shirley.

Gilbert ricordò con piacevole nostalgia i suoi primi tentativi di riappacificarsi quand’erano a scuola. Inutili… solo quattro anni dopo avevano fatto pace. Una pace che Gilbert aveva fatto di tutto per consolidare giorno dopo giorno, riuscendo a diventare il suo miglior amico al pari di Diana.

Ma cinque anni prima aveva commesso un errore, almeno dal punto di vista di Anna, ed ora le ostilità erano riprese. Ma in Gilbert ora c’era una nuova consapevolezza. La consapevolezza che in cinque anni Anna non fosse cambiata, di questo era certo soprattutto grazie alle informazioni che gli erano state date.

Già perché se Gilbert non aveva mantenuto i contatti con la rossa, ci aveva pensato qualcun altro a tenerlo costantemente informato sulla ragazza.

“Io mi fermo qui…” dichiarò Anna non appena il calessino superò il ponticello che conduceva al Tetto Verde.

“Sicura? Non mi costa nulla accompagnarti fino alla porta…” propose Diana.

“Un po’ di moto non può che farmi bene. Ci vediamo domani Diana?” propose Anna scendendo.

“Certo, così iniziamo a cucire il vestito” suggerì Diana felice.

“Benissimo, a domani!” disse lei afferrando la stoffa e pronta a dirigersi verso casa.

“Ciao Anna ci si vede” disse fiducioso Gilbert.

“Ciao Gilbert” rispose lei, mentre il suo sguardo faceva chiaramente capire al ragazzo che, se fosse dipeso da lei, non si sarebbero mai incrociati.

Anna si avviò risoluta al Tetto Verde, mentre il calesse s’avviava verso casa Blythe.

“Sono a casa!” disse Anna appena entrata in casa.

“Hai trovato la stoffa che cercavi?” le domandò Marilla entrando in cucina.

“Sì e domani io e Diana iniziamo a i tagliare i vestiti e poi vedremo di cucirli: tra due settimane saranno prontissimi!” assicurò lei sorridente.

“Mi è sembrato di vedere il giovane Blythe sul calessino di Diana…” insinuò Rachel Lynde entrando nella stanza.

“E’ tornato?” domandò sorpresa Marilla fissando con stupore Anna che aveva taciuto un simile dettaglio.

“Già e sembrerebbe deciso a restare stavolta…” disse la ragazza con voce atona.

“Meglio così… Si era sentita parecchio la sua mancanza” ribattè Rachel sbirciando attenta Anna.

“Non mi pare” rispose quest’ultima alzando lievemente le spalle.

“Vado a portare in camera la stoffa e a preparare la lezione per domani” disse lei dirigendosi verso la sua camera.

 

L’arrivo di Gilbert a casa Blythe fu un tripudio di baci ed abbracci. Il giovane non si sorprese e rispose ad ogni abbraccio con lo stesso calore. L’indomani sarebbe andato a parlare con il suo collega ed avrebbe iniziato il suo nuovo lavoro.

Quel giorno voleva dedicarlo alle persone che avevano creduto in lui, infondendogli spesso la forza necessaria per andare avanti e permettendogli così di realizzare il suo sogno.

Avrebbe desiderato avere Anna al suo fianco, ma sapeva e soprattutto sperava che in un futuro non molto lontano avrebbe potuto festeggiare i suoi successi con lei.

 

Anna si svegliò con la certezza di non aver dormito molto.

Sapeva che il motivo della sua insonnia aveva un nome ed un cognome: Gilbert Blythe!

Si vestì lentamente, rivolgendo improperi mentali al primogenito di casa Blythe.

Scese al pian terreno e Marilla e la signora Lynde poterono constatare che la loro pupilla era di umore nero.

Decisero entrambe di attendere la sua mossa, non volendo irritarla ancor di più.

“Buongiorno…” fece laconica Anna sedendosi e sbocconcellando un pezzo di torta di mele.

“Buongiorno…” la salutarono le due matrone, fingendo d’ignorare il suo strano comportamento.

“Meglio che vada, altrimenti faccio tardi a scuola…” disse lei dopo qualche minuto sbirciando la pendola ed afferrando i libri di testo.

“Buona giornata cara…” disse Rachel sorridendo maliziosa, mentre Marilla guardava la torta lasciata a metà.

“Ci vediamo questo pomeriggio” rispose lei senza guardarle, uscendo frettolosamente dalla porta.

“Quella ragazza mi preoccupa. S’ammalerà sicuramente se inizia a saltare la colazione! Lo sa che è il pasto fondamentale!” sbottò Marilla.

“Marilla, non si ammalerà, puoi starne certa…” disse Rachel con aria saputa, iniziando a riordinare la tavola.

 

La mattinata si trascinava insolitamente lenta e monotona: cosa alquanto insolita per Anna, che non riusciva a spiegarsene il motivo.

Fissò i suoi alunni senza apparentemente vederli.

Aveva modificato l’ordine dei posti in base alle classi. Non era stato facile far accettare il cambiamento, soprattutto ai genitori, ma con il tempo i fatti le avevano dato ragione.

Ora le classi, in ordine crescente da destra a sinistra, erano più unite.

La scuola non era cambiata di molto dacché lei aveva smesso di frequentarla: i muri bianchi erano stati abbelliti da vari disegni a tema, che davano un’aria familiare, evitando che l’enorme stanza spaventasse i più piccoli.

Le finestre alla sua sinistra le permettevano di veder luccicare il lago dalle acque splendenti, mentre le finestre a destra facevano scorgere lo splendido faggeto che si estendeva dietro alla scuola.

Dopo aver dato un’ultima occhiata ai suoi allievi, sbirciò fuori lasciando correre i suoi pensieri verso posti fatati, nei quali non c’era nulla che potesse turbare le driadi o gli elfi che liberamente giocavano tra loro senza paura.

Passi affrettati fecero voltare i bambini e distolsero Anna da quei piacevoli pensieri, facendola tornare velocemente alla realtà.

La porta si aprì improvvisamente, rivelando così l’identità del visitatore.

“Diana? Cosa ci fai qui?” domandò sorpresa la ragazza alzandosi in piedi ed avvicinandosi lentamente all’amica.

“Anna… Marilla… dottore…” cercò di dire la ragazza dai capelli corvini con il fiato corto.

“Resta qui!” urlò Anna, uscendo di corsa dalla scuola e dirigendosi a passo spedito al Tetto Verde ripetendosi mentalmente d’andare più veloce.

Arrivò poco dopo con la fronte madida di sudore: respirò profondamente cercando di calmare i battiti affrettati del cuore e si sistemò la gonna sgualcita dalla foga della corsa.

Entrò in casa e vide Marilla seduta sulla sedia con il piede fasciato e Gilbert intento a sorseggiare un the.

“Cosa ci fai tu qui!?” sbottò lei seccata.

Non era stata una mattinata facile e vedere Gilbert tranquillo e sorridente era stata l’ultima goccia che aveva fatto inevitabilmente traboccare un vaso già fin troppo colmo.

“Anna! Che modi sono questi?” tuonò Marilla.

“Sono il nuovo medico di Avonlea…” le rispose il ragazzo, mentre Rachel Lynde entrava nella stanza con aria sorniona.

 

Ciao a tutti! Ecco qua il nuovo capitolo. Un ringraziamento speciale va a Nisi Corvonero che mi ha fatto da Beta reader. Ringrazio tutti coloro che mi hanno lasciato il loro commento ed anche quelli che leggono, ma non commentano.

Al prossimo capitolo…

Kirby alias Luana80

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


“Sei il nuovo dottore di Avonlea

“Sei il nuovo dottore di Avonlea?” domandò con voce flebile Anna, stentando a credere alle sue orecchie.

“Non glielo avevi detto?” domandò Marilla rivolgendosi a Gilbert.

“Non siamo entrati in argomento” rispose lui, trattenendo un sorriso. Sapeva che se l’avesse fatto la ragazza, sarebbe esplosa.

“E’ passato il giovane Hamilton… Voleva sapere se hai deciso qualcosa per il ballo” disse con noncuranza la signora Lynde, versandosi del the.

“No, non ho ancora deciso nulla” ripeté lei senza pensare.

“Ai miei tempi il cavaliere lo si sceglieva almeno un mese prima del ballo!” sentenziò per nulla scoraggiata la matrona, sorseggiando la bevanda ambrata.

“Ma Anna non ha simili problemi” s’informò curioso il dottore, fissando una ad una le tre donne che occupavano la stanza.

“Veramente Anna non ha ancora il cavaliere” spiegò Marilla, non notando l’occhiataccia della ragazza.

“Non glielo avevi detto cara?” s’informò allusiva Rachel, guardandola con finta ingenuità.

“Veramente un mezzo impegno con James ce l’ho” rispose lei, cercando di salvare la faccia.

“A noi non ha detto così, ma forse abbiamo capito male. Gilbert? A te cos’è sembrato?” chiese Rachel poco propensa a lasciar perdere un argomento così piccante.

“Non mi è sembrato…” confermò lui, in parte dispiaciuto di dover contraddire Anna.

“Cos’è successo al tuo piede Marilla?” s’informò la ragazza, lasciando cadere l’argomento.

“Sono caduta come una sciocca in giardino” ammise lei scuotendo la testa avvilita.

“Non è nulla di grave, una semplice storta che guarirà in pochi giorni” le spiegò Gilbert alzandosi in piedi, pronto a lasciare la casa dal tetto verde.

“Ma Gilbert dovrà visitare spesso la povera Marilla” disse con voce compassionevole Rachel.

“Passerò tra qualche giorno” disse lui guardando stupito la matrona.

“Non vorrei sottovalutassi questo incidente: Marilla non è più giovanissima” lo redarguì severa lei.

“Il mio lavoro è una cosa seria. Se servirà a farla stare tranquilla passerò domani” rispose lui, guardando la donna stupito dalla sua ipocondria.

Aveva letto da qualche parte che, molte volte la gente che aveva perso persone care, tendeva a temere anche i mali più sciocchi. Ma Rachel Lynde non le sembrava quel tipo di persona.

“Anna? Hai lasciato i tuoi allievi da soli” le rammentò Marilla con voce preoccupata. Sapeva quando la ragazza tenesse al suo lavoro e non voleva crearle problemi.

“C’è Diana con loro. E’ stata lei ad avvisarmi” la tranquillizzò lei.

“Il dottore è arrivato con il calesse, potrebbe ricambiare il passaggio di ieri” disse allusiva Rachel, fissando Gilbert con occhi di braci.

“Se ad Anna fa piacere” disse solo, non volendo contraddire la matrona.

“Chissà quante visite ancora hai da fare” cercò di evitare lei.

“Devo solo andare allo studio” le spiegò lui.

“D’accordo allora” accettò riluttante.

“Ci vediamo nel pomeriggio” cinguettò Rachel sotto gli occhi stralunati di Marilla, mentre i due ragazzi si avviavano verso il calessino.

“Non dovevi sentirti obbligato” disse lei, prendendo posto ed attendendo che lui facesse altrettanto, evitando accuratamente di guardarlo.

“Nessun obbligo, dopotutto una volta eravamo amici” disse lui cercando di portare la conversazione su argomenti neutrali.

“Una volta Gilbert” specificò lei fissando un punto lontano davanti a sé “non dimenticarlo”.

Anna si complimentò con se stessa: era riuscita a dare un tono secco ma elegante. Purtroppo, il destino aveva altro in serbo per lei.

Una buca rovinò l’effetto che la ragazza aveva dato alla frase, rischiando di farla cadere: rischio evitato grazie al pronto intervento del giovane che la sorresse abilmente con un braccio, evitando danni peggiori.

“Tutto bene Anna?” chiese preoccupato lui, fermando il cavallo con la mano libera, evitando di allentare la stretta.

“Sì” ammise lei, sbirciando malamente la buca sulla strada, quasi che un suo sguardo potesse farla sparire, voltandosi verso il giovane.

Vicini… troppo vicini. Nessuno dei due osò muovere un muscolo, in attesa che l’altro facesse la sua mossa. Il verso di un uccello riscosse i due ragazzi che, arrossendo, si separarono.

“Dovrebbero riparare questa strada” borbottò Anna seria, evitando lo sguardo del giovane.

“Avonlea è un piccolo villaggio, sicuramente ci saranno strade in uno stato peggiore di questo” rifletté ad alta voce.

“Se Matthew fosse vivo questa strada sarebbe ancora perfetta” mormorò lei con voce improvvisamente triste.

Gilbert non rispose: non era facile competere con una persona in circostanze normali, figurarsi con un morto.

E non uno qualsiasi, ma uno che aveva accolto una ragazzina sola e le aveva donato una casa e tutto il suo amore.

“Nessuno potrà mai prendere il suo posto” disse lui sorprendendo se stesso per primo.

Anna non osò ribattere: era vero, pur non avendo mai espresso questo concetto a voce alta, lei aveva in qualche modo cercato di vedere Gilbert come Matthew.

Che avesse sbagliato? Che avesse sprecato tutto quel tempo per nulla? Che il ragazzo fosse completamente innocente e fosse lei ad avere torto?

Non era una cosa facile da accettare e soprattutto non voleva dargli quella soddisfazione.

“Anna? Siamo arrivati” le fece notare lui gentilmente, risvegliandola dai suoi pensieri.

“Grazie Gil” rispose lei scendendo.

Troppo tardi s’accorse d’aver chiamato il ragazzo con il vecchio nomignolo. Arrossì imbarazzata, cercando di non farlo notare.

“Prego Anna” disse lui, incapace d’aggiungere altro, mentre la ragazza annuiva e rientrava frettolosamente in classe.

“Perché non può tornare tutto come prima?” mormorò lui facendo partire il cavallo.

 

Sei una stupida Anna Shirley! Che cosa ti è preso?! si ripetè per l’ennesima volta.

“Maestra?” la chiamò una voce sottile, mentre una manina le toccava il braccio.

“Dimmi” disse guardando il suo allievo.

“Volevamo sapere se abbiamo fatto qualcosa di male” chiese lui dopo aver respirato profondamente.

“Non avete fatto nulla, perché?” chiese imbarazzata.

“Da quando è rientrata ha l’aria seria” le fece notare lui.

Anna fissò il ragazzino: era Josh Bangley, un bambino di quarta elementare dai capelli rossi ed occhi verde spento. Sapeva quanto fosse riluttante a parlare con i grandi, ma era stato scelto suo malgrado per scoprire cos’affliggesse l’insegnante.

“Vai a posto Josh” disse lei alzandosi in piedi “Avete terminato gli esercizi?” chiese con voce seria fissando l’aula.

Vari mormorii le fecero capire che i compiti erano stati svolti.

“Possiamo correggerli allora. Adam vieni alla lavagna” disse sorridendo gentile.

I bambini si rilassarono all’istante vedendo il suo viso tornare allegro e calmo e ripresero a seguire la lezione con la stessa attenzione di sempre.

 

“Sei uscita prima del solito!” le fece notare Diana appena vide l’amica uscire dalla scuola.

“Già, il pensiero di Marilla non mi dà pace” disse lei. Si scusò mentalmente con la sua amica del cuore per la bugia che le aveva detto, ma non era ancora pronta a raccontarle cos’era accaduto qualche ora prima.

“Ti capisco. Se vuoi possiamo rimandare la preparazione dei vestiti per il ballo” le propose Diana.

“No, altrimenti rischiamo di non averli pronti in tempo e Marilla non lo vorrebbe” la rassicurò lei sorridendole.

“D’accordo, posso restare fino alle sette e mezza” la informò, sospirando felice all’idea di trascorrere parte del pomeriggio con lei.

“Benissimo” sorrise Anna, ascoltando distrattamente l’amica.

“Hai trovato il tuo cavaliere per la festa?” le domandò Diana.

“Non ho ancora deciso” ammise riluttante lei, mentre l’immagine di Gilbert faceva capolino nella sua mente “magari potrei invitare Gilbert” scherzò lei.

“Non credo… ho saputo che Jenny Mayers lo ha invitato” rivelò Diana, mentre Anna sentiva ribollire la rabbia che pensava d’aver represso nel migliore dei modi quella stessa mattina.

 

Ecco qua la fine di un altro capitolo, ringrazio Nisi Corvonero per il Beta Reading, spero che lascerete un commentino, anche piccino piccino…

Ringraziamenti:

Lu: ciao! Ecco il seguito, spero d’aver aggiornato sufficientemente in fretta. Non posso dire cos’ha combinato Gilbert, ma lo saprai abbastanza presto. Fammi sapere cosa ti sembra il capitolo. Ciao!!

Nisi Corvonero: carissima! Ecco il capitolo… Attendo il giudizio (tu sai ^^). Ciao!!

Ringrazio tutti i lettori anonimi, magari lasciate un commentino…

Grazie, Kirby.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


“Ah, ed ha accettato

“Ah, ed ha accettato?” s’informò Anna in tono casuale, quasi stesse parlando del tempo, ma purtroppo non riuscì ad essere credibile neppure alle sue orecchie.

Diana non rispose subito: non era certa che la sua amica del cuore volesse sapere la verità, ma non aveva alcun diritto di intromettersi. O forse sì?

“Ha detto solo che probabilmente dovrà essere reperibile in caso di necessità o di urgenze. La signora Hammond non sta troppo bene e c’è il rischio che peggiori” le spiegò brevemente Diana.

“Penso che accetterò la proposta” mormorò Anna indispettita.

“Scusa?” chiese Diana non capendo l’affermazione dell’altra.

“Ho detto che accetterò la proposta di James per il ballo” ripetè Anna lentamente, sbirciando la faccia della ragazza che le camminava al fianco.

“Ma fino a ieri non eri molto convinta” le fece notare l’altra dopo aver riflettuto sulle parole dell’amica.

“Ho cambiato idea. E poi la notte porta consiglio” spiegò brevemente Anna alzando le spalle.

Un calesse sul piazzale del Tetto Verde catturò l’attenzione delle due ragazze.

“Siamo arrivate. Avete comprato un nuovo calesse?” domandò Diana con curiosità.

“Non è nostro. Ma penso di sapere a chi appartenga!” sibilò furiosa.

Marilla stava bene, non capiva perché Rachel Lynde avesse tanto insistito affinché Gilbert passasse a visitarla spesso.

“Anna? Di chi è?” domandò Diana non capendo l’improvviso mutismo dietro al quale la ragazza si era trincerata poco dopo aver visto il calesse. A meno che…

Un piccolo sorriso comparve sul viso, intuendo chi potesse essere il proprietario di quel calessino ed il perché Anna si fosse improvvisamente zittita.

“E’ il dottore” si limitò a rispondere, mentre la rabbia tornava a prepotente.

“Ma è stato questa mattina” asserì Diana con le sopracciglia aggrottate.

“Marilla aveva una semplice storta, non capisco il motivo di questa sua seconda visita” protestò Anna seria.

Entrarono in casa ed il chiacchiericcio di Rachel Lynde attirò l’attenzione delle due ragazze.

Con passo sicuro, andarono in soggiorno e trovarono Rachel e Gilbert intenti a conversare animatamente.

“Dottore, Signora Lynde. Dov’è Marilla?” chiese Anna evitando lo sguardo del primo e concentrandosi totalmente sulla seconda.

“Oh Anna, sapessi. Mi sono tanto preoccupata! Marilla aveva la fronte che scottava ed ho avuto paura. Così ho chiamato subito il dottor Blythe” spiegò lei seria.

“Ciao Diana non ti avevo visto” aggiunse vedendo la ragazza alle spalle della nuova venuta.

“Buongiorno signora Lynde, Gilbert” salutò lei compita.

“Non era nulla di preoccupante” iniziò a spiegare il medico, mentre Anna lo ascoltava di malavoglia “Un semplice colpo di freddo” illustrò brevemente lui.

“Ora dov’è?” chiese sbrigativa Anna.

“In camera sua” lo anticipò la signora Lynde “ora sta riposando, quindi puoi sederti e farci compagnia” propose la matrona fissandola con espressione corrucciata la ragazza che, sbuffando, prese posto sul divano.

“Davvero Anna, ultimamente stai facendo preoccupare Marilla, e non è gentile da parte tua!” la rimproverò Rachel scuotendo la testa preoccupata.

“Sono certo che Anna non ne aveva l’intenzione” la difese Gilbert guardando di sottecchi la ragazza.

“Ho sentito che andrai al ballo con la giovane Mayers…” buttò lì Rachel con noncuranza, fissando il medico mentre sorbiva una tazza di the.

“E’ vero, stamane me l’ha chiesto” ammise riluttante lui senza alzare gli occhi dalla tazza che aveva in mano.

“Magari il dottore potrebbe avere altri impegni” provò a dire Anna, sperando che Gilbert raccogliesse.

“Hai ragione cara. Io parlo sempre. Mi perdoni dottor Blythe” si scusò la matrona sorprendendo i ragazzi che la fissarono con tanto d’occhi.

Rachel si alzò dalla sedia ma un gemito di dolore sfuggì dalle sue labbra.

“Signora Lynde!” gridò Anna preoccupata.

“La mia povera schiena” borbottò Rachel massaggiandosi la parte dolorante.

“Conosco la strada signora Lynde” intervenne Gilbert, aiutando la donna a sedersi.

“Ma non è educato!” borbottò risentita, fissando il pavimento.

“Può accompagnarlo Anna” risolse il problema Diana fissando i due ragazzi.

“E’ vero! Ti prego Anna” la supplicò lei.

“Andiamo dottore” rispose solo precedendo il ragazzo lungo il corridoio.

“Non dovevi disturbarti Anna” cercò di essere gentile lui.

“Nessun disturbo. Dopotutto sono l’attuale padrona di casa” spiegò lei mesta, aprendo la porta.

“Matthew sarebbe orgoglioso di te” disse solo uscendo.

“Non ho fatto nulla di speciale” sussurrò lei abbassando gli occhi colmi di lacrime.

Nonostante il tempo passato, lei non riusciva ancora a superare la perdita della prima persona a cui era importato davvero qualcosa di lei.

“Tu sei speciale Anna, non dimenticarlo mai” disse con serietà dirigendosi verso il calesse.

Lo fissò allontanarsi rapido verso il sentiero che conduceva fuori dal Tetto Verde, mentre pensieri contrastanti affollavano la sua mente.

 

Gilbert, rilassandosi, sospirò. Non immaginava che una semplice chiacchierata con Anna Shirley potesse ridurlo così.

Cinque anni fa non era così difficile, mentre ora il solo avvicinarsi gli faceva aumentare i battiti del cuore.

“E pensare che ho quasi venticinque anni…” borbottò scuotendo la testa e scoppiando in un allegra risata.

Cercò di controllarsi, dopotutto era un dottore e non poteva avere un aria così poco professionale.

Dopo essersi calmato un po’, decise di andare a trovare la signora Allan, l’unica che l’avesse capito ed appoggiato, aiutandolo incoraggiandolo a spiegare ai suoi genitori le ragioni della sua scelta.

Era lei che doveva ringraziare se era riuscito a diventare dottore a tutti gli effetti.

In cinque anni di assenza, Avonlea non era cambiata un granché, anche se qualche ragazzo che aveva lasciato il villaggio in cerca di maggior fortuna nella città vicina.

Già la città attirava i giovani come i fiori attirano le api. Anche lui in un primo momento era rimasto affascinato dalla novità di quel luogo. Solo alcuni giorni dopo si era reso conto di quanto gli mancasse il piccolo villaggio. In città si poteva trovare tutto, ma la pace ed i boschi di Avonlea erano indimenticabili. E poi tutti i suoi amici abitavano ancora lì.

Appena terminata l’università aveva atteso con trepidazione il suo primo incarico che, con suo sommo dispiacere, non era arrivato subito ed aveva affiancato un medico di città, in attesa che si liberasse qualche posto. Un mese dopo, il medico di Avonlea si era ritirato a vita privata deciso a godersi il meritato riposo dopo aver svolto con passione ed impegno il suo lavoro. Gilbert non era stato il primo candidato a quel posto, anche se le sue referenze era invidiabile.

Il primo era rimasto inorridito alla sola idea di finire a lavorare in un piccolo villaggio di provincia dimenticato piuttosto che in città, la quale poteva offrire molto ad un giovane fresco di studi e pieno di ambizioni. Anche Gilbert non era da meno, ma Avonlea era la sua casa e l’offerta era molto vantaggiosa. Non aveva avuto esitazioni ed aveva accettato subito quel posto.

Fermò il calesse vicino alla casa e scese con un agile movimento.

“Ciao Gilbert” lo salutò cordiale la signora Allan dal giardino.

Il ragazzo le si avvicinò con passo sicuro e sorrise.

Un bambino di poco più di un anno cercava di camminare accanto alla madre.

“E’ bellissimo” riuscì a dire Gilbert sorridendo al piccino.

“Si chiama Peter” gli rivelò lei con orgoglio materno.

Peter era un bel bambino grassottello e con i capelli color cioccolato. La manine paffutelle tese, pronte a farsi abbracciare e coccolare.

Gilbert lo sollevò dolcemente ed il piccolo lo osservò con attenzione, regalandogli poi un bel sorriso sdentato.

“Allora? Hai rivisto Anna?” domandò lei arrivando subito al punto.

Gilbert sorrise: s’era aspettato una simile domanda da parte sua.

 

Eccoci qua con il quarto capitolo di questa fanfiction.

Ringrazio Nisi Corvonero per il Beta Reading (Grazie Mitica!!) e:

Lu: ciao cara! Grazie mille per le tue recensioni costanti, mi hai fatto arrossire con quella del precedente capitolo, e non ti nascondo che mi ha fatto davvero molto piacere. Aspetto un commentino anche per questo. Un bacione!!

Cate: ciao cara! Lieta di averti incuriosito e grazie per i complimenti. Spero che mi farai sapere anche in merito a questo chappy. Un bacione!!

Nisi Corvonero: ciao carissima! E’ sempre un piacere leggere i tuoi commenti… Ti ringrazio, per tutto e… attendo il tuo commento, come al solito. Un bacione!!

Ringrazio anche i lettori anonimi, che potrebbero lasciare un commentino… Piccolo…

Al prossimo capitolo. Ciao!!

Kirby alias Luana80 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


“Già” mormorò facendo il solletico a Peter che ridacchiava felice

“Già” mormorò Gilbert facendo il solletico al piccolo Peter che ridacchiava felice, contento per le coccole che il giovane gli faceva.

“Meglio rientrare” suggerì la signora Allan dopo qualche minuto di assoluto silenzio. Riprendendo in braccio il bambino, si avviò verso casa seguita dal ragazzo.

Rientrarono e presero posto sulla veranda che era ancora illuminata dai raggi del sole.

“Come ti è sembrata Avonlea dopo cinque anni di lontananza?” s’informò la signora Allan dopo che Abby, la loro domestica, aveva portato il the e preso Peter dalle braccia materne.

“Non è cambiata molto, e questo mi rilassa” ammise lui osservando la sala mentre vari ricordi affollavano la sua mente.

I mobili in noce chiaro erano gli stessi che ricordava e non sembravano aver risentito del tempo trascorso. I quadri, raffiguranti alcune scene sacre, erano al loro posto dacché il reverendo aveva occupato la casa parrocchiale,  una decina d’anni prima.

Si ricordava di quando, insieme con i suoi compagni del Queen’s, era stato invitato a prendere il the dal reverendo. E di quella volta, in cui aveva accompagnato Anna e la signora Allan a Bright River a consegnare i vestiti smessi per i poveri.

In quella stanza nulla era cambiato, ma al di fuori… beh, al di fuori parecchie cose erano cambiate.

Un paio d’anni prima , dopo una furiosa litigata con il padre, Charlie Sloane era partito per Carmody. Molti avevano previsto  il ritorno a casa del giovane Sloane nel giro di un mese, ma ormai erano trascorsi alcuni anni e di lui si era saputo ben poco.

Vari ragazzi avevano lasciato il villaggio, attirati dalle maggiori prospettive di lavoro e dalle luci della città.

Altri, come Matthew Cuthbert e Thomas Lynde, avevano lasciato per sempre il loro amato villaggio per tornare nella casa del Signore.

“E’ questo il bello dei villaggi: nulla cambia completamente” gli fece notare lei, sorseggiando il the.

“Magari le persone?” azzardò lui senza alzare lo sguardo dalla tazzina.

“Neppure le persone” precisò lei osservandolo “Molte volte tendiamo a nascondere il cuore dietro una corazza, nel timore che qualcuno lo ferisca nuovamente” gli spiegò paziente.

“Una corazza?” chiese lui ora attento.

“Già. Non è facile essere felici” gi fece notare con gentilezza.

“Signora Allan, io non la capisco.” mormorò lui confuso da quello strano discorso.

L’arrivo del reverendo Allan, impedì alla donna di essere più chiara.

“Gilbert, sei tornato!” esordì il reverendo entrando nella stanza.

“Sono tornato ieri, e mi scuso per non essere passato subito” disse felice dell’accoglienza calorosa che l’uomo gli aveva riservato.

“Sarai stato stanco, non ti preoccupare” lo tranquillizzò il reverendo prendendo posto accanto alla moglie.

“Gilbert è il nuovo medico di Avonlea” gli rivelò con orgoglio la moglie.

“Sono molto contento! E’ bello avere come medico una persona che conosci e che soprattutto ti conosce” puntualizzò lui.

“Ho sentito che Marilla Cuthbert si è fatta male” s’informò la signora Allan.

“Nulla di serio: solo una storta” spiegò brevemente.

“Allora hai rivisto Anna?” gli domandò l’uomo sorseggiando il the.

“Sì. So che insegna alla scuola di Avonlea” asserì calmo, cercando di portare l’argomento su un terreno più neutro.

“E’ vero, sono ormai quasi sei anni” mormorò lui voltandosi meditabondo verso la moglie.

“Esatto” confermò lei.

“Voci dicono che andrai al ballo con la figlia di Lucius Mayer” domandò la signora Allan dopo qualche secondo di silenzio.

“Ho incontrato Jenny questa mattina e mi ha invitato ad andare con lei” ammise lui, con voce distaccata.

“Anna invece andrà con James, almeno così dicono” mormorò lui non troppo convinto. La signora Allan lo fissò corrucciata per l’uscita poco felice che aveva appena fatto.

“Lo so, me l’ha confermato lei stessa questo pomeriggio” borbottò lui, finendo il suo the che si era quasi completamente raffreddato.

“Non credo proprio, dottore” sibilò Anna Shirley facendo il suo ingresso proprio in quel momento.

“Reverendo Allan, signora Allan” mormorò chinando la testa in segno di saluto.

“Oh cara, mi ero dimenticata che saresti passata a ritirare il merletto per gli abiti” si ricordò improvvisamente la donna alzandosi in piedi “accomodati pure mentre io vado in salotto a prenderlo” mormorò lei.

“Accomodati Anna” la invitò il reverendo.

“Grazie” mormorò compita la giovane prendendo posto, mentre il reverendo le osservò “veramente ero convinto che saresti andata al ballo con James. Lo dice tutto il villaggio.”

“E’ vero ma” iniziò lei imbarazzata “ma io non ho mai detto niente del genere” precisò lei, lanciando un’occhiata torva al ragazzo che sedeva accanto a lei.

Abby appoggiò sul tavolo in tavola una tazzina e la teiera, pronta a servire la nuova ospite.

Era una donna di circa quarant’anni, con capelli castani legati in una severa crocchia. Occhi azzurri fissavano tutto e tutti senza particolare interesse. Era molto alta ed aveva un fisico snello nonostante l’età.

“Veramente non mi posso fermare” cercò di rifiutare Anna, ma Abby fu irremovibile.

“Un po’ di the non ha mai fatto male a nessuno” borbottò la donna, mentre la giovane accettava di buon grado la tazzina con il liquido ambrato.

Anche Gilbert si trovava nella medesima situazione, ma preferì non ribattere, visto come aveva zittito la ragazza.

“E’ piuttosto difficile dire di no ad Abby, ma è una così cara persona” la giustificò il reverendo, appena la donna si fu allontanata.

“Forse ha ragione Abby: una tazza di the non ha mai fatto male a nessuno” ripetè Anna sorseggiando il the.

“Allora Anna, come vedi la classe di quest’anno?” s’informò il reverendo.

“Molto bene, specie adesso che tutti i Pye hanno terminato gli studi. Anche se il prossimo anno i gemelli di Norman Pye e Tillie Wilson faranno la prima” mormorò corrucciata.

“Magari hanno preso dalla parte dei Wilson?” suggerì Gilbert tentando d’inserirsi nella conversazione.

“Non credo” borbottò Anna senza guardarlo.

“Peccato che l’anno scolastico sia già terminato. Magari i gemelli andranno a studiare a Bright River?” ipotizzò l’uomo, ma non riuscì ad sembrare convincente.

“Scusatemi per il ritardo” si scusò la signora Allan entrando nella veranda.

“Grazie mille signora Allan, è bellissimo!” disse emozionata la ragazza mentre i suoi occhi grigi brillavano dalla gioia e le guance assumevano quella tinta rosea d’eccitazione.

Gilbert la osservò: sembrava che il tempo fosse tornato indietro di cinque anni.

Molte persone nascondono il proprio cuore dietro una corazza per non soffrire le parole della signora Allan gli tornarono in mente vedendo l’espressione gioiosa di Anna.

Anna aveva sofferto molto nella sua vita… ed era decisa a non ripetere le esperienze passate, trincerando il suo cuore dietro una corazza che le garantiva sicurezza e serenità rifletté il giovane, capendo solo in quel momento il senso della loro strana conversazione.

“Ti accompagno a casa Anna?” si offrì Gilbert gentile, mentre lei tornava ad essere seria.

“E’ ancora giorno. Davvero Gilbert non è necessario” cercò di rifiutare lei.

“Ma Anna, c’è un bel po’ di strada da qui al Tetto Verde” le fece notare la signora Allan “E poi Marilla si preoccupa. Sai com’è fatta, nelle sue condizioni poi” cercò di convincerla la donna.

“D’accordo” mormorò non del tutto convinta.

“Portale i miei saluti e dille che giovedì pomeriggio farò un salto a trovarla” l’avvisò affabile.

“Non mancherò. Attenderà con ansia la sua visita” si congedò Anna dirigendosi verso il calesse.

I coniugi li accompagnarono fino alla staccionata e li salutarono fino a che scomparvero dalla loro vista.

“Con il mio arrivo ho forse interrotto qualcosa?” chiese il reverendo.

“No, il nostro discorso era già terminato. Il loro, invece, è ancora aperto” mormorò appoggiando la testa sulla spalla del marito, mentre rientravano in casa.

 

“Davvero Gilbert, casa tua è dall’altra parte e non è il caso che allunghi di così tanto la strada. Lasciami pure qui” cercò di convincerlo lei.

“Anna, non mi pesa portarti fino al Tetto Verde e poi ho una medicina per i dolori reumatici della signora Lynde” le spiegò lui, mettendo a tacere le proteste della ragazza.

“D’accordo allora” mormorò lei fissando la strada davanti a loro.

“Avete già finito di preparare i vestiti?” chiese lui.

“Non ancora. Adesso abbiamo disegnato i modelli e li abbiamo fissati alla stoffa,  Diana la sta tagliando e domani inizierà il vero lavoro di cucito” mormorò con voce sognante, immaginando il meraviglioso abito che si sarebbe confezionata.

Anna amava ballare e amava farlo soprattutto all’hotel di White Sands. Le ricordava un castello, almeno così le aveva detto alcuni anni prima quando lui l’aveva accompagnata al ballo.

Era dispiaciuto di non poter essere il suo cavaliere, ma temeva che lei non avrebbe mai accettato la sua proposta.

Ma era davvero solo questo che l’aveva spinto ad accettare l’invito di Jenny? Non era invece il timore che lei accettasse, a spaventarlo?

“Gilbert? Gilbert? Gil!” lo chiamò lei scrutandolo preoccupata.

“Scusami Anna?” domandò lui osservandola stupito.

“Il Tetto Verde è a sinistra” gli fece notare lei “stiamo andando a destra.”

“Scusami. Stavo pensando ad altro” mormorò lui arrossendo lievemente.

“Non fa niente” concesse lei, tornando a guardare il paesaggio.

Gilbert la osservò rapito dai ricordi: chissà se un giorno il sorriso sarebbe tornato ad illuminare il suo viso solo per lui.

Purtroppo per il ragazzo, la distrazione gli impedì di vedere una buca un po’ troppo profonda.

Successe in un attimo: il rumore secco della ruota che si rompeva ed il calessino che traballava incerto prima di inclinarsi pericolosamente a destra.

“Gil!?” gridò Anna, cercando di afferrare il braccio del giovane, che tentava di calmare i cavalli.

 

Ecco qua la fine del quinto capitolo. Come al solito ringrazio Nisi Corvonero per il beta reading (spero di non aver combinato guai ^_^).

Ed ora i ringraziamenti:

Nisi Corvonero: ciao Mitica! Non posso dimenticarlo, ma lo apprezzo comunque un sacco. Non so come ringraziarti, mi raccomando fammi sapere, attendo il tuo parere. Un bacione!!

Lu: ciao cara! Sono diventata color pomodoro: grazie per i tuoi complimenti! Sono felice d’esser riuscita a rendere i personaggi aderenti alle caratteristiche che la Montgomery aveva delineato nei suoi libri. La signora Lynde è fatta a suo modo, ma non è cattiva. Non svelo nulla su Diana, ma non perdere le speranze… Non aggiungo di più. Grazie per le recensioni costanti. Un bacione!!

Cate: ciao cara! Ti ringrazio per i complimenti e sono felice che la storia ti piaccia. Questo è il seguito: fammi sapere. Un bacione!!

Ringrazio i lettori anonimi, se volete, alla fine della pagina c’è il pulsantino “Recensione” se lo cliccate mica m’arrabbio?

Al prossimo capitolo, ciao!

Kirby alias Luana80 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


“Anna

“Anna!” gridò Gilbert vedendo che la ragazza stava per cadere nel vuoto.

Si rese conto che non sarebbe riuscito ad afferrarla dato che doveva assolutamente calmare i cavalli.

“Reggiti allo schienale” ordinò perentorio il giovane, sperando in cuor suo che la ragazza lo ascoltasse.

“Non darmi ordini, Gilbert Blythe!” sbottò seccata ma ubbidendo prontamente.

“Va bene, ma non fare movimenti bruschi” suggerì conciliante, pensando a cosa fare per evitare danni maggiori.

“Non sono una bambolina fragile!” protestò lei irritata dal tono del ragazzo.

“Ti assicuro che sei tutto tranne una bambolina fragile” concordò lui, degnandola a stento di un’occhiata.

“Cosa vorresti insinuare!?” s’infiammò lei voltandosi di scatto verso il giovane.

Uno scricchiolio sinistro proveniente dalla della ruota danneggiata non si fece attendere, e fece preoccupare i due occupanti.

“Fai piano” scandì.

“Ho capito” gli rispose con una smorfia

“In teoria tu sei più leggera di me…” pensò ad alta voce.

“Senza ombra di dubbio…” convenne lei, attendendo che il ragazzo finisse di parlare.

“Devi scendere dalla mia parte” concluse lui osservandola: “piano” rimarcò secco.

“Agli ordini, comandante Blythe” borbottò lei.

Si alzò lentamente in piedi ed il lieve dondolio del calesse la fece impallidire visibilmente.

“Non cadrai, basta solo che tu non faccia movimenti bruschi” ripeté fiducioso.

“Lo sai che se mi dici una bugia il mio fantasma non ti darà pace?” sibilò furiosa.

“Ancora con questa storia?” chiese lui stupito.

“Funziona sempre…” ribatté pronta, arrossendo per l’uscita poco felice di poco prima.

“Funziona con i tuoi allievi Miss Shirley” la blandì lui.

“Ci credevi anche tu se non ricordo male!” protestò irritata dal suo tono di voce.

“Spiegami adesso perché te la stai prendendo con me” chiese Gilbert osservandola sorpreso.

“Perché è solo colpa tua se ci troviamo in questa situazione!” rispose secca guardandolo storto.

“Non è vero!” cercò di difendersi lui, senza troppa convinzione.

“Non sono io ad aver sbagliato strada e non sono stata io ad insistere affinché accettassi il tuo passaggio!” rimbrottò acida.

“Uno vuole essere gentile e questo è il ringraziamento? Complimenti, sei proprio una vera signora!” tuonò lui iniziando a perdere la pazienza a sua volta.

Era stanco dell’atteggiamento bellicoso della ragazza: se voleva riaprire le ostilità, lui non si sarebbe tirato indietro.

“Per stasera vorrei essere a casa” la informò asciutto.

“Non osare parlarmi così Gilbert Blythe!” tuonò lei acida.

“E come dovrei parlarti, eh?!” le domandò lui furioso “Ho provato ad essere gentile, ma senza successo. Ho cercato di essere diplomatico, ma ho fatto il proverbiale buco nell’acqua. Cosa devo fare con te, Anna Shirley?” le domandò attendendo una risposta.

Anna era livida di rabbia: come osava parlarle a quel modo? Lui che cinque anni prima se ne era andato senza neppure un saluto.

“Dovresti fare quello che ti riesce meglio” soffiò cattiva “fuggire!” concluse con rabbia.

“Io non sono mai fuggito” protestò lui “Ti ricordo che tu eri pienamente informata delle mie decisioni e sei stata tu a non volermi seguire!” le fece presente, sorridendo impercettibilmente di fronte alla sua espressione basita.

“Ti avevo spiegato le mie ragioni! Ma tu eri troppo preso dalla tua carriera per starmi a sentire!” gridò appena si fu ripresa dal colpo basso di Gilbert.

“Forse voi due vi state divertendo, ma io sono qui da quasi mezz’ora che aspetto di aiutarvi” osservò una voce nota.

“Potevi farti vedere anche prima Fred, anziché divertirti alle nostre spalle!” gli fece notare Gilbert osservandolo torvo.

“E perdermi lo spettacolo?” domandò sorridendo “Giammai!” rispose pronto, scoppiando in un’allegra risata.

“Se avete finito con i convenevoli” s’informò Anna “potreste aiutarmi a scendere” chiese ostentando un eccessivo contegno.

“Subito, Anna” mormorò Fred, guardando di sottecchi l’amico, quasi gli stesse chiedendo il motivo di tanto astio.

Gilbert si limitò a scuotere leggermente la testa, non volendo fornire spiegazioni E rischiando di scatenare una nuova guerra.

“Grazie Fred” mormorò Anna compita posando il grazioso piedino a terra.

“Figurati, Anna” rispose Fred, mentre aiutava anche Gilbert.

“Grazie, Fred” fece Gilbert, imitando il tono di Anna e sbattendo le ciglia in modo civettuolo.

“Figurati, Gil” rispose Fred, trattenendosi dal ridere.

“Vi lascio alle vostre chiacchiere” si congedò Anna “Fred, grazie mille per l’aiuto” salutò prima di avviarsi verso il Tetto Verde.

“Si può sapere cos’è successo?” mormorò Fred appena la ragazza ebbe fatto la curva, scomparendo dalla loro visuale.

“Nulla, Fred, solo incomprensioni che con il tempo possono solo peggiorare” spiegò laconico, senza fornire ulteriori dettagli.

“Speriamo che queste incomprensioni non crescano fino ad esplodere, altrimenti Avonlea non ne uscirà indenne!” ribatté prontamente.

“Avresti dovuto studiare legge” borbottò Gilbert osservando il suo migliore amico.

“Già, e rischiare che qualcun altro mi soffiasse Diana?” chiese aggrottando la fronte “No, grazie. E poi tu che hai frequentato la scuola di medicina non sei messo in una situazione migliore rispetto alla mia” gli fece notare.

“La mia storia è totalmente diversa” ribatté Gilbert “Io ed Anna siamo nati per ostacolarci a vicenda e per farci la guerra” gli spiegò brevemente.

“Mi sono sempre chiesto cosa fosse successo tra voi due” ammise con un pizzico di curiosità.

Diana era stata sempre sfuggente riguardo all’argomento, e gli aveva ripetuto infinite volte che, se voleva sapere l’intera storia, doveva chiedere direttamente ai due diretti interessati.

Fred, per sommi capi, sapeva che avevano litigato tra loro ai tempi della scuola, ma non sapeva cosa fosse veramente accaduto o successo. Svariate fonti gli avevano riferito versioni più o meno veritiere sull’accaduto, ma ora voleva sapere la verità.

“E’ troppo lunga. E poi non abbiamo tutto questo tempo” rimarcò Gilbert, cercando di cambiare argomento.

“Abbiamo tutto il tempo che vuoi” ammise baldanzoso, stupendo non poco il suo compagno “La ruota te la riparo io e tu puoi tenermi compagnia raccontandomi per filo e per segno la vostra storia” rispose pronto.

“A volte mi spaventi, Fred: prometti di diventare il giusto erede di Rachel Lynde” ammise sconfitto Gilbert.

“E’ un modo gentile per dirmi di sì?” s’informò senza apparire eccessivamente felice.

“D’accordo, ti racconterò tutto” concesse Gilbert.

“Perfetto! Però in futuro evita di paragonarmi alla Signora Lynde” borbottò risentito.

Gilbert osservò per un attimo e poi esplose in una sonora risata.

“Gilbert? Non sei divertente. Promettimelo” lo pregò in tono accorato.

“Va bene!” bofonchiò tra una risata e l’altra.

Mentre Fred sistemava la ruota, Gilbert iniziava pian piano il suo racconto.

Anna era rientrata a casa da qualche minuto, ma non aveva ancora avuto il coraggio di uscire dalla cucina. Sapeva che Diana, la signora Lynde e Marilla avrebbero fatto parecchie domande sul suo ritardo e lei non era ancora disposta a rivelare tutti i dettagli e del contrattempo occorsole.

Attese qualche altro minuto, poi decise di salire in camera sua, dove Diana era intenta a cucire i loro vestiti.

Con suo sommo sgomento, s’accorse di non avere con sè il merletto che aveva causato tutto quel trambusto per la quale era uscita di casa solo poche ore prima.

“L’ho lasciato sicuramente sul calesse di Gilbert!” mormorò tornando sui suoi passi.

S’incamminò risoluta fino al calesse, stupendosi di sentire la voce roca di Gilbert man mano che si avvicinava al luogo dell’incidente.

Abbandonò il sentiero e proseguì nel prato lì vicino: non voleva correre il rischio d’essere vista.

Arrivò a pochi metri dal calesse e vide Gilbert appoggiato ad un albero e Fred intento a lavorare sulla ruota.

“Ma eri davvero un piccolo romanticone!” lo prese in giro bonariamente Fred.

“Non sei affatto divertente!” protestò l’altro arrossendo lievemente e distogliendo in fretta lo sguardo dal suo interlocutore.

“Dev’essere stato divertente vedere l’espressione furibonda di Anna” mormorò Fred, ridacchiando.

Anna lì osservò ancora per un po’: non capiva perché Gilbert avesse deciso di raccontare quelle cose a Fred, ma non voleva preoccuparsene. Ritornò sui suoi passi, decisa a fare la sua comparsa come se fosse appena arrivata.

Dopo aver preso un bel respiro, riprese a camminare, mentre sentiva il familiare chiacchiericcio farsi sempre più forte.

Girò la curva e si ritrovò i due ragazzi praticamente davanti.

“Anna? Cosa c’è?” s’informò preoccupato Gilbert, osservandola con attenzione.

“Ho dimenticato il merletto” rivelò lei “spero solo di non averlo perso durante il tragitto” mormorò preoccupata.

“Ti do una mano” si offrì Gilbert.

“Anche due” sussurrò Fred, in modo che solo il suo amico potesse sentire ed incontrando la sua occhiata poco amichevole.

“Grazie” mormorò lei arrossendo lievemente.

I due s’avvicinarono al calesse e dettero un’occhiata al suo interno, mentre gli occhi grigi di Anna si riempivano di delusione.

“Non c’è” ammise con voce prossima al pianto.

“Sicuramente è qua, non può essere altrove!” cercò di tranquillizzarla lui.

“Cosa c’è accanto alla ruota?” osservò Fred con noncuranza. Forse anche troppa, si ritrovò a pensare Gilbert, ma non poté esprimere ad alta voce i suoi pensieri.

Entrambi guardarono dove il ragazzo aveva indicato e videro il merletto che avevano tanto cercato e che aveva portato tanto scompiglio in quella calda giornata estiva.

“Trovato!” esclamò Anna improvvisamente euforica allungando la mano, mentre Gilbert la imitava specularmene.

Fu un attimo: il tocco delle loro mani incatenò anche i loro sguardi.

Si fissarono incapaci di muoversi né di dire alcunché: entrambi sapevano che non erano soli, ma non riuscivano a ad interrompere quel incanto che li aveva colti così di sorpresa.

Il rumore di un calesse che si avvicinava li fece voltare ma nessuno dei due staccò la mano dall’altro.

Si trattava di Lucius e Jenny Mayer. Il primo era parecchio seccato nel vedere il dottore, mentre sua figlia s’illuminò di gioia.

Fred borbottò qualcosa circa il tempismo con il quale i Mayer erano arrivati, ma nessuno riuscì a sentire chiaramente.

“Gilbert! Cos’è successo? Ti diamo un passaggio più che volentieri, non è vero papà?” s’interruppe la ragazza prendendo fiato.

Anna, risentita da quel incontro, ritirò frettolosamente la mano.

Che sciocca, Gilbert era già impegnato con Jenny.

“Grazie per l’aiuto, dottore” disse Anna allontanandosi dal ragazzo.

“Oh, signorina Shirley, non l’avevo vista” si scusò Jenny, accorgendosi in quel momento della ragazza.

“Magari abbiamo interrotto qualcosa” sibilò allusivo il signor Mayer. Tutti ad Avonlea sapevano del rancore che quest’ultimo nutriva per il primogenito di casa Blythe.

“Non ha interrotto nulla, signor Mayer” lo tranquillizzò Anna “un semplice incontro tra vecchi amici” spiegò breve poi, con un semplice cenno del capo si congedò dal gruppetto.

 

Ciao a tutti, ecco qua il capitolo n. 6, non mi ero dimenticata di questa ficcy, solo sono successe alcune cose che hanno rallentato la posatura del capitolo. Mi raccomando, fatemi sapere cosa ve ne pare.

Ringraziamenti:

Nisicorvonero: ciao Mitica, grazie mille per il betareading, mi scuso io per il ritardo, e come al solito aspetto al tuo commento. Un bacione!!

Lu: ciao stellina, giuste osservazioni, sono profondamente pentita, infatti ecco qua il capitolo numero sei tutto per te. Fammi sapere. Un bacione!!

Cate: ciao cara, addirittura due recensioni, wow, sono davvero contenta che questa storia ti piaccia. Fammi sapere cosa ti sembra. Un bacione!!

Ringrazio tutti i lettori anonimi.

Al prossimo capitolo (prometto entro settimana prossima.)

Un bacione!!

Kirby

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

“Sei una sciocca, Anna Shirley!” borbottò la ragazza dirigendosi a passo spedito verso la casa dal Tetto Verde. “Alla tua età non dovresti avere simili fantasie romantiche!” si rimproverò con severità.

Già, Jenny Mayer era giovane e poteva permettersi di civettare amabilmente con il dottore, mentre lei, Anna Shirley, sembrava una zitella acida e pettegola. Magari non ancora zitella, ma i commenti malevoli sul suo stato di nubile non lasciavano presagire nulla di buono.

“Eravamo preoccupate per te, Anna” l’accolse la voce della signora Lynde, non appena varcò la soglia di casa.

“Mi dispiace” si scusò lei “stavo chiacchierando con la signora Allan ed il tempo è praticamente volato” mormorò fissandosi le scarpe.

“Non fa niente, Anna. Ho appena finito di tagliare la stoffa: domani inizieremo ad imbastire” disse Diana, fingendo di non notare la poca convinzione con cui la sua amica del cuore si era giustificata.

“Perfetto, Diana. I nostri vestiti saranno pronti prima del ballo!” garantì Anna nuovamente di buonumore.

“E’ passato il giovane Hamilton” la informò la signora Lynde, mentre Diana osservava l’amica e vedeva il dubbio fare capolino nei suoi occhi grigi.

“Ah… E cosa gli avete detto?” chiese senza apparire troppo entusiasta.

“Nulla. Lui voleva parlare con te” rispose atona, mentre Diana tratteneva un risolino. Era risaputo che la signora Lynde adorasse conoscere tutti i particolari di tutte le storie d’amore che sbocciavano ad Avonlea e la risposta che il ragazzo le aveva dato l’aveva parecchio indisposta nei suoi confronti.

“Ripasserà verso il tramonto: non è educato che un ragazzo vada a trovare una ragazza troppo spesso” commentò acida la matrona, sperando di veder soddisfatta la sua curiosità.

“Glielo farò presente” disse invece Anna, cercando di mantenere un tono compito, cosa che irritò parecchio la sua interlocutrice.

“Marilla ha chiesto di te” le comunicò dopo aver sorseggiato un po’ di the, sperando in tal modo di ottenere maggiori dettagli.

“Sta male?” s’informò Anna scattando in piedi come una molla.

“No, voleva solo sapere se eri rientrata” rispose con flemma la signora Lynde, mentre Anna si sedeva nuovamente, visibilmente più calma.

“E’ meglio che vada” disse Diana appoggiando la tazza di the ormai vuota sul tavolo.

“Ci vediamo domani, Diana” promise Anna, dispiaciuta di non aver potuto trascorrere più tempo con lei.

“Mi troverai fuori dalla scuola al termine delle lezioni, come al solito” la rassicurò la ragazza e, dopo essersi accomiatata dalla signora Lynde, uscì diretta verso casa Barry.

 

Anna aveva appena terminato di asciugare piatti, quando il rumore di un calesse attirò la sua attenzione.

Doveva trattarsi di James, pensò mogia la ragazza, incerta se accettare o meno la sua proposta.

Fu con enorme sorpresa che, una volta aperta la porta, si trovò davanti Gilbert.

“Cosa ci fai tu qui?!” sbottò sorpresa.

“Sono passato per controllare Marilla e per dare alla signora Lynde la medicina contro i reumatismi” le ricordò lui visibilmente più rilassato.

Pareva che la chiacchierata avuta poco prima con Fred Wright l’avesse fatto tornare del solito umore gioviale di sempre.

Perché le cose devono cambiare? Perché la vita non può continuare mai serena e spensierata come quando eravamo bambini? s'interrogò la ragazza, osservando il giovane che attendeva d’essere invitato ad entrare.

“Anna? Chi è?” s’informò la signora Lynde dal soggiorno, scuotendo così la ragazza dal torpore che l’aveva colta.

“C’è il dottore” l’avvisò, accompagnando il giovane vicino dalla matrona seduta accanto alla finestra.

“Gilbert” borbottò la donna sorridendo.

“Le ho portato una medicina che farà benissimo ai suoi reumatismi” esordì prendendo posto accanto a lei. “Come sta oggi?” s’informò garbato.

“L’età avanza. Purtroppo non sono più giovane” mormorò con voce flebile. Pareva che la vecchiaia le si fosse rovesciata addosso improvvisamente.

“Gliela lascio. Mi raccomando, due volte al giorno dopo i pasti” spiegò ad entrambe.

“La signorina Cuthbert è al piano di sopra?” s’informò lui osservando ora l’una ora l’altra.

“Sono certa che Anna ti accompagnerà“ sussurrò la donna, improvvisamente sembrava rinata alla prospettiva della nuova medicina, e non solo.

“Se vuole seguirmi, dottore” rispose lei compita, sbirciando la matrona con curiosità.

“Ci davamo del tu fino a qualche attimo fa” le fece notare lui, mentre la seguiva.

“Ora sei un dottore: le cose cambiano” ritorse lei acida, restia a svelargli che, solo qualche attimo prima aveva pensato la stessa cosa.

“Te ne do atto, ma per qualche attimo fa” disse calcando sulle ultime parole “intendevo questo pomeriggio” precisò lui, poco propenso a lasciar cadere l’argomento, e facendole capire che attendeva una sua risposta.

“Tutti facciamo degli errori” rispose lei, sperando che il ragazzo desistesse dai suoi propositi, purtroppo dovette ricredersi.

“Le cose capitano, Anna” concesse lui “Ma non per questo sono errori” ribadì lui.

“Siamo arrivati” disse con sollievo palese la padrona di casa ed interrompendo quella conversazione poco piacevole, almeno dal suo punto di vista.

Anna bussò leggermente alla porta chiusa ed un flebile “Avanti” dette il permesso ai due ragazzi di entrare.

“Come state Signorina Cuthbert?” s’informò Gilbert, sedendosi sulla sedia accanto al letto.

“Molto meglio” ammise la donna “Anche se Rachel si ostina a tenermi confinata quassù, quasi fossi un’appestata” sbuffò contrariata.

“La peste è scomparsa più di un secolo fa” le fece notare gentilmente il dottore, mentre Anna cercava di trattenere suo malgrado un risolino divertito.

“Anna Shirley!” tuonò Marilla sorprendendo la mano di Anna che le copriva la bocca, chiaro segno che la ragazza stesse nascondendo un risolino divertito “Osi deridermi?” fingendosi sorpresa.

“Affatto” si difese la ragazza calmandosi improvvisamente “Immaginavo soltanto la signora Lynde nei panni di una carceriera” spiegò semiseria, mentre il silenzio accoglieva la sua affermazione.

Dopo qualche attimo di assoluto silenzio, i tre scoppiarono in un’allegra risata.

“La caviglia sta rispondendo molto bene alla pomata che le ho messo il giorno dell’incidente” esordì Gilbert dopo essere tornato il dottore posato e riflessivo di sempre “Gliela lascio nel caso in cui, questa continui a gonfiarsi, specie la notte” spiegò pacato, appoggiando il barattolo di linimento sul comodino della donna.

“Grazie infinite, Gilbert” mormorò Marilla commossa. Si sentiva una sentimentale, ma si rimproverava tuttora la sua avventatezza di quasi trent’anni prima: se non fosse stata così cocciuta, ora quel ragazzo avrebbe potuto essere suo figlio.

Scacciò subito quei pensieri: il Signore, con lei e Matthew, era stato molto generoso, offrendo loro la possibilità di incontrare, conoscere ed amare la ragazza dai capelli rossi che stava tuttora al suo fianco.

“Si figuri, Signorina Cuthbert. Questo è il mio lavoro, e ma sono sempre felice di rendermi utile con i miei compaesani” ammise sincero il dottore.

“Anna!” la chiamò la signora Lynde “C’è James” borbottò contrariata.

“Scusatemi” mormorò Anna, alzandosi lentamente come un martire che stesse dirigendosi verso il patibolo.

“Sicuramente avrai altri impegni. Io riposo un altro po’” lo congedò la donna.

“Ci vediamo domani allora” si accomiatò il dottore, seguendo la ragazza che lentamente usciva dalla stanza.

“Vieni al ballo con me, Anna” la sorprese Gilbert afferrandole un braccio.

“Non dovevi andarci con Jenny?” chiese Anna senza osare incontrare il suo sguardo.

“Non ho ancora accettato” rispose pronto lui.

“Non credo che sia il caso” cercò di sviare lei, senza muoversi dal ballatoio “E’ passato troppo tempo” cercò di convincere per prima se stessa.

“Proprio in ricordo dei vecchi tempi” ribadì pronto, sperando in suo sì.

“Anna!” la chiamò nuovamente la donna dal pian terreno.

“Dimmi di sì” sussurrò lui.

“Non è leale” mormorò lei, mentre la sconfitta trapelava dal tono della sua voce ed il suo cuore gridava sì.

“Non deve esserlo” le fece notare lui con gentilezza.

“Non possiamo” tentò ancora lei, mentre la ragione dava manforte al suo cuore.

“Tutti meritano la felicità. Tu per prima, Anna” rispose lui, senza staccare gli occhi dal suoi.

“Me ne pentirò” iniziò lei poi, dopo una breve pausa, riprese “Sì, Gilbert: verrò al ballo con te” mormorò con un lieve sorriso, subito ricambiato dal giovane.

“Adesso devo scendere” sussurrò improvvisamente timida di fronte al dottore.

“Non voglio che la signora Lynde ti rimproveri” disse lasciandole il braccio.

“Non accadrà, sono grande ormai!” rispose allegra, mentre nei suoi occhi grigi balenava un lampo di pura felicità.

Scese rapidamente le scale, mentre Gilbert ripensava a quell’incredibile conversazione che si era conclusa a suo favore. Sorrise, rivolgendo un silenzioso grazie al Signore ed alla sua buona stella che aveva permesso tutto questo.

Sicuramente Anna non gli avrebbe reso le cose facili, ma lui non era disposto a perderla. Non di nuovo.

 

Ecco qua la fine di un altro capitolo…

Ringrazio Anna aka Nisicorvonero per il beta reading.

Ringrazio tutti i lettori ed in particolare i recensori di sempre Nisicorvonero, Cate, Lu ed Evan88.

Mi raccomando fatemi sapere cosa vi sembra questo capitolo.

A presto!

Kirby aka Luana

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


“Stai dicendo sul serio

“Stai dicendo sul serio?!” domandò Diana mentre camminava accanto alla sua amica del cuore.

Quest’ultima le aveva appena raccontato quanto accaduto il giorno prima e stentava a trattenere un sorriso di compiacimento.

“Già” riuscì a dire, mentre un soffuso rossore le imporporava le guance.

“Povero James, già pregustava la soddisfazione di averti come dama davanti a tutti quei ricconi” le fece notare la ragazza con voce seriosa, mentre Anna arrossiva ancor di più.

“La signora Lynde la pensa esattamente come te. Inoltre mi ha rimproverato per come l’ho trattato” spiegò alzando gli occhi al cielo “Gilbert mi ha salvato” concluse sbirciandola.

“Gilbert è il classico cavaliere con la scintillante armatura ed il cavallo bianco: è sempre stato così” le ricordò, sfidandola ad affermare il contrario.

“E’ vero, ma il tempo delle favole è finito” le rispose Anna, mentre osservava il sole che filtrava tra i rami degli alberi, creando un gioco di luci ed ombre.

“A volte, la vita può essere una favola meravigliosa. Siamo noi che impediamo al destino di fare il suo giusto corso” esordì Diana.

“Non ti facevo così saggia, Diana Barry” replicò Anna, continuando a camminare.

“Sono sempre stata saggia, Anna Shirley. Anche cinque anni fa” ribatté la ragazza dai capelli corvini.

“Cinque anni fa…” mormorò l’interpellata, facendosi pensierosa.

“Dovresti dargli una seconda possibilità” le consigliò Diana “è passato molto tempo e sono cambiate molte cose” le fece notare la ragazza.

“Le cose non sono molto diverse da allora, sono solo più vecchia” ritorse Anna acida.

“Anna! Ti rammento che abbiamo la stessa età! E non siamo affatto vecchie!” ribatté irritata da quell’ultima osservazione.

“Ho solo detto la verità, Diana: tu tra qualche tempo ti sposerai con Fred ed avrai dei bambini, ma io non mi sposerò mai!” tuonò perentoria.

“Sei ancora ferita e delusa dal comportamento di Gilbert! Ma non è solo con lui il colpevole in tutta questa vicenda. Ti ricordo che Matthew…” obiettò Diana, cercando di placare l’ira improvvisa di Anna.

“Matthew non l’avrebbe voluto!” ribatté lei, interrompendo l’amica.

“Matthew avrebbe voluto solo la tua felicità! Ha sempre fatto l’impossibile per te!” le ricordò Diana, mentre Anna scuoteva la testa con decisione, senza avere il coraggio di contraddirla “Ma sembra che tu faccia di tutto per dimenticartene” riprese, poco disposta a lasciar cadere l’argomento.

“Io non sto facendo alcunché per sfuggire al mio destino, Diana” rispose dopo una breve pausa, servita più che altro per permetterle di riordinare le idee.

“Il Tetto Verde non è un luogo adatto per simili discorsi” concesse una tregua, vedendo Anna alquanto pensierosa.

“Anna! Diana! Iniziavamo a pensare che vi foste perse” le accolse la voce di Marilla, poco dopo aver varcato la soglia di casa.

“Marilla! Come mai sei già alzata?” domandò Anna, vedendo l’anziana donna seduta comodamente sul divano.

“Signorina Cuthbert, come sta?” domandò Diana, dopo aver fatto un cenno di saluto alla signora Lynde.

“Ha tanto insistito che non ho potuto fare altrimenti!” sbottò Rachel, facendo capire alle due nuove venute che non c’entrava niente con la decisione presa dall’ammalata.

“Ero stanca di stare a letto!” borbottò rivolta alla signora Lynde “Gilbert era d’accordo con me” mormorò rivolta alle due ragazze.

Anna non riuscì ad evitare di arrossire, mentre Diana si mostrava fin troppo interessata allo scambio di battute tra le due matrone.

“Noi andiamo a lavorare ai vestiti” mormorò Anna, sperando che nessuno facesse domande.

“Anna? E’ vero che non sarà James il tuo accompagnatore per il ballo?” s’informò Marilla, sbirciando in tralice la signora Lynde.

“E’ vero, anche perché lui non me lo ha chiesto” spiegò brevemente, mentre Diana si compiaceva silenziosamente per la risposta della sua amica del cuore.

“Povero James e fortunato colui che ti ha invitato” si complimentò Marilla “Posso sapere il nome del tuo cavaliere?” s’informò Marilla, sperando di non apparire troppo curiosa.

“Andrò al ballo con il dottor Blythe” rivelò Anna, pregando in cuor suo di non essere arrossita.

“Il dottore non ci ha detto nulla” ribatté Rachel, rendendosi conto che Anna le stava sfuggendo dalle mani, come una farfalla che evita il retino.

“Credo che non ci abbia pensato o che se lo sia dimenticato” rispose Anna, accompagnando la frase con un sorriso dolce, sperando di non aver offeso la matrona.

“I giovani d’oggi non hanno rispetto per le tradizioni” borbottò, guardando fuori dalla finestra.

Le due ragazze, dopo essersi scambiate un’occhiata veloce, salirono al piano di sopra.

“Pensavo che la signora Lynde esplodesse dalla curiosità! Sei stata molto concisa” esordì Diana appena furono nell’abbaino di Anna ridacchiando al solo pensare all’espressione della donna.

“Non dovresti essere così dura nei suoi confronti: il suo unico divertimento sono i pettegolezzi. Non puoi biasimarla. Io mi domando ancor oggi come faccia a sapere sempre tutto di tutti!” mormorò Anna pensierosa.

“Tu la difendi sempre! L’accademia ti ha fatto male! Non sai più divertirti” replicò contrariata “Lo sai che non andrei a riferirle nulla!” concluse, sperando così che l’amica commentasse.

“Non ho cuore di deriderla in alcun modo, penso di comprenderla invece” rivelò Anna, osservando il ciliegio accanto alla sua finestra.

“Se comprendi lei” ripeté Diana calma “dovresti riservare lo stesso trattamento anche al povero Gilbert” concluse, vedendo l’amica agitarsi nervosamente.

“Con Gilbert non è la stessa cosa!” sibilò decisa.

“Tutto quello che ha a che fare con lui non è mai la stessa cosa: sono passati cinque anni, Anna! Smettila di piangerti addosso e prendi in mano le redini della tua vita!” esplose Diana.

“E’ quello che sto facendo!” la rassicurò, ma i suoi occhi erano troppo sfuggenti.

“Inizia ad essere sincera. Almeno con te stessa se non con me” borbottò l’altra “cosa sarà di te una volta che Marilla ti avrà lasciato?” le domandò improvvisamente.

“Io… io…” balbettò incapace di accettare una simile evenienza.

“Accadrà! Nessuno merita di essere solo, tantomeno una persona meravigliosa come sei tu” rispose Diana, sperando che Anna tornasse la ragazza solare di una volta.

“Non sono meravigliosa, ho un sacco di difetti” rispose torcendosi una ciocca di capelli rossi.

“Tutti noi li abbiamo. Offrigli una seconda possibilità. Non fare lo stesso errore della lavagnetta!” le rammentò con voce accorata.

Anna osservò nuovamente il ciliegio: un sorriso increspò le labbra, mentre il ricordo di quel episodio le scorreva davanti agli occhi.

Le aveva chiesto scusa un’infinità di volte, poi aveva gettato la spugna ed aveva accettato il suo caparbio rifiuto… e così, erano diventati nemici.

“Non ero pronta ad accettare allora” ricordò con sgomento “e non credo di esserlo adesso; in più non saprei cosa dirgli!” rivelò alla fine, sperando che l’amica potesse consigliarla al meglio.

“Non è detto che la cosa si ripeta: considera che ha ottenuto il lavoro come medico di Avonlea” le fece notare.

“E se non gli bastasse? Ha studiato molto per diventare quello che è oggi” replicò, poco disposta ad arrendersi all’inevitabile.

“Non sarebbe tornato e non ti avrebbe aspettato” sostenne Diana, afferrandole la mano.

“E tu come lo sai?!” chiese Anna, comprendendo in quel mentre il vero significato delle parole dell’amica.

“Non avrebbe insistito tanto affinché tu andassi al ballo con lui” spiegò calma, mentre Anna assimilava quei discorsi.

“Nulla sarà più come allora” mormorò, mentre sentiva le difese cedere lentamente.

“Non deve esserlo, e può essere anche meglio” rispose Diana, ricordando l’inizio della sua storia con Fred.

“E se Gilbert non volesse?” chiese incerta, mentre il dubbio s’impossessava nuovamente di lei.

“Non avrebbe cercato in tutti i modi di convincerti ad andare al ballo con lui” le ricordò.

“Neppure oggi siamo riuscite a lavorare ai vestiti” ammise Anna, sentendo i rintocchi del campanile.

“Domani lavoreremo anche per oggi” la rassicurò, scendendo le scale.

“Ti voglio bene, Diana” mormorò Anna abbracciando l’amica.

“Anch’io, Anna. Anch’io” ricambiò la ragazza.

 

Diana stava rientrando a casa.

Quel pomeriggio era stato molto proficuo ed era contenta. Aveva assistito impotente ai cambiamenti che erano avvenuti in Anna quando Gilbert si era allontanato improvvisamente da Avonlea. Solo una settimana dopo Anna le aveva rivelato per filo e per segno cos’era accaduto. Nonostante Diana avesse cercato di far ragionare l’amica, questa si era caparbiamente rifiutata di accettare qualsiasi tipo di consiglio e si era buttata a capofitto nel lavoro, nella speranza di dimenticare il ragazzo. Ma ora il destino stava offrendo loro una nuova opportunità e lei non avrebbe lasciato le cose in mano a quei due testardi.

“Gilbert Blythe, mi devi un favore enorme” mormorò camminando lungo il bosco stregato, ricomponendo nella sua mente i fatti di quel pomeriggio.

“Non mi ami più? Già sospiri per qualcun altro che, per giunta, è il mio migliore amico? Devo preoccuparmi?” chiese una voce familiare alle sue spalle.

“Non essere geloso, Fred Wright. Gilbert ha occhi solo per Anna. Devo solo sistemare le cose in modo che possano vivere felici e contenti, proprio come noi due. E poi tornerò la Diana di sempre” lo tranquillizzò lei.

“Non metterti a fare il paraninfo: ti ricordo che mi hai fatto promettere di non intromettermi” le fece notare lui.

“Appunto: tu non ti devi intromettere, altrimenti comprometteresti le mie mosse” gli spiegò Diana paziente, usando lo stesso tono che avrebbe usato con un bambino.

“Ho visto Gilbert oggi” rivelò Fred.

“Davvero? E cosa ti ha detto?” s’informò lei, ascoltandolo distrattamente.

“Perché dovrebbe avrebbe dovuto dirmi per forza qualcosa?” ritorse lui.

“Non saresti qui altrimenti” gli fece notare, inarcando un sopracciglio.

“Sei astuta. Mi ha detto che la prossima primavera il medico di Glen St. Mary andrà in pensione” rivelò il ragazzo lentamente, mentre Diana lo osservava senza capire.

“Buon per lui” mormorò continuando ad ignorare cosa questa notizia avesse a che fare con i suoi due amici.

“Gil vuole fare domanda per quel posto” gli rispose alla fine.

“Cosa vuole fare?! Ma allora siamo punto a capo!” tuonò lei, mentre l’idea di sbattere le teste l’una contro l’altra prendeva sempre maggiore consistenza nella sua mente.

Sorrise dopo un secondo: quei due volevano renderle le cose difficili, ma lei non si sarebbe lasciata fermare con così poco. Quei due erano fatti per stare insieme e se loro non l’avevano ancora capito, poco male, avrebbe rimediato lei.

 

Ciao! Mi scuso per il ritardo con cui poso quest’ottavo capitolo, ma alcuni impegni e l’inizio del nuovo lavoro mi hanno rallentato.

Ringrazio tutti coloro che leggono ed i recensori, in particolare Jenny76, Nisi Corvonero, Altari 76, Ran91, Lu, Cate ed Usagi-chan.

Mi raccomando: fatemi sapere cosa vi sembra questo capitolo.

Alla prossima (prometto di non farvi attendere un altro mese ^___^).

Kirby aka Luana

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Gilbert si stropicciò gli occhi affaticati dalle lunghe ore di lavoro: alcuni fogli erano ancora sparsi sulla scrivania di noc

Gilbert si strofinò gli occhi affaticati dalle lunghe ore di lavoro: alcuni fogli erano ancora sparsi sulla scrivania di noce.

Era stanco. Quel giorno parecchi compaesani erano passati a fargli visita: chi per lamentare malesseri, chi semplicemente per fare quattro chiacchiere.

Aveva cercato di aiutare i primi e si era mostrato cortese con i secondi, cercando di far capire loro che in altri momenti si sarebbe potuto intrattenere.

Dopo aver dato un giro di chiave alla porta d’ingresso, ripensò alla conversazione avuta con Fred. Forse era stato avventato raccontargli i suoi sogni ed i suoi desideri, ma sentiva il bisogno di parlarne con qualcuno che gli fosse vicino come età e come idee.

Avrebbe voluto poter vivere e lavorare ad Avonlea, d’altronde anche molti giovani stavano abbandonando le loro case natie preferendo la città che offriva più lavoro e più prospettive sotto molti punti di vista.

La sera precedente era giunto alla conclusione che, entro quindici anni al massimo, il suo amato villaggio avrebbe perso metà della sua attuale popolazione.

Non aveva senso lottare per restare in un luogo che non offriva garanzie di vita dignitose.

Il suo desiderio era di sposarsi e di mettere su famiglia: come avrebbe sfamato sua moglie ed i suoi figli? Era dispiaciuto per questa scelta, ma non poteva fare altrimenti. Fred si era dichiarato d’accordo con lui, anche se aveva storto il naso alla prospettiva che Gilbert diventasse il nuovo medico di Glen St. Mary. Certo, quaranta miglia non erano una passeggiata, ma non erano neppure una distanza insormontabile.

Il problema era Anna.

La ragazza gli aveva detto di no già una volta e stavolta la situazione era molto simile.

Sospirò pesantemente, appoggiando la schiena contro lo schienale della sua sedia: poteva sperare in un sì? Il pensionamento del medico di Glen St. Mary non era così imminente, ma aveva solo un mese di tempo per proporsi come sostituto.

Anna stava correggendo alcuni compiti dei suoi allievi di terza. Preferiva farlo a scuola, appena terminate le lezioni, così da poter tornare a casa abbastanza presto e per lavorare un po’ sui vestiti.

Controllò il compito con attenzione: non aveva alcun errore.

Soddisfatta scrisse il voto, rammentandosi di lodare l’impegno scolastico dell’autore di quel capolavoro l’indomani.

Un leggero bussare la fece trasalire. Sicuramente era Diana. Era strano, dato che era sicura d’averla avvisata il giorno precedente che sarebbe stata impegnata per un paio d’ore e che sarebbe passata lei a casa Barry.

"Avanti!?" domandò interdetta, certa di veder comparire sulla soglia la sua amica del cuore.

"Ciao, Anna" esordì Josie Pye, entrando nell’aula e facendo sgranare gli occhi alla ragazza ancora seduta.

"Josie, che sorpresa" mormorò con scarsa convinzione, cercando di essere educata.

Anna aveva cercato in molte occasioni di fare amicizia con la ragazza, ma senza successo. Frequentando l’accademia, si era accorta della perfidia della compaesana ed aveva rinunciato a diventare sua amica, preferendo persone più sincere che le dimostravano lealtà ed affetto sinceri.

"Passavo di qua, sai com’è" si giustificò avanzando lentamente. Il suo tono di voce era così palesemente falso che Anna s’irrigidì suo malgrado.

"Siediti pure" replicò con gentilezza la ragazza, appoggiando il compito corretto ed aspettando di scoprire il motivo che l’aveva condotta lì.

"Lavori ancora qui, a quanto vedo" mormorò con palese disprezzo "Dev’essere terribile essere orfani. Ma peggio ancora… poveri" concluse guardando la ragazza con ribrezzo.

"Non sono povera, Josie" ribatté la ragazza piccata da quell’insinuazione davvero poco velata "Non sono solo i soldi a far felice una persona, ma anche l’amore e l’affetto che riceve e che può restituire!" le spiegò, già sapendo che la sua compagna d’infanzia non avrebbe mai compreso il suo ragionamento perché troppo accecata dalle cose materiali e dall’aspetto esteriore.

"Beh, considera che lavori" gli rinfacciò aspra "Sei l’unica ad Avonlea a farlo" concluse alzando le spalle.

"Veramente, anche Jane e Ruby lavorano" replicò Anna, curiosa di sapere dove la ragazza volesse andare a parare.

"Ma loro non sono orfane" le spiegò Josie, temendo che la sua interlocutrice non capisse il suo arguto ragionamento.

"Non capisco" mormorò Anna, aggrottando le sopracciglia.

"I Cuthbert non ti lasceranno nulla, tu non sei una loro parente!" le rinfacciò aspra.

"Dove vuoi arrivare, Josie?" le domandò seria. Stava iniziando a perdere la pazienza di fronte a quelle domande senza senso, almeno per lei.

"Mi ha detto mia cugina May, che lo ha saputo da sua sorella Sarah che Gilbert ha rifiutato l’invito di Jenny Mayer. E dicono che andrete al ballo insieme" rivelò sperando che la ragazza le fornisse ulteriori dettagli.

"E se così fosse?" chiese Anna senza lasciar trapelare alcunché.

"Quello che voglio dirti, Anne, è che dovrai trovarti un marito ricco, dato che i Cuthbert non ti daranno alcuna dote" concluse Josie alla fine.

"Non ho mai detto di volermi sposare" confessò candidamente l’altra.

"Allora dovresti parlare chiaramente con Gilbert. Non è giusto che tu lo illuda in questo modo!" s’inviperì lei.

"Io non lo sto illudendo!" precisò Anna con foga "Andremo al ballo in onore dei vecchi tempi" rivelò pacata.

"Andiamo, Anna! Tu credi ancora che uomini e donne possano essere amici?" domandò sarcastica "Ci avevate provato cinque anni fa e la cosa non è andata bene, perché provarci di nuovo!?" s’interrogò con finta apprensione.

Josie aveva da sempre avuto un debole per Gilbert. L’idea di vedere il ragazzo che tanto le piaceva correre dietro ad Anna Shirley la irritava oltre misura. Non aveva mai sopportato la ragazza, giudicandola una povera mendicante che faceva di tutto per risultare simpatica a destra ed a manca, tutti erano accecati dalle sue disgrazie da non vedere la sua doppiezza. Ma lei era sempre stata più furba di tutte le altre sue coetanee ed aveva visto Anna per quello che era. Almeno così credeva.

"Josie? Tu sei fidanzata con Jacob Anderson" le ricordò Anna, vedendo le guance della sua interlocutrice farsi color porpora "Parli come se ti piacesse Gilbert" mormorò, realizzando in quel mentre che forse Josie provava qualcosa per il nuovo dottore di Avonlea.

"Non sono affari tuoi. Comunque evita di giocare con i suoi sentimenti. Se tu conti di restare per sempre qui, in questo sperduto paesino di campagna, fai pure. Io e tanti altri abbiamo altre idee per il nostro futuro" disse acida alzandosi in piedi, ritenendo conclusa quella conversazione.

"La città non è fatta per tutti" considerò Anna, vedendo la ragazza allontanarsi.

"Non è fatta per tutti, ma Gilbert non rimarrà qui in eterno" la gelò soddisfatta Josie.

"Cosa… Cosa vorresti dire?" domandò scattando in piedi e reggendosi alla cattedra.

"Gil farà domanda per il posto di medico a Glen St. Mary" la informò l’altra "tempo un mese ed il nostro nuovo dottore ci lascerà per quella meravigliosa cittadina affacciata sul mare. Ci vediamo, Anna Shirley" gongolò soddisfatta, chiudendosi la porta alle spalle.

Anna fissava l’aula vuota con gli occhi sbarrati: tutto si stava ripetendo come cinque anni prima.

Lui la lasciava nuovamente sola per inseguire la sua carriera. Possibile che per lui la carriera fosse così importante? Perché si divertiva ad illuderla? Lei non era un pupazzo da strapazzare e poi da lasciare dimenticato in un angolo.

Non avrebbe sofferto nuovamente per lui, stavolta avrebbe preteso delle spiegazioni.

Cinque anni prima era stata ingenua e forse accecata dalla testardaggine, ma dopo la chiacchierata che aveva fatto con Diana il giorno prima, era risoluta a cercare la felicità che riteneva di meritare.

Raccolse velocemente i compiti, ripromettendosi di correggerli quella sera stessa, e si affrettò verso l’ambulatorio.

Voleva alcuni chiarimenti dal dottore e li avrebbe avuti!

Un rumore insistente svegliò Gilbert dal dormiveglia in cui era scivolato lentamente poco dopo aver concluso il suo turno.

Si alzò lentamente massaggiandosi le ossa indolenzite e lanciò una rapida occhiata alla pendola appesa al muro alla sua sinistra: erano le quindici e trenta.

"Sicuramente un paziente" mormorò sbadigliando e girando la chiave.

"Anna!?" domandò sorpreso nel trovarsi di fronte la ragazza che fino qualche attimo prima aveva allietato il suo sonno.

"Ciao Gilbert, disturbo?" domandò con decisione.

Il giovane rimase spiazzato dalla determinazione che trapelava dalla sua voce. Per un attimo pensò di essere tornato indietro di cinque anni.

"Non disturbi mai. Non stai bene?" s’informò subito preoccupato.

"Sto bene. Ho solo bisogno di sapere un paio di cose" rivelò lei, iniziando a pentirsi d’essere andata lì.

"Beh, sediamoci allora. Per oggi ho finito" disse lui indicandole una sedia e prendendo posto a sua volta.

"Ho incontrato Josie questo pomeriggio" tergiversò lei, sentendosi sempre più imbarazzata.

Cosa mi è venuto in mente?! si rimproverò Anna per l’ennesima volta.

"E?" la incitò lui, notando quella pausa troppo lunga.

"Mi ha detto che hai intenzione di fare domanda per il posto di medico a Glen St. Mary" buttò lì con indifferenza.

"E’ vero" confermò dopo quella che ad entrambi sembrò un’eternità.

"Allora, quando dicevi che eri tornato per restare, mentivi?" inquisì lei, furiosa per essersi lasciata prendere in giro per la seconda volta.

"Troppa gente sta già lasciando Avonlea: credimi io vorrei restare, ma qui non ce posto per due dottori" le spiegò lui pacato.

"Tu te ne vuoi andare, proprio come cinque anni fa!" tuonò lei, furiosa per la condiscendenza con cui lui la trattava.

"Io non voglio andarmene!" sbottò lui "Io vorrei rimanere, ma vorrei potermi sposare ed avere dei figli: come li sfamerei?" domandò lui, sperando che lei comprendesse le sue motivazioni.

"Avonlea ti è sempre stata stretta!" inveì lei con gli occhi pieni di lacrime "Non ti è mai importato niente né di lei né di me!" sbottò frustrata, comprendendo che quello che aveva detto Josie era vero.

"E’ una menzogna! Io tengo ad entrambe, ma non posso obbligare il dottor Thompson ad andare in pensione a soli quarant’anni!" sibilò lui.

"Non è necessario che ti giustifichi! Ho capito benissimo!" ribadì lei, scattando in piedi pronta ad andarsene. Non aveva motivo di restare, lui era stato molto chiaro.

"Non è vero! Tu capisci solo quello che vuoi capire!" le rinfacciò lui, mentre lei si voltava furiosa.

"E cosa c’è da capire, eh? Tu te ne andrai di nuovo ed io rimarrò qui a piangere la tua assenza come ho sempre fatto!" sibilò voltandosi timorosa d’aver rivelato troppo.

"Guarda che neppure io ero felice di stare là da solo in una città a me completamente estranea" la informò serio "Non c’è stato giorno che non pensassi a te" replicò lui, stringendo con forza i pugni.

"Non verrò al ballo con te!" tuonò sorda alle sue parole, allontanandosi verso la porta.

"Mi vuoi spiegare cos’ha a che fare il ballo con la mia possibile nomina a Glen St. Mary?" sbottò lui incredulo, afferrandole un braccio e facendola voltare per poi ritrovarsela, tra le braccia.

Impreparata a quella mossa, Anna alzò risoluta la testa pronta a dare nuova battaglia, ma la dolcezza nello sguardo di lui e fece scemare la rabbia che la pervadeva.

"Non voglio andare al ballo con una persona che poco dopo mi lascerà sola!" soffiò, incapace di staccare gli occhi da quelli di Gilbert.

"Vieni con me, allora" suggerì lui pacato, staccandosi dalla ragazza e scrutando negl’occhi grigi di lei.

Poi, senza attendere la risposta di Anna, unì le sue labbra con quelle della giovane, ancora confusa per quell’ultima affermazione.

Buondì… dopo una lunga assenza, di cui mi scuso, ecco qua il nuovo capitolo.

Ringrazio Nisi Corvonero per il beta-reading, spero di non aver fatto più danni che altro e… attendo i commenti, giudizi e critiche.

Ringrazio i lettori ed i recensori: mi scuso con entrambe le categorie per la mia lentezza…

Al prossimo chappy… senza lunghe attese…

Ciao, Kirby.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Un leggero ma insistente bussare alla porta riscosse i due ragazzi dal magico luogo in cui la semplice unione delle loro labbr

Un leggero ma insistente bussare alla porta riscosse i due ragazzi dal magico luogo in cui la semplice unione delle loro labbra li aveva trasportati.

“Devo aprire” mormorò Gilbert staccandosi a malincuore dall’invitante bocca di Anna.

“Che cos…?” sussurrò lei, realizzando in quel mentre il rumore continuava incessantemente.

“Dottore, la prego mi apra! Mio padre sta male!” gridò una vocetta infantile da dietro la porta chiusa.

“I tuoi pazienti ti reclamano…” bisbigliò la ragazza, arrossendo e ricordandosi il bacio che si erano scambiati qualche minuto prima.

“Già… ma il nostro discorso non è ancora terminato” le disse Gilbert sicuro.

“Invece si è già concluso: cinque anni fa per la precisione” replicò lei allontanandosi di qualche passo dal ragazzo ed appoggiandosi alla scrivania “Sono una sciocca: mi ero illusa che durante questi cinque anni tu fossi cambiato ed invece ti ritrovo più determinato che mai a far carriera, ignorando il villaggio che ti ha sempre sostenuto ed appoggiato” sibilò lei, stringendo con disperazione lo spigolo della scrivania.

“Anna, io…” iniziò lui, ma nuovi colpi alla porta lo costrinsero ad aprire la porta.

Il giovane Mike Abbot, un ragazzino di dodici anni con stopposi capelli castani ed occhi color tortora, entrò nella stanza  cercando il dottore.

“La prego! Mio padre sta male!” gridò dopo averlo visto.

“Prendiamo il mio calesse, faremo prima” spiegò il giovane medico prendendo sottobraccio il nuovo venuto “Ti serve un passaggio, Anna?” chiese rivolgendosi alla ragazza che gli dava le spalle.

“No: devo tornare a casa. Marilla potrebbe preoccuparsi” mormorò uscendo rapidamente dall’ambulatorio.

Gilbert la osservò sparire dietro una curva: gli era sembrato d’aver fatto qualche passo in avanti in quei giorni, mentre ora sembrava che tutto fosse tornato al punto di partenza.

“Andiamo Mike: tuo padre ci aspetta” mormorò al ragazzino che annuì con convinzione.

 

Anna si era fermata vicino alla Polla di Driade, sedendosi sul ceppo di un vecchio acero. Aveva i nervi scossi, specie dopo le emozioni che quel bacio aveva fatto nascere nel suo cuore e dopo quell’ultimo scambio di battute con Gil.

“Sta accadendo di nuovo ed io non posso fare nulla per impedire che i fatti si ripetano” sussurrò lei, mentre una solitaria lacrima rigava il viso di porcellana.

I ricordi si affollarono minacciosi nella mente della ragazza: pareva quasi che volessero travolgerla e riportarla a dove tutto era cominciato. Esausta ed incapace di opporvisi, rivisse quello che era accaduto qualche tempo prima.

 

Cinque anni prima.

Mancava appena una settimana al ballo di White Sands e le giornate erano soleggiate e mitigate da una piacevole brezza.

Anna osservava divertita il tiepido venticello che giocava con alcune ciocche dei suoi capelli che immancabilmente sfuggivano alla severa crocchia.

“Buondì Anna: non capirò mai perché ti ostini a tenere i tuoi meravigliosi capelli legati a quel modo” fece una voce, alla ragazza nota, alle sue spalle.

“Perché in classe non avrei un aspetto professionale, signor Blythe” rispose lei con finto rimprovero.

“Ed il buongiorno?” mormorò lui raggiungendola.

“Buongiorno, Gil” disse lei, regalandogli un dolce sorriso.

“Posso portarti i libri?” chiese lui dolcemente.

“Siamo arrivati, Gil. E poi qualche bambino potrebbe vederti” sussurrò lei.

“Considera che in paese tutti sanno di noi” le rammentò lui.

“Ed altrettanti non approvano” sottolineò lei, ricordando la mezza crisi isterica che aveva colto la signora Mary Pye appena aveva appreso che l’orfana del Tetto Verde si vedeva con il maggiore di casa Blythe.

“Io li lascio parlare” disse lui mordendo una mela uscita quasi magicamente dalla sua tasca “e dovresti fare lo stesso anche tu” le consigliò, dopo aver deglutito.

“Sarà perché tutti e soprattutto tutte ti trovano irresistibilmente affascinante” ironizzò Anna, guardando altrove, mentre lui mordeva nuovamente la mela.

“Vorresti dire che tu non mi consideri irresistibilmente affascinante?” le chiese lui prontamente.

“Non stavamo parlando di me” borbottò lei, riflettendo in quel mentre che in ogni discorso che facevano insieme, Gilbert riusciva sempre a coinvolgerla.

“Vergogna Anna: non hai risposto alla mia domanda” rincarò lui, abituato ai rimbrotti della giovane.

“Forse non starei con te se non lo fossi” mormorò la ragazza, arrossendo lievemente.

“E così stai con me solo per il mio aspetto fisico!?” s’indignò lui.

“No, anche perché riesci ad esasperarmi. Sto con te perché sei dolce e sensibile. Ti basta?” chiese Anna sbirciandolo.

“Sì, mi reputo soddisfatto, almeno per il momento” precisò lui, vedendo il rossore aumentare sulle guance di lei.

“Devo andare” bofonchiò lei, mentre lui la tratteneva gentilmente.

“A dopo…” mormorò Gil, allontanandosi verso il campo del signor Barry.

 

Le lezioni erano volate ed Anna si apprestò a correggere i compiti dei suoi allievi. Rammentò con la penna a mezz’aria che aveva potuto avere quel posto grazie a Gilbert, subito dopo la morte di Matthew.

L’anziano proprietario del Tetto Verde si era spento l’anno precedente. Il dolore era ancora molto vivido sia in lei che in Marilla. Avevano dovuto vendere alcuni campi ed Anna aveva rinunciato all’università, almeno per alcuni anni, dato che non se la sentiva di lasciare sola la persona che con Matthew le aveva dato tanto. Era un ben misero sacrificio in confronto a tutto quello che i due anziani fratelli avevano fatto per lei.

E poi lei si era innamorata del piccolo e sonnacchioso villaggio che l’aveva accolta anni addietro e l’aveva aiutata a crescere e maturare, permettendole di diventare quella che era adesso.

Le dispiaceva soltanto non poter dare la sua borsa di studio a nessuno, dato che era nominativa.

Marilla all’inizio non era stata d’accordo ed aveva cercato in tutti i modi di farle cambiare idea, ma Anna era stata irremovibile ed alla fine la donna si era appoggiata a lei, fiduciosa e grata alla buona sorte che aveva fatto incrociare la sua strada con quella ragazza tanto meravigliosa e giudiziosa.

“Ancora sui libri?” esordì una voce, facendo sobbalzare la ragazza dallo spavento.

“Sei silenzioso come un gatto, Gil!” protestò lei, cercando di placare i battiti furiosi del suo cuore.

“Veramente non sono china sui libri, ma su alcuni compiti di matematica” precisò Anna incontrando lo sguardo del ragazzo.

“Hai finito prima?” chiese Anna sbirciando la pendola appesa alla parete.

“Già, ieri avevo piantato quasi tutte le piantine ed oggi ho concluso” la informò lui, sedendosi mollemente su un banco.

“Sembri preoccupato” gli fece notare lei, distogliendo lo sguardo dal compito ed osservando attentamente il giovane.

“Diciamo che da un po’ di tempo sto pensando ad alcune cose e… beh, vorrei parlarne con te” disse d’un fiato, sentendosi addosso gli occhi grigi e curiosi della ragazza.

“Sembra una cosa importante” concordò lei, alzandosi dalla cattedra e prendendo posto accanto a lui.

“Quest’anno non sono potuto andare all’università: i miei genitori avevano speso gran parte dei loro risparmi per mandarmi all’accademia e non potevo pretendere che spendessero altri soldi per la mia istruzione” spiegò Gilbert con aria grave.

Anna lo ascoltava attenta, timorosa di interrompere quel discorso così serio ed importante.

“Ho lavorato sodo, sia quando andavo all’accademia sia quest’anno. Ora ho i soldi necessari per poter frequentare l’università e poter cercarmi con calma qualche lavoretto da fare per mantenermi” concluse lui osservandola con attenzione.

Anna ricambio quello sguardo: aveva sempre saputo che lui voleva fare il medico e niente e nessuno gli avrebbe impedito di realizzare il suo desiderio. Sorrise lieta che i desideri del giovane diventassero realtà tanto in fretta.

“Qualche giorno fa ho mandato la domanda d’iscrizione all’università ed oggi mi è arrivata la risposta: mi hanno accettato” rivelò il ragazzo con una leggera incertezza iniziale.

“Ma è meraviglioso Gil, chissà che faccia faranno gli studenti di Carmody!” disse Anna con trasporto, abbracciando il ragazzo felicissima.

Lei ne era stata sicura: Gilbert aveva tutte le carte in regola per sfondare ed avrebbe lasciato basiti tutti..

“Anna? Non mi sono iscritto a Carmody ma a Toronto” la informò lui, mentre il sorriso della ragazza si spegneva.

 

Già, Gilbert le aveva spiegato solo più tardi che Toronto era considerata la migliore università, sia per quanto riguardava la preparazione che le innovazioni in campo medico.

Ma Toronto era lontanissima mentre Carmody avrebbe permesso loro di vedersi più facilmente.

Con un gesto stizzito, la ragazza gettò un sassolino nel laghetto, facendo increspare le acque tranquille.

Ancora adesso, rammentando quei fatti il suo cuore sanguinava come allora alla prospettiva di lasciarlo andare, ma sapeva che non era giusto tarpare le ali del ragazzo che tanto desiderava poter aiutare chi soffriva diventando medico.

 

 “Toronto… non è vicina” sospirò la ragazza, sbirciandolo confusa.

“Vieni con me” propose lui, prendendo entrambe le mani tra le sue “Ci sposeremo qui, ad Avonlea e dopo partiremo per Toronto:  là c’è un sacco di lavoro!” le assicurò lui.

“Io… io non posso andarmene” balbettò Anna, sgranando gli occhi grigi e sciogliendo le mani da quelle del giovane.

“Anna” sussurrò lui, realizzando in quel mentre che la ragazza non aveva reagito come lui si era aspettato.

Certo, prevedeva che Anna non avrebbe fatto i salti di gioia, ma era convinto che il loro amore avrebbe superato quella difficoltà. Era sicuro che Anna lo amasse, proprio come lui amava lei, e non riusciva a spiegarsi il perché di quel rifiuto tanto netto e deciso.

“Carmody offre molte opportunità e specializzazioni” cercò di blandirlo lei, anche se con scarsa convinzione.

Il suo cuore si era fermato nell’attimo stesso in cui Gil aveva pronunciato la parola Toronto: come poteva volersene andare dopo neppure un anno che erano tornati dall’accademia? E poi, lei non poteva andarsene. Non poteva lasciare tutto e tutti a quel modo.

Scosse la testa, quasi a scacciare la sola idea di una sua eventuale partenza.

Amava Gilbert ed aveva cercato di dimostrarglielo in più di un’occasione, ma il pensiero di abbandonare Avonlea le era quasi insopportabile.

“Ti aspetterò” promise Anna dopo una breve pausa.

“Lo so, ma io ti vorrei con me” sussurrò lui, cercando di riprenderle una mano.

“Non è possibile, lo sai” sussurrò lei con decisione.

“Non puoi pensare di accollarti tutto il peso di questo villaggio sulle tue spalle. Devi pensare anche alla tua vita!” le disse lui caparbio.

“Ci sto già pensando: posso vivere benissimo ad Avonlea. Non tutti sono accecati dalla smania di lasciare questo villaggio!” sbottò Anna, risentita con il giovane che l’accusava ingiustamente.

“Non voglio lasciare Avonlea: ritornerò. Ma purtroppo al momento Avonlea non è in grado di offrirmi la scuola che vorrei!” chiarì lui.

“Non puoi sapere se tornerai: il tirocinio dura un anno e lo decide l’università dove mandarti!” gli rammentò lei.

Gilbert la osservò: aveva gli occhi lucidi, chiaro segno che faticava a trattenere le lacrime.

Il giovane voleva poter cancellare la sofferenza che aveva arrecato alla ragazza ma sapeva che, per farlo avrebbe dovuto rinunciare al suo sogno.

Amava Anna più della sua stessa vita e desiderava diventare dottore con tutto se stesso.

“Partirò la settimana dopo il ballo di White Sands: non voglio chiederti di aspettarmi, non sarebbe giusto. Ma ti prego di riflettere bene. Ci amiamo ed entrambi vogliamo sposarci, cosa cambia farlo in un tempo più breve?” domandò lui.

“Non è il solo fatto di sposarci, Gil. Considera che mi stai chiedendo di abbandonare il mio mondo!” gridò lei, mentre una lacrima sfuggiva dai suoi occhi grigi.

“Mi dispiace Anna, ma non posso tornare indietro rischiando di perdere la possibilità di realizzare il mio desiderio” mormorò lui mesto.

“Non voglio che tu torni indietro: è giusto che tu realizzi il tuo sogno” convenne lei, annuendo con gravità “Ma io non posso seguirti. Mi dispiace” mormorò correndo fuori dall’aula.

 

Era fuggita allora proprio come ora. Sorrise sbirciando alcuni girini giocare nell’acqua stagnante del laghetto. Adesso come allora c’erano gli stessi problemi. Era suo dovere prendersi cura di Marilla e di Rachel: loro contavano su di lei. Gilbert sarebbe presto ripartito ed avrebbe trovato una ragazza con meno problemi di lei ed avrebbe formato la famiglia che meritava e che tanto desiderava.

“Ti auguro tutta la felicità di questo mondo, Gil” sussurrò Anna, correndo verso il Tetto Verde, mentre il suo cuore sanguinava nuovamente.

 

Ciao a tutti! Buon 2007 a tutti quanti…

Mi scuso per l’enorme ritardo con cui poso questo capitolo, ma purtroppo sono rimasta vittima del blocco dello scrittore… (scusate, non mi reputo ancora una scrittrice, ma non so con che altro termine spiegare la mia incapacità di scrivere il capitolo che mi ronzava in testa da un bel po’ di tempo).

Ringrazio tutti i lettori ed i recensori che mi hanno incitata e che nonostante il ritardo hanno continuato ad attendere fiduciosi il seguito di questa fanfiction.

Spero che il capitolo soddisfi le vostre aspettative.

Un ringraziamento particolare va alla mia beta-reader Nisi Corvonero, che legge in anteprima il frutto della mia mente malata e fa divenire un capitolo scialbo quasi un’opera d’arte (dico quasi perché sono bravissima a fraintendere i suoi suggerimenti ^___^’).

Ringrazio ancora tutti i lettori ed attendo i vostri commenti.

Un bacione a tutti e prometto di non farvi aspettare oltre per l’ultimo (eh già) capitolo.

Grazie ancora ed alla prossima!!

Luana aka Kirby

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Diana stava stendendo il bucato in cortile e rifletteva su quanto era accaduto tra i suoi due migliori amici in così poco tempo

Diana stava stendendo il bucato in cortile e rifletteva su quanto era accaduto tra i suoi due migliori amici in così poco tempo. Era riuscita a farli riavvicinare, riportando il loro rapporto a come era prima che i due litigassero; ora, però, Anna e Gilbert avevano vanificato i suoi sforzi come se le due settimane appena trascorse non fossero mai esistite.

“Ciao Diana” la salutò una voce, riscuotendo la ragazza dai suoi pensieri.

“Gil! Non ti ho sentito, scusami” mormorò stendendo l’ultimo lenzuolo e prendendo il cestino ormai vuoto.

“Ho bussato e Minnie May mi ha detto che eri qui” commentò brevemente il giovane.

“Non c’è verso di spiegare a quella bambina come ci si comporta con gli ospiti!” sospirò Diana, scuotendo la testa, avvilita. Lei e sua madre non sapevano più cosa fare con l’ultimogenita di casa Barry che sembrava refrattaria alle buone maniere, specie con i visitatori.

“Non sgridarla” la pregò lui, sorridendole gentilmente “ho dovuto insistere parecchio” la giustificò pronto.

“Un’altra ragazza con il cuore infranto per colpa tua?” domandò la giovane lanciando un’occhiata in tralice.

“Mi dimenticherà in fretta… dicono che Thomas Andrews abbia un debole lei…” gli rivelò lui, mentre Diana lo osservava colpita.

“Non credo che Minnie May ricambi. E comunque non eri sicuramente venuto fin qui per parlarmi dei ragazzi che le girano attorno, vero?” domandò lei, scrutando il viso del dottore.

“Hai ragione, anche questa volta” replicò lui, mentre un sorriso triste compariva sul suo viso.

“Ho sempre ragione, altrimenti non avrei continuato a scriverti per quasi cinque anni lettere per tenerti informato su Anna” ribatté Diana.

“Ed io che pensavo volessi tenermi informato su Avonlea” rispose ironico.

“Anna, Avonlea: che differenza vuoi che faccia!?” inquisì lei.

“Nessuna, credo” mormorò lui ridacchiando divertito.

“Tu ed Anna siete praticamente nati per stare insieme e prima lo capirete, meglio sarà per tutti!” sibilò lei decisa.

“Diana? Pensavo che in cinque anni tu fossi cambiata!” soffiò lui aspro.

“Non usare quel tono con me!” gridò lei, lanciandogli un’occhiata di fuoco “E soprattutto non pensare di tirarti indietro per il ballo di domani!” brontolò minacciosa.

“Anna non ci verrà mai con me!” disse lui mesto “E’ stata fin troppo chiara” le spiegò, evitando d’incrociare il suo sguardo.

“Non ho trascorso gli ultimi tre giorni a cercare di convincerla perché all’ultimo minuto tu cambiassi idea!” gli rivelò lei trionfante.

“E sei riuscita nel tuo intento?” domandò lui, curioso suo malgrado.

“Avevi dei dubbi in proposito?” chiese lei, sorridendogli vittoriosa.

“Fred dev’essere spaventato all’idea di contrariarti” rifletté Gilbert sorridendole.

“Fred non potrebbe desiderare niente di meglio” sbottò lei, irritata dalla sua affermazione.

“La mia opinione non conta nulla in proposito?” domandò una voce, comparendo alle spalle di Diana.

“Solo se è favorevole a me” replicò lei, voltandosi con un radioso sorriso.

“Fred, hai fatto in fretta” l’accolse Gilbert.

“Potevi darmi un passaggio” brontolò il nuovo venuto.

“Dovevo fare un discorso con Diana” rivelò il dottore “da solo” precisò enigmatico.

 “Fortuna che non sono geloso” borbottò il ragazzo.

“Non ne avresti motivo” replicò lei, osservando Gilbert allontanarsi.

“Vedrai che tutto si sistemerà per il meglio” cercò di tranquillizzarla lui.

“Sei troppo sicuro: non è che mi nascondi qualcosa?” domandò lei osservandolo attenta.

“Vedremo se il tempo mi darà ragione” disse sibillino, dandole un buffetto sul naso.

 

Anna osservava, senza, apparentemente vederlo il torrente che scivolava gorgogliante tra le pietre levigate, mentre un unico pensiero affollava la sua mente.

“Devo essere una pazza” soffiò sbirciando un filo d’erba lottare contro la corrente “sapevo che avrei sofferto nuovamente, ma non ho fatto nulla per evitarlo” mormorò triste.

Già, aveva creduto d’esser maturata e di saper far fronte ai sentimenti ed invece, da quando aveva rivisto Gilbert, il suo cuore era tornato a palpitare come cinque anni prima.

“Un altro ballo ed un’altra decisione” sussurrò mesta, fissando una farfalla danzare sul filo dell’acqua.

“Sei preoccupata?” domandò la voce nota di Marilla.

“Non dovresti essere fuori: la caviglia non è ancora completamente guarita!” protestò Anna vivacemente.

“Non ti ci mettere anche tu!” gracchiò la matrona di casa Cuthbert indispettita “Già Rachel mi tratta come un’invalida, pronta a criticarmi appena muovo un dito” soffiò acida, guardando il fiumiciattolo.

“Un po’ d’aria non può farti che bene” concluse Anna, con tono lieve, fissando anche lei il lento scorrere dell’acqua.

“Pensi ancora a lui, vero?” domandò Marilla dopo qualche minuto di assoluto silenzio.

“Vorrei poterti mentire, ma sì, penso ancora a lui” rispose lentamente, quasi stesse soppesando le parole usate.

“Rammenti quando ti dissi che io e John Blythe eravamo innamorati?” le domandò improvvisamente la donna senza guardarla.

Anna la sbirciò incerta: era stato anche grazie alle parole di Marilla se aveva fatto pace con Gilbert anni prima.

“Sì” disse solo la ragazza, incapace di aggiungere altro ed osservandola ora più apertamente.

“Alcuni anni dopo John venne al Tetto Verde” narrò atona Marilla “mi disse che a breve si sarebbe sposato con Ginny Madison. Soffrivo, ma anziché pregarlo di ripensarci, gli feci i miei migliori auguri” concluse sospirando pesantemente.

“Marilla …” sussurrò Anna dispiaciuta, stringendole la mano nodosa appoggiata alla staccionata.

“Sai, la sera stessa me ne pentii, ma il mio orgoglio mi proibì di andargli a chiedere scusa” continuò lei, ignorando l’accorato appello della ragazza al suo fianco, ma non il suo gesto “Partecipai al matrimonio quasi per sfida, sperando che John cambiasse idea all’ultimo minuto e scegliesse me… ma purtroppo non fu così” le confidò roca. La tristezza si percepiva dal tono basso con cui l’anziana donna parlava. Anna osservò i raggi del sole morente rispecchiarsi nel piccolo corso d’acqua.

“Cinque anni fa ti ho vista commettere uno sbaglio, ma non ho voluto intervenire” le spiegò dopo una breve pausa “Temevo di perderti e tu eri l’unica cosa che mi legava in qualche modo a Matthew” ammise, mentre una lacrima scivolava sul suo volto.

“Marilla, ho promesso che sarei rimasta con te e non verrò meno a questa mia promessa” la rincuorò Anna, scacciando la vocina che le faceva notare che Gilbert non avrebbe agito come suo padre.

“Non voglio!” esclamò guardando Anna negli occhi “Già una volta hai rinunciato alla tua felicità per me e non posso permettere che tu ripeta lo stesso errore una seconda volta” terminò decisa.

“Gilbert vuole andare a lavorare a Glen St. Mary” le rivelò dopo una breve pausa “Dista quaranta miglia da Avonlea” precisò dopo una breve esitazione, affinché Marilla comprendesse il significato delle sue parole.

“Non è una distanza insormontabile: Marge Abbot abita a duecento miglia di distanza da qui” replicò pacata l’anziana matrona, facendole un timido sorriso.

“L’ho promesso a Matthew” disse Anna, mettendo fine a quella conversazione.

“Non è vero” la contraddì Marilla “Tu a Matthew hai promesso di essere felice e Gilbert è la tua felicità.”

“Gilbert mi dimenticherà presto. Un’altra ragazza occuperà il mio posto e vivrà una vita felice” s’intestardì la ragazza.

“Forse hai ragione: Gilbert andrà avanti per la sua strada, otterrà il posto come medico a Glen St. Mary e conoscerà una ragazza dolce e simpatica. Si sposerà ed avrà dei figli” concesse Marilla stupendo Anna “ma credimi se ti dico che, nonostante l’affetto che proverà per sua moglie ed i suoi figli, mai ti dimenticherà” concluse, mentre lacrime di dolore scivolavano sulle guance della ragazza.

“Non piangere Anna” la rincuorò a sua volta Marilla “tutto quello che ti ho detto si può ancora cambiare. Puoi essere tu la donna che Gilbert sposerà e puoi essere tu la madre dei suoi figli” concluse felice di vedere la luce di speranza brillare negli occhi della ragazza a cui voleva un mondo di bene.

“Ma non potrò starti accanto!” le ricordò Anna, mentre il brillio scemava improvvisamente.

“Quaranta miglia non sono una distanza insormontabile: c’è un treno che collega Glen St. Mary a White Sands” le disse dolcemente.

“Marilla io …” ammise esitante la ragazza, impaurita da quella felicità così palpabile.

“Non dire nulla: pensaci soltanto” le consigliò Marilla “domani sera leggerò nei tuoi occhi la risposta” le disse comprensiva, mentre Anna le si gettava tra le braccia dando libero sfogo ai singhiozzi che squassavano il corpo.

 

“Anna? Vuoi stare ferma?” la rimproverò Diana, sistemandole il fiocco sui fianchi.

“Scusami” ripeté per l’ennesima volta l’interpellata.

“Ecco fatto!” mormorò Diana facendo qualche passo indietro ed ammirando l’amica.

Il vestito di Anna era piuttosto semplice, ma forse proprio perché privo di fronzoli, catturava l’attenzione. Era di un tenue verde, leggermente scollato e con due esigue, maniche a sbuffo. La gonna, lievemente svasata, fasciava delicatamente il corpo della ragazza, rendendola simile ad una creatura eterea.

Diana sorrise compiaciuta. Josie avrebbe invidiato Anna anche quest’anno e non solo per l’abito, ma anche per il cavaliere che l’avrebbe accompagnata.

“Sei sicura che i capelli stiano bene così?” domandò incerta la ragazza, mentre Diana sbuffava contrariata.

“Sì!” rispose decisa, vedendo l’amica scrutarsi allo specchio. I capelli erano stati attorcigliati in una complicata acconciatura che terminava in una piccola treccia che arrivava a metà schiena.

“Sei davvero bellissima!” affermò Diana con orgoglio, sperando che la serata andasse per il meglio.

“Anche tu: il blu è il tuo colore, ti fa risaltare gli occhi” disse Anna, ammirando la mise dell’amica.

L’abito di Diana era leggermente più svasato rispetto al suo e scendeva in morbide balze, mentre il corpetto, ricco di pieghe, accentuava l’esile fisico ed i capelli erano pettinati in morbidi boccoli che coprivano la schiena.

“Fred dovrà stare attento” disse Anna, fingendosi preoccupata.

“Credo che anche Gilbert avrà il suo bel da fare” ritorse l’amica, notando con palese soddisfazione il rossore che le imporporava le guance.

“Anna! Diana! Sono arrivati Gilbert e Fred!” gracchiò Rachel dalle scale.

“Arriviamo!” risposero all’unisono le due ragazze.

Scesero le scale curiose di sentire il parere che le due matrone ed i due ragazzi avrebbero rivelato loro di lì a poco. 

“Siete magnifiche” approvarono Marilla e Rachel, annuendo con convinzione.

“Assolutamente meravigliosa” disse Fred, sorridendo a Diana e porgendole una peonia rossa che la ragazza si fece appuntare dietro l’orecchio sinistro.

“Sei bellissima” mormorò Gilbert, facendo arrossire Anna, mentre le porgeva una rosa bianca leggermente dischiusa.

“Ma questa…” balbettò lei incredula.

Ricordava perfettamente quando, quasi dieci anni prima, in occasione della recita di natale, Diana le aveva appuntato una rosa tra i capelli. Solo qualche anno più tardi, Gilbert le aveva rivelato d’aver conservato quel fiore come un prezioso ricordo.

“Ho faticato a trovarne una uguale” le rivelò lui, sistemandole il fiore sopra l’orecchio destro.

“Andate e divertitevi” augurò loro Rachel, mentre Marilla si asciugava furtiva una lacrima.

“Buonanotte” risposero all’unisono le due coppie, avviandosi verso il calesse.

“Spero che Anna faccia la scelta giusta” sussurrò Marilla, osservando la prima stella della sera spuntare.

 

“Diana! Anna!” esclamò Jane Andrews vedendo le amiche entrare nella sala principale.

“Jane!” risposero le due ragazze, avvicinandosi all’amica che era scortata da Ralph Peterson.

“Gilbert! E’ un piacere rivederti!” squittì giuliva Josie, facendo la sua comparsa al braccio di Jacob Anderson.

“Josie, Jacob, come state?” domandò Gilbert, salutando calorosamente il ragazzo che aveva conosciuto all’Accademia.

“Molto bene, Gilbert” rispose lui, ricambiando la stretta di mano.

Anna si domandò in quel mentre come potesse un ragazzo tanto gentile e simpatico essere fidanzato con Josie. Rinunciò a volerlo scoprire, dicendosi che molto probabilmente Josie si comportava in modo antipatico solo con lei.

“Sono iniziate le danze!” strillò Ruby, comparsa in quel mentre con Simon Edwards e, dopo un vago cenno della mano, iniziò a ballare sotto gli sguardi attoniti delle amiche.

“Mi concedi questo ballo?” domandò Gilbert, mentre Anna accettava con un lieve sorriso. Josie osservò la scena con occhi di fuoco e Diana sorrise con palese soddisfazione.

“Andiamo a ballare” mormorò Fred conducendo la ragazza sulla pista da ballo “mi spaventi quando hai quel sorriso” le rivelò il giovane qualche attimo più tardi, mentre danzavano.

“Non ho fatto nulla” si difese lei, mostrando un visino oltraggiato dall’affermazione da poco sentita.

“Chissà come mai, stento a crederti” replicò lui sorridendole.

“Uomo di poca fede!” ribatté lei, guardandosi attorno “dove sono Anna e Gilbert?” domandò curiosa, cercandoli nella sala.

“Tu hai fatto del tuo meglio: ora sono loro a dover prendere in mano il loro destino” rispose lui, facendole fare una giravolta.

“Hai ragione” disse lei, dedicandosi completamente a lui.

 

Anna e Gilbert avevano raggiunto la terrazza, dalla quale si poteva ammirare il mare illuminato dalla luna.

“Sembra d’esser tornati indietro di cinque anni” mormorò Anna, rendendosi conto in quel mentre d’aver parlato a voce alta, ed abbassando precipitosamente gli occhi.

“Già e come allora sono qui a porti la stessa domanda” disse lui pacato.

“Gil io…” fece lei, ma lui la bloccò posandole un dito sulle labbra.

“Non voglio costringerti a fare qualcosa che tu non vuoi” iniziò lui “ma voglio che tu sappia che ti amo e che niente e nessuno cambierà mai quello che provo per te. Durante questi cinque anni il tuo pensiero mi ha spinto a dare il massimo, certo che prima o poi le nostre strade si sarebbero nuovamente incontrate. So che ti sto chiedendo molto, ma se mi ami come cinque anni fa, sposami e vieni con me a Glenn St. Mary” le chiese lui, inginocchiandosi davanti a lei ed attendendo la sua risposta con il fiato sospeso.

“Sì” sussurrò lei sbirciandolo.

“So che ti chiedo molto, ma potrai tornare al Tetto Verde quando vorrai! E durante le vacanze potremo trascorrere un breve periodo qui, sono certo che la Marilla e Rachel non ci negheranno una stanza” continuò lui, ignorando la risposta della ragazza.

“Va bene” acconsentì lei, lieta che Gilbert avesse pensato a lei.

“So che stanno costruendo una ferrovia che colleghi White Sands, quaranta miglia non saranno una distanza eccessiva appena terminata. E poi potrebbero venire a trovarci anche loro” rifletté lui, dopo una breve pausa, ad alta voce.

“Gilbert? Ho detto di sì” disse Anna arrossendo “Sì, accetto di sposarti” ripeté sperando che il ragazzo capisse.

“Accetti? Oh, Anna!” gridò lui, abbracciandola con trasporto e facendola girare.

“Piano!” esclamò lei, stringendosi a lui, ebbra di felicità.

“Non ci credo, non riesco a crederci: cosa ti ha fatto cambiare idea?!” domandò lui, ancora incredulo di fronte alla risposta di lei.

“Ieri ho parlato con Marilla e mi ha detto un sacco di cose. Forse il mio cuore aveva già accettato l’idea di sposarti, ma la mia ragione faticava a credere di poter essere alla fine felice anch’io” spiegò lei a bassa voce, osservando le persone all’interno della sala danzare “Ieri notte ho sognato Matthew” rivelò lei sbirciandolo. Gilbert era serio e la osservava con occhi colmi d’amore “Mi ha detto di vivere la vita, di cercare la felicità e di non rimanere ancorata al passato” rivelò lei, con gli occhi colmi di lacrime.

“Dovrò ringraziarlo” mormorò Gilbert.

“Ti amo, Gilbert. E perdonami se sono stata così sciocca da rischiare di perderti” disse lei.

“Ti amo, Anna. Non devi scusarti; tutto questo ci è servito per far maturare il nostro rapporto” le fece notare lui “Ora siamo entrambi sicuri di quel che proviamo l’uno per l’altra e niente e nessuno potrà mai separarci” promise lui, abbracciandola.

Nel cielo una stella sembrò brillare ancor di più, quasi in segno d’approvazione verso quell’amore che, nonostante le avversità e la lontananza, aveva mantenuto la sua lucentezza e la sua purezza.

 

FINE

 

Ecco qua la fine di questa fanfiction.

Vi confesso che è stato un capitolo molto sofferto, anche perché per certi versi ha toccato un problema personale.

Ringrazio Nisi Corvonero per il beta (spero di non aver fatto danni ^___^’).

Ringrazio inoltre tutti coloro che hanno letto e coloro che hanno commentato (in ordine alfabetico):

Altair76

Cate

DidiBlack

Evan88

Jenny76

Kiru

Lu

Lucylu

Nisi Corvonero (la grande Beta)

Ran91

Usagi-chan

Valentina78

Grazie a tutti per avermi sostenuto in questa fiction e soprattutto per aver atteso i miei tempi non sempre veloci e puntuali.

Tornerò presto con un'altra fanfiction, ma pur avendo in mente quasi tutto non ho ancora avuto il tempo di scriverla su pc.

Alla prossima ed un bacione a tutte/tutti.

Con affetto, Luana aka Kirby

 

 

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