I'm drowning in the floor.

di Cherry pie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Always. ***
Capitolo 2: *** Thank you, darling. ***
Capitolo 3: *** I still love you. ***
Capitolo 4: *** I promise. ***
Capitolo 5: *** Why i hate you? ***
Capitolo 6: *** Do you really love me? ***
Capitolo 7: *** Do you promise? ***
Capitolo 8: *** I don't want to be afraid of you. ***
Capitolo 9: *** Back to school. ***
Capitolo 10: *** Toast for change. ***
Capitolo 11: *** Rock&Shop. ***



Capitolo 1
*** Always. ***


Era lei, ragazza dai lunghi e ridicoli calzini colorati.
Era lei, bambina con il morbido turbante che dolcemente raccoglieva i suoi bagnati capelli.
Era lei, donna dal seno coperto da un’imbarazzante accappatoio arancione. Soffice accappatoio su cui lei si strusciava dolcemente alla ricerca di sogni , sogni perduti e dimenticati della sua infanzia. Infanzia e adolescenza.
Era lei, giovane fanciulla che tristemente mangiava gelato, anche se per essere triste aveva ben pochi motivi.
Era lei, la donna dei sogni di lui.
Ed era lui, l’uomo che lei aveva bramato per anni.
Era ancora lei, fidanzata di Axl Rose.



~



La sua mano si appoggiò sullo stipite liscio della porta. Chiuse gli occhi e accarezzò le venature del legno pregiato. Tutto, in quella casa, era pregiato.
Lo guardò a lungo, nel silenzio del salotto interrotto dal gracchiare insensato di uno stupido documentario sull’attività sessuale degli animali.
Sorrise e scosse la testa guardando il pavimento. Era così adorabilmente strano.


-Col, hai fatto la doccia?
Chiese lui sbadigliando annoiato.
Chinò la testa verso destra e con la mano si spostò due ciocche rosse bagnate che caddero davanti ai suoi occhi.
Annuì e, con passo felpato, strisciò verso il ragazzo dal petto nudo che la accolse tra le braccia.
Dei brividi percorsero la sua umida schiena non appena avvertì la calda pelle delle gambe di lui contrastare il freddo delle sue cosce.
Le sue labbra si posarono su quelle del rosso, il quale srotolò il fastidioso turbante che aveva in testa, lasciando che i bagnati capelli di lei frustassero pesantemente le sue morbide guance.
Le loro labbra si allontanarono le une dalle altre, ma gli occhi di lui accarezzarono sinuosamente le grandi gocce color ghiaccio di lei.

-Te l’ho già detto che sei mia?
Le chiese accarezzandole la schiena sotto l’accappatoio.
Inarcò la spina dorsale e, con un sorriso stampato sul viso, rispose: -Me lo hai già detto.
-Beh, te lo ridico. Sei mia.
Una folta chioma bionda fece capolino nella stanza fissando in modo perplesso la televisione.

-Nuova abitudine? Documentari sul sesso al posto dei porno?
Col scoppiò a ridere affondando il viso tra la spalla e il collo di Axl, imbarazzata.

-Stai zitto coglione!
Lo rimproverò altrettanto imbarazzato. Le sue guance si colorarono di porpora, mentre quelle di Colette no. Come al solito.
Sei la mia donna dal cuore di ghiaccio le ripeteva il suo ragazzo e io ti amo aggiungeva.

-Beh ragazzi, quando avete smesso di coccolarvi come quei due ricci alla tele, di là stiamo iniziando le prove. Possiamo contare su di te, signor cantante?
-Ho il tempo di vestirmi?
-Sei tu il capo.
-Bene, sparisci cazzone. Arriviamo.
Detto questo, la porta si richiuse e i due si trovarono nuovamente soli. Colette si alzò dalle gambe del ragazzo e, barcollando, raggiunse la loro camera da letto.

-Will, hai visto il mio reggiseno nero?
Urlò la ragazza sbucando con la testa dalla camera.

-Penso che sia sotto il mio cuscino
Rispose lui piegandosi a metà dalle risate. La ragazza sbuffò e tornò in camera mentre Axl girovagava per la cucina in cerca della sua canottiera.

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Capitolo 2
*** Thank you, darling. ***


-Sfigati.
-Puttaniere.
Colette sollevò lo sguardo e fissò i quattro ragazzi spaparanzati sulle poltroncine della sala prove.

-Slash!
Sbraitò Axl lanciandogli un’occhiata di odio.

-Non dirmi che non te la fai con una bella puttana come lei.
Scherzò in modo cattivo lui accarezzando il nudo braccio a Col.
Steven tirò una sberla a Slash facendolo girare.

-Stai zitto, testa di cazzo.
Lo rimproverò quest’ultimo mentre Axl prese sotto braccio la sua ragazza e con un gesto galante, la fece sedere sulle sue gambe proprio difronte a tutti gli altri.

-Dunque, iniziamo queste prove?
Chiese scocciato Izzy che sedeva in un angolo della stanza e li osservava in silenzio. Guardava storto Colette, e lei lo percepiva persino senza incrociare gli occhi con lui. Axl annuì e la fece alzare, accarezzandole le labbra con le sue. Colette chiuse gli occhi, ma lui era già lontano, dietro al microfono. Si stava trasformando.
La metamorfosi più spettacolare a cui lei avesse mai potuto assistere. Lei amava il modo in cui William mutava in Axl nel momento preciso in cui afferrava il microfono.
Paradise city inondò le orecchie della ragazza. Incrociò le gambe mentre gocce di sudore inumidivano la pelle di Axl. Amava quando lo sforzo e la passione mescolati creavano quella magnifica fatica che poi si trasformava in sudore sulla pelle del suo ragazzo.
Lui le fece l’occhiolino, facendola sorridere soddisfatta. Non aveva occhi per nessuno, solo per lui.
Anche lui non faceva altro che guardarla, come se stesse cantando a lei, parlando a lei, ma non era il solo. Anche Slash la guardava, la guardava come sempre.
Ormai lei era abituata ad avere non solo due ma addirittura quattro se non sei occhi addosso, specialmente alle prove della band.
Due di Axl, due di Slash e due di Izzy. Già, Izzy. Lui la odiava, per chissà che ragione.
Lei non provava nessun tipo di rancore per quel ragazzo, anzi, le stava simpatico, ma lui non ricambiava. La odiava, e lo si capiva dal suo sguardo. Lo sguardo è lo specchio dell’anima era la frase che il suo professore di psicologia continuava a ripetere, nonostante questo non centrasse con la lezione di ripasso su Freud e l’interpretazione dei sogni.

-Grandi ragazzi!
L’allegra voce di Steven che provenne da dietro la batteria la riportò alla realtà.

-Davvero! Siete stati magnifici. Birra?
Aggiunse Will ansimando. I ragazzi annuirono e guardarono tutti contemporaneamente Col.

-Si, si. Vado io.
Disse con la voce sottile mentre Axl saltava giù dal palchetto per darle un altro bacio.
Sorrise.

-Dovresti smetterla di comprarla con i baci.
Ironizzò Duff mentre faceva scrocchiare le nocche. La stanza si arricchì con le risate gravi dei cinque ragazzi. Col era già giunta in cucina, armeggiando con la scatola delle birre e cercando un modo per prenderle tutte e cinque contemporaneamente.

-Hai bisogno di una mano?
Girò la testa terrorizzata e lasciando cadere le bottiglie sul tavolo. Sorrise, era solo Steven.
Sorrise a sua volta e con un salto, prese al volo una birra che stava cadendo in terra.

-Eh che riflessi.
Si vantò prendendo, per il collo delle bottiglie di vetro, tre birre.
Col rise e prese le ultime due.

-Ehi, perdona Slash per prima. Sai come è fatto, se non fa battute squallide non è contento.
-Tranquillo, non fa niente. Non è la prima volta che lo fa e poi non mi offende.
Steven si girò e guardò Colette sollevando un sopracciglio.
Col distaccò lo sguardo e sorridendo nervosamente aggiunse: -Giuro, non mi da fastidio!
Il ragazzo sorrise scrollando le spalle.

-Senti? Stanno sfondando la sala prove. Meglio portare le birre. Sono come bambini, non appena gli dai il biberon diventano angeli.
Colette scoppiò a ridere cercando di non lasciare la presa. Aveva sempre adorato Steven, prendeva sempre le sue difese. Era un vero amico.

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Capitolo 3
*** I still love you. ***


Affondò il viso tra le mani e sospirò mentre parole su parole navigavano nella sua mente, perdendo lentamente di significato.
Era impossibile studiare con addosso la preoccupazione per il proprio ragazzo.
Erano le tre di mattina, le aveva detto che sarebbe tornato presto perché non aveva voglia di festeggiare.
Voglio passare del tempo con te le aveva promesso, ma era ormai mattina e lui non c’era ancora.
Portò le ginocchia al petto e, accucciandosi al centro del grande letto matrimoniale, cominciò a contare le pagine da studiare.
Le emozioni, i sentimenti, le fobie. Erano questi gli argomenti che doveva ripassare prima della fine delle vacanze.
Socchiuse gli occhi e accese la piccola lampada da scrivania, fermandosi i capelli con una matita.
Secondo gli etologi l’espressione delle emozioni..

-Duff sei un gay!
Eccoli. La voce di Slash riempì forte le pareti del corridoio, accendendo un barlume di speranza nel cuore di Col.
Sollevò lo sguardo e, ansiosa, fissò la porta in attesa che si apra.
Un movimento veloce e una nera e cespugliosa chioma. Slash. Si, Slash, completamente ubriaco.

-Ciaaao bella. Cosa ci fai tutta sola? Il tuo bambino ti ha lasciata sola?
Disse ridendo e raggiungendo il letto a tentoni. Erano soli, lei e lui.
Con incertezza chiuse il libro e in silenzio indietreggiò finché la sua schiena non toccò il muro.
La mano del ragazzo sfiorò il suo piede provocandole brividi non poi tanto spiacevoli.

-Slash, vaporizza. Sparisci dalla mia stanza, cazzone.
La sua voce attirò l’attenzione di Colette. I suoi occhi si inumidirono quando il rosso varcò la soglia della porta e con una spinta, fece uscire l’amico.
La porta si chiuse alle spalle di Slash che, ridendo, raggiunse Duff e Izzy nella stanza accanto.
Col scosse la testa e osservò Axl. I suoi lunghi capelli rossi coprivano le spalle, ma lasciando spazio al suo nudo petto attraversato solo da due nere bretelle.
Socchiuse gli occhi e si morse il labbro. Axl impazziva quando lo provocava, anche involontariamente.
Con un balzo saltò sul letto e raggiunse a gattoni Colette che, nell’eccitazione, si era sdraiata aggrappandosi ai morbidi cuscini.
Axl si mise su di lei e con leggerezza le baciò il collo, accarezzandole con le fredde mani la vita scoperta.

-Non ho bevuto. Non ho bevuto perché te l’avevo promesso.
Disse quasi come per ricevere complimenti lui mentre, ansimando, si mise in ginocchio accarezzandole i fianchi e scendendo lentamente, afferrando il lembo dei suoi pantaloncini blu notte.
Aveva bisogno di lei, doveva possederla ancora una volta. Era passato tanto tempo dall’ultima volta, tra lo studio di lei e le prove di lui, non erano mai riusciti a trovare quel piccolo spazio per loro.
Con sollevò il bacino e Axl le sfilò i pantaloncini con un colpo secco, lanciandoli alle sue spalle. Ora rimanevano solo quei sottili slip.
C’era ancora tanto tempo, così si sdraiò su di lei facendo aderire il suo corpo con quello della ragazza e la baciò con passione, con foga. Le loro lingue si toccarono appena, ma bastò quel contatto per farli innamorare più di prima, più di sempre.
Le dita di lui accarezzarono sinuose i seni di lei coperti da un sottile top bianco. Passò dolcemente l’indice su i capezzoli di lei, causandole una sottile risata, che cercò invano di trattenere.
Il naso di lui sfiorò il collo di lei, mentre il top lentamente stava scivolando via dal suo busto proprio davanti ai suoi occhi.
Con un sorriso complice, incrociò le dita con quelle di lui e circondò il suo bacino con le gambe.
Il duro sesso di Axl premeva su di lei, provocandole un forte blocco nel basso ventre.
Chiuse gli occhi e rovesciò indietro la testa mente la lingua di lui cercava nuovamente la sua bocca, il suo sapore.

-Tutti a nanna che è tardi bambini!
La voce di Steven risultava più squillante del solito.
Axl non ci fece caso, e continuò a creare piccoli cerchi di saliva sul ventre di Colette.
La porta si spalancò e i quattro ragazzi entrarono trotterellando nella stanza.
William, preso alla sprovvista, si lasciò cadere a peso morto su Col, per coprirla.

-Ma siete cretini?!
Sbraitò quest’ultimo prendendo il lenzuolo e coprendo il petto di Col, la quale assisteva in silenzio.

-Montone!
Urlò Duff, completamente ubriaco.
I quattro presero la rincorsa e con un tuffo ad angelo, caddero contemporaneamente su Axl, schiacciandolo al letto.
Il ragazzo urlò qualcosa di incomprensibile, ma sicuramente cattivo nei confronti degli amici.
Colette non poteva far altro che coprirsi la bocca e ridere in silenzio. Non amava attirare l’attenzione, anche se era un po’ impossibile non farlo, visto che era lì seminuda.
Il primo a notarlo fra gli ubriachi fu appunto lui, Slash.

-Ma prima non eri vestita, bella bambina?
Chiese sbadigliando e indicando il bianco lenzuolo che la copriva.

-E’ vero! Prima era vestita! Eh Axl, porcellone. Ti piacerebbe montarla, lo sappiamo tutti.
Sbraitò tra una risata e l’altra Duff, dimenando le mani in aria.

-Me ne lasci un po’?
Commentò Slash sorridendo come un ebete.

-No, la lascia a me.
Ribeccò Duff.

-Smettetela, prima ho il diritto io!
Si aggiunse Steven, forse più brillo di chiunque altro.
Slash imbronciò il viso e con una spinta, fece cadere il gracile Duff dal letto.
Steven lo raggiunse rotolando e Slash si lanciò di peso sui due, provocando ira e scazzottate a tutto spiano.
Erano rimasti solo Col, Axl e Izzy. Già, Izzy guardava Col con odio. Un odio che veniva dal profondo della sua anima.

-Billie, sei il mio migliore amico, lo saai?
Disse cercando di rimanere serio. Axl odiava essere chiamato Billie, ma visto le condizioni dell’amico, rimase in silenzio.
Le braccia di Izzy circondarono il collo di Rose prendendolo alla sprovvista.
Caddero entrambi sul materasso, Jeff ridendo, Axl urlando come un dannato e pregando di lasciarlo.
La folta chioma di Steven fece la sua apparizione ai piedi del letto.
Si aggrappò con le unghie al lenzuolo e affannando cercò di riprendere fiato quand’ecco che Slash, prendendolo dalle caviglie, lo trascinò nuovamente sul pavimento, portando con se il lenzuolo.
Col emise un urlo strozzato mentre, disperatamente, cercava qualcosa per coprirsi. Fu invasa da un attacco di ridarella, forse perché coinvolta in qualche strano modo in quella frizzante ed allegra aria dall’odore di birra.
Afferrò il cuscino e con un sospiro se lo portò davanti al petto.
Girò lo sguardo e rimase immobile. Tutti i ragazzi si erano bloccati e la stavano fissando. Come minimo avevano visto tutto.
Affondò il viso nel cuscino e la matita che aveva nei capelli cadde, facendo sciogliere questi ultimi che sinuosi, caddero morbidi sulle sue spalle.
Sembrava Eva. Il che la rendeva decisamente sexy agli occhi di tutti, specialmente a quelli di Axl e Slash che silenziosamente avevano serrato le labbra e si erano afferrati il cavallo dei pantaloni.
Finalmente Axl si riprese e, sbattendo le palpebre, spinse anche Izzy giù dal letto.

-A dormire. Voi in terra, noi sul letto cari idioti.
Con una spinta Will si fiondò su Col, facendola sdraiare sotto di lui.
Sfiorò il piccolo naso all’insù di lei con il suo e con un delicato bacio a stampo le disse: -Buonanotte piccolo fiore mio. Ti prometto che domani saremo solo io e te. Ti prometto che domani ci sarà spazio per..
Fece una piccola pausa e guardò in basso, facendole notare l’erezione che spingeva sui leggins di pelle.

-Ti amo.

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Capitolo 4
*** I promise. ***


Socchiuse leggermente gli occhi mentre una calda mano accarezzava sinuosa la sua natica.
Era un tocco leggero, superficiale. Freddi brividi lentamente avvolsero la sua mente, svegliandola.
Due grandi occhi verdi la stavano osservando da vicino.
Morbide e rosee labbra si posarono pesantemente sulle sue, mozzandole il respiro.

-Buongiorno miele.
Sussurrò Rose.

-Buongiorno.
Rispose alzando in alto le mani e stirandosi la schiena. Non aveva mai ricevuto un risveglio tanto bello.

-Hai dormito bene?
Chiese accarezzandole il ventre e disegnando piccole sagome sulla sua pallida pancia. Pallida e inesistente pancia.
Sospirò; era troppo magra per i suoi gusti, ma non poteva farci niente.
Con un sorriso appena accennato, Axl le sfiorò il collo inebriandosi i polmoni di quel profumo alla vaniglia che emanava la sua pelle.

-Ho dormito benissimo.
Lo guardò con malinconia. Non voleva che tutto questo finisse.

-Devi proprio andare alle prove oggi? Ti prego, stai con me.
Axl rise sottovoce. Avrebbe voluto con tutto se stesso rimanere accanto alla sua donna, ma la band era importante. La band era il suo lavoro, la sua carriera, i suoi amici, la sua anima.
Sfiorò il naso di Col con le labbra e socchiuse gli occhi, lasciando che la sua mente cadesse in quella trappola di dolcezza che solo lei era in grado di innescare.

-Axl muoviti. Non possiamo stare qui tutta mattina ad aspettare te perché devi scambiare effusioni..
Izzy sbucò dalla porta della camera. Aveva un sacchetto di ghiaccio sulla testa; forse per la sera prima.

-.. con lei.
Aggiunse dissolvendosi seccato nel corridoio.

-Mi piacerebbe sapere cosa prende a quel cretino. E’ da quando sei arrivata tu che si comporta così.
Disse Will non distaccando lo sguardo dove prima c’era l’esile figura del suo migliore amico.
Colette fece spallucce e si alzò dal letto sospirando per lo sforzo.
Con stanchezza si diresse verso il bagno prendendo distrattamente un top corto fino alla vita e a maniche corte.

-Dai piccola, non fare l’offesa!
La voce di Axl si spense non appena Colette sbatté la porta del bagno alle sue spalle.
Non era giusto così. Lei lo amava. Lui amava lei. Perché dovevano esserci tante complicazioni?
Infondo voleva solo passare del tempo con il proprio ragazzo, fare cose che fanno gli innamorati. Non passeggiate o cose varie, troppo sdolcinate per William, ma almeno una notte insieme, che sia in un locale, in casa. No, non potevano nemmeno quello.
William bussò pesantemente.

-Coraggio piccola.
I battiti si fecero più forti. Si, stava sbattendo la testa contro la porta.

-Ti prometto che stasera sarà una serata magica. Solo io e te, davanti ad una birra, no vino, no Champagne. Dai miele, questa sera ti porto a cena ok? La notte più bella della nostra vita. Ci stai?
Colette infilò velocemente la maglietta e spalancò la porta.
William era li, a braccia aperte ad un sorriso a trentadue denti.
Con un salto, si lanciò su di lui circondando il suo bacino con le gambe.

-Si, si e ancora si. Ci sto. Ti amo.
Era una delle rare volte in cui la ragazza ammetteva di amarlo. Erano una cosa speciale per lei quelle due parole messe insieme, avevano un significato che andava oltre il magnifico, e non andava sprecato, ma davvero, quella era una di quelle pochissime volte in cui il suo cuore non conteneva più l’amore che provava per quel ragazzo. Non lo conteneva più il cuore, non lo conteneva più l’anima, e quello che rimaneva da fare era rigettarlo, rigettarlo tutto su quella persona che la faceva sentire in estasi anche solo con un bacio.
Le grandi mani di lui afferrarono il suo viso e, facendo una leggerissima pressione sulle sue guance, le fece socchiudere le labbra. Giocò in modo scherzoso con la lingua di Colette che divertita scappava, poi si invertivano i ruoli. Una specie di gioco come lupo, come ce l’hai, dove però non c’era vincitore. Vincevano entrambi.

-Aoh belli, gli altri hanno già iniziato! Mi sa che ti beccherai tante botte Axl!
Urlò Steven dal fondo del corridoio.

-Digli di andarsene a fanculo! Io ho una donna da amare qui!

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Capitolo 5
*** Why i hate you? ***


Come un sospiro, anche l’ultima nota rimbombò nella fredda stanza dove i cinque ragazzi sudati avevano passato tutta la giornata.

-Bene, abbiamo provato tutto il giorno?
Chiese Axl alzando lo sguardo verso l’orologio appeso sopra la porta. Le sette e trenta; giusto in tempo.
Gli altri annuirono, ognuno spostandosi dalla propria postazione per sgranchire le gambe.

-Birrettina?
Chiese Duff saltando giù dal palco.
Un urlo di approvazione si levò nel cielo, ma Axl alzò le mani in alto e scosse la testa.

-Mi tiro fuori cari, io ho una cena stasera e devo portarla a termine.
Steven e Duff si guardarono e sorrisero complici. Con un balzo raggiunsero Axl, uno gli afferrò il collo e cominciò a sfregare le nocche sulla sua testa mentre l’altro gli dava amichevoli pugni sulla spalla.

-Così stasera ci abbandoni per divertirti con la tua donna!
Disse ridendo Duff e stringendo i denti. Axl si allontanò ridendo e con un sospirò si sedette sul gradino del palco.

-Ma dimmi, come se la cava la mia anima gemella?
Scherzò tra una risata e l’altra Steven. Con fare bambinesco si sedette a gambe incrociate davanti a lui, come se stesse aspettando una favola.
Axl fece scrocchiare il collo e con un sorriso soddisfatto appoggiò i gomiti sulle ginocchia.
Aprì le mani e socchiuse le labbra prendendo il respiro e creando suspense. Steven e Duff si chinarono in avanti pronti ad ascoltare.

-Cazzi miei. Ciao!
In tutta fretta si alzò e si diresse verso la porta.

-Queste prove sono state una merda.
Le dita di Axl si aggrapparono allo stipite. Lentamente indietreggiò e guardò con aria confusa nella stanza.
Eccoli là, Izzy e Slash, seduti sulle poltroncine a fumare e bere birra, l’uno con le gambe sopra l’altro.

-Cosa Jeff?
-Queste prove..
Ripeté lui alzandosi e dirigendosi verso Axl con il cappello sugli occhi.

-Hai fatto proprio schifo oggi. Sei stato peggio di quando sei ubriaco, mi hai deluso.
Sul viso di Slash si stampò un ghigno cattivo; stavano architettando qualcosa.

-Izzy, che cazzo ti sta succedendo? Non sei mai stato così cattivo.
-Che c’è, ti da fastidio?!
Ribeccò freddo e dando una spinta ad Axl.
William alzò lo sguardò e scattò verso l’amico. Già, forse non più tanto amico come pensava di essere.
Le sue mani afferrarono le spalle coperte dal giubbino di pelle di Izzy e con forza lo spinse finché una parete non lo bloccò. Steven e Duff si fiondarono sui due cercando di dividerli.

-Oh coglioni, cosa state facendo?! Che vi succede?!
Sbraitarono cercando di strappare la presa del furioso Axl.
Con un grugnito cattivo Axl diede una gomitata a Duff e con cattiveria portò i pollici al collo di Stradlin, ma non premette.
Izzy lo guardò silenziosamente. L’atmosfera si era apparentemente calmata e i due non facevano altro che guardarsi negli occhi trasmettendosi odio reciproco.

-Se non fosse per quella troia..
Sussurrò Izzy senza staccare lo sguardo da Axl.

-Jeffrey, sei un figlio di puttana.
Lo sovrastò fingendo di non averlo sentito. Mollò la presa spingendolo nuovamente contro il muro e si asciugò il mento perlato di sudore.

-Un emerito figlio di puttana, e ora noi staremo qui finché la tua abnorme testa di cazzo non capirà che qui comando io e che le prove vanno male solo quando lo dico io.
Aggiunse afferrando il suo viso e premendo le guance.
Non aveva mai odiato tanto un essere umano. Non aveva mai odiato Jeff.
Con un urlo liberatorio girò le spalle ad Izzy e indicò la batteria.

-Là coglione. Subito.
Steven annuì e raggiunse lo sgabello dietro la batteria; era meglio non ribattere quando Axl era furioso.
Lo stesso fece con Duff che, massaggiandosi la mascella dolorante a causa della sua gomitata, raggiunse la postazione alla destra del microfono.
Slash si alzò dal divanetto portando le mani al cielo.

-Me ne vado, non suono con idioti come voi.
Si, se ne stava andando, ma li dentro tutti sapevano che sarebbe tornato, come sempre.
Con passo goffo si diresse verso l’uscita ridendo silenziosamente. Il loro piano stava riuscendo.

-Coraggio stronzo, fammi sentire la tua melodica voce.
Lo provocò nuovamente Jeff.
Axl fece per scendere dal palco quando Duff lo fermò da un braccio e scosse la testa.
William tornò dietro il microfono mentre le sue narici si dilatavano tanto era la rabbia che scorreva nelle sue vene.

-One, two, three, four.
Le ore passarono, passarono interminabili, ma passarono eccome.
Gli occhi di Axl non avevano più nemmeno sfiorato l’orologio ormai da tempo, ma quelli di Jeff si, e ogni volta che leggeva l’ora rideva. Rideva di gusto.

-Non sopporto più questa pressione. Siete degli idioti, tutti quanti. Me ne vado anche io.
C’era bisogno di un diversivo.
Con uno sbuffo seccato si diresse fuori dalla stanza con passo duro e svelto. Quando ormai era sul fondo del corridoio sentì la voce di Axl amplificata nel microfono urlargli contro parole cattive, parole d’odio, ma per riavere l’Axl di sempre questo ed altro.
Con forza spalancò la quinta porta sulla destra. Ecco Slash ed ecco lei, così bella, perfetta. Così fottutamente pura.

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Capitolo 6
*** Do you really love me? ***


Le due candele posizionate al centro della tavola si spensero.
Ormai tutta la cera color panna era colata tristemente sul tavolo, lasciando lisci aloni sulla tovaglia.
Colette osservò anche l’ultima goccia cadere, poi un sottile filo di fumo si sollevò fino ad arrivare all’alto soffitto.
L’atmosfera era così magica: una grandissima stanza dalle pareti e il pavimento nero, un piccolo tavolo rotondo al centro della stanza imbandito per una cena, una cena per due.
Un dolce profumo di rose aleggiava nella stanza.
Gli occhi di Colette erano vuoti, spenti. Quella stanza era perfetta se non fosse stato che a riempirla non era il carattere dolce e solare del suo ragazzo, bensì Slash e Izzy che, stravaccati in modo scomposto e indecoroso sulla sedia dove avrebbe dovuto esserci Axl, fumavano.
O almeno, Slash fumava e sogghignava tra se e se, mentre Izzy era appoggiato alla porta e sorrideva in modo cattivo.

- Allora Co.. Colette giusto?
La ragazza abbassò lo sguardo e cominciò ad arrotolare nervosamente il lembo della tovaglia attorno al dito.

- Come mai sei qui in questa stanza addobbata per due, da sola?
- Doveva esserci Axl.
Rispose in modo secco cercando di trattenere le lacrime. Non sopportava più la soggezione e la pressione che le metteva addosso Jeff.
Aveva paura. Una fottuta paura.
Le grandi mani di Jeff si posarono sulle sue spalle e con forza fece aderire la schiena di lei contro lo schienale.

- E perché Axl non c’è?
Le chiese sottovoce, facendola piangere.
Colette si coprì il viso con le mani e la sua schiena prese a rimbalzare sotto le mani del ragazzo. Singhiozzava, singhiozzava contro la sua volontà, mente Slash la osservava con occhi assetati.

- Te lo dico io il perché Axl non è qui, o vuoi dirglielo tu, Slash?
Izzy alzò la testa e guardò l’amico che tolse prontamente i piedi dal tavolo.
Si appoggiò sui gomiti e si spostò i capelli dagli occhi. Voleva guardarla in faccia, mentre le mentiva.

- Verso le sette e mezzo abbiamo finito le prove, rammenti Izzy?
Iniziò facendo un cenno all’amico.

- E la prima cosa che ha fatto è stata quella di lamentarsi che le prove erano andate male. Quell’uomo è strano, questa è stata una delle poche volte in cui ci siamo impegnati più che mai. Va beh, non faceva altro che lagnarsi: ‘Abbiamo fatto schifo’, ‘Non ho voglia di andare da quella là’. Incredibile. Non voleva venire da te, piccola.
Le disse afferrandole le mani e guardandola con una punta di falsa pietà.
Gli occhi di Colette si inumidirono di nuovo, ma questa volta ebbe la forza di rispondere a tono.

- Siete due teste di cazzo, lo so, lo so che Axl non farebbe mai una cosa del genere. Quando mi dice di amarmi lo dice con sincerità. Io lo so e io lo vedo.
Allontanò le mani da quelle di Slash e con una spinta fece allontanare Izzy.
Si diresse furiosa verso la porta. Afferrò la maniglia.

- Forse hai ragione tu, ma io Axl lo conosco da più tempo. E’ il mio migliore amico, e mi pare strano che uno come lui..
Fece una lunga pausa, Izzy.
Colette si girò e cercò con lo sguardo il viso del ragazzo. Quest’ultimo gli indicò la sedia dove prima era seduta e con un cenno la fece avvicinare di nuovo.
Con passo incerto tornò al tavolo, ma non si sedette, bensì si mise al livello del viso di Izzy. Sentiva il suo respiro sul viso.

- Stia con una come te. Insomma, guardatevi. Lui è tutto meno che un santo, tu sei la madonna scesa in terra. Mi sorprende che tu non sia vergine.
Commentò lui in modo sarcastico accarezzandole il viso e provocando le forti risate di Slash alle loro spalle.

- Coraggio piccolo fiore, apri gli occhi. Ultimamente non vi cagate nemmeno più. Lui è sempre con noi, tu sempre su quegli inutili libri o su quella macchina da scrivere. Lui non ti vuole più, sei troppo perfettina. Ci sarebbe un modo per farlo tornare, ma per farlo hai bisogno di noi.
Le sussurrò avvicinando le labbra al suo orecchio.
Colette indietreggiò di un passo e alzò le mani in segno di difesa. Aiuto per cosa?

- Ma se non lo vuoi e preferisci che Axl ti lasci da un momento all’altro, fallo pure. Qui quella che ci perde sei tu, perché Axl degli amici su cui contare li ha, tu..
Con un sorriso soddisfatto Izzy si sedette e prese un sorso di Champagne dal bicchiere di Colette.
Slash accese un’altra sigaretta e fece sbadatamente cadere in terra un piatto.

- Dov’è ora?
Chiese incerta anche se una risposta l’aveva già in mente.

- Aveva detto di voler andare in uno strip a bere un po’ e magari montare qualche spogliarellista. Vuoi startene con le mani in mano?
Colette cominciò a tremare.

- Uscite da questa stanza.
Senza obbiettare i due si alzarono dalle sedie, facendole cadere. Risero e uscirono dalla stanza abbracciati.

- Se hai bisogno..
Con un urlo di disprezzo Colette lanciò la bottiglia di Champagne contro la porta, chiudendola alle spalle dei due.
Rimase qualche secondo li, in compagnia solo del suo urlo che si propagava lento e freddo nella stanza e rimbombava tra le nere e buie pareti.
Axl non l’aveva mai amata, o forse si, quando però si scopavano, quando lui poteva usarla a suo piacimento, quando lei era ancora una ragazzina immatura.
A lui non interessava di quello che provava lei, per lui era solo un oggetto, semplicemente perché era troppo santa. No, impossibile. Lei era giusta così, e lui l’amava.
Lui non beveva da settimane perché glie l’aveva chiesto lei, e di sicuro non l’avrebbe fatto nemmeno quella sera.
La porta si spalancò.
Fu un secondo di luce, poi ancora buio. Era Axl.
Con furia corse verso di lei e la prese per le spalle, baciandola.
Il suo alito sapeva di..

- Sono rimasto alle prove, ti prego perdonami. Ti amo.
..di alcool.
La lingua di lui si insinuò prepotente nella sua bocca, alla ricerca di quel desiderio che lo faceva impazzire.
In un modo o nell’altro lo trovò.
Lentamente la fece sdraiare in terra e, senza allontanarsi dalle sue labbra, si sfilò la camicia.
Le sue mani la toccavano, veloci, ricche di passione e d’odio.
Odio verso chi?
Doveva sfogarsi, le stava nascondendo qualcosa.

- Dove sei stato?
Gli chiese mente il viso di lui affondava tra le sue cosce, sopra le culottes nere.

- Te.. te l’ho detto. Sono rimasto alle prove.
La sua voce era così incerta. Le stava mentendo.
O forse le aveva mentito Izzy? Possibile? Aveva un tono così certo, così fottutamente sicuro.
Con forza, Axl le slacciò con i denti il laccio che teneva legate la parte davanti e quella dietro degli slip.
La ragazza si coprì il viso, cercando di strozzare i lunghi e forti gemiti che le grandi dita di lui le provocavano dentro il suo sesso.
Era tutto così incredibilmente bello e allo stesso tempo cattivo, falso.
Quello non era amore, quello era sesso.
Con grossi respiri ansimanti, Axl si abbassò i boxer e si sdraiò sul magro corpo di lei.
La scrutava, parte per parte.
La sua bocca la bramava, la sua mente la desiderava.
E lei piangeva.
Quello era il momento che Axl tanto aspettava, la loro unione, proprio come tanto tempo fa.
Per lei aveva fatto cose inimmaginabili. Non bere, Axl? Niente sesso, Axl?! Si, proprio lui. E per chi lo aveva fatto? Per lei.
E ora lei piangeva.
Piangeva, in preda alle fitte al cuore, in preda allo stomaco pieno di farfalle che a momenti avrebbe potuto esplodere. Piangeva perché lei lo amava, e lui la stava usando.
Axl strizzò gli occhi e, con le labbra socchiuse, afferrò i polsi di Colette.
Con forza li portò sopra la testa di lei e con altrettanta violenza, la penetrò.
Col urlò. Non capì bene che urlo era, se provocato dal pene di Axl che veloce si muoveva in lei o se per sfogare tutta la rabbia e la paura di perdere il suo uomo.
I minuti passarono veloci, quasi inesistenti e finalmente Axl uscì da lei, rotolando su un fianco e non perdendo nemmeno un secondo.
La strinse forte al suo petto, raccogliendo sulla sua pelle tutte le sue salate lacrime che scorrevano inesorabili sul viso della sua ragazza.

- Ti amo. Oddio, ti amo.
Colette si strinse ancora più forte a lui.
Non è vero. Non l’amava. Lo diceva solo perché era ubriaco.
Con quel poco di forza che le era rimasta si sciolse dal suo abbraccio, afferrò la tovaglia e la trascinò sul suo bacino, facendo cadere rovinosamente a terra posate, bicchieri, piatti.
Si alzò e coprendosi il viso, uscì correndo dalla stanza, lasciando Axl solo sdraiato per terra, ansimante, felice.

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Capitolo 7
*** Do you promise? ***


Le sue dita battevano svelte sulla macchina da scrivere lasciando piccole lettere sul giallastro foglio.

“Le labbra del ragazzo si posarono sulle mie. Sapevano ancora di acqua salata, di mare. Fu un tocco veloce, timido, quasi inesistente.

 

Lo amavo e dovevo dirglielo in qualche modo, perché i miei sentimenti erano troppo forti per essere racchiusi in un solo bacio.

 

‘Axl io ti amo’”



Sbarrò gli occhi. Rilesse lentamente.
Prese il foglio, lo accartocciò e lo lanciò alle sue spalle. Questo si ammucchiò a tutti gli altri.

“Le labbra del ragazzo si posarono sulle mie. Sapevano ancora di acqua salata, di mare. Fu un tocco veloce, timido, quasi inesistente.
Lo amavo e dovevo dirglielo in qualche modo, perché i miei sentimenti erano troppo forti per essere racchiusi in un solo bacio.
‘Trevor io ti amo’”.


La porta si aprì lentamente, scricchiolando.
Una testa dai capelli arruffati e più rossi del solito fece la sua entrata, senza degnarla di uno sguardo.
Grugnì qualcosa di incomprensibile poi, scrollando le spalle, passò gli occhi sulla esile figura della ragazza seduta sul letto che lo fissava. Sorrise.
- Ciao.
- Ciao.
Il rosso chiuse un occhio, accennandole un occhiolino, poi andò in bagno, tenendo la porta socchiusa.
L’acqua scorreva nella vasca da bagno veloce, poteva persino sentire il calore di quest’ultima sulla pelle pur non essendo li.
In quel preciso istante capì. Quello che mentiva non era Izzy. Era lui.
Prese un profondo respiro e, con occhi socchiusi per la stanchezza accumulata durante la notte passata in bianco, appoggiò la macchina sotto il letto.
I suoi piccoli e nudi piedi sfiorarono il freddo pavimento, facendola rabbrividire.
Bussò alla porta, aprendola.
La magra sagoma di William era confusa dietro le pareti della doccia. Continuò a passarsi le mani nei capelli, noncurante della ragazza, che si era appoggiata al lavandino.
Girò la testa e la vide. L’immagine pareva sfocata e deformata dietro quella strana parete azzurra semi-trasparente per tutti e due, ma fu Axl a rimediare.
Spinse l’anta della doccia, aprendola completamente e facendo uscire tutto il vapore.
- Vuoi entrare?
L’acqua batteva ancora calda sulla sua nuda schiena.
Colette abbassò lo sguardo, concentrandosi sui suoi polpacci. Era sicura che non avrebbe resistito ancora a lungo.
Axl, vedendo il viso serio della sua ragazza, spense l’acqua e si mise il bianco accappatoio.
Fece un passo fuori dalla doccia e si allungò verso di lei. I suoi bagnati capelli si appoggiarono sul suo seno, facendo scorrere gocce giù per il suo petto, fino ad arrivare all’ombelico.
La baciò con passione, una passione che lei temeva lui non provasse.
Le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, sorridendole come mai aveva fatto. Era solo in quei momenti in cui William si rendeva conto di amarla. E si, sia William Bill Bailey che Axl Rose la amavano.
La ragazza scostò il viso mordendosi il labbro. Si sollevò dal lavandino e si sedette sul bordo della vasca, nell’angolo del grande bagno.
Axl la guardò, forse incredibilmente attratto dai suoi sinuosi movimenti. Afferrò lo spazzolino e cominciò a grattarsi i grandi denti, sempre incredibilmente bianchi.
- Tu mi ami veramente?
La osservò attentamente. C’era forse del sarcasmo nella sua domanda?
- Scierto.
Rispose con ancora lo spazzolino tra i denti. Certo che l’amava, che dubbi erano?
- Giuralo.
- Odio giurare, lo sai.
Sputò il dentifricio.
- Lo so, ma potresti farlo per questa volta.
- Non l’ho mai fatto, non lo farò nemmeno ora.
Il ragazzo sorrise. Si avvicinò a lei e le sfiorò la spaziosa fronte con le morbide labbra, lasciando una scia di profumo alla menta.
Improvvisamente nel corridoio si sollevò una voce cupa, ma allo stesso tempo incredibilmente familiare. Era Izzy.
Nel cuore del cantante esplose una nuvola di nero odio. Era ancora alterato per quello che gli aveva detto e che gli aveva fatto la sera prima.
- ….Allora Will? Me lo giuri?
La ragazza afferrò il mignolo di lui, giocandoci e sorridendo. Probabilmente Axl si era perso gran parte del discorso che gli aveva fatto.
Grugnì e allontanò la mano da lei, ancora con la mente annebbiata dalla voce di Izzy. Era diventato incredibilmente nervoso.
- No cazzo. Non ti giuro proprio niente. Vado a fare una cosa.
Il rosso sbuffò e uscì dal bagno.
Izzy, lui aveva fottutamente ragione.

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Capitolo 8
*** I don't want to be afraid of you. ***


Uscì nel corridoio, lasciando aloni umidi sul pavimento.
Seguiva la sua voce, la voce del ragazzo che cacciava lamenti di ogni genere. Forse stava cercando di cantare, probabilmente era ubriaco marcio.
Spalancò la porta di camera sua.
Le pareti nere erano buie. Solo una piccola candela al centro della stanza illuminava lo scenario.
Il fumo annebbiava la vista del rosso, facendolo proseguire a tentoni.
Fece un passo, ma tolse subito il piede. Aveva forse pestato una sigaretta accesa?
Izzy era li, seduto a gambe incrociate sul letto di destra.
Su quello di sinistra, invece, ‘sedevano’ una decina di siringhe, tutte piene.
Scosse la testa.

- Axl, cosa.. cosa ci fai qui?
Il ragazzo parve spaventato. Non l’aveva visto.
Sospirò e si sedette sul letto davanti a quello del moro. Voleva assolutamente chiarire.

- Cosa cazzo ci sta succedendo?
Sussurrò. Guardò le siringhe, ma le spostò immediatamente. Aveva voglia si, ma non era il caso. Era sicuro che non avrebbe più risposto alle sue azioni.
Izzy rise. Forse era fatto? Macché, stava fingendo, ma questo Axl non poteva saperlo.
Sorrise, trascinato dalla risata dell’amico.

- Cosa ti sta succedendo se mai.
Sbarrò gli occhi. Era sicuro che sarebbero arrivati a parlare di lei.

- Senti, se è per Colette ti dico subito che..
Izzy si sporse in avanti appoggiando l’indice sulle sue labbra.
Sorrise.

- Smettila coglione. Tu sei cambiato, punto e stop.
Rise ancora, questa volta però fece più fatica. Non aveva voglia di ridere.
Il rosso abbassò lo sguardo e cominciò a giocare con il laccio dell’accappatoio. Lui non era cambiato, aveva solo mutato delle stupide abitudini.
Sbuffò. Non era giusto, affatto.
Izzy si alzò dal letto e sporgendosi in avanti, prese fra le dita una siringa, avvicinandola al braccio di Axl. Bill non fece niente, lo osservò semplicemente.
Gli occhi del moro si mescolarono con quelli verdi del cantante. Stava aspettando una reazione, ma non la ottenne.
Infilò l’ago nel suo braccio e lentamente iniettò il bianco liquido nelle sue vene.
Improvvisamente, come spinto da una forza bruta che urlava dentro la sua mente, appoggiò le sue labbra su quelle del rosso, chiudendo gli occhi.

- Tu sei cambiato, ma credimi che tornerai presto come prima.
Sorrise in modo cattivo il moro, sperando solo che l’amico non avesse capito il senso della frase.
Axl si alzò barcollando dal letto. La droga cominciava a fare effetto.

- Questo lo dici tu!
Sbraitò socchiudendo gli occhi.
Uscì correndo dalla stanza. Nel corridoio si imbatté nel magro corpo di Colette.

- Axl.
Gli occhi di lui erano rossi. Era preoccupata.

- Cosa vuoi lurida troia?!
Col lo osservò in silenzio. Si morse il labbro, mentre una lacrima scese veloce.

- C..c..come? Cosa ti succ..succede?
- Vattene puttana. VATTENE!
Così dicendo la spinse, facendole battere la testa contro la parete.
La fulminò con lo sguardo. La testa prese a girargli in modo impressionante. Era troppo tempo che non faceva uso di droghe, aveva perso l’abitudine.
Tirò un pugno al muro, proprio accanto il viso della ragazza in preda alle lacrime. Era terrorizzata.

- Wi..william..
- ZITTA. STAI ZITTA PORCO DIO. ZITTA!
La ragazza urlò. Nessuno in quella casa la senti, o forse qualcuno si, ma quel qualcuno era chiuso in stanza a godersi la paura che scorreva nelle vene di lei.
Il rosso afferrò le sue spalle, spingendole in terra.
La fissò con sguardo cattivo. Assatanato.
Le passò accanto e si dileguò nel corridoio lasciandola sola, in lacrime e con il sangue che scorreva sulla sua schiena. Si era procurata un taglio sulla nuca.
Delle risate si spensero proprio sul fondo del corridoio. Steven e Duff.

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Capitolo 9
*** Back to school. ***


 

Si guardò attorno, stranamente spaesata.
Nulla in quella scuola era cambiato; i biancastri muri rovinati dal tempo, i lunghissimi, stretti ed alti corridoi dalle miliardi diramazioni che portavano in chissà quali classi sconosciute.
Nonostante lei conoscesse quel posto come il palmo della sua mano, ancora alcune classi le erano estranee, ma a lei non era mai interessato, ne delle classi ne di quella scuola.
Infondo, da quando aveva iniziato l’università, era sempre stato Axl a riempire la sua mente, allontanandola da quello che era il mondo reale.
Sospirò, socchiudendo gli occhi e stringendo al petto i freddi ed ingombranti libri di psicologia.
Aula 214 pensò arrotolandosi le punte dei capelli attorno all’indice.
Frugò nella sua mente alla ricerca di una foto della sua vecchia aula. Si era assentata per così tanto tempo che nemmeno si ricordava più la disposizione dei banchi.
Chissà se i suoi compagni si ricordavano di lei. Ma certo, come potevano dimenticarsi della ragazza che ogni mattina riceveva delle rose mandate da un ammiratore ‘segreto’.
- Colette?!
Girò la testa velocemente, facendo cadere l’innumerevole cascata di rossi capelli davanti alla spalla.
Delle esili braccia circondarono il suo collo, stringendola.
Socchiuse gli occhi, intenta a mettere a fuoco il viso della bionda ragazza che, solare, le sorrideva.
Serrò le labbra. Era così terribilmente imbarazzante il fatto che non si ricordasse di lei.
- Oh, ti capisco. E’ normale che tu non ti ricordi di me, stai tranquilla. Sono Ellen, la ragazza del corso accanto al tuo! Tranquilla, non c’è bisogno che tu ti imbarazzi, capisco che sei stata assente per tutto questo tempo a causa del tuo ragazzo – e che ragazzo – in più ci sono state le vacanze!
Davvero, non devi arrossire per così poco, posso capire!
Disse sorridendole nuovamente.
Aspetta, arrossire?! Si premette la mano sulla bollente guancia. Non le era mai successo in vita sua.
La bionda la afferrò per mano, trascinandola in un corridoio.
Un fastidioso formicolio le pizzicava le guance in modo fastidioso.
- Vieni, ti accompagno nella tua classe! Immagino che non ti ricordi qual è!
Aggiunse ridendo in modo isterico.
Col annuì distrattamente mentre i dipinti creati dagli studenti e successivamente appesi alle pareti, passavano veloci sotto i suoi occhi.
Le sarebbe piaciuto avere il tempo per fermarsi a contemplarsi ma con orrore guardò l’orologio da polso che le aveva regalato sua madre. Le otto e venti.
Primo giorno, venti minuti di ritardo.
- Calma, i professori non ti diranno niente! Alla prima ora hai il professor Mank se non sbaglio. Nono, non sbaglio affatto!
Sbraitò sventolando un foglietto con sopra tutti gli orari mentre trascinava ancora in modo persistente la povera Colette.
Rimase in silenzio, chiedendosi il perché quella ragazza sapesse tutto delle sue lezioni; non era mica del corso affianco?
- Eccoci arrivate! Buona lezione e auguri.
- Auguri per cosa?
Finalmente era riuscita a rispondere ad una frase di Ellen.
- Come per cosa?! Per te e il tuo ragazzo! Coraggio, qui tutti sanno che sei fidanzata con Axl Rose!
Urlò lanciando le braccia al cielo mentre i suoi occhi si illuminarono.
Colette abbassò lo sguardo giocando con il lembo della sua camicia. Giusto, tutti sapevano di lei e William ormai.
- Grazie per avermi accompagnata fin qui, buona giornata.
Poi, senza troppe scuse, si dileguò nell’aula, lasciando sola la strana ragazza dai capelli ossigenati.
- Buongiorno, scusi il ritardo, ho avuto dei problemi con l’orientamento.
Disse in un mezzo sussurro Colette al professore.
Rimase in silenzio, osservandola da cima a piedi. La ragazza volse una veloce occhiata alla classe, stranamente muta.
- Domani mi porterai la giustifica signorina Lambert! Ben tornata! Se vuoi c’è un posto vicino al signorino Davis
Tagliò corto il vecchio professore dagli spessi occhiali.
Girò la testa, soffermando lo sguardo sul ragazzo seduto accanto al calorifero.
Il moro gli fece un sottile cenno con la testa, spostando i piedi dal banco. La prima cosa che notò? Le enormi chiazze di sudore sotto le sue ascelle.
No, il sudore proprio non lo biasimava.
In preda al panico cercò un altro banco vuoto, ed ecco la sua salvezza.
Li, in prima fila, un banco solitario si affacciava sulla grande finestra della classe. Erano al primo piano, sicuramente la testa non avrebbe preso a girarle a causa delle vertigini.
Indicò il banco.
- Posso sedermi li?
- Certamente!
Con un sorriso passò tra le sedie e con uno sbuffo appoggiò libri e cartella sul banco.
La sua vicina di banco la scrutò attentamente dietro gli occhiali.
Con un saltello raggiunse la sedia e si mise comoda, preparando sul banco il blocco per gli appunti.
Il professore attaccò con la solita tiritera di inizio scuola. No, non aveva ne la voglia ne la forza di ascoltare.
Appoggiò la testa sulla mano, accarezzandosi lentamente la ferita sulla nuca.
Chiuse gli occhi.
Ancora vedeva davanti a se Steven urlare furioso minacce contro Axl. Ancora sentiva le mani di Duff accarezzarle la nuca, pulendo i residui di sangue e accarezzandole i capelli.
- Quell’uomo non ti toccherà mai più! Non gli permetterò di avvicinarsi a te MAI, MAI PIU’!
Urlava Steven.
- Guai se lo fa, giuro che butto giù il mondo.
Gli dava ragione Duff con un tono giustamente più calmo.
Anche se voleva, ora non avrebbe potuto rivedere il suo ragazzo. Nessuno glie lo avrebbe permesso e poi lei aveva ancora una paura folle di lui.
Non riusciva a capire nemmeno sotto tortura il perché di questo suo scatto d’ira. Cosa gli aveva fatto? Forse era davvero un peso per lui?
Di una cosa era certa però. Nonostante tutto lei lo amava ancora, caspita se lo amava.
Un rumore brusco la fece saltare dallo spavento.
Si guardò intorno con gli occhi sgranati. Nessuno sembrava averlo sentito.
La sua vicina di banco girò lo sguardo verso di lei, fissandola in modo scettico.
Ecco, c’erano già delle persone in quella classe che la odiavano.
Di nuovo il rumore attirò la sua attenzione, questa volta fuori dalla finestra.
Con una certa ansia addosso, spalancò la finestra attirando l’attenzione di tutti. Si guardò intorno e lentamente tornò a sedersi composta.
Ok, stava dando di matto.
Era impossibile che qualcuno avesse picchiato contro la finestra, l’avrebbe sentito anche la sua compagna dall’aria da secchiona, no?
Un piccolo sasso atterrò in modo brusco sul suo banco, facendolo traballare.
Cosa stava succedendo?
- Ragazzi, vado a prendere il gessetto che è finito. Voi non fate casino in mia assenza.
Perfetto.
Non appena il professore uscì dall’aula, Colette scattò in piedi, guardando con un certo sospetto il cortile sottostante.
Inizialmente ebbe dei giramenti di testa causati dall’altezza, poi finalmente sotto i suoi occhi si materializzò il corpo di un ragazzo.
Socchiuse gli occhi e si sporse in avanti.
- Ma sei matta?! Ti vuoi buttare giù?!
Urlò la compagna.
Fece un gesto con la mano, facendola allontanare.
Quello laggiù era.. Izzy?
- Vieni!
Urlò lui.
Colette si sedette sulla sedia incredula. Come aveva fatto ad entrare nel cortile della scuola senza essere scoperto?
- Rieccomi ragazzi, allora, stavo dicen..
- Posso andare ai servizi?
Mr. Mank si bloccò.
- Certo Lambert.
Colette si alzò facendo scricchiolare la sedia e attirando nuovamente gli sguardi di tutti.
Uscì dal banco e con passo svelto si diresse verso la porta quando il piede di una ragazza la fece inciampare.
Si aggrappò al banco, volgendo indietro lo sguardo.
Una ragazza dai lunghissimi capelli castani e il viso truccatissimo le sorrise, porgendole un bigliettino.
Colette sbarrò gli occhi poi, scuotendo la testa, mise in tasca il bigliettino e uscì dall’aula.
- Cosa diavolo vuoi Stradlin?
Disse Colette avvicinandosi allo specchio appeso sopra ai lavandini.
Con un balzo, Izzy, entrò dalla finestra. Meno male che il bagno si trovava al piano terra.
- Sono solo venuto a parlarti, calmati Lambert!
Rispose ridendo Izzy.
- Cosa devi dire?
- Voglio dirti di Axl. E’ imbestialito con te.
Verità o menzogna?
- Beh, vedi un po’ te quello che mi ha fatto.
Rispose sull’orlo di una crisi dove, come minimo, avrebbe preso a cazzotti in faccia il moro.
- Me l’ha detto Duff, terribile.
Si schiarì la voce, portandosi i capelli davanti alle spalle. Cominciò a giocare con l’anello che aveva al pollice.
- E tu sei venuto fin qui per dirmi che è incazzato con me?
Forse per la prima volta in vita sua, lo guardò negli occhi.
- E per dirti che sono disposto ad aiutarti per riaverlo.
Colette sgranò leggermente gli occhi.
No, tutto questo era impossibile, matematicamente parlando.
Quasi come spinta da una prepotente forza dentro di se, allungò le braccia e afferrò il collo del ragazzo, tirandolo a se.
- Lo faresti?
Disse lasciando che una lacrima le rigasse il viso.
Stradlin non rispose.
Colette si allontanò da lui sorridendo. Non avrebbe mai pensato di fidarsi di uno che la odiava, ma per Axl avrebbe fatto questo ed altro, e Izzy lo sapeva.
Jeff indicò la finestra ancora spalancata.
- Ora fuori da questo puttanaio, se devo trasformarti nella donna perfetta per Bailey necessito del posto adatto.
Col fissò a lungo la finestra. Fuggire da scuola?
Le si chiuse lo stomaco. E se l’avessero scoperta?
- Allora?
- Ok.
- Perfetto.
Con un sospiro e le lacrime sul punto di esplodere, si mise a cavallo sul davanzale della finestra.
Le grandi mani di Jeff afferrarono i suoi fianchi, aiutandola a scendere.
Un pungente vento si scagliò sui due, scomponendo i capelli di entrambi.
Izzy si chiuse l’impermeabile e tirò su il colletto in modo tale da risultare il più coperto possibile.
Salirono in macchina.
Un’insopportabile senso di colpa si stagliò su di Colette.
La macchina partì.
Improvvisamente un lampo le fece tornare in mente il bigliettino.
Frugò nella tasca, estraendo il minuscolo pezzo di carta spiegazzato.

Ma sei davvero la ragazza di Axl Rose?!

Si guardò attorno, stranamente spaesata.
Nulla in quella scuola era cambiato; i biancastri muri rovinati dal tempo, i lunghissimi, stretti ed alti corridoi dalle miliardi diramazioni che portavano in chissà quali classi sconosciute.
Nonostante lei conoscesse quel posto come il palmo della sua mano, ancora alcune classi le erano estranee, ma a lei non era mai interessato, ne delle classi ne di quella scuola.
Infondo, da quando aveva iniziato l’università, era sempre stato Axl a riempire la sua mente, allontanandola da quello che era il mondo reale.
Sospirò, socchiudendo gli occhi e stringendo al petto i freddi ed ingombranti libri di psicologia.
Aula 214 pensò arrotolandosi le punte dei capelli attorno all’indice.
Frugò nella sua mente alla ricerca di una foto della sua vecchia aula. Si era assentata per così tanto tempo che nemmeno si ricordava più la disposizione dei banchi.
Chissà se i suoi compagni si ricordavano di lei. Ma certo, come potevano dimenticarsi della ragazza che ogni mattina riceveva delle rose mandate da un ammiratore ‘segreto’.
- Colette?!
Girò la testa velocemente, facendo cadere l’innumerevole cascata di rossi capelli davanti alla spalla.
Delle esili braccia circondarono il suo collo, stringendola.
Socchiuse gli occhi, intenta a mettere a fuoco il viso della bionda ragazza che, solare, le sorrideva.
Serrò le labbra. Era così terribilmente imbarazzante il fatto che non si ricordasse di lei.
- Oh, ti capisco. E’ normale che tu non ti ricordi di me, stai tranquilla. Sono Ellen, la ragazza del corso accanto al tuo! Tranquilla, non c’è bisogno che tu ti imbarazzi, capisco che sei stata assente per tutto questo tempo a causa del tuo ragazzo – e che ragazzo – in più ci sono state le vacanze!
Davvero, non devi arrossire per così poco, posso capire!
Disse sorridendole nuovamente.
Aspetta, arrossire?! Si premette la mano sulla bollente guancia. Non le era mai successo in vita sua.
La bionda la afferrò per mano, trascinandola in un corridoio.
Un fastidioso formicolio le pizzicava le guance in modo fastidioso.
- Vieni, ti accompagno nella tua classe! Immagino che non ti ricordi qual è!
Aggiunse ridendo in modo isterico.
Col annuì distrattamente mentre i dipinti creati dagli studenti e successivamente appesi alle pareti, passavano veloci sotto i suoi occhi.
Le sarebbe piaciuto avere il tempo per fermarsi a contemplarsi ma con orrore guardò l’orologio da polso che le aveva regalato sua madre. Le otto e venti.
Primo giorno, venti minuti di ritardo.
- Calma, i professori non ti diranno niente! Alla prima ora hai il professor Mank se non sbaglio. Nono, non sbaglio affatto!
Sbraitò sventolando un foglietto con sopra tutti gli orari mentre trascinava ancora in modo persistente la povera Colette.
Rimase in silenzio, chiedendosi il perché quella ragazza sapesse tutto delle sue lezioni; non era mica del corso affianco?
- Eccoci arrivate! Buona lezione e auguri.
- Auguri per cosa?
Finalmente era riuscita a rispondere ad una frase di Ellen.
- Come per cosa?! Per te e il tuo ragazzo! Coraggio, qui tutti sanno che sei fidanzata con Axl Rose!
Urlò lanciando le braccia al cielo mentre i suoi occhi si illuminarono.
Colette abbassò lo sguardo giocando con il lembo della sua camicia. Giusto, tutti sapevano di lei e William ormai.
- Grazie per avermi accompagnata fin qui, buona giornata.
Poi, senza troppe scuse, si dileguò nell’aula, lasciando sola la strana ragazza dai capelli ossigenati.


- Buongiorno, scusi il ritardo, ho avuto dei problemi con l’orientamento.
Disse in un mezzo sussurro Colette al professore.
Rimase in silenzio, osservandola da cima a piedi. La ragazza volse una veloce occhiata alla classe, stranamente muta.
- Domani mi porterai la giustifica signorina Lambert! Ben tornata! Se vuoi c’è un posto vicino al signorino Davis
Tagliò corto il vecchio professore dagli spessi occhiali.
Girò la testa, soffermando lo sguardo sul ragazzo seduto accanto al calorifero.
Il moro gli fece un sottile cenno con la testa, spostando i piedi dal banco. La prima cosa che notò? Le enormi chiazze di sudore sotto le sue ascelle.
No, il sudore proprio non lo biasimava.
In preda al panico cercò un altro banco vuoto, ed ecco la sua salvezza.
Li, in prima fila, un banco solitario si affacciava sulla grande finestra della classe. Erano al primo piano, sicuramente la testa non avrebbe preso a girarle a causa delle vertigini.
Indicò il banco.
- Posso sedermi li?
- Certamente!
Con un sorriso passò tra le sedie e con uno sbuffo appoggiò libri e cartella sul banco.
La sua vicina di banco la scrutò attentamente dietro gli occhiali.
Con un saltello raggiunse la sedia e si mise comoda, preparando sul banco il blocco per gli appunti.
Il professore attaccò con la solita tiritera di inizio scuola. No, non aveva ne la voglia ne la forza di ascoltare.
Appoggiò la testa sulla mano, accarezzandosi lentamente la ferita sulla nuca.
Chiuse gli occhi.
Ancora vedeva davanti a se Steven urlare furioso minacce contro Axl. Ancora sentiva le mani di Duff accarezzarle la nuca, pulendo i residui di sangue e accarezzandole i capelli.
- Quell’uomo non ti toccherà mai più! Non gli permetterò di avvicinarsi a te MAI, MAI PIU’!
Urlava Steven.
- Guai se lo fa, giuro che butto giù il mondo.
Gli dava ragione Duff con un tono giustamente più calmo.
Anche se voleva, ora non avrebbe potuto rivedere il suo ragazzo. Nessuno glie lo avrebbe permesso e poi lei aveva ancora una paura folle di lui.
Non riusciva a capire nemmeno sotto tortura il perché di questo suo scatto d’ira. Cosa gli aveva fatto? Forse era davvero un peso per lui?
Di una cosa era certa però. Nonostante tutto lei lo amava ancora, caspita se lo amava.
Un rumore brusco la fece saltare dallo spavento.
Si guardò intorno con gli occhi sgranati. Nessuno sembrava averlo sentito.
La sua vicina di banco girò lo sguardo verso di lei, fissandola in modo scettico.
Ecco, c’erano già delle persone in quella classe che la odiavano.
Di nuovo il rumore attirò la sua attenzione, questa volta fuori dalla finestra.
Con una certa ansia addosso, spalancò la finestra attirando l’attenzione di tutti. Si guardò intorno e lentamente tornò a sedersi composta.
Ok, stava dando di matto.
Era impossibile che qualcuno avesse picchiato contro la finestra, l’avrebbe sentito anche la sua compagna dall’aria da secchiona, no?
Un piccolo sasso atterrò in modo brusco sul suo banco, facendolo traballare.
Cosa stava succedendo?
- Ragazzi, vado a prendere il gessetto che è finito. Voi non fate casino in mia assenza.
Perfetto.
Non appena il professore uscì dall’aula, Colette scattò in piedi, guardando con un certo sospetto il cortile sottostante.
Inizialmente ebbe dei giramenti di testa causati dall’altezza, poi finalmente sotto i suoi occhi si materializzò il corpo di un ragazzo.
Socchiuse gli occhi e si sporse in avanti.
- Ma sei matta?! Ti vuoi buttare giù?!
Urlò la compagna.
Fece un gesto con la mano, facendola allontanare.
Quello laggiù era.. Izzy?
- Vieni!
Urlò lui.
Colette si sedette sulla sedia incredula. Come aveva fatto ad entrare nel cortile della scuola senza essere scoperto?
- Rieccomi ragazzi, allora, stavo dicen..
- Posso andare ai servizi?
Mr. Mank si bloccò.
- Certo Lambert.
Colette si alzò facendo scricchiolare la sedia e attirando nuovamente gli sguardi di tutti.
Uscì dal banco e con passo svelto si diresse verso la porta quando il piede di una ragazza la fece inciampare.
Si aggrappò al banco, volgendo indietro lo sguardo.
Una ragazza dai lunghissimi capelli castani e il viso truccatissimo le sorrise, porgendole un bigliettino.
Colette sbarrò gli occhi poi, scuotendo la testa, mise in tasca il bigliettino e uscì dall’aula.



- Cosa diavolo vuoi Stradlin?
Disse Colette avvicinandosi allo specchio appeso sopra ai lavandini.
Con un balzo, Izzy, entrò dalla finestra. Meno male che il bagno si trovava al piano terra.
- Sono solo venuto a parlarti, calmati Lambert!
Rispose ridendo Izzy.
- Cosa devi dire?
- Voglio dirti di Axl. E’ imbestialito con te.
Verità o menzogna?
- Beh, vedi un po’ te quello che mi ha fatto.
Rispose sull’orlo di una crisi dove, come minimo, avrebbe preso a cazzotti in faccia il moro.
- Me l’ha detto Duff, terribile.
Si schiarì la voce, portandosi i capelli davanti alle spalle. Cominciò a giocare con l’anello che aveva al pollice.
- E tu sei venuto fin qui per dirmi che è incazzato con me?
Forse per la prima volta in vita sua, lo guardò negli occhi.
- E per dirti che sono disposto ad aiutarti per riaverlo.
Colette sgranò leggermente gli occhi.
No, tutto questo era impossibile, matematicamente parlando.
Quasi come spinta da una prepotente forza dentro di se, allungò le braccia e afferrò il collo del ragazzo, tirandolo a se.
- Lo faresti?
Disse lasciando che una lacrima le rigasse il viso.
Stradlin non rispose.
Colette si allontanò da lui sorridendo. Non avrebbe mai pensato di fidarsi di uno che la odiava, ma per Axl avrebbe fatto questo ed altro, e Izzy lo sapeva.
Jeff indicò la finestra ancora spalancata.
- Ora fuori da questo puttanaio, se devo trasformarti nella donna perfetta per Bailey necessito del posto adatto.
Col fissò a lungo la finestra. Fuggire da scuola?
Le si chiuse lo stomaco. E se l’avessero scoperta?
- Allora?
- Ok.
- Perfetto.
Con un sospiro e le lacrime sul punto di esplodere, si mise a cavallo sul davanzale della finestra.
Le grandi mani di Jeff afferrarono i suoi fianchi, aiutandola a scendere.
Un pungente vento si scagliò sui due, scomponendo i capelli di entrambi.
Izzy si chiuse l’impermeabile e tirò su il colletto in modo tale da risultare il più coperto possibile.
Salirono in macchina.
Un’insopportabile senso di colpa si stagliò su di Colette.
La macchina partì.
Improvvisamente un lampo le fece tornare in mente il bigliettino.
Frugò nella tasca, estraendo il minuscolo pezzo di carta spiegazzato.

Ma sei davvero la ragazza di Axl Rose?!


 

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Capitolo 10
*** Toast for change. ***


- Dove stiamo andando, Izzy?

Il ragazzo cambiò marcia, silenziosamente.
Colette sbuffò nervosa. Appoggiò la mano sulla coscia e con sorpresa si ricordò di aver tenuto l’i-pod in tasca.
Srotolò le cuffie, litigando con gli stretti nodi che misteriosamente si erano creati sui grossi fili di plastica.
Premette le cuffie nelle orecchie e con un sospiro si abbandonò al paesaggio che velocemente cambiava, proprio sotto il suo sguardo.
I grandi parchi verdi che caratterizzavano quella piccola cittadina poco lontana da Los Angeles, dove si trovava la sua università, svanirono dal panorama, lasciando spazio a grossi e grigi palazzi, arricchiti da scure scritte sui muri, create con delle bombolette.
Il grosso semaforo si colorò di rosso.
Izzy si fermò e borbottò qualcosa sottovoce, girando la chiave e spegnendo il motore.

- Fottuto semaforo.
Colette non lo sentì. La sua mente era concentrata su di un gruppo poco lontano dalla vettura.
Erano sette ragazzi, pressappoco sulla ventina tutti quanti, e stavano facendo rissa.
Era un atmosfera così cupa, così triste e aggressiva. Tutto il contrario del posto in cui aveva abitato lei per diciassette anni, prima di trasferirsi da William.
Improvvisamente uno dei ragazzi alzò la mano al cielo. Aveva un’arma.
Izzy sgranò gli occhi e cercò di accelerare con scarsi risultati, dato che il motore era spento.

- Parti cazzo, parti!
Sbraitò la rossa con gli occhi lucidi e il cuore a mille.
La pistola puntò l’auto.
Jeff girò la chiave e il motore si accese ruggendo. Premette l’acceleratore ma l’auto si spense nuovamente.

- Dio, DIO!
- Izzy! Izzy stanno puntando qua!
L’uomo armato si avvicinò all’auto, puntando la pistola verso Col. Si coprì il viso e cominciò a piangere.
L’auto si riaccese. Una, due, tre sgasate ed eccola sfrecciare sullo stradone principale.
Uno sparo. Poi più nulla.





- Piangi ancora?
Colette affondò il viso tra le mani, inspirando meno fumo passivo possibile.
Con il pollice si accarezzò la guancia, asciugandosi l’ennesima lacrima che, inesorabile, le rovinava il bel viso sempre acqua e sapone.

- No, non più.
Rispose spontaneamente, sorseggiando l’acqua e cercando di non pensare alla sua quasi morte.
Ancora sentiva il cuore fermarsi allo sparo e poi rimanere sospeso nel nulla non appena il proiettile era affondato nel suo sedile, fermandosi fortunatamente li.
Izzy le fece un cenno con la testa e portò la bottiglia di birra alla bocca.
Ne approfittò di quei secondi per guardarsi intorno.
I rossastri muri del pub erano completamente rovinati. C’erano graffi di ogni genere, strisciate nere probabilmente causate da una rissa. Non tanto in alto c’erano appese teste di animali ovunque, manco fosse stato un rifugio per cacciatori.
I tavoli erano disposti in modo sparso per la sala mentre il lungo bancone regnava al lato sinistro del pub. Solo in quel momento si accorse delle ragazze che passavano tra i tavoli vendendosi.
Alcune si stavano persino scopando dei vecchi metallari. La cosa disgustosa era che erano a pochi tavoli da loro.

- Ricapitolando noi dobbiamo trasformarti nella donna ideale per il caro Bailey. Dimmi se sbaglio.
Colette tornò a fissare Izzy che disinvolto, si era acceso la seconda sigaretta nel giro di dieci minuti.
Noi chi?

- Si.
- Perfetto.
Si sistemò il cappellino meglio, spostandosi una ciocca di scuri capelli da davanti gli occhi.
Finalmente gli vide gli occhi, gonfi e completamente rossi. Aveva forse pianto nella disperazione anche lui?

- Comincia da questo
Con un gesto lento, spinse la sua birra verso di lei. Sgranò gli occhi.

- Devo bere?
- Come un cammello tossico-dipendente.
- Non lo farò mai.
- Credimi che prima o poi lo farai.
La stava sfidando? No, voleva solo aiutarla, giusto?
Il ghigno che era nato sul viso del ragazzo diceva tutto il contrario, però lei ormai cosa poteva fare? Vivere nella consapevolezza che l’uomo che lei ama la disgusti perché troppo santa?
Afferrò il collo della bottiglia di vetro e con mano tremante la portò alla bocca.
Non bevve subito. Chiuse gli occhi e prese profondi respiri.
Izzy la fissava con quel sorriso cattivo, desideroso ed impaziente.
Strizzò gli occhi e sollevò il braccio.
Il liquido dallo stranissimo sapore esplose nella sua bocca con una potenza tale che si trovò costretta ad ingoiare l’alcoolico.
Allontanò la bottiglia e si coprì la bocca. Tratteneva forse conati di vomito? No, affatto. Anzi, non le dava nemmeno fastidio.
Izzy abbassò il cappellino e si morse il labbro.

- Allora?
- Ordinane un’altra.
- Subito Lambert.
Portò nuovamente la bottiglia alla bocca, questa volta però prese sorsi più piccoli con l’intenzione di assaporare, di esplorare, di capire quel nuovo mondo in cui sarebbe finita.
La birra arrivò subito e Izzy la afferrò allegramente, alzandola appena sopra il tavolo. Colette osservò in silenzio.

- Beh, non brindiamo?
- Oh, giusto.
- E cosa brindiamo bella rossa?
- Ad Axl e me.

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Capitolo 11
*** Rock&Shop. ***


-Sveglia dormigliona!- urlò una voce, facendo spaventare Colette.
Sbarrò gli occhi e si portò una mano sul petto, terrorizzata.

-S..Slash..- balbettò, stropicciandosi gli occhi e cercando con lo sguardo la sveglia.
Guardò a destra, poi a sinistra. Finalmente si accorse di non essere nella stanza sua e di Axl.
Era forse in quella di Izzy?

-In carne ed ossa!- sbraitò, sorridendo a trentadue denti e saltando sul letto con lei.
Si mise a gambe incrociate, attendendo una reazione da parte della rossa.
Col tossì silenziosamente, imbarazzata in modo esasperante dalla situazione.
Stranamente, la ragazza, non era spaventata dalla presenza del chitarrista, come di solito invece era, anzi, ne era quasi rassicurata. 
Di certo preferiva la sua presenza piuttosto che quella del suo ragazzo, che momentaneamente era fuori di testa.
Si massaggiò le tempie, sperando che Slash cambiasse soggetto da fissare, ma con pochi risultati.
Chissà cosa gli stanno facendo Steven e Duff a William pensò, serrando le labbra. Lo staranno torturando.
Slash la fissava costantemente.
Alla fine Colette sbottò: -Cosa facciamo oggi?-
Non ne poteva più di vederlo immobile di fronte a lei.

-Ecco la domanda che aspettavo. Prima di tutto mettiamo a posto il tuo guardaroba- rispose sicuro.
Colette esplose in una fragorosa risata. Non poteva crederci.
Slash chinò la testa confuso.

-Cosa c'è che non va nel mio modo di vestire?- chiese, asciugandosi una lacrima.
Sul viso di Slash naqcue un sorriso obliquo e molto misterioso. 
Cosa cazzo sta architettando? si chiese terrorizzata.
Improvvisamente il moro saltò giù dal letto, afferrandole il polso e trascinandola nella cabina armadio.

-Vestiti- le ordinò, rinchiudendola nella stanza semi vuota.
Colette fece spallucce, rassegnata che ormai la sua vita era in mano ai due chitarristi.
Frugò tra i pochi suoi vestiti, optando per un paio di pantaloncini bianchi e un largo maglione beije.
Uscì dalla stanza a testa bassa mentre Slash la scrutava quasi schifato.

-Ma come cazzo fa Axl a stare con una come te?!- urlò puntando le mani ai fianchi.
Colette spalancò la bocca, indignata.

-Cioè.. tu e lui siete due cose completamente diverse!- si corresse, cercando di ristabilire l'atmosfera pacifica iniziale.
Colette annuì silenziosamente.
Slash capì al volo che era meglio saltare l'argomento.
Si sistemò meglio i jeans di pelle, dirigendosi verso il corridoio mano nella mano con Colette.
Fu in quel momento che la ragazza capì che, infondo, il chitarrista non era poi un duro come invece voleva far credere.



-Cintura- disse con tono pacato, mentre inseriva la chiave per accendere il motore.
Col obbedì silenziosamente.

-Guarda che stavo scherzando- disse ridendo, accelerando e inserendosi nella via principale senza dare la precedenza.
La ragazza si agrappò con le unghie al sedile, ansimando in preda al panico.
Adesso moriamo, adesso moriamo, adesso moriamo.
Il chitarrista cambiò velocemente marcia non appena la macchina iniziò ad arrancare.
Dopo una manciata di minuti di guida spericolata, finalmente Slash fece una manovra decisamente azzardata, sfiorando un'altra auto, per parcheggiare proprio difronte ad un negozio.
La rossa scese dalla macchina, guardandosi attorno spaesata.
Subito Slash la raggiunse, cingendole i fianchi da dietro e accompagnandola alla maestosa entrata.
Le porte scorrevoli si aprirono davanti ai loro occhi. 
Subito furono assaliti da flash di ogni genere.
Slash si mise davanti alla rossa, coprendola con il suo corpo e avanzando fino a raggiungere la prima serie di vestiti.

-E' possibile fare del fottuto shopping?!- urlò alla sicurezza presente nel negozio.
Subito, tre dei cinque omoni in giacca e cravatta raggiunsero i due ragazzi, tenendo a bada tutti i paparazzi impazziti.
Il chitarrista si rivolse alla ragazza: -Non tremare, è normale- 
Colette annuì, facendosi piccola piccola alle sue spalle.
Quando finalmente tutti i paparazzi furono chiusi fuori dal negozio, Colette sospirò e si guardò intorno.
Il "Rock&Shop" era un negozio per niente modesto, con foto di tutti i gruppi rock esistenti su tutto il pianeta.
Nonostante il nome ridicolo, quello era il negozio preferito di Slash dove, quando non lo obbligavano a vestirsi in una determinata maniera, veniva a comprare i suoi vestiti più belli e sgargianti.
Subito il chitarrista prese per mano la rossa, accompagnandola verso la sezione dedicata interamente alle donne. 
La folta e riccia chioma del moro affondò tra i manichini, lanciando vestiti ovunque. 
Colette incrociò le braccia, sorridendo divertita.

-Vediamo se troviamo qualcosa per te- disse Slash sottovoce, come per autodettarsi una missione.
Dopo cinque minuti pieni riaffiorò soddisfatto, tenendo tra le braccia un mucchio di vestiti.
Con un cenno del mento indicò il cabina di prova.
Colette capì e, con passo incerto, la raggiunse.
Slash scaricò su di lei tutta la massa di vestiti, invitandola a provarli.

-Tutti, mi raccomando- aggiunse.
Minuto dopo minuto era un apri e chiudi di cerniere, bottoni, lacci.
Varie combinazioni Colette era stata costretta a provare: minigonne di pelle con bustini neri, calze a rete con pantaloncini talmente corti da sembrare slip.
Colette non era affatto sicura di queste scelte, ma la convinzione di Slash la lasciava dubbiosa.

-Sei favolosa, Axl impazzirà per te- confermò Slash.
Ecco cosa voleva sentirsi dire.
Colette tornò nel camerino, provando l'ultima combinazione.
Aprì la porticina nera, facendo due giri su se stessa per farsi vedere dal musicista.
Gli occhi di Slash erano sbarrati. Non aveva biascicato parola, o almeno, non ci riusciva nemmeno.
La rossa si guardò intorno perplessa.

-C'è qualcosa che non va?- chiese preoccupata.
Slash si avvicinò a lei, appoggiando le mani sui suoi fianchi e facendola avvicinare a se.
Accarezzò lentamente il suo profilo, accarezzando la nera pelle di cui era composto quel mini vestito.
Le venne la pelle d'oca.
Il viso del chitarrista sfiorò il suo collo, facendola gemere. 
Come diavolo fa a sapere del mio punto debole?
Quel verso fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Il moro la spinse violentemente nel camerino, facendole battere la testa.
La sua lingua si srotolò sul collo della rossa, accarezzandolo mentre con il bacino premeva la sua erezione contro la ragazza.
Colette cominciò a dimentarsi, cercando di allontanarlo.
Doveva succedere, era impossibile credere in uno Slash buono.
Improvvisamente qualcuno bussò alla porta del camerino, ma Slash non lasciò Colette, anzi, ruggì all'individuo al di là della porta di smammare.
La porta di spalancò.
Slash lasciò la ragazza, la quale si fiondò tra le braccia del suo salvatore. 

-Sei un cretino Slash?!- sbraitò Izzy.
Slash abbassò lo sguardo, sedendosi sullo sgabello.

-Scus..scusami è che... che.. l'hai vist....a vest....vestita cos...così- cercò di scusarsi lui
-No, non mi interessa! Sei un coglione!- disse fulminandolo con lo sguardo.
Vaffanculo, mi mandera a puttane tutto il piano pensò il moro, accarezzando la testa di Colette.
La ragazza cominciò a piangere, stringendo ancora di più Izzy.

-Dopo ci parlo io con Slash, ora torniamo a casa- concluse, fulminando un'ultima volta il riccio e avviandosi verso l'uscita.
-Non dovevo fidarmi di lui- singhiozzò Col, asciugandosi le lacrime e allontanandosi da Izzy.
Il ragazzo le accarezzò la guancia. 

-Non è che non devi fidarti, ma lui è fatto così- rispose, cercando di contenere la rabbia e la paura che il suo piano fosse andato in frantumi.
Le sorrise.

-Torniamo a casa-

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