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Spazio autrice:
mi dispiace che prima era brutto come formato ecc.. ma ora vi prego di leggerla
e recensire in bene o in male!!! Comunque spero mi scusiate, non sono pratica
di queste cose. E parlo per tutti quelli che prima hanno visto questa storia e
poi io l’ho cancellata. Scusate!!!
L’incubo
Tre mantelli mi
inseguivano. Io scappavo. Correvo, ma le mie gambe non reagivano hai comandi.
Le sentivo pesanti, fin troppo. Percepivo il mio respiro affannoso e
irregolare, tremavo in preda al panico e volevo urlare, in modo che qualcuno mi
sentisse, ma le mie labbra erano serrate. Ero sola, sola nel fitto del bosco
con un pericolo imminente. C’era un’aria gelida e la pioggia mi bagnava il
viso. I denti battevano senza sosta e il rumore quasi impercettibile dei loro
passi mi fece sobbalzare. Li guardavo ma non muovevo un dito per fermarli. Il
buio del bosco era fitto, strano, quasi soffocante. Il battito del mio cuore
accelerava minuto dopo minuto e l’aria si faceva pesante da respirare.
L’oscurità mi avvolgeva ed era impossibile resistergli, tutto di me voleva
ribellarsi ma non ci riuscivo. Era come se una catena mi tenesse inchiodata al
terreno. I miei piedi non si muovevano e i tre sconosciuti si avvicinavano
sempre di più. Il cappuccio, che tenevano calato sul volto li copriva fino al
naso. Io li guardai e sul viso di quello alla mia sinistra si era allargato un
ghigno agghiacciante. Io spazzai via dalla mia testa quella scena ma mi fu
difficile visto l’avanzamento dei tre. Appena mi furono di fronte io cacciai un
ringhio che mi riuscì più che male. Il ghigno di quello alla mia sinistra
divenne una risata incomprensibile. Io sembravo un cane bastonato e lui il
padrone che gode delle mie pene. Ringhiai un’altra volta e la sua risata fu
bloccata da quello al mezzo con un elegante gesto con la mano. Capii che era
lui che comandava gli altri due. Quello accettò mal volentieri l’ordine
mostrando per un secondo i canini perfettamente bianchi. Non riuscii più a
ringhiare e le labbra si serrarono per l’ennesima volta, la forza di volontà fu
sovrastata e distrutta dalla paura che ormai aveva preso il sopravvento.
Silenzio. Silenzio. Era snervante. Sentivo persino il leggero fruscio delle
foglie trasportate dal vento gelido che mi attaccava, come lame, sul volto.
Sospirai e tentai di respirare ma le parole che il loro capo pronunciò mi
fecero fermare il cuore – sta tranquilla, mia cara, tutto finirà prima che il
dolore prenda il sopravvento nel tuo corpo!- non mi aiutava per niente, avevo
paura e adesso anche loro se n’erano accorti. Il terzo alzò di pochi centimetri
il cappuccio e mi scrutò, i suoi occhi erano bordeaux e contenevano odio che
non riuscivo a capire. Odiava me? Perché? Che gli avevo fatto?
Guardai
attentamente il viso di quello che stava al centro e lo riconobbi. Ne avevo
solo sentito parlare. Era Aro. Gli occhi pieni d’odio, dovevano appartenere a
Marcus e quel ghigno insopportabile doveva essere di Caius. I miei genitori mi
avevano spesso parlato di loro.
Vedendo
che riflettevo Caius digrignò i denti e ringhiò. Io feci qualche passo
indietro. La pioggia cadeva fitta sui miei capelli e sentivo il contatto freddo
contro la mia pelle. Nell’indietreggiare caddi e mi infangai. Caius ridacchiò e
io mi rialzai. Adesso ero contratta dal dolore e guardavo Aro negli occhi. Il
silenzio, rimase tale fino a quando Aro si mosse e indicò un cumolo di cenere
che stava bruciando poco distante da là. Io mi voltai a guardarlo e rimasi
qualche secondo a scrutarlo. Non vedevo niente. Niente di niente. Li guardai e
poi iniziai a camminare, mi dirigevo a quel cumulo anche se non ero certa di
voler sapere. Le mie gambe si muovevano da sole e avevano deciso che io avrei
dovuto guardare. Sentii passi pacati dietro di me e non mi girai a guardare.
Ero sicura fossero loro, ed ero altrettanto sicura non mi avrebbero uccisa
prima di aver visto. Ma visto cosa? Cosa avrei visto là dentro?
Camminavo ora a
passo più spedito e mi accorsi che le distanze si accorciavano vertiginosamente.
Cosa avrei trovato? Non volevo saperlo ma dovevo. La meta era sempre più
vicina, passo dopo passo mi avvicinavo alla morte.
Ero davanti al
fuoco e li vidi. Li vedevo tutti. Erano loro, ne ero sicura. Mio padre, Jacob
Black, mia madre, Renèesme Cullen, e mio fratello Ian. Non riuscivo a distogliere lo sguardo mentre le
lacrime scorrevano rapide sul mio viso. Iniziai a singhiozzare e mi abbassai,
accovacciandomi vicino al fuoco. I miei occhi portavano odio e nient’altro.
Adesso ero faccia a faccia con Aro, non mi faceva più paura. Non avevo paura di
nessuno di loro. Avevo ripreso il comando del mio corpo e sapevo che stavo
puntando ad uccidere Aro. Lo guardai e lui parlò – questa e colpa tua.
Succederà perché hai deciso di non unirti a noi ma puoi sempre rimediare.- IO
lo guardai perplessa, la paura mi inondo di nuovo, poi il buio.
Il buio, buio
ovunque. Mi girai e rigirai ma tutto mi sembrava estraneo. Accesi la luce con
un movimento goffo. Un velo di sudore mi ricopriva la fronte e la nuca. Era un
sogno, un incubo. Avevo gli occhi spaventati e guardavo fissa la porta. Mi
alzai e andai davanti allo specchio. Intrecciai le dita tra i lunghissimi
riccioli neri. Li lasciai cadere facendoli arrivare fino al fondo schiena.
Erano molto compatti ma sottili. Gli occhi nocciola, color cioccolato erano
inondati da lacrime inspiegabili e incondizionate. Era stupido piangere per un
incubo ma era così..così..vero. Mi asciugai gli occhi e iniziai a pensare. Era
un sogno o un avvertimento? Sarebbero morti se avessi voltato le spalle ai
Volturi? L’unica cosa che sapevo e cche non dovevano morire! Avrei fatto qualsiasi cosa per farli
rimanere vivi, qualsiasi…
Ero
stordita, mi guardavo attorno e non riuscivo a capire dove mi trovavo. Dei
passi sommessi sul vialetto mi fecero sobbalzare. Mi girai verso la finestra e
mi avvicinai spaventata. Guardai. Tre figure poco delineate si avvicinavano
alla mia casa. Erano loro? Potevano essere loro? Il battito del mio cuore
divenne accelerato tanto da dover fare un profondo respiro per evitare una
crisi. Mi sporsi un’altra vota. Non vedevo niente di più che tre figure.
Dannati occhi umani!! Strizzai più volte gli occhi e la paura finì appena un
ululato si alzò dal viale. Doveva essere Quil. E gli altri due? Erano
sicuramente..loro. Senza esitare mi gettai dalla finestra. Adrenalina pura!
L’aria dritta in faccia. Sfidare la forza di gravità, grandioso! Sapevo che
c’erano braccia aperte su cui cadere. Infatti fu così qualcuno mi prese al
volo. Sentivo il suo respiro caldo sul viso. Non mi voltai a guardarlo e
affondai il mio viso sul suo petto caldo e possente. Era confortevole, come
sempre. Era lui. Sì, era proprio lui. Seth! Mi abbracciò e mi tenne stretta,
poi sussurrò – se tuo padre ci vede così, alle 3 di notte mi uccide- io sbuffai
e voltai lo sguardo sul suo viso, i suoi occhi castani mi rapirono. Lo strinsi
più forte e farfugliai – non m’importa-lui mi sentì ma non rispose.
-amore,
dobbiamo entrare, siamo qui per un motivo.- mi ero completamente scordata di
Quil e Leah. Mi girai verso di loro e vidi Leah irritata e nervosa. Quil si era
appena ritrasformato. Era a petto nudo con un paio di pantaloni vecchi ma
comodi, senape, gli arrivavano al ginocchio. Il suo volto era altrettanto
nervoso. Che nascondevano? Che erano venuti a fare alle tre di notte?
Mi voltai di nuovo verso Seth e lui mi baciò
la fronte. Io sorrisi, lo adoravo! Sentii ringhiare da dentro casa. Mio padre!
Lui senza paura mi fece scendere e mi prese la mano. Il contatto era caldo,
aveva una temperatura di almeno trenta gradi ma c’ero abituata. Intrecciai le
dita alle sue ed entrammo seguiti da Quil e Leah.
Mio padre mi
guardava con sguardo di ammonimento, e parlò – che ci facevate voi due là fuori
a quest’ora da soli?- Io arrossii e Seth parlò stringendo più forte la mia mano
– non siamo affatto soli.- entrarono gli altri due e io mi votai per qualche
secondo prima di rivoltarmi a guardarlo. Aveva una voce così..intonata, dolce,
melodiosa. Non mi sarei mai stancata di sentirla.Mio padre scrutò Leah e Quil e chiese – che è
successo?- In quel momento vidi mia madre entrare. I suoi occhi color
cioccolato, tali quali hai miei, ci osservavano attenti. I suoi riccioli dorati
le cadevano sulla spalla. Li portava molto corti. Aveva un’aria interrogativa.
Io ero nascosta dietro Seth. Lei mi guardava. Me lo sentivo, ma non sapendo
perché rimasi nascosta. Prima che Seth potesse iniziare udimmo dei passi. Ian
doveva essersi svegliato. Ian era la copia di mio padre con i colori di mia
madre. Io avevo i tratti di mia madre e i colori di entrambi. Eccolo! Sbucò
dalla porta. Una mano hai corti capelli dorati. Aria assonnata e interrogativa
almeno quanto quella di mia madre. Sgranò gli occhi nocciola quasi neri. Non so
spiegarlo. Alle volte avevi l’impressione fossero come i miei e il momento dopo
ti accorgi che sono neri! Lineamenti un po’ orientali ma comunque molto belli.
Sorrise vedendo Seth e gli altri. Gli si creò la fossetta che adoravo!Il mio
“fratellino”!
-Ehi
diciottenne!- Lo salutò Quil. Scherzavano sempre sul fatto che si vantasse di
essere maggiorenne. Anche se lo ero anch’io. Lui sorrise.
-allora, che
succede?- intervenne mio padre. Io sbucai fuori dalla schiena di Seth e mi misi
a fianco di mio fratello. Era imbarazzante. Io diciottenne di uno e
sessantacinque, lui diciottenne di uno e novantacinque se non 2. Non avevo mai
pensato di misurarlo. Sapevo di certo che era poco più “basso” di Seth, che era
un bestione di più di 2 metri.
Al suo
fianco mi sentivo in imbarazzo. Con Seth era diverso io mi sentivo protetta,
mentre con lui mi sento osservata. Seth finalmente cominciò
-di solito
si inizia con, ciao!Come stai?!?Da quanto tempo!- mio padre zittì le risatine mie
e di Ian e disse
-saltiamo la
parte noiosa! Allora quale cattivo vento vi porta qui alle tre di notte?-
-abbiamo una
notizia importante- continuò Seth adesso serio.
-Abbiamo
visto 2 Cullen a Forks.-
Cosa? Due
Cullen a Forks? Com’era possibile? I Cullen sono
stati sterminati, niente da fare. Sterminati da più di venticinque anni. Io
rimasi pensierosa mentre mia madre fu scossa all’improvviso e il suo sguardo si
perse nel vuoto. Chi? Chi tra i Cullen era ancora vivo?
-chi li ha
visti?- balbettò lei, ormai non guardava altro che il terreno-
-ragazzi
entrate.-Io lo guardai, niente. Non ricambiò il mio sguardo. Due lupi entrarono
ringhiando. Io andai indietro e quasi scivolai. Mio fratello mi afferrò il
braccio facendomi riprendere l’equilibrio.
-non si
fidano di Renèe e Ian.- Spiegò. Infatti sia Renèesme, mia madre che Ian erano
mezzi vampiri. Io lo guardai offesa della poca considerazione di me, lui si
scusò con lo sguardo. Come potevo non perdonarlo?Impossibile, ecco la risposta.
Mio padre si trasformo e io mi aggrappai al suo pelo rossiccio. Il suo sguardo
contratto si rilassò e mi guardo affettuoso. Io ricambiai l’occhiata. Restammo
minuti ad aspettare che la loro conversazione mentale finisse. Io ancora
aggrappata al suo pelo sentivo i fremiti del suo corpo, la contrazione delle
gambe. Digrignò i denti e fece un ringhio pacato che supposi non fosse
indirizzato hai due lupi. L’attesa era snervante. Guardai gli occhi dei due che
raccontavano, uno aveva degli occhi azzurri chiarissimi l’altro neri, che mettevano
in soggezione. L’attesa finì. Mio padre si ritrasformò e iniziò a spiegare.
-hanno visto
una ragazza, bassa, con i capelli relativamente chiari, gli occhi dorati e
l’espressione pacifica. Molto bella, agile e aggraziata. Vestiva molto, molto
bene. Che è sicuro come la morte Alice. Poi hanno visto accanto a lei passare
un ragazzo biondo con espressione un po’ da stupido.- sentii che mia madre gli
aveva dato “aggraziatamente” un ceffone in pieno volto io la guardai e poi
guardai mio padre che si corresse – scusa amore. Con espressione comunque
strana e occhi dorati come lei. Alto e agile. Che è sicuramente..- non finì
-Jasper!- concluse mia madre. Mi voltai verso
Ian che ne aveva capito tanto quanto me cioè.. niente.
-Dobbiamo
andare a cercarli, se li conosco bene, se ne andranno domani.- disse lei. Aveva
uno sguardo che spaventava persino me. I due licantropi nuovi avevano il pelo
drizzato dalla paura e i denti scoperti.
-ok- mormorò
Jacob, mio padre. Io e Ian annuimmo per spirito di solidarietà. Conoscevamo di
nome tutti i Cullen ma pensavamo che fossero stati uccisi tutti. O almeno così
ci era stato detto.
Li
guardavo sconvolta. Alice, Jasper? Vivi? Mia madre ripetè
-dobbiamo muoverci arriveremo fra circa 3 ore- io la guardai e poi tornai a
guardare i due grossi lupi che non conoscevo. Avevano un’aria strana,
diffidente e spaventata.
-tranquilli
faccio io- disse mio fratello e tutti ci voltammo a guardarlo.
-leggo
nel pensiero a tutti, tranne a mia sorella. Per questo spiego io- spiegò a i
due lupi.
-bene.
Loro vi volevano dire che il branco al completo sta arrivando qui.-
-cosa?
Il branco al completo?-
-si
compreso di nuovi- continuò Ian
-anche Diamond- concluse e mio padre lo guardò
-D-Diamond?- balbettò
-chi è Diamond?- mi azzardai a chiedere, niente, nessuna risposta.
-non
m’importa! Andiamo!- urlò mia madre.
Eravamo
pronti per andare erano le 3 e mezza e mia madre era impaziente. Tutto il
branco era lì. Sam, Embry, Collin,Brady, Jared e Poul si erano aggiunti a mio padre, Seth, Leah e Quil. I
due lupi sconosciti stavano subito dietro Quil e i sei nuovi affiancavano Sam.
Faceva senso vedere tutti quei lupi. Mia madre e Ian
guardavano il bosco in posizione per partire. Mio padre ringhiò e mia madre
disse - Bells! Vai sopra tuo padre.-
-perché
sopra di lui, io voglio Seth-
- e
prenditi chi vuoi è importante che ti sbrighi.- annuii compiaciuta mi avvicinai
a Seth e gli salii in groppa.1..2..3. Partimmo a tutta velocità, io accarezzai
il pelo di Seth concentrato sulla strada. Jake con Renèe erano avanti e dietro
di loro Quil Leah e Sam con i nuovi. Dietro Ian, Jared, i due sconosciuti ed Embry.
Agli ultimi c’eravamo: noi, io e Seth, Collin, Brady e Poul. Appoggiai il viso
al dorso possente del mio ragazzo e mi lascia cullare dalla velocità con cui
andava. Appoggiai una mano sul suo pelo e fui in grado di sentire i suoi
pensieri
Allora,
Sam! Perché Diamond?
Riuscivo
a sentire anche i pensieri del resto del branco. Così, magari avrei capito, una
buona volta, chi è Diamond.
Non si
fida dei vampiri
Rispose
Sam nervoso
Ma è uno
di loro!
Sbottò
Seth. E..? Ci stavo capendo sempre meno. Uno di loro?.. Un vampiro..? Come
poteva fare parte del branco un vampiro..?
Sbuffai
e loro interruppero la loro conversazione mentale.
Che c’è?
Chiese
Seth sicuramente rivolto a me. Io parlai, sapevo tenere per me i miei pensieri
e frugare in quelli altrui ma non sapevo dialogare mentalmente.
-puoi
spiegarmi chi è Diamond?-
Diamond è un lupo un po’ speciale
Sentii
qualcuno ghignare alla mia sinistra. Sicuramente Brady.
Poi sentii i pensieri di Poul
E io
sono babbo natale! Smettila Seth!
Mi girai
e non potei fare a meno di sorridere. Il mio lupo sbuffò e io gli diedi una
pacca sul dorso. -Continua- lo invitai.
Andiamo
al sodo. E speciale perché è un mezzo vampiro, mezzo licantropo.
Io non
risposi. Ero stupefatta. Non se n’era mai parlato di un mezzo come questo. Feci
un profondo respiro e rimasi in silenzio. Chiusi gli occhi.
Un botto
improvviso mi fece sobbalzare. Una frenata brusca. Mi ero addormentata? Si.
Aprii gli occhi, la pelle bianca di mia madre fece un leggero luccichio, alla
luce del sole. Era quella la cittadina più piovosa degli Stati Uniti? Seth
voltò il grosso testone verso di me , io lo accarezzai -scendo- gli sussurrai.
Appena scesi vidi un’enorme casa. Luminosissima! Era quella la vecchia e
abbandonata casa Cullen? Non mi sembrava proprio vecchia e abbandonata. Mia
madre si era già fiondata alla porta, mio fratello e mio padre la seguivano,
loro due camminavano a pari passo lanciandosi occhiatine. Io mi aggregai a loro
mentre il branco rimase immobile più distante. La porta si aprì non appena mia
madre salì il primo gradino. Entrò ed io appresso a lei. Era vuota, non c’era
nessuno. La sentii dire, con un filo di voce
-Alice,
sei tu?- Sentii una porta sbattere al piano di sopra e salimmo. A metà scala,
si trovavano i cappellini dei diplomi,Erano più di 100! Quante volte si erano
diplomati? Che noia ripetere sempre il liceo. Appena fummo al piano di sopra
vidi due figure da un corridoio quasi nascosto a destra e li seguii,
scordandomi di avvertire gli altri. Sentii sbattere la porta d’ingresso e capii
che i lupi erano entrati. Per non so quale motivo sperai che si fossero
ritrasformati in umani. Giunsi ad una grande porta con su scritto “Alice
guardaroba”. Una stanza intera per un guardaroba? Senza esitare entrai. Vidi
una ragazza alta quanto me che frugava in un armadio. Dei soldi erano poggiati
nel letto matrimoniale. Che ci faceva un letto matrimoniale in una stanza per i
vestiti?
-c..ciao-
sussurrai. Lei si girò, era bellissima, sembrava un elfo, piccolo e aggraziato.
-ciao!-
aveva un tono acuto ma una bella voce
-chi
sei?- continuò. Avrei dovuto presentarmi ma l’avrei sconvolta, non importa.
-Isabella
Black- lei pensò prima di rispondere. Possibile che
non sapeva della mia esistenza? Fatto stava che rispose con totale
indifferenza. Sicuramente la sua incertezza iniziale era dovuta al mio nome.
Isabella..Black.. Isabella Swan.. ora pensa sia una coincidenza. La risposta fu
-ah, sei
qui.. perché?-
si senti
un’altra porta sbattere, possibile che non le sentisse, se le sentivo persino
io, un umana?Lei sorrise e tornò hai suoi vestiti quando qualcosa l’attirò.
Arricciò il naso per il disgusto e scusandosi uscì dalla stanza, io la seguii.
-Renèe!!! Cane!!!- urlò dalle scale. Capii che
parlava con i miei. Li vidi, Alice abbracciava Renèesme.
Jasper era appoggiato alla ringhiera della scala e con un misero gesto della
mano salutò tutti i lupi. Alice passò ad abbracciare mio padre. Chi l’avrebbe
mai detto?
-cane!-
disse lei con le lacrime che le scorrevano lente.
-ehi,
nana!- scherzò lui. Jasper scese ad abbracciare mia madre e io lo seguii. Dopo
la parte noiosa dei baci e degli abbracci, toccò a quella delle presentazioni.
Alla fine si decise di fare un giro in città per parlare. Erano le 7 e la città
si stava svegliando. Ma anche da sveglia sembrava morta e disabitata. Io e la
mia famiglia senza il branco uscimmo. Diedi un bacio sulle labbra di Seth,
così breve che lui non si mosse. Mi voltai verso i miei che stavano già
camminando. Camminando si cominciò a parlare del più e del meno, di come non
erano riusciti a trovare un mezzo vampiro in tutto il mondo. Di come fosse
difficile cercare qualcosa che non vedi. Alice saltellava mentre parlava con le
lacrime agli occhi. Poi mio padre disse
-noi
siamo andati via prima che lo scontro degenerasse, con i documenti falsi. Poi
siamo tornati ed erano tutti morti- sibilò fra i denti quell’ultima
parola. Mia madre abbassò la testa, poi rimasero in silenzio. Io avanzai
lasciandomi alle spalle, infatti non riuscii a sentire niente di quello che
avevano detto in seguito. Ian mi fiancheggiava.
Guardavo la città. Era vecchia e totalmente distrutta. Le case erano deprimenti
e malconce. I muri e le facciate in decadenza. I terreni pieni d’erba spontanea
non curata. Sembravano disabitati ma da una di esse uscì un bambino che poteva
avere 10 anni. Aveva abiti vecchi e sporchi. La maglietta era più larga della
sua circonferenza. I pantaloni sporchi gli arrivavano a terra e li pestava sotto
i piedi dopo ogni passo. Sotto braccio teneva un pallone, vecchio e sgonfio.
Guardai la strada. Sembrava quasi stesse per aprirsi una voragine proprio al
mezzo di essa. La linea bianca era ormai scomparsa del tutto.
-che è
successo a questo posto?- chiesi ad Alice appena le fui accanto. Mi rispose
Jasper -durante lo scontro con i Volturi molti cittadini sono andati a
controllare per aver sentito voci o rumori strani.- si fermò un attimo poi
riprese -nessuno e stato risparmiato, e pensando che gli altri avrebbero
indagato sulla scomparsa di quest’ultimi è stata sterminata l’intera città. In
venticinque anni qualcuno ignaro dell’accaduto è tornato ad abitarci. Però sono
venute qui specialmente famiglie povere che hanno preso le case dei morti
abusivamente. Loro non sanno niente per questo e stata concessa loro, da parte
dei Volturi, la vita qui.-
-come
mai non hanno preso casa Cullen?- chiesi interessata all’argomento.
-Perché
è molto difficile trovarla. Inoltre ci sono molti sistemi di sicurezza ed è
quasi impossibile entrarci clandestinamente mentre noi non ci siamo- rispose
Alice con un grande sorriso in volto, io sorrisi a mia volta ma era difficile
accettare quello che i Volturi avevano fatto. Non meritava perdono. Il segreto
era stato un pretesto per distruggere Forks e come sempre i pretesti usati da
loro finivano per essere rese cose giuste. Ma non lo erano mai! No. Era
imperdonabile..
Il branco si
unì a noi in forma umana. Vidi due sagome accanto a Poul. Li scrutai. Erano un
maschio e una femmina. Il ragazzo aveva press’a poco 20 anni, capelli castani
raccolti in una coda di cavallo e occhi chiari. Azzurri. Portava i pantaloni
fino alla caviglia ed era a petto nudo. La ragazza sembrava più grande. Portava
i capelli corti fino alla spalla neri come la pece. Occhi del medesimo colore
che mi fissavano. Mi guardava in cagnesco. Lei portava dei pantaloni corti e
una maglietta nera smanicata. Aveva un piercing al labbro inferiore e uno
all’orecchio sinistro. Nello stesso orecchio portava un orecchino quasi
invisibile. Lui sorrise più amichevole mentre lei ringhiò. Io la guardai immobile.
Seth mi prese la mano e continuammo a camminare.
-mi fa
paura- gli sussurrai all’orecchio avvicinandomi ad esso in punta di piedi. Lui
sorrise -sono innocui, tranquilla- disse piano io mi voltai a guardarla. Però
lei non ricambiò. Parlava con l’altro. Il moro. Insieme mi mettevano i brividi.
Mi voltai di nuovo a guardare la strada deserta. Seth si voltò verso gli
alberi. Io mi preoccupai. Lui ha i sensi più acuti degli altri licantropi. Mi
rassicurai non appena abbassò lo sguardo dicendo – sta arrivando Diamond-
Finalmente
questo Diamond! Chissà com’è. Un rumore attirò la mia attenzione e vidi tutti
guardare dalla mia stessa direzione. Verso il bosco. Il fruscio e lo scalpiccio
delle foglie si fermò all’istante. Un brivido mi attraversò la schiena. Non
vidi nulla fino a quando un lupo non mi fu davanti. Era diverso e metteva i
brividi. Il pelo nero come il carbone entrava in contrasto con il rosso sangue
degli occhi che trasmettevano odio. Mi nascosi dietro Seth che mi accarezzò i
capelli sussurrando
-tranquilla,
va tutto bene. Ci sono io, non può toccarti.-
-Diamond!
Non servi, puoi andare.- ruggì mio padre io non mi volsi a guardarlo. Il mio
sguardo era incatenato a quegli occhi maledetti. Il lupo si voltò a guardarmi e
si avvicinò. Sempre di più.
-smettila.
Allontanati-ringhiò Seth. Lui rispose
con un altro ringhio e continuò ad avvicinarsi. Io ero immobile. Mia madre, mio
padre e Ian si misero davanti a me e Seth mentre Sam, Quil ed Embry
trattenevano il lupo assetato di sangue. Seth si allontanò mentre io cercavo di
trattenerlo.
-sono qui.-
sussurrò, io lasciai la presa. Si avvicinò a Diamond e lo guardò di
traverso
-Tu..- lo indicò con fermezza mentre le mie
gambe tremavano. Il lupo non arretrò – non ti uccido perché la potrei impressionare.
Ma la prossima volta che tenti di bere dalla mia ragazza io ti sgozzo!- Io
sorrisi debolmente. Mi accorsi che dalla paura mi ero rannicchiata sul
pavimento freddo. Mi rialzai e continuai a guardarli. Il lupo si ritrasformò.
Era bruno con occhi rossi e aria sfacciata. Era pallido e molto bello. Mi
continuava a fissare, ma io non avevo più paura. Adesso non più.
-hai
capito?!? Alla prossima non ci arrivi- ringhiò per l’ennesima volta Seth. Lui
lo guardò
-e chi mi
dovrebbe fare fuori? Tu moccioso?-
-bada a come
parli succhia sangue taroccato. Non sarai mai un licantropo e nemmeno un
vampiro, sei inutile! Comunque si caro sarò proprio io a farti fuori - Risi e
li lasciai continuare senza dire una parola.
-tu cosa? Ahahah! Ma non farmi ridere!- disse Diamond ridendo
-basta- La
voce di mio padre risuonò autoritaria e arrabbiata
-se tu ti
azzardi a toccare mia figli io ti uccido.- disse rivolto a Diamond. Lui non si
mosse e non cambiò espressione.
Speciale..speciale
aveva detto Seth. A me sembra solo un assassino mutaforme. Poi.. magari.. può
essere utile al branco come “segugio” ma io non credo porterà mai qualcosa di
buono.
-sta calmo
paparino, ha solo un odore invitante- si sporse e annusò l’aria
-che c’è
vuoi mangiarmi? Se ci tieni alla vita dovrai abituarti al mio odore- mi
avvicinai a lui. Non so come e chi mi abbia dato quel coraggio ma continuai ad
avvicinarmi.
-ti sembra
il caso?!?- disse ironico con la sua voce profonda ma io la vidi come una presa
in giro.
-che c’è
pensi che io non ti possa tenere testa?- in realtà era così ma.. lui rise
beffardo e io mi allontanai.
-smettetela!!!-
urlò quasi impazzito mio padre io mi voltai a guardarlo. Seth mi prese la mano.
Capii che era al mio fianco e non avevo più paura. Diamond abbassò lo sguardo.
Seth alzò la testa verso il bosco. Un’altra sorpresa? Dietro lui tutti gli
altri. Diamond, Quil, Jacob, nessie, Ian..
Oh no allora
la cosa è seria! Ma perché io devo essere la fragilina che non si accorge mai
di niente?!? Essere umani fa schifo è risaputo! Un umano non si accorge dei
cattivi di turno! Adesso chi è?
-Sali sulla
mia schiena- urlò Seth.
-p-perché?-
chiesi. Lui mi strattonò aggressivo e si trasformò. Era un bellissimo lupo
grigio, pelo non troppo lungo e occhioni nocciola. Io
rimasi a fissarlo quando mi accorsi che sparivano uno dopo l’altro. Prima mio
padre poi mia madre, Sam, Diamond, Collin, Embry.. Tutti tranne Ian, Quil e
Poul. Io salii in groppa a Seth e loro ci fecero scudo. Vedevo il mio gemello
davanti e gli altri due ai lati. Brady si avvicinò e si posizionò dietro di
noi.
Perché ci
avevano accerchiato? Per proteggerci? Se sì, da chi? Adesso mi è tutto chiaro,
sono qui per proteggere me. Sarà un vampiro e non penso vorrà fare amicizia
con me. Andavano veloce, fin troppo. Mi sentivo sballottata qua e là
e non potevo farci niente. Respiravo a fatica e si era alzato un vento
tagliente, o era la velocità? Non sapevo cosa rispondermi e non era il contesto
giusto per chiedere a Seth come fosse il tempo, qualcosa, non so chi o quanto
c’era da preoccuparsi, li metteva tutti in ansia. Vedevo dei corpi scuri e poco
delineati saltare sui tronchi più stabili degli alberi. Sicuramente Ian e mia
madre. Sospirai e cercai di liberare la mente quando..
Un’altra
frenata brusca! Perché non c’è nessuno che dà le patenti ai lupi?!?
La sterzata
mi fece volare lontano da lui e dal suo dorso. Andai a sbattere violentemente
contro uno dei grossi tronchi che ci circondavano. Feci una smorfia di dolore e
li guardai. Non ero poi così lontana. Almeno abbastanza vicina da dirgliene
quattro
-ma porca
miseria Seth!- ruggii. Tutti guardavano l’alto, e poi verso gli alberi. Mi toccai
la fronte istintivamente e notai che era piena di sangue. La ferita non doveva
essere grave ma il sangue scorreva lentamente sulla mano appoggiata ad essa.
-mi potevo
spaccare la testa!-
Mio padre
ruggì, ma continuò a guardare altrove.
La testa sanguinava.
Il silenzio. Quel silenzio che temevo più di qualunque altra cosa si impossessò
di me. Mi sentii sola. Lo ero davvero?
Silenzio..
Silenzio..il fruscio delle foglie e di nuovo il silenzio..silenzio..
D’un tratto
vidi un ragazzo. Occhi neri e capelli del medesimo colore. Mi guardava e storse
la testa, era bello, incondizionatamente bello. Mi inchiodai ai suoi occhi. Ma
quanto era bello! Un sogno!
Subito
distolsi lo sguardo e mi imbarazzai di quei pensieri. Chi era? Cosa voleva? Mi
guardavo attorno e non vedevo niente, nessuno. Vedevo solo lui, lui e la sua
bellezza. I suoi denti perfettamente bianchi e la carnagione cerea ma piena di
fascino e mistero. Mi sorrise, io non ricambiai. Ero spaventata e preoccupata.
Quel sorriso
freddo mi catturò. Sorrisi. Perché! Perché l’ho fatto?!? Perché gli ho sorriso?
Non è che mi sia innamorata di lui?!? Nooo! Io amo e amerò sempre Seth, è stata
solo una stupida sbandata. Tutto qui.
Mi voltai
un’altra volta e c’erano tutti, ringhiavano e Seth mi guardava. Espressione
impassibile, non li guardava, ma guardava me. Ha visto?
-Seth io..-
tentai di giustificarmi.
Ringhiò in
risposta e io tacqui. Li guardai di nuovo, non era solo lui, ma erano in 5.
Riconobbi Felix, me ne avevano parlato a lungo. Era davvero un colosso tutto
muscoli e niente cervello. Un’altra era una figura minuta, una ragazza. Capelli
corti neri e occhi di un nero profondo. Gli altri non li conoscevo. Felix,
capelli castani e occhi neri. Uno poteva essere Dimitri. Aveva i capelli scuri,
non riuscivo a capire di che colore e occhi azzurri. L’altro aveva i capelli
rossi, corti e con una cresta e occhi verde scuro. Mi guardavano?
Jacob mi
vanne addosso ma io continuai come se non avessi visto in che situazione ci
trovavamo tutti.
-non hai
risposto! Mi stavo ammazzando!!! Smettila di fare il finto tonto Seth!-
-taci- disse
mia madre un po’ scorbutica. Io feci una smorfia ma mi stetti zitta, aveva
ragione.
Passai una
mano sulla ferita, continuava a sanguinare, quando mi accorsi che ero
circondata da almeno 6 lupi e avevo Seth al mio fianco. I vampiri al di là
della radura, a circa 30/40 metri mi fissavano. Io abbassai lo sguardo e toccai
il pelo setoso di Seth per sentirgli i pensieri.
-Seth mi
dispiace- sussurrai.
Non voglio parlare di quello
Allungò il muso in direzione di QUEL
ragazzo. Io abbassai lo sguardo imbarazzata. E sussurrai
-Lo so scusa, mi dispiace Seth..- ringhiò
non
voglio scuse, non mi servono. Adesso non è il momento adatto non credi?
era una domanda retorica, io non
risposi e mi accasciai sul terreno nudo e freddo. Mi aggrappai a lui e in un
attimo mi trovai a guardare il terreno, le foglioline e cercai qualunque cosa
pur di non guardare Seth anche se in sembianze di lupo.
-Chi era quel misterioso ragazzo?-
senza accorgermene lo dissi ad alta voce. Lui ringhiò e pensò
Quello
che ti piace tanto è Alec, gli altri sono Felix, Dimitri e Jane
Non ribattei per quella stupida affermazione. E
l’altro? Teneva la testa bassa e non ci guardava. Giocherellava con un coltello
e stava appoggiato ad un tronco. Si girò. Era anche lui bellissimo, non avrei
saputo decidere tra i due. Sorrise, era rivolto a me? Il suo sorriso era caldo
e rassicurante e io ricambiai. Mi dava sicurezza e avrebbe dovuto farmi paura?
Anch’egli dentatura perfetta e pelle chiara ma meno marmorea di Alec. Mise una
mano ai capelli e notai i muscoli che prima non avevo visto. Era molto, molto
muscoloso. Non si mosse neanche ma il coltello sparì e mi passò tanto vicino da
graffiarmi superficialmente il viso. Come se la testa non bastasse!
Mi
avvicinai, anche dopo i gemiti le urla e i ringhi di avvertimento. I morsi di
chi tentava di trattenermi e lo sguardo impassibile di Seth. Quella era la cosa
che mi fece più male. Non gli importava se stavo andando in contro alla morte.
Un morso più
doloroso al braccio destro. Mi girai e accarezzai il testone di Quil il mio
migliore amico. A lui piacevo da tempo e non andava più d’accordo con Seth.
-sta
tranquillo- gli dissi, lui mi lasciò. Non penso volevano staccarmi qualche
arto.
Continuai a
camminare. Chissà che aveva pensato Seth? Forse pensava che mi ero innamorata
di Alec e stavo andando da lui?
È impazzito?
Come può pensare una cosa del genere? Io sono molto romantica ma non fessa!
Andare in contro alla morte per un ragazzo che non conosco? MAI!!!
Camminai
lentamente, trasalendo ogni volta che le urla strazianti di mia madre e gli
ululati disperati di mio padre mi giungevano all’orecchio.
20
metri…………………………………..10 metri…………………………………5 metri
4……………3………………2………….1………………
Ero di
fronte a loro. Di fronte al rosso.
-hai una
mira perfetta- dissi io mostrando il taglio con un sorriso.
-ma se ti ho
mancato- disse lui scherzoso. Aveva un’aria gentile.
-perché
volevi far fuori una ragazza bella come me?!?- Dissi io facendo gli occhioni
dolci.
-sei molto
coraggiosa ragazzina- disse Alec
-ragazzina?!?
Ho diciotto anni, non sono più una ragazzina!- dissi io mettendo il broncio e
incrociando le braccia al petto.
-come
vuoi-disse lui
-ragazza!-
disse la ragazza minuta, che fin ora era rimasta in disparte
-si?-chiesi
voltandomi a guardarla. Guardandola come sfondo dovevo per forza vedere il
branco di lupi che trasaliva per ogni secondo che passava.
-vuoi vedere
i tuoi amici morire uno ad uno?- non sembrava una domanda ma lo era. Io scossi
la testa incapace di parlare, bloccata da una paura più che razionale.
-bene- disse
lei con un sorrisetto che mi metteva i brividi. Aveva una voce limpida e
squillante. Però stava sussurrando.
-allora
potresti difenderli tutti-
-come?-
risposi con un filo di voce
-unendoti ai
Volturi di tua spontanea volontà- rise. Io ero allibita.
Il mio
incubo. Possibile? Sarebbero morti in quel modo
-quando?
Come?- dissi irritata, preoccupata e rigida come un pezzo di legno
-calma,
calma.- disse lei
-ogni cosa a
suo tempo- disse Alec sussurrando al mio orecchio. Aveva un respiro regolare
freddo ma piacevole. -ma... Quando?- Non finii la frase con come? Perché?O con
che volete da me sono una semplice umana
-capirai che
è tempo venire da noi anche da sola.- disse il rosso
-loro non
dovranno saperlo o siete tutti morti. Crederanno sia una tua scelta, intesi?-
disse la ragazza. Io annuii e Felix mi spinse a terra ridendo.
Mi svegliai.
Avevo i ragazzi attorno. Leah e mia madre ai fianchi. Avevano tutti un
espressione preoccupata.
L’avevo
sognato?
-sei svenuta
amore, stai bene?- mi chiese mia madre.
NO, non era
un sogno era la realtà. La mia realtà e il mio destino, a cui non c’era scampo.
-sto bene,
portatemi a casa. Ma che è successo?-
-ti hanno
spinto e sei svenuta. Loro sono andati via.- disse Seth sbucando da dietro mia
madre.
-aah-
riuscii solo a dire.
Dovevo farlo
o era una minaccia che non avrebbero portato a termine? Troppo rischioso
rischiare. Io non volevo andarci e non potevo neanche dirgli cosa stava
succedendo. Ero segnata! Non potevo dirlo che li uccidevano, non potevo restare
che li uccidevano! Che dovevo fare? Unirmi ai Volturi? Mai!
Dovevo e lo
sapevo bene.
Silenzio..
di nuovo quel silenzio.. la mia vita è un incubo!
Silenzio..silenzio..una
goccia di sangue del mio viso cadde sul terreno..ilmio battito irregolare e il loro respiro
affannato erano le uniche cose che mi paravano da quel silenzio infernale. Poi
non percepii più nulla.
Silenzio..vedevo
solo figure sfogate e il silenzio si impossessò di me. Ero sovrastata, non
potevo reagire e chiusi gli occhi.
A tutti gli
amanti delle mie storie volevo dire che ne ho iniziata un’altra: A New Beginning”
e spero che la leggerete e recensirete. By la vostra Hermana!
Alec
Passarono i
giorni e li trascorremmo a casa Cullen. Dopo quell’avvistamento, nessuno si
sentiva in diritto di lasciare quella popolazione in balia dei volturi, che ora
sapevano della nostra presenza.
Lunedì: vento
gelido e una pioggia fitta erano le uniche cose che mi riempirono la giornata
vuota come il mio cuore che stava combattendo.
Martedì: la
pioggia era finita ma il cielo continuava ad essere uggioso. Io rimasi tutto il
giorno nella grande camera che mi avevano affibbiato.
Mercoledì:
odiavo quel posto, “Forks”. Odiavo la mia vita e i
miei incubi che mi continuavano a perseguitare.
Giovedì: non
ce la facevo più! Stetti tutto il giorno in camera e saltai i pasti.
Venerdì:
Seth entrò nella mia stanza e io feci un debole sorriso. Si sedette vicino a me
nel letto e iniziò a parlare - non so cosa ti sia preso ma mi sto iniziando a
preoccupare- i suoi occhi scuri cercavano i miei, ma io deviai lo sguardo.
-niente, non c’è niente di cui preoccuparsi e anche se fosse tu non puoi fare
niente- mi continuò a guardare e mi fu impossibile non ricambiare. Un soffio di
vento entrò dalla finestra. Lui si alzò a chiuderla e lasciò aperto solo uno
spiraglio. Io lo osservai uscire dalla camera senza dire una parola. Dopo.. il
silenzio e la solitudine.
Sabato: Ho
il cuore a pezzi! La testa in fiamme e non so più cosa pensare. La solitudine
mi ha fatto riflettere. Io amo Alec, lo amo perché mi manca e vorrei essere
accanto a lui. Questa verità spinge fuori le mie lacrime e voglio solo gridare
“salvami, portami con te” ma poi comprendo “troppo orgoglioso, non sai neppure
il mio nome, però ti amo!” La verità fa male ma è sempre la stessa: la vita è
un inferno! Penso e ripenso ma non capisco “come ho potuto innamorarmi di te?!?
Vorrei vederti, abbracciarti e sentire che mi sei vicino. Forse corro, ma non
posso più vivere così. L’amore rovina. Da quando ti ho conosciuto non mi hai
dato pace nemmeno in sogni ed incubi, hai cambiato la mia vita. Il mio rapporto
con Seth e il mio soggiorno in casa mia. Non ho più la possibilità di scelta.
Penso che tutto sia già scritto.”
I giorni
continuarono a passare lenti, contavo i secondi, i minuti, le ore.. Decisi di
uscire a prendere una boccata d’aria, quando mi accorsi che era notte fonda.
Sgranai gli occhi alla finestra. Non vidi altro che buio, buio pesto.. Gli
alberi erano avvolti nell’oscurità e non si vedeva altro.
Decisi di
uscire ugualmente.
La pioggia
cadeva fitta, mi annebbiava la vista, ma fatto stava che non avevo una meta
precisa quindi sarei andata ad intuito anche se non avessi avuto difficoltà
dalla pioggia.
Camminavo
senza una meta, distrutta. Toccandomi le tempie per le dolorose fitte alla
testa e non sfiorai le bende. Mi era passato e vista l’agonia di quei giorni
non me n’ero neppure accorta. Le lacrime si confondevano per via della pioggia,
ma io le sentivo scendere e rigarmi il viso.
Al primo
albero mi ci accasciai. Tenevo la testa sulle ginocchia piegate e la schiena
appoggiata al tronco.
Passi..passi
sommessi da dietro i cespugli..
Alzai la
testa e mi guardai attorno
-c..chi
sei?- chiesi con un filo di voce
nessuna
risposta ma chiunque fosse avanzava ancora.
Non mi
mossi. Le lacrime scorrevano veloci e il cuore batteva all’impazzata. Chi era?
Sentii una
voce flebile , forse per non spaventarmi.
-Sono
Alec..sta’ tranquilla..-
Una luce
strana nei miei occhi si accese.
Gli corsi
incontro e dopo avergli dato una decina di pugni nell’addome, lo abbracciai. La
pioggia cadeva fitta, e il suo abbraccio seppure freddo mi portò calore. Alzai
lo sguardo e lo vidi in faccia, non aveva opposto resistenza sull’abbraccio.
Era bello..mi guardava con aria dolce e vedendo che io lo stavo scrutando mi
baciò la fronte.
Il contatto
fu freddo ma piacevole, durò pochi secondi ma io pensai fosse passata
un’eternità.
-scusa-
disse subito lui sciogliendo il mio abbracciò
-per cosa?-
chiesi mentre vedevo che si stava togliendo il pesante giubbotto nero.
-per essermi
preso confidenze che tu non mi avevi dato- rispose poggiandomi il giubbotto
sulle spalle.
Volevo
dirgli tutto ma ci tenevo al mio orgoglio quindi annuii poco convinta.
-dovresti
tornare a casa- disse premuroso abbracciandomi. Questo era un abbraccio
perlopiù per farmi smettere di tremare. Io scossi la testa, mi prese la mano e
iniziò a correre, lontano da casa mia. Mi lasciai trasportare. Il vento mi
scompigliava i capelli..
D’un tratto
la sua voce risuonò come musica nell’aria..
-Non so
nemmeno il tuo nome..il mio è Alec-
Io risposi
senza esitazione -Isabella, ma puoi chiamarmi Bella-
Lui mi
sorrise e io ricambiai.. piano, piano ci avvicinavamo sempre più al fitto del
bosco e lui continuava ad avanzare.
La paura che
mi avesse ingannato non mi sfiorava nemmeno lontanamente..
Alla fine
arrivammo a destinazione.. dinanzi a me si trovava un grande casa in legno. Lui
continuava sorridere e mi fece scendere.. io scivolai sul terreno bagnato..
-attenta!-
disse lui prendendomi da un braccio
-scusa sono
molto scoordinata, è genetico!- rise..
-vogliamo
entrare?- mi domandò, io annuii ed entrammo..
La casa era
molto spaziosa, quasi sgombra e ordinata.. Di fianco alla porta si trovava una
grande libreria. Udimmo una porta sbattere e lui fece un leggero ringhio.
-tranquillo-
disse una voce maschile che riconobbi essere quella del rosso..infatti..
Il rosso
uscì con un aria amichevole ma con un coltello in mano
-smettila
con questa mania, Teeros!- Teeros guardò per un momento il coltello e poi me.
-che ci fa
lei qui?- chiese brusco. Alec invocò il cielo -non sono cavoli tuoi!- Teeros
non si mosse ma io mi avvicinai a lui levandogli il coltello di mano
-bello!-
dissi. In esso era inciso un serpente..era molto maneggevole e affilato -davvero
un bel coltello!- sentenziai. Teeros sorrise, aveva un sorriso caldo come
lui..mentre Alec era freddo e distaccato, ma non con me.
Entrò nella
stanza la ragazza scura, che assomigliava molto ad Alec.. teneva un vaso con un
bel mazzo di fiori in mano. Si alzò in punta di piedi per poggiarlo su uno
scaffale alto e appena mi vide lo lasciò cadere.. Il vaso andò in mille pezzi
-Alec!
Buttala fuori!-
- ma questo
posto e cosa di tutti?- chiese Alec evidentemente ironico.
-ho sentito
un bot..- una ragazza bassina
entrò nella stanza. Si bloccò.. aveva dei lunghi capelli ricci rossi..alcune
lentiggini sparse qua e là sul volto e lo sguardo dolce.
-e lei chi è?- chiese inclinando la testa con
un sorriso. Io notai le orecchie a punta che non avevo notato prima, sorrise
un’altra volta. Appena raddrizzò la testa mi iniziò a fissare, con i suoi occhi
verde scuro..
-già che
eravamo pochi..Bella..- si girò verso di me e continuò -loro sono: quella..-
indicò la ragazza che mi odiava -..è mia sorella Jane, gli altri due sono
Teeros e Fleur.- io la guardai e poi guardai Teeros, si assomigliavano molto
-siete fratelli?- chiesi
Teeros
sorrise -si, siamo due elfi..- mostrò le sue orecchie a punta che non avevo
notato e continuò -siamo due Spiriti della natura, io maneggio la terra e lei
il fuoco.- rimasi senza fiato…
O cielo..
vivo insieme ad elfi, vampiri, licantropi..manca solo un folletto
-aah..-
dissi, lei sorrideva. Alec disse -mi fa piacere che vi siate conosciuti ma io
volevo parlare con lei..da solo!-
-tranquillo
fratello, io ho il mio turno di guardia e loro due i loro allenamenti- disse
Jane.
Uno ad uno
sparirono tutti.. rimanemmo soli e io mi sentii a disaggio.
-allora..-
cominciò lui invitandomi, con un gesto della mano, a sedermi al suo fianco sul
divano -ti spiegherò un po’ a grandi linee tutto. Teeros e sua sorella sono
elfi e non vampiri..Aro, Caius e Marcus li tengono perché sono Spiriti della
natura. Gli Spiriti della natura sono ragazzi che sanno maneggiare uno dei
cinque elementi.- io chiesi
-cinque? Io
ero rimasta ad Aria, fuoco, terra e acqua. Qual è il quinto?-
Sorrise -il
quinto è lo Spirito vero e proprio. Si pensa sia il figlio della natura..Egli
ha come potere spirituale si crede sia il Dio di tutto il mondo. Si pensa sia
divino e non un normale elfo. Invece come potere terreno può maneggiare i
fulmini e distruggere le cose..è abbastanza potente direi.-
-frena,frena,frena..un
elfo? Quindi sono tutti e cinque elfi.-
-perspicace!
Ebbene sì, tutti e cinque elfi.-
L’orologio a pendente fece due rintocchi e io
mi voltai a guardarlo erano le 5 di mattina.
-si suona
ogni ora..- stava dicendo lui
-devo
andare, fra poco si sveglieranno tutti e se non mi trovano a casa sono morta.-
-ti
accompagno.- disse lui dirigendosi alla porta.
Mi riprese
in braccio e rifacemmo la strada a ritroso, verso casa Cullen.
Stammo in
silenzio.. quando si fermò
-non siamo
ancora arrivati-dissi io guardandomi intorno.
-si magari
ti accompagno alla porta, saluto i tuoi e faccio colazione con te?!?Che preferisci
tè o caffè?!- io lo guardai di traverso e lui rise.. io risi con lui e mi
voltai.
Feci per
andarmene quando la sua mano fredda mi sfiorò la spalla nuda. Un brivido di
freddo mi attraversò la schiena, mi girai..
Le sue
labbra si incollarono alle mie. Mi baciò intensamente.. il mio cervello mi
diceva di allontanarmi e mollargli un ceffone ma io non lo feci.
Adoravo quel
bacio, lo aspettavo e per nulla al mondo l’avrei fermato. Chiusi gli occhi e le
sue braccia mi cinsero il bacino. Le mie mani si poggiarono alla sua camicia.
Non volevo
che si fermasse..mi..mi..piaceva.
Il baciò
finì dopo pochi secondi ma a me sembrò fosse durato un’eternità. Io arrossii
lui abbassò lo sguardo sciogliendo l’abbraccio. Io lo guardai e parlai. -
Alec..tu mi piaci ma questo è un amore impossibile-
Le mie
parole ferirono persino me, come lame taglienti dritte al cuore, desiderai di
non averle mai pronunciate. Lui si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio -ricorda
che niente è impossibile- mi baciò la fronte e sparì lasciando dietro sé uno
sbuffo di vento che mi fece gelare. In quel momento mi ricordai di avere
addosso il suo giaccone e mi voltai per vedere se riuscivo a rintracciarlo. Me
lo sarei tenuta, perché lui non c’era più.
Tornai a
casa e, dopo essere entrata di soppiatto, salii in camera mia.
Avevo tante
cose a cui pensare ma la stanchezza mi sovrasto e mi addormentai.
So
che molti mi seguono e io li ringrazio ma dove sono le recensioni di Myrtle Y? Ti prego ho bisogno di te e di tutti gli altri!
Recensite please!!
La fuga
Passarono i mesi
e la relazione con Seth si faceva sempre più difficile. Avevano scoperto
dall’odore che avevo visto Alec. Continuavo a vedere Alec e ormai gli volevo
bene, se non lo amavo. Ogni volta che lo vedevo tentavo di togliere il suo
odore. Un giorno capii cosa dovevo fare.
Ero sdraiata
sul letto a baldacchino di casa mia in Spagna. Eravamo tornati da un mese ed
Alice e Jasper si trasferirono in casa nostra. A me non dispiaceva, mi stavano
entrambi simpatici e iniziavano a volermi davvero bene. Jasper si era particolarmente
affezionato a me. Gli sembrava molto curioso il fatto che io, pur essendo una
semplice umana, avessi dei poteri.
Mi alzai con
un tremendo dolore alle tempie. Entrai in bagno e massaggiandole con cura mi
sciacquai il viso. Uscii convinta e misi su un letto una sacca.
Qualcuno
bussò.. nascosi la sacca sotto un cuscino e dissi - avanti..-
Mio padre
entrò con un grande sorriso -ieri non stavi tanto bene..adesso va meglio? Sei
andata a letto presto- io risposi
-si meglio,
solo qualche fitta alla testa- ero nervosa e il timbro della mia voce lo
lasciava capire
- c’è
qualcosa che devi dirmi?- chiese.
Io scossi la
testa poco convinta e capendo che non era intenzionato ad andarsene parlai -
sta’ tranquillo pà. Ho solo un leggero mal di testa.
Mi cambio e scendo a colazione.
Lui sorrise,
lo avevo rassicurato.
Appena
chiuse la porta dietro sé mi venne una fitta al cuore. Mi sarebbe mancato…
Ripresi la
sacca e la riempii di quello che più potevo. Quello che mi sarebbe potuto
essere utile.
La lasciai
lì sul letto e scesi. Dovevo prima risolvere una cosa..
-buon
giorno- dissi disinvolta guardando la mia famiglia. Seth era a fianco di mio
fratello e sorrise. Io non ricambiai. Jasper disse dolce
-vuoi
qualcosa da mangiare, piccola?- Quanto gli volevo bene!
-no zio..non
mi va niente- tentai di tenere la voce ferma ma non mi riuscii bene.
-non ho
voglia di fare colazione..ho bisogno di parlare con Seth.-
-certo
amore, parla.- il suo tono amorevole e affettuoso mi ferì.
Abbassai lo
sguardo -in privato- sussurrai
Lui si alzò
e mi venne vicino. Non andammo lontano, tutti ci sentirono.
-Seth è
finita. Non possiamo più stare insieme. –
Lui mi
guardò le lacrime gli rigavano il viso –n..no..non pui dirmi questo..che ho sbagliato..si può rimediare. Ti
prego, io ti amo e farò qualsi…- non lo lascii finire. Gli misi un dito alla bocca e con le lacrime
agli occhi sussurrai - non hai sbagliato niente, ma non siamo fatti l’uno per
l’altro. Mi dispiace Seth..non sai quanto..ma io non ti amo più-
Continuavo a
piangere e salii in camera mia.. Presi la sacca e la gettai dalla finestra.
Qualcuno bussò alla porta chiusa a chiave.
-bella..bella..apri-
io non risposi mentre mi apprestavo a calarmi dalla finestra.
-bella se
non apri butto giù la porta.- disse mio padre
Io, in preda
al panico, saltai giù e caddì in piedi. Saltai dal 2
piano infatti mi si storse la caviglia. Faceva male ma dovevo continuare.
Scordai la
sacca li tra i rosati e corsi, per quanto una ragazza umana con una caviglia
slogata possa correre, e mi addentrai nel bosco.
Sentii un
rumore e capii che avevano buttato giù la porta. Non mi voltai a
guardare..sapevo che mi avrebbero inseguito. Sentii le grida di dolore di mia
madre e gli ululati di grossi lupi che si avvicinavano. Ero spacciata.. mi
avrebbero riportato a casa e li avrei dovuti affrontare.
Qualcosa dal
lato opposto mi si avvicinò rapida. Mi prese per il bacino e invertì rotta.
Alec..
-Alec-
dissi con le lacrime agli occhi abbracciandolo.
-piccola
mia- rispose lui. –avrei mai potuto lasciarti in
difficoltà? Certo che no- io sorrisi.
Ci
inseguivano ed erano furiosi.
-e se ci
prendono?- chiesi
-non penso
ti vogliano fare del male.- disse
-io mi
preoccupo per te, stupido.-
-non c’è da
preoccuparsi-
Dopo quel
dialogo rimanemmo in silenzio e la distanza tra noi e loro era sempre la
stessa.
-Dobbiamo
solo passare il confine- disse ad un tratto lui mentre il vento cominciava ad
essere insopportabile.
-cosa? Quale
confine?-
-Qui in
spagna c’è il nuovo Palazzo dei Volturi e il confine non può essere varcato da
chiunque voglia rimanere vivo.-
-bene non mi
rassicura per niente!- rise
-già!- disse
sempre ridendo. Io sorrisi e affondai il mio viso al suo petto marmoreo.
Un ululato
si alzò nell’aria che io riconobbi essere quello di Seth..poi mio padre e
infine le urla di mia madre, Ian e i miei zii..
Chiusi gli
occhi..
-ci siamo
quasi- disse lui. Io non vedevo niente.. Lui accellerò
e varcammo un confine che io definii invisibile.
Lui si fermò
e si girò verso la mia famiglia che si fermò all’istante.
Mia madre
avanzò fino a bloccarsi al limite del confine.
-perché?-
chiese con un filo di voce, a me tremava la voce e non parlai. Scesi dalle
braccia di Alec emi avvicinai fermandomi anch’io al limite.
-cosa ti ha
spinto ad andartene? TI vogliamo bene e non abbiamo mai perso occasione per
dimostrartelo.-
-ma come
stai dimostrando non ho diritto di scelta. Io ho deciso di unirmi a loro e voi
non me l’avreste permesso.-
-io volevo
solo parlarti. Andiamo jake.- Le lacrime erano
visibili in tutti i volti che avevo di fronte.
-vi voglio
bene- sussurrai. Lei non si girò e sparirono.
La caviglia
faceva ancora male. Teeros, Fleur e jane arrivarono.
Con loro c’era un bambino di circa 8 anni. Capelli biondi e occhi viola. Mi
fissava e io fissavo lui quando Jane parlò fredda come sempre
-abbiamo il
moccioso, finiamo in fretta.-
Io non le
diedi retta e abbracciai Alec -non mi abbandonerai mai vero?- chiesi spaventata
-bella tu
sei tutta la mia vita adesso-
Mi baciò e
io chiusi gli occhi. Era tutto perfetto tranne il fatto che ero diventata
nemica giurata della mia famiglia. Appena mi lasciò
il bambino
si avvicinò e mi mise una mano sulla caviglia.
Il dolore
passò in fretta e io lo guardai stupefatta.
Alec
scompigliò i capelli a quel bambino prodigio e parlò
-lui è Demon, i Volturi l’hanno preso quando aveva 2 anni. Da
allora l’ho cresciuto io. È un Demone, cura ed è un mezzo alchimista.-
Io non lo
ascoltai più di tanto. Ero affascinata da quel bambino.
-ora si
giura di non dire ai Volturi quello che provo per lei.- Gli altri tre annuirono
e fecero cenno a Demon di avvicinarsi.
Lui si morse
un dito e tracciò a terra un cerchio con il suo sangue. Una volta l’uno i 4
lasciarono cadere una goccia all’interno del cerchio. Demon
prese un gessetto dalla cintura e fece dei strani simboli. Poi lasciò cadere
una goccia del suo sangue dentro il cerchio ed esso sparì.
Alec si
avvicinò a me e mi strinse la mano.
-andiamo-
sussurrò..io lo guardai dritto negli occhi.
In meno di 2
minuti ci trovammo dinanzi un grandissimo palazzo.
-lo so ci si
sente molto piccoli- disse Demon sorridendo..io
sorrisi debolmente.
C’erano 2
guardie di ronda davanti al portone di ingresso e li riconobbi. Felix e
Dimitri. Notai che i suoi capelli erano castani son riflessi neri.
Alec fece un
cenno con il capo a Dimitri e lui si inchinò leggermente.
-Dimitri..-
disse distaccato
-Alec..-
rispose quello con voce sottomessa.
Si sporse e
baciò Jane che ricambiò. Poi si rimise al suo posto e ci lasciò passare.
L’interno
era in stile gotico, molto alto, colori scuri e tanto..tanto..figo..
Le guardie
che passavano indossavano strani vestiti. Le ragazze erano poco coperte con
quei vesti cortissimi.. i ragazzi indossavano camicie e jeans.. tutto
esclusivamente nero,viola e rosso..
-wow! Mi
piace..-dissi sincera.
Appena Aro
uscì da una stanza tutti si accasciarono per terra in segno di sottomissione.
Il naso di
tutti i presenti era pressato sul terreno e si appoggiavano ad esso con le
ginocchia.
Io fui più
lenta degli altri e mi inchinai solo perché Alec mi tirò il braccio. Se fosse
stato per me non l’avrei mai fatto.
-mio caro
chi è questa giovane ragazza?- chiese rivolto ad Alec falsamente dolce.
-lei è la
ragazza che lei e i suoi fratelli volevate, Signore- rispose lui scollando il
viso dal pavimento.
Mi aveva
lasciato il braccio e io potei alzare lo sguardo.
-Si signore-
dissi sforzata.
-oh.. piccola..sarai
stanca..avrete fatto una corsa… può ospitarti la mia
cara guardia:Alec-
-certo-
disse lui.
Ci avviammo
in lunghi e stretti corridoi. Entrammo in una stanza.
Era una casa
lussuosa e sfarzosa. Alec mi accompagnò ad un grandissimo letto a baldacchino
-e dire che
voi non dormite!- dissi sorridendogli.
-un vero
peccato. Puoi dormire se vuoi-
-ma..- mi
fece tacere
- sta’
tranquilla. Penseremo a tutto più tardi, o domani se sarà necessario. Adesso
hai bisogno di dormire.-
Io mi
coricai e lui dietro di me. Affondai il mio viso sul suo petto e mi addormentai
serena. Il suo respiro regolare mi cullò nel sonno.
-giorno..o
forse dovrei dire notte- disse con un sorriso stampato in faccia. Io appoggiai
la testa sul suo petto e parlai.
-ho dormito
così tanto? Che ore sono?-
-Le tre di
notte piccola..tutto bene?-
-si perché ?-
chiesi.
-no
niente..cambiati con qualche vestito di Jane.. sono già nel bagno pronti per
l’uso- disse sospettoso
Ma
sospettoso di che?
Mi alzai e
scivolai sul parquet liscio. Lui mi prese un braccio ad una velocità micidiale
e sorrise -sei un pericolo pubblico bella, non c’è che dire!- sorrise.. Quanto
era bello..
Mi avviai
verso quello che mi indicò essere il bagno ed entrai.
La stanza
era enorme, sembrava di essere entrati in un salone di bellezza.
-penso che
un parrucchiere-truccatore sia molto meno fornito di Jane- dissi sull’uscio
della porta. Lui rise
-penso di
si!- io sorrisi.
Una fitta mi
trapasso da parte a parte la testa. Mi accasciai sul pavimento con le mani sul
volto.
-ehi..ehi!
Amore, stai bene?- disse avvicinandosi affettuosamentea me prendendomi il braccio. Mi fece alzare e
mi guardò negli occhi.
Gli occhi
bruciavano e continuavano a pulsare. Lacrimavo in modo in condizionale.
Io lo
guardavo negli occhi ma non riuscivo a vederlo. I miei occhi non vedevano più
nulla. Tutto mi sembrava estraneo e mi sentii avvolta dal buio.
Smisi di
vedere e piano, piano la sua voce si fece così bassa che smisi di sentirla. Ero
avvolta dal buio più oscuro, mi muovevo come se volessi guardarmi intorno ma
non vedevo niente. I sensi mi avevano abbandonato.
D’un tratto
il ronzio della sua voce mi tornò all’orecchio.
-bella..bella-
gridava ma io lo sentivo piano fin troppo piano.
Una luce
lontana mi si avvicinò come se avessi dovuto raggiungerla. Notai che era la
luce più profonda che avessi mai visto. Era la luce della luna..
-bella..amore..bella-
continuava quel ronzio che mi distraeva dalla LUCE..quella luce.
Vedevo di
nuovo. Vedevo il volto preoccupato di Alec che mi teneva stretta fra le sue
braccia e la luce del sole che illuminava quel quadretto.
Io tra le
braccia di Alec..
-amore i
tuoi occhi?!?- disse spaventato.
Una scarica
di adrenalina esplose dentro di me, si trasformò presto in rabbia..pura rabbia
contro chi più amavo.
-Amore..parla
ti prego- disse lui. Io tremavo, non avrei frenato l’impulso di ucciderlo per
un secondo di più.
-allontanati-
sibilai fra i denti.
-no..spiegami-
il suo alito fresco sul viso non faceva altro che aumentare la voglia di fargli
del male.
-non resisto
più..ti prego..allontanati da me- il tono della mia voce era basso e faceva
davvero paura.
-che cosa?-
chiese.
Aprii gli
occhi che fin ora avevo tenuto chiusi e la rabbia mi sovrastò.
-ti amo-
sussurrai.
Il mio corpo
agì da solo. Scaraventai Alec dall’altra parte della stanza.
Ringhiai..tutto
di me lo voleva morto..tutto tranne il cuore. Quello stava soffrendo da
morire.. un pugno in più e si sarebbe frantumato in mille pezzi.
Le lacrime
mi rigavano il viso..lui aprì gli occhi e fui sollevata.
-hai gli
occhi bianco perlato- sussurrò.. la sua testa sanguinava. Il muro era sporco di
sangue e il braccio di Alec era completamente distrutto.
Corsi verso
la finestra e senza sapere il motivo mi gettai.
Il vento mi
sfregiava il viso, quando..
Mi
trasformai..ammirai le mie possenti zampe anteriori e capii subito..ero una
licantropa.
Alec mi
stava dietro e io iniziai a correre. Lui appresso a me ma non riuscì a
superarmi.
Il freddo
era finito e la mia temperatura era aumentata. Sentivo i minimi rumori..il
fruscio delle foglie mosse dal vento, lo stridio di una porta al palazzo e il
respiro irregolare di Alec che mi stava dietro.
Morte..morte..erano
i miei unici pensieri..cercavo di allontanarmi da Alec ma lui si avvicinava
sempre di più.
Mi fermai di botto. Un branco di lupi
era di fronte a me. Alcuni erano in forma umana. Dopo una breve occhiata
riconobbi Jacob, Seth, Sam e Quil.
Li fissai e loro fissarono me.
-una nuova arrivata- disse Sam.
-ha solo pensieri di morte- disse Embry
che si ritrasformò.
-o che peccato, si sarà appena
trasformata- concluse Sam.
Alec mi venne vicino. Non volevo più
ucciderlo, ora puntavo a loro..
-che c’è ti metti a fare il dog-sitter
– disse una voce da un albero. Io voltai il mio testone verso l’albero e
ringhiai, non perché capissi quello che diceva ma perché li volevo tutti morti.
-Jane, vattene- ringhiò Alec.
-idioti! È bella! È tua figlia!- disse
rivolto a Jacob.
Jane scese dall’albero irritata.
Seth mi venne vicino.
Ringhiai..ringhiai..niente non capiva che doveva andare via.
-amore..ragiona, è successo a tutti,
noi sappiamo come aiutarti- il mio nuovo ringhio fu più forte e fragoroso. Seth
indietreggiò poi tornò da me.
Lo addentai.
-bella amore, non farlo! Lascialo-
urlò Alec tirandomi da dietro.
Jane arrivò con una velocità inaudita
e colpì violentemente Seth che si ritrovò sbattuto ad un albero. Alec mi girò
il testone e disse prima rivolto a Jane – grazie. Tienili lontani!- io
ringhiavo mi dimenavo il più possibile.
Il fuoco dentro di me cresceva e le
vampate mi bruciavano dentro.
Il dolore alla testa era
insopportabile e le voci sempre più confuse.
-amore..guardami.- io lo guardai ma
non provavo altro che odio e rabbia. Nei miei pensieri si allargava sempre più
la parola MORTE.
-non vuoi fargli del male e lo sai- io
d’istinto voltai lo sguardo anche se non capivo la situazione. Ero circondata
da fuoco che si alternava con il buio più totale.
-guardami!- disse mollando un ceffone
al mio grosse testone. Ringhiai di risposta.
-non puoi fare niente durerà settimane
se non mesi- gridò Sam.
-sta zitto- urlò Alec.
-vuoi ascoltare? Guardami..non vuoi
fare del male a nessuno. Io non ti permetterò di vivere un’esistenza piena di
rimorso e consapevolezza di aver sbagliato. Quindi calmati e guardami..-
Riuscii a sentire a tratti quel
discorso ma il fuoco smise di ardere. La luce penetrò nel buio che mi
circondava e vidi di nuovo. I miei occhi tornarono caldi e del solito color
cioccolato.
-come hai fatto?- chiese mio padre
sbalordito.
-la amo e questo le è bastato a
ragionare- tutti tacquero..
-sai che non fai affatto puzza? Sarà
per la piccola percentuale di vampiro che ti ritrovi.- disse mentre tornavamo
nella sua stanza. Entrammo e mi obbligò a dormire dicendo che il giorno dopo
avremmo risolto tutto. Io mi addormentai poggiando la testa sul suo petto e
lasciandolo giocherellare con una ciocca dei miei capelli.
A chiunque voglia provare a leggere un’altra
mia storia si chiama The immortals e non ha niente a
che fare con twilight penso xD
non ho nemmeno io le idee chiare sul seguito ma ci sarà vi giuro! Provate, se
vi va, a leggerla. So che faccio molta Pubblicità lo ammetto ma
provateci..potrebbe anche piacervi (si spera) e se non mi uccidete prima per la
troppa pubblicità ci sarà sempre un seguito alle mie storie! xD
Soluzione
Mi svegliai
e Alec non c’era. Aprii gli occhi e lo vidi appoggiato al muro che guardava
fuori dalla finestra..occhi persi nel vuoto..
- Alec, che
succede?- chiesi preoccupata di quell’atteggiamento.
-niente,pensavo
ad una soluzione- rispose vago senza voltarsi. Sempre ammirando il vuoto fuori
dalla finestra.
-deduzioni?-
chiesi sedendomi sul letto con le gambe incrociate e il lenzuolo sopra.
-dirlo ad
Aro- rispose serio. Io stropicciai gli occhi.
-sei
impazzito? Dirlo ad Aro..mi vuoi morta?- non rispose
- Alec, sto
parlando con te! Dimmi, sei matto..andare da Aro e dirgli “senti Aro, sono una
licantropa..ma non è un problema”- ero arrabbiata ma ilmio tono era quasi ironico.
-senti- io
tacqui.
-pensi che
non ci abbia pensato? Che non abbia pensato a te? Ho un piano e tu mi devi
aiutare..per iniziare dobbiamo dirgli la verità-
-che piano?
Di cosa parli?- chiesi, una fitta alla testa mi fece perdere i sensi per
qualche secondo.
-Bella..-
disse correndomi addosso.
-sto
bene,amore..solo una fitta alla testa- dissi scuotendo la testa,sorrisi
-sto bene
adesso-
-ho pensato
tutta la notte e questa è la conclusione. Tu lo dirai ad Aro e io farò il
resto-
Abbassai lo
sguardo e gli chiesi con tono irato -parlami! Dimmi quello che farai..Alec, io
lo farò perché mi fido di te ma voglio sapere.-
Era il
ragazzo migliore che esistesse ed ero sicura che avrebbe ceduto alle mie
richieste.
-okay..alcune
leggende narrano di una ragazza, licantropa, che viene chiamata: cercatrice..e
parte alla ricerca di Spiriti della natura..-
-no..no..frena,
ci dobbiamo basare su leggende? E della mia vita che stiamo parlando..- ero
arrabbiata nera..stavamo mettendo la mia vita a repentaglio.
-Parliamoci
chiaro..bella..se non glielo diciamo e lui lo scopre ammazza te e tutti i tuoi
conoscenti, se glielo diciamo ora, ammazza solo te-
-mi dovrebbe
risollevare?- chiesi
-Bella!-
urlò -perché non vuoi capire? Le presunte cacciatrici fanno un addestramento nel
combattere. Questo addestramento dura due mesi e dopo questi due mesi ti
dovrebbe spuntare un tatuaggio..credo-
Credo?
Stiamo mettendo in ballo la mia vita e ancora ci sono dubbi?
Annuii..
-Se qualcosa
va male possiamo pensare ad un modo per fuggire in due mesi- io stetti a
ragionare e lui continuò
-pensavi che
ti avrei dato a lui per ottenere qualcosa?- Io risposi davvero dispiaciuta -no.. scusa!
..E solo che ho paura- la mia voce era attenuata dalle lacrime imminenti.
Mi venne
accanto e mi strinse forte tra le sue braccia, le lacrime iniziarono a scorrere
veloci nel mio viso..
-sta
tranquilla, ci sono io e non ti può succedere niente-
Io smisi di
piangere e lo guardai dritto negli occhi. Mi sembravano ancor più belli del
solito..
-amore..stai
bene? Posso andare? Devo risolvere una cosa..-
Amore..quanto
mi piaceva quella parola detta da lui, il mio cuore batteva all’impazzata e la
dolcezza di quella parola mi fece sorridere.
Poi ripensai
al resto della frase “Devo risolvere una cosa”
-Che
significa? Che devi risolvere? Non te ne andare..-
-hai paura?-
annuii, la mia voce era flebile e preferivo non farlo spaventare ancora.
-se vuoi
resto..vuoi che resti?-
Avrei voluto
dire: si.. ma non lo feci
Mi incollai
a lui abbracciandolo e poggiando il mio viso al suo petto. Continuai a
stringerlo, lui ricambiò l’abbraccio e mi cinse la vita.
-ti amo-
disse piano. Io lo guardai e lui inclinò la testa pronto a baciarmi.
Non mi mossi
e sorrisi.
Mi baciò con
passione..
Quando ci
baciavamo le nostre divenivano due anime indistinti in due corpi ben definiti..
Due corpi e
una sola anima..una fiamma accesa che brucia d’amore..
Un amore
sbagliato, ma così vero.. l’amore più profondo che esista.
Un amore che
si manifesta in ogni parola di qualunque nostro discorso..un amore che non
dividerei con nessuna e che proteggerei anche a costo di perdere la vita.
Rivedere
Seth mi aveva fatto ricredere su tutti i dubbi..non ne avevo più..
Amavo Alec e
non provavo amore per Seth ma solo un profondo affetto.
Quel bacio
era perfetto:
Il bacio, un
apostrofo rosa tra le parole t’amo.
Il contrasto
evidente tra la mia pelle calda e la sua fredda come il ghiaccio ma non mi
disturbava affatto.
-puoi
andare- dissi sforzata, non mi andava a genio l’idea di rimanere sola.
-sicuro?
Dirò che stai dormendo e cerchierò di esporgli nel modo più chiaro le nostre
supposizioni in caso di errore o di incomprensione vengo a prenderti e andiamo
via-
-non mi
rassicura affatto- dissi
-ce la farò!
Dopo aver perso Emily, la cercatrice che ha trovato Teeros e Fleur, Aro non
perderà mai l’occasione di poterne avere un’altra- disse
- com’è
morta?- chiesi con un filo di voce
-altri
vampiri - disse
-ma voi non
dovreste essere i buoni della sicurezza vampira?- chiesi
-non più..
dopo quella strage inutile adesso siamo noi contro tutti gli altri.. io non
vorrei nemmeno farne parte- disse con guardando il parquet.
-andiamocene
allora..- dissi con un gran sorriso
-mi
ammazzano e fanno fuori anche Jane e te. Non posso- disse
-me?-
-lui capirà
che tengo a te-
Rimasi in
silenzio e poi gli feci cenno di andare a dire la verità ad Aro.
Io incrociai
le dita.
Uno stridio
della porta mi fece capire che non aveva chiuso.
Quale
miglior occasione di questa? Non avrei fatto nemmeno rumore?
Okay..è
spiare, ma è della mia vita che stiamo parlando! Ho il diritto di sapere, anche
se non autorizzata.
Uscii e lo
seguii in silenzio. Con passi felpati e un alto senso dell’equilibrio
Arrivati di
fronte ad un gran portone si fermò. Io dietro di lui..
Entrò e
lasciò socchiuso, mi aveva vista? Non importa.
Mi incollai
alla porta guardando dallo spiraglio. I tre volturi erano seduti sui troni ed
Alec si era inchinato di fronte alla loro supremazia.
Le due
guardie di turno mi guardarono a lungo poi si voltarono.
Penso
fossero là per ordine e non avessero la minima intenzione di difendere i
Volturi, anzi avrebbero voluto essere nei panni dei futuri assassini. Perché ci
sarà qualcuno che li farà fuori.
-Maestà-
stava dicendo Alec ad Aro mentre si rialzava
-Mio caro,
qualcosa da chiedermi di tanto urgente da chiedere con urgenza il nostro
incontro?-
-sì..signore.
Sono qui per avvertirla di una cosa molto importante.-
Aveva
risposto
-parla,
giovane amico-
Mi dava i
nervi quella falsa gentilezza. Appena glielo avrebbe detto mi sarebbe venuto a
cercare.
-L’umana con
vari poteri che abbiamo portato qualche giorno fa è..è..una licantropa-
Aro spalancò
gli occhi bordeaux per la sorpresa e si alzò dalla sua seduta.
-ne sei
sicuro Alec?- chiese. Alec abbassò la testa -sì..signore-
-uccidila-
disse Aro risedendosi e ricomponendosi.
-ma signore
vorrei fare due mesi di allenamento con lei per vedere se è la cercatrice-
Aro non si
scompose e annunciò -accordato, 2 mesi di allenamento e se non c’è il tatuaggio
tu avrai il compito di ucciderla-
-certo,
signore. Mi scusi se l’ho disturbata ma era molto importante-
Non si mosse
fin quando Aro con un gesto della mano non lo congedò.
-Tu..- mise
una mano alla fronte. - andiamo. Grazie Scorpius, grazie Dan-
disse
-di niente Alec- rispose Scorpius, capelli castani lisci con il ciuffo
caduto sugli occhi grigi.
-ci vediamo
in giro- disse Dan, capelli biondi alzati con una cresta e occhi verdi ben
visibili.
Alec mi
trascinò, tenendomi la mano, per i corridoi del palazzo fino a tornare in
stanza.
-non voglio
sapere perché sei venuta, perché so che sei testarda e anche se solo avessi in
testa di buttarti da un dirupo e io ti dicessi di non farlo non mi
ascolteresti- risi
-è andato
tutto bene- disse lui euforico cadendo sul letto e trascinandomi con sé.
Io mi trovai
completamente distesa su di lui e rotolai dall’altra parte del letto.
Iniziammo a
parlare del più e del meno, accoccolati sul suo grande letto a baldacchino.
Scherzammo come due bambini. Mi prese la mano e guardammo insieme la finestra.
Le luci dell’alba all’orizzonte rendevano quel momento speciale.
L’amore con
l’atmosfera giusta diventava pura magia.
Eravamo in
piedi alla finestra. Le mie dita erano intrecciate alle sue e mi teneva stretta
al suo petto. Il mare si colorò dei colori mattutini e divenne magia.
Aspettammo
che si facesse mezzo giorno prima di partire.
-quanto hai
detto che staremo via?- chiesi mentre preparavo una valigia con i vestiti di
Fleur.
-2 mesi..-
rispose distratto giocherellando con un pugnale con su inciso qualcosa.
Mi voltai a
guardarlo e lui sorrise.
-sei
pronta,amore?- chiese d’un tratto.
-si..andiamo-
dissi comparendo nella sua stanza dal bagno.
Indossavo un
cortissimo vestito nero attillato e smanicato con
delle ballerine abbinate. Migliaia di pagliette lo ricoprivano.
-questo è il
più adatto tra i vestiti di Fleur- dissi imbarazzata.
-sei
bellissima- rispose lasciando cadere il pugnale sul letto. Io mi morsi il
labbro e abbassai lo sguardo.
Lui mi passò
un braccio intorno al collo e con l’altra mano prese la mia valigia. Come se
non pesasse niente, ma non era affatto così, c’erano quintali di cose là
dentro.
Uscimmo e ci avventurammo tra i boschi dietro
il palazzo.
Lui mi portò
in braccio e io mi addormentai sulle sue spalle. Lui mi tenne stretta fino a
quando arrivammo.
-siamo
arrivati- disse.
Era
un’immensa radura pianeggiante e verde. Più in là un bungalow di legno di poco
più grande di quello di Alec, accanto un aggeggio meccanico che sembrava un
proiettore fuso con un telescopio.
-cos’è
questo?- chiesi andando vicino a quello strano arnese.
Lui mi venne
accanto mi fece girare circondandomi i fianchi e mi baciò con tenerezza.
Il bacio
durò pochi secondi e la fiamma si accese.
La fiamma
che bruciava dentro me per lui. Per il suo amore e desiderosa di riceverne
altro.
Ogni volta
che le nostre labbra si incontravano io ero sicura di poter volare. Volare in
alto, lontano..da tutto e da tutti..
Lui adesso
rappresentava tutto per me..i suoi occhi il mio cielo..le sue labbra la nuda
terra e il suo cuore la mia vita.
-amore,
questo è la fonte dei nostri allenamenti. Ci saranno sagome di nemici contro
cui dovrai combattere e la cosa migliore non puoi morire.-
Sorrisi
-sollevata nel saperlo-
Rideva e si
coricò sul prato. Io accanto a lui, la mia testa incontrò la sua e i miei occhi
guardarono il cielo.
Vedevo i
suoi occhi in ognuna delle tante nuvole e sospirai.
Lui rotolò
sopra di me tenendosi con una mano al terreno,senza lasciarmi addosso il peso
del suo corpo.
I nostri
volti erano vicinissimi e a me sembrò di vivere un sogno.
Mi baciò la
fronte e con un movimentò veloce mi prese il braccio e mi fece alzare.
-ti amo!-
urlò correndo per il prato gridandolo al mondo. Girava su se stesso con le
braccia spalancate.
-tu non
dovresti essereil vampiro che spaventa
i bambini?- chiesi correndogli tra le braccia.
-bella, tu
mi hai ridato la vita. Hai dimostrato che anche uno come me può avere un lieto
fine ed essere felice, accanto a te. Perché non devo tornare a sorridere come
una volta?!?-
Rise..quanto
lo amavo. Gli presi la mano e mi fece girare come una trottola attorno a lui.
Mi fece cadere dolcemente sull’erba e le nostre teste si toccarono. Poggiai la
testa sul suo petto e intrecciai le dita alle sue.
Mi alzò, questa
volta dolcemente ed entrammo nel bungalow. Molto più spazioso di quanto
credessi. Mi portò in una stanza da letto.
-ce ne sono
2 se vuoi io dormo nell’altra stanza-
-scherzi?-dissi
offesa sdraiandomi sul letto.
-lo prendo
come un no- disse stringendosi a me.
Toccai il
suo petto nudo e mi tagliai.
-ahi!-
urlai. Lui mi prese la mano e sorrise, succhiò il sangue che c’era fuori e la
ferita si chiuse.
Presi il
pugnale e notai una B su di esso.
-“B”?-
chiesi. Lui sorrise, e portò la mia mano alla sua bocca baciandomela.
-“B” di
bella, li ho fatti personalizzare circa 2 mesi fa, quando ho capito di essere
totalmente, incondizionatamente innamorato di te.-
Lo baciai.
I raggi del
sole penetravano debolmente nella stanza semioscura e l’atmosfera si fece
romantica.
Il silenzio
accompagnato dal fruscio delle foglie e la consapevolezza di avere Alec accanto
mi accompagnarono in quel breve momento.
Con lui ogni
bacio era come fosse il primo, ogni sorriso era come fosse la prima volta.
Guardai
fuori dalla finestra e la quiete della natura mi rassicurò.
Il sole era
alto in cielo..accecava con i suoi raggi luminosi e mi sentii a disagio con
quella luce troppo intensa rispetto alla tenue luce della luna.
-noi due,
qui, 2 mesi da soli-disse Alec
stringendomi a sé.
Erano le tre
di pomeriggio quando Alec mi chiamò da fuori dicendomi che era ora di
allenarsi.
-esco,
esco..- sbuffai
Lui mi prese
la mano e mi portò al centro della radura.
Mi poggiò
sul palmo della mano un pugnale e mi sussurrò all’orecchio-prova a colpirmi-
Che
richiesta! Mi spaventavo di fargli male ma non feci domande né commenti.
Lanciai il
pugnale con gli occhi chiusi..
Ne aprii
uno, lui rideva con il pugnale tra due dita.
-prova
ancora- disse porgendomelo un’altra volta.
Lo lanciai
con gli occhi ben aperti. Lui lo riprese al volo con un movimento quasi
impercettibile che un umano non avrebbe visto. Io vidi il movimento e lo
memorizzai.
Riprovai
decine e decine di volte..Lui, sbruffone come sempre, si mise a leggere tenendo
un libro con la sinistra e prendendo i pugnali con la destra.
Ringhiai..con
un movimento veloce, agile ed aggraziato presi tre pugnali da terra e tornai al
mio posto prima che lui se ne accorgesse.
Alzò lo
sguardo su di me e poi lo riabbassò sul libro.
Li tirai
tutti e quattro insieme prendendo bene la mira.
Lui spalancò
gli occhi non appena il colpo partì. Non capii come facesse a percepire i
pugnali, il librò cadde sul terreno e le sue braccia si mossero per schivare i
colpi ma uno lo colpì all’addome e un altro alla spalla sinistra. Gli altri due
era riuscito a fermarli.
I miei occhi
tornarono a bruciare e sentii che stavano cambiando.
Quella
sensazione era tornata. Mi avventai su di lui e lui mi prese per le braccia. Mi
dimenavo, sferravo calci a mai finire e mordevo l’aria tentando invano di
colpire il suo polso.
-questo è
uno dei problemi più grossi- sussurrò tranquillo facendomi sbattere contro il
legno del retro della casetta.
Non so da dove
fossero usciti ma ero attaccata al legno da due pugnali posti a bloccare i
vestiti.
Lui sorrise
e mi baciò.
Il mio corpo
smise di reagire e mi fermai completamente.
Smisi di
desiderare la sua morte e mi lasciai andare.
Gli occhi
tornarono color del cioccolato, me lo sentivo e io mi sentii libera.
Lui mi
liberò e mi abbracciò smettendo di baciarmi.
Aprii gli
occhi che fino a quel momento avevo tenuto chiusi e sorrisi.
-stai bene?-
chiese..
Io annuii e
continuammo ad allenarci..dopo tagli e ferite mi sentii soddisfatta. Per essere
il primo giorno avevo fatto più che bene e non me lo sarei mai immaginato.
Avevo
colpito Alec più di una volta ma era comunque più bravo di me.
Finimmo
entrambi distrutti.
abbandonati
sull’erba ammiravamo da lontano il tramonto. La fine di quella giornata.
Il mare
prese delle sfumature particolari sull’arancione. Io lo guardai meravigliata di
quello spettacolo e accoccolata ad Alec..
Abbracciata
a lui guardando il cielo e l’acqua rosei.
Rosa..il
colore dell’amore, anche se io lo vedevo più come rosso.. soprattutto per noi
andava bene solo il rosso.
Rosso: un
amore sanguinario, sbagliato..io una licantropa, lui un vampiro, troppo diversi
ma così uguali.
Rimanemmo
accoccolati sul terreno per ore, a fissare le poche stelle sparse nel cielo.
Mi sorrise e
mi aiutò ad alzarmi..
Mi circondò
la vita con le sue possenti braccia e io mi strinsi a lui.
Mi baciò
dolcemente.
-allora è
vero- disse una voce che riconobbi come fosse mia.
Le lacrime
iniziarono a scendere sul mio viso, il cuore batteva all’impazzata.
Il bacio era
già finito.
Adesso ci
trovavamo di fronte. Seth mi stava davanti con il volto bagnato dalle lacrime.
Alec era al mio fianco e mi teneva la mano.
-lasciaci
soli- dissi con un filo di voce ad Alec. Lui se ne andò dicendo-sono qui vicino- io non risposi.Fissai Seth e gli chiesi non appena fummo
soli
-che ci fai
qui?-
-avresti
preferito non vedermi più vero? Sono qui perché mi hanno detto dov’eri..e ti
colgo in flagrante a baciarti con QUELLO- sottolineò la parola quello..
-non dire
sciocchezze, comunque volevi parlare con me no? Parla..- risposi
-no, penso
che me ne andrò ma prima devo chiederti una cosa..- non risposi e lui continuò
-mi hai mai
amato?- chiese
Non mi
aspettavo affatto questa domanda ma risposi -certo- lui alzò il tono della
voce.
-intendo..come
ami lui- non risposi..mi sentii spiazzata.
Non potevo
dire di si perché avrei mentito però non volevo ferirlo ancora.
Abbassai lo
sguardo imbarazzata e le mie lacrime iniziarono a scorrere fredde sul viso.
-come
immaginavo- disse mordendosi il labbro.
Mi venne
vicino e io rimasi immobile.
Mi prese le
braccia, delicatamente, e io fui costretta e guardare i suoi grandi occhi
castani
-bella,
sappi che non mi arrenderò fino al momento in cui non sarai di nuovo tra le mie
braccia..fino al momento in cui potrò stare con te e dividere in due i tuoi
dolori, le tue sofferenze e preoccupazioni..ricordalo sempre-
Mi lasciò e
andò via. Io mi rannicchiai sull’erba e Alec mi venne incontro abbracciandomi.
-ti dispiace
se manco qualche minuto? Devo risolvere una cosa-
Io annuii,
lui si addentrò nel bosco, precisamente dal punto in cui poco prima era sparito
Seth.
Lo seguii
perché avevo paura di cosa sarebbe successo non appena i due si fossero trovati
uno di fronte all’altro.
Camminai
dietro di lui e appena i due furono di fronte io mi nascosi dietro un cespuglio
per sentire.
-devi
lasciarla in pace!- urlò Alec a Seth..
Seth non
ebbe il tempo di rispondere che fu scaraventato a terra.
Alec lo
teneva bloccato sul terreno
-io la amo..
perché non vuoi che sia felice-
-io voglio
che sia felice, infatti per questo non ti ho ancora ammazzato-
Mi aspettai
una risata cupa da parte di Alec ma quest’ultima non arrivò.
-sappi che
la amo anch’io e non mi arrenderò mai- rispose Seth
-se la fai
piangere un’altra volta ti uccido- disse Alec digrignando i denti.
-tornerà con
me- ringhiò Seth liberandosi.
La
situazione iniziò a degenerare.
-basta!-
gridai con le lacrime agli occhi.
Loro mi
guardarono e io fuggii verso la casetta in legno.
Entrambi mi
stavano seguendo ma sentii la voce di Alec -per favore- non gli veniva facile
pronunciare quella parola.
Seth si
fermò, io continuai a correre fermandomi tutt’un tratto.
Alec mi
abbracciò da dietro e disse -sei arrabbiata con me vero? Scusa io..-
Lo feci
tacere -no..ma neanche con lui..ti amo- risposi
Lui mi
strinse più forte - anch’’io- sussurrò al mio orecchio.
Il mio viso
rimase bagnato dalle lacrime che ormai non scendevano più.
Erano
passati 2 mesi dal nostro arrivo alla radura e la mia forza era aumentata a
dismisura.
-amore..- mi
chiamò Alec dal bagno. Io sorrisi
-che c’è?-
chiesi dolcemente.
Lui uscì,
aveva un aspetto mozzafiato. Sorrideva e trasmetteva amore con i suoi
incredibili occhi neri e ci annegai. Lo guardavo spaesata e pietrificata dalla
sua bellezza. Con la mano destra teneva una grande tovaglia bianca con la quale
stava asciugando i corti capelli neri e con l’altra teneva aperta la porta. Era
a petto nudo e si potevano osservare gli addominali e i tanti muscoli che
aveva.
Il suo volto
era teso e io sapevo il motivo.
Ci
rimanevano soltanto pochi giorni e del tatuaggio non c’era l’ombra ma io ero
fiduciosa.
-sbrigati..su-
feci io
- e andiamo
ad allenarci- lui continuò a sorridere con il suo sorriso perfetto e lasciò
cadere la tovaglia venendomi accanto.
Io,ancora
sdraiata sul letto a riposare, gli feci spazio e lui mi cinse la vita con le
braccia. Mi piombò addosso cercando di non gravare molto con il suo peso.
Io sorrisi..
-Alec…-
continuai
-lo so, lo
so..andiamo- disse e di malavoglia si alzò.
Ridacchiai e
lo ammirai per qualche secondo illuminato dalla luce del mattino.
Mi alzai e
notai che ero completamente vestita. Indossavo la mia “tuta di combattimento”
su misura. Era di un grigio opaco che faceva risaltare il fucsia delle
rifiniture. Era resistente a tutto e neanche i pugnali riuscivano a scalfirla.
Un regalo del piccolo Damon.
-mi sono
addormentata così?- chiesi squadrandomi bene.
-già eri
distrutta- ridacchiò lui. Mi alzai e mi guardai alla specchiera, i capelli
potevano andare, le occhiaie del giorno prima erano molto diminuite e il colore
degli occhi sembrava quasi più acceso anche senza trucco.
Annuii a me
stessa come acconsentendo al mio aspetto e mi voltai alla finestra.
Fuori Alec
si allenava con la spada lacerando l’aria ad ogni colpo. Era, come sempre, a
petto nudo e con dei pantaloni comodi, pratici ma molto costosi.
Io uscii e
lui mi passò la mia spada.
Alyx era il
nome che avevo scelto per quella meravigliosa spada. Era fatta interamente di
acciaio nero e sul manico c’erano incise due semplici lettere che dicevano
tuttoe niente. Tutto ai miei occhi e
niente agli occhi del resto del mondo.
A-B ecco le lettere
che c’erano incise..
Io la presi al volo e gli feci
l’occhiolino.
-se perdi niente premio..impegnati
amore- dissi.
Lui fece qualche movimento per
stendere i muscoli.
-pronto?- chiesi eccitata di
combattere.
-sono nato pronto- disse lui
correndomi incontro.
Lo scontro fu spietato. L’ora dopo ci
trovammo entrambi sull’erba doloranti e sorridenti.
-patta- disse lui alzandosi a fatica.
Mi tese una mano e io accettai di buon grado quell’aiuto. Alyx mi cadde dalla sua
custodia posta al mio fianco e come fatto apposta il sole fece brillare la A. Lui fece unasmorfia di
dolore e si toccò il torace.
-hai un
gancio sinistro micidiale amore- disse scherzoso ma dolorante.
Io lo
accompagnai in salotto e lo feci accomodare su una poltrona mentre cercavo le
bende. La sua spalla trafitta dalla lama affilata della mia Alyx sanguinava.
Io feci
cadere sul pavimento una lunga serie di medicinali nella furia di trovare delle
bende. Sicura di trovarle quasi entrai in quell’armadio un po’ troppo grande
per il suo contenuto. Milioni di medicinali diversi si trovavano dentro quel
“mobiletto”.
-trovate!-
urlai non appena le ebbi tra le mani. Corsi fino alla poltrona del salone dove
Alec tentava invano di non macchiare di “rosso” le poltrone bianche in pelle.
-grazie
amore- disse gentile come sempre. Io iniziai a fasciargli la spalla sempre più
stretta.
-ahi!- si
lamentò più volte fino a quando, capito che più lo diceva e più stringevo le
bende, tacque. Pace!!
Finii e mi
preparai qualcosa da mangiare. Lui stette tutto il tempo nel salone ad affilare
le lame alle spade.
Tornai in
stanza e decisi che era ora di togliersi quella tuta. Entrai nella mia stanza e
aprii il mio armadio. Ormai mi ero abituata al genere di vestiti scelti da
Fleur. Presi una mini-gonna, per stare fresca, e le uniche calze che trovai
furono dei collant retati che indossai. Poi presi una
maglia nera come la gonna, smanicata, ma cosa rara tra i vestiti di
Fleur,relativamente lunga. Mi arrivava press’a poco all’ombelico.
Mi sdraia
sul letto e iniziai a pensare.
I miei
pensieri erano matasse che si rincorrevano tra loro velocemente. La matassa si
fermò su un volto che non avrei potuto cancellare.
Seth..mi
sorrideva con il suo sguardo dolce. Pensai che l’avevo ferito e mi venne un
groppo nello stomaco. Sono stata una pessima fidanzata e cosa peggiore una
pessima amica. L’avevo tradito nel profondo.
Lui era
totalmente innamorato di me ed io ero così lontana.
Mentre la
matasse dei miei pensieri correva qualcuno bussò.
-Bella? Stai
bene?- chiese Alec.
-si, entra
se vuoi- risposi con voce tremante. Lui preoccupato non se lo fece ripetere due
volte ed entrò.
-stai bene?-
mi chiese sedendosi vicino a me nel mio letto.
-tutto
apposto- mentii.
-non ci
credo..lo sai che puoi dirmi tutto- io risposi guardandolo dritto negli occhi e
sfiorandogli il viso con il palmo della mano.
-pensieri..-
-brutti?-
-no, solo
passati..- lui tacque e io fui sicura che avesse capito. Mi prese una mano e mi
disse -so che sei fiduciosa e io ne sono più che felice ma dovremmo allenarci
ancora-
Io alzai gli
occhi al cielo e risposi rassegnata -hai ragione-
-come
sempre- fece lui intrecciando le sue dita alle mie e trascinandomi fuori in
giardino.
Dopo
un’altra ora piena di allenamento ci fermammo. Lui mi abbracciò cogliendomi
alla sprovvista da dietro. Io mi voltai a guardare il suo viso poggiato sulla
mia spalla che guardava il tramonto. Uno spettacolo incantevole soprattutto se
vissuto così.
-bella..-
sentii una voce chiamare il mio nome. Mi voltai..
Seth mi
guardava tenendo per mano una ragazza.
-che ci fai
qui?- chiese al posto mio Alec che naturalmente sciolse l’abbraccio.
-io sono
venuto a salutarti, e visto che non ti interessi più al branco e ai nuovi
amici, sono venuto a renderti partecipe e documentata.-
-sentiamo-
dissi io con falsa gentilezza. La ragazza aveva dei lunghi capelli biondi e dei
grandi occhi dorati. Starle vicino mi dava..fastidio.
-lei e
Dalila, la mia ragazza- disse. Io la guardai e cercai di avvicinarmi ma mi
fermai improvvisamente. Arricciai il naso. Non riuscivo a starle vicino e mi
allontanai di poco portandomi una mano alla bocca.
-che c’è Bella,
sei gelosa?- chiese spavaldo.
-portala via
Seth..- dissi con un filo di voce mentre un odio incomprensibile nasceva dentro
me.
-portala via
imbecille!- strillò Alec..io non riuscivo più a trattenermi e il fuoco che con
la trasformazione mi ero lasciata alla spalle divampò.
Cercavo di
fare profondi respiri ma la paura che percepivo dall’aura di quella ragazza
metteva legna da ardere alla vampata che portavo dentro.
Seth
indietreggiò, pure lui spaventato. Io alzai gli occhi al cielo e la testa
iniziò a dolere. Tremende erano le fitte che mi penetravano nella mente.
Alec mi
bloccò i polsi e tentò di farmi ragionare abbassandomi la testa. Io aro
spaesate e quell’odore..
Il fuoco si
spense e tutto cessò.
La vista del
mio ragazzo, l’odore di Dalila e il fruscio delle foglie mosse dal vento. Tutto
tacque e si spense come disciolto nell’acqua.
Aprii gli occhi e vidi il suo viso. Alec mi guardava con
sguardo teso. Appena capì che ero sveglia il suo sguardo si addolcì a poco a
poco. Mi guardai attorno e capii che mi trovavo nella sua camera da letto,
quella nella quale dormivo di solito.
Lui mi lasciò riprendere il contatto con la realtà. Mi
prese per un braccio delicatamente e io mi voltai a guardarlo. Allargò le
braccia ancora preoccupato e io mi ci gettai subito. Mi strinse forte al suo
petto marmoreo e io mi ci rifugiai. Mi cullò fra le sue braccia.
-amore..che è successo- chiesi non appena riuscii a
respirare.
-sto bene adesso rilassati- dissi accostando le mie
labbra alle sue. Il baciò fu veloce perché lui mi spostò subito.
-ehi!- protestai. Lui sorrise
-non è il momento..- rispose
-ma..- tentai invano di persuaderlo ma era irremovibile.
Gli sfiorai con il palmo la guancia e riuscii a vedere
tutto.
Il volto di Seth era teso e impaurito. Dalila era
aggrappata al suo braccio e aveva paura..ma di cosa?
Poi mi vidi con le mani alle tempie e gli occhi di un
bianco perla. Qualcuno mi toccò il braccio e mi iniziò a scuotere gridando
disperatamente il mio nome.
Alec si sentì infastidito da quella mia irruzione nella
sua mente e mi spostò dolcemente.
-che..?- chiese dubbioso.
-non ne ho idea- risposi sincera.
Lui rise e io fui sollevata che non ebbe paura.
Avevo ancora impresso in mente il volto impaurito di Seth
che diceva di amarmi.
-penso di riuscire a vedere ciò a cui sta pensando la
persona che tocco- risposi frastornata.
-forte!- rispose allegro. Io sorrisi e lo baciai.
Fu colto alla sprovvista e non mi scansò. Mi strinse tra
le sue possenti braccia e rispose passionalmente al baciò.
Mi lasciai cadere sul letto quando un tremendo bruciore
mi invase la schiena.
Gemetti ed emisi un grido che echeggiò nell’intera
stanza. Lui mi prese per le braccia ma io soffrivo.
La schiena pulsava in maniera inverosimile. Tremavo come
una foglia e mi agitavo.
Poi un urlò straziante che mi fece bruciare la gola. La
schiena era come fosse invasa da milioni e milioni di lame.
-bella, amore, che succede?- disse Alec cercando di farmi
respirare mentre io mi agitavo.
Respiravo a fatica..e il fiatone mi venne tempo un
attimo. Lo sterno sembrava si fosse frantumato in mille pezzi e sentii dolori
al ventre.
Mi contrassi dalle tremende fitte e tentai di fare dei
lunghi respiri.
Inspirai lentamente ed espirai con altrettanta lentezza.
Cercai di placare il dolore distendendomi a pancia in su.
Guardai le sfumature nere che si aprivano dalle 2
dimensioni del soffitto rettangolare.
-Bella, Bella..- continuava Alec preoccupato.
Io feci un segno con la mano perché non ero ancora in
grado di spiccicare una parola.
Lui mi prese la mano e la baciò con amore. Sentii però la
tensione nel suo bacio.
Lo guardai e gli sorrisi facendolo tranquillizzare.
-amore..ti sembrerò perverso ma devo controllarti la
schiena- disse quasi ironico.
Io feci un smorfia divertita e aiutandomi con le due mani
mi alzai la maglietta facendogli vedere la schiena.
Lui rimase a bocca aperta.
-non era una richiesta perversa vero?- chiesi arrabbiata.
Lui con ancora lo sguardo incollato sulla mia schiena
scosse la testa incapace di parlare.
-ma che..-
Mi alzai e mi girai allo specchio..
-o mio Dio..- ribadii fissando il tatuaggio sulla mia
schiena.
Era un disegno tutto complicato che conteneva tutti e 5
gli elementi. Delle fiamme per il fuoco, qualche goccia per l’acqua, una foglia
per la terra e un’aspirale per il vento che si univano al centro con l’elemento
più importante..lo spirito rappresentato da un fulmine.
Rimasi anch’io a bocca aperta, anzi spalancata e lasciai
la presa sulla maglia che si calò.
-wow..- riuscii a dire dopo qualche secondo di silenzio.
-wow? Ce l’abbiamo fatta!- disse lui correndo ad
abbracciarmi. Mi strinse forte a sé attento a non schiacciarmi e mi baciò la
fronte non appena mi voltai a guardarlo.
-ti amo..- sussurrò. Io sorrisi e quando stavo per
rispondere mi balenò un pensiero.
Perché non ero riuscita a rimanere in presenza della
nuova ragazza di Seth?
Tutti avrebbero potuto dire gelosia ma non era quello per
2 semplici motivi:
1: non ero affatto gelosa anzi ero felice che Seth si
fosse levato dalla testa lo strano pensiero di riavermi..
2:la gelosia non fa bruciare il naso e far apparire degli
splendidi (lo ammetto) occhi perlati.
-Alec?-
chiesi mentre lui scioglieva l’abbraccio.
-si?- rispose sempre disponibile a rispondere alle mie
domande.
-perché non sono riuscita a trattenermi di fronte a
quella ragazza?-
-gelosia..- rise..io lo guardai male e lui smise di
ridere anche se il ghigno non glielo levava nessuno.
-era una elfa..tu sei una
cercatrice e sei sensibile all’odore degli elfi-
Si era fatto più serio e tutto tornava.
-Alec-
dissi seria
Lui annuì e io cominciai -voglio andare dai miei..devono
sapere che non verrò uccisa perché sparendo potrebbero pensare qualcosa di
più.-
-mi sembra giusto..lo faremo dopodomani al tuo compleanno.
Il 14..- sorrise
-te ne sei ricordato!- dissi io buttandogli le braccia al
collo.
-certo e ho un regalo pronto per te- rise..
-sei sicura che vuoi rincontrare Seth..?- chiese
-si certo..non mi ha fatto niente, in fondo sono io che
l’ho lasciato-
-questo e pure vero- sorrise
-Ne mancano 3 no? L’acqua, il vento e lo Spirito?- chiesi
-si 3 mocciosi- rispose
-mocciosi?- chiesi perplessa
-si..i mezzelfi rimangono dei
bambini per tutta la vita mentre gli elfi crescono. Questi tre sono elfi che
non crescono ma visto che non si distinguono dai mezzelfi
tutti credono che lo siano.-
-ma Fleur e Teeros sono ventenni e come tutte le creature
magiche hanno smesso di invecchiare-
-Giusta osservazione- disse
-gli spiriti della natura sono.. come dire..intrappolati
nel tasso di età tra i 7 e i 9 anni come i mezzelfi
d’altro canto, ma dopo che vengono allenati dalla cercatrice ampliano e
scoprono il loro potere iniziando a controllarlo. Così facendo si liberano da
quella fascia d’età perché come ho già detto sono dei purosangue e non dei
mezzi.-
-ma la cercatrice non dovrebbe solo cercare? Allora si
dovrebbe chiamare allenatrice..-
-già, è una fregatura..però c’è un motivo perché vengono
chiamate solo cercatrici-
-sarebbe?-
- l’impresa più ardua è cercare gli Spiriti in tutti i
regni Elfi che si trovano in corrispondenza del mondo umano-
-ma aspetta..non esistono cercatori? Sono solo femmine-
-ebbene si..è una fregatura anche questa- gli diedi un
colpo alla spalla e ridemmo.
Ci lasciammo cadere sul letto e ci voltammo ad ammirare
la luce del sole che faceva brillare le gocce di rugiada ancora visibili agli
occhi di una creatura mitologica..Una fascia di luce sfiorò il volto di Alec.
Io poggiai la testa sul suo petto e mi lasciai stringere
delicatamente. Alec nonostante avesse una presa micidiale mi faceva sentire
sicura e il suo dolce braccio non l’avrei scostato per niente al mondo.
“Spazio Autrice” ^_^: ragazze che fine hanno fatto le
vostre recensioni??=( sto entrando in
depressione..mi sembrava che la storia vi piacesse e chiedo scusa pubblicamente
per non aver risposto alle recensioni a:
Ero nella
mia stanza a crogiolarmi tra i pensieri che mi invadevano come impazziti. La
mia mente cercava inutilmente di fare ordine in quel caos di sentimenti ed
emozioni.
Ero appollaiato su un albero e tutt’intorno era buio. Il
vuoto e l’oscurità mi avvolgevano. Mi guardai attorno frastornato e due grandi
occhi rossi mi fissavano. Feci un passo indietro cadendo sul terreno bagnato.
Sbattei la testa contro un gran masso e d’istinto me la presi tra le mani.
Altri occhi si avvicinarono ad un certo punto li vidi chiaramente. Erano delle
figure assetate di sangue. Non avevo idea di chi potessero essere, non li avevo
mai visti ma dalla loro bellezza e dai loro agghiaccianti occhi capii
immediatamente cosa fossero .Erano quattro vampiri. Si muovevano in sincrono
avvicinandosi sempre di più a me. Io mi dimenavo cercando di rialzarmi ma le
dolorose fitte alla testa non me lo permettevano. Non riuscivo a distinguere i
colori dei volti pallidi di quei vampiri. L’unico colore che si distingueva in
quell’oscurità era il rosso acceso dei loro occhi. Ero condannato a diventare
una debole preda della Moira nera. Le lacrime non mi rigavano il viso e non
provavo alcun’emozione, né paura, né terrore. Niente scalfiva lo scudo che
aveva avvolto la mia anima ormai vuota. I muscoli erano completamente contratti
e neanche la forza di volontà riuscì a farmi alzare. Senza una buona dose di
forza era impossibile trasformarsi in lupo. I loro corpi si avvicinavano e la
mia vista si faceva offuscata.. poi tutto si schiarì. La flebile luce della
luna illuminò qualcosa dietro di me. Io sentii di dovermi girare perché i
vampiri rimasero immobili. Mi voltai tremante e dentro di me successe qualcosa.
Tutto quello che lo scudo spontaneo aveva tenuto fuori dalla mia anima mi
invase. Ero inondato da emozioni e sentimenti che fino a quel momento avevo
ignorato. Iniziai a tremare sovrastato dalla paura. La luna illuminava il
grande testone di un lupo poggiato elegantemente su uno sperone. Aveva i tratti
delicati ma i denti scoperti contro i vampiri. Sembrava davvero superiore a qualunque altro licantropo avessi
mai visto. Il suo manto era di un bianco puro. Nessuna sfumatura sul suo pelo.
Gli occhi mi fecero pensare. Aveva un paio di grandi occhi color cioccolato.
Ringhiò rabbioso contro i quattro che ancora lo fissavano. Fece un ringhiò più
pacato, contrasse i muscoli delle gambe e li guardò in cagnesco. Si sedette
innalzando la testa in direzione della luna e ululò. I vampiri videro qualcosa
che io non notai. Io riuscì a percepire solo qualche ombra. Il vampiro che mi
stava più vicino corse via e così fecero tutti gli altri.
Aprii gli occhi di scatto e mi guardai
attorno. Sempre lo stesso incubo. Mi ero addormentato in fretta.. guardai
l’orologio e capii che avevo dormito qualche ora.
Sapevo che ero un verme. Lo sapevo..
ero solo un lurido verme! Mi morsi il labbro carnoso e mi sedetti sul letto
lasciando cadere le gambe stanche.
Guardai la luce del sole che baciava
le guance a Dalila fuori in spiaggia. Era sdraiata sulla spiaggia desolata
della nostra riserva mentre le onde del mare si infrangevano sugli scogli.
Quelle onde arrivavano in riva lambendole una ciocca dei suoi ricci capelli
platinati. Teneva gli occhi semichiusi e guardava il cielo annuvolato. Notai
che le si allargò un sorriso in volto.
Mi venne una fitta allo stomaco e socchiusi
gli occhi per il forte dolore. L’avrei ferita e l’avrei persa per sempre e
tutto si sarebbe ripetuto, come una favola riuscita davvero male.
Lei si alzò e vedendomi sveglio corse
alla porta d’ingresso. Io mi passai una mano hai corti capelli neri.
Entrò nella stanza con un sorriso
sfavillante stampato sul viso colorito e delicato.
Mi venne incontro e io mi alzai a
fatica barcollando con le mani a penzoloni.
Mi prese una mano e mi baciò
avvicinandosi a me. Sentii il contatto delicato con le sue labbra sottili. Mi
abbracciò dolcemente senza staccare le sue labbra dalle mie ma io non ricambiai
l’abbraccio.
Lei si accigliò offesa. Io la guardai
serio e iniziò a preoccuparsi.
-dobbiamo parlare- dissi solamente.
Lei acconsentì dubbiosa.
Camminavamo sulla riva del mare in
tempesta. Lei mi prese la mano per una vera camminata romantica ma io la
lasciai subito. Lei mi fissò.
-Dalila, lo sai che ti voglio bene vero?- lei rispose
-Seth! Parla!- era arrabbiata e non avevo nemmeno
cominciato
- Dalila penso che tra noi dovrebbe
finire qui- sussurrai guardando la sabbia scura su cui camminavamo.
-c..cosa?- chiese già lì per piangere.
-è stato un errore..- lei mi mollò uno
schiaffo in pieno volto. Rimasi con la bocca aperta per qualche secondo.
-io ti amo!- disse con gli occhi
lucidi e le lacrime che avevano iniziato a rigarle il viso.
-lo so ma io non ti ho mai amato
veramente- dissi con coraggio.
Mi aspettavo un nuovo schiaffo ma
questo non arrivò quindi la guardai. Teneva la testa bassa, singhiozzava e le
lacrime non l’abbandonavano.
Mi inumidii le labbra con la saliva e
poi le morsi nuovamente. Questa volta con forza.
Tra un singhiozzo e l’altro disse
-non mi vedrai più!-
-cosa? Vai via? Ti prego no!-
Io avevo bisogno di lei. Bisogno di
qualcuno con cui poter parlare.
-Seth..ti ho amata e continuerò ad amarti ma addio-
disse socchiudendo gli occhi dorati per far smettere alle lacrime di cadere.
Si girò e si allontanò. Io le fermai
il braccio e lei si girò a guardarmi.
-se non vuoi farlo per me fallo per
tutti gli altri..per esempio mia sorella-
-lei mi mancherà, ma ho deciso- Alzai
gli occhi al cielo deluso
-ti prego, rimani-
Lei fece un falso sorriso che
nascondeva un ghigno.
-addio-
Schioccò le dita e le sue valige già
pronte le furono davanti.
La magia in molti elfi era davvero
efficiente. Mi poggiai la mano sulla fronte sudata, rassegnato. L’avevo persa,
proprio come avevo perso Bella.
Mi guardai attorno ed ero solo. Solo
in una riserva smisurata. Solo con davanti una vita infernale. Solo senza le
persone che più amavo. Solo..per sempre.
Mi lasciai cadere sulla sabbia. Sentii
dei singhiozzi provenire dal bosco e come un “bravo cane ” alzai la testa
cercando il punto da cui provenivano quei lamenti.
Mi addentrai nel bosco mentre il
lamento mi indicava la giusta direzione.
I singhiozzi si facevano più forti e
acuti. Superato un grande abete mi diressi verso una bambina prostrata ai piedi
di una quercia. Piangeva e teneva la testa tra le mani singhiozzando.
Girò leggermente la sua minuscola
testolina verso di me e io le sorrisi. Era così fragile e piccola. Era
scheletrica e pallida.
Le andai vicino e capii che aveva dei
capelli biondo cupo. Li portava corti alla spalle e dei bellissimi occhi verdi.
Le presi una mano attento a non farle
male. Mi sentivo troppo grande per starle accanto. Le asciugai le lacrime e la
presi in braccio.
Non pesava niente. Anche se era magra
non era anoressica. Le sfiorai il viso mentre lei, allo stremo delle forze,
affondò il suo tenero visino sul mio petto inumidendomi la maglia di goccioline
salate.
La strinsi a me come un padre stringe
a sé la sua bambina. Smise di piangere non appena fummo arrivati nella mia
stanza.
La poggiai dolcemente sul mio letto e
le asciugai, per l’ennesima volta, le ultime lacrime. Si accovacciò tra le
lenzuola e strinse il cuscino tra le deboli braccia.Lo strinse fortissimo sbattendogli sopra le
mani con i pugni chiusi.
-tesoro, come ti chiami?- chiesi
dolcemente seguendo il suo sguardo. Fissava il mare agitato. Mi sedetti al suo
fianco e le accarezzai il viso.
Lei non mi rispose e ritornò a fissare
il cuscino intriso di lacrime amare. Poi alzò lo sguardo e lo posò su di me.
Esitò un attimo e poi mi abbracciò. Io non ero preparato. Non ci sapevo fare
con i bambini.
Intanto anch’io avevo bisogno di un
abbraccio e la strinsi a me. Lei mi guardò con gli occhi talmente lucidi che le
brillavano le pupille.
-Noelle- disse piano abbassando lo sguardo.
-un bellissimo nome, piccola- dissi
alzandogli il viso e guardandola negli occhi.
Lei sorrise e io mi sentii fiero di
me.
-io sono Seth..- lei mi sorrise
nuovamente.
-vuoi dirmi cos’è successo?- chiesi
speranzoso.
-non ricordo niente. -
-niente- continuò piangendo. Io la
riaccostai al mio busto e le diedi un bacio in fronte.
-tranquilla piccola, ora ci sono io e
tu non avrai mai bisogno di nessun’altro d’accordo?-
Le strappai un sorriso e lo ricambiai.
Mi sentivo bene con lei e sentivo che
c’era quasi un legame tra noi. Le accarezzai il visetto mentre si addormentava
tranquillamente nel mio letto.
Dormiva beata e serena. Ora la mia
vita aveva di nuovo un senso. Uno scopo.. badare a quella minuscola creaturina
che sentivo già mia.
Dormivo
meravigliosamente. Neanche il vociare dei miei fratelli scalfiva il mio sonno.
Mi rigiravo nel letto beato quando..
-Seth,
Seth, svegliati, svegliati- squittiva il mostriciattolo mentre mi scuoteva con
violenza.
Io aprii gli
occhi di colpo e la guardai per un secondo scarso prima di richiuderli.
Era
raggiante. Occhi splendenti di un verde acceso e sognante. Sognava di
ricominciare, ritornare a vivere. Capelli lucidi e ben pettinati di un biondo
sfolgorante. Li ondeggiava e si notava lo scarso spessore di essi sul viso
colorito. I capelli erano lisci e lucidi.
Sbuffai e
presi l’orologio.
6:00
Strizzai gli
occhi con rabbia. Lei perse quel suo adorabile sorrisetto che le si era aperto.
Divenne timida e si fermò di botto lasciandosi cadere seduta in ginocchio sul
letto.
Mi morsi il
labbro e la presi in braccio e scivolando tra le lenzuola ci trovammo l’uno
vicino all’altro. Iniziai a farle il solletico e lei iniziò a contorcersi
ridendo come non mai. Rideva e io la seguivo a ruota.
Fummo
interrotti subito.
-apri-
strillò una voce familiare, fin troppo.
-che vuoi
Leah?- chiesi indispettito.
-Posso?-
chiese abbassando il tono della voce. Io pensai a lungo tanto che i poveri
neuroni che erano rimasti nel mio cervellino bacato andarono anch’essi in
vacanza.
Diedi un
bacio in fronte a Noelle perché quella sarebbe potuta
essere l’ultima volta. Non dissi niente a mia sorella che si trovava dietro la
porta.
Lei entrò
spalancando la porta e io rimasi rigido tenendo forte il braccio esile di noelle.
-e lei?- era
adirata e io strinsi la presa sulla bambina. Lei seduta sul letto capendo la
situazione stava ferma e guardava fisso mia sorella.
Leah teneva
i capelli scuri sul volto olivastro e gli occhi bruni mi scrutavano in cerca di
una risposta. Aveva i muscoli delle braccia contratti sulla porta.
Sicuramente
la notizia che la sua nuova amica se n’era andata per colpa mia non le era
piaciuta.
-lei è Noelle- dissi cercando inutilmente di farla rilassare. Mi
guardò in cagnesco come solo una ragazza-lupo poteva fare e mi puntò un dito
contro.
-tu..- disse
venendomi incontro con fare assassino. Io mi scansai e schivai lo schiaffò.
-calma..calma-
tentavo di parlare civilmente niente di più. Lei non si fermava e io iniziai a
girare in tondo per la stanza cercando una qualsiasi idea anche banale.
-sono una licantropa- disse noelle mentre
Leah tentava di strozzarmi. Le sue mani si bloccarono e io ancora a bocca
aperta sgusciai veloce dalle sue grinfie.
-voi siete
licantropi no?- chiese la piccola. Io la guardai confuso, era una di noi.
-si amore,
si- dissi felice prendendola in braccio e facendogli fare qualche giro in aria.
Gli baciai la fronte liscia e piccola.
Leah fece
una smorfia di disapprovazione alla mia straordinaria idea.
-è
possibile!- esultai. Era diretto a mia sorella ma guardavo la mia piccina con
occhi sognanti. Sognavo di tenerla con me.
Leah sbuffò
e incrociò le braccia al petto sostenendosi su una gamba. Girai lo sguardo
verso la spiaggia dove Sam litigava con Quil. Strizzai gli occhi per la luce
accecante del sole.
Uscii dalla
mia stanza ancora tenendo in braccio Noelle. Arrivai
davanti la porta d’ingresso e mia madre mi chiamò
-chi è
quella, Seth?- era diffidente e preoccupata. Non potevo reggere 2 madri.
-nessuno-
dissi in maniera sbrigativa ma lei mi prese il braccio. Dimostrava una trentina
d’anni e di forza ne aveva da vendere. Io mi voltai a guardarla e Noelle si nascose il viso tra i corti capelli e lo affondò
sul mio petto caldo.
-una
bambina-
-ma và!-
commentò senza staccare i suoi occhi nocciola indagatori dai miei.
Abbassai lo
sguardo ma lei mi prese il viso tra le mani.
-lo trovata
ieri nel bosco, piangeva, allora l’ho presa e l’ho portata nella mia stanza.
Oggi ho scoperto che è una licantropa e ho pensato di convincere Jacob a farla
entrare nel branco-
Lei mi tenne
la maglietta mentre io mi apprestavo ad uscire.
-che c’è
ancora?- chiesi spazientito.
-è una pazzia.
Jacob non accetterà mai- disse. Non capivo dove volesse arrivare perché si era
fermata a metà discorso ed aveva ancora la bocca aperta.
-e..?- la
incitai
-e..Seth, mi
devi promettere una cosa- disse in tono di supplica. I capelli bruni le
ricadevano sul viso ma vedevo comunque gli occhi nocciola implorare.
-dipende-
dissi mesto.
-seth..-
-che vuoi?-
urlai
-non devi
farti cacciare dal branco- disse. Mi cadde il mondo addosso.
-se Jake
dirà di no tu lo accetterai?- chiese mentre io pensavo a ciò che avrei potuto
dire che somigliasse quantomeno alla realtà.
-certo-
mentii. Io non avrei abbandonato Noelle. Mai!
Lei mi
scrutò ma la menzognala convinse. Io la
guardavo di sottecchi e speravo che mi lasciasse uscire.
-okay ma me
l’hai promesso. Ricordatelo.- disse. Io sentii una fitta allo stomaco ed annuii
dandogli già le spalle.
Sam e Quil
si voltarono verso di me e sentii solo parte del loro discorso.
-ti ho detto
che se non avessi detto di darmi tutto in caso vincessi la scommessa io non
avrei tentato di vincere con l’inganno- aveva urlato Quil.
-vuoi detto
che è colpa mia. È colpa mia!- continuò Sam.
-ecco, vedi.
Se l’avessi ammesso prima non saremmo stati mezz’ora a litigare- aveva risposto
Quil e poi si erano voltati verso di me.
-chi è lei?-
chiese Quil.
-una
bambina- riprovai.
-dici vero?
Non me n’ero accorto se non me lo dicevi sta notte non riuscivo a chiudere
occhio- rispose. Perché non funzionava mai?
-ora lo sai,
puoi fare sogni sereni!- stetti al gioco.
-mocciosi-
sbuffò Sam.
-allora, chi
è?- chiese lui.
- mia
cugina..- dissi subito.
-tu non hai
cugine, e poi è piovuta dal cielo sta notte?- Quil aveva rovinato la mia bugia.
-ma porca
miseria, fatevi i fatti vostri!- urlai. Iniziai a camminare in direzione del
bosco.
-dove vai?-
chiese Sam.
-da Jake- risposi. Sentii l’impatto di una mano scaraventata
con foga sulla fronte e il rumore mi giunse all’orecchio ma non me ne curai.
Iniziai a
correre verso il bosco trasformato e Noelle mi teneva
il pelo.
Arrivammo di
fronte casa di Jacob. La casa era fatta vuota e cupa da quanto la MIA e solo
MIA Bella se n’era andata.
Fuori non
c’era nessuno che faceva turni di guardia perché prima c’era un’umana da
proteggere adesso non più.
Provai ad
aprire e notai con piacere che era aperta. Feci pressione ed entrai nel salone.
Erano tutti lì.
Jake si
guardava la tv coricato sul divano di pelle. Il telecomando sul petto
muscoloso.
Renesmee
leggeva in tranquillità e silenzio su una poltrona bianca dello stesso colore
del divano.
Ian dormiva
sulla moquette perché doveva essere caduto dal divano in pelle nera che lo
sovrastava.
-mi botta di
vita!- commentai ad alta voce. Ian si
sveglio e si mise in allerta. In posizione d’attacco. Jacob mi volse solo uno
sguardo. Renesmee mi salutò con il gesto della mano.
-a sei tu-
disse deluso Ian.
-grazie ah!-
conclusi.
Poi mi
accorsi che mi mancava qualcosa. Dov’era Noelle. Mi
voltai e la vidi nascosta dietro la porta. Le feci segno di entrare e Renesmee
mi guardò pensierosa.
Appena la
bimba entrò mi venne incontro e si mise dietro le mie gambe.
-lei chi è?-
chiese Jake che si era appena alzato. Si stiracchiò i muscoli e mi guardò con
aria assonnata.
Decisi di
evitare la tiritera una bambina, ma và ecc.. dovevo andare dritto al punto.
-vorrei
prendesse parte al branco- ero serio. Jacob mi fissò e poi iniziò a ridere
fragorosamente pensando fosse uno scherzo. Io lo fissai mentre Noelle avrebbe voluto sprofondare..
-non scherzo
Jake- dissi. Lui smise di ridere e cercò con lo
sguardo la bambina.
-sei un lupo
deduco- disse osservandola da capo a piedi.
-vediamo che
sai fare- disse subito.
-co..cosa?-
dissi spaventato.
-credi che
noi prendiamo nel branco tutti i lupi che esistano?- disse ridacchiando. Non
capivo da dove prendesse tutta quell’allegria. La mancanza di Bella si era
riversata soprattutto su Ian che aveva perso ogni sorriso.
L’indomani,
il 14 giugno data che non scorderò mai, era il compleanno di Bella.
-okay- disse
una voce nitida, femminile. Guardai il basso e Noelle
aveva i pugni chiusi e ci guardava.
-andiamo
fuori- disse lui con un sorrisetto sul viso. Si stava trattenendo dalle risate.
-questo è
l’alfa?- chiese lei non appena Jacob fu distante. Dall’altra parte del terreno.
-già- dissi
-a me sembra
un buono a nulla- io risi..
-non lo
sottovalutare però piccola- dissi.
-contaci-
subito dopo si trasformò ad un velocità che mi lasciò sbigottito.
Era un
lupetto non particolarmente grosso che come animale non avrebbe avuto più di 3
mesi. Di un colore scuro. Nero come la pece con i suoi occhi verde smeraldo.
Vidi
allargarsi sul muso di Jake, trasformato, un sorriso. Sicuramente per le
dimensioni ridotte di quel cucciolo. Io misi una mano in fronte. Jake era un
lupo adulto e forte mentre Noelle era un cucciolo
debole e principiante non ce l’avrebbe mai fatta.
L’alfa alzò
il muso e sentii Ian parlare.
-attacca-
diceva a Noelle. Leggeva i pensieri al padre e
riferiva.
Noelle
chiuse gli occhi e fu nera del tutto. Un lupacchiotto piccolo ma inquietante.
Si avventò
su Jake tremando. Arrivò ad una velocità incredibile e lo morse. Il sangue
cominciò a uscire dal corpo di Jake prima ancora che qualcuno si accorgesse di
niente.
Iniziò a
combattere in maniera spietata e si avventava sull’avversario troppo
velocemente perché lui riuscisse a vederla.
Vidi per la
prima volta il grosso lupo rossiccio indietreggiare. Il cucciolo nero corvino
continuava ad azzannarlo a denti scoperti e a me non sembrò essere la mia
bimba. Sembrava avesse perso il controllo. Jake era ferito ovunque esi teneva in piedi a fatica. Barcollava come
ubriaco e trascinava le gambe. Non riuscì a reagire ed ero sicuro che si stesse
per ritrasformare. Infatti..
Jacob si
ritrasformò e stava steso a terre mentre Ian gli andava incontro Noelle ringhiava.
Ringhiò al
ragazzo che si allontanò.
-Noelle,
basta!- urlai io ma lei non ne volle sapere. Mi ci avvicinai con passo felpato
e la presi alla sprovvista mentre si apprestava ad azzannare il collo bianco e
possente di Jake.
Renesmee e
Ian si fermarono dopo aver visto il mio gesto della mano.
Spinsi via Noelle con più forza avevo in corpo intento a farla
ritrasformare.
Lei
resistette e mentre le sanguinava il dorso e il muso si avvicinò a me e mi
guardò in cagnesco.
I suoi occhi
verdi erano diventati gli occhi del demonio. Si erano colorati di un rosso
sangue che mi spaventò subito.
Indietreggiai
tremante e caddi a terra. Iniziai a strisciare indietro. Il lupetto riusciva ad
avvicinarsi nonostante le trattenute dei duemezzi-vampiri.
Ian scoprì i
denti ma lo fermai prima che mordesse il collo peloso del lupo fuori controllo.
-no!- gli
urlai. Lui si fermò per la sorpresa.
Poi, dopo
avermi ignorato, azzannò il collo del lupo. Io chiusi gli occhi per il dolore e
mi uscì qualche lacrima. Le lacrime iniziarono a susseguirsi mentre i lamenti
strazianti dell’animale mi fecero tremare.
Aprii gli
occhi. Il lupo gemette e gli occhi tornarono di un verde puro.
-no!- urlai
e mi getti con violenza contro Ian che fu scagliato lontano. Presi tra le mani
la MIA bambina, tornata tale, e iniziai a piangere lacrime amare. Il sangue le
gocciolava lento in più punti del corpo ma la parte fatale era solo il collo.
Le lacrime
mi scorrevano in viso e pensai che forse ero io.
“perché
nessuno può rimanermi accanto? Bella si era stufata, Dalila se n’era andata, e
ora lei..” Sentii un battito e capii che ancora viva.
Tossiva una
densa sostanza rossa. Sangue! Il cuoricino batteva in modo irregolare e
movimentato. La pelle era pallida. Gli occhi si aprivano e si chiudevano.
Se era viva.
Come avrebbe reagito il veleno Vampiro su di lei?
Spazio
autrice: Ragazze ve lo immaginavate che i capitoli erano dal punto di vista di
Seth? Nessuno mi ha detto la sua opinione allora come vi sembrano? A me
piacciono molto e a voi? Fatemi sapere..
Camminavo
nervosamente sulla camera da letto della casetta in legno. Alec era disteso
fuori sull’erba. I suoi lineamenti delicati brillavano alla fievole luce del
sole. La luce illuminava il viso e gli addominali scolpiti. I capelli gli
ricadevano sugli occhi scuri. Li teneva aperti e fissava un punto indifferente
del bosco. Era anche lui agitato e muoveva ritmicamente e nervosamente le dita
sull’erba.
Sorrisi e
decisi di uscire. Mi trovai sull’immenso giardino.. lui si voltò sorridendo. I
suo occhi seducenti mi attiravano come calamite. Mi avvicinai cautamente e mi
sedetti a gambe incrociate. Lasciai cadere le esilibraccia sulle gambe e lo fissai. Lui mi
accarezzò una guancia e mi sorrise.
Avvicinò le
sue labbra alle mie ed io ricambiai il bacio. Intrecciai le mie dita ai suo
capelli e lui mi attirò a sé. Persi l’equilibrio e gli caddi tra le braccia
ridendo e sciogliendo l’abbraccio.
Lui mi
sfiorò i capelli e mi prese un braccio. Si alzò in piedi e mi aiutò a fare lo
stesso. Lui con la mano si levò la polvere dai pantaloni umidi.
L’erba era
ancora coperta da goccioline di rugiada. IL sole splendeva anche se coperto da
nuvole chiare e di passaggio. Il vento era una leggera brezza che mi faceva
rabbrividire.
Chiusi gli
occhi intenta a voler assaporare ogni momento ed ogni rumore o odore che stavo
vivendo.
Lui mi
strattonò con delicatezza rompendo l’equilibrio che si stava creando tra me e
la natura. Riaprii gli occhi..
Mi strinse a
sé e io lo attanagliai con le braccia. Affondai il viso sul suo petto e lui mi
accarezzò i riccioli neri.
-oggi viene
Aro- sussurrò. Quelle parole gli si spezzarono tra i denti.
Io non lo
guardai né dissi niente. Non volevo rovinare un momento così perfetto.
-anche
Caiuse Marcus, credo- continuò.
-credi?-
chiesi stupita non fosse sicuro che quei tre energumeni venissero assieme.
-non ne ho
idea- concluse. Io non infierii si capiva lontano un miglio che era teso. Se
avessi fatto brutta impressione su quei tizi sarebbe stato lui in dovere di
uccidermi.
Al solo
pensiero rabbrividii. Non potevo..non potevo costringerlo a fare una cosa del
genere!
Lui stava
male. Ne ero sicura, stava male fisicamente. Da quant’era che non prendeva
sangue?
-da quanto
non bevi?- lui capii il significato di quel BEVI e fu sorpreso della mia
domanda.
-da un po’-
disse. Era debole e, se possibile, più pallido del solito.
-rispondi-
lo intimidii senza i risultati sperati infatti rise. Rise dal modo in cui lo
dissi. Volevo essere minacciosa e lui che faceva? Rideva!
-che ridi!
Su bevi- gli porsi il collo. Lui si ritrasse.
-non so
fermarmi- si giustificò.
-con me non
attacca! Mordimi- lo supplicai. Lui si avvicinò poi fece un altro passo
indietro. Io mi guardai intorno e vidi ciò che faceva per me: un coltello si
trovava proprio sotto i nostri piedi. La lama brillava, dalla luce solare,
seminascosta dai fili d’erba. Con un movimento agile lo presi e strinsi il
manico.
-non oggi!-
urlò. Io non lo ascoltai e disegnai una retta proprio dove, all’interno, doveva
trovarsi la laringe.
Un dolore
lancinante si impossessò di me. Feci un urlo silenzioso aprendo la bocca da cui
non uscì alcun suono.
Dovevo
essere forte.
-devi essere
al massimo oggi- mi urlò contro ma io mi avvicinai sicura non avrebbe resistito
a lungo.
La ferita
sanguinava e il sangue era di un rosso vivido. Lui lottò per una frazione di
secondo contro se stesso e contro la sua natura ma alla fine vinsi io.
Affondò i
suoi denti affilati sulla mia gola e iniziò a bere. Io feci un sorriso che si
trasformò presto in una smorfia di dolore.
Lui
continuava a prendere sangue mentre le forza mi venivano meno. La testa doleva
incessantemente e tenevo gli occhi chiusi. Lui si fermò tutto d’un colpo e
staccò le sue fauci dal mio corpo. Io mi abbattei al suolo. Non avevo ancora
perso i sensi e non fu un bene perché il terrore e il dolore mi attanagliò.
Mi sentivo
debole e il sangue continuava a fluire lento sul mio collo. Lui si pulì le
labbra con il dorso della mano con un gesto di stizza. Era disgustato..
-sono così
indigesta?- chiesi con un filo di voce cercando, senza successo, di essere
spiritosa.
Lui mi prese
in braccio e io mi raggomitolai su me stessa senza più forze. Aprii la porta
dandole un calcio..essa si accartocciò e fu rasa al suolo. Entrò quasi senza
accorgersene e mi depose sul letto. Arricciò il naso e gli portò una mano
sopra. Chiuse gli occhi..
Il sangue
imbrattava le lenzuola bianche si colorarono di un rosso vivo.
Prese delle
bende sempre combattendo per non saltarmi addosso. Mi medicò la ferita tentando
di starle il più lontano possibile anche se naturalmente senza l’esito positivo
a cui aspirava. Trattenne per molto il respiro e alle volte dovette pure
allontanarsi.
Appena
finito fece un giro della stanza.
-perché!?-
mi chiese come se in realtà non parlasse con me.
-avevi sete-
mi giustificai in un lieve sussurro.
-non è un
buon motivo! Oggi arriverà Aro e tu come combatterai in questo stato?- sbraitò.
-ce la
faccio- lo rassicurai anche se le gambe tremavano e non ero sicura mi reggessero
in piedi.
-smettila-
mi zittì lui irato. Sapevo che era preoccupato ma..
-vuoi
finirla? L’ho fatto per te!- dissi con voce alta ma mal ferma.
-finirla?
Sono io che dovrò toglierti la vita se non supererai la loro prova-
Si lasciò
cadere su una sedia e si mise una mano ai capelli. Io lo guardai consapevole di
ciò che provava. Anche se non riuscivo a scavare affondo nei suoi sentimenti
sentivo di capirlo e cercavo di comprendere il suo dolore.
Passò
qualche ora..io mi alzai senza troppa fatica ma di combattere non se ne
parlava. Avevo il fiatone ed ero debole. Il sangue continuava a scorrere anche
se poco normale.
-non
dovrebbe uscirne così tanto in teoria- dissi.
-infatti. In
teoria, in pratica siamo spacciati- rispose lui.
Ero in piedi
di fronte a lui e mi reggevo grazie ad una sedia.
-andiamo
fuori- dissi sicura. Presi un pugnale tra le dita e lo coprii con il fodero.
-non se ne
parla- ribatté. Io ridacchiai ed uscii comunque. Respirai a pieni polmoni e
pregai che tutto andasse per il verso giusto.
Lui si
appostò davanti a me poco convinto. Io sguainai la lama e lui rimase immobile.
-il tuo
pugnale?- chiesi stranita.
-combatto a
mani nude- rispose e mi si avventò contro. Io lo schivai appena e caddi
sull’erba per un forte giramento di testa. Lui si incupì. Non era deluso perché
sapeva quanto valevo sul campo di battaglia ma era impaurito di cosa sarebbe
successo da lì a poco.
Dei passi
veloci nel fitto bosco mi fecero insospettire.
-oh ca..- iniziò a imprecare Alec. Io gli tappai la bocca.
-sta’
tranquillo..- gli accarezzai la guancia e lui mi sorrise anche se teso come una
corda di violino.
Tre figure
si stagliarono davanti ai nostri occhi e alterarono la bellezza della natura.
Deglutii.. le figure avanzavano adesso avanzavano lentamente.
Allora sono
insieme!
Rimasi
immobile a fissarli mentre si avvicinavano e nel frattempo Alec si era già
allontanato da me.
Feci un
profondo respiro e mi avvicinai senza far trasparire la stanchezza e la
debolezza.
-Aro, Caius,
Marcus- dissi accennando ad un inchinò che mi stavano
consumando pezzo per pezzo la mia dignità.
-ragazza-
rispose sprezzante Caius io ignorai il suo tono e mi avvicinai ad Alec che
aveva già fatto il suo inchino.
-Alec, mio
giovane..potete cominciare anche subito- disse Aro con falsa dolcezza rivolto
ad Alec.
-si-
sussurrò lui in risposta.
Io mi morsi
il labbro e li guardai in faccia uno ad uno. Caius aveva un ghigno beffardo
stampato in faccia, Aro era quasi gentile e Marcus indifferente come sempre.
Alec mi fissava ansioso e preoccupato.
-maestro.
Possiamo cominciare- dissi ad Alec sorridendogli rassicurante.
ci
preparammo ad iniziare ed io mi ripetei “è un allenamento, è un allenamento”
però la mia ansia non svanì.
Io strinsi
il pugnale tra le dita tremanti e lo puntai contro Alec. Lui sfoderò il pugnale
con grazia e finta noncuranza. Iniziai con dei passi lenti e precisi puntando
su un affondo breve e preciso. Lui lo schivò con facilità ma io fui rapida a
girarmi e tentare di colpirlo alle spalle ma lui girandosi verso di me mi
scaraventò sull’erba. Le forze mi abbandonavano e la vista si annebbiava. Il dolore
lancinante alla gola mi mozzava il fiato.
Caius
dall’altra parte del campo rideva sommessamente. Io ringhiai anche se il dolore
mi fece morire la rabbia sulle labbra. Tossii sangue e mi rialzai barcollando.
Mi rimisi in piedi e gli puntai il pugnale contro. Lui mi venne addosso e mi
lasciò il tempo di una finta che si concluse con una stoccata che andò a segno.
Il sangue iniziò a scorrergli veloce sul petto.
Lui si voltò
e iniziò a muoversi troppo velocemente per io percepirlo visivamente quindi
chiusi gli occhi. Caius, che fino ad allora si era controllato, scoppiò in una
risata fragorosa per quella mia ultima mossa.
La
disperazione era l’unica cosa che seguivo ormai perché sapevo di non poter
contare sull’amore di Alec in quel momento. Doveva fare la sua parte.
Lui tentò un
tondo ma io lo schivai facilmente anche se il dolore mi limitava le forze. Io provai una cavazione. Svincolai il suo
pugnale e contrattaccai dopo la precedente difesa. Ruotai il polso e
l’avambraccio mettendo fuori gioco il suo pugnale che entrò con un colpo a
vuoto e restò scoperto come desideravo.
Finii con un
rovescio muovendo il pugnale da sinistra a destra.
Il sangue
iniziò a scorrergli in diversi punti del corpo. Sentii che la risata poco
contenuta di Caius si era assopita lasciando il posto ad un’espressione irata.
Il pugnale
gli volò dalla mano e sbatté rumorosamente sul terreno. Lui lo fissò poi si
volto verso di me sorridendo. Io non ci credevo.
Avevo
vinto..avevo superato me stessa e dato il meglio.
-ottima-
disse Aro battendo le mani. Io lo guardai..le gambe tremavano.
Si
avvicinarono. Aro davanti e mi prese un braccio, lo alzò.
-sei stata
davvero brava ma..- quel ma non mi piaceva affatto. Chiusi gli occhi pensando
per un attimo al peggio.
-passerai 1
anno da un maestro.- concluse. Io strabuzzai gli occhi. Avevo pensato a
migliaia e migliaia di conclusioni per quel “ma” però quella era l’ultima delle
mie ipotesi.
-cosa?- chiesi
stupita.
-fare la
cercatrice non è un gioco quindi avrai bisogno di un addestramento vero e
proprio. Dopo tornerai e partirai con Alec- mi
sorpresi però mai quanto Alec che lo abbassò lo sguardo per sorridere.
-sei stato
un ottimo maestro- disse rivolto ad Alec che rialzò lo sguardo impassibile.
Non capivo
come facesse ogni volta.
I tre si
allontanarono senza aggiungere altro ma io chiesi
-quando? Con
chi?- la testa faceva male, anche troppo per i miei standard.
-fra tre
giorni con una delle nostre guardie..a cavallo- concluse Aro per poi sparire
tra gli arbusti. I fratelli lo seguirono senza parlare come sempre.
Li seguii
con lo sguardo quando Alec mi cinse il bacino senza staccare gli occhi dal
punto in cui erano spariti.
“Spazio
autrice”: vi piace questo capitolo?Ve
lo aspettavate questo imprevisto del Nuovo Maestro? Ringrazio:
Kekkacullen: ti ringrazio per le recensioni che fai a saltare Voglio
sapere cosa ne pensi ti prego!!! Ebbene si bella è la cercatrice e adesso? La
storia continuerà per molto! Spero di non farti stancare e che la seguirai fino
allafine!
Mary_withlock: mary, ti ringrazio per aver iniziato a
seguire la storia anche se avevo pubblicato già un bel po’ di capitoli e spero
che arriverai a questo senza stancarti di seguire la storia xD
grazie mille!!!!!!!!
Mi svegliai
di malavoglia. La luce del sole rischiarava l’intera stanza ed io non riuscivo
a chiudere più un occhio. Testai a tentoni il letto nel quale il mio vampirello
si rilassava la notte ma non c’era altro che la sua orma.
Il suo
contorno era stampato nel materasso ed io aprii di scatto gli occhi. La luce
quasi mi accecò.
Che
bell’inizio di giornata!
Mi guardai
attorno e non lo vidi. Stropicciai gli occhi ancora semichiusi dal sonno e,
appena li riaprii, me lo trovai di davanti. Sobbalzai e mi misi a sedere. Lui
sorrise..
-buon
compleanno amore- disse avvicinando il suo viso al mio. Gli strappai un bacio e
finii tra le sue braccia. Ero appena caduta dal letto come quando avevo 5 anni!
Lui mi strinse e prese posto nel letto tenendomi stretta al suo petto. Io gli
accarezzai il viso e poggiai dolcemente le mie labbra alle sue
-grazie-
borbottai lasciandomi cadere al suo fianco.
-che hai in
programma per oggi?- mi chiese capovolgendo la situazione e stabilendosi sopra
di me di poche spanne. Mi morsi il labbro inferiore e risposi
-vorrei
passare a trovare la mia famiglia e..- non sapevo come dirgli la verità. Ero in
bilico e lui mi guardava curioso. Come facevo a dirgli cosa desideravo
realmente?
-e..cosa?-
chiese lui. Io strinsi i pugni e guardai altrove girandomi verso il vecchio
comodino in mogano che mi si parava davanti. Non volevo incontrare i suoi
occhi.
-allora?-
domandò preoccupato. Dovevo agire e dirgli la verità.
-devi farmi
una promessa- sussurrai.
-cosa?-
chiese ora più tranquillo
-tra di noi
ci dovrà essere un rapporto basato sulla sincerità- era un’affermazione.
Iniziavo a sembrare una vecchia saggia uscita da qualche strano film in bianco
e nero.
-certo-
rispose sorridendo. Io non sorrisi, quella era la parte più semplice del
discorso. Ma dovevo arrivare al punto. Corrugai la fronte sempre senza
guardarlo. Lui perse ogni sorta di sorriso, si alzò e si sedette su una sedia
-parla-
disse. Non era stupido ed aveva capito perfettamente che qualcosa non andava.
Mi squadrava per capire cosa non andasse ma io evitavo i suoi sguardi.
-voglio..voglio..entrare
nel branco di mio padre!- iniziai tentennando poi finii tutta la frase di
colpo. Lui si indispettì e aggrottò la
fronte come in senso di dissenso. Strinse i pugni e contrasse i muscoli in
tensione. Sospirò teso ed io distolsi nuovamente lo sguardo.
-ti prego,
tutti hanno un proprio branco- gli ricordai in un sussurro. Chiusi gli occhi
aspettando una qualsiasi reazione che non arrivò. Lui rimase immobile sulla
sedia. Lo guardai ed era calmo, molto più di prima.
-è un sì?-
chiesi impassibile. Stando con lui avevo imparato che non bisognava cantar
vittoria troppo presto.
-non hai
bisogno di un branco ma se è questo che vuoi, inventeremo qualcosa con i
Volt..- non lo lasciai finire che gli saltai addosso. Lui mi fece accoccolare
tra le sue braccia sorridendomi.
-cosa
aspetti? Preparati no? I Quileute non aspettano- risi aveva ragione però.
Corsi verso il bagno ma la ferita si fece
sentire e mi afflosciai al suolo come un fiore appassito. Alec in un attimo mi
fu di sostegno. La gola pulsava ed io sentivo dolori atroci al collo.
-è la ferita
vero?- mi chiese preoccupato. Percepivo il senso di colpa nella sua voce.
Annuii distratta
dal dolore. Sentivo il suo respiro freddo sul viso ma ero lontana anni luce
dalla scena. Ero distratta dalla conversazione e sentivo a mal appena le sue
parole che si perdevano nell’aria come mai pronunciate.
Mi appoggiai
alla maniglia della porta e lui in un secondo sparì e apparì con la garza fra
le mani. Levò quella precedente dal mio collo e notammo con disgusto che
continuavo a perdere sangue. Lui allontanò il volto per la voglia che gli passò
in mente. La garza era zuppa di sangue e i due fori che mi aveva aperto nel
collo pulsavano e da essi scolava sangue.
-non ha
logica! È impossibile che esca tanto sangue- dissi io tra me e me. Lui abbassò
lo sguardo, e lasciò cadere le bende pulite.
-il sangue-
sibilò tra i denti. Io non capii e mi voltai a guardarlo ora più consapevole di
ciò che mi circondava.
-il sangue-
urlò. Lasciandosi cadere al suolo con un boato assordante.
-cosa?-
chiesi confusa.
-non sei una
vampira ma..- non concluse la frase si rialzò e si affaccendò a medicare il
collo. Io mi ritrassi.
-ma.. cosa?-
chiesi tremante.
- se il
sangue vampiro ti entra nelle vene morirai- disse subito.
Io rimasi
immobile, pietrificata dalla notizia.
-sei una
licantropa e non sono sicuro di riuscire a capire se ti ho iniettato o no il
veleno!- disse esasperato medicando velocemente.
-e Diamond?-
riuscii a chiedere
-c’è nato-
rispose secco. Questo mi fece capire quanto sapessero del nostro branco.
-abbiamo
bisogno di Demon- disse.
io mi
infilai in bagno come una furia e presi la prima cosa che mi capitasse a tiro.
Un paio di jeans lunghi e stretti e una maglietta conscollatura a “V” di un verde smeraldo. Verde
speranza..pensai.
Uscii misi
un paio di vecchie scarpe da ginnastica nere e consumate che facevano risultare
il tutto un disastro.
Mi prese in
braccio per evitarmi una trasformazione e cominciammo a correre verso il
palazzo dei Volturi.
***
Un
energumeni ci tagliò la strada. Indossava la strana divisa dei nuovi arrivati
al palazzo. Alec digrignò i denti contro quel ragazzo incappucciato di cui
riuscii a cogliere solamente i lineamenti rozzi. La mascella in fuori, forte e
pronunciata in avanti.
-Aro non ti
ha insegnato a riconoscere i tuoi simili, imbecille?- ringhiò Alec spostandolo
con una mano e facendolo cadere a terra. Ormai eravamo in prossimità del
palazzo e sapevo che le guardie sarebbero state sempre di più
-come osi
pronunciare il suo nome con tanta sufficienza?- ringhiò anche lui. Il cappuccio
gli cadde e lo vidi in faccia. Aveva gli zigomi alti e gli occhi castani con
pagliuzze verdi. Gli occhi erano infossati e le folte sopracciglia scure gli
conferirono l’aria del cattivo per eccellenza. I capelli scuri gli cascavano
sugli occhi e ringhiava inutilmente visto che non sapeva chi aveva davanti.
-sta calmo
moccioso- lo intimidii Alec. Io rimasi sulla sua schiena a guardarli.
-moccioso?
Sto per diventare un vampiro dell’esercito dei Volturi- disse orgoglioso
quello.
Alec rise a
crepapelle.
-piacere,
Alec Volturi- si presentò. Non avevo mai capito il perché Alec e Jane
portassero il cognome Volturi.
Il ragazzo
rimase immobile prima di inchinarsi come per chiedere scusa.
- moccioso,
lasciami passare e avviserò Aro della tua insolenza- disse naturale prima di
scansarlo e ricominciare a correre.
-Alec,
perché il tuo cognome è Volturi?- chiesi, lui ridacchiò.
-solo per
avere più tutela. Io e Jane siamo i GEMELLI DELLA MORTE e lui non poteva
lasciarci scappare quindi ci ha vincolati.- rispose
-in che
senso vincolati?- chiesi.
-assicurandogli
il loro cognome ci hanno aggiunto alla “famiglia” e dalla nostra posizione
scappare è impossibile.- io chiusi gli occhi disgustata da ciò a cui si erano
spinti quei tre.
-quindi per
loro sei una specie di figlio?- chiesi curiosa.
-mettiamola
così: non posso fare altrimenti che farmi prendere in giro con i loro “caro” o
“figliolo” da parte di Aro, però Jane li adora-
***
Il palazzo
era maestoso come sempre e per la seconda volta mi fece avere le vertigini.
Scesi dalla schiena di Alec e camminammo distanti. Oltre a quel novellino
nessuno ci aveva dato problemi e da questo capii la supremazia di Alec tra le
guardie.
Lui entrò ed
io lo seguii. Le guardie si inchinavano al suo passaggio e lui sembrava non
accorgersene ma io si.
Arrivammo ad
una “casa-stanza” e lui bussò. Nessuna risposta. Ripeté il gesto sbattendo
delicatamente le nocche sul legno.
Alec
guardava fisso la porta scura come se poteva aprirla con il pensiero. Io,
personalmente, non mi sarei stranita più di tanto.
Una flebile
voce da bambino disse un breve “chi è?”
Le mani di
Alec si fermarono a mezz’aria. Rimase in mobile..la voce era quella di un
bambino spossato e distrutto.
-sono Alec-
riuscì a dire.
-Alec- urlò
il bambino aprendo la porta in un lampo e buttandosi tra le sue braccia. Lui lo
strinse forte prima di allontanarlo e scrutarlo. Solo ora ci accorgemmo
entrambi com’era ridotto.
I capelli
scombinati sul viso e gli occhi infossati e cerchiati da due vistose occhiaie.
La pelle cerea e le labbra pallide.
-che ti
hanno fatto..?- disse Alec in un sussurro quasi non fosse una domanda.
-niente. Per
ora ho avuto il mio bel da fare con Renata e non chiudo occhio da due giorni
fa’. Ho anche usato tecniche che non conoscevo.- rispose Demon poi corrugò la
fronte.
-non penso
tu sia tornato per questo quindi..- era quasi una domanda.
-è per
questo morso- risposi io mostrandogli l’emorragia. Il sangue continuava a
gocciolare.
Lui lo
guardò con attenzione e a me sembrò non un bambino di 8 anni.
-sai che può
essere fatale.- disse secco e triste.
-provaci- lo
supplicò Alec.
-entrate per
lo meno- disse lui aprendo l’intera porta.
Entrai e
notai che non era una stanza da bambino con i disegnini e i poster. C’erano
libri sparsi ovunque e i mobili in mogano erano perfetti senza scheggiature né
polvere. Lui continuò a camminare fino ad una camera dov’era scritto con lettere
stilizzate: Studio
Sospirò e spinse la porta che si aprì
su. Dentro era il caos più totale. Libri posati ovunque, librerie piene anche
se i libri invadevano la stanza. Boccette e ampolle sparse qua e là con liquidi
di ogni colore. Erbe curative che quasi scendevano dal soffitto. Al centro
della stanza si trovava una scrivania sopravvissuta “all’eruzione libri” e
stranamente ordinata. Ci si trovava sopra un porta penne da un lato e uno
strano calamaio dall’altro. Fogli raccolti e numerati a formare una pila facevano
intravedere stranissimi simboli e parole senza senso.
Sembra più lo studio di uno scienziato
pazzo o forse lo era.
-dovresti tenere ordinato posto- disse
Alec guardandosi intorno. Demon sorrise debolmente spostandosi i capelli biondi
dal viso. Gli occhi violaerano grandi ma quasi spenti.
-già- rispose.
Mi fece sedere su una sedia in legno
con i fregi stilizzati e in stile gotico. Mi lasciai cadere sulla sedia e lo
fissai mentre mi avvicinava le mani unite alla gola. Da esse uscì un bagliore
dorato che illuminò la stanza buia.
La ferita iniziò a riemergersi e dopo
poco si chiuse del tutto. Alec sorrise e anche Demon lo fece. Io tirai un
sospiro di sollievo.
-siete stati fortunati che non l’hai
avvelenata- scherzò il bambino.
-non ho capito bene questa cosa..che
cosa potevi fare e cosa hai fatto?- chiesi ad Alec totalmente intontita.
-potevo iniettarti il veleno o tirarti
solamente il sangue indifferentemente perché sei una licantropa e su di voi
agisce così un morso.-
Annuii e lui mi fece cenno di uscire.
Uscimmo e Alec abbracciò il bambino.
-non tornerai più vero?- chiese il
bambino.
-mi dovrai sopportare ancora un anno-
rispose lui.
Risi. Sarebbe stato un bravo padre.
Uscimmo e ci avviammo da Aro.
-saresti un bravo padre- lo informaiconvinta
-dici? Non ne sono tanto sicuro-
sorrisi.
Camminammo a lungo fino ad arrivare
alla stanza dei Volturi. Alec bussò e aprì senza aspettare risposta.
-chi osa entrare così?- chiese Caius
ma vedendolo si zittì. Io rimasi sull’uscio della porta.
-figliolo, sei venuto a chiedere
qualcosa?- chiese Aro.
-no- rispose secco Alec e l’ira
cominciava a scorrergli nelle vene.
-allora per quale motivo sei venuto?-
chiese.
-perché ho di che lamentarmi- rispose senza prostrarsi ai loro
piedi come l’ultima volta.
-parla- rispose
Aro.
-in mia
assenza HAI sfruttato Demon e l’hai spremuto fino al culmine delle sue forze.
Noi siamo venuti qui per un incidente che è capitato alla mia allieva e lui ha
avuto difficoltà nel guarirlo- iniziò a prendersi confidenza ed alzare la voce.
-voi gli
avete dato il colpo di grazia non noi- rispose Marcus irritato.
-a voi serve
che quei maledette 5 poteri si uniscano non a me e se la vostra cercatrice
moriva dissanguata avreste ucciso pure lui!- rispose lui per le rime.
-sta’ calmo
e parliamone- ricominciò Aro.
-io sono il
tutor di quel bambino e l’ho cresciuto quindi conosco i suoi limiti e voi li
avete oltrepassati-
-ma Renata
era in difficoltà quindi ci siamo permessi di usufruire delle sue doti-
-vuoi dire
sfruttare le sue potenzialità- ribatté Alec irato
-gli avete
imposto formule che non conoscevaed
erbe sconosciute alla sua vista- continuò.
-era essenziale-
rispose sprezzante Caius
- penso che
dovremmo calmarci tutti- intervenne Aro.
Annuirono e
lui potette continuare
-ci dispiace
di aver fatto stancare il bambino-
-non è un
vampiro! Non è di vostra proprietà!-
-nessuno è
di nostra proprietà-
Aro si
sedette più composto nel suo trono e lo guardò calmo. Io pensai alla risposta
che secondo me Alec avrebbe voluto dare “ io si però”
-permettetemi
di portarlo con me fra un anno quando inizierà la vera sfida mia e della mia
allieva- chiese supplice adesso Alec.
-cosa? Prima
fa’ l’insolente e poi chiede una cosa del genere- sbuffò Caius sicuro che
sarebbe comunque stato Aro a decidere
- ci potrebbe
essere utilea velocizzare, per quanto
possibile, la missione- informò
-ha ragione.
Figliolo, hai il permesso di portarlo con te- concluse Aro-
Alec si
abbassò fece un inchino e uscì trascinandomi dietro. Iniziammo a camminare
consapevoli che alla riserva non sarebbe stata una festa e soprattutto nessuno
mi avrebbe augurato buon compleanno.
La giornata
doveva ancora iniziare ma io camminavo felice con la segreta speranza di
riabbracciare Ian e tutto il resto della mia famiglia “allargata”.
Una parte di
me credeva che loro mi avrebbero accolto anche se avevo cambiato vita.
Tenevo
ancora stretta la mano di Alec come fosse stata mia..la stringevo nervosamente
e fissai il suo profilo scolpito. Lui si voltò verso di me e mi rispose
conuno di quei sorrisi per cui avrei
dato la vita.
Arrivammo al
corridoio precedente nel quale aveva bussato Alec per trovare Demon. Bussai
timidamente tracciando il contorno del numero della stanza. 342..la scritta era
in rilievo e io la sfiorai quasi senza toccarla. Percepii alla lontana il
materiale sotto i polpastrelli.
La porta si
aprì e Demon ci guardò mordicchiandosi il labbro inferiore. Alec si chinò ad
abbracciarlo e lui ricambiò
-fra un
anno, verrai con noi- gli sussurrò all’orecchio sapendo che avrei sentito
comunque. Il bambino fece salti di gioia e rise riaccendendo il sorriso di un
bimbo di 8 anni. Alec gli scompigliò i capelli e si rialzò sotto lo sguardo
stupito delle guardie che si riunivano intorno a noi e commentavano disgustati
la scena.
-adesso
dobbiamo andare- disse al piccolo che lo salutò sventolando all’aria la mano
aperta. Sorrisi pensando che ormai per me era un’ossessione..questo bisogno
incondizionate di lui che non accettava la razionalità ma che si nutriva del
mio bisogno di felicità.
Lui era
diventato tutto per me e niente avrebbe saputo dividerci..avevo bisogno del suo
tocco, della dolcezza nei suoi sorrisi del calore, non fisico, che mi
provocavano i suoi abbracci.
“E non so se
dar retta al mio orgoglio ma io ti voglio e non riesco a fare a meno di te”
Alec mi
cinse le spalle e mi sorrise. Sentii avvampare le guancie e il calore si
impossessò di me. Le gote si imporporarono e io abbassai lo sguardo
imbarazzata.
Continuammo a camminare mentre qualcuno ci
guardava stupito, disgustato.. io sorridevo felice di averlo accanto. Uscimmo
in tutta fretta dal palazzo e varie guardie si fermarono a guardarci. Io abbassai
lo sguardo dalla vergogna di essere al centro dell’attenzione.
Uscimmo e
lui mi fece cenno di salirgli in groppa. Io, anche se adoravo quel contatto, mi
ritrassi volendo provare per la prima volta la vera sensazione di correre in
mezzo al bosco.
Cercai
invano di trasformarmi..provai e riprovai più volte ma la schiena pulsava
dolorosamente e il tatuaggio era come se stesse prendendo fuoco. Gemetti
cercando di mantenere l’equilibrio ma le gambe tremavano. Le lacrime amare di
dolore mi rigavano il viso come gocce di rugiada. Alec mi strinse i polsi ma io
lo allontanai brusca. Continuavo ad urlare sommessamente cercando di non
lasciarmi travolgere dal dolore. Il dolore si impossessava della schiena e non
riuscii più a trattenere le lacrime che iniziarono a scendere copiose in viso
mentre un urlo sordo uscì dalle mie labbra tremanti e umide.
Mi trovai a
quattro zampe e mi guardai attorno. Riuscivo a cogliere i minimi particolari e
l’udito era migliorato notevolmente. Divenni sensibile anche ad una semplice
foglia che veniva trascinata dal vento fino a precipitare al suolo con un
fragore basso quasi privo di sonorità. Il respiro affannato di una guardia in
ritardo per un’assemblea obbligatoria. Alec mi parlò accarezzandomi il muso..
-stai bene
amore?- mi chiese preoccupato. Io annuii muovendo con grazia il testone che mi
ritrovavo. Notai anche di dover essere un lupo di notevoli dimensioni visto che
seduta, com’ero, arrivavo al petto di Alec. Le zampe erano di un bianco accesso
e me le rigirai più volte per capire come doveva essere l’intero colore del mio
manto.
-andiamo?-
mi chiese vedendo che stavo perdendo tempo inutilmente. Annuii poco convinta e
partì. Io iniziai con passi lenti che rimbombavano nella mia testa come se
stessero provocando un rumore assordate che in realtà penso fosse quasi nullo.
I passi si
velocizzarono a poco a poco e io iniziai ad assaporare la serenità della corsa.
Alec era sparito alla mia vista anche se riuscivo a intravedere i rami scossi
dal suo peso che si riassestavano. Il suo inconfondibile odore mi indirizzò
verso di lui. Seguii a pieno i miei istinti e mi lasciai comandare dal corpo.
Le zampe si muovevano da sole in maniera elegante e il mio corpo sgusciava
abile tra gli ostacoli. Mi abbandonai alla corsa smettendo di impegnare la
mente in congetture e strane paure.
Il sole
splendeva alto in cielo. Esso era limpido e di un azzurro pallido ma senza
alcun timore di pioggia. Le nuvolette che lo attraversavano erano bianche e
libere d’acqua e stranamente di passaggio. Mi soffermai a guardare le strane
forme che disegnavano in cielo..le forme più bizzarre che avessi potuto
immaginare.
La strada
davanti a me era segnata e percorsa dai miei muscoli mentre il mio cervello
commentava le curiose stelle che si alzavano magnifiche in cielo.
La sciai
d’un tratto si fermò. Io lo seguii a ruota frenandomi bruscamente. Alec era
davanti a me e mi guardava stupito da quella mia fermata violenta.
-siamo
arrivati- mi annunciò assente guardando altrove. Io pensai ad un modo per
ritrasformarmi ma nello stesso tempo mi ritrovai orizzontale a terra. Alec rise
e mi aiutò a rialzarmi. I gomiti si erano scorticati e la brutta figura pesava
ancor di più dopo la sua fragorosa risata.
-che vuoi!
Non ho ancora capito come funziona- mi giustificai mentre lui soffocava la
voglia di continuare a ridere. Le risa divennero ghigni sommessi in poco tempo.
Mi guardai attorno.
C’era la
natura giallognola tipica de “la Push” e il penetrante odore di salsedine che
mi pervase le narici. Feci una smorfia di disgusto per quell’odore era troppo
intenso. Il vento mi fece rabbrividire e capii di essere sicuramente alla Push.
Alec mi
accarezzò una guancia dolcemente. Mi sfiorò le labbra con un dito e io chiusi
gli occhi beata volendo ricevere tutto da quel momento.
Ci voltammo
entrambi verso la riserva e io deglutii. Lui mi strinse a sé e mi accarezzò i
riccioli neri. Intrecciò le sue dita ad una ciocca dei miei capelli e mi baciò
le labbra con delicatezza. Il contatto fu gradevole come sempre e sentii di
appartenergli. Il nostro era un legame completamente diverso di quello che
legava mia madre e mio padre perché il loro amore era finto. In loro c’era solo
uno stupido imprinting.. mentre io lo amavo diversamente, me lo sentivo. Il
nostro era un legame indissolubile e completamente vero.
Procedemmo a
passi incerti sulla sabbia della spiaggia e pregai che fosse rimasto un po’ di
amore per me nel loro cuore.
I lupi
uscirono in fretta dalle case e ci accerchiarono ringhiando. Li riconobbi
tutti. Erano: Embry, Collin, Poul, Brady e Jared che ringhiavano contro di noi
girando intorno. Io li guardavo negli occhi e in essi rivedevo i ragazzi con i
quali ridevo qualche mese prima. Nei quali vedevo il riflesso di me stessa
tremante davanti alla verità.
Un ringhiò
più accentuato venne dall’esterno del cerchio nel quale ci avevano
“intrappolato”. Un grosso lupo dal manto nero era sbucato dal nulla e teneva i
denti scoperti e i muscoli tesi.
Alec
digrignò i denti e a sua volta ringhiò furioso. Io gli poggiai entrambe le
braccia al petto e gli sussurrai qualcosa all’orecchio.
-ti prego-
Sentii un
urlò da dentro casa di SETH..Seth..
Fitta al
cuore..
-Jacob Black
lasciami andare da mia figlia- protestava mia madre. Ian ringhiava contro di
lui..
Sentii lo
schioccare delle dita che investirono il viso di mio padre e subito dopo mia
madre, Ian e zia Alice furono fuori dalla casetta. Ian mi venne incontro ma fu bloccato
da Embry che lo tirò per la maglietta con i denti. Ian lo scaraventò a terra e
mi venne incontro. Mi abbracciò e io lo strinsi più forte.
-ti voglio
bene- mi disse solamente ma con quella stupida frase capii tutto. Era ancora
con me..sempre e comunque insieme..come ai vecchi tempi.
-Ian, Edward
Black. Vieni immediatamente qui- lo intimidì mio padre chiamandolo con l’intero
nome. Lui abbassò lo sguardo quando mia madre ci si avvicinò. Jacob la
trattenne e lei iniziò a picchiarlo esausta di combattere contro il volere del
marito. Si lasciò cadere tra le sue braccia e iniziò a piangere urlando
-voglio solo
abbracciare mia figlia- urlava ormai stanca. Non si dimenava più e Jacob
cominciò ad accarezzarle i capelli. Zia Alice veniva trattenuta da un ragazzo..gli
diedi solo un occhiata fugace e tornai a guardare mia madre che piangeva. Feci
retromarcia e lo riguardai.
Quil aveva
il volto contrito dal dolore che provava tradendo la mia fiducia e andandomi
contro come mio padre. Mi si strinse il cuore e i battiti mi sembrarono
rallentare.
-che ci fai
qui?- ringhiò mio padre. Io avevo la voce mozzata dai singhiozzi ma risposi
comunque
-sono qui
per chiedervi se posso..- l’idea ormai mi sembrava stupida e irrazionale vista
la loro reazione ma l’annunciai con qualche difficoltà
-volevo
entrare nel branco- bisbigliai con sguardo basso. Ian mi fece forza stringendo
la mia mano.
Sam Uley mi
guardò torvo e si ritrasformò solo per ridermi in faccia. La sua risata
echeggiò nella mia testa confusa.
-no- era
categorico da parte di mio padre. Sentii la mano di Ian irrigidirsi sulla mia.
Le lacrime scesero senza preavviso sul mio viso e su quello della zia si
disegnò un espressione piena d’odio riservata all’alfa.
-c..cosa?-
chiesi con ancora la risata di Sam in testa che mi torturava.
-no. Hai
deciso tu di andare da loro e adesso hai per chi vivere?- chiese sprezzante mio
padre.
-si- risposi
secca scrollandomi, con ben poca gentilezza, la mano di Ian dalla stretta.
-lui?-
chiese accennando ad un ghigno che non conoscevo sul suo volto.
-si lui! Io
a differenza tua per mamma..lo amo!- urlai ferendolo ad ogni parola.
-io amo tua
madre- sibilò rabbioso tra i denti.
-e per chi
vivi?- chiesi
-per la mia
famiglia- si capiva che intendeva tutto il branco tranne ME.
-ed io?
Tempo fa mi dicesti che io ero parte della tua vita e il tuo cuore era pieno
d’amore per me..quei tempi sono passati vero?- chiesi gelida asciugandomi con
foga le lacrime.
Lui non
rispose.
-io ho per
chi vivere e non è il mio imprinting- gli rinfacciai. Ian si allontanò da me
come spaventato dal tono in cui lo dissi. Io chiusi gli occhi per far scorrere
via la rabbia.
-dov’è
Seth?- chiesi subito.
-che te ne
importa di lui? Non ti è mai importato di nessuno di noi!- rispose Quil. Le
parole mi ferirono una dopo l’altra e pur avendo vicino Alec mi sentii sola.
Ero stata rinnegata dalla mia famiglia.
-ho fatto
una domanda!- ringhiai. Notai con piacere che la trasformazione mi aveva resa
più minacciosa.
-sono qui-
rispose una voce spezzata dal dolore che comparve da dietro la porta della sua
casa.
-Seth!?-
dissi quasi domandando. La voce era strana e gli occhi erano già gonfi di
lacrime.
-bella-
sussurrò quasi volesse assicurarsi di avere davvero me davanti.
-tu non fai
e non farai mai parte del branco. Va via Bella!- urlò Sam. Mio padre non lo
contraddì e si limitò a fissare il terreno come tutti.
Li guardai
allungo senza che nessuno ricambiasse il mio sguardo. Fissavano tutti quel
maledetto terreno senza curarsi di me.
Le lacrime
mi rigavano il volto e sentivo gli occhi pesanti.Gli occhi gonfi e rossi mi
infastidivano e vedevo tutto confuso.
Avevo la
vista offuscata e le parole di Sam mi rimbombavano in testa.
“tu non fai
e non farai mai parte del nostro branco. Va via Bella!” mi avevano chiaramente
buttato fuori dal branco e dalla mia famiglia.
Mio fratello
teneva gli occhi abbassati e delle gocce cadevano lente sul suo viso
infrangendosi atrocemente sul terreno.
Ogni volta
che una di quelle gocce salate cadeva sul terreno il dolore mi sovrastava.
Mia madre
aveva il viso bagnato dalle lacrime e mio padre singhiozzava ininterrottamente
anche se non agiva, non mi difendeva.
Mi
allontanai dandogli le spalle.
Alec era
rimasto a qualche metro di distanzae mi
fissava teso e preoccupato. Mi avvicinavo e lui mentre rimaneva fermo ad
aspettarmi.
In piedi con
le mani già pronte ad abbracciarmi. Non mi voltai.
Qualcuno mi
toccò la spalla tenendola stretta. Io mi girai di fretta e di fronte a me si
trovò Seth. Io lo guardai fisso negli occhi nocciola.
Mi sfiorò la
guancia con il palmo della mano e iniziò
-bella.. Mi
dispiace tanto per come è finita nel branco-
-ti
dispiace? Sono stata buttata fuori dalla mia famiglia-
Le lacrime
scorrevano veloci sul mio viso. Lui mi continuò ad accarezzare una guancia con
le sue mani calde.
-non mi hai
difeso! Hai appoggiato Sam!- urlai.
-non era mia
intenzione ma la superiorità dell’alfa si sente, non possiamo contraddire un
ordine alfa-
-torna dalla
tua Dalila!- gli dissi tremante. Avevo le labbra quasi del tutto serrate.
-lo vuoi
capire o no che amo solo te?- era una domanda retorica.
-L’hai
mollata?- chiesi speranzosa che mi dicesse NO.
-si, e le ho
detto che non ho mai smesso di amare te-
-Seth..-
iniziai , lui mi fermò
-bella, ho
provato ad odiarti, tradirti, a disprezzarti ma ogni mio tentativo e stato
vano, io ti amo Bella!-
Io mi morsi
il labbro e socchiusi gli occhi. Lui avvicinò il suo viso al mio ma io gli misi
un dito sulle labbra carnose.
Non parlai e
lui mi spostò il dito. Mi sfiorò con delicatezza il viso e mi baciò dolcemente.
Le sue labbra morbide si adattarono perfettamente alle mie. Le sue labbra si
mossero in corrispondenza delle mie. Le sue aderirono alle mie. Io staccai le
mie labbra dalle sue.
Lui mi
guardò negli occhi e mi sorrise debolmente. Ripetè quella scena dandomi un
bacio veloce sulle labbra mentre io rimasi immobile.
Ero
pietrificata dall’amore che ancora provava per me. Lui si allontanò di un passo
da me. Io lo guardai e lui mi sussurrò all’orecchio
-ti amo e ti
amerò per sempre, Bella- io dissi ad alta voce
-ti voglio
bene- sorrisi.
-buon
compleanno- disse piano prima di allontanarsi. Rimasi ferma, immobile.
Mi voltai a
guardare Alec. Lui era teso ma dopo avermi aspettato mi abbracciò. Non me lo
sarei mai aspettato.
-Alec io..-
iniziai a scusarmi. Lui mi guardò dritta negli occhi.
-bella io ti
amo ma tu..-
-Alec io amo
te, solo te- dissi sincera.Lui mi
sfiorò una guancia con le labbra e mi strinse a sé.
-avevo
promesso che te lo avrei dato qui..- cominciò a dire prendendo un pacchettino
dalla tasca.
-non dovevie lo sai- gli dissi chiudendogli la mano. Lui
me la scostò con dolcezza e me lo porse di nuovo mentre i lupi guardavano
indispettiti la scena.
Lo aprii e
quasi mi cadde dalle mani. Lui lo prese per evitare di infrangerlo a terra e
scherzò
-un semplice
non mi piace andava bene- non lo ascoltai e lo ripresi uscendo la collana dalla
scatola. La alzai e il ciondolò brillò alla luce del sole. Il ciondolo altro
non era che una luna piena nella quale potevo giurare di aver visto il riflesso
di un lupo. Il ciondolo era fatto interamente di ametista: una pietra preziosa
di un violetto sgargiante e splendente che sapeva essere il mio colore
preferito.
-è..è..- non
riuscivo a trovare le parole per descriverlo ma anche la più banale avrebbe
rasserenato i suoi sforzi
-è
bellissima- dissi senza più tentennare e abbracciandolo. Lui mi poggiò una mano
su quella che conteneva la collana e me la girò. Notai che incise nel retro del
ciondolo c’erano delle scritte. Lo guardai meglio e riuscii a leggere. Era una
scritta con dei bei caratteri stilizzati che citava testuali parole : I love
you my dark angel.. ti
amo mio angelo oscuro. Lo strinsi a me e gli sussurrai
-ti amo
anch’io-
Mi venne
subito dietro e mi allacciò la catenella d’argento della collana al collo.
***
-Alec?- gli
chiesi non appena superammo il confine della riserva.
-si?-
-credo di
aver visto il riflesso di un lupo seduto che ululava sul ciondolo- dissi
imbarazzata che la risposta potesse essere negativa e io avrei fatto la seconda
brutta figura della giornata. Lui sorrise mettendomi sulle spalle e facendomi
tenere ancorata al suo collo
-non stai
dando i numeri. Il ciondolo ricrea la luna piena che è la madre dei licantropi
e la luce del sole fa riflettere un lupo sulla luna- disse sorridendo.
Ridacchiai.
Era una contraddizione il fatto che fosse il sole a riprodurre il lupo e non la
stessa luna ma sapevo perché era così infatti..
-così sarai
al sicuro sia la notte che il giorno- sussurrò. Io mi lasciai trasportare sulla
sua schiena comoda pensando che quello era stato il più brutto compleanno della
mia vita che in compenso mi aveva dato l’unica certezza della mia vita: Alec
era tutto per me e lo sarebbe rimasto per l’eternità.
Capitolo 19 *** passato (parte 1) 13 anni prima ***
Ricordi
(parte 1) 13 anni prima
Correvo sulla sabbia bagnata della riserva e mi fermai di
scatto. Dietro di me un respiro mi scaldava la schiena infreddolita per via dell’acqua
gelida. Mi girai con un gran sorriso e mi trovai davanti Ian. Aveva gli occhi
scuri che mi fissavano e i capelli neri di media lunghezza si muovevano grazie
al vento che ci invadeva. Gli gettai le braccia al collo a lo strinsi forte.
Più di quanto potesse tenera la mia stretta. Lui mi accarezzò i corti riccioli
neri. Io sorrisi spontaneamente.
Sciolse l’abbraccio e se ne andò senza dire una parola. Io
sentii il vuoto dentro di me. Io e lui separati non eravamo niente. Non
riuscivo nemmeno a immaginare la vita senza di lui..no..sarebbe stata troppo
dura da sopportare e la sua mancanza mi avrebbe frantumato il cuore in mille
pezzi.
Ero sola, con il vuoto dentro a guardare il mare con occhi
spenti.. Le onde si infrangevano lente sugli scogli e mi toccavano appena i
piedi nudi. Mi sedetti sulla sabbia e continuai a fissare inutilmente il mare.
Senza di lui mi sentivo sola, troppo sola.
Mi sentii sfiorare il viso e voltai lo sguardo. Un grande
sorriso mi si allargò sul volto e gli occhi tornarono accesi e sfavillanti. Mio
padre era in piedi sopra di me e mi accarezzava una ciocca di capelli. I Suoi
lunghi capelli neri erano attaccati con un vecchio laccio e il suo sorriso
caldo mi rassicurò. Gli occhi nocciola che mi fissavano affettuosamente, come
solo un padre potrebbe fissare la sua bambina, mi davano la forza di andare
avanti. I muscoli scolpiti gli davano l’aria del duro che infondo non lo era
affatto. Teneva la mano di mia madre. Lei con gli occhi cioccolato mi fissava
inclinando leggermente la testa e sorridendo con le sue labbra sottili. I ricci
ramati le ricadevano sinuosi sulla schiena fino al estremità della schiena. Lei
mi porse una mano e io la presi immediatamente.
Mi alzai con calma e quasi caddi sulla sabbia bagnata. Mio
padre mi tenne stretta lasciandosi andare ad una fragorosa risata. Io misi il
broncio. Lui mi fece voltare verso il mare e il tramonto calava lasciando
dietro sé una scia rosea. Il mare agitato si colorò e i miei genitori mi
strinsero a loro.
-che hai fatto oggi amore?- chiese mia madre sussurrandomi
all’orecchio.
-sono uscita con Quil e siamo venuti in spiaggia, poi ho
visto una farfalla. Sai mamma, era bellissima. Tutta viola con le estremità
nere. Stupenda, allora ho tentato di acchiapparla ma sono solo riuscita a
macchiarmi la maglia bianca di fango. Mi sono cambiata ma la farfallina non mi
ha aspettato ed è volata via- avevo quell’aria malinconica che fece sorridere
mio padre. Trattenne le risate.
-tesoro, se le vuoi vedere volare non devi stringerle tra le
mani e sperare di rimanere sempre con lei ma devi lasciarle libere. Vedrai che
tornerà- era così dolce che io ci credetti.
-e ho finito di leggere il libro- dissi fiera di me. Ero
cresciuta umana ma il mio cervello era molto più evoluto di quello dei miei
compagni di classe.
Un bambino ci corse incontro felice. Io lo guardai e i miei
occhi s’illuminarono.
-Ian- dissi correndo ad
abbracciarlo. Appena arrivammo stretti l’uno a l’altro davanti a mamma e papà
lui parlò.
-ho trovato una nuova formula di erbe curative per il mio
progetto- era orgoglioso.
Io mi sentii stupida. Lui era un genio e stava lavorando ad
un progetto incomprensibile. Tutto su erbe curative.. credo volesse inventarne
una più potente o che ne so.
-davvero, campione?- chiese sbigottito mio padre. Ian sorrise
-si papà- il mio papà lasciò la mano della mamma e lo prese
in braccio facendolo girare in aria.
Mio fratello urlava dalla felicità e io mi sentii trascurata
ma poi capii.
Dovevo essere io la prima a dargli man forte per perseguire
il suo sogno.
Mia madre mi fece girare su me stessa e mi avvinghiò a sé
come fossi un gioiello prezioso dal quale separarsi è estremamente pericoloso.
Sorridemmo entrambe a vedere i “nostri ragazzi” divertirsi
così. Mia madre intrecciò le sue dita delicate ai miei capelli e cominciò ad
accarezzarmeli. Mio padre si avvicinò a noi con in braccio Ian che rideva.. ci
lasciammo cadere tutti e 4 sulla sabbia a guardare il mare che si era calmato
ed era tornato piatto come l’olio. Il vento era finito e l’atmosfera era
perfetta.
Li amavo. Amavo la mia famiglia, amavo quel posto e tutto il
resto.
“spazio autrice”: ehi ragazze! Come
va? Ho pubblicato 18 capitoli e ancora non conosco nessuna di voi stupende
lettrici! Che ne dite di raccontarmi qualcosa? Se vi fa piacere io leggerò
tranquillamente le vostre recensioni! Comunque tornando alla storia..vi è
piaciuto questo primo capito che parla del suo passato? Sarà mooooolto a saltare con gli anni! xD
volevo ringraziare chiunque mi abbia messo tra i seguiti, i preferiti e le
storie da ricordare ma soprattutto
-tpxic: grazie per i complimenti e spero continuerai
a recensire..scusa se non ti ho ringraziato prima!! Per la fretta me ne sono
dimenticata XD
Poi c’è una quindicenne.. una normale
ragazza “di campagna” xD che già ritengo molto
simpatica.
Mary_Whitlock: spero di averlo scritto
bene xD: grazie mille perché recensisci e soprattutto
GRAZIE PER AVER MESSO UNA PICCOLA PARTE DEDICATA A ME NEL TUO PROFILO!!! Ti
adoro!! Sono sicura che arriverai presto a questo capitolo e mi fa piacere il
trasporto che hai per questa storia
Ps: anch’io amo da morire il mio Alec!!Ti voglio bene virtualmente XD! Hermana!!
A tutte le altre: sono sicura che,
anche se siete silenziose e non recensite molto, non mi abbandonerete vero?!?
Scusate se rompo ancora le scatole con questo spazio autrice quindi vi saluto
tutte!
“spazio autrice”: ragazze scusate il tremendo ritardo ma ho avuto
la febbre molto alta e non sono riuscita a postare. Scusate ancora e spero il
capitolo vi piaccia è un po’ più lungo del solito ma spero vivamente che non
sia troppo pesante se è così mi dispiace davvero.
Viaggio
Mi trovavo fuori dalla porta, Alec mi teneva per il braccio. Aro
ci aveva dato ordini precisi: avrei potuto essere una cercatrice solo dopo aver
vissuto almeno un anno da quello che diventerà il mio maestro.
Ero eccitata all’idea di incontrarlo ma sarei rimasta un anno
senza vedere il mio Alec.
Un ragazzo moro con gli occhi verdi mi fissava. Andò via e io mi
trovai da sola con Alec.
Lui mi prese il viso tra le mani e fece uno di quei suoi sorrisi
che mi riempivano la giornata. Non sarei mai riuscita a resistere un anno senza
quel sorriso.
Mi accarezzò gli zigomi rosei e appoggiò le sue labbra morbide
sulle mie.
Io rimasi immobile..niente..
Il baciò durò poco e appena finì io lo guardai fisso negli occhi.
Mi abbracciò dolcemente e affondai il mio viso nel suo petto marmoreo..
Passai un dito sui suo addominali disegnati e ne tracciai la
linea.
Lui mi baciò i capelli e io trattenni le lacrime.
-non piangere amore mio- mi disse. Io tacqui, non sapevo se
aprendo bocca mi sarebbe uscito un qualche suono.
-ci rivedremo.. E poi partiremo per il NOSTRO viaggio- calcò sulla
parola nostro.
-Isabella Black?- chiese il ragazzo non appena tornato. Io mi
voltai e lo vidi su uno stallone completamente nero.
Teneva le redini del mio cavallo.. Uno stallone bianco con il
crine nero.
- Blue-jeans! - urlai. Lasciai la mano ad Alec e mi avventai sul
mio cavallo.
Gli accarezzai il grosso testone.
-lo conosci?- chiese Alec venendomi accanto.
-certo, è il mio cavallo- dissi sempre fissando gli occhi neri del
mio cucciolo.
-si- concordò il ragazzo che gli teneva le redini. Sicuramente era
la risposta ad una faccia stranita di Alec.
-Andiamo?- mi chiese il ragazzo con fare acido. Io lo guardai
accigliata..
Diedi un ultimo bacio ad Alec poggiando brevemente le mie labbra
sulle sue.
Salii in groppa a Blue-jeans e iniziai a galoppare.
Stavamo attraversando la Spagna con un sole che spaccava le
pietre.
Mi asciugai i sudori della fronte con il dorso della mano. La
guida mi stava accanto con il cavallo.
-allora, sai dove andiamo?- chiese d’un tratto.
-certo. Devo vivere un anno con il mio nuovo maestro- dissi. Lui
mi fissò e sorrise.
-quanto ha il tuo cavallo?- chiese
- 3 anni, e il tuo?- dissi guardando il cavallo nero su cui
sedeva.
-si chiama Darked, ha 2 anni e non è mio- rispose ritornando a
guardare il tragitto.
-e di chi è?-
-di Aro- rispose malinconico.
-e come si chiama questo maestro?- chiesi
-non lo so- disse tagliando corto
-e tu mocciosa.. Che ci vai a fare?- chiese ghignando
-mocciosa ci chiami tua sorella- risposi offesa. Lui scoppiò in
una fragorosa risata.
-che c’è?- chiesi
-niente..-
-comunque sono una cercatrice- dissi
-già, già- fece lui distratto e diffidente.
Quel tizio mi piaceva sempre meno.
Camminammo per pianure aride e verdi campi.. mattinate e pomeriggi
interi. Niente mi distraeva da quel viaggio quando chiesi
-come ti chiami?-
-james-
Poi rimanemmo in silenzio.
-i cavalli sono stanchi- disse al calar del sole.
-ci fermeremo in quell’accampamento di soldati-
Io annuii.. I soldati non mi facevano particolare simpatia.
Era il secondo giorno di viaggio e non avevo chiuso occhi..
La sera eravamo rimasti in sella al cavallo al galoppo ed era la
prima volta che ci fermavamo.
Arrivammo all’accampamento.. Io ero sfinita, 37 ore senza chiudere
occhio erano stressanti.
Il campo era ben organizzato in grandi tendoni e ognuno a
quell’ora.
Le 9 e mezza faceva ciò che gli pareva.
C’era chi giocava a carte, chi si ubriacava con intere bottiglie
di Whisky, chi camminava nervoso per il viale.. I più scaltri erano già andati
a dormire.
-faccio io tu vai a legare i cavalli- disse scendendo dal dorso di
Darked.
-non se ne parla, Blue-Jeans non va legato.- dissi lui mi ignorò.
Io andai a legare Darked e rimasi lì fissando il mio cavallo che
beveva e la corda poco distante da lui.
Mi incamminai a piedi lasciandolo libero..
Camminai di nuovo verso l’accampamento e sentii James parlare con
il capo dell’esercito
-la prego signor Dhurforth, noi vogliamo solo una tenda per
dormire questa notte- era supplichevole.
Mai visto un vampiro chiedere per favore ad un umano?? Io si, ora!
-okay,okay- disse il generale.
Io stavo lontana dalla tenda anche se il mio udito mi faceva
sentire la qualunque.
-Vinto! Paga!- disse qualcuno da dentro una tenda. Sentii come
risposta uno sbuffò e poi un sospiro.
James uscì e mi indicò una tenda lontana.
Ci incamminammo rallentati dagli occhi dell’esercito addosso
-odio i soldati- bisbigliai non appena fummo abbastanza lontani.
Lui ridacchiò.. Infondo quel ragazzo non era tanto male.
Ci allontanammo e notammo che la nostra tenda oltre a essere la
più lontana era la più spaziosa.
-il resto era pieno- disse lui girando il contorno della tenda.
Io annuii ma non mi trattenni ad aspettarlo ed entrai.
Dentro le mie speranze andarono perse..
C’erano due materassi impolverati sul pietrisco che fungevano da
letti e due lampadine per illuminarla.
-che ti aspettavi? Una reggia?- ghignò.. Io lo guardai male ma lui
non se ne curò..
-dormi, avrai sonno- disse io stavo per lasciarmi cadere in uno
dei due materassi.
Un urlo.. Entrambi ci guardammo lui mi ricambiò con uno sguardo
severo.
-Blue-Jeans - dissi tra me e me.
-l’avranno infastidito- dicevo a James ma lui non mi ascoltava.
In pochi secondi arrivammo al centro del campo.
Blue-Jeans ringhiava a degli uomini che con le corde tentavano di
catturarlo. Uno di loro aveva un bastone con il fuoco.
Oh no! Tentava di farlo allontanare! Sarebbe scappato!
Mi misi davanti al mio cavallo che sbuffò scompigliandomi i
capelli.
-ma siete impazziti? E poi quello..- dissi indicando il bastone
che il fuoco stava erodendo.
- siete tornati indietro di 3000 anni?- ero irata
-trogloditi- strillai. Nel frattempo Blue-Jeans si era calmato e
mi leccava i vestiti e James se la rideva di gusto.
Gli uomini davanti a me mi fissavano impauriti. Il cavallo si era
tranquillizzato del tutto. Io gli tenevo le redini e gli accarezzavo il muso.
-sta buono..bello- gli sussurravo. Appoggiai le mie labbra sul suo
“musetto” peloso e gli sorrisi.
-facciamo così- fece il superiore -se il tuo caro cavallo non
scappa potrebbe passare la notte con voi nella tenda- era una sfida.
-si accettano scommesse- disse un uomo tozzo con la faccia
schiacciata e gli occhi distanti l’uno dall’altro. I capelli rossi di quel tizio
erano atroci, un pugno nell’occhio a qualunque parrucchiere. Lunghi fino alla
spalla e appiccicati alla nuca dal sudore, con uno strano codino in alto. Mi
scrutava con i suoi piccoli occhi neri.
-è una sfida?- chiesi io con stizza.
-prendila come vuoi mocciosa..che ne dici?- disse il capo con la
sua sigaretta spenta in bocca. Mise una mano alla bocca a prese l’estremità
della sigaretta con le due dita a l’allontanò dal corpo. Sbuffò una gran
quantità d’aria e mi guardò.
Io fissavo il mio cavallo negli occhi e mi parve sorridere.
-okay.. ma cosa mi date in cambio?- chiesi palpitante.
-parte delle provviste- disse sicuro di sé..
-solo se non farà alcun danno- continuò deciso portandosi per
l’ennesima volta la cicca in bocca.
Un uomo si avvicinò a me. Aveva gli occhi nocciola troppo grandi,
dei capelli biondi lisci che ne coprivano una parte e un accenno di barba.
Non appena mi fu accanto capii che doveva avere al massimo 25
anni..
Mi sfiorò la guancia con le suo mani grosse e tozze e mi sussurrò
-se vuoi vengo a farti visita sta notte- era arrogante e non penso
avesse visto molte ragazze-lupo in vita sua.
Non ci pensai su a lungo..
Con un leggero movimento della spalla sinistra presi un pugnale
dalle mani incerte di un componente dell’esercito
Agganciai la maglia del biondino e lo scaraventai a terra con
l’aiuto di un gancio destro micidiale. Barcollò un po’ nel buio prima di
toccarsi il naso ricoperto di sangue.
Sentii dietro di me silenzio..interrotto dagli sghignazzi
ininterrotti di James.
Lui mi guardò con occhi impauriti.
Mi bastarono una gomitata e un calcio sull’addome, un altro pugno
sulla faccia che cadde tragicamente al suolo.
La tuta ricoperta di detriti del pavimento. La maglia macchiata
del suo sangue e i denti che iniziavano a battere per la paura.
Mi guardava cercando invano di scappare strisciando ma io lo
fermai con un ghigno sadico stampato in volto.
Non mi era piaciuta proprio la sua frasetta.
Pestai i suoi pantaloni così da non farlo scappare e rivolsi lo
sguardo a tutti gli altri.
Erano impauriti e sarebbero scappati da un momento all’altro.
Puntai il pugnale contro il ragazzo. Lui implorava pietà
-ti prego..non uccidermi..ti prego-
-Che esercito scadente- commentai guardando il comandante. Lui era
serio e teso in viso.
-accetto la scommessa- dissi lasciando libero il ragazzo che se la
diede a gambe cercando disperatamente la sua tenda.
Io e James ci avvicinavamo alla tenda mentre lui rideva.
-che hai da ridere?- chiesi infastidita accarezzando il muso del
mio cavallo che trascinavo dalle redini.
-ripenso alla faccia di quel branco di falliti e poi penso: sono
loro a rappresentare questa città?!?- risi e lui ricominciò.
Mi passò un braccio tra le spalle e mi sorrise. Io ricambiai e lui
strappò una carezza a Blue-Jeans.
Parlammo lungo la strada, di come quei codardi mi abbiano guardata
e delle maniere rozze che usano con gli animali..
Arrivammo alla tenda e facemmo adattare il cavallo alle ridotte
dimensioni della stanza e lui sbuffò dalle narici. James uscì e io mi sedetti
sul materasso a gambe incrociate fissando il mio piccolo.
-amore, è una scommessa..devi farlo- gli sussurrai..lui sbuffò e
io risi.
L’avrebbe fatto, ne ero sicura.
Gli diedi un buffetto sul muso e lui chiuse gli occhi d’istinto.
Uscii e trovai James seduto ai piedi di un muretto con le spalle
appoggiate ad esso. Mi sedetti al suo fianco e dopo avermi dato una breve
occhiata ricominciò a guardare il vuoto.. fissava il punto in cui doveva
esserci l’accampamento ma la nebbia che era calate rendeva offuscata la vista.
Erano centinaia di metri..
Io intravedevo qualche figura muoversi ma non delineavo nemmeno i
contorni e fissarle mi dava il mal di testa. Distolsi lo sguardo e fissai il
ragazzo.
Aveva gli occhi spenti e lo sguardo teso.
-che c’è?- chiesi.. lui si ricordò di me e perse quell’aria
malinconica.
-allora..oggi c’è aria di scommessa- disse con un ghigno.
-Oh no! James a cosa pensi?- chiesi preoccupata.
No altre scommesse no!
-vediamo se il tuo caro Alec ti ha insegnato qualcosa di più che
disarmare dei falliti- rise
Io lo guardai torva ma l’idea non mi dispiaceva.. a breve mi sarei
cimentata in un mondo di guerre e combattimenti tanto valeva allenarsi.
-okay- dissi alzandomi.
-Senza armi?- chiese lui.. io lo guardai per un secondo pensierosa
poi acconsentii
-senza armi-
Lui si mise in posizione s’attacco ma io ero arrugginita. Non mi
allenavo da parecchi giorni.
Mi si avventò contro e io feci qualche passo indietro e caddi a
terra.
Rise.. e mi porse la mano ma io prendendola feci più forza del
dovuto e lo trascinai.
Lui mi aiutò ad alzarsi e disse -sarà meglio rientrare.. guarda la
nebbia-
Aveva ragione ma io non volevo smettere. Avrei voluto allenarmi
perché niente sarebbe stato facile dopo aver incontrato il maestro.
Mi aiutò ad entrare e chiuse la tenda sedendosi a peso morto sul
suo materasso.
Prese le sue coperte e piegandole con cura le mise sul mio
materasso.
-ti serviranno da cuscino- disse. Io sorrisi
-lusingata, da quando ti interessa se mi viene o no un emicrania?-
chiesi ironica mentre aiutavo Blue-Jeans a trovare un posto abbastanza grande
per sdraiarcisi sopra.
-Bella, è il quarto giorno che viaggiamo e credo di essermi
affezionato a quel tuo caratterino- ridacchiò.
-non ho bisogno del cuscino- dissi tornando al discorso di prima.
Lui mi guardò con quell’aria da bambino.. sorrisi e mi sdraiai sul “pavimento”
a fianco del mio cavallo.
Lui si era trovato una postazione e io mi ero appoggiata a lui.
Lui in risposta mi aveva poggiato il suo testone sulle gambe così
che mi addormentai con la mano ancora tesa a dargli qualche carezza.
Mi svegliai coperta. James non c’era e Blue-Jeans sbuffava dietro
di me già in piedi.
Sorrisi levandomi di dosso la coperta lanosa e mi alzai a fatica.
Ero ancora parecchio addormentata.
Passa le mani sul viso tentando invano di svegliarmi.
-dormito bene?- chiese James entrando nella stanza.
Azzardai un sorriso
-come fosse una reggia- risposi sarcastica. Lui mostrò une dei
suoi sorrisini sghembi che mi ricordavano troppo Ian.
Inspirai ed espirai tranquillamente provando a chiudere il ricordo
della mia famiglia in un cassetto blindato del mio cervello.
Lui mi prese un braccio per non farmi cadere.
-dovresti alzarti con calma, sembri alcolizzata- mi sussurrò
all’orecchio ghignando. Io lo ignorai e scrollandomelo di dosso. Presi tutte le
mie cose, presi le redini del cavallo e uscii.
Mi seguii e mi fermò non appena mi apprestai a salire in groppa a
Blue-Jeans. Ero sul dorso del mio cavallo. Le mani serrate sulle redini e il
braccio bloccato da una sua mano gelida.
Abbassai lo sguardo su di lui.. mi fissava con i suoi bellissimi
occhi verdi.
Era vero che in confronto gli umani erano orrendi!
-ti prego andiamo insieme- disse con la sua sacca sulle spalle.
-Sali- glielo concedetti, il suo cavallo era lontano e avrebbe
destato sospetti se si fosse messo a correre alla velocità della luce.
Arrivammo presto al centro del’accampamento e rimasi sconcertata.
I membri dell’esercito giravano ubriachi a destra e a manca. Uno
andò a sbattere contro il mio cavallo che non lo calcolò quindi cadde a terra.
Io lo guardai indignata “questi sono i protettori della città?” mi
chiedevo in continuazione. Un uomo mi venne incontro barcollando per il troppo
alcol ingerito e mi prese il braccio. Io cercai di divincolarmi ma senza usare
una forza disumana era impossibile. Mi scostò i capelli e io morsi l’aria
minacciosa mentre le sue mani stringevano dolorosamente i miei polsi.
James si avvicinò a noi furioso. Mi staccò rude dalla morsa di
quel tizio dai capelli neri e gli occhi del medesimo colore che mi fissavano
ostili.
James con il braccio mi spinse dietro sé e diede un pugno al viso
del soldato che iniziò a perdere sangue.
-grazie- sussurrai..
Poi un uomo apparentemente sobrio uscì dalla tenda principale che
io riconobbi essere il generale. Guardò il suo uomo a terra ma non ci badò.
-si vede come difendete il vostro popolo!- dissi io acida mentre
James mi teneva stretta la vita. Mi lasciò e scese con uno scatto e mi porse la
mano.
Io la presi e scesi lasciando le redini.
-siamo in pausa- disse con tono di sufficienza. Guardava il
cavallo e poi me.
-lui non ha fatto danni, vogliamo le scorte- disse brusco James.
-Venite- disse e iniziò a camminare tra gli alcolizzati che
roteavano cascando a terra.
Io ne scansai qualcuno.
Dopo aver preso le scorte da una tenda che fungeva da magazzino,
salimmo sui cavalli e ci lasciammo indietro quel branco di cavernicoli
vagabondi e buoni a nulla.
Tante altre ore di galoppo che calò per la quinta volta
dall’inizio del viaggio il tramonto. Io lo guardai con le mani dietro la
schiena. Eravamo fermi e i cavalli bevevano in un ruscello con acqua
cristallina.
Io mi isolai e iniziai a contemplare i colori di quel tramonto.
James mi venne vicino e si sedette sull’erba accanto a me.
Chiacchierammo delle cose più stupide ma quelle discussioni mi
piacquero molto.
-siamo a una notte di viaggio dalla casa del tuo maestro- disse
facendo per alzarsi. Io lo guardai e aiutandomi con il polso inclinato
sull’erba balzai in piedi.
-andiamo ora?- chiesi stupita che non si volesse riposare.
-si, Sali su- disse indicandomi Blue-Jeans che mi guardava.
Galoppammo tutta la notte prima di arrivare ad un villaggio..
Era l’unico paese del mondo ad ospitare creature magiche ed umani.
Andammo a passo, lui davanti e io subito dopo.
Guardavo i bambini che scorrazzavano felici e correvano ad
abbracciare le loro madri posizionate appena fuori la porta di casa.
Era tutto un territorio di pace quando vidi un enorme area di
combattimento nel quale dei ragazzi si allenavano con le spade.
Distolsi lo sguardo perché James fermò il suo cavallo e scese. Io
rimasi ancora in groppa al mio e lo fissai. Lui indicò una casetta, molto
piccola..
Io la scrutai con occhi attenti notando il tetto a spiovente e le
finestrelle messe in una sequenza precisa sul davanzale. Era la casa più
sistemata, nuova del villaggio. Le altre avevano tutte bisogno di manutenzione
e la crisi, la fame, si sentiva anche in posti così lontani.
Per un momento, io e la mia ricchezza, ci sentimmo fuori posto.
Guardavo i bambini girare con dei vecchi vestiti sporchi e strappati, ma
sorridevano spensierati..mi venne nostalgia della mia infanzia perfetta passata
in compagnia della gente che amavo di più e capii per la prima volta dal mio
incontro con Alec cosa avevo perso. La mia famiglia, i miei amici, la mia vita
cominciava a mancarmi..sentivo la loro assenza e mi mancavano tutti, persino
Leah con la quale non ho mai stretto amicizia né consolidato il rapporto.
Ci avvicinammo alla casa lasciando i cavalli ad un tizio con i
capelli verdi e gli occhi castani. Capii immediatamente che era un elfo dalla
bellezza (tralasciando il colore dei capelli) e dalle splendide orecchie a
punta. Dimostrava sulla ventina d’anni e prese le redini dei nostri cavalli con
il sorriso.
Non appena fummo entrambi davanti la porta esitammo a bussare ma
lo facemmo deglutendo e sospirando.
Un uomo alto sulla trentina mi guardò torvo. Occhi azzurro mare e
capelli neri lunghi e spettinati attaccati ad una coda. Mi fissava in attesa di
qualcosa ma io non parlai quindi disse
-chi sei?!- era rude e sgarbato, ed era più un’affermazione che
una domanda dal tono che aveva usato. La gente ci guardava preoccupata.
Quell’uomo non doveva avere una bella reputazione nel villaggio.
Io non risposi ma lui capì dalla mia espressione.
-entra- sussurrò ancora ostile, fin troppo, nei miei confronti.
James mi baciò la guancia e mi sussurrò all’orecchio
-ci vediamo..- ghignò mentre andava a recuperare il suo cavallo.
Io lo seguii con lo sguardo fin quando non svanì oltre le
protuberanze del terreno collinare e si incamminò verso la via di casa.
Angolo autrice: Ciao vi piace questo capitolo???Vi pregooo recensire,
ho bisogno di sostegno morale! xD volevo un vostro parere.
Ci saranno molte parti e soprattutto per farvi capire cosa si è
rotto nell’equilibrio perfetto della famiglia Black. Chi è curiosa?
Vi voglio bene!!! (anche se non vi conosco) La vostra Hermana!!
Ringrazio:
mary__whitlock: ti ringrazio, recensisci sempre!!! Si io ho msn,
mi dai il tuo contatto?? Prima vorrei chiedere una cosa a te e a tutti..
Quanti anni mi date??
Rei__: non ti rischiare a rispondere!XD tu lo sai quindi non vale!
Grazie della recensione, e dei complimenti! Credo anch’io che il mio modo di
scrivere stia crescendo.
Stavo
sdraiato sul mio letto e pensavo. Pensavo a quanto era difficile la vita. Mio
padre proprio in questo momento stava combattendo contro un branco nemico e io stavo
lì senza fare niente. Mi alzai e mi misi a fare l’unica cosa che ero in grado
di fare.
Mi appostai
sulla mia scrivania in mogano cosparsa di erbe e foglie varie e anche qualche
impasto. Presi una foglia enorme e la spianai con il dorso della mano sul
legno. Presi un po’ di un impasto verdognolo che aveva davvero un brutto
aspetto. Lo sparsi sulla foglia con delicatezza sicuro cheda lì a poco mio padre sarebbe tornato.
Era la terza
guerra in un mese e sicuramente, affaticati e spossati, avrebbero chiesto la
ritirata e mezzo morto sarebbe entrato in casa. E io l’avrei saputo curare,
l’unica cosa che mi dava orgoglio.
Continuai a
spalmare quella melma sulla foglia e la lasciai per un attimo stesa sulla
scrivania.
-ian!- urlò
Bella dal piano di sotto. Io sorrisi e mi diressi alla porta. L’aprii e uscii
la testa voltandomi verso le scale.
-si?-
chiesi. Lei rimase in silenzio e la vidi spuntare sulle scale. Sorrideva
appena. I miei occhi scesero subito sul suo polso lasciato penzolare e stretto
convulsamente dall’altra mano. Inarcai un sopracciglio e le andai incontro. Le
passai un braccio attorno alla vita e con l’altra mano presi il suo polso e lo
rigirai con cura.
La ferita
era profonda ma non ne vidi altre in giro tranne qualche taglio superficiale
sulle braccia.
La feci
entrare nella mia stanza e la feci accomodare su una sedia. Lei mi guardò di
sottecchi poi abbassò lo sguardo. Ero certo non volesse fatta LA domanda ma non
m’importava. Dovevo sapere.
-dove ti sei
ferita?- chiesi guardandola negli occhi appena alzati. Lei sospirò e si decise
di parlare dopo un sostenuto silenzio.
-ho seguito
papà- disse con voce tremante quasi aspettando una ramanzina. Io la fissai, ero
arrabbiato ma non si era fatta gran che quindi..
-com’è
ridotto lui?- chiesi prendendo la foglia piena di impasto curativo creato con
le erbe sminuzzate. Lei mi guardò felice, forse del non ricevere una paternale
da me, ma poi fece una smorfia di dolore quando sfiorai la ferita.
-è conciato
piuttosto male e la ritirata sarà a momenti- disse soddisfatta di avermi dato
una risposta diciamo concreta anche se spoglia di informazione sul suo fisico.
Annuii continuando ad avvolgere la foglia sul suo polso sanguinante. Poi presi
un po’ d’acqua e le sciacquai i tagli cutanei.
La guardai
di sbieco e lei cedette.
- scusa, ok?
Volevo solo sapere come si muovono i licantropi trasformati, come combatto..-
gli occhi le brillarono sicuramente al pensiero dei movimenti agili e pronti
dei lupi che le erano sempre piaciuti.
- ti hanno
vista?- chiesi d’un tratto interrompendola.
Lei scosse
energicamente la testa poi però inarcò un sopracciglio.
-solo Seth,
è grazie a lui che sono viva. Ero dietro i cespugli quando ho visto uno dei
lupi avversari sparire e ricomparire alle mie spalle. Mi ha fermato pressandomi
una delle suo possenti zampe sul polso e poi morderlo. Sono riuscita a non
urlare per miracolo e Seth e corso in mio aiuto. Io sono scappata più in fretta
che potevo ed ho notato con piacere che non ero lontana da casa.-
mentre Bella parlava io continuavo a pensare.
Non erano
lontani quindi Jacob doveva essere in casa. Gli altri avranno di sicuro varcato
i nostri territori e a lui non piace affatto.
Sentii la
rabbia montare lenta e chiesi
-sai dove
sono, precisamente?-
Lei fece
spallucce e si alzò per andare in cucina a prendere qualcosa da mangiare, ne
ero sicuro.
-in cucina?-
chiesi abbozzando un sorriso sghembo lei mi guardò sorridendo e rispose
-si,si, vuoi
qualcosa?-
-No, grazie
comunque- dissi vedendola già sparire dietro la porta. Presi un libro di botanica ed iniziai a
leggere assorto da ogni parola affondando il viso tra le pagine che odoravano
di nuovo.
Lessi per un tempo che mi sembrò infinito, un
infinità di pagine erano passate e non sapevo che ore fossero. Poggiai il libro
sullo scaffale e scesi le scale andando dritto in cucina. Lei non c’era ma era
passata di là.
Il pavimento
era bagnato fradicio e quasi misi un piede in fallo cadendo. Mi tenni al
frigorifero che continuava a suonare per essere rimasto troppo tempo aperto. Lo
chiuse e mi rimisi in piedi. Abbassai di nuovo lo sguardo e vidi uno
strofinaccio inzuppato nel laghetto che si era creato e, alzando lo sguardo
divertito da quello spettacolo, notai il lavandino che gocciolava impazzito da
chissà quanto. Girai la valvola e l’acqua smise di scendere. Uscii dalla cucina
facendo attenzione
Entrai in
salotto e vidi Bella dormire beata sul divano con la mela ancora in mano e il
braccio sano pendolare a mezz’aria. La tv era accesa e continuava a parlare ma
io non riuscii nemmeno a capire cosa stesse guardando.
Presi il
telecomando abbandonato sopra il tappeto e spensi la tv a schermo piatto che
ora era dietro di me. Scostai con delicatezza le gambe di Bella facendo
penzolare anche quelle. Mi sedetti e mi addormentai in una posizione alquanto
scomoda. Mi svegliai poco dopo per
essere letteralmente caduto dal divano.
Sbuffai e
vidi mia sorella nella stessa, identica posizione di prima. Perché lei non si
muoveva? Mi chiesi a malincuore. Mi accarezzai la nuca dolente e mi alzai
barcollando dal pavimento. Andai dritto alle scale e, dopo essermi poggiato al
passamano, salii le scale con le palpebre che si richiudevano da sole.
Era ora di
cambiare il bendaggio e non potevo dormire sugli allori! Mi dovevo rimettere
all’opera!
Entrai nella
mia stanza e vidi la scrivania sempre ingombra di erbe varie. Ne presi una a
caso senza attenzione e gli versai sopra quella specie di pomata naturale. Non
ero per niente attento a ciò che facevo e le mani scivolavano silenziose.
-forse un
oretta potrei dormire, d’altronde ieri notte non ho chiuso occhio- mi dissi a
voce bassa e mi accovacciai sul letto.
Il respiro
mi si fece pesante e le palpebre si chiusero da sole. In poco più di dieci
secondi mi trovai a dormire come un ghiro. Un urlo mi fece rinvenire e balzai
in piedi. La testa girò ma non aveva importanza. Presi la foglia che
sicuramente non avrebbe curato nulla visto che come voto gli avrei dato massimo
una “D”. Corsi al piano di sotto e vidi mia sorella gemere e mordersi il labbro
inferiore per non urlare.
Un enorme
lupo nero dai penetranti occhi rossi le aveva affondato i denti sul fianco. Lo
guardai con odio e cercai di mettermi in posizione d’attacco.
La guerra non
mi era mai piaciuta ed a combattere ero una frana. Non avevo mai imparato
davvero e le poche lezioni di mia madre non le avevo seguite molto. Ma per la
miseria ero un mezzo-vampiro no? Doveva pur valere qualcosa.
Gli balzai
addosso e in un istante tutta la mia vita mi passò davanti agli occhi prima di
cadere in ginocchio di fronte al lupo che mi aveva artigliato il petto
squarciando la maglietta. Lo guardai mentre il sangue scendeva copioso e dalla
mano era appena caduta la foglia. Eravamo finiti.
-non puoi
prendertela- dissi con la forza della disperazione mentre esso continuava a
mordere il bacino di Bella che urlava.
Scossi la
testa e tentai di spingerlo via ma la mia sola forza non bastava. Un ringhio e
poi la finestra in frantumi, la seconda in un paio di minuti. Seth, un lupo
enorme dal manto completamente grigio e un paio di occhi marroni.. era la prima
volta che ero davvero contento di vederlo.
Lui balzò
sopra al lupo nero e lo catapultò dall’altro lato della stanza anche perché
preso di sprovvista. Io tirai un sospiro di sollievo e presi una mano esile di
bella che ancora tremava. Un dolore lancinante alla bocca dello stomaco mi fece
ritrarre il braccio.
Seth prese
con cura la maglia di Bella tra i denti e, dopo che ella rimase un po’ a
mezz’aria, la posò sul pavimento dietro di noi.
Io mi gettai
sulla foglia mal concia e mal fatta che si trovava a terra e la presi. Era già
qualcosa.
Seth
affrontava quel lupo girando attorno e ringhiando rabbioso, ancora non si
toccavano. Io mi concentrai sulla ferita di Bella. Era molto più profonda di
quella al polso e i segni più visibili. L’emorragia non si era ancora arrestata
e la testa mi girava terribilmente. La ferita pulsava ma dovevo fare in fretta.
Bella aveva perso i sensi e il suo respiro era ancora irregolare.
I battiti
accelerati del suo cuore per poco non facevano fermare i miei. Feci aderire la
foglia sul suo addome e le accarezzai il viso sussurrandole parole dolci anche
sapendo che non le avrebbe udite.
Un altro
lupo entrò dalla finestra rotta. Un lupo rossiccio e di ancor più enormi
dimensioni.
-papà!-
urlai con quanto più fiato avessi in gola. Lui mi venne vicino e io gli sfiorai
il muso.
-ho paura-
sussurrai. Lui mi ignorò anche se sapevo che quella frase l’aveva fatto
imbestialire e quell’uomo non avrebbe avuto scampo poi i miei occhi si
soffermarono sulle numerose ferita, anche parecchio profonde, che riportava.
Deglutii. Non ce l’avrebbe mai fatta.
Il branco al
completo si riunì dentro casa e il lupo nero non fece che arretrare fino a
correre fuori con la coda tra le zampe. Sicuramente aveva fallito il suo
compito.
Mio padre si
allontanò un attimo prima di rientrare in forma umana mentre gli altri rimasero
così. Indossava i pantaloncini che teneva legati, come tutti gli altri
licantropi, nella zampa posteriore. Si avvicinò a noi e prese Bella tra le
braccia tremanti.
-andiamo Ian- disse squadrando il mio petto lacerato. Io mi alzai
dalla scomoda posizione in cui mi trovavo, con le ginocchia piegate e la testa
calata sul corpo di Bella, e lo seguii. Salii le scale con difficoltà notando
dalla tensione dei suoi muscoli, la difficoltà di mio padre nel tenere Bella.
Salimmo
nella mia camera e io mi lasciai cadere sul divano gemendo. Lui appoggiò Bella
sul letto e sospirò, poi prese un po’ d’acqua che si trovava sulla scrivania e la
svegliò. Lei sobbalzò per un attimo poi si accartocciò su se stessa e tossì
sangue.
-Ian,
prepara qualcosa- disse in preda al panico. Io provai ad alzarmi ma caddi a
terra.
-dannazione,
Ian, fa qualcosa!- urlò disperato cercando di tenere la testa alta a Bella che
era in preda alle convulsioni. Io mi mossi da terra e arrivai ai piedi della
scrivania. Lui mi sollevò da un braccio e mi fece tenere al tavono. Pressai le
mani sul legno tanto che le nocche sbiancarono.
-Ian!- urlò
lui tentando di aiutare Bella con scarsi risultati. Io mi misi al lavoro mentre
le mani tremavano e la vista era annebbiata. Chiusi gli occhi e sospirai
profondamente. I dolori erano continui e le lacrime iniziarono presto a rigarmi
il viso.
Alla fine
riuscii a fare una mezza foglia e a spalmarci sopra un po’ di impasto. Mio
padre lo pose sulla ferita di Bella e io mi addormentai sul divano.
Mi svegliai
e dovetti pensare a curarmi da solo la ferita che bruciava tremendamente. Mio
padre come sempre era uscito e stava facendo una passeggiata in spiaggia.
Sospirai. Mia madre era andata a Forks e non era ancora tornata. Ora che ci
eravamo trasferiti in Spagna volevamo un luogo il più simile alla Push.
Appena mi
sentii meglio lasciai mia sorella che dormiva sul mio letto e corsi in
spiaggia.
Mio padre
teneva le mani dentro le tasche e guardava la sabbia chiara e sottile sotto i
suoi piedi.
-papà! Papà-
dissi io richiamandolo con gesti delle mani. Lui alzò lo sguardo e io gli
sorrisi.
-vieni
dentro a farti curare! Ho ancora un po’ di quell’intruglio! Ne è rimasto poco,
è vero ma potrebbe alleviarti il dolore!- urlai. Lui mi fece cenno di andargli
vicino e io lo feci.
-si?- chiesi
e lui mi mise un braccio sulle spalle continuando a camminare. Io allungai il passo
per tenere il suo e lo fissai. Era teso e distrutto, non solo fisicamente.
-Ian, la
guerra tra i branchi si fa ogni giorno più violenta e non voglio mettere Bella
in pericolo. È fragile, cagionevole e completamente indifesa.- non capivo dove
volesse arrivare.
-dove vuoi
arrivare?- chiesi
-devi
entrare nel “branco” e lottare con noi come tua madre.- disse tagliente. Io mi
bloccai davanti a lui. Lo guardai e aveva un aria triste mentre io ero pieno di
rabbia.
-no! Ho del
lavoro da finire come guaritore non sono abbastanza bravo e non posso, anzi non
voglio, abbandonare i miei studi approfonditi!- urlai. Lui mi strinse le
spalle.
-Ian è per
tua sorella- stava giocando sporco e lo sapeva. Non c’era niente che non avrei
fatto per lei.
Non dovevo
piangere. Le lacrime pungevano gli occhi ma io resistevo sbattendo più volte le
palpebre.
-ma papà..-
-niente ma.
Tu devi farlo- mi sentii tradito dalla persona che più amavo o almeno una delle
tre. Sorrisi amaro e lo guardai con odio. I rapporti tra noi due sarebbero
cambiati, ne ero certo.
Corsi dentro
casa e poi nella mia stanza non ascoltandolo.
-Ian,
Ian..vieni subito qui!- urlava.
-non sai
fare altro che dare ordini, ma questo vale con i tuoi fratelli ALFA, non con
me! Ti odio!- le parole uscirono da sole senza che nessuno mi costringesse. Ero
del tutto consapevole che quel giorno avevo detto per la prima volta ti odio a
mio padre.
Salii in
camera mia e trovai Bella sveglia, seduta a gambe incrociate sulle lenzuola pulite.
Notai che la parte unta di sangue era stata sbattuta a terra. Non ricambiai il
suo sorriso e buttai a terra tutto ciò che si trovava nella mia scrivania.
“non mi
serviranno più” urlai nella mia testa e sentii la rabbia salire e le mie mani
agire da sole. La fialetta con dentro quell’intruglio naturale fu la prima cosa
che scagliai a terra con violenta. Poi toccò alle numerose foglie sparse qua e
là.
Appena ebbi
“ripulito” la scrivania da tutto ciò che era sempre stata l’unica cosa
conoscessi, passai alla libreria dove tenevo solo, libri, manuali, tomi di
botanica. Li gettai tutti a terra con violenza e iniziai a calpestarli quando
le mani fragili di Bella non fermarono le mie.
-che stai
facendo!?- chiese a bassa voce. Segno che non si era ancora ripresa.
-è stato
tutto inutile! Studiare, tentare di aiutare facendo qualcosa che mi rendesse
felice, tutto inutile!- urlai ma lei strinse la presa sulle mie spalle.
-che stai
dicendo!?- disse irata ma con voce stanca e sottile.
Sospirai e
tentai di spiegarle la situazione.
- l’ALFA, mi
ha ORDINATO di entrare nel branco come la sua COMPAGNA- non avevo mai usato
toni così distaccati verso i miei genitori ma ero stanco e deluso.
-mi..dispiace-
sussurrò. Lei sapeva quanto fosse importante saper curare e saperla guarire
quando soffriva. Era quello che mi rendeva utile visto la poca dedizione verso
il combattimento e la poca dote, soprattutto.
Da lì tutto
sarebbe stato diverso.
“Spazio
autrice”: ehi lettori! Come state??? Scusateeeee per
il ritardo! Chiedo perdono a tutti ma non ho avuto tempo davvero! Vorrei
ringraziare tutti i lettori silenziosi e la ragazza che mi fa continuare a
scrivere recensendo tutti i capitoli..si, si mary sto
parlando di te.
Mary_Whitlock:
grazie mille per tutte le GIGANTESCHE recensioni che mi riservi e scusami per
il ritardo. Grazie per i complimenti ma io non credo di essere tanto brava.. =(si anche a me piace molto il capitolo del
viaggio di Bella e soprattutto mi piace James il mio nuovo personaggio!
Preferisco il mio Alec però! Tu quanti anni hai?? Quanto a me ci sei andata lontanissimaaaaaa! Per quanto (forse) può sembrare strano
ho 13 anni! Spero che non comincerai ad ignorarmi XD! Ti piace l’idea di
mettere un capitolo del passato dal punto di vista di Ian??
Erano passati 3 mesi e dopo l’incontro con Bella non ero
riuscito a chiudere un occhio. Per fortuna la mia piccola Noelle
stava bene e non aveva gravi segni di ricadute. Infatti in un primo momento è
stato terribile.
Come avrebbe agito il veleno vampiro su di lei? Mi chiedevo
ripetute volte ma senza arrivare ad una conclusione. La presi in braccio e la
portai dentro casa di Jacob, mentre Ian tentava invano di fermarmi. La poggiai
sul divano mentre perdeva sangue dai due buchi sul collo. Imprecai contro Ian
parecchie volte quando lo vidi passare con suo padre sulle spalle incurante
della mia bimba.
-sto bene, non trattarmi come fossi già decrepito- mugolò
lui. La rabbia montava violentae gli
sarei balzato addosso finendo il lavoro che aveva cominciato la mia piccola.
Chiusi gli occhi ma non riuscii a calmarmi e le mani tremavano vistosamente.
Ian mi guardò come per scusarsi e io vidi entrare Nessie dalla porta
d’ingresso, ancora impaurita.
-porta via quell’essere da casa mi..- ruggì Jacob, la voce
gli si spezzò in gola, l’alfa in quel momento era impotente. Ian lo colpì
proprio in mezzo alle costole e lui si piegò in due dal dolore. Io lo guardai
con uno sguardo misto tra gratitudine e disprezzo. Erano due sentimenti
contrastanti e mi stavano confondendo le idee ma cercai di riordinare i
pensieri.
Ian si avvicinò a noi e la prese sulle spalle mentre io lo
guardavo immobile. Mi fece cenno di seguirlo sopra, nella sua stanza. Io lo
feci e lui iniziò con le sue pratiche da guaritore anche se potevo giurare che
non le aveva più prese dal brusco litigio con Jake circa 5 anni prima. Era
goffo nei movimenti e lo vidi corrucciarsi per ricordare le erbe da usare in
quel misto semiliquido che si andava creando.
Mi chiesi se Noelle ce l’avrebbe
fatta ma fu inutile perché in quel preciso momento la mia testa aveva spazio
solo per contenere ogni sorta di domande e non poteva dilungarsi sulle
risposte.
Noelle aveva un respiro
irregolare e tossiva più volte per riprender fiato. Io le presi una manina e la
strinsi tra le mie con dolcezza. Era appena stata poggiata sul letto quando
aveva aperto gli occhi ed ora annaspava per trovare l’aria con cui riempire i
polmoni. Le diedi un profondo bacio sulla fronte e le sussurrai
-sta tranquilla, andrà tutto bene- ero disperato e le parole
uscivano da sole anche se era chiaro che nemmeno io ci credevo. Ian nel
frattempo era concentrato e vidi la poltiglia prendere un colore verdognolo
tendente quasi al marrone. Lui esasperato lo versò su una foglia e la prese con
foga. Io mi spostai e notai che la fece aderire al collo esile della bambina.
Poi la squadrò.
-è strano..- disse con voce rauca, poi tossì gravemente e
tornò a parlare con voce decisa.
-dovrebbe stare molto peggio- io non volli pensare ad una
cosa del genere ma l’immagine del corpo della piccola straziato dal dolore e
dal sangue che colava lento mi attanagliò, facendosi largo tra i pensieri.
-spiegati- lo intimidii. Lui rimase impassibile al suo posto.
Da quando bella era andata via lui non aveva fatto penetrare nulla dei suoi
stati d’animo. Dopo il dolore immenso che aveva provato il giorno più brutto
dalla MIA vita, la scomparsa della “donna” che ho amato più di me stesso, era
come se un involucro vuoto avesse preso il posto del suo animo. Non si
scomponeva, non gioiva né piangeva più. Tutto si era spento quella sera, tutto
era finito lì e le lacrime erano svaporate del tutto..non ne aveva più, le aveva
consumate completamente nel dolore di quella sera..
-sta bene- disse incredulo. Io lo fissai.
“benissimo! Ma non lo vedeva che stava malissimo, Ian è anche
un pazzo!” Pensai con rabbia.
-bene?- chiesi
Lui annuì con disinvoltura e uscì dalla porta della sua
stanza. Io lo acchiappai dalla camicia ritirandolo dentro la stanza con furia.
Lui ringhiò digrignando i denti.
-si bene! Si riprenderà in poco tempo- disse prima di sparire
dietro la porta.
Io rimasi impietrito guardando il viso straziato della
piccola
-Seth, Seth, Seth-
mi richiamò a gran voce la bimba saltando sul letto e facendo un frastuono che
mi diede alla testa. Posai entrambe le mani sotto le sue ascelle e la issai. La
tenni stretta e lei ridendo stette a mezz’aria.
-facciamo qualcosa!- mi pregò. Io la poggiai a terra e mi misi a
sedere. Passai una mano in fronte e sospirai.
Il ricordo di Bella era ancora una lama infissa sul petto. La sua
voce mi riecheggiava nella mente. La matassa confusa e contorta dei miei
pensieri convergeva sul suo viso che mi guardava triste e mi ripeteva: “ti
voglio bene” .
-Seth!- mi riportò all’attenzione.
-scusa piccola! Ho la ronda- le dissi schioccandole un bacio sulla
fronte. Lei mise il broncio e incrociò le braccia esili al petto sedendosi
pesantemente hai piedi del letto.
-tesoro, DEVO- le dissi con aria malinconica calcando l’ultima
parola.
-vengo allora!- propose. Io la guardai serio e scossi la testa
pronunciando un “NO” perentorio. Lei sbuffò e rimise il muso.
Tentai di ignorarla dirigendomi al bagno e lasciai la porta
aperta. Mi sciacquai il viso gettandoci un ondata di acqua gelata. Spalancai
gli occhi e sorrisi per l’effetto che l’acqua fredda mi faceva. Mi sentivo
puro, libero da ogni pensiero e sentirsi così dopo tutto quello che era successo
negli ultimi tempi era un miracolo.
Mi scompigliai i capelli bruni e mi fissai allo specchio. Gli
occhi nocciola si riflettevano e mi davano un’aria stanca e triste.
“gli occhi, lo specchio dell’anima”
Mi voltai verso Noelleche stava frugando nel vecchio baule di mio
padre. Sì, Harry Clearwater.
Lì dentro non c’erano che cianfrusaglie ma io ci tenevo come
fossero oro. Una vecchia canna da pesca e qualche foto in bianco e nero
ingiallita dal tempo di quando mio padre aveva la mia età.
-SethClearwater-
mi richiamò irata mia madre dal piano di sotto. Sbuffai e uscii dalla stanza a
petto nudo con un paio di bermudacolor
sabbia sgualciti e logori.
Noelle mi venne vicino e io le cinsi le
spalle scendendo le scale.
-Seth sei in ritardo per la romba!- mi
rimproverò con il mestolo da cucina puntato a mo’ di spada. Indossava una
maglia blu con il colletto bianco e un paio di jeans grigi lisi dal tempo
ricoperti dal grembiule.
-mamma!- esclamai cercando di allisciarla per evitare l’inevitabile.
-fatto qualcosa hai capelli?- chiesi sorridente, poi notai i suoi
capelli arruffati e mi morsi la lingua. Noelle
soffocò una risata.
-Oh! Signorino sei in guai molto seri!- mi riprese lei. Faceva
parte del consiglio ed ebbi subito paura che fosse completamente seria.
-ok! Scusa mà. Ho dormito un po’ troppo-
mentii eccellentemente. Lei mi squadrò e io non esitai e tenni il suo sguardo
come avevo imparato da bambino per evitare le sue punizioni.
-Vai!- urlò indicando l’uscita con il mestolo. Io annuii e uscii
con la coda tra le gambe.
-Tesoro, ti va di aiutarmi a cucinare?- chiese poi rivolta a Noelle. La sentii mormorare un breve “si” e mi corse
incontro. Io la presi in braccio al volo e la portai sopra la mia testa.
-ci vediamo più tardi piccola mia- le dissi. Lei mi baciò una
guancia.
-a dopo papà –
sussurrò e scese agilmente dalle mie braccia mentre io ricomponevo i tasselli
del puzzle. Ero rimasto spiazzato da quell’ultima parola. “papà”. Io adoravo noelle e lei aveva cominciato a sentirmi come fossi suo
padre ma NON LO ERO.
La guardai correre verso mia madre con un gran sorriso in viso e
si avviarono entrambe in cucina. Aprii la bocca come per pronunciare qualcosa
ma stetti in silenzio. Dalle mie labbra
non uscì altro che una gran quantità di aria. Poi sorrisi, il primo sorriso
sincero da mesi e mi avviai a grandi falcate verso il confine.
Trovai Jared nelle sue sembianze da lupo seduto con il muso
rivolto alla luna piena. Appena si voltò mi ringhiò. Io mi trasformai e lui mi
inveì contro.
Ti sembra il caso
di arrivare con tre quarti d’ora di ritardo!
Urlò dentro la mia testa e io mi allontanai di colpo.
Che c’è fratello Claer ti ha dato buca?
Domandai ironico ghignando appena. Sì, Claer
e Jared avevano deciso di stare insieme così come Jacob e Renesmee.
Lui ringhiò appena.
Toccato tasto
dolente?
Chiesi adesso un po’ più serio.
Sei un
inguaribile idiota!
mi urlò contro. Alzandosi e scuotendosi un po’.
Grazie
No, fratello!
Dico sul serio! Successo qualcosa con Claer?
Chiesi preoccupato sbarrandogli la strada. Lui scosse il testone e
mi superò
Ah! Seth.. mi
dispiace per Bella
Questo sì che era un tasto dolente. Ero quasi riuscito a mettere
da parte il dolore per la lontananza sempre più marcata di Bella da me.. Chiusi
gli occhi ed incassai il colpo ringhiando a me stesso più che a Jared.
Scusa e non
preoccuparti del ritardo, tu hai una bambina a cui badare
Già
Non riuscii a nascondere la malinconia per il discorso che lui
aveva sviato. Pensare al mio scricciolo mi fece sorridere e ritornai allegro
anche se una parte di me odiava la mia vita.
Lui iniziò a correre fino a quando non lo vidi più. Sospirai e
cominciai a fare avanti e indietro irritato dai miei stessi pensieri.
A che cavolo
serve se poi non c’è mai nessuno?
Sta zitto Seth
Mi redarguì Sam. Sorrisi tra me
Tecnicamente non
sto parlando
Si che lo stai
facendo!
No, invece! Sto
solo pensando! Ritrasformati se ti da tanto fastidio
Proposi stizzito. Quando un pensiero mi riecheggiò nella mente con
un suono assordante.
Smettetela tutti
e due
L’alfa ce lo stava ordinando? Si vede che Jake doveva essere di
mal umore.
Tranquillo Jacob,
non stavamo facendo niente di male
Ribatté Sam intimorito. Ionon osai pensare e stetti in disparte fino a quando la connessione non
cessò. Entrambi si erano ritrasformati lasciando che mi occupassi dei confini.
Sbuffai sicuro che mi sarei annoiato a morte per qualche ora e mi
sedetti su due zampe guardando il cielo.
Udii dei passi e alzai le orecchie per sentire meglio.
Passi..passi fin troppo veloci..vampiri!
Schiusi il muso per emettere un qualsiasi suono quando me lo
sentii tappare da due mani bianche e forti.
-sta zitto cane- mi intimò. Una voce familiare.. dov’è che l’avevo
sentita?
Riuscii a liberare un canino e lo conficcai nel dorso della sua
mano affondandolo fin quando lui non ritrasse completamente il braccio. Balzai
su quattro zampe e mi voltai verso di lui.Sgranai gli occhi per la sorpresa di trovarmi davanti il mio rivale in
amore.
Decisi di non denunciare la sua venuta con un ululato e mi trasformai
infilandomi al volo i pantaloni legati alla zampa.
-da quanto tempo!- sputò fra i denti ben in vista. Lo fissai con
odio e risposi con altrettanta acidità
-che vuoi? Devi ringraziarmi che non ho avvertito il branco-
voleva essere una minaccia ma lui cominciò a ridere e io lo guardai di sbieco.
-che ci ridi?-
-sei davvero spiritoso, Seth!- continuò a schernirmi.
-era una minaccia, sai!-
-proprio per questo sei spiritoso! Non ho paura né di te né dei
tuoi amici a quattro zampe- continuò. Io ringhiai.
-dovresti averne, comunque tralasciamo questo punto e arriviamo al
sodo, che vuoi da me?- scandii le parole.
Lui perse il sorriso e cominciò a camminare nervoso.
-se tu non fossi importante per Bella ti avrei già fatto fuori-
iniziò.
-che ti importa di lei? Che c’è, voi succhiasangue
avete un cuore?-
-si e molto più grande del vostro anche- ringhiò.
-l’avete abbandonata quando aveva più
bisogno di voi! Io la AMO davvero- mi informò. Adesso fui io a ridere.
-sul serio? Sai cosa significa?- chiesi seriamente curioso
-già, aspetta sono io che ho lasciato che quell’idiota la
umiliasse e la facesse passare per figlia di NESSUNO?-
Ringhiai proteggendo Jacob anche se una minuscola parte del mio
cuore stava dando ragione a quell’essere.
-lei ci ha voltato le spalle- mi scusai come un cretino.
-questo è l’amore Seth? Tu che credi di conoscerlo più di me, sai
dirmi se tu ti sei comportato come un innamorato? È così che ci si comporta?-
chiese schernendomi senza far trapelare alcuna espressione dal suo involucro
perfetto e vuoto al tempo stesso.
Rimasi spiazzato anche se il mio cervello non voleva dargliela
vinta non potevo oppormi alla verità che mi era stata gettata addosso senza
alcun’avvertimento. Ringhiai deciso a farlo andare via dai confini quando in
lontananza sentii una voce.
-Seth! Seth! È finito il turno di ronda!
Dove ti sei cacciato?- stava urlando Leah in preda alla rabbia.
Alec annusò l’aria e io arrivai alla conclusione che volesse
PRANZARE con mia sorella.
-non ci provare!- urlai. Lui fece una smorfia di disgusto.
-tua sorella? Mai! Già il solo pensare di bere il sangue di voi
cani pulciosi mi fa venire il voltastomaco- rispose acido.
-più che altro sono turbato- dissi senza scomporsi minimamente. Io
scommisi che fosse stato Aro ad allevarlo.
-da cosa? Sentiamo- chiesi ormai rassegnato.
-c’è un vampiro qui in giro, lo sento
debole- disse guardandosi intorno guardingo. Io ringhiai
-oltre a te, anche se ti considerò più una mezza cartuccia, non ci
sono sanguisughe- continuai.
-che c’è, non sai fare decentemente un turno di ronda?- chiese
divertito. Io lo fissai torvo e lui continuò serio.
-sul serio, cane. C’è un vampiro nei paraggi- disse.
-arrivo!- urlai a mia sorella sicuro mi stesse sentendo.
-tutti i lupi sono a sgranchirsi le zampe, quindi direi che hai
strada libera- dissi deciso. Lui mi fissò interrogativo io ringhiai
-non farmi ragionare decentemente- lo ammonii.
-e la cagna? La mamma lupa?- chiese distaccato ma sapevo che
infondo un ghigno beffardo l’avrebbe fatto scappare.
-mia MADRE doveva andare a trovare il povero Charlie a Forks.,
credo sia già partita e Leah..- mi fermai e tentai di percepire lo zampettare
veloce di Leah. Dopo svariati tentativi riuscii a percepire un suono lontano.
-Leah è già partita alla corsa per
raggiungere Jake- sentenziai.
“Sempre in competizione quei due!”pensai.
Feci strada al succhiasangue che nel
frattempo aveva chiuso gli occhi e tentava di percepire il più possibile la
presenza di un suo simile.
Passammo davanti casa mia e io tirai dritto senza esitazione
quando mi accorsi che lui non mi stava più seguendo. Era fermò davanti alla
porta d’ingresso della mia casupola.
-che cavolo stai facendo?- gli chiesi stizzito pensando a quanta
insolenza avessero quei mostri.
-è qui- disse sottovoce e se non gliel’avessi impedito avrebbe
buttato giù la porta. Aprii con calma lanciandogli occhiatacce che ignorò con
tranquillità.
Si diresse al piano superiore e io lo seguii. Il mio pensiero volò
veloce a Noelle e lo fermai prendendogli il braccio e
storcendoglielo con forza prima di gettarlo aldilà del passamano e facendolo
atterrare sul pavimento.
-sei impazzito?- chiese con rabbia alzandosi in piedi.
-non puoi entrare lì- risposi scendendo un gradino.
-ma è da lì che proviene- obbiettò irritato ed io ero sicuro che
contrastarlo avrebbe fatto di me un cane arrosto.
Un pensiero mi balenò in testa. Un’immagine che avevo rimosso anzi
soltanto messa da parte. La trasformazione di Noelle,
il nero pece del suo manto e il paio di grandi occhi scarlatti che avevo visto
solo una volta ad un lupo..Diamond. Fin dal primo incontro con lui in casa Black
circa 5 anni prima, sì quel giorno si era dato elegantementealla
fuga prima dell’offerta insana di Jacob di farlo unire al branco.
No!No!NO!
Alec mi arrivò di nuovo accanto e non mi ero accorto che aveva già
aperto la porta. Tentai invano di farlo uscire e ci trovammo dentro
entrambi.
Noelle stava dormendo placidamente sul mio
letto a due piazze e sonnecchiava tranquilla. Le lenzuola erano andate a farsi
benedire ma la faccia di Alec mi fece preoccupare.
Inarcò le sopracciglia pensieroso prima di socchiudere gli occhi
come per attutire un colpo.
-che succede?- chiesi chiaramente inquieto. Lui mi fissò serio e io mi irrigidii.
-lei è..è..-
Spazio autrice!
Allora ragazzi/e come sta andando la lettura? Bene,
benissimo(magari ^.^) o da schifo? Ancora nessuno mi è venuto a cercare
tirandomi pomodori e uova alla finestra quindi è un GRAN passo per me! Ormai
tutti avete capito che sono una tredicenne dannatamente ossessionata da questa
passione! Spero che i capitoli vi siano piaciuti finora perché non vi esprimete
con le recensioni ed io ho paura di avervi già deluso. Vi prego fatemi sapere
se continuerete a seguire se mi tirerete pomodori! Ora devo ringraziare:
Kandy_Angel: grazie mille per la recensione anche se piccola perché questo
fattore non m’importa! Sono contenta che ti sia unita alle lettrici fammi
sapere che ne pensi di quest’altro.
Mary_Whitlock: ehi cara! Ti ringrazio nuovamente eccetera eccetera! XD vuoi confessata una cosa? Io ADORO jacob e ora la vocina che ho in testa mi sta chiedendo –allora perché lo descrivi così?- bhè.. per iniziare
credo più figo un conflitto padre figlia ahahahah poi perché voglio far vedere l’enormità che c’è
tra il perfettino in tutto Edward Cullen che non
sbaglia mai ecc.. a un tizio con i difetti di ogni umano che ha sbagliato tutto
con i figli anche se infondo li ama. Anche a me piace tanto quel capitolo e il
passato lo adoro! Grazie sempre per i complimenti e lo so tutti i miei familiari
dicono che è un dono (bhà!) che sono tanto “brava”
alla mia età! Secondo me ne hai 14 no, no 15? BO.. per la prima domanda si
capirà in seguito anche se in questo capitolo hai capito che era DIAMOND! Però c’è
ancora molto da scoprire! Per la seconda non l’ho capita XD. No hermana non è il mio vero nome e ti può sembrare una cosa
da bambini ma non mi va di scriverlo su web.. se mi scrivi il tuo contatto di msn te lo faccio sapere sicuramente! Il mio è attinente all’azzurro
appena (se vuoi) mi devi aggiungere ai contatti. Ti voglio bene anch’io! Mi affeziono
facilmente XD! Una domanda, ti è piaciuto questo capitolo? e la fine? Sono crudele!
Alla prossima e scusa il poema XD
Entrai
barcollando all’interno della dimora del maestro e mi chiusi la porta dietro.
Mi diressi a grandi falcate verso la piccola stanzetta che mi era stata
assegnata senza diritto di obbiezioni.
La casa era
gremita di cianfrusaglie che continuavano a infastidirmi e a crescere. Una catasta di abiti usati e sporchi si ergeva
in un angolo. Le due piccole poltrone di pelle cremisi erano ricolme di
minutaglie totalmente inutili.
Il camino si
elevava maestoso in fondo alla stanza e il fuocherello scoppiettava ardente
prendendo le più svariate sfumature tra il rosso e l’arancione. I pugnali erano gettati ovunque e
qualche spada sbucava dal fondo degli oggetti. La lama affilata di una spada si
vedeva appena da sotto il largo tappeto che decorava la piccola stanza.
M’infilai in
fretta nel corridoio a fianco della stanza e superai il bagno –da condividere-,
la stanza di Phoseidon, il mio cocciuto maestro, arrivando alla “mia”.
Posai con
foga una mano sul pomello della porta e l’aprii con forza. L’altra mano
stringeva convulsamente le dita sul taglio netto che divideva in due la mia
spalla. Il taglio sanguinava e un rivolo di sangue colava anche lungo il mio
labbro inferiore.
Nella stanza
albergava un odore ripugnante di muffa tanto che bruciava il naso. Il muro e il
tetto, bianco sporco, erano “decorati” con centinaia di crepe dalla diversa
direzione.
Una rete a
una piazza era coperta da un vecchio materasso duro e vecchio. Una pezzuola che
al maestro piaceva chiamare “lenzuolo” lo foderava, un ripiano che secondo i
miei calcoli doveva avere diversi secoli era posto al suo fianco a mo’ di
comodino. Era del tutto impolverato,corroso e antiquariato.
L’armadio
era a un anta e i miei vestiti erano talmente tanti da doverli appiattire e
infilare a forza per entrarci e vestirmi era un dramma ogni volta.
Al fianco
dell’anta c’era un armadietto ricolmo di medicine e bendaggi.
Mi diressi
verso quello e ne presi qualcuno. Mi fasciai la spalla con mano esperta e,
appena finito, mi gettai a peso morto sul materasso.
La schiena
chiedeva pietà ma ero talmente affaticata che non feci caso al dolore lancinante
tra le scapole.
Chiusi un
occhio e misi un braccio a coprirli. Riuscivo a vedere un piccolo squarcio di
tetto grigiastro e riuscivo a contare le crepe. D’un tratto mi trovai a pensare
che prima o dopo sarebbe crollato. Desiderai trovarmi da tutt’altra parte
persino agli allenamenti.
Sì, gli
allenamenti erano uno strazio.
Phoseidon ci
andava parecchio pesante e non riuscivo a ficcare in quella testa bacata di un
vecchio che non riuscivo a stare al passo.
Continuava a
picchiare forte distruggendomi le ossa una a una. In tre mesi mi ero fratturata
un polso e rotta entrambe le braccia. Era un matusa sulle sue. Non faceva altro
che stare per conto suo nella sua stanza e IO cucinavo da mangiare per entrambi
nel retro dove si trovava uno spiazzo con un cucinino e un tavolo da pranzo.
Ormai avevo
constatato che mi odiava con tutto se stesso e odiava i vampiri quindi il mio
potere e tutto.
Credevo di
riuscire a farmi apprezzare per le mie qualità nella lotta ma lui non lasciava
nemmeno che sferrassi un colpo ma ero sicura che prima o poi sarei riuscita a
colpirlo.
Dopo poco
arrivò il sonno e riuscii a malapena ad addormentarmi quando fui bruscamente
interrotta o quanto meno i miei sensi acuti mi avevano fatto drizzare le
orecchie allo scricchiolio della vecchia porta.
Il maestro
Phoseidon mi fissò con aria ostile dalla soglia della porta. Gli occhi azzurri
indagatori mi scrutavano pezzo per pezzo alla fioca luce di una candela che
recava in mano.
Due lievi
borse sotto gli occhi e un paio di rughe d’espressione gli conferivano un aria
triste e malandata. I lunghi capelli arruffati pieni di nodi e la tuta da
combattimento vecchia e logora invece lo facevano sembrare più vecchio di
quanto era.
Stringeva
con forza il pomello della porta e mi fissava.
-stiamo qui
a dormire sugli allori o ci muoviamo!- mi spronò con aria rude.
-ma
Phoseidon..- mormorai stancamente sapendo in anticipo la risposta.
-non
prenderti certe confidenze con me!- urlò sbattendo pesantemente la mano al
muro. Io saltai in aria ritornando a sedere sul letto intimorita.
-scus..-
-bando alle
ciance, andiamo- disse rude.
Sì, tutti i
termini più stupidi andava a cercarli lui. Stavo maturando l’idea che la notte
pensasse a certe cose anziché dormire.
-ma..maestro-
implorai con voce stanca e dolente.
-hai i
muscoli intorpiditi, la velocità di una chiocciola e la forza di un bambino di
cinque anni! Cosa sto allenando io? Un sacco di patate forse?- chiese scortese
incalzandomi ad alzarmi.
-chiocciola?-
chiesi io scioccata.
-maestro chi
in questo mondo ti dice “sei lento come una chiocciola”? Si usa “lumaca” o “tartaruga”..-
iniziai ma fui fermata bruscamente da una sua mano alzata.
-insolente!
Esci immediatamente da quae fammi
vedere cos’hai imparato in questi mesi-
-ma abbiamo
finito circa un’ora fa- dissi io infastidita.
-bene. Vorrà
dire che ricominceremo adesso. Cosa vuoi più di 1 sana ora di riposo?!-
-ora
cambiati e raggiungimi in arena- mi fece fretta. Mi tirai su e gli chiesi
-maestro? Perché
in arena?-
-tu vieni e
basta- rispose secco uscendo dalla stanza e chiudendo la porta.
Presi un
paio di pantaloncini corvino con un top blu notte pratici ma entrambi sgualciti.
Imprecai
contro il maestro, la sua casa, e il suo disordine!
Uscii dalla
stanza ed entrai un attimo in bagno per sciacquarmi il viso con entrambe le
mani.
Sbuffai più
e più volte ripetendomi che motivo avesse tutto questo e m’incamminai verso l’area
non curandomi se la porta d’ingresso fosse chiusa o no.
-Ehi bella!-
mi salutò Leon, il custode del mio cavallo. Ricambiai il sorriso che gli si era
creato in volto e gli chiesi
-ehi leo,
dov’è il mio cavallo?-
-nelle scuderie,
lavato, pettinato e stringato pronto per l’uso- scherzò. Io sorrisi debolmente
e mi avviai verso la scuderia seguita da Leo che mi fissava interrogativo.
-che hai
fatto alla spalla?- mi chiese d’un tratto mentre percorrevamo la stradina
rialzata in legno dai quali i cavalli fuoriuscivano la testa.
- niente-
tagliai corto forse un po’ fastidiosa. Lui infatti inarcò un sopracciglio e
piantò i piedi al suolo pretendendo una risposta.
-c’è andato
pesante un’altra volta vero?- chiese come sapesse già la risposta. Annuii
distratta mentre cominciavo ad accarezzare il muso a blue-jeans. Aprii con
cautela lo sportello in legno e m’infilai dentro accarezzando il dorso del mio
cavallo.
-adesso non
vorrà farti combattere nuovamente!- si lamentò ma io lo ignorai completamente.
-ehi
piccolo- sussurrai all’orecchio del mio cavallo mentre mi specchiavo sui suoi
occhi amaranto.
Lui sbuffò
come per salutarmi e io sorrisi saltandogli in fretta in groppa.
-Leo
aiutami. Slegalo e aprì lo sportello- gli dissi. Lui obbedì senza una parola.
Slegò il
cavallo e spalancò lo sportello lasciandoci passare. Trottai per poco prima di
arrivare all’arena ma Blue-Jeans aveva bisogno di sgranchirsi le gambe. Come
mio solito scesi senza legarlo e lui rimase fermo immobile dove l’avevo
lasciato.
Scesi e
trovai il maestro alle prese con un..lupo?
-maestro..Phoseidon!
Chi è?- chiesi sicura fosse un licantropo un po’ irrequieto.
-il tuo
avversario- rispose sicuro.
Io frenai la
mia corsa e lo guardai con occhi vacui.
Diceva a me?
IO contro quella cosa? OH NO!
-non ci
penso proprio- ribattei con foga stando attenta a non avvicinarmi troppo.
-Vieni qui
mocciosa. Credo tu sia pronta- disse dando un colpo al muso dell’animale che
guaì indietreggiando. Poi cominciò a ringhiare minaccioso mostrando i canini
aguzzi. Avanzò di qualche passo prima che rivolsi uno sguardo supplice al
maestro
-LA prego!-
mi lagnai impaurita indietreggiando ed inciampando su un sassolino posto dietro
di me.
Mi rialzai
con un balzò e cercai di convincerlo che era una pazzia e non ero pronto.
-ma..è una
pazzia! Io sono il sacco di patate con i muscoli intorpiditi, forte come un
moccioso di cinque anni e lenta come una CHIOCCIOLA!- urlai mentre qualche
tizio che passava ridacchiava divertito.
Sentii una
risata fragorosa alle mie spalle e calcolai al massimo una decina di metri tra
me e lo stupido.
Girai i
tacchi balzai di qualche metro sotto gli occhi stupiti degli amici. Estrassi la
lama dalla fodera e impugnai la mia spada. Gli fui in un attimo sopra a
cavalcioni con la lama che premeva sul suo collo diafano. Un rivolo di sangue
sporcò lievemente il bordo affilato della lama mentre i suoi occhi mi fissavano
terrorizzati.
-smettila di
giocare- mi richiamò il mio maestro. Lasciai il ragazzo che scappò a perdifiato
seguito dai quattro sciocchi che si portava appresso.
Poco dopo mi
trovavo di fronte ad un essere che avevo constatato fosse un VERO lupo. Era di
pelo bruno e folto, zanne affilate, occhi blu notte e muso regolare. I canini
digrignati contro di me che puntavano alla mia gola.
Deglutii e
mi trasformai facendo a brandelli gli abiti e lasciando cadere la spada. Il
tonfo venne attutito dal fodero ma le mie orecchie lo sentirono come stridente.
Ci
affrontavamo con i canini esposti a differenza che io tremavo come una foglia e
lui era perfettamente a suo agio.
Mi avventai
sul suo corpo e lo azzannai, lui soffocò un gemito e si accasciò al suolo. Io
ne approfittai per voltarmi verso il mo maestro che mutò la sua espressione.
Il tempo che
capii di essere in pericolo fui addentata al collo peloso. Mi lasciai cadere al
suolo e soffrii, soffrii dannatamente.
Il collo
bruciava, il sangue mancava e la testa pulsava. Il cuore mi martellava sul
petto senza pietà ed io mi sentii morire.
Chiusi gli
occhi e le ultime cose che sentii furono lo strapparsi di un tessuto e il
ringhiare di animali, poi tutto tacque e il buio mi avvolse.
“Spazio
autrice”
Alexus_alec:
ehi! Grazie mille per aver recensito, per aver messo la storia tra i preferiti
e averla mandata all’amministratore per aggiungerla alle storie scelte! Spero
che questo capitolo ti piaccia! Se puoi fammi sapere che ne pensi! Al prossimo
cap baci!
Kandy_angel:
allora, iniziamo col ringraziarti per aver recensito anche se non riesco a
capire cosa vuoi dire con “cos’è?”. In che senso? E poi Diamond è un mezzo-vampiro
mezzo-licantropo che è entrato nel branco e nel cap precedente si capisce essere
lui il lupo che attacca Bella 5 anni prima. C’è addirittura un capitolo che si
intitola Diamond! Spero che questo ti piaccia al prossimo ciaoooo!
No! Non
poteva essere lei. Fatto stava che aveva gli stessi occhi verde smeraldo di
quando aveva poco più di 5 anni, circa tre anni fa. Aveva gli stessi capelli
biondo cupo di un tempo che ricordavano quanto poco avesse preso dal padre e..
i canini. Due canini di media lunghezza affilati a vitalizzare il viso.
-chi è?-
domandò preoccupato Seth. Contai 5 eguali domande nel giro di un minuto.
Chiusi per
un istante i miei occhi cremisi e aspettai che la mia voce fosse ferma ma non
avevo tenuto conto dei ricordi che si ripresentarono veloci nella mia mente.
Inizio Flashback: Ero sdraiato sul divano
in pelle della mia stanza e sentivo il lontano ronfare di Demon
che si era posizionato (senza permesso) al centro del mio letto matrimoniale.
Buttai uno sguardo all’orologio antico piantato in alto sulla
parete di fronte a me e ne lessi l’ora. 5:00. Era già l’alba anche se non
potevo vederla visto le spesse tende tirate sulla piccola finestra.
Stavo facendo tardi ai miei allenamenti e Caius odiava
ritardassi.
Mi alzai di scatto e seppure stetti tutta la notte nella
stessa posizione senza muovere un muscolo li sentivo guizzare nelle braccia. Li
stiracchiai un attimo e guardai distratto il letto dove qualcosa continuava a
muoversi sotto le coperte.
Sospirai e tirai su le spalle rassegnato per poi lasciarle
cadere. Aprii cauto la porta per non fare rumore e uscii. Mi diressi in fretta
al campo privato di allenamento. Camminavo a grandi falcate ignorando i cenni
col capo delle guardie minori che incrociavo e in poco raggiunsi l’uscita.
Spalancai la porta e corsi, tanto veloce che nemmeno le altre guardie
riuscirono a seguirmi con gli occhi e arrivai al campo ma lo trovai deserto.
Iniziai a cercare il mio maestro per evitare le sue punizioni
inutili per non averlo cercato minimamente.
Passai diversi angoli quando sentii una voce sconosciuta e mi
arrestai.
-Marck, che dobbiamo fare?-
chiedeva implorante una donna. Sentivo le scorribande di un bambino che correva
avanti e indietro.
-non lo so Seelen, te l’ho già
detto- una voce roca e profonda che riconobbi all’istante..Marcus.
Che ci faceva Marcus lì? Chi era Seelen?
Troppe domande in testa quindi decisi di ascoltare nascosto
nell’ombra e mi appiattii al muro rendendo i sensi acuti.
-Mark non puoi rispondermi
sempre così, siamo in pericolo- rispose l’altra.
Mi sporsi per vedere meglio ma prima di mettere a fuoco i
soggetti Marcus si girà di scatto verso di me e io rimasi scoperto come un
novellino.
-scu..- non riuscii a finirlo
che lui mi balzò addosso e mi sbatte contro il pavimento freddo. Tentai di
dimenarmi ma era più forte di me, mi stringeva le dita alla gola facendomi
sentire piccolo, un moscerino da sterminare.
-la prego- supplicai pestando il mio orgoglio sotto i piedi.
Lui addolcì lo sguardo teso e allentò di conseguenza la presa.
Io fui rapido a storcergli la mano dalla mia gola e
scaraventarlo da un lato. Mi alzai digrignando i denti e lui fece lo stesso
issandosi in piedi.
-che ti prende si può sapere?- chiesi irato tagliando fuori
dal discorso buone maniere e sottomissione.
Lui spiccò un balzo felino mostrando i denti e quasi li
affondò sul mio collo diafano.
-no!- sentii una voce tremante. Lui si fermò immediatamente
ed entrambi ci voltammo a guardare.
Una ragazza dai corti capelli biondi platinati e scalati ci
fissava supplicante con i suoi smeraldi verde limpido. Era una ragazza bella e
snella, alta uno e sessanta circa ma molto graziosa. Due lacrime le rigavano le
gote rosate e teneva le mani tese verso di noi per fermarci.
-Sely- mormorò Marcus
avvicinandosi a lei con un espressione docile in volto che non gli avevo mai
visto prima.
-potete spiegarmi che succede?- chiesi rabbioso già
infastidito.
La ragazza aprì la bocca per parlare ma una voce cristallina
e squillante squarciò l’aria.
-papà!-
Una bambina dai lunghi capelli biondo cupo e gli occhi verde
accesso si avvicinava correndo. Poteva avere si e no 5 anni e la somiglianza a Seelen mi fece infuriare perché i tasselli del puzzle si
andavano unendo.
Le sbarrai la strada parandomi davanti a lei all’improvviso e
le sbattè violentemente contro le mie gambe per
ricadere al suolo. Mi fissò mista tra il piangere e la rabbia.
-che c’è ora piangi?- sibilai completamente fuori di me dalla
pessima nottata.
-no! Non piango! E tu?!- chiese con tono di sfida alzandosi
in piedi e sfidandomi con lo sguardo penetrante.
Risi, una risata sguainata ma sincera. La bimba mi stava già
simpatica, forte e decisa come..
-dimmi che non è figlia tua!- dissi voltandomi verso Marcus
Volturi, un involucro vuoto e spento, pallido e perfetto con una calma glaciale
da rigelare il sangue.
Annuì stancamente e io mi sentii ad un tratto pesante come se
il segreto fosse mio. Ancora non avevo deciso se parlare ad Aro di tutto questo
ma con fitte atroci alle tempie mi voltai per andarmene.
Portai una mano alla fronte quando mi trovai incorporato al
muro tanto da esserci la mia sagoma scolpita. Il viso di Marcus travolto da una
rabbia inumana a pochi centimetri da me.
-Alec, giura di non dirlo a
nessuno- sibilò tra i denti.
-Marcus è una follia, Aro ti
ucciderà. È una mezza- dissi con tono sprezzante e con parecchia riluttanza.
-giuralo su TUA madre!- urlò furioso. Io fui spiazzato. Stava
giocando sporco e ne era consapevole, non avrei mai tradito un giuramento del
genere.
Sarebbe stato meno gravoso profanare la sua tomba che tradire
la sua assoluta innocenza e il suo cuore tenero privo di ombre tetre.
-stai giocando sporco Marcus- lo
accusai posando le mani sulle sue spalle per fare forza.
-fallo!- mi intimidii.
Annuii
-okay, lo giuro sulla Tomba di Mia madre- promisi e
finalmente tornai con i piedi per terra, anzi del tutto a terra.
-lei è Seelen, e lei..- dopo aver
indicato la ragazza indicò la bimba che si era nascosta dietro le gambe della
madre
-è Noelle- concluse.
-vi butteranno fuori o peggio non uscirete vivi- li avvertii
spiegandomi la maglia stropicciata.
-se capisco che è più pericoloso del solito le mando in un
posto sicuro.- rispose secco lui.
-sono licantrope!- lo rimproverai.
Lui soffocò un ringhio
-sta al tuo posto Alec, ricordati del giuramento. Te ne
faccio uno io.. se sfiorano Seelen o mia figlia per
colpa tua giuro che ti sgozzo per poi farti a fettine e bruciarti insieme al
cadavere degli aggressori-
-oh che meraviglia!- risposi ironico.
-tranquillo, non credo ci sarà bisogno del mio aiuto-
continuai.
-tu sta al tuo posto o ne piangerà le conseguenze anche quel
moccioso che ti porti appresso-
Questa era dura da digerire infatti non mi seppi trattenere.
Gli balzai addosso e lo bloccai sdraiati entrambi sul pavimento, i miei canini
pronti ad essere affondati sul suo collo pallido.
-tieni Demon fuori da questa storia
o gioco a pallacanestro con la testa della mocciosa- ringhiai tra i denti.
Lasciai la presa e mi allontanai mentre da lontano mi giungevano i rumorosi
singhiozzi di Seelen. Fine
flashback
Tornai alla realtà quando Seth, stanco
di aspettare, mi strattono tanto forte da strapparmi una manica della
maglietta.
-porca miseria, succhiasangue.
Chi è Noelle?- urlò. La bimba si mosse infastidita
dal chiasso e io portai istintivamente due dita alle labbra.
-zitto un corno! Vuoi dirmi chi
diavolo è quella bambina?- mi urlò contro.
-sta zitto idiota, non vedi che la
svegli? Poi abbiamo un problema in più e certamente non mi va a genio l’idea di
raccontare la storia alla mocciosa- ringhiai. Lui tacque immediatamente e io ne
fui sollevato.
Non riuscivo a capire come facessero
tutti a sopportarlo figurati Bella ad “amarlo”. Bhà,
non capirò mai quella ragazza.
E poi lui era fastidioso, irritante,
insensibile (okay io non sono da meno), odioso e totalmente rincretinito.
-cos’è???- cambiò domanda.
-secondo te, un angelo sceso in terra!
Possiamo parlare fuori- aggiunsi notando la piccola muoversi irrequieto nel
letto.
Annuì stancamente e mi seguì fuori.
Camminammo lungo la spiaggia sabbiosa e io cominciai a raccontare tutto dal
principio sperando che se la tenesse comunque vista la difficoltà di
sopravvivenza di un licantropo con Aro fra i piedi.
Lui mi guardava inespressivo
aspettando che concludessi il racconto. Evitai di dirgli del giuramento e delle
battutacce di quella volta ma oltre questo non trascurai alcun dettaglio nel
mio racconto.
Lui chiuse gli occhi e si arrestò di
colpo. Mi fermai anch’io evitando di sfiorarlo.
-odio chiedere un favore a voi ma puoi
comunque tenerla tu?- chiesi speranzoso. Lui annuì poco convinto e io sparii
dalla sua vista ritornando al palazzo dei Volturi mentre impressa nella mia
mente il passato faceva capolino inarrestabile.
Capitolo 25 *** il mio perdono non l'avrai mai! ***
Scusate se
non ho potuto ringraziare ma ho fatto davvero tutto in fretta spero mi
perdoniate! Vi lascio a questo nuovo capitolo. Ps: mary ti prego non uccidermi!
Il mio perdono non l’avrai mai!
Jacob.
Le mie zampe
toccavano lo spesso strato di foglie con tonfi sordi, all’orecchio mi giungeva
lo scricchiolare delle foglie, il cinguettare di vari uccellini e il respiro
pacato di Quil al mio lato.
Continuavo a
correre con il vento che mi mozzava il respiro infrangendosi sul mio muso
rossiccio.
Sentivo i
salti di Ian sugli alberi seguiti da quelli leggiadri di Nessie.
Alzai il
viso verso di lei che sorrise, un sorriso falso e fittizio per incoraggiarmi e
tirarmi su.Io ero convinto che il suo
amore per me non aveva eguali. Continuava ad amarmi sbaglio dopo sbaglio e a
tirarmi su quando in realtà io avrei dovuto inginocchiarmi e pregare il suo
perdono.
La sua
bellezza raggiante mi accecò, i riccioli d’oro le cascavano a contornare il
visino pallido. Gli occhi color cioccolato facevano l’impossibile per
nascondere l’amarezza e le labbra vellutate erano incurvate in un sorriso
sghembo.
Fratello attento!!
Urlò d’un
tratto Quil nella mia testa. Il mio istinto fece girare la testa ancora
incollata agli occhi di Nessie e le zampe saltarono da sole il tronco che mi si
parò davanti all’improvviso.
Lo saltai
con un balzò teatrale e tornai a quattro zampe adesso concentrato
all’agglomerato di alberi che mi circondavano.
Che hai?? Sei impazzito per caso? Ti stavi
prendendo un palo di petto!!
Mi rimproverò Quil col suo linguaggio
fine ed educato.
Hai presente che botta? Secondo me saresti morto sul colpo! Che figata io avrei fatto una foto!
Concluse sogghignando. Ringhiai per
gioco e gli balzai addosso. Lui, pronto, si spostò di lato ma io frenai la
caduta con le zampe anteriori ritornando all’attacco.
Questa volta non fallii il colpo e lo
sbattei a terra con il dorso rivolto al terreno.Lui mi morse un orecchio tirandolo verso il
basso e io gli diedi una leggera zampata nel torace.
Jake! Si può sapere cosa diavolo state facendo?
Si lamentò in un rantolo Sam a pochi
metri da noi. Era fermo, seduto che ci guardava severo. Embry era tornato umano
e non si era preoccupato di mettere i vestiti addosso visto e considerato che
li avevamo lasciati qualche chilometro indietro.
Rideva di gusto e io assunsi un aria
minacciosa ringhiandogli. Quil mi morse l’altro orecchio costringendomi ad
abbassare la testa e mi si posizionò sopra a quattro zampe.
Quil, sei un così bel ragazzo, perché sprecarsi così?
Scherzò Quil lasciando la sua
posizione e tornando a guardare gli altri riuniti tutt’intorno.
-idiota- bofonchiò Embry tornando a
distendere i muscoli e trasformandosi in un nano secondo.
-torniamo- disse Ian col tono
distaccato di sempre, con un tono glaciale che mi faceva rabbrividire ogni
volta.
Ian, so che puoi sentirmi. Voglio parlarti, in privato. Che ne
dici dall’altro lato del bosco mentre gli altri tornano?
-scordatelo-
Non seppi ribattere ma notai che
mentre il branco si apprestava a tornare sui propri passi lui stava
accovacciato su un tronco.
Mi sedetti e alzai il testone verso di
lui che ringhiò mostrando i canini che brillarono alla luce del sole. Vidi la
sua pelle luccicare lievemente al sole..era inquietante..non era più un
bambino.
Mi ritrasformai e slegai i pantaloni
legati alla caviglia sinistra infilandomeli in fretta.
-tesoro..-
-tesoro? Tesoro? Chi ti credi di
essere!?- ringhiò lui in risposta calandosi in un balzo.
-Ian, so che non capisci perché ho fatto quello
che ho fatto, non lo capisco nemmeno io- risposi in un sospiro.
Lui si accigliò e alzò un sopracciglio
dorato, segno del senso di smarrimento che l’aveva investito.
Non avevo mai visto tanto odio nei
suoi occhi quanto ne avevo accumulato in quei due mesi.
Due mesi d’inferno.
Due mesi in cui una delle persone più
importanti della tua vita ti voltano le spalle.
Due mesi in cui il senso di colpa ti
corrode l’anima pezzo per pezzo.
-Che vuoi dire?- ringhiò feroce.
Un turbine di ricordi m’investì ma in
nessuno leggevo tanto odio nelle sue parole.
-so che mi odi Ian, ma non chiedermi
perché l’ho fatto. Forse l’orgoglio, forse il fatto che sia cresciuta tanto in
fretta da essermi sfuggita di mano o il fatto che sto iniziando a comprendere
che non siete più i miei bambini.- iniziai a sfogarmi come non avevo mai fatto.
-forse ho sempre provveduto
eccessivamente alla sua incolumità senza accorgermi che tu te ne trovavi in
mezzo ingiustamente. Ho sempre pensato fosse fragile ma mi sto accorgendo
quanta forza d’animo le occorre per superare tutto.Credevo che così sareste stati entrambi al
sicuro, lei osservata da te, tu da me. Era perfetto, anche se il mio egoismo ha
fatto sì che tu fossi infelice e sopportassi tutto a malapena per poi scoppiare
adesso.-
Lui non parlava mi fissava
indifferente senza far trapelare alcuna emozione. Io continuai perché sentivo
che il senso di colpa andava alleggerendosi se condiviso con chi mi sta a
cuore.
-Te lo giuro, tesoro, non era quello
che volevo! Lo so, uno come me non merita di avere figli. So che ho sbagliato
tutto con voi ma non so che fare. Il branco mi opprime per il fatto che mia
figlia sia passata dalla parte dei volturi e la mia famiglia mi incolpa,
giustamente, di aver perso l’ultima chance con la mia piccola. Ho paura, Ian,
ho paura di perdervi entrambi e tutto questo mi ucciderà.-
Non mi ero accorto che due lacrime
erano scese lungo le mie guance bronzee, lui si avvicinò con fare comprensivo e
io desiderai ardentemente il suo perdono quando un fuoco estraneo divampò in
una guancia.
Era di fronte a me con la mano ancora
tesa dopo il pugno chiuso dritto alla guancia destra.
-tu!- urlò. Io rimasi in silenzio con
lo sguardo basso pronto a tutto.
-hai distrutto la nostra famiglia e
adesso ti aspetti che io ti perdoni? La mamma lo farà, come ti perdonerebbe la
qualunque. Ma sai che ti dico? Il mio perdono non l’avrai MAI! Questa è la mia
occasione di rivendicare i miei diritti che sono stati surclassati dai tuoi
asfissianti ordini in tutti questi anni! Ci mancava poco e le avresti levato
persino l’aria che respira! Non hai il diritto di parlare dell’amore che provi
per lei. Adesso è il mio turno ALFA, non avrai la mia benedizione. Fa’ quello
che ti pare come hai sempre fatto perché l’hai persa. – Urlò
Il secondo pugno fece più male, e non
perché più potente. Sentii chiaramente il mio cuore andare in frantumi e i
pezzi sparpagliarsi ovunque. Un rivolo di sangue scolava dal mio labbro
superiore ma non mi mossi di una virgola.
-l’hai persa per sempre- mormorò a denti stretti
guardandomi con rancore, odio, disprezzo e un briciolo di dolore.
-Ian..- bisbigliai senza un vero motivo, senza
qualcosa di sensato da dirgli. Cosa si dice in questi casi?
Uccidimi se ti fa piacere? Sarebbe una
morte dolce, pugnalato dal sangue del mio sangue.
-cos’altro vuoi? Ti sei preso la mia
ragione di vita, la cosa che più amavo fare:guarire e mia sorella, cosa vuoi di
più?-
Sputava ogni parola tra i denti e ogni
parola un colpo in più da incassare, come mille lame infisse al petto. Era come
se con le sole parole che usava riuscisse a pugnalare il mio cuore più e più
volte.
-no. Voglio solo che tu capisca- risposi con un
filo di voce. Lui girò il viso dall’altro lato e con rabbia dissentì muovendo
energicamente la testa.
-mi fai schifo..- sussurrò.
Io, per la prima volta incassai anche
quest’ultima, rimanendo in silenzio.
Tu non mi capisci
Pensai tra me e me e feci per
andarmene ma lui mi strattonò indietro e ringhiò.
-io? Tu non mi hai mai capito! Non hai
mai capito quanto stretta stesse Bella sotto la tua attenzione asfissiante e
fuori luogo, e poi mamma, lei TI ama, tu no! Il tuo è solo quello stupido
imprinting! Tu non la ami e non capisci nemmeno lei!-
Questa volta era troppo. Non riuscivo
a resistere ancora un minuto mi liberai dalla sua presa per andarmene ma lui mi
tirò indietro allora reagii. Gli diedi uno schiaffo. Dritto in faccia
arrossandogli le guancie. Lui mi fissò torvo.
-ti odio- mormorò a denti serrati.
-Ian sei incredibilmente insolente e cocciuto e..
ti voglio bene-
Lui parve sorpreso e respirò a fondo
per metabolizzare le parole poi rispose come se le ultime tre parole erano
rivolte al vento.
-sono tuo figlio e i difetti li ho
presi tutti da te!-
Così uscì di scena iniziando a correre
all’impazzata.
Io urlai, un urlò pieno di rabbia e di
rammarico e nel profondo desiderai che anche Bella potesse sentirmi.
Mi trasformai e rimasi in silenzio
sperando mi potesse aiutare a dimenticare.
Jacob! Jacob! Dove diavolo ti sei cacciato?
Urlò dentro la mia testa Seth come
impazzito squarciando il silenzio irreale che si era creato intorno a me.
Sparisci Seth, non sono dell’umore
Ringhiai al nulla perché secondo i
miei calcoli doveva essere lontano chilometri. Stava venendo dalla spiaggia.
Cavolo Jake è importante! Ho bisogno di te..
Incredibile quante parolacce gli potei
dire in quel frangente, irripetibili più per la quantità che per la gravità.
Che vuoi da me?? Chiedi a Sam, è il mio BETA può esserti più utile
di me in questo momento!
Jacob, sei il mio migliore amico qui dentro e ho bisogno del tuo
aiuto. Sono confuso ed indeciso!
Aveva un tono tanto supplichevole che
abbassai le orecchie rassegnato e sospirai
Non sono il tipo da dare consigli.. ho mandato a rotoli la mia
famiglia
Ti prego possiamo parlarne dopo? Ho un problema!
Mi fai un piacere?
Certo Jake.
Se ti do un consiglio, ti prego non seguirlo!!
Il tono pacato della mia voce era
andato a farsi benedire e adesso stavo urlando dentro di me.
Lo vidi sbucare dal folto del bosco,
in corsa verso di me. Si fermò di colpo ansimando per la velocità a cui
certamente andava.
Che succede?
Sospirai del tutto rassegnato.
Si tratta di Noelle, Jake. Non so che
fare..
Deglutì e mi guardò in cerca di
appoggio.
Le è successo qualcosa?
Chiesi preoccupato. Lui scosse il
testone e riprese.
Alec Volturi è venuto da me ed ha iniziato a sbattermi in faccia
la verità poi ti ha offeso e io ti ho difeso..
Iniziò a raffica e il mio malumore mi
diede l’impulso di fermarlo.
Arriva al dunque Seth.
Mi ha detto che figlia di Aro Volturi, è una mezza vampira e mezza
licantropo
Era la mia occasione, l’occasione per
riuscire a riscattare l’egoismo degli ultimi due mesi..sarei andato contro al
mio polemico beta ma l’avrei tenuta nel branco.
Bella..perdonami!
“Spazio autrice”
Kandy_angel: scusa tanto se non ho potuto ringraziarti
nel capitolo precedente ma hai visto cos’è Noelle??
Visto di chi è figlia? Hihihi.. e tu? Odi anche tu
Jacob? Da premettere che io non lo odio! Il capitolo precedente ti è piaciuto?
E questo? Recensisci per favore!!!
Alexus_alec: so che non puoi recensire ma grazie perché
fuori dal sito ci sei sempre! Ti voglio bene!!
Mary_whitlock: ehi mary! Sto
iniziando a preoccuparmi! Non recensisci più! C’è un cap
che ti ha fatto proprio tanto schifo per non recensire più?? Vorrei sapere che
ne pensi perché mi ero affezionata a te!! Spero che questo tu lo possa e lo
voglia recensire. Baci Hermana!!
Ehi ragazze! Giù coltelli, pomodori e chissà cos’altro! Lo so! Lo so! Ho perso troppo tempo ma in estate non ho internet perché mi trasferisco e posso postare solo una volta ogni tanto! Okay, voi non c’entrate niente e mi dispiace ma ipoteticamente parlando, dopo un ragionamento contorto, non è proprio colpa mia..XD spero che mi perdoniate e vi piaccia!
Capitolo 26
Tu credi nel destino?
Bella.
Aprii gli occhi lentamente e mi ritrovai nel bel mezzo di una discussione assai colorita.
-non m’importa niente se è sotto la tua protezione! Deve morire!- urlava una donna.
-ah..ah- faceva finta di darle retta il maestro.
-mi vuole ascoltare o varco quella soglia?!- ribattè lei inviperita.
-mi vuoi spiegare cos’hai contro una ragazza appena maggiorenne?- chiese lui con tranquillità lanciando una boccata di fumo con la sigaretta poggiata tra i suoi labbri.
Riuscivo ad intravedere Phoseidon seduto a gambe incrociate su una sedia con la sigaretta in bocca, l’espressione corrucciata e lo sguardo rivolto di fronte a sé.
La porta socchiusa non mi permetteva di vedere oltre ma l’udito di un licantropo mi aiutava parecchio a comprendere che la donna avrebbe ballato sulla mia testa se fossi stata sola.
-è una di loro! Phos..- finì la frase in un sussurrò rotto da un lieve singhiozzo.
-di loro chi? Se mi permetti..- disse lui con voce impastata dalla sigaretta che non si era degnato di levare dalla bocca prima di parlare.
-loro. Il branco di licantropi che hanno rapito mia figlia- rispose lei con voce più ferma.
-ah. Oh bè, non è un problema mio- finì lui spegnendo la cicca sul tavolo e nemmeno a dirlo lasciandola lì.
Tanto si era fatto la cameriera! Quindi..
-Phos! Devi aiutarmi! Io e te siamo amici da tanti anni- lo supplicò lei.
Il maestro alzò un dito per controbattere infatti la corresse.
-No. Io e te ci conosciamo da tanti anni ed è ben diverso-
-Smettila con questi giochetti Phos e aiutami!- lo implorò.
Avrei tanto voluto vedere la sua faccia ma al minimo rumore avrebbero interrotto la discussione.
Il maestro si accarezzò la barba e ci pensò un po’ su.
-dopo una bella dormita ne riparleremo. Torna domani e vedremo- concluse.
-che cos..no! Non ci penso proprio! Ti sei forse bevuto il cervello? Voglio la mocciosa quanto meno per sapere dov’è mia figlia!- urlò lei infastidita e arrabbiata.
Lui si accese un’altra sigaretta e la guardò bonario.
-e dimmi che branco è?- chiese dolce.
-i quiliute.- rispose secca lei.
-no! I quiliute non farebbero mai nulla del genere!- strillai io fino a quel momento convinta si stesse sbagliando.
Loro tacquero storditi poi intravidi il maestro alzarsi.
“io e la mia maledetta boccaccia! Che mi è saltato in mente? Perché difendere quei traditori?”
In realtà non lo sapevo neanche io il perché. Sapevo solo che l’avevo fatto d’istinto, forse abitudine o forse una piccola, anzi minuscola parte del mio cuore voleva ancora tornare o in ogni caso le mancava la famiglia.
Entrambi si catapultarono nella mia stanza aprendo la porta. Mi si parò davanti una donna che si manteneva sulla trentina con lunghi capelli biondi e vividi occhi verdi mela. Aveva dei lineamenti delicati, le gote purpuree dalla rabbia e l’espressione accigliata. Un piercing all’orecchio destro brillava argenteo.
Dietro di lei Phoseidon stava accendendo un’altra sigaretta sicuramente per il nervosismo.
Io alzai piano il busto senza staccare i miei occhi castani dai suoi ricolmi d’odio e di una rabbia ceca.
Solo ora mi accorsi di avere il braccio sinistro bendato e portavo una specie di tracolla che lo reggeva.
Lei mi si scagliò addosso e in una frazione di secondo mi ritrovai schiacciata contro il muro. Le sue dita si insinuarono sulla mia pelle e le unghia iniziarono a scalfirmi il collo. Il dolore atroce che m’invadeva era insopportabile, stringeva la presa secondo dopo secondo.
I miei occhi si fecero acquosi e trattennero lacrime di dolore che desideravano uscire fuori allo scoperto ma non le avrei mai dato questa soddisfazione.
-ehi!- un urlò squarciò il silenzio e la donna fu scagliata per terra. Delle braccia muscolose evitarono di farmi atterrare al suolo.
-sei impazzita?- chiese il maestro lasciandomi cadere con malagrazia sul letto.
-ahi!- gemetti ma lui mi ignorò continuando a fissare la donna che ricambiava lo sguardo mentre le lacrime le varcavano le gote. Il maestro teneva la sigaretta con due dita e tanto vicina al mio naso che lo arricciai ed emisi un verso di disapprovazione lanciandogli un’occhiataccia.
Maledetto lui e il suo vizio rozzo e villano! E dire che nelle sigarette c’è scritto il fumo uccide!
-posso parlare con lei?- chiese la donna con voce supplichevole e i lucciconi agli occhi. Phoseidon stava per ribattere platealmente agitando le braccia in anticipo quando io dissi con impeto.
-si-
Entrambi si voltarono a guardarmi, lei con un misto tra la gratitudine e il ribrezzo e lui un po’ stralunato che significava: che stai facendo mocciosa? Sei nei guai fino al collo oppure.. Mi sono appena svegliato.
Puntai sulla seconda anche perché parecchio più conveniente per me ed immaginai di aver dormito fino all’alba.
-cioè, potremmo fare un giro- addolcii lo sguardo e lo supplicai con i miei occhi da cucciolo come usava chiamarli.
-Phos- mormorò lei con voce rotta dai singhiozzi.
-mi farai uscire pazzo! Chiocciola zoppa!- sbottò chiamandomi con il mio nomignolo.
Lo odiavo ma come potevo dirglielo? Parlavamo solo se lottavamo e lamentarsi quando un uomo impugna un arma o è trasformato in lupo non è il modo migliore per salvare la pelle.
Chiamatelo perdita completa della propria dignità ma io la vedevo come spirito di conservazione.
-ora lasciatemi vestire- dissi abbozzando un sorriso sghembo al maestro. Lui imprecò silenziosamente e prendendo la donna da un braccio la trascinò fuori.
Socchiusi gli occhi e sperai di non essere troppo ferita.
La prima gamba sfilò sotto lo spesso lenzuolo senza problemi quindi procedetti con l’altra. La mossi lentamente ma il dolore penetrò le mie membra rimbombando nella testa e facendo girare l’intera stanza sotto i miei occhi.
Gemetti provando a non urlare e mi morsi il labbro con violenza facendo sanguinare copiosamente quello inferiore. Il sangue colava sopra il lenzuolo macchiandolo di indistinte gocce cremisi.
I miei denti affondavano sempre più prepotentemente sul labbro tracciando un taglio orizzontale lungo tutta l’asse.
La testa roteava in un vortice confuso e la stanza girava con fervore dandomi un senso di nausea. Torsi la testa indietro piegandola sul cuscino e stesi la gamba cercando inutilmente di non provare dolore.
Serrai la mascella e strinsi i denti. Con uno sforzo sovrumano liberai la gamba dalle lenzuola portando il piede in adiacenza al terreno.
Soffocai un urlo e mi alzai in piedi barcollando e reggendomi giusto in tempo alla testata del letto.
Mi accorsi solo adesso che qualche aggeggio di plastica sbucava da sotto il letto. Lo tirai fuori velocemente e con sollievo mi accorsi che era una stampella, vecchia e logora ma una stampella!
Poggiai il gomito nell’apposito punto e pressai con la mano tirandomi su. La gamba rotta era piegata e il piede non sfiorava il terreno ma doleva comunque.
Feci qualche passo prima di vacillare sul piede sano e non avere modo di utilizzare il braccio rotto.
Buttai uno sguardo alla porta e sospirai pensando che fare un giro non era stata l’idea migliore della mia vita.
Saltellai per qualche passo e poggiai la mano sul pomello, lo girai aprendo la porta.
Phoseidon si grattava la barba pensieroso seduto sul divanetto vicino al fuoco mentre la ragazza veniva inghiottita dalle poltrone da quanto minuta. Aveva portato le ginocchia al petto e affondato il viso tra esse rendendosi ancora più minuscola.
-chiocciola zoppa- disse calmo il maestro.
-che ne diresti di fare un tè prima di uscire?- mi chiese alzando gli occhi verso di me.
-scherzi Phoseidon vero?- chiesi leggermente indispettita. Lui sorrise sereno e scosse la testa.
-non chiamarmi così- sbuffò. Io lo guardai astiosa e lui sorrise
-su.. Così ti abitui ad usare la stampella-
-ma il braccio?!?- chiesi irritata. Lui ridacchiò ma non rispose.
-oh certo!- borbottai cambiando direzione e dirigendomi verso la cucinetta in fondo al corridoio. Saltellavo a fatica tenendomi spesso ai muri che mi schiacciavano. I corridoio era talmente stretto che due persone avrebbero fatto fatica ad attraversarlo fianco a fianco.
Sentii dei passi dietro di me ma non mi voltai.
-perché mi vuoi morta?- chiesi secca centrando il punto della situazione.
-mi avete rovinato la vita- mormorò in un tono quasi impercettibile.
-io non faccio parte del branco dei quiliute- dissi acida.
Sapevo che era acqua passata ma ripensare al modo indegno con il quale mi hanno ripudiata mi faceva ribollire il sangue nelle vene, inacidire il tono e corrucciare l’espressione.
-ma..- si fermò non appena io uscii lasciandola dentro. Mi seguì ma non continuò il discorso. Io iniziai a preparare il tè con inerzia mentre una mano lo preparava cercando di reggersi in equilibrio.
-quindi sei stata..- lasciò la frase in sospeso e la conclusi io con durezza senza lasciar trapelare l’amarezza.
-ripudiata, si. Vuoi del tè?- cambiai discorso voltandomi verso di lei.
Scosse energicamente la testa ed io sorrisi brevemente.
-perché non vai direttamente alla riserva al posto di attentare alla mia vita?- chiesi cercando di sorridere ma non sicura di esserci riuscita.
Chiuse gli occhi e rispose
-non posso senza scatenare la guerra tra i due branchi-
-che t’importa. Hanno tua figlia no? Se vuoi appena guarisco ti do una mano- le proposi con naturalezza stupendomi di me stessa.
Lei cambiò espressione in una meravigliata della proposta.
Sorrisi con dolcezza e spensi la fiamma del tè caldo.
Lo versai in una tazza ma prima che potessi sforzarmi per prenderlo lei lo cinse con le dita e lo sollevò dal piano cottura.
-grazie-
-di niente- rispose superandomi e dirigendosi in salotto.
-allora questo tè?- chiese spazientito il maestro.
-tenga sua grazia, desidera qualcos’altro- lo canzonai tentando di risultare minacciosa. Lui rise
-un cervello nuovo?- propose la donna.
-non sono ancora in commercio- puntualizzò lui.
-vado a prendere Blue-jeans- esordii mentre loro iniziavano a chiacchierare.
Mi guardarono entrambi confusi ma io continuavo a fissarli determinata.
Uscii con difficoltà dal tugurio che il maestro e qualche scudiero osava chiamare casa. Che parola grossa! Totalmente esagerata per quell’abitacolo!
-Bella! Che hai fatto?- mi chiese Leon venendomi incontro. Sorrisi a fior di labbra e tentai di avvicinarmi a lui per reggermi sulla sua spalla.
-voglio cavalcare- lo informai.
-in quello stato? Non se ne parla!- mi vietò. Io sbuffai e lo fissai torva.
-hai un braccio rotto- mi fece notare. Evitai di dirgli che anche la gamba sinistra era andata..
-lo so, mmm.. Con te- trovai la soluzione.
-cosa?-
-con te! Tu stai dietro e mi reggi- dissi con enfasi spintonandolo verso la scuderia. Alla fine dopo tante proteste si arrese e mi aprì la strada verso la scuderia dove mi avevano costretto a rinchiudere il mio piccolo.
Ci avvicinammo ed io cominciai ad accarezzare il muso bianco perlato del mio cavallo che nitriva contento.
Lui fece scattare la chiusura e mi fece segno di entrare per prima.
-vai prima tu- dissi io per proteggere il fatto che zoppicavo.
Lui annuì ed entrò e cominciò a coccolare il cavallo che sbuffava dalle narici aspettando pazientemente che entrassi a ruota.
Aspettai che lui uscisse in sella al mio cavallo e trovai una scusa banale per farlo voltare così che io, con una grande forza di volontà, riuscii a salire dietro.
Sì dietro! Tanto ha detto e tanto si è lamentato che questa era stata la sua ultima proposta.
Gli cinsi il bacino aggrappandomi alla criniera del cavallo mentre lui afferrava con dimestichezza le redini e rizzava la schiena come un vero cavallerizzo. Cercai di imitarlo ma non era una delle mie giornate migliori e non feci che scricchiolarmi involontariamente qualche osso della schiena.
Mi accasciai sul dorso del cavallo e poggiai il mio viso sulla sua schiena affondandolo tra le scapole.
Leon era l’unico amico che in tre mesi ero riuscita a farmi anche perché vivevo con l’eremita scontroso e violento.
Non che phoseidon avesse mai abusato di me o sciocchezze simili ma uno con una reputazione del genere non può essere uno dei licantropi più gagliardi e muscolosi che esistono.
-Leo- lo chiamai mentre aveva iniziato a galoppare. Lui girò la testa verso di me sorridendomi sincero. Io ricambiai un po’ forzata mentre il vento inveiva su di noi ululando all’alta velocità con cui Blu-Jeans stava attraversando la radura in cui ci eravamo addentrati.
Era una radura abbandonata gremita di sterpaglia ed erba secca facilmente infiammabile.
-tu credi nel destino?- chiesi con amarezza pensando a tutto ciò che aveva distrutto la l’unità della mia famiglia.
-No. Io penso che il destino dipenda dalle scelte che uno fa, quindi dalla sua volontà. Niente è scritto per noi, siamo noi che sbagliando, cadendo e rialzandoci tracciamo la strada della nostra vita- rispose poetico, ma ancora qualcosa non andava.
-e se nella vita succede qualcosa di imprevisto che non hai scelto né voluto? Se succede e basta?-
-bè piccola, in quel caso ti arrendi all’evidenza e tenti di cogliere il bene dal male. I roseti non sono creati totalmente da spine ma qualche meravigliosa rosa sboccia anno dopo anno. Anche quando porgendo una rosa qualcuno si taglia leggermente non perde il sorriso perché anche qualcosa di totalmente sbagliato, triste o pericoloso in fondo porta a qualcosa di buono-
Io lo ascoltavo assorta e non osavo interromperlo.
-sai, i miei genitori mi hanno abbandonato qui, in un orfanotrofio quando avevo appena tre anni per giurarmi che la sera sarebbero tornati a prendermi ed eccomi qui. Adottato da due brave persone che mi adorano e a fare il mestiere che più amo: badare alle scuderie, alla cura e pulizia dei cavalli e manutenzione dell’intera scuderia- sorrise.
E in quel sorriso si accese la speranza che tutto può cambiare e la consapevolezza che sei tu il padrone della tua vita, nessun altro può prendere le tue decisioni, sono tue e basta. Ogni mossa sbagliata hai comunque la consapevolezza che tu hai sbagliato seguendo la tua volontà quindi niente sarà davvero un errore se quando l’hai fatto eri felice.
“Angoletto autrice ^^”
Avete messo giù le armi??? Spero di si! Piaciuto? Anche Leo ha una parte importante nella vita di Bella e lei? Lei sa di odiare i genitori infatti..chi si aspettava la sua proposta??? Secondo voi riuscirà a mantenere la promessa ed essere di parola? Cosa farà trovandosi faccia a faccia con il suo passato? Dopo i consigli dell’amico riuscirà a convincersi a non partire in cerca dei piccoli elfi?? O partirà comunque convincendosi che è nata per farlo? Spero che siate curiosi e che anche voi vi facciate certe domande.. XD alla prossima!!!
Ps: mi scuso per degli errori che solo rileggendolo e grazie alle recensioni mi sono accorta: in anzi tutto è figlia di Marcus la piccola Noelle e per secondo la battuta era tronco non palo XD! Aspetto le vostre recensioni e anche critiche perché no!
Ora non mi tocca far altro che ringraziare le mie lettrici più presenti!
-angel…fof: spero che questo cap ti soddisfi e scusaaaaa! Non è figlia di Aro ma di Marcus è solo che scrivevo di fretta e ho sbagliato nome! Me mooolto dispiaciuta!-
-mary_whitlock: grazie per tutti i complimenti!! Sono lusingata anche se credo che sia un tantino esagerato!! XD sono felice che il cap ti piaccia anche io lo adoro!! Ora per non dilungarmi rispondo alle tre domande
-demon (che fantasia XD) è un demone che studia per fare l’alchimista è bravino.
-no è un mezzo vampiro
-Ian ha il potere di edward e legge nella mente quindi Jake pensa e lui parla ad alta voce.
Sisi scusa era figlia di marcus e io ero distratta e ho sbagliato! SORRY!!
Non so se sei tornata ma spero che tu possa recensire al più presto. Ho salvato la tua e-mail ma figurati neanche io ci vado molto e No..non ho facebook.
-bella e sua figlia e.. ti ricordi quel lupo?? Quello che l’aveva attaccata da piccola?? Lui era Diamond ma si scoprirà un’altra cosa e il perché lui è mezzo licantropo e in poche parole cercava LEI.. Perché legge nella mente (solo se c’è contatto fisico col diretto interessato) e sarebbe potuta diventare una vampira potente..
Ricordati che i Volturi l’hanno costretta e le cose si collegheranno ma non voglio rovinarti la sorpresa la storia è lunga!!!
Espirai una nuvoletta di fumo allontanando la sigaretta dalle labbra. Il nauseante odore di carne putrefatta mi dava alla testa. A pochi passi da me un cumulo di cenere ardeva focoso avvampando tutt’intorno e aumentando la temperatura della topaia in cui vivevamo in sedici. Spostai gli occhi al divano al mio fianco e ci vidi cathryn, una nuova. Si rosicchiava nervosamente le unghia tentando di far tacere la gola che ardeva.
-è notte. Ci sarà qualche umano ancora in giro- dissi calmo. Lei mi fulminò con lo sguardo e tornò a torturarsi le dita.
Io, dalla poltrona sulla quale ero seduto, mi rizzai la schiena tornando composto e la guardai. Era bella, ma chi di noi non lo era? Eravamo perfetti, l’unione tra licantropi e vampiri.
Cathryn aveva lunghi capelli platinati che contrastavano con la pelle mulatta e grandi occhi cremisi, era snella e minuta e con occhio attento le diedi circa 15 anni.
Era nuova perché l’avevano portata qui circa 2 mesi prima e a quell’età anche poche ore dopo un sostanzioso pasto la sete iniziava a corroderti la gola.
Ricordavo ancora con dolore la mia trasformazione, il fuoco che logora le vene e le tue membra uno a uno facendoti credere di morire anzi desiderando la morte.
-Cathryn- dissi con tono autoritario. Lei alzò lo sguardo su di me annuendo come per incitarmi a continuare.
-andiamo insieme- proposi schietto e un po’ annoiato. Lei scosse energicamente la testa quando una fitta la fece piegare in due.
Quando arrivava la sete al suo seguito c’era sempre l’atroce dolore che risponde all’idea originale di non unire specie diverse.
I licantropi reagivano piuttosto bene alla trasformazione ma era complicato rimanere vivi a lungo e poi ogni metamorfosi in lupo era straziante per questo accadeva di rado solo quando venivamo costretti dalla bionda.
Un urlò squarciò il silenzio generale della stanza. Nessuno smise di fare ciò che stava facendo e solo io guardai Gavriel che si contorceva sul pavimento.
Gli occhi vermigli cominciavano a diventare opachi e cupi, i muscoli si contraevano spasmodicamente e il collo teso si piegava in avanti dal dolore. La chioma riccia e bruna risaltava alla flebile luce della lampadina.
-da quanto non beve?- chiese un rosso di cui non ricordavo mai il nome ad un tizio lì vicino. Quell’altro fece spallucce e ritorno a distruggersi l’udito con la musica a tutto volume. Io mi alzai e tutti mi guardarono indignati e confusi.
-ehi- mormorai a qualche passo da lui. Alzò gli occhi supplicante e schiuse le labbra per parlare ma prima che potesse pronunciare una parola gemette sputando un rivolo di sangue.
-calma, calma- dissi dolce. Lui annuì stancamente ed io lo aiutai a rialzarsi.
Gavriel era il più piccolo tra di noi, aveva appena sette anni e una vocina nella mia testa lo mise tra quelli che non avrebbero avuto una vita lunga.
Io ero tra i più anziani. Ero un vampiro da un decennio pieno e promettendo ubbidienza alla bionda ero riuscito a superare l’anno infernale. Ricordavo ancora il giorno della mia trasformazione anche se i miei ricordi finivano al fuoco, un fuoco nuovo mai provato che di dilaniava il petto come sei il cuore ti stesse scoppiando.
Non avevo nessun amico qui perché anno per anno la gente che conoscevo finiva per rimetterci la pelle. Solo 4 avevano superato l’anno prostrandosi ai piedi della bionda e giurandole la loro partecipazione ed ubbidienza. Era difficile essere lucidi quando, anche ad un anno passato, la sete era il pensiero più presente nella propria testa.
Ormai era totale indifferenza con tutti, loro sapevano che io ero un veterano e mi stavano alla larga ed io evitavo di dar loro motivo per avvicinarsi.
La porta si spalancò e fecero capolino i tre “anziani”. Doroty aveva tre anni e mezzo ed era la più devota alla bionda di cui tutti ignoravano il nome, per averle offerto la salvezza del secondo anno. Aveva i capelli rosso carota ricci e gli occhi rossi con sfumature azzurre. L’unica che avesse conservato qualcosa degli antichi occhi licantropi. Alta, slanciata e formosa, quasi copriva Thomas dietro di lei. Lui al contrario era minuto ed esile con i corti capelli corvini. Lui aveva da vampiro sette anni anche se solo io (più vecchio) ne ero a conoscenza e rispettandolo evitavo di contrastare il suo volere di rimanere un anziano dagli anni indefiniti. Nicholas era alto e muscoloso come la maggior parte di noi i capelli bronzei e perennemente a petto nudo.
-Jared- sussurrò in saluto Doroty che guardò torva il bambino. Io ignorandoli scompigliai i capelli al piccolo.
-tu hai già avuto la prima trasformazione?- gli chiesi mormorando al suo orecchio. Lui scosse la testa ed io capii all’istante e seppi in anticipo che sarebbe stato più doloroso.
-noi andiamo a caccia- esordii ai compagni. Nessuno mi diede retta ma si voltarono brevemente.
Presi Gavriel dalla maglia mentre sentivo che le convulsioni facevano muovere a scatto il suo petto in avanti che cominciava a gonfiarsi.
Era figlio di licantropi e la trasformazione sarebbe stata inevitabile ma essere diventato vampiro aveva accelerato il processo di qualche anno.
-resisti per qualche minuto- dissi frustrato correndo nella radura isolata in qui c’era la nostra “tana”.
Il petto si alzava e si abbassava a ritmi confusi e incontrollati, i muscoli delle braccia guizzavano sotto la pelle sottile mentre le vene visibili dell’avambraccio si ingrossavano.
-non è così che è avvenuta la mia trasformazione!- sbottai lasciando il colletto della sua maglia e strattonandolo per fargli prendere coscienza. Apriva e chiudeva di scatto gli occhi senza riuscirmi a vedere mentre la mascella serrata induriva la sua espressione. I battiti del cuore avevano smesso di esistere nel suo corpo da qualche mese e questo rendeva tutto più difficile forse impossibile. Scossi la testa e lo spintonai a terra sperando che il lupo in lui reagisse ma si accasciò mentre gli spasmi continuavano feroci ad infuriare sul suo petto.
Entrai nel panico e tentando di farlo reagire gli mollai uno schiaffo in pieno volto ma lui incosciente incassò fracassandosi la mascella mentre il sangue scendeva copioso da suo labbro spaccato.
Passarono secondi preziosi in cui io, paralizzato, lo guardai impotente. Tutt’un tratto le contrazioni svanirono, il petto si abbassò facendo aderire una volta e per tutte la schiena al suolo, i muscoli delle braccia si rilassarono e la tensione del collo sfumò in un sospiro sordo.
Gli occhi velati dalla morte ancora aperti che mi fissavano vitrei. Socchiusi gli occhi e deglutii abbassandomi e poggiando una mano sui suoi occhi chiudendogli per sempre le palpebre.
Era diverso. Noi morivamo solo se bruciati ma questo era diverso me lo sentivo. Si ha bisogno di un cuore pulsante per compiere con successo la prima trasformazione, la prima ti cambia a vita. Diventi qualcosa di nuovo, diverso e inarrestabile ma avevo imparato che un licantropo dal cuore fermo se già un LICANTROPO, può sopravvivere perché il corpo si adatta. Non è poi neanche così doloroso solo la prima volta da vampiro è stata parecchio dura perché doveva avvenire senza il palpitare del cuore ma poteva essere! Eravamo tutti vivi mezzi licantropi e mezzi vampiri.
Aspettai lì qualche ora mentre il cielo nero cominciava a schiarirsi. Sospirai e rientrai lasciandolo lì per poco. Thomas leggeva un opera di Omero accanto alla porta. Mi guardò per un attimo con aria interrogativa non vedendo nei miei occhi il rosso brillante e l’aria follemente eccitata di un dopo caccia. Scossi la testa e mi misi al centro della stanza in piedi attirando l’attenzione.
-un accendino- era un tono perentorio e autoritario tanto che uno lo uscì lanciandomelo in meno di un secondo. Annuii al posto di ringraziare e pensai che doveva esserci stato un qualche sorta di litigio per il cumulo del pomeriggio e qualcosa mi diceva che lui c’entrava e come..
In fretta tornai dal corpo del bambino e con un tocco accesi la fiammella dell’accendino.
Diedi fuoco ad un lembo della maglietta e lasciai che il fuoco divampasse da sé.
Ero lontano ½ chilometri quando sentii la scia della bionda riempirmi le narici e da predatore mi acquattai al suolo accanto al fuoco che ardeva e scoppiettava alto.
Ispirai profondamente e iniziai la corsa curioso di sapere perché lei era da queste parti senza doverci impartire ordini.
Dopo qualche minuto la mia curiosità fu esaudita. Mi rannicchiai dietro un folto cespuglio e acuii i sensi.
-Aro, stanno diminuendo giorno per giorno- disse la bionda con tono freddo e distaccato.
-sta calma cara, quanti hanno superato il primo anno giurando fedeltà?- chiese una voce piatta e pacata.
-4- rispose
-ma Aro sai che non ci riusciremo mai!- sbottò lei.
-non sia mai che io non ti prenda in considerazione Jane, ma questa volta devo ribadire che non sarà come l’ultima volta- la voce liscia del primo uomo risuonava nella notte.
-si invece! È questo il punto! Aro è un suicidio. Hai visto anche tu ciò che è successo l’ultima volta- la bionda iniziava a perdere la pazienza.
-no cara, loro sono più potenti dei neonati classici e ci eviteranno una infinità di problemi. Quando la mocciosa porterà a termine la sua missione avremmo i 5 a nostra disposizione e con l’alchimia di Demon riusciremo senz’altro a costringere al nostro volere anche gli altri. Quanti hai detto che sono?- chiese dopo una lunga riflessione.
-sedici, Aro ma come sei sicuro che tutto questo non sia troppo facile? Come fai ad essere convinto che la mocciosa riuscirà a portare tutti e tre i mancanti?- rispose lei.
-e sveglia e tuo fratello farà di tutto perché non si cacci in guai più grandi di lei- rispose un secondo uomo.
-senti, Jane non possiamo fare altrimenti! Abbiamo bisogno di loro per circondarci dei vampiri più potenti che non vogliono unirsi a noi e poi c’è un branco che deve assolutamente essere distrutto- intervenne un terzo.
-i quiliute?- chiese la bionda
-si. Stanno cominciando a dare fin troppi problemi. Hanno a loro portata le zone adiacenti a Forks e Phoenix e parte della spagna. Sono ovunque. E poi sono un branco troppo numeroso ed imponente. I vampiri non possono più cacciare nelle zone da loro protette e neanche i loro simili possono superare i confini perché rischiano la vita. Devono essere eliminati- disse serio, conciso e calmo il terzo. Riuscivo a stento a individuare le voci perché la testa frullava in un vortice di pensieri.
Quindi eravamo un arma? Se è sì perché avevano scelto un arma così difficile da gestire? I licantropi non vanno d’amore e d’accordo con i vampiri allora perché non un altro gruppo di vampiri?
“loro sono più potenti dei neonati classici” cosa voleva dire?
In quel momento un flashback mi balenò improvviso in testa..
-Che stai facendo?- chiesi a mio fratello. Lui stava preparando una borsa piena di roba e continuava a ficcargliene dentro altra.
-vado via di qui, Jared. Non resisto- borbottò prendendo il borsone ed incamminandosi verso la porta.
-e io?- chiesi preoccupato seguendolo mentre tutti gli altri dandogli del pazzo erano tornati alle loro attività.
-decidi tu fratellino.- disse secco aprendo la porta e uscendo fuori.
-ma Diamond e.. dov’è che vai?- chiesi con un filo di voce.
-non lo so Red. Forse in qualche branco o farò il nomade chi lo sa.-
Red. Se mi chiamava con quell’orribile nomignolo voleva dire che faceva sul serio.
-Jared- mi chiamò Crystal da dentro. Io chiusi gli occhi e mi morsi il labbro inferiore scuotendo la testa.
-buona fortuna Diamond- mormorai. Lui mi fece un segno con la mano e sorrise lievemente.
-riguardati Red.-
Ero stato trasformato 6 mesi prima e lui era il primo anziano o così veniva chiamato dagli altri perché l’unico ad aver superato l’anno inventando una valanga di menzogne alla bionda.
Lo vidi andar via pensando se avessi fatto o no la scelta giusta.
Scossi la testa ma il pensiero di Crystal mi faceva andare su tutte le furie e provare un dolore intenso che neanche alla partenza di Diamond avevo provato.
I sui capelli neri come la notte lunghi fino al fondo schiena con cui il vento adorava giocare, gli occhi che erano due rubini brillanti e vivaci, il suo totale autocontrollo e la passione con cui ero riuscito ad amarla. Tutto si concludeva con le scene più dolorose delle mie due esistenze.
Rientrare da una battuta di caccia e vedere un cumulo di cenere che bruciava al centro della stanza mentre il suo profumo svaniva lasciando il posto all’odore di carne in decomposizione. Ricordavo come avevo girato la testa da ogni parte preoccupato ma non ero più riuscito a vederla. Il suo assassino era l’unico compagno che avessi mai ucciso e nessuno lo pianse. Non ero un assassino lui lo era. Avevo solo fatto tacere la mia rabbia pezzo per pezzo godendo nel vederlo soffrire.
La rabbia ai ricordi tornò viva e risuonante nella mia testa e questo rischiava di mandare a monte la copertura e farmi scoprire.
Chiusi gli occhi cercando di far tacere i ricordi più dolorosi, sospirando impercettibilmente e fremendo dalla rabbia mi allontanai pronto ad una battuta di caccia. Era il mio turno infondo. Anche se la bionda si fosse fatta viva io non ero in torto e non rischiavo nulla anche se visto quanto impegnata fosse dubitavo sarebbe venuta a controllarci.
Socchiusi le palpebre e mi lasciai guidare dagli istinti mentre l’unica parte razionale della mia mente contemplava il ricordo del viso dell’unica ragazza che io ebbi mai amato.
* Spazio autrice *o*
Ehi ragazze come state? Tutto apposto? Chi di voi si aspettava che i Volturi provassero a ripetere l’esercito? Chi si aspettava che Diamond era implicato in tutto questo senza esserne al corrente?
Avete letto la storia della Mayer su Bree Tanner? A me ha fatto venire l’idea perché tutto torna alle origini.
Cioè anche se sono passati più di 25 anni Aro ritenta e vuole eliminare i quiliute!! Adesso che succederà? Lo vedrete nella prossima puntata!! XD
CHIEDO PUBBLICAMENTE SCUSA A KANDY_ANGEL PER AVER SBAGLIATO IL SOPRANNOME!! SCUSAAAAA!! NON LO RICORDAVO E DOVEVO CAMBIARLO POI ME LO SONO SCORDATA E HO POSTATO IL CAP LO STESSO! SPERO CHE NON TI SIA TROPPO OFFESA! HO BISOGNO DI TE E DELLE TUE RECENSIONI SEI UNA DELLE Più PRESENTI!!SCUSA ANCORA!
Vi voglio bene!!
Anche se non ho ricevuto recensioni non mi scoraggio!! Anzi vi chiedo di farmi sapere anche in brevi frasi che ne pensate.. Che vi costa recensire scrivendo anche un solo rigo?? Mi vanno bene pure le critiche basta che siano fondate!!
Sentii lo
scricchiolio della porta e uno spiraglio di luce si stagliò nella fitta
oscurità della stanza. I miei occhi si abituarono gradualmente al chiarore
indotto dal corridoio. Con un occhio semi-chiuso e l’altro strizzato guardai
distrattamente la figura che entrava.
-mocciosa-
tuonò con affetto Phoseidon. Agitai le braccia e posi il cuscino sulla faccia
ma non appena sentii la sua risata riecheggiare tra le pareti, lo scostai per
guardarlo in faccia.
-buon
compleanno- mi ricordò con le labbra piegate in un sorriso. Io balzai dal letto
e mi ritrovai sopra le lenzuola con le gambe incrociate e le braccia a
penzoloni.
-eh?- chiesi
strabuzzando gli occhi. Lui fu colpito dalla mia risposta ma mai quanto me. Non
riuscivo a credere di essermi dimenticata il mio compleanno! Era insensato.
-bella,
svegliati. Oggi è il 13 gennaio- disse schernendomi ridendo. Io non riuscivo a
credere di essermi scordata il giorno del mio ventesimo compleanno! Ero lì da
due anni e quello era il giorno in cui sarei andata via.. il maestro non ne era
ancora consapevole però.
Mi accorsi
solo adesso che portava stretto tra le mani un vassoio gremito di leccornie,
una colazione da dio. Una tazza di tè alla menta ancora fumante, due biscotti
da inzupparci e una ciambella con una spolverata di zucchero. I miei occhi
sorrisero un attimo prima delle mie labbra.
-grazie-
dissi prima di issarmi su. La camicia da notte arrivava a malapena alle rotule,
i ricci erano scombinati e i boccoli mi coprivano gli occhi appiccicati dal
sonno. Le due vistose borse sotto gli occhi riuscivo a toccarle con un dito da
quanto erano pronunciate e scavate.
Le bretelle
erano scivolate dalle spalle al gomito, il reggiseno nero era in bella vista ma
non me ne curai.
Gli presi
dalle mani il vassoio e ritornando nella posizione di prima lo portai in
grembo. Iniziai a mangiare con voracità e ilarità. Lui mi rivolgeva uno sguardo
severo ed ammonitore ed io compresi solo quando ebbi concluso il pasto la causa
delle sue occhiate torve.
Le guance
divennero purpuree d’imbarazzo e in fretta alzai le bretelle della veste
alzandomi in punta di piedi e andando a posare il vassoio nel cucinino a piedi
nudi per deviare il suo sguardo ed eludere il discorso.
Rientrai
nella mia stanza e non lo trovai quindi fui libera di vestirmi e, visto
l’inconveniente mattutino, indossai una maglia a maniche lunghe e girocollo
giallo canarino e dei pratici pantaloni neri.
Lo trovai
sorridente sul divano che mi guardava affabile. Il camino era acceso, visto il
clima rigido e il mio occhio cadde su un pacchettino dalla carta di un rosso
spoglio e il fiocchetto aureo.
-aprilo-
m’incitò porgendomelo. Lo spacchettai e rimasi senza fiato; era un braccialetto
con la catenina d’argento che possedeva un ciondolo a forma di “B”, dal retro
in oro e il davanti diamante.
Lo guardai
sbalordita con il pacchetto ancora aperto tra le mani.
-oggi
lezioni rimandate!- rise dirigendosi verso la sua stanzetta. Io continuai a
fissarlo e con un filo di voce dall’emozione mormorai
-grazie-
-qualcuno ti
sta aspettando da più di un’ora al gelo lì fuori- concluse dopo essere sparito
dietro la porta. Io corsi all’ingresso e poggiai una mano sul pomello della
porta girandolo e tirandomela.
Una testa a
peso morto cadde ai miei piedi. Leon dormiva stretto sul giubbotto mentre i capelli
gocciolavano sul pavimento e le gambe erano rannicchiate dal freddo.
Le labbra
erano livide e la pelle congelata. Lo svegliai e lui sgranò gli occhi mentre la
voce gli si faceva tremante
-b..b..bella-
balbettò intirizzito. Alzai gli occhi al cielo e lo trascinai dentro chiudendo
la porta. Lo aiutai ad alzarsi mentre le labbra tremavano per parlare da cui,
però, non usciva alcuna parola. I muscoli intorpiditi del suo corpo faticavano
a reagire agli ordini e la gambe si muovevano lente e infiacchite.
-sai che sei
davvero incredibile- sorrisi divertita facendolo sdraiare sul divano più vicino
al fuoco. Lui balbettò ancora
-s..si..lo..s..s..so-
Mi procurai
un asciugamano ed iniziai a asciugargli i capelli verde mela resi sullo scuro
dalla pioggia.
-b..b.buon..compl..compleanno-
bisbigliò a bassa voce stringendosi sul mio corpo caldo. Io gli accarezzai una
guancia cerea dal freddo e la sfiorai con il pollice rispondendo
-grazie,
leo. Grazie..- lui aveva gli occhi chiusi, le labbra tornavano rosate, la pelle
color pesca e i capelli verde pisello. Sorrisi alla sua immagine addormentata
sulle mie gambe.
Aveva la
tipica espressione di un bambino dolce e ubbidiente. Sfiorai i contorni del suo
viso da cucciolo per passarmi il tempo mentre continuavo ad arruffargli i
capelli con l’asciugamano.
Lui si girò
dall’altro lato e strofinò la guancia sul tessuto dei miei jeans, e dalla
giacca cadde un pacco rettangolare decorato a mano con sopra disegnato il muso
di un lupo schizzato con una penna viola. Lo presi e la curiosità vinse le
buone maniere.
Non volevo
un regalo da lui; la sua famiglia non era benestante e i soldi erano giusti,
giusti.. non volevo spendesse per me.
Lo aprii
curiosa e dentro trovai il più bel regalo che mi potesse fare: c’era una foto e
un biglietto.
Presi tra le
dita la foto e la squadrai sorridente. C’eravamo io, lui, Phoseidon eBlue-Jeans.
Il mio
cavallo era al centro dell’immagine, però in secondo piano, che nitriva
sostenuto solo dagli arti inferiori, con la criniera al vento. Io e Leon sopra
di lui ridendo a più non posso mentre i miei riccioli gli sfioravano la spalla.
Ero posizionata davanti, cavalcando all’amazzone e quasi cadevo da cavallo,
mentre lui mi sorreggeva cingendomi il bacino con entrambe le braccia mentre le
mani si univano sulle redini del cavallo. Phoseidon era in primo piano che
guardava il cielo con espressione rassegnata mentre le labbra non riuscivano a
non piegarsi in un sorriso.
Avvicinai la
foto al cuore e la tenni stretta a me. Presi il biglietto e lo lessi
Tesoro, mi chiedo sempre come tu faccia a non smettere mai di sorridere
dopo tutto ciò che ai vissuto, come faccia ad aprirti in questo modo con me,
come riesca a tenere il tuo carattere forte e deciso senza cancellare la Bella
che adoro, dolce e solare.
Odio non poterti comprare qualcosa di carino ma ho trovato un giusto
compromesso per non farti scordare di noi. Non sono mica stupido! So che sarà
una delle ultime giornate che passerai qui e soprattutto il tuo secondo ed
ultimo compleanno in cui ti vedrò. Mi accamperò dietro la vostra porta tutta la
notte e ti giuro che riuscirò, anche con questa sola foto, a renderti felice.
Non scordarti di me
Leon
Non riuscii
a capire il motivo per cui i miei occhi si riempirono di lacrime, fatto stava
che le gocce rigavano il mio viso copiose e percorsero la guancia ticchettando
sul foglio. Lo conservai mentre le lacrime continuarono a cadere dai miei
occhi.
-maestro-
mormorai non appena mi giunsero alle orecchie il riecheggiare dei suoi passi
sul pavimento.
-si?- chiese
lui, stranamente allegro, con un gran sorriso stampato in volto.
-io..devo
andare- balbettai abbassando lo sguardo sulla fronte di Leon che continuava ad
usare le mie gambe come cuscino.
-dove..oh..bhè..-
all’inizio non capì il significato delle mie parole ma quando ci arrivò iniziò
a balbettare tra il deluso e il triste.
-saluta il
ragazzo, quanto meno- disse asciutto lui tornando nella sua stanza
-no- risposi
brusca. Lui si voltò dall’uscio e mi guardò sbigottito.
-digli che
mi mancherà e che.. gli voglio bene- bisbigliai. Volevo rivedere il mio Alec,
volevo risentire il calore dei suoi baci, volevo tastare nuovamente con le mie
mani il suo corpo perfetto, i lineamenti delicati, il volto da eterno ragazzo, i
pettorali scolpiti, le labbra gelide a contatto con il mio calore. Volevo
essere stretta dalle sue braccia e volevo che quel momento arrivasse
all’istante per non finire più ma Leon era il peso che mi lasciavo dietro.
Lui, era ciò
che lasciavo per perseverare nel raggiungere il mio desiderio. Sapevo che
sarebbe successo comunque, quindi perché non ora?
Erano due
anni che non gustavo il sapore dell’amore di Alec e stavo quasi per dimenticare
cosa volesse dire amare..
Diedi un
bacio prolungato sulla fronte di Leon ora accoccolato su di me e mormorai al
suo orecchio
-ti voglio
bene Leo, perdonami, non riesco a dire un’altra volta addio-
Una lacrima
attraversò la guancia per infrangersi sul suo collo. Alzai lo sguardo sul volto
duro e severo del maestro.
-sbrigati,
penso che tu abbia già avvertito James, non vorrai mica fartela da sola- disse
aspro. Annuii a testa bassa ed entrai nella mia stanza dove iniziai s riempire
una sacca.
Pochi minuti
dopo, come da programma, qualcuno busso alla porta ed io corsi ad aprire
superando il maestro e lasciandolo di stucco.
-James!- lo
salutai con enfasi trattenendo a stento l’entusiasmo e balzandogli al collo.
Lui mi cinse la schiena e rispose un po’ scosso al saluto.
-ehi! Sono
felice anch’io di vederti- commentò sarcastico ridendo a crepapelle. Io
ricordandomi Leon gli feci segno di tacere e lui acconsentì lanciandomi
un’occhiata ammiccante.
- sarà
meglio andare. Alec ti aspetta- mi rassicurò con un sorriso. Io, eccitata,
all’idea iniziai a dondolarmi impaziente mentre il maestro scocciato,
sbuffando, usciva a prendere Blue-Jeans.
Io, esaltata
all’idea, mi ero completamente dimenticata del mio migliore amico steso sul
divano, inconsapevole di ciò che accadeva.
James mi
prese una mano e mi portò fuori, il clima era rigido, il vento ululava rabbioso
contro i nostri visi, la pioggia cadeva fitta bagnando il manto di blue-jeans
che avanzava sbuffando sotto il controllo di Phoseidon che lo teneva stretto
per le redini.
Sorrisi e mi
avventai sul cavallo scordandomi della tempesta che infuriava non più protetta
da un tetto sopra la testa.
Saltai in
groppa con un balzo agile e mi scoprii a ridere. Per tenere un minimo di
dignità non mi sarei nemmeno dovuta avvicinare ad un cavallo. Che senso aveva
salire in groppa ad un cavallo se potevo correre con le mie zampe a velocità
superiori?
-o cielo!
Testarda!- sbottò James salendo con un saltò dietro di me. Il cavallo sbuffò
con irritazione e io gli accarezzai il muso avvicinando le labbra al suo
orecchio.
Sentii James
tirare un sospiro e spronare il cavallo che partì a galoppo. Mi voltai indietro
e attraverso la sua spalla potei osservare i lineamenti duri del maestro, la
mascella tirata, i muscoli in tensione e le labbra piegate in un ringhio cupo.
Il sorriso
non riuscì a svanirmi dalle labbra anche se una parte di me soffriva
terribilmente.
***
Viaggiammo
due notti e tre giorni senza sosta e il mio piccolo Blue-Jeans non si sentiva
neppure stanco. Trottava felice nitrendo a più non posso e sbuffava gioioso
dalle narici dilatate.
Scrutai
l’aspetto del palazzo stagliarsi al nostro cospetto e pian piano le figure
delinearsi e i visi farsi familiari. Vedevo una lontana Jane aizzata dal grosso
felix mentre Dimitri urlava rabbioso a due guardie secondarie. Cercai ma non lo
trovai..
Arrivati
davanti al grande portone James mi fece scendere ed io senza salutarlo entrai
come una saetta e iniziai a superare svariati corridoi. La serpentina di
corridoi si apriva davanti a me e io li attraversavo con inerzia e velocità.
Ricordavo ogni angolo di quel palazzo dell’orrore. Ogni viso di quelli
comunemente definiti succhia sangue.
Ogni timbro
proveniente da labbra familiari..
Vidi passare
una figura che riconobbi fosse come una parte di me.
-Alec!-
urlai con le lacrime agli occhi di felicità. Lui si girò inclinando la testa di
lato e io aspettavo con un ansia sconvolgente il momento in cui avrebbe toccato
il mio collo, sfiorato le labbra..
-alec-
ripetei adesso a voce bassa, spaventata dal suo sguardo. I suoi occhi scarlatti
non mi impaurirono per il colore, perché dopo che Damon era riuscito a far
camuffare un vampiro tra gli umani loro li avevano di colori umani, ma il rosso
riaffiorava quando la sete li investiva, ma questi..
Questi
trasmettevano odio puro, vivo. Quegli occhi potevano essere associati ad una
bestia, ma non a lui.. i suoi soliti occhi color del cielo (modificati
ovviamente) erano adesso soffocati in un vortice diavversione, brutalità e durezza.
-Alec..-
mormorai ora a denti stretti.
-mio caro..-
irruppe Aro passando per il corridoio. Alec venerandolo come non aveva mai
fatto, si prostrò ai suoi piedi con agilità e grazia. Io ancora immobile lo
fissavo a occhi sgranati gonfi di lacrime.
-oh. Vedo
che sei tornata. Sei stata via più di quanto mi aspettassi- mi guardò lui
curioso
Annuii
sconnessa mentre la testa girava e doleva incredibilmente.
-parlane a
Jane, sarà lieta di mostrarti la tua nuova camera. Alec, dovremmo andare- lo
richiamò lui con un gesto del capo acconsentì e aspetto un segno prima di
rialzarsi da terra.
Mi guardò
un’ultima volta ma i suoi occhi rimasero immutati, insensibili.
Lacrime
silenziose iniziarono a scendermi lungo le guance mentre la testa girava
vertiginosamente.
Chiusi gli occhi
e mi rifugiai in un buio accecante dove la vita sembra essersi fermata per
sempre.
SPAZIO
AUTRICE: ehi ragazzi!! Che c’è siete spariti tutti? Io sto iniziando a
preoccuparmi --.--”, dove siete finiti? Che ne dite di arrivare a un sei
recensioni? Non ne ricevo più e la mia autostima sta arrivando sottoterra. I
capitoli iniziano a diventare pesanti da scrivere e nulla mi da una spinta
tranne la mia migliore amica alexus_alec e mary_whitlock (vi adoroooo!!)
Capitolo 29 *** tutto ciò che comincia è pronto a svanire ***
29 capitolo
Tutto ciò che comincia è pronto a svanire
Phoseidon
Mi strofinai una spalla con eccessiva enfasi cercando invano
di scacciare ogni pensiero dalla mia mente. Per quanto fossi deluso non
riuscivo a non chiedermi come stesse, se rimpiangeva la sua improvvisa scelta.
La coperta poggiata con morbidezza sulle mie spalle portava dietro sé migliaia
di ricordi. Era il suo compleanno, il suo ventesimo compleanno..
Chiusi gli occhi e sentii le sue mani calde che mi posavano
la coperta sulle spalle con delicatezza mettendo fine ai brividi, rivedevo le
sue acrobatiche traversate per il corridoio con un vassoio per mano spesso contenente
tè e qualcosa da mangiare per la colazione; il suo caloroso sorriso che mi
assicurava stesse bene; il corpo agile e snello dai riflessi pronti già in
posizione d’attacco.
Scacciai il suo volto dalla mia testa e sbuffai sonoramente.
Dal divano Leonard si rigirò sbattendo contro lo schienale e uggiolando
sommessamente, come se si aspettasse di non vederla più.
-maestro- mormorò con il solito distacco e rispetto..
-si- risposi cercando invano di non far tremare la mia voce
ma di mantenerla sicura.
-se n’è andata vero?- chiese con un filo di voce
stringendosi alla sua coperta quadrettata. Io mi morsi il labbro e mi issai
ignorando le lacrime che premevano per uscire. Anche se gli occhi pizzicavano
solamente la mia voce tradiva le mie emozione. Che mi succedeva? Non ero mai
stato un tipo che si lasciava andare al dolore, avevo detto addio parecchie
volte, ed ogni volta lo era stato davvero. Adesso, anche se ero consapevole
fosse come le altre, speravo non fosse un addio, perché non si può dire addio
ad una figlia, non se si darebbe l’anima per rivederla.
-si- risposi secco. Lui lasciò scappare un singhiozzo e
affondò il viso contratto sul bracciolo del divano.
-ah- fece poi con voce malferma.
Mi diressi verso la mia stanza e mi comportai come chiunque
altro, sfogando il dolore nell’unica cosa che sapevo fare. Presi due pugnali e
uscii di casa mentre i singhiozzi di Leon si rincorrevano e ogni singulto gli
costava tanto, troppo. Il petto era scosso da tremiti, il viso inondato dalle lacrime che scivolavano veloci fino al
mento. Si voltò verso di me cercando di appigliarsi a qualcuno più forte di
lui.
Gli occhi rossi imploravano i miei e disperati scrutavano la
mia espressione.
Io mi feci forza e mentii con quanto più determinazione
possedessi. Il mio sguardo impassibile gli dava la spinta per andare avanti
mentre la mia anima si corrodeva cercando con disperato bisogno di piangere,
ora per Bella, ora per tutte le volte che non ero riuscito a farlo.
***
Il vento gelido sferzava l’aria mozzandomi il respiro in
gola. Le gambe assiderate si muovevano stridendo e procedevo sotto la pioggia,
intirizzito dal freddo.
Strofinai le mani sul paltò e lasciai andare un gemito,
scossi la testa. Non dovevo! Non potevo piangere! Non per qualcuno che viene e
poi se ne va. È sempre stato così la gente arriva per poi andare via e non
tornare mai più.
Sfilai un coltello dalla custodia e lo lanciai con quanta
più forza avevo. Non trovando ostacoli lungo il tragitto l’arnese perse forza e
si afflosciò al suolo con un suono sordo ma che dentro la mia testa stridette
maledettamente forte. Mi protessi le orecchie con i palmi delle mani e, con gli
occhi chiusi i ricordi tornarono a galla tersi e limpidi come non mai mentre le
gocce cascavano numerose sul mio viso. Il cielo plumbeo coperto da uno spesso
strato di nembi inveiva rabbioso contro di me ma io non ero più là, il mio
corpo era sotto la pioggia e ma la mia mente, quella era altrove in tempi
passati, l’estate in cui la mia vita cominciò a crollare.
Mi
avvicinai cauto a lei pronto a farle una sorpresa brandendo un cofanetto
accogliente una collana preziosa con un lapislazzuli, il suo preferito, grande
quanto una noce, mentre nell’altra un mazzo ricco di rose.
Lei
era affacciata alla ringhiera e mi dava le spalle, il mare infuriato, scontrava
le proprie onde con irruenzacontro gli
scogli provocando un frastuono perpetuo, ma in sé un ritmo preciso e
dettagliato.
Eravamo
compagni da tre anni e io l’amavo come fosse il primo giorno, quel giorno
avremmo dovuto festeggiare il nostro terzo anniversario ma qualcuno decise
dovesse andare diversamente.
Avvicinandomi
scorgevo il candore dei suoi ricci rossi che le cascavano morbidi sulla
schiena, il pallore della sua pelle chiara, le braccia esili incrociate forte
al petto che si stringevano convulsamente l’uno a l’altra.
Feci
qualche altro passo e le sfiorai la schiena con dolcezza quando sussultò e si
volto di scatto. Gli occhi segnati da due vistose borse livide sotto come se
non avesse dormito. I due soliti zaffiri erano umidi e il colore, sempre così
deciso e contornato, era diluito e sfumato, come se avesse pianto.
-Rei, tesoro, che cos’è successo?- chiesi
preoccupato mentre le mani cominciarono a tremare impercettibilmente. Lei si
voltò nuovamente verso il mare ritornando a darmi le spalle e io potrei giurare
di aver visto scendere veloce una lacrima a varcarle la guancia.
-Reira?- chiesi sfiorando nuovamente il punto in cui il tatuaggio delle
cercatrici si faceva largo sulla schiena.
-non
possiamo più stare insieme- disse con voce discendente voltando la testa di
lato in modo da non guardarmi negli occhi.
Il
mondo sembrava capovolto, il terreno tremava instabile sotto i miei piedi e
l’aria voleva soffocarmi. Sentivo un groppo in gola e un peso che opprimeva il
petto mentre la vista si annebbiava per via delle lacrime che si concentravano
incapaci di uscire. Attorno a me i rumori erano ovattati e il suo singhiozzo mi
giunse come lontano.
Il
cofanetto e i fiori caddero con un tonfo sordo sulla ghiaia e il respiro si
fermò mentre le lettere scomposte della mia mente si mozzavano in gola.
-..mi
dispiace- seppe dire semplicemente.
-aspetta-
la fermai giusto in tempo per non vederla andare via
-cosa
vuol dire?- chiesi con un filo di voce. Lei sorrise amaramente
-che
sono stanca- scostò il mio braccio con rabbia e notai il lampo nei suoi occhi.
-sono
stanca, dei tuo dannati allenamenti. Maledico quel branco per averti accolto!
E.. cosa vorresti fare? Dovrò giustificare in qualche modo la mia assenza ad
Aro! Che dico? No scusa io mi sono sposata col maestro mentre tu mi aspettavi!-
ringhiò allontanandosi da me.
-ma..-
non sapevo cosa dire perché la sua espressione mi faceva tanto male da rendermi
vulnerabile. I suoi occhi accesi d’odio mi guardavano adesso inviperiti. Una
pugnalata dritta al petto aveva fatto tremare il cuore con un rumore
assordante. La frattura del mio cuore si allargava lentamente allungando la mia
agonia
-perché
adesso..perchè oggi- mormorai trattenendo il fiato e
le lacrime che adesso era quasi impossibile trattenere.
-non
voglio. Non puoi costringermi a rimanere! Non puoi! Non devi!- strillò lei come
impazzita. Io mi domandai più volte perché quella reazione senza arrivarne a
capo.
Ero
allibito, senza più una parola, solo una lacrima versai ed in quel momento,
davanti al suo viso contratto dalla rabbia.
Fece
per andarsene ma le presi un polso e le sussurrai
-ti
ho sempre amata, ti amo e ti amerò sempre- la voce si perse nell’aria come se
lei non l’avesse neppure udita. Con uno strattone si liberò dalla mia fragile
stretta e si affrettò ad aumentare la distanza tra di noi.
Ed
è lì, vedendola andare via che il mio cuore si spezzò in due, senza né dolore
né rimpianto andò via da me per non tornare più.
Chiusi gli occhi e inspirai l’aria
gelida ordinando a me stesso di non abbandonarsi al pianto, non risolveva
nulla. Quella volta piansi, piansi per ore ed ore, per giorni e notti ma il
miracolo che più volte chiesi non arrivò mai. Lei non tornò più.
-Una lettera! Una
lettera! Una..- strillò Leon dal salone.
-ho capito- lo
fermai immediatamente. Lui parve deluso e le labbra si piegarono in una smorfia
di disapprovazione
-se sei sordo non
ci posso fare nulla io!- sbottò infastidito. Scompigliai i suoi corti capelli
verdi e gli presi la lettera dalle mani.
Stava crescendo a
vista d’occhio, ormai aveva 7 anni. Abitava poco lontano da qua ma conoscevo i
suoi genitori e avevo un ottimo rapporto con loro, così gli permettevano di
venire tutte le volte che voleva. A lui serviva per svagarsi, a me per non
impazzire.
Non appena
sfiorata costatai abilmente fosse una carta pregiata ed è lì che la mia mente
cominciò a correre veloce. Guardai esitante il mittente e lessi. Mi si
bloccarono le mani e il respiro si fece affannato. Aro non mi spediva mai
lettere, solo..
Aprii in fretta
la busta e sfilai il foglio mentre sensazioni contrastanti si facevano spazio
dentro me. Sapevo che non mi sarebbe piaciuto ma dovevo sapere, dovevo esserne
certo.
Egregio
istitutoreHarvynsonPhoseidon ,
Aro
è desolato per non poter scrivere personalmente e le porge le sue più sentite
scuse..
Saltai le
stupidaggini formali e arrivai presto al dunque ignorando i complimenti e le
sciocchezze simili. Soprattutto se uscite dalla bocca di quel verme succhiasangue.
Le
scriviamo per informarla che la sua allieva si è imbattuta in un increscioso
incidente mentre attraversava distrattamente le terre degli elfi, che come ben
sa non hanno un ottimo rapporto con quelli della vostra specie, e non è
riuscita a sopravvivere. Come suo dovere, una delle tre guardie è tornata a
dare la tremenda notizia, se pur lasciando i propri compagni in balia della
rabbia degli elfi.
Aro
le manda le sue più sentite condoglianze, inoltre si dispiace per averle fatto
sperperare 5 lunghi anni ad addestrare
una giovane che ha portato alla disfatta del tatuaggio anche se, due dei 5
spiriti della natura adesso sono qui, al sicuro e il loro potere è stato
eccellentemente schiuso lasciandoli liberi di continuare a crescere e liberandoli
del loro precario stato fisico infantile.
Aro
è positivo, edè convinto di trovare la
prossima cercatrice prima di un decennio.
Cordiali
saluti
VolturiY
Una lacrima cadde
a bagnare il foglio, una sola.
Sentii di non
sopportare la vista di quello scritto ma non appena lo sentii le mani l’avevano
già lasciato cadere sul pavimento. La vista cedette e i contorni divennero
sfocati, sentivo a stento la voce preoccupata di Leon che mi veniva incontro.
-Phoseidon- mi chiamò
-maestro!
Risponda! La prego!- implorava.
Io fui colto da
un tepore sinistro, difficile da spiegare, solamente, mi ci rifugiai.
Non me ne accorsi neppure quando le
lacrime iniziarono a rigarmi il volto solo le lasciai scorrere. Finita la loro
traversata cadevano ticchettando sul mio giubbotto, mescolandosi alla pioggia.
Sentii i muscoli stirarsi, le ossa
appiattirsi la schiena incurvarsi velocemente mentre i tratti del viso si
allungavano e gli arti si schiacciavano verso il terreno. In un batter d’occhio
correvo, correvo e nient’altro. I problemi erano finiti perché quando sei un
lupo nulla vale più degli istinti.
Tutto ciò che comincia è pronto a
svanire.
LEON
Ero raggomitolato sul suo letto
trattenendo a stento le lacrime. Mi asciugai gli occhi umidi e mi morsi il
labbro talmente forte da farlo sanguinare. Goccioline rosse scivolavano dalle
mie labbra macchiando il suo cuscino. Chiusi gli occhi e mi misi a pancia in su
lasciando nuovamente il via libera alle lacrime, che copiose s’insinuarono sul
mio viso straziato.
Aprii lentamente gli occhi
-valgo davvero così poco- mormorai con
un filo di voce.
-no. Ragazzo- rispose Phoseidon
appoggiato allo stipite della porta. Mi voltai a guardarlo, gli occhi lucidi
tradivano la sua espressione di ostentata indifferenza. Sorrisi debolmente per
poi tornare nel mio dannato silenzio.
Lui si avvicinò e io notai quanto
fosse invecchiato negli ultimi anni, adesso pur dovendo dimostrare ancora una
ventina d’anni sembrava un ultra trentacinquenne e l’accenno di rughe lo faceva
andare anche oltre.
-Leo- mi chiamò sedendosi su un giaciglio
improvvisato, sopra una panca.
Lo guardai e subito dopo lasciai
cadere lo sguardo afflitto sul pavimento in legno. Lui mi costrinse a guardarlo
stringendomi la mascella.
-tu sei tutto per me- disse mostrando
per la prima volta il suo affetto per me. Sorrisi tra le lacrime e mi rifugiai
tra le braccia di Phoseidon come quando avevo 8 anni.
-ti voglio bene- mormorai.
-anch’io- rispose e una lacrima gli varcò la
guancia ticchettando sulla mia maglietta pesante.
-perché è andata via?- domandai
ingenuo trattenendo il fiato
-tutto ciò che comincia è pronto a
svanire-
RINGRAZIAMENTI!! =)
Mary_Whitlock: grazie mille per la tua
recensione a cui ho già risposto XD spero che questo capitolo non ti abbia
deluso. A dire il vero l’ho scritto per te! Mi è venuto in mente dopo che mi
hai detto di adorare Phoseidon! XP personaggio dalla
vita un po’ complicata! Fammi sapere che ne pensi.. ti voglio bene
Hermana
LunaCullen: spero che anche questo cap
ti piaccia fammi sapere! ;-)
alexus_alec : ehi! Lo so! Lo so! Alec.. non voglio dirti
nulla XD ma sono grata della tua recensione anche se in realtà oralmente
recensisci sempre e comunque! XD grazie per i complimenti (sai quanto sono
modesta XD) ecco il prossimo! Tatan! XD te lo leggerò
presto! Un bacio, ti voglio un mondo di bene!
-Bella!- la voce di Teeros appoggiato allo stipite della
porta mi arrivava a stento. Sapevo fosse un rimprovero dal suo tono duro e
l’espressione corrucciata.
-bella, ti caccerai nei guai- scandì bene le parole con la mascella
serrata e un ringhio cupo proveniente dai denti stretti.
Io chiusi gli occhi, stirai i muscoli e fui pronta. Le ossa
si appiattirono velocemente, gli arti si accorciarono, il muso si allungò e i peli
sostituirono la pelle quando con un suono acuto i vestiti andarono in mille
pezzi. In quel momento ero già saltata dalla finestra. Un paio di guardie mi
guardavano disgustate, indignate o soltanto con presunzione.
Demon era scomparso e tutti non facevano che raccontarmi
falsità, Alec era irriconoscibile, Jane impegnata, fin troppo, in qualcosa di
oscuro che non mi era permesso sapere. C’era solo un posto in cui sarei potuta
andare, un posto che avevo amato, adorato, odiato, abbandonato.
Tutto metteva i giusti presupposti per credere che qualcosa
era cambiata, con il cuore a pezzi mi chiesi:
L’amore, quello vero,
che cos’è?
Ringhiai al cielo e sotto una pioggia scrosciante cominciai
a correre.
Le zampe si muovevano con inerzia e abilità mentre le
orecchie si sintonizzavano in un solo rumore, che cercava disperato di coprire
i singhiozzi del mio cuore.
Mi fermai guaendo con il muso rivolto alla folta coltre di
nubi che mi sovrastava. Osservai il mio muso in un pozzanghera d’acqua piovana
e d’un tratto non mi sentii bella come sempre. Guardavo il mio pelo bianco
candido e non sembrava poi così lucente e folto, i miei occhi color cioccolato
non sembravano accesi e dolci solo… tristi, spenti, insignificanti.
Guardando il mio riflesso mi chiesi:
C’è ancora un po’
d’amore per me?
***
-Puoi fare di più! Forza!- l’urlo mi arrivò chiaro. Ero
vicina ma mi bloccai di colpo, a parlare non era l’alfa. Cominciai a correre
più velocemente e mi acquattai dietro un cespuglio sbirciando appena.
-basta- implorava una voce infantile. Un bambino che
dimostrava al massimo 5 anni era seduto a terra con le ginocchia sbucciate
strette al petto. Il viso stanco e gremito di tagli, due profonde borse sotto
gli occhi, violacee, gli segnavano il volto. Respirava a fatica e aveva la
fronte imperlata di sudore. I capelli ramati gli ricadevano sulla fronte sudata
a coprirgli un occhio nero come la pece.
-alzati Ed.- disse tra i denti un ragazzo, con la schiena
dritta, le braccia incrociate al petto muscoloso e lo sguardo duro.
I..I..Ian?!?
-Ian, ti.. ti
prego- lo supplicò lui. Il ragazzo sbuffò sonoramente e gli fece cenno di
alzarsi, vedendo che lui rimaneva lì seduto, si abbassò piegando le ginocchia e
gli passò il polpastrello sul mento.
-ehi, Ed! Ti fai battere da me?- gli chiese fingendosi
incredulo. Una luce d’orgoglio oltrepassò gli occhi del bambino e si issò di
scatto puntando un dito contro l’addome di Ian.
-io non mi faccio battere da te. Io non mi faccio battere da
nessuno! intesi?!- disse con aria di
sfida. Lui simulando paura alzò entrambe le braccia per aria come segno di resa
e con un largo sorriso sulle labbra parlò.
-ora andiamo a mangiare, anche i campioni mangiano-
scompigliò i capelli del bambino e lo vide sfrecciare verso le case del branco.
Non appena arrivata
mi ero chiesta che cosa fosse diventato mio fratello ma adesso riuscivo a
riconoscerlo sotto quella maschera di cera che si era imposto.
Il viso ardito, la mascella squadrata in una posa rigida,
gli occhi profondi tanto da annegarci dentro però, un attimo dopo, duri e
impossibili da decodificare. Le rotondità del viso da ragazzino avevano
lasciato il posto a lineamenti adulti ed era davvero bello. I muscoli si erano
gonfiati sulle braccia e sul petto dove erano scolpiti. In quel momento mi
diede l’idea di essere una statua, in cui veniva rappresentato un dio, Ares, il
dio della guerra.
Uscii lentamente dal mio nascondiglio con le zampe molli
dalla paura. Lui era voltato di schiena e riuscivo a vedere solo la sua nuca e
i corti capelli.
-che ci fai qui?- si voltò di scatto ed io costatai in
fretta di non avere chance per fuggire quindi cominciai a pensare a ciò che
dovevo dirgli sapendo che avrebbe ascoltato.
Ho bisogno di te
-perché?- il tono era duro ma gli occhi colmi di una tristezza
infinita tradivano la sua preoccupazione. Scossi con energia il grosso testone
e lo guardai supplichevole
Ian, non volevo davvero
andarmene, solo che voi non avete accettato Alec e…
Mi bloccai di colpo e mi sentii terribilmente stupida. Loro mi avevano
ripudiata, io li avevo traditi e adesso arrivavo lì con qualcosa di così
stupido da dire.
-sono successe molte
cose da quando te ne sei andata.- disse aspro voltandosi dall’altro lato.
-troppe- mormorò con voce rauca, poi si ricompose.
-andiamo, in camera tua c’è ancora la tua roba.- cominciò a
dirigermi come se io mi fossi scordata la strada, una larga distesa di sabbia
rossa e tante piccole ed accoglienti case, nulla di difficile né sfarzoso.
Arrivati davanti la porta esitai e col muso la spinsi leggermente.
Mamma?
Papà?
Lui si irrigidì e spalancò la porta indicandomi bruscamente le
scale. Io con rassegnazione le salii lentamente assaporando quell’odore tanto
familiare. Girai la testa di lato e osservai il piano di sotto, il divano, la libreria
della mamma, e… giocattoli che non c’erano mai stati, tranne uno. Un
orsacchiotto a peluche di un marrone tendente al giallo che ti fissava con i
suoi grandi occhi verdi, vitrei, di vetro.
-dammi! – gli
rubai l’orso dalle mani ma la lotta non era finita. Lui tornò all’attacco e lo
prese spingendomi di lato e facendomi sbattere pesantemente contro una
poltrona.
-papù!- gridammo
in coro. Lui alzò gli occhi dal giornale che era intento a leggere e sorrise,
poi tornò al suo articolo.
-me l’ha regalato
Seth! È mioi!- strillai esasperata. Lui ringhiò tra i denti e io gli diedi uno
schiaffo dritto in guancia.
-tutti ma non
questo orso! È mio! SOLO mio! Me la regalato il MIO Seth!- urlai furibonda
prendendo con possessività l’orso e correndo al piano di sopra nella mia
stanza.
Chiusi gli occhi e scossi la testa spingendo la porta con il muso.
Dopo essermi trasformata e vestita scesi al piano di sotto e con mia grande
sorpresa ci trovai mia madre che parlava, anzi pensava, rivolgendosi a Ian che
ormai era quasi irriconoscibile.
L’aria da bambino era sparita ormai e l’uomo che era in lui era
sfociato come un fiume in piena.
-mamma- la chiamai sottovoce. Lei si voltò verso di me con
espressione indecifrabile. Abbassai lo sguardo e mormorai con un filo di voce
-mi dispiace… per tutto- lei si avvicinò di qualche passo e mi
strinse a sé come non faceva da anni, che sembravano quasi secoli. Mi
accoccolai contro il suo petto ricambiando a pieno la stretta e trovando
rifugio tra le braccia della persona che neanche per un attimo avevo pensato di
poter dimenticare.
-Ian! Ian!- la voce del bambino di poco prima si udì dalla
spiaggia. Il ragazzo si affacciò alla porta appoggiandosi allo stipite con un
braccio e io e mia madre ci unimmo a lui. Ed cercava le conchiglie chino sulla
sabbia e le mostrava ad Ian ogni volta che ne trovava di nuove.
-guarda mamma!- disse con un largo sorriso mostrando ai quattro
venti una conchiglia grande quanto un pugno. A quella parola la mia mente si
fermò, soffermandosi su ogni lettera ma non riuscendo comunque a
metabolizzarle.
Nel contempo Ian si era irrigidito e Renesmee era completamente
sbiancata.
-mamma- la chiamai incredula.
-chi è quel bambino?- chiesi incapace di accettare l’ovvio. Lei si
passò una mano tra i capelli e parlò dopo essersi morsa il labbro
-tesoro, lui è Edward, tuo fratello. Mi dispiace, non dovevi
venire a saperlo così. Siamo tornati chiedendo di te ma non ci sei stata per
questi due anni e…- parlava troppo velocemente perché la mia mente potesse
seguire le sue parole.
Mio
fratello.. mio fratello…
-vieni- disse il mio gemello prendendomi per un braccio e
accompagnandomi sulla poltrona, io inebetita mi sedetti guardando mia madre con
occhi spalancati. Non riuscivo a provare emozioni, il mio corpo era rimasto
bloccato, incapace di continuare.
-dopo che, due anni fa, sei andata via sono rimasta incinta di Ed.
Tuo padre…- sussultò impercettibilmente e più importante inspiegabilmente.
-non lo voleva. Era turbato dalla tua fuga e poi da quello che è
successo con il branco. Dal fatto che non è riuscito ad essere un buon padre,
come io non sono riuscita ad essere una buona madre. Fatto sta che mi ha
pregato di abortire dicendo che non avrebbe sopportato di rovinare la vita ad
un altro figlio. Dicendo che suo figlio lo odiava, sua figlia ancor di più e un
terzo sarebbe stato l’errore più grande della sua vita. Io non volevo farlo, mi
capisci? Non riuscivo a liberarmene come se niente fosse, facendo finta che non
fosse mai arrivato.- scosse la testa guardandomi supplichevole e aspettando
disperatamente un intervento.
Io dal canto mio ero immobile in ascolto, chiedendomi perché la
mia vita fosse così sbagliata, se UNA delle decisioni che avevo preso fosse
giusta. Capendo che non avrebbe ricevuto risposta proseguì
-gli dissi che volevo tenerlo, che non mi avrebbe fatto cambiare
idea per nessuna ragione al mondo. Lui allora disse che doveva schiarirsi le
idee e andò a fare una corsa con Seth che lo seguì per farlo ragionare ma ci fu
un problema, una.. disgrazia…- la sua voce si fece rotta e i suoi occhi lucidi
tanto che dovette asciugarsi qualche lacrima. Ian gli posò una mano sulla
spalla ed io, forse insensibile, forse ansiosa, la incitai a continuare.
-furono attaccati da un gruppo limitato di neonati 4, 5 al massimo
ma come sai sono vampiri al pieno delle loro forze e dopo averne fatto fuori
uno, Seth è stato mandato via da Jake. Non a chiamare aiuto, solo in cerca di
un riparo dicendogli che era troppo giovane, e lasciandogli detto che l’alfa di
questo branco… sei tu- disse con gli occhi colmi di lacrime e le labbra
forzatamente piegate in un sorriso.
-dov’è papà?- chiesi non ingenua solo incapace di credere nella
realtà che tutt’un tratto mi era stata sbattuta in faccia.
-papà si è battuto bene, li ha uccisi tutti lasciandone i resti
cosicché noi avessimo modo di bruciarli. Purtroppo però lui non ce l’ha fatta-
sussurrò scoppiando in un pianto isterico con la testa tra le mani. Ian strinse
con forza il palmo della sua mano contro il suo e scrutò nei miei occhi una
reazione che non arrivò.
Guardavo un punto fisso davanti a me con la bocca schiusa come per
dire qualcosa ma dalle labbra non usciva nessun suono. Non sentivo lacrime da
gettare anche se un colpo sordo all’anima mi trafisse come carbone ardente. Gli
occhi asciutti, secchi, forse scarichi. Stanchi di piangere per qualcosa che
non tornerà. A che serve piangere? Piangere non riporta gli amori finiti, gli
errori commessi, le scelte non compiute. Adesso non avevo più lacrime, né per
lui né per una vita che mi stava scivolando dalle mani come olio. Una vita che
sfuggiva dalla mia presa crollando precipitosamente.
Mi alzai di scatto ignorando i continui richiami di Ian che
rassegnato era rimasto seduto accanto a Renesmee.
-che vuoi fare?- chiese con un sospiro rauco passandosi una mano
tra i capelli ramati. Io scossi la testa incapace di pronunciare parole di
senso compiuto. Neanche una lacrima mi varcò il viso, neppure una e la
frustrazione cresceva a vista d’occhio. Tenevo tutto dentro e sperai di
scoppiare da un momento all’altro come succede dopo una notizia simile ma non
ci riuscivo.
In quel momento c’era solo una persona che sarebbe riuscita a
rendere tutto meno difficile ma anche quella non era più con me, neanche quella
sarebbe tornata. Niente era più come
prima. Mi chiesi se non avessi incontrato Alec adesso come sarebbe la mia vita
ma rabbrividii all’idea. Se pur freddo e indifferente qual’era, lo amavo con
tutta me stessa. Amavo ogni suo gesto odiando ogni suo sguardo. M’imponevo di
amare il suo ricordo costringendomi a non odiare ciò che era diventato.
Proprio ora che avevo bisogno di lui non c’era altro che il
ghiaccio della sua pelle perfetta, immutabile; il gelo dei suoi sguardi di
sangue. I suoi occhi “neri” erano stati sostituiti
dai veri occhi cremisi. Le lenti a contatto eliminate e l’orrore di quegli
occhi di fuoco venuti ad invadermi.
Il vento s’imbatteva furioso contro la mia pelle chiara, i miei
vestiti – una maglia a girocollo nera come la pece e un paio di vecchi Jeans-
venivano sfregati dalla rabbia del vento. Il mare era agitato, le onde
s’infrangevano rapide sugli scogli e seduto su uno di questi vidi un ragazzo,
dal portamento fiero e lo sguardo fisso sull’orizzonte.
Mi avvicinai a passo svelto e non me ne accorsi neppure quando
cominciai a correre. Le gambe andavano libere e la mia mente per un attimo si
oscurò completamente, tutto ciò che di doloroso mi era capitato negli ultimi anni fu celato da un sottilissimo strato
di serenità, talmente sottile da non riuscire neppure a farmi sorridere.
-Seth!- lo chiamai a gran voce ma appena si voltò, sgranando gli
occhi, verso di me, mi fermai di colpo. Era stata l’idea più stupida che mi
fosse mai venuta in mente a causa della fitta al cuore che provai non appena
riconobbi un lampo di tristezza e rimpianto attraversare i suoi occhi castani.
Sorrise appena, capendo il mio stato d’animo ma mi sentii uno schifo.
Ero stata ingiusta con lui e adesso andavo a chiedere.. che cosa?
Cosa pretendevo da lui? Il suo perdono? Piuttosto lo avrei implorato di
perdonarmi ma non avrei preteso più nulla.
-Bella- mi salutò con poco entusiasmo e con il sorriso che si
faceva via via più fittizio. Sorrisi mesta e mi avvicinai.
Mi aiutò con una mano a salire sullo scoglio e non appena mi
sfiorò antichi ricordi riaffiorarono vivi nella mia mente ed essa li incitava a
torturarmi così da farmi capire ciò che era meglio per me, ma il mio cuore
rinnegava questa verità.
Il mio cuore, pazzo e determinato, non riconosceva in Seth la
scelta più felice, solo la più corretta. Però non sempre è facile prendere la
scelta più giusta se non è ciò che vuoi.
Lui, cortese, mi fece accomodare al suo fianco con un falso
sorriso che non riusciva a nascondere il suo tremendo dolore.
-come mai da queste parti?- chiese per rompere il silenzio che si
era fatto pesante. Mi morsi il labbro e cercai di essere convincente
-passata per una visita- lui inarcò un sopracciglio e mi lanciò
un’occhiata che riusciva sempre a mettere a nudo i miei sentimenti.
-okay…- risposi rassegnata al suo sguardo penetrante.
-Seth, la mia vita è un casino. Ti giuro che non so più cosa
pensare. Avevo bisogno di parlare con te, con Ian. Sono contenta che tu non mi
abbia urlato in faccia e poi arrivata qui vengo a sapere cose sconvolgenti e
che mio padre ha lasciato a me le redini di tutto. A me!! Capisci??-
Lui annuì comprensivo e lasciò che mi sfogassi ancora un po’.
-e poi quel bambino! Non mi faccio vedere due anni e qui succede
il pandemonio! Io non ho la forza di affrontare tutto da sola!- sentivo le
lacrime pizzicarmi gli occhi ma continuavo a ignorarle e orgogliosa com’ero non
riuscivo a pensare di piangere davanti a Seth.. il mio Seth. Fin da piccola l’avevo adorato, ma allora era diverso,
meno impegnativo, solo era il mio cucciolo. Era il ragazzo che dava tutto per
proteggermi senza averne il dovere.
-Seth, credimi…- lo implorai. Lui stette in ascolto guardandomi
quasi speranzoso.
-ti ho amato..davvero! Solo adesso non sono più una bambina, ho
allargato i miei orizzonti e ho incontrato Alec solo.. non provavo più lo
stesso per te ma questo non vuol dire che ti ho cancellato. Questo no, mai. Però
non guardarmi con quell’aria e non illuderti con false speranze. Non torneremo
mai insieme, però ho bisogno di te-.
-d’accordo, non voglio fare la vittima- cominciò lui senza
staccarmi gli occhi di dosso.
-ho avuto l’imprinting, con te. Non te l’ho mai detto non
volendoti vedere delusa perché sapevo cosa pensavi dei tuoi genitori, del loro amore
finto ma io sono convinto… di amarti davvero.
Sono convinto che questo non cambi nulla…-
Non so, qualcosa dentro di me si ruppe. Era come se il mondo
intorno a me cominciò a tremare, la realtà si mescolò per un attimo ai sogni e
mi sembrò di affogare in un turbine di confusione. I punti fermi della mia vita
sembravano crollare lentamente, come una persistente agonia, ed io, impotente,
potevo solo assistere alla distruzione di ciò che da sempre avevo creduto
intoccabile.
La sua voce non riusciva più a sfiorarmi, il suo tono arrivava a
stento al mio orecchio e riuscivo a percepirlo unicamente come un ronzio
sommesso e fastidioso, mentre i sensi erano ovattati da un dolore acuto che
colpì violentemente il petto, all’altezza del cuore.
senza averne il dovere, senza averne il dovere, senza averne il dovere.
Continuavo a ripetermi instancabilmente sperando che questo
ricomponesse i pezzi del puzzle andato distrutto, rovinato sul pavimento. Ne
cercavo disperatamente i pezzi mancanti ma non c’era traccia di essi, lottavo
contro me stessa per ricomporre le ferite del mio cuore, ma era impossibile
ingessarlo, era impossibile recuperare ciò che era andato perduto.
Soffocai un gemito piegandomi in avanti costernata. Boccheggiai in
cerca d’aria e tossi dolorosamente, sentivo qualcosa trattenermi prima di
schiantarmi contro la sabbia. Scuotevo istericamente la testa e continuavo a
protendermi verso i granuli caldi e rossicci che mi chiamavano.
-bella! Bella!-
Chiusi gli occhi e cercai di concentrarmi sulle braccia, provai a
muoverle ma il corpo era paralizzato, immobile lottava contro una forza
sconosciuta che tentava invano di farlo rilassare. Gli occhi aperti erano appannati
e fissavano un punto indefinito di quello che stimai fosse l’orizzonte vedendo
solamente un infinito buio.
Poi un bruciore pizzicò la guancia e rinsavii respirando a fatica
e aggrappandomi alle sue spalle larghe.
-bella- mormorò al mio orecchio baciandone teneramente il lobo. A
contatto con le sue labbra bollenti, cariche di emozioni, sperai di reagire con
apatia, ma mi sbagliai. Il dolore s’impossessò del mio cuore ferendo e
distruggendo tutto le barriere che avevo creato.
I ricordi si fecero vivi e taglienti e la sofferenza dei suoi
occhi castani mi riempiva di rabbia, ero in collera contro me stessa, odiandomi
per essere stata tanto egoista ma, ormai, era troppo tardi.
Il mio cuore, il mio essere e tutta me stessa appartenevano ad
Alec, che ricambiasse o no.
-scusa per lo schiaffo bella- disse imbarazzato. Io scossi la
testa più lucida chiedendomi come facesse la vita a cambiare radicalmente nel
giro di soli 2 anni.
-mi sono preoccupato, non rispondevi…- disse ansioso tenendo
stretto il mio mento tra il suo pollice e l’indice.
-non hai un bel colorito- costatò nervoso.
Feci un passò indietro e sospirai, mi morsi con ardore il labbro
inferiore e parlai
-Seth..- un altro profondo respiro e ripresi
-no.-
-no?- domandò perplesso inclinando la testa di lato. Chiusi gli
occhi
-no, non mi aiuti così. Non posso rimanere. Non posso prendere le
redini di un branco ed… è troppo tardi!- scandii le parole finali riversando la
rabbia verso mio padre su di lui.
Abbassò lo sguardo ed io proseguii
-io sono venuta! Sono venuta e sono stata rispedita dai Volturi e
sai una cosa? In quell’occasione, solo in
quell’occasione, mi sono chiesta che differenza c’era tra la mia famiglia e
loro. Entrambi fanno ciò che gioca a loro vantaggio e né Aro né voi amate
abbastanza da rinunciare ad orgoglio, pregiudizi e odio-. Strillai isterica.
-lo so- mormorò mesto.
-non rimarrò qui! Né per Renes… mia madre, né per Ian, né per
Edward- rabbrividii ancora sconvolta sputando le parole come fossero veleno.
-né per te- dissi, a voce più bassa trovando il coraggio di
guardare i suoi occhi tristi.
-so anche questo- sorrise afflitto.
-sono stato con te, anche se non riuscivi a vedermi, ero con te.
C’ero quando ti allenavi con quel succh.. con lui, c’ero quando lo facevi con Phoseidon, c’ero la sera del tuo
compleanno, la mattina alla tua partenza anche se non immaginavo saresti più
venuta- disse stringendosi nelle spalle e afferrando con delicatezza il mio
braccio spaventato dall’idea che potessi andare via.
Io ero stupita, sorpresa, angosciata e adirata dalle sue parole.
Mi aveva seguita, spiata, ma d’altronde lui
c’era, nei momenti tristi come in quelli felici non demordeva e rimaneva al
mio fianco.
Soffriva in silenzio quando io sorridevo raggiante ad un futuro di
cui lui non faceva parte come soffriva in silenzio quando piangevo a causa
dello stesso futuro che però in questa triste prospettiva finiva incenerito in
un cumulo di dolore, un futuro da cui lui
si era tirato fuori.
Seth però
era sempre lì.
SPAZIO
AUTRICE!! (PS. Io sempre insieme alle mie strambe scritture.. secondo me due
capitoli scritti uguali non ci sono XD)
Ringrazio
tutti quelli che sono rimasti J sul serio! Grazie mille per la
pazienza, non so cosa avrei fatto senza di voi! <3
Anche
se quasi nessuno recensisce, (io continuo a non perdermi d’animo) vi ringrazio
di cuore, anche perché leggete ma non riesco davvero a capire perché dopo
esservi accollati di leggere un capitolo lungo non scrivete due parole in una
recensione. Non voglio condannare nessuno solo a volte me lo chiedo. Anche
perché mi va bene pure: fa schifo. (certo sarebbe meglio sapere il perché ma
almeno saprei che non è piaciuto!XD) Spero che in questo aumentino ma non mi
scordo di ringraziare qualcuno di importante per me e per mantenere la storia
:D
cochi:grazie
J sono contenta che ti piace la storia, che ne
pensi di questo?
LunaCullen:
vedi? Anche se ti ho risposto si va di bene in meglio XD anche questo capitolo
vedi che è drammatico XD lei è depressa. Cavolo la sua vita sta crollando pezzo
dopo pezzo: Alec, Edward, Jacob, Seth, aver lasciato Leon e Phoseidon… vorrei
tanto sapere che ne pensi di questo ;)
RINGRAZIO CHI HA MESSO QUESTA STORIA TRA LE PREFERITE …
Correvo nel fango abbattendo le zampe al suolo e schizzando
terra sul mio manto incrostato. La pioggia scrosciante batteva contro le mie
orecchie ripiegate, scossi il manto e parecchia acqua cadde al suolo. Tenevo
gli occhi chiusi e la mente arginata in un gomitolo di pensieri di cui solo uno
contava: Noelle.
Graffiai il terreno e uggiolai in preda ad una crisi
accelerando il passo e sbattendo volutamente con violenza contro il tronco
robusto di un albero. Lo guardai adirata sentendo il mio cuore palpitare smanioso
nel petto e il respiro affannato spezzarsi per la stanchezza.
Avanzavo da ore senza pause e stavo crollando per la
stanchezza, smisi di vedere il tronco e il viso della mia bambina si stagliò al
centro dei miei pensieri come la luce rende l’ombra un fastidioso contorno.
Appoggiai il muso ad una pozzanghera bagnandomi il naso e
poi lo alzai, rivolto al sole che debole lasciava al freddo spazio per
avanzare. Cominciai a gorgogliare e pigolare seduta sulle gambe posteriori
quando un ululato mi fece sussultare. Un grosso, enorme lupo bruno avanzava,
gli occhi azzurrini, vacui, quasi trasparenti.
Chiusi gli occhi e mi avvicinai al lupo che con espressione
mesta fece per andarsene. Quasi mi misi a correre per fermarlo e gli morsi
l’orecchio tirandolo con forza fino a farlo brontolare dal forte dolore.
Ero stanca, infinitamente stanca e quell’atto mi fece
crollare caddi sul fianco mentre sentivo la trasformazione inversa che avveniva
in fretta, le ossa tornavano umane e i lineamenti femminili. Chiusi gli occhi
già incosciente quando due braccia forti mi presero in braccio.
***
Aprii un occhio e scoprii di trovarmi nella piccola dimora
di Phoseidon, lui stava riflettendo seduto su una sedia vicina al letto che era
appartenuto ad Isabella. Si grattava la barba stranamente curata mettendo
l’altra mano tra i capelli scuri.
-Phos- mormorai con voce impastata dal sonno, lui alzò gli
occhi su di me e dopo un espressione vagamente sollevata mi fissò severo.
-ti senti una bambina, Seelen?- domandò burbero voltandosi
nuovamente. Abbassai lo sguardo sulle lenzuola che mi coprivano e sentii di
indossare una vestaglia leggera legata alla vita con una cinta di tessuto e mi
coprii il viso con le mani dall’imbarazzo. Le guancie s’incendiarono e le
labbra cominciarono a tremare timide.
-scu..scusa- risposi balbettando. Lui si avvicinò e si
sedette sulla sponda del letto tastando la mia temperatura con il dorso della
mano e poi portandosela al viso.
-hai un accenno di febbre nulla di grave, potrai
andare…mmm…dopo un'altra bella dormita, c’è qualche abito di Bella che penso
dovrebbe venirti nell’armadio- disse e fece per andarsene quando gli chiusi le
dita sul polso trattenendolo. Lui si voltò giusto in tempo da permettermi di
farlo senza pensare.
Non volevo ragionare sulle conseguenze, volevo solo farlo, e
se qualcosa viene da dentro è una forza maggiore di cento mila menti razionali
pur non essendolo affatto.
Premetti le mie labbra contro le sue stringendo le braccia
sulle sue spalle e schiusi le labbra incurante del resto del mondo, pretendendo
di più. Lui colto alla sprovvista spalancò gli occhi ma non mi respinse solo le
mie labbra dovettero guidare le sue in un bacio intriso di passione sfrenata.
Le lingue che s’intrecciavano e le mie gambe che si attorcigliarono intorno
alla sua vita. le sue mani affondate tra i miei capelli e il corpo che bramava
un contatto più profondo.
-Seelen - mormorò per divincolarsi senza averne la minima
intenzione non appena le nostre bocche ricominciarono a respirare
affannosamente. Io con gli occhi chiusi ignorai le suo parole rimanendo
immobile, non avrei sopportato una delusione, non un’altra…
Mi poggiò con cura sul letto sciogliendo le mie gambe dal
suo corpo ma continuando a premere le sue mani sulla mia schiena e tenendo il
viso a pochi centimetri dal mio. Sbirciai con un occhio la sua espressione e
nonostante stesse solo accennando un sorriso i suoi occhi mostravano felicità.
-non possiamo- disse poi, in tono pacato perdendo però la
sua contentezza. Io mi lasciai scivolare sotto le lenzuola con gli occhi
serrati e tirai le coperte fin quando pur riaprendoli non avrei visto altro che
bianco.
Lui continuava a tenere una mano sul mio fianco ma guardava
perplesso il muro non sapendo bene come comportarsi.
-aiutami a riprendere mia figlia- chiesi in un sussurro per
cancellare dalla mia mente quel meraviglioso bacio. Intanto non sapevo che
pensare, non lo avevo mai amato o quantomeno non avevo mai creduto di provare
qualcosa per lui ma questa volta era stato un impulso irrefrenabile, una voglia
incontrollata, un desiderio implacabile di sfidare le sue labbra morbide.
-Seelen, non posso aiutarti a cercare tua figlia- mormorò
tanto vicino al mio orecchio. Sposto il viso davanti a me e da sotto il
lenzuolo potevo intravedere il suo corpo, o quantomeno l’ombra di esso, chino
su di me e il suo viso molto vicino al mio, solo un sottilissimo lenzuolo a
separare le nostre labbra, era l’unico ostacolo ad impedire un contatto fisico.
-allora vuol dire che andrò- dissi con voce malferma e poco
convinta sentendo il suo calore troppo vicino. Avvicinò il viso ancora un po’ e
parlo ma questa volta sentivo il calore del suo alito sul lenzuolo, il suo
respiro regolare, il battito accelerato del cuore che martellava nella gabbia
toracica.
-ah, si?- domandò perfido. Io scossi la testa per poi
annuire e ricambiare idea. Poi parlai confusamente
-si…no…no… si- l’ultimo monosillabo era stato fermo e deciso
ma balbettare e confondersi giocavano a suo vantaggio.
-togliti questo lenzuolo dalla faccia- disse divertito
provando a calarlo ma io misi forza e riuscì a liberare solo ciocche di capelli
sparsi per il cuscino. Ne prese una e se la rigirò tra le mani tentando
l’instabile decisione della mia testa.
-okay- disse con un misto tra l’abbattuto e il duro. Si
allontanò e d’un tratto sentii freddo, un vento gelido che mi pervadeva la
pelle.
-aspetta- dissi titubante abbassando il lenzuolo. Lui scosse
la testa e si alzò in piedi.
-non siamo bambini Seelen, non possiamo stare insieme, tu
fai parte di un branco non puoi… io sono un traditore, io non ho scelto NESSUN
branco e non è lecito. Alzati, vestiti e riparliamo di tua figlia nell’altra
stanza- disse serio e triste.
Stavo per ribattere quando giunsi alla conclusione che aveva
ragione. Non potevamo, era impossibile e soprattutto illecito. Ero sempre stata
sfortunata in amore e portata a tutto ciò che potesse essere pericoloso ed
eccitante al tempo stesso ma sarebbe stato troppo.
Sarebbe un infrazione grave e la pena sarebbe potuta essere
la morte dell’uomo e non potevo permetterlo. Infondo, pur non sapendo cosa
fosse davvero l’amore, gli volevo bene, questo era tutto ciò di cui ero sicura.
Non avrei mai messo a repentaglio la sua vita. lui si voltò
di spalle e s’indirizzò verso la porta. Indossava una camicia nera con i primi
tre bottoni sbottonati e un paio di jeans scuri accompagnati da un vecchio paio
di scarpe da ginnastica che stonavano con l’abbigliamento vagamente elegante.
-Phos- lo chiamai. Lui si voltò e ne approfittai per
affogare nei suoi occhi ipnotici, così intrisi di emozioni contrastanti quando
la sua voce mi fece tornare con i piedi per terra.
-si?-
-grazie- non ringraziavo certo per l’ospitalità, né per
avermi dato dei vestiti, solo per avermi fatto sentire viva come non mi sentivo
da tempo. Lui sorrise con aria triste e senza rispondere uscì dalla porta.
Affondai il capo nel cuscino e misi le mani alla faccia. Sfilai il cuscino da
sotto e lo premetti sul viso urlando sottovoce, con l’isteria soffocata da un
maledetto cuscino.
Pochi attimi dopo, essendomi calmata e ritrovata la
lucidità, mi alzai, mi avvicinai all’armadio se così poteva essere definito e
scelsi qualcosa.
Mi sfilai di dosso la vestaglia lasciandola ricadere morbida
sul pavimento in legno e presi per prima cosa della biancheria intima neutra
poi misi un maglione rosso e un paio di pantaloni stretti color canna di
fucile.
Diedi una ravvivata ai capelli aggiustandoli brevemente e mi
diedi due buffetti sulle guancie per svegliarmi del tutto.
Dopo aver poggiato sul letto la vestaglia m’addentrai nella
camera dove mi aspettava Phoseidon, a piedi scalzi mi sedetti sulla poltrona
mentre lui stava a riflettere spaparanzato sul divano rosso. Il camino acceso
fiammeggiava in un angolo rendendo l’ambiente caldo e confortevole e mentre le
fiamme scintillavano io fissavo il volto corrucciato del licantropo.
-non posso aiutarti, capisci? Se mi faccio dei nemici tra i
branchi sono morto. Non c’è nessuno che penserebbe a difendere me, in caso si
infuriassero e dopo avermi fatto fuori si giustificheranno, affermando che sono
nient’altro che un traditore, ho tradito il DNA dei licantropi, la loro innata
dote di unirsi in branchi fraterni e nessuno penserà più all’accaduto. Saranno
giustificati, capisci?-
Io continuavo a osservare con minuziosità le parti che
componevano il suo viso, i lineamenti, il taglio degli occhi, le rughette che
gli si formavano alle estremità di essi quando rideva se pur ironico o mesto, o
quelle della fronte quando rifletteva. Le sopracciglia folte, il naso dritto le
labbra piene…
-Seelen!- mi richiamò all’attenzione ed io annuii d’accordo
con il suo discorso solo incapace di staccare lo sguardo come se in un momento
qualcosa sarebbe potuta cambiare, in un istante la perfezione sarebbe potuta
svanire.
-si, scusa, hai ragione- dissi a testa bassa incrociando con
lo sguardo il tessuto del tappeto. Lui incontrò a fatica il mio sguardo e mi
sorrise incoraggiante, io scossi la testa eparlai velocemente.
-Scusa. Non avrei dovuto farlo, sono una stu…- lui mi zittì
alzandosi e poggiandomi un dito tra le labbra, io chiusi gli occhi e impressi
il tocco nella mia mente.
-non dir così. È la cosa più bella che mi sia successa negli
ultimi tempi però… è impossibile, credimi lo rifarei altre cento volte se fosse
lecito. Adesso vai, la tua bimba ti aspetta- mormorò con un sorriso mesto a
fior di labbra, voltandosi.
Mi issai in piedi e chiusi le dita sulla sua spalla
costringendolo a voltarsi, gli sorrisi e poggiai la guancia sul suo petto
allacciandogli le braccia al collo. Lui mi strinse esitante con una mano
avvicinando il mio corpo magro al suo.
-grazie- sibilai a voce bassissima e baciato
impercettibilmente il tessuto della sua maglia mi staccai e feci per andarmene.
-sta attenta- mi raccomandò preoccupata. Sorrisi e gli
strizzai l’occhio destro.
Lui andò in camera sua quando io cominciai a spogliarmi, davanti
all’uscio. Legai i vestiti alla caviglia,indietreggiai e mi trasformai, spalancando in seguito la porta già
socchiusa.
Cominciai a correre sotto la perpetua pioggia stringendo i
denti per il freddo boia, il pelo biondiccio cominciava ad inzupparsi e ad ogni
metro scuotevo il capo per vedere meglio davanti a me, con l’acqua che
inumidiva gli occhi.
Così a testa alta potei far scivolare lungo il muso lacrime
di una gioia negata, lacrime per un cuore sanguinante e irreparabile. Era
risaputo che con l’amore non avevo mai avuto fortuna, brutti momenti della mia
vita corsero subito alla mia mente…
-Vattene-
ringhiò a bocca socchiusa, aprii gli occhi spaesata con i muscoli ancora
addormentati. Fuori l’albeggiare dimostrava che per me era ancora presto. Il sonno
appiccicava gli occhi e ritardava i riflessi rendendomi confusa.
Marcus
mi aveva tolto di dosso le coperte e stava mettendo a soqquadro la mia camera
cacciando dentro una secca alcuni miei vestiti e qualcosa della bambina.
-Marck,
che stai…?- chiesi con voce impastata. Lui scosse il capo brontolando qualcosa
che non capivo a labbra socchiuse, l’espressione rapace in volto, gli occhi
ispidi. Le mani correvano veloci, indaffarate. Una voce in corridoio mi fece
voltare verso la porta semi-chiusa.
Balzai
in piedi e la chiusi con un calcio. Lui incurante, continuava a prelevare roba
nostra. La bimba si muoveva docile nel sonno. Le guance rosate, le labbra
piegate in un involontario e tenero sorrisino. I capelli biondo cenere le
cascavano sugli occhi chiusi.
-Marcus,
si può sapere che ti succede?- domandai al culmine della pazienza. Ero irata e
non avrei aspettato un minuto di più.
-dovete
andare via- sibilò minaccioso. Io sgranai gli occhi sorpresa e lo inchiodai con
lo sguardo pretendendo una spiegazione.
-perché?-
chiesi poi per incitarlo a darmi una risposta. Lui scosse la testa di nuovo
corrucciandosi in chissà quali pensieri.
-hanno
dei sospetti, dovete andare via- rispose solamente. Io impuntai i piedi ringhiando
sommessamente alla sua schiena coperta da un lungo mantello nero.
-non
puoi farci andare via- sputai fra i denti a bassa voce stringendo i pugni. Lui,
senza voltarsi, ringhiò a sua volta, minaccioso ed attraente come sempre per
accelerare i tempi.
-prendi
la bambina- disse cupo.
-sta
zitto- lo avvertii alzando di un ottava la voce. Noelle si mosse nel lettino e
io mi morsi il labbro per continuare a voce più bassa.
-se mi
ami, se mi hai amato, devi farci
rimanere- sibilai in preda all’ansia e ad un’ondata di collera. Lui ringhiò e
si voltò a guardarmi con occhi ispidi.
-Seelen,
ti conviene prendere la tua roba e andare via- mormorò ritrovando compostezza.
Io lo guardai con un odio furibondo e gli fermai il braccio con il quale si
dava da fare. Lui si bloccò di colpo e i miei occhi incontravano i suoi pozzi
di sangue e per un attimo scordai la rabbia. Mi alzai lentamente in punta di
piedi e avvicinai ilmio viso al suo ma
fui respinta bruscamente.
Con il
braccio mi spinse via e una lacrima mi percorse il viso.
-Marck…-
sussurrai.
-dobbiamo
affrontare la cosa..lo so che è difficile, lo so che i tuoi fratelli non
approverebbero ma…- cominciai tra i singhiozzi a stento frenati. Lui mi mise a
tacere con un gesto della mano e con decisione m’indicò la finestra con lo
sguardo. Ci voltammo entrambi a guardare la stessa direzione e scorgemmo un
magnifico cielo azzurro ad attenderci.
-non è
questo, non voglio affrontare la
cosa, non ne vale..la pena- lo
guardai esterrefatta con una mano alla bocca per non urlare, con le dita chiuse
e le nocche lattiginose, le spalle ricurve e gli occhi tristi ed indagatori.
Cercavo nel suo sguardo qualcosa che potesse tradire quell’ostentata
risoluzione, qualcosa che mi dicesse di rimanere, qualcosa che mi assicurasse
che il suo amore era ancora presente.
-adesso
andate via, dalla finestra. Magari fra qualche anno, quando i sospetti saranno
svaniti potrei rivedere la bam…-
-non
dire “bambina”!- urlai oltraggiosa con gli occhi gonfi e le lacrime che
scendevano a ridotto. Il suo sguardo non vacillò, la sua sicurezza non crollò,
forse se lo aspettava.
-non ci
rivedrai mai più- dissi sicura delle mie parole e con una triste risolutezza.
Mi sporsi verso la bimba e la presi in braccio, lei si accovacciò tra le mie
braccia e affondò il viso addormentato sulla mia spalla. Presi la sacca dalle
sue mani e ringhiai come per dire “non finisce qui, nessuno ferisce il mio
orgoglio, nessuno.”
Ero arrivata ai margini della riserva dei Quiliute, miravo l’ampia
spiaggia, e lì seduti su uno scoglio Isabella Black e un ragazzo
chiacchieravano tristi. Più in là un bambino era seduto in riva alla spiaggia,
con le onde che gli lambivano i palmi dei piedi.
-Ed- lo chiamò a gran voce una ragazzina che dimostrava ormai
dodici anni. Si sbracciava per attirare l’attenzione del piccolo che si era
voltato e sorrideva sincero. I due conversatori furono distratti dalla chiamata
della giovane e sul sorriso del ragazzo si stagliò un tenero ed affettuoso
sorriso.
Non appena la riconobbi il cuore quasi smise di battere prima di
pompare smaniosamente ad una velocità incredibile. I capelli corti alle spalle
erano cresciuti e le ricadevano morbidi sulle scapole e oltre, gli occhi accesi
d’entusiasmo di un verde meraviglioso. I lineamenti più maturi e la corporatura
più sviluppata, il seno poco pronunciato ma in crescita. Le guance magre ma
rosate, le braccia esili.
Sgranai gli occhi e mi trasformai dietro i cespugli e senza
staccarle gli occhi di dosso cominciai a vestirmi. Lei si avvicinava correndo
alla riva non prima di aver rivolto un largo sorriso in risposta al giovane.
-Noelle!- il mio richiamo ruppe l’equilibrio della situazione,
esso s’infranse rompendo la perfezione. Rimasi a braccia spalancate lontana da
lei mentre tutti gli occhi si puntavano su di me. Bella spalancò gli occhi
sorpresa e la paura di ciò che sarebbe successo le attraversò le iridi color
cioccolato. Io non sapevo cosa sarebbe accaduto e non volevo saperlo, stavo lì
in attesa a braccia aperte mentre lei si era voltata verso di me cercando di inquadrarmi.
-chi sei!?- tuonò il ragazzo issandosi di scatto e venendo avanti
a grandi falcate con Bella che gli andava dietro tenendo a stento il passo. Si
fermò solo quando fu posizionato in contrapposizione tra me e la mia bimba.
-è la madre- sentii mormorare la fanciulla al suo fianco. I suoi
occhi si dilaniarono prima di infuriarsi e guardarmi spregevole.
-ma..mamma?- domandò perplessa Noelle lanciandomi una lunga
occhiata, sorrisi piena d’amore per rassicurarla, fece un passo avanti mentre
il sorriso le solcava il viso sempre più infondo. I passi divennero una
corsetta verso le mie braccia aperte a lei ma il ragazzo, più simile ad un uomo
cominciava a tremare scosso da violenti spasmi d’ira.
Il petto si alzava e si abbassava a ritmo incontrollato ma l’unica
cosa che osservavo era la mia bimba che si stava trasformando in una donnetta,
la mia bimba che avevo lasciato qualche anno prima impossibilitata a
riprenderla e che adesso, ricordatasi di fatti ed episodi mi veniva incontro
correndo e urlando.
-Seth!- urlò Bella spostandosi di qualche centimetro dal suo
braccio tremante, lui l’espressione furente in viso mi guardava arcigno. Mentre
stringevo in un abbraccio, quello più significativo della mia vita, la sola
ragione della mia esistenza a qualche decina di metri da noi vidi Bella
poggiare una mano sulla sua spalla e intrappolare le sue labbra alle proprie.
Spazio
autrice:
Mary_Whitlock:
a te ho già dato una luuuunga risposta mentre adesso ti dico solo che ti voglio
tanto bene e sono davvero felice di averti conosciuto! (se pur non di presenza,
la tua amica di penna =) XD) grazie mille dei complimenti come sempre ;D
Alexus_alec:
ehi! Aleeeee! Grazie millee! Sono felicissima di sentire le tue opinioni anche
se già sentite mille volte al telefono, sono felice che tu sia una delle mie
migliori amiche un bacio ancora!! =) ti voglio tanto bene
Poi
ringrazio tuttiiiii gli altri anche se ci sono rimasta male per il costante
numero scarso di recenzioni…=(… cmq grazie per averla messa tra preferite e
seguite o storie da ricordare!
Ringrazio
tutti quanti e spero che a voi vada tutto bene, per interagire vi faccio una
domanda semplice, come state?? Se volete parlare un po’ in una recensione
prometto di rispondere se no nulla, non preoccupatevi
Le sue labbra si muovevano veloci sulle mie, morbide e
carnose guidavano agili le mie. Il bacio innocuo si trasformò in un agglomerato
di sentimenti e passione che mi travolse inaspettato. La sua lingua che danzava
con la mia mentre la mente si disperata cercando un altro uomo.
Le sue mani s’insinuarono sotto la mia maglia mentre con un
braccio mi sollevo dalla sabbia, scossi la testa cercando invano di
divincolarmi dalla sua presa d’acciaio. Lui mollò lentamente la presa
poggiandomi con delicatezza, tenendo gli occhi chiusi e un espressione
sofferente in viso come se volesse assaporare tristemente ogni secondo.
-Seth, scusa - mormorai con un
filo di voce. Lui inarcò verso il basso gli angoli della bocca e un brivido gli percorse le spalle muscolose. Io tenevo ancora
le braccia a circondargli il collo quando decisi di sciogliere la presa.
Lui aprì gli occhi e osservò con le iridi annacquate e
gonfie di lacrime, la bimba che allegra ricambiava la stretta della madre.
Piano, piano il suo sguardo si posò nuovamente su di me e schiuse le labbra
ancora frementi per poi richiuderle senza aver proferito parola.
-Seth - mormorai di nuovo
accarezzandogli una guancia e costringendolo a guardarmi, gli occhi gli
brillavano, non per la felicità ma per la tristezza che cercava subdola di
spinger fuori le sue lacrime.
-io…io..ti
amo..- balbettò scuotendo la testa per respingere le lacrime.
-tu... tu ti stai solo prendendo gioco di me!- ringhiò poi
furioso in preda allo sconforto. Si allontanò brusco da me e mi guardò astioso.
La ragazzina trotterellando si avvicinò a lui ma un suo sguardo agghiacciante
la fece tremare e frenare di colpo.
Schiusi le labbra ma preferii
rimanere in silenzio. Lui mi guardò aspettandosi una scusa, aspettando
da me quelle maledette tre parole! Ma stetti zitta e
continuai a fissarlo con un misto di dolore e paura.
-perché non capisci! Nel tuo mondo esisti solo tu, tu e
nessun altro, i tuoi problemi più gravi di quelli degli altri, i tuoi
sentimenti più importanti, i tuoi respiri essenziali per la regolarità della
vita su questo dannatissimo pianeta!-
-Seth non è vero! M’importa di..- cominciai con le lacrime che bruciavano agli occhi.
-di..di..di chi? Di quel tuo
amichetto? Di me? Di tuo padre?- urlò
sarcastico e acido. Le parole mi trafissero come lame, la mia mente quasi si
annebbiò ma non sarei svenuta.
Non riuscivo a sopportare quella situazione, probabilmente
era vero, probabilmente ero solo un’egoista, ma non riuscivo a sentire quel
peso addosso. Chiusi gli occhi e risposi solamente
-mi dispiace averti fatto soffrire-
Tutt’un tratto cominciai a correre
a perdifiato e mi trasformai in corsa mentre lui mi gridava dietro per
convincermi a fermarmi prima di seguirmi. Con velocità si trasformò anche lui e
saettò insieme a me nel bosco, pronto a frenare la mia
traversata.
Respirai l’aria satura di muschio e salsedine e aumentai la
velocità quando la sua carcassa mi cadde sulla schiena gettandomi sul terreno.
Rotolai con lui per qualche piede prima di ringhiare e scrollarmelo di dosso
con una testata.
Lui mi guardò supplichevole ponendosi di fronte a me, ma
subito dopo la sua maschera si fece di ghiaccio, gli occhi furiosi e delusi.
Saltò dietro un cespuglio e titubante rimasi al mio posto, seduta con lo
sguardo rivolto al cielo.
Una lacrima percorse il mio muso gocciolando sul terriccio
che attutì il frastuono del mio cuore che si sgretolava sempre più.
Tornò qualche momento più tardi con addosso
i pantaloni che aveva fatto in tempo a legarsi alla caviglia. Mi si fece
vicino rabbioso ma io non mi mossi, tenni il suo
sguardo senza espressione sul volto, solo desideravo fosse un sogno da cui
potermi svegliare da un momento all’altro.
S’inginocchiò davanti al mio muso e tenendo il mio capo tra
le grandi mani mormorò
-non t’importa se io muoio dentro, non t’importa se per
quanto assurdo e doloroso ti amo più di quanto la tua
mente possa concepire, non t’importa di curare le mie ferite..-
I suoi occhi brillavano e una lacrima scese silenziosa sulla
sua guancia, avvicinai il muso alla sua spalla ma lui si allontanò
repentinamente, scrollò le spalle e ringhiò silenzioso, voltato di spalle.
-nessuno può più curarle- mormorò a se stesso.
Seth!
Avrei voluto gridare ma non potevo, dalla mia bocca uscì
solo uno straziante e segreto uggiolio, mentre un’altra lacrima seguì la prima.
Voglio curarle! Seth! Vorrei non fossero mai esistite!
Nella mia mente si affollavano le parole da potergli dire
solo non riuscivo ad esprimerle, non volevo vederlo
così. Feci un piccolo passo avanti e lui si voltò, ancora gli occhi furiosi, le
iridi luccicanti e le lacrime che gli varcavano lentamente le gote.
-va Bella..- mormorò colpendo con
delicatezza il mio dorso e spingendolo verso il fitto della boscaglia. Scossi
la testa ritraendomi e cercando il suo sguardo ma lui infuriato e triste colpì
più forte sperando di riuscire ad odiarmi ma i suoi
occhi dimostravano tutto l’amore che lui non voleva provare.
Perché non mi odi! Perché continui ad amarmi!
Urlavo nella mia mente, sentivo la mia voce nella testa che
gli urlava di fare cose che il mio cuore supplicava non facesse. Ero confusa,
mai come allora fui tanto confusa.
Amavo e odiavo Alec, desideravo Seth occasionalmente prima
di pentirmene e cercare l’unico uomo della mia vita in tutti i suoi sguardi.
Chiusi gli occhi e serrai la mascella cercando invano di
riordinare i pensieri, lui in piedi davanti a me, mi fissava immobile. Lo
desideravo, come si desidera sempre e comunque la presenza
di un amico, un fratello, lo amavo ma non abbastanza da far diventare Alec un
pallido puntino nel mio cuore.
Respirai a pieni polmoni incrociando finalmente il suo
sguardo spento, sapeva quanto tenevo a lui, lo sapeva
pur avendo detto quelle parole, però pretendeva di più. Non c’erano mezze
misure nella sua volontà, pretendeva una risposta definitiva, o dentro o fuori
dalla sua vita (si fa per dire visto i legame dovuto
all’imprinting).
Avevo preso la mia decisione, mi doleva tanto, ma questa
volta era definitiva, non avrei passato la mia vita a cambiare opinione,
nell’incertezza più irritante.. avevo scelto.
Avevo scelto di saltare in un burrone senza sapere quanto
profondo fosse, senza sapere se sarei arrivata viva
alla fine del volo, senza sapere dove andassi realmente.
Mi ero lasciata alle spalle il branco di cui sicuramente non
potevo far parte dopo aver scelto il lato opposto e avrei inseguito una stupida
fantasia, avrei inseguito l’amore di Alec che si
allontanava precipitosamente e via via spariva sempre
più. Dovevo raggiungerlo, era essenziale per continuare a vivere raggiungerlo
prima che esso sparisse, era ovvio che avrei penato ma
se non ci fossi riuscita il mio cuore avrebbe anche potuto smettere di battere.
Mi dispiace
Mimai con l’espressione del viso e lui colse al volo, mi
baciò con una lentezza profonda il capo tra le orecchie e mi sussurrò
-anche a me-
Cominciai a correre e tutto mi fu più chiaro, avrei scavato
fino in fondo per Alec, avrei preteso spiegazioni e avrei corso il rischio di
farmi ammazzare pur di non perderlo.
Seth spero tu possa perdonarmi..
ALEC
Camminavo per i corridoi del palazzo con sguardo immobile,
mi leccai le labbra dopo aver consumato un sano pasto
degno di lode.
Avanzavo senza un briciolo di vitalità, seguendo una routine
durata secoli, con il cuore congelato, e i ricordi oscurati da un terribile mal
di testa che mi assaltava ogni qual volta cercavo di mettere a fuoco qualche
dettaglio nella mia memoria.
Jane mi passò accanto e con un cenno del capo e un ghigno
freddo sulle labbra perfette mi salutò.
-sorella- risposi freddo senza sfiorarla o voltare il capo,
quando vidi arrivare a passo svelto Teeros che mostrava un espressione
spaventata.
-Bella è sparita- mi annunciò sbarrandomi la strada con la
sua stazza. Io lo squadrai con fare
annoiato e cercai di passare oltre ma osò addirittura stringermi l’avambraccio
e trascinarmi indietro o era ciò che voleva.
Una volta avvenuto il contatto il
mio istinto da predatore mi fece scattare in avanti per poi balzare indietro,
immobilizzarlo con un braccio piegato dietro la schiena e una mano a
stringergli il collo che s’arrossava gradualmente.
-ma dico sei matto?- ringhiò in
risposta cercando di divincolarsi. Io lo lasciai andare infastidito e mi
scrollai la polvere di dosso facendogli cenno di allontanarsi.
-o cielo, ma tu sei fuori amico! Hai…oooh…adesso
si che sono alterato!- disse furibondo osservandomi di sbieco.
-beh è un problema- costatai ripensando alla frase “bella è
sparita”. Sarebbe stato un problema enorme con Aro, avrebbe voluto spiegazioni,
l’avrebbe fatta pagare a qualcuno e non potendo sfiorare i fratelli elfi
sarebbe venuto a cercare me.
-oh! Vedo che non ti sei bevuto completamente il cervello!
Allora che si fa per trovare la tu..- io lo zittii con
un gesto stizzito della mano e con una calma glaciale feci qualche passo
avanti.
-bisogna trovarla immediatamente o Aro non sarà contento di
come la sto trattando..sapevo di essere troppo
permissivo- sputai tra i denti sempre mantenendo quella caratterizzante
pacatezza.
-neppure io sono contento di come la stai trattando! È una
sorta di vendetta Alec? È perché ha deciso di rimanere con Phoseidon
un anno in più del previsto?- disse con sguardo disgustato aggiustandosi i
capelli rossicci con una mano e scoprendo le orecchie appuntite.
Pensavo solo fosse matto quindi decisi che ignorarlo mi
avrebbe dato più possibilità di rimanere sano
di mente.Andai avanti e lui mi
lasciò andare disgustato e atterrito da qualcosa di cui non
ne capivo il senso.
Fu un momento, un solo momento dove migliaia di immagini mi travolsero urlando nella mia testa, un
momento e tutto tornò al suo posto con un atroce dolore alle tempie.
L’incantesimo s’era spezzato con una velocità paurosa,
strane e familiari scene tornarono alla mia mente e non feci in tempo a
spalancare la bocca per lo stupore che mi accasciai al suolo in preda a
terrificanti fitte di dolore.
-Alec!- gridò Teeros davvero preoccupato calandosi sul mio
corpo e aiutandomi a tirarmi su. Accettai volentieri
il suo aiuto e mi feci accompagnare di buon grado nella mia stanza. Non
riuscivo più a comprendere le immagini reali e quelle accadute nella mia
fantasia.
Poi il viso di Damon, stanco, spossato come l’ultima volta.
-dov’è Damon?- domandai a Teeros
una volta sdraiatomi. Lui scosse violentemente il capo e dal suo sguardo lessi
fugace un lampo di paura e preoccupazione.
-Aro dice di averlo portato in un luogo dove sarebbe stato
più facile per lui apprendere le arti dell’alchimia- rispose vago e in preda a
sconforti e dubbi.
-dove con precisione?- dissi alzando il tono mentre alzavo
il busto dal letto e un’altra violente fitta mi fece
girare la testa e ricascare sul materasso. Lui continuò a scuotere
spasmodicamente la testa prima di mettersi le mani sul volto.
-penso che l’abbiano ucciso- mormorò coprendosi gli occhi
con una mano e con l’altra appoggiandosi al materasso in cui era seduto. Io
strabuzzai gli occhi e mi costrinsi ad ignorare i
dolori lancinanti pur di scattare in piedi. Lui mi fermò in un attimo e si
affrettò a precisare.
-è sparito nel nulla senza salutare e poi Aro con questa
spiegazione poco credibile che non riesce a stare in piedi. Esistono accademie
per giovani alchimisti ma sono solo nelle mie terre! Non nel mondo degli umani,
e certamente non sarebbe potuto andare dagli elfi come emissario di un vampiro
e senza la protezione di nessuno invece sarebbe egualmente pericoloso quindi
poco credibile che Aro rischi di perdere un gioiello talmente prezioso nel suo
piano. Senza Demon nulla di ciò che vuole può essere raggiunta ma…-
tentò di spiegare la confusione che aveva in testa con una mano sulla fronte e
gli occhi stanchi socchiusi.
-dov’è Bella??-
domandai facendo mente locale e ricordando il calore dei suoi sguardi, l’amore
nei suoi sorrisi, la passione nei suoi baci.
-te l’ho già detto o sei forse pazzo? È sparita! Le ho detto
di non andare fino all’ultimo ma mi ha assicurato che sarebbe tornata nel giro
di un’ora come invece non ha fatto-
-da quanto manca?- chiesi
preoccupato spostando lo sguardo sui suoi occhi verdi. Lui guardò il cielo e
disse
-da quattro ore- rispose sicuro chiudendo per unbreve istante le
palpebre. Io scossi la testa confuso, non sapevo cosa
mi fosse successo ma intuivo che lo strano comportamento di tutti c’entrasse
qualcosa. Lo incaricai con brevi ordini impartiti al volo di recuperare Bella e
portarla nella mia stanza e poi uscii.
Dovevo trovare Damon, vedere se stava bene, aiutarlo,
consolarlo e chiedergli spiegazioni. Sentivo potere, sentivo potere che
allontanava la sua morsa dalla mia testa, un potere immenso, incontrollabile
che veniva risucchiato dalla fonte. Decisi di seguirlo anche se non ero troppo convinto portasse al mio
obbiettivo.
Volevo piangere, desideravo piangere
ma non potevo, il mio viso non sarebbe mai stato soggetto a sbalzi di umore,
desideravo tornare indietro, sognavo di non aver mai trattato in quel modo
Bella. Pregavo perché mi perdonasse, ma nella mia mente si apriva una strada
che portava alla sua morte, una strada derivata dalla scoperta della nostra
relazione. Se Aro si fosse messo in testa di seguirmi una volta tanto? Se, per
ipotesi mi perdonasse, e lui lo scoprisse?
Era pericoloso…troppopericoloso.
Perso nei miei più oscuri pensieri
non mi ero reso conto di essere giunto di fronte ad un muro di pietra. Era un
vicolo cieco, non c’era nulla là e l’energia non faceva che diminuire, sentivo
la mia mente sempre più libera, i ricordi sempre più vivi e i sentimenti sempre
più persistenti. Un urlo sordo, un gemito a seguire mi fecero
rizzare lo orecchie e seguii l’odore che inebriava l’aria.
Trovai a qualche metro dal muro, quindi da me, una botola
che non avevo notato. Diedi un calcio sulla sua superficie e mi parve un gesto
usuale e nuovo al tempo stesso.
Un’ondata di potere m’investì oltraggioso e mi lasciai
cadere sulle ginocchia gemendo segretamente con gli occhi chiusi. Il potere
scorreva nelle mie vene, m’invadeva la mente cercando disperatamente di
rinchiuderla in un guscio vuoto. L’aura m’impediva di reagire, il silenzio mi
faceva impazzire.
-Basta- sospirò con un gemito
strozzato una voce troppo familiare. Una voce che avevo sentito tanto spesso
chiamare il mio nome, ridere di gusto…
I suoi occhi di un viola acceso che ridevano, i capelli
biondi scompigliati che gli ricadevano sulla fronte, le
braccia esili, il carattere pauroso e pavido..Damon..il mio bambino…
-Damon!-dissi a bassa voce mentre
sentivo nuovamente il potere che svincolava dal mio corpo. Non udii risposta e
mi apprestai ad aprire la botola e a calarmici svelto
dentro.
Era una stanza quadrangolare dall’asfissiante ed opprimente bianco che ricopriva tutte le pareti e il
pavimento in linoleum. Completamente spoglia ma ricoperta da cerchi alchemici
tracciati sul linoleum. Qualche libro era sparso a caso nella stanza e neppure
una sedia a dar sollievo al suo corpo.
Lui spossato stava addossato al muro con le ginocchia
strette al petto fragile, tremando. I capelli biondo chiaro,
vistosamente più lunghi, impedivano di vedere il suo viso nascosto tra
le gambe. Le spalle gracili ricurve.
-Damon-
lo chiamai sbalordito rimanendo immobile. Lui alzò il viso e lasciò che
riuscissi a vederlo. Le lacrime gli rigavano copiose il viso stravolto da borse
livide sotto agli occhi, la pelle lattiginosa e
svariate ferite malcurate a tracciarne tagli disomogenei.
Gli occhi spenti ed impauriti di un
bambino di appena 12 anni, dopo un massacrante uso dei propri poteri. Nella
mano destra stringeva un gessetto nero come la pece cosicchè
i cerchi alchemici risaltasse sui muri e sul pavimento.
Sfoggiava una vecchia e sporca maglia verde smorto a
maniche corte e un paio di jeans distrutti. Le braccia mostravano tagli
profondi, alcuni ancora aperti e sanguinanti, altri cicatrizzati lasciando il
posto ad una riga fredda e quasi invisibile.
-Damon!- dissi di nuovo
avvicinandomi lentamente e porgendogli una mano e lui mi squadrò con tensione
prima di annuire e offrirmi una mano stanca. Si alzò pigramente e lo strinsi al
mio petto con commozione ma lui non ricambiò la stretta.
Proseguì lungo il profilo del muro tenendosi attaccato e
allontanandosi da me. Lo guardai spaesato ma il suo sguardo terrorizzato mi
fece preoccupare.
-Damon cosa..-
cercai di domandare ma lui mi fece tacere e parlò velocemente, inciampando
sulle parole
-mi dispi..dispiace
beh..io non ..io …non volevo. Mi ha..hanno
costretto..dicono…dicevano che se tu..se io non lo
avessi … fatto..saresti morto..sarei morto… anche
Bella sarebbe morta-
Rimasi spiazzato dalle sue parole e ritrassi la mano che
avevo teso verso di lui. Feci un passo indietro e lo guardai confuso e rabbioso
perché una parte del mio cervello metteva insieme i pezzi del puzzle.
Il mio comportamento, i ricordi oscurati, il potere, la sua
sparizione, il potere che svanisce quando lui non ha più forze..
-non puoi averlo fatto- ringhiai minaccioso annullando nella
mia testa l’ultimo pezzo della sua frase. Lui spalancò gli occhi e si fece più
piccolo appiattendosi al muro, avanzai verso di lui che rimase immobile.
-siamo tutti vivi- mormorò
tremante. Le ginocchia tremavano impazzite e doveva faticare per rimanere in
piedi, lo sguardo perso e dolente, il viso smunto e spigoloso, le labbra livide..
-Damon-dissi
comprensivo dopo essere arrivato davanti a lui. Singhiozzò brevemente e si
lasciò andare ad un disperato abbraccio allacciando le
sue esili braccia nella mia schiena.
-che ti hanno fatto- mormorai baciandogli il capo. Alzò lo
sguardo verso di me e gli tremarono le labbra guardandomi con quei suoi grandi
occhi viola che fin da quando Aro me lo ebbe affidato, quando era solo un
neonato, riuscirono a sciogliere il ghiaccio del mio cuore. Occhi che fin da
subito rapirono il mio cuore ricominciando a farlo esistere.
-ti voglio bene- sussurrò con un sorriso dolente. Lo alzai
da terra prima che cascasse, privo di forza e ancora cosciente lo tirai fuori
da quella stanza capace di far impazzire chiunque.
-non farti vedere, fa finta di
essere sotto il mio controllo. Non entrano più nella stanza quindi se riesco a
curarmi posso creare un mio ologramma- disse tra le mie braccia stringendosi al
petto.
-renditi invisibile- ordinai disperato. Lui scosse la testa
quasi incosciente ma io gli diedi uno schiaffo sulla guancia destra per farlo
rimanere sveglio e poi un altro sull’altra.
-sta’ sveglio, hai capito?- dissi
scuotendolo. Lui annuii e in un tempo piuttosto lungo
rispetto al solito sparì alla mia vista ma il suo peso rimase intatto. Corsi il
più veloce possibile e mi rifugiai nella prima stanza che trovai: quella di
Bella.
Lo poggiai sul letto e ritornò presto visibile tremando e
muovendosi in preda a forti dolori dovuti all’ulteriore
perdita d’aura. Le tempie erano madide di sudore e i capelli appiccicati alla
fronte mentre si contorceva sul materasso.
Frugai nei cassetti repentinamente cercando qualcosa per
farlo stare meglio non sapendo bene cosa fosse. Un foglio di carta dalla
scrittura infantile attirò la mia attenzione e, pur data la situazione, lo
presi e lo guardai.
Tesoro, mi chiedo sempre come tu faccia a non smettere mai di sorridere
dopo tutto ciò che ai vissuto, come faccia ad aprirti
in questo modo con me, come riesca a tenere il tuo carattere forte e deciso
senza cancellare la Bella che adoro, dolce e solare.
Odio non poterti comprare qualcosa di carino ma ho trovato un giusto
compromesso per non farti scordare di noi. Non sono mica stupido! So che sarà
una delle ultime giornate che passerai qui e soprattutto il tuo secondo ed ultimo compleanno in cui ti vedrò. Mi accamperò dietro la
vostra porta tutta la notte e ti giuro che riuscirò, anche con questa sola
foto, a renderti felice.
Non scordarti di me
Leon
Strinsi i pugni e ripiegando il foglio richiusi
il cassetto, tornai sul letto e mi sporsi verso di lui che continuava a soffrire
con le lacrime che silenziose sbucavano fuori dai suoi occhi.
-resta qua- tuonai stringendogli una spalla, lui annuì pacato mentre il dolore si faceva sempre più incoscienza. Uscii
veloce dalla finestra e attraversai tutta la facciata principale del palazzo quando
trovai ciò che cercavo. Mi trovavo al campo di allenamento ed era il suo turno.
Sugli spalti un gran numero di guardie lo scrutava serio, altri se la ridevano
immaginando una sconfitta mentre alcuni urlavano. Di fronte a lui un uomo sulla
trentina, a petto nudo che lasciava in vista il petto peloso e poco muscoloso. Gli
occhi rosso fuoco ardevano pregustando lo scontro
mentre teneva il capo rasato.
-fermi- dissi calmo comportandomi
come se nulla fosse e avvicinandomi a passo lento. Entrambi si voltarono a guardarmi, James con i suoi riccioli castani e gli occhi
verde chiaro da mezzo vampiro. Spalancò la bocca un attimo prima di richiuderla
e fissarmi confuso, l’altro era irritato dalla mia presenza e dal mio
intervento ad ostacolare l’eccitante incontro.
-Harkness- lo chiamai
lui fece un passo avanti e io con un cenno lo incitai a continuare facendogli
intuire che andavo di fretta.
-JamesHarkness?-
domandai per non destare sospetti quando si fece più vicino. Lui annuì e io gli feci cenno di seguirmi mentre lasciavo di sasso l’uomo.
Lui, insolente e arrogante, come sempre mi rivolse la parola in modo schietto
-Ulias è sempre stato piuttosto
strambo, intanto si può sapere cosa c’è di così importante da interrompere i giochi-
Io lo guardai ostile poi però ignorai
l’insolenza e continuando a camminare risposi
-speravo che così facendo impedivo
a quel tizio di farti a pezzi, visto che mi servi-
Lui rise ironico e senza essersela presa mi fece notare con
fare presuntuoso quanto era fedele ed importante per i
Volturi, ed era per quello che era ancora vivo, ormai i mezzi-vampiri venivano
uccisi in larga maggioranza e tenuti solo quelli più utili.
-James, devi farmi un favore-
confessai poco dopo prendendolo per la maglia e correndo in camera di Bella,
cercò invano di protestare ma la mia presa era salda e lo mollai solo quando
ebbi aperto la porta. Damon era seduto sulla sponda del letto con il viso
esangue e le occhiaie scavate sempre più a fondo, continuava
a tremare ma adesso meno vistosamente.
Presi il foglietto e glielo mostrai, lui si grattò
pensieroso il capo rigirandoselo tra le mani per poi scuotere la testa, io
frugai nuovamente nel cassetto e scovai una foto che avevo visto solo di
sfuggita, che ritraeva Bella e Blue-Jeans, di cui si prendevano cura gli
scudieri, insieme ad altri due individui a me
sconosciuti, uno sui trentacinque anni e un ragazzino allegro sui diciotto. Lui
si illuminò e rispose confermando i miei sospetti
-sono loro, Phoseidon e Leon..se non ricordo male, Bella mi ha parlato di loro per tutto
il viaggio di ritorno, il maestro..- disse indicando l’uomo
-e l’amico, lei gli vuole molto bene-
indicò il ragazzino solare. Io annuii mentre Damon ci fissava confuso
-porta Damon da loro, per favore- dissi. Lui spalancò gli
occhi e la bocca per lo stupore della richiesta, era assurdo ma di vitale
importanza. Dopo aver cercato di domare la furia di Damon che si opponeva con
tutte le forze rimaste ad allontanarsi dicendo che l’ologramma
non li avrebbe convinti per più di qualche giorno, ma io ero più ottimista, e
spiegato e pregato James riuscii a convincerli.
-prendi Blue-Jeans- raccomandai ma
lui scosse la testa.
-prendo Darked, quello non si fa
cavalcare da nessuno fuorché la tua ragazza-
Annuii e abbracciai
Damon che piangeva disperato, sapevo che era un ometto, non lo consideravo un
bambino neanche adesso, perché non piangeva per il dolore, per la stanchezza o
per le terribili ferite che riportava, disseminate in tutto il corpo, piangeva perché
mi voleva bene, perché lui al sicuro significava me e Bella a rischio.
Io speravo, pregavo perché loro lo scoprissero dopo che io e
Bella fossimo partiti per ricercare gli “spiriti della natura” mancanti all’appello.
Chiusi gli occhi e gli baciai la fronte, lui annuì
asciugandosi le lacrime da viso e io mi spostai
ponendomi davanti a James, qualche centimetro di distanza. Lo guardai negli
occhi e lui annuì
-lo porterò lì, lo faccio per Bella- disse avvertendomi. Glielo
concessi solo perché la situazione era drammatica altrimenti lo avrei preso a
pugni ma non mi andava di farmelo come nemico, la sua amicizia con Bella mi era
utile.
Lo vidi prendere le la maglia Damon
e poi volare fuori dalla finestra ad una velocità indicibile. Io tornai nella
mia stanza e ad attendermi vi erano Fleur seduta sul
grande letto a gambe incrociate, Teeros sdraiato accanto a lei con i piedi
accavallati e le braccia dietro la nuca e…
Bella era appoggiata alla finestra con fare incerto come se ad un mio qualunque passo falso lei sarebbe scappata
impaurita.
Mi avvicinai lentamente sbarrando gli occhi per la sorpresa
essendomi quasi scordato l’ordine di trovarla impartito a Teeros. Rimasi
impalato al centro della stanza con le braccia tese mentre le sue gote s’inzuppavano
di violente lacrime che s’infrangevano poi sui vestiti, colando lungo il profilo
del suo viso.
-ti amo- mormorai sperando che queste due parole curassero
il suo cuore ferito.
SPAZIO AUTRICE
So che non sono arrivate recensioni ma visto che sono incostanti non mi scoraggio… vi
piace il capitolo?? Ragazzi spero proprio che
scriverete una minima recensione anche per dirmi che vi ha fatto schifo! Voglio
essere criticata se qualche parte è fatta male!! Fatemi
sapere che ne pensate!!!!
Grazie mille a tutti quelli che seguono e che recensiscono,
tranquilla mary, non mi arrabbio quando non
recensisci XD, e Alexus ti voglio un mondo di bene!!
Ps il titolo è riferito sia a Bella
verso Seth sia ad Alec verso Bella che si sente in
colpa.
Capitolo 33 *** è tutt'un equilibrio sopra la follia ***
“Spazio autrice”
Chiedo umilmente perdono!! A tutti quelli
che leggono questa storia che l’hanno messa tra le
preferite o le seguite o da ricordare! Chi commenta chi no! Tutti!!!!
Scusate davvero tanto per il ritardo mostruoso ma non ho avuto più
voglia di scrivere perché ho vissuto un periodo orrendo e penso che tornerò a
scrivere più o meno regolarmente dall’inizio di
luglio, beh penso che almeno uno ogni 15 giorni potrei farlo per non farvi
stancare no?
Scusate tanto!!
Buona lettura!!!
Ps: il titolo è stato tratto da un
punto della canzone “Sally” di Vasco Rossi!! :D
Capitolo 33
È tutt’un
equilibrio sopra la follia
Bella
Mi stava
davanti, mi porgeva le mani e il mio cuore batteva irrefrenabile, sentivo il
sole che mi accarezzava la schiena, vedevo il suo viso sincero e triste,
contavo i secondi, i passi che ci dividevano, le folate di vento, tutto pur di
non rimanere concentrata su quel volto che amavo incondizionatamente.
Feci un
passo indietro e il mio tallone aderì al muro, testai con le mani la finestra
chiedendomi sesarebbe
servito, avevo paura, una paura indescrivibile e non ce la facevo, non dovevo
più soffrire, non potevo permettermi un'altra sofferenza se volevo tenere sano
il mio cuore distrutto.
Scattai
fuori dalla finestra ma a mezz’aria sentii la sua mano prendermi il polso
violentemente e stringermi al suo petto in modo tale da non farmi schiantare al
suolo. L’aria fresca s’infrangeva sui nostri visi, volavamo insieme, le sue braccia strette attorno alla mia vita, la
bocca sfiorava i miei capelli al vento e i muscoli erano pronti all’atterraggio.
Io, terrorizzata, lasciai che fosse lui a guidarmi, atterrammo, volevo poter
dire insieme ma i miei piedi non toccarono terra dopo lo schianto, solo a
qualche centimetro dal terreno lui mi lasciò andare.
Con le mani
ad avvolgere la mia schiena lui cercava i miei occhi, i suoi
occhi vermiglio belli come non mai cercavano disperatamente il mio
sguardo, io sfuggivo impuntando i miei sul suo petto.
-ti amo
bella, ti prego, perdonami- mormorò con voce instabile, una mano rimaneva
stretta alla mia vita e mi attraeva sempre più verso il suo corpo e l’altra mi
alzava delicatamente il mento facendo si che i nostri occhi si
incontrarono.
Deglutii, la
sua bellezza mozzafiato trasudava dispiacere e tristezza, i suoi occhi prima
tanto spaventosi mi sembravano adesso il dono più bello al mondo, una parte di
me sapeva che quello era il mio Alec.
-ti prego..- cominciò ma l’impulso fu inarrestabile, mi sollevai
sulla punta di piedi e catturai le sue labbra come non succedeva da tempo, lui
ricambiò alzandomi da terra e stringendomi in un abbraccio caloroso. Mi era mancato il suo odore, il suo respiro fresco, la
morbidezza delle sue labbra e la sincerità di quegli occhi color del rubino.
-ti amo-
sussurrai al suo orecchio mentre le sue labbra percorrevano il mio collo. Erano
anni che non assaporavo il nostro amore, erano anni che le sue braccia non mi
stringevano a sé.
***
-non riesco
a crederci- dissi in un uggiolio soffocato, Alec mi avvicinò a sé e mi baciò la
fronte, Fleur era sconvolta, seduta con le gambe al petto sul largo letto della
camera di Alec.
Teeros che
per tutto il racconto dell’amico era rimasto teso come la corda di un violino a
camminare avanti e indietro nella stanza si era adesso fermato e aveva sbattuto
un pesante pugno sul tavolino in vetro nel quale si aprirono diverse crepe.
-io..-cominciò a denti
stretti.
-tu..non farai nulla fuorché aiutare me- lo redarguì Alec
diplomatico sollevandosi dal bordo del letto e andandogli incontro. Io
accovacciata contro i piedi del letto meditavo tra me su quali torture avesse
subito il piccolo Demon per proteggere tutti noi.
-ma Alec!-
urlò furibondo. L’altro gli tappò la bocca in un gesto impaziente e stizzito e
prima che i due potessero cominciare a litigare, Fleur si avvicinò al fratello
e gli accarezzò il braccio prossima alle lacrime,
quello vista la gemella in quello stato si morse il labbro e la strinse forte.
A quel punto
Alec tornò da me e io mi alzai scontrandomi con il suo
petto e sperando che James fosse stato abbastanza veloce. Per quanto le cose si
aggiustassero c’era sempre qualcosa a complicarle nuovamente e adesso un peso
straziava il mio cuore distrutto e stanco come non mai, sentivo il dolore per
la morte di Jacob invadere ogni cellula del mio corpo lentamente, sentivo di
non essere stata né una brava sorella né una brava
figlia, vedevo davanti a me gli occhi imploranti e le braccia calde che
aspettavano un mio assenso di quel ragazzo. Quello che c’era sempre stato,
quello che ingannandomi non l’aveva davvero mai fatto, quello che mi amava
molto più di quanto immaginassi.
-mio padre è
morto-
Uscirono da
sole le parole dalla mia bocca, le tirai fuori involontariamente e odiandomi
per aver tremato e alterato la voce. I tre si voltarono verso di me e io sentii di star per piangere ma non feci altro che
allontanarmi da Alec e voltare il viso verso il sole che splendeva fuori dalla
finestra.
Sorrisi
amara mentre la prima lacrima scivolava dal viso, trattenni il fiato per non
piangere, agli occhi di tutti passavo ormai per una debole, e odiavo piangere
in pubblico, con un gesto stizzito asciugai la guancia e sentii gli occhi che
lentamente si riempivano di lacrime che non volevo scendessero.
Non ero io
stanca del mondo era il mondo stanco di farmi vivere
serenamente che si era accanito contro la mia felicità distruggendola a piccoli
passi.
Incrociai le
braccia al petto deglutendo, non avrei pianto, non quella volta, non davanti ai
loro occhi… non di nuovo.
-bella..- mormorò Alec facendo un passo verso di me e io
repentinamente lo allontanai poggiando un pugno chiuso sul suo petto senza
voltarmi.
-ti prego-
mormorai e quando una scintilla varcò le mie gote ancora umide
spiccai un balzo e questa volta non c’erano braccia ad attendermi, solo il
pavimento freddo e duro, nessun lupo normale sarebbe riuscito a saltare da una
tale altezza senza rompersi qualche osso ma io non ero un lupo normale.
Non ero
normale e basta.
Non che
avessi qualche dote speciale fuorché attirare guai e disgrazie, solo non ero normale,
non amavo essere un lupo, non amavo che Alec fosse un
vampiro, non amavo essere l’alfa del mio branco, non amavo essere una cercatrice… odiavo me stessa, odiavo il sole, l’aria e la
notte, odiavo mio padre, amavo mio padre, odiavo la vita, amavo la vita…
Scrivevo la
mia vita come gli altri volevano facessi, non avevo scelto di nascere eppure
eccomi qui, non avevo scelto di innamorarmi di un vampiro eppure lo ero
perdutamente, non avevo scelto di scappare eppure lo rifarei, non avevo scelto
di essere una dannata cercatrice eppure avevo un largo e luccicante tatuaggioche lo dimostrava,
non avevo scelto di diventare il capo branco eppure ero rimasta investita da un
compito più grande di me.
D’un tratto smisi di
pensare, smisi di piangere e smisi di volare, non mi ero trasformata, non
l’avevo fatto! Il mio corpo era fragile e piccolo e in quel momento cadeva in
picchiata pronto a rovinarsi al suolo, mi coprii il viso con le mani mentre
dalla finestra sentivo lo sguardo impaziente di Alec, aspettava mi
trasformassi.
Appena capì
che era ormai troppo tardi, che anche se ci avessi
provato non ci sarei riuscita saltò fuori anche lui..Troppo lento il mondo per
inseguire il mio cuore, troppo lento il sole per baciare le mie guance, troppo
lento Alec per salvare la mia vita in mano al vento.
L’atterraggio
fu violento ma meno di quanto mi aspettassi, crollai a peso morto con gli occhi
chiusi su un dorso peloso e duro, prima di scivolare sul terreno ad una velocità nettamente ridotta. Alec si fermò sentii che
i suoi passi veloci divennero lievi epoi scomparvero.
Aprii un occhi e fui accecata dal sole, ero distesa sul terriccio,
tutto intorno era sgombro di vampiri, un lupo grigio mi sovrastava e mi
guardava ansioso, con il viso a poche spanne dal mio. Feci forse sui palmi e mi
tirai su scossa.
Seth si
trovava in territorio nemico, aveva varcato il confine, aveva mosso guerra!
-seth!
Vattene! Vattene!- dissi nel manico battendo su di lui non appena questa
consapevolezza si apriva dentro di me, mi voltai indietro giusto il tempo di
vedere un vampiro che strabuzzando gli occhi rosso fuoco correva verso di noi.
Seth fece un
balzo e lo addentò ad una gamba, Alec gli fu subito
dietro e con un movimento secco e stridente gli spezzo l’osso del collo. Io
fortunatamente chiusi gli occhi ma il suono delle ossa che si spezzavano era
raccapricciante, mi coprii gli occhi chiusi istintivamente.
Teeros e
Fleur erano accorsi preoccupati e guardavano la scena senza sapere cosa fare,
io sapevo che lui avrebbe preferito morire piuttosto che lasciarmi lì dopo aver
visto il mio apparente tentato suicidio. Guardai Alec, anche lui sconvolto e
poi feci la sola cosa che mi venne in mente.
Il mio corpo
obbedì adattandosi rapidamente alla condizione di lupo, le unghia
si affilarono e le ossa si appiattirono mentre mi curvavo a quattro zampe, il
viso si allungo e la pelle si coprì di fluenti ed eleganti peli bianchi e
lucidi.
Seth fece un
passetto indietro comprendendo tardivamente le mie intensioni io con maestria
troneggiai su di lui facendolo piegare spontaneamente. I suoi occhi si
abbassarono e le zampe scivolarono verso il terreno mentre un ululato
gutturale, non mio, usciva dalla mia bocca.
Un ululato
che squarciò l’aria echeggiando con un doppio suono, sentivo
i miei muscoli tendersi eccitati e le orecchie drizzarsi tutt’un tratto, le sue
invece si piegarono velocemente, il suo cuore cominciò a pulsare violentemente
mentre la mia voce,la voce dell’alfa, s’impadroniva di me mentre
l’adrenalina saliva alle stelle.
Torna a casa e non farti più vedere qui,
Seth!
Il mio ordine non poteva essere
ritrattato, non poteva essere eluso né trasgredito.
Era il MIO ordine, come lo era stato quello di mio padre prima di me, era l’ordine
che manteneva solido un branco, era l’ordine che tutti loro aspettavano.
Come previsto senza dire una parola,
contrariato e preoccupato ma anche scioccato Seth cominciò a correre verso il
confine.
Io lanciai uno sguardo preoccupato
verso Alec che cercò di deviare il mio sguardo
lanciano un’occhiata eloquente a Teeros che annuì.
Dappertutto vi erano brandelli dei
miei vestiti e il corpo esanime del vampiro, però ancora nessuno.
-Sono tutti impegnati con i giochi- mormorò a denti stretti
imbracciando il corpo. Solo allora sentii che il ronzio nelle orecchie, se mi concentravo,
si trasformavano in urla sensate e frasi compiute, lo
osservai era diretto verso l’arena con Teeros al suo seguito. Si voltò e mi
sorrise.
-senti Bella, non puoi salire così..- obbiettò Fleur accarezzandomi le orecchie, poi sorrise
-…ma io si…sta qui!- mi
avvertì e corse dentro io non avevo neppure un posto
dove nascondermi quindi rimasi in attesa quando la vidi affacciare dalla camera
mia camera accanto quella di Alec e sventolò dei vestiti puliti.
Aveva intensione di tirarli?
Scossi la testa e lei sorrise e sparì,
la vidi arrivare qualche minuto più tardi dal portone, tutti coloro
che uscivano da lì dovevano svoltare l’angolo per vedermi ecco perché le due
guardie di turno non si erano accorte di nulla, anche perché avevano tutti
calato un po’ la guardia avendo un lupo “amico”.
Mi appoggiai al muro e mi trasformai,
eramaledettamente
scomodo.
-se te avessi
lanciato i vestiti puliti..beh..avrebbero smesso di essere puliti- commentò
giunte alla messa dei pantaloncini di jeans.
-passami la maglietta- dissi spaesata,
lei lo fece sorridendo confortante. La indossai velocemente e provvedemmo a raccogliere tutti i brandelli di abiti
sparpagliati qua e là.
-che cosa..-
si morse il labbro e si voltò dall’altro lato prendendo un pezzetto di stoffa dal
pavimento
-che cosa…?-
la esortai io facendo lo stesso.
-dico..che
cosa gli hai fatto?- era incerta,
evitava accuratamente il mio sguardo e fu felice quando prima di rispondere
arrivarono Teeros e Alec che spintonandosi sorridevano. Era terrificante come
Alec non trovasse toccante la morte a sangue freddo di un vampiro, ma vederlo
sorridere mi risollevò il morale.
Si avvicinò a me fluidamente e passò
rapidamente una mano intorno alla mia vita baciandomi la fronte, tenendo
allungo le sue labbra poggiate sulla mia pelle calda.
-come hai fatto??-
domandò eccitato Teeros rievocando la scena con una moltitudine di strambi
gesti e gli occhi allucinati, prima di scoppiare in una fragorosa risata, Alec
al suo seguito mentre Fleur se ne strava stretta nelle spalle guardandosi la
punta delle scarpe.
-ehm..- per
la seconda volta non ci fu alcun bisogno di spiegare che ero divenuta l’alfa di
un branco nemico alla “famiglia” per la quale parteggiavo perché Jane con
andatura fiera, elegante e stizzita si avvicinava stretta nel suo mantello
corvino.
-cosa succede qui- disse con la sua
voce vellutata e gelida, incrociando le braccia al petto, non sembrava neanche
una domanda. Io m’irrigidii scostandomi da Alec che pronto le sorrise
-nulla sorella- mostrò i canini e
assunse spontaneamente una posa rigida. Lei lo squadrò perplessa, lui sapeva
che aveva capito ma continuò la farsa.
-certo- disse piatta, io mi nascosi dietro il braccio
di Teeros, lui mi strinse il polso e ammiccò sorridendomi confortante.
Quella così come era
arrivata andò via, senza una parola, senza un capello platinato fuori posto.
-domani partiamo-
disse Alec guardandomi.
-veniamo anche noi- si offrì Teeros, io alzai gli
occhi su di lui e mi sorrise, poi tornai a guardare Alec. Questo era
contrariato e non troppo d’accordo, probabilmente perché sarebbe stato
difficile convincere Aro ma alla fine cedette borbottando tra sé.
Io ripensai a Seth, ripensai
al perché mi ero buttata da quella dannata finestra, ripensai al motivo per cui
avevo “accettato” di essere alfa con quell’ordine facilmente risparmiabile!
Sentivo nella tensione che si era creata e nella fredda paura di Fleur che
nessuno riusciva più a capirmi, non ci riuscivo
neanche io.
-allora dici che hai affidato Damon a
quel vampirello montato?- domandò scherzoso Teeros
per sdrammatizzare nel silenzio che si era fatto opprimente mentre io, dietro tutti, mi dirigevo nella mia stanza.
Alec non apprezzò il gesto e gli
lanciò un’occhiataccia anche lui perso nei suoi più intimi pensieri, io invece
colsi al volo l’occasione per battibeccare e scrollarmi via di dosso la tensione
-James non è un vampirello
montato!- borbottai pungolandolo con l’indice, lui si voltò verso di me e rise
così forte che Alec dovette dargli una gomitata sulla costola per farlo
smettere, e anche quest’ultimo dovette ammettere a se stesso che in fondo stava
sorridendo.
-oh si che lo è! Ulias
lo odia- ridacchiò.
-hanno combattuto tante di quelle
volte! Il damerino lo ha sempre eguagliato e nessuno
dei due ha intenzione di uccidere un avversario così!- continuò a parlare di
James fino alla stanza di Alec nella quale entrammo tutti fuorché il
proprietario che senza dire una parola si avviò verso la sala dei troni di Aro,
Caius e Marcus.
Io lo osservai andare infondo al
corridoio con un nodo in gola, appoggiata allo stipite, sentii il disagio di
Fleur e l’esaurimento delle battute di Teeros farsi sempre più vivi e dopo una
ventina di secondi il silenzio cominciò ad asfissiarmi, a mozzarmi il fiato
-non volevo suicidarmi!- scoppiai
voltandomi di scatto verso di loro, seduti sul divano. Entrambi si voltarono a
guardarmi e mi sentii avvampare, sapevo che non reggeva ma era la verità, non
volevo suicidarmi, non l’avrei mai fatto!
-sentite..-
dissi avvicinandomi a loro con le lacrime agli occhi
-non so cosa mi è preso e ad un certo punto era troppo tardi per trasformarmi e..- le
lacrima cominciarono a fuoriuscire quando lui si alzò e mi strinse a sé
appoggiando il mento sulla mia testa e accarezzandomi comprensivo la schiena
-ci hai fatto prendere un colpo-
-lo ..lo
..lo- balbettai e chiusi la bocca quando anche la braccia di Fleur
preoccupatissima mi strinsero in un abbraccio. “lo so” avrei voluto dire ma
chiusi anche gli occhi.
-grazie- mormorai invece guardando prima lui, il volto
giovane e allegro, gli occhi verdi vispi e decisi e i capelli rossi
scompigliati che ricadevano sulla fronte liscia, poi fissai Fleur, lo sguardo
preoccupato ma rilassato, gli occhi verdi pieni di apprensione e i capelli bene
ordinati a contornarle il visino magro.
Demon
-ahi- protestai debolmente schiudendo piano un
occhio.
-fermo, zitto e fermo-
borbottò un uomo sulla trentina mentre medicava le mie ferite con delle erbe
che se pur sfocate avevo subito identificato
-holispherlethis-dissi indicando la spessa foglia che mi avvolgeva il braccio
sinistro mentre lui la scioglieva e controllava le ferite. Il suo sguardo si
fece curioso, la mia vista si dissipò e riconobbi i tratti di un giovane uomo,
unti e smarriti dal tempo che infieriva sul suo volto stanco, tratti duri,
capelli scuri raccolti in una coda instabile e occhi piccoli e infossati da spesse sopracciglia
-si, proprio quella- disse soddisfatto
sorridendo, il volto parve prendere una nuova piega e parve
ringiovanire, i suoi occhi s’illuminarono e mi diede una pacca sulla spalla
sana.
-da quanto tempo sono qui?- domandai
osservando la tiepida luce della lampada e sentendomi quasi al sicuro, tra le
braccia di uno sconosciuto.
-3 giorn..-
-ciao!- un ragazzino saltellò dentro
la stanza, spalancando la porta e mi sorrise radiante, aveva una capigliatura
originale verdognola a caschetto, occhi allegri e una voglia matta di parlare.
-tu sei il famoso Demon
quindi- disse risoluto appoggiandosi al letto. L’uomo sbuffò ma sotto sotto sorrideva, sembrava duro, dava l’impressione di
odiare il mondo, di odiare tutto ciò che lo abitava.
Sembrava volesse mantenere la sua autorità nascondendo la sua dolcezza dietro
una maschera impenetrabile di pura rigidità.
-tre giorni?- domandai con il cuore in
gola alzandomi repentinamente dal letto e venendo
trafitto da un dolore acuto allo stomaco.
-ti sta bene- mi rimbeccò l’uomo
poggiando una mano sulla mia spalla e spingendomi giù, per poi alzarsi e uscire
stizzito.
Lo seguii con lo sguardo poi incrociai quello
del pressappoco sedicenne e mormorai mesto
-non gli sto simpatico- quello sorrise
raggiante
-beh, è Phoseidon!
Nessuno gli sta davvero simpatico se non lo si conosce
davvero e non si colgono i segnali- ridacchiò e mi porse una mano
-io sono Leon, è davvero un piacere
conoscerti-
-Damon- mi presentai svelto senza stringergli la
mano, scrollandomi le coperte di dosso, scesi in punta di piedi, e scalzo
cercai di non congelarmi i piedi, cercai le scarpe sotto il letto e le trovai.
-fermo, fermo,
fermo!- brontolò Leon
-che stai facendo si può sapere?-
domandò prendendomi per la spalla, io lo guardai quando alla porta bussarono
più volte delicatamente. Nessuno si mosse, bussarono di nuovo, ci lanciammo uno
sguardo perplesso e preoccupato…
-sono Bella!- strabuzzammo gli occhi e
poi fu una gara a chi arrivava prima alla porta e prima di accorgerci che
dietro di lei Alec, Fleur e Teeros ci osservavano confusi. L’abbracciai
e lei ricambiò scostandomi il ciuffo dalla fronte per baciarlo dolcemente.
-bella- disse Leon incredulo, senza far caso ad Alec
che senza darlo a vedere lo inceneriva geloso. Lei, non appena mi fui scollato gli andò addosso e lo abbracciò forte..
Bella
-mi sei mancata- disse stringendomi a
sé, io ricambiai commossa, sentivo lo sguardo di tutti addosso ma non era poi
troppo importante.
-non manco da poi così
tanto tempo- scherzai allontanandomi un po’, lui sorrise
-e allora? C’è un arco
di tempo da superare?- fece quella sua espressione fintamente perplessa
che adoravo e lo abbracciai di nuovo, lusingata dalle sue parole.
-che suc..- dalla spalla di Leon riuscii a vedere l’espressione
basita di Phoseidon che aveva lasciato cadere la
pezza con la quale si stava asciugando le mani bagnate.
-Phos..- dissi piano e non appena lo feci Leon si
mise da parte scivolando dalle mie braccia e salutando gli altri ospiti. Phoseidon scosse la testa borioso e sprezzante
fece cenno a tutti di andarsene, me compresa con entrambe le mani
-andatevene subito! Avete
preso questo posto come un ostello?- ringhiò furioso, lanciando
un’occhiata agli altri ma appena il suo sguardo si fermò su Alec poggiato allo
stipite dell’entrata.
-via! Fuori! TUTTI!- disse disgustato
facendo qualche passo avanti e scacciandoci con movimenti repentini delle
braccia.
-aspetta- dissi io
facendo un passo avanti, lui mi spintonò fuori e io mi appoggiai per non
perdere l’equilibrio su Leon che sfortunatamente, non capendo la situazione era
sgusciato via lasciandomi a barcollare.
Teeros mi fermò da dietro, Alec si
precipitò davanti a me prendendo per la maglietta Phoseidon
e sollevandolo da terra.
-no!- dissi con voce leggermente
alterata liberandomi dalla stretta del mio amico e picchiettando sulle scapole
di Alec mentre Phos borbottava in collera maledicendo
tutti i vampiri, e forse tutti gli esseri esistenti sul pianeta terra.
-andatevene- ribadì
spolverandosi i fianchi non appena fu poggiato a terra dal ragazzo che mi
lanciò uno sguardo irritato.
-vi prego!- dissi ad
entrambi, Leon nel frattempo parlottava con Fleur su quanto fosse odioso in
certi minuti ma su quanto simile ad un padre fosse per lui.
-perché li hai portati qui?- ringhiò
furibondo sbattendo un pugno sul murò che tremò
pericolosamente. Il rumore fece zittire tutti, persino Leon smise di
chiacchierare.
-siamo venuti a prendere Damon- disse Alec piatto, vedevo i muscoli delle sue
braccia irrigidirsi, contrarsi e rilassarsi e ne dedussi fosse con i nervi a
fior di pelle.
-davvero?- dissero in coro Leo e il
bambino.
-per quale motivo? È ancora sotto
osservazione- borbottò irritato. Io anticipai fortunatamente Alec.
-perché vogliamo portarlo con noi..- vista la sua espressione imbestialita e il suo volto
diventato paonazzo aggiunsi perentoria -..e tu non sei nessuno per obbiettare-
Lui ci fece segno di andarcene e si
chiuse nella sua camera. Io osservai mesta la porta richiudersi.
-beh..-
sovvenne Leon nel silenzio generale – anche lui è contento di vederti…sprizza gioia da tutti i pori!-
SPAZIO AUTRICE
Per prima cosa vorrei ringraziare AliceCullenIsHere
e Nilde per aver recensito!!! Grazie mille!
Sul capitolo vorrei dire che non c’è scritto granchè,
introduce il viaggio a due che diventa un viaggio di
gruppo, fa comprendere la condizione precaria di Bella, lo stato d’animo di Phos, l’amore di Alec non è molto in evidenza perché,
nell’ultima parte si sente in colpa, pensa che bella si volesse suicidare ma
lei aveva solo perso il controllo di se stessa.
Importante punto è l’ordine da alfa che la mette in relazione con
un membro del suo branco ed è un modo
come un altro per accettare il compito, spero vi sia piaciuto anche se un po’
introspettivo :D