la soffitta dei ricordi ...

di rospina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la soffitta dei ricordi ... ***
Capitolo 2: *** Cecilia ***
Capitolo 3: *** Qualcosa è cambiato ***
Capitolo 4: *** Samuel Munoz ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** il risultato? era stupenda... ***
Capitolo 7: *** non sei uguale a Ninì ... ma a Celina ***
Capitolo 8: *** ti piace un'altra... ***
Capitolo 9: *** fidati di me ***
Capitolo 10: *** la cosa migliore ***
Capitolo 11: *** sposami... ***



Capitolo 1
*** la soffitta dei ricordi ... ***


l’ambasciata era sempre la stessa. Non era cambiata di una virgola, tutto era uguale a sempre. Lei era appena entrata, indossava un paio di shorts di jeans ed una canotta bianca. Il grande salone era deserto, ed il divano bianco come sempre; lo guardò con nostalgia. Entrò nell’ufficio dell’ambasciatore.

Era vuoto.

Era come se tutti si fossero volatilizzati. Si guardò attorno , ormai in quella stanza non vi era più traccia di Parker, e con lui erano scomparse anche le foto dei suoi figli. Da quanto tempo mancava?

Più o meno quindici anni.

Approfittò del silenzio per salire la lunga scala, ampia e tondeggiante. Con decisione raggiunse l’ultimo quadro che ritraeva un ambasciatore pelato. Ma lei sapeva bene che quella tradizione era stata rotta da un pezzo. Passò per il passaggio segreto e raggiunse la soffitta.

Sorrise.

Quanti ricordi …

In un angolo vide la parrucca di Nicolas. La indossò e modificò la voce. Quante volte l’aveva fatta ridere, e l’aveva protetta …

Un rumore la riportò alla realtà; si voltò di scatto e di fronte a lei un uomo. Folti capelli neri e occhi dello stesso colore. Con la voce di Nicolas la giovane disse:

“capo”

Lui serio rispose:

“Smettila di scherzare, tanto non mi inganni Cecilia!”

“Juan!! Mi hai riconosciuta” Cecilia Parker gli andò incontro e lo abbracciò e aggiunse “Mamma mia come sei diventato … sembri quasi una persona seria” e rise mostrando il suo sorriso candido; i suoi occhi ridenti come quelli di una volta, tutto in lei rivelava la bambina che era stata, ma tutto in lei rivelava che quella bambina non vi era più: al suo posto ora vi era una donna!

“Sono una persona seria!” disse infilandosi le mani nelle bretelle, per poi farle scappare schioccare e disse “Di la verità, ora sembro un ambasciatore”

“Già devo dire che mio padre ci ha visto giusto lasciandoti questa opportunità”

Gli occhi dell’uomo, che ora erano attorniati da qualche segno del tempo, che gli dava fascino, scintillarono e chiese:

“Raccontami un po’, come vanno le cose a Santa Juliana?”

“Benissimo, papà è sempre con Ninì, hanno un bellissimo bimbo … assomiglia molto a Nicolas!” rise di gusto, Nicolas non aveva mai abbandonato le loro vite del tutto, ma Juan non era soddisfatto voleva sapere di più:

“E gli altri?”

“Chow, sta bene, gira il mondo. Prima o poi incontrerà l’uomo della sua vita. Chama invece continua a ballare, e pare che finalmente abbia trovato un buon produttore, mentre Lola e Martin, beh loro hanno seguito l’esempio di mio padre e Ninì … si amano, tanto tanto tanto!”

“E tu?” chiese Juan ammaliato dalla voce sottile della giovane che le stava di fronte

“IO? Io sono felice, sto terminando gli studi,ma prima volevo tornare qui a vedere l’ambasciata che mi ha reso felice. Qui ho trovato la mia mamma del cuore. Ora raccontami di Angelo e Carmen – non attese una risposta, dal sorriso dell’uomo capì che le cose andavano bene ed allora chiese di colei che era sempre stata al suo fianco- Sofia?”

“Sofia chi? – rise di gusto poi spiegò –Sofia bella domanda! Sofia è in giro per il mondo  a fare la modella, e io onestamente non avevo bisogno di stare accanto a lei. Cerco una persona che voglia starmi accanto sul serio, che mi voglia per quello che sono”

Cecilia lo guardò. Non era possibile, se non fosse stato per gli atteggiamenti, pareva che  a parlare non fosse più lo stesso Juan.

“Posso fermarmi un po’ qui?” chiese lei

Lui senza esitare rispose:

“se puoi? Se vuoi puoi fermarti anche tutta la vita!” rispose secco il nuovo ambasciatore.

“Grazie Juan!” lo vide restare in silenzio gli chiese “A che stai pensando?”

“Niente!” fu la risposta, ma le sue labbra mascherarono la verità

Se Martin sapesse quello che sto pensando adesso mi ucciderebbe! Questo fu il suo pensiero reale, e sottovoce disse:

“tanto mi ammazzerebbe comunque!” sorrise tra se, e guardando Cecilia risalire la scala della soffitta si accorse che al collo aveva una sciarpa bianca e nera a quadri. Era stata la sua … possibile che lei la conservasse ancora?

Scosse la testa e abbandonò anche lui la soffitta.

ANGOLO AUTRICE

Piccola one-shot! Spero che apprezziate, e mi diciate cosa ne pensate … so che forse è un po’ troppo “originale”, ma l’avevo in testa e allora l’ho buttata giù. Se volete criticatela, distruggetela … fatene ciò che volete! Anche se vi piace e vorreste sapere che accade in seguito … beh non avete che da chiedere! Un bacio e grazie

Rospina

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Capitolo 2
*** Cecilia ***


Tornare in quel luogo dove era stata felice, era per lei un’emozione indelebile. Socchiuse gli occhi e nelle nari le entrò quel profumo, indelebile nella sua memoria.

L’ambasciatore Juan Esposito, gli aveva dato la stessa stanza, che da bambina aveva condiviso con suo fratello. Si tuffò sul suo letto. Gli occhi azzurri fissavano il soffitto, ed il sorriso lentamente si allargava sempre più. Finalmente si sentiva a casa. Era già stata felice una volta in quell’ambasciata. Lo sarebbe stata di nuovo.

Juan Esposito era nel suo ufficio. Aveva appena chiuso una videoconferenza con il cancelliere di Santa Juliana. Tanto per cambiare aveva qualcosa per cui lamentarsi. Per un attimo invidiò nuovamente Martin Parker , il suo rivale e amico di sempre. Col tempo aveva capito che le loro discordie nascevano dal fatto di essere quasi totalmente simili. E mentre lui aveva intrapreso la carriera diplomatica, Martin aveva deciso di fare tutt’altro della sua vita. Da ragazzo gli pareva che non ci fosse niente di più bello al mondo che fare il diplomatico, ma col tempo, aveva capito che tutto era molto più difficile. Ripensò all’incontro avvenuto con Cecilia nella soffitta.

Sorrise.

Era diventata davvero bella. Ma nonostante tutto conservava il suo modo di fare da amabile furbetta. Sentì bussare alla porta, e i suoi pensieri si dissolsero. Entrò una signora, non molto giovane, dai capelli corti e castani. Occhiali sul naso e una voce stridula.

pardon ambasciator qui c’è la sua amica che chiede di vederl” aveva il brutto vizio non concludere mai le parole che pronunciava ma ormai Juan vi era abituato

“lasciala entrare Francisca

La donna disparve e subito entrò Sofia. Come sempre alta e bella. Gli anni non avevano intaccato la sua eleganza e i suoi lineamenti. Con morbidezza entrò nell’ufficio e posando le sue mani lunghe sul collo di Juan chiese:

“Amore mio, sei ancora arrabbiato per la nostra piccola discussione?” lo baciò sulla bocca.

Juan pendeva dalle sue labbra, era sempre stato così con Sofia, non riusciva a dirle di no.

In quell’istante la porta si spalancò e Cecilia entrò senza bussare.

“Juan” rimase paralizzata, si vergognò, era entrata senza bussare e aveva visto la solita scena Juan incollato a Sofia. La donna la guardò e le chiese:

“E tu chi sei?”

Juan intervenne:

“Non te la ricordi? Lei è Cecilia Parker!”

“Perché è qui?” chiese acida

“ sono felice anche io di vederti Sofia, comunque Devo solo completare degli studi, ma non darò fastidio a nessuno”

Mentre usciva dall’ufficio bisbigliò

“Non è proprio cambiato nulla”.

 

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Capitolo 3
*** Qualcosa è cambiato ***


 

 

 

 

 

Cecilia si aggirava per l’ambasciata lentamente, mentre i suoi pensieri correvano veloci nel tempo. Il trillo del telefono la distolse dai suoi pensieri:

“Cancelliere …” rispose lei gentilmente, poi abbassando la voce disparve.

La segretaria dell’ambasciatore entrò nell’ufficio:

“Signo Jua-n”

“Francisca, mi chiamo Juan! Juan! Non è tanto difficile”

“certo Jua-n, la stà cercan un giovan si chiam Samuel”

“vuoi dire Samuele?” chiese Juan pazientemente

“No mi chiamo Samuel Munez, sono qui per il posto di consulente

“Piacere – si alzò e allungò una mano –certo si accomodi

“Conosco molto bene il vecchio ambasciatore, il signor Parker, diciamo che eravamo molto in confidenza” concluse il giovane

“se è così, non posso che avere l’onore di averti al mio fianco in questa nuova gestione, stimo molto il signor Parker, e se non fosse stato per lui, non sarei qui dove sono adesso” concluse.

La porta dell’ufficio si spalancò nuovamente, ma non era Francisca, era Sofia; entrando notò subito il giovane di fronte al suo fidanzato. Grandi occhi verdi e capelli neri che gli ricadevano scompigliati sulla fronte. Con la sua sicurezza del sapere di essere bella, si presentò a lui:

“Io sono la fidanzata di Juan, piacere”

Lui la guardò compiaciuto, la sua bellezza non lo aveva lasciato indifferente. Conclusero l’accordo, ed ora l’ambasciata aveva un nuovo collaboratore.

Samuel Munez lasciò l’ufficio e nell’immenso salone il suo sguardo catturò la figura bionda e la chiamo:

“Cecilia!”

Quella voce. Aveva sperato di non doverla sentire mai più, ed invece … si voltò e mostrando il suo sorriso chiese:

“Che ci fai qui?”

L’ambasciatore li vide ed intervenne:

“Lui è il mio nuovo consulente, Samuel”

“Cecilia, non sei contenta?”

“Fra tutti julianensi proprio lui dovevi assumere?” chiese secca andandosene.

Samuel sorrise. Sofia vedendo la scena da poco lontano pensò che fosse ancora una bambina immatura; mentre Juan, la seguì con lo sguardo, nonostante fosse cresciuta, riusciva a leggerla come se fosse un libro aperto.

Scese la sera.

Cecilia era seduta sul bordo della fontana del giardino, dove una dea teneva in mano una brocca, dalla quale usciva acqua. Triste rimaneva in silenzio, con le braccia chiuse attorno a se. In silenzio accanto a lei si sedette Juan che le chiese:

“Che hai Cecilia?”

“Niente!” rispose sconsolata

“una volta non mi avresti detto “niente” ma bensì mi avresti raccontato tutto”

“E’ passato tanto tempo … non sono più una bambina

“Lo vedo! Non sono cieco. Ma cos’è che ti rende così triste, non mi piace vedere quell’espressione sul tuo volto … perché sei scappata da Santa Juliana?”

“Ti sbagli Juan, non sono scappata”

“E allora perché sei qui?”

Silenzio.

Cecilia Parker non rispose. Non poteva e non voleva dire la verità. E anziché rispondere chiese a sua volta:

“Perché mi hai mentito? Tu stai con Sofia, eppure ti fa soffrire …

“Sofia … -sussurrò quel nome –sono anni che la inseguo, ci perdiamo e ci ritroviamo, sto solo aspettando che lei capisca davvero che io sono il suo uomo, sto aspettando che capisca una volta per tutte che la voglio per sempre con me … dopo tutto questo tempo credo di amarla. Tu perché soffri?”

Sospirò e si decise a dire:

“L’amore. Juan è l’amore che ci fa soffrire!”

L’amore? Juan la guardò, i suoi occhi castani si velarono leggermente. Così piccola già soffriva per amore? Provò un senso di fastidio nel sapere che il cuore di Cecilia soffriva per amore. Ma ignorò quel sentimento, e dandole un bacio sulla fronte la salutò, per raggiungere la sua stanza. Lei lo guardò muoversi per il labirinto di siepe che aveva creato la sua mamma del cuore.

Qualcosa era cambiato. L’acqua della fontana sgorgava. Juan non era più lo stesso ragazzino impulsivo, adesso era un uomo. E forse anche lei non era più la stessa. Per fortuna adesso non era più bambina.

 

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Capitolo 4
*** Samuel Munoz ***


 

 

L’alba era giunta, e Samuel Munoz aveva appena messo piede all’ambasciata. Era sempre molto mattiniero. Amava alzarsi presto, fare una corsa e arrivare prima degli altri a lavoro. Ma quella mattina era davvero presto, si era fatto prendere dall’ansia di iniziare il suo primo giorno di lavoro. Non era la prima volta che faceva da consulente economico per delle persone importanti, ma stavolta c’era qualcosa di più per cui farsi valere.

Cecilia uscì dalla stanza, indossava solo una camicia da notte avorio con le bretelline. Semplice e bellissima come sempre. I suoi capelli arruffati le davano un’aria affascinante, e la sua pelle chiara risaltava:

“Buongiorno amore mio” gli disse Samuel avvicinandosi a lei. La ragazza sgranò gli occhi e si svegliò completamente in un attimo:

“Tu cosa ci fai qui? E non chiamarmi amore mio! Ti ricordo che noi non siamo più insieme da un pezzo

“Lo so! Lo so! –i suoi grandi occhi verdi si incupirono –è stata tutta colpa, sono io che ti ho tradito, ma ti giuro che non volevo, io ho sempre amato te! Dal primo momento che ti ho vista, e se sono venuto fino qui è solo per vederti,non posso vivere senza di te” lui l’aveva tradita e Cecilia aveva deciso di rifugiarsi nell’ambasciata di Santa Juliana, convinta che avrebbe finalmente potuto trovare un po’ di pace. Mai avrebbe creduto che lui l’avesse seguita fin li. E alzando lo sguardo fiero e deciso gli rispose:

“Fa come ti pare, tanto per me vali meno di niente

“Io invece sono certo che nel tuo cuore c’è ancora spazio per me

“Che sta succedendo?” dall’alto della scala comparve Juan Esposito. Era già vestito di tutto punto, quando vide Cecilia in camicia da notte, rimase alcuni istanti a fissarla in silenzio, poi guardando Samuel disse:

“Già qui? E’ un po’ presto … -poi guardando nuovamente la giovane – scusalo, immagino che ti abbia svegliato

“No Juan, non preoccuparti, mi ero alzata per prendere un bicchiere d’acqua”.

E disparve.

I due uomini la guardarono allontanarsi.

Sofia si aggirava per l’ambasciata, si muoveva come se fosse la padrona assoluta. Un giovane ragazzo stava pulendo i pavimenti:

“Fernando è possibile che tu sia sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato? Io devo passare e ci sei tu che pulisci?”

“Si-si-signorina passi pure, io ri-ri-rilavo

“Ma non è perché tu rifai il lavoro che non passo, è solo per il fatto che rischio di cadere e rompermi l’osso del collo!”

Il giovane inserviente, balbettava solo quando vi era la signorina Sofia, che lo trattava sempre male. Per il resto cercava di essere sempre buono e gentile con tutti, non smetteva mai di chiedere scusa e aveva un solo unico difetto: era curioso!

In quell’istante passò Samuel e la donna lo fermò:

“Samuel, vedo che ti sei già ambientato bene” si accostò a lui col suo fare da gatta morta,ma Samuel parve non accorgersene, e mostrando gentilezza e distacco si dileguò.

Sofia lo guardò maliziosa per un po’, poi si stufò e se ne andò.

“Certo ambasciatore, al più presto troverò quello che mi sta chiedendo … no si figuri, io farò il possibile e non la deluderò … arrivederci” Cecilia chiuse il telefono di ultima generazione, mentre con una pennetta prendeva dei dati dal computer dell’ambasciatore. Quell’ufficio le portava al cuore tanti ricordi belli. Quante volte si era seduta sulle ginocchia del suo papà … ma le cose belle non durano per sempre, si ritrovò a pensare. La maniglia della porta si girò. Cecilia con un gesto veloce staccò la pennetta mentre sul monitor lampeggiava la scritta:

TRASFERIMENTO DATI 100%

Di fronte a lei apparve Juan, che non appena la vide le chiese:

“Cosa ci fai qui?”

“Niente” si guardò attorno poi aggiunse:

“Volevo restituirti questa” la sciarpa bianca a quadri neri. Gliela allungò e rimase con la mano sospesa, in attesa che lui la prendesse. Ma l’ambasciatore tenne le sue mani nelle tasche e continuando a fissarla:

“No, è un regalo che ti ho fatto io” sorrise e disse ancora “è davvero l’originale? Quella che ti ho regalato quando avevi sette anni?

“Si” ammise con un filo di voce

“Ah Cecilia, sei una continua scoperta!” la guardò in quell’istante, con quella sciarpa in mano e per un istante sovrappose la Cecilia di sette anni, con quella che aveva di fronte. L’aveva conservata per tutti quegli anni. Lo aveva pensato.

Che cambiamento. Era li da un paio di giorni, ma ogni volta che la incontrava non poteva fare a meno di notare qualche piccolo particolare in più. Nessuno dei due parlò. Si fissarono. Senza saperne il motivo erano entrambi senza parole.

“Scus il disturb ambasciator, ma qualcun chied dell signorin Cecili” Francisca, come sempre riusciva a cogliere l’attimo. E Juan un po’ stizzito:

“Chi è questo?”

Ma non fece in tempo a completare la frase, che apparve una giovane donna bionda

“Zoe!!"

cecilia le corse incontro e l'abbracciò.

"Non appena Sofia mi ha detto che eri qui, sono venuta a trovarti!"

"Hai fatto bene" sono così felice di vederti" si guardavano e Juan poco distante pensò

"Sono sempre le stesse bambine" e si allontanò per dare alle due il tempo di parlarsi.

ANGOLO AUTRICE

Innanzitutto grazie a tutti per l’affetto. Non mi aspettavo che questa storia attirasse la vostra attenzione.

Amo scrivere questa storia, come nessuna di voi puoi lontanamente immaginare. Quindi grazie per l’apprezzamento che date a queste misere parole che metto nero su bianco.

Un grazie particolare va a: Giulina, Flori186, ashleyily e sweet_uke (spero di rivederti al più presto sul sito)

E infine alla mia bannerista del cuore, senza la quale queste meravigliose foto non incornicerebbero i miei racconti: LIGHTS.

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Capitolo 5
*** 5 ***


 

 

 

 

Ormai Zoe si era trasferita all’ambasciata. Con Cecilia erano davvero inseparabili. La ragazza stava ancora dormendo quando la giovane Parker accese il suo computer. Inserì la chiavetta e lesse il contenuto. Non poté evitare un sussulto. Il rumore svegliò la sua amica che chiese allarmata:

“Che succede Cecilia?”

“Niente Zoe” ma la sua voce la tradiva

“Dimmi che è successo! Non farmi spaventare”

“Ecco … -Cecilia era titubante, ma alla fine si decise –il fatto è che io non sono venuta qui solo per terminare i miei studi, ma mi ha mandato il cancelliere. Vuole che controlli tutta la gestione Esposito, secondo lui potrebbe essere il suo sostituto, solo che ovviamente se fosse venuto lui in veste ufficiale tutto sicuramente sarebbe stato in ordine, invece ha chiesto a me di venire ad indagare, conosco la casa, sono una sua amica … insomma ecco spiegato perché sono qui, e credevo che sarebbe stato un gioco da ragazzi perché ho grande fiducia nelle qualità di juan, ma quello che ho visto qui … non è bello per niente te lo posso assicurare! C’è un ammanco nelle casse dell’ambasciata! E questo può voler dire solo una cosa!”

“Juan un ladro?” chiese scioccata Zoe

“No! Non ci posso credere, lui non è così, non potrebbe mai rubare soldi a Santa Juliana e a nessun altro. Io lo conosco bene!”

“Non è più la stessa persona!” ribatté l’amica

“Lo so! Però il suo animo è quello di sempre  … è buono, non può essere altrimenti”

“Ti piace Juan?” chiese secca Zoe

“Juan?! Ma stai scherzando! No ! no” negò scuotendo la testa “Juan … che idee che ti vengono, lui … lui è lo stesso ragazzo che ho conosciuto quando ero una bambina! Non scherzare … è impossibile!”

“Calma! Quante giustificazioni, la mia era solo una domanda, se non ti piace ok, però …”

“Però cosa?”

“Lo vedi che ti interessa l’argomento? –rise- secondo me tu non le sei indifferente”

“E’ meglio se torni a dormire! E poi lui ama Sofia e l’amerà sempre!” e con questo chiuse il discorso.

Fernando stava togliendo la polvere dall’ufficio dell’ambasciatore, udì un rumore e si nascose dietro la finestra alle sue spalle. La lunga tenda gli copriva anche i piedi. Riconobbe la voce di Sofia che starnazzava al telefono:

“Ti ho detto che voglio quella casa! Non mi interessa del costo, tanto io i soldi li ho! Cosa credi che resti a fare in questa misera ambasciata di perdenti?” un’altra risata sottile e poi concluse “Quel tonto di Juan non si accorgerà mai degli ammanchi, si fida ciecamente di me!” chiuse il telefono e si lanciò nella poltrona, mise i piedi sulla scrivania e sorrise al nulla. Fernando ebbe il terrore di essere scoperto, pregò che la giovane donna se ne andasse, ma pareva non ne avesse la benché minima intenzione:

“Ambasciator” era Francisca che non appena vide Sofia disse:

Scus, pensav ci foss l’ambasciator”

“No Francisca, ci sono io, me ne sto andando- mentre si allontanava non rinunciò a dire la sua cattiveria quotidiana –quando imparerai a parlare? Tu e quello stupido di Fernando siete due idioti!” e disparve.

Finalmente Fernando poté uscire dal suo labile nascondiglio:

Francisca! Non sai cosa ho scoperto! La signorina Sofia ha dei soldi, che non sono suoi! Da quello che ho capito li ruba all’ambasciatore” parlò tutto d’un fiato, non sapeva mantenere i segreti e amava scoprirli! Ma Francisca gli lanciò un’occhiata di fuoco e rispose:

Straparl sempr!” e disparve.

Juan stava consultando alcuni documenti camminando. Si sedette solo quando arrivò nel suo ufficio che dopo il viavai era finalmente deserto. Con lui entrò anche Samuel Munoz:

“Juan che ne dici se al cancelliere proponiamo un nuovo progetto d’integrazione? Quello della quale mi hai parlato l’altro giorno?”

“Eh?” chiese lui stranito

“Si il progetto che permetterebbe ai giovani di Santa Juliana di viaggiare per il resto del mondo a prezzi ridotti, creando interscambi culturali”

Juan era distratto, e gli ci volle un po’ per ricollegarsi col resto del mondo e rispose:

“Si Cecilia”

“Cecilia? Ti pare che io assomigli alla piccola Parker?” gli occhi del suo nuovo consulente scintillarono maliziosamente e chiese:

“Che ti succede? Ti piace?”

“Chi?”

“come chi! Cecilia! Mi hai chiamato col suo nome”

“Ma figurati, è solo che stavo ripensando ai tempi andati, e tu come mai ti interessi tanto a lei?”

“Ma figurati … a me non interessa per niente!” mentì Samuel

“Comunque adesso è ora di lavorare” concluse l’ambasciatore allargandosi leggermente la cravatta.

La sera era calata su Buenos Aires. L’ambasciata pareva deserta. Francisca e Fernando erano andati a dormire. Sofia aveva deciso di dormire a casa sua. Cecilia si era addormenta sul divano al centro del salone, un libro poggiato sulla pancia. Juan entrò nel salone e fu subito attirato dalla giovane. Lentamente si accostò a lei e si accertò del fatto che stesse dormendo.

Era bellissima, i lunghi boccoli biondi le sfioravano il volto. La pelle chiara splendeva e le sue labbra parevano dipinte. L’uomo non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Sovrapponeva la figura di Cecilia quando era bambina a ciò che era adesso, e il risultato: era splendida. Sentì il cuore perdere un colpo. Fu la seconda volta che le accadde in sua presenza. La prima, fu quando la rivide in soffitta. Il suo pensiero andò al fratello maggiore di Cecilia con la quale aveva sempre discusso. lo avrebbe triturato e spellato vivo se avesse anche solo lontanamente immaginato le sue emozioni. Ma lo dimenticò in fretta e con la mano accarezzò i capelli della ragazza, e poi il viso. Ebbe il terrore che si potesse svegliare, ma quella strana sensazione che lo invadeva, lo faceva stare bene, e lo rendeva inquieto allo stesso tempo. Non aveva mai provato una cosa simile per Sofia. Che accadeva? Non lo sapeva. Le sfiorò una mano; era fredda. Le passò una mano sotto il collo e fece per sollevarla. Qualcosa cadde a terra, ma lui si spaventò alla vista di Francisca che con occhi spiritati le si parò di fronte:

“Ambasciator! Ancor sveglio?”

“Si Francisca, ora vado a dormire, tu vai pure …” rispose seccato, si sentiva come un bambino che aveva le mani nella marmellata e lo avevano scoperto!

“Le è cadut qualcos!”

“Si si vai!” affrettò lui

Sospirò. E quando se ne fu andata raccolse la chiavetta che era caduta e se la mise in tasca. Gliel’avrebbe ridata il giorno dopo. Ora non aveva più il coraggio di prenderla in braccio per portarla a dormire. La coprì con una coperta, e dopo averla ammirata ancora per qualche istante andò a dormire.

 

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Capitolo 6
*** il risultato? era stupenda... ***


 

 

 

 

 

 

Juan le stava sfiorando il viso con la mano, Cecilia poteva udire forte il suo profumo. Dolce e intenso allo stesso tempo. Sempre lo stesso profumo. Serena. Senza remore si abbandonò a lui che le stava posando le labbra sulle sue. Fu in quel momento che Cecilia Parker si svegliò di colpo. Di fronte a lei due occhi verdi, che la guardavano fissi:

“Samuel! Che ci fai qui?” ci mise un attimo a riconnettersi con il resto del mondo. Aveva sognato Juan che la baciava. Mentalmente maledì Zoe! Era tutta colpa sua se faceva questi sogni. Però la mano di Samuel era ancora sul suo volto quando Juan scendeva le scale. E li vide così.  Immobili, a guardarsi negli occhi. Quella notte l’ambasciatore non era riuscito a chiudere occhio. Non poteva smettere di pensare a Cecilia. Al chiarore della sua pelle, e al fresco profumo che emanava. Quella visione che aveva davanti lo irritò inevitabilmente e scostante disse a Samuel:

“Mi pare di averti già detto che non c’è bisogno che arrivi così presto!”

La sua voce non ammetteva repliche. Era dura e imperiosa. Cecilia lo guardava e in quel momento si rese conto che lui era diventato un uomo di potere, che sapeva fare il suo lavoro. Si avvicinò a lei, allungò una mano per sfiorarla, ma non la toccò, si ritrasse come se avesse preso la scossa elettrica e le chiese:

“Ti sta infastidendo?”

Cecilia si accorse di essere diventata tutta rossa in volto. Ma non capiva bene il perché della sua reazione. Era la vicinanza di Samuel? Il sogno che aveva fatto? Oppure era che non le piaceva che Juan pensasse che lei e Samuel potessero essere in confidenza? Si passò una mano sui capelli e raccattando i libri finse nonchalance e rispose:

“No Juan! Non preoccuparti è tutto a posto!” gli diede un bacio sulla guancia. Proprio come faceva da bambina. E disparve. Lui invece si portò una mano sul volto e rimase fermo così per un tempo che a lui parve infinito.

“La chiavetta! La mia chiavetta è scomparsa!” urlò Cecilia una volta sola nella sua stanza. Si accorse di averla persa. E questo era davvero inconcepibile! In quell’ambasciata anche i muri avevano occhi e orecchie! Doveva recuperala al più presto! Non poteva permettere che finisse nelle mani sbagliate. Se l’avesse trovata Samuel avrebbe denunciato tutto al cancelliere per scavalcare Juan, se invece fosse stato proprio quest’ultimo a trovarla, l’avrebbe odiata e presa per traditrice. Non poteva accadere a lei. Si catapultò nel salotto e si mise a quattro zampe a cercare come se fosse un cane. Fernando passò di lì con il suo inseparabile straccio in mano e disse:

Co-co-cosa cerca signorina!”

“Oh Fernando non balbettare con me! Non hai nulla da temere, sto cercando una cosa importantissima! Una chiavetta”

“Per caso li c’è scritto che la signorina Sofia ruba soldi a Santa Juliana?”

La ragazza smise di cercare. Sollevò il suo sguardo e lo fissò:

“tu come fai a sapere una cosa del genere?”

“Beh, ho sentito la signorina Sofia parlare al telefono …” e le raccontò tutto

“Oh mio Dio! Questo è un guaio, devo dire tutto a Juan! Ma non mi crederà mai!” sospirò. Non sapeva cosa fare. Adesso che era grande tutto era molto più difficile.

Juan era seduto alla sua scrivania. Dalla tasca tolse la chiavetta che aveva trovato sul pavimento.

“Chissà cosa contiene!” disse, l’attaccò al pc e l’avviò. Stava elaborando i risultati quando entrò Francisca:

“Ambasciator, la vuol veder la signorin Sofi

“Falla entrare!” ma non servì perché Sofia era gia nel suo ufficio

“Amore mi sei mancato!” gli disse circondando il suo volto con i palmi delle mani e poi schiocchiargli un bacio sulle labbra. Lui rispose al bacio e sussurrò:

“Anche tu mi sei mancata”

“Tesoro, dovremmo fare una donazione di beneficienza per quel gruppo di poveri di cui ti avevo parlato”

“ma l’abbiamo già fatta il mese scorso” obiettò lui

“LO so, però vedi un grande uomo lo si vede da quanta beneficenza compie” mentì la donna

“D’accordo amore, occupatene tu!”

“Grazie” trillò, la sua casa negli stati uniti era sempre più vicina.

Juan tornò alla sua scrivania. Finalmente poteva guardare cosa conteneva la pennetta, ma come un fulmine entrò Zoe che disse:

“Juan! Hanno lasciato questo bimbo davanti la porta dell’ambasciata!”

“Oh no!” esclamò lui esausto

Si accostò al bimbo. Era meravigliosamente bello. Gote rosee e occhi di un colore ancora indefinito. Lo prese in braccio e il piccolo abbozzò un sorriso. In quel momento arrivò Cecilia che quando vide Juan col bimbo in braccio sbiancò. Per un attimo temette fosse suo figlio e chiese:

“E lui?”

“Non lo so! Lo hanno abbandonato!”

Quella parola le distrusse il cuore. Anche lei era stata abbandonata da sua madre, e quando la ritrovò scoprì che era una vera strega! Ma per fortuna aveva avuto una splendida mamma del cuore. Sorrise teneramente. Juan parve leggerle il pensiero e impulsivamente disse:

“Non lascerò che questo bambino finisca in mani sbagliate! Cercheremo i suoi genitori”

“E se non li troviamo?” chiese lei spaurita

“Sono certo che saresti una mamma dell’anima meravigliosa!”

Cecilia prese il piccolo in braccio e disse:

“Lo chiameremo Angelo! Come tuo fratello, e poi perché sembra proprio un angioletto!”

Juan la guardò incantato. Tutto di lei lo incantava, e più la mente gli diceva che non poteva, che era sbagliato, più il suo cuore palpitava. La ragazza si allontanò, ma lui la chiamò:

“Cecilia, questa è tua! Credo che ci siano i tuoi studi, cerca di non perderla più” e le diede la chiavetta. Lei le sorrise e stringendo Angelo si allontanò definitivamente.

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Capitolo 7
*** non sei uguale a Ninì ... ma a Celina ***


Juan Esposito, era poggiato sulla porta finestra e guardava l’esterno. Il sole faceva capolino tra le nubi, dando un tocco di colore alla siepe verde che formava un vero e proprio labirinto; fuori vi era Cecilia che giocava con il piccolo Angelo, e lui non poteva fare a meno di staccarle gli occhi di dosso. I suoi lunghi boccoli biondi si muovevano ondeggiando, e sul volto aveva un sorriso che non si spegneva mai. Ed anche lui in quel momento aveva un’espressione fuori dal comune, pareva che fosse sospeso tra finzione e realtà. Sofia sulla soglia della porta era entrata da qualche minuto e poté osservare con stizza lo sguardo del suo Juan, e si chiese se lui in quindici anni l’avesse mai guardata in quel modo. Sorniona si fece notare, e circondo gli il collo con le braccia la donna schioccò un bacio sulle labbra dell’ambasciatore e gli disse:

“Cosa stai guardando?”

“Nulla”

Sapeva che lui mentiva, ma non voleva forzare la mano ed allora Sofia dolcemente le disse:

“allora guarda me come guardi il nulla!” e si strinse ancora di più a lui. non avrebbe certo lasciato che una mocciosa le portasse via il suo Juan, perché nonostante tutto lo credesse sempre lo stesso tontolone, a Sofia dava fastidio che qualcun’altra puntasse a lui, e soprattutto che lui guardasse un’altra donna che non fosse lei.

Cecilia era presa dal piccolo Angelo. Lo curava in tutto e soprattutto lo viziava come pochi, ed infatti fu proprio Zoe che la sgridò non appena lo vide:

“Cecilia, così non fai che viziarlo! Lo rovini! Devi anche dargli delle regole, essere più severa con lui”

“Ma che stai dicendo! Io non voglio essere severa con lui, avrà già sofferto un sacco, la sua mamma l’ha abbandonato, e io voglio che lui possa sempre sorridere”

“certo, io posso capire quello che stai dicendo, ma non mi pare che Tomas non ti abbia mai messo in punizione …”

“No lui lo ha fatto, ma Ninì! Mai” e sorrise a ripensare ai suoi genitori adottivi,e guardando l’amica bionda chiese:

“Zoe, secondo te, potrò mai essere felice come lo sono loro?”

L’amica sorrise e disse:

“Oh ne sono certa, e questo accadrà nel preciso istante ammetterai di esserti innamorata di Juan e del fatto che lui ricambi!”

“Zoe!” ribatté lei per poi aggiungere “Devo assolutamente fargli sapere degli ammanchi, ma non so come fare! Insomma gli avrei dovuto dire da subito per cosa mi aveva mandato il cancelliere, ed io invece … gli ho mentito!”

“Non hai mentito, hai solo omesso di dire qualcosa! In fondo è vero che tu qui stai finendo di studiare”

“Già, però avrei dovuto chiedergli la contabilità ed io invece non ho fatto altro che “rubarla””

“Dai Cecilia, anche lui non è che sia mister perfezione, diciamo che ne ha sempre combinate di cotte e di crude!”

“Si ma questo era quando era ragazzo, adesso le cose sono cambiate! Per certi versi mi sembra di rivedere mio padre”

“E allora parlargli! Digli tutta la verità e capirà”

“E per Sofia?”

“Cosa?”

“E’ tua sorella, non ti spiace che gli sbatta in faccia il fatto che è una …”

“Ladra? No puoi dirglielo benissimo! Così magari si sveglia! Mia sorella è una vera serpe!”.

Dall’altra parte della siepe vi era Sofia ad ascoltare, che divenne livida di rabbia, e solo all’ultimo si accorse di non essere la sola ad aver udito tutto, perché vi era anche Samuel Munoz, che stava invece esplodendo di gelosia. Conosceva bene Cecilia, e sapeva che quando si faceva così tanti scrupoli a dire la verità, aveva un sentimento molto forte. Sofia si rizzò in piedi e cercò di scoprire cosa avesse sentito il giovane, ma lui le disse:

“Ho sentito tutto, e se non vuoi che dica nulla al tuo bell’ambasciatore ti conviene aiutarmi!”

“Cosa vuoi?” chiese lei spiccia

“Che ti tenga stretto il tuo dolce e tonto fidanzato, perché Cecilia, è mia! Solo mia!”

“Non chiedo di meglio”.

Una fugace stretta di mano, e il patto era stabilito.

Cecilia corse nell’ufficio di Juan, doveva assolutamente parlargli il prima possibile. Come fu nell’ufficio sentì lo sguardo dell’ambasciatore su di lei. Ma stavolta era differente. Il suo sguardo era cupo e duro. Serrò lo schermo del computer e al suo fianco vi era Sofia che gli stringeva una spalla:

“Bene, ora puoi anche dirmi tutta la verità!” sbottò lui duramente

“Io non capisco …” mormorò la giovane

“Certo, perché tu sei uguale a tua madre, mi sbagliavo tu non sei uguale a Ninì … ma a Celina! Ti sei infiltrata qui con la scusa di poter studiare e invece … volevi solo mettere il naso negli affari dell’ambasciata! Potevi benissimo parlarmene e io ti avrei fatto vedere tutti i libri della contabilità senza battere ciglio. E ti saresti accorta che è tutto apposto, io mi fido ciecamente dei miei collaboratori, cosa che evidentemente non posso fare con te! Mi hai deluso Cecilia” era adirato e addolorato. Non poteva credere che Cecilia fosse quel tipo di persona che inganna alle spalle, eppure lo aveva sentito dire dal cancelliere in persona che lei era li per controllare l’andamento dell’ambasciata, e poi Sofia le aveva riferito della sua chiacchierata con Zoe. Che stupito era stato. Aveva creduto di provare qualcosa per quella ragazza. Per fortuna aveva Sofia.

Lei che per quindici anni, bene o male, con tutti i suoi pregi e difetti le era sempre stata accanto.

Cecilia provò a difendersi. Ma prima ancora di poter dire qualcosa capì dallo sguardo di Juan che qualunque cosa avesse  detto non sarebbe servito a nulla. Uscì dall’ufficio in lacrime e si andò a nascondere nella soffitta. L’unico luogo in cui si sentiva veramente protetta e al sicuro.

Francisca notò l’aria pesante che si respirava all’ambasciata, ed evitò di dire che stava per esserci una visita. Pensava che avrebbe avuto il tempo per comunicarla. Ma si sbagliava.

Con i capelli più lunghi e folti boccoli castani, fece il suo ingresso all’ambasciata Martin Parker.

“Martin!” esclamò Juan andandogli incontro. Lo abbracciò. Nonostante tutte le loro liti si volevano un bene infinito, “e Lola?”

“E’ rimasta a Santa Juliana, mi fermerò qui pochi giorni, sono venuto per motivi di lavoro”

Finalmente una visita gradita, pensò Juan. Che aveva ancora nel cuore un’infinita tristezza per il tradimento della più piccola dei Parker.

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Capitolo 8
*** ti piace un'altra... ***


Chiusi nell’ufficio dell’ambasciatore Juan e Martin si erano fermati a parlare:

“Allora come mai sei venuto da queste parti?”

“Perché adesso come presidente delle associazioni sportive di Santa Juliana, sono qui per incontrare alcuni atleti che parteciperanno alle prossime olimpiadi! Tu invece, vedo che non sei cambiato per niente!” si riferiva alla foto di Sofia che era appoggiata sulla scrivania del suo amico. Ma Juan non riuscì a sorridere. Non seppe spiegarsi il perché ma quell’affermazione in quel momento la trovò fuori luogo, e Martin che lo conosceva bene gli disse:

“Che c’è Juan? Le cose non vanno bene con Sofia?”

“Si, vanno benissimo …” non seppe aggiungere altro e Martin incalzò

“Ma ti piace un’altra!”

Juan spalancò i suoi grandi occhi castani.

Si vedeva così tanto che gli piaceva Cecilia? Deglutì vistosamente, e il più grande dei Parker lo canzonò:

“Non cambi mai! Sempre a correr dietro alle ragazze! Per poi tornare da Sofia!” stette zitto un attimo e serio aggiunse “questa volta è diverso?!”

L’ambasciatore non rispose. Martin come sempre aveva ragione. La loro conversazione venne interrotta da Samuel che entrò:

“E tu cosa ci fai qui?” sbottò proprio il nuovo arrivato

“No sei tu che devi dirmi come hai fatto a farti assumere qui, sapendo che qui c’è anche mia sorella” ribatté Martin

Juan li guardò sbigottito  e chiese:

“Cosa c’entra Cecilia?” il suo cuore ebbe un palpito accelerato, e le mani gli sudarono

“Lui era il suo fidanzato! Solo che poi ha deciso di buttare una perla come mia sorella per una schifezza! L’ha tradita!”

Quelle ultime parole rimasero sospese a mezz’aria.

Samuel e Cecilia si erano già conosciuti. Anzi erano stati qualcosa insieme, e adesso cosa c’era tra loro? Quante domande vagavano per la mente dell’ambasciatore, ma nessuna risposta era alla sua portata.

Cecilia era nella sua camera, stringeva il piccolo Angelo fra le sue braccia. Aveva appena smesso di piangere, e lei con dolcezza gli aveva asciugato ogni piccola lacrima, da uno spiraglio della porta Juan poté vedere la scena. Perché era così bella? Perché era così tremendamente dolce? Perché non poteva fare a meno di guardarla? Perché il suo cuore batteva così violentemente ogni qual volta la vedeva o più semplicemente sentiva chiamare il suo nome? Fra tutto questo la cosa che lo faceva soffrire, era il fatto che lei gli avesse mentito!

Martin gli posò una mano sulla spalla che lo fece trasalire e spalancare la porta. Fu in quel momento che Parker si accorse che Juan stava guardando Cecilia. L’ambasciatore in preda all’imbarazzo si passò una mano sulla fronte, il volto disteso di Martin divenne duro e con voce ferrea chiese:

“cosa ci fai qui?”

Semplice, stavo ammirando la bellezza di tua sorella!

Ma non era questa la risposta esatta e si limitò a farfugliare:

“Volevo solo chiederle scusa!”

“Per cosa?” insisté Martin sempre più furioso

“Per quello che le ho detto prima …” in realtà stava accampando una scusa e Martin lo conosceva troppo bene per non accorgersene, Cecilia si alzò e calmando le acque disse:

“Grazie Juan, non preoccuparti, poi ne riparleremo”.

Poco distante, Sofia e Samuel stavano parlando sottovoce, ed era lui che diceva:

“Perché non mi hai avvisato di Martin? Ora Juan ha scoperto che io e Cecilia stavamo insieme, non avrà più fiducia in me!”

“Fidati di me … risolverò tutto io!” rispose lei serafica

“Certo, e io mi dovrei fidare? Proprio tu che ti sei fatta scoprire che rubi soldi da una ragazzina?”

“Taci! Sei solo uno stupido! Cerca di riprenderti quella cretina di Cecilia e andartene al più presto!” disse lei secca e andandosene.

Cecilia , Martin e Juan erano ancora tutti uno di fronte all’altro, mentre il più grande dei Parker era in preda ad un attacco di rabbia, apparve Francisca con un uomo e una donna alle sue spalle.

“Ambasciator, ci son visit per voi! Voglion saper dov è il piccol Angel!”

“Sono assistenti sociali! Vogliono portare via Angelo!” sentenziò Fernando dietro ai nuovi arrivati, mentre stringeva in mano uno straccio viola e giallo, i colori di Santa Juliana.

Juan e Cecilia divennero pallidi come cenci e rimasero alcuni istanti senza parole.

ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutti! Volevo salutarvi e dirvi che visto che è arrivata l’estate, non posterò questa storia per qualche settimana, per dare il tempo a tutti di poter staccare la spina dal pc! Ma prometto che tornerò in fretta, ancora non ho una data! Sing!!

Per chi invece segue anche la mia “Danza del vento” voglio avvisarvi che per lo stesso motivo diraderò le mie pubblicazioni, posterò ogni 15 giorni!!

Grazie a tutti per l’affetto! Ci risentiamo presto! O almeno spero di ritrovarvi tutti qui con me!

BUONE VACANZE

Rospina.

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Capitolo 9
*** fidati di me ***


Due persone ben distinte. Allungarono la mano verso l’ambasciatore Esposito e dopo i saluti di rito dissero:

“Siamo venuti qui, per parlare del bambino che vive in questa ambasciata da qualche settimana …”

“Si lo abbiamo trovato davanti il portone …” si giustificò Juan

“Lo sappiamo, ma ora dovete consegnarcelo, non può stare qui!” sentenziarono

Juan si inalberò in un momento e tuonò:

“Questo è il territorio di Santa Juliana, e non potete fare  nulla, qui la massima autorità sono io!”

Martin lo guardò esterrefatto. Da quando era divenuto così sicuro di sé e fermo nelle sue affermazioni? Per un attimo gli parve di vedere suo padre, e capì quanto Thomas Parker avesse influito sulla vita del suo amico; nonostante fosse tremendamente arrabbiato con lui lo difese:

“Ha ragione, voi qui non potete decidere nulla”, ci fu uno sguardo complice tra i due, ma gli assistenti sociali non si arresero:

“Per il momento noi ce ne andiamo, ma state pur certi che torneremo al più presto”

E se ne andarono accompagnati dalla fedele Francisca.

Cecilia si accasciò sul divano bianco stringendo Angelo a se. Le lacrime iniziarono a scenderle sulle gote copiose. Il piccolo parve accorgersi della tristezza della donna, con le manine cercava di consolarla, ma non vi riusciva. Martin le si accostò e le disse:

“Non piangere, sai che puoi contare su di me per qualunque cosa!” non sapeva cosa dirle, ne tantomeno cosa fare. Gli squillò il telefono, era Lola e scusandosi si allontanò.

Juan prese il suo posto.

Non le parlò.

Le prese una mano, e con l’altra accarezzava Angelo. Cecilia lo guardava con tristezza, era come se tutto il mondo le fosse caduto sulle spalle. Ma il solo poter posare i suoi occhi negli occhi scuri e intensi di Juan, per potersi sentire protetta.

Juan le asciugò una lacrima e in un sussurro la rassicurò:

“Troverò una soluzione. Fidati di me”

Fidati di me.

Quelle tre parole le entrarono nel cuore. Si sarebbe fidata di lui comunque, come sempre.

Il suo cuore palpitò.

Juan si alzò e con sicurezza di diresse verso il suo ufficio. Non appena fu dentro chiamò Samuel Munoz:

“Samuel, ho bisogno di consulenza”

Gli costò un sacrificio enorme chiedere aiuto a lui, ma pur di veder Cecilia sorridere, e poter tenere Angelo con se era disposto a tutto.

Gli spiegò tutto quanto era successo, e lo vide sparire assorto in una telefonata.

“Juan vorrei parlarti” Cecilia aveva appena socchiuso l’uscio dell’ufficio

Lui le andò incontro e chiese:

“Che succede? Non preoccuparti per Angelo, troveremo una soluzione!” affermò deciso

“Non è per lui … -mormorò – è per la questione del cancelliere”

Lo sguardo di Juan divenne serio.

“Io non volevo mentirti … il fatto è che, il cancelliere voleva avere tutti conti …”

“Perché non me li hai chiesti?” chiese lui dispiaciuto “Non ti fidi di me?”

“Non è questo! Il problema è un altro, nessuno doveva sapere cosa stessi cercando, prova a controllare i conti sul tuo pc

“Non ne ho bisogno!”

“Fallo” impose lei

Lui l’ascoltò.

Tra tutte le diciture trovò moltissime donazioni di beneficienza ad associazioni varie, della quale lui non ne ricordava il nome. In quel momento Cecilia aprì il contenuto della sua pennetta; immediatamente si rivelarono tutti gli ammanchi, e la piccola Parker disse:

“Ho fatto una piccola ricerca e tutti i fondi di beneficienza portano ad un unico conto corrente,intestato a …”

“Sofia!” disse lui sbalordito. Non poteva crederci. Davanti ai suoi occhi apparve tutta la verità. Si sedette sulla poltrona di pelle mettendosi le mani nei capelli.

Per quindici anni aveva rincorso Sofia. Senza pensare seguendo il suo cuore, e nonostante gli occhi più volte gli rivelassero la verità, lui aveva negato l’evidenza. Era una donna senza scrupoli, che badava a se stessa e amava solo l’apparenza. E adesso a farle vedere la verità vi era lei. Cecilia. La sua bambina di sempre. Le disse:

“grazie”

Lei non capì per cosa la stesse ringraziando. Ma il cuore di Juan la ringraziava per avergli permesso di svegliarsi da un sogno di cristallo che si era creato, un mondo parallelo dove nulla era come si era immaginato, e soprattutto la ringraziava perché grazie a lei aveva scoperto cos’era il vero amore. Quello sincero, che fa amare incondizionatamente.

“Ho trovato!” disse Samuel entrando con voce trionfale in ufficio

“Cecilia si dovrebbe sposare, e così le darebbero in adozione Angelo!” le corse incontro e abbracciò la ragazza. Juan rimase impietrito mentre Samuel Munoz le diceva:

“Non potevo più vederti in quelle condizioni, e finalmente ho trovato la soluzione, un bel matrimonio e non dovrai staccarti da Angelo! Sei contenta?”

Era senza parole. Non era contenta, era Felice!

Corse via a dare la notizia a Zoe, e Martin.

L’unica cosa che seppe dire Juan fu:

“ti ringrazio per l’aiuto” ma in realtà era morto dentro. Cecilia si sarebbe dovuto sposare, e non certamente con lui.

Sofia ricevette la notizia per telefono proprio dal consulente e gli rispose:

“Ottimo lavoro! Finalmente fai qualcosa di buono! Adesso sposatela e portatela via”.

“Con chi eri al telefono?” chiese Juan alla donna

“nessuno tesoro mio!” rispose lei infida

“meglio così! Devo parlarti!” rispose secco lui.

 

ANGOLO AUTRICE

Ciao!!

Sono tornata e spero che siate contente quanto me! Un piccolo saluto a tutti voi che mi seguite e mi scaldate il cuore con il vostro immenso affetto in questa fredda estate!

Un bacio

Rospina

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Capitolo 10
*** la cosa migliore ***


Juan Esposito era appena entrato nella stanza della sua fidanzata, si slacciò leggermente la cravatta.

 

“Anche io ti devo parlare!”  queste parole di Sofia lo avevano spiazzato, rimase in silenzio e attese che lei proseguisse, e fu così:

 

“sapessi cosa mi è successo! –la sua frase venne interrotta dai singhiozzi –qualcuno sta lavorando contro di me! Ho appena scoperto che mi accusano di aver rubato dei soldi e di averli girati in un conto estero”.

 

Si era lanciata tra le braccia del suo fidanzato. Un ghigno le fiorì sulle labbra non appena sentì le braccia di lui stringerle la vita, e fingendo ancora di piangere gli chiese:

 

“Tu cosa volevi dirmi?”

 

Che non ti amo più, anzi forse sarebbe meglio dire che probabilmente non ti ho mai amata!

 

Ma dalle labbra dell’ambasciatore uscì un lieve:

 

“Non era niente di importante” le braccia gli ricaddero lungo il corpo, inermi. E nei suoi occhi vedeva leggera  la figura leggera ed elegante si Cecilia che sorridente avvolta in mille veli bianchi andava incontro a Samuel Munoz. Il suo cuore patì. Ebbe paura di quel dolore lancinante che aveva  nel petto, ma forse era meglio per tutti, in fondo anche Martin era stato chiaro con lui. non doveva azzardarsi ad avvicinarsi alla piccola Parker!

 

Come aveva potuto anche lontanamente pensare che lei potesse essere sua! Come può essere stupido il cuore, segue delle ragioni che la mente non conosce. E come se fosse in un mondo tutto suo, Juan guardava Sofia ed in lei vedeva tutti i difetti che non aveva mai visto in quindici anni. Stanco si passò una fra i capelli, diede un leggero bacio alle labbra di quella che era la sua fidanzata e lasciò quella stanza dove l’aria gli pareva rarefatta.

 

Cecilia era nell’immenso giardino e lasciava il piccolo Angelo giocare con la terra. Era pieno di terra ovunque, e tutto ciò le ricordava la sua mamma del cuore. Ah quanto avrebbe voluto averla accanto per poterle confidare tutto ciò che aveva nel cuore. Si sentiva triste e sola. Juan gli pareva distante anni luce, mentre Samuel diveniva sempre più insistente, ed ora che lui aveva trovato il modo che lei potesse adottare il piccolo  Angelo, sapeva bene che voleva qualcosa in cambio:

 

“Cos’è che ti preoccupa?”

 

Era la voce di Zoe. Quella ragazza sapeva sempre cosa stesse passando nella testa della giovane, e Cecilia rispose:

 

“Sono stanca”

 

“Di cosa? –chiese Zoe sbalordita –tu non sei mai stanza, sei sempre piena di iniziative, ami far girare il mondo attorno a te!”

 

“Sono stanca di dover lottare contro i miei sentimenti Zoe, non so cosa mi stia succedendo, ma sento di non essere più quella che ero prima! Prima mi bastava vedere il sole per sorridere, adesso non più … ora il mio sorriso, la mia gioia dipende da …”

 

“Juan” sentenziò Zoe. Cecilia stupita chiese:

 

“Si nota così tanto?”

 

“Direi di si! Se pensi che ogni volta che lo guardi ti illumini tutta! Se ogni qual volta che pronunci il suo nome ti si apre un sorriso sulle labbra e potrei andare avanti ancora per un’ora”

 

“No ti prego! Lascia stare! Così non fai altro che farmi soffrire, anche perché lui ama Sofia!”

 

“Non ne sarei così sicura!”

 

“Così non mi aiuti! Anzi mi spingi a sperare in qualcosa che mai accadrà!”

 

Zoe rimase in silenzio. in effetti la sua amica aveva ragione, lei non aveva la certezza che lui ricambiasse davvero quel sentimento d’amore, ed allora chiese:

 

“Cosa pensi di fare?”

 

“Di andarmene il prima possibile!”

 

“E Angelo?”

 

“Verrà con me! Chiederò a Samuel di fare un matrimonio di convenienza, dopo sei mesi, come richiede la legge di santa Juliana ci separeremo!” aveva previsto tutto! Niente era rimasto al caso, con lo sguardo chiedeva solo l’appoggio della sua amica di sempre.

 

Lo trovò. Zoe l’abbracciò forte e mormorò:

 

“Conta sempre su di me!”

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Ciao ragazze!! Scusate per l’assenza! Ma finalmente eccomi qui! Sono tornata!

Spero con tutto il cuore di esservi mancata almeno la metà di quello che voi siete mancate a me!

Mi auguro di ritrovarvi tutte ora che le vacanze sono quasi giunte al termine!

Mando un grande bacio a tutti coloro che leggono, in particolare a

Giulina, Akitosana, sweet_uke, flori186, ashelyily e lovely head !!!

A presto

 

Rospina.

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Capitolo 11
*** sposami... ***


 

 

 

Tutto era stato predisposto.

 

Cecilia aveva deciso di chiedere a Samuel Munoz di sposarla. E lui avrebbe certamente accettato, lo conosceva troppo bene, e sapeva bene che lui nonostante l’avesse tradita era ancora innamorato di lei, e avrebbe accettato un matrimonio di convenienza con la speranza che magari un giorno sarebbe riuscita a farle cambiare idea. Questa idea della piccola Parker avrebbe potuto essere praticamente perfetta se non fosse stato per un piccolo particolare, lei amava Juan Esposito.

 

L’ambasciatore.

 

Ormai era certa che quello che provava per lui non poteva essere altro che amore! Forse lo aveva sempre amato, fin dal giorno in cui lui le aveva regalato quella misera scarpetta bianca e nera e lei aveva poco più di sette anni. Ma ahimè lui non provava per lei lo stesso sentimento o almeno così credeva! Sola nella sua stanza le lacrime le rigavano il volto mentre osservava il piccolo Angelo dormire nella culla e bisbigliando disse:

 

“Lo faccio solo per te!”

 

Juan Esposito era nel suo ufficio, le mani fra i capelli. Non poteva crederci, stava perdendo Cecilia.

 

La sua Cecilia!

 

Sarebbe finita fra le braccia di un altro e lui non stava facendo nulla per conservarla. Per chi? Per Sofia?

Si era accorto di non amarla, e adesso che ogni incanto era caduto dai suoi occhi poteva vedere chiaramente la realtà, senza finzioni e senza più immaginazioni. Non sapeva spiegarsi come fosse accaduto, ma ormai le parole della donna ammaliante che aveva inseguito per quindici lunghi anni non lo ammaliavano più. Non credeva alle sue lacrime false, e neppure più credeva alle sue scusanti. Aveva avvisato il cancelliere degli ammanchi dell’ambasciata che le aveva fatto presente la sua piccola Parker. Ora si sentiva più sereno, niente più segreti, e neppure preoccupazioni, avrebbe pensato a tutto la polizia di Santa Juliana. Il suo unico pensiero era Cecilia! Sempre e solo lei in qualunque cosa facesse, e proprio in quel momento:

 

“Ambasciator, la signorin Cecili ha chiest di chiamar il giudic di pac per il matrimonio”

 

Francisca completò quell’ultima parola che rimase sospesa nell’aria per un po’, Fernando che da qualche parte stava fingendo di spolverare per poter ascoltare cosa stesse succedendo la interruppe:

 

“Sei proprio scema! Non riesci mai a completare neppure una parola e oggi completi proprio l’unica che non dovevi dire?”

 

La segretaria un po’ attempata si guardò attorno un po’ stranita senza capire cosa fosse successo, ma Juan disperse  i due dicendo:

 

“Per favore Fernando smettila di dire sciocchezze! Anzi sono contento che finalmente Francisca completi una parola” e abbracciò la donna con affetto sincero. Nel suo cuore era entrato un dolore cocente. Doveva chiamare il giudice di pace per far si che la donna che amava si sposasse con qualcun altro! Non aveva scelta. Doveva farlo.

 

Samuel Munoz stava gongolando nella sua stanza per al gioia. Aveva già indossato l’abito della cerimonia, il frac gli donava e lo slanciava era più bello che mai. Gli squillò il telefono. Rispose. Una voce di donna e dopo aver riso lui disse:

 

“Non preoccuparti amore mio, questo matrimonio con la figlia dell’ex ambasciatore Parker non è altro che una mossa per poter arrivare in alto, lo sai che amo sempre te!” quando richiuse disse a se stesso “Amo te e tutte le donne”.

 

Cecilia era nella sua stanza con Zoe, aveva già messo un vestito rosa, corto e spalle scoperte. I lunghi capelli dorati mossi le ricadevano sulle spalle delicatamente. Il trucco leggero la rendeva radiosa. Ma nei suoi occhi si leggeva un tunnel di infinita tristezza. E l’amica chiese:

 

“Sei davvero sicura di quello che stai per fare?”

 

La giovane non rispose. Annuì leggermente col capo, non aveva neppure la forza di parlare. Il piccolo Angelo stava dormendo, ma non appena si sarebbe svegliato Francisca e Fernando si sarebbero presi cura di lui. udirono bussare alla porta, non attese  risposta e subito apparve Sofia:

 

“Ebbene è arrivato il grande giorno? Finalmente ti sposi! Ti faccio i miei migliori auguri, si vede che sei felice, spero con tutto il cuore di poterti imitare il più presto possibile e potermi sposare con il mio Juan che mi ama tanto!”

 

“Te lo auguro anche io!” rispose tristemente Cecilia, e Zoe andò subito in soccorso dell’amica dicendo:

 

“Io invece spero che tu possa sposare qualcuno che ti somigli” e la sbatté fuori dalla stanza.

 

Cecilia lentamente iniziò a percorrere la lunga scalinata che portava al salone. Tutto era pronto per la cerimonia, anche se non vi erano fiori e drappeggi vari, per Cecilia era solo un atto dovuto per tenere con se il bambino.

 

 Di fronte a lei Juan.

 

Non appena la vide scendere incatenò il suo sguardo col suo. Era incantevole. Sentì il suo cuore battere all’impazzata. Si avvicinò a lei  tendendole una mano. Lei l’accettò. Gli sorrise debolmente. Per un istante sognò che fosse lui lo sposo. Tutto avrebbe avuto un sapore differente. Lui l’accompagnò nel suo ufficio. Lei rimase in piedi, sostenuta da scarpe dello stesso colore dell’abito, dal tacco vertiginoso. Anche lui era in piedi accanto alla vetrata della stanza, lo sguardo rivolto al giardino che Ninì aveva curato per tanti anni … e poi quella domanda:

 

“Perché ti sposi con lui?”

 

Senza pensare la ragazza rispose:

 

“Perché è l’unico che ha accettato di sposarmi” rispose candidamente

 

A quell’affermazione Juan Esposito sentì il sangue raggelarsi nelle vene, e rispose:

 

“Ne sei davvero certa?”

 

“Si, come sono certa che lui mi ami! È l’unico che mi ama … nonostante mi abbia fatto soffrire”

 

Questo per l’ambasciatore fu davvero troppo. Sentì l’ardore che aveva da ragazzino invaderlo  i loro volti furono vicini, i visi parevano sfiorarsi:

 

“Ne sei davvero certa che lui ti ami? Che lui sia l’unico ad amarti? Non sei altro che una ragazzina che non è in grado di guardare al di la del suo naso! Sei una stupida! Se solo tu mi avessi reso partecipe, se solo tu mi avessi parlato …”

 

“Se solo avessi fatto una di queste cose cosa avresti fatto?”

 

L’uomo si ricordò di essere ormai troppo grande per certe sfuriate e rimase in silenzio. si allontanò da lei, il suo profumo lo inebriava e sapeva per certo che se fosse rimasto così vicino a lei non avrebbe saputo resistere. Nella sua  mente continuava a gridare “Ti amo” “Sposami” ma nulla di tutto ciò uscì dalle sue labbra.

 

Cecilia lo guardò e capì che non vi era nulla da fare. Lui non l’amava, le voleva solo bene, o almeno sperava che le volesse un po’ di bene. Stancamente si voltò e si diresse verso la porta. L’ultimo atto di un amore impossibile. In quell’istante Juan capì che tutto stava finendo. Che stava perdendo tutto ciò della quale avesse bisogno, e nonostante fosse di spalle, lui si inginocchiò e le disse:

“Sposami … ti amo! Ti ho sempre amata, dal primo momento in cui hai rimesso piede in questa casa, in questa ambasciata … da quando ti ho rivista con la parrucca in testa cercando di imitare Nicolas … ti amo con tutte le mie forze”

 

Cecilia si voltò. Non poteva credere alle sue orecchie, aveva sentito dire tutto quello che aveva sperato si accostò a lui e le tese le mani. Lui si alzò, in quell’istante la porta dell’ufficio si aprì, era il giudice di pace:

 

“Bene congratulazioni! Era da tanto che non vedevo due innamorati come voi!”

 

Cosa stava accadendo? Non era solo la domanda che si era posta Cecilia, ma anche Samuel Munoz che apparve subito dietro del giudice di pace, ed intervenendo disse:

 

“Signor giudice lei si sta sbagliando, perché la signorina qui presente deve sposare me”

 

Cecilia rimase in silenzio. si voltò verso Juan. Attendeva una risposta.

 

Ma un trambusto proveniente dal salone attirò l’attenzione di tutti.

 

Una voce stridula di donna gridava, mentre  delle guardie in divise rosse e nere le tenevano le braccia.

 

“Che sta succedendo qui?” chiese Juan Esposito

 

“Ambasciatore, ci dispiace comunicarle che, la donna qui presente Sofia, si è appropriata indebitamente dei soldi Santa Juliana, e come ci ha ordinato il cancelliere la porteremo con noi per giudicarla nella nostra patria, e con lei anche il suo degno complice, Samuel Munoz” senza attendere lo arrestarono, nonostante le proteste di quest’ultimo tutti vennero portati via, e solo dopo il processo si sarebbero accorti che Munoz in realtà era complice di Sofia per rubare il posto all’ambasciatore e non i soldi.

 

Un silenzio tombale calò nelle stanze. Tutti si guardarono tra loro, e il giudice interruppe quel silenzio dicendo:

 

“Beh credo proprio che il matrimonio non si farà più!”

 

“Già …” rispose Juan per poi aggiungere “quando saremo realmente pronti per le nozze la chiameremo!”

 

Tutti ammutoliti.

 

 Nozze? Quali nozze? Munoz era stato arrestato insieme alla signorina Sofia. Cecilia durante il trambusto era scappata nella sua soffitta. Aveva indossato la parrucca di Nicolas, e solo in quel momento aveva provato un po’ di pace, mentre lunghe lacrime le rigavano il volto. Due mani forti le presero le spalle. Era Juan, la fece voltare, lentamente le tolse la parrucca castana facendo scivolare sulle sue spalle nude i boccoli dorati. Piangendo la ragazza disse:

 

“Non preoccuparti andrò via il prima possibile, chiederò a mio padre di aiutarmi con Angelo visto che il matrimonio è saltato …” parlava … parlava … somigliava alla sua mamma del cuore, ma lui non voleva essere uguale a Tomas Parker, non voleva attendere oltre e rischiare di perdere ciò che più amava; si chinò su di lei, cercò le sue labbra, e le baciò. Con infinita dolcezza e amore incontenibile. Sentì il cuore scoppiargli dalla gioia. Cecilia lo guardò, e lui si spaventò di quello sguardo e chiese:

 

“Che succede? Tu forse non mi ami?” non poteva crederci che lei non l’amasse, fece un passo indietro, ma lei lo raggiunse nuovamente e le disse:

 

“Juan … io ti amo da quando avevo sette anni! Ti amo da sempre … da quando sei diventato fratello del cuore di Chama, da quando hai iniziato a fare baruffa con Martin … ho sempre sognato che tu mi dicessi queste parole ed ora …”

 

“Voglio che tu sia pronta a prenderti tutta la responsabilità  del mio cuore e del mio amore”

 

“Io voglio tutte le responsabilità di questo mondo, perché è solo avendo il tuo cuore che potrò vivere felice …”

 

Lui l’abbracciò, la strinse a se e la baciò ancora una, due, cento volte … finalmente erano felici, e nessuno li avrebbe mai più separati. Quella soffitta non era più la soffitta dei ricordi, ma era il loro nido, era la testimone del loro amore, li aveva visti crescere, separarsi e poi ritrovarsi per non lasciarsi mai più.

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

E sono giunta al termine anche di questa mia pazzia letteraria!

Spero che vi sia piaciuta la storia di Juan e Cecilia, e vi ringrazio a tutti per avermi seguita con così tanto affetto che mi ha riempito il cuore!

Grazie a Giulina, mi manchi tanto! Dove sei finita?

Grazie a Flori186 per i suoi infiniti complimenti

Grazie a Sanaakito e tu sai perché! ^___^

Grazie a sweet_uke per avermi seguito in ogni capitolo

Grazie a aslheyily95 per avermi seguito passo dopo passo e avermi riempita di complimenti!

Grazie a lights per i suoi meravigliosi banner (le foto che trovate all’inizio!!)

Spero di ritrovarvi tutte anche nelle altre mie storie!

A presto

Rospina

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