Runaway

di _lullaby
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First chapter - It's the beginning of a new life ***
Capitolo 2: *** Second chapter - So let me introduce to you... ***
Capitolo 3: *** Third chapter - With a little laugh ***
Capitolo 4: *** Fourth chapter - Take it slow, things will be just fine ***
Capitolo 5: *** Fifth chapter - People are strange ***
Capitolo 6: *** Sixth chapter - I'm looking through you, you're not the same ***
Capitolo 7: *** Seventh chapter - This ain't a love song ***
Capitolo 8: *** Eighth chapter - Welcome to wherever you are ***
Capitolo 9: *** Ninth chapter - I've just seen a face ***
Capitolo 10: *** Tenth chapter - Make a point ***
Capitolo 11: *** Eleventh chapter - All things must pass ***
Capitolo 12: *** Twelveth chapter - With or without you ***



Capitolo 1
*** First chapter - It's the beginning of a new life ***


La morte non esiste, figlia.
La gente muore soltanto quando viene dimenticata.
 
Isabel Allende – Eva Luna

 

Runaway


 First chapter – It's the beginning of a new life

 
“L'erba 'voglio' non cresce neanche nel giardino del re”.
Alzi la mano chi una volta nella vita non si è sentito dire ciò. Mia madre non faceva altro che ripetermelo prima che andasse in clinica, adesso sembra essere il detto preferito degli assistenti sociali ogni volta che insisto a farmi restare qui a Houston.
La mia Houston, il luogo in cui sono nata e cresciuta per quindici anni. I miei nonni arrivarono qui più di cinquant'anni fa dopo un lungo viaggio in nave durato giorni e giorni, giungendo da molto lontano, la soleggiata Sicilia con precisione. Si stabilirono qui su consiglio di un altro immigrato, tale Michele Rosetto, incontrato durante il loro soggiorno sulla Saint Claire. Disse loro che il clima e il territorio di questa città del Texas ricordava molto la loro amata isola. Il caldo torrido e il mare vicino facevano sentire i miei nonni ancora a casa, odorando gli agrumi appena colti dagli alberi della bella Sicilia e ritrovandosi ogni domenica in piazza per discutere gli avvenimenti della settimana.
Non conoscevano una sola parola d'inglese, ma fortunatamente non erano così sprovvisti di sfortuna. Michele, diventato poi successivamente zio Mike per tutta la famiglia, era un uomo dotato di grande cuore e di intraprendenza. Riuscì ad ottenere un lavoro in una fabbrica di bambole per lui e per mio nonno, per mia nonna invece non ci fu niente da fare. Non c'era più disponibilità per lei, perciò fu costretta a lavorare in una piccola baracca che qualche volta, in vena di ottimismo, amava chiamare casa come sarta a domicilio. Mise a disposizione l'intera conoscenza sartoriale tramandatale da generazioni passate: sua madre, sua nonna, la nonna di sua nonna e avanti fino a ritornare alla notte dei tempi, in cui la donna iniziò a capire come, intrecciando qualche filo di lana, si riuscisse ad ottenere calore sufficiente per poter resistere al gelo invernale.
E fu proprio in questa città che concepirono mia madre, la quale a vent'anni si innamorò perdutamente di un giovane cadetto della marina che, dopo un anno di fidanzamento, le chiese di sposarlo. Ovviamente lei accettò senza alcun timore, nonostante le continue proteste di mio nonno che non vedeva di buon occhio il ragazzo, ma quando l'amore chiama c'è poco da fare. Bisogna rispondere alla chiamata.
Il giovane cadetto prese qualche giorno di congedo e, insieme alla sua fidanzata, si recò in gran segreto a Las Vegas per sposarsi in una di quelle cappelle anonime dove con pochi soldi e tanto amore è possibile restare uniti per l'eternità. Si scambiarono reciprocamente le fedi offerte gratuitamente dal prete, un vecchio dalla schiena quasi ricurva e dalla barba candida, e un lungo bacio davanti all'altare accompagnò la promessa che sarebbero stati insieme per sempre.
Ma per sempre è una frase che mai, per nessun motivo al mondo, si deve adoperare per una storia d'amore. Qualcuno lassù ci mette sempre lo zampino...
Due anni dopo quella promessa nacqui io, Charlotte Allen, lieta di fare la vostra conoscenza. Fui strappata con prepotenza dal ventre materno per le piccole gambe, per mia nonna questo fu indice di grande fortuna. I miei avi mi avrebbero protetto dall'Aldilà.
Mia madre fu ferma e decisa nella sua scelta. Mi sarei chiamata Charlotte in onore dell'autrice di Jane Eyre ma la gente mi avrebbe chiamato Charlie, come Charlie Brown dei Peanuts e soprattutto per evitare qualsiasi eventuale presa in giro. Povera illusa, non poteva sapere quanto la mia vita sociale all'interno di ambienti come la scuola sarebbe stata fortemente disturbata. C'era chi diceva che avevo quel nome perchè in realtà ero un maschio: io però aggravavo e aggravo tutt'ora ulteriormente la cosa. Ero e sono ancora il capitano della squadra femminile di calcetto, un grande onore per me ma qualcosa di cui vergognarsi profondamente per mia nonna. Nei momenti in cui è pienamente lucida mi chiede sempre perchè non abbandoni il calcio e l'aiuti nei suoi continui lavori a maglia. Da quando è morto mio nonno, qualche anno fa, non fa altro  che creare mille lavori che nessuno ammirerà mai. E mi chiede spesso dove sia finito, secondo voi che cosa le rispondo ogni volta? Stai tranquilla nonna, le dico, arriva presto, arriva presto. Poi scappo in bagno a versare lacrime.
Mi manca molto mio nonno, è stata una persona eccezionale e non manca giorno in cui non lo ricordi in qualche modo. E' sempre stato nei miei pensieri e sempre vi rimarrà, come qualcosa di indelebile. Ogni tanto risuonano nel grande salone della casa di mia nonna le note della sua fisarmonica, strumento che imparò a suonare da autodidatta e che amò più di qualsiasi altra cosa insieme al pianoforte. Adorava suonare sempre la canzone del cartone di Lilli e il Vagabondo, lo faceva per farmi contenta e soprattutto per non farmi sentire i continui litigi dei miei genitori, il cui volume andava sempre più aumentando nel corso degli anni, finchè non fu più necessario nascondermi quella triste verità. Cinque anni fa mio padre abbandonò questa casa, senza un saluto, né un bacio d'addio come di solito si vede fare nei film.
“Stai tranquilla tesoro, papà arriverà presto.” ma papà non arrivò mai e mia madre iniziò sempre di più a cedere al vizio dell'alcool, inizialmente nascondendo con cura le proprie bottiglie e negando l'evidenza, poi le disseminò dappertutto come pezzi di un puzzle incompleto. Il suo viaggio verso l'oblio iniziò troppo presto. Chiedete di Lilian Catania in giro qui a Houston e la gente vi racconterà di quanto solare e piena di vita fosse, niente poteva fermarla, era come un vero vulcano attivo che nessuno poteva domare.
Le cose iniziarono a peggiorare con uno schiaffo, ma non uno qualsiasi. Di quelli veri che ti lasciano brutte chiazze sul viso per un bel po' di tempo. Non ricordavo la faccia così rossa da quando feci la maratona per la scuola. Da qui in poi furono sempre più frequenti, in un crescendo senza fine finchè, sfinita per la paura, iniziai a chiedere aiuto a chiunque mi stesse intorno con qualche parola o semplicemente con lo sguardo.
Rivolevo mia madre indietro, quella che mi rimboccava le coperte e mi chiamava 'tesoro', non quella specie di mostro che non riusciva a controllare i movimenti della propria mano e che faceva prevalere a casa propria qualcosa simile al regime totalitario.
Ad inizio novembre gli assistenti sociali mi hanno portato via da mia madre, portata successivamente in una clinica, per trasferirmi in una sottospecie di limbo, il tempo necessario per trovare una nuova famiglia disposta ad ospitarmi. Nei mesi successivi ho vissuto il periodo più brutto della mia intera vita, mi è mancata terribilmente mia madre ma soprattutto mia nonna, gli assistenti sociali dicono che non è sicuro.
Adesso siamo a marzo. Secondo loro mi farà bene cambiare aria del tutto, vogliono evitare che abbia contatti in futuro con mia madre che, avendo scoperto dove mi trovavo, aveva provato due-tre volte a prendermi con sé. A quanto pare zio Mike e zia Franny, sua moglie, hanno ottenuto il mio affidamento temporaneo. Gli unici parenti che hanno accettato di prendersi cura di un'adolescente in piena crisi ormonale, fantastico.
Solo che... Abitano in uno sperduto paesino nel New Jersey, Woodbridge, talmente sperduto che secondo me non è neanche segnato sulle cartine.
Il rumore della portiera chiusa mi fa sobbalzare. Mi stanno per accompagnare nella mia nuova casa, fortunatamente sono riuscita a salutare per un'ultima volta nonna Anna, è così che si chiama. L'ho sempre trovato bellissimo come nome. Mi sono promessa di partire, quando sarò pronta, per la Sicilia per poter scavare a fondo nelle mie origini. E' qualcosa che spero più di tutta me stessa.
 
Quattro ore dopo siamo arrivati, le canzoni di Jim Reeves alla radio in ripetizione mi stavano facendo impazzire. Zio Mike, con un insolito maglioncino verde acqua, e sua moglie Franny sono sulla porta ad aspettarmi, nei loro grandi sorrisi di un bianco simile a quello delle perle. Zio Mike, ormai settantenne, si trasferì qui più di dieci anni fa dopo aver conosciuto zia Franny, all'epoca hippie scatenata con la passione per la fotografia e Andy Warhol, e la solfa è sempre quella. I loro sguardi si incontrarono e da quel momento in poi capirono di essere legati per l’eternità, il classico colpo di fulmine che colpisce ogni uomo una volta soltanto nella vita.
Mi accolgono spontaneamente, con un grande abbraccio e un bacio sulla guancia. L’assistente sociale, una delle tante che ho visto in questo periodo, dice loro che verrà presto a trovarli per vedere come mi trovo nel nuovo ambiente. Annuiscono e con una leggerissima spinta, davvero impercettibile, mi spingono ad entrare dentro casa. Ricordo di essere venuta qui soltanto una volta, quando avevo soltanto sei anni e mio nonno era ancora vivo. In qualche occasione, quando l’atmosfera tra i miei diventava insostenibile e la calura di Houston soffocante, decideva di andare a trovare il suo grande amico Michele senza alcun preavviso. Mike, ogni volta, preferiva non chiedere il motivo di quelle visite, sorrideva esattamente come adesso e accoglieva mio nonno tra queste quattro mura. Ma un giorno decise di portare anche me. Ricordo ancora il dolcissimo odore dei biscotti appena sfornati e delle orchidee disposte in perfetto ordine sulla finestra della cucina.
Le pareti di color azzurro pallido e i soffitti alti, anzi altissimi, mi accolgono e una leggera frescura penetra attraverso le finestre avvolgendomi.
“Da quella volta in cui sei venuta non abbiamo cambiato nulla.” mi dice zio Mike, poggiandomi unamano sulla spalla e contemplando con profonda malinconia il mio volto.
“Mi dispiace per tua madre…” riesce a malapena a sussurrarmi.
Mi scosto dalla sua presa. “Dov’è la mia camera?”
“Sali le scale, seconda porta a sinistra.” risponde prontamente zia Franny nei suoi pantaloni di tessuto larghissimi.
La ringrazio cortesemente e corro verso la mia stanza.
Dispiace a tutti, lo so. Ma chi c’è stato per lei quando si disperava per mio padre? Chi c’è stato per me quando lei mi lasciava segni sulla pelle?
Osservo con molta attenzione l’ultimo livido lasciatomi come ricordo, sul braccio con precisione.
Se lo sfioro fa ancora male. Dove sei finito nonno?
Nonna Anna dice sempre che tu sei rimasto accanto a lei da quando ci hai lasciato, la proteggi, la fai sentire ancora amata come nessun altro riesce a fare, nemmeno io.
Ma… Perché mi hai abbandonato? Ho bisogno di sentirti anche io vicino… Mi sento così sola…
Mi sveglio quando il cielo ormai è scuro, la notte è finalmente sopraggiunta. Mi guardo intorno, cercando di capire bene dove mi trovo. C'è un clima accogliente in questa piccola stanza dalle finestre piccole e i mobili impolverati, questa stanza non viene usata da moltissimo tempo oserei aggiungere.
Mi sfrego con la manica della giacchetta jeans la guancia bagnata dalle troppe lacrime, quando improvvisamente sento bussare alla porta. E' zia Franny con un vassoio ricolmo di cibo, la cena avanzata che ho abilmente evitato.
“Ti ho portato la cena Charlie...”
“Lasciala pure qui.” le rispondo, indicando il materasso in cui sono distesa.
Poggia il vassoio ma ancora indugia sulla porta, vorrebbe potermi dire qualcosa ma non ne ha ancora il coraggio. Ma alla fine prende un grande respiro e finalmente mi rivolge qualche parola, dietro la schiena ha qualcosa che tenta disperatamente di non farmi vedere.
“Charlotte…” inizia.
“Charlie zia, lo sai che Charlotte per me è un nome che non esiste .”
Si schiarisce la voce. “Hai ragione. Senti, so che per te è difficile questo momento. Ci sono passata anche io e…”
“Ah anche tuo padre ha abbandonato la propria famiglia per sparire nel nulla e tua madre è diventata un’alcolizzata che picchia la gente?” domando sarcasticamente, volgendole le spalle.
“Ti prego con il sarcasmo Charlie, vorrei che mi parlassi chiaro senza troppi giri di parole.” Mi rimprovera, con la sua vocina dolce come il miele.
“Scusa Franny ma… Vorrei soltanto che mio nonno fosse qui. Ma lui ha deciso di restare con la nonna, mi sento abbandonata da lui…” inizio a piangere silenziosamente, presa dall’emozione del momento.
Franny, cogliendo l’occasione, si siede accanto a me e mi abbraccia senza dire una parola. Anzi no, mi sussurra qualcosa.
“Parlagli Charlie, gli spiriti sono bravi ascoltatori.” e mi dona quel piccolo oggetto, un diario, che nascondeva dietro le spalle, per poi rivolgermi uno dei suoi infiniti sorrisi e uscire dalla grande porta bianca senza alcun rumore. Ha il passo leggerissimo, sembra una ballerina.
Osservo il piccolo diario dalla copertina gialla, sopra vi è scritto ‘a Charlie con affetto. Mike e Franny’ a matita abbastanza leggera. Mi guardo intorno e trovo una piccola penna.
“Bene nonno, guai a te se adesso non mi degni neanche di uno sguardo!” esclamo tra me e me, aprendo il diario e scrivendo sette semplici parole che daranno inizio ad una lunga corrispondenza a senso unico, ma che mi aiuterà per i mesi che dovrò stare qui. Tra pochissimi giorni inizio la scuola, secondo anno di liceo alla Woodbridge High School. Non vedo l’ora, sarcasticamente parlando.
 

Ciao nonno, ti prego resta con me.




Buongiorno :) 
Come molti hanno visto ho cancellato "Black & White", purtroppo ho dovuto farlo perchè la mia fantasia se n'era andata a farsi un bel giretto e la storia non stava più venendo come avrei voluto che venisse fuori. Ed ecco che nasce questa storia, ho deciso di partire un po' come Never Say Goodbye. Ho ripreso Woodbridge, quindi  molti avranno già capito chi sarà il personaggio che apparirà nel prossimo capitolo, ma ovviamente la storia sarà totalmente diversa quindi penso sia inutile sottolinearlo xD
Spero intanto che questo primo capitolo vi piaccia e che vi possa aiutare a capire almeno in parte il personaggio complesso di Charlie. 
Goodbye ;)

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Capitolo 2
*** Second chapter - So let me introduce to you... ***


Second chapter – So let me introduce to you…

 
Ciao nonno, ti prego resta con me.
E’ da tanto che non ci parliamo, quasi tre anni e stavo per dimenticare addirittura la tua voce un po’ roca per via del tuo vizio di fumare la pipa. Ti ricordi? Dopo una lezione sui tumori a scuola, arrivai da te tremante di paura e in fretta e furia ti tolsi la tua amata compagna dalla bocca.
“Non si fa nonno, non si fa!” urlai al tuo viso stanco. Tu non ti arrabbiasti con me anzi, mi prendesti tra le tue grandi braccia cercando di farmi calmare.
La mia più grande paura era proprio quella di perderti per sempre, eri l’unica persona in grado di rendermi felice per le cose più stupide: una farfalla che vola, le nuvole in cielo, il sole dopo una giornata di pioggia.
“Sono troppo vecchio ormai e un giorno me ne andrò Charlie, è la vita. Ma resterò sempre con te, te lo prometto.” mi dicesti quel giorno.
Bugie, soltanto bugie. Da quel giorno di fine novembre sei sparito, hai preferito mantenere un contatto con la nonna piuttosto che con me, che ne avevo più bisogno. Sono egoista, sì lo so, ma l’amore verso una persona rende anche possessivi. Zia Franny dice che voi spiriti siete bravi ascoltatori, allora spero che in questi giorni tu resti in ascolto, ho molte cose da raccontarti, tre anni sono davvero tanti. Forse però è meglio iniziare domani, il viaggio da Houston è stato veramente stancante e ho ancora un po’ di sonno. Ci sentiamo presto!
 
P.S. Occupati anche della mamma, chissà che cosa starà facendo adesso…
 
La tua Charlie
 
Chiudo il diario con un colpo secco. Spero davvero che riesca a sentirmi. Lo spero con tutto il mio cuore.
 
“Charlie! E’ pronta la colazione, scendi!” urla dalle scale zio Mike, non osando spingersi ancora verso la mia camera. Mi sveglio con un gran mal di testa e un nodo alla gola, come se volessi urlare ma non potessi farlo.
Indosso la prima maglietta che riesco a trovare nella valigia non ancora disfatta, un paio di jeans e scendo. I miei zii stanno già mangiando un paio di toast con un bel piatto di uova strapazzate.
“Serviti pure.” mi invita zia Franny,  indicandomi la padella ancora stracolma. Il mio stomaco reclama cibo, nonostante l’abbondanza delle pietanze ieri sera non ho toccato nulla.
Prendo una bella porzione di uova e mi siedo insieme a loro.
“Dormito bene cara?” chiede zio Mike, con il solito sorriso a trentadue denti. E’ tutto così surreale… Un attimo prima ero insieme a mia madre o in giro chissà dove, sballottata come una nave in piena tempesta, quello dopo sono insieme a gente venuta da un mondo perfetto fatto di zucchero e cannella. Non riesco ancora a spiegarmelo.
“Non molto bene.”
“Forse ti devi ancora abituare, sicuramente è così. Woodbridge è una bella città, un po’ piccola è vero ma la gente sa essere davvero simpatica.”
“Immagino…” sussurro sarcasticamente.
Zia Franny mi lancia uno sguardo carico di rimprovero. Moderare il sarcasmo, ora ricordo.
Sospiro e rivolgo lo sguardo verso la finestra. Il sole splende in alto nel cielo privo di qualsiasi nuvola e alcuni ragazzi giocano a baseball lungo la strada. Sono una decina, tutti alti e più o meno con il solito fisico degli atleti. Madidi di sudore si affrettano a rincorrere una palla sempre più lontana, sempre di più per poi riuscire a prenderla e ricominciare a giocare.
Mike mi osserva, sento il suo sguardo su di me, e scambia due parole all’orecchio con Franny.
“Vuoi uscire Charlie? Devo dirti una cosa.” chiede infine.
Annuisco. Prendo un toast al volo e usciamo nel caldo primaverile del New Jersey.
Mike sospira prima di iniziare a parlare. Perché lui e Franny fanno sempre così? Compassione nei miei confronti? Probabilmente, ma d’altronde non potrebbero fare altro. Forse al posto loro farei la stessa cosa…
Ci sediamo nel grande divano a dondolo in giardino. I ragazzi giocano ancora lungo il viale tra risate e piccoli spintoni.
“Allora…” inizia a parlare. “Come hai già potuto intuire resterai qui per un po’…”
“Già.”
“Non avercela con noi ti prego, so benissimo che avresti preferito rimanere a Houston insieme a tua madre e tua nonna ma è stato fatto per il tuo bene. Capisci?”
“Non ce l’ho con voi zio. Anzi vi dovrei ringraziare.” rispondo placidamente.
Sembra rimanere stupito dalla mia risposta da come sgrana gli occhi. “Davvero?”
Annuisco. “Se non foste intervenuti voi chissà per quanto ancora avrei dovuto rimanere in giro…”
“E’ davvero ciò che pensi cara?” domanda ancora, accarezzandomi la testa.
“Davvero. Mi dispiace solo non poter vedere più così spesso la nonna, le piaceva così tanto quando andavo a trovarla in casa di riposo. E’ un posto davvero orribile quello, ma le ho promesso che una volta compiuti i fatidici sedici anni e raccolto abbastanza denaro l’avrei portata via da lì… Non se lo merita zio Mike, non lei.”
“Se zia Franny non odiasse così tanto le macchine, ti accompagneremmo noi.” Un altro sospiro. “E tua madre?”
“Mia madre cosa?”
“Per lei non vuoi fare niente?”
“Aspettare.” rispondo risoluta.
“Soltanto?”
“Mia madre ha bisogno di molte cure, ho chiesto al nonno di proteggerla da lassù. Chissà se è riuscito a sentirmi.”
“Sente benissimo, stai tranquilla. Se non risponde è perché forse è impegnato in un’allegra discussione con James Dean.”
“Chi? L’attore?” domando, sgranando un po’ gli occhi.
“No, il pasticcere a Houston! Era davvero un mago con quelle mani, creava certi dolci…”
Scoppio a ridere, accompagnata da Mike.
“Simpatico.”
“Se vuoi ridere ancora fammi un fischio signorina.” e sorride come al solito, mi chiedo se ci sia nato con il sorriso sulla faccia.
“Mike, aiutami a stendere la biancheria! Non ce la faccio da sola!” sento esclamare la zia Franny dal retro della casa. Zio Mike sbuffa e passa una mano tra i corti capelli ormai bianchi.
“Vado ad aiutare Franny, non ti dispiace se ti lascio sola vero?” domanda preoccupato.
“No tranquillo, saprò cavarmela.”
Annuisce, cercando di autoconvincersi, e corre dentro casa ad aiutare la sua adorata moglie. In lontananza i ragazzi continuano a correre come pazzi scalmanati, rincorrendo sempre quella piccolissima palla. Ho sempre odiato il baseball, era uno degli sport preferiti di mio padre.
Ad un tratto si sente un rumore forte, tipico di una finestra rotta, seguito da un urlo di rabbia. Quegli stessi ragazzi che fino a qualche secondo prima correvano a destra e sinistra come trottole impazzite, adesso accentuano questo tratto, cercando un luogo sicuro in cui nascondersi. Un ragazzo dall’aria piuttosto confusa corre verso la mia direzione, subito gli faccio segno di seguirmi prima che possano scoprirlo.
Il ragazzo stranamente si fida di me e mi corre subito dietro. Sento il suo respiro affannoso dietro la mia schiena, lo porto dentro casa e si nasconde immediatamente, senza che io gli chieda di farlo, dietro il divano. Gli faccio segno di rimanere lì, immobile come una statua, lui congiunge l’indice e il pollice in modo da formare un O.K..
Appena bussano alla porta corro a rispondere con un po’ di ansia nel petto. E se per caso spifferassi tutto e lo facessi scoprire? Potrei dire addio alla mia carriera d’agente 007 sicuramente. Apro con molta calma e la mia ansia si tramuta in totale indifferenza, davanti a me c’è un uomo sulla cinquantina, piuttosto basso e tarchiato, con un paio di occhiali alla John Lennon sul naso. I capelli scuri abbastanza lunghi gli cadono lungo le spalle e sul viso, li sposta con un gesto deciso e sbuffa come un bufalo inferocito.
“Dov’è?” domanda, osservandomi malignamente. Ha una vocina stridula parecchio insopportabile.
“Chi?” domando a mia volta piuttosto innocentemente.
“Sambora, l’ho visto arrivare qui! I suoi amichetti mi sono sfuggiti tutti.”
“Non c’è nessuno qui.”
Poi d’un tratto il viso gli si illumina, come se avesse avuto un’intuizione.
“Tu devi essere la ‘nipote’ di Mike e Franny giusto? Com’è che ti chiami?” chiede, mimando le virgolette con le dita.
“Charlotte, ma preferisco essere chiamata Charlie.”
“Non è un nome maschile?”
Faccio spallucce.
“Voglio dirti una cosa allora Charlie, qui a Woodbridge non tutti i ragazzi hanno nell’animo zucchero e cannella, ne esistono alcuni da cui dovresti davvero stare alla larga. Sambora è uno di questi, non è un tipo affidabile così come i suoi amici. Guarda che cos’hanno fatto alla mia povera finestra!” esclama indicandomi i frammenti di vetro sparsi lungo il giardino. “E’ la quarta finestra che mando a riparare in due mesi!”
“E quindi…?” domando fingendomi leggermente confusa. “Continuo a ripeterle che non so di chi stia parlando.”
“D’accordo, continua pure a difendere il tuo nuovo amico. Ma sappi che se la prossima volta lo becco di nuovo entrare nella vostra casa dopo una delle sue malefatte a mio danno, non resterò così calmo e tranquillo!” urla al cielo, sventolando il pugno come un’ascia di guerra.
“Qualche problema Joe?” chiede tranquillamente Franny dopo essersi materializzata come un fantasma al mio fianco.
“Il figlio di Sambora e i suoi amichetti hanno di nuovo rotto la mia finestra, l’ho visto entrare qui ma tua nipote mi dice di non averlo visto.”
“Se Charlie dice di non averlo visto non ho motivo di dubitare che non sia così, sei gentilmente pregato adesso di andare, Mary sarà preoccupata per te no?” dice con quel solito sorrisetto sul volto, che stavolta ha un forte sapore di beffa.
L’uomo che si chiama Joe digrigna i denti come un cane feroce, arrabbiato per non essere riuscito a prendere uno degli autori della malefatta. “Me la pagherà quel ragazzo, giuro che me la pagherà!” continua ad urlare, mettendomi i brividi.
“Stai tranquilla” mi sussurra zia Franny. “Joe è una persona dal carattere difficile ma sa essere davvero buono.”
Chiude la porta di casa con molta delicatezza e si dirige verso il salotto dove c’è il ragazzo ad aspettare la propria libertà. “Via libera Richard, puoi uscire.” dice Franny, lasciandomi basita. Come faceva a sapere…?
Il ragazzo si alza, distendendo i muscoli rimasti per troppo tempo in tensione. “Ci mancava poco.”
“Tu dici? E’ la quarta volta che rompete quella finestra, la prossima volta non intendo sorbirmi la solita ramanzina al posto di tua madre perché ti nascondi qui. Chiaro?” domanda in maniera autoritario mia zia, a cui il ragazzo risponde con una gran bella alzata di spalle.
“E’ stato Frankie a tirare, stavolta io non c’entro! Quel pazzo però è fissato con me, che cosa posso farci?”
“Beh non avrebbe tutti i torti mio caro!” esclama Mike dalla cucina, seguito da una risatina roca. “Vuoi che inizi a ricordare tutte le volte che ti sei nascosto qui e non solo per una misera finestra rotta?”
“D’accordo d’accordo! Forse un motivo c’è, ma smettetela di farmelo pesare! Ah a proposito, grazie… Come ti chiami?” mi chiede, volgendo i suoi profondi occhi castani nei miei cerulei.
E accade qualcosa di strano. Per la prima volta in vita mia, mi mancano le parole.
Avete presente quando le parole, seppur ve ne siano in gran quantità, faticano ad uscire fuori dalla bocca? Ecco. Mi sento proprio così adesso.
E lui continua a fissarmi con quello sguardo da cerbiatto, attendendo una mia risposta che ancora non vuole arrivare e…
“Si chiama Charlie.” dice infine Franny al posto mio.
“Come Charlie Brown dei Peanuts?”
Annuisco con vigore.
“Ragazza timida eh? Io sono Richie, piacere.” risponde lui tendendomi una mano.
“Timida un corno!” esclamo improvvisamente. L’ho detto davvero? Maledetta boccaccia che decide di intervenire nei momenti meno opportuni!
Lui ride di gusto. “Allora hai anche la voce!”
Prendete una pala e sotterratemi, vi prego.
“Ti devo ringraziare davvero, se non fosse stato per te a quest’ora quel matto di Joe mi avrebbe preso e poi chi li avrebbe sentiti i miei?”
“Non c’è bisogno di ringraziarmi, ti saresti nascosto comunque qui no?”
“Questo è anche vero, ma sei stata un vero angelo a nascondermi comunque senza neanche conoscermi. Ti sono debitore.” dice, con tono caldo di gratitudine. Mi piace la sua voce, resterei interi minuti se non ore ad ascoltarlo. E’ matura, forte e chiara, lo scambieresti quasi per un universitario anche per la sua altezza.
“F-Figurati…” sussurro, imbarazzata.
Mike e Franny si scambiano un sorriso complice e decidono di levare le tende dal salotto, adducendo come scusa il fatto della biancheria ancora da stendere. Ottimo, non c’è che dire.
Richie mi scruta attentamente, forse cercando di carpire qualche particolare interessante.
“E perciò… Tu saresti la nipote di Mike e Franny?”
“Nipote si fa per dire, mio nonno e Mike erano grandi amici.”
“E da dove sbuchi fuori?”
“Houston.”
“Si sente sai?” domanda ridacchiando.
“Anche da te sai?” rispondo a mia volta.
“Come sei simpatica.” sussurra cercando di smorzare l’accento, colpito nel segno fratello.
Inizio a ridere per via della sua buffa espressione del viso, sembra un vero bambinone.
“Andrai alla High School giusto?”
Annuisco. “Inizierò dopodomani.”
“Ecco come posso sdebitarmi, sarò un po’ il tuo angelo custode all’interno della scuola che cosa te ne pare?”
Storco il naso. “Grazie ma so cavarmela da sola, non ho bisogno di una baby sitter.”
Continua a ridere come se gli avessi appena raccontato la battuta più divertente del mondo.“Mi piaci sai? Anche se hai un nome da ragazzo, ma ehi! Non si può essere perfetti nella vita. Ci si becca a scuola.” e, dopo avermi salutato alla maniera dei militari, finalmente esce da casa con la sua massa indefinita di capelli, ma continuando a guardarsi intorno per paura di un nuovo attacco nemico.
 
“Allora? Che cosa te ne pare?” mi chiede Mike, dopo esserci riuniti per cena.
“Di cosa?”
“Di Richard! Ragazzo simpatico no? E’ un po’ il combinaguai di Woodbridge ma sa come farsi volere bene da tutti. E’ l’unico figlio di due immigrati, il padre è polacco mentre la madre italiana come me, gente molto simpatica sai? Spero che un giorno Richard te li faccia conoscere. E’ un vero peccato che quest’anno sia di diploma, poco tempo per conoscervi!”
Non ditemi che vuole accasarmi con quel tizio strambo eh. D’accordo è carino e il mio corpo ha deciso di fare di testa sua facendomi diventare improvvisamente una ragazza timida e priva di parlantina fluida, ma adesso stiamo esagerando!
Il nonno lo diceva sempre, il più grande difetto di Mike è quello di tirare conclusioni troppo affrettate senza lasciare che il tempo faccia il suo corso. Mike lo chiamava ‘sesto senso’, io avrei i miei dubbi a riguardo.
Però la reazione di oggi… E’ stata strana, l’ho avuta soltanto due volte in tutta la mia vita. La morte di mio nonno, l’allontanamento da mia madre ad opera degli assistenti sociali e adesso… Arriva questo ragazzo dai capelli castani lunghi fino alle spalle, dal sorriso smagliante e con la promessa di diventare il mio angelo custode all’interno della scuola. Strano davvero. A meno che… Sì, certo! Come ho fatto a non pensarci prima? Stupida Charlie, stupida! Forse è la risposta che aspettavo, ne sono sicura!
“Grazie per la cena, davvero deliziosa. Salgo in camera se non vi dispiace, buonanotte.” e mentre dico questo, sto già salendo le scale sotto gli sguardi soddisfatti dei miei zii. Che giornata assurda!
 
Ciao nonno,
voglio sperare che quel ragazzo sia la risposta che finalmente cerco da te. Vedremo che cosa succederà, sto iniziando a divertirmi.

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Capitolo 3
*** Third chapter - With a little laugh ***


Third chapter – With a little laugh

 
Sai nonno, penso di aver capito. La vita è un po’ come imparare a camminare. Per adesso sto solo inciampando sui miei stessi passi in attesa che qualcosa di migliore arrivi, forse mamma la pensava così prima di… Hai capito cosa no?
Sperava sempre che papà varcasse la soglia di casa, con un grande mazzo di girasoli per farsi perdonare. Secondo me ci spera tuttora, che cosa ti porta a fare l’amore eh?
Forse mi devo soltanto abituare, zio Mike e zia Franny sono gentili con me, mi trattano come se fossi la figlia che non hanno mai potuto avere. Dovresti vedere che sguardo che ha zio Mike ogni volta che iniziamo a parlare di te, sembra così malinconico. E’ dura da vedere sai? Sembra quasi che gli dia più anni di quelli che ha in realtà.
Ho fatto un sogno strano ieri notte, proprio dopo aver concluso la nostra prima “discussione”. C’erano sia la mamma che la nonna ed eravamo nella nostra casa a Houston. Ti ricordi ancora com’è fatta vero? Quella che hai comprato con il sudore della tua fronte dopo il lavoro in fabbrica, per la felicità della mamma e di quel genero che non hai mai voluto conoscere a fondo. Quel papà che adesso è chissà dove, disperso nel grande continente.
Ritornando al mio sogno, mi sentivo felice. La nonna aveva appena cucinato un bel piatto di pasta, la mamma, mentre io mi dondolavo sull’altalena, mi scattava foto come sempre. Prima che mio padre se ne andasse, ricordi quanto era brava mamma con quella macchina fotografica? Quando la disturbavo anche per un solo istante mentre era occupata con quella macchina, mi zittiva con un solo sguardo e mi diceva: “Sto catturando il momento!”.
 Tutto era finalmente tornato come doveva tornare, ma ad un certo punto del sogno arrivava un tornado, di quelli grandi e difficili da evitare, che in un batter d’occhio spazzava via tutto quanto quello che c’era sul suo cammino. E io venivo trascinata al suo interno, catturata all’interno del vortice, chiamavo a squarciagola sia la mamma che la nonna ma loro non rispondevano, erano ferme e inermi come delle statue davanti alla grande casa. Mi sorridevano ma non accennavano a volermi rispondere.
E il paesaggio diventava via via sempre più confuso, fino a che non mi sono svegliata, rendendomi conto di piangere.
Io ho provato a darmi una spiegazione. Forse rappresenta la mia situazione, la felicità iniziale e infine il cambiamento repentino e a dir poco devastante. O forse ho mangiato troppo a cena e questo non è altro che il frutto della mia povera mente malata.
Hai presente quel ragazzo di cui ti ho parlato? Richie, così si chiama. E’ davvero strano ma l’ho sognato sai?
Non è stato niente di entusiasmante ma comunque mi ha lasciato perplessa, non riesco ancora a decifrarlo…
Sono sull’orlo di un precipizio, così profondo che anche la persona con più coraggio finirebbe per soffrire di vertigini, continuo a ripetermi di non guardare giù per evitare di cadere ma è tutto inutile, la curiosità prevale. Ed è in quel momento, proprio quello in cui sto per precipitare, che arriva lui a tendermi una mano per salvarmi. E mi sussurra quattro semplici parole. “Non ti lascerò mai.”
Come devo interpretarlo?
In questi ultimi due giorni non si è fatto neanche vedere in giro… Mike dice che abita proprio dietro l’angolo, in una casa a due piani dalle pareti bianco latte ai piedi della quale c’è un bellissimo giardinetto con tante gardenie piantate che il Sole saluta ogni giorno con i propri raggi. Che i suoi abbiano scoperto la questione “finestra rotta” e lo tengano segregato in camera sua fino all’inizio della settimana? Cioè entro… Oggi.
Devo salutarti, il bus della scuola sta per arrivare. A stasera.
 
La tua Charlie.
 
Chiudo il diario sospirando per l’ansia.  Ecco il famigerato primo giorno di scuola che decide che tipo di persona sarai per il resto degli anni, non c’è possibilità di cambiamento. “Sei e per sempre sarai” più o meno è questo il motto.
“Charlie, il bus è arrivato!” urla Franny, con la sua solita vocina squillante.
“Scendo subito!” le rispondo, prendendo lo zaino al volo e il walkman. Un altro respiro e corro giù per le scale, dove mi aspetta il grande bus giallo con la scritta “Woodbridge High School” in grassetto nero.  Saluto i miei zii con un veloce bacio sulla guancia e salgo, trascinando con me tutta la mia paura. I mille volti presenti al suo interno mi fissano, uno strano silenzio circola al suo interno.  Dirigo il mio sguardo negli angoli più disparati, cercando un viso amico con il quale sedermi accanto ma non trovo nessuno. Sono una straniera in territorio nemico, fortunatamente trovo un sedile vuoto in fondo alla vettura. Mi siedo e, con incredibile calma, prendo il mio walkman cercando di distrarmi un po’. La gente mi sta ancora fissando lo so, sento i loro occhi puntati su di me.
E meno male che doveva essere il mio angelo custode. Richie intendo.
Già immagino i loro commenti: “Com’è sciatta quella ragazza!” “Che brutti capelli che ha!” “Viene dal Texas vero? Si vede.”
Mi viene un po’ da piangere, voglio tornare a casa. Peccato che non sia Dorothy de “Il mago di Oz” con le sue belle scarpette rosse, questa è la vita reale, posso soltanto gettarmi nell’ignoto.
 
La Woodbridge High School è il tipico liceo americano, con ragazzi palestrati che corrono in fretta e furia per acchiappare un pallone, bellezze abbronzate in vestitini corti che provano qualche passo di danza e gli emarginati. Loro sono quel tipo di categoria che non riesci a notare immediatamente tra la folla, fai veramente fatica ad individuarli in mezzo a tanto conformismo, devi aguzzare soltanto di poco la vista e potrai vedere che genere di persone straordinarie esse siano in realtà. Artisti dal talento incompreso, delusi, feriti, calpestati da tanta ignoranza. A Houston c’era tanta gente così.
E poi ci sono anche le persone con un colore di pelle differente rispetto al nostro: loro sì che non hanno vita facile. Sono spesso vittime di scherzi crudeli e senza cuore a opera delle caste superiori, motivo per cui spesso cambiano scuola dopo neanche poche settimane. Ho ascoltato storie diverse al riguardo, tutte davvero molto tristi. Qualche volta la vita è davvero crudele. Voglio dire, sembra quasi che questa gente venga punita per qualcosa che in realtà non ha mai commesso, non puoi scegliere di nascere in un determinato modo. E allora perché comportarsi così, in questo cieco e ottuso atteggiamento di razzismo? Mi dispiace per loro, è gente in gamba e con grande talento.
Prima di entrare nel grande edificio dipinto di bianco, mi sento chiamare da qualcuno. Mi volto verso sinistra dove, poggiato su un muretto, trovo Richie intento a fumare una sigaretta e a chiacchierare con una ristrettissima cerchia di persone.
“Ehi Charlie.” mi saluta cordialmente con un ampio gesto della mano e un bacio sulla guancia. Abbasso immediatamente lo sguardo per un improvviso eccesso di timidezza e provo ad osservare il suo abbigliamento. Indossa un paio di pinocchietti jeans che riescono a far risaltare le gambe abbastanza esili, ai piedi un paio di vecchie scarpe da ginnastica ormai consumate.  Ma la sua voce mi richiama all’attenzione e alzo lo sguardo, noto la felpa leggera con il logo della scuola e i suoi capelli raccolti a coda di cavallo. L’odore della sigaretta appena accesa pizzica un po’ il mio olfatto, era da un po’ che non lo sentivo.Lucky Strike. Una volta ne volli provare una per curiosità, presi il pacchetto di mia madre dalla sua borsa e ne sfilai una da essa. L’accesi con molta facilità avendoglielo visto fare molte volte, ma ricordo che tossii per talmente tanto tempo che lei credette che mi fossi presa una bronchite fulminante.
Sorrido tra me e me. Richie nel frattempo continua a parlare, quando lo fa gesticola animosamente, infervorato dalle sue stesse parole. Con un singolo guardo riesce a trasmetterti tutta la sua forza e voglia di vivere, deve essere molto felice.
“Allora Richie, ce la presenti la tua nuova amica o vuoi che ci presentiamo noi per evitarti il disturbo?” domanda una ragazza accanto a me, di cui mi accorgo soltanto adesso. Mi volto di scatto verso di lei e noto immediatamente quanto sia bella. E non un tipo di bellezza qualunque, ma di quelle che, non importa quanta autostima tu abbia di te stessa, riusciranno sempre a farti sentire un mostro. È una di quelle persone, a guardarla, che ha la tipica vita perfetta. Automobile costosa per i propri sedici anni, una villa lussuosa, genitori sposati felicemente e pronti a viziare in qualsiasi modo la propria figlia prediletta… I lunghi capelli biondi le cadono dolcemente sulle spalle fino a raggiungere la schiena, qualche ciuffo ribelle raggiunge anche il viso chiaro totalmente privo di imperfezioni, ma lei li sposta con grazia dietro. I zigomi alti rivelano un volto fiero, da imperatrice, e gli occhi verde bosco mi fissano con gentilezza, aspettando un cenno da parte mia.
“Io sono Charlotte, ma puoi anche chiamarmi Charlie. Piacere.”  rispondo, tendendole la mano che lei, sicura, stringe.
“Rosalie, ma puoi chiamarmi Rosie.”
“E io sono Frankie, piacere mio.” si presenta un altro amico di Richie, il famoso Frankie che a quanto pare ha rotto la finestra di Bob l’altro giorno.  Bello come un attore, dalla corporatura simile a quella di uno di quei tizi palestrati che ogni tanto si vedono sulle copertine delle riviste , il viso un po’ più insicuro rispetto quello di Rosie, segnato da pochissimi punti rossi, ma comunque capace di esprimere la fierezza di essere un ragazzo del New Jersey. Il suo sguardo è puntato sul mio viso, riesco a sentirlo nonostante la mia attenzione sia ancora rivolta verso Richie. Mi sento insicura, in mezzo a loro io sembro l’unico elemento fuori posto. Il mio abbigliamento al limite del casual (una semplice maglietta blu con il simbolo della pace e un paio di pantaloni bianchi a vita alta), la mia statura (non sono mai stata molto alta, “nanetta” si divertivano a chiamarmi da matricola al liceo di Houston) e persino il mio stesso viso (privo di imperfezioni fortunatamente, ma con i miei capelli dai ricci ribelli che hanno il vizio di posizionarsi negli angoli del mio viso più impensabili) mi fanno sentire totalmente estranea a quel nuovo ambiente.
“Allora…” inizia a dire Richie, aspirando un altro po’ dalla sigaretta. “Che cosa te ne pare?”
“Ancora non ho neanche iniziato.” rispondo, in maniera più che logica.
Lui e gli altri due ragazzi ridono, come se avessi detto la battuta più divertente del mondo. “Sì hai ragione ma intendo, che cosa te ne pare di tutto questo? A Houston il liceo era così?”
“Peggio, molto più grande e caotica. Mi piace.”
“Non parlare troppo presto, ancora non hai visto il pranzo.” ride Rosie, con la chiarezza della sua risata.
“E devi vedere i corsi, hai già deciso che cosa fare?” mi domanda Frankie.
“Non lo so… Voi che cosa fate?”
“Basket, baseball, il mese prossimo suonerò alla festa della scuola e…” inizia a elencare Richie, aiutandosi con le dita.
“Sì d’accordo abbiamo capito, sei un grande.” dice Frankie, cercando di zittirlo. “Io e Rose siamo nel corso di teatro, perché non vieni pure tu? Stiamo mettendo in scena il solito Romeo e Giulietta, abbiamo bisogno di comparse.”
“Non lo so, sono arrivata soltanto adesso e diciamo che sono abbastanza confusa.”
“Conviene che ti sbrighi mia cara, a giugno ci sarà lo spettacolo. Sarà qualcosa di grandioso, me lo sento.” mi dice Rosie, forse più a se stessa che alla sottoscritta.
“Come sempre Rose.” sussurra Richie, con un sorrisetto beffardo stampato sul volto.
Rosie ride tra sé, forse divertita per l’affermazione dell’amico, Frankie la segue.
All’improvviso suona la campanella e tutti i ragazzi si affrettano per iniziare un altro stancante giorno di scuola. Rosie e Frankie salutano me e Richie con un leggerissimo bacio sulla guancia e, leggeri come fantasmi, si dirigono alle rispettive aule.
Il mio nuovo amico spegne la sigaretta contro il muretto e mi fissa attentamente.
“Segreteria giusto?” mi domanda, cercando un assenso da parte mia.
“Sì, mi accompagneresti?”
“Con piacere, ho matematica per adesso. Il professore è mezzo suonato e ritardatario per natura, ho giusto il tempo di accompagnarti e fumarmi un’altra sigaretta.”
Sorrido. “Grazie.”
“Figurati, ho promesso che sarei stato il tuo angelo custode e intendo mantenerlo.” risponde, convinto delle sue stesse parole.
“Come ti pare…” sussurro, cercando di avere il tono più neutro possibile. Sotto sotto  però mi piace che si preoccupi per me, nonostante mi conosca da pochissimo tempo.
“Ma…” inizio a chiedergli, mentre ci avviamo verso il piccolo ufficio della segreteria. “Non prendi il bus tu?”
“Di solito sì, ma oggi mi ha accompagnato Rosie. Ha una decappottabile fantastica.”
Che cosa avevo detto? So che ‘l’abito non fa il monaco’ e ‘mai giudicare un libro dalla copertina’ ma certe persone è come se avessero la storia della propria vita stampata in faccia, se capite che cosa intendo.
“Ah…”
“Sai che da giorni non si faceva altro che mormorare della tua venuta? Hai sconvolto un bel po’ di persone, mia cara texana.”
Resto stupita dalle sue parole. “Davvero?”
Annuisce. “Vogliamo bene a Mike e sua moglie, è gente molto alla mano. Diciamo che ha incuriosito parecchio l’entrata in scena della nipote texana.”
“Non sono davvero sua nipote, Mike si diverte molto a considerarmi come tale. Lui e mio nonno erano molto amici, sono emigrati insieme dalla Sicilia.”
“E dov’è tuo nonno adesso? Cioè… Perché sei qui e non con lui?”
“E’… Morto quattro anni fa. Cancro ai polmoni.” mi fermo improvvisamente, mentre lo dico.
“E i tuoi?” domanda ancora.
“Sembra che ti stia impicciando un po’ troppo nei miei affari New Jersey, ecco la segreteria.” rispondo, indicando la piccola insegna dorata. “Puoi andare a fumare la tua sigaretta adesso.”
Rimane stupito della mia risposta. “Non vuoi che ti aspe…”
“No. Vai pure, grazie.”
Borbotta qualcosa tra sé, ma non aggiunge altro. Si volta da un’altra parte e si dirige verso l’uscita.
“A dopo Texas.” ha il tempo di dirmi, prima che chiuda dietro di me la porta in legno chiaro.
 
“E così tu devi essere la piccola Charlotte, ho ragione? Io sono Mrs. Birmingham, la segretaria. Per qualsiasi problema non esitare a chiedere, d’accordo?” mi domanda una signora piuttosto corpulenta, sulla sessantina al massimo, capelli bianchi raccolti in un piccolo chignon all’altezza del collo. I grandi occhi azzurri, rimpiccioliti dalle spesse lenti degli occhiali, mi fissano cercando un segno di vita da parte mia.
“D’accordo.” rispondo, annuendo al tempo stesso.
“Come sta tuo zio Mike?”
“Bene, non potrebbe stare meglio.”
“E zia Franny?”
“Pure lei.”
“Di poche parole eh?” mi domanda, prendendo in mano un piccolo foglio e consegnandomelo. “E’ il tuo orario, buona fortuna. Adesso sei a letteratura inglese, secondo piano, aula C5, è in fondo al corridoio, sulla sinistra.”
La ringrazio per il suo prezioso aiuto e controllo l’orologio. Le otto e un quarto.
“Sbrigati cara, la professoressa Lindon ti sta aspettando.” mi incita Mrs. Birmingham.
Corro lungo le scale con il cuore in gola, ho solo un pensiero per la testa. “Devo arrivare in fretta.”
Fortunatamente riesco a farcela in tempo, busso leggermente e appena riesco a sentire la dolce voce della professoressa, che mi spinge a entrare, eseguo.
Mi trovo davanti una donna sulla quarantina, alta e con lunghi capelli castani che le arrivano all’altezza della schiena.
“Oh ciao. Tu devi essere Charlotte, giusto? Io sono la professoressa Lindon, la tua insegnante di letteratura inglese. Ragazzi, la vostra nuova compagna si è trasferita dal Texas, comportatevi bene. Puoi sederti vicino a Valerie, in fondo all’aula.”
Nonostante i numerosi sguardi carichi di profonda curiosità, con molta calma e compostezza riesco a sedermi vicino alla misteriosa Valerie. E’ una di quelle ragazze anonime, dal volto triste e che si chiedono in qualsiasi momento “perché a me?”. Non mi osserva un solo istante, è immersa nel suo mondo dei sogni, dove ogni cosa forse va per il verso giusto.
“Bene ragazzi, aprite il libro a pagina cento. Charlotte, se vuoi puoi avvicinarti a Valerie per seguire. Stiamo studiando Robinson Crusoe di Defoe, lo conosci giusto?”
Annuisco. “Ogni tanto mio padre me lo leggeva quando ero piccola.”
La professoressa sgrana gli occhi. “Da piccola?”
“Già, mi piaceva molto.”
Nonostante la mia risposta la professoressa rimane ancora sconvolta dalla mia frase. “Oh d’accordo…”
Osservo ancora una volta la mia compagna di banco. Sembra quasi non essersi neanche accorta della mia presenza.
“Ciao.” riesco appena a sussurrarle, ma non risponde. Mi ignora totalmente.
Alzo le spalle. Pazienza, vorrà dire che riproverò la prossima volta, ho deciso.
La giornata passa velocemente, tra presentazioni e sguardi fugaci. Anche se è evidente la curiosità dei miei compagni, nessuno di loro si fa avanti per presentarsi. E il momento del pranzo sono costretta a passarlo da sola, in una grande tavola rotonda rossa. Mi sento come Re Artù senza i suoi cavalieri.
Affogo i miei dispiaceri nel grande panino imbottito preparato da zia Franny, ma proprio mentre lo sto per addentare, una voce familiare mi giunge alle orecchie.
“Ehi Texas, perché mangi da sola?” mi chiede Richie, sedendosi accanto a me.
“Ne ho voglia. Ti basta come risposta?”
Ride. “No, mi dispiace. Ho bisogno di più parole. Com’è andato il primo giorno di scuola?”
“Bene, professori simpatici e materie interessanti.”
“Compagni?”
“Mi ignorano, penso che sia meglio così.”
“E’ che non sanno ancora come approcciarsi a te, prova a capirli.”
“Non sono un mostro, voglio dire… E’ vero ho questo neo raccapricciante all’angolo dell’occhio, ma non sono così orribile.”
Mi osserva incuriosito e si avvicina sempre di più al mio viso, sento l’odore dell’ultima sigaretta accesa. Il cuore mi batte forte, ci manca solo che mi si mozzi il respiro e il gioco è fatto. “Davvero? Neanche si nota.” mi sussurra e si allontana rapidamente, addentando il mio panino lasciato incustodito. Tiro un sospiro di sollievo, non riesco a capire che cosa mi succede, ma quando mi accorgo di quello che sta facendo è ormai troppo tardi.  
“Ehi! Quello è il mio panino!” esclamo.
Era vorrai dire, sto morendo di fame. Dividi con me?” chiede, facendo già per spezzare in due il pezzo di pane.
“Certo New Jersey, fai pure come se non ci fossi.” rispondo, seccata. Appena prendo la mia metà la divoro in un sol boccone, così Richie fa altrettanto con la sua. Facciamo appena in tempo a finire, che suona la campanella. “E i tuoi amici? Non li ho visti in giro.” domando, mentre ci avviamo alle nostre rispettive aule.
“Rose fa parte delle cheerleaders, perciò mangia sempre con loro.” e mi indica il tavolo, pieno di ragazze che tentano in tutti i modi di incipriarsi il naso.
“E Frankie?”
“Frankie è un vagabondo per natura, tenta di stare con tutti. Pensa che questo sia l’unico modo per evitarsi inimicizie, soprattutto adesso che siamo all’ultimo anno.”
“E tu? Che tipo sei?”
“In realtà non rientro in nessuna categoria, sono semplicemente me stesso. Suono la chitarra sognando di sfondare un giorno, pratico gli sport più svariati e spero soltanto di uscire da qui con un risultato soddisfacente per me e i miei genitori.”
“Suoni la chitarra?” domando, incuriosita.
Annuisce. “Da quattro anni.”
“Fantastico, vorrei sentirti un giorno.”
Gli si illuminano gli occhi. “Mi farebbe davvero molto piacere. Adesso scappo, siamo entrambi in ritardo. Ci vediamo a fine lezioni, se ti va possiamo andare insieme. Ti faccio fare un piccolo giro turistico di Woodbridge, totalmente gratuito. Garantito. Ci stai?”
Sorrido, mentre stringo i miei libri tentando di non farli cadere. “Mi farebbe molto piacere.”
“Allora a dopo, guai a te se scappi!” mi urla, mentre corre lungo i corridoi.
“Tranquillo!” esclamo, sperando che possa avermi sentito.
Mi sa che devo rivedere il mio giudizio, forse questa città non è così male come sembra.

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Capitolo 4
*** Fourth chapter - Take it slow, things will be just fine ***


Fourth chapther - Take it slow, things will be just fine

 

Ciao nonno, come stai?
E’ stata una giornata davvero stancante questa. Quel Richie è un concentrato puro di energia, sembra quasi che non si riesca a stancare mai. Non ho mai incontrato nessuno come lui, davvero.
Ho aspettato per un’oretta circa davanti la scuola, non avendo nessun corso da frequentare, mentre lui si allenava a baseball insieme ai suoi compagni di squadra. L'ho visto uscire davvero stremato, dice che il coach non ha proprio pietà di loro.
Pronta per la visita?” mi ha domandato, sorridendomi come se avesse recuperato in fretta e furia tutte quante le sue energie.
Non sei stanco? Vuoi riposarti qui?” gli ho chiesto indicandogli la panchina sulla quale sedevo precedentemente.
Tranquilla Texas, non conosci ancora Richie ‘Incredibile’ Sambora. Niente può fermarmi!”
L’ho guardato sbieco. “Quel soprannome te lo sei appena inventato vero?”
Ha sbuffato, incrociando le braccia al petto. “Forse solo un po’, non si può proprio scherzare con te eh?”
Non quando ho una fame da leoni, il panino di oggi non mi ha saziato.”
Niente ricreazione oggi?”
La professoressa Lindon voleva parlarmi dei corsi, dice che ormai siamo agli sgoccioli, se voglio posso anche non partecipare quindi, e che per quest’anno non potrò avere crediti extra.”
Per un attimo mi è sembrato poco attento alla nostra conversazione, poi l’ho visto corrugare la fronte. Come se stesse pensando intensamente a qualcosa, anche papà lo faceva spesso. In qualche atteggiamento me lo ricorda, come quando porta la sigaretta alla bocca o scompiglia i suoi lunghi capelli. Ti sembrerà strano nonno ma li ha addirittura più lunghi dei miei, chi l’avrebbe mai detto? Dopo l’incidente della chewing-gum non li ho voluti più portare al di sotto delle spalle. Non ricordi?
Quando avevo poco più di sette anni, le bambine della mia età iniziavano ad avere già delle proprie aspirazioni: ballerina, dottoressa, astronauta. Insomma le solite carriere che non realizzeranno mai con il passare del tempo. La mia era quella di creare la più grande palla fatta di chewing-gum che sia mai esistita sulla Terra. Era un progetto ambizioso ma ce la mettevo veramente tutta pur di realizzarlo, tu nonno mi aiutavi per quanto potevi. Eri sempre tu che mi compravi i pacchetti di gomme da masticare due volte a settimana, il lunedì e il giovedì per essere precisi.
Mi viene da ridere sai? Ad un certo punto una delle gomme da masticare riuscì, ancora non riesco a spiegarmi come, ad incollarsi perfettamente ai miei capelli, formando una massa informe e appiccicosa di colore grigio. Che tristezza il giorno in cui dovetti tagliare i miei lunghi capelli da amazzone, il mio più grande vanto. Da lì in poi decisi che li avrei sempre tenuti corti, per evitare un nuovo trauma come quello.
Ma nonostante questo, conservo ancora immagini bellissimi.
Ricordo che aspettavo con impazienza i ‘giorni particolari’, il pacchetto del giorno era accompagnato da un aroma di fragola e, se durante il tragitto riuscivi a gustare la tua pipa, anche di fumo. Nonostante odiassi la tua fedele compagna, ormai era diventata un po’ il tuo tratto distintivo. Adesso è nelle mani della nonna, sai… Da quando non ci sei più si è chiusa nel suo piccolo mondo, adesso sembra così piccola e indifesa, non più quella donna battagliera che mia madre ammirava tanto. Ogni tanto la sentivo mormorare il tuo nome. “Giuseppe, Giuseppe…” un continuo lamento a cui di solito seguiva una valle di lacrime e l’irrimediabile crisi isterica.
Vive dei fantasmi del passato, parla con loro e spera con tutto il cuore che possano risponderle.
Un giorno la porterò via da lì.” è questo che continuo a ripetermi, lo sai. Tutti i miei sforzi ogni giorno sono solo per lei. Per lei e basta. La mia nonna dal profumo di limone e cannella, dagli occhi verdi capaci di vedere cose che nessuno è in grado di percepire con i sensi e dallo sguardo, adesso, così spaurito che cerca soltanto protezione. Protezione da un passato che potrebbe sopraffarla da un momento all’altro, ogni volta che la osservo penso soltanto questo.
Ritornando al mio racconto…
Eccoci arrivati! Tim è uno dei migliori gelatai di tutti gli Stati Uniti, o almeno lui si considera tale. Fatto sta che il suo gelato è davvero uno dei migliori in circolazione. Se vuoi riempirti lo stomaco, questo è il posto giusto!” ha esclamato, dopo aver camminato per non so quanto tra vie sconosciute.
Ho deciso per un normalissimo cono al pistacchio, Richie per il cioccolato ed è stato proprio in quel momento che ha deciso di portarmi in un posto particolare. Un posto che nel Texas non si potrebbe vedere né ora né mai.
Non ci credo, non esistono posti del genere.” gli ho risposto.
E invece sì, anche Rosie era scettica come te ma si è dovuta ricredere sai?”
Rosie…” il nome della ragazza è un punto in sospeso, continua ad aleggiare nell’aria. Che cosa ci fa una ragazza perfetta come lei con uno come Richie? Ho sempre saputo che i ragazzi provenienti da ambienti particolari e appartenenti a determinati gruppi non frequentassero certa gente.
Sì, proprio lei.”Che rapporti hai con lei?”
Bip bip! Attenzione Texas, anche tu stai oltrepassando il confine.”
Okay d’accordo. Ma come fa una cheerleader a stare…”
“…Con uno come me?” mi ha interrotto leggermente risentito, non permettendomi di concludere la frase. “Io, lei e Frankie siamo amici d'infanzia, ci conosciamo da quando avevamo quattro anni. Ormai la gente ha fatto l’abitudine, ma i primi tempi è stato davvero difficile. Rosie rappresenta una vera e propria trasgressione all’interno di quest’ambiente così ristretto. Lo fa perché ci vuole bene e perché per lei la fama non è così importante.”
Fantastico, ho pensato, adesso abbiamo pure la santa.
Non è così superficiale come sembra, è una bella persona quando si ci mette.”
A quanto mi stai raccontando…”
E’ una tra le donne più forti che conosca, bella, leale con gli amici…” ha continuato ad elencarmi.
Sei innamorato di lei in poche parole.” l’ho interrotto, con una risatina nervosa.
Richie si è grattato nervosamente la testa, ha grugnito ma non mi ha risposto. Abbiamo camminato così, silenziosamente e ognuno con i propri pensieri. Io l’ho seguito come un cane fedele accompagna il proprio padrone, ho percepito immediatamente il suo incredibile nervosismo nei miei confronti. Tana per Richie, ho subito pensato. Ad un certo punto, abbandonati i palazzi e il caos cittadino, ci siamo avviati su un piccolo sentiero non molto lontano dalla stazione dei pullman. Questo sentiero permette di accedere alla via principale per arrivare su una piccola collina, con una splendida vista non sono sull’intera Woodbridge ma anche dei dintorni.
Eccoci arrivati.” ha annunciato Richie, leggermente rabbuiato.
Oh ma è fantastico Richie! E’ davvero bellissimo!” ho esclamato io, nel pieno della mia euforia. Sono stata davvero fuori di me in quel momento, avresti dovuto esserci nonno! Nemmeno Houston è così bella vista dall’alto.
Giurami che non lo dirai a nessuno.”
“Di che cosa?”
Di tutto questo e…”
Solo se tu mi racconti i particolari.”
Sei davvero una piccola ficcanaso! Mi dispiace ma non se ne parla proprio.”
Allora non avresti problemi se domani mettessi in giro la voce che ti piace...”
“NO!” mi ha urlato, forse senza rendersene conto. “Davvero Texas, te ne parlerò prima o poi ma non adesso. Sono confuso.”
Come fai ad essere confuso? Insomma, sono i tuoi sentimenti.”
Proprio per questo motivo, insomma voglio molto bene a Rose. Ci sono certi momenti in cui la considero una sorella, altri in cui invece vorrei poterla stringere tra le mie braccia come... Una ragazza. E ti sto raccontando troppo, in fondo ti ho appena conosciuto e già ti sto annoiando con i miei problemi.” e mi ha sorriso dolcemente, ma il suo volto ha lasciato trasparire un leggerissimo velo di tristezza, davvero quasi impercettibile. In quel momento ho deciso di non insistere, prima o poi si aprirà con me no? E' meglio lasciar stare per adesso, ho pensato.
Il cielo si è oscurato senza che io me ne accorgessi e tra risate e piccoli litigi siamo ritornati verso casa. Prima di mettere piede nella mia, mi sono voltata verso Richie e gli ho urlato: “Te lo prometto!”. Lui si è voltato e mi ha sorriso.
Ci vediamo domani Texas!” l'ho sentito rispondermi, prima di chiudere la porta di casa.
Sono contenta di averlo conosciuto, sai? Mi incuriosisce parecchio e poi è così diverso, particolare a suo modo.
Tieni ancora d'occhio la mamma vero? Prima o poi, quando riuscirò a trovare il coraggio, la chiamerò per sapere come sta. Mi manca tanto, nonostante abbia fatto tante scelte sbagliate è pur sempre mia madre e le voglio bene come tale.
Sento la sua mancanza soprattutto durante la notte, ricordi gli incubi di cui ti ho parlato ieri? Di solito mi andavo a rifugiare nel suo grande letto matrimoniale, l'abbracciavo e lei sussurrandomi nell'orecchio mi chiedeva di non lasciarla mai, così mi avrebbe protetta per sempre.
Devo andare, zia Franny mi chiama per andare a scuola. Ti voglio bene.

La tua Charlie

 

Chiudo la copertina del diario con delicatezza, prendo lo zaino e corro giù per le scale. Do un bacio sulla guancia ad entrambi i miei zii che mi salutano con un grande sorriso sul volto davanti all'entrata di casa.
Stavolta sul bus non sono sola, Richie mi aspetta con la sua proverbiale energia e ottimismo verso il fondo della vettura.
Dormito bene Texas?” mi domanda, spostando il suo zaino dal sedile ai suoi piedi.
Annuisco. “E tu? Niente passaggio da Rosie stavolta?”
Si è prenotato Frankie prima di me e poi non volevo lasciare sola la mia texana preferita.” mi sussurra divertito, pizzicandomi la guancia.
Dì pure l'unica che conosci.”
Mi chiede di lasciar stare con un plateale gesto della mano. “Sai ho pensato ad una cosa!”

Incredibile, sai anche pensare?”
L'umorismo pungente non ti sarà d'aiuto in questo caso, forse ho trovato un modo per riuscire a farti avere crediti aggiuntivi.”
Resto di stucco. “Davvero? Come?”
Ricordi la proposta di Rose, quella del teatro?”
... Sì.”
Cercano anche persone che stiano nel backstage e aiutino con le scenografie, hai presente no? Avrai crediti senza far granchè, non è fantastico?”
Non è che stai complottando qualcosa vero?”
Mi guarda sconcertato. “Io? Ma figurati, dovresti essermi grato. Ti ho trovato qualcosa da fare almeno!”
“Dopo la discussione di ieri non so che pensare sinceramente... Ma grazie Richie, te ne sono grata.”
“Non c'è di che Texas, hai intenzione di partecipare vero?”
Scuoto la testa. “No grazie, ho altro a cui pensare.”
E tutta la fatica che ho fatto per cercarti qualche corso? Tutta sprecata?”
No, ti ho ringraziato come puoi ben vedere. Si vedrà l'anno prossimo.”
Sei davvero strana sai?”
Rido. “Me lo dicono in molti.”

Valerie, la mia dolce e amorevole compagna di banco, ha deciso che è bene inventarsi qualsiasi tipo di strana malattia per non rimanere accanto a me. Ho chiesto in giro che cosa abbia che non vada, ma l'unica risposta che sono riuscita ad ottenere è stata una sonora risata, priva di parole.
Per l'ennesima volta, durante la ricreazione, la Lindon decide che è meglio fermarsi a parlare con me. Spero che questa cosa non diventi un'abitudine.
Allora Charlotte, come va?” mi chiede, sedendosi sulla cattedra. Io preferisco rimanere in piedi di fronte a lei.
Non c'è male professoressa. Sono contenta.”
Hai fatto nuove amicizie?”
Oh sì.”
Sai, ti ho visto in giro con Richard Sambora, Rosalie Spencer e Francis Perry, sono anche loro miei alunni. E' brava gente, spero ti trattino bene.”
Sì, sono molto simpatici.” lo stomaco continua a reclamare cibo, sto morendo di fame. Spero che non intenda continuare a lungo.
Mi fa davvero piacere, salutami i tuoi zii allora e non ti preoccupare per Valerie. E' una ragazza... Particolare. Ci farai presto l'abitudine, ma non demordere eh.”
Il suo sorriso non del tutto espresso mi intenerisce, cerca di nascondere i denti non del tutto curati. “Assolutamente no professoressa.”
Vai, non ti trattengo ancora. Passa una buona ricreazione.”
La ringrazio.” e tento di fuggire, ma mani sconosciute riescono a catturarmi per portarmi verso l'ignoto. Una stretta forte e decisa mi impedisce di allontanarmi.
Ehi ehi piccola, dove vai?” domanda una voce a me familiare.
A mangiare Frankie, non dovresti essere con Richie?”
Oggi ho voglia di stare un po' con te, dispiaciuta per caso?”
Per niente.” rispondo, riuscendo finalmente a scansarmi dalla sua stretta. Lui mi segue, salutando ogni tanto qualcuno di passaggio.
Ieri pomeriggio Richie mi ha parlato un po' del suo amico. E' una di quelle persone dotate di un carisma particolare capace di ammaliare qualsiasi essere presente sulla faccia della terra. Suo padre è un poliziotto e la madre casalinga, una famiglia normale a tutti gli effetti il cui unico rimorso forse è quello di non poter più aggiungere un nuovo membro.
Il distributore è più avanti, poi svolta a destra. Parlami un po' di te... Charlie, giusto? Sei un po' taciturna sai?” chiede con un marcato accento del New Jersey. Alzo le spalle mentre mi dirigo verso il distributore di merendine.
Non ho niente da raccontare Frankie. La mia vita è sempre stata piuttosto noiosa.”
Sento puzza di bugia. Tutti hanno qualcosa da raccontare, mio padre dice sempre così.”
Mi sa che questa volta si è sbagliato.”
Credo di no. Dimmi, è vero che in realtà Mike e Franny sono i tuoi genitori adottivi?”
La merendina che cade spezza il silenzio. Le notizie viaggiano in fretta a quanto pare.
Da chi l'hai saputo?”
Le notizie viaggiano in fretta.”
Sono qui da quasi una settimana!”
A volte impiegano anche di meno.”
Lo osservo stupita, mentre addento la merendina. “Comunque è vero, ma solo temporaneamente.”
“Temporaneamente?”
Almeno questo è quello che mi hanno detto gli assistenti sociali.”
E i tuoi?”
Quella stessa merendina appena addentata resta bloccata in gola al solo sentire quella domanda. Tossisco più forte che posso, mentre Frankie mi aiuta dandomi sonore pacche sulla schiena. Il boccone va finalmente giù, mentre una lacrima scende dal mio viso per lo sforzo.
Ti... Ha mandato lui non è così?” riesco a domandare finalmente.
Lui chi?”
Richie. Ti ha mandato lui non è così?”
Non so di che cosa tu stia parlando Charlie io...”
Ehilà!” esclama un Richie pimpante, con la custodia di una chitarra dietro la schiena. Frankie gli rivolge uno sguardo confuso mentre io sprizzo rabbia da tutti i pori.
Possibile mai che voi del New Jersey non riusciate a farvi gli affari vostri? Sono qui da quasi cinque giorni e già volete sapere tutto il mio passato! Se volete essere veramente miei amici... Non costringetemi a ricordare parlandovi della mia famiglia, è l'unica condizione che pongo. Riuscirete a sopravvivere anche senza queste informazioni.” la voce mi si è leggermente incrinata e, prima ancora di versare le solite lacrime, faccio in tempo a correre in bagno.
Nessuno mi rincorre o mi consola prendendomi tra le proprie braccia, la vita non è un film ma stranamente lo dimentico ogni volta. Non voglio ricordare, non voglio, non voglio. Riesce soltanto ad aprire nuovamente ferite non del tutto rimarginate.
Alla fine dei venti minuti di ricreazione, corro verso il mio armadietto per prendere i libri per la prossima lezione. Incollato con una gomma da masticare, trovo un biglietto scritto a mano.

Perdonami Texas, non avrei dovuto. Siamo sempre amici vero?”

Sorrido, senza neanche accorgermene.
Maledetto New Jersey, riesci sempre a farla franca!


Buonasssssera plebaglia! Chiedo scusa per l'immenso ritardo ma tra l'ansia preconcerto per i Bon Jovi e la depressione post concerto che ne è derivata successivamente (e che mi trascino ancora dopo due settimane), diciamo che ho avuto poco tempo per pensare a scrivere XD
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito, sia per i complimenti che per le critiche che mi hanno fatto particolarmente riflettere su tutto quello che sto scrivendo. Sono giunta alla conclusione che non mi fermerò e cercherò di concludere nel migliore dei modi questa storia. Spero che vi possa davvero piacere questo capitolo, frutto di questa riflessione. 
Chiedo ancora scusa per non poter rispondere alle recensioni, prometto di farlo al prossimo capitolo :)
Buona serata a tutti quanti!
Goodbye ;)

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Capitolo 5
*** Fifth chapter - People are strange ***


Fifth chapter - People are strange

Woodbridge, maggio 1976

Insisto Charlie, anche tu devi esserci!”
Rosie ma...”
Ti prego, mi farebbe tanto piacere.” dice, puntandomi addosso i suoi grandi occhi azzurri. Richie, accanto a me, ridacchia.
Dai Charlie, che cosa ti costa? Ci saranno tutti.”
Rosie annuisce, come per confermare le parole dell'amico.
E inoltre non puoi adottare la scusa 'devo ancora ambientarmi' eccetera. Sei qua da più di due mesi accidenti!”
Sospiro, in verità odio le feste. Per questo non ho mai festeggiato nessun compleanno, preferisco restare nell'ombra. Ma adesso Richie e Rosie mi stanno costringendo a rinnegare le mie stesse convinzioni e sono obbligata ad accettare pur di farli smettere.
D'accordo d'accordo, ci sarò.”
Perfetto, tieni l'invito. Mi raccomando, vestito elegante eh!” mi avverte, prima di sparire come una figura quasi eterea lungo i corridoi.
Rigiro il pezzo di carta tra le mie mani, sul retro c'è scritto l'indirizzo e un 'Non mancare!' a caratteri cubitali.
Nessuno può dire di no a Rosalie Spencer, riesce sempre ad ottenere quello che vuole.”
Tu sei incluso?”
Sorride e prende una sigaretta dalla tasca dei pantaloni. Prima che riesca ad accenderla, gliela tolgo dalla bocca e la nascondo dietro la schiena.
Ma sei matto?” gli sussurro, controllando che in giro non ci sia nessuno.
Charlie non ti sei mai guardata intorno? Qua fumano tutti e nessuno dice niente, molla quella sigaretta!” e con un abile movimento riesce ad arrivare dietro di me per riprendersela. L'accende e l'odore penetrante della sigaretta ci avvolge, portando con sé ancora l'immagine di mia madre. Quella bella donna con i capelli lunghi color del grano e la pelle d'avorio.
Scaccio via ancora una volta il pensiero di mia madre prima che la malinconia possa assalirmi e cerco di cambiare argomento.
Il ballo di fine anno è tra due settimane, hai intenzione di invitarla?”
Non lo so... Ho la band in pieno delirio per adesso, non abbiamo ancora nulla in cantiere e dobbiamo organizzarci. Sai qual'è il bello di questa cosa? Siamo soltanto dei... Tappabuchi ecco. Un po' tutte le band sono occupate in questo periodo.”
Sai a Houston...”
A Houston a Houston...” borbotta, gettando fuori un po' di fumo dalla bocca. “Texas sei in New Jersey da più di due mesi, è tempo di ricominciare una nuova vita ma non credo che tu possa riuscirci se rimani ancorata a Houston in questo modo.”
Pensa, solo per un momento, se qualcuno che non conosci ti prendesse con la forza e ti portasse in un posto così diverso da casa tua.”
Ride. “Non aspetto altro!”
Davvero?”
Annuisce, portando nuovamente la sigaretta alla bocca e aspirandola. “Il mio posto non è mai stato qui, è in giro per il mondo. Quando diventerò un grande chitarrista visiterò tutti quei posti che per adesso sono soltanto punti lontani nelle cartine geografiche. Hai presente l'India? Ecco.”
Anche le Filippine?”
Anche quelle, sperando che non mi succeda niente di simile ai Beatles!”
Ma smettila chitarrista dei miei stivali!” scherzo su, dandogli un pugno sulla spalla.
Come va con Valerie?”
Sospiro. “Ancora non vuole rivolgermi la parola.”
Ho saputo da qualcuno che ha una cotta pazzesca per Frankie.”
Per Frankie?! Quello stesso Frankie che non fa altro che prenderla in giro?”
Annuisce. “Proprio per lui.”
Non la invidio proprio.”
Neanche io ma... Potresti aiutarla.”
Rimango letteralmente scioccata. “Non dire cretinate. Sai benissimo che Frankie non la guarderebbe né ora né mai. Lui è più un tipo da...”
Rosie?”
Annuisco.
Dico sul serio Charlie, pensaci. Almeno ti parlerebbe.”
Ci penso su cinque secondi esatti, il tempo necessario che la campanella inizi a suonare e Richie butti la sua sigaretta in un angolo.
Oggi pomeriggio hai da fare?” mi chiede, mentre ci avviamo verso le rispettive classi.
Matematica, non riesco ancora a capirci qualcosa.”
Che cosa state facendo per adesso?”
Equazioni.”
Porta tutto da me, devo farti vedere una cosa.”

Rigiro ancora una volta l'invito di Rosie tra le mani, la festa è tra quattro giorni esatti e non ho ancora uno straccio di vestito. Forse dovrei averne uno dentro al borsone pieno di abiti che ho portato da Houston, ma non ne sono così sicura.
Il rumore di una sedia che striscia contro il pavimento mi fa sobbalzare. Valerie prende posto accanto a me con la stessa espressione triste, ma concentrata al massimo, che assume di solito. Una volta le ho raccontato una battuta e mi è sembrato che sorridesse, mostrando una fila di denti bianchissimi.
Ciao Valerie.”
Nessuna risposta, però ho visto il suo occhio rivolgersi verso la mia direzione. Adesso o mai più.
Ho una proposta che potrebbe interessarti. Mi hanno detto che ti piace Frankie...”
Non è vero!” squittisce lei, alzando leggermente il tono della voce.
Allora sai parlare eh?” domando sarcasticamente.
Quando ne ho voglia.”
Perchè non hai voluto mai parlarmi fino ad ora? Ti sono così antipatica?”
Ti sei venduta subito alla gente del New Jersey, hai fraternizzato con loro.” sputa quelle parole con rabbia inaudita, rivelando uno strano accento.
E allora che cosa c'è di strano?”
Non sono così male Valerie...”
Questo lo pensavo anche io i primi giorni, ma ognuno di loro è privo di cuore. Detesto questo buco di città, voglio ritornare a casa.”
“Dove abitavi prima?”
Seattle, ma da quando mia nonna ha iniziato a stare male io e la mia famiglia siamo stati costretti a trasferirci qui.”
Pensa soltanto... Che lo stai facendo per lei no?”
I suoi occhi color nocciola si inumidiscono leggermente e cerca di scacciare qualsiasi segno di lacrime con un gesto secco della mano, ma non ce la fa. Piccole gocce salate iniziano a scivolare lungo il suo viso, per depositarsi nella sua felpa grigia.
A volte... Ho paura che non riuscirà a guarire. Sento sempre questo presentimento, a volte mi impedisce di pensare in maniera razionale. E quando non penso, piango. Non posso fare nient'altro.”
Mi alzo immediatamente e l'abbraccio. Lascio che le sue lacrime bagnino anche la mia maglietta. Non è così diversa da me come credevo, siamo simili in qualche modo.
Perchè m-mi stai abbracciando Allen? Non ho bisogno del tuo aiuto.” mi sussurra, scostandosi da me.
Voglio essere tua amica, posso?”
Perchè in questi mesi non hai fatto altro che cercare di parlarmi e non mi hai ignorato come tutti gli altri? Che cos'ho di speciale?”
Sento di potermi fidare.”
Anche di Sambora?”
Anche di lui.”
Si asciuga una lacrima, strofinando la felpa contro l'angolo degli occhi.
Puoi davvero aiutarmi con Frankie...?” mi domanda in un sussurro.
Non posso fare a meno di sorridere.

Qualche ora dopo...

Adesso moltiplica il 14 con l'8 e hai risolto l'equazione.”
La matita scorre leggera nella pagina bianca, tracciando un piccolo numero sulla destra. “Sei sicura?” domando a Valerie, piuttosto confusa a rigurardo.
Fidati Charlie, è così. Avessi seguito un po' di più le lezioni di matematica lo sapresti.”
Avessi seguito un po' di più le lezioni di matematica lo sapresti...” rispondo, facendole il verso.
Ma zitta!” esclama lei, dandomi una leggera spinta.
Ad un tratto sentiamo bussare alla porta. E' zia Franny con il vassoio stracolmo di merende. “Ho pensato che aveste fame.”
Hai pensato bene zia, grazie!” esclamo, assaltando il carico di cibo. Valerie si limita a sorridere e a sussurrare un leggero ringraziamento.
Ah Charlie, c'è qualcuno alla porta per te. Sembra molto arrabbiato.”
Osservo Franny piuttosto confusa ma ad un tratto arriva il lampo di genio. Richie! Mi sono dimenticata del nostro appuntamento! Mi scuso con Valerie e corro giù per le scale con molta fretta, fino ad arrivare alla grande porta in legno aperta. Lui è appoggiato sullo stipite e i suoi occhi non fanno altro che lanciare fulmini e saette lungo la mia direzione.
Mi sento terribilmente mortificata.
Richie io...”
Tu? Tu cosa, sentiamo. Ti ho aspettato tre ore, ormai è quasi buio.”
Lo so lo so, solo che...”
Che?”
Ho seguito il tuo consiglio e... Valerie mi sta aiutando con la matematica adesso. E' davvero simpatica sai?”
“Son felice per te allora.”
Scusami Richie io...”
No, davvero. Sono contento per te, divertitevi.” e, salutandomi con un leggero gesto della mano, si allontana. Che cosa gli è successo? Non è da lui comportarsi così. Perchè ci teneva così tanto alla mia visita?
Pensavo che sarebbe stato felice di vedere in atto i suoi stessi consigli e invece...
Strano davvero.

Sospiro e richiudo la porta alle mie spalle per risalire fino in camera. Trovo Valerie che mi sorride dolcemente, senza dire una parola.
Allora... Dov'eravamo rimaste?” domando, cercando di concentrarmi sulla matematica.
Valerie con un gesto gentile, mi indica il prossimo esercizio.



*resuscita dalle tenebre* Eccomi qui, malaticcia in agosto (D:), ma eccomi XD 
Ho deciso di fare qualche piccolo cambiamento. Come potete vedere non c'è la solita lettera al nonno, apparirà un capitolo sì e uno no e perciò la vedrete nel prossimo :)
Ringrazio tutti quelli che hanno letto lo scorso capitolo, soprattutto GioTanner per i bellissimi complimenti. Sono davvero contenta che ti piaccia questa storia :D
Un buon Ferragosto a tutti quanti e al prossimo capitolo!
Goodbye ;)

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Capitolo 6
*** Sixth chapter - I'm looking through you, you're not the same ***


 

Sixth chapter - I'm looking through you, you're not the same

 

Ciao nonno, ho una domanda per te.
Quand'è che una persona capisce di essere innamorata? Zio Mike mi ha detto che il segnale è una specie di brontolio che nasce all'altezza dello stomaco, ma non leggero. Inizia rapidamente a farti sempre più male e tutto questo nasce solo alla vista della persona in questione. Nonna invece diceva sempre che certe cose è impossibile capirle: succedono e basta, senza una particolare spiegazione.
Sai sono piuttosto confusa, in questi ultimi giorni sono successe talmente tante cose che ho bisogno di riorganizzare un momento i miei pensieri per riuscire a spiegarti con esattezza tutto. Forse è meglio partire dall'inizio.”

3 giorni prima

Stringo la penna tra le mani, tentando disperatamente di buttare giù quattro righe. Ancora non riesco a capire come mai si sia comportato in quel modo. Succede così ogni volta no? Pensi di conoscere bene una persona e invece si rivela totalmente diversa da come te la sei sempre immaginata.
Com'è che si dice? “Mai giudicare un libro dalla copertina”.
Valerie mi dice di non preoccuparmi, passerà. Magari era soltanto nervoso.
Eppure la paura della solitudine è qualcosa che non si allontana, resta come un pensiero fisso in qualche oscura parte del cervello. La vocina dentro la tua testa continua ad urlarti “ti abbandonerà, ti abbandonerà” e, dentro di te, sai che sarà così.
Molto tempo fa lessi che niente dura per sempre, tutto è in continua evoluzione e il tempo di un battito di ciglia puoi trovare l'intero mondo sconvolto.
Ho sbattuto le ciglia per un attimo ed ecco in che situazione mi ritrovo.
Charlie mi stai ascoltando?”
No Valerie, scusa.”
Scuote la testa, terribilmente contrariata, e mi punta contro il suo indice. “O vai a parlarci o ti spingo io da lui a calci.”
La mia bocca si allarga mostrando un sorriso piuttosto forzato. “E se non volesse ancora parlarmi? Sono passati due giorni d'altronde.”
E' un motivo idiota per litigare, non ti pare? Sambora ha diciassette anni, non cinque.”
D'accordo... Proverò a parlarci.”
Inaspettatamente, mi arriva una pacca sulla spalla da parte di Valerie in segno di apprezzamento. “Brava, così si fa. Allora che cos...” si interrompe improvvisamente, vedendo arrivare Frankie con Rosie al suo seguito. Sembrano due divi del cinema.
Ciao Charlie, ci sarai alla mia festa domani giusto?” domanda Rosie, osservandomi con i suoi occhi glaciali.
Sì Rosie, verrò.”
Brava, verrai con Richie giusto?”
Non lo so, abbiamo... Discusso recentemente.”
Rosie spalanca gli occhi, stupita dalla mia affermazione. “Hai sentito Frankie? Cip e Ciop hanno litigato!”
Frankie se la ride sotto i baffi, mentre Valerie vorrebbe fulminarla con lo sguardo per ciò che ha appena detto. Io preferisco ignorare la battuta e sorriderle come se non avessi compreso l'ironia.
Cip e Ciop a tua sorella brutta zoc...” sento sussurrare alla mia amica. Rosie stranamente riesce a sentirla e le spedisce uno sguardo pieno d'odio.
Valerie giusto?” le chiede, con uno strano sorrisetto beffardo in volto.
S-Sì.” risponde Valerie, colta di sorpresa.
Non mi risulta che stessi parlando con te, o sbaglio forse? Non ti permettere mai più di chiamarmi in quel modo, sai chi sono io vero? Io ho tutta la scuola nel palmo della mia mano” dice, mostrandole un pugno chiuso. “Posso schiacciarti in qualsiasi momento, stai attenta e non farti più vedere davanti ai miei occhi.”
Che vigliacca. Non ho paura delle tue minacce sai?”
Rosie ride e si avvicina sempre di più alla mia amica e sembra sussurrarle qualcosa come “Dovresti” per poi spingerla verso il pavimento.
Scusa è stato un incidente.” dice malignamente, per poi passare una mano tra i propri capelli biondi e salutarmi con l'altra, mentre la sua figura cammina rapida in mezzo agli altri studenti. Frankie non ha spiccicato una parola ed è rimasto impassibile a fissare l'intera scena.
Che cos'hai da guardare tu?!” ha il coraggio di urlargli Valerie, mentre tento di aiutarla ad alzarsi ma Frankie mi blocca nell'intento e tende una mano alla mia amica, che prontamente afferra.
Ti sei messa in un bruttissimo guaio Thompson sai?” le domanda con uno strano sorrisetto sul volto. “In ogni caso è stato forte, mi sei apparsa sotto una nuova luce.”
Vedo il viso di Valerie mutare di tre diverse tonalità di rosso e risponde al complimento con un debolissimo “grazie”.
Ah Charlie, se cerchi Richie è nel cortile esterno.”
Oh...” e osservo Valerie, la quale mi risponde con un cenno della testa per spingermi ad andare.
Grazie Frankie.”
Non c'è di che Charlie, sbrigati. La campanella sta per suonare.”

Come ho corso nonno, dovevi vedermi! Sembravo uno di quei centometristi alle Olimpiadi, il cuore mi stava balzando fuori dal petto. L'ho trovato seduto nella scala antincendio con sai che cosa? Una chitarra. Non si è accorto immediatamente della mia presenza e sono riuscita a guardarlo indisturbata.
E' bravissimo, un vero talento. Le voci che girano a scuola non sono così errate, pensare che io gli ho sempre dato dello sbruffone. Nonno giurami che starai accanto pure a lui, vorrei tanto che avesse fortuna nella sua carriera da musicista. Credo che gente come lui se la meriti davvero. Io sono sempre stata una frana invece.
Non hai orecchio bambina mia.” dicevi sempre. Ingenuamente ti mostravo le mie orecchie sostenendo il contrario.
Tu ridevi, eccome se ridevi. “No piccola, il tuo problema è che non sei capace di ascoltare. Lo capirai quando sarai più grande.”
Penso di aver ascoltato bene stavolta. Forse molto più di quanto avrei dovuto.

Richie...” inizio a parlare, sedendomi accanto a lui. Lui alza la testa non molto sorpreso, mi sorride amabilmente come sempre.
Mi chiedevo fino a quanto avresti avuto intenzione di fissarmi.”
Sei bravo.”
Visto che non ti raccontavo bugie?”
Poggio una mano sulla sua spalla. “Scusa.”
Per la storia della chitarra? L'importante è che ti sei ricred...”
No” lo interrompo bruscamente. “Per tutto.”
Richie mi guarda con aria interrogativa. “Di che cosa stai parlando?”
Di Valerie...”
Scoppia in una fragorosa risata. “Davvero ci hai creduto? Non sono arrabbiato, giuro.”
E allora perchè hai reagito in quel modo?”
Non lo so.”
E dopo queste parole lo abbraccio e lo stringo a me nonostante la chitarra ingombrante sulle sue ginocchia. “Ti prego, ti prego, ti prego. Non farlo mai più. Non voglio restare sola un'altra volta.”
Sento il suo fiato sul mio collo, è piacevole. “D'accordo, te lo prometto.”
Ci stacchiamo quasi subito da questo piccolo momento di affetto improvvisato e cerco di cambiare argomento.
Rosie si stava quasi scazzotando con Valerie.”
Perchè?”
Valerie le ha dato della poco di buono.”
Che cosa ha fatto?!” domanda, alzandosi di scatto.
Ma perchè ha preso in giro me per prima, anzi noi.”
Noi...? Che cosa ha detto?”
Niente, lascia stare. Se non fosse stato per il fatto che mi incute timore dalla testa ai piedi forse le avrei detto qualcosa anche io.”
Richie scoppia in una fragorosa risata. “Dimmi che non è vero Charlie, davvero avresti fatto così?”
Sì, non sono così dolce e zuccherosa come sembro. Nonno diceva sempre che avevo un animo da guerriera in fondo. Ma... Tu?” chiedo infine, lui si rigira tra le dita il piccolo plettro argentato.
Io cosa?”
Hai capito... Sei ancora innamorato di lei?” incalzo ancora, ma da dove sto tirando fuori tutto questo coraggio?
E a te che cosa importa Texas?” chiede, leggermente seccato.
Scusa, non volevo... E' solo che...”
Sai...” continua a parlare. “Lei è sempre stata per me quello che io mi considero per te, una specie di angelo custode. Ho un grande senso di gratitudine nei suoi confronti che penso non cambierà mai neanche tra un miliardo di anni capisci? Ma...”
Ma?”
Qualche volta le cose cambiano e non sei più sicuro di quello che vuoi davvero. Ciò ti spaventa terribilmente e tendi a respingere qualsiasi novità ti si pari davanti al cammino.”
Di che cosa stai parlando?”
Mi sorride dolcemente e vorrebbe potermi dire di più, ma non ci riesce perchè Valerie si precipita verso la nostra direzione, mi prende per mano e mi trascina nuovamente negli oscuri corridoi della nostra scuola. Osservo Richie per un'ultima volta, fa in tempo a urlarmi: “Ti passo a prendere alle otto!”.

La sera successiva diciamo... Che è accaduto qualcosa. Ma partiamo dal principio.
Prima dell'arrivo di Richie ho accarezzato per un attimo l'idea di non presentarmi affatto, ma Franny e Mike ci tenevano così tanto che sono stata costretta ad accettare, esattamente come per Rosie. Quella sera ho deciso di indossare un abito bianco molto semplice, lungo fino alle ginocchia e con una fantasia a pois neri appena accennata. Per concludere in bellezza i miei capelli castani, dopo essere stati accuratamente lisciati, sono stati legati in una coda bassa da un nastro dello stesso colore del vestito. Secondo la zia ero un vero zuccherino. Nonna quasi quasi sarebbe fiera di me, almeno “indosso qualcosa di più femminile della tuta o dei jeans a vita alta” per citare le sue parole. Sento tanto la sua mancanza, qualche volta mi sveglio nel cuore della notte chiedendomi che cosa stia facendo.
So che avrei dovuto chiamarla, ma ho paura che mi chieda il motivo per cui non l'ho più trovata per tutti questi mesi. Mamma l'ha sbattuta in quell'orribile posto poco dopo la tua morte e da allora lei non le ha più rivolto la parola, come per scrollarsi tutto il suo passato dalle spalle. Ma, purtroppo per lei, il passato ha continuato ad inseguirla ed è rimasta sopraffatta dai suoi stessi demoni.
Richie è arrivato puntale, alle otto spaccate. Nel suo completino maglietta jeans è stato adorabile, la sua macchina è una specie di vecchio furgoncino che fa sempre strani rumori ogni volta che si prova ad accendere e che non può andare oltre un certo limite di velocità altrimenti si rischia di rimanere bloccati in mezzo alla strada. O almeno così mi ha detto Richie, io non ho ancora avuto il piacere di sperimentarlo.
La casa di Rosie è quasi fuori Woodbridge, i suoi genitori sono due imprenditori di grande rilievo in tutto il New Jersey e nella loro vita hanno fatto tutto pur di accontentare il loro “piccolo angelo”. Viziata e impertinente, la piccola Rosie ha sempre vissuto una vita di agi e comodità e nessuno avrebbe potuto mai dire che dentro di lei si nascondeva da sempre il bisogno di avere un amico.
Come vedi i nostri mondi erano e sono ancora oggi totalmente diversi, eppure una sola cosa ci univa all'epoca. Facevamo parte dello stesso asilo.” mi ha raccontato Richie. “Grazie al suo carattere autoritario era diventata un vero e proprio capobranco in mezzo a quella marmaglia di ragazzini e ognuno di noi era obbligato ad obbedirle, ma non perchè eravamo intimoriti da lei bensì affascinati.
Le bambine volevano esserle amiche, i bambini invece volevano trascorrere qualche ora con lei durante la pausa pranzo. Io non rientravo in nessuna delle due categorie.
A dir la verità da bambino ho sempre odiato Rosie.”
E perchè mai?” gli ho chiesto, tra le risate.
Proprio perchè odiavo farmi mettere i piedi in testa da qualcuno, peggio ancora da una bambina come lei. Chi credeva di essere?”
In un certo senso non lo fai adesso?”
E' diverso Charlie, in amore le regole cambiano. Finisci per non sapere più chi sei.”
Pensiero molto bello New Jersey. Continua.”
Allora... Cambiai idea su di lei un anno dopo. Nel nostro asilo avevamo a disposizione dei tricicli, bellissimi nella loro vernice rossa, che usavamo durante la ricreazione in presenza delle maestre. Quel giorno la maestra di turno si allontanò per un po' perchè aveva qualcosa di urgente da fare e ci lasciò da soli.”
Da soli?”
Mi ha annuito per confermare. “Completamente soli. Comunque quel giorno presi un triciclo per fare lo sbruffone e iniziai a pedalare, sempre più veloce. E giravo, giravo, giravo mentre urlavo a Rosie 'Prova a fare questo Spencer!'. Lei mi fissava impassibile, nel suo vestitino color panna...”
Ti ricordi anche il colore del suo vestito?”
Certo, non faceva altro che indossarne dello stesso colore tutti i santi giorni! Fammi continuare e non interrompermi più, altrimenti perdo il filo!”
Va bene capitano, va bene.”
Purtroppo in quel atto di presunzione caddi sbucciandomi un ginocchio e il gomito, ricordo che le ferite mi facevano un male cane, bruciavano. Mentre gli altri bambini erano impegnati a ridere come matti, l'unica a soccorrermi fu proprio Rosie. Mi portò dentro la classe e mi disse di restare fermo mentre lei cercava un disinfettante. A quattro anni sapeva già cose che di solito i bambini di quell'età disconoscono totalmente. Lo fece con così tanta cura e attenzione che non sentii più nulla, forse un leggero imbarazzo per averla trattata male. La ringraziai e lei sai che cosa fece? Mi chiese con una vocina debole di non odiarla più e di diventare amici. In cambio mi avrebbe sempre dato una mano d'aiuto nel caso ne avessi avuto bisogno. Pochissimo tempo dopo le feci conoscere anche Frankie, mio amico praticamente da una vota, e da quel momento in poi diventammo l'allegra combriccola che conosci oggi.”
Mi ha stupito conoscere questo lato di Rosie, lo ammetto. Molto del suo carattere fiero emerge ancora oggi ma dov'è finita quella piccola bambina bisognosa di amici?

Eccoci arrivati” annuncia Richie, scendendo dalla macchina. Fa il giro e mi apre lo sportello da grande gentiluomo.
Grazie.” gli dico sorridendo. Lui, con le mani dentro alle tasche e l'aria indifferente, mi fa strada verso l'abitazione.
Resto stupita dalla magnificenza di quella casa. Una grande villa a due piani dalle tinte di un colore beige molto acceso, circondata in ogni lato da un giardino dai mille colori. Percorriamo un lungo viale che ci porta dritto verso l'ingresso che da accesso ad un atrio a dir poco spettacolare. Qualcuno ha presente quelli che di solito si vedono nei film quando vengono presentate le case dei ricconi della situazione? Ecco. Il pavimento in marmo è stato appena lucidato, posso quasi specchiarmici sopra. Sulla destra c'è una scala che porta al piano superiore, dalla quale scende una cameriera che ci da il benvenuto. Richie la saluta cordialmente e le chiede dove sia Rosie. Lei risponde che si trova nel salone, poi si rivolge a me chiedendomi se per caso voglio consegnarle la mia borsa. Gliela porgo senza alcun problema e seguo il mio “presunto cavaliere” fino al salone.
Il salone di questa casa è... Incredibile. Sembra uscito veramente da un film: oggetti di antiquariato dappertutto e a cui Rosie sembra fare estrema attenzione, un caminetto in fondo alla sala e tanta gente che danza. Anche se si sta parlando di disco music va bene lo stesso no?
Noto anche Frankie, seduto in un angolino a pensare a chissà che cosa. Richie sembra non preoccuparsi minimamente di lui e corre a salutare la sua amica.
Ehi Rose, sembra fantastica questa festa!” esclama, guardandosi intorno.
Davvero lo pensi? Grazie Rich! Ah ciao Charlie, ci sei anche tu.”
Fino a prova contraria mi hai invitata tu, idiota.
Sì, ci sono anche io.” rispondo seccata. Lei sembra non badarci e con un gesto della mano ci saluta, mentre si dirige verso gli altri invitati.
Torno subito.” mi urla in un orecchio, cercando di farsi sentire nonostante la musica troppo alta. Peccato che sia diventata mezza sorda adesso.
Mi volta le spalle e si dirige verso la figura della sua amica, sussurrandole qualcosa in un orecchio. Lei annuisce e, dopo averlo preso per mano, lo conduce lungo la scalinata che ho visto qualche minuto prima. Neanche il tempo di arrivare e il mio cavaliere mi ha lasciato sola, fantastico. Noto ancora la figura di Frankie, la cui presenza Richie non ha notato minimamente, e mi siedo accanto a lui.
Ha sempre la stessa e identica espressione pensierosa.
C'è qualcosa che non va Frankie?” urlo anche io, cercando di farmi ascoltare.
Ciao! Usciamo fuori, non ti sento!” risponde lui, indicandomi l'uscita che porta sul retro della casa. Ci alziamo e, scansando la gente intorno a noi con grande agilità, ci dirigiamo verso l'esterno. C'è una grande piscina, l'acqua è così chiara e limpida che posso specchiarmici senza alcun problema. Tira una leggera brezza fresca e sfrego le mani lungo le braccia per avvertire un minimo di calore.
Vuoi la mia giacca?” mi chiede gentilmente Frankie e, senza aspettare la mia risposta, la poggia delicatamente sulle mie spalle.
Grazie.”
Figurati.”
Richie sembra non averti visto, perchè non lo hai salutato?”
Frankie allarga gli angoli della bocca in un sorriso piuttosto triste e forzato. “Non ha voglia di parlarmi per adesso.”
Che cosa vorresti dire?”
Non ci parliamo per adesso, sei sorda per caso?” mi chiede, alzando di parecchio il volume della voce e allontanandosi un po' da me. Sembra essere piuttosto risentito.
Mi avvicino, accorciando di molto la distanza tra di noi, e poggio una mano sulla sua spalla. “Che cosa succede Frankie?”
E' assurdo sai? Si è incazzato con me, il suo migliore amico da una vita, per una stupidissima ragazza.”
Rosie...”
Ah già lo sai? Bene! L'unico che non sapeva un cazzo qui sono solo io! Gli ho spiegato quanto la cosa non mi andasse a genio, che lei non è adatta ad uno come lui, e sapessi che razza di scenata mi ha fatto. 'Ti farò vedere io chi non è adatto!' mi ha urlato, prima di andarsene. Adesso è diventata peggio di una scommessa per lui! Ma sai cos'è peggio?”
Cosa?”
Che lei starà con lui soltanto per ripicca.”
Per ripicca nei confronti di chi?” incalzo ancora, cercando di avere un nome.
Di te.”

Nonno ti posso giurare di non aver sentito male. Secondo le parole di Frankie Rosie è profondamente gelosa di me per tutto il tempo che Richie passa insieme a me, trascurandola. Avrebbe fatto di tutto pur di allontanarlo da me. Che gran cazzata. Scusa la parola nonno.
Dovevo impedirlo, ad ogni costo. Non potevo permettere che Richie rimanesse ferito da una vipera del genere, capace di manipolare i sentimenti altrui soltanto per far soffrire altra gente a proprio vantaggio. Ho ringraziato il mio amico per le informazioni e sono corsa verso le scale, ma prima di partire in quarta verso la mia meta Frankie mi ha fatto una domanda strana.
Perchè lo fai? Intendo... Perchè tieni così tanto alla sua felicità? Io ancora non ci riesco e lo conosco da una vita.” E se n'è andato lasciandosi dietro una lunga scia di dubbi.
Già. Perchè?
Ancora non sono riuscita a darmi una risposta.

Salgo in fretta e furia le scale dopo essermi fatta indicare dalla cameriera dove si trovano i due “piccioncini”. La camera di Rosie è leggermente socchiusa, un piccolo spiraglio mi permette di poter vedere che cosa succede. Ma qualcosa mi dice che sono arrivata tardi.
Li trovo appiccicati come due cozze a scambiarsi teneri baci e parole affettuose. Lui sembra così felice.
Distolgo per un secondo lo sguardo e lo dirigo altrove.
Lo ammetto, mi da fastidio vederli insieme. Lei non lo merita e non lo meriterà mai, neanche tra un milione di anni.
Ma non voglio essere io a dire a Richie che cosa è giusto e cosa non lo è. Ha diciassette anni e sta per diplomarsi, è abbastanza in gamba per capirlo da solo.
Mi allontano da quella stanza forse più arrabbiata di prima per non essere riuscita a fare qualcosa, avrei potuto davvero evitarlo?

Un'ora dopo il signorino è tornato con un sorriso smagliante e mano nella mano con Rosie. Non sono riuscita a fissarli per più di cinque secondi, la voglia di togliergli quel sorrisetto beffardo dalla faccia è stata tanta sai?
Mi è sembrato di vedere anche Frankie sorridere e sussurrare “hai vinto, idiota”.
E' inutile raccontarti di come mi sia annoiata terribilmente a quella festa, come ho già detto ho sempre odiato gli eventi mondani. Preferisco la semplicità. Durante il tragitto verso casa mia nessuno ha osato accennare all'argomento, fino a quando non siamo stati costretti davvero a farlo.

Il motore si spegne e la macchina cessa di muoversi del tutto. Prima di scendere da essa, mi volto verso Richie e, dopo avergli dato un leggero bacio sulla guancia, gli do la buonanotte.
Mi hai evitato per tutta la sera e non hai detto nulla. Pensi anche tu che abbia sbagliato?” mi chiede, senza guardarmi. Mani sul volante e sguardo perso verso l'orizzonte.
Io non rispondo, scendo semplicemente dalla vettura.
Fanculo tutti! Siete soltanto fottutamente gelosi!” mi urla addosso, prima di andarsene. Mi si stringe il cuore a sentirlo parlare così.

Io gelosa di Richie e Rosie?
Ma andiamo, è così assurdo... Che potrebbe anche darsi.

La tua Charlie.


Ed eccomi di nuovo qui con il sesto capitolo (più lunghetto per farmi perdonare il ritardo), non sono morta visto? XD 
Ringrazio GioTanner per la sua recensione e spero che questo capitolo possa piacervi!
P.S. Sì ho cambiato il nome della fan fiction, penso che questo gli si addica di più :)
Buona lettura e al prossimo capitolo! 
Goodbye :)

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Capitolo 7
*** Seventh chapter - This ain't a love song ***


Seventh chapther - This ain't a love song

Qualche giorno dopo...

Guardali! Non sono la cosa più disgustosa che esista sulla faccia della Terra?” mi chiede divertita Valerie indicando i due piccioncini mentre si scambiano un tenero bacio.
Mi fa molto piacere per lui.” le rispondo voltandomi verso il mio armadietto per riporre i libri e prendere quelli per la lezione successiva.
Come no. Da quando stanno insieme, tu e il chitarrista a malapena vi parlate. Avevate appena fatto pace, possibile mai che quel benedetto ragazzo debba sempre rovinare tutto?”
Oh possibilissimo considerando di chi stiamo parlando.
Rosie crede di farmi un torto stando con lui, ma sai qual'è la verità? Non me ne importa davvero un fico secco, può farci tutto quello che vuole. Anche sposarselo!” dicendo queste parole cerco di alzare di parecchio il volume della voce per farmi sentire da Romeo e Giulietta. Richie è l'unico ad avermi sentita e si volta a guardarmi, ma non riesce a farlo per più di un secondo e ritorna subito dopo a conversare amabilmente con la sua ragazza.
Sarà ma non ci credo...”
A cosa non credi?” chiede un pimpante Frankie appena ritornato da una verifica di letteratura. Dal suo litigio con Richie abbiamo iniziato ad avvicinarci sempre di più e in questo periodo siamo diventati inseparabili. E' una persona davvero molto dolce.
Ormai ha infranto la sua prima regola. Cercare di stare con chiunque per evitarsi qualsiasi tipo di inimicizie.
Dopo avergli dato una sonora pacca sulla spalla, Valerie gli chiede come sia andato il compito. Risponde che non poteva andare meglio e di sicuro riuscirà a diplomarsi con dei buoni voti, vuole dare a tutti i costi questa soddisfazione ai suoi genitori. La stessa Valerie sembra essere totalmente cambiata, in questo periodo sembra essere quasi fiorita e la bellezza che avevo notato in lei fin dall'inizio sta iniziando ad emergere, merito della presenza Frankie? Probabilmente. Anche lui sembra esserne colpito e ormai è da tempo che non le rivolge più nomignoli di cattivo gusto.
Ma non cambiamo discorso, di che cosa stavate confabulando signorine?”
Charlie è rosa dalla gelosia.” risponde al posto mio Valerie, ridendo.
Ma non è vero!” sì, aggiungiamo un'altra bugia tanto per cambiare.
Mi dispiace Charlie, ma do ragione a Valerie.” conclude Frankie, con un gran sorriso.
Perchè non volete credermi? Sto alla grande davvero.”
Sicura in realtà di non voler convincere più te stessa che noi?”
Rimango per un momento soltanto in silenzio e li osservo ancora una volta. Lui che le accarezza il viso dolcemente, lei che prende la sua mano tra le sue e le bacia con dolcezza. Per un attimo immagino me al suo posto e solo l'idea mi fa stare male.
E se lo fossi per davvero... Sarebbe grave?”
Frankie mi sorride dolcemente ma è Valerie a dare voce ai suoi pensieri. “Nient'affatto.”

Correte ragazzi correte! Voglio vedervi SUDARE!” urla come un pazzo scatenato il professore Matthews, insegnante di ginnastica. E' un uomo sulla sessantina, abbastanza corpulento e dalle guance cascanti. Ha la strana abitudine di inveire contro i propri studenti anche quando non ce n'è bisogno, c'è chi dice che lo faccia per scaricare tutte le proprie tensioni dovute al suo matrimonio fallito. Lo fanno stare bene a quanto pare. Con alcune persone però diventa un altro: gentile e affabile come un essere umano qualsiasi. Di chi sto parlando? Beh in primo luogo dei membri delle squadre che allena: basket, football, baseball... Praticamente tutte. In campo sportivo è il padrone indiscusso in questa scuola, a quanto dicono.
La palestra della nostra scuola è abbastanza grande da poter contenere anche più classi, motivo per cui non siamo i soli a correre in circolo come dei cavalli.
Stanca per la troppa corsa, mi fermo per qualche secondo in un angolino a riprendere fiato. Matthews se ne accorge e mi viene incontro con un'espressione preoccupata.
Charlotte vuoi per caso del tè e dei pasticcini?” mi domanda una volta arrivato al mio fianco.
C-che cosa professore? No...”
E ALLORA CONTINUA A CORRERE RAGAZZINA!” mi urla contro con la potenza di un uragano. Riprendo a muovermi con grandissima fatica e l'enorme desiderio che la lezione presto si concluda. Sento le mie forze quasi cedere e le gambe tremare quando il professore mi chiama e mi dice che posso andare.
Andare dove? Ancora stordita mi dirigo verso l'uscita della palestra dove mi aspetta qualcuno... Qualcuno di familiare... Fin troppo.
Tu? Che ci fai qui?”
Avevo bisogno di parlare con te.”
Adesso? Potevi farlo anche a fine lezione.”
Ti va di camminare un po'?”
Senti Richie non posso, devo continuare e...”
Ho inventato una cazzata a Matthews, ormai si beve tutto quello che gli dicono i suoi giocatori. Chiuderà un occhio se ti perdi la lezione, sei con me.”
Ma...”
Basta così Charlie!”
Mi prende per un polso e mi guarda dritto negli occhi. Il mio cuore batte forte come la prima volta che ci siamo conosciuti, forse sono proprio quei piccoli occhi marroni la parte che mi piace più di lui. Sono come un libro aperto, ma quello che sto leggendo in questo momento mi spaventa più di quanto non sembri.
Adesso tu vieni con me, senza discutere.” annuncia, trascinandomi con forza lungo i corridoi fino ad arrivare verso la scala antincendio, che affaccia sulla strada.
Appena ci fermiamo allenta la presa e si siede sugli scalini, io lo seguo.
Non ti dispiace se mi accendo una sigaretta vero?”
No, affatto.” gli rispondo, mentre lo osservo prendersi una sigaretta dal taschino della propria camicia, accendersela con molta calma e infine fumarsela. Si passa una mano tra i capelli per il nervosismo, mentre io sospiro, aspettando con ansia il motivo per cui mi ha fatto chiamare.
Ammettiamo...” inizia a parlare. “Ammettiamo solo per un attimo che io mi sia sbagliato.”
Sbagliato su che cosa?”
Lo sai.”
No...” sussurro abbastanza confusa.
Su Rosie. Forse... Non è come me lo sono sempre immaginato stare con lei.”
Dentro di me urlo di gioia, forse qualcuno da lassù ha ascoltato le mie preghiere?
L'intera faccenda mi ha dato alla testa, ho litigato con Frankie e anche con te... Non ve lo meritate.”
Perchè hai cambiato idea solo adesso?” gli chiedo, ansiosa.
Perchè mi sono reso conto di una cosa.”
Cosa?”
Di questo.” e getta la sigaretta accesa in mezzo al vuoto per poi far passare una mano lungo il mio collo e allungarmi un leggerissimo bacio sulle labbra, tale da farmi arrossire come un peperone. Si allontana leggermente, il suo viso è a due centimetri di distanza dal mio e aspetta solo una mossa. Mi avvicino e premo anch'io le mie labbra sulle sue senza paura, è piacevole la sensazione che ne deriva.
E' uno strano gioco di cui soltanto noi due conosciamo le regole, ma ad un tratto mi fermo.
Che cosa vuol dire tutto questo?”
Voglio solo te, te e nessun'altra.” mi sussurra dolcemente, come in un sogno...

Signorina Allen! Sta bene?!” chiede preoccupato il professore Matthews, schiaffeggiandomi su entrambe le guance per farmi riprendere.
C-che cosa è successo? Ero fuori e...”
Che cosa sta blaterando? E' svenuta! Ha mangiato qualcosa stamattina?”
Faccio segno di no con la testa.
Dovrebbe, così almeno è possibile evitare situazioni spiacevoli come queste. Ho chiamato suo zio, la sta venendo a prendere.”
M-mio zio...?” è stato tutto un sogno allora? Allora...

Sei innamorata di Richie! Lo sapevo!” urla Valerie al telefono, facendomi letteralmente sobbalzare.
Sospiro.
E' inutile che sospiri signorina, qua lo sapevano tutti! A scuola si mormorava già da un po'.”
E tu da quando dai retta alle voci che circolano a scuola?”
“Da quando riesco ad ascoltare. Devi dirglielo!” esclama, ritornando al precedente argomento.
Ma non se ne parla proprio e per dirgli che cosa poi? 'Sai Richie? Mi sono improvvisamente accorta di essere innamorata di te, lascia Rosie e andiamoci a sposare a Las Vegas!'”
Andiamoci a sposare a Las Vegas? Ma da dove ti è uscita?” chiede lei, ridendo come una matta dall'altra parte della cornetta.
Lascia stare, il punto è sempre quello però...”
Ma se non ci provi neanche, come puoi dirlo?”
Ad un tratto una serie di colpi forti e decisi provengono dalla porta, zio Mike entra con una serie di cianfrusaglie in mano. Mi sorride, mentre cerca di voler parlare a me e mi fa cenno di interrompere la telefonata.
Valerie devo staccare, ci vediamo domani.” dico alla mia amica. Premo un tasto e poggio il telefono sul comodino.
Che cosa sono?” chiedo, indicando tutto quello che ha in mano.
Bibite energetiche, zia Franny si è preoccupata tanto e mi ha detto di dirti di berne quanto più puoi, devi riprenderti.”
Sì zio... Grazie.”
Figurati e... Scusa ma non ho fatto a meno di sentire qualcosa della tua discussione con Valerie. Chi è il fortunato?”
Giocherello nervosamente con una ciocca dei miei capelli, indecisa se rivelargli o meno il nome ma alla fine prendo un bel respiro e...
E' Richie.”
Richard Sambora? Proprio lui?”
Sì zio proprio lui.”
Zio Mike scoppia a ridere fragorosamente senza alcun motivo, arrivando addirittura alle lacrime.
Che cosa c'è da ridere?”
I miei presentimenti si sono rivelati esatti allora. E' un bravo ragazzo.”
Sì lo so, ma...”
... C'è qualcun altro vero?”
Annuisco. “Rosie, la sua ragazza.”
Stanno insieme? E chi l'avrebbe mai detto, quei due erano delle pesti insieme ma prendili separatamente e non farebbero del male ad una mosca.”
Sì ma... Lei non è veramente innamorata di lui.”
No?”
Continuo a torturare la stessa e identica ciocca. “Lo fa soltanto per ripicca nei miei confronti, ha pensato che io le stessi 'rubando' il suo amico ed è partita all'attacco.”
E tu ci stai male giusto?”
Annuisco ancora, le lacrime che lentamente stanno per sgorgare. “E non so che fare zio, ormai non ci parliamo più visto che Rosie glielo impedisce e... Non posso rivelargli tutto questo.”
L'amore è anche questo tesoro, non è sempre rose e fiori.” dice, accarezzandomi dolcemente la testa.
Lo so, ma non pensavo che facesse così male.”
Sarebbe troppo semplice non pensi? Tu prova a dirgli quello che provi, in fondo... Che cos'hai da perdere adesso?”
Nulla, vorrei rispondergli ma non lo faccio. Resto in religioso silenzio a pensare, mentre lui mi da un leggero bacio sulla fronte e mi lascia da sola. Già... Che cos'ho da perdere?
Prendo nuovamente il telefono tra le mie mani e compongo un numero in maniera abbastanza incerta, ma quando sento la sua voce dall'altra parte della cornetta divento una nuova persona: molto più sicura di me.
Ho bisogno di parlarti.” è l'ultima cosa che gli dico, prima di interrompere la telefonata.

Nonno ho tanta paura. Mi respingerà, mi respingerà, mi respingerà. E io ci starò ancora peggio.
Ma, come ha detto zio Mike, non ho più nulla da perdere ormai.

Charlie il tuo ospite è arrivato, lo faccio salire?” mi chiede zia Franny, entrando di soppiatto in camera mia. Chiudo con una velocità inaudita il diario, lasciandolo sulla scrivania.
Sì certo...” dico, prendendo un respiro profondo. Forza e coraggio!
Ciao.” sussurra lui, alzando una mano in segno di saluto. Sembra essere molto imbarazzato, zia Franny chiude la porta della mia camera per lasciarci un po' da soli. Mike deve averle raccontato qualcosa perchè prima di farlo mi strizza un occhio per augurarmi buona fortuna.
Ciao. Siediti qua.” e gli indico il letto dalle molle cigolanti per sedersi, lui segue le mie indicazioni e per un po' rimaniamo in silenzio.
Come stai? Mi hanno detto che sei svenuta durante l'ora di educazione fisica.” mi chiede infine.
Sto bene...”
Hanno detto che mentre eri svenuta hai farfugliato un sacco di nomi, anche il mio. Matthews mi ha chiesto se per caso ti avessi fatto qualcosa, lo hai spaventato.”
Mi dispiace...”
Perchè?”
Non posso raccontartelo.”
Noto la sua mano che lentamente si avvicina alla mia, fino a stringerla debolmente. Peccato che inizi a sentire improvvisamente una vampata di calore dentro il petto e correre lungo tutto il corpo.
Mi allontano da lui, scusandomi,e vado un secondo in bagno per rinfrescarmi, o la va o la spacca. Ma appena ritorno in camera, dopo qualche minuto, accade la cosa strana.
Lui, arrabbiato, mi dice a denti stretti che vuole andarsene e non vuole più sentire parlare di me. Mai più. Non mi lascia neanche il tempo di spiegare, corre velocemente lungo le scale, apre la porta e la chiude con forza dietro di sé. Il mio cuore è spezzato letteralmente.
Decido di continuare a scrivere a mio nonno, per dividere con qualcun altro questa delusione, ma una sorpresa mi accoglie. Il diario che avevo lasciato sulla scrivania per pigrizia è aperto: sfoglio le pagine e ne noto una strappata. L'ultima che ho scritto... Sulla scoperta del mio innamoramento.
Lo sa, lo sa... Maledizione a me! Una fitta allo stomaco mi piega in due per il dolore e mi distendo sul letto, cercando di non piangere.
Sii forte.” mi dico, ma è tutto inutile. E' una di quelle invocazioni che non funzionano mai, penso piangendo lacrime amare.

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Capitolo 8
*** Eighth chapter - Welcome to wherever you are ***


Eighth chapter - Welcome to wherever you are

7 anni dopo...
1983


“Caro nonno,
dopo sette anni di assenza ricomincio a scriverti solo per avvisarti che non sono stata né risucchiata da un buco nero e né catturata da una banda di messicani desiderosi di un ricco riscatto. Sono riuscita a sopravvivere e devo dire che soltanto adesso, a ventidue anni, riesco finalmente a godere tanto dalla vita. Purtroppo non è molto il tempo a mia disposizione, perciò spero che possa bastarti un breve riassunto di ciò che ti sei perso nelle precedenti puntate di quella soap opera che è la mia intera esistenza.

Cinque anni fa sono riuscita a diplomarmi con il massimo dei voti, la mia insegnante di letteratura è stata la persona più fiera di questo risultato insieme agli zii. Avresti dovuto vederli, sembrava quasi avessi preso l'Oscar alla carriera. C'era pure mamma in mezzo al pubblico ma questo lo seppi soltanto in un secondo momento.
Qualche mese dopo mi decisi finalmente a far visita alla nonna. Fino a quel momento avevamo avuto solo conversazioni telefoniche e qualche cartolina ogni tanto.
La trovai seduta in una piccola poltrona a dondolo, proprio vicina alla finestra. Osservava la gente che passava con aria distratta, il volto una maschera di felicità. Mi rallegrai di vederla così, pensai che finalmente qualcosa stava andando per il verso giusto. E invece sai che cosa fece? Si voltò e, con animo sereno e candido, prima mi prese per le mani: i suoi occhi chiari riuscirono a scrutarmi fin dentro l'anima. Poi sorrise e mi disse qualcosa che non dimenticherò mai: “Segui sempre i tuoi sogni bambina, d'accordo? Non lasciare che nessuno ti butti giù e ti impedisca di essere felice. Mai. Hai un grande futuro davanti a te, me lo ha detto una persona speciale sai? Quindi abbi fiducia e non mollare mai”. Rimasi scossa, non mi aspettavo un discorso del genere da una persona come lei. Dai miei ricordi di bambina ricavo sempre l'immagine di una donna devotissima al proprio marito e con un credo fervente, molto dura con se stessa e rigida e autoritaria con il resto del mondo. Ma a volte, quando soltanto suo marito o sua nipote potevano vederla, cambiava. Mostrava così tanta dolcezza che potevi affidarle tutto te stesso senza esserne mai deluso.
Ricordo che piansi in quel momento e le continuai a ripetere, in una specie di litania continua, che l'avrei tirata fuori da lì. Glielo promisi con tutta me stessa.
Nonna morì una settimana dopo la mia visita, i medici dissero che la trovarono con il sorriso sulle labbra e una scritta accanto al comodino: “E' venuto a prendermi”. Se è lì accanto a te salutamela e dille che mi dispiace non aver potuto mantenere la promessa.
Non ho mai preso in considerazione l'idea di laurearmi, seguo il corso dei miei sogni. Voglio diventare una grande fotografa, imprimere i momenti e tenerli sempre con me nel bene o nel male. Per adesso faccio qualche lavoretto qua e là per riuscire a mantenermi, ma lo considero soltanto un esercizio per riuscire a sopravvivere.
Vivo come una fuggitiva, sempre in cerca d'ispirazione. Anche se per adesso ho trovato un porto sicuro in cui attraccare per un po', la Grande Mela.
Con i soldi guadagnati con i vari lavori e qualche servizio fotografico malriuscito, sono riuscita a prendere un microscopico appartamento in affitto verso la periferia della città. Fortunatamente non sono sola, due anni fa ho conosciuto un ragazzo a Sayreville che...”

Che cosa stai scrivendo?” mi chiede una voce familiare.
Chiudo in fretta il diario e alzo lo sguardo. “Mi hai fatto spaventare John!”
Mi sorride e si siede accanto a me nella scala antincendio. “Scusa. Scrivi un diario?”
Diciamo.” rispondo, tirando una boccata di fumo dalla sigaretta appena accesa.
Posso leggerlo?”
NO.” urlo quasi, alzandomi di scatto. John rimane allibito dal mio gesto per un secondo, ma si alza compostamente e, come se non fosse successo nulla, mi da una pacca sulla spalla. “D'accordo, d'accordo. Nessun problema, torniamo dentro? Odio il freddo.” mi chiede, strizzando l'occhio destro e stringendosi nelle spalle per difendersi dall'inverno newyorkese.
Annuisco, riponendo il diario all'interno della borsa nera in pelle che porto sempre con me.
Abbasso la testa per evitare di urtarla prima di entrare all'interno del mio appartamento, John mi attende seduto nel divanetto. Ripassa il testo di una nuova canzone con aria assorta, mordicchiandosi il labbro inferiore di tanto in tanto. Gli occhi azzurri vagano per le mille parole scritte distrattamente a penna con una grafia disordinata, che a volte non riesce a comprendere neanche lui.
Mi piace vederlo così, sembra che nessuno possa turbarlo. Prendo la macchina fotografica dalla mia borsa e clic!. Oh ha mosso i capelli in un altro modo e la luce sembra illuminarlo perfettamente. Un altro clic!.
Ad un tratto sospira, segno che qualcosa non va per il verso giusto. Si distende nello stesso divanetto, la testa poggiata sulle mie gambe e gli occhi azzurro cielo rivolti al soffitto.
Che succede?” chiedo, accarezzandogli i capelli biondo scuro.
Dave. Sempre le stesse lamentele sul genere musicale.” Dave Sabo, chitarrista della neo nata band di John e amico d'infanzia dello stesso.
E allora? Dove sta il problema?”
Temo che sarò costretto a mandarlo via. La situazione sta diventando insostenibile.”
Sai già con chi sostituirlo?”
No davvero. Quanto odio questo genere di situazioni!” ruggisce, stringendo la mano destra in un pugno saldo.
Cercando di allentare la sua tensione, prendo il suo pugno tra le mani e lentamente cerco di aprirlo. Accarezzo il suo palmo aperto e le mie dita scorrono lungo le sue, sfiorandone i duri calli e i piccoli tagli. Porto quella stessa mano alle labbra e la bacio come una mamma con il proprio bambino per assicurargli che ogni cosa andrà bene. John si alza improvvisamente e si volta a guardarmi, stavolta dritto negli occhi. Quella stessa mano che ho baciato qualche secondo prima, adesso vaga per i miei capelli e per il mio viso. Prendo il respiro e chiudo gli occhi, aspettando che il momento avvenga. Ad un tratto sento la sua mano correre lungo il mio naso e... Stringerlo.
Ci sei cascata.” mi sussurra a un centimetro dalle labbra e con un sorriso beffardo in pieno viso.
Stronzo.” gli rispondo e faccio per alzarmi. Lui ride, ride della bella buttando indietro la testa per la potenza delle risate. Fino alle lacrime.
Lo osservo confusa, che cosa c'è di tanto divertente da ridere così?
E' la tua espressione Charlotte, è buffa.” mi dice candidamente, prendendo una sigaretta dal suo pacchetto, ma un mio gesto imperativo lo impone a spostarsi verso la finestra per fumare.
Non concederti mai così facilmente, gli altri crederanno che sia facile prendere il tuo cuoricino e strapparlo in mille pezzi.” una boccata di fumo. “Stasera vieni a vederci giusto?”
Annuisco. “Ovviamente, sono pur sempre la vostra fotografa no?”
John butta la sigaretta fuori dalla finestra, si avvicina e mi stampa un leggerissimo bacio sulla guancia. “Grazie.”
E di che cosa?”
Per esserci, tutto qua. A stasera, passo a prenderti allo stesso orario di sempre.”
Ma John ho...”
... Il lavoro al supermarket, lo so. Non ti preoccupare più per quello, ti ho fatto licenziare.”
Spalanco gli occhi per lo stupore. “CHE COSA HAI FATTO?! John quel lavoro mi serviva per pagare l'affitto e...”
Lui, con aria tranquilla, alza le spalle e mi sorride. “Hai un nuovo lavoro da stasera, fotografa ufficiale della band. Sarai adeguatamente retribuita, nessun problema e un giorno potrai permetterti dieci di questi squallidi appartamenti.”
Cosa ti fa sentire così sicuro del fatto che sfonderete?”
Lo so e basta, chiamalo sesto senso o grande forza di volontà. E' lo stesso.”
Sorrido, colpita ancora una volta dalla sua incredibile sicurezza. Forse fu proprio questa la prima cosa che mi colpì di lui il giorno in cui ci incontrammo, due lunghi anni fa. Per uno strano caso del destino finimmo per lavorare insieme nello stesso negozio di scarpe e scoprimmo di avere tantissimi interessi in comune, musica in primis. Mi piacque immediatamente come persona perchè era così diverso da... Lui. In qualsiasi cosa, ma a volte riusciva a ricordarmelo nelle piccolissime cose.
Lui è sempre rimasto una di quelle ferite impossibili da rimarginare. E' un punto fisso, ma dai comportamenti incomprensibili. Dal giorno del ballo scolastico non seppi più nulla di lui, soltanto che decise di abbandonare l'università per dedicarsi alla musica. Da amici seppi anche che stava per essere preso nei Kiss e dentro di me pensavo “grazie nonno, hai mantenuto la parola” ad ogni successo che otteneva.
Sì, forse non l'ho mai dimenticato e mai lo farò. Sono fatta così purtroppo ed è dura cambiare una ragazza di origini texane.
Ad un tratto John mi interrompe dalla sfilza di pensieri e mi dice che deve andare e che ci vedremo stasera. Sente che sarà una serata memorabile.

E se lo dice John Bongiovi, c'è da fidarsi.




Gooodmorning e buon Halloween a tutti! Finalmente sono riuscita a trovare un po' di ispirazione per pubblicare l'ottavo capitolo e per dimostrare che ci tengo alla mia storia, nonostante tutto. Un grazie particolare a tutti coloro che leggono e commentano questa storia, o semplicemente mettono un "mi piace". Grazie davvero :)
Un bacione grosso e al prossimo capitolo che sarà parecchio scoppiettante. Perchè? It's a secret, ma chi conosce bene la storia dei Bon Jovi può capire il motivo! 
Goodbye ;)

 

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Capitolo 9
*** Ninth chapter - I've just seen a face ***


Ninth chapter - I've just seen a face


Sei pronta?” mi chiede John, iniziando il solito interrogatorio per assicurarsi che ogni cosa vada per il verso giusto.
Pronta come non mai.” rispondo con un sorriso, entrando con fatica nella piccola macchina di John.
Macchina fotografica?”
In borsa, insieme al tuo cambio per il dopo-concerto.”
Cambio? Non ho bisogno di nessun cambio io.”
Oh sì invece.” gli dico risoluta, indicando i suoi abiti. Pantaloni rosa, una maglietta verde militare strappata lungo i bordi e un leggerissimo trucco sugli occhi. Mi chiedo chi glielo abbia fatto fare ad uscire da casa conciato così, penso portando una mano sulla fronte. E' il costume di scena, esclama lui. No, è quello di un pagliaccio, rispondo io. Continuiamo fino a quando la macchina non si ferma davanti l'entrata del locale, le solite quattro ragazze ci salutano sperando in un cambio di pensiero da parte di John ma senza successo. Lui mi cinge con un braccio la vita e dice: “Sono ancora impegnato mi dispiace”.
Mi scappa una risatina nervosa e quando ci troviamo finalmente dentro il locale, tiro un leggero sospiro. E' sempre la stessa storia, devo dire che mi dispiace deludere quelle povere ragazze. “E' soltanto uno scherzo.” mi ripete sempre lui, ma è strano come ancora non abbia iniziato a crederci.
Quando dirai a quelle povere ragazze che io e te siamo soltanto amici?”
Non ti fa piacere che dica in giro che sei la mia ragazza?” chiede, cingendomi ancora una volta la vita e avvicinandomi a sé.
No, per carità. Ma ti ricordo l'esistenza di un'altra donna oltre me.”
Ma lei non c'è per adesso e poi la pensavi diversamente stamattina.” ribatte, seccamente.
La donna di cui parlo si chiama Dorothea ed è probabilmente l'unica persona capace di tenere in riga questo giovane ribelle dai capelli biondi e con l'aria da eterno Peter Pan. Nonostante John si comporti in questo modo, è profondamente innamorato di lei anche se preferirebbe avere conficcate nel petto mille spade pur di non ammetterlo.
Ammetto che mi affascina parecchio, ma non mi permetterei mai di innamorarmi di uno come lui, obiettivamente siamo persone troppo diverse. Siamo come il dolce e il salato, il bianco e il nero, il giorno e la notte. Troppo incompatibili.
Ma la sua voglia di realizzare a tutti i costi i suoi sogni e la sua schiettezza disarmante sono ottime doti per un buon amico, uno dei migliori che abbia mai avuto.
Stai ancora torturando quella povera ragazza John, è la nostra fotografa! Abbi pietà almeno per una sera!” lo implora il povero David, abilissimo tastierista della band.
Grazie David, ma che cosa ti hanno fatto a quei poveri capelli?”
Ho tentato di cotonarmeli ed è uscito fuori... Questo.” indica, abbastanza afflitto, i propri capelli. Sembra quasi che abbia preso una scossa, non ho mai visto capelli così...
So che quello che stai pensando, sono orribili. Ma che cosa posso farci?”
Lasciarti i tuoi riccioli che cosa te ne sembra? Mi piacciono lo sai!”
Ride e mi abbraccia. “Sei un tesoro, ci proverò ma non ti garantisco niente.”
Allora siete pronti?” chiede Camille, la proprietaria del locale. Una signora sulla quarantina, parecchio corpulenta e con un grande neo sul mento che ti impedisce di non riderle in faccia ogni volta che la guardi. Ha un carattere forte e autoritario, ma tratta qualsiasi gruppo suoni nel suo locale come delle fecce.
Il mio amplificatore non funziona, non riesco a sentirmi Camille!” urla Alec, il bassista, alla proprietaria. Lei come al solito fa spallucce e gli chiede perchè non se ne sia portato uno da casa.
Arrangiati!” conclude. Vorrebbe strozzarla, glielo si legge negli occhi, ma preferisce imprecare contro lo stesso amplificatore mollandogli un calcio di tanto in tanto.
Alec finiscila di dare calci a quell'amplificatore, ci danno già pochi soldi e non li voglio sprecare per ripagare l'apparecchiatura di Hitler!” lo rimprovera John, salendo sul palco.
Ma ripagare che cosa? E' già rotto John!”
E allora smettila di romperlo di più!”
Porto una mano alla fronte e scuoto la testa, sono finita all'asilo. Tico, il batterista, è impegnato a fracassare i timpani a tutto il resto del gruppo. Me compresa. Gli faccio cenno di smetterla di suonare perchè a malapena riesco a sentire i miei stessi pensieri, ma non mi ascolta e finisce per intervenire Sabo in mio aiuto.
Torres smettila di suonare! Ho bisogno dei timpani integri stasera, ti dispiace?” chiede bruscamente come suo solito. So che tenta disperatamente di essere gentile nei miei confronti, ma non ho mai apprezzato il suo modo di fare.
Sì veramente.” sento Tico bisbigliare in mezzo alla nuvola di fumo che circola sempre intorno a lui, e quando Dave gli volge le spalle lo vedo compiere il gesto di conficcargli una bacchetta dietro la schiena, a mo' di coltello. Sorrido tra me e me.
Questo ormai è il mio mondo e non vorrei cambiarlo per nulla al mondo.
Le luci si abbassano, i ragazzi si sistemano per bene sul palco e mando un bacio a ciascuno di loro come segno di incoraggiamento. John prende il suo e finge di infilarlo in tasca.
La macchina fotografica freme per essere utilizzata e, appena sento le prime note della canzone, inizio a cliccare quel piccolo bottone nero in alto a sinistra a più non posso. Sono così infervorata nel mio lavoro che non mi accorgo neanche della gente che mi fissa con aria curiosa. I ragazzi suonano alla grande e, nonostante il piccolo problema con l'amplificatore di Alec, tutto procede molto bene. La voce di John è più in forma che mai, è proprio nato per fare quello che fa.
Mi sposto in giro come una scimmia con la propria liana, senza una meta ben precisa, e inevitabilmente finisco per scontrarmi con qualcuno capitato per caso lungo il mio tragitto. Quanti “mi dispiace” e “mi scusi” avrò detto stasera? Non riesco a contarli neanche io.
La sala si sta riempiendo lentamente e nel giro di due ore siamo arrivati al quasi pienone, mi sento particolarmente fiera di loro sapete? Sono i miei ragazzi e vedere quanto possano avere successo mi riempie comunque il cuore di orgoglio. Mi sento come mamma chioccia con i suoi pulcini a volte.
E la nostra ultima canzone voglio dedicarla” inizia a dire tutto d'un tratto quel pazzo del mio amico. “Alla nostra fantastica fotografa Charlotte, l'avrete vista sicuramente in giro stasera correre come una trottola per fare bene il suo lavoro. Questa è per te!” dice indicandomi con il solito sorrisetto ammaliatore. Le solite ragazze in prima fila mi fissano con uno sguardo omicida in pieno viso e maledico quel cretino di un ragazzo dal profondo del mio cuore. Per fortuna riesce sempre a salvarsi, la canzone in questione è Twist and Shout dei Beatles per cui ho una vera ossessione. Gli rispondo con un “grazie” in labiale e, finalmente, scatto l'ultima foto della serata per andarmi a prendere un drink al bancone.
Ordino esausta una birra in mezzo alle urla del pubblico in totale delirio, lo show è ormai concluso e i ragazzi ritornano nel backstage per prendersi una pausa. Vedo il viso di John molto soddisfatto, ma so che troverà come al solito qualcosa di storto. E' uno dei suoi difetti che non sopporto, è troppo critico nei confronti di se stesso e degli altri.
Il barman, Louis di nome, mi consegna il boccale distrattamente, la sua mente sembra vagare altrove. E la mia pure, cerco disperatamente un po' di pace interiore ma la mente sembra un cumulo di macerie. In parole povere? Ho un mal di testa atroce, è da qualche giorno che non riesco bene a dormire. Un incubo non fa altro che torturare i miei neuroni costringendomi a restare sveglia. In pratica...
Ah Charlotte! Stavolta mi sa che i ragazzi stavolta avranno una visita diversa dal solito.” mi informa improvvisamente Louis, interrompendo la sfilza dei miei pensieri.
Cioè?” chiedo, incuriosita.
Ho appena visto un ragazzo andare verso il camerino, penso che si sia andato a congratulare.”
Scoppio improvvisamente a ridere. “Oh questa sì che sarebbe una cosa da immortalare, è raro vederne uno! Andiamo a vedere un po', a più tardi. Spero che stavolta il compenso di Camille sia più alto della scorsa volta.”
“E' rimasta parecchio impressionata, secondo me stavolta esce fuori parecchia grana quella vecchiaccia.” sputa quell'ultima parola il giovane barman con odio, se non fosse per il fatto che deve pagarsi la retta universitaria forse se ne andrebbe. E' un peccato che lo paghi una vera miseria.
Saluto Louis con un cenno della mano e mi dirigo verso il camerino percorrendo un corridoio strettissimo e quasi al buio, roba da far accapponare la pelle ad un povero claustrofobico. Inizialmente credo dovesse essere uno sgabuzzino per le scope, successivamente fatto sgomberare da Camille per ospitare le band. Infatti è una stanza così piccola che, standovi in cinque, si riesce a malapena a respirare.
Busso tre volte, con un gran sorriso sul viso e pronta a congratularmi con loro e a conoscere il misterioso ammiratore di sesso maschile.
Ma la felicità stessa muore nel momento in cui quella porta viene aperta.
Ciao Charlie...”
Tu...” sussurro, incapace di esprimere nient'altro se non incredulità.

Della serie “parli del diavolo”...

 



Buonasera bella gente! Come potete ben vedere questo è soltanto un capitolo di passaggio, la storia inizierà a farsi più movimentata dal prossimo in poi adesso che il nostro caro chitarrista è rientrato in scena. E, dato che non lascio mai nulla in sospeso, nel corso dei prossimi capitoli racconterò di tutti quegli episodi che i 7 anni di stacco hanno lasciato da parte.
Ci tengo a ringraziare per i bellissimi complimenti CriJovi e Levi McCartney, spero che anche questo capitolo vi piaccia :)
Buona serata e al prossimo capitolo!
Goodbye ;)

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Capitolo 10
*** Tenth chapter - Make a point ***


Tenth chapter - Make a point

“Ciao Charlie...”
“Tu...”
 
Avete presente quei momenti in cui si vorrebbe maledire qualsiasi cosa si trovi di fronte al proprio cammino? Aggiungete anche la presa di coscienza che tutto ciò che è stato fatto in questi sette anni per allontanare dalla mia mente il suo pensiero, è stato inutile e avrete il mix perfetto di quello che sto provando in questo determinato momento. Non riesco a spiccicare la minima parola, è come trovarsi di nuovo faccia a faccia con tutte quelle piccole paure e insicurezze che hanno riempito la mia vita intera. Non so proprio come affrontarle, è difficile. Maledettamente difficile.
“Come stai?”
Come sto? Vorrei soltanto prenderlo a calci e fargli pentire di essere nato, ma prendo un respiro e rispondo con una voce quasi non mia.
“Bene, davvero alla grande.” lui sorride compiaciuto e, nervosamente, sposta un ciuffo dei suoi capelli lunghi dietro l'orecchio. Non si è neanche accorto del fatto che non gli abbia minimamente chiesto come stesse lui in quel momento, forse è troppo impegnato a tirare un sospiro di sollievo per non essere riuscito a rovinare la mia vita. Forse se lo aspettava.
“Mi fa piacere.” risponde infine, restando ancora fermo davanti alla porta. “Ti ho pensata tanto in questi anni sai? Mi sono sempre chiesto che fine avessi fatto.” 
“Adesso che sei riuscito a scoprirlo ti senti soddisfatto?” chiedo, piuttosto seccata.
Ride. “Molto direi. Non sei cambiata di una virgola.”
“Lo stesso potrei dire di te.” ed è vero. Nonostante sia cresciuto in altezza, la persona che ho davanti è la stessa che ho lasciato a sedici anni. Quei grandi occhi scuri e penetranti che tempo prima mi avevano guardato quasi con odio, adesso cercano soltanto piccoli cenni di una felicità che pensa che abbia acquistato con la lontananza.
“Spilungone, hai intenzione di diventare parte integrante di quella porta?” sento chiedere dalla voce di John in lontananza, Richie si volta verso di lui e risponde qualcosa come “E tu intendi diventarlo di quello specchio?”, lasciandomi basita. John non risponde, ma dalla sua bocca parte una delle sue solite risate roche.
“Touché.” mormora infine tra sé, cercando di eliminare la lacca tra i propri capelli.
“Charlotte, quindi conosci già Richie? Ti ha mai detto che abbiamo militato nello stesso gruppo un po' di tempo fa? Non è cambiato di una virgola!” parla entusiasticamente Alec, facendomi entrare dentro il camerino fin troppo stretto. Ciascuno dei ragazzi sta cercando di recuperare un aspetto decente nonostante lo sforzo immenso delle ultime ore sotto i riflettori: solo in quel momento mi ricordo dei vestiti di John nella mia borsa, li prendo immediatamente e glieli lancio addosso. John mi guarda in cagnesco, quasi come per dirmi “dov'è finita la gentilezza?”, ma preferisco ignorarlo.
“Sì, diciamo che lo conosco.” rispondo seccamente alla precedente domanda di Alec.
“Andavamo nello stesso liceo anni fa.” aggiunge Richie infine.
“E quindi...” inizia a parlare John, molto sicuro di sé. “Che cosa ci fai qui in mezzo a noi dilettanti? Alec dice che sei stato in giro con Joe Cocker, stavi per essere reclutato nei Kiss... Non dovresti essere altrove?”
Un leggerissimo ghigno appare sul volto del mio ex amico. “E' proprio qui il punto: mi piacete ragazzi, vorrei suonare con voi.”
A quelle ultime quattro parole rischio di avere un infarto istantaneo, non ho sentito male vero?
Dave Sabo scoppia in una risata fragorosa. “Stai scherzando? Sono io il chitarrista qui.”
“Dave giusto? Ammettilo, sei come un pesce fuor d'acqua qui: non è il tuo stile, fratello. Avreste bisogno di qualcosa di diverso, se capite ciò che intendo dire.” risponde prontamente Richie, mentre Dave lo fulmina con lo sguardo. Ma sa quanto abbia ragione in realtà, è riuscito perfettamente a centrare il punto della situazione.
John ne è rimasto molto colpito, si nota immediatamente.
“E tu saresti la persona adatta per noi?”
“Esattamente.”
Lo sguardo di John corre dal viso del chitarrista al mio, capisce il mio grandissimo disagio e per questo motivo indugia molto sulla risposta. 
“Ci penseremo su, d'accordo? Ti farò sapere.” gli sento dire infine, Richie annuisce e con un saluto secco fa per uscire dalla stanza, ma riesce a prendermi per un braccio e a portarmi fuori dallo stretto camerino. 
Chiusa la porta, restiamo in mezzo al corridoio mentre lui si accende tranquillamente una sigaretta. “Vuoi?” mi chiede, indicandomi il pacchetto, ma rifiuto con un scuotendo la testa.
“Che cosa c'è?” domando, incrociando le braccia al petto.
“Volevo soltanto che sapessi che mi dispiace per tutto ciò che è successo, non era mia intenzione ferirti. Amici come prima?” risponde, tendendomi la mano in segno di pace. Giuro di non aver mai guardato qualcuno con così tanto disprezzo in tutta la mia vita. Mi volto e tento di ritornare dentro il camerino, quando la sua mano mi prende  per un braccio, costringendomi a fermarmi.
“Mi perdonerai mai?” mi chiede in tono supplichevole.
Allontano il braccio dalla sua presa salda e, fissandolo attentamente negli occhi, gli sussurro quattro semplici parole che sembrano colpirlo molto. “Non te lo meriti.”
Apro tremante la porta in legno e, dopo averla chiusa alle mie spalle, lascio strisciare la mia schiena lungo di essa fino a che non tocca il suolo. Le mie guance iniziano ad inumidirsi con la stessa rapidità con cui lui è riuscito a spazzare ogni mia certezza, non volevo, non volevo assolutamente che tornasse di nuovo a distruggere la mia vita. E' come una maledizione.
I ragazzi mi vengono incontro, cercando di consolarmi. John mi accarezza dolcemente i capelli per poi aiutarmi a sollevarmi da terra. I suoi occhi azzurro cielo sembrano aver compreso il motivo della mia angoscia ma il loro proprietario preferisce non chiedere, saluta con gesto rapido i suoi compagni, avvertendoli dell'esibizione stabilita per la settimana prossima, e mi accompagna fuori dal locale. Richie sembra essere sparito dalla circolazione, mentre la cara e dolce Camille (si fa sempre per dire) ci viene incontro con una fascia di banconote in mano sostenendo quanto siano stati bravi i ragazzi oggi. Cinquanta dollari in tutto a pezzi di dieci, John li guarda esterrefatto e non sa che cos'altro dire.
“Dieci dollari in più della volta scorsa Camille, a che cosa dobbiamo questa generosità?” chiedo sarcasticamente. La donna si gonfia il petto di superbia e sostiene che stavolta i ragazzi sono stati bravi e che sono stati capaci di raccogliere un numero ragionevole di persone all'interno del locale.
Sto per risponderle, quando John decide di intervenire. Tira fuori le banconote dalla tasca e gliele lancia dritte in faccia alla proprietaria in un gesto di rabbia.
“Lo sa dove se le può infilare queste banconote? Su per il...”
Gli tappo la bocca immediatamente prima che esca altro.
“Come hai detto?” chiede, incredula, Camille.
“Ha sentito bene, non ho intenzione di farmi trattare così. Le ho portato clienti ha visto? Adesso voglio quello che mi spetta e non sono di certo questi spiccioli quello di cui ho bisogno, anche Charlotte ha fatto un ottimo lavoro.”
“Non sono affari che mi riguardano, può anche essersi buttata dall'Empire State Building, non posso farci niente. Finchè non sarete artisti professionisti non posso darvi più di tanto chiaro? E adesso prenditi questi soldi e guai a te se osi ancora girare intorno al mio locale con il tuo gruppetto. Povero illuso, credi di poter riuscire a sfondare? A diventare come Elvis o i Beatles magari? Svegliati e cercati un lavoro piuttosto.” conclude Camille con una grassa risata, vedo John parecchio teso. Fosse stata un uomo a quest'ora le avrebbe mollato un pugno in faccia o chissà che altro, ma inaspettatamente mi prende per mano e mi sussurra di andarcene. 
Non una parola di saluto nei confronti della vecchia signora, il viso mutato in una maschera triste. Iniziamo a camminare senza una meta ben precisa, fino a quando il mio stomaco non decide di iniziare a farsi sentire. 
“Ti va di andare a mangiare qualcosa? Credo ci sia un ristorante italiano qui vicino.” chiedo a John, il quale mi risponde con un leggero cenno della testa. Sembra molto pensieroso.
Dopo aver svoltato circa due o tre angoli, arriviamo in un piccolo ristorante, la cui porta aperta lascia emanare nell'aria odori simili a quelli di mozzarella filante e origano, penetrano dentro le tue narici e innalzano il tuo livello di appetito e il mio stomaco ormai mi sta imponendo di dargli del cibo. Una volta che il tavolo è stato scelto e le pizze ordinate, cerco di sdrammatizzare per sollevare l'umore del mio amico, ormai totalmente demoralizzato.
“E dovevi essere tu a consolarmi, meno male.” rido su, riuscendo a strappargli un sorriso. 
“Charlotte ti devo parlare di una cosa.”
“Dimmi, sono tutt'orecchi.”
“Credo che dovremmo fare un provino all'amico di Alec, non so che genere di rapporto avevate voi due ma penso che possa essere il chitarrista che sto cercando per rimpiazzare Dave. Alec mi ha detto che ha grande talento, perchè non provare?”
Passo nervosamente la mano tra i miei capelli e porto indietro il mio corpo fino a poggiarlo lungo lo schienale. Un lungo sospiro segue questo gesto.
“Perchè per me sarebbe uno sforzo sovrumano. Non ho voglia di incrociare il suo sguardo, figurati imprimerlo sulla pellicola!”
“Ma non capisci Charlotte! Potrebbe essere l'occasione giusta per riuscire finalmente a fare capire in giro che vogliamo fare sul serio, non è un divertimento questo, è ciò a cui più tengo.” ribatte John, gesticolando animatamente come suo solito.
Un sorriso affiora tra le labbra, mi intenerisce la sua grande determinazione. Ma... Se gli dicessi di sì, che cosa ne sarebbe di me? Riuscirei ad averci una conversazione civile, senza che il ricordo della serata al ballo di sette anni fa mi spinga a volerlo prendere a calci?
“Ti prego Charlotte...” mi implora John, prendendo le mie mani tra le sue.
“Posso avere del tempo per pensarci?”
“Ovviamente, è già un passo avanti l'essere riuscito a passare da un 'no categorico' a un 'voglio ancora pensarci su John, ti farò sapere', non ti pare? Ma voglio solo che tu sappia che, qualsiasi cosa sia successa, ormai non dovrebbe essere acqua passata? Sono passati anni Charlotte, entrambi sembrate felici... Non pensarci troppo d'accordo?”
Annuisco, mentre con la mente torno a quel fatidico giorno. Ed ecco che la ferita si apre, la sento ancora sanguinare...
 
“Charlotte?” mi sento chiamare da una voce troppo distante da me. Credo di mugugnare qualcosa, ma non ne sono sicura. Sento nuovamente la voce chiamare il mio nome e muovere la spalla con un leggero tocco. Alzo con grande fatica la testa ed è in quel momento che mi accorgo di essere nella classe di letteratura e che mi sono appena svegliata da un sonnellino fuori programma. La professoressa Lindon mi fissa incuriosita.
“Charlotte ho bisogno di parlarti dopo la lezione, non scappare.”  dice, ritornando in cattedra e non aggiungendo nient'altro sull'accaduto. Valerie ridacchia leggermente ma alla fine mi chiede in un sussurro che cosa abbia.
Le rispondo che non è niente, è soltanto una leggera stanchezza, e ritorno a vagare tra i miei stessi pensieri. Oggi Richie non si è fatto vedere né sull'autobus, né tanto meno in giro per i corridoi. Frankie sostiene di non averlo visto nonostante abitino vicino e i suoi compagni di squadra fingono di non ascoltarmi, forse per uno strano spirito di protezione che non riesco a comprendere. Valerie pensa che sia soltanto un codardo incapace di guardare in faccia la realtà e che la sua ragazza lo stia manipolando in qualche modo. Io semplicemente non so più che cosa pensare. Dov'è finita quella persona allegra che non faceva altro che prendere in giro il mio accento texano? E' stata forse sostituita da questo automa senz'anima capace soltanto di urlare “sparisci dalla mia vita” e inconsapevolmente controllato da una ragazza che forse non l'ama?
Nonno, dammi almeno tu una risposta perchè non vedo altro che buio intorno a me.
La campanella avverte gli alunni della fine della lezione, i ragazzi raccolgono distrattamente i propri libri e si dirigono in massa verso l'uscita. E, mentre i chiacchiericci vanno allontanandosi sempre di più, io resto ancora seduta nel mio banchetto nell'ultima fila all'estrema destra dell'aula, vicino la finestra dove per adesso batte più sole. La professoressa Lindon mi osserva con molta attenzione ma non proferisce parola, mi studia come un leone con la propria preda da catturare. Non è la prima volta che sento uno sguardo del genere addosso.
“C'è qualche problema Charlotte? Di solito sei una delle ragazze più attente durante la lezione.”
“Non è niente professoressa, soltanto un leggero stress.”
“Stress mmh? D'accordo, fingerò di crederti. E se ti chiedessi se per caso c'entra un ragazzo?”
Ho per caso scritto in faccia “ragazza disperatamente innamorata ma non ricambiata necessita aiuto immediato!”? Scuoto la testa, odio la gente che si impiccia negli affari altrui.
“Stasera andrai alla festa?”
“Non credo, odio questo genere di cose.”
La professoressa ride, portando la testa all'indietro e mostrando innocentemente la dentatura imperfetta. “Charlotte voglio insegnarti qualcosa che mi è stato di grande aiuto nella vita, grazie a questo consiglio sono riuscita ad ottenere molto senza pagarne le conseguenze. Se desideri realmente qualcosa, vai e prendila.”
“E se questa cosa fosse impossibile da raggiungere?”
“Nulla ti vieta di provare, in caso puoi sempre dire di averci provato no?” risponde, stavolta con un sorriso materno tra le labbra. 
 
So benissimo che cosa vorrei. Vorrei.. Vorrei soltanto stare con lui lui.
Stasera credo di essere impegnata.
 
Barcolliamo per le strade, ubriachi fradici. Siamo ritornati a casa mia a piedi, la macchina ancora posteggiata davanti al locale di Camille.
Controllo l'orologio. Le tre e mezza del mattino.
La testa gira sempre di più e la voce della nonna continua a dirmi “dagli una possibilità”, in bocca ho ancora il sapore del vino rosso di scarsa qualità.
John ride come un matto, a lui l'alcool fa sempre un brutto effetto. Io penso troppo invece, quasi come un riflesso della mia personalità. Più portata al pensare che all'agire intendo.
 
John è disteso sul divano, dorme come un bambino mentre io vago in giro per questa casa. Penso che prima o poi dovrei portare a sviluppare gli altri rullini e che forse dovrei presentarmi a nuovi colloqui di lavoro. Spero che un giorno riescano a prendermi come fotografa in giornali famosi come Rolling Stone. Il mio modello da seguire è Linda Eastman, una tra le prime donne ad aver mai ottenuto una foto in prima pagina.
Supero la figura dormiente del mio amico e mi sposto verso quello che mi piace chiamare “il muro dei ricordi”, sopra vi sono attaccate tutte quelle foto che ho voluto conservare dopo il mio trasferimento da Woodbridge, ma anche qualcuno della mia infanzia. In una ero ancora molto piccola, non dovevo avere più di tre anni, e stavo preparando una torta con mia madre e mia nonna. Ricordo che fu un giorno particolarmente felice e la tristezza non osava passare neanche per un saluto veloce. Addirittura ne ho conservata una in cui ci siamo io e Richie, distesi sull'erba di un parchetto nelle vicinanze della mia vecchia casa. Ripercorro con l'indice i tratti giovani del mio ex amico e in me riemergono quegli stessi sentimenti che da troppo tempo ho lasciato che la sabbia del tempo seppellisse. 
 
Le luci della discoteca mi confondono, a malapena riesco a percepire i miei stessi pensieri. Aguzzo la vista, arrancando tra varie figure saltellanti o avvinghiate tra di loro come ricci in fase di accoppiamento, ma alla fine riesco ad individuarli. Lui è su un piccolo palchetto con quello che dovrebbe essere il suo gruppo, lo osservo rapita mentre suona “Bell Bottom Blues” di Eric Clapton mentre Rosie sembra esserne completamente indifferente. 
“L'unico difetto di Rosie” una volta mi disse lui. “E' che quando parlo di musica con lei non riesce neanche ad ascoltarmi, sembra pensare sempre ad altro.”
E anche adesso la sua mente sembra vagare altrove. Come fa a non sentire le note penetrarle fin dentro l'anima? Perchè ne è così indifferente?
Stringo i pugni, cercando di frenare la rabbia, ma essa accresce sempre di più fino a diventare immensa. Una furia cieca che riesce a rendere cieco anche il mio perfetto autocontrollo, mi avvicino alla sua figura e la schiaffeggio davanti a tutti.
La chitarra si ferma improvvisamente e con essa l'intera esibizione, ognuno dei ragazzi presenti in sala mi guarda scioccato, compresa Rosie, la quale però si riprende rapidamente per rivolgermi un sorrisetto di sfida. 


Buongiorno a tutti! Ecco a voi il decimo capitolo, con l'undicesimo in fase di elaborazione. In realtà ciò che sto scrivendo era parte integrante del decimo, ma mi era sembrato troppo lungo e ho deciso di tagliarlo. Orsù! Spero che vi piaccia questo capitolo, scriverlo mi ha divertito più delle altre volte :)
Ricordo che la parte in Times New Roman indica il normale svolgimento degli eventi, l'Arial invece è un flashback!
Buona lettura e grazie a chi legge e a chi commenta questa storia, siete grandi! ;)
Goodbye ;)

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Capitolo 11
*** Eleventh chapter - All things must pass ***


Eleventh chapter - All things must pass

 

Fermo così!”
Charlotte ho i crampi alle gambe, per favore!”
Non è mica colpa mia se ti muovi ogni sacrosanto minuto e devo sempre cercare la luce giusta!”
John mi fa silenziosamente il verso, mentre chiude gli occhi e si mette diligentemente in posa per la mia fotografia. Io mi limito a trattenere il respiro mentre il mio dito preme lentamente il piccolo bottone nero.
Clic!
Abbiamo finito?” chiede John aprendo un occhio soltanto.
Sì, abbiamo finito.”
Finalmente!” e un grande sorriso si apre tra le sue labbra sottili, gli occhi azzurri sembrano ancora più luminosi.
Quando ti deciderai ad inviare queste foto?”
Quando troverò il coraggio.” rispondo, abbassando di un tono la mia voce. Ormai è diventata un sussurro.
Charlotte prima o poi dovrai farlo, è inutile rinviare.”
Lo so ma... Non adesso.”
Pensaci! E se poi te ne pentissi?”
E se poi non le accettassero come le altre quattro volte, alzando le spalle e dicendomi 'mi dispiace, ma non è il nostro genere'?”
Avere successo vuol dire cadere nove volte e alzarsi dieci, ricorda.” pronuncia, avvicinandosi e prendendo il mio viso tra le sue mani. “Voglio solo che tu sia felice, per favore. Provaci ancora.”
Provo a fare un sorriso, che però risulta essere troppo forzato. “Vediamo.”
Ti tengo d'occhio signorina.”
Proprio mentre dice queste parole, il telefono squilla all'improvviso. Corro ad alzare la cornetta, ma una nuova sorpresa mi coglie alla sprovvista.
Charlie, posso parlarti?” mi chiede serenamente Richie.
Chi ti ha dato il mio numero?” ringhio contro di lui. Senza rendermene conto, inizio a stringere i pugni. John, preoccupato, inizia a gesticolare chiedendomi con chi stia parlando al telefono.
Alec, oggi ho il provino con i ragazzi. John non ti ha detto nulla?”
Riesco a sentire unicamente la prima parte della frase e un'improvvisa rabbia mi assale.
No.”
Ah... Mi dispiace, volevo dirti che mi farebbe piacere se venissi a vedermi. E' in un posto qui vicino.”
Richie, cosa non ti è chiaro del concetto 'non voglio più vederti'?”
Credo sia proprio il 'non', mia cara. Di' a John di portarti e di sbrigarsi, è in ritardo.” interrompe la comunicazione così, lasciandomi senza parole. Poggio la cornetta in un angolo e punto un dito verso la porta di casa.
Aspetta, so che cosa stai pensando. Posso spiegarti!”
Vattene fuori John, sparisci dalla mia vista.”
Dave ci aveva dato buca definitivamente, tu ci stavi pensando da più di due settimane e non mi andava di aspettare e...”
Me lo avevi promesso accidenti!” gli urlo, mollandogli più ceffoni sulle braccia. Sembro una pazza isterica. John tenta di frenare il gesto ma è troppo tardi, finisce per cadere per terra e io con lui.
Ahia...” mugola, massaggiandosi la testa.
Io non rispondo, mi rintano nel mio piccolo universo dove nessuno può riuscire a farmi ancora del male. Sento un paio di braccia stringere il mio esile corpo mentre i ricordi mi riportano ancora indietro nel tempo.

Osservo ancora una volta le mie mani. “Che cosa accidenti ho combinato?” chiedo a me stessa, mentre un paio di forti braccia mi trascina fuori dalla palestra sotto lo sguardo stupito di centinaia di studenti.
Che cosa avevi intenzione di fare?” chiede, quasi urlandomi, Valerie mentre Frankie scuote la testa in segno di disapprovazione.
Io... Non lo so.”
Certo che non lo sai stupida, adesso ti sei messa in un sacco di guai!”
Val non essere così dura...” le chiede Frankie, accarezzandole una spalla. Mi rendo conto soltanto in quel momento di aver rovinato anche la loro serata con il mio gesto, proprio adesso che erano così vicini allo stare finalmente insieme...
Inizio a piangere ma Valerie mi tira uno schiaffo per farmi smettere. “Sii forte accidenti, non serve a nulla piangersi addosso!”
Ragazzi... Posso parlare con Charlie?” interviene una voce a me familiare. Mi volto per incontrare i suoi occhi ma non riesco a sostenere il suo sguardo accusatore, preferisco continuare ad osservare il pavimento.
Certo. Andiamo Val.” risponde Frankie, trascinando con sé la mia amica che vorrebbe restare soltanto per insultare Richie al posto mio. Un mio sorriso tirato la spinge ad andare. Una volta rimasti da soli, il silenzio inizia a farsi sentire.
Come faccia poi il silenzio a farsi sentire rimane un mistero.
Sarò breve: non voglio che ti avvicini in nessun modo a me o alla mia ragazza, mai più. I nostri rapporti si concludono qui.”
Richie sei ingiusto! Perchè non capisci che Rosie ti sta soltanto utilizzando? Sei una marionetta nelle sue man...”
BASTA! Perchè continuate con questa stupida storia? Perchè non potrebbe amare qualcuno come me?”
Perchè lei non ti amerebbe mai come...”
Come te Charlie?” inizia a ridere nervosamente. “Smettila di dire stronzate, ne hai già raccontate troppe.”
Q-quali stronzate?” chiedo, più confusa che mai.
Perchè dici di essere innamorata di me, scrivi queste sciocchezze sul tuo diario...” mi urla addosso, tirando fuori dalla tasca dello smoking un pezzo di carta stropicciato. Il foglio mancante del mio diario. “Per poi essere in realtà innamorata di qualcun altro? Perchè prendere in giro così?”
Chi ti ha detto questa sciocchezza?”
Non deve importarti questo.”
E' stata Rosie quindi, capisco. Le credi dunque?”
Tu non stai negando.”
Guardami dritto negli occhi e dimmi se ciò che ti sto dicendo è falso.”
Non ho voglia Charlie e...”
Fallo.” rispondo decisa. Sento i suoi occhi castani incontrare i miei e il mio cuore perde battiti, prendo coraggio e finalmente decido di rivelare ogni mio sentimento nei suoi confronti, ma lui ancora una volta riesce sempre a cogliermi alla sprovvista. Prende il mio viso tra le sue mani e mi bacia, come ho sempre sognato. Con quella dolcezza tipica del suo carattere da buffone, cerco di ottenere sempre di più un contatto tra noi quando lui improvvisamente decide di interrompere tutto. Si stacca e con un gesto secco della mano mi urla che da quel momento ogni cosa tra di noi è finita e che non vuole più vedermi.
Preferisce fuggire, lasciandomi ancora una volta da sola.
E priva di una parte del mio cuore.

Alla fine ho deciso di andare a vederlo. Mi sono alzata da quella scomoda posizione e ho detto al mio amico “accompagnami da lui John”, lui ha annuito e, dopo essersi cambiato d'abito, siamo partiti alla volta del luogo d'incontro.
Il provino si svolge in un garage situato in uno dei mille angoli perduti di New York, la puzza di pesce marcio misto a fognatura dice a John che siamo nel posto giusto.
Dove mi hai portato?” chiedo, leggermente preoccupata.
Era l'unico posto che potevamo permetterci.”
Ma farlo in mezzo alla strada era troppo?” domando sarcasticamente.
Ride. “No, facciamolo con stile.”
Parcheggiamo di fronte il garage e i restanti componenti della band giungono a salutarci. “Alla buon ora!” esclama il buon David, forse ormai stufo di aspettare.
Scusa David, è stata colpa mia.”
Avevo il presentimento che ci fosse il tuo zampino qui.” l'accusa parte da una voce isolata dalle altre, che sembra provenire dalle profondità del garage. Dalle tenebre emerge la figura sorridente di Richie insieme ad una ragazza, che mi sembra di conoscere fin troppo bene.
E' la tua ragazza? Complimenti!” esclama John, con un fischio di apprezzamento.
La ragazza agita i suoi lunghi capelli biondi e risponde con una risatina fintamente imbarazzata. “Grazie. Mi chiamo Rosie, piacere.” dice, scandendo per bene le lettere del suo nome e tendendo la mano sottile.
Mentre John risponde con piacere alla presentazione, io rimango scioccata. Dopo tutte le discussioni... Dopo tutti questi anni...
Ciao Charlie, che bello rivederti.” pronuncia malignamente Rosie, puntando su di me i suoi occhi di ghiaccio.
Ah già vi conoscete, fantastico!” esclama il mio amico, nel pieno dell'estasi. Perchè fantastico John? Che cos'ha di fantastico tutto ciò?
Iniziamo subito allora!”
Entriamo dentro. Regna la desolazione più totale e, a parte un piccolo amplificatore e la chitarra che imbraccia Richie, non c'è granchè di arredamento. Ognuno di noi si siede in cerchio, John è quello che emerge di più.
Le note iniziano a vagare per l'aria e riesco a riconoscere una vecchia canzone che mi piaceva tanto quando stavo a Woodbridge, credo che me la fece conoscere proprio lui.
E' passato soltanto mezzo minuto, credo di aver contato bene, quando John si alza con uno scatto quasi felino e, puntando il dito verso il chitarrista, gli annuncia: “arruolato!”. Temo quasi che sia stata tutta una farsa quella dell'audizione.
Alzo le spalle e mi limito ad osservare la scena che si prospetta davanti ai miei occhi. Ognuno dei miei amici va a congratularsi con il nuovo chitarrista, quello più soddisfatto sembra essere proprio John. Non smette un secondo di sorridere.
Rosie non sa neanche quello che sta succedendo, si limita a mandare stupidi bacini aerei al suo innamorato per fargli sentire il suo appoggio.
Forse è davvero ora di cambiare le cose, e di farlo una volta per tutte.
Decido di alzarmi, mi avvicino verso di lui e gli tendo la mano con un gesto deciso.
Benvenuto a bordo.” rispondo, senza lasciare trapelare alcuna emozione. Richie mi sorride teneramente e stringe la mano tesa per qualche secondo, quasi come se non la volesse lasciare più. Sono io a sciogliere il gesto con un movimento rapido.
E' un nuovo inizio?” chiede, sotto lo sguardo vigile di ciascuno dei componenti del suo nuovo gruppo.
Vedremo.” rispondo con un'alzata di spalle, mentre mi allontano dall'allegra combriccola. Sorrido, chiedendomi se sia stata la scelta migliore da fare.


Buon Natale anche se in ritardo! :)
Chiedo scusa per l'immensa pausa che mi sono presa per riflettere su questo capitolo, ma l'ispirazione mi aveva definitivamente abbandonato e ho dovuto riscrivere questo pezzo circa 10 volte per farlo diventare almeno decente D:
Dedico questo capitolo alla carissima CriJovi per il suo compleanno, spero possa piacerti :)
Detto questo vi saluto, al prossimo capitolo!
Goodbye :)

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Capitolo 12
*** Twelveth chapter - With or without you ***


Twelveth chapter - With or without you


A volte vorrei che il mondo fosse semplice come una fotografia, una volta scattata non c'è pericolo che cambi. Invecchia, questo è vero, ma l'immagine rimane sempre la stessa. Vorrei che anche le persone fossero così, più semplici da comprendere.

 

Charlie?”
Mi riprendo dal piccolo momento di riflessione per alzare lo sguardo, Richie mi guarda con un grande sorriso stampato sul volto.
Che vuoi?”
Posso sedermi?”
Osservo per un attimo il posto vuoto accanto a me nella panchina del parco. “Potresti, ma se ti dicessi di no?”
Senza prestare ascolto alla mia risposta e prendendola per un invito, si siede. Dice di avere una grande notizia da darmi.
Oh mi fa piacere, perchè sei venuto a darmela tu?”
Ho chiesto io a John di farlo, da più di due mesi cerchi sempre di evitarmi.”
Sto cercando di frenare i miei istinti omicidi, come al solito.”
Vorrei essere tuo amico Charlie, ma vorrei anche che tu non alzassi questa stupida barriera ogni volta
che tento di parlarti.”

Non è ver...”
Stamattina dov'eri ad esempio?” mi interrompe, puntando i suoi grandi occhi castani contro i miei.
Sono andata alla sede di un giornale per farmi assumere.”
Quegli stessi occhi che fino ad un momento prima sembravano essere accusatori, adesso non fanno altro che esprimere una curiosità al limite dell'impossibile. Mi piace osservarlo così in ansia per qualcosa che mi riguarda.
E...?” ed ecco la domanda fatidica.
Mi hanno detto che mi faranno sapere.”
Oh Charlie, non è fantastico? Perchè sembri così triste?”
Perchè ho ricevuto altre venti risposte così in passato. Non ci penseranno, è soltanto una frase di circostanza che ogni tanto utilizzano per togliersi dalle scatole i candidati dalle qualità più scadenti.”
Hai qui le tue foto?”
Annuisco, porgendogli una busta bianca con circa venti fotografie al suo interno. Tengo molto ad ognuna di loro, raccontano la mia vita in pochi scatti. Dai miei ribelli sedici anni, ai più comprensivi ventuno. Richie scorre ogni immagine con incredibile delicatezza, soffermandosi su ognuna di loro più di quanto uno di quegli esaminatori abbia mai fatto in due anni.
E questa...?” indica una foto particolare, forse quella di cui vado più fiera: John con un fiore tra le mani, mentre guarda con la dolcezza dei suoi occhi azzurri la lente della macchina. Quando la guardai per la prima volta mi sembrò di intravedere il mondo intero in essi. Richie sorride e accenna un gesto di apprezzamento con un movimento del capo.
Sei brava, ma manca ancora qualcosa.”
Che cosa?”
L'emozione Charlie, a parte quella con John non la riesco a vedere. Ho visto come ti si sono illuminati gli occhi appena l'ho presa tra le mani.”
Stai dicendo che le mie foto sono piatte?”
No affatto, ma sembra quasi che tu non sia convinta di ciò che fotografi.”
E che cosa dovrei fare allora signor so-tutto-io?”
Fotografami.”
Rido alla sua battuta come mai avrei pensato di poter fare in sua presenza. Porto velocemente una mano all'altezza delle labbra per frenare il gesto ma è troppo tardi, Richie mi segue con il suo ampio sorriso e per un attimo mi sembra di essere ritornata a Woodbridge, quando ancora la nostra amicizia poteva avere un senso e la mia adolescenza un altro colore. Vedo ancora gli stessi occhi, la parlata sciolta, lo sguardo sicuro e la voglia di cambiare il mondo, ma il ragazzo che ho conosciuto sette anni fa che fine ha fatto?
Non scherzare.”
Sono serio, vorrei che fotografassi anche me.”
E perchè mai?”
Mi prende una mano e la accarezza con grande dolcezza, per poi alzare lo sguardo e soffermarsi ancora una volta sui miei occhi. Il tempo sembra quasi non passare mai in sua compagnia, sento il suo nervosismo a fior di pelle. Cerca le parole giuste, non sa più come approcciarsi nonostante un tempo molto lontano fossimo amici. E' come se imparasse a conoscermi per la prima volta.
Sono stato uno stupido, anche se provassi a ripetermelo quaranta volte dentro di me so che non riuscirei mai a farti capire quanto possa essermi dispiaciuto. Voglio solo che tu sappia che non ti ho mai dimenticata, mai. Uno dei miei più grandi rimorsi è non essere riuscito a far parte del tuo mondo più di quanto avrei voluto.
Un leggero ghigno traspare dalla mie labbra. “Ne facevi parte, eri come il mio piccolo universo sai?”
Lo so.”
E perchè allora hai preferito scappare?”
Richie sta finalmente per rivelarmi il motivo dei miei tanti affanni, quello per cui ho passato mille notti a piangere e altrettanti a maledirlo dal profondo dell'anima, quando una voce in lontananza ci richiama all'attenzione. David, più frettoloso che mai, giunge con un avviso per il chitarrista.
E' ora di ritornare dentro, John vuole la perfezione per Shulman.”
Shulman?” domando confusa.
Era quello che cercavo di dirti prima della nostra... Discussione. John è stato contattato da un certo Derek Shulman, A&R della PolyGram. Vuole farci firmare un contratto discografico.”
L'emozione mi mozza il respiro, non posso crederci. Lo abbraccio con foga, senza neanche pensarci e quando sento le sue braccia stringermi la vita, il mio cuore batte all'impazzata. Quel sentimento non se n'è mai andato, è sempre stato lì. Saldo come una roccia e impossibile da rimuovere, ma troppo tardi per lasciarlo crescere come un fiore. Mi allontano dalla stretta con una rapidità inaudita, credo di mormorare qualche parola di scusa mentre prendo David per mano e ci dirigiamo verso lo studio. Mi sembra di vedere Richie scuotere la testa in segno di rassegnazione... Forse è soltanto una mia impressione.

E' sempre stato un mio sogno quello di riuscire a spiccare il volo spiegando le mie grandi ali invisibili, adesso mi sembra soltanto di arrancare come l'albatro di Baudelaire. Schernito dal mondo intero, nel mio caso soltanto dai ricordi del passato: quelli in cui sognavo di essere qualcuno, qualcuno di importante in questa grande sfera stracolma di gente. Avrei voluto che la gente mi riconoscesse per strada e mi indicasse come quella grande persona che mi sarebbe piaciuto diventare.
Avrei voluto che anche tu facessi lo stesso e dicessi fiero a chiunque avresti incontrato: “Lei è la mia nipotina, guarda quanta strada ha fatto!” per poi sorridere compiaciuto ogni qualvolta ti avessi parlato dei miei progetti futuri, perchè avresti già intuito che sarei riuscita a realizzare tutto ancora una volta.
Nonno mi sembra tutto così difficile, anche solo prendere questa macchina fotografica e imprimere nella pellicola le immagini. Ormai ho la stessa fiducia in me stessa della mamma quando papà l'abbandonò, ricordi quanto sentiva di non contare più nulla senza l'amore di quell'uomo? A volte vorrei essere come la nonna, ricordo quando si mise in testa di voler imparare a preparare le torte come la sua vicina di casa. Si impegnò talmente tanto, preparando giorno dopo giorno nuovi dolci, finchè riuscì a superare in bravura quella donna.
Forse... Non mi impegno abbastanza? E' soltanto un gioco per me?
Perchè tutto deve essere così confuso?

Sono agitato Charlie.” mi confida John dentro la sua macchina. L'appuntamento con il famoso Shulman è al club Copacabana. Puntuali come un orologio svizzero, preferiamo perdere qualche minuto in più per calmare i nostri nervi.
E perchè mai?”
E se per caso gli facessimo schifo? Insomma, è uno di quei momenti che potrebbero cambiarci la vita.”
Pazienza John, mio nonno diceva sempre: morto un papa se ne fa un altro.”
Che tradotto in americano comprensibile vorrebbe dire?”
Vuol dire che ci saranno comunque altre occasioni. Vorrei soltanto che riuscissi a capire quanto talento hai tra le mani, se non riuscissi a sfondare come fotografa mi piacerebbe che almeno tu realizzassi tutti i tuoi sogni.”
John non pronuncia neanche una parola. Sento il suo respiro lieve farsi leggermente più pesante. “Non riesco a respirare.”
Apre la portiera della sua macchina ed esce fuori con grande rapidità, allontanandosi senza mai voltarsi indietro. Dallo specchietto retrovisore riesco ad individuare due figure dai contorni ben distinti: Richie e Rosie, mano nella mano mentre attraversano la strada. Si sussurrano qualcosa, parole che non riesco bene a distinguere, per poi scambiarsi un tenero bacio davanti al locale.
Un'idea mi passa per la testa: prendo la macchina fotografica tra le mani e inizio a ritrarli. Forse per puro masochismo, per rendermi finalmente conto di quello che non potrò mai avere, o forse no.
Richie per un momento riesce ad incrociare il mio sguardo, la macchina non è parcheggiata molto lontano dal locale. Sembra trasmettere tanta malinconia.
Clic!
Benvenuto nella mia pellicola degli orrori signor Sambora.

 

Derek Shulman, piacere. Tu sei il famoso ragazzino dal New Jersey! Lasciatelo dire ragazzo, la tua Runaway mi ha lasciato senza fiato: hai fatto davvero un ottimo lavoro!”
Grazie, John Bongiovi piacere mio.” si presenta formalmente John con una salda stretta di mano, il viso di Shulman si contrae impercettibilmente in una smorfia di dolore. “Loro sono Richie Sambora, chitarra, David Bryan, tastiere, Alec John Such, basso, e Tico Torres, batteria.”
Molto piacere ragazzi” i miei amici rispondono al saluto con un cenno della testa e un sorriso nervoso. “E queste due belle signorine?” chiede indicando prima la figura dominante di Rosie e poi la mia.
Rosalie Spencer, il piacerrrre è tutto mio.” risponde sottolineando fastidiosamente la lettera r. “E vorrei sottolineare che sono la ragazza di questo fantastico chitarrista, dovrebbe sentirlo sa? E' merrrraviglioso.” e le sue braccia, come una piovra gigante, si incollano a quelle del povero Richie, ormai talmente imbarazzato dal comportamento di Rosie da voler fuggire e non tornare più indietro.
Il signor Shulman ride. “E infatti sentirò ciascuno di loro signorina, può starne certa.” risponde, e indicandomi mi chiede chi sia.
Charlotte Allen signore.”
Piacere signorina, noto che ha una macchina fotografica al collo. Aspirante fotografa?”
Ci provo, ma non è facile.”
Poggia una mano sulla mia spalla e con fare molto paterno mi sussurra qualcosa. “Non si scoraggi la prego, ho visto gente con grande talento crollare per un nonnulla. Non si arrenda, mi raccomando. Spero di sentire parlare di lei presto.”
Ne sentirà sicuramente parlare presto, ci può contare.” interviene Richie in mio favore.
Oh allora avete una voce anche voi! Mi fa davvero molto piacere.” ride ancora una volta Shulman, particolarmente allegro. Punto a nostro favore!
Chiede ai ragazzi di prepararsi per suonare i pezzi per lo showcase, non ho mai visto i ragazzi così carichi e l'intera insicurezza di John sembra essere sparita per lasciare il posto a John Bongiovi, il cantante rubacuori del New Jersey.
Noto un certo interesse anche da parte di Rosie per il mio amico, forse troppa: non smette un secondo di fissarlo con i suoi occhi di ghiaccio. Ad un tratto decide di sedersi accanto alla sottoscritta per godersi meglio lo show.

Uuuh she's a little runaway...

Sai Charlie, mi dispiace per come siano andate le cose.” mi dice improvvisamente, toccandomi una spalla. Cerca compassione in una persona ormai totalmente priva di essa.
Dispiace molto anche a me.”
Vorrei diventare tua amica. Mi piacerebbe rimediare.”

Daddy's girl learned fast all the things he couldn't say...

Davvero?”
Annuisce, sembra quasi esserne convinta.
Io no, mi dispiace.”
Sai... Richie non fa altro che parlarmi di te, di come siete riusciti finalmente a chiarirvi. Mi sento in colpa nei tuoi confronti sai? Eri la ragazza nuova e Richie sembrava che concentrasse ogni più piccola attenzione su di te. Prova a capirmi per favore, lo stavo per...”
Perdere Rosie? Ed è stato giusto mentire perfino ai tuoi stessi sentimenti pur di farmi del male?”
Di che cosa stai parlando?”
Sto parlando di te e Richie cazzo! Tu non lo ami, non lo hai mai amato e mai lo amerai: sei la persona più egoista che abbia mai conosciuto sulla faccia della terra e lui il più stupido, perchè è stato capace di darti retta da quando era bambino.” le mormoro in un orecchio in modo tale che possa sentirmi, piena di rabbia che ormai non riesco più a contenermi. Rosie sembra aver capito uno dei miei segnali impliciti: mi sorride beffardamente, prende la sua borsetta e il suo giubbotto jeans e, mentre ancora il suo ragazzo sta suonando, esce di scena dal locale, sotto il mio sguardo allibito.
Eppure... Ho paura che accadrà qualcosa di spiacevole.

Shulman vuole parlare con John in privato, ma è già tardi e non riesco più a reggermi in piedi. Di mattina devo presentarmi puntuale come un orologio svizzero al mio nuovo lavoretto part-time per pagarmi l'affitto, i soldi che mi offre John non mi bastano più onestamente.
Ragazzi fatemi sapere com'è andata per favore, vado a casa.”
Di già?” domanda Alec, sorpreso.
Annuisco. “Sì, devo lavorare.”
Vai a piedi?”
Non ho una macchina o almeno, quella che avevo tempo fa me l'hanno rubata mentre scattavo foto in un parco quindi non so come andarmene se non con l'aiuto dei miei piedi.”
Ti accompagno io, ho bisogno di parlarti.” si propone Richie, con un sorriso stanco.
E la risposta? Non vuoi sentirla?” chiede giustamente David, sorpreso anche lui.
Incrocio le dita, passerò dopo in caso. Buonanotte!”
Altro che le dita, io incrocio qualsiasi muscolo del mio corpo!

Percorriamo le strade buie di New York in totale e religioso silenzio, stretti dentro la morsa delle parole impossibili da riferire ma che viaggiano comunque veloci come il vento tra i nostri pensieri.
Che cosa dovevi dirmi?” cerco di rompere il ghiaccio, introducendo l'argomento di conversazione.
Ci pensa ancora su, gli occhi da bambino rivolti al cielo e le labbra increspate in un piccolissimo sorriso.
Sai Charlie... Il motivo per cui non sono rimasto con te quella sera è che...”
Ci fermiamo di scatto. Siamo arrivati al mio palazzo e nel frattempo trattengo il respiro, lo trattengo così forte che mi sembra di soffocare.
... Avevo paura. Paura di quello che sarebbe potuto accadere una volta innamoratomi di te.”
Il cuore inizia a battere rapidamente, l'ha detto davvero? Improvvisamente Richie compie un movimento strano, avvicinandosi sempre di più verso di me e lasciando che la mia schiena si avvicini sempre di più al muro. Le sue braccia mi bloccano il passaggio, impedendomi di fuggire.
Avevo paura di comportarmi in maniera diversa con te, d'altronde eri diventata una persona importantissima. Talmente importante che la sola idea di perderti mi spaventava a morte.”
Sembra quasi che stia leggendo dentro la Charlie quindicenne, la ragazzina piena di paure e insicurezze, quella appena arrivata dal Texas e con tanta voglia di ricominciare a vivere, quella con il cuore spezzato troppo presto.
Deglutisco nervosamente.
Adesso ho capito però... Mi è tutto chiaro. Forse ho commesso uno sbaglio gigantesco e sono il più grande coglione nella storia dell'universo.”
M-Mi fa piacere saperlo.”
E sai perchè?” chiede, mentre il suo viso si avvicina pericolosamente al mio.
Perchè?” sussurro quasi.
Perchè credo di essermi innamorato di te.” sento il suo respiro caldo sulla mia pelle, i capelli lunghi sfiorano il mio collo e, mentre chiudo gli occhi, sento la sua mano accarezzarmi dolcemente il viso.

Non concederti mai così facilmente, gli altri crederanno che sia facile prendere il tuo cuoricino e strapparlo in mille pezzi.”

Le parole di John risuonano improvvisamente nella mia mente mentre allontano la figura di Richie dalla mia e mi rifugio dentro il palazzo.
Che cosa ho appena fatto, penso mentre i miei piedi mi dirigono quasi automaticamente verso il mio appartamento. Senza mai voltarmi indietro.

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