L'afa e la neve

di tersicore150187
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1. Quell'estate anomala ***
Capitolo 2: *** Cap 2. Emozioni vere. ***
Capitolo 3: *** Cap 3. SOS. ***
Capitolo 4: *** Cap 4. La forza delle parole. ***
Capitolo 5: *** Cap 5. Ricordi di festa ***
Capitolo 6: *** Cap 6. Una mamma è sempre una mamma ***
Capitolo 7: *** Cap 7. Neve d'Agosto ***



Capitolo 1
*** Cap 1. Quell'estate anomala ***


Cap 1. Quell'estate anomala.
 
Non si assisteva ad un’estate così da tempo immemore e anche se Rick non poteva alzare più di tanto l’aria condizionata per bearsi di quel fresco artificiale, si sentiva fortunato ad assaggiare quel calore. Kate guardava il soffitto immobile sdraiata su una poltrona a sacco, con le gambe che le penzolavano sul pavimento. Lui non l’aveva mai vista in quello stato. Negli ultimi giorni era diventata capricciosa, insofferente, stanca. Si lamentava per qualsiasi cosa e, di tanto in tanto, tirava fuori delle pretese assurde. Il pomeriggio precedente, poco dopo pranzo aveva esclamato “Basta, sono stanca di questa casa. Vado a fare una passeggiata”. C’era voluta tutta la santa pazienza di Richard per farle ammettere che anche solo uscire sul pianerottolo sarebbe stato l’equivalente di un suicidio. Nelle scale del lussuoso condominio l’aria era fredda ad una temperatura fissa dalla mattina fino a dopo il tramonto. Fuori, l’asfalto faceva fatica a reggersi sotto il passo dei pedoni. Nenche con la sua fervida immaginazione Castle era riuscito a dipingere uno scenario così torrido, nemmeno in “Heat Wave”, quel suo “secondo primo romanzo” che gli sembrava ora così lontano. Alla fine l’aveva convinta ad una partita a Super Cluedo. Loro erano le uniche due persone a potersi ancora sfidare a quel gioco, ma le regole per entrambi erano diventate così scontate, che dopo i primi due indizi Kate aveva buttato la scatola all’aria, dicendo che aveva già capito tutto e Rick aveva dovuto rincorrerla per tenerla calma con un massaggio. Era dura. Non aveva mai immaginato quanto lo sarebbe stata…e qualcosa stava andando oltre le sue aspettative. Nel male, ma, soprattutto, nel bene. Infatti lui, che era solito essere insofferente a qualsiasi capriccio femminile, si sentiva in una sorta di condizione di grazia divina. In tutti quei mesi non aveva mai alzato il tono di voce, non si era mai innervosito e si sentiva come se, qualsiasi cosa gli avesse chiesto lei, lui l’avrebbe potuta fare senza il minimo sforzo. Era questo l’amore allora?
 
Immerso nei suoi pensieri Rick se ne stava alla finestra, quando ad un certo punto sentì Kate piagnucolare. “Cosa c’è?” le chiese avvicinandosi “Vuoi dell’acqua, del the, un massaggino? Ti faccio un po’ di aria col venta…” ma le parole gli si erano troncate in bocca perché si era appena accorto che la donna stava piangendo. Non di tristezza o di disperazione. Piangeva di lamento, come se avesse non più di cinque anni. Rick la guardò allibito con un’evidente espressione di sorpresa di fronte alla donna che per anni gli era sembrata d’acciaio, che stava davanti a lui con il lembo della maglietta fra i denti e il viso pieno di lacrime. Si ricordò che Alexis, quando era piccola, faceva così se era molto stanca ma, per qualche ragione, non riusciva ad addormentarsi, ad esempio se cambiava letto, quando erano in albergo o se aveva mal di pancia. “Per l’amor del cielo Kate, che cos’hai?” era lievemente preoccupato, ma soprattutto incredulo. Non sapeva come comportarsi. Lei continuava a piangere con una sola vocale. Ogni tanto qualche singhiozzo le faceva perdere un respiro. Rick prese un fazzoletto di stoffa e lo inumidì sotto il getto dell’acqua, guardando Kate come se fosse stata sua figlia. Le passò la pezza strizzata sul viso, asciugandole le lacrime e allo stesso tempo dandole un po’ di sollievo, mentre la ragazza continuava ad emettere lunghi respiri interotti dai singhiozzi. “Kate, parlami! Mi stai facendo preoccupare…”. In quell’istante scese dalle scale Alexis, pronta per andare a cercare sollievo in un cinema con aria condizionata a mille. Poco le importava della cervicale, aveva 18 anni, non poteva rischiare di morire soffocata, per quanto adorasse Kate e suo padre e comprendesse il loro comportamento. Rick si rivolse a lei “Dove vai, tesoro? Aiutami! Non vedi che qui siamo in piena crisi?”. Alexis si avvicinò e guardò il padre con l’aria di chi aveva capito tutto. “Ok, ho ancora cinque minuti papà, ma poi devo andare!”. Prese la sedia che aveva vicino, la mise di fronte alla poltrona, prese entrambe le mani di Kate nelle sue e la guardò dritta negli occhi. “Kate, cosa c’è che non va’? Sei stanca?” lo disse con voce decisa, ma protettiva, come se stesse parlando ad una bambina. Kate magicamente si calmò un po’ e annuì. “Ok. Hai caldo, vero? Ti senti nervosa…lo so”. Kate aveva piegato la testa in segno di resa, ma, senza ancora proferire parola, assentiva alle parole di Alexis. “Ascoltami, è importante. Ti fa male qualcosa?” Kate biascicò un “no” fra altre lacrime, che Rick si affrettò ad asciugare. “Visto, papà? Non c’è da preoccuparsi. È stanca, ha caldo, è nervosa. Mi sembra più che normale! Trova una soluzione intelligente…io vado, metto il cellulare in vibrazione, non lo spengo. Se succede qualcosa…” “Sì lo so, un SOS, ma solo se serve, altrimenti facciamo come la favola di “al lupo al lupo”. Ricevuto amore. Buon cinema!” disse Rick sventolando la mano e rivolgendo lo sguardo amoroso verso Kate, che era rimasta lì implorante con i lucciconi.
 
L’acqua non doveva essere troppo fredda, tutto ciò che potevano concedersi era tiepida. D’altronde la temperatura doveva essere inferiore a quella dell’ambiente, cosa non difficile visto che nel bagno c’erano circa 28 gradi. Sul libro era specificato tutto, Rick si sentiva come se fosse stato alle scuole elementari. Versò il dosatore col distillato naturale di olio di mandorle, toccò la temperatura col gomito e buttò a terrà una grande tappeto di spugna per rendere l’entrata e l’uscita più comode. Tornò in soggiorno e si chinò verso Kate che gli agganciò le braccia intorno al collo. Era più calma. “Scusa, certe volte mi comporto come una stupida”. “Stai andando alla grande amore mio. Non preoccuparti”. Era strano sentirgli dire “amore mio” ancora non riusciva ad abituarsi. Quel calore, poi, la distraeva e le faceva perdere lucidità. Era molto diverso dalla temperatura che lei associava all’amore. Per lei amore voleva dire neve.

Kate passeggiava per la quinta strada completamente addobbata di luci e decorazioni meravigliose. Si stava sforzando di comportarsi come una ragazza normale. Una ragazza a cui piacesse festeggiare il Natale, non una a cui non importasse vivere un giorno di festa in più, poiché la sua unica ragione di festeggiare le era morta nel cuore. Sorrise tra sé. Castle la faceva sentire così. Le faceva venire voglia di essere una ragazza come le altre. Di uscire, di divertirsi, di esporsi di nuovo, di osare. Guardò il suo riflesso nella vetrina della gioielleria dove c’era quella spilla stupenda, che raffigurava un fiocco di neve, d’oro bianco e diamanti. La sua sagoma elegante, nel cappotto nero lungo da cui uscivano i sottili pantaloni grigi, che terminavano con i suoi inseparabili tacchi vertiginosi, si dipingeva sulla vetrina e il suo petto era proprio nel punto in cui brillava quel gioiello. Lo guardò rapita. “Hey!”una voce la ridestò dal suo sogno.
“Castle, che ci fai tu qui?”
“Sono venuto a vedere le fedi, ho appuntamento con Ryan qui tra cinque minuti”
“Beh, anche io sono qui per lui, devo consegnarli un rapporto e siccome ero in giro…l’ho chiamato, ha detto che sta per arrivare”.
“Ascolta…” esordì lui un po’ titubante “so che siamo abituati a prendere il caffè solo in servizio…” abbassò lo sguardo e sorrise “ma…c’è…ecco c’è una caffetteria bellissima qui all’angolo e..c’è..insomma potremmo sederci vicino alla vetrina che da’ sulla strada così quando arriverà Ryan lo vedremo da lì e potremo venirgli subito incontro…non so…”.
Kate lo guardò sorridendo mentre lui gesticolava indicando la caffetteria. Alla fine si fermò, la guardò porgendole la mano guantata e le disse “Ti va’?”guardandola negli occhi. Kate si sentì come in una favola. Non era possibile che quell’uomo le facesse quell’effetto. Lì davanti ad una meravigliosa gioielleria, con l’aria cristallina piena dell’atmosfera e delle decorazioni, delle luci, perfino dei canti di Natale, le porgeva la mano per invitarla a prendere il caffè. Le sembrò l’invito più dolce che avesse mai ricevuto in tutta la sua vita. Forse era l’aria del Natale che la faceva sentire così, forse era quella breccia che lui, con devozione e pazienza si era scavato nella sua corazza in quegli anni. Si mise una mano sugli occhi un po’ imbarazzata, la fece scivolare giù, sul viso. Poi sorrise e rispose “Va bene. Certo, perché no”. Gli tese la mano, lui la prese sottobraccio per smorzare l’imbarazzo e mentre si incamminavano disse “Scusami scrivo solo un messaggio ad Alexis se non ti dispiace”. “Certo, fai pure”. Avendo cura di non essere visto, selezionò il nome di Ryan dalla rubrica e scrisse: “Ho deciso cosa voglio in regalo da te per Natale amico: vieni con un ora di ritardo all’appuntamento. Per favore!”. Inviò, mise il telefono in tasca e si fece avanti per aprire la porta del locale, scostandosi con galanteria per far entrare Kate prima di lui.



Angolo dell'autrice:

Carissimi lettori,
spero che questa mia nuova ff vi piaccia. Si tratta di una cosa molto leggera ma, come al mio solito, piena di sentimento.
L'ho scritta appositamente per lo special turn di Luglio dei CSA, ovvero i Castle Story Awards, un contest organizzato in un gruppo su facebook di meravigliose scrittrici di questo fandom.
Cercherò di postare spesso, così da non tenervi troppo col fiato sospeso.
Ringrazio tutte coloro che mi richiedono di continuare a scrivere e pubblicare. Non faccio nomi, loro sanno a chi mi rivolgo.

Un forte abbraccio a tutti.

Tersicore150187

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Capitolo 2
*** Cap 2. Emozioni vere. ***


Cap 2. Emozioni vere.

Rick percorreva delicatamente con le mani il ventre della donna nell’acqua. Ne poteva sentire, sotto la pelle tesissima, tutte le sporgenze e le fattezze di chi si delineava all’interno di quel corpo in una maniera magica che ancora nessuno di loro due riusciva a spiegarsi. Kate era un po’ più rilassata. Mentre lui le passava una salvietta di cotone sul corpo, nell’acqua, lei faceva dei respiri lunghi e regolari con la testa appoggiata indietro nell’incavo della sua spalla. “Tieni gli occhi chiusi tesoro. Stai contando?” “Mh, mh” rispose lei debolmente in segno d’assenso. “Va un po’ meglio, sai?” gli sussurrò. “Bene” rispose lui “sono contento”.
Rick fermò la mano sulla pancia di Kate. Allargò completamente il palmo esercitando una pressione debolissima e immediatamente sentì un colpo ben assestato. “Hey!” esclamò non celando la sorpresa e l’emozione. “Ti sente Rick, te l’ho detto. A volte scalcia anche quando sente la tua voce”. Lei gli prese la mano e lo guidò insegnandogli a conoscerla. Era un gesto di profonda intimità e Castle, nonostante oramai fosse trascorso del tempo dalla loro unione, se ne sentiva ogni volta commosso. Kate non lo rendeva sempre partecipe, non gli permetteva sempre di “invadere” completamente il campo. A volte si chiudeva in sé stessa come era solita fare quando loro non stavano insieme, a volte diventava irraggiungibile, aveva bisogno di tempo e spazio per il suo dolore. Qualche volta era capitato anche che andasse via da casa. Ma non da casa sua, ma da casa loro. Dal loro letto matrimoniale nella loro camera, che lui aveva voluto riarredare completamente per farla sentire la benvenuta in un luogo che non sarebbe mai più stato la camera da letto di Rick, lo scrittore scapolo dalle mille conquiste. Ora quella era la loro vita.
Fece un respiro e si concentrò su quello che stava sentendo. “Vedi…qui c’è la testa…” gli spiegava Kate portandogli la mano in basso, quasi all’altezza del suo pube. “La senti? Puoi premere un po’ più forte di così, non preoccuparti, non succede nulla…”. Sotto la guida premurosa della sua splendida compagna, Richard provò quelle meravigliose sensazioni che non aveva mai potuto provare prima. Toccò la sagoma dura del capo del bambino, già rivolta verso il basso, sentì la sua spina dorsale arcuata, comodamente appoggiata al ventre della mamma, il suo culetto rotondo e i piedini rannicchiati in un angolo proprio sotto lo sterno di Kate, in quella fossettina da cui dava dei bei calcetti decisi. Si sentì la gola stringere per la commozione e poi, per suggellare quel momento decise di aprirsi a lei.
“Sai Kate, io sono un uomo molto fortunato. Ho potuto crescere la mia prima figlia in un modo che io ritengo privilegiato. Solo e con molti mezzi. Se non avessi avuto un lavoro che mi faceva guadagnare tanto, non avrei mai potuto dedicarmi a lei completamente. Ma se avessi avuto al fianco una donna ingombrante, con cui contendermi il suo affetto, non avrei mai potuto godere della gioia immensa che per me ha rappresentato essere il punto di riferimento della mia bambina per tutti questi anni. È egoista da parte mia, lo so, ma è così. Però vedi non è stato sempre così…quando Meredith era incinta, io non le toglievo gli occhi di dosso. Ero sempre molto preoccupato, temevo che lei facesse qualcosa di stupido che potesse fare soffrire Alexis, come mangiare troppo o fumare o stancarsi e alla fine mi innervosivo e stavo male. Ad un certo punto lei mi impedì di toccarla. Disse che le mettevo ansia. Gli ultimi mesi della gravidanza mi fece dormire nella stanza degli ospiti. Diceva che di notte non riusciva a dormire. Spesso io restavo sveglio e le guardavo la pancia. Magari ero inquieto e mi muovevo e così lei si svegliava, ma io, io volevo solo…”
“Rick…”. La voce di Kate era piena di commozione e di dolcezza, come la sua carezza sul viso dell’uomo. “Io non avevo mai sentito prima un calcetto di mia figlia Kate. Non ho potuto farlo con Alexis”. Lei si voltò leggermente e gli baciò la guancia, le labbra, il mento, più volte dolcemente, ma con passione. Non avevano smesso di desiderarsi reciprocamente neanche per un istante. Kate dopo i primi mesi aveva avuto paura che lui non l’avrebbe trovata più attraentre con quella pancia che cresceva così in fretta. Ma Rick la maggiorparte delle notti doveva combattere con la sua eccitazione. Kate era divina e con il suo bambino in grembo lo sembrava ancora di più. Da qualche tempo avevano dovuto interrompere i rapporti, ma lui non aveva smesso di coccolarla e vezzeggiarla neanche un istante. Erano anni che lui provava questa adorazione silenziosa. Il loro primo bacio le aveva dato voce, una voce che si era trasformata in un canto destinato a non spegnersi più.
 
Il fuoco crepitava nel camino regalando alla stanza un bagliore splendido che si andava ad aggiungere alla luce di due pigre candele rimaste accese sul tavolo. Gli amici avevano pensato bene di ritirarsi nelle loro camere, la baita, anzi, la villa, che li ospitava era dotata di tutti gli stupendi confort che la prima notte dell’anno potesse meritare. Kate non sapeva nemmeno perché era rimasta. La mezzanotte era già passata da ore, avevano festeggiato, brindato, riso, ballato scherzato, giocato, anche cantato. Poi, come ogni festa che si rispettasse, l’euforia era andata scemando e, circa un paio d’ore dopo si erano trovati a chiacchierare intorno al fuoco, lei e Castle, mentre gli altri si congedavano. Lui la guaradava con una strana espressione…lei pensò che era un po’ di alcol di troppo che scorreva nelle vene di entrambi a regalare quel luccichio ai loro sguardi che si mescolava alla luce del focolare. In fondo non stavano facendo nulla di male. Anzi, lei non si era mai sentita meglio, forse in tutta la sua vita. “Kate..” una speranza si accese dentro di lei. Lo sguardo di Castle era serio, ma dolce. Sorrideva. “No, lascia stare…” disse abbassando lo sguardo. “No!” esclamò Kate. Come se la sua bocca non avesse consultato la sua mente prima di emettere suono. “Cioè scusami…ecco…sembra…cioè sembrava che stessi dicendo qualcosa di importante…va’ avanti ti prego”. Lei non aveva il coraggio di fare il primo passo, ma se lui ne aveva qualche vaga intenzione, Kate lo avrebbe di sicuro incoraggiato. Un buon bicchiere le avrebbe dato una mano, ne versò due, senza alzarsi dal pavimento dove erano. Negli ultimi tempi erano cambiate troppe cose e loro due insieme avevano collezionato tanti piccoli passi avanti, tante piccole occasioni. Rick si alzò di scatto e andò verso la porta dove c’era appesa la sua giacca. Voltando ancora le spalle alla ragazza disse “Kate hai presente l’aggeggio per cucinare a vapore che ti ho regalato?” “sì certo Castle, è molto…utile…io…” “Ah, sciocchezze” disse lui voltandosi e tornando a prendere posto a fianco a lei. Teneva la testa bassa. “Kate, lo aveva comprato mia madre per regalarlo ad una attrice che non sopporta. Doveva spedirglielo con un biglietto. Ecco io…gliel’ho preso il 24 e l’ho incartato portandotelo e facendo la più colossale figura da idiota che abbia mai fatto in tutta la mia vita.” Era l’alcol a parlare. Decisamente. Pensò lei. “Scusa, mi spieghi perché mi stai dicendo queste cose? Se non volevi farmi un regalo non dovevi sentirti obbligato…non capisco”. La ragazza pensò alla fatica che le ci era voluta per trovare quell’edizione autografata delle poesie di Keats, le sue preferite, e si sentì una stupida. Darsi tanto affanno per un elettrodomestico riciclato in cambio! “No, no Kate, ascoltami ti prego, o rischio di peggiorare la mia situazione in maniera irreparabile senza farti capire quanto io sia cretino”.
Ora lei stentava davvero a capire e decise di ascoltare in silenzio. Rick estrasse dalla tasca un astuccio di velluto scuro e lo porse alla donna. “Io ti avevo già comprato da tempo il mio regalo per Natale, ma non ho avuto il coraggio di dartelo perché, beh, la verità è che temevo che tu mi avresti respinto. Ma leggere quel meraviglioso libro di poesie che mi hai regalato, tenerlo sul comodino a fianco a me, vederti scherzare e divertirti stasera, sentire la tua risata adamantina nell’aria, guardare i riflessi delle fiamme sulla tua pelle…” allungò una mano e le accarezzò debolmente la guancia con due dita “…perdermi nello splendore del fuoco nei tuoi occhi verdi…” la sua voce si faceva sempre più debole. Kate era totalmente persa in lui, nelle sue parole. “Credo che non potrei stare neanche un nuovo giorno senza averti aperto il mio cuore Kate,  figuriamoci un nuovo anno! Il mio proposito è quello di essere sincero in merito a quello che provo e che non posso e non voglio nascondere. Kate…” le prese la mano e lei alzò gli occhi tremante. “Guarda lì fuori dal vetro…ha inizato a nevicare…” lei si voltò per un istante verso la finestra e si lasciò sfuggire un gemito di stupore, mentre un sorriso spontaneo scosse il suo nervosismo, la sua profonda emozione. Si voltò di scatto, avendo sentito la scatola aprirsi. E la vide.
“Kate tu sei il fiocco di neve che porta stupore ogni giorno nella mia vita”.
La spilla d’oro e diamanti brillava nel buio come se emanasse una luce propria.
La donna era senza parole. “Rick io non…non posso accettare”.
Lo guardò negli occhi. Ahia. Non avrebbe dovuto farlo.
Quello sguardò sofferente la catturò e fu persa per sempre. Lui le prese il viso tra le mani e la baciò. Fu indimenticabile. La scatola ancora aperta con la spilla dentrò cadde vicino alle loro ginocchia e la fiamma del camino fece risplendere quel fiocco di neve. Era la luce di un amore appena nato.

Angolo dell'autrice:

Ebbene sì, miei cari, Kate aspetta un bambino.
Da persona assolutamente innamorata del mistero della maternità, quale sono, non potevo non scegliere questo tema per una mia storia.
Nel flashback ho voluto regalarvi un pizzico di magia, spero di esserci riuscita con i miei modesti mezzi.

Qualsiasi domanda e critica è gradita.

A presto,
Tersicore150187

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Capitolo 3
*** Cap 3. SOS. ***


Cap 3. SOS.
 
Alexis uscì dal cinema con uno dei suoi più spontanei sorrisi sul viso. Il film doveva essere stato davvero bello, pensò Martha guardandola da lontano. O forse lo era stata la compagnia. Attraversò la strada e alzò il braccio in direzione della ragazza. “Nonna, che ci fai qui?” le disse la ragazza stupita. “Tesoro, dobbiamo andare.”. Martha aveva una delle sue occhiate più eloquenti. Si rivolse ad Alexis che la guardava incredula. “Tuo padre non voleva che lo sapessi tramite un messaggio”. Disse con la voce rotta dall’emozione.
 
Alcune ore prima.
 
Kate faceva avanti e indietro dal bagno in continuazione. Si sentiva stanca, le gambe cominciarono a farle male e sentì una lieve fitta alla schiena. Era accaldata. Rick la prese dai fianchi avvicinandola a sé e le posò un bacio sulla fronte. Sentì il sapore salato del suo sudore sulle labbra e si domandò come facesse a resistere a quella temperatura nelle sue condizioni. Kate bagnò una asciugamano, la strizzò forte e la stese sul divano. Poi ci si sdraiò sopra sperando che l’acqua non le si sarebbe asciugata addosso troppo velocemente. Rick si preparò un martini ghiacciato e prese un bicchiere d’acqua con delle foglioline di menta per Kate.
“Richard mi si stanno gonfiando le gambe. Non ne posso più”.
Quando lo chiamava “Richard” non era mai un buon segno. Kate era stata perfetta per tutta la gravidanza. Non era affatto ingrassata, la sua pelle era tesa come se fosse di cuoio, i suoi muscoli, sempre allenati, erano rimasti tonici. Nulla nel suo corpo si era stravolto, non sembrava affatto diversa, fatta eccezione per due cose: la pancia, che cresceva giorno dopo giorno, e il viso, che diventava sempre più luminoso. Oltre alla nausea dei primi mesi, non aveva avuto alcun disturbo, se non per la temperatura anomala delle ultime settimane. Perfino la notte dormiva bene. La sua vita aveva finalmente iniziato ad assumere una forma di serenità e soddisfazione. Non si era mai sentita così al sicuro prima.
In quel momento Rick doveva rassicurarla. Lei meritava di lamentarsi in quel modo, meritava di essere una donna come le altre, anzi no, di più, una splendida e forte donna che stava per affrontare l’esperienza più bella della sua intera vita. Diventare mamma. E non lo avrebbe fatto sola. Rick non lo avrebbe permesso, lei non sarebbe stata sola, mai più.
Le teneva i piedi appoggiati al suo petto, per far defluire meglio il sangue, e le massaggiava le caviglie. Dopo un po’ le diede un drenante che il medico le aveva prescritto. Non ne aveva mai avuto bisogno, ma la situazione stava diventando un po’ pesante ed era meglio prepararsi al peggio. In televisione si diceva che i giorni successivi non sarebbero stati migliori. Nessuno dei due sapeva che non avrebbero ancora dovuto aspettare molto.
 
Kate dormiva da un’ora circa, mentre Rick scriveva al computer. Non gli importava di svegliarla, di notte sarebbe stato più piacevole stare svegli a chiacchierare se lei non avesse avuto sonno, con la temperatura più favorevole, meno severa con i loro corpi stanchi. Il sudore le imperlava la fronte senza dare un accenno di asciugarsi, anzi, mentre dormiva sudava ancora di più e lui, premuroso, si alzava ogni tanto per tamponarla. Dopo un po’ la toccò e sentì che era troppo calda. I vestiti andavano cambiati, non poteva lasciarla in quelle condizioni, aveva paura che si sentisse male per il troppo calore. Si avvicinò e la svegliò piano chiamandola. Kate non rispose subito e Rick sentì una fitta indescrivibile nel petto. “Kate, Kate, apri gli occhi”. Alzò la voce e le diede un paio di schiaffi leggeri sul viso e lei infastidita aprì gli occhi. Vedeva tutto appannato e si sentiva stanca. “Amore alzati, devi reagire non puoi stare così o rischi di svenire”. La voce di Rick era calma e ferma. Prese un succo di frutta e glielo fece bere per forza, voleva alzare il livello di zucchero nel sangue. Le mirse una caramella in bocca e continuò ad asciugarle il viso mentre la guardava riprendersi.
La tirò su lentamente dalle braccia e la fece appoggiare allo schienale del divano. Corse a prenderle una maglietta asciutta e la fece cambiare mentre telefonava al medico. Era preoccupato. Quel calore stava infastindendo anche lui ovviamente, ma lui non portava in grembo una creatura. Per di più, mancava molto poco alla fine del tempo, infatti il pancione di Kate era così grande che sembrava non potesse crescere più di così. Il medico lo tranquillizzò, ma gli diede delle istruzioni precise su come comportarsi, soprattutto se avesse visto dei sintomi preoccupanti.
“Rick?” lui si avvicinò premuroso ancora col telefono in una mano. “Dimmi”. “Cosa ti ha detto di fare il dottore nel caso in cui mi si fossero rotte le acque?” “Tesoro, non gliel’ho chiesto veramente…cioè sappiamo cosa dobbiamo fare, ma ancora è presto. Perché?”.
“Perché è quello che mi è appena successo…”.

Castle si pietrificò all’istante. Mentre lei continuava a chiamarlo per nome ripetendo “Cosa devo fare?” lui la fissava con la bocca semi aperta e lo sguardo vitreo che sembrava privo di vita. Lei urlò e lui si scosse. “Sì, sì…oddio scusami amore, cosa…che…ti fa male? Dove?”.
Lei guardò la sua pancia, poi guardò Rick negli occhi e sorrise portandosi una mano alla bocca. Lui ripetè lo stesso gesto che aveva fatto circa nove mesi prima. Una carezza leggera al centro della pancia di Kate. “Non posso credere che stia succedendo…” disse lei lasciandosi sfuggire una lacrima giù fino al mento. Lui la asciugò con la sua manica. “Amore mio, stai bene?” “Sì, sì…credo di sì”.
Stava accadendo sul serio. Era il momento.
 
Dopo quelli che le sembrarono minuti interminabili, Rick rientrò nella stanza. Lei non si era mossa dal divano, aveva paura perfino a respirare. Quando entrò, lui si accorse che era molto nervosa e tentò di raccogliere tutta la sua forza di volontà per esserle di conforto. Sapeva bene che, quando quell’istante sarebbe arrivato, lei avrebbe avuto bisogno di tutto il suo sostegno e lui temeva di perdere il controllo. Si avvicinò, posò tutti gli oggetti che aveva fra le mani sul tavolo e si sedette a fianco a lei. “Kate, sarei un bugiardo se ti dicessi che so cosa fare e che non ho paura. Io…” deglutì forte, cercando nel suo stomaco coraggio “…non l’ho mai fatto prima. Non sono mai stato al fianco di qualcuno che amavo in un momento come questo, in un momento così importante che uno sbaglio mi potrebbe costare carissimo…” Lei lo interruppe mettendogli un dito sulle labbra. Tranquillizzare lui faceva stare più tranquilla se stessa. “Dimmi, Richard Castle, cosa provi per me?” “Kate io ti amo, con tutto il mio cuore, con tutto il mio corpo, con la mia anima. Always”. “Allora non sbaglierai. Perché qualsiasi decisione tu prenderai, qualsiasi parola dirai, qualsiasi gesto sceglierai per quell’amore, sarà quello giusto.” Gli baciò la fronte e poi, con uno sguardo eloquente gli fece capire che era arrivato il momento di inizare il loro percorso, passo per passo.
Ci fu la palla che faceva muovere il bacino di Kate senza stancarle le gambe, mentre lui le teneva le mani, ci fu la doccia, perché la schiena di Kate iniziava a fare male e il getto dell’acqua leniva il dolore, ci fu la solita fedele asciugamano bagnata, quando le lacrime cominciarono a scendere, mentre lui le sussurrava “shh, amore mio, lasciati andare”. Ci fu il cronometro che calcolava il tempo che separava le contrazioni, l’una dalla successiva, e la loro durata, il cuscino sul quale lei inarcava la sua schiena contando e tirando le ginocchia al petto, e la bottiglia d’acqua sempre vicina per non farla disidratare. Rick pensò che erano le due ore più belle della sua vita, mentre col dito sul controllo del condizionatore abbassava di un grado la temperatura. Al diavolo lo sbalzo termico, un grado non era poi un granchè, non ce la faceva a vedere Kate soffrire e anche sudare in quel modo. Quando lei non volle più muoversi, lui, che sapeva quanto fosse pericoloso farla concentrare sulla rigidità del dolore, accese lo stereo. La sollevò dall’incavo delle ascelle e se la appoggiò completamente sul suo corpo iniziando ad ondeggiare al ritmo della musica. Nat King Cole cantava “When I fall in love” mentre Kate si preparava a dare alla luce il loro bambino.
http://www.youtube.com/watch?v=GfAb0gNPy6s
 

Angolo dell'autrice:
Ebbene sì, cari lettori, sarò banale, ma il momento è arrivato. 

Godetevelo perchè ve lo farò assaporare, tutto.

Un abbraccio,
Tersicore150187

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Capitolo 4
*** Cap 4. La forza delle parole. ***


Cap 4. La forza delle parole.
 
Alexis e Martha corsero nell’atrio dell’ospedale fermandosi davanti alla reception ansimando. “Beckett, detective Kate Beckett”. L’infermiera la guardava incredula. Alexis si voltò verso la nonna con aria di rimprovero e questa la guardò come se volesse dire “che ho fatto?”. “Signorina non si preoccupi, mia nonna non è della polizia. Stiamo cercando una nostra amica, la fidanzata di mio padre in realtà. Stanno per avere un bambino. Il suo nome è Katherine Beckett”. L’infermiera guardò Alexis compiaciuta, più per il fatto di essersi sentita chiamare “signorina” che non per i deliziosi modi di comportarsi della ragazza. La donna pensò che la sua crema antirughe doveva essere finalmente la marca giusta e diede un’occhiata allo schedario. “Non c’è nessuno registrato a quel nome, mi spiace”. Consluse secca. “Ma come? Provi Castle!” era Martha, che riaffermava la paternità di suo figlio. Anche se…pensò fra sé e sé, se non fosse stato per la megalomania di suo figlio la sua nipotina ora si sarebbe chiamata Rodgers. O forse…no, capitolo chiuso. Quella del cognome era stata una bella scelta. Pensò. L’unico nonno che quella creatura avrebbe mai conosciuto sarebbe stato Jim Beckett. “No signora, mi dispiace”.
“No, non ci siamo ancora sulla lista è vero, ma è esattamente a quel nome che ci dovete registrare. La mia compagna sta per partorire”.
La voce di Rick li sorprese alle spalle.
 
“Richard, ma…”
“Mamma non è il momento, corri fuori al taxi, ho dovuto lasciare Kate da sola per venire a chiedere la barella”,
Nonna e nipote si precipitarono fuori. La famiglia doveva essere al completo per quell’evento.
 
Quando arrivarono al piano di sopra la dottoressa che aveva seguito Kate li fece sistemare nella stanza e poi chiese agli altri di uscire perché voleva visitare la ragazza. Rick non si mosse. “Io resto se è possibile”. Il tono di implorazione e fermezza insieme, fece desistere la dottoressa dal cacciarlo via. In fondo, doveva avere certamente “invaso la privacy della sua paziente” già prima d’ora, altrimenti non si sarebbero trovati lì ora e Kate non sembrava affatto avere intenzione di lasciargli la mano che stringeva nella sua, a volte anche troppo forte.
Dopo pochi minuti Martha bussò, voleva vedere cosa stava succedendo. La dottoressa le fece rientrare e comunicò il verdetto. “Siete stati bravissimi, la preparazione è andata bene. La dilatazione procede in maniera regolare e, dalla precisione del vostro racconto, deduco che le contrazioni si stanno avvicinando con tempi giusti. Ci vorrà ancora qualche ora però. Come si sente Kate? Ce la fa a continuare così ancora per un po’?” Lei annuì lievemente, senza sorridere. Non riusciva in quell’istante. Rick aveva preparato ogni cosa, non appena la dottoressa se ne fosse andata avrebbe iniziato a farla rilassare. Voleva rendere quell’esperienza unica. Più di quanto lo fosse già di suo.
 
Dopo che la dottoressa uscì e la famiglia stette un po’ insieme preoccupandosi di come si sentisse la futura mamma, Rick chiese alla madre e alla figlia di andare al bar a prendere qualcosa da mangiare e da bere, soprattutto. Martha non ci mise più di un secondo a capire che il figlio voleva stare un po’ solo con Kate, anche se sapeva, in cuor suo, che anche la sua presenza sarebbe stata fondamentale. Lei non aveva avuto una figlia da assistere nel momento del parto, e in quel momento Kate era anche una figlia che aveva bisogno di una madre. E lei ci sarebbe stata.
 
Rimasti soli, lui la guardò negli occhi e le chiese “Cosa posso fare?”. Non voleva sapere solo come comportarsi, la sua era una domanda che andava nel profondo dell’animo di Kate. Lui voleva esserci per lei, avrebbe voluto, se fosse stato possibile, farsi carico del suo stesso dolore, accompagnarla, non essere solo uno spettatore. Lei gli prese la mano e lo guardò a lungo, senza riuscire a proferire una sola parola. Si sentiva stanca e anche troppo emozionata e nemmeno lei sapeva bene cosa sarebbe accaduto. Quel limbo le faceva paura a momenti. Poi, senza quasi rendersene conto gli poggiò la mano sul suo ventre e proprio in quel momento una contrazione più forte e più lunga delle altre iniziò a farla tremare. Rick era paralizzato. Si rese conto che vedere una persona amata soffrire fa davvero paura. Avrebbe voluto correre via da quell’immagine, si sentiva impotente. In quell’istante Kate aprì i suoi splendidi occhi verdi lucidi, che brillavano come due smeraldi, e con il volto ancora contratto dal dolore gli sussurrò “aiutami”. Lui si sentì scuotere come se gli avessero dato un sonoro schiaffo. Doveva fare qualcosa, ma lui era bravo solo a parlare. Parlare. Poteva, doveva trovare delle parole che la aiutassero. Iniziò a balbettare, sperando che qualcosa di senso compiuto venisse fuori dalle sue labbra. “Kate, amore…forza, resisti…stai…stai scalando una montagna altissima ma vedrai che arrivata in cima troverai un panorama stupendo. Vedrai cose meravigliose che non hai mai visto prima. Anzi, avrai una vita meravigliosa, come non avresti immaginato mai di poter avere…” lei lo guardava rapita mentre i crampi si alleviavano. “io ti regalerò una vita da sogno, con tutti i miei mezzi, con tutte le mie forze…con tutto il mio amore Kate…ti...ti porterò in Europa, appena starai meglio, quando il bambino sarà un po’ cresciuto si intende…ora no, è troppo presto…potremmo andarcene al mare, che ne dici? Tu sei in maternità e la casa è grande e si sta bene. Faremo una cameretta anche lì, poi dobbiamo comprare tutti quegli aggeggini che servono in spiaggia al bambino…vedrai staremo bene, faremo il bagno tutti insieme…” le accarezzò la fronte, spostandole i capelli dal viso e si accorse che lei stava sorridendo. Le strinse forte la mano “come va’?” “alla grande” rispose lei con un pizzico di velata ironia.
 
Le ore passavano, Kate aveva iniziato a gridare per il dolore che aumentava. Non era stata pigramente sdraiata sul letto tenendo la mano del suo uomo. No. Avevano camminato, erano stati ancora nella doccia che, in quella situazione sembrava l’unica soluzione possibile, aveva fatto ginnastica passiva tra una contrazione e l’altra, per aiutare il travaglio, mentre Rick la massaggiava con le mani profumate di borotalco. Crema e olio erano banditi. Avevano parlato, tanto. Lui le aveva raccontato ogni scenario immaginabile della loro vita. Ma ora che il momento si avvicinava era un’altra la persona a cui doveva rivolgersi. Senza neanche accorgersene Rick si era trovato sul letto insieme a Kate, tenendola fra le sue gambe, offrendole il suo petto come schienale e la sua spalla come poggiatesta, nonché le sue braccia a cui aggrapparsi e baci, sussurri, soffi sul viso e sul collo. E avevano iniziato, insieme, a parlare al piccolo. Rassicurandolo, dicendogli che non aspettavano altro che stringerlo, vedere i suoi occhi, notare le sue somiglianze, sentire la sua manina avvinghiata al loro dito. Dopo poco tempo la sala si riempì di tutte quelle persone che per lunghe ore avevano fatto un via vai da quella stanza. La dottoressa, le due ostetriche, un’infermiera più anziana, si era aggiunta anche Lanie all’equipe medica, anche se sapeva di poter fare ben poco, se non monitorare la situazione. Martha ed Alexis erano rimaste fuori insieme a Jim Beckett, che li aveva raggiunti nel pomeriggio e a qualche altro che ogni tanto si faceva vedere, più che altro Ryan ed Esposito tra un giro di pattuglia e l’altro.
Ormai Kate era pronta e non sarebbe passato molto tempo fino al momento in cui avrebbe stretto il suo bambino tra le braccia.
 


Angolo dell'autrice:
Carissimi tutti,
voglio immediatamente ringraziarvi per le stupende recensioni che ho ricevuto e scusarmi per non aver risposto. Chi mi conosce un po' meglio sa che è un periodo...beh...diciamo denso di impegni per me!

Ho apprezzato davvero tutto quello che avete scritto anche se sono rimasta un po' scioccata dal fatto che molte di voi  abbiano pensato che volessi far partorire Kate in casa...addirittura qualcuna che volessi farle perdere il bambino!!!

Ok calma e sangue freddo...questa storia è per me una specie di celebrazione del mio idolo personale che è la maternità, la gravidanza e il momento del parto. Vi prometto che tutto ciò che ci sarà intorno sarà solo una rappresentazione (un po' OOC, lo ammetto!) del magico amore che unisce due persone che creano una nuova vita...niente drammi promesso...

Vorrei solo chiedervi, se lascerete un commento, di segnalarmi se secondo voi è una storia OOC, in tal caso metterò l'avvertimento, scusandomi di non averlo capito da sola dall'inizio.

Vi abbraccio con affetto, sperando che questo viaggio verso la vita vi affascini e non vi dispiaccia il modo in cui lo ho scritto.

Tersicore150187

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Capitolo 5
*** Cap 5. Ricordi di festa ***


Cap 5. Ricordi di festa.

Rick teneva le mani serrate sulle ginocchia di Kate tenendole indietro quanto più poteva. Non osava immaginare il dolore e lo sforzo a cui era sottoposta la sua donna in quel momento, non poteva pensarci, avrebbe perso la lucidità, invece c’era bisogno di tutte le sue forze. Non aveva smesso un istante di parlarle e rassicurarla, lei era stoica come sempre. Urlava, piangeva e digrignava i denti, ma non una sola parola di lamento o insofferenza era uscita dalla sua bocca. Ce la stava mettendo davvero tutta. Lei, d’altro canto, era una bravissima detective, aveva messo KO decine, forse centinaia, di uomini più grossi di lei, e, soprattutto, aveva assicurato alla giustizia pericolosissimi criminali. Ma nelle cose della vita non si era mai sentita adeguata. Si sentiva in imbarazzo perfino a scegliere un vestito da sera, figurarsi cosa le sembrava mettere al mondo un figlio. Ma poi, la vita le aveva insegnato molte cose, soprattutto le aveva regalato lui. La sua presenza, la sua estrema vicinanza. Erano stati mesi perfetti. Dopo più di tre anni in cui la loro relazione si era costruita pezzetto dopo pezzetto come un puzzle, quando si erano finalmente avvicinati e dichiarati, tutto il resto era venuto con estrema semplicità. Rick le aveva chiesto subito di sposarla. Dopo pochissime settimane dal loro primo bacio. E lei gli aveva detto di no. Aveva paura che le esperienze del passato di entrambi potessero convergere in una congiunzione astrale malefica che avrebbe fatto andare a monte tutto il magnifico rapporto che si era creato. In realtà neanche lei credeva a questa teoria, aveva semplicemente paura che, una volta che fossero stati davvero l’uno dell’altra, la magia dello scegliersi ogni giorno sarebbe svanita e lei sarebbe diventata solo la terza moglie di Castle. Lui aveva capito, anche perché lei era stata molto convincente nell’esporre le sue motivazioni e lui aveva conservato l’anello in un cassetto. Invece andare a vivere insieme era stata tutta un’altra storia. Era accaduto tutto in maniera davvero lineare. Quando avevano visto in quella vetrina quella camera da letto che a Kate aveva lasciato la bocca aperta…lui aveva semplicemente preso nota mentalmente. Kate passava già molto tempo da lui e il resto del tempo lui lo trascorreva da lei. Ma anche se avevano più privacy, a entrambi piaceva stare con Martha e Alexis. Così, un giorno, mentre pranzavano, lui aveva passato il cellulare a Kate che guardava distrattamente la televisione e le aveva detto “Kate, amore, credo che sia il caso che tu chiami il tuo padrone di casa”.
Quando, la settimana successiva, Rick aveva indicato ai fattorini la stanza degli ospiti, a Kate per poco non era venuto un infarto. Con tutto il coraggio che aveva lo guardò e gli disse con una punta di ironia “Spiegami una cosa signor Castle, mi hai fatto disdire il mio appartamento per farmi vivere nella tua stanza degli ospiti?” Rick, senza alzarsi dal divano, le rispose con tutta la naturalezza del mondo “Dormiremo lì solo un paio di notti, ma non possiamo sistemare la tua roba adesso. Domani ci portano la camera da letto nuova.”. Non capì perché il suo giornale era volato via sul pavimento,  fin quando non si ritrovò Kate addosso che lo abbracciava forte ridendo.
La loro vita era stata semplicemente completata da quell’evento.
 
Kate se ne stava sul letto a scegliere da un campionario alcune stoffe. La loro camera nuova era veramente bella, con quel letto in ferro battuto anticato e il comò e la toletta in arte povera abinate. Il tutto era completato dalla stupenda cabina armadio che Rick aveva fatto ricavare rimpicciolendo di pochi metri il bagno e facendo murare completamente l’armadio. Era un capolavoro, ma mancavano ancora pochi dettagli come le tende e i copriletti perché la camera l’avevano portata d’estate, ora era arrivato l’inverno e alcune cose era necessario aggiungerle. Quelle erano le piccolezze a cui si dedicavano la sera dopo ore di lavoro massacrante, scegliere una stoffa per un cuscino, o un nuovo mobile per lo studio che, ormai, era diventato dominio di entrambi.
Kate si strinse nello scialle con un brivido. Lui era appena entrato, appoggiandosì sul letto a fianco a lei la stava stringendo diffondendole tutto il suo calore. Le baciò il collo sentendo il suo dolce profumo invadergli la mente. “Caro il mio scrittore, non vorremo fare tardi…” gli aveva sussurrato lei mentre lui aveva già gettato a terra il catalogo del negozio. “È un giorno speciale amore mio, non potremmo prendercela comoda?” “E proprio perché è un giorno speciale mi vuoi negare la gioia di andare al ristorante con il mio fidanzato? Comportiamoci da persone normali per una volta…sono stanca di fare la spola tra il distretto e la camera da letto….o meglio di fare “solo” questo”. “Ok” aveva detto lui “ma te lo concedo solo perché è il nostro primo anniversario e…ah già ed è anche capodanno!”.
 
 
Per quella ricorrenza doppiamente speciale Rick aveva voluto organizzare una cena davvero in grande. Ma questa volta c’era qualcosa di diverso. Nonostante la sua solita megalomania e il puro divertimento che provava nello spendere il suo denaro in passatempi insoliti e sfarzosi, sentiva dentro di sé il desiderio di festeggiare in maniera elegante ma intima e personale. Anzi, voleva che i festeggiamenti rispecchiassero la personalità di Kate, oltre alla sua. Il volto di lei era allibito quando lui le aveva chiesto di aiutarlo ad organizzare la cena. “Cosa?” gli aveva chiesto “i tuoi organizzatori di eventi sono tutti impegnati per le feste?”. Era una scusa bella e buona. Lui non ci aveva messo più di due minuti a farla confessare. “Rick io non ho mai organizzato niente di più impegnativo della cena del ringraziamento!”. Ci erano volute mille rassicurazioni. Alla fine aveva ceduto, e si erano divertiti moltissimo insieme. Avevano scelto fiori, decorazioni, segnaposto personalizzati, menù, intrattenimento. Neanche per un matrimonio lei avrebbe faticato tanto, pensò. Rick la guardava rapito mentre varcavano l’ingresso del ristorante che lui le aveva proposto. Quella donna riusciva a sorprenderlo continuamente, perfino con la sua espressione di stupore più ingenua. Non c’era niente da dire. Lei era diversa. Non le importava nulla degli abbellimenti inutili, meno che mai dei soldi. Era sopravvissuta una vita intera senza averne troppi, quello che le era mancato, invece, erano gli affetti e ora cercava di rifarsi come poteva, impiegando ore per trovare il regalo perfetto ad Alexis, scrivendo a mano decine di biglietti di auguri, scegliendo uno ad uno i fiori da mettere ai tavoli per la festa.
 
L’orchestra suonava un jazz soft e romantico. L’atmosfera era calma e rilassata, tutto stava andando benissimo. Kate se ne stava seduta al tavolo immersa totalmente nei suoi pensieri con un bicchiere di vino bianco in mano, titubante se assaggiarlo o no. Guardava Rick da lontano parlare con il sassofonista, ma la sua mente vagava altrove. “Hey, lo bevi quel vino o dovrò sacrificarmi io al posto tuo?” la voce di Lanie la riscosse e la fece sorridere. Posò il bicchiere sul tavolo e si alzò dalla sedia ma vide tutto buio per un attimo e si accasciò nuovamente sostenuta dal braccio dell’amica. “Kate!” “è tutto a posto Lanie, tranquilla…” “Ok ragazza, basta vino per stasera. Andiamo a darci una rinfrescata”. In quell’istante dal microfono si sentì una dedica “da Rick per Kate con immenso amore”. Quando lui si voltò sorridente e vide il posto vuoto fece segno al direttore di rimandare la canzone ad un momento migliore.
 
Il momento migliore non tardò ad arrivare. Kate rientrò in sala accolta da un caldissimo applauso e dalla dedica che lo speaker stava ripetendo, mentre Rick le porgeva il braccio. Lei sorrise, colorando le sue guance di rosso e facendo scomparire il lieve pallore che fino a pochi istanti prima aveva dipinto in volto. Non erano mai stati bravi a ballare, ma tutto in quella serata era perfetto e così lo fu anche il loro ballo. Lui teneva il braccio di Kate piegato appoggiato al suo petto e con l’altro braccio le cingeva la vita, così da tenerla quanto più vicino possibile. Lei, d’altra parte, aiutata da uno stupendo paio di Jimmy Choo, gli aveva appoggiato la guancia alla sua e teneva gli occhi socchiusi. Sentiva una morsa allo stomaco e ora non sapeva più neanche il perché. Aveva mille motivi per essere felice, non uno di meno. “Sai Castle, una volta qualcuno mi ha detto che la pista da ballo è il luogo migliore per poter parlare senza essere disturbati” gli disse lei col suo tono da detective. “Cosa vorrebbero dirmi le tue dolci labbra che una splendida canzone come questa non possa distrarmi dall’ascoltare?”. “When I fall in love” suonava leggera ricordando a Kate e Rick come si sentivano i loro cuori per la maggiorparte delle loro vite.
“Sai Rick, le nostre vite sono molto cambiate ultimamente e io capirei se tu non volessi affrontare altri cambiamenti repentini nel prossimo futuro…” lui la interruppe “La mia mente avrebbe già sfornato la risposta “quanto repentini e quanto prossimi” ma…sai amore mio, da quando sei arrivata a completare la mia vita, la mia mente non ragiona più, mi hai rubato il senno. Parlo solo col cuore. Se tu mi sarai vicina, io affronterò qualsiasi cosa.” Le accarezzò una guancia col dorso della mano e lei si sentì perdersi in un modo così dolce e privo di controllo che pensò che se non ci fossero state tutte quelle persone intorno si sarebbe semplicemente sdraiata a terra con lui su quelle note meravigliose. Tirò un profondo respiro e senza staccare gli occhi dai suoi disse “sono incinta”. Rick si pietrificò. Smise di ballare di ondeggiare, di pensare, anche di respirare per un istante. Una sola idea gli passò per la mente. Era un sogno? Si forzò a reagire, non poteva far passare quello che senza dubbio era uno dei momenti più belli della sua vita con quella espressione attonita. Provò a parlare ma non ci riuscì. E poi disse “Mi hai lasciato senza parole”. Allora Kate fece una cosa che gli aprì il cuore come se fosse stato uno scrigno pieno di pietre preziose. Sorrise. Lui si sentì invadere da una gioia enorme e totalizzante. Avrebbe urlato, avrebbe saltato, l’avrebbe presa in braccio se solo…se solo cosa? Si chiese. Non ci sarebbe stata una seconda occasione, il momento era quello e stava già passando. Carpe diem. Prese Kate fra le braccia e inziò a farla girare ridendo e abbozzando piccoli passi di danza alla Fred Astaire. Poi, sempre tenendola stretta a sé inziò a riempirla di baci, davanti a tutti che li guardavano quasi commossi e increduli. La abbracciò con tutta la forza e la passione, ma anche la delicatezza che aveva, non voleva sciuparla. La fece volteggiare ancora e ancora come una principessa, la sua risata da bambina e la sua voce lo riportarono alla realtà. La poggiò al suolo davanti a sé mentre la canzone volgeva al termine. Le ciocche di capelli le ricaddero sul viso illuminato da un sorriso splendido, coperto dal suo dito che mordicchiava leggermente. Lui la guardò incantato riprendendo fiato. Poi le mise una mano sulla guancia, lei socchiuse gli occhi a quel tocco e poi si tuffò nel mare blu dei suoi, un istante prima di sentirlo sussurrare “Dio mio Kate quanto sei bella”. “È perché sono felice”.
Appoggiò le sue labbra a quelle di Rick “e tu?” “non immagini quanto”. La voce di Rick si spense sulle sue labbra. Le mise una mano dietro il collo, una dietro la schiena e la fece scendere lentamente piegandosi sul suo petto. In quel bacio si scambiarono tutto l’amore che una mamma e un papà che hanno concepito una nuova creatura insieme possono avere l’uno per l’altra.
Anche quella notte nevicò.



Angolo dell'autrice:
Carissimi tutti,
un piccolo passo di distanza dalla sala parto per tuffarci in un ricordo.
Non temete, manca poco alla conclusione.

Grazie a tutti di cuore,
con affetto,

Tersicore150187

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Capitolo 6
*** Cap 6. Una mamma è sempre una mamma ***


Cap 6. Una mamma è sempre una mamma.
 
Kate si sentiva come un’atleta alle olimpiadi. Tutti la incitavano, la incoraggiaviano, la lodavano, ma la sua mente era offuscata dallo sforzo. Riusciva a concentrarsi solo sulla voce di Rick che non smetteva di sostenerla. Poteva sentire le sue mani strette sulle gambe e questo la rassicurava. Ma ormai sentiva dei picchi di dolore così alti che in alcuni momenti crollava in un buio dal quale non riusciva a tirarsi fuori. Sentiva una voce dentro di sé che la chiamava, la risvegliava, la riportava alla realtà, ma non riusciva a prestarle ascolto.
Tuttavia lei sapeva bene a chi appartenesse quella voce. Aveva imparato a riconoscerla, così come aveva imparato a domare le sue paure, con il suo uomo accanto. Non piangeva più ormai. Quando si sentiva triste si limitava ad appoggiarsi alla sua spalla che la sosteneva. Sempre. Era normale d’altro canto sentire il bisogno di avere la propria madre accanto quando lei stava per diventare madre a sua volta, e, forse, proprio quel suo bisogno le faceva sentire la voce di sua madre dentro al suo cuore. L’ostetrica la guardò con dolcezza, ma anche con una grande determinazione e le disse in modo un po’ giocoso “Forza Kate, sta per arrivare il momento di iniziare a dare delle belle spinte”. Rick sorrise come un bambino, emozionato. Non la teneva più tra le braccia, era sceso dal letto, per poterla guardare negli occhi e le aveva sistemato dei cuscini a sostegno della schiena. Era meglio che lui fosse in piedi per qualsiasi evenienza e inoltre così avrebbe potuto vedere il piccolo meglio che dal letto, alle spalle di Kate. Lei si accorse di quel suo sorriso e gli strinse la mano. Lui le si avvicinò sostenendola con il suo braccio e la guardò felice accarezzandole i capelli. In quel momento un’altra contrazione arrivò e il volto di Kate fu sconvolto dal dolore. “Forza cara adesso punta il mento contro il petto e stringi i denti…così brava uno, due, tre, quattro…”. Il bambino si era posizionato nel canale del parto. L’ostetrica attirò Rick con una mano e lui, senza lasciare la mano di Kate si avvicinò al lenzuolo sterile per guardarvi sotto. Non era esattamente una visione idilliaca. Rick sapeva che si sarebbe potuto impressionare, non era certo famoso per la sua maturità e il suo coraggio. Kate lo vide impallidire un po’ e guardò l’ostetrica preoccupata chiamandola per nome. Sandra diede uno schiaffetto a Rick sulla guancia e lo apostrofò “Hey papà, non mi vorrai svenire sul più bello, vero?”. Lui non le rispose neanche, si avvicinò alla sua donna, con il viso carico di emozione e le labbra arricciate come se stesse per piangere e le disse “Kate…” prese un bel respiro sforzandosi di ricacciare dentro le lacrime “…Kate, si vede la testa del nostro bambino fra le tue gambe…sta…sta arrivando…” e le diede una carezza con la mano che gli tremava per l’emozione. Kate non voleva piangere ancora, aveva pianto tanto per il dolore e si sentiva stanca in un modo quasi inimmaginabile. Si voltò verso l’ostetrica cercando un po’ di conforto e si abbandonò alla voce dentro di lei.
I venti minuti successivi non presentarono novità. Intanto Lanie era rientrata, ma in qualità amichevole, non voleva toccare con i guanti sterili la sua migliore amica in quel momento, sarebbe stato come violare la sua intimità. Ci teneva molto al rispetto per i suoi pazienti, anche perché raramente le capitava di visitare un corpo vivo e Kate, beh certamente lei era piena di vita, in quel momento più che mai. Rick la vide parlare a bassa voce con l’ostetrica e poi uscire di corsa dalla sala. Con uno sforzo si separò da Kate e corse dietro a Lanie. L’ostetrica non gli aveva più fatto vedere i progressi del bambino e lui trovava lo scorrere del tempo insopportabile.
Non vide Kate rivolgergli uno sguardo implorante mentre usciva dalla stanza. Anzi, Kate era tutta concetrata nella respirazione e sembrava non sentire più quello che le dicevano. Questo lo fece preoccupare e stringere con forza il braccio di Lanie che camminava a passo svelto per il corridoio, in direzione opposta alla sala d’aspetto. “Lanie, che succede?” “Rick ma che fai? Torna dentro, Kate ha bisogno di te!” gli disse lei con stupore. “Lanie dimmi che sta succedendo, ti prego sono preoccupato. Che cos’è questa segretezza?” “Rick…va tutto bene non preoccuparti” Lanie era titubante nel parlare non voleva preoccuparlo, ma al contempo lui era il padre del bambino. Lo guardò risoluta, ricordandosi della proverbiale testardaggine di Kate e di quanto lui fosse stato salvifico in varie occasioni. Gli disse sincera “Rick non è niente di preoccupante, è solo che le spinte di Kate non sono abbastanza forti e il bambino non sta scendendo più. Potrebbe essere necessario un pilotato”. Lui la guardò allibito. “Cosa? No! Lanie, Kate sta soffrendo tantissimo, tutto deve accadere nel modo più naturale possibile, non voglio che le attacchiate stupidi aggeggi addosso e lei assolutamente non vuole andare in sala operatoria!” Lanie lo guardò accigliata ma dolce “E se il bambino rischiasse?” Rick impallidi e gli mancò il fiato. Lanie lo sorresse per un braccio “dai, calmati, vado a chiamare la dottoressa e vediamo che…” ma Lanie stava parlando da sola, Rick si era voltato e correva verso la sala parto.
 
Si affacciò alla porta impaurito, avrebbe voluto sfondarla con tutte le sue forze ma, dopo ciò che aveva appena sentito aveva paura che, una volta entrato, lei gli avrebbe letto scritto in faccia quello che aveva nel cuore e nella mente, come sempre. Dalla finestrella poteva vedere Kate con la testa rivolta all’indietro che con la mano si aggrappava al lenzuolo. No, non si stava aggrappando. Muoveva la mano sul letto…stava cercando a tentoni qualcosa…salì lievemente e Sandra, con il suo camicione rosa e azzurro pieno di disegnini allungò la mano grassoccia senza guanto e la avvicinò a quella di Kate. A quel punto lei la afferrò con forza mentre la donna la incoraggiava. A Rick si gelò il sangue. Come aveva fatto a non capire? Come non ci aveva pensato prima? Fece per voltarsi, quando vide una giovane infermiera che portava un carrello “Scusi?” le disse agitato. “Sì?” fece lei con un sorriso. “Senta sta per nascere mio figlio e io avrei bisogno di una persona qui in sala parto con me e mia moglie, non è che potrebbe farmi la gentilezza di andare lei in sala d’aspetto e cercarla per me?” “Certo, non si preoccupi, non c’è problema”. “La ringrazio…” “Nicole” “Nicole, molto piacere sono Rick Castle”. A sentire quel nome la ragazza rimase di sasso e arrossì moltissimo. “Oh mio Dio Signor Ca..” “Nicole, cara, non c’è tempo ora. Le farò un bel regalo e un autografo, è una promessa…ora per favore, mi vada a cercare Martha Rodgers”.
Per madre e figlio non ci fu bisogno di parole o spiegazioni. Loro sue erano una specie di coppia magica, un duo collaudato, l’attore e la sua spalla, il ladro e il palo, soci, partner, complici. Richard non aveva mai potuto essere un figlio, un figlio come tutti gli altri e Martha, beh lei non aveva mai voluto essere una madre, anche se del suo bambino non avrebbe mai e poi mai fatto a meno, sin dal giorno in cui aveva capito di averlo in grembo, prima ancora del test di gravidanza. Era l’unica cosa veramente sua e per di più tutta sua. Ma ora non era più così, oltre ad Alexis c’erano altre persone che si erano fatte strada nel cuore di mezza età della donna, e una di quelle non era neanche ancora nata. L’infermiera aveva rotto l’imbarazzo della spiegazione inutile, della richiesta di aiuto di un figlio che chiede a sua madre di fare da madre, forse davvero per la prima volta, a sua “moglie”. Sdrammatizzando come al suo solito entrò nella sala parto apostrofando un portantino che ingombrava il corridoio con una barella “Si sposti lei, c’è mia figlia che sta partorendo lì dentro!”. Quando udì quella voce Rick capì che la madre avrebbe nascosto dietro il suo modo di fare istrionico l’apprensione che provava e seppe che avrebbe fatto un buon lavoro con Kate. Fu felice di averla chiamata.
 
Nella stanza le grida si facevano più concitate. Martha si avvicinò titubante e poggiando una mano sulla spalla del figlio, lo invitò silenziosamente a farle spazio. Rick si sedette lì a fianco strofinandosi il viso con le mani. Martha prese la mano della donna e le disse con calma “Kate, tesoro, so che sei molto stanca e che pensi di non farcela. Quando io ho avuto Rick sono stata in travaglio per ventidue ore in una sala di ospedale con altre quattro donne ed ero sola. Non c’era nessuno a fianco a me, né il mio compagno, né un’amica, né…né mia madre.” La commozione le incrinò la voce al ricordo della sua sofferenza ma un sorriso si dipinse subito sul suo volto. “Ma quando ho stretto Richard fra le braccia…oh Kate, come posso spiegartelo? Devi solo dare due spinte forti forti forti e lo saprai da sola. Lo saprà il tuo cuore. E io resterò sempre vicino a te. Forza…” Kate la guardò riconoscente ed esausta e le strinse la mano. Si voltò verso Rick e annuì muta. Lui le asciugò ancora la fronte, madida di sudore, mise un’asciugamano umida sul suo petto libero dai bottoni della camicia e prese di nuovo posizione sul letto accogliendo la schiena di Kate su di sé. Iniziò a baciarle leggermente il collo e i capelli sudati, rassicurandola. Mise le sue mani di nuovo sotto le ginocchia della ragazza e le tirò a sé con dolcezza. Lei prese la mano di Martha e la strinse e sussurrò “ci siamo” quando sentì la contrazione arrivare potente.




Angolo dell'autrice:
Carissimi!

Il prossimo sarà l'ultimo capitolo,
grazie ancora a tutti coloro che mi seguono e scusate per le risposte che non vi ho dato alle vostre recensioni, rimedierò presto.

Un forte abbraccio :*

Tersicore150187

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Capitolo 7
*** Cap 7. Neve d'Agosto ***


Prima di cominciare: leggete solo se credete nelle favole.

"If you don't even believe in the possibility of magic you'll never ever find it..."




Cap 7. Neve d’Agosto.
 
“È una femminuccia!” strillava Sandra col suo vocione. “Brava Kate, ohhh…” aveva un modo di fare oltremodo materno, mentre le sistemava garze e tamponi provvisori fra le gambe, le accarezzava le cosce dolcemente ma con un tocco deciso e pesante. Sentirono un colpetto mentre Martha si sporgeva incuriosita e la bambina iniziò a strillare sonoramente. Sandra prese una salvietta sterile più velocemente che potè con la sua mano esperta e poggiò la bambina sul seno di Kate, ancora legata a lei dal lungo cordone che era già quasi tutto uscito. Kate non potè trattenere lacrime di gioia e liberazione mentre, ancora tra le braccia di Rick, accarezzava, con le mani che le tremavano, il culetto e la schiena della piccola. Si baciarono. Assaporarono lacrime, sudore. L’odore della loro bambina appena nata, rossa, urlante e tutta sporca, si impresse nelle loro menti come un codice umano unico. Erano una famiglia ora. Martha uscì piangendo dopo aver baciato Kate, per dare la notizia agli altri. Sandra si avvicinò, sollevò la bambina a Kate che tendeva le mani per non lasciarla andare. La donna ancora ridendo felice, mise due pinze sul cordone e fece tagliare al papà proprio nel centro. “Ora ve la devo sottrarre, avrete tutta la vita per tenerla con voi”. La prese, la pulì con movimenti esperti e dolci e la diede in braccio all’infermiera che la portò nella sala adiacente per lavarla e visitarla. Sandra sollevò le gambe di Kate, controllò la discesa e il secondamento, poi tolse i sostegni per farla riposare, mentre Rick scendeva dal letto e faceva stendere, sempre accarezzandole la fronte. “Bene Kate, ora ti lascio riposare con le gambe distese, tra qualche minuto torno a sistemarti”. Le mise una asciugamano sotto le gambe e uscì lasciando Rick che stringeva a sé una Kate stremata, sanguinante e avvolta in fasce e lenzuola.
 
Si guardarono negli occhi ridendo leggermente con le lacrime che ancora scendevano copiose. Lui la baciò piangendo e le sussurrò un “grazie” che gli venne direttamente dal cuore.
Kate disse le sue prime parole da mamma. Furono “sono felice”. Le due più belle parole che Rick avesse mai sentito in vita sua. Lui le accarezzò il viso ancora visibilmente commosso “Allora, è arrivata la piccola Johanna…”. Nel sentire quel nome il pianto di Kate si fece più profondo e Rick si sedette sul bordo del letto, sollevandola e stringendola fra le braccia. “Vorrei darle anche Martha come nome…” disse quando ebbe smesso di singhiozzare, lui la guardò sorridendo e annuì riconoscente. “E come ultimo nome avevo pensato a Nicolle. In fondo in questa bambina c’è una parte di Nikki Heat…e Nikki, beh, potrebbe essere il diminuitivo di Nicolle”. “Hey!” le rispose lui contento e divertito “Mi piace ragazza!”. “Oggi ho anche conosciuto una Nicolle, mi ha aiutato. Anzi..le devo un regalo” rise leggermente in maniera dolce e protettiva e abbracciò Kate forte, come se fosse stata quasi una bambina. Voleva farle sentire il suo calore e tutto il suo amore. La guardò negli occhi umidi e ancora sorridendo disse “Katherine Beckett, da questo momento io e te abbiamo una figlia: Johanna Martha Nicolle Castle”. Poi diventando più serio le poggiò un bacio sulla fronte e le sussurrò “Ti prometto che farò quanto è in mio potere per rendervi felici”. Kate accoccolata sul suo petto gli sussurrò “Ti amo Rick”. Lui le disse piano “Ti amo Kate”.
 
Se ne stava con il naso pigiato contro il vetro, l’unica cosa fresca della città, probabilmente per l’aria condizionata che c’era solo dal lato di osservazione. Dall’altro lato una decina di pupi avvolti in pagliaccetti sgargianti, facevano capolino dalle loro cullette, ignari degli sguardi avidi e famelici dell’intero parentado oltre il vetro. Oltre a loro però c’era, in una culletta in prima fila sulla destra, una principessa. Un batuffolo rosa vestito di un abitino di cotone bianco, oltre il quale si intravedeva un pannolino più grande di lei, teneva un pugno chiuso pericolosamente vicino al mento, col chiaro intento di metterlo in bocca e ciucciarlo. Teneva gli occhi chiusi e ogni tanto metteva il viso in una smorfia curiosissima e adorabile, identica a quella di Kate. Ed era piena di capelli biondi. Rick non aveva potuto trattenere un gesto di vittoria. Gli sarebbe andata a genio una figlia moretta come la mamma, ma no. Johanna era esattamente dello stesso identico colore di Alexis appena nata che, tutti potevano pensare avesse preso da sua madre Meredith, ma non era del tutto così. Anche Martha e suo padre, il nonno materno di Rick, erano rossi. Martha era diventata poi più un biondo ramato, ma il nonno Rick se lo ricordava bene, con quegli occhi di vetro identici ai suoi e i capelli rosso carota esattamente come Alexis. E anche Johanna aveva due sopracciglia dorate minuscole, semplicemente belle come due piccoli raggi di sole. “Sarà perfetta”. Pensò il papà guardandola dal vetro. “E avrà gli occhi della madre. Me lo sento”. Non riuscì a staccarsi da quella postazione in cui lo aveva mandato Kate di sorveglianza, mentre lei veniva lavata e accudita dall’infermiera, con un po’ di aiuto anche di Martha e Lanie che la volle visitare, per assicurarsi che fosse tutto a posto. Ad un certo punto sentì una piccola mano che gli si appoggiava sul braccio. Si voltò e come in un sogno gli sembrò di vedere Johanna fra circa diciott’anni. Nell’euforia, nell’entusiasmo della festicciola che avevano organizzato a piano terra parenti e amici, Castle non si era soffermato a pensare che lui un’altra figlia ce l’aveva già. “Papà” lo chiamò Alexis con dolcezza. “Sai, non credevo che lo avrei pensato così, appena l’avessi vista ma…credimi…quella là…” disse indicando la culletta oltre il vetro “…è proprio mia sorella!”. Rick la abbracciò forte e la sentì ridere. Si commosse a sentire il corpo ormai adulto della figlia contro il suo e la guardò con le lacrime agli occhi. Poi la portò vicino al vetro e indicò la bambina. “Vedi come ti somiglia? È perché Alexis, per una ragione assolutamente magica, in quella bambina scorre metà del sangue identico a metà del tuo. E quando un giorno…” si bloccò con un attimo di imbarazzo e si nascose sulla sua spalla, a fianco al suo piccolo orecchio “…sì…quando un giorno tu avrai dei figli…un quarto del loro sangue sarà lo stesso sangue di Johanna”. Alexis lo guardò colpita dalla sua serietà. Lei sapeva bene quanto suo padre potesse essere un uomo profondo e sensibile, oltre che il suo personale eroe.
Rick le accarezzò una guancia e le disse “So che potrà essere difficile per te…insomma lei è appena nata e a casa ci sarà un po’…” la figlia lo interruppe. “Ti voglio bene papà”. Lui le sorrise con immenso amore, un amore che ora provava raddoppiato, e la strinse al suo petto forte come quando era una bambina non molto più grande di Johanna.
 
Quando Rick entrò nella stanza Lanie stava pettinando Kate. Lei gli sorrise radiosa e lui la guardò rapito dicendole “sei bellissima”. Kate non sembrava affatto provata dal parto. Il viso era lievemente segnato dalla sofferenza, ma la pelle era tesa e la carnagione liscia come quella di una pesca, come sempre. Lanie le aveva pettinato i capelli, ora puliti e glieli aveva appuntati ai lati con due piccoli fermagli. Delle morbidissime onde le scendevano sulle spalle e la facevano sembrare una vera principessa, ma non una di quelle della favole, una di quelle che esistevano nella vita reale, che popolavano le pagine dei rotocalchi con la loro eleganza e raffinatezza. Aveva indossato una camicia da notte di seta chiara, un modello romantico, da vera mamma, comprato per l’occasione. Lanie le spruzzò due gocce di baby-profumo ma Kate la bloccò. “No Lanie…la bambina!” “Kate sono un medico stai tranquilla. Questa è un’acqua per neonati, serve solo a tenere asciutta e fresca la tua pelle e a risaltare il tuo profumo naturale. Tranquillizzati mammina sei un po’ ansiosetta!” le disse sorridendo. Poi guardò Castle che la implorava silenziosamente di lasciarli soli. “Ok gente, io vado a fare un giretto nella nursery”. E salutò con la mano in aria i due neo-genitori che si guardavano felici. Rick guardò intorno la stanza. La luce chiara che trapelava dalle persiane indicava che il sole era sorto da parecchie ore. Non aveva realizzato che avevano passato l’intera notte in ospedale fin quando non aveva letto l’orario di nascita di Johanna sul certificato che aveva firmato nell’ufficio poco prima. 6:15. Era stata mattiniera la piccola. Kate era riuscita anche a riposare un po’ prima di potersi lavare. Non era stato necessario metterle dei punti e questo era un bene. Lui la guardava adagiata su quei cuscini con l’espressione felice e sognante, circondata da quei fiori colorati sparsi in tutta la stanza, insieme ai palloncini, agli orsetti e a qualche abitino di chi aveva voluto osare di più pur non sapendo il sesso del nascituro. La guardava e non sapeva cosa dire, tanto era al colmo della gioia, ma doveva trovare un modo per esprimere quello che sentiva nel suo cuore. Aprì l’armadio dove aveva sistemato il contenuto della valigia e ne estrasse una scatola avvolta in una carta rossa e lucida. La mise tra le mani di Kate che si sollevò a sedere incuriosita. “Sei stata così brava oggi…” disse un po’ intimidito “…meriteresti un grande premio per avermi reso l’uomo più felice del mondo….di nuovo…per ora se puoi, accontentati di questo anticipo”. Kate scartò con trepidazione il regalo. Era raro che Rick le facesse dei regali come le persone normali, i suoi erano sempre giganteschi e strabilianti…nonché costosi, ma forse in questa occasione, lui aveva pensato che nessun prezzo sarebbe valsa quella felicità e così si era lasciato guidare solo da quello che il suo cuore desiderava. Kate si ritrovò con una scatola di legno intagliata fra le mani. Fece scattare la piccola serratura e il cofanetto si aprì rivelando un meraviglioso carillon che raffigurava un villaggio fiabesco innevato. Tutti i dettagli del paesaggio erano curati alla perfezione e proprio al centro della pista di ghiaccio c’erano due figurine che danzavano abbracciate, avvolte nei loro cappotti e sciarpe, stretti per le mani guantate. Rick girò due volte la corda e partirono le note di “When I fall in love” la loro canzone, mentre i due piccoli personaggi innamorati iniziavano a volteggiare al centro della scena. In un angolo c’era una piccola palla di vetro piena di acqua che conteneva un bellissimo albero di Natale sul quale scendevano piccoli cristalli bianchi e argentati mossi dall’ingranaggio della musica. Kate si portò la mano alla bocca commossa. Era certamente una giornata che era iniziata con una grande emozione e stava continuando a sorprenderla in modi inattesi. La musichina si diffondeva dolcemente nella stanza, interrotta solo dai loro respiri. Rick le disse piano “Guarda c’è un cassettino…aprilo!”. Kate tirò la piccolissima mamiglia e trovò nel cassettino un meraviglioso anello. Lo prese fra le mani e lo ammirò, era una stupenda montatura di oro rosa con un diamante luminosissimo al centro. A Kate sembrò di aver già visto quella luce, ma non ci fece caso. Altre figure meravigliose circondavano la pietra, un piccolissimo fiocco di neve d’oro bianco e una stella marina d’oro giallo con un piccolo punto luce rosso al centro. Rick glielo prese dalle mani e ci giocherellò un attimo imbarazzato. Ancora dopo quasi due anni insieme a lei, si sentiva come un suddito a cospetto di una regina, anche se a volte lei lo faceva sentire il suo re. Anzi, quasi sempre. Con un espressione che faceva trasparire la sua emozione cercò di parlare. “Kate, vedi amore, un po’ di tempo fa, circa un anno e mezzo fa per la precisione, ti ho già dato questo anello facendoti una domanda alla quale tu allora hai detto di no” abbassò lo sguardo. Non aveva mai voluto ammetterlo ma una parte di lui si era per sempre rattristata e spenta dopo quella risposta. Kate cercò di parlare. Lui le disse “no, ti prego. Fammi finire. In quel momento non sapevo cosa voleva dire amare. O meglio, quello che provavo era solo l’inizio dell’amore, credevo che non avrei potuto amarti mai più di quanto facevo in quel momento. E invece…” tirò su le spalle rassegnato e la guardò negli occhi “…invece è così. Kate io mi scopro ad amarti ogni giorno di più, e anche dopo che mi sono detto cento volte che di più non potrei amarti, scopro che ti amo di più. Non c’è un punto di arrivo con te. Fra di noi non è importante la meta, il “dove andiamo”, ma è il percorso che è unico, mentre stiamo andando in qualsiasi posto, io vorrei che questo viaggio meraviglioso non finisse mai. E allora mi son detto “Richard Castle, hai il tesoro più prezioso al mondo, il vero amore che ti rende felice. Cosa vuoi di più?”. Niente. La risposta è niente. Anche se io e te non diventeremo mai…” gli si bloccò la voce per l’emozione, ma continuò la frase “…marito e moglie, noi siamo una famiglia adesso”. Vide Kate lasciare libere due lacrime al suono di quella parola. Famiglia.
“Vedi…” le disse prendendole la mano nella sua “…ho fatto modificare l’anello. C’erano la montatura e il diamante. Per me questa pietra rappresentava il nostro amore. Ora non è più così. Questa pietra “è” il nostro amore. Questa pietra è Johanna Martha Nicolle Castle. La montatura è l’idea di famiglia chi ci sorregge, i nostri principi e valori. Dentro ci farò incidere la data di oggi, il giorno in cui questa famiglia è ufficialmente nata. E poi guarda qui, sopra ho fatto mettere questa piccola stella marina gialla, che sono io, con il mio carattere brioso, solare, simile alle onde del mare che a volte si infrangono giocose, a volte un po’ pazze, e questo fiocco di neve bianca, amore mio, sei tu che con il tuo candore, con la tua purezza, hai portato la gioia di una nevicata fresca e sorprendente nella mia vita. Manca solo un piccolo dettaglio….vedi questa piccola pietra sulla stella? Quella è Alexis, Kate. È un rubino, l’ho scelto in onore ai suoi colori e al suo temperamento forte, ma anche passionale come il tuo.” Kate sorrise sinceramente. Lui abbassò lo sguardo, felice, ma turbato dall’effetto che gli faceva parlare a lei di sua figlia. “Ti somiglia, sai?” disse infine con un filo di voce. Voleva quasi cercare una rassicurazione sul fatto che Kate avrebbe continuato a volere un bene speciale ad Alexis anche ora che era nata Johanna. Ma sapeva che sarebbe stato così, anzi, si aspettava di meglio. “Anche se voi non avete un legame di sangue lei è comunque una parte della tua famiglia, lei è una parte di me Kate, così come la pietra è dentro la stella, questo nulla al mondo potrà mai cambiarlo”. La guardò mentre lei per quella grande emozione non aveva ancora proferito una parola. “Rick, perché non…” gli propose porgendogli la mano. Lui annuì e prendendo la sua mano elegante nella sua le mise l’anello all’anulare mentre il cuore gli batteva fortissimo nel petto. Kate si guardò la mano per un istante e poi sussurrò fra sé e sé “for better or for worse…*”. In un flash le tornarono in mente tutti i momenti di dolore e sofferenza che aveva attraversato nella sua vita, prima di lui e anche dopo che lui era finalmente entrato nella sua vita. Poi, in un attimo, come se una luce si fosse sprigionata nel suo cuore sentì tutto l’amore che aveva dentro, come un tornado, sconvolgerla in un mare di ricordi, risate, coccole, carezze, gemiti, urla di dolore, quelle di poche ore fa, le urla del suo travaglio. Guardò Rick negli occhi e con una gioia infinita lo strinse tra le braccia. Lo baciò con dolcezza e amore, appoggiò la fronte alla sua e disse guardandolo negli occhi “I do”. Lo voglio.
 
La porta si aprì alle loro spalle “Guardate chi vi ho portato?” era Lanie che spingeva nella stanza una culletta termica accompagnata dall’ostetrica Sandra. Kate si lasciò andare completamente al suo nuovo modo di essere. Allungò le braccia quasi piagnucolando per avere la bambina e tirò forte a sé Rick, lo voleva vicino. Gliela misero in braccio “Dio come è piccola!” pensò e subito dopo chiese al suo uomo “L’abbiamo fatta davvero noi questa meraviglia?”. Rick non riusciva a credere ai suoi occhi, Kate era innamorata persa della piccola, persa. Le sussurrò “Ciao Johanna, sono la mamma. E qui con me c’è il tuo papà che non vedeva l’ora di conoscerti. Ti aspettavamo sai? Non potevamo immaginare che fossi così perfetta…”. Rick allungò il dito e la piccola lo afferrò stringendolo con forza. “Hey amore di papà…” Lanie osservava rapita da un angolo della stanza. Non ci avrebbe messo più di una mezz’ora a comunicare a Javier che voleva che loro due provassero ad avere un bambino. Era catturata dalla visione di Kate che teneva la piccola fra le braccia. Fece entrare silenziosamente Martha e Alexis, invitandole a godersi la scena senza disturbare troppo. Quando Kate si accorse del loro arrivo li volle vicino. Aspettarono pochi minuti e Ryan, Esposito e Jim Beckett, che aveva già passato una mezz’ora da solo con la figlia, rientrarono da un veloce giro al bar dell’ospedale. Dopo essere riuscita a contenere l’emozione e le lacrime che avevano continuato a scendere, Kate disse con la voce che le tremava “Ecco ora che siamo tutti è arrivato il momento di presentarvi nostra figlia, Johanna Martha Nicolle Castle.” I presenti evitarono di applaudire solo per non disturbare la bambina che ancora si muoveva lentamente sul petto della madre. Ci furono abbracci, sorrisi, gridolini di gioia, pacche di congratulazioni, battute. Era una vera festa. Decisero di stappare una bottiglia di champagne. Ma Kate disse “Aspettate, c’è un'altra cosa che vorrei dire”. Quando ebbe di nuovo l’attenzione di tutti guardò Rick che annuì comprendendo il contenuto dell’annuncio. Nessuno se lo aspettava ma non fu certo una sorpresa sentirlo dire “Abbiamo deciso di sposarci”. A quel punto non ci fu motivo per far attendere ancora lo champagne che non aspettava altro che essere aperto. Tra le congratulazioni generali e gli auguri di tutti, Kate si rivolse verso Alexis e si rese conto che lei non le si era ancora avvicinata dalla sera prima. La trovò a fianco alla nonna. Ferma a guardare Kate che stringeva Johanna a sé. Non aveva uno sguardo felice. “Forse” pensò Kate “le manca sua madre. Forse si sente esclusa, non è più l’unico amore della vita di Richard, forse teme che io le vorrò meno bene ora che ho una figlia mia. Forse pensa che le dedicheremo meno attenzioni, forse ha paura”. Mentre queste idee le affollavano la mente trovò più facile parlarle. “Hey Alexis”. “Hey Kate”. Alexis non mollava il braccio della nonna, come un’ancora. Kate le sorrise dolcemente “Vuoi tenerla?” le disse facendo un cenno con la testa verso la piccola. Kate non l’aveva lasciata tenere a nessuno, neanche Richard ne aveva ancora avuto occasione da quando era nata. Alexis guardò il padre, spaventata. Cercò in lui un’altra ancora di salvezza per questo mare di questa nuova famiglia in cui doveva tuffarsi. Rick la guardò con dolcezza e un po’ di timore e le disse con calma “Non devi se non te la senti Alexis” mettendole una mano sul braccio. “Hey” gli disse Kate ferma “no, Rick”. Sapeva che doveva incoraggiarla a tuffarsi, non a restare a riva dove era protetta, ma lontana. Avevano tutti paura, ma continuare ad averne non sarebbe servito a nulla. Si voltò e lo guardò con dolcezza “È la sua sorellina. Andrà bene”. Poi si rivolse ad Alexis e le disse sorridendo “Perché non ti vieni a sedere sul letto, qui vicino a me?”. Lei si avvicinò mentre Martha la incoraggiava dolcemente, si sedette sul letto e Kate avvicinò la piccola alle sue braccia. In quel momento Johanna si agitò e Kate la calmo velocemente muovendo un po’ le braccia e parlandole, come se la tenesse in braccio da sempre. “Hai visto?” disse rivolta ad Alexis “Fa i capricci perché è piccola, ma lei non vede l’ora di conoscerti”. Ora la piccola era Alexis, era lei che andava accompagnata e presa per mano, e Kate era già pronta a starle vicino. Rick le guardò tutte e tre con ammirazione e gli venne quasi da piangere. Alexis ora reggeva la sorellina fra le braccia, mentre Kate le mostrava come doveva sostenerle la testa. La bambina si accomodò fra le braccia della sorella maggiore e si calmò, rimanendo immobile col pancino che faceva su e giù per il respiro. “Ha il tuo stesso naso, guarda!” le disse Kate. Alexis rispose senza distogliere lo sguardo dalla bambina, rapita “No, non è possibile Kate, io ho il naso identico a quello di mamma, il suo naso somiglia al tuo, perché non è assolutamente come quello di papà, vedi? Però ha i miei colori a quanto sembra…” si voltò e vide che Kate la guardava piena di amore. Lo aveva detto solo per farle piacere, per farle sentire di più la vicinanza a quella piccina. Lo sapeva bene che il naso era identico al suo, lo aveva notato immediatamente, quando gliel’avevano messa sul petto appena nata. Una madre non avrebbe mai fatto un errore del genere. Alexis sorrideva, serena con la piccola in braccio “Grazie” disse a Kate. “Ora siamo veramente una famiglia” le rispose lei con una carezza. Rick si avvicinò e prese dolcemente Johanna dalle braccia di sua figlia che gliela porgeva con cautela, si sedette sul letto e Kate si appoggiò completamente al suo fianco e alla sua spalla, Alexis si accoccolò dall’altro lato e stettero così a guardare Johanna dormire per un tempo infinito, mentre intorno il mondo girava, i loro amici e la loro famiglia, Jim, Martha, Lanie e Javier, Kevin, Jenny, Roy Montgomery, e tutti gli altri, gli esprimevano il loro affetto e la loro vicinanza. Johanna Martha Nicolle dormiva pacifica, ogni tanto abbozzando un sorrisetto, come quando si dice che i neonati che ridono nel sonno sognano gli angeli. I loro cuori traboccavano d’amore. Il caldo continuava a flagellare la città in quella estate anomala. Eppure, cari amici, qualcuno potrebbe giurare di aver visto scendere la neve quel giorno a new York.
 
 
 

*trad. it. non letterale


Angolo dell'autrice:
Non so proprio cosa dire, 
è finita e, come tutte le favole, ci lascia un senso di dolcezza e tristezza allo stesso tempo.
Spero, alla fine, di essermi guadagnata la vostra approvazione e di avervi fatto un po' sognare.

Voglio dedicare questa storia a tutte le amiche e colleghe scrittrici che ho conosciuto grazie a Castle, per il loro affetto e il loro sostegno. Vi voglio bene ragazze!

Ora andiamocene piano piano...shhhh...lasciamoli soli :)

Un forte e "cado" abbraccio a tutti,

Tersicore150187

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