Combinazioni ovvero Coincidenze di Nischino (/viewuser.php?uid=16452)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Oblivion ***
Capitolo 2: *** Furia Coraggiosa ***
Capitolo 3: *** Impulsi ***
Capitolo 4: *** Domande senza risposta ***
Capitolo 5: *** Incubi ***
Capitolo 6: *** Ergo ***
Capitolo 7: *** Andando all'indietro ***
Capitolo 8: *** Faccia a Faccia ***
Capitolo 9: *** Alla fine ***
Capitolo 1 *** Oblivion ***
Introduzione: i
vecchi amori, i primi amori, non muoiono mai. Ed è per
questo che, dopo tanto tempo, ho ripreso in mano Harry Potter e ho
deciso di dedicargli una nuova storia. Come al solito, quando si parla
del suo universo (che vorrei tanto fosse anche il mio) , le parole mi
escono di getto, così come la trama, i dialoghi, il dolore,
la speranza. Questa è una sotria scritta in cinque giorni,
passati interamente davanti al pc a scrivere e scrivere come non mi
capitava da tanto tempo. E' stato così bello e liberatorio
scrivere di Harry e di Draco e di Ron ed Hermione come facevo anni fa.
Mi sono ricordata quanto sia bello ed importante il dono che mi
è stato concesso: amo scrivere. A volte mi capita di
dimenticare quanto sia speciale questa mia passione ma, per fortuna, c'è sempre qualcuno a
ricordarmelo.
Questa storia è
ambientata durante un ipotetico settimo anno (cosa? La Rowling ha
già scritto un libro a riguardo? Io non ne so niente! Cosa?
Fred muore? E anche Remus? No, non è possibile, ve lo siete
immaginato. L'ultimo libro di Harry Potter è "Harry Potter e
Il Principe Mezzosangue", sono sicura! Eh? Come? Harry sposa Ginny?
Naaah, allora è sicuro! Non esiste!) e tiene fede a tutti
gli avvenimenti narrati in Harry Potter fino a "Harry Potter e L'Ordine della Fenice".
Vi auguro una buona lettura.
Prologo
- Oblivion
Hogwarts
I
corridoi di Hogwarts erano bui e deserti a quell’ora della
notte e,
soprattutto, erano freddi. Il gelo invernale trapassava le pareti di
pietra
perché nessuno si era curato di fare qualche incantesimo
antigelo al settimo
piano. In realtà, quell’anno, la maggior parte
degli incantesimi che
solitamente rendevano la scuola accogliente non erano stati fatti, come
se
l’intero corpo insegnanti fosse sprofondato in una sorta di
torpore, come se ci
fosse stato qualcos’altro a cui pensare, qualcosa di
più importante.
Anche
le lezioni si erano fatte noiose e ripetitive ed i pochi studenti
tornati ad
Hogwarts quell’anno passavano le ore a pensare ad altro,
bisticciare, e nessuno
avevano ancora aperto un libro dall’inizio
dell’anno scolastico.
A
nessuno sembrava importare.
Era la
guerra, naturalmente. La guerra che incombeva su tutte le famiglie e su
tutta
l’Inghilterra e che, molto presto, avrebbe coinvolto il mondo
intero.
Velocemente,
dopo l’attacco dei mangiamorte al Ministero, la voce sul
ritorno di Voldemort
si era sparsa in tutto il Mondo Magico; molte delle famiglie avevano
ritirato i
figli dalla scuola e si erano rifugiate dove credevano che il Signore
Oscuro ed
i suoi leccapiedi non potessero raggiungerle.
Ovviamente
sbagliavano di grosso.
Perché
una volta conquistato il potere non ci sarebbe stato luogo al mondo che
Voldemort non avrebbe potuto raggiungere, uomo che non avrebbe potuto
uccidere
e famiglia che non avrebbe potuto sterminare.
Hermione
rabbrividì perché uno spifferò
penetrò nella sua divisa, nonostante la tenesse
ben stretta attorno a sé. A farle compagnia c’era
solo la statua di un
cavaliere dall’aspetto virile a dagli occhi audaci.
Tra le
mani teneva un foglio di pergamena, un messaggio che aveva ricevuto
quella
mattina a colazione via gufo e in cui le veniva chiesto di farsi
trovare nel
corridoio del settimo piano all’una del mattino.
Hermione
non era sorpresa dal contenuto del messaggio perché gli
incontri segreti erano
divenuti una sorta di routine da quando a scuola non erano rimasti che
pochi
studenti e molti figli di mangiamorte, ma era il suo mittente a
sconcertarla.
Inizialmente
aveva creduto che si trattasse di uno scherzo o di una trappola ma poi
si era
detta che mai Draco Malfoy gliene avrebbe tesa una proprio ad Hogwarts,
sotto
gli occhi di diversi membri dell’Ordine.
Così
aveva deciso di presentarsi all’appuntamento, nonostante
fosse terrorizzata; si
sapeva ormai da tempo che Malfoy era destinato a prendere il marchio
nero e che
non sarebbe passato molto tempo prima che questo accadesse. Si sapeva
anche,
seppur non ufficialmente, che Voldemort aveva stabilito il suo quartier
generale a Malfoy Manor, impenetrabile a causa delle decine di
incantesimi
piazzati a tutti gli ingressi e ai mangiamorte che la sorvegliavano
giorno e
notte.
L’una
era passata ormai da una decina di minuti quando Hermione
sentì dei passi in
fondo al corridoio; presa da un panico improvviso si nascose dietro la
statua
del cavaliere e vi rimase finché non vide apparire, dalla
penombra, una figura
incappucciata che si guardò intorno, circospetta, una, due e
tre volte, prima
di calarsi il cappuccio e rivelare i capelli biondi del principe di
serpeverde.
Hermione
uscì dal suo nascondiglio, nonostante fosse ancora titubante
ed incerta e
terrorizzata all’idea che, da un momento all’altro,
dal buio potessero apparire
anche i compagni di scorribande di Malfoy.
Invece
non apparve nessun altro.
-Granger-
la salutò; stranamente, dalla sua faccia, era sparito
quell’odioso ghigno che
l’aveva caratterizzato per tutti quegli anni, anche se la sua
espressione di superiorità
non l’aveva abbandonato
-Che
vuoi Malfoy?-.
Ancor
prima di vederlo, Hermione aveva deciso che sarebbe stata sbrigativa,
chiara e
concisa e ci teneva a continuare con quei buoni propositi
-Subito
al sodo, Granger?- si avvicinò di un passo e lei,
inconsciamente, arretrò.
Nella luce che proveniva dalla finestra il volto di Malfoy sembrava
ancora più
pallido del solito e le ombre accentuavano la magrezza naturale, ma ora
forse
scheletrica, del suo viso –Obliviami-.
-Che
cosa?- Hermione si stupì nell’udire la propria
voce uscire come un gridolino
strozzato –Non posso fare
una cosa
del genere! Che cos’è, uno scherzo?-.
-No-
Malfoy si era avvicinato ancora e le aveva afferrato un braccio, in
modo da non
lasciarle via di scampo –Non è una trappola.
Chiedimi quello che vuoi,
procurati anche del veritaserum ma,
Granger, giuro che è la verità quando ti dico che
non lo faccio per il mio bene
ma per il vostro. Puoi interrogarmi, chiedermi se lo faccio
perché è stato il
Signore Oscuro ad ordinarmelo e scoprirai che non è
così-.
Hermione,
allora, constatò che Malfoy era disperato. Disperato al
punto da chiedere a lei di
aiutarlo. E sentì il bisogno, quasi
il dovere, di credergli. Sapeva che non stava mentendo.
-Perché
vuoi che lo faccia?- domandò e, ancora una volta, la sua
voce tremò così come
le sue gambe
-Non posso
dirtelo- Malfoy le rivolse uno sguardo implorante e, per Merlino, da
quando
Malfoy implorava, seppur solo con lo sguardo?
Nonostante
lui le facesse una paura tremenda, Hermione sapeva che non stava
mentendo ed il
suo intuito non si era mai sbagliato.
-Che
cosa vuoi dimenticare?-.
Malfoy
parve illuminarsi di una felicità tetra e di sollievo. La
lasciò andare.
-Tutto
quanto su quest’ultimo anno. Voglio ricordare solo le lezioni
e tutto ciò che
riguarda Zabini. Pensi di poterlo fare, Granger? Ho sentito dire che
sei la
migliore con questi incantesimi-
-Posso
provarci-.
Hermione
sfoderò la bacchetta e sentì un brivido correrle
lungo l’avambraccio ma non
sapeva dire se fosse a causa del freddo o della paura. Allungo la
bacchetta e
la poggiò sulla tempia di Malfoy.
-Grazie,
Granger-
-Oblivio-
e mentre pronunciava
l’incantesimo Hermione sentì che qualcosa le
scivolava in tasca.
eHm...
Spero davvero che questo primo
capitolo vi sia piaciuto.
Un commento è la moneta
più preziosa con cui un lettore possa ripagare un'autrice
come me, e la cosa più bella è che a voi non
costa niente, se non due minuti del vostro tempo.
Nischino
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Capitolo 2 *** Furia Coraggiosa ***
Capitolo Primo: Furia Coraggiosa
Malfoy
Manor
Hogwarts
aveva chiuso i battenti e suo padre era talmente compiaciuto che Draco
non
l’aveva mia visto così felice. Si aggirava per il
maniero con addosso
un’espressione talmente felice da far invidia al Signore
Oscuro che, da quando
aveva torturato qualche babbano e violentato altrettante mezzosangue,
sembrava
rinato anche nello spirito. Ma non erano solo la caduta in disgrazia di
Silente
e l’ascesa del Signore Oscuro a rendere Lucius
così felice. Quel giorno, il
cinque febbraio, suo figlio avrebbe preso il marchio nero e,
finalmente, sarebbe
potuto entrare ufficialmente nella schiera dei mangiamorte e combattere
al suo
fianco per la giusta causa di Voldemort.
Il
rituale prevedeva che Draco giurasse eterna fedeltà al
Signore Oscuro e,
dopodiché, avrebbe avuto l’onore di ricevere il
marchio da Voldemort in
persona.
Il
rituale si sarebbe svolto nella sala da pranzo di Malfoy Manor e
lì Draco
attendeva che Voldemort arrivasse in compagnia di suo padre, sua madre,
sua zia
Bellatrix ed altri mangiamorte di cui non conosceva il nome, oltre ad
alcuni
suoi vecchi compagni di scuola.
Finalmente
avrebbe preso il marchio ed avrebbe reso orgoglioso suo padre, cosa che
aveva
tentato di fare per tutta la vita anche se con scarsi risultati.
Una
volta aveva avuto paura di quel rituale ma, ora che era venuto il
momento, si
sentiva come inebriato da una nuova sensazione che assomigliava molto
al
compiacimento, perché sentiva di stare facendo la cosa
giusta.
Voldemort
si materealizzò al centro della stanza insieme a Minus e a
Blackgoul, un’altra
new-entry, di un anno più vecchio di lui, e che sembrava
essere ai primi posti
nelle preferenze di Lord Voldemort.
-Bene
bene, Malfoy Junior- il Signore Oscuro strisciò verso di lui
con in pugno la
bacchetta gemella di quella di Potter. Gli si accostò e
avvicinò il volto al
suo in modo che Draco riuscisse a guardarlo dritto nelle pupille.
-Malfoy
sei pronto a ricevere il marchio?- domandò e la sua voce
sembrò divenire
all’improvviso molto più alta e riempì
le pareti dell’intera sala. I presenti
trattennero il fiato
-Sì
mio Signore- disse Draco, con solennità
-Mi
giuri fedeltà?-
-Sì
mio signore-
-E
giuri che impiegherai tutte le tue forze per estirpare dal mondo quella
razza
putrida ed inetta di mezzosangue?-
Draco
esitò e guardò Voldemort che sorrise; Draco ebbe
come la sensazione di essere
letto fin nel profondo e che Voldemort potesse sentire ogni suo
pensiero, ogni
sua incertezza e ogni suo ricordo.
-Lo
giuro-
-Allunga
il braccio-.
Draco
obbedì e Voldemort vi poggiò sopra la bacchetta
-Io
ti
marchio come mio servitore-.
Un
dolore acuto e lancinante percosse l’intero corpo di Draco ma
fu solo un
istante, il tempo necessario perché dalla bacchetta di
Voldemort uscisse un
lampo di luce verde, un serpente che si insinuò sotto la
pelle di Draco e che
si acquietò sul suo avambraccio, prendendo la forma del
marchio.
Narcissa
si lasciò sfuggire un singhiozzo perché suo
figlio era stato battezzato.
La
Tana – Nuova sede dell’Ordine
Harry
era infuriato. Era infuriato perché Hogwarst era stata
chiusa, perché Silente
era stato rinchiuso nelle segrete dal Ministero e perché
nessuno sembrava
d’accordo con lui sul suo piano per farlo evadere.
Remus,
sul cui appoggio Harry aveva contato fin dall’inizio, aveva
bocciato la sua
idea come suicida. Hermione e Ron continuavano a ripetergli che, se
Silente si
era lasciato catturare, aveva avuto i suoi motivi perché ne
aveva scappate così
tante, durante la sua lunga vita, da non essere così sciocca
da farsi
imprigionare dal Ministero per false accuse. Su questo punto Harry non
aveva
granchè da obiettare ma restava il fatto che lui, da solo,
non sapeva davvero
come affrontare tutta la faccenda.
Tutti
davano per scontato che lui avesse un piano, un asso nella manica per
sconfiggere Voldemort, e invece Harry non aveva proprio niente, se non
mal di
testa continui.
Per
quel pomeriggio era stata indetta una riunione straordinaria per tutti
i membri
dell’Ordine ma Harry, diamine, Harry non sapeva davvero che
cosa inventarsi,
che cosa dire a tutta quella gente che aveva riposto in lui una fiducia
che non
meritava.
Si
sentiva sconfortato e solo, abbandonato anche dai suoi amici che
avevano reagito
ai recenti avvenimenti (l’arresto di Silente, la distruzione
di una parte di
Londra, lo sterminio di intere famiglie) in modi del tutto inaspettati.
Ron era
furioso. Furioso nel senso che ce
l’aveva a morte col mondo, con tutto ciò che
respirava e non riusciva a darsi
pace. La notte Harry lo sentiva mugugnare e lanciare maledizioni e
gioire della
morte di questo o quel mangiamorte, immerso in un sonno profondo.
Harry, al
contrario, la notte non dormiva e rimuginava su strategie e piani, ma
tutti risultavano
irrealizzabili.
Hermione,
invece, era sempre assorta nei suoi pensieri. A volte si perdeva per
lunghi
minuti a fissare il vuoto e Harry era giunto a chiedersi se, per caso,
non
dormisse con gli occhi aperti o non stesse diventando matta. In quelle
ultime
settimane Harry aveva visto un sacco di maghi capaci andare fuori di
testa e si
augurava che non succedesse anche a lui. La pressione a cui era
sottoposto era
enorme e sapeva di non poterla condividere con nessuno.
L’Ordine
si riunì nel salotto della Tana. Quando Harry
entrò si accorse che tutti i
posti attorno al tavolo e sul divano erano stati occupati, tranne
quello a
capotavola. Naturalmente era un invito, una conferma della presa
posizione
dell’Ordine che lo considerava (ma, diamine, aveva solo
diciassette anni!) il suo
capo.
Harry
prese posto e sospirò.
-Qual
è l’ordine del giorno?- domandò a Remus
che, seduto alla sua destra, aveva
l’aria più grave e seria di tutti
-Sempre
lo stesso. Ieri un altro paese è stato distrutto e, ancora
una volta, i
mangiamorte hanno fatto razzia e poi sono scomparsi. L’unica
cosa che possiamo
fare è attendere un loro attacco perché le loro
difese, a Malfoy Manor, sono
impenetrabili.
Ma
Voldemort, Harry, non ti attaccherà mai finché
non sarà sicuro di vincere.
Dobbiamo escogitare una trappola, obbligarlo ad uscire dal suo
nascondiglio-.
Harry,
tutte queste cose, le sapeva già e si chiese
perché Remus continuasse a
ripetergliele in continuazione. Che cos’era? Una sfera di
cristallo in grado di
dare loro una soluzione immediata a tutti i loro problemi?
-Ci
sto pensando, ma non so che cosa fare- si risolse a dire
–Nessuno di voi ha
qualche idea?-.
Nessuno
ne aveva perché le avevano già messe tutte in
pratica ed erano fallite
miseramente a volte peggiorando addirittura la situazione
-Possiamo,
per lo meno, stare all’erta. Organizzare delle squadre di
ricognizione in ogni
città e paese in modo che possano avvisarci non appena
subiscono un attacco-.
A
parlare era stato Robert, appena entrato nell’Ordine. Era un
ragazzo a posto,
di circa la sua età, ma Harry non aveva avuto molto tempo
per parlarci. Insieme
a Robert, nell’Ordine, erano entrati anche Neville e Luna ed
alcuni auror che
avevano compreso le vere intenzioni del Ministero. Comunque, rispetto
ai
mangiamorte, restavano un numero infimo
-Buona
idea- disse Harry –Chi se ne può occupare? Remus,
Arthur?-. Entrambi annuirono
ed Harry pensò che, per lo meno, dal momento che era il capo
nessuno si
permetteva di mettere in dubbio le sue decisioni.
-Molto
bene. Se non ci sono altri punti, direi che la riunione è
tolta. Tenetevi
sempre molto stretti i vostri anelli, nel caso di un attacco li
sentirete scottare.
Cercherò un modo più efficiente per tenerci in
contatto-.
**** In
realtà Hermione non stava diventando matta. Era solo confusa.
Continuava
a rigirarsi tra le mani quel ciondolo a forma di ballerina che Malfoy
le aveva
infilato in tasca e non riusciva a capire che cosa fosse.
Il
gesto di Malfoy non era stato casuale e quella ballerina
d’argento doveva di
certo rappresentare qualcosa. Solo che, nonostante si scervellasse, non
riusciva davvero a capire cosa.
Inoltre
aveva saputo che Malfoy aveva preso il marchio.
Che
cos’era quella ballerina?
Più
ci
pensava più le veniva mal di testa. Forse parlandone a Ron o
a Harry avrebbe trovato
la soluzione più facilmente ma aveva paura di dover dare
troppe spiegazioni.
Che
cosa sarebbe accaduto se avessero scoperto che aveva aiutato Malfoy, un
mangiamorte?
Nulla,
probabilmente, ma era comunque meglio non rischiare. E poi era convinta
che, se
la ballerina era stata consegnata a lei, un motivo doveva esserci.
Per
alleviare il senso di colpa, Hermione si diceva che Harry aveva
già troppe cose
per la testa e che Ron era troppo suscettibile per riuscire a ragionare
lucidamente su una cosa qualsiasi. Probabilmente aveva ragione.
Da
quando aveva la ballerina, Hermione aveva cercato su tutti i libri che
aveva
potuto trovare che cosa fosse o che cosa potesse rappresentare, ma non
aveva
trovato niente. La ballerina, anche nella lettura delle foglie del
tè (la sua
curiosità l’aveva spinta addirittura a
rispolverare i libri della Cooman), non
aveva alcun significato.
E
allora perché Malfoy gliel’aveva infilata in tasca? ****
Robert
aveva cominciato a fare un filo spudorato ad Harry e, tranne Ron, se
n’erano
accorti tutti. Gli ronzava attorno giorno e notte, riempiendolo di
complimenti
e le sue conversazioni erano ricche di frecciatine e praticamente una
cantilena
continua doppi sensi.
A
Harry Robert non dispiaceva. Lo trovava un piacevole diversivo per i
momenti in
cui non voleva pensare o per quelli in cui si sentiva depresso.
Aveva
cominciato a parlare una notte, davanti al caminetto; insonne come al
solito,
Harry era sceso al piano di sotto, irritato a morte dalle continue
minacce e
cruciatus di Ron e, in salotto, aveva incontrato Robert.
Non
era un ragazzo stupendo, ma nemmeno brutto, e i suoi lineamenti erano
dolci ed
aggraziati, armoniosi.
-Posso?-
gli aveva chiesto Harry indicando il posto libero accanto a lui
-Certo-.
Erano
rimasti in silenzio a fissare il fuoco. Harry non aveva una gran voglia
di
parlare al contrario di Robert che sembrava scalpitare dalla voglia di
dirgli
qualcosa.
-Come
mai non dormi?-
-Non
ho sonno – aveva mentito Harry. Robert era poco
più di uno sconosciuto e Harry
detestava quando gli sconosciuti gli ponevano domande, soprattutto se
erano
domande idiote
-E’
colpa dello stress, vero? Anche io non riuscivo a dormire, dopo la
morte dei
miei genitori e di mia sorella. Ora ci ho fatto l’abitudine-
-Mi
dispiace-
-Non
devi dispiacerti. Tu stai facendo tutto il possibile per aiutarci a
sconfiggere
il Signore Oscuro-.
Harry,
ormai veterano di questo tipo di approcci, aveva capito subito che
Robert
cercava di adularlo eppure, forse perché era notte fonda e
cominciava a sentire
il peso della fatica della giornata o forse perché Robert
era un ragazzo
carino, aveva finto di non accorgersene
-Grazie-
-Nulla-
Robert gli aveva sorriso –Sei molto coraggioso, Harry-.
Da
quel giorno gli attacchi di Robert furono incessanti, eppure Harry non
sembrava
dispiacersene anche se non era ancora chiaro a nessuno se avesse
intenzione di
assecondare Robert oppure no.
Mentre
Ron insisteva nel dire che mai e poi mai tra Harry e Robert ci sarebbe
stato
del tenero, Hermione era scettica. Continuava ad osservare Harry,
convinta che
in lui ci fosse qualche cosa di strano.
Nel
modo in cui guardava Robert mancava quella scintilla che aveva animato
Harry
tutte le volte che aveva desiderato qualcuno. Se lo conosceva bene,
–e lo conosceva
bene, molto più delle proprie tasche- Harry si stava
lasciando andare a quella
storia per dei motivi sbagliati, come la noia o il bisogno di
distrazione.
Ma
finché Harry non avesse dimostrato intenzioni più
serie, Hermione non poteva
fare a meno che starsene in disparte e mettere in guardia Harry. Che,
puntualmente, non le dava ascolto.
eHm...
Non ho molto da dire su questo capitolo...spero
davvero che vi sia piaciuto e che la storia cominci ad
incuriosirvi.
Sto passando un periodo piuttosto triste della mia
vita, quindi non mi va di dilungarmi in inutili sproloqui idioti. Vi
lascio con la speranza che abbiate apprezzato la mia scrittura.
A presto!
|
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Capitolo 3 *** Impulsi ***
Capitolo
Secondo: Impulsi
Malfoy Manor
Mentre
Draco si guardava allo specchio, rendendosi conto di essere dimagrito
ancora,
gli venne in mente una conversazione che aveva avuto con Blaise in quei
mesi
che aveva frequentato Hogwarts (tra le altre cose, si chiedeva dove
fosse
finito Zabini).
Draco
è davanti allo specchio che controlla
come gli sta la divisa. Blaise è disteso sul suo letto, con
le gambe
accavallate e la mani sotto la nuca e fissa il soffitto.
Draco gli dice
-Sai, ho scoperto delle cose
interessanti
sull’incantesimo Oblivion-
-Cos’è? Vuoi
Obliviare Paciock per fargli
dimenticare quant’è stupido?- Draco ride e si
sistema la cravatta
-Sul serio. Lo sai che è
reversibile? Non
del tutto, ma può succedere-
-Non l’avevo mai sentito-
dice Blaise e
scrolla le spalle
-Davanti ad un forte shock o prima
di
morire- spiega Draco lisciandosi le sopracciglia con le dita
–Incredibile vero?
E sai cos’altro è incredibile? Ho sentito che la
Granger è la migliore con questo
tipo di incantesimi-
-Draco, non è che vuoi
farti Obliviare?- chiede
Blaise, scettico
-Non dire stupidaggini. Dico solo
che è
strano che una mezzosangue sia in grado..-
-Draco,
smettila con quelle sopracciglia o ti
si attaccheranno alle dita- lo interrompe Blaise e sembra spazientito
–Faremo
tardi a lezione-
-Sia in grado di praticarli in modo
impeccabile- conclude Draco e si lascia stare le sopracciglia
-Non lo so, la Granger sembra brava
in
tutto-
-Lo so-.
Chissà
come mai gli era venuto in mente Blaise. Forse il suo subconscio gli
suggeriva
di mettersi a posto le sopracciglia. E così fece.
La
Tana
Dopo
cena Harry e Robert si ritrovarono soli nella cucina di Molly Weasley
che
odorava di aria fritta e uova, quello che avevano mangiato per cena.
Le
persone che mangiavano alla Tana non erano mai le stesse e, a volte,
Molly si
ritrovava a dover cucinare per un esercito di bocche affamante.
Quella
sera, però, alla Tana non c’erano che Molly, Ron,
Hermione, Ginny, Harry e
Robert. Erano passati solo pochi giorni dalla loro conversazione
davanti al
caminetto e Harry capì che Robert si stava chiedendo se
fosse, o meno, troppo
presto per tentare un approccio diretto. Lo era? Probabilmente si. Ma
aveva
importanza?
Da
quando era cominciata la guerra, Harry aveva perso il senso del tempo,
il suo
significato. Una volta l’aveva sprecato credendo di poterlo
recuperare in
qualsiasi momento. Le ore passate a fare altro durante le lezioni, il
tempo
passato a studiare, quello che non aveva dedicato ai suoi amici o a
fare quello
che desiderava realmente era tempo perduto che non avrebbe potuto
recuperare
mai più. E, ora che il domani era incerto e che
c’era la possibilità di morire,
ogni giorno ed ogni istante, e vivevano tutti nell’incertezza
che le persone a
loro vicine non sopravvivessero a quella battaglia, Harry si chiedeva
se il
metro di giudizio che aveva utilizzato fino a quel momento fosse
corretto.
Il
giorno dopo, forse, sarebbe stato morto. Era giusto far aspettare
Robert per un
bacio quando era una cosa così semplice ed innocua in
confronto ad una morte
imminente e al tempo che non avrebbe mai avuto?
Forse
Robert non era la sua anima gemella ma poteva bastargli per consolarsi
nel
tempo che gli rimaneva.
Il
presentimento di una morte imminente non l’abbandonava mai.
Si sentiva vuoto,
distrutto, disarmato davanti agli eventi della vita che si susseguivano
senza
che lui potesse fermarsi per poter pensare, almeno per un momento, a
Sirius,
che era morto per salvarlo, a Cedric, che era morto per colpa sua, ai
genitori
di Neville che avevano dato forse anche più delle loro vite
per una causa che
non era ancora stata vinta e che sarebbe toccato a lui portare a
termine.
Tutte
queste morti pesavano su di lui come un presagio di un avvenire oscuro.
E
allora un bacio non era altro che un gesto, piccolo, per dimostrare un
sentimento che Harry non riusciva a provare, perché era
così terrorizzato
dall’avvenire che l’unica cosa che riusciva a
sentire era la paura ed il dolore
alla testa.
Ma
Robert era lì, ed era reale, non come la sua paura
irrazionale di fallire.
Così
Harry gli si avvicinò lentamente e gli sfiorò una
guancia. Non aveva mai
baciato un ragazzo ma doveva essere proprio come con una ragazza.
Si
chinò sul suo volto e gli toccò le labbra con le
proprie. Robert s’irrigidì
prima di cingergli il collo con le braccia e ricambiare il bacio
appassionatamente.
Le
labbra di Robert erano ruvide, grandi e calde ed Harry ebbe come la
sensazione
di venire risucchiato nella sua bocca. Sapeva che, tra uomini, non
c’erano gli
stessi scrupoli di quando si faceva la corte ad una donna.
Il
bacio non era altro che il principio, la premessa per una notte che era
appena
cominciata e che si sarebbe risolta in camera da letto.
Baciare
un ragazzo, farci l’amore, gesti normali di una vita
quotidiana che Harry non
aveva mai avuto. Voleva costruirsela, però, e voleva farlo
con tutte le sue
forze. Uccidere Voldemort era il primo passo verso questo suo sogno
impossibile
che teneva chiuso in un cassetto fin da quando era bambino, ben prima
che
l’assurdità della sua vita lo travolgesse.
E,
se non fosse riuscito a sconfiggere Voldemort, per lo meno avrebbe
permesso ad
altri di vivere quel suo sogno. E sperava che le persone a cui aveva
voluto
bene, Ron, Hermione, gli Weasley, potessero essere felici anche per
lui.
Malfoy
Manor
Draco
si posò sul volto la maschera da mangiamorte e si
coprì il capo col cappuccio
scuro. Quella sera sarebbe avvenuta la sua iniziazione.
Dopo
pochi giorni dal rito del marchio, era stato prescelto per attaccare,
insieme
ad un piccolo gruppo di mangiamorte, un villaggio di maghi poco fuori
Londra.
L’obbiettivo era quello di seminare un po’ di
panico ed una buona dose di
terrore, in modo da facilitare al suo Signore l’ascesa al
potere.
Suo
padre e Bellatrix l’attendevano nell’atrio del
Maniero, pronti a
smaterializzarsi.
Draco
poteva sentire l’eccitazione che li pervadeva e che, da
lì a poco, si sarebbe
diffusa anche dentro di lui.
-Sei
pronto, Draco?-
-Si
padre- Lucius annuì (il compiacimento sul suo volto
aumentava di giorno in
giorno e Draco cominciava a chiedersi come fosse possibile che una
faccia
potesse risultare così compiaciuta da essere irritante) e si
posò la maschera
sul volto.
-Chiamali,
Bellatrix-.
Lei
sorrise e, ancora una volta, il modo in cui i suoi angoli della bocca
si
piegarono all’insù fece venire i brividi a Draco.
Bellatrix era una donna
bellissima, bella al punto da poter essere ritratta come regina degli
Inferi o
Dea del Satanismo e Draco la trovava spaventosa. C’era una
qualcosa di sadico,
nei suoi occhi, che ricordava quelli di Voldemort.
La
strega si sollevò la manica per scoprire
l’avambraccio tatuato e vi poggiò la
bacchetta. Draco sentì il familiare formicolio, doloroso,
della chiamate del
Signore Oscuro. Poi, insieme a suo padre e a Bellatrix, si
smaterializzò.
Si
ritrovarono nella piazza del villaggio e la prima cosa che
colpì Draco non
furono le fiamme che già divampavano da tutte le abitazioni
che li
circondavano, ma le urla di donne straziate e i pianti dei bambini. Si
guardò
attorno: decine di mangiamorte la cui identità era
irriconoscibile, celata
dietro alle loro maschere di morte, si aggiravano lungo le strade della
città,
uccidendo e massacrando, torturando.
C’erano
corpi morti in ogni strada e sangue dappertutto. Più si
guardava attorno più
Draco sentiva la voglia di darsela a gambe e rifugiarsi in un angolo
aspettando
che tutto finisse.
Ma
non era possibile. Aveva preso il marchio e, da quel giorno in avanti,
aveva
giurato di servire Lord Voldemort.
Un
rombo risuonò nell’aria e Draco sollevò
il capo verso il cielo. Contro la luce
dei lampioni si stagliavano decine di uomini in sella alle loro scope:
membri
dell’Ordine.
Uno
schiantesimo lo mancò di un soffio e Draco, allora,
ricordò che erano lì per
uccidere, esattamente come lui.
Si
guardò attorno e si accorse che, oltre a quelli sulle scope,
ce n’erano altri e
avevano cominciato a lottare nelle strade, permettendo agli abitanti
del
villaggio di scappare.
Uno
schiantesimo lo colpì in mezzo al petto, facendolo volare
dall’altra parte
della piazza.
Non
capì chi fosse stato finché non vide Shacklebolt
avvicinarglisi con la
bacchetta in pugno. Non pensò nemmeno di lottare; si
alzò in piedi e cominciò a
correre.
Sentiva
di avere Shacklebolt alle calcagna e non aveva idea di come seminarlo.
D’altro
canto non poteva nemmeno fermarsi ed affrontarlo perché
sapeva che avrebbe
significato una disfatta certa.
Sentì
un tonfo alle proprie spalle ma non se ne curò e
continuò a correre. Non era
stato Shacklebolt a cadere, lo sapeva anche senza bisogno di voltarsi,
perché i
passi alle sue spalle si facevano sempre più vicini e
riecheggiavano nelle sue
orecchie come un urlo di terrore.
Vide
una porta aperta e, senza nemmeno pensarci, entrò in casa.
Si guardò attorno,
vide delle scale e salì, di corsa, con ormai il fiato
così corto che sentiva un
dolore lancinante alla milza e la sensazione di stare per svenire.
Aprì una
porta: e si trovò in trappola.
Prima
ancora di riuscire a pensare, un incantesimo disarmante gli
strappò la
bacchetta di mano e, un istante dopo, si ritrovò schiantato
contro al muro.
Ma
chi aveva davanti non era Shacklebolt.
La
Granger gli si avvicinò e l’immobilizzò
contro al muro, puntandogli la
bacchetta al collo. Aveva il volto arrossato per
l’inseguimento e solo allora
Draco si accorse di riuscire a vederla bene, senza l’impiccio
della maschera.
Doveva averla perduta.
-Cos’è
la ballerina?- gli gridò la Granger, facendo pressione con
la bacchetta. Draco
boccheggiò
-Cosa?-
gracchiò, terrorizzato, appiattendosi al muro
-La
ballerina! Dimmi cos’è la dannata ballerina!-
urlò ancora la Granger e Draco,
esasperato, le rispose con il suo stesso tono di voce
-Non
lo so!- gridò, con tutto il fiato che aveva in gola,
perché aveva una paura
fottuta di lasciarci le penne.
La
Granger lo tenne stretto per il bavero della camicia. Sembrava davvero
convinta
di ciò che stava dicendo, ma Draco proprio non riusciva a
capire che cosa
volesse da lui. Sapeva che il suo destino era segnato e che implorare
la
Granger di lasciarlo andare non sarebbe servito a niente.
Delle
voci risuonarono al piano di sotto ed entrambi rizzarono le orecchie.
Lo
stomaco di Draco si capovolse quando riconobbe la voce di Weasley tra
quelle.
La
Granger gli lanciò un’occhiata torva e, per un
istante, a Draco parve
combattuta. Poi, senza alcun preavviso, lo lasciò andare con
uno strattone e
gli mise in mano la bacchetta
-Vattene-
sussurrò
-Cosa?-
Draco sgranò gli occhi
-Vattene!- le persone al piano di sotto
avevano cominciato a salire le scale. Non c’era tempo per
altre spiegazioni e
Draco ci teneva abbastanza, alla sua libertà, da mettere da
parte tutte le domande.
Si
smaterializzò davanti allo sguardo stordito di Hermione.
eHm..
Finalmente è primavera. Adoro la
primavera. Non ce la facevo più con tutto quel grigiore, il
freddo, i berretti di lana... anche se sono allergica al polline,
preferisco starnuti e fazzoletti alla tristezza del mio appartamento.
Ringrazio di cuore, ma davvero di cuore,
FridaKahlo, per aver commentato l'ultimo capitolo e mi scuso con tutti
coloro che non l'hanno apprezzato. Ringrazio inoltre tutti colori che
hanno aggiunto la mia storia tra i preferiti o tra le storie seguite.
Ringrazio la mia beta, che corregge sempre le mie bozze anche se le
grido di tutto perché mi toglie le virgole che io adoro.
Ringrazio la primavera per avermi fatto tornare
l'ispirazione.
Come al solito elemosino commenti,
perché scrivo per me ma anche, un pochino, per sapere che
cosa ne pensate.
A
presto
|
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Capitolo 4 *** Domande senza risposta ***
Capitolo terzo: Domande Senza Risposta
La Tana
Non passò molto tempo
prima che Harry e Robert si rendessero conto di non avere molto, in
comune. A parte il sesso.
Una mattina, mentre se ne stavano
distesi a letto in attesa che uno dei due decidesse che era ora di
alzarsi, Harry sentì Robert ridacchiare.
-Che c’è?- gli
chiese.
Era irritato perché non
aveva dormito per niente bene e perché la cicatrice gli
faceva un male fottuto. Inoltre la sera prima Ron e Hermione avevano
difeso coraggiosamente un villaggio mentre lui se n’era
rimasto a casa a scopare con Robert. Il problema? Nessuno, a parte il
fatto che veniva trattato ancora come un bambino di dieci anni.
Perché quando faceva
comodo era il Salvatore del Mondo Magico e la guida di tutti i maghi e
quando, al contrario, reputavano che fosse troppo pericoloso lo
chiudevano in casa.
-Non credevo che le storie sul tuo
egocentrismo fossero vere- ridacchiò Robert, in tono
giocoso. Ma Harry non era in vena di scherzi, quella mattina
-Ma che stai dicendo?-
l’espressione di Robert cambiò quando
udì il tono irritato di Harry
-Dai, stavo scherzando.
Però devi ammettere che tatuarsi l’iniziale del
proprio cognome..-
-Io non ho nessun tatuaggio-
sbottò Harry
-Si che ce l’hai-
ribatté Robert –Sulla schiena-.
Harry saltò giù
dal letto e si diresse a passò svelto in bagno. Non era
affatto in vena di quei giochini.
Davanti allo specchio, Harry si
sollevò la maglietta e pensò “merda”.
Il tatuaggio c’era davvero
ed era proprio a forma di P. Ma quando diavolo se l’era
fatto? Non riusciva a ricordarlo. Certo, era stato spesso ubriaco negli
ultimi mesi, soprattutto durante le gite ad Hogsmeade (però
non ricordava di essere stato così ubriaco
da dimenticare una cosa simile). Probabilmente era uno stupido scherzo
di Fred e George.
Ma se non fosse stato così?
Hermione gli avrebbe tagliato la
testa se avesse scoperto che si era fatto un tatuaggio di cui nemmeno
si ricordava. Imprecò ancora e tornò a letto.
-Allora?- gli domandò
Robert, ironicamente, non appena Harry ebbe rimesso piede nella stanza
-Non me lo ricordavo- Harry fece
spallucce –E’ carino però-
-Si, è vero. E’
molto sexy- Robert lo afferrò per le spalle e lo
trascinò sopra di sé, baciandolo sulla bocca.
Aveva lasciato andare Malfoy. Aveva
fatto una cosa così stupida. Era un
mangiamorte, diavolo, un maledetto mangiamorte! E lei gli aveva
permesso di scappare.
Naturalmente aveva detto a Ron che se
l’era svignata schiantandola e questo l’aveva fatto
infuriare ancora di più. Dire che Ron stava divenendo
intrattabile era dire poco.
E, tra le altre cose, Malfoy non
aveva saputo spiegarle niente sulla ballerina il che le faceva pensare
che non avesse un significato importante nemmeno per lui.
Probabilmente il ricordo della
ballerina se n’era andato insieme a tutti gli altri.
Ancora una volta si sentiva
impotente. Non sapeva da che parte cominciare e che cosa cercare.
Perché si era lasciata
coinvolgere in quel modo da Malfoy? E se fosse stato tutto un trucco?
Da qualche giorno, ormai, il dubbio
di essersi lasciata trascinare in qualche tranello la faceva sentire
sempre più a disagio, impedendole di ragionare con calma.
E se, per colpa sua, avessero perso
la guerra? C’era anche quello, in gioco, e quella stupida
ballerina avrebbe anche potuto essere la chiave con cui Voldemort
avrebbe potuto vincere la guerra.
Ma Malfoy era stato sincero. Lo
sapeva.
Malfoy
Manor
Draco,
disteso sul suo letto di Malfoy Manor, si scervellava.
L’unico motivo per cui la Granger avrebbe dovuto lasciarlo
andare era che aveva intenzione di unirsi alle schiere del Signore
Oscuro per lottare contro Potter, ma lo trovava alquanto inverosimile.
Altrettanto inverosimile era l’idea che l’avesse
fatto per compassione perché, nonostante fosse una
grifondoro, le angherie che le aveva fatto durante quei sei anni di
scuola erano più che sufficienti per consegnarlo nelle mani
degli auror almeno una decina di volte.
Ma nell’ultimo anno erano
successe così tante cose strane che, oramai, Draco
cominciava a chiedersi se non fossero la normalità. Come la
sua decisione improvvisa di prendere il marchio. Non ne era mai stato
completamente certo, finché non ne aveva sentito il bisogno
impellente. Ricordava ancora quando Blaise l’aveva guardato
sorpreso e stupito e gli aveva domandato che cosa gli avesse fatto
cambiare idea. Draco non lo sapeva ma credeva che, in fondo, fosse per
tutti lo stesso. Una mattina ci si svegliava e si cominciava a credere
che una cosa fosse giusta ed un’altra fosse sbagliata. Per
lui prendere il marchio era la cosa giusta.
Tra le altre cose strane
c’era anche quella ballerina di cui aveva tanto parlato la
Granger. Forse era ammattita definitivamente.
Una ballerina. Lui non ricordava
nessuna ballerina. Assalito da un dubbio, chiamò Rolty, il
suo elfo domestico. Questi si smaterializzò accanto al suo
letto con quel consueto “pop” che annunciava il suo
arrivo.
-Il Signorino Malfoy ha chiamato?-
gli chiese con la sua voce strascicata
-Rolty ti ho mai parlato di una
ballerina?-
-Una ballerina, Signore?-
domandò Rolty, per verificare di aver capito bene
-Si, una ballerina. Non so, una
statua, un modellino, una fotografia. L’hai mai vista?-
-Rolty non ha mai visto nessuna
ballerina- solo allora Draco si accorse di come la voce di Rolty
suonasse acuta e terrorizzata. Draco si mise a sedere e
puntò i suoi occhi glaciali in quelli acquosi e terrorizzati
di Rolty
-Che cosa sai della ballerina, Rolty?-
-Rolty non sa niente, niente!-
esclamò l’elfo. Draco si alzò in piedi,
puntandogli contro la bacchetta
-Rolty dimmi subito che cosa sai di
quella maledetta ballerina!- lo minacciò.
Rolty indietreggiò,
stropicciandosi le mani ed abbassando le orecchie
-Il Signorino Malfoy ha ordinato a
Rolty di non dirgli nulla della ballerina- bisbigliò Rolty.
Draco sollevò un sopracciglio
-E ora ti ordino di dirmi tutto
quello che sai-
-Il Signorino Malfoy ha anche
ordinato a Rolty di non dirgli niente anche se il Signorino Malfoy
gliel’avesse ordinato..- continuò
l’elfo, sempre più impaurito.
Draco, del canto suo, era sempre
più sorpreso. Forse non era la Granger, quella matta, ma lui
-Rolty..- gli intimò,
sollevando la bacchetta
-Rolty sa che il Signorino Malfoy non
gli farebbe mai del male, ma il Signorino Malfoy ha ordinato a Rolty di
scappare se avesse sollevato la bacchetta contro di lui..- per un
momento, l’elfo esitò. Poi parve ricordare
qualcos’altro perché i suoi occhi si fecero
all’improvviso più decisi –Arrivederci,
Signorino Malfoy- disse e si smaterializzò.
Draco abbassò la
bacchetta, ammutolito, e si lasciò cadere sul letto, mentre
il suo sguardo si soffermò, ancora, su quel posto vuoto
lasciato dall’elfo. C’era davvero qualcosa di
strano, in tutta quella faccenda.
La
Tana
Harry
continuava a pensarci eppure non riusciva davvero a trovare qualche
scappatoia. Malfoy Manor era inespugnabile e, quindi, l’unica
cosa che potevano fare era attendere che fosse Voldemort a sferrare gli
attacchi.
Per di più tra Ron ed
Hermione si era creata una strana tensione, dettata dal fatto che lui
era sempre isterico e lei sempre confusa. Così Harry non
riusciva a parlare né con uno né con
l’altra.
L’unico che sembrava in
grado di dargli ascolto era Remus anche se, parlare con lui, non era
come parlare con Ron o Hermione.
Per distrarlo, Remus gli raccontava
aneddoti di quando lui, suo padre e Sirius avevano frequentato la
scuola e, a volte, gli mostrava vecchie fotografie.
La Signora Weasley, non appena aveva
visto le fotografie di Remus, aveva tirato fuori gli scatoloni dei suoi
album e aveva cominciato a raccontargli la storia della famiglia
Weasley, imbarazzando a morte tutti i suoi figli.
Eppure Harry riusciva a capire il
motivo per cui sembrava così contenta di poter parlare a
qualcuno del suo passato e, quindi, l’ascoltava
pazientemente, per sommo orrore di Ron.
eHm...
Bene, così finisce anche questo
capitolo! La storia comincia a delinearsi... spero davvero di avervi
incuriositi almeno un pò.
Ringrazio chi ha commentato (meno male che ci
siete voi!). Mi fa davvero tristezza rendermi conto di come la
community di Harry Potter presente su questo forum fino all'anno scorso
sia morta. Non ci sono stata per un anno e, una volta tornata, mi sono
resa conto che non ci sono più di tre superstiti del vecchio
gruppo. La Rowling è riuscita davvero a fare un ottimo
lavoro, col suo ultimo libro. Ha ucciso lo spirito di Harry Potter e
non biasimo quelli che hanno deciso di abbandonarlo. Insomma, con
quell'epilogo ha davvero toccato il fondo.
A presto,
Nischino
|
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Capitolo 5 *** Incubi ***
Capitolo quarto: Incubi
Malfoy Manor
Draco
aveva cominciato a riflettere e, effettivamente, si era reso conto che
qualche
cosa non quadrava. Per quanto si sforzasse non riusciva a ricordare
nulla che
non riguardasse le lezioni o il tempo passato con i suoi compagni
serpeverde.
La cosa strana era che Blaise, in un modo o nell’altro,
spuntava sempre, nei
suoi ricordi, mentre la sua testa sembrava aver cancellato
completamente i
momenti che aveva passato in solitudine.
Il
comportamento di Rolty, poi, gli aveva fatto pensare una certa cosa
che, inizialmente,
gli era parsa assurda ma che, più ci rifletteva,
più gli sembrava possibile.
Era
come se, alla sua memoria, mancassero dei tasselli. Come se qualcuno
glieli
avesse cancellati. E poi c’era quella ballerina di cui sia la
Granger che Rolty
conoscevano l’esistenza. E, dal momento che gli elfi
domestici non mentivano,
anche lui doveva esserne stato a conoscenza. Ormai era quasi certo di
aver
scelto, di propria spontanea volontà, di dimenticarla, ma
non riusciva a ancora
a capire perché.
Gli
unici che avrebbero potuto aiutarlo o erano suoi nemici giurati o erano
svaniti
nel nulla e, quindi, non gli restava che rimuginarci sopra da solo.
Un
dubbio, piccolo ma terribile, gli era sorto una sera mentre cercava di
addormentarsi con scarsi risultati. E se, si era detto, avessi dato
quella
ballerina alla Granger per aiutarla?
L’ipotesi
gli sembrava così impossibile da escluderla a priori
però era l’unica
motivazione che gli venisse in mente.
Voldemort
lo fece chiamare e, dal tono con cui il messaggio gli venne riferito,
Draco
intuì che non si trattava di niente di buono.
Scese
nella sala da pranzo adibita a sala del trono del Signore Oscuro e vi
trovò un
cospicuo numero di mangiamorte davanti all’ingresso che gli
impedivano di
entrare. Si sollevò sulle punte ma, nonostante la notevole
altezza, non riuscì
a vedere che cosa stesse succedendo.
-Hanno
catturato una famiglia di traditori- lo illuminò un uomo
bruno accanto a lui
–La madre è una strega, il padre babbano e la
figlia mezzosangue. Ci sarà da
divertirsi-.
Quel
genere di giochi facevano inorridire Draco, eppure non era la prima
volta che
era costretto ad assistervi. Solitamente la moglie veniva obbligata a
guardare
mentre torturavano il marito e poi il marito assisteva allo stupro
della moglie.
Il tutto mentre gli altri, quelli non sorteggiati per compiere
l’atto in prima
persona, gridavano sconcezze e grida d’incoraggiamento.
Era
uno dei passatempi preferita da Voldemort, anche se molti dei
mangiamorte, tra
cui suo padre, non approvavano questo tipo di rituale.
-Lasciate
passare Draco Malfoy- la voce serpentina di Voldemort tuonò
in sala, mentre un
passaggio si apriva davanti a Draco ed i mangiamorte si facevano da
parte, come
le acque del Mar Rosso.
Draco
avanzò e, allora, riuscì a vederli. Un uomo ed
una donna, al centro della
stanza, se ne stavano rannicchiati uno contro l’altro. Lei
piangeva
sommessamente e lui, con una mano sulla sua nuca, tentava di
consolarla, anche
se sapeva di non avere alcuna speranza di sopravvivere.
-Vieni
avanti, Draco-. Accanto al Signore Oscuro c’era Goyle che,
tra le braccia,
teneva il corpo immobilizzato di una ragazza in cui Draco riconobbe una
Tassorosso di forse due anni più giovane di lui.
I
suoi occhi erano enormi e terrorizzati e cercava di dibattersi, tra le
lacrime,
e di liberarsi. Era strano come, anche davanti ad una prospettiva di
morte
certa, le vittime trovavano sempre la forza di lottare fino alla fine.
Il
Signore Oscuro prese il volto della ragazza tra le mani e
l’obbligò a guardare
Draco.
-Non
è splendida, Draco?- le accarezzò il volto
pallido e bagnato dalle lacrime e
poi le spalle nude sotto alla veste stracciata e sporca di sangue
–Sembra così
pura, così innocente- il respiro affannoso della ragazza era
così forte e
chiaro che Draco poteva sentirlo come se gli stesse ansimando
nell’orecchio. Il
suo cuore mancò un battito. Aveva capito.
-E
invece è sporca, sporca dalla nascita! Il suo sangue
è impuro e la sua
esistenza è una macchia nel Mondo Magico-. La sua veste
scomparve e la madre
gridò. Sotto alla tunica la ragazza non era pallida come sul
volto, ma rosea e
delicata. I suoi seni pieni si abbassavano e rialzavano al ritmo
affannoso del
suo respiro. Le avevano tolto anche la sua ultima difesa, la
dignità.
-Smettetela!-
l’urlo disperato del padre ebbe il potere di far sorridere
Voldemort. Era raro
vederlo così divertito
-Bellatrix..-
mormorò e lei fece un passo avanti, ricambiando
quell’oscuro e sadico sorriso
-Crucio- ghignò e
l’uomo si piegò su se
stesso, lanciando grida di inumano dolore. Draco inorridì
quando sentì
nuovamente lo sguardo del Signore Oscuro su di sé.
-Questo
è un mio dono per te, Draco. Fai di lei ciò che
vuoi e poi, come tutte le appartenenti
alla sua specie, morirà-.
Un
urlo di assensi si levò nella sala, delle grida di macellai
e aguzzini.
Un’orda
sospinse Draco fuori dalla sala e poi su per le scale, fin nella sua
stanza
dove venne condotta anche la ragazza.
Nuda,
inerme, fu gettata sul suo letto, con come unica difesa le proprie
unghie.
La
porta si chiuse alle spalle di Draco.
Lui
l’osservò per un momento e non provò
nemmeno per un attimo quell’eccitazione
che avrebbe dovuto pervaderlo e che, di certo, avrebbe provato
qualsiasi altro
mangiamorte al suo posto.
Lei
era effettivamente bellissima e lui avrebbe potuto approfittarne per
dimostrare
la sua potenza e sfogare i propri istinti.
Le
si avvicinò e lei lanciò un grido, prorompendo in
un pianto disperato.
Qualunque cosa avesse fatto, lei sarebbe morta comunque.
Draco
si sedette sul letto e lei non provò nemmeno a scacciarlo.
-Come
ti chiami?- le chiese.
Lei
sollevò lo sguardo ma non smise di piangere
-Angelique-
disse, con un accento lievemente francese ed una voce ancora di bambina
Draco
sentì un nodo salirgli alla gola e si poggiò la
testa fra le mani. Poi, senza
nemmeno accorgersene, cominciò a piangere. Angelique si
alzò a sedere e, senza
preavviso, l’abbracciò.
Era
molto più coraggiosa di quanto lui fosse mai stato.
-Oddio-
mormorò e sentì la propria voce strozzata e roca,
irriconoscibile –Mi dispiace,
mi dispiace così tanto, Angelique-.
La
Tana
Ron
si sedette accanto ad Hermione. Negli ultimi tempi non si erano nemmeno
rivolti
la parola se non per impellente necessità.
Erano
rimasti soli, alla Tana, e l’unica persona che avrebbe potuto
sentirli
bisticciare era il fantasma in soffitta, il che non aveva molta
importanza.
Entrambi
avevano dei buoni motivi per sentirsi in colpa solo che nessuno dei due
voleva
ammetterlo e, così, preferivano litigare e far ricadere la
colpa sull’altro.
Ma
ora cominciavano a sentire l’uno la mancanza
dell’altra, solo che nessuno
voleva fare il primo passo.
-E’
stressante stare tutto il giorno chiusi a casa- disse Hermione
-Già-
annuì Ron.
Poi
lui sospirò
-Senti,
mi dispiace se in questi giorni sono intrattabile ma, cavolo, Hermione,
ho
paura! Ho paura tutti i giorni. Per tutto il tempo. Ho paura che
qualcosa di
brutto possa succedere alle persone a cui voglio bene e so di poter
fare niente
per proteggerle!-
-Ron..-
tentò Hermione ma Ron l’interruppe
-Quando
sei rimasta sola in quella stanza con Malfoy io ho avuto paura,
Hermione, una
paura tremenda che ti accadesse qualcosa di brutto. Ma come posso
fare?-.
Hermione
lo guardò negli occhi e sentì ancora, come
sempre, la voglia di baciarlo. Ma
non lo fece.
-Non
puoi. Ho paura anche io, ma non possiamo fare niente- sapeva che
avrebbe dovuto
dire qualche cosa di più intelligente ma tutte le domande
che le aveva fatto
Ron erano le stesse che lei si faceva ogni sera prima di chiudere gli
occhi ed
addormentarsi e a cui non era mai riuscita a dare una risposta
-Dobbiamo
combattere perché è la cosa giusta- disse allora
perché era, in un modo o
nell’altro, la sua unica certezza
-Lo
so. Ma a volte vorrei solo scappare e nascondermi. E sono
così arrabbiato
perché mi sento inutile ed impotente. Vorrei solo essere al
posto di Harry per
trovare una dannata soluzione-
-Harry
ci sta provando, Ron- lo riprese Hermione ma Ron la zittì
-Non
ci sta provando abbastanza. Non gli
importa nello stesso modo a cui importa a me. Lui non ha una famiglia
di cui
preoccuparsi. L’unico a cui deve salvare la pelle
è se stesso-.
Hermione
lo guardò stranita. Ron era diventato irriconoscibile e non
solo per le
profonde occhiaie che gli solcavano il volto ma anche per tutta la
rabbia che
l’aveva fatto diventare uno sconosciuto
-Non
voglio più parlarne, Ron- Hermione si alzò,
voltandosi. Sapeva che stava per
piangere eppure non voleva darlo a vedere a quel bastardo.
Uscì
dalla stanza e Ron non cercò nemmeno di fermarla.
Gli
album fotografici che la Signora Weasley aveva disseminato per tutta la
casa
davano ad Hermione quel po’ di sollievo di cui aveva bisogno.
Vedere
un piccolo Ron senza cattivi pensieri che la salutava da una fotografia
la
faceva sentire decisamente meglio. Sfogliando quegli album, Hermione
aveva
trovato anche diverse foto raffiguranti Molly al tempo della scuola,
riconoscibile dai folti capelli rossi.
L’Arthur
delle foto era identico a quello che aveva conosciuto Hermione, solo
con
qualche ruga e qualche preoccupazione in meno.
Hermione
visionò decine di foto finché la sua attenzione
non si soffermò su una in
particolare mentre il suo stomaco si contorceva per
l’emozione. Aveva il cuore
in gola.
Con
l’album stretto tra le mani scese in cucina dove Molly stava
preparando una
cena a base di uova e pancetta. Non appena vide Hermione col suo album
gli
occhi le si illuminarono
-Dimmi,
cara- cinguettò.
Hermione
poggiò con un tremito l’album sulla tavola ed
indicò, con un dito, una foto
alla Signora Weasley. Si accorse allora di stare tremando.
-O,
queste siamo io e la mia amica Diana. Una ragazza molto simpatica,
forse un po’
pettegola. Aveva un anno più di me, ma andavamo molto
d’accordo- la Signora
Weasley si lasciò andare ad un sorriso nostalgico.
-Signora
Weasley- Hermione era così impaziente che il cuore le
rimbombava nelle orecchie
–Cosa sono quei ciondoli che tenete appesi al collo?-.
La
Signora Weasley prese tra le mani la foto, per guardarla più
da vicino (non
avrebbe mai ammesso di aver bisogno degli occhiali). Effettivamente lei
e Diana
avevano appesi al collo due ciondoli, a forma di gufo e ballerina
-Ora
ricordo!- esclamò allegra –Dovrei averla ancora da
qualche parte, chissà dove
però..- ridacchiò, immersa in altri ricordi. La
lentezza esasperante con cui si
stava svolgendo quella conversazione stava per far saltare i nervi ad
Hermione
-Signora
Weasley..- la riprese, forse un po’ stizzita,
perché Molly ripose l’album e le
lanciò un’occhiata da madre indispettita
-Sono
boccette porta profumo, andavano molto di moda ai miei tempi- disse.
Boccette
porta profumo. La ballerina di Malfoy era un contenitore.
In
effetti, esaminandola con più attenzione, Hermione si
accorse della sottile
linea al di sotto della testa della ballerina. Il capo si svitava.
Il
suo primo impulso fu quello di aprirla per vedere che ci fosse dentro
ma poi la
razionalità ebbe la meglio. Non poteva rischiare di perdere
il suo contenuto e,
quindi, prima avrebbe dovuto capire che cosa fosse.
ehm...
Finalmente si scopre qualcosa
di nuovo. Insomma, più o meno. Spero che la storia non
risulti troppo noiosa (anche se a quanto pare è
così, dato lo scarso numero di recensioni XD). Ho voluto
fare un esperimento e, evidentemente, è fallito miseramente
LOL. Non nego che anche la sottoscritta preferisce le storie con tanto
sesso, qualche smanceria e poca avventura. Va bè, ho
imparato la lezione. Finirò di pubblicare comunque questa
storia nel rispetto di coloro che la seguono. Un bacio,
Nischino
|
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Capitolo 6 *** Ergo ***
Capitolo
Quinto: Ergo
Malfoy
Manor
Draco
non riusciva ancora ad avere il quadro completo della situazione ma
qualcosa
gli diceva che sarebbe stato impossibile averlo comunque.
Eppure
quell’ultimo tassello del puzzle gli aveva dato le risposte
che gli mancavano
ed ora tutto aveva un senso.
Da
quando il livido era scomparso, Draco aveva cominciato a dare un senso
a quei suoi
ricordi e a comprendere come mai la sua vita degli ultimi mesi
risultasse così
povera di emozioni ed estremamente monotona.
Aveva
cancellato tutto quanto.
Ed
il motivo era impresso a fuoco sul suo fianco sinistro.
La
Tana
Hermione
aveva chiuso a chiave la porta della stanza che divideva con Ginny e si
era
seduta alla scrivania. Appesa al collo aveva la ballerina di Draco.
Sulla
scrivania aveva poggiato un pensatoio.
Sospirò,
portandosi la ballerina davanti agli occhi e lei ricambiò il
suo sguardo.
-Malfoy,
prega che sia la cosa giusta- mormorò, un po’ alla
ballerina, un po’ a se
stessa ed un po’ al fantasma invisibile di Draco. Chiuse gli
occhi e svitò il
capo alla ballerina, svuotandone il contenuto nel pensatoio.
Trattenne
il fiato.
Aveva
come la sensazione che l’importanza di quel compito che le
era stato affidato
fosse vitale e sbagliando avrebbe causato danni irreparabili.
La
sostanza liquida e grigiastra, all’interno del pensatoio, non
si mosse. Le
venne da piangere.
Strinse
tra le dita il corpo decapitato e gelido della ballerina ed
imprecò, anche se detestava
farlo.
Che
cosa aveva sbagliato? Le era sembrato tutto così logico dopo
aver visto il
tatuaggio di Harry! Ma il suo intuito, questa volta, aveva sbagliato.
E
ne fu convinta finché la sostanza non cominciò a
vorticare e, all’improvviso,
si ritrovò nuovamente ad Hogwarts.
Malfoy
Manor
Draco
guardò il proprio riflesso negli occhi. Di lui, del vecchio
Draco Malfoy, non
era rimasto che un’eco.
Chi
era quel ragazzo dal viso scheletrico e mortalmente pallido, i capelli
un po’
troppo lunghi e gli occhi spenti?
Lentamente
allungò una mano e, con le dita, sfiorò la
superficie gelida dello specchio.
Per
chi si era ridotto così?
Che
cosa aveva fatto per meritarselo?
Ripensò
a Rolty, a Blaise, allo sguardo terrorizzato di Angelique. Ed ebbe come
la
sensazione che quella stanza sfarzosa, lì, a Malfoy Manor,
non fosse il suo
posto.
Avrebbe
dovuto trovarsi da un’altra parte. Era
certo che avrebbe dovuto trovarsi da un’altra parte.
Ormai
sapeva anche che cosa gli aveva fatto cambiare idea, chi gli aveva
aperto gli
occhi.
Non
era più il Draco Malfoy di prima e forse non lo era mai
stato.
Forse
aveva semplicemente voluto esserlo
per compiacere suo padre, per non incorrere nell’ira di
Voldemort.
Intuiva
che il suo trovarsi lì, in quel momento, non era una scelta,
ma un dovere che
si era imposto.
Era
un altro il suo posto, a fianco di un’altra persona.
Un
giorno, un giorno che non ricordava ma che sapeva esserci stato, Draco
Malfoy
aveva deciso di rinunciare a se stesso e alle proprie sicurezze.
Quello
doveva essere stato lo stesso giorno in cui era divenuto un patetico
sentimentalista. Doveva aver pensato che valesse la pena soffrire,
rischiare la
pelle, mentire e dimenticare per quella persona che, dannazione, doveva
essere
una gran bella persona, altrimenti era lui ad essere un idiota.
Ma
si fidava di se stesso e, quindi, anche se non ricordava
perché, si fidava
anche di lui.
Di
Potter.
eHm…
Questo
capitolo funge da spartiacque, da intermezzo, prima della svolta.
Chissà che
accadrà O.O
Comunque,
vorrei dedicare questo mini capitolo a tutte le persone gentilissime
che hanno commentato
quello precedente dopo aver letto il mio commento disfattista. La
sottoscritta
spesso è una lagna XD
Al
prossimo aggiornamento,
grazie
di cuore per aver letto questo capitolo.
Nischino
|
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Capitolo 7 *** Andando all'indietro ***
Capitolo
Sesto:
Andando all’indietro
Il
Pensatoio di
Hermione
Draco
la fissa con
un’espressione circospetta. E’ in piedi al centro
di una stanza che Hermione non
riconosce finché non capisce che è il dormitorio
di serpeverde.
-Granger-
esordisce
Malfoy ma, nella stanza, tranne lui, non c’è
nessuno. Prima di cominciare a
parlare ha insonorizzato la camera e si è accertato che
nessuno potesse
mettervi piedi –Se i miei calcoli sono esatti, dovrebbe
essere passato circa un
mese dal nostro ultimo incontro. Ti ho fatta abbastanza sveglia? Forse
ti ho
sottovalutata? Non lo so, ma spero per te, e per me, anche se quando tu
mi
starai ascoltando per me non avrà importanza, di aver
valutato correttamente i
tempi. Una settimana per fidarti completamente, una per capire che cosa
fosse
la ballerina e un’altra per essere certa che le tue
intuizioni fossero
corrette. Se sopravvivrò a tutta questa storia, anche se non
credo che la cosa
sia possibile, dovrai raccontarmi come hai fatto a capire tutto quanto.
Ho
lasciato volutamente tutto al caso, facendo affidamento sulle tue doti
intuitive
di strega e di donna.
Scommetto
che
Weasley non ci sarebbe mai arrivato e starebbe fatturando il ciondolo
in tutti
i modi, convinto che si tratti di una trappola o qualcosa del genere.
Sono
convinto che l’hai pensato anche tu e che, probabilmente, sei
ancora dubbiosa.
Non ti biasimo: al tuo posto lo sarei anch’io.
Devo
essere onesto,
questa mia idea di racchiudere qualche ricordo in una boccetta da
profumo mi è
venuta proprio mentre pensavo ad un modo di convincermi che una delle
persone
in cui non nutrivo alcun tipo di fiducia e che avevo sempre creduto mia
nemica
stesse dicendo la verità.
Farti
vedere come
stanno le cose mi è sembrata la maniera migliore di fartele
comprendere.
Inoltre, spero davvero che tu mi restituisca questi miei ricordi, se ti
sarà
possibile.
Quello
che sto per
mostrarti è di fondamentale importanza per quello che
accadrà dopo.
Posso
capire che
tutto ti sembrerà assurdo e che non vorrai crederci ma
questi sono i ricordi
che ti chiederò di cancellare dalla mia memoria. Non
mostrarli a nessuno,
nemmeno ad Harry, e fai in modo che ti credano anche senza vedere
quello che
vedrai tu. Ho paura che se guardassero questi miei ricordi
deciderebbero, senza
alcuno scrupolo, di ignorarli palesemente e di non crederci per
principio.
Inoltre potrebbero scatenare una serie di reazioni che ho cercato di
evitare
fino a questo momento.
Non
so cos’altro
fare per convincerti che sto dicendo la verità.
Tutto
quello che hai
bisogno di sapere lo troverai in questa ballerina.
Spero
davvero che
tutto questo serva a qualcosa-.
Draco
è seduto
nell’aula di pozioni e, sulle ginocchia, ha un libro aperto
su una pagina
sgualcita e piena di appunti. E’ agitato. Con un piede
martella a terra
velocemente e cerca, in continuazione, di trattenere
l’istinto di mangiucchiarsi
le unghie.
Harry
entra mentre
Draco sta per avere una crisi di nervi e gettare il libro nel calderone
-Malfoy-
dice e il
suo è un tono d’avvertimento così
minaccioso che per poco Draco non
rabbrividisce
-Potter,
che ci fai
qui?- naturalmente Draco lo sa dal momento che è stato lui a
far finire Harry
in punizione
-Non
lo so..una
passeggiatina per i sotterranei?- ironizza
Harry e Draco capisce che ha una voglia matta di tirargli
un pugno in
faccia per farlo stare zitto, ma non si arrende.
Ha
pianificato tutto
nei minimi dettagli ed ora ha intenzione di portare a termine il suo
piano,
costi quel che costi, compreso un labbro sanguinante.
-Siamo
in vena di
sarcasmo?- chiede mentre fa penzolare le gambe giù dalla
sedia ostentando una
tranquillità che, in quel momento, proprio non gli appartiene
-Andiamo,
Malfoy, dimmi
quello che vuoi e poi lasciami in pace. Ho l’allenamento di
Quiddich questa
sera e non ho intenzione di perdermelo per litigare con te-.
Harry
ha usato un
tono davvero tremendo e, per un attimo, Draco valuta seriamente la
possibilità
di lasciar perdere tutto quanto, anche se l’occasione
probabilmente non si
ripeterà molto presto (ha faticato per quasi due settimane
per far finire Harry
in punizione).
Riesce
a riprendersi
quando vede che Potter lo fissa con un’aria impaziente che
non è poi tanto
minacciosa come la sua voce.
Draco
si alza e gli
va incontro, pazientemente, lentamente, perché sente che le
gambe gli tremano e
ha paura di commettere un passo falso che gli costerà
l’orgoglio, che è molto
peggio della vita
-Ero
un bello
spettacolo, l’altra mattina, a colazione- dice, quando
è abbastanza vicino ad
Harry da poter bisbigliare. Sa benissimo quant’è
seducente la sua voce. E anche
Harry lo sa.
-Malfoy..-
tenta
Harry, ma Draco lo interrompe
-E
l’altra sera in
biblioteca?- chiede, mellifluo, e quando Harry arrossisce capisce di
aver fatto
tombola, ma non desiste. Freme per l’eccitazione. Ha
desiderato quel momento
per anni e non ha mai nemmeno osato sperare che ottenerlo potesse
essere così
facile –Sugli spalti durante la partita contro tassorosso,
alla lezione della
McGranitt, in giardino. Potter, l’ho visto come mi guardi-.
Harry
si scrolla di
dosso la vicinanza di Draco facendo un passo indietro ed il rossore
scompare
dalle sue guance. Il suo cipiglio si fa decisamente minaccioso
-Che
cosa vuoi,
Malfoy? Vuoi ricattarmi?- è arrabbiato come una furia e
Draco questo non se
l’era proprio aspettato, ma non si arrende comunque
-Perché
dovrei, dal
momento che vogliamo la stessa cosa?- chiede.
Harry
lo guarda
diffidente ed incrocia le braccia davanti al petto, quasi a volersi
difendere
-Cos’è?
Anche Draco
Malfoy è soggetto al fascino del Salvatore del Mondo
Magico?- domanda Harry e
Draco capisce che la risposta che sta per dare segnerà
definitivamente la
decisione di Harry
-Suppongo
di essere
più soggetto al fascino del tuo sedere, Potter-.
Harry
sorride e
Draco capisce di aver fatto centro.
Harry
e Draco
camminano lungo il tunnel sotterraneo che li porterà ad
Hogsmeade. Harry è
particolarmente euforico e Draco cerca, in tutti i modi, di trattenere
un
sorriso che gli sta per spuntare sulle labbra.
-Che
hai detto ai
tuoi amici per scaricarli?- domanda Draco anche se, in
realtà, sa già la
risposta perché Harry, su quelle cose, è
prevedibile quando la tonalità di
rossetto di Pansy. Harry non gli risponde e, invece, dice
-Sarà bellissimo-
Draco finge di non capire
-Che
cosa?-
-Il
tatuaggio-
risponde, tastandosi la tasca in un gesto puramente inconscio per
accertarsi
che la pergamena sia ancora lì –Me l’ha
disegnato un grifondoro del quinto. E’
una specie di artista-
-Non
ho ancora
capito perché vuoi farti tatuare un P sul sedere-.
Harry
solleva gli
occhi al cielo e scoppia a ridere
-Sempre
a fare lo
snob, Malfoy. Te l’avrò ripetuto un milione di
volte che un giorno questo
tatuaggio finirà anche sul tuo, di sedere. E’ una
D, non una P-
-E’
una P storpiata-
controbatte Draco
-Allora
questa P
storpiata finirà anche sul tuo sedere-
-Tu
stai sognando,
Potter-.
Draco
è nudo,
disteso in un letto gigantesco. Accanto a lui c’è
Harry che gli accarezza il
viso, il collo, la pancia, i fianchi.
Su
quello sinistro
di Draco c’è una D storpiata o una P monca e Harry
la sfiora con reverenza,
quasi con paura di romperla.
-Sei
la cosa
migliore che potesse accadermi, Harry- sussurra Draco. I suoi occhi
sono dolci
anche se non ne hanno la conformazione e nessuno li giudicherebbe tali
se non li
vedesse in quel momento
-Ti
amo- Harry lo
sovrasta col suo corpo che è leggermente più
robusto di quello di Draco, anche
se è un po’ più basso, e lo bacia sulla
bocca –Se vincerò questa guerra sarà
solo grazie a te- gli sussurra nell’orecchio
-Lo
so- controbatte
Draco, ironico
-Qualcuno
qui si sta
montando troppo la testa- Harry lo bacia dappertutto, sulla fronte,
sulle
guance, sul collo e gli dimostra la sua più completa
devozione –Quando vincerò
la guerra ti porterò in trionfo con me e dirò a
tutti che è solo merito tuo.
Farò vedere al mondo quanto sei meraviglioso ma non
permetterò a nessuno ti
toccarti, perché sei mio. Ultimamente ho paura di morire
solo per non poterti
vedere più-.
Si
accascia al suo
fianco e lo stringe a sé
-Andrà
tutto bene-
-Lo
so. Ho più
fiducia in me stesso da quando a letto ti faccio gridare come una
ragazzina-
scherza –Però ho paura comunque. Se solo potessimo
attaccare ora..-
-Harry,
per
favore..-
-Si,
lo so- lo
tranquillizza –Due mesi. La madre di Blaise
lascerà il suo maniero e gli
incantesimi di difesa svaniranno. Lo so. Così proteggeremo
anche Blaise nel
caso l’attacco fallisca. Ma non fallirà-
-So
che non fallirà,
ma l’entrata del passaggio segreto è nella sua
cantina. La possibilità che accada
un imprevisto non è mai da escludere. E se falliamo
Voldemort lo ucciderà.
Senza contare che sarebbe impossibile usare quel passaggio mentre gli
incantesimi di difesa sono ancora attivi-
-Sei
sicuro che
nessuno lo conosca?-
-A
parte Blaise
nessuno. E Blaise è dalla mia parte. Preferisce fuggire e
nascondersi che
prendere il marchio- Draco sospira e Harry gli sorride
-Tuo
padre doveva
essere davvero crudele se, a nove anni, hai creato un passaggio segreto
che
conducesse da camera tua alla cantina di Blaise- Draco lo guarda per un
momento, poi distoglie lo sguardo
-Lo
era- dice.
Draco
è solo in
corridoio e ha una gran fretta perché sta per fare tardi
alla lezione della
McGranitt e quella vecchia megera gliela farà pagare, se
arriva in ritardo.
All’improvviso
viene
sbattuto contro al muro e non ha nemmeno il tempo di sfoderare la
bacchetta.
Per fortuna, perché davanti a lui c’è
la professoressa Cooman.
Solo
che i suoi
occhi sono spalancati e la sua bocca socchiusa; respira a fatica
-Il
Signore Oscuro
trionferà quando il Bambino Sopravvissuto
sacrificherà il destino del Mondo
Magico per salvare colui che è stato suo nemico e che ora
è divenuto il suo amante.
Draco
Malfoy sarà la rovina del Mondo Magico e Voldemort
prevarrà perché Harry Potter
rinuncerà alla propria vita per salvare la sua.
Nulla
può ora fermare l’ascesa dell’Oscuro
Signore perché l’inimicizia è divenuta
amore e l’amore ci condurrà alla rovina-.
-Deleo-
mormora
Draco e, con un lieve cenno della bacchetta, la pelle pallida del suo
fianco si
richiude sopra al tatuaggio, cancellandolo.
Harry
dorme
quietamente accanto a lui. Draco pensa che, forse, quella
sarà l’ultima volta
che lo vede così.
Lo
ama e non
gliel’ha mai detto, anche se è convinto che Harry
lo sappia comunque.
Gli
accarezza i capelli
arruffati e gli viene da piangere perché quello è
il loro addio.
Allunga
la bacchetta
e, una lacrima, gli scende galeotta lungo la guancia.
Quando
scompare sono
svaniti anche i ricordi di Harry.
Silenziosamente
Draco lascia il dormitorio grifondoro e si dirige al settimo piano.
Lì,
ad attenderlo,
c’è lei, Hermione.
Draco
prende tra le
mani la ballerina, la apre. Poi esita un istante e pensa di fuggire, di
tornare
da Harry. Ma ormai è troppo tardi e, in realtà,
non ha altra scelta.
Ripone
anche quell’ultimo
ricordo nella piccola ballerina.
eHm…
Ed
eccoci qui con un nuovo capitolo. Finalmente si scopre la
verità… chissà se l’avevate
capito!
Ciò
detto, vi lascio senza dilungarmi in noiosi ringraziamenti, anche se
sono
sottointesi.
Tra
le altre cose, ringrazio Biancalatte per
aver segnalato un errore imperdonabile: si è infatti accorta
che Hogwarts era
scritto in modo scorretto (e ho anche scoperto il motivo: il mio
computer lo correggeva
automaticamente O.O). Invito tutti quanti a segnalarmi eventuali errori
di
battitura o simili, perché detesto, dico davvero, le storie
con errori e
strafalcioni.
Nonostante
la mia beta si impegni il più possibile, ogni tanto qualche
errorino scappa
anche a lei!
Ringrazio
di cuore anche tutti coloro che hanno commentato. Vi avverto che,
purtroppo, la
storia sta arrivando alla fine. Mancano solamente un capitolo e
l’epilogo.
Ho,
comunque, in serbo per voi un’altra long, molto meno
impegnativa e più come piace a noi,
non so se do l’idea XD
Detto
ciò vi saluto e vi mando un grosso bacio.
Nischino
|
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Capitolo 8 *** Faccia a Faccia ***
Capitolo
Settimo:
Faccia a Faccia
Hermione
si accasciò sulla sedia. Si toccò la faccia.
-Merda-
disse, quando si accorse di stare piangendo.
Harry
stava mangiando la cena quando Hermione irruppe in cucina. Aveva il
fiato corto
e gli occhi arrossati, come se avesse appena smesso di piangere. Il
primo
pensiero di Harry fu rivolto a Ron e lo maledisse perché
l’aveva fatta piangere
ancora.
-So
come entrare a Malfoy Manor- disse invece Hermione
-Cosa?-
bofonchiò Harry
-So
come entrare a Malfoy Manor. C’è un passaggio,
Harry, un passaggio che Voldemort
non conosce-
-E
tu come lo sai?- chiese Harry, scettico.
Hermione
lo guardò dritto negli occhi
-Devi
fidarti di me-.
Malfoy
Manor
Si
divisero in due gruppi, uno capeggiato da Harry e uno da Kingsley.
Harry
avrebbe dovuto attendere, con la maggior parte delle forze, fuori dal
maniero,
in attesa che Kingsley ed Hermione gli dessero il via libera per
attaccare.
Hermione
aveva insistito moltissimo per essere tra coloro che avrebbero formato
il
gruppo da mandare in avanscoperta e, alla fine, era stata accontentata.
Inoltre
era stata lei a trovare la botola nella cantina di casa Zabini,
ricoperta di
ragnatele e polvere.
Fino
a quel momento Hermione era stata sicura di cosa fare e di come
comportarsi ma
ora che stavano risalendo lentamente il passaggio segreto, cominciava a
sentire
la paura.
Stava
per andare in battaglia. Forse stava per morire.
E
non aveva nemmeno detto addio a Ron.
Che
sarebbe accaduto se fosse morto e non l’avrebbe rivisto mai
più? Che sarebbe
accaduto se, in realtà, quella di Draco non fosse stata
altro che una trappola?
Ma
tutto combaciava alla perfezione e quei ricordi erano così
veri, così intensi,
che era impossibile non crederli reali.
Giunsero
davanti ad una porta chiusa che Kingsley sfondò con un
incantesimo.
Mentre
le assi di legno tremavano ed esplodevano, Hermione si chiese che cosa
sarebbe
accaduto se la prima persona che avessero incontrato fosse stata Malfoy.
L’avrebbero
ucciso?
Avrebbe
dovuto fermare i suoi compagni? Come?
E
Malfoy? Sapeva di essere dalla loro parte? Aveva idea di quello che
aveva fatto
per loro, di quello che aveva fatto per aiutarli a vincere? Ricordava
abbastanza? Oppure aveva davvero scordato tutto quanto e avrebbe
combattuto al
fianco di Voldemort?
Strinse
le dita attorno alla bacchetta. Il cuore le pulsava nelle orecchie con
una tale
intensità che percepì l’urlo di
Kingsley come un sussurro.
La
stanza di Malfoy era vuota.
Quando
irruppero nel maniero Draco era nello studio di suo padre.
Sentì
le urla e l’allarme e capì immediatamente che cosa
stava accadendo.
Non
si mosse.
Oltre
alla porta sentiva persone correre, strillare incantesimi, cadere a
terra.
Ma
non si mosse.
Strinse
tra le mani la bacchetta. Che cosa sarebbe successo? E, soprattutto, da
che
parte doveva stare?
Ma
non ebbe il tempo di pensarci.
La
porta della stanza si spalancò all’improvviso e,
davanti a lui, comparve Ron
Weasley.
Trasse
un respiro di sollievo.
-Malfoy-
ringhiò.
Weasley
aveva i capelli sporchi di sangue, era sudato e coperto di polvere. Il
sollievo
abbandonò Draco non appena si accorse della sua espressione.
Alle
sue spalle comparve anche la Granger.
-Ron,
abbassa la bacchetta- mormorò, ma lui non le diede ascolto
–Ron, abbassala-.
Weasley
guardò Draco, guardò Hermione e poi i suoi occhi
spaventosi tornarono a posarsi
su Draco. Quando parlò la sua voce aveva una nota isterica.
-Dobbiamo
ucciderlo, Hermione! Dobbiamo ucciderli tutti. Non devono
più fare del male a
nessuno!-
-Ron!-
strillò Hermione.
Un
boato si levò dal pian terreno e il pavimento
tremò.
Harry
si ritrovò davanti a Voldemort. E capì che
sarebbe morto.
Non
aveva alcuna possibilità contro quel mostro e, qualsiasi
cosa avesse fatto, per
lui sarebbe stata la fine comunque.
Non
aveva molto da perdere, ma aveva paura comunque. Ripensò a
Ron, Hermione,
Remus, Robert, Ginny.. combatteva per loro eppure si sentiva vuoto lo
stesso.
Impugnò
con più fermezza la bacchetta. Avrebbe lottato fino alla
morte. Tanto, vivo o
morto, non avrebbe fatto alcuna differenza.
-Ron!-
gridò ancora Hermione –Abbassa la bacchetta!
Abbassala! Lui è dalla nostra
parte!-
-E’
un mangiamorte!-.
Draco
era paralizzato. Si era scordato perfino il suo nome. In un altro
momento l’avere
paura di Weasley gli sarebbe parso del tutto ridicolo ma adesso lo
trovava
perfettamente razionale.
-Ci
ha aiutati!-.
Hermione
cercò di strappare la bacchetta dalle mani di Ron ma questi
la respinse,
facendola cadere a terra
-Tu
sei pazza- disse poi e, nuovamente, la punta della sua bacchetta si
diresse
verso Draco –Lui morirà e, insieme a lui, tutti
quelli che ci hanno rovinato la
vita. Voglio che soffrano, che soffrano come ho sofferto io! Crucio!- .
Draco
si accasciò a terra
-No!-
l’urlo di Hermione fu così forte da raggiungere
Draco nonostante il dolore
lancinante. Anche se non ricordava perché, sapeva di stare
per morire per una
giusta causa.
-Harry!-
gridò Hermione e, allora, il dolore cessò.
Urla
di gioia si levarono in tutto il Maniero quando Harry Potter uccise
Lord
Voldemort.
I
mangiamorte si dispersero quando il loro Lord esalò
l’ultimo respiro e quelli
che non riuscirono a fuggire vennero catturati.
Harry
corse a cercare Ron ed Hermione terrorizzato all’idea di
trovarli morti.
Sentì
le urla di Hermione provenire dal secondo piano e capì che
lì la battaglia
doveva essere ancora in corso.
Salì
a balzi le scale, facendo capolino nella stanza a testa alta, con il
fiato
corto e la bacchetta in pugno
-Harry!-
Prima
ancora di guardarsi attorno Harry iniziò ad urlare
-Riponete
le armi! Voldemort è morto!- solo allora si rese conto che
nessuno stava
combattendo
-Harry! Harry ferma
Ron!- gridò Hermione.
Ron
era in piedi in mezzo alla stanza. Aveva gli occhi arrossati e tremava
convulsamente.
Ai suoi piedi era disteso Malfoy.
-Ron!-
Harry gli strappò la bacchetta di mano senza che il suo
migliore amico
opponesse alcuna resistenza.
-E’
morto?- chiese, invece.
Piangeva.
Hermione
corse dal corpo esanime di Draco e s’inginocchiò
al suo fianco, poggiando una
guancia sul suo petto –No, oddio, no, è vivo-
gemette e, anche lei, iniziò a
piangere.
Il
suo, però, era un pianto così differente da
quello di Ron, che Harry non poté
fare a meno di chiedersi che cosa ci fosse, tra Hermione e Malfoy.
Perché
quello di Hermione era un pianto di liberazione e i suoi occhi quelli
di una
belva quando li punto contrò Ron
-Sei
un mostro, Ron! Ti detesto!- gridò –Non sai
niente! Non sapevi niente! Come hai
potuto? Ron! Come hai potuto!-.
Harry
le si avvicinò lentamente, per non spaventarla, e le
posò le mani sulle spalle
-Dobbiamo
consegnare Malfoy agli auror- mormorò, cercando di farla
alzare in piedi –Lascialo
stare-
-No!-
Hermione era sconvolta e, tra le lacrime, cercava a tentoni la propria
bacchetta. Harry la fissava, incapace di capire. Ron continuava a
piangere in
silenzio.
-Hermione…-.
Tentò
ancora una volta di farla alzare ma lei lo cacciò con uno
schiaffo
-Dammi
la tua bacchetta, Harry! Dammi la bacchetta!- gliela rubò
dalle mani e si
asciugò gli occhi.
Guardò
il corpo di Draco, lì, disteso a terra. Nonostante sentisse
l’impulso di
uccidere Ron, puntò la bacchetta verso Draco
-Evanesco- sussurrò e le vesti
di Malfoy
scomparvero. Ron sgranò gli occhi senza capire.
Probabilmente pensò che quella
fosse la conferma definitiva della pazzia di Hermione.
Harry,
invece, rimase immobile a fissare il fianco sinistro di Draco.
Poi
vomitò l’anima.
eHm…
Siamo
quasi giunti alla fine. Questo era il penultimo capitolo che spero vi
sia
piaciuto come i precedenti. Devo ammettere che l’ho scritto
abbastanza
fluentemente, anche se conteneva alcuni dei passaggi più
impegnativi della storia.
Non mi convince pienamente ma non mi andava di cambiarlo.
Perché? Perché sono
irrazionale e istintiva e mi sono emozionata moltissimo mentre lo
scrivevo. Ho sentito
le grida di Hermione, il dolore di Draco e la paura di Harry
nitidamente. Spero
di avervi trasmesso almeno un po’ di queste emozioni.
Naturalmente
ringrazio di cuore tutti coloro che mi sostengono con i loro commenti
^__^
A
presto,
Nischino
|
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Capitolo 9 *** Alla fine ***
Epilogo:
Alla fine
Malfoy
Manor
Voldemort
era stato sconfitto. Harry Potter aveva trionfato.
E
Draco Malfoy era seduto sul divano della sua casa distrutta con tra le
mani la
Gazzetta del Profeta.
Harry
Potter sorrideva in prima pagina con la sua cicatrice ben in vista.
Hermione
si materealizzò al suo fianco e la prima cosa che Draco
notò fu che si era
tagliata i capelli. Adesso li portava corti.
-Posso?-
chiese Hermione indicando il posto vuoto accanto al suo
-Si,
siediti-.
Hermione
si mise una mano in tasca e ne estrasse la piccola ballerina argentata.
La
porse a Draco.
-E’
questa, dunque- mormorò lui, prendendola tra le mani per
guardarla da vicino
–Adesso mi ricordo. Mia madre me la fece vedere, una volta,
quand’ero bambino-
-Mi
avevi chiesto di ridartela, quando sarebbe stato tutto finito-
bisbigliò
Hermione –Riavrai i tuoi ricordi, Draco-.
Draco
tornò a guardare la ragazza che gli aveva salvato la vita ma
che, con quei
capelli corti e quelle occhiaie scure, era irriconoscibile
-E’
la cosa giusta?-.
Su
questo, dopo mille incertezze, Hermione non aveva dubbi.
-Si-.
Vide
Draco esitare un istante e poi svitare la testa della ballerina.
Hermione si
alzò.
-Grazie
per tutto quello che hai fatto per noi, Draco-
-Non
lo so ancora che ho fatto- rispose.
Grimmauld
Place –
Casa di Harry
Harry
aveva rilasciato decine di interviste e scattato migliaia di fotografie
con la
testa che gli scoppiava e una nausea pressoché continua.
Dopodiché era tornato
a Grimmuld Place, si era gettato sul letto e aveva dormito per venti
ore
consecutive.
Si
era svegliato ancora confuso su cosa fosse realmente accaduto e che
cosa invece
no.
Provava
sentimenti contrastanti e non sapeva nemmeno quali fossero davvero suoi.
Le
cose certe erano poche ma, per lo meno, tangibili.
Voldemort
era morto.
Hermione
non era affatto impazzita, ma aveva permesso a tutti loro di vincere la
guerra.
E
lui era ancora vivo.
Ogni
tanto, per accertarsene, Harry sentiva il bisogno opprimente di
tastarsi la
carne sotto ai vestiti o di sentire il proprio cuore battere.
Quel
tum tum rassicurante serviva a
ricordargli che niente era finito e che moltissime cose dovevano appena
cominciare.
Robert
andò a trovarlo un pomeriggio. Harry lo fece accomodare in
salotto.
Per
tutto il tempo non fecero altro che osservarsi constatando che non
erano altro
che due estranei e, se Robert non sembrava più di tanto
stupito da questa
rivelazione, per Harry era scioccante.
Aveva
davvero creduto che Robert rappresentasse qualcosa di importante per
lui?
Solo
ora si rendeva conto che Hermione aveva avuto ragione quando gli aveva
detto
che cercava solamente una distrazione.
Si
salutarono con una stretta di mano e si dissero addio allo stesso modo.
Quando
Robert lasciò la casa di Harry, arrivò Hermione.
La
prima cosa che Harry notò fu il suo nuovo taglio di capelli.
Si
abbracciarono sulla soglia di casa e si tennero stretti
finché non fu Harry a
parlare.
-Forse
dovresti raccontarmi tutto- le disse, ma Hermione scosse il capo
-Credo
che dovresti chiederlo a Malfoy-.
La
Tana
Harry
andò a trovare Ron dopo una settimana.
In
quel lasso di tempo che ad Harry era scivolato addosso come una doccia
fredda,
Ron non aveva provato a contattarlo in nessun modo.
Harry
non odiava Ron per quello che aveva fatto o, per lo meno, ci provava.
Sapeva
che avrebbe dovuto cercare di capire le sue ragioni, giustificarlo, in
qualche
modo, ma non ci riusciva.
Solamente
la consapevolezza che la paura ed il terrore che lui stesso aveva
provato
durante l’assalto a Malfoy Manor erano stati talmente forti
da risultare
incontrollabili gli diede la forza di recarsi alla Tana per parlare con
lui.
Ad
accoglierlo fu Molly Weasley.
Aveva
il viso stanco ma sereno e mancava di quella solita allegria che
l’aveva
contraddistinta fin dal primo incontro con Harry. Sembrava sfinita.
-Vieni,
caro-.
Condusse
Harry fin davanti alla porta della camera di Ron e vi bussò
con leggerezza.
-Ron,
tesoro, c’è Harry- mormorò.
Dalla
stanza non giunse nessuna risposta ma Molly sembrò non
preoccuparsene ed aprì
la porta.
Ron
era disteso a letto, con la schiena poggiata alla testiera e lo sguardo
vuoto
perso fuori dalla finestra. Anche quando entrarono Ron non provvide a
spostare
i suoi occhi su di loro.
-Vi
lascio soli un momento- disse Molly.
Uscì
e si chiuse la porta alle spalle.
Harry
osservò Ron che, come Hermione, sembrava così
diverso dal Ron che aveva vissuto
con lui per sette anni. Era come se fosse invecchiato di molti,
moltissimi
anni, e che del ragazzo diciassettenne che era in realtà non
restasse che
un’eco.
Prima
di vederlo Harry era stato arrabbiato con lui. Si rese conto che
l’aveva odiato
sul serio, anche se aveva provato a negarlo.
Ma
adesso che se lo trovava davanti capì che non
c’era niente che Ron potesse fare
per fargli dimenticare l’affetto che provava per lui.
Dovevano
dirsi un sacco di cose e c’erano un sacco di punti da cui
poter cominciare.
Ma
ad Harry non ne veniva in mente nemmeno uno.
Così
si sedette su ciglio del letto di Ron e, con cautela, poggiò
una mano su quelle
dell’amico unite in grembo.
Ron
non lo guardò ma contrasse le labbra e socchiuse gli occhi.
Non pianse, ma
Harry pensò che se non avesse finito le lacrime
l’avrebbe fatto.
Ron
non era ancora pronto a guardarlo in faccia, non era ancora pronto a
perdonarsi
e a pensare a quello che aveva fatto. In futuro confidò ad
Harry che aveva
avuto paura di se stesso e di quello che quel suo gesto avrebbe potuto
significare.
Ma
quel giorno non disse niente e lasciò che Harry passasse
delle ore in silenzio
insieme a lui.
Non
parlarono di Voldemort, della guerra, di Malfoy o del futuro.
Ma
Ron capì, senza bisogno che Harry dicesse niente, che non
c’era bisogno di
chiedere scusa.
Malfoy
Manor
Draco
non si era mosso da quel divano per i successivi tre giorni. Si era
alzato per
mangiare, lavarsi e cambiarsi d’abito ma non aveva fatto
nient’altro, a parte
crogiolarsi in quei pochi ricordi che gli erano rimasti.
Non
appena aveva aperto la ballerina e i suoi pensieri erano tornati al
loro posto,
tutto gli era apparso incredibilmente chiaro. E si era ricordato di
quanto
amasse Harry e di quanto fosse stato stupido a non dirglielo.
Il
terzo giorno Harry bussò alla sua porta.
Draco
non si stupì di vederlo perché sapeva che, prima
o poi, Hermione l’avrebbe
mandato da lui. Eppure si sentì ugualmente imbarazzato
quando lui lo guardò con
quei suoi intensi occhi verdi.
Draco
non ricordava come si fossero scambiati il primo bacio,
com’era stata la prima
volta che avevano fatto l’amore, ma si ricordava abbastanza
per sapere che
Harry era l’uomo della sua vita.
Harry
era lì per avere delle spiegazioni e Draco era pronto a
fornirgliene, perché ne
aveva il diritto, anche se questo l’avrebbe fatto soffrire
terribilmente. Si
sedettero sul divano (perché era l’unico mobile di
casa Malfoy a non essere
andato distrutto durante la battaglia).
Draco
rimase zitto. Fu Harry a cominciare la conversazione.
Mentre
si dirigeva a Malfoy Manor, Harry si era chiesto come sarebbe stato
rivedere
Draco, che cosa avrebbe provato una volta che ce l’avesse
avuto davanti. Ora
era tutto chiaro.
-Che
cos’è successo?- gli chiese. Draco lo
guardò dritto in faccia perché di quella
parte della storia andava orgoglioso ed era convinto che fosse stata la
cosa
migliore e soprattutto la più coraggiosa che mai avrebbe
fatto in vita sua.
-In
realtà è stato tutto merito della Granger- disse,
giusto per non sembrare
troppo vanitoso –Un mese fa le diedi un ciondolo a forma di
ballerina, che in
realtà era un porta profumo..- ma Harry
l’interruppe
-Io
intendevo che cosa è successo tra noi due-.
Ecco,
si disse Draco, quella era la parte su cui non era affatto preparato e
alla
quale non sapeva dare una risposta. Non si era aspettato che Harry
glielo
domandasse subito; sperava, almeno, che avrebbero rotto il ghiaccio,
prima.
L’Harry
che aveva davanti era quello dei suoi ricordi e il sentimento che
provava per
lui era immutato. Eppure aveva paura di dire qualcosa di sbagliato.
-Perché-
continuò Harry –Sono confuso. Dopo aver visto il
tuo tatuaggio..- sollevò gli
occhi al cielo e Draco capì che stava per dire qualcosa di
estremamente
imbarazzante –So che ti amo, ma non ricordo
perché-.
Il
cuore di Draco si fermò in quell’istante.
Evidentemente la Granger era davvero
più brava di lui con quel tipo di incantesimi se ad Harry
era bastato vedere un
tatuaggio perché la sua fattura perdesse efficacia.
-Davvero?-
domandò Draco, sorpreso.
Harry
arrossì e Draco pensò che fosse buffo veder
arrossire l’eroe del Mondo Magico.
In realtà, pensò Draco, anche la sua voce doveva
sembrare buffa, così tremula
ed acuta.
-Cos’è,
Malfoy- scherzò allora Harry, per sdrammatizzare
–Sei anche tu soggetto al
fascino dell’eroe del Mondo Magico?-.
Draco
sollevò un sopracciglio. Se l’era ricordato
davvero?
-No-
esitò –Suppongo di essere più soggetto
al fascino del tuo sedere- disse.
Harry
lo guardò per un momento e a Draco sembrò che lo
studiasse. Poi lo incollò al
divano e lo baciò sulla bocca.
Draco
non capì se Harry ricordasse qualcosa di quella
conversazione che aveva dato il
via alla loro storia.
Ma
andava bene ricominciare da lì.
-Scusa-
Harry si staccò dalla sue labbra –Non lo so che mi
prende-
-Lo
so io, Potter- Draco gli prese il viso tra le mani –Volevi
ricordare com’era
bello baciarmi-.
E
lo baciò ancora.
eHm…
Eccoci
giunti alla fine. Con quest’epilogo si conclude la mia
ennesima avventura che
spero vi abbia fatti emozionare, sorridere e magari trattenere anche un
po’ il
fiato.
Vorrei
dedicare questo capitolo alla mia beta Alyxya.
Inoltre
vorrei fare un ringraziamento speciale a seven,
lucluc, Akanexx87
e draco potter
per aver commentato pazientemente ogni capitolo e avermi dato utili
consigli e
suggerimenti, oltre ad avermi aiutato a continuare questa storia grazie
al loro
entusiasmo che è bastato a compensare il mio nei momenti in
cui è venuto meno.
Grazie
anche a tutti gli altri recensori e alle innumerevoli persone che hanno
aggiunto la mia storia tra i preferiti, da ricordare ma soprattutto tra
i
seguiti (davvero un numero insperato).
Ci
rivedremo presto con una nuova storia che sto già
preparando.
Per
ora vi saluto, anche se con un po’ di tristezza.
A
presto,
Nischino
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