Io resto!

di ChiaraLuna21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un giorno qualunque ***
Capitolo 2: *** Azioni ''giustificate'' ***
Capitolo 3: *** Paura della morte ***
Capitolo 4: *** La fuga ***
Capitolo 5: *** Io non la lascio! ***
Capitolo 6: *** Polvere da sparo ***
Capitolo 7: *** Sospiri di sollievo ***



Capitolo 1
*** Un giorno qualunque ***



NOTE: i personaggi non appartengono a me, ma a chi di diritto, e io non ne faccio uso a scopo di lucro, ma solo per il mio divertimento personale.
 

Un giorno qualunque
 

Sandy guardò l’orologio sul muro: le 6,19 pm.
Oz stava per finire il turno e tornare all’ospedale.
Le aveva promesso che sarebbero usciti. Che l’avrebbe chiamata per darle un appuntamento.
Probabilmente vorrà dirmelo di persona.
Al contrario di quello che sembrava, Oz era molto dolce. Non si sarebbe meravigliata se avesse deciso di portarla fuori a cena, o al cinema, o addirittura a fare una passeggiata romantica nel parco.
Prese il cellulare per controllare sa aveva perso qualche chiamata.
Niente. Oz non si era ancora fatto sentire.
Rimise il telefono nella borsa che lasciava sempre sotto il bancone.
Guardò di nuovo l’orologio: le 6,27 pm.
Meglio se vado a controllare il signor Perez.
Se solo avesse aspettato altri cinque minuti. Solo altri cinque maledettissimi minuti. Non sarebbe finita così.
Purtroppo certe cose succedono e basta…
 
Oz era seduto dal lato del passeggero mentre Toby guidava.
«Anche oggi è finita!»
«Già! Cosa fai stasera?»
«Porto Sandy fuori.»
«Ahhhh! Hai capito i piccioncini!» e dicendo questo Toby fece un sorriso tra il sarcastico e il saccente.
«Sì, sì! Prendimi pure in giro! Tanto io stasera esco e tu no!»
«Touché! Allora… dove la porti di bello?»
«Non lo so ancora! Insomma… non ho idee! Sai che faccio? La chiamo! Lo chiederò a lei!»
Prese il cellulare dalla tasca e compose il numero.
 
«Salve signor Perez! Come sta oggi?» disse Sandy con un grande sorriso prendendo in mano la cartella ai piedi del letto.
Il signor Perez era un uomo anziano con il volto coperto da una barba bianca e riccioluta.
Anche i capelli dovevano essere riccioluti un tempo, ma ora tutto ciò che ne restava era una corona argentea che andava da sopra le orecchie a dietro la nuca, lasciando scoperto la maggior parte del capo.
«Meglio! Ma ogni volta che entra qualcuno mi fa venire il latte alle ginocchia con qualche strano sintomo o qualche malattia di cui non ho mai sentito parlare.» e mostrò un enorme sorriso anche lui.
Sandy aprì la bocca per dire qualcosa che però rimase solo nei suoi pensieri.
Sentì la porta dietro le proprie spalle sbattere. Poi un rumore simile… simile ad uno sparo.
Oddio! Non… non può essere! Non può essere!
Sperava di aver sentito male. Di essersi sbagliata.
Si voltò verso la porta e scoprì che i suoi timori erano realtà…
 
«Che strano! Non risponde!»
«Davvero? Non è da lei! Beh… non l’avrà sentito.»
«Già… mi sa… mi sa che hai ragione.»
Oz chiuse il telefono. Era davvero preoccupato.
Toby non sapeva cosa dirgli. «Dai… vedrai… vedrai che sta bene. Tanto… tanto tra poco la rivedrai, no?»
Oz annuì fingendo di stare anche lui bene.
Ma si vedeva che non era vero…
 
Nella stanza era entrato un uomo di mezza età, dai capelli corvini ovviamente in disordine e gli occhi neri come la pece.
Sul volto si poteva vedere il leggero riflesso della barba.
Ma Sandy in quel momento non avrebbe notato neanche un tatuaggio su tutta la faccia. Era un’altra la cosa che attirava la sua attenzione.
Infatti quell’uomo stringeva una pistola nella mano destra e, sì, il rumore era proprio uno sparo.
«Fermo Sam! Guai a te se ti muovi!» urlò puntando la pistola contro il signor Perez.
«Andy… e tu che ci fai qui?» l’anziano sembrava particolarmente tranquillo, come se tenesse tutto sotto controllo.
«Lo sai perché sono qui! Tu dimmi, invece, chi è lei!» e indicò Sandy con la pistola.
«Lei è solo un’infermiera. È qui per caso. Sai… potrebbe andarsene, così, per caso, proprio come è venuta.»
«Non ci provare: non sono un idiota! Lei resta! E se farà la brava non le infilerò una pallottola in testa!»
Le sue labbra si distesero in un sorriso che fece rabbrividire la ragazza.
 
Toby era abbastanza tranquillo.
Oz aveva ragione: era stano che Sandy non avesse risposto, ma cosa poteva esserle successo? Era un’infermiera, non una poliziotta o un soldato mandato in guerra.
Starà bene: avrà solo dimenticato il cellulare da qualche parte. Capita!
Era davvero convinto di quello che pensava.
Ma quando furono davanti all’ospedale, improvvisamente ebbe qualche dubbio.
Davanti all’edificio non c’erano solo le ambulanze, ma anche auto della polizia.
I battiti rallentarono. Era quasi certo che quelli di Oz si fossero addirittura fermati.
«Toby, cosa… cosa… io…» riusciva appena a respirare, ansimava e, improvvisamente, divenne pallido, quasi bianco.
Doveva farlo stare calmo, altrimenti avrebbe avuto un infarto.
«Ehi, Oz, perché… perché non controlli la morfina? Mi pareva l’avessimo quasi finita!»
Il partner annuì, mentre Toby parcheggiava e scendeva.
Cosa poteva fare? In realtà non lo sapeva neanche lui.
Pensò che la cosa più sensata era capire cosa stava succedendo.
Se Dio ti ha dato la TV via cavo, perché non fare un po’ di zapping?pensò.
Così, semplicemente, si mise in ascolto.
Oh, no! Com’è potuto accadere?
Cosa vorrà mai da quel povero uomo e da quella infermiera?
Chissà dove è Toby… se lui fosse qui, forse ci capiremmo qualcosa!
Era certo che l’ultimo pensiero fosse di Michelle.
Si guardò intorno per cercarla, e la trovò poggiata ad una volante della polizia.
Si voltò dietro di se e vide Oz teso come una corda per il bucato. In effetti era così dritto e pallido che sembrava un insetto stecco. Si guardava intorno cercando sicuramente Sandy.
Doveva tornare da lui, ma prima doveva scoprire cosa stava avvenendo.
Così si diresse verso il sergente McCluskey.
: entra su fb è accetta la rikiesta di amicizia di agu mina, è una mia amica ma ci entro ank'io
lui vbb dmn ora spengo il cell ciao
: entra su fb è accetta la rikiesta di amicizia di agu mina, è una mia amica ma ci entro ank'io
lui vbb dmn ora spengo il cell ciao
«Ciao Michelle. Cosa succede?»
«Ciao Toby! Sei qui! È entrato un uomo armato nella stanza 167 al primo piano. È armato e ha preso in ostaggio due persone: un anziano di nome Sam Perez e un’infermiera…»
«Non me lo dire! Si chiama Sandy, vero?»
Michelle era disorientata. «Sì… in effetti si chiama proprio Sandy! La… la conosci?»
Toby annuì. «È la ragazza di Oz!»
 
«Perché sei qui?»
«Stai diventando ripetitivo, vecchio! E anche smemorato, se è per questo! Sai perché sono qui! Sai cosa voglio, e sai che non me ne andrò senza!» e dopo queste parole guardò Sandy.
«Amore, stai tranquilla, okay?» disse mostrandole un altro dei suoi sorrisi maligni. «Scommetto che vuoi sapere perché un bell’uomo come me sta minacciando un povero vecchio e la sua infermiera, vero?»
Sandy tremava e non aveva il coraggio di rispondergli.
Lui le si avvicinò e le accarezzò una guancia con la canna della pistola. «Su, rispondi! Te lo sei chiesta, vero?»
La ragazza riusciva a stento a trattenere  le lacrime. Annuì rapidamente mentre ingoiava il groppo che aveva in gola.
«Beh, sai che ti dico? Io in realtà non sono cattivo! Non voglio farvi del male!» aveva sempre quel sorriso stampato sulle labbra, e, mentre pronunciava quella parole, le mise un braccio intorno al collo.
Improvvisamente quell’uomo guardò fuori dalla finestra e li vide.
Vide i riflessi delle sirene della polizia lampeggiare fuori, e allora capì che la cosa si stava facendo difficile.
 
«Un medico ha sentito lo sparo e ha chiamato la polizia. Abbiamo evacuato il piano, ma sgomberare l’intero edificio è impossibile! Troppe persone da trasferire, e nessun luogo dove portarle. Così abbiamo pensato di isolare la zona: abbiamo fatto in modo che non possa uscire da nessuna parte, ma che, in caso di bisogno, i medici possano scendere senza pericolo, anche se non possono entrare in quel piano.»
Toby non era sicuro di capire! Al momento la cosa importante era portare Sandy fuori di lì.
Dopo aver parlato con Michelle e aver confermato che la ragazza era l’ostaggio aveva pensato di doverlo dire a Oz, e ora stava pensando a come fare.
«Toby, stai bene? Sembri un fantasma!»
«Cosa? Ah… sì, certo, io sto bene! È che non so che dire a Oz! Insomma… non posso dirglielo e basta! Devo trovare… le parole giuste, no?»
«Già… ma mi sa che dovrai trovarle in fretta: sta venendo qua!»
«Cosa?»
Toby si girò per controllare, e vide che, effettivamente il suo partner si stava avvicinando, forse preoccupato del fatto che non gli avesse detto ancora niente.
Che fare? Decise di andargli incontro, e vedere cosa succedeva.
«Ehi, come va? Senti… perché… perché non andiamo più in là?»
Certe cose, tra amici, non si possono nascondere.
A volte basta uno sguardo, o una parola, un tono… solo una gradazione diversa di voce, per far capire ad un amico cosa pensi per davvero, o cosa succede…
«Lei dov’è?!» non era una domanda, era un grido d’aiuto! Sperava che la risposta fosse “è a casa”, o “l’hanno portata in commissariato”, o qualsiasi altra cosa, bastava che non fosse quella… tutto, ma non quella…
Toby fece un grosso respiro e lo guardò negli occhi.
Quello sguardo… quello sguardo non avrebbe mai voluto vederlo! Tutto sarebbe stato meglio di quello sguardo…
Oz iniziò ad ansimare. «No… no… no, no! Non è possibile! Non… non può essere!»
Riusciva malapena a reggersi in piedi. Si poggiò al muro, cercando di prendere più aria possibile nei polmoni.
«Oz, vuoi… vuoi che ce ne andiamo? Possiamo andare a sederci da qualche parte, se vuoi!» non lo avrebbe abbandonato in quel momento…
Scosse la testa. «No… no, no! Io.. io resto! Devo… devo tirarla fuori di li! Io resto!»
Era sicuro, convinto. Non se ne sarebbe andato come l’ultimo dei vigliacchi.
E Toby non l’avrebbe lasciato lì da solo…

 

Questo era il primo capitolo. Vi prego, siate clementi.
Spero  che  vi abbia intrigato almeno un po’, e che continuerete a leggere.
Questa fan-fiction  è dedicata a tutti i fan di the listener, e a tutti quelli che, come me, sono rimasti sconvolti dal finale di stagione=’(
 Resisti, Toby!!!
Se prima di andare potete lasciare un commentino non mi dispiace.
Ciao! 

 

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Capitolo 2
*** Azioni ''giustificate'' ***


Azioni “giustificate”

«Perché fuori c’è la polizia?» disse diventando quasi furioso.
Strinse più forte il suo braccio attorno al collo di Sandy e premette la pistola contro il collo della ragazza. «Dimmelo! Come hai fatto?» urlò.
Sandy non sapeva niente della polizia. Non era stata lei. Ma cosa poteva dire per convincerlo? Forse in un altro momento l’avrebbe saputo, ma ora non ne aveva la più pallida idea …
«Io… io non lo so… ti giuro che non lo so! Non so chi sia stato, ma di certo non io!»
L’uomo cominciò ad ansimare, forse per calmare i bollori. «Va bene… va bene… sai una cosa? È il tuo giorno fortunato! Ho deciso di crederti!» e dicendo questo la lasciò, la spinse a terra scoppiò a ridere.
Quella risata… quella grossa, grassa risata sarebbe rimbombata nelle tempie di Sandy per anni…
 
Oz era seduto sul retro dell’ambulanza.
Aveva deciso di restare. Che non l’avrebbe lasciata.
Voleva davvero aiutarla, ma ora non poteva fare niente.
Toby gli aveva detto di aspettare, mentre lui cercava di scoprire qualcosa parlando con Michelle.
Aspettare… non riusciva ad aspettare! Non riusciva a stare con le mani in mano mentre Sandy rischiava di morire ogni minuto che passava.
Questo pensiero non faceva che aumentare la sua tensione, che riusciva a scaricare solo con un tic isterico alla gamba.
Quel tic, però, dimostrava che era in ansia… e questo lo preoccupava ancora di più.
Vide Toby voltarsi verso di lui con quella faccia, per la serie “Se continui a pensare così forte, io non capisco niente!”. L’aveva visto tante volte sulla faccia della gente, anche se solitamente voleva dire “Se continui a dire queste cretinate, io non capisco niente!”. Ma mai sul volto di Toby. Mai. Almeno non rivolto a lui.
L’amico annuì al sergente McCluskey, le disse qualcosa e si avvicinò a lui.
Bene! Avrà sicuramente delle belle notizie! Vorrà fare sicuramente qualcosa di eroico! Molto eroico!
«Ehi, come va?» la sua voce era stanca, evidentemente provata dal “lavoro extra” di quella sera.
Oz non rispose. La risposta era ovviamente sottintesa.
Toby sospirò. «Lo sai che se continui a pensare di uccidere quell’uomo mi dovrò concentrare per forza su come impedirtelo, vero?»
«Cosa? No… io non… non sto pensando a questo…»
«Ah, no… allora chi… ah… scusa… sono io che lo penso…» Sorrise.
Anche Oz accennò un sorriso, segno che il tentativo dell’amico di tranquillizzarlo aveva in parte funzionato.
Toby si sedette accanto all’amico. «Senti… Michelle ha detto che vogliono provare a contattarlo… il punto è che devono stare molto attenti: non sanno come reagirà! Oz… io… io non voglio chiederti di essere indifferente… so bene che è impossibile, e non lo posso assolutamente esigere… ma posso pregarti di essere forte… io… io non ti lascerò…» Non sapeva più che dirgli!
Aveva passato gli ultimi trenta minuti a capire cosa dirgli, e ora non lo sapeva più.
«Potrebbe morire?» chiese con voce colma di dolore.
L’amico respirò forte. Non poteva mentirgli. «Potrebbe… purtroppo potrebbe…»
 Oz ebbe l’unica reazione che Toby aveva scartato: si rassegnò!
Almeno, in un primo momento sembrò rassegnarsi!
Il paramedico fece un lungo sospiro e annuì. Poi parlò. «Cosa stanno facendo, ora, mentre noi parliamo.»
Scosse la testa. «Niente. Michelle ha detto che vuole vedere prima i punti ciechi dell’ospedale, per essere sicura che non fugga.»
Oz annuì di nuovo.
I pensieri dell’amico investirono Toby, che ne rimase davvero sconvolto, ma soprattutto preoccupato.
«Oz, non puoi farlo! Rischieresti solo la pelle, senza risolvere niente! Non ti permetterò di fare una tale pazzia!»
«La vuoi  smettere di leggermi nel pensiero!»
«Non è certo colpa mia se pensi forte! E, inoltre, lo sto facendo per il tuo bene!»
«Il mio bene?! E non pensi a quello di Sandy? È lei che deve essere salvata, non io!» senza accorgersene iniziarono a gridare.
«Stiamo pensando tutti al bene di Sandy, ma entrare là dentro, completamente disarmato e senza alcuna protezione, francamente mi sembra solo un buon modo per farsi ammazzare! Ma pensi a quello che dici?»
«Certo, ecco perché non l’ho detto, ma solo pensato! E se non fosse stato per te, starebbe ancora solo nella mia testa!»
«Già, nella tua testa, sul tuo corpo che ora si troverebbe in quella stanza, steso a terra, senza vita e con una pallottola nel cranio! Hai ragione: avrei dovuto far finta di niente!»
I due si zittirono e iniziarono ad ansimare.
Dopo un po’ Oz abbassò la testa. «Come… come sai che l’avrei fatto?» ora sussurrava quasi.
«Quando un pensiero viene preso veramente in considerazione è più forte… ma, sostanzialmente, è perché… perché ti conosco bene, e so che per Sandy faresti anche la peggiore delle pazzie!»
I due fecero una leggera risata.
«Andrà tutto bene!» disse Toby, senza sapere bene se per tranquillizzare l’amico, o per convincere se stesso.
Oz annuì di nuovo
 
Quell'Andy continuava a camminare in tondo nella stanza, come un animale in gabbia.
Era proprio questo che sembrava a Sandy: un animale!
E lo temeva, proprio come avrebbe temuto un animale.
Forse per questo non si era alzata, ma era rimasta lì, a terra, aspettando… aspettando chissà cosa!
Improvvisamente l’uomo si fermò e scoppiò a ridere.
«Sai cosa stavo pensando? Tu… tu non sai cosa voglio, vero?» disse a Sandy.
La ragazza scosse la testa.
L’uomo la afferrò per un polso e la portò a sé.
«Allora sai che ti dico? Penso che ti racconterò una storia. Ti va?»
Andy le stava sussurrando quelle parole in un orecchio mentre era alle sue spalle e le teneva un braccio attorno al collo.
Sandy annuì, sempre più spaventata.
«C’erano una volta due ragazzi. Lui si chiamava Andy e lei… il suo nome lo diremo dopo, okay?» parlava con una voce che molti avrebbero trovato seducente, ma che in quel momento Sandy trovò solo terrificante, e annuì ancora, per non innervosirlo.
«Loro due erano felici, si amavano, avevano una bella casa e lui le comprava sempre gioielli e regali.» Sospirò. «La Loro era una bella vita. E sarebbe continuata, se un giorno lei non avesse deciso di farla finita. Un giorno, semplicemente, disse ad Andy che si era stancata, che lei voleva una persona con un po’ di spina dorsale, che ormai aveva perso il desiderio…»
Era nervoso. Molto nervoso. Tanto che, senza accorgersene iniziò a stringere il braccio attorno al collo di Sandy.
«Il ragazzo si arrabbiò, e per farle capire che aveva spina dorsale la picchiò tanto da riempire il loro appartamento, il loro bellissimo e  tranquillissimo appartamento, di sangue. Lei si spaventò, e tornò a casa, tra le braccia del padre, che chiese un’ordinanza restrittiva.
«Ma al vecchio non bastava l’ordinanza, pensava che la ragazza non fosse al sicuro. Così la fece scappare, lontano, dove…? A quanto pare nessuno lo sa!» Sospirò. «Nessuno oltre il padre!»
Ci fu un attimo di silenzio. L’infermiera sentì l’uomo dietro di lei respirare, inumidirsi le labbra con la lingua e continuare soffiando: «Tesoro… tu sai chi è il tipo qui davanti a noi?»
Ancora silenzio.
«Lui è il padre della mia storia. E sai chi è la ragazza?»
Ci fu ancora silenzio. Sandy sentì il freddo della pistola a contatto con la sua schiena.
« È sua figlia, Sandy!»

 
 
Okay! Ecco il nuovo capitolo.
Spero vi sia piaciuto e di essere stata abbastanza chiara.
Se prima di andare potete lasciare un  commentino, non dispiace.
Baci =] 

 

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Capitolo 3
*** Paura della morte ***


Salve a tutti!
Prima di iniziare, volevo avvertirvi che probabilmente non potrò postare altri capitoli per almeno altri 15 giorni.
Vi prego di continuare a seguire, visto che ho tutta l’intenzione di finire la storia, ma, vi scongiuro, abbiate pazienza! Purtroppo è un periodo un po’ difficile…
Intanto, se potete scrivere qualche commentino non dispiace.
Cercherò di postare almeno un 4° capitolo… ma non vi prometto ancora niente.
Grazie e scusate ancora!

 

Paura della morte

Sandy… non poteva essere! Non poteva essere lei quella Sandy! Lei non aveva mai visto in vita sua nessuno dei due… era solo una coincidenza!
Il signor Perez la guardò come per dirle “tu non c'entri!”
Sandy aveva ancora qualche incertezza, ma il tipo le tolse anche il più piccolo dubbio.
Puntò la pistola contro l’anziano uomo davanti a loro.
«Continuo a chiedermi perché vogliate tutti rendermi cattivo! Io non voglio fare del male a nessuno…» lo diceva con tanta calma da far spaventare i muri e far tremare i pavimenti.
Poi… poi il telefono squillò.
Sandy per poco non sobbalzò nel sentirlo.
Era estraneo a quel mondo, a quel posto, a quell’universo…
Apparteneva all’altro universo… quello da cui veniva Sandy, non a questo, in cui era stata catapultata…
Andy lo fissò .
Secondo squillo.
«Siediti!» ordinò alla ragazza continuando a guardare l’apparecchio e togliendole il braccio dal collo.
Sandy non se lo fece ripetere, e si sedette su una sedia accanto a lei.
Terzo squillo.
L’uomo si avvicinò al telefono accanto al letto.
Alzò la cornetta. «Pronto, Amore?»
«No, signore, sono il sergente McCluskey.»
«Sergente McCluskey…» disse tra sé e sé. «E cosa vuole da me?»
«Solo parlare!»
«Vuole parlare? Bene! Allora parliamo!» urlò nella cornetta. «Cosa vuole che le dica? Chi sono? Mi chiamo Andy Davis. Se lo segni, così può fare dei controlli!» c’era un pizzico di ironia nella sua voce.
«Va bene, Signor Davis. Volevo chiederle anche degli ostaggi. Come stanno?»
«Come stanno? Che sono, un medico?» prese un profondo respiro. «Ma forse lei voleva sapere se sono ancora vivi. Non è così?»
«Sì, signor Davis.»
«Beh… allora la risposta è: sì, sono ancora vivi… per ora…» fece una breve ristata. «Scommetto che vorrà parlare con uno di loro… non è vero? Bene… allora senta qui…»
Mise il vivavoce e poggiò la cornetta sul tavolino vicino al muro.
Prese Sandy per un braccio e la fece alzare.
La ragazza si mise ad urlare, senza una buona ragione. O meglio… senza un’apparente buona ragione. La verità era che in quel momento, lei sentiva la morte alitarle sul collo e parlarle con la voce di quel tipo… e lei non voleva morire… non voleva andarsene ancora… lei voleva vivere…
Iniziò a scalciare, a dimenarsi, e lui le bloccò le braccia al petto con le mani.
«Shhh… shhhh. Va tutto bene.» le sussurrò in un orecchio mentre lei continuava a urlare e battere i piedi a terra. Poi si rivolse a Michelle. «Questa è l’infermiera. Visto che sta bene? Stia calma… sono in buone mani.»
Il sergente si rivolse alla ragazza. «Sandy, mi senti?»
L’uomo si bloccò e impallidì. «Come l’ha chiamata?»
«Sandy… è il suo nome…»
L’aria in quella stanza si fece pesante.
Andy non voleva sentire quel nome. Per lui c’era solo una Sandy… e non era certo lei!
Prese la cornetta in mano. «Sergente McCluskey… mi farò sentire io!»
E troncò la conversazione.
 
Toby aveva letto ogni singola parola della conversazione riflessa nella mente di Michelle.
Era confuso.
Perché Andy aveva avuto quella reazione quando aveva sentito in nome Sandy?
Chi aspettava al telefono?
Troppe domande e poco tempo per trovare una risposta.
E poi c’era il solito problema di come parlare a Oz.
Pensa, Toby! Pensa! Disse una vocina dentro di sé. Se avesse voluto ucciderla l’avrebbe già fatto. Insomma… è passato un bel po’ da quando hanno finito la chiamata… di solito non si aspetta tanto…
Di solito…
 
Andy continuava a stringerla a sé.
«Non mi hai detto che il tuo nome è Sandy…» le sussurrò in un orecchio. «La gente continua a volermi cattivo… e io non capisco il perché…»
Puntò la pistola verso il signor Perez.
«Non ho più tempo da perdere!» disse. «Parla… o ti ammazzo, vecchio!»
L’uomo sorrise. «Guardami… sono in un letto d’ospedale… credi davvero che mi importi di vivere? Che me ne importi ancora?»
Abbassò la pistola. «Già… della tua vita non ti importa… l’hai già vissuta… ma non tutti in questa stanza la pensano allo stesso modo…»
Osservò la spalla di Sandy e fece scorrere lentamente la canna della pistola lungo il suo braccio, fermandosi al collo.
La ragazza iniziò ad ansimare.
«Nuove regole: se non parli, lei muore!»
Il pensionato ci pensò un attimo. Non lo si poteva biasimare, infondo.
«Va bene… va bene… lei ora è qui… a Toronto… sta in un albergo… si chiama “Bello sguardo”, sulla 19a… la stanza è la 226… al terzo piano…»
Andy sorrise, abbassò la pistola e spinse Sandy nell’angolo della stanza.
«Era tanto difficile?»
Poi ripuntò l’arma sul signor Perez.
 
Michelle non aveva ancora calcolato la mossa successi quando avvenne.
Bang!
Uno sparo. Era uno sparo.
Tutti lo avevano sentito, anche Oz.
Bang!
Un altro sparo.
Oz si pietrificò: con un solo sparo c’era ancora speranza… ma con due…
Perché sparare due volte se non per uccidere due persone? C’era un motivo… c’era un motivo per sparare due colpi allo stesso tizio… ne era certo… ma ora non gli veniva in mente.
È morta… è morta…
Toby sentì quei pensieri… sentì il dolore che provava l’amico… sentiva che Oz non sapeva spiegarsi un buon motivo per il quale ci fosse bisogno di uccidere Sandy, che non avrebbe fatto del male ad una mosca neanche volendo…
Udì l’eco di quegli spari riecheggiare nell’aria…
Poi… uno squillo… 

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Capitolo 4
*** La fuga ***


Chiedo umilmente scusa a tutti i lettori per l’attesa.
Sono appena tornata da un campo scout di dodici giorni e prima di partire non sono riuscita a scrivere niente di buono. xP
Prometto che non accadrà mai più niente di simile e chiedo scusa a tutti se il capitolo non sarà all’altezza dell’attesa.
Grazie a tutti quelli che leggono e vi prego di lasciare un commentino, se possibile.
Grazie ancora a tutti. =]

 

La fuga
 
Il primo colpo era stato del tutto inaspettato.
Il secondo aveva gelato il sangue nelle vene di tutti.
Michelle era sconvolta, ma doveva reagire.
«Maledizione!» disse afferrando la radio. «Squadra speciale Charlie, pronti ad entrare! Squadra speciale Adam, restate in posizione! Squadra speciale Bravo, pronti a far fuoco!»
Afferrò il giubbotto antiproiettile e lo indossò.
Lo stava ancora allacciando quando arrivò il primo squillo.
Tutti si bloccarono e fissarono il telefono.
Passo qualche secondo, e poi il secondo squillo: non era un sogno!
Michelle si avvicinò.
Il terzo squillo non ebbe neanche il tempo di finire. «Pronto!» rispose con il tono più calmo e pacato esistente.
«Sergente McCluskey! Speravo rispondesse lei!» disse con voce euforica Andy.
Michelle sospirò. «Signor Davis, abbiamo sentito gli spari! Come stanno gli ostaggi?» disse facendo segno ad un agente di fermare ogni operazione fino a nuovo ordine.
«Diciamo che uno  ha visto giorni migliori…»
«Signor Davis, la prego, non sia criptico!»
«Bene… allora sarò chiaro: ho ammazzato Sam Perez! Ma, lasci che glielo dica, non faccia entrare i suoi uomini: non gioverebbe a nessuno! Vede… io ho ancora un ostaggio…»
Michelle tacque.
«Non mi crede? L’infermiera è viva… la vuole sentire ?»
 
Sandy non sapeva il perché, ma quel tipo aveva sparato una pallottola nel petto del signor Perez.
Dopo qualche secondo gli aveva sparato di nuovo, questa volta alla testa.
Il corpo dell’uomo era caduto all’indietro e si era disteso sul letto.
La ragazza avrebbe voluto urlare, ma quando la bocca si aprì uscì solo aria.
Vide Andy avvicinarsi al telefono, premere il tasto dell’ultima chiamata ricevuta, e aspettare.
Iniziò a parlare con un sergente di polizia, ma non riusciva a seguire la loro conversazione! Era come se stessero parlando in un’altra lingua a lei sconosciuta. Riuscì a cogliere solo l’ultima frase: “L’infermiera è viva… la vuole sentire ?”
Poi l’uomo le si avvicinò, con ancora la cornetta in mano, e l’afferrò per i capelli e la trascinò fino al comodino, dove le poggiò il ricevitore sull’orecchio.
Sandy urlò di nuovo.
«Smettila di urlare, e dì al sergente come stai!!!»
«Sto… sto bene… non… non mi ha sparato…» disse trattenendo a stento le lacrime.
«D’accordo… d’accordo… ora mi parli del patto, signor Davis!»
Andy rimise la cornetta vicino al proprio orecchio. «Il patto… quello è molto semplice… voglio una macchina, con targa non rintracciabile e vetri oscurati! Mi dia quella e non ammazzerò la ragazza! Mi richiami quando avrà il mezzo!» poi troncò la conversazione.
Andy si inginocchiò di fronte a Sandy. «Sai… c’è un solo motivo per il quale sei ancora viva: hai un bel nome.»
Poi le afferrò il mento con una mano e con l’altra le tolse uno schizzo di sangue dalla guancia.
 
Michelle abbassò la cornetta.
Guardò Toby. Ovviamente sapeva già tutto.
«Devi procurargli la macchina.» le disse.
«Sì… ma il punto è che non so dove! Mi ci vorrà un po’ di tempo…»
«Non sappiamo se abbiamo “un po’ di tempo”!»
«Questo lo so bene! Perciò non voglio perdere tempo a discutere con te!»
Toby sospirò. «Scusa… hai ragione… ma sono preoccupato!»
«Lo capisco, ma io sto solo cercando di fare il mio lavoro!»
Annuì. «Lo so, e te ne ringrazio! Fai tutte le chiamate che devi fare. Io vado!»
Toby andò verso Oz .
È morta… lo so… non ho bisogno me lo dica lui… è morta… non la vedrò mai più…
Oz aveva gli occhi lucidi mentre pensava queste parole.
«Non… non ho fatto niente per salvarla…» disse all’amico mentre una lacrima gli percorreva il volto.
«Puoi ancora fare qualcosa, però…»
Oz lo guardò. «Vuoi dire che…»
Toby annuì e l’amico fece un profondo respiro, puntando gli occhi verso l’alto e tirando su col naso. «Grazie al cielo…» Poi ci pensò un attimo. «Cosa… cosa vuole?»
Non voleva sapere come stava, perché era ancora viva; era certo che se l’avesse saputo,Toby non avrebbe esitato a dirglielo. Voleva sapere cosa voleva quel tipo per la vita del suo amore, per la vita della cosa più bella che esistesse su quella terra per lui.
Darei tutto l’oro del mondo per lei! pensò.
«Fortunatamente per noi, lui vuole solo una macchina.» rispose Toby al pensiero dell’amico, sedendosi a fianco a lui.
Oz annuì fissando il vuoto dinanzi a lui. «Chissà a cosa sta pensando Sandy! Chissà se ha paura!»
Toby fece un profondo respiro. Doveva rispondergli. Non poteva lasciarlo sulle spine.
Sapeva che Oz non gliel’avrebbe mai permesso, visti i suoi continui mal di testa e la distanza con la stanza dove era Sandy, ma lui doveva farlo, a costo di rimetterci la vita.
Inspirò profondamente e infilò le mani in tasca. Chiuse leggermente gli occhi e, respirando a fondo, si concentrò, cercando di ignorare tutti i pensieri, tranne quelli che gli interessavano.
Era come se stessa attraversando in macchina a grande velocità una galleria, mentre intorno a lui c’erano milioni di persone che parlavano, ma lui non poteva ascoltarle.
Iniziò a sentire una fitta alla testa, ma si stava avvicinando, e non poteva lasciar perdere.
Si alzò in piedi e strizzò più forte gli occhi.
Oz lo vide e puntò lo sguardo verso di lui. «Toby, ma cosa…»
L’aveva trovata! Riusciva a sentirla! «Shhh… aspetta…»
Non ci voleva un sensitivo per capire cosa stava succedendo, e Oz conosceva troppo bene l’amico per non comprendere.
«Toby, fermo! Non farlo!» disse scattando in piedi.
Oddio! Voglio uscire di qui!
Toby fece un verso di dolore e si toccò la testa con una mano stringendo i denti.
«Toby, fermati, maledizione!» urlò Oz.
«Zitto…» mormorò con una smorfia di dolore sul volto.
Lasciami andare, ti prego! Lasciami! Io non ho fatto niente! Io non so niente!
Toby si strinse la testa tra le mani e lanciò un urlo.
«Smettila, Toby, ti prego! Smettila!» urlò ancora Oz prendendogli i polsi nelle mani.
Io… io non conosco quella Sandy! Io non so dove sia! Sa che non sono io, ma allora perché sono ancora qui! Voglio... voglio rivedere Oz… io non c’entro…
Toby si inarcò leggermente con la schiena e lanciò un altro urlo, questa volta più forte.
«Toby, ascoltami! Basta, ora! Basta!»
Oz era preoccupatissimo. L’amico era diventato pallido, quasi bianco, e si sentiva in colpa.
Il ragazzo allentò la tensione dei muscoli e cadde, ma Oz lo afferrò da dietro e lo fece sedere a terra.
«Ehi, Toby, va tutto bene! Respira, amico! Ok?» gli sussurrò in un orecchio.
Il paramedico iniziò a respirare profondamente, mentre aveva ancora gli occhi chiusi e le braccia ormai stese lungo in fianchi.
Oz si guardò intorno. Nessuno li aveva considerati, per fortuna.
«Ma a cosa pensavi? Sai che è troppo lontano!»
«Era… era troppo lontano. L’ho… l’ho sentita…»
«Cosa?»
Toby annuì. «Pensava ad una strana storia su una Sandy che non era lei, al fatto che voleva uscire, e che…» fece un profondo respiro. «E che ti vuole rivedere.»
Oz fu invaso da un milione di sensazioni diverse: rabbia, felicità, amore, dolore, paura…
«Non… non farlo mai più… Ok?» disse con un groppo in gola.
Toby socchiuse gli occhi e annuì.
«Ce la fai ad alzarti?»
Annuì di nuovo, poggiando una mano a terra e dandosi una spinta per sollevarsi.
Oz si alzò con lui con una mano stretta intorno al braccio, forse più per farsi forse che per aiutarlo.
«Toby… io… io… grazie!»
Il ragazzo sorrise. «Non dirlo nemmeno per scherzo, ok?»
Questa volta fu Oz ad annuire.
 
Era ormai mezzanotte quando arrivò la macchina.
Andy rispose al primo squillo del telefono.
«Sergente! Allora… mi ha trovato la macchina?»
«Sì, è qui fuori, ma deve lasciar andare l’infermiera.»
«Mi ha preso per un idiota? No! Lei viene con me! Quando sarò lontano, vi dirò dove trovarla! Ma per ora mi limiterò a non ucciderla! Almeno che lei non mi dia problemi…»
La conversazione terminò così.
Andy  afferrò Sandy per il polso. «Io e te andiamo a farci un giretto, ok?»
E così dicendo la trascinò fuori.
 
La polizia aveva fatto creare una specie di corridoio tra la folla che portava dalla porta dell’ospedale alla macchina.
Andy uscì stringendo un braccio attorno al collo di Sandy e puntandole la pistola alla testa.
Avanzava nel corridoio facendosi scudo della ragazza.
Toby era certo che Oz sarebbe esploso, che avrebbe fatto un salto di circa dieci metri, per arrivare a quel tipo e strozzarlo. Proprio per questo gli stava vicino: per salvarlo da se stesso.
Il tipo spinse Sandy al volante e si sedette sul lato dei passeggeri.
Poi l’auto partì sotto lo sguardo di tutti i presenti… 

 

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Capitolo 5
*** Io non la lascio! ***


Io non la lascio
 

Oz rimase a fissare quella macchina fare un metro… poi due… poi cinque… poi venti… finché non si rese conto che non si sarebbe fermata.
La vettura scomparve rapidamente, ma Oz la vedeva ancora quando mi si avvicinò.
«Non possiamo farla andare via così, Toby!»
«Lo so, Oz! Lo so! Ma che possiamo fare?»
Oz ripuntò gli occhi sulla strada. La macchina già non c’era più.
Quel vuoto… quell’asfalto vuoto illuminato solo da un lampione dopo la mezzanotte… gli mise addosso un senso di malinconia e la convinzione che un semplice uomo non può cambiare tutto…
Lo sentii anche io, anche se solo di riflesso. Sentivo il suo dolore dentro di me e i suoi pensieri nella mia testa.
Improvvisamente iniziò a ragionare su qualcosa, ma in quel momento ci fu un’interferenza, e riuscii a capire solo le parole che disse…
«Toby, la moto!»
«Sì… è nel parcheggio… e allora?»
«E allora muoviti: andiamo a prenderla!!!»
Non feci in tempo a protestare, perché prima ancora che me ne accorgessi, eravamo già nel parking dell’ospedale.
«Guido io!» urlò Oz mettendosi il casco.
«Guidi tu? Come, guidi tu?! Oz, tu non sai guidare una moto! Ascolta… fermati un momento e ragionaci!»
«Non c’è tempo!» disse poggiandomi il casco di scorta sulla testa. «Tu guidi troppo lentamente! Inoltre sarai impegnato!»
«Impegnato?! A fare che?»
«Te lo spiego per strada!» urlò mentre il rumore della marmitta che si attivava gli copriva la voce.
 
Sfrecciavamo a tutta velocità lungo la strada, anche se, forse, sfrecciare è un po’ riduttivo…
«Oz, mi spieghi cosa hai in quella capoccia?»
«Perché? Non hai ancora letto!»
«Ci ho provato, ma c’è stata un interferenza!»
«Oh, no! Se ci sono le interferenze non ci riusciremo!»
«Non ci riusciremo? Ma di cosa stai parlando?»
Improvvisamente i pensieri del mio amico mi inondarono.
«Che cosa vuoi fare?! Oz è una pazzia!»
«Ma no! Abbiamo fatto di peggio!»
«Tipo? Fammi un esempio!»
«Tipo… beh, ora non me ne vengono in mente!»
«Bugiardo! Non ne sai!»
«Ehi, visto che la telepatia ha ricominciato a funzionare? Avanti! Cercalo!»
Scossi la testa rassegnato e mi concentrai.
Il piano di Oz era molto semplice e poco delineato: avremmo raggiunto Sandy e quel tipo, trovando la strada grazie a me, che avrei seguito i pensieri di Andy, dopo di che… dopo di che la sua idea era abbastanza confusa. Non c’era un piano preciso, ma alla fine c’eravamo noi che uscivamo da chissà dove con Sandy tra le braccia, salva.
«Allora? Dove vado?»
«Penso a… a destra! Sì… è a destra! Rallenta: è molto vicino!»
Sentii il vento diminuire e capii, anche a occhi chiusi, che Oz stava facendo decelerare la moto.
È il momento!Pensai, e iniziai a parlare.
«Oz… senti… lo so che tu vuoi solo salvarla… ma questo piano mi sembra un po’… come dire?... un po’ incompleto, non credi?»
«Toby, è un piano che ho pensato al momento! Non ho ragionato molto sui dettagli…»
«Dettagli?! Oz, manca tutta la parte centrale!»
«Toby, non ho intenzione di lasciarla, ok? Io non la lascio! Non l’ho mai lasciata, e mai la lascerò! Ha bisogno di me, e io devo esserci!»
Quelle parole mi colpirono, e anche molto!
Sapevo come era Oz: un pasticcione capace di mettersi sempre e puntualmente nei guai! Ma aveva un grande cure, e spesso era questo  a metterlo nei pasticci. Era anche per questo che eravamo amici: dovevo proteggerlo da se stesso!
E fu per questo che non me ne andai.
Neanche io lo lasciai, perché la nostra era un’amicizia forte… indissolubile!
Tornai a concentrarmi su Andy.
La troverò, fosse anche l’ultima cosa che faccio! Lei deve amarmi! Lei è mia e di nessun altro!
«È andato a sinistra! Mi sembra… mi sembra voglia fermarsi!»
No… non mi sembrava solamente… ne ero certo!!!
Riuscivo a sentire i suoi ragionamenti sul parcheggio!
Come trovare un posto a Toronto all’una? Non posso nemmeno sperare qualcuno ne liberi uno! Però… toh… eccolo! Muoviti… parcheggia!
L’ultima doveva essere una frase detta realmente, probabilmente rivolta a Sandy.
«Sono davanti ad un albergo, se non sbaglio…»
«Un albergo? Allora è il “Bello sguardo”! E che ci fanno lì?»
«Credo… credo stia cercando qualcuno… la sua ragazza… o la sua ex…»
In quel momento ci fu una forte interferenza e sentii una fitta fortissima alla testa.
Lanciai un urlo e chiusi gli occhi, sperando che il dolore si attutisse, ma non successe…
«Toby! Basta, Toby! Va bene così!» mi urlò Oz  rallentando per parcheggiare ad appena un paio di isolati dall’hotel.
Io annui, perché non riuscivo a parlare.
Scendemmo dalla moto e, per fortuna, la fitta svanì gradualmente.
Posammo i caschi e Oz mi ridiede le chiavi della moto, che io misi in tasca.
Così ci avviammo verso l’albergo.
Non sapevo il perché, ma già solo quel camminare mi puzzava di… polvere da sparo!
 

 
Ciao a tutti!!!
Grazie a tutti quelli che stanno seguendo la storia e che hanno intenzione di seguirmi verso il sesto capitolo e oltre! xD
Felicissima, pubblico il primo capitolo nella sessione “The Listener”!
Ok… io direi di sorvolare sulle solite domande, come “come state?” o “che fate?” per passare alle cose serie, visto che non voglio annoiarvi (ancora!) più di tanto!
Per prima cosa, confermo quello che sicuramente un buon 90% di voi ha già notato: il capitolo è raccontato dal POV di Toby!!! ^-^
So che all’inizio del capitolo c’è un po’ di confusione, visto che parto con una frase dove Toby non centra assolutamente, ma ho preferito non avvertirvi prima per tenervi “caldi”, per così dire!
Vorrei tanto dirvi che questo sarà l’unico capitolo raccontato dal POV di un personaggio… ma la verità e che non lo so e che non posso promettervi niente.
Consiglio già a qualcuno di scappare, visto che ho una mezza idea su un capitolo a POV misti… ma (giuro!) è solo un’ipotesi!
Siamo molto vicini alla fine (vedo già qualcuno che esulta là in fondo! xD), ma non abbastanza da dire che è finita! Cercherò di non farvi aspettare troppo, ma purtroppo non sono certa neanche di questo!
Spero che vi sia piaciuto il capitolo e che lascerete un commentino.
Il mio tempo è scaduto, perciò… io vado!
Baci =] 

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Capitolo 6
*** Polvere da sparo ***


Eccomi di nuovo qui!!!
Solo una cosa prima di iniziare: ho deciso di scrivere la storia a POV misti.
Si alterneranno il POV di Andy con quello di Toby.
Il cambio di POV è indicato da una riga bianca.
Cercherò di essere il più chiara possibile.
Buona lettura!
 

Polvere da sparo
 

Entrammo nell’albergo.
Tenevo Sandy per un braccio e le puntavo la pistola alla schiena.
Nessuno fece caso a noi. D’altro canto, non c’era nessuno!
Mi diressi verso la Reception.
«Salve! Cercavo Sandy Perez. Dovrebbe essere nella stanza 226, al terzo piano.»
«Bene, signore! Controllo subito!» e si immerse ne computer alla ricerca dei dati della camera.
 Diedi una rapida occhiata ai ganci per le chiavi dietro il bancone.
La chiave 226 non c’era…
Il receptionist fece una faccia strana, poi, senza scollare il volto dallo schermo, mi disse: «Mi dispiace, signore, ma la camera non è intestata alla Signorina Perez. Anzi, non mi risulta nessun registrato con quel nome nell’albergo!»
Come non c’era? Non era possibile!
Improvvisamente impallidii.
«Signore, si sente bene?»
L’infermiera scoppiò a piangere!
C’era… troppo rumore! Non riuscivo a pensare!
Sentivo le voci lontane, distanti…
Poi, udii la sua voce…
«Buongiorno, Carl! Come va?»
Mi passo accanto e poggiò le chiavi sul bancone.
«Molto bene, signorina Cooper! Come mai già sveglia?»
«Turno notturno in ufficio!»
Sorrise e si avviò alla porta.
Vi si avviò senza salutarmi, senza nemmeno guardarmi!
Mi voltai verso di lei. «Sandy!» la chiamai, disperato!
Non si girò nemmeno!
Dovevo attirare la sua attenzione, le dovevo parlare, dovevo…
Dovevo farlo!
E lo feci…
 
Io e Oz eravamo davanti alla porta quando lo sentimmo!
Un altro sparo!
Un altro stramaledetto sparo!
Oz mi guardò, ma io non sapevo che dirgli.
C’era moltissima gente che pensava forte, e non riuscivo a capire cosa fosse successo!
Presi un profondo respiro e aprii la porta.
Quello che vidi fu molto semplice: un receptionist terrorizzato con le mani alzate appena sopra la testa, tutto ripiegato su se stesso e tremante; Andy che stringeva forte Sandy a se e puntava la pistola verso terra, ai piedi di una ragazza dai capelli corvini e gli occhi scurissimi, in piedi vicino ai divanetti della reception.
Davanti alla ragazza, seguendo la traiettoria della pistola, c’era una specie di macchia nera fumante.
Espirai rassicurato mentre Oz entrava alle mie spalle e vedeva la stessa identica cosa con la mia medesima reazione.
Tutti si voltarono verso di noi.
Era strano; infondo, non eravamo stati noi a sparare… non eravamo noi quelli ad aver fatto una cosa… strana, per così dire!
«E voi chi siete?» chiese l’uomo che aveva preso Sandy.
Lanciai uno sguardo a Oz dietro di me.
«Noi… noi siamo due paramedici!»
«Due paramedici? Chi vi manda? La polizia? Credevo di essere stato abbastanza chiaro…» Era nervoso… molto nervoso…
«No… no! Non ci manda la polizia! Siamo venuti di nostra spontanea volontà! La polizia non  ne sa niente!»
Improvvisamente sembrò rilassarsi e tornare quello che avevamo “conosciuto” fin dall’inizio.
«Quindi voi sareste due aspiranti suicida o qualcosa del genere?»
Qualcosa del genere! Pensai.
«E, spiegatemi, cosa vi fa credere di poter venire qui senza beccarvi una pallottola in testa?»
Speriamo non si accorgano di niente: ho solo due pallottole! Perché non l’ho ricaricata?!
Quel pensiero mi diede un’idea! Forse la più stupida della mia vita, ma pur sempre un’idea!
Accennai ad una risata. «Lei non può spararci! Andiamo, se spara a noi non avrà più pallottole! Sappiamo che ha solo due colpi! Può minacciarci quanto vuoi, ma il fatto è che se ci toglie di mezzo non saprà più come minacciarci!»
Sembrava nervoso, ma mi ignorò.
«Sandy, perché non mi parli? Che ti ho fatto? Io ti amavo e ti amo!»
Parlava alla ragazza dai capelli neri.
Ecco chi stava cercando!
«Amarmi? Non mentire! Tu non mi amavi! Tu mi volevi per te!»
«E cosa c’è di mele nel volere qualcuno per se? Tu sei mia! Mia, mia, mia!»
«Io ero tua, Andy! Ero tua prima che tu mi picchiassi! Prima che tu diventassi pazzo!»
«Io ero pazzo d’amore!»
«No! Tu eri pazzo e basta! Non è la prima volta che te lo dico! Te lo dissi anche quando me ne andai!»
Fu in quel momento che riuscii a vedere nei pensieri della ragazza i suoi ricordi…
 
«Andy, ho bisogno di spazio! Credo che tra di noi stia svanendo la… la passione! Non possiamo continuare così!»
«Ma non è vero! Tu non te ne puoi andare!»
«Mi dispiace, ma è finita! Forse, fra qualche anno…»
«No… no! Io non aspetterò “qualche anno” per avere qualcosa che è mio! Che mi appartiene!»
Andy le diede uno schiaffo tanto forte da farla cadere a terra.
Poi la afferò e la scaraventò sul tavolino di vetro che si frantumò.
Lei iniziò a gridare, ma lui la picchiò solo più forte!
 
Le sue urla erano così forti nella mia testa che chiusi gli occhi, sperando di sopprimerle.
Quando li riaprii vidi le sue pupille che brillavano!
«Avevi… bisogno di aiuto… e io non te ne potevo dare…»
«Aiuto?! No… non avevo bisogno di aiuto… avevo bisogno di te… e tu non c’eri!»
Lei scosse la testa alzandola verso il cielo e trattenendo le lacrime. «Non è vero! Io… »
«Taci!» urlò puntandole la pistola contro.
Presi un profondo respiro e riprovai.
«Lei ha ancora bisogno di aiuto, e c’è chi glielo può dare! Se… se lascia andare tutti e posa la pistola, troveremo una soluzione…»
Improvvisamente mi prestò attenzione. Mi puntò la pistola contro. «Tu… tu devi starne fuori… tu non sai cosa è successo…»
«E invece lo so… e so che questo non è il modo per risolvere il problema…»
«Quale problema? Non c’è nessun problema! Qui va tutto a meraviglia! Non è vero?» chiese all’infermiera.
Non stava funzionando! Così cambiai schema d’attacco…
«Secondo me un problema c’è! Ma non è importante… l’unico complicazione è che lei è un totale idiota!»
«Che cosa?!»
«Ha capito bene: un idiota! Perché solo un idiota non avrebbe ricaricato la pistola sapendo che era carica solo a metà!»
«Zitto…»
«E perché? Tanto… cosa ha intenzione di fare con due proiettili? Andiamo… vogliamo analizzare uno dei possibili finali? Lei spara a due di noi e poi gli altri la attaccano! Oppure la polizia ci trova e lei non fa in tempo a sparare neanche a uno di noi! Ad ogni modo… lei non vince!»
Iniziava a essere di nuovo  nervoso… molto nervoso…
«Ora basta! Vuoi vedere cosa posso fare con due proiettili? Te lo farò vedere!»
Toby, ma cosa stai facendo? pensò Oz.
Puntò la pistola alla testa di Sandy.
La cosa non si stava mettendo per niente bene… ma cosa mi era venuto in mente?
Riprovai con il primo approccio.
«Ehi, aspetti, aspetti! Possiamo parlarne…»
«Dille ciao-ciao!» disse con un sorriso.
E allora intervenne Oz…
 
Io non volevo far del male a nessuno, ma qual paramedico mi aveva proprio scocciato!
Continuava a insultarmi, a deridermi…
Ma io sapevo quale era il suo gioco…
… e giocai d’anticipo…
Minacciai l’infermiera, per spaventarlo!
Ma ero stanco di spaventarli solo! Dovevo fargli capire che stavo facendo sul serio!
Dovevo fargli capire chi comandava…
Così decisi: le avrei sparato!
Le puntai la pisola alla testa.
Dovevate vedere quel paramedico mentre cercava di fermarmi! Mi faceva quasi pena!
Ma io ero troppo deciso per fermarmi!
Poggiai il dito sul grilletto e…
… giuro, io l’avrei ammazzata!
Solo che l’altro paramedico, quello che era rimasto in disparte, mi si scaraventò contro!
Cademmo a terra, ma nel cascare premetti il grilletto…
E il colpo partì…
 
Oz gli saltò letteralmente addosso!
Sandy cadde vicino al bancone, mentre quei due ruzzolarono a terra.
Il colpo partì comunque, ma andò a conficcarsi nel bancone, con l’unica reazione del receptionist, che iniziò a tremare come una foglia e si fece piccolo piccolo!
Questo era il quinto colpo! Pensai.
Dopotutto, in un modo o in un altro, il piano stava funzionando!
Andy colpì Oz con il calcio della pistola, facendolo stramazzare a terra poco distante.
Stava per alzarsi, quando mi buttai io addosso a lui.
Gli diedi un pugno, e la pistola gli sfuggì di mano, rotolando lontano.
Lui mi restituì il pungo, stendendomi.
Si alzò e iniziò a correre verso la pistola.
Ma io fui più veloce: gli afferrai la caviglia facendolo scivolare di petto a terra.
Lui non si diede per vinto: incassò il colpo e iniziò a trascinarsi fino all’arma.
Anch’io iniziai la mia scalata verso il revolver, provando a spingerlo in dietro appena potevo, almeno per rallentalo!
Ma ogni mio tentativo fu inutile!
Lui afferrò per primo la pistola, anche se di poco, e si mise in piedi di fronte a me.
«Ora basta!» urlò.
Mi puntò la pistola contro e sparò senza pensarci troppo.
Io chiusi gli occhi.
Bang!
E sei! Fregato!  Pensai mentre un forte dolore mi avvolgeva.
Ciò che mi rimase per sempre impresso di quel momento fu l’odore di polvere da sparo, tanto forte da far male alle narici…

 
Vorrei ringraziare tutti i lettori, in particolare loksophie per il sostegno e assicurare a tutti che pubblicherò l’ultimo capitolo al più presto.
Baci=] 

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Capitolo 7
*** Sospiri di sollievo ***


Sospiri di sollievo
 
Oz aveva la testa ovattata e sentiva tutto come se fosse lontano.
Era stato colpito in testa, ed era molto confuso.
Aveva la vista appannata, ma vide tutto quello che successe…
Vide Sandy che si nascondeva…
Vide Toby e Andy lottare, picchiarsi, provare a distrarsi…
Vide Andy alzarsi in piedi con la pistola in mano, e fu quasi certo di sentirlo urlare «Ora basta!»…
Vide che stava per sparare al suo migliore amico, quello che lo aveva sempre aiutato e sostenuto, anche quando le sue idee erano assolutamente assurde…
Vide Sandy scoppiare a piangere per la paura…
Vide quel dito su quello stramaledetto grilletto…
… e poi, semplicemente, non ci vide più…
Era poco lontano da lui. Non ebbe bisogno nemmeno di alzarsi.
Si diede una spinta verso l’alto e lo afferrò per la cintura, tirandolo verso di se.
Andy non se lo aspettava… non lo considerava più una minaccia…
Cadde a terra, ma niente riuscì a fermare il proiettile, che partì e colpì il bersaglio…
… ma non ottenne nessun punto…
Il proiettile colpì Toby di striscio alla spalla.
Il ragazzo si aspettava un dolore atroce, e per un attimo gli parve di sentirlo, ma dopo poco si rese conto che in realtà non aveva praticamente niente.
«Ancora tu? Pensavo di averti messo a tacere per sempre!» urlò Andy a Oz.
Quell’uomo era più forte del paramedico, e non ci mise molto a sopraffarlo.
Lo inchiodò a terra, premendogli una mano sulla spalla.
Gli poggiò la canna della pistola sulla fronte.
Questa volta non avrebbe sbagliato… questa volta sarebbe stato preciso… molto preciso…
Premette il grilletto e…
… e niente! Tutto ciò che si sentì fu un click! Un semplice, inutile click!
Provò ancora, ma il risultato fu lo stesso.
«Che c’è, bello? Hai finito i proiettili?» disse Oz ironico.
Andy non apprezzò la battuta, e per evitare ne facesse un’altra lo colpì in testa con il calcio.
Oz iniziò a far vagare lo sguardo per la stanza, mentre la ferita sulla testa iniziava a sanguinare.
Questa volta fu Toby a prendere Andy alle spalle.
Gli si avvicinò silenziosamente e, quando capì di essere abbastanza vicino, lo spinse a terra.
Andy si ritrovò disteso sul pavimento, le mani poggiate vicino alla testa con il palmo rivolto verso il basso, e qualcosa di circolare che gli premeva sulla schiene.
«Non muoverti o sparo!» disse Toby tra i respiri affannosi.
E questa pistola da dove esce, Toby? Pensò Oz fissando le crepe del soffitto.
Il ragazzo non aveva una pistola, ma solo quella piccola torcia che aveva in dotazione ogni paramedico e che lui, fortunatamente, aveva ancora attaccata alla cintura.
Sapeva che il trucco non sarebbe durato a lungo, ma doveva provare a prendere tempo, anche se non sapeva bene per cosa!
E poi, come per miracolo, arrivò il ‘cosa’…
La porta principale fu spalancata e entrarono almeno una decina di agenti armati, prima tra tutti Michelle.
L’agente McCluskey si avvicino con un agente a Toby, che alzò le mani mostrando chiaramente la torcia.
L’agente afferrò Andy, lo ammanettò e lo trascinò via mentre gli leggeva i diritti.
Toby vide lo sguardo contrariato di Michelle mentre posava l’arma, ma ci fece poco caso.
Si voltò verso Oz e gli sollevò leggermente la testa.
«Ehi, Oz! Ehi, amico! Dai, guardami!» e così dicendo gli diede qualche schiaffetto sul volto.
Oz aprì gli occhi di colpo, traendo un grande respiro, mentre Toby diede un grosso sospiro di sollievo.
«Bentornato tra i vivi!»
«Mai andato via! Cercavo solo di recuperare il sonno perso!»
I due risero! Toby si chiese come avesse fatto a non aspettarsi una battuta simile dal buon, vecchio Oz.
Il ragazzo spostò lo sguardo sulla spalla dell’amico. «Ehi, Toby, stai… sanguinando!»
«Cosa?» il paramedico si guardò la spalla. «Ah, sì! Me ne ero quasi dimenticato…»
«Come?!» disse Oz scoppiando di nuovo a ridere!
Quelle risate uscirono dal loro corpo trascinandosi dietro ogni briciola di dolore, ogni singolo frammento d’ansia, ogni ricordo di quelle ore, già lontane ormai anni luce…
«Vi chiamo un’ambulanza!» disse Michelle con il cellulare già incollato all’orecchio.
Toby provò a dirle qualcosa, ma lei fu più veloce, facendogli morire le parole in gola. «Niente ma! Dovrei ucciderti con le mie mani, ma ci sono troppi testimoni! Ne parliamo dopo!»
«Grazie!» le disse Toby.
La donna sorrise, poi iniziò a parlare al ricevitore e si allontanò.
Oz aprì la bocca, probabilmente per fare un’altre delle sue battute, ma fortunatamente Sandy lo fermò appena in tempo.
Gli si inginocchiò affianco.
«Ehi!» disse lui sorridendole.
I loro volti si avvicinarono.
Lui le sorrise. «Ti ho mai detto che ti amo?»
Lei rispose al sorriso, diventando tutta rossa. Poi, senza dire una parola, si baciarono.
 
Toby poggiò il piede sulla panca e afferrò le stringe tirandole a se e facendo un nodo.
Dal lato opposto del sedile Oz stava sistemando il materiale nel suo armadietto.
L’ambulanza non ci aveva messo molto ad arrivare e li aveva portati in ospedale.
Entrambi avevano insistito per non essere portati in ospedale, ma i ragazzi della squadra notturna li conoscevano fin troppo bene, e non aveva voluto sentire ragioni.
Erano andati in ospedale, dove Olivia li aveva tenuti bloccati su due lettini per ore.
I due avevano provato più volte a fuggire, ma senza risultati: il chirurgo li aveva lasciti andare solo dopo aver fatto tutti gli esami possibile e immaginabili ai due.
Ed ora eccoli lì, pronti a tornare finalmente a casa!
«Ma come ti è venuta l’idea di usare la torcia come una pistola? Insomma… credevo che cose del genere funzionassero solo nei film!»
«Lo credevo anch’io, ma quella situazione sembrava uscitada un film!»
I due scoppiarono in una fragorosa risata.
Sentirono bussare alla porta dello spogliatoio e vi si voltarono.
Michelle accennò ad un sorriso. «Posso entrare?»
«Accomodati!» disse Toby poggiando il piede per terra.
«Forse e meglio che io vada…» disse Oz, dirigendosi già verso l’uscita.
«Tu resta dove sei!»
«Sissignora!» rispose facendosi piccolo piccolo.
Era incredibile come Michelle riuscisse a metterlo a tacere.
«Toby, ascolta! So che questo era un caso particolare, ma non puoi lasciarti coinvolgere sempre così! Io… io non so davvero cosa fare!» fece un profondo sospiro. «Senti… quando lavori per noi, non puoi fare di testa tua e andare dove ti dice l’istinto! Non solo perché sei sotto la mia responsabilità, ma soprattutto perché sei mio amico e non posso permettere ti succeda qualcosa!»
Toby guadò a terra e annuì. Aveva ragione; non aveva niente da obbiettare.
Fece un altro respiro profondo. «Riposati! Domani mi farò viva per parlare del nuovo caso.»
Toby la guardò negli occhi e annuì ancora.
Poi Michelle si girò e se ne andò.
 
Oz e Toby scesero nel garage dell’ospedale.
Toby prese le chiavi della moto che aveva in tasca e premette il tasto per togliere la sicura, ma tutto quello che ottenne fu il niente più assoluto.
Corrugò la fronte e poi, improvvisamente, si ricordò.
«Ho lasciato la moto all’hotel!» esclamò dandosi un colpetto in testa.
«E adesso?»
«Beh… a questo punto la vado a prendere domani!»
«E ora come hai intenzione di tornare a casa?»
Guardò l’orologio. «Il primo pullman passa tra mezz’ora, quindi… credo tornerò a piedi.»
«Che cosa? Sai che ore sono? L’idea peggiore che possa venire ad una persona è girare per la città da sola a quest’ora! Non se ne parla! Ti do un passaggio io!»
Toby aprì la bocca per obbiettare, ma Oz fu più rapido. Allungò la mano verso la macchina e disattivò l’antifurto con il telecomando. «Sali! È colpa mia se non hai la moto!»
Mentre apriva lo sportello gli venne da ridere e iniziò a scuotere la testa: il solito Oz!
 
Davanti a me vedevo solo un immenso cielo che sfumava in tutte le tonalità del rosa e che faceva da sfondo alla mia città!
Avevo visto tutti i volti di Toronto, quella che con orgoglio chiamavo “la mia città”! Sapevo che poteva essere bella quanto spaventosa, luminosa quanto buia e dolce quanto crudele!
Eppure non potevo che amarla e restare meravigliato ogni volta che vedevo sorgere un nuovo sole!
Perché era proprio questo il punto: per quanto lunga e dolorosa potesse essere la notte, prima o poi sorgeva sempre il sole; e più la nottata era buia, più il sole ti lasciava senza parole, magari ferendoti gli occhi, ma mostrandoti una strada che nell’oscurità non avevi visto.
Stavo ragionando troppo, e il mio cervello me lo fece notare provocandomi una forte fitta alla testa.
Istintivamente socchiusi gli occhi e portai una mano alla garza che avevo sulla fronte.
«Va tutto bene?» mi chiese Toby, che era seduto affianco a me con gli occhi chiusi.
«Sì, sì! Passerà, prima o poi…»
 Ricominciai a pensare, e stavo per fare una domanda a Toby. Aprii la bocca, ma…
«Sì, Oz! Ho mal di testa! E no! Non sento dolore alla spalla! Era solo un graffio!»
Richiusi la bocca.
Ma ecco un’altra domanda. Aprii di nuovo la bocca e…
«No, Oz! È impossibile che tu stia acquisendo capacità telepatiche da quando stai vicino a me! Ne avevamo già parlato!»
Chiusi di nuovo la bocca, deluso.
Ma la mia mente non voleva saperne di guidare e basta; e, così, eccomi aprire di nuovo la bocca per la terza domanda , e…
«No, Oz! È impossibile che il fatto che io abbia gli occhi chiusi ti crei sonnolenza! Avevamo parlato anche di questo!»
«Ma dai! Non è possibile! Non sopporto quando fai così! Vediamo se riesci a leggere cosa sto pensando ora, caro il mio telepatico!»
**********!!!
Toby sorrise.
Aprì gli occhi e si rimise dritto sul sedile. «Scusa, ma sono le cinque e mezza del mattino! Non ho la forza di sentire due volte di fila la stessa domanda!»
Anch’io sorrisi, parcheggiando davanti a casa sua.
Aprì lo sportello. «Grazie del passaggio!»
«Ci vediamo doma…» improvvisamente mi ricordai che era già ‘domani’. «Ci vediamo tra qualche ora! Non fare tardi, se no Ryder se la prende con me!»
«Ok! A dopo!» e scese dalla macchina chiudendosi lo sportello alle spalle.
Si affacciò al finestrino del passeggero. «Sei sicuro di riuscire a guidare fino a casa? Puoi fermarti qui…»
«Grazie, ma non ti preoccupare.»
«Va bene!»
Se ne stava andando, quando lo chiamai. «Toby…»
«Oz, non pensarlo neanche! Non è colpa tua se Michelle si è arrabbiata e non devi nemmeno pensare di dovermi ringraziare per aver cercato Sandy con te! Sei mio amico, e lei è mia amica! Certe cose ve le devo, a entrambi!»
Annuii. In effetti questa volta glie ero grato: non avrei trovato le parole per dirglielo!
Mi sorrise. «’Notte, Oz!»
«’Notte!»
Stavo per partire, quando sentii uno squillo sul sedile affianco al mio. Mi voltai e vidi il cellulare di Toby che suonava e vibrava: doveva essergli caduto!
Lo presi in mano e lessi sul display ‘Chiamata Michelle’…

 
Questo era l’ultimo capitolo.
Grazie a tutti quelli che hanno avuto il coraggio di arrivare fino a qui, in particolare ancora grazie a loksophie per il sostegno.
So che ormai ho stancato tutti, e che speravate di sfuggire alle mie precisazioni almeno dopo l’ultimo capitolo, ma mi dispiace per tutti voi! xD
Sono certa che avete notato tutti che l’ultima parte e raccontata dal POV di Oz.
Su questo vorrei dire solo che ho detto che Oz è nato a Toronto. In realtà non ne ho la piena certezza, visto che la famiglia è straniera (turca, se non sbaglio…), ma che nel telefilm non si fanno riferimenti alla sua città natale(mi pare!).
In legame a questa parte, vorrei precisare che la fine preannuncia già l’inizio di un’altra storia che ho in mente(credevate davvero di potervi liberare di me così facilmente? xD), che però non sarà collegata a questa e che sarà pubblicata tra un po’ (devo cercare prima di capire bene come farla funzionare…)!
Mi scuso se in alcuno momenti ho esagerato(come nel finale dello scorso capitolo o nell’ultima discussione!) ma purtroppo è più forte di me.
Come avevo detto già nel primo capitolo, questa storia è dedicata a tutti i fan di The Listener e spero che sia piaciuta a tutti(io mi sono divertita molto a scriverla).
Chiedo scusa per eventuali incongruenze e prego chiunque avesse trovato imprecisioni o errori di avvertirmi.
Grazie ancora a tutti! =] 

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