The Passion Of Fire-Ice Blod Red

di Ragazza In Fiamme
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1- 13:21 RIcordi ***
Capitolo 3: *** 2 8:36 Manca Qualcosa. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Seguirono con lo sguardo, attoniti, il movimento che quel tentacolo d’acqua compieva. Si muoveva lentamente, danzando di fronte ai loro occhi. Erano troppo coinvolti per riuscire a muovere un qualunque muscolo del loro corpo. Mascelle spalancate formavano una O. Quel tentacolo d’acqua sembrava averli ipnotizzati. Persino Melissa non riusciva a parlare, ma lei, non era taciturna solo perché ipnotizzata dalla bestiola..era confusa. Dopo attimi di confusione dentro di se, finalmente si scosse. Lasciò cadere Lampeggiatore Considerabile Lussureggiato .  Jess avanzò di alcuni passi verso la bestiola.
<< Fermi tutti! >>  Dess, Flyboy e Rex si svegliarono dallo stato di ipnosi.<<..Jessica ferma! >>  ma Jessica non ubbidì. Mel ringhiò innervosita. Odiava non essere ascoltata. << stupida ragazzina stammi a sentire! >>
<< Non riesci a fermarlo?>> chiese Rex vedendo le smorfie che produceva Mel mentre cercava di comandare la mente del tentacolo. << peggio…>> rilassò l’espressione del volto Melissa, rimanendo sempre in stato Allerta << ..non riesco a sentirlo. >> Sguardi perplessi si dipinsero sul volto di tutti, anche quello di Jessica, che adesso le aveva dato la sua completa attenzione.
<< Buonasera PortaLeFiamme.. >> una voce femminile ruppe il silenzio sconfortante. Una ragazza sbucò dal retro di una casa. << Ho sentito molto parlare di te. >> Jessica la squadrò dalla testa ai tacchi alti. Pensarono tutti la stessa ovvia cosa: una nuova Midnigher. << sono sicura che diventeremo ottime..nemiche >>

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Capitolo 2
*** 1- 13:21 RIcordi ***


1

13:21

Ricordi


Il suo stomaco ruggiva famelico. Non aveva mai avuto tanta fame come ne aveva adesso nelle due ultime settimane. Se non avesse liberato la posta che serrava tra i denti, avrebbe potuto mangiarsela. Lasciò a terra i pacchi che il postino gli aveva consegnato e cercò tra la città formatasi nella tasca del suo giubbotto dai numerosi oggetti, il tintinnio delle chiavi di casa. Afferrò qualcosa di lungo e appuntito: trovate. Girò la serratura 3 volte: come al solito Jennifer aveva rinforzato la porta di casa con 3 girate di chiave. Lei si preoccupava sempre che i ladri potessero entrare e rubare quel poco di argenteria e oro che lei e il suo fidanzato tenevano in casa, e non nascosti, ma ben visibili sul tavolino del soggiorno. Aprì la porta e, nemmeno compiuto un passo dentro casa, i suoi polmoni si riempirono di un delizioso profumo proveniente sicuramente dalla cucina. La sua pancia danzò e un sorriso a 32 denti si fece largo sul viso: Jennifer era tornata prima a casa e si era messa ai fornelli. Che tesoro che era! << sono a casa! >> annunciò. A giudicare dall’odore doveva aver preparato della carne grigliata. Il suo secondo preferito. Fu attirato dall’idea di andare in cucina e quasi si dimenticava dei pacchi che aveva lasciato fuori dalla porta. Tornò indietro e li portò vicino alle lettere che aveva messo all’ingresso. Poggiando i pacchi si accorse che il telefono emanava una lucina rossa baluginante. La voce della segreteria annuncio che aveva un messaggio vocale. Cliccò il pulsante.
<< Ehm..pronto…sono…Elisabeth Day, o meglio…Beth…sono….oh andiamo! Jonathan, sai benissimo chi io sia! Ti prego..sono già 4 messaggi che ti lascio da ieri. Non ti chiamerei se non fosse davvero urgente, lo sai. Chiamo da Bixby…>> Sentendo il nome Bixby, a Jonathan venne un tuffo al cuore. << ..Dovete venire qui. Tutti dovete venire qui. E anche in fretta. Non posso spiega..>> la vocina di Beth venne interrotta da un BIIP della macchinetta. Messaggio finito. Aveva sicuramente finito il tempo a disposizione per parlare. Jonathan si sedette sulla poltrona del soggiorno, con gli occhi puntati verso il panorama dei grattacieli di New York, con espressione vuota.
Bixby. Da quanto non sentiva quel buffo nome. Non l’aveva più pronunciato da almeno 3 anni. Non voleva pensare ai brutti tempi. Com’era cambiata la voce di Beth, certo, in 4 anni tutto cambia. Era una voce più matura. Ma il tono era lo stesso di una ragazzina di 13 anni. L’ultima volta che l’aveva vista aveva 13 anni infatti. Aveva notato l’enfasi che aveva dato alla parola Tutti. Intendeva dire tutti tutti. Tutti e 4. Lui, Rex Green, Desdemona e..Melissa. dovevano tornare subito a Bixby. Perché? Cosa stava succedendo? ‘’ Qualunque cosa stia succedendo..’’ pensò Jonathan ‘’ ..non faccio più parte di quel mondo. Non devo tornare’’ Scosse la testa. E poi il gruppo si è separato  4 anni fa. Come avrebbe fatto a rintraccia… negli occhi di Jonathan sia accese una scintilla: come aveva fatto Beth a rintracciarlo? Il suo telefonino era staccato da 2 anni. E questo era il telefono di casa. Il telefono di casa di Jennifer. Come aveva avuto il numero? E poi…4 messaggi?  Gli ha lasciato altri 4 messaggi? Non si ricordava proprio di telefonate di Beth o di messaggi registrati. Andò vicino al telefono e premette un codice di 4 cifre. La voce della signorina diceva che non c’erano altri messaggi archiviati. Com’era possibile che aveva lasciato altri 5 messaggi e lui ne aveva ricevuto solo 1? Troppe domande nella sua testa e nessuna risposta. Sapeva che non doveva immischiarsi di nuovo nelle ‘’ stranezze di Bixby ’’ , se l’era ripromesso. D’altronde lui era sempre stato curioso.
<< Amore.. >> una voce dolce dietro di lui lo fece girare. Jennifer era in piedi di fronte a lui con un grembiule a pois rossi che erano sicuramente macchie di sugo, e si stava asciugando le mani. << ..chi era la ragazza al telefono? >> Jonathan la fissò per un istante a pensare a una bugia innocente per spiegare Beth. ‘’ la ragazza al telefono..’’ pensò ‘’ ..facile! è la sorella di Jessica Day’’

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Capitolo 3
*** 2 8:36 Manca Qualcosa. ***


2
8:36
Manca qualcosa.

 

Stavolta era licenziata. Era sicuramente licenziata. Il preside si era spiegato benissimo: se sarebbe arrivata un’altra volta in ritardo all’inizio delle lezioni e avrebbe fatto aspettare la classe, la liquidazione era il minimo. In quell’ultimo mese era arrivata 7 volte in ritardo su 3, era stata scoperta in 5 volte e se sarebbe stata beccata nei corridori della Milton High correndo per arrivare nella sua classe, alle 8.36 del mattino, 6 minuti dopo l’inizio della sua lezione, era definitivamente la fine per la carriera di Desdemona. Doveva farcela prima che il preside fosse arrivato alla tappa ‘’ 2°D ‘’ del suo giro-di-ispezione-delle-classi. Forse ce la faceva, calcolando che: il preside comincia l’ispezione del secondo livello della scuola alle 8.25, prima della 2°D c’erano 3 classi e lui entrava, salutava gli studenti e partiva col suo discorsetto incoraggiante sui doveri e le soddisfazioni che la scuola ti regalano ( tra l’altro era il classico incoraggiamento allo studio e ai suoi risultati, ossia opportunità vaste di carriera, conoscenza personale, profonda sensazione di essere un essere sapiente di tutto ciò che ci circonda..che tutti facevano brillantemente finta di seguire interessati. ) e poi un saluto breve e via. Ogni mattina occupava 4 minuti per ogni classe svolgendo questo rituale, e lei si trovava vicino alle scale per il secondo piano. Calcolando la velocità della corsa, il traffico delle scale e..ALT! Si bloccò sul primo gradino e fece retromarcia per gettarsi dentro l’ascensore che stava per chiudersi. Se prendeva le scale passava di fronte alla 2°A, 2°B e 2°C che era la classe nel quale doveva essere il preside al momento, quindi, se fosse passata da li, l’avrebbe beccata di sicuro. Le porte dell’ascensore si chiusero e lei entrò passando come fosse una carta di credito vista di profilo. Cliccava nervosamente il tasto del 2° piano, come fanno tutte le persone che si consolano pensando che così, l’ascensore vada più veloce. I colleghi dietro di lei, si scambiavano occhiate significative. Nella scuola girava la voce che la signorina Desdemona aveva un serio problema di concezione del tempo, questo è considerato mancanza di rispetto, e, purtroppo non era solo una voce. Da almeno un anno Dess era cosi instabile. Ritardi, assenze, vuoti di memorie..potevano essere segno di stress o solo delusione provocata dalle numerose porte in faccia ricevute dalle aziende tecnologiche, biologiche o scientifiche a cui Dess aveva fatto domanda di lavoro.  Dess si tormentava per questo, ogni notte. Nessuna polimatematica aveva mai ricevuto tante porte in faccia. Anzi, nessuna polimatimatica ne aveva mai ricevute più di una. Finalmente le porte dell’ascensore si aprirono. Si lanciò fuori come un missile e corse più che poteva, attenta a non inciampare in quelle odiose ballerine o a far cadere le cartelle piene dei compiti degli studenti con cui aveva avuto a che fare l’altra notte. Un’intera notte sprecata a assegnare qualche D e C- . Si vedeva che questi ragazzi amavano la trigonometria.
2°I; 2°H; 2°G; 2°F; 2°E…2°D!! Era arrivata finalmente! Le urla dei ragazzi in libertà si sentiva già dalla 2°G. Entrò nell’aula e i ragazzi si placarono per qualche secondo, ma poi ricominciarono a volare aereoplanini di carta, quaderni, e anche qualche parolaccia.
<< Silenziooo!!!>> Urlò Dess così forte che stava per assordarsi da sola. Dopo anche gli ultimi risolini la classe tacque, e i 74 occhi furono solo su di lei. C’erano 40 banchi, e 3 persone erano assenti.
<< Marta B. ci illustri i nomi degli assenti?>> non ci fu nessuna risposta alla richiesta della prof.
<< Marta Buster assente.>> scrisse sul registro Dess mentre alzò gli occhi sulla sua sedia per confermare  il detto. Era assente.
<< Junior..chi è assente?>>
<< ehm, Marta Buster..>>  disse una voce timida dall’accento spagnolo <<..Jason Horleck..>>
<< uff..aspettate. >>  disse roteando gli occhi, Dess. << 4..3..2..1 >>
2 secondi dopo la porta si spalancò e un ragazzo entrò di filato in classe.
<< Jason Horleck presente >> sospirò la prof guardando lo studente in ritardo che si stava accomodando al suo posto.
<< scusi prof ma c’era traffico >> si scusò il ragazzo. In qualità di prof, Dess avrebbe dovuto rimproverarlo, ma in fatto di ritardi lei era la prima, e sarebbe stato da Ipocriti farlo.
<< lo so ma che sia l’ultima volta! Puoi rischiare la sospensione Jason..come io posso rischiare il licenziamento! A proposito.. >> Dess andò verso la lavagna gigante, prese il cassino e cominciò a cancellare i resti di alcune equazioni di ieri. << ..Oggi ragazzi, vi chiedo ancora per favore di coprirmi le spalle, so che non dovrei farlo ma, voi avete bisogno di un insegnante di Trigo che sia anche una consulente psichiatrica durante gli ultimi 10 minuti di lezione e io ho bisogno di un lavoro. >> era cosi schifoso per Dess pronunciare la parola lavoro se il lavoro era quello. << comunque, chi altro manca oggi? >> finito di cancellare prese il gessetto e inizio a scrivere un esercizio sfornato da lei mentre era imbottigliata nel traffico di stamani, il più facile che potesse inventare.
<< ehm..Manca Jessica Day >> disse lo spagnolo, che sembrava più Brasiliano dal suo accento. Sentendo il cognome pronunciato, Dess perse il controllo del suo polso e il gessetto si spezzo, provocando quel piccolo e fastidioso rumore che fu amplificato dall’eco in tutta la stanza. Si girò lentamente verso il Brasiliano. Era impossibile che avesse pronunciato quel cognome. Non c’era nessuna ragazza in classe che aveva quel cognome. Nessuna.
<< cosa? >> disse flebilmente. Il brasiliano un po’ imbarazzato ripetè << J-jessica Donald>> Dess cacciò un lungo sospiro. Aveva capito lei male…ma perché aveva capito proprio Day?
Segnò l’assenza della Donald sul registro e mentre lo fece in classe, entrò il preside. Aveva 5 minuti di ritardo, a saperlo Dess non si ammazzava un polmone per correre cosi in fretta.
<< Buongiorno studenti della 2°D della Milton High >> salutò il preside. La classe intera si alzò e rispose educatamente. Come previsto, il preside dopo i suoi saluti, passò al discordo sulla scuola. Dess era stufa di ascoltarlo, conosceva ogni parola, ogni pausa, ogni virgola di quel discorso che non cambiava mai. Oggi aveva rischiato di perdere il lavoro, ma ce l’aveva fatta. Doveva essere fiera di se stessa. E cosi si sentiva. Ma c’era una parte dentro di se che voleva non essere arrivata in orario, cosi che fosse stata licenziata. Certo, sarebbe stato un problema con le bollette da pagare, ritrovarsi senza un lavoro, ma almeno sarebbe stata più felice di cosi. Quel lavoro la uccideva, sia dentro che fuori. Odiava stare seduta dietro a una cattedra a parlare e parlare degli stessi concetti che ripeteva in 3 classi differenti ma che nessuno afferrava nonostante li rispiegasse. Odiava far finta di essere una persona calma e pacata di fronte a quei ragazzi ostinati, stupidi e caparbi che non volevano studiare o che si inventavano scuse su scuse per i loro compiti mancanti, e nonostante tutto, fare i fighi: quelli che rispondevano male ai prof, che uscivano con mille ragazze etc etc.. anche lei era stata adolescente. Sapeva bene com’erano fatti quei tizi. E dio solo sa, quante volte al posto di una nota, avrebbe voluto spedirli con un calcio nel sedere, fuori dalla classe. Odiava l’odore vomitevole dei bagni dei docenti e del cibo-spazzatura della mensa, odiava i suoi colleghi smorfiosi o nerd. Odiava tutto. Voleva che le cose cambiassero. E sarebbero cambiate.

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