Britin's Stuff

di SidRevo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A little Sunshine called Chanel. ***
Capitolo 2: *** Smile. ***
Capitolo 3: *** Message. ***
Capitolo 4: *** Fucking happy 40th birthday. ***
Capitolo 5: *** We always belong. ***
Capitolo 6: *** Family. ***
Capitolo 7: *** Welcome back to St.James. ***
Capitolo 8: *** Never say never. ***



Capitolo 1
*** A little Sunshine called Chanel. ***


A little sunshine called Chanel.

Raiting: Giallo.
Timeline: Post 5x13.



*'*'*


“A little sunshine called Chanel” 
[betato da Trappy]


“Your song” - Elton John


È notte fonda quando le tue palpebre pesanti come macigni e appiccicate dal sonno si socchiudono appena, scorgendo nel buio i numeri digitali di un verde luminoso che segnano le tre in punto. «Puntuale come un orologio svizzero.» biascichi e ti sollevi stancamente dal letto, passando una mano tra i tuoi capelli scuri, per sgusciare lontano dall’abbraccio delle lenzuola e raggiungere chi reclama a pieno diritto le tue attenzioni.
Ti avvicini e avvolgi con un’occhiata innamorata quel miracolo luminoso che si mostra ai tuoi occhi. Ti protendi, ammirando quei ciuffi biondi spettinati e setosi, leggeri come un alito dorato e sfiori in un bacio una guancia lattea dalla pelle vellutata.
Ami il suo odore: quel sentore d
innocenza e di purezza racchiusa in una nuvola che sa di crema alla rosa, borotalco e latte; e ami la sua voce, o meglio i suoi gorgoglii indefiniti, quando con decisione reclama lattenzione del resto del mondo, come una piccola star vanitosa che sa di essere amata e sa di poter far correre tutti al suo cospetto.
Avvolgi la minuscola e soffice vita con le tue mani che sembrano gigantesche a confronto, e sollevi quel corpicino profumato per innalzarlo e poggiarlo al tuo petto. «Qualcuno ha ancora fame, o una più semplice crisi isterica per reclamare attenzione.» brontoli con dolcezza, per quanto la tua voce roca e impastata dal sonno, possa sembrare dolce. «Di questo passo diventerai una cicciona lardosa, piena di cellulite.» sbadigli, ma tua figlia sembra sbattersene altamente del fatto che non ti lascia dormire neanche un’ora in pace, da un paio di mesi a questa parte; e soprattutto non sembra affatto preoccupata della sua linea. Certo è che, se ha preso da qualcuno di tua conoscenza, i problemi di peso non la sfioreranno mai neanche lontanamente.
Scendi le scale della zona notte e raggiungi la cucina. «Allora piccola ingorda...» inizi, guardando negli occhi blu e liquidi per il pianto appena terminato, la tua piccola interlocutrice. «...quale tetta vuoi?» le chiedi, indicando i vari biberon diligentemente sistemati sulla cucina, mentre con un movimento degno del migliore giocoliere del mondo – alla faccia di Justin che diceva che non ne eri capace – prendi il latte tenuto in caldo. «Optiamo per l'orrendo rosa confetto con degli stupidi orsetti?» indichi il biberon col la fascetta in plastica di quel colore e poi passi l
attenzione su quello accanto. «Oppure un più chic, e meno zio Emmett, blu cobalto?» la guardi come se ti aspettassi seriamente una risposta e la baci con amore sulla testa, astenendoti dal notare che ti sta sbavucchiando sulla piccola porzione di spalla che è impegnata a succhiare amorevolmente.
Afferri il biberon ornato di blu e versi accuratamente il latte, per poi ritapparlo – sempre attingendo alle tue incomprese abilità di giocoliere – e l
avvicini alle piccole labbra morbide di tua figlia. «Eh sì, farai dei pompini da paura...» commenti, mentre la guardi avventarsi famelica tentando di sorreggere con le proprie manine paffute il biberon. Sorridi, gironzolando per il loft, e la osservi come se non esistesse nient’altro che lei al mondo. «...ma non diciamolo a papà, altrimenti poi diventa geloso, rompipalle e smette di farsi scopare da questo tuo splendido e bellissimo papà.» le sussurri all’orecchio, come se fosse il vostro piccolo segreto, mentre la porta scorrevole si apre lentamente e una voce familiare conquista la tua attenzione.
«Con quali immorali insegnamenti stai traviando nostra figlia?» lo senti accusarti, e il tuo cuore pare riempirsi fino a scoppiare di gioia, ora che anche l’altro luminoso sole della tua vita è tornato a casa. Ti volti e gli sorridi, mentre si trascina dietro il trolley, ciondolando per la stanchezza.
«Mi stavo solo complimentando per come succhia questo finto capezzolo.» ridi e ammicchi, sollevando una delle sopracciglia. «Tutta suo padre.»
Justin sorride e scuote la testa, togliendosi il cappotto. Si avvicina a te e ti bacia. «Ciao.» sussurra suadente, per poi riservare un bacio per la fronte della piccola di casa. «Ciao anche a te. Mi siete mancati.»
«Com’è andata a Parigi?» gli chiedi, con uno sguardo che in realtà significa “ho odiato ogni singolo minuto che hai trascorso là, perché mi sei mancato da morire”, che lui comprende perfettamente.
«Al solito. Sorrisi e miliardi di complimenti all’arrivo. Crisi isteriche prima dell’apertura. Saluti, chiacchierate e altri sorrisi durante tutta la mostra, e notti passate a ignorare il telefono e desistere dalla voglia di chiamare per prenotare il primo volo e scappare a Pittsburgh.» scrolla le spalle e aggiunge: «Ho venduto tutto, ma non è bello senza di voi.» conclude, un po’ malinconico, e riprende a guardare la sua bambina con amore. Da quando quel “mini raggio di sole” è entrato nelle vostre vite, non l’hai più affiancato in una delle sue mostre, a meno che non sia molto vicina a casa. Di lasciare la piccina per più di qualche ora a qualcuno che se ne occupi non se ne parla – siete entrambi troppo gelosi per permettere a chiunque di “rubare” per sé troppi momenti con il più splendente dei gioielli – e di farla stancare tra un volo e l’altro, è ancora più irrealizzabile nelle vostre prospettive.
«Insomma, un completo successo come al solito.» commenti senza neanche impegnarti minimamente a nascondere l’immenso orgoglio che traspare dal tono assunto dalla tua voce. «Hai sentito tesoro? Il tuo papà è diventato ancora più schifosamente ricco. Sarai la bambina più viziata di questo gaio, gaio mondo.»
«Con te come padre di sicuro.» replica Justin, pizzicandoti un fianco. «Non ha neanche tre mesi e, guarda qua...» indica la sua splendida tutina da notte bianca candida e aggrotta la fronte nel vedere la modaiola griffe. «Gucci? È nuova questa?»
Arricci le labbra e menti spudoratamente: «No. Ti sarà sfuggita.»
«Brian, quanto shopping avete fatto in mia assenza?»
«Lo stretto necessario, giusto principessa?» confessi, ignorando le occhiatacce del tuo compagno, rivolto alla bimba che ha diligentemente ingurgitato tutto il suo latte. La sistemi con il petto contro la tua clavicola e, dopo aver poggiato il biberon sul tavolo, la inciti, dondolando, a sbuffare.
«Comunque, mentre voi eravate a sperperare a destra e a manca per negozi, io ho fatto questo nel tempo libero a Parigi...» torna sui suoi passi per raggiungere il trolley e ne tira fuori con cura quella che ha tutta l’aria di essere una tela.
Curioso come il peggiore dei mocciosi ti avvicini, e tieni gli occhi puntati su quel rigido rettangolo, finché le mani di Justin non lo liberano dalla carta marrone e mostrano ai tuoi occhi stupefatti il più bel quadro che tu abbia mai visto.
Il tuo Justin è sempre stato un mago, ufficialmente il tuo artista preferito, e non solo perché è lui, ma anche per le emozioni che riesce a trasmetterti e quello che riesce a farti vedere nelle sue pennellate astratte e in quegli schizzi confusi.
Stavolta, però, non ha impresso il suo stile sulla superficie bianca; stavolta ha semplicemente disegnato quella che sai essere l’immagine con cui si raffigura nella sua testa la felicità. E sei certo di questo, perché è la stessa che lampeggia nella tua.
È un po’ come guardare una foto, per la minuziosa ricerca e cura dei particolari; una bellissima foto in cui ci siete tu e lui, e le vostre gioie più grandi: Gus, sorridente e in piedi davanti a te che lo abbracci e la raggiante nuova arrivata che spicca tra le braccia di Justin; con Britin come sfondo perfetto a quella che è la reale favola più bella del mondo. «È bellissimo.» commenti con un filo di voce, incantato da ciò che vedi. «Non è bellissimo?» chiedi poi alla piccola, che stavolta riesce a risponderti, anche se a modo suo, con uno sbuffetto che odora di latte, in faccia.
«Be’...» ride Justin. «C’è chi dice che quando uno rutta è un complimento per chi ha cucinato. Possiamo adottarlo anche in questo caso?»
«Direi di sì.» borbotti, con un’espressione contrariata disegnata sulla faccia. «Bene signorina, ora che hai elegantemente ruttato in faccia a tuo padre, pensi di poter tornare a dormire e lasciare che i tuoi due papà festeggino come si deve?» le chiedi e sfiori il tuo naso con la punta del suo minuscolo e lucido, ammirando il modo in scuote le piccole braccia e ride contenta. Una cosa in tutto questo è certa: da te ha sicuramente già preso la propensione a viversi ogni notte, anche se i geni che hanno creato quel piccolo esserino appartengono all’uomo che ami.
La baci ancora una volta e ti separi di malavoglia da lei per lasciarla alle cure di Justin, e alla sua voce sorprendentemente intonata, perché la culli e la faccia addormentare al più presto. Perché per quanto tu sia letteralmente impazzito per quella bambina, è una settimana che non tocchi Justin e hai un feroce e consumante bisogno di farti la prima di una lunga serie della vostre sacrosante scopate.
Ti avvii verso il bagno per sciacquarti la faccia, tenendo le orecchie ben tese per sentirlo cantare, e torni a distenderti sul letto per ammirare quella che da qualche mese a questa parte – sempre ovviamente dopo quella di Justin nudo ed eccitato nel tuo letto – è diventata la tua immagine preferita: vedere l’uomo che ami che culla la piccola e perfetta eredità che ha lasciato al mondo è qualcosa che ti scalda dentro e ti lascia la sensazione di poter brillare della stessa luce che appartiene a quei due.
Osservi gli occhietti blu e vispi della piccola appesantirsi lentamente tra le cure amorevoli di suo padre, finché quegli abissi profondi non scompaiono sotto la pelle morbida delle piccole palpebre.
Già, perché lei è davvero piccola, minuscola rispetto a quello che ricordi essere stato il tuo Gus, ma è piena di vita e forte come un uragano, esattamente come il suo biondo padre; e proprio come con lui, nonostante quell’incontenibile senso di protezione che ti assale ogni volta che pensi a tutto lo schifo che avete dovuto prendere a calci, sai che anche lei saprà farsi valere. Sai che le insegnerete a lottare e salire in alto, proprio come avete fatto voi, per avere tutta la libertà di questo mondo, per essere felice e diventare esattamente ciò che desidera essere, senza che nessuno possa permettersi di scoraggiarla o impedirle di compiere il suo cammino.
Sai che sarà una “donna con le palle”, proprio come quella a cui si rifà il nome che hai personalmente scelto per lei...
«Si è addormentata?» domandi, quando lo vedi riporla nella sua culla super chic.
«Sembra di sì.» sussurra appena, allontanandosi lentamente, dopo aver soffiato l’ennesimo bacio nell’aria per lei. Ti raggiunge sul letto e si distende con te. «Ti ha fatto impazzire in questi giorni?»
«Non più di quanto l’hai fatto tu quando sei piombato qui.»
«Ehi, non dovevi mica cambiarmi i pannolini.» protesta e un sorriso sarcastico spunta sulle tue labbra.
«Be’...praticamente è solo quella la differenza.»
«Vaffanculo.» borbotta e ti sale cavalcioni, per prendere possesso delle tue labbra e mordicchiarle dispettosamente. «Sei proprio uno stronzo. Senza di me saresti stato perduto. Una vecchia checca single, apatica e pessimista.»
«Ehi, moccioso...piano con i complimenti.» gli dai una pacca sul sedere, ma dal modo sensuale in cui ti sorride capisci che non l’ha preso certo come un rimprovero. «E comunque rettifica. Sarei rimasto uno splendido single, incredibilmente brillante e spaventosamente sexy
«E paurosamente umile, aggiungerei anche.»
«L’umiltà è per i perdenti, Taylor. Chi conosce il proprio valore non si preoccupa certo di evitare di dirlo o mostrarlo.» ammicchi sicuro di te e lo vedi ridere, prima di poter godere dei suoi baci.
«Mi mancavano le sue perle, signor Kinney.» parla sulla tua bocca e prosegue a scendere sul mento e lungo il collo, con una lentezza così esasperante quanto eccitante.
«A me mancava il tuo culo.» pronunci con la voce cambiata dall’eccitazione e non resisti alla voglia di palpeggiarlo come Dio comanda. Senti la sua risata compiaciuta solleticarti la pelle e gli prendi il viso tra le mani per costringerlo a tornare su e farsi baciare come si deve. Vuoi sentire il suo sapore sulla tua lingua; vuoi entrare dentro di lui e godere della sensazione che ti da l’idea di essere una cosa sola con lui; vuoi decisamente recuperare il tempo perduto e niente e nessuno riuscirà a distoglierti dai tuoi intenti...niente e nessuno a parte i teneri gorgoglii di qualcuno che dovrebbe dormire, ma che è ancora fin troppo energica per lasciarvi concludere la notte in bellezza. «Chanel Taylor Kinney.» la chiami, pronunciando per intero il suo nome con un tono autoritario, mentre Justin nasconde la testa sul tuo petto esasperato. «Ti assicuro che me le pagherai tutte.» la minacci ancora, ma sembra non avere la minima intenzione di riaddormentarsi di colpo da sola. «Aspetta di essere un’adolescente con l’ormone impazzito, e una cintura di castità per dispetto non te la toglie nessuno!»
«Perché...hai intenzione di lasciarle fare sesso prima dei trent’anni?» ti chiede il tuo biondo artista, con un’espressione allarmata, mentre si alza e prende in braccio la bambina per scortarla fino al letto e distenderla al centro, in mezzo a voi due.
«Ti ricordo che la prima volta che mi hai schizzato sul copriletto, ti ho leccato il culo e ti ho scopato per bene...»
«E abbiamo fatto l'amore
Rotei gli occhi al cielo, fingendo di essere scocciato e concludi: «Comunque tu voglia chiamarlo, avevi diciassette anni.»
«E allora?»
«Non fare il padre palloso. Tanto se vuole scopare troverà comunque il modo. Non mi pare che il caro Craig Taylor l’abbia avuta vinta quando ha cercato di salvare il suo piccolo bambino innocente dal mostro porco e cattivo che l’ha condotto nell’antro della perdizione.» guardi la piccola che sgambetta allegramente e le fai il solletico sotto il mento con l’indice. Adori vederla ridere. «E poi perché dovremmo togliere a questo splendore le gioie e i privilegi del giocare con un bel cazzo duro?»
«Sei impossibile.»
«‘Impossibile’ cosa?» domandi con aria sorniona. «Impossibilmente bello, o sexy? Audace o impossibilmente unico, irripetibile e irresistibile?»
«Impossibile, punto.» replica acido lui e lo vedi aggrottare la fronte quando i suoi occhi si abbassano su vostra figlia. «E lei è più impossibile di te. Com’è che sul tuo letto di perdizione eterna e immoralismo si addormenta subito come un sasso, e nella sua cazzo di culla schifosamente costosa e firmata non ci vuol stare neanche a pagarla?»
Pieghi le labbra all’interno della bocca e scosti uno dei piccoli ciuffi di luce che le ricadono sulla fronte, per poi assumere un’espressione incerta. «Credi che sia un segno?»
«Un segno da interpretare come?» chiede Justin allarmato. «Che le piacciono i posti decisamente poco etici o che posso vivere la mia vita di padre tranquillo, senza che lei vada a scopare in giro, perché certe cose non saranno mai la sua priorità e la faranno addormentare?»
Inarchi le sopracciglia con scetticismo e rispondi: «Mi auguro per lei che non farà mai sesso soporifero!»
Lui sembra pensarci su un attimo e solleva le sopracciglia. «Sinceramente non so davvero cosa dovrei augurarmi...non ce la vedo proprio a fare...»
«Perché? Pensi che i tuoi ti ci vedessero a succhiare cazzi, a metterlo e prenderlo nel culo?» domandi e lui resta in silenzio per un attimo, per poi arricciare le labbra e negare, come se si sentisse un po’ a disagio nell’immaginare i suoi che a sua volta lo pensavano in certe situazioni. Probabilmente la cara Jennifer e quel mentecatto di suo padre neanche riuscirebbero lontanamente a realizzare quello che il loro bambino ha fatto e continuerà a fare. «Bene, allora caro papà Taylor, mettiti l’anima in pace e quando sarà il momento insegna a tua figlia a usare sempre il preservativo, e a fare i tuoi pompini da urlo.»
«E se diventa lesbica?»
«Scordatelo.» rispondi schifato al solo pensiero. «Non permetterò mai che mia figlia diventi una camionista leccaciuffe! La signorina qui presente conoscerà Armani, Gucci, Prada, Fendi...e ovviamente la donna da cui ha ereditato il nome. Avrà un occhio di riguardo per l’arte, un’ovvia infarinatura sul business e, quant’è vero che noi siamo froci, le piacerà il cazzo.» le lanci un’occhiata amorevole e la senti biascicare qualcosa di inarticolato nel sonno, come se l’avesse realmente compreso.
«Secondo te capisce già quello che diciamo? O almeno ne avrà memoria?»
«Non so.» rispondi e sorridi. «Ma se è così, è certo che la prima cosa che imparerà a dire non sarà ‘papà’, ma qualcosa come ‘girati’, o ‘ancora’...seguiti da un delizioso ansimare.»
Justin ridacchia e si protende con attenzione per baciarti. «Signor Kinney, lei mi sconvolge!»
«Aspetta solo che qualcuno impari a dormire nella sua culla, perché giuro che riuscirò a farla dormire lì, e poi vedrai...»
«Qualcosa mi dice che sarà come quando volevi farmi dormire sul divano.» ti sorride, e non puoi fare a meno di ricambiare. Se la piccola Taylor ha preso anche la tenacia dal padre, sai di aver già perso in pazienza. Justin ha sempre saputo come ottenere ciò che voleva e, se Chanel è come lui, dovrete dire addio per un po’ al tuo comodo letto e spostarvi in qualsiasi altra superficie piana – orizzontale, verticale o diagonale che sia – su cui poter dar sfogo liberamente ai vostri istinti sessuali.
Sospiri e le accarezzi una guancia morbida e incredibilmente paffuta, così tonda da istigare la voglia di morderla, e sollevi lo sguardo sottecchi per ammirare anche l’espressione assorta di Justin, mentre veglia sul sonno di sua figlia.
Da quando ha invaso la vostra vita avete dovuto adattare e plasmare le vostre abitudini sui suoi desideri, eppure non c’è niente che rimpiangi, se lo paragoni alla sensazione che riesce a darti un suo minuscolo gesto, un sorriso, o la felicità che puoi scorgere sul volto della persona che ami. Non c’è assolutamente niente che rivorresti della tua vecchia vita, se questo significa rinunciare a lei e a quello che sa darvi.
Pieghi le labbra in un lieve sorriso e ti lasci ricadere con la testa sul cuscino, fingendo rassegnazione. «Per stasera, niente sesso.» borbotti contrariato. «Ma alla prima occasione ti assicuro che mi pregherai di smettere.»
Justin ti sorride e si distende a sua volta. «Lo so, lo so.» risponde sincero, chiudendo gli occhi. «E non vedo l’ora.» la sua voce si riduce a un sussurro e capisci che deve essere davvero distrutto.
Sposti il gomito piegato sotto la testa, in modo da poterli guardare meglio e vegliare su di loro mentre riposano; perché ami farlo...ami osservare ogni più piccolo particolare di loro e t’incanti nel movimento dei loro respiri.
Il vecchio te direbbe sicuramente che non c’è cosa più patetica di questa, ma la persona che sei diventato accanto a Justin non ha alcun rimorso o rimpianto, e sa bene che niente e nessuno è fortunato quanto te da avere due piccole stelle luminose che dormono nel suo letto.


...How wonderful life is, while you're in the world.” 

Note dell’autrice

Lo so, penserete che sono matta e stressante a pubblicare una raccolta di OS quando ho già una long avviata, ma non ho potuto farne a meno perché, come ho spiegato nell’anteprima - o quel che è - il mio cervellino continua a produrre incessantemente momenti Britin e alcuni di questi non posso inserirli nella long per motivi di trama...perciò, questa era l’unica soluzione. XD 
Riguardo a questa OS particolarmente fluffleggiante...forse anche troppo, è nata perché girovagando sul web mi sono imbattuta in un
’immagine - forse era un disegno - in cui era raffigurato Brian che teneva in braccio un neonato, affiancato da Justin. 
Fermarmi a quel punto è stato impossibile e mi sarebbe piaciuto mostrarvi la foto a cui mi riferisco - e che forse qualcuno avrà già visto - ma non sono riuscita ancora a trovarla. Se mai la dovessi ritrovare la posterò in seguito! 
È un po
’ campata in aria come OS, ma spero vi sia piaciuta comunque. 

Un grazie a chiunque l’abbia letta e a chi avrà voglia di recensirla! 
Veronica.


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Capitolo 2
*** Smile. ***


Smile.

Raiting: Verde.
Timeline: Molto Post 5x13.



*'*'*


“Smile” 
[betato da Trappy]



Osservi attentamente gli occhi scuri identici ai tuoi, nella forma e nel colore, e quei lineamenti che sembrano fatti esattamente con lo stesso tuo stampo, neanche stessi guardando una tua vecchia fotografia, o uno specchio capace di ringiovanirti; ma quello davanti a te non è né una foto né uno specchio...è “solo” tuo figlio.
Il tuo grande orgoglio, il tuo più bel successo.
Lo vedi gonfiare le guance, con la tua stessa espressione scazzata: quella di chi sembra essersi appena strappato il fegato e la milza con le mani, per ammettere prima con se stesso, poi a voce alta, qualcosa che mai avrebbe voluto dire neanche sotto le peggiori torture medievali.
E, probabilmente, la tua espressione stupita per quello che le tue orecchie hanno appena sentito non deve certo aiutarlo. «Credo di non aver sentito bene.» borbotti, e lui ti lancia un
occhiata degna di una delle tue migliori espressioni incazzose.
Piega le labbra all
interno della bocca; e quasi ti salgono i brividi lungo la schiena nel sentire il suo tono sprezzante e sfrontato, eco del tuo. Sono ormai ventanni che ti sbatte letteralmente in faccia quanto sia identico a te, ma ancora non ci hai fatto labitudine, e probabilmente mai ce la farai. «Devo davvero ripeterlo?» sputa acido, assottigliando lo sguardo.
«Stai
seriamente parlando di te stesso?» chiedi scettico. «Cioè...sei sempre Gus Kinney o una qualche cazzo di navicella spaziale ha pensato bene di sfarfallare da queste parti per rapire mio figlio e appiopparmi un suo surrogato?»
«Cazzo, pà! Ha ragione Ted!» sbotta nervoso. «Fai proprio schifo a tirare su il morale! Meno male che sei troppo stronzo per fare del volontariato, o le stime dei suicidi raggiungerebbero picchi mai visti!»
«Ragazzino, una cosa alla volta. Devo ancora digerire il fatto che mio figlio sia etero!» Gus solleva le sopracciglia con un
espressione scocciata e non riesci a trattenere una smorfia. «Che cazzo ci troverai nel leccare quella...cosa, non lo capirò mai!»
«Tutti non fanno che ripetermi quanto somiglio a te...qualcosa da mamma dovevo pur ereditarla, no?»
«L
ho sempre pensato che le leccaciuffe avrebbero avuto una cattiva influenza su di te.»
«E io lo sapevo di aver sbagliato
padre a cui chiedere.» borbotta, calcando bene la parola “padre”, perché tu la percepisca chiaramente.
Lo guardi fintamente offeso, tenendo a mezz
aria la tazzina di caffè, per poi sorridere sornione. «E perché mai dovresti chiedere a lui? Somigli a me, anzi somigliavi...» rettifichi girando con sadismo il dito nella piaga, e lo vedi roteare gli occhi.
«Non è esatto. Somigliavo al
vecchio te.» controbatte, con quell
espressione spavalda che vorresti prendere immediatamente a schiaffi, se solo non fosse un fottuto controsenso, dato che...sì, anche quella è perfettamente uguale alla tua. «Mi pare che tu ti sia accasato da un bel po nel tuo bel castello principesco, con il tuo maritino. Ti ci vedo bene in pantofole e vestaglia, con gli occhialini calati sul naso, mentre passi le serate a leggere il giornale vicino al fuoco del camino...vecchio
Posi la tazzina sul piattino per desistere dal lanciargliela contro. Incroci le dita e fai buon viso a cattivo gioco. In fondo è ancora solo un moccioso e ne ha di strada da fare prima di raggiungerti. «Si da il caso che io non porti gli occhiali perché la mia vista è
ottima. Infatti vedo benissimo quanto sei coglione.» e uno a zero per Kinney Senior. «Seconda cosa, nel caso tu non te ne sia accorto...e il motivo torna alla frase di prima, è quasi estate, piccolo stronzetto...quindi non accendo proprio nessun cazzo di fuoco in nessun cazzo di camino. E terzo, tuo padre e l
altro tuo padre, hanno decisamente di meglio da fare che leggere il giornale in pantofole e vestaglia.»
«Cosa? Giocare a bridge?»
«Scopare, piccolo mocciosetto impudente.» gli sorridi sprezzante. «Quello che presto non farai più tu, perché ti sei...Dio, potrei vomitare solo a tentare di pronunciarlo.»
«Non la conosci neanche!» scatta sulla difensiva; e ora sì, che ti vengono i brividi. Questa non è una tua eredità...questo è tipico dell
altro padre di Gus. Appartiene a lui un vizio simile, ed è a lui che devi il fatto che tuo figlio sia meno ottuso e cieco di te per quanto riguarda i sentimenti e lamore.
D
altronde, però, è anche vero che a lui è stato insegnato ad amare fin dalla nascita, perché circondato da una vera famiglia. Tu lhai imparato dopo i ventinove anni.
«E spero anche di non farlo!» ribatti comunque stranito, al limite dello scioccato, dopo esser ufficialmente tornato ad avere qualche dubbio sulle proprietà nocive e letali dell
amore sulla gente.
Un giorno tuo figlio ti fa gongolare come un pazzo perché sai che scopa ovunque, senza legami e stronzate al seguito, perfetto lascito della tua vecchia e cara filosofia “Io non credo nell'amore, credo nelle scopate”, seppur lo faccia nel mondo etero...e il giorno dopo finisce col presentarsi da te con una faccia da funerale e ti chiede come tirarsi fuori dal pantano in cui si è andato ad infilare. Proprio un bell
affare!
«Ti sei innamorato anche tu, mi pare!» replica, e pronuncia proprio quella dannata parolina che non avresti voluto mai sentirgli dire...non a vent
anni almeno! “Innamorato”. Tuo figlio, Gus Kinney, si è fatto fregare come un fesso. Ne sei sempre più convinto...lamore porta guai. «E hai smesso da un bel po di scopare qualsiasi cosa ti capiti a tiro!»
Inarchi le sopracciglia e scandisci: «Si da il caso che io abbia quarantanove anni.»
«Cinquanta.» rettifica lui; e potresti giurare di averci sentito una lieve nota di soddisfazione nella sua voce.
«
Quarantanove. Ancora per qualche mese.» puntualizzi contrariato. «E, comunque, avevo molti più anni di te quando mi sono dato alla monogamia.»
«Solo perché avevi
molti più anni di me quando hai incontrato Justin.» ti accusa prontamente, e mai come adesso hai detestato questo suo esserti così simile anche nei modi di fare. Gus, come te, vuole sempre avere l
ultima parola.
«Non credo proprio.» rispondi deciso, anche se dentro il dubbio resta.
Chissà se sarebbe davvero andata diversamente; se saresti davvero riuscito a resistere a quei capelli troppo biondi, ai suoi occhi profondamente blu e ai suoi modi di fare che fin dalla prima volta ti hanno attratto come una calamita.
Ti concedi un lieve sorriso e ogni congettura ti abbandona, mentre nella tua testa si fa strada la consapevolezza che, a dispetto di tutti i “se” o i “ma”, ne sei certo, il tuo presente non potrebbe essere più felice.
E come se esistesse ancora quella strana fatalità che ha aleggiato intorno a te fino a farti uscire dal Babylon al momento giusto in quella notte di tanti anni fa – né un secondo di più, né un misero secondo di meno – e che ti ha fatto incrociare gli occhi dell
uomo che ami, anche adesso senti qualcosa che si stringe piacevolmente nel petto, e sai esattamente da quale parte voltarti per vederlo arrivare.
Non sai ancora come ci riesce – dopo tutti questi anni insieme resta sempre uno dei suoi misteri – ma ha l
assurda capacità di far sentire al tuo cuore la sua presenza.
E infatti è là, dall
altra parte della strada, che si guarda oziosamente intorno prima di attraversare; e ti sorride non appena si accorge del tuo sguardo, illuminando qualsiasi cosa intorno a sé.
Ti perdi ad ammirarlo, con una lieve punta d
invidia nel constatare che nonostante il tempo sia passato anche per lui – e che il “tre-zero” lha già superato da parecchi anni, ormai – mantiene sempre quella sua tipica aria di ragazzino sognante, e continua a indossare perfettamente i suoi vecchi e adorati jeans sformati, in piena linea con quella che trovi essere la sua terribilmente eccitante essenza dartista.
Non riesci a non sorridere più apertamente quando i tuoi occhi notano le scarpe da ginnastica malmesse, e ridacchi nel vedere che continua a portarsi appresso quella vecchia tracolla – cimelio della sua trapassata frequentazione dell
accademia delle belle arti – quando con tutti i soldi che ha guadagnato in questi anni, potrebbe comprarsene a migliaia in pelle umana...o pagarsi direttamente uno schiavetto che la porti per lui.
Ma è anche per questo che lo ami.
Lo ami per come si ostina a rimanere con i piedi per terra – pur dipingendo sempre e solo quello che gli va, come e quando gli va – quando tutti al suo posto sarebbero volati altezzosi chissà dove; lo ami per come non ti da ascolto, quando cerchi di convincerlo a indossare un vestito formale a una delle sue importanti personali e lui ti guarda scettico, mentre s
infila unanonima camicia bianca e un paio di pantaloni a caso...ma soprattutto lo ami per quegli sguardi carichi di tensione sessuale che ancora intercorrono tra di voi e che sembrano non volersi placare mai.
Lo ami perché semplicemente sai che non ne avrai
mai abbastanza di lui.
«Buongiorno famiglia Kinney.» vi canzona, e come sempre dà un buffetto a Gus e un bacio a fior di labbra a te. La regola è: “niente porcherie davanti al bimbo”, anche se il
bimbo in questione ha già passato da un bel pezzo la fase di api, fiori, cavoli e cicogne e scopa qualsiasi sciocca ragazzina carina che cade ai suoi piedi...o meglio, lo faceva prima del fattaccio; e anche se tu non ti faresti certo problemi a scoparti il tuo biondo marito sul tavolino del bar.
«Pà...» lo chiama Gus facendoti sorridere. Hai sempre adorato, fin dalla prima volta in cui l
ha fatto, che si riferisse così a Justin...anche se, ovviamente, non glielhai mai detto e mai uscirà dalle tue labbra. Sei innamorato, sposato, monogamo e con una vera famiglia, ma hai ancora un po di dignità da mantenere e il tuo famoso orgoglio! «Grazie a Dio che sei arrivato, perché il padre biologico è pressoché inutile.»
«Cosa ti detto questo essere gelido senza cuore?» gli risponde la tua dolce metà, con un sorrisetto insolente.
«Semmai cosa lui ha detto a me.» borbotti. «Sta cercando di farti restare vedovo prima del previsto.» Justin passa gli occhi da te a tuo figlio, visibilmente confuso, e ti decidi a pronunciare quelle tre parole che, messe secondo un filo logico e riferite al sangue del tuo sangue, ti fanno accapponare la pelle. «Si è innamorato.»
Gli occhi blu di tuo marito guizzano sorpresi verso tuo figlio e ti accomodi meglio nella sedia, con una gamba accavallata, pronto a goderti la crociata in cui
sicuramente Justin si lancerà per farlo rinsavire, spiegandogli quanto è importante che alla sua età si diverta e che continui a scopare in giro come ha fatto fino all
arrivo della guastafeste in questione. Accenni un sorriso compiaciuto nellattesa, ma quello che le tue orecchie odono, non è esattamente quello che ti aspettavi: «Davvero?» domanda sorpreso. «Ma è fantastico! Allora, chi è?»
«No, no, no.» intervieni allarmato. «È...
cosa
«Tuo figlio è innamorato. Non sei contento?»
«Ma ha solo vent
anni, Cristo Santo!»
Gus e Justin sbattono più volte le palpebre in silenzio, per poi scambiarsi una strana e poco rassicurante occhiata d
intesa. «Brian...» ti chiama il tuo “caro” artista fedifrago, con un sospiro calmo e quellaria che assume ogni volta che sembra dover spiegare a un bambino perché non può mangiare il dolce prima di cena. «Non ti ha detto che vuole arruolarsi e partire per la guerra, o farsi un viaggetto sulla luna. È solo innamorato, come tanti ragazzi della sua età.»
«Ma...» tenti di protestare, quando l
odioso trillo del telefono di Gus tinterrompe, e ti basta un attimo per capire che è Lei, dal modo in cui un sorrisetto va a increspargli le labbra e da come farfuglia scuse per andarsene.
«Io dovrei...»
«Va
pure.» gli strizza locchio Justin. «Bado io al vecchietto. Ti chiamerò in caso di ictus o infarti!»
«Ottimo, incoraggialo pure.» mormori stizzito, ripromettendoti dentro di te che questa non gliela passerai poi tanto liscia. Peccato che ogni punizione che balena nel tuo cervello prenda velocemente le sembianze di qualche giochetto erotico.
«Pà, ma almeno lo Stato te lo da un sussidio come badante?» ti sfotte apertamente il tuo caro pargolo, e le tue labbra si piegano in un sorriso tirato, molto poco amichevole.
«Poppante, vedi di fare poco il simpatico, o sarà la tua...» sgrani gli occhi in una smorfia disgustata e continui: «...che Dio ce ne scampi, fidanzatina, a farti da badante...perché sarai costretto a succhiare pappine con la cannuccia per il resto dei tuoi giorni!»
«Vorrà dire che ti farò compagnia.» risponde ironico, e tu inarchi le sopracciglia.
«Hai cinque secondi per sparire da qui, prima che ti prenda a calci nel culo!»
«Buona giornata, papino.»
«Anche a te,
stronzetto.» mormori e segui la sua figura con un sorriso sulle labbra e, senza neanche rendertene conto, uno sguardo carico d
amore condito da un pizzico dapprensione.
«Tranquillo
gelosone, il suo eroe resti sempre tu e nessuna ragazzina ti ruberà il posto.» commenta immediatamente Justin. Sai che a lui non puoi nascondere proprio niente, ma a volte proprio non vorresti che riuscisse a leggere così bene dentro di te. Hai ancora una reputazione da mantenere, dannazione!
«E chi ti dice che sono geloso? Di
mio figlio, poi!» ti fingi stranito, ma dal sorriso splendente che si apre sul suo viso capisci che la tua recita non ha funzionato affatto. Decide comunque di risparmiarti l
imbarazzo di fartelo notare e si limita a protendersi verso di te e regalarti quello che – finalmente! – è un vero bacio.
A malincuore separi le labbra dalle sue, quando entrambi capite che, con quell
impeto, non avreste neanche raggiunto casa prima di darvi alla pazza gioia, e uscite dal bar per incamminarvi verso la tua auto.
Tiri fuori il telecomando dalla tasca e fai per aprire la portiera, quando – guidati da chissà cosa – i tuoi occhi si posano in un punto a caso e riconoscono una figura molto familiare.
Gus è all
angolo della strada e sorride in un modo che mai gli avevi visto fare, con lo sguardo puntato ad incrociare quello di unaltra persona.
Ed è lì che senti una stretta al cuore, ma non è tristezza, né gelosia. Solo un po
di ironica e dolce malinconia, nel vedere che lespressione innamorata di tuo figlio è rivolta verso una chioma bionda e lucente, che incornicia un viso giovane dalla pelle lattea, ornato da grandi iridi blu e da un sorriso splendido.
«Sembra che abbia ereditato anche una certa passione da te.» ridacchia Justin, scoccandoti un
occhiata sorniona, prima di salire in macchina.
Lo segui sistemandoti al posto del guidatore e, attraverso il finestrino, guardi ancora una volta il tuo
bambino che ride felice. «Tipo cosa?» domandi con fare vago e tuo marito scuote la testa rassegnato. «Moda, droga, alcool o sesso?» lui rotea gli occhi e corre a imprigionare le tue labbra con le sue.
È un attimo quello successivo, in cui i vostri occhi si fissano e sembrano volersi fondere, come avete sempre cercato di fare voi due del resto, nel divampante bisogno di stare vicini,
insieme.
Lo vedi sorridere raggiante e, come se fosse tutto parte di uno stesso meccanismo, anche la tua bocca si distende armoniosa; e in quel preciso istante capisci che il sorriso che hai visto su tuo figlio non ti era poi così sconosciuto.
Anche quello l
ha ereditato da te. Anche quello, come te, ha saputo mostrarlo al mondo quando ha davvero imparato ad amare. 




Note dellautrice:  

Laltra volta era stata un’immaginaria figlia di Justin e Brian, stavolta non poteva che essere una OS su uno dei personaggi che più adoro: Gus...anche se non è più il piccolo bambino innocente! XD  
Altra OS molto fluffleggiante...ma che ci devo fare, amo così tanto i cari "Britin" che in qualche modo mi devo sfogare...e, visto che domani me ne volo in Grecia, ho pensato di salutarvi con un altro piccolo parto della mia mente malata! 
Spero vi sia piaciuto! 
Ringrazio tutti coloro che hanno letto la scorsa OS e coloro che hanno commentato! GRAZIE! 
Vi auguro nuovamente BUONE VACANZE e a presto! 

Un bacio, 
Veronica.

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Capitolo 3
*** Message. ***


Message.


Raiting: Verde.
Timeline: Post 5x13.


*'*'*

“Message”
[betato da Trappy]


“A message” - Coldplay


Sali sulla tua Corvette perfettamente pulita e impeccabile com’è sempre stata – tralasciando il triste episodio in cui l’hai prestata a Michael per il suo drammatico tentativo di fuga con il suo figlioccio, che ti ricorda di non concedergliela mai più – e giri rabbiosamente la chiave per metterla in moto.
Ti abbandoni contro il sedile in pelle, godendoti il suo potente rombo, come se potesse invaderti la testa e far piazza pulita di tutti i pensieri che ti si arrovellano dentro.
Ti chiedi cosa ti sia passato per la mente il giorno in cui ti sei convinto ad aprire una tua agenzia, quando potevi firmare quel cazzo di contratto con Gardner e startene buono al tuo posto, senza troppe rotture a fracassarti il cervello e le palle, finché un sorriso spunta sulle tue labbra.
Lo sai fin troppo bene che non ne saresti mai stato capace, ma lo stress lavorativo è davvero difficile da sopportare, soprattutto adesso che, quando rientri a casa, non c’è Justin ad aspettarti con il suo sorriso che disperde in un attimo ogni tua congettura, lasciandoti pervadere solo dalla voglia di sentirlo ridere, sussurrare e ansimare, sempre e solo stretto tra le tue braccia, in un groviglio complicato delle lenzuola o dei cuscini sparpagliati sul parquet.
Inutile mentire: ti manca più dell’aria; ti è necessario anche più dell’aria, ma non puoi far altro che aspettare e guardarlo splendere in mezzo ai suoi continui successi.
Sei orgoglioso, fottutamente orgoglioso...e sai di averlo “cresciuto” nel migliore dei modi, ma neanche tu sai cosa pagheresti perché ti venisse lasciato più tempo da trascorrere con lui, senza doverglielo chiedere; senza dover combattere con i sensi di colpa che si aggrovigliano e ti si stringono allo stomaco ogni volta che ti senti di rubargli tempo, ogni volta che ti senti di troppo.
Lanci un’occhiata al cellulare silenzioso gettato sul sedile accanto e desisti dal comporre il suo numero, inserendo la marcia e immettendoti nel traffico.
Vorresti sentire la sua voce, ma temi d’interromperlo durante uno dei suoi momenti d’ispirazione e sai che non potresti perdonartelo, anche se lui farebbe e direbbe di tutto pur di rassicurarti e non farti sentire in colpa.
Raggiungi il tuo palazzo e senza troppo entusiasmo sali fino all’ultimo piano, facendo scorrere la grossa porta e muovendo i primi passi in quell’enorme spazio chic, quanto vuoto e apatico.
Sembra che, da quando lui non vive più lì, ci sia fin troppo ordine, che tutto sia perfettamente statico, immobile e impegnato a prendere polvere – proprio come te – nell’attesa del suo ritorno.
La cucina non l’hai praticamente più usata, se non per prepararti qualche caffè la mattina, mangiando un boccone sempre e solo fuori, perché qualsiasi cosa sembra essere insapore senza il suo sorriso compiaciuto, mentre gusta la sua ennesima prova culinaria perfettamente riuscita; e il frigo è sempre praticamente vuoto - tanto che sei convinto abbia perfino l
’eco - ora che fare la spesa ti sembra inutile e noioso.
Nel bagno non hai mai spostato niente di suo. Lo spazzolino è al suo posto, così come l’asciugamano gemello del tuo o la schiuma da barba.
Solo il bagnoschiuma nella doccia o lo shampoo ti sei concesso di usarli qualche volta, per sentirti addosso qualche traccia del suo odore, anche se non sarà mai lo stesso se non è sulla sua pelle; e anche se odorarlo senza poterti stringere a lui fa ancora più male.
Nel terzo cassetto – quello che non apri mai, quasi fosse off-limits per te – c’è ancora qualcosa di suo, così come nella parte sinistra dell’armadio: cose che ha lasciato; tracce della sua presenza nel loft, per ricordarti che presto tornerà e che potrete godervi quegli sporadici momenti al massimo, senza alcuna stupida scusa, giustificazione o rimpianto, pensando solo e soltanto a voi stessi e tagliando letteralmente fuori il resto del mondo da quel posto perfetto e magico in cui potete vivere solo voi due.
Sbuffi scocciato, lanciando la ventiquattrore sul divano per poi toglierti la costosa giacca dal taglio perfetto, che sembra modellarsi come una seconda pelle sul tuo corpo, e allenti la cravatta.
Lanci un’occhiata al telefono e, dopo aver notato la luce lampeggiante della segreteria, premi il pulsante e ti versi un bicchiere di Jim Beam, ascoltando il susseguirsi di messaggi, senza troppa attenzione.
Il primo è di Michael che, isterico come al solito, ti impone di richiamarlo al più presto, mentre ti accusa di essere letteralmente sparito e di aver dato l’ennesimo forfait alla cena che aveva organizzato per ieri sera.
Non è per essere stronzo – o forse sì – ma proprio non ti passa neanche nell’anticamera del cervello di trascorrere ore in compagnia di suo marito, futuro Dalai Lama, e di quel ragazzino complessato, sessualmente confuso e isterico del suo figlioccio.
Ti riprometti di richiamarlo, ma le tue buone intenzioni svaniscono rapidamente, come fumo nel vento, nel dimenticatoio, col cambiare della voce riprodotta dalla segreteria; stavolta è Linz.
Sorridi, appoggiandoti a una delle travi, mentre la sua voce squillante riempe il loft e senti il cuore alleggerirsi quando ti comunica che tra cinque giorni, lei e il tuo piccolo Gus, voleranno fino a Pittsburgh perché tuo figlio non resiste più dallo starti lontano; e neanche immagina quanto per te sia lo stesso.
Posi il bicchiere per afferrare il cordless e richiamarla immediatamente, anche solo per sentire per qualche minuto la voce del tuo bambino, quando un altro “bip” si diffonde nell’aria, per informarti del terzo e ultimo messaggio.
«Ciao.» senti pronunciare con voce incerta, e il tuo cuore sembra sprofondare dentro di te, prima di risalire all’improvviso e partire per una maratona di pulsazioni a rotta di collo. «Avrei voluto chiamarti al cellulare ma avevo paura di disturbarti al lavoro, così ti ho chiamato a casa.» lo senti soffermarsi per un attimo e ne approfitti per chiudere gli occhi e respirare profondamente, immaginando di vedere i suoi capelli dorati e lisci, e quei lapislazzuli splendenti dei suoi occhi che ti guardano con lo stesso immutato e grande amore. «Non c’è un vero motivo...avevo solo bisogno di dirti ‘ben tornato a casa’ anche se non sono lì, perché è tra le cose che mi mancano di più quando rientro. Mi manca dirtelo e sentirti chiedere come mi è andata la giornata, prima che tu mi racconti la tua e ti lamenti per ore dei tuoi facoltosi clienti che ti arricchiscono ogni giorno di più.» lo senti ridacchiare, anche se con una lieve punta di amarezza, e non puoi far altro che ricambiare con un sorriso. «Ci sono giorni in cui qualsiasi cosa io faccia o veda, ho l’istinto di voltarmi e parlarti. Mi sento un idiota, ma mi viene naturale. È naturale per me cercarti con lo sguardo anche in una città in cui non abiti, per ridere con te di qualcosa di buffo che vedo, proprio come quando passeggiavamo per Liberty Avenue, o chiederti un consiglio quando c’è qualcosa che mi turba...» lo senti sospirare e diventa difficile anche per te continuare a respirare. «...ed è naturale perfino voltarmi nella doccia, convinto di trovarti lì per me o cercarti tra le lenzuola per abbracciarti.» la sua voce s’incrina e tu vorresti solo averlo vicino per abbracciarlo forte e sussurrargli che va tutto bene; tutto perfettamente bene e di non preoccuparsi; e come ti aspetteresti dall’uomo che hai cresciuto, trova ancora il coraggio di parlare senza piangere: «Mi manchi, Brian.» confessa candidamente e ti trattieni a stento dal pronunciare un “mi manchi anche tu”, solo perché sai che non potrebbe sentirti e che quindi sarebbe inutile. «Semplicemente mi manchi da morire, e voglio che tu lo sappia...che te lo ricordi sempre, e che tu sappia anche che non vedo l’ora di tornare a Pittsburgh.» un’altra breve pausa e la sua voce torna ancora a cullarti. «Ok, credo di aver sparso sdolcinatezze a sufficienza e, prima che tu decida di prendermi a calci la prossima volta che ci vediamo, è meglio se mi decido a riattaccare e a riprendere a dipingere...anche se non sai cosa darei perché tu fossi qui...ok, basta, la smetto!» ride e tu ridi con lui. «Allora...ci sentiamo presto. Ciao...» pronuncia, ma il messaggio non è ancora finito. «Ah, Brian...ti amo.»
L’ultimo “bip” ti riscuote fastidiosamente dal limbo piacevole in cui ti eri rifugiato ascoltando la voce di Justin, ma le sue parole sono bene impresse nella tua mente.
Incapace di pensare ad altro accendi il computer e prendi a cambiarti frenetico: un paio di jeans scuri, una semplice t-shirt e un maglione verde scuro.
Tiri fuori il primo borsone che trovi nell’armadio e, dopo aver effettuato un paio di click con il mouse ottenendo ciò che cercavi e aver chiamato un taxi, lo riempi delle prime cose che trovi, gettandole alla rinfusa.
Spegni il computer e tutte le luci, afferri il borsone e componi un numero che conosci a memoria mentre esci in strada. Pochi squilli e la stessa voce che poco prima ti ha rischiarato la giornata, risponde: «Brian...» lo senti mormorare un po’ sorpreso. Forse non si aspettava una tua chiamata così tempestiva.
«Ehi...» lo saluti, con il cuore che batte vivace nel petto.
«Hai sentito...»
«Sì, l’ho sentito.» lo interrompi e, nel sentire la sua voce felice, ti sembra di vederlo sorridere, e capisci che per una volta tanto nella tua vita stai facendo la cosa più giusta. Hai un disperato bisogno di lui, proprio come sai che lui ne ha di te, e stavolta il resto mondo con i vostri impegni dovrà andarsene a 
fanculo e lasciarvi fuggire nel vostro piccolo spazio di felicità. «Ripetimi un po’ com’è il tuo indirizzo? Tra due ore sono a New York.»  

“...And i'm not gonna stand and wait, 
not gonna leave until it's too much too late. 
On a platform i'm gonna stand and say, 
that i'm nothing on my own, 
And i love you, please come home! 
My song is love, is love unknown, 
and i've got to get that massage home.


Note dell’autrice

Ebbene sì, sono tornata ad intasare questo fandom con le mie stupidaggini, anche se stavolta è davvero piccina picciò! 
Non so da dove mi sono uscite queste tre righe, e forse sono andata anche un po
’ troppo OOC per il troppo fluffleggiare tra i nostri Britin ma, contrariamente a quello che ho scritto nella long, io sono fermamente convinta che dopo la lacrimosa 5x13, Brian e Justin hanno sicuramente trovato il modo per continuare a vedersi almeno durante il weekend...anche perché un’ora d’aereo non è praticamente nulla per i "tempi americani", considerando che, per spostarsi da una parte all’altra nella maggior parte delle loro città, si può impiegare anche più tempo! 
Perciò confesso...in realtà io ho sempre pensato che la situazione potesse essere un po
’ amara a volte, ma che sarebbero comunque riusciti a gestirla egregiamente... XD e da qui, e da un graditissimo messaggio che mi hanno lasciato in segreteria un po’ di tempo fa, è nata questa OS che, per quanto piccola e forse un po’ insipida, spero vi sia piaciuta comunque. 
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e commentato le precedenti OS e vi auguro di trascorrere al meglio questi giorni che precedono la fine dell
’estate! 

Un bacio e a presto. 
Veronica.

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Capitolo 4
*** Fucking happy 40th birthday. ***


Fucking happy 40th birthday.

Raiting: Arancione.
Timeline: Post 5x13.



*'*'*


a Benedetta e al tempo che passa,
anche per chi è un’inguaribile vanitoso,
come te e me, e il signor Kinney...
...semplicemente per augurarti uno splendido compleanno.



“Fucking Happy 40th Birthday”



«Brian...» senti pronunciare dalla sua voce esasperata. È almeno il terzo messaggio che ti lascia in segreteria. «Dove cazzo sei?» ti accomodi meglio sul sedile in pelle nera della lussuosa limousine che hai affittato, e prendi a guardare distrattamente fuori, come se Justin fosse davvero lì con te e tu stessi cercando un modo per evitare di rispondere alle sue domande ed eludere le sue insidiose occhiate che sanno leggerti dentro.
Ormai è una vera e propria deformazione la tua. Sei così abituato a farlo, che perfino quando non può vederti e senti solo la sua voce, i tuoi meccanismi di autodifesa scattano immediatamente. «Si può sapere perché è tutto il giorno che non rispondi?» ti chiede, con un tono frustrato e tu rotei gli occhi sbuffando. Possibile che non l’abbia ancora capito?
Ascolti ancora i suoi borbottii, tamburellando con le dita sullo sportello, aspettando che il suo cervellino da “mille-e-cinquecento-al-test-d’esame” si attivi e giunga per proprio conto alla risposta da un milione di dollari. «Cosa diavolo stai cercando di...» lo senti bloccarsi all’improvviso, ed è come se vedessi una lampadina accendersi in quella sua testolina bionda e arruffata. «...Brian.» ti chiama, e dal tono della sua voce sai che ha capito. «Ti prego, non dirmi che è come penso!» esclama, e come se potesse vederti, tu porti le labbra a piegarsi all’interno della bocca e sollevi le sopracciglia. «Non puoi! Non puoi scappare così! Ma che diavolo pensi di fare? Di partire per chissà quale isola esotica e sfuggire alla realtà?!» aggrotti per un attimo la fronte, come se stessi valutando davvero le sue parole e con una scrollata di spalle annuisci.
A dire il vero avevi pensato a una settimana sulle meravigliose Alpi italiane, visto che il freddo fa bene alla pelle, ma anche l’idea dell’isola esotica non è poi così male. In aeroporto deciderai. «Brian...» ti chiama ancora e rotei gli occhi infastidito. Ti sei quasi convinto a passare dall’anagrafe per cambiare nome, prima di partire. Ormai non le sopporti più quelle cinque lettere in fila. «...partire per isolarti dalla fetta di mondo che ti conosce, non cambierà le cose.» mormora con il suo tono da saputello, e già sai che non ti piacerà il modo con cui terminerà la frase. «Che tu vada in un atollo disperso in mezzo all’oceano, tra i pinguini dell’Alaska o in cima ad una cazzo di piramide, non ha importanza. Domani avrai comunque quarant’anni.» conclude e puoi affermare con certezza di detestare sia lui, che il modo in cui ha pronunciato quella dannata parola. «Quindi piantala di fare il melodrammatico e di trasformare tutto in una tragedia greca. Quarant’anni non sono la fine del mondo!» esclama e tu lanci un’occhiataccia al cellulare posizionato sulla piattaforma dell’altoparlante. Parla bene lui...ha ancora ventotto anni, lo stronzetto. «Ti aspetto a casa.» ti comunica infine e lo senti riagganciare.
«Certo, contaci.» borbotti, più burbero del solito e ti rilassi un poco per il resto del tragitto, fino a che non vedi avvicinarsi il gigantesco edificio aeroportuale che ti attende per portarti via dalla gloriosa Pittsburgh.
È vero, scappare dalla tua città e dalle persone che conosci non cambierà i fatti, ma almeno ti eviterà brutte sorprese come per il tuo tanto temuto “tre-zero”, che adesso quasi rimpiangi. Stavolta non ti lasci fregare.
Intanto fuggi via da qualche parte, poi al resto ci penserai!
Di certo non darai la soddisfazione a quei sadici bastardi dei tuoi amici di festeggiare e gongolare per quel dannato “quattro” che si premurerebbero di far svettare sicuramente sulla loro fottutissima torta di compleanno.
«Che se le ficchino pure in culo le loro dannate candeline.» mormori, scendendo dalla limousine ed afferrando poco garbatamente il tuo trolley, prima di dirigerti con passo agguerrito verso le porte di vetro scorrevoli. «Una per una...e per orizzontale!» sorpassi la soglia e ti dirigi verso la lista dei voli in partenza. La prima destinazione che t’ispira, sarà quella che prenderai...e ‘fanculo Pittsburgh, i tuoi amici, Justin e i tuoi cazzo di anni.
Passi gli occhi sul gigantesco rettangolo nero e li fai correre al primo nome: New York. Immediatamente scartata. Quel nome ti da’ l’orticaria.
Secondo nome: Boston. Che cazzo ci fai una settimana a Boston?
Terzo nome: Los Angeles. Altro nome che ti fa venire l’orticaria.
Quarto nome: Las Vegas. Ci pensi su un attimo, ma anche questa finisce nella lista nera. Conosci quella sottospecie di città a memoria, considerando le volte in cui tu e Justin vi siete dati alla pazza gioia in qualche weekend organizzato su due piedi; e poi non sapresti che fartene di una settimana lì, visto che non potresti usare la tua carta di credito per lanciarti in un po’ di shopping sfrenato, o farti inghiottire dal gioco. Quel dannato ragazzino – che poi, adesso, tanto ragazzino non è – conosce la password per controllarti il conto in banca, e potrebbe rintracciarti in un batter d’occhio. Maledici il giorno in cui gli hai rivelato un segreto simile e scendi sul quinto nome: Parigi.
Parigi. Parigi. Parigi. Tre secondi e scarti anche la capitale francese. Il ricordo del viaggio di David e Mickey ti è rimasto ancora sullo stomaco e preferisci non vomitare sul pavimento.
Sbuffi scocciato e passi al sesto nome: Barcellona...e “Barcellona”, è sinonimo di “Ibiza”.
Sole, mare e splendidi ragazzi...
Hai un ricordo fantastico di quell’isola da quando ci sei stato con Justin...ok, hai un ricordo fantastico della suite d’albergo a cinque stelle extralusso, di quando ci sei stato con Justin, considerando che avete trascorso una settimana chiusi lì dentro a scopare, e vi siete dovuti studiare decine e decine di brochure arraffati a casaccio nell’aeroporto prima del viaggio di ritorno, in vista della cena a casa di mamma Taylor che vi attendeva entusiasta per sapere della vostra vacanza. Di certo non potevate istruirla sulle gioie del sesso anale e sulle varie e possibili posizioni adottabili, anche contro le leggi gravitazionali!
Sorridi al ricordo di quella movimentata vacanza, e quasi ti convinci a replicare, seppur da solo. In onore delle vostre vecchie abitudini, Justin non considererà tradimento il fatto che ti farai qualche sana scopata extra, viste soprattutto le tue attenuanti emotive...ok, forse, adesso che siete davvero sposati, non sarà poi così clemente!
Assottigli lo sguardo, rimuginando sulla tua decisione, ma già sai che il tuo cuore ti urla la risposta: Ibiza sarebbe uno schifo senza di lui. «Maledetto raggio di sole.» mugugni a denti stretti e fai per proseguire verso il settimo nome, quando qualcuno ti picchietta sulla spalla.
Non hai neanche bisogno di voltarti. Un respiro più profondo degli altri, e percepisci il suo profumo invaderti le narici, riempirti i polmoni e sballarti il cuore. «Allora...» lo senti pronunciare, ironico. «...dove pensi di andare?» ti domanda retorico e non rispondi, per vedere dove vuole andare a parare. Ti affianca e inizia il suo show: «New York...no, la detesti.» ti lancia un’occhiata complice, a cui rispondi sollevando appena uno degli angoli della bocca in un sorrisetto, e continua: «Boston, non sapresti che cazzo farci. Los Angeles...odi anche quella.» storce le labbra per un attimo e prosegue: «Uhm...Las Vegas.» sembra rifletterci per un secondo e ti sorprende ancora, beccando la risposta giusta: «Sarebbe stata una meta probabile, se non sapessi la password per controllare il tuo conto. Non è divertente senza poter sperperare, vero?» ti chiede arricciando il naso in una buffa espressione e riprende a leggere. «Parigi!» emette un fischio d’approvazione e scoppia a ridere. «Non compreresti un biglietto per Parigi neanche se fosse l’ultima città rimasta al mondo.»
«Cosa te lo fa pensare?» gli domandi allora, inarcando le sopracciglia e lui ti guarda di sbieco, come se gli avessi appena chiesto “di che colore è il cavallo bianco di Napoleone”.
«Il viaggio di David e Michael. Per poco non ti veniva il diabete.» scrolli le spalle, dandogli ragione, e lui legge l’ultimo nome a cui era giunta la tua ardua decisione: «Barcellona. Be’, praticamente è Ibiza per te. Scommetto che ci stavi facendo un pensierino, giusto?»
«Senza di te?» ti fingi sconvolto e scuoti la testa. «Come puoi anche solo pensare che io sceglierei quel posto?!»
«Signor Kinney...lei è un paraculo di dimensioni epiche, lo sa?»
«Coi culi preferisco farci altro, piuttosto che pararli.»
Justin sospira rassegnato e prosegue con la lista: «Milano non è male come idea. Potresti sfogarti sulle prossime collezioni di Armani, Prada, Gucci o Fendi...e se ne hai voglia, puoi cambiare albergo e prenderne uno in montagna. Non è poi così lontana e il freddo fa bene alla pelle.»
Ti soffermi per un momento a fissarlo, stupito dalle sue parole, non tanto perché ha interpretato perfettamente i tuoi pensieri – questo ormai è all’ordine del giorno, e non t’incazzi più neanche poi tanto – ma più per il fatto che ti stia esortando a farlo. Più di dieci anni che vi conoscete, e ancora non smette di stupirti...forse è anche per questo che lo ami così tanto. «Sbaglio o mi stai incoraggiando a partire? Non eri tu quello del ‘che tu vada in un atollo disperso in mezzo all’oceano, tra i pinguini dell’Alaska o in cima ad una cazzo di piramide, non ha importanza. Domani avrai comunque...’» storci le labbra frustrato e sbuffi. «...non c’è bisogno che lo ripeta.»
Justin scoppia a ridere e vorresti rifilargli uno scappellotto come si deve per fargli passare la sua cazzo d’ilarità, ma quel sorriso luminoso ti scalda il cuore e non puoi far a meno di restare in silenzio ad ammirarlo. «Ormai so come sei fatto.» ti risponde poi, guardandoti dritto negli occhi. «So che ogni tanto hai questi tuoi colpi di testa e che sei così vanitoso che non accetterai mai e poi mai l’idea di invecchiare...ma ti ho sempre amato, e ti amo, anche per questo, quindi...» si allunga verso di te e ti stampa un bacio sulle labbra. «...se proprio ne hai bisogno, fallo. Sperpera un po’ dei tuoi milioni e poi torna a casa da me.» ti sorride ancora e ammicca. «Eviterò la torta con le candeline, ma pretendo che mi scopi almeno quaranta volte appena rientri. Senza sconti.»
Accenni ad un sorriso, incapace di staccare gli occhi dai suoi e ti avvicini un altro poco, circondandogli la vita con un braccio per farlo aderire a te e baciarlo ancora. «Sicuro?» gli chiedi poi, scrutando attentamente l’espressione sul suo viso.
«Del fatto che voglio che mi scopi?» ti sorride lui, con quel suo sguardo furbo. «Mi sembrava di essere stato piuttosto chiaro in questi anni su come la penso a riguardo.»
Sospiri alzando gli occhi al cielo e scuoti la testa. «Sto parlando del viaggio, idiota.»
Justin scrolla appena le spalle e schiocca un altro bacio sulle tue labbra. «Si goda la vacanza e si rilassi, signor Kinney...perché al ritorno avrà di che faticare
«Sarà un piacere sudare con lei, signora Kinney.» replichi e la sua risata arriva alle tue orecchie come il più dolce dei suoni.
Si scioglie dall’abbraccio e strizza l’occhio, mantenendo sulle labbra quel suo tipico sorriso abbagliante, prima di farti un cenno con la mano e voltarsi verso l’uscita.
Segui la sua testolina bionda durante tutto il tragitto, fino alle porte scorrevoli che si aprono davanti a lui, lasciandolo uscire nella fresca serata di Giugno e portandolo via dal tuo sguardo.
È appena un attimo – un misero secondo – quello trascorso dal momento in cui i tuoi occhi non riescono più a vederlo, che le tue gambe scattano in quella direzione, mentre il tuo stomaco si annoda su se stesso, facendoti provare ancora quell’orrenda sensazione di vuoto che ti è stata familiare per mesi, quando gli avevi permesso di trasferirsi a New York anni prima.
Se c’è una lezione che ti si è impressa chiaramente nella mente in quel periodo, è che proprio non sai stare senza di lui.
Hai sopportato in silenzio la sua mancanza e ti sei sempre morso la lingua a sangue ogni volta che avresti voluto dirgli “resta”, negli sporadici momenti in cui riusciva a tornare a Pittsburgh, o un altrettanto semplice “torna”, durante le vostre saltuarie telefonate.
Gli hai lasciato percorrere la sua strada, senza mai interferire, anche se c’erano momenti in cui ti restava difficile perfino aprire gli occhi ed alzarti dal letto per cominciare una nuova giornata, dopo che lui non era più in quel dannato loft insieme a te; e dal momento in cui ti sei sentito dire quel “torno a casa”, non sei più stato in grado di stargli lontano per più di un giorno o due.
Ed è esattamente questo il motivo che ti spinge a percorrere, quasi correndo, la hall dell’aeroporto, e a guardarti intorno come un forsennato una volta fuori.
Passi gli occhi in ogni angolo freneticamente, e sei già pronto a comporre il suo numero per chiamarlo, convinto che se ne sia già andato, quando finalmente le tue iridi scure si posano su quell’inconfondibile testolina bionda e arruffata.
Tiri un sospiro di sollievo nel vederlo appoggiato ad un muro mentre fuma distrattamente una sigaretta guardando il cielo – quasi si aspettasse di riconoscere l’aereo su cui tu dovresti salire e poterti salutare ancora in qualche modo – e ti avvicini a lui con un sorriso.
I suoi occhi blu si spostano su di te, attratti dal rumore delle ruote del trolley, e vedi la sua fronte prima aggrottarsi, poi ridistendersi in un’espressione ilare: «Accidenti, già di ritorno?» ride. «Lo so che non sai starmi lontano, ma non pensavo fino a questo punto.»
Pieghi le labbra all’interno della bocca, trattenendoti dallo scoppiare a ridere. Lui ha pronunciato le parole in modo ironico, ma neanche immagina quanto siano vicine alla realtà dei fatti. Ti schiarisci la voce e un po’ incerto – perché non vuoi apparire come un patetico innamorato – borbotti: «Pensavo...be’, è un po’ che non facciamo una vacanza. Io e te...da soli.» gli occhi di Justin ti fissano sorpresi e le sue sopracciglia raggiungono quasi l’attaccatura dei capelli. Un sorriso incredulo si disegna sulle sue labbra, e quasi ti sembra di rivivere il momento in cui gli hai chiesto di sposarti a Britin. Aveva questa stessa identica espressione. «Sì, insomma...» mormori, schiarendoti nuovamente la voce, prima di scrollare le spalle per assumere un falso tocco di noncuranza. «...ti va’ di venire con me?»
Justin continua a fissarti con gli occhi che brillano e le labbra schiuse, in un silenzio perfetto che dura qualche secondo, prima di passarsi una mano tra i capelli e ridacchiare. «Dio, sei davvero incredibile.»
«Lo so.»
Ti osserva sottecchi, come per assicurarsi che tu non lo stia prendendo in giro, e assottigliando lo sguardo chiede: «Sicuro di voler passare con me il fatidico momento?» tu annuisci con decisione, ma c’è ancora qualcosa che non lo convince. Ormai conosci alla perfezione ognuna delle sue espressioni. «Non ho niente con me e l’aereo parte tra meno di mezz’ora.»
«Appunto per questo.» ribatti, inarcando le sopracciglia. «Dobbiamo ancora fare i biglietti, e dei vestiti che t’importa? Stiamo andando in Italia. Non credo troveresti negozi migliori di quelli per fare un po’ di sano shopping.» smuovi le tue labbra nel tuo solito sorriso spavaldo e concludi, quasi con un tono di sfida: «Allora...vieni o te ne vai
I suoi occhi blu hanno in guizzo luminoso e le sue labbra si ridistendono in quel suo sorriso perfetto. Si alza sulle punte e lega le braccia dietro la tua nuca, stringendosi forte a te, quasi stesse per esplodere da un momento all’altro di felicità.
In fondo non è mai cambiato.
Dopo più di dieci lunghi anni è ancora quel ragazzino splendente che riesce a riempirti il cuore con un semplice sorriso; che riesce a contagiarti con la sua spensieratezza, e a cui basta un tuo semplice gesto o una parola, per essere davvero felice.
È ancora lo stesso ragazzino che altro non chiede che stare con te, prendendo tutto il resto che gli concedi come il più bel regalo del mondo...che si tratti di un semplice bacio, di una notte d’amore in più, di una richiesta di convivenza o addirittura di matrimonio, se fatta da te, lui non può far altro che risplendere come il sole.
Ed è questo tuo essere così importante per lui, che ti ha fatto capire quanto la cosa sia reciproca...e quanto anche per te, solo il fatto di averlo vicino, ti basti per essere felice.
Lo baci, quasi sospirando sulle sue labbra per il piacere che provi ogni volta nel sentirle al contatto con le tue, per poi poggiare la fronte sulla sua. «Andiamo?» gli chiedi in seguito e lo vedi annuire entusiasta.
Passi un braccio sopra le sue spalle, e vi riavviate verso l’entrata dell’aeroporto.
Acquisti due biglietti – ovviamente in prima classe – e procedete all’imbarco, senza riuscire a smettere di sorridere. Ti senti un po’ idiota e anche patetico, ma non riesci a fermare le tue labbra, e in fondo poi neanche te ne frega così tanto.
Lasci accomodare Justin dalla parte del finestrino; perché ormai sai quanto gli piace guardare fuori, ma soprattutto quanto ti diverte vederlo agitarsi come un bambino, ogni volta che riesce a scorgere qualcosa; e ti lasci ricadere sul morbido sedile in pelle chiara, perfettamente rilassato e senza traccia alcuna del malumore che ti aveva colto fino a poco tempo prima.
Allacciate entrambi le cinture e ti soffermi per un attimo a fissarlo, trattenendoti a stento dal passare le dita in quella chioma bionda e tirarlo a te, per lasciarti travolgere dalla passione e da quel caldo languore che senti divampare nel basso ventre ogni volta che sei con lui. «Che c’è?» ti chiede allora, accortosi delle tue attenzioni e prendi a ridacchiare.
«Sarà un lungo viaggio...» lasci la frase in sospeso, ma a Justin non servono certo altri dettagli per capire a cosa ti riferisci. Tutte quelle ore così vicini senza potervi baciare come vorreste. Senza potevi toccare o fare l’amore...no, non sono neanche vagamente possibili!
Appoggia la testa contro la tua spalla e ti lancia un’occhiata quasi supplichevole. «Non arriverò vivo in Italia.» inspira ed espira lentamente, e tu ti ritrovi a digrignare i denti e a stringere le mani sui braccioli del sedile per trattenerti dal saltargli addosso. Sei quasi certo che quel diabolico stronzetto che ti sei sposato l’abbia fatto apposta, perché ormai sa perfettamente quanto tu sia incapace di resistergli quando sospira in quel modo.
Chiudi gli occhi per calmarti, per quanto il tuo corpo non sia del tuo stesso avviso, e ti concentri sulla voce della hostess che vi comunica il decollo ormai imminente. Ti fai portare una bottiglietta d’acqua e cerchi di svuotare la mente, mentre i motori vengono accesi e il bestione volante su cui vi trovate percorre la pista e si alza in volo.
Pochi minuti e le spie che obbligano le cinture ad essere allacciate si spengono con un suono acuto, e Justin, da inguaribile bastardo qual è, ne approfitta per spalmartisi addosso, con la scusa di protendersi per baciarti.
Di questo passo, non supererete neanche il confine di territorio aereo...
Trattieni il fiato per non impazzire, quando la sua mano sfiora accidentalmente la patta dei tuoi pantaloni, ormai già fin troppo in tiro, e le sue labbra si avvicinano al tuo orecchio sfiorandolo mentre parla: «Credo che farò un salto alla toilette.» ti mordicchia il lobo e con un sorrisetto impertinente si alza e si avvia verso il bagno.
Ti passi una mano sul viso, stropicciandoti bene gli occhi e prendi un ultimo sorso d’acqua, prima di scattare in piedi e raggiungere Justin, fregandotene delle occhiate incuriosite che ogni persona presente ti lancia.
Dai un leggero colpetto alla porta e sorridi spavaldo, quando finalmente incontri per l’ennesima volta lo sguardo furbo di Justin e quella che sai essere la sua splendida espressione carica di eccitazione.
Ti prende per il colletto della camicia, e senza tante cerimonie o grazia, ti trascina dentro con lui, avventandosi immediatamente su di te. È sempre stato un tipo deciso quando si trattava di averti, e questa cosa ti ha sempre fatto letteralmente impazzire.
Sospiri sulle sue labbra, emettendo un mugugno soddisfatto quando lo senti sganciarti abilmente i pantaloni e ti affretti a fare lo stesso con i suoi, senza mai staccare la tua bocca dalla sua.
Lo baci su una guancia, risalendo verso le palpebre, fino a raggiungere il lobo dell’orecchio per farlo sballare un po’ con un sapiente gioco di denti e lingua. Fai scorrere le dita tra i suoi capelli sempre biondissimi e setosi, e non riesci a trattenerti dal gemere quando le sue splendide mani di artista corrono ad abbassarti i boxer.
Recuperi fulmineo l’onnipresente condom dalla tasca dei tuoi pantaloni, aggrovigliati malamente intorno alle tue caviglie, e strappi la carta con i denti. Elimini anche l’ultimo indumento di stoffa che ti ostacola e ti prendi qualche secondo per guardare il tuo Justin, ed ammirare le sue guance arrossate, i capelli scompigliati e le labbra umide e leggermente gonfie per l’irruenza dei vostri baci, riscoprendo quella scarica elettrica che ti colpisce e ti trapassa la schiena ogni volta che vi guardate così intensamente.
Lo sollevi senza troppa difficoltà, facendolo appoggiare sul ripiano del lavabo e stringi le tue mani sulle sue cosce. Sfiori il naso con il suo e lasci che lui si aggrappi alle tue spalle, come se non volesse lasciarti andare mai più.
Un altro bacio, più dolce degli altri, che sembra voler confessare tutto l’amore che provate l’uno per l’altro, ed entri dentro di lui, ascoltando i suoi gemiti come se fossero la melodia più bella di questo mondo.
Un tuo sospiro che va ad unirsi ai suoi, le sue labbra che si saldano con le tue e le vostre lingue che si intrecciano; Respiri più profondi, milioni di baci e piccoli morsi, tra le tue spinte decise ma che sanno d’amore vero, ed i tuoi occhi scuri che non riescono a staccarsi dai suoi.
Tu e lui: una cosa sola. Semplicemente perfetta, in tutti i vostri difetti.
Sorridi, consapevole di questo, e lui lo fa con te, prima di riappropriarsi della tua bocca e baciarti con tutta la passione che può darti.
Un’ultima spinta e ti stringi di più a lui, mentre le sue mani ti accarezzano la schiena con dolcezza. «Ti amo.» sussurra poi, e tu gli regali un bacio languido, che entrambi sapete essere il tuo modo di dirgli “Ti amo anch’io”.
Ti accarezza il viso, scostandoti i ciuffi appiccicati alla fronte per il sudore, e si sporge verso di te per unire ancora la sua bocca alla tua. «Buon compleanno, Brian.» sussurra poi sulle tue labbra, e nel sentire queste parole guardi il tuo prezioso Rolex, ansimando addossato sul corpo sudato e perfetto di Justin, accorgendoti che è ormai passata mezzanotte e che i “trentanove” sono davvero volati via per lasciare il posto a quel dannato “quattro-zero”.
Ebbene sì, Brian Kinney, hai davvero quarant’anni...ma in questo momento, a diecimila metri di quota, dopo una delle più eccitanti scopate della tua vita con la persona che ami, e una splendida vacanza che ti aspetta...ti senti comunque ancora un Dio. 



Note dell’autrice

Rieccomi qui con l’ennesima OS! 
Un po
’ più lunga delle altre e un pochino meno innocente, ma non mi è venuto in mente un modo diverso da questo in cui Brian potesse "festeggiare" i suoi 40 anni! 
Ebbene sì, fa strano sentirlo, ma se Queer as Folk fosse continuato fino ad oggi, a Giugno del 2011 - o giù di lì almeno, facendo un paio di calcoli - Brian Kinney avrebbe raggiunto l
’ancora più temuto "quattro-zero"...e mi ha fatto così ridere questo pensiero e provare a immaginare una sua eventuale reazione, che non sono riuscita a fare a meno di scriverci un’OS...che ovviamente spero vi sia piaciuta! XD 

Un grazie a chiunque abbia avuto voglia di leggerla e a chi avrà voglia di recensirla! 
Un bacione e a presto, sia per un
’altra OS, che per il nuovo capitolo della long. :) 
Veronica.


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Capitolo 5
*** We always belong. ***


We always belong.

Raiting: Arancione.
Timeline: post 3x08.



*'*'*


“We always belong” 


a Monica, 

e a quella cosa splendida che è il suo 26esimo capitolo;
e anche al suono del violino,
che prima di conoscere Ethan Gold, amavo.



Osservi la nuvola bianca che si forma nell’aria con il tuo respiro e rabbrividisci per un attimo, sistemandoti la tracolla sulla spalla, mentre aspetti che Brian arrivi a prenderti.
Come sempre è elegantemente in ritardo, ma non puoi certo biasimarlo. Sta lavorando come un dannato per colpa di quello Stockwell che non ti piace neanche un po’, e per quanto – ne sei certo – non piaccia troppo neanche a lui, non può lasciarsi sfuggire un’occasione così ghiotta. Può essere un vero e gigantesco trampolino di lancio, perciò, almeno per questa volta, dovrai mettere da parte le tue opinioni e resistere dall’arricciare il naso infastidito e disgustato alla sua presenza.
Tiri fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca del giubbotto e ne accendi una, appoggiandoti ai cancelli dell’istituto delle belle arti con fare svogliato, finché qualcuno non giunge a liberarti dal limbo dei tuoi pensieri, picchiettandoti sulla spalla.
Ti volti con un sorriso, convinto di trovare un tuo compagno di corso, ma il tuo entusiasmo si spegne, quando i tuoi occhi azzurri ne incrociano un paio neri e profondi, su un viso fin troppo familiare, sotto degli spettinati riccioli neri. «Ethan?» pronunci incredulo. Da quando l’hai lasciato, non vi siete più visti né parlati. O meglio, non hai risposto neanche a una delle sue telefonate e ti sei sempre fatto negare in qualunque posto tu fossi. Hai pure sentito che la sua carriera come violinista sta procedendo egregiamente – come d’altronde ti aspettavi – e hai saputo anche che qualche volta torna all’istituto delle belle arti, ma ti sei sempre impegnato ad evitarlo. Ethan è storia vecchia e trapassata per te; anzi, a dirla tutta ti senti quasi in colpa nei suoi confronti, dopo aver realizzato quanto poco tempo hai impiegato per “riprenderti” dalla vostra rottura, e a quanto evidentemente poco ti importasse di lui, visto che il tuo pensiero fisso è tornato ad essere esattamente quello che è sempre stato: Brian.
«Ciao Justin.» ti sorride, tra il mellifluo e l’imbarazzato, e non sai quale delle due sia quella reale. «Ti trovo bene.»
«Sì.» replichi telegrafico. «Tu, tutto ok?»
Annuisce e solleva le sopracciglia. «Sembra che le cose stiano prendendo la piega giusta.»
«Bene.» rispondi, privo di vero interesse e lanci un’occhiata alla strada, sperando che se ne vada al più presto. Non vuoi farti vedere da Brian con lui. Non sai come reagirebbe, o peggio, cosa potrebbe pensare.
Le tue speranze però, vengono rese vane dall’inconfondibile rombo che si innalza nell’aria e annuncia l’arrivo dell’uomo che ami, e che, sulla sua splendida e lucente Corvette d’epoca di unelegante verde bottiglia, accosta a neanche un metro da voi e vi fissa con uno sguardo che potrebbe perforare qualsiasi cosa.
Il mostro dagli occhi verdi bussa alla porta della ragione di Brian, per soffocarla; e di questo ne sei anche fin troppo consapevole, tanto che decidi di non dare ulteriore motivo di alimentazione alla rabbia cieca che ne susseguirebbe se non ti allontani immediatamente da Ethan. «Devo andare.» gli comunichi quindi, senza neanche guardarlo negli occhi. «Ciao.»
«Aspetta.» ti richiama interdetto, mentre apri lo sportello e innalzi gli occhi al cielo, pregando che si zittisca all’istante. Questa però, non deve essere la tua giornata fortunata. «Sei tornato con lui?!»
«Sì.» rispondi semplicemente, ma con decisione, e sali in macchina rivolgendo tutta la tua attenzione verso Brian, che ha osservato attentamente tutta la scena. Ti protendi verso di lui per salutarlo con un casto bacio sulle labbra, quando la sua mano corre ad artigliarsi sulla tua nuca e si appropria della tua bocca con voluttuosa passione, così prorompente nei movimenti da toglierti il respiro.
Stringe i tuoi capelli tra le dita avvolte dai guanti di pelle nera, mentre la sua lingua si lega alla tua e si muove in una danza perfetta ed eccitante. Si separa per qualche secondo da te e ti osserva con uno sguardo profondo, quasi volesse leggerti dentro e allo stesso tempo farti sprofondare in lui, come per rimarcare il suo totale ed indiscusso possesso su di te.
Posa nuovamente le labbra sulle tue e vi sosta, emettendo il suo classico mugugno soddisfatto, come un ammaliante felino che fa le fusa felice, prima di lanciare un’occhiata spavalda e carica d’ironia a Ethan, e rivolgergli un falso sorriso. «Ciao Ian. Vorrei poter dire che è un piacere averti da queste parti.»
«Vorrei poter dire la stessa cosa anch’io.» sibila in risposta, senza neanche provare a celare il suo fastidio. Evidentemente non era questa la situazione che sperava di trovare.
«Be’, vedo che almeno su qualcosa siamo d’accordo.» pronuncia ironico in risposta, l’uomo che ami davvero, con le sopracciglia inarcate. «Allora, buon proseguimento con i tuoi strimpellamenti, Paganini. Ci piacerebbe moltissimo trascorrere un po’ di tempo con te ma, vedi, abbiamo cose più importanti da fare.» ti lancia un’occhiata eloquente, carica di desiderio, e riporta l’attenzione su Ethan, ingranando la marcia. «Spero che la tua prossima tournée ti porti molto, ma molto, lontano da qui.» ghigna apertamente e non puoi fare a meno di lasciarti sfuggire un sorrisetto divertito nel vedere l’espressione livida del violinista, prima che Brian, senza dargli possibilità di replica, prema con decisione sul pedale dell’acceleratore e faccia schizzare la sua preziosissima auto per le strade di Pittsburgh. «Allora raggio di sole...» riprende poi a parlare. «Tralasciando l’infelice incontro, com’è andata oggi?»
Scrolli le spalle e cerchi di frenare quei sorrisi ebeti che si ostinano a spuntare sulle tue labbra. Non puoi farci proprio niente, ti piace troppo vedere Brian geloso. Ti fa sentire davvero suo. «Al solito.» rispondi, fingendo un tono indifferente. «Lezioni, lezioni e ancora lezioni. Tu piuttosto...da quanto ti interessi della mia giornata?» chiedi sarcastico e dispettoso, girando il dito nella piaga; e l’occhiata ammonitrice di Brian non tarda ad arrivare. Vorrebbe zittirti con una delle sue classiche ed infallibili freddure, ma siete ormai davanti al suo palazzo, ed è fin troppo evidente che ha in mente tutt’altri programmi molto più allettanti con cui impiegare il vostro tempo.
Ti umetti le labbra e ricambi la sua occhiata, mentre varcate il portone e, come da programma, non fai neanche in tempo a mettere piede sul montacarichi, che ti trovi già con la schiena premuta contro una delle pareti, le sue labbra sulle tue e le mani ovunque.
A fatica riesci a premere il pulsante per raggiungere l’ultimo piano; e ti lasci sfuggire un gemito soddisfatto, nel momento in cui la sua lingua percorre il padiglione dell’orecchio e va a soffermarsi dietro il lobo.
Infili le mani tra i suoi capelli con foga e ti lasci sollevare quando il montacarichi raggiunge il piano. Ti senti sbattere contro la porta scorrevole e sorridi quando vedi Brian gettare il suo costoso cappotto a terra, dopo aver preso le chiavi. Quando si tratta di sesso, neanche un cappotto di Armani nuovo di zecca, può averla vinta.
Spalancate la porta e con foga vi gettate nel lussuoso loft, lasciando sul vostro passaggio una scia di vestiti. Vorreste raggiungere il letto, ma a confronto con il vostro desiderio e bisogno di avervi, non vi è mai sembrato così lontano; perciò vi lasciate ricadere sui cuscini a terra e le vostre labbra continuano a congiungersi, mangiarsi e torturarsi senza tregua.
Lasci che le dita di Brian si artiglino nuovamente ai tuoi capelli lunghi – che sai piacergli fin troppo – e sospiri nel sentirle correre fino a raggiungere il tuo collo per spingerti con più forza verso di lui.
Ed è una sensazione strana quella che ti colpisce. È come se entrambi altro non vorreste che unirvi; inglobarvi a vicenda e far parte per sempre di ununica e perfetta realtà.
Sentire la sua pelle calda sulla tua; vedere il suo corpo perfetto fremere al tuo contatto e percepire distintamente il suo desiderio pulsare per averti, e premere sulla tua coscia, mentre quello che prima era semplice calore al tuo basso ventre, sembra essersi trasformato in un istante in unesplosione tremenda; percepire il soffio del suo alito addosso, o il suo sapore che si mischia perfettamente al tuo; le sue mani che si posano su di te, come se volessero segnarti la pelle per sempre o il semplice modo in cui quegli occhi verde petrolio ti guardano, così intensamente, prima che un sorriso si disegni sulle sue labbra...sono tutti piccoli pezzi di un puzzle assurdamente perfetto, che va a comporre quella che sai essere la felicità più pura. Perché non cè niente al mondo che riesce a renderti più felice della consapevolezza di essere suo; di appartenere a Brian.
Nella tua mente è naturale maledirti ancora per la tua adolescente stupidità, e per ciò che hai rischiato di perdere a causa di uno sciocco capriccio – di una falsa promessa di romanticismo che in fondo neanche ti era necessario – che ti rendeva incapace di vedere lamore che ogni santo giorno ti veniva dedicato; e ti stringi alluomo che ami con più forza, come a volergli ricordare che sei tornato da lui, che hai davvero compreso cosa cercava di trasmetterti e che non commetterai ancora quello stupido errore; che sarai suo, fin quando lo vorrà...e probabilmente – anzi, sicuramente – anche di più.
Non sai poi, se l
uomo che ti bacia con tanta passione e amore sia capace di leggerti dentro, ma dallo sguardo che ti rivolge, sembra quasi che ti abbia capito; e un sorriso nasce sulle vostre labbra, in una perfetta sincronizzazione, dopo che quel classico quadratino di plastica nera è comparso tra le dita di Brian. «Mettimelo.» ti ordina, con la voce arrochita dall’eccitazione, e tu ti appresti ad aprirlo, quando il tuo cellulare sepolto tra i vostri vestiti prende a squillare. Vedi chiaramente gli occhi del tuo amante sollevarsi verso l’alto con fare scocciato, e dal modo in cui si schiarisce la voce, sai che si è già innervosito. Non c’è niente che detesta di più dell’esser disturbato mentre fa sesso...soprattutto se è con te. «Hai cinque secondi per rispondere e mandare a farsi fottere il coglione che ti sta chiamando, prima che frantumi il tuo cazzo di cellulare contro il muro.» ti avverte infatti, e tu ti sbrighi a frugare nelle tasche dei tuoi pantaloni per trovarlo e spegnerlo.
Lanci un
occhiata fugace al display, tanto per sapere a chi rivolgere qualche imprecazione, e ti pietrifichi in un attimo. «Ehm...» mugugni e Brian inarca le sopracciglia.
«Allora?» incalza, sempre più stizzito e nel momento in cui tu volti il cellulare nella sua direzione, lo vedi prima aggrottare la fronte, poi assumere una strana espressione che non lascia presagire niente di buono. Non sai se ride perché trova molto divertente il fatto che sia Ethan a chiamarti, o se quel sorrisetto è messo lì solo a nascondere un molto probabile attacco di nervi. «Dio, non posso crederci. È anche una lagna peggiore di quel suo fottuto violino!»
«Spengo il telefono...»
«No, no.» ti ferma, sorprendendoti. «Rispondi.»
«Cosa?» chiedi sconvolto.
«Avanti, rispondi.»
«Ma...» provi a protestare, ma dall’occhiata che ti lancia, capisci che non ammette repliche. Premi il tasto verde e inserisci l’alto parlante. «Pronto...?»
«Non credevo mi avresti risposto.» la voce di Ethan arriva chiara alle vostre orecchie e uno strano senso di fastidio si insinua dentro di te. Non hai proprio alcuna voglia di parlare con lui. Non quando sei nudo tra le braccia di Brian e potreste farvi una delle vostre eccitanti scopate.
«Effettivamente, non credevi male.» replichi piccato, per sbarazzarti il più velocemente possibile di questa scocciatura.
«È stato lui a dirti di farlo?» lo senti chiederti, e nel momento in cui sposti il tuo sguardo su Brian, lo vedi sollevare le sopracciglia e sorridere con ironia, mentre scuote la testa con fare rassegnato.
Sbuffi rumorosamente e ti costringi a parlare ancora una volta: «Lasciamo stare. Dimmi che vuoi piuttosto?»
«Parlarti.»
«Ti sto ascoltando.»
«No, non così» ribatte, e sai già di doverti aspettare una spiegazione che non piacerà né a te, né a Brian. «Parlarti, io e te, da soli. Hai da fare domani?»
«Cosa?» domandi con una punta di sarcasmo nella voce, mentre un sospiro esasperato arriva dalle labbra del tuo uomo.
«Hai capito.»
«Ethan ascoltami...» lo chiami, cercando di mantenerti tranquillo. Non vuoi certo rovinarti ciò che ti aspetta a causa di una stupida telefonata. «...se hai qualcosa da dirmi, fallo ora e fallo velocemente. Altrimenti riattacca pure.»
«È lui che ti sta dicendo di non farlo?»
«No. Sono io.» puntualizzi duramente, mentre la tua pazienza inizia a venir meno. «Non capisco che idea tu ti sia fatto di me e Brian, ma non è il mio padrone. Le parole che senti, sono solo e soltanto mie.»
«Ma davvero?» domanda con fare retorico, e ad entrambi non sfugge il tono ironico e decisamente fastidioso che ha usato. Ne sei sicuro perché perfino Brian ha perso il suo classico sorrisetto spavaldo. «E che mi dici di quando ti lasciava a casa ad aspettarlo mentre lui si scopava mezza città? Quello cos’era?»
«Cose che non ti riguardano. E comunque non mi ha mai costretto a restare.» rispondi, stavolta con un tono di voce più alto. Proprio non sopporti che lui si azzardi a parlare del tuo uomo. Nessuno può permettersi di farlo, men che meno lui. «Sono sempre stato libero di scegliere e andarmene. Se ero lì, è perché lo volevo...» respiri a fondo per ritrovare la calma, e quando senti una carezza scostarti i capelli dalla faccia, immediatamente ti rilassi, e con un sorriso concludi: «...ed è quello che voglio ancora. È tutto quello che voglio.»
«Non posso crederci.» sbotta Ethan allaltro capo del telefono. «E l’amore? Dov’è finito il tuo bisogno di essere amato? Dove sono finite tutte le tue belle intenzioni e le tue belle parole?»
«Sempre qui. Sempre con me.» affermi, deciso. «E sono amato Ethan...» aggiungi, mentre quel tuo sorriso si fa sempre più sincero. «...molto più di quello che immagini.»
«Da uno che si scopa chiunque gli capiti a tiro?»
«Sì.» confessi e i tuoi occhi blu incontrano quelli scuri di Brian. Ti soffermi a fissarlo in silenzio, e mentre ti chiedi come hai potuto lasciarlo – come hai davvero potuto fare a meno di lui – riprendi a parlare, come se un fiume di parole fuoriuscisse improvvisamente dalle tue labbra: «Da uno che si scopa chi cazzo gli pare, ma mai più di una volta. Che non prende nomi o numeri e non bacia nessuno sulla bocca tranne me.» un sorriso complice spunta sul viso di Brian e tu prosegui con sicurezza, mantenendo lo sguardo fisso nel suo. «Qualcuno che non mi ha mai tradito o mentito, anche se tu non riesci o non vuoi capirlo.» ti soffermi ancora per un momento, beandoti dello sguardo dolce che luomo che ami ti sta rivolgendo e che solo adesso riesci ad apprezzare davvero; e con quello sai che ha capito...che le tue parole non sono certo per Ethan, che in realtà non stai parlando con il violinista, ma semplicemente confessi ancora a te stesso e a lui quello che senti, e che hai davvero compreso quello che tante volte ha provato a dimostrarti, anche se non è mai riuscito a dirlo; e timpegnerai al massimo per non sbagliare ancora. «Qualcuno che mi da qualcosa che vale almeno mille, un milione di volte più di quanto tu potevi offrirmi
«Justin? Che cazzo stai blaterando?» esclama Ethan, ma tu lo senti a malapena, perché le labbra di Brian sono corse a congiungersi con le tue, dopo averti regalato uno dei sorrisi più belli che tu gli abbia mai visto fare.
«Ehi, Ian...» lo chiama Brian, con quel suo solito tono sfrontato. «...mi spiace interrompere questa tua magistrale performance per renderti ridicolo, ma io e il caro raggio di sole qui presente, avremmo altro a cui pensare se non ti dispiace.» si lecca le labbra con la punta della lingua e ghigna, come se potesse godersi ancora la sua espressione stizzita. «Perciò trovati qualcos’altro da fare. Tortura le povere orecchie di qualche disperato che è costretto a sentirti strimpellare con quel coso, componi melodie per il tuo patetico amore finito male, disperati, tagliati le vene...» elenca, sempre più ilare, prima di baciarti ancora e rivolgersi per un ultima volta a chi ha osato interrompere il vostro momento perfetto. «...fa quel che cazzo ti pare, insomma. Basta che lo fai senza fracassarci i coglioni con le tue stronzate, ok?» ti prende il telefono di mano e tu scoppi a ridere, mentre lo vedi portarlo alle labbra e salutare: «Ciao, ciao Paganini.»
«Sei diabolico.» ridacchi compiaciuto.
«
Sono dolce.» replica lui, con la fronte aggrottata, prima di avvicinarsi ancora e – dopo aver lanciato il tuo cellulare chissà dove – riprendere ancora a baciarti con quella sua solita e struggente passione.
Ti perdi ancora a fissare quel verde scuro dei suoi occhi e quasi vorresti prenderti a pugni per tutto il male che gli hai fatto, senza neanche accorgertene, perché troppo impegnato a badare alle tue sciocche pretese per renderti conto che tutto ciò di cui tu avevi bisogno, lui te laveva già dato e continuava a farlo ogni giorno, con gli interessi. 
Chiudi lentamente le palpebre per frenare le lacrime, ringraziando non sai neanche quale dio per il fatto che ti abbia ripreso con sé, e con un filo di voce confessi: «Brian...ti amo.»
«Lo so.» sussurra appena lui in risposta, sulle tue labbra, e tu sfiori la punta del tuo naso con il suo.
Sorridi, e in fondo non timporta se non sentirai mai quelle due paroline uscire dalla sua bocca; non timporta se non ti regalerà mai fiori o qualsiasi altra cazzata di questo mondo, perché la cosa più importante te lha già donata: ti ha regalato se stesso, e niente potrà mai contare più di questo.
Sai che lui ti ama. Sai che vi appartenete.
E questo ti basta. 

Note dell’autrice: 

Piccolo salto indietro nel tempo rispetto alle ultime OS, ma spero la gradirete comunque, visto che ho cambiato anche il "pov". Stavolta ho voluto provare con il caro Justin.
Queste pagine sono nate - come ho scritto nella dedica - grazie al capitolo 26 di "Home sweet home", per cui, chi l
’ha già letto capirà sicuramente a cosa mi riferisco - e parlando tra noi, è stata una vera e propria liberazione! Eccheccazzo! - mentre se non l’avete ancora fatto, vi consiglio caldamente di correrci subito e godervelo appieno, sia il capitolo che l’intera storia...anche se a volte avrete voglia di lanciare il computer contro il muro per quello che c’è scritto. XD 
Ma tornando brevemente all
’OS, confesso candidamente che io un tempo AMAVO il violino...ne avevo una passione sviscerata, specie quando lo sentivo nelle ballate nordiche...poi è arrivato quel cespuglio ambulante, e da allora mi sanguinano le orecchie! Maledetto sorcio! 
Eh vabbè...stupidaggini a parte, spero vi sia piaciuta davvero e ringrazio tutti coloro che sono arrivati fino in fondo, così come chi ha recensito le scorse e chi recensirà anche questa!
Per la prossima OS sono indecisa se restare in ambito delle cinque stagioni, o proseguire oltre la 5x13...magari con un ritorno della "mini raggio di sole" Chanel Taylor Kinney. XD 
Insomma, vedermo poi! 

Un bacione e a presto. 
Veronica.


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Capitolo 6
*** Family. ***


Family.

Raiting: Giallo
Timeline: Post 5x13



*'*'*


“Family”



«Pa...tata.»
«No, tesoro.» pronunci deciso e protendi la mano verso di lei per farti restituire il tubero in questione, che ha sottratto con un gesto fulmineo dal banco del supermercato. «Niente patate.»
«Pa...tata.» borbotta appena e un po’ indecisa, scrutando attentamente quella che stringe tra le due manine paffute, per poi ripetere con maggiore sicurezza mentre si agita felice nel seggiolino dentro il carrello: «Patata.»
«Chanel, ho detto ‘niente patate’.» sospiri quasi disperato. «Le patate fanno ingrassare. Non vorrai perdere la tua linea perfetta già a due anni?»
«Patata!» esclama invece lei, decisa a ignorare deliberatamente qualunque cosa tu le dica. Se mai tu dovessi aver avuto qualche minimo o vago dubbio sull’origine di quell’esserino biondo e bellissimo, da questo momento sono tutti dissipati.
Chanel è sicuramente figlia di Justin. La sua testa dura ne è la prova.
«Su signorina, fa la brava e metti a posto questa cosa.» pronunci con un tono deciso e la fronte corrucciata, per poi gettare un’occhiata sul bancone e prendere qualcos’altro di decisamente più invitante secondo i tuoi gusti: «Guarda qua: ‘pisello’. È molto meglio di ‘patata’. Credi al tuo papà!»
Chanel alza i suoi occhi blu su di te. Osserva attentamente il legume verde che tieni tra le dita sbattendo più volte le piccole palpebre, per poi riportare la sua attenzione su ciò che stringe tra le mani, e ribadire convinta: «Patata.»
«No. Non ‘patata’.» ti accoccoli davanti al carrello, quasi con esasperazione, e scandisci meglio le parole: «È meglio ‘pisello’.»
Alle tue spalle una risatina viene soffocata a stento, e dal modo in cui la piccola protende le braccia in alto felice, capisci che si tratta di Lui. La sua bionda chioma spettinata compare improvvisamente nel tuo campo visivo e non puoi impedire alle tue labbra di muoversi in un sorriso quando lo vedi baciare sulla fronte vostra figlia, prima di voltarsi verso di te con aria scettica. «Brian, la vuoi smettere?»
«Silenzio, raggio di sole. Sto insegnando.» gli rispondi perentorio, prima di sventolare il legume davanti alla bambina.
«È solo uno stramaledetto tubero.» ride e scuote la testa rassegnato. «Nostra figlia non diventerà lesbica solo perché preferisce mangiare le patate invece che i piselli!»
«Lo dici tu.» replichi senza staccare gli occhi da Chanel, aspettando il momento giusto per sottrarle quella stramaledetta patata giallognola e bitorzoluta. Ormai è diventata una questione di principio e un genitore deve avere anche un po’ di polso nel crescere i propri figli, no? Se hai detto “piselli”, è “piselli” che mangerà, e senza possibilità di repliche. «Ho letto proprio questa mattina che degli scienziati stanno provando quanto le preferenze nell’infanzia la giochino sull’orientamento sessuale di ogni persona.»
«Certo. E com’è che io mangiavo sia i piselli che le patate, allora?» risponde con l’aria da saputello e una delle sopracciglia sollevate. «Non mi pare che la cosa si sia riflettuta nel futuro.»
«Sarai stato sessualmente confuso, o indeciso.» gli sorridi spavaldo e ti umetti le bocca in modo così sexy, che sei certo di aver visto le sue pupille ridursi ad un puntino invisibile per la scarica d’eccitazione che l’ha attraversato. Pieghi maggiormente le labbra e mormori, con tono suadente: «Mi pare però che tu sia rinsavito presto...» lo vedi respirare a fondo e risollevandoti, ti protendi verso di lui senza vergogna per poi sussurrare al suo orecchio, mordicchiandone appena il lobo: «Tutto bene, raggio di sole? Ti vedo un tantino agitato.» ti scosti appena e fai congiungere la tua bocca con la sua, trattenendoti a stento dal rovesciare interamente quello stramaledetto bancone di orrende patate e scaraventarcelo sopra per scoparlo come si deve.
Fortuna che c’è una signorina con voi...
«Pa...pà.» chiama infatti lei, sbrodolando le parole e aggiungendo un gorgoglio strano che dovrebbe essere il tuo nome, ma che somiglia più al rumore delle bolle che Gus si diverte a produrre con la cannuccia, e che fa tanto incazzare la cara Melanie. «...pà!» esclama ancora, contrariata e in procinto di uno dei suoi finti pianti, quando si accorge che non hai proprio l’intenzione di separarti da Justin; e prende ad agitarsi sul seggiolino scuotendo le braccia verso di te.
«Brian...» mugugna il tuo compagno sulle tue labbra, per richiamarti ai tuoi doveri di padre, seppur gli costi un’enorme sacrificio; e a malincuore ti allontani da lui per prendere in braccio quello splendore impertinente con le codine bionde.
La senti aggrapparsi possessiva al tuo collo – tanto che inizi a sospettare che nel gene dei Taylor ci sia qualche problema di fondo, visto la facilità con cui sembrano appiccicarsi a te – e le sistemi il vestitino rosa pallido a salopette di Prada, perfettamente in tinta con le scarpine del medesimo colore e marca; e le minuscole calze bianche che riprendono il candore della prima camicina di Armani che le hai orgogliosamente comprato e che, come tutti si aspetterebbero da tua figlia, sembra adorare particolarmente.
«Allora, Miss Petulanza...» la chiami guardandola negli occhi, cercando di mantenere un’espressione seria e ripromettendoti di non lasciarla mai più in compagnia di Michael, viste le proprietà melodrammatiche che sta acquisendo. «In cosa possiamo sperperare i soldi di tuo padre?» lei ti guarda un po’ stranita e poi riporta l’attenzione al bancone, per indicarlo e protendersi decisa con un mugugno insistente. «Basta con queste patate!» sbotti allora, e te ne penti immediatamente quando gli splendidi occhioni blu chiaro della tua bambina si riempono di lacrime. «No, no, no.» preghi disperato e tenti di farla smettere dondolando, mentre Justin se la ride apertamente alle tue spalle.
«Sei sempre il solito.» commenta con un sorrisetto, e recupera il provvidenziale ciuccio dalla tracolla che si porta sempre appresso – piena delle necessità per il vostro mini-raggio di sole – per poi avvicinarlo alle labbra di Chanel che, resasi finalmente conto di quell’adorata presenza, ci si avventa immediatamente e termina il suo pianto per succhiare appassionata e soddisfatta.
Un sorrisetto va ad incresparti le labbra, mente osservi le guance piene e le labbra di tua figlia che si muovono a ritmo sostenuto, e le baci la fronte. «Brava la mia bambina. Lo vedi quanto è più bello succhiare?»
«Brian, credo proprio tu sia l’unico padre al mondo che istruisce e incoraggia sua figlia nell’arte della fellatio
Ti volti verso il tuo compagno ed inarchi le sopracciglia, sollevando le spalle. «Le insegno le cose importanti della vita...come ho fatto con te, d’altronde.» ammicchi sornione, riferendoti alla vostra prima volta assottigliando lo sguardo, e ti riappropri delle sue labbra con un mugugno soddisfatto.
«Posso lasciarti solo con lei, per andare a prendere la pasta, senza che tu le insegni a masturbare le zucchine?» ti chiede sfiorando il suo naso sul tuo mento, e non puoi far a meno di ghignare.
«Va bene, papà Taylor. Mi risparmierò sulla pratica...» pieghi le labbra all’interno della bocca e ammicchi. «...ma non assicuro sulla teoria.»
Justin scuote la testa fingendo rassegnazione, ma il sorriso sul suo viso tradisce il suo reale stato d’animo. Sarà una tua impressione, ma credi di non averlo mai visto così splendente e felice come da quando avete creato la vostra bellissima famiglia.
Già, una famiglia.
Ti stringi tua figlia al petto e osservi attentamente il tuo bellissimo compagno mentre si allontana e prende a girovagare tra gli scaffali, pensando a quanto detestassi quella parola prima di incontrarlo, e a quanto ti portasse alla mente solo brutti ricordi.
Per quanto i tuoi genitori facessero schifo, sai bene che Debbie si è improvvisata mamma per te, adempiendo a ciò che Santa Joan non ha mai fatto, troppo occupata a scolarsi l’ennesima bottiglia, per accorgersi di te; e che Michael, Linz e tutta l’allegra e frocia combriccola di cui ti sei circondato negli anni, hanno ricoperto il ruolo dei tuoi “fratelli”.
Era strampalata, certo, ma era pur sempre ciò che c’era di più simile a una famiglia nella tua vita...fino a quella fantomatica sera, in cui il tuo
raggio di sole è apparso dal nulla e si insidiato dentro di te fino a raggiungere il tuo cuore, e a mostrarti cosa significa amare ed essere amati; e qual’è il vero significato di quella parola che fino ad allora avevi ritenuto riprovevole e patetica, pur di non ammettere a te stesso quanto in realtà ne avresti voluta una durante la tua infanzia.
E Justin è riuscito a realizzare questo tuo nascosto e mai confessato unico desiderio e rimpianto, e contrariamente al passato, sai che non ci rinunceresti per nulla al mondo.
Sorridi, e storcendo le labbra, accontenti finalmente tua figlia – tanto, sai che più viziata di quanto già non sia, non potrà mai diventare – riempiendo uno dei sacchetti trasparenti di patate, senza però rinunciare ad un secondo di piselli.
Le lanci unocchiata attenta e, quando ti accorgi che è felice della tua decisione, mormori, con una delle sopracciglia inarcate: «Non è che poi mi diventi bisessuale?» Chanel si volta verso di te e ti guarda con suoi occhioni blu. Non sei tanto sicuro che non ti abbia capito – visto che la signorina in questione ha dimostrato di saper intendere e farsi intendere anche fin troppo bene, quando vuole qualcosa – ma scrolli comunque le spalle rassegnato e, dopo averle regalato un altro bacio, riprendi a spingere il carrello, borbottando: «Limportante è che mi diventi, come minimo, presidentessa degli Stati Uniti. Poi puoi leccare quello che ti pare. Non è affar mio.»
Raggiungi il secondo bancone e prendi ad ispezionare i cetrioli, quando una voce all
altro lato attira la tua attenzione. «Vedi quel tizio?» bisbiglia un uomo a te sconosciuto – o più probabilmente che ti sei anche scopato, ma che ovviamente non ricordi – ad un altro gay più attempato. «È Brian Kinney.» laltro annuisce consapevole, come se già ti conoscesse, e luomo riprende a parlare: «Ne rimorchiava uno diverso ogni sera...» solleva una le sopracciglia e conclude, con un tono di disprezzo. «...da un po di tempo ha una relazione fissa, e si è fatto perfino una famiglia
Deeja-vù.
E non è solo la scena che ritorna alla tua mente, ma anche il fastidio provato nel sentire quelle parole...solo che stavolta non è per lo stesso motivo.
Non te ne frega un cazzo della tua passata reputazione; non t
importa proprio un fico secco di scopartene uno a sera, né ne senti la mancanza...perché tutto quello di cui hai bisogno è stretto tra le tue braccia, insieme allaltro tuo raggio di sole.
Quello che invece ti fa incazzare, è il tono con cui quello sconosciuto si è permesso di pronunciare quell
ultima parola: famiglia.
Lui che non sa neanche cosa significhi per te averne davvero una adesso; lui che neanche ti conosce, ma si sente in dovere di avanzare opinioni; lui che in questo preciso istante vorresti prendere a pugni...e per poco non lo fai, ma ci pensa la tua bambina a fermarti – che probabilmente, come hai sempre creduto, riesce a capire quello che provi – stringendo di più la presa intorno al tuo collo, per poi protendersi verso di te, ponendo la sua guanciotta morbida ad aderire alla tua, in un abbraccio profumato d
innocenza, che fa sciogliere immediatamente i tuoi nervi, facendoti ritrovare il tuo proverbiale ed irresistibile sorriso spavaldo.
La baci sulla fronte, per ringraziarla, ed inizi il tuo
show: «Chanel, è arrivata l’ora della prima vera lezione di vita del tuo vecchio.» la guardi dritta negli occhi e pronunci in tono solenne: «Lezione numero uno: fai sempre e solo quello che ti rende felice. Se vuoi una cosa, prendila e sbattitene le palle di quello che dice la gente.» lanci una delle tue occhiate verso i due pettegoli e riprendi, continuando a fissarli, mentre loro ti osservano stupiti e forse anche imbarazzati. «L’invidia è una brutta bestia, perciò tu ‘non ti curar di loro, ma guarda e passa’.» riporti lattenzione su Chanel, e le sorridi benevolo. «Sai, il tuo papà ha fatto tanto bel sesso promiscuo negli anni, perché era quello che voleva...finché non ha incontrato papà Justin e il suo bel culetto.» pieghi le labbra in un ghigno storto e, dopo aver raggelato quei due con lennesimo sguardo, concludi fiero: «Da allora ha imparato a selezionare il buon sesso da quello scontato e scadente e a dedicarsi solo a chi merita e alle cose che contano davvero, scartando la gente insulsa e inutile che si crede in dovere di criticare, ma che in realtà è solo e soltanto un agglomerato di tristi ‘prendi in culo’ isterici, invidiosi e insoddisfatti.» la baci sulla punta del naso, facendola ridere e, finalmente soddisfatto e con il cuore più leggero, riprendi a spingere il carrello. «Perciò tesoro mio, impara a riconoscere coloro che meritano la tua attenzione e dedica un bel ‘vaffanculo’ a tutto il resto, stando però attenta a non rovinarti le tue scarpe firmate quando li spedirai lontano a calci.»
«Si può sapere cosa stai blaterando?»
Ti volti al suono di quella voce, e sorridi verso Justin, per poi inarcare le sopracciglia nel momento in cui ti accorgi delle scatole di pasta che ha preso, e di quei dannati fogliettini che stringe tra le dita. «Ancora con questi buoni?»
«Il fatto che siamo ricchi sfondati, non mi fa certo perdere le vecchie abitudini.»
«Per fortuna, aggiungerei.» ribatti, con un sorrisetto che lascia intendere neanche tanto velatamente quanto tu ti riferisca ad altre sue
abitudini, e non certo al suo essere tirchio.
Lui scuote la testa, facendo dondolare delicatamente la sua frangia bionda sulla fronte; e tu non riesci a pensare ad altro che non sia la voglia di tornare a casa ed affondare le dita in quei ciuffi dorati e morbidi, mentre lo baci e lo scopi come si deve. «Andiamo?» ti dice poi, indicandoti la cassa e tu annuisci, per poi seguirlo.
Ti sistemi in fila e, dopo aver riposto Chanel nel suo seggiolino dentro il carrello, circondi le spalle di Justin con un braccio ed avvicini le labbra al suo orecchio, per poi mormorare, stando ben attendo a sfiorarlo in modo suadente:
«A forza di parlare di verdura con nostra figlia, mi è cresciuto qualcosa nei pantaloni...»
Justin ride e si volta verso di te per congiungere la sua bocca morbida alla tua. «Be
...direi che dovremmo controllare allora, no?» ti sorride malizioso e, mentre si protende per baciarti ancora, aggrotta la fronte e fissa gli occhi in un angolo alle tue spalle. «Ci sono due tizi che ci stanno guardando da un po
...li conosci?»
Ti volti per capire a chi si riferisce, ed incontri ancora gli sguardi di quei due, che stavolta però si sono concentrati anche su Justin. Non è una novità il fatto che attiri l’attenzione, e ci sono stati momenti in cui – adesso puoi anche ammetterlo, ovviamente solo a te stesso però. A voce alta non lo diresti neanche se minacciassero di staccarti la lingua – ti rendesse perfino geloso vedere come gli occhi pieni di brama si posassero su di lui; eppure stavolta, non puoi che ritenerti pienamente soddisfatto di ciò che vedi.
Invidia, pura e patetica invidia.
Ghigni nella loro direzione, sollevando una delle sopracciglia, prima di piegare le labbra all’interno della bocca, e rispondere con noncuranza: «No, affatto.» ti protendi per baciare ancora il tuo
raggio di sole, ma lo sguardo ti cade sul mini-raggio di sole, e sulle sue manine che strinngono qualcosa di inaspettato.
La vedi alzare i suoi occhioni su di te, per poi sventolare una sua manina stretta a pugno, e la senti borbottare: «Ppp...» aggrotta la fronte, come se stesse riflettendo sul nome di quello di cui si è appropriata, e finalmente annuncia: «...pisello
Lei ti sorride soddisfatta, e tu sollevi gli occhi al cielo, per poi esclamare, tra la risata di Justin: «Dio, grazie!»  



Note dell’autrice: 

Sì, lo so...questa OS è una gigantesca cazzata fluffleggiante, ma ormai era lì pronta, ed ho deciso di rovinarmi da sola pubblicandola! 
Mi sa che le verdure arriveranno tutte direttamente in faccia a me, invece che a casa dei nostri Britin e....ora che ci penso, ho la sensazione che le patate facciano anche piuttosto male! 
È tornata quella marmocchia di Chanel - e voi mi direte "ma va? Non ce n
’eravamo accorte!" - e con lei, ovviamente, in post 5x13 ed il "pov" di Brian. 
Non ci posso fare niente, è troppo più "facile" - per così dire - scrivere attraverso la sua testaccia marcia, ma vi annunciò già che ho in cantiere un altro "pov" di Justin, sempre post 5x13...così, tanto per rassicurarvi che infesterò ancora per un bel po
’ questo fandom! 
E vabbè...meglio se la concludo qui, ringraziando tutti coloro che hanno letto sia questa, che le scorse OS, così come chi ha recensito! ^^ Sappiate che vi amo profondamente.  

Un bacione e a presto. 
Veronica.


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Capitolo 7
*** Welcome back to St.James. ***


Welcome back to St.James.

Raiting: Verde.
Timeline: Post 5x13.



*'*'*

a tutte le persone vittime di bullismo

e di quella cosa orrenda e inumana chiamata “omofobia”.
non so quando andrà meglio, ma lo farà...perché deve farlo,
perciò non smettete di sperare, non smettete di crederci,
non arrendetevi, non lasciateli vincere.
MAI.

I support #SpiritDay.



“Welcome back to St.James”


«Signor Taylor, c’è posta per lei.» esordisce Brian, avvicinandosi a te con una piccola busta bianca tra le mani, ed un pacco di altre scartoffie di ogni tipo. La lascia cadere sulla scrivania, davanti ai tuoi occhi, e si protende per baciarti. «E non immagineresti mai chi è il mittente.»
Abbassi lo sguardo incuriosito e i tuoi occhi si posano sul logo inconfondibile impresso in alto a sinistra. «La Saint James?» esclami interdetto. «E che diavolo vogliono ancora da me quel branco di capitalisti omofobi?» rigiri più volte il rettangolo bianco tra le mani, avanzando mille improbabili ipotesi nella tua testa, finché ti decidi ad aprirla e leggerne il breve contenuto. «Non ci credo.» ridacchi, attirando nuovamente l’attenzione di Brian, che nel frattempo si è dilettato nel gettare nel cestino, senza alcuna remora, le brochure delle associazioni gay che, come ogni anno, chiedono un suo decisamente lauto contributo. «È per una rimpatriata. Per ‘festeggiare i cinque anni trascorsi dal diploma dei nostri studenti dell’anno accademico duemila, duemilauno’.» scuoti la testa e lasci ricadere la lettera sulla scrivania. «Ma che stronzata è?»
«Lo fanno tutte le scuole.» replica lui indifferente. «Per i cinque anni, per i dieci, i quindici o i cinquant’anni per chi ci arriva.»
«Sono arrivate anche a te?»
«Sì, certo.»
Volti la sedia per guardarlo meglio e aggrotti la fronte incuriosito. «Ma se non me l’hai mai detto...»
«Non te l’ho mai detto perché non ci sono mai andato.» ribatte candidamente e prende a giocherellare con uno stecchino. «È solo un altro modo ipocrita per permettere a chi ha avuto successo di vantarsi, e chi non ne ha avuto di sentirsi umiliato dagli altri. Insomma, il classico meccanismo su cui ruotano i ‘bei tempi del liceo’.»
«Be’...non puoi certo dire che non spiccheresti tra quelli di successo. Perché non sei mai andato?»
Brian getta anche l’ultima delle brochure e si avvicina a te per passarti le mani nei capelli lunghi proprio come piacciono a lui, e baciarti ancora con un sorrisetto spavaldo. «Perché non ho alcun interesse a mischiarmi con certa plebaglia ignorante
«Hai ragione.» annuisci e fai per gettare l’invito. «Non andrò e...»
«Dovresti invece.» t’interrompe e tu lo guardi stranito.
«Perché mai? L’hai appena detto. Non c’è bisogno di...»
«Non io.» replica lui. «Io non ho finito la mia carriera scolastica con...» si blocca un attimo e lo vedi passarsi una mano sulla nuca con uno strano sguardo incerto. Dopo tutti questi anni ancora non riesce a parlare liberamente della tua aggressione. Sembra quasi che ogni volta le immagini debbano correre a susseguirsi nella sua mente per ferirlo; sembra quasi che sia stato aggredito anche lui con te, solo che la sua ferita sanguina ancora dentro. «...insomma, hai capito.» borbotta un po’ stordito. «Dovresti andare e mostrare a quegli stronzi che, a dispetto del loro odio, sei stato più forte e vali molto più di chiunque altro.»
Ti alzi e lo abbracci, per poi sfiorargli il collo con una scia dolce di baci. «Non ho bisogno di andare. Se sanno leggere un giornale, sanno già dove sono e chi sono.»
«Ma vuoi mettere la soddisfazione di ridere in faccia a ognuno di loro?» continua lui, dopo essersi scostato appena per farsi guardare negli occhi. «Va’ a quella festa e urla ancora il tuo ‘vaffanculo alla Saint James’.»
Annuisci un po’ incerto e con una smorfia poco convinta chiedi: «Verrai con me?»
«Eh?» ribatte lui sorpreso.
Scrolli le spalle e gli sorridi raggiante. «Tutti porteranno la loro fidanzata, o moglie, il loro fidanzato o il marito, o ciò che faranno passare per tale perché non vorranno presentarsi da soli come sfigati, no?» ridi e lo fissi con più decisione, come la prima volta che gli hai chiesto di accompagnarti al ballo. «Fino a prova contraria il mio compagno sei tu.»
«No, grazie.» risponde deciso. «L’ultima volta che sono andato ad un ballo scolastico non è finita esattamente come in quei stupidi telefilm che piacciono tanto a Emmett. Non ci tengo proprio a ritentare.»
«Non è un ballo scolastico.» tenti di contraddirlo, ma lui alza le braccia.
«C’è la musica, ci sono ex-scolaretti idioti e strafatti che si fingono emancipati e ballano, ed è allestito in un liceo.» piega la testa di lato ed accenna uno dei suoi sorrisetti. «È un ballo scolastico
«E dai!» provi a pregarlo, sfoderando uno dei tuoi migliori sorrisi smaglianti e convincenti. «Non sarebbe mai il perfetto ‘vaffanculo’ senza di te.»
«Mi spiace, ma stavolta passo. Invita Daphne.»
Aggrotti la fronte e ti passi la lingua sui denti. «Perché ho la sensazione di aver già fatto una conversazione simile a questa?»
«Perché è avvenuta...» conviene, ricordando quella del Babylon. «...ma stavolta non la spunterai. Non verrò a una festa di ex-scolaretti...»
«‘rincoglioniti’...» lo scimmiotti, roteando gli occhi blu ed ignorando la sua espressione scocciata. Ancora non gli va giù che tu lo conosca così bene da poter completare ogni sua frase e interpretare ogni suo pensiero senza neanche un minimo sforzo o margine d’errore. «...lo so, lo so.»
«Se lo sai allora, perché diavolo me lo chiedi?»
«Perché la speranza è sempre l’ultima a morire.» ribatti pronto con un sorrisetto furbo. «E mi pare che quella volta abbia avuto ragione.»
«Non contarci anche stavolta.» risponde, circondandoti il viso con le mani e schioccandoti un bacio sulle labbra. «Chiama Daphne, e sta’ lontano dalle mazze da baseball.» ti bacia ancora, stavolta con più passione e dolcezza, quasi volesse darti una sorta di protezione da qualsiasi cosa con il suo amore, e si allontana, dirigendosi verso la doccia e lasciandoti con un cipiglio interdetto.
Vorresti davvero riaverlo al tuo fianco e rivivere ancora quel momento, senza che nessuno te lo rovini o te lo porti via, ma non te la senti d’insistere, perché sai quanto ancora il solo pensiero di quella notte gli faccia male, e che la profonda cicatrice che l’ha squarciato quando quello stronzo omofobo di Chris Hobbs ti ha colpito, brucia ancora in modo atroce.
Ha rischiato davvero di perderti e ha visto la morte sulla tua pelle; e Debbie non fa che ripeterti come, secondo lei, sia stato quello il momento in cui si è finalmente reso conto che dentro di lui qualcosa era cambiato...che si stava innamorando di te.
Sospiri combattuto e lanci un’occhiata alla busta indeciso sul da farsi, finché con uno sbuffo, afferri il cordless e digiti il numero di Daphne.
Non hai scelta. Stavolta dovrai dare un “vaffanculo” molto più anonimo.




*'*'*



Sono quasi le nove di venerdì sera quando, con un’espressione scocciata e dispiaciuta, lasci che sia Brian ad annodare la tua cravatta. In tutto questo tempo non hai mai imparato a farlo, e non si tratta di pigrizia, ma del semplice fatto che lo senti come un vostro piccolo rito, e perché comunque ti piace vederlo concentrato a così poca distanza da te, mentre le sue dita abili girano la stoffa.
Lo senti sistemare il nodo e il colletto della camicia, e non resisti dal lanciargli l’ennesima occhiata supplichevole. «È inutile che mi guardi così, Bambi.» ti apostrofa, con un mezzo sorriso. «Non verrò.»
Gonfi le guance, fingendoti disperato, ma neanche questo funziona. Saresti quasi sul punto di tentare la minaccia di uno sciopero dal sesso, se non sapessi perfettamente che tu ne sei dipendente proprio come lui. Saresti il primo a non resistere neanche per mezzo secondo. «Che palle.» sbuffi allora e t’infili la giacca, piccato. «Che farai stasera?»
Brian scrolla le spalle. «Non so. Passerò da Woody’s e poi andrò a dare un’occhiata al Babylon più tardi. Ci vediamo lì?»
«Ti chiamo.» rispondi mesto. Di certo, il suo programma è molto più allettante del tuo. Anzi, a dirla tutta, qualsiasi cosa sarebbe più allettante. «Tanto non resterò molto. Giusto un’oretta.»
«Non divertirti troppo, eh.» ti canzona e ti bacia. «Saluta Daphne.»
Annuisci, rivolgendogli un sorrisetto tirato e decisamente poco amichevole, ed esci dal loft, roteando con l’indice le chiavi della tua frocissima jeep nera che ti ricorda tanto quella che aveva Brian.
Sei sempre stato un po’ romantico in fondo, e da questi dettagli non riesci proprio a staccarti. Lo dimostra anche il fatto che, nonostante possediate un castello meraviglioso in West Virginia come Britin, vi ostiniate a trascorrerci solo i giorni festivi ed i weekend, restando per il resto del tempo al loft.
La scusa ufficiale che vi propinate entrambi è che è più comodo per il lavoro, ma la realtà è che non riuscite a separarvi da quelle quattro mura che hanno visto la nascita del vostro amore e tanti tra i momenti più importanti vissuti insieme.
Lanci un’occhiata fugace al palazzo in mattoni, seguendone le linee fino alla finestra più alta illuminata – che sai appartenere al loft di Brian – e ripensi per un attimo a tutte le volte che hai sostato lì sotto; prima di salire in macchina fischiettando, e guidare fino a casa di Daphne per poi raggiungere la Saint James, parlottando e spettegolando del più e del meno.
Trovarsi nuovamente davanti a quella scalinata in cemento, non è certo il massimo della gioia, e dalla smorfia che si è disegnata sul tuo viso, si capisce che neanche t’importa di nasconderlo.
Sospiri un po’ sconsolato, al pensiero che potresti essere a ridere e scherzare da Woody’s con tutti gli altri, e con uno sbuffo chiudi la tua jeep e porgi il braccio a Daphne, perché lo afferri e si faccia accompagnare fino all’edificio, proprio come si addice ad ogni ballo.
«Ehi, Justin...» ti chiama lei, ridacchiando. «Trattieni il tuo entusiasmo!»
«Lo sai che non sopporto queste cose...» borbotti, e già ti senti soffocare nel momento in cui varcate la soglia, immergendovi tra le persone e la musica.
«Già.» conviene lei. «Avevo dimenticato quanto tu fossi snob! Adesso poi che sei un’artista famoso...»
Le lanci una strana occhiata di sbieco e scoppi a ridere con lei. «Piantala, scema.» ribatti, inarcando una delle sopracciglia, per poi chiederle: «Vuoi che ti prenda da bere?»
«Sì, ma vengo con te!» esclama in risposta, e si stringe con più forza al tuo braccio. «Non è per fare l’uccellaccio del malaugurio, ma non voglio neanche sfidare la sorte lasciandoti da solo. Se ti succede qualcosa, Brian mi ammazza.»
Scuoti la testa con fare rassegnato e fate per avvicinarvi ad uno dei tavoli, quando qualcuno attira la tua attenzione, chiamando il tuo nome: «Taylor!»
Ti volti di scatto, e trovi davanti ai tuoi occhi il tuo “caro”, e decisamente vecchio, preside – con cui madre natura ha continuato a non essere molto gentile – affiancato dall’altrettanto “caro” professore omofobo che si è prodigato per rendere il più spiacevoli possibile i tuoi anni del liceo. Proprio una bella accoppiata.
Decidi però di fare buon viso a cattivo gioco, rifacendoti ad una delle tante lezioni di vita impartite dal tuo uomo, e sorridi apertamente, mostrandoti superiore a qualsiasi cosa. «Buona sera.» li saluti, e ti sforzi di stringere le loro mani senza avere un conato di vomito.
«Chi l’avrebbe mai detto!» inizia il preside, sprizzando entusiasmo da tutti i pori; e già immagini dove vuole andare a parare. «Un nostro studente che diventa un’artista di fama nazionale. Ci aspettiamo la conquista del mondo a breve, lo sa vero?»
«Ce lo aspettiamo e auguriamo tutti.» interviene Daphne, con un tono decisamente acido, rafforzato da un sorrisetto caustico. Quei due non sono mai andati a genio neanche a lei. «Sapete poi che...chi ha davvero conosciuto Justin, era già assolutamente certo del fatto che sarebbe arrivato molto in alto! Solo che...» si sofferma per un attimo e solleva le sopracciglia, passando con attenzione gli occhi su entrambi. «...non tutti si sono impegnati per aiutarlo in questo. Anzi, ricordo diversi episodi in cui gli sono stati messi i bastoni tra le ruote.»
«Daphne...» sussurri per richiamarla, sporgendoti verso di lei e ti trattieni a stento dallo scoppiare a ridere, quando ti accorgi di quanto abbia messo entrambi a disagio.
«Comunque sia...» borbotta il tuo ex preside, schiarendosi la voce. «...l’importante è che lei stia raggiungendo i suoi obbiettivi, e vorrei che sapesse che per la nostra scuola è davvero un vanto e un prestigio poter annoverare tra i suoi studenti un’artista come lei.»
«Certo. Non lo metto in dubbio.» replichi caustico, lanciando di proposito un’occhiata raggelante al tuo vecchio professore, che abbassa lo sguardo e si passa una mano sulla bocca, prima di tornare a fissarti e parlarti.
«E siamo tutti ovviamente molto dispiaciuti per il brutto episodio che le è capitato...»
«Certo.» annuisci, arricciando le labbra in modo sarcastico. «Proprio un ‘brutto episodio’. Sempre che un’aggressione razzista di stampo omofobo, possa definirsi semplicemente tale...» sollevi le sopracciglia, con un’espressione d’accusa, per poi tornare a sorridere come nulla fosse. «...ma come avete detto voi, ovviamente, l’importante è che io stia raggiungendo i miei obbiettivi, no?»
Sia il preside che il professore annuiscono imbarazzati e, dopo essersi scambiati un paio di occhiate allarmate, è il primo dei due a riprendere la parola: «A proposito di questo, noi avevamo pensato che lei potesse...» ti fissa incerto e sorride mellifluo. «...si insomma, potesse venire in questa scuola per un paio d’incontri con i nostri studenti. Ovviamente quando avrà tempo!»
«E a fare che?» domandi scettico, quasi divertito.
«A parlare con loro e a raccontare del suo successo...della sua esperienza per motivarli!» esclama, incoraggiato dal tuo apparente interesse.
Arricci le labbra e annuisci lentamente, per poi aggrottare la fronte. «Come mai proprio io?»
«Ma è ovvio!» ti risponde il tuo vecchio professore. «Lei è la persona che ha ottenuto più successo. È un’artista affermato e ricercato e non potrebbe esserci miglior esempio e incentivo di lei per i nostri studenti. Potrebbero prendere spunto dalle sue conquiste.»
«Oh certo.» mormori e stavolta non riesci a trattenerti dal ridergli in faccia. «Ma...c’è una cosa che mi chiedo...» ti umetti le labbra e guardi entrambi con finta aria incuriosita. «Non avete paura che un finocchio possa traviare le povere menti di questi giovani ragazzi?»
«Signor Taylor...» interviene subito il preside. «...non è che...» balbetta, ma è ovvio che non sa come rispondere alla tua provocazione.
«Sa, io non credo che il fatto che lei sia omosessuale cambi qualcosa.» prova a risponderti il tuo ex-professore, e tu scoppi ancora a ridere insieme a Daphne.
«È davvero incredibile.» scuoti la testa e sospiri. «Ha proprio ragione Brian, se sei famoso puoi anche sputargli in faccia e ti ringrazieranno come se fosse l’onore più grande...e a quel punto neanche gli importa se sei gay.» passi lo sguardo su entrambi e sorridi. «Se sei famoso, ti ascoltano anche se sei un frocio.»
«Signor Taylor.» ritenta il preside, sempre più in difficoltà, ma non gli lasci neanche il tempo di riaprir bocca.
«Signor preside, con tutto il rispetto possibile...» ti soffermi un attimo per essere certo che ti stiano ascoltando attentamente, e continui: «...la sua proposta mi lusinga ma, sa dove può ficcarsela?»
«Ecco, veramente...»
«Ascoltatemi bene. Mi state ascoltando?» sibili, e mai come adesso nella tua vita ti sei sentito “contaminato” da Brian. «L’unico motivo per cui sono tornato in questo schifo di posto, pieno di gente bigotta e con l’apertura mentale di un microcefalo, è per ridervi in faccia. Per mostrarvi dove è arrivato questo frocio che avete tanto disprezzato e a cui avete provato a togliere ogni diritto.» scrolli le spalle e ti mordicchi le labbra. «Perciò, non ha importanza quanto vi prodigherete a leccarmi il culo adesso che posso esservi utile. Non importa quante belle parole userete, o quanto vi sforzerete di sorridermi, perché per quel che mi riguarda resterete solo due vermi insignificanti e omofobi, che altro non meritano che essere elegantemente mandati a ‘fanculo.» gli sorridi ancora e afferri un calice di champagne, per poi fingere un brindisi con loro. «Quindi, per rispondere alla vostra domanda...‘No, non verrò’, e per quel che mi riguarda, questa cazzo di scuola può crollare e sotterrare per sempre ognuno di quei bastardi razzisti che ci trascorrono il proprio tempo, esattamente come voi due...» prendi un calice per Daphne con nonchalance, e pieghi le labbra in un altro sorrisetto ironico, per salutarli, lasciandoli di stucco. «...adesso, se volte scusarmi, andrei a fare un giro.»
Avanzi di qualche passo in un silenzio perfetto, finché – come del resto ti aspettavi – Daphne ti si getta letteralmente al collo per la felicità.
«Oddio, Justin! Sei stato...sei stato davvero incredibile!» si stringe con più forza a te e sussurra: «Se Brian fosse qui, sarebbe orgogliosissimo di te.»
«Lo so.» mormori con un sorriso un po
triste, proprio per il fatto che lui non è al tuo fianco e non ha potuto vedere come i suoi insegnamenti ti siano entrati dentro.
«Ehi, non fare quella faccia.» ti rimprovera la tua migliore amica. «Non puoi biasimarlo dopo quello che è successo.»
«No, certo che no.» sospiri e scrolli le spalle. «È solo che sarebbe stato perfetto con lui, ma va bene comunque.»
Daphne ti rivolge un sorriso comprensivo e ti bacia sulla guancia. «Senti un po
grande artista...credi di poter stare da solo per cinque minuti senza attirare catastrofi?» ti scruta attentamente e poi scoppia a ridere. «Voglio salutare un paio di amici, e da antisociale quale sei, so quanto non li sopporti...quindi ti risparmio la fatica di sfoderare finti sorrisi.»
«Vai pure.» le rispondi, sollevando le sopracciglia. «Anzi, a dirla tutta...ero quasi stanco di averti sempre intorno.»
«Vaffanculo.» esclama, colpendoti con un pugno sulla spalla e, con un ultimo sguardo, si allontana da te per raggiungere alcune ex compagne di scuola.
Prendi un sorso del tuo champagne e, con l
altra mano infilata nelle tasche del tuo costoso completo di Armani – che Brian ti ha costretto a comprare – sposti lo sguardo in giro per la sala, giocando a cercare di riconoscere i vecchi studenti della Saint James.
«Justin?» ti senti chiamare da un ragazzo con gli occhi azzurri, circondati da occhiali dalla montatura nera e fine, i capelli scuri e la pelle lattea. «Justin Taylor, giusto?»
«Sì.» rispondi e lo guardi con molta attenzione, prima di riconoscere in lui un tuo vecchio compagno di classe. È diventato un po più alto e i lineamenti paffuti e da bambino sono scomparsi, lasciando il posto a una leggera barba e a uno sguardo un po’ più sicuro, ma in lui riesci comunque a ricordare quel ragazzino impacciato che hai difeso in classe da quello stronzo di Chris Hobbs. «Stuart?» lo chiami allora, per chiederne conferma, e lo vedi annuire con un sorriso.
«Ne è passato di tempo.»
«Eh già.» sorridi a tua volta e gli stringi la mano. «Come stai?»
«Piuttosto bene, direi. Sono il direttore di una banca adesso.» ribatté rinfilandosi le mani nelle tasche di un completo scuro. «A te non c’è neanche bisogno di chiederlo. Sei sulla bocca di tutti e su ogni rivista d’arte o architettura e su ogni inserto di cultura.»
Scrolli le spalle un po’ imbarazzato – ancora non sei riuscito ad abituarti a tutto il tuo successo – e mormori: «Cerco di fare del mio meglio. E di te che mi dici, oltre il lavoro?»
«Adesso vivo a Harrisburg, con il mio compagno.»
«Compagno?» borbotti sorpreso e accigliato.
Stuart sorride e scrolla le spalle. «All’epoca non avevo il coraggio di ammetterlo, ma Hobbs non aveva poi tutti i torti a chiamarmi ‘frocio’.» solleva le sopracciglia e poi indica un ragazzo castano chiaro e piuttosto alto vicino alla finestra che parla con alcune persone. «È lui.»
«Ma quello non è Manderson?» domandi sorpreso, ricordando come anche lui facesse parte della squadra di football, e si dilettasse in scherzi idioti insieme a Hobbs e a tutta la sua combriccola di cerebrolesi.
«Già. Sorpreso, vero?» ridacchia, e tu muovi le labbra in una smorfia a conferma per le sue parole. «Clarence ha trascorso gli anni del liceo a tormentare quelli come noi. Lo faceva soprattutto anche per non ammettere con se stesso quello che in realtà è. Ho perso perfino il conto di quante cheerleader si è scopato a quei tempi!»
«E come hai fatto? Cioè...come è successo?»
Stuart accenna a un sorriso, continuando a fissare il suo compagno che, resosi conto delle sue attenzioni, gli fa un cenno con la testa e addolcisce il suo sguardo: prova di quanto lo ami. «È stato un incontro strano. Non volevo neanche crederci quando me lo sono ritrovato davanti a Liberty Avenue. Era lì da solo, per provare a se stesso che in realtà non era gay, che gli uomini non lo attraevano.» scoppia a ridere, probabilmente ricordando qualcosa e scuote la testa. «Quando mi ha riconosciuto, mi ha pregato e fatto giurare di non dire niente a nessuno. Io non avevo più problemi ad ammettere la mia omosessualità. Avevo già fatto i conti sia con me stesso che con i miei genitori da tempo, ma lui era davvero terrorizzato. Era spaventato da se stesso e dalle pulsioni che sentiva e ripudiava, ma da cui non riusciva a liberarsi.»
Ascolti attentamente rapito, e lo esorti a continuare. Ti è sempre piaciuto sentire la storia di certe relazioni normali, soprattutto visto che la tua, di normale, non ha avuto proprio un bel niente. «E poi, che è successo?»
«Abbiamo iniziato a parlare davanti a una birra. Lui continuava ad insistere di essere etero e che la sua potesse essere solo sciocca curiosità o stress dovuto agli esami universitari, finché non gli ho detto: ‘allora baciami, se ti fa schifo, avrai ragione’.»
«E ha accettato?»
Lui scuote lentamente la testa. «Non quella sera. Se n’è andato e non l’ho rivisto per qualche settimana, finché non è ricomparso all’improvviso e mi ha baciato.»
Muovi ancora il tuo sguardo tra lui e Clarence, e sorridi entusiasta. «Quindi è così che è nata.»
«Eh sì, e dura da tre anni circa, anche se non è tutto rose e fiori. I suoi genitori non l’hanno presa affatto bene.»
Ammicchi e arricci le labbra, per poi sospirare. «Ah be’...lo capisco. Mia madre non ha alcun problema, ma non posso dire certo lo stesso di mio padre.»
«Allora è vera la storia che ti ha fatto arrestare?»
«Ebbene sì.» confermi, aggrottando la fronte con rassegnazione. «Mio padre è uno stronzo omofobo, ma ormai non ci faccio più neanche caso. Sono così tanti i bastardi a questo mondo che non ci accettano che, uno più, uno meno, non fa poi così tanta differenza.»
Stuart ti sorride comprensivo e abbassa lo sguardo un po’ imbarazzato. «Senti Justin...so che a distanza di tutti questi anni è pressoché inutile ma...» mormora incerto. «...ecco, ci tenevo a ringraziarti per avermi difeso quella volta, ma soprattutto a scusarmi per non averti aiutato quando ne avevi bisogno. Per non averti sostenuto in quella causa che poi era anche la mia.» si morde le labbra e poi trova il coraggio di risollevare gli occhi su di te. «Ero spaventato. Vedevo quello che accadeva a te per aver avuto il coraggio di ammettere la tua omosessualità e non riuscivo a fare altrettanto. Io non ero forte come te.»
Lo fissi in silenzio per un attimo, sorpreso da queste scuse che di certo non ti aspettavi e neanche ritenevi necessarie e, con un sorriso sincero per tranquillizzarlo, rispondi: «Avevo paura anch’io a volte, ma ho avuto la fortuna di avere persone al mio fianco che mi hanno sempre sostenuto.» sospiri e ti lasci andare ad una piccola risata. «E poi Brian mi avrebbe ripudiato e preso a calci in culo se fossi rimasto in un angolo a tremare o a fingere di essere quello che non sono.» fai schioccare la lingua e concludi: «Lo dovevo essere anche per lui. Dovevo dimostrargli che ero un omosessuale di cui esser fiero
«Brian è il tuo compagno?»
«Sì.» rispondi un po’ incerto, sorridendo. Nonostante tu sappia bene che tu e Brian siete davvero una coppia, senti un legame così profondo con lui, che non riesci a definirlo. Chiamarlo solo “compagno” ti sembra riduttivo, paragonato a ciò che quell’uomo significa per te. «Da più di sei anni ormai.»
«Sei anni?» ti chiede stupito. «Ma, allora è quello del ballo?»
Annuisci, delineando maggiormente il tuo sorriso. «È sempre stato lui.» confessi, più a te stesso, rendendoti nuovamente conto di quanto, a prescindere da tutto quello che avete affrontato e dai torti fatti e subiti, è sempre stato solo e soltanto lui l’amore della tua vita.
«Quel ballo è stato davvero spettacolare!» esclama, quasi volesse complimentarsi con te. «Quando vi ho visti ballare e quando vi siete baciati...Dio, ti ho davvero invidiato e ammirato allo stesso tempo. Avrei voluto essere come te e al tuo posto.» ammette, con un leggero imbarazzo e si sistema gli occhiali spingendo l’asta centrale con l’indice. «Quindi, è qui con te anche lui?» ti chiede, guardandosi intorno incuriosito.
«No.» rispondi un po’ dispiaciuto. «Lui è...»
«Elegantemente in ritardo.» completa per te una voce calda e familiare alle tue spalle. Un suono che è balsamo per le tue orecchie e che ti lascia pervadere di brividi lungo tutta la schiena, mentre un sorriso luminoso e spontaneo va ad incresparti le labbra. Ti volti raggiante e incroci i suoi bellissimi occhi verde scuro, che ti guardano con lo stesso tuo grande amore.
«Non avevi detto che non saresti venuto ad una festa di ragazzini
«Ho deciso di rivivere la perduta gioventù.»
Scuoti la testa, incapace di impedire alle tue labbra di distendersi in unenorme sorriso, e lasci che le sue dita scorrano tra i tuoi capelli, allaltezza della nuca, in una dolce carezza, prima di lasciarti spingere verso la bocca del tuo uomo.
Lo baci fregandotene di tutto; senza la sciocca paura di mostrare ancora a tutti i presenti di chi sei follemente innamorato. Non timporta di cosa pensa la gente, e te ne freghi ancora di più di tutto quello che ti – e vi – hanno fatto passare in questi anni, perché la tua felicità conta più di tutto questo...
Perché non hai mai smesso di sperare e credere che le cose potessero andar meglio; non ti sei lasciato spaventare dal loro odio ed hai raggiunto ed afferrato tutto quello che sognavi.
Perché non ti sei mai arreso e alla fine sai di aver vinto.
Ti allontani di poco da Brian, e lo fissi con occhi sicuri. Lui solleva una delle sopracciglia e ti sorride, conscio di quello che ti sta passando nella testa, ed assolutamente fiero di quello che sei diventato.
Questa consapevolezza ti scalda il cuore ed intrecci le tue dita con le sue, con una stretta decisa, per poi voltarti verso Stuart con un sorriso. «Penso che tu labbia già capito, ma lui è Brian.»
«S-sì.» balbetta in risposta, totalmente incantato dall
indiscutibile ed impeccabile bellezza del tuo compagno. «Piacere, Stuart.» mormora poi, porgendogli la mano che Brian stringe con decisione.
«Adesso scusaci...» gli dice poi, con uno dei suoi soliti sorrisi mozzafiato. «...ma avremmo una cosa da fare.»
«Certo, certo.» replica Stuart, salutandovi con la mano e tu ti volti con aria confusa verso Brian.
«Cos
è che dovremmo fare?»
Lui però non ti risponde subito. Si limita a rivolgerti una strana occhiata e a stringere di più la presa sulle tue dita, prima di trascinarti al centro della sala dove alcune coppie stanno già ballando.
Si sofferma a guardarti per un attimo, mentre fa scivolare l
altra mano dietro la tua schiena ed appoggia la fronte contro la tua, socchiudendo gli occhi. «Ti prometto che questo sarà ancora più indimenticabile...» sussurra poi, e nel momento in cui una canzone a voi molto familiare si diffonde nellaria, Brian inizia a guidarti nei passi.
«Ah sì?» gli chiedi allora, con un sorrisetto spavaldo. «E come potresti?»
Di nuovo resta in silenzio ad osservarti, con unintensità che ti lascia bruciare dentro. Respiri il suo profumo a pieni polmoni e sorridi ancora quando lo vedi avvicinarsi a te per baciarti.
Le vostre labbra si ricongiungono, così come il tuo sapore con il suo. La sua lingua si lega alla tua in un caldo abbraccio, e come ogni volta, ti senti esplodere di felicità.
Schiudi le palpebre per inchiodare i tuoi occhi blu nei suoi, così da potergli comunicare quanto gli sei grato per la sua presenza; per il suo esserti sempre vicino, pronto a sostenerti in qualsiasi momento.
Vorresti dirgli che solo con questo gesto lui ha reso questo ballo davvero indimenticabile, ma quando tenti di farlo, ti blocca stampandoti un dolce e morbido bacio sulla bocca, per poi guardarti con amore e muovere le labbra in una breve sequenza che ti lascia di stucco, proprio come la prima volta.
Senti il tuo respiro bloccarsi, insieme al tuo cuore, mentre gli occhi iniziano a pizzicarti e riempirsi di lacrime, rendendo liquida limmagine delluomo che ami.
E anche se le tue orecchie non hanno potuto sentirlo; anche se in realtà l’ha solo mimato, plasmandolo sulla tua bocca, sai perfettamente cosa significa il modo in cui si sono mosse le sue labbra.
È una sequenza inconfondibile e perfetta nella sua unicità: la punta della lingua che sfiora i denti, il labbro superiore che si separa da quello inferiore, schiudendo la bocca, per poi tornare a congiungersi delicatamente e concludere la sua rara confessione.
Non puoi udirlo, ma puoi sentirlo nei brividi che scorrono lungo il tuo corpo, nel calore che divampa dal petto, fino ad annebbiarti la mente; puoi sentirlo nella lacrima di felicità che scende veloce sulla tua guancia, nel sorriso spontaneo che nasce sulle tue labbra, seguite dalle sue, o nel battito potente del tuo cuore improvvisamente accelerato, che sembra poter esplodere di gioia da un momento all’altro.
Non ha avuto bisogno di voce, né di urlarlo...ed è perfetto così.

Due semplici parole, appena sussurrate come l’alito di vento più lieve e leggero di questo mondo, eppure più assordanti di qualsiasi altro suono.
Le senti rimbombare dentro di te, in un’eco infinito e progressivamente più potente, capace di cancellare qualsiasi altra cosa.
È un “ti amo” soffiato su di te; dentro di te, per riempirti di lui e completarti...
E adesso sai che ha perfettamente ragione: questo ballo sarà ancora più indimenticabile.


Note dell
autrice:

Eccomi di nuovo ad infestare il fandom con una delle mie stupidaggini, ma mi sembrava giusto scrivere qualcosa in questo giorno.
Oggi è lo SpiritDay - per chi non lo sapesse, è il giorno in cui si ricordano tutte le persone morte suicide a causa di quello schifo chiamato "omofobia"; e viene utilizzato il viola proprio perché nella bandiera arcobaleno rappresenta "lo spirito" - ed oltre ad andare in giro con qualcosa di viola addosso, ho deciso di scrivere due righe, dopo aver provato ad immaginare come sarebbe stato per Justin tornare in quella scuola - che comunque non gli ha reso la vita facile - dopo esser riuscito a diventare famoso.  
A dire la verità avrei trovato molto più gratificante vedere un Chris Hobbs pestato come si deve, ma visto che Justin si era già comunque preso parte della sua rivincita nella quarta serie, stavolta ho preferito fargliela ottenere utilizzando gli insegnamenti di Brian...cioè diventando una persona di cui poter esser fiero, migliore di chiunque altro, e di dimostrarlo a tutti coloro che in precedenza lo avevano umiliato o discriminato...proprio come il suo preside o quel
professore che tanto avrei voluto prendere a schiaffi.
Per quanto riguarda Stuart, ovviamente il nome è inventato, visto che non viene mai detto, comunque penso vi ricorderete di quel ragazzino un po
’ paffutello che viene preso di mira in classe da Chris, e difeso da Justin, nella prima stagione!
Precisazioni a parte, mi auguto che anche questa OS vi sia piaciuta, anche se, pur trattando di una tematica molto importante, ho deciso di renderla comunque leggera e molto fluffleggiante. Perdonatemi, ma ci sono momenti in cui proprio non riesco a prescindere dal lato "zuccheroso" dei Britin, e vengono fuori queste cose. XD
Comunque sia, ringrazio ovviamente tutti coloro che l
’hanno letta, così come tutti quelli che hanno recensito quelle pubblicate in precedenza, e vi mando un bacione gigantesco.

Alla prossima,
Veronica.

PS: Per chi segue la long "Time's Up", tranquille che non l
’ho certo abbandonata! Conto di pubblicare il nuovo capitolo verso l’inizio della prossima settimana. :)

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Capitolo 8
*** Never say never. ***


Never say never.

Raiting: Giallo
Timeline: pre/during 1x01.



*'*'*


“Never say never”



«Cinquanta dollari che non è gay!»
Volti lo sguardo verso Cynthia che ti cammina di fianco – o meglio, quasi corre sui suoi tacchi per reggere il tuo passo spedito – e le sorridi divertito. «Fidati di me, Cynthia. Il mio ‘gay radar’ funziona che è una meraviglia.»
«Be’...» commenta lei roteando gli occhi. «A giudicare dalla faccia che avevi stamattina, deve aver funzionato bene anche ieri sera! Sei almeno andato a dormire?»
Le passi amichevolmente un braccio intorno alle spalle e la guidi verso le macchinette automatiche. Tiri fuori il portafoglio e inserisci un paio di spiccioli nella fessura. «Dormire, è solo una necessità comune e sopravvalutata.» premi il pulsante e afferri la bottiglietta d’acqua, per poi berne un sorso con il tuo solito modo di fare sensuale. Ogni tua mossa è ben studiata per rimarcare il tuo esagerato sex-appeal. «Io preferisco scopare.»
«L’avevamo capito, Mister Meraviglia.» commenta lei, sollevando una delle sopracciglia. «Comunque sia, Tom del dipartimento artistico, non è gay.»
«E in quale parte del tuo cervellino etero è maturata questa convinzione?»
Lei arriccia le labbra con l’aria di chi la sa lunga, e ti sorride. «Mi ha chiesto di uscire!» strizza l’occhio e si volta per ripercorrere il corridoio e tornare in ufficio. «Mi ha invitata a cena questa sera.»
Premi la lingua contro la guancia e le sorridi. Stavolta però, non è uno dei tuoi sorrisi ironici o sprezzanti; stavolta è sincero, perché in fondo sei davvero contento per lei. 
Cynthia è una persona fantastica, una delle poche rappresentanti dell’emisfero etero a cui puoi dire davvero di voler bene – anche se è più che ovvio che non glielo confesserai mai – e che rispetti e ammiri nello stesso identico modo in cui lo fa lei con te; eppure, nonostante tutti questi pregi, non ha mai trovato qualcuno capace di starle accanto. Lei lo vede come un brutto segno, tu semplicemente sei convinto che nessuno fin’ora si sia rivelato alla sua altezza. «Ma davvero? Hai un appuntamento
«Sai com’è. Tra noi etero è normale conoscersi prima di finire a letto.» ti punzecchia e ti colpisce con una leggera gomitata alle costole. «Non tutti ci scopiamo degli sconosciuti di cui non ricordiamo neanche il nome!»
«Conoscerne il nome non servirà a farmi godere di più.» commenti in risposta, prima di bere un altro sorso d’acqua e lanciare una delle tue occhiate infuocate ad uno degli uomini che procede nella direzione opposta alla vostra.
«Ecco.» bisbiglia Cynthia. «L’hai fatto di nuovo.»
«Fatto cosa?» chiedi vago, senza riuscire a trattenere un sorrisetto. Sai benissimo a cosa si riferisce, ma ti diverte vedere come riesce a interpretare perfettamente ogni tuo segnale.
«La tua ‘infallibile occhiata da rimorchio’.» lancia uno sguardo alle sue spalle e ti chiede stranita. «Vuoi scoparti John? Ma non è sposato?»
«Già scopato.» rettifichi e la vedi strabuzzare gli occhi. «Comunque sì, è sposato ma...te l’ho sempre detto no? Mai fidarsi di un uomo che indossa calzini in tinta con la cravatta.» sollevi le sopracciglia e lei assottiglia lo sguardo. «E mai fidarsi di chi ostenta la perfezione della propria famiglia. Ha sempre qualcosa da nascondere.»
«Lo sai che a forza di stare con te sto diventando paranoica in fatto di uomini?» sbuffa e comincia a fissare attentamente chiunque le passi accanto. «E poi camminarti vicino è peggio che uscire con Heidi Klum. Rimorchieresti anche più uomini di lei!»
Scrolli le spalle e la fissi con una finta aria innocente, perché sai che non lo sopporta. Dice sempre che interpreti solo il classico lupo vestito da agnellino, e ha ragione. «Lo dici come se fosse un male.»
«No, ma mi chiedo come farai a trovare la tua anima gemella, visto che ti sei già scopato praticamente tutti i gay di Pittsburgh e rifiuti di replicare!» storce le labbra e ti guarda allarmata. «Ti darai alla conversione degli etero in super checche, attingendo al tuo charme, o hai intenzione di cambiare stato?»
Scoppi a ridere e ammicchi. «Io, non avrò mai il problema dell’anima gemella, perché non credo a queste stronzate che voi etero vi raccontate per andare a letto. Io non ho nessun bisogno di questi espedienti per scopare.»
«Mi dispiace per te, Brian.» ti risponde con aria di sfida. «Ma prima o poi tutti ci cascano...e tu, mio caro Mister-credo-solo-nelle-scopate-Kinney, non ne sarai esente! Nessuno lo è!»
Scuoti la testa rassegnato, per poi fermarti davanti alla porta del tuo ufficio e fare un cenno per indicare ‘l’appuntamento di Cynthia’ che sta scherzando insieme a dei colleghi in fondo al corridoio. «Attenta...» l’avverti con un sorrisetto ironico. «Mi sembra ci sia un po’ troppo feeling...»
«‘Fanculo, Brian.» ti risponde sibilando e si volta fingendosi offesa per tornare al suo posto, prima di sorriderti ancora. «Vedremo stasera chi ha ragione. Prepara i tuoi cinquanta dollari!»


*'*'*


Le luci psichedeliche del Babylon si alternano cambiando colore al tuo corpo perfetto, mentre balli al centro della pista e sai che tutti gli occhi sono puntati su di te, così come l’eccitazione di ogni uomo che ti ronza intorno non fa che aumentare in base a ogni tuo più misero gesto.
Chi ha bisogno di raccontarsi cazzate come quella dell’anima gemella, quando puoi avere ogni singolo uomo gay, indeciso o sessualmente confuso di questo mondo? Cosa te ne fai di un fidanzato, quando puoi cambiare il tuo amante anche più volte in una notte, senza neanche il minimo sforzo?
Non è la monogamia che t’interessa e non ti passa neanche lontanamente nell’anticamera del cervello di permettere a qualsiasi sconosciuto di invadere la tua vita. È solo la piena libertà di scoparti chi, come e quando ti pare, l’unica cosa che t’interessa, ed è quello che farai sempre. 
Al diavolo le stupide previsioni di Cynthia, fatte secondo gli altrettanto sciocchi luoghi comuni degli etero.
Tu non sei come loro. Tu sei gay e non hai bisogno di scuse o di dare giustificazioni per quello che sei e che fai.
Tu sei Brian Kinney, e l’unica cosa di cui t’importa è scopare...e così sarà, per sempre.
Sorridi e ti avvicini alla tua preda, le lanci un’occhiata decisamente eloquente e vedi i suoi occhi accendersi di eccitazione ed emozione allo stesso tempo, per aver avuto la fortuna di essere stato scelto da te.
Ma non lo porterai a casa stasera; non sei in vena di avere sconosciuti nel tuo letto per questa notte; non vuoi concedere un privilegio del genere, perché vuoi ricordare a tutto il mondo che per Brian Kinney è sempre e solo ‘una scopata’ e niente di più...vuoi ricordare a tutti che per te, nessuno di loro ha importanza.
Sei un bastardo egoista, e sei fiero di esserlo...perciò lo afferri per i pantaloni e lo trascini con te come un qualunque pezzo di carne, in un posto più appartato, dove poter godere tranquillamente dei suoi servigi.
Ti appoggi al muro e lasci che si avvicini al tuo collo e all’orecchio, mentre ti sgancia i pantaloni velocemente.
«Sbrigati, andiamo.» senti pronunciare da una voce familiare alla tua destra, quando il moretto che ti sei scelto scende ad inginocchiarsi davanti a te. «Abbiamo fame.» continua imperterrita la voce, e ti costringi ad aprire gli occhi e voltarti per guardare il tuo migliore amico.
«Sto dando il mio numero.» rispondi ironico.
«Ce l’hai scritto sul pisello?» chiede Michael con aria visibilmente scocciata, mentre tu ti umetti le labbra con la lingua. «Quanto ci vuole?»
Prendi la testa del ragazzo tra le mani e lo scosti un po’ per guardarlo in faccia. Lui ti sorride, evidentemente esaltato dalla situazione e rispondi atono, prima di lasciarlo tornare dov’era: «Dieci minuti. Al massimo.»
Michael ti rivolge l’ennesima espressione infastidita e stufa, e si volta per andarsene, lasciandoti finalmente in pace a godere di quello che lo sconosciuto davanti a te saprà fare con le sue labbra.
Ti sistemi meglio contro il muro e lasci ricadere la testa un po’ all’indietro, con le labbra dischiuse per respirare meglio, abbandonato nel piacere.
Il ragazzo non è certo un novellino, ma non riesci a godertelo appieno...è come guardare un film di cui conosci ogni particolare.
È scontato e insapore. Per quanto la sua lingua sia abile e le sue labbra sappiano posarsi su di te nel modo e nel ritmo giusto – dettato anche dalle tue mani ancora appoggiate sulla sua nuca – non c’è niente di particolarmente intrigante in quello che fa.
È una sensazione vuota, e le parole di Cynthia ti ronzano in testa con un rumore fastidioso e assillante. Forse quell’ultimo bicchiere era davvero di troppo, o forse questo sconosciuto non è poi così bravo come avevi creduto...anzi.
Prendi un primo respiro profondamente e trattieni il secondo, prima di lasciarlo andare e venire nella bocca del ragazzo di cui a malapena ricordi il volto, per poi scostarti da lui senza troppe accortezze. Ti risistemi e lo ignori letteralmente quando prova a fermarti, avviandoti verso il guardaroba.
Ritiri il tuo adorato giubbotto di pelle e ti volti per raggiungere l’uscita, quando il tuo cellulare prende a vibrare nella tasca dei pantaloni. Lo prendi e sorridi nel vedere sul display un messaggio di Cynthia: “Caro, mi dispiace deluderti, ma Tom è perfettamente etero e me l’ha dimostrato con la più eccitante scopata di tutta la mia vita. Voglio quei cinquanta dollari sulla mia scrivania domattina, quindi ti serve una prova, o ti basta sapere che sto per sgattaiolare via dal suo letto? I particolari ovviamente li lascio a domani. ‘Notte Brian e sta’ tranquillo, arriverà anche per te il principino azzurro che ti fregherà come si deve...e non vedo l’ora di dirti ‘te lavevo detto, brutto stronzo’.”
Scuoti la testa e sorridi, digitando velocemente una risposta: “Vado sulla fiducia, e non raccolgo le provocazioni. Su quello potrei scommetterci tutto...non succederà mai.”
Riponi il cellulare in tasca ed esci dal Babylon, raggiungendo i tuoi amici, e circondando le spalle di Michael con un braccio. «Hai fatto in fretta.» ti fa notare lui, mentre vi avviate verso la jeep.
«Quel tipo doveva essere esperto.» commenta Ted in risposta ed aggrotti la fronte.
«Mi sono annoiato.» ribatti voltandoti verso di lui e liberando Michael dalla tua stretta.
«Eh sì.» esclama Emmett ironico, mentre getti la giacca di pelle in macchina. «Farselo succhiare può essere terribilmente noioso.»
«Ah, sembrava stuzzicante.» conviene Michael, prima di apprestarsi a salutare.
«Ti accontenti di poco.» rispondi scocciato e fai per salire in macchina quando, non sai spiegarti bene per quale motivo, i tuoi occhi si sollevano casualmente e qualcosa, o meglio qualcuno, reso etereo dalle luci di Liberty Avenue e dal fumo, avanza solitario.
Ti fermi per un attimo, intento a scorgere la sua figura, e resti incantato quando finalmente riesci a vederne i lineamenti dolci – simili a quelli inverosimilmente perfetti di un angelo – sotto un’esplosione di capelli biondissimi e spettinati.
Ti senti come risucchiato da quella visione ed è come se non riuscissi più a staccare gli occhi da lui.
È un attimo, quello che separa la tua mente da questa consapevolezza, a quella di volerlo fare tuo per questa notte. Nei tuoi occhi si accende una strana luce, mentre lui si abbandona con la schiena contro un palo e, come per una strana coincidenza, si accorge subito delle tue attenzioni e ricambia quegli sguardi senza vergogna, incuriosito da te.
Sulle tue labbra si distende lentamente un sorriso visibilmente soddisfatto, e come se tutto il resto non esistesse, ignori chiunque e compi il primo passo nella sua direzione.
Non hai la più pallida idea di chi sia quel ragazzino e sei sicuro di non averlo mai visto da queste parti, ma chiunque sia e da qualunque posto venga, sai solo che non ti sei mai sentito così eccitato in vita tua all’idea di prenderti qualcuno.

Fanculo alle stupide idee di Cynthia, al ragazzo che non ti ha soddisfatto affatto e ai tuoi amici a cui darai il ben servito anche stavolta. ‘Fanculo al riposo per il lavoro importante di domani e ‘fanculo alla serata che sembrava aver preso la piega sbagliata.
Quando non te l’aspetti, le cose cambiano e prendono decisamente una strada più piacevole; quella che sicuramente avrà questa notte.
Perciò, ‘mai dire mai’ Brian Kinney; a parte che per gli stupidi stereotipi partoriti dalle menti etero.
Da quella roba sarai per sempre immune, e neanche il più eccitante dei ragazzini biondi, con gli occhi più azzurri e profondi che tu abbia mai visto, o le labbra perfette e succose, riuscirà a farti cambiare idea.
Di questo ne sei assolutamente certo...o forse, no?  

Note dell'autrice: 

Sono tornata con questa sciocchezzuola. Ormai mi dovete sopportare! 
Questa OS è una stupidaggine, lo so...ma proprio oggi mi sono accorta che è trascorso un anno dalla mia iscrizione a EFP e mi andava di pubblicare qualcosa un po', come dire..."alle origini". 
È corta, corta e anche abbastanza ripercorsiva di ciò che succede nel telefilm, ma mi è zampettata in testa e l
’ho scritta così, su due piedi. 
Fin dalla prima volta che ho visto Queer as Folk, mi sono sempre chiesta come mai Brian fosse uscito fuori dal Babylon con quella faccia scocciata, perciò stavolta ho provato ad immaginarlo e, questo che avete appena letto, è quello che ne è venuto fuori! XD 
Perdonate la mia stupidità! 
Tralasciando questo, ci tengo a ringraziare tutti coloro che hanno inserito questa raccolta tra le seguite, le preferite o le ricordate; chi ovviamente ha letto e chi ha recensito le scorse OS! 
Un grandissimo GRAZIE ed ovviamente un bacione!

Alla prossima, 
Veronica.  

PS: Per chi legge "Time's Up", non so se sarò in grado di aggiornare entro questo fine settimana, ma mi auguro comunque di poterlo fare al massimo per metà della prossima! Scusate per l'attesa!

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