Love, hope and strenght

di ChelseaH
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. Vodka, Lady Gaga e incontri casuali. ***
Capitolo 2: *** 02. Lui è Juri. ***
Capitolo 3: *** 03. Di nuovo al Magnet. ***



Capitolo 1
*** 01. Vodka, Lady Gaga e incontri casuali. ***


DISCLAIMER: Non conosco i Panik non mi appartengono, con questa storia non intendo dare rappresentazione reale dei loro caratteri e / o comportamenti ne tantomeno lucrarci sopra.


NOTE INIZIALI: L'avvertimento "AU" l'ho messo solo in quanto in questa storia i Panik non sono mai diventati famosi. Inoltre la fic, pur essendo incentrata su di loro, ha come special guest star gli Empty Trash, un'altra band tedesca anch'essa scioltasi più di un anno fa ormai, il cui leader Max Buskohl è diventato "famoso" più che altro per la partecipazione a Deutchland sucht den Superstar, un reality tipo American Idol, X-Factor ecc. ecc. ecc. I due ET che verranno maggiormente citati nella storia sono per l'appunto Max - il cantante - e Julius - il bassista.

Il Magnet Club in cui è per lo più ambientato questo primo capitolo è un locale berlinese che esiste davvero, quello che va per la maggiore in quanto a concerti e simili (tipo il nostro Alcatraz milanese per intenderci). E credo sia tutto per questo primo capitolo!

Ah… ovviamente la storia non è Timo-centrica, date tempo al tempo xD


Uh, e quasi dimenticavo! Love, hope and strenght è il titolo dell'omonima canzone dei The Black Pony, una band tedesca fresca fresca di Bester Durchstarter all'ultima edizione dei Comet!


Love, hope and strenght.

01. Vodka, Lady Gaga e incontri casuali.

Il caldo era soffocante quella sera al Magnet Club, un locale distante poche fermate di metropolitana da Alexanderplatz e dal cuore pulsante di Berlino. Zoey non capiva come mai dovessero passare la maggior parte delle loro serate lì, a prescindere da chi si esibiva sul palco o da quali dj si alternavano alla console, come se la capitale tedesca non offrisse nient’altro.

Sbuffò, passandosi distrattamente la mano fra i capelli castano scuri e alzandosi sulle punte per riuscire a vedere al di sopra della marea di teste danzanti che affollavano la pista da ballo, alla disperata ricerca dell’unica testa che voleva vedere, ma con scarsi risultati.

“Cerchi qualcuno?” una voce divertita alla sua destra la fece voltare di scatto.

“Razza di-“ iniziò a dire rivolta al ragazzo moro che le si era parato di fronte ma venne interrotta dallo stesso che la prese per un braccio trascinandola in mezzo alla pista e mettendosi a ballare.

Timo Sonnenschein, il suo coinquilino nonché responsabile di tutte quelle serate inutili passate a sudare dentro a quelle quattro mura.

“Perché la prossima volta non esci con Lena?” gli urlò all’orecchio avvicinandosi al ragazzo che le cinse i fianchi con le mani attirandola a sé.

“Perché Lena non è esattamente la mia migliore amica.” le rispose.

“Nemmeno io lo sono.” gli fece notare ma il ragazzo aveva già ripreso a ballare come se nulla fosse.

In realtà era strano vederlo così scatenato con musica come quella di sottofondo, Timo era più tipo da Samy Deluxe o Linkin Park, non certo remix assurdi di Born this way di Lady Gaga ma il ragazzo stava passando una sorta di crisi adolescenziale in quel periodo, poco importava che avesse ventitré anni suonati e andasse anzi per i ventiquattro.

“Vado a prendere da bere.” gli disse dopo un po’, lasciandolo da solo in mezzo a quel mare di persone e avviandosi verso il bancone del bar. Non fece a tempo a sedersi su uno degli alti sgabelli mentre attendeva che il barista si girasse verso di lei, che una ragazza dai lunghi capelli le andò incontro sorridendo e le si sedette vicino.

“Zoey!” esclamò sporgendosi dalla sedia per darle i classici tre baci sulla guancia.

“Lena...” sospirò Zoey. Non che non le facesse piacere vedere l’amica ma la presenza della ragazza e Timo nello stesso posto allo stesso momento, poteva essere potenzialmente un problema. Non fece a tempo a elaborare quel pensiero che un ragazzo alto, moro e ricciolino raggiunse Lena passandole un braccio intorno al collo e baciandola. Per fortuna Zoey non aveva ancora ordinato o sarebbe potuta affogare nel suo drink mentre osservava la scena e si rendeva conto di quanto poco vestita fosse l’amica, quanto fosse esageratamente truccata e quanto fosse... bionda. Da quanto non vedeva Lena? Due settimane, forse tre? Quattro magari? Si prese la testa fra le mani, Timo in crisi adolescenziale era un conto, ma anche Lena?

“Zoey, questo è Julius.” le disse Lena indicando il ragazzo, che prontamente allungò una mano verso di lei.

“Julius Caspar Murke.” si presentò.

Caspar? Seriamente? Zoey allungò a sua volta la mano senza riuscire a proferire parola.

“Zoey Hoffmann. – disse per lei Lena – Bene Zoey, noi andiamo a ballare.” aggiunse poi, sparendo con Caspar ancora prima che lei potesse proferire parola.

Ballare.

Ballare avrebbe portato Lena esattamente fra le braccia di Timo perché non importava quante persone affollassero il locale, la pista da ballo era troppo contenuta perché quei due potessero rimanere l’uno all’oscuro della presenza dell’altra e viceversa.

“Cosa ti do?” le chiese in quel momento il barista risollevandola dalle immagini di devasto e distruzione che si stavano formando nella sua mente.

“Una vodka lemon... no... liscia... doppia... tripla... quadrupla se esiste.” sospirò Zoey disperata chiedendosi perché, con tutti i locali di cui era provvista Berlino, Lena e quel Caspar avessero deciso di venire a ballare proprio lì.

“Sicura?” domandò l’uomo alzando un sopracciglio non troppo convinto.

“Sicurissima.” rispose lei resistendo all’impulso di scappare via prima dell’apocalisse, buttando giù tutto d’un fiato la vodka doppia che il barista le mise davanti e affrettandosi a chiedere un bis che diventò presto un tris.

“Un’altra.” disse mezz’ora abbondante dopo, strascicando le parole e lanciando occhiate preoccupate alla pista cercando di ricordare cosa la stesse preoccupando così tanto.

“No.” replicò con fermezza l’uomo dietro al bancone.

“Come?!” chiese Zoey indignata.

“Stai esagerando.” ripose semplicemente l’altro.

“Il tuo lavoro è servirmi da bere. Vodka!” esclamò la ragazza battendo un pugno sul tavolo con convinzione ma il gesto le fece perdere l’equilibrio e quasi cadere dalla sedia.

Guardò verso il basso, il pavimento iniziava a sembrarle oltremodo lontano.

“Vodka!” ripeté, con un po’ meno di decisione nella voce, mentre un senso di vertigine si impadroniva di lei.

“Hey attenta!” solo quando un ragazzo la prese saldamente fra le braccia, Zoey si rese conto di essere definitivamente scivolata dalla sedia.

“Portala a prendere una boccata d’aria prima che si senta male sul serio.” disse il barista all’indirizzo del nuovo arrivato, come se lo conoscesse bene.

“Oooookay capo!” esclamò questo rafforzando la presa su di lei e conducendola gentilmente lontano dal bancone.

“Mi gira la testa.” si lamentò Zoey, mentre in qualche parte remota del suo cervello una vocina gridava che non era bene farsi portare in giro dagli sconosciuti.

“Vedrai che ti sentirai subito meglio ora. - cercò di confortarla lui quando oltrepassarono una porta nascosta poco lontana dall’area bar e l’aria fredda della notte li investì in pieno – Respira profondamente.” le consigliò dando l’esempio ma Zoey venne assalita da un conato di vomito improvviso. E fortuna che si sarebbe dovuta sentire subito meglio, pensò mentre riversava l’anima all’angolo di una strada deserta, sul retro di un locale e con uno sconosciuto che si stava prendendo la libertà di tenerle i capelli tirati all’indietro per non farla sporcare.

Dannato Timo, dannata Lena, dannata vodka.

“Comunque io sono Max.” le disse il ragazzo allungandole un fazzoletto di carta e facendola sedere sul ciglio di un marciapiede poco lontano.

“Z-z-zoey.” balbettò lei rendendosi conto di star sudando freddo.

“Non sei molto abituata a bere eh?” suonava più come un’affermazione che una domanda, ma Zoey scosse comunque la testa.

“Non ti preoccupare, passa in fretta.” le disse sorridendo, passandole un braccio intorno alle spalle e strofinandole un braccio con la mano, cercando di scaldarla un po’.

“Puoi portarmi a casa?” gli chiese, del tutto dimentica che Max fosse un completo estraneo e pensando solo a quanto avrebbe voluto chiudere gli occhi, al caldo sotto il suo piumone.

“Certo Zoey.”


***


Timo era nero di rabbia, o forse definirlo nero di rabbia sarebbe stato un eufemismo.

Già gli piaceva poco uscire con qualcuno per divertirsi e poi venire abbandonato dal suddetto qualcuno per un drink ma, quello che gli piaceva ancor meno, era scoprire che – sempre suddetto qualcuno – era sparito – sparita – con uno sconosciuto dopo aver buttato giù alla goccia tre giri o forse quattro di vodka liscia. Tutte informazioni che aveva ricevuto dal barista, questo ovviamente dopo essere incappato nell’ultima persona sulla faccia della terra nella quale avrebbe voluto incappare, ovvero Lena Listing, ed essere scappato al bancone del bar alla disperata ricerca della spalla amica di Zoey sulla quale piangere, spalla che era sparita con chissà chi.

Sì, Timo era decisamente nero di rabbia.

Così si era lasciato il Magnet alle spalle e aveva composto a memoria il numero di Zoey mentre si dirigeva verso la più vicina fermata della metropolitana. Al secondo squillo la chiamata venne presa e una voce che proprio non era quella dell’amica rispose.

“Pronto?”

“E tu chi cazzo saresti?” lo aggredì Timo, senza nemmeno accertarsi di aver composto il numero correttamente.

“Mmm, potrei farti la stessa domanda. – replicò la voce con tono piuttosto seccato. – Comunque suppongo tu sia Timo.” aggiunse.

“Ripeto, chi cazzo sei?” la pazienza di Timo si stava decisamente esaurendo, accompagnata da un leggero senso di disagio e preoccupazione all’idea di Zoey sola con uno sconosciuto che si permetteva perfino di rispondere al suo cellulare.

“Max.” si limitò a rispondere la voce all’altro capo. Lo stava prendendo in giro? Sul serio pensava di sbrigarsela buttando fuori un nome?

“Passami Zoey.” gli intimò.

“Dorme.”

“Che vorrebbe dire che dorme?!” Timo era incredulo.

“Dorme.” ripeté l’altro.

“Dove?” chiese minacciosamente Timo, decidendo che era meglio optare per un taxi e andare a recuperare Zoey, ovunque si fosse cacciata.

“Nel suo letto... l’ho appena riportata a casa, non c’è bisogno di scaldarsi così tanto... anzi, potresti anche ringraziarmi per essermi preso cura di lei quando si è sentita male.” sbuffò Max prima di riappendere e lasciare Timo a fissare con basimento e preoccupazione crescenti il cellulare ormai muto, e rifiutandosi di contemplare i vari significati dell’espressione essermi preso cura di lei. Senza ulteriore esitazione si buttò in mezzo alla strada fermando di prepotenza il primo taxi di passaggio e indirizzandolo verso l’appartamento che divideva con Zoey.

Si era trasferito a Berlino da Neumünster ormai da più di un anno e per un po’ di tempo aveva abitato da solo godendosi quella novità, dopo aver condiviso per anni ogni momento della sua vita con degli amici che erano stati anche dei compagni di band ma che ormai avevano preso strade diverse dalla sua. Presto però aveva dovuto fare i conti con un portafoglio che non riusciva a stare al passo con le sue spese e si era deciso, seppur a malincuore, a cercare un coinquilino. Sempre meglio che doversene tornare a Neumünster, aveva pensato. Dopo aver vagliato diversi pretendenti al secondo posto letto offerto dal suo modesto appartamentino nel cuore di Neukölln, si era ritrovato a puntare tutto su una ragazza amburghese che gli aveva chiesto informazioni tramite mail e che gli era andata a genio a pelle, per motivi che non avrebbe saputo spiegare: Zoey Hoffmann. Sulle prime la sua ragazza dell’epoca, Lena – quella Lena – si era opposta all’idea che lui convivesse con una persona del sesso opposto diversa da lei, ma poi lei e Zoey avevano legato seduta stante e Lena aveva impiegato pochissimo a far evolvere il loro rapporto da quello di potenziali rivali in amore a quello di amiche. E ora erano sette mesi che conosceva Zoey e viveva con lei, e in quel lasso di tempo aveva imparato a volerle bene come a una sorella e, di conseguenza, a preoccuparsi per lei da bravo fratello acquisito quale si considerava. Andava da sé che quando finalmente il taxi si fermò di fronte all’edificio nel quale abitavano, impiegò meno di trenta secondi per pagare e precipitarsi su per le scale, facendo irruzione in casa come se dovesse salvare una donzella indifesa da un incendio o, peggio, da un tizio di nome Max.

L’appartamento era silenzioso e buio e, con suo sommo stupore, trovò Zoey profondamente addormentata – e sola – nel proprio letto. Un po’ pallida ma apparentemente in perfette condizioni fisiche. Tirò un sospiro di sollievo sentendosi un po’ stupido ad essersi preoccupato per niente ma prendendo allo stesso tempo nota mentalmente di farle una bella ramanzina la mattina dopo. Poi, rifiutandosi di rimuginare ulteriormente su quanto accaduto e sugli incontri sgradevoli fatti al Magnet, si tolse le scarpe e si buttò ancora vestito sotto alle coperte con lei.


***


Lena si stava spazzolando i lunghi capelli biondi seduta sul letto della sua stanza, mentre lasciava che le lacrime le scendessero libere lungo le guance. Aveva accettato di andare al Magnet con Julius e i suoi amici solo perché era sicurissima di non fare incontri di alcun tipo. Sapeva che Timo e Zoey frequentavano quel locale, ma era convinta ci andassero solo in occasione di determinati concerti e quella serata – un normalissimo dj set da discoteca – avrebbe dovuto essere abbastanza sicuro. E invece aveva capito che non lo era affatto nell’esatto istante in cui aveva adocchiato Zoey seduta al bancone del bar, e se Zoey era lì di sicuro lo era anche Timo dato che la ragazza a Berlino non aveva ancora avuto modo di farsi nuovi amici nonostante ci abitasse ormai da mesi e mesi. Voleva bene a Zoey ma stare con lei le ricordava Timo ed era questa la ragione per la quale aveva evitato l’amica negli ultimi tempi, semplicemente non voleva pensare a Timo. Si era perfino ossigenata i capelli per diventare l’esatto opposto di ciò che piaceva a quel ragazzo, al ragazzo che le aveva spezzato il cuore e a cui lei aveva spezzato il cuore e, a distanza di un mese e mezzo dalla rottura, ancora non riusciva a capacitarsi di come fosse successo. Un giorno stavano insieme ed erano una coppietta felice e contenta, con i loro alti e bassi come qualunque altra coppia di ragazzi della loro età, ma comunque stavano bene insieme. Il giorno dopo erano due perfetti estranei.

Aveva tentato di colmare quel vuoto e mettere una pezza a quel dolore uscendo con vari ragazzi ma nessuno le aveva fatto provare nulla di meritevole di essere provato, fino a quando aveva conosciuto Julius qualche settimana prima. Non che si fosse accesa una scintilla o qualcosa di simile, ma Julius sembrava un bravo ragazzo e di sicuro si divertiva molto con lui e anche i suoi amici le piacevano parecchio, quindi si era detta perché non provare?

Ma rivedere Timo... chissà se si era accorto che i suoi capelli non erano più del loro classico castano scuro o del ragazzo ricciolino con il quale stava ballando. Non avrebbe saputo dirlo, lo sguardo di Timo si era posato su di lei e si era subito distolto nell’esatto momento in cui l’aveva riconosciuta. Poi il ragazzo era scomparso in mezzo alla folla.



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Capitolo 2
*** 02. Lui è Juri. ***


DISCLAIMER: Non conosco i Panik non mi appartengono, con questa storia non intendo dare rappresentazione reale dei loro caratteri e / o comportamenti ne tantomeno lucrarci sopra.



Love, hope and strenght.

02. "Lui è Juri."

David si rigirava distrattamente il telecomando fra le mani, mentre osservava le immagini che si susseguivano sullo schermo del suo televisore e recitava sottovoce le battute dei personaggi un istante prima che loro le pronunciassero. Probabilmente aveva visto quell’episodio di Scrubs qualche volta di troppo e forse valeva per ogni singolo episodio di quello show, ma del resto tutti avevano le loro debolezze e una delle sue era proprio quel telefilm. Ascoltare mentre li ripeteva a memoria i monologhi interiori di JD lo riportava sempre a un tempo nel quale accanto a lui su quel divano a guardare quei dvd c’era sempre stato Timo Sonnenschein, il suo migliore amico fin dai tempi dell’asilo. Sbuffò al pensiero, odiava la lontananza e nonostante fossero passati mesi, ancora non capiva le ragioni che avevano portato l’amico a fare i bagagli e trasferirsi a Berlino.

Ho bisogno di cambiare aria, gli aveva detto un giorno e quindici giorni dopo saliva su un treno con un biglietto di sola andata e un appartamento affittato via internet ad attenderlo. Certo, Berlino non era all’altro capo del mondo rispetto a Neumünster, ma era lontana quanto bastava da rendergli impossibile prendere il telefono, comporre il numero di Timo e dirgli “ho appena messo il dvd, ti aspetto qui entro la terza scena massimo”. Questo non aveva cambiato il rapporto fra di loro ma vedere una o massimo due volte al mese qualcuno con cui era abituato a passare almeno venti ore al giorno su ventiquattro, era alquanto destabilizzante.

Ma Timo aveva sentito il bisogno di cambiare aria. Come se quella berlinese fosse poi tanto diversa da quella che si respirava nella loro piccola cittadina ai confini di Amburgo.

Il fatto era che un tempo erano un gruppo di sei amici: Timo Sonnenschein, Jan Werner, Juri Schewe, Christian Linke, Franky Ziegler e lui, David Bonk. A parte Franky, erano tutti cresciuti a Neumünster e dintorni, avevano frequentato le stesse scuole e avevano da sempre avuto lo stesso interesse: la musica. Era così che si erano ritrovati a formare una band, l’avevano chiamata Panik, avevano reclutato Franky e si erano dilettati per un po’ di anni a passare i loro pomeriggi chiusi in qualche garage o – quando potevano permettersi l’affitto – in qualche studio di registrazione amburghese, scrivendo, suonando e incidendo le loro canzoni. Erano riusciti anche a farsi conoscere abbastanza nella zona e avevano avuto l’opportunità di esibirsi parecchio nei locali amburghesi e non solo. Poi un pomeriggio – doveva essere una caratteristica comune quella di prendere decisioni assurde da un giorno all’altro – Linke si era presentato alle prove esibendo un biglietto – di sola andata pure quello – per Los Angeles.

Los Angeles che, nella fattispecie, distava un po’ più delle due ore e mezza di intercity express che dividevano Amburgo da Berlino. Ed era stata la fine dei Panik, così, senza senso e senza motivazioni logiche, anche se Linke aveva passato ore a spiegare le sue di motivazioni, e circa un mesetto più tardi Timo aveva fatto i bagagli convinto di lasciarsi alle spalle il dolore che gli aveva procurato la rottura della band ed ignaro di star andando incontro a tutt’altro genere di rottura che gli aveva causato tutt’altro tipo di dolore.

A David, Lena non era mai piaciuta.

Mai.

Fin da quando gli era stata presentata, un weekend che aveva deciso di andare a trovare a sorpresa Timo, aveva pensato che la ragazza si permettesse di stare un po’ troppo appiccicata all’amico. Qualche settimana dopo i due si erano messi ufficialmente insieme. Qualche mese dopo, fossero ringraziati tutti gli dei del cielo e della terra, si erano lasciati.

Al contrario Zoey, la coinquilina che Timo aveva trovato qualche mese dopo essersi trasferito a Berlino, gli era piaciuta a pelle, forse perché era in grado di rispettare in tutto e per tutti gli spazi del signor Sonnenschein.

Okay, forse era un pochino geloso e possessivo nei confronti di Timo, ma non era mai successo – mai in vent’anni che si conoscevano – che una ragazza venisse prima della loro amicizia e invece Lena aveva abbondantemente preso il sopravvento, permettendosi perfino di monopolizzare Timo quel poco che lui riusciva ad andarlo a trovare. Quindi sì, tirando le somme era piuttosto contento che Lena Listing fosse fuori dall’equazione. Se non altro quel fine settimana avrebbe potuto godersi la compagnia dell’amico in maniera decente, per la prima volta da mesi.


***


“Ti dico che non lo trovo.” ripeté Zoey per l’ennesima volta con tono sconsolato, buttandosi a sedere a peso morto su una delle sedie della loro piccola cucina.

“E io ti dico che non puoi averlo perso, quel Max mi ha chiamato dal tuo cellulare ieri notte, ed era qua.” le spiegò nuovamente Timo con tono paziente, mentre cercava di decifrare le istruzioni su come preparare il sushi a casa.

Zoey appoggiò la testa al muro, le doleva in maniera incredibile e l’ultima cosa di cui aveva bisogno era scoprire che quel Max, come continuava a chiamarlo Timo, le avesse rubato il cellulare. Non osava esprimere il pensiero ad alta voce, l’amico le aveva già fatto una ramanzina sufficientemente lunga sul farsi accompagnare a casa totalmente ubriaca da sconosciuti, quindi era meglio lasciarlo lì tranquillo a fare i suoi esperimenti culinari piuttosto che renderlo partecipe del suo atroce dubbio.

“Prima mi ha chiamato David.” le disse Timo dopo qualche minuto, chiudendo il libro sul sushi che stava consultando e sedendosi al tavolo con lei.

“Come sta?” chiese Zoey, grata di poter cambiare argomento.

“Bene... ha detto che questo weekend viene.”

A Timo si illuminavano sempre gli occhi all’idea di rivedere il suo migliore amico e Zoey si ritrovò a sorridere, dimentica per un istante del mal di testa post sbornia che aveva.

“E quindi cucini il sushi a tutti quanti?” gli domandò ridacchiando.

“No, penso che andrò a prenderlo al take-away e lo spaccerò per mio... ma non dirlo a David.” le rispose ridendo a sua volta.

In quel momento suonò il campanello e Zoey, pensando che non potesse essere nessun’altro a parte qualche vicino che magari aveva bisogno di qualcosa, si avviò verso l’ingresso incurante dei capelli in disordine e del fatto che fosse ancora in pigiama. Così, quando aprì la porta dell’appartamento ritrovandosi di fronte Max in persona, rimase freddata.

“Hey ciao! – le disse questi alzando una mano in cenno di saluto e sorridendole – Come stai? Sembri molto più in forma di ieri sera.”

“C-ciao.” rispose Zoey interdetta. Che ci faceva Max sulla soglia di casa sua?

“A proposito, questo è Jul-“

“CASPAR!” lo interruppe lei urlando mentre metteva a fuoco per la prima volta il ragazzo che lo accompagnava.

“Sì... Julius... Julius Caspar sì...” replicò Max confuso.

“Credo sia un’amica di Lena. – spiegò Julius facendosi avanti. – Di nuovo piacere.” aggiunse poi allungando una mano verso di lei, mano che rimase sospesa a mezz’aria a stringere il vuoto per una trentina di secondi prima di essere ritirata.

Zoey li fissava ad occhi sgranati.

Quel Max era amico di quel Caspar?

“Ah, io sono Max Buskhol, ieri sera non ci siamo presentati bene.” le disse Max tendendole a sua volta la mano e lasciandola a penzoloni a mezz’aria esattamente com’era toccato a Julius.

Zoey non lo era stato nemmeno a sentire. Che ci faceva quel Caspar lì? All’improvviso realizzò che Timo era stato piuttosto vago sulla sua serata dopo che si erano divisi, troppo impegnato com’era a sgridarla per la sbornia e tutto il resto. Non le aveva detto che si era annoiato né che si fosse divertito, solamente che aveva scoperto di lei ubriaca e Max andando a cercarla al bancone del bar. Perché la stava cercando? Per tornare a casa? O perché aveva visto Lena e di conseguenza anche Caspar attaccato alla ragazza? Il nodo che iniziava a formarsi alla bocca del suo stomaco la faceva propendere per la seconda ipotesi, il che significava che doveva assolutamente liquidare Caspar prima che Timo venisse a curiosare. Nel frattempo Max si era rimesso a parlare e lei ovviamente non aveva ascoltato mezza parola.

“Devo andare.” gli disse facendo per chiudergli la porta in faccia.

“No aspetta, non ho finito! Mi dispiace sul serio, non arrabbiarti...” il tono del ragazzo era quasi supplicante e Zoey si chiese di cosa caspita stesse parlando.

“Non sono arrabbiata è che ora proprio non posso.” replicò lei tentando nuovamente di chiudere la porta ma lui la bloccò.

“Tieni. – disse semplicemente porgendole quello che sembrava essere il suo cellulare scomparso – Come ho detto... mi dispiace.” aggiunse per poi voltarsi e sparire oltre le scale, seguito da Julius che le fece un cenno di saluto con la mano.

Zoey rimase interdetta sullo zerbino a fissare il telefono che aveva in mano. Quindi ce l’aveva davvero Max, ma dato che gliel’aveva riportato era ovvio che se l’era portato via per sbaglio, altro che ladro. Rientrò in casa chiudendosi la porta alle spalle sospirando. Caspar o non Caspar, in fondo avrebbe potuto essere un po’ più carina con quel Max.


***


Lena era seduta da Starbucks con un vanilla latte fumante di fronte e iniziava a pentirsi di aver chiesto a Zoey di uscire. Era quasi tentata di alzarsi e scappare prima che l’amica arrivasse, aveva voglia di vederla e di raccontarle tutto quanto, ma non di sentirsi fare il terzo grado su Julius né tantomeno correre il rischio di sentirsi rinfacciare quanto stesse soffrendo Timo. Ma rivedere Zoey la sera prima le aveva fatto venire una nostalgia assurda delle ore passate a chiacchierare e divertirsi insieme ed era stato più forte di lei, le aveva chiesto se le andava di prendere qualcosa da Starbucks ed ora eccola lì, in attesa. Non aspettò molto, meno di cinque minuti dopo Zoey entrava nella caffetteria e si dirigeva al suo tavolino, non prima di essersi presa una cioccolata con panna e una fetta di torna vaniglia e cioccolato. Lena sorrise nel constatare che le abitudini della ragazza non erano cambiate di una virgola.

“C’era un caos assurdo nella metropolitana, penso mi ci vorrà molto più di questo per riprendermi.” le disse sedendosi di fronte a lei e indicando la cioccolata fumante che aveva in mano.

“Strano.” commentò Lena, intuendo che l’evidente stato di sbattimento dell’altra doveva avere poco o nulla a che fare con questo fantomatico caos nella metropolitana che lei sapeva benissimo non esserci, dato che ne era uscita qualcosa come dieci minuti prima.

“Allora, come va?” le chiese Zoey abbozzando un sorriso.

Per un attimo Lena fu tentata di iniziare a parlare a raffica raccontandole tutto di Julius, ma poi cambiò idea.

“Tutto bene. – si limitò a rispondere. – Tu? Mi sembri stanca.” aggiunse.

“Sì beh... ieri sera mi sono ubriacata diciamo... non è stato molto bello.” ridacchiò con poca convinzione.

“Ubriacata?!” domando Lena trattenendo a stento la sorpresa, Zoey non era esattamente un tipo alcolico anzi, era l’esatto opposto.

“Sì... storia lunga.” tagliò corto l’altra e la ragazza comprese che c’era qualcosa che l’amica non voleva dirle. Qualcosa che probabilmente aveva a che fare con Timo o con Julius o, peggio ancora, con Timo che si era accorto di Julius. E in fondo non poteva nemmeno biasimarla per il fatto che sarebbe sempre stata dalla parte di Timo.


***


Zoey si buttò sul letto distrutta, quella giornata era stata decisamente troppo movimentata: prima un post sbornia che non voleva saperne di andarsene, poi la visita improvvisa di Max e infine l’appuntamento per merenda da Starbucks con Lena, un’oretta scarsa passata a evitare tutti gli elefanti che si aggiravano per la stanza.

“Hai fame?” Timo entrò nella sua stanza con un piatto strapieno di sushi invitantissimo fra le mani, e Zoey si rese conto di star morendo di fame.

“Altroché!” gli rispose sedendosi a gambe incrociate sul letto e afferrando le bacchette che l’amico le stava porgendo.

“Take-away.” le confidò il ragazzo con un sorriso colpevole, mentre si sedeva di fronte a lei e iniziava a servirsi.

Zoey non rispose ma trattenne a stento una risata mentre a sua volta afferrava un pezzo di sushi al salmone dal piatto.

“Vedo che hai ritrovato il cellulare.” osservò Timo indicando l’apparecchio buttato con malagrazia di fianco al cuscino.

“Sì, era sotto quella marea di vestiti.” mentì Zoey, indicando la pila assurda di abiti ammucchiati su una sedia.

“Un giorno di questi finirai per perdere perfino te stessa in mezzo a questo caos.” ridacchiò Timo con la bocca piena.

Passarono il resto della cena in silenzio, assaporando fino all’ultimo quelle delizie e poi il ragazzo la lasciò sola per andare a sistemare la cucina e il disastro che ci aveva combinato tentando di fare del sushi casalingo.

Rimasta di nuovo sola Zoey si rese conto che non poteva continuare ad evitare accuratamente l’argomento. Doveva chiedergli se sapeva di Caspar e in caso di risposta negativa illuminarlo. Timo non l’avrebbe presa bene, ma aveva il diritto di sapere che Lena era andata oltre e, forse, così sarebbe riuscito a farlo anche lui. Senza contare che le dispiaceva il distacco che avvertiva fra lei e Lena, i silenzi e le conversazioni forzate da Starbucks erano stati quantomai imbarazzanti, e sapeva che prima i due si fossero decisi a mettere entrambi una pietra bella pesante sopra alla loro storia passata, e prima tutto sarebbe tornato alla normalità. Si alzò dal letto ed uscì dalla stanza decisa ad affrontare l’amico, quando il campanello suonò del tutto inatteso, per la seconda volta quel giorno. La ragazza andò ad aprire, sentendosi molto sciocca quando invece di Max si ritrovò di fronte un ragazzo alto e biondo, mai visto prima. Chissà poi perché si aspettava di ritrovare nuovamente Max sulla soglia del suo appartamento.

“Ciao!” la salutò allegramente il nuovo arrivato.

“Ciao...” rispose scettica al saluto, chiedendosi chi fosse il biondino e come mai la stesse salutando con quel tono così pieno di confidenza.

“Posso entrare?” le chiese, cercando di sbirciare oltre la testa della ragazza alla ricerca di qualcosa di non meglio definito.

Zoey stava per aprire bocca per chiederglieli chi caspita fosse e come mai si sentisse così in diritto di entrare in casa sua, quando la voce entusiasta di Timo giunse alle sue spalle.

“Juri!!!” esclamò l’amico, scavalcandola e abbracciando il nuovo arrivato che poi fece entrare chiudendosi la porta alle spalle.

“Qualcuno mi vuole spiegare cosa sta succedendo?” si azzardò a chiedere Zoey, seguendo i due fino in cucina dove il ragazzo chiamato Juri stava già frugando nel frigorifero come se fosse roba sua.

“Zoey, lui è Juri!” le spiegò Timo, con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.

“Uh, ciao Zo, tutto bene?” le chiese Juri riemergendo dai meandri del frigo con in mano un cartone di pizza risalente probabilmente a due giorni prima se non di più.

Zo?

“Lui è Juri.” sottolineò nuovamente Timo, fissandola piena di aspettativa.

“Juri Schewe.” precisò il biondo appoggiando il cartone della pizza sul tavolo e tendendole la mano.

E finalmente Zoey capì.

Juri, Juri Schewe come il batterista della band in cui Timo cantava.

Juri come uno dei suoi migliori amici di sempre.

Ecco perché l’amico sembrava al settimo cielo ed ecco perché il biondino si sentiva in diritto di fare come se fosse a casa sua. Sapeva che i due non si vedevano praticamente da quando Timo si era trasferito a Berlino, ma non era passato nemmeno un giorno senza che si sentissero in interminabili telefonate o conversazioni via computer, ed ecco anche perché Juri la trattava come se la conoscesse.

Zoey si decise finalmente a stringergli la mano.

“Quella pizza è da buttare.” gli disse ma Timo aveva già preso in mano il telefono per ordinarne un’altra.

“In effetti non ha una bella cera.” commentò Juri lasciandole la mano e chiudendo il cartone.

“Qual buon vento ti porta finalmente da queste parti?” li interruppe Timo andandosi a sedere sul ripiano di fianco ai fornelli.

“Ehm... avrei bisogno di un posto dove stare.” gli rispose semplicemente Juri guardandolo speranzoso.

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Capitolo 3
*** 03. Di nuovo al Magnet. ***


DISCLAIMER: Non conosco i Panik non mi appartengono, con questa storia non intendo dare rappresentazione reale dei loro caratteri e / o comportamenti ne tantomeno lucrarci sopra.



Love, hope and strenght.

3. Di nuovo al Magnet.

Lena vagava per il Magnet con un bicchiere stracolmo di birra in mano, domandandosi cosa ci fosse di così difficile da capire nel concetto odio la birra, e chiedendosi come mai i ragazzi quando dicevano ti vado a prendere da bere tornassero sempre e solo con birra in mano, del tutto incuranti del fatto che gli fosse stato espressamente detto niente birra, grazie. L’autore del misfatto al momento stava dietro alla console del dj, passando musica di dubbio gusto mentre cercava di intrattenere i presenti con frasi a effetto di altrettanto dubbio gusto. Insomma, Max Buskohl non era esattamente il tipo di persona più adatta a fare l’intrattenitore, ammesso che il giudizio di Lena a riguardo valesse qualcosa. E capiva che lui e Julius fossero amici per la pelle, ma questo cosa c’entrava con lei? Perché doveva passare minimo una serata a settimana a sorbirsi il dj set di Max quando in realtà odiava tutto quello che Max faceva in veste di dj? Perché stava con Julius e Julius pensava fosse carino che lui e la sua ragazza dedicassero le loro serate a supportare l’amico. Che si sposasse con Max allora, pensò Lena stizzita. Non che fosse un cattivo ragazzo, anzi apparteneva decisamente alla squadra dei bravi ragazzi della porta accanto, ma i suoi discorsi erano noiosi e stupidi – più che altro tutti incentrati sulla musica, per cui probabilmente per nulla stupidi ma a lei piaceva pensare così per non dover ammettere che non capiva quasi nulla di ciò che lui diceva – aveva un gusto musicale decisamente retrò che non le piaceva ed era anche ora che si trovasse una ragazza o qualsiasi distrazione che lo tenesse lontano da Julius e gli facesse dimenticare quanto gli piacesse fare il terzo incomodo.

Insomma, Max Buskohl andava accasato e, possibilmente, anche allontanato da quella dannata console. E gli andava spiegato anche che se una persona gli diceva niente birra, significava per l’appunto niente birra. Lena sospirò sconsolata appoggiando il bicchiere su un tavolino con nonchalance e allontanandosi come se nulla fosse, magari aveva appena fatto un grosso regalo a qualche ubriacone col portafoglio vuoto.

“Allora? Ti stai divertendo?” Julius la sorprese alle spalle abbracciandola e dandole un bacio sulla guancia.

“Certo!” esclamò lei con un po’ troppa foga e un po’ troppa fretta di rispondere, ma il ragazzo non parve farci caso.

“Ottimo! Pensavo che dopo potremmo andare a mangiare qualcosa da qualche parte. – le propose – Io e te soli.” aggiunse prendendola per mano e trascinandola al centro della pista.

“Certo!” ripeté Lena, stavolta con una nota di puro entusiasmo nella voce.

Sarebbero finiti in qualche McDonald aperto fino a notte inoltrata il che non era il massimo del romanticismo ma era sempre meglio che stare lì a fare da balia a Max.

“E Max?” gli chiese per scrupolo, giusto per non sembrare troppo felice di lasciarselo alle spalle.

“Max è grande quanto basta per badare a se stesso.” ridacchiò Julius e lei non poté fare a meno che unirsi alla risata del ragazzo.


***

Il Magnet avrebbe dovuto essere territorio tabù, ma a quanto pareva non c’era stato verso di ficcare quel semplice concetto in testa a Juri. Zoey aveva sentito puzza di guai fin dalla fermata della metropolitana e poco importava che Timo non fosse presente fisicamente, lo era nella sua testa e tanto bastava.

“Non capisco perché devi essere così nervosa, non è un appuntamento galante.” le disse il biondo sorridendo maliziosamente.

Zoey sbuffò evitando di dire che il pensiero non l’aveva nemmeno sfiorata.

“Ti ho già detto perché non è consigliabile andare al Magnet. – gli rispose – Ma a quanto pare non hai compreso.” aggiunse.

“Timo stava con Lena, si sono mollati male, Timo frequenta il Magnet, a quanto pare ora anche Lena lo frequenta, Timo non riesce a levarsi dalla testa Lena, Lena invece sta con un tizio chiamato Caspar o qualcosa del genere, Timo e Lena quasi sicuramente si sono incontrati o scontrati al Magnet ma non ne sei sicura perché non hai avuto il coraggio di affrontare l’argomento, in ogni caso Lena frequenta il Magnet col suo ragazzo dal nome assurdo, Timo non è ancora riuscito ad andare oltre ergo il Magnet è terra proibita. Che ne dici?”

Zoey rimase interdetta.

“E allora perché ci vuoi andare a tutti i costi?” gli chiese dopo un attimo.

“Perché è uno dei locali più quotati di Berlino e io abito ufficialmente a Berlino da ben tre giorni e non ci sono ancora stato. E perché voglio vedere questa Lena che tanto ha fatto penare Timo e sono anche curioso di sapere che faccia potrebbe avere uno che si chiama Caspar.” le rispose con il tono più calmo e naturale dell’universo.

In effetti anche lei sarebbe stata curiosa di scoprire come fosse fatto un Caspar se già non l’avesse fatto, quindi in fin dei conti era un argomentazione contro la quale non poteva dire nulla.

“Senza contare che Timo ha bisogno di privacy.” aggiunse il ragazzo dopo qualche minuto.

“Privacy?!” domandò lei alzando un sopracciglio.

“Ok, forse è David quello che ha bisogno di privacy.” concesse Juri scuotendo la testa come se fosse fin troppo abituato alla possessività dell’amico nei confronti di Timo.

In effetti David era arrivato solo poche ore prima e come prima cosa aveva trascinato Timo in bagno e ci si era chiuso dentro, sostenendo di dovergli parlare a quattrocchi. Cosa avessero fatto in quel bagno, Zoey non voleva nemmeno saperlo, così come non era sicura di voler sapere se quelle di David fossero possessività e gelosia al livello più alto o se ci fosse qualcos’altro sotto. E ovviamente non sapeva nemmeno come mai le passassero certe cose per la testa, forse semplicemente perché non aveva la minima voglia di mettere piede al Magnet e quindi doveva tenersi occupata la mente con pensieri che la distogliessero da quello su dove si stavano dirigendo.

“Ovviamente non diremo nulla a Timo.” Juri continuava a parlare imperterrito e Zoey decise di lasciarlo fare limitandosi a seguirlo fino a quando non furono dentro al locale.

Le ci vollero meno di cinque minuti a localizzare Lena e il signor Caspar mentre nelle orecchie le rimbombava l’assordante suono della musica, e non appena li vide si girò dalla parte opposta allontanandosi il più possibile.

“Sono loro?” le urlò Juri nelle orecchie incuriosito.

Zoey si limitò a fare un cenno affermativo con la testa.

“Sembra stiano andando via.” affermò il ragazzo meditabondo.

“Davvero?” domandò lei speranzosa, magari dopotutto sarebbero riusciti a divertirsi.

“Già... li seguo!” decretò Juri lanciandosi verso la porta dalla quale erano da poco entrati e dalla quale stavano uscendo Lena e compagno a braccetto.

“No, aspetta!” Zoey tentò di fermarlo ma due ragazzi con troppo alcol in corpo le piombarono addosso spintonandola e passando oltre.

“Che razza di gentaccia!” una voce familiare e due braccia quasi familiari corsero in suo aiuto aiutandola a riprendere l’equilibrio ma, quando riuscì a rimettersi in piedi, Juri era ormai sparito. Si voltò così verso il suo salvatore, mettendolo a fuoco sorpresa.

“Ciao...” Max alzò la mano in cenno di saluto distogliendo lo sguardo e arrossendo imbarazzato. Zoey non poteva certo biasimarlo visto come si era comportata durante il loro ultimo breve incontro e così, incerta sul da farsi, si limitò ad alzare una mano a sua volta.

“Come stai?” le domandò il ragazzo dopo qualche istante.

“Bene... tu?” rispose lei, non sapendo dove posare lo sguardo e fissandolo dunque all’altezza del petto, ovvero l’unica cosa di lui che vedeva senza alzare gli occhi verso il suo viso. Sì, il ragazzo era decisamente alto.

“Bene, ho appena finito.” Zoey percepì un sorriso nella sua voce e si decise a guardarlo in faccia.

“Finito cosa?”

“Il dj set... ero io che sparavo la musica fino a due minuti fa.”

“Wow! – esclamò lei – Si guadagna un sacco immagino.” aggiunse pensandoci su.

“Sì... abbastanza.” replicò lui con una nota delusa nella voce.

“Cioè... non che questo sia importante! – si affrettò a dire Zoey – Ok, non ho minimamente fatto caso alla musica.” ammise infine e Max si mise a ridere.

“Sei da sola?” le chiese.

“No, anzi sì. – sbuffò – Ero con un amico che prima mi ha trascinata qui e poi mi ci ha mollata per seguire-“ si bloccò di scatto ricordando che Caspar e Max erano apparentemente amici e non era il caso di raccontargli di come loro – ovvero lei, Juri e anche Timo – fossero tutti affiliati all’hate club di Julius Caspar cognome dimenticato.

“Idem. – sospirò Max – Ero con Julius, te lo ricordi? Comunque se n’è andato con la sua ragazza.”

“Che peccato.” Zoey riuscì a stento a trattenere l’ironia.

“Che ne dici di andare a bere qualcosa?” le propose dunque Max.

“No grazie, ho chiuso con l’alcol dopo l’altra sera.” sospirò Zoey, chiedendosi cosa stesse combinando Juri e cosa stessero combinando Lena e Caspar, come se fosse un suo problema.

“E se bandissimo gli alcolici? Ti andrebbe di bere qualcosa?” Max pareva alquanto speranzoso.

“Davvero?”

“Parola di scout! – esclamò stringendo la mano a pugno sul petto – Anzi, sai che ti dico? Potremmo andare a bere qualcosa altrove.”

Perché no? In fondo Max era simpatico e non aveva fatto nulla di male – a parte forse essere amico di quel Caspar – e del resto dubitava che Juri si sarebbe rifatto vivo, preso com’era dalla sua attività di spionaggio.

“Ok.” rispose alla fine e Max le porse il braccio come un perfetto cavaliere.


***


“Ti dico che ci sta pedinando da quando siamo uscite dal Magnet.” ripeté Lena per la centesima volta, o forse la millesima.

“E io ti dico che sei solo paranoica.” replicò Julius.

“Non sono paranoica, è uscito dal locale con noi e ci ha seguito fin qui.” bisbigliò la ragazza sporgendosi il più possibile verso di lui, seduto all’altro capo del tavolo.

“Lena, è un McDonald.” tentò di farla ragionare lui.

“E dunque?”

“Probabilmente l’unico posto aperto nel raggio di non so quanto in cui puoi sperare di mangiare qualcosa a quest’ora.” proseguì lui, indicandole l’orologio.

“E allora?”

“E allora non vedo cosa ci sia di strano nel fatto che a qualcun altro oltre a noi sia venuto un leggero languorino dopo una serata passata a ballare.”

Lena aprì la bocca per replicare ma la richiuse quasi subito, rinunciando a far capire il suo punto di vista a Julius. In compenso fissò lo sguardo sul ragazzo alto e biondo seduto a qualche tavolino di distanza, ragazzo che al momento sembrava oltremodo impegnato a cospargere di ketchup le sue patatine. Aveva l’aria familiare, c’era qualcosa in lui che decisamente le ricordava qualcuno, nonostante fosse abbastanza sicura di non averlo mai visto prima di allora. Si rendeva conto che quel ragionamento fosse assurdo, come poteva una persona che era sicurissima di non aver mai visto prima ricordarle qualcuno così intensamente? Non lo sapeva, ma sapeva benissimo che quel ragazzo li aveva deliberatamente seguiti col proposito di seguirli per l’appunto, e non riusciva a capire il perché. Lei e Julius erano così interessanti? O magari il biondino conosceva Julius? E allora perché il Julius in questione pareva non averlo minimamente riconosciuto? E in ogni caso, se il biondo conosceva Julius, perché non aveva tentato il benché minimo cenno di saluto? Mentre la sua mente era impegnata ad assillarla con tutte queste domande, il ragazzo all’altro tavolo alzò lo sguardo verso di lei scoprendola a fissarlo e facendola diventare di un intenso rosso peperone.

“Smettila.” le intimò Julius attirando la sua attenzione verso di lui.

“Ma ti dico che-“

“E io ti ho detto che è solo qualcuno che è stato preso dalla fame di mezzanotte come noi.” le disse considerando evidentemente chiusa la questione. Eppure Lena non riuscì a fare a meno di riportare lo sguardo verso il ragazzo biondo, che ora stava sorseggiando tranquillamente la sua bibita come se non avesse altri pensieri per la testa.

Che fosse davvero paranoica?

Incredibilmente paranoica?

Probabile.

Decise così di lasciarlo perdere e riportare la propria attenzione sul ragazzo di fronte a lei, il suo ragazzo. Non era il caso di sprecare quei momenti da soli proprio ora che erano finalmente riusciti a liberarsi dell’ingombrante presenza di Max.


***

“Sei una presenza ingombrante.” bofonchiò Timo al ragazzo seduto di fianco a lui sul letto.

“Non sono una presenza ingombrante!” replicò piccato l’altro, avvicinandosi ulteriormente.

“Lo sei eccome, spostati!” gli intimo Timo dandogli uno spintone con un braccio e facendolo rotolare giù dal letto.

“Timo.” disse con aria solenne l’altro.

“David.” rispose esasperato Timo.

“Non capisco perché io non mi possa stabilire qui.”

“Perché ci si è già stabilito Juri.”

“E dunque?” chiese David tornando a sedersi sul letto, stavolta a gambe incrociate di fronte a Timo.

“E dunque come vedi questa camera è già piena.” gli disse sempre più esasperato mostrandogli con un cenno della mano tutte le cose di Juri e il letto che era stato aggiunto all’altro capo della stanza che – per inciso – si trovava si e no a mezzo metro dal suo.

“Se Juri può vivere qui posso farlo anch’io.” s’impuntò David.

Timo sospirò.

Solo il cielo sapeva quanto gli sarebbe piaciuto avere di nuovo intorno David giorno e notte ma, oggettivamente parlando, non c’era spazio per lui e di sicuro non poteva cacciare Juri per fargli posto.

“Caccia Juri allora.”

Per l’appunto.

Timo sbuffò senza rispondere, David quando ci si metteva sapeva essere decisamente... appiccicoso.

“In camera di Zoey c’è spazio per un altro letto!” esclamò trionfante David.

“Non dormirai con Zoey!” l’indignazione di Timo salì ai massimi livelli alla sola idea.

“Io no.” ridacchiò David mentre saltava giù dal letto e si metteva a raccogliere tutte le cose di Juri.

“Che stai facendo?” chiese Timo preoccupato.

“Aiuto Juri a traslocare.” gli rispose semplicemente l’altro senza smettere di ridacchiare.

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