Pioggia

di Eman
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


E' buffo come la prima immagine che ricordi di quel periodo sia il mio riflesso allo specchio, quando ancora tutto non era andato a rotoli, quando ero ancora piena di fiducia verso il futuro.

.

Mi ricordo come fissavo la mia immagine sconcertata da quello che vedevo, occhi verdi, forse un po' troppo truccati, ricambiavano il mio lo sguardo, il viso era incorniciato da una cascata di rossi boccoli e un vestito verde mi fasciava il corpo lasciandomi scoperta la schiena.

Mi sentivo a disagio, terribilmente a disagio.

I Jeans e la canottiera che avevo poggiato sulla sedia della scrivania mi osservavano chiedendomi il perchè li avessi abbandonati, avrei voluto mettere subito fine alle loro sofferenze indossandoli di nuovo, ma poi me la sarei dovuta vedere con Marta e quello sarebbe stato davvero un grosso problema. Era lei che aveva deciso cosa avrei dovuto indossare quel giorno, come portare i capelli, come truccarmi... e io, incapace di uccidere così il suo entusiasmo, glielo avevo lasciato fare. Sì, lo so, devo imparare a dire di no.

Il campanello suonò distogliendomi dai miei pensieri, presi un profondo respiro e uscì di casa, di lì a poco avrei rivisto Nathaniel.

< Ehi sei fantastica! > esclamò Marta non appena entrai nell'auto

< Niente di speciale > risposi chiudendo la portiera

< Niente di speciale? Guardati, ho fatto un capolavoro! > disse mentre portava la macchina fuori dal parcheggio e imboccava la strada che dava alla spiaggia.

Portai gli occhi al cielo per inscenare un perfetto: per favore fatela smettere, quando vidi una cappa verdognola che oscurava completamente il cielo

< Hai visto che nuvoloni? >

< Sì, spero che il tempo, almeno per stasera, regga >

< Hanno un colore strano > constatai cercando di mascherare la mia preoccupazione, avevo un brutto presentimento.

< Sarà colpa dei fuochi d'artificio, magari ne hanno già sparato qualcuno per prova >

< Si, sarà per quello > assentì poco convinta.

La macchina, intanto, era uscita dalla città e campi coltivati costeggiavano la strada che si srotolava davanti a noi, poco più in là, comparve, dietro una collina, la ciminiera di quella che supposi fosse una fabbrica.

< Marta, Marta, MARTAA! > urlai.

Lei intenta a duettare con la cantante del cd sembrava ignorarmi completamente, fu solo alla fine della canzone che si decise a girarsi verso di me.

< Scusa cara, stavi dicendo? >

< Guarda là > dissi cercando di dissimulare l'irritazione, era sempre la stessa storia, quando iniziava a cantare non le si poteva parlare fino alla fine della canzone, avesse avuto una bella voce almeno.

Marta si girò dalla parte indicata e strizzo gli occhi per mettere a fuoco, aveva sempre negato anche a se stessa di aver bisogno di occhiali, evitava gli oculisti come la peste.

< Ah quella.. Sì, in effetti sembra essere comparsa dal nulla un paio di giorni fa, Lucrezia ( per chi non lo sapesse era la sua parrucchiera ) mi ha detto che nessuno entra e nessuno esce, ma la fabbrica rimane comunque sempre in funzione. Vedi il fumo che esce? Roba inquietante eh? >

< Già > il mio brutto presentimento cresceva di minuto in minuto

< E dai! Non fare quella faccia, avranno degli appartamenti all'interno per i dipendenti, oppure un'uscita secondaria, o... Whoaaa guarda quante gente è venuta quest'anno! > Esclamò inchiodando di colpo. Eravamo arrivate.

< Corri non voglio perdermi neanche un minuto > continuò

Non feci neanche in tempo a scendere dalla macchina che la pazza urlante che una volta era stata mia amica mi prese per mano e mi trascinò in mezzo alla mischia.

< Scusa ma devo andare a cercare Marl > era raggiante

< Certo il tuo ragazzo è sicuramente più importante della... > trovai inutile concludere la frase visto che Marta era già scomparsa tra la folla.

Rimasta da sola ne approfittai per darmi un'occhiata in giro: la festa era enorme, quattro gazebo, disposti in modo da formare i vertici di un quadrato, erano allestiti con buffet e tavoli ,e l'area che sottendevano era interamente dedicata alle danze. Un numero esorbitante di corpi si agitavano insieme a ritmo di musica come un unico essere, stavo pensando che avrei benissimo potuto passare tutta la festa ad ammirare le sagome danzanti, quando qualcosa di azzurro occupò tutta la mia visuale.

< Buonasera > salutò il pezzo di stoffa davanti a me

Nel riconoscere quella voce mi sentì arrossire, sollevai lo sguardo e mi persi negli occhi neri del mio interlocutore (che a questo punto spero abbiate capito non era un pezzo di stoffa ), presa dalla stessa frenesia di uno storico davanti al tesoro di Priamo, passai al setaccio ogni suo lineamento, iniziai dagli occhi, poi feci scivolare lo sguardo su quel naso perfetto, fino a soffermarmi sulle fossette, mi accorsi solo al termine dell'accurata analisi che forse, il bel ragazzo che avevo davanti, era ancora davanti a me perchè aspettava che gli rispondessi.

< Ciao, Nathaneil > farfugliai

< Sei bellissima oggi. Ti va di ballare? > Ora, voglio specificare che normalmente avrei declinato l'offerta, una delle cose che più odiavo fare era appunto ballare, ma lui era così carino che mi si spezzava il cuore a dirgli di no, e poi siamo seri, era proprio quello che da giorni pregavo succedesse, Nathaniel che mi rivolge la parola! Incredibile.

Annuì vigorosamente, ero troppo agitata per poter dire qualunque cosa quindi mi limitai a seguirlo e mano nella mano ci avviammo verso la pista. Poco prima di gettarci nella mischia notai uno strano ragazzo che ci fissava intensamente, a dirla tutta fissava solo me, ma decisi di non farci caso, era un momento troppo bello per interessarsi alle occhiatacce altrui.

Il mio accompagnatore era un ballerino provetto, esattamente come tutti quelli che si trovavano intorno a me, mi sembravano dei greci alle prese con qualche festa olimpica, io invece, bhè io sembravo più una menade ubriaca che cerca di mantenere l'equilibrio, non proprio un bello spettacolo insomma.

Potei fermare i miei piedi solo quando Nathaniel si imbatté in alcuni suoi amici e insieme si misero a fare una danza dal dubbio gusto scatenando l'ilarità generale.

Io, intanto, colsi l'occasione al volo e, senza farmi vedere, mi diressi verso il bordo della pista, più tardi mi sarei giustificata con Nathaniel improvvisando una scusa qualsiasi, una storta..., sì una storta sarebbe stata una scusa perfetta, magari poi preso dalla compassione avrebbe passato il resto della serata con me, seduti, senza ballare, da soli... una mano mi toccò la spalla scaraventandomi di nuovo nel mondo reale.

Mi girai sorridendo, pensavo fosse Marta che mi chiedeva come mai scappassi dalla pista, ma il mio sorriso si tramutò in un'espressione di stupore quando constatai che chi mi aveva toccato la spalla era lo stesso strano ragazzo che prima mi stava fissando.

< Ci conosciamo?> chiesi

< Devi venire con me, ti prego, non fare domande, tra poco capirai >

Non giudicatemi male, non so in quel momento cosa mi prese, non sarei mai andata con uno sconosciuto, sopratutto con uno che si comportava in maniera così insolita, ma qualcosa nel suo tocco mi calmò e senza neanche accorgermene mi sorpresi a seguirlo.

In poco tempo raggiungemmo una casetta di legno, era abbastanza vicina alla spiaggia, tanto che, appena entrati nell'ingresso, la musica proveniente dalla festa rimbombava su tutte le pareti rendendo difficile ogni tentativo di dialogo chi vive qui dovrà essere furioso mi ritrovai a pensare.

Grazie alla luce delle lampadine riuscì a scorgere i lineamenti del ragazzo di cui stupidamente mi ero fidata, li studiai attentamente, se fossi uscita viva da lì avrei dovuto avere più dettagli possibili riguardo all'identità del mio aggressore. Bhè sicuramente non sarebbe stato difficile identificarlo, doveva essere una specie di albino, capelli e pelle erano di un bianco quasi innaturale che contrastavano con il colore blu scuro degli occhi.

< Perchè mi guardi così? > chiese notando la mia espressione

< Ti sto studiando >

< Perchè mi stai studiando? >

< Mi sembra lampante! Tu mi hai trascinata a casa tua per farmi Dio solo sa cosa, devo avere degli elementi per identificarti appena uscirò da qui > sbottai forse questo era meglio tenerlo per me

Una risata cristallina riempì la stanza

< Non ti farò niente per cui valga la pena denunciarmi, stai tranquilla >

Il sorriso del ragazzo si trasformò in una maschera di preoccupazione quando la luce di un fulmine ci abbagliò per un istante.

< Sta arrivando > disse dirigendosi in cucina. Io lo seguì, spaventata dal suo cambio improvviso di umore, anche se non dovevo esserne molto sorpresa, si sa che i serial Killer sono lunatici. Ripensandoci mi viene da chiedermi perchè non sia scappata in quel momento, il ragazzo mi dava la schiena e fissava preoccupato la finestra, non si sarebbe accorto se io furtivamente fossi uscita, ma qualcosa mi diceva che seppur in casa con uno sconosciuto, sarei stata più al sicuro lì dentro che fuori.

Raggiunsi la finestra che il ragazzo stava guardando, da quella posizione si poteva vedere la parte di spiaggia utilizzata per la festa. Il fulmine e i nuvoloni erano indice di pioggia imminenti e mi rattristai pensando a quanti ragazzi sarebbero ritornati a casa bagnati fradici e delusi per come la serata si era conclusa, mai avrei potuto immaginare quello che successe dopo.

< Adesso allontanati dalla finestra, non guardare > ordinò il ragazzo in tono risoluto, oddio vuole che mi allontani dalla finestra così che possa farmi a pezzettini senza correre il rischio che qualcuno lo veda, sono stata una stupida a non scappare, merito tutto quello che mi succederà

< No. Fai qui tutto quello che devi fare > dissi in tono melodrammatico

< Cosa è che dovrei fare? >

< Sei un maniaco no? Un... > la frase mi morì in gola. Gocce di pioggia, grandi come pugni cadevano dal cielo. In pochi secondi l'aria risuonò di urla di dolore, i ragazzi che prima ballavano adesso erano distesi a terra, quelli che riuscirono a rifugiarsi sotto i gazebo tirarono un sospiro di sollievo, ma troppo presto gridarono vittoria perchè con lentezza esasperante l'acqua iniziò a corrodere lo strato di plastica del tetto. I buchi all'inizio insignificanti iniziarono a diventare sempre più grandi fino a mangiare tutta la plastica del tettuccio, a quel punto i ragazzi non poterono far altro che andare incontro al loro terribile destino.

Rimasi a fissare i loro corpi che piano piano a causa del potere corrosivo dell'acqua si assottigliavano sempre di più fino a che i miei occhi non furono saturi di orrore, fu solo allora che mi accorsi di tremare violentemente.

< Sophia te l'avevo detto che non avresti dovuto guardare > disse il ragazzo mettendomi una mano sulla spalla. Subito il calore mi invase il corpo e piano piano il tremito cessò. Mi sedetti su una sedia in cucina, con lo sguardo fisso davanti a me iniziai a metabolizzare quello che era successo, non appena mi sentii pronta decisi di provare a parlare

< Chi sei? > riuscì a dire

< Mi chiamo Ivan > rispose il ragazzo, dal tremito della sua voce mi accorsi che anche lui era spaventato

< C..cosa è successo? Come sapevi? >

< E' una lunga storia e tu sei troppo scossa per sentirla, va a letto, domani parleremo > disse scostandomi una ciocca di capelli dalla faccia.

Troppo stanca per obiettare mi trascinai nella stanza che il mio misterioso salvatore mi stava indicando e mi addormentai col suono della pioggia che ancora batteva sul tetto.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***



La mattina successiva mi svegliai convinta di essere in camera mia.

Avevo fatto un sogno strano quella notte, alcuni frammenti di immagine mi vorticavano ancora in testa, ma non avrei saputo dargli un ordine e sinceramente non avevo neanche voglia, gettai le braccia indietro e iniziai a stiracchiarmi con una serie di complicate mosse, adoravo quel momento della mattina.

Mi accorsi subito che c'era qualcosa di strano, primo: Max (il mio cane) non era ancora salito sul letto a leccarmi la faccia, secondo: non sentivo l'aroma del caffè che, da quando ho memoria, accompagna il mio risveglio. Saranno andati a fare una passeggiata pensai, ma dovetti ricredermi sentendo la pioggia che batteva sulle tegole del tetto, purtroppo realizzai che per capire cosa stava succedendo sarei dovuta scendere al piano di sotto, a malincuore portai un piede fuori dalle lenzuola, rimasi in quella posizione per qualche secondo e poi mi decisi a scendere dal letto, perchè è tutto così maledettamente difficile la mattina? Arrancai verso la porta con gli occhi ancora socchiusi quando mi accorsi che quella non era la porta di camera mia, dov'erano finiti i milioni di poster che la tappezzavano? I ricordi della sera prima mi caddero addosso come una cascata di mattoni, no forse dei mattoni avrebbero fatto meno male. Volevo così tanto che gli eventi della notte scorsa fossero stati solo un sogno che alla fine avevo finito per crederci veramente, tutti quelle morti, tutte quelle urla... la rabbia si impossessò del mio corpo e inizia a tirare pugni e calci alla porta fino a quando le mani non iniziarono a sanguinare, stremata mi accascia per terra e inizia a piangere, versai tutte le lacrime che potei per quei ragazzi che troppo presto avevano incontrato la morte; piangere in quel momento mi sembrava l'unica cosa che potessi fare, ma a un certo punto finirono anche le lacrime. Fu solo allora che decisi di scendere per parlare con Ivan.

Scesi le scale ricoperte di moquette bordeaux, attraversai il salotto e raggiunsi la cucina, fu con enorme stupore che constatai l'assenza del ragazzo che mi aveva salvata, dov'era finito? Uscire con quella pioggia sarebbe stato da folli.

Mentre mi dirigevo verso la finestra che la notte prima mi aveva mostrato tutto quell'orrore, notai un foglio poggiato sul tavolo della cucina, lo presi in mano e subito, quella che sembrava una collana cadde sul pavimento, la raccolsi e la esaminai incuriosita, il ciondolo era a forma di goccia azzurra circondata da una ragnatela argentata, carina, ma a cosa mi sarebbe servita in un momento come quello? Spostai sullo sguardo sulla lettera, magari mi avrebbe rivelato qualcosa

 

Buongiorno Sophia, mi dispiace essermene andato così di fretta, ma avevo già attirato troppo l'attenzione su di me, un giorno capirai.

Devi sapere che la pioggia è stata creata per distruggere l'uomo e il suo operato, ovvero tutti i materiali da lui modificati (plastica, le leghe di metallo ecc..) mentre è inoffensiva per tutti gli altri esseri come piante e animali, poiché gli alberi entrano in quest'ultima categoria anche il legno risulta resistente all'azione corrosiva dell'acqua ecco perchè adesso ti trovi all'interno di una casa costruita interamente di questo materiale.

Indossa la collana che hai trovato ed essa ti proteggerà nel caso tu decidessi di uscire fuori.

Ti chiedo però di non cedere alla tentazione, perchè se qualcuno scoprisse il potere del ciondolo farebbe di tutto per prendertelo, non sai ancora di cosa siete capaci vuoi umani messi in simili condizioni e preferirei che tu non la scoprissi.

Troverai cibo e bevande nel seminterrato, ho cercato di raccogliere più provviste in modo da non costringerti ad uscire alla ricerca di altre.

Ora di devo lasciare, ti prego di non fare stupidaggini.

Ivan

 

Misterioso fino alla fine pensai continuando a rileggere fino a che non imparai a memoria l'intera lettera, dopo di che i miei occhi ricaddero di nuovo sul ciondolo, mi avrebbe davvero protetto dalla pioggia? Ormai avevo visto troppe cose per stentare a credere nel potere di quella goccia, però se non avesse dovuti funzionare sarebbe stata davvero una brutta sorpresa, decisi in quel momento di provarla, tanto avevo tutto il giorno da occupare in qualche modo.

Andai in salotto alla ricerca di qualche oggetto da sacrificare per l'esperimento e la mia attenzione fu subito catturata da un telecomando poggiato sul tavolino al centro della stanza, per scrupolo, prima di lanciare il telecomando in una avventura dalla quale potrebbe non riuscire a ritornare, decisi di provare ad accendere la tv, con mio grande dispiacere lo schermo rimase nero, probabilmente era andata via l'elettricità. Fantastico un problema in più da risolvere.

Scocciata dalla nuova scoperta presi la collana e l'avvolgei sul telecomando, poi mi avvicinai al camino e scelsi un'attizzatoio che mi sarebbe servito per riprendere l'oggetto sacrificale una volta terminato l'esperimento. Così equipaggiata io e i miei compagni telecomando e attizzatoio ci dirigemmo verso la porta d'ingresso, misi la mano sulla maniglia, ma invece di spingerla verso il basso, rimasi immobile, e se una folata di vento mi gettasse la pioggia in faccia? Mi scrollai subito di dosso il pensiero, da quando ero diventata così fifona? Prima di dare il tempo a qualche altro dubbio di spaventarmi spalancai la porta. Quello che vidi non era molto diverso da una classica giornata di pioggia se escludiamo la grandezza delle gocce, presi un profondo respiro e lanciai il telecomando fuori dalla casa, ovviamente abbastanza vicino in modo che potessi recuperarlo e fu in quel momento che successe qualcosa di sorprendente: una specie di bolla trasparente circondò completamente il telecomando facendo scivolare lo gocce di pioggia, rimasi a fissare quel prodigio con la bocca aperta per minuti interi, prima di decidere a muovermi, in fretta aiutandomi con l'attizzatoio avvicinai il telecomando fino a riportarlo al coperto.

Mentre il telecomando era uscito vittorioso dall'esperimento, lo stesso non potei dire della povera sbarra di ferro che si polverizzò in pochi secondi, poca male, almeno era riuscita a portare a termine il compito.

Ritornai in casa e iniziai a camminare avanti e indietro per il salotto come un leone in gabbia, cosa avrei dovuto fare adesso? Aspettare che la pioggia finisse? E se non fosse mai finita? Non volevo passare il resto della mia vita all'interno di quella campana di vetro, anzi ero convinta che se avessi voluto salvare la mia salute mentale sarei dovuta uscire in quell'istante e andare a cercare qualcuno che mi dicesse che non era tutto frutto della mia mente malata, cosa che in quel momento mi sembrava essere la più logica. Così, prima che la mia parte razionale decidesse di farmi visita, mi misi la collana e uscì di casa.

 

 

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