Innamorato di mia madre

di AlexDavis
(/viewuser.php?uid=107053)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Certamente se mi avete riconosciuto starete pensando 'Un'altra storia?' o ' Ma non aveva il computer in clinica'. Se non mi conoscete starete pensando 'Ma quando cazzo parla questa?'.
Eh beh ragazze, si sono io e sono qui con un'altra storia, erano troppo poche due. Per il computer, mio padre lo ha fatto aggiustare in tempo record da un suo amico.
Well... come state ragazze? Si muore dal caldo anche da voi? Da me non si può stare.
Allora per chi non mi conosce sono l'autrice di 'Lo stagista sexy' e 'The Shos Must Go On'. Non sono le uniche che ho scritto, ma le altre le ho conluse, se vi fa piacere andate a leggerle.
Cmq questa storia l'avevo in mente da molto, ma non trovavo mai il tempo o lo spunto, poi un giorno mentre stavo prendendo il sole in piscina mi è venuto in mente tutto il primo capitolo e fortuna che aveva un quaderno e una penna nella borsa così ho potuto scriverlo sotto lo sguardo sconvolto e rassegnato del mio ragazzo.
Questa storia parla di un Edward che si trova in una situazione un pò scomoda... si ritrova ad avere una cotta per la compagna di suo padre, Isabella.
Se vi ha incuriosito, continuate a leggere se è il contrario non fa niente :)
Buona lettura, ragazze.
xoxo Alex



 

Capitolo 1



Mi trovavo in camera mia immerso nella lettura del mattone sotto forma di libro che mi sarebbe servito per scrivere la mia tesi di laurea. Mi mancavano poco più di tre mesi per quel giorno, il giorno in cui sarei diventato medico.
Chirurgo neonatale, il mio sogno fin da quando aveva imparato a parlare e a capire. E poi avevo sempre voluto seguire le orme di mia madre, lei era il più bravo medico che avessi mai conosciuto. Era perché morì quando io aveva tredici anni per mano di un pazzo psicopatico che la incolpava di aver ucciso suo figlio durante un’operazione da lei svolta. Mia madre aveva fatto tutto quello che era in suo potere per salvare quel bambino, ma non ci era riuscita. Si era incolpata per settimane e alla fine aveva smesso per sempre.
Da quel giorno aveva capito definitivamente quale fosse il mio ruolo nel mondo e avevo passato tutte le sere in portico a leggere i suoi innumerevoli tomi di medicina fino ad addormentarmi stanco e mio padre era sempre costretto  prendermi tra le sue braccia e portarmi in camera.
Mio padre è un brav’uomo e un ottimo padre. Anche lui medico, ma uno psicologo ed è grazie a lui che siamo riusciti a non sentire troppo la mancanza di mia madre.
I primi tempi era molto divertente vederlo alle prese con mia sorella Alice che aveva poco più di quattro anni. Io lo avevo aiutato quanto potevo , ma comunque se la cavò egregiamente e continua a farlo anche adesso che siamo cresciuti e abbiamo le nostre vite.
L’unica cosa che non mi stava bene del suo lavoro era il suo continuo viaggiare in quei posti dove era richiesta la sua consulenza, ha scritto anche molti libri ed era sempre in giro per pubblicizzarli o in qualche trasmissione per spiegare le sue motivazioni e le sue idee.
In quel momento si trovava in Francia ed ogni volta che ci telefonava non faceva altro che dirci di avere una grossa sorpresa per noi e che sperava tanto che ci piacesse. Io non avevo idea di cosa fosse e non mi interessava più di tanto, l’avrei vista quando fosse tornato, ma mia sorella Alice che in quel preciso istante entrò come una furia nella mia stanza non la pensava allo stesso modo.
Mia sorella è una bellissima ragazza e non lo dico perché sono suo fratello e quindi di parte, ma lo è per davvero. A quel tempo aveva capelli castani che le arrivavano quasi sotto il suo seno protagonista di molte lamentele perché allora troppo piccolo; occhi grandi, verdi ed espressivi ed infine un graziosissimo nasino all’insù. L’unica pecca secondo lei era l’altezza, era un po’ bassa per la sua età.
Ma nonostante pensasse di non essere un granché aveva file interminabili di ragazzi che le ronzavano intorno con me in prima fila. Ma per lei non esisteva altro che il suo grande amore Jasper, fratello del mio migliore amico Emmett.
I primi tempi in cui cominciavo a capire che quei due si piacevano feci di tutto per dividerli perché non potevo accettare di dividere mia sorella con qualcun altro che non fosse mio padre. Ma poi Emmett mi fece aprire gli occhi ‘E’ Jasper, Edward, il ragazzo più buono e okay che conosci. E’ meglio che sia lui e non qualcuno che non la rispetta’ mi aveva detto ed io dovetti dargli ragione, perché ne aveva. Conoscevo Jasper da quando era un bambinetto pestifero ed era cresciuto con noi, diventando un ragazzo responsabile e con la testa sulle spalle, quindi gliel’avevo affidata non dopo essermi divertito un po’ con lui, niente di illegale sia chiaro.
Mi girai verso di lei che si era letteralmente buttata sul mio letto a due piazze e torturava il mio peluche regalo della mia migliore amica, Rosalie, nonché moglie di Emmett.
Alice sbuffò ed io sorrisi. << Cosa c’è? >>
Lei sbuffò ancora. << Angela non c’è, è fuori con i genitori. >> mi spiegò.
Annuii. << E a me? >> le chiesi facendole capire che era un dettaglio che di certo non mi avrebbe cambiato la giornata o la vita.
Lei sbuffò ancora, di questo passo avrebbe creato un tornato con tutti quei sbuffi. << Ho bisogni di parlare con qualcuno e tu sei la mia ultima spiaggia. >>
Fu il mio turno di sbuffare. << Se è per vestiti e quant’altro, te ne puoi anche andare. >> le spiegai acido.
Lei scosse la testa e sospirò afflitta convincendomi ad avvicinarmi e sdraiarmi accanto a lei per dispensare un po’ di consigli.
Lei mi seguì e sospirò. << Ti manca la mamma? >>
Annuii. << Ogni singolo momento di ogni singolo giorno. >>
Si girò verso di me. << E se papà si risposasse? >>
Ci avevo pensato molte volte a quella prospettiva ed una volta lo avevo anche chiesto a mio padre, ma lui aveva risposto che se era meritevole di un’altra possibilità lei avrebbe raggiunto lui.
La possibilità di avere un’altra donna in casa oltre Alice ch si occupasse di noi e della casa era una bella prospettiva. Alice ne aveva bisogno e anche mio padre, io non lo sapevo, ma conoscendomi mi sarei adattato come sempre.
<< Non sarebbe male. >> risposi.
Lei annuì. << Mi servirebbe una mamma adesso. >> e sospirò afflitta.
La fissai. << Ti sono venute le mestruazioni? >> le chiesi un po’ spaventato.
Lei rise. << Sei un po’ in ritardo, fratello. >> poi ritornò seria. << E’ una questione un po’ delicata. >>
<< Sono pronto. >> le rassicurai e la incitai a parlare con un sorriso.
Lei si alzò e cominciò a scavare un solco sul pavimento tante furono le volte che lo percorse avanti ed indietro torturandosi le labbra e le mani.
Sbuffai spazientito. << Alice? >> la chiamai.
Lei si fermò e fece un grosso respiro. << Okay, questo è quanto. Sono pronta per fare l’amore con Jasper. >> disse tutto di un fiato.
Probabilmente vide qualcosa nel mio sguardo e sul mio viso perché sbiancò ed indietreggiò.
<< Ed-edward. >> mi chiamò sussurrando terrorizzata.
<< Che.cosa.vuoi.fare? >> le chiesi scandendo bene le parole.
<< Ehm… >> deglutì.
<< Fila in camera tua! >> le ordinai arrabbiato.
Lei mi guardò sconvolta. << Ma… >>
<< Via! >> le urlai infuriato e lei scattò uscendo dalla mia camera e subito entrando nella sua sbattendo la porta.
Mi alzai dal letto, afferrai le chiavi della moto, il giubbino e mi fiondai fuori casa. Sfrecciai per le strade con l’intenzione di andare da Jasper e testare su di lui le varie torture che mi erano venute in mente nel momento in cui Alice mi aveva detto di voler perdere la verginità con lui. Ma era ancora vergine?
Accelerai ancora di più a quella prospettiva, ma l’insegna del cimitero mi fece frenare di botto. Guidai con più calma fino all’entrata principale e dopo aver parcheggiato mi diressi alla lapide bianca di mia madre.

 

Esme Platt Evenson Cullen
 

  Sulla lapide c’era scritto elegantemente: Moglie affettuosa, madre amorevole, medico eccellente e donna straordinaria.
Ero stato io a voler che fosse scritto una cosa del genere perché volevo che tutti sapessero quanto era stata straordinaria e completa in vita.
Mi accomodai sull’erba secca e sorrisi guardando la sua foto sorridente. Quanto era bella.
<< Ciao mamma, scusami se ti disturbo, ma ho davvero bisogno di parlare con te. >> sospirai. << Alice mi ha detto che vuole fare l’amore con Jasper, ci credi? Il mio folletto pronto per diventare donna. >> scossi la testa. << Non so se riuscirei a sopportarlo, lei per me è ancora una bambina. >> sbuffai. << Il problema non è Jasper perché è un ottimo ragazzo e mi fido di lui, so che non farebbe nulla che potesse farla soffrire. Il problema sono io, non sono ancora pronto per lasciarla andare. >> sospirai. << Cosa faresti se tu fossi qui? >>
<< Bhe… probabilmente ti direbbe che sei un ottimo fratello e che Alice è abbastanza matura da prendere da se le sue decisioni. >> disse una voce femminile alle mie spalle.
Non mi girai neanche perché sapevo chi fosse, era la mia migliore amica Rosalie.
Si accomodò accanto a me e osservò la foto sorridente di mia madre. Anche lei aveva sofferto alla sua morte perché era stata una madre per lei dall’età di quattro anni e di conseguenza lei era stata come una figlia per mia madre.
<< Alice sconvolta ha chiamato a casa dicendo che eri scappato arrabbiato e aveva paura che fossi andato da Jasper, ma io sapevo che eri qui. >> mi spiegò ed io annuii.
Mi girai verso di lei e come sempre non potei fare a meno di notare com’era bella. Aveva lunghi e lucenti capelli biondi, pelle pallida, due bellissimi e profondi occhi azzurri e delle labbra sensuali. Era seduta quindi non potevo osservarla interamente, ma sapevo del suo corpo da modella che aveva fatto girare la testa a molti, ma solo uno era riuscito a conquistarla e a portarla all’altare. Certo era stata dura per Emmett rozzo e dal comportamento da orso, ma con la sua dolcezza e tenerezza l’aveva fatta sciogliere come neve al sole.
Con Rosalie avevo fatto quelle esperienze tra le più importanti come il primo bacio, la prima volta e la morte di mia madre. Lei era quella che mi conosceva meglio di me stesse e a volte, come in quel momento, qualcuno che ti conoscesse così tanto serviva.
<< Cosa faccio? >> le chiesi.
Lei fece spallucce. << Potresti darle un po’ di fiducia. Alice è davvero una brava ragazza, Edward, e lo è anche Jazz. >> mi fissò intensamente. << Da loro una possibilità. >> mi disse con il suo fare materno.
Annuii afflitto e mi sentii immediatamente stringere da due braccia esili, ma forti. Sapeva sempre capire quando avevo bisogno di un abbraccio, del suo abbraccio.
Mi strinsi a lei e le sfiorai le labbra con le mie. << Ti voglio bene, Rose. >> le dissi sincero.
Lei mi sorrise dolcemente. << Ti voglio bene anche io, tesoro. >> e mi diede un bacio sulla fronte.
Era sempre stato così tra noi, senza imbarazzo o altro. Ci amavamo come fratello e sorella.
 
Quando tornai a casa sentivo chiaramente Mariah Carey cantare dalla stanza di mia sorella ed io sapevo cosa significasse. Ogni volta che Alice metteva su quella playlist era triste ed io mi sentii immediatamente in colpa.
Andai in camera mia e presi quello che mi serviva e andai da lei. La trovai sdraiata sul letto mentre guardava il soffitto e muoveva i piedi a ritmo di musica. Spensi la radio e lei subito alzò la testa sorpresa, ma poi sospirò di sollievo tentando un sorriso, ma le uscì una smorfia.
<< Stai bene? >> mi chiese.
Mi accomodai accanto a lei e le lanciai la scatoletta che avevo preso dal mio cassetto dei desideri. Alice la presi e arrossì abbassando lo sguardo e apparendomi troppo tenera, ma mi imposi di non abbracciarla, almeno fino a che non avrei finito il mio discorso.
Sospirai. << Se proprio vuoi farlo e se davvero ne sei convinta, voglio che tu sia preparata. >>
<< Edward… >> cercò di dire qualcosa, ma la fermai.
Scossi la testa e mi girai verso di lei, le presi le mani tra le mie. << Mi dispiace per il mio scatto di rabbia, ma… Alice tu per me sei ancora il mio folletto pestifero e sapere che sei già  arrivata a quel traguardo mi fa strano. Non… non riesco a credere che tu sia cresciuta così tanto. >> le dissi quasi sconvolto.
Alice mi sorride intenerita e si fece spazio tra le mie braccia che subito la strinsero.
<< Io sono lo stesso il tuo folletto pestifero, Ed. >> mi disse con voce piccola, da bambina.
Sorrisi. << Già. >>
<< Sei il fratello migliore del mondo. >> mi disse dandomi un bacio sulla guancia.
<< Lo so. >> e lei mi diede un buffetto sul braccio facendomi ridere.
 
Mio padre sarebbe atterrato a momenti, ma non aveva voluto che lo andassimo a prendere all’aeroporto perché ci aveva costretti a preparare la cena con l’ aggiunta di un piatto perché c’era qualcuno con lui. La sua tanto chiacchierata sorpresa, a meno che non mi portasse Halle Barry non mi interessava.
Alice era subito andata in brodo di giuggiole e si era messa subito all’opera impartendo ordini a destra e a manca, facendomi pulire la casa da cima a fondo neanche dovessimo ospitare Obama e famiglia.
Erano le otto e trenta quando sentii la porta di casa aprirsi e mio padre urlare dabbasso: << Ragazzi, venite ad abbracciare il vostro vecchio. >>
Scesi immediatamente e lo abbracciai perché mi era mancato davvero. << Ciao vecchio. >> salutai.
Lui mi diede una pacca sulla spalla. << Sta attento, ragazzo, ti taglio i viveri. >> e risi con lui.
All’improvviso un tornado mi scansò fino a farmi entrare in salotto e scontrarmi con qualcuno, mi girai e mi irrigidii.
Davanti ai miei occhi con un sorriso più dolce dello zucchero c’era la creatura più divina che avessi mai visto.
Era alta più o meno un metro e sessantacinque e se avevo pensato che Rosalie avesse il corpo più perfetto esistente non avevo visto ancora il suo.  Aveva le gambe magre e sode come potevo notare dallo strettissimo jeans che aveva; i fianchi stretti, il ventre piatto e una seconda abbondante tutto messo in risalto dalla camicia blu attillata che indossava. Il viso era a forma di cuore incorniciato da una cascata di boccoli lucenti e scesi del colore della castagna. Aveva le guance teneramente colorate di rosa e si mordeva il labbro inferiore leggermente più carnoso di quello superiore. I suoi occhi li lasciai alla fine per paura di sprofondarci perché di un profondo e caldo color del cioccolato fuso.
Era un incanto.
Mi sorrise gentilmente. << Ciao, tu devi essere Edward. >> mi disse con voce melodiosa e gentile.
Mi ricomposi ed annuii. << Si, sono io. >>
Stava per dire qualcosa quando mio padre ed Alice ci raggiunsero. Mio padre si avvicinò alla ragazza e le sorrise dolcemente, immediatamente le guance della dea si imporporarono leggermente di rosa facendola apparire più bella se era possibile.
<< Edward vedo che hai già conosciuto la nostra ospite. >>  cominciò mio padre guardandoci sorridente.
Alice ci guardò curiosa e poi guardò la ragazza che le sorrise. << Ciao Alice. >> la salutò ed Alice le sorrise.
Mio padre strinse la ragazza al suo fianco e ci guardò sorridente e felice come una Pasqua.
<< Ragazzi, vi presento Isabella, la mia compagna. >>
Strabuzzai gli occhi e osservai Alice saltellare contenta e abbracciare mio padre e la ragazza che un po’ travolta da quell’entusiasmo rispose titubante. Io rimasi fermo al mio posto ad osservarli.
Compagna. Siamo seri?  
  

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Eccomi ragazzuole, ve lo avevo promesso.
Sono riuscita a scriverlo ed eccomi qui ad aggiornare...
Nel capitolo precedente non succedeva niente di particolare, era una specie di prologo. In questo capitolo si scoprirà qualcosa in più su Edward e le sue abitudini
Spero vi piaccia.
Buona lettura.
xoxo Alex
ps. vi ricordo le mie altre storie in corso 'Lo stagista sexy' e 'The Show Must Go on'



 

Capitolo 2



La cena andò bene, Alice continuava a chiacchierare ed Isabella l’ascoltava interessata e dedicandole sorrisi da infarto o almeno per me lo erano. Era davvero bellissima e non riuscivo a capacitarmi che fosse la compagna di mio padre, sarei finito per scappare di casa pur di non vederla tutti i giorni senza toccarla.
Avevo trascorso tutta la cena a cercare di non guardarla quando potevo evitare per evitare qualche scena imbarazzante tipo bava alla bocca. Quindi avevo prestato molta attenzione a quello che mi diceva mio padre e per un po’ avevo dimenticato la sua presenza in quella casa, a quel tavolo e nella mia mente.
<< Come va con la tesi, Edward? >> fino a quel momento.
Feci un grosso respiro e mi girai verso di lei sprofondando in un attimo nel suo sguardo dolce ed interessato.
<< Bhe… ci sto lavorando. >> le risposi.
Lei annuì convinta. << Se hai bisogno, io ci sono. >> si offrì lasciandomi stupito.
Che cazzo ne sapeva lei di medicina?
Mio padre entrò nella discussione e ignaro rispose alla mia silenziosa domanda. << Bella è un chirurgo neonatale, Edward, potrebbe esserti d’aiuto. >>
Sgranai gli occhi. << Cosa? >>
Non solo aveva portato in casa un’altra donna per prendere il posto della mamma, ma se l’era cercata con la sua stessa occupazione. Cominciai a pensare che a furia di ascoltare i problemi degli altri era uscito di testa anche lui.
Bella, preferiva essere chiamata così perchè aveva detto che il suo nome le ricordava tanto una dama dell’ottocento - se erano tutte come lei le dame dell’ottocento, gli uomini avrebbero fatto follie per un suo solo sguardo -  sorrise divertita. << Eh già, lo sono diventata da poco a tutti gli effetti. Mi hanno affiato il reparto di chirurgia neonatale al Seattle Grace Hospital, inizio la settimana prossima. >>
Era lo stesso ospedale dove avrei dovuto fare la specializzazione, era lo stesso ospedale di mia madre ed era sempre stato lì che volevo andare a lavorare, ma adesso con la prospettiva di passare tutto il giorno con lei, non ne ero più convinto. Porcocazzo, non solo dovevo soffrire vedendola tutto il giorno camminare per casa senza farci nulla, dovevo anche averla come capo in ospedale.
Ero sconvolto. << Ehm non… >>
Lei rise. << Non sembra? Sono più vecchia di quello che sembra. Ho trentadue anni suonati, ragazzo. >> disse divertita.
Mio pare le strinse una mano con la sua. << Sei stupenda, tesoro. >> le disse dolcemente.
Bella arrossì e abbassò lo sguardo imbarazzata e mentre Alice li guardava innamorati a me salì un coniato di vomito e senza neanche scusarmi o altro, mi alzai dal tavolo mi diressi all’entrata presi il giubbino le chiavi della moto e me ne andai lasciandoli sicuramente sorpresi.
Non mi dava fastidio che mio padre avesse trovato una compagna perché sapevo quanto un uomo avesse bisogno di una donna, io stesso avevo bisogno di sfogarmi ogni tanto. Il problema era lei, cazzo, lei così bella e così… chirurgo.
Avevo cercato in lungo e in largo qualcuno come lei, che avesse le mie stesse passioni e che mi capisse e l’aveva trovata mio pare che tutto quello che aveva dovuto fare per conquistarla era stato aspettare. Anche io avevo aspettato e avevo ottenuto un fottutissimo e stramaledettissimo cazzo.
Non avevo una meta fissa, ma appena mi trovai in quel quartiere sospirai di sollievo per quello imminente che avrei ricevuto. Parcheggiai la moto nel suo vialetto dietro la sua macchina, e mi diressi alla porta, ma non ebbi neanche il tempo di bussare che lei mi aprì con un sorriso compiaciuto.
<< Era da tanto che non ti si vedeva da queste parti, Cullen. >> mi disse con la sua voce sensuale mentre mi squadrava da capo a piede in modo lascivo, con il suo fare da troia qual era.
Ma era brava in quello che faceva e a volte era comodo averla a disposizione.
<< Renèe. >> la salutai ed entrai dentro.
Renèe era una donna di quarant’anni divorziata, l’avevo conosciuta un giorno al supermercato e una parola tira l’altra, con una stupida scusa mi aveva invitato a casa sua e subito ci eravamo trovati a fare sesso sul suo letto. Da quel giorno era passato un anno e ogni tanto ci incontravamo per divertirci e scaricare la tensione, non eravamo altro che due amici di letto. Lei aveva bisogno di non pensare alla sua vita di merda ed io avevo bisogno di sfogare le mie voglie da uomo, senza alcun sentimento o promessa, era un buon accordo.
<< Ti offro qualcosa? >> mi chiese entrando in salotto dopo di me.
Mi girai verso di lei e in due falcate le fui vicino, le slacciai la vestaglia e la lasciai cadere a terra. A coprire il suo corpo non aveva altro che un completo intimo di pizzo quasi inesistente.
Lei sorrise soddisfatta. << Diritto al sodo, eh? >>
<< Sta zitta e fa quello che devi. >> le dissi con vece dura.
Lei non si offese come avrebbe fatto qualunque donna vedendosi trattare così, lei amava essere presa con la forza ed essere comandata. Amava essere comandata da me ed io ne approfittavo facendole fare tutto quello che volevo.
Si abbassò fino a inginocchiarsi a terra e dopo aver armeggiato con la cintura dei miei jeans e avermi denudato dalla vita in giù mi inghiottì completamente e io sospirai di piacere. Cominciò a muovere la sua lingua e le sue labbra su di me ed io mi lasciai andare completamente alle sue carezze e la tensione che avevo provato quella sera stava man mano scivolando via.
Ma non volevo venire nella sua bocca così mi staccai da lei e l’aiutai ad alzarsi, poi le presi il viso con una mano e la baciai quasi divorandola. Lei si aggrappò alla mie spalle e si lasciò baciare da me ansimando vergognosamente e quasi mi fece schifo, ma non ci pensai.
Quando mi staccai da lei la fece girare e le feci appoggiare le mani al muro, le abbassai il perizoma e la presi così come piaceva a lei e anche a me. Non mi preoccupai di farle male perché ci era abituata e ormai non provava più dolore solo piacere.
Dopo qualche spinta venni senza preoccuparmi di lei, ma sapevo che appena me ne sarei andato si sarebbe masturbata. Ma non mi interessava, avevo avuto quello che volevo, ero pronto per ritornare a casa e non lasciarmi prendere dallo sconforto e dalla rabbia.
Mi sistemai sotto il suo sguardo. << Vuoi restare stanotte? >> mi disse.
Scossi la testa. << Devo ricordarti il nostro accordo? >> le dissi acido mentre infilavo il giubbino che avevo tolto appena entrato.
Lei scosse la testa. << No, ma pensavo che… >> cominciò, ma la fermai.
<< Tu non devi pensare, Renèe. Io e te scopiamo e basta, non farti venire strane idee. >> e così dicendo uscì da casa sua irritato.
Avevo fatto tanto per calmarmi e lei con le sue stronzate mi aveva fatto incazzare. Salii in moto e prima di sfrecciare via ebbi il tempo di sorprenderla mentre mi spiava alla finestra, non avrei mai voluto perchè quegli occhi tristi e rassegnati  non li ho mai dimenticati. Da quel giorno non vidi più Renèe, non la cercai più né lei cercò me e forse è stato meglio così.
 
La mattina dopo avevo un appuntamento con un mio professore in Università così mi svegliai molto presto non perchè avessi paura di fare tardi, ma perché non volevo incontrare mio padre che sapevo volesse parlarmi sicuramente dopo la scenata che avevo fatto la sera prima.
Ma quando entrai in cucina ci trovai solo Bella mentre stava posando su un piatto delle frittelle appena fatte, ancora calde.
<< Buongiorno. >> salutai entrando e lei si girò verso di me sorridendomi imbarazzata.
Effettivamente indosso aveva solo una semplice vestaglia di seta rosa antico ed era a piedi nuda. Era struccata e i capelli le ricadevano un po’ scompigliati sulle spalle, ma era comunque bellissima.
<< Buongiorno, Edward. Co-come stai? >> mi chiese forse riferendosi alla sera prima.
Feci spallucce e mi versai del caffè. << Bene. >> risposi semplicemente.
Quella notte avevo deciso di non darle tanta importanza e di non restare da solo con lei per più di cinque minuti il tempo necessario per non apparire maleducato.
Con la tazza di caffè in mano presi una fetta di pane tostato e stavo per uscire quando lei mi fermò per un braccio. Restai immobile a occhi chiusi, non volevo muovermi.
<< Edward. >> mi chiamò con voce dolce.
Sospirando mi girai verso di lei. << Cosa? >> le chiesi un po’ troppo acido.
<< So come ti senti e non… >>
Sbottai. << No, non lo sai come mi sento, quindi smettila. >> le dissi arrabbiato e me ne andai lasciandola triste sulla soglia della porta.
Come ogni mattina mi diressi al bar dove di solito ci incontravamo io ed Emmett a quando aveva iniziato a lavorare nell’azienda del nonno. Era un commercialista fatto e finito.
Quando arrivai irritato già dalla mattina Emm era già lì che leggeva il giornale e beveva il suo caffè macchiato, mi accomodai accanto a lui.
<< Puoi smetterla di far finta di leggere il giornale, sono qui. >> gli dissi.
Lui chiuse il giornale e mi sorrise contento. << Menomale, stavo cominciano a leggere davvero. >> disse facendomi sorridere divertito.
La cameriera venne ed io ordinai un cornetto alla crema e del succo d’arancia, ero nervoso ed il caffè non era il più opportuno il quel momento.
<< Che ti succede? >> mi chiese Emmett ed io sospirai.
Avevo dimenticato quanto mi conoscesse. << Mio padre si è presentato con una ragazza, la sua compagna. >> dissi afflitto.
Emmett mi guardò ancora in cerca di qualcosa che avrebbe potuto farmi incazzare così tanto. << Qual è il problema? >>
Sbuffai. << Il problema è che è…sexy e bella e…cazzo è un chirurgo neonatale, Emm! >> sbottai un po’ ad alta voce facendo girare i nostri vicini di tavolo.
La cameriera venne e dopo aver lasciato l’ordinazione scappò via terrorizzata dalla mia voce e dalla mia faccia contratta dalla rabbia.
Emme scosse la testa. << Ah siamo messi male, sei davvero messo male, fratello. >>
Lo guardai sconvolto. << Oh grazie, amico, sei d’aiuto. >>
Emmett fece spallucce. << La saggia della coppia è Rosalie, non è da me che dovresti venire per un consiglio. >>
Sbuffai e lasciai il cornetto così come me lo aveva portato, mi alzai e dopo aver lasciato qualche dollaro me ne andai, ero quasi vicino alla moto quando Emmett mi raggiunse.
<< Senti, amico, è la compagna di tuo padre quindi per quanto bella e sexy sia è off-limits. Ma se è troppo per te puoi venire con noi questo fine settimana al lago, che ne dici? >> mi disse.
Aveva ragione Emmett per quanto bella poteva essere era sempre la compagna di mio padre e non potevo farci nulla, dovevo darmi il tanto temuto pizzicotto sulla pancia e non pensarci. Dovevo pensare a altro e il fine settimana al lago era quello che faceva per me, quindi accettai.
<< Ci vengo. >> dissi e lui annuì dandomi una pacca sulla spalla poi guardò l’orologio e sbuffò.
<< Devo andare o il vecchio mi spella. Ti va di venire a cena da noi stasera? >> mi chiese prima di andarsene.
Annuii. << Porto il dolce. >> lui annuì e sparì dietro le porte scorrevoli del palazzo dove lavorava.
Feci un grosso respiro e dopo misi in moto sfrecciando verso l’università. Come suo solito il professore non si fece trovare e io afflitto e ancora più incazzato tornai a casa parcheggiando la moto in garage perché quel giorno il meteo diceva che avrebbe piovuto quindi meglio metterla al riparo.
Entrai in casa e al piano di sotto non c’era nessuno, anche perché papà era la lavoro ed Alice a scuola. Ma Bella?
Prima di salire in camera mia a studiare, entrai in cucina e presi una bottiglia d’acqua perché avevo la gola secca. Arrabbiarmi non mi faceva per niente bene e poi mi sentivo anche in colpa per aver trattato male Bella quella mattina. Lei non aveva nessuna colpa se mi piaceva, ero stato avvero un bastardo. Mi ripromisi di chiederle scusa quando l’avrei vista e magari comportarmi meglio da quel momento in poi.
Mentre salivo le scale sentii dei rumori provenire dalla camera di mio padre, ma era tutto ovattato. Così mi avvicinai alla porta e scostai un po’ l’uscio, ma subito me ne pentii.
Mio padre era steso sul letto e Bella su di lui che si muoveva mentre ansimava, stavano facendo sesso e Bella era la cosa più erotica che avessi mai visto.
Osservai il profilo di Bella e rimasi incantato dalla curva perfetta della sua schiena fino alle natiche perfette, le osservai il collo perfetto inarcato all’indietro, il seno alto e sodo e i capezzoli inturgiditi dal piacere, il ventre piatto.
<< Oddio, Carl… >> sospirò cominciando a muoversi più velocemente.
Mio padre strinse tra le sue mani la pelle delle gambe lisce di Bella. << Più forte, tesoro. >> la implorò e Bella lo accontentò.
A quel punto non ce la feci più e mi appoggiai al muro chiudendo gli occhi quando Bella urlò il nome di mio padre per l’orgasmo appena ricevuto. Automaticamente mi eccitai pensando al suo corpo e alla sua voce roca così corsi in bagno e mi chiusi dentro, feci un grosso respiro.
Ne feci uno, due e tre e poi con tutti i vestiti mi infilai in doccia, aprii l’acqua fredda e subito mi sentii meglio perché mi faceva schifo il solo pensiero di masturbarmi al pensiero di mio padre che faceva sesso con Bella.
Dopo essermi calmato bene, uscii dalla doccia, mi svestii ed infilai un accappatoio per poi uscire e con attenzione dirigermi in camera mia dove mi chiusi a chiave.
Mi asciugai e infilai la tuta che di solito usavo per studiare e così feci per il resto del pomeriggio e chiusi fuori la porta e la mente tutti i pensieri brutti e le immagini. Avevo un lavoro da portare a termine e non mi andava di perdere tutto per colpa di una donna, di una donna non mia e che non lo sarebbe mai diventata.
Erano le cinque quando qualcuno bussò alla mia porta, ma quando chiesi chi era nessuno mi rispose. Così aprii la porta e c’era il tavolino che di solito Alice usava per guardare un film in salotto mentre mangiava. Sul tavolino c’era un vassoio e un biglietto.
Portai tutto in camera, aprii il biglietto e subito mi sentii in colpa.
Non so cosa è successo e non voglio insistere, ma se hai qualche problema io ci sono.
Ti prego fatti sentire. Ti voglio bene. A.
Mia sorella mi aveva portato il pranzo, mi aveva pensato e io l’avevo esclusa alla mia vita. Ero un fratello orribile.
Dopo aver mangiato i sandwich che mi aveva preparato e bevuto tutto il thè alla pesca decisi di farmi vedere un po’, così portai tutto in cucina, ma non c’era nessuno. Controllai nelle altre stanze e poi mi diressi da Alice e la trovai intenta a leggere un libro vicino la finestra dove si era fatta costruire una panca e l’aveva abbellita con delle lucette e con tanti cuscini.
<< Ehi piccola. >> la chiamai.
Lei si girò verso di me e mi sorrise contenta. << Ehi, vieni. >> mi invitò ed io mi accomodai accanto a lei accogliendola tra le mie braccia e dandole un bacio tra i capelli.
<< Cosa ti succede? >> mi chiese.
Sospirai. << E’ complicato e non voglio farti preoccupare, quando sarà passata te lo racconterò. >> la rassicurai.
Lei annuì. << Passerà. >> mi disse semplicemente.
Ed io ci sperai.  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Salve ragazze, eccomi quaaaa!!!!
Okey, adesso la smetto con tutta questa euforia, ma sono troppo contenta.
Ho finalmente deciso di cambiare facoltà e ho deciso di seguire quello che è sempre stato il mio sogno... scrivere... e quindi ho scelto Scienze della comunicazione indirizzo editoria e giornalismo.... mi sento davvero realizzata in questo momento.
Okey, basta parlare di me...
Eccomi ritornata con un nuovo capitolo sulla vita tormentata del nostro Edward, povero piccolo.
Prima di lasciarvi alla lettura vi ridordo le mie storie in corso 'Lo stagista sexy' e 'The Show Must Go On', mi piacerebbe avervi anche lì.
Cmq un'ultima cosa... ringrazio tutte le persone che leggono la mia storia, chi l'ha messa nelle preferite, chi l'ha messa nelle seguite e chi nelle ricordate, ringrazio chi recensisce e chi non lo fa. Grazie a tutte.
Adesso vado davvero...
Buona lettura.
xoxo Alex

ps. mi scuso, ma è leggermente più corto degli altri.

 

Capitolo 3



Erano le cinque del mattino ed ero già sveglio e pronto con il mio borsone con qualche ricambio dentro.  Quel giorno sarei partito per un week-end al lago per liberare la mia mente dall’immagine di Isabella, ma sono sempre stato un tipo poco fortunato e quindi la cosa peggiore che mi potesse accadere in quel periodo si era avverata.
Il giorno prima della partenza, cioè il giovedì, mio padre entrò in salotto dove io ed Alice stavamo giocando a carte e ci interruppe dicendoci che aveva qualcosa di importante da dirci.
<< Domani mattina presto devo partire per un consulto urgente a Detroit. >>
Lo guardai confuso. << Okey, buon viaggio? >> chiesi non essendo sicuro di quello che voleva sentirsi dire.
Lui scosse la testa. << Grazie, ma non è per questo che volevo parlarvi. Isabella non conosce nessuno e deve ancora ambientarsi, quindi ho un po’ di timore a lasciarla da sola per un week-end intero. >>
Avevo già capito cosa volesse dire mio padre e stavo per rispondergli che poteva anche farsi fottere Isabella, ma Alice mi precedette.
<< La porteremo con noi, papà, tranquillo. Vero, Edward? >> mi chiese guardandomi con i suoi occhioni, che da soli erano un’arma per quanto erano espressivi, ma con quell’espressione da cucciolo indifeso erano letali.
Sbuffai alzandomi. << Come vi pare. >> e mi diressi in camera mia non prestando attenzioni ai richiami di mio padre.
Cazzo, avevo fatto tanto per restare un po’ lontano da lei e adesso dovevo portarmela dietro. Aveva trentadue anni poteva anche restarsene da sola, ormai doveva averla superata la paura dei mostri nell’armadio o sotto il letto.
Quando bussarono alla porta, non aprì fingendo di essermi addormentato. Non volevo sentire e vedere nessuno, perché volevo evitare di dire cose di cui forse mi sarei pentito in futuro.
Da quel giorno in cui avevo visto Bella e mio padre fare sesso non riuscivo più a dormire perché ogni volta che lo facevo immaginavo me sotto di lei mentre mi dava piacere e puntualmente mi risvegliavo sudaticcio ed eccitato e costretto a docce fredde di ore che mi avevano portato ad ammalarmi. Cazzo!
Quella sera andai a cena da Rose e parlammo tanto mentre l’aiutavo a cucinare e ad apparecchiare la tavola. Le parlai dei miei sentimenti contrastanti, delle mie emozioni inopportune e del mio senso di colpa verso mio padre e la sua felicità.
Rose mi comprese e capì, mi aiutò molto quella sera, mi fece capire che nonostante fossi attratto da lei non avrei potuto fare nulla e che tutto quello non faceva bene né a me né ad Isabella che sicuramente si sentiva ferita e non accettata. Mi diedi dello stupido perché aveva ragione, trattando Bella così freddamente avevo creato in lei sentimenti negativi, non l’avevo fatta sentire accettata e quindi inopportuna.
Ma i giorni successivi non avevo avuto il coraggio di guardarla né di parlarle per chiederle scusa e per farle capire che l’unica colpa che aveva era quella di essere la donna più bella e sexy che avevo mai visto. Ma questo non potevo dirglielo, così mi ero limitato a non dirle nulla e a non farmi vedere da lei.
Ma quella mattina l’avrei rivista e avrei passato con lei tre giorni in mezzo ai boschi e avevo una fottutissima paura di fare qualcosa di sbagliato e stupido.  
Rose mi aveva raccomandato di chiederle scusa e di istaurare quantomeno un rapporto di rispetto reciproco, ma al solo pensiero di avvicinarmi a lei e guardarla negli occhi cominciavo a sudare come se stessi in una sauna o se avessi fatto tre ore ci corsa nel parco. Ma conoscevo Rose e sapevo che se non lo avessi fatto di mia spontanea volontà mi ci avrebbe costretto lei e non sempre i suoi metodi sono ortodosso e… femminili.
Saremmo andati con la mia macchina quindi scesi in cucina e presi le borse che la sera prima Alice e Bella avevano preparato portandole in cucina, così da agevolarmi le cose. Alice sapeva quanto odiassi andare di fretta e conoscendomi aveva prevenuto.
Quando rientrai in casa dopo aver caricato la macchina ci trovai Bella mentre beveva del caffè.
Era bellissima con quella tuta aderente nera che aveva indossato forse per godersi in tranquillità e in modo confortevole il viaggio in macchina. Era una di quelle tute aderenti strette fino alle caviglie, con quelle felpe con disegnini simpatici,  nel suo caso c’era Cucciolo dei sette nani e lei con quelle guance rosa sembrava davvero Biancaneve. Aveva legato i capelli in una coda di cavallo alta ed era truccata leggermente, come era suo solito fare.
Appena mi vide mi sorrise imbarazzata e indecisa, non sapeva come comportarsi con me ed io non le davo neanche un segno.
<< Vuoi del caffè? >> mi chiese gentilmente indicandomi la caraffa.
Annuii, ma prima che potesse fare qualcosa mi ero già avvicinato e mi stavo versando il caffè. Sentivo la sua presenza alle mie spalle e sentivo il suo sguardo perforarmi la schiena, ma ostentando una tranquillità che non avevo la ignorai. Non ero ancora pronto ad un confronto con lei.
<< Buongiorno! >> urlò allegra Alice entrando in cucina.
Mi girai verso di lei e le sorrisi. << Ciao, piccola. >> e mi mandò un bacio sulla punta delle dita.
<< Ciao, tesoro. Hai fame? >> le chiese Bella sorridendole dolcemente.
Alice annuì. << Si, ma aspetto Jasper. Mi porta lui la colazione, come ogni mattina. >> disse contenta e mi parve di vedere i suoi occhi trasformarsi in due cuoricini.
Alzai gli occhi al cielo. << Goditelo durante il viaggio, perché dormirai con me. >>
Lei mi guardò sconvolta. << Ma, Edward… >>
Scossi la testa e posai la tazza nel lavandino dopo averla sciacquata, ero abbastanza autonomo e preferivo farmi le cose da solo che farle fare agli altri.
Mi diressi verso di lei e le battei la mano sulla spalla. << Sarà un week-end indimenticabile. >> e non mi riferivo solo alla sua situazione.
 
Arrivammo al lago verso le dieci di mattina ed io per poco non caddi dalla macchina tanto era il desiderio di allontanarmi da lei e dalla tensione che si era creata in auto perché soli. Alice mi aveva tradito andando in macchina con Jasper e lasciandomi solo con lei, che per tutto il viaggio era stata in silenzio a guardare la strada che scorreva fuori. Non aveva fatto nulla per rompere quel silenzio teso e di certo non lo avevo fatto io, quindi avevo passato quasi due ore in assoluto silenzio e adesso non ricordavo più come si parlava.
<< Ehi Ed, ti va di andare a prendere la legna nel capanno? >> mi chiese Emmett mentre scaricava le borse dalla sua macchina.
Mi schiarii la voce. << Quanta ne devo prendere? >>
Lui fece spallucce. << Abbastanza per tutta la giornata, quindi ti conviene farti aiutare. Vai tu, Bella? >> chiese poi guardando Bella che era in piedi vicino la mia macchina che si guardava intorno meravigliata.
Anche io rimasi stupito la prima volta che vidi quel posto. Non era un vero e proprio lago era una piccola conca d’acqua cristallina, circondata da verde e da fiori di ogni colore e forma. I genitori di Rosalie se ne erano innamorati a prima vista e ci avevano fatto costruire una piccola baita, grande abbastanza da poterci stare tranquillamente per mesi. Loro non ci andavano più da tanto e quindi Rose ne approfittava ogni volta che poteva e quasi sempre l’avevo seguita anche perché era un ottimo posto per studiare e spesso me l’aveva prestata sotto esame quando vedeva che cominciavo a dare i numeri per lo stress.
Bella mi guardò incerta, poi annuì. << Certo. >> e si diresse verso il capanno dove si trovava la legna che Emmett conservava ogni volta in previsione della prossima visita.
Mi diressi dietro di lei a distanza di sicurezza, ma quando non riuscì ad aprire la porta mi avvicinai a lei, le scostai con gentilezza le mani e con uno strattone aprii quella porta dai cardini arrugginiti dal tempo e dalla pioggia.
Bella mi seguì e si mise all’opera, ma prendendo un pezzo di legno si scheggiò e dalla sua bocca perfetta le uscì un gemito di dolore. Mi avvicinai a lei, le presi la mano e senza accorgermi della grande cazzata che stavo facendo avvicinai il suo dito alle mie labbra e succhiai fino a che la scheggia non uscì e così la sputai.
Alzai il mio sguardo e mi trovai a pochi centimetri dal suo viso con su un’espressione sconvolta per il gesto che avevo appena fatto, avrei dovuto lasciarle la mano, ma non lo feci, molto probabilmente strinsi ancora di più. La guardai per un interminabile momento e lei non distolse mai lo sguardo.
<< Cosa ti ho fatto? >> mi chiese riferendosi al mio comportamento di quei giorni.
Scossi la testa. << Nulla. >> sussurrai.
Lei abbassò lo sguardo. << Allora, perché? >>
Mi scostai da lei e sospirai. << Mi dispiace per essermi comportato in quel modo così indecente nei tuoi confronti, ma… non mi aspettavo una cosa del genere. >> dissi e mi riferivo alla sua bellezza, ma lei capì esattamente quello che volevo farle capire.
<< Mi dispiace di essere piombata nelle vostre vite così all’improvviso, ma amo tuo padre e non ho saputo rifiutare quando mi ha chiesto di venire a vivere con voi. >> mi si avvicinò e mi toccò il braccio per costringermi a guardarla e lo feci.
<< Non sono qui per prendere il posto di tua madre, perché sono troppo piccola per eguagliare la sua grandezza, però vorrei almeno essere presa in considerazione. Non sono male se mi dai la possibilità di farmi conoscere. >> mi disse sorridendo divertita.
Sorrisi anche io. << Neanche io lo sono se do la possibilità di farmi conoscere. >> e lei rise procurandomi un colpo al cuore tanto era la sua bellezza.
Quando si calmò mi offrì la mano. << Amici? >>
Feci un grosso respiro. << Amici. >> e le strinsi la mano.
Immediatamente una scossa passò tra me e lei e staccammo le mani come ustionati guardandoci negli occhi. Nei suoi occhi vedevo stupore e curiosità, nei miei probabilmente c’era tutta la voglia che avevo di lei in quel momento.
Mi schiarii la voce. << Ci… conviene prendere la legna e tornare dentro. >> dissi e non la guardai più negli occhi.
La sentii prendere la legna e seguirmi fuori, rimasi un attimo indietro mentre lei rientrava in casa e feci enormi respiri per tranquillizzarmi e per evitare che mi partisse un embolo.
Ero venuto a lago per rilassarmi e mi ritrovavo più stressato ed intrattabile del solito, cazzo!
 
Era ormai sera, gli altri erano in casa a vedersi un film sul divano in salotto. Io avevo preferito lasciare loro un po’ di intimità, quindi ero uscito fuori con una tazza di caffè e mi ero accomodato sul dondolo posizionato in modo da avere l’intera visuale del piccolo laghetto e della luna.
Mentre guardavo la luna su nel cielo sentii una voce in lontananza, come se venisse dall’altro e girandomi intorno vidi Bella che affacciata al balcone di legno parlava al telefono.
<< E’ tutto okey, Carl, tranquillo. >> stava dicendo. Poi sospirò. << Più o meno… è che… un attimo prima è gentile e mi parla e l’attimo dopo non mi guarda neanche più in faccia. >> scosse la testa. << Non lo so, Carl, forse abbiamo sbagliato… è troppo presto. >>
Stava parlando di me e mi sentii immediatamente uno schifo perché stavo rischiando che mio padre la perdesse e non potevo permetterlo, non dopo averlo visto così felice con lei.
Così feci un grosso respiro e la chiamai. << Bella! >>
Lei girò lo sguardo verso di me e mi guardò sorpresa, io le sorrisi gentilmente. << Ti va di venire qui con me? Ho delle cose da chiederti. >>
Il viso di Bella si illuminò all’improvviso di luce propria e mi sorrise contenta, sconvolgendomi. Era così bello vederla contenta che mi ripromisi che non l’avrei fatta soffrire più a costo di sentirmi un merda ogni volta che l’avevo accanto. Ma per un suo sorriso avrei fatto di tutto.  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Applausi per Maria Grazia che è riuscita a postare prima del tempo, cioè prima di stasera perchè è in ritardo di un giorno.
Okey, niente applauso... sono orribile, una ragazza cattiva.
Ragazze dovevo aggiornare ieri, ma non avevo ispirazione... I'm so sorry.
Cooooomunque.... avete visto il trailer di BD? Io si e sono morta...poi resuscitata e poi di nuovo morta ogni volta che lo vedevo. Ma quando è bello Jacob con quella barbetta? Adoro Edward quando si infuria con Bella, quella sconsiderata!!!! Sono solo io che ha notato Carlisle un pò più cicciottello? Si è dato alla pazza gioia con i cervi? Bha...
Adesso la smetto, dai.
Vi lascio a questo bel capitoletto.
Buona giornata, girls, vi adoro.
xoxo Alex
ps. se volete aggiungermi su fb ecco il link http://www.facebook.com/#!/profile.php?id=100000482385010  cliccate e Alex Davis sarà a vostro servizio.




 

Capitolo 4

 

Mi svegliai molto presto, ma comunque molto più sereno. La faida che avevo aperto contro Bella era finita perché mi ero reso conto della bontà d’animo del mio nemico e mi si stringeva il cuore a pensare di farle ancora del male.
Bella era dolce, generosa e divertente e quella sera mi ero reso conto dal modo in cui mi guardava e dal mondo in cui era presa dall’argomento che aveva sofferto per il mio modo da bruto di trattarla.
Quando l’avevo chiamata con la scusa di dirle una cosa, una cosa che non avevo la più pallida idea di cosa fosse, Bella era letteralmente scattata sull’attenti e in un attimo si era trovata al mio fianco contenta come una bambina.
Non sapevo cosa dirle, così dissi la prima cosa che mi venne in mente. << Avevi detto che potevo chiederti un aiuto per la tesi, è ancora valida come proposta? >> e con quella domanda avevo dato via ad una delle discussioni più lunghe, interessanti e divertenti a cui avessi mai partecipato.
Bella amava davvero il suo lavoro, amava aiutare le persone e amava i bambini. Parlava della medicina con una nota di adorazione nella voce che solo in un’altra persona avevo sentito, mia madre.
<< Perché hai scelto questo lavoro? >>
Lei sorrise teneramente come se stesse parlando di un suo familiare o di un figlio. << Noi siamo al mondo per una ragione, Edward. Io ho sempre saputo di dover aiutare le persone, ho sempre saputo che io avrei contribuito a salvare vite. >> mi guardò intensamente. << Tu perché lo fai? >>
Risposi subito. << Per mia madre. >> dissi semplicemente.
Lei annuì. << Ti sembra un motivo valido? >>
La guardai e mi persi un attimo in quel mare di cioccolato. << Si. >> annuii.
Lei mi guardò attentamente e poi scosse la testa. << Non lo è, Edward. Se tua madre non fosse morta, avresti intrapreso la stessa carriera? Avresti deciso di dedicare la tua intera vita a salvare vite? >>
A quella domanda ci pensai qualche secondo in più, poi risposi convinto. << Si. >>
Lei mi sorrise dolcemente. << Sei ancora convinto che il motivo sia tua madre, adesso? >>
Sorrisi da quel discorso e scossi la testa. << No. >>
Lei annuì compiaciuta e mi diede una pacca sulla gamba. << Bravo ragazzo. >>
Restò ancora un po’ accanto a me prima di sbadigliare stanca, così dopo avermi dato la buonanotte e avermi sorriso dolcemente si congedò lasciandomi da solo a riflettere su quanto ero stato sul punto di stringerla a me e di baciarla per farle dimenticare tutto tranne delle mie labbra sulle sue. 
Adesso mi trovavo nel mio letto ad osservare il soffitto e probabilmente a sorridere come un idiota e Rose che entrò in quel momento non si lasciò scappare l’opportunità di farmelo presente.
Si sdraiò accanto a me ed io la strinsi a me facendole appoggiare la testa bionda sul mio petto. << Accarezzami i capelli. >> sussurrò ed io sorrisi accontentandola.
<< Dormito bene, piccola? >> le chiesi.
Lei annuì. << Tu? >>
<< Molto meglio delle altre notti. L’aria di questo posto è un toccasana per la mia mente in subbuglio. >>
La sentii sorridere sul mio petto. << O è stata la chiacchierata di ieri sera con Bella? Prima di andare a letto sono venuta a cercarti, ma eri troppo impegnato con lei per accorgerti della tua migliore amica che sai non riesce a dormire senza la tua buonanotte. >> mi rimproverò.
Ridacchiai. << Oh lo so, penso lo sappia anche Emmett. Ricordi la sfuriata che fece quando tornaste dalla luna di miele? >> e risi divertito.
Lei ridacchiò. << Povero orso. >> commentò poi mi diede un buffetto sul petto. << Non cambiare discorso, Cullen. >> mi rimproverò capendo il mio giochetto di prima.
Sospirai e le raccontai cosa era successo la sera prima dalla telefonata che avevo sentito e dal modo in cui avevo cercato di rimediare per la felicità di mio padre. Le spiegai cos’avevo provato e cosa ero stato sul punto di fare, ma che non avevo fatto per paura.
Lei sospirò, poi alzò il viso verso di me. << Le cose stanno peggiorando, Edward, te ne rendi conto? Sei stato quasi sul punto di baciarla, e non puoi farlo perché rovineresti la tua di vita e quella di altri. >> annuii alle sue parole e la lasciai continuare. << Perché per un po’ non ti trasferisci negli Hampton? Ti potrebbe aiutare a dimenticarla e potresti tranquillamente continuare a studiare per la tesi. Penso che ti gioverebbe. >> mi incoraggiò sorridendomi amorevolmente.
Annuii afflitto. << Forse hai ragione, devo staccare un po’, devo allontanarmi da lei. Partirò entrò martedì e fino ad allora cercherò di non stare troppo in sua compagnia. >> decisi alla fine.
Lei annuì contenta e sollevata e mi diede un bacio sulla fronte. << Ti aspetto per la colazione. >>
Si alzò dal letto e si diresse alla porta, ma la fermai. << Ti amo. >> le dissi.
Lei mi sorride dolcemente. << Ti amo anche io. >>
<< Ti spezzo le ossa, Ed! >> gridò qualcuno dalla camera di fianco la mia e risi divertito.
<< Amo anche te, Emmett! >> urlai di rimando e sentii un ringhio degno di un orso provenire dalla sua camera.
 
Quando scesi per fare colazione intente a cucinare c’erano Rose e Bella che si stavano divertendo parecchio visto l’enorme sorriso sul viso del mio tormento, il mio dolce tormento.
<< Ehi fratellone! >> urlò Alice aggrappandosi alla mia schiena stile koala e schioccandomi un enorme bacio umido sulla guancia.
<< Ciao scimmietta. >> la salutai issandomela meglio sulla schiena e mantenendola per le ginocchia.
<< Come stai? >> mi chiese sporgendosi con il viso per guardarmi.
Sorrisi. << Come se avessi qualcuno appeso al mio collo. >> le dissi e lei facendomi la linguaccia saltò a terra.
Scossi la testa divertito. << Sempre la solita. >>
Approfittando che la tavola era già apparecchiata e che loro stavano finendo di preparare la colazione, mi versai un bicchiere di caffè e uscii fuori all’aria aperta. Mi piaceva l’aria di primo mattino che si respirava in quel luogo, si sentiva l’odore di umido che lasciavano le gocce di rugiada sugli alberi. Amavo quel posto.
Ispirai una lunga boccata d’aria e chiusi gli occhi beando di quella freschezza che una volta tornato in città non avrei più avuto la possibilità di assaporare.
<< Adoro l’odore di rugiada, sai? Quel senso di freschezza che ti da… difficilmente in città trovi questa purezza. >> commentò una voce familiare al mio fianco.
Non volevo aprire gli occhi perché avevo paura di guardarla negli occhi dopo che aveva espresso a voce quello che stavo pensando.
<< Anche la mia famiglia aveva una casa sul lago, l’avevamo ereditata da una zia, ma la misero in vendita per pagarmi gli studi. Non era ricco mio padre, ma avrebbe fatto di tutto per me. >> mi disse con una nota di adorazione nella voce.
Aprii finalmente gli occhi e la guardai, aveva un dolce sorriso sulle labbra forse pensando a suo padre. Ma sua madre?
Fu lei a rispondermi. << Mio padre voleva tanto una figlia, ma sua moglie era sterile, così mi adottarono. Sono stata lasciata a poche ore dalla mia nascita davanti al convento delle suore di Porta Angeles, quindi non so chi è mia madre e  non ho mai avuto il desiderio di incontrarla perché non ne ho mai sentito la mancanza. >> mi spigò.
Provai tristezza per quella bambina appena nata lasciata al freddo senza avere la certezza che qualcuno l’avrebbe trovata prima o poi, e provai rabbia per quella donna che aveva avuto il coraggio di lasciarla sola. Se non vuoi una figlia non metterla al mondo.
<< Qualche anno dopo avermi adottata Sue, la moglie di mio padre, cominciò a comportarsi in modo freddo con me. Affermava che mio padre la trascurasse troppo preso a crescere me, mio padre non confermò né negò i suoi dubbi, così lei fece le valigie e ci lasciò. Non so dirti se mio padre soffrì perché non l’ho mai visto triste, era sempre lì sorridente per me, non mi ha mai fatto sentire in opportuna o in colpa per qualcosa. >> si fermò e respirò profondamente. << E’ morto circa sette anni fa e ancora oggi sento quel peso enorme sul petto, che mi comprime e che a volte non mi fa respirare. Quel giorno, in quell’incidente, è morta una parte di me, la più importante e… da quel giorno io non vivo più. Vado avanti, faccio il mio lavoro, ma sono morta. >> disse con voce roca.
Senza pensarci un attimo l’attrassi a me e l’abbracciai, stavo giocando con il fuoco, ma non riuscivo a vederla così triste. Non sono mai stato un tipo che concede abbracci e consigli a destra e a manca, ma con lei mi veniva spontaneo. Con lei tutto era diverso.
Si lasciò abbracciare senza ricambiare, non pianse  o altro, rimase immobile tra le mie braccia.
Si staccò da me dopo un tempo tanto lungo quanto breve e sospirò. << Venire al lago è stata una pessima idea, perché tutto nell’aria mi ricorda lui e finisco per essere sommersa dai ricordi e dal dolore e… odio essere compatita e odio mostrarmi debole davanti agli altri, perché non lo so, cazzo, non lo sono. >> detto questo fece dietro front e si immerse nella vegetazione.
Non la seguii perché sapevo per esperienza che quando i ricordi dolorosi escono fuori l’unica cosa di cui si ha bisogno è sfogarsi da soli e senza nessuno che ti dice che tutto sarebbe finito e che tutto sarebbe tornato al suo posto. Perché non è vero, nulla passa e nulla ritorna come prima se quello che è successo ti ha ucciso dentro. Non si può resuscitare qualcosa di morto a meno che non sei Gesù Cristo e non lo siamo.
Nessuno è in grado di spazzare vi il dolore, perché quando arriva diventa parte di te. Tu diventi il tuo dolore.
 
Per tutto il giorno Bella non si fece vedere e quando cominciò a fare buio cominciammo a preoccuparci, così decisi di andare a cercarla e mai mi sarei aspettato di vederla in quello stato.
Era sdraiata in posizione fetale su una panchina naturale, con una mano sotto la guancia che fungeva da cuscino e ronfava leggermente. Si era addormentata.
Mi avvicinai lentamente a lei per evitare di svegliarla e mi accovacciai fino ad avere la sua faccia davanti alla mia. Non era completamente rilassata perché aveva la fronte corrucciata e le labbra increspate segno che stava sognando qualcosa di brutto o era troppo tesa per i ricordi dolorosi della mattina. Ma comunque era bellissima.
Le scostai gentilmente una ciocca di capelli castani dal viso e le accarezzai una guancia liscia e umida, segno che aveva pianto fino a poco tempo prima.
Mugugnò qualcosa nel sonno e lentamente aprì gli occhi, battè le palpebre un paio di volte per mettere a fuoco quello che aveva davanti e rimase sorpresa vedendomi.
Le sorrisi. << Sei stata fuori tutto il giorno, ci stavamo preoccupando. >> le spiegai.
Lei si guardò intorno e sospirò. << Scusami. >>
Feci spallucce e l’aiutai ad alzarsi, ma inciampicai in un ramoscello e caddi tirandomela indietro con me. Me la ritrovai addosso mentre si dimenava cercando qualche ferita con qualche tipo di infezione, ma non aveva capito che l’unica ferita che avevo era all’altezza del petto.
Quanto avrei voluta baciarla in quel momento perché era quello giusto, ma non potevo perché lei era la compagna di mio padre, lei era quella che forse poteva portargli un po’ di pace dopo gli anni passati a piangere la morte della sua adorata moglie, lei poteva essere quella che avrebbe reso Alice una donna insegnandole tutto quello che c’era da sapere su quel mondo infame in cui vivevamo. Lei poteva essere il loro cambiamento radicale.
Lei poteva essere la donna della mia vita, ma adesso si limitava ad essere inconsapevolmente il mio dolce tormento.
 
Quella notte mentre tutti dormivano feci le valigie senza far rumore per evitare che qualcuno si svegliasse e mi facesse qualche scenata sulla codardia e sull’ assumersi la  responsabilità delle proprie scelte.
Scrissi un bigliettino dicendo che avevo delle cose da fare, che non potevano più aspettare e che mi sarei fatto vivo io. Non potevo aspettare martedì per allontanarmi da lei, dovevo farlo subito o mi sarei scottato ancora di più.
Presi la macchina e ringraziai chi l’aveva progettata in quel modo, non produceva nessun rumore. Misi in moto e me ne andai via da lei e dal suo fuoco che stava per bruciarmi.  

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Holaaaaa chicaaaaaaa!!!!
Come state ragazzuole?
Avete già iniziato la scuola, l'università o il lavoro? Io sono ferma e mi sto facendo come la botte ihih.... devo trovare un lavoro o non mi entrerà nulla più.
Cmq eccomi ritornata con un altro capitolo, in perfetto orario... una volta tanto sono puntuale.
In questo capitolo conoscerete alcune persone davvero carine...
Buona lettura, girls.
xoxo Alex
ps questo è il mio profilo fb http://www.facebook.com/profile.php?id=100000482385010  fateci un salto.
pps. ringrazio tutte le ragazze che leggono e recensiscono e chi ha inserito la storia nei preferiti, nelle ricordate e nelle seguite. Vi adoro


Capitolo 5



Erano passate più o meno due settimane da quando ero ritornato dal lago e in fretta e furia avevo riempito un borsone e mi ero traferito nel New Jersey nella casa che mia nonna mi aveva lasciato in eredità prima di trapassare.
Mi ero trasferito lì perché era l’ultima spiaggia se mai avessero voluto cercarmi senza chiedermi il permesso, ma fortunatamente non lo avevano fatto. L’unica persona a cui avevo detto dove mi trovavo era Rosalie, perché ero sicuro che non l’avrebbe detto a nessuno.
Mi serviva un po’ di pace e avevo bisogno di allontanarmi dal mio tormento, perché da quando era arrivata avevo messo in standby la mia vita. Avevo smesso di studiare e quando avevo ripreso una volta arrivato lì mi ero trovato leggermente in difficoltà. Avevo smesso di pensare a me e stesso, io che sono una persona fondamentalmente egoista avevo perso di vista la persona più importante, me stesso.
Isabella aveva mandato in tilt tutti i circuiti e quella calma in quella graziosa casetta dal giardino ben curato, mi aveva riportato più o meno sulla retta via.
Non avevo perso i contatti con nessuno, ma non avevo mai detto dove mi trovassi. Avevo bisogno di scappare, ma non sarei mai scappato da mia sorella Alice che mi considerata il suo pilastro. La chiamavo ogni giorno e nonostante si lamentasse implicitamente di questa lontananza, mi capiva e non insisteva.
Mio padre mi aveva solo chiesto di tornare quando me la sarei sentito senza farmi alcuna pressione e gliene ero grato, ma comunque mi sentivo in colpa.
Lui credeva che fossi scappato per colpa sua, certo indirettamente un po’ lo era, ma cosa poteva farci se la sua compagna era la donna dei miei sogni.
Isabella non aveva mai espresso il desiderio di parlare con me ed io non avevo mai chiesto di lei e questo non poteva che farmi bene. Mi sembrava una cosa sciocca chiedere di parlare con lei quando era da lei che stavo scappando.
Quando ero arrivato nella Contea di Warren dove mia nonna materna aveva vissuto da adolescente e dove mi aveva lasciato la casa, mi ero fermato in un gran supermercato perché in casa non avevo nulla. Girando per gli scaffali avevo fatto rifornimento per quasi un mese perché non avevo nessuna voglia di uscire ogni giorno o giù di lì per fare la spesa.
Girando per gli scaffali mi sentii chiamare e alzai gli occhi al cielo. Neanche lì potevo stare tranquillo?

Mi girai lentamente e mi ritrovai davanti una graziosa vecchietta dagli eccentrici capelli rosa shocking, due occhioni azzurri e vispi e delle simpatiche fosse agli angoli della bocca. Era alta più o meno un metro e cinquanta ed era un po’ rotondetta, ma era davvero bellissima.
Le sorrisi gentilmente. << Ha chiamato me? >> chiesi.
Lei annuì sorridendo e mi si avvicinò. << Io ti conosco, ragazzo. Sei il nipote della defunta Abigail? >> mi chiese rattristandosi un po’.
<< Si, sono io. Come la conosce? >> le chiesi interessato.
Lei sospirò. << Era la mia migliore amica. >> sussurrò tristemente.
Mi si formò un groppo in golo alla vista di quella vecchietta che mi era sembrata così allegra, ma che al ricordo di una persona importante della sua vita si era rattristata immediatamente. Mi venne voglia di abbracciarla e di consolarla.
Scossi la testa e mi diedi del rammollito da solo, gli avvenimenti che avevano sconvolto la mia vita in quel periodo mi avevano reso una gelatina. Ecchecazzo!!!
Mi avvicinai a lei e le feci una carezza sul braccio. << Ehm… >> non sapevo che dire e lei capendolo mi tolse da ogni impiccio.
Mi sorrise dolcemente e tutta la tristezza che sembrava averla attanagliata sparì. << Che ci fai qui, ragazzo? >>
<< Mi chiamo Edward, signora. >> le dissi sperando che si dimenticasse della domanda.
Lei annuì. << Ed io mi chiamo Giorgina, ragazzo, sono ancora una ragazzina. >> e fece finta di cotonarsi i boccoli rosa.
E questo mi fece ridacchiare, era davvero adorabile. << Scusami, Giorgina. >>
Lei annuì compiaciuta poi guardò l’orologio che aveva al polso. << Adesso devo andare, ragazzo, ma non mi scappi. Non crederai che mi sia dimenticata che non hai risposto alla mia domanda. >> e se ne andò lanciandomi un’occhiataccia.
Alzai gli occhi al cielo e ridacchiai. Non poteva iniziare peggio il mio esilio.
 
Giorgina ogni giorno passava da me e mi portava qualcosa da mangiare, una torta o qualche sformato. Amava cucinare e passava quasi tutto il tempo a farlo e ormai avevo il frigo pieno di vaschette con ogni prelibatezza all’interno. La cosa che amavo più di tutte erano i suoi muffin ai mirtilli, erano i più buoni che avessi mai mangiato e lei non mancava di portarmene un vassoio bello pieno al giorno.
Quella mattina mi ero svegliato molto presto, perché avevo preso l’abitudine ad andare a correre e la cosa mi aiutava davvero tanto. Mi aiutava a bruciare le calorie che avevo assunto mangiando le prelibatezze di Giorgina e mi aiutava a scaricare la tensione che ogni giorno si faceva più forte.
Avevo detto che avrei dimenticato Bella, ma più passavano i giorni e più il mio desiderio di lei cresceva mandandomi quasi al manicomio. Rischiavo di impazzire.
Quando ritornai mi concessi un lunga doccia rigenerante e riuscii a vestirmi appena in tempo per sentirla mentre mi chiamava dal vialetto di casa. Odiava il campanello e si annunciava urlando.
<< Bocconcino! >> mi chiamò ed io sorrisi.
Aveva preso l’abitudine di chiamarmi in modi un po’ buffi che mi facevano davvero divertire, ma anche vergognare quando qualcuno passava di lì e ridacchiava vedendomi uscire.
<< Ecco la mia donna. >> dissi aprendole la porta.
Lei mi sorrise contenta, sporse la guancia verso di me ed io subito le schioccai un bel bacio come piacevano a lei.
<< Come stai, angioletto? >> mi chiese entrando in casa e dirigendosi in cucina. Ormai si muoveva come se fosse casa sua.
La seguii. << Bene, grazie. Tu come stai? >> poi la osservai meglio e sembrava euforica per qualcosa, molto più del solito.
<< Oggi sei più bella, è successo qualcosa? >> le chiesi sorridendo curioso.
Lei si girò verso di me, sorrise illuminandosi tutta e battè le mani come una bambina.
<< Viene a trovarmi la mia nipotina. >> disse tutta contenta.
Io sorrisi contento per lei e poi il suo sorriso era contagioso. << Oh sono contento. >> e l’abbracciai. << Quando dovrebbe arrivare? >>
Giorgina sciolse l’abbraccio e guardò l’orologio al polso. << Tra un’ora dovrebbe arrivare alla stazione e quindi devo muovermi se voglio arrivare. >>
<< Ma come andrai? >> chiesi confuso.
Giorgina non aveva la patente e quindi neanche una macchina, aveva a disposizione solo una bicicletta e non credevo avrebbe usato quella.
Fece spallucce. << Con la bicicletta. >> ecco, appunto.
Alzai gli occhi al cielo. << Come pensi di trasportare tua nipote e i bagagli sulla bicicletta? >>
Lei si diede uno schiaffetto sulla fronte. << Hai ragione… adesso? >> disse afflitta.
Mi sentii stringere il cuore alla vista dei suoi occhietti tristi che non mi venne altro in mente che offrirmi volontario. Ti sei completamente rammollito, Cullen.
<< Ci vado io. >> le dissi.
Lei alzò lo sguardo verso di me. << Davvero? >>
Annuii e feci spallucce. << Dovevo comunque andare in città per alcune faccende. >>
Lei cacciò un urletto e mi abbracciò facendomi barcollare e ridere. Adoravo quella donna.
<< Sei un tesoro, ragazzo. >> mi disse e mi diede un pizzicotto sulla guancia  probabilmente stirandomi qualche muscolo facciale.
Mi massaggiai lo zigomo. << Per questo voglio un cesto pieno di muffin, ragazzina. >> le dissi puntandole il dito contro.
Lei inarcò un sopracciglio. << Stai cercando di fare il superiore con me, angioletto? >>
Abbassai lo sguardo. << No, scusami. >>
<< Mia nipote si chiama Kate, okey? Stai attento o dovrai vedertela con me. >> mi disse passandomi accanto.
Annuii. << Si, signora. >> risposi.
E sentii la sua risata allegra espandersi per la casa e in cortile.
 
Dopo aver svolto le mie faccende in giro per la città mi diressi alla stazione con qualche minuto di anticipo, così scesi dalla macchina e mi accomodai su una panchina approfittando per leggere un giornale che avevo trovato lì.
Dopo qualche minuto sentii in lontananza il rumore del treno così piegai il giornale e mi diressi alla fermata, ma proprio quando stavano per scendere i passeggeri mi resi conto che non sapevo come fosse fatta questa ragazza. Così mi feci prestare un foglio ed una penna da dei ragazzi, scrissi il nome sopra e mi posizionai come quei graziosi autisti negli aeroporti. Mi sentivo abbastanza comico, ma quando avevo dimenticato di farmi dare una foto, cosa ci potevo fare?
I passeggeri cominciarono a riversarsi in stazione ed io per agevolare la ragazza alzai le braccia e il foglio fu in bella vista. Guardavo tutti sperando di vedere in qualche ragazza un sorriso che mi indicava che era lei, ma non riuscivo a vedere nulla.
<< Ehm… ehi? >> mi chiamò una dolce voce.
Mi girai verso di lei e rimasi piacevolmente sorpreso. Era davvero una bellissima ragazza dai lucenti capelli biondi e due bellissimi occhi blu, identici a Giorgina. Era alta più o meno un metro e settanta e un fisico abbastanza asciutto e leggermente rotondetto sui fianchi, ma invece di imbruttirla la rendeva sexy. La cosa più bella che aveva erano le labbra, belle piene ed invitanti.
<< Penso di essere la tua Kate, perché non vedo mia nonna in giro. >> mi disse imbarazzata.
Abbassai il foglio e le sorrisi sghembo, sicuro che avrei fatto colpo e lei non mi smentii. Arrossì e abbassò per un attimo il viso per evitare che la vedessi.
Le porsi la mano. << Sono Edward, un amico di tua nonna. >> e le sorrisi ancora.
Lei sbuffò spazientita. << Smettila. >> mi impose.
La guardai confuso. << Cosa? >> ma pensavo di sapere a cosa si riferisse e così sorrisi divertito.
Lei alzò gli occhi al cielo. << Smettila di fare quel sorrisino, perché sono mesi che non scopo e tu non mi aiuti con la tua aria da bello e dannato. >>
Hai capito la ragazza timida!!
Mi avvicinai al suo viso e feci il mio sorriso. << Questo sorriso, dici? >> la provocai.
Lei sbuffò. << Andiamo, latin lover, ho bisogno di una doccia. >>
Ridacchiai.  << La facciamo insieme? >>
Lei sbuffò ancora e mi precedette, ma si fermò non sapendo dove andare. Così con fare galante le indicai la mia macchina e le sorrisi ancora facendola ringhiare a bassa voce provocandomi una risata.
<< Penso proprio che ci divertiremo. >> commentai prima di seguirla.
In macchina per i primi cinque minuti rimase in silenzio girata verso il finestrino picchiettando nervosamente con i polpastrelli sul ginocchio.
Ridacchiai. << Nervosa? >> le chiesi.
Lei sbuffò. << Hai mai provato fastidio verso una persona appena conosciuta? >> mi chiese acidamente girandosi verso di me.
Scossi la testa, poi la guardai e feci il mio sorriso. << Mi era sembrato di capire che io… ti destabilizzassi. >> dissi fermandomi un attimo per cercare la parola giusta.
<< Hai capito male. >> e si rigirò verso il finestrino facendomi ridacchiare.
Quando arrivammo a casa di Giorgina quest’ultima uscì fuori tutta euforica e non diede neanche il tempo a sua nipote di scendere dalla macchina che la stava già stritolando in uno dei suoi abbracci.
<< Oh tesoro, quanto ti sei fatta bella. >> le disse dandole due baci sulla guancia e accarezzandole i capelli come se non ci credesse che fosse lì.
Kate sorrise emozionata, segno che adorava sua nonna e che la distanza era una cosa terribile da sopportare. << Anche tu sei ancora più bella, nonna. Questi capelli ti donano. >> le disse poi accarezzando i ricci di sua nonna.
Presi i bagagli della ragazza e li appoggiai a terra vicino alla gamba di Kate che appena mi vide mi lanciò un’occhiataccia che io ricambiai con un strizzata d’occhi e ridacchiai quando mi cacciò la linguaccia. Quella ragazza era incredibile.
<< Edward hai visto come è bella mia nipote? >> mi chiese Giorgina.
Annuii. << Si, è bella, ma mai quanto te. >> le dissi e le sorrisi sghembo facendola arrossire.
<< Ruffiano. >> mi disse dandomi un buffetto sul braccio con fare civettuolo.
Kate alzò gli occhi al cielo. << Non hai un po’ di ritegno. Andiamo, nonna, allontaniamoci da questo diavolo. >> e la spinse in casa.
Giorgina si girò verso di me. << Vieni a cena da noi stasera, vero? >>
Annuii. << Mi farai le tue lasagne? >> le chiesi pregustando già quella pasta che si scioglieva in bocca tanto era morbida e buona.
Giorgina sorrise. << Tutto quello che vuoi, bocconcino. >> ed entrò in casa con sua nipote che prima di chiudere la porta mi lanciò un’occhiataccia.
Quella ragazza sarebbe finita nel mio letto prima che si rendesse conto di desiderarmi.  

 


 Lei è Giorgina, immaginatela con i capelli rosa.
 Lei è Kate.  


Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Oddio che tavaglio è stato questo capitolo, non voleva proprio uscire.
Cmq salve ragazze, come procedono le vostre vite? Spero bene.
Eccomi ritornata con un nuovo capitolo che presenterà gli stessi protagonisti del precedente che ho potuto costatare si sono aggiudicati parecchi consensi, specialmente la nonnina dai capelli rosa.
Devo ammette che è il miglior personaggio che ho inventato ihih
Cmq adesso vi lascio al capitolo, spero vi piaccia come gli altri.
xoxo Alex.
ps. ringrazio tutte quelle che la leggono, sono davvero contenta di avervi.


Capitolo 6




Per il resto del pomeriggio avevo studiato e ripetuto, e mi sentivo abbastanza soddisfatto di me stesso. Ero arrivato ad un buon punto e quindi potevo permettermi di passare qualche tempo a correre dietro la gonnella di quella ragazza.
Ridacchiai al pensiero dell’occhiataccia che mi aveva riservato prima di entrare con sua nonna in casa. Avevo avuto moto di conoscere ragazze come lei, che sembravano reticenti, ma erano le prime che cedevano e si ritrovavano nel mio letto.
Kate era davvero una bella ragazza ed era davvero un bel tipino, una come lei avrebbe potuto aiutarmi con il mio enorme problema dagli occhi cioccolato. Magari aiutandomi me ne sarei innamorato e mi sarei messo l’anima in pace, ma poi mi dichiarai stupido da solo. Quando mai io mi ero innamorato? E quando mai avevo pensato di farlo?
Non ero tipo da messaggio del buongiorno, né dai cioccolatino a San Valentino. Sono il tipo da birra e panino e da preservativi usati in abbondanza senza conseguenze e pretese.
Neanche di Isabella ero innamorato, per quanto mi attraesse e mi facesse impazzire. Non ne ero innamorato e forse potevo ancora rimediare, potevo ancora dimenticarla e Kate mi avrebbe aiutato sicuramente.
Erano quasi le sette quando mi decisi ad andarmi a preparare, anche perché conoscendo Giorgina alle otto e mezza si cenava e se per le otto non ti vedeva arrivare cominciava a tartassarti con le chiamate.
Alle otto meno dieci ero pulito e profumato e dopo aver controllato per l’ultima volta la meraviglia di ragazzo che ero, salii in macchina e mi diressi dalla mia prossima conquista e dalla donna della mia vita.
Ad aprirmi venne proprio Kate che appena mi vide sbuffò. << Pensavo te lo fossi dimenticato. >>
Le sorrisi sghembo. << E perdermi l’occasione di tormentarti? Nah. >> le disse entrando e scompigliandole i capelli biondi ricevendo in cambiò un pugno sul braccio.
<< Uuh ti piace la violenza, micetta. >> le disse e le ringhiai nell’orecchio. << Mi piace essere graffiato. >> e me ne andai lasciandola all’entrata ancora più nera di rabbia.
Entrai in cucina e ci trovai Giorgina mentre decorava la sua torta di mele. << Ciao bellissima. >> la salutai avvicinandomi a lei e dandole un bacio sulla guancia.
Giorgina mi sorrise. << Cosa ti succede, bocconcino? >> chiese pobabilmente notando il mio buon umore, cosa alquanto rara in quel periodo.
Feci spallucce e afferrai un pomodorino mangiandolo. <<  Lo sai che ogni volta che ti vedo mi si illumina la giornata. >> e le sorrisi sghembo facendola arrossire.
Adoravo quella donna.
<< Smettila di farmi arrossire, mascalzone. >> mi disse, ma non era convinta, sapevo quanto amasse sentirsi fare i complimenti.
Ridacchiai. << Come vuoi, dolcezza. >> e le sorrisi ancora.
Lei sbuffò e mi mise tra le mani una tovaglia. << Vai ad apparecchiare che è meglio. >> e mi sorrise ancora.
In salotto c’era Kate che stava prendendo da una vetrina i piatti e i bicchieri, ma aveva due mani ed era troppo per lei così appoggiai sul tavolo la tovaglia, mi avvicinai a lei da dietro e afferrai i piatti.
Lei si irrigidì a quel contatto ed io ridacchiai internamente. << Nervosa, micetta? >> le sussurrai all’orecchio.
Lei sbuffò. << Smettila, sono fidanzata. >> mi disse, ma io non mi scoraggiai.
Feci spallucce. << Non preoccuparti, se non glielo dirai, rimarrà tra me e te. >> e mi staccai da lei girando le spalle, ma potevo sentire il suo sguardo perforarmi la schiena.
Era fidanzata, eh? Quindi con tanto di anello e proposta strappalacrime. Non mi facevo certo fermare da una cosa del genere, e di certo non mi facevo scrupoli a portarmi a letto una donna impegnata e in procinto di sposarsi. Avevo fatto sesso anche con donne sposate e non avevo mai passato notti insonne facendomi sommergere dal senso di colpa. Sono un uomo e se incontro una bella donna e vedo che ci sta perché dovrei tirarmi indietro? Sarebbe un gesto egoista nei loro confronti.
Ero un bellissimo ragazzo e con un dote davvero alta, perché dovevo tenermi tutto per me?
In religioso silenzio apparecchiammo la tavola e molte volte ci scontrammo, ma lei subito si tirava indietro e sbuffava. Era nervosa e si capiva, le facevo il solito effetto che facevo alle altre. Batticuore, languore al basso ventre, farfalle allo stomaco… era la prassi.
Dal nervoso le cadde una forchetta e senza pensarci si abbassò dandomi la perfetta visuale del suo sedere che non era niente male. Mi avvicinai silenziosamente a lei fino a far scontrare il mio bacino con il suo sedere e le appoggiai le mani sui fianchi. Lei subito scatto e si alzò, ma io non la lasciai.
Mi avvicinai al suo orecchio. << Ti hanno mai detto che è pericoloso mettersi in quella posizione? Il mondo è infame, micetta. >> e le diedi un morso sul lobo.
Lei rabbrividì ed un gemito le uscì dalle labbra. << S-smettila… >> sussurrò, ma non tentò di staccarsi dalla mia presa.
Feci passare le mie mani sul suo ventre, poi feci salire la destra fino a sotto il suo seno. << Vuoi davvero che la smetta? >> le sussurrai ancora.
Lei ansimò. << So-sono…. >> tentò di dire, ma la fermai.
Con la mano salì fino al suo seno, alto e sodo, e lo strizzai dolcemente facendola gemere. << Ripeto la domanda. Vuoi davvero che la smetta? >> e la toccai ancora.
Lei annuì. << Si… smettila… >> sussurrò.
Credeva che fossi scemo? Pensava che io non capissi che lo dicesse perché voleva farsi toccare ancora da me? Ah le donne… sempre convinta di essere enigmatiche, ma semplici come poche cose.
Con la mano sinistra che avevo sul suo ventre scesi e entrai nei suoi pantaloni, fortunatamente non troppo stretti, e mi feci strada fino alla sua intimità che era calda a bagnata.
<< Vuoi che la smetta? >> gli chiesi di nuovo e dicendolo le feci una carezza sulle labbra intime.
<< N-no. >> disse in un sospiro e si appoggiò completamente a me.
<< Questa notte, a casa mia. >> le disse e la lasciai andare.
Andai in cucina da Giorgina sorridendo soddisfatto. Cosa avevo detto? Io le conoscevo le donne….
 
Eravamo al dolce ed io avevo la pancia pienissima, ma come si poteva dire no ai dolci di quella graziosa vecchietta che aveva sempre un gesto di affetto verso di me? Continuava a versarmi dell’acqua e a riempirmi il piatto di prelibatezze dicendo che avevo bisogno di mangiare perché quando mi aveva visto la prima volta ero davvero un cadavere.
A quelle parole mi rabbuiai e sospirai. Mi mancavano tutti, e odiavo parlare con loro solo per telefono, ma non potevo fare altrimenti. Era così frustante…
<< Tesoro quando hai detto che torna Garrett? >> chiese Giorgina a Kate.
Kate si riscosse da chissà quale pensiero e cercò di sorridere. << Non si sa, nonna, ci sono stati dei problemi con dei civili. >>
Il fidanzato di Kate, Garrett, era il comandate delle forze speciali dell’esercito americano che in quel periodo si trovava di stanza in Iraq e si trovava lì da già tre mesi. Ecco perché lei ne aveva approfittato per far visita a sua nonna, stava rischiando di impazzire da sola nella sua grande casa che appunto divideva con il fidanzato.
<< Oh povero caro. >> commentò Giorgina.
Ridacchiai al pensiero che il povero caro tra un po’ si sarebbe ritrovato che due corna enormi come quelle di un alce. Kate mi fulminò con lo sguardò ed io le fece l’occhiolino, non lasciandomi scalfire da lei. Ormai era fatta, aveva ceduto e quindi qualsiasi comportamento avessi assunto l’avrebbe solo fatta eccitare di più.
<< Edward quando hai un po’ di tempo ti dispiacerebbe venire ad aiutarmi con il giardino? >> mi chiese Giorgina.
Annuii sicuro. << Anche domani mattina, se vuoi. >> le dissi.
Lei scosse la testa. << Ho il mercatino dell’usato domani, ricordi? Ma comunque ci sarà Kate e potrebbe aiutarti lei. >> disse indicando Kate.
Kate fulminò sua nonna ed io ridacchiai. << Oh certo… c’è Kate. >> e le sorrisi sghembo.
Lei prima mi sorrise trasognante, poi si irritò e sbuffò. << Non posso venire con te, nonna? >> chiese speranzosa verso la nonna.
Giorgina scosse la testa. << Chi porterà l’acqua e i tramezzini al mio angioletto? >> le chiese guardandomi con fare materno.
Le sorrisi dolcemente e poi guardai Kate con aria di sfida. << Chi mi porterà da bere e i tramezzini? >> le chiedi facendo la faccia da angioletto.
Alzò gli occhi al cielo e senza dire una parola andò in cucina a prendere il dolce ed io intanto stavo già pregustando il momento in qui avrei fatto sesso con lei in giardino.
 
Erano mezzanotte passata quando lasciai casa di Giorgina e Kate non mi seguì, forse era la prima volta che il mio fascino non aveva fatto vittime. Ma non mi scoraggiai avevo il giorno dopo per convincerla e ci sarei riuscito.
Ero appena uscito dalla doccia quando qualcuno bussò alla porta, così ancora bagnato e con solo un asciugamano addosso andai ad aprire e mi ritrovai Kate con il fiatone. Aveva corso?
La guardai appoggiandomi allo stipite della porta. << Cosa succede? >>
Kate mi guardò irritata e mi spinse in casa guardando in strada con fare circospetto prima di chiudersi la porta alle spalle e mettere il catenaccio.
Guardai la scena divertito. << Che stai facendo? >> le chiesi.
Eravamo a pochi centimetri di distanza e quindi non le fu difficile avvicinarsi a me, prendermi per la nuca e baciarmi. Mi aprì la bocca con la forza ed io l’accontentai prendendola per la vita e stringendola a me.
Mi piaceva come baciava, era davvero brava e così mi presi del tempo per me per gustarmi quel nuovo sapore. Mentre ci baciavamo si tolse le scarpe e le lanciò insieme al pantalone in qualche angolo dell’entrata, ma non ce ne curammo abbastanza.
Mi staccai da lei per prendere fiato e passai sul suo collo candido e le diedi tanti piccoli baci infuocati che la fecero ansimare e arpionarsi alle mie spalle. Le sfilai il maglioncino e rimase in timo di pizzo viola, che dava l’effetto di vedo e non vedo. Tra i due preferisco il non vedo quindi le sfilai anche quello e rimase nuda davanti ai miei occhi ed era davvero bellissima tanto che la mia erezione pulsò dolorosamente.
Mi accorsi in quel momento di avere ancora l’asciugamano avvolta in vita così feci per levarla, ma lei mi fermò e la tolse. Sorrisi soddisfatto quando mi guardò con libidine e si leccò le labbra in un gesto altamente erotico e lascivo.
<< Se ti piace, tocca. >> le dissi e lei mi accontentò.
Si avvicinò a me e cominciò ad accarezzarmi il petto, gli addominali accennati e i fianchi stetti. Prima di approdare lì si concesse una palpatina alle mie natiche sode e ridacchiai, ma un morso sul collo mi fece ansimare. Era brava la ragazza.
Poi arrivò lì e lo strinse tra le mani come se potesse uscire qualche tipo di crema, ed io ansimai gettando la testa all’indietro. << Oh… >> mi lasciai scappare quando non c’era più la sua mano, ma una sensazione di caldo e umido e capì immediatamente cosa stesse facendo e la lasciai fare.
Le appoggiai la mano tra i capelli, ma non le dettai nessun ritmo, era brava di suo. Ero quasi sul punto di non ritorno quando la feci alzare e la sollevai facendole stringere le gambe intorno alla mia vita.
<< Andiamo, micetta. >> le disse prima di salire le scale ed entrare nella mia camera da letto, ma al letto non ci arrivammo mai.
Appena entrai in camera mi baciò facendomi quasi perdere l’equilibrio così mi aggrappai alla scrivania. Tutti i miei libri finirono a terra in un tonfo sordo, ma non mi importava, avevo davanti agli occhi il suo seno e non mi sembrava il caso di trascurarlo per un po’ di cultura.
Presi il suo seno e lo accarezzai, lo leccai, lo baciai e lo morsi e lo feci ancora perché le piaceva. Le piaceva che la soglia tra dolore e piacere fosse minima ed io non potevo che esserne compiaciuta perché piaceva anche a me così.
Mi piaceva il sesso rude, il sesso nel vero senso della parola. Senza carezze o sussurri dolci all’orecchio, mi piaceva strappare i vestiti e dare morsi, mi piaceva che le ragazze si facessero toccare in modo forte e passionale senza lamentarsi. Mi piaceva lasciare marchi e  lividi. Agli occhi di chiunque posso sembrare un sadomasochista del cazzo, ma non sono mai arrivato a fruste o al dolore vero e proprio, mi piaceva solo farlo in modo pesante.
Finalmente entrai dentro di lei e cominciai a spingere sotto le sue incitazioni. Non mi piaceva la delicatezza, quindi partii direttamente velocemente e con forza e a lei piaceva perché non l’avevo sentita lamentarsi anzi continuava a dirmi di andare più forte, di volerlo sentire ancora di più e ci misi tutta la forza.
Lei venne urlando aggrappandosi alla scrivania mentre io venni dandole un morso sulla spalla che la portò ad urlare ancora di più. Caddi stremato sopra di lei e ci rimasi fino a che il respiro non tornò regolare e le gambe smisero di tremare.
Uscii da lei e mi diressi in bagno per pulirmi, lei mi seguì e scansandomi si lavò le mani.
<< C’ero prima io. >> le disse guardandola attraverso lo specchio.
Lei mi restituì lo sguardo. << Anche il mio fidanzato stava prima di te, ma non ti sei preoccupato… >> ed uscì fuori chiudendosi la porta alle spalle.
La seguì e la trovai mentre si stava vestendo. << Ti ho per caso costretta a farti scopare? No, perché dal ‘Edward, voglio sentirlo fino in gola’ non mi sembrava ti dispiacesse. >> le dissi in modo strafottente.
Lei mi guardò e smise di abbottonarsi il pantalone. << Smettila di fare l’arrogante stronzo. >>
Sorrisi sghembo. << Ti da fastidio? >> chiesi con la mia solita voce arrogante.
Lei scosse la testa e si avvicinò a me. << No, mi eccita. >>
E ricominciammo di nuovo… 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Scusate angeli miei, ma ho dei problemi con la linea. Ho chiesto il favore ad una mia vicina di appoggiarmi alla sua linea, quindi due secondi posso restare. Il tempo di postare e andarmene.
Ho letto tutte le vostre recensioni, ma mi dispiace non poter rispondere, appena potrò provvederò.
Scusate ancora.
Vi adoro.
xoxo Alex



Capitolo 7



  Erano passate due settimane da quando Kate era arrivata da sua nonna e avevo scoperto molte cose su di lei, tra cui il fatto che oltre a fare sesso da Dio era anche una ricercatrice per una nota industria farmaceutica e che amava molto il basket. Molte di quelle sere in quelle due settimane le avevamo passate a casa mia sul divano a guardare le partite e a riempirci di schifezze.
Contro ogni previsione in lei avevo trovato un’amica, certo un’amica con qualche beneficio, ma per il resto il nostro rapporto era amichevole. Lei mi aveva aiutato anche con lo studio e avevo scopeto che era davvero una brava insegnante anche se finivamo sempre per fare sesso, ma è un dettaglio.
Una volta mentre stavamo facendo sesso mi aveva fatto elencare le fasi di un intervento all’appendice, era stata una cosa strana, ma mi ero divertito.
La cosa più bella di Kate era che era capace di farti dimenticare ogni cosa, mi teneva talmente impegnato che non avevo il tempo di pensare ad altro e questo era un bene, perché avevo smesso di pensare a Bella, avevo incominciato a vederla semplicemente come la compagna di mio padre. E questo, per la mia mente, era un bene.
Quella mattina Giorgina era andata a ritirare la pensione quindi io e Kate ci eravamo intrattenuti con uno dei nostri passatempo preferito. Il sesso.
Ero completamente immerso tra le sue gambe quando sentimmo la porta aprirsi e la voce di Giorgina chiamare Kate.
<< Kate, tesoro, sono a casa! >> urlò.
Riemersi da quelle piaghe calde e guardai Kate terrorizzato, lei invece mi restituì uno sguardo divertito. Certo, in un certo senso era una cosa divertente, ma essere rincorso da una Giorgina imbufalita con un minaccioso mattarello tra le mani non era proprio la mia idea di divertimento.
In fretta e furia tenendo d’occhio sempre la porta del salotto, presi i vestiti e corsi in bagno chiudendo la porta a chiave. Mi appoggiai alla porta e sospirai di sollievo per poi ridacchiare divertito da quella situazione.
Se Giorgina mi avesse visto in quella posizione le sarebbe venuto un infarto e non mi sembrava il caso, però mi sarebbe piaciuto vedere la sua faccia. Sicuramente avrebbe detto che avevo incantato sua nipote che era una vera santa. Ma Kate di santo non aveva nulla, solo l’estetista che le aveva fatto una depilazione perfetta all’inguine.
Mi vestii con calma, mi lavai la faccia e le mani e dopo un gran respiro per impostare la faccia da bravo ragazzo uscii fuori e seguii le voce che mi portarono in cucina dove c’erano Kate e Giorgina che stavano discutendo.
<< Vado io, nonna, non preoccuparti. >> disse Kate esasperata.
Giorgina sospirò. << Ma tu non sai cosa prendere… >> si lamentò.
Entrai in cucina e mi feci vedere. Giorgina mi sorrise contenta ed io le restituii il sorriso avvicinandomi a lei e dandole un bacio sulla guancia.
<< Come stai? Ti sento accaldata. >> le dissi preoccupato toccandole la fronte.
Lei fece spallucce. << Non mi sento molto bene, in effetti. >>
Le strinsi la mano e le notai fredde, molto probabilmente le stava per salire la febbre anche perché aveva gli occhi lucidi.
<< Che ne dici se adesso vai a letto e ti addormenti? Ci occuperemo noi di tutto. >> le dissi rassicurante.
Lei mi guardò, ma non sembrava convinta. << Ma c’è da fare la spesa, pagare le bolle… >>
Sbuffai. << Ti ho mai deluso quando mi hai chiesto qualcosa? >> le chiese facendole gli occhietti dolci a cui sapevo non resisteva.
Lei sbuffò, ma annuì. << D’accordo… >>
Le sorrisi soddisfatto, ma prima di mandarla a letto mi feci segnare le cose da comprare e le bollette da pagare. Intanto Kate era salita sopra per prepararsi, visto che sarebbe venuta con me. Avremmo fatto tutte le commissioni e poi avremmo continuato a casa mia quello che Giorgina aveva interrotto.
Salii sopra con Giorgina e l’aiutai a coricarsi, le sorrisi dolcemente e la lasciai dormire.
<< Riposa bene, bella donna. >> le dissi sorridendole mentre spegnevo la luce.
Lei ridacchiò. << Ciao bocconcino. >> e si girò dall’altra parte.
Quando scesi in salotto c’era Kate che si stava infilando il cappotto, appena mi sentì si girò e mi sorrise. << Pronto? >>
Annuii. << Se non ti dispiace vorrei passare da casa, ho bisogno di una doccia. >> le dissi seguendola fuori fino alla macchina.
Lei annuì. << La facciamo insieme? >> mi chiese maliziosa.
Non la risposi, ma quando arrivammo a casa la trascinai con me sotto la doccia e concludemmo quello che non avevamo mai finito a casa di Giorgina.
Mentre mi vestivo lei si asciugò i capelli in bagno, ma rimasi la porta aperta nel caso avesse voluto dirmi qualcosa e lo fece ed io avrei preferito che stesse zitta.
<< Dopodomani devo ritornare. >> mi disse all’improvviso.
Alzai lo sguardo verso di lei. << Perché? >>
Lei spense l’asciugacapelli e venne in camera per vestirsi. << Mi hanno chiamato dal lavoro. >> mi spiegò.
Non risposi, ma qualcosa dentro di me si spezzò. Non ero innamorato di Kate, perché io non sono il tipo che ama una persona e che non riesce a stare senza di lei, ma con lei avevo istaurato un rapporto che mi piaceva. Kate era diventata il mio appiglio per non sprofondare nell’angoscia e adesso avevo paura di ricaderci se lei se ne fosse andata.
Non mi resi conto di essermi fermato a guardare un punto fisso fino a che Kate non venne accanto a me e mi girò il viso verso di lei sorridendomi dolcemente.
<< So cosa stai provando perché è la stessa cosa che sento io. Mi sono affezionata a te e mi hai per un po’ impegnata la mente costantemente in pensiero per lui, e te ne sono davvero grata. >> e mi diede un bacio sulla guancia. << Ma devo tornare alla mia vita e tu hai bisogno di fare spazio nella tua. Trova una ragazza disponibile, innamoratene e passa con lei dei momenti felici. >>
Scossi la testa. << Tutti se ne vanno, Kate, ed io non voglio rimanere di nuovo solo. >> sussurrai appoggiandomi alla sua spalla.
Lei prontamente mi abbracciò. << Sei una persona stupenda, Edward, nonostante tu creda il contrario. La persona giusta non esiste, ma troverai quella che ti farà innamorare e vedrai che resterà con te nonostante il tuo caratteraccio. >> mi disse facendomi sorridere stemperando la tensione.
Mi staccai da lei e le accarezzai una guancia. << Prometti che mi chiamerai ogni giorno? Io ci sarò sempre, come tu ci sei stata per me. >>
Lei annuì. << Promettilo anche tu. >>
Annuii e l’abbracciai ancora. Non l’avevo persa, per fortuna.
 
Erano quasi le due quando tornammo a casa da Giorgina e la trovammo seduta sul divano con una coperta sulle spalle ed una tazza di brodo.
<< Cos’hai? >> le chiesi dopo aver lasciato le buste sul tavolo in cucina.
Giorgina mi guardò con i suoi occhi lucidi e sorrisi intenerito notando le guanciotte rosa, segno che le era salita davvero la febbre.
Mi avvicinai a lei e le tastai la fronte ed il polso. << Eh si, tesoro, hai la febbre. >> le dissi aggiustandole meglio la coperta addosso.
<< Lo sapevo, dottorino.>> mi disse acida.
Ecco un’altra cosa che non sapevo di Giorgina. Odiava avere la febbre ed essere un problema per gli altri, ma quei giorni da brava bambina si fece curare da me ed in poco tempo ritornò come prima, giusto in tempo per accompagnare sua nipote alla stazione.
<< Mi raccomando, tesoro, mangia e non stressarti troppo. >> le raccomandò mentre l’abbracciava.
Kate alzò gli occhi al cielo. << Nonna sarà la cinquantesima volta che me lo dici, ho capito. >> disse esasperata, ma poi l’abbraccio infelice anche lei di doverla lasciare.
Dopo aver finito con lei, si avvicinò a me e mi abbracciò ed io la strinsi forte a me. << Mi mancherai. >> le dissi e mi meravigliai da solo.
Quando mai avevo detto a qualcuno cosa provavo? Mi stavo davvero trasformando in una ricotta, cazzo!
Lei mi scompigliò i capelli. << Anche tu, dottorino. >> e si staccò da me. << Prenditi cura di mia nonna finchè puoi, si è affezionata a te. >> mi rimproverò.
Fece un cenno di assenso. << Sarà la mia priorità finchè potrò. >>
Lei annuì soddisfatta e mi diede un altro bacio sulla guancia. << Ricorda quello che ho detto, Edward. Impara ad amare. >> e se ne andò salutandoci un’altra volta prima di salire sul treno.
Giorgina tirò su col naso ed io l’abbracciai. Sarebbe mancata anche a me quella micetta, mi aveva aiutato e mi aveva fatto aprire gli occhi.
Lì fuori c’era qualcuno che come me stava aspettando qualcuno, o fermo stavamo aspettando la stessa persona in due. La persona giusta non esiste, come aveva detto Kate, e forse aveva ragione. La persona giusta per noi, siamo noi stessi, perché sappiamo quali sono i limiti e quali sono le nostre capacità per non soffrire quando vediamo che non ce la facciamo.
Ma lì fuori c’era la persona che mi avrebbe fatto innamorare ed io dovevo solo aprire gli occhi e vederla.
 
Da quando Kate se ne era andata era passato un mese ed io avevo finito la stesura della mia tesi, dovevo solo andare dal mio professore e vedere se andava bene, quindi mi toccava tornare in città. Quando Giorgina lo seppe si rattristò, ma poi mi confezionò qualcosa da mangiare durante il viaggio o durante le pause. Pensavo  mi avesse preparato qualche sandwich, ma quando passai da lei prima di partire nel cestino trovai una torta di mele, qualche muffin, dei sandwich, della frutta già tagliata e del pollo fritto.
La guardò divertito. << Giorgina, tesoro, torno stasera. >>
Lei sbuffò. << E se ti viene fame? E se devi rimanere di più? >> mi chiese.
Adoravo quella donna, mi ricordava tanto la mia nonna, sempre lì a preoccuparsi. Posai il cestino in macchina e l’andai ad abbracciare. << Sei la donna migliore del mondo. >> le dissi e le schioccai un bacio sulla fronte.
Giorgina era arrossita ed era diventata ancora più bella. << Vai, bocconcino, prima che mi metta a piangere. >>
L’abbracciai un’ultima volta, poi salii in macchina e dopo un grosso respiro partii.
Avevo il terrore di tornare in città, avevo il terrore di incontrarla e scoprire che tutto quello che avevo costruito contro di lei crollasse. Adesso mi sentivo bene con me stesso e non mi andava di risprofondare di nuovo perché una seconda volta non avrei avuto Kate con me.
Ero quasi arrivato in città quando presi il telefono e chiamai la persona che mi era mancata di più in assoluto.
<< Pronto? >> rispose con la sua voce melodiosa.
<< Ciao piccola. >> la salutai con voce dolce.
Lei fece un piccolo urletto. << Ciao fratellone, come stai? >> mi chiese contenta.
Sorrisi. << Sto bene. >> ed era la verità. << Ho una sorpresa per te. Indovina dove sto andando? >> le chiesi.
Fece di nuovo un urletto. << Stai tornando da me? Dimmi di si, dimmi di si, dimmi di si! >>
Risi divertito. << Si, ti va se pranziamo insieme? >>
<< Esco da scuola alle due, okey? >>
Annuii, ma lei non poteva vedermi. << Certo. A dopo piccola. >>
<< Ciao Ed. >> e riattaccò.
Mezz’ora dopo ero arrivato in facoltà e dopo essermi guardato intorno per nascondermi da eventuali comparse indesiderate, mi diressi nell’ufficio del mio professore che quando gli feci vedere la tesi si ritenne soddisfatto ed orgoglioso del mio operato. Amavo quello che facevo ed ero sempre stato il primo di tutti i corsi, era difficile trovare qualcuno più preparato di me.
<< C’è stato un cambio di commissione, Cullen. >> mi disse poi il professore offrendomi una tazza di caffè.
Lo guardai curioso. << Sarebbe? >>
Il professore si accomodò alla sua sedia e tirò fuori un fascicolo dalla scrivania. Il professore O’Connor doveva avere la bellezza di settant’anni, con barba e capelli bianchi e due occhi verdi intelligenti. Era una persona molto colta e piena di qualità, era uno dei professori che preferivo e lui preferiva me. Eravamo una bella coppia.
<< Nella commissione, quest’anno, abbiamo deciso di inserire un dottore. E’ nuova di qua, ma dicono che sia brava davvero nel suo lavoro. >>
Sfogliò il fascicolo, ma prima che dicesse il suo nome sapevo già chi fosse e l’angoscia mi prese. Avrei fatto la figura del cretino alla laurea e il massimo dei voti che mi aspettavo sarebbe rimasto un miraggio.
<< Isabella Swan. >> disse il professore senza alzare lo sguardo dal fascicolo.
Posai il caffè sulla scrivania, ero nervoso già di mio quello non mi aiutava affatto. Il professore mi porse il fascicolo ed io rimase sorpreso, da quando aveva preso tra le mani il reparto di chirurgia neonatale erano state fatte parecchie modifiche e il reparto aveva cominciato a funzionare meglio. Aveva anche fatto in modo che due bambini in attesa da molto tempo per un trapianto avessero la loro possibilità,  li aveva fatti salire di grado nella lista e adesso erano salvi.
Oltre ad essere bellissima era anche una persona che sapeva il fatto suo.
<< Dicono che sia un ottimo dottore e che abbia un istinto materno fuori dal comune. I bambini l’adorano. >> commentò il professore.
Annuii distratto. << La conosco. >> sussurrai.
<< Oh, davvero? >> chiese curioso il professore.
Annuii e gli restituii il fascicolo, presi la mia borsa e la tesi e mi alzai. << Io dovrei andare professore, ci vediamo alla laurea. >>
Il professore rimase un attimo stupito dal mio cambio di umore, ma non disse nulla e lo apprezzai. Mi salutò ed io me ne andai correndo letteralmente fuori, avevo bisogno di un po’ di aria.
Non ero neanche arrivato e già mi sentivo soffocare.  
  

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Ragazze ho letto tutte le recenzioni, ma non posso rispondere.
Mi scuso, ma devo andare.
Vi amo tutte.
xoxo Alex

Capitolo 8

 

Avevo appena accompagnato Alice a scuola di danza dopo aver passato delle ore bellissime al parco a mangiare le pietanze che mi aveva preparato Giorgina.  Alice aveva riso tanto quando le avevo raccontato di questa splendida nonnina e mi aveva fatto promettere di fargliela conoscere appena ce ne fosse stato il tempo. Avevo deciso di dirle dove mi nascondevo perché sapevo che non lo avrebbe detto a nessuno proteggendomi come aveva sempre fatto.
Adesso mi trovavo in giro per le strade cercando di mantenere su di me quel poco di serenità che era riuscita ad infondermi Alice con la sua allegria e spensieratezza.
Ma già dopo qualche giro l’ansia e il nervosismo si erano impossessati di me ed ero stato costretto ad accostarmi al ciglio della strada in un vialetto poco frequentato, almeno per avere un po’ di solitudine. Però per precauzione avevo acceso le quattro frecce per evitare che qualcuno mi disturbasse.
Tutto quello che avevo concluso in quel mese lontano da tutto era andato a finire nel cosiddetto cesso. Lei ed il tormento erano ritornati e adesso non sapevo come fare, mi sentivo perso.
Perché piove sempre sul bagnato? Mi sembrava di camminare con costantemente un nuvolone grigio sulla testa che quando meno me l’aspettavo si trasformava in tempesta.
Mi sentivo preso in giro dalla vita, come se fossi il bambinetto sfigato della scuola e lei fosse il bulletto sempre pronto a farmi degli scherzi idioti.
Come era possibile aggiungere un membro alla commissione l’anno in cui dovevo laurearmi io?  E come potevano ingaggiare il mio tormento?
Era davvero un fottutissimo e inopportuno senso dell’umorismo.
Dopo essere rimasto in quella macchina immobile per non so quanto tempo, misi in moto e presi la strada verso il mio paradiso in terra con la mia Giorgina che mi avrebbe consolato con uno dei suoi squisiti manicaretti.
Era da una decina di minuti che stavo guidando quando dei lampeggianti di una macchina grossa e nera mi costrinsero a fermarmi.
Prima che potessi fare qualunque gesto un tornado parecchio incazzato dai capelli biondi e gli occhi fiammeggianti d’ira si parò davanti la macchina e mi fece segno di scendere.
Scesi senza obbiettare impaurito perché avere a che fare con una Rosalie inferocita era una cosa che avevo sempre cercato di evitare, ma in quel momento qualcosa in quegli occhi blu fiammeggianti mi diceva che non mi conveniva discutere o porre resistenza.
Si avvicinò a me ed io chiusi gli  occhi pronto a subire qualsiasi brutale tortura, ma mi sorprese. Mi gettò le braccia al collo e mi abbracciò stretto a se come se fossi la sua unica ancora di salvezza. Ricambiai il suo abbraccio inspirando il suo odore familiare di fragola. Mi era mancata, mi era mancata davvero tanto.
<< Stronzo. >> mi sussurrò all’orecchio.
Ridacchiai. << Me lo merito. >> concessi appoggiandola a terra, ma senza sciogliere il nostro abbraccio. Mi era mancata così tanto che non volevo più lasciarla.
Mi osservò attentamente ed io sapevo che mi stava studiando per capire, prima che io le dicessi qualcosa, se stavo bene e se andava tutto okey.
Mi accarezzò il viso. << E’ servito, almeno, abbandonare tutto? >>
Sospirai e scossi la testa. << Per un po’. >> risposi sincero.
Lei annuì. << Te ne stavi andando. >> disse e non era una domanda.
Annuii. << Ho bisogno di altro tempo, scusami. >> dissi facendole capire quanto mi dispiacesse lasciarla.
Lei annuì comprensiva. << Spero ritornerai per la prima ecografia. >>  mi disse illuminandosi tutta.
La guardai confuso, ma poi osservai la sua mano appoggiarsi sul ventre ancora piatto e subito capii. Immediatamente l’angoscia che stavo provando fu spezzata via dalla felicità. La mia Rose, la mia migliore amica, era incinta.
La strinsi a me e la sollevai ridendo contento con lei che si era illuminata tutta ed era diventata se è possibile ancora più bella.
<< Il mio angelo è incinta. >> dissi dandole un bacio sulla guancia.
Sembrava che il figlio fosse mio, ma un po’ forse lo era. Sarei stato costantemente presente nella sua vita come farebbe un genitore.
Lei sorrise contenta. << Ci sarai? >> mi chiese ancora.
Annuii sicuro. << Ovvio che si sarò. >> , ma poi la guardai. << Non dovrebbe esserci Emmett? >> chiesi confuso.
Lei annuì. << Ci verrà, ma ho bisogno di qualcuno che lo sorregga quando sverrà. >> disse esasperata. << Quando lo ha saputo è letteralmente crollato come un peso morto tra le mie braccia. >> si lamentò del poco sangue freddo del marito.
Risi forte e divertito perché mi stavo immaginando la scena ed era davvero uno spasso. Avrei voluto esserci, ma ero troppo impegnato a piangermi addosso e a lamentarmi come una femminuccia. Il problema con Isabella mi aveva fatto dimenticare tutto il resto del mondo e mi stavo perdendo le cose più importanti.
Rosalie probabilmente vide qualcosa sul mio viso perché mi abbracciò, senza dire nulla, semplicemente trasmettendomi calore e amore tutto ciò di cui avevo bisogno in quel momento.
Ci salutammo lei con la promessa di comportarsi bene con il mio figlioccio ed io di ritornare presto a casa.
Non sapevo se avrei mantenuto la parola, perché avevo bisogno di ricominciare la terapia di disintossicazione tutta daccapo e non sapevo se e quando ci sarei riuscito.
Ma glielo dovevo, lei mi era stata vicina sempre e volevo ricambiala standole accanto durante la gravidanza ed oltre.
 
Finalmente ero arrivato a casa ed ero passato da Giorgina, avevo bisogno della sua allegria. Appena mi vide mi sorrise contenta, ma guardando la mia faccia si rabbuiò.
<< Cosa è successo? >> mi chiese preoccupata.
Sospirai e mi lasciai cadere come un peso morto sullo sgabello dell’isolotto. << Hai abbastanza lasagne? >> le chiesi.
Lei sospirò. << Donne… >> commentò.
Lei aveva l’abilità di associare un cibo ad un problema o ad una persona e le lasagne indicavano problemi con le donne, sempre secondo la sua concezione.
Annuii semplicemente e lei mi diede una pacca comprensiva sulla spalla, poi si avvicinò al frigo, pese una ciotola, la infilò nel microonde e dopo dieci minuti avevo sul piatto un enorme e fumante porzione di lasagne. Mi versò un bicchiere di vino e se ne versò uno anche lei, ma al posto della lasagna aveva una fetta di cheesecake con marmellata di mirtilli.
<< Allora? >> mi chiese.
Feci un grosso respiro e tra un boccone ed un altro le raccontai tutto, da quando era morta mia nonna fino a quell’incontro inaspettato con Isabella. Non tralasciai nulla perché volevo avere un consiglio da lei, avevo bisogno che sapesse tutto.
<< … e questo è quanto. Sono venuto qui per farmela passare, ma appena ho abbassato di poco la guardia, tutto è ritornato. >> finii di raccontare e finì anche la mia lasagna.
Giorgina aveva ascoltato la mia storia senza fiatare, annuendo solo quando ne sentiva la necessità. Lei era una persona molto acuta ed intelligente quindi sapevo benissimo che anche se non aveva detto nulla aveva un’idea ben chiara della mia situazione.
<< Vuoi sapere cosa penso io? >> mi chiese infatti.
Annuii. << Ne ho bisogno. >>
Fece un grosso respiro. << Io sono convita che Isabella sia arrivata per un motivo preciso, che non si trovi propriamente con la persona giusta. Mi segui? >> mi chiese vedendomi chiaramente confuso.
Scossi la testa. << No, mi sono perso. >> ammisi.
Lei sorrise. << E se questa Bella è davvero la donna che ti cambierà la vita? E se Bella stesse con tuo padre solo per arrivare a te? >>
La guardai seriamente preoccupato. << Non ci siamo mai visti prima, come potrebbe fare il doppio gioco? >>
Lei scosse la testa. << Non si tratta di doppio gioco, ma di destino. >>
Cominciavo a capire il suo ragionamento contorto adesso. << Tu mi stai dicendo che forse io e Bella siamo destinati a stare insieme e che mio padre è solo una pedina per raggiungere lo scopo? >> le chiesi per avere conferma.
Lei annuì soddisfatta. << Bravo ragazzo. >>
La guardai inarcando un sopracciglio scettico. << Hai assunto droghe in mia assenza, per caso? >>
Lei ridacchiò e scosse la testa. << E’ solo un’idea la mia, Edward, nessuno può dirti se è davvero così. Senti, io non so nulla del destino, ma ci credo. >> mi disse parlando solo come una donna di una certa età poteva.
Non dico che Giorgina fosse vecchia, ma aveva più del doppio della mia età e se non aveva vissuto lei più esperienze di me chi altro?
Sospirai frustato. << Destino o no, mio padre ne è innamorato ed io non posso fargli una cosa del genere. Lo distruggerebbe. >>
Lei annuì comprensiva. << E’ probabile, ma lascia che ti chieda una cosa. Chi si occupa del tuo cuore distrutto? >>
Già, chi?
 
Quando arrivai a casa mia posi nel frigo tutto quello che mi aveva dato Giorgina, io ormai non andavo più al supermercato a fare la spesa, andavo da lei. Meglio così però, lei mi dava il cibo cotto e pronto ed evitavo di incendiare la cucina.
Poi mi andai a fare una doccia, ero stanco e volevo dormire.
Ma non ero neanche arrivato a metà scala quando qualcuno bussò alla porta. Stupito guardai l’orologio ed era parecchio tardi erano passate la mezzanotte. Chi mi poteva cercare a quell’ora?
Subito mi preoccupai e con un balzo arrivai alla porta e l’aprii, ma appena vidi chi avevo davanti avrei voluto non farlo.
C’era Bella con un giubbino beige e una sciarpa con i colori tra il viola, il grigio, il rosa e il beige. Aveva un paio di jeans scuri e degli stivaletti di camoscio viola, sembrava davvero una ragazzina.
Un bellissima e sexy ragazzina.
Io la guardavo sorpreso, ma lei mi guardava arrabbiata ed anche parecchio. In un certo senso potevo capirla, me ne ero andato così all’improvviso senza neanche una spiegazione e non mi facevo sentire mai. Ma la cosa che non capivo era come si trovasse lei li a mezzanotte passata e per di più incazzata, mi sarei aspettato mio padre, ma non lei.
Mi schiarì la voce. << Ehm… ciao? >> chiesi.
Lei mi guardò esasperata. << Ciao? Sparisci per un mese senza dire nulla e non facendo neanche una fottutissima telefonata per dire ‘Ehi, stronza, smettila di preoccuparti per me, sono vivo’ e te ne vieni con un semplice ciao? Ti sei fottuto il cervello, razza di coglione? >> mi chiese urlando.
La guardai con gli occhi sgranati dalla sorpresa e dal suo tono abbastanza colorito per una persona matura e posata come lei. Mi girai intorno per vedere se qualcuno ci avesse visto e sentito  poi l’afferrai per la mano e la feci entrare dentro, chiudendo poi la porta.
Mi girai verso di lei. << Ti sembra il modo di urlare a quest’ora? >> chiesi irritato.
Lei mi lanciò un’occhiataccia. << Ti sembra il modo di andartene così senza dire nulla? >>
Sbuffai. << Touchè. >> ammisi.
Lei mi si avvicinò e mi puntò il dito contro. << Sto ancora aspettando una spiegazione. Che cazzo ti è passato per la mente? >> disse aggredendomi.
Sospirai. << Potremmo… >>
Lei scosse la testa. << Non potremmo niente. >> poi sospirò anche lei. << Senti lo so che sono piombata nelle vostre vite all’improvviso pretendendo chissà che cosa, ma non puoi trattarmi così. Ho cercato in tutti i modi di farmi accettare da te, ma non ci sono riuscita. Dimmi cosa posso fare, per favore. >> quasi mi implorò alla fine.
Cazzo, ma come poteva essere così bella?
Scossi la testa. << Tu non centri… >>
Lei sbuffò e si scostò da me. << Oh si adesso mi dirai che il problema sei tu e che non devo farmi problemi. Io invece i problemi me li faccio, perché comincio a pensare che qualcosa in me non va o che forse me dovrei andarmene perché ho alterato il vostro equilibrio. Io non riesco a stare bene con me stessa se tu non mi accetti. >> mi disse esponendomi i suoi sentimenti.
Lo sapevo di non essere l’unico a soffrire, ma mi sarei aspettato una cosa del genere da Alice e forse da Carlisle, ma non da lei. Lei infondo non mi conosceva cose le importava di piacermi? Ma poi pensavo che era la compagna di mio padre e che quindi le importava si, di piacermi.
Scossi la testa. << Mi dispiace, ma… >>
Le uscì un verso di stizza. << Cazzo, Edward, cosa c’è di sbagliato in me? >> urlò.
Urlai anche io. << Nulla, non c’è nulla di sbagliato in te. Il problema è che sei troppo perfetta, troppo bella… sei troppo ed io sono completamente perso pe te. Capisci? Io mi sono preso una stramaledettissima cotta per la compagna di mio padre, porca puttana! >> urlai.
Ad ogni mia parola avevo notato i suoi occhi sgranarsi dalla sorpresa e la sua bocca aprirsi in una graziosa ‘o’ di sgomento.
Cazzo, l’avevo fatta grossa.  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Ragazze, mi sento uno schifo, ma è un'altra settimana in cui non riesco a rispondere alle vostre recensioni anche se lo vorrei tanto. Le leggo tutte e le adoro tutte, come adoro voi.
E' un periodo un pò incasinato e poi questa linea continua a non tornare.
Spero mi perdonerete.
vi amo tanto.
xoxo Alex



Capitolo 9

Guardavo Isabella in silenzio senza perdermi neanche una smorfia della sua faccia che sembrava come pietrificata dallo sgomento. L’avevo detta davvero grossa, cazzo, e adesso avevo paura. Cosa mi avrebbe detto? Se ne sarebbe andata senza dire nulla? Mi avrebbe preso a cazzotti?
Isabella era immobile letteralmente, dal suo viso traspariva solo la sorpresa della notizia, ma niente che mi facesse più o meno capire cosa stesse pensando. Ma potevo chiaramente immaginare la sua mente viaggiare in varie parti per trovare un senso ad una cosa del genere.
Finalmente dopo quelle che mi parvero ore sembrò muoversi, non mi guardò negli occhi, ma girò il corpo verso il mio.
Fece un grosso respiro. << Ehm…si, c-credo che…si, sicuramente… è meglio se, cioè, resti qui per un bel po’ di tempo, okey? >>  disse balbettando.
Poi si avvicinò alla porta continuando ad evitare il mio sguardo e potevo anche capirla, ma la cosa mi fece male lo stesso.
<< Te ne vai? >> le chiesi.
Ma che domande fai, Edward? Mi chiesi da solo… certo che se ne andava, come poteva rimanere ancora lì dopo quello che le avevo detto. Anche io, se mi fossi trovato nella sua stessa posizione, sarei scappato.
Annuì. << Ehm… si, io… >> poi scosse la testa e come un razzo uscì da casa mia correndo letteralmente verso la macchina e poi sgommando via dal vialetto.
Rimasi ad osservare la luce dei fari anteriori della macchina fino a che non svoltarono il vialetto per poi scomparire. Sospirai afflitto e me tornai in casa.
Si era comportata come una signora, senza insulti o schiaffi, mi aveva semplicemente consigliato di restarmene lì ancora per un po’ forse sperando che mi sarebbe passata prima o poi. Ma dopo un mese in cui non avevo tentato di fare altro e non aver risolto nulla, la speranza la stavo perdendo. Forse ero proprio destinato a soffrire per lei, o forse come aveva detto Giorgina, ero destinato a lei e quindi era inevitabile.
 
Le settimane passavano e il giorno della mia laurea si stava avvicinando così come anche la paura di rivederla. Ricontrarla quando lei non sapeva assolutamente della mia cotta era una conto, ma rincontrarla dopo aver confessato i miei sentimenti erano un altro paio di maniche.
Oltre a quello mia sorella Alice mi aveva detto che aveva prenotato un tavolo in un ristorante per festeggiare e quindi avrei dovuto sopportare la sua presenza anche la sera. Già me la immaginavo bella, bellissima in uno di quei vestiti che ti toglie il fiato e ti annulla la capacità di intendere e di volere.
Un mese esatto dopo la mia confessione Rosalie aveva la prima radiografia ed io ero ritornato in città esclusivamente per lei. Il piccolo era ancora un puntino, ma mi ero commosso come anche Emmett che si era aggrappato al mio braccio quasi singhiozzando.
Mi ero vergognato io al posto suo, ma poi avevo sorriso intenerito pensando a quanto aveva voluto quel bambino e quanto tempo c’era voluto e alla fine lo aveva capito consolandolo con delle pacche sulla spalla. Rosalie era quella più forte dei tre, ma chi la conosceva bene come me riusciva a capire quanto fosse emozionata e felice.
In quel momento mi sembrava di essere ritornato alla prima ecografia di mia madre quando aspettava Alice, mi ricordavo degli occhi lucidi di mio padre e del sorriso raggiante di mia madre.
Mi ricordo che mia madre mi guardò ed indicò quel puntino sullo schermo. << Lo vedi, tesoro? Quella è la tua sorellina. >> mi disse accarezzandomi poi la guancia.
Non si sapeva ancora il sesso, perché era presto, ma chissà come mia madre lo aveva capito e ci aveva azzeccato. Era nata una bambina bellissima e quando me la fecero vedere pensai che mia madre fosse una maga e che quel piccolo batuffolino fosse la cosa più bella esistente.
Rosalie mi riscosse da quei pensieri. << Lo vedi quel puntino, vero? Quello è Edward. >> mi disse lasciandomi completamente sconvolto.
Commosso e felice l’abbracciai e le accarezzai il ventre. << Grazie. >> le sussurrai dandole un bacio sulla fronte.
Mi accarezzò una guancia. << Grazie a te. >>
La ginecologa quando eravamo entrati tutti e tre era rimasta un po’ sorpresa e anche un po’ confusa.  Sapeva chi era il padre del bambino, ma non riusciva a capire la mia presenza lì così le avevamo detto che ero il fratello di Rose.
Ma quando aveva visto quella scena la confusione era ritornata. << Rosalie, sicura che sia Emmett il padre? >> le chiese in modo informale visto che erano amiche.
Rosalie ridacchiò. << Si, tranquilla. >> 
Emmett sbuffò e noi ridacchiammo insieme. Era divertente farlo innervosire e anche lui un po’ si divertiva, lui sapeva quanto Rosalie lo amasse e sapeva anche che quello che ci legava era una rapporto prettamente di amicizia, forte e fuori dal comune, ma pur sempre di amicizia. Non aveva mai avuto motivo di dubitarne.
Quando dopo Emmett tornò in ufficio io e Rosalie andammo a pranzo insieme e le dissi cosa era successo tra me ed Isabella. Avevo rischiato di farla strozzare, ma poi si era calmata e mi aveva lanciato un’occhiataccia.
<< Che cosa hai fatto? >> mi chiese ancora incredula.
Sbuffai. << Mi è scappato, Rose, non posso farci niente. >>
Lei alzò gli occhi al cielo. << Potevi evitare di prenderti una cotta per lei, innanzitutto. >>
Le lanciai un’occhiataccia. << Come se una cosa del genere si potesse prevedere. >> le dissi acido.
Lei sospirò. << Scusami, in questo periodo sono un po’ irascibile. >> disse stanca.
Le accarezzai una mano e le sorrisi. << Non preoccuparti, è normale. Se vuoi possiamo cambiare argomento e magari andare in giro per i negozi e farmi vedere quale culla preferisci. >>
Lei mi guardò contenta. << Mi stai dicendo che mi comprerai la culla? >>
Annuii. << E anche tutto quello che ti piacerà? >> le dissi chiamando la cameriera per il conto.
Lei battè le mani come una bambina e mi abbracciò facendomi sorridere contento. La cameriera ci vide e sorrise intenerita. << Che bella coppia. >> sospirò.
Scossi la testa. << O no, lei è solo la mia migliore amica. >> precisai.
Lei annuì e mi parve di vedere uno sguardo malizioso, così pagai in fretta e trascinai letteralmente Rosalie fuori dal ristorante. Le spiegai il motivo di tanta fretta e lei rise divertita, ormai era euforica e niente l’avrebbe smontata.
Passammo quasi tutto il pomeriggio in giro per i negozi e per fortuna non incontrai nessuno che avrebbe potuto intaccare la mia allegria. In quel pomeriggio ne avevo approfittato per comprarmi un completo per la giornata della mia laurea. Rosalie mi aiutò a scegliere qualcosa e alla fine optai per un completo blu scuro con la cravatta grigia per la mattina, e un completo giacca e pantalone nero con un camicia bianca per la sera.
Accompagnai Rosalie a casa verso le sei e dopo averla salutata ritornai a casa mia. Mentre ero in autostrada il telefono squillò e dopo aver visto chi era sorrisi rispondendo.
<< Ciao micetta. >> la salutai.
<< Ehi… >> mi rispose con voce roca e spezzata. 
Subito accostai sul ciglio della strada con le quattro frecce. << Cosa è successo? >> le chiesi preoccupato.
<< Ci siamo lasciati. >> mi disse prima di scoppiare in lacrime.
Tra le lacrime mi disse che si trovava quasi alla stazione e che mi avrebbe aspettato lì. Misi in modo e portai la macchina all’estremo, molto probabilmente mi sarebbe arrivata qualche multa, ma non potevo lasciarla lì da sola in lacrime.
Quando arrivai il treno se ne stava andando, mi guardai intorno cercandola e la trovai seduta su una panchina mentre guardava nel vuoto. Mi avvicinai a lei correndo e quando le fui accanto le toccai una spalla. << Kate… >>
Lei alzò lo sguardo. << Sei qui. >> mi disse prima di alzarsi e buttarmi le braccia al collo stringendosi a me.
La strinsi a me sollevandola da terra. << E’ tutto okey, piccola, tutto okey. >> le sussurrai all’orecchio accarezzandole la testa.
La portai in macchina così, stringendo lei con un braccio e prendendo la borsa che aveva con l’altra mano. La feci sedere sul sedile e corsi dall’altra parte per non lasciarla troppo da sola. Per il resto del tragitto restò appoggiata con la testa sulla mia spalla stringendo il mio braccio tra le sue mani. Non pianse, ma la sentivo respirare pesantemente segno che faticava a respirare tanto era il dolore.
Non la portai da Giorgina perché qualcosa mi diceva che non glielo aveva detto e che era venuta qui solo pe me. Stavolta camminò da sola fino in casa e appena chiusi la porta mi abbracciò appoggiando le sue labbra alle mie.
Subito la scostai da me. << No, Kate, sei sconvolta. >> le dissi cercando di essere delicato.
Mi guardò con gli occhi lucidi. << Ti prego, Ed. >> mi implorò per poi baciarmi di nuovo.
Provai a scostarla di nuovo da me, ma era troppo decisa così mi lasciai andare anche perché fino a quel momento non mi ero reso conto di quanto avessi bisogno del calore di qualcuno e già una volta Kate mi aveva alleviato il dolore. Forse lo avremmo fatto di nuovo e tutto sarebbe tornato come prima.
Facemmo sesso sul mio letto con bisogno e disperazione quasi e quando l’orgasmo venne Kate mi baciò con forza e potei sentire il sapore salato delle lacrime.
Di solito dopo aver fatto sesso restavamo abbracciati, ma quella volta no perché Kate aveva bisogno di assimilare la cosa ed io avevo bisogno di sopportare il fatto di essere stato in certo senso usato da lei. Avevo sempre usato io le persone e fino ad allora non avevo capito quanto fosse brutto.
<< Ci dovevamo sposare tra tre settimane e lui questa settimana sarebbe dovuto tornare, ma… ha firmato per un altro anno. Questa non era la prima volta che decidevamo la data delle nozze e non se ne faceva nulla, era la seconda. Ma stavolta non ce l’ho fatta e l’ho lasciato. >> si girò verso di me. << Ma sai una cosa? Mi sento sollevata. Non ero più innamorata di lui come una volta e me ne sono resa conto quando abbiamo fato sesso pe la prima volta, ma credevo che fosse una cosa dovuta alla lontananza. Ma poi oggi quando mi ha chiamato dopo quasi una settimana che non ci sentivamo non ho provato la stessa gioia che provavo prima, era come se fosse un estraneo che aveva sbagliato numero. >> mi spiegò.
<< Lui cosa ha fatto? >> chiesi girandomi nella stessa sua posizione.
<< Ha detto che mi amava e che se aveva firmato un’altra volta era per noi, per un futuro migliore, ma io avevo già preso la mia decisione. >> disse senza espressione nella voce.
<< Allora perché piangevi? >> chiesi un po’ confuso.
Fece spallucce. << Non lo so. A prescindere da tutto è stata una persone importante nella mia vita ed è stato brutto lasciarsi. >>
Annuii. << Adesso è tutto chiaro. >> dissi e le sorrisi accarezzandole una guancia.
Restammo in silenzio ancora un po’, finchè lei non mi chiese una cosa che mi sconvolse davvero. << Ti va di provarci? Cioè, se ci frequentassimo? >>
La guardai sconvolto. Eh?  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Ragazze per l'ennesima settimana sono qui di passaggio giusto il tempo di postare il capitolo e di dirvi quanto mi dispiace per questa situazione.
Leggo tutte le vostre recensioni e adoro ogni singola parola e adoro sempre di più voi.
Vi ringrazio per la vostra continua presenza e spero tanto che mi perdonerete.
xoxo Alex


Capitolo 10



 

Mi stavo sistemando la giacca davanti al grande specchio della stanza degli ospiti di Rosalie. Quello era il grande giorno, il giorno della mia tanto attesa laurea e Rose ci aveva gentilmente ospitato a casa sua per prepararci.
Era un fascio di nervi, non mi ricordavo assolutamente niente del mio discorso e avevo paura di deludere tutti soprattutto mia madre che sapevo mi stava guardando.
Finii di aggiustarmi la cravatta e mi guardai di nuovo girando su me stesso e storcendo il naso non proprio convinto di quella scelta.
<< Sei bellissimo, smettila di storcere il naso. >> mi disse una voce proveniente dalla porta.
Mi girai e sorrisi. << Dici? >> e ritornai a guardarmi allo specchio.
La vidi avvicinarsi nel suo completo giacca e pantalone bianco che si accostava perfettamente al suo incarnato dorato e ai suoi capelli biondi. Era davvero uno spettacolo la mia micetta.
Stavamo insieme da un mese più o meno e le cose andavano davvero bene, anzi benissimo. Quando mi aveva chiesto di frequentarci ero rimasto scioccato, ma poi ci avevo riflettuto ed era arrivato alla conclusione che io con Kate stavo davvero bene e che forse poteva essere quella giusta così ci avevo dato una possibilità ed eravamo grandi insieme.
Mi si avvicinò e mi sistemò la giacca stirandomela con le mani e poi mi aggiustò il colletto. << Sei perfetto, tesoro. >> mi disse facendomi girare poi verso lo specchio.
<< Dottor Edward Cullen. >> mi disse sorridendo dolcemente.
Sorrisi anche io e mi girai verso di lei stringendola per i fianchi. Lei mi sorrise e mi accarezzò una guancia liscia. << Cos’hai? >>
Feci spallucce. << Sono preoccupato, tutto qui. >>
Lei si alzò sulle punte e appoggiò le mani sulle mie spalle. << Ce la farai, Edward, tranquillo. >> e appoggiò le sue labbra sulle mie.
Sentii di nuovo quella scarica elettrica che ultimamente sentivo quando la baciavo e l’abbracciavo o ci facevo l’amore. Forse le cose stavano cambiando davvero ed era Kate la donna della mia vita  non Isabella. Forse la mia sofferenza era finita.
Si staccò da me e mi sorrise dolcemente illuminandosi tutta e rendendo ancora più belli i suoi occhi blu. << Sono fiera di te. >> e mi diede un altro bacio prima di raggiungere Rose che la stava chiamando.
Appena si erano conosciute qualcosa era scattato in loro e subito erano diventate amiche e passavano almeno due ore della giornata e parlare al telefono. Kate dopo che era arrivata piangendo a casa mia aveva chiesto il trasferimento a New York e subito glielo avevano accordato quindi si era trasferita una settimana dopo a casa mia, ma stava già cercando un appartamento. 
Dopo la laurea avevo un incontro privato con mio padre per discutere di alcune cose. Dovevo ritornare a New York per lavorare e quindi volevo un appartamento e mio padre poteva aiutarmi, magai cedendomi l’appartamento che aveva nell’Upper Est Side. Avevo proposta a Kate di venire a stare da me fino a che non avrebbe trovato un appartamento tutto suo e aveva accettato e poi chissà, magari stavamo bene e non era neanche necessario che ne trovasse uno.
Decisi che era arrivato il momento di staccare i miei occhi dallo specchio, così uscii dalla stanza e raggiunsi i ragazzi in salotto che appena mi videro sorrisero.
Rosalie si alzò e ormai la pancia si vedeva, mi si avvicinò e mi abbracciò. << Andrà tutto bene. >> e mi schioccò un bacio sulla guancia.
Annuii. << Certo che andrà tutto bene, sono io. >> mi vantai, ma ero davvero nervoso.
Rose mi guardò scettica. << Devo ricordati con chi stai parlando? >>
Scossi la testa. << No, grazie. Andiamo? >> chiesi poi a tutti.
Annuirono e uscimmo dalla villetta. Io e Kate saremmo andati con la mia macchina e Rose ed Emmett con la loro perché dovevano passare a prendere Jasper ed Alice che aveva fatto l’impossibile per stare lì con me quel giorno. Mio padre mi aspettava già lì perché aveva accompagnato Isabella che si trovava lì da quella mattina perché non ero l’unico a laurearmi quel giorno. Io ero l’ultimo di quella mattina e sperai che passasse in fretta.
Kate notando il mio irrigidimento mi posò una mano sulla gamba. << Andrà tutto bene, Edward, non agitarti. >> mi rassicurò.
Sbuffai. << Non mi ricordo nulla. >>
Lei ridacchiò. << Anche io dicevo così e alla fine ho preso il massimo dei voti. Buono, no, per una che non ricordava nulla? >>
Sorrisi e le strinsi la mano. << Grazie. >>
Fece spallucce. << Dovere. >>
Per il resto del tragitto restammo in silenzio, Kate non era abituata, ma si trattenne capendo che era quello che mi serviva. L’adorai ancora di più in quel momento e forse mi stavo anche innamorando, ma non volevo ancora sbilanciarmi. Avevo sempre pensato di essere il tipo che non ama e che non è fatto per la monogamia, ma con Kate forse questo poteva cambiare. Lei era spiritosa, intelligente e brillante tutto quello che mi piaceva in una donna ed inoltre a letto era davvero un portento. Cosa volevo di più?
Quando arrivammo in facoltà ad aspettarci con mia sorpresa c’erano mio padre ed Isabella che gli stava amorevolmente aggiustando la cravatta.
La prima a vederci fu proprio lei e mi parve di vederla lanciare un’occhiataccia alle nostre mani intrecciate. Disse qualcosa all’orecchio di mio padre e scappò letteralmente via rimanendomi leggermente spiazzato, ma anche sollevato. Non avevo nessuna voglia di guardarla e parlarle.
Mio padre quando mi vide mi sorrise contento. << Edward, figliolo, è bello rivederti. >> mi disse mentre mi abbracciava stretto.
Ricambiai la stretta. << Anche per me. >>
Poi si staccò da me, spostò lo sguardo su Kate e sorrise. << Chi è questo splendore? >> mi chiese.
Kate sorrise e gli porse la mano. << Kate, la ragazza di Edward. >>
Mio padre rimase sorpreso e mi guardò. << Ragazza? >>
Annuii imbarazzato. << Eh già, ragazza. >>
Potevo capire la sorpresa di mio padre. Io che avevo sempre simpatizzato e lottato per le relazioni di solo sesso e niente amore adesso mi presentavo con una ragazza fissa. Anche io mi sbalordivo ancora dicendolo, ma le persone cambiano ed io stavo crescendo non potevo continuare a fare il libertino. Tra un po’ sarei diventato un dottore e dovevo comportarmi come si deve.
<< Quanto ti ha pagato per dire una cosa del genere? >> chiese mio padre ad una Kate sempre più divertita.
La mia ragazza ridacchiò. << E’ cambiato suo figlio, signor Cullen, adesso è un uomo. >> disse guardandomi dolcemente e con… amore.
E con quello sguardo mi spiazzò completamente. Non sapevo cosa dirle o cosa risponderle mi limitai a stringerle forte la mano per farle capire che tutto quello che stava provando lei lo stavo provando anche io. Lei mi sorrise e annuì, facendomi capire che il messaggio sottinteso le era arrivato.
<< Andiamo? >> chiesi per levarmi da quell’impiccio.
Annuirono e mi seguirono tutti fino all’aula chiusa molto probabilmente c’era ancora il ragazzo prima di me. Rimasi ad aspettare fuori con le mie copie della tesi sotto al braccio e con il battito del cuore impazzito.
Dopo qualche minuto arrivarono Rose e gli altri ed Alice appena mi vide mi abbracciò stretto trasmettendomi la tranquillità di cui avevo bisogno. << Ciao Ed. >> mi disse dandomi un bacio sulla guancia.
Le sorrisi accarezzandole i capelli. << Ciao piccola. Come stai? >>
Lei mi sorrise raggiante. << Te lo dico dopo. >> mi disse prima di andare vicino a Jasper e stringergli la mano.
Li guardai attentamente e collegai tutto. Mia sorella era diventata donna ed io mi sentivo morire. Non poteva darmi una notizia del genere prima del mio colloquio con i professori.
Molto probabilmente sbiancai perché Kate mi si avvicinò preoccupata. << Ehi, tesoro, cos’hai? >>
Scossi la testa e deglutii. << Ho appena scoperto che mia sorella ha fatto sesso. >> le sussurrai in modo che potesse sentire solo lei.
Lei mi guardò sorpresa poi ridacchiò. << Oh che carino che sei. >> e mi diede un bacio sulla guancia.
La fulminai con lo sguardo e stavo per dire una cosa quando la pota si aprì e il ragazzo che c’era prima uscì con tutta la sua famiglia. Lo guardai e non sembrava per niente contento.
Mi avvicinai a lui. << Ehi amico, com’è andata? >>
Lui scosse la testa. << Stai attento alla morettina, è un tipo tosto. >> e se ne andò dandomi una pacca sulla spalla.
Deglutii e mi girai verso la porta dove dopo qualche secondo sbucò l’assistente del mio professore. << Edward Cullen. >> disse e rientrò dentro senza aspettarmi.
Deglutii terrorizzato e poi guardai gli occhi dell’unica persona che in quel momento poteva aiutarmi. Mi sorrise e mi strinse la mano accompagnandomi alla porta. << Andiamo? >> mi chiese ed io annuii.
Entrai in aula seguito dai miei parenti e subito presi posto sulla sedia di fronte alla commissione che era composta da sette persone inclusa Isabella che sedeva di fianco al mio professore.
Attesi il tempo giusto per far si che tutti i professori si passassero la mia tesi per avere più o meno l’idea di cosa trassasse e di conseguenza per capire cosa avrei detto.
Quando furono pronti alzarono lo sguardo verso di me e a darmi la parola fu il mio professore. << Allora, signor Cullen, ci esponga un po’ il suo studio. >>
Annuii e dopo aver fatto un grosso respiro cominciai a parlare meravigliandomi di ricordare tutto quello che avevo studiato. Aveva ragione Kate, l’ansia ti fa dire delle stupidaggini.
Avevo quasi finito quando qualcuno mi fermò, era proprio lei.
Facendo un grosso respiro mi girai verso di lei e la guardai. Rispetto alle altre volte che l’avevo guardata adesso il suo sguardo era freddo e distante, forse era per il ruolo che stava ricoprendo in quel momento, ma qualcosa mi diceva che non aveva ancora mandato giù la mia dichiarazione.
<< Tutto quello che dice è molto bello e approfondito, signor Cullen, ma quello che mi chiedo io è: ‘Sarebbe capace di applicare tutte queste belle parole in un caso di emergenza?’. >>
Bastarda!
Voleva fare la dura, voleva farmela pagare? Bene, le avrei retto il gioco.
<< Dottoressa non credo che lei sapesse già esercitare quando ha preso la laurea, no? Si fa pratica durante la specializzazione ed io non ci sono ancora arrivato. >> le dissi guardandola tranquillamente.
Forse non le piacque la mia risposta perché cominciò a farmi domande su domande su procedimenti chirurgici e quant’altro ed io le rispondevo tranquillamente senza battere ciglio. Se voleva la guerra io ero ben disposto a compiacerla.
Alla fine si rese conto di non stare a parlare con un cretino e si fermò. << Vedremo. >> disse poi facendo cenno al mio professore di procedere.
<< Bene, signor Cullen, ci lasci due minuti per decidere. >> mi disse ed io mi alzai avvicinandomi al banco dei miei familiari.
Kate mi guardava con gli occhi lucidi, emozionata e lo stesso sguardo era stampato sul viso di Rosalie e Alice. Mio padre mi guardava orgoglioso di me ed Emmett gongolante, Jasper era l’unico normale mi fece semplicemente un cenno di assenso ed un piccolo sorriso. Era già qualcosa.
<< L’hai fatta secca, quella morettina. >> disse Emmett.
Mio padre gli lanciò un’occhiataccia ed Emmett lo guardò imbarazzato. << Scusi, signor Cullen, ma è la verità. >>
Ridacchiai, ma il mio nome chiamato dal professore mi bloccò. Il momento fatidico era arrivato ed io mi stavo letteralmente facendo sotto dalla paura. Posso sembrare uno duro, allergico ai sentimenti e alle emozioni, ma non lo sono in realtà. Sono un povero scemo, tutto fumo e niente arrosto.
Mi accomodai di nuovo davanti alla commissione e attesi il verdetto.
<< Signor Cullen, lei in questi cinque anni si è da subito distinto per la sua intelligenza spiccata e per la sua argutezza su gli argomenti segno che sapeva ciò che diceva e faceva. Oggi ha dato una conferma in più sulla sua conoscenza e quindi senza indugiare ancora sono lieto di dirle che ha appena ottenuto la laurea in Chirurgia neonatale con il massimo dei voti. Complimenti. >> mi disse poi stringendomi la mano orgoglioso anche lui del suo operato.
Dopo un attimo di sorpresa sorrisi e mi lasciai stringere la mano da tutti i presenti, volevo farlo anche con Isabella, ma di lei neanche l’ombra. Si stava comportando davvero come una ragazzina immatura.
Voleva fare l’immatura? Bene, quella sera mi sarei divertito io.  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Salve angeli miei, questa è l'ennesima settimana che posto, ma non rispondo alle vostre recenzioni e mi sento uno schifo.
A casa non ho ancora la linea e quando riesco a trovare qualcuno che mi fa appoggiare posso stare solo qualche secondo e mi dispiace davvero tanto perchè voi scrivete ed io non vi ripago con nulla.
Cmq in questi giorni mentre ero immersa sotto la doccia ho pensanto: 'Vorrei tanto incontrare i miei angeli'.
E' vero ragazze vorrei tanto incontrarvi e parlare con voi apertamente senza nessuna pagina a separarci. Sarebbe bello, no?
Cmq un'altra cosa prima che me ne vado.... Avete già i biglietti per BD? Io si, già da una settima e non vedo l'ora di andare, questa attesa mi sta logorando dentro.
Vabbè basta adesso, vi lascio alla lettura....
Buona lettura, vi adoro sempre di più.
xoxo Alex
Ps. tra un pochetto posterò una storia originale, se vi va andate a leggerla.



Capitolo 11




 

Una spinta, due spinte, tre spinte e venni tra le gambe di Kate che si stava contorcendo per l’orgasmo appena ricevuto.
Rotolai sfinito di fianco a lei e sospirai. << Bel modo di scaricare la tensione. >> dissi e la sentii ridacchiare.
Dopo aver conseguito il colloquio con i professori io e mio padre eravamo andati a pranzo insieme e quando ero ritornato a casa di Rosalie avevo tra le mani un documento che attestava che l’appartamento nell’Upper Est Side era mio a tutto gli effetti. Quando Kate lo aveva saputo mi aveva sorriso e mi aveva abbracciato, ma l’astinenza di quei giorni in cui avevo passato ogni secondo a studiare, a ripetere e a prepararmi il discorso si era fatta sentire e approfittando della mancanza dei padroni di casa l’avevo presa e ci avevo fatto l’amore per ore intere senza mai staccarmi da lei.
<< Sono davvero stanca, ho i muscoli tutti doloranti. >> si lamentò Kate girandosi e gemendo.
Fu il mio turno di ridacchiare. << Sono il mago del sesso, baby. >>
Kate mi diede un buffetto sul braccio. << Ho avuto di meglio, ragazzo, non vantarti troppo. >>
Le lanciai un’occhiataccia. << Non mi sembrava quando qualche ore fa hai detto che mai nessuno ti aveva fatto urlare così. >>
Lei incassò in silenzio e si girò dall’altra parte offesa, ridacchiai e l’abbracciai da dietro stringendola al mio petto. Le diedi dei piccoli bacetti sul collo poi mi avvicinai al suo orecchio. << Sei la migliore, non devi arrabbiarti. >> e le diedi un bacio sul lobo.
Lei si accoccolò meglio al mio petto e intrecciò una mano con la mia. << Anche tu. >> e si girò verso di me con il viso dandomi un bacio sulle labbra.
Restammo ancora un po’ a letto a parlare, a coccolarci o restando in silenzio semplicemente godendo ognuno del contatto e del respiro dell’altro. Io e Kate raramente ci lasciamo andare alle smancerie, non eravamo i tipi da esternare i nostri sentimenti in modo naturale. Noi più che una coppia sembrava dei semplici amici, stavamo sempre a parlare, a divertirci e prenderci in giro.
Erano ormai le sette quando scendemmo dal letto e cominciammo a prepararci per la cena organizzata da Alice. Non vedevo l’ora di andarci perché Isabella aveva parecchie cose da spiegarmi, tipo l’accanimento su di me di quella mattina. Era chiaramente una sfida che mi aveva lanciato ed io l’avevo afferrata senza timore, ma adesso doveva pagarne lo scotto.
Ero ormai pronto da un’oretta e stavo aspettando Kate che come il suo solito stava ritardando. Rosalie ed Emmett erano già scesi perché dovevano andare a prendere Jasper e poi si sarebbero avviati al ristorante dove li avrebbero aspettati mio padre, Alice e Bella.
Quando Kate scese le scale pensai che quella perdita di tempo era valsa tutta la pena. Aveva un vestito blu senza spalline che le arrivata sopra al ginocchio e una stoffa velata nera cucita sopra con tanti disegni floreali a finire tutto un nastro nero con un fiocco sotto al seno. Al piede aveva un paio di decolté altissime nere e lucide. I capelli erano acconciati in morbide onde e il trucco era leggero, ma fatto a posta per risaltare i suoi occhi blu. Era bellissima.
Le sorrisi dolcemente. << Sei bellissima, tesoro. >> e mi avvicinai a lei.
Lei mi sorrise maliziosa. << Anche tu, ragazzo. >> e mi indicò il cappotto che io le aiutai ad indossare.
Dopo aver preso tutto quello che ci serviva e aver chiuso la porta di casa, partimmo verso uno dei locali più lussuosi di New York. Mia sorella quando ci si metteva, non la fermava più nessuno e poi era sempre mio padre a pagare, povero.
Quando arrivammo fuori ad aspettarci c’era Emmett che si stava fumando una sigaretta, ne aveva approfittato visto che Rose glielo impediva in casa e quando era con lei. Parcheggiai la macchina e dopo aver fatto scendere Kate e averle preso una mano tra le mie lo raggiungemmo.
Emmett ci sorrise. << Fatto i porcellini, eh? >> chiese in tono malizioso.
Alzai gli occhi al cielo. << Sei incredibili. >> commentai mentre Kate rideva divertita.
Quando entrammo dentro Emmett ci fece da cicerone e ci accompagnò al tavolo dove trovai tutti tranne Isabella. Perché non c’era?
Salutai tutti e poi mi accomodai. << Sbaglio o ci manca una testa? >> chiesi.
Mio padre annuì. << Ha ritardato all’Università, ma sta per arriv… Ah, eccola, giusto in tempo. >> commentò guardando qualcuno venire verso di noi.
Mi gira, come fecero tutti e il fiato mi si mozzò in golo. Era una visione, ti toglieva il respiro tanto era bella.
Era fasciata da un tubino bianco, stretto e attillato che le faceva quasi da seconda pelle e arrivava fino a sopra il ginocchio. La parte di sopra del vestito era nera e lucida intrecciata in modo da creare una specie di fiocco storto e poi aveva due sottilissime spalline, quasi dei fili che lo manteneva sulle spalle. Al piede aveva un paio di scarpe alte nere e lucide con la borsetta. I capelli le ricadeva lunghi fino a sotto il seno ed erano acconciati in morbidi boccoli larghi, il trucco era pesante, ma chissà come sul suo viso faceva un effetto bellissimo. Era la più bella donna che i miei occhi avessero avuto il piacere di vedere ed ogni cosa sparì quando i nostri occhi si incatenarono. Kate, mio padre, la scena della mattina, tutto. C’eravamo solo io e lei e i nostri sguardi che si stavano studiando.
Poi così all’improvviso distolse lo sguardo da me e sorrise dolcemente agli altri. << Scusate il ritardo. >> e si accomodò accanto a Carlisle.
Osservai ogni su mossa, dal sorriso che rivolse a mio padre, le labbra che si arricciarono quando gli sfiorarono le labbra in un fugace bacio, le sue labbra ancora che si mossero per dirgli qualcosa. Un calcio negli stinchi mi riscosse e mi girai verso Rosalie che mi stava fulminando con gli occhi e finalmente mi resi conto di quello che stavo facendo. Mi girai verso Kate che fortunatamente non si era resa conto di nulla troppo presa dalle chiacchiere inutili di Emmett che mai come in quel momento trovai una manna dal cielo.
<< Che ne dici di ordinare? >> chiese mio padre attirando l’attenzione di tutti.
Tutti fummo d’accordo e Emmett fece cenno ad un cameriere che subito venne e prese appunti man mano che parlavamo, quando arrivò a Bella gli lanciò un’occhiata che lasciava poco spazio ai dubbi. Qualcosa dentro di me si mosse, un’irritazione inopportuna irruppe in me e mi schiarii la voce riportando il cameriere sui binari giusti.
Kate mi guardò strana. << Che succede? >>  mi chiese.
Scossi la testa e cercai di sorridere. << Nulla. >> e le accarezzai un braccio.
Lei mi guardò per ancora un attimo poi mi sorrise ritornando a parlare con Emmett e Jasper che si era unito al gruppo. Rosalie era seduta al mio fianco e mi diede un pizzicotto sul fianco facendomi sussultare, mi girai verso di lei e le lanciai un’occhiataccia. << La smetti? >> le sussurrai stizzito.
<< Solo se la smetti tu. >> mi rimproverò riportando poi la sua attenzione ad Alice che stava parlando di vestitini e culle.
<< Edward, contento dei risultati? >> mi chiese proprio chi non doveva farlo.
Mi girai verso di lei e tutta la rabbia che avevo accumulato in quel giorno nei suoi confronti ritornò facendomi dimenticate per un attimo quanto fosse bella e desiderabile quella sera.
<< Poteva andare meglio. >> dissi in tono acido.
Lei sorrise compiaciuta e mi irritai ancora di più. << Potrebbe sempre andare meglio. >> commentò.
<< Già. >> poi presi un sigaretta dal pacchetto di Emmett e mi scusai con gli altri alzandomi. << Vado fuori. >> dissi ed era sottinteso che volessi restare da solo.
Quando uscii fuori presi una grossa boccata d’aria, dopodiché chiesi ad un paio di ragazze se avevano d’accendere e dopo mi appoggiai al muro fumando. Non sono un fumatore incallito, ma quando ne ho bisogno un sigaretta la fumo volentieri.
<< Non dovresti fumare, fa male. >> mi disse una voce.
Non mi girai verso di lei, non volevo vederla, in quella giornata aveva minato già troppo il mio autocontrollo.
<< Non vedo questo come possa interessarti. >> le dissi freddo.
La sentii sospirare e avvicinarsi a me. << Stamattina ho fatto solo il mio lavoro. >>
Mi girai di scatto verso di lei e la trucidai con lo sguardo tanto che si allontanò di un passo spaventata. << No, tu ti sei vendicata. >>
Lei si irrigidì e lo sguardo rilassato che aveva fece spazio ad uno sguardo freddo e distaccato. << E di cosa, di grazia? >>
Sorrisi amaramente. << Di quello che ti ho detto un mese fa a casa mia. >>
<< Ah già, vedo che ti è passata. >> mi disse un po’ troppo acida riferendosi a Kate e dentro di me gongolai.
Quella sera quando era venuta a casa mia e le avevo fatto quella confessione avevo smosso qualcosa dentro di lei e adesso era lì che si stava buttando la zappa sui piedi. Stupida.
Mi avvicinai pericolosamente a lei fino ad avere il suo viso a qualche centimetro di distanza e sorrisi compiaciuta vedendola boccheggiare e cercare di non guardarmi negli occhi. << Gelosa, dottoressa? >> chiesi sorridendo beffardo.
Lei mi guardò negli occhi e una luce di fierezza illuminò i suoi che erano diventati ancora più belli e profondi. << Ti piacerebbe, Cullen. >> e se ne andò lasciandomi lì con l’odore dolce dei suoi capelli.
Rimasi lì e ridacchiai per aver ottenuto almeno una vittoria. Me la doveva pagare la stronzata che aveva fatto quella mattina e già dal giorno dopo, cioè il mio primo giorno all’ospedale l’ avrei fatta pentire di tutto.
Quando ritornai dentro mi accomodai sulla sedia e mi girai verso Kate catturando le sue labbra in un bacio caldo e passionale a cui lei rispose con entusiasmo. Quando si staccò da me mi guardò maliziosa e sentii la sua mano posarsi sulla mia gamba pericolosamente vicino all’inguine. Le sorrisi malizioso e le diedi un altro bacio a stampo, poi ritornai a guardare i presenti e trattenni a stento un sorrisetto quando notai lo sguardo assassino di Bella.
Ah mia bella dottoressa, questo è ancora niente, pensai.
 
La cena era trascorsa tranquillamente sostenuta dalle chiacchiere un po’ di tutti, eravamo un gruppo abbastanza chiassoso, ma senza disturbare. Emmett ci si metteva con le sue battute stupide a cui dava corda Kate; Rosalie ed Alice intrattenevano più che altro le donne con discorsi come bambini, culle e quant’altro ed io, mio padre e qualche volta Jasper parlavamo di tutto e di più. Jasper era un ragazzo abbastanza intelligente e acuto, gli riusciva facile sostenere una conversazione con dei dottori senza per niente andare in fallo. Avrei voluto spezzargli le gambe per aver fatto l’amore con mia sorella, ma comunque era un ragazzo okey e quindi lasciai perdere anche se una piccola chiacchierata non guastava mai.
Avevamo appena finito di mangiare e stavamo aspettando il dolce quando la piccola orchestra che animava la serata attaccò con una canzone lenta e romantica. Qualche coppia si alzò e cominciò a ballare nello spazio adibito a pista da ballo quindi anche mia sorella e Jasper si alzarono seguiti da Emmett e Rosalie. Rimanemmo noi quattro e stavo per domandarlo a Kate quando mio padre allungò la mano verso la mia ragazza precedendomi. << Vuole concedermi questo ballo, signorina? >>
Kate sorrise, poi guardò me ed io annuì. << Certo, signore. >> rispose ritornando a guardare mio padre e si alzò seguendolo in pista dove cominciarono a ballare e a parlare.
Rimanemmo io e Bella e sorrisi divertito dal suo modo di far finta che il fatto non fosse suo, spostava lo sguardo dal bicchiere  di vino che aveva tra le mani, alla sala e alla pista da ballo cercando di non scontrarsi con i miei occhi. Così mi alzai e silenziosamente mi avvicinai a lei porgendole la mano. << Andiamo a ballare. >> non era una domanda o un’offerta era un ordine.
Lei guardò la mia mano poi i miei occhi e mi fissò per qualche secondo, poi sospirò e si alzò offrendomi la sua mano e seguendomi. Nel tragitto notai lo sguardo assassino di Rosalie, ma io feci spallucce ed indicai mio padre e la mia ragazza. Perché loro potevano ballare e noi no? Certo nella mia situazione c’era Bella per cui avevo avuto una cotta esorbitante e non ero sicura si fosse tolta completamente. Ma comunque era un innocuo ballo, non poteva fare del male a nessuno.
Quando la strinsi a me e le posai la mano sulla schiena Bella rabbrividì ed io sorrisi compiaciuto. << Hai freddo? >> chiesi sorridendo sghembo.
Lei sbuffò. << Smettila di fare così. >> sussurrò a denti stretti.
Ridacchiai e mi avvicinai di più a lei, fino a sfiorarle l’orecchio con le mie labbra e la sentii irrigidirsi e forse per riflesso involontario si strinse ancora di più a me e la cosa non poteva che farmi piacere.
<< Ti rendo nervosa, dottoressa? >> le sussurrai.
La sentii deglutire. << N-no. >> mi rispose balbettando.
Bella era nervosa, stare vicino a me la rendeva nervosa come rendeva nervoso me. Questo voleva dire una sola cosa, non mi era indifferente, provava anche lei qualcosa per me e la cosa non poteva che farmi gongolare contento.
La canzone stava quasi per finire così le sussurrai un’ultima cosa prima di lasciarla.
<< A me è passata, dottoressa, ma a te è venuta. Ci divertiremo molto, promesso. >> le dissi per poi lasciarmi andare e darle un piccolo morso sul lobo.
La sentii trattenere il respiro e una specie di mugolio le uscì dalle labbra. La lasciai lì in mezzo alla pista e me ne andai ridacchiando soddisfatto della mia prima vittoria ed euforico alla prospettiva di averne altre.
Ah Isabella Swan, sarò il tuo tormento come tu lo sei stata per me.  



Vestito Kate                 Vestito Bella



 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Salve bellissime, come state?
Scusate il ritardo, ma non sapevo cosa scrivere e anche adesso non mi piace molto, ma dovevo postare il capitolo perchè è da più di una settimana che state aspettando.
Prima di lasciarvi alla lettura vorrei dirvi che ho eliminato 'The Show Must Go On' perchè non mi piaceva, ma ritornerò con delle modifiche. Un'altra cosa ho aggiunto altre due storie, una nel contest twilight e si chiama 'Scambio di coppia' e l'altra nelle originali che si chiama 'Due magnetici occhi azzurri' mi piacerebbe se leggeste entrambe e mi lasciaste qualche commento. Non vi obblico, ma mi renderebbe felice vedervi anche lì.
Adesso vado e vi lascio alla lettura.
xoxo Alex
ps. avete visto Bd? Io si e sono completamente sconvolta e penso che lo rimarrò per molto tempo. Siete d'accordo con me che si dovrebbe fare un intero monumento in onore di Bill Condon?


Capitolo 12
 


La sveglia sarebbe suonata dopo qualche minuto, ma io ero già sveglio ad osservare il sole che filtrava dalle persiane. Stavamo ancora da Rose perché non avevamo avuto il tempo di portare le nostre cose nella nostra casa, ma se ne sarebbe occupata Kate quel giorno visto che non doveva andare a lavoro.
Io, invece, quel giorno avrei iniziato la specializzazione e se da una parte mi sentivo elettrizzato dall’altra mi sentivo ansioso e preoccupato. Avevo paura che non sarei stato in grado come aveva predetto Isabella. Se tutto quello che avevo studiato non fosse servito a nulla?
La sveglia suonò spezzando i miei pensieri e facendo svegliare Kate che era comodamente sdraiata sul mio petto. << Mmm…Ed, la sveglia. >> mi disse scostandosi da me e girandosi dall’altro lato ritornando a dormire.
Ridacchiai, mi sporsi verso di lei e le diedi un bacio tra i capelli. << Ricordati il piccolo trasloco. >>
Lei annuì poco convinta. << Si.. adesso lasciami dormire. >>
Sorrisi divertito e mi alzai finalmente lasciandola dormire. Andai in bagno e mi feci una doccia, poi tornai in camera infilando i vestiti che Kate la sera prima mi aveva preparato. Non erano nulla di particolare, un semplice jeans con una camicia, ma era meglio di come volevo vestirmi io. Avevo pensato un completo giacca e cravatta e quando Kate l’aveva saputo mi aveva ricordato che non andavo a fare il contabile in un’azienda, ma il dottore in ospedale e che comunque mi avrebbero dato una divisa.
Dopo essermi osservato allo specchio e aggiustato i miei capelli alla bene e meglio, scesi giù in cucina dove trovai Rosalie e Emmett a tubare come piccioni.
<< Ehi…>> salutai.
Si staccarono e fecero un rumore tipo di scarico, mi guardarono sorridendo. << Buongiorno dottore. >> mi salutò Rosalie mandandomi un bacio con la punta delle dita.
Le sorrisi dolcemente e le feci l’occhiolino. << Buongiorno a voi. >> dissi dirigendomi alla macchinetta del caffè e riempendomi una tazza.
<< Cosa vuoi per colazione? Frittelle o uova e pancetta? >> mi chiese alzandosi.
Scossi la testa e la fermai con la mano. << Non riuscirò a mangiare nulla, non preoccuparti e poi devo andare. >> dissi posando la tazza nel lavandino.
Mi avvicinai a Rose e le diedi un bacio sulla fronte e le accarezzai la pancia, poi diedi una pacca sulla spalla ad Emmett che era intento a mangiare le frittelle. Potevo capirlo, le frittelle di Rose erano buonissime e catalizzavano tutta la tua attenzione.
All’entrata infilai il cappotto, presi la borsa che avevo preparato la sera prima e dopo un ultimo respiro uscii fuori all’aria fresca che attutì per un attimo i crampi che avevo allo stomaco.
Stavo scendendo le scale quando la porta si aprì e Rose sbucò fuori. << Ed, il pranzo. >> mi disse.
Mi girai verso di lei e la vidi porgermi un busta di cartone con molto probabilmente qualche sandwich o magari un’insalatina leggera. Salii quei pochi gradini che avevo fatto e afferrai la busta sorridendole riconoscente.
<< Come farei senza di te? >> le chiesi retoricamente, poi le diedi un altro bacio e scesi finalmente i pochi gradini che portavano al viletto di entrata dove era parcheggiata la mia macchina.
Quando entrai il crampi tornarono di nuovo e aprii i finestrini respirando a pieni polmoni. Stavo mettendo in moto quando il cellulare squillò e quando vidi chi era il mio cuore scoppiò di felicità.
<< Ehi bella donna. >> la salutai.
<< Bocconcino, come stai? >>
La mia Giorgina, si era ricordata del mio primo giorno di lavoro e una sua telefonata mi serviva davvero.
<< Sono terrorizzato. >> le dissi.
Lei ridacchiò. << Ma andrai benissimo, bocconcino, stai tranquillo. >>
Feci un grosso respiro e misi in moto perché se avessi perso altro tempo avrei fatto tardi e non è un bene essere in ritardo il primo giorno di lavoro specialmente se il tuo capo è Isabella Swan.
<< Come sta mia nipote? >> mi chiese poi.
Quando Kate aveva comunicato a sua nonna la fine del suo fidanzamento Giorgina ci aveva sorpresi tutti dicendo che l’aveva capito e che stava solo aspettando il momento in cui glielo avrebbe detto, ma quello che non si aspettava proprio era che io e lei cominciassimo a frequentarci. Era rimasta davvero sconvolta, ma dopo un primo momento di sbigottimento era stata contenta e quella sera aveva sfornato due teglie di muffin e una torta di mele, tutte le mie cose preferite. Era il suo ‘benvenuto in famiglia’
<< Stava dormendo. >> dissi ridacchiando.
Giorgina ebbe la stessa reazione. << Tutta sua madre. >>
<< E tu che mi dici? Come sta Mark? >> le chiesi in tono malizioso.
Mark era un vecchietto che aveva abbordato la mia Giorgina un giorno in posta. Avevano più o meno la stessa età e dopo qualche chiacchiera scambiata in fila avevano deciso di prendersi un caffè riscoprendo di avere molto in comune e quindi avevano cominciato ad uscire insieme fino a che non si erano innamorati. Noi non sapevamo nulla e siamo venuti a conoscenza della relazione nel modo più atroce e agghiacciate. Li avevamo beccati che si baciavano in cucina e non proprio un bacio casto. Per poco non ero svenuto, mi ero dovuto sedere su una sedia e prendere un bicchiere d’acqua. Era come beccare tua  nonna e non è una bella prospettiva.
Giorgina dopo era venuta da me e mi aveva abbracciato dicendo che non era successo nulla e che era sempre lei solo con un vita sessuale più attiva. Quella notte non dormii bene, avevo il terrore di sognare Giorgina mentre faceva sesso con Mark. Per un periodo non ho avuto il coraggio di guardarla negli occhi, ma poi Kate mi aveva fatto ragionare e tutto era tornato come prima.
<< Sta bene, adesso è in giardino. >> disse e la sentii sorridere.
Restammo a parlare ancora un po’, mi fece compagnia per tutto il tragitto fino all’ospedale. << Sono arrivato, bella donna. >> le dissi spegnendo il motore.
<< Stai attento e non fare sciocchezze. >> mi disse prima di riattaccare.
Feci un grosso respiro, uscii dalla macchina e con passo sostenuto mi diressi dentro l’ospedale. Appena entrai aspirai il suo odore e sorrisi ancora incredulo di essere lì.
<< Signor Cullen, sta perdendo tempo. >> mi fece presente una voce dietro di me.
Mi girai verso di lei e mi si mozzò il fiato in gola. Se Bella normalmente era da togliere il respiro, con la sua divisa blu da chirurgo e il camice bianco era qualcosa di indescrivibile. Il suo viso era privo di alcun trucco e i capelli erano legati in una coda di cavallo alta che le lasciava scoperto il collo niveo.
<< Mi scusi, dottoressa. >> le dissi, poi mi avvicinai a lei. << Questo camice ti sta un incanto. >> e me ne andai sorridendo divertito dalla sua faccia stupita.
Un quarto d’ora dopo mi trovavo con gli alti specializzandi in mezzo al corridoio di chirurgia e stavamo aspettando Bella che ci avrebbe detto a quale specializzando del quarto anno essere affidati. Quando arrivò dietro di lei c’erano cinque dottori dalla divisa azzurra.
Lei ci sorrise professionale. << Sono la dottoressa Swan e sono il primario di chirurgia, adesso vi smisterò e da oggi in poi seguirete in tutto e per tutto i dottori qui presenti dietro di me. Io sono sempre disponibile a rispondere a qualsiasi vostra domanda e ad eliminare qualsiasi vostro dubbio. >> disse e non lo so se lo fece a posta, ma non mi guardò neanche una volta.
Cominciò a smistare tutti ed io capitai con una donna, una bellissima donna molto probabilmente latina perché aveva lunghi capelli neri come gli occhi e la pelle leggermente olivastra. Si chiamava Maria ed era una delle più brave a quanto avevo sentito, quindi non poteva che farmi piacere.
<< Non riuscirò a ricordare i vostri nomi per i primi tempo, quindi perdonatemi. Oggi cominceremo con qualcosa di semplice. >> disse cominciando a camminare e afferrando delle cartelle che un’infermiera le aveva passato.
Correva velocemente e non aspettava o si guardava indietro per vedere se la stavamo seguendo e questa cosa cominciava ad innervosirmi, ma dovevo tenere a bada il mio animo da ragazzaccio perché ci avrei rimesso io.
Un ragazza del mio gruppo mi si avvicinò. << Ciao, io sono Betty. >> mi disse sorridendomi dolcemente.
Ricambiai il sorriso stringendole la mano. << Edward, piacere. >> e riportai l’attenzione a Maria che finalmente si era fermata entrando in una camera.
Il paziente era una ragazza di diciotto anni che aveva subito un trapianto al cuore, con nessuna complicazione fortunatamente. Maria mentre visitava la ragazza ci poneva qualche domanda e noi dovevamo prenotarci alzando la mano, risposi a tre domande su sei e non mi sfuggì lo sguardò malizioso che mi lanciò. Bhe si, sono uno schianto e sono anche intelligente.
Le altre visite andarono tranquillamente e Maria mi aveva anche fatto visitare uno dei  paziente, dopo un attimo di esitazione mi ero sciolto e l’avevo visitato scrupolosamente. Mi aveva fatto i complimenti e mi aveva rimandato a posto come si faceva a scuola.
Era passata l’intera mattina così andammo a pranzo in caffetteria e lì la vidi mentre mangiava un’ insalata e chiacchierava con una dottoressa. Sorrideva e i suoi occhi erano luminosi e le sue labbra perfette.
<< Edward stai sbavando. >> mi richiamò un ragazzo del mio gruppo che conoscevo già.
Avevamo frequentato lo stesso corso di anatomia all’università e quando l’avevo incontrato mi ero sentito meglio, a mio agio.
Mi girai verso di lui e sorrisi. << Non è vero. >> e addentai il mio ottimo sandwich.
Lui ridacchiò seguito dagli altri. << Non possiamo certo biasimarti. La dottoressa è davvero un bel bocconcino. >>
Gli alti assentirono facendo qualche battuta che non erano per niente divertenti. Li fulminai con lo sguardo e lo si bloccarono immediatamente chiedendo scusa.
<< E’ la compagna di mio padre, un po’ di rispetto, dannazione! >> dissi alzando e uscendo dalla sala.
Andai nella stanza dove c’erano i letti per chi faceva i turni di notte e mi accomodai prendendomi la testa tra le mani. Quella mattina l’avevo incontrata molte volte nei corridoio e non mi aveva mai guardato, mi stava evitando e questa cosa mi stava facendo impazzire. Il mio piano di vendetta non stava funzionando, anzi, mi si stava ritorcendo contro.
Qualcuno bussò e il viso di Isabella sbucò sorridendomi. << Edward. >> mi salutò entrando nella stanza a chiudendosi la porta alle spalle.
Cercai di sorridere. << Ehi… >>
Si accomodò accanto a me. << Maria è rimasta impressionata da te. Ha detto che sei un ottimo elemento, ma non ho capito se intendesse ottimo per il suo letto o per l’ospedale. >> disse poi inacidendosi.
Ridacchiai. << Anche lei è un ottimo elemento. >>
Lei mi lanciò un’occhiataccia ed io ridacchiai avvicinandomi a lei. << Cosa c’è, dottoressa? >>
Fece spallucce e cercò di allontanarsi da me, ma si scontrò con il muro e non aveva altra via di scampo. Mi avvicinai a lei fino ad avere il suo viso a pochi centimetri dal mio. << Non dovresti essere gelosa, dottoressa, perché io e te non siamo nulla. >> le alitai sulle labbra.
Lei non rispose, si limitò a guardarmi con gli occhi sgranati e il respiro accellerato. Sorrisi beffardo ed uscì dalla stanza soddisfatto di me stesso.
Il resto della giornata passò tranquillamente e neanche una volta mi trovarono impreparato. Da quando avevo tredici anni avevo passato quasi tutti i giorni a leggere libri di medicina, negli anni passati all’Università avevo studiavo notte e giorno e avevo letto quasi tutti i tomi della biblioteca. Era difficile trovarmi impreparato e poi non volevo deludere mia madre che sapevo mi stesse vedendo da lassù.
Nello spogliatoio ero rimasto da solo ormai, perché avevo perso del tempo sotto la doccia. Mi faceva male la schiena e solo l’acqua calda mi poteva aiutare quindi ne avevo approfittato.
Avevo fatto in tempo ad infilare il pantalone quando Maria entrò nello spogliatoio e chiuse la porta a chiave dietro di se.
<< Ciao Edward. >> mi salutò in modo lascivo.
<< Salve dottoressa. >> risposi rispettoso ritornando a vestirmi.
Sapevo qual era il suo scopo, me l’avevano fatto capire gli innumerevoli sguardi che mi aveva lanciato quel giorno e tutte le volte che mi aveva chiamato anche per una cretinata. Maria voleva portarmi a letto ed io non ero poi così sicuro di rifiutare perché quella notte mi ero reso conto che la mia storia con Kate era tutta una fregatura. Non è possibile stare con qualcuno quando si desidera intensamente un’altra ed io desideravo in modo indecente Bella.
<< Siamo soli, Edward, puoi chiamarmi Maria. >> disse avvicinandosi a me.
Alzai gli occhi al cielo e ritornai a vestirmi ignorandola, ma non riuscii più a farlo quando sentii le sue meni accarezzarmi la schiena.
<< Non fare il reticente con me, Edward, so che mi vuoi. >> mi disse e mi diede un bacio sul collo.
Rabbrividii. << Chi le dice che la voglio? >> chiese dandole ancora del lei.
Lei si scostò da me e sorrisi sentendo il fruscio dei vestiti che le scivolava da dosso, rimanendola probabilmente nuda, già pronta per me. Si avvicinò di nuovo a me e mi strinse le braccia intorno alla vita accarezzandomi in modo lascivo, da vera troietta.
<< Lo sento l’effetto che ti faccio. >> mi sussurrò all’orecchio mordendomi il lobo.
Mi girai verso di lei e la squadrai da capo a piede. Aveva un bel corpo, seno sodo, ventre piatto, fianchi stretti e delle belle gambe. Tra le gambe era completamente liscia e questo mi fece capire che era davvero una troietta, era il genere di ragazze che mi sarei fatto prima di scegliere di volgermi alla monogamia con Kate e anche se avevo una maledettissima voglia di fare sesso con Maria non potevo fare una cosa del genere a Kate non dopo quello che aveva passato dopo il matrimonio.
Mi avvicinai a Maria e mi abbassai verso di lei, ma invece di prenderla tra le braccia e sbatterla vicino al muro afferrai il camice bianco e glielo porsi. << Ho una ragazza, dottoressa. >> le dissi lasciandola sconvolta.
Presi la mia roba e dopo averle lanciato un’altra occhiata uscii dallo spogliatoio soddisfatto di me stesso. Quando tornai a casa quella sera e trovai Kate sorridermi davanti ad un’ottima cenetta mi dissi che avevo fatto la scelta giusta.
L’abbracciai e la baciai. << Ciao piccola. >>
Lei sorrise. << Ciao, come stai? >> mi chiese poi sedendosi sulle mie gambe.
Feci spallucce. << Sono stanco, ma soddisfatto. >> e le raccontai la mia giornata evitando la scena dello spogliatoio.
Kate mi abbracciò fiera di me ed io mi sentii uno schifo. Kate mi aveva dato piena fiducia, aveva dato fiducia a me che era degno di tutto tranne di quello ed io non facevo che pensare a Bella.
L’abbracciai stretta e lei me lo lasciò fare. << Sei stupenda, Kate. >>
Lei si staccò da me e mi sorrise. << Ti amo, Ed. >> mi disse dolcemente e mi baciò.
Non potevo dirle che l’amavo perché non era vero, ma le volevo bene dopotutto e forse con il tempo avrei potuto imparare ad amarla.
Ma si poteva imparare ad amare qualcuno? Si poteva dire al proprio cuore chi amare?  

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Salve bellezze, come state?
Eccomi di nuovo qui dopo una settimana credo... ad aggiornare.
Lo so, non vedete l'ora che capiti qualcosa ai nostri ragazzi e avete pure ragione, sono dodici capitoli che non si quaglia. Ma cmq dopo questo capitolo spero sarete più felici e che riuscirete a riposare a sonni più o meno tranquilli fino al prossimo aggiornamento.
Un'altra cosa, qualcuno di voi mi ha chiesto di fare un capitolo POV Bella. Ma non posso, ragazze, davvero non mi sembra appropriato un POV Bella quando il titolo è 'Innamorato di mia madre'. Il protagonista è Edward e rimarrà lui.
Un'altra cosa...per chi non ha il mio contatto, eccolo....http://www.facebook.com/#!/profile.php?id=100000482385010
Vi ricordo le altre mie storie, spero le stiate leggendo e che vi piacciano.
Buona lettura.
xoxo Alex
 4

Capitolo 13




Erano passate tre settimane dal mio primo giorno di lavoro e le cose in quel campo procedevano meravigliosamente. Mi ero fatto conoscere e apprezzare anche se avevo dovuto cambiare mentore perché la mia mi aveva fatto capire chiaramente che se non me la scopavo mi avrebbe infangato. Ed io che cosa avevo fatto? Avevo cambiato maestro, facendola infuriare ancora di più, ma a quel punto non poteva più fare nulla perché Bella sapeva la verità e lei mi avrebbe difenso in ogni caso.
Il mio nuovo mentore era proprio lei e quando lo avevo saputo avevo gongolato. Come far cadere la preda ai tuoi piedi? Starci a contatto.
In quelle tre settimane la voglia e il desiderio che provavo nei confronti di Bella erano aumentati perché avevo imparato a conoscerla meglio. Era affettuosa e divertente con i bambini, era diligente e seria nei casi in cui serviva e sapeva essere generosa e rispettosa con tutti. Era davvero una bravissima persona e tutti in quell’ospedale l’adoravano compreso io.
Con lei avevo assistito ad alcune operazione ed ero stato completamente incantato dal movimento elegante e fermo delle sue mani, dal suo sangue freddo e dalla sua professionalità. Più la guardavo e la studiavo più mi sembrava di vedere in lei mia madre.
Bella era un gran dottore ed una grande donna ed io ci stavo cadendo con tutte le scarpe.
Con Kate, nonostante stessi facendo il possibile, le cose stavano precipitando. Non litigavamo, ma le volte in cui ci scambiavamo effusione erano drasticamente diminuite e se prima facevamo sesso più volte al giorno adesso era raro se arrivavamo a tre volte a settimane. Il problema non era che non la desiderassi più o che non la volessi più bene, il problema non sapevo neanche io cosa fosse. Certo, lo sapevo quale fosse il problema, ma ci avevo convissuto fino a quel momento perché adesso mi veniva più difficile resistere?
Una sera in una delle tante uscite tra ragazzi ne avevo parlato con Emmett e lui mi aveva risposto che forse stando a contatto costante con Bella mi era diventato impossibile ignorarla e ignorare i miei sentimenti per lei anche perché questa volta a cercarla non ero solo io, ma anche lei.
Anche quando non la guardavo potevo sentire i suoi occhi su di me e solo quello bastava a farmi sentire perso. Ecco, io mi sentivo perso quando ero con Bella.
Lei era il mio luogo buio dove non sai cosa fare, dove andare né perché sei finito lì.
Quando avevo detto questa frase a Rosalie si era quasi commossa perché non mi aveva mai sentito dire una cosa del genere, ma dopo quell’attimo mi aveva dato uno scappellotto dietro la testa.
<< E Kate? Non pensi a quella povera ragazza che ti ama così tanto? >> mi aveva urlato.
Già, non ci penso a Kate? Certo che ci pensavo a Kate, pensavo a come avrei potuto fare per non ferirla per non farle rivivere il dolore che le aveva procurato il suo ex quasi marito. Ma poi ci riflettevo e capivo che non c’era un modo per non farla soffrire, lo avrei fatto comunque. Lei si era affidata a me, aveva visto in me la persona che poteva amarla e farle dimenticare tutto il dolore ed io stupido glielo avevo lasciato fare perché ne avevo bisogno anche io.
Ma stavo mandando tutto a puttane, sia la mia vita che la sua e dovevo fare qualcosa il prima possibile o le conseguenze sarebbero state disastrose. Ogni giorno mi ripromettevo di parlarle, ma quando tornavo a casa e la trovavo con sul viso quel suo sorriso dolcissimo e magari con nel piatto il mio preferito tutte le buone intenzioni cadevano. Ma poi la notte quando la stringevo tra le braccia, magari dopo aver fatto l’amore, mi sentivo uno schifo e mi assaliva una sensazione di soffocamento e dovevo allontanarmi da lei finendo a dormire sul divano.
Quando la prima volta mi trovò sul divano le dissi che la sera prima non riuscivo a dormire e che guardando la televisione sul divano mi ero appisolato non rendendomene conto. Lei ci aveva creduto e mi aveva fatto di nuovo quel suo sorriso, quel sorriso che mi faceva morire di senso di colpa ogni volta.
Le uniche volte che tornavo a risperare normalmente era quando avevo il turno di notte. Lei tutto il giorno era a lavoro ed io a dormire e quando lei tornava io andavo a lavoro e risparmiavo ad entrambi quella tensione che aleggiava in casa. Perché Kate non era stupida, lei sapeva che qualcosa non andava, ma non mi diceva niente perché aspettava sempre che io le dicessi qualcosa. Ma stava aspettando invano.
Quella settimana avevo il turno di notte, nulla era diverso dalle altre volte, a parte il fatto che lo era anche Bella. Era uno dei due medici presenti ed io al solo pensiero di passare un’intera notte con lei in un reparto più vuoto che pieno, mi sentivo eccitato come un bambino la mattina di Natale o il primo giorno di scuola.
Certo dovevo lavorare, ma sapere che lei era lì e che in qualsiasi momento potevamo incontrarci, parlare o sfiorarci mi sentivo in ansia.
Da quella piccola conversazione nella stanza delle infermiere era come se Bella si stesse lasciando andare, come se stesse ammettendo implicitamente di desiderarmi come io desideravo lei. Mi stava facendo capire chiaramente che mi voleva, o magari era una delle ennesime idee sbagliate che mi stavo facendo. Probabile o probabile di no e quella notte forse l’avrei scoperto.
Mi stavo preparando la borsa quando Kate rientrò e dal viso si vedeva che qualcosa non andava.
<< Ehi… successo qualcosa? >> chiesi preoccupato.
Kate sospirando si lasciò andare sul letto. << Ho solo poche ore per dormire, devo prendere un aereo. >>
Aggrottai le sopracciglia. << Dove vai? >> chiesi poi controllando di aver messo tutto e chiudendo.
<< Domani  e dopodomani c’è un convegno a Chicago e devo esserci. >> e sbuffò poi chiudendo gli occhi.
Sorrisi intenerito e mi avvicinai a lei. << Vuoi che chiami in ospedale e faccia cambio con qualcuno? >> chiesi, ma nel momento in cui lo feci sperai che dicesse di no.
Infatti, scosse la testa e aprì gli occhi sorridendomi. << No, non preoccuparti, tanto farò una doccia, metterò qualcosa in valigia e poi andrò a dormire. Non sarei molto di compagnia. >> disse accarezzandomi la guancia.
E in quei momenti che mi dico: ma che ci sta a fare con uno come me che non fa altro che farla soffrire?
Lei mi si avvicinò e mi sfiorò le labbra con le sue.  << Stai facendo tardi. >>  mi ricordò.
Annuii e le diedi un bacio sulla guancia. << Fai buon viaggio. >> le augurai poi presi la borsa e il cappotto e la lasciai lì insieme al mio senso di colpa.
Quando arrivai in ospedale trovai Trevor, uno specializzando del mio gruppo, intento a provarci con l’infermiera di ortopedia. Scossi la testa ridacchiando al pensiero che stava perdendo solo tempo perché lei era felicemente fidanzata e non gliel’avrebbe mai data.
Passai accanto a lui. << Ehi Trevor. >> lo chiamai.
Lui si girò e sorrise. << Ehi Cullen, ti aspettavo. >> mi disse salutando poi l’infermiera e affiancandomi.
Indicai la ragazza. << Ho visto. >> dissi sarcastico.
Lui sospirò affranto. << Non vuole uscire con me. Sono così una brutta persona? >> chiese.
Scossi la testa. << Ma no, Trevor, quando mai. >> dissi sarcastico meritandomi un’occhiataccia.
Ci avviammo insieme agli ascensori e quando si stavano per chiudere una mano che conoscevo molto bene si inserì tra le porte che arrestarono il loro corso e ritornarono indietro aprendosi. Bella tutta trafelata entrò e cercò di sorriderci. << Cullen, Trevor. >> ci salutò e rischiacciò il pulsante.
<< Dottoressa. >> dissi educatamente.
<< In ritardo? >> chiese invece Trevor non facendosi mai i cazzi suoi.
Lei annuì. << Sono passata a prendere Alice a danza e abbiamo trovato traffico. >> si giustificò.
Al nome di mia sorella alzai lo sguardo verso di lei. << E’ tutto okey? >> chiesi interessato.
Lei annuì, ma non rispose perché le porte si aprirono e Trevor uscì. << Io vado, ci vediamo domani. >>
Lo guardai confuso. << E che sei salito a fare? >> chiesi rendendomi conto che fosse davvero uno con la testa più fuori del balcone.
Lui fece spallucce. << Volevo fare quattro chiacchiere. >> e le porte si chiusero.
Io tornai a guardare Bella che fece una cosa che non mi sarei mai aspettato. Si girò verso di me e con un solo colpo si sbottonò la camicetta, poi afferrò la mia mano e se la posò sul seno.
La guardai sbalordito. << Bella… >>
Lei mi sorrise maliziosa. << Edward… Edward… Cullen, ehi, mi senti? >> mi chiese poi.
Mi riscossi e la ritrovai a fissarmi preoccupata ancora stretta nel suo cappotto e con un piede dentro ed un altro fuori in corridoio. << E’ tutto okey? >>
Scossi la testa ed uscii fuori correndo quasi lontano da lei a dal quel sogno ad occhi aperti che avrei tanto voluto fosse realtà.
 
Erano le tre passate e nel reparto non si sentiva volare una mosca, tutti i pazienti dormivano e quella notte non c’era stata nessuna emergenza. Bella stava finendo di fare il suo giro abituale mentre io ne avevo approfittato per distendermi due secondi sulla brandina nella famosa stanza che ci aveva visti insieme tre settimane prime.
Quella notte avevo fatto di tutto per non incrociare lo sguardo di Bella perché volevo evitare di sognare di nuovo ed il mio autocontrollo era in bilico e di parecchio anche, ma l’avevo sentita mentre mi cercava con lo sguardo.  
Prima di entrare nella stanza lasciai detto all’infermiera di turno che mi trovavo lì e se Bella mi voleva sapeva dove trovarmi. Prima di chiudere gli occhi controllai il cellulare e trovai un messaggio di Kate dove mi avvisava che era arrivata all’aeroporto e che mi avrebbe chiamato la mattina seguente. Non sapevo se l’avrei risposta perché quando mi aveva detto che andava via un paio di giorni dentro di me ero stato sollevato. Due giorni senza di lei, due giorni di libertà da tutto.
Mi addormentai all’improvviso con ancora il telefono tra le mani e sognai lei come facevo ormai da molto, sognai lei e me insieme senza mio padre e senza Kate. Io e lei felici ed innamorati.
Mi sentii scuotere all’improvviso, ma non avevo la forza per alzare le palpebre. Mugugnai qualcosa di incomprensibile e mi girai dall’altra parte provocando una risatina.
<< Edward, dai, svegliati. >> mi disse divertita.
Sbuffai. << Cosa mi dai se lo faccio? >> chiesi, ma ero completamente scollegato con il cervello.
La sentii titubare per un attimo e in quel momento mi svegliai completamente girandomi verso di lei e pentendomene immediatamente. Me la ritrovai più bella che mai, stanca e assonnata, che mi guardava spaesata e non ci vidi più.
L’afferrai per le braccia e la portai sul letto distendendola sotto di me e senza mai lasciare la presa. Lei mi guardò con i suoi bellissimi occhi lucidi ed in attesa di qualsiasi mia mossa perchè qualunque cosa avessi fatto lei ci sarebbe stata. Le leggevo negli occhi il consenso e la consapevolezza che quello era il momento e che niente ci avrebbe fermato. Via tutto, via tutti, solo io e lei.
Staccai la mano destra dal suo braccio e le accarezzai una guancia dolcemente e lei chiuse gli occhi sospirando. Continuai il mio percorso sulla mascella, sul collo e poi di nuovo su fino ad arrivare alle sue bellissime labbra che si schiusero sotto il mio tocco.
La vedevo lì, sotto di me, immobile ed in attesa ed io non sapevo cosa fare. Mi sentivo come quando avevo quattordici anni e dovevo dare il mio primo bacio, imbranato ed in imbarazzo.
Mi avvicinai lentamente a lei con il cuore a mille e il sangue che mi pulsava alle tempie, mi avvicinai sperando che non si tirasse indietro all’ultimo secondo. Sotto il mio petto sentivo il suo alzarsi velocemente e potevo quasi sentire il suo cuore battere all’impazzata in sincrono con il mio.
Mi avvicinai ancora di più fino a sentire il suo fiato caldo sulle labbra, il suo profumo mi stordii e mi fece perdere quel minimo di ragione che mi era rimasta. Quel minimo di coscienza che mi stava urlando contro dicendomi che stavo facendo un torto a Kate, ma in primis a mio padre. Ma non me ne fregava nulla, eravamo solo io e lei e così doveva essere.
Prima di appoggiare le mie labbra sulle sue la guardai negli occhi e li trovai chiusi e questo mi fece perdere un battito. << Apri gli occhi. >> le sussurrai.
Lei aprì le palpebre e trovai i suoi occhi liquidi che mi restituirono lo sguardo. << M-mi… stai facendo impazzire… >> si lasci sfuggire in un sospiro.
Sospirai. << Tu mi stai facendo impazzire da mesi. >> le confessai.
Lei mi morse il labbro inferiore e un sospiro tremulo le usci da quelle labbra che non vedevo l’ora di assaggiare. << Che aspetti? >> chiese impaziente.
Le feci il mio sorriso e finalmente….
….uno stramaledettissimo bip mi interruppe, era il suono del suo cercapersone, di quel suo fottutissimo cercapersone che non poteva trovare momento più sbagliato per suonare.
La guardai negli occhi e non ci vidi più desiderio, ma sorpresa e… colpa. Il suo cercapersone si spense e si spense anche quello che avevamo accesso, quello che avevo acceso con tanta fatica.
Si staccò bruscamente da me, imprecò contro se stessa ed io la guardai sorpreso. << Bella… >> la chiamai.
Lei scosse la testa e mi fermò. << Stai zitto! >> mi impose ed io l’ascoltai sedendo sulla brandina senza mai staccare gli occhi da lei e non lo feci neanche quando si richiuse la porta alle spalle.
Feci un grosso respiro ed uscii anche io sperando che qualsiasi cosa ci avesse interrotto fosse importante e da sala operatoria o avrei rischiato un esaurimento nervoso.
 
Fortunatamente o sfortunatamente c’era stato un incidente sull’autostrada e il pronto soccorso si riempì di tre barelle, un bambino e due adulti. La madre aveva solo delle escoriazioni e me ne occupai io mentre il marito aveva solo una piccola commozione celebrare ed un braccio rotto.
Il bambino che non aveva la cintura era stato scaraventato vicino alla portiera ed un vetro del finestrino rotto gli si era conficcato all’ altezza dei polmoni e Bella lo aveva portato direttamente in sala operatoria per evitare che qualche scheggia perforasse il polmone peggiorando di molto le sue condizioni.
Bella aveva portato a termine l’operazione con successo ed il bambino era stato portato in stanza dove sua madre lo osservò per il resto del tempo.
Erano le sei quando gli altri dottori ci diedero il cambio ed io più addormentato che altro mi ritirai nello spogliatoio per farmi una doccia risvegliante.
<< Edward? >> mi sentii chiamare quando stavo per uscire dall’ospedale.
Era Bella e mi stava fissando imbarazzata, ma ancora con quella luce mortificata negli occhi. Ma di cosa si stava scusando? Ero io quello che l’aveva quasi baciata, ero io che l’avevo stretta tra le braccia non lasciandole spazio per la fuga.
<< Bella. >> la salutai aspettandola.
Le mi si affiancò e ci dirigemmo entrambi fuori all’aria fredda del mattino. << Ti va di prendere un caffè con me? >> mi chiese indicandomi il chioschetto accanto all’ospedale.
Annuii e la seguii in silenzio cercando di capire che cosa volesse dirmi, ma ne avevo una vaga idea. Magari mi avrebbe detto ch era tutto sbagliato, che non doveva succedere più,  che amava mio padre e che io sarei dovuto ritornare da Kate. Sapevo che se mi avesse detto una cosa del genere non avrei saputo come ribattere perché era la verità, ma non volevo accettarla. Volevo Bella, la volevo con tutto me stesso.
Ci accomodammo ad una panchina con il caffè caldo in mano e aspettai che parlasse lei e non mi deluse.
<< Lo sai, vero, che stavamo per fare una cazzata? >> mi disse senza guardarmi negli occhi.
Annuii sospirando. << Lo so. >>
Lei sospirò e mi guardò. << Ti voglio, Edward, si è capito. Ormai non posso negare l’attrazione che provo per te, ma è tutto sbagliato. Io sono la compagna di tuo padre e tu convivi con una ragazza stupenda, non possiamo fare una cosa del genere. >> poi ritornò a guardare avanti a se. << Quello che è successo oggi rimarrà tra me e te e spero che non ricapiti più. Sono stata chiara? >> mi chiese poi con voce dura.
Non risposi, rimasi in silenzio e sempre in silenzio la osservai mentre andava via.
 
  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Amori miei scusate il ritardo, ma non sapevo cosa scrivere....
Poi questa sera mentre vedevo la seconda puntata di 'Pan Am' mi è venuta una specie di illuminazione ed in quasi un'ora ho scirtto un intero capitolo.
Nel precedente capitolo i nostri ragazzi sono stati interrotti da un maledetto cercapersone, sarà così anche stavolta?
Per saperlo dovete leggere...
Cmq ragazzuole, siccome la mia rossa peferita che mi fa le copertine ha dei problemi di tempo e di programma, mi chiedevo se qualcuno quando ha un pò di tempo potebbe divertirsi a fare qualche copertina per questa storia. Poi io selezionerò quella che mi piace di più. Che ne dici?
Okey, adesso vado.
Buona lettura.
xoxo Alex



Capitolo 14


 


Davvero era convinta che mi fossi arreso? Davvero credeva che dopo aver capito che anche lei mi desiderava come la desideravo io mi arrendessi e la lasciassi in pace?
Bhe, evidentemente non aveva ancora chiaro chi fosse Edward Cullen.
Non erano neanche passati tre giorni da quell’episodio, ma comunque erano stati interminabili. Kate, era rimasta fuori qualche giorno in più perché avevano prolungato il convegno, quindi mi sentivo sempre più libero. La notte, invece, era per me un tormento.
Avevo ancora il turno di notte con Bella e vederla costantemente cercare di evitarmi, assegnandomi compiti che mi tenevano occupato ore o magari facendo interventi uno dietro all’altro pur di evitare di parlarmi, mi stava facendo impazzire.
La volevo, cazzo, la volevo in un modo sconvolgente e lei con quella reticenza e quell’evitarmi non faceva altro che aumentare il desiderio che avevo di infilarmi nelle sue mutande. Si perché a quel punto la voglia che avevo di farci del sesso era più forte di qualunque altra cosa.
Forse mi ero anche innamorato in tutto quel tempo, ma il desiderio che provavo per lei mi offuscava completamente facendomi dimenticare tutto.
Quella era una di quelle giornate no in cui tutto quello che fai non va bene e porta la tua pazienza a livelli altissimi e il tuo esaurimento all’impossibile immaginabile. Quella giornata era iniziata male perché non ero riuscito a dormire, ero stanco per la notte prima passata in ospedale, ma quando ero arrivato a casa per dormire mi ero trovato davanti una scena spaventosa. L’appartamento di sotto era in ristrutturazione quindi c’erano muratori con martelli e quant’altro che mi avevano impedito di dormire. Così avevo preso un po’ di roba ed ero andato da Rose che mi aveva gentilmente ospitato e avevo dormito nella stanza degli ospiti che era diventata mia a tutti gli effetti.
Ma poi il pomeriggio era tornato Emmett e me lo ero ritrovato in camera dopo essere entrato come un tornado. Mi aveva svegliato e mi aveva costretto ad andare in centro con lui per comprare degli attrezzi per montare la culla e quant’altro nella stanza del bambino.
Ma lo shopping era durato più del previsto ed ero arrivato con dieci minuti di ritardo a lavoro completamente fradicio visto che ero stato costretto ad arrivare a piedi sotto la pioggia. Le strade erano completamente bloccate ed ero sceso anzi scappato dalla macchina lasciandolo solo in mezzo al traffico. Oltre ad aver fatto tardi ad arrivare avevo perso altri dieci minuti per farmi una doccia bollente, asciugarmi e vestirmi per poi correre al reparto.
Non contento ero andato a sbattere con il fianco vicino ad un carrello di ferro e non avevo pianto per orgoglio maschile, ma il dolore dopo mezz’ora pulsava ancora segno che mi si era formato un livido grande quanto un pomodoro.
Bella mi aveva urlato contro, mi aveva fatto un discorso sulla puntualità e sulla professionalità che se non l’avessero fermata per un’emergenza starebbe ancora a continuare. Mi ero sentito umiliato e ferito nell’orgoglio, avrei voluto risponderle dirle che se aveva qualche problema di suo non doveva prendersela con me, ma avevo incassato in silenzio perché tutta la mia carriera dipendeva da lei e non potevo permettermi nessuna bravata.
Quando avevo cominciato finalmente il mio turno me ne erano capitate di tutti i colori e per poco non avevo gettato all’aria tutto. Avevo avuto due collassi nel giro di un’ora, avevo dovuto assistere ad un intervento ed il paziente era morto per ischemia, un paio di pronto soccorso e un anziana vecchietta convinta di sapere più di un dottore.
Okey, che non lo ero ancora pienamente, ma se mi trovavo lì in quel momento un motivo c’era no?
<< Signora non possiamo operarla senza fare le dovute analisi. >> spiegai per l’ennesima volta.
La signora era stata ricoverata per diabete, le sue condizioni stavano peggiorando e praticamente ogni due mesi si presentava per i dovuti controlli. Ma quella volta le cose non andavano bene e il chirurgo del piano aveva deciso di ricoverarla per qualche giorno e farle qualche accertamento in più per vedere se poteva essere operata o se doveva cominciare a pregare il Padre Eterno per una morte serena.
<< Ma tu cosa ne sai? Voglio un dottore! >> urlò verso il corridoio.
Sbuffai, spazientito. << Sono un dottore, signora. >> disse scocciato.
<< Voglio un dottore, ho detto! >> urlò agitandosi e finendo per tossire anche l’anima.
L’aiutai a riprendersi, ma all’ennesimo gesto di stizza da parte sua lasciai perdere e andai in cerca del chirurgo che appena gli comunicai i capricci della signora mi rassicurò dicendo che era sempre solita fare così e che non dovevo preoccuparmi.
Quello non era il mio piano, non era quello che volevo fare, ma Bella mi aveva mandato lì e non avevo potuto fare altro che obbedirle. In quei giorni lo aveva fatto spesso, mi aveva sempre spedito in altri piani pur di non avermi tra i piedi. Ma non era mai stata lei a comunicarmelo, aveva sempre mandato qualche specializzando o qualche infermiera.
Era diventata una codarda e una stupida. Come pensava di fare così? Pensava che la voglia che avevamo per l’altro diminuisse fino ad annullarsi? Non aveva capito nulla.
Da quando l’avevo baciata la voglio che avevo di lei era aumentata e anche con le cattive l’avrei avuta e lei mi avrebbe assecondato perché sapevo che lo stesso fuoco che avevo io dentro ce l’aveva anche lei.
Rimasi un altro paio di ore in quel reparto poi ritornai nel mio e mentre giravo l’angolo la vidi che da sola mentre leggeva una cartella veniva verso di me e sorrisi vedendo che tra me e lei ci fosse una stanza adibita ad uno sgabuzzino. Entrai velocemente dentro senza farmi vedere e rimasi leggermente la porta aperta per vederla e afferrarla nel momento giusto e lo feci trascinandola dentro per un braccio e chiudendo la porta.
<< Che c… >> tentò di dire, ma io la zittii.
Appoggiai le mie labbra sulle sue con forza e rabbia e passione. La sentivo rigida tra le mie braccia, ma poi rendendosi conti di chi fossi si rilassò muovendo le labbra insieme alle mie, ma senza approfondire.
Quando mi staccai dalle sue labbra sentii il suo respiro agitato sulle labbra. << Bella… >> sussurrai.
Lei non rispose, ma lo fecero le sue mani per lei. Le sentii salire su per i miei fianchi, per il ventre, sul petto dove rimase ad accarezzarlo a palmi aperti, poi salì più sopra fino ad immergerle nei miei capelli. Avvicinò ancora di più il suo corpo accaldato al mio, spalmandosi completamente e strusciando con il ventre sulla mia erezione che si svegliò completamente.
Afferrai i suoi fianchi a l’ancorai ancora di più a me. << Non mi respingi? >> le sussurrai sulle labbra.
La sentii sospirare. << Non ho più la forza di farlo. >> ammise prima di appoggiare le sue labbra alle mie.
Non avevo tempo per quei contatti fugaci, volevo di più e me lo presi aprendole con forza le labbra con la lingua e cercando la sua giocandoci immediatamente. Aveva un buonissimo sapore e il movimento sensuale e lento della sua lingua mi mandò letteralmente in pappa il cervello.
Continuava a stringere tra le sue mani i miei capelli mentre io la tenevo stretta tra le mie braccia, stringendola così tanto da impedirle di respirare e fare alcun movimento.
Quando spostai le mani sui suoi glutei per sollevarla un gemito le uscì dalle labbra e la prese sui miei capelli aumentò. La strinsi tra il mio corpo e il muro mentre lei avvolgeva le gambe intorno ai miei fianchi e strusciava la sua intimità calda e pulsante sulla mia dolorosa erezione.
Quando ci staccammo, privi di ossigeno appoggiai il mio viso sul suo seno mentre le appoggiò la guancia sulla mia testa.
Quel bacio era stato travolgente e i brividi che sentivo in tutto il mio corpo mi stavano destabilizzando. Lei mi aveva destabilizzato con un solo bacio, cosa sarebbe successo se l’avessi avuta calda e nuda tra le mie braccia mentre gemeva di piacere?
<< Dio, Edward… >> sussurrò.
Annuii. << Lo so. >> fiatai sul suo collo dandole poi un umido bacio che la fece rabbrividire.
Mi accarezzò lentamente i capelli ed io sospirai beato, sospirai sperando che quel momento così intimo non finisse mai. Avevo voglia di lei, volevo sprofondare dentro di lei e bearmi del suo calore, ma anche quel momento così mi stava bene.
Lì capii che ero irreparabilmente innamorato di lei e lo ero già da molto tempo, ma la mia presunzione e la mia arroganza mi avevano offuscato.
Alzai il viso verso il suo e anche se era buio lì dentro vidi i suoi occhi scintillare di luce propria e la tentazione di baciarla di nuova era troppa e non mi tirai indietro. La feci scendere e le presi il viso tra le mani mentre lei stringeva le braccia intorno ai miei fianchi.
La baciai ancora, stavolta dolcemente e lentamente, godendomi il tocco della sua calda lingua, la morbidezza delle sue labbra e la dolcezza dei suoi sospiri. Ci baciammo per un tempo che mi parve lungo e lo avremmo continuato a farlo se i nostri cercapersone non avessero suonato.
Ci staccammo lentamente, non prima di averle dando un altro dolce bacio a stampo. Sentii uno spostamento d’aria e poi i suoi polpastrelli accarezzarmi la guancia ed io chiusi gli occhi sospirando.
<< Lo sai, vero, dove ci porterà tutto questo? >> mi chiese.
Annuii. << Lo so, ma sono disposto a tutto per averti. >> le dissi e sperai che capisse che non volevo solo il suo corpo, ma anche il suo cuore.
Non disse nulla e dopo aver sentito le sue labbra sul mento posare un piccolo bacio aprì la porta e se ne andò. Io rimasi altri due minuti per calmarmi e dopo essermi aggiustato e assicurato che tutto dormisse nei pantaloni uscii anche io e strizzai gli occhi alla luce forte dei neon nel corridoio.
Dopo essermi abituato mi guardai in giro, ma non vidi nessuno e dopo aver fatto un grosso respiro tornai a fare il mio lavoro.
 
<< Shh… potrebbero sentirci. >> mi intimò ridacchiando mentre cercava di spostare le mie mani che si erano intrufolate sotto la sua maglietta.
Dopo aver finito il nostro turno ci eravamo appartati nella stanza che ci aveva ospitato qualche giorno prima. Ci stavamo baciando come due adolescenti sul letto, non stavamo andando oltre, ma ogni tanto la mia mano partiva non che le sue stessero ferme, ma lei mie erano diventate due polipi.
Dovevamo andare a casa, ma la tentazione che avevamo era troppa e ci eravamo chiusi a chiave lì dentro. Certo, Bella aveva fatto qualche moina, ma poi non aveva resistito alle mie labbra.
Ci baciammo ancore e ancora fino a che il fiato ce lo permetteva, fino a che le labbra non incominciarono a screpolarsi e la saliva essiccare completamente.
Mi piaceva baciarla, non so per perché, forse era per le tante volte che l’avevo sognato o forse perché le sue labbra erano così belle ed invitanti. Non ero mai stato un gran baciatore a volte non lo facevo neanche, ma con lei era come se con un suo bacio i minuti della mia vita aumentassero.
Quando ci staccammo per  l’ennesima volta si posizionò a pancia sotto e appoggio il viso sulle mani guardandomi. << Mi fai ritornare una ragazzina. >> disse arrossendo. << Erano anni che non passavo ore su un lettino a baciare qualcuno. >> confessò.
<< Infondo da poco sono un adulto. >> le dissi.
Lei annuì. << Già, sei piccolo. >> e si rabbuiò.
Ma che cazzone ero? Come potevo farle notare la nostra differenza di età?
Magari in quel momento stava pensando che era tutta una stronzata e che oltre a non essere una cosa giusta perché eravamo tutti e due impegnati in altre relazioni era anche illegale.
<< Bella… >> tentai di riparare al danno, ma lei mi bloccò.
Scosse la testa e cercò di sorridere. << Ormai sono nella merda totale, no? Tanto vale farmi una bella nuotata. >> commentò per poi baciarmi ancora.
Restammo in quella stanzetta per un’altra ora, baciandoci solamente senza andare oltre e senza neanche parlare. Parlare avrebbe potuto far saltare fuori argomenti indesiderati ed io non volevo, perché se avessimo pensato che stavamo tradendo Kate, ma in primis mio padre, non so se lei si sarebbe comportata normalmente. Parlavo di lei perché per me ormai non c’erano altre soluzioni o altro, io ci ero caduto dentro con tutte le scarpe e anche i calzini. Io avrei lasciato in quel momento tutto per lei, ma non sapevo se lei fosse disposta a lasciare tutto per me.
Io ero innamorato di lei, l’amavo, ma lei? Lei mi aveva detto chiaramente di volermi, di desiderarmi, ma non sapevo se anche per lei dietro tutto quel desiderio c’era amore. Avevo bisogno di altro tempo per capirlo e per farglielo capire prima di metterla davanti ad una scelta.
Me o il mondo?
 
Quando quella mattina tornai a casa trovai un messaggio in segreteria dove Kate mi avvertiva che sarebbe rimasta un altro giorno. Ora, un ragazzo normale se avesse sentito un messaggio del genere dalla propria ragazza e convivente sarebbe andato su tutte le furie, ma io no. La prima cosa che mi venne in mente fu: ‘E se invitassi Bella da me?’
Non riuscivo a non pensare a lei, lo feci mentre mangiavo qualcosa, lo feci mentre mi facevo la doccia e lo feci prima di cadere in sonno profondo, ma questo non mi fermò. La sognai, sognai di baciarla ancora, sognai di farci l’amore con dolcezza e passione, la sognai mentre mi sorrideva e mentre arrossiva come aveva fatto quando nello stanzino le avevo detto che era bellissima scostandole i capelli dal viso.
Perché Bella non era la persona che dava a vedere, lei era dolce e timida. Lei era autentica e questa cosa era un duro colpo al mio cuore, vederla così bella e perfetta per me era uno strazio perché sapevo che di tutto quello ne avrei goduto per poco tempo alla volta e che per il resto lei era sua, lei era di mio padre. Era lui che le dava il bacio della buonanotte, era lui che la guardava svegliarsi  la mattina e stiracchiarsi in modo tenere, era lui che durante la notte la stringeva al suo petto sussurrandole parole dolci ed era sempre lui quello che ci faceva l’amore e che poteva toccarla senza sentirsi in colpa o in difetto verso qualcuno.
Lui era libero di amarla, io ero solo libero di tormentarmi.
 
Per gli altri due turni successivi le cose continuarono così, appena avevamo un po’ di tempo libero ci nascondevamo da qualcosa parte e ci baciavamo e parlavamo e ridevamo, ma non avevamo mai oltrepassato la prima base come usavamo dire io ed Emmett.
Io lo volevo, cazzo, volevo arrivare in quarta base, ma avevo bisogno di una suo cenno, avevo bisogno di una conferma e fino a che non avessimo avuto un po’ di tempo in più per stare insieme non avrei potuto fare niente.
L’ultima sera eravamo appartati in macchina dietro l’ospedale coperti da un enorme pianta secolare e dalla pioggia scrosciante.
Ci stavamo baciando e la tensione sessuale era così alta che l’afferrai per i fianchi e la portai cavalcioni su di me facendola gemere a contatto con la mia eccitazione.
Continuammo a baciarci mentre Bella si muoveva impercettibilmente su di me facendoci gemere ed ansimare. Con le mani superai l’ostacolo della maglia e la sentii rabbrividire al contatto con le mie mani fredde, ma non mi fermai e arrivai ad accarezzarla sotto il seno, pensavo che forse avremmo fatto qualcosa, ma lei si irrigidii e si fermò.
Mi staccai da lei e la guardai negli occhi, ma non ci vidi rifiuto o altro. << Cosa c’è? >> le chiese accarezzandole una guancia.
Lei scosse la testa e sospirò. << Ti ho già detto che ti desidero, non pensare ad altro, solo che… in macchina? Sul serio, Edward? Non sono la tua ragazza e tu non sei il mio, siamo amanti, ma un po’ di…che ne so… >>
<< Romanticismo? >> chiesi cercando di aiutarla.
Lei scosse la testa. << Non c’è nulla di romantico nell’essere amanti, Edward. Voglio farlo con te, cazzo se lo voglio, ma non in macchina. >> disse alla fine non dicendomi ancora cosa volesse in particolare.
Annuii. << Mi stai dicendo che vuoi programmare la cosa? Cos’è ci mandiamo un messaggio? ‘Ci vediamo alle tre nella stanza numero cinque?’ >> chiesi più acido del solito.
Lei scosse la testa e ritornò sul sedile del passeggero, si infilò il cappotto e si aggiustò guardandosi allo specchietto.
<< Quando dovrà succedere succederà. >> disse prima di aprire la portiera ed uscire fuori correndo sotto la pioggia fino alla sua macchina.
Che cazzo significava quella frase? Come fai a capire che il momento giusto? Ti si accende la lampadina o magari ti si alza automaticamente se magicamente appare una stanza?
 
 
  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Salve ragazze, come state?
Avete già cominciato a fare i regali? Io no, non ho una lira, è tempo di guerra qui.
Cmq eccomi ritornata con un altro capitolo, un capitolo molto movimentato direi e spero proprio che vi piaccia come è piaciuto a me.
Buona lettura.
xoxo Alex

ps. ho messo il secondo extra de 'Lo stagista sexy' per chi lo stava aspettando.


 

Capitolo 15


 

Una settimana, una fottutissima settimana che andavo avanti a masturbarmi. Perché? Perché la mia sexy quanto perfida amante non aveva mai tempo per me, perché continuava a farmi eccitare e continuava a togliermi tutto così come me l’aveva dato.
Era una settimana che quando avevamo un po’ di tempo ci appartavamo da qualche parte, ma non riuscivamo mai a concludere nulla. Sembrava che tutto andasse contro di noi. Certo, stavamo facendo una cazzata era tutto sbagliato, ma diamine almeno dateci il tempo di farlo questo sbaglio.
Kate era ormai tornata da una settimana casa, ma qualcosa in lei era cambiato, la vedevo più distante, più fredda. Molto probabilmente aveva capito che le cose tra noi erano arrivate al capolinea, ma chissà come né io né lei riuscivamo a mettere fine a quella tortura.
Lei lavorava tutto il giorno fino a tardi ed io cercavo sempre un modo per farmi assegnare qualche emergenza e mai come in quella settimana ero andato a casa di Rose tutte le sere.
Molte volte mi aveva letteralmente cacciato a calci nel culo da casa sua, ma puntualmente il giorno dopo ritornavo e lei mi faceva entrare. Era la prassi.
Io rompo le palle e lei continua a volermi bene.
Quella settimana a casa mia era stato un inferno gelido. Kate era fredda e glaciale e bastava un attimo perché la bomba si innescasse ed esplodesse lasciandomi completamente distrutto.
<< La cena è pronta. >> mi disse entrando in camera.
Ma quella sera non avrei cenato con lei e mi ero completamente dimenticato di dirglielo. Mi alzai e mi aggiustai il pantalone nero che avevo messo abbinato ad una camicia bianca e alla giacca nera.
Quella sera avevamo una specie di festa per un dottore che andava in pensione e quindi mi ero vestito decentemente.
<< Ehm… non… >>
Lei mi fermò con la mano e sospirò. << Okey, capito. Divertiti. >> e se ne andò sbattendo la porta del bagno.
Sospirai anche io e la seguii bussando alla porta. << Kate. >> la chiamai.
<< Che c’è? >> mi chiese e aveva la voce rotta.
Abbassai lo sguardo e sospirai ancora. << Kate, esci, per favore. >>
<< Che.cosa.vuoi. >> disse di nuovo e quindi voleva dire che non sarebbe uscita nell’imminente futuro.
<< Kate, senti, mi dispiace. Ho completamente dimenticarti di avvisarti di questa specie di festa, scusami. >>
<< Vai, Edward, tranquillo. >> mi disse ritornando la fredda e gelida donna delle nevi.
<< Kate, dannazione, non fare così. >> dissi irritato.
Immediatamente la porta si aprì ed uscì Kate con gli occhi pieni di lacrime, ma incazzata nera.
<< Non fare così? Non fare così, Edward? Come dovrei comportarmi, eh? Convivo praticamente con un fantasma. In un rapporto di convivenza i momenti insieme dovrebbero essere nettamente superiori ai momenti passati distanti e…. cazzo, noi passiamo insieme neanche poche ore a notte. Sono settimane che non facciamo l’amore, Edward, settimane. >> riprese fiato. << Vai a quella festa, per favore, mi serve del tempo. >> mi implorò guardandomi negli occhi.
Cazzo, faceva male, vederla in quello stato era uno strazio. E sapere di tradirla quando non se lo meritava aumentava quella sofferenza, ma nonostante ciò non riuscivo a fermarmi. Non riuscivo a non desiderare Bella, era più forte di me.
Allungai una mano verso di lei, ma si scostò ritirandosi in camera. Restai qualche altro attimo immobile ed in silenzio ascoltando i suoi singhiozzi, poi afferrai tutto quello che mi serviva e me ne andai sperando di ritrovarla a casa quella sera e chiarire tutto una volta per tutte.
La festa si sarebbe svolta nella sala ricevimenti di un albergo, non mi ricordavo il nome ovviamente quando l’avevano detto ero troppo impegnato a sognare ad occhi aperti.
Quando arrivai erano già tutti lì compreso Bella, in un vestito viola che lasciava scoperte le sue bellissime gambe, che stava parlando con alcune infermiere.
Non mi avvicinai a lei per non destare sospetti quindi mi avvicinai ad un paio di specializzandi del mio corso e mi unii alla conversazione, certo non prima di essermi congratulato con il dottore in pensione.
Mangiai qualcosa, ma mi venne il volta stomaco. Pensavo ancora a Kate a casa in quello stato ed io avrei dovuto starle accanto invece ero lì a sperare che Bella mi facesse un cenno così da poterci appartare e baciarci.
Che pessimo fidanzato e che pessimo uomo ero.
Mi guardai intorno mentre stringevo in una mano un bicchiere di whisky e finalmente vidi quel cenno, quel cenno che mi provocò un brivido lungo la schiena e una scossa al basso ventre.
Mi feci largo tra una folla, ma qualcosa mi impedii di proseguire, qualcosa come un corpo che mi cadeva tra le braccia. Abbassai lo sguardo e vidi una donna più o meno sulla cinquantina annaspare in cerca d’aria e con la faccia viola.
Urlai facendo scostare tutti e l’appoggiai a terra, tutti i dottori accorsero, ma quello era il mio momento e non me lo sarei lasciato scappare.
Mi girai verso un cameriere. << Una bottiglia di vodka con il beccuccio ed un cortello, sbrigati! >> due secondi dopo avevo tutto.
Aprii la camicetta della signora e cominciai a tastare tra le costole fino a trovare il punto giusto, ci versai sopra la vodka poi feci l’incisione e appoggiai il beccuccio sopra. Immediatamente l’aria uscì e la signora aprì gli occhi cominciando a tossire per poi riprendere a respirare regolarmente.
Sospirai di sollievo, mi sporsi verso il suo viso e le sorrisi. << Come si sente, signora? >> le chiesi gentilmente.
Lei cercò di sorridere. << Ehm…bene, grazie. >> e mi strinse la mano.
Le sorrisi ancora e le scostai i capelli dal viso. << Comunque adesso la porteremo in ospedale, vorremmo essere sicuri che tutto sia veramente a posto. >>
Lei annuì e si lasciò caricare sulla barella da alcuni dottori, poi fu trasportata fuori dove probabilmente c’era l’ambulanza sostata.
Mi alzai e immediatamente un centinaio di occhi si posare su di me e tutti applaudirono congratulandosi con me. Tutta quella scena mi inorgoglì e mi pavoneggiai un po’ ovviamente, chi non l’avrebbe fatto al mio posto.
Mentre mi lasciavo stringere la mano da un dottore alzai lo sguardo e vidi Bella aspettarmi vicino all’ingresso della sala, fece cenno verso le scale e si avviò.
Mi tolsi gentilmente da dosso tutti quei dottori ed uscii dalla sala guardandomi intorno. La vidi mentre a passo veloce si dirigeva agli ascensori, la seguii ed entrammo entrambi. Immediatamente me la ritrovai spalmata addosso mentre mi baciava famelica e mi toccava con urgenza. La lasciai fare e le afferrai il vestito sulla vita per poi arrotolarlo su a scoprirle le gambe ed il misero pezzetto di stoffa che le copriva l’intimità.
<< Quando è alto questo albergo? >> chiesi affannato mentre le baciavo il collo.
Lei ansimò armeggiando con la chiusura dei miei pantaloni. << Non lo so, ma spero abbastanza. >> mi disse per poi rituffarsi sulle mie labbra.
Mi slacciò definitivamente il pantalone ed infilò la mano dentro afferrando il mio membro già duro e pulsante. Il respiro mi si mozzò in gola e chiusi gli occhi appoggiando la testa sulla parete dell’ascensore.
Cominciò a muovere la mano mentre con l’altra mi abbassava i pantalone e i boxer per rendersi l’operazione più semplice. Con le mani afferrai il suo tanga e lo stracciai direttamente senza preoccuparmi delle conseguenze.
<< Cazzo, le mutante. >> imprecò senza mai smetterla con le mani.
Ridacchiai e poi continuai ad occuparmi di lei, portai la mano tra le sue gambe e la trovai calda e bagnata. Gemetti con lei e cominciai ad accarezzarla fino a che non sentii i suoi muscoli contrarsi segno che era quasi arrivata all’orgasmo, ma lei tolse la mano.
<< Che fai? >> le chiesi ansimante.
<< Siamo arrivati in cima tra un po’ si aprono le porte. >> mi disse abbassandosi il vestito, ma glielo impedii.
Pigiai il bottone rosso e l’ascensore fermò la sua corsa. << Ecco fatto. >> le dissi per poi riprenderla tra le mie braccia e baciarla.
L’afferrai per le natiche e la sollevai fino a farle avvolgere i miei fianchi con le gambe, quella mossa ci permise di avvicinare le nostri parti intime e sospirammo di piacere.
La spinsi vicino alla parete fredda e le scostai un po’ il vestito esponendo il suo seno bello sodo e perfetto. Mi ci tuffai divorandola letteralmente e gongolando dentro di me sentendo i suoi gemiti e le sue mani arpionarsi alle mie spalle.
<< Edward… ti prego… >> mi implorò cominciando a strusciarsi sul mio membro.
Ansimai più forte ed aiutandomi con la mano la penetrai in un solo colpo facendola boccheggia in cerca d’aria.
<< Ti ho… fatta male? >> chiesi respirando affannosamente e baciandole il collo.
Scosse la testa. << No… continua… >> mi incitò muovendosi.
Cominciai a muovermi dentro di lei ed era una cosa destabilizzante, mai provata una cosa genere per qualcuno. Mi stava facendo impazzire e se non mi fossi trattenuto abbastanza avrei potuto farle male o…
<< Più forte, dannazione! >> imprecò arpionandosi di più a me.
La guardai sbalordito, ma l’accontentai muovendomi più velocemente e più forte tanto da farla completamente saltare tra le mie braccia. I gemiti di Bella aumentarono così come la presa sulle mie braccia, mi stava infilzando con le sue unghia, ma non me ne fregava nulla. Avrei potuto anche perdere litri di sangue, ma nulla era più importante di quel corpo caldo stretto al mio scosso da gemiti e tremori.
Le spinte aumentarono e i nostri gemiti si sentivano per tutta la cassa di ferro che era due per due, si muoveva impercettibilmente a causa dei nostri colpi.
<< Oddio… >> urlò Bella venendo seguita immediatamente da me.
Ci accasciammo a terra ansanti e sudati, ma soddisfatti e contenti.
 
Dopo aver controllato che stessimo in condizioni adeguate rischiacciai il pulsate e l’ascensore riprese e salire fino a che non arrivò all’ultimo piano e non lo rispedimmo giù.
<< Siamo stati degli incoscienti. >> ridacchiò Bella.
Sorrisi divertito mentre le passavo un braccio sulla spalla e la stringevo al mio petto.
<< Devi ammettere che è stato…wow. >> commentai.
Lei annuì alzando lo sguardo verso il mio. << Già, wow. >> e si sporse verso di me sfiorando le mie labbra.
<< Avrei voluto che fosse diversa, ma… >>
Le mi fermò. << Quello era il momento giusto e poi… Dio, Edward, sei stato così eccitate in sala mentre salvavi quella donna. >> commentò.
La guardai con un sopracciglio alzato. << Sarei stato eccitante? >> chiesi non capendo il perché.
Lei annuì e si staccò da me per poter gesticolare, era un suo vizio. Lei non parlava se non gesticolava, diceva che dava più senso ed effetto ad un discorso, quando me lo disse la ritenni una stronzata, ma ultimamente lo stavo facendo anche io.
<< Ero così sicuro e professionale così…sexy ed eccitante. >>
Ridacchiai. << Bhe se salvare la vita alle persone ti eccita dovrei farlo più spesso. >>
Lei mi diede uno schiaffo sul braccio, ma poi rise seguita da me che ne approfittai per stringerla ancora a me. La corsa in ascensore stava finendo quindi dovevo approfittarne, perché non sapevo poi quando l’avrei rivista. L’indomani sarebbe partita per svolgere un trapianto importante dall’altra parte dell’America e quindi avrei passato quasi una settimana senza di lei. La cosa mi faceva impazzire, ma forse avrei potuto chiarire con Kate e magari mettere fine a tutto quello.
<< Hai fatto le valige? >> mi chiese.
Abbassai lo sguardo sul suo viso. << Eh? Perché avrei dovuto? >>
<< Eh già, vero. >> si scostò da me dandosi uno schiaffo sulla fronte. << Emerald si è dato malato e non verrà con me domani, ci verrai tu. >> mi disse.
Emerald era lo specializzando che le avevano affidato per l’operazione, ma a quanto pare adesso ci sarei dovuto andare io. Avrei passato un’intera settimana con lei, soli, lontano da tutti?
<< Ehm… >> dissi non riuscendo a dire nulla.
Lei mi guardò divertita. << Ci stai anche pensando, Cullen? Non solo ti aiuterà con il tuo lavoro, ma passeremo un’intera settimana a scopare come ricci. Un po’ più di entusiasmo, porca miseria. >>
Risi divertito dal suo scatto e la strinsi a me baciandola. La costrinsi ad aprire le labbra e ci scambiamo il famoso bacio dolce e lento post-sesso.
Quando mi staccai la guardai malizioso. << Una settimana di sesso selvaggio non stop? >> chiesi.
Lei mi lanciò un’occhiata di sfida. << Non stop? Credi di potercela fare? >> mi sbeffeggiò.
Mi avvicinai al suo orecchio. << Mi implorerai di smetterla, dottoressa. >> le sussurrai per poi morderle il lobo facendola rabbrividire.
<< Ci conto. >> sussurrò.  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Oddio oddio oddio angeli, scusate tanto.
Faccio schifo, lo so, davvero davvero schifo.
Sono in ritardo di sette giorni, è davvero una cosa orribile.
Sono stati davvero dei giorni incredibili, con pochissimo tempo libero. Mi hanno letteralmente sequestrato in questi giorni. I miei parenti hanno attuato lo stesso stratagemma di Edward per evitare quella pervertita di Bella, cercavano di farmi stancare per poi crollare con tutti i vestiti sul letto e addormentarmi.
E' stata tragica ed un'altra faticaccia mi aspetterà tra capodanno e la befana, quindi se per domani riesco ad aggiornare 'Scambio di coppie' è bene sennò ci rivediamo direttamente dopo il sei.
Adesso basta parlare vi lascio al capitolo.
Buona lettura e Buon anno ragazzette belle.
xoxo Alex


Capitolo 16


 

Sette giorni, più o meno, a stretto contatto con lei. Cosa volevo di più dalla vita? Nulla.
Si, certo, avrei voluto che il senso di colpa sparisse, ma era impossibile perché se anche avessi lasciato Kate come l’avrei messa con mio padre?
L’avevo sentito la sera prima di partire, avevano posticipato la partenza, e mi aveva chiesto di andare a mangiare qualcosa fuori tutti e due. Ora chiunque al mio posto sarebbe sbiancato e avrebbe cominciato a cercare il primo volo in partenza per la fine del mondo, pur di allontanarsi. Perché io mi scopavo la donna che amava, mi scopavo la sua compagna e quindi ero perennemente sotto tensione e vigile.
Facevo bene ad essere nervoso perché a metà cena, dopo aver passato il tempo a parlare della mia specializzazione e di alcuni suoi casi perfettamente riusciti se ne uscì con una frase che mi fece completamente fare sotto.
<< Penso che Bella mia tradisca. >> aveva esordito.
Mi ero strozzato con il mio pezzo di carne, avevo fatto un lungo sorso di vino e poi l’avevo guardato.
<< Co…cioè…pe-perché? >> cercai di fargli una domanda decente, ma finii per balbettare e strozzarmi con la mia stessa saliva.
Lui aveva posato la forchetta sul piatto in tutta tranquillità, bevve un sorso di vino e si pulì le labbra.
<< La vedo strana in quest’ultimo periodo… non…parliamoci chiaramente, Edward, non facciamo più sesso. >> mi disse disperandosi quasi.
Mi venne in mente la scena a cui avevo assistito i primi giorni, quella scena che mi aveva perseguitato.
Dentro di me però gongolai, ero orgoglioso di quella cosa. Bella non si faceva toccare da mio padre, forse anche lei non poteva sopportare altre mani se non le mie. Forse anche per lei non era solo attrazione? Forse anche lei mi amava?
Feci un grosso respiro guardando il viso di mio padre, ma mai gli occhi, avevo paura che si poteva leggere tutta la menzogna nei miei.
<< Papà tranquillo, vedrai che sarà solo un po’ di stress a lavoro, abbiamo avuto parecchio da fare ultimamente. >> cercai di tranquillizzarlo, ma avevo bisogno che qualcuno lo facesse con me.
 Avevo fatto tutto io, io l’avevo fatta impazzire ed io l’avevo fatta cedere alle mie avances. Ma che cosa avevo pensato di fare? Come avrei dovuto spiegare una cosa del genere a mio padre se l’avesse saputo? A che cosa stavo pensando?
Al fatto che non hai mai amato nessuno come ami lei?
Già, però per il mio egoismo alla fine avrei fatto soffrire un sacco di persone. Non solo Kate e mio padre, ma anche Alice. Come avrei spiegato una cosa del genere a mia sorella? Mia sorella, che mi considerava un Dio sceso in terra.
Mio padre scosse la testa, non convinto. << Non lo so, Edward. E’ strana, non… e se si fosse scocciata? >>
Oddio, potevo sentirmi così schifoso?
Nonostante mi sentissi così schifoso l’unica cosa che volevo era che venissi immediatamente la mattina seguente per poterla vedere e magri rubarle qualche bacio. Ma che razza di persona ero? Che razza di figlio ero, perché era mio padre quello che stavo tradendo.
Scossi di nuovo la testa e cercai di sorridere. << Stai tranquillo, papà, lei ti ama. >>
E forse quello non era una bugia, infondo non sapevo cosa provasse per me, se solo attrazione o anche amore. Non potevo già chiederglielo, che figura ci facevo?
Mio padre sospirò afflitto. << Lo spero, perché… Edward è quella giusta, capisci? Lei è… Lei. >>
Andiamo proprio bene, eh?
 
Saremmo partiti quella mattina con l’elicottero dell’ospedale ed arrivammo quasi un’ora prima del previsto, quindi ne approfittammo per andare negli alloggi che ci avevano assegnato per quei giorni.
La mia stanza si trovava a distanza di una paio da quella di Bella e la cosa non mi piaceva per niente, non mi andava di girare di notte per il corridoio con il terrore di essere scoperto. Se la nostra fosse stata una relazione normale, non mi sarei per niente preoccupato, ma lei era la compagna di mio padre. Il dottor Cullen era conosciuto da cani e porci e non mi sembrava il caso che quei cani e quei porci scoprissero della nostra relazione per poi riferirglielo prima di me.
In quell’ora ne approfittai per fare una doccia rigenerante e dormire per qualche minuto giusto il tempo per non sembrare un morto che cammina. Quella notte non avevo chiuso occhi pensando a quello che mio padre mi aveva detto congedandosi.
Mi aveva abbracciato e mi aveva pregato, anzi implorato di spiare Bella e vedere se i suoi sospetti erano infondati.
L’avrei controllata, si, ma in veste di amante.
Mi svegliai al bussare alla mia porta, aprii gli occhi lentamente e versione ‘Alba dei morti viventi’ mi diressi alla porta aprendola.
C’era Bella che mi stava aspettando sorridendo divertita. << Ehi dormivi? >> chiese prendendomi in giro.
Scossi la testa. << No, questa è la mia posa sexy. >> stetti al gioco.
Lei ridacchiò e si avvicinò al mio orecchio. << Oh credimi, Cullen, so qual è la tua posa sexy e questa non lo è. >> si staccò da me e mi sorrise ancora. << Ti do cinque minuti, ti aspetto fuori. >> e se ne andò lasciandomi sorpreso e leggermente eccitato vicino alla porta.
Quando mi ripresi, rientrai ina camera e andai in bagno per sciacquarmi la faccia e lavarmi i denti. Mi infilai un paio di jeans con un maglioncino e poi afferrai il camice.
Quando arrivai fuori la vidi che passeggiava per il cortile con una sigaretta tra le mani che sembrava si stesse consumando da sola invece di essere fumata.
Mi avvicinai in silenzio. << Da quanto fumi? >> chiesi.
Lei si girò leggermente spaventata. << Da più o meno diciassette anni. >> rispose tranquillamente aspirando per l’ultima volta e poi buttandola a terra spegnendola con il piede.
Inarcai un sopracciglio. << Perché io non lo sapevo? >>
Lei sorrise divertita avviandosi verso l’ospedale. << Nell’ultimo periodo non abbiamo parlato molto. >> commentò lei guardando a destra e sinistra prima di attraversare.
Cercai di starle dietro, ma era come se avesse messo il turbo alle sue scarpe. Arrivammo all’ospedale in due minuti e subito ci condussero dal primario di chirurgia neonatale. Era un uomo abbastanza basso e stempiato, ma aveva la faccia simpatica e due occhi azzurri parecchio acuti.
<< Salve dottoressa Swan, è un onore averla qui. >> disse stringendole la mano.
Bella sorrise cordiale. << E’ un piacere, dottor Preston. >> si girò verso di me. << Lui è Edward Cullen, uno specializzando nonché mio assistente durante l’operazione. >>
Strinsi la mano al dottore e sorrisi cordiale. << Molto piacere, dottor Preston. >>
Lui mi strinse la mano mentre mi squadrava attentamente. << Ragazzo tu mi ricordi qualcuno. >> mi disse pensieroso.
Gli lanciai un’occhiata confusa. << Chi? >> chiesi cortese.
Lui parve tornare a molto tempo prima. << Uno degli specializzandi più bravi ed ingamba prima e il dottore più pazzo e arguto dopo. Era una gran donna, peccato che se ne sia andata troppo presto. >> disse malinconico.
Mi rabbuiai immediatamente capendo a chi si stesse riferendo. << Parla di Esme Platt Cullen? >> chiese Bella guardando la mia faccia.
Il dottore annuì. << Si, la conosceva? >> le chiese il dottore.
Lei scosse la testa, ma risposi io. << Era mia madre. >> dissi semplicemente cercando di sorridere, ma non ci riuscii.
Ogni volta che si parlava di mia madre quella voragine che avevo cercato sempre di tenere chiusa si apriva un po’ facendomi male, un male cane. Erano passati anni, ma il suo ricordo era ancora vivo in me come il dolore che avevo provato alla sua perdita.
Il dottore mi guardò dispiaciuto. << Mi dispiace, dottor Cullen, non ne avevo idea. >>
Scossi la testa e sorrisi. << Non si preoccupi, dottore Preston. >>
Lui stava per dire altro, ma Bella lo interruppe spostando la sua attenzione sulla bambina da operare. La piccola aveva dodici anni e all’età di sette anni le era stato diagnosticato un cancro al cervello, era stata operata e aveva subito cicli di chemio terapia e radioterapia. Cinque anni dopo era ritornata in ospedale per sottoporsi a TAC e analisi per vedere se il cancro era recidivo e lo era, ma questa volta si era sparso in tutto il cervello e al collo. Le metastasi erano aumentate e quindi era stata portata urgentemente in sala operatoria, ma i dottori non erano stati in grado di asportarlo tutto e le condizioni della piccola si erano aggravate.
L’ultima speranza era Isabella ed erano stati proprio i genitori della piccola a chiedere la sua consulenza. Bella non aveva perso tempo ed ora eccoci la mentre ci dirigevamo alla stanza della bambina.
Quando entrammo nella stanza con la piccola c’erano i suoi genitori e un bambino che stava giocando con delle macchinine. Osservai i genitori e nonostante si sforzassero di apparire sorridenti agli occhi della bambina, erano distrutti, si vedeva chiaramente che ormai stavano perdendo le speranze e che mancava poco al crollo. Sperai in quel momento che Bella fosse abbastanza brava da ridare a quella famiglia almeno un po’ di respiro.  
Quando entrammo si girarono tutti verso di noi, tranne il piccolo a terra e forse era meglio così, era meglio lasciarlo fuori da tutto.
Vidi Bella sorridere e avvicinarsi ai signori. << Salve, sono Isabella Swan, la dottoressa che opererà Emma. >>
I signori si illuminarono e il padre strinse la mano a Bella con calore. <<  Oh dottoressa, finalmente. >> e le sorrise con gratitudine.
La madre della piccola presa in uno slancio d’affetto l’abbracciò, Bella rimase un attimo sorpresa poi si lasciò stringere stringendo a sua volta.
Quando si ripresero spostarono lo sguardo su di me e mi presentai. << Sono Edward Cullen, assisterò la dottoressa durante l’operazione. >>
Loro annuirono e mi sorrisero contenti, fui felice che non mi riservassero la stessa accoglienza che avevano riservato a Bella, non mi sarei trovato a mio agio in una situazione del genere.
Dopo un attimo di silenzio Bella guardò la piccola che stava riposando, ma non sembrava tranquilla.
<< Signori Donnelly farò qualsiasi cosa per salvarle la vita, però… le possibilità che l’operazione non porti a nessun risultato positivo sono molto alte. La piccola si trova in uno stato molto avanzato e operare è davvero pericoloso se non inutile, ma ci proverò. >> disse cercando di essere professionale e di non dare troppe false speranze.
La madre della piccola Emma annuì. << Faccia tutto quello che deve, dottoressa. >> disse stringendosi al marito.
Il marito annuì. << Lei è la nostra ultima speranza e se dovesse…sapremmo di aver fatto il possibile. >> disse sussurrando quasi l’ultima parte della frase.
Erano terrorizzati, non volevano  perdere la loro bambina e potevo capirli. Neanche io avrei voluto perdere mia madre, ma nessuno aveva ascoltato le mie preghiere. Avrei fatto qualsiasi cosa per aiutare Bella e per dare a quel piccolo scricciolo troppo piccolo per quel lettino una giorno in più.
Restammo ancora un po’ in ospedale guardando le cartelle con le ultime TAC e le ultime analisi che aveva fatto la piccola e li studiammo un po’ cercando di capire da dove era meglio iniziare e se veramente tutto quello che stavamo facendo era utile o meno. Bella, mentre studiava alcune cartelle, mi mandò nella stanza della piccola a misurarle la pressione e a vedere se tutto era okey
Quando arrivai nella stanza mi sorpresi vedendola sveglia e sola. Guardava il cielo buio fuori dalla finestra e sospirava di tanto in tanto. Non sapevo come ci si sentisse nella sua situazione, ma potevo almeno lontanamente immaginare che fosse dura, dura davvero, fino a pensare addirittura di smetterla di lottare e addormentarsi per non svegliarsi più.
<< Ehi piccola. >> la chiamai facendo qualche passo nella stanza.
Lei si girò lentamente e mi guardò confusa, dopotutto non mi conosceva, quindi potevo capirla. Aveva lunghi capelli di un biondo spento e due bellissimi e grandi occhi nocciola, era molto magra per la sua età, ma era bassa quindi non sembrava tanto un alice. Nonostante tutto era bellissima.
<< Ciao. >> mi salutò sorridendomi.
Aveva il sorriso più dolce che avessi mai visto ed io mi stavo completamente sciogliendo sotto il suo sguardo. Facevo il dottore e non potevo farmi prendere dai sentimentalismi, non potevo per il semplice fatto che se fosse morta ne avrei sofferto.
<< Sei sveglia da molto? >> le chiese avvicinandomi a lei e cominciando a visitarla.
Lei fece spallucce. << Non dormo mai, sono costantemente in un leggero dormiveglia. >> specificò.
Annuii e la feci alzare delicatamente per ascoltarle i polmoni. Lei si fece visitare tranquillamente senza mai lamentarsi delle mie mani gelide e ubbidendo a tutti i miei ordini. Quando finii lei si sdraiò di nuovo sui cuscini e mi sorrise ancora.
<< Tu assisterai la dottoressa? >> mi chiese mentre io scrivevo sulla sua cartella.
Annuii, poi sorrisi guardandola. << Terrorizzata? >>
Lei scosse la testa sorridendo. << Non sarebbe male morire sotto le tue mani. >> e ridacchiò.
La guardai severamente. << Ti diverte la morte? >> chiesi.
Lei ritornò seria e sospirò. << A che serve adesso sperare, dottore? Sono cinque anni che vago da un ospedale all’altro e mi hanno aperto la testa tante volte, ma sono ancora qui. Cosa devo sopportare ancora? >> si fermò per riprendere fiato.
Era stanca e tutto quell’infervorarsi non le faceva bene, ma voleva dire la sua, aveva bisogno di dire la sua visto che da quello che avevo capito, ma nessuno le aveva dato la possibilità di farlo.
La piccola sospirò. << Sono stanca, dottore, davvero stanca. Vorrei ritornare a casa, vorrei giocare con il mio cagnolino in giardino, vorrei uscire il pomeriggio e andare a mangiare un gelato con le mie amiche, vorrei… vorrei vivere. Ma non posso e non potrò più farlo, quindi spiegami perché sono ancora qui, perché si ostinano ancora a  cercare di salvarmi. Perché non si arrendono e aspettano come vorrei tanto fare io? >> finì con le lacrime agli occhi.
Quella ragazzina aveva dodici anni, ma aveva una forza ed una maturità che neanche io avevo ancora acquisito a quasi trent’anni. Aveva visto di tutto e aveva sofferto di tutto, ma adesso era stanca e forse potevo capirla, ma non potevo accettare che pensasse una cosa del genere.
Mi avvicinai a lei e mi accomodai al suo fianco prendendole una mano tra le mie.  << Ho perso mia madre quando avevo poco più di tredici anni, ho perso la donna più importante della mia vita e tutto quello che è venuto dopo la sua morte non ha avuto più senso. Tutto ai miei occhi aveva perso importanza, mi sentivo vuoto e… perso. Non mi sono mai rassegnato, non ho mai accettato la sua morte e tutt’ora mi sento male solo a sentire il suo nome. Come credi che si sentirà tua madre se tu dovessi morire? Tua madre morirà con te, con te morirebbe una parte di lei, quella parte che ti ha portato dentro di se per nove mesi, quella parte di lei che tutt’ora continua a proteggerti e amarti in modo assoluto. >> le asciugai le lacrime che le stavano scorrendo sulle guance. << Tu devi lottare, devi vivere, devi farlo per lei e devi farlo per te. Sei bellissima, Emma, sei una ragazzina stupenda e sarebbe davvero un peccato negare al mondo questa meraviglia. >> e le sorrisi dolcemente.
Ancora piangendo si strinse a me ed io la cullai al mio petto fino a che non si addormentò, la feci sdraiare sul letto e dopo averle aggiustato le coperte uscii silenziosamente dalla stanza.
Fuori appoggiata al muro c’era Bella con gli occhi lucidi mentre si mordeva il labbro, stava cercando di non piangere.
<< Ehi. >> la chiamai.
Lei sussultò e mi guardò con gli occhi sgranati e lucidi. << Sei… è stato… >> ma non riusciva a finire la frase.
Le sorrisi dolcemente e la strinsi a me, cullandola come avevo fatto con la piccola nella stanza immaginando cosa passasse per la sua testa. Pensava a suo padre, quel padre che aveva amato più della sua stessa vita, quel padre che se ne era andato troppo presto.
Forse era per questo che io e Bella ci eravamo trovati, perché avevamo avuto la stessa vita. Ci eravamo trovati per farci forza e per andare avanti.
  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Amori miei ho problemi con la linea e adesso che ne ho trovata un pò posto, ma non posso rispondere alle vostre recenzioni.
Mi dispiace tanto anche per il ritardo..
Buon lettura.
ps. tutti questi dettagli del capitolo è l'ultima volta che li metto perchè è venuto porno e non mi piace tanto.
xoxo Alex



CAPITOLO 17


Quando tornammo dall’ospedale ci fermammo in un take away e prendemmo due panini, con due porzioni di patatine e qualcosa da bere. Avremmo cenato insieme, nella mia camera, dopo un bella doccia rigenerante e rinfrescante.
Avevo proposto di farla insieme, ma lei ridendo aveva rifiutato chiudendosi nella sua stanza. Avremmo comunque fatto sesso quella notte perché rimandare? Chi capisce le donne è bravo.
Dopo aver fatto la doccia ritornai in stanza e per poco non mi venne un infarto vedendola sdraiata placidamente sul mio letto mentre sgranocchiava una patatina.
<< Come sei entrata? >> chiesi mentre mi apprestavo ad infilare il pantalone della tuta che avevo preparato precedentemente.
Lei fece spallucce. << Segreti del mestiere. >> disse prendendo poi la lattina di coca cola e avvicinarsi la cannuccia alle labbra in modo altamente erotico.
Davvero credeva che avremmo mangiato dopo quel gesto?
Mi avvicinai a lei e afferrai le buste con il cibo posandole sulla sedia posta vicino al letto, afferrai la coca-cola che lei aveva in mano e la posai sul comodino.
<< Che fai? Ho fame… >> si lamentò indicando la busta.
Non risposi perché non mi sembrava il momento per parlare, ero troppo eccitato e lei troppo sexy con quel pantaloncino e quella felpa. Faceva la parte della santarellina, ma era una pantera parecchio maliziosa.
Salii sul letto avvicinami lentamente  lei fino a trovarmi sul suo corpo e con il viso a pochi centimetri dal suo.
<< Vuoi davvero mangiare? >> chiesi sussurrando.
Lei sorrise maliziosa. << Si. >> rispose.
Sorrisi divertito scuotendo la testa. Mi abbassai fino ad appoggiare le mie labbra sul suo collo scoperto e lasciai una scia di baci umidi fino a dietro l’orecchio per poi morderle il lobo e sorridere compiaciuto al fremito che ebbe.
<< Ripeto…vuoi davvero mangiare? >> chiesi ancora senza mai smettere di baciarla.
Lei annuì. << S-si… >> rispose ancora, ma con meno sicurezza nella voce.
Era davvero dura da sconfiggere quella donna, ma io sapevo come trattarle le donne così e alla fine finivamo sempre per implorarmi di prenderle e farle mie.
Con le mani le sfilai la felpa e con mio enorme piacere non aveva il reggiseno quindi il suo bellissimo e prefetto seno sodo era in bella mostra. Mi abbassai fino ad appoggiare le labbra sul suo petto e le diedi un bacio, e un altro e un altro ancora fino ad appoggiarle sul suo capezzolo già turgido. Lo afferrai tra i denti e tirai leggermente facendola ansimare e cedere un po’, presi a leccarlo mentre con la mano ero salito a stuzzicare l’altro.
Mi staccai un attimo con le labbra. << Ripeto ancora… vuoi davvero mangiare? >> chiesi ancora per poi ritornare a succhiare.
Lei ansimò. << Nh…ehm…s-si. >> disse ancora per poi gemere quando le pizzicai il capezzolo destro.
Avevo capito benissimo il suo gioco ed io ero molto disposto a giocare, quindi continuai il mio percorso. Scesi sulla sua pancia dove alternavo baci e lappate, poi sui suoi fianchi dove aggiungevo dei piccoli morsi facendola gemere, poi passai al ventre pianto e all’ombelico dove simulai la penetrazione facendola impazzire e gemere vergognosamente.
Adoravo i suoi gemiti, mi stavano mandando al manicomio e rischiavo di venire come un tredicenne davanti ad un film porno.
Con le mani afferrai il bordo dei suoi pantaloncini e li abbassai lentamente lasciando dei baci sulle cosce, sulle gambe e suoi piedi che erano davvero carini. Risalii per lo stesso percorso ripetendomi nei baci fino ad arrivare nell’inguine dove lasciai un morso.
<< Oh… >> si lasciò scappare mentre apriva le gambe lasciandomi intravedere il suo tesoro tra il pizzo del tanga nero.
Sorrisi divertito. << Vuoi che ripeta la domanda? >> chiesi guardandola.
Lei mi restituì lo sguardo languido e lucido, aveva le gote arrossate e si torturava il labbro. << S-si… >> mi rispose in un sussurro.
Non gliela ripetei la domanda perchè con le labbra ero impegnato a sfilarle il tanga per la gambe, lo gettai in qualche punto della stanza e poi ritornai in quel paradiso.
L’afferrai per i glutei e la portai più vicino a me, lei allargò ancora di più le gambe e strinse tra le mani le lenzuola in previsione del grande piacere che le avrei donato da lì a qualche secondo.
Le diedi qualche bacio sulle labbra esterne, lisce come il culetto di un bebè, poi passai alle labbra interne già bagnate. Quando arrivai alla clitoride era già gonfia e pulsante e quando la toccai con le labbra Bella sussultò ansimando.
Cominciai a baciarla con sempre più passione fino a che non passai alla lingua. La leccai come si potrebbe fare con un cono gelato e lo era, per me Bella era il mio gusto preferito. Sapeva di pesca e di donna, la mia donna.
Bella cominciò a gemere più forte segno che mancava proprio poco all’orgasmo e quando notai che i suoi muscoli cominciavano a contrarsi afferrai quel pezzo di carne e cominciai a succhiare fino a che Bella non esplose urlando e riversando tutto il suo dolce sapore sulle mie labbra e sulla mia lingua. Continuai a baciarla fino a che non si rilassò, poi risalii ai piani altri e le sorrisi soddisfatto.
<< Allora? Hai ancora fame? >> chiesi leggermente ansimante perché quella azione aveva procurate anche a me qualche scarica di piacere.
Le mi guardò con gli occhi languidi e con un sorriso molto soddisfatto. << Si, ho fame… di te. >> e mi afferrò per la nuca avvicinandomi a lei.
Ci baciammo per quelle che mi parvero ore, poi mi ritrovai con la schiena sul materasso e lei seduta cavalcioni su di me.
Continuò a baciarmi mentre le sue mani esploravano il mio petto nudo, i miei addominali leggermente scolpiti e le mie spalle larghe. Mentre lo faceva mi trovai a pensare se fosse la stessa cosa che faceva con mio padre, se con lui riusciva a sentire tutte quelle sensazione che le avevo fatto provare io, ma poi le sue mani che arrivarono all’elastico della tuta mi distrassero da quei pensieri inutili.
Afferrò il pantalone della tuta e lo abbassò con un colpo solo rivelando il mio membro duro e retto in tutto il suo splendore. Molte ragazze lo avevano definito perfetto ed io non potevo che essere d’accordo con loro.
Bella lo guardò per un attimo poi sorrise soddisfatto. << Però… non me lo ricordavo così… >>
<< Bello? >> chiesi vantandomi.
Lei scosse la testa. << Grosso. >> e ritornò su di me per baciarmi.
Mi piaceva tanto baciarla quindi la lasciai fare, quando ci separammo per riprendere fiato Bella passò con le labbra al mio collo dove le alternò con la lingua facendomi ansimare. Scese con le labbra sul mio petto strusciando la sua intimità sulla mia e facendomi gemere, posò tanti piccoli baci e poi arrivò al capezzolo dove diede un morso. Mi piacque quella sensazione, nessuno lo aveva mai fatto anche perchè non la trovavo una cosa normale stimolare il capezzolo di un uomo. Ma adesso mi stavo pentendo di non averlo mai permesso.
Bella dedicò le stesse attenzioni all’altro e sentii chiaramente il mio membro ingrossarsi di più se era possibile.
Continuò la sua scesa passando per i fianchi dove usò la lingua per farmi impazzire e lo fece anche sul ventre dandomi un morso.
Quando arrivò con il viso sulla mia erezione alzò lo sguardo verso di me e sorrise maliziosa per poi prenderla in un solo colpo tra le labbra.
Boccheggiai e afferrai il lenzuolo tra le mani, tanta era stata la sorpresa e tanto era stata potente la scosse che avevo sentito.
Bella cominciò la sua operazione fatta di labbra, lingua, denti e mani un mix che mi stava letteralmente mandandomi al manicomio e se non l’avessi fermata sarei venuto nella sua bocca.
Ormai al limite l’afferrai per le ascelle e la sollevai portandola sotto di me e penetrandola senza neanche darle il tempo di capire cosa stesse succedendo.
Cacciò un urletto e chiuse gli occhi. << Cazzo! >> imprecò ad alta voce.
Ridacchiai. << Troppo grosso? >> chiesi pavoneggiandomi.
Lei scosse la testa e mi lanciò un’occhiataccia. << Smettila di parlare e fai il tuo dovere. >> mi disse e per rendere il suo ordine più reale mosse il bacino sotto di me.
Cominciai a muovermi dentro di lei lentamente, ma dopo un suo incitamento ad andare più veloce, aumentai le spinte e la velocità.
Bella assecondava le mie spinte ansimando e gemendo ed io entravo dentro di lei facendomi forza sui gomiti. Ci incastravamo perfettamente e facevamo scintille quando i nostri bacini cozzavano tra loro.
<< Oh si… oh si… >> continuava a gemere Bella mentre la vedevo che si torceva sotto di me.
Era quasi arrivata al limite ed anche io, così uscii da lei e la feci girare a pancia sotto per poi penetrarla di nuovo. Così riuscivo a sentirla meglio ed il piacere che provavo e provava era amplificato.
<< Oddio Santo… >> si lasciò scappare prima di cacciare un gemito più forte degli altri.
Si inarcò con la schiena permettendomi di penetrarla più a fondo e quella fu la goccia, venni anche io strozzando un gemito e mi accasciai su di lei.
Restammo così fino a che i nostri respiri non si regolarizzarono, poi scivolai al suo fianco mentre lei si girava a pancia in su. Restammo in silenzio per un po’ ognuno perso nei suoi pensieri, quei pensieri che sapevo essere specchio dei miei.
Stavamo pensando a mio padre e Kate che stavano a casa ignari di tutto, ignari del fatto che io mi ero innamorato di Bella e che lei provasse qualcosa per me.
<< Bhe… mangiamo? >> mi chiese alzandosi a sedere.
La guardai sorpreso, ma poi annuii perché mangiare era meglio che parlare e poi avevo fame tutta quell’attività mi aveva fatto bruciare parecchi grassi.
Mangiammo in silenzio, ma non era pesante o altro, solo strano. Avevamo fatto sesso e non era neanche la prima volta, ma adesso eravamo insieme non dovevamo andare da nessuna parte quindi ci sentivamo in obbligo o almeno lei. Io non mi sentivo obbligato a parlare con lei, lo volevo perché volevo lei, l’amavo, ma non sapevo cosa le passasse per la testa in quel momento.
<< Ti senti pronto per domani? >> mi chiese riferendosi all’operazione.
Aveva spostato l’attenzione sull’operazione prima che io le facessi qualche domanda imbarazzante, ero un po’ irritato, ma lasciai perdere perché comunque io ero l’unico ad essermi abituato e arreso a quello che provavo per lei, a differenza sua che era ancora un po’ titubante.
Feci spallucce. << Dovrò solo assisterti, no? Penso di poterlo fare. >>
Lei mi guardò mentre afferrava una patatina. << Pensi o sei sicuro? Certo, assisterai, ma comunque ho bisogno che tu sia sveglio e attento. >> mi disse quasi rimproverandomi.
Le lanciai un’occhiataccia. << Sono il miglior specializzando che hai, Bella, fidati di me. >>
Lei annuì. << Hai ragione, sei il migliore, ma non hai mai assistito ad un’operazione del genere quindi permettimi di essere un po’ in pensiero. >>
Sbuffai. << Se avevi tutti questi problemi perché mi hai fatto venire con te? >>
Lei rimase in silenzio, continuando a mangiare le sue patatine come se non le avessi fatto nessuna domanda, come se non ci fossi con lei in quella stanza doveva avevamo appena fatto sesso.
<< Quando una persona ti fa una domanda si aspetta una risposta. >> le dissi in modo acido.
Lei sbuffò. << So che te le caverai, volevo solo esserne sicura. >> mi disse con tono irritato alzandosi dal letto e pulendosi le mani con il tovagliolo.
<< Dove vai? >> le chiesi mentre la vedevo raccogliere i vestiti e vestirsi.
<< In camera mia. >> disse infilandosi la felpa e afferrando un mazzo di chiavi da sopra il mobiletto vicino la porta.
Sbuffai. << Dai, ti sei arrabbiata? Perché poi? >> chiesi alzandomi a mia volta.
Ma lei dopo un cenno con la testa a mò di saluto uscì dalla stanza lasciandomi con mille domande e senza neanche una risposta.  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Ragazze salve mi dispiace ma ho solo il tempo di postare.
Vi adoro come sempre
xoxo Alex



Capitolo 18


 

Ero teso come una corda di violino e sentivo lo stomaco ribellarsi per l’ansia. Avevo già assistito ad un’operazione da quando avevo iniziato la specializzazione, ma quella era la ‘Signora’ operazione e me la stavo facendo sotto dalla paura.
Bella la sera prima con il suo discorso strano mi aveva confuso ancora di più le idee che avevo sul nostro rapporto.
Non venne da me prima di andare in ospedale e questo mi urtò ancora di più così quando la vidi camminare per il corridoio , le corsi incontro, l’afferrai per il gomito e la feci entrare nella prima stanza vuota ignorando i suoi tentativi di fuga e le sue imprecazione che potevano far rabbrividire gli scaricatori di porto.
Quando chiusi la porta e mi girai verso di lei mi arrivò un pungo sulla spalla, ma non mi fece alcun male, era una cosa piccoletta al mio confronto.
<< Stronzo. >> disse arrabbiata.
Alzai gli occhi al cielo. << Scema. >>
Mi guardò offesa e con gli occhi sgranati, io ridacchiai, era proprio buffa.
<< Cullen ricorda che io sono anche il tuo capo, devi portarmi rispetto. >> disse con voce irritata.
Sbuffai. << Adesso siamo Edward che ha un problema con te e Bella che ha un problema con il mondo. >> dissi irritandomi anche io.
Lei sbuffò e si accomodò sul lettino, incrociando le braccia sotto al seno. << Avanti, che problema hai? >> mi chiese sbuffando ancora.
Era dolce, generosa e buona dentro, ma quando si trasformava in quella Bella stronza e menefreghista i miei nervi si tendeva a mille per il nervoso. Non la sopportavano davvero in quei casi, ma era anche quel lato che mi piaceva di lei. Mi piaceva che mi portasse all’esaurimento, ma in quel momento mi stava davvero esasperando.
<< Ieri sera te ne sei andata senza avere una ragione giusta per farlo. Mi hai promesso una settimana di sesso sfrenato e già dopo il primo round ti vesti e te ne vai. Ma che problema hai? >> dissi senza prendere un po’ di aria e sentendomi meglio.
Lei non aveva cambiato espressione, era sempre immobile con l’espressione annoiata di chi è stato costretto a vedere un programma in tv che è l’esatto opposto del divertimento.
<< Hai finito? >> chiese.
Ringhiai frustrato. << Ma sono degno di attenzione solo quando ti scopo? >> chiesi urlando quasi.
Lei si alzò. << Si, Edward, perché noi quello facciamo. Siamo amanti, gli amanti scopano non dialogano o si fanno le coccole post-sesso. Io parlo con Carl, vado a cena fuori con lui, mi faccio le coccole con lui. >> fece un grosso respiro ed io intanto stavo morendo. << Tu non sei il mio ragazzo o mio marito, chiaro? >> disse con fermezza concludendo il suo discorso.
Il dolore che avevo provato a quelle parole fu sostituito immediatamente da una rabbia ceca. << E’ così quindi? Io ti servo solo per rinfrescarla? >> urlai avvicinandomi a lei.
Lei annuì. << Si, solo per questo. Ti conviene? >> e mi sfidò con gli occhi a dire o fare altro.
Credeva di avermi in pugno? Credeva davvero che mi sarei abbassato a lei?
Mi calmai e annuii. << Bene. >> dissi e l’afferrai per i capelli costringendola ad abbassarsi con il viso al livello del mio inguine.
<< Avanti, fa quello che devi. >> le dissi duro come quando mi vedevo ancora con Renèe.
Un lampo di sorpresa le attraverso i suoi occhi, ma poi obbedì. Si posizionò meglio in ginocchio, mi abbassò il pantalone della divisa e i boxer e lo prese tra le labbra cominciando a lavorare di lingua.
Non mi piaceva quella situazione, ma lo aveva voluto lei nel momento in cui aveva calpestato tranquillamente il mio amore per lei. L’avevo giudicata male in tutto quei mesi, era una fottutissima stronza.
Le venni in bocca costringendola ad ingoiare tutto fino all’ultima goccia. Quando si alzò si pulì le labbra e mi guardò maliziosa forse aspettandosi una ricompensa, ma io non ci cascai.
<< Da oggi in poi io e te non saremo nient’altro che colleghi di lavoro. >> dissi guardandola mentre mi sistemavo. << Io ritornerò alla mia vita e tu alla tua. >>
Ero fermo nella mia decisione e neanche i suoi bellissimi occhi e il suo sorriso avrebbero potuto farmi cambiare idea.
Aveva deciso lei per me, per noi e adesso sarei ritornato lo stesso stronzo che era un tempo magari in questo modo si sarebbe resa conto che ero più di un semplice giocattolino sessuale.
Lei mi guardò divertita. << Andiamo, Edward… >>
<< Dottoressa Swan, è ora di prepararci per l’intervento. >> così dicendo aprì la porta e me ne andai lasciandola sbigottita.
 
L’intervento era durato dieci ore, ma alla fine era andato per il meglio. Avevamo asportato tutto il tumore evitando di fare altri danni e ci eravamo riusciti o almeno, Bella ci era riuscita.
Poteva anche essere una stronza colossale, ma era un medico eccellente.
Mentre Bella rimaneva in sala operatoria per le ultime cose, io andai dai genitori della ragazzina che appena mi videro scattarono in piedi e mi raggiunsero quasi correndo.
<< Dottore Cullen, come sta mia figlia? >> mi chiese la madre quasi in lacrime.
Le sorrisi. << E’ andato tutto bene. Emma starà bene e potrà ritornare alla sua vita. >>
Scoppiò in lacrime stretta tra le braccia del marito emozionato. Poi sorprendendomi mi abbracciò ringraziandomi tra le lacrime e i singhiozzi.
<< Possiamo vederla? >> chiese il padre afferrando la moglie e staccandomela da dosso.
Lo guardai riconoscente poi scossi la testa. << Si trova ancora in sala operatoria, vi chiamerò appena la riporteremo nella stanza. >> così dicendo me ne andai.
Quando ritornai in sala operatoria Bella si stava lavando le mani ed era parecchio pensierosa, preoccupata forse.
Mi allarmai immediatamente pensando che fosse successo qualcosa alla ragazzina, ma poi vidi le infermiere uscire con la barella e mi rilassai.
Bella mi guardò e stava per dire qualcosa, ma la ignorai ed uscii dalla stanza per andare ad avvisare i genitori di Emma che potevano finalmente vederla.
Li osservai mentre con delicatezza le stringevano la mano e le accarezzavano la testa ed un groppo in gola mi impedii quasi di respirare.
Avrei voluto avere anche io una madre, mi sarei risparmiato tutti quei casini e quelle sofferenza.
 
Restammo lì per altri tre giorni per accertarci che Emma rispondesse bene alle cure e all’operazione. Tutto stava procedendo bene e lei sembrava determinata a guarire.
Prima di andarcene entrai nella sua stanza e un sorrise crebbe spontaneo sul mio viso quando la vidi giocare con suo fratello e ridere.
Era ancora un po’ stanca e spossata, ma era felice, come forse non lo era da molto tempo.
<< Ragazzina. >> la chiamai avvicinandomi a lei.
Alzò lo sguardo e il suo sorriso si allargò ancora di più. << Edward. >> mi salutò entusiasta.
Non avevo né il camice né la divisa, avevo dei semplici jeans con un felpa quindi le era venuto spontaneo chiamarmi così anche perché ero stato io a darle il permesso.
<< Come stai? >> le chiesi sedendomi accanto a lei.
<< Molto meglio, grazie a te. >> mi disse quasi emozionata.
Aggrottai la fronte confuso. << A me? >>
Lei annuì accarezzando distrattamente i capelli a suo fratello. << Se non mi avessi fatto quel discorso così… filosofico, mi sarei lasciata andare. >> mi spiegò.
Io sorrisi commosso. << Il grosso l’hai fatto tu, ragazzina, io ti ho solo dato un piccolo calcetto. >>
Lei sorrise divertita. << Allora, grazie del calcetto. >>
Annuii sorridendo. << Dovere. >>
Restai ancora un po’ con lei a chiacchierare e ad ascoltare i suoi progetti per il futuro. Era una bambina con tanti sogni e tante così non fatte che ne avrebbe avuto per tutta la vita.
Bella venne ad interromperci. << Cullen, dobbiamo andare. >> e uscì dalla stanza salutando Emma ed il piccoletto con un sorriso dolce.
Guardai Emma e le porsi un foglietto che avevo preparato in precedenza. << Questo è il mio numero, se hai bisogno o vuoi semplicemente parlare io ci sono. >> e le sorrisi ancora.
<< Anche se volessi invitarti ad uscire con me? >> mi chiese arrossendo.
Mi imbarazzai immediatamente e tentai di risolvere il problema. << Ehm… Emma, mi dispiace, ma… >>
Lei scosse la testa e mi fermò. << Sono troppo piccola, lo so. >> e abbassò lo sguardo.
Mi sentii un mostro così dissi la prima cosa che mi venne in mente. << Facciamo così, magari tra dieci anni ci rincontreremo e potremmo provarci. Okey? >> le dissi sorridendo cercando di tirarla su di morale.
Lei alzò lo sguardò e mi guardò con gli occhi luminosi. << Potrei prenderti in parola, lo sai? >>
Io annuii sicuro che una previsione del genere non si sarebbe mai avverata. << Ti prometto che se tra dici anni ci rincontreremo ed io sarò ancora un sexy scapolo, ci proveremo. >>
Lei ridacchiò dandomi un pugnetto sul braccio. << Affare fatto, sexy scapolo. >> e mi offrì la mano che io strinsi per suggellare il nostro patto.
Me ne andai da quella stanza con il sorriso e con il cuore più leggero.
 
Per tutto il tragitto non parlammo e semmai Bella lo avesse fatto io non le risposi perchè avevo le canzoni nell’I-pod sparate al massimo. Volevo lasciare fuori tutto il resto e per tutto il resto intendevo Bella e le sue fisime del cazzo.
Quando atterrammo a New York sul tetto dell’ospedale dove lavoravamo, scesi senza dire niente e senza aiutarla e me ne andai.
Per i corridoi salutai qualcuno senza mai fermarmi a parlare, volevo andarmene, ritornare a casa e lasciarmi andare sul letto e dormire dimenticando tutto.
Ero arrivato alla macchina quando Bella mi afferrò per il braccio. << Ehi, dammi tregua, cazzo! >> urlò nel parcheggiò.
Non c’era nessuno a quell’ora, meglio così.
Mi girai verso di lei. << Cosa vuoi? >> chiesi in tono brusco.
<< Sapevi fin dall’inizio cosa sarebbe successo, perché ora te la prendi così tanto? >> chiese irritata.
Sbuffai. << Non sapevo un fottuto cazzo, Bella. Non sapevo mi sarei innamorato di te, okey? Però è successo e adesso mi sento uno schifo, quindi lasciami in pace. >> sbottai lasciandola pietrificata.
Entrai in macchina, misi in moto e sgommai via senza neanche guardare nello specchietto per vedere se era ancora lì.
Quando arrivai a casa l’idea di addormentarmi fu spazzata via dalla presenza di Kate seduta sul letto mentre faceva le valige con una lentezza disarmate e dolorosa.
<< Kate? >> la chiamai.
Lei si girò verso di me con il viso rigato di lacrime e cercò di sorridere. << C-ciao. >> e scoppiò di nuovo in lacrime lasciando cadere la maglia che aveva tra le mani.
Mi avvicinai a lei e l’abbracciai. << Che succede, piccola? >>
Sperai che non fosse venuta a sapere della mia storia con Bella non adesso che era tutto finito e che forse potevamo ricostruire il nostro rapporto, dopotutto le volevo bene e mi piaceva stare con lei.
Lei scosse la testa e si strinse a me piangendo ancora più forte tanto sta stonarmi le orecchie.
Le alzai il viso e cercai di capire qualcosa. << Kate, se non mi dici cosa sta succedendo non posso aiutarti. >> le dissi dolcemente asciugandole le lacrime.
Fece un grosso respiro. << E’ morta… >> e riprese a piangere.
Capii immediatamente di chi stava parlando, ma non volevo crederci, non potevo. Lei non poteva essere morta, non anche lei.
<< C-chi? >> chiesi sperando che facesse un altro nome magari di un gatto che aveva a casa dei genitori.
Tirò su col naso. << N-nonna… >>
A quel punto anche io mi sciolsi in lacrime e l’abbracciai ancora di più. Ci stringemmo forte l’uno all’altra cercando un po’ di conforto e calore, ma tutto quello che rimase quando ci addormentammo sul letto fu stanchezza, dolore e solitudine.
 
Quando mi risvegliai sentivo ancora il corpo caldo di Kate al mio fianco e il suo respiro regolare sul collo.
Avevo le ciglia attaccate e mi sentivo stanco, fisicamente e mentalmente e non riuscivo ancora a capacitarmi che una cosa del genere.
Georgina non poteva essere morta, lei era… immortale, lei non poteva essersene andata non prima di avermi dato un altro dei suoi consigli e dei suoi muffin, o quei sorrisi che dicevano o tutto o niente.
<< E-ed… >> sussurrò Kate svegliandosi.
La strinsi a me. << Ehi… >> avevo la voce roca.
Restammo in silenzio per un po’, cullati dai nostri respiri rotti e affannati. Volevo sapere cosa era successo, ma non riuscivo a farle alcuna domanda, così cominciò lei a parlare.
<< Aveva la febbre da un paio di giorni e la bronchite forte, il dottore aveva detto che aveva solo bisogno di riposo e di qualche antibiotico. Stanotte la febbre le è salita a quarantadue e il suo cuore non ha retto. >> disse sempre sussurrando.
Non risposi e mi maledii da solo perché se fossi rimasto lì avrei potuto fare qualcosa e magari adesso staremmo scherzando davanti ad una tazza di thè caldo e ad un paio di biscotti preparati da me perché lei troppo debole per farlo.
Potevo fare qualcosa quando c’era mia madre, ma ero troppo piccolo e avrei potuto fare qualcosa per quella seconda nonna che mi aveva amato come se fossi stato davvero suo nipote, ma ero troppo preso dai miei problemi per starle accanto o per farle una telefonata.
Non la sentivo da qualche giorni prima che partissi e adesso quel senso di colpa mi stava divorando impedendomi di respirare.
Cominciai ad affannare e a tossire, Kate si allarmò e cercò di farmi alzai battendomi la mano sulla schiena, ma quel senso di soffocamento non passava.
<< Edward! >> urlò allarmata prendendo il telefono e chiamando qualcuno.
Cominciavo a non capire nient’altro e a vedere sfocato fino a che tutto non fu sostituito dal buio.
 
Quando mi svegliai ero solo nella mia stanza da letto al buio e sotto le coperte non indossavo nulla a parte un paio di boxer ed ero tutto sudato.
Dalla porta entrava un po’ di luce e sentivo delle voci in lontananza, così mi alzai e dopo aver infilato il pantalone della tuta ed una maglietta uscii dalla stanza.
In cucina, quando entrai, c’erano mio padre e Bella che parlavano con Kate.
Bella alzò lo sguardò e mi sorrise sollevata. << Edward. >> mi salutò.
Mio padre e Kate alzarono lo sguardo e quest’ultima venne da me abbracciandomi. << Finalmente ti sei svegliato, mi hai fatto spaventare. >>
La strinsi a me e le diedi un bacio tra i capelli. << E’ tutto okey, tranquilla. >> guardai mio padre da sopra la sua spalla. << Che è successo? >>
<< Hai avuto un attacco di panico e sei svenuto. Kate ci ha chiamato allarmata e siamo corsi qua, Bella ti ha fatto un’iniezione. >> spiegò facendo cenno poi verso Bella.
Alzai lo sguardo verso di lei. << Grazie.>> le dissi riconoscente.
Bella mi guardò sorridendo forse convinta che quello che aveva fatto avrebbe risolto le cose tra di noi, ma si sbagliava di grosso.
Adesso tutto quello che meritava la mia attenzione erano Kate e Giorgina, non c’era posto per nient’altro.
  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


 Well, well, well...
Prima di lasciarvi alla lettura di questo capitolo ho alcune cose da dirvi....
Quando ieri ho incominciato a scrivere il capitolo mi sono resa conto che man mano le parole venivano fuori il capitolo era perfetto per il finale di questa storia. Ho cercato di cambiare qualcosa perchè avevo altre cose in mente da scrivere in seguito su i nostri protagonisti, ma non me la sono sentita di proseguire quando avevo davanti a me la fine.
Quindi, ragazze, questo è l'ultimo capitolo di questa storia, purtroppo. Lo so che questa cosa vi rimarrà con l'amaro in bocca, ne sono consapevole, ma ci terrei davvero tanto se non mi terrete il broncio non seguendomi più.
Oltre a questo capitolo ci sarà l'epilogo e forse qualche extra, ma su quest'ultima cosa non posso promettervi nulla.
Adesso che ho detto quello che dovevo vi lascio alla lettura.
xoxo Alex


                                                    
 
 

Capitolo 19
 
 






 

Partimmo la mattina successiva, il funerale si sarebbe svolto il pomeriggio quindi avevamo tutto il tempo di adattarci alla cosa. Avremmo passato quei giorni nella mia casa, Kate mi aveva seguito perché non voleva dormire nella stessa casa di sua nonna, era troppo per lei.
Il tragitto in macchina fu silenzioso, ognuno era perso nei propri pensieri forse i suoi erano più tristi dei miei. Giorgina era sua nonna, la perdita era più significativa.
I funerali li aveva organizzati la madre di Kate, che non era altro che l’unica figlia di Giorgina. Da come mi aveva fatto capire Kate era accorso anche Garrett che aveva conosciuto sua nonna e subito se ne era innamorato. Ma a chi Giorgina non faceva quell’effetto.
Quando arrivammo a casa, entrare lì dentro dopo tanto tempo, mi fece un effetto strano. Non c’era più quell’odore forte di pulito e né di muffin appena sfornati che mi portava quasi tutte le mattine.
Quando entrai in camera ebbi un tuffo al cuore guardando la foto mia e di Giorgina che avevo fatto incorniciare, ma che avevo scordato di portare con me a casa. Mi lasciai cadere a peso morto sul letto e osservai quel sorriso così spontaneo e quegli occhi così contenti e luminosi, quegli occhi che non avrei più visto sorridere. Feci dei lunghi e profondi respiri per evitare un altro attacco di panico e mi lasciai andare al sonno, che fu agitato e pieno di incubi.
 

Eravamo tutti al cimitero mentre il prete parlava. Non stava usando la Bibbia perché aveva detto che Giorgina meritava più di quello, lei meritava di essere ricordata per come era.
<< Mi ricordo che l’ultima volta che la vidi, cioè una settimana fa in chiesa, mi disse che se un giorno fosse morta cosa che lei riteneva improbabile. >> ridacchiò e qualcuno lo seguì. << Avrebbe voluto che ci fosse della musica, ma non la solita musica che si usa nei funerali, ma la sua preferita. Io, allora, le chiesi quale preferisse e lei mi scrisse su un foglio la sua personale lista. >> fece cenno ad un ragazzino in tunica, che annuendo schiacciò un pulsante sulla radio portatile e subito la musica partì.
Kate, stretta al mio fianco, singhiozzò ed io la strinsi di più, o almeno la strinsi quel tanto che potevo perché anche io avevo bisogno di essere stretto.
<< Si è sempre distinta, e non sto parlando del suo modo esuberate di fare né dei suoi improbabili capelli rosa. >> e ridacchiò ancora. << Parlo della sua smisurata generosità e del suo spirito di iniziativa. Amava organizzare eventi e aiutare le persone della comunità in difficoltà, facendosi carico di spese e fatiche. >> abbassò lo sguardò per nascondere i suoi occhi lucidi. << E’ stata uno dei pilastri più forti della nostra comunità e le saremo grati a vita per tutto ciò che ha fatto. >> concluse appoggiando la mano sulla tomba in noce in una leggera carezza.
Tirai su con il naso e abbracciai Kate che era scoppiata in lacrime, era l’unica cosa che faceva ormai da quella mattina e come potevo biasimarla? L’avrei fatto anche io se non avessi avuto lei da consolare e da sorreggere se si fosse lasciata prendere dallo sconforto.
Avrei pensato a me in solitudine, lontano da tutti.
La cerimonia fini e la tomba venne fatta calare giù, poi ricoperta di terreno. Rimasi immobile seguendo tutte le fasi, sperando che da un momento all’altro Giorgina sbucasse da qualche parte dicendo ‘Ehi zucconi, era uno scherzo!’, ma non lo fece ed io mi rassegnai definitivamente.
Dopo la funzione si spostarono tutti a casa di Giorgina, ma io rimasi seduto vicino alla sua tomba, non volevo vedere nessuno, solo rimanere lì e darle il mio ultimo saluto.
<< Edward… >> sussurrò qualcuno al mio fianco appoggiandomi la mano sulla spalla.
Alzai di poco lo sguardo e trovai il sorriso triste di Mark, il compagno di Giorgina. Provai tristezza per lui perché aveva potuto godersela solo per poco come me, ma almeno l’avevamo conosciuta e questo bastava.
<< Mark… >> mi alzai e di slancio lo abbracciai. << Mi dispiace tanto. >> sussurrai staccandomi da lui.
Fece spallucce e mi vennero gli occhi lucidi osservando i suoi ricolmi di lacrime. << Almeno mi ha permesso di far parte della sua vita e mi sta bene così. >> disse abbassando poi lo sguardo.
Si tastava la giacca e sembrava davvero in imbarazzo. << Ehm… la mattina prima che… mi ha dato questa. >> e mi porse una busta da lettere. << Forse sentiva qualcosa, forse sapeva che il suo momento stava arrivando. >> disse deglutendo dopo, ingoiando il magone. << E’ per te, l’ha scritta di suo pugno. >> disse prima di darmi una pacca sulla spalla e seguire il corteo fino alle macchine nere.
Mi accomodai di nuovo sulla sedia e mi rigirai tra le mani quella lettera, terrorizzata dal contenuto e dalla reazione che avrei potuto avere leggendola. Quelle erano le ultime parole che aveva scritto e solo quel pensiero mi bloccava il respiro.
Alzai lo sguardo verso la sua tomba e la sua fotografia mi restituì lo sguardo. << Che hai scritto, eh, bella donna? >> le chiese come se potesse rispondermi.
Abbassai di nuovo lo sguardo alla lettera, feci un grosso respiro, l’aprii e cominciai a leggere sentendo quasi la sua voce.
 
Ciao, bocconcino.
Mi conosci, non sono mai stata un tipo sentimentale, non so proprio come si faccia, però ho bisogno di dirti alcune cose e questo è l’unico modo per farlo perché non mi rimane altro tempo.
Non alzare gli occhi al cielo, zuccherino, riesco a vederti!
Dal primo momento che ti ho visto mi sono assunta il compito di prendermi cura di te, non perché volessi qualcosa in cambio da te anche se ho ricevuto tanto amore e attenzione, ma perché era la cosa giusta da fare.
Tu eri ancora un ragazzo che si nascondeva dietro una maschera di menefreghismo ed arroganza, eri un piccolo pulcino travestito da aquila.
Ho fatto uscire quella parte di te che tenevi nascosta, per paure, ma che ti avrebbe aiutato ad essere uomo, uno splendido uomo.
Non ci sarò lì con te quando questo uomo uscirà fuori, ma so che sarà meraviglioso.
Hai bisogno di credere in te stesso, hai bisogno di capire che non sei secondo a niente e a nessuno e che niente può impedirti di essere quello che sei.
Promettimi che non ti farai calpestare da nessuno, promettimi che diventerai qualcuno e promettimi che ti amerai, Edward.
Amati e credi in te.
Io veglierò su di te da lassù.
 
Ormai piangevo come un bambino, il mio petto era scosso da singhiozzi e ormai non vedevo nient’altro tanto erano pieni di lacrime i miei occhi.
Piansi per non so quanto tempo, stringendo tra le mani la sua lettera, dove quelle parole bruciavano ancora.
Quando mi calmai guardai la sua immagine sorridente, la guardai per un interminabile momento, cercando le parole giuste da dirle, ma non mi venne in mente nulla di complicato e profondo come erano state le sue parole.
<< Te lo prometto, bella donna. >> dissi semplicemente prima di avvicinarmi alla foto e poggiare le labbra in un fugace bacio.
 
Quando quella sera se ne andarono tutti ed io e Kate tornammo a casa decisi di cominciare a mantenere la promessa.
<< Kate, dobbiamo parlare. >> le dissi facendole cenno di sederci in veranda.
Lei acconsentì seguendomi cercando di capire che cosa le dovessi dire in quel momento, quando nulla poteva essere paragonato a quella perdita.
<< Cosa c’è, Edward? >> mi chiese preoccupata.
Feci un grosso respiro e le raccontai tutto, dalla prima volta che vidi Bella al giorno prima. Man mano che raccontavo vedevo i suoi occhi sgranarsi dalla sorpresa, poi dalla rabbia, dal dolore alla fine dalla rassegnazione.
<< Mi dispiace per aver scelto il momento peggiore, ma proprio per questo era quello giusto. Sono stanco, Kate, stanco di tutto. >> commentai alla fine abbassando lo sguardo.
Kate non disse nulla né si mosse, era immobile guardandomi attentamente. Quel silenzio era snervante era molto peggio di urla, sbraitamenti e schiaffi, li avrei preferiti davvero.
<< Kate… >> la chiamai.
Lei scosse la testa facendomi segno di stare zitto. << L’ho sempre saputo, voglio dire, ho sempre saputo di non essere Lei. >> mi disse senza guardarmi negli occhi. << Non sapevo chi fosse Lei, ma sapevo che c’era e che mai sarei riuscita a prendere il suo posto nel tuo cuore. In questi mesi mi sono fatta male da sola convincendomi che prima o poi mi avresti visto, mi dicevo che dovevo avere fede, fede in te, ma… >> non finì il discorso.
Non sapevo cosa dirle, ma lei non mi diede il tempo di fare nulla. << Adesso andrò a prendere le mia cose e andrò a dormire in albergo con mia madre. Verrò a casa in questi giorni a prendere le mie cose e me ne ritornerò qui, in casa di mia nonna, che mi ha lasciato in eredità. >> mi alzò ed entrò in casa.
Rimasi su quell’altalena ascoltando impotente i suoi singhiozzi e il rumore dei suoi gesti frenetici e isterici. Quando uscì dalla porta mi alzai e la guardai, mi faceva tenerezza e avrei voluto abbracciarla, ma restai immobile a guardarla.
Alzò lo sguardo sul mio viso. << Non farò come si usa di solito, non me ne andrò augurandoti tutta la felicità che meriti perché ora come ora vorrei solo che sparissi e che qualche calamità ti colpisse. Ma non ti incolpo di nulla, perché la sciocca sono stata io a non capirlo, a non andarmene in tempo. >> e se ne andò lasciandomi l’amaro in bocca e nel cuore.
 
Rimasi lì per altri due giorni, poi me ne tornai a casa. Quel giorno avrei dovuto fare altre confessione e cercare di risolvere la situazione, o almeno cercare di mettere insieme i pezzi del vaso che avevo rotto.
La prima persona che incontrai fu Rosalie, ci demmo appuntamento a Central Park, dove le raccontai tutti. Mi guardò con rimprovero, ma alla fine mi abbracciò dicendomi che sarebbe andato tutto bene e che lei sarebbe stata sempre al mio fianco. Non si risparmiò di certo, uno schiaffo bello forte me lo diede, ma non mi ribellai.
<< Dopo oggi, trovati una ragazza normale e single, zuccone. >> mi aveva detto, poi mi aveva abbracciato di nuovo piangendo.
Dava la colpa agli ormoni, ma lo sapevo che era preoccupata per me.
 
L’ultima tappa della giornata era lui, mio padre, quello più difficile da convincere. Non mi illudevo che mi avrebbe dato chissà quale benedizione o che mi avrebbe perdonato come se niente fosse, ero comunque andato a letto ripetutamente con la sua compagna, ma avrei fatto appello al fatto che ero suo figlio, sangue del suo sangue.
Quando arrivai a casa sua, mi aprì lui con un dolce sorriso, ma vedendo la mia faccia subito gli si spense. Mi fece cenno di entrare e ci accomodammo in salotto, eravamo soli, meglio ancora.
<< Edward, figliolo, cos’hai? >> mi chiese preoccupato.
Sospirai. << Quello che ti dirò adesso probabilmente metterà fino al nostro rapporto, e mi dispiace così tanto, ma è giusto che io lo faccia. >>
Lui mi guardò sorridendo divertito. << Ma cosa… cosa c’è di tanto grave, Edward? >> mi chiese prendendo tutto come un gioco.
Come avrei voluto che quello fosse tutto un gioco, ma era la fottuta realtà, una realtà che avevo creato io con le mie stesse mani.
<< Papà, ti prego. >> dissi guardandolo negli occhi.
Lui si zittì e mi fece cenno di parlare, feci un grosso respiro e sganciai la bomba. << Sono andato a letto con Bella, ripetutamente. >>
Lui sgranò gli occhi sconvolto e vidi la vena alla tempia pulsare freneticamente. Rimase un attimo così immobile, poi si alzò ed io abbassai lo sguardo aspettando il pugno che venne dopo qualche secondo scontrandosi con il mio zigomo.
Non disse nulla mentre me ne dava un altro nello stomaco e un altro sul naso, lo lasciai fare senza reagire, io sarei guarito da quelle ferite, lui no.
Quando si stancò si accasciò sul divano portandosi la testa tra le mani, mentre respirava pesantemente.
<< Ti senti meglio? >> gli chiesi asciugandomi il sangue che stava uscendo dal naso.
Lui scosse la testa. << No, mi sento ancora peggio. >> commentò.
Annuii. << Me ne vuoi dare altri? >> chiesi preparandomi a ricevere un’altra scarica di pungo e calci.
Lui scosse la testa, si alzò e mi guardò negli occhi. Mi guardò in silenzio ed io intanto morivo sotto quello sguardo severo e addolorato, morivo perché non mi aveva mai guardato così e faceva male, cazzo!
<< Sei mio figlio… >> disse e un po’ di speranza si fece in strada in me, ma lui la fece morire in un lampo. << Ma per adesso non voglio vederti… quello che hai fatto è stato… ho già perso tua madre, come hai potuto portarmi via anche lei? >> mi chiese poi con rabbia.
Abbassai lo sguardo. << Mi dispiace… >> dissi, ma sapevo che non era abbastanza.
<< Dispiace di più a me, credimi. >> dissi con voce stanca. << Vattene, Edward, ti prego… >> mi disse in un sussurro.
Annuii sconsolato e uscii da quella casa che probabilmente non avrei visto per molto.
 
Quella sera andai a prendere Alice a scuola di danza e la portai a cena fuori, anche lei doveva sapere, doveva sapere che razza di persona era suo fratello e perché me ne sarei andato da New York.
<< Edward, che hai? >> mi chiese appoggiando la sua piccola mano sulla mia.
<< Ho fatto un enorme sbaglio, Alice, un sbaglio con enormi conseguenze che adesso dovrò subire. >> alzai lo sguardo verso di lei e cercai di sorridere. << Per un po’ me ne andrò da qui, non molto lontano, ma me ne andrò. >>
I suoi occhi si fecero immediatamente lucidi. << Ma che dici? Perché? >> mi chiese disperata.
Scossi la testa. << Ho fatto una cosa brutta, Alice, ti basti sapere questo. >> mi accomodai accanto a lei e la strinsi tra le mie braccia mentre piangeva. << Ti voglio un bene dell’anima, piccola, e non passerà giorno in cui non ci sentiremo e se vorrai, quando mi sarò sistemato, potrai venirmi a trovare. >> la consolai mentre le accarezzavo i capelli.
<< Prometti che non mi abbandonerai mai, che resterai sempre il mio fratellone. >> mi disse in lacrime mentre si stringeva di più a me.
Annuii. << Ci sarò sempre per te, sempre. >>
Restammo insieme fino a tarda notte, poi l’accompagnai e ritornai al mio appartamento dove trovai una sgradita sorpresa.
C’era Bella seduta a gambe incrociate a terra con la testa appoggiata sulla mia porta, stringeva una borsa e accanto a lei c’erano due valigie che dovevano essere belle piene.
<< Che cosa ci fai qua? >> chiesi avvicinandomi e facendo tintinnare le chiavi.
Aprì gli occhi ed erano rossi e gonfi. << Cerco asilo. >> e si alzò.
<< Perché dovrei dartelo? >> chiesi aprendo la porta, ma non la spalancai.
Mi guardò con un cipiglio sul volto. << Perché te lo sto chiedendo, perché mi hai fatto cacciare da casa, perché abbiamo scopato e perché sono il tuo capo. >> disse irritata.
Scossi la testa e sorrisi, ma un sorriso che non arrivò agli occhi. << Risposta sbagliata, dottoressa Swan. >> e le chiusi la porta in faccia chiudendola con due mandate.
Avevo chiuso la porta e avevo chiuso anche il primo libro della mia vita per incominciare con il secondo volume che vedeva me protagonista e nessun altro ad oscurarmi.
Edward Cullen era rinato.
 
 
  

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Epilogo ***


Well, prima di lasciarvi all’epilogo ho delle cose da dirvi.
Questa storia vi è piaciuta fin dall’inizio, vi ha prese davvero tanto e questa cosa è stata davvero utile per la mia autostima e per la mia persona in generale.
Ho sempre scritto pensando a cosa avreste detto, cosa avreste pensato quando l’avreste letto e se vi sarebbe piaciuto o meno.
Fortuna ha voluto che fosse sempre d’accordo con me, amando ogni capitolo.
Però, c’è sempre un però, l’ultimo capitolo non ha scatenato lo stesso entusiasmo dei precedenti.
L’avete considerato frettoloso, confuso, inopportuno e non Edward&Bella.
Avete ragione è tutto queste cose messe insieme, ma è così che l’ho voluto, è così che ho deciso di far finire la mia storia.
Mi dispiace davvero tanto avervi deluso, ma spero voi mi capirete, insomma siamo un po’ tutte scrittrici e non sempre si è sulla stessa linea d’onda con le lettrici.
La mia idea all’inizio che scrissi la storia era di fare un’ennesima Edward&Bella, come per il resto delle mie storie, ma poi man mano che scrivevo mi rendevo conto che Edward stava soffrendo troppo e che Bella stava diventando troppo stronza e cattiva.
Quindi all’ultimo ho deciso di cambiare le carte in tavola, facendo vincere per una volta Edward cosa che non sempre si vede.
E’ sempre la protagonista femmina a pagarne le spese e soffrire e di questa cosa si è parlato proprio a sbafo.
Questa storia è dal punto di vista di Edward e volevo che lui fosse quello al centro di tutto anche della sofferenza finale e del finale non proprio a lieto fine.
Mi scuso ancora per avervi deluso.
Spero che a questi punto continuerete e leggere le altre mie storie e che leggerete quest’epilogo.
Vi ringrazio davvero tutto.
Xoxo Alex 



Epilogo


 

20 anni dopo

Aveva gli occhi chiusi, Edward, mentre si godeva  quel leggero venticello che caratterizzava le sere d’estate. Era stanco, quella giornata era stata davvero stressante per non parlare della notte precedente. Aveva passato le ultime ventiquattro ore in sala operatorio per due interventi, uno più complicato e lungo dell’altro, ma alla fine aveva ottenuto quello per cui aveva studiato così duramente. Aveva salvato delle vite e non poteva sentirsi più orgoglioso e soddisfatto.
Ormai aveva quarantacinque anni, le prime rughe erano già uscite da un pezzo e ormai il suo colore di capelli non era più lucente come una volta, molti capelli grigi lo stavano coprendo, dandogli un aria più saggia e matura.
Era cresciuto in quegli anni, sia fisicamente che mentalmente. Era maturato, aveva imparato a conoscersi meglio e ad amarsi come gli aveva chiesto Giorgina, e adesso si sentiva arrivato.
I primi anni della sua nuova vita aveva cercato di cavarsela da solo, di fare leva solo sulle sue forze e le sue idee e questo atteggiamento tutt’ora a quell’età lo caratterizzava.
Era stimato, rispettato e amato da tutti proprio per questo suo modo di fare.
Oltre a fare il lavoro dei suoi sogni e a dirigere il reparto di chirurgia neonatale del Presbyterian aveva una bellissima moglie che amava con tutto se stesso ed una figlia che era tutta la sua vita.
La piccola aveva cinque anni e si chiamava Giorgia, aveva voluto in qualche modo ricordare la grande donna che l’aveva aiutato in quei mesi di confusione.
Quando sua figlia era nata e l’aveva stretta tra le braccia per la prima volta aveva sentito il suo cuore fermarsi per un attimo per poi ricominciare a battere più forte, come se volesse battere per entrambi per evitare che la piccola si stancasse.
Aveva i suoi stessi occhi che l’avevano guardato con curiosità e lui le aveva restituito lo sguardo incantato da tutta quella perfezione.
In quel momento il suo piccolo angelo giocava in giardino con Lucky, il loro cucciolo di ‘Lilli e il vagabondo’ come lo chiamava sua moglie che ogni volta non riusciva a ricordarsi il nome della razza, e rideva. Quella sua risata così pura e cristallina che ogni volta lo commuoveva.
Lui seduto sull’altalena sul portico la osservava, non si perdeva neanche un gesto, voleva memorizzarli e custodirli per poi rivederli quando erano lontani, perché spesso lui era fuori per lavoro e per giorni interi non si vedevano concedendosi solo qualche breve telefonata giusto il tempo di sentire la voce dell’altro.
Sua figlia lo adorava, venerava suo padre  e non mancava occasione di vantarsene con le sue amichette che erano tutte invidiose del suo papà. Molte volte Edward l’aveva rimproverata per quel suo atteggiamento, ma poi bastava che lei sfoderasse i suoi occhioni dolci ed il labbro tremulo e tutto passava. Era come creta nelle sue mani, sua moglie glielo rimproverava sempre, ma poi anche lei nel momento opportuno ricorreva alla faccia da cucciolo.
Un voce e dei rumori proveniente da dentro lo distrassero. << Sono a casa! >> urlò sua moglie.
Sorrise dolcemente guardando sua figlia scattare e correre in casa per accogliere la sua mamma. << Mammaaaaa!!! >>> urlò correndo come se stesse andando in guerra.
Lui rimase fuori, aspettando che uscisse lei ed infatti dopo qualche secondo con il viso stanco, ma con un dolce sorriso sulle labbra uscì sua moglie preceduta da Giorgia che ritornò a giocare con Lucky.
<< Ehi… >> lo salutò sedendosi a peso morto al suo fianco.
Aprì le braccia e subito lei gli si accoccolò addosso. << Giornataccia? >> le chiese mentre le appoggiava le labbra sulla tempia in un piccolo bacio.
Sua moglie sospirò. << Non ne hai idea, guarda. >> sussurrò per poi sbadigliare.
Edward ridacchiò e continuò ad accarezzarla, mentre con la mente tornava al giorno del loro matrimonio. Non era stata una cerimonia sfarzosa, solo loro due ed i testimoni, in un piccola chiesetta di Brooklyn. Nessuno aveva partecipato, perché non avevano messo manifesti, ma non avevano mancato l’occasione per organizzare un piccolo rinfresco a fare loro qualche regalo. Quando si erano sposati lei era già incinta di qualche mese, non era stato quello il motivo principale del matrimonio, ma aveva fatto la sua parte.
L’incontro con lei era stato inaspettato e anche comico e ogni volta che si ritrovavano a raccontarlo a qualcuno erano altre risate ed esclamazione di stupore.
A lui questa cosa piaceva, lo riempiva di orgoglio e felicità. Un felicità che prima di incontrare sua moglie non aveva.
Dopo essersi liberato la coscienza aveva passato tre anni in Africa come medico volontario per cercare di perdonarsi. Aveva pensato che per ogni vita salvata era un pezzo della sua anima che veniva perdonata.
Quando era ritornato a New York, all’aeroporto con sua grande sorpresa ed emozione ci aveva trovato ad attenderlo suo padre.
Si erano guardato negli occhi, poi si erano avvicinati e suo padre lo aveva stretto a se accarezzandogli la schiena cercando di calmare i singhiozzi che l’avevano colto a quel gesto.
Continuava a ripetere ‘mi dispiace’ come una litania mentre il padre lo stringeva in un abbraccio pieno di amore e di perdono.
Quando tornarono a casa, non la sua, ma quella di suo padre e della sua infanzia trovò una piacevole sorpresa ad attenderlo. Kate, la ragazza che aveva tradito e lasciato, lo accolse con un dolce sorriso.
Dopo un attimo di stupore l’abbracciò contento chiedendole che ci facesse li e lei gli mostrò quella fascetta d’oro che voleva dire solo una cosa. Kate e suo padre si erano sposati, avevano trovato l’una nell’altro l’appoggio nella vita.
Era stato così contenta che aveva pianto di nuovo e furono altre lacrime la sera quando Alice e Rosalie si fecero vedere.
Rosalie gli si era attaccata al collo come una ventosa mentre Alice gli si stringeva al fianco, piangendo e ridendo tutti e tre in sincrono.
Quando Rosalie gli aveva presentato il suo omonimo di tre anni per poco non svenne dalla felicità. Era la copia spiccicata di suo padre, ma era dolce e tenero come la madre.
Quella notte Edward dormì nella sua vecchia stanza con Alice stretta al suo petto. Aveva sentito la mancanza di quelle coccole e per i giorni a seguire ne aveva fatto ingestione e ne aveva preso un po’ per il futuro come scorta in caso di emergenza.
Tutto ritornò com’era prima che arrivasse lei ad alterare gli equilibri, sballandoli completamente.
Nessuno aveva più visto né sentito Bella anche se lei molte volte, prima di rendersi conto che fosse inutile, aveva cercato di contattarlo chiedendo alle persone più vicine a lui compreso Rosalie che le aveva riattaccato il telefono in faccia non prima di avergliene detto quattro.
Lui l’aveva ignorata perché solo così poteva ritrovare quell’equilibrio perso. Non sapeva perché volesse mettersi in contatto con lui, ma poi quando ne parlò con Rosalie lei gli rispose che magari lei si era resa conto di amarlo e voleva rimediare ai suoi errori.
Quel pensiero lo tormentò per giorni, ma poi si diede dello stupido da solo perché Bella lo aveva sempre usato e trattato da zerbino, il suo era soltanto un tentativo di provare a risanare il suo ego ferito dal suo rifiuto.
Bella era subdola e manipolatrice e lui ogni tanto ancora si chiedeva come avesse fatto a perdere la testa per una come lei.
A quei tempi era davvero convinto di essere innamorato di lei, ma quando il vero amore era arrivato cioè sua moglie, si era reso conto che quello che provava non era altro che ossessione. Un’ossessione che lo aveva portato quasi a perdere il contatto con la realtà che lo circondava.
Quando aveva raccontato a sua moglie la sua storia lei gli aveva sorriso dolcemente dicendogli che non importava cosa avesse fatto in passato, l’importante era che fosse cambiato e che si amassero.
In quel momento si rese conto che ormai la sua anima era salva dalle fiamme dell’inferno, tutto quello grazie allo sguardo innamorato di quella piccola donna, come l’aveva sempre chiamata lui.
La sua piccola donna lo riscosse da quei pensieri con il suo leggero ronfare. Sorrise intenerito poi chiamò sua figlia che silenziosamente si avvicinò.
<< Và a scoprire il lettone. >> le sussurrò.
Giorgia annuì e corse dentro casa andando a preparare il lettone alla mamma. Molte volte si erano trovati in quella situazione, ormai era diventata una tradizione.
Dopo aver messo sua moglie a letto, tornò di sotto dove preparò la cena che mangiò con Giorgia, poi le fece il bagnetto e la portò a letto raccontandole una storiella. Si addormentò dopo neanche una pagina, le rimboccò le coperte dandole un bacio tra i capelli ed uscì dalla stanza lasciando la porta leggermente aperte per sentirla meglio se avesse avuto qualche problema.
Ritornò in cucina, mise in ordine poi salì in camera prendendo il cambio per una doccia. Quando ritornò in camera sorrise divertito notando che ancora una volta sua moglie aveva preso possesso di tutto il letto. Non riusciva ancora a capire come potesse una cosetta di un metro e sessanta occupare un letto matrimoniale di due metri e più.
Con gentilezza e lentezza la spostò e si infilò sotto le coperte. La osservò e gli venne in mente la prima volta o meglio, la seconda volta che la incontrò.
 
Era ritornato di nuovo al Presbyterian da dieci anni ed era diventato il primario di chirurgia, il posto che aveva occupato Bella quando era uno specializzando.
Quel giorno sarebbe arrivato il nuovo gruppo di specializzandi freschi di Università e lui si preparò ad accoglierli insieme ai suoi specializzandi del terzo anno che li avrebbero presi in custodia.
Quando arrivarono sorrise vedendoli impauriti e si rispecchiò in loro, anche lui era terrorizzato quando era arrivato lì per la prima volta.
Tra quei ragazzi una persona saltò particolarmente ai suoi occhi. Era una bellissima ragazza dai capelli biondi e lunghi con due bellissimi occhi scuri, era abbastanza alta e snella, proprio come piacevano a lui. Più la guardava e più gli sembrava di averla già vista, ma non ricordava dove.
Sorrise a tutti loro. << Benvenuti, specializzandi. Io sono Edward Cullen e dirigo questa unità. >>
Quando pronunciò il suo nome vide chiaramente lo sguardo della ragazza scattare e poi sorridere in modo strano.
Si riscosse subito e continuò a parlare. << Adesso farò l’appello e vi smisterò in cinque gruppi, uno per ogni specializzando del terzo anno che vi farà da guida. >>
I ragazzi annuirono e lui cominciò a fare l’appello attento al nome della ragazza quando si fosse fatta avanti. Li aveva smistati quasi tutti, rimanevano solo la ragazza e altri due.
<< Daniel Adams con Jennifer Pitt. >> fuori uno.
<< Samuel Lee con Amanda Jacobs. >> fuori due.
Lesse il nome della ragazza e la consapevolezza nacque in lui facendogli spuntare un sorriso divertito specchio di quello che ospitava il visto della ragazza.
<< Emma Jones. >> disse guardandola.
Lei gli restituì lo sguardo. << Edward Cullen. >> rispose con voce dolce e chiara.
Edward non potè fare a meno di ridere contento mentre l’abbracciava. Non era solo per questo che rideva, ma anche per nascondere la scarica elettrica che aveva sentito appena l’aveva stretta tra le braccia.
<< Oddio, come sei cresciuta. >> commentò mentre la scostava da se.
Emma gli sorrise e le si illuminarono gli occhi facendo boccheggiare Edward per la meraviglia  e facendogli perdere un battito.
Guardò imbarazzato l’orologio, poi spostò lo sguardo su di lei. << Ehm…senti, ci vediamo a pranzo, così parliamo un po’. >>
Emma annuì. << Certo. >> e gli sorrise di nuovo dandogli un ulteriore steccata al cuore.
Quando si rincontrarono a pranzo Emma gli raccontò di tutte le esperienze che aveva fatto e che continuava a fare e del perché avesse voluto fare il dottore.
<< Voglio dare a qualcun altro la stessa speranza che hai dato tu a me. >> gli rispose.
Emma gli piaceva e non solo fisicamente, era così intelligente e acuta, capace di parlare di tutto e di più senza apparire banale o pesante.
Il suo cuore in stand-by da anni si riavviò a quella ventata di aria fresca che era quella ragazzina che ormai era diventata una bellissima donna.
Quando si congedarono perché lui aveva in programma un intervento lei lo fermò in mezzo al corridoio. << Ehi sexy scapolo, sono passati tredici anni, hai tre anni di ritardo da scontare. >>
 
Da quel giorno cominciò una corte spietata che non è mai finita nonostante si fossero sposati due anni dopo mettendo su famiglia.
Ogni giorno la corteggiava ed ogni giorno la conquistava innamorandosi di lei sempre di più e sempre più intensamente.
<< Mmm… Ed? >> lo chiamò sua moglie.
Edward si riscosse dai suoi pensieri e le sorrise aprendo le braccia dove lei subito si accoccolò dandogli un leggero bacio sul collo facendolo rabbrividire.
<< Giorgia? >> chiese intrecciando le gambe con le sue.
<< Dorme e ha già mangiato e fatto il bagnetto. >> disse ridacchiando precedendo le alte domande.
Emma gli diede un pugnetto sul braccio facendolo ridere ancora di più, ma poi rise anche lei rendendosi conto che ormai la scena si stava ripetendo molto spesso ultimamente. Ma il lavoro la stava stancando, in ospedale c’erano stati dei pazienti difficile e lei per il momento era l’unico neurochirurgo in tutto lo stabile. Non aveva scelto lo stesso ramo del marito per il semplice fatto che c’era già lui ad occupare quel posto ed era uno dei migliori.
Restarono abbracciati in silenzio fino a che Edward non incominciò a sentire sua moglie tendersi per circondarlo con le braccia per poi incominciare a dargli tanti baci sul petto e sul collo facendolo fremere.
Se la portò a cavalcione, mentre le prendeva il viso tra le mani e incollava le labbra alle sue. Gli era sempre piaciuto baciare Emma perché aveva un sapore così fresco e sapeva di menta, anche se non ne faceva uso.
Continuarono a baciarmi mentre i vestiti volavano via lasciandoli nudi e pronti per unirsi, cosa che fecero appena fu il momento.
Emma si trovava ancora sopra di lui quindi cominciò a muoversi lentamente senza mai staccare le labbra dalle sue, come baciava Edward non sapeva fare nessun altro.
Edward ormai al limite ribaltò le posizione e se la portò sotto cominciando a muoversi più velocemente, stava quasi per venire quando la guardò negli occhi. << Voglio un altro figlio. >> le disse a bruciapelo.
Emma prima rimase sorpresa poi sorrise contenta. << Davvero? >> chiese chiedendo conferma.
Edward annuì cominciando a muoversi di nuovo, ma più lentamente aspettando la risposta di sua moglie che lo lasciò spiazzato.
<< Bhe… potrei essere già incinta, sai? >> sparò la bomba.
Edward si fermò sconvolto, ma poi si illuminò cominciando a baciarle tutto il viso facendola ridere contenta. Muovendo però i loro bacini fecero frizione e ansimarono, ricominciando a muoversi fino all’orgasmo che arrivò dopo qualche secondo.
Dopo l’amplesso si strinsero l’una all’altro, in silenzio ascoltando il respiro dell’altro. Furono interrotti da una testolina bionda che sbucò dalla porta. << Mamma, papà. >> sussurrò strofinandosi gli occhi.
Si girarono verso di lei terrorizzati e cercarono di vestirsi per evitare traumi, la piccola li raggiunse e si accoccolò tra loro addormentandosi all’istante, sua moglie la seguì stringendola a se.
Restò a guardare quelle meraviglie per quasi tutta la notte cercando di capire cosa avesse fatto per meritarsi tutto quello, ma non riuscì a trovare risposta.
In passato aveva mentito, tradito e quant’altro eppure era stato premiato con quella bellissima donna, quella bambina perfetta ed un altro in arrivo.
Forse la parentesi Bella non era stata così deleteria per la sua persona, forse poteva permettersi anche di ringraziarla e dimenticare tutto.
Forse.  







Emma        Giorgia

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=792987