Esprimere un desiderio

di CaptainKonny
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -1 GIORNO- Il desiderio ***
Capitolo 2: *** -2 GIORNO- Lo scambio ***
Capitolo 3: *** -3 GIORNO- La festa ***
Capitolo 4: *** -4 GIORNO- Come prima ***
Capitolo 5: *** -5 GIORNO- Epilogo ***



Capitolo 1
*** -1 GIORNO- Il desiderio ***


THE MENTALIST

THE MENTALIST

 

 

-1 GIORNO-                                 Il desiderio

 

I cinque membri della migliore squadra del CBI si trovavano chiusi dentro un aereo diretto a Roma, la capitale italiana. Perché? Perché erano stati invitati ad un evento organizzato dalla Città Universitaria riguardante omicidi e casi risolti. Poiché questi erano stati risolti da loro, era sembrato giusto ai docenti invitare alla manifestazione i diretti interessati come ospiti d’onore. Mancavano sì e no ancora cinque ore di volo prima dell’atterraggio: Lisbon guardava distrattamente fuori dal finestrino, Van Pelt si rigirava in continuazione le mani in grembo in preda al nervoso, Rigsby imitava Lisbon mascherando molto male l’ansia, Cho se ne stava al tavolino a leggere il suo libro con uno sguardo imperscrutabile e Jane…. Jane schiacciava un pisolino.

 

Maledizione, ma perché proprio a me devono capitare certi incarichi?

Il preside si allontanò da una delle sue migliori alunne all’ultimo anno. Lui avrebbe accolto e presentato gli ospiti, ma per fargli da guida ai posti che li riguardavano privatamente (come gli alloggi) non aveva proprio tempo. Selene rimase ferma sul posto mentre il docente se ne andava. Era a disagio, era da quando aveva iniziato gli studi che seguiva da vicino i casi della squadra del CBI e l’ultima cosa che voleva in quel momento era  fare qualcosa di sbagliato.

 

6 ORE DOPO

 

La conferenza era una vera palla, come previsto. Gli ospiti erano stati presentati tra applausi di ammirazione e sguardi attenti durante la loro breve intervista. Poi, tutta l’aula, calò in un intenso torpore. Selene era in terza fila, aveva ascoltato annoiata il discorso del preside per poi riprendersi all’entrata dei quattro agenti e del loro consulente. Attratta da quest’ultimo come non lo era mai stata in vita sua. Dopo di che la voce dell’insegnante era diventata un suono lontano e indistinto, mentre i suoi occhi scannerizzavano nel suo cervello un’immagine dettagliata di Patrick Jane. Inutile negarlo, si era infatuata del bel biondo del CBI.

 

Gli agenti del CBI iniziavano davvero a stufarsi. Forse nessuno di loro eccetto Lisbon ascoltava sul serio la conferenza. Illuminati dalla luce dei riflettori stavano facendo una sauna pazzesca, senza contare che la folla di studenti era solo un’ombra nera con riflessi grigi. Il mentalista tuttavia sembrava attento a qualcosa in platea anziché sul palco.

 

Aria. Finalmente. Selene chiuse gli occhi e respirò a fondo l’aria fresca fuori dall’auditorium. Giusto in tempo per trattenere il respiro. Il preside la stava aspettando e schierati in parte a lui gli ospiti d’onore, 6 paia d’occhi puntati su di lei. Si sentiva come se avesse appena commesso un crimine e fose stata scoperta. Merda!

 

«Signori, questa è Selene una delle nostre migliori alunne. Si è gentilmente offerta per farvi da guida nell’università.» Ma guarda te sto stronzo! «Selene perché adesso non accompagni i signori ai loro alloggi?» la ragazza guardava il suo insegnante seria e attenta, mascherando l’antipatia che gli avrebbe volentieri riversato addosso.

«Ma certamente signore.» rispose questa obbediente. Appena si fu allontanato cercò di sciogliersi, gli sorrise calorosa e cercò di essere padrona della situazione «Signori, se volete seguirmi.» l’agente Lisbon le sorrise cercando di essere cordiale e rilassante. Selene li condusse per i corridoi, il parco, altri corridoi, scale, indicando punti di ritrovo e cose importanti, come una vera guida turistica. Li lasciò sul corridoio dove davano le cinque porte dei loro alloggi. «Eccori arrivati. Qualunque cosa vi serva chiedete in giro oppur edi me.», «Grazie, sei  stata molto gentile.» fece Lisbon, sorridendole grata. Sempre meglio del ciarlare del preside. «Si figuri! »

 

Jane entrò nella sua stanza. Carina, tipico stile universitario. Non molto grande: letto, armadio, scrivania, bagno…. Lo stretto necessario. Si sdraiò sul letto, le mani intrecciate dietro la testa, guardava le pale sul soffitto girare, pensieroso….

 

Lisbon si lasciò cadere sul letto. Era distrutta. Beh, almeno non doveva lavorare. Guardò l’orologio: le 18.30. Mancava ancora un’ora all’ora di cena. Decise di riposarsi un po’ prima di fare la doccia. Chiuse gli occhi, assaporandosi quella dolce e tranquillizzante quiete. Inevitabilmente tornò con i pensieri a quando lei stessa faceva l’università. La sua stanza, le sue amiche, gli insegnanti, i ragazzi che scioccametne ci provavano con lei o che le stavano alla larga. Forse, tutto sommato le mancavano quegli anni, si sentiva più forte rispetto ad adesso. Se anni addietro fosse caduta si sarebbe rialzata forte e fiera, pronta a ritentare; come adesso. Solo che, certe volte, il peso del tempo le sembrava sempre maggiore da sopportare,  da affrontare. Cavolo, quanto vcrrei essere ancora all’università!

 

Non aveva per niente voglia di andare a cena. Non aveva per niente voglia di vedere i nuovi venuti. Il bar dell’università sotto la sala pranzo era un ottimo rifugio se si voleva evitare la folla affamata. A farle compagnia: un bicchiere di campari. Il suo sguardo trapassava senza vederlo il liquido rosso.

«Non ha fame? » una gentile voce maschile la richiamò  alla realtà. Si voltò: Patrick Jane.

Il cuore mancò un battito. Lui sorrise. Lei cercò di ignorarlo. Tornò a fissare il proprio bicchiere. «Già. E lei? Non ha fame? Il viaggio dev’essere stato lungo. » nel cercare di ricambiare la cortesia però aveva usato un tono alquanto irato.

«Mi scusi! » cercò subito di redimersi.

Lui si sedette in parte a lei, guardandola.

«Oh, non fa niente! Capisco perché è arrabbiata. Anche io lo sarei se mi ingaggiassero a fare da guida turistica senza opzione di scelta. » Selene si girò verso di lui con gli occhi sbarrati dalla sorpresa. Come faceva a saperlo?

«Beh, è semplice. Il tuo sguardo contro il preside era odioso. » rispose alla sua domanda muta. Sorrise.

«Beh, adesso capisco perché lei è così bravo a chiudere i casi. » fece lei, tornando con un tono di voce normale.

Passarono alcuni minuti.

«Ha già finito di scannerizzarmi? »

La voce del consulente suonava curiosa e scherzosa allo stesso tempo. Selene lo guardò senza capire.

«Beh, ho notato che durante la conferenza lei mi è sembrava molto più interessata a memorizzare ogni più piccolo dettaglio della mia persona, che non del discorso. » Selene per poco non si strozzò con la bevanda. Dal canto suo Jane semrbava perfettamente a suo agio.

«No, non…. Non è vero! » cercò di ribattere.

Ma appena i suoi occhi incrociarono quelli azzurri del biondo si sentì come se qualcuno le stesse scendendo dentro la sua anima, scrutandola. Le guance le avvamparono all’istante.

«Davvero? » continuò a tenere il volto basso, imbarazzata. Lo sentì protendersi verso di lei, finchè non le fu vicinissimo.

«Tanto lo so che hai una cotta per me. » inorridì.

Sentì l’altro sorridere, soddisfatto.

«Ad ogni modo, se vuole saperlo, anche io l’ho guardata per tutto il tempo del convegno. »

Lo sentì allontanarsi. Alzò la testa e lo vide di spalle, mentre usciva dal bar. Davvero Patrick Jane l’aveva guardata?

 

Quella sera, dalla finestra della sua camera, fissò il cielo plumbeo pieno di stelle. Immaginò la sua giornata, le parole del biondo consulente (di nuovo le guance le si imporporarono, il cuore che accellerava e lo stomaco che cambiava posizione), la sua squadra. Quanto era fortunata Teresa Lisbon ad avere in squadra uno come lui. quanto avrebbe voluto essere al suo posto. Dio quanto vorrei poter essere al suo posto anche solo per un giorno.

 

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Capitolo 2
*** -2 GIORNO- Lo scambio ***


-2 GIORNO- Lo scambio

-2 GIORNO-                                   Lo scambio

 

Mamma che dormita che ho fatto. Teresa si stiracchiò felice e beata tra le coperte del suo nuovo letto, un sorriso soddisfatto. Si fermò a metà sbadiglio, osservando il soffitto color viola scuro. Ma il suo soffitto non era azzurro?! Si mise di scatto a sedere. La stanza in cui si trovava era leggermente più grande: letto, comodino, armadio, cassettone, scrivania, computer, mensole, libri di studio…. Libri di studio?! No! Quella non era decisamente la sua stanza. Probabilmente ieri sera qualcuno l’aveva fatta ubriacare e, per farle uno scherzo, l’aveva portata nella camera di un qualche studente. Si alzò e si guardò attorno, sul muro sopra al letto c’era un disegno colorato e incorniciato. “Selene” c’era scritto. Quindi, con tutte le probabilità si trovava nell’alloggio della ragazza che le aveva fatto da guida. Nemmeno il pigiama era suo, a maniche e pantaloncini corti fuxia. Cavolo, ma come hanno fatto..? Passò davanti allo specchio fuori dal bagno. Tornò indietro. Sperando che avesse visto male. Si pietrificò di fronte alla sua immagine. Quella non era lei…. Era Selene.

 

Jane si svegliò con tutta calma. Si mise a sedere. Aveva voglia di thè. Quando pensava a qualcosa l’immagine di quella ragazza: nell’auditorium, al loro arrivo, al bar.. gli tornava prepotente alla mente. Un calore gli partì al centro dello stomaco fino a riscaldargli tutto il petto. Doveva andare da Lisbon per avere un consiglio.. .

 

La stanza iniziò ad illuminarsi, Selene si rannicchiò ancora di più contro il muro e le coperte. Ancora cinque minuti.. Sbarrò gli occhi: il suo letto non era contro la parete. Si mise a sedere, malgrado la sua mente reclamasse ancora un po’ di sonno. La stanza era azzurra, con il soffitto bianco.. nessuna traccia del suo pc fisso, dei suoi libri, delle sue mensole, del suo oridne/disordine attuale.. niente! Neanche il  pigiama era uguale! O meglio.. non ce l’aveva proprio. Indossava una maglia grigia a maniche corte con la scritta rossa che citava “Lisbona”. Basta.. fine, dopo di che, l’intimo nero. Ma chi era quel brutto figlio di buona donna che aveva avuto il coraggio di farle quello? Decise di andare in bagno, cambiarsi con quello che trovava e cercare di fare luce su tutto. Ma appena accese la luce del bagno sbiancò. Lo specchio non riflettè la sua immagine consueta, ma due occhi verdi e lunghi capelli marrone scuro: era Teresa Lisbon.

 

Doveva trovarla. Doveva chiarire quell’equivoco. Prese dal guardaroba dell’agente un paio di jeans a sigaretta e una canotta nera. Uscì dalla stanza..

 

Jane uscì dalla stanza..

 

Oh, merda! «Oh, Lisbon! Cercavo giusto te!»

Il consulente sorrise solare.

«Signor Jane. » fece Selene.

Jane rimase a guardarla, interdetto.

«Lisbon stai bene? » chiese, preoccupato.

Ma che cav…. Oh, giusto!

«Scusa è che.. è stata una nottataccia. » mentì, cercando di far dimenticare la cosa.

«Effettivamente, hai una faccia! Non sembri nemmeno tu! »

Selene lo guardò, allarmata. Non poteva aver capito. Effettivamente, una cosa del genere era pressochè impossibile. Cercò nuovamente di sviare.

«Hai detto che mi stavi cercando? » fece. Lui tornò a sorridere.

«Oh, sì! Secondo te quella ragazza, Selene; che tipo di fiori preferisce? » Ditemi che non è vero! È un sogno!

«Le rose. » rispose, troppo decisa e troppo in fretta.

Lui la squadrò in certo e dubbioso. Quella non era la sua Teresa.

«A tutte le ragazze, bene o male, piacciono le rose. » cercò di spiegare lei l’ovvietà della cosa. Lui annuì.

«Va bene, grazie! A dopo! » la salutò, allontanandosi.

«Ma perché le vuoi regalare dei fiori? » chiese.

Il vantaggio di essere un’altra.

«Non ne sono sicuro. » le urlò dietro lui.

 

Selene sorrise mentre si girava, pronta ad andare alla ricerca del suo corpo.

 

Lisbon uscì come un uragano, alla ricerca dell’altra Lisbon. La trovò ai piedi delle scale del suo piano, anche lei non sembrava molto contenta dello scambio. Ma davvero non ne erano contente? Lei per lo meno?

«Selene? » la chiamò incerta.

Il suo corpo la guardò dritta negli occhi grigi dell’altra. Uno scintillio, l’aveva riconosciuta.

«Agente Lisbon. » che strano effetto sentirsi chiamare da stessi.

«Dobbiamo parlare. » dichiarò l’agente.

L’altra annuì.

«Questa cosa è razionalmente impossibile! »

«Lo pensavo anche io. Ma a quanto pare i desideri sono desideri. » replicò la studentessa.

«Che vuole dire con “i desideri”? » Teresa non capiva.

«Non so se sia così e per questo, ma ieri sera…. Ecco…. Ho desiderato di essere lei. »

Lisbon rimase a bocca aperta. Sbalordita, scioccata.

«Sta scherzando? » non era possibile.

L’altra negò, uno sguardo amareggiato per il danno commesso.

«Ad ogni modo l’ho desiderato solo per un giorno. » aggiunse.

«Quindi? » fece Teresa.

«Quindi, se le cose stanno così, domani tutto tornerà a posto. » spiegò, semplicemente. La donna sbuffò.

«Speriamo! »

 

Jane entrò tutto gongolante dal fiorista, abbagliando con il suo sorriso la donna dietro al bancone; per poco questa non svenne.

«Salve, vorrei comprare dei fiori. » disse gentilmente.

«Certamente. Ha già in mente qualcosa? » domandò l’altra, non mascherando l’ammirazione per l’uomo.

«Delle rose rosse. Cinque per l’esattezza. Sono i giorni che mi fermo qui. » spiegò.

Se non fosse stato talmente affascinante e bello da perdonargli il suo comportamento, avrebbe potuto essere un bambino di cinque anni.

 

Lisbon, ancora nelle sembianze di Selene, percorreva i corridoi universitari, giusto per ingannare il tempo. Quando:

«Ehi, Elly! » la voce di un ragazzo.

Si voltò e vide un ragazzo alto e magro, con occhiali dalla montatura rossa correrle incontro; era carino.

«Ehi, ciao! Dimmi! » fece lei sorridente, cercando di essere “Selene”. Anche lui le sorrise, felice.

«Hem, ecco…. Lo so che io e te non ci conosciamo molto, ma.. beh, ecco…. Volevo chiederti se ti andava di venire alla festa con me domani? » non si capiva se era più timido, o imbarazzato.

«Ok, per me va bene. » fece lei davvero contenta, sorridendogli a trentadue denti.

«Ok. Perfetto, sì. Allora ci vediamo domani, per le otto nel giardino.» fece lui, visibilmente più rilassato.

«Sì, d’accordo. »

Si salutarono.

Chissà che questa volta non riesca davvero ad andare al ballo con un ragazzo carino e dolce.

Davanti alla porta della “sua” camera: 5 rose rosse. Anonime.

 

Una busta scivolò sotto la porta della camera di Lisbon:

“Domani sera per le otto spero mi conceda l’onore di essere il tuo cavaliere. ‘notte Jane!”

Per poco non le crollò il mondo addosso.

Perché Jane quel pomeriggio avrebbe voluto mandarle dei fiori?

E adesso perché la invitava ad una festa?

Che casino si era venuto a creare?!

 

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Capitolo 3
*** -3 GIORNO- La festa ***


-3 GIORNO- La festa

-3 GIORNO-                                     La festa

 

Lisbon si svegliò, alzò la testa e si guardò intorno: era ancora Selene. Sbuffò e si lasciò ricadere sul cuscino.

 

Selene si svegliò, sbadigliò e si stiracchiò. Muri azzurri, scrivania vuota: era ancora l’agente Lisbon.

 

1 ORA DOPO

 

«Non avevi detto che oggi saremmo state normali?»

 Inveì a bassa voce la donna nel corpo della ragazza, con un tono altamente irritato.

«Infatti. Forse allora la causa non è il mio desiderio, ma qualcos’altro. Quindi forse la causa non è mia. » spiegò la ragazza.

Teresa però al suono delle sue parole si era paralizzata.

«Lisbon? Agente Lisbon tutto bene? » domandò la ragazza iniziando a preoccuparsi sul serio.

«Forse non è stata solo colpa tua. » disse la donna abbassando dispiaciuta la testa «Non sei stata l’unica ad esprimere un desiderio. Ho chiesto di poter essere di nuovo una studentessa.»

Diversametne da quello che si aspettava Selene non urlò ne si arrabbiò. Si limitò a sospirare e a guardarla.

«D’accordo. Quindi, credo proprio che ci toccherà aspettare e vedere cosa succede.» concluse saggiamente Selene.

 

Nessuna delle due tirò fuori l’argomento “festa”. Forse perché pensavano che una serata non sarebbe stata niente di che. Quattro chiacchiere, vestiti eleganti, cibo e musica. Ma non sapevano ancora cosa aveva in riserbo il destino per loro.

 

Jane rimase stupefatto quando la vide: vestito nero con spallini sottili, orecchini tondi d’argento e i capelli sciolti. Uno schianto. Le sorrise raggiante di soddisfazione. Lei gli sorrise timida, imbarazzata dallo sguardo di lui.

«Andiamo? » chiese lui.

Lei annuì e gli prese il braccio. Si sentiva una principessa in sua compagnia. Finalmente il suo desiderio si stava realizzando. Anche se non potè fare a meno di pensare che lui amava Teresa Lisbon, non lei. Non si accorse nemmeno di Jane che si fermò, delle loro braccia che si sfilavano.. sentì solo la sua mano afferrarla decisa ma non rude al polso, tirandola indietro. Pocchiò contro il busto del bel consulente. Sussultò per la sorpresa e per la loro vicinanza. La mano libera posata contro il petto dell’uomo. Continuò a guardarlo, imbambolata sperando che lui non le leggesse la mente. Le pagliuzze celesti nei suoi occhi azzurri erano talmente chiare.. . Anche lui non smetteva un solo istante di guardarla.

«Mi dispiace Lison.. »

Non ebbe nemmeno il tempo di pensare che le labbra di Jane erano sulle sue. Si sentì sciogliere sotto il suo tocco da maestro. Un bacio semplice e allo stesso tempo desiderato. Era dolce.

Tornarono a guardarsi, lui le sorrise sincero. Non sapeva cosa dire. Il senso di colpa proruppe dentro di lei con una violenza mostruosa. Si sentiva come una che aveva rubato il principe di un’altra.

 

«Dammi solo un minuto. Ti prometto che torno. » gli disse allontanandosi. Lasciando a malincuore la mano che ancora le teneva il polso gentilmente.

 

Lisbon optò per un vestito rosso con brillantini al centro, sandali e borsa neri, i capelli raccolti in uno chignon. Il suo cavaliere, che si era scoperto che si chiamava Stefano, le offrì da bere. Parlarono di cose di scuola, di tutti i giorni, cose da ragazzi. E lui era lì con lei, bello, sorridente: il suo passato come sarebbe dovuto andare molti anni fa.

«Posso invitarti a ballare? » chiese, senza riuscire a nascondere un po’ di timidezza (o era insicurezza?).

«Certamente. » rispose Teresa, felice.

Si lasciò condurre sulla pista da ballo. Stefano le circondò la vita con un braccio e con la mano libera incrociò le sue dita con quelle della mano di lei. L’agente del CBI si sentiva in pace, per una volta. Appoggiò la testa sulla spalla di lui e si lasciò cullare dal ritmo lento della musica.

«Selene io.. ti devo dire una cosa. »

Stefano si era fermato e la guardava dritta negli occhi. Sembrava agitato e al contempo così serio e deciso. Teresa ebbe paura di sapere già cosa il ragazzo stava per dirle.

«Selene tu mi piaci» Ecco appunto!

«Lo so che tra me e te è sempre stato complicato. Ma stasera, ho avuto come l’impressione che per una volta tra me e te potesse funzionsare. »

Questo è un grosso, enorme, casino!

«Lisbon, Lisbon.. » Teresa si voltò per vedere la vera Selene che la chiamava, venendole incontro.

Quando vide con chi era si fermò. Lo sguardo che andava interrogativo dall’una all’altro.

«Stefano? » la sua voce era un misto di sorpresa e acidità. Il ragazzo sorrise.

«Lei sai il mio nome? Wow, mi piacerebbe tanto sapere chi le ha parlato di me. » disse questo.

Selene tornò a guardare Lisbon.

«Dobbiamo dirglielo. » disse la ragazza.

«A chi? » chiese Lisbon sotto shock.

Selene si voltò nella direzione in cui Jane la stava aspettando. Per poi tornare a guardare Stefano e Lisbon. Lisbon guardò il suo giovane cavaliere. In definitiva aveva mentito.

«Credo tu abbia ragione. » disse infine.

«Non ci crederanno mai. » disse comunque la studentessa.

«Dobbiamo farlo. »

«E andiamo. » sospirò.

 

I tre lasciarono la pista per recarsi al tavolo dove Jane aspettava la sua donna. Vedendo arrivare gente si alzò. Selene e Teresa si misero vicine e si scambiarono uno sguardo complice e a disagio.

«Noi dobbiamo dirvi una cosa. » iniziò Selene.

«Ma davvero.. » fece gongolante Jane.

«Taci Jane! » lo bloccò Lisbon.

Il consulente guardò con un punto interrogativo in volto la studentessa.

«Noi non siamo quelle che sembriamo. » continuò Selene.

«Che intende dire? » domandò Stefano.

«Io non sono Selene e lei non è Lisbon. » chiarì secca Teresa. Nessuno dei due uomini proferì parola.

«Non so come sia possibile ma…. Ci siamo scambiate. » riuscì a spiegare Selene.

«Da quanto è così? » chiese Jane, serissimo.

«Ieri. » rispose Selene.

«E’ assurdo! » proruppe Stefano.

«Sono d’accordo. Ma questi sono i fatti. Mi.. mi dispiace per quello che è successo. L’ultima cosa che volevamo era….»

«…. Era prenderci gioco di voi. » completò Selene.

Entrambe le donne erano abbattute. Mai avrebbero pensato che un desiderio potesse far così male. Stefano era sbalordito e allo stesso tempo addolorato per essersi dichiarato ad un’altra. Questo voleva dire che Selene non lo voleva. Jane invece era stupito, ma del fatto che Lisbon non fosse la “sua” Lisbon l’aveva già capito. Certo, si aspettava una cosa del tipo “sosia”, mai che le loro identità si fossero scambiate. Fatto sta che per lui non fu poi così grave.

«Beh, oramai le cose sono andate così. Perciò, adesso che ci siamo chiariti, perché non andiamo avanti con la serata? » propose Jane.

«Sono d’accordo. Lisbon..? » fece Stefano, tendendo ad una Lisbon stupita la mano. Lei l’afferrò e si allontanarono. Con un cenno del capo Jane indicò ad Selene una sedia. Si sedettero e passarono la serata insieme tra bevande, balli e qualche chiacchiera.

Eppure non poteva fare a meno di sentirsi terribilmente  in colpa. E questo Jane lo vide.

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Capitolo 4
*** -4 GIORNO- Come prima ***


-4 GIORNO- Come prima

-4 GIORNO-                                Come prima

 

Selene si svegliò: pareti viola, computer, casino…. Era lei. Era tornata. Si rigirò tra le coperte, assaporando quella sensazione di essere stessa che le era mancata. Eppure si sentiva come se avesse combinato una marachella più grossa delle sue possibilità.

 

Aprì gli occhi. La sensazione del lenzuolo sulle sue gambe nude le confermò che era nel suo corpo, nella sua stanza, nel suo letto.. . Finalmente.

 

ORE 9.45:

 

Nell’uscire dalla lezione Selene trovò Lisbon che la stava aspettando; una spalla appoggiata agli armadietti.

La trovò giù (di morale s’intende!).

«Ti va di fare colazione? » le chiese la donna.

«Okay. » concordò l’altra.

Lasciò lo zaino nel suo armadietto e andarono al bar. Rimasero un sacco di tempo in silenzio.

«Allora, adesso è tutto come prima. » disse Selene.

Lisbon annuì, anche se non sembrava molto convinta.

«Già, così pare. » silenzio.

«Se posso chiedertelo: perché volevi essere di nuovo studente? » fece la ragazza. Sembravano due vecchie amiche che si stavano “confessando”. Lisbon sorrise.

«Beh, diciamo che l’università non mi è dispiaciuta. L’unico rammarico era stato rifiutare un ragazzo molto carino che mi aveva invitata alla festa di fine anno. »

«Così adesso hai realizzato il tuo desiderio. » constatò.

«Già. E tu perché avresti voluto essere me? »

Selene si mosse sulla sedia agitata, imbarazzata e a disagio. Stava per arrossire se lo sentiva.

«Vedi, ho studiato molto sulla vostra squadra e personalmente vi ammiro. Poi ho incontrato Jane e lui è.. beh.. è un bell’uomo, non c’è che dire. Pensavo, sai, quelle cottarelle liceali; probabilmente è per questo che ho espresso il desiderio. Ma quando mi ha chiesto delle  rose; mi ha invitata alla festa; mi ha baciata; e…. e io gli ho mentito. Ecco, lì ho capito che mi dispiaceva veramente. La cosa più stupida che potessi fare nella mia vita e io l’ho fatta. »

Lisbon sorrise, comprensiva.

«Ti sei innamorata di Patrick Jane! Wow! Devo ammettere che è strano sentirselo dire. Mi dispiace solo che sia finita così. »

«Abbiamo avuto quello che volevamo. Adesso, dobbiamo andare avanti! » un comportamento fiero e deciso, ma dentro tanta voglia di piangere.

«Giusto! » concordò con un sorriso il capo del CBI.

Alzarono i rispettivi binchieri e brindarono.

 

ORE 13.00 :

 

Le rose rosse nel vaso sopra il cassettone sono ogni volta una pugnalata al cuore. Eppure sono così belle che ogni volta che si siede alla scrivania non può evitare di posarvi lo sguardo, e poi rimane così…. Per interminabili minuti. Per mezz’ore.

TOCK TOCK

Si alza e va ad aprire. Spera vivamente che non sia uno studente di qualche suo corso a cui serve  qualcosa. Non è proprio dell’umore giusto per dispensare consigli. Ma è dell’umore giusto per ritrovarsi davanti Patrick Jane? Si blocca sulla porta. Pietrificata dal terrore. Non riesce nemmeno a salutarlo.

«Posso entrare? » chiede con quella sua voce calda e zuccherata, che la fa sciogliere ogni volta. Si sposta per farlo entrare; lui sembra così tranquillo. allora perché lei si sente così stupida? Perché ha lo stomaco capovolto? Il cuore a mille? La faccia in fiamme? Lui si gira e la guarda. Ad un certo punto sorride. Si avvicina quel tanto per metterle le mani sulle spalle.

«Selene, ehi! Calma! Rilassati! » i suoi occhi sono così chiari e limpidi, nessuna traccia di rancore «Va tutto bene! » nello stesso istante in cui l’ha toccata ha sentito una scossa e poi brividi per tutto  il corpo.

«Posso fare qualcosa per lei signor Jane? » chiede formale.

E così siamo tornati al “signor Jane”, eh? Ma chi vuoi prendere in giro?

«Patrick. » dice lui, guardandola fisso negli occhi.

«Come? » non ne è sicura. Non capisce.

«Patrick. » ripete lui, a voce più bassa quasi fosse un segreto tra loro due. Nel cuore della ragazza si accende una fiammella, di speranza.

«Se è per quello che è successo…. » incominciò lei.

«Sapevo già tutto. » dichiarò lui. Serissimo.

«Da quanto? » fece lei, sempre più in colpa.

«Da sempre. Da quando mi hai dato del lei. Da quando mi hai risposto sicura delle rose. Da quando non mi hai tirato un pugno quando ti ho baciata. Da quando a dirmi di tacere era stata Lisbon. Dal primo momento in cui ti ho guardata negli occhi. » si fissarono per un lungo, interminabile, intenso momento «Gli occhi non mentono mai. »

Si sentì sciogliere sotto quello sguardo disarmante, non riusciva nemmeno a guardarlo. Non si era nemmeno resa conto di essere indietreggiata fino al muro.

«Patrick…. » le parole le morirono in gola, non sapeva cosa dire.

«Shh….shh…. » fece lui.

Con le spalle al muro. Senza il coraggio di guardarlo, il suo profumo nelle narici. Sentì le dita di lu intrecciarsi alle sue. Alzò lo sguardo, si sentiva impotente. Eppure dai suoi occhi traspariva il desiderio che sentiva di averlo per sé. Lui glielo lesse nella mente.

«Patrici.. » soffiò tra le labbra.

Fu il tempo di un battito e lui coprì le labbra di lei con le proprie. Non se lo fece ripetere due volte e lei rispose. Quello che prima era solo un sentirsi adesso era un’esplorazione, una conoscenza dell’altro. Le loro lingue si allacciavano e si intrecciavano con sempre maggior vigore, sempre più in profondità. Dopo un attimo di esitazione Selene slacciò le loro mani per portare le proprie dietro la nuca di lui, affondando le dita in quei morbidi riccioli biondi. Lui le afferrò la vita, facendo poi passare le mani sotto la maglietta per sfiorarle la pelle della schiena. Al suo tocco Selene si inarcò contro il torace del consulente. Lui portò le mani alle sue gambe, sollevandola. Lei gli strinse i fianchi. Brevi, languidi ed intensi scambi di sguardi.

«Posso..? » chiese ad un certo punto lui con un filo di voce, roca dalla passione e dal desiderio. Le labbra a pochi centimetri da quelle di lei.

«Ti prego…. » il suo desiderio. “Lo stava realizzando”. Tornò a baciarla e quando si staccò si sentì appoggiare sul letto. Fu un continuo baciarsi, toccarsi, accarezzarsi. Piano, di sfuggita, delicatamente…. Quasi si avesse paura di farsi del male, di sbagliare. Il  biondo scese a baciarle la mandibola e il collo, la studentessa lo afferrò per il colletto della camicia tirandoselo vicino, per poterlo baciare e per potergliela slacciare. Nel momento che le loro mani toccarono la pella nuda dell’altro, si baciarono.. tutto divenne buio, spegnendo il pulsante della ragione e della razionalità e premendo invece quello dell’irrazionalità,  del piacere, del sogno.

 

Quando aprì gli occhi ebbe paura fosse stato tutto un sogno, ma due braccia forti ed accoglienti la circondarono, stringendola al corpo dietro di lei. Girò la testa per perdersi in quei due oceani azzurri che le piacevano così tanto; sorrise leggermente.

«Buongiorno! » disse lui allegro, regalandole un sorriso solare.

«Buongiorno. » ricambiò lei sorridendo anch’essa, respirando a pieni polmoni l’aria di felicità che aleggiava nella camera universitaria.

Ti amo!

«Sì, lo so! » disse lui, allargando il sorriso.

Lei rise, era felice. Sapeva che le aveva letto la mente.

«Ti amo, anche io. » disse lui serio, dolce.

La ragazza si sollevò, gli diede un bacio stampo.

 

Rimasero a guardarsi per un sacco di tempo, per tutto il giorno.

 

Il giorno dopo l’aereo del CBI sarebbe ripartito.

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Capitolo 5
*** -5 GIORNO- Epilogo ***


-5 GIORNO- Epilogo

-5 GIORNO-                                        Epilogo

 

Il motore dell’aereo rombò assordante. Tutta la squadra del CBI raggiunse la pista per salire a bordo.

«Agente Lisbon! Teresa! »

La donna si fermò, voltandosi. Stefano le corse incontro.

«Cosa succede Stefano? Dimmi tutto. » lo invitò lei.

Gli occhi del ragazzo si fissarono in quelli di lei. La guardò intensamente, e dopo un attimo si sporse verso di lei. Le scoccò un lungo ed appassionato bacio sulla guancia. Quando tornarono a guardarsi Teresa gli sorrise come non aveva mai fatto con nessun altro. Gli gettò le braccia al collo e lo strinse a sé. Il ragazzo ricambiò qule gesto altrettanto spontaneo.

«Grazie per essere stato il mio sogno. »

 

L’aereo partì.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lisbon e Jane rimasero in Italia? O presero l’aereo? O furono Selene e Stefano ad andare a Sacramento? Oppure le loro storie finirono….? Signori, a voi il finale per questa storia scritta di getto!-- ;) J

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