Introduzione:
Ed eccomi qui con un'altra storia cross-over sui Digimon,
stavolta tra Tamers e Savers. Questa fan fiction comincerà un anno dopo il
finale di tamers, precisamente da quando Takato scoprirà il varco per
Digiworld, come nel finale originale della serie. Da qui comincerà una nuova
avventura.
Ovviamente sconsiglio a chi non ha visto la terza e la
quinta serie e ha intenzione di vederle, di leggere questa fan fiction, visto
che presenterà molti spoiler, fin dall’inizio.
Ma ora, “è il
tempo dello show!” (capirete in seguito perché ho messo questa frase tra
virgolette).
Capitolo 01: Un anno dopo! La misteriosa DATS!
“Aiutaci papà!” gridò Henry, piangendo e tenendo tra le
braccia Terriermon, che era regredito di livello.
“Signor Wong, i Digimon sono regrediti di livello di colpo e
tutti insieme!” disse Takato, anche lui tenendo tra le braccia il suo Digimon e
guardando il padre di Henry piangendo.
Il padre di Henry però continuava a tenere la testa bassa,
senza dire niente.
A quel punto un dubbio raggiunse Henry.
“Un momento!” disse, guardando il padre. “Dimmi la verità!
Tu ne sai qualcosa!”.
Suo padre, girando la testa da un'altra parte, rispose così:
“Si Henry. Purtroppo non c’era altra scelta. L’umanità era in pericolo, dovevamo
intervenire, anche a costo di perdere i Digimon.”.
“Perdere? In che senso, scusi?” chiese Ryo, anche lui
tenendo il suo Digimon tra le braccia.
“Il processo è irreversibile. Devono tornare a Digiworld. È
il prezzo da pagare per aver ripristinato la stabilità tra i due mondi”
Continuò il padre di Henry.
“Come avete potuto? Io non voglio perdere Guilmon! Sono il
suo Digimon tamer e dobbiamo restare insieme per sempre!” disse Takato,
continuando a piangere e a guardare la forma precedente a Guilmon.
“Non è possibile! Deve esserci un modo per interrompere il
processo!” disse Rika, anche lei piangendo e abbracciando il suo Digimon.
“Se tu lo sapevi, perché hai caricato Shangai nella memoria
di Terriermon?” urlò Henry verso il padre, guardandolo con un misto di
tristezza e rabbia.
“È stata una decisione difficile. Ma te l’ho detto: non ci
restava altra scelta. Era l’unico modo per garantire a tutti la sopravvivenza,
anche se in mondi separati.”.
Henry non distolse lo sguardo dal padre, finché non fu il
suo Digimon a parlare.
“Henry…” disse il Digimon, facendo voltare il suo tamer
verso di lui. “Momentai” continuò, dicendo la sua frase preferita, anche in una
circostanza come quella. Pensare positivo.
“No… non è giusto…” disse Henry. Poi. Con un enorme sforzò,
lasciò il suo Digimon andare, mentre il varco continuava a risucchiare tutti i
Digimon rimasti nel mondo reale.
“Come faccio senza di te? Non lasciarmi, ti scongiuro!”
disse Rika.
“Non posso. Ma sono sicura che prima o poi ci rivedremo”
rispose il Digimon, prima di venire anche lui attirato verso il varco.
“ASPETTA! È TROPPO PRESTO, NON SONO ANCORA PRONTA!” urlò
Rika, vedendo il suo Digimon sfuggire dalle sue mani.
“Guilmon…” disse Takato, alzando le mani e continuando a
tenere il Digimon.
“È stato bello giocare insieme, vero? Takato…” disse il
Digimon, senza perdere il suo sorriso.
Takato, facendo un sorriso e annuendo con la testa, rispose:
“Si…” e la sciò andare il suo Digimon, il Digimon che aveva preso vita da un
suo disegno ormai parecchi mesi prima, verso il varco.
Uno a uno, tutti i Digimon di ogni Digimon tamer, ormai
regrediti al loro livello più basso, cominciarono a sparire nel varco che
collegava il mondo reale con Digiworld.
“Non perdere mai il sorriso! È la tua forza! Vale più di
tutto l’oro del mondo! Takatoooo” disse il Digimon di Takato, l’ultimo a
sparire nel varco.
“Perché non li fermate? Non è giusto! Non è giusto…” gridò
piangendo Suzie, abbracciandosi al fratello.
Henry, mentre accarezzava la sorella, si girò di nuovo verso
suo padre, che si era messo a piangere anche lui. Anche per lui era stata una
decisione sofferta, essendo stato uno degli esseri umani ad aver creato i
Digimon.
Henry poi fece un lieve sorriso verso il padre e scosse la
testa.
“Henry…” cominciò suo padre. “Scusami, io…” poi, non
reggendo più la situazione, s’inginocchiò a terra, continuando a piangere.
I Digimon tamers erano tutti a guardare il varco, e tutti
avevano un sorrisetto, anche se continuavano a piangere. Non erano felici di
essersi dovuti separare dai loro Digimon, ma erano sicuri che quello non fosse
un addio.
“Non perderò mai il sorriso! Per niente al mondo! Te lo
giuro, per niente al mondo!” disse Takato, rivolto al suo Digimon, consapevole
che ormai non poteva più sentirlo.
In quel momento, il varco si chiuse davanti ai loro occhi, e
il luogo che aveva ospitato la battaglia finale tra i Tamers e il D-Reaper
tornò alla normalità, come se non fosse successo niente. Certo, ci sarebbe
voluto tempo perché la città di Tokyo potesse ritornare come prima. Gli attacchi
dei Deva e del D-Reaper l’avevano gravemente danneggiata, ma non era andata
distrutta.
Era passato ormai un anno da quando questo avvenne. Piano
piano, come tutti speravano, la vita nella città riprese il suo normale
andamento.
Takato tornò ad aiutare i suoi genitori nella loro
panetteria, e continuando a giocare con i suoi amici al gioco che aveva
cambiato la loro vita per sempre.
Anche Jery, che era finita in una grave depressione in
seguito all’eliminazione del suo Digimon e che aveva permesso al D-Reaper di impadronirsi
del suo corpo e cercare di distruggere il mondo reale e Digiworld, ora era
tornata la solita ragazzina allegra che usava il suo pupazzo che teneva sulla
mano per parlare.
Comunque Takato non aveva perso la speranza di potersi un
giorno riunire nuovamente con Guilmon, e quasi ogni giorno passava nel rifugio
che aveva ospitato il suo Digimon, ma non c’era mai nessuna novità. Il varco
che aveva riportato i loro Digimon a Digiworld sembrava non essersi più
riaperto…
Da un'altra parte della città, più precisamente vicino al
porto, una vecchia conoscenza dei Digimon tamers, che prima li era stata nemica
ma che in seguito li aveva aiutati, stava osservando una costruzione, che era
stata ultimata da poco. Il suo intuito li diceva che era qualcosa di più di un
semplice palazzo, ma senza prove, non poteva dire nulla… a questo pensiero,
fece scattare il suo accendino d’argento, poi, girandosi, se ne andò.
Yamaki non poteva immaginare che aveva più ragione di quanto
lui credesse.
In quello stesso momento, proprio sotto i suoi piedi, il
destino aveva ripreso a girare, nella forma di un essere che stava correndo il
più velocemente possibile, per scappare.
Poco lontano, in un parco cittadino, lo stesso dove si
trovava Takato, un ragazzo stava passeggiando tranquillamente. A un tratto,
venne accerchiato da altri quattordici ragazzi, che sembravano intenzionati a
fargliela pagare per qualcosa.
“Allora Masaru, credi di poter scappare?” disse il ragazzo
che sembrava essere il capo di quella gang. “Te la faremo pagare per
l’umiliazione che ci hai inferto l’ultima volta!”
Il ragazzo in mezzo, che indossava una maglietta bianca, con
un gilè a maniche corto rosso sopra e con un paio di jeans, che aveva i lunghi
capelli bruni raccolti in una fascia dietro e con una strana collana al collo,
non sembrò intimorito.
“Scappare? Non dite stupidaggini! Sapete benissimo che io
non mi dirò mai indietro!” rispose il ragazzo di nome Masaru, chiudendo le mani
a pugno.
“Molto bene! Se desideri questo, per noi va bene! Siamo in
quattordici contro uno! Come speri di cavartela?”
“Così!”. Senza permettere agli altri di intervenire, Masaru
partì contro il capo, e lo colpì in piena pancia, facendolo piegare dal dolore.
“C-capo!” disse preoccupati gli altri membri della gang,
vedendo il loro capo cadere a terra privo di sensi, per l’enorme forza del
colpo ricevuto.
“Tutto qui?” disse Masaru, quasi deluso dal fatto che il suo
avversario fosse caduto al primo colpo. Poi senza aspettare un secondo, attaccò
anche gli altri ragazzi, mettendo K.O. nello stesso modo altri sei ragazzi. Si
stava preparando per colpire i rimanenti quando qualcosa li colpì prima,
mandando anche loro K.O.
“E tu chi sei?” chiese Masaru, rivolto allo strano essere
che aveva messo K.O. i suoi avversari. “Come ti permetti di interferire nella
mia battaglia?” disse Masaru, in tono di sfida.
Lo strano essere guardò Masaru, e un sorrisetto colpì la sua
enorme bocca, mostrando dei denti aguzzi, che non spaventarono l’avversario. “Finalmente
aveva trovato un avversario alla sua portata!” fu il pensiero in comune sia
dello strano essere sia del ragazzo.
Takato, che in quel momento stava tornando a casa, fu
attirato dalle urla di qualcuno, apparentemente appartenenti a dei ragazzi. Il
suo istinto da tamer lo indusse a vedere da cosa erano provocate quelle urla.
Mentre Takato si allontanava, non si accorse della polizia
che stava arrivando, e che cominciò a circoscrivere proprio la zona dove si
trovava il giovane tamer.
Quando Takato arrivò nel luogo da cui provenivano le urla, rimase
sorpreso, spaventato e felice allo stesso tempo.
Davanti a lui, dopo un anno che non ne vedeva più uno, c’era
un Digimon. Un Digimon a forma di dinosauro e dalle squame arancioni, che
Takato riconobbe subito. Si trattava di un Agumon! Solo che era molto più
grande del solito e portava delle fasce rosse sulle zampe.
Ma una cosa che sorprese non poco il domatore fu il fatto
che davanti al Digimon c’era un ragazzo, e i due non sembravano intenzionati a
parlare, visto che entrambi avevano chiuso le mani o le zampe a pugno.
Pochi metri più in là, una ragazza, stava correndo.
Indossava un uniforme rosa scuro, con dei punti bianchi, e teneva in mano un
cellulare.
“Ne sei sicura?” chiese, rivolta al cellulare.
“Si” disse una voce squillante proveniente dall’apparecchio.
“Ci sono sedici umani oltre a Raptor-1”
“Dannazione… di male in peggio…” disse la ragazza, premendo
un tasto sull’auricolare che portava all’orecchio.
“Capitano!” disse. “Abbiamo un problema: ci sono ben sedici
umani insieme a Raptor-1. Come devo procedere?”
Dall’auricolare arrivò la risposta, apparentemente
proveniente da un uomo. “La priorità va alla cattura di Raptor-1. Poi procedi
con il procedimento di cancellazione della memoria per gli umani coinvolti.
Chiaro, agente Yoshino?”
L’agente rispose di si, mentre arrivava sul luogo del fatto.
Li vide subito quattordici ragazzi che giacevano a terra svenuti.
“Oh, no…” disse Yoshino.
“Yoshino, più avanti c’è Raptor-1, e con lui gli altri due
umani” disse la voce proveniente dal cellulare.
Senza perdere un secondo, l’agente si mise a correre,
sperando di arrivare in tempo. Ma lo spettacolo che si presentò davanti ai suoi
occhi la fece rimanere di sasso.
Raptor-1 era di fronte ad un ragazzo, e un altro ragazzo,
poco più lontano, stava guardando la scena come la stava guardando Yoshino. Ma
nei suoi occhi, si poteva intravedere una luce di gioia.
“Chi cavolo credi di essere, per intrometterti nella mia
battaglia?” chiese il ragazzo, rivolto al dinosauro, che si limitò a sopprimere
un ruggito.
“Nessuno può permettersi di invadere il mio territorio e di
prendere il mio posto!” continuò il ragazzo. “Il sono il combattente di strada
numero uno: Daimon Masaru!”
“N-non starà mica…” disse Yoshino.
“Per fare a botte con quel Digimon?” finì Takato, ignaro
della ragazza.
“Sta zitto!” rispose il Digimon, rivolto a Masaru. “Sai solo
parlare! Sei davvero pieno di te, per essere uno stupido umano!”.
Questa frase fece tornare in mente a Takato i suoi primi
combattimento al fianco di Guilmon, contro i Digimon che minacciavano la Terra
e che sembravano sviluppare tutti un odio verso gli umani…
“Non è possibile…” disse tra se. “Speriamo non abbia
intenzioni troppo ostili… non sarei in grado di aiutare quel ragazzo, ora come
ora… posso solo usare questa.” Disse tirando fuori dalla tasca il suo fidato
Digivice color oro e una carta. Gesto che non sfuggì all’agente.
“Quell’altro ragazzo… che cos’ha intenzione di fare?” si
chiese fra se.
“Chiudi un po’ quella tua boccaccia!” disse Masaru.
“Io sono fatto così!” rispose Agumon
“Yoshino!” disse la voce proveniente dall’auricolare. “Porta
i civili lontano da Raptor-1!”
“Subito!” disse la ragazza, per poi rivolgersi ai due
ragazzi.
“Ehi, voi due! Allontanatevi da qui, è pericoloso!”
Takato guardò in un modo strano la ragazza. Se solo sapesse
a chi stava parlando, non avrebbe nemmeno osato dirli una frase del genere.
Masaru invece gli rispose, come se la ragazza avesse detto
chissà che cosa.
“Qui non c’entra se è pericoloso o no! Questo è uno scontro
da uomo a uomo!”
“Giusto! Da uomo a uomo!” concordò l’Agumon.
Questa risposta lasciò di stucco sia Yoshino che Takato.
“Da uomo a… uomo?” ripeté Takato.
“Capito? Ora stanne fuori!” disse Masaru, rivolto
all’agente.
Poi, tornando al suo avversario. “Vedo che sei piuttosto
coraggioso! FATTI SOTTO!”
“E va bene!” rispose il Digimon.
Poi, sotto gli occhi di Takato e di Yoshino, i due partirono
alla carica, uno contro l’altro.
Quello che avvenne lascio i due ragazzi pietrificati.
Neppure Takato, nella sua esperienza da Digimon tamer, aveva mai visto niente
di simile, mentre Yoshino si stava anche lei chiedendo com’era possibile.
Masaru e Agumon si erano appena presi a pugni. Uno sulla
faccia dell’altro.
I due vennero scaraventati a circa un metro di distanze dal
punto dove si trovavano prima, uno in direzione opposta all’altro, cadendo a
terra.
“I - impossibile! Come accidenti ha fatto a colpire un
Digimon a mani nude?” disse Takato ad alta voce, attirandosi lo sguardo, già
sorpreso, di Yoshino. Come faceva quel ragazzo a conoscere l’esistenza dei Digimon?
Nel Database che aveva analizzato, quel ragazzo non era nella lista delle
persone a conoscenza di ciò…
Poi un’idea balzò nella testa di Yoshino. Che quel ragazzo
fosse…
Ma i suoi pensieri furono interrotti da un ruggito di rabbia
da parte di Raptor-1.
“Mi hai fatto male!” disse il dinosauro arancione,
rialzandosi da terra. “Sei il primo essere umano che ci riesce”.
Il ragazzo si alzò anche lui. “Lo stesso vale per te. Sei il
primo che riesce a farmi male. Beh, finalmente un degno avversario”.
“Che buffo! Stavo pesando la stessa cosa!” rispose Agumon.
“In questo caso non c’è che una cosa da fare…” cominciò
Masaru. “Ed è vedere chi vincerà!” e senza aspettare la risposta del Digimon,
partì all’attacco e con un agile movimento di gambe, riuscì a dare una
ginocchiata al Digimon, che però, dopo aver emesso un lieve grugnito di dolore,
rispose rifilando un calcio a Masaru nell’ultimo posto che avrebbe dovuto
colpire.
“Ahi!” disse Takato, immaginando il dolore che stava
provando il ragazzo, che si era inginocchiato per il dolore. “Quello deve aver
fatto parecchio male”.
Ma Masaru non ci mise molto a riprendersi. “Tu… maledetto…”
ma preferì non finire la frase e rispose rifilando all’Agumon un pugno in piena
faccia, che fece spostare di circa mezzo metro il Digimon.
Il combattimento andò avanti ancora per diversi minuti,
vedendo ripetute sempre le stesse scene.
“Accidenti… ma quanta forza hanno quei due?” si chiese
Takato.
Nel frattempo, Yoshino aveva deciso che era meglio
cominciare il lavoro che teoricamente avrebbe dovuto eseguire dopo la cattura
di Raptor-1, ma sapendo che comunque l’effetto sarebbe durato qualche minuto e
vedendo che ormai Raptor-1 e Masaru erano quasi arrivati allo stremo delle
forze, decise di cominciare ad agire.
Si avvicinò a Takato, cominciando a cercare qualcosa in
tasca.
“Ehi, tu!” disse poi, rivolta a Takato.
“Si, che c’è?” rispose Takato, non sorpreso di molto del
fatto che quella ragazza lo chiamasse. Dopotutto aveva dimostrato di conoscere
l’essere che stava combattendo a suon di pugni e calci contro quel ragazzo.
“Come fai a conoscere l’esistenza dei Digimon?” chiese
Yoshino, tirando fuori una penna dalla tasca.
Questo sorprese Takato.
“Mi spiace, ma non posso dirtelo così come se niente fosse.
Tu piuttosto come fai a conoscerli?”
“La mia risposta è la stessa che hai fornito tu. Ora, per
piacere, guarda qui.” e puntando la penna addosso a Takato, premete un tasto
sopra, e la penna emanò una fortissima luce, che durò qualche secondo.
“Bene, e questa è fatta” disse Yoshino, girandosi verso
Masaru. Ora non le restava che aspettare di poter fare la stessa cosa anche con
l’altro ragazzo e catturare Raptor-1 e la missione sarebbe stata portata a
termine.
“Ahi, i miei occhi!” disse Takato, riprendendosi dalla luce
della penna.
Yoshino si girò di scatto verso Takato, con gli occhi
letteralmente fuori dalle orbite per la sorpresa.
“Che cosa credevi di fare con quella penna? E cosa intendevi
dire con ‘e questa è fatta’?”
Yoshino arretrò di qualche passo. Non era possibile…
“Come hai fatto?” chiese Yoshino
“A fare cosa?”
“A mantenere la tua memoria!”
Takato a quel punto cominciò a capire. Quella ragazza doveva
essere ben più di una semplice ragazza.
“Non so di cosa tu stia parlando” rispose qualche secondo
dopo.
“Dovevi aver dimenticato tutto ciò che riguardava i Digimon!
Non dovevi nemmeno ricordati che ti avevo puntato addosso la penna cancella
memoria!” disse Yoshino, alzando un pochino la voce.
Takato la squadrò. “Se davvero credevi di potermi far
dimenticare dei Digimon così facilmente, allora hai davvero le idee confuse.
Non dimenticherò mai l’esistenza dei Digimon. Ho fatto una promessa, e intendo
mantenerla. E non sarà di certo uno strumento come quello a farmela
dimenticare.”
La risposta di Takato, chiara, concisa e allo stesso tempo
fece rimanere di stucco la giovane agente.
Ma prima che potesse rispondere, la voce proveniente dal suo
cellulare la chiamò.
“Yoshino! Raptor-1 e il ragazzo sono entrambi a terra!”
disse rivolta all’agente.
Sia Yoshino che Takato si girarono verso Masaru e Agumon,
che avevano continuato la loro lotta mentre loro due discutevano. Ora entrambi
erano a terra esausti.
Takato, precedendo Yoshino, si mise a correre verso di loro,
fermandosi a pochi metri da loro, perché vide che i due stavano ancora
parlando.
“Uff…” disse Masaru. “Combatti davvero bene, per essere una
lucertola troppo cresciuta.” Concluse, ma non con un tono da presa in giro ma
amichevole.
“Anche tu, per essere un essere umano” rispose il Digimon,
con lo stesso tuono. Poi, alzando la zampa che era più vicina a Masaru, disse:
“Io mi chiamo Agumon, aniki!” (Nota dell’autore: aniki, in giapponese, vuol
dire capo. Ho deciso di lasciare il termine il giapponese perché credo che
faccia più effetto).
Masaru lo guardò. Poi, alzando anche lui il braccio più vicino
ad Agumon, li strinse la mano.
“Aniki, eh?” chiese ridendo al Digimon.
“Si. D’ora in poi sarò il tuo seguace!” rispose Agumon.
A Takato tornò in mente quando conobbe il suo Digimon. Lui
all’inizio aveva avuto paura, ma poi aveva capito che non era pericoloso, anzi,
era un grande giocherellone, almeno fino a quando non appariva un nuovo nemico.
“Frenate la fantasia, voi due!” intervenne Yoshino, rivolta
ai due.
Poi puntò il suo cellulare verso di loro e disse: “Lalamon,
realize!”
Sotto gli occhi di Takato, Masaru e Agumon, davanti ai loro
occhi, dal cellulare cominciarono uscire dei pixel visibili a occhio nudo, che
si riunirono a un impressionante velocità davanti ai loro occhi, formando una
specie di seme gigante verde e viola, che aveva quattro piccoli arti oltre che
a due occhi e una bocca.
“Ora voi tre dovete venire con noi senza far storie!”
continuò la ragazza, tirando fuori un distintivo. “Siete in arresto in nome
della DATS!”
“Chi accidenti siete voi due?” chiese Masaru, rialzandosi.
“Sono qui per catturarmi” rispose Agumon. “Ma io non ho
nessuna intenzione di tornare da loro. Stavolta mi cancelleranno sicuramente”
A sentire questo, Takato non poté resistere, e si mise
davanti a Masaru e Agumon.
“Che cosa credi di fare, ragazzo?” chiese Yoshino.
“Non permetterò che la storia si ripeta. Ho già assistito a
ciò, e non ha fatto altro che provocare una guerra tra il mondo digitale e
quello reale. Non so come Yamaki si sia convinto a usare altri digiprescelti
per fermare gli altri, ma non li permetterò di farlo!” rispose Takato, tirando
di nuovo fuori il suo Digivice e il suo fidato mazzo di carte. Sapeva benissimo
che poteva ben poco senza Guilmon, ma non per questo era deciso ad arrendersi
senza combattere.
“Yamaki?” chiese Yoshino. “Non so nemmeno di chi tu stia
parlando. Io sono sotto gli ordini della DATS, una divisione speciale della
polizia che si occupa degli incidenti digitali come quello appena avvenuto, e
si assicura che chi ha assistito o partecipato a ciò, non ricordi più niente, e
il Digimon coinvolto venga rispedito da dove viene.”
Takato digrigno i denti. Questa non ci voleva… se era
veramente della polizia, la cosa rischiava di andare oltre le sue previsioni.
Ma non poteva rimangiarsi la parola.
“Lalamon, colpiscili in modo lieve, sufficiente a farli
svenire” disse Yoshino, rivolta al suo Digimon.
Lalamon cominciò a sparare qualcosa con la bocca ma Takato
fu più veloce.
Prese velocemente una carta dal suo mazzo e la infilò nel
Digivice.
“Digimodificati! Carta dello scudo di Omnimon!” urlò. Davanti
a lui, Masaru e Agumon apparve un enorme scudo che parò l’attacco di Lalamon.
“Cosa? Come ha fatto?” si chiese Yoshino. Poi Takato prese
un'altra carta e infilò anche quella nel Digivice.
“Digimodificati! Carta della nebbia!”. Non appena fece
passare la carta, tutto intorno una fittissima nebbia avvolse tutti loro, e
durò qualche minuto.
Quando la nebbia si dissolse, Takato, Masaru e Agumon erano
spariti.
“Dannazione… il capitano non sarà contento…” disse Yoshino.
“Agente Yoshino!” disse una voce proveniente
dall’auricolare.
“Quando si parla del diavolo…” disse Lalamon, anticipando la
sua compagna, che si apprestava a rispondere.
“Mi scuso per il fallimento, capitano. Ma non immaginavo che
quel ragazzino potesse usare quei trucchi per scappare insieme all’altro
ragazzo e a Raptor-1…”
“Lo sappiamo!” disse un'altra voce proveniente sempre
dall’auricolare. “Per ora limitatevi a tornare alla base. Poi troveremo una
soluzione”
“Va bene. Arriviamo subito” rispose Yoshino, per poi correre
via insieme al suo Digimon.
“Uff… si può sapere dove ci stai portando?” chiese Masaru a
Takato, mentre continuavano a correre.
“In un luogo sicuro per voi due, almeno per il momento.”
Rispose lui.
“Voi due siete diversi dagli altri esseri umani…” disse
Agumon, che in quella situazione era l’unico che non stava facendo fatica,
poiché era stato caricato sulle spalle di Masaru. “Siete gli unici che non
hanno avuto paura di me”
“Beh, Agumon, io non sono un tipo che si spaventa
facilmente. Soprattutto quando c’è l’opportunità di fare a pugni” gli disse
Masaru, guadagnandosi un’occhiataccia da Takato.
“Questa tua mania ti porterà nei guai, credimi” gli disse.
“Fare a pugni non è la cosa migliore da fare con un Digimon. Sei stato
fortunato stavolta, ma non credo che con altri avrai la stessa fortuna. E
credimi, te lo dice uno che ne ha viste di tutti i colori. Comunque eccoci,
siamo arrivati.” Disse, indicando un piccolo edificio nel parco, che
probabilmente in passato era stato usato come magazzino. “Lì dentro dovreste
essere al sicuro per un po’! Almeno se quella ragazza diceva la verità, quando
ha detto di non conoscere Yamaki…”
“Ma io vorrei sapere di cosa stai parlano!” gli disse
Masaru. “Continui a parlare come se tu sapessi tutto di ciò che sta accadendo.
Se le cose stanno così, direi che ho il diritto di sapere come stanno, no?”.
Takato lo guardò per qualche secondo.
“Hai ragione…” disse piano. “Senti, dammi qualche minuto.
Devo prima contattare alcuni amici. Voi non usciti per nessun motivo da lì
dentro!” e li fece entrare nel luogo che era stato il rifugio di Guilmon per
diversi mesi.
“Ma che cos…?” disse Agumon, vedendo l’enorme buco che c’era
all’interno del rifugio, che andava sia davanti sia sotto di loro.
“Non sapevo che in questo parco ci fossero talpe così
grosse…” disse Masaru, guardando con meraviglia.
“Beh, a dire la verità non è stata una talpa… comunque ora
aspettate qui. Vedrò anche di potarvi qualcosa da mangiare. E mi raccomando:
non uscite per nessun motivo da lì! È già stato difficile salvarvi e tirarvi
fuori sani e salvi da quella ragazza… non so se ci riuscirò di nuovo a
proteggervi nel caso, perciò rimanete nascosti!”. Poi, senza aspettare una
risposta, cominciò a correre, dirigendosi a casa e tirando fuori dalla tasca il
suo cellulare e componendo un numero che ormai conosceva a memoria.
Dovette aspettare qualche secondo prima di ottenere una
risposta.
“Pronto?”
“Henry! Mi senti bene?” chiese Takato.
“Takato! Certo che ti sento. Ma che succede? Sento che hai
il fiatone…”
“Scusami Henry ma ora non posso spiegarti per bene. Mi serve
solo un favore: potresti chiamare gli altri tamer, per favore? Devi dirgli di
venire tutti al rifugio di Guilmon. È successo qualcosa che non ci
immaginavamo. No, Henry” disse, anticipando la domanda dell’amico.
“I nostri Digimon non sono tornati purtroppo… ma sembra che
il collegamento tra i due mondi sia di nuovo aperto. Ho appena incontrato un
Agumon, che ha stretto amicizia con un essere umano. Ma come ti ho detto, vi
spiegherò nei dettagli al rifugio. Io ora corro velocemente a casa a prendere
un po’ di pane per quell’Agumon e il ragazzo. Ci vediamo tra poco!” e senza
aspettare che Henry rispondesse, mise giù, per poi aumentare il passo.
Henry rimase con il telefono in mano per diversi secondi
prima di mettere giù.
La notizia che Takato li aveva comunicato l’aveva scosso.
Poi, lentamente, un sorriso apparve sulla sua faccia. Senza perdere un secondo
di più corse a prendere il suo cellulare, per vedere i numeri, e cominciò
subito il giro di chiamate.
“COSA? Ne sei sicuro?” urlò Rika al telefono.
“Si, Takato mi ha appena chiamato. Mi ha detto quello che ti
ho appena riferito, e ci ha chiesto di raggiungerlo al rifugio al più presto possibile.
Credi di potercela fare?”
“Stai scherzando, vero? Sarò lì tra cinque minuti.
Ovviamente porterò il Digivice. Non si può mai sapere”
“Si, anch’io pensavo di potarlo. Anche se a essere sincero
lo porto dietro quasi sempre”
“Comunque ci vediamo tra poco. Cerca di far venire più
persone possibili”
“Va bene… a dopo!” disse Henry, mettendo giù il telefono per
poi rialzarlo e comporre il numero seguente.
“Si capisco… vedrò di arrivare li prima possibile” rispose
Ryo, stringendo tra le mani il suo Digivice.
“Bene. E siamo già quattro. Speriamo che anche li altri
riescano a venire”
“Già… ora devo andare, altrimenti non arriverò tanto presto”
“Ok, a tra poco” disse Henry, mettendo giù nuovamente il
telefono.
Poi compose anche i numeri di Jery, Kenta e Kazu, ma nessuno
dei tre rispose.
“Dannazione… non devono essere in casa…” pensò tra se Henry.
Rimaneva solo una tamer, ma preferiva non dirli niente, visto che si trattava
della sua sorellina.
“Io esco! Ci vediamo dopo! Ciao!” disse ad alta voce, per
poi uscire subito di casa, senza aspettare una risposta dai genitori.
Masaru stava cominciando a perdere la pazienza.
“Ma quanto ci sta mettendo quel ragazzino? Sto impazzendo a
star qui a far niente!” sbottò, dando un calcio a un cumulo di terra davanti a
lui.
“Già… e io sto anche morendo dalla fame…” si lamentò Agumon.
“TAKATO!”
All’improvviso i due sentirono una voce femminile che
continuava a chiamare ad alta voce e con un tono preoccupato e felice insieme
quel nome.
“Aspetta” disse Masaru ad Agumon. “Ora che ci penso, quel
ragazzo non ci ha detto come si chiamava. Forse quella ragazza lo sta cercando.
Ma prima che potesse fare o dire qualsiasi altra cosa, la
ragazza in questione entrò nel rifugio, e squadrò i due.
“Ah, voi due dovete essere i nuovi arrivati” disse,
riassumendo il tono di indifferenza che caratterizzava Rika. “Dov’è Takato?”
Masaru guardò la ragazza con una faccia interrogativa.
“Il ragazzo con gli occhiali da pilota sulla testa” precisò
Rika, capendo che Takato nella fretta non gli aveva detto il suo nome.
“Ah, allora si chiama proprio Takato…” disse Agumon
“È andato via circa mezz’ora fa, dicendo che sarebbe tornato
poco dopo…” rispose Masaru. “E deduco che tu sia la sua ragaz…” Masaru non finì
in tempo, perché prima di poterlo fare, ricevette un pugno in piena faccia che
lo mandò sul muretto del rifugio.
“ANIKI!” urlò preoccupato Agumon, vedendo il suo padrone
cadere a terra e con un evidente segno rosso sulla guancia.
“TU OSA ANCHE SOLO RIPETERE UNA COSA DEL GENERE, E VEDRAI
CHE NON SARAI FORTUNATO COME OGGI! CHIARO?” tuonò Rika, facendo indietreggiare
sia Masaru che Agumon per la paura. E non era affatto facile spaventare Daimon
Masaru.
“Certo! Non problem! Tutto chiaro!” dissero insieme i due.
Una che era stato in grado di metterlo quasi K.O. in un colpo solo non era una
persona da sottovalutare, pensò Masaru.
“Tornando a Takato…” disse Rika, calmandosi. “Il ritardo è
normale per lui”
“Gentile come sempre, eh Rika?” disse un altro ragazzo
spuntando dal nulla davanti al rifugio.
“E tu impiccione come al solito” ribatté Rika.
“Chissà cosa direbbe Takato se venisse a sapere di questa
scenetta…” disse Ryo con un sorrisetto, che durò pochi millesimi di secondo,
poiché quando vide nuovamente la faccia di Rika, il suo istinto di sopravivenza
lo indusse a ritornare sui suoi passi.
“Ma ovviamente non lo verrà a sapere, perciò sei salva”
disse Ryo, nella speranza di calmare Rika, che si stava minacciosamente
avvicinando a lui.
“Sarà meglio per voi tre!” disse Rika, cominciando a
calmarsi.
“Che cosa sarà meglio per loro?” chiese un secondo ragazzo,
che era appena arrivato in bicicletta.
“NIENTE!” risposerò subito Masaru, Agumon e Ryo.
“Umh… sarà…” disse Henry, poco convinto.
“Ma quanti accidenti sono?” chiese Masaru a bassa voce ad
Agumon, che alzò le spalle.
“Henry! Rika! Ryo! Eccomi, scusate per il ritardo” disse
Takato, rispuntando dalla strada, con in mano un grosso sacchetto di carta.
“Non ti preoccupare, siamo arrivati da poco” disse Ryo.
“Ma tu non perdi mai il vizio di arrivare per ultimo” disse
Rika, accennando però un lieve sorriso.
“Guarda che non sono l’unico. Se non sbaglio mancano ancora
quattro tamer.” Rispose Takato.
“No Takato” disse Henry. “Mi dispiace deluderti, ma stasera
ci siamo solo noi. Jery, Kazu e Kenta non hanno risposto, e ho preferito tenere
mia sorella fuori dalla questione, almeno per stavolta”
“Uffa… per una volta che potevo non essere l’ultimo…” disse
deluso Takato, per poi lanciare il sacchetto a Masaru, che lo prese al volo.
“Tenete. È del pane. Non è proprio fresco perché è quello
avanzato da stamattina, ma credo che sia sempre meglio di stare a digiuno…”
disse Takato, rivolto a Masaru e Agumon.
“Umph… preferirei andare a casa e mangiare le uova fritte di
mia mamma…” si lamentò Masaru, per poi prendere comunque due pezzi di pane, per
poi lanciarle uno ad Agumon, che lo inghiottì in un sol boccone.
“Accidenti, che voracità…” disse Rika, sorpresa nel vedere
come il Digimon si era spazzolato in un secondo un intera pagnotta di pane.
“A casa tua non ci potrai tornare per qualche giorno” disse
Takato. “Con la tua idea geniale di gridare il tuo nome, ti sei giocato questa
possibilità. Daimon Masaru.”.
“Come sarebbe a dire?” chiese il ragazzo, alzandosi in
piedi.
“Ti ricordo che ci stavano arrestando”
“E con questo? Io e Agumon metteremo fuori gioco qualsiasi
agente ci si presenti davanti” disse Masaru, alzando un pugno e venendo imitato
da Agumon.
“Ben detto Aniki!”
Takato si sbatté una mano sulla faccia. “Non vi basta che a
quest’ora ci sarà già un mandato di arresto? Io stesso sono a rischio,
nonostante non abbia detto il mio nome, per avervi aiutato a fuggire!”
“C’è di nuovo Yamaki dietro tutto questo?” chiese Henry.
“Non sembrà. So solo che questa volta si tratta di altri
domatori, che vanno in giro ad eliminare i Digimon dicendo di fare parte della
polizia. O almeno così ha detto quella ragazza che ci stava per arrestare
insieme al suo Digimon. Ignorava chi fosse Yamaki, perciò dubito che si possa
trattare di lui. E poi non credo avrebbe accettato facilmente che si usassero
Digimon per fermarne altri”.
“Già, hai ragione” disse Rika. “E questo qui invece? Come ha
incontrato il suo Digimon?”
Masaru fece per rispondere e lamentarsi di essere stato
chiamato ‘questo qui’, ma un occhiataccia proveniente da Rika lo fece
desistere.
“Beh… che voi ci crediate o no… l’ho visto fare a pugni con
quel Digimon” disse Takato, aspettando la risposta.
Che non tardò ad arrivare.
Tutti e tre tamer erano rimasti paralizzati.
“Scusa, ripeti quello che hai detto” disse Rika. “Questo
ragazzo… ha fatto a pugni con quel Digimon a mani nude?”
Takato si mise la mano dietro la testa.
“Io stesso faccio ancora fatica a crederlo…” disse con una
ridacchiata.
“E come dire che io sono un Digimon…” disse Rika, sorpresa.
Questa esclamazione li fece puntare gli sguardi di Takato,
Henry e Ryo addosso, facendo rendere conto a Rika di ciò che aveva detto.
“Ops… scusatemi, ma mi è venuto naturale” disse lei, per poi
girarsi verso Masaru.
“Ehi tu con il ciodolo! Ci puoi spiegare come accidenti hai
fatto a prendere a pugni quell’Agumon e uscirne sano e salvo?”
Masaru rispose seccato. “Prima di tutto non sono ‘tu con il
ciondolo’! Il mio nome è Daimon Masaru, ricordatelo! Per quanto riquarda
Agumon… non so nemmeno che cosa sia un Digimon, ma quando mi si presenta una
sfida non mi tirò mai indietro, chiunque sia l’avversario!”
“Come scusa?” intervenne Henry. “Hai detto… che non sai che
cos’è un Digimon? Com’è possibile? Con quello che è successo un anno fa?”
“Intendete dire quella banda di terroristi che ha fatto
esplodere diverse bombe in tutto il mondo?” chiese Masaru.
I quattro tamers si sbatterono tutti la mano sulla fronte.
Sapevano benissimo che dopo la sconfitta del D-Reaper le autorità avevano
deciso di far passare tutti i danni causati da lui e dai vari Digimon come atti
terroristici, accompagnati da eccelenti effetti speciali, ma si stavano
chiedendo com’era possibile che quel ragazzo, che abitava nella stessa città
dov’era avvenuto il combattimento finale, non si fosse reso conto che non si
trattativa di semplici bombe…
“Scusami Masaru…” disse Henry. “Ma tu dove vivevi un anno
fa?”
“Che domande! Qui a Tokyo. Sono sempre stato qui, non mi
sono mai mosso!” rispose lui.
“Ma allora com’è possibile che tu non ti sia accorto che non
erano delle bombe che stavano distruggendo la città ma bensì delle creature che
ci credevano carne da macello?” chiese Rika, alzando un po’ la voce. “O hai
passato tutto il tempo a fare a botte?”
“Beh… credo di avere fatto sia a botte che passato pomeriggi
interi a studiare per essere promosso” rispose Masaru.
Rika a quel punto non sapeva più cosa dire e preferì
rimanere in silenzio. Aveva paura che se fosse passato qualcuno in quel
momento, avrebbe sicuramente chiamato la polizia sentendo quello che li avrebbe
voluto rispondere…
“Direi che urge un veloce corso di storia” disse Henry.
Un urlò si alzò dal rifugio, ricoprendo l’intera area del
parco.
Nel rifugio, tutti, escluso Masaru, si erano ritrovati
appiccicati alla parete.
“Urgh… peggio del ruggito di Growlmon” disse Takato,
cercando di riprendersi.
“Emh… scusatemi” disse Masaru. “Ma io e la scuola siamo
completamente nemici, e non sopporto fare lezione al di fuori di essa…”
Rika si sbatte la mano in faccia e mormorò qualcosa che gli
altri non riuscirono a sentire, ma che poterono ben immaginare.
“Comunque, io non parlavo della storia che si studia a
scuola, ma la storia che riguarda ciò che è realmente accaduto un anno fa, e
che temo si possa ripetere nuovamente” disse Henry, cominciando a raccontare a
Masaru tutto quello che li era accaduto, tralasciando solo ciò che erano
riusciti a fare con i loro Digimon per poter sconfiggere il D-Reaper. Decise di
non dirlo perché non era sicuro che avrebbe creduto a una cosa del genere, e
già quello che li stava raccontando aveva dell’incredibile.
Masaru rimase tutto il tempo con gli occhi letteralmente
fuori dalle orbite per quello che stava sentendo, e anche Agumon sembrava molto
curioso.
Nessuno di loro però si accorse che qualcuno, nascosto
dietro il rifugio, con una canna da pesca sulla schiena, stava ascoltando
attentamente il racconto, e facendo un sorrisetto con le labbra.
Aveva fatto bene a seguire quei due ragazzi e quel Digimon.
Poi, prima di andare, prese qualcosa dalla tasca e lo lanciò
davanti al rifugio, facendo attenzione che non facesse rumore.
“Vediamo se ti dimostrerai degno, Daimon Masaru!” disse
l’anziano signore con la canna da pesca, prima di avviarsi.
Henry terminò il suo racconto dopo circa un ora. Dopotutto,
le avventure che avevano vissuto erano davvero tante, e anche riassumendole al
massimo non era possibile ridurle più di così.
“Incredibile… e io che pensavo realmente che fosse stato tutta
colpa di una banda di terroristi… e invece c’era tutta questa storia dietro…”
disse Masaru.
“Quindi voi siete stati a Digiworld?” intervenne Agumon. “E
ditemi, com’è?”
Takato riuscì a malapena a non cadere dalla sorpresa.
“Come com’è. Scusa? Tu non vieni mica da Digiworld?”
Agumon scosse la testa.
“No, mi spiace. Io sono arrivato da Digiworld che ero ancora
in un digiuovo, e mi sono schiuso qui nel mondo reale”
“Scusa, hai detto Digiuovo?” chiese Ryo. “Ma com’è
possibile? Le Digiuova si possono schiudere solo ed esclusivamente a Digiworld”
“Non so cosa dire… questo è quello che mi hanno sempre
raccontato…” rispose Agumon.
“Chi ti ha sempre raccontato questo?” chiese Rika.
“Siamo stati noi!” disse una voce, appartenente ad una
ragazza, cha apparve davanti al rifugio.
“Tu sei…” disse Masaru.
“Bene, vedo che qui si è svolta una bella riunione. Che cosa
ci siamo perse?” chiese Yoshino, tirando fuori il cellulare.
“Lalamon, realize!” disse lei, e dal suo cellulare uscirono
nuovamente i dati che si riunirono per formare il Digimon a forma di seme.
Rika tirò fuori il suo Digivice.
“Lalamon, livello intermedio” disse lei, vedendo apparire le
informazioni.
Yoshino rimase sorpresa nel vedere quell’oggetto in mano
anche ad altri ragazzi oltre a Takato.
“Interessante… quindi anche voi siete in possesso di
Digivice” disse lei. “Beh, in questo caso tutti voi dovrete seguirmi.”
“E se ci rifiutassimo” disse Henry, tirando anche lui fuori
il Digivice, seguito da Ryo.
“Vedo che non vi è chiara la situazione. Voi non potete rifiutare.
Siete tutti e cinque in arresto per aver collaborato con Raptor-1 e per aver
ostacolato le forze dell’ordine”
“Ma sentitela” disse Rika. “E tu credi davvero che noi ti
seguiremo così, senza obbiezioni? Poi non dovresti anche avere il mandato di arresto
o sbaglio?”
“Umh… ti devi essere Rika Nonaka, giusto? L’ex regina dei
Digimon, che poco più di un anno fa ha cominciato a non partecipare a nessun
torneo con le allora famose carte dei Digimon” disse, lasciando di stucco Rika.
Poi si girò verso gli altri tre ragazzi, Masaru escluso.
“Poi ci sono Takato Matsuda, Henry Wong e Ryo Akiyama, giusto? Oltre ovviamente a Daimon Masaru e a Raptor-1”
“Ma come…” cominciò Ryo
“Come faccio a conoscere i vostri nomi?
Davvero credevate che il governo vi avrebbe dimenticati? Dopo quello che è
successo un anno fa?”
“Quindi c’è veramente il governo dietro
tutto questo…” disse Henry.
Ma prima che chiunque potesse dire o fare
qualcos’altro, il rumore e lo spostamento d’aria di un esplosione li investì in
pieno.
“Che cosa succede Lalamon?” chiese
Yoshino alla sua Digimon.
“È appena avvenuta una bioemersione”
rispose il Digimon.
“Di male in peggio…” disse lei. “Voi
cinque, non…” ma non fece in tempo perché i cinque ragazzi più Agumon stavano
già correndo verso la zona dell’esplosione.
“Maledizione…” disse Yoshino e mentre si
stava avviando per raggiungerli, notò un oggetto che c’era per terra.
“Ma quello è…!”
Takato, Henry, Rika, Ryo, Masaru e Agumon
arrivarono in pochi minuti nella zone dell’esplosione.
“Ragazzi…” disse Rika. “Mi sembra di
essere tornata ad un anno fa…”
“Già. L’unica differenza è che un anno fa
potevano opporci, mentre adesso non possiamo fare niente” disse Ryo.
Davanti a loro c’era un enorme
uccellaccio bianco, che stava distruggendo tutto ciò che incontrava.
Henry guardò il suo Digivice.
“Cockatorimon, livello campione. Accidenti, siamo nei guai.”
“Perché?” chiese Masaru. “Lo stenderò con
un pugno ben piazzato!”
“Ben detto, aniki!”
I quattro Tamers lo guardarono come se
avesse detto una bestemmia.
“Tu stai scherzando, VERO?” chiese Rika,
stupita da quanto aveva appena sentito.
“Certo che no. Ci pensiono noi a questo
gallo troppo cresciuto!”. Poi, senza che i quattro ragazzi potessero fermarli,
partirono a tutta velocità verso il Digimon e Masaru cominciò a risalire sul
Digimon partendo dalla zampa, mentre Agumon cominciava a lanciare della sfere
di fuoco dalla bocca, che però ribalzavano sul Digimon senza ferirlo.
“Quei due sono fuori di testa…” disse
Takato, che si stava lacerando mentalmente per il fatto che non poteva far
niente per aiutarli.
Ma Cockatorimon, sentendo Masaru che li stava arrivando
dietro la testa, cominciò a far uscire un raggio dalla sua bocca, fece girare
intorno a se, colpendo tutto quello che era a portata di mira, compreso il
povero Agumon, che finì schiacciato su un palazzo, per poi cadere rovinosamente
per terra, senza dare segni di vita.
“AGUMON!” urlò Masaru, saltando subito giù dal Digimon e
andando a vedere come stava Agumon.
“AGUMON!” Masaru continuava a chiamarlo, ma il Digimon non
rispondeva.
In quel momento, le nuvole che li sovrastavano tuonarono e
cominciò a piovere.
“Agumon…” disse Masaru piano.
Takato e gli altri non sapevano che cosa fare. Senza i loro
Digimon erano inutili…
Masaru chiuse le mani in due pugni.
“Tu…” disse, girandosi verso Cockatorimon. “COME OSI FARE
DEL MALE AL MIO AMICO?”.
Poi, senza più pensare, cominciò a correre il più veloce
possibile verso il Digimon e effettuando un enorme salto, si ritrovò alla
stessa altezza della sua testa.
“Questo è per Agumon!” e mettendo tutta la sua forza, tirò
un pugno a Cockatorimon.
Sotto gli occhi letteralmente sbarrati dei quattro tamers,
l’enorme Digimon cade all’indietro per la forza del pugno.
Masaru atterò in piedi, e notò che intorno alla mano con il
quale aveva colpito il Digimon, era apparso qualcosa di rosso. Non sangue,
perché non era attaccato alla mano, ma li girava intorno. Poi sembrava fosse
composta da numeri.
“Tieni!” disse Yoshino, che era arrivata in quel momento,
lanciandoli qualcosa che prese al volo.
“Uh, ma questo è…” disse Masaru guardando l’oggetto. “…un
cellulare?”
“Certo che no! È un Digivice. Ora metti la mano con la
Digisoul sopra e di’: DIGISOUL, CARICA!”
“Che cos’è la…! Ricevuto!” disse Masaru, capendo che la
Digisoul era quella cosa apparsa intorno alla sua mano.
A quel punto, pretendo il Digivice con l’altra mano,
poisiziona la mano con la digisoul, come li aveva detto Yoshino.
“DIGISOUL, CARICA!”
Dal Digivice uscì una luce che investi in pieno Agumon, che
venne circondato dalla stessa digisoul, che però era diventata a forma di uovo.
“Agumon digievolve… Geogreymon!”
Pochi secondi dopo, dove prima si trovava Agumon, apparve un
enorme dinosauro, dalle squame arancioni scure e blu, mentre la parte superiore
della sua testa era ora ricoperta di squame più dure e dal colore arancione,
con tre corna, di cui due che si trovavano sopra a dove ci sarebbero dovute
essere le orecchie, mentre la terza sopra il naso.
“Incredibile…” disse Masaru, ammirando il suo Digimon.
Questa volta fu Ryo ad analizzare il Digimon. “Geogreymon,
livello campione. Versione alternativa a Greymon.”
Il Digimon dinosauro ora aveva le stesse dimensioni di
Cockatorimon, e non sembrava volesse lasciarli scampo.
“Forza Geogreymon, falli vedere chi sei!”
“Subito aniki! Mega meteora!”
Senza che l’avversario potesse difendersi, Geogreymon lanciò
dalla sua bocca una sfera di fuoco di dimensioni enormi, che investì in pieno
Cockatorimon, provocando un esplosione che costrinse tutti a chiudere gli
occhi.
Non appena i ragazzi riuscirono a riprirli, videro che al
posto di Cockatorimon ora c’era un digiuovo, che stava vennendo preso da
Yoshino.
“C-che cosa significa?” chiese Takato. “Come mai è tornato
un digiuovo? Non doveva scomporsi in dati per essere acquisito o andare
disperso?”
“Ne sappiamo quanto te, Takato” disse Ryo
“Dev’essere successo qualcosa a Digiworld in questo anno. O
forse è stato dovuto alla sconfitta del D-Reaper…” azzardò Henry.
Poi tutti si girarono verso Geogreymon, che si stava
illuminando e stava diminuendo di dimensioni, fino a tornare ad essere Agumon.
“Sei stato fantastico, Agumon!” disse Masaru.
“Grazie aniki, ma anche tu non sei stato da meno. Formiamo
proprio una bella squadra!”
“Siete stati fantastici, tutti e due. Anche se tutto mi
aspettavo tranne che avresti mandato a terra quel Digimon con un pugno” disse
Takato a Masaru.
“Si, in effetti si potrebbe considerare un buon lavoro, se
non fosse per tutti i danni” disse Yoshino.
Masaru si voltò verso di lei, e dimenticando la loro piccola
disputa, le chiese:
“Perché mi hai dato questo affare? E come facevi a sapere
che con questo Agumon sarebbe diventato più forte?” e mostrò l’oggetto a forma
di cellulare.
“Cosa, anche tu?” chiese Rika, riconoscendo che era lo
stesso apparecchio di quella ragazza.
“Come ti ho già detto…” cominciò Yoshino “Quello è un
Digivice. Permette di immagazzinare la tua digisoul e ti trasferirla al proprio
partner, proprio come hai fatto prima con Raptor-1… c’è solo un piccolo
particolare… ora sei costretto a scegliere: ti puoi unire alla DATS insieme a
Raptor-1 e aiutarci a tenere a bada le bioemersioni, oppure venire separato da
Raptor-1 e dimenticare tutta questa storia. Cosa decidi?”
Masaru sembrò pensarci su per diversi secondi.
“Se mi unisco a questa DATS, potrò avere altri combattimenti
eccitanti come questo?” chiese a Yoshino.
“Probabile”
A quel punto, Masaru si voltò verso Agumon, e i due si
scambiarono un silenzioso assenso.
“D’accordo, abbiamo deciso! Se questo ci permetterà di
incontrare nuovi avversari sempre più forti, ci uniremo alla DATS!”
Yoshino sembrò soddisfatta. Almeno la missione non era stata
un fallimento totale.
Takato e gli altri tamer erano rimasti in silenzio durante
tutta la scena.
“Scusa, ma tu come hai fatto a ottenere un Digivice in più?”
chiese Takato.
“Non l’ho avuto io.” Rispose Yoshino. “L’ho trovato davanti
a quel vostro rifugio. Io l’ho semplicemente raccolto, e quando ho visto la
digisoul di Masaru, ho capito che era per lui”
“Agente Yoshino!” disse una voce proveniente dall’auricolare
dell’agente.
“Si Capitano, la sento” rispose Yoshino, avviando la comunicazione.
Per qualche minuto Yoshino rimase ad ascoltare, senza dire
una parola. Poi ad un certo punto annui e chiuse la comunicazione.
“Digimon Tamers!” disse rivolta ai quattro domatori. “Il
vostro mandato di arresto è stato revocato, tuttavia il capitano della DATS vi
chiede di venire lo stesso con noi. Non ci saranno conseguenze, tranquilli.
Vuole solo parlarvi. Ha detto che se non venite, ve ne potreste pentire per
tutta la vita.”
Takato, Henry, Rika e Ryo si guardarono tra di loro. Tutti
stavano pesando la stessa cosa.
“Va bene” disse Rika. “Credo che siamo tutti d’accordo su
questo.”
“Ma vogliamo delle risposte esaurenti” aggiunse Ryo
“Su questo non posso dire niente. Non sono io la
responsabile. Ci penserà il Capitano a rispondere a queste domande”
“D’accordo. Ti seguiamo” disse Takato.
Così lui, Henry, Rika, Ryo e Masaru insieme ad Agumon
seguirono Yoshino.
Poco lontano, lo stesso signore anziano che aveva ascoltato
il discorso dei tamer, stava sorridendo. Le cose erano andate proprio come
sperava.