Witch & Marimo

di jinajin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Una settimana infernale ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Mandarino ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Equivoco ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Sospetto ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Nakama ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Tempesta ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Rabbia ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Amnesia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Witch & Marimo

 
Un sole che spaccava le pietre illuminò la Thousand Sunny. Era un’alba come tante altre per la ciurma, ma comunque l’inizio di ogni giornata cominciava sempre con tanta allegria e casini vari.
Sanji stranamente aveva fatto esplodere qualcosa nella cucina, mentre insegnava a cucinare alla navigatrice di bordo, Nami. La cui si era messa in testa d’imparare a cucinare, grazie a una scommessa iniziata con Nico Robin. L’archeologa aveva insinuato che ogni donna doveva essere capace di cucinare, e Nami in preda all’ira le aveva detto che ci sarebbe riuscita. Ma fino a mezzogiorno, i risultati esplodevano sempre. A un certo punto, Sanji disse:
-Nami-san, se vuoi mangiare qualcosa, ci sono pur sempre io che ti preparerò delizie per sempre!-.
Nami sbuffò. Non voleva darsi per vinta. Non dopo aver giurato davanti a tutta la ciurma, che entro l’ora di pranzo sarebbe riuscita a cucinare qualcosa di decente.
E le esplosioni continuarono fino all’ora di pranzo.
La ciurma si riunì per vedere il sofferente ed estenuante risultato: carbone, ovunque si guardasse.
Rufy, a cui non importò di mangiare avariato, si abbuffò per la fame. Sanji fece lo stesso, per non essere da meno e per impressionare Nami. Ma il resto non osò nemmeno toccare cibo, cioè carbone.
-Eddai, lo vedi che sei negata per questo!- sbuffò Zoro, lo spadaccino.
Chopper e Usopp annuirono. Franky e Brook se la squagliarono per evitare beghe.
A Nami non piacque per niente essere rimproverata dallo spadaccino.
-Imbecille di un marimo, provaci te!- gli sbraitò contro.
Zoro si stupì di esser chiamato così anche da lei. Marimo era l’insulto che gli propinava il cuoco, ogni volta che litigavano.
-Maledetta Strega, non osare chiamarmi così!- ribatté lui.
Alla fine tornarono alla realtà dai gemiti di dolore di Sanji. Aveva un’indigestione cronica, secondo il medico di bordo, Chopper. Rufy era scampato miracolosamente all’indigestione grazie al suo stomaco incredibile.
Così Nami perse la scommessa e fu costretta a fare la serva per una settimana. Nami stava per prendere il necessario per pulire, ma Robin le disse:
-Avevo detto che dovevi fare la serva di qualcuno, non la domestica di bordo-.
Nami la guardò ammutolita.
-E ho scelto anche a chi tocca a farti da padrone…-.
Indicò lo spadaccino. Nami parve andare in iperventilazione. Sulla faccia di Zoro comparve un sorriso sghembo.
Nami si mise in ginocchio a Robin e la pregò di risparmiarla da simile destino.
Robin sorrise solamente e fece l’occhiolino a Zoro.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Una settimana infernale ***


Capitolo I - Una settimana infernale

 
Il primo ordine di Zoro fu l’annullamento del suo debito che aveva con Nami.
Lei stava per ribattere, ma lo sguardo serio di Robin le impedì di aprir bocca.
E così, i milioni di berry che Zoro doveva a lei, non le sarebbero mai tornati indietro. Così lei perse il motivo di ricatto verso Zoro. Tutta arrabbiata sbatté la porta della sala da pranzo. Il tonfo percosse tutta la Thousand Sunny. 
-Grazie Robin. Ma come mai hai scelto me?- chiese Zoro all’archeologa.
-Mi annoiavo. E così ho pensato che vedere Nami umiliata sotto di te sarebbe stato uno spettacolo da non perdersi, tutto qui- rispose Robin, tutta contenta.
Mai mettersi contro questa donna, è un diavolo,pensò Zoro, intimorito.
 
                                                                       *
 
Giacché a Zoro non sarebbe mai più capitata una situazione simile, dette ordini impossibili alla povera Nami. Voleva vendicarsi per tutto quello che lei gli aveva fatto passare per quel dannato debito, oramai inesistente. Per primo Nami dovette ripulire le sue spade, poi fare ordine nella collezione di sakè, e per più importante, fare il turno di guardia di notte al posto di Zoro.
-Mi tratta come uno schiavo, quel marimo- si disse Nami tra sé e sé, mentre girovagava per il ponte di notte, facendo appunto la guardia.
L’aveva fatta lavorare tutto il giorno, solo per farlo divertire. A quel pensiero, Nami s’infuriò. Avrebbe voluto strozzare quel buzzurro, ma doveva mantenere la parola data. Robin la teneva in pugno. Si sentiva una colossale idiota per essere caduta nella trappola della compagna. Era furba e si era approfittata di lei, grazie ad una scommessa. Quando si trattava di scommesse dove poteva ricavarne qualche berry, Nami ci si fiondava senza pensarci su. Ma grazie a quella mossa stupida, il debito di Zoro era stato annullato. Non poteva più ricattare lo spadaccino come le pareva. Le piaceva averlo sotto i suoi ordini. A fare le cose per lei.
Ora è quello stramaledetto imbecille che mi ha in pugno! E chissà cos’altro ha in mente di farmi fare domani, a quel pensiero la ragazza tremò.
La notte passava tranquilla, non le parve senso fare la guardia quando poteva benissimo starsene a letto per dormire. E poi si annoiava a morte. Notò che una leggera brezza scompigliava i rami senza frutto dei suoi mandarini. Salì sulle scale che portavano verso la poppa della Sunny e si mise ad ammirare i suoi bellissimi mandarini, che curava con tanto amore ogni giorno. Non era stagione per i mandarini così si spiegava la mancanza dei frutti. Anche se erano in mezzo all’oceano, le piante sapevano esattamente che stagione fosse.
L’alba arrivò raggiante, così la ragazza scese nella stiva per andarsene a dormire nel suo letto.
Ma qualche ora dopo, qualcuno bussò di troppo alla sua porta. Nami si alzò e aprì la porta, mezz’addormentata.
Eccolo lì il buzzurro, con il suo sorriso sghembo. Un ghigno che presagiva un’altra giornata infernale.
-Zoro, puoi almeno farmi riposare il giusto prima di torturarmi?- lo supplicò la rossa.
Lui non si fece ammaliare dal tono melenso della ragazza. Voleva vendicarsi a tutti i costi. La trascinò sopracoperta e le ordinò di pulire al posto suo. Lei, ancora in camicia da notte, gli lanciò il secchio con l’acqua sporca addosso. Zoro, in un lampo, affettò il secchio con una delle sue tre spade, ma il risultato fu che si bagnò comunque. Adirato, si mise a inseguire la ragazza per tutta la nave.
-Maledetta, come osi disubbidirmi!- gridò lui quando la acciuffò.
Lei, oramai senza fiato e con un sonno terribile si accasciò a terra, sulle ginocchia.
Prese fiato e poi gli rispose che era esausta.
-Colpa tua, se ti metti a correre così per tutta la nave!- la rimproverò lo spadaccino.
Nami si sentì ribollire. Lui le faceva fare la guardia di notte ed esigeva pure, quando lei era a pezzi. Letteralmente a pezzi. A quel punto Zoro notò che lei aveva ragione.
-Allora ti ordino di dormire per un po’!- disse lui, nel suo solito tono rude.
Nami si stupì. Quello era un ordine? Lasciò perdere il repentino cambio di Zoro e si fiondò in un letto qualsiasi.
 
Al risveglio, si ritrovò nella camera di Zoro. Neanche si era accorta di essere finita lì. Si sentiva fresca e riposata. Decise di approfittarsi dell’assenza dello spadaccino per farsi una doccia. Una doccia rilassante e ricaricante allo stesso tempo, molto meglio di un caffè. Uscì dal bagno, avvolta in uno asciugamano striminzito e si diresse verso la sua stanza. Ma davanti alla sua stanza la attendeva un’amara sorpresa. Zoro era lì per esigere altri ordini. Stava per ordinarle qualcosa, ma appena la vide si zittì. E si rivolse al muro, per evitare di guardarla. Era letteralmente imbarazzato e non volle farlo vedere alla navigatrice.
Ma non ha neanche un briciolo di pudore ‘sta qua, pensò lui.
Lei non si sentiva per niente in imbarazzo. Infatti, spesso andava al giro in abitini succinti e bikini da far paura. Ma Zoro non l’aveva mai guardata in modo lascivo. Era l’unico che non la vedeva come una donna, in tutta la ciurma. A parte i bambini come Rufy e Chopper. Si sentiva un poco offesa.
Visto il silenzio di Zoro, lei lo ignorò e andò in camera sua per vestirsi. Si mise una delle sue solite canotte e una mini a pieghe. E le sue infradito preferite.
E poi arrivò il solito bussare brusco di Zoro. Lei gli disse di entrare. Zoro aprì la porta e fu pervaso dal profumo di mandarino. Era il profumo preferito della ragazza.
-Accidenti, come te anche la tua stanza puzza di mandarino!- le disse lui.
-Ma quale puzza! Tu non ne sai proprio niente di cose simili, già te che puzzi sempre di sudore e rum!- ribatté lei, stizzita.
La ragazza l’aveva offeso, ma lui rimase indifferente. Cosa c’era di male nell’odorare di uomo? Non la capiva proprio.
-Visto che spruzzi di energia, puoi anche andare a pulire la coperta. Il secchio che m’hai tirato è stato aggiustato da Franky. Vai e divertiti a pulire, donnaccia!- disse lui, indicandole le scale che si vedevano dal corridoio.
Lei sbuffò e s’incamminò per la coperta. Zoro stava per seguirla, quando qualcosa in particolare catturò la sua attenzione. Sulla scrivania c’era qualcosa che scintillava abbastanza, nonostante la poca luce presente nella camera. Zoro si avvicinò e raccolse l’oggetto scintillante. Non aveva mai visto una cosa del genere.
Era a forma di clessidra e fatta di cristallo, di colore azzurrino che risplendeva. E al suo interno c’erano vari oggettini come perle, zaffiri, diamanti e rubini. Lo girò e vide che sotto quel mucchio di preziosi si nascondeva una pietra dal colore vagamente familiare. Una pietra a forma di arancio, anzi mandarino, che brillava di una luce arancione particolarmente forte. Mentre osservava meravigliato l’oggetto, fu chiamato da Rufy che lo voleva in coperta. Spaventato all’udire il suo nome, senza pensare mise l’oggetto nella tasca. Come fosse stato scoperto con le mani nel vassoio di marmellata. Raggiunse il ponte. Rufy gli chiese di partecipare all’ennesimo turno di giochi. Essendo il capitano, Zoro non poteva rifiutarsi e partecipò a malavoglia. Mentre giocava ad acchiapparello, notò che nonostante tutto, Nami si stava impegnando. Era una ragazza che manteneva la parola data, dopotutto.
Più tardi, il cuoco chiamò tutti per il pranzo. Nami, rasserenata all’idea di riposarsi e mangiare, andò in camera per cambiarsi. Mentre si cambiava notò che qualcosa mancava. Il solito scintillio del suo oggetto preferito non c’era. Allarmata guardò sopra la sua scrivania e non trovò la clessidra. Come una forsennata si mise a cercarla nella sua camera. Non c’era traccia della clessidra. Piena di sconforto e rabbia dette un calcio violento alla sua sedia, che andò a scaraventarsi sulla porta, rompendosi in vari pezzi.
-Puoi dire addio alla tua sedia, Nami. Franky si è stancato di aggiustare le cose che rompi!- disse qualcuno che stava all’entrata della camera.
Nami alzò lo sguardo e vide Zoro.
-Che è successo?-.
Lei gli disse che non riusciva a trovare una cosa. D’instinto Zoro mise una mano nella sua tasca e tastò l’oggetto di prima. Stava per ridarglielo, ma arrivò Robin per chiamarli per mangiare.
Glielo darò più tardi, pensò lui.
 
Il pranzo terminò con i soliti commenti positivi della ciurma. Sanji era un cuoco dalle abilità incredibili. E anche se a malincuore, anche Zoro si complimentò con lui.
-Ragazzi, anche marimo m’ha fatto i complimenti!-  disse Sanji pieno di sé.
Al sentirsi chiamare marimo, lo spadaccino afferrò un coltello e sfidò Sanji.
-Stai in guardia, sopracciglio ridicolo!- gli gridò lui.
Gli altri, ormai abituati ai litigi dei due, li guardarono divertiti mentre si sfidavano a suon di coltelli. Zoro non trovò più divertente la situazione, quando il cuoco gli aveva dato un calcio in pieno stomaco, facendolo inciampare. E con la caduta si sentì un fragore di vetri rotti. La clessidra di Nami si era rotta.
Uh-oh,pensò lo spadaccino quando vide Nami che constatò che era la sua clessidra a rompersi. Lui si aspettò la solita sfuriata, ma stavolta sul volto della ragazza apparve un’espressione davvero triste. La vide raccogliere i frammenti, uno alla volta, finché non si tagliò. Stava per avvolgerle il dito tagliato con una tovaglietta, quando lei lo spinse via. Era fuori di sé. S’aspettò il solito pugno della ragazza, ma invece vide che delle lacrime le stavano rigando il viso. Non l’aveva più vista piangere in tal modo dalla sconfitta della ciurma di Arlong.
-Zoro, ma guarda che hai combinato!- disse Robin, mentre indicò a Chopper la ferita di Nami.
La piccola renna tirò fuori il suo armamentario medico e si occupò del taglio.
Zoro rimase a terra, allibito. Aveva ferito sia i sentimenti di Nami sia il suo dito.
Capì dallo sguardo pieno di odio che la ragazza gli stava rivolgendo, che non l’avrebbe mai perdonato.  E anche scusarsi sarebbe stato inutile, perciò si confinò nella sua camera. Non voleva incappare nell’ira della ragazza e del resto della ciurma. Far piangere Nami non era perdonabile. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Mandarino ***


Capitolo 2Mandarino

 
Dopo l’accaduto, Nami non era più la stessa. Si era chiusa in camera. E non faceva che piangere. Non faceva entrare nessuno.
E neanche Zoro si faceva vedere. Passava le giornate sdraiato sul letto a fissare il soffitto della sua cabina. Nella sua mente non c’era che l’immagine di Nami in lacrime. E si sentiva un verme, uno dei peggiori. Durante le notti si risvegliava in preda ad incubi in cui Nami lo ammazzava con una delle sue tre spade. Bé, data la situazione, Nami di certo non avrebbe accettato le sue scuse, ma preferibilmente lo avrebbe ammazzato. Dalle lacrime della ragazza, aveva capito che le aveva rotto qualcosa di estremamente importante.
Il resto della ciurma neanche lo degnava di uno sguardo. Erano ancora arrabbiati con lui. Ovvio, non si era nemmeno scusato.
 
Per il resto della settimana nessuno gli parlò. E gli parve anche giusto. Di giorno rimaneva chiuso nella sua cabina, a dormire. Il peggio era che non ci riusciva, faceva incubi in cui c’era sempre Nami in lacrime. Un incubo che lo perseguitava in ogni sonno e sonnellino che si faceva. E di certo non lo aiutava a riprendersi dalle ferite che ancora non accennavano a guarire. Da quando aveva accettato tutto il dolore di Rufy da Orso Bartholomew, era rimasto in coma per giorni e la guarigione era piuttosto lenta.
Di notte quando tutti dormivano, usciva e andava in cucina a mangiarsi qualcosa.
Ma una notte in particolare, prima che mettesse piede nella cucina, sentì qualcuno bestemmiare in modo poco elegante. Dette un’occhiata e vide Nami, che stava cercando qualcosa, sotto al forno. Stava cercando nello stesso punto, dove lui le aveva rotto la clessidra. Di sicuro Nami stava cercando qualche pietra, salvatasi dallo scempio. A un certo punto, lei lasciò perdere la ricerca, e stanca morta tornò in camera sua. Appurata via libera, Zoro si fiondò in cucina e trafficò nel frigo, alla ricerca di qualcosa da mangiare. Trovato un valido spuntino da mezzanotte, vari tramezzini lasciati di sicuro da Sanji, Zoro poté finalmente colmare la fame che aveva da tutto il giorno. Si disse che era stupido aspettare di uscire la notte, per mangiare, ma di sicuro nessuno gli avrebbe né preparato da mangiare né parlato di sicuro. Perciò avrebbe continuato a fare così, finché le cose non si aggiusteranno da sé.
Mentre si abbuffava, qualcosa catturò la sua attenzione: uno scintillio arancione.
Prese uno dei mestoli di Sanji e con quello armeggiò sotto il forno e lavelli, riuscendo a tirar fuori l’oggetto. Era la pietra a forma di mandarino di Nami.
Di sicuro era quello che lei stava cercando. Contento, Zoro lo infilò nella tasca della sua camicia e ripose il mestolo. Se il cuoco lo avrebbe scoperto, quelli sì che erano guai. Tornò in camera sua a farsi un goccetto di sakè per dormire meglio.
 
Il mattino seguente arrivò soleggiato e senza nuvole. Un giorno perfetto per far ancorare la Sunny per godersi una giornata di puro relax. Ognuno si dedicò alle proprie attività preferite.
Nami decise di prendere un po’ di sole, come al suo solito, assieme a Robin. Mentre andò a prendere le sdraio, le capitò di origliare a una discussione fra Sanji e Rufy:
-Io penso che potremmo anche perdonare Zoro, eh Sanji?- domandò Rufy, mentre masticava un enorme cheeseburger.
Sanji, che si trastullava in una nuova ricetta, gli rispose:
-Rufy, quel marimo ha ferito la nostra povera Nami-san! Non merita il nostro perdono! E chi ha toccato i miei mestoli?-.
-Chi se ne frega dei tuoi mestoli! Non vedo Zoro da più di una settimana, e non mi pare giusto ignorarlo per una cosa in cui centrano solo lui e Nami!- disse Rufy.
Nonostante Rufy spari solo stupidaggini, a volte aveva ragione. Ma a Nami non andava giù comunque. Zoro non si era nemmeno scusato. E da codardo continuava a restarsene rinchiuso in cabina. Per lei poteva anche restarsene lì per il resto della sua vita. Oltrepassò la cucina e raggiunse il ripostiglio, dove si trovavano le sdraio. Mentre ritornava verso la coperta, le capitò di passare davanti alla cabina di Zoro. Si fermò e osservò la porta. Non fuoriuscivano rumori. Chissà che combinava quello spadaccino da strapazzo. Stava per tornarsene da Robin, finché all’improvviso, la porta si spalancò. Zoro era lì, titubante. E aveva la mano nel taschino della sua solita camicia hawaiana. Nami non disse niente. E lo ignorò di sana pianta. Lui le disse di aspettare, ma lei non volle sentire ragioni e continuò per la sua strada. Così Zoro fu costretto ad agguantarla per una mano, aprirgliela e appoggiarci la pietra mandarino dell’altra notte.
-E questa dove l’hai trovata?- domandò lei, sorpresa.
-Ti ho vista trafficare in cucina l’altra notte e lì la ho trovata- rispose lui, secco.
Non sapeva cosa aspettarsi dalla ragazza. Di certo il perdono non lo avrebbe ricevuto, ma voleva uscire da quella situazione che oramai durava da troppo.
Mentre lui aspettava una qualsiasi reazione dalla ragazza, una lacrima rigò il viso di Nami. L’aveva intristita di nuovo? Gli aveva fatto un altro torto? Tutti questi interrogativi vorticavano nella testa di Zoro.
Poi inaspettatamente, Nami gli prese la mano e la strinse. Zoro rimase di stucco, ma ancora di più quando vide il sorriso sul suo viso.
-Per fortuna non mi hai rotto la cosa più importante, Zoro- disse lei, mentre si avviò verso la coperta.
Zoro, in cuor suo si sentì finalmente sollevato. Il sorriso della ragazza aveva i suoi effetti positivi, difatti lo spadaccino poté finalmente farsi un sonno degno di nota.
 

                                                                       *

 
Anche al resto della ciurma, a parte Sanji, fece piacere che Nami e Zoro avevano fatto pace. Per l’evento, fecero un party di ben ritorno allo spadaccino. Le provviste settimanali furono fatte fuori in un baleno e l’alcool scorse a fiumi.
Più tardi, verso mezzanotte, quando tutti erano stramazzati a terra, sazi e sfiniti; Nami riuscì ad alzarsi, anche se era totalmente brilla. Cercando di non inciampare qua e là tra compagni stramazzati, vide Zoro che se ne stava solo soletto a scolarsi l’ultima riserva di sakè.
-Se ti bevi tutto quel sakè, Sanji ti bacchetterà per il resto della settimana!- disse lei, mentre cercò di sedersi accanto a lui.
Lui le disse che finché il cuoco era a terra, non poteva minacciarlo in nessun modo. E intanto si scolò un altro bicchiere. Prese un altro bicchiere, versandoci sakè e lo porse a Nami. Lei lo accettò di buon grado e lo bevve in un sol sorso.
A Zoro fece piacere di aver finalmente un compagno di bevute. Nami si scoraggiò. Non ce l’avrebbe fatta a bere altri bicchieri.
-Certo che te sei proprio resistente all’alcool! Mi sveli il tuo secreto?- disse lei, riempiendo di sakè il bicchiere del compagno.
-Non c’hai il fisico adatto, mocciosa!- la sminuì, mentre trangugiò dal suo bicchiere.
-Ah, sì? Dà qua!- disse Nami, mentre afferrò l’ultima bottiglia di sakè.
Dallo sguardo di Nami, Zoro capì che non era niente di buono quello che stava per fare, infatti, si attaccò alla bottiglia e bevve tutto, fino all’ultimo sorso. Il suo volto si arrossò ancora di più e cominciò a vedere tutto al rallentatore. Perfino Zoro che s’infuriò. Ma lei non ci badò e buttò via la bottiglia.
-Hic, eliminate le prove!- disse, in mezzo al singhiozzo.
Le forze la abbandonarono e non ci vide più. Casco addosso al ragazzo, svenuta.
Zoro imprecò. Cercò di sollevarla, ma essendo ancora debole, le forze abbandonarono perfino lui. Scivolò a peso morto, assieme a Nami. Si ritrovò la ragazza sopra di lui, il suo viso pericolosamente vicino al suo. Con la mano, spostò la testa della rossa, appoggiandola alla sua spalla. Mentre lo fece, notò la pietra color mandarino al collo della ragazza. Se l’era legata al collo come pendaglio con una catenina.
Così non la perde più,fu l’ultimo pensiero di Zoro, prima di assopirsi.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Equivoco ***


Capitolo 3 – Equivoco

 
Il mattino arrivò, dolorante per tutta la ciurma. Pian piano, qualcuno qua e là riuscì ad alzarsi, con mal di testa cronici. Robin si alzò senza problemi. Osservò la situazione e qualcosa attirò la sua attenzione. Una deliziosa scenetta: Nami che dormiva accanto a Zoro, anzi sopra di lui.
La mora sorrise, deliziata da tale scena. Se la sarebbe ricordata, per tanto tempo.
Fece apparire una mano, grazie al potere ottenuto dal frutto del diavolo, e dette una spinta ai due. Nami si svegliò. La sua testa era in preda a un dopo sbornia cronico, aveva fitte ovunque. Notò di stare praticamente addosso allo spadaccino addormentato. Dallo spavento cacciò un urlo, che andò a svegliare Zoro, che si spaventò alla vista di Nami seduta in groppa a lui. La spinse, indelicatamente.
-Ma come osi, buzzurro!- gracchiò lei, mentre gli tirò un calcio.
Zoro afferrò il piede di Nami prima che gli arrivasse dritto in faccia. Ne rimase sorpreso e compiaciuto allo stesso tempo. Stava recuperando. Ma un altro calcio dalla ragazza andò a segno, stavolta nel plesso solare. Lo spadaccino tossì dalla concussione ricevuta. Arrabbiato, tirò il piede alla ragazza, che cascò a terra in una posizione che le rivelò le mutandine da sotto la gonna. Nonostante Zoro si voltò dall’altra parte, il colore delle mutandine rosse gli rimase impresso nella testa. E cominciò anche a sanguinargli il naso. E da lì furono guai.
-Pervertito! Lei hai viste!- l’accusò Nami, indicando il suo naso.
Zoro si rialzò in fretta e furia e mentì un’anemia. Era imbarazzatissimo.
E per peggiorare le cose, Robin e il resto della ciurma aveva assistito a tutta la scena.
-Zoro, di che colore sono le mutandine?- chiese Brook, pieno di aspettativa.
Alla domanda di Brook, tutti cominciarono a ridere. Zoro abbassò lo sguardo sul pavimento e si concentrò su un difetto del legno.
Nami invece si divertì a vedere lo spadaccino in quello stato. Avevate mai visto uno Zoro più imbarazzato di oggi?
Era raro vederlo scomposto così, di solito era del tutto calmo e non tradiva mai imbarazzi e imbranataggine simili.
Zoro, non reggendo più la situazione, se ne andò a gran passi in cabina.
-Nami, così l’hai fatto scappare come al solito!- disse Robin, mentre aiutò Nami ad alzarsi.
A quella battuta, la ragazza sorrise.
 
In cabina, Zoro constatò che il sanguinamento era stato provocato sia dalle mutandine e sia dal calcio di Nami. Avrebbe voluto farsi dare una controllata da Chopper, ma così avrebbe rivelato alla ciurma che stava effettivamente male. E non voleva far preoccupare la ciurma, ma nemmeno rallentarla se per questo.
Si ritrovava in un bel guaio. Non sapeva per quanto sarebbe riuscito a tenerlo segreto. Un bussare lo fece tornare alla realtà. Ma non volle rispondere.
Ma chi aveva bussato entrò comunque e si sedette accanto a lui. Sanji.
-Se ce l’hai con me perché ho visto le grazie della tua innamorata, non averne a male. È lei che è un’imbranata!- si giustificò Zoro, aspettandosi la sfuriata del cuoco.
Ma quella non arrivò. Sanji aveva uno sguardo serio e soprattutto, preoccupato.
-È inutile che cerchi di nasconderlo. Le tue ferite dai tempi di Thriller Bark non sono ancora guarite- disse, mesto.
 Sorpreso, Zoro gli rispose di farsi gli affari suoi.
-E invece mi faccio gli affari tuoi. Finiscila di fare il testardo e fatti curare da Chopper!-.
Per risposta, Zoro lo cacciò fuori. Non ne poteva più di quelle ferite e di Sanji che faceva il ficcanaso.
Sono proprio nella merda,pensò.
 
                                                                       *
 
Visto che le provviste stavano per finire, la ciurma decise di attraccare ad un’isola di passaggio. Era una comunissima isola estiva, che non eccedeva in niente e non mancava nulla.
Rufy delegò come al solito Sanji per le provviste. E disse a Franky di accompagnarlo. E lui andò per gli interessi propri al mercato dell’isola, come il resto della ciurma.
In un angolo in particolare però, pullulava di marines. Seduti a bersi qualcosa sui tavolini di un caffè. E dall’altra parte della piazza, in quel preciso momento, Zoro stava cercando la via per tornare alla Sunny. Come al suo solito si era perso.
Un marine lo notò. E chiese a un altro marine se Zoro era sulla lista dei ricercati.
Qualcuno accertò che aveva una taglia sulla sua testa, così i marine si prepararono per acciuffarlo. Ma prima che lo raggiungessero, una mano trascinò lontano Zoro.
Si accorse di Nami quando raggiunsero un viottolo.
-Ma si può sapere cosa ti frulla in quella testa?- lo rimproverò lei.
Zoro neanche ci badò. Si sentiva debole per le ferite.
-Dei marines stavano per attaccarti alle spalle, e tu nemmeno te ne accorgi? Ma ci sei o ci fai?-.
A quelle parole, Zoro si sentì un idiota. E con Nami a dirglielo, si sentiva ancora peggio. Notò che in una delle buste da shopping di Nami c’era un enorme hakama, lo prese e lo mise sopra di sé e la ragazza. Nami lo guardò senza capire il motivo di quel gesto. Snervato, lui disse:
-Con questo sopra, nessuno ci riconoscerà!-.
Detto quello, prese Nami e l’appoggiò sulle sue spalle.
Cavoli, pensavo pesasse, invece è leggera come una piuma, pensò Zoro, mentre prese tutto il bagaglio della rossa e partì di corsa dal viottolo.
Nami, spiazzata, gli chiese cosa stesse facendo.
-Fuggo dai marines, ovvio!- rispose Zoro, mentre corse in mezzo alla folla.
Durante il tragitto incontrarono Robin e la avvisarono dei marines. Lei si unì ai due, nascondendosi sotto a un capello trafugato da una delle buste di Nami.
-Nami, ma dove le trovi tutte queste cose ridicole?- chiese Robin, facendo notare il capello a Nami.
Nami sbuffò solamente. Che c’aveva di strano il capello?
Zoro si sentì quasi per mancare, ma tenne duro fino al ponte della Sunny. E arrivato lì, cedette a tutto il peso che si portava dietro, ossia Nami e Robin.
Delle fitte di dolore attraversarono tutto il corpo di Zoro, facendolo tremare. E poi sentì il sangue in bocca. Appoggiò velocemente una mano sulla bocca, per evitare di sputarlo, e per non far insospettire le due ragazze.
 I suoi piedi stavano cominciando a intorpidirsi e le fitte continuavano a susseguirsi l’un l’altra, ma grazie alla sua resistenza, Zoro riuscì ad alzarsi.
Robin sapeva cosa stava passando Zoro, ma non volle dire niente. Era stato Zoro stesso a volere che non si sapesse, così lei rimase zitta.
Zoro riuscì a trascinarsi fino alla sua cabina, gettandosi a peso morto sul suo letto, e cominciando ad annaspare come se gli mancasse l’aria. Istintivamente si portò una mano al petto, dove le fitte di dolore lo stavano percuotendo violentemente.
Contento di esser solo, si lasciò andare, e rivoli di sangue gli colarono dalla bocca.
Con la mano destra tastò il comodino, alla ricerca di qualche bottiglia d’alcool.
Trovata una fiaschetta di rum, se la scolò per levarsi il sapore di sangue. Ma mentre deglutiva, tossì un enorme quantità di sangue.
Quel maledetto calcio di Nami mi ha riaperto le ferite, pensò Zoro, mentre si pulì la bocca col lenzuolo del letto. Notò il sangue sulla camicia hawaiana che indossava, e con rabbia se la strappò di dosso. La nascose assieme al lenzuolo sporco, sotto il materasso. E poi si distese di nuovo, lasciandosi andare al dolore. Urlò in preda al dolore e poi perse i sensi. Il suo urlo di dolore venne coperto dalle allegre risa della ciurma.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Sospetto ***


Capitolo 4Sospetto

 
-Zoro si comporta in maniera stramba, di recente- disse Nami, durante la cena.
Rufy, che era troppo indaffarato a mandar giù un enorme boccone di pollo, annuì. Assentì anche il resto della ciurma.
Sanji, che era in mezzo ai fornelli, imprecò. Si sentiva stupido a rispettare la promessa fatta a Zoro. Che senso aveva tenere all’oscuro la ciurma? Erano nakama, compagni, condividevano le lacrime, i dolori, le gioie e la felicità assieme.
Ma Zoro no. Non si lasciava mai andare e se ne stava sempre in disparte, facendo la parte del lupo solitario. Perché? Tutti pensieri irrequieti gli ronzavano nella testa, mentre cucinava la cena per Zoro.
Un passo pesante zittì tutti quanti. Alla porta, appoggiatoci, c’era Zoro. Come se niente fosse, prese posto accanto al suo capitano, il quale vedendolo il solito, gli dette una pacca amichevole sulla spalla. Zoro rimase tranquillo, non risentì alcun dolore. Infatti, com’era pieno di alcool, non sentiva quasi niente.
Mentre Sanji gli porse la cena, incrociò lo sguardo di Nami. La fissò a malo modo e le disse:
-Nami, dovresti stare a dieta, sai? In questo pomeriggio ho constatato che non sei proprio una piuma!-.
Nami per ripicca gli tirò una forchetta, che lui afferrò con l’indice e il medio.
-Grazie, mi mancava proprio una forchetta!-.
Al che tutti risero, tranne Nami che teneva il broncio.
È il solito buzzurro, pensò Nami, sollevata.
Quando aveva sentito l’urlo di Zoro quel pomeriggio, si era preoccupata. Invece era il solito. Piuttosto vivace poi.
Appena Zoro vide la presenza di vino sul tavolo, si rifornì il bicchiere a ogni abbeverata. Senza di quello, avrebbe potuto dire addio all’assenza dei dolori.
Quando stava per afferrare di nuovo la bottiglia, qualcuno la prese prima di lui.
Alzò lo sguardo e assistette alla scena, senza dire nulla. La cara mocciosa si stava bevendo tutto il vino dalla bottiglia. Alla fine, l’appoggiò al tavolo, sbattendola violentemente. Tutta la ciurma rimase di stucco, tranne Zoro che se l’aspettava.
Il volto di Nami si colorò di un acceso rosso. E poi con un ghigno, disse:
-L’alcool non è di tua esclusiva proprietà, Zoro!-
Robin applaudì, incitando gli altri a fare lo stesso. Zoro, accigliato, non disse niente. Di recente Nami non faceva che scaramucce con lui. E lui non ne era per niente abituato. Di solito era Sanji a provocarlo ogni volta.
Arrabbiato, si alzò e prese Nami per il retro della sua canotta e la trascinò con sé in coperta. Gli altri li seguirono, stupefatti.
-Ahi, ma che fai!- gridò Nami di dolore.
Zoro, sentendola, lasciò andare la presa. Nami cadde col sedere a terra, cacciando un’altra esclamazione di dolore.
Lo spadaccino si appoggiò alla balaustra della nave, incrociando le braccia.
-Sii donna e affrontami lealmente- disse.
Nami voleva ribattere, ma capì dal tono del compagno, che faceva sul serio. Si rialzò e accettò la sfida.
-Ma niente spade!- disse lei, seriamente preoccupata per la sua sorte.
Affrontare una delle supernove non accadeva spesso. Zoro annuì, ma prima disse che non poteva cominciare senza un drink. Mentre lo disse, aveva fatto l’occhiolino a Sanji.
-Maddai, sbrigati a cominciare piuttosto!- gridò la rossa, ansiosa.
Sanji, sapendo in cuor suo che Zoro aveva veramente bisogno di quel drink, corse in cucina a fargliene uno. Fatto questo, lo portò a Zoro.
-Un Margarita? Grazie, Sanji- disse Zoro, mentre si scolò il drink.
Sentendosi rinvigorito grazie all’alcool, si sentì più sicuro. Assunse una delle sue consuete posizioni di attacco e sollecitò Nami a prepararsi.
Nami ingoiò il groppo che aveva in gola. Sperava che tutta quella scena fosse uno scherzo di cattivo gusto. Ma dallo sguardo di Zoro, assunse che non lo era.
Si posizionò anche lei, a malavoglia. In quel caso, avrebbe voluto avere con sé il suo fidato Clima Sansetsukon o almeno un bastone. Che chance aveva contro Zoro, temibile avendolo come avversario, praticamente disarmata?
Mentre lei pensava a come poter sfuggire da quella odiosa circostanza, Zoro fece la sua mossa. Scattò velocemente in avanti, verso Nami. Lei, per strizza, cadde di lato, evitandolo. La ciurma lanciò applausi e fischi, incitando i due sfidanti a dare il meglio di sé. Nami li fulminò con lo sguardo, ma se ne pentì amaramente. Zoro si era approfittato della sua distrazione e l’aveva incastrata a terra, in un arm lock.
Le possenti braccia di Zoro avevano incastrato le sue braccia dietro alla schiena, in una morsa di dolore. Cercò di liberarsi scalciando, ma non ottenne alcun risultato. Dietro di sé, poté sentire che Zoro rideva come un matto.
Zoro, divertito, le sussurrò:
-Non ti conviene sfidarmi in alcun modo, mocciosa!-
Zoro si aspettava una delle solite sfuriate, che non venne. Notò che Nami era arrossita e ansimava. Zoro non capì cos’aveva. E poi gli arrivò un calcio, dritto al fianco destro.
Stavolta era stata Nami a essersi approfittata della sua distrazione. Il calcio, nonostante non fosse stato forte, percosse il petto di Zoro in acuminate fitte di dolore. Lasciò le braccia di Nami ed emise una bestemmia. La ragazza si allontanò di fretta da lui, sorpresa.
La scena fu pietosa, secondo Zoro. Annaspava aria e si sorreggeva l’addome con le mani, dolorante. Oramai non poté più fingere di stare bene. Tutti l’avevano visto.
Poi sentì qualcosa che venne adagiato sulle sue spalle. Alzò lo sguardo e vide Sanji, che gli fece l’occhiolino.
-Ragazzi, nel drink di Zoro ho messo un lassativo, affinché Nami poteva stare al suo stesso livello!- gridò Sanji, cercando di esser capito.
La ciurma cominciò a ridere. Nami invece se la prese col cuoco, dicendogli che non era giusto. E a Zoro rimase solo da correre al bagno, per finta.
Dopo avrebbe menato quel cuoco, per aver inventato la scusa del lassativo.
Ohibò, che vergogna!,pensò Zoro, mentre si coricò a letto. Prima di addormentarsi, si scolò una bottiglia di sakè, che era riuscito a fregare dalla cucina, poco prima che cominciasse il duello. Grazie al sakè, riuscì a prender sonno.
 
La luna torreggiava fiera in cielo, sopra la Thousand Sunny. Un crepitio di passi attraversò il ponte della nave. Un’ombra elegante, quasi da gatto, passava attraverso i mandarini. Nami s’inerpicò su uno di essi e si protese verso l’alto, cercando di assaporare l’aria notturna. Le piaceva farlo quando non aveva niente da fare o quando non riusciva a dormire. E c’era qualcosa che la turbava, in questa calma. Anzi troppa. Il mare era quieto, per l’assenza del vento e la nave non dondolava. Nami riusciva solo a dormire quando la nave dondolava, come al suo solito. E poi l’episodio con Zoro, dopo la cena. Da quando in qua Zoro e Sanji si facevano l’occhiolino? La faccenda si faceva sempre più stramba, giorno dopo giorno. Mentre si sedette sulla balaustra della nave, sentì un rumore inatteso. Per lo spavento scivolò. Ma qualcuno l’afferrò appena in tempo. Ma invece di tirarla su, rimase a ciondoloni per un attimo. Lei, incuriosita, alzò la testa e vide Zoro che la teneva per un polso. Il volto dello spadaccino era teso per lo sforzo.
-Zoro, ma che fai? Tirami su!- gli disse Nami.
In un battibaleno la ragazza ruzzolò per il ponte. Pensando che un procione marino era molto più delicato di un marimo, Nami si rialzò. Voleva proprio darle di santa ragione al buzzurro, ma quando lo vide, si fermò. Lo spadaccino respirava affannosamente. Solo per averla tirata su, era già senza fiato? Che fine aveva fatto quel Zoro dalla forza e destrezza inequivocabili?
-Ma si può sapere cos’hai, buzzurro?- domandò Nami, in preda alla preoccupazione.
Zoro le fece cenno di stare zitta, mentre tirava fuori una bottiglia dalla sua tasca.
Adagiò il tappo di sughero tra i denti e lo tirò via. E lo sputò in mare. Avidamente, bevve tutto il contenuto della bottiglia. Che poi andò a finire, anche quella, in mare. E poi si volse verso la rossa, tranquillo, e le rispose:
-Perché pesi troppo, ragazzina!-.
-E tu, bevi troppo perché io possa dare peso alle tue parole- ribatté lei, acida.
 Zoro la ignorò e si diresse verso la cucina, per far razzia alle provviste. Aveva bisogno di altro alcool e qualcosa da mangiare. Nami lo seguì, cercando di capirci qualcosa. E lo beccò a depredare tra le provviste. Quelle alcoliche. Dallo sguardo di Zoro capì, che aveva trovato qualcosa d’interessante. Ed era quella bottiglia che conteneva un liquido alquanto verdognolo. Nami cercò di strappargliela dalle mani, senza successo.
-L’assenzio non è per le bambine!- disse lui, mentre fuggiva dalle mani di Nami.
Imprecando e cercando di darsi da fare, Nami s’aggrappò alla schiena dello spadaccino. Il quale la ignorò del tutto, mentre svitava il tappo incrostato dall’assenzio.  Con un click alquanto rumoroso, Zoro esultò. Nami assistette alla scena, aggrappata al dorso di Zoro, noncurante. Ormai aveva vinto lo spadaccino.
Zoro propose che le avrebbe dato un goccetto, se si sarebbe staccata.
E così i due finirono di nuovo come compagni di bevuta. Zoro decise che per sé andava bene la bottiglia e a Nami un piccolo bicchierino.
-Quanto sei tirchio- disse lei, mentre lui le versava un goccio di assenzio.
Lui rise e le disse:
-Senti chi parla, quella che non condivide mai un berry, ricattando la gente a cui ne presta uno!-.
I due si fissarono male, ma poi a Nami venne da ridere. Zoro bevve un sorso, alla sua piccola vittoria personale. E versò comunque un po’ di assenzio anche alla compagna.
-Mi spieghi perché bevi così tanto?- chiese lei.
Quella domanda sorprese Zoro. I suoi dolori giustificavano il bere, ma non poteva certo dirlo a Nami. A lui piaceva bere, quest’era certo. Mentre rimuginava, osservò che Nami aveva appoggiato il bicchiere sulle sue labbra e lo guardava a sua volta. Da quando in qua la ragazza cerca di apparire più grande di quel che è?, si chiese lui, bevendo un altro sorso di assenzio. Proprio grazie a quell’assenzio, poteva stare tranquillo e sedato. Molto sedato. Perché non si accorse che Nami gli aveva rubato la bottiglia. E che lo incitava a rispondere col dito.
-E se non lo faccio, che fai? Ti bevi tutto quell’assenzio?- disse Zoro, torvo.
Lei annuì e s’attaccò alla bottiglia, cercando di berla tutta. Ma Zoro la prese prima che poté arrivare solo alla metà. E levandogliela così, le provocò un attacco di tosse.
-Quello succede quando si fa gli idioti, Nami!- la rimproverò Zoro, dandole una pacca alquanto forte sulla schiena.
Troppo forte. La poverina ruzzolò per un’atra volta, quella notte. Ma non apparve la consueta rabbia né l’ira, e invece, uno stato di ebbrezza di troppo. Riuscì a trascinarsi fino a Zoro, tremolante. Le vorticava la testa. Una mano la stabilizzò, prima che andasse a sbattere contro la balaustra della nave. E la aiutò anche a sedersi, accanto a uno Zoro snervato.
 
L’indomani, Nami si svegliò nel suo letto, con la testa che pesava come un macigno. Mentre tentò di alzarsi, qualcosa attirò la sua attenzione. Sul suo comodino, c’era una bottiglia con un biglietto dentro. Lei lo tirò fuori e ci lesse: L’assenzio non è per le bambine!
Leggendo quelle parole, alla rossa tornò in mente la notte precedente. Zoro che l’aveva salvata da una stupida caduta in mare, la litigata e la bevuta con lui.
Ora si spiega il mal di testa, pensò lei, mentre richiudeva il messaggio nella bottiglia.
Di recente, quel Zoro era veramente strano forte!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Nakama ***


Capitolo 5 – Nakama

 
-Potresti mentire un anemia, un non so qualcosa, per farti controllare da Chopper!- disse Sanji dal cucinotto, intento a preparare la colazione.
Zoro grugnì in risposta al cuoco. Non era dell’umore adatto per scherzare. Anche se sapeva che Sanji non scherzava affatto. Guardò il suo riflesso, dal caffè corretto al saké, preparato da Sanji stesso. Zoro notò le sue occhiaie, erano molto accentuate di recente. E sapeva perfettamente che non poteva continuare così. I dolori non lo facevano dormire di notte ed era costretto a bersi degli alcolici ogni volta che aveva una crisi di dolore. Anche se non era un problema per gli alcolici, adorava bere. E poi Sanji gli aveva concesso libero permesso per le provviste alcoliche. Decise di andare a farsi un sonnellino in coperta, almeno tentar non nuoce. Si sdraiò sotto ai mandarini, visto che aiutavano a schermare qualche raggio solare. Però stavolta, il sonno non tardò.
 
-Sanji, si può sapere perché lasci che Zoro si beva tutte le nostre provviste alcoliche?- disse Nami, assieme a Rufy, Usopp e Franky.
Nami era riuscita a portarseli dietro per convincere Sanji a smetterla di esser così gentile con quello spadaccino da strapazzo.
-Non è mica giusto che lui può bersi quel che gli pare!- disse Usopp, con Rufy che annuiva in coro.
Sanji promise che Zoro da lì in poi non avrebbe toccato un sol goccio d’alcool, promettendo solennemente, e intanto incrociando le dita del piede. Non posso negargli l’unica cosa che gli dia sollievo, pensò lui, mentre gli altri raggiunsero la cucina, affamati.
Fu una mattina abbastanza allegra, considerando il mare piatto e l’assenza di vento. La nave tanto era allestita per qualsiasi attività preferita dalla ciurma del capello di paglia.
Nami, che non aveva ancora innaffiato i mandarini, prese il tubo dell’acqua e andò al frutteto. Aprì il rubinetto e incominciò a innaffiare. All’improvviso si sentì un verso agghiacciante. Un Zoro arrabbiato nero spuntò fuori dal frutteto.
-Ma che cavolo combini, strega!- imprecò lui, mentre strizzava i suoi vestiti, ormai completamente zuppi.
Nami rise a vederlo così zuppo. Lui continuò a imprecare mentre si tolse la maglietta, che gettò in terra, maledicendo Nami.
-Ehi, prenditi un calmante!- disse lei, continuando a innaffiare.
Poi il suo sguardo finì sul torso dello spadaccino. La cicatrice si notava benissimo sotto il sole rovente.  Abbassò lo sguardo, appena quando Zoro la indicò di star ferma col tubo. La ragazza non capì perché si era messa a fissare Zoro in quel modo. Erano nakama, ma comunque lui in fondo era un uomo, e il suo fisico era abbastanza possente e allenato. Insomma, risaltava agli occhi. Nervosamente, lei si mise una mano nei capelli, portandosi la frangetta sulla faccia, in modo da nascondere l’imbarazzo. Ma nonostante tutto, lo spadaccino catturò la sua attenzione lo stesso. Si era spogliato delle scarpe e della panciera, mostrando la consueta cicatrice che gli arrivava fin sotto l’ombelico.
-Sei totalmente affascinata dal buzzurro, eh Nami?- sussurrò qualcuno, nell’orecchio della ragazza.
Spaventata e colta in flagrante, si girò. Robin. Aveva un sorrisetto malizioso, cosa che preannunciava guai. Nami cercò di svignarsela, ma una delle braccia in più di Robin, la trattenne per le gambe, inchiodandola lì. Cos’avrebbe dato per un po’ di Agalmatolite in quel momento critico. Robin era alquanto sadica in quelle situazioni, e di recente non faceva che farle tiri mancini.
Era in costume da bagno, zuppa di acqua. Di sicuro si era approfittata del bel tempo per farsi qualche tuffo. E Nami capì, nonostante Robin avesse gli occhiali da sole, che il suo sguardo non prometteva niente di buono.
-Che fai, fuggi da una nakama? Oppure preferisci scavarti una fossa dove nasconderti?- soffiò Robin, nell’orecchio arrossato di Nami.
Una sensazione bagnata le fece tornare l’attenzione a Zoro. Aveva tirato la sua maglietta addosso a Nami, dicendole di asciugargliela. Grazie a quel gesto, Nami scappò dalla presa di Robin. S’aspettò che la compagna avrebbe detto qualcosa al riguardo, ma invece, sé ne andò ridendo.
-Ehi, strega! Visto che già sono bagnato, accompagnami a fare un bagnetto!- disse Zoro, trascinando Nami verso lo sbocco dove c’era l’area di nuoto delimitata da una catena di galleggianti. Nami non capì cosa voleva dire quel sorriso di Zoro, ma dopo aver saltato, trascinando con sé la ragazza, ormai era troppo tardi.
Lo schianto fu maldestro e doloroso, infatti la ragazza non ebbe nemmeno il tempo di coordinare il tuffo, finendo per tuffarsi a schianto con la pancia. Zoro riemerse con la grazia di un delfino, notando però che Nami ancora non c’era.
Nami, rimasta inebetita dal tuffo, non capiva quale fosse il sopra e il sotto. Stava nuotando sempre più in basso, nelle profondità marine pericolose dell’oceano, ma una mano la riacciuffò prima che potesse inabissarsi per la pressione marina.
-Ma perché devo sempre tirarti fuori dai guai di recente? Sei così maldestra!- le gridò Zoro, svegliandola del tutto dal suo stato inebetito.
Zoro poteva anche avere ragione, ma la colpa era sua comunque, visto che era stato lui a trascinarla nelle acque. Nami era in sé arrabbiata, ma non volle darlo a vedere. Tanto lo spadaccino avrebbe peggiorato le angherie, se lei ribatteva.
Si sistemò i capelli con nonchalance, e si lasciò cullare dalle onde, cercando un minimo di conforto in quelle, visto che lo spadaccino non era che capace di grettezze.
-Ora m’ignori pure. T’ho tirata fuori dai guai parecchie volte, e non ho ancora sentito un grazie!- grugnì Zoro, cercando di tirar fuori un accenno di un grazie, dalla bocca di Nami.
E perché ci sei sempre, a salvarmi, nonostante non hai mai avuto l’intenzione di farlo?,pensò la ragazza, mentre si strizzava i capelli bagnati fradici.
Di nascosto sbirciò nella direzione dello spadaccino, curiosa. Zoro non c’era più. Nami lo cercò con lo sguargo in lungo e in largo, non trovandolo. Come aveva fatto a sparire così in fretta?
Un brivido freddo percorse la schiena della ragazza, agitandola. E poi qualcosa la trascinò sotto la superficie dell’acqua. Nami non riusciva ad aprire gli occhi e guardare la cosa che l’aveva trascinata. C’aveva paura. L’oceano, così grande e pieno di pericoli, la inquietava. Ma poi qualcosa le schiaffeggiò la guancia, Nami riaprì gli occhi e davanti a sé vide uno Zoro con un sorriso da 32 denti. Arrabbiata, lei gli dette un calcio e si liberò da lui. Finalmente libera, riemerse in superficie, sentendo però varie bestemmie che includevano il suo nome.
-Dannata strega! La prossima volta che mi tiri un calcio ti trancio quelle gambe!-.
-E te smettila di darmi motivo per i calci!- disse Nami, mentre sputava l’acqua che aveva bevuto di troppo.
Ma dallo spadaccino non ebbe nessuna risposta. Zoro si era appoggiato alla Sunny, zitto zitto. Si stava reggendo il petto, dove l’ennesimo calcio di Nami l’aveva colpito. Era messo male, molto male. Dei rivoli di sangue erano caduti in acqua, espandendosi in larghe macchie rosse. Appena Zoro le vide, con un pugno nell’acqua, disperse il sangue.
-Zoro, ma che hai?- gli chiese Nami, che si stava avvicinando.
Lui alzò la mano, in segno di non avvicinarsi, alla ragazza. E lei rimase lì, preoccupata, osservandolo mentre se ne tornava sulla nave.
È così sbagliato mostrare le proprie debolezze ai propri nakama?,pensò Nami, mentre saliva su per la scala.
Allontanatosi dalla coperta, Zoro si rinchiuse nella sua stanza, annaspando. La sua mano si strinse sul suo petto, dove tutto il suo dolore era concentrato. Sputò sangue, sangue che di sicuro veniva dalle lacerazioni interne che aveva. A tratti, riuscì a raggiungere il suo letto, prese il lembo del lenzuolo e si ripulì del suo sangue.
Non ce la faccio più, sono al limite, pensò Zoro.
Aveva dovuto rintanarsi perché sennò avrebbe dovuto spiegare a Nami il perché del suo comportamento. In quel momento doveva stare lontano dalla ciurma. Ma nel profondo, lui voleva stare con i suoi nakama. Gli rincresceva tanto assentarsi da loro.
 
Nella sala principale della Thousand Sunny veniva apparecchiata la grande tavola rotonda per la cena, su ordine dello chef Sanji. Rintanati nel sottoscala, Rufy e Nami stavano chiaccherando su Zoro.
-Rufy, ascolta. Zoro si comporta in maniera troppo strana di recente, beve in qualsiasi momento della giornata e nasconde qualcosa, secondo me- disse Nami.
Rufy annuì e le rispose che aveva ragione, il loro spadaccino era veramente strambo negli ultimi tempi. Quando Nami stava per dire dell’accaduto del pomeriggio, qualcuno bussò alla porticina del sottoscala. Rufy l’aprì e si ritrovarono davanti Zoro, con la solita camicia hawaina e soliti pantaloni neri, ma scalzo.
-Ma che fate? Bofonchiate stupidaggini?- chiese, scherzosamente.
Rufy s’alzò e gli dette una pacca sulla spalla. In quell’istante preciso, Nami notò una smorfia sulla faccia di Zoro. Di sicuro era una smorfia di dolore. Sentendosi chiamare per la cena, Nami raggiunse il resto dei compagni alla tavola. Sedette accanto a Robin, e per il resto della serata, osservò lo spadaccino in cerca di comportamenti sospetti.
-Ragazzi, per dessert abbiamo un tiramisù molto dolce!- disse Sanji, mentre tranciava le porzioni in maniera equa e li distribuiva a tutti. Quando arrivò all’ultima fetta, quella destinata a Zoro, gliela passò facendo l’occhiolino. Quel gesto non passò inosservato a Nami, avendolo visto più volte. Chissà che voleva dire quel gesto, era forse una comunicazione segreta tra il cuoco e lo spadaccino? Quei due, sempre a far scaramucce per motivi futili, ora si facevano segni di nascosto? Troppo strano, pensò la ragazza mentre mangiava il dolce. E poi notò che Sanji si sedette accanto a Zoro e gli sussurò qualcosa. Nonostante Nami non fosse lontana da quei due, con tutto il casino che c’era, non riuscì a sentire niente dai due.
-È un tiramisù alquanto alcolico, cara spugna- sussurò Sanji.
Zoro annuì semplicemente. Sanji non era per niente bravo a fare il furtivo, infatti Nami aveva visto tutto. Così decise di fare qualcosa che non faceva da tempo: fare scaramuccia con Sanji. Finito il dolce, prese il piattino e lo tirò dritto in faccia a Sanji, che rimase perplesso. E dopo un’altra batosta di Zoro, capì cosa voleva. E così i due finirono a litigare di brutto: Sanji aveva preso Zoro per il colletto della camicia e lo aveva schiantato sul tavolo, facendo ammutolire tutti quanti. Sanji, tirò un calcio, che fu sventato dalla destrezza di Zoro, inducendolo a sbattere contro una sedia. E poi si sentì agguantare dalle possenti braccia dello spadaccino, per poi finire trascinato verso la coperta.
-Potevi evitare di farmi male alla schiena, maledetto!- gli disse Zoro.
-Perdonami, certe volte dimentico che stai da cani!- rispose Sanji.
Sanji voleva smascherare Zoro. E lo spadaccino l’aveva capito. Ormai, il cuoco non faceva più il suo gioco.
Tutti gli altri li avevano seguiti e si erano messi comodi per vedere la solita scaramuccia. Zoro lanciò, con estremo sforzo, il cuoco verso la balaustra della Sunny. Ma Sanji, deviò il lancio con uno dei suoi calci e si riequilibrò. Zoro sorrise, non gli piaceva se lo scontro finiva presto, ma nel suo stato non era proprio il caso di lottare con Sanji. A malapena si reggeva in piedi dallo sforzo e le fitte al petto erano ricominciate. Non aveva bevuto il giusto d’alcool quella sera, infatti l’effetto che teneva a bada i dolori era già finito da un pezzo. Nella sua bocca sentì il sapore ferroso del sangue, facendolo rabbrividire. Se Sanji riusciva anche a sferrargli un calcio, era la fine per lui. E poi tutti quanti della ciurma erano lì, soprattutto Nami la più sospettosa di tutti. Mai si era sentito così alle strette, neanche in tutti gli scontri in cui aveva lottato. Ma che sto facendo? Non sono mica un codardo, io! O la và o la spacca!, pensò Zoro, mentre si buttò di corsa verso Sanji.
Sanji notò la solita espressione fiera di Zoro, vedendolo così, non poteva tirarsi indietro. Zoro si era buttato, nonostante le sue condizioni, per non mancare di rispetto né verso Sanji né verso se stesso. Sentendo poi gli incitamenti dei suoi Nakama, non poteva deluderli. Quindi caricò la gamba, pronto a scontrarsi con Zoro.
Appena Zoro fu abbastanza vicino, Sanji tirò il calcio. Aspettandosi di centrarlo, rimase sorpreso quando Zoro deviò il suo calcio con l’avambraccio e con la mano libera dargli un pugno in piena faccia. Ma Sanji forzò la gamba, facendola schiantare dritta nel petto di Zoro.
Quello oltrepassò la soglia di sopportazione di Zoro. Il calcio di Sanji era andato dritto nel punto d’origine dei dolori atroci. Zoro gridò di dolore, afferandosi la camicia spasmodicamente. Stava per cadere, ma qualcuno lo sorresse. Era Nami.
Zoro la pregò di nascondere la sua situazione, mentre si reggeva a lei. Lei non capiva.
-Nami, portami in cabina e di fretta!- le sussurò nell’orecchio.
Nami mentì qualche malessere, fingendo di essere lei quella aiutata da Zoro. E così portò Zoro nella sua cabina, essendo quella la più vicina. Chiusa la porta, Zoro si buttò sul letto di Nami, scoppiando in gemiti di dolore. Nami corse da lui, chiedendogli cos’aveva. Riuscì a capire solo poche parole da lui: alcool. Così Nami andò furtivamente verso la stanza delle provviste a prendere qualche bevanda per il malcapitato spadaccino. Prese il rum, visto che era l’unico alcolico rimasto.
Era decisa far sputare la verità a Zoro. Così prese del veritaserum, il siero della verità, uno dei piccoli tesori che aveva raccimolato nella sua carriera da ladra. Ne versò poche gocce nella bottiglia, prima di entrare in cabina e darlo a Zoro. Lui la prese e si abbevverò in maniera alquanto frettolosa. Dopo un rutto, ringraziò Nami.
Nami si sedette sul bordo del letto, mentre Zoro si ripuliva la bocca con un fazzoletto. Stava per nasconderselo in tasca, quando Nami lo aveva afferrato. Alla vista del sangue, Nami rabbrividdì.
-Ma cos’è questo sangue?- gli chiese lei, urlando.
Zoro avrebbe voluto mentirle, ma la verità sgusciò fuori da lui, inconsapevolmente.
-È il mio- disse lui, incredulo.
Nami capì che il veritaserum aveva cominciato a funzionare. Decisa a far sputare la verità a Zoro, lei lo interrogo, mentre Zoro rispondeva a ogni domanda, incapace di fermarsi. Quando Nami seppe tutto, appoggiò la mano alla fronte e sospirò. Era proprio tipico di Zoro agire in tal modo. Ma oltre a quello, si sentì in colpa per tutti quei calci, anherie e stupidaggini che aveva fatto a Zoro. È colpa mia se le sue ferite si sono riaperte, pensò lei.
-Cosa hai versato nel rum? Non ti avrei risposto per tutto l’oro al mondo, se non avessi bevuto quella cosa!- disse Zoro.
-E secondo te, te lo vado a dire?- disse lei, facendogli la linguaccia.
Zoro per ripicca le tirò il cuscino. Nami l’afferrò e stava per tirarglielo, ma si fermò. Con Zoro in quello stato, doveva evitare di arrabbiarsi con lui. Ma poi lui poteva insospettirsi per quel trattamento e avercela a male con lei, così Nami gli tirò il cuscino, che finì dritto in faccia allo spadaccino. Finita la lotta, entrambi si distero sul letto, sfiniti.
-Dopo ti porto da Chopper!- disse Nami, prima di addormentarsi.
-Neanche morto… - disse Zoro, prima di assopirsi accanto alla rossa.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Tempesta ***


Capitolo 6 - Tempesta

 
Alla fine, Nami si svegliò prima di Zoro. Vedendolo sonnecchiare tranquillo, decise di approfittare della situazione per andare a chiamare Chopper. Riuscì a trascinarlo in tutta fretta nella sua cabina.
-Stai dicendo che Zoro ancora non è guarito?- disse Chopper, incredulo, dopo che Nami lo aveva avvertito del malessere dello spadaccino.
-Sì. E sono giorni che lo nasconde.- disse lei, preoccupata.
Detto questo, Chopper ordinò a Nami di andare a prendergli la valigetta medica e delle corde. Nami si chiedette il perché delle corde, ma poi quando Chopper le disse di legare Zoro, capì. Cominciarono a legarlo, delicatamente, cercando di non svegliarlo. Ma mentre Nami stava dando gli ultimi ritocchi a un doppio nodo, scivolò e cadde addosso a Zoro. Quello scossone lo svegliò. Appena si rese conto della situazione in cui si trovava, cominciò ad agitarsi.
-Mocciosa! Come hai osato farmi questo?!- sbraitò lui, cercando di incenerire Nami con lo sguardo.
Lei per risposta gli fece una linguaccia. Fece cenno a Chopper di iniziare con le cure e si alzò dal letto, facendo spazio alla piccola renna.
-Sei fortunato, marimo. Sia io che Chopper non diremo niente a Rufy, perciò puoi stare tranquillo.- disse Nami, prima di uscire dalla cabina.
La rossa richiuse la porta dietro di sé, lasciando uno Zoro sbraitante alle cure del loro fidato medico di bordo. Finalmente, sospirò lei, sollevata.
 
Una luce rischiarò davanti agli occhi di Zoro. Schermò la luce fastidiosa con una mano e con l’altra tastò il comodino alla ricerca di qualche alcolico. Ma non trovò nulla, nemmno il comodino. Si girò verso quel lato e notò che effettivamente non si trovava nell sua cabina, ma in quella di Nami. Poi gli venne in mente cosa gli era successo prima di addormentarsi. Nami l’aveva drogato con chissà quale cosa per fargli sputare la verità, gli aveva tirato un cuscino in faccia e da lì era scaturita una guerra di cuscinate, poi si era addormentato lì sul letto della ladra. E al suo risveglio si era ritrovato Nami sopra di lui, che lo legava al letto. Per i primi momenti era rimasto sconcertato ad averla sopra di sé e del fatto che lo stava pure legando. Aveva pensato a qualche gioco sadomaso dettato dalla fantasia perversa di Nami, ma poi aveva visto che c’era anche Chopper. La piccola renna aveva con sé l’armamentario per curarlo.
È riuscita a incastrarmi per bene quella Strega,pensò lui. Si tastò il petto e sotto le dita sentì la ruvida stoffa delle garze appliccate da Chopper. Doveva averlo sedato, perché quando guardò fuori dall’oblo della cabina, vide che era ormai notte fonda. Inspirò a fondo. Oltre all’aria dal sapore marino, fece caso all’aria dolciastra che permeava la stanza. Annusò e capì subito: il puzzo di mandarino di Nami! Anche se lui diceva puzza, infondo era un profumo che gli piaceva da morire. Grazie a quello riusciva sempre ad addormentarsi, sotto il frutteto o in camera di Nami. Ma appena si rese conto di quel pensiero, cercò di sbattere la testa contro al muro. Ma appena qualcuno bussò alla porta, accantonò l’idea.
-Nami-san la cena è servita!- disse la voce melensa si Sanji.
A Zoro non piacque quel tono. Come faceva Nami a sopportarlo tutti i giorni.Osservò la porta e capì che si apriva verso il corridoio. Prima che Sanji poté chiamare Nami un’altra volta, la porta si schiantò dritto sulla faccia del cuoco. A quel punto Zoro si ritenne alquanto soddisfatto.
 
Il resto della ciurma si era accomodato nella sala da pranzo e aspettava Sanji per mangiare. Nami era seduta in disparte con Chopper e discuteva con lui sulle condizioni di Zoro.
-Beh, ora dovrebbe essere tutto a posto. L’importante è che lui rimanga in assoluto riposo- disse Chopper.
-Finalmente si è deciso a farsi curare- disse Robin, mentre occupò posto accanto a Nami.
-Ho dovuto legarlo affinché Chopper… !- s’interruppe Nami.
Rivolse uno sguardo incredulo verso la compagna. Appena si rese conto di cosa le aveva detto, la rabbia crebbe dentro di lei.
-Da quando lo sai?-.
Robin sostenne lo sguardo di Nami, senza mai battere occhio. Dopo un sospiro le rispose:
-Il giorno dopo che si era ferito. Stava cercando di non far dire nulla a Sanji sulla faccenda. E visto che lui non voleva si sapesse al giro, non ho detto niente in proposito-.
Nami si sentì ancora più indignata di prima. Il fatto che Zoro aveva nascosto le sue ferite ai propri nakama la faceva di già imbestialire, ma poi venire a sapere che proprio due loro nakama sapevano e non avevano fatto niente era peggio di tutto. Avrebbe voluto schiaffeggiare Robin per sfogare tutta l’ira che aveva in corpo, ma non lo fece. Prendersela con Robin non l’avrebbe aiutata di certo. Appena sentì dei passi, che riconobbe subito, seppe con chi prendersela. Zoro fece la sua entrata, trascinando un Sanji svenuto per il colletto della camicia.
-Ma che gli è successo?- gli domandò Rufy, indicando il cuoco tramortito.
-Si stava rivolgendo in tono melenso alla persona sbagliata.- rispose Zoro, mentre sistemò Sanji su una sedia.
Fatto questo, prese posto accanto a Nami. Ma appena si volse verso di lei, ricevette uno schiaffo in piena faccia. Per circa un paio di secondi rimase stupefatto, poi la rabbia lo pervase a macchia d’olio. Fissò Nami in cagnesco per tutta l’ora di pranzo, aspettando che tutti finissero di mangiare, per poi affrontare Nami. Quando la tavola fu sparecchiata e tutti erano spariti per i cavoli loro, Zoro trattenne Nami nella sala. Le aveva stretto il polso, affinché non scappasse. Quando si volse verso di lei, notò che teneva il broncio. Fissava chissà quale mattonella del pavimento, evitando di guardarlo. Allora Zoro ci ripensò e quando le parlò, lo fece in tono più gentile:
-Mocciosa, si può sapere cosa ti è preso, prima?-.
Continuò a ignorarlo.
-Quello schiaffo era alquanto violento… mi ha fatto male perfino il petto… - disse Zoro, cercando di ottenere l’attenzione della ragazza.
Nami smise di ignorarlo e incrociò lo sguardo con il suo. Negli occhi di Nami c’era preoccupazione. Per lui. Qualcosa, nel profondo di Zoro, si scaldò.
-Sul serio ti ha fatto male?- chiese lei.
-Certo, mica sono fatto di pietra!- rispose Zoro, burbero.
Il polso che lui stava ancora tenendo fermo, sfuggì alla sua presa. La mano di Nami s’appoggiò sulla guancia che aveva ricevuto lo schiaffo prima, sempre da quella mano. Era fresca al contatto e allo stesso tempo, calda. Rimasero entrambi, fermi nelle loro posizioni, persi in un momento etereo. Pian piano, le guance di Nami si tinsero color porpora. Che buffa, e pure molto… il filo dei pensieri di Zoro fu interrotto da qualcuno che lo stava chiamando. Nami, sorpresa, staccò immediattamente il contatto tra di loro. Dallo scalpiccio di zoccoli entrambi capirono che si trattava di Chopper. Infatti, la testolina della piccola renna spuntò da oltre la porta che portava al corridoio delle cabine.
-Cosa c’è, Chopper?- domandò Zoro, volgendosi verso la renna.
-Hai preso la medicina?- disse Chopper.
Zoro annuì. Detto questo, Chopper sé ne andò com’era venuto. Nami, intanto, si era seduta sul tavolo e fissava la sua mano. Aveva agito inconsapevolmente. Non era da lei avvicinarsi in quella maniera allo spadaccino. Era solo preoccupata per le ferite interne di Zoro, tutto qui.
-Ancora non mi hai detto il perché dello schiaffo. Finché non me lo dici, ti tengo inchiodata qui con me!- disse Zoro, con tono burbero di qualche minuto prima.
Le ultime parole di lui la agitarono. Ormai, da quando lo aveva toccato sulla guancia, dentro di lei si erano scatenati sentimenti burrascosi come l’oceano. Sentì un tonfo sul tavolo. Vide che Zoro si era seduto accanto a lei. Visto che lui non la mollava nemmeno per un’attimo, gli disse il perché dello schiaffo:
-Sei ferito gravemente e non lo dici a nessuno. Secondo te a cosa servono i propri nakama? Per decorazione?-.
Zoro non disse nulla. Lei sapeva benissimo perché lui non aveva detto niente a nessuno. Non voleva essere di peso a nessuno, oltre al fatto che era uno stupido orgoglioso.
-Il nostro capitano deve saper contare su di noi. Se fossi stata al mio posto avresti fatto le mie stesse scelte, Nami- disse Zoro, spezzando il silenzio.
-No, io mi sarei fatta curare da Chopper, di nascosto se necessario!- ribatté lei, fissandolo dritto negli occhi.
Lei non ce l’avrebbe fatta a tenere nascoste quelle ferite. Zoro, invece, era andato avanti per molto tempo. Ora che ci pensava, ogni volta che Zoro faceva quella smorfia, caratteristica di quando gli doleva qualcosa, si rintanava in camera a soffrire in silenzio. Capiva anche il perché di tutto quell’alcol che Zoro beveva. Gli attuiva il dolore, anche se di poco. Si sentì una tale stupida, ricordandosi che era stata lei che aveva cercato di negargli l’unica cosa che gli dava sollievo. Un emerita stupida, pensò lei. E poi si rese conto dell’enorme resistenza di cui disponeva il nakama che aveva accanto a sé. Aveva resistito al dolore a denti stretti e non era scappato da nessuna delle lotte e angherie dettate dall’egoismo stupido di Sanji e il suo. Si vergognava tantissimo per come si era comportata con lui.
-Non prendertela con te stessa. Non potevi saperne niente, visto che vi ho tenuto nascosta la mia situazione- disse Zoro, tentando di sollevarle l’umore.
Non gli piaceva quando Nami ponderava sulle sue colpe e responsabilità nei suoi confronti. Ormai, per lui, la situazione era chiusa e andava dimenticata.
Prima che lei potesse rispondergli, nella sala arrivò Robin. Vedendo i due insieme, sul viso dell’archeologa si dipinse un’espressione compiaciuta. Appena Nami la vide, si sentì rabbrividere. Non le piaceva farsi trovare insieme a Zoro dalla compagna. Quando sorrideva così poi, tutto andava sempre verso il peggio. Stava per alzarsi per andarsene, ma una mano sulla spalla la inchiodò lì dov’era. Volse uno sguardo in cagnesco verso Zoro, ma invano. Zoro si era rivolto a Robin:
-Ti ringrazio per non aver detto niente-.
Al posto del ghigno compiaciuto, sul viso dell’archeologa comparve un’espressione di stupore.
-Di niente, caro- disse lei.
Zoro si alzò, saluto le ragazze e si eclissò in cabina.
-Ho interrotto qualcosa?- chiese Robin.
-Niente- rispose Nami, sollevata.

***

 
In quella notte, la luna sé ne stava nascosta dietro a nubi di tormenta. E l’oceano reagiva di conseguenza, tormentando la Sunny con le sue onde prepotenti. E quando il tempo giocava questi brutti scherzi, Nami non riusciva mai a prendere sonno. Odiava il dondolare violento, il crepitare delle assi di legno e i lampi di luce che entravano senza sosta dal suo oblò. Tastò il muro alla ricerca dell’interruttore della corrente e quando lo trovò, accese la luce. Si alzò e frugò nell’armadio alla ricerca di una vestaglia. Ma non trovò niente. Poi si ricordò che l’aveva messa a lavare il giorno prima. Imprecò sonoramente. Era di umore pessimo, anzi nero. Aveva i morsi della fame già da un paio di ore e non voleva andarsene al giro con il solo negligé che indossava. Ma poi sé ne frego e uscì dalla camera, tanto tutti dormivano. Ogni tanto si teneva al muro, per paura di cadere per colpa degli scossoni violenti dettati dalle onde furiose. Quando raggiunse lo stipite della cucina, vide la luce accesa. In fretta e furia si nascose dietro alla porta della cucina, imprecando mentalmente. Si sporse un poco per capire chi, oltre a lei, aveva avuto la brillante idea di farsi uno spuntino notturno. Vide la schiena fasciata di Zoro, che stava letteralmente mettendo sottosopra i vari reparti del frigo. Prima che Nami potesse anche solo azzardare di mettersi in fuga, il suo stomaco tradì un sonoro borbottio. Zoro si voltò e notò la porta semi accostata al muro. Mentre masticava un avanzo di pollo, si diresse verso la porta e bussò su quella. Chissà a chi appartenva quello stomaco rumoroso!
A Nami apparve un grande dilemma:

  1. Sotto il negligé di tulle viola trasparente aveva solo un tanga nero striminzito.
  2. Di solito andava al giro con abiti striminziti e bikini senza problemi davanti a tutti, ma essendo con il seno praticamente quasi scoperto non poteva certamente uscire dal nascondiglio con noncuranza, e niente di meno davanti alla roccia Zoro.
Zoro bussò un’altra volta. Se il qualcuno dietro alla porta non rispondeva nemmeno ora, avrebbe scostato la porta. Nami cominciò a sudare freddo. Era in trappola!
-Al tre scosto la porta! Uno, due e t…!- Zoro non riuscì a finire il tre che la porta gli fu sbattuta dritta in faccia.
Perse l’equilibrio e cadde all’indietro, sbattendo la testa contro il forno. Ci fu uno Sdang alquanto forte. Nami pregò che la doppia botta tramortisse lo spadaccino. Ma constatò dalla reazione al dolore piena di bestemmie che Zoro aveva la capa più dura di una pietra. Prima che lui si potesse accorgere di lei, Nami intravide piena di speranza il grembiule di Sanji. Andò a prenderlo di corsa, ma prima che riuscisse a sfiorare la propria salvezza, una mano di Zoro l’aveva afferrata per una caviglia. Perse la presa sul pavimento e cadde in avanti. Sbatté la faccia sul pavimento e grugnì di dolore.
-Maledetto come… -.
Neanche stavolta Zoro finì quello che stava dicendo. Davanti a lui, in bella vista, c’era il lato B più bello che avesse mai visto. Continuò a fissare, noncurante che il suo naso stava sanguinando copiosamente. E Nami rimase in quella posizione perché non aveva altra scelta. Stando con la pancia in terra, copriva il seno. Ma… stare in quella posizione, con il fondoschiena sotto gli occhi del marimo, era la cosa più imbarazzante della sua vita. Urlò, rossa di vergogna, a Zoro di girarsi. Zoro rimasto ebete a tale splendore, sentendola ritornò in sé e si girò subito. Si accorse del naso e cercò si stoppare il sangue, senza successo. Nami si rialzò e indossò il grembiule in tutta fretta. Prese una padella dall’armamentario di Sanji, e con tutta la vergogna, l’imbarazzo e l’ira che aveva in corpo, la schiantò sulla testa marmorea dello spadaccino.
-Ahia!- urlò Zoro, tastandosi la testa dolorante.
Avrebbe voluto dirgliene quattro a quella strega, ma visto che era mezza nuda, continuò a volgerle le spalle. Nella cucina aleggiò uno dei silenzi più imbarazzanti nella storia della Sunny. Nami sgraffignò un piatto di pasta dal frigo, prese una tovaglietta e la tirò verso Zoro. Lui appena la scorse, la prese e se la pressò contro il naso sanguinante. Poi sentì la schiena di Nami appoggiarsi contro la sua. Che lo usasse come sedia?
-Non ti girare, pervertito!- gli intimò lei, appena lui tentò di girarsi.
Zoro obbeddì. Non gli piaceva venir offeso e preso a botte, ma in quella situzione la rabbia dette spazio al silenzio imbarazzato. Ripensò all’accaduto, rendendosi conto che oltre al lato cattivo delle botte c’era stato quello di aver visto una delizia per gli occhi. Appena il ricordo del fondoschiena della compagna gli attraversò la mente, il naso riprese a sanguinare senza sosta.
-Maledizione!- imprecò lui, cercando di fermare l’emoraggia.
Tastò l’area intorno a sé alla ricerca di una stoffa qualsiasi, e appena sentì il contatto ruvido di un tessuto, lo tirò per portarselo al naso. Ma con il tessuto trascinò con sé Nami, portandosela per sbaglio sulle cosce. Entrambi cacciarono urla di sorpresa. Zoro lasciò cadere il grembiule che aveva in mano. Davanti a lui, lentamente, apparve un decollté abbondante. Ma prima che potesse vedero tutto il resto, le mani di Nami gli coprirono la vista.
-Non muoverti per niente al mondo e sei morto!- gli sbraitò Nami.
Zoro annuì solamente. Avrebbe potuto ammazzarlo benissimo, per quello che aveva visto.
-Resta fermo che ti prendo qualcosa per il naso…-.
Nami staccò una mano dagli occhi di Zoro e prese il grembiule. Improvvisamente, la Sunny tremò violentemente, scuotendosi come se ci fosse un terremoto. Nami per conseguenza perse l’equilibrio e scivolò sopra Zoro. Sentì subito che il seno premette sul petto dello spadaccino, prima di cadere con lui sul pavimento. Zoro, istintivamente posò una mano sulla schiena di Nami, in modo protettivo. Poi si rese conto di cosa c’era che premeva sul petto. Quella sensazione morbida e soffice… lo fece gemere. Oltre ai suoi di gemiti, sentì anche quelli di Nami sul suo collo. 

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  SpitFireScar,giusy91 ,fmr18_onepiece grazie per le vostre recensioni e un'altro per chi ha messo la fic tra le preferite e le seguite.
Grazie mille e al prossimo capitolo! ;)

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Rabbia ***


Capitolo 7 – Rabbia


Rimasero in quella posizione a lungo. Nessuno dei due aveva il coraggio di muoversi e affrontare l’imbarazzo di quel che era accaduto. Nami aveva una paura tremenda di alzarsi e di guardarlo in faccia. Poi Zoro l’aveva incastrata tenendole la schiena. Oltre a quello, non sapeva come gestire le turbe che la stavano attraversando. Ogni parte del corpo che era in contatto con quello del ragazzo, la mandava in tilt. Non era una sensazione negativa, come si era immaginata, anzi era una delle cose più incredibili che stesse provando. Poi si chiese se quello che provava lei lo stava era lo stesso per Zoro. Pian piano, il calore dentro di lei si focalizzò nel basso ventre, spezzandole il fiato. Si era accorta che stava ansimando, così si coprì la bocca con una mano. Sperò vivamente che Zoro non avesse notato nulla.
Quel contatto era una sensazione paradisiaca pensò Zoro, mentre a stento riusciva a trattenere l’urgere che gli stava crescendo dentro. Si stava eccitando per il contatto con la strega! Ma poi, ci ripensò su… Nami, infondo era una ragazza. Una ragazza bella, affascinante su certi aspetti e aveva le curve più sexy che mai avesse visto. Fino a quel momento non si era reso conto, se non inconsapevolmente, che la nakama che stava su di lui era dell’altro sesso. Aveva trattato tutti i suoi compagni in egual maniera, senza mai fare distinzioni. Ma ora che la sua pelle si sdrusciava su quella soffice e setosa di lei, capì che le sensazioni che provava erano quelle di attrazione verso l’altro sesso. La navigatrice mocciosa era sexy, questo non lo poteva negare.
-Zoro- si sentì chiamare dalla rossa.
-Uh… cosa c’è?- chiese lui, rauco.
Si pentì amaramente di averle risposto. Con quel tono di voce poi! La ragazza avrebbe capito che lui… si stava eccitando, insomma!
Nami si era alzata e teneva il grembiule sul seno, per coprirlo. Lentamente si allontanò da Zoro, anche se in fondo le dispiaceva aver interrotto il contatto tra di loro. Teneva lo sguardo basso, cercando di non incrociarlo con lo spadaccino. Ora come ora non sarebbe riuscita a guardarlo in faccia, da quanto si vergognava.
-Io torno a letto, a domani- disse lei, prima di correre via.
Zoro la vide sparire nel corridoio. Lentamente, si rialzò. Era come rimasto in trance per tutto il tempo che Nami era stata sopra di lui. Mentre tornava in camera, ripensò all’accaduto. Di certo tra loro due era successo qualcosa. Si addormentò con un sorriso ebete stampato sul volto. Di sicuro stava ripensando al corpo sexy di Nami.

Appena richiuse la porta dietro di lei, Nami s’appoggiò sul letto. Era rimasta turbata profondamente, sia nello spirito sia fisicamente. Si sentiva ancora accaldata e la sensazione nel basso ventre era rimasta per tutto il tempo, come se aspettasse di venir saziata. Alzando lo sguardo, alla ricerca di qualcosa che la distraesse da quel turbinio di emozioni, si intravide nello specchio. Era rossa, anzi porpora. Si alzò e andò a frugare nell’armadio alla ricerca di un pigiama più “casto”. Decise, prima di addormentarsi, che per un po’ avrebbe evitato miniabiti, bikini e gonne.

Nami si svegliò dal bussare estenuante alla porta.
-Chi è?- chiese lei, mentre si stropicciava gli occhi.
-Io e gli altri andiamo a fare provviste, rimani tu di guardia assieme a Zoro!- disse Robin.
Nami protestò sonoramente, ma non ottenne risposta. L’amica sé ne era andata subito.
Io e Zoro, da soli per un’altra volta… non ci voglio pensare, pensò lei, alzandosi dal letto. Il freddo che le arrivava ai piedi dal pavimento fu piacevole, visto il caldo che faceva. Decise di farsi una doccia fredda. Prima di entrare nel corridoio, dette un’occhiata per assicurarsi che Zoro non era lì. Non c’era anima viva. Così si chiuse nel bagno femminile e si rilassò sotto la doccia.

Nel frattempo, nella palestra della Sunny, Zoro era preso dai suoi allenamenti. Stava facendo flessioni ed era arrivato a quota duemila, che per lui erano cifre normali. Però non era ancora soddisfatto. Per via delle ferite interne arrivava solo a tremila. Si fermò un attimo e prese la bottiglia d’acqua che aveva acconto. Bevve a grandi sorsate e finita la bottiglia, la riappoggiò dov’era prima. Si sedette a gambe incrociate e decise di meditare un poco.
I suoi nakama erano andati a far provviste, cosicché il silenzio era garantito. Ma non riusciva a concentrarsi. Quello che era successo la notte passata si fece spazio nella sua mente. Digrignò i denti dalla rabbia, non riuscendo a scacciare Nami dalla testa. Si rialzò e decise che per oggi l’allenamento era chiuso. Uscì dalla palestra, di corsa. Sentì dentro di sé un’eccitazione indomabile, da saziare. Imboccò il corridoio per la sua cabina e lì, incontrò Nami. Era appena uscita dalla doccia, avvolta solo dall’asciugamano. Zoro non la guardò, la ignorò e si chiuse in fretta e furia nella sua cabina. Nami rimase lì, spiazzata.

Era steso sul letto e rimuginava. Se l’accaduto della sera prima non fosse successo, non starebbe lì a farsi problemi. Si sarebbe alzato come tutte le mattine, con la testa libera di pensieri pervertiti, e l’allenamento avrebbe dato i suoi frutti. Ma nada. Nami entrava prepotentemente nella sua testa, turbandolo. Non sapeva più come levarsela dalla testa.
Prima non ci avrebbe mai pensato a lei in quella maniera, ma ora che lei gli si era rivelata nel suo fascino di donna non poteva più farne a meno. L’aveva distratto per tutto il giorno. Dentro di lui crebbe la rabbia. Lui aveva uno scopo nella vita, dove niente e nessuno aveva il diritto di distarlo. Aveva giurato solennemente di diventare lo spadaccino migliore del mondo. Per Kuina. Merda!, pensò lui, appena sentì bussare alla porta. Non aveva voglia di vedere nessuno e niente meno Nami.
-Chi è?- ringhiò lui, appoggiandosi con la schiena alla porta.
-Zoro, se gentilmente potessi aprire la porta e venire ad aiutarci, ci faresti un gran favore!- disse Sanji.
A Zoro saltarono i nervi. Ora era proprio di umore nero. Tirò un calcio alla porta, spalancandola completamente.
-Stavolta non mi freghi!- gisse Sanji, facendogli di no con la testa.
Zoro sbuffò solamente. Vedere Sanji spiaccicato dietro alla porta sarebbe stato meglio. Stava per uscire dalla camera per raggiungere Sanji, ma si ricordò delle bende che portava. Così frugò nel suo armadio e la prima cosa che prese sè la infilò. Fatto questo, seguì il cuoco su per la coperta.
Terminato lo stoccaggio delle provviste, Zoro poté finalmente sentirsi sollevato. Ogni volta che tirava su qualcosa, il dolore delle ferite gli doleva dentro. Si guardò intorno e appena appurò che nessuno lo stava fissando, si osservò in uno dei tanti oblò della nave. Un rivolo di sangue gli era colato dalla bocca. Si pulì il viso con la manica della maglietta. Si sentì apostrofare dal cuoco dall’altro lato del corridoio.
-A tavola!- urlò Sanji a pieni polmoni.
Zoro si riguardò allo specchio e notando niente fuori posto si diresse verso la sala da pranzo. Raggiunse il suo solito posto e osservò la solita scena che si ripeteva a ogni pasto della giornata. I suoi compagni che chiedevano prepotentemente il cibo a Sanji, il quale dopo averli serviti si rivolgeva col solito tono melenso verso Robin e Nami. Involontariamente il suo sguardo si era posato sulla figura femminile che dalla notte scorsa lo tormentava. Non trovò tanta pelle scoperta, stavolta. Nami si era vestita, anzi coperta, con una t-shirt e dei jeans. Strano… di solito se ne va al giro più scoperta che… Zoro zittì immediatamente quei pensieri. Volse lo sguardo altrove e si concentrò su un buco nel legno della parete. Quando Sanji servì anche Zoro, questi lo guardò in cagnesco. Zoro rispose con uno sguardo peggiore.
-Vedo che stai meglio… perciò non devo più trattarti con i guanti- disse Sanji, sottovoce.
-Non c’è né mai stato il bisogno- grugnì Zoro, alquanto irritato.

Dopo aver pranzato un lauto pasto, Zoro decise che per il resto della giornata avrebbe sonnecchiato. Si alzò in fretta e furia, cercando di non guardare in nessun modo la navigatrice, seduta dall’altro lato della sala. Appena fu fuori dalla sala, Zoro si sentì immensamente sollevato.

-Nami-saaaaaaaaaan!-.
Nami si volse verso il cuoco, con un’espressione vagamente annoiata. Era da un paio di giorni che non sopportava più quel tono melenso. Poi con tutto quello che le era successo l’altra notte aveva i nervi tesissimi. Aveva evitato di fissare Zoro per tutto il tempo e aveva capito che lui aveva fatto lo stesso. Ritornò alla realtà quando Sanji posò di fronte a lei un pezzo di torta al cioccolato. Nonostante fosse insopportabile, a volte, Sanji sapeva essere davvero un gentiluomo. Scoccò un mezzo sorriso al cuoco, per farlo contento. Mentre Nami cominciò a magiare il dolce, Sanji si sedette accanto a lei, diventando improvvisamente serio.
-Come sta il marimo?- domandò lui, mentre si accendeva una sigaretta.
Nami fece la finta tonta. Continuò a mangiare il dolce e rivolse un’espressione sorpresa al cuoco.
Mi sono sbagliato forse? Pensavo che lo sapesse..., pensò Sanji. Le disse di lasciar perdere e con questo si dileguò nella cucina. Nami smise di mangiare. Si sentiva una stupida per aver mentito. Zoro voleva che la cosa rimanesse segreta, così avrebbe fatto lei. Ma in fondo odiava mentire. Guardò quel che rimaneva del dolce. Le era passata la fame e così anche la spensieratezza. Col cucchiaino ancora in mano si alzò e si diresse verso la coperta. Sentiva l’impellente desiderio di spaccare qualcosa, di distruggere. Avanzò fino alla balaustra della Sunny e si fermò lì a contemplare quel vasto paesaggio blu oltremare. Strinse il cucchiaino fino a sentire il metallo nella carne. Poi prese slancio e in un veloce scatto del braccio, lanciò il cucchiaino verso l’oceano. Osservò come cadeva nell’acqua e si disperderva nelle profondità marine. Aspettò, ma la calma non arrivò. Invece, la rabbia cresceva. Fissò le onde che si infrangevano potenti slle pareti della Sunny, e infondo sperava di poter disperdersi anche lei in quel buio oltremare. Un desiderio irrazionale si disse. Ma voleva accontentarlo. Si issò sulla balaustra e con una mano si aggrappò ad una delle funi della nave. Era per caso pazza? No, voleva solo disperdere quella rabbia che stava provando. Poi accade. Una folata di vento la colpì in pieno e lei perse l’equilibrio. Stupida, stupida che non sei altro!, pensò lei mentre tentò, invano, di riprendere equilibrio. Non si era accorta che la balaustra era bagnata e perciò era scivolata. Ormai erano salpati dall’ultima isola e andavano abbastanza veloci. Se cadeva era la fine. Quando era salita non aveva notato nessuno sulla coperta e di sicuro nessuno l’avrebbe sentita se avesse gridato. E poi non era la prima volta che rischiava di cadere in mare. L’altra volta c’era stato Zoro a salvarla, nonostante stesse male. Zoro c’era sempre a tirarla fuori dai guai, sempre. Anche quando lei era diventata indipendente nel combattimento con la sua arma. Infine fece un passo falso e cadde.
Zoro... per lei quello sarebbe stato l’ultimo pensiero che avrebbe mai formulato se sarebbe caduta nelle profondità marine. Chiuse gli occhi e soffoccò un grido di terrore. La sensazione di caduta durò per un istante solamente, per poi susseguirsi a quella sospesa in aria. Un attimo dopo si ritrovò stretta tra due braccia possenti.
-Ma lo fai apposta?- gridò Zoro, stringendo convulsamente la ragazza.
-No!- rispose lei, singhiozzante.
-E allora che cazzo ci facevi la sopra?! Il ballo propiziatorio delle streghe? Ti è andato di volta il cervello, strega… - gridò ancora lui.
La stava sgridando, ma a Nami non importava. E’ qui. Con Me, pensò Nami, in lacrime.
 
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giusy91
SpitFireScar, fmr18_onepiece, Zonami84 grazie mille per le vostre recensioni bellissime! E grazie anche a chi ha messo la fic tra le seguite e le preferite, grazie xD
Al prox capitolo! ^_^


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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - Amnesia ***


Capitolo 8Amnesia
 


Aveva deciso di appisolarsi sotto il frutteto, com’era solito fare ogni giorno. Invece si ritrovava ad abbracciare Nami, preoccupato a morte.
Stava per addormentarsi, ma il suono dei passi l’aveva tenuto sveglio. Non ci avrebbe fatto caso se i passi erano di qualcun altro. Invece, quei passi li riconosceva ovunque: quelli di Nami.
Poi aveva sentito quel rumore e quel fruscio di corde. Curioso, si era alzato per andare a vedere cosa stesse facendo la navigatrice. Appena l’aveva vista inciampare sulla balaustra, era scattato.

Abbracciati. Appena quella parola echeggiò nella mente dello spadaccino, lui sciolse l’abbraccio. L’aveva fatto inavvertitamente, senza nemmeno rendersi conto.
-Stai attenta. La prossima volta potrei non essere nelle vicinanze per salvarti, mocciosa- disse lui, con un tono distratto, prima di andarsene sottocoperta.
Nami non l’aveva nemmeno sentito parlare. Sentiva solo i battiti del cuore come tonfi nelle orecchie. Dentro di sé, si sentiva in balia di una tormenta. Come quando era caduta su Zoro, qualche sera prima. Scivolò lentamente a terra, noncurante di essere vista così sconvolta e in lacrime. Proprio non le importava.
Aveva solo lui in testa. Il tocco rude con cui l’aveva presa era tipico di Zoro, ma a lei non importava. Perché pochi istanti dopo era finita nel suo abbraccio, stretta disperatamente tra quelle braccia che erano un’ancora di sicurezza. Zoro era un tipo agrodolce, anche se per la maggior parte del tempo era sempre brusco e rude. Ma infondo, Nami sapeva perché l’aveva appena provato sulla propria pelle, Zoro era capace di qualche gentilezza.
-Nami-saaaaan! Dove sei? Il tè è pronto!- urlò Sanji a pieni polmoni, cercando di farsi sentire dalla navigatrice.
Zoro si dileguò all’istante, prima che Nami potesse anche solo ringraziarlo.

Nessuno dei due menzionò dell’accaduto, ritornarono a concentrarsi sui loro compiti e obiettivi. Ma niente era più come prima: Zoro si ritrovava a navigar più spesso in pensieri languidi su una certa strega sexy, e Nami faceva fatica a distogliere lo sguardo in ogni dove apparisse lo spadaccino.

˜


Isola dimenticata da dio. Questa sì che era la definizione giusta, secondo Nami, per l’isola sulla quale aveva appena attraccato la Sunny. Secondo i suoi calcoli quell’isola non doveva nemmeno esistere. Un piccolo memo: aggiornare quella maledetta cartina che sto tracciando da settimane!, pensò Nami. Guardò sconsolata il resto della sua ciurma che scendeva dalla nave, intenta a esplorare quell’isola dal nome ignoto. Rufy saltellava come un matto, finalmente contento di tuffarsi in una nuova avventura. Aveva già richiamato a sé Usopp, Chopper e Brook, che con occhi febbrili annuivano a tutto quel che diceva il loro capitano.
-Oddio… e ora chi li ferma quei quattro?- si lamentò Nami, distogliendo lo sguardo da quella scena, che purtroppo, puzzava di guai.

Dopo che Robin si era proposta di fare la babysitter ai quattro avventurieri, Nami tirò un sospiro di sollievo. Si sedette sulla sua solita sdraio e si rilassò, osservando il cielo limpido.
Adorava starsene ore ad osservare il cielo. Ma c'era un unico problema: non riusciva a rilassarsi.
C'era qualcosa che le premeva dentro, una situazione che non voleva affrontare. Ed era da un paio di giorni che rimandava, che ci avrebbe pensato, senza poi realmente affrontare la situazione. Il fatto che Zoro la salvava in ogni situazione, in maniera automatica. Lei era in pericolo? Zoro correva subito in suo aiuto. Anche se lui dormiva, era ferito gravemente e impegnato in duelli, in cui se distoglieva gli occhi per un momento solo rischiava la morte; era sempre pronto a salvarla.
Come se tenesse lo sguardo sempre puntato su di me, pensò Nami. Quando si rese conto di quanto fosse seria la cosa, rabbrividì.

˜


-Maledette foglie!- sbraitò Zoro.
Lo spadaccino si trovava nel bel mezzo della giungla dell'isola sconosciuta. Ci si era fiondato appena la navigatrice aveva detto di essere cauti e di non fare esplorazione senza il suo consenso. Siccome non gli andava di prendere ordini dalla strega, anche se rivolti per premura all'intera ciurma, aveva deciso di seguire se stesso e basta. Nessuno doveva impartigli ordini, a parte Rufy.
E poi scusa, non sono io il vice-capitano?, pensò Zoro, come colto da un lampo di genio. Certe volte si scordava pure il suo rango.
La colpa è solo della Strega! È solo una ragazzina, ma se si tratta del suo corpo... sexy.
Zoro si maledì per aver solo pensato alla Strega sexy. Anche se per un uomo era naturale avere pensieri simili, a Zoro non andava per niente bene. Non doveva pensarci, aveva solo da concentrarsi completamente per raggiungere il suo scopo primario.
Per niente facile se ci si ritrovava con emorragie spaventose dal naso...
-Accidenti alla Strega sexy!- imprecò Zoro, mentre si asciugava malamente con la manica della sua camicia.
Continuò ad avanzare per un sentiero, dove l'erba cresceva poco. Ma quando si ritrovò impigliato in varie foglie, liane e rami, decise di sguainare una delle sue katane.  Con un fendente ben assestato tagliò via una buona parte del fogliame di fronte a lui. Dopo aver rinfoderato la katana, Zoro sorrise. Erano settimane che aveva evitato di usare le katane, viste le ferite interne che aveva. Ma ora, grazie alle medicazioni portentose di Chopper, poteva di nuovo sentirsi spadaccino. E poi se non fosse stato per Nami, starebbe ancora a sputare sangue per qualsiasi gesto. Sorrise ancora di più, mentre procedeva per il sentiero.

˜


Il sole aveva ormai abbandonato il cielo e al suo posto era sorta una luna piena. I quattro andati in avanscoperta erano tornati, sani e salvi grazie al babysitteraggio di Robin. Rufy chiedeva cibo e saltellava intorno a Sanji, mentre Chopper e Brook raccontavano la loro scampagnata.
-E' pieno di frutti a ciambella!- disse Chopper, con gli occhi che brillavano.
-Ci sono arcobaleni ovunque!- cantava Brook.
Nami li ascoltava con gran attenzione, prendendo appunti. Teneva appunti per tutte le isole che avevano visitato, e grazie a quelli ampliava le sue mappe. E appena li finiva li passava a Robin, che li archiviava nella biblioteca della Sunny.
-Nami ho qui uno schizzo dei dintorni che abbiamo visitato, ti interessa?- le domandò Robin, sedendosi accanto e porgendole il suo taccuino.
Nami annuì e lo prese, contenta.
-Grazie mille! Così posso continuare la mappa di quest'isola.-.

Più tardi, mentre la cena veniva servita, qualcuno parve finalmente accorgersi dell'assenza dello spadaccino.
-Scusate, ma che fine ha fatto il marimo?- chiese Sanji, notando che il posto occupato di solito da Zoro era vuoto.
Dal tavolo si sollevò un gran baccano. Chi diceva che si era perso come al suo solito. Altri dicevano che forse era a farsi un pisolino chissà dove sulla nave.
-Il solito lupo solitario- sbuffò Nami.
Nami tornò a concentrarsi sul suo piatto, ma qualcosa la fece desistere. Osservò di nuovo il posto vuoto di Zoro.
Quello stupido sa cavarsela da solo, Nami.

Zoro non si fece vivo per tutta la cena. Gli altri non si preoccupavano nemmeno, visto che era capace di badare a se stesso. Ma a Nami non importava. Se non c'era lui, si sentiva a disagio come un pesce fuor d'acqua. Decise di andare a cercarlo.

˜


Sentiva dolori ovunque. Appena inspirava, lame di fuoco si accendevano nel petto. La testa poi gli doleva come se fosse fratturata. Si tastò il punto più dolente, dietro alla nuca. Venne a contatto con qualcosa di denso e appiccicoso. Aprì gli occhi e vide la mano insanguinata.
Cosa mi è successo?
Si guardò intorno e constatò di trovarsi dentro una grande buca, profonda sui 4-5 metri. Si rialzò a fatica. Per non perdere l'equilibrio si appoggiò alla parete di terra.
A dopo le spiegazioni. Devo uscire da questo maledetto buco.
Riposò per pochi minuti, aspettando che il dolore nel petto scemasse. Quando il dolore entrò nei limiti sopportabili, Zoro balzò. Atterrò scalzo sull'erba. Ora che era fuori dalla buca si rese conto di una cosa:
Non ricordo assolutamente nulla!

˜


Era la seconda volta che inciampava. Guardò in basso e vide la seconda katana di Zoro. Ne aveva già trovata una mezz'ora prima, quando era inciampata per la prima volta nel bel mezzo della giungla.
Cosa diavolo gli è successo? Non si separerebbe mai dalle sue spade!
Si dette della stupida per averlo pensato. Zoro era tra le persone più forti che conosceva, di sicuro l'aveva fatto apposta a lasciarle lì. Che fosse un nuovo tipo di allenamento? No, sapeva perfettamente che il Zoro che conosceva non le avrebbe dimenticate lì, sparse in una giungla. Al posto dell'ansia giunse il panico.
-ZORO!- gridò.
E dopo aver gridato altre volte il suo nome in tutte le direzioni, partì di corsa, seguendo la scia di spade.
Se non avessi intimato alla ciurma di stare cauti e di non esplorare la giungla, Zoro non sé ne sarebbe andato in avanscoperta da solo.
Tanti piccoli se cominciarono a vorticarle per la mente. E per ogni se che faceva eco nella sua testa, Nami si spinse oltre il fitto e buio della giungla, correndo a perdifiato. Ad un certo punto, la vegetazione si diradò lasciando spazio ad una radura priva di alberi. Nami si fermò poco prima di un grande fosso, evitando di caderci dentro. A pochi metri dal fosso, appoggiato ad un tronco d’albero, c’era la terza katana di Zoro. Avanzò passo per passo, squadrando l’area circostante alla ricerca dello spadaccino, per poi adagiarsi accanto alla katana, per riprendere fiato. Mise le altre due spade accanto alla terza.
Ci sono tracce accanto al fosso. Di sicuro quel marimo ci è caduto e alla fine sé n’è andato, lasciando qui l’ultima katana. Ma cosa l’ha portato ad abbandonarle tutte e tre?
Più si scervellava per capire le azioni di Zoro e più non ci capiva niente. Alla fine lasciò perdere. Sollevò lo sguardo e appurò che la luna non c’era più. Una fioca luce rosa si stagliava lontana, verso est. Decise di tornare alla Sunny. Si issò in piedi e prese le tre katane. Con un rapido sguardo verso il cielo e dove si trovava, calcolò le coordinate per tornare alla nave.

˜


Osservò come la ragazza dai capelli rossi si allontanò dalla radura. D’istinto seppe che doveva seguirla. Aspettò che la ragazza si allontanò quanto bastasse per non farsi scoprire e poi si mise all’inseguimento. Ogni tanto la ragazza sussultava, come fosse preda di violenti singhiozzi, e l’uomo si chiese se stesse piangendo. Delle volte venne colto dall’impulso di andare da lei, a consolarla. Ma evitò di farlo. La ragazza poteva benissimo essere un diavolo in gonnella e avrebbe potuto farlo a fettine, con tutte quelle spade che si portava appresso.
Più tardi, quando entrambi raggiunsero la spiaggia, Zoro smise di seguirla. C’era una nave attraccata alla spiaggia e osservò come la ragazza ci salì. Poi guardò intorno e non vide nient’altro che altra spiaggia, con altrettanta sabbia. Smise di seguire la ragazza e si appartò sotto l’ombra di una palma. Per tutto il tragitto si era sentito un gran caldo provenire dal corpo e la sete si era fatta sentire. S’appoggiò con la schiena contro il tronco e scivolò lentamente a terra, graffiandosi lievemente la schiena nuda. Con una mano si tolse il sudore dalla fronte e guardò in lontananza. Sospirò, aspettando con ansia che il sole sorgesse del tutto.


˜

-Lo hai trovato?-.
Nami neanche si girò verso Robin. Continuò a camminare finché non raggiunse la prima parete e ci si appoggiò, sbattendo la schiena contro il legno robusto della Sunny. Allentò la presa sulle tre spade, lasciandole cadere sul ponte senza tanto riguardo. Sapeva che se Zoro lo veniva a sapere, ne avrebbe buscate di santa ragione da lui, ma tanto non importava, era sparito.
-E quelle?- chiese Robin, mentre si avvicinò a lei.
-Sparse qua e là per l’isola. Al marimo gli manca qualche rotella, di sicuro ha sbattuto la testa... - rispose Nami, voltandosi verso il sole sorgente.
-Speriamo che ritrovi la via, Nami- disse Robin, voltandosi anche lei verso quel sole rosso.

 

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