A moon appeared in the nightsky

di Akane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** io ci sono ***
Capitolo 2: *** con quelle scarpe ***
Capitolo 3: *** alla prossima compagno ***
Capitolo 4: *** contro tutto e tutti ***
Capitolo 5: *** muoviti a scendere ***
Capitolo 6: *** non puoi fermare noi ***
Capitolo 7: *** Alzati ***
Capitolo 8: *** un vero spreco ***
Capitolo 9: *** ma guardati ***
Capitolo 10: *** Niente di che ***
Capitolo 11: *** noi siamo amici ***
Capitolo 12: *** Voglio stare qui ***
Capitolo 13: *** Si è costruita dal niente ***
Capitolo 14: *** desidero tornare a giocare ***
Capitolo 15: *** Un direttissimo per il paradiso ***
Capitolo 16: *** Non sono giù di morale ***
Capitolo 17: *** Iniziamo ora! ***
Capitolo 18: *** da qui in poi ***



Capitolo 1
*** io ci sono ***


A MOON APPEARED IN THE NIGHTSKY

A MOON APPEARED IN THE NIGHTSKY

 

 

PREMESSA: Ciao a tutti. Sono Akane(Tachibana!), l’ufficiale scrittrice italiana della serie(mi ci sono autonominata tale io)….l’unica che capisce veramente i due cuccioletti! Ok, scherzo, che nessuno si senta offeso, ogni tanto vengo presa da questi attacchi di megalomania.

Non avendo parole per esprimere quel che ha lasciato in me I’ll(GB), lo farò capire con questa fic. È un omaggio al manga più bello di tutti i tempi, per me. Non avrei parole migliori per esprimere il mio amore assoluto. Se avete avuto dubbi su qualcosa leggete. Se pensate sia un manga etero, leggete. Se pensate sia banale, leggete. Se pensate di esserne rimasti delusi, leggete. Se avete bisogno di capire, leggete. Se avete bisogno che la magia non finisca leggete.

Quest’ultima frase non intende paragonare il mito e il genio che ha avuto Asada con il suo capolavoro, col mio che faccio questa fic…ma è per dire che se avete bisogno di leggere ancora di loro questa è la fic giusta.

Analizzerò le escene più intense e particolari ed interessanti del manga, ma partirò dall’ultimo numero. Tutto dalla parte un po’ di  Akane e un po’ di Hitonari. Per poi finire dopo il manga, che succede. Sarà a capitoli, lunga e accurata ma non pesante o noiosa. Non sarà un rileggere il manga, ma un leggere i retroscena e i sentimenti lasciati fra le righe, lasciati da tradurre a noi lettori. Questa è la mia visione del manga. Spero solo che piaccia, ma mi dispiace dirlo…l’importante è che piaccia a me! ^_-

Buona lettura.

Baci Akane(colei che ha preso il nik da Tachibana tanto è uguale a lui….altra dose di megalomania….ma è vero, oh!)

***

 

“potremo essere avversari, oppure compagni di squadra…non importa…in ogni caso…dovremo…assolutamente…incontrarci nuovamente…sul campo.”

 

CAPITOLO I:

CI SONO IO

 

“Hiragi non c’è…e non posso tornare a casa perché sono senza soldi. Uffa!

Ero andato da lui perché avevo bisogno di vederlo. Siamo tornati da poco alla ‘vita normale’ e non è facile. Faccio finta di nulla come al solito. Mi convinco che non c’è nulla di speciale per cui io debba essere diverso. Sono bravo a far finta di niente.eppure finisco sempre per essere un libro aperto.

Mi definiscono strano, ma perché? In fin dei conti sono solo me stesso, no?

Prendi ora…mi andava di sedermi in mezzo alla strada perché dopo tutta la strada fatta per arrivare da Hiragi, lui non c’è, ero stanco e mi sono seduto. Come un barbone, e allora che c’è?

Il sole mi batte….è un sole così fastidioso, noi non siamo a giocare come dovremo e lui continua a splendere! Sgrunt!

La verità è che nemmeno Sumire riesce a capirmi, ora…lei mi capisce sempre ma ora mi da’ fastidio tutto. Non mi andava di stare con lei o con chissachi…nemmeno a casa. L’unico che potrei pensare di vedere è Hiragi.

Si. È semplicemente così.

Fra tutti l’unico che riesco a vedere tranquillamente dopo la partita è lui.

Lui mi da’ quella sensazione che cerco. Pace, forse, calma…non so…consapevolezza di qualcosa.

So che lui ha sempre la soluzione per me, a qualunque cosa.

Lui è l’unico che mi vada di vedere.

 Chi se ne frega dei significati e dei perché.

È così e basta.

Perché lui sa anche senza che io parli.

Lui ci azzecca sempre e agisce a seconda di quello che sa potrebbe aiutarmi, eppure io non parlo.

Quel maledetto…come al solito è un passo avanti a me, anche  se sono certo di averlo raggiunto. Si, mi manca un soffio per ridicolizzarlo davanti a tutti…un soffio…quel soffio di vento che corre fra la terra e il sole. Ma cazzo…la terra non mi si addice…direi più…vediamo…la luna!

Si, la luna è decisamente meglio!

Più interessante, non si mostra mai tutta e cambia faccia ogni notte. È bugiarda e fa credere a tutti mille sciocchezze. È solo l’essere più subdolo ed egoista…lei ha capito tutto dalla vita e sa. Si. Io sono lei, ho deciso! E quello scemo è il sole!

Proprio su queste riflessioni la luce che punta sul mio viso sporco di briciole si oscura. Qualcuno mi fissa…qualcuno osa ritenere strana la mia presenza a terra sotto casa di Hiragi. Mi sto ingozzando di senbei, e allora?

Alzo lo sguardo seccato…che diavolo vuole questo?

Poi vedo uscito dai miei pensieri il sole…ma che gentile, si è scomodato quando mi ha sentito pensare a lui!

- che stai facendo?-

uno sguardo ancor più truce mi si dipinge…che sto facendo secondo te? Faccio le radici! Ma non vedi che ti aspetto, muso bianco?

- sono venuto a comprare il riso, ecco tutto!-

sbotto sgarbato.

- il riso?!-

risponde lui incredulo. La sua voce vellutata e morbida mi da ancora più sui nervi…ma sentiti in soggezione per avermi disturbato!

- si il riso!-

- e poi perché ti arrabbi?-

perché mi arrabbio….!? Perché mi arrabbio?! Ma va in quel paese…e tu dovresti essere il sole? Tu sei solo un buco nero senza cervello…ritiro tutto…non capisce nulla di me, tanto meno il volo dei miei pensieri…o come diavolo si dice!

Mi propone qualcosa a proposito di andare in un posto a vedere non so che…poi torno indietro con il neurone e registro le parole ‘partita’, ‘Hayamazaki’ e ‘Tsurugizaki’.

È il colmo. Vuole che venga con lui a vederli? Ma si è mangiato il cervello?

Subito senza nemmeno pensarci rifiuto energicamente e non lo guardo più ostinato a non tornare sulla mia decisione…scordatelo che ci vengo, non sono masochista! Non voglio e tu non mi convincerai mai!

Vinco sempre io normalmente se non fosse che non mi da retta…come ora…non capisco perché non mi rispetti…fra tutti è l’unico che non prova timore per me…fa come se fossi una pezza da piedi…mi prende per il colletto della maglia e mi trascina di peso!

Che ci faccio a gridare infuriato per qualcosa che non volevo assolutamente fare?

Quel bastardo me la pagherà anche per questa!

 

Ecco…ora capisco…perché capisco(se capisco)solo dopo? Ma lui non potrebbe spiegarmele prima le cose? Se magari non volevo capire? Volevo rimanere come prima? Lui decide per tutti, fa anche per me, mi trascina a peso…ed io stupido che mi metto pure a capire quello che lui vuole farmi capire! Lo odio proprio! (questa frase è da me quanto da Akane! NdAkaautrice)

Ma ha ragione…porco cane, lo ammetto sempre più spesso ultimamente.

Le due squadre che ci interessano si sono qualificate e il telecronista di merda dice qualcosa di poco carino riguardo a noi del Kouzu…vorrei proprio andare là e spaccare la faccia a quel nano ciccione…non so come sia il telecronista ma uno che dice tutte ste monate è sicuramente nano e ciccione!

- che carogna!-

non sono contento di essermi limitato a questa frase, ma prima che possa continuare Hiragi mi ferma e con quella sua voce che mi urta per quanto sia sempre composta e pacata, mi dice:

- lascia perdere…lo Hayamazaki ha vinto…noi abbiamo perso.-

ecco, semplice no? Lo vedi dove voleva arrivare con questa pagliacciata? Figuriamoci se non l’avevo capito…lui ha sempre i secondi fini, quando fa le cose…specie se sembrano incomprensibili e da perfetto stronzo!

- che palle! Ormai l’ho capito! Sono stufo di cercare delle scuse per la sconfitta…abbiamo perso e basta. Quello che è fatto è fatto, ormai non cambia più nulla…-

voleva arrivare a farmi dire questo…lo dico…seccato ma lo dico e non ha bisogno di assumere un espressione soddisfatta per la sua vittoria.

Ha maledettamente ragione.

Mi aveva capito ancora prima di me.

È insopportabile, sto diavolo!

Io non lo accettavo. Non ce la facevo, ma come per la partita, quando siamo usciti, è stato l’unico anche questa volta ad aiutarmi concretamente. Solo lui.

Non a caso siamo quello che siamo…e ormai penso che l’abbiano capito tutti.

Altrimenti, se non fosse così acuto nei miei confronti, non lo terrei mica come mio compagno…non è da me parlare in certi modi, ma lo devo dire…lui mi è indispensabile. E non solo per il basket…ma anche per la mia vita. Ormai senza di lui non sarei più Akane Tachibana, questo Akane Tachibana…chissà dove sarei, cioè nel senso…ogni tanto ci penso. Non avrei ripreso a giocare a basket tirando dietro lui, non avrei conosciuto tutte queste persone importanti…non sarebbe entrato nella mia vita quel sentimento che mi fa accapponare la pelle quando sono solo con lui .

Lui è solo il mio compagno e sto bene unicamente con lui. Sia prima della partita che dopo. È stato lui a capirmi e a darmi la soluzione. E anche ora.

Adesso che l’ho accettato e detto mi sento meglio…ma…

. anche il fatto che Yamazaki e Kanemoto…ormai non ci sono più…mi ci sono rassegnato, però…-

e finisce per me dimostrando ancora una volta di avere i pensieri coincidenti totalmente coi miei. Anche se ha un modo diverso di dirlo…malinconico…tutt’altro che rabbioso e seccato:

- ogni tanto è dura…-

lo guardo e lui abbassa lo sguardo, respira profondamente come volesse trovare qualche parola che a fatica usa. Lui preferisce agire e lasciare le parole per chi le sa dire…per chi le sa leggere. Io gliele so leggere.

Ha un nodo di sentimenti, in questo momento, che mi sembrano molto chiari.

Dice delle bellissime parole. Ha ragione. Parole che ha tirato fuori a fatica, che dice raramente, ma che quando ci riesce sono da incidere nella memoria con lo scalpellino altrimenti non si va mica avanti!

Lo conosco bene ma mi stupisce sempre ancora.

Poi arriva una delle sue dichiarazioni in codice…noi ormai parliamo solo tramite quelle:

- io..continuerò a giocare guardia. Perché per passarti il maggior numero possibile di palle…è la posizione migliore…a fare coppia con te…ci sono io.-

questo tradotto nella lingua di Hiragi significa che non cambierà mai, i sentimenti che prova per me ora non muteranno mai perché per andare avanti e dare il massimo io ho bisogno di lui…presuntuoso il ragazzo…ma si riscatta dicendo che non mi lascerà mai, starà con me per sempre. C’è lui! Traducendolo ha detto  questo.

Mi fa effetto. Indubbiamente. Non mi ci abituo facilmente. Abbasso gli angoli della bocca verso il basso e lo fisso con faccia da pesce. Quel maledetto sta diventando troppo figo… a lui giovano le perdite, altro che vittorie!

Ma mi riprendo e faccio il solito spaccone…e devo pur rispondere, non penserà mica di avere l’ultima parola? Ora gli faccio vedere:

- certo che la fai facile tu…se non ci fossi io…tu non sapresti proprio a chi passare la palla…sono io a esserti indispensabile!-

e aggiungo anche un ‘meno male, eh?’

la sua faccia sembra dire ‘mettila come vuoi’…non pare importargli come viene detto e messo…tanto ai fatti noi due stiamo insieme e non abbiamo intenzione di lasciarci e questo è quanto.

Conoscendolo quell’espressione significa questo!

La mia frase invece era facilmente traducibile dal nostro linguaggio personale, noi odiamo parlare normalmente, ci imbarazza, non sarebbe da noi…ma quello che volevo dire io era semplicemente che in realtà ad aver bisogno di qualcuno non sono io ma lui…sono io l’indispensabile nella vita…nella sua…è ovvio, no? Se non ci fossi io lui non saprebbe proprio con chi stare… e chi se lo prenderebbe uno simile?

Ad interrompere questo scambio enigmatico di dichiarazioni e spacconate arrivano Harumoto e Hori…o questa poi…non tardiamo a prenderci in giro a vicenda…sono una coppia insolita…ma anche noi veniamo accusati di una cosa simile…tanto nessuno si imbarazza.

Non è ufficiale anche se stiamo insieme da un po’, ma non lo nascondiamo. Semplicemente siamo dei tipi che non dimostrano i sentimenti, quel tipo di sentimenti, tanto facilmente. Non vogliamo rendere la nostra vita privata e sessuale pubblica come un sacco di coppiette cretine fanno…insomma…noi non gireremo mai mano nella mano…non perché ci vergogniamo essere gay, ma perché non è da noi…ci vergogniamo del gesto in se. Dimostrazioni simili non sono nel nostro genoma, così non sentiamo il bisogno di sparare ai quattro venti i cazzi nostri. Semplice, no? Se Hiragi fosse una donna farei ugualmente così …mi fermo e cerco di immaginarmelo…donna…un immagine buffa di lui coi capelli lunghi e biondi mi si dipinge nella mente…li avrebbe sparati da tutte le parti, a mo di porcospino…poi quando proseguo sul suo corpo ipoteticamente femminile scoppio a ridere.

Ma che assurdità…questa si che è bella…mi metto a sghignazzare senza un motivo apparente e lui mi guarda inizialmente stranito e poi  sembra capire…lo sguardo che mi lancia ora è tutt’altro che femminile…no no…lui è decisamente un uomo…già.

Ma nemmeno dei coltelli potrebbero farmi smettere di sbaccanare!

 

Passiamo il resto della serata con Hori e Haru mentre torniamo a casa ridendo. Siamo distesi e rilassati. Ci voleva, devo ammetterlo. Dopo averlo accettato tutto assume un altro colore. Non so come dirlo. Forse è vederlo sorridere spensierato, finalmente spensierato…o forse è uscire con lui senza venire accusati di chissacosa…o magari il fatto che potrà anche cadere il mondo, ma finchè ci sarà lui io non mollerò mai.

È questo forse. Se lui mi passerà sempre la palla come dice io non smetterò mai di andare a canestro. E allora chi ci fermerà? Allora perché dovremo essere tristi?

Finisce che per aver sfottuto tutto il tempo quei due, veniamo sfottuti noi perché dopo aver dichiarato che ero senza un soldo e non potevo tornare a casa, dopo che Hiragi si è rifiutato di prestarmeli per l’ennesima volta e dopo l’ennesimo rifiuto di tornarmene a casa a piedi, lui mi dice tranquillo di rimanere a dormire a casa sua…come al solito…si, si fa sfuggire anche questo…’come al solito’ …lui composto e serio, come se nulla fosse…arrossisco lievemente, queste sono le uniche cose che riescono ad imbarazzarmi!

- ecco, lo sapevo, chi è la coppia ora?-

vorrei sparare a tutti, per primo a Hiragi che ha parlato. Cavolo, non lo fa mai proprio ora doveva aprir bocca?

- si si…vi lasciamo, piccioncini…-

un semplice dito medio in saluto e un grugnito.

Così ci separiamo e nuovamente solo con Hiragi, saliamo le scale del suo piccolo appartamento per passare un'altra notte a rilassarci a modo nostro.

La nostra vita, anche se sembra strano, continua!

 

FINE CAPITOLO I

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** con quelle scarpe ***


A MOON APPEARED IN THE NIGHTSKY

A MOON APPEARED IN THE NIGHTSKY

 

“potremo essere avversari, oppure compagni di squadra…non importa…in ogni caso…dovremo…assolutamente…incontrarci nuovamente…sul campo.”

*solo un nuovo cap dalla parte di Hitonari questa volta. Credo che li alternerò così più o meno, ma vediamo. Sempre in prima persa comunque. Il ‘viaggio’ continua! Ad un certo punto parlo di una cantante, ascoltavo Skin al pc per cui la donna può essere circa lei…il cap è diviso in 4 piccoli pezzi con dei sottotitoli. Buona lettura ma preparatevi…ricordate nel manga che succedeva ora? Baci Akane(Tachibana!)*

 

CAPITOLO II:

CON QUELLE SCARPE

 

/solo un addio/

 

- non cedete!-

 

“Due parole. Le ultime da capitano. Capitano. Rimbombano nel silenzio quasi mortale della palestra. Il quintetto base del Kouzu, il primo serio quintetto della storia di questa scuola, esegue l’ultimo abbraccio da squadra. Una squadra che ha saputo vincere e crescere dal nulla.

Un abbraccio che si scioglie e con esso anche la carica di Capitano di Yamazaki e di Vice di Kanemoto.

Loro non sono più del Kouzu Basket Club.

Un messaggio muto con gli occhi ad ognuno. L’ho percepito come immagino tutti. Le braccia di Akane da una parte e di Harumoto dall’altra hanno cercato di infondermi coraggio per l’importanza inevitabile che assumerò da qui.

Non importa. Sono abituato a portare pesi, ma ormai non sono più solo.

Ora ci sono i ricordi di cui devo occuparmi.

Ricordi di allenamenti, di incontri, di partite, di esercizi, ritiri, sacrifici, litigate, pazzie e gioie.

Ne abbiamo passate tante, eh?

- mi raccomando la squadra!-

la sua voce composta e pacata, matura, mi arriva ancora dal silenzio generale. Nessuno riesce a reagire e dire nulla. Li guardano uno di fianco all’altro, davanti a noi con la luce alle spalle e una penombra pomeridiana estiva che non ci crea sollievo.

Sospiro impercettibilmente.

La vostra squadra non tramonterà mai, almeno finchè ci sarò io nelle sue fila. È una promessa, non solo un dovere.

Hanno dato tanto questi due, tutto, ma non esistono ancora parole per salutarli degnamente.

C’è chi piange, chi fa il volto triste, chi invece ha l’aria serafica e concentrata come la mia e quella di Tachibana.

Eppure deve esserci qualcosa che dimostri la nostra gratitudine, il rispetto, la stima, l’immensità di ciò che ci hanno insegnato.

Potremo fare veramente a meno di loro?

In realtà c’è. È solo un piccolo ed insignificante gesto che solo a lui poteva venire in mente, perché è solo da lui.

Non so se è una casualità o meno ma è in mezzo a tutti noi messi in fila che guardiamo le loro spalle che si allontanano.

E lui fa l’inchino di saluto che mostra profondo rispetto visto l’angolo che arriva a 90°. Non 45 come viene normale e comune, no. Quello riservato alle persone importanti.

Sta così per alcuni minuti senza mostrare segni o espressioni. Ma io le sento le sue espressioni. Dentro ha qualcosa che non sa nemmeno come esprimere. Quello stupidotto…è solo un idiota…

 

/ stupide scarpe/

Di quell’allenamento ricordo solo che voleva che io mettessi una delle maglie che dimentica sempre a casa mia. Si, aveva detto che se lui metteva le mie scarpe come gli avevo suggerito ed io la sua maglia, avremmo vinto di sicuro. Il collegamento non lo so, ma ero certo che le mie scarpe sui suoi piedi potessero funzionare per farlo saltare meglio, la sua maglia addosso a me non ero molto convinto potesse farmi muovere in modo più preciso!

Poi per il resto il solito allenamento dove dopo eravamo andati a mangiare qualcosa insieme con la squadra, ovvero lui ad ingozzarsi e gli altri a mangiare normalmente. In serata invece si era trattenuto con me a casa mia.

Non era ne teso ne nulla per la partita che era alle porte, solo un po’ moscio per l’assenza definitiva del capitano e del vice…ormai non più tali, ma semplicemente Yama e Kanemoto…me ne aveva parlato un po’, ma non c’era stato bisogno di spiegazioni, era la medesima cosa che provavo io. Era stata la vicinanza sua per me e la mia per lui a rilassarci e a darci la carica. Poi avevamo finito come al solito per fare l’amore.

Ora mentre lo aspetto qua in stazione col resto della squadra non so perché mi ricordo esattamente le parole a proposito di quelle mie scarpe delle quali lui si è appropriato!

Associate ad esse una sensazione.

Cos’è?

 

Stiamo giocando e quell’idiota non è ancora arrivato. La Minefuji ha detto che la Yoshikawa ha telefonato dicendo che Tachibana era tornato indietro per prendere le scarpe che aveva dimenticato…quelle nuove! È facile per me capire che sono le mie e che le aveva dimenticate, ma visto che era già tardi perché diavolo non le ha lasciate perdere? Quello scimmiotto è troppo attaccato alle cose simboliche a volte. Dovrebbe essere più cinico e realista quando serve! Ora mi tocca far tutto da solo…ok che ci siamo rafforzati molto dopo il campionato, ma se ci fosse stato lui…un ultima occhiata alla porta per vedere se si apre facendolo entrare…e le pupille mi si dilatano mentre un battito del cuore viene a meno…il respiro torna dopo che non mi ero nemmeno accorto essersene andato. Dopo questo attimo in cui mi fermo senza seguire il gioco vedo agitazione nella panchina e la Minefuji che corre fuori dalla palestra indicando alla manager di rimanere lì.

 

/la luna non splende/

Palpiti. Stupidi palpiti cardiaci che non accennano ad andare più piano. Così non mi fanno sentire quel che dice.

- cosa gli è successo…?-

la mia voce trema e capisco che è meglio non parlare. Sto sudando non per la corsa o la partita appena finita. Questo è sudore freddo.

La Yoshikawa piange e sembra disperata, Hori invece è molto agitata ma Hatumto supera tutti…sono dettagli, cose, persone, situazioni che non colgo, che non vedo. Le so ma non le vedo.

Io voglio sapere. Ansia. È dall’inizio della giornata che mi attanagliava. C’era qualcosa in questo sole che non mi permetteva di essere rilassato. Respiro a fatica e ascolto…ascolto quel che spero sia solo illusione.

- la gamba sinistra si è fratturata all’altezza del femore…-

sento questo. Poi altre parole, ancora dettagli, precisioni ed imprecisioni, incertezze. Le vene alle tempie cominciano a battere sempre più forte. Non sento, per un momento il mondo si oscura. Sono impietrito e gelido.

Cosa dico, cosa faccio…cosa farò se…?

-…qualora subentrasse un infezione…ripercussioni per tutta la vita…oltre la possibilità di giocare a basket…in un caso del genere la sua gamba sinistra…verrebbe amputata!-

sudo copiosamente e ascolto il discorso solo a tratti. Mi avvicino alla porta semiaperta della sua camera, lui è lì disteso che dorme con un volto contratto dal dolore. È anestetizzato ma soffre…quanto vorrei capire…sentire quello che sente lui…ma ora sento solo il mio di dolore. Mi fa male, impressione, vederlo così…i-io…non…no…non ci credo…merda…quello non è Akane…

- no…-

tremo ancora, più di prima, la mia voce è lontana e ovattata. Non capisco se mantengo la mia piega fredda, il suo stampo naturale…oppure se…se cosa?

- …-

cosa penso? Cosa faccio? Cosa dico?

- non può essere vero…-

sento i miei muscoli facciali assumere un espressione, finalmente. Le gocce di sudore arrivano sugli occhi che mi bruciano. Si. Mi bruciano per quelle, per il sudore…non per…quello che…vedo…

-Tachibana…-

lo dico io oppure è qualcun altro?

Respiro…devo respirare….se respiro io forse riesco a trasmettergli la voglia di farlo anche a lui.

Lui è lì disteso in un letto d’ospedale, addormentato con smorfie di dolore sul volto pieno di lividi…e una gamba che rischia di essere amputata…lui è lì e forse non potrà più saltare con me, per me…potrebbe cambiare per sempre…e tutto…per…delle scarpe…le mie scarpe…le nike…no…mi rifiuto di crederci. È lui quello che non accetta la realtà, non io. Io accetto, prendo subito atto e porto il peso dei miei sentimenti e delle responsabilità di tutti.

Cazzo. Cosa faccio?

Svegliati che non capisco nulla.

E loro parlano sul dafarsi, su organizzare i turni per andare a trovarlo, su cosa dirgli, su come comportarsi, sulle possibilità che aspettano ora Tachibana…su chi porta a casa lei, lui e quell’altro…pensano a queste cose loro…io non ci riesco. Sto solo in un angolo e anche quando tornano a casa sto indietro rispetto a tutti. Guardo in basso, non riesco ad alzare lo sguardo. L’ultima cosa che ho visto è stato il viso di Tachibana addormentato, non voglio guardare altro. Impresso nella mia mente. Impresso…cosa c’è?

Mi fermo. Mi sono fermato?

- Hiragi…-

la voce di Harumoto mi pare lontana, mi chiama, credo sia preoccupato per la mia espressione inespressiva. Mi giro. Non do retta a nessuno, lui mi aspetta mentre gli altri avanzano. Almeno mi pare.

Alzo lo sguardo. Cerco Akane…lo cerco in cielo…la luna non c’è, è tutto nero e buio. Come la  finestra della sua camera d’ospedale.

Nelle orecchie musica da lontano, da un locale notturno che manda a tutto volume note azzeccate per una serata simile. Una donna con la voce tipica di quelle di colore canta arrivando ad acuti con quel suo timbro speciale….pian piano recupero i particolari…ma mi sembra triste anche lei.

Forse sono i miei sensi che vedono tutto così.

Cosa posso fare io per lui?

- io vado….ci vediamo, Harumoto…-

credo di dire così prima di iniziare  camminare come un automa.

Seguo la voce di quella cantante e giungo senza accorgermene in un locale dove fanno live music. Non è molto grande ed è per questo che la musica si sente bene anche da fuori. Entro e ammetto che c’è poca gente.

È una serata qualunque senza luna con un caldo che non soffoca e non raffredda.

Mi appoggio alla parete in fondo alla sala e guardo in direzione della cantante. Era come immaginavo di colore, ha neri capelli corti con del gel che le stanno in su, sono rasati ai lati, un taglio da punk, credo, non lo so. Vedo ancora particolari, ascolto dettagli e lento riprendo possesso del mio corpo, di me stesso…e la mia mente quando torna a me?

Lei è brava, canta bene, deve essere sulla trentina, non ne ho mai sentita una cantare così bene. Arriva a picchi altissimi e riesce ad imprimere una malinconia e disperazione alla sua voce che non credo di aver mai sentito. Anche se io la musica comunque non l’ascolto.

Sento anche il mio respiro tornato regolare. E i battiti del cuore sono calmi. Ora i pensieri fluiscono in me chiari e netti, freddi e pacati.

Cambia canzone e mentre lei si sfoga cantando io penso a come mi dovrei sfogare…non lo so. Ma voglio fare qualcosa per lui. Cosa posso fare?

Tutti hanno organizzato un po’ i turni per stare con lui in modo di non lasciarlo mai solo, stanno pensando a come parlargli, come trattarlo…pensano a queste cose, ma io non riesco. Non riesco ora.

Mi riempio gli orecchi della voce e della musica così forte mentre la chitarra elettrica esplode facendo tremare i vetri e lei sfumata e delicata ma decisa e graffiante riesce ad ammutolire tutti che la guardano silenziosi ed ammirati.

Particolari che non sono miei.

Ho bisogno di non pensare.

Giuro che da domani lo faccio. Mi sfogo e penso a qualcosa di concreto per lui. Ora…ora…Dio, non ce la faccio. Vorrei sfogarmi e piangere, o correre, o giocare a basket…o qualunque cosa, ma non mi viene nulla se non spaccarmi i timpani. Solo adesso vedo che ho le casse amplificatorie accanto agli orecchi e la gente mi fissa perché mantengo aria e volto lontano, distante.

Una statua di marmo scolpita da un artista del rinascimento che adora la bellezza sopraffina e sovrannaturale. Una tristezza intangibile sulla pelle di ghiaccio levigato.

Non me ne importa.

Questa musica non deve farmi attivare ancora la mente.

Ancora per stanotte.

 

/concretizzazione/

È l’alba. Sono tornato a casa, mi sono cambiato e sono uscito subito. Fuori piove ed era quello che desideravo. Non ce l’avrei mai fatta a vedere il sole. Nemmeno la luna questa notte c’è stata. Mi sono messo una tuta nera e tirato su il cappuccio ho iniziato a correre. Correre. Correre e basta. L’unica cosa che riesco a fare.

Non piango, non vado da nessuna parte. Corro.

E penso. Finalmente ce la faccio a reggere il peso dei miei pensieri.

E dei miei sentimenti.

Lui ha aperto gli occhi. Lo sento. È così. La pioggia cade non molto forte ma basta per bagnarmi del tutto subito, le scarpe…le mie scarpe…fanno rumore sulle pozzanghere che calpesto, schizzi si aprono al mio passaggio.

Così mi riapproprio del mio corpo. Sfogo. Posso magari chiamarlo tale, ma non credo. Non è mio. Non mi sento sollevato, non mi aiuta. Corro più forte di prima, sempre più forte, in una meta sconosciuta, lontana dalla città, dall’ospedale. Non voglio più vederlo in quel modo. Non lo aiuterei, non serve. Devo mettere da parte me stesso, gli egoismi e le emozioni. Devo pensare a lui. Cosa posso fare io ai fatti per aiutarlo? Non credo che cose banali come una visita gli faccia bene. Sul momento ok, ma poi? Devo pensare più avanti. Più grande. Di più. Perché nessuno si è preoccupato per lui in questo modo. Come fare per lui? Lui non accetterà mai di non tornare a giocare a basket. Io senza di lui nel campo per sempre. Non devo essere egoista ma se penso a quello che sto per fare si riduce tutto a questo…egoismo. Lo faccio perché lui stia bene e se lui sta bene poi sto bene anche io, quindi lo faccio per me. È la natura umana. Il fiato mi viene sempre meno e corro più veloce. Lui sta male e non accetterà mai la sua situazione. Devo accettarla io per lui e per tutti e far si che…che lui…possa andarsene e guarire. Se non gli rendo la situazione tale che lui senza rimpianti se ne vada…devo dargli quella sicurezza che a lui manca. Lui non lo mostrerà mai ma gli mancherà, ne sono certo. La devo avere io per lui.

Non mostro apertamente quello che voglio fare, non mi spiego. Perché dovrei?

Se lui va da quell’amico di mio padre e guarisce se ne va da qua per molto tempo. Se non gli presento le condizioni adatte lui non se ne andrà. Io voglio che vada perché guarisca. Non mi basta che la gamba riprenda a farlo camminare. Voglio che torni a giocare a basket, a saltare, a correre…a volare… e se non fa così non ce la farà. Io voglio tutto. Non mi importa quando. Lui non deve rinunciare.

Io lo aiuterò come posso. Le uniche cose che posso fare sono queste.

L’unica…non ho tempo per me, per altro.

Affinché lui guarisca con ogni sua volontà, che se ne vada, che ce la metta tutta, che ci creda, che lo voglia veramente io devo rafforzare il Kouzu.

Devo farlo diventare così forte che l’assenza di Tachibana  non peserà.

Solo io ci posso riuscire.

Solo così lo posso aiutare.

Devo parlare con mio padre.”

 

FINE CAPITOLO II

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** alla prossima compagno ***


*Sto ascoltando Ligabue, il cantante ufficiale di I’ll, per quanto mi riguarda….e come non potevo ispirarmi? Ligabue nelle orecchie, I’ll#19 in mano…e pc mioooo! Ah si…senza contare lo sfondo che ho messo nella pag di word per scrivere la fic! Akane e Hitonari nel divano….disegno official da Asada…chissà cosa stanno per fare! Ehm….ma poi….dai, ascoltate Quella che non sei, o anche Viva…non ditemi che non sono fatte proprio apposta per loro due? Mo’ mi metterò ad analizzare tutte le sue canzoni e per ognuna che è per loro ci faccio una song fic, ma prima faccio questo cap…la fic lunga prosegue. Spero che la leggete…perché modestamente ne vale le pane e si capiscono molte cose dei loro strani comportamenti…quelli sono proprio da decifrare perché mica possono dirsi Ti Amo così, semplicemente! Ok, scleri a parte, mi fermo e vi auguro buona lettura! PS: il cap è dalla parte di Akane. Baci Akane*

 

CAPITOLO III:

ALLA PROSSIMA COMPAGNO

 

/Stupida gamba/

 

“Dormire. Dormire. Dormire. Maledizione. Chi ci riesce ? Odio la notte. La odio…perché Diavolo devo dormire quando non ci riesco? Se ci penso.

Lui ora…che non mi viene a trovare…che non posso sentire…vedere…lui…chissà cosa starà facendo.

Mi giro stizzito e proprio nel movimento la gamba mi torna a far male. Troppo male.

Spalanco gli occhi e grido. Non viene nessuno. Non ce la faccio. Voglio togliere sta roba…inarco la schiena e tendo i muscoli….smettsmettsmetti…sono sudato fradicio e lentamente il dolore torna insopportabile come sempre ma senza picchi.

Rimango così come sono e faccio cadere gli occhi fuori dalla finestra…respiro veloce riacquistando la normalità. È nuvoloso.

Lui…sono sicuro che lui stava guardando qualche partita di basket…e poi non riuscendo a dormire si è messo a correre fuori..chissà se passa anche da qua…correre. Già. Lui corre sempre. Si sfoga correndo. Si allena…correre è vivere. Io cosa sono? Io…stupida gamba…la odio. Voglio lui, mi darebbe il sollievo che riesco a provare stando solo con lui…perché non viene? Gli faccio così impressione in un sfottuto letto d’ospedale?

Non riesco ad entrare in congruenza coi suoi pensieri. Ho la mente offuscata da me stesso, da quel che sarà di me. No, non voglio dirmelo. Non voglio. Non lo ammetterò mai. Io domani tornerò ad alzarmi come niente fosse e salterò di nuovo. E lui varcherà quella soglia e mi dirà:’ idiota’ con quella sua voce sensuale.

Perché non viene?

- dannazione…-

non c’è rabbia ma solo un tono spento e lontano…stanco…come pensa di aiutarmi stando lontano da me?

È il solito egoista.

 

/la luna non si vede/

 

Come se non lo so che il dottore insinua che io non tornerò più a saltare, a volare…volare…come quei gabbiani o quel diavolo che sono lassù…come vorrei essere di nuovo come loro? Sono solo un uccello dall’ala ferita…cosa sarà di me? Io lo so ma non voglio ancora dirmelo. Ancora per un po’…voglio illudermi di poter guarire. E fare un espressione normale…un po’ stanca, malinconica. Ma non posso ammetterlo, è contro la mia natura. E poi…Hiragi non c’è a farmi prendere atto della mia situazione come fa sempre.

Quello scemo…come al solito senza di lui sono un idiota qualunque!

E poi…anche oggi…la luna non si vede…

La notte. È la millesima notte che passo sveglio…nella speranza di sentire la voce di Hiragi chiamarmi, di poterlo vedere….mi verrà a prendere per giocare. Ne sono certo. Ed io mi alzerò.

Le parole del dottore mi tornano alla testa…con cure e altre cose astruse posso sperare di tornare alla vita quotidiana…ma…

- una vita in cui non posso saltare…a che mi serve?-

maledetti tutti che non capiscono. Lui capisce e appunto per questo non vuole tornare da me. A che gli serve un compagno che non sa più saltare?

Cosa me ne faccio della guarigione? Cosa me ne faccio…di…tutto? Nemmeno io splendo più in cielo. La luna…fatti vedere…

Non riesco nemmeno ad arrabbiarmi. A che serve?

Dio, a che serve tutto? Guarire se non posso saltare, volare, giocare a basket…stare con lui mentre facciamo qualche combinazione strana…a che mi serve la vita se non posso…?

Sono solo uno qualunque seduto in una riva…in una riva di un grande fosso.

C’è tutto questo silenzio che mi da un fastidio assurdo e il ricordo delle notti passate con lui non mi bastano. La corsa ormai la lascio fare a voi, io sto bene qui, seduto in riva al fosso. Se cado non mi interessa, sarebbe peggio tornare…alla cazzo di vita quotidiana…e la luna che non si fa vedere. Rende tutto così triste e irraggiungibile. Sono lontano da tutti…da te, da voi….ma continuo a dirmi che se sotto questo cielo c’è qualcosa di speciale passerà di qui, prima o poi…sto bene qui…posso illudermi di questo? No…sto male…sto malissimo…da solo, senza le mie ali…senza la mia luce…e tu che non torni da me…come faccio? Me lo dici? Come diavolo faccio?

Che notte orrenda..e se…mollo…?

Cosa mi cambia? Tanto non tornerò più a…

Ma si..la corsa la lascio fare a voi che state bene dove siete. Hiragi può continuare per me….guarda la mia gamba, senti il dolore, come posso sperare di essere di nuovo una luna che splende in cielo…o un gabbiano che vola alto?

Sono solo un illuso e lo so benissimo…

 

/quant’è scemo/

Mi ha detto lui che sono vivo…che sono sempre troppo vivo…me lo disse una volta in uno dei suoi strani discorsi…era assorto e poi me lo disse. Sono Vivo, gli ho trasmesso io a lui la vita. L’ho cambiato io. Non ho chiesto nulla indietro. Sono quello che sono, pronto, ingordo, come voglio. Non voglio mai spegnermi…me lo disse lui. Devo troppo vivere, non ho mai tempo. Ho mille cose da fare, mi strofino contro il mondo, tanto il mondo non mi avrà. Perché sono vivo, vivo così come sono. Ho dato tanta vita a tutti e non la chiederò mai indietro.

Me lo disse…e poi mi baciò. Quella volta…fu così sincero da non credere. Si scoprì…e mi diede la colpa. 

Stringo gli occhi e i pugni afferrando le lenzuola.

Suo padre se ne è appena andato con la sua proposta. È una scommessa…nata per volere di suo figlio.

Hiragi me l’ha sempre detto…io posso scegliere. Sempre. Non è mai capitato che non scegliessi quello che volessi.

Ovvio che l’accetto la scommessa…vero? L’unica possibilità che ho di saltare…ma…così…dovrei…andarmene da qui…io sono sempre stato bene qui…ma ora non ci sto più bene se non posso saltare.

Ma se vado via…tutto cade…il Kouzu che ho lottato per lui…e Hiragi..se lui smettesse di giocare? Se lui se ne andasse? Vivere l’uno lontano dall’altro…possiamo?

Ma perché mi fai queste cose? Maledetto egoista…

‘ noi…inizieremo il tutto…andiamo compagno’

ancora quelle parole. Fuoco indelebile…come il braccio che avvolse le mie spalle portandomi fuori dal campo. Se sono così vivo lo devo anche a lui….

- quant’è scemo…quell’imbranato che non è altro…-

non poteva venire da me e parlarmene direttamente? Non mi ha dato mica possibilità di scelta! Ora ha fatto tutto lui, mi spedisce via lontano a guarire mentre qua cambierà tutto…ma io non voglio che cambi nulla…cosa faccio?

- ormai…non dovrò più stare a sentire le tue lamentele, eh?-

mi convinco da solo come uno stupido che starti lontano mi farà bene…

- Nagasaki…ma dove diavolo si trova?-

il foglio che mi ha datto il signor Hiragi è caduto…provo a prenderlo allungando una mano…accantono il pensiero di Hiragi…lui…bellissimo, silenzioso, con una voglia di vivere repressa…con un amore per il basket mostruoso…lui…i suoi occhi…la sua pelle…i suoi capelli, il suo sorriso che riserva a pochi…la sua voce…lui…chiudo gli occhi e faccio più forza cercando di tendermi maggiormente…non ci arrivo…

- porca…-

mi sporgo ancora un po’ ma è così che la gamba mi blocca…mi fa male, un dolore lancinante…uno dei tanti…ma non mi permette nemmeno di…la guarda, mi fermo, non respiro…stringo i denti…una maschera nel mio volto…

- ma che…ma che ha sta gamba?!-

non ce la faccio più…non fa il suo dovere, non mi obbedisce come ha sempre fatto…ma che diavolo vuole da me sta stupida?

Arriva sumire le dico di lasciarmi in pace…voglio togliermi tutta quella roba inutile…a che mi serve? Non cambia nulla….nulla…NULLA, PORCO CANE!

- QUESTO MACCHINARIO MI è SOLO D’IMPICCIO! QUESTA ROBA NON SERVE A NULLA…MALEDETTA GAMBA CHE NON FA IL SUO DOVERE!-

sono furioso, ceco dalal rabbia. Non ce la faccio più, la pressione mi ha schiacciato. Come faccio a reggere tutto da solo? Quello scemo che non viene a parlarmi, che decide da solo e mi lascia solo anche a me…l’unico che potrebbe capirmi…e nessuno che mi sa dare quel che ho realmente bisogno…cosa diavolo faccio?

Non voglio più non voglio più…basta basta BASTA!

SCIAFF!

 Mi schiaffeggia…Sumire mi schiaffeggia…e il silenzio cala, io mi blocco e ascolto le sue parole rotte dal pianto e dalla rabbia…anche per lei è dure…me lo fa capire, me lo dice…ma che me ne frega? Non mi aiuta sapere che soffre anche lei…non me ne faccio nulla…lei può correre e saltare…io…IO….fisso i miei scuri occhi nelle lacrime che versa. Non voglio che mi dica queste cose, non me ne faccio nulla, è pesante ed inutile…cosa vuole da me?

Non ne posso più…non riesco più a risolvere i cazzi degli altri…non ce la faccio nemmeno con i miei…cosa vuole da me?

- sei esasperante…se è così dura puoi anche lasciarmi perdere!-

la colpisco come se le dessi un pugno, non me ne importa. Deve smettere di piangere. Perché piange ancora? Cosa vuole che faccia? Cosa pensa che io faccia? Io devo pensare agli altri, a tutto ma nessuno pensa a me…

- tanto io me ne vado subito a farmi operare e così dico addio al Kouzu! Sta bene anche a te, no? COSì ALMENO NON DOVRAI Più..starmi…appresso!-

esce e quasi sciolta in lacrime se ne va mentre io mi volto verso la finestra e guardo fuori.

Non voglio più saperne nulla degli altri. Di nessuno.

Hanno le loro vite da vivere come io ho la mia.

Devo pensare a me…se mi metto a pensare al dolore degli altri quando esco dalla merda in cui sono caduto?

Come faccio? Nemmeno lei mi capisce più….mi ha sempre capito. No non sempre ma quasi. Ho sempre potuto parlare con lei…ma sebbene sia come una sprella, per me…Sumire ha troppo da fare con se stessa. Non mi da sollievo sentire le sue sgridate. Non so che farmene più di nulla. Non mi interessa se è una scommessa o meno…è l’unica possibilità di farcela, Hiragi vuole che io la faccia…e se anche tutto andrà a farsi sfottere, il mio paradiso costruito con fatica qua sparirà…io poi almeno torno a saltare…se non ce la farò più…non sarà vivere, per me…io…ora non voglio niente e nessuno se non tornare come prima…io ora…voglio che tutti la smettano…io voglio Hitonari…qua…

- merda!-

mi do un pugno in fronte ma non sento più nulla e la gamba è come se non ci fosse. Mi sembra di esplodere. Non riesco più a tenere nulla nulla…mi mordo forte le labbra…e guardo la luna che ancora non c’è…così chiudo gli occhi  e prendo il cuscino premendomelo sulla faccia…voglio sparire e smettere di provare questo inferno.

 

/la luna è tornata/

 

Il rumore di una palla?

Viene da fuori…ma chi può essere con una palla da basket sotto un ospedale?

Potrebbe…

Con fatica mi alzo seduto sul letto e apro la finestra, mentre lo faccio..

- TACHIBANA!-

una voca…anzi non una voce.

La voce.

La sua…si…avevo ragione…io lo sentivo…o forse è lui che mi ha sentito in crisi, ieri sera…lo scemo…non poteva venire prima?

 Guardo giù…e lui è lì…

- fino a quando hai intenzione di startene lì? Sei troppo in alto…-

lui…ha una palal da basket in mano…la testimone dei nostri sentimenti, di chi siamo, di COSA siamo…con quei vestiti sta benissimo…oh, quanto…quanto l’ho sognato in queste notti maledette…

- non posso certo passarti la palla…idiota!-

ma che sguardo ha?

Cazzo, non lo vedo mica bene da quassù…perché non mi raggiunge lui? Voglio vederlo…ma quello…non sarà mica un sorriso di sfida?

Mi appoggio sul balcone e mi affaccio….mi butterei giù d’istinto. Quando l’ho voluto…

Non ci credo.

- beh?-

non riesco a spiccicare parola…imbambolato lo guardo…con la bocca aperta e gli occhi spalancati, increduli…mentre il suo volto si fa più nitido da quassù. Ora lo vedo bene…

e mi paralizzo.

- Hiragi…!-

dirlo…dirlo a lui…chiamarlo…rendermi conto che è di nuovo davanti a me…mi fa un effetto…pari a tornare a camminare, credo. Era questa la sensazione che mi serviva per poter stare bene perfino con una gamba tagliata! Se lui c’è accanto a me, se mi guarda con quello sguardo tagliente, penetrante…severo…languido…io posso affrontare qualunque cosa.

Ma come fa ad essere così dannatamente bello?

Voglio toccarlo…

- vai pure…-

comincia il suo discorso, la sua tirata d’orecchie…io mi faccio attento.

- dove ti pare!-

ma che vuole? Che dice? È da un sacco che non ci vediamo ed è questo che ha da dire al suo fidanzato? Ma un ragazzo più normale che mostra i sentimenti come tutti, non potevo trovarmelo?

Cos’è, non mi tocca più finchè non guarisco? Per punizione?

Maledetto scemo!

- qui al Kouzu non abbiamo bisogno di te Tachibana!-

lo vedo contrarre il volto e stringere i denti e le mani…è testo…e con forti esplosioni dentro. Violente. Le stesse che provo io.

- il Kouzu…sarò io a renderlo più forte…-

ma che…

- io porterò il Kouzu a confrontarsi a livello nazionale…farò tutto quanto è nelle mie possibilità..per costruire con Harumoto e gli altri una squadra che sconfigga anche lo Hayamazaki!-

perché mi dice queste cose ciniche ed inutili? Cosa vuole? Cacciarmi? Farmi sentire inutile? Una cacca? Mi ci sento già, grazie! Perché è venuto? Faccio un espressione  accusatoria e stranita…

- per cui tu…non mi servi!-

cazzo, me lo disse già una cosa simile, quando sono andato a riprendermelo…ma lì era diverso. Lì era un grido d’aiuto…ora è…cosa diavolo è?

- beh? Ma che vuoi? Compari qui così all’improvviso…-

glielo dico ma lui mi interrompe parlandomi sopra.

- inoltre…sono sicuro che riusciremo ad arrivare in alto!-

come in un blocca immagine non dico più nulla, non penso, non so…voglio solo ascoltarlo. Forse…forse…ho capito…riesco di nuovo a tradurlo. Prima non ci riuscivo. Stavo cambiando, mi stavo perdendo. Ma non devo dimenticare che sono solo io a riuscire a capirlo nel profondo.

- a raggiungere la vetta!-

si…ho capito…

- capito, Tachibana…?! LA VETTA!-

no, sono sicuro di non respirare. Ma non me ne importa più. Non sento dolore. Sento…comincio a sentire qualcosa dentro che mi era mancata. Quella sensazione che posso sentire solo con lui.

Mi sta dicendo…che…

- ti aspetterò.-

me lo sta dicendo veramente?

Quanto…avrei voluto…che all’inizio di tutto questo inferno…me lo dicesse…perché solo ora?

Io senza di lui non posso stare e così lui senza di me…ma…così…con questa promessa…che nulla cambierà anche separati…che continueremo a combattere insieme ma separati…come se ci potessimo sostenere da vicino…che lui non se ne andrà. Lui farà di tutto per mantenere il mio paradiso…e so che ce la farà, perché è l’unico che ce la farà.

Lui non mollerà come temevo. Lui rimarrà a tenermi il posto accanto a se.

Lui mi sta dicendo che posso andare, che non mi dimenticherà, che mi aspetterà, che non sarò mai solo in realtà…che…non diventerà mai irraggiungibile. Mi sta tranquillizzando. Mi sta dando quel motivo per cui io possa guarire e dare il massimo.

- Tachibana…tu sei il primo vero amico che io abbia mai incontrato…questo non cambierà mai…-

e mi dà uno sguardo che mi dice molto molto di più…per lui così è il massimo…lui voleva dire…che il sentimento profondo e assoluto che sente per me non cambierà mai, perché è solo uno stupido incapace di dire quel che sente veramente con le parole normali. Ma non sono anche io così?

- però, per te è diverso!-

alza la voce….e più capisco cosa sta per dire più mi cresce quel qualcosa dentro…

- per te io, sono un giocatore di basket grandioso, che non puoi fare a meno di invidiare per via delle qualità tecniche e atletiche sfoggiate in campo…IO SONO L’OBIETTIVO CHE TU VUOI ABBATTERE!-

lo sapevo…e questo significa non solo che lui è sempre stato il mio obiettivo come giocatore….da superare…ma anche la persona, l’unica, che è sempre riuscita a darmi quel che cercavo…da vivere insieme…non devo dimenticarmi il mio scopo…lui…Hitonari Hiragi è la mia vita, ormai. Non c’è nulla da fare. Perché se lui non ci fosse io non sarei così. Non giocherei a basket e non farei nulla di quel che faccio ora. E lui mi ha ricordato che non devo dimenticarlo. Devo agire per questo. Devo guarire per questo.

- io…salirò ancora più in alto, fino ad un punto per te irraggiungibile…se ne sei capace, prova a seguirmi…capito…? Non dimenticarlo!-

no, come posso? Tu i tuoi occhi, il tuo gioco, la tua mente, il tuo volto, tu….come posso…scordare quello che siamo? Compagni di squadra, compagni di vita…non più solo amici…

lui mi sfida…affinché io non mi lasci più andare. Sa che dicendo così io non me ne andrò mai realmente…

- IL Più GRANDE OBIETTIVO DELLA TUA VITA è RIUSCIRE A SCONFIGGERMI IN CAMPO!-

perché è la mia ossessione, il massimo a cui posso ambire…lui è tutto ciò che voglio, ammiro, desidero…voglio stare con lui, e per stare con lui devo essere degno di lui…e per questo…devo raggiungerlo e batterlo…per questo…lui mi dice di batterlo in campo…perché così mi sentirò degno di lui, così sarà perfetto…così sarà la mia vera dimostrazione d’amore…così….

Il mio obiettivo è Hiragi e nessun’altro.

Cazzo, l’avevo scordato…e se lui non mi diceva queste cose…che ne sarebbe stato di me…di noi!

- per cui…devi assolutamente fare in modo di raggiungermi…-

è un grido d’aiuto. Non lasciarmi ancora solo quassù….ti prego…ha la voce rotta dalla rabbia…e…da quel sentimento che mi sta esplodendo dentro ora.

- MUOVITI A GUARIRE, TASHIBANA!-

stupido…stupidostupidostupido…devo muovermi a tornare a saltare e stare di nuovo con lui e dargli quel che lui ha bisogno….e prendermi ciò che ho bisogno io…

-INSEGUIMI ANCHE A COSTO DI RIMETTERCI LA VITA! SE PROVI A DARTI PER VINTO NON TE LA PERDONO ASSOLUTAMENTE NO!-

Non abbandonarmi mai, non lasciarmi mai solo, a costo di morire, non devi mai rinunciare a me, non devi mai lasciarmi…non ti perdono, sai?

Mi dice questo. È così chiaro e semplice….e fuori di se mentre lo urla incurante di essere capito da altri…solo io capisco le sue dichiarazioni!

E queste parole sono coem dei pugni in pieno stomaco. Non me le aveva mai dette.

Io pensavo che lui fosse essenziale per me…ma così, solo ora capisco quanto veramente lo sono io per lui…se io non ci sono più non c’è più nemmeno lui…come posso farlo spegnere? No…è la più bella dichiarazione che avrebbe potuto farmi…sono le parole più giuste e…strazianti…perché deve sapere sempre tutto?

Che succede?

- potremo essere avversari…-

la vista mi si appanna…

- oppure compagni di squadra…-

non lo vedo più bene, voglio vedere la sua pelle bianca, i suoi lineamenti ora distesi, il suo capo chino, i suoi occhi limpidi, ma in realtà vedo solo la sua sagoma perché non vedo più bene…perché la cosa dentro di me è esplosa con lui…perché…lui sa sempre cosa dirmi…cosa mostrarmi. Sento solo la sua voce che calma e pacata come prima, carezzevole me lo dice:

- non importa…in ogni caso…dovremo assolutamente…incontrarci nuovamente…sul campo.-

ha buttato la palla a terra e l’ha ripresa con quelle sue mani bianche e curate, l’appoggia al fianco e rialza lo sguardo verso di me…non lo vedo bene ma mi sforzo…

- per cui…vediamo di metterci a giocare seriamente a basket!-

la più bella dichiarazione d’amore di tutti i tempi.

Starò con te per sempre, non ti lascerò, ti amerò come ti amo ora anche se forse riuscirò a dirtelo solo quando tornerò a saltare…sarò degno di te, ti raggiungerò….e lui sorride mentre me lo dice. Quel sorriso sincero, semplice, contento…con il sentimento che non sapevo di riuscire a provare così forte.

Le lacrime le lascio finalmente scendere come un bambino. Mi rigano le guance e sono caldissime.

Porco cane….ti amo anche io, cretino…

- noi…ce la faremo…Tachibana…-

puoi giurarci, stupido idiota! Dopo che mi hai visto piangere già due volte come credi che faccia a non pensarti più come a mia proprietà?

Guarda le mie lacrime e sembra contento…teneramente convinto che non potremo mai dimenticarci …e stare separati a lungo.

Poi abbassa la testa e prima di palleggiare mormora…

- le scarpe…te le presto fino a quel momento…-

si volta…e fa per andarsene con la palla che sbatte piano a terra.

- ma quanto…sei idiota…a darti tante arie…-

la mia voce è rotta ma la domo facilmente…devo dirglielo…devo tranquillizzarlo…devo dirgli che lo amo anche io…

- HITONARI HIRAGI!!-

si volta a metà alzando la testa all’indietro mentre io quasi mi faccio cadere giù per vederti bene…voglio imprimermi questa tua espressione serena e sicura…sicura del futuro che ci attende…e che quando ci rivedremo sarà su un  campo da basket per affrontarci nuovamente…e per poter poi liberamente vivere…insieme…come è giusto.

- TI ASPETTERò Là!-

sorride con quel suo modo che mi fa sciogliere.,..perché deve essere così dannatamente figo? Potrei saltare giù e baciarlo davanti a tutti, ora…se solo…questa gamba funzionasse…ma tanto so…che tempo un anno e ce la farò benissimo! Aspettami là, cretino, in quel posto, in quel campo, in quel modo…la nostra testimone ci vedrà far l’amore in partita mentre ci sfideremo un'altra volta…e sanciremo la vittoria…la nostra…nessuno ci batterà mai. Nessuno.

Ti amo, scemo!

Non sento cosa risponde, si rivolta riempiendosi anche lui di me…e non lo vedo…mi siedo bene e appoggiando il braccio al ginocchio piegato abbasso il capo, guardo la mai gamba rotta…e non la vedo. Per me non esiste più. Non mi vincerà mai…

- alla prossima…-

alzo la testa, apro gli occhi…ed è come se lo vedessi davanti a me con quell’espressione finalmente serena e vicina e sentissi la sua voce dire le medesime cose nel medesimo istante:

- …compagno…-

Ci rivedremo per giocare a basket…ancora una volta…non ci sono dubbi…ancora una volta…io…fino a quel giorno lotterò con tutto me stesso…e quando tornerò a saltare…torneremo insieme.

Il sorriso da vampiro e la voglia di sbrigarmi…nessuno mi vincerà più.”

 

FINE CAPITOLO III

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** contro tutto e tutti ***


*salve a tutti, vi presento un altro cap della fic a cap su I’ll. questo è dal pov di Hitonari. Da qui partono i ricordi. Ma che dire se non buona lettura? Baci Akane*

 

CAPITOLO IV:

CONTRO TUTTO E TUTTI

 

/Il giorno di dolore che uno ha/

“Lui se ne è andato. Lo sapevo che non avrebbe detto nulla a nessuno, è scappato da qui, da tutto. Sono sicuro che non telefonerà, che non scriverà, che non dirà mai nulla sulla sua riabilitazione. Perché lui è così.

Ma al pensiero…che non lo vedrò per chissà quanto tempo…non so come dire.

È come quando tutte le parole sai che non ti servon più. Si suda per trovare il coraggio di non starsene soli, si tira in mezzo chiunque, il destino, un Dio…me lo sono chiesto mentre camminavo di sera e arrivavo al mio rifugio. Ma nessuno me lo spiegava perché sia successo a noi. Ho aspettato che lassù tirasse un po’ di vento per portarmi via, me, la tristezza…quei pensieri fissi su Tachibana che mi rimbombavano…e il vento è soffiato, mi sono rialzato ed ho cercato delle soluzioni per aiutarlo concretamente. Mi sono reso conto, e questo me l’ha insegnato proprio lui, che la vita è più forte di te, non puoi dirle no! Eppure ricordo che all’inizio sembrava tutto fermo, tutto…morto…caduto, volato via…ed è stato là quando il vento soffiava e il cervello si è rimesso in moto che la ruota ha ripreso a girare.

Alla fine era solo il mio giorno di dolore. Il mio che coincideva con quello di Tachibana.

Tutto lì.

Si perché indietro non si torna, abbiamo capito che la vita non è giusta, non va mai come vorremmo. Mi sono immaginato cosa avrebbe detto lui. Farsi una ragione è vivere, basta aspettare un po’ di sole che batte dove contavi. Senti ugualmente la ferita bruciare ma sono cicatrici necessarie per diventare più forti….così ho assorbito il mio giorno di dolore pensando che a Tachibana va peggio. Pensando che non avevo tempo per piangermi addosso, perchè dovevo darmi da fare per lui.

Il mio cuore aveva perso un pezzo con quella testa calda, con la sua gamba rotta e le sue ali abbassate, ma è riuscito a prendere il suo ritmo lo stesso, ho preso l’aria a pieni polmoni ed ho realizzato che il mondo è pieno di merda, ne sono circondato, ma anche senza che mi dispero rimane sempre merda…allora tanto vale che mi adopero solo per colui a cui tengo. Bisogna sbatterci di muso contro la realtà, ma l’ho accettata. Con difficoltà. Come una sveglia che suona e tu chiedi che ora è? E ti rispondi che è ora di vivere e di darsi da fare per chi vale la pena. La vita è più forte che facile, lo si impara a proprie spese, è impossibile rifiutarla. Non devi farlo nemmeno tu…e so che non lo farai. Ci siamo aiutati a vicenda in questo momento duro e ce la faremo anche ora così separati. Cresceremo e questo giorno di dolore un domani sarà un ricordo, sarà l’arma con cui diventeremo invincibili…e ci rincontreremo su un campo da basket….per giocarci una delle nostre partite…e riprenderemo a volare insieme.

È così perché non può essere altrimenti.

Ci arriveremo insieme.

Ora in mezzo alla sofferenza di questa lontananza posso dire di stare bene e di essere più forte di ieri. E così per ogni giorno che passa.

 

/che incontro!/

 

Lo Ricordo. Giorni come quelli per me erano terribili. Prima di quella partita avevo preso la mia decisione. Con contrarietà e sofferenza. Ho dovuto scegliere. O quel basket che mi imponeva mio padre, che ho sempre odiato, oppure rinunciare a quel tesoro che ormai non riuscivo più a vedere come tale. Giocavo bene ma non mi importava nulla, non mi facevo scrupoli nel sporcare le partite. Era come se il basket lo odiassi. Non lo facevo con gioia, non mi divertivo. Lo detestavo e il muro invalicabile dietro cui mi ero chiuso mi aveva portato ad un carattere impossibile pieno di astio. Ero intrattabile. Ma non mi sentivo capito, compreso. Mi chiedevo se avesse mai avuto un senso la vita che conducevo…e se qualcuno avesse la chiave per aprirmi.

Poi è arrivato lui. In quella partita lo vedevo per la prima volta. L’avevo di fronte. Non l’avevo calcolato per tutto il tempo in cui ero stato in panchina, poi il mister mi aveva fatto entrare. Non mi importava nulla. Nemmeno di giocare. Non sentivo più nulla, ero come atrofizzato, insensibile ad ogni emozione.

Mi fronteggiava e lo vidi solo quando tentò di rubarmi la palla. Lo osservai attentamente, era strano. Trapelava la sua anormalità da ogni poro. Sbandierava a tutti che mollava il basket ma ci metteva una passione nel praticarlo, nell’affrontarmi, che non era quella di uno che avrebbe mollato.

Ci scambiammo uno sguardo che voleva penetrare l’altro. A ripensarci un po’ i brividi mi vengono.

Ma tentai di superarlo, ero superiore a lui, lo si capiva. Non volevo perdere tempo, non mi interessava misurarmi con lui.

Ma non demordeva…ed io mi ero stufato. Non sopportavo di vedere quella luce negli occhi di qualcuno. La luce di chi ama il basket. Tutto quell’impegno nel cercare di soffiarmi la palla, di battermi…detestavo tutto e alla fine troppo sotto pressione sono scoppiato. Non mi importava della partita, di uscire, di deludere tutti. Volevo solo egoisticamente farlo smettere.

Lo colpii.

E lui in risposta attaccò un mio compagno che credeva fossi io con un calcio volante. Assurdo.

Poi lo rividi fuori dalla palestra, dopo l’incontro. Prima arrivò il casino e poi lui. Pensai chiaramente che era un segno. Lui era il simbolo degli schizzati…dovevo tagliare con quel mondo di merda in cui vivevo.

Lo dissi a tutti, mio fratello compreso. Mi irritava terribilmente, stavo mandando tutto a puttane consapevole che mio padre mi avrebbe cacciato di casa, e non mi toccava la cosa. In un certo senso provavo sollievo dall’allontanarmi da loro. Quando tutti se ne andarono lui rimase e coi suoi modi sborni e impiccioni mi disse quel che pensava usando termini diretti e poco delicati…come se gli avessi chiesto qualcosa. Cosa voleva da me?

Dopo un secondo scambio di pugni e calci mi disse esattamente che io volevo fare solo quello che volevo, contro tutto e tutti. E mi impressionò perché nonostante non lo ammisi era vero .era esattamente il punto della situazione e nessuno di quelli che mi conosceva a fondo ci era arrivato…un idiota qualunque che mi aveva visto giocare solo due minuti! Mi fece pensare. Ma gli feci notare che lui faceva come me, anche se per motivi diversi. Piantava tutto nonostante la passione che aveva per quello sport.

Prima di andarmene gli lanciai uno sguardo molto penetrante che lui ricambiò e sostenne senza problemi, pochi, nessuno, ci riusciva.

Già…mi colpì proprio. E il suo ricordo mi tormentò la sera nella mia camera e i giorni seguenti. Specie poi quando litigai con mio padre e mi buttò fuori.

Quell’idiota…mi diede le chiavi di un appartamento lontano da loro e mi disse di andarmene! Pensai che era quello che volevo, anche se in fondo a me stesso sapevo che stavo solo fuggendo da tutto e da tutti. Accusavo gli altri di fare merda da tutte le parti, di esserne circondato…ma la verità è che ce l’avevo io dentro di me!

Provocai senza pensarci mio padre dicendogli che ce n’era almeno uno scartato da lui che unito al mio gioco gli avrebbe dato parecchio filo da torcere. Già…parole…parole che ero sicuro di lasciare come tali.

Poi però…come potevo?

 Lo rividi…e accidenti lo rividi proprio nella stessa scuola alla quale mi ero iscritto….come una persecuzione! Non voleva togliersi dalle scatole. Io volevo vivere in pace la mia vita buia, autocompatirmi, fare la vittima…allontanarmi dal basket…e lui non me lo permise.

 

/Solo l’inizio!/

Si ricordava ancora il mio nome. Lo gridò. Mi vien da dire proprio quello che pensai allora.

‘Mi sa che non starò più in pace da ora in poi!’

Sentivo che non mi avrebbe mollato, che sarebbe stata la mia ossessione…ed io la sua…e ricordo…la sensazione.

Ero contento. Dentro, molto dentro di me, ero felice di vederlo. Come un lontanissimo entusiasmo, un eccitazione sottile che non provavo da tempo. Lo mostrai con un po’ di freddezza e il suo stesso sorriso di chi sta per divertirsi sadicamente a spese di qualcun altro!

Uno di fronte all’altro.

Il cortile deserto e solo noi.

Ci salutammo con dei mugugnii o simili.

Già…ero sadicamente contento di vederlo.

Mi sentivo un masochista perché avevo una vaga idea che sarebbe stata la mia rovina!

Con quello sguardo scuro e penetrante mi parlava, mi accusava di non saper essere me stesso, di non saper parlare…ed io mi sentivo in mezzo a tutte le parole che non avevo mai avuto il coraggio di dire. Dentro mi sentivo freddo. Mi ci ero sempre sentito. Non ci era entrato nessuno, ma quando lui mi si avvicinò, ogni volta che entrava prepotente nella mia vita, sentivo qualcosa di diverso.

Lui è sempre stato la mia fonte di calore.

Mi sfidò, farfugliò qualcosa sul fatto che non eravamo pari e mi puntò il pallone da basket contro. All’idea di fare un one to one con lui non trovai il motivo per cui non farlo. Anzi. Tutt’altro. Sapevo che mi sarei divertito. Ero convinto di vincere.

Ero odioso, lo ammetto, ma lui combinava da solo le stupidaggini!

Quando vidi che mi stava battendo pensai che poteva essere come me….e l’idea di potermi fidare di qualcuno mi inorridì….o forse solo mi spaventò…per evitare quella sensazione nuova dimostrai che eravamo diversi…e che non mi importava di sporcare il basket…perché lo odiavo…volevo convincermene. Gli feci lo sgambetto e lui cadde. Presi poi la palla e feci canestro mentre mi gridava dietro di tutto. Mi piaceva la situazione. Mi sentivo più forte, volevo starmene da solo in quel luogo alto e freddo che nessuno riusciva a raggiungere. Nessuno poteva essere come me, sentirmi, ascoltarmi, avere risposte, tirarmi giù, farmi compagnia, camminare con me.

Volevo solo fare la vittima.

Lo ero dalla nascita e freddamente convinto di essere costretto alla solitudine e all’incomprensione degli altri mi illudevo che andasse bene così e che il basket non contasse nulla.

Lui diceva esattamente il contrario.

E i suoi occhi sulla schiena, quando me ne andai, mi pungevano, mi davano un fastidio immane.

Finii solo per pensare alle sue parole tutta la notte e a rivedermi quel suo sguardo accusatore.

Ma quel silenzio che mi era sempre piaciuto ad un tratto mi irritava, il buio mi irritava, i rumori notturni mi irritavano, la solitudine mi irritava…e non vedevo l’ora di tornare a scuola. Non sapevo il perché. Volevo il giorno.

Ora so cosa volevo.

Che lui continuasse a tormentarmi, a scuotermi, a parlarmi, a sfidarmi…che mi invitasse a scendere dalla mia postazione di sicurezza ove guardavo tutti dall’alto.

Lo desideravo disperatamente…e che fosse proprio lui a farlo.

A buttarmi giù. Con forza e testardaggine.

Un impresa quasi impossibile alla quale, ora so, solo una persona poteva riuscirci.

Tachibana mi ha cambiato profondamente e non ho paura di ammetterlo. Mi piace dirlo.

Come al solito è stata colpa sua…e sono contento ora di essergli stato io d’aiuto. Questo mio giorno di dolore me lo godrò come avrebbe fatto lui, ma senza compatirmi o tornare indietro.

Con lui, con quel nostro incontro, quelle nostre parole, accuse e sguardi iniziammo.

Contro tutto e tutti

 

FINE CAPITOLO 4

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** muoviti a scendere ***


*Ci siamo in un altro cap….ma come sono felice di scriverlo. Ora mi metto su Ligabue(che mi ispira un sacco per loro), trovo il punto in cui ero arrivata, e mi metto a scrivere. Questo è dalla parte di Akane. Ancora i primi incontri dei due fenomeni.

Sapete, fra parentesi, che ho trovato lavoro? Faccio la salumiera in un eurospin…sono contenta perché anche se mi stanco e devo ancora fare pratica, mi piace abbastanza come lavoro e ambiente, i colleghi sono giovani e simpaticissimi, il capo è un grande…così mi piace…bè, non è il lavoro della mia vita, ma prima o poi vado a far la segretaria! Vi saluto e buona lettura. Baci akane*

 

CAPITOLO 5:

MUOVITI A SCENDERE

 

/iniziare di nuovo/

E’ dura. Lo dico subito, non mi nascondo dietro false parole con me stesso. È dura starmene qua in questo posto sconosciuto dove non conosco nessuno, senza di loro. Senza di lui.

Ma anche questo è un nuovo inizio, anche se lo chiamerei più parentesi…perché durerà il necessario per guarire, tornare come prima e poi…bè….volerò ancora.

Mi hanno dato una camera in questo istituto che non sono sicuro sia un semplice ospedale. Quel che so è che è un posto che non finisce più.

Proprio di un riccone!

Ma non me ne importa. Mi interessa che faccia il suo lavoro bene. Prima di incontrare il primario di cui mi ha parlato il signor Hiragi, penso passerà un po’ di tempo…intanto mi hanno detto di ambientarmi come posso, magari fare un giretto con la nuova 2 ruote moderna…mi hanno dato una carrozzina per i primi giorni, il dolore è ancora forte, ma rispetto a qualche tempo fa è sopportabile…diciamo che mi hanno dato il permesso di girovagare con quell’aggeggio motorizzato a patto di non fare cose esagerate e di starmene tranquillo…così la gamba non la sforzo ed io non mi annoio troppo.

Che permesso del cavolo….io non vedo solo l’ora di iniziare gli esercizi per tornare a camminare!

Uff!

Mentre un infermiera mi aiuta a sedermi sul trabiccolo e mi dice come usare tutti questi tasti e la manovella o quel cavolo che è, mi immagino già la prima caduta…sicuramente ci vado a sbattere, fortunato come sono!

Una volta che se ne va comincio a girare un po’ su me stesso, giusto per provare. Vediamo, cos’ha detto che sono questi, invece? Schiaccio troppe cose forse. Mi sa che si sta rompendo. Oh, ma com’era prima? Non ricordo…mah, io lascio così e muovo solo questo affarino che mi fa andare avanti!

Mi hanno ridotto già la fasciatura, visto che dovranno farci qualcos’altro oltre quello che hanno già fatto, non me l’hanno ingessato per bene. Ma dicono che non ci vorrà molto a loro….il più spetterà poi a me….si si…ma mi importa solo tornare a camminare, il come è un dettaglio!

I corridoi sono pressoché deserti…da qualche parte ci sarà la sala tv….o un campo  da basket…è da secoli che non ne vedo uno.

Poi sembra infinito sto posto.

Andando avanti in modo monotono, mi tornano alla mente ricordi e pensieri. Pensieri. Già. Gli stessi di quel tempo.

Di quel giorno…che mi sono reso conto di aver visto qualcosa di diverso. Da quella volta dentro di me, quella cosa chiamata basket, non so ancora ora come spiegarlo, o forse si, ma è cambiata. Il gioco di Hiragi mi tormentava in continuazione, dentro la testa..e non lo sopportavo.

Cercavo, dopo l’incontro-scontro con lui, di staccarmi dal basket per andare controcorrente e poi per far vedere a quello stupidotto che io ero diverso da lui…o forse no….non capisco nemmeno ora, era confuso il motivo per cui mi comportavo in quel modo assurdo. Ma fatto fu che lo capii quasi subito, alla fine. Io volevo solo diventare più abile di lui, per ridicolizzarlo e lasciarlo di stucco. Proprio così.

Poi è stato automatico il volerlo frequentare finchè non sarei diventato alla sua altezza e migliore…lui era più bravo di me, capace di darmi un sacco di lezioni e farmi fare figure di merda…ebbene volevo superarlo, ma non da solo…volevo star con lui per farmi influenzare, perché solo con lui a fianco sarebbe stato divertente migliorare, ce l’avrei veramente fatta…separato avrei perso motivazione…e poi se lui non sarebbe tornato a giocare non avrebbe avuto senso il mio ritorno in campo. Era un po’ contorno….non è normale voler fare coppia in squadra con il peggior rivale…ma mi aiutava a salire, a raggiungere i mezzi per arrivare al mio obiettivo.

Così mi presentai al club di basket della scuola. Cadente a dire il vero, ma convinto che con me e lui dentro ci sarebbe stata una svolta decisiva.

Sicuro, poi, che mi sarebbe bastato solo giocare a basket con lui per divertirmi, il livello degli altri, le vittorie, le perdite….tutto il resto non contava, all’inizio. Volevo solo star con lui con una palla in mano, sfidarlo e far coppia con quello scemo.

Tutto lì.

È stato un inizio, anzi, un mezzo inizio. Uno dei tanti. Il vero inizio ufficiale fu quando giocammo la prima partita insieme.

 

/La chiamata/

Ora ripensandoci attentamente ho bene in mente le considerazioni che avevo di lui, ogni momento pensavo a lui, non riuscivo a togliermelo dalla testa, era incredibile. Per questo sapevo solo giocare a basket in continuazione. Solo questo.

Anche ora posso dirlo cambiando qualche parola, ma allora lui era solo.

Mi chiedevo cosa ci facesse in quel posto alto in solitudine a guardare tutti dall’alto. E si distingueva in mezzo a tutta quella gente, cosa voleva, in fin dei conti non gliene fregava niente di nulla, poi tutti quelli che lo cercavano…era impressionante. Erano spiazzati dalla luce che possedeva. Era una luce senza futuro. Altri invece si allungavano verso di lui per tenerlo nel loro buio.

Si sarebbe bruciato se avrebbe continuato in quel modo, era una stella minuscola senza cielo, si sarebbe mai mostrato per quello che era? Se l’avrebbe fatto ci avrebbe incantati mentre scoppiava in volo, si sarebbe sciolto? Era una scia, un velo. Si sarebbe mai staccato? Lo teneva su soltanto un filo. Solo quello.

Lui era un groppo di cose contradditorie e chiuse eppure luminose. Doveva tenersi su da solo, solo che lui credeva non gli bastasse nulla, aveva ragione. A volte gli si chiudevano gli occhi, ma magari era solo una parentesi di una mezz’ora, ma il rischio era che si bruciasse mostrandosi per quello che era, una stella priva di cielo, a quel tempo. Con una scia e un velo. Ma si era staccato da quel mondo, io l’aiutati ad andarsene e a cambiare…a vivere quella luce…alla fine ci siamo bruciati insieme ma gli ho dato un cielo in cui splendere. Si è staccato, mostrato, sciolto…e non era più un filo a tenerlo su, alla fine.

Quando entrò in quella palestra a partita iniziata lo captai subito. Non aveva fatto rumore, ne detto nulla. Eppure qualcosa mi portò ad alzare la testa verso di lui. L’avevo sentito. Ci trovammo subito con gli occhi e ci scambiammo uno sguardo di pura sfida. Divertito e sadico insieme. Per quel che mi riguarda ero incontaminatamente felice di vederlo. Di lì a poco sarebbe sceso e si sarebbe unito a me.

Quasi quasi non stavo più in me. Infatti volli far subito vedere quel che ero capace di fare, dopo un azione  e un canestro che tutti ammirarono, modestamente ne ero soddisfatto, lo chiamai.

Al ricordo delle parole esatte che dissi mi vien da ridere anche ora. Avevo un ghigno storico e gli occhi mi brillavano d’eccitazione.

Dissi:

- Hiragi!! Fino a quando hai intenzione di startene lì? Non dirmi che non sai fare un semplice passo! Muoviti a scendere!-

mentre lo ricordo mentalmente lo ridico ora a voce. Terribilmente divertente. Mi vien voglia di tornare a quel giorno…proprio così!

E lui rispose:

- Sei un gran chiacchierone, Akane Tachibana, aspettami lì, sto arrivando!!-

Anche se ora faccio la figura del pazzo a parlare da solo, quella volta, fu così che mi raggiunse, scese dalla sua postazione alta e si unì a noi comuni mortali.

Quello fu il vero inizio! Ufficiale e leggendario. Con sguardi carichi di molte cose identificabili come il nostro futuro.

Noi lì eravamo convinti che la strada che avremmo percorso sarebbe stata impareggiabile, lunga, difficoltosa ma divertente…eravamo convinti, in una frazione di secondo, che saremmo arrivati in alto.

Molto in alto.

Insieme.

 

/Specchio/

È su queste convinzioni che soprappensiero mi scontro con qualcun altro nelle mie stesse condizioni.

- cazzo!-

imprechiamo insieme. Ma non so, poteva anche fermarsi! Mi riporta bruscamente alla realtà, non mi ha toccato la gamba.

Lo guardo bruciandolo con gli occhi. Che diavolo vuole? Perché non ha fatto attenzione? Come ha osato?

- ehi tu! Non dormire!-

mi irrito perchè anche questo lo dico insieme a lui. Sbuffo sistemando la macchinetta ultimo modello di fronte a lui.

- sei tu che dovevi stare attento!-

- smettila!-

continuiamo a parlare insieme, il che mi da moltissimo fastidio. Nemmeno io e Hitonari parliamo così in contemporanea!

Tzé!

Anche perché lui non parla proprio….no, non è vero, parla, ma mai quando lo faccio io…insomma…oh, bè, lasciamo perdere quel tipo indecifrabile!

Mi concentro brevemente su questo che c’ho davanti. È giovane, deve avere la mia età. Anche lui ha la gamba fasciata ed è su una sedia a rotelle come la mia. Questo è iniziato male, mi copia troppo presto!

Noto con disgusto i capelli rossi corti incasinati circa peggio dei miei e un aria lontana da scimmia.

È uno sportivo. Lo capisco subito.

Non sono famoso per essere sveglio, ma sento che in lui c’è il sangue del basket.

È una cosa di pelle…come lo è il fatto che sicuramente non ci andrò d’accordo perché parla come me!

Rimaniamo a guardarci in cagnesco per un po’ senza dire nulla, magari qualche grugnito ogni tanto.

- oh, eccovi qua! Vi siete incontrati?-

- no, scontrati!-

lo fulmino di nuovo assumendo la mia aria da vampiro.

Smettila di parlare come me!

L’infermiera che mi ha dato sto trabiccolo, l’unica che conosco del reame, è arrivata…si è ricordata che esisto!

- Ragazzi, non vi siete presentati? È un caso incredibile che vi siate incontrati…-

lei è tutta entusiasta. Io non ci vedo nulla di entusiasmante nell’aver incontrato un tipo che sembra una scimmia rossa che mi imita!

- perché?-

grugniamo insieme. Millesimo sguardo assassino. Veramente non ne posso più!

- bè, siete nella stessa situazione solo che venite da posti diversi. Siete praticamente i sosia, i cloni…identici in carattere, vite e rapporti con gli altri! Per non parlare dell’infortunio.-

ma insomma, parla troppo!

Poi ritorno su quanto ha detto, ci rimugino su, ripenso di nuovo e realizzo!

No, un altro Akane Tachibana non può esistere, io sono unico al mondo! Ho fatto tanto per esserlo!

Caccio il broncio poco convinto della situazione. Non mi piace la cosa!

- su su….fate i bravi e provate a parlare uno alla volta. Presentatevi!-

no, io non parlo più, altrimenti lui mi parla sopra usando le mie stesse parole! Incrocio le braccia al petto e guardo da un'altra parte facendo finta di nulla, come un bambino offeso!

E non voglio sapere se lui fa uguale!

- va bene, lo faccio io! Siete due teste dure!-

si, si, brava. Parla anche per noi che è meglio!

- lui è Akane Tachibana.-

Indica me.

- invece lui è Hajime Sugimoto.-

Finalmente ci decidiamo a guardarci. Ho un secondo momento di rewind. O meglio ripenso a quanto detto dalla donna qua che ci guarda divertita.

Chissà ora cosa si aspetta che facciamo!

Non lo guardo attentamente però mi torna in mente la presentazione. È il mio sosia, in sostanza. Vorrei saperne di più riguardo questo…specie se veramente al mondo c’è posto per due Akane Tachibana!

- bè, avrete tempo di parlare e conoscervi, farete la terapia insieme!-

ecco come guastarmi del tutto la giornata. Non mi bastava essermi separato da Hitonari, non mi bastava essermi allontanato dal mio mondo, dal mio angolo di paradiso….non mi bastava avere il pensiero se tornerò a saltare come prima o no…perché è scontato che riprendo a camminare e quindi a giocare! No, ci voleva pure questo piantagrane accollatomi! La mia brutta copia….o presunto tale!

Io so solo una cosa….sono già stufo di questo posto di merda….voglio tornare dove ero prima, con le mie gambe, e andare da lui. Da Hitonari che ora passerà un sacco di sere da solo. Troppe.

Sospiro seccato, qualcosa che nessuno comprende, mi lanciano uno sguardo interrogativo, poi senza dire altro mi giro con la manovella elettronica e torno indietro lasciandoli, un po’ di solitudine mi ci vuole. L’umore, ripensando a lui, si è guastato. Forse perché non ho ancora realizzato tutto il tempo in cui gli starò lontano concretamente!

- aspetta! Dovevi conoscere il presidente…!-

l’infermiera senza inseguirmi mi informa da lontano. Io alzo l’altra mano e dico:

- si, un'altra volta! Tanto c’è tempo!-

Così ora me ne tornerò in santa pace a pensare e lui, alla sua pallida pelle profumata e liscia, ai suoi capelli spettinati di natura come se mettesse del gel, solo che sono assolutamente morbidi, ai suoi occhi dorati penetranti e misteriosi che sanno di ghiaccio e di fuoco insieme, alla sua bocca sottile ed invitante, alla sua lingua che mi bacia facendomi andare nell’aldilà, alle sue mani che mi toccano bruciandomi il cm che passano, al suo corpo sottile ed atletico che accoglie me e me solo.

Hitonari Hiragi, l’unico al mondo col potere di farmi impazzire veramente  in un modo o nell’altro.

Dio, che insofferenza, altro che sfida e scommessa! Sarà un periodo infernale!

E presto tutte le nuove conoscenze e prospettive sono presto dimenticate!

 

FINE CAPITOLO 5

 

 

 

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Capitolo 6
*** non puoi fermare noi ***


*arriva il 6° cap di questa bella fic. Dalla parte di Hitonari. Che tristess…vivono separati….siiiiggg!!!!!!!! beh, ho poco da dire se non buona lettura!baci akane ps: lo dedico ad Akane il mio gatto. È piccolo e nato da poco ma già degno di questo nome che ho deciso io per lui! EVVAIII!!!!*

 

CAPITOLO 6:

NON PUOI FERMARE NOI

 

/Per andare avanti/

E così se ne è andato. Via. Lontano da tutti. Per crescere in solitudine, rialzarsi da solo, ritrovare le ali perdute. Ma non credo le abbia perse, si sono solo ferite. Le dovrà curare. Ha bisogno di concentrazione, perché quell’idiota si fa prendere troppo da chi lo circonda e non pensa mai a se, alla fine…per cui per guarire totalmente ed in fretta ha bisogno di star solo lontano dalle distrazioni. Anche se so che riuscirà a combinare qualcosa persino laggiù.

Fermo la mia corsa mattutina, è molto presto, il sole appena spuntato scalda ugualmente anche se non ai massimi livelli, si respira e si sta ancora bene. Arrivo ad una fontanella pubblica e bevo un po’ d’acqua fresca bagnandomi anche il viso. Infine mi alzo dritto e volto il viso verso il sole ancora basso all’orizzonte e leggermente rosato. Il sole è tornato. I timidi raggi mi colpiscono direttamente sulla pelle bagnata dove gocce trasparenti scivolano brillando, arrivano al mento e si staccano bagnandomi la maglia.

Penso che andrò dritto agli allenamenti.

In estate sono più stancanti visto il caldo soffocante, ma servono specie a noi. Senza Tachibana…sarà dura. Sospiro. Ma si deve andare avanti. Gliel’ho promesso. Avrei portato la squadra lontano anche senza di lui, per non fargli avere rimpianti, per non fargli sentire colpe addosso. Non cadremo.

Saliremo ancora per un giorno rincontrarci sul campo, insieme o avversari ma ci rincontreremo.

Mi giro e senza fatica riprendo a correre in direzione della scuola.

Dio, però…rientrare in quelle mura e non sentire il suo chiasso, i litigi scherzosi con Harumoto…non vederlo che fa i suoi numeri megalomani gridando EVVAI! Sarà dura.

Innegabilmente.

Non sono uno che si nasconde dietro falsi pensieri o speranze. So che ce la faremo, ma l’inizio è comunque dura. Parecchio. Senza lui che…

Che gioca con me, in coppia, che prende i miei passaggi e li tramuta in canestri sicuri.

Ma si deve andare avanti. Me lo sono imposto dalla notte del suo incidente. Sempre e comunque, con la durezza del dolore ed ogni sentimento duro. Sempre avanti. Per aiutarlo in ogni modo possibile ci vogliono i fatti. Questi. Lui non ha bisogno di parole. Ora solo di azioni.

Quello che posso fare io per lui è tutto questo.

Eppure…almeno ora…ora che se ne è appena andato…per andare avanti ancora…ho bisogno di lui lo stesso.

Non cederò, non cadrò, niente depressione o tristezza.

Però ammetterlo non fa male. Ho bisogno  di lui, come l’ho avuto quel giorno, la prima volta che ho giocato con lui.

Mi aveva chiamato.

Ed io non ho potuto far altro che scendere e andare da lui.

L’ho raggiunto e sullo stesso livello di base abbiamo giocato la nostra prima partita da compagni.

Sorrido fra me e me. Che bambini che eravamo.

L’inizio è stato uno sfogo. Avevo dentro un emozione per essere tornato su un campo a giocare a basket che era incontenibile, non sono riuscito a trattenermi ed ho fatto tutto da solo dimenticandomi di tutto, perfino di lui. Ero immaturo sotto quell’aspetto, ma non riuscivo a staccarmi da quella palla, era una forza che mi muoveva oltre le mie possibilità di controllo. Lì l’ho capito ma non so se l’ho ammesso chiaramente. Io ero nato per quello. Per giocare a basket.

Tutto lì, semplice e chiaro.

Più avanti, molto più avanti, ho capito chi mi aveva salvato. Mi stavo perdendo. Se non fosse stato per lui il mio tesoro l’avrei smarrito definitivamente. Però lui testardo ed impiccione me l’ha riconsegnato in tempo.

A quel tempo non l’avrei mai ammesso a capito. Non comprendevo quel Tachibana così rumoroso prima e silenzioso poi. Mi accorsi che mentre io esplodevo in campo, lui non combinava un acca. Ma fu capace di sorprendermi ancora. Fece un dunk formidabile, non il suo migliore, ma fu una bella schiacciata comunque. Non me l’aspettavo che sapesse saltare così in alto. Servì a scuotermi e a farmi capire che non ero solo, con me c’erano altri 4 giocatori che volevano prendere la palla in mano e far qualcosa di buono. Non me ne importò. Io volevo giocare e vincere. Solo questo. A ripensarci se non fosse arrivato Takaiwa non so come sarebbero andate le cose. Non avrei capito molto di quello sport e di quel ragazzo.

Fra l’altro non capivo cosa avevano tutti, Tachibana per primo. Mi detestava apparentemente, mi riteneva il suo rivale acerrimo però aveva insistito per farmi entrare in squadra con lui. Incomprensibile già da subito. E molto contradditorio!

Comunque arrivò quel gigante biondo e rivoluzionò tutto in pochissimi minuti. Quello era incredibile già da allora, poi nel corso dell’anno esplose totalmente. Non è da stupirsi che non eravamo alla sua altezza in quest’ultima partita di campionato.

Takaiwa è un grande, nulla da dire. Ci fece capire solo con le sue giocate in pochi attimi, tutto il senso del basket.

E riuscì a farci giocare come dovevamo.

Si, dobbiamo molto a lui, anche se non vorrebbe essere ringraziato. Ho la vaga sensazione che nonostante tutto siamo il suo incubo!

Mi vien da ridere pensando a lui.

Stare in squadra con lui…chissà come sarebbe…mio padre voleva che ora mi trasferissi allo Hayamazaki. No, non l’avrei mai fatto, anche se Tachibana non c’è più io gioco a basket e lo faccio là perché gli devo riportare i suoi tesori intatti così come lui me li ha consegnati!

Takaiwa è in gamba ma non è ancora il momento di giocare con lui. Tutto qua.

Quella volta fece tanto che riuscì a farci uscire di testa, me e Tachibana.

In modo incredibile.

Di base ci infilò nella testa il concetto fondamentale che per fare un buon gioco ci si deve passare la palla!

Non ne volevamo sapere, però io comprendevo che in realtà aveva ragione. Così non l’avremmo mai spuntata. Infine il desiderio di ridicolizzarlo e batterlo fu così grande che mandai al diavolo tutti i principi e mi abbassai a fare quello che dovevo da tempo, l’unica cosa che mi avrebbe permesso di essere al pieno delle forze.

Fu l’idiota del campo ad avvicinarsi per primo a me e a dirmi furente almeno quanto me che quel tipo ci stava sfottendo. Ho tutto impresso molto bene nella memoria. Si. Si poteva notare benissimo la nostra aura minacciosa di fiamme che avvolgeva i nostri corpi. Eravamo irriconoscibili tanto che non ci dicemmo altro. Riprendemmo il gioco e senza nemmeno guardarci o accordarci con grande stupore di tutti e noi per primi, facemmo finalmente i veri ragazzi vincenti!

Una serie di passaggi veloci ed imprevisti e il canestro.

La prima giocata in combinazione di me e Tachibana.

Non la dimenticherò mai, penso.

Difficile, del resto dimenticare come si sta su un campo da basket con lui!

Ci esaltò. Inutile negarlo. Ci montò a tal punto da farci battere un cinque davanti al gigante odiato.

E stavamo bene.

Quanto stavamo bene.

Sentivamo nel nostro inconscio che era il passo perfetto verso il nostro cammino.

Dopo guarda dove siamo arrivati.

 

/accettazione/

Fondamentalmente era sempre un bambino, anche ora ha certe uscite che fanno cadere le braccia e imbarazzano molto. Ma poi ne aveva anche altre che lasciavano senza parole e ti spiazzavano. In sostanza non riuscivi a farti un idea sommaria.

Molto intenso quando fui consapevole di ogni cosa, o gran parte. Stavamo crescendo lì sul momento ed eravamo praticamente incontenibili. Facemmo molte azioni insieme, non smettevamo più. Avevamo assaggiato l’emozione di affidare il centro della nostra gelosia a qualcun altro che sapeva esattamente come trattarlo e non ci avrebbe deluso. Non solo sollievo e tranquillità, eccitazione, esaltazione, pienezza…e felicità incontaminata. Takaiwa ci aveva fatti infuriare ma poi assaggiando il gioco in coppia tutto si era mutato.

Insieme io e Tachibana eravamo imbattibili.

Anche se ci superavano in tecnica e bravura. Se noi 2 ci univamo diventavamo imbattibili.

Lo dissi con sicurezza e fu la prima dimostrazione del vero Hiragi.

Mi stavo riscoprendo giocando, mi trovavo in quegli attimi e mi piaceva.

Quel posto mi piaceva anche se ancora non era nulla.

Mi sorpresi a dirlo per maggior consapevolezza…o forse accettazione ufficiale e pubblica. Senza imbarazzo o altro.

Semplicemente ne Takaiwa ne nessun altro…avrebbe mai potuto fermare noi, col passaggio al mio nuovo e primo vero compagno firmai la una promessa senza parole ma ugualmente chiara.

Era ovvio, no?

Saremmo diventati grandi, ma solo insieme.

Ed era un sentimento appena nato che già prepotente cresceva ogni azione, ogni passaggio. Ogni scambio.

E sicurezza che l’altro non ci avrebbe deluso, mai fallito.

Sono normalmente un tipo composto che non si fa prendere troppo dai sentimentalismi, ma ricordare certe cose mi fa tornare la pelle d’oca, perché fino ad ora non me ne ero reso conto. Vivendolo è una cosa, ma finchè non torni con la testa a certi attimi non ti accorgi di certe cose importanti.

Il tempo era come se si fosse fermato.

Il mio sorriso sicuro e certo verso Tachibana che stava segnando, il suo canestro e il suo impegno nel non fallire quanto io avevo fatto, la concentrazione di tutti in quel nano secondo che voleva fuggire.

Fu indescrivibile.

Come la stessa identica sensazione l’avemmo tutti a pochi minuti dal termine. Eravamo in vantaggio e Hiramoto sotto pressione scoppiò colpendomi in faccia. Brutto fallo, mi stavano tornando a girare. Quello non mi era mai piaciuto e in special modo non sopportavo essere pestato da qualcuno. Era il mio istinto, non arrivavo a starmene fermo in certi momenti. Mentre in altri si. Non so. Ma era anche complice la pressione che gravava su tutti. Poi ero immaturo, la partita mi fece crescere molto, ma a piccoli passi.

Nessuno riuscì a fermarmi. Solo il mio nome pronunciato da Tachibana.

Non fu quello che mi disse, ma l’espressione sorniona di chi sa di aver già vinto.

Era importante però che non reagissi.

Così ripensai al primo scontro nostro. Finì a quel paese per la sua impulsività.

Anche lui era maturato parecchio, anche se non abbastanza.

Ci guardammo poi e ci scambiammo qualche battuta. Ma non furono le parole, bensì i gesti e gli sguardi.

Era tutto vero.

Eravamo noi, io avevo trovato un compagno e viceversa.

Non pesava più nulla. La mia vita pareva leggera e vivibile solo per quell’incontro.

E tutto parve sparire. Tutto.

Solo per essere entrato in squadra con quel tipo assurdo.

Me lo dissi ufficialmente ritornando in  quell’istante a giocare con lui a fianco.

Una lieve corsa, gli stessi movimenti soprappensiero e una leggerezza nella nostra personale vittoria che ci spinse ad alzare il braccio nel medesimo istante toccandoci coi gomiti e i pugni chiusi.

Il nostro momento era appena iniziato e sarebbe stato lunghissimo, interminabile.

Stavamo bene.

Tutto lì.

Avevamo trovato la persona giusta, il posto giusto, la sensazione giusta.

Eravamo noi, lì, in quel momento, insieme.

 

/obiettivo/

Vincemmo la partita, era amichevole, ma fu per noi una vittoria importante.

Poi lui venne da me cercandomi di proposito nell’esultazione generale.

Lo ammisi. Non c’entrava la mia famiglia, era solo basket. Era solo fare quello che si preferiva. Il suo motto preferito.

Poi lui disse la sua. Il suo obiettivo era solo quello di battermi.

Mi piacque come suonava perché così ero la persona automaticamente più importante per lui, tanto da diventare il suo obiettivo da lì in poi.

Non avevo mai sentito parole simili, dette da lui significava che non mi avrebbe più mollato. Che qualcosa di importante si era creato e si sarebbe rafforzato.

Con un nuovo sospiro i ricordi finiscono poiché arrivo alla palestra. Non ci sono tutti ma con mio stupore le riserve sono già arrivate. Si allenano un po’ assonnate. Mi guardano e con una notevole soggezione mi salutano. Sono tutto sudato per la corsa ma non stanco o arrossato. La mia pelle si mantiene pallida, ormai ho una buona resistenza. Faccio un cenno senza esaltarmi troppo. Solo in presenza di pochi ed uno in particolare mostro certi miei lati.

Con noncuranza dico entrando negli spogliatoi:

- Come mai qui?-

- ehm…vogliamo allenarci anche noi, abbiamo molto da migliorare ed ora che tre membri importanti non ci sono più dobbiamo darci da fare per essere alla sua altezza!-

mentre parlano arrossiscono e abbassano il capo. Mi fermo e li fisso per la prima volta. Sbaglio o mi hanno dato del lei? Alzo un sopracciglio biondo e incurvo le labbra verso il basso assumendo un espressione incredula e stupita che mette a disagio ancor di più i ragazzi.

Mah…questa è nuova, non l’avevo mai notato!

Faccio così tanta paura?

Faccio spallucce ed entro nella stanza adibita a spogliatoio, mi tolgo la maglietta maniche corte rimanendo un attimo a torso nudo. Il sudore mi imperla la pelle che sotto la luce sembra lucida. Vado al lavandino per rinfrescarmi bene, fa molto caldo ora. Noto alcuni della squadra, sempre riserve di un anno più piccoli di me. Mi fissano imbambolati. Ma che hanno anche loro? Non credo a quel che succede. Chinano il capo e timidi mi salutano balbettando qualcosa che non capisco.  So solo che mi danno del lei! Faccio loro un cenno di sfuggita e mi volto.

Qua l’estate fa brutti effetti!

Apro il rubinetto e mi butto addosso dell’acqua fresca bevendone un po’.

Prendo un asciugamano piccolo fra i miei ricambi che tengo qua senza portarmi dietro ogni mattina tutto quanto, mi asciugo distrattamente spettinandomi ancor più i capelli biondi, infine afferro una maglietta leggera nera senza maniche…la guardo, i bordi sono tagliati con le forbici e non ha un ottimo aspetto. La riconosco subito.

- è di Akane, che ci fa qua?-

poi ricordo che me l’ha fatta indossare quando abbiamo deciso che lui doveva indossare le mie scarpe(quelle maledette scarpe), ed io la sua maglia. Me l’ha data ma poi ha deciso che andava modificata giusto per me. Così l’ha rovinata!

Alzo le spalle e la indosso. Così sarà contento anche lui. Sicuramente continuerà a metterle quelle nike! Direbbe che così è come giocare insieme lo stesso. A volte è sentimentale! Accenno ad un altro sorriso ripensando a lui e quando mi volto per andare in palestra noto qualche paia d’occhi puntati sgranati e sconvolti su di me.

- bè?-

senza aspettare risposta passo infastidito avanti. Ma che avranno da fissarmi a quel modo? Mica sono Akane…prendo una palla di basket dal cesto e inizio a palleggiare…Akane!

L’ho chiamato per nome, non solo nei pensieri ma anche a voce! Per la prima volta aggiungerei.

Su questa realizzazione la sfera di cuoio mi finisce sul piede per poi schizzare via.

Sento un leggero rossore sulle guance.

Ommammamia!

Questo non era da me!

Cioè, non l’ho mai fatto!

- Signor Hiragi, ha perso la palla!-

alcuni di quelli che si allenavano prima mi porgono la palla che era rotolatlontano.

Sempre arrossendo a loro volta senza mai guardarmi in volto.

Ma cosa succede qua? Perché tutti questi cambiamenti in una volta? Devo ancora abituarmi all’assenza sul campo di Aka…ehm…di lui insomma…e la gente impazzisce!

Con sollievo noto la presenza dell’allenatrice. Mi avvicino prendendo la palla in mano e le chiedo a voce quasi inudibile:

- ma che succede a tutti? Il caldo ha dato alla testa?-

la Minefuji sorride con quel suo fare sbieco e poco rassicurante. Ma che lo chiedo a lei a fare?

Mi mette una mano sulla spalla e maliziosa dice:

- caro, non l’hai capito? Quando il gatto non c’è i topi ballano! Ricordati di quanto sei figo!-

Spalancò gli occhi rendendomi conto che l’istinto di Akane mi ha contagiato del tutto.

Sono troppo spontaneo ultimamente!

Era meglio quando ero serafico e nessuno mi capiva e mi avvicinava per paura!

Meglio tornare a farsi i fatti propri come un tempo, in solitudine parto ad allenarmi ignorando il creato intero.

Questo sarà un lungo anno! Speriamo torni presto Akane!

 

/un'altra storia/

Ad allenamenti iniziati quando sono tutti e dopo aver fatto un discorsetto nel quale chiedevo l’aiuto di tutti per la squadra in assenza di Akane, arrivano due ragazzi, hanno un aria strana e buffa, noto quello moro, basso e abbronzato! Sembrano grandi amici e hanno anche un carattere che si nota.

Minefuji ci avverte col suo entusiasmo tipico:

- loro due sono iscritti con noi da settembre ma hanno chiesto di allenarsi con noi durante l’estate. Sono del primo anno ma sono molto in gamba! Spero farete presto amicizia!-

Li squadro da cima a fondo.

Di già?

Senza dar peso a nessuno gli passo la palla mettendoli ancor più al centro dell’attenzione:

- vediamo cosa sapete fare.-

il moro abbronzato dagli occhi grandi e neri sorride d’esaltazione, più però di sadismo. Mi ricorda il sorriso di qualcuno. Una goccia di sudore cade a lato del mio viso. Ho un presentimento.

- forza andiamo! Facciamogli vedere noi!-

grida incontenibile al suo compagno. Inscenano un azione a coppia e il rumoroso giocatore fa canestro. Buono. Si muovono bene. Non male. Sono dei buoni elementi dal punto di vista atletico.

Ma ci sarà molta strada da fare.

Faccio un cenno che non dice nulla poi invito tutti a riprendere gli allenamenti.

Sembrano andare molto d’accordo, sono diversi da me e Akane all’inizio, sarà un'altra storia la loro…poi mi fermo dal fare quel che facevo e mi colpisco la fronte con il palmo. Che diavolo sto pensando?

Un'altra storia…scuoto il capo rendendomi conto che la vicinanza in questo tempo di Akane mi ha fatto male, poi alzo le spalle e riprendo ad allenare!

 

FINE CAPITOLO 6

 

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Capitolo 7
*** Alzati ***


*arrivo col nuovo capitoloooo! Ma come sono felice di scrivere dei miei ciccini! Allora…questo cap è dalla parte di Akane! Ho poco da dire anche sta volta se non buona lettura! Baci Akane*

CAPITOLO VII:

ALZATI

/Solo amicizia?/

Anche questo esame è finito.

Mi lasciano il permesso di girovagare per tutto l’istituto a patto che facciamo silenzio.

Sbuffo.

Che palle.

Mi sto annoiando.

Sono stato ottimista quando sono venuto qua, ma è stato Hitonari a spingermi ad accettare…sembrava così ottimista…ora…così, senza di lui…beh, è totalmente diverso!

Spingo questo trabiccolo con le braccia…mi hanno tolto quello elettronico, dicevano che facevo troppi danni…ora mi sto facendo dei muscoli…

Non mi sono mai spinto oltre di un tot. Vediamo, qua siamo al piano terra per permettermi, se voglio, di uscire…ma so che c’è qualcosa anche sotto…completamente annoiato mi fiondo nell’ascensore, appena si apre entro e schiaccio il tasto 0.

Comincio a scendere. È una strana sensazione scendere seduto ad una dannata sedia.

Strana…

Brutta direi.

Avrei preferito fare le scale.

Una smorfia di disappunto e insofferenza.

Non ne posso già più…sono in crisi d’astinenza da lui che ancora non si fa vivo…non ha senso che mi faccia vivo io, ma lui potrebbe…anche venire a trovarmi!

Ed è così che faccio l’unica cosa che mi fa star bene, in questi giorni.

Ripenso.

Non ho mai pensato tanto come in questo periodo, ma sai…se sei costretto seduto lontano da tutti è l’unica cosa che rimane!

Tanto lo so come è fatto lui…le dimostrazioni di quel che sente e prova le fa in modo tutto suo.

Dopo quella partita, la prima giocata insieme, il giorno dopo ci siamo incontrati per caso nel giardino della scuola…e d’istinto l’ho salutato, lui ha risposto, ma di fatto non sapevamo cosa dirci, come comportarci.

Io avevo indelebile nella mente le sensazioni grandiose della partita e pensavo che dopo di quello nulla sarebbe stato all’altezza. Ma ero contento di rivederlo. Abbiamo camminato insieme pieni di imbarazzo come solo due ragazzi sanno fare.

Avrei solo voluto tornare a giocare con lui, sempre, di continuo.

Poi però ho pensato anche che eravamo stupidi a stare in silenzio…ed ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente per non sembrare un cretino qualunque. Odiando il silenzio è naturale che parli senza riflettere pur di non star zitto.

Gli ho chiesto della colazione!

Lui è sempre stato un tipo che mangia poco…io al contrario suo mangio anche per lui.

Si è rilassato sentendomi parlare di cazzate.

E da lì in poi abbiamo sempre avuto argomenti e mai imbarazzo.

Camminavamo e sentivamo le voci di tutti che parlavano di noi, i nuovi campioni della squadra di basket.

Solo perché avevamo vinto una partita…sicuramente appena avremmo perso tutti ci avrebbero dimenticato.

Ho sempre detestato certe cose!

Mi lamentai di questo appena in classe.

Sorrido di sbieco divertito anche ora al ricordo…fu lì che incontrai quella scimmia di un Harumoto!

Quante risate mi sono fatto con lui in seguito.

Devo ammetterlo. Un amico prezioso…come tutti gli altri della squadra, ma in maniera differente da come lo era a quel tempo Hitonari. Alla fine devo ammetterlo. Io e il biondo non eravamo solo amici già da allora. Era diverso. Strano. Mah, non saprei, è complicato!

Esco dall’ascensore e mi dirigo lungo il corridoio breve che termina in una porta enorme chiusa.

E perché diavolo è chiusa?

Io arrivo e trovo una porta chiusa!

Ma non diciamo sciocchezze!

Mi avvicino e con un calcio della gamba sana la apro. Quel che vedo mi lascia a bocca aperta, senza prole.

Un campo da basket!

Che bel regalo!

Non so se ironizzare, esserne contento o cosa.

Che senso dell’umorismo questo direttore o come diavolo si chiama!

Il mio volto si scurisce automaticamente.

Mio malgrado ci entro.

Sto fermo sul bordo.

Ora.

Penso solo ora posso capire Arada in quel periodo difficile della sua vita.

Unicamente.

Stare davanti ad un campo da basket e non poter alzarti ed andare a giocarci.

Stringo i denti e i pugni abbassando il volto che viene coperto dai miei capelli neri spettinati.

Dannazione.

Come deve essersi sentito?

Non lo biasimo più…o meglio lo biasimo ma non del tutto.

Appena avevo sistemato le cose con Hitonari, arrivò Hrumoto…in seguito Arada.

Una coppia così strana ed idiota da essere incomprensibile per i miei gusti.

/ora lo posso capire/

Dopo aver litigato ripetutamente con Harumoto arrivò Arada e con lui il mio istinto selvatico si accese.

Non capivo perché si comportasse in quel modo bastardo col suo amico…ma era detestabile.

Come si permetteva?

E lui che si faceva sfruttare in quel modo.

Proprio una coppia assurda.

Mi trovai schifato.

Non volevo immischiarmi, tanto meno sapere cosa c’era dietro…invece alla fine fui sospeso per essermi intromesso troppo.

Ma era più forte di me, non riuscivo a starmene buono.

Quello stronzo trattava come delle merde tutti quanti…e passi sugli estranei, ma sul suo amico…

No, poi non so nemmeno come finii a colpirlo la prima volta.

Ma lo feci…e subito un po’ mi liberai…eppure non era abbastanza!

Dissi esattamente che non avevo idea di cosa ci fosse fra loro due, ma non mi piaceva il suo modo di fare…

- alzati-

Ordinai!

Avevo un fuoco acceso dentro che non mi permetteva assolutamente di pensare con la mia testa, ma solo con l’istinto.

Arada non capì chi fossi e che volessi. Ma più chiaro di così…mi stava sulle palle!

Pensavo che come al solito avrei dato una lezione ad un tipo stronzo, tutto lì, nulla di più…ma poi…diavolo, mi è sfuggito tutto.

A ricordarlo mi prudono le mani ancora.

Quante gliene diedi…e vedere che davanti ai professori Harumoto dava la colpa a se stesso anche se non era vero fu peggio. Benzina sul fuoco.

Arrivò Hitonri e per un attimo breve mi sembrò di star meglio, ma appena parlò Arada mi tornò il sangue alla testa. Accuse, colpe…parole parole…come poteva?

Io non conoscevo i dettagli e non volevo conoscerli anche se me li accennò il biondo…ma l’avrei ammazzato di botte se non mi avessero tolto con la forza.

Ci vollero entrambi gli insegnanti per fermarmi. L’avevo ridotto male.

Non mi importava.

Dopo aver accusato apertamente quello che gli aveva parato il culo, insinuava bastardate pure su di me.

Non ci vedevo più.

Si, mi misi parecchio nei guai!

Come un pazzo incosciente. Ma non potevo lasciare che le cose andassero così.

Mi portarono via a forza e Harumoto ci seguì su ordine dei vecchi, Arada fu solo allontanato…e tutto il corteo ci venne dietro. Sumire rimase appiccicata alla porta con la sua amica, Hitonari fu l’unico a volatilizzarsi subito. Lo ricordo perché sul momento della sgridata lo cercai con gli occhi fuori dalla porta. Fu solo un istinto. Non mi avrebbe tranquillizzato altri che la sua immagine già tranquilla di natura. Non lo vidi e mi innervosii risultando antipatico anche con il preside davanti. Fu inevitabile quindi.

Io e Harumoto finimmo sospesi per una settimana, poi andai nel tetto seguito da quel deficiente d‘un baffo. Lì sapevo che avrei trovato Hitonari. Volevo andare da lui ma non ci avevo riflettuto abbastanza.

Subito arrivarono anche Sumire e la Hori…avevano tutti il radar, io volevo star per conto mio…con ancora il sangue che mi ribolliva nelle vene.

Harumoto si mise a raccontare quanto gli era accaduto, cosa c’era dietro.

Disse un sacco di cose. Le ascoltai infastidito anche di quello. Dissi quel che pensavo senza mezzi termini, con poca gentilezza e tatto e me ne andai…seguito dal cagnolino fedele preoccupata che esagerassi!

Non so cosa si dissero, cosa disse Hitonari, anche se ora come ora potrei immaginarlo.

Non so.

So solo che quando vidi che i due facevano pace in quel modo in un certo senso mi sentii meglio anche io. D’istinto.

Furono delle belle parole quelle che il baffo disse alla testa a caschetto…commoventi per lui, immagino, per me prive di significato visto che non c’ero dentro.

Il solito insensibile. Ma ora che tutto era a posto potevo andarmene.

E mi sentii un cretino perché dovevo ficcare il naso nei cazzi degli altri contro la mia volontà.

Mi sono cacciato nei guai per colpa loro! E alla fine ero pure contento di come erano andate le cose.

Quello fu solo un legame in più con gente per me tutt’oggi preziosa.

Direi proprio di si.

Lo ammetto.

Torno a guardare il campo vuoto.

Posso capire almeno un po’, ora, come si sentiva Arada. Ma lui è guarito ed è tornato a giocare.

Io?

Non lo so…dipende da me, certo. È una sfida, io le adoro. Ma tutte le sfide le ho affrontate con qualcuno vicino….ora sono solo…e il pensiero di Hitonari, delle notti passate con lui, dei suoi baci, degli abbracci nudi, degli sguardi penetranti…della lingua bollente sulla pelle, del suo sapore intenso…il suo profumo…lui…ora…mi fa star male. Nascondo la smorfia di dolore che faccio. Le mani coprono il mio volto incrinato e afferro i capelli con forza tirandoli.

- merda!-

Non ne posso già più!

Entro in campo con il pensiero di Arada già lontano…e fisso invece quello di Hitonari che in questo momento si starà allenando anche per me!

Lui starà volando lontano.

Ma mi ha fatto promettere di raggiungerlo…

Vado nel box che contiene, a bordo campo, le palle di cuoio, ne prendo una…mi avvicino al canestro alto e senza pensarci molto tiro. È debole e non entra.

È più difficile tirare da quaggiù…ma è sicuramente possibile!

Uno sguardo alla gamba…merda, voglio alzarmi!

Alzarmi.

Come dissi ad Arada che si autocommiserava…ora lo dovrei dire a me stesso.

Mi serve un impiccione che me lo dica ora a me!

/impiccione evocato/

A distrarmi da certi pensieri un impiccione effettivamente arriva…è circa il mio incubo in questi giorni.

Non fa che capitare ovunque io capiti…abbiamo le terapie nello stesso momento e affrontiamo le cure insieme…è allucinante…manca solo che ci mettano in camera assieme e poi siamo a posto!

- ehi tu…perché sei qua?-

Mi chiede sgarbato:

- per lo stesso tuo motivo!

Affaracci miei! Ora sloggia, ci sono arrivato prima io!-

Il rosso mi viene accanto con il suo trabiccolo, hanno tolto il motore anche a lui. Sfacciato mi fa:

- non se ne parla, non è tua la palestra! Via dammi la palla che ti faccio vedere come si tira!-

Così dicendo mi strappa la palla e senza concentrarsi un minimo tira a canestro…ovviamente è troppo corto il tiro ed io rido sbellicandomi!

Mi trovo a pensare che è il primo momento della giornata in cui mi rilasso, incredibile!

Forse non è poi così inutile!

- idiota, alzati e gioca bene, allora, visto che parli tanto!-

- io ridevo e basta!-

Poi mi fermo rendendomi conto di cosa ha detto.

Alzati!

Ironia e strafottenza?

No, solo una parola poco pensata sparta caso.

Lo fisso diretto come so fare e si zittisce:

- ti pare che se potessi alzarmi starei in questo fottuto posto?-

Alza un sopracciglio e fissa la mia gamba che è nelle sue stesse condizioni.

- senti un po’…vuoi farmi credere che eri un giocatore di basket anche tu?-

Questo lo odio e se non smette di rompere e di esistere lo disintegro!

- io non ero….lo sono!!!!-

Alzo subito il tono di voce e nel rispondermi lui fa altrettanto. Ma chi si crede di essere?

- Senti bello, non farmi ridere, non sei nemmeno capace di segnare da seduto!-

Il bue che dice cornuto all’asino! Lo squadro con una lama da vampiro negli occhi e mi trasformo in uno di quelle creature altamente vendicative e cattive.

- non mi pare che tu abbia fatto meglio, ora ti faccio vedere che ci arrivo!-

Riprendo la palla e in fretta mi metto in posizione, questa volta prendo più mira, mi impegno e calibro con quanta forza posso.

Tiro e colpisco il tabellone. Meglio di prima ma ugualmente difficile…è dura.

E la cosa mi lascia frustrato.

- ahahahah!!! Bravo…guarda come si fa!-

Spaccone fa la stessa cosa che ho fatto io e in men che non si dica ci troviamo a gareggiare su chi ci va più vicino al canestro!

Risultato 0 a 0!

Abbiamo il fiatone e siamo sudati nonché stanchissimi.

Cavolo se è dura. Non avrei mai pensato, ma non ho pensato a tutti i tentativi falliti, a quel che non risuciva a fare, alle mie gambe che non mi fanno volare…non ho pensato e basta. Al contrario ho agito e mi sono sentito più libero di cinque minuti fa. Il peso cominciava a togliersi…ad ogni tiro che si avvicinava più al mio obiettivo mi sentivo più carico e leggero.

Non sono arrivato al punto prefissato ma…non so come dirlo.

Mi sento meglio perché ci ho provato.

Perché mi ci sono trovato in mezzo di nuovo!

Penso di capire il senso dello stare qui.

In un verso mi penalizzerà rispetto a Hitonari, in un altro però mi farà sviluppare altre capacità.

Sono curioso di vedere come andrà.

Non faccio caso agli sguardi assassini che ci mandiamo io e il rossino, tanto meno agli insulti che volano.

Semplicemente ho la mente altrove e il corpo che reagisce per conto suo.

Va bene.

Va tutto bene.

/se telefonando/

- Tachibana! Una telefonata per te!-

La voce dalla porta mi fa sobbalzare, mi volto, è una delle infermiere che mi seguono.

Ha una specie di sorriso vedendoci insieme a giocare basket.

Che significherà?

Mah, stranezze di donne!

Non le ho mai capite!

Mollo la palla al rompipalle e la seguo, mi dice che c’è un telefono anche su quel piano così faccio poca strada e ho il piacere di rispondere, sicuramente è mia madre.

- ehi vecchia!-

Dico sgarbato.

- non pensavo di essere messo così male!-

La voce dall’altro capo, seria e impenetrabile, mi fa andar di traverso la saliva che stavo ingoiando e le rotelle cominciano a correre all’indietro allontanandomi dal telefono, riesco a fermarmi e mi riprendo.

Giuro.

Non me lo aspettavo.

- Hitonari…ehm..Hiragi?-

Non mi accorgo mai quando lo chiamo per nome…non l’ho mai fatto a voce. Che bello dirlo…dirlo a lui.

- Akane…-

Anche lui lo fa e non si corregge…segno di accettazione…segno di molte cose.

Non so come mi sento, non ho tempo di capirlo, mi butto solo sulla risposta per ignorare quel che mi ha provocato sentire la sua voce, lui, che me lo dice.

Mi imbarazzo e le guance si colorano di fuoco.

Accidenti….solo lui ci riesce, dannazione.

- come va?-

Mi chiede.

- ah beh…insomma…alla grande, dai!-

Che bugiardo…va male, il mio umore peggiora, io cedo sempre più, ho pensieri terribili ogni giorno di più…e tu non ci sei. Ma non te lo dirò mai!

- bugiardo. Non sei mai stato bravo a mentire!-

È vero, ma lui è quello che mi smaschera sempre subito. Io non volevo dargli ancora pensieri. È una cosa che detesto.

- la verità è che non so cosa dirti…-

- non sapevo se telefonarti, non volevo distrarti dagli esercizi ma…sai, poi non ce l’ho fatta. Non so se ho fatto bene.-

Che scemo che è…è tipico suo pensare così.

- imbecille…era l’unica cosa che aspettavo da quando sono arrivato qua!-

La sincerità mi esce a fiotti. Ho molte cose da dirgli e non so nemmeno da dove iniziare.

- allora puoi dirmi cosa pensi ora…-

Sarebbe troppo. Sento che quello che mi ha sempre legato a lui ora esplode, è sempre più forte. Sentire la sua voce dopo tutto il desiderio di lui che ho avuto è deleterio.

Scemo, non farmi queste domande.

- stai con me.-

È la prima cosa che mi è venuta in mente, ma poi non ha senso…o meglio non va bene.

- no, non intendevo dire questo. Ecco, No…pensavo a te e basta. -

Un attimo di silenzio, incassa il colpo poi basso e sussurrato:

- idiota. Io lo sono con te. Anche se non fisicamente ci sono.-

Non respiro più e mi concentro a trattenere quel che provo, la stessa cosa che è uscita l’ultima volta che l’ho visto.

Mi mancava il suo ‘idiota’. la sua sincerità strana. Le sue certezze. Il suo pensare a me.

- cazzo, mi manchi!-

Mi sfugge del tutto il controllo, che comunque non ho mai avuto.

Non volevo essere così sfacciato e arrendevole, ma è solo questo. Non ce la facevo più, è un piccolo sfogo, ma è colpa sua che mi h chiamato in modo così inaspettato.

- anche tu. Quindi muoviti guarire!-

Cerca di fare il ruolo che normalmente faccio io. Faccio un mezzo sorriso tirando su il volto, lo scopro dai capelli che lunghi si sono posati sopra.

- senti, non darmi ordini!-

Cerco di essere come sempre!

- non mi sembri convinto…mi sa che starai lì tutto il resto della tua vita…dovrò trovarmi qualcun altro!-

- scemo cretino non dire monate…anzi no, trovatelo, se ci riesci, un mio sostituto! TZS!-

Comincio a dire come un fiume mezzo arrabbiato. Lo sento ridere.

Dio come mi mancava la sua risata sincera, quella che riserva a me spontanea.

Lo faceva apposta a provocarmi, per tirare fuori il mio vecchio lato permaloso e combattivo.

- devi essere sempre così…hai una sfida da affrontare, non devi lasciarti passare avanti da nessuno!-

A queste sue parole subito mi viene in mente quella scimmia rossa di là che forse ascolta la mia conversazione. Già…certamente da uno come quello non potrò mai farmi battere!

E la carica sarà il premio. Hitonari!

Ci arriverò a te in un soffio.

Tanto lo voglio, so che sarà così, le sfide se non sono difficili non fanno per me. E non ne ho mai persa una…o quasi. Insomma!

Non so se gliel’ho mai detto. Anzi si, in un occasione. Quella cosa che fra fidanzati ci si dice spesso. Noi siamo diversi, non ce lo diciamo spesso, ma ora avrei voluto averglielo detto sempre, a voce. Vorrei averlo qua per ripeterglielo e far subito dopo l’amore con lui.

È indispensabile, ma impossibilitati a vederci almeno la voce ci sarà utile.

Mi basterà per ora, per un po’ sentirlo così al telefono mi basterà.

Continuiamo a parlare, tanto la chiamata è a suo carico.

Un po’ di sciocchezze, un po’ quel che mi succede e quel che succede a lui, un po’ di pensieri seri e ricordi…di tutto e di nulla, non l’ho mai fatto parlare tanto.

Hitonari non è che è un tipo silenzioso e freddo. Con le persone giuste parla il necessario, si confida ed è molto riflessivo. Ha molti colori dentro di se. Delicati e sfumati. Senza freddo. Come in me immagino ci siano colori forti e di grande impatto.

Si, ci fa bene questa chiacchierata, lo sento.

Mi rilasso e mi carico, pronto ad affrontare qualunque cosa, ancora.

Mi secca dirlo ma mi è indispensabile.

Posso fare a meno del tutto di chiunque ma non di lui.

E la certezza che anche per lui è la stessa cosa mi fa star bene, in cima.

- la prossima volta che ci sentiremo saprai quanti progressi faccio!-

Convinto e sicuro come lo sono sempre stato.

Ne è felice, lo sento. Ha bisogno di sentirselo dire ed io di dirlo.

Andiamo bene così come siamo, insieme.

- se non sarà così ti punirò!-

Cerca di esser spiritoso, si sforza di esserlo anche se di natura non lo è molto. Sa però che mi ci vuole, io lo ringrazio perché mi capisce così bene.

- quasi quasi mi faccio punire allora…-

Con un pizzico di malizia. Ho una voglia di lui. Lo immagino arrossire e fare scena muta.

- senti è un oretta che siamo al telefono. Forse per te è ora di mangiare…-

- effettivamente…-

A malincuore guardo l’orologio al muro. Eh si…è ora.

Sarà triste buttare giù la cornetta e tornare al mio silenzio, ai miei ricordi, ai miei esercizi, al mio tempo.

Triste.

Ma ho della benzina in più che mi permetterà di andare avanti.

Essenziale come sempre.

- allora ci sentiamo-

- si…-

Un tono più basso degli altri. Non ci diciamo altre smancerie che non sarebbero da noi.

Ma lo penso.

Sei importante Hitonari. Tu lo sai, no?

- ciao…-

- ciao…-

Mettiamo giù e un aria cupa torna sul mio volto. Sto un lungo attimo voltato verso il muro senza dare segni di vita. Sospiro. Come vorrei tornare indietro. Alla telefonata. Poi ancora di più. Prima di partire. Ancora di più. Prima dell’incidente. Ancora.

Ma ora non posso far altro che andare avanti e far si che il tempo che ci separa diminuisca.

Già.

Perché è nelle mie mani questo potere. Io e lui lo sappiamo. Farò si che non dovrà attendermi ancora molto.

L’unica cosa che posso fare è questa.

E la farò alla grande come mio solito!

FINE CAPITOLO VII

 

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Capitolo 8
*** un vero spreco ***


*ma come sono contenta…sono riuscita a fare il nuovo cap. allora, è importante che voi sappiate che nell’ordine i ricordi hanno saltato una parte, l’episodio di Kanemoto e prima ancora quello di Yamazaki, ma spetta ad Akane ricordarli poiché Hitonari c’entrava poco, siccome ora tocca ad Hitonari il capitolo sono dovuta andare avanti, ma il prossimo riprenderà dal punto giusto.

Abbiate pazienza. Questa parte è piuttosto carina, si. Detto ciò vi auguro buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO VIII:

UN VERO SPRECO

/Niente di che/

Metto giù il telefono e sospiro, dopo un attimo di silenzio sia vocale che mentale mi stendo nel pavimento del mio appartamento. Mantengo le gambe piegate, appoggio la testa sulle mani e guardo assorto il soffitto.

Non sapevo proprio se telefonargli o no, per non distrarlo o dargli fastidio, è molto concentrato, l’umore instabile…e cosa avrei potuto dirgli, poi? Immagino benissimo in che condizioni è…mi ero ripromesso di non cedere e fare l’unica cosa che per lui sarebbe stata d’aiuto veramente…ma…andando avanti ho bisogno di benzina…avevo bisogno di sentire la sua voce…avevo bisogno di lui…e sono consapevole che è dura e lo sarà sempre più…ma sono cose che dobbiamo fare da soli, io da qua lui da là. Sono due imprese separate e dobbiamo farle a tutti i costi…però alla fine ho fatto quello che mi ero prefissato di non fare di già.

Gli ho telefonato…ed ora non capisco se sto meglio o peggio.

Io lo sapevo, per questo avevo deciso di non farlo.

Io semplicemente sapevo che poi sarebbe stato solo più difficile…ma non potevo non sentire la sua voce.

Non sono un fidanzato debole e sdolcinato…ho abbastanza forza per riuscirci da solo…e so che anche lui ce la farà.

È stata la nostra promessa.

Ma alla fine penso di essere solo umano, come lui. Ce la faremo ma qualche sgarro è d’obbligo.

Poi altrimenti mi vengono a dire che sono troppo severo con me stesso…bionico!

Sorrido…Akane andrebbe a nozze con questi discorsi strani, si inventerebbe chissà quali nomi ed epiteti per chiamarmi.

Lui ha tanta fantasia.

Però oggi l’ho sentito giù, si sforzava di essere il solito ma a me non mi inganna mica. Allungo una mano nel borsone accanto sgarfo pigramente e tiro fuori la sua maglia personalizzata che mi ha lasciato in cambio delle scarpe, delle mie maledette nike!

L’appoggio sovrappensiero sul mio petto che regolare si alza e si abbassa respirando.

Posso capirlo però.

Mi ci sono sentito molto volte così, non per gli stessi motivi, certo. Ma è successo.

Anche se ultimamente, con lui, con gli altri ragazzi sempre presenti…non accadeva più.

Io penso che in quell’impiccione ci sia una semplicità che sbalordisce. A guardarlo sembra il più complicato per i paragoni che fa, i suoi ragionamenti apparentemente sconnessi e senza senso, ma poi basta capire come funziona la sua testa…è più semplice di quanto sembri…ovvio. Non bisogna pensare in modo astruso, quando pensi ‘no, non può essere solo così’, bisogna fermarsi e realizzare che invece è proprio così, ‘è SOLO così!’.

Con me è diverso, io li faccio veramente i pensieri contorti, ma lui è semplice e prevedibile.

Ma forse lo dico io che ormai lo conosco meglio di me.

Dovrebbero essere tutti come lui.

Entrando nel suo cervello non si capisce d’impatto nulla, c’è solo un caos che porta ad un gran mal di testa, non approfondisce alcune cose, arriva frettolosamente alle sue conclusioni ed è parecchio egoista, però come ho già detto basta comprendere il suo meccanismo e non ti ci perdi.

È proprio come dice di essere, a parte che non ammetterà mai di essere gentile…si, è una gentilezza diversa. Impiccione forse è meglio che dispensa consigli e pareri a destra e a manca facendo del bene a modo suo.

È incredibile e assurdo.

Proprio un idiota!

Come quella ormai per me famosa volta.

Ero giù per l’intervista di mio fratello. Takuya ha sempre dimostrato di non aver capito nulla, ma forse ora è rinsavito un po’.

Quella volta avevo letto l’articolo dove parlava di me, lo faceva in un modo che mi ha veramente seccato, sembrava sapesse tutto solo lui, soprattutto cosa fosse meglio per me…in realtà era tutto il contrario.

Ancora ora mi da fastidio.

Poi lui è arrivato e appena mi ha visto ha subito capito che avevo qualcosa che non andava.

È sempre sembrato stupido, Akane, in realtà è acuto…accidenti se lo è!

‘niente di che’.

Dissi così.

Mi vergognavo io stesso di mostrare il mio vero stato d’animo o dare importanza ad una cosa simile…perché era quella che contava di più in quel momento.

Non volevo le parole di nessuno, tanto meno commenti compassionevoli.

Non era affatto nulla di che, ma volevo che lo fosse.

Non la deve aver bevuta, ma ad ogni modo a casa ho incontrato mio fratello che voleva convincermi a tornare a casa, trasferirmi all’Hayamazaki e a chiedere scusa a mio padre.

Non l’avrei mai fatto. Per lui era uno spreco di tempo.

Che stupido.

Migliorarmi, eh?

Perché aveva una mente a senso unico?

Vedeva solo il suo punto di vista, la sua via, le sue motivazioni…e degli altri?

Porco cane, a ripensarci finisco per arrabbiarmi di nuovo.

Allora ero solo deluso, abbattuto…ero in un perenne stato di depressione, sono stati i ragazzi della mia squadra con Akane in testa a tirarmici fuori.

Finalmente facevo quello che volevo contro tutto e tutti…e quelli che desideravo mi capissero, che avrebbero dovuto sostenermi non lo facevano, non ne erano in grado. Vedevano solo la loro verità e basta pretendendo dagli altri senza mai dare nulla se non giudizi.

Gli dissi che avevo trovato il modo per migliorarmi a modo mio, che l’unico tempo sprecato era stato quello passato dietro a loro. Ora come ora se mi dicesse quelle cose lo picchierei, ma allora…ero ancora succube, nonostante tutto.

Ne stavo uscendo ma era difficile e frustrante.

Mi chiusi in casa e passai un pomeriggio difficile.

Non feci nulla, non guardai nemmeno qualche partita di basket alla tv.

Ripensai a come mi avevano cresciuto, a quello che avevano cercato di trasmettermi, a tutti gli errori fatti…e al desiderio di essere capito invece…proprio da loro che avevano preferito voltarmi le spalle piuttosto che parlarmi.

Se non si fa come dicono loro si è tutti fregati. Fuori.

Gente che non volerà mai veramente.

Ne sono certo.

Spero che pian piano ora lo capiscano. Ho fatto di tutto, alla fine non ho mai rinunciato a farmi comprendere da mio padre e da mio fratello.

Penso che siamo ad un punto interessante.

Se non fosse per la squadra ora sarei tornato a casa, ma ho fatto una promessa e non li lascerò mai…

Passai ore in totale conflitto. Ero testardo e non sarei mai tornato indietro, ma non avrei chiesto aiuto a nessuno…fortuna che al mondo esistono impiccioni che si immischiano anche senza chiederlo. Non so cosa ha fatto Akane quella sera. Non lo so.

Ma quando mi ha telefonato ho capito che era dalle parti del ritiro di Takuya e che doveva avergli parlato. Non voglio sapere come l’ha trovato e cosa c’è dietro.

Non me l’ha detto che si vergognava, forse ha capito l’idiozia che aveva fatto visto che poi si è perso.

Mi ha telefonato dicendomi che era vicino ad una grande montagna, poi una serie di parole piene di lamentele ed un ordine…di venire a prenderlo…

Non era nulla di che, glielo avevo detto e mi sforzavo nonostante quel dolore inevitabile portato dalla solitudine, ma lui i cavoli suoi non se li è mai fatti…e ha capito il significato delle mie parole, dei miei silenzi…e il peso della solitudine…portandomela via, sostituendosi ad essa.

/e lui si sostituisce/

Volendo avrei anche potuto telefonare a mio fratello per confermare la mia ipotesi che quell’idiota fosse proprio là, ma non ce ne fu bisogno. Ero sicuro.

Non saprei perché ma ne ero certo. Ci incontrammo a metà strada…ovviamente stava per prendere la direzione sbagliata…lo chiamai come l’ho sempre chiamato:

‘idiota!’

Lui si è fermato e ancor prima di vedermi si è messo a sbraitarmi contro qualcosa capendo chiaramente che ero io.

Non sorridevo mai a quel tempo, non ancora.

Lui in compenso però era buffo.

‘cosa ci fai qua? Hai incontrato mio fratello?’

Gli dissi così, lui rispose che era lì per caso, imbarazzato per essere stato scoperto…una delle sue solite scuse astronomiche. Decisi di lasciar perdere.

Lo condussi a casa mia poiché rispetto alla sua, la mia era più vicino, del resto non sapevo dove fosse la sua.

Durante il ritorno non parlammo molto, ero ancora giù per conto mio e preferivo evitare discorsi facendo finta che tutto andasse a meraviglia. Lui parlava di sciocchezze come al solito, poi ricordo che si zittì di punto in bianco seguendo un filo dei suoi pensieri. Lo guardai stupito per il cambiamento e senza ricambiare lo sguardo, continuando a camminare tranquillo si fece serio e sicuro. Mi disse:

‘ una strada in salita ma fiorita è molto meglio di un’autostrada, no?’

Lì per lì pensai che era solo impazzito, ma a forza mi trovai ad entrare nella sua testa…e contro la mia volontà, senza farlo di proposito, lo capii.

E mi parve chiaro e semplice.

Aveva parlato con mio fratello, come immaginavo, e gli aveva detto probabilmente di lasciarmi in pace, dalla sua conclusione penso fosse stata una cosa simile. Rimarrà sempre un mistero quel loro colloquio, ma conoscendo entrambi sicuramente Takuya avrà detto che sbagliavo a fare di testa mia, che per puntare alle vette non bastava divertirsi nel basket, ma dovevo seguire le sue orme…e Akane gli avrà risposto che non aveva capito nulla. Fra i due Takuya è il meno sveglio anche se non sembra per l’aria matura che pare abbia.

Non è molto intelligente, ma quando si mette a riflettere e capisce le cose, non è poi tanto male…

Akane deve avergli fatto il discorso delle due strade. Percorrere quella già spianata da loro oppure un’altra più difficile ma che fa arrivare ugualmente? Con la differenza che è più divertente perché più ‘bella’?

Penso che sul momento mio fratello non l’abbia capito, ma poi si. Non c’è solo un modo per migliorarsi, mai.

E con lui, con Akane che si è messo a camminarmi a fianco, è diventato tutto diverso, la vita ha assunto un’altra ottica…direi che…si, mi ha insegnato a vivere.

Ora so ridere e dire la mia…non è più nel mio interesse chiudermi nel mio guscio di depressione continua e di tristezza.

Considerando la fissa di battermi è ovvio che non mi abbia mai mollato.

Quella sera…sospiro…è stata molto bella.

Siamo arrivati a casa, il mio umore era cambiato completamente…niente più malinconia.

Notai che era bagnato così lo feci asciugare bene e gli diedi altri vestiti. I miei sono diversi dai suoi, lui ha uno stile totalmente differente e con una delle mie tute sembrava ancora più divertente.

Poi si stravaccò nel mio letto dicendo che era parecchio stanco e affamato. Mi tormentò finchè non gli diedi qualcosa da mangiare, non avevo molto perchè come diceva mio fratello mangiavo solo schifezze…perché non sa come e cosa mangia quel fenomeno dalla gamba rotta!

Il fenomeno in questione si ingozzò, parlò ancora di qualche sciocchezza, io gli risposi…fu una serata di per se semplice, poi ci mettemmo a guardare una partita di basket alla tv…commentavamo insieme molto presi, lui faceva ben ridere con gli aggettivi e gli sbotti che aveva, io mi contenevo e sfornavo frasi più tecniche che lui prendeva in giro con la sua rozzezza.

Eravamo in contrasto, opposti, lo siamo sempre stati.

È stato bello per quello, un atmosfera…non so…da amici.

Fu lì che ci legammo, che arrivammo al punto di considerarci veri amici.

Poi si addormentò lì sul mio letto. Non sapevo che fare ai fatti…non avevo altri posti dove dormire…provai a svegliarlo ma fu impossibile così alzai le spalle e mi stesi a terra di fianco al letto all’occidentale del mio appartamento, ora occupato.

Pensando che sua madre l’avrebbe squartato per non averla avvertita ma che io non avrei mai telefonato per lui, mi addormentai…tanto dormivo spesso nel terrazzo, in quel cemento duro, ero abituato!

Che nostalgia, vorrei tornare a quel momento, vorrei lui fosse qua con me ora e non mi lasciasse solo…quella sera mi ha portato via per sempre la solitudine, definitivamente. E non mi ha più permesso di provarla. Un impresa non da poco.

Lo ringraziai prima di finire nel mondo dei sogni.

Se tornassi indietro glielo direi a voce…sono cambiato molto, per lui…ora mi guardo e cosa trovo?

Un’altra persona che aspetta il suo fidanzato lontano…sicuro che ce la farà…sicuro che farò del mio meglio per mantenere la promessa.

Mi alzo e faccio l’unica cosa che mi permette di stargli vicino, di sentirlo qua.

Prendo la palla da basket e vado in palestra ad allenarmi anche se non è ancora ora.

Potrei vivere solo di quella. Di basket e di Akane…e si, dai…di amici, quelli della mia squadra.

In effetti ora che lui non c’è, con quella di sentirlo accanto e stare meglio faccio solo quello. Basket.

E va bene così.

Devo migliorare la mia resistenza fisica.

Inizio una corsa moderata palleggiando in dribbling sugli alberi…io non lo farei, normalmente…mi metterei solo a correre semplicemente…ma questo non è più Hitonari Hiragi che fa solo le cose ragionate e meno esibizioniste.

Questo è Hitonari Hiragi, quello che fa quel che si sente contro tutto e tutti.

Per arrivare alla vetta con lui.

/standogli vicino/

Io sono sempre stato così, dimostro le cose a modo mio, gli altri difficilmente capiscono perché faccio cose così prive di senso…ma vado subito al punto, al cuore delle faccende…insomma, scovo immediatamente il problema e penso all’unica cosa che io posso fare per aiutare ai fatti…sono pratico, non è colpa mia.

Sono sempre stato così, questo si. Specie da quando il mio egocentrismo è scemato.

Ora per stargli vicino…non so quanto senso possa avere, agli occhi degli altri, giocare ossessionatamene a basket, per me ha senso eccome.

Arrivo in palestra convinto di trovarla vuota, ebbene il custode mi saluta come al solito e subito sento delle voci che fanno una discreta confusione. C’è già qualcuno.

Mi fermo sull’entrata larga con la palla sotto braccio e li guardo.

Sono i nuovi ragazzi, i due che a settembre faranno la prima nel Kouzu e che non so come si chiamano.(troverò loro un nome, dai…NdAka)

Sembra che vogliano darsi da fare per bene, ne sono contento…devo ancora capire il loro livello e le potenzialità, penso oggi mi dedicherò a studiarli…è ai fini della squadra, in fondo.

Uno dei due sta gridando esaltato come una persona di mia conoscenza, che ora andrà a canestro…salta…non ha una grande elevazione, deve avere qualche altra capacità, allora…poi però viene fermato subito dal suo amico che senza fare troppa scena fa volar via la palla.

Ecco, lui è notevole. Ha una capacità difensiva nettamente evidente.

Sfoggia un sorriso ironico e sarcastico.

È calmo, però sembra abbia una doppia faccia.

Sono due molto diversi da me ed Akane…anche il loro rapporto…loro sembrano amici di vecchia data!

L’altro esaltato è un vulcano, un tipico bambino capriccioso…mi sa che il mio giudizio iniziale almeno su di lui era sbagliato...lui assomiglia tanto ad Akane!

Sospiro per il casino che fa visto che ha perso lo scontro. Lo insulta e quell’altro lo lascia fare sorridendo inquietante.

Ah, è a posto, si capisce subito che tipo è, non c’è da preoccuparsi.

- ma dove diavolo ho sbagliato, allora? Perché mi blocchi sempre?-

Ma è evidente, perché non ci arriva?

- è semplice, non salti abbastanza…e se il tuo punto forte non è il salto devi sfruttare al massimo gli altri…quel tiro semplice l’avrebbe fermato chiunque!-

Mi guardano e appena realizzano che ero io il vulcano che mi stava per sbranare sorride saltellandomi intorno con le stelline negli occhi felice che io sia arrivato…

- Oh…il sommo Hiragi che mi da un suo parere…che bello…e dimmi, come posso fare?-

Pensavo se la sarebbe presa. Invece sento una punta di gelosia trapassarmi da parte del suo amico…oddio, che non mi mettano in mezzo nei loro giochini!

Alzo le spalle. È solo basket e lo capirà. Tutti sanno che io sto con Akane…ma forse loro la storia non la conoscono…meglio così.

Vado dentro e mi piazzo circa a metà area davanti al canestro.

- è facile da capire. Tutti hanno dei punti di forza e dei punti deboli. Devi compensare i punti deboli con quelli di forza. Non è mica difficile. Ora devi capire quali sono quelli in cui vai forte e lavorarci sopra…e contemporaneamente eliminare quelli di debolezza.-

Mi guarda a bocca aperta, non si aspettava parlassi così tanto…

- ti faccio un esempio…-

Mi metto in posizione palleggiando…

- io non ho una grande elevazione e la mia velocità è media, nella norma insomma…ma dalla mia ho la precisione dei passaggi e nei canestri…oltre alla mia testa..-

Intesa come arma per tecniche e schemi…

- ho agilità di altro tipo come questa mossa…-

Gli vado incontro e faccio una finta delle mie che spiazzano l’avversario, la faccio veloce tanto che non capisce nemmeno da che parte sono passato, mi vede dietro di se, non sono in una buona posizione di tiro e sbilanciato, ma mi basta uno sguardo, calibro il tipo di tiro e la forza necessaria e la palla va subito in canestro.

Rimangono entrambi a bocca aperta battendomi le mani.

Non mi fanno effetto ovviamente…e continuo la mia lezione.

- capito?-

Sono senza parole…stanno un attimo a fissarmi estasiati poi mi si avvicinano e supplichevole, il più casinaro, mi chiede:

- fammi un autografo, ti prego, sommo re del basket!-

Questo mi fa cadere un gocciolone sul capo…e al ragazzo un pugno in testa dall’amico.

Faccio finta di non sentire mentre quasi arrossisco.

Detesto queste cose.

Vado a riprendermi la palla ignorandolo, poi riprendo il mio discorso.

- allora, direi che potete darvi da fare ora!-

Freddino, a dire il vero…ma sarà un periodo lungo, con questi due.

- si si…dimmi cosa devo fare, dai!-

Guardo il rgazzino e in un nano secondo decido, per farlo calmare un po’ del sano sforzo è il meglio.

- per cominciare esercizi sui salti, così impari a farlo come si deve…poi vedremo il resto!-

Sembra deluso, non si aspettava una cosa simile.

Ma non mi importa, è essenziale anche questo, altrimenti tutti lo bloccano.

Gli indico cosa deve fare, poi vado dall’altro che sembra intenzionato ad unirsi a lui. Lo fermo.

- no, per te è un altro discorso. Non potrete fare gli stessi esercizi!-

Mi squadra fulminandomi…non gradisce essere separato dal suo amico. E non me ne potrebbe fregare di meno. Io faccio il mio dovere.

- tu hai un ottima difesa, da rafforzare per rendere invalicabile, certo. Ma prima ti vorrei vedere all’opera sui tiri…devo farmi una visione più completa di te. Sull’elevazione sei a posto.-

E in attimo metto a lavorare anche lui, lo seguo meglio dandogli la mia attenzione, alcune dritte e i ‘compiti’ in mia assenza. Quando io non ci sono devono fare queste cose. Ora che li ho sistemati sono tranquillo e posso iniziare coi miei esercizi.

Questo ragazzino dalla doppia personalità ipergeloso ha molto talento sia come difensore che come tiratore…ma più di tutto ha una gran capacità latente per le finte. Penso di poter far di lui un grande giocatore…sull’altro che salta sembrando una scimmia con del piombo al posto dei piedi…bè, mi riserverò.

Parte il mio allenamento e subito tutto sparisce, non c’è nessuno intorno a me, ma solo una persona che si allena con me, che mi provoca gridando che tanto mi batterà prima o poi. È per lui che do il massimo anche ora, che finisco per arrivare al canestro e avvitandomi su me stesso, cambio mano e butto la palla nel cerchio.

È solo per lui, grazie a lui che anche da lontano non mi lascia in pace.

Il mio mondo mi assorbe di nuovo finchè qualcosa non tornerà a portarmi alla realtà. Ma per ora va bene così.

Sono accanto a lui e respiro normalmente, sono sollevato e sento che potrei arrivare alla vetta anche subito, ma non voglio lasciare troppo indietro i miei compagni…non ancora, non eccessivamente.

Akane, vedrai quando mi incontrerai di nuovo…su un campo da basket…saranno cambiate molte cose…altre invece saranno uguali…e ci sarà da ridere…eccome.

Aspettami, io ti aspetterò là.

FINE CAPITOLO VIII

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Capitolo 9
*** ma guardati ***


*PICCIRIDDI inizia il nuovo capitolo. Esultate con me. Non so perché ma mi pareva un evento bellissimo. Considerando che la Sicilia mi ispira tremendamente e che sabato 20 poi riparto ho deciso di darmi da fare ora che sono in perenne ispirazione verso qualunque fic e original. Mi sono data da fare ed ho creato molte altre storie nuove che pian piano snocciolo. Pazientate, mi porto avanti con le altre intanto. Questo è dalla parte di Akane. Ancora ricordi, quelli che avevo lasciato indietro. Vediamo il numero 5 dell’edizione italiana. Volevo fare anche il 6 ma proprio non ci sono riuscita, veniva troppo lungo il capitolo. Vediamo in caso lo lascio indietro, ci penso dai. Fra un po’ arriva un bel momento. Attendete trepidanti. Ghghghgh. Ringrazio Slanif, Parsifal, Mikako aka Yukino, Selene aka Yama An, Sawadee…e tutti gli altri lettori che non ho nominato. A presto e buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO IX:

MA GUARDATI!

/a proposito di riabilitazione/

La palestra della riabilitazione ospita in questo momento solo me, il fisioterapista, l’infermiera e la scimmia rossa.

Questo tipo ce l’ho sempre appresso ed è stancante.

Oggi è il primo giorno di esercizi, fino ad ora mi avevano lasciato a riposo. Mi hanno avvertito di non aspettarmi nulla di particolare, che sarà dura…ma ugualmente sono curioso…già, proprio curioso di vedere come va!

Rimango concentrato mentre mi alzo aggrappandomi alle sbarre parallele, con forza mi tiro su e arrivo in piedi, appoggio il piede sano e fin qua nulla di strano. Poi appoggio piano piano quello della gamba rotta e una fitta di doloro risveglia al massimo i sensi facendomi imprecare.

Quello che mi da maggiormente fastidio non è il non riuscire a camminare come si deve, lo sapevo in fin dei conti…ma la sua risata. Questo tipo fastidioso che mi sta sempre fra i piedi. Mi sta proprio prendendo in giro.

E in nome della giustizia appena mi alzo e cammino, la prima cosa che farò sarà prenderlo a calci e pugni per sotterrarlo! Questo mi invoglierà maggiormente ad alzarmi in fretta e camminare…e Hitonari vedrà che ce la faccio anche senza di lui! Si.

Ma intanto devo accontentarmi di altri esercizi minori, meno faticosi di questo. Meglio non sforzarlo troppo.

Alla fine mi fa un massaggio particolare che non so quanto bene mi abbia fatto visto le parolacce che ho inventato.

Dopo aver visto la figura pessima della scimmia rossa, mi sento sollevato. È sul mio stesso livello. L’importante è che non mi superi!

Mi lascia andare per i fatti miei. Vado in camera per starmene tranquillo.

Mi stendo un po’ nel letto stanco. Non pensavo potessi spomparmi così facilmente. Sono diventato un pappa molla. Dovrò esagerare con questi esercizi, non so quanto validi siano, forse non hanno capito che io non voglio solo tornare a camminare ma addirittura voglio tornare a correre e saltare. A giocare a basket.

Ora mi riposo un attimo e poi torno in palestra e vedrò di darmi da fare in qualche modo.

Non sopporto di stare steso in un letto d’ospedale senza far nulla….ad aspettare che la grazia Divina mi guarisca e che il miracolo avvenga. Io so che tornerò a giocare a basket, lo so benissimo, ma è una frustrazione continua. Stare fermo a riposare e aspettare…aspettare che? Che questo cavolo di gamba guarisca sola e mi funzioni come prima?

Non sono convinto.

Io devo camminare e correre e saltare di nuovo. Così perdo solo tempo.

Non ne posso già più.

E penso di capirlo bene solo ora, Yamazaki. Quando l’ho incontrato ce l’aveva a morte con me perché riversava su di me le sue frustrazioni.

Si comportava da gran bastardo, ma lo capisco benissimo. Anche allora, ma adesso è diverso. Adesso ci sono dentro io anche se siamo diversi. Glielo dissi.

Lui si sentiva responsabile di tutto. Era ancora il capitano del Kouzu Basketball Club. E non poteva giocare.

Non l’ho capito subito. L’avevo scambiato per un cretino egoista ed egocentrico nonché presuntuoso. Mi assalì, litigammo. Però lo provocavo, non distoglievo lo sguardo e non avevo paura di lui. Poteva farmi male, dovevo provare soggezione e rispetto per uno come lui, era un mio senpai, il mio capitano. No. Nulla. Non lo riconoscevo come tale.

Il fatto era che semplicemente mi aveva scambiato per se stesso. Era pieno di rimpianti e fragile e pensava che io fossi come lui vedendo la mia sospensione. Si sentiva responsabile e al tempo stesso colpevole. Lo capii giocando con lui.

Era solo uno stupido.

Quindi non potevo fare a meno di provocarlo a dovere. Per fargli capire che non ero come lui e che non avevo paura di vivere e affrontare le magagne che la vita mi poneva davanti.

Volevo dargli a mia volta una lezione, non me ne sarei mai andato prima.

Così mi sfidò. Lui era la difesa ed io con la possibilità di tre palloni dovevo passarlo. Solo allora mi avrebbe lasciato in pace.

Lì per lì rimasi interdetto. Non sapevo esattamente cosa pensare se non che non mi piaceva.

Ma come è nel mio carattere non mi sarei mai tirato indietro. Lo affrontai. E non mi importava un fico secco di sapere il suo passato, le sue motivazioni e i perché. Non volevo sapere proprio nulla. Volevo solo che capisse che io non avrei mai avuto i rimpianti finchè avrei fatto sempre e solo quello che mi sarebbe piaciuto, quello che la mia testa mi diceva, quello che secondo me andava fatto, era giusto.

Io i rimpianti non sapevo cosa fossero e non l’avrei mai saputo.

E lui era solo un egoista egocentrico che faceva finta di pensare alla sua squadra ed invece riversava il rancore e la frustrazione per il non poter più giocare a basket su quelli che lui credeva simili a lui.

Non parlai, non dissi nulla. Continuavo a guardarlo e capii che gli succedeva nella sfida.

Lui non poteva giocare e basta. E di rimpianti ne aveva a bizzeffe.

Così col solo linguaggio di quello sport comunicammo e compresi. Era facile poi.

E arrivai alla conclusione che era solo uno sciocco.

Misi la parola fine a quello strazio…perché vederlo ridotto in quello stato, uno stato in cui non arrivava a fare più nulla di basket, era straziante. Lo colpii per scuoterlo. I miei soliti modi, io non ne conosco altri, di dolci. È contro la mia natura.

Un colpo unico, non molto forte ma deciso.

Poi le mie parole.

Peggio del pugno che gli lanciai.

Gli dissi che doveva guardarsi un po’. Solo questo. E lui ammise da se qual era il problema.

Lo provocai ancora un po’ perché in fondo è l’unica cosa che so fare bene dopo il basket e le risse!

Volevo vedere se fino a novanta anni sarebbe rimasto là ad aspettare il miracolo…

Ci scambiammo qualche altra parola e mi confermò le impressioni che avevo avuto. Mi apparve decisamente una persona migliore. Io allora non ero ancora come lui. Non ero consacrato al basket, non sapevo ancora che farne della mia vita, ed ora non è che sia meglio, so solo di certo che non smetterò mai di giocare a basket. Io sapevo unicamente come vedevo io la vita. Una scommessa continua alla quale bisognava attingere a piene mani in ogni momento senza lasciarsi indietro nulla…per non avere rimpianti, per non provare invidia verso nessuno.

Io ora non sono come lui, e non lo ero nemmeno a quel tempo. Io e Yamazaki siamo sostanzialmente diversi. Molto. Lui poi è rinsavito ed è diventato maturo, uno in gamba. Io sono lontano anni luce da lui, ma nonostante la mia diversità da tutti, da Hitonari stesso, mi sento vicinissimo a loro, alla mia squadra. A quel diavolo bianco.

Anche se non sono il capitano di nessuna squadra mi ci sento responsabile ugualmente, ho fatto tanto per radunarli tutti. Mi sono essenziali dal primo all’ultimo ed avevo una paura folle che tutto sfumasse ora…poi però ho capito che non sarebbe potuto succedere, grazie ad Hitonari. Basta fidarmi di lui. Ed io mi fido. Io non ho rimpianti al punto in cui mi trovo. Invidio chi può camminare e correre e saltare, ma so che tornerò a farlo anche io. Lo so. Ne sono convinto. Devo solo darmi da fare. Ho già iniziato.

Dall’esperienza stessa di Yamazaki ho imparato molto e mi è preziosa come ogni altra cosa.

Non potrei certamente farne a meno. È vero.

Poi passai tutto il resto del tempo a pensare e rimuginare sullo strano pomeriggio. Ad Arada e Harumoto…e a Yamazaki…per poi finire su Hitonari. Già. Sumire con me che mi parlava la sentivo vagamente. Lei non capiva il legame fra le persone e uno sport come il basket. Io invece cominciavo ad affacciarmi verso quel mondo dove in cima ai pensieri di uno sportivo c’è solo una palla di cuoio e un campo da gioco.

Riflettei molto per poi insinuarmi la voglia di parlarne con Hitonari. Appena realizzai che avrei voluto con me il biondo mi venne fame e mi rilassai. Una reazione strana.

Non ne parlai più con Sumire, capivo che non poteva capire…l’aveva detto lei stessa…ed io volevo solo qualcuno che capisse.

Mi sentivo strano, malinconico per Yamazaki e sollevato perché io avevo davanti a me molto, ancora.

/Parlando con lui/

Quindi a questo punto torna subito facile ricordare quel discorso che ebbi con lui agli allenamenti del pomeriggio. Non il giorno dopo. Passò un po’ di tempo nel quale continuai a pensare a questa cosa.

Non stavo molto bene, quella volta. Mi era venuto un bel raffreddore.

Hitonari capì subito che non stavo molto bene, mi sedetti in un angolo a guardare gli altri con la scusa che avevo finito gli esercizi.

Lui mi si sedette accanto. Mi chiese cosa avessi ed io risposi ‘nulla’. affrettato, senza nemmeno guardarlo. Mi sentivo in imbarazzo, detestavo quando gli altri notavano che avevo qualcosa che non andava.

Si sentiva la pioggia, la ricordo, e non veniva voglia di allegri pensieri. Buttava giù parecchio.

Mi venne in mente quel discorso.

Glielo accennai.

“secondo te è possibile consacrarsi al basket?”

Lui mi guardò stupito. Non capì come mai mi venivano certi pensieri. Si limitò a rispondermi porgendomi la sua bottiglietta d’acqua. Io la guardai come a cercare di vederci qualche veleno e mi bagnò con uno schizzò stizzito, così la presi e bevvi. Non so come ma capiva al volo sempre come stavo. E il tempo passava e ci comprendevamo sempre meglio.

“certo…”

Rispose così.

Ma io sapevo che avrebbe detto così.

“cosa serve per non avere rimpianti, un domani?”

Pensieri apparentemente sconnessi. Si faceva fatica a starmi dietro, me ne rendo conto solo ora. Ma lui non si fece domande e mi rispose. Tutte cose che io sapevo.

“fare quello che ti piace senza mai rimandare o risparmiarsi. Come fai tu, oserei dire…”

Io feci un mezzo sorriso. Non ero in piena forma altrimenti ne avrei sparate una delle mie.

“io non so cosa sarà del mio futuro, e non ho nemmeno dedicato tutto al basket, per ora…ma non voglio avere rimpianti…e nemmeno doveri…”

Lui ascoltò e assorto rispose:

“ma a volte i doveri sono obbligatori. È giusto fare quello che ti piace per non avere rimpianti, ma non devi pensare solo a te stesso e a divertirti e basta. Altrimenti i rimpianti vengono lo stesso.”

Era anche quello un pensiero contorto, lo guardai torvo cercando di capire.

Così proseguì con la frase:

“non è giusto fare quello che più ci piace divertendoci il più possibile, o meglio non solo. Bisogna metterci dell’altro. Penso si tratti di maturità e responsabilità. Non so, sai…non sono il più adatto a risponderti. Per quel che mi riguarda…”

Si interruppe pensieroso e continuò.

“…ora voglio solo giocare a basket, ma dietro non c’è più solo egoismo. La squadra che sta diventando questa banda di idioti mi lascia una curiosità. Voglio vedere come va avanti. E non voglio giocare più da solo. È questo. Poi crescendo si vedrà il modo più adatti di giocare. Per ora penso non sia troppo sbagliato cercare di divertirsi. Ma il senso del basket non è solo in questo. C’è un segreto dietro…che scopriremo più avanti. Piano.”

Ovviamente non disse tutte queste cose in fretta ed in una sola volta. Si interrompeva, guardava gli altri, beveva…ma ce la fece.

“si…forse hai ragione…”

Ma le mie ammissioni erano velate e difficili da dire. Dargli ragione era un gran passo per me.

Ma mi piaceva parlare con lui. Quando riuscivo ad essere serio senza strane trovate.

Poi mi presi la testa fra le mani iniziando a starnutire.

“è meglio che vai, non mi sembri in forma…mi hai appena dato ragione…e sono convinto che tu non abbia capito nulla di quel che ti ho detto!”

Mi aveva dato dello stupido, lo capii ma non riuscii a trovare il punto giusto dell’offesa, così snocciolai solo un:

“imbecille!”

E mi alzai andandomene a cambiarmi.

Erano belli i momenti in cui parlavamo così con lui, ma mi vergognavo un po’ a cercarlo troppo spudoratamente, facevo finta di capitare da lui casualmente ma poi capiva sempre che lo facevo di proposito.

Eppure mi aiutava molto parlare con lui.

Ora lo posso ammettere a distanza di tempo.

Ad interrompere i miei pensieri arriva quella scimmia rossa di cui ho scordato il nome.

- ehi, andiamo a fare due tiri? Mi annoio da solo e voglio sfidarti un po’!-

Poco gentile, rumoroso e antipatico.

Gli ringhio:

- tanto rassegnati che oggi ti batto, deficiente!-

Il mio repertorio non è molto fornito oggi, sono solo stanco, ma non voglio più star fermo, risparmiarmi, riposarmi sugli allori.

Devo prendermi da solo quello che voglio, come ho sempre fatto.

E ci riuscirò. Questione di poco.

FINE CAPITOLO IX

 

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Capitolo 10
*** Niente di che ***


A MOON APPAREAD IN THE NIGHTSKY

A MOON APPAREAD IN THE NIGHTSKY

*Questo cap è dalla parte di Hitonari. La sua vita continua e coi soliti nervi a fior di pelle per la lontananza del suo boy, deve affrontare attimi di puro stress. Ma il mio cuccioletto è forte” Va bene, i soliti ricordi. Siamo comunque ad un bel pezzo. A presto e buona lettura. Baci Akane*

 

CAPITOLO X:

NIENTE DI CHE

 

/Leggero/

 

La scuola è iniziata e la voce che un membro importante del club di basket si è spanta a macchia d’olio. Una fastidiosissima macchia d’olio. Akane Tachibana del club di basket, l’ala, è stato investito da un camion e per evitarlo è caduto dal ponte rompendosi la gamba. Una cosa talmente pericolosa e dolorosa che l’ha portato ad andarsene in un istituto specializzato in quelle cure. Ed io passando solo per il giardino, attraversando la scuola, sento gli sguardi fissi su di me. E sussurri di chiunque mi veda.

Pietà, curiosità, morbosità….idioti.

Sono cose che detesto.

Sono stato sottoposto a questo genere di pressione fin da piccolo e ci sono cresciuto in tandem portandomi all’insensibilità e ad una chiusura che danneggiava di proposito gli altri.

Ora cosa sono?

Grazie ad Akane sono cambiato, non me ne importa di quel che dicono, fanno, pensano…ero con lui. Potranno parlare di me e criticarmi ma non mi capiranno mai. Ne loro ne la mia famiglia.

Hanno fatto passi in avanti ma a volte sembrano così indietro ancora.

Ed io sempre più insofferente all’ottusità.

Voglio essere lasciato in pace, voglio del silenzio, voglio la mia sana solitudine. Voglio tornare come prima, Quando c’era Akane che mi trascinava nelle sue scorribande coinvolgendomi ovunque.

Non erano cose da me, e lui che si impicciava in ogni situazione pur non volendolo.

E ne risolvevamo, dannazione.

Ora da solo non ho più voglia di fare nulla.

Non ho voglia di nessuno.

Con sguardo tagliente guardo male alcuni studenti addossati al muro del corridoio che continua a parlottare.

Cos’avranno poi tanto da dire?

Akane non c’è più ed io sono solo. Sono rimasto qua, e certo cosa ci andavo a fare là? Qua poi ho un compito importante. Devo mantenere tale il suo tesoro. Il nostro tesoro. Glielo devo rendere riaccogliendolo poi fra noi. Per far si che tutto rimanga invariato. Che nulla degeneri e svanisca.

E lui non deve essere distratto. Deve concentrarsi e guarire presto.

E tornare a saltare.

Deve.

E tutti che si perdono in discorsi inutili da impiccioni.

Quando notano il mio sguardo si zittiscono subito voltandosi imbarazzati.

Chissà cosa credono, che vantaggio c’è nell’avere Akane lontano? Sospiro ed entro in classe iniziando la lezione.

È veramente stressante ora. Troppo.

Me ne rendo veramente conto adesso che è iniziata la scuola, senza di lui.

Chissà cosa farà. Oggi gli telefono. Probabilmente lo iscriveranno ad una scuola locale, ha iniziato gli esercizi a pieno ritmo.

Era più leggero. Era questo il punto, credo. Con lui ogni coisa andava più veloce e libera. Ora pesa anche la più piccola sciocchezza.

Quella sensazione che viene quando qualcosa di difficile ti riesce e poi stai bene, non pensi più a niente.

O anche quando i ragazzini vanno in sala giochi a cazzeggiare. Non fanno nulla di che, stanno a sfogare quel tempo libero e nonostante le dure prove che gli danno la vita loro si perdono in quelle cose per potersi sentire leggeri in quegli attimi. Penso che in quei casi o ti fai di qualcosa o ti attacchi alla vita. Ma è quando rischi tutto per una stronzata che fai, poi non vuoi morire. E con tutto te stesso risorgi, aggrappandoti anche a qualcuno che passa.

Con Akane ci si sente in questo modo. Leggeri.

Era così per me e anche solo sentire la sua voce da sollievo, ma non basterà. Mi sento leggero con lui, come stare nel vestito migliore che si ha e partire senza destinazione e senza date da rispettare.

E poi lo so, comunque, di essere fortunato. Basta che mi guardi in giro. C’è gente che sta peggio. Me ne convinco, è così. Chi lotta concretamente per non andarsene da questo mondo. E che vuoi? Sono fortunato alla fin fine. Non ho avuto io l’incidente, non rischio io di non giocare più, non sono io il povero in canna, non sono io quello dotato di nessun talento, non sono io quello che deve nascondersi.

Così confronto a tutta questa gente che sta peggio di me mi sento in diritto di DOVERMI sentire leggero, ma se poi non ci riesco, se poi mi sento solo più pesante con grande egoismo, che vuoi che faccia?

Aspetto la mia botta di vita.

E mi riduco a ricordare che con lui ero leggero.

Non mi auto-compatisco, vado solo avanti in questa vita che diventa sempre più poco per me. Ma la porto aventi per la promessa che gli ho fatto, perché glielo devo.

 

/I soliti impiccioni/

 

Anche per oggi torno a casa, dopo l’allenamento e dopo la scuola.

A proposito di impiccioni, è da quando Akane se ne è andato che i miei non si fanno vivi.

Quando ho telefonato a mio padre poi è venuto mio fratello pensando che volessi parlare. Ho fatto scena muta tutto il tempo, non avevo voglia di nulla. Loro cercano di capirmi ed erano sicuri che tornassi da loro. Ma volevo ancora un po’ stare solo.

Un po’.

Takuya è sulla buona strada, lo ammetto, ma a volte è troppo ottuso. Lo è sempre stato. Vede solo dritto davanti a se e le deviazioni possibili non le considera perché crede che l’unica strada percorribile sia la sua.

E come richiamato dai miei pensieri eccolo lì, davanti casa mia che mi aspetta.

E ci mancava lui a completare il quadro del mio stress che sale sempre più in questi giorni.

- ciao…-

mormoro senza alzare la voce. Ricambia e mi chiede come sto.

Come vuoi che stia? Per lo meno ora me lo chiede. Non me lo chiedeva mai.

Alzo le spalle evitando la risposta.

‘Leggero’?

magari…

- la mamma mi ha chiesto di portarti queste cose…-

Entro e lo lascio entrare dietro di me, butto il borsone sul pavimento ed evito di guardarlo.

Si siede sul letto accanto alla porta e mi fissa mentre mi dirigo in cucina e bevo  dell’acqua offrendogliene un po’.

- Hitonari, non ho ancora capito perché non sei tornato…ora che non c’è più Tachibana che…-

è il mio sguardo ad interromperlo. Non solo ottuso ma anche più stupido di quel che ricordassi. Non so che tipo di sguardo devo avere. Non lo so. Ma quel che provo penso che sia il risultato della pressione e dello stress di questi giorni. E lui che se ne esce con questa frase geniale.

Io mi limito a guardarlo negli occhi  e a stringere il bicchiere che gli porgo. Lui interrompe la frase e non prosegue distogliendo lo sguardo imbarazzato.

- questo è il mio posto.-

la mia unica risposta e la sola frase che nell’arco di tutta la serata dico e avrò detto.

E non capisco come fa a non entrargli in testa questo concetto. Glielo ha detto Akane in qualunque modo glielo abbia detto quella volta. Quella volta.

Me la ricordo perfettamente e mi torna in un lampo.

È stato un momento importante della mia vita quella sera.

La giornata rovinata da questo idiota e poi migliorata da quell’altro. Un branco di impiccioni, diversi fra loro. E sono grato che quell’impiccione dalla gamba rotta sia tale e sia entrato prepotente nella mia vita scombinandomela!

- senti…bè…niente, dai…va bene anche così. Fai quello che devi e che vuoi, come sempre…anche da solo ce la farai…-

torno a guardarlo penetrante e lui si alza per andarsene, ha il potere di peggiorare le cose.

- …in fondo è solo un sentiero ripido con qualche fiore in meno da prima…-

apre la porta, c’è una lunga pausa di silenzio nella quale sembra non abbia più cose da dire.

Poi si volta a metà e guardando in basso dice:

- Hitonari…comunque mi dispiace…-

e se ne va. Non aspetta risposte, sa che non ne avrei date.

- non sono solo…-

non lo sono…dannazione. Mi siedo nel letto al posto suo e prendo il volto fra le mani.

Sono stanco.

Premo gli occhi chiusi nei palmi e afferro i capelli che sono cresciuti un po’ rispetto all’inizio dell’estate. Non li ho nemmeno spuntati…non ho più badato a me stesso.

Non ci ho pensato.

Un sentiero ripido con qualche fiore in meno rispetto all’inizio…? Bene, belle parole…consolanti. Cosa voleva? Farmi capire che comunque aveva compreso il discorso?

Non ci riesco.

Quella volta era arrivato Akane a tirarmi su, ora chi arriverà?

Io non ci riesco. Ce la metto tutta. Riverso ogni energia e momento nel basket ma quando sono solo e stanco sento tutto il peso crollarmi, schiacciarmi. Sentire la sua voce, provare nostalgia e voglia di vederlo, toccarlo, baciarlo, far l’amore con lui e non poterlo fare, non poterlo vedere…e anche se vado da lui ci distraiamo e lui perde la voglia di continuare, vuole tornare da me, si rattristisce, si perde d’animo…o forse quello sono io? Riprendere l’apnea dopo aver respirato…come si fa?

Non ci sono ancora andato e non credo sia una buona idea andarci…

Il vederlo per uno o due giorni(se lo facessi), il sentirlo al telefono…..il ricordare….tutte cose che hanno breve durata. Ed io so solo che senza e in questo silenzio non ce la faccio….con una serie di sconosciuti e di imbecilli che mettono il naso nei miei affari.

Non riesco.

E non posso stare fermo.

Lui quella sera mi ha poi telefonato dicendomi di essersi perso…mi ha dato delle informazioni quali un grande monte…ed io sono andato a prenderlo immaginando dove dovesse essere.

L’ho portato a casa e nel tragitto siamo stati in silenzio. Non mi ha mai detto cosa ha detto e fatto nel ritiro di mio fratello…gli avrà parlato a modo suo.

Entrati in casa ha sbottato: ‘è ottuso, ma forse l’ha capita che le strade senza fiori sono noiose!’

Facile da capire!

‘ hai parlato con mio fratello?’

gli chiesi. Lui stravaccandosi sul letto per stare più comodo, era stanco, rispose semplice: ‘ ha una mente a senso unico, fortuna che tu non sei così!’

Lo presi per un complimento e per un si alla mia domanda.

Si tolse la camicia ancora bagnata e mi chiese dei pantaloni rimanendo anche scalzo, i capelli ancora bagnati.

Lo guardai in quel momento e inghiotii a vuoto. Si, lo ricordo. Era una sensazione strana,  la gola si seccò e la bocca dello stomaco si chiuse. Non cenai quella sera anche se lui mangiò anche per me.

Gli diedi i pantaloni di tuta e si cambiò davanti a me. E si, lo devo ammettere. Mi imbarazzai un po’.

Lui per fortuna non lo notò.

Poi rimanendo steso sul mio letto per recuperare le forze, parlò ancora con me del più e del meno, mi fece una buona compagnia facendomi mettere il buon umore…insomma, per quello che potevo avere a quel tempo.

Mi sedetti a terra accendendo la tv, non c’era nemmeno una partita così lasciai in uno di quei programmi stupidi che vedeva lui. Inizialmente fu veramente interessato, a quanto pare, rideva come un cretino ed io lo fissavo scettico, poi il programma finì e lasciai una di quelle nenie giapponesi che mettono ad una certa ora.

Lui si mise comodo ed io appoggiai il capo nel materasso dietro di me.

Sentivo il suo respiro su di me.

‘ cosa hai intenzione di fare?’

mi riferivo se sarebbe andato a casa prima o poi, ma lui capì un'altra cosa. Era mezzo addormentato e assonnato disse mettendomi una mano sul capo come si fa coi bambini.

‘ non mi stacco da te finchè non ti supero!’

somigliava più a una minaccia, poi la mano scese sulla mia spalla a peso morto e il silenzio invase la stanza. Mi voltai spalancando gli occhi dallo stupore e lo vidi che dormiva.

Mi misi a pensare sul da fare ma mi incantai. Non era il classico bel ragazzo che colpisce per la sua esteticità. Era un tipo. Poi quei capelli neri arruffati che finivano per coprirgli quasi tutti gli occhi erano buffi. Si era addormentato a torso nudo, scaldinoso non aveva voluto una maglia e si che non era caldo. Ammetto che però in quella stanza la temperatura era piuttosto alta.

Rimasi a lungo in silenzio a guardarlo e riflettei.

Cosa voleva quel tipo da me? Entrato prepotente nella mia vita facendo un baccano assurdo…impicciandosi in tutta la mia vita, costringendomi a giocare…e…rendendomi dipendente da lui. Ora lo so e con il senno di poi posso dire che mi ha reso dipendente da lui ma la cosa è stata reciproca. Stava diventando importante e se poco tempo prima avevo ammesso che eravamo diventati circa amici quella sera mi trovai a chiedermi: ma cosa voglio io da lui?

 

/Era semplice/

 

Stizzito per quei pensieri e per non capire subito preferii vedere al lato pratico.

Akane non aveva un soldo e ormai si era addormentato. Non si sarebbe mosso da casa mia. Il suo numero non l’avevo e tanto meno quello di qualcun altro. Avrebbe dormito da me…ma il caro ragazzo occupava tutto il mio letto…così mi trovai costretto ad aprire un vecchio futon che tenevo prima di avere il letto all’occidentale.

Lo sistemai accanto a lui e mi stesi rimanendo seduto a fissarlo.

Non capivo esattamente. Non ero stupido da nascondermi dietro all’amicizia. C’era qualcosa di più. Era diventato essenziale, pian piano. Tanto da riuscire a cambiarmi lentamente. Non volevo che uscisse più dalla mia vita.

Non mi addormentai finchè non me ne resi conto.

Me ne stavo innamorando.

Semplicemente.

Mi piaceva. Non ci ero dentro fino al collo ma ci sarei arrivato.

Stava diventando indispensabile.

Non sorrisi, feci probabilmente solo un espressione più serene. Mi distesi e dopo un attimo mi addormentai.

Fu un momento molto bello. Non me ne vergogno. Ho cominciato a scoprirmi umano.

Ci svegliò un bussare forte ed insistente. Mi svegliai di soprassalto e spaventato, quasi, ma senza dimostrarlo, mi alzai ed andai ad aprirlo. Io ero col mio solito pigiama, i bottoni della camicia si erano slacciati e l’aria tutta scarmigliata e assonnata…o per lo meno io credevo di apparire chiaramente addormentato.

Era il vice Kanemoto. Gridò agitato che l’aveva chiamato la madre di Akane infuriata chiedendo se avevano visto Akane, non era tornato per tutta la notte e l’ultima notizia che avevano risaliva alla sera prima, perso in qualche posto strano. Se sapevo o se avevo avuto notizie. Poi prima che potessi rispondere guardò dentro e vide steso nel mio letto completamente scoperto solo coi pantaloni di una mia tuta, Akane, aveva aperto gli occhi in quel momento e la medesima aria addormentata e stralunata.

Ci guardò e diventò rosso peperone.

Poi si mise a balbettare: ‘n-non…non volevo disturbare…scusate…non sapevo che….oddio…perdono…me ne vado, continuate pure!’

Ebbi un risveglio piuttosto brusco, quindi. Diventai rosso anche io nonostante il mio biancore solito e guardai Akane irrigidendomi. Lui non aveva capito e tirai un respiro di sollievo. Beata ingenuità!

‘ bè? Che voleva?’

chiese. Ed io sbattei la porta spiegandogli a monosillabi.

‘ oh, che bella dormita! Verrò più spesso!’

sentenziò trionfante!

Ora come ora, mi vien da sorridere, poiché lo faccio più spesso pensando a lui.

Sorridere.

Paradossalmente.

Sorridere amaro e nostalgico.

Perché è tutto quel che mi rimane.

Stringo ancora le mani sul mio volto che tengo coperto.

Non voglio far vedere. A chi? Sono solo.

Non voglio essere debole, non lo sono in realtà. Non più.

Ma è pesante e questo stress crescente mi logora.

Non so quanto resisto.

Ma non sono solo.

Mi mordo il labbro e trattengo il respiro.

Non ci riesco.

Bruciano gli occhi chiusi. Bruciano. Non li aprirò.

Respira.

Rilassati.

Respira.

Passerà. Passerà tutto.

E con questo nodo bussano alla porta.

Sono qua vicino e non mi devo alzare per aprire. Lascio il mio viso libero, gli occhi arrossati e lucidi. Non ho pianto. Le lacrime non mi sono uscite. Non ancora.

Nessuno ha detto che sarebbe stato facile.

Ma l’ho spinto io ad andarsene per guarire.

L’avrei aspettato e sarebbe andato tutto bene.

Gliel’ho detto e lo pensavo veramente. Lo penso ancora.

Sono Harumoto e Arada. Harumoto sorride come suo solito e irrompe nella stanza:

- ehilà. Hai fame? Eravamo da queste parti e pensavamo di salutarti! Possiamo?-

dopo essersi accomodato mi chiede se poteva. Simpatico.

Non faccio alcuna espressione, Arada invece è più normale, rispetto al suo amico. Più brusco come tipo.

- ciao…ha insistito per venire a farti compagnia…-

Era da molto che non lo vedevo e non mi dispiace salutarlo.

In fin dei conti non me lo aspettavo…torno a respirare. Me ne rendo conto e i miei nervi si sciolgono.

Non è ancora ora di piangere e arrendersi.

Non lo è.

Lo sapevo che non ero solo…

 

FINE CAPITOLO X

 

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Capitolo 11
*** noi siamo amici ***


*Ragazzi dai esultate suvvia! Quanto sono felice! Ieri sera ho visto il concerto di Ligabue che mi ha ispirato e finalmente mi accingo a scrivere. Liga allo stereo, io che canto a squarciagola le canzoni che mi ispirano e GB alla mano! Ho deciso tutto. Questo è dalla parte di Akane, fine numero 7 e 8. solo che anche nel prossimo cap che su Hitonari riprendo un po' l'ultima parte della vicenda poiché coinvolge molto anche il biondino. Come sono felice. Peccato che come al solito ho poco tempo. A presto a tutti e buona lettura! Baci Akane(Tachibana!!!)*

CAPITOLO XI:

NOI SIAMO AMICI

/L'inizio delle cose/

La riabilitazione è iniziata e ci sono diversi progressi...ma anche passi lenti. Non ne posso già più. Sono stufo.

E come se non bastasse mi hanno costretto ad andare a scuola. Siccome è qua attaccata, di mattina ci vado così cammino un po' con le stampelle, di pomeriggio faccio i soliti esercizi.

Oggi è il primo giorno e non ho assolutamente voglia di andare in una scuola diversa dalla Kouzu.

Ho fatto molti capricci con mia madre e il primario, ma poi mi hanno costretto. Del resto devo finire la scuola...ho ancora due anni prima di terminare le superiori.

Tanto comunque non rimarrò qui a lungo! Sono certo che farò pochi mesi in questo posto del cavolo!

Vengo accompagnato da un assistente e come al solito ho la zecca rossa che scassa. Anche lui inizierà con me! Basta che non capitiamo nella stessa classe. A guardarla così, la gente che c'è qua è di gran lunga peggiore di dove stavo prima...cavolo, hanno delle facce! E poi vengono a dire a me che intimorisco e cose simili! Diavolo, che si guardino un po' le persone di questo postaccio!

Scortati da un assistente ci dirigiamo in presidenza e guardo malamente tutti quelli che incrociamo. Si sentono già i pettegolezzi per dietro. Porco cane, qua sbrocco di sicuro!

A questo punto mi rifugerei in un campo da basket o sul terrazzo della scuola per evitare di fare a botte o litigare già da subito, ma non posso dannazione!

Corrugo le sopracciglia in una chiara espressione seccata e sbuffo rumorosamente alle domande del preside.

Il solito pelatone vecchio e sordo!

Con somma mia disgrazia, alla fine, vengo a sapere che, manco a dirlo, siamo nella stessa classe, io e il rosso.

È la mia maledizione!

Ovvio, no?

Dovevano pur punirmi per tutti i guai che ho combinato!

Che palle, non voglio!

È una stranissima sensazione. Il primo giorno di scuola. L'anno scorso è stato diverso. Ero scocciato ed ero nella mia crisi di ribellione. Sono cambiate tante cose dalle medie. Quando ho rivisto Hitonari nella mia scuola mi sono detto che o lui lo faceva apposta oppure il destino mi prendeva per il culo. Probabile la seconda! Ho ripreso a giocare a basket e lentamente la mia vita è cambiata radicalmente. Sono successe molte cose. Tantissime. E le persone che ho conosciuto mi hanno dato molto.

Questa volta...la sensazione di essere solo è concreta e non ci posso fare nulla.

Fare qualcosa perché si deve e non perché ti piace. È insopportabile. Proprio io. Lontano dai miei amici. Da lui. Oggi e nemmeno domani e dopo domani non incontrerò Hitonari con la solita espressione da morto. Io non gli dirò se ha mangiato qualcosa di sostanzioso e non lo prenderò in giro come sempre.

È brutto così. Non mi diverto.

Con lo sguardo selvatico finisco per allontanare tutti.

Faccio la mia entrata trionfale in aula e tutti ci guardano, me e il rosso con le stampelle...che palle...appena cammino vedranno!!!

L'inizio delle cose normalmente mi eccitano, ma ora mi smona. Non ne posso più.

Hitonari, dove sei?

Vorrei solo che tu fossi qui, e non credo di chiedere troppo.

Un nuovo fottutissimo inizio in mezzo a facce del cavolo sconosciute. Cosa ho fatto? Giocavo solo a basket, prendevo a pugni ci mi rompeva e mi ficcavo nei guai degli altri. Nulla di che.

Però ora mi trovo qua da solo a dormire in classe mentre questo deficiente accanto a me parla in continuazione.

Voglio tornare al Kouzu, dai miei compagni, la mia squadra. Perfino le urla di quell'eccentrica pazza di Minefuji mi mancano ora.

Quante ce ne ha fatte passare anche lei.

Credo che siamo diventati una vera squadra per merito suo, direttamente o no. Quella volta.

Quando ha avuto l'incidente abbiamo avuto tutti la sensazione che la colonna crollasse e che tutto andasse a puttane.

Sono stati momenti che definirei solo come brutti.

Poi è stato ironico. Quando sono entrato da Yamazaki per invitarlo al barbecue ho sentito quel gruppetto di ragazzi che si vantava di aver tagliato il tubo dei freni a qualcuno. E la cosa mi ha fatto girare già un po’ le scatole, per il loro modo di fare e di porsi…ma poi è andato ancora in crescendo la cosa. Vedere la Minefuji in quello stato. Non era grave, una piccola parte di me se lo ripeteva. Non era per l’incidente in se, ma perché avevo visto i tubi dei freni tagliati. Se non fosse stata quella la causa me ne sarei fatto una ragione e avrei atteso impaziente di sapere il suo stato.

Ma no, avevo visto che i freni erano stati tagliati e lei si era fatta male per quello. Per il gesto di 3 deficenti! Sono andato in bestia letteralmente. Che storia era quella. Subito, veloce, il controllo è sgusciato da me. Non ricordo esattamente quei momenti in cui ero fuori, non ci vedevo più. Sono andato ad istinto. Sono arrivato al Red Barns e devo aver gridato dove fossero.

Dio, ancora ora non lo so, è stato tutto un incubo, un flash scuro l’attimo in cui ho visto l’allenatrice così e l’attimo dopo in cui sono andato da Yamazaki.

Lì poi mi sono svegliato.

Ho tornato a vedere e il capitano mi ha fatto ragionare, ha cominciato a parlarmi su dove potessero riunirsi quelli là.

Mi ha accompagnato un po’ per l’allenatrice e un po’, penso, perché mi aveva visto non in me.

Sono stati momenti neri.

La mia ira ha raggiunto un apice incredibile quella sera.

È così che la nostra squadra ha iniziato a formarsi, a legarsi veramente e profondamente. Proprio così.

Anche se come inizio è stato burrascoso.

/inconcepibile/

C’è stato poi un breve attimo di lucidità prima di riperdere il controllo. Li stavamo cercando io e Ymzaki, poi li ho intravisti nella folla in un angolo in fondo alla strada folleggiata.

Lo definirei assurdo e pazzesco. Anche quel lasso di tempo mi ha visto immerso nella velocità. Sono sgusciato in mezzo alle persone scansandole e spingendole anche…per poi attraversare la strada senza nemmeno guardare. Ricordo solo che correvo veloce con in testa una sola cosa. Fargliela pagare.

Far capire a quei coglioni che non si gioca così con la vita delle persone.

Ero infuriato.

Per me era un comportamento inconcepibile. Anche io cercavo di ammazzare il tempo, ma non gli altri. Non potevano toccarmi lei e il principio di base era intoccabile.

Forse sono quasi caduto nel tragitto, mi è parso un lampo. Vedevo solo loro, che giocavano alla sala giochi. Le loro figure si avvicinavano e non mi hanno visto nemmeno. Sono arrivato e ho scaricato gran parte della mia rabbia su quel viso da morto che si trovava quello!

Era stato lui a vantarsi di aver tagliato il tubo dei freni, ad esserne contento. Porco cane che fastidio. Volevo cancellarlo senza dare spiegazioni.

Non mi interessava nulla, per un momento volevo solo pestarlo a sangue.

Infatti non mi fermavo dal colpirlo, coi pugni, coi calci….ero un altro.

Sentivo l’esplosione dentro di me e in testa avevo solo una cosa: cancellarli e dar loro una lezione in modo che non facessero più quelle stronzate! Mai più.

Avrei voluto che provassero lontanamente quello che avevano portato a noi.

Il dolore fisico non è nulla….ma solo un altro po’ e si poteva rovinare ogni cosa definitivamente.

Non sapevo come stava Minefuji e per quel che avevo visto poteva star per morire.

E loro se la ridevano.

Non poteva essere.

Inconcepibile.

Poi ho gridato qualcosa ancora in preda alla furia. Ciò che in quel momento mi ha portato alla realtà è stata la lama fredda e affilata che si conficcava nella carne del mio braccio. Lacerazione. Non mi fece male. Ero ancora con il sangue che mi ribolliva.

Vidi il viso di Testa di Sushi, sorrideva freddo, aveva occhi taglienti.

I dettagli del suo viso si impressero nella mia mente indelebili.

Mi aveva ferito al braccio con un coltello, ma me ne sono subito scordato.

Ero tornato cosciente e osservai i volti di quei bastardi per la prima volta, col crescente desiderio di squartare anche quello stronzo che mi aveva fatto male!

Non seppi il suo nome, o se lo seppi non lo ricordo. Per me era solo una stupida testa di sushi! E poi che razza di pettinatura era quella? Quante arie si davano.

Tutto di lui mi irritava. Non mi piaceva. Ancor più insopportabile di Harada all’inizio.

Mi colpirono, non so, ricordo solo che ho pestato ancora quei tipi del cavolo…sono attimi lontani tutto sommato. Anche Yamazaki, nonostante cercasse di frenarmi, ci diede giù pesante.

Eppure per quanto andassi avanti a pestarli non mi risollevavo, avevo quel peso addosso. Dovevano capire quello che avevano fatto, erano solo bambini viziati qualunque!

Non potevano continuare la loro vita come niente fosse.

Ero sempre più seccato e la rabbia non scemava, volevo molte cose e quelli non capivano nulla, avevano il potere di peggiorare il mio stato d’animo.

Solo una cosa mi calmò veramente.

Come se mi spompassi improvvisamente.

Sentii la voce di Hitonari e lo vidi.

Era arrivato anche lui.

Non mi sentii diverso e sollevato perché con lui sicuramente li avremmo fatti annegare nel mare del Kouzu, ma perché quel senso di insoddisfazione e rabbia che mi faceva perdere la testa ogni cinque minuti, con lui scemò.

Era solo la sua presenza, nulla di simbolico o matematicamente a nostro favore.

Solo che lui, già da allora, aveva un forte potere su di me.

/solo una banda di stupidi/

Ok, ammetto di non essere reattivo, ma quella volta hanno parlato veramente molto. Non pensavo ce ne fosse così tanto bisogno anche allora. Cioè…dovevamo solo ammazzarli, no? Che altro c’era da capire?

Non sapevo esattamente il punto della situazione, Hitonari e Testa di sushi parlavano e quest’ultimo fu molto ma molto antipatico…tanto che anche il biondino stava per prenderlo a pugni confermando la mia tesi: su certe persone valgono solo le cattive!

Aveva preso in giro la Minefuji, il legame che Hitonari ha con lei è ed era molto forte visto che si conoscevano da prima.

Però quando il macellaio voleva riservare lo stesso trattamento che aveva riservato a me, lì vidi qualcuno colpirlo e farlo cadere. Solo dopo quello notammo la presenza di Kondo, il professore e compagno dell’allenatrice.

E lì sentii le parole, finalmente ascoltai qualcosa: la Minefuji stava bene.

Certo poi si arrabbiò molto anche il lui, pensai proprio che era sbalorditivo.

Mancavano pochi e poi la nostra banda sarebbe stata al completo.

Era carino, tutto sommato.

Eravamo noi insieme che tenevamo testa ad un gruppo di svitati.

Poi è meglio non indagare su chi fosse più svitato.

E parlarono ancora, mi stufai di tutti quei giri per arrivare ad un punto che non capivo.

Realizzai che mi stava sminuendo, l’antipatico, così mi feci notare, mi ero sentito messo in disparte, di fatto ero io il protagonista, no?

Sentivo il sangue uscire dalla ferita e lo ignorai tranquillo, feci la mia scenetta sicuro di me e lo provocai. Volevo che capisse chi comandava e soprattutto avevo voglia circa di insultarlo. Soprattutto lui che non c’entrava con la storia dei freni!

Ebbi tuttavia l’impressione che da lì in poi il protagonista diventasse il prof Kondo e quella Testa di sushi.

Capii però, captando un po’ qua e là, che quel deficiente macellaio aveva qualche problema coi rapporti profondi e sinceri. Credo che lui non concepisse sentimenti come l’amicizia e questo gli dava quel carattere di merda che aveva. Era solo pieno di rabbia, forse era solo stato tradito, che ne so…gli chiarii le idee spiegandogli che per scaricare le cattive intenzioni, specie quella di ammazzare gli altri, bastava che se ne tornasse a casa a scrivere sul diario!

Insomma, qualcosa che non aveva senso, ma per me l’aveva eccome. Era per dire che c’erano molti modi di mostrare la rabbia, di sfogarsi…senza far male agli altri.

Di fatto non so perché dicevo quelle cose a lui che non aveva fatto nulla al motorino, ma era lui il centro, la colpa, in un certo senso. Era lui quello che aveva bisogno di essere pestato per bene! E poi quell’altro idiota l’avevo già conciato per le feste!

Quando dissi ciò, infatti, fece per colpirmi infastidito dalla mia insinuazione; probabilmente perché era vero, no?

Intervenne Hitonari, che con la sua voce calma e piatta fu come se lo pugnalasse, in un certo senso. Lui lo sentì. Era come calato il silenzio nel caos e nell’agitazione generale.

Gli chiese solo se era sicuro poiché noi eravamo ancora tutti uniti invece loro…bè, di loro ormai era rimasto solo lui!

E le parole laconiche di Yamazaki misero la parola fine alla faccenda, con mia grande scocciatura, in fin dei conti…avevo fatto poco!

‘ noi siamo amici’.

Ed era questo il punto, poi.

Loro cos’erano? Un branco di idioti che si odiavano a vicenda. Non ci voleva un genio per capire quale fosse il problema…e noi…bè….noi eravamo stupidi quanto loro ad infilarci in ogni guaio, ma lo facevamo perché sapevamo di avere l’appoggio degli altri. Perché eravamo amici. E anche se fossimo stati solo in due, avremmo avuto successo, purchè il sentimento che ci legava fosse profondo e vero.

Amici che se la prendono a cuore per altri amici, non c’era che dire…proprio un bel quadretto. Ma era solo il poter contare su qualcuno che ci sarebbe sempre stato senza secondi fini, a far avverare situazioni come quelle.

Certe cose le si capiscono solo se si incontrano le persone giuste, non è mai troppo tardi!

Lo vidi poi andare via. Ok dargli la lezione orale, ma anche quella a fatti insomma….Testa di Sushi se ne andava e nessuno faceva niente per fermarlo. Io volevo ancora massacrarlo di botte!

Gridai che non poteva andarsene, ma non mi ascoltò…e poi…beh…cazzo, che è successo?

Ah si….fu tutto buio, le gambe mi cedettero da sole e l’antipatica sensazione di non riuscire a camminare da solo…ero senza forze e il braccio ferito non lo sentivo nemmeno più.

Gli franai addosso.

A Hitonari intendo, che era dietro di me.

Lui mi sollevò, nella semi incoscienza ricordo che era preoccupato.

Sorrido al ricordo. La prima volta che sentii la sua voce incrinarsi…ed era merito mio. Ora ne vado fiero, quella volta avevo solo una cosa in testa.

Volevo prendere a pugni quello stronzo!

Però non riuscii a fare proprio nulla.

Ricordo l’asfalto che si infrangeva con la mia faccia…quel dannato mi aveva mollato intenzionalmente!

Tanto poi però mi portò in spalla lui, mi svegliai quando eravamo in ospedale, circondato da un mare di facce preoccupate!

E lui mi stava adagiando sul lettino dove l’infermiera si sarebbe occupata del sottoscritto.

Rimase con me anche mentre mi applicarono i punti. Non ci eravamo parlati, nemmeno guardati. Lui era rimasto semplicemente lì mentre gli altri a parte Sumire, erano andati dalla Minefuji.

Mi fece piacere avere la sua presenza lì, silenzioso come sempre.

Era l’unico che aveva il potere di tranquillizzarmi. È sempre stato così.

Non c’è proprio niente da fare…quello è stato l’inizio ufficiale della formazione di questo branco di idioti!!!!

/e ancora basket!/

La campanella suona la fine delle lezioni ed io mi sveglio dal torpore. Ho ricordato tutta quella vicenda…mi ha aiutato a non spaccare la faccia a questi imbecilli!

Li detesto già, sarà difficile non venir sospesi questa volta…e non c’è nemmeno Sumire o Hitonari che mi frenano!

Anzi…ho la benzina qua accanto!

Ma sarà divertente dare delle lezioni anche a questi palloni gonfiati!

Io e la scimmia rossa ci dirigiamo con le stampelle, gareggiando, giù in cortile e in attesa dell’arrivo dell’auto che ci riporterà all’istituto, ci perdiamo nei meandri di questo esterno.

Non è nulla di speciale.

- ehi, guarda…dev’essere la palestra!-

Mi fa la zecca. Io gli ringhio contro di non parlarmi, ma guardo lo stesso.

E senza dire mezza parola, ci spintoniamo per arrivare fino all’edificio.

Apriamo le porte con un gran baccano e tutti ci guardano, cadiamo a terra e lì ci rimaniamo, stanchi morti per le corse con questi bastoni del cavolo.

Si, come pensavamo, sono le squadre di basket maschile e femminile.

Ci guardano male e poi ridacchiano.

- che cazzo c’è?-

Sbottiamo insieme io e la scimmia. Poi ci fissiamo e ci mostriamo la lingua per poi guardare gli allenamenti.

La squadra femminile è molto distinta e gioca piuttosto bene, al contrario di quella maschile che è lì tanto di bellezza…quella fa…

-…ma fa pena!!!!-

Sbottiamo ancora insieme noi due.

Sbuffo. È asfissiante avere la copia appiccicata. Solo che io sono meglio!

Però ci facciamo seri man mano che li vediamo giocare.

Era ovvio che li beccassimo noi. Ovunque c’è basket ci sono io.

Stringo i manici delle stampelle seccato. È pesante anche questo…cioè…guardare tipi che giocano a basket…seppure male.

Pesante, si…fisso intensamente la palla di cuoio che entra nel canestro. Vorrei solo poter camminare e saltare, riprendere tutto…ce l’ho davanti, con o senza compagni, ma non posso ancora fare nulla.

È troppo, va oltre le mie possibilità, ora…una cosa insopportabile.

Maledizione…come vorrei non essere mai saltato da quel ponte…eppure…lo rifarei, cioè tornerei indietro a prendere le scarpe di Hitonari. Non avrei mai voluto perdere.

Mai.

Ed ora…non credo di avere rimpianti se non quello di essermi rotto la gamba.

Siamo appena all’inizio e già non ne posso più.

Però noto che anche la scimmia è nelle mie stesse condizioni….probabilmente anche lui giocava. Di sicuro. Mi pare che me l’abbia detto ma non lo ascolto mai.

- eccovi, ero sicuro di trovarvi qui!-

La voce dell’assistente ci interrompe portandoci alla realtà.

Ce ne andiamo, ma il nostro ritorno al basket è solo rimandato!

Gliela faremo vedere al nostro demone celeste!

FINE CAPITOLO XI

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Capitolo 12
*** Voglio stare qui ***


*Sembrava impossibile ma finalmente eccolo qua, un nuovo cap di questa fanfic

*Sembrava impossibile ma finalmente eccolo qua, un nuovo cap di questa fanfic. Penso che quando la finisco me la faccio correggere bene e poi me la rilego per tenermela in camera, vorrei far così anche con Till i collapse, quella di 40 cap su CT, ma è dura trovare un anima pia che mio corregga quella…eheh….mi darò da fare  cercare gente. Comunque…questo cap è dalla parte di Hitonari, sempre sul numero 8 dell’edizione italiana. Cercavo una frase significativa, una frase chiave che dice Hitonari in quel numero, ma siccome non l’ho trovata anche sta volta ho utilizzato quella di Yamazaki, durante la partita. Ah si, sto parlando del titolo…eheh! Va bene, ora  vi auguro buona lettura e ci sentiamo nei commenti, magari. Ringrazio come sempre tutti i lettori e in primis Slanif che è una fan accanita delle fanfic lunghe, a quanto pare! A presto, baci Akane PS: Qua ci sono prevalentemente solo ricordi…*

 

CAPITOLO XII:

VOGLIO RESTARE QUI

 

/Il luogo di ricarica!/

Nuovo giorno.

Non fa per niente caldo, ormai l’anno scolastico è iniziato da un pezzo eppure questi pazzi si ostinano a venire qua.

A dire il vero è da secoli che non ci veniamo più, da quando Akane si è rotto la gamba e poi se n’è andato. Ora riesco a dirlo con più leggerezza ma non è facile come sembra. Mi sforzo. Perché Hitonari Hiragi non è veramente insensibile, una macchina fredda come sembra. Reagisco a modo mio.

È stata un’idea della Minefuji, ha affermato che c’era una cosa importante che doveva dirci e per farlo voleva assolutamente che andassimo nel nostro rifugio, dove normalmente festeggiamo qualche importante vittoria o ci ricarichiamo per la partita successiva.

Ci sono i nuovi iscritti che non sanno nulla della scalinata che da sulla spiaggia…o meglio conosceranno il posto ma non sapranno che è il nostro rifugio. Il rifugio della squadra.

C’è un venticello fresco che gela la pelle, i capelli si scompigliano subito, a breve tremano quasi tutti, però lei insiste.

- A dire il vero volevo fare un bel barbecue…ma Hitonari me lo ha impedito! -

Ti credo, non è mica estate!

Non dico nulla, scuoto la testa e mi siedo negli scalini. Uno dei due ragazzi nuovi mi si siede accanto, il più casinaro, quello che quando gli parlo gli vengono le stelle negli occhi. L’altro, il suo amico dalla doppia personalità, geloso, si siede accanto a lui e mi lancia uno sguardo sbieco. Mi sento a disagio.

Speriamo che si sbrighi a dire quello che deve dirci.

- Avanti, allora, cosa ci doveva dire d’urgente?-

Harumoto l’esorta a parlare coi suoi modi irruenti.

Lei gli lancia uno sguardo trasognato e lo comunica:

- Ragazzi, la vostra cara e dolce allenatrice, in primavera, si sposa!-

Le urla s’innalzano, c’è chi si soffoca, chi ride a crepapelle (tipo il casinista accanto a me), chi si congratula entusiasta, chi fa domande di vario genere…e chi, come me, non fa nulla poiché se lo aspettava da un momento all’altro.

- Mi sposerò a Maggio, ma in realtà è solo una formalità poiché non faccio cerimonie, solo le solite firme al comune. Poi però siete tutti invitati al pranzo…e a darmi i regali, ovvio!-

La Minefuji sposata, questo non me lo sarei mai aspettato…voglio dire anni fa. Poi è arrivato il suo principe azzurro. Akane la prenderebbe in giro fino alla morte! L’informerò…magari però ci tiene a dirglielo lei. Bè, in ogni caso dubito fortemente che verrà per l’occasione.

Lo conosco, per lui sarebbe ancora più dura, nell’incertezza del punto in cui si troverà a quel tempo…sicuramente sarà difficile che lui venga per poi doversene andare…e poi si farà rivedere da tutti solo quando potrà camminare normalmente, per farsi vedere da noi così come lo ricordiamo, come ci piace vederlo.

Loro continuano a parlare con una grand’agitazione, forse dovrei congratularmi anche io coi due futuri sposi. Come ci si congratula? Con un semplice ‘auguri’? Spero possa bastare…

Questo mi fa ricordare l’anno scorso…eravamo venuti qua, era domenica. Con la squadra avevamo organizzato un barbecue serio sulla spiaggia e c’era anche Kondo, il prof. Akane e Kanemoto erano andati ad invitare Yamazaki, mentre la Minefuji faceva il solito ritardo.

Io aspettavo Akane, mi stavo annoiando, gli altri facevano i soliti scemi.

Avevo passato molto tempo a riflettere.

In realtà lo stavo facendo ininterrottamente dalla notte in cui Akane era venuto a dormire da me.

Da quando avevo capito che mi stavo innamorando di lui.

Non era di per se una rivelazione shockante, ma non mi sono mai immaginato gay e me lo stavo ripetendo all’infinito. Ora lo capisco bene, cioè essere gay o essere etero non significa nulla. Non sono scelte, ti ci trovi dentro contro la tua volontà e non sai come fare all’inizio, ciò che prima non ti aveva toccato, ti coinvolge in prima persona e allora che fai?

Mi sentivo strano, non avrei mai detto, a quel tempo, che sarei potuto diventarlo.

Non sono un tipo che si scandalizza facilmente.

In realtà non sono per nulla uno che si fa prendere dall’agitazione per certe rivelazioni, eppure capire di stare per innamorarsi di un altro ragazzo, uno che per di più si autodichiarava mio rivale con cui litigavo spesso, non era facile nemmeno per me. Cercavo di capire come sarei dovuto sentirmi. Ero in subbuglio ed in seguito compresi che lo ero non perché ero gay, bensì perché stavo perdendo la testa per qualcuno e quel qualcuno era il mio opposto.

Se mi sarei legato ad una persona, sarei cambiato inevitabilmente, molto. N’avevo paura. Ero già nella fase del cambiamento per conto mio, poi si aggiungeva lui e il quadro del perfetto confusionario era completo. Non capivo ancora bene tutto e meno di tutti me stesso. Guardavo il mare e cercavo risposte sul mio stato d’animo. Ero leggero e pesante allo stesso tempo.

Capivo che la possibilità che lui mi ricambiasse era remota e il motivo principale, purtroppo, era la nostra sessualità.

Eravamo due ragazzi. Io per primo non avrei mai pensato di diventare quello che ero diventato, figurarsi lui, lento di comprendonio com’era, se se ne sarebbe accorto…sempre se era come me.

Ebbene la mia crisi che sembrava chiusa, tornò a sorridermi. Pensavo non mi avrebbe capito più nessuno, definitivamente. La società Giapponese di per sé è molto ristretta mentalmente, perché i miei amici dovevano essere diversi?

Eppure non era quello il punto. La crisi non veniva per l’accettazione altrui, ma per la mia. Cercavo scuse. Sapevo che era importante ammettere di provare sentimenti simili per un’altra persona, maschio o femmina che fosse, per ME era importante. L’avevo ammesso ed ero in caos.

Solo dopo avrei capito il punto.

Non dovevo farmi accettare, dovevo accettarmi, trovare il mio equilibrio interiore, la mia pace…e non perdere di vista l’essenziale, quello che per me è sempre stato un tesoro e mi ha aiutato nella mia vita.

Sono successe poi molte cose, ma quel pomeriggio per me fu un convergere d’idee e sensazioni, in totale conflitto con me su come dovevo essere e su com’ero invece…e non capivo perché ero convinto ci fosse qualcosa da capire.

Non era una tragedia poiché non si trattava di un ragazzo che amava un altro ragazzo, ma di una persona che amava, o qualcosa del genere, un’altra persona.

Tutto cambiava.

Quel posto ispirava veramente un flusso potente di pensieri. Anche se lui non c’era, in ogni modo finiva per legarsi ogni cosa ad Akane.

 

/Qualcosa che crolla/

Ad interrompere quel mio stato d’animo in contrasto con me stesso, arrivò la notizia dell’incidente della professoressa Minefuji, stava venendo qua in tutta fretta, qualcuno le ha tagliato la strada, non è riuscita a frenare ed ha avuto l’incidente. Era priva di conoscenza all’ospedale.

Questi ricordi sono di per se dolorosi, ancora di più adesso che mi ricordano le scene vissute per Akane.

Minefuji per me è stata una persona importante, anche se ammetto non ai vertici. Diciamo essenziale per quel che riguarda il basket. A dire il vero è stata lei che me lo ha fatto amare veramente, prima lo conoscevo ma lo detestavo, poiché mio padre e mio fratello erano già asfissianti. Con lei come allenatrice personale è stata tutta un’altra cosa, una scoperta nuova di quello sport odiato fino a poco prima.

Lei mi ha fatto capire che mi piaceva, che era il mio tesoro.

Quando se n’è andata per quella famosa divergenza d’opinioni con mio padre, lentamente ho ricominciato a detestare il basket. Non me ne sono nemmeno reso conto. È stato un sentimento che si è logorato piano piano. Un giorno me ne sono reso conto. Alla partita d’addio con la squadra delle medie, quando ho giocato contro Akane e ci ho litigato.

Mi sono reso conto che non volevo giocare a basket per fare la stessa fine di quei due.

Me lo avevano sporcato.

Poi però è successo qualcosa.

Il primo passo verso il ritrovamento del mio tesoro.

Ho re - incontrato sia lei sia quel dannato rompiscatole. Akane Tachibana, la pace è svanita per me da quel momento. Un nuovo cammino indolente era iniziato con loro. Prepotenti e ostinati si sono messi in testa di farmelo capire. Avevo dimenticato una cosa, che però capii solo quando me ne stavo per andare dal Kouzu.

Con la notizia dell’incidente della prof, mi crollò qualcosa lo stesso. Da una parte ero sicuro che non poteva finire male, dall’altra avevo un’ansia crescente che mi divorava, voglia di far qualcosa di concreto per chi aveva fatto molto per me.

Faccio fatica a dimostrare la gratitudine e ce la faccio a modo mio, solo quando le persone ne hanno veramente bisogno. Non faccio distribuisco gentilezze gratuite facilmente.

In realtà qual giorno non andammo tutti all’ospedale…il barbecue fu interrotto e la maggior parte della squadra tornò a casa, io le due ragazze e il professor Kondo, invece, andammo all’ospedale con la sua macchina.

Nel tragitto rivedevo tutte le volte che da ragazzino m’insegnava il basket in quel suo modo personale e stravagante.

Minefuji è ed è sempre stata una tipa notevole, sia d’aspetto sia di carattere; nessuno, credo, è riuscito a metterle i piedi in testa e le lezioni che da’ agli altri sono storiche.

Pensai, me ne convincevo, che non poteva essere nulla di grave…anche se non sono mai stato bravo a mostrare la mia ansia e i miei sentimenti in generale. Immaginavo come l’avrebbe presa Akane…sicuramente avrebbe reagito anche per me!

Così, in effetti, è stato.

Siamo arrivati da lei e fuori dalla stanza abbiamo trovato Kanemoto agitatissimo che reggeva le cose dell’allenatrice. Ci disse il suo stato di salute…e ci spiegò come mai era lì.

Lui e Akane dopo essere passati da Yamazaki, si erano imbattuti nell’ambulanza e nel motorino.

Yoshikawa ovviamente chiese dove fosse ora.

‘Ha borbottato qualcosa a proposito del tubo dei freni tagliati…poi è corso via come una furia al negozio di Yamazaki…non ha detto nulla ma sicuramente ha collegato l’accaduto alla banda di teppisti che nel negozio del capitano parlavano di aver tagliato il tubo dei freni a qualcuno…’

Non feci facce stupite o arrabbiate. Non mostrai nulla, da parte mia. Erano tutti molto agitati, però. Io per contro ero calmo.

Una calma gelida.

Sentii lenta una scia in me. Un livello che si alzava. Non sentivo quel che si dicevano ma vidi chiaramente cosa stava facendo Akane.

Eravamo nella stanza con la prof addormentata.

Non so altro.

Mi concentrai su me stesso.

Cercai.

Che cosa potevo fare?

Di veramente utile per lei.

Cerano già molte persone che pensavano a lei.

E quel livello mi si alzava.

Mi controllavo perché sapevo che se mi fossi lasciato andare sarebbe stato peggio. Per me e per chi mi stava intorno.

Akane aveva il suo modo di sfogarsi e di aiutare.

Così decisi quando Kondo si alzò per andare da lui.

‘No, lei resta qui!’

Gelido, freddo. Dannatamente freddo, devo aver avuto una luce negli occhi diversa dal solito, mentre affermavo che li avrei ammazzati, vista l’espressione degli altri. Rabbrividirono visibilmente.

Ma come potevo farci caso?

Tagliente e gelido avrei potuto gelare il sole stesso se mi si fosse presentato davanti.

Era assurdo.

‘ Vado solo a prendere quell’idiota che esagera sempre…’

Sentenziai. Poi Yoshikawa mi spiegò dove si trovava il negozio di Yamazaki, io non c’ero mai stato e non l’avevo nemmeno mai visto.

Nel tragitto che feci solo, pensieri sfrecciavano affilati.

Non era sicuro fossero stati quelli là. Prima di ucciderli dovevamo accertarcene. Avrei messo in chiaro le cose ed una volta assicurato sulla situazione…bè, poi sicuramente avrei provveduto a calmare veramente Akane. Pensavo ci fosse poco da fare, ormai, con quello già all’opera.

Per il mio modo di vedere le cose non era per niente sopportabile un’azione del genere. Per qualunque motivo loro avessero tagliato i freni, non era giustificabile come azione di ragazzi pensanti, con un cervello…si supponeva, per lo meno.

Arrivai in tempo per vedere Akane dare una testata ad uno e quello che doveva essere Yamazaki, colpire a sua volta un altro.

C’era uno fermo distante rispetto gli altri, aveva un coltello in mano.

Sono ricordi nitidi, posso vedere i dettagli come fosse ora.

Solo che questa volta, non ho potuto dire a nessuno: ‘sei stato tu…’, poiché di fatto non era colpa di nessuno.

Quella volta sono stato padrone di una calma piatta sorprendente perfino per me stesso. Tanto che non ho tirato nemmeno un pugno. Come promesso sono arrivato ed ho calmato l’animo infiammato di quello spaccone idiota! Che ferita che aveva sul braccio…

‘Noi siamo…amici.’

Detto da uno che non avevo mai visto prima mi è suonato strano, specie perché quel noi comprendeva 2 professori, un idiota con cui litigavo un giorno si e l’altro anche ed un mucchio di gente con cui mi limitavo a giocare a basket.

A quel tempo era così.

Mi suonò molto strano, eppure sarei stato capace di perdere le staffe per Akane.

Feci il responsabile e portai in spalla l’idiota che non riusciva a camminare. Era anche svenuto.

Mi aveva sfiancato, tuttavia, dentro di me ero contento che si fosse sistemato tutto in quel modo.

La vicinanza con quello scavezzacollo mi ha fatto proprio male…l’ho sempre detto!

 

/Fondi di magazzino/

Sospiro. Sono ricordi che mi permettono di rimanere quell’Hitonari che Akane ha forgiato testardamente.

- Fate come volete ma io me ne vado!-

Subito l’attenzione di tutti è concentrata su di me.

- Vai dove?-

Me lo chiedono tutti, io li guardo con la mia solita espressione semplice e candido rispondo:

- in palestra ad iniziare ad allenarmi!!!-

- ooohhh!!!-

Chissà cosa pensavano!

Mi incammino senza aggiungere altro, guardando in basso, rituffandomi nei miei pensieri.

Proprio una banda di stupidi, era il termine adatto per noi, in quel periodo.

Yamazaki è entrato nella squadra quella volta, e con lui ha preso vita il nostro gruppo di scemi!

Eravamo uno più acciaccato dell’altro, o meglio loro poiché io ero in forma.

Akane con il braccio ferito, il capitano con il ginocchio malandato, Harumoto che non giocava da mesi…il vice…bè, lui faceva quel che poteva.

Il termine ‘Fondi di magazzino’ ci si addiceva.

Avevamo solo da perderci in quella partita che significava la qualificazione.

Invece è come se avessimo vinto…abbiamo vinto un unità ed un legame che sapeva di innaturale, per il poco tempo in cui giocavamo tutti e 5 assieme!

Quella volta mi sono sfiancato, aveva più che ragione a dire che avevo una brutta cera…stavo per cadere, mi ha fermato lui, la sua voce…no, non la sua voce…stava cadendo anche lui…gli avevano preso il braccio ferito e fatto fallo intenzionale….la palla gli scivolava e lui  cadeva…mi sono rimesso in piedi, è stato un nano secondo, il tempo si è fermato, tutto si è cristallizzato e ogni persona era concentrata su di lui.

Ce l’avrebbe fatta?

Fu un minuto, forse meno, impedibile.

Trattenni il fiato e vidi, come in un flash, delle immagini. Non erano mie, non venivano dalla mia mente. Era come se immaginassi ciò che si agitava in lui in quell’istante.

Fu incredibile.

La mia voce che diceva:

‘ E tu saresti così…?’

in quel nostro primo incontro…

Lui  che sosteneva che non avrebbe continuato col basket…

Mi venne d’istinto, urlai il suo nome ed un'altra immagine, io che dall’alto lo guardavo sorridendo ironico, sicuro, rassegnato…

‘Aspettami lì sto arrivando’

Il suo sguardo che si era posato sul mio in quella maniera sfuggevole e concentrata…

‘ Qui mi trovo bene’

Yamazaki che pronunciava quelle parole…e tutti i volti a lui cari, la sua squadra di basket, io…

‘Qui…’

poi la sua mano riprendeva forza e possesso della palla, un passo, un salto ed un canestro.

L’azione completata. La palla dalle mie mani era andata alle sue e come sempre le sue poi l’avevano messa nel canestro.

Un ovazione per lui che si era poi accasciato.

Come un imbecille voleva strafare, portare a termine quello che iniziava, non deludere nessuno, mantenere per tutti quel piccolo posto che si stava costruento a fatica.

Il posto dove tutti noi stavamo bene.

Sono ricordi cari, che mi fanno sorridere lieve anche ora, come se fossi ancora là.

Un disegno della nostra vita, tracciato da mani esperte, vissute da menti aperte…e quel pizzico di sentimentalismo strabico.

‘Voglio restare qui’

E qui resterai per sempre…vero?

Finchè il Kouzu ci sarà tu sarai qui. Lo porterò avanti con tutte le mie forze, finchè sarò in questa scuola, assicurandomi che anche quando passerò, qua dovrà continuare così come lui lo voleva!

Perché siamo amici.

L’incontro finì col suo tiro, il suo ‘Evvai!’ ed un canestro che non ci fu dato.

Perdemmo ma avevamo poco di una banda di perdenti!

Solo alla fine ammise di non farcela più.

Il solito idiota, mi fece anche preoccupare, per un istante, lo ammetto.

A volte lo strozzerei con le mie mani.

Ma ora ci rido su.

Fortuna che ci sono questi momenti preziosi.

Mi ci aggrapperò con tutto me stesso. E crederò che noi rimarremmo per sempre in queste giocate che abbiamo fatto…e nei suoi ‘Evvaiii!’

Di fatto avevo anche ragione a dirgli di alzarsi senza farmi preoccupare…si è alzato veramente! Gridando che dovevo consolarlo, ma si è alzato…chissà perché dovevo consolarlo…mica eravamo fidanzati!

Non ancora…

Mi risvegliano degli sguardi veramente insistenti…alzo la testa e li vedo…tutta la nuova squadra è qua che mi guarda…mi hanno seguito, ma da quanto tempo mi fissano così?

Maledetti impiccioni.

Finalmente la mia espressione mostra un inclinazione infastidita e seccato sbotto:

- Bè?-

Il massimo che concedo!

E questa piccola zecca che non mi si stacca…cosa diavolo avrà Yokoi, il casinista nuovo, da fissarmi in quel modo?

TSK…non voglio essere il sogno erotico di nessuno…anzi…di qualcuno si, ma solo una persona che è anche il mio, sogno erotico.

Akane Tachibana…ti riconsegnerò tutto così come l’hai lasciato.

 

FINE CAPITOLO 12

 

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Capitolo 13
*** Si è costruita dal niente ***


*Ragazzi, so che non vi sembra vero, ma vi presento un nuovo capitolo di questa storia, è da moltissimo che non aggiorno ma ho

*Ragazzi, so che non vi sembra vero, ma vi presento un nuovo capitolo di questa storia, è da moltissimo che non aggiorno ma ho avuto un periodo da paura, fra le vacanze col braccio rotto di mia mamma, poi il lavoro con l’università…e teoricamente mi sta iniziando la sessione invernale degli esami all’università, non so quanto arrivo ad aggiornare, per cui ho deciso comunque, ormai, di portare avanti queste storie a cap che ho iniziato, ma poi di farne poche per volta, anche se ne ho in testa quarantamila! Oggi parla Akane, siamo al numero 9. Ho poco da dire se non buona lettura! Baci Akane *

 

CAPITOLO XIII:

SI è COSTRUITA DAL NIENTE

 

/Non è tempo per noi/

I primi risultati della riabilitazione cominciano a farsi sentire e vedere, uso con più esperienza le stampelle e la gamba mi fa sempre meno male, rispetto ai primi tempi, ma ogni tanto ho delle fitte assurde…il medico ha detto che anche se guarisco mi trascinerò sempre questa cosa dei dolori alla gamba, ma saranno sempre più sopportabili, l’obiettivo mi pare d’aver capito che è il recupero quasi totale, per il meglio che si può, delle funzioni interrotte. Io sono certo di riuscirci poiché lo voglio e mi ci impegno e penso che questa sfida sia interessante…anche se a volte vorrei mollare e tornare dove ero prima, dagli altri…stare qui solo non mi fa bene, sono un animale da compagnia e questa solitudine forzata mi angoscia. Mia mamma si è trasferita qua, ha trovato un nuovo lavoro da queste parti e sta ricominciando una vita in funzione della mia frattura e delle mie esigenze, detesto pesare sugli altri ma ora come ora peso su tutti…forse solo sulla mia squadra di basket non peso poiché non sono più fra loro…anche se ammetto che devo averli messi non poco alle strette, del resto è dura giocare senza di me!

Giocare senza di me…una volta l’ho provato e mi pareva d’impazzire, a dire il vero sono stato in panchina solo per metà partita, il resto l’ho giocata.

Onestamente non pensavo che alla fine mi mettesse, Yamazaki, ma deve aver ammesso la mia essenzialità in campo, Hitonari stava schiattando, era così stanco…del resto doveva far tutto da solo…quella è stata la prima volta che abbiamo giocato tutti insieme, cioè è lì che la squadra Kouzu si è formata…prima era niente, c’eravamo io e Hitonari ancora un po’ in contrasto l’uno con l’altro, poi è arrivato Yamzaki che ha tirato su una banda di stupidi, ma stupidi molto affiatati ed uniti, una vera squadra. Se ricordo come eravamo prima non ci credo poi che siamo giunti a quel punto. Eppure ci siamo.

Ed ora si è sciolto.

Lui e Kanemoto se ne sono andati, io anche…sono rimasti Hitonari e Harumoto…e nuovi che arriveranno, cambieranno il Kouzu inevitabilmente ma non è detto in peggio. Sono sicuro però che non sarà mai più, nulla, come prima. Mai.

Anche quando guarirò sarà diverso perché ci sarà un’altra squadra al posto di quella che ho lasciato, sarà giusto irrompere coi miei soliti modi e tornare quelli di un tempo? Non sarà mai possibile. Io ormai sono fuori ma ho una promessa da mantenere, un compagno da rincontrare sul campo.

Ce la metterò tutta se non altro per quello.

La famosa partita dove ho giocato solo metà tempo, è stata dopo i punti che mi sono beccato al braccio, mi facevano discretamente male, ma li ho bellamente ignorati e il famoso quintetto base del grande Kouzu è entrato in azione la prima volta.

Non avrei mai rinunciato al mio posto, avrei dovuto cedere il passo almeno per quell’occasione, ma non avrei mai potuto dormire, dopo. Non potevo non dare il mio contributo.

Pensai chiaramente che volevo rimanere lì e lì sono rimasto per tutti i minuti possibili, senza mollare solo per qualche impedimento fisico, dolori vari e un medico che mi dice: no, non giochi!

Nessuno mi da’ ordini, nessuno può tenermi lontano dal basket.

Nessuno, lo pensavo veramente, però ora ci sono fuori. E lì come va?

Andare va bene, ma a volte serve un motivo, io l’ho sempre avuto eppure mi chiedo se sia tutto qui, la risposta tuttavia è sempre si.

Penso che più che altro sia il tempo: quella volta era il mio tempo, quello di Hitonari in coppia con me e Yamazaki e Knemoto e Harumoto…e forse ora non è più tempo per noi insieme, per me. Ho sogni troppo grandi, più grandi di me. Non sarà mai più tempo per me in quella squadra, ho questa sensazione, quel giorno dei punti al braccio si, finchè mi si è riaperta la ferita, sono andato avanti…ed ora ho mollato così.

Sono ormai fuori moda e fuori posto, là con loro non è il mio, non mi dispero, troverò un altro posto e dopo di quello ne troverò un altro riconquistando quello che desidero.

Del resto non lo era nemmeno per noi insieme nel mondo…cioè il mondo è un postaccio e noi eravamo fuori posto, tanto che ci siamo costruiti il nostro angolo lontano da tutto e tutti, con la nostra realtà e verità, mi sta bene, ci è sempre stato bene, ma ora è cambiato tutto, farò quanto posso per tornare ad essere felice con loro, ma non è detto che sarà possibile.

Consiste in questo la mia sfida!

Quelli erano tempi diversi comunque, quando per rialzarmi mi è bastato una parola di Hitonari, una sfida indiretta, un insulto ed io ho ripreso le forze urlandogli di consolarmi, quando abbiamo rivisto in forze e salute l’allenatrice, incosciente, quando anche se avevo il braccio pieno di sangue, andavo avanti lo stesso a giocare, come un carro armato, quando nonostante avessimo perso, sembrava che avessimo vinto; certo ora è diverso da allora e possiamo solo vivere, soddisfatti o no, non rimborsano mai, eppure ci prendevamo abbastanza da ogni sciocchezza, erano strade troppo strette o dritte, ma se qualcuno voleva cambiare rotta allora come si faceva? Bastava stare insieme, affrontavamo i nostri problemi a modo nostro, l’abbiamo fatto capire anche ai genitori di Hitonari, nonostante non ci fosse mai stato un posto per noi, ce lo siamo preso in quella squadra e nessuno ci avrebbe mai raggiunto se io non avessi perso le ali.

Le recupererò.

Ho molta tristezza ma non rimpianti. Rifarei tutto.

 

/Credici un po’/

Quello che mi manca di più. Oltre a Hitonari e al basket, sono quei momenti in cui me ne stavo proprio con lui, su nel tetto della scuola, a mangiare e dormire, eravamo solo io e lui, alla mattina venivamo e ci salutavamo, dopo poche chiacchiere decidevamo di passare qualche ora su di sopra. Era divertente, lo facevamo spesso, lui dormiva e parlava ogni tanto con me, io mangiavo e per lo più parlavo da solo.

Eravamo affiatati già da allora, nonostante tutto.

Lui poi era un tipo che non lo dava a vedere ma in realtà non si perdeva nulla dei suoi compagni di squadra, ora è addirittura migliorato sotto questo aspetto: lo dimostra, questo suo lato d’attenzione! A modo suo ma lo dimostra!

Sembra che non ascolti e che non gliene importi di nessuno, ma poi si ricorda di tutto e finisce che per lui conta anche quello che per me sembra irrilevante.

Anzi, il più delle volte è così perché noi due abbiamo l’animo uguale, ma il resto è completamente diverso.

Ora sono solo obbligato a starmene in classe ad ascoltare questa lezione noiosa. Sbuffo senza preoccuparmi di farmi sentire.

Non era un patto deciso in precedenza, ma ci incontravamo alla mattina, ci salutavamo e chiedevamo: ‘Dì, hai voglia di seguire lezione?’ Ovviamente dicevamo di no e ce ne salivamo insieme all’ultimo piano.

Era un piacere, lui non scassava troppo e se dicevo che non mi andava di far qualcosa non insisteva.

È iniziata proprio così quella mattina in cui la combina guai Sumire se ne uscì in lacrime dalla sua pietosa partita. Non l’ho vista ma sapevo benissimo la figuraccia che aveva fatto.

Lei non lo fa apposta, si impegna e ci tiene, le piace il basket, ma ha i suoi limiti e deve capirlo. Vederla nel basket è veramente da piangere!

Glielo dissi fuori dai denti, come facevo sempre e lei puntualmente si è messa a piangere gridandomi come al solito qualche insulto. Mah…uno è sincero e poi ci rimedia questi ringraziamenti!

Ogni tanto si ci ripenso ammetto che è difficile avere a che fare con le persone e lì per lì anche con Lumiera, ma con lei è diverso. Glielo dissi anche dopo che se ne era andata, la raggiunsi al campetto, stava giocando come suo solita da far schifo, sbagliava tutto, non c’era nulla che facesse giusto e la cosa mi fece arrabbiare. Perché doveva essere così?

Era proprio una scema. Ci tiene alle cose ma non le sa trattare e se non ci arriva si limita a disperarsi perdendo di vista la cosa più importante.

È questione di testa quando affronti le tue passioni.

È tutto un gioco di testa, certo, la tecnica c’è, ma quella la impari…se non lo fai con la mentalità giusta è tutto inutile. E lei non l’ha mai avuta!

Non volevo tornarmene indietro, quella volta, ma non ho resistito, mi prudevano le mani, così sono scoppiato e le ho gridato parole poco delicate, a detta del suo giudizio finale…mi ha insultato di nuovo ma poi a forza glielo ho fatto capire il suo errore maggiore.

È rimasta male, non pensava forse che potessi essere così intelligente!

Poi ho cercato di correggere il ‘tiro’ che le avevo giocato e le ho insegnato il mio trucco…ammetto che mi è costato perché era una cosa mia ed esclusiva, un segreto…ma le serviva, altrimenti avrebbe continuato a piagnucolare fino alla fine dei suoi giorni, ed io non l’avrei sopportata. Sto bene con lei proprio perché sa tirarsi su veloce e senza complimenti, lei non mi tratta come un alieno o chissà chi…sa trattarmi e basta…del resto dopo tutti questi anni, io e lei siamo nati e cresciuti insieme, era presente anche quando è morto mio padre, non mi ha mai mollato. È stato un sollievo, lo ammetto…ci tengo a modo mio a lei. È strana e buffa  ma rilassante, so come prenderla e viceversa, lei non è mai cambiata e va bene così perché normalmente crescendo si guasta sempre tutto invece fra noi non è mai successo. Da piccoli giocavamo sempre insieme e lei mi sgridava per mille cose ma non si staccava mai da me, ci chiamavamo sorella e fratello, quasi, e il fatto che crescendo lei e nemmeno io siamo cambiati, dimostra che questo rapporto è rimasto intatto ed è destinato a durare.

L’ho sempre vista come mia sorella…dirglielo ha fatto bene, lei l’ha capito, non è scema. Dicendo che è sempre tutto come quando eravamo bambini, sempre nell’occasione appena ricordata, è  stato giusto, ma del resto non sbaglio mai!

 

/per essere alla sua altezza/

Mi distrae dai miei pensieri la voce insistente che vorrebbe essere inudita dagli altri, della scimmia rossa, volto la testa annoiato e lo vedo che parla proprio con me, accanto al mio banco:

- Ehi, dopo andiamo a vedere la squadra che gioca?-

Alzo un sopracciglio e poi anche l’altro, infine corrugo la fronte e parlo ad alta voce senza preoccuparmi degli altri che ascoltano:

- Ma sei proprio scemo, eh? Cosa diavolo ci andiamo a fare in quel posto? Conciati come siamo?-

E dimmi se ho torno! Non ci tengo a vedere quelle schiappe che giocano a basket…e ricordarmi così che anche la mia squadra ci dà dentro mentre io sono qua a cercare di stare in piedi da solo…da pietà!

Lui gonfia le guance e fa l’aria da arrabbiato, che mi fa uscire ancora di più dai gangheri!

- Scemo, prima di andarci dobbiamo riuscire a stare in piedi senza quegli stupidi bastoni! Dovremo rafforzarci molto e solo dopo, con allenamenti personali, riusciremo a ritrovare la forma di prima e a volare…-

Lui continua a borbottare incazzoso, ma io non lo cago, mi annoia anche stare a litigare con questo imbecille! La frase che ho appena avuto mi fa ricordare che ho avuto altre volte pensieri simili.

C’è stato un periodo in cui io e Hitonari andavamo d’accordo, cioè iniziavamo ad andarci, continuando su quella strada saremmo diventati culo e camicia, ma io mi sentivo sempre inferiore a lui, sul campo, mi bruciava. Così ho fatto il mio bel ragionamento: se gli sto sempre accanto giocando poi finisce che vivo alla sua ombra e non riesco a superarlo come voglio…devo darmi da fare per conto mio, da solo, in segreto e tornare da lui quando lo avrò superato, lo sorprenderò e le cose cambieranno. In un certo senso ho avuto fretta, ma volevo fargli una sorpresa, per non perdere di vista il mio obiettivo, non volevo allontanarmi da lui o non mantenere la mia promessa di migliorare con lui. Lui ha frainteso in pieno.

Forse io avrei dovuto parlargliene, ma ancora ora sono convinto di non aver sbagliato, è lui l’esagerato, lo scherzo che mi ha tirato è stato brutto.

Devo fare così anche ora e non penso che se la prenderà, quando poi mi rivedrà in campo di fronte a lui…non sarebbe affatto male, già mi immagino la sua faccia, diversa da quando ci siamo separati per forza maggiore…farò di tutto per non trovarmi ad essere suo compagno per accorgermi che non sono alla sua altezza, che non riesco a raggiungerlo. Lui mi aspetta ed io arriverò, utilizzerò ogni mezzo possibile, ce la farò. Sono convinto che questa sia l’unica strada e lui dovrà capirlo!

- TACHIBANA E COMPAGNO! ALLORA, MICA SIETE A CASA VOSTRA!-

L’urlo isterico della prof mi risveglia dai miei pensieri. Stavo già ricordando gli allenamenti con Yamazaki che ho fatto in segreto per fare una sorpresa a quel somaro…ma che palle, devo interrompermi!

Lanciò uno sguardo stufo alla donna dagli occhiali triangolari e spessi, ha l’aria proprio antipatica…sembra un imbuto gigante con quei capelli cotonati ed ossigenati! Poi la fisso meglio…ma sembra che si sia fatta una lampada da tanto che è rossa…e le spalle? Larghe come un uomo…non è che è un travestito? Mi alzo e avvicino la testa stringendo gli occhi in sua direzione…quello che vedo è proprio un imbuto gigante che urla e parla…con gli occhiali a triangolo!

Non riesco a trattenere la risata e la piccola fitta alla gamba per essermi alzato, non mi fa tornare in me, in pratica mi metto a sbaccanargli in faccia!

Del resto quella è troppo buffa!

 

/Giunti a questo punto…/

Sulla strada per la presidenza, da solo poiché quella scimmia rossa non ha riso, lo stronzo, posso finire in santa pace il mio pensiero precedente!

Trovo tutt’ora Hitonari un enorme e grosso pezzo d’idiota!

Ancora non mi aveva capito bene, altrimenti non mi avrebbe detto, in palestra, quelle parole senza senso. Io non potevo stare a dirgli come stavano le cose e disfare i miei piani, ero convinto avrebbe capito alla prima sfida fra noi due, in campo. Ma credevo male.

Mi chiesi cosa pensasse mai di me quello scemo, mi reputava uno svogliato qualunque che pensava di più a cose senza senso piuttosto che a quelle veramente importanti…pensava che mancassi la mia parola…pensava che me ne andassi, che mi stessi allontanando…uff, a ripensarci mi prudono le mani come quella volta…è stato lui a picchiarmi per primo ma ho reagito, non potevo starmene buono mentre lui mi diceva quelle cattiverie acide peggio di uno yogurt!

Mi merito tanti insulti, ma non che non sono una persona di parola!

Se solo avesse saputo fidarsi di me non sarebbe successo quello che poi è successo.

Io forse potevo rispondergli diversamente, ma che altro potevo dirgli? Mi aveva fatto arrabbiare anche lui, io ero nel giusto, sapevo di esserlo, non potevo dirglielo e poi mi vergognavo! Già, proprio così, mi vergognavo di dirgli che sto facendo di tutto per essere alla sua altezza il prima possibile!

Solo che io a differenza sua, l’avevo capito già da allora…in alto, va bene…ma non dovevamo andare sempre perfettamente d’accordo noi due…era oltre le nostre capacità!

Sbuffo.

Non voglio ricordare oltre. Quando scoprii quello che mi aveva fatto…che mi aveva lasciato senza dire niente…giuro che andrei là da lui solo per riprenderlo a pugni.

Non lo ammetto facilmente, ma mi viene male come allora. È stato il colpo più duro che potesse essermi stato giocato.

Ma questa volta devo tornare del tutto alla realtà, cosa che odio di più, in questo periodo.

Fermo le stampelle, sono arrivato davanti alla porta della presidenza.

Per la fine di tutta questa sfida avrò dei muscoli mostruosi alle braccia…e la pazienza esaurita!

Qua Hitonari direbbe: pazienza? Quando mai hai avuto pazienza, tu, Tachibana?

Scemo…vedrai che ti faccio una bella sorpresa!

 

FINE CAPITOLO XIII

 

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Capitolo 14
*** desidero tornare a giocare ***


*Dalla parte di Hitonari arriva un nuovo capitolo. Sappiate e preparatevi che è assolutamente bello, intenso ed emozionante…ricordate che numero siamo arrivati, no? All’11! Bè, ho poco da dire su questo, stanno per arrivare due capitoli very godo modestamente, non vedo io stessa l’ora di scriverli! Fra l’altro ho progettato per non perdere il filo di questa doppia trama parallela e sono giunta alla conclusione che questa storia avrà 30 capitoli…e sono i minimi stretti indispensabili! Non siete contenti? Io si, tanto! Anche perché ormai conosco a memoria tutti i numeri, battuta per battuta, disegno per disegno e potrei scrivere senza il manga alla mano…ok, riflessioni personali a parte ringrazio chi legge e ama almeno quanto me questa storia. Spero di non deludervi ma tanto l’importante è che non sia io a deludermi! Dedicato a chi si lascia, tradisce(non fisicamente e sessualmente parlando)e poi chiede aiuto per riconciliarsi…Buona lettura. Baci Akane

CAPITOLO XIV:

DESIDERO TORNARE A GIOCARE

/Smarrimento/

Il solito allenamento pomeridiano mi trova impegnato come al solito a dirigere da playmaker e da futuro capitano. Ormai stanno arrivando le vacanze estive e il prossimo anno sarò io all’ultimo anno a passare di grado, non che cambierà sostanzialmente qualcosa. Questo anno è praticamente volato, mi sembra solo ieri che è iniziato il secondo anno senza Akane. Questo è stato di transito, abbiamo dovuto riformare quasi del tutto la squadra e lavorarci bene quelle due nuove reclute che promettevano molto bene. Ho avuto ragione su di loro, ma sono comunque strani e buffi. Io ed Akane non ci abbiamo impiegato così tanto a metterci insieme, considerando che ci siamo incontrati solo il prima superiore e che invece loro si conoscono da sempre!

Come al solito mi impegno e do il mio massimo, riverso ogni energia e forza nel basket, l’idea di fare qualcosa che non sia questo non mi sfiora nemmeno, sarebbe oltre le mie possibilità. Se smetto di giocare penso a lui e mi rendo conto che è semplicemente dura, non voglio.

Ma mi rendo conto che ormai sono al mio limite, sentirlo al telefono non basta più, la sua voce si sforza di essere come sempre mentre la mia è semplicemente malinconica…come lo ero in quel periodo…dove sono finito in una squadra che non era il Kouzu, lontano da Akane di mia volontà, a ripensarci ora mi viene da darmi dell’imbecille! Ora darei non so cosa per poter stare ancora insieme a lui ed invece…invece siamo forzatamente divisi. Mi manca.

Lo ammetto con sincerità.

Mi sento un altro, come se lentamente regredissi, non ho più benzina.

La stessa sensazione di allora…ho incontrato Takaynagi e mi sono accorto che non era la stessa cosa, ma mi illudevo di poter andare avanti lo stesso…in fondo si trattava di basket, no? Se Akane mi serviva per fare una buona coppia sul campo, avevo trovato uno che lo sostituisse…sono stato stronzo a dirgli così, ma in quel momento volevo ferirlo e scuoterlo, non sapevo più cosa fare con lui, cosa volesse da me e cosa io, soprattutto, volessi da lui.

Mi dava fastidio perché dipendevo da lui, ormai, e non ne capivo il perché, non lo trovavo sensato!

Passai un momento di profonda crisi durante il quale misi in discussione ogni cosa, tutto. Portandomi delle illusioni che mi divoravano l’animo.

Scacciavo l’idea del bisogno di Akane in quanto persona, non ne volevo sapere, mi piaceva e mi aveva ferito dimostrando quel menefreghismo allucinante nei miei confronti.

Mi sentivo ferito nei sentimenti che con tanta fatica avevo ammesso di provare, volevo separarmi da lui e farlo star male, dimostrare che ce l’avrei fatta da solo come prima di incontrarlo.

Sono stato solo un grandissimo idiota, io che accusavo lui. A pensarci ora me ne vergogno e provo un senso di smarrimento che mi riporta a quel periodo, dove facevo lunghe chiacchierate con Takayanagi e Arada. Mi ci sono avvicinato molto a lui, eravamo più simili di quel che sembrava…e dentro avevamo la stessa voragine, lo stesso buco, per così dire.

Lui è riuscito a riempirlo andando in quel posto, io invece il mio l’ho solo peggiorato.

Ricordo una volta che parlavo con lui di Akane. Disse una cosa del genere:

“è un tipo strano, impegnativo…porta vie molte energie perché è una calamita. Non riesci a detestarlo. “

Detto da lui mi colpì molto. Io risposi pensieroso:

“Si…è stancante e insopportabile, si mette sempre in mezzo ma quando serve veramente non c’è…detestarlo…mah…non so…”

Fu un ragionamento ad alta voce fatto molto lentamente, non ne ero sicuro, non volevo capire e dirmelo. Stavo male e mi vergognavo anche di quello. Avevo affrontato qualunque cosa, perché quella doveva abbattermi? Quel che disse mi diede molto da pensare:

“Tachibana non va giudicato ma capito. E su tutti tu sei l’unico che può riuscirci profondamente. Perché è solo lui che è riuscito e riesce tutt’ora a cambiarti.”

Sospiro.

Giuro che mi prenderei a schiaffi ora. Ora che capisco le parole di Arada e vorrei avere Akane qua con me o essere io con lui, non aver mai sprecato degli attimi.

Non ce la faccio.

Ora ne sono certo, non riesco più a trascinarmi in una promessa che ci siamo scambiati.

Non ho più forze, la notte corro perché non riesco a dormire, perché se dormo ricordo lui e non ce la faccio, non mangio perché non ho più fame…e l’unica cosa che faccio è allenarmi di continuo perché è solo il basket a farmi star bene.

Non sto più in me fisicamente e mentalmente.

Sono stanco.

Veramente stanco.

Adesso basta.

Akane, dove sei?

Ho bisogno di te…

Su queste considerazioni mi trovo a scivolare giù dopo il salto a canestro, scivolo, forse non ho messo bene il piede, ma non mi fa male da nessuna parte, forse il petto, ho il fiatone e sudo freddo…sensazione familiare. La ricordo.

Quando esagero in campo perché gioco senza di lui…e tutto è sulle mie spalle…e non arrivo a proseguire.

La sua voce mi fa rialzare subito in quei momenti, lui che mi chiama…ma ora non la sento più, non mi arriva.

Così mi lascio cadere mentre il buio mi avvolge.

/Per egoismo/

Quando riapro gli occhi mi rendo conto di aver sognato di nuovo quel periodo di separazione, dove mi sono sentito in pieno il traditore incompreso e patetico. Vorrei molte cose col senno di poi, ma vivendo mi ha insegnato, quello scemo, che si può rimediare sempre appunto per non avere rimpianti poi. Non posso dire di averne di veri e propri anche perché se non avessi fatto quel che ho fatto lì, poi chissà come sarebbero andate le cose, come saremmo noi. Chissà.

La stanza in cui mi sveglio è l’infermeria della palestra, la manager nuova mi chiama per nome…

- Hiragi…ti sei svegliato…-

Poi corre di là a chiamare l’allenatrice. Minefuji arriva con uno sguardo severo e preoccupato insieme, la conosco questa espressione!

- Hitonari, da quanto non mangi e non dormi?-

Non rispondo, giro la testa dall’altra parte sul cuscino e mantengo un’espressione che so essere vuota, non ho voglia di niente, vorrei del silenzio, un po’ di discrezione…e lui.

- Sei anemico e già prima non eri messo tanto bene. Sei dimagrito troppo e non so come fai a reggerti in piedi con la pressione e la temperatura basse che ti ritrovi! Sei un grosso imbecille, Hitonari!-

Ancora silenzio. Non voglio queste cose materiali, uno vive anche senza di queste ma non senza…la sostanza…

Sospira sconfitta:

- Cosa hai intenzione di fare? Stare così finchè non diventi anoressico e devi smettere di giocare? Deludere Tachibana fino a questo punto?-

Non penso di stare deludendolo. Sto facendo del mio meglio per la sua squadra, il suo angolo di paradiso. Se non lo facessi lui cederebbe.

Ma forse in qualcosa ha ragione, come sempre.

Quanto posso andare avanti, così?

- Hitonari, vai da lui, qua noi ce la caveremo…-

Cala ancora il silenzio ed infine lei non dice altro, se ne Va. Sa la mia decisione.

Spalanco gli occhi e finalmente la mia inespressività diventa qualcosa di stupore che poi muta in emozione…comincio a crederci di nuovo a questo sopravvivere.

Ci credo un po’ di più, non ho parole, le ho perse anche se fino ad un attimo fa almeno un po’ ne avevo. Non so, le ho nascoste così bene che non ho voglia di trovarle e ritirarle fuori. Ma forse semplicemente non erano mie.

Dovrei crederci e penso di esserci un po’ arrivato mentre la figura di Akane mi torna alla mente.

Andare da lui…perché al pensiero torno a respirare?

Le forze rifluiscono in me solo all’idea di poterlo rivedere. Siamo vivi entrambi e sullo stesso pianeta.

Nessuno ha il diritto di ridurci così.

Devo andare da lui per me, non per lui, non per loro, solo per me, per puro egoismo, come un tempo, come quando mi ero separato da lui per farcela da solo…si, per egoismo!

/Per arrivare dove…?/

Il paesaggio corre veloce davanti ai miei occhi ormai inespressivi, il rumore del treno ridondante e il movimento fisso pare un cullare poco romantico. Sa di malinconia, ma forse sono io ad esserlo, persino una sonora risata mi risulterebbe triste.

Non ho voglia di altro se non di finire questo viaggio eppure non sono felice per questo, non ho impazienza di arrivare, ho una consapevolezza, mi sto autodistruggendo andando da lui, sto cedendo dimostrando che non valgo poi così tanto, sono stato io a dirgli di andarsene, qua ci pensavo io e poi sono io che vado da lui perché non ce la faccio più.

Mi hanno fatto mangiare a forza cose molto sostanziose e tenuto fuori dagli allenamenti contro la mia volontà, fra un paio di giorni iniziano le qualificazioni al campionato, questa volta ce la dobbiamo fare, mi sono impegnato molto per arrivarci, non posso gettare via gli sforzi di tutti.

È per questo che vado da Akane, no?

Per poter tornare con le forze necessarie a continuare quanto iniziato.

Mi sto riscoprendo più debole dei primi tempi, prima non mi legavo a nessuno, nessuno era in grado di buttarmi giù e farmi pensare: senza di te non vivo! Ora invece una persona così c’è e questo attesta che sono debole, insopportabile ai miei occhi, non sono autosufficiente, dunque.

Noto il vetro che riflette la mia aria inespressiva, non sa di nulla, quando il treno entra nelle gallerie e le luci interne al vagone illuminano fiocamente sostituendosi alla luce esterna, mi vedo chiaramente, ho l’aria di un randagio maltrattato ai limiti di ogni capacità fisica e mentale.

Devo controllarmi, riportare la mia forza sotto la mia volontà.

In realtà ce la farei, basterebbe che la notte non corressi e me ne rimanessi steso nel letto almeno a riposare, che mi allenassi solo negli orari regolari e che mangiassi come si deve e fisicamente parlando avrei tutte le forze necessarie, uno sforzo materiale non mi costerebbe nulla e non mi ridurrei ad un ombra che attende che il tempo passi.

Eppure è per questa umanità che lui stesso mi ha donato, che ormai reagisco a certe cose in questo modo.

Da persona debole.

È colpa sua, certo, come ogni disgrazia che mi è capitata da 2 anni a questa parte!

Non sono messo veramente così male, sono io che voglio starci, è la mente che sfugge.

La verità è che sono io a permettere tutto questo, a volerlo. So che andrà a mio vantaggio…però mi sto facendo del male lo stesso. A mio vantaggio andrà che rivedrò con questa scusa, Akane. Lo rivedrò, lo toccherò, lo avrò per me per pochi giorni, forse solo due, quanti me ne posso permettere. Ma lo avrò…e sospenderemo un po’ il tempo, ci permetteremo di cedere alle nostre debolezze mostrando vergogna ancora.

Però poi mi farò male perché dopo essere tornato in quell’angolo di paradiso tutto nostro, me ne separerò di nuovo e sarà ancora più dura.

Così io penso.

Sto viaggiando ma dove sto andando?

In un posto senza andata ne ritorno, senza destinazione.

E vorrei potermi sentire leggero…eppure una pesantezza mi inchioda al terreno.

Dove penso di arrivare?

Non lo so, non ho tutte le risposte, non ne ho sempre avute e spesso ho lasciato a lui il compito di scriverle a modo suo su tutto ciò che abbiamo vissuto.

È lui che ha dettato il ritmo della nostra relazione, è sempre stato così. Ha deciso lui anche adesso quando interromperla e che la riprenderemo quando lui tornerà a volare.

Aspettarlo…io penso che sarà lui ad aspettare me…me che torno di nuovo per l’ennesima volta alla luce, alla vita.

Lui se ne è andato portandosi via quel qualcosa che mi illuminava. Sono luce riflessa? Chi è il sole fra noi due?

Io l’ho sempre visto come la mia luce, perché sono affogato per un lungo periodo della mia vita in un ombra soffocante…e quando ci sono tornato di mia volontà perché ferito da Akane stesso, lì mi sono reso conto di essere solo.

Ero infuriato quel giorno quando dovevo affrontare lui e il Kouzu. Erano venuti per me, lo sapevo ma non mi faceva stare meglio, la mia mente annebbiata si concentrava ancora sull’egoismo che mi divorava.

Vedevo un cosa.

Akane mi aveva ridato la vita, bagnato della sua luce, dato la voglia di riemergere da me stesso, avevo combattuto l’ombra mia, di mio padre, di mio fratello, del basket stesso e dei miei sogni mai trovati. Mi aveva dato dei sentimenti che provavo per lui, mi aveva dato così tanto che ne ero diventato sempre più dipendente per i miei canoni di allora…ed invece poi mi aveva lasciato andare via così, la promessa scambiataci era svanita, non voleva più stare con me, camminare assieme per quella via così ripida e difficile ma costeggiata da fiori…come lui diceva nei suoi paragoni assurdi.

Interpretavo così, vedevo solo quello.

Quando lo vidi davanti a me, schierato coi suoi(nostri)compagni di squadra, con la sua(nostra) divisa, parlava sotto voce con Ymazaki, lessi il labiale: molli? Gli chiese una cosa simile, e lui non lo guardò, fissò solo me, mi indicò col dito e sorridendo disteso disse qualcosa che non compresi, capii solo ‘nostro posto’. In quel momento volevo solo capire cosa voleva ottenere. Me? Perché?

‘Uno che gioca per poi dopo mollare a cosa vuole arrivare?’

Pensai circa così!

Ogni nostro scontro sentivo tutto annullarsi, le voci e il tifo svanivano, i compagni, gli incitamenti, lo spazio e il tempo…e mi pareva di sentire la sua voce e il nostro eterno discorso continuare. Cosa ci dicevamo?

Si impegnava, copiava le azioni con cui l’avevo sorpassato e le ripeteva molto bene, proprio contro di me, perché? Era contraddittorio e non lo capivo più, era questo che mi mandava in bestia!

E man mano che il gioco procedeva ero sempre più fuori controllo.

Perché giocava? Aveva insistito perché io tornassi sul campo con lui e poi mi aveva allontanato…e poi alla prima occasione mollava…e poi preferiva lasciarmi da solo a percorrere una strada che per me era sofferenza.

Non mi capiva, mi ero sentito capito veramente solo da lui ed improvvisamente non era più così.

Per questo ero così acido e freddo…una freddezza che grazie alla rabbia sfumò in ira gelida che spazzò via qualunque insensato gioco di bambini.

Mi era sembrato così infantile e piccolo, improvvisamente non lo capivo perché lui non capiva me.

L’idiota…giocava per che cosa? Perché era venuto a disputare l’incontro contro di me?

Mi ero aspettato molto quella volta, ma poi lo vidi e lo sentii…era infantile, un bambino. Se non vinco smetto. Contava così poco per lui il basket? Lui che aveva fatto tanto per avermi come suo compagno?

Che razza di insegnamenti mi aveva dato allora?

Ipocrita?

Mi tornarono alla mente tutte le discussioni con mio padre, i suoi insegnamenti e ciò che lui voleva io diventassi. Ora me ne rendo conto. In quel breve periodo lontano da Akane stavo diventando senza accorgermene, proprio come mio padre aveva voluto!

Eravamo distanti, io mi sentivo in alto in un posto troppo ventilato e freddo, dove nessuno poteva raggiungermi…dove nessun giocatore col tempo e ritmo giusti riusciva ad arrivare a me, ma solo una persona che sarebbe riuscita a cogliere il mio silenzioso grido d’aiuto.

Ero furioso per tutto questo, lui stava lì ed era così lontano da me nonostante quello che ci eravamo detti.

Non mi sentiva…possibile?

Voleva giocare divertendosi, me lo aveva insegnato, mi aveva fatto illudere di aver trovato quello che avevo cercato sa sempre, la persona giusta e poi lui mollava perché se non si può essere più bambini si scappa e tutto finisce lì.

Delusione, ero deluso oltre ogni dire e non sapevo come dimostrarlo, come farglielo capire, cosa fare di quella delusione e di lui davanti a me, l’avrei preso a pugni se avessi potuto ma mi controllai, nella rabbia ceca mi controllai.

/Aiutami, non lasciarmi solo/

Sento ancor ora l’ira di quel momento…ira data da una grande sofferenza, stavo così male quel giorno, non solo combattuto, ma proprio dolore interno. Se fossi stato uno che piangeva avrei mollato la partita e me ne sarei andato da solo a piangere come uno scemo, ma il bruciore era così insostenibile che mi aveva lasciato lì a dare una lezione a quel ragazzino su cui non si poteva contare, che dava tante speranze e motivazioni e poi mollava.

Il picco lo ebbi quando in uno scontro contro di lui feci un’azione molto difficile e nemmeno pensavo a quel che facevo, veloce, incalzante, senza guardare in faccia nessuno. Glielo gridai con odio e sofferenza:

‘Sei così, allora? Tu sei uno fatto così?’

Immaturo, infantile, instabile, ipocrita, addirittura finto!

‘Pensavo che con te ce l’avrei potuta fare!’

Arrivai a dirglielo addirittura, fuori controllo come allora non lo sono mai stato, bruciavo dentro a tal punto da non capire cosa facevo di preciso, tutti si stupirono di me e nessuno mi capiva fino in fondo…nemmeno lui…e non sapevo come farmi capire perché non ero mai stato bravo in queste cose. Perché nessuno mi aveva mai capito…ed ora perfino lui.

Per tutto quel tempo ero stato solo, poi era arrivato lui, mi aveva riportato in superficie ed ora mi abbandonava pugnalandomi, deludendomi, lasciandomi solo ancora…con quanti faceva così?

‘Fino a quando hai intenzione di startene lì fermo? Tachibana! La vuoi fare finita, non vuoi più scendere in campo…sei ridicolo! Ti farò smettere, ti farò assolutamente smettere!’

Assolutamente.

Questo fu il mio grido d’aiuto a lui, se mi sbagliavo quello era il momento che me lo dimostrasse o non sarei mai tornato da lui, tutto sarebbe stato perso. Io volevo quel posto che pensavo di aver trovato, con lui…ma ormai pensavo che nulla fosse come credevo…e non volevo tornare se lui non mi avrebbe dimostrato che…che invece qualcosa c’era…che lui mi voleva veramente per camminare con me e non lasciarmi mai solo. Questo volevo e anche se lo trattavo male, chiedevo aiuto in quel modo, non riuscivo a fare in altro modo perché era una questione delicata…e dentro di me piangevo e mi disperavo come un bambino imponendomi di essere adulto.

‘Aiutami, non lasciarmi ancora solo…’ erano queste le vere parole che io gli gridavo con tutto me stesso, sudato, sfinito, senza energie eppure incapace di arrestarmi!

Avevo un gioco freddo, preciso, calcolato ma al tempo stesso veloce, incalzante, furioso e passionale; nella partita capii qualcosa, lui ci arrivò a me e al mio grido di aiuto e quando lo sentii così vicino a me, di nuovo, mentre giocavamo, tornai piano a respirare.

Pianissimo, con timore di sbagliarmi di nuovo, di tornare ferito ed invece di essere io a dare la lezione, la ricevetti, non so come. Penso però che anche io gli feci capire qualcosa. Il vero motivo per cui era venuto a cercarmi in quella palestra e a riprendermi.

Soprattutto come avrebbe dovuto fare.

Quando capii che lui aveva capito e sentito il mio messaggio, il mio grido d’aiuto, mi rilassai e pian piano tornai calmo e alla luce, ma non del tutto.

Vi tornai del tutto quando anche io compresi che per la rabbia, fino a quel momento, non avevo saputo vedere quale fosse il mio tesoro, il mio sogno, la mia ragione, che quando me ne accorsi piansi.

Ero lì, davanti a lui…un lui amico, veramente, che in realtà non mi aveva mai lasciato, e lui mi restituiva il mio tesoro scomparso, sepolto da me e da persone che l’avevano sporcato.

Dopo una passione sfuggita al mio controllo, scaturita da un amore sviscerale per qualcosa che mi aveva fatto sentire vivo da bambino in quel posto dorato privo di sentimenti, lo vidi lì davanti a me, stava saltando in contemporanea e toccammo la palla insieme in un tempo cristallizzato, tutti concentrati su di noi e sulle nostre mani.

Trattenemmo i respiri ed io lo sentii fortissimo il flusso, lui e i suoi battiti al mio fianco, non mi aveva mai lasciato o forse si ma mi aveva raggiunto subito, era tornato da me, mi aveva capito e ridonato quel che mi serviva.

Il gioco proseguiva ed io lo vedevo con nuovi occhi, penso fossero quelli di un innamorato. Capii di amarlo, no? Da quando l’avevo incontrato avevo imparato molte cose e nella mia assenza avevano fatto un sacco di miglioramenti…solo per me? Ed io ora cosa avrei dovuto fare? Akane aveva sentito e raccolto il mio grido di aiuto…e mi appariva come la luce che a me era sempre mancata. Lo vidi veramente per la prima volta e quando mi parlò con calma come lui faceva sempre, io sorrisi. Sincero…fu una boccata d’aria pura.

‘Dato che mi piace farò di tutto per non perderlo una volta conquistato’ me lo dissi chiaramente.

Ricevetti una ragione di vita e mi resi conto che a lui collegata c’era una persona.

Akane Tchibana.

Non ero solo. Non lo ero più.

‘Desidero tornare a giocare in compagnia di questo amico…ormai non voglio perderti’ pensai così e piansi per molte cose, tutte troppo veloci e forti.

Ma soprattutto piansi perché mi resi conto che Akane non solo mi piaceva e non mi aveva mai tradito…piansi perché lo amavo e non volevo assolutamente lasciarlo e farmi lasciare da lui.

Tornai vivo come penso mai essere stato dalla nascita.

Ed ora che ricordo mi tornano i brividi e la pelle d’oca, perfino a me.

Presi la mia decisione, sarei tornato al mio posto…con Akane.

Accenno ad un sorriso che sa d’inquietante su un volto fantasmatico come il mio!

Sento gli occhi di alcune persone fissi su di me, alcuni attirati dal mio aspetto singolare, altre curiose…altre chissà, che ne so io.

Non ci faccio semplicemente caso.

Ora devo cercare di fare tutto bene e controllarmi.

Sto per vederlo dopo tutto questo tempo di separazione.

Mi picchierà per questo ed io mi umilierò perché ammetterò così di non avercela fatta.

Ma non mi trasferisco mica, è solo uno o due giorni.

Giusto per ricaricarmi e riprendermi un po’ di quello che mi diede quel giorno in cui poi, di sera di nuovo insieme, ci dichiarammo e ‘fidanzammo’!

Il treno si ferma alla mia fermata e con un borsone leggero in spalla scendo facendo finta di nulla, respiro l’aria pulita, vorrei poter dire: sento il suo odore…ma questo non è il suo posto, il suo posto è a Kouzu. Ci tornerà per questo.

Quando giungo all’ospedale mi dicono che è in palestra e dopo avermi accompagnato mi lasciano solo in silenzio davanti alla porta. Guardo dentro e l’emozione cresce smisurata perfino in me, non controllo più nulla ormai anche se il mio volto ha dimenticato alcune espressioni libere.

Dovrà guardarmi negli occhi per ottenere qualcosa di più rispetto ad una semplice occhiata indecifrabile e contenuta quale la mia ora è.

Non so, non capisco bene che fa, ma saltellando con una fasciatura all’altezza del ginocchio, gioca a basket, o qualcosa di simile, con un altro nella stessa condizione, ha i capelli rossi e sono rumorosi alla stessa maniera.

Il consueto mal di testa mi fa pensare:

Ecco dove sono arrivato…a casa, visto che la mia casa non è un edificio o una città, tanto meno una scuola, ma solo una persona.

Dio, sto bene.

Da quanto tempo non respiravo?

Non smettere, Akane.

FINE CAPITOLO XIV

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Capitolo 15
*** Un direttissimo per il paradiso ***


Capitolo 15

*tadaaaan! Ed ecco a voi l'atteso e desiderato nuovo cap dalla parte di Akane! Non ci credete? È lui, vi dico! Ricordate come avevo mollato il precedente? Con Hitonari che era arrivato da Akane, andato a trovare? Ebbene cosa succede ora che si vedono? Che combina Akane? MBWAHAHAHAHAH!!! Devo dire che è di per se un bel cap e se io sono riuscita a farlo come volevo, altrettanto bene, è fantastico! Ora non posso che dire...buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO XV:
UN DIRETTISSIMO PER IL PARADISO

/Riconciliazione/
Lo stato d'animo con cui sto giocando questa partita è indefinibile, sono come una corda troppo tesa che potrebbe spezzarsi da un momento all'altro, ci manca poco, dannatamente poco e potrei spaccarmi e rovinare tutto, devo stare attento, rimanere concentrato. Aver incontrato Gaku in queste circostanze mi ha scosso molto all'inizio, in una sola partita devo affrontare gli unici due che nella mia vita mi hanno sempre umiliato in maniera bruciante, i soli che hanno avuto un gran peso per me...e lui ne ha ancora. Sono certo di poter risolvere tutto facilmente, una sola partita può essere poco ma anche sufficiente se ho abbastanza motivazioni per mettercela tutta. Devo riprendermi delle cose: la dignità, i sentimenti e i rapporti. Infine lui. Hiragi. Gli devo far capire un paio di cose. All'inizio questi miei stati d'animo mi fanno fare un pessimo quarto di tempo, ma poi le cose cambiano, sento il suo urlo e mi riprendo, lui mi sta chiamando ed io devo rispondere e raggiungerlo, riportarlo con noi. 
Così mi ritrovo a volare in alto, sempre di più, fino a dare lezioni a tutti e a urlare che noi Kouzu siamo un direttissimo per il paradiso, non deve perdere l'occasione di salirci, c'è ancora un posto, il suo posto.
Man mano che procede mi sento veramente meglio e risolvo solo con qualche confronto impegnativo e pesante, anche la faccenda con Gaku, ce la faccio, dopo anni posso guardarlo in faccia e non sentirmi inferiore, non leggere più quella superiorità e fastidio nei miei confronti. 
Quando anche mi trovo a fronteggiare Hiragi è come toccare un ulteriore paradiso perché lo sento vicino, sempre di più, abbiamo diversi contrasti io e lui nel corso dei tempi di gioco e proseguendo è crescente questa sensazione di vicinanza, io lo sto raggiungendo e lui mi riesce di nuovo a sentire, riusciamo a rimettere i nostri cuori in sintonia, a captare i rispettivi pensieri nelle azioni che l'altro compie. Riusciamo a volare insieme e non separati. Il fatto che lui capisca una cosa importante, i suoi errori di molti anni a questa parte, lo porta a cambiare profondamente e turbato lui è sempre più con me, è stupendo. Lo vedo nudo come mai era stato veramente e quel che provo io ora mentre gli tendo la mano e lui la prende, mentre le nostre mani tornano a contatto ed io lo sento fisicamente, è una cosa devastante ed esplosiva. Vorrei sbaragliare il suo passato e far si che non abbia mai vissuto ciò che lo ha portato a dimenticare certe cose e sbagliarne altre, vorrei avergli evitato molto ma non possiedo poteri, questo un po' mi manda in bestia perché non so come esprimere quel che sento ma so che è così anche per lui, questo un po' mi calma.
Così capisco e realizzo.
Io non solo gli voglio bene e lui mi piace, cosa che non sono sicuro di aver mai realizzato seriamente o forse si ma solo la notte scorsa, io credo di capire ora cosa significhi amare qualcuno e lo provo per lui. Mi schifo da solo per il pensiero lampo che mi è passato, qualcosa che non avevo mai osato dire, a voce non lo farò mai, nemmeno sotto tortura, glielo farò capire a modo mio, so che anche lui è uguale a me in questo, forse un po' più sentimentale ma diciamo in modo diverso perché lui è più freddo di me ma, appunto, più morbido coi sentimenti, più sensibile ed emotivo su certi aspetti. Così so che ci diremo certe cose coi nostri modi personali, dove solo noi capiremo.
Lo aiuto ad alzarsi e quando è in piedi ci scambiamo un secondo sguardo impressionante che ci penetra a vicenda. Vorrei aver già finito la partita, tanto so come si concluderà. Lui è già tornato da me, ora sento solo il bisogno di parlargli, chiarire ogni cosa, dirgli quello che ho capito, condividerlo con lui e sistemare la nostra situazione!
La fine della partita viene presto, lui ricambia il mio gesto e mi tende la mano, siamo così di nuovo insieme, io e lui ma anche noi, la squadra si è riformata e la felicità di tutti è contagiante, non mi fa capire nulla ormai, lo fisso solo soddisfatto, glielo direi subito che cosa è successo ma tutti quelli che ci fanno le feste me lo impediscono così mi limito a guardarlo alle prese da mille pacche e abbracci, boccheggia e si imbarazza, fa proprio ridere! 
Così eccoci poi qua, siamo fuori, lui ci chiede scusa e mi guarda fisso negli occhi, quei suoi occhi chiari così belli, in stile col colore della sua pelle pallida e dei suoi capelli quasi bianchi, lo osservo accuratamente come fosse un opera d'arte, anzi meglio visto che io e l'arte facciamo a pugni! Non mi perdo più nemmeno un centimetro del suo volto e dei suoi bei lineamenti delicati, non sono un esperto di bellezza di nessun tipo, non ci faccio mai caso questo perché secondo me non esiste, o meglio c'è quella interiore ed è quella che mi cattura, per il resto io con le persone ci sto bene e mi piacciono nel loro insieme, i sentimenti che nutro per esse sono per quello che sono, non per come o se mi piacciono esteriormente. Non sono capace di capire se uno è bello o brutto, non ci capisco e non posso dirlo. Penso che Hiragi potrebbe essere bello ma anche mediocre o bruttino, non mi cambierebbe. Forse per come lo guardano gli altri, solo ultimamente l'ho notato perché di solito non noto mai queste cose, è bello. Bè, dopo esserci tutti riconciliati le cose tornano a posto fra il solito casino entusiasta di tutti e varie manifestazioni d'allegria. Non fa freddo, anzi, e noi siamo costretti ad aspettare l'allenatrice che ritarda come sempre, ma non è questo che mi spinge a chiedere a lui di fare una passeggiata con me, bensì è il desiderio di dirgli tutto quello che c'è da chiarire e che ho capito nel corso di questa partita, devo dirglielo assolutamente e non posso aspettare.
Mentre gli altri si siedono sul muretto ridendo e dicendo battute e il suo volto si distende rimanendo in piedi, io non mi muovo, lo fisso con un aria pensierosa e poi gli faccio un cenno col capo che va verso il marciapiede che costeggia il muretto e il mare e mormoro un:
- Andiamo a farci una passeggiata intanto?-
Dopo aver studiato a sua volto il volto tornando serio improvvisamente, cioè come lui di norma è senza aver problemi o incazzature, annuisce e si avvia seguito e subito superato da me. Io non sto mai dietro a nessuno, non sono io che seguo m gli altri che seguono me! 
Sento una gioia crescente che un po' mi fa vergognare, viene però spazzata via subito e rimane solo quella felicità che non pensavo di tornare a provare, quando Hiragi mi aveva lasciato e tradito. Sento che sta per succedere, non so come devo affrontare il discorso, forse basta che inizi spiegando perché non seguivo più molto gli allenamenti, lui poi dirà la sua spiegando il suo comportamento che tanto so già, ed infine gli dirò che mi piace non come amico m di più e poi...e poi che dovrebbe succedere? A ripensarci torno ad imbarazzarmi...spero che faccia qualcosa anche lui perché non so se sono in grado di andare fino in fondo in queste smancerie poco chiare, è la prima volta, che diamine!
Dopo qualche metro siamo finalmente soli lontani da orecchi indiscreti, alzo lo sguardo su di lui che ora mi cammina a fianco e proprio mentre sto per parlare...apro gli occhi e vedo il buio della mia stanza!
- DANNAZIONE ERA UN SOGNO!-
Ho ricordato in sogno quando io e Hitonari ci siamo messi insieme ma mi sono fermato sul più bello...no, ora torno a dormire e mi rivedo il seguito! Quel dannato mi manca e questo che è appena successo mi ha messo tutto in subbuglio...porco mondo, altro che dormire ancora: vorrei solo averlo qua quel diavolo bianco, l'ossessione da troppo tempo ormai. Non so quanto ce l farò ancora, è dura non la riabilitazione che in fondo va sempre meglio, ma la sua lontananza. Non so se tornare a casa e continuare per i fatti miei o stare qua finchè non sarò sicuro di essere a posto. È un rischio se torno ora perché potrei invece non rimettermi come un tempo e ridurmi come Yamazaki. Non voglio però...lui mi manca. Mi manca.
Mi siedo sul letto e imprecando ancora mi passo la mano sul volto. Che schifo di me, nemmeno un po' di lontananza non riesco a sopportare. Sono proprio un buono a nulla, altro che sfide e scommesse! Se dovessi fare a botte con un esercito preferirei a stare senza di Hitonari. Dipendo troppo da lui, non va bene, anche lui da me eppure ormai è, come si dice, fatta. Ormai è andata e basta. Però non va bene. Che fastidio. Premo i palmi sugli occhi e richiamo il volto di Hitonari quando alzai la testa per fargli quel discorso. No, non basta. Non funziona. Lo voglio qua, ora e subito.
Come farò ad andare avanti ancora un anno così? 

/Cosa vuoi che sia/
Sto giocando e mi sento un impedito con questa stampella al braccio che mi regge per non farmi appoggiare troppo la gamba, questa scimmia rossa ride come una scimmia da circo ma in realtà è sul mio stesso livello! Che idiota! Sembra un pomeriggio come tanti, dedicato al cazzeggio ed alla riabilitazioni. Che palle, ormai mi sembra tutto inutile, io voglio solo giocare, che male c'è? Giocare a basket ma mi dicono che non devo pensare a queste cose ma quello che vedo io è solo un imbecille zoppo che non sa più saltare, mi sento tanto stupido. E sai...gli occhi fanno quel che possono, alla fine...niente meno e niente più, tutto quello che non vedono è perché non voglio vederlo io, lo so, cioè logicamente me lo dico io e me lo dicono gli altri, come mi dicono anche Cosa vuoi che sia! O forse sono io che me lo dico da solo?
In realtà è così, passa tutto quanto, no? Deve passare un po' di tempo, solo un po' e ci riderò su proprio io. Cosa vuoi che sia, ci sono solo dentro io con tutte le scarpe! Mi pagherò il conto di tutte le stronzate che ho fatto, una specie di punizione. Ci penserò io a risaldare tutto!
È la vita in cui abito questa, alla fine fra alti e bassi non posso fare molto altro che viverla, lo so. È tutto lì, niente meno e niente più, sembra solo un posto in cui si scivola ma queste cose le sa anche Hitonari e tutti quelli che mi stanno intorno o ci sono stati...però non è facile, gioco e mi sento sempre peggio, eppure è quello che voglio fare, tutto quello che voglio fare, però vedo che sembra inutile e mi dico alzando le spalle: Cosa vuoi che sia? Passa tutto quanto, è passato quel momento terribile della mia vita quando Hitonari mi aveva tradito per andarsene in un'altra squadra, sono stato da cani ed è bastato passasse un po' di tempo e ci ho riso su, ora lo faccio, ci rido, che idioti siamo stati tutti e due. Ci siamo stati dentro tutti e due come ora ci sono io, devo pagare il mio conto e poi risalirò, otterrò quello che desidero. Forse.
Chi ama meno è meno fragile, ho imparato questo ma non è vero perché io non so se sono forte o debole però quando sono con lui sono imbattibile e quando siamo separati non ce la faccio mai, quindi dipende dai punti di vista. 
Così eccomi qua a guardarmi da solo, provo a fare un canestro con una sola mano ma viene una cosa storta e pietosa, mi infastidisce questo ed ancora una volta se mi specchio vedo uno storpio che vuole troppo, gli occhi fanno quel che devono, mi trasmettono la realtà, solo io posso non accorgermi quale questa realtà sia. 
Uno storpio che vuole correre e saltare può essere la realtà?
E il mondo che mi dice di pensare alla salute, c'è chi pensa a quello cui non penso io, ma sono tutte puttanate! 
Vogliono che io pensi alla salute, tutti, la mamma, gli amici, Hitonari, i medici...ma della mia salute non me ne fotte nulla, io voglio giocare ed essere quello di un tempo per camminare a fianco a lui. Lui mi aspetterà là; mi dicono che questo momento passerà e mi tirerò su ma io non lo so se basta dire 'Cosa vuoi che sia'. Non lo so...
Stizzito mi giro facendo il dito medio al rumoroso 'coso' che mi sbraita intorno cose senza senso, mi muovo ormai agilmente con la stampella, riuscendo a ridurla ad una ho molta più libertà. Quel che vedo però mi lascia impietrito, come se invece fossi immobilizzato su una sedia a rotelle. 
L'entrata della porta concentra tutta la mia attenzione, una metà è chiusa mentre l'altra è aperta, al centro ci sta una persona, quando sto focalizzando con occhi e mente mi sento chiamare dal rosso e la palla mi arriva proprio in faccia, indietreggio per la sorpresa e il dolore che dovrei sentire. Lui mi sta parlando ma non lo sento più, non sento, non vedo nemmeno bene, forse sono peggiorato improvvisamente...perché altrimenti non si spiegherebbe la visione che ho. Come può Hitonari essere...qui?
Apro la bocca e assottiglio lo sguardo in una delle mie smorfie buffe, stringo la stampella con forza e non sento veramente più nulla, forse l'altro si è fermato e guarda cosa mi prende, sono strano, immagino, mi sono zittito e bloccato tutto d'un colpo.
Ma è veramente lui?
Il cuore comincia a sospendere alcuni battiti, va tutto al rallentatore nel mio corpo, ogni funzione è più lenta. Cammino raggiungendolo, non ci crederò mai, forse i miei occhi sono rotti come la mia gamba, devo toccarlo, si, il tatto non si sbaglierà.
Alzo le mani facendo cadere l'oggetto metallico che tenevo, fa un frastuono che rimbomba nella palestra grande. Le mie dita invece arrivano al suo viso, lo toccano, il suo viso dalla pelle pallidissima più del solito, liscia che nemmeno la ricordavo così liscia, gli zigomi, gli occhi color nocciola, un raggio di sole dalla finestra laterale lo colpisce in volto e gli illumina l'iride trasformando il suo colore in un bel dorato, lui non fa una piega. Lui non fa nulla. I suoi capelli morbidi e spettinati, senza gel o acqua, così naturali, corti che partono per andare da tutte le parti, la sua bocca, la sua bocca è...chiusa, lineare, piccola, sottile, secca.
Il tatto corrisponde alla vista...allora è vero. Hitonari è qua. È venuto da me.
Non capisco altro, mi basta realizzare questo per buttarmi letteralmente con tutto il mio peso su di lui. Le mie braccia gli circondano il collo stringendo e lui per la sorpresa e la foga che ci ho messo finisce contro la parte di porta chiusa, si sente un altro botto meno forte di prima ed il silenzio, non un suono dalle nostre bocche, sento che anche lui mi circonda la schiena con le sue braccia, immerge il viso nel mio collo, preme il naso, gli occhi e la fronte contro la mia pelle ed ho i brividi, lo sento veramente, è lui, è lui. Stringo gli occhi perché le lacrime mi premono, non devo piangere, non ora, rovinerei tutto, mi sono trattenuto fino ad ora, l'ultima volta che ho pianto è stata...ma chi se lo ricorda. Io ora non voglio piangere adesso. Che parole dovrei dire?
Non c'è nulla all'altezza di questa devastante esplosione che è avvenuta in me. 
Premo il mio corpo contro il suo per sentirlo il più possibile e lui fa altrettanto mentre la porta dietro di lui ferma una caduta che sarebbe stata dolorosa.
Uno sa che una persona gli è mancata, ma ne capisce la quantità del sentimento che prova per lui solo quando è qua davanti a te dopo un immensità di separazione.
Dio quanto lo volevo.
Ora arrivo a dire: al diavolo, cosa vuoi che sia il resto? Passa tutto se posso contare su di lui, se posso abbracciarlo e averlo. Se posso...e potessi per sempre.
Pensando ad ora non so che altro fare se non stringerlo con disperato bisogno, una lacrima alla fine esce ma l'asciugo subito impedendo che altre la seguano. Non deve pensare che sono un impedito buono a nulla. Lui ha detto che mi avrebbe aspettato in quel posto speciale. Lo raggiungerò presto!

/Paralleli/
In realtà non mi sembra nemmeno vero, sto camminando, cioè io zoppico con questo fastidioso aggeggio e lui cammina normale, anzi lentamente per non lasciarmi indietro, con lui, con Hitonari. Mi sembra quasi di essere tornati un po' indietro a quando non avevamo pensieri e potevamo stare insieme combinando i nostri guai assurdi! 
Gli sto facendo vedere il posto in cui sono, la scuola, la palestra, gli ho parlato un po' della squadra che fa piangere di questa scuola, poi l'ospedale ed infine il mio nuovo appartamento. Come hai vecchi tempi mia mamma è via a lavoro e noi potremo rilassarci. Nel tragitto smetto di descrivergli cosa faccio qua, parlo normalmente, come non avessi problema alcuno e lui sembra il solito silenzioso osservatore che sta per sparare una frase delle sue che segano le gambe a tutti.
Pensandoci adesso è strano che sia venuto, non è da lui cedere e mostrare la sua debolezza, gli mancavo ma lui di solito è uno che fa forza su se stesso per non venir meno a qualche promessa, dovevamo mettercela tutta separati, ognuno a fare la propria strada per poterci poi ritrovare in un campo da basket a giocare. È stato lui a convincermi a partire, che ci pensava lui a tutto nella mia assenza, che loro sarebbero stati bene ugualmente. Però è stato lui a cedere per primo.
Che strano.
- Hitonari, come mai sei venuto?-
Abbiamo notato entrambi che ci chiamiamo per nome, ci è venuto spontaneamente appena ci siamo visti, è strano ma è come se dovessimo farlo già da molto. 
Lo sguardo che mi lancia di sottecchi è uguale a quella volta. Quando...parlammo dopo la partita nella quale ci riprendemmo Hitonari. Andammo a fare una passeggiata proprio come questa, solo che io stavo bene. Io gli feci una domanda simile, gli chiesi: 
"Hiragi, perché te ne sei andato?"
è buffo come nel corso del tempo le situazioni che si presentano possono essere simili eppure opposte allo stesso tempo. Non diminuimmo l'andatura ma lui mi lanciò uno sguardo che non seppi interpretare, come se cercasse dentro di se il motivo e non lo sapesse chiaramente. Ora è uguale.
- Mi ci hanno spinto tutti loro...più che altro l'allenatrice, la conosci...quando si mette in testa una cosa...-
Si sforza di parlare un po' di più ed essere disinvolto, non siamo abituati a conversare, già allora non lo facevamo come due normali amici, lui è così particolare che ogni parola che dice è da interpretare, ha un significato ben più profondo...per me è diverso, io mi diverto a cercare metafore assurde e paragoni stravaganti, a lui viene naturale parlare così!
Quella volta disse in un sussurro:
"Mi ci avete spinto voi...tu..."
Mi sentii addosso una responsabilità tale che mi schiacciò, ebbi l'impulso di prenderlo a pugni, come poteva dirlo? Io non lo avrei mai voluto mandare via!
"Quale dei miei atteggiamenti te lo ha fatto pensare?" 
Mi limitai però a stringere i pugni e respirare a fondo, una sola frase sbagliata e il colpo sarebbe partito! Ricordo la sensazione come fosse ora, ma adesso è diverso, il senso di quello che dice è diverso, perché non si potrebbe più fraintendere, non l'hanno mandato via perchè è malvoluto. Dev'essere stato perché...
- Stavi male?-
Respira così leggero che non so nemmeno se in effetti respira, mi avvicino di più a lui anche se non cammino fluidamente e a volte lo spintono senza volerlo, meglio così.
Fa un cenno, alzo lo sguardo su di lui di proposito perché non vorrei tornasse a parlare a monosillabi per l'imbarazzo di ammettere le sue emozioni.
Sapevo che era così anche per lui, sicuramente abbiamo avuto le stesse sofferenze, io mi crogiolavo nel mio dramma e lui si dava da fare per non far tramontare il nostro angolo di paradiso. Però stavamo male ugualmente. Ho voglia di abbracciarlo ma siamo quasi arrivati ed ora mi sarebbe difficile.
Allora ci fermammo quando eravamo abbastanza distanti dagli altri e lui finalmente rispose con quel filo di voce che dovevo stare attento a sentire per intero.
"Sembrava che tu non volessi più mantenere la tua parola e correre insieme a me la strada che ci eravamo scelti, come se non ten e fregasse più nulla del basket, della nostra sfida, di migliorarci, del nostro obiettivo...di me...saltavi sempre gli allenamenti e quando c'eri eri svogliato e stufo..."
Capii in quel momento qual'era stato il problema e dopo averci riflettuto a fondo un attimo scoppiai a ridere. Si, proprio così, mi sentii scemo al suo posto! Del resto non poteva sapere perché io ridevo, mi fissava freddo senza capire, così mi sedetti a terra, sul marciapiede, appoggiando le braccia e il mento al muretto che dava sul mare. Lui continuò a guardarmi allibito all'inpiedi, poi io lo tirai giù quando smisi di ridere, la mia mano sulla sua gamba lo fece come scattare e si sedette subito senza che nemmeno dovessi chiederglielo. Poggiò la schiena al muretto e guardò in basso come se cominciasse ad intuire il suo errore:
"Sei uno scemo, lo sai?"
Apro con le chiavi la porta di casa e lo faccio entrare, è un solito appartamento piccolo, giusto per due persone: ingresso, salotto e cucina è un tutt'uno, c'è solo un bancone che separa la zona per preparare da mangiare dal divano e dal tavolino piccolo. Poi un corridoio porta al bagno e alle due camere. Allargo le braccia a sbotto mollando la stampella contro il muro:
- Questo è il mio nuovo regno...non per molto, spero...-
Si guarda intorno ma non dice nulla al riguardo, non sarà di suo gradimento ma non me ne importa molto sinceramente. Mi importa che ora siamo qua.
Improvviso riprendo il discorso di prima e dico a bruciapelo:
- Mi sei mancato un sacco anche tu,!-
Non è per spingerlo a dire qualcosa di sdolcinato o chissà quale confessione, volevo solo dirlo, che lo sapesse anche se so che lo sapeva, infatti lo dice in un soffio alzando gli occhi sui miei:
- Lo so.-
Rimaniamo catturati così e per un attimo non facciamo altro che guardarci in piedi l'uno davanti all'altro, poi lui continua riprendendosi, stando insieme ci sembra di tornare alla vita:
- Non mangiavo, non dormivo. L'unica cosa che riuscivo e volevo fare era il basket, mi allenavo e mi adoperavo per la squadra. Abbiamo fatto molti cambiamenti e miglioramenti, contando che manchi tu. Ma mi prendeva molte energie eppure era l'unica cosa che arrivavo a fare. Così la Minefuji ha preso in mano la situazione e mi ha spedito qua. Ti salutano tutti.-
A questo punto distoglie lo sguardo e comincia a camminare per la stanza, sembra che curiosi qua e là con finto interesse, è perché è nell'aria, lo sentiamo entrambi, ma non sappiamo come afferrarlo.
Anche allora fu così, mi lanciò uno sguardo seccato e buttò lì una frase difensiva che non mi aspettavo:
"Sei scemo tu! Sono comportamenti normali, idiota?"
non risi più, in effetti aveva ragione anche lui, non gli avevo spiegato nulla perché volevo fargli una sorpresa, alla fine gliel'ho fatta anzi diciamo che ce la siamo fatta a vicenda, come potevo dirglielo, ora? Era un equivoco mostruoso, una cosa da film comico!
"No, cioè si, cioè...volevo farti una sorpresa! Mi allenavo ogni giorno, ogni momento libero, con Yamazaki, per imparare qualche mossa nuova, volevo stupirti...sempre per la nostra sfida, obiettivo finale, miglioramento eccetera eccetera! Capisci? In realtà non volevo mollare proprio niente...e poi..."
Lasciai la frase in sospeso sperando che non mi chiedesse di finirla ma lui puntualmente lo volle sapere e per dirimi:
"E poi?"
Mi aveva addirittura guardato in volto, io arrossii come un imbecille qualunque, mi piaceva che mi guardasse, in realtà mi piaceva proprio lui e l'avevo capito da poco, per cui non ero abituato a parlargli normale, anzi, non volevo parlargli normale, l'avevo chiamato di proposito per dirgli quello che avevo scoperto, però non sapendo come fare ero imbarazzato, ma parlai lo stesso, confuso e caotico:
"E poi figurarsi se avrei potuto e voluto mandarti via, separarmi da te...prendere una strada diversa dalla tua..."
Fu il meglio che riuscii a fare come adesso che non so che dire, forse dovrei descrivergli anche come ho passato io la mia vita da quando mi sono separato da lui...dovrei immagino...
- Non mi è andata meglio...ho passato alti e bassi, a volte volevo spaccare il mondo, altre invece volevo buttare via tutto, mi chiedevo se quel che facevo servisse veramente, se io sarei mai stato in grado di tornare a saltare...di camminare di nuovo al tuo fianco. Avevo voglia di te, Hitonari, mi mancavi tu, la mia vita di prima, il basket, il volo, ogni cosa...ma quello che volevo fare, quello a cui pensavo, non coincideva con quello a cui dovevo dedicarmi. Mi dicevano che il tempo faceva passare tutto, io...veramente non ce la facevo più nemmeno io...se non fossi venuto tu sarei venuto io mollando ogni cosa, a costo di sentirmi una merda!-
La voce mi trema e quando lo vedo venirmi incontro rivedo in un flash back quando mi venne in aiuto allora:
"è lo stesso per me...quello che senti, dico..."
Mi disse così, poi mi posò timidamente la mano sul mio braccio e rimase così, poi disse che non dovevo fare più cose che non erano da me, io rispose che altrimenti mi annoiavo e lì dovemmo tornare dagli altri. Sul ritorno mangiammo insieme, ci divertimmo e ridemmo come hai vecchi tempi, ma il flash back di ora è un altro.
A casa sua.
Mi invitò a rimanere a casa sua per finire quel discorso e con fatica riuscimmo a dircelo.
"Non devi più andartene, Hiragi. Altrimenti non so cosa faccio...orami sei troppo prezioso per me, non lasciarmi mai."
Fu una dichiarazione per me e in casi normali, altri non l'avrebbero capita chiaramente, ma lui si, sorrise e vedendomi in difficoltà e agitazione a dire quelle cose mi abbracciò e mormorando:
"E tu camminami sempre affianco. Giocando ho capito una cosa...che non volevo perderti..."
Il calore scaturito dalle sue braccia è uguale ad ora, come se il tempo potesse realmente tornare indietro, mi abbandonai al suo abbraccio come faccio adesso, le sue braccia che mi circondano ed io faccio titubante altrettanto, respirai perché mi accorsi che finalmente stavo bene, poi le sue labbra cercarono le mie, inesperte ma desiderose. La separazione, l'inferno del sentirsi traditi capendo i propri sentimenti, una partita intensa come quella...e quel treno che lui prese definitivamente per mai più scenderci, lo prese con la mia bocca ed il bacio che ci scambiammo.
Ora lo stiamo rifacendo ed è come se fosse quel primo bacio, leggero, timido, senza pretese, solo con la voglia di farci star bene, le lingue che si cercano dopo aver unito le labbra, averle fatte combaciare in più e più combinazioni, poi uno dei due, chi? Che prende l'iniziativa e approfondisce, questo piccolo scontro sembra una giocata di basket, era da tempo che non ne facevamo una. Quel primo bacio si rispecchia in ora, i nostri sentimenti erano tali e non cambieranno nemmeno fra qualche secolo.
Abbiamo solo bisogno l'uno dell'altro per andare avanti, ma sopravvivremo fino al momento in cui non potremo stare insieme per sempre, senza sfide personali ad attenderci.
Che questa disperazione diventi amore se lo può ma non si fermi mai.
È mio ed è qua, non lo lascerò andare per un po'.


FINE CAPITOLO XV

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Capitolo 16
*** Non sono giù di morale ***


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A MOON APPAREAD IN THE NIGHTSKY

 

*eccoci con un nuovo cap dalla parte di Hitonari, questo è un bel po’ NC17, quindi attenzione. Sono stata a lungo assente dallo scrivere nonostante le vacanze in cui sono, perdonate, avevo promesso di scrivere qualcosa anche per il mio compleanno ma ho passato proprio in quei giorni un periodo di merda, molto brutto, e ho messo da parte lo scrivere, ora mi sono detta di sfornare quanti più nuovi cap posso delle storie che sto facendo. Non prometto nulla ma sappiate che parto per la mia bella Sicilia il 7 agosto e torno il 22, ci portiamo il pc portatile, ma non avrò internet, come l’anno scorso insomma….al mio ritorno posterò tutte le cose nuove. Ora in generale sto meglio e spero di poter fare dei lavori decenti….mah…ringrazio chi mi è stato vicino in questo brutto periodo e dedico a loro(loro sanno chi sono) questo intenso e bel cap! Buona lettura. Baci Akane (inoltre ho anche troppa vita sociale ultimamente…)*

 

CAPITOLO XVI:

NON SONO Giù DI MORALE

 

/dove soffia il vento/

Non so come mi venne in mente….non lo so proprio, in effetti non è molto spiegabile però a volte ho questi sprazzi di sentimentalismo. Si, perché quello è un posto piuttosto romantico, come il gesto di volerci andare in quel momento in cui la mia vita era così cambiata, insieme a colui che me l’aveva cambiata! Lo feci e basta, non ci vedevo nulla di male, lo chiesi disinvolto, tanto più che ormai mangiavamo sempre insieme io e lui….e le altre due ragazze, del resto lo avevano sempre fatto, non aveva senso che smettessero solo perché ora stavamo insieme io e lui, non volevo che cambiasse vita, rituali o che altro, non sono un egoista simile, mi ci sarei sentito male. Lui la Yoshikawa avevano un bel rapporto e lo hanno tutt’ora, molto stretto tanto che si chiamavano da tempo per nome, indice di sentirsi come fratello e sorella…nemmeno fra fidanzati è così scontato il chiamarsi per nome, pochi lo fanno e succede solo dopo molto, ma molto tempo che stanno insieme, fra amici non si usa nemmeno, solo in rare occasioni e dipende dalle persone. Io e lui solo adesso ci chiamiamo per nome, dopo che abbiamo capito di amarci, non ce lo siamo detti mai chiaramente, nel modo classico, però ce lo siamo detti e la separazione ci ha rafforzato quel legame che si ingigantiva….il risultato è questo.

Comunque quella volta siamo stati a mangiare insieme come sempre e poi li ho portati lassù. Si era unito anche Harumoto…forse Arada non poteva star con lui, di solito non veniva con noi. Volevo andarci solo con lui, cioè mi interessava ci fosse lui e sde fossimo stati soli avremmo anche potuto lasciarci un po’ andare come avremmo voluto, non abbiamo mai detto a nessuno che io e lui stavamo insieme ma si capiva, si capiva sempre più e tutti lo accettavano. C’erano tutti gli altri e mi è andato bene lo stesso…tanto poi a casa abbiamo recuperato ciò che non abbiamo potuto fare là quando lo sentivamo di doverlo fare!

Parlai spiegandomi perché li volli portare lì, mi sentivo leggero e ‘coraggioso’ di parole, mi sembrò di essere un tipo loquace che parlava molto anche di solito, cosa non proprio vera, è sempre dipeso dai momenti e dalle persone.

Volli andarci con lui in quel periodo perché la mia vita era cambiata radicalmente rispetto quando ci andavo tempo prima, ero solo in ogni senso e sotto pressione, mi trattavano come un Dio e con mille aspettative mi schiacciavo sempre più. Stavo male e il senso di insofferenza era gigante, guardavo il mondo da quel posto alto e il vento soffiava via ogni mia inquietudine e pensiero triste. Mi sentivo subito meglio.  Tornarci con Akane, la causa della mia nuova vita, la persona a cui tenevo così tanto, ora che non mi sentivo più pesante e male, mi ha fatto capire la differenza di ciò che avevo lasciato andare e di ciò che avevo preso, l’importanza del paradiso in cui ero entrato. Mi sentii bene, benissimo….e veramente molto più vicino ad Akane, quasi un'unica persona con lui, solo perché mi ero aperto e lui mi aveva capito pur non avendo detto nulla di speciale, avevo condiviso con lui una parte importante della mia infanzia e lui semplicemente l’aveva accolta. Già…fisicamente non era cambiato nulla, era cambiato l’umore e il sentimento, ora mi sentivo leggero non per il vento che soffiava forte, bensì perché io stavo bene.

Dovremo tornarci io e lui soli quando tornerà là una volta guarito.

Tornati a casa mia volevo parlarne più liberamente ma sentivo che aveva capito perché avevo voluto quel momento, quello che avevo passato e il significato importante di tutto. Non avevo più cose da dire ma ci sentivamo così vicini…era nell’aria…come lo è ora.

“Bè? Hai finito tutta la tua loquacità?”

Scherzava, lui, ma lo sapevo che l’avrebbe fatto…io mi  strinsi nelle spalle e non feci nessuna espressione particolare, così dovetti farlo, gli dissi:

“Grazie…per essere venuto e aver capito…”

Lui ha sempre odiato quando gli altri fanno così con lui e quindi arrossì e mi fece sorridere, si irrigidì pensando al modo migliore per uscire da quella situazione, seduti davanti alla televisione accesa in qualche solito programma di basket, con le schiene appoggiate al letto, feci io per lui, tirandolo fuori da quella situazione.

Mi allungai verso di lui e lo baciai semplicemente, lui parve gradire, come se sperasse in quello e si sciolse a sua volta.

Ecco che tornò ciò che era nell’aria, più vivido e netto…l’unione non solo della mente e dell’anima ma anche del corpo.

 

/solo sentimento/

Come immaginavo dormo da lui anche se ero disposto a stare in una pensione qualsiasi, del resto in programma ho messo solo una notte…due giorni e una notte per non abituarmi di nuovo a lui, non posso permettermi il lusso di tornarne dipendente a tutti gli effetti anche se comunque il fatto che io stia qui è sintomo di cedimento verso questa mia dipendenza, anzi direi nostra.

Esco dal bagno rinfrescato e lavato, la doccia mi ci voleva, sono a petto nudo poiché la maglia l’avevo lasciata in camera insieme al resto della borsa, ho portato pochissima roba. I capelli appesantiti e bagnati mi stanno più sul viso e qualche gocciolina scende ancora sulla mia pallida pelle ora accaldata per il bagno appena fatto.

Sono anche scalzo e noto che lui è lì sul letto che mi fissa inebetito come se non fosse più abituato a vedermi così…anzi, come se proprio non mi ci avesse mai visto, mi guarda in modo così insistente che riesce ad imbarazzarmi, così distolgo lo sguardo da lui e cerco nervoso la maglia da indossare per la notte. Sono un ipocrita poiché entrambi sappiamo benissimo come andrà a finire, come GIUSTAMENTE deve andare!

Il pensiero di farlo con lui mi farebbe venire quasi una sincope, ma mi limito ad un accentuato batticuore che non mi permette di trovare la maglia nella borsa, motivo per cui alzo lo sguardo un po’ seccato o magari solo stralunato, mi guardo intorno e do un’occhiata ai due futon che ha preparato sul pavimento, due messi vicino, come un letto matrimoniale. Arrossisco ancor di più, lui ha il letto occidentale come me nel mio appartamento a Kouzu, ma stasera ha deciso che dormiremo insieme in ogni senso possibile, il fatto che per lui sia scontato, ovvio, sicuro e normale mi manda un po’ nel caos.

Dio, da quanto è che non sto con lui?

Che non faccio l’amore con Akane?

Questo mi fa tornare alla mente quando lo feci con lui quella volta che stavo ricordando giusto un attimo fa. Dopo che gli avevo mostrato il mio rifugio di un tempo, il rifugio dei pensieri tristi, quando finalmente soli in camera ci siamo detti che il legame che avevamo l’uno verso l’altro era troppo vivo e palpitante, qualcosa di incontrollato che aveva preso a crescere a dismisura.

Dopo un attimo di caos mentale in cui non connetto molto bene, noto la maglia su una sedia accanto alla scrivania così la prendo e me la infilo in fretta, ho la sensazione di essere mangiato con gli occhi, due occhi molto penetranti, famelici e speciali.

Quella volta non ci eravamo accordati su nulla, non era nemmeno sera, lui non doveva fermarsi da me, era passato solo un attimo per…non ricordo più perché. Ma era successo e basta.

Lo ricordo vivido come fosse ora.

Ora che è così diverso, sembra che io sia venuto da lui solo per questo, che lui miri alla stessa cosa, che tutto sia pronto apposta, persino la notte silenziosa ci avvolge con la giusta atmosfera, tutto lascia supporre una volta indimenticabile e bella. Quella non aveva nulla di così particolare e indicativo, non avrebbe dovuto essere nulla di speciale ed invece non solo è stata la nostra prima volta insieme in cui abbiamo fatto l’amore fino in fondo, ma è stato stupendo.

Ok, la prima volta non è mai la migliore ed io non dico questo, però se la devo descrivere non posso dire come sarebbe normale che è stato traumatico o shockante, posso solo dire che non lo scorderò mai.

Parliamo un po’ del più e del meno con un imbarazzo sempre crescente. Sembra in effetti che ci stiamo preparando per farlo ed in un certo senso è così ma non è stato programmato, è una cosa che è scontata visto che entrambi ci desideriamo come pazzi ed è da troppo tempo che non stiamo più insieme.

Mi stendo nel futon e lui fa lo stesso, non è una stagione molto calda ma nemmeno fredda, una via di mezzo, così ci mettiamo sotto la coperta ma rimaniamo mezzi scoperti, l’uno verso l’altro a guardarci negli occhi, in viso, fissare le nostre immagini in modo indelebile per non dimenticarci, per avere ancora benzina con cui andare avanti separati.

Tuttavia è come se fossimo bloccati e mentre parliamo decide di spegnere la luce per addormentarci se avremo sonno.

Io non ho il minimo sonno e so che anche per lui è così, i cuori vanno fin troppo forte e la cosa mi infastidisce perché non è da me, mi sento scema ad essere così teso, quella volta, la prima, non lo ero.

Quella volta semplicemente venivamo da un ritiro particolare che ci ha fatto scoprire i punti erogeni dell’altro facendoci divertire molto in quel senso, tutto ciò che avevamo fatto in quel campo era un esplorazione, accurata ma solo di quel tipo si trattava…però eravamo così rilassati e distesi che sembrava solo una delle tante, come degli esperti.

Ora mi sembra di essere con un estraneo che mi ha pagato per far sesso con lui senza saper come farlo! Il paragone di me come prostituto mi fa accapponare la pelle e arrossisco ancora, che pensiero stupido, forse mi ha contagiato lui. Mi chiede cosa io abbia e così mi giro dall’altra parte seccato e rispondo che ho sonno, che idiota, mi ero dimenticato quanto potesse esserlo…non capisce che voglio farlo con lui ma che sono troppo imbarazzato?

Perché, poi?

Non ha senso…mi viene il dubbio che la lontananza ci abbia fatto in effetti male però non credo, razionalmente lo so…abbiamo preso a chiamarci per nome perché ci siamo resi conti di amarci come non mai, ci ha rafforzato la lontananza e penso che sia questo.

Siamo diversi da prima perché in effetti noi lo siamo, i nostri sentimenti hanno subito un ulteriore progressione. Ora so che niente al mondo esiste che possa separarci, né lo spazio, né il tempo, né qualsiasi disgrazia o dolore.

Che romanticone…cavolo sono troppo sentimentale, lo so, in fondo lo sono sempre stato, da quando Akane mi ha cambiato, il nuovo Hitonari è così, sentimentale!

Proprio su queste impressioni mi vengono in mente i famosi dettagli di quella volta…mi ha toccato il mio punto debole, quello in cui se qualcuno mi sfiora nel modo giusto io mi eccito subito e non mi spengo più. Lo sapeva e non so se l’ha fatto di proposito o per farmi capire che mi desiderava in ogni senso, ma che sensazione provai, perché anche io speravo lo facesse, lo speravo con tutto me stesso. Mi sfiorò semplice e leggero con due dita che aveva infilato sotto la maglia, partì dal ventre e scese sempre più giù, più giù fino ad arrivare al linguine e lì andò un po’ su e giù ed ogni volta che passava sul punto particolare io mi accendevo sempre più, i brividi mi passavano e le scosse mi scuotevano il corpo come de avessi le convulsioni, in modo incontrollato e terribilmente piacevole, mi morsi il labbro per frenare l’istinto di gemere subito proprio come lo faccio ora…proprio quello che sento ora…proprio quello che mi sta facendo ora…sento le sue dita scivolare leggere da dietro sui miei fianchi, poi sotto le coperte e la maglia mi arrivano sul ventre e scendono giù abbassandomi di un po’ l’elastico dei pantaloni leggeri e giunge poi lì, dove quella volta mi ha fatto trattenere il fiato e desiderare che smettesse e al tempo stesso andasse avanti, esattamente quello che succede adesso.

Vuole farlo e non gliene frega di imbarazzi o cose simili.

Mi vuole e basta e sa che così è come infilare la chiave nella toppa della macchina, mi cinge da dietro e sento la schiena a contatto col suo petto, ci sono ancora i vestiti in mezzo ma io sono troppo occupato dal trattenere tutto quello che posso e dal sentire il mio corpo che si contrae in continuazione, i miei muscoli guizzano come a chiedere pietà e poi di più e poi ancora pietà.

Come è andata avanti quella volta? Aveva proseguito il suo viaggio con le mani anche più sotto stessa cosa di ora, dopo un po’ di torture di carezze e soffi sul collo, spinge le mani prima sopra la stoffa, in mezzo alle gambe dove ormai comincio a gonfiarmi senza più imbarazzo ma solo desiderio, accarezza con una sensualità che non so dove abbia imparato ed io desidero solo che questi vestiti si annullino e spariscano.

Premo le mie mani sulle sue per fargli capire di approfondire e quando sento il suo bacino che preme gonfio anche lui contro il mio fondoschiena mi viene quasi male, alla bocca dello stomaco che mi si stringe e contorce ho uno spasmo e il gemito mi esce quando finalmente con le mani va sotto i pantaloni e i boxer, finalmente sulla mia pelle le sue mani, quella parte di pelle così sensibile ed inviolata a lungo, ormai, che non chiedeva altri che il suo contatto, quello che mi sta dando ora…già…i gesti sono uguali, in fondo, ma i sentimenti diversi, quella volta è stato grande e coinvolgente, intenso perché abbiamo sancito quel legame che si era creato, ora è più consapevole ed eccitante, desiderato e travolgente perché ci vogliamo come mai prima era accaduto, abbiamo bisogno di farlo non per qualche legame da consolidare bensì perché ci amiamo e dobbiamo sentire l’altro fino in fondo, fino a farci male, a non averne più, perché non riuscire altrimenti a tornare a casa ed affrontare la mia vita normale.

Perché lo amo ed ho bisogno di ciò che mi fa andare avanti, come la droga per il drogato, la benzina per la macchina, l’amato per l’amante.

Abbiamo bisogno di noi stessi e di sentirci in questo modo, intrufolarci l’uno nell’altro, sconvolgerlo ed imprimerci indelebili attimi giganti.

Come allora io mi eccito fino quasi a venire e poi mi volto, lo fermo e lo bacio, le nostre labbra si incontrano premurose e con voracità e una passione che ci accende ancor di più le nostre lingue danzano intrecciandosi insieme alle mani che ci spogliano per trovare ancor più contatto, pelle contro pelle, ancora carezze e quel tempo in cui con calma e lentezza facemmo le stesse cose di ora, si sovrappone a questo in cui invece mettiamo foga e velocità in ogni gesto, lasciando la sensualità ad altri momenti, assaporando la disperazione di avere ancora di più.

Gli assaggio la pelle e mi sembra abbia un sapore più buono di allora, ma forse è la lunga separazione nonché il desiderio di tornare ad averlo fra le labbra che mi fa sembrare ora così diverso e speciale.

Infine come paragonare la penetrazione di quella volta con ora?

Lo fece con delicatezza e quasi paura di farmi male, me lo fece però dopo un po’ realizzai l’importanza di ciò che facevamo e movendoci in sintonia arrivammo a ciò che ora per noi è indimenticabile.

Adesso lo fa già con quella consapevolezza e con qualcosa in più, che non sentirò più male ma solo piacere, che siamo di nuovo insieme e nulla si è affievolito ma solo rafforzato, che i nostri movimenti all’unisono sono giusti e corretti, che non c’è nulla da esplorare, che riusciremo solo a provocare piacere all’altro, che insieme andremo in paradiso e non saremo peccatori.

Con una consapevolezza grande come un universo intero.

Sentirlo dentro è qualcosa che mi fa cancellare per un attimo ogni pensiero e funzione vitale, vengo catapultato altrove e non so dove e cosa sia questo altrove, ma ci sto bene e dopo un secondo lui mi raggiunge, lo sento sempre in me e inizia a muoversi, acquistiamo insieme il ritmo e da piano andiamo sempre più veloci, sempre di più e poi finalmente il piacere ci fa anche vedere dei posti e sentire delle musiche coinvolgenti, che ci fanno sentire a casa.

Ecco qual è casa nostra.

Questo.

Noi stessi uniti, insieme.

Ecco cosa è diverso da allora.

Il sentimento.

Solo il sentimento.

La disperazione con cui sentivamo il bisogno di sentirci così e sfogare quello che abbiamo capito separati.

Separati abbiamo capito una cosa immensa ed era la stessa per tutti e due ma non ce la siamo mai detta, non l’abbiamo mai provata. Ora possiamo. E mostrarlo così è devastante.

Ogni energia è amplificata e ricordare i momenti allucinanti che abbiamo passati separati ci dà quella carica in più.

Saperlo, dircelo senza le parole, capirci, averci qua, insieme nonostante tutto, più forti e vicini di prima, essere un tutt’uno ancora, ancora una volta, stare così bene e così insieme da rendercene proprio conto così mi sembra che un pugno mi colpisca, un pugno piacevole.

Ecco cosa succede.

Piango e mi sento il volto bagnato anche delle sue lacrime scese dal suo viso premuto contro il mio.

Lo pronunciamo nello stesso momento.

Siamo insieme ancora dopo tutto questo.

- Ti amo…-

E veniamo insieme nell’atto di massima e reale unione concreta, abbracciandoci come forse mai avevamo fatto, sudati, esasperati, amati, in paradiso.

 

/di nuovo separarsi…/

Come può una notte passare così in fretta? Sembra che più bella ed intensa sia e più voli. Così ora eccoci qua in questa stazione fra un sacco di gente che viene e che và, tutti indaffarati che prendono il loro treno, salutano le persone care e salgono, chi in lacrime, chi felice, chi indifferente. Come sarà il mio salire là sopra? Ci stringiamo l’uno all’altro in modo naturale, lui da una parte ha la stampella e mi guarda di sottecchi come a vedere che reazioni avrò oppure se me ne andrò veramente. Sospiro, lo sto guardando questo mezzo come se fosse il nemico numero uno della mia vita.

È solo un mezzo con cui mi separerò di nuovo da Akane, in realtà nulla di speciale, in realtà qualcosa di altamente crudele, penso. Non mi farebbe effetto in condizioni ottimali ma me ne fa perché non voglio andarmene. Essere stato con lui, averlo riassaporato dopo tutto questo tempo, essere stato con lui, averlo baciato, assaggiato, fatto l’amore con lui, avergli detto semplicemente e chiaramente che ci amavamo senza troppi fronzoli o metafore…solo così. Ed ora doverci di nuovo separare. Non so come gli umani possono farcela in continuazione in questo modo ma lo fanno, vanno avanti nonostante le cose che non gli vanno bene o fanno loro soffrire…e riprendono puntuali ad amare.

- Devo andare, sai?-

- Sicuro?-

Mi risponde subiti guardandomi negli occhi, ci incrociamo gli sguardi ed ognuno torna ad imprimersi bene questo momento, avrei voglia di prendergli la mano, non sono cose da fidanzati, riesco a trattenere il mio stato d’animo anche se mi viene da gridare e strepitare…e piangere…ma so che non farò nulla perché ormai ho troppo controllo, stare lontano da lui mi ha ridonato il controllo di me stesso, ma non è solo questo. Renderei tutto più difficile a lui, per questo non lo farò. L’ho già fatto, no? Ci siamo già separati, non sarà grave rifarlo.

Non moriremo.

Su queste considerazioni so che non avremo altro da dirci, così mormoro un atono:

- Ti saluto gli altri, allora…ti chiamo quando arrivo e scusa l’improvvisata…-

Alla parole improvvisata ricordo con chi l’ho visto ieri e mi viene da sorridere, non lo faccio. Quel tipo è più pazzo di lui se è possibile, starà bene.

Un ultima occhiata al suo viso tirato da una smorfia di contrarietà, come fosse imbronciato, e salgo sul treno, anzi ci provo perché sento un:

- Al diavolo, lo fanno tutti, lo faccio anche io!-

e il polso viene afferrato dalla sua mano, mi tira e poi scivola sulle mie dita che intreccia svelto, scendo e sono ancora davanti a lui con un braccio che mi cinge il collo e mi attira a sé, non ho tempo di respirare o realizzare ma avrei dovuto immaginarlo, semplicemente mi bacia, le labbra sfiorano le mie per poi unirsi più convinte ma è tristezza e già nostalgia ciò che ci trasmettiamo, qualcosa che comunque ricorderemo fino al prossimo incontro.

Manterremo la nostra promessa.

- Ciao Akane…-

E salgo sul treno. 

 

FINE CAPITOLO XVI

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Capitolo 17
*** Iniziamo ora! ***


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*PREMESSA LUNGHISSIMA, SCUSATE RAGAZZI MA è NECESSARIA!

No, no, fermi, aspettate! Ragazzi, ma dove andate? Non è un miraggio questo, ve lo giuro … anche se in effetti io stessa potrei star solo sognando di star scrivendo il penultimo capitolo di questa serie a cui tengo molto. Che dite? Che non sembrava che ci tenessi così tanto perché l’ho mollata esattamente a Luglio 2006 e ora siamo Maggio 2007? Eh, avete ragione, non posso certo darvi torto … ma cosa posso fare? Vi darò qualche spiegazione, ve lo meritate, ma voi non scappate offesi, non siate permalosi! Non è che avessi abbandonato i miei adorati cuccioletti, coloro che insieme formano il mio unico neurone (che si chiama AkaHito appunto … ) è solo che ho passato un anno molto bizzarro e brutto, sono successe una serie di cose dietro l’altra che mi hanno impedito di dedicarmi totalmente a tutta quella marea di cose a cui mi dedicavo quest’estate. Quest’estate ero libera, non avevo impegni, problemi, vita sociale … e mi ero accollata un botto di passatempi … siti, forum, giochi, fanfic e progetti vari … poi il pc si è rotto per lungo tempo, quando si è aggiustato ho trovato lavoro, poi l’ho perso, quando l’ho perso sono andata in depressione ed ho deciso di continuare limitatamente solo qualcosina, quando mi sono circa ripresa, ma da certe cose non ci si riprende mai del tutto facilmente ed in fretta, mia mamma è stata operata al braccio destro ed ho dovuto fare la sua parte in quasi tutto … nonché badare a lei, successivamente è scoppiata la mia vita sociale. Considerate che il ragazzo non rientra fra questi, e nemmeno per ora … ma per ora (cioè manca poco, lo ammetto … ). Dopo di che ho ritrovato lavoro ed era decisamente impegnativo, accostato alla vita sociale che una parte è andata dolorosamente in pezzi (rottura con la mia storia migliore amica per vari motivi) ed un’altra è come dicevo sbocciata troppo (trovato altre persone a cui badare … ) insomma il tempo libero è stato sempre poco. Siccome questa fanfic mi richiede taaaante energie, tempo, impegno e quant’altro, ho sempre rimandato il momento. Poi lo ammetto … ero anche triste di dover finire il mio piccolo capolavoro … ebbene si, ragazzi: siamo al penultimo capitolo.

Questi ultimi due sono dalla parte di entrambi, o meglio, metà pensieri di Akane e metà di Hitonari, perché mi serviva così e voi capirete il motivo leggendo, credo … o forse basta conoscermi! So che parlo tanto ma devo anche spiegarvi perché non proseguo numero per numero come ho circa fatto fin ora … è che il fulcro dei ogni cosa è stato quanto affrontato negli ultimi 2 cap, ovvero quando si sono messi insieme e parallelamente rivisti e quando hanno fatto l’amore per la prima volta e parallelamente l’hanno fatto dal vero di nuovo. Si sono ricaricati, hanno avuto la forza di non mollare quando stavano per farlo, dopo quella volta non si sono più rivisti e non sono più andati in crisi; come anche è successo nel manga, le cose sono andate meglio e sono arrivate le partite, non potrei descriverle in modo particolare, poiché sono partite, in fondo. Anche se significative! Ecco perché dal fulcro a cui vi ho lentamente e con cura preparati, siamo passati alla fine del manga, ciò che sarebbe il presente. Niente più ricordi, ora non resta che da vivere il futuro. Con questo capitolo finisco il manga, col prossimo faccio una specie di sequel extra tutto completamente made in Akane (non Tachibana ma l’autrice … ovvero io!).

Ecco dovrei aver detto tutto ciò che dovevo … ebbene non mi resta che ringraziare in modo speciale Shirei che mi ha contattato addirittura nel mio blog (forse per assicurarsi che leggessi visto che in effetti su Generetion Basket non batto più un colpo da secoli … ^_-) per farmi i complimenti sulle fanfic di GB … ecco che mi è venuto fuori il senso di colpa e la voglia nonché energia di terminarla. Penso che nel giro di pochi giorni, mi allargo in settimane per sicurezza ma mi limito ad un mese, farò anche l’ultimissimo capitolo, con i ringraziamenti completi. Dovete comunque ringraziare Shirei che mi ha fatto tutti quei complimentosi che non mi aspettavo dandomi la forza di continuare.

Lo spirito megalomane e narcisista nonché spaccone di Akane T. mi possiede ormai da tempo … ed ora freme affinché mi sbrighi a continuare a scrivere …

Scusate la lunghissima premessa ma dopo circa un anno di assenza dovevo farlo, immagino.

Scusate anche l’assenza, dunque!

Ora vi auguro la mia famosa buona lettura.

Baci Akane (Tachibana!!!!! ^_-)

 

 

CAPITOLO XVII:

INIZIAMO ORA

 

/Niente più uguale/

“Tutto è pronto. Cavolo, non avrei mai pensato che sarei riuscito a dire una cosa simile, giuro che nemmeno ci credo …

Dunque, sono certo di star dimenticando qualcosa, ne sono sicuro. Mi giro di nuovo guardando la stanza ora molto vuota ma sempre in disordine col poco che rimane dentro. Mi sembra così strano. C’è una vocina che mi dice: ‘Akane, stai dimenticando qualcosa’, potrebbe però anche dirmi cosa, che diamine!

Sospiro e alzo le spalle, chi se ne frega, non sarà importante!

Prendo sulla spalla il borsone e mi trascino la valigia con le ruote, devo sbrigarmi o faccio tardi, ho detto alla squadra che sarei partito prima di loro ma non sono certo di riuscirci, se perdo il treno devo partire domani con loro.

Ammetto che è assurdo tornare prima da solo, non ha senso perché per pernottare dovrò andare in albergo, visto che il vecchio appartamento l’hanno affittato da tempo, ormai e mia mamma ne ha trovato un altro ma è ancora tutto in casino per il recente trasferimento. Soprattutto non ha senso andare prima poiché non posso rivedere i miei vecchi compagni. Sono ex, ora sono nemici, rivali. Non potevo certo rivederli prima del campionato, è da escludere, poi mi rabbonisco e torno a vederli come amici e non riesco più a fronteggiarli con cattiveria.

No, no … va bene così. Senza rivederli prima, sarà una sorpresa, non li ho avvertiti, ho solo mandato una lettera all’unica neutra, Sumire, affinché li avvertisse che comunque non perdo. Ok, è stata una stupidaggine, non sapendo a cosa mi riferisco non capiranno, ma Hitonari penso che lo sappia … o meglio ci arriverà. Non gliel’ho detto all’ultima chiamata, quando gli ho detto che non l’avrei più chiamato e avrebbe capito perché molto presto. So che sa, che voglio partecipare al campionato con questa squadra contro di loro. Non sarebbe stato giusto tornare e riunirmi a loro solo per pochi mesi, rovinare il sicuro e labile faticoso equilibrio che si sono creati. Non sono così prepotente … così poi è meglio, vedrai che entrata trionfale faccio, mi guarderanno contro di loro e  a bocca spalancata strabuzzeranno gli occhi tremando dalla paura! Affrontare il grande Akane Tachibana compianto!

Un momento, ‘compianto’ si dice per chi è morto … e va bene lo stesso, stavo per morire, in fondo, no?

Esco dal buco d’appartamento convinto che dimentico qualcosa di poco importante poiché non lo ricordo, chiudo la porta, faccio due passi e … rientro di nuovo prendendo il biglietto del treno scordato sul mobile d’ingresso … forse questi sono un pochino importanti!

Faccio la strada per arrivare in stazione ricordando che l’ultima volta che l’ho fatta è stata per accompagnare Hitonari.

Però … sto per rivederlo, ora salgo per rivederlo, certo non prima di qualche giorno, sarà dura per me aspettare la partita in cui ci scontreremo, diciamo che sarà la vera sfida che mi aspetta. Certo se ho superato tutto posso superare anche questo, io sono un genio, non esiste cose che non riesco ad affrontare! Mi basterà rivedere Kouzu …. Torno prima perché non riuscivo a resistere senza vederla … sono anni che non la vedo. Chissà come sarà? Cambiata? Magari avranno fatto qualche modifica alle strade, le avranno rese più sicure … non vedo l’ora di passare su quel ponte da cui sono caduto, devo passarci e gridare che ho vinto e che l’ho sconfitto!

Il Grande Akane Tachibana non muore facilmente … ok, la scimmia rossa mi ha contagiato!

Torno e rivedo la mia amata città, mi manca molto. Con la squadra non avrò tempo di farlo, quegli scapestrati sono peggio di me … come ho fatto a tirare su un gruppo di perdenti teppistelli da quattro soldi e portarli al campionato nazionale, non lo so nemmeno io.

Ho solo un giorno per starmene per conto mio, poi dovrò raggiungerli nel paese dove si terranno le partite di campionato, sarà un lungo periodo, chissà se resisterò.

Credo di essermelo detto circa un centinaio di volte.

È ovvio che resisto.

Cosa dovrei fare?

Questo ultimo anno è passato come un lampo, decisamente tutta una altra cosa rispetto il primo … credo che sia stato merito di Hitonari, dell’averlo rivisto. Non sono più andato in crisi e il mio umore ha subito un rialzo improvviso, è lì che ho deciso che avrei portato quei tipi alla vittoria, per poter incontrare Hitonari su un campo, come ci eravamo promessi. È così che mi sono immaginato il nostro secondo incontro. Su un campo da basket, per scontrarci ancora una volta prima di riprendere il nostro cammino insieme.

Sono emozionato al pensiero ma la partita sarà fra qualche giorno, posso farcela!

Chissà com’è lui, credo sia emozionato ma non lo mostri, io lo mostro a modo mio, sbraito contro tutti e dico che dobbiamo mettercela tutta contro il Kouzu ma stare calmi … il primo a non essere calmo sono io!

So che andrà bene, me lo sento nella pancia, ma non è facile.

Merda, se non è facile.

Vado nella sua stessa città, la nostra, dopo un sacco di tempo e non posso rivederlo, saltargli addosso e farmelo come vorrei. Devo aspettare e accontentarmi di respirare la stessa aria che sicuramente lui starà respirando, a meno che non sia morto … eheh! È poco ma si fa quel che si può.

Rivedrò solo Sumire, lei non c’entra con la squadra e non c’è niente di male, ho voglia di rivederla, sono da anni che non ci sentiamo e nemmeno lei si è rifatta viva con me … poteva anche chiamarmi o venire, non l’avrei mica mangiata!

La chiamerò quando sono là, le farò una sorpresa anche se ammetto che non so bene che dirle, mi immagino già ad impappinarmi come un allocco al telefono mentre cerco le parole per dirle che sono a Kouzu! Idiota!

Mi direbbe così Hitonari!

Lei sbraiterebbe qualcosa di assurdo a proposito di un presidente del regno degli imbecilli!

Si, devo dire che quella scema mi è mancata, sono contento di rivederla … è come se fosse stata mia sorella, siamo cresciuti insieme sin da piccoli, ha visto tutte le tappe della mia vita senza mai mollarmi, mi è stata appiccicata come una sanguisuga ed ammetto che non l’ho mai vista come una ragazza ma solo come una specie di … sorella! Si, insomma, ci chiamavamo per nome, giocavamo insieme, abbiamo fatto la stessa scuola, ho fatto in modo che non finisse male visto che sa cacciarsi bene nei guai anche lei, mi ha detto tutto quel che pensava di male di me, mi riportava in riga quando serviva … si, abbiamo avuto un bel rapporto, qualcosa che non è mai mutato nel corso di tutto quel tempo trascorso. Come le ho detto in quell’occasione capita con tutti, purtroppo, di non riuscire più a stare insieme e ad essere solo semplicemente amici come un tempo a causa del crescere e dell’evoluzione. Non so se noi ci siamo evoluti o no ma il nostro rapporto è rimasto intatto. A distanza di anni siamo sempre riusciti a parlare come facevamo da piccoli, gridandoci dietro l’un l’altro e commentando tutto quel che ci pareva. Persino con Gaku questo non è stato possibile.

Con Sumire invece si. Ne sono contento. Poteva rovinare tutto anche lei mettendoci di mezzo altri sentimenti inutili, invece è riuscita a non farlo.

Sono sicuro che anche se non ci vediamo da 2 anni o quanti sono, sarà sempre tutto come prima, riusciremo a parlarci tranquilli e a scherzare!

Arrivo in stazione e quel che attira la mia attenzione è un casino insolito per una stazione piccola e semplice come questa. Non è che … un dubbio mi maciulla il cervello e appena trova conferma alzo gli occhi al cielo!

Sapevo che l’avrebbe fatto!

La scimmia rossa mi ha imitato!

Faccio finta di nulla ma lui mi vede e mi corre incontro, non so se sia felice o no ma parla, come al solito, e dice qualcosa a proposito dei geni che precedono i propri sottoposti per prepararsi meglio a qualcosa di importante. Che diavolo spara? Lo guardo frastornato e male:

- Ma che spari? –

Lui riprende:

- Non vai da lui anche tu? –

Che scemo, non è capace di resistere … no, non ha proprio la mia stessa mentalità, è retrocesso!

- No, non sono scemo da incontrare il mio rivale numero uno prima della partita! –

Stupito allora mi chiede:

- E allora dove diavolo vai? –

- A casa! –

- A Kouzu? –

- Già! –

- Vedi che vai da lui? –

- No, vado solo a rivedere dopo anni la mia città natale, niente di più … se proprio devo rivedere qualcuno rivedrò la mia amica d’infanzia. Nessun’altro! Io il cervello lo uso! –

Mi guarda seccato, fa il broncio e poi unendo gli indici come se si sentisse in colpa, dice:

- Capisco … ma io non riesco a fare come te … io voglio rivederlo. Solo lui, eh? –

Guardandolo così mi viene da sorridere. Ricordo quando il suo compagno dai capelli neri è venuto a trovarlo … aveva la faccia da volpino glaciale, non parlava per nulla, anzi lo faceva solo per prenderlo in giro, lui si arrabbiava da matti. Si sono messi insieme in quel periodo, non erano già fidanzati ma si capisce che si volevano bene da molto tempo. Non hanno caratteri facili, entrambi sono esagerati a modo loro. Così è capitato che ci confidassimo fino a diventare tipo amici … ma nulla di decente. Ci siamo messi insieme in testa di portare questa squadretta da nulla al campionato per far una sorpresa alle nostre rispettive squadre, ci siamo riusciti ed il nostro umore veramente è andato sempre meglio.

Sono contento. Credo di poterlo dire senza problemi.

Sono stat e tante piccole cose a far sì che io risalissi e vincessi la mia sfida personale.

Devo molto a tutti, indirettamente anche alla mia vecchia squadra, il pensiero di doverli eguagliare e renderli fieri di me mi ha portato a non mollare.

Ma lui.

Hitonari ora dovrà fare i conti col suo nemico numero uno … il suo fidanzato, ovvero io.

Da un lato vorrà saltarmi addosso, come voglio fare io, dall’altro vorrà affrontarmi per mostrarmi dove è arrivato e portare avanti la nostra personale sfida.

La nostra sfida assurda che ci siamo fatti il primo giorno in cui abbiamo giocato insieme, ci siamo detti che eravamo l’uno il rivale dell’altro e che ci saremmo superati, o meglio è ciò che ho detto io ma sono certo che lo pensava anche lui una cosa simile … ma non affrontandoci l’uno contro l’altro, giocando insieme, camminando affianco. È una scommessa un po’ inusuale ma era l’unica in grado di migliorarmi, giocare col mio miglior rivale era l’unico mezzo di miglioramento ed ha funzionato, C’è stato quel momento in cui l’avevo uguagliato anche se non superato. È stato fantastico.

Poi però son dovuto fermarmi, lui sarà andato ancora avanti.

Mi ha promesso che mi avrebbe aspettato per riprendere il viaggio insieme ma chi lo sa dov’è ora?

So che sarà con me, lo sento.

Non può non aver mantenuto la sua promessa.

- Bè, scimmia rossa, io vado … ci vediamo al campionato fra pochi giorni! –

- Certo … non dimenticarti il luogo del ritrovo o qualcosa di importante come le scarpe! –

Le scarpe … che può saperne lui delle mie preziose scarpe?

Sono le sue e sono il mio porta fortuna ma ora non sono più nuove, ora vanno bene perché da quando ho ripreso a giocare ho messo sempre e solo quelle, ora si sono adattate al mio piede e riesco a saltare perfettamente, o quasi, senza farmi male. Ora mi riporteranno dal suo originario proprietario.

Sarà fantastico quando ci riguarderemo negli occhi come avversari, sono certo che riconoscerà prima le scarpe di me e sono anche certo che lui da qualche parte avrà la mia maglia.

- Pensa per te che indossi le sue mutande anche se ti sono grandi, solo perché ti eccitano! –

Lo dico a voce un po’ alta, lo ammetto … ok, da come ci guardano tutti è stato un urlo ma glielo dovevo, così impara ad accennare alle mie scarpe, è per loro che sono caduto, cavolo!

Rido di gusto notando il suo colore di viso che è uguale ai capelli!

Bene, questo è un bel ricordo di questi due anni da incubo … un bel ricordo da conservare del periodo più brutto della mia vita.

Ora salirò sul treno solo per partire e non per tornare, quando le porte si chiuderanno e il mezzo partirà, vedrò passare del tutto il mio salto nel buio.

Già, perché è stato solo un salto … un fosso alto e pericoloso, spesso mi ci sarei buttato dentro per farla finita, altre sarei scappato, ma sono tenacemente rimasto aggrappato a quella riva, non ho mollato ed ora addio.

Addio sarà la parole che dirò a questo postaccio.

Niente più sacrifici e lacrime.

Niente di niente.

Ora solo una cima fantastica mi aspetta, la cima raggiunta con tanta fatica con le sue scarpe, ci sono stati fiori ma anche sentieri oscuri, ho superato tutto con fatica. Ora la cima mi vedrà gridare il mio grido di battaglia.

- Evvai! –

Lo mormoro mentre salgo sul treno con le valige che mollerò a casa di mia mamma, quella che ha preso ultimamente in vista del mio spostamento, poi cercherò una pensione per l’unica notte che dovrò passare anche se credo starò sulla spiaggia tutto il tempo, poi … poi ci penserò.

Niente sarà più uguale, la squadra ormai è andata senza di me, loro avranno fatto un nuovo gruppo, il mio ruolo sarà ricoperto, tutto sarà cambiato, anche la città … niente più uguale, ok, va bene, me lo aspetto.

Perfino il sentimento che mi lega a Hitonari sarà diverso … lo sarà perché è più forte, così forte da farmi paura.

Niente più uguale ma migliore, non mi resta che, finalmente, vivere veramente.

Io e lui ce la faremo, perché l’abbiamo deciso insieme quella volta.

L’abbiamo deciso proprio quella volta.

Il treno parte ed io dal finestrino accanto a me guardo questa città che mi saluta nell’indifferenza.

Niente di tutto ciò l’ho mai sentito mio, nemmeno la squadra che ho tirato su.

Ora mi tocca vivere.

Cominciare di nuovo, lo farò bene, come l’ho sempre fatto.

Vincendo.”

 

- Addio periodo di merda! –

 

/Ti sento/

“Ricordo quando mi dissi che non dovevo sforzarmi di non essere quello che non ero, di essere solo quello che ero poiché tu mi avresti accolto così, ti sarebbe bastato perché mi avresti raggiunto laddove nessuno mi aveva raggiunto mai.

Mi sono emozionato, ho quasi pianto ed in effetti avevo gli occhi lucidi.

Ora ci siamo.

Io lo so che siamo vicini.

Stiamo per rivederci.

Ricordo anche quando ti dissi che il fatto era solo uno, tu eri vivo, non era granchè, ma era ciò che pensavo di te. Vivo e basta, di nessuno se non di te stesso.

Ora credo solo che ci sarà un bel souvenir di questo periodo che abbiamo passato separati. Non parlo di questa tua maglietta che stringo a me quando sono da solo, nemmeno delle mie scarpe con cui giocherai ogni attimo a basket.

È un souvenir diverso, qualcosa come una fotografia immaginaria di quando ci siamo rivisti o magari una canzone che abbiamo sentito da separati mentre stavamo male. Non è nulla di concreto o particolare, in realtà potrebbe essere quel ponte che hanno rifatto più sicuro, da cui sei caduto, o magari il tir che stava per investirti.

Sarà un bel souvenir di riflessi chiari e riflessi scuri, con ogni colore possibile, sarà uno specchio che dice che a fatica abbiamo vissuto, un po’ separati, un po’ insieme, un po’ con difficoltà, un po’ con facilità.

Però il nostro souvenir a ricordarci che abbiamo fatto questa strada in salita per arrivare alla cima e ritrovarci lì insieme, lo terremo ben stretto dentro di noi.

Percorro le strade di questo posto che ospita il campionato nazionale, sapevo che ci saremmo arrivati, che avrei portato la squadra alla vittoria, lo sapevo perché avevo l’obiettivo di rivederti in campo, come ci siamo promessi quella volta.

E so che sarà così, che è questo che trami.

Non vedo l’ora, sai?

Non lo vedo come ad esempio ho dovuto rifiutare Yokoi che mi si è dichiarato innamorato, quella volta non vedevo l’ora di rivederti, se tu fossi stato con me non avrebbe mai pensato di poter dichiararsi. Poi le cose si sono sistemate ed è scoppiato l’amore anche fra Meibi, come immaginavo … già lo sapevo. Sono diversi da noi, la loro storia è piacevolmente divertente … la nostra forse è scontata, lo dico perché l’ho vissuta ed ogni cosa vissuta da me mi pare scontato.

Non sono mai andato a vivere coi miei come mio padre poi mi aveva chiesto, non ho voluto abbandonare nulla di ciò che tu avevi lasciato, per farti trovare tutto identico, eppure so che nulla è più uguale. Non importa, va anche bene così, basta che tu torni per constatare i cambiamenti e per … poter affrontare con me i prossimi, quando andremo insieme all’università di mio fratello e gli altri dello Hayamazaki, questo perché è l’unico modo per continuare a giocare a basket e migliorarci, quando sempre insieme andremo a vivere, quando … quando giocheremo le prossime future partite.

Cammino e sai una cosa?

Sono emozionato perché ti sento.

Ti sento nell’aria che è cambiata, che anticipa il cuore dell’estate che sta per arrivare e che mi rinfresca un po’. Sembra sia cambiata per te, non c’è più afa, si respira. Oggi si respira.

Io ti sento passarmi nella schiena come un brivido, quando ti penso sento qualcosa che mi passa e mi fa pensare che la vita non era in rima per quello che ne sapevo, poi sei arrivato tu e mi hai fatto cambiare idea.

Ti sento nel mezzo di una strofa che si leva dallo stadio, in attesa dell’inizio delle partite, è un vecchio pezzo che era orrendo, ora sembra migliore, chissà come mai solo adesso mi piace.

Io ti sento perché lo stomaco si chiude e non riesco a mandar giù nemmeno un boccone, sono teso e non riesco a parlare con gli altri che mi aspettano, mi fa ridere la cosa, non sono ansioso per la partita ma solo perché ti sento nell’aria, tu rumoroso, casinaro e buffone … già, per il resto, riderò appena arriverai tu!

Però realizzo che qui con la vita non si può mai dire, arrivi quando sembri andato via, quando sembra che le cose si siano sistemate, quando sembra che le acque e gli umori siano tornati ok … già, perché so che arriverai tu, oggi. La consapevolezza forse mi fa questo effetto, come se fossi un sensitivo.

Ti sento addirittura dentro tutte le canzoni che passano per quelle casse, ma soprattutto ti sento in un posto dentro di me che so solo io.

Ti sento nei profumi che passano nell’aria, qualsiasi cosa che mi arriva ai sensi tu ti infili in un pensiero e non lo molli mai, come fossi la causa di ogni cosa che mi riguarda, che mi fa vivere, che mi fa andare avanti.

Respiro? È un profumo che mi ricorda te.

Mangio? È un sapore che mi ricorda te.

C’è vento? È una freschezza che mi ricorda te.

C’è una canzone? È una canzone che mi ricorda te.

Pensi? Penso a te.

Lo capisci?

Io ti sento al punto che mi disturbi, non arrivo a concentrarmi sulla partita e sul resto della squadra, disturbi al punto che è già tardi, non riuscirò a mandarti via da me, dalla mia testa, dai miei sensi … allora rimani quanto vuoi.

Non si sa mai, sarà utile anche questa sensazione di essere sulla linea del rasoio, una linea che percorsa del tutto mi porterà a te.

Sai Akane, io ti sento anche nel sole, ce l’ho dritto in faccia e sotto la mia corazza me lo chiedo.

Quando ti vedrò cosa mi farai là sotto? Nel mio animo, nel mio cuore, nel mio stato d’animo che cosa mi farai?

Temo quel momento, forse non mi controllerò più come ora, sono al limite della contentezza, vorrei saltare ed esprimere la gioia che ho nel sentirti in ogni minuscolo ed assurdo segno, l’aria, il sole, i rumori, le canzoni, i profumi, l’estate, la gente, i brividi, i pensieri … ti sento in ogni cosa e realizzo che facendomi tu pensare a te anche quando dovrei pensare alla partita, significa che disturbi ed anche tanto!

Già, ti sento ovunque e non posso fare a meno di ascoltarti.

Gli altri mi vedono e mi dicono di aver fatto tardi, che mi aspettavano, sono tutti tesi ed al settimo cielo, non sanno ancora bene quel che accadrà ma sono carichi, mi chiedono come io faccia a mantenermi calmo.

Sorrido.

Io calmo?

Allora sono un bravo attore … già!

Facciamo il rilassamento, le solite parole dell’allenatrice e le mie, ci diamo forza e coraggio e poi … poi entriamo in campo.

È palpitante l’energia altrui, altro che la nostra.

Il palazzotto dello sport è stra colmo di gente che ci guarda, sono sorpresi di vederci per la prima volta, curiosi di sapere come siamo ma soprattutto per chi già ci conosce sono ansiosi di vederci vincere.

Penso che nessuno si aspetti di rivederlo oggi, a parte i ristretti che già lo sanno.

Sono così emozionati per questo.

È come sentire un terremoto sotto i piedi, il pavimento trema e nessuno è rilassato. Ed ecco che succede, guardo dall’altra parte del campo la squadra avversaria, sembra un gruppo di disadattati.

Immaginavo.

La prima cosa che vedo sono le loro scarpe, poi passo a quelle che sono del capitano.

Perché dico che è lui il capitano?

Perché quelle sono delle Signore scarpe, le riconosco.

Le Nike.

Le mie Nike.

Scarpe da grande giocatore, da vincitore.

Salgo sulle gambe del ragazzo e giungo con consapevolezza sul viso, lui è lì fermo impettito che mi guarda in tutta la sua tensione. Tensione di felicità.

È lì, bello, convinto, sorridente col suo ghigno, concentrato e distratto al tempo stesso.

Si sente la sua voce su tutte gridare ai suoi compagni, loro non l’ascoltano … lo sapevo che non aveva legato di proposito con loro, per non dispiacersi di lasciare qualcosa.

Voleva solo arrivare qui, di fronte a me e dirmi coi suoi occhi, gli stessi di ora e di allora, che aveva mantenuto la sua promessa.

È il solito, non si smentirebbe mai, non sarebbe lui.

Lui e il suo numero 14 si preparano ad affrontarci, sarà una bella partita.

Non so perché e come io potessi sentirlo, non avevo prove e sicurezze concrete, semplicemente lo sapevo. Il tempo non era realmente cambiato, non c’era nulla di Akane nell’ambiente. Eppure mi sembrava di sentirlo parlare e fare confusione.

Nemmeno ora fa chiasso, però tutti si aspettano una cosa da lui, colui a cui vai l reale merito della squadra formidabile che ora è il Kouzu. Una squadra che da niente è partita ed è arrivata a questo magnifico punto.

Da non crederci.

Non è nessuno, altri che un avversario comune, nemmeno il più forte che abbiamo affrontato.

Però tutti aspettano le sue parole per partire a divertirci.

E arrivano, parole che non potevano essere diverse.

Sono sue, semplici, felici, incisive e convinte.

- Iniziamo. Ora! –

Ed ora inizieremo.

Finalmente si vive!”

 

FINE CAPITOLO XVII

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** da qui in poi ***


A MOON APPAREAD IN THE NIGHTSKY

*Oddio, ragazzi, non moritemi qua! No, dai, dico davvero... anche se questo è davvero un nuovo (l'ultimo) capitolo di questa fanfic che sembrava eterna, non serve che vi venga un colpo! Ok, avete ragione, far aspettare così tanto... che crudele... ma come vedete ecco il nuovo capitolo. È l'ultimo e volevo farlo assolutamente, è un regalo per tutti quelli che amano questo manga e questa coppia e questi personaggi. Sono sicura che continuerò a scrivere di loro due, è ovvio, ma per ora ne ho così tante in ballo che cerco di portare avanti le altre. Le one shot qua e là su GB non mancheranno comunque. Ringrazio tutti quelli che hanno commentato e letto questa storia: Slanif, Akira14, Suzaku, Idra82, Yamaan, Parsifal, Yukino, Sawadee, Yuyu, Shireichan. Grazie davvero per avermi seguito nonostante i tempi d'attesa. Alla prossima fanfic. Baci Akane*


CAPITOLO 18:
DA QUI IN POI

/meritata intimità/
La porta si apre ed entro seguito da lui, la sento richiudersi con un tonfo poco gentile, è nei suoi modi.
Abbiamo festeggiato il suo ritorno, un ritorno un tardo ma lui è così, non potevamo pensare che agisse diversamente.
Bè, abbiamo festeggiato il suo ritorno a Kouzu e la vittoria della mia squadra!
Avanzeremo nel campionato e lo vinceremo, quest'anno nessuno ci ferma.
Un sorriso di soddisfazione a questo pensiero e lui brontola subito sbattendo a terra i suoi bagagli:
- Hai poco da sorridere! Per una partitella che avete vinto... - Sapevo che non l'aveva digerita. Mi giro e mantengo il sorrisino, con malizia rispondo appoggiando a terra anche il mio borsone:
- Sorrido per la vittoria finale! Oggi è stato fin troppo facile! -
Lui spalanca la bocca infervorandosi e l'espressione che fa è decisamente buffa, una delle sue, poi attacca come un treno da guerra:
- Non è vero e lo sai benissimo! E poi pensare già di vincere la finale porta sfiga, prima arrivaci, se ci riesci! Sei il solito presuntuoso snobbista! Io e la scimmia ti abbiamo fatto cagare duro, oggi, ed anche se non lo ammetti la cosa non cambia! - Infine pianta il muso. Io scuoto la testa, è il solito...
- Si, come ti pare... idiota. - Concludo io tagliando corto come normalmente faccio. Gli do le spalle sfoderando un espressione di apparente indifferenza mentre mi piacerebbe ridere di gusto. Dio, come mi mancavano queste cose...
Lo so che è stato bravo ed anche quel rossino casinista... ha fatto un dunk storico. Però non lo ammetterò mai o non ti smonti più, mio caro.
Vado in cucina e vedo cos'ho in frigo... bè, ho fatto la spesa in considerazione del fatto che sapevo che sarebbe venuto da me, dopo la partita. Ora si stabilirà qui finché non andremo all'università, quindi andremo negli alloggi universitari. Tanto ormai è questione di giorni, io sono già stato ammesso alla Tezuka Gakuen ed anche se è prestigiosa, il fatto di essere figlio di mio padre e fratello di Takuya mi ha aiutato, questo lo so bene. Quel che conta è essere là dentro. L'unico particolare è che devo convincere Akane a fare anche lui l'esame d'ammissione, ce ne sarà un altro fra poco, sarà la sua ultima chance di entrare. So che sarà contrario perché c'è mio fratello e ci sono tutti quelli dello Hayamazaki. Questo significa essere in squadra con Takaywa, Naruse e quei due teppisti... mio fratello è all'ultimo anno quindi non fa testo. Del resto se vogliamo continuare a giocare insieme ed essere scritturati, sempre insieme, per qualche squadra importante, dobbiamo entrare in quel posto. Akane non lo sa, ma ormai è fatta, non ha scelta.
- Cosa vuoi fare? Una doccia oppure mangiare? -
Gli chiedo tirando fuori qualcosa sapendo già la risposta, ma mi sorprende... anche se non poi molto:
- Mangiare te! - è così veloce che posso solo ricevere le sue labbra e poi sentire i suoi denti che mi mordicchiano avidamente il collo. Trattengo il fiato mentre lascio perdere subito il vassoio preparato per lui. Mi mancava anche questo, non vedevo l'ora di stare da solo con lui, era uno strazio dover aspettare che gli altri fossero sazi di lui, ora tocca a me.
Mi giro circondandogli il collo con le braccia, quindi con fermezza lo spingo a spostare il viso sul mio e a mordicchiare il mio labbro inferiore, lo lascio fare un po' finché succhiando non finisce per cercarmi la lingua che io gli cedo immediatamente, gli riserva lo stesso trattamento che riserva ad un ghiacciolo alla fragola quindi il calore che mi dà mi fa sentire esattamente come quel cibo. Sciolto.
Scivolo con le mani sulla sua schiena e gli alzo la maglietta infilandole sotto di essa per toccargli la pelle. È sudato, ha voluto fare tutto in fretta e furia, quindi ora quel che ci vuole è una bella doccia.
- Andiamo a lavarci. - Mormoro prima di unire del tutto le nostre labbra, lui stralunato e contrariato si separa da me con fatica:
- Eh? - Chiede credendo di aver capito male, quindi io mi sciolgo, gli sfilo la maglia e faccio altrettanto con la mia, le abbandono a terra e dopodiché, coi suoi occhi affamati addosso, gli prendo la mano.
Lo trascino in bagno con calma dove apro l'acqua, mentre diventa calda mi occupo dei suoi pantaloni e passando con i palmi sui suoi fianchi, gli abbasso gli elastici fino a farli scivolare alle caviglie, con delicatezza mi occupo dei suoi tutori, mi lascia fare come fosse un bambino. Mi guarda. Percepisco chiaramente un senso di abbandono e adorazione nei miei confronti e questo mi permette, una volta tolto anche la mia parte di vestiti, di abbracciarlo così come siamo, con la pelle ancora imperlata di sudore ed i cuori che battono. Si sentono, si sentono perché vanno fortissimo ed insieme. Tratteniamo i respiri e lo stringo a me mentre lui fa altrettanto riempiendo queste nostre braccia rimaste vuote per troppo tempo.
Con una mano dietro al suo collo gli adagio la testa nell'incavo del mio collo e lui nasconde il viso lì dandomi mille brividi con le ciglia che si chiudono ed il respiro impercettibile che cerca di trattenere. Allaccia le sue braccia intorno al mio busto, mentre io appoggio l'altra mano sulla fascia bassa della sua schiena premendolo contro di me, contro il mio ventre, il mio petto, il mio bacino.
Sentire la sua pelle che si attacca subito alla mia, la sua pelle calda e morbida che sa di lui. Sentire il suo corpo contro il mio, anch'esso lasciato completamente contro di me. Sentire il suo petto che trattiene il respiro ma non il proprio cuore.
È una sensazione che mi manda in estasi, questo basta, non vorrei aggiungere altro, mi sento bene. Mi sento davvero bene.
Respiro profondamente.
Squarcio di paradiso.
Grazie di tutto.
Dopo alcuni istanti in cui rimaniamo fermi a sentirci e premerci l'uno contro l'altro, abbandonarci così semplicemente, lo conduco sotto la doccia e con l'acqua calda che ci bagna lavando via la stanchezza, i brutti ricordi e la sofferenza, rinasciamo a vita nuova. Lo spazio che rimane, ora, è solo nostro, è solo di felicità e di completezza.
È solo perfetto.
Niente più dolore, abbiamo già dato tutto, ora è tempo di prendere e di ricevere.
Ed io voglio lui.
Con la doccia che ci lava rimettendoci completamente dandoci sollievo, cerchiamo l'uno le labbra dell'altro e trovate non si separano più.
Premiamo le nostre bocche che apriamo e muoviamo schiudendole e riaprendole, cercando sempre una posizione migliore per non farci mancare nulla. Approfondiamo con le nostre lingue che non si mollano un istante e come in una partita di basket nessuno lascia il tempo all'altro di respirare. Continuiamo anche oltre le nostre forze perché non siamo mai esauriti, non ne abbiamo mai abbastanza.
Ne voglio di più.
Ho dovuto farne a meno per troppo tempo. Troppo.”

L'acqua che mi bagna è solo una sensazione breve e lontana, nulla in confronto a quello che mi da lui e questo bacio, ma non sarà tutto qua, ho fame. Ho fame di lui. Ho una fame insaziabile di lui, della sua pelle, della sua lingua, del suo corpo. L'ho sognato ogni notte e quando è venuto da me mi sono dovuto accontentare di una sola volta. Io lo voglio e lo voglio per sempre, senza mai fermarci.
Non mi separerò più da lui e farò a pezzi chiunque oserà separarci di nuovo. A costo di rinunciare a qualcosa di più importante. Ad ogni costo io lo avrò sempre.
Mentre ci baciamo a lungo senza staccarci un istante, ci accarezziamo come lavandoci l'un l'altro, sento la sua pelle bagnata sotto le mie dita. Arrivo giù sui suoi glutei, premo il suo bacino contro il mio come ha fatto poco fa lui stesso ma ora strofiniamo le nostre intimità che eccitandosi si sentono fino a non poterne presto più.
Forse basterebbe anche solo questo, averci, stringerci ed abbracciarci però ora è un livello che cresce. Esco dalla sua bocca e percorro il suo viso, i suoi lineamenti delicati e bellissimi, lecco con gelosia l'acqua che lo bacia poi scendo e mi approprio del suo collo, come prima, succhio avidamente e non mi fermo, sento la sua gola che approva questi miei gesti e mi spinge a continuare. Quindi scendo sui suoi capezzoli che lecco indurendoli facilmente, ecco quindi che appoggiandolo al muro del box con fermezza e un po' di prepotenza, lasciamo da parte la doccia che cade per conto suo, dimentichi di tutto ciò che ci circonda mi inginocchio davanti a lui e mi approprio del suo sesso che non aspettava altro che me e la mia bocca. Sento le sue mani sulla mia nuca, fra i miei capelli bagnati e questo mi invoglia a non fermarmi. Voglio averlo tutto, ogni sua più piccola parte deve essere mia. Ognuna.
L'inferno è alle mie spalle, ora è questo quel che ci meritiamo.
Il Paradiso.
Quando sentiamo che sta venendo mi stacca bruscamente la testa da sé stesso e mettendomi le mani ai lati del viso mi tira su con decisione ma lentezza, poi è bisogno quel che sento quando mi posa le labbra sulle sue e mi bacia, riprende quel bacio di prima dove finisco per succhiargli avido la lingua ed il labbro, scendo giù e faccio lo stesso col mento, devo avere ogni cosa di lui e respiriamo affannosamente senza riuscire a trattenerci oltre, con desiderio ed eccitazione lo giro piegandolo leggermente. Potrei farlo anche volando mentre faccio canestro, non me ne frega del posto, del modo e anche se ci fosse il pubblico a guardarci andrebbe bene lo stesso.
Con una mano sul suo viso gli infilo un dito in bocca che succhia mentre si appoggia con le mani al muro di piastrelle bagnate come i nostri corpi, il rumore della doccia ancora aperta sembra la pioggia che crea atmosfera ed i fumi di calore giocano con la nostra vista. A fatica tengo gli occhi aperti ma voglio vederlo.
Lo prendo per i fianchi con l'altra mano ed entro in lui.
La lingua sul mio dito si ferma, apre le bocca e trattiene il fiato, non sta soffrendo, sta trattenendo le sue emozioni perché ha paura di scoppiare.
Scoppia, amore, perché ora lo faremo insieme.
Mi chino e gli bacio la schiena che da questa posizione mi sembra altamente erotica, iniziamo a muoverci insieme e vedere i suoi muscoli che si muovono e prendono forma mentre facciamo l'amore mi eccita ancora di più, quindi aumento il ritmo che prendiamo subito ed i suoi gemiti sulla mia mano mi danno altri incentivi a non fermarmi e ad andare sempre più veloce, più forte.
Lo voglio, c'è di più, c'è ancora. Non si può resistere così separati, non si può eppure noi l'abbiamo fatto ed eccoci qua ad averci, prenderci, amarci, darci come forse prima non avremmo mai fatto.
Se nemmeno la sfiga nera ci ha separato, significa che null'altro ci riuscirà.
Chiudo ora gli occhi e mi piego completamente sopra di lui premendomi contro la sua schiena, cerco con la bocca il suo orecchio che mordo e poi succhio mentre la ragione svanisce completamente.
Le nostre voci roche si uniscono e nonostante il rumore che facciamo non sentiamo nulla se non noi stessi.
Noi stessi.
Io dentro lui, la mia intimità stretta dalla sua, pelle contro pelle, corpi abbandonati che si amano e la sua bocca cerca la mia.
È quando ci troviamo che veniamo insieme tendendoci e tremando. Per un attimo le nostre anime sgusciano fuori da noi stessi e ci sembra di guardarci negli occhi in un posto sconosciuto. Non c'è consistenza fisica, non ci sono respiri ma ci sono i suoi occhi chiari ed i miei scuri. Ci siamo noi, ci sentiamo e siamo in sintonia persino nell'orgasmo. È come se non ci fossimo mai persi di vista, è come se nessuna lontananza ci abbia fatto piangere in segreto. È come se tutto è sempre andato bene.
È come se da qui in poi ci saranno solo fiori di lillà.
Il respiro torna nei miei polmoni e a fatica riprendiamo possesso di noi stessi, rimaniamo ancora così fermi l'uno nell'altro, io appoggio la testa alla sua schiena, dietro al suo collo, lui mi lascia così per un attimo e giro gli occhi ancora velati di piacere.
La piccola finestra alta del bagno mi mostra un piccolo squarcio di cielo notturno.
La luna è alta in cielo.
Sorrido.
Già, da qui in poi non andrà più via, la mia luna, il mio sole, la mia strada di lillà, la mia vita.
Hitonari si gira, con lentezza mi abbraccia facendomi di nuovo posare la fronte in questa parte di sé che sembra fatta apposta per la mia testa, poi mi conduce di nuovo sotto il getto dell'acqua che ci ribagna come a battezzarci.
Questo significa volare.
È perfetto.”

FINE!
SIG... SOB...






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