Somewhere I Belong

di Lumik Lovefood
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'abito non fa il monaco ***
Capitolo 2: *** Le ciliegie si mangano meglio in tranquillità ***
Capitolo 3: *** Chi fa da se.... Non fa un bel niente! ***
Capitolo 5: *** Occhio per occhio... ***



Capitolo 1
*** L'abito non fa il monaco ***


cap 1

Somewhere I Belong









L’odore del sangue riempiva l’aria già satura del campo di battaglia.
I cadaveri giacevano a terra insozzando il suolo e tingendolo di rosso e rendendolo fango.
I cuori dei sopravvissuti erano pesanti come quei corpi riversi e contorti che diventavano a mano a mano più freddi, gelidi; c’erano conoscenti, compagni di guerra e dolore, amici.
Il gruppo Joui era completamente smantellato se non per quattro valorosi samurai, di fronte a loro due figure sconosciute, oscurate dall’ombra che man mano andava a dissolversi.
I samurai alzarono il volto verso di loro e si scambiarono un’occhiata complice, l’uomo dai capelli neri e corti fece un passo avanti e cominciò a parlare.
“Mostrateci i vostri volti, alieni!”
Il vento scoprì il cielo coperto da nuvole e rivelò le persone che erano davanti agli occhi degli umani, erano un Amanto dalla pelle smeraldo e una ragazza a capo chino con i capelli raccolti. Avevano entrambi delle spade ma, mentre la donna la riponeva accuratamente nel fodero, l’alieno la stringeva fortemente nella mano e sorrideva cinico.
“Sei stato accontentato…” rispose calmo questi ghignando verso gli uomini.
Takasugi grugnì rabbioso ed era pronto a fargli saltare la testa dal collo ma la mano scarlatta dell’argenteo che l’era affianco, lo calmò. Gintoki osservò meglio le due figure di fronte a sé: l’alieno aveva dei lunghi capelli grigio topo legati da una coda lenta e bassa, gli occhi piccoli e neri come la pece erano freddi e distanti, il naso piccolo e appuntito all’insù, il corpo dallo strano colore era muscoloso e coperto da macchie cremisi come il kimono blu elettrico che lo copriva e cui era fissato il fodero della sua spada. Ai piedi aveva dei semplici calzai in paglia.
La ragazza che l’era affianco, sembrava la più strana. Non aveva ancora alzato il capo e sembrava fissare imperterrita le punte dei suoi anfibi di pelle nera indossati su dei calzettoni bianchi, il kimono nero ornato da petali di ciliegio rosa antico le arrivava fino alla metà delle sue cosce bianche come la porcellana ed era legato da un obi del medesimo colore dei fiori e allacciato con un enorme fiocco in cui vi era la sua arma risposta accuratamente nel suo giaciglio. I capelli raccolti a crocchia erano un castano tendente al miele, lucidi come la lama di una spada. Non era certo un abbigliamento degno di una guerra così cruenta e mascolina e in sostanza, una guerra non era un posto adatto a delle signore.
L’alieno si accorse dell’attenzione che il giovane samurai degnava alla sua compagna e si porse davanti ad essa.
“Strana, non trovi?” chiese questi rivolto a Gintoki, che increspò le labbra in una smorfia.
“E’ una combattente della fazione degli Amanto.” intervenne sussurrando Sakamoto alzandosi l’elmo che gli copriva gli occhi cerulei “L’ho vista mentre trucidava alcuni dai nostri compagni, tra cui Akira.”
“Uno come Akira, battuto da una donna? Com’è mai possibile?” chiese uno sconvolto Katsura ai suoi compagni.
“Non lo so Zura. Una cosa è certa: mai abbassare la guardia, non sembrano dei semplici soldati come quelli che abbiamo ammazzato finora.”. Gli mise in allerta l’argenteo non togliendo lo sguardo dalla ragazza.
“Hai ragione umano. Siamo dei capitani infatti e voi morirete. Non avete nessuna speranza contro di no-Ahhh!” l’alieno, il cui volto era dipinto da un’espressione sicura e sadica, gettò un urlo strozzato mentre una mano candita gli trapassava il corpo all’altezza del petto. Rivoli di uno strano liquido verdognolo colavano dalla ferita e dalla mano che l’aveva trapassato, che si ritirò veloce in direzione del mittente. Il verde si volse lentamente dietro di sé e vide gli occhi scarlatti della sua compagna ridotti a una misera fessura fissarlo con soddisfazione e curiosità, la ragazza lo vide accasciarsi a terra mentre si teneva il petto stretto nella mano e gemere di dolore.
I quattro ragazzi fissavano la scena, interdetti e sconvolti, la castana chiuse i suoi occhi e gli riaprì scoprendo delle perle azzurre come il ghiaccio che fissavano quel corpo esangue verde contorto e privo di vita; con un passo superò il cadavere e cominciò a camminare decisa verso i quattro samurai, che istintivamente puntarono le loro spade su di essa.
Sorrise divertita di fronte a quella scena, quattro coraggiosi samurai che si drizzavano per fronteggiare una ragazza, non capitava tutti i giorni uno spettacolo del genere.
Continuò la sua passeggiata fino a trovarsi le armi dei suoi nemici a pochi millimetri dal suo piccolo naso, chiuse gli occhi e con un dito spostò la spada di Sakamoto per poi passare accanto ad esso e Gintoki con calma e mantenendo gli occhi chiusi. Takasugi si stava innervosendo.
“Ehi tu! Dove credi di andare?” urlò il moro puntando l’arma verso le spalle della ragazza. Essa si voltò a tre quarti e lo fissò sottecchi per poi sorridere furba.
“Se state pensando che io sia un Amanto oppure un’umana passata dalla loro parte, state sbagliando i vostri calcoli. Tra poco un’altra truppa verrà a prendere i cadaveri per cibarsene ed io non voglio essere coinvolta con ciò.”. Proferì decisa la ragazza che aveva stranamente una voce calda e morbida, a volte roca e continuò la sua camminata per allontanarsi da quel luogo. I quattro ragazzi si scambiarono un’occhiata stranita e dubbiosa ma l’argenteo, senza proferire parola, la seguì riponendo la sua spada nel fodero.
“Ehi Gin, ma che… Anche tu Sakamoto??” lo richiamò Zura preoccupato ma si bloccò nel vedere anche il suo compagno castano seguire l’esempio di Sakata.
“La ragazza ha ragione. Meglio squagliarcela prima che ne arrivino degli altri intenti a mangiarsi il nostro corpo…” rispose Gin non continuando a camminare senza voltarsi indietro.
“Effettivamente, non sono tanto buono da mangiare! Ahahahah!” rise Sakamoto riponendo la sua arma e affiancando il compagno che gli era davanti. Katsura si scambiò un’occhiata diffidente con Takasugi e seguirono l’esempio degli altri due samurai, abbandonando il terreno di guerra.
La ragazza, che aveva udito tutto, sorrideva.


Attraversarono un sentiero sperduto per poi trovarsi all’entrata di una foresta verde e rigogliosa, i quattro non conoscevano quel sentiero e chiesero subito spiegazioni alla castana, che invece camminava decisa senza nessun turbamento.
“Ma questa non è la strada per il nostro campo. Dove ci stai portando, donna?” chiese Zura, intuendo che ci fosse sotto una trappola.
La ragazza si girò verso il moro “Questa è una strada secondaria, gli Amanto non la conoscono ed è molto più sicura della vostra abitua.
“Come fai tu a conoscerla?” chiese Takasugi grugnendo.
“Durante le esplorazioni.” rispose breve proseguendo.
“Come ti chiami?” esordì l’argenteo fissandogli le spalle.
“Reiko.”
“Bel nome!” proferì Sakamoto ridendo ma la ragazza non lo seguì e continuò a camminare. Scrutava con i suoi occhi ogni albero e ogni siepe in cerca di qualche segno o qualsiasi altra cosa. Si appoggiò a un albero e vi passò sopra un dito sulla corteccia scura e ne ispirò il profumo, cercando di trattenerlo nelle narici, chiuse gli occhi e si staccò dalla pianta continuando la sua traversa nella foresta, i Joui erano sempre più sconcertati.
Katsura non sapeva spiegarsi la sua presenza, non era certo nata per combattere vedendo il suo corpo quasi perfetto e privo di ferite o cicatrici e non si fidava di lei. Militava tra la fazione avversaria ma non ci ha pensato due volte a uccidere un suo compagno, anche se prima aveva ammazzato altri samurai suoi compagni. Non prometteva nulla di buono la sua presenza.
Sakamoto l’aveva vista combattere e abbattere dei suoi amici, tra cui Akira, con una tale destrezza da poter essere un degno avversario per qualcuno di loro ma aveva percepito nei suoi occhi che non c’era divertimento, solo malinconia, una forte malinconia. Si chiedeva chi fosse in realtà quella ragazza, apparentemente così giovane, e cosa ci facesse in una guerra come quella.
Takasugi la odiava. Odiava quella sua calma apparente, odiava che guardasse tutti con sufficienza, odiava la sua voce e il suo profumo che la lieve brezza tirava nel suo naso, odiavo anche solo che respirasse. Una leggera nota omicida voleva farle saltare quella testa castana ma per ragioni sconosciute non era che una voce lontana nella sua testa. Volava scoprire chi era a tutti i costi e da che parte stesse.
Gintoki non sapeva spiegarsi l’interesse che aveva per lei. La domanda sul suo nome era uscita spontanea tra le sue labbra e voleva sapere sempre di più su di lei, perché si trovasse lì. Perché poi proprio tra gli Amanto, anche era loro nemica visto come aveva ammazzato quello che doveva essere un suo “compagno” ma c’era comunque una leggera inclinazione in quella curiosità, non si fidava completamente di lei e per questo fissava imperterrito la spada di Reiko.
La ragazza non degnava di uno sguardo a quegli strani tizi che la seguivano nonostante avvertisse un certo astio tra di loro verso la sua figura, represse ogni pensiero e si concentrò sulle varie tracce che aveva lasciato per ricordarsi il sentiero.
“Ragazzi ma qui abbiamo un segugio!” ironizzò Sakamoto vedendo la ragazza annusare l’aria e alcuni alberi ma deglutì a fatica quando i suoi occhi incontrarono quelli glaciali e rabbiosi di Reiko. “Scherzavo!” affrettò a dire questi alzando le mani con il palmo aperto.
La ragazza grugnì rumorosamente chiudendo svelta gli occhi, sentendoli vagamente caldi “Ti conviene non farmi innervosire.”
“Perché?” chiese Katsura guardandola sottecchi. Reiko aprì nuovamente gli occhi e lo fissò, poi gli rivolse nuovamente le spalle e continuò a camminare non rispondendo alla domanda del ragazzo.
“Che strana…” commentò Gin grattandosi freneticamente la nuca con una mano coperta ancora di sangue.
Reiko osservò il cielo e socchiuse lievemente gli occhi incontrando la sfera luminosa del sole. C’era un bel sole nonostante poco prima si fosse combattuta una battaglia cruenta dove uomini e alieni avevano perso la vita, alcuni a causa sua. Aveva privato forse una donna di un marito o un bambino di un padre e questo la rammaricava ma dopotutto quando si va in guerra sai cosa lasci, ma non sai cosa trovi. Si volse indietro per costatare se quei quattro fossero ancora alle sue spalle e, quando ne fu certa, continuò a proseguire verso il loro accampamento, sentiva stranamente caldo e vide la vista appannarsi a tratti ma cercò di continuare incurante di quegli strani avvenimenti. Sakamoto notò che la ragazza cominciava a traballare e che si appoggiava pesantemente a un tronco di un ciliegio e corse verso di lei per aiutarla seguito da Zura.
“Ehi, tutto bene?” chiese visibilmente preoccupato tendendogli una mano. La ragazza la scacciò con uno schiaffo e si tolse gli anfibi e le calze, per rimanere completamente scalza, e tornò a seguire la strada che aveva trovato tra gli odori e i suoni:
“Propongo di lasciarla, quella ragazza, secondo me, non sa nemmeno dove ci troviamo.” Esordì Takasugi incrociando le braccia al petto.
“Ma che dici?? E poi non sta tanto bene, anche se non lo vuole dare a vedere, non possiamo abbandonarla. Appena arriviamo all’accampamento, la facciamo visitare dal medico.”. Propose Katsura osservando la figura di Reiko camminare a passi sbilenchi ma decisi. Attraversarono un prato verde smeraldo sovrastato da salici e da rocce bianche come la luna, in seguito attraversarono un fiume. Qui la ragazza dovette accettare a mala voglia l’aiuto di Sakamoto ad attraversarlo ma non lo ringraziò, facendo sbottare il castano in una risata fragorosa. Giunsero in un’altra foresta, fatta questa volta da ciliegi, e i samurai la riconobbero, era quella che c’era nelle vicinanze del loro accampamento e si dovettero ricredere sull’affidabilità di Reiko. Quel profumo così famigliare entrò prepotente nelle narici di Gintoki facendolo sorridere, profumo di casa.
Arrivati ad avere dinanzi ai loro occhi il dojo dove passavano le giornate prive di guerra, i quattro samurai si voltarono in direzione della ragazza di spalle che li aveva condotti fino a lì, era stata di parola, con grande sorpresa di Takasugi e Katsura.
Zura stava per parlare quando vide la ragazza accasciarsi a terra priva di sensi con il kimono nero a fiori macchiato di rosso alla spalla sinistra e il sangue che scendeva copioso fino al braccio e insozzando la mano bianca e il suolo. Corsero verso di lei e Sakamoto la alzò da terra prendendola in braccio.
“Ha la febbre alta!” gridò questi sentendo il forte calore che emanava quel corpo e che entrava nella sua pelle.
“Svelti, al medico!” Gridò Gin entrando nel dojo e percorrendo strada ai compagni.
“Ma non sembrava ferita…” esordì Katsura guadando la ragazza nelle braccia del compagno che sembrava realmente preoccupato per quella sconosciuta.
“Che stupida!” commentò Takasugi seguendo i compagni verso la stanza del medico.
I quattro entrarono prepotentemente nella stanza che il dottore solitamente usava per curare le ferite di guerra e Sakamoto posò su una lettiga il corpo esile e cinereo di Reiko mentre i suoi compagni parlavano con il medico.
“Yasushi, devi fare qualcosa per questa ragazza!” Esclamò Zura.
“E’ ferita ma non sappiamo come e dove di preciso.” Continuò Gintoki indicando con il capo la ragazza.
Yasushi era un uomo piuttosto avanti con l’età, un samurai ritiratosi per inseguire i suoi sogni di medicina. Posò i suoi occhi grigi come la cenere sul corpo della ragazza e le slacciò lievemente il kimono per esaminarla meglio, si grattò la testa e si volse sui quattro samurai e li notò piuttosto imbarazzati.
“Cosa c’è?” chiese ingenue l’uomo passandosi una mano nei capelli corti e neri come la pece.
“La vuoi svestire davanti a noi?” chiese acido Takasugi, lievemente innervosito.
Il medico guardò il corpo svenuto della ragazza cui aveva quasi scoperto il petto e si rese conto che era una grave mancanza di rispetto nei confronti di una signorina. Fece cenno con la mano di uscire ai ragazzi e continuò a occuparsi della sua paziente.
Le slacciò completamente il kimono e osservò il braccio sinistro di Reiko coperto completamente di sangue, apparentemente non sembrava ferito e passò oltre per arrivare alla spalla. Qui spalancò gli occhi, la scapola era stata completamente trapassata da una lama, ipoteticamente, e gli aveva creato un grosso squarcio da cui usciva molto sangue, notò che intorno alla ferita c’erano dei residui di fili, evidentemente quella ferita doveva essere già stata curata ma i punti avevano ceduto. Sopirò scuotendo la testa e pulì il braccio e la ferita con dell’acqua e del disinfettante, ringraziando il cielo del fatto che fosse svenuta e che non potesse gridare o imprecare dal dolore, per poi suturarla nuovamente e bendarla stretta, affinché i punti non cedessero più e limitassero i movimenti della giovane.
Nel cercare di rivestirla, notò oltre ai vestiti completamente intinsi di sangue, una strana cicatrice lunga e stretta che le percorreva la schiena dal costato fino alla nuca.
“Ma che diavolo è?” esclamò sorpreso l’uomo.









Piccola fic trovata nei meandri del mio computer... La sto rivedendo e soprattutto ricordando cosa volevo scrivere!! XD  Spero mi facciate sapere  cose ne pensate, anche perché è la prima volta che maneggio questi personaggi! ^_^'
Un bacione dalla Lu! :*

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Capitolo 2
*** Le ciliegie si mangano meglio in tranquillità ***


Somewhere I Belonge








La luce la infastidiva, penetrava tra le sue palpebre sottili e stuzzicava i suoi occhi chiari sensibili a quel bagliore. Si portò una mano in volto e si strofinò i suoi due cristalli fino a cercare di mettere a fuoco dove si trovasse ma non riconobbe il luogo: era una stanza con il pavimento verde scuro su cui era steso un futon di un grigio pallido dove era coricata lei, le pareti erano bianche e spoglie ed in alcuni punti verdi per via dell’umidità. Si tirò a sedere e si guardò intorno con gli occhi socchiusi: era tutto così strano per lei. Cercò di muovere il braccio sinistro ma qualcosa la tirava e le limitava i movimenti, sbuffò e si guardò intorno. Notò che seduto all’angoletto c’era quello strano ragazzo dai capelli strani ricci, intento a dormire rumorosamente ed affianco a lui, sonnecchiava l’altro ragazzo con i capelli castani, quello che è stato tanto gentile con lei. Spostò ancora lo sguardo e vide gli altri due samurai dormire compostamente e tranquilli appoggiati al muro.
Erano rimasti a vegliare su di lei o non avevano altra stanza per dormire?
Si alzò dal futon e cercò di aggiustarsi il kimono ma non ci riuscì, era stato sostituito da dei boxer enormi con delle fragole e da una maglietta bianca legata in vita da un laccio. Si guardò i vestiti sbuffando nuovamente e si diresse silenziosa alla porta, cercando di non fare troppo rumore nell’aprirla ed uscì da quella stanza per capire dove si trovasse di preciso. Prima rivolse un’occhiata a quei strani tizi e ricordando i fatti accaduti, dato l’ora molto probabilmente il giorno prima: li aveva trovati nel campo di battaglia e condotti nel loro accampamento per la strada secondaria, svenendo quando si trovò di fronte all’edificio, poi più nulla. Sospirò esausta, grattandosi un poco la testa cercando i non sfaldare lo chignon che legava i suoi capelli castani e cominciò a camminare per il lungo corridoio dalle mura identiche a quelle della stanza, un brivido freddo le attraversò la schiena nel vedere tanto gelo in quello strano edificio.
Camminò ancora e raggiunse una stanza con un piccolo angolo cottura ed un tavolino basso con dei cuscini intorno. Aprì la porta di quella stanza e vi entrarono dentro i raggi del sole, riscaldando quell’ambiente così tetro e cupo, e scorse il panorama verde che si vedeva lì fuori ma una pianta colpì la sua attenzione: un ciliegio era in frutti ed il suo volto s’increspò in un sorriso.


Gintoki si svegliò grazie ad un odore dolce che entrava prepotentemente nelle sue narici, era qualcosa di zuccheroso e molto invitante per la sua voglia matta di dolci e si alzò dal suo posticino per dirigersi assonnato e traballante verso la cucina. Aveva gli occhi chiusi e seguiva la strada attraverso quell’odore così buono e dolce, evitando ostacoli e le travi troppo cigolanti. Arrivò alla cucina ed aprì completamente gli occhi magenta, cercando di guardare oltre quella coltre di luce che riempiva la stanza e trovò quella strana ragazza intenta e rigirarsi tra le bacchette una specie di frittata con sopra una salsa rossa. Reiko alzò lo sguardo dal piatto ed abbozzò un sorriso rivolto all’argenteo che si grattava freneticamente la nuca con gli occhi ancora impastati dal sonno.
“Buongiorno.” Lo salutò la castana prima di infilarsi nella bocca un pezzo di cibo.
“Ce ne è dell’altra?” chiese Gin concentrandosi più sul piatto che sulla persona che era di fronte ad esso. La ragazza lo guardò interdetta ed indicò con le bacchette il lavabo. L’argenteo si avvicinò verso il piano cottura e vi trovò un piatto largo con dentro altre sei frittate simili a quella di Reiko. Ne prese una e si sedette di fronte alla ragazza, che continuava a rigirarsi un pezzo di pietanza per poi mangiarlo.
“Che cos’è?” chiese l’argenteo, rivolto alla ragazza, prima di assaggiarlo.
“Frittata dolce con salsa alle ciliegie.”
Gin affondò le bacchette in quella roba gialla e ne prese un grande pezzo e lo ingoiò. Era squisito, quella ragazza sapeva cucinare benissimo. Sentì dei passi pesanti avvicinarsi alla cucina e non doveva essersene accorto solo lui visto che Reiko lo guardava interrogativamente con i suoi occhi di ghiaccio.
“Disgraziata! Ti ho visto, sai? Ti sei arrampicata su quel ciliegio, ignorando le fasciature! Disgraziata che non sei altro!” Yasushi era entrato come una furia nella stanza e puntava un dito verso la castana che non sembrava per niente intimidita dagli occhi e dal viso paonazzi del medico.
“Perché non prendi una frittata dolce? Piace anche al ragazzo con la permanente.” Sorrise innocentemente Reiko puntando le bacchette al ragazzo di fronte a sé.
“Ehi, i miei ricci sono naturali.” Precisò Gintoki toccandosi la capigliatura argentea. In quel momento entrarono come razzi Sakamoto e Katsura nella cucina, svegliati di soprassalto a causa delle urla del medico.
“CHE COSA E’ SUCCESSO??” urlarono in simbiosi i due samurai con gli occhi spalancati.
“E’ successo che questa ragazzina vuole proprio morire dissanguata!” puntualizzò Yasushi, calmatosi.
“Che faccia pure!” commentò acido Takasugi arrivato anch’esso in cucina ed appoggiatosi sulla soglia della porta a braccia incrociate.
“Perché? Cos’ha?” chiese un Sakamoto preoccupato al medico.
“Gli hanno squarciato una spalla e lei tranquillamente si arrampica sugli alberi a cogliere ciliegie! Secondo te a cosa ti servono le fasciature che hai sulla spalla?” chiese il medico rivolto a Reiko.
“Ma con quelle non potevo muovermi…” ammise la castana grattandosi la nuca.
“Appunto! A quello servivano e tu le hai tolte! Ma dico, sei pazza o scema?” urlò Yasushi diventando viola dalla rabbia.
“Su, ora non litigate, piuttosto Reiko come stai?” chiese Zura osservando il piatto della ragazza con fare voglioso.
“Bene. Lì ce ne è anche per voi.” Disse alzandosi dalla tavola e posando il piatto sporco nel lavabo. Si sedette ad un angolo della stanza guardando fuori la porta che dava al giardino. Socchiuse gli occhi perdendosi in quel paesaggio così bello e fresco, non sentendo i commenti dei samurai che si facevano sentire a gran voce.
“Squisita questa frittata!” esclamò felice come un bambino Sakamoto divorando il dolce.
“Molto buono! Complimenti Reiko!” squittì Zura.
Sentite quelle parole, Reiko sorrise appena e voltò lo sguardo verso Takasugi che mangiava tranquillo la frittata, i loro sguardi s’incontrarono per un istante ma la ragazza lo tolse immediatamente sentendo una mano posarsi leggera sulla sua spalla.
“Andiamo a medicare la ferita.” La invitò Yasushi a seguirlo. Annuì lievemente e si alzò dal suo posto, seguendo il dottore nella sua stanza.


“Posso farti una domanda?” chiese Yasushi mentre passava un unguento dal dubbio odore sulla spalla sinistra di Reiko, intenta a fissarlo intensamente. Annuì drizzando le orecchie per sentire meglio l’uomo.
“Dove te la sei fatta quella cicatrice?” La ragazza sgranò gli occhi e guardò a terra mortificata non rispondendo alla domanda dell’uomo.
“Scusami, io…” affrettò a dire ma fu bloccato dalla mano alzata di Reiko.
“No, non si preoccupi. Diciamo che ho avuto dei brutti avvenimenti in passato.” Rispose questa, tirando un sorriso e Yasushi non indagò oltre per non turbarla più del dovuto. Era così giovane, così piccola, le ricordò lievemente la sua piccola bambina, Ai, ma si ripercosse dai suoi pensieri sentendo la domanda di Reiko.
“Posso chiederle una cortesia?”
“Dimmi pure, cara.” Sorrise l’uomo completando la fasciatura alla spalla.
“Potrebbe insegnarmi l’arte medica? Vorrei diventare un medico anch’io e rendermi utile.” Confessò la ragazza sorridendo.
“Quindi hai intenzione di rimanere qui, nella fondazione Joui?”
“Se non è’ un problema. Purtroppo non ho più nessuno o un posto dove tornare e vorrei ringraziarvi per esservi preso cura di me, non sono tanto brava a parole…”
“Per me non ci sono problemi, ragazza!” sorrise Yasushi battendole una pacca sulla spalla appena fasciata, la ragazza chiuse un occhio dal dolore e gli sorrise riconoscente.
“Dov’è il mio kimono?” chiese poi la castana mettendosi in piedi di fronte al medico, l’uomo le sorrise e l’accompagnò verso il giardino sul retro. In quel momento si stavano allenando Katsura e Takasugi mentre Sakamoto li osservava e Gintoki dormiva, Reiko vide il suo kimono appeso ad un filo ma era troppo in alto e non poteva cerco arrampicarsi con le fasciature appena ultimate, decise di sedersi vicino al castano ed osservare l’allenamento.
“Ciao piccola Keiko!” la salutò felice come un bambino il ragazzo “Stai meglio?”
“Si. Oggi non c’è nessuna guerra?”
“Strano ma degli Amanto nessuna traccia ma è meglio non farsi trovare impreparati. Ahahah!” rise di gusto Sakamoto svegliando il povero Gin che ormai aveva la bava alla bocca.
“Eh?” disse l’argenteo beccandosi un’occhiata interrogativa dalla ragazza.
E questi avrebbero sconfitto alcuni eserciti degli Amanto? Pensò sconvolta la ragazza cercando di non far trapelare le sue emozioni. Ad un tratto le venne in mente una cosa e si rivolse al castano affianco.
“Ehi tu! Come ti chiami? E loro?”
“Ah giusto! Non ci siamo presentati. Allora, io mi chiamo Sakamoto, quello lì che dorme sempre Kintoki, quella con i capelli lunghi Zura e l’altro Takasugi!”
“E senti Saka, avete per caso il bagno?”
“Tranquilla piccola, ti hanno lavato ieri sera. Eri messa maluccio ed avevi anche la febbre ma grazie a Yasushi sei tornata come nuova.”
“Ehi tu, ragazza!” sbraitò Kintoki agitando una mano “Cucina stasera!”
“Non sono mica la donna delle pulizie o delle cucine!” ribatté acida la ragazza che si stava innervosendo. Ma per chi l’avevano presa? Yasushi intervenne in suo aiuto.
“Gin non passerà tutta la sua convalescenza a preparare da mangiare oppure a rassettare, sarà mia allieva e le insegnerò tutto ciò che bisogna sapere sulla arte della medicina!” rispose gonfio d’orgoglio l’uomo e sorridendo a trentadue denti. In quel momento sopraggiunsero anche Zura e Takasugi, stremati dall’allenamento.
“Quindi, questa mocciosa rimarrà qui.” Concluse acido il moro asciugandosi il volto con uno straccio. La ragazza per tutta risposta si alzò dal suo posto e tornò nel dojo, imprecando dentro di lei nel non potergli spaccare la faccia come si deve.
Yasushi cominciò a ridere come un pazzo seguito a sua volta da Sakamoto, anche se non ne capiva il senso.
“Perché ridete?” osservò calmo Katsura con una gocciolina di sudore che gli colava dall’attaccatura dei capelli.
“Ahahah! Quella ragazza ha carattere! Comunque sia Takasugi, si rimarrà qui. Diciamo che è il suo modo per dirvi grazie.”
“Per me è solo una mocciosa che ha avuto fortuna nell’ammazzare un Amanto!” continuò Takasugi con il suo solito tono “pacato”.
“Vi ho sentito, brutti bastardi!” strillò Reiko, tornata nell’entrata che dava al giardino sul retro, con due occhi che non promettevano nulla di buono.
“L’ho fatto apposta, mocciosa!”
“Senti Bakasugi, a me non importa un fico secco di quello che pensi su di me ma ti avverto, se mi farai arrabbiare non risponderò delle mie azioni, che non sono semplici colpi di fortuna, chiaro?”
“Come mi hai chiamato? Non solo eri nello schieramento degli Amanto ma ora, dopo esserti intrufolata nel nostro accampamento, offendi anche? Vedi di fare attenzione a come usi la tua lingua o te la taglio!”
“Provaci, che ti cavo gli occhi!” i due ormai erano a pochi centimetri di distanza e si guardavano negli occhi, o almeno fin quanto Reiko potesse alzarsi sulle punte e potesse raggiungere l’altezza di Takasugi. Il ragazzo notò che le sue iridi stavano cambiando colore e da azzurre stavano diventando viola e man mano andavano a schiarirsi, prendendo sfumature scarlatte.
“Che hai agli occhi?” domandò Takasugi osservandoli meglio. La ragazza gli chiuse immediatamente e ispirò a fondo, per quanto si era innervosita non si era accorta che erano cominciati a scaldarsi ed a cambiare. Si allontanò dal ragazzo e corse via, per raggiungere la camera da letto e sedendosi all’angoletto. Gli aprì lentamente e cercò di tastarsi le iridi, togliendo immediatamente le dita per il troppo calore emanato, ispirò a fondo varie e varie volte prima di farli almeno intiepidire. Si alzò da terra e cercò per la stanza qualcosa che potesse riflettere la sua immagine, trovando solo un catino d’acqua fredda. Si sporse lievemente su quello specchio improvvisato e trovò due ametiste posate sugli occhi. Sospirò soddisfatta e sentì la porta aprirsi alle sue spalle, scorse la capigliatura castana di Sakamoto che era entrato nella stanza per vedere come stesse la ragazza e la trovò chinata su un catino d’acqua a fissarsi gli occhi.
“Ehi piccola!”
“Che c’è?” rispose brusca chiudendo gli occhi.
“Ho visto i tuoi occhi, erano rossi come il sangue. Perché?”
“Non sono affari tuoi, anzi vostri!” sbottò la ragazza alludendo ai tre che udivano dietro la porta. Da questa entrarono i samurai entrarono abbassando il capo e grattandosi la nuca freneticamente. La ragazza alzò gli occhi al cielo e sorrise lievemente ma si bloccò.
Sentiva uno strano odore portato dall’aria, sgranò gli occhi riconoscendone il proprietario e cominciò ad indietreggiare per allontanarsi da Sakamoto e gli altri. In quel momento comparve Yasushi ed in mano aveva il kimono scuro della ragazza, essa glielo strappò di mano e lo indossò, togliendosi con foga quegli stracci che la coprivano e cercò con gli occhi i suoi anfibi ma non li trovò. La sua schiena chiarissima era segnata di cicatrici più o meno profonde, come tutto il corpo fragile e pallido. Quella scena era sia bellissima che fastidiosa, dava un senso di macabro e di tristezza.
“Devo andare.” Disse uscendo dalla finestra e cominciando a correre verso gli alberi.
“Tornerai?” quella domanda era uscita di getto dalla bocca di Gintoki, che fu colpito da sguardi incuriositi e stupiti.
La ragazza si bloccò di scatto ma non si volse verso i samurai “Chiedilo ai ciliegi…” mormorò prima di scappare nuovamente.
“Aspetta! Le fasciature…” provò a dire il medico chiamandola, ma non riuscì a bloccarla.







Salve eccomi qui di nuovo! 
Non ho molto da dire, solo che ho  allegerito un po' i toni con i boxer con le fragole... Chissà a chi apparterranno! XD
Yasushi fa del "Disgraziata" la propria filosofia di vita (tale mia madre!), ma mi piace come personaggio! 
Bakasugi è un soprannome che mi piace troppo! Ahahahah!

Beh, spero che il cpaitolo vi piaccia e che mi farete sapere una vostra opinione! Ringrazio Silver Fede che ha recensito lo scorso capitolo! =)

Un bacione forte dalla Lu! =*

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Capitolo 3
*** Chi fa da se.... Non fa un bel niente! ***


cap.3

Somewhere I Belonge











Reiko correva, correva a perdi fiato tra gli alberi che la dividevano dalla persona che emanava quell’odore familiare. Sentiva quella fragranza sempre più vicina, la sua irrequietezza prendere il sopravvento sulla sua razionalità, il calore pervadergli le iridi turchesi colorandole di rosso vivo e fremiti che le innervosivano le dita delle mani.
I fusti verdi degli alberi le sembravano tutti uguali e tutti fastidiosi, impedendole di vedere cosa ci fosse davanti a sé, tutto le scorreva veloce ma lei voleva raggiungere ancora più velocemente quell’odore, voleva vedere quegli occhi maligni.
Arrivò ad una radura circondata da salici e si guardò intorno ispirando con il naso, trattenendo l’aria e quell’odore che l’aveva spinta fino lì.
“Ben arrivata, Reiko.” tuonò una voce alle sue spalle.


Yasushi camminava sotto e sopra per la cucina imprecando di continuo verso la ragazza:
“Quella disgraziata! Le avevo appena finito le fasciature, se si riaprisse la ferita morirebbe di sicuro!”
“Yasu calmati, avrà avuto le sue buone ragioni.” Cercò di calmarlo Katsura mentre seguiva i passi del medico con lo sguardo.
“Forse perché puzziamo! Ahahah!”
“Sakamoto smettila!” lo rimbeccò Takasugi.
“Non si è portata nemmeno la katana” osservò Gin guardando la spada che Reiko aveva lasciato nel dojo. L’elsa era intrecciata con nastri neri e magenta mentre il fodero era di un marroncino-rossiccio lucido come la lama, sicuramente. Non seppe spiegarsi la preoccupazione che aveva sulla pelle ed aveva anche un brutto presentimento che sperava andasse via subito.
“Se mi ritorna con la fasciatura sfatta, mi arrabbio seriamente e se la vedrà con me!” sbraitò Yasushi inveendo verso il cielo.
Sakamoto e Gin risero sommessamente mentre Takasugi e Katsura tirarono un sorriso.


Reiko guardava quella figura nera avvicinarsi verso di lei a passo lento ma deciso, lo strano cappello di bambù a coprirgli il viso e gli occhi, il kimono bianco e nero a fasciargli stretta la vita e le spalle.
“Non dici niente, cara?” le chiese il tizio con un sorriso falso.
“Perché sei qui?” grugnì arrabbiata, nervosa.
“Solo questo? Pensavo fossi contenta di vedere una persona a te cara…”
“Cara?” quella parola le era uscita come un sibilo. Come si permetteva di definirsi anche lontanamente una persona?
“Ricorda che con noi hai un legame che va ben oltre il normale legame tra soldati.”
“Noi non abbiamo alcun legame, Shinji!”
“Che peccato...” mormorò l'Amanto mettendo la mano sull'elsa della sua spada, togliendola dal suo giaciglio, e mostrando la lama agli occhi rossi di Reiko.
“Mi attirano sempre i tuoi occhi rosso sangue... Forse perché assomigliano ai miei, Reiko.”
La ragazza grugnì ed istintivamente portò la mano al suo fianco alla ricerca della spada ma non la trovò. Maledizione! Sarebbe morta di certo, non avrebbe avuto speranze: Shinji era invincibile con la spada. Un vero demonio.
Deglutì a fatica non togliendo gli occhi dalla lama. Ripensò alla sua vita fino ad allora: niente di buono aveva fatto. Niente. L'unica cosa che poteva fare era allontanarlo dalle vicinanze dell'accampamento Joui: l'avevano salvata, curata e accolta nonostante prima facesse parte dell'esercito degli Amanto. Aveva ucciso un capitano degli alieni ed era considerato alto tradimento questo: era condannata a morte in pratica e gliela avrebbe data Shinji.
“Sai, per ora nessuno sa che hai ammazzato uno dei nostri comandanti... Puoi sempre redimerti se vuoi... Prima che ti ammazzi...”
“MAI!” urlò Reiko, con gli occhi ormai neri, correndo contro l'alieno con tutta la forza che le era rimasta.
Shinji ghignò.


Erano passati due giorni da quando Reiko aveva abbandonato il dojo dei Joui e gli Amanto avevano fatto una scaramuccia di poco conto, fortunatamente sedata da Sakata e Kotaro. C'era una calma irreale e di solito non era un buono auspicio per i samurai.
Yasushi ogni sera rimaneva per circa mezz'ora ad osservare il bosco nella speranza di vedere la figura della ragazza in ritorno, ma niente di niente. Sperava solo che non le fosse successo niente di grave e che fosse ancora viva. Gli doveva delle spiegazioni e tante. I quattro samurai che conoscevano la ragazza non cercavano di farlo desistere, anche se Takasugi gli ripeteva continuamente che era completamente inutile e che molto probabilmente non sarebbe mai tornata oppure era morta.
La terza notte, come al solito, il medico era seduto ad osservare l'orizzonte nell'attesa che una figura si stagliasse ai sui occhi. Attese ancora un po' ma poi decise di rientrare ed aspettare che arrivasse il giorno seguente per ripetere ormai quello che era diventato un rito.
Un rumore di rami lo fermò all'improvviso. Si volse alle sua spalle e sgranò gli occhi: era Reiko completamente coperta di sangue che si trascinava lenta e zoppicante verso il dojo. Sorrise lievemente appena i suoi occhi affaticati incontrarono quelli stupiti di Yasushi avvicinarsi velocemente e prenderla prima che potesse toccare il suolo con la faccia.
“Scusami... Le.. Le fasciature... Sono sfatte...” mormorò prima di svenire.
Yasushi entrò come una furia nel casolare e tra le braccia stringeva il corpo di Reiko privo di conoscenza. Attraversò il corridoio diretto nella sua sala medica ed incrociò Sakamoto in compagnia di Katsura.
“REIKO!” gridò Tatsuma preoccupato “Cosa l'è successo?!”
“Non lo so... E' arrivata così! Aiutatemi!”
I due samurai l'aiutarono a stenderla sulla lettiga ed a spogliarla: il suo corpo era completamente coperto da tagli, lividi e contusioni, la pelle era completamente rossa per quanto sangue aveva perso.
“Maledizione! Ha un emorragia al ventre ed un infezione alla spalla...” disse Yasushi esaminandola “Una braccio rotto ed alcune costole fratturate... Ma contro cavolo ha lottato? Presto Zura! Acqua calda e molte pezze pulite! Veloce!” urlò il medico arrabbiato.
“Mi chiamo Katsura, no Zura!” precisò il samurai correndo a prendere l'occorrente.
“Cosa cavolo vuoi che me ne freghi di come ti chiami, razza d'idiota!”
“Yasushi cerca di calmarti...” provò Sakamoto ma fu zittito dall'urlo dell'uomo.
“Idiota! Sai che potrebbe morire? Vammi a prendere dei vestiti puliti e vedi dove cavolo è finito quel capellone!”
Il samurai annuì mesto e corse fuori dalla stanza. Yasushi cominciò a premere sul ventre per cercare di fermare l'emorragia ed intanto parlava alla giovane “Non morire! Se muori giuro che ti ammazzo!”


Reiko era finalmente stabile ed al suo capezzale erano presenti anche Gintoki e Takasugi. Il primo era preoccupato per le condizioni della giovane mentre l'altro era stupito del ritorno della ragazza, che molto probabilmente si era scontrata con un macellaio per come era ridotta.
“Ora come sta?” chiese Sakamoto cercando di formulare la domanda lentamente per non far scattare la molla di Yasushi.
“E' stabile. Purtroppo ci vorrà un bel po' prima che recuperi coscienza... Ha avuto una brutta battaglia... Vorrei proprio prendere il responsabile di ciò!”
“Forse è un alieno?” propose Takasugi.
“Magari qualcuno deciso a vendicare il suo tradimento...”
“Non credo, Zura. Se fosse stato così sarebbero venuti per tutti non solo per lei...” disse Gintoki.
“Non si chiama Zura... Ma... Katsura...”
Un mormorio provenne dal futon dove giaceva Reiko completamente bendata. I quattro uomini si chinarono verso di lei, curiosi di sapere le sue condizioni.
“Come stai, bambina?” chiese il medico, che era più vicino a lei.
“Come... Un... Un...” deglutì a fatica “Uno straccio...”
“Non dovresti sforzarti...” le suggerì Sakamoto non appena la vide che voleva mettersi seduta.
“No... Ce la faccio...”
“Dove sei stata per tutto questo tempo?” le chiese nuovamente Yasu.
“Ero troppo... Stanca per tornare subito... Qui... Ci ho messo... Più tempo” rispose mesta la ragazza chiudendo gli occhi ogni tanto.
“Contro chi hai combattuto?” chiese Gin avvicinandosi un po' di più al letto.
“Era... Un'Amanto... Stava per avvicinarsi qui... Al dojo...”
“E tu l'hai allontanato?”
“Si, Katsura...” sorrise appena nel pronunciare il vero nome del samurai.
“Sei una stupida!” gridò Yasushi “Potevi morire! Hai presente che significa?”
“Una sola azione non basta... Per rimediare mille cattive... Ma è sempre meglio compierla una buona...”
“Chi era quello che ti ha ridotto così?” chiese Takasugi.
“Non posso... Dirlo...”
“Parla!” le ordinò il moro.
“No... No...” gli occhi della ragazza erano terrorizzati, aveva paura e molta. Ora che Gin l'osservava, sembrava davvero una bambina minuscola... Troppo piccola per saper combattere e per poter vivere la realtà della guerra.
“Devi dircelo! Ti vendicheremo noi...”
“No... Morireste Sakamoto.... E' troppo... Troppo per voi...” mormorò piena di paura Reiko “E poi...”
“Poi?” dissero l'unisono i samurai.
“Non posso dirvelo... Non posso...”
“Dillo a me.” propose Yasu.
Reiko lo guardò attentamente, gli occhi completamente sgranati dal terrore “No... Morirete! Lui è uno dei capi... Tendoshu... Controlla i fili... Ogni Amanto...” assemblava parole senza un filo logico, era completamente scossa. Cominciò a tremare e si prese il capo tra le mani “La sua voce... i suoi occhi... Rossi...”
“Meglio che le dia un po' di calmante... E' troppo impaurita...” suggerì il medico alzandosi per prendere il necessario.
“Reiko... Reiko!” la chiamò Sakamoto togliendole le mani dalla testa “Ora tu riposa, ma dopo vogliamo quel nome...”.
La ragazza annuì sommessamente e si stese nel suo futon, aspettando il medicinale di Yasushi.












Ciau a tutti!  ho avuto un po' di impegni ma il capitolo era già scritto e allora non ho fatto tanta fatica... ^^'
Qui piano piano si svela il passato di Reiko e ciò che la lega con gli Amanto... Mi piaceva il fatto che lei chiami Zura con il suo vero nome... boh, son strana io! xD

Grazie mille a chi ha recensito lo scorso capitolo ed a chi lo ha letto! Alla prossima!

Un bacione forte dalla Lu! :*

P.S. Ho ripostato il capitolo perché alcuni non lo riuscivano a visualizzare correttamente! V.V

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Capitolo 5
*** Occhio per occhio... ***


cap. 4

Somewhere I Belonge











Rumori. Tantissimi rumori le arrivavano nelle orecchie. Risate e tintinnio di bicchieri.
Aprì gli occhi a mala voglia e notò che la sua stanza era completamente buia; chissà da quanto dormiva?
Si mise a sedere sul suo futon e si stropicciò gli occhi ancora impastati dal sonno, provò ad alzarsi, ma una mano le fu praticamente inutilizzabile e bendata e non poteva appoggiarla a terra. Era anche la destra.
Maledizione! Con che impugnava ora la spada?
Riuscì ad alzarsi e provò a fare dei passi verso la porta; lentamente arrivò ad essa e l'aprì. Camminò lenta per il corridoio, seguendo quelle voci allegre che si facevano sempre più forti.
“Kintoki! Kintoki sta vomitando!”
“Ho bevuto troppo... Mamma mia! Zura! Maledetto stronzo!”

Non mi chiamo Zura. Sono Katsura, idiota!”
Stavano... Bevendo?
Entrò nella stanza e trovò i quattro samurai completamente ubriachi: Sakamoto gridava e rideva come un pazzo mentre Gintoki vomitava anche l'anima dentro un catino aiutato da Yasushi, Zura era accanto a Takasugi intenti a scolarsi a testa una bottiglia di saké bianco. Non appena notarono la sua entrata, Sakamoto e Yasushi l'accolsero.
“Ti sei ripresa!” ululò il capellone.
“Disgraziata, devi stare a riposo...” continuò Sakamoto.
“Ma se ha dormito per due giorni di seguito, Yasu...”
“Due... Due giorni?” si stupì Reiko “E' tantissimo...”
“Abbiamo anche vinto una battaglia!” squittì felice come un bambino Sakamoto “Dovevi vedere Kintoki e Zura sterminare un'intera guarnigione di Amanto.”
“Cretino! E' Gintoki! Gintoki!” urlò l'argenteo straziato dall'alcol.
Reiko fissò il samurai: come poteva uno come lui essere considerato il Demone Bianco? Ormai era una leggenda tra gli Amanto, le sue vittime erano innumerevoli e le voci su di lui erano arrivate anche ai vertici dell'esercito, toccando anche le sue orecchie da capitano. Shinji anche ne aveva parlato in uno dei suoi allenamenti.
“E' uno dei più temibili samurai che ci poteva capitare, insieme a quello con quel ridicolo fundoshi bianco... Quest'uomo, con i suoi capelli d'argento macchiati di sangue sul campo di battaglia,è in realtà un demonio! Presta bene attenzione, però, e non lasciarti intimorire: è solo un umano e tu sei molto di più!”
Girò lo sguardo verso Takasugi e lo trovò a bere come una spugna il suo saké, il moro si accorse dello sguardo della giovane e le lanciò un'occhiataccia.
“Che hai da guardare?”
Reiko si volse da un'altra parte senza nemmeno rispondergli e cercò un posto tranquillo per potersi sedere in pace e magari bere un bicchierino per riprendersi un po'. Prese un bicchiere di liquore e decise di sedersi vicino la finestra, così da poter vedere il panorama che c'era all'esterno. Si portò il bicchiere vicino alle labbra, ma questi le fu tolto da una mano più veloce della sua.
“Non devi bere sotto calmanti.”
“Signor Yasushi...” mormorò Reiko stupita.
L'uomo si sedette affianco a lei e si tracannò il saké in un solo sorso “Come ti senti?”
“Un po' stordita... Ma sostanzialmente bene, grazie...”
“Figurati... Solo, che non te la caverai con delle scuse... Ci devi delle spiegazioni, e tante!”

Yasushi, voi non dovete intromettervi, è molto pericoloso e potreste morire sul serio. Io ci sono andata vicina...E voi lo avete notato!” disse decisa la ragazza “Non si sta parlando di un semplice Amanto o di un capitano, come lo ero io o come lo era quello che ho ucciso davanti a loro...”. Indicò i quattro Joui, ma si dovette ricredere alle sue parole:non erano in condizioni da essere presi come esempi, dato che erano completamente ubriachi e si erano addormentati.
“Io mi chiedo perché bevono se non hanno il fisico...” mormorò rassegnato il medico. Si alzò dal suo posto ed aiutò a fare altrettanto Reiko “Tu va' a riposarti... Riprenderemo il discorso domani...”
“C'è un motivo per cui non ne voglio parlare con loro...” esordì all'improvviso la ragazza. Yasushi la guardò interrogativamente e con lo sguardo le chiese di andare avanti.
“L'Amanto contro il quale ho combattuto, si chiama Shinji ed è... E' il mio creatore... Mio padre, in sostanza...” La ragazza cominciò a raccontare il suo passato al medico, che ascoltava attentamente nonostante l'iniziale sgomento.
Quando ebbe finito il suo racconto, Yasushi sgranò gli occhi, ma non disse niente, limitandosi a darle una pacca sulla spalla “Non siamo noi a decidere chi soni nostri genitori...”
Reiko sorrise appena, sicura che l'avesse sentita solo Yasushi.



Nei giorni seguenti, Reiko si riprese decisamente, anche se era non ancora del tutto in forma ma comunque seguiva ancora le lezioni di Yasushi con lo stesso entusiasmo che aveva dimostrato all'inizio.
I ragazzi purtroppo avevano ripreso delle battaglie e sempre di meno tornavano indietro di quanti ne partivano. Quel giorno, Zura e Gintoki avevano iniziato un'animata discussione che era partita tutta da Sakamoto e dalla sua idea di abbandonare il campo di battaglia.
“Sono stufo di vedere i miei compagni morire in un'inutile e già persa in partenza di battaglia!” aveva detto rivolto ai suoi amici di guerra. Katsura si era precipitato subito nel dire la sua e sputare un discorso su una patria libera e senza occupazione aliena, che di certo gli avrebbe compromesso il futuro.
Era subito stato appoggiato da Takasugi con parole certamente meno più rosee delle sue, ma essenzialmente ripetevano il concetto dell'amico.
Quello che stupì più di tutti fu Gintoki, a dirla tutta, appoggiò in pieno le idee di Sakamoto e ripeté all'infinito che la guerra era un'inutile perdita di tempo e di zuccheri.

I miei zuccheri mi servono e non voglio sprecarli per una guerra che non ha né capo né coda.” ripeteva fino alla nausea “E' meglio abbandonarla prima di perdere qualcosa di serio.”
Yasushi però non era d'accordo “Gintoki, ma ti senti quando parli? Proprio tu che dichiarasti che gli Amanto non avrebbero mai e poi mai occupato il nostro pianeta, ora blateri queste cose senza senso?”. Reiko fissò gli occhi di Gintoki, stupefatta.

E' solo un codardo!” sibilò velenoso Takasugi “Mettendoti i paraocchi, non risolverai un bel niente! Non hai il coraggio di affrontare la realtà e di cambiarla!”
“Codardo? A me?” urlò Gintoki Sakata spazientito “ La mia non è codardia, è l'istinto di sopravvivenza che parla e che mi dice che perderemo! Tanto vale fare seppuku, non è vero, Zura?”
“Meglio il seppuku, piuttosto che finire i miei giorni comandato e trattato come una bestia dagli Amanto!” replicò asciutto Katsura “meglio la morte, che la rovina!”

Ma sentitelo...” mormorò incredulo Gintoki “Io me ne vado!” enunciò senza troppe cerimonie e si avviò verso il bosco.
Non puoi scappare da una realtà che ti seguirà fino alla morte! Ricordatelo razza di baka!” gli urlò alla schiena Takasugi, più irritato che mai, poi si volse ai compagni “Io e il mio Kiheitai andiamo a pattugliare i confini... Molto meglio che stare qui a sentir idiozie!” ed uscì dalla stanza.
Reiko balzò in piedi e seguì Gintoki nel bosco.

Parruccone!” urlò alle sue spalle “Gintoki! Fermati!”
Lui si fermò e si volse verso di lei con molta calma “Che cosa vuoi?”
“Non puoi andartene... Così! Su due piedi! E non dopo aver detto quelle cose!” spiegò la ragazza con il fiatone.

E perché non potrei, di grazia? Non mi pare di aver firmato un contratto...”
“E invece si, con la tua anima! Non puoi piegarla al volere di qualcun altro, perché è quello che stai facendo!”

Tu saresti proprio l'ultima che dovrebbe parlare... Tu stavi con gli Amanto!”
Colpita ed affondata. “E' vero! Ero con gli Amanto... Ed a essere sincera, tu avevi molti ammiratori nel mio dipartimento... Eri temuto, rispettato... Elogiato...” scandì ogni parola con dolcezza “Ma ora, vedo solo un'egoista fifone... Che delusione...”
“Come hai detto?”
“Tutti quegli Amanto che provavano paura per te... Se scoprissero la verità, riderebbero per quanto erano scemi ad avere paura di te!”.

Come osi, ragazzina?” esclamò adirato Gintoki, colpito in pieno al suo orgoglio.
Oso eccome! Io ho avuto il coraggio di perseguire nelle mie scelte ma tu no! Ti stai nascondendo nella maschera dell'indifferenza e della rassegnazione!”
“Tu mi conosci?”
Reiko rimase spiazzata da quella frase “No, ma...”

Allora faresti bene a chiudere quella bocca.”
No, non la chiudo. Nemmeno tu non mi conosci, ma cavolo non posso sopportare chi abbandona i suoi compagni e non lotta per realizzare i propri obiettivi! Avete iniziato questa guerra insieme, ed è giusto che la finiate insieme!”
Potremo morire tutti...”
Anche loro ne sono consci... Ed anch'io.” mormorò la ragazza.
Beh...” sospirò Gintoki grattandosi svogliatamente la capigliatura ribelle ed incamminandosi verso il dojo “Come minimo, mi merito tre di quelle frittate dolci che fai tu...”
“Troppi zuccheri fanno male e lo sai!” sorrise Reiko.

Allora facciamo cinque!”
Ascolti quando parli?”
Stavano ancora ridendo, quanto tornarono nel dojo del gruppo Joui. Le acque si erano calmate e il silanzio regnava nell'edificio.
“Takasugi che fine ha fatto?” chiese Gintoki guardandosi intorno.

E' in perlustrazione...” gli rispose Reiko.
Ho un brutto presentimento...” mormorò a bassa voce l'argenteo.
“Eh?”
“Niente! Ci vediamo tra un po'...”
Reiko non ebbe il tempo di chiedergli niente che Sakata era già lontano., sospirò facendo spallucce e raggiunse Yasushi nel suo studio, sperando che il fiuto del ragazzo si sbagliasse.


Presto! Perde molto sangue!” una voce gridò nel corridoio e fece sobbalzare Reiko che aveva un bisturi in mano, pronta per tagliare la buccia di una banana, diretta dal medico suo maestro. I due medici uscirono dalla loro stanza in fretta e si trovarono Gintoki sporco ed affaticato che sorreggeva un Takasugi completamente coperto di sangue in viso e privo di sensi.
Che cosa è successo?” chiede Yasushi facendolo entrare nella stanza e posandolo sulla lettiga che c'era.
Sono stati attaccati... Il presentimento che avevo era fondato!” mormorò l'argenteo.
Yasushi pulì la ferita sotto gli occhi vigili di Reiko, che l'assisteva, e di Gintoki, visibilmente preoccupato per il compagno anche se cercò di mascherarlo il più possibile.
Il medico sobbalzò nel vede il volto del moro.
“Santi numi!” esclamò la ragazza portandosi una mano sulla bocca “L'occhio...”

Dammi del disinfettante.” le disse Yasushi ma, vedendo che la ragazza non si muoveva, le urlò poi “Ora!”
Si riscosse e, oltre al disinfettante, gli passò anche tutti gli altri strumenti che potessero servirgli ed assisteva il medico meglio che poteva, anche se non poteva vedere la faccia di Takasugi per quanto era...
“Che diavolo gli è successo all'occhio?” urlò Gintoki, che era stato tenuto all'oscuro di tutto.
I due medici non gli risposero e continuarono il loro operato, lasciando il samurai come un fesso, all'ignaro del vero.
Quando ebbero finito, Yasushi prese di parte Gintoki e lo portò fuori dalla stanza, lasciando Reiko a finire le ultime cosa ed al bendaggio. Gintoki vide il medico visibilmente scosso e si passava frequentemente una mano sulla testa, da cui gocciolavano delle perle di sudore.

Yasushi...” mormorò piano il samurai.
“L'occhio... E' andato perduto... Non può più vederci da lì...”
La verità gli venne gettata addosso come dell'acido.
Se fosse arrivato prima...
Se non se ne fosse andato per la rabbia e sarebbe rimasto nel dojo, forse l'avrebbe fermato...
Se fosse stato più forte, l'avrebbe sconfitto, vendicato il suo compagno...

Se... Se...” cominciò a dire Gintoki incredulo.
E' inutile affogare nei “se” o nei “forse”... E' andata così...” mormorò rassegnato Yasushi “Ma dimmi... Contro chi ha combattuto?”


Reiko fasciva l'occhio sinistro di Takasugi, ancora privo di conoscenza, e non poteva non provare tristezza per quello che gli era accaduto. Non si erano mai sopportati a dir la verità, ma comunque erano “compagni” ora, e le sofferenze di uno appartenevano anche all'altro; era la regola.
Quando ebbe finito, stava per andarsene dalla stanza ma qualcosa le afferrò il polso e la costrinse a voltarsi verso la lettiga.
“Non dovresti sforzarti...” mormorò Reiko con la voce più dolce che potesse avere.
Takasugi la fissò, con l'unico occhio che gli rimaneva, e le fece una muta domanda solo con il suo sguardo olivastro.

Si... Quell'occhio... E' cieco. Mi dispiace.” gli disse mortificata “Yasushi ha fatto il possibile, davvero!”
Non ce l'ho con lui... E nemmeno con te...” tossicchiò il moro “Solo con una persona...”
“Chi ti ha fatto questo?”
Takasugi fissò negli occhi Reiko e prese fiato “Tu padre.”
Sentì la terra caderle da sotto i piedi “Ma che dici... Io non..” tentò di giustificarsi la ragazza, ma lui fu più veloce.
“Ti ho sentito, mentre ne parlavi con Yasushi...” spiegò Takasugi “Quel Shinji... Ci ha attaccato e purtroppo non sono riuscito a sconfiggerlo... Era davvero... Forte... Ma, d'altronde, che altro c'è da aspettarsi da un Tendoshu?” sorrise amaramente.
“Scusami...” mormorò Reiko mordendosi il labbro inferiore “Io...”
“Non l'ho fatto per te!” esclamò il samurai “Lui, ci aveva già attaccato... Anni prima, quando frequentavamo un'accademia samurai...” raccontò “E' per colpa sua, che io ho perso il mio maestro di spada!” sputò con l'ira.

Chi era il tuo maestro?” chiese la ragazza.
Si chiamava Shouyou.”










Salve! Scusate la lunghissima assenza, ma l'università è iniziata anche per me e mi trovavo un po' indietro con tutte le fic che sto cercando di proseguire. ^_^ Diciamo che questo capitolo fa riferimento al primo film di Gintama, che conosco diciamo a grandi linee e che ho voluto interpretare in questo modo... ho la sensazione che questo capitolo sia spoglio... Mmh! .-.

Comunque sia ringrazio sempre chi legge! =) Alla prossima!
Un bacione dalla Lu! :*








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