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Se non sopportate spiegazioni e simili saltate subito a Capitolo
1 (vi do anche il permesso visto che brava?!), per i coraggiosi che si sono
fermati ecco invece alcune piccole informazioni:
Ecco, prima di iniziare vorrei avvertirvi di una cosa. Io
non ho mai letto un manga di Slam Dunk, né visto una sola puntata del cartone
(anzi, esisteva vero? Non ne sono neanche sicura…)
Se adesso vi ritrovate a leggere sta roba, è solo perché una
sera, alla ricerca di qualche bella fic yaoi, magari originale, sono capitata
su una Hanaru… e mi sono innamorata di Kaede Rukawa. Ho odiato cordialmente
Akira Sendoh per qualche tempo, fino a quando non ho letto una fic dove loro
due erano… non mi ricordo se amici, o cugini… In ogni caso ho scoperto che
stanno benissimo insieme, e sono diventata sostenitrice delle Senru (che
putroppo sono scarsissime! Qualcuno mi sa dire dove trovarle? Gliene sarò
eternamente grata…) Ma dato che Hana mi sta molto simpatico, non potevo
mollarlo da solo con Haruko! E quindi, in questa mia opera Akira e Kaede sono
cugini, amicissimi e anche qualcosina di più (ma ci sono ombre scure su questo
passato, che si riveleranno nel corso dei capitoli, se tutto va come deve
andare) E Hana… è Hana, idiota e tenero e brontolone come sempre. La fic
dovrebbe essere una Hanaru, in teoria… Oddio ma quanto ho già scritto? Vi
prego, non uccidetemi, prima almeno leggete il capitolo!? Giuro che me ne sto
buona buona fino alla fine!
Capitolo 1
Pov Sendoh
Il coach ride, nasconde gli occhi dietro le mani. Non è
certo l’unico.
Intanto il sole alle nostre spalle sta correndo, e sembra
davvero affrettarsi a compiere quella lunga salita che culminerà nel
mezzogiorno… sembra ansioso quanto me di proseguire, di continuare.
Lo amo il sole.
Ma amo anche giocare. E così abbandono questi pensieri malinconici
e teneri, e mi volto verso gli altri. Pronto a ricominciare con il mio ruolo di
eterno giullare.
Hiro mi sta guardando con un sorrisetto, e dondola le chiavi
davanti al mio viso.
-Ne è rimasta una sola, Sendoh… ci tocca anche sta volta!
C’è un bagliore nei suoi occhi che è impossibile
fraintendere. Una sfida.
Non sarò testardo come qualcuno di mia conoscenza, ma non
sia mai detto che lascio cadere una sfida.
Soprattutto se ho davanti un pubblico impaziente.
E gli occhi maliziosi del mio migliore amico che mi invitano
a rispondere.
Gli prendo il polso, lo avvicino al viso. –Direi che è
un’ottima soluzione… lo sai che soffro la solitudine…- sussurro sensuale,
aprendogli la mano e baciandogli il palmo. Tutti scoppiano a ridere ancora di
più e Hiro arrossisce leggermente.
Uno dei piaceri della vita, fare arrossire il mio dolce
playmaker.
Mi faccio più audace, lo fisso negli occhi e con la lingua
mi azzardo ad assaggiare la sua pelle.
Devo essermi spinto troppo oltre perché Koshino ritira la
mano di scatto. –Smettila di giocare idiota e ridammi le chiavi!
Lo show non sarebbe ancora finito nelle mie intenzioni, ma
un grido mi impedisce di continuare.
-Io con la baka kitsune non ci dormo! Ma siete impazziti,
volete che mi prenda una broncopolmonite acuta? A stare tutta la notte con quel
freezer… e poi come ci gioco, con la febbre a quaranta? E voi avete bisogno del
tensai per vincere…
Sto aspettando… ogni fibra del mio essere è tesa nel
tentativo di cogliere le parole pronunciate da quella voce melodiosa che so
risponderà…
-Do’hao.- sento infatti ribattere, in tono piatto,
indifferente, e do subito le spalle ai miei colleghi per volgere lo sguardo
sugli avversari. Lui è lì.
In piedi, assonnato (scommetto che ha passato il viaggio in
pullman a dormire) con i capelli un po’ spettinati e una posa indolente… sta
appoggiato al furgone, e non alza la voce neanche per rispondere agli insulti
di Sakuragi.
Ma per me la voce la alzerà….
-Kaede!- urlo, e lo vedo sollevare la testa… mentre le sue
labbra si aprono in un minuscolo sorriso dolce… un sorriso che, lo so, dona
solo a me.
Mi fiondo nella sua direzione, e lui muove qualche passo per
incontrarmi a metà strada. Lo stritolo tra le braccia, ridendo, e lui mugugna
qualcosa…
-Che dici piccolo?
-Mollami Akira mi stai strozzando…
Allento la stretta ma non lo lascio andare. Mi è mancato
troppo, quel suo profumo, quella voce sensuale, quel profilo perfetto… Quando
ho saputo che saremmo stati affiancati dallo Shohoku al ritiro mi sono messo a
saltare in palestra! (Sotto lo sguardo allibito di tutti i miei compagni, che
sicuramente si chiedevano cosa ci trovassi di tanto divertente nel farmi
insultare per due settimane da quello scimmione di Sakuragi).
-Vedo che anche lo Ryonan è arrivato, Sendoh.- mormora
Akagi,eio mi rivolgo anche a di loro.
–Sì, appena adesso… spero abbiate fatto un buon viaggio!
Tutti annuiscono, a parte il mio ostaggio. Avvicino le
labbra al suo orecchio, soffiando –Ha dormito bene il mio gattino?
Sento una miriade di occhi posarsi su di noi. Perplessi.
Incerti. Per poi farsi sconvolti quando sentono il mio Kaede ridacchiare, senza
divincolarsi dalla mia stretta.
So cosa stanno pensando: il ghiacciolo umano…ride?!? Ma è
inutile che vi mordiate le mani, ragazzi, lo fa solo con me. Non vi
preoccupate.
-Akira… dammi una mano con le valigie, idiota!
Urla Hiro per spezzare quello strano silenzio, e io gli
lancio un’occhiata. Sta fissando Kaede, con uno sguardo assorto.
Spiacente, Hiro: ti voglio molto bene, ma questa meraviglia
non è pane per i tuoi denti. Io, il mio cuginetto, non lo concedo neanche al
mio migliore amico.
Ho imparato la lezione, ormai.
Pov Sakuragi
Cazzo lo odio quel porcospino! Non solo è l’osso più duro di
tutto il Ryonan, ma sembra anche provare un piacere perverso nel mettere le
mani addosso al mio volpino! E quel cretino di Rukawa, che da a me
dell’idiota, si lascia palpare! Sorride anche!
Ma cazzo, Kitsune, non ti accorgi che quello vuole solo
scoparti? Lo vedo benissimo, io, il modo in cui ti guarda, in cui ti osserva,
in cui ti sfiora… con quel suo sorriso a novantatrè denti perennemente candido
e falso…
Ahio! Chi è che mi ha lanciato il pallone in testa?
Mi volto e vedo Mitsui al mio fianco. –Con chi ce l’hai
stavolta, Sakuragi?
Scrollo le spalle. Non posso certo dire allo Sfregiato che
provo il bruciante desiderio di mettere le mani attorno al collo di Akira
Sendoh e stringere, stringere… anche perché non è l’unico bruciante desiderio
che io provi.
Aahhh…!! Ma cosa sto dicendo? Non posso neanche pensare una
cosa simile…
Ma non posso neanche mentire.
Non adesso, non mentre osservo Rukawa saltare, i capelli
incollati alla fronte, e schiacciare il pallone nella rete.
Comunque è un po’ di tempo che ho la sensazione di non
essere il solo, a fare di queste considerazioni.
Gli occhi di Mitsui indugiano un po’ troppo spesso sulla
volpe, quando si lava, quando si cambia, quando cammina…
Con quella maledetta sensualità che sembra incredibile
vedere in un congelatore ambulante. Mai che faccia un sorriso, la Kitsune (a
parte quelli per il porcospino, certo), mai che sfiori qualcuno con troppa
intenzione… eppure è impossibile restare fermi e impassibili guardandola. E sta
parlando un etero convinto, voglio dire, sono neanche due ore che non vedo
Haruko e già mi manca! Ma Rukawa… Merda, sarà pure un maschio, ma riesce a
fartelo venire duro anche mentre palleggia con lo sguardo fisso sul canestro,
senza prestarti la benché minima attenzione! Perché la kitsune, quando gioca,
potrebbe cadergli il cielo in terra e non se ne accorgerebbe…
-Ehi Kaede…!
Ecco, che vi dicevo? Il porcospino lo chiama e lui manco si
volta. Reprimo un sorriso di soddisfazione che si trasforma in un ringhio
quando Sendoh ride e allunga un braccio, togliendo il pallone dalle mani di Ru.
Che si volta, deciso a fare una strage (abbiamo imparato a non intrometterci
nei suoi allenamenti privati, ormai), per scontrarsi con il ghigno idiota di
Sendoh. E incredibilmente rilassa le spalle, passandosi una mano tra i capelli.
-Che vuoi Akira?
Giusto, per lui è Akira. No ma dico, proprio con il nostro
peggior nemico doveva mettersi a fare amicizia? Voglio vedere in partita, poi,
se si mette a fargli gli occhi dolci quando sta per insaccare il pallone
nell’ennesima rete…
Non sono geloso. Davvero.
È solo che quel maledetto porco se lo sta mangiando con gli
occhi!
-Gattino, ti va un one on one?
Rukawa annuisce- sia mai che la volpe rifiuta una sfida- poi
frega la palla a Sendoh e si lancia sul canestro. Ma si ritrova a terra, con il
porcospino addosso. Adesso vado là a lo strangolo.
Ride, Sendoh, ride con le lacrime agli occhi, e Ru si
divincola ma non lo scalcia via. –E togliti cretino mi stai distruggendo la
gamba…
Eppure…sorride!! E Sendoh… -Cazzo che male Ru ma sei fatto
di marmo? Mangi qualcosa, ogni tanto, o hai deciso di vivere d’aria? Guarda che
a me piacciono i ragazzi più in carne, sai?
Rukawa non fa in tempo a ribattere che Koshino ha tirato su
di peso Sendoh. –E piantala di provarci con lui, tanto non attacca Akira!
Piuttosto vieni, che dobbiamo lavarci…
Se ne vanno, e solo quando le porte della palestra si sono
chiuse dietro di loro mi volto verso la volpe.
Sta ancora a terra, gli occhi fissi al soffitto e il respiro
leggermente affannato.
Eccolo. Kaede Rukawa, il ragazzo con gli occhi di volpe, il
ragazzo più bello del pianeta, il miglior giocatore di basket della prefettura,
la matricola d’oro dello Shohoku, l’angelo imbronciato della nostra squadra… il
mio rivale in amore, il mio peggior nemico… sdraiato sul pavimento di
una palestra, atterrato e azzoppato da un porcospino ridens arrapato, con gli
occhi sbarrati e le labbra socchiuse…
Ma che cazzo sta pensando quella stupidissima volpe! Mica
gli sarà davvero piaciuto stare a terra sotto Sendoh!?
-Forse la volpetta innocente non è proprio pur come
pensiamo…- sussurra una voce al mio orecchio.
Mi volto. Mitsui sogghigna, e non faccio fatica a leggere il
suo sguardo. Lo spingo da parte. –Sai a me che me ne frega? Basta che il
porcospino non gli abbia rotto una gamba, poi per il resto…
-Da quando ci si preoccupa della salute di Rukawa, Hana?- mi
sfotte lo Sfregiato, mentre io senza badargli mi avvicino al caduto. Gli porgo
una mano –Ehi, volpe, tutto bene?
Lui mi guarda, come se non mi riconoscesse. Poi,
incredibile, arrossisce.
-Do’hao- borbotta, rialzandosi da solo e uscendo in fretta
dalla palestra.
Io resto fermo, sotto lo sguardo irridente di Mitsui, a
contare i battiti veloci del mio cuore. E a ripassare nella mente l’immagine
irreale delle gote candide di quel bellissimo principe dei ghiacci rosate
dall’imbarazzo.
Basta per questa prima volta! Allora, che ne dite? Sono
trooooppo OOC? Vi prego, dovete dirmelo… Comunque, metto in chiaro ancora una
volta che io non ho mai letto un manga né visto una puntata di Slam Dunk… però
dopo aver letto certe fic avevo bisogno di dire la mia (sì, va beh, lo so che
questo non vuol dire che debba mettermi a riempire anche la categoria dei manga
con i miei deliri, però siate benevoli, non è colpa mia se mi diverto a
tormentarvi! Sono sadica, non l’avevate ancora notato? E adesso, se sta storia
va come deve andare, lo vedrete ancora meglio…. Ho in mente tante di quelle
disgrazie per il mio adorato Kaede che penso mi metterò a piangere addirittura
io, alla fine (non che ci voglia molto a far piangere me, avete anche
ragione…)). Comunque, non è che io abbia proprio qualcosa di importante da
comunicarvi… semplicemente mi divertono troppo le note a fondo pagina! In ogni
caso, se a qualcuno interessa, sappia che il secondo capitolo è già quasi
finito, devo solo sistemarlo! Per il resto, dovete parlare con la mia musa…
magari già che ci siete convincetela ad aiutarmi a finirle, le fic che mi fa
cominciare, invece che continuare a distrarmi con altri spunti e trame! Grazie…
per tutto! (non pretendo davvero che vi mettiate a litigare con
quell’antipatica della mia musa, tranquilli! Mi basta che leggiate, e magari
lasciate un commentino!) kisses Roh
Un altro avvertimento: la fic potrebbe essere leggermente
AU, credo. Voglio dire, immagino eventi, eventi che costituiscono l’ossatura
portante del racconto, che non c’entrano niente con Slam Dunk. Ma questa è la
mia visione personale di Kaede, e anche di Sendoh, in un certo senso. Credo che
loro siano mooolto OOC, e che lo diventeranno ancora di più nel continuare dei
capitoli. Hana invece dovrebbe essere piuttosto fedele… o almeno, è fedele alle
immagini che ho ricavato dalle altre fic! Spero vi piaccia…
Sakuragi pov
Cioè, io davvero non capisco perché devo sempre, e
sottolineo SEMPRE, cacciarmi in situazioni così… così, ecco, IMBARAZZANTI.,
Oddio, e adesso cosa dico? Tutti mi stanno fissando con
quell’aria di attesa malcelata, divertita e strafottente. Sento ancora nelle
orecchie echeggiare la voce di Sendoh.
-Allora, scimmia, dicci un po’… sta benedetta verginità,
l’abbiamo già persa?
Così tranquillo, rilassato, appoggiato a un gomito e
praticamente disteso a terra. Con la testa che si rovescia indietro per
sorridere al suo degno compare, come si chiama il playmaker del Ryonan? Sì,
giusto, Koshino.
Almeno non starà appiccicato alla kitsune come suo solito,
mi sono detto. Ma era sperare troppo, evidentemente, perché Rukawa gli sta
seduto esattamente di fronte, e gli occhi di quell’odioso porcospino si
attardano un po’ troppo spesso sulla sua figura.
Io, dalla mia postazione strategica, vedo tutto!
-Ehm… Hana? Ti sei addormentato?- la voce di Akagi mi
riporta alla realtà. Giusto, il gioco… che poi io l’ho sempre odiato il gioco
della bottiglia!
E meno male che abbiamo optato per la versione più soft,
quella senza baci… anche perché chi vorresti baciare, qua dentro? Siamo tutti
maschi! Ayako si è rifiutata di mettere piede in questa stanza, con somma
delusione di Ryota (oddio il nome è giusto vero? A volte mi perdo ancora con
tutte queste sillabe strane… ndRoh)…
Lo sguardo mi cade sulla volpe. Effettivamente qualcuno da
baciare ci potrebbe anche essere… per Mitsui o Sendoh, certo! Mica avrete
pensato che stessi parlando di me… io, il mitico Tensai… ma siamo seri!
Rukawa non ci guarda, sembra non prestare attenzione al
gioco. Beve un sorso di qualche strano liquido, le sue labbra sono così
perfette… sensuali…
Mi sento avvampare, e certo non aiuta Mitsui, che mi scruta
torvo –Insomma scimmia non abbiamo tutto il giorno! Vuoi rispondere sì o no…
che poi è solo una proforma, lo sappiamo già tutti che tu…
-Qual era la domanda?- provo a scamparla, ma quel bastardo
di Sendoh mi guarda con i suoi occhi blu e sbatte le ciglia –Sei ancora
vergine, Sakuragi?
Ecco, lo sapevo, sono paonazzo. Distolgo lo sguardo, per non
vedere quegli occhi blu tingersi di soddisfazione e divertimento, mentre pigolo
un sì.
Poi in fretta ruoto la bottiglia.
Si ferma di nuovo su di me. Evvai! Adesso sarò io a
tormentare… speriamo che mi tocchi Sendoh, voglio il porcospino, dai, dai,
Sendoh, Porcospino, Porscospino…
Merda. Ma non mi ascolti proprio mai, vero, tu?
Evidentemente Rukawa il gioco lo seguiva, perché quando la
bottiglia si ferma davanti a lui mi guarda.
Mi guarda.
E io mi perdo in quegli occhi straordinari.
Un movimento di Mitsui al mio fianco mi riporta alla realtà.
Si china, lo Sfregiato, di sicuro per suggerirmi qualche domanda… ma io so già
cosa chiedere, ho in mano lo strumento della mia vendetta.
-Ah-ah-ah, è il tuo turno, eh, volpaccia! Allora rispondi tu
se hai il coraggio? Sei vergine?
Sto ancora ridendo, immaginando l’imbarazzo colorare le sue
guance. E sta volta sarà merito mio, sarò io a metterlo a disagio…
-No.
Ogni fantasia di trionfo cade intorno a me in un tintinnio
di vetri infranti.
-Come no?- mi sento sussurrare, afono. Lui scrolla le
spalle. –Vuoi un disegnino, do’hao? No. Non sono vergine.
Oltre allo sconcerto per aver sentito, vediamo, 8 parole di
fila sgorgare da quelle labbra solitamente immobili, so che qui intorno tutti
stanno annaspando.
Io da parte mia non so cosa pensare.
Un pò il mio orgoglio si ribella “Com’è possibile che
addirittura il frigorifero ambulante abbia già fatto sesso mentre io ancora non
ho dato neanche un bacio?”
Poi c’è un sottile terrore, immagini agghiaccianti della
kitsune tra le gambe della mia piccola Harukina.
E questa fotografia porta un sentimento molto più grande e
impetuoso, che minaccia di annegarmi e sommergermi. Gelosia. Gelosia cieca e
rabbiosa.
CHI SAREBBE QUEL BASTARDO CHE HA APPROFITTATO DELLA MIA
KITSUNE?
Solo l’idea del suo corpo candido tra mani altrui mi da la
nausea. Una delle sue stupide fan, certo… quale? Qual è, che devo sventrarla?
E poi un altro sospetto. Strisciante. Che mi spinge a
voltare la testa di scatto, verso l’altro lato del cerchio. Come mi accorgo
TUTTI hanno già fatto.
Ma Akira Sendoh non guarda noi. I suoi occhi sono fissi su
Rukawa, così come il sorriso, dolce e intenerito questa volta, non borioso come
al solito, è un dono per lui solo.
Mi fa quasi male vedere che ormai tutti collegano i due,
almeno idealmente.
E del resto, quale candidato ideale per quel grande passo,
se non il ragazzo, l’unico, che riesce a sciogliere un po’ il principe dei
ghiacci?
Il fruscio della bottiglia sul pavimento ci fa sussultare.
Mentre tutti eravamo impegnati a sbranare Sendoh con gli
occhi, la maledetta kitsune ha deciso di continuare il gioco.
La crudele lancetta si ferma su Mitsui.
Vedo lo sguardo dello sfregiato tingersi di malizia. Dio, ti
prego, fa che non tocchi di nuovo a me…
Per una volta le mie preghiere sono ascoltate. La vittima
sacrificale sarà Sendoh.
Non gli ho ancora perdonato lo scherzetto di prima, quindi
mi preparo ad assistere voglioso al suo pubblico annientamento. Anche se la
paura che quell’idiota di Mitsui possa chiedere al porcospino se è stato lui a
rubare l’innocenza della mia volpacchiotta mi gela il sangue nelle vene.
Che poi devo smetterla con sta storia della mia
volpacchiotta. Lui è Kaede Rukawa, cazzo! Il mio peggior- beh, quasi- nemico!
Mitsui sorride.
-Bene bene, chi abbiamo qui? Il nostro dolce Akira… sai che
circolano molte voci su di te, vero?
L’altro annuisce con grazia. Non sembra imbarazzato.
Rukawa manda già un altro cocktail. Ma non era astemio il
volpino?
-Soddisferai qualche mia curiosità, Akira-chan?
-Ma certo, Mitchi.- replica zuccherso quel cretino. Ahia. Si
mette male. Mitsui odia quando lo si chiama Mitchi. A me mi ha sempre
preso a pugni, quando mi scappava. E Akira non è nella posizione giusta per
scherzare col fuoco.
-Riguardo alle tue preferenze sessuali, ecco, i pareri sono
piuttosto discordanti. Ti andrebbe di illuminarci una volta per tutte?
Quasi mi cade la mascella quando quell’imbecille con sorriso
perenne dichiara candidamente di essere bisessuale. Voglio dire, io sono qui a
farmi enormi seghe mentali solo perché trovo carino Rukawa (ehm, sì,
vabbè, forse carino è un po’ un eufemismo…), e lui…
-E chi ti piace di più?
-Bè…non saprei così su due piedi… direi i ragazzi, credo.
-Ne hai avuti tanti?
-Dipende da cosa intendi tu per ‘tanti’…- replica pronto e
sibillino il porcospino.
-Qualcuno che conosciamo?- eccola la domanda tanto attesa. E
la risposta è…
Una risatina. –Direi proprio di sì… ma non perdere tempo a
chiedere i nomi: non te li dirò mai!
-Allora la domanda di riserva. Ripensa a tutte le tue
scopate. Qual è stata la cosa più porca che hai fatto?
E qui, per la prima volta, l’uomo ridens si fa serio.
Ammutolisce, lo sguardo si oscura, un’ombra cade sul bel viso.
Guardo, con il cuore che sanguina, Rukawa mordersi un
labbro, e Sendoh incatenare i suoi occhi.
Si fissano per un lungo momento, e nessuno fiata. Poi, un
sorriso appena accennato, triste e dolce, e la risposta.
-Non sempre le leggi della morale coincidono con quelle
dell’amore, Mitsui. E quelli che hai svegliato non sono bei ricordi. Non ho
intenzione di ricordare. Tutto può essere puro. Innocente. Basta che sia fatto
nel modo giusto.
Rukawa chiude gli occhi, veloce, beve un altro bicchiere.
Akira allunga una mano tremante, e da una leggerissima
spinta alla bottiglia.Mitsui.
Altra spinta. La bottiglia. Che ruota, folle e perversa,
fino a decidere la prossima vittima.
Fermandosi, con un sibilo inquietante, proprio su di lui.
Di nuovo su di lui.
Sulla kitsune.
Sendoh pov.
Ok, lo ammetto, non sono ancora del tutto libero da quelle
storie. Certi giochetti continuano a mettermi a disagio.
In fondo, tutto è cominciato così, no?
In uno di questi maledetti giochini.
E so che anche Kaede lo pensa. Perché quando risponde è
teso.
Io cerco di fare lo sbruffone, ma l’ultima domanda di Mitsui
mi colpisce come un cazzotto allo stomaco.
Ripensa a tutte le tue scopate. Qual è stata la cosa più
porca che hai fatto?
Dio, che schifo. Odio ridurre tutto a termini così volgari,
lo sai vero gattino mio? Mi viene voglia di alzarmi e prendere a pugni quello
stupido teppista… per essersi permesso di infangare così i ricordi che tengo
cari più della vita. Per aver di nuovo associato quella luce al buio che poco
dopo l’ha inghiottia. Dolce e amaro, farmaco e veleno. Sempre così, in continuo
susseguirsi. Ma…
Come cazzo puoi chiamare scopata quel che facevamo?
Già allora non lo sopportavo, e non avevo metri di confronto.
Ora, invece, ora che sono stato in così tanti altri letti,
so che era diverso. Era come volare.
E se amore non si poteva dire, perché innamorati non
eravamo, mio dolce tesoro dagli occhi di volpe, mia eterna e vivente
contraddizione, ogni nostro gesto era comunque un’emozione.
Non sopporto di scendere le scale che conducono a
quell’abisso. E invece, la domanda di Mitsui, caduta nel silenzio generale, mi
ha spinto con forza lì dentro. E mi sono ritrovato di nuovo dentro quelle afose
notti di luglio, quelle notti di seta e di olii, con il cielo nero simile a
inchiostro che colava nei nostri occhi dilatati dagli acidi, e la tua pelle,
Kaede, candida sulle mie lenzuola, le tue lacrime sotto le mie labbra, la tua
disperazione nel mio cuore. Il tuo corpo perfetto, puro, eppure spezzato, nelle
mani.
Mentre rispondo sento i tuoi occhi accarezzarmi. Tu solo
capisci quel che mi costa questo pellegrinaggio. Tu solo puoi capirlo.
Certo, anche Hiro si è accorto che qualcosa non funziona. Ma
quei ricordi non posso condividerli nemmeno con lui, nemmeno con il mio
migliore amico, il mio dolce playmaker.
E quindi mi sporgo, cercando di far smettere le mani di
tremare, e giro la bottiglia.
E la sorte questo decide, per questa notte di rimembranza.
Mitsui, inquisitore. E Kaede, strega che cammina verso il
rogo.
Mio cugino volta i suoi occhi prigionieri del mare.
Sento la risata nervosa di Sakuragi –Ah baka kitsune tocca
di nuovo a te… forza Mit fagli qualche bella domanda imbarazzante…
Come ci fosse qualche domanda capace di mettere a disagio
mio cugino…
Ma Mitsui ha altri progetti, perché fissa rapito Kaede, e si
inumidisce le labbra. –No Hana, nessuna domanda per la nostra volpe. Ma stai
tranquillo, lo spettacolo piacerà anche a te. Voglio vedere se il nostro Rukawa
è bravo a togliersi i vestiti come lo è a fare canestro.
Mi alzo in piedi di scatto. –Cazzo dici ti sei bevuto il
cervello coglione?- esplodo, e sento la mano di Hiro sul mio polso. –Akira
calmati…
-Calmati sta minchia… cosa credi di fare, con chi credi di
parlare, scimmione senza senso?
Lo sguardo di Mitsui sono freddi. Eppure, eccitati. Chissà
da quanto tempo questo puttaniere si rifà gli occhi guardandosi mio cugino
sotto la doccia, chissà da quanto tempo aspetta questo momento… e quel pirla
patentato di Kaede che come sempre non si accorge di niente! Ma bisogna
mettergli i sottotitoli a quel ragazzo? E poi ha il coraggio di chiamare
Hanamichi do’hao!
La voce del bastardo mi riscuote da questi truci pensieri –Cos’è
Sendoh, siamo gelosi? Vorresti che lo show fosse privato… magari nella tua
bella cameretta… con il letto pronto per sbattercelo sopra, dopo…
-Ma come ti permetti di…
-Akira. Basta. Lo farò.
Guardo mio cugino alzarsi, bere un’ultimo sorso e poi porgere
il bicchiere a Mitsui. Senza un sorriso. Senza una provocazione. Semplicemente,
un ordine. –Riempi.
E Mitsui riempie, mentre io affondo la testa tra le mani e
mi chiedo cosa posso fare.
Io lo conosco, Kaede. Conosco Kaede. Conosco un Kaede che
questi idioti manco arrivano ad immaginarsi. E so di cosa è capace. Questo mi
spaventa.
Senza una parola ha portato la stanza al silenzio. E adesso
le sue dita candide volano al primo bottone della camicia.
Inchioda tutti gli sguardi, e non ha ancora incominciato.
Io so cosa farà. L’ho visto così tante volte…
Non ancheggerà, non farà nessuna mossa sexi. Sarebbe
grottesco. E invece lui, il mio angelo, è sempre elegante.
Semplicemente, si spoglierà. Con lo sguardo fisso su un
punto imprecisato del muro.
E semplicemente si spoglia. Con le labbra morbidamente
serrate.
Riprendo a respirare. Non si sta impegnando. Potremmo
arrivare alla fine senza troppi problemi.
In fondo, le altre volte era completamente fatto. Ci credo
che poi si lasciava andare a certi estremi… ma questa sera, questa sera no.
Questa sera è perfettamente lucido, e poi davanti ci sono i suoi compagni di
squadra, non ricchi figli di papà sbavanti cui fottere i soldi. Cui fottere
tutto.
Kaede lancia uno sguardo alla finestra, di nuovo. E solo
allora io mi accorgo dei numerosi bicchieri posati a terra. Ha bevuto. Molto. E
non c’è più abituato.
Ommmerda…..
Si volta, continuando a spogliarsi lentamente, cammina fino
alla finestra. Lì si appoggia al muro e guarda il mare. Lascia cadere la
camicia, sfiora il pavimento con un volo leggero.
E lui ci fissa tutti in faccia. Uno per uno.
Lasciando me per ultimo, come dessert. Nei suoi occhi,
adesso di nuovo accesi come in quelle sere, leggo le sue intenzioni.
Scuoto la testa, lo imploro di non farlo.
Ma lui sorride, un sorrisetto malizioso che speravo non gli
avrei più visto, e mi sembra quasi di sentirlo sussurrare. –Non lascio mai
cadere una sfida, io, cuginetto…
Tutti sono incantati a bersi la visione del suo petto nudo
investito dalla luna, quando le mani di Kaede si arrampicano sulle spalle. Si
sfiora lento, poi le dita scivolano sui muscoli, scendono sul ventre,
capricciose, e si avvolgono intorno al primo bottone.
Ha ricominciato a camminare. Verso di noi.
Non ancheggia, si ostina a non compiere nessuno di quei
tipici movimenti da spogliarellista, eppure mi sono eccitato addirittura io.
Gli lancio uno sguardo truce e lo vedo sogghignare. Merda, è più ubriaco di
quanto pensassi…
Il primo bottone salta, anche il secondo e poi il terzo… le
mani si fanno strada dentro i jeans, li allargano, li fanno scivolare. Non si
ferma. Con grazia fa un passo in avanti, liberando le caviglie dal tessuto.
E poi si ferma davanti a Mitsui. Lo sfida.
Vedo distintamente il rigonfiamento nei pantaloni di quel
bastardo. So che Kaede sarebbe capace di farlo venire con un solo gesto, uno
sguardo, una parola. Se solo lo volesse.
Ma non vuole. Non ancora. Al mio cuginetto piace giocare
quanto a me.
Lo fissa negli occhi. –Vuoi finire tu, Mit?- chiede, la voce
bassa, e le mani del bastardo si posano sui suoi fianchi, le dita si infilano
sotto l’elastico dei boxer…
A Mitsui sfugge un gemito, e io mi alzo in piedi di nuovo.
-Bene lo spettacolo è finito. Kae smettila di fare il
bambino e rivestiti.
Lo strattono e sembra che tutti si risveglino da un sogno.
Un tempo questo mi riempiva di orgoglio… adesso sono solo stanco. E spaventato.
Getto la camicia sulle spalle di mio cugino e gli lancio i
jeans. Mentre lui li riinfila impacciato mi avvicino a Hiro. –Le chiavi.
-Come scusa?
-Le chiavi di camera nostra, lo metto a letto.
Sakuragi sta fissando la macchia sospetta sui pantaloni di
Mitsui, ma alza la testa all’improvviso. –Che vorrebbe dire?
-Vorrebbe dire che Kaede stanotte dorme da me e tu te ne
stai buono con Hiro. Non ho la minima intenzione di lasciare Kae solo con uno
di voi, dopo questo istruttivo spettacolo.
-Giusto, meglio il tuo letto, soprattutto se ci stai dentro
anche tu!- ribatte Sakuragi e io non gli bado, allacciando i pantaloni di mio
cugino. Quell’idiota dai capelli rossi sembra molto infastidito da questo
gesto…
Passo un braccio intorno alle spalle di Kaede e lo spingo
verso il corridoio. –Buonanotte ragazzi. Fate bei sogni.- li sfotto,
chiudendomi la porta alle spalle.
Ve l’avevo detto che era OOC… A proposito, mi scuso con tutti
i fan di Mitsui: non volevo assolutamente farlo così stronzo!!!! A me sta
simpatico, è solo che mi serviva uno un po’ ‘rude’ per quel ruolo, e poi le
cose mi sono sfuggite di mano. Magari riesco a riscattarlo… non sarà certo lui
l’eroe negativo della storia, state tranquilli. A proposito, a scanso
d’equivoci, se ci fosse qualche giocatore (magari un capitano, sarebbe
perfetto) di qualche altra squadra che vi da sui nervi, fatemelo sapere, perché
quel ruolo è ancora vacante… Altrimenti boh, tirerò a sorte con i nomi che mi
ritrovo… è appunto solo un nome che mi serve!
Volevo ringraziare Bambi, mi ha fatto davvero piacere
leggere il tuo commento… il rossore di Kaede mi è venuto così, non so neanche
bene perché. Cioè, lo so in teoria, ma è piuttosto nebuloso come concetto.
Quanto a Venus… sono così contenta di risentirti…! Spero che
non trovi i personaggi TROPPO OOC, visto che sei un’appassionata… e spero che
il rapporto tra Akira e Kaede ti continui a intrigare, perché ho intenzione di
costruirci il racconto sopra. Non so cosa farci, io me li vedo troppo bene…
Ho deciso di seguire il consiglio di Hinao85, e ho aggiunto “what if”
alle informazioni, perché effettivamente, soprattutto in
Ho deciso di seguire il consiglio di Hinao85, e ho
aggiunto “what if” alle informazioni, perché effettivamente, soprattutto in
seguito, gli eventi si discosteranno molto da quelli reali. Magari sarò io
paranoica, ma mi spiacerebbe se qualche fan di Slam Dunk rimanesse turbato.
Sendoh Pov
Devo assolutamente trovare un modo per far ingurgitare un
po’ di calorie a questo mucchietto di ossa. Ero serio, oggi pomeriggio in
palestra, quando dicevo che sembra fatto di marmo! Voglio dire, l’ho portato in
braccio per tutte le scale e non ho neanche il fiatone…
Mi viene quasi da ridere, non sono più abituato a fare la
chioccia. Tutte le mie ragazze, e tutti i ragazzi, mi hanno sempre anzi
accusato di essere un bastardo senza cuore, uno che pensa solo al sesso e poi chi
si è visto s’è visto.
Cazzate. Io sono così solo con chi è così a sua volta. E
Kaede…. Kaede non lo è. Assolutamente.
Lo corico adagio sul letto, lo guardo. I suoi bellissimi
occhi sono offuscati, sembra non capire. Non capisce.
Kaede è così, ubriaco. Passa da momenti di lucidità gelida
ad attimi in cui torna bambino.
Ridacchia mentre gli slaccio la camicia. –Mi fai il
solletico… Aki…
-Ma sentilo, quello che fino a due minuti fa teneva due
squadre di basket col fiato sospeso con il suo spogliarello!
Lui inarca la schiena per permettermi di fargli scivolare
via i pantaloni, e io finalmente lo spoglio.
Resto a fissarlo, mordicchiandomi un labbro.
Distratto faccio correre la mano sui muscoli del suo petto,
in una carezza leggera, e lui geme.
Ok. So cosa fare.
-In piedi gattino…- gli dico, infilandogli una mano sotto la
schiena.
Lui barcolla ma ubbidisce. È più facile trascinarlo in bagno
così.
Senza una parola lo metto sotto la doccia. L’acqua gelida lo
risveglierà.
Si lamenta, ma resta sotto il getto.
Quando lo tiro fuori gli occhi sono tornati limpidi.
Temporaneo, certo, ma… non potevo rischiare che facesse
qualche cazzata. Tipo baciarmi.
Non avrei resistito.
Ora i capelli nerissimi grondano acqua, e sono incollati
alla fronte. Lo lascio ad asciugarsi e torno in camera.
-Akira… è tua questa stanza?
-Mmmm-mmmm. Dormi qui, stanotte. Come ai vecchi tempi, non
sei contento?
-E Koshino? Non era lui il tuo compagno?
-Sakuragi ha gentilmente offerto il tuo letto per il suo
riposo.
Lui distoglie lo sguardo. –Figurarsi se l’idiota si lascia
sfuggire l’occasione di sbattermi fuori dalla camera…
Meglio dirgli la verità? Cioè, che quando ho ordinato a Kosh
di cedere il letto, gli occhi del rossino mandavano fiamme? Che è proprio
davanti al suo evidente desiderio di avere Kaede con sé, che mi sono
deciso ancor di più a tenerlo lontano da tutti?
La voce di Kaede mi strappa a questi pensieri. –Kira… cosa è
successo, prima?
Sta sdraiato sul mio materasso, i capelli umidi
spettinati. Ehm…
Si tira su di scatto. Sguardo inorridito. –NO! Non mi dire
che ho fatto….
-Già-già.
Nasconde la testa tra le mani. –Non potrò guardare in faccia
nessuno, domani.
-Suvvia, non è così terribile. Hanno visto che eri
completamente sbronzo. E poi, ti assicuro che hanno gradito tutti. Kaede… Kaede, seriamente. Perché
hai bevuto così tanto?
La risposta mi arriva come un pigolio. –Ero triste…
-E chiaramente non hai intenzione di dire a zio Akira
perché.
Non risponde, e sospiro. Mi corico nell’altro letto, visto
che quel mostriciattolo si è impadronito del mio, e faccio per spegnere la
luce.
-Kira?
Lo guardo. Ha le coperte raccolte sotto il mento e mi fissa
con gli occhi lucidi. L’effetto dell’alcool sta tornando. Non ho mai visto
nessuno reagire come Kaede alle ubriacature.
-Dormi con me stanotte?
Deglutisco. Sembra così piccolo, eppure… così bello.
-Ti prego.
Scosto le lenzuola e scivolo al suo fianco. Lui si accoccola
contro il mio petto. Continua a parlare. –Non piaccio a nessuno.
Ridacchio. –E tutte le tue fan dove le metti?
-Kira sono femmine. Non contano.
-Beh, ti assicuro che gli sguardi dei tuoi compagni di
squadra, e anche dei miei, stasera, non erano proprio quelli di gente a cui non
piaci. Bastava che allungavi la mano, e avresti potuto avere chiunque. Anche…
anche l’etero più convinto.
Non commenta. Ma sospira. –Può darsi. In ogni caso io resto
solo una bambolina arrapante.
Kami, odio quando parla così. Odio pensare a chi ha messo
quelle parole volgari in quella bocca stupenda, a chi l’ha costretto a imparare
certe lezioni.
A chi gli ha fatto aprire gli occhi sulla maledizione di
avere un corpo simile.
Vorrei prenderlo a pugni, quello stronzo. Ma non mi
basterebbero i giorni, per dare la lezione giusta a tutti i colpevoli.
-Kaede smettila di parlare così. Sai che non resisto ad
ascoltarti senza fare niente. E sai cosa mi viene voglia di fare. Quindi…
Si è sollevato su un gomito, e mi sta guardando. Gli occhi
sono vertiginosi.
La prima volta che mi ha fatto questo discorso, era una
notte d’estate. Una notte di seta bollente. E lui aveva le guance striate da
lacrime.
Dopo che mi aveva raccontato quel che gli era successo,
avevo due possibilità.
Baciarlo sulla fronte, rimboccargli le coperte e andare a
cercare il figlio di puttana che aveva risposto alla dichiarazione del mio
cuginetto preferito con un sogghignante –Perché me lo dici? Credevi di essere
qualcosa di diverso da una bella scopata?
Oppure. Baciarlo sulla guancia, e poi scendere sulle labbra,
e insegnargli quel che sentivo dentro. Lavare via con la mia saliva l’odore
rancido di quello schifoso.
Kaede aveva quattordici anni.
Scelsi la seconda.
Adesso mi sta guardando, e si china su di me. Mi bacia. Un
bacio lieve, gentile. Che ricambio con languida dolcezza.
Dopo ci guardiamo negli occhi. Lui è ancora ubriaco, lo so.
–Kira, tu ci sarai, vero?
Lo stringo forte. –Sì, Kaede. Io ci sarò sempre. Ma adesso
dormi, che domani dobbiamo allenarci.
Prima di addormentarsi, sussurra ancora –Kira, tu mi vuoi
bene?
Gli poso un bacio sui capelli. Sono asciutti, oramai, e
sorrido. –Quanto sei sciocco, piccolo.- mormoro, chiudendo gli occhi.
Sakuragi pov
Apro la porta della mia stanza con un calcio. Quel demente
di Koshino, alle mie spalle, mi segue sogghignando.
Ora. Non è che io sia geloso di quell’orrido
porcospino, voglio dire, che ci troverà nella Kitsune non lo so. Ma…
Ma non doveva averla vinta, Ecco. Insomma, hanno deciso che
la volpaccia avrebbe dormito con me? E allora dormirà con me, cazzo.
Invece no. Perché Akira Sendoh deve fare i suoi
sporchi comodi con Rukawa, e quindi io mi ritrovo Koshino.
Che sta sdraiato sul letto di Ru e mi guarda.
-Nervosetti?- chiede con un sorriso. Anche questo, sempre
scazzato, proprio sta sera doveva divertirsi? Inizio a pensare sia sadico. Mmm,
un sadico, un maniaco sessuale… che elementi ha il Ryonan?
Lo fulmino. –Fottiti Koshino.
Non replica, piega le braccia dietro la testa. Fissa il
soffitto.
L’idea di quel che adesso staranno facendo quei due,
nell’altra stanza…
Avrei voglia di spaccare qualcosa.
Che poi, perché mi preoccupo tanto della volpe? Se Rukawa è
così stupido da non sapersi scegliere gli amici, fatti suoi no? Io che c’entro?
Non vedo perché dovrei farmi venire l’ulcera per lui…
-Piaciuto lo spettacolo?- chiede Koshino.
Faccia schifata. –Cosa? Ma dai… puah! Mica sono come il tuo
amichetto, io!
Lo sguardo irridente di quel maledetto playmaker scivola sul
mio inguine. Lo imito.
Cazzo! Non mi ero accorto di essere ancora eccitato…
Mastico tra i denti qualche insulto, non so se rivolto a
Mitsui che ha proposto la cosa, a Sendoh che sta a letto con la volpe, a
Koshino che mi rompe le palle o a Rukawa che è così disperatamente…
O a me che sono sensibile alle sue grazie. E non solo a
quelle sportive…
Maledizione! Devo smetterla di pensarci…
Koshino si è addormentato. Sorrido quasi… neanche la volpe
sarebbe stata capace di addormentarsi più in fretta.
A proposito di volpi… no, non cederò.
Per quanto il mio corpo urli, non ho nessuna intenzione di
masturbarmi pensando a lui.
Quindi, meglio non pensarci proprio. E dormire.
Si, sì, dormire… e rimandiamo ogni domanda scomoda a più
giusto momento.
Domani mattina… con il sole e gli uccellini allegri… sarà
tutto diverso…
Certo, tutto diverso, penso aprendo gli occhi.
L’unica cosa diversa è che ho i pantaloni bagnati, e la
maglietta matida di sudore.
Più il forte sospetto che Rukawa non fosse del tutto
estraneo ai sogni di questa notte.
Anche Koshino si sta svegliando… sbadiglia e mi sorride.
Quasi quasi gli tiro un pugno.
-Buon giorno Sakuragi, dormito bene?
Lo guardo alzarsi, stiracchiarsi, avvicinarsi alla porta. Lo
fermo.
-Scusa, dove stai andando?
Sguardo ironico. –In camera mia, non credi? Voglio farmi una
doccia, cambiarmi…
Camera sua. La camera dove Sendoh dorme. La camera dove
Rukawa dorme.
La camera dove Sendoh e Rukawa hanno dormito.
Dormito…
Scatto in piedi. –Vengo con te.
Solleva un sopracciglio. –E per quale ragione, scusa?
-Beh, ecco, ehm…- cazzo, non posso mica dirgli chiaro e
tondo ‘perché se quel pervertito del tuo amico ha messo le mani addosso alla mia
volpe gli faccio saltare tutti i denti!’
Potrebbe fraintendere la mia più che lecita preoccupazione
per la salute di un compagno con… non lo so, con gelosia. Ecco, non sarebbe
corretto.
Ma il Tensai ha sempre una riposta pronta. –Se Rukawa ha
sonno non si regge in piedi. E per lui questa è notte fonda. Posso sostenerlo
per il corridoio, in questo modo… senza disturbare ancora Sendoh.
Perché ho la sensazione che non mi creda? Ma che razza di
playmaker diffidente hanno, quelli del Ryonan?
Comunque, arriviamo davanti alla porta e faccio per aprirla.
Koshino mi ferma. –Aspetta, bussiamo prima.
-Eh? E perché?
-Non vorrei disturbarli…- sussurra con un sorriso. Che
diavolo sta insinuando questo nanetto?
Improvvisamente, tutti i miei timori si riaffacciano. Kaede!
Apro la porta con una spallata, mi precipito dentro.
Ahhhh! Terribile spettacolo!
I vestiti della volpacchiotta sono sparsi per terra, e
Rukawa… Rukawa è nel letto, addormentato… usando il petto del porcospino come
cuscino!
Mi avvento su di lui –Bastardo che gli hai fatto?
Koshino mi afferra per la vita –No ma dico ti sei
rincretinito?
Sendoh si passa una mano tra i capelli –Ma che… Ah,
Sakuragi… buongiorno Hiro.
Ma che buongiorno… io ti amazzo porco schifoso… giù le mani
da Kaede…
-Stronzo io ti…
-Shhh… smettila di urlare, o lo sveglierai…- sibila Sendoh,
indicando Kaede con un cenno del capo.
Sì, come se fosse possibile… Ci credo che non vuole che si
svegli… quando la volpe si renderà conto di quel che è successo, Sendoh è un
uomo morto…
Mi piacerà vedere Rukawa fare tanti piccoli pezzettini del
porcospino… e poi venire da me, triste, ad ammettere di aver sempre sbagliato a
considerare affidabile quel maniaco…
Oh, sì, Kaede sarà costretto a dire che avevo ragione io…
riconoscere la mia superiorità…
Kaede…
Kaede… cioè no, no, Rukawa, Kitsune, insomma la volpaccia,
apre gli occhi.
Guarda me. Guarda Koshino. E poi guarda Sendoh.
E. Sorride.
Si stiracchia, senza scostarsi da quel petto nudo. Le dita
del porcospino volano tra i suoi capelli.
-Ce la fai ad alzarti?
Annuisce, ma quando è in piedi barcolla.
-E reggilo, idiota!- mi sibila Koshino all’orecchio. Mi
affretto ad ubbidire.
Kaede chiude gli occhi, si appoggia al mio braccio.
Sendoh si alza in piedi. Oh bè, almeno i boxer li indossa.
Lancio un’occhiata a Rukawa. Anche lui.
Forse non è tutto irrimediabilmente perduto…
Forse la mia volpacchiotta è ancora…
Ma cosa vado a pensare? Questo qui non è più innocente da un
pezzo! Non hai visto come ballava ieri sera? E cosa ha risposto…
Cosa vuole ancora il porcospino? Sendoh gli ha messo una
mano sulla spalla, parla guardandolo negli occhi.
Gli sta suggerendo una doccia, e gli mette in mano una
pastiglia.
Per il mal di testa, dice. E Rukawa annuisce.
Poi, ci sbrighiamo nel corridoio.
Vuoi mai che la Kitsune, per quanto rintronata dai postumi
della sbronza, faccia tardi agli allenamenti!
Ok. Non è successo granchè in questo capitolo, ma mi diverto
troppo a fare Hana sospettoso e paranoico, e Sendoh tormentato…
A proposito, penso che inserirò anche qualche flashback per
spiegare alcune emozioni dei due cugini. Uno entro breve, in teoria.
Venus, sono contenta che ti piaccia… e comunque
qualcosa tra Kaede e Akira ci sarà, cioè, c’è stata più che altro, ma non è
molto bella. Anzi. E riguardo agli aggiornamenti, bè, in questi giorni sono a
casa da scuola perché non sto molto bene, e posso scrivere anche al mattino.
Poi, quando ho una storia in testa, starei anche tutto il giorno a scriverla.
In questo momento nella mia testa ci sono loro…
Hinao85…. Il tuo commento mi ha fatto un piacere
immenso! In realtà questa fic mi spaventa un casino: non conoscendo bene i
personaggi originali ho sempre paura di scrivere cazzate, o cose che proprio
non stanno né in cielo né in terra. Avevo quasi pensato di scrivere sta storia
come originale, cambiando i nomi, talmente i personaggi erano ooc, ma poi mi
sembrava un furto, perché comunque erano loro, nella mia testa, e quindi mi
sono decisa a continuare così. Spero che per i fan sfegatati non sia troppo
terribile, soprattutto il seguito! Quanto alla tua opera di fanserving… non sai
quanta voglia avrei di leggere i manga, o almeno vedere l’anime! Ma… non so
come fare! Non sono esperta di manga, non mi sono mai interessati molto, e il
cartone veniva trasmesso da Mtv, vero? Chissà dove potrei ritrovarle, le
puntate… mi sa che dovrò continuare ad arrangiarmi con le fic, cercando di
filtrare gli aspetti “reali”!
Il problema è soprattutto per Sendoh. Ci sono due versioni
in circolo, praticamente (o almeno, che io ho trovato): il migliore amico di
Rukawa e il maniaco schifoso che si mette in mezzo. E non capisco come sia in
origine (a parte essere molto bravo a basket, con capelli da porcospino e un
eterno sorriso…)
Chiedo scusa umilmente per tutti gli errori che
deriveranno da questa mia profonda ignoranza… spero che riuscirete a
sopportarli lo stesso! baci, Roh
Dove si spiega perché Akira e Kaede sono nervosi durante il gioco della
bottiglia
Dove si spiega perché Akira e Kaede sono nervosi durante
il gioco della bottiglia.
Akira rideva. Rideva. Era contento.
Del resto, perché non avrebbe dovuto esserlo?
Era con Kaede!
E poi diciamocelo, aveva bevuto. Parecchio.
Lanciò un’occhiata a suo cugino. Non era in condizioni molto
diverse…
Sorrise. Tutto il mondo sembrava sorridere quella sera.
Anche quei cretini che continuavano a sghignazzare e a fare
domande imbarazzanti, erano simpatici.
Del resto, quello era lo scopo del gioco, no?
Mettere in imbarazzo gli altri…
Si era sentito sprofondare quando gli avevano chiesto a che
età avesse dato il primo bacio.
Insomma, non gli piaceva raccontare a tutta la stanza di
dove stesse la sua lingua quel pomeriggio di due anni prima, quando si era
ritrovato solo con quella compagna di classe che gli piaceva un casino e che…
No. Era imbarazzante.
Ma adesso la bottiglia era rivolta a Kaede…
E la domanda era la stessa. Del resto, che aspettarti da un
inquisitore dodicenne?
Suo cugino era arrossito. Arrossiva spesso, Kaede, a quel
tempo, era così dolce e timido, ingenuo…
Bellissimo. Un bocciolo di rosa. Un giglio.
Akira non sapeva che bastava così poco, un semplice soffio
d’inverno, per gelare quei petali in una cristallizzata perfezione. Credeva che
la primavera, per il suo cuginetto dagli occhi chiari, sarebbe durata per
sempre.
Kaede non aveva mai baciato. Lui lo sapeva. Del resto, aveva
solo tredici anni!
Ma tutti gli altri si erano stupiti così tanto… com’è
possibile, che uno così bello, così simpatico, popolare non avesse la ragazza?
Avevano chiesto.
Forse non gli interessano le ragazze… era stata la maliziosa
insinuazione di un tipo più grande.
A cui aveva risposto, con un pericoloso luccichio negli
occhi, un altro.
-Cazzo c’entra, con quel faccino che si ritrova potrebbe
farsene uno a sera, anche di maschi…
Akira l’aveva fulminato con lo sguardo. Ma poi il sorriso
era tornato.
Era felice. C’era Kaede. Perché rovinarsi la serata.
E il gioco continuava, l’alcool scorreva, e intanto i
ragazzini più giovani se ne andavano, insieme ai genitori che lasciavano la
festa…
Restarono soltanto i grandi. Quelli che già uscivano
di sera da soli.
E Kaede.
In fondo, la casa era degli zii, e sotto, a festeggiare il
capodanno c’erano i suoi genitori.
Poi, era il suo compleanno…
Gli scherzi si facevano sempre più pesanti…
E Kaede in un modo nell’altro era sempre tirato in ballo.
-Ma allora il nostro Kaede compie tredici anni, oggi? Sei
diventato grande, oramai…
E la bottiglia girava, girava, e toccava ad Akira scegliere.
Il ragazzo riflettè. Di verità ne aveva già dette tante.
Perché non cambiare, e scegliere l’obbligo?
-Obbligo? Ragazzi, avete sentito? Un bell’obbligo per il
nostro Aki-chan!
-Io un’ideuzza ce l’avrei…
-Già, in fondo è il compleanno di Kaede… non vogliamo fargli
un bel regalo?
Akira era perplesso. Cosa c’entrava Kaede con il suo
obbligo? E uno sguardo gli disse che il suo bellissimo cuginetto era stupito
quanto lui.
-Giusto! Akira, forza, fai a Kaede questo regalo…
-Di che regalo state parlando? Guardate che io il mio
gliel’ho già dato…
Risatine maliziose tutt’intorno. –Oh, ma non sarà stato
certo così piacevole… forza, Akira… insegna a baciare al nostro ometto.
-COOOSA?- era esploso Akira.
Ma l’alcool aveva fatto il resto. In fondo, Kaede era così
bello…
E poi, mentre ancora esitava, aveva sento bisbigliare da
qualche angolo della stanza –Beh, ma se proprio non vuole non c’è problema. Me
lo slinguo io il cuginetto, davvero…
E aveva deciso.
Si era inginocchiato davanti a lui.
L’aveva guardato.
Le sue labbra erano rosate, socchiuse. Era in attesa,
perplesso e incuriosito. Sbronzo, certo. La prima sbronza della sua vita.
Akira aveva deciso che, in fondo, aveva voglia di baciarlo.
Era un ragazzo? E allora?
Era suo cugino? Importava?
Era il suo primo bacio? Qualche problema?
Aveva voglia di baciarlo.
E lo fece.
Un bacio leggero, timido, come garza su neve. Solo una
carezza lenta, uno sfiorarsi di bocche.
Gli occhi di Kaede scintillavano. Akira gli aveva inclinato
la testa, con dita lievi. Poi, sussurrato –Socchiudi le labbra.
Kaede, l’eterno studente. Così come gli aveva insegnato a
tirare al canestro, in un campetto al sole, quasi dieci anni prima, adesso gli
insegnava ad amare.
E così come aveva imparato a giocare, con la stessa
impazienza, la stessa abilità, la stessa passione, Kaede schiuse la bocca.
Akira vi lasciò scivolare dentro la lingua.
Si stupì del calore, del sapore di frutta ubriaca di vino,
si stupì della morbidezza.
E del brivido che, capriccioso, corse lungo la spina dorsale
mentre, quasi per sbaglio, la sua lingua incontrava quella del cugino.
Era un bacio diverso da tutti quelli che aveva sperimentato
in precedenza.
Non perché fosse maschile: la bocca di Kaede era talmente
giovane, e dolce, e bella che sarebbe potuta sembrare quella di una ragazza.
Quel che la rendeva così intrinsecamente incredibile era
proprio il fatto che fosse la sua. La bocca di suo cugino.
Si scostò, quando una vita ormai era passata, e scoprì che
Kaede aveva chiuso gli occhi.
Respiravano entrambi leggermente affannati, ma non era l’affanno
della passione. Era come quando tiravi a canestro, e saltavi e trattenevi il
fiato…
E poi Kaede si voltava e aveva gli occhi di tutte le
sfumature del mare…
Esattamente come in quel momento.
Gli accarezzò i capelli. Un gesto tenero, mentre quelle
ciocche seriche scivolavano come acqua tra le dita.
E poi le sentì. Le risate.
Alcune trattenute, altre sguaiate.
-Allora, bravo il novellino?
-Impara in fretta, Akira?
-Però… non l’avrei mai detto ma… il ragazzino ci sa fare!
-Cazzo ragazzi mi è venuto duro…
E Akira si voltò, e li vide tutti attenti, gli occhi
famelici fissi su suo cugino…
Provò, per la prima volta, la prima di una lunga serie, il
desiderio di porsi davanti a lui, schermarlo, proteggerlo da quegli sguardi
così impudichi.
Forse, se l’avesse fatto, tutto sarebbe stato diverso.
E invece mandò giù il rospo, e si fece da parte. Kaede restò
indifeso davanti a quell’esercito di ragazzi, abbastanza grandi da sapere cosa
significasse la tensione che avvertivano nei pantaloni, e abbastanza annoiati
da pensare che forse, quel ragazzino bruno avrebbe potuto rivelarsi una
distrazione appagante, un nuovo modo per sfogarla.
Abbastanza arroganti da pensare che bastasse schioccare le
dita, ed ecco quel sogno di carne inginocchiato davanti.
E abbastanza stupidi da non interrogarsi minimamente, su
cosa nascondessero le ombre che viaggiavano in quegli occhi chiari.
Quella notte, quella notte ormai mattina, quando tutti erano
tornati a casa, e i due cugini stavano soli nella stanza di Akira, questi si
scusò con Kaede per avergli rubato il primo bacio.
-Scusami, Kae, avrei dovuto dir di no, in fondo era un gioco
stupido, tu avresti dovuto darlo alla ragazza che ti piaceva, non a me…
Kaede aveva sonno, le palpebre pesanti. –Non preoccuparti,
Kira. È andato bene così. Mi è piaciuto.
Silenzio.
-Anche a me.
Erano rimasti zitti un po’, prima che Kaede parlasse di
nuovo, in un sussurro.
-Sai. Non credo che mi piacciano le ragazze…
Dunque.
Ormai che sono ooc l’avevate capito.
Questo è il primo di quei flashback che vi parlavo… il
ricordo di quando i due cugini hanno scoperto di essere diversi, e che forse
potevano essere diversi insieme.
E anche di quando, per la prima volta, ragazzi hanno
guardato Kaede con desiderio. Come fosse una bambola.
È una cosa che mi preme molto, sottolineare la differenza
tra la visione priva di sentimento di quei ragazzi eccitati dalla vista di un
bacio, un bacio dato a una creatura strana, quasi non propriamente umana, e le
emozioni di Akira, il suo affetto per quel cugino innocente che si tramuta in
amore, anche se Amore non è.
Perché Akira e Kaede NON sono innamorati (checchè ne possa
pensare Hana!)
Comunque…
Venus… grazie mille per le informazioni su
Akira! Anche se qua è appunto ooc, perché io non riesco proprio a vederlo
stronzo. Non lo so, tendo a perdonarlo anche nelle fic in cui fa il guastafeste
tra Hana e Ru… voglio dire, deve proprio violentarmelo, perché io storca il
naso! Anche se non sopporto quelle dove sta dietro a Hana (infatti le salto a
piè pari… è più forte di me, non so perché!) Grazie del suggerimento di emule,
anche… ci avevo già provato a scaricarne una puntata, ma qualcosa deve essere
andato storto perché non riuscivo a vedere niente. Comunque ho intenzione di
riprovare. Magari riuscirò a scriverne una più centrata, a quel punto!
Brinarab… sono contenta che la storia
ti piaccia, e grazie per gli auguri… ma non è niente di grave, tranquilla. Venerdì
purtroppo dovrò già tornare sui banchi… che palle!
Bambi… è bello sapere che sei andata avanti
coi capitoli! E ti confesso che anche io mi diverto a scrivere le parti di Hana…
Sendoh poi, soprattutto in questo capitolo… a Kaede le cose vanno male, invece,
ma come dicevo fa parte del mio sado-masochismo: i personaggi belli e puri come
lui con me finiscono sempre nei casini!
Grazie mille anche a tutti quelli che leggono solo! Kisses
bye bye
Sto guardando la schiena del volpino. Cammina davanti a me,
veloce.
Dove sta andando, così di fretta?
Non lo indovinate?
Ascoltate cosa dice, forza. No, non è zitto. Io li
capisco, i suoi mezzi mugugni.
Insulta me. Tanto per cambiare.
E perché? Perché grazie a me è in ritardo con gli
allenamenti.
Secondo lui.
Cosa ho fatto? Niente! L’ho solo spinto sotto la doccia, e
lasciato in bagno.
Se poi lui si è riaddormentato, mica è colpa mia.
E neanche potevo restare lì a controllarlo!
No, voglio dire, fissarlo mentre fa la doccia…
Alt, stop, cancellate questo pensiero. Non c’entra niente.
Io non sono rimasto lì perché… perchè non ci volevo restare.
E che, sono diventato il suo cane da guardia?
Che si chiami Sendoh, se proprio vuole uno spettatore!
Penso all’orrido porcospino nel bagno con la mia volpe.
Nuda. Sotto la doccia.
Cambiato idea. La stupida kitsune è abbastanza grande da
farsi il bagno da sola, porca miseria….
Che poi, cosa ha bisogno di allenare, quello… guardalo come
salta!
Neanche è entrato in palestra, e già sta appeso al canestro!
Ma è imparentato con un uccello, per caso?
Quelle sue scapole sono così sporgenti perché devono
trasformarsi in ali?
Come un angelo… un bellissimo angelo dai capelli neri…
-Do’hao!
Il pallone mi ha centrato in piena faccia.
Ma che angelo e angelo! Quello è un diavolo! Un mostro!
-Baka kitsune! Sfidi il Tensai?
Rukawa non risponde, ricomincia a palleggiare.
Non lo capisco. Ma mentre sto per avvicinarlo, ecco entrare
il nemico.
Kami, quanto lo odio! Con quei suoi capelli assurdi! E
quell’assurdo sorriso mentre frega il pallone alla mia Kitsune e lo mette fuori
dalla sua portata.
E Rukawa, invece di mollargli una ginocchiata dove dico io e
riprendersi la sua palla, o al limite voltarsi e cercarne un altra tra quelle sparse
per la palestra, cosa fa?
Si ferma! Un po’ ansante, in attesa di ascoltare quel che il
porcospino deve dirgli.
Senza neanche la sua tipica occhiata inceneritrice!
Non sento cosa si dicono, parlano piano, ma vedo gli angoli
della bocca di Rukawa curvarsi impercettibilmente verso l’alto!
Kami! Sorride! Il ghiacciolo umano sorride.
Al porcospino.
L’ho già detto che io lo odio, Akira Sendoh?
Dal primo giorno che l’ho visto.
Oh bè, non proprio dal primo… diciamo che in quella partita
mi era stato solo sulle palle.
Rukawa però non gli aveva parlato, dopo. Probabilmente era
troppo incazzato per aver perso. Sempre permaloso, il mio volpino.
Insomma, credevo che Sendoh per lui fosse un semplice
avversario. Qualcuno da fare a pezzi. Scavalcare.
E invece, una settimana dopo me l’ero trovato fuori dalla
scuola, l’orrido.
Con quel suo sorriso incongruente, anche se non c’era
nessuno a cui mostrarlo.
Mi aveva salutato educatamente, l’ipocrita. –Oh Sakuragi,
sono contento di rivederti.
Cioè, avete capito? Mi prendeva in giro! Quel saccente
schifoso, stava davanti alla mia palestra e mi sfotteva! Me! Il Tensai!
Faceva anche finta di essere un avversario simpatico…!
Mitsui comunque non si era fatto ingannare da quelle moine,
quando smile-man aveva rivolto a lui il suo sorriso. –Cazzo vuoi, Sendoh?
-Sto aspettando Kaede.
E a noi era caduta la mascella.
No, dico, Kaede. Neanche Rukawa. Kaede.
Gli fui addosso in un lampo. Non ricordo nemmeno cosa ho
pensato.
-Stai alla larga da lui, pezzo di merda…
Mi fermò una voce. Una voce morbida, sensuale.
Una voce che sentivamo raramente. Quasi sempre costretta in
un Do’hao.
Fino allora mi ero anche vantato di essere l’unico che
riuscisse a farlo parlare.
Ma in quel momento non si rivolgeva a me. E non era un
sibilo trattenuto tra i denti.
Vibrava, cristallina.
-Ciao Akira.
Sendoh aveva approfittato del mio momento di sbandamento per
sottrarsi alla mia presa. Si era avvicinato a Kaede. E aveva detto. –Ehilà
occhi splendenti! Come mai da queste parti?
Capite perché dico che è cretino? Cioè, gli fa la posta per
ore davanti al cancello, e poi…
-Do’hao.
Ma non c’era rancore, o sufficienza, in quell’insulto. Solo
affetto, e divertimento.
Sendoh gli aveva passato una mano tra i capelli,
ridacchiando. –Pensavo ti fossi nascosto a dormire da qualche parte.
-Ma piantala…
-Se no cosa mi fai, honey?
Uno sbuffo, una gomitata, e se n’erano andati insieme,
Sendoh un pallone sotto braccio, Kaede il borsone su una spalla.
Noi eravamo rimasti fermi, ancora abbagliati dal primo
sorriso di Rukawa.
In quel momento capiii di odiare Akira Sendoh.
Ed è quello che penso ancora adesso, con l’acqua calda della
doccia che mi schizza il volto.
Sapendo che loro sono là. Ancora in palestra, ad ammazzarsi
su quel cazzo di pallone arancione che sembra catalizzare tutte le loro vite.
Come sempre, insieme.
Pov Sendoh.
-Allora, honey, one on one?- propongo, mentre lui beve un
sorso d’acqua. Mi sono rotto di stare a tirare al canestro da solo. Soprattutto
con Kaede vicino. È un avversario troppo interessante per perdere tempo in quel
modo.
Fa una smorfia. Scrolla le spalle.
Figurarsi se non ci sta.
Gli frego la palla prima che possa cominciare a giocare. Mi
guarda contrariato.
-Se perdi mi dirai cosa ti prende in questi giorni.- gli
sussurro con il viso a pochi centimetri dal suo.
-E se vinco la smetterai di rompermi le palle.- sibila a sua
volta, portandosi ancora più vicino.
Annuisco, allegro. Lo so che non fa sul serio.
Giochiamo per un po’. Non tengo conto dei punti, io. Tanto
so che mio cugino non se ne lascia scappare uno, dei nostri canestri.
Il pallone finisce un’ultima volta nella retina, e cade.
Rimbalza a terra, e lui non corre a riprenderlo. Si lascia invece cadere sui
materassi ai lati della palestra, e io lo raggiungo tutto allegro.
Ha la sua solita aria un po’ malinconica di fine partita.
Mio cugino vive solo quando gioca a basket. È l’unico momento in cui quel vuoto
maledetto lo lascia respirare.
Mi butto a terra. E rotolo per poterlo guardare.
Mi metto comodo, mento puntato sul suo stomaco. Gli sorrido.
–Allora? Chi ha vinto?
-Kira, dovresti davvero imparare a contarli, i punti,
-E perché scusa? Tanto ci sei già tu…
Tace. Gli pinzo i fianchi, si divincola. –Dai, me lo dici?
Chi ha vinto?
-Ma chi vuoi che abbia vinto, stupido porcospino! Io, no?
Sono finiti i tempi in cui potevi battermi!
-Già.- annuisco, e sento quasi nostalgia di quei giorni. Di
quel bimbo dagli occhi grandi che ancora guardava il mondo come fosse il
castello di una meravigliosa fiaba.
Non che io fossi poi molto diverso, a quel tempo. Semplicemente,
avevo due anni in più.
Lo abbraccio stretto. –Allora, sta tristezza?
Sospira –Kira, è inutile parlarne…
-No che non è inutile. Dimmi chi è.
-Chi è chi?
Lo guardo contrariato. Mi irrita quando fa finta di non
capire –Kaede, insomma! Dimmi chi è il bastardo che ti fa soffrire!
Distoglie lo sguardo.
Decido di provare a tastare terreno. –Kae? Ci sei stato?
Scatta su, indignato –Ma che cazzo dici?
-Che, è etero?
Annuisce, senza guardarmi.
-Non sarebbe la prima volta che…
-Lui è diverso.- mi interrompe.
Sto zitto un attimo. Lo scruto.
Maledizione, è così bello, così fragile, così gelido… perché
non può essere felice, una volta? Perché deve sempre farsi male?
-E chi ti dice che Sakuragi non sia attratto da te?
Sobbalza. Mi fulmina con uno sguardo assassino. –Allora
sapevi…
-E certo!- gli dico allegramente. –Sono o non sono il tuo
cuginetto preferito? Ti conosco meglio io del tuo analista!
-Su questo non c’è dubbio.- mormora lui, cupo. Ma non ho
nessuna intenzione di lasciarmi distrarre.
E lui non ha nessuna intenzione di continuare a parlare.
Si alza in piedi. –Senti Akira, è un caso disperato, ok? Ho
solo bisogno di un po’ di tempo per dimenticarmelo…
Se ne sta andando. –E se ti dicessi che gli piaci? E anche
tanto?- gli urlo dietro.
Lui si ferma. Resta un attimo lì, piantato in mezzo alla
palestra, poi lentamente si lascia cadere a terra.
Lo raggiungo in fretta. Gli scosto i capelli dal viso,
scopro i suoi occhi. Sono tristi, lontani.
Si raggomitola contro di me. Un metro e novanta, e sembra
ancora un gattino.
-Sai, quella notte che mi parlavi dell’amore? Che dicevi che
è quanto di più fragile e bello possa esistere? E che sempre soffre, e si
dibatte e si ribella e sanguina?
-Sì. Proprio come te.- rispondo posandogli un bacio sulla
guancia.
-Come te ne sei accorto? Di Hana, intendo.
-Non è stato difficile. Era l’unico con cui avevi una
qualche reazione. Ti infuriavi con lui, cercavi di spronarlo.. e me ne parlavi.
Ci stavi male quando ti insultava. E poi… vedendo come hai reagito oggi quando
ha parlato al telefono con la Akagi…
Solleva di scatto la testa. –Che vuoi dire?
Gli apro la mano, che ha di nuovo contratto a pugno. Indico
i segni delle unghie nel palmo. –Poco ci mancava che te le facevi sanguinare.-
lo rimprovero.
Stiamo un po’ zitti. Poi. –Kaede, io dicevo sul serio prima.
Tu gli piaci. Si vede lontano un miglio. È confuso, ma gli piaci. Ieri sera… tu
non sai come ti guardava. E avrebbe voluto staccarmi la testa a morsi, quando
ha saputo che ti portavo in camera da me.
Lui sorride, ma è un sorriso amaro. Un sorriso stanco.
Si alza in piedi. –Kaede…
-Kira, sono stufo. Sono stufo di soffrire, di stare con
gente che mi scopa una volta e poi mi getta via. Sono stanco di essere guardato
in questo modo. Preferisco stare solo. O con te.
Inizia a camminare, si ferma di nuovo. Si volta. Mi guarda.
-Hai ragione, io gli piaccio. Me ne sono accorto. Riuscirei
a portarmelo a letto senza problemi. Ma dopo? Dopo, cosa farei? No, Kira,
basta. Non posso passarci sopra un’altra volta. Non voglio passarci
sopra un’altra volta. Non voglio fare un’altra volta l’amore con uno che mi sta
semplicemente scopando. E soprattutto, non voglio farlo con Hanamichi.
Sorride. Con quel sorriso mi sta ringraziando per essergli
vicino.
-Non reggerei il colpo.
E se ne va. Davvero questa volta. Sguscia dietro la porta
della palestra, lasciandomi solo in mezzo ai palloni. A chiedermi perché.
Perché, con lui, debba sempre essere tutto così
maledettamente complicato.
Mi pareva giusto scoprire un po’ le carte anche per quanto
riguarda Kaede…
Hinao85, grazie per gli ultimi due commenti! Riguardo
alla tua descrizione di Sendoh, sarò matta io ma a me sta troppo simpatico!
Vado pazza per i tipi con la testa tra le nuvole, distratti e sempre allegri,
irresponsabili… decisamente un amore. Quanto al secondo commento, sì, Sendoh si
sente in colpa verso Kaede, ma le cose non si sono limitate a quel bacio…
adesso devo ancora vedere bene la responsabilità del cugino nel casino immane
in cui si è cacciato Kaede nel passato, ma indubbiamente lui ha una parte
rilevante.
Venus, Grazie, troppo buona! Sono contenta che siamo
d’accordo su quel che riguarda Hana e Sendoh.
Bambi, sai, mi sono stupita un po’ di come è venuta
fuori la rivelazione di Kaede… ma in fondo lui è così, innocente… e poi le
seghe mentali di Hana bastavano già per tutto il capitolo!!!
Gironzolo fischiettando nella hall, quando incrocio Kaede.
Guardo l’orologio, perplesso.
Sta già in piedi, e dire che sono solo le dieci e mezza…
praticamente l’alba, per i suoi standard narcolettici!
Fa quasi tenerezza, con i capelli arruffati e gli occhi
gonfi di sonno.
Vabbè che a me fa tenerezza sempre, però…
Mi siedo al suo fianco. –Allora honey, come ti butta?
-Sonno.
-E perché non sei nel letto a poltrire?
Esita. Distoglie lo sguardo. –Do’hao.
Non dice a me, lo capisco subito. Piuttosto, risponde alla
domanda. Tradotta, la sua affermazione significa, “Non ci riesco, perché
Hanamichi dorme nell’altro.”
Il che lascia campo aperto a moooolte interpretazioni.
Tento la meno ovvia. Sghignazzando. –Che, russa?
-Do’hao!- esclama, e questa volta l’insulto è rivolto a me.
Rido, spettinandogli i capelli, e lui arrossisce. Delizioso. Da mangiarselo.
Quasi non riesco a credere che il mio gelido cuginetto abbia
davvero abbandonato le coperte perché turbato dalla vicinanza del corpo caldo
del suo nemico giurato… mi spancerei dalle risate, non sapessi che Kaede ci
soffre.
E non gli volessi così tanto bene.
Mi alzo in piedi. –Ci si vede dopo in palestra, honey?
Grugnisce, riaffondando il naso nel suo caffè.
Me ne vado fischiettando, so che verrà all’appuntamento.
Del resto, cosa potrebbe tenere lontano Kaede dal suo amato
pallone?
Bè, insinua una vocina dentro il mio orecchio, qualcosa
potrebbe esserci. Soprattutto considerando le ore che è obbligato a passare
in stanza, su esplicita indicazione del coach…
Continuo a palleggiare, poi scatto, salto e faccio canestro.
Riatterrando, sbuffo. Se questa è la ragione, honey, ti
perdono il bidone.
Anzi, vengo e ti lego definitivamente al letto, sia mai che
all’ultimo momento cambi idea.
Fammi solo un fischio, e sono da te. Cuginetto.
Tiro di nuovo, il pallone si infila nella retina con un
sibilo soddisfatto.
Sorrido. Immaginando mio cugino inchiodato al letto, e quel
metro e novanta di fuoco allo stato puro disteso sopra.
È una bella immagine, mi dico.
Sorrido.
Ma il sorriso mi muore sulle labbra quando sento un fischio
–d’apprezzamento leggero, eppure volgare- e una voce.
Quella voce.
La sua.
-Però! Sei migliorato!
Avrei dovuto saperlo. Immaginarlo, almeno. Ci sono così
tante squadre qua intorno, come poteva mancare proprio la sua?
Avrei dovuto immaginarlo.
E invece….
Speriamo che Kaede non venga davvero…
Mi volto lentamente. So già chi avrò di fronte.
Uno non dimentica la voce di Toshiko.
E infatti eccolo lì, in testa alla sua truppa, che sorride.
Strafottente.
Sa di essere bello, Toshiko. Così come sa di essere bravo.
Non ne ha mai fatto mistero.
Si avvicina con camminata sinuosa, mi accarezza la guancia
con un dito.
Io lo guardo negli occhi, impassibile.
In questi –rari- momenti la mia parentela con Kaede è piuttosto
evidente.
-Sei anche cresciuto…- sussurra, e il suo respiro mi sfiora
il viso.
-Incredibile, vero?- replico ironico.
Ride. E gli occhi incatenano i miei. Mi sento come
risucchiato nel passato… sono di nuovo un ragazzino, di fronte a lui. Tutto
quel che ho imparato, tutto il mio autocontrollo faticosamente costruito,
gettato al vento.
-No, non incredibile, ma...
Lascia la frase in sospeso, mossa studiata che per un attimo
mi fa bruciare dalla curiosità –quasi masochista- di sapere cosa avrebbe voluto
dire.
Lancia il pallone, fa canestro. E ti pareva.
-Sfida?
Scuoto la testa, lui scrolla le spalle. Lancia di nuovo.
Canestro.
Io ricomincio a palleggiare, mi allontano. Me ne resto per i
cazzi miei, trattenendo a stento l’impulso di mandare tutto al diavolo e
andarmene.
Devo restare.
Ho un orgoglio da difendere.
E soprattutto, non posso correre il rischio che Kaede
arrivi, da solo, trovandosi Toshiko davanti.
Devo restare.
Anche se… magari è cambiato.
Cristo, tutti cambiano, perché lui no?
Magari è diverso, ora.
Magari si è dimenticato…
-Come stai, Akira?
Arrischio un’occhiata. Il bastardo si è di nuovo avvicinato.
La lingua si muove a vuoto nella bocca. Mastico la mia
nausea. Non so se sono i cattivi ricordi, accompagnati al suo odore, a
originarla. O se è la paura.
Cos’è che mi distrugge? Il passato o il futuro?
Gli rispondo freddo.
-Bene.
Non chiedo “E tu?”. Sia ben chiaro, la nostra non è una
conversazione amichevole. Non è una conversazione, punto.
Ma figurati se lui si lascia intimidire. Da me.
-Anche io. Sai, mi sono mancate le nostre partite… le
nostre sfide…
Faccio un passo indietro, e la mano che aveva posato sul mio
braccio cade.
Lui mi scruta. –Sei davvero cresciuto, Aki-chan.
Sorride. Un sorriso assassino.
-Sei ancora più bello.
Ho voglia di piangere. Merda, ma perché proprio a me?
Gli do le spalle. Mi sono stancato di restare fermo a farmi
molestare da questo stronzo…
Certo che quel pirla di mio cugino potrebbe smetterla di
rotolarsi nelle lenzuola con il suo amichetto e scendere, giusto far capolino
in palestra comunicandomi che ha trovato di meglio da fare, che per oggi almeno
non passerà il pomeriggio a infilare uno stupido pallone in uno stupido cerchio
di ferro…
Ho un flash di Kaede sulla porta. E il terrore mi assale.
Perché, nello stesso istante, la sua voce mi ferma.
-E la tua puttanella, come sta?
Mi sento gelare.
Mi volto, lentamente. Lo fisso. Lo sfido a ripetere.
Due anni, che non lo vedo. Due anni. Ma la rabbia ancora non
si è chetata.
Lui sogghigna, palleggia e mi fissa di risposta, sfrontato.
-Dai, non fare quella faccia, Aki-chan. Sai di chi sto
parlando. Mi auguro che il tuo adorabile cuginetto stia bene come l’ultima
volta che l’ho visto…
Giuro che se non chiude subito quella sua bocca schifosa me
ne sbatto dei suoi compari che assistono in silenzio e lo prendo a cazzotti.
-In effetti, non mi spiacerebbe rivederlo di nuovo così…
-Lascia Kaede fuori da questa storia.- sibilo.
Lui ride. –Sempre protettivo, vedo… certe cose non cambiano
mai. Ho sentito parlare molto di lui, in questi tempi. Si dice che sia bravino…
del resto, segue le tue orme, sei sempre stato il suo modello, vero?- si ferma,
pregustandosi la mia reazione. Si lecca le labbra, un gesto misurato. –Mi hanno
anche detto che è sempre più bello…
Faccio un passo avanti, ma lui mi prende per le spalle. Mi
trattiene. –Allora, Aki-chan, che dici? Avrà sicuramente imparato qualche nuovo
giochino, in questi anni… con tutti i letti in cui sarà finito! E non fare
l’innocente con me, ti conosco… sarai stato il primo a provarli tutti! Come
darti torto, tuo cugino è sempre stato un dio a scopare…
-Ti ho detto di lasciarlo fuori da questa storia.- ringhio.
Lui è a pochi centimetri dal mio viso. –E io ti ho già detto
una volta, Aki-chan, che di quel che dici tu non me ne fotte un cazzo. Di tuo
cugino, invece…
Gli tiro un pugno. Che, inutile dirlo, lui riesce a
bloccare.
Sento un sussurro alle mie spalle. Qualcuno è entrato in
palestra.
So che è Kaede.
Vedo il sogghigno di Toshiko farsi più accentuato, e ho
voglia di chiudere gli occhi.
Ma è la voce di Sakuragi a riportarmi in vita.
Non sono mai stato così contento di avere vicino la scimmia.
Evidentemente Kaede gli ha detto dove andava, e lui non si è
fidato a lasciare il suo adorato nemico solo con un maniaco come me. Chissà
quali assurdi giri mentali si è fatto, per giustificare l’ovvia verità. Per
trovare una scusa alla sua irragionevole, ragionevolissima
preoccupazione.
Riderei se non fossi così preoccupato.
E se non sentissi mio cugino rabbrividire, sotto gli occhi
neri di Toshiko, che indovino fissi su di lui.
Sakuragi pov
Sto sdraiato sul letto.
La volpe accanto a me.
Oddio… forse proprio accanto non è il termine esatto.
Diciamo che sta languidamente drappeggiata sull’altro letto,
le braccia incrociate dietro la schiena e gli occhi fissi sul soffitto.
Tra noi ci sono circa quattro metri di distanza.
Eppure, cazzo, riesco ancora a sentire il suo odore.
Credo che questa convivenza mi farà diventare pazzo.
Rukawa lancia uno sguardo all’ora.
Poi, in un unico movimento fluido, si tira in piedi.
La maglietta si solleva un attimo, secondi di preziosa
esitazione, per poi scivolare di nuovo, morbida, sui fianchi.
Dio, è un delitto coprirlo, un corpo simile.
Del resto, scoprirlo è un vero e proprio attentato
alla salute pubblica.
L’ho sperimentato di persona, solo due sere fa.
Quando ho dovuto rivedere le mie priorità.
Le mie poche certezze.
Perché –maledizione!- non potevo continuare a proclamarmi
eterosessuale innamorato perso di Haruko Akagi, e poi.
E poi sognarmi lui di notte.
Lui. Quel demone dal volto d’angelo.
Lui. Inequivocabilmente, un LUI.
Aspetta un attimo… che ci fa in piedi quel cretino, adesso?
Ha già la mano sulla maniglia… non penserà mica di sfuggire
a Sakuragi l’Inquisitore!?
-Baka kitsune, dove ti credi di andare?
Domanda stupida, in effetti.
Quasi quasi arrossisco dall’imbarazzo, mentre la sua voce
gelida risponde –Do’hao. In palestra.
Ecco. Come se quel suo cervello drogato dal basket potesse
contemplare una diversa destinazione.
Un drogato, ecco cosa sei, Rukawa.
Un maniaco.
Certo che, fossi maniaco in altri campi… non dico ai livelli
del porcospino, però…
Ahhhh! Il porcospino!
Figurarsi se quello si lascia scappare l’occasione di
mettere le mani addosso alla mia volpacchiotta!
Improvvisamente tutti i pensieri malinconici e profondi
sfuggono dalla mia mente, lasciandola libera di concentrarsi sull’emergenza.
-Ci sarà anche Sendoh?- ringhio.
-Hn.- risponde il logorroico.
Ma ora non mi frega più. Sono stato troppo tempo con lui, ho
imparato i suoi trucchi.
Quando dice ‘hn’ con questa intonazione, sta a intendere
‘sì.’
Come dite? Quante volte ho dovuto ascoltarlo, per registrare
queste minime differenze? Bè, per un genio come me non è stato così difficile…
o meglio, è stato facile quando sono riuscito, finalmente, a concentrarmi sulla
sua voce, invece che sugli splendidi occhi, o su quelle labbra…
Alt! Meglio non pensare alle sue labbra… anche perché ho
come la sensazione che la volpe abbia detto qualcosa di moooolto importante.
Dunque. Ricapitolamo.
“Dove credi di andare?”
“In palestra.”
“Ci sarà anche Sendoh?”
“hn” (= sì)
Ecco, ci sono quasi…
Ci sarà anche Sendoh? Sì.
Palestra+Rukawa+Sendoh=
AHHHHHHHHHHHHHHHHH!
-Vengo con te!
Sono in piedi accanto a lui, la voce leggermente stridula.
Non se l’aspettava!
Ah-ah, il grande Tensai è riuscito a sorprendere anche il
ghiacciolo umano!
-Hn?
Ehi gente, è davvero SCONVOLTO se spreca un po’ del suo
preziosissimo fiato per chiedermi spiegazioni!
-Beh non puoi andare in giro per i corridoi da solo, se ti
spacchi una rotula cadendo dalle scale poi danno la colpa a me che ti ho spinto
e non mi lasciano giocare, così perderemo di certo, e poi chi lo sente Akagi…
Te l’ha chiesto il porcospino di andare in palestra?
-Hn.
-Ecco vedi, tu sei troppo ingenuo kitsune, quell’infido
potrebbe approfittarsene…
-Hn?
Grande conversazione oggi… quasi quasi mi preoccupo.
Anzi, mi preoccupo eccome… Perché questo stupido si è
fermato in mezzo alla strada, e mi punta addosso quei suoi occhi incredibili…?
Non riesco a pensare molto chiaramente con lui che mi guarda in questo modo, ma
sembrerebbe quasi… divertito?
Divertito? Rukawa il congelatore ambulante divertito?
Naaa…
-Do’hao. Sendoh potrebbe approfittarsene….?!
ADESSO CASCA IL MONDO! No ma vi rendete conto che Kaede
Rukawa mi ha parlato? Di più, dalla leggera inflessione che si è premurato
di dare alla voce sembrava quasi che mi stesse… prendendo in giro?
Ora però c’è un altro problema… cosa rispondo?
Non posso certo dire, proprio a lui, che quel maledetto
aspetta solo l’occasione propizia per allungare le mani e fare i propri comodi
… anche perché la kitsune, in vena di chiacchiere, potrebbe decidere di
chiedere come mai io stia così attento al porcospino, e soprattutto, come
faccia a capire così bene le sue intenzioni. Al che io sarei costretto ad
ammettere che sto tenendo d’occhio Sendoh da circa sei mesi e che, quanto alle
intenzioni… le capisco molto bene perché io devo combattere lo stesso desiderio
ogni volta che mi trovo a meno di dieci metri da lui!
Decisamente, meglio una soluzione più diplomatica… e non
meno sincera, badate bene!
Scemotto com’è, il mio volpacchiotto, sarebbe capace di
questo e altro!
-Teme kitsune! Stupida come sei, gli riveleresti tutti i
piani di gioco!
Non risponde. Ho l’impressione che sia talmente schifato
dalla mia affermazione da preferire un gelido silenzio a una qualunque
reazione.
O forse è solo che siamo ormai arrivati in palestra, e il
maniaco sente già l’odore del pallone…
E io sento quello del maledetto porcospino!
Eccolo, l’orrido, ci dà le spalle e parla con altri ragazzi.
Lo sapevo che non dovevo lasciare la Kitsune sola, chissà
cosa ha escogitato Sendoh…
Anche se… c’è qualcosa di strano.
Innanzitutto: chi sono quegli scimmioni? Non li ho mai visti
prima… o almeno credo.
In ogni caso, non sono giocatori del Ryonan.
Secondo: perché stanno disposti a semicerchio intorno a
Sendoh e a un bell’imbusto con il ghigno da teppista?
Terzo: perché il bellimbusto è così vicino al
porcospino?
Quarto: perché le spalle del porcospino sono così rigide?
Quinto: COSA CAZZO CI FA LA MANO DEL BELLIMBUSTO INTORNO AL
MENTO DEL PORCOSPINO?
No, non l’ho capita! L’orrido non doveva provarci con la mia
volpe? Cosa vuole adesso quello lì? Cosa sono ‘sti atteggiamenti… intimi?
HIIII! Gli si è avvicinato ancora di più, adesso lo bacia…
oddio, svengo!
E invece si limita a sussurrare qualcosa. E quel cretino di
Sendoh scuote la testa, evidentemente a disagio, ma non fa neanche un passo
indietro!
IDIOTA! E levati, no, se vuoi che ti stia alla larga….
In fondo, mi dico, guardando le cose obiettivamente, Sendoh,
per quanto orrido, è un bel ragazzo, e sottolinerei il BEL: voglio dire, occhi
azzurri (non del colore glaciale della mia kitusune, certo, ma comunque
esotici), capelli scuri (anche se acconciati in quella pettinatura ASSURDA), un
fisico niente male… non avessi già Rukawa per la testa, un pensierino magari…
Stop,
rewind, replay.
A me NON piace la volpe. Quante volte devo ripeterlo?
E assodato questo… MENO ANCORA mi piace l’orrido porcospino.
E se mi da fastidio vederlo così vicino al bellimbusto, è solo
perché, appunto, il bellimbusto mi urta. Ancora più di lui.
Una cosa a pelle, direi. Un desiderio insopprimibile di
prenderlo a calci nei coglioni finchè non gli si cancella quel sorrisetto del
cazzo.
Sollevo un sopracciglio, quando vedo che il porcospino ha
avuto la mia stessa idea, a giudicare dal gancio che ha mollato al tizio.
Evidentemente io e Sendoh abbiamo in comune qualcosa di più
che una passione nascosta (più o meno) per la volpe.
Strillerei scandalizzato di fronte a questo pensiero blasfemo,
se non fossi troppo occupato a lamentarmi per la prontezza di riflessi del
bellimbusto, che ha imprigionato il pugno di Akira nella mano. E mi soffermerei
inorridito su questo ‘Akira’ che mi è sfuggito, testimone quasi di un tacito
armistizio, alleanza contro un nemico comune, se non venissi distratto dalla
mia volpe.
La mia bellissima volpe.
Che mormora, con un filo di voce, e la pelle ancora più
pallida del solito, -Toshiko…
E il tizio solleva lo sguardo, lo fissa sulla kitsune, che
incredibilmente rabbrividisce.
Kaede Rukawa. L’uomo di ghiaccio. Rabbrividisce.
Decisamente, è arrivato il momento di intervenire.
Così, spulcio il mio repertorio di Tensai, e trovo la frase
che cercavo. Un attimo solo per impostare il tono giusto, ed eccomi in campo.
Trema, bellimbusto dei miei stivali, e prostrati davanti ad
Hanamichi Sakuragi, il Genio! Che, con voce tonante, scandisce nel silenzio
irreale della palestra, il famoso grido di guerra:
-Ehi, tu, che cazzo ti credi di fare?
Okkei… non che credessi di spiegare qualcosa in questo
capitolo, ma ho l’impressione di aver incasinato le idee a tutti. Ma volete
sapere una cosa? Ho una risposta a TUTTI i vostri interrogativi! Sto
raccogliendo le idee, e sono quasi pronta a fornire qualche spiegazione. A suo
tempo, certo… ma non sto brancolando nel buio. In teoria.
Comunque, il cattivo ha fatto il suo ingresso. Alla fine ho
scelto un personaggio originale, perché proprio non riuscivo a trovarne uno
adatto… all’inizio volevo usare Minami, insomma stronzo mi pare stronzo, e poi
ha pure preso a pugni il mio Kaede! Ma era troppo piccolo per questa parte…
quindi, ho dovuto arrangiarmi. Il cognome Toshiko l’ho trovato aprendo a caso
un libro giapponese… il primo su cui ho posato gli occhi. A volte non hai altra
scelta che affidarti al caso. Comunque, se avete altre proposte, fatemele
sapere! (O almeno, spero fosse un cognome…!)
Bambi, spero che Hana continui a farti ridere… io mi diverto
troppo a farlo sclerale!
Venus, sono contenta che ti sia piaciuto!
Hinao, grazie per la correzione sull’età di Akira… uffa
però, un anno solo è un po’ poco per la differenza tra loro… oh bè, me lo farò
bastare! Comunque, decisamente le esperienze di Kaede sono negative, ma ho
appena deciso che anche Akira non scherza! (Sarà che mi ci sto affezionando e
devo sfogare un po’ del mio sadismo anche su di lui?!) Toshiko dovrebbe essere
una figura chiave per entrambi…
Spero di riuscire ad aggiornare entro breve, ma con sta
scuola tra i piedi non so cosa potrò fare! Baci comunque a tutti quelli che
seguono questi miei scleri… THANKS!!!
Il bellimbusto solleva lo sguardo verso di me, stupito,
smettendo per un istante di perforare la kitsune. Sarà meglio che mi guardi,
stronzo, il Tensai ti ha rivolto la parola, dovresti considerarti onorato…
Chissà perché, ho come l’impressione che l’idiota non abbia
capito bene come stanno le cose.
Punto primo, non si è prostrato ai miei piedi, implorando
pietà per aver posato il suo sguardo irriguardoso sulla volpe.
Punto secondo, è tornato a fissare la volpe con un
sorrisetto da schiaffi che mi fa montare dentro il desiderio di fare a botte.
Mi preparo a saltargli addosso…
E invece resto fermo. Perché lo stronzo ha parlato, con un
tono basso, roco e sensuale.
Dio, lo odio. Se qualcuno non mi ferma faccio una strage!
-Chi è, tesoro, il tuo nuovo amichetto?
Come sarebbe a dire TESORO? Ma te non devi permetterti
neanche di…
Aspetta un attimo. Cos’è sta storia? Amichetto?
Io AMICHETTO della KITSUNE?
Ma ti sei bevuto il cervello? Io e Rukawa amichetti…
Amichetti…
Bè, in effetti l’idea non sarebbe poi così malvagia…
Rukawa non parla. Che la cosa non dispiaccia neanche a lui?
Certo, ci sarebbe da spiegare il suo pallore, e i denti a
martoriare le labbra, ma… NON PARLA! Non protesta! Neanche un do’hao!
Ci pensa il porcospino maledetto a rovinare tutto, come
sempre.
-Taci stronzo! E Lascia Hana fuori da sta storia!
Il mio odio per Sendoh si riaccende. Cosa vuole lui! È
geloso perché il bellimbusto non l’ha accostato a Rukawa? Perché ha capito che
io e la volpe siamo fatti l’uno per l’altro? È invidioso?
Però non sembra…
Più che altro pare preoccupato…
Qualcosa non torna….
Taci stronzo! E Lascia Hana fuori da sta storia!
Lascia HANA fuori da sta storia? Da quando il
porcospino mi chiama per nome?
Forse è davvero preoccupato…
Guardo il tizio. Toshiko, l’ha chiamato Ru.
Sta fissando Rukawa.
Improvvisamente mi accorgo di aver frainteso un paio di
cosette (che volete, anche i Tensai sbagliano di tanto in tanto…).
Sapete quando dicevo che Sendoh se lo spogliava con gli
occhi? Bè, forse esageravo.
Perché altrimenti non so proprio come definire lo sguardo di
sto tizio!
-Le voci non ti fanno giustizia, Kaede…- mormora, in un
sussurro che mi fa scorrere un brivido lungo la spina dorsale.
Poi si volta verso Sendoh. –D’accordo Aki-chan… lascerò Hana
fuori dalla storia… credo che per un po’ il nostro Kaede sarà più che
sufficiente…
E ora vedo Sendoh veramente furioso. Non è più preoccupato,
gli occhi si sono fatti di ghiaccio… è incredibile quanto somiglia alla Kitsune
in questo momento. –Prova solo a toccarlo un’altra volta e io ti ammazzo.-
dice, con un tono di voce mortalmente calmo.
Un’altra volta? Ma che cazzo sta succedendo, qui dentro?
Qualcuno si degna di illuminarmi?
Mi volto verso Rukawa, deciso a chiedergli spiegazioni, ma
la risata di Toshiko si ferma –Quando la smetterai di tirar fuori le unghie per
difendere la tua puttanella, Aki-chan?
Non respiro. Cosa ha detto?
Devo aver capito male.
Rukawa chiude gli occhi, vedo Sendoh respirare a fondo
mentre Toshiko continua –Quando capirai che al tuo dolce ragazzino piace farsi
sbattere, senza tanti complimenti, che quel faccino nasconde solo…
-Bastardo come ti permetti!
Un pugno lo fa tacere. Quasi non si mi sono accorto di avere
urlato, la mia mano l’ha colpito di propria iniziativa. Come se il mio corpo
–da sempre più saggio della mente- avesse deciso di suo che non poteva starsene
fermo mentre quello sconosciuto sputava menzogne su Kaede.
Due braccia forti mi cingono la vita. –Ehi ma che cazzo ti
prende, vuoi farti sbattere fuori dalla squadra?
Mitsui. La sua voce mi raggiunge a malapena.
Mi tira indietro, con uno strattone –Vedi di non fare
stronzate se non vuoi farci rimettere il campionato. Idiota.
Ci sono tutti.
Mi volto, li guardo uno per uno.
Toshiko si è alzato, sta parlando con i suoi compagni come
se niente fosse successo.
Rukawa palleggia davanti a un canestro, salta e tira, come
sempre impeccabile, come sempre perfetto. Sciolto. Gelido.
Sembra impossibile che solo pochi istanti fa fosse sul punto
di crollare.
Mi sono sognato tutto?
Sendoh parla con Koshino, ride, ma scorgo un’ombra nei suoi
occhi che prima non c’era.
No, non ho sognato. Non capisco perché vogliono fare finta
di niente, ma non ho sognato.
Toshiko mi si avvicina, con un sorriso imbarazzato sul
volto. Sembra sincero.
-Ehm… forse dovrei scusarmi. Credo tu abbia frainteso
qualche battuta scherzosa tra vecchi amici…
-Io di solito non do della puttana ai miei amici.- rispondo
freddo. Non ho certo scordato quell’insulto.
Lui si passa una mano tra i capelli e arrossisce –Bè, sì,
hai ragione, ma ripeto: è uno scherzo conosciuto. Un semplice accenno al
passato di Kaede… e poi so che da fastidio ad Aki-chan e mi diverto a vederlo
perdere il controllo. Ma non volevo far male, credimi.
Io sono ancora fermo a qualche parola indietro. –Che
significa, ‘accenno al passato di Kaede’?
Lancio un’occhiata alla volpe. Sendoh l’ha raggiunta, le
parla. Li vedo uscire dalla palestra. Torno ad ascoltare Toshiko, che mi guarda
stupito –Non lo sai? Credevo foste…
-Siamo solo compagni di squadra.
Il suo sorriso si rischiara. –Ah, bè, in questo caso… no,
niente, semplicemente Kae ha avuto un adolescenza un po’… movimentata…
-Ehi Scimmia, cos’è, tu sei troppo bravo per allenarti? Comincia
a correre!
Mi volto verso Akagi con un moto di fastidio, ma Toshiko
sorride. –Ha ragione lui, vai. Potremo parlare di questo in altre occasioni. Ti
racconterò tutto quello che vuoi sapere, promesso…
Quando mi avvicino a lui, Mitsui mi guarda perplesso.
-Bè, che c’è?
-Chi è quel tizio?
Scrollo le spalle. –Un vecchio amico di Sendoh e della
kitsune.
-Per questo lo prendevi a botte?
-Mi ero sbagliato… avevo capito male una cosa.- meglio non
dire a Mit che Toshiko ha dato della puttana a Rukawa. Conoscendolo, sarebbe
capace di partire in quarta per difendere l’onore del nostro compagno. Chissà
perché quel cubetto di ghiaccio ispira tanta tenerezza…
Cubetto di ghiaccio… lo sarà poi davvero? Prima il rapporto
con il porcospino, poi quell’allucinante spogliarello… e adesso sto Toshiko…
Uno strano senso di disagio mi chiude lo stomaco.
Alzo lo sguardo, attirato da una risata. Sendoh e la volpe
sono tornati.
Li scruto, cercando un segno che illumini questo labirinto
di ombre. Inutile. Non riesco a capire.
Devo assolutamente parlare con Toshiko.
Che adesso si è avvicinato a loro, con un pallone in mano.
-Aki-chan, ti va un one on one?
In tutta la prefettura, una sola persona è più sensibile di
Sendoh alle sfide. Non ho dubbi che accetterà. Sendoh vive per il basket, per
lui è come ridere, respirare.
-No.
Secco, deciso, brutale. Mi mozza il fiato. Vedo che tutti in
palestra sono altrettanto sconvolti.
Toshiko sorride ancora, e accetta il rifiuto con un cenno
grazioso del capo. Poi si rivolge a Rukawa. –E tu, Kaede? Mi fai vedere come
sei migliorato, piccolo?
La volpe apre la bocca. Ma è la voce del porcospino a
parlare. –No.- dice Sendoh, di nuovo, fulminando Rukawa con uno sguardo.
Sappiamo tutti benissimo quale sarebbe stata la risposta del ghiacciolo,
infatti. –No, Toshiko. Kaede deve giocare con me.- risponde, fingendo
indifferenza, ma io non posso evitare di chiedermi cosa sia davvero passato tra
loro, in quel momento.
E incontrando lo sguardo di Mitsui, quello di Akagi, e
quello sgranato di Koshino, so di non essere l’unico.
Sendoh pov.
Per un attimo penso che Sakuragi riuscirà dove io ho
fallito.
Gonfiare di botte il viso maledetto di Toshiko.
Purtroppo, non sono così fortunato. Infatti Mitsui, sempre
al posto sbagliato al momento sbagliato, è piombato in palestra con il resto
della truppa.
Cioè, Shohoku e Ryonan al completo.
È incredibile come i nemici di sempre, gli eterni rivali,
improvvisamente vadano talmente d’accordo dal recarsi agli allenamenti insieme.
Me l’avessero detto due mesi fa, avrei riso forte.
Comunque, adesso ho altre urgenze.
Il mio cuginetto ha assoluto bisogno di rilassarsi.
Faccio per raggiungerlo, ma una mano mi ferma. Merda. Hiro
mi guarda cupo. –Mi spieghi cosa significa sto macello?
Sospiro mentalmente. Kaede dovrà fare da sé, temo. Con la
coda dell’occhio vedo che si è rifugiato nelle braccia del suo migliore amico.
Il basket.
Quindi sorrido, solare, al mio imbronciato playmaker e
sbatto le ciglia –Cosa ti fa pensare che io sia coinvolto?
-Non fare il coglione, Aki.- ma vedo che la sua incazzatura
sta cedendo.
-Hiro davvero sono offeso dalle tue insinuazioni…
Dopo cinque minuti di monologo mi interrompe, disperato. –Va
bene, va bene, hai vinto. Solo ricordati che se per colpa tua ci sbattono fuori
la paghi. Stavolta.
Non resto a indagare su cosa intenda con ‘stavolta’….
Insomma! Sarò ritardatario cronico, irresponsabile, distratto, prenderò tutto
un po’ troppo alla leggera… ma non metterei mai seriamente in pericolo la mia
squadra. E non l’ho MAI fatto.
Su questo, non ho dubbi.
Comunque, ne approfitto per sganciarmi da Hiro e vado da
Kaede.
Tira a canestro e non mi degna di uno sguardo. Tipico.
Aspetto che si sia sfogato un po’. E mentre aspetto, vedo
Toshiko avvicinare Sakuragi.
Cosa cazzo vuole? Mi chiedo, rabbioso, e approfitto diquesta occasione per fare chiarezza su
qualcosa che mi ha stupito.
Prima, quando Toshiko ha definito Sakuragi ‘l’amichetto di
Kaede.’ Ho trattenuto a stento un fremito di rabbia. Mi sono spaventato.
È naturale che abbia paura per Kaede, così fragile, sempre
in bilico tra disperazione e forza. Conoscendo le intenzioni e i precedenti di
quel bastardo, poi…
Ma anche Hanamichi… è tanto ingenuo, innocente… basterebbe
niente per ingannarlo. E ha un faccino abbastanza grazioso da far venire voglia
a Toshiko di divertirsi un po’.
Non deve succedere. Per Hana, e per Kaede.
E adesso si stanno parlando…
Che c’è? Mi volto e trovo gli occhi glaciali di mio cugino
fissi su di me. Sorrido.
Tutti dicono che Kaede ha occhi bellissimi, e freddi. Ma
quando guarda me, sono caldi. Di affetto. Di tenerezza. E complicità.
Gli metto un braccio intorno alle spalle –Andiamo a
prenderci qualcosa, ci stai?
Annuisce. È entrato nel suo ruolo di muto. Lo fa sempre
quando è sconvolto.
Camminiamo, e io ne approfitto per stringerlo più forte.
–Come va?
Lui posa la testa sulla mia spalla, e intanto beve un sorso
della sua lattina. –Dovrei chiederlo io a te.
Stringo i denti. Mio cugino ha ragione. Ma non sono pronto
ad analizzare le sensazioni che si agitano dentro di me. Non sono pronto a
pensare a Toshiko. A Toshiko con me.
Così sorrido, e so che Kaede ha capito, e non insisterà.
–Sto bene.
Non potrei mai mentire a mio cugino. E infatti questa non
era una bugia. Era un modo per dire ‘male, credo, ma non riesco a capire. Non
mi costringere.’.
È incredibile come sia privato il nostro comunicare. Come
sia esclusivo.
-Siamo proprio una strana coppia, io e te- sospiro.
Lui non commenta.
So costa sta pensando. Fa finta di niente, ma è nervoso.
E sono sicuro che ha notato come Toshiko abbia avvicinato
Hana, prima, in palestra.
-Non è così idiota da cascarci.- affermo, con più sicurezza
di quella che provo in realtà.
Lui sobbalza, ma continua a tacere. Poi.
-Ti sbagli. Toshiko sarebbe capace di ingannare chiunque.
Faccio una smorfia. –Sarà. Ma non mi è sembrato molto
propenso a lasciarsi sedurre quando gli è saltato al collo perché ti aveva
insultato.
-Ha reagito così perché pensava non fosse vero. Ma se
sapesse…
Mi fermo in mezzo alla strada. Lo strattono, finchè non è
davanti a me.
Siamo quasi alti uguali, adesso. Ma lui sarà sempre piccolo,
ai miei occhi.
-Che cazzo vuoi dire, me lo spieghi?
-Lo sai. Io… Se Hana sapesse cos’ero, cosa sono, mi
sputerebbe addosso.
Gli stringo le spalle con forza. So di fargli male, ma non
sopporto quando parla così. –Se Hana sapesse la tua storia, massacrerebbe il
novanta per cento dell’alta società di Kanakawa.
Abbassa lo sguardo. Gli sollevo il mento con le dita –Ehi,
Kae…! Non mi fare scherzi! Pensavo che ne avessimo già parlato, che…
-Ha ragione Toshiko, Kira. Sono una puttana, sono…
Forse è il rumore dello schiaffo a farlo tacere, più che il
dolore. Sono poche le volte che alzo le mani su di lui, ma quando parla in
questo modo davvero perdo il controllo. –Ascoltami bene, Kaede. Io ti conosco,
ti conosco da quando sei nato, d’accordo? So cosa sei, so cos’eri. So cosa hai
passato. So cosa abbiamo passato. E quello era l’unico modo che
conoscevi per non morire. Eravamo stupidi, sciocchi, immaturi. Pensavamo che
bastasse una pasticca per dimenticare tutto. Ora, sappiamo che non era così.
Perché devi continuare a colpevolizzarti?
Tace.
-Cristo Kaede! Se tu sei da biasimare, allora che dire di
tutti quei pezzi di merda che hanno approfittato di te? Di un bambino troppo
bello che chiedeva soltanto di essere amato? Sono stati loro a scaraventarti su
quel letto, la prima volta, e la seconda, e…
Kaede piange. Lo lascio andare e si accascia a terra. Mi
inginocchio al suo fianco, lo stringo forte.
Schiaccio il suo viso contro il mio petto. Sento il sapore
salato delle lacrime nella bocca. Gli accarezzo i capelli, sussurro –Non
parlare più così, ti prego… non farlo più… non lasciare che il veleno di
Toshiko ti faccia del male, di nuovo…
Alla fine si calma. Resta un po’ abbracciato a me,
respirando profondamente. Poi alza lo sguardo. E gli occhi sono chiari e
cristallini come sempre.
Torniamo in palestra, e non so come riesco a farlo
sorridere.
Sorriso che prontamente gli muore sulle labbra quando vede
Toshiko venirci incontro.
-Aki-chan, ti va un one on one?
Mi odio, in questo momento. Mi odio perché, nonostante tutto
il male che ci ha fatto, non riesco a non sentire una leggera vertigine mentre
lo guardo negli occhi. Mi odio perché so che nonostante tutti i miei sforzi
l’ultima immagine che ho di lui, quella fotografia gelida e spietata, non è
riuscita a spazzare via tutti gli altri ricordi. Mi odio perché mentre parla,
la sua voce nelle mie orecchie si addolcisce, per tornare quella di due anni
fa, quando per la prima volta ci incontrammo sul campo.
“Akira, accetti la mia sfida?”
E mi odio perché come allora qualcosa dentro di me mi
spingerebbe a urlare, con tutto il cuore, Sì!
Il respiro impercettibilmente accelerato di Kaede squarcia
la nebbia. E mi da la forza per scacciare ogni esitazione. –No.
So che ho sconvolto l’intera palestra, con questo rifiuto.
Io, Akira Sendoh, dico di no a una sfida di basket.
Inaudito…
E Toshiko si volta, scrollando le spalle, e sorride
all’unica persona al mondo che, quel no, non saprebbe mai dirlo.
-E tu Kaede? Mi fai vedere come sei migliorato, piccolo?
Sento quasi scattare nella testa di mio cugino la molla
automatica che regola i suoi rapporti con il mondo. Devo essere più veloce di
lui, prima che questo demente faccia qualche cretinata.
-No.- dico, fulminandolo con lo sguardo.
E, per rabbonire il suo ego ferito, mi affretto ad
aggiungere –No, Toshiko. Kaede deve giocare con me.
Così me ne vado, con mio cugino che mi trotterella alle
spalle tutto soddisfatto, seguito dagli sguardi allibiti dei nostri compagni. E
da quello freddo di Toshiko, che non mi perdona di avergli sottratto la preda.
Per la seconda volta.
Non sono particolarmente soddisfatta, questa volta. La cosa
positiva è che man mano che scrivo i pezzi cominciano a combaciare davvero.
Almeno nella mia testa.
Forse Hana è venuto fuori un po’ troppo ingenuo, ad
ascoltare ancora Toshiko dopo tutto quel che è successo, ma… dovete capirlo, è
piuttosto sconvolto dagli ultimi cambiamenti. Non riesce più a riconoscere la
sua kitsune, e non sa a chi credere. Toshiko è l’unico che promette una
spiegazione…
E ora veniamo rapidamente a noi…
CIAO ANARCHY! Finalmente ci si risente… avevo paura che
avessi deciso di piantarci tutti in asso! Sono così contenta di rileggere un
tuo commento… Che coincidenza davvero, la nostra ‘neonata’ fissa per Slam Dunk.
Tra l’altro, se questa fissa si traducesse in una tua fic, lo sai vero che
sarei la prima a leggerla?!? E come sempre, devo ringraziarti dei complimenti:
sono felice che la storia ti piaccia!
Hinao, fortuna che qualcuno ha trovato l’ultimo capitolo ‘illuminante’!
Io avevo paura di aver fatto solo un grande casino! Comunque, temo che in
questo lo spazio per l’ironia sia limitato… ci si avvicina a quello che
dovrebbe essere la parte più buia del racconto. Spero di riuscire a portarla
avanti al meglio… GRAZIE DELL’IMMANCABILE COMMENTO!!
Tresor, spero che non resterai delusa dal seguito! Non so
quando riuscirò a scrivere il prossimo capitolo: questo è in assoluto il
periodo più incasinato dell’anno. Ma farò il possibile, lo giuro…
Ciaaaaaooooo! Mi siete mancati! Allora, come state? Io bene,
i nostri amati protagonisti (kae soprattutto) un po’ meno! diciamo che la
storia è andata avanti, e la mia vena sadica si sta mostrando in tutta la sua
malignità! Ma state tranquilli, tutto andrà per il meglio (alla fine) (ehm…
mooolto alla fine…)
Secondo intermezzo
Piove. Piove da due giorni.
Akira sta alla finestra, la fronte posata contro il vetro.
Freddo.
Tutto è freddo, in quella stanza, anche se il fuoco
scoppietta nel camino.
Tutto è freddo perché lui ha freddo. Nel cuore.
Sente una strana inquietudine serpeggiare. Gli occhi si
dilatano leggeri. Ha paura.
Perché?
È a casa sua, nella sua stanza preferita, con la musica che
copre il silenzio e anche se fuori piove, se fuori tempesta, se fuori diluvia…
lui è comunque salvo. Asciutto.
Allora, perché?
Poi, d’improvviso. Capisce.
È come se l’avessero urlato.
Come se la sua voce, la sua voce carezzevole, velluto scuro,
si fosse spezzata in quel grido.
E Akira non può stare fermo ad ascoltarlo piangere.
Si alza, come una marionetta cui il burattinaio tende i
fili, si precipita giù per le scale di quella casa troppo vuota, si precipita
giù dalle scale e spalanca la porta prima che quelle mani stremate si abbattano
sul legno.
Lui è lì fuori.
Fradicio. La cerniera della felpa grigia è metà aperta, un
lembo di stoffa scivolata sulla spalla scopre la canottiera bianca. L’elastico
si arriccia sui fianchi, e i pantaloni sono pesanti.
I capelli cadono sugli occhi. Gli occhi sono sgranati.
Non parla. Non dice niente.
Non ce n’è bisogno.
Akira ha già sentito il suo urlo.
E sa cosa fare. O almeno, crede di saperlo.
Afferra la felpa, lo tira dentro.
Se lo schiaccia addosso, preme quel bellissimo viso contro
il suo petto, sente il tremito del corpo nervoso, sente il gelo della pelle
vellutata. Sente le mille gocce di pioggia che scendono a imbevergli i vestiti,
mentre il dolore di Kaede affonda anche il suo cuore.
Lo stringe forte, fortissimo, come se in questo modo potesse
salvarlo, potesse trattenerlo, impedirgli di cadere. Potesse scaldarlo.
Lo stringe forte, e intanto piange. Kaede singhiozza,
stringendo convulsamente i pugni sulla maglietta di suo cugino.
Akira gli accarezza i capelli. Sente le ciocche bagnate
scivolare tra le dita, sono ancora più sfuggenti adesso, ancora più ribelli.
Bacia quella testa scura, con tutta la dolcezza e la devozione di un sacerdote
di fronte al proprio dio.
E intanto sussurra frasi sciocche, sussurra parole dolci,
sussurra canzoni di bambini, sussurra colori di cieli estivi, sussurra inverni
passati a pattinare, e la musica nella stanza di notte, le favole sotto le
coperte, con le torce accese di nascosto per non farsi scoprire, sussurra gli
incubi e i sogni di due bambini figli del mondo, figli del mare, sussurra
nuvole e soli e stelle… tante stelle, tutte da contare…
Sussurra senza ascoltarsi nemmeno lui, le orecchie tese
soltanto a cogliere quei singhiozzi strozzati, quel pianto costretto incapace
davvero di sciogliersi.
E poi. Il silenzio.
Kaede trema ancora. Akira sa che continuerà a farlo per
molto, molto tempo. Forse, per sempre.
Kaede è ancora freddo. Akira sa che continuerà a esserlo per
molto, molto tempo. Forse, un giorno qualcuno riuscirà a scaldarlo.
E poi. Il buio.
Kaede alza gli occhi, e in quelle iridi marine non c’è un
cielo a primavera, non ci sono petali di ciliegio e neanche il mare visto dal
molo. Akira vi scopre dentro naufragi, navi gettate sugli scogli, e oceani di
dolore che affogano segreti. Vi vede incendi, morte e passione alzarsi
allacciate, e d’istinto rafforza la stretta su quel corpo esile, come per
impedirgli di bruciare, o di affondare.
Certe emozioni non dovrebbero neanche affacciarsi, in occhi
così belli.
E poi. Le labbra.
Premute contro le sue. In un contatto fermo, deciso,
esigente.
Per la prima volta, dopo sei mesi. Di nuovo quella
sensazione.
Così simile. Così diversa.
Socchiude la bocca, e si scopre a domandarsi, stranito, come
faccia la lingua di suo cugino ad essere così calda, mentre tutto il resto di
lui è così freddo.
Si abbandona al bacio, per soffocare l’amaro, per tacitare
il futuro.
Non c’è futuro. Non per Kaede. E neanche per lui.
Cadono sul divano, ancora avvinghiati.
Quanto dura quel bacio? Akira non lo sa. Non ricorda.
Ma in ogni caso, il tempo non è sufficiente. Non è
sufficiente per calmare quella fame rabbiosa che sente crescere dentro. E
neanche per riempire il vuoto che, improvvisamente, si è aperto nel petto di
quella ninfa bambina.
Quando sente le labbra del cugino volare sul suo petto, e
poi scendere, fa violenza su sé stesso e lo scosta.
Non parla. Di nuovo, non ce n’è bisogno. Kaede capisce.
E posa la testa sul suo petto, respira una volta, ricomincia
a piangere.
Akira resta fermo, gli occhi spalancati a fissare il
soffitto. Ho fatto bene a bloccarlo?, si chiede. Non sarebbe stato meglio se
gli avessi permesso di andare fino in fondo, fin dove riusciva? Ho peggiorato
tutto, fermandolo?
Più tardi, quando i dadi avranno smesso di ruotare e
mostreranno il loro sbeffeggiante punteggio, si porrà la stessa domanda. Ma
allora, conoscerà la risposta.
Saprà di avere sbagliato.
Akira pov
Era stato il dolore a tingere di bianco il funerale?
Era opera del vuoto, di quella strana voragine che mia madre
e mio cugino sentivano aprirsi nel petto, lenta e ipnotica, dolcemente
minacciosa?
Ricordo di essermelo chiesto, in piedi davanti alla tomba
chiara, in contrasto con la terra smossa, scura, bagnata di pioggia.
Il sole finalmente era tornato.
Mio zio vestiva di nero, come sempre elegante, come sempre
impeccabile. Non sembrava lui il vedovo, per niente. Non conoscendolo, lo si
sarebbe scambiato per un passante qualunque, attratto dalla folla e blandamente
curioso, un uomo d’affari in attesa soltanto del momento giusto per svincolarsi
e tornare al lavoro.
In effetti, non era altro che questo.
E al suo fianco stava mio padre. Con una mano sulla sua
spalla. Un gesto di conforto così sciocco, e così ipocrita. Così inutile.
Non vedevo gli altri parenti. Erano tutti fuori dal mio
campo visivo. Piangevano, forse? Oppure si guardavano intorno curiosi, in
attesa di commentare?
Non lo sapevo. E non mi importava.
Perché io ero lì. In mezzo alle mie due candide statue. Tra
i miei due diamanti affilati.
Mia madre teneva fissi gli occhi sulla lapide. Marmo bianco,
lo stesso colore della loro pelle. E quei caratteri scuri… non aveva senso,
leggerli. In fondo, cosa potevano dire?
Aveva gli occhi asciutti. E l’abito si apriva intorno a lei
come i petali di una magnolia.
Le strinsi più forte la mano, prima di voltarmi. A guardare
lui.
Mio cugino. Mio fratello. Il mio amico. Quel remoto mistero
familiare.
Mi chiesi dove stessero volando le sue iridi cobalto.
Era ancora più bello del solito, Kaede. Mentre stava dritto
davanti alla tomba di sua madre, quella madre giovane e bella, che l’amava come
si amano le stelle.
Non riuscivo a credere che davvero fosse morta.
Ancora adesso mi è difficile farlo.
Ogni volta, mi attraversano la mente miliardi di flash
veloci, baleni di vita ormai perduta.
Io e Kae. Seduti su un letto grande, ampio, matrimoniale. E
loro, le gemelle, mamma e zia sdraiate tra noi, gli occhi al soffitto, a ridere
e piangere e ridere, ridere…
Un gelato mangiato di nascosto. Un tuffo nel mare, con
l’acqua che diventava fredda.
Gli occhi azzurri di mia madre, quando sua sorella sgridava
Kaede e lei alle spalle gli sorrideva. E quelli quasi più intensi di mia zia,
quando ero io l’imputato.
Noi crescevamo, e loro diventavano belle. Anche se belle già
erano nate.
Non capisco come mia madre abbia potuto sopravvivere alla
sua scomparsa. Loro divise, loro, che insieme avevano tratto ogni respiro, che
sempre si erano specchiate e riflesse, imitate.
Non capisco come abbia imparato a cambiare. A invecchiare. A
guardarsi di nuovo allo specchio, e saper ridere.
Sapendo che lei non sarebbe stata lì per sentirla.
Ma so fin troppo bene come invece abbia vissuto Kaede.
Perché io ero con lui. Io lo tenevo per mano, io lo guidavo in ognuno dei
maledetti passi che segnarono l’innegabile caduta di quell’angelo perduto. Io
lo aiutavo, lo accompagnavo, e cercavo di impedirgli di volare via.
Non capivo ancora che il pericolo più grande era un altro.
Non sapevo che avrei dovuto temere la palude, e affidare al
cielo la sua salvezza.
Gli angeli non hanno ragione di temerlo, il cielo. Solo il
fango può ucciderli.
E io sciocco, io ingenuo e spaventato, io impaurito, in quel
fango lo gettai.
Eppure, mi ero accorto subito che qualcosa non andava. Che
un frammento dell’ ingranaggio perfetto si era spezzato.
Fin dal primo momento, quando raggiunsi in ospedale mio
cugino e vidi i suoi occhi vuoti, e seppi che mia zia era sdraiata dietro
quella porta, dentro un lettino, la mente lontana. Quando seppi che era in
coma, e capii che non si sarebbe svegliata.
Quando accettai di averla persa, e compresi, anche se sempre
l’avrei negato, che nello stesso momento, avevo perso anche il piccolo Kaede
dagli occhi marini.
Tutto cambiò, da allora. E se gli insulti di mio zio non
poterono uccidere mio cugino, fu solo perché quel bambino, quel bambino dal
sorriso di luce, ormai era già morto.
Non avrete davvero creduto possibile che IO arrivassi in
fondo a una fic senza nominare almeno una coppia di gemelli?!?!? Comunque, la
morte della madre è la prima ragione che ha portato Kaede a fare quel che a
fatto… la seconda sarà il padre, ma ne parleremo meglio nel prossimo
intermezzo, credo…
In ogni caso vi saluto, ora. Aggiornerò il prima possibile…
spero di risentirvi tutti presto! kisses Roh
-No, adesso spiegami cosa hai intenzione di fare conciato
così.
Mio cugino sta sdraiato sul letto, le caviglia incrociate.
Auricolari nelle orecchie, una rivista di basket in mano, non mi degna di uno
sguardo.
Ho incrociato i suoi compagni, poco fa. Erano tutti in tiro,
pronti per la serata. Mi è bastata un’occhiata per capire che il mio adorabile
cuginetto aveva dato seguito alle sue minacce. Non era con loro.
-Ehi scimmia, dove sta Kaede?
Lui mi ha rivolto uno sguardo di odio puro. Non ha risposto.
Non che mi serva il suo aiuto per trovarlo, sia chiaro. Ma è
così divertente far ingelosire Sakuragi… ancora un po’, e si deciderà a fare il
primo passo con Kae. Qualunque cosa, per strappare la sua volpe dal porcospino
maniaco (cioè io)…
E potete scommetterci che, per quanto mi riguarda, sarò in
prima fila a godermi lo spettacolo. Spero che mio cugino si mostri
misericordioso, dopo, quando verrà a conoscenza del mio ruolo nella
capitolazione della scimmia.
Sbuffo. Devo portare avanti il mio piano. E per farlo, ho
bisogno di Kaede fuori da questo letto.
Oddio, effettivamente anche nel letto non sarebbe poi così
male… ma dovrei legarlo, e anche Sakuragi, credo.
Troppa fatica. Quindi…
-Sto aspettando una risposta, honey.
-Non rompermi le palle.
Gli spengo il walkman e mi siedo al suo fianco.
Ormai la scimmia sarà impegnata a prosciugare le riserve di
birra del pub più vicino. E mio cugino, cretino, invece di approfittare
dell’occasione (a Kae la luce dei locali ha sempre donato particolarmente) se
ne resta qui stravaccato sul materasso, infagottato nella solita, banalissima
tuta.
Ma devo proprio insegnargli tutto, a questo benedetto
ragazzo?
-Tesoro mio, non penserai davvero che io abbia intenzione di
passare il sabato sera a deprimermi con te!
Scrolla le spalle. –Certo che no. Quindi perché non vai a
divertirti?
-Ci vado, tranquillo. Ma tu vieni con me.
Lo metto in piedi, lo spingo nel corridoio, poi fino alla
mia stanza. E lui sbuffa ma mi lascia fare.
Penso che, fossi nato femmina, mi sarei divertito da morire
con le barbie, e tutti i loro abitini. Avrei passato i pomeriggi a svestirle e
vestirle, in continuazione.
Dal momento che il fato mi ha negato questa possibilità,
devo sfogare gli istinti assopiti con la mia bambolina privata. Anche se non
credo Kaede gradirebbe il paragone…
Adoro vestire mio cugino. È talmente bello che qualunque
cosa gli sta d’incanto, ma io considero una sfida riuscire a renderlo ancora
più… più. Qualunque sia l’aggettivo adatto a descriverlo.
Lo osservo, scelgo un paio di jeans. Kaede li infila con
l’espressione di un martire. Io sorrido soddisfatto.
Sapevo che gli sarebbero stati da dio.
Giacca di pelle, buttata con negligenza sulle spalle… e poi
il tocco finale.
-Ah no. Questo no! STAMMI LONTANO KIRA!
Sogghigno e gli sistemo i capelli. I suoi strilli fanno
parte del gioco.
E mentre lo guardo negli occhi, non ho dubbi che anche lui
lo sappia.
Ho proprio bisogno di qualcosa che mi distragga un po’. E
un’uscita con Kaede è sempre un buon modo. Magari riuscirò a togliermi dalla
testa Toshiko…
Quanto tempo è, che non lo porto in un bar? Tanto… mi dico,
aprendo la porta deciso.
E ora ricordo anche il perchè.
Tutte le ragazze presenti si voltano a divorarlo con gli
occhi. E così fanno anche metà dei maschi.
Una volta sola mi sono azzardato a portarlo in un locale
gay: dopo due ore trascorse a fulminare tutti quelli che l’avvicinavano con
troppa insistenza e a spazzare via le mani che come per incanto riuscivano a
posarsi sul suo culo, mi sono deciso a trascinarlo fuori.
Dopo quell’esperienza, ho realizzato che era meglio evitare
certe... provocazioni.
-Cerca di divertirti un po’- gli soffio nell’orecchio, e lui
annuisce distratto sedendo al tavolo dei nostri compagni.
Subito Mitsui si china in avanti per dirgli qualcosa. Lui
scuote la testa, senza prestare molta attenzione. Sia mai che Kae dia a
qualcuno la soddisfazione di riferirgli qualcosa di importante… quando gli
hanno detto che era stato convocato in Nazionale, ha sbadigliato!
Certo, poi ha passato mezz’ora a piangere aggrappato al mio
collo… ma questi sono dettagli di secondaria importanza! E poi, mio cugino mi
ucciderebbe se sapesse che spargo in giro la voce. Neanche si divertisse, a
essere famoso come Iceman.
A volte tento di immaginare cosa proverei a conoscerlo
adesso. A trovarmelo davanti così, senza sapere niente di lui, niente di quel
che nasconde dietro la maschera di ghiaccio. Senza conoscere il colore del suo
sorriso.
Cosa farei? Lo aggredirei come Sakuragi, cercando in tutti i
modi di attirare la sua attenzione?
Lo guarderei con l’aria di maliziosa ammirazione che scorgo
a volte negli occhi di Mitsui? Tenterei di avvicinarlo con dolcezza, come
Kogure?
Oppure proverei a infilarmi nel suo letto, con le minacce,
con le lusinghe, con la seduzione, come ho visto fare da troppe persone, ormai?
Non lo so. Ho paura di indovinare la risposta. Paura di
scoprirmi fin troppo simile a quelli che tanto disprezzo.
In fondo, cosa sanno di lui, loro? Semplicemente, quello che
vedono. E cioè, un ragazzo senza cuore, senza anima e senza emozioni, un angelo
incapace di sorridere e in perpetua ricerca del cielo, un fiore sensuale che
sembra implorare di essere colto, un frutto maturo da mordere e succhiare.
Com’è difficile trattenere il bisogno di spaccare la faccia
a tutti quelli che lo guardano. Che lo ricoprono di desiderio e doni, senza
sapere che, ad ogni occhiata bramosa, una parte di lui si spegne, tremante.
Mitsui gli offre il bicchiere, Kaede accetta. Non mi
disturba più, il 14 dello Shohoku. Dopo l’episodio dello spogliarello, guarda
mio cugino con altri occhi.
Più protettivi. Come se avesse capito che qualcosa respira,
dietro quella perfezione.
Non posso che esserne contento. Kae ha bisogno di qualcuno
che gli stia dietro. Di una chioccia che lo culli, e lo difenda. Soprattutto
adesso, perchè credo che in questi giorni, con Toshiko intorno, non potrò dare
il meglio di me.
Maledizione, quel bastardo mi è entrato nel sangue, e dopo
due anni tutto il veleno non si è ancora sciolto. La ferita resta aperta. E
vederlo vicino a Kaede non fa che gettarci sopra sale.
Però lo spettacolo della faccia di Sakuragi quando siamo
entrati non me lo sarei perso per niente al mondo. Pensavo che sarebbe
collassato…
Si tiene a distanza, noto con un sogghigno. Quasi quasi vado
a punzecchiarlo un pò. Il ragazzo deve darsi una svegliata. Insomma… io mi
faccio in quattro per presentargli un Kaede più appetitoso del solito, e dopo
una prima occhiata questo gli volta le spalle?
Eppure, ho come il sospetto che non si perda un solo
movimento, un solo gesto. Tiene d’occhio Mitsui, e l’unica cosa che gli
impedisce di avvicinare mio cugino e il tiratore da tre punti che ne ha
monopolizzato l’attenzione è un’evidente reazione fisica che, stranamente,
colpisce il suo corpo alla vista della ‘volpaccia.’
Eh, il disagio di essere maschi, Hana, che vuoi farci…
-Perché sogghigni?- mi chiede Koshino sbattendo un bicchiere
sul tavolo. Guardo accigliato il cocktail ondeggiare, qualche gocciolina
posarsi sulla mia mano. Perché il mio playmarker è incazzato?
Ma quando alzo lo sguardo su Hiro, i suoi occhi sono solo
curiosi.
Sollevato bevo un sorso. Poi gli prendo il mento tra le mani
e lo indirizzo. –La vedi la scimmia? Diciamo che ha qualche problema di
autocontrollo, questa sera…
-E perché?- domanda Hiro, perplesso.
Riprendo a guidare il suo sguardo, che adesso sta fermo su
Mitsui –Ecco perché.
Lui aggrotta le sopraciglia –Piantala di fare l’idiota
cazzo, Aki, dimmelo chiaro e…
Il respiro gli esce dai denti, in un sibilo, quando
finalmente i suoi occhi trovano Kaede. –Kami… ma cosa si è messo addosso?
Scrollo le spalle. Hiro sbuffa –Mmmm, qualcosa mi dice che
dovrai badare a lui, sta sera.
-Preferirei ci pensasse qualcun altro, sai?- medito, mentre
lancio un’altra occhiata ad Hanamichi. Che in questo momento ha le guance
paonazze. Deduco che abbia arrischiato uno sguardo verso la kitsune. Pessima
mossa, amico…
-Sai Aki, non ti capisco. Voglio dire, ok, non sei mai stato
un tipo geloso. Ma di solito, ammettilo, non te ne fregava niente di quelli con
cui uscivi. Invece Rukawa… sembri tenere davvero a lui. E allora come fai a
continuare così, con questi giochetti scemi? Io non ne sarei capace…
Sospiro. –Quando tieni davvero a una persona…
Lui si scurisce un istante, poi scrolla le spalle.
In quest’attimo, mi sorge un dubbio. Ma l’ha capito, Hiro,
cosa c’è tra me e Kaede? Ho la sensazione che il mio migliore amico stia
fraintendendo tutto… e come sempre, trae le sue conclusioni senza consultarmi.
È convinto di conoscermi alla perfezione, Koshino, e ha ragione… Ma di Kaede
non sa niente, e non sa quel che eravamo. Non sa cosa abbiamo attraversato,
come siamo arrivati qui, a questo traguardo, a questo cielo sereno, dopo tanti
temporali. Non gli ho mai permesso di avvicinarsi allo scrigno scuro che
conserva i miei ricordi più segreti.
Non ne ho mai avuto il coraggio.
Però, qualcosa devo dirgli, per chiarire questo evidente
equivoco. Sì, decisamente qualcosa devo dirgli…. Adesso? È il momento giusto,
quello che aspettavo? Forse… Prendo un respiro profondo e mi decido. Sono pronto!
Ehi aspetta un attimo… per poco la sedia non mi cade
all’indietro. Afferro il polso di mio cugino prima che questo si dilegui tra la
folla. Direi che il momento delle confessioni è rimandato, ok Kosh?
-Dove cazzo stai andando, tu?- ringhio a Kaede, tirandomelo
addosso. Lui barcolla e per non perdere l’equilibrio si aggrappa a me.
Perfetto, ora non mi puoi scappare honey… lo costringo a sedermisi in braccio.
Sospira e alza gli occhi al cielo –Ti frega?
Non attacca sto giochino con me, Kae… -Sì, molto. Quindi?
Koshino è combattuto tra diversi istinti. I suoi occhi non
riescono a smettere di percorrere il corpo di Kaede, eppure è anche incuriosito
dal nostro scambio. Del resto, non capita tutti i giorni di vedere mio cugino
così. Simile a un bellissimo micio nero, con la coda che sferza l’aria, e lo
sguardo infastidito. Kami, Kae, ti adoro…
-Cazzo non rompere Kira, non sei il mio baby sitter…
Lo guardo negli occhi. Sospira.
-Ok, voglio farmi un giro, posso? Sono stufo, mi sto
rompendo… prendo qualcosa da bere. Poi torno, tranquillo.
Lo lascio alzare. –Vedi di stare buono- gli dico, con una
pacca sul sedere. Lui mi regala una smorfia, poi se ne va.
Chiaramente, seguito dagli sguardi di tutti.
Sospiro –Speriamo bene…
Koshino prende un sorso –Fossi in te gli starei dietro, a
parte tutto.
-Eh?
-Dai Aki, hai visto com’è vestito… non c’è nessuno, qui
dentro, che non se lo sia mangiato con gli occhi. Tra un po’ sono preoccupato
io!
-Preoccupato o geloso?
Lui mi fissa. –Akira, che tu ci creda o no non mi interessa
Rukawa. Però tengo a lui, perché tu ci tieni. E poi non mi piacerebbe che
sospendessero il campionato perché l’asso dello Shohoku si è fatto violentare
in un locale!
Finisco il mio drink. –Kae sa badare a sé stesso,
tranquillo… Comunque hai ragione, vado a dargli un’occhiata…
Mi alzo, quando una voce congela ogni mio gesto.
-Come, te ne vai di già? Speravo di poterti offrire
qualcosa, o due chiacchiere…
Merda. Non ho il coraggio di voltarmi. Quando lo faccio, gli
occhi di Toshiko mi scavano l’anima. –Non voglio niente da te- replico, gelido.
Lui sorride –Neanche le due chiacchiere? In onore dei vecchi
tempi…
-E cosa ci sarebbe da onorare?- replico, ironico.
Sento lo sguardo inquieto di Koshino sulle mie mani. Cazzo,
e smettetele di tremare, dita maledette…
Toshiko sorride e allunga una mano a sfiorarmi il viso. Mi
tiro indietro –Non toccarmi!- sibilo.
Lui scuote la testa –Sei diventato più selvatico, Akira…
-Aki, tutto bene?- decide di intervenire Koshino, scrutando
il mio viso in cerca di una risposta.
Non possiamo restare qui. Se Toshiko si accorge che tengo a
lui, comincerà a dare fondo al suo repertorio di storie… e ne conosce, sia su
me che su Kaede, a sufficienza.
Anche se ho deciso di confidarmi con Hiro, ci sono alcune
cose che NON deve assolutamente sapere.
Meglio metterlo subito in chiaro.
-Usciamo- mormoro, cercando di mantenere ferma la voce.
Lui sogghigna soddisfatto. –Certo.
-Kosh, me lo tieni d’occhio tu Kaede?
Vedo Toshiko socchiudere gli occhi, mentre Hiro annuisce.
-Quindi anche il caro cuginetto è qui?- chiede quando
raggiungiamo l’uscita. Si guarda intorno, come a cercarlo.
-Ti ho già detto di stargli alla larga.
-Non ti è ancora passata, vero?
Non rispondo. Non ce n’è bisogno. Lui mi posa la mano sul
polso, io la ritraggo di scatto.
-Akira, ascoltami. Perché non possiamo ricominciare da capo?
In fondo… tu al mio posto cosa avresti fatto?
Non rispondo. Lui continua, vorrei poterlo non ascoltare
–Aki-chan cerca di capire… quel ragazzo è un’ossessione… fa andare fuori di
testa chiunque… non puoi dare la colpa solo a me! Non lasciare che un incidente
rovini tutto…- Non posso crederci. Davvero si aspetta che io mi beva le sue
cazzate? Ti ho dato fiducia una volta, Toshiko, e guarda dove siamo arrivati.
Non avrai una seconda possibilità. L’unica che sono stato
disposto a concederti, te la sei bruciata. E io mi sono soffocato nelle ceneri.
Devo allontanarmi da lui il più in fretta possibile. Mi
massaggio gli occhi, sono stanco. Cerco le parole adatte a finire questa
storia. Per sempre.
-Toshiko, ti ho già detto una volta cosa pensavo di te. Non
ho intenzione di ripetermi.
-Tutto per quella troia…
Il mio pugno lo fa tacere. Lo afferro per il colletto –Forse
non mi sono spiegato. Tu non devi avvicinarti a Kaede, non devi parlare di lui,
non devi neanche azzardarti a pensarlo, capito? Se scopro che gli hai messo
un’altra volta gli occhi addosso sei morto.
-Quindi è una banale scenata di gelosia…- sorride lui.
Lo lascio cadere a terra. Che pensi quello che vuole, non mi
interessa. Adesso voglio soltanto il mare, l’odore di sale e di vento, per
lavare via il ricordo del giorno che ha ucciso il mio cuore.
EHI!!! Volevo ringraziare tutti quelli che continuano, pazienti, a leggere le torture che la mia mente malata inventa per il nostro adorato Kaeduccio.
In particolare, grazie a te, Venus... i tuoi commenti sono sempre super-iper-mega-graditissimi! La fic sui gemelli la continuerò, devo solo trovare il tempo di raccappezzarmi e calarmi un pò nei loro panni.
Io ogni caso, volevo anche chiedere scusa: la storia ha preso una piega particolarmente angst, il culmine si raggiunge nei capitoli che sto scrivendo adesso (il terzo intermezzo e l'11, credo...), ma ridabisco la mia promessa: tutto andrà bene.
Ok, ora vi saluto davvero! bacioni, vi voglio bene! roh.
Giuro che prima o poi quel porcospino maniaco io lo rapo a
zero.
Come si permette di parlare in quel modo al Tensai!?! Gli
insegno io l’educazione…
“Ehi scimmia, dov’è Kaede?”
Mi sono trattenuto a stento dal prenderlo a pugni. Non ho
nessuna intenzione di farmi chiamare scimmia da un deficiente con il gel al
posto del cervello.
Beh, neanche dagli altri, certo! Ma da lui proprio non le
tollero certe confidenze.
E poi cos’è, i suoi neuroni hanno deciso di scioperare
finchè non cambia pettinatura? Che cazzo viene a chiedere a ME dove sta RUKAWA!
Ma nessuno gliel’ha detto, a quell’imbecille, che per me la Kitsune è come il
fumo negli occhi?
Come, scusate? Chiedete perché allora le sto sempre
appiccicato?
Beh, ragionate un attimo: avrà pure un punto debole, quella
macchina centra-canestri! E una volta che il Tensai l’avrà scoperto, allora…
Cosa? Volete sapere perché se lo odio tanto mi si è stretto
il cuore quando l’ho visto impallidire, in palestra, davanti a Toshiko? Perché
ho fatto a pugni con lui dopo che l’aveva insultato? Perché mi prudono le mani
ogni volta che qualcuno lo guarda, gli parla, lo sfiora… lo pensa?!
Ehm… ecco, il fatto è che…
In ogni caso io resto della mia idea. Non merita la mia
preoccupazione, quello.
E sì che mi sono sforzato di diventargli amico… per il bene
della squadra, sia chiaro!
Sapete cosa se ne fa il Tensai della sua amicizia… in fondo,
solo l’idea di stargli vicino mi dà i brividi!
Esatto, i brividi, tante piccole scosse elettriche che
risalgono la spina dorsale, viaggiano nelle terminazioni nervose per andare a
illuminare il cervello, e poi spegnerlo in un black-out completo… un black-out
di desiderio e passione e bisogno di stringere, baciare, amare…
AHHHHH! Ma cosa mi fate dire? I brividi sono di disgusto, e
non provate a contraddirmi, chiaro!?
Quindi, è solo un bene che non abbia accettato il mio invito
a uscire, sta sera.
Ehi, non pensate male! Io l’ho invitato solo perché Akagi mi
aveva chiesto di farlo, e voglio ingraziarmi il gorilla per avere carta bianca
con la sua dolce sorellina… sì, certo, e poi dovete ammettere che la sua
richiesta somigliava molto a un ordine… e che i suoi pugni alla lunga fanno
male!
Quindi, caro porcospino maniaco, il tuo *Kaede* è
sdraiato sul letto, languido e bello come sempre, che legge una stupida rivista
di basket…. Facci quel che vuoi basta che dopo pulisci tutto…
Dio che schifo… soltanto immaginarmi il volpino tra le sue
braccia mi dà il voltastomaco.
Basta, non pensiamoci… beviamo.
Questa sera bisogna divertirsi… e mi divertirò!
Anche se sento lo stomaco andare a fuoco ogni volta che
ripenso alla mia stanza, all’albergo…
-Credete che Sendoh riuscirà a convincere Rukawa?
Kogure pone la domanda con aria innocente, ma io non posso
evitare di sobbalzare. E poi quel maledetto Mitsui, guardandomi attento,
risponde –Mah, io direi di sì… la nostra volpacchiotta sembra avere un debole
per il porcospino… per dirla alla Sakuragi!
-E tu Hana che ne pensi?
Rido. La mia risata da Genio.
Non è mai sembrata tanto falsa. –Ah Ah Ah! Ma stiamo
scherzando! È del congelatore che si parla, del freezer, del ghiacciolo, della
volpaccia artica! Quello non sa neanche cosa siano i locali notturni! E poi si
addormenterebbe con la testa sul bancone, scommettiamo?
Ryota si intromette. –Sì Hana. Io dico che Rukawa verrà. Ci
giochiamo il prossimo giro?
Gli afferrò la mano senza esitare –Certo! Preparati a
pagare!
Kogure tossisce educatamente. Io e Mitsui lo guardiamo. Lui
ci fa cenno di voltarci.
Obbediamo.
E restiamo immobili. Increduli. Incapaci di respirare.
O almeno, io sono così. E non ho abbastanza testa per
preoccuparmi della pressione arteriosa di Mitsui, in questo momento.
Lui è qui.
Qui. Lui.
Ma dai, Hana, che minchia dici! Quello non è Rukawa!
Guardalo! Anzi, così hai anche la prova che lui NON è il ragazzo più bello del
mondo, perché quello lì… quello lì…
Quello lì non può essere Rukawa! Non è la volpe artica!
E allora perché un tizio con i capelli da porcospino lo
trascina per il polso, con un sorriso a centosessantatrè denti stampato sul
volto? Un tizio pericolosamente somigliante ad Akira Sendoh?
-Ru…- sussurra
Mitsui, rauco.
Ok. E Rukawa.
Appurato questo, la domanda da porsi è la seguente.
CHE CAZZO SI È MESSO ADDOSSO?
Non riesco a controllare il mio sguardo, spazia sulla sua
figura, vola sul suo corpo, attardandosi nei punti che meno sarebbe salutare
fissare.
Come le gambe. Interminabili, sinuose, fasciate in quei
jeans scuri che sorridono sui suoi fianchi snelli, facendoti l’occhiolino da
sotto la cintura borchiata.
O lo stomaco, intravisto appena quando per un caso fortuito
la giacca di pelle si scosta e la maglietta nera sale, a rivelare la pelle
bianca custodita e nascosta.
O le spalle, vestite di buio, sfiorate dai capelli di seta.
Che sfuggono spettinati in tutte le direzioni, come se una
mano sapiente li avesse fissati nella caotica perfezione di un risveglio
tardivo, dopo una notte d’amore.
E poi il viso. Duro, e fragile. Dolce e severo. Con gli
occhi di ghiaccio velati dalle ciocche scomposte, e le labbra sensuali
imbronciate come sempre. Gli zigomi carezzati da invisibili dita, invisibili
labbra, invisibili sguardi.
È come se il tempo si fosse fermato. In quell’eternità
sospesa tra mille ipotetici futuri, lui incontra il mio sguardo. E. Sorride.
Poi, il mondo torna a ruotare, io sobbalzo e interrompo il
contatto, Sendoh gli afferra la mano, dice qualcosa, anche lui si volta e lo
guarda, annuisce, iniziano a camminare verso di noi, rallentati dalla folla, e
il suo ondeggiare è ipnotico, toglie il fiato.
Sento Mitsui bofonchiare qualcosa tra i denti.
Nel locale, tutti stanno guardando la mia volpe.
Le ragazze svengono quando lui le sfiora, e i maschi lo
spogliano famelici, lo divorano con gli occhi, e solo gli sguardi assassini di
Sendoh (che per una volta mi sembra un inviato della divina provvidenza)
dissuadono alcuni dal posare le mani su quel corpo perfetto che li fa ardere
dentro.
Alle nostre spalle, un sogghigno –Mmm, uno schianto il
ragazzino!
Prima che io possa fare alcunché, Mitsui scatta sferzante
–Vedi di giragli alla larga, stronzo, se non vuoi che ti spacco tutti i denti!
È solo un bambino.
Da una parte vorrei ribattere che Rukawa non è un bambino
(anche perché ha la mia stessa età, ed ehi gente!, il Tensai è ormai un uomo!),
ma quando quel trentenne pedofilo ride, ammiccando –Un bambino con un culo da
urlo- ci vuole tutta la forza di Miyagi per impedirmi di sbattergli la testa
sul tavolo.
Rukawa ci ha ormai raggiunto, e gira intorno al tavolo
ignaro degli occhi che si sono incollati al suo sedere. Purtroppo, mi accorgo che
questi non appartengono solo al maniaco decrepito, dal momento che praticamente
tutto il locale lo sta fissando. Effettivamente, non me la sento biasimarli. E
poi non mi sembra il caso di far esplodere il pub (sicuramente rinvierebbero il
torneo, e Rukawa si incazzerebbe non poco), quindi mi trattengo, e ingoio gli
insulti.
Vedo Mitsui chinarsi sul suo orecchio, e sento un improvvisa
ondata di gelosia. Perché qui non si tratta di uno sconosciuto che si limita a
guardarlo. Qui giochiamo ad armi pari. Mitsui ha con Ru le stesse mie
possibilità, anzi… a giudicare dall’atteggiamento della volpe di stasera,
appena appena scostante, mi supera di una buona misura.
Ci fossi stato io al suo posto, Rukawa mi avrebbe già
staccato la testa a morsi.
Il pensiero, che di solito mi porta solo una punta di
fastidio mischiata a malinconia in gola, questa sera fa stranamente male.
Forse è colpa della volpe, che pare così splendida e
irraggiungibile, forse è vederlo per la prima volta fuori da una palestra,
fuori da un campo da basket, forse è che non riesco a sopportare di guardarlo,
talmente è bello, forse è che ho bevuto troppo, e troppo in fretta, forse è che
la sera è lunga, ed ho come la sensazione che prima di domani succederà
qualcosa, qualcosa di irreparabile… ma ho un nodo alla gola che non riesco a
sciogliere.
Mi tengo alla larga da Rukawa e Mitsui, per quanto me lo
permetta il tavolo, evito di guardarli perché altrimenti non basterebbe Miyagi
per trattenemi dal saltare alla gola dello sfregiato.
Cerco con gli occhi Sendoh. Eccolo, che chiacchiera con
Koshino… maledizione, per una volta che ti vorrei appiccicato alla volpe te ne
stai alla larga?
Sendoh sembra leggere i miei pensieri, perché senza smettere
di parlare sposta lo sguardo su Rukawa. Quando gli occhi si posano sulla
Kitsune, diventano incredibilmente caldi. È strano, Sendoh ha occhi azzurro
chiaro, limpidi e dolci, sempre allegri, sempre solari, eppure quando guarda
Kaede si illuminano di una tenerezza che è quasi impossibile da sostenere.
Di questa tenerezza sono sempre stato geloso, così come
della facilità con cui riesce a sciogliere il ghiaccio di quel principe
candido, la disinvoltura con penetra le sue barriere.
Arrischio uno sguardo a Rukawa. Mitsui parla, intorno la
gente non ha smesso di fissarlo.
E lui… alza il bicchiere, distratto, posa le labbra sul
vetro… un’onda di calore mi percorre, mentre scorgo un baluginare della sua
lingua…
Volto la testa di scatto, sforzandomi di mantenere regolare
il respiro. Conto fino a dieci, a trenta, a cinquanta… non posso eccitarmi in
mezzo al locale, merda!
Quando lo guardo di nuovo, il suo posto è vuoto.
Fulmineo, scatto verso Sendoh.
Eccolo. In quel momento il cuore mi muore nel petto.
Sta seduto sulle sue ginocchia, in una posa tanto equivoca e
intima da spezzarmi il cuore. Eppure. Eppure le loro espressioni sono dure.
Sembrano litigare, o quantomeno discutere.
Alla fine Kaede si alza, e Sendoh con una pacca sul sedere
lo lascia allontanare.
Ma dico sono tutti impazziti? Non può girare senza scorta,
non vestito così….
Guardo Sendoh: parla di nuovo con Koshino.
Guardo Mitsui. Ride con Miyagi e Kogure.
Ho capito. Deve pensarci il Tensai.
Non preoccuparti, volpacchiotto scemo, ti difenderò io… a
costo di spaccarti la testa per convincerti a seguirmi, lo farò!
Con fare indifferente, mi dirigo ai videogiochi.
Da quest’angolazione posso vedere benissimo Kaede,
accasciato su uno sgabello al bancone, e tenere d’occhio la situazione.
Ci sono più o meno dieci persone che gli ronzano attorno
come avvoltoi, ma lui se ne frega di tutti. Logico. È per sempre la mia kitsune
congelata, no?
-Ehi, deficiente! Hai intenzione di giocare o stai lì per
far figura?
Squadro l’energumeno che mi ha interpellato. Poi, il
videogioco.
Forse è meglio fare una partitella, giusto per tenerli buoni…
Tre vittorie dopo (ehi, di che vi stupite? Sono pur sempre
il Tensai, io!) mi accorgo di aver lasciato Ru indifeso.
Terrorizzato, mi volto, aspettando quasi di trovarmi il
volpino sdraiato sul bancone, i vestiti strappati, e i dieci avvoltoi a
pasteggiare con le sue carni bianche, quando…
Lo vedo.
Non è solo.
Ma non sono Mitsui o Sendoh a chiacchierare amabilmente con
lui.
(E quando dico ‘amabilmente’, non sto esagerando.)
No.
È… uno sconosciuto.
Un tizio che non ho mai visto, e che mi sta istintivamente
sul culo.
È languidamente appoggiato con la schiena al legno, i gomiti
sul bancone, la testa gettata all’indietro. Così semi sdraiato, guarda Ru
dritto negli occhi, e parla sorridendo.
Ha occhi azzurri talmente intensi che li noto anche da
questa distanza. E capelli biondi lisci, lunghi, sciolti, che lo rendono simile
a un dio nordico. Proveniente da qualche paese dei ghiacci, in occidente, dove
quei colori sono considerati quasi normali.
Lo odio. E odio vedere le labbra della mia volpe schiudersi
in un sorriso, tutto per lui.
Merda. Finora l’avevo visto sorridere solo al canestro, o a
Sendoh. Adesso invece si mette a regalare quel miracolo anche a perfetti
sconosciuti?
Odino gli parla, ride e scuote la testa, gli sfiora la
guancia, gli guarda la bocca. Si avvicina e gli dice qualcosa nell’orecchio,
gli scosta una ciocca dagli occhi. Lo tocca in continuazione, ogni scusa è
buona…
-Vedo che Kim non ha perso tempo…- mormora una voce sensuale
alle mie orecchie.
Mi volto di scatto, ma mi rilasso quando capisco che è
Toshiko.
-Lo conosci?- ringhio, e lui annuisce. –Già. È un mio amico…
tranquillo, non ha cattive intenzioni. Non gli farà niente di male.
Mi tranquillizzo. Finchè non continua –Anzi, magari domani
mattina Kaede sarà di umore migliore… una scopata può fare miracoli…
Sobbalzo –Cosa hai detto? Cosa vuole fare?
Lui mi guarda sorpreso. –Beh, pensavo fosse evidente che
riuscirà a portarselo a letto prima della fine della serata… Hana stai bene?
Dio, che idiota, avrei dovuto immaginarlo, non ho più pensato che tu…
-Io e Rukawa non stiamo insieme, te l’ho già detto. È solo
che mi sembra strano, lui è così… innocente…
Toshiko scoppia a ridere –Innocente? Hana, Hana, come sei
dolce… preoccuparti così per lui… non ne vale la pena!
-Che intendi?- sibilo. Lui mi posa una mano sulla spalla, in
un gesto conciliatore.
-Che quello è come un gatto, cade sempre in piedi.
-Sembri conoscerlo bene….- osservo.
Lui annuisce, mi fa cenno di sedere con lui. Mi porge un
bicchiere, lo accetto.
-Lo conosco benissimo, infatti, fin troppo. È colpa sua se
Akira ha rotto con me, due anni fa. Dopo che ci ha trovati a letto insieme.
Sputacchio la sorsata che avevo appena inghiottito. –CHE
COOOOSA?
Lui sorride con aria imbarazzata –Lo so, lo so, è stata una
cazzata da parte mia starci lo stesso… ma Kaede quando si mette in testa
qualcosa è irremovibile e, beh, cerca di capire… quando ti trovi davanti uno
così, nudo, che ti bacia… cosa puoi fare? La mente va a farsi fottere…
Non riesco a dire una parola, e lui continua –Certo, avrei
dovuto oppormi… cazzo, io lo amavo Akira! E lo amo ancora… Mi ero accorto delle
occhiate di Kaede, ma non pensavo che sarebbe arrivato a tanto… Akira era come
un fratello per lui!- si ferma, sembra ripensarci –Anzi, fratello un paio di
palle… ci provava anche con lui, dio solo sa quante volte sono finiti a letto,
quei due! E quando Akira ha dovuto scegliere a chi credere… se a me, il suo
ragazzo, o a lui… ha scelto lui. Ha rotto con me, e si è tenuto Kaede. Certo,
se preferisce una troietta come quella a un ragazzo fedele…
-Taci.- mormoro, ma ormai l’ordine pare una vuota abitudine,
perché la testa sta per esplodermi. Ho voglia di piangere, gridare.
Lui sbuffa –Dico solo la verità, Hana. Tu non sai un cazzo,
di lui. Guardalo, guarda come fa con Kim. Sai quante volte l’ho visto così?
Ogni volta che trova qualcuno che gli piace, mette su quell’espressione che è
impossibile rifiutare… guarda come mischia bronci e sorrisi… un mago Kaede in
questo, certo… quasi meglio che nel basket.
Osservo la mia volpe (ma posso ancora definirla tale?),
poggia i gomiti sul banco, beve con un sorso lungo, sensuale, a inarca la
schiena. Odino, no, come diavolo l’ha chiamato Toshiko? Kim? Sì, Kim lo guarda,
divertito, poi gli posa una mano sulla spalla, e gli accarezza il collo con il
pollice.
-Tu non sai niente di lui, Hana.
Volto di scatto la testa verso di lui. –Raccontami, allora.
E lui sorride, un sorriso triste, quasi di scusa, e annuisce
–La prima volta che l’ho incontrato, era alla festa di un mio compagno di
scuola. Sono entrato, e lui era lì, in mezzo alla stanza, che faceva uno
spogliarello… Hana, tu non sai cosa è capace di far…
-Sì, lo so- lo interrompo. Lui mi guarda perplesso –Un gioco
demente, quando eravamo tutti ubriachi. Ru non sa dire di no a una sfida. Ma
non pensavamo certo che sarebbe stato così…
-Ti sei eccitato?
Distolgo lo sguardo –Io non sono gay- ribadisco, anche se
ormai questa dichiarazione mi sembra solo una stanca bugia. Toshiko mi
accarezza il polso, comprensivo –No, certo… ma non sei il primo etero che Kaede
riesce a convertire. Io stesso, allora, non credevo di essere attratto dai
ragazzi. Ma vedere Kaede così… bè…
-Risparmiami i particolari.- mugugno. Lui annuisce,
continuando –Beh, finito lo spettacolo, andai a versarmi qualcosa da bere…
qualcosa di forte… quando tornai, chiesi di lui, e mi risposero che era di
sopra, con il padrone di casa… a quel tempo si faceva sbattere da Rei, scoprii…
ma non durò a lungo. Quella sera conobbi anche Akira. E bè… pian piano
cominciai ad accettare l’idea di non essere propriamente etero…
-Parlami ancora di lui.- non voglio ascoltare i suoi ricordi
sul porcospino. Ho altro a cui pensare, adesso. Ho un cuore da ricucire,
adesso. Adesso.
-Cosa vuoi sapere? Quanti se ne faceva a sera? Non lo so.
Non l’ho mai saputo. Ma si divertiva, questo è certo. Non c’è stata una volta,
che non l’abbia visto strafatto, completamente ubriaco… decisamente, un tipo
facile. Quando finì con Rei, poi divenne davvero incredibile. Ma io stavo già
con Akira, e non ci provò mai troppo con me. In un certo senso, credo che
rispettasse la nostra storia, allora. Quanto ad Aki, beh, era completamente
cotto di lui. E lo è ancora, vedo, visto che si rifiuta di parlarmi perché,
dopo due anni, crede ancora alle cazzate che gli ha propinato quella troietta…
Questa volta non lo riprendo neanche. Mi sento vuoto. E
vedere Kim e Ru continuare a parlare, sempre più vicini, mi fa male al cuore.
-Perché?- chiedo, e non sto parlando con Toshiko. Ma è lo
stesso lui a rispondermi –Perché è una bambola maledetta, bellissima e crudele.
Senza cuore. Come una vedova nera, ti attira nella tela e dopo che ha preso
quel che vuole, ti getta via. Non puoi costruirci un rapporto… anche Rei
l’aveva capito. Per questo…- non termina la frase, e forse in un altro momento
gli chiederei di continuare. Ma ora come ora, non me ne frega assolutamente
niente di cosa abbia fatto Rei a Rukawa.
Sobbalzo, come se avessi preso una scossa improvvisa. Kim e
Kaede si sono alzati, vanno verso i nostri tavoli.
Li vedo avvicinare Mitsui, che scruta sospettoso Kim. Kaede
parla, non riesco a immaginare cosa si stanno dicendo.
Escono, insieme, l’uno di fianco all’altro.
La voce di Toshiko mi raggiunge di nuovo –Ti piace, vero?
Non lo so, amico. Non so più. Fino a ieri avrei negato,
sbraitando, e poi con un sorriso avrei confessato a me stesso, rassegnato, che
ormai quella volpe elegante mi aveva rubato il cuore. Ma ora, non so cosa
pensare, non so chi vedrò quando guarderò Rukawa negli occhi.
Il mio compagno di basket, il ragazzo che vive con il
pallone incollato alle mani?
La mia kitsune dagli occhi lunghi e le gambe sterminate, e
la dolce curva della nuca quando addormentato sul pullman sogna chissà quali
cieli?
O scorgerò, nei suoi occhi di vetro scuro, quello
sconosciuto sensuale e vuoto, che gioca con i sentimenti e la bellezza,
avvelenando le vite?
Ho paura di saperlo.
Però non posso smentire quel che il mio corpo urla. E se con
quel ‘ti piace?’ intendi dire che ho voglia di portarmelo a letto, beh, ci hai
preso in pieno.
Conoscere la sua storia, sapere che ci è abituato, mi ha
tolto ogni scrupolo.
Se uno sconosciuto può averlo, perché io dovrei continuare a
negarmelo?
Potrebbe anche venirmi incontro, almeno una volta. Una volta
soltanto. In tutta la sua vita.
E poi, non sarebbe niente di serio, una scopata e basta.
Potrei continuare a pensare ad Harukina, dopo, e lui farsi ancora chi vuole.
Decido di non far caso al dolore che mi assale a questo
pensiero. Al vuoto che sento nel petto, all’idea di scoparmelo. E basta.
L’immagine di lui tra mille braccia diversa scaccia via
tutto. Lascia solo la rabbia. E il desiderio.
Toshiko mi guarda uscire.
Forse dovrei ringraziarlo. Ma l’unica cosa che voglio fare,
adesso, è piangere.
Ok, ok, sono sadica, crudele, e dovrò fronteggiare un folto
gruppo di personaggi infuriati, quando sta fic sarà finita. Ma… insomma, avevo
bisogno di raccontarla, questa storia.
Ho paura che Hana non ci faccia una gran figura, in questo
capitolo. Ma non era mia intenzione descriverlo stupido, o eccessivamente
ingenuo. È solo che… sapete quando vi raccontano qualcosa di talmente orribile
e spaventoso, che non potete fare a meno di crederci? E vi sembra che mille
piccoli indizi vadano a posto, e neanche considerate la possibilità di aver
frainteso? Non credo che la sua reazione sia poi così TANTO incredibile, a ben
pensarci….
Nel prossimo capitolo vedremo la versione di Kaede, di
queste stesse scene. E vedremo come Toshiko possa essere infido e sleale. Non
che se ne dubitasse, certo…
Comunque, veniamo a noi…
Venus, spero che ti sia piaciuta la descrizione di Kaede… mi
sono divertita troppo a scrivere quella parte, a immaginarmi Hana con gli occhi
fuori dalle orbite… è uno spasso quel ragazzo. Tra l’altro, sono anche riuscita
a procurarmi qualche manga e una puntata dell’anime… e ripeto, Hana è un mito.
Praticamente, cominci a ridere quando entra in scena! l’incontro tra lui e
Kaede poi… con Hana che gli saltella intorno (nell’anime)… l’avrò riguardata
dieci volte minimo! Kaede invece mi ha un po’ deluso… la voce, intendo. Non gli
si addice per niente. Oh bè, pace… resta meraviglioso lo stesso.
Anarchy, chiedo perdono in ginocchio. Non avevo proprio
previsto un simile fraintendimento… sorry! So bene cosa intendi… due ore fa ho
scoperto che in una delle fic che seguo Kaede muore… ho il nodo allo stomaco
ancora adesso. Quindi tranquilla, io Kaede lo maltratto, gli dipingo passati
orribili e crudeli, riverso su di lui ogni possibile incubo, ma alla fine se la
caverà. Non potrei mai uccidere il mio amore… magari gli distruggo la famiglia
e lo faccio cadere in depressione, questo sì, (effettivamente, è più o meno
quel che faccio, no?) ma lui resterà vivissssssimo. A soffrire per noi, certo…
Spero che ti piacciano anche gli altri capitoli, e grazie per il commento! Bacioni,
Roh
Ho cambiato il rating, perché ripensandoci il passato di Kaede è
decisamente Nc-17
Ho cambiato il rating, perché ripensandoci il passato di
Kaede è decisamente Nc-17. Scusate se questo vi crea dei problemi, ma credo sia
meglio così…
Capitolo 9
Kaede pov
Siedo sullo sgabello di un bar, in questo paesino di merda
affondato nelle montagne.
Ho voglia solo di affogare. Il gorgo sta tornando, minaccia
di riprendermi.
Per fortuna Kira non se n’è accorto.
Forse era meglio se me ne restavo all’hotel, sta notte. In
fondo, perché sono qui?
Per farmi sbavare dietro da un branco di tizi arrapati?
Per guardare il profilo, ostinatamente concentrato su altro,
dell’unico ragazzo che riesca a bruciarmi?
Ho incontrato i suoi occhi, quando sono entrato. Erano come
sempre un incendio di calore.
Non sembrava lo stesso Hanamichi Sakuragi con cui faccio a botte
palestra. E non mi guardava come mi hanno sempre guardato tutti.
Tutti a parte Kira. E…lui.
Sapere di essermi sbagliato fa male. A Kira ho detto che so
di potermelo portare a letto in qualunque momento, ma che non voglio. Ho
mentito. Non credo affatto di interessare ad Hana, in quel senso.
Non credo di interessargli per niente.
Anche se, questa sera, ho quasi sperato…
Ma il do’hao ha subito voltato la testa, e l’incanto si è
spezzato.
Maledizione, che cazzo vuole quest’altro?
Non ho voglia di sprecare fiato per dirgli che del suo drink
merdoso non me ne faccio niente.
Ma dovrò farlo, credo, prima che si avvicini troppo e…
-Ehi bello, smamma, non lo sai che ai bambini si può offrire
al massimo un succo di frutta, passata una certa ora?
Quella voce… possibile?
La riconoscerei tra mille, certo, ma sembra un sogno…
Guardo Kim lasciarsi cadere sulla sedia accanto alla mia.
Sorridere.
Sì, è un sogno. Kim è sempre stato un sogno.
Il mio sogno. Prima che un idiota dai capelli rossi
riuscisse a scacciarlo via, riempiendo di fuoco le notti un tempo abitate dalla
tiepida estate.
-Uhm, è così che si saluta un vecchio amico?
Lo fisso. -È questo che sei? Un vecchio amico?
-Perché? Ne dubiti?
Bevo un sorso del mio cocktail –Gli amici non spariscono per
due anni.
Lui mi toglie il bicchiere dalla mano –Ehi, guarda che qua
se c’è qualcuno che è sparito sei tu. Tu e Aki. E non ho detto che puoi bere al
massimo un succo?
Inutile. Non posso smettere di fissarlo. –Non sono più un
bambino.
Sogghigna, fa scorrere lo sguardo su di me –Oh, lo
vedo…credo che qui nessuno dubiti del fatto che tu sei… maturo più che a
sufficienza, Kae. Vuoi che ti lasci agli avvoltoi?
Scrollo le spalle –Fa come vuoi.- tanto so che resterà.
Sbuffa. –Come se potessi davvero abbandonarti.- Sei così
prevedibile, Kim. O forse sono io, che ti conosco troppo bene? -E non
cominciare con la solfa del ‘so badare a me stesso stupido yankee’ che non
attacca, ok? Risparmia il fiato.
Sto zitto. È lui a interrompere il silenzio –Allora? Che ti
è saltato in testa di sparire per due anni?
Lo fisso. Incredulo –Vuoi dire che non avevo le mie buone
ragioni? Che Akira non aveva le sue buone ragioni?
Arrossisce –No, certo… solo che… cazzo Kae! Mi sei mancato!
Ti ho cercato per mesi, ma non c’eri mai! Sono andato a casa tua, tuo padre mi
ha sbattuto la porta in faccia dicendo che non vivevi più lì…
-Sono stato con Akira.
-Ho cercato anche da lui.
-Eravamo da nostro zio- puntualizzo, e lui chiude la bocca.
Quando riprende a parlare, è di nuovo allegro –Bè, che mi
racconti, allora? In due anni di cose ne avrai fatte… oh, non è che io sia
rimasto con le mani in mano… ho raccolto ogni articolo parlasse di te… la
matricola d’oro dello Shohoku… confesso che mi è spiaciuto quando ho saputo che
non ti iscrivevi al liceo di Aki… voi due insieme avreste fatto scintille!
-Invece le scintille le facciamo quando ci scontriamo-
ribatto, e lui ride –Già… addirittura l’università parla di voi. Stanno già
facendo a pugni per assicurarsi la vostra presenza in squadra, ovunque!
L’università… avevo quasi dimenticato che Kim era così
grande.
A proposito… che cazzo ci fa qui, a un torneo per liceali?
Toshiko è stato bocciato, ok, ma lui?
-Ah sì, bè… sono qui per Tosh. E per la mia squadra, certo…
sono ancora molto legato a loro, sai, ne abbiamo passate così tante insieme…
sono un po’ una famiglia, per me.
Tosh. È qui per Tosh, lui. Per quel bastardo che…
meglio non pensarci.
Non voglio litigare con Kim, non adesso. Non di nuovo. Non
io. Mi è bastato assistere, ubriaco, quella volta che… non pensiamoci. Basta
Kae basta…
-E poi…
Lo guardo. Si morde il labbro, indeciso se proseguire,
scrolla le spalle –Sì, va bè, sono qui anche per te. Per voi.- mi guarda con
occhi limpidi, scanzonati. Il mio sole personale –Devo pur attestare i
progressi del mio allievo più brillante!
Parliamo di basket, ora che il ghiaccio è sciolto, e poi di
vacanze, e di mare, di vita, parliamo di quel che abbiamo passato e di quel che
sogniamo, lui mi sfiora la guancia quando gli dico dell’America –Ma Kae, basta
dirlo, ti ci porto io negli States!
Rido, scuoto la testa, ride, mi spettina i capelli –Dai, non
rovinarmi tutto che poi Kira mi scuoia!
-Vuoi dire che sta… sta cosa che ti sei messo in
testa aveva qualche senso predeterminato?!
-Idiota…
É così bello mormorare di nuovo quest’insulto, e sapere che
verrà accettato per quello che è, un sorriso, e non inteso come mortale
dichiarazione di guerra cui rispondere con pugni dolorosi…
Ma non voglio pensare ad Hana, non adesso che ho Kim qui. Fa
troppo male. Perché quel che provo, per quanto simile, è completamente diverso…
E ora so che neanche lui, neanche il mio adorato Kim potrebbe davvero guarire
questa maledetta ossessione.
Lui mi guarda, intensamente, e sento il sorriso morire sulle
labbra.
So cosa significa quello sguardo.
Vuole parlare. Seriamente.
-Kae. Rispondimi. Kosh ti sta dando fastidio?
Esito. Ma i suoi occhi mi impongono di essere sincero. Così
lo accontento. Gli racconto di ieri, cercando di sminuire la cosa. Lui stringe
i pugni –Quel coglione… mi aveva promesso che non ti avrebbe detto neanche una
parola. Dovevo aspettarmelo…
-Se il tuo amico è un bastardo non posso farci niente.-
replico asciutto.
Lui mi guarda con occhi imploranti –Kae, ti prego…
Inutile, non ci riesco. Non riesco a capire come un ragazzo
come Kim possa sacrificare tutto per Toshiko. Come possa portargli quell’amore
irrazionale, che ti costringe a chiudere gli occhi di fronte alle peggiori
schifezze.
E non voglio pensare a cosa Toshiko ha fatto.
-Kaede. Seriamente. Se ti dico una cosa, giuri di non fare
cazzate?
Non mi sta guardando. Segno che quel che dirà, sarà qualcosa
di pericoloso. Annuisco, e lui prende un respiro profondo. –Credo che Tosh
voglia riprovarci con Akira.
Mi sento gelare. –Come?
-Non l’ha detto a me, non si azzarda. Ma…. Le voci girano.
E… è anche per questo che sono qui, stasera. Speravo di riuscire a beccare Aki,
e…
-E tu sei rimasto tutto sto tempo a cazzeggiare con me,
invece di…?!?!
Si è alzato anche lui. –Dov’è?
-L’ho lasciato di là…
Ma quando raggiungiamo gli altri, Kira non c’è. Vedo che
anche Kosh è sparito, chiedo a Mitsui notizie, speranzoso. Lui scruta male Kim,
poi mi risponde. –Mi pare sia uscito con quel tizio della palestra, quello che
ieri vi ha sfidati…
Merda. Merda merda merda…
Kim mi passa un braccio intorno alla vita –Kae…
-Ehi, tu chi cazzo sei, scusa?- inizia burbero Mitsui. Sarei
commosso dalla loro premura, non fosse che se la stanno prendendo con il tipo
sbagliato. Gli metto una mano sul polso –Mitsui, lui è Sejii Kimura. Kim,
Hisashi Mitsui, un mio compagno di squadra.
-Da quanto lo conosci?
È Kim a rispondere per me, con un sorrisetto scanzonato –Più
o meno da dieci minuti… no, scherzo… certo che sei in buone mani, Kaede! Non mi
preoccuperò mai più, sapendo che giri con simili cani da guardia. Comunque,
Mitsui, io e Kae siamo amici da tre anni…. Gli ho insegnato a giocare io,
praticamente.
-Adesso non sparare cazzate, và- bofonchio. Dovrei prenderlo
a pugni per quello che ha detto, ma sono troppo preoccupato per Kira. E poi,
meglio conservare le forze per Toshiko. Se si è permesso di alzare un dito
contro di lui, io…
Kim mi attira a sé. Una volta sapeva sempre quel che
pensavo, e anche adesso sente la mia paura. Del resto, era proprio lui a dire
che io e Aki sembravamo più gemelli, che cugini…
–Andiamo a cercarlo, poi ti riaccompagno a casa. Meno male
che ti ho costretto a riempirti di succhi di frutta, a quest’ora dovevo
trascinarti, sennò. Ragazzi, è stato un piacere.
Nell’aria fredda, mi scopro a tremare. Kim mi sfrega le
braccia, per riscaldarmi –Ehi, piccolo, stai calmo…- facile a dirsi. Non riesco
a immaginare come potrebbe sentirsi Akira, se quel bastardo provasse a
baciarlo… Kami, io lo so quando Aki lo amava! So quanto ha sofferto a
lasciarlo… a scoprirlo così basso, e insinuante…
-Kim! Sei tu?
La voce di Kira! Mi volto, lo vedo…
È con Koshino. Ha sul viso i segni delle lacrime, gli occhi
rossi: ha pianto.
Che cazzo gli ha fatto quel bastardo?
-Akira…-Anche Kim è preoccupato. –Dov’è Toshiko?
-Per quel che mi riguarda, può anche essere crepato-
bofonchia Koshino. Evidentemente mio cugino ha infine dovuto raccontare la sua
storia. È incapace di tenere testa a Hiro.
Aki mi guarda. Credo di aver scritta in faccia la mia
confusione di emozioni, perché tenta un sorriso tremulo –Io sto bene, Kae. Ma
tu hai l’aria stanca. Vai a riposare…
Io non ho sonno… ho solo voglia di strangolare Toshiko! Ma
le braccia di Kim sono ancora strette intorno a me –Lo porto a casa io il
ragazzino… tranquillo, Aki, ci penso io… a domani. E tu, vieni. Vedi di non
farmi brutti scherzi.
Kim… quanto l’ho amato. Quanto l’ho sognato.
Quanto mi è mancato.
Addirittura la stanza mia e di Hana sembra più luminosa, ora
che lui è dentro.
-Quando arriverà il tuo compagno di stanza? Che tipo è?
Premuroso come quel Mitsui?
-No. È un do’hao. Mi odia perché la ragazza che gli piace ha
perso la testa per me.
Kim sorride –E come darle torto…
Lo colpisco con un cuscino. –E smettila…
Ride –D’accordo, d’accordo…
Mi prende i polsi, mi attira a sé. Per un attimo credo che
mi stia per baciare. Poi, invece, mi spinge la testa contro il petto,
chiudendomi in una dolce prigione di caldo.
Figurarsi, penso. Ma in fondo questo abbraccio non mi
dispiace. Somiglia a quello di Akira… è altrettanto dolce. Altrettanto
fraterno.
-Devo andare- dice lui.
Annuisco. Sento le sue dita pettinarmi i capelli. Poi la sua
voce. –Kaede?
-Mmm?
-Posso chiederti una cosa?
Annuisco. Si sta mordendo le labbra, lo so.
-Se… se ti chiedessi un bacio, adesso, tu cosa faresti?
Alzo la testa a guardarlo. Dritto in quegli occhi azzurri.
–Te lo darei.
-Perché?
Ma sei scemo? Che domanda è? E che risposta vuoi?
Perché sogno di farlo dalla prima volta che ti ho visto?
Mi sporgo verso di lui e lo bacio. Un bacio dolce, una
semplice carezza. Somiglia al primo bacio che ho dato a Akira in quel gioco,
mille vite fa.
L’ultima bocca che le mie labbra hanno toccato, a parte
quella di Kira, è stata quella di Toshiko. È come se questo contatto lavasse
via quel disgusto, come se una parte di quel veleno fosse rimasto in me. In
attesa di Kim, perché lo pulisse.
Mi ritraggo, lo guardo, e lui sorride. Mi attira di nuovo
vicino, e questa volta c’è languore, insieme alla dolcezza, c’è passione, calda
di mare, e amore, quell’amore salato che somiglia all’acqua, al vento, al sole.
Quell’amore che non posso più cercare in lui.
Ha lo stesso gusto che immaginavo, penso.
Mi accarezza la guancia, dopo, e io lo guardo negli occhi.
Sono pronto ad andare fino in fondo, se vuole.
Voglio che lo sappia.
Ma lui scuote la testa –No, beautiful.
Sfrego il naso contro il suo collo –Sei il primo che non
cerca di andare oltre, dopo un mio bacio.
Lui ridacchia, mi sfiora i capelli –Credimi, Kae, mi hai già
dato più di quel che avessi mai sognato. Non sai quanto tempo ho aspettato
questo giorno.
-Perché sei un idiota. Mi sono innamorato di te dal primo
istante.
-Non era destino, sweety.
-Pensavo di farti schifo.
-Non sono l’unico idiota, allora.
-Pensavo che mi considerassi una troia, come…
-Toshiko è una testa di cazzo, ok, anche se ci sono
cresciuto insieme… pensavo che non avrei mai saputo dirgli di no. Ma, Kae…
quando vi ho visti in quel letto, mi sono sentito morire. E sai cosa ho
pensato?
Ho paura di saperlo.
-Neanche per un istante ho creduto fosse colpa tua. Quel che
mi fatto male davvero è stata la certezza di avere perso il mio migliore amico.
Non l’ho mai perdonato per quel che ti ha fatto.
-Ma gli sei rimasto vicino.
Tace. Un silenzio colpevole.
-Sei felice?
Scuoto la testa.
-Perché?
Perché amo.
-E chi è che ti fa soffrire?
Sospiro –Un do’hao.
Spalanca gli occhi, lo sguardo corre al letto di fianco al
mio. Annuisco senza parlare.
Ride. –Kami, Kaede, sei impossibile.
-Lo dice anche Kira.
-E fa bene.- si divincola dal mio abbraccio, si alza in
piedi stiracchiandosi.
-Bene, ora è meglio che vada. Sei una tentazione troppo
forte, sai? E non voglio che succeda.
Mi bacia sul naso, leggero. Poi sulla fronte.
Le fa combaciare, infilandomi una mano tra i capelli, dietro
la nuca.
-Kae.Promettimi che
non andrai a cercarlo.
Lo fisso. Non posso mentirgli.
-Nh.
Sorride, soddisfatto. Non sa che ho imparato a schermare
bene i pensieri. Mi sfiora la certezza, veloce, che Hana non sarei mai riuscito
a ingannarlo. Come ha fatto a conoscermi così bene, quel do’hao, quando io ho
tentato in tutti i modi di tenerlo lontano? Mi chiedo, fuggevole e come sempre
stranito.
Kim mi da un ultimo bacio, casto, sulla guancia, e se ne va.
Aspetto un tempo ragionevole, poi mi alzo.
Devo trovare Toshiko. E fargli ingoiare tutte le lacrime di
Aki, una per una.
Apro la porta, deciso.
E mi si para davanti Hana.
-Do’hao- sibilo, mentre mi spinge dentro con sgarbo.
Ha uno sguardo strano. Sembra aver pianto.
Merda, Hana, non ho tempo di tirarti su di morale con i
nostri giochetti di eterni nemici… devo regolare dei conti in sospeso con un
tizio che ha rovinato la vita di mio cugino.
E poi, in tutta sincerità, ho di meglio da fare che stare
qui, ad ascoltare le tue disgrazie con la Akagi.
Proprio adesso che Kim era riuscito a ridarmi un po’ di
serenità, dovevi rispuntare…
Non potevi restartene al pub, affogando nella birra? Però,
ora che ci penso… non era con Mitsui, quando sono andato a salutarli. Chissà
che faceva.
-Allora, se n’è andato quello stronzo?
Eh? Ma che cazzo dice? Vaneggia?
Ce l’hai con me, Hana? Mi fissa, forse è talmente ubriaco da
non riconoscere chi ha davanti.
-Non ci avete messo tanto, vedo…
Si tormenta i capelli, mordicchia il labbro. È nervoso.
-Sei contento adesso? Un altro da aggiungere ai tuoi trofei…
Sto zitto. Improvvisamente non posso parlare. Davvero.
Quel disprezzo nei tuoi occhi, Hana, non riesco a
sopportarlo.
-Ti diverti, vero? A farci impazzire tutti quanti… me, Mit,
anche Sendoh… chi sarà il prossimo? Akagi? Myota? Kogure? O passerai agli altri
licei, Koshino mi sembra abbastanza interessato e del resto a te non te ne
fotte un cazzo che sia amico di Sendoh…
Basta. Mi sono rotto. Non so cosa gli sia saltato in mente,
ma non ho intenzione di stare ad ascoltarlo ancora. Non resterò fermo, davanti
a lui che mi vomita addosso insulti velenosi.
Faccio per raggiungere la porta, ma mi spinge indietro.
-Eh no, kitsune, non pensarci nemmeno. Non andrai da nessuna
parte…
Sbatto contro il muro. Mi fa male la spalla. Lo fisso negli
occhi, lo sfido ad avvicinarsi.
Non mi bada. Si china verso di me.
Quante volte ho sognato questo momento? Ma i suoi occhi non
erano ubriachi, nei miei sogni… e neanche la sua voce così dura.
-Sai, fai bene a chiamarmi do’hao. Perché solo un idiota
avrebbe potuto innamorarsi in questo modo di te. Dovresti essere contento,
volpe. Non puoi neanche immaginare quanto sto male per te. Sei soddisfatto?
Mi spinge di più contro il muro. Se non faccio qualcosa,
perderò il controllo molto in fretta. Lo sento. Lo so.
-Ho sognato mille volte di questo, eppure adesso che sei
qui, incastrato tra me e il muro, non riesco neanche a baciarti, Rukawa. E sai
perché? Perché non sopporterei di sentirti addosso l’odore di quello stronzo.
È come se un pugnale mi si stesse conficcando in profondità
dentro il cuore. Ma quando improvvisamente la sua mano mi sfiora la guancia, io
smetto di ragionare.
E semplicemente lo faccio.
Lo bacio.
Una carezza, che mi incendia la vista, mi stordisce le vene.
Nella mente, un solo gemito. “Muoio.”
Purtroppo, scopro di essermi sbagliato. Perché la morte deve
ancora venire.
Quando lui, dopo aver risposto al bacio con altrettanta
dolcezza, si tira indietro.
E con le lacrime agli occhi, mi guarda. E tenta di sorride.
Un sorriso che mi spezza il cuore.
-Allora aveva proprio ragione lui. Sei davvero una puttana.
Velluto nero cola nei miei pensieri. Con una ginocchiata lo
allontano, lo spingo sul letto, gli tiro un pugno. Resto a guardarlo,
ansimando. Ansimante.
Non lo saprai mai, Hana, che t’è bastata una manciata di
parole per uccidere il mio cuore.
In una rapida associazione di idee, mi balena in mente il
volto di Akira, mentre guardava me e Toshiko. Credo di avere la sua stessa
espressione. Di dolore. Di morte.
Eppure, Kira, non puoi sapere cosa significa, questo. Il tuo
ragazzo non ti ha mai insultato. Mai. Anche nel momento peggiore, era contro di
me che urlava.
E quella parola, che tanti mi hanno sussurrato la mattina,
con divertita tenerezza, con rapida indifferenza, quando mi svegliavo in un
letto sconosciuto con un cerchio alla testa, il buio nella memoria e una
sensazione di vuoto pesante allo stomaco, vuoto che poi avrei vomitato nella
tazza del cesso, sperando ogni volta di vomitare anche l’anima, quella parola
fredda, dai contorni indistinti, mi è suonata di nuovo nelle orecchie.
La voce di Hana, mischiata a quella di Rei, di Toshiko, di
mio padre. Di mio zio.
*Troia.* *Puttana.* *Sei nato solo per fare quello.* *Vieni
qui, forza, sbrigati, cosa aspetti, non fare il timido…* *Mi fai schifo non ti
voglio più vedere…* *Sei bravo, sai…* *Sei la vergogna della famiglia…*
*Pensavi di essere qualcosa di diverso da una bella scopata?…* *Avrei dovuto
capirlo subito, di che razza eri…*
Basta. Ho smesso di soffrire. Ho smesso di sentire. Ho
smesso di vivere.
Mi resta solo una cosa, da fare. Un ultimo dono, per la sola
persona che davvero mi abbia amato.
Un ultimo dono, per chi gli ha distrutto i sogni.
E scusami, Kim, se non mantengo la promessa.
Ma Toshiko non può passarla liscia. Io non sono più un
ragazzino.
E non lascerò che giochi di nuovo a basket con il cuore di
mio cugino.
Di tutto il resto, ormai, non me ne frega più nulla.
Ragazzi…. IO LO AMO KIM!!!
Non pensavo, quando l’ho inventato, che sarebbe uscito fuori
in questo modo… avete idea della fatica che ho fatto per non scrivere una
Kimru?
Comunque, forse qualcuno sarà contrariato per come ho
dipinto il Tensai.
Ma Hana, Hana sta solo male… volevo far notare che, anche
quando insulta Kaede, ha il cuore a pezzi. Solo che Kae non se ne accorge. La
colpa è tutta di Toshiko, in ogni caso. Voglio dire, capitelo anche Hana. Dopo
quel che ha scoperto, vede la sua volpacchiotta chiudersi in camera con uno
spilungone biondo che, a quanto ne sa lui, vuole solo portarselo a letto… non
verrebbero dubbi a chiunque?
Comunque, il prossimo è un flashback di quando il padre di
Rukawa scopre che il figlio è gay… diciamo che non la prenderà molto bene. Un
nuovo tassello a comporre il difficile mosaico dell’adolescenza di Kaede.
Spero vi sia piaciuto… io a scriverlo mi sono divertita da
matti! Decisamente, il pov di Kaede mi realizza. Bacioni, Roh
Ps- Venus grazie mille per il commento! E... spero che la tua contrattazione vada a buon fine...!
Kaede tiene gli occhi chiusi. Ascolta il battere cupo del
cuore di Akira, proprio sotto l’orecchio, ascolta il suo respirare, l’alzarsi e
abbassarsi ritmato del petto. Si abbandona alle carezze languide che il cugino
posa sul suo capo, sulla sua schiena, alle dita abili che pettinano i suoi
capelli, leggere.
Akira si muove, e lui geme,
accoccolandosi meglio al suo fianco. Non vuole allontanarsi. Non vuole
staccarsi dal corpo del cugino, non vuole che l’aria si intrometta tra le loro
pelli calde, non vuole che qualche presenza estranea contamini il nido
accogliente che il loro sonno ha creato.
Akira è l’unico che riesca
a raggiungerlo, in quei giorni.
Sono lì, sdraiati sul letto
che era stato dei suoi genitori, quel letto che da quando sua madre è morta è
rimasto vuoto, perché il signor Rukawa preferisce dormire fuori, in qualche
albergo, piuttosto che tornare a casa la notte.
E così a volte si ferma
Akira, si ferma a fargli compagnia, a cercar di sollevare la cortina nera che è
caduta sugli occhi di Kaede, oscurando il mare.
Le prime volte, accadeva
per caso.
Si addormentavano sul
divano, l’uno addosso all’altro, dopo aver guardato fino a tarda notte l’Nba
alla tele, o qualche film, vecchio e malinconico. Le patatine e i popcorn
sparsi sul pavimento, i cuscini in disordine, resti di battaglie vinte dal
sonno.
Poi, erano finiti nella
stanza di Kaede. Sdraiati sul tappeto, per settimane avevano percorso i muri
della stanza con lo sguardo, in silenzio, contenti solo di ascoltarsi vivere,
di sapersi vicini. Parlavano, a volte, poche parole sufficienti per capirsi.
Akira sussurra qualcosa
nell’orecchio di Kaede. Questi ridacchia e si struscia contro il suo collo.
Appena sveglio sembra un
gatto, Kaede, lo stesso modo di stiracchiarsi, la stessa espressione beata. Rilassata.
Akira sorride e lo stringe
più forte.
Lo bacia sulle labbra, un
bacio casto, leggero.
Un bacio che non significa
niente, se non Ti voglio bene.
Un bacio che somiglia a una
nuvola, bianca e soffice, nel cielo di aprile.
Un bacio che fa sorridere
Kaede, perché è familiare, e tenero, e dolce. Perché è un bacio di Akira.
Un bacio speso nel silenzio
di quella stanza deserta, un bacio che nessuno capirebbe, un bacio segreto, che
segreto dovrebbe morire.
E che invece, ha luogo
davanti agli occhi dell’ultima persona al mondo che dovrebbe vederlo.
Akira si trova
improvvisamente sbalzato all’indietro dalla furia liquida dello schiaffo di suo
zio.
Il signor Rukawa ha occhi
di ghiaccio, mentre afferra il figlio per il braccio, tirandolo in piedi.
Kaede sembra un bambino,
davanti a lui. Non conta niente la sua altezza, l’altezza di un giocatore di
basket, mentre sta fermo davanti a suo padre, le pupille sgranate e le guance
arrossite.
-Cosa stavate facendo?-
sibila il signor Rukawa, e nella voce corre il gelo.
-Zio non è come…
-Taci tu, stronzetto. Non
voglio sentire la tua voce…
-Ma zio…
-Ti ho detto di stare
zitto! Vestitevi, adesso, in fretta.
Le dita di Kaede tremano
mentre infila i jeans, e poi la maglietta, incapace di incrociare lo sguardo di
suo padre. Akira resta fermo, orgoglioso, seminudo e fremente.
-Zio…
La voce si spezza in un
gemito mentre il signor Rukawa gli afferra i capelli, strattonandolo e
avvicinandolo a sé –Senti moccioso, risparmia il fiato per dopo. Non mi
interessano le tue scuse del cazzo, voglio vedere cosa ti inventerai quando
dovrai spiegare a tuo padre cosa ci facevi nel mio letto sdraiato sopra mio
figlio.
Kaede gli sfiora il polso,
gli porge i pantaloni. Gli occhi si incontrano, e in quelle iridi tristi Akira
legge l’invito a non proseguire.
Così ubbidisce, ubbidisce
al cugino, e infila i vestiti e le scarpe e la giacca, segue suo zio fuori
dalla casa, si lascia cadere sul sedile dell’auto, senza un’altra parola.
Il signor Rukawa lo afferra
per la spalla, una stretta dolorosa, che lo fa mugugnare, mentre lo spinge
avanti, nel corridoio.
Kaede ha gli occhi stanchi,
sembra perso nel suo mondo.
-Katzuo dove cazzo sei?
Il signor Sendoh esce dal
soggiorno con un giornale in mano, e sgrana gli occhi trovandosi di fronte il
cognato, e il nipote e il figlio… il figlio…
-Yasushi ti sei
rincoglionito? Lascia subito andare Akira…
-Te lo lascio, il tuo
figlio pervertito, non ti preoccupare… ma non voglio mai più vederlo in casa
mia, sia chiaro!
-Cazzo stai dicendo, si può
sapere?
Il signor Sendoh ascolta il
racconto del cognato con sguardo infuocato, e alla fine si volta verso Kaede
–La colpa è tutta tua, lo sapevo che non dovevo lasciarti Akira vicino… L’hai
corrotto, te con il tuo faccino d’angelo, l’hai corrotto, perché quelli della
tua razza non possono fare altro, sono nati solo per rovinare le persone per
bene, per mettere dentro di loro desideri malsani, proprio come tuo zio, quel
frocio maledetto che si è divertito per bene qui da noi, prima di scapparsene
in America…
Akira chiude le orecchie alle
grida del padre. Guarda solo Kaede. Kaede che non piange, non parla, si lascia
vomitare addosso insulti e veleno senza cambiare espressione. Sembra non
sentirlo, lo zio che grida, sembra essere perso nel suo mondo, quel mondo da
cui non tornerà mai più.
Ed è in quel momento che
Kenrei entra in casa, e resta ferma sulla soglia, incapace di comprendere
quella scena.
Ma quando la mano di suo
marito si alza, pronta ad abbattersi sulla guancia del nipote, con un gesto
fermo si pone tra di loro.
-Cosa stai facendo?-
chiede, decisa. Il signor Sendoh ride, una risata amara –Sempre a difenderli,
vero, quelli della loro razza? Come con tuo fratello… sempre a tenergli le
parti, a coprirlo, anche se era un demonio rinnegato, anche se avrebbe dovuto
marcire in prigione, per quello che era…
-Cosa c’entra Kinuè adesso?
-Guarda Kaede, guarda la sua faccia! Sembra la sua
fotocopia… quella stessa bocca bella come il peccato, e gli occhi di fiamma,
che sembrano dire solo una cosa… sono talmente uguali che potrebbe essere suo
figlio! Anzi, forse lo è: tua sorella si divertiva con quel pervertito, no? Lo
sapevano tutti! Di un po’, Yasushi, è per questo che non l’hai mai sopportato
Kaede? Perché non è figlio tuo, ma di tua moglie e di quella puttana di suo
fratello?
Lo schiaffo lo fa tacere.
Akira guarda incredulo suo padre, suo zio. Sua madre, che con le lacrime agli
occhi sussurra –Basta. Sono stanca. Non voglio più sentirvi parlare. Andate
via.
E mentre i due uomini,
quasi vergognosi, escono dalla stanza, Akira si accorge con un sussulto che suo
cugino è sparito.
È mattina, quando
finalmente Kaede torna a casa. Sono tutti in salotto ad aspettarlo, e appena lo
vede Akira vorrebbe saltare in piedi e corrergli incontro, abbracciarlo,
ridendo e piangendo, stringendolo tanto forte da fargli mancare il fiato, per
punirlo di tutta la preoccupazione che quasi l’ha ucciso.
Ma non può. Perché si
scontra con lo sguardo truce dei due uomini di casa, e stringe i denti, non
volendo aumentare lo scandalo. E perché quando guarda gli occhi di suo cugino,
quel che vede lo spaventa.
Sono spenti, gli occhi di
Kaede, spenti eppure vivi di una luce morente, vivi di una luce oscura,
distruttiva, solenne.
-Dove sei stato?- chiede il
signor Rukawa, e le labbra del figlio si piegano in un sorriso amaro. Un
sorriso vecchio.
-In giro. A bere. E a
scopare.
Il signor Rukawa scatta in
piedi e lo schiaffeggia. Ma Kaede non abbassa lo sguardo, e sorride di nuovo.
–Non è quello che faccio normalmente? Non è quello che sono? Proprio come
Kinuè, no? L’unica cosa che conosco è questa, l’unica cosa che voglio è questa…
Perché vi stupite? L’avete detto voi…
Guarda Akira. E Akira legge
altro in quegli occhi. Una richiesta d’aiuto, un bisogno di coccole e sorrisi,
per lavare via lo squallore di quella notte.
Così si alza in piedi.
Sotto lo sguardo dolce e benevolo di sua madre, che capisce quel nipotino
dolente così come capiva quel fratello irrequieto, una vita prima.
Si alza in piedi e prende
Kaede per mano. E Kaede sorride, un sorriso triste e sperso mentre Akira lo
accompagna nella sua stanza, mentre si spezza, e piange, e si aggrappa al collo
del cugino, sussurrando tra i singhiozzi parole spezzate, che Akira non
distingue.
Poi, sono coricati di nuovo
su quel letto dove tutto ha avuto inizio, Akira sollevato su un gomito per
guardarlo, per carezzarlo, Kaede il viso nascosto nel suo petto, le mani
strette a pugno sulla sua felpa.
E racconta. Quella notte.
Racconta del bar dove è
andato, troppo sconvolto per capire. Troppo stanco per riposare.
Racconta della gente che lo
circondava, racconta della gente che gli offriva da bere, racconta degli
sconosciuti che gli sfioravano i capelli, e gli sussurravano all’orecchio frasi
che non capiva.
Racconta di un viso
familiare tra tanti indistinti, racconta della bocca che si posa sulla sua
guancia in un tenero saluto. Racconta di quegli occhi, così scuri e… caldi,
nella penombra del locale.
Della sua bocca, che
l’alcool rendeva immensa, della camera strana dove si è trovato spinto, del
letto ampio e soffice dove è stato sbattuto, con giocosa brutalità. Con ardente
impazienza. E di nuovo la bocca, e le mani, ovunque, e il piacere annebbiato
dell’amore, mentre davanti agli occhi si agitavano i volti severi del padre e
dello zio, e nelle orecchie echeggiavano le loro parole. E il sorriso amaro,
che era sbocciato in quel momento, mentre pensava Diventerò quel che loro
vogliono, allora.
E i singhiozzi, finalmente
liberi di uscire, mentre si stringe più vicino ad Akira e sussurra il segreto
–Mi ha fatto male.
E gli occhi asciutti di
Akira, che abbraccia il cugino e trattiene l’impulso di cercare Rei, di
picchiare Rei, di uccidere Rei, Rei dai begli occhi neri, Rei il maledetto
seduttore, Rei l’angelo scuro che una sera buia ha allungato la mano per
accompagnare a casa un bimbo sperduto. Rei che ha preteso come pedaggio un
bacio, e il resto della notte. Rei che si è rubato la prima volta di suo
cugino.
Niente sarà più come prima,
Akira lo sa, e ha paura. Ha paura di vedere Kaede crollare, di guardarlo
affondare in quel mare tempestoso senza sapergli lanciare una corda. Ha paura
perché sa che soffrirà, soffrirà come aveva sofferto quello zio bellissimo
prima di lui, soffrirà e come lui vorrà scappare, come lui scapperà lontano,
come lui non tornerà più.
Continuerà a percorrere
quella pericolosa strada, continuerà a percorrerla e quante volte cadrà a
terra?, quante volte si rialzerà?, quante volte tornerà a casa con il cuore
spaccato, e quante volte il dolore sarà più forte del sole, del vento?
Si innamorerà di Rei, e
lotterà per averlo, senza sapere che quell’amore tanto difeso altro non è che
cenere nel pugno, si innamorerà di Rei e non saprà che fare, e correrà da suo
cugino una notte in lacrime, dopo aver visto infrangersi quell’illusione.
E suo cugino sarà lì, Akira
Sendoh, figlio di mare e di tempesta, suo cugino sarà lì, a guidarlo sul
sentiero, a proteggere entrambi dai colpi che la vita riserverà loro, a
sostenerlo e a farsi sostenere… a scoprire insieme quel nuovo universo,
voragine in cui sono precipitati, spinti dal fantasma di uno zio adorato e
maledetto, che una notte giungerà a salvarli.
Resterò con te, sussurra
Akira raggomitolandosi a bozzolo intorno a lui, e quel giuramento si spegne nel
silenzio. Nel silenzio che, il giorno prima, vedeva sbocciare un bacio.
Okkkkkkkkkkeeeeeeeeeeeeiiiiiiiiii…
dai, stringete i denti, lo so che questo è stato peggio del solito, ma il
prossimo è l’ultimo fatto di angst pura. Questi due sono i peggiori, credo
(spero), poi si ricomincia la salita. O la discesa, a seconda di come la
intendete. Comunque, spunterà di nuovo il sole. Quanto a Kinuè… dunque, è
identico a Kaede, o meglio Kaede cresciuto, solo non ha sul viso la stessa
maschera di ghiaccio. È il fratello minore delle gemelle, come Kaede attirava
gli sguardi anche degli etero, e quindi creava non pochi scombussolamenti.
Piuttosto che cedere e rinunciare a sé stesso, ha preferito partire e scappare
in America. (Altro tratto comune con il nipotino.) Tornerà poi in Giappone in
tempo per tirare fuori Akira e Kaede dalla brutta situazione in cui vanno a
infilarsi, e quando sua sorella divorzia con il marito (mica credevate che
restasse con quello psicopatico!) ospita lei e i due nipoti a casa sua. Per
questo quando parlava con Kim, Kaede ha detto che aveva vissuto da suo zio.
Comunque credo che presto
comparirà anche lui in scena… perché lo amo! Sì, lo so che quando io amo un
personaggio, di solito lo faccio soffrire. E infatti, sfido chiunque a dire che
Kinuè ha avuto una bella vita!
Comunque, veniamo a noi.
Mie adorate Anarchy e
Venus.
Dunque, Anarchy, tranquilla
che Kim non lo lascio da solo, ho giusto in mente a chi affidarlo… e stai
tranquilla, è in buone mani. Mi spiace che tu dovrai fare a meno di lui, ma che
ci vuoi fare… la vita è spesso crudele! Comunque, Kaede tiene a precisare che
non è proprio Kim ad avergli insegnato il basket… diciamo che gli ha
fornito qualche suggerimento, ecco. Ma Kaede era un campione già
prima di conoscerlo, sia chiaro. Non ci si permetta di dubitarne… (Kim lo
guarda e scuote la testa, sospirando…)
Venus, anche a me quel
capitolo è piaciuto particolarmente… te l’ho detto che Kaede si accorda con il
mio scrivere! Quanto alla lemon con Ru… beh, Ru no, però… non dico niente!
Vedrai tra qualche capitolo! A proposito, il prossimo ancora non l’hai letto
vero? Spero che ti piaccia… sappi che Kaede finisce per l’ennesima volta nei
casini. Ma dovrebbe essere l’ultima… Tra l’altro, mi risulta che le tue
intercessioni abbiano avuto effetto: Ru è nuovamente tra noi! Sia lodata la
fanwriter…
Questi corridoi non mi sono mai sembrati più lunghi. E
freddi.
I miei passi si muovono spediti, come se sapessi dove
andare. Forse è così.
Non lo capisco.
Ultimamente mi capita spesso. Non capisco il mondo, e non
capisco me. Il mio corpo è uno sconosciuto, un dolceamaro nemico da nascondere
e controllare. Troppe volte mi ha messo in pericolo. Troppe volte mi ha portato
dolore.
Come adesso.
Il ricordo delle parole di Hanamichi brucia ancora, e
continuerà a farlo.
Vorrei solo rannicchiarmi in un angolo e dormire. Sognando
di essere tra le braccia di Akira, magari. O di Kim. O di mio zio.
Mio zio. Il dolce Kinuè.
Mi chiedo se la storia non sia destinata a ripetersi, come
sempre circolare. Gli eterni ritorni di un’anima segnata dal ghiaccio, e dalla polvere.
In fondo, sono davvero suo figlio. Il suo specchio perfetto.
Stilla di dolore, lacrima fattasi carne e turbamento.
Mio padre, il mio padre biologico, colui che mi ha donato
solo il nome, e mezzo cromosoma, non lo capirà mai questo.
Mi ha creduto –suprema, folle idiozia- quando ho detto che
non ero suo. Quando gli ho riso in faccia, infilando qualche vestito in una
sacca e scendendo le scale altero, Kinuè e Aki in macchina fuori, ad
aspettarmi.
Dopo che qualcosa aveva richiamato mio zio in Giappone. Dopo
che IO avevo richiamato mio zio in Giappone.
È venuto qui, solo per me. Mi ha raccolto in un bar ubriaco,
mi ha accudito e accarezzato, svezzato, rimesso in piedi. Donato la forza di
proseguire.
Andrò con lui in America, un domani. A far del basket. A
vivere.
Forse.
E Aki ci seguirà a ruota, lo so. Questo Paese ha ferito
anche a lui, e non ha più niente da offrirgli.
Fino a ieri, mi teneva qui legato il desiderio di Hanamichi.
E Kinuè capiva.
Ma dopo questa sera… dopo aver respirato le ceneri del mio
sogno, mi resta soltanto un conto da saldare, e poi potrò volare via.
Continuo a camminare nei corridoi.
Non so dove sto andando, non so perché.
Ma mi fido di queste mura. Di queste tracce nascoste
nell’aria. Mi porteranno da Toshiko.
La palestra ha la porta chiusa. Resto a guardarla un attimo,
poi sorrido un sorriso amaro.
In fondo, è giusto che tutto finisca come è cominciato.
La prima sfida, tra Aki e Toshiko, ha portato due corpi
affamati in un letto, e il cuore di mio cugino si è gonfiato, in attesa di
esplodere.
L’ultima sfida sarà tra me e lui. Tra quelli che, quel
cuore, davvero l’hanno fatto esplodere.
Spingo la porta, si apre sussurrando. Era solo accostata.
Lui è nel centro del campo. Con un pallone in mano. E il
canestro negli occhi.
Che ironia. L’amore per il basket è l’unica cosa che unisca
me e il mio eterno nemico. L’unica cosa che mi permetta di vivere, in questo
mio mondo, è quel che mi lega al mio assassino.
Ma gli occhi di Toshiko quando gioca sono scuri. E usa la
sua bravura per scommesse sporche.
Come quella che mi rivolgerà tra poco, rompendo questo
silenzio quieto e raccolto.
-One on
one, dolcezza?
-Lascia stare mio cugino.
La mia voce è ghiaccio liquido. Ma lui si volta, e lascia
scorrere quello sguardo rapace sul mio corpo. Sorride. –Gioca con me, possiamo
parlarne.
-Non ho niente da dirti.
Si avvicina. Non mi muovo. Il pallone in una mano, l’altra
sul fianco. Si china sul mio viso. Sulle mie labbra. –Gioca.- soffia.
Faccio un passo indietro. Ride. –Gioca, dolcezza, e vinci.
Se vinci lascerò in pace il tuo adorato Aki-chan. E se perdi, potrò fare con
tuo cugino quel che vorrò.
Stringo i pugni. –Non te lo permetterò mai.
-E allora gioca, bimbo. Gioca, e battimi. Ti sfido.
Merda. Merda. Merda.
Perché devo essere così debole, di fronte a queste parole.
Perché, adesso che Toshiko mi ha sfidato, non posso risolvere le cose con due
pugni e un calcio tra le gambe, come sarei tentato di fare?
Divarico le ginocchia, le piego, mi metto in posizione.
E il suo sorriso si allarga ancora di più.
Davanti agli occhi, ho il viso di Akira. Akira quando stava
con lui. Quando era luce pura, splendida e quasi accecante.
Ce la farò per lui.
Giochiamo. E il campo sparisce, sparisce la palestra,
sparisce il volto ghignante di Toshiko.
Nella mia mente riprendono a svolgersi le matasse dei miei
incubi. Ricordi a malapena trattenuti.
Una stanza calda, con il fuoco nel camino. Una stanza
conosciuta, un tappeto persiano, due bicchieri pronti da usare su un tavolino
basso. Una bottiglia posata vicina, piena di liquido scuro.
Infilo la prima palla nel cesto. Gli occhi di Toshiko
ridono, mentre mi sfiora la schiena oltrepassandomi.
Luce soffusa, aria calda, odore di sesso che aleggia
palpabile, leggero. Il letto sfatto in un angolo, vestiti sparsi a terra. C’è
odore di Akira, intorno, c’è odore di Toshiko, dei loro baci, del loro
amplesso. E c’è odore di qualcosa di strano, qualcosa di sbagliato.
Canestro di Toshiko. Carezza sulla mia guancia, mi ritraggo
in fretta, nelle orecchie la sua risata.
”Aki è uscito con Kim, se lo stai cercando.”
Salto, volo nell’aria, mi aggrappo al ferro. Vorrei
trasformarmi in uccello per volare via. Perché già conosco il risultato di
questa partita. Toshiko uscirà vincitore, anche se sconfitto. Non accetterà mai
la pura logica dei numeri. Troverà un modo di vendicarsi. Lo so.
”Aspettalo qui con me, dai. Ti offro qualcosa, piccolo,
non farti pregare. Fammi compagnia, forza… non mi piace bere da solo.”
Punto mio, punto suo. Punto mio.
Suo sogghigno. –Ehi dolcezza, ma lo sai che sei bravo?
Silenzio.
-Quasi quanto a letto.
Gli rubo la palla e faccio un altro canestro. Quando lo
guardo, sorride ancora. Non mi piace quel sorriso.
In testa la nebbia, fuoco nel ventre. E le mani di Toshiko
dappertutto, nelle orecchie i suoi ansiti, le sue risatine. Mentre mi dice che
è da quando mi ha conosciuto che mi sogna ogni notte, mentre mi dice che lo
faccio impazzire, mentre mi dice di stare bravo che andrà tutto bene. Mentre mi
dice. E io resto fermo, a contorcermi e a gemere, incapace di alzarmi in piedi e
spingerlo via, incapace di tutto. A guardare inorridito, dall’esterno, quel che
il ragazzo di mio cugino fa al mio corpo drogato, abbandonato tra le sue mani.
L’aria è fredda mentre corro. C’è un senso di pericolo
tutt’intorno. Perché?
Il click della porta che si apre, le risate calde di Aki e
Kim sulla soglia. Il tonfo sordo di un qualcosa che cade, il sussulto di
sorpresa dei mie due amori impietriti. E io, languidamente disteso sulle
lenzuola spiegazzate, io con i capelli in disordine e gli occhi offuscati, io,
sotto il corpo di Toshiko che appena si ritira, io, con le guance arrossate e
tanti segni scarlatti sul corpo, muti testimoni di quel che non doveva accadere
e invece è successo. Io, che non riesco neanche a parlare.
Il punteggio è stazionario. Una volta mi avrebbe stracciato
senza problemi, ma adesso sono migliorato. Siamo pari. E la partita si è quasi
chiusa. Ma lui non può vincere. Non deve.
Gli occhi di Aki cercano i miei, si dilatano per la
sorpresa. Lo vedo impallidire, lo vedo iniziare a tremare. Dio, non posso
sopportare quello sguardo in Akira. Non posso sopportare il suo odio, il suo
disgusto. Voglio morire. Spero che quel che Toshiko mi ha dato per intontirmi
sia abbastanza potente da togliermi la vita. Così come mi sta togliendo il respiro,
istante dopo istante.
Altro mio punto. E Toshiko ha ancora quel maledetto suo
sorriso.
Akira parla. E lo fa con voce tremante.
“Cosa gli hai fatto?”
Sollevo la testa, aspetto di trovarmi i suoi occhi
puntati addosso, aspetto di sentire la sua rabbia per il mio tradimento, mio,
della persona che più conosceva. Suo cugino, il suo migliore amico, che ha
aspettato che lui uscisse per sedurgli il ragazzo. Tremo, mentre aspetto il suo
rancore.
Nuovo punto, mi scosto i capelli dal viso.
Siamo diciotto a sedici, e non sembra preoccuparsi.
Possibile che mio cugino conti così poco, per lui?
Sollevo la testa, e resto immobile. Perché Aki non sta
guardando me. I suoi occhi trafiggono Toshiko, increduli e sfolgoranti.
“Toshiko, che cosa gli hai fatto?”
“Aki… non è come pensi, è lui che…”
“CHE COSA GLI HAI FATTO, BASTARDO? RISPONDIMI, COSA GLI
HAI FATTO?”
Il silenzio incredulo di Toshiko, quello incomprensibile
di Kim. E Akira che smette di urlare e mi corre al fianco, mi prende tra le
braccia, mi bacia le palpebre, cerca di coprirmi. Annusa il mio fiato e storce
il naso, mi stringe più forte, la sua voce nelle orecchie, carezzevole
bisbiglio fremente d’ira. Tranquillo amore, tranquillo va tutto bene, ci sono
io qui adesso, tranquillo honey non tremare, nessuno ti farà più niente, adesso
ti porto via, ti porto dallo zio, non piangere Kaede ti prego, non piangere…
Diciotto a diciassette. Ridacchia mentre salta a terra,
agile. Lo guardo senza espressione.
Non capisco il suo gioco.
E poi, le voci di Aki, e di Kim, che s’intrecciano irate,
alterate, che litigano, sotto i miei occhi incapaci di comprendere, e le mie
orecchie incapaci di sentire, e il sussurro di Toshiko troncato sul nascere da
mio cugino, che lo spinge da parte sussurrando “Prova ad avvicinarti ancora una
volta a Kaede e ti ammazzo.”
Diciannove. C’è solo più un punto da giocare. E la mente
torna al letto di quella notte, al bozzolo caldo creato dai corpi di Aki e di
Kinuè, che mi tenevano stretto, per farmi smaltire la sbornia e per farmi
smettere di tremare, per asciugare con carezze leggere le mie lacrime, per
farci coraggio insieme.
E con questo ricordo salto un’ultima volta, infilo a
canestro un’ultima palla.
Venti a diciassette. Ho vinto. Ho vinto, e mi volto verso
Toshiko.
Glielo dico.
E lui annuisce.
Si avvicina, mi scosta i capelli dal viso. –Sei così bello,
Kaede.
Gli spazzo via la mano con un gesto irato.
-Stai alla larga da Aki.
-Fossi in te non mi preoccuperei così tanto per lui.
Agrotto le sopracciglia. Ho capito cosa intende, ma non a
chi si riferisce. Sono tre, le persone di cui mi importa al mondo.
Akira, mio zio, e Kim.
-Kim?- chiedo, incerto, e lui ride. –Andiamo Kaede, non
essere sciocco. Non potrei mai giocare con Kim.
Silenzio. Poi la sua voce. –Non ci arrivi, vero? Divertente…
Silenzio. Poi la sua voce. –Eppure, mi sembrava che anche tu
pensassi che quel rossino è fantastico.
Silenzio. E il mio sangue che si fa di ghiaccio. E la mia
voce che spezzata esala –Cosa c’entra Hana?
-Mmm, niente bimbo, perché ti scaldi? Però devo ammettere
che è uno schianto… sai, credo di avere un certo ascendente su di lui… a
giudicare dal fatto che mi ha creduto quando gli ho detto che eri stato tu a
portarmi a letto, quella meravigliosa volta…
Sento il sangue defluire dal viso. Ora capisco la
tranquillità di Toshiko, io credevo perdesse e invece aveva in tasca la vera
giocata. Come dev’essere stato divertente, per lui, guardarmi sudare questa
vittoria, sapendo che presto mi avrebbe schiacciato del tutto, senza fatica.
E capisco lo sguardo sconvolto di Hana, i suoi occhi
perseguitati. Le sue parole, così piene di rancore. E capisco anche dov’era
quando io e Kim siamo tornati a cercare Aki, e lui non si vedeva intorno.
Quante altre menzogne avrà raccontato, Toshiko? E
soprattutto… quante disgustose verità?
-Non credo che si tirerà indietro se io proverò ad…
approfondire la conoscenza.
-Stagli… stagli lontano.
Un sorriso.
-Ti prego.
Sorriso più ampio. –Mi preghi, bellissimo Kaede? Non credo
che basterà. Cosa sei disposto a darmi, per salvare il tuo prezioso, sciocchissimo
amore?
E la suprema sconfitta, mentre abbasso gli occhi. –Cosa
vuoi?
Sogghigno indovinato nella sua voce, nella sua condanna
–Cosa voglio? Ma mio bellissimo, dolcissimo Kaede, credevo fosse evidente.
Voglio te.
A dire il vero inizialmente questa era solo la prima parte
del capitolo, ma visto che sono di fretta e voglio postarlo oggi, mi limiterò a
questo.
Venus, spero che ti piaccia… e che per ora tu ti sappia
accontentare di soli riferimenti a Kinuè! Tranquilla però, ho in programma di
farlo intervenire presto!
Anarchy, sono così contenta di sapere che ti sto convertendo alle senru! Io
Akira lo adoro, non posso farci niente, lo immagino così come lo descrivo. Se
poi è ooc, boh, chissenefrega. La definizione che dai di Kaede mi piace da
matti: è davvero fatto di cristallo, lui, quel cristallo durissimo e fragile e
perfetto…
Comunque, ora vi saluto tutti… devo scappare! Bacioni,
aggiornerò presto Roh
L’ho incontrato nel corridoio, camminava con le mani in
tasca e gli occhi azzurri nascosti dalla frangia. Somigliava a Kaede, in quel
momento.
Gli ho chiesto cosa aveva. Lui mi ha sorriso.
Dolce, e malinconico.
E io ho capito.
Ho capito che l’aveva appena lasciato andare.
Per questo ho salutato Hiro, e preso a braccetto il mio
vecchio amico. Perché aveva bisogno di coccole, Kim, di calore, per scacciare
via quel vuoto che aveva preso il posto di Kaede, nel suo cuore.
Continua a tenere gli occhi nascosti, e il sorriso si
intravede appena. Si rigira la tazza di cioccolata tra le dita, poi parla.
-Siamo così… sbagliati.
Lo guardo, perplesso. Lui scrolla le spalle. –Ma sì, non
riusciamo mai a incontrarci. Prima… prima non poteva succedere niente. E
adesso… adesso che è tutto perfetto…
-Adesso cosa, Kim?
-Ama un altro.
-Ama anche un altro. Che non si è ancora fatto
avanti.
-No, Aki. Non capisci. Kaede ama. E non si possono
ignorare i miracoli. Neanche se sono tanto belli da far male.
Guardo il mio amico. Ricordo l’ultima volta che l’ho visto,
due anni fa. Quel pomeriggio che poi… quell’ultimo pomeriggio.
Eravamo usciti insieme, io e lui, per comprare un regalo a
Kaede. Era quasi il suo compleanno, e per noi era importante che il nostro
bambino fosse contento.
Certo, non potevamo sapere che avrebbe passato quel giorno a
piangere, seduto davanti alla finestra, gli occhi fissi nella neve e le braccia
di nostro zio strette intorno alla vita. Come a sostenerlo. Come a consolarlo.
Gironzolando per i negozi, avevo cercato per l’ennesima
volta di convincere Kim a parlargli.
Mio cugino lo amava. Dio, mi bastava guardare Kaede negli
occhi per capirlo. Sapevo che il suo cuore era inequivocabilmente nelle mani di
Kim.
E Kim non faceva altro che guardarlo da lontano, come si
guarda un angelo intoccabile. O una perfetta statua di marmo.
Era un ragazzino, Kaede, vero. Ma questo non aveva impedito
agli altri di avvicinarlo.
E allora, cazzo, perché l’unico che doveva muovere un
passo verso di lui si ostinava a star fermo?
-Quattro anni non sono troppi- ragionai per l’ennesima
volta, sbirciando il mio amico. Che rise, e scosse la testa. –No. E infatti non
è questo a bloccarmi.
-Cosa allora?
-Gli altri.
-Eh?
E Kim mi spiegò, mani in tasca e occhi alla strada, che
Kaede non era pronto per una storia. Si era bruciato con Rei, e serviva tempo,
per guarire certe ferite. Non distingueva più l’amore dal sesso, disse. E lui
non avrebbe sopportato di scoparlo, semplicemente. Preferiva soffrire
standogli lontano.
Mi offesi, quel giorno. –Stai dicendo che non capisce che lo
amo, quindi?- protestai, ma lui mi interruppe con un gesto pacato della mano.
–Aki, mi lasci finire? Non sa distinguere sesso da amore, ho detto, non che non
sa riconoscere l’amore. Kae sa che lo ami. Così come sa che lo amo io. Ma noi…
noi non facciamo sesso con lui, Aki. Non lo tocchiamo, non lo baciamo sulla
bocca. Non giochiamo con la sua lingua. I nostri occhi non lo spogliano a ogni
passo. Noi siamo i suoi casti amanti, siamo l’amore puro che può salvarlo dalla
disperazione. Si sentirebbe sperso se questo terreno solido gli venisse a
mancare. Si sentirebbe sperso, se io lo avvicinassi in altri modi. Crede di
volerlo, questo sì. Ed è così difficile negargli, negarci quella soddisfazione.
Ma devo farlo. Perché se facessi l’amore con lui, lui non saprebbe più amarmi.
E non posso sopportarlo.
Questo mi disse. E poi entrammo in casa, e trovammo Kaede
nudo nel letto di Toshiko, e Toshiko su di lui, la sua bocca su di lui, le sue
mani su di lui… e gli occhi di Kaede erano drogati, e il mio cuore si ruppe,
mentre quello di Kim smise di battere.
Litigammo, dopo, io ero troppo furioso e ferito e
preoccupato per accorgermi che il mio amico tentava soltanto di fermare il
tempo, per rimettere a posto i cocci. Non lo ascoltai. Fraintesi i suoi
tentativi di comprendere, scambiai la sua incredulità per intenzione di
difendere Toshiko… e portai Kaede lontano da lui, sapendo che soltanto nostro
zio avrebbe potuto aiutarlo.
Capisco Kim. Lo capisco, davvero.
E gli sfioro la tempia con un bacio, mentre lui nasconde il
viso contro il mio collo. –Verrà anche il tuo momento, Kim, ne sono sicuro.
Lo stringo forte, lo cullo, e lui piano si rilassa.
Poi qualcosa lo fa trasalire. –Aki! Stai attento a Toshiko.
Rabbrividisco, e credo di impallidire.
Improvvisamente, sento il bisogno prepotente di abbracciare
mio cugino.
Sarà in stanza con Sakuragi, adesso. Chissà come farà quella
testa rossa a dormire, con Kaeduccio sdraiato nel letto accanto.
Kim mi ferma sull’angolo. –Lui sarà lì?
So a chi si riferisce. Annuisco.
Kim si morde il labbro. –Aki… com’è?
Sorrido. –Un do’hao.
Sorride anche lui. –Kaede ha detto la stessa cosa.
Riprendiamo a camminare. –Lo so. Kaede ha sempre avuto quel
rapporto strano con lui… è stata la prima persona a cui ha permesso di
avvicinarlo, dopo… dopo la storia di Toshiko. A me faceva paura vederlo sempre
così serio, e controllato, e solo… quando l’ho visto litigare per la prima
volta con Sakuragi non riuscivo a crederci. Ho chiesto a Kaede il motivo, e sai
cosa mi ha risposto? “Le botte di quel cretino fanno male. E urla troppo forte,
è impossibile non sentirlo.”
Kim ride. –Dev’essere un bel tipo.
-Un folle. Giocava a basket da neanche due mesi, quando mi
ha incontrato, eppure mi si è piantato davanti giurando che mi avrebbe
sconfitto.
Ci fermiamo davanti alla porta della stanza. Dentro, si
sentono rumori di qualcosa che si spacca.
Maledizione… ma perché quei due devono sempre litigare?
Apro la porta senza bussare, deciso a separarli. Kim mi
segue a ruota, ma nella camera troviamo solo Sakuragi.
Ansima, e mi guarda sconfitto.
-Hana… dov’è Kaede?- chiedo, cauto.
Lui si scosta una ciocca dagli occhi, poi sposta lo sguardo
su Kim. E gli occhi si fanno di brace.
-TU! Stronzo, fuori da questa stanza… la tua puttanella se
n’è andata, vattela a cercare se vuoi un altro servizietto…
Kim impallidisce violentemente e fa un passo indietro. Io
resto gelato sul posto, poi poso una mano sulla spalla di Sakuragi. DEVO aver
capito male.
-Hana…
-E tu cosa cazzo vuoi? Sai, pensavo ti importasse di Rukawa…
invece vuoi solo fottertelo, come tutti gli altri… del resto, se a lui sta bene
così… andate a divertirvi, voi due, ha proprio bisogno di essere consolato il
ghiacciolo…
Lo schiaffeggio. Lui tace e si porta una mano alla guancia,
alza su di me due occhi sconvolti.
Kami, sembra un bambino. Cosa hai fatto a Kaede, Hana? Cosa
gli hai fatto?
-Dov’è Kaede?- ripeto, e lui trema leggermente. –Non… non lo
so. É scappato dopo che…
-Dopo che cosa?
-Dopo che ci siamo baciati e io… ho detto che era una
puttana…- sussurra, e non posso trattenermi dallo schiaffeggiarlo di nuovo. Kim
mi ferma il polso, preoccupato, ma io lascio andare Hana. Lo lo, Kim, lo so che
è pentito, lo vedo, ma non posso smettere di pensare a come dev’essersi sentito
mio cugino…
Stanco mi lascio cadere sul letto. –Perché?
-Perché è vero.
Kim mi inchioda al muro prima che possa muovermi. Mi
accarezza la guancia, mi costringe a guardarlo. –Ehi. Calmo. Respira. Prenderlo
a botte non servirà a niente.
Lo osservo. Vedo la rabbia nei suoi occhi, e questo-
paradossalmente- mi calma. Così mi volto a fronteggiare Sakuragi.
Sta fermo nel centro della stanza, in ginocchio, la testa
tra le mani. Mi sforzo di usare un tono dolce, comprensivo.
-Perché dici che è vero?
-Io… io l’ho visto.- Hanamichi solleva lo sguardo su di me.
Poi lo sposta su Kim.
-Hai visto cosa?
-Rukawa… entrare in questa stanza… con lui… e Toshiko ha
detto…
-Toshiko dice un mare di stronzate.- la voce di Kim è
talmente dura che mi fa trasalire. –Kaede l’ho solo accompagnato a casa. Lo
conosco da quattro anni e non ho mai alzato un dito su di lui. E se ti azzardi
a insultarlo ancora una volta, ti spacco la faccia.
Gli occhi di Sakuragi sono diventati improvvisamente vuoti.
Sbatte le palpebre una volta, due, come incapace di comprendere il mondo che,
nuovamente, ha cambiato colore. Vorrei potergli risparmiare la storia di Kaede.
Ma quando tornerà in sé, Hana ricorderà la parole di Toshiko, e mi verrà a
cercare, chiedendo risposte a domande che gli assordano le orecchie. E io,
quelle risposte non potrò negargliele.
Adesso c’è un’urgenza più bruciante, però, qualcosa che
minaccia di spaccarmi il cuore.
Mio cugino. Il mio angelo insanguinato. Fuori, nella
tempesta di neve del suo dolore. Fuori. Solo. Senza un porto dove attraccare.
Devo trovarlo.
Respiro a fondo, per scacciare il panico, e batto il palmo
sul letto, accanto a me. –Dai, tensai, vieni qui. Perché non ci racconti cosa è
successo?
Si lascia cadere al mio fianco. Sembra un bambino, quando
inizia a parlare –Io… io ho parlato con Toshiko, e lui mi ha detto delle cose…
ha detto che lui- indica Kim- voleva portarsi a letto Ru, e così li ho seguiti,
li ho visti entrare e… e poi lui è uscito e io sono rimasto fermo, fuori dalla
stanza…ma poi la porta si è aperta e
Kaede ha fatto per uscire, io l’ho spinto dentro e…
Gli accarezzo la guancia –Continua.
Arrossisce –L’ho spinto contro il muro e abbiamo litigato,
non so cosa gli ho detto, era troppo vicino, io ho perso la testa, e poi lui mi
ha baciato, credo, o forse sono stato io, non lo so, ma dopo quando mi sono
staccato…
Singhiozza e io lo abbraccio. Mi fa tenerezza, Hana, non
dev’essere stato facile neanche per lui. Toshiko dovrà rispondere di tutto
questo dolore…
Toshiko… cos’è che mi sfugge? Perché ho questa sensazione
sorda nelle ossa?
E poi Kim –Hana… scusa una cosa. Sbaglio, o hai detto che
Kaede stava uscendo, quando tu l’hai spinto dentro? Quindi voleva andarsene
anche prima di litigare con te?
Ed improvvisamente capisco. Capisco dove quel demente di mio
cugino è andato.
E il mondo non mi è mai sembrato così scuro.
Hanamichi pov
Il porcospino è balzato in piedi come punto da una serpe.
Il biondo, Kim, ha gli occhi sgranati.
Sembrano capirsi con uno sguardo.
-In palestra- dice Sendoh. E Odino annuisce, precipitandosi
in corridoio.
Io li seguo di corsa, senza sapere perché.
Non ho coraggio di fare domande.
Non ho coraggio di sentire le risposte.
Mi è bastato guardare in faccia Kim, per capire che Toshiko
aveva raccontato solo cazzate. In quelle iridi azzurre non c’è posto per la
menzogna.
E io, come un coglione, mi sono bevuto ogni sua parola.
Sento un nodo alla gola, mentre corro con loro verso la
palestra, dove immagino sia Kaede.
Kami, Kami fa che non gli sia successo niente…
Perché se Sendoh perde il sorriso, vuol dire che le cose
sono gravi davvero.
E poi Kim spalanca la porta, e poi Aki entra dentro
ansimando, e poi… io resto fermo sulla soglia, incapace di muovermi.
Quel che vedo...
Le ginocchia cedono, e devo appoggiarmi al muro.
La palestra è deserta. Saranno le tre di notte.
Dalle finestra si vede il cielo nero. Ancora più scuro
contro la luce della stanza.
Quel locale, che mi è sempre parso così familiare, così
protettivo, così sicuro, adesso è la scenografia di un incubo.
Perché addossati alla parete ci sono loro.
Kaede è nudo. La sua schiena è alabastro scolpito sotto
l’illuminazione impietosa delle lampade al neon. Mi sforzo di mantenere lo
sguardo fermo sul suo collo, sui muscoli tesi delle spalle, sulle scapole
sporgenti, mi sforzo di resistere al richiamo di quella pelle bianca, mi sforzo
di non seguire quella linea sinuosa, la sua spina dorsale, il sentiero di
vertebre che sensuale percorre la schiena. Terminando nel sedere che ho sempre
e solo visto coperto dai pantaloni della tuta, perché il corpo di Kaede
svestito era tabù, era proibito, un sogno da consumare di notte, tra le
lenzuola bagnate, e il peso dell’anima che gravava sul cuore, soffocandolo.
Quel sedere che attentamente evitavo, quando il volpino si cambiava o superbo si
infilava nella doccia, perché se l’avessi guardato avrei dovuto ammettere,
almeno a me stesso, che provavo più che ammirazione sportiva per quel compagno
altero, e che il fuoco che scaldava le mie vene non era soltanto figlio della
rabbia.
Vorrei mantenere fermo lo sguardo, mantenerlo alto, ma i
miei occhi sono come ipnotizzati, e scendono, scendono, abbeverandosi di quella
bellezza, saziandosi di quella perfezione.
Kaede nudo è bellissimo. Eppure quel che vedo mi disgusta, e
il bisogno di vomitare preme alla bocca dello stomaco, forte come non mai.
Perché Kaede, il mio bellissimo Kaede, è inginocchiato
davanti a Toshiko, che tiene gli occhi chiusi e la testa rovesciata
all’indietro.
Perché Kaede, il mio bellissimo Kaede, ha il volto affondato
tra le gambe di Toshiko. Perché Toshiko tiene una mano immersa nei capelli neri
del mio amore, e l’altra posata possessivamente sui suoi glutei. Perché la sua
mano stringe quella carne candida, con volgare voluttà.
E i gemiti che escono dalla sua bocca sono modellati sul
ritmo del capo del volpino, che rapido si alza e si abbassa.
Questi gemiti, io non riesco a sentirli, perché le mie
orecchie sono chiuse al mondo, ormai, eppure mi incidono la mente con la
precisione di un coltello ghiacciato.
Dovrei muovere un passo, poi un altro, raggiungere la coppia
e stringere le dita sul collo di Toshiko, e ucciderlo lentamente, per quel che
ha osato fare. Dovrei muovermi, e raggiungerli, e dare sfogo a questa mia
rabbia…
Dovrei vendicare l’affronto recato a quell’angelo corvino.
Dovrei…
E invece resto fermo. Incapace di qualunque cosa.
Testimone stordito, osservo il dolente spettacolo.
Aki e Kim sembrano muoversi all’unisono. Per un attimo,
distrattamente, li immagino sul campo di basket. Devono aver giocato spesso
insieme, per sviluppare una tale coordinazione.
Si lanciano su Kaede e Toshiko, che sobbalzano e si
accorgono di non essere più soli.
Toshiko geme contrariato quando la bocca di Kaede si stacca
dal suo membro, e spalanca due occhi offuscati dal piacere. Ma presto la sua
vista si schiarisce, mentre si delineano i contorni del viso di Kim, alterati
dall’ira.
Si porta davanti a lui, Kim, e lo solleva in piedi
prendendolo per i capelli.
Toshiko geme, e Kim lo strattona di nuovo.
-Ti avevo detto di stargli lontano, bastardo. Te l’avevo
detto.
Non rimango a seguire la traiettoria del primo colpo.
Perché ho finalmente trovato il coraggio di guardare Kaede,
e tutto il resto perde senso.
Kae… Kaede ha le labbra sporche, socchiuse. Una prima ondata
di rabbia mi percorre. Devo uccidere chi ha osato sfiorarlo.
Kaede è nudo. E bellissimo, in mezzo a quell’orrore. E una
seconda ondata di rabbia mi sommerge. Vorrei uccidere il mio corpo, che non sa
restare indifferente neanche in questo momento.
Kaede ha gli occhi aperti. Che si fissano nei miei. E, lenti
si offuscano, riempiendosi di lacrime. E una terza ondata, più forte delle
precendenti, mi annega. Voglio uccidere me stesso. Per averlo fatto
soffrire.
Poi Aki crolla in ginocchio davanti a lui, e lui si rifugia
nelle sue braccia aperte.
Kaede trema e piange, e Akira sussurra, lo accarezza, fa
piovere una pioggia di baci sul suo capo, sulla sua tempia, sullo zigomo appena
arrossato.
Qualcuno mi afferra il gomito, disorientato mi volto, per
specchiarmi in Mitsui, nelle sue pupille che mi perforano l’anima.
-Che cazzo sta succedendo qui?
Il suo sguardo cade su Kaede, e vorrei mettergli una mano
sugli occhi, farlo voltare, urlargli di non guardare, che non ha diritto di
vederlo così, che non deve permettersi di farlo…
Ma resto fermo, e Mitsui pure, le iridi sfolgoranti fisse
sull’angelo caduto che piange tra le braccia di Akira, i pugni stretti contro
le cosce, il viso una maschera di pietra.
Resto fermo, e seguo i passi lenti e circospetti di Kogure,
che avvicina Kaede come avvicinerebbe una animale ferito, lo guardo fermarsi a
un metro di distanza e allungare ad Akira un asciugamano. Guardo Akira
afferrarlo senza staccarsi da Kaede e senza smettere di baciarlo, coprirlo con
movimenti dolci e sicuri, e riprendere a stringerlo.
Resto fermo. A fissare le mani di Akira. Una è nascosta tra
i capelli di Kaede, e par disegnare leggeri cerchietti concentrici sulla sua
nuca. L’altra, posata sulla sua schiena, è scossa da un tremito continuo.
Akagi si è avvicinato a Kim. Ha cercato di fermarlo.
Ma quando Mitsui gli spiega cosa è successo (e una parte di
me si stupisce che lo sfregiato abbia potuto capire così tanto in una manciata
di secondi) ritrae la mano e i suoi occhi si ghiacciano.
Percepisco il suo orrore, l’incredulità, la paura. La
rabbia.
Nessuno puù permettersi di alzare un dito sulla nostra
volpacchiotta adorata…
E a questo pensiero mi prende un senso di amaro sconforto,
perché anche io ho contaminato la purezza di Kaede.
E la mia colpa non è stata baciarlo, perché mai sarà colpa
l’amare.
Ma io l’ho usato, ho usato la sua bellezza per trarne acre piacere,
e poi l’ho insultato, ferendogli l’anima, e l’orgoglio.
Io l’ho spinto nel corridoio, io l’ho spinto in questa
palestra, tra le braccia di questo uccisore di angeli, io con il mio egoismo,
io con la mia smania di possedere. Io, con quel ‘puttana’ sussurrato
tristemente, tristemente assaporato.
Se mi fossi trattenuto. Se non gli avessi parlato.
Se l’avessi guardato negli occhi, se gli avessi sorriso.
Se le mie labbra si fossero aperte su altre parole.
Se avessi sfiorato con dita tremule la sua gota d’avorio, e
avessi circondato col braccio la sua vita snella, e l’avessi disteso sul letto.
Se l’avessi baciato di nuovo, con devozione, con dolcezza, se avessi fatto
l’amore con lui, questa notte, adorando ogni centimetro del suo corpo, ogni
respiro della sua anima.
Se avessi posato la mano sulla sua nuca, e avessi costretto
il suo capo a poggiare sulla mia spalla, se l’avessi abbracciato e sorriso al
suo orecchio “Io sono qui.”
“Ti aiuterò.”
“Non ti lascerò andare.”
“Non ti lascerò morire.”
“Sono nato per questo. Sono nato per salvarti.”
“Ti desidero, Kaede, desidero il tuo spirito freddo.”
“Ti voglio, Kaede, voglio il tuo calore.”
Oppure.
“Dormi Kitsune che hai gli occhi stanchi.”
O
“Il tensai ti canterà una ninna nanna.”
O
“Domani Ru farai una partita bellissima. Azzeccherai tutti i
canestri. Batterai addirittura il Tensai.”
O
“Chiudi gli occhi, kitsune, e sogna. Sogna qualcosa di
bello. Sogna il mare.”
O fossi rimasto zitto, gli avessi soltanto respirato
addosso, avessi soltanto ascoltato il suo cuore lento cedere al sonno, il suo
battito regolarizzarsi, il suo calore avvolgermi, e il mio proteggerlo.
Non l’avessi lasciato uscire.
Allora aveva proprio ragione lui. Sei davvero una puttana.
Chiudo gli occhi.
Avrei voluto dirti un’altra cosa, in quel momento, kitsune.
Dopo che le tue labbra si erano aperte per la mia lingua.
Avrei voluto dirti un’altra cosa, Kaede.
Avrei voluto dirti che ti amo.
Allora, che ne dite? E con questo il peggio dovrebbe essere
passato.
Venus, questa è la seconda parte, ti piace? Spero di sì… ho
fatto il possibile per postartela in fretta, sei contenta?
La voce di Aki è un sussurro tenero –Sì. Sai com’è fatto
Kae-chan.
Mi inginocchio davanti al letto, in modo da essere
all’altezza del viso di Kaede.
Osservo le palpebre abbassate, candide di quel candore dai
riflessi violacei, simili ai petali di un’orchidea, osservo il reticolo di vene
azzurrine sulle tempie pulsare leggero, lento, a ritmo con i suoi sogni. Almeno
è tranquillo, adesso.
Akira si accoccola meglio contro di lui, posa il mento sulla
sua spalla. Mi guarda, mentre con il braccio attira Kaede più vicino, per
aderire completamente con il petto alla sua schiena.
-Quando da piccoli dormivamo nello stesso letto, ci
mettevamo sempre così.- mormora.
Gli sorrido, poi torno a guardare Kaede.
Le guance sono rosate, e le labbra imbronciate. Vorrei
baciarle.
Gli sfioro lo zigomo con la punta delle dita, resto
incantato mentre le ciglia fremono, cambiando l’ombreggiatura.
È talmente bello che fa male al cuore.
-Kim, hai messo qualcosa su quelle ferite?
Akira è corrucciato, mentre mi tocca lieve il labbro. Scuoto
la testa, mi allontano garbatamente –Dai, fa male! Comunque sì, stai
tranquillo… Senti, io andrei… tu resti qui?
-Non lo lascio solo.
-Se vuoi posso…
Scuote la testa. –No, Kim. Voglio stare io con lui.
Annuisco, mi tiro in piedi. Faccio un cenno di saluto, poi
esco, chiudendomi la porta alle spalle, senza far rumore.
Non so dove andare. Scrollo le spalle, cominciando a
camminare.
A casaccio, perché tanto non ho voglia di vedere nessuno.
Sento un buco all’altezza del cuore. Toshiko, non l’avevo
ancora lasciato del tutto andare. Ma dopo averlo visto in palestra, con Kae…
Sorrido, amaro. Non avevo mai picchiato con il desiderio di
far male. La prima volta, è stato stanotte, mentre spaccavo la faccia del mio
ex migliore amico. Del tutto inutilmente, perché i pugni non me l’avrebbero
ridato indietro. Così come non avrebbero tolto a Kaede l’umiliazione, né reso
ad Akira i suoi sogni.
Ed ecco che, a metà di un’acida e profonda constatazione, mi
blocco.
Sulla soglia dell’atrio. A bocca aperta.
Dimmi te se con tutti i problemi che ho devo perdere tempo
guardando il sedere agli sconosciuti….
Scuoto la testa, cercando di tornare in me. Eppure, dopo
qualche istante, il mio sguardo cade di nuovo lì.
Coglione, smettila… almeno dai un’occhiata d’insieme!
Mmmm…. Forse era meglio lasciar perdere. Cazzo, quel tipo è
stratosferico!
Se ha un viso bello la metà del fisico…
Alto, credo, anche se è praticamente sdraiato sul bancone
della reception. Indossa un paio di jeans e una maglietta nera. Sembra giovane.
Sui venticinque anni.
E poi… lo sento parlare.
-La prego… si fidi di me…
Improvvisamente, mi ritrovo ad arrossire.
Quella voce… Kami, quella voce.
Morbida, bassa. Sensuale. Vellutata.
Dannatamente eccitante. Mi sembra di averla già sentita,
eppure non riesco a ricordare dove. Strano. Non sono il tipo che dimentica una
voce del genere, soprattutto se il proprietario ha un simile sedere…
Quanta forza d’animo ci vuole, mi chiedo pigramente
appoggiato al muro, per resistergli?
Inizio a provare una certa ammirazione per la segretaria,
che debolmente si sforza di pigolare un –Ma le regole…
Il tizio si china maggiormente sul piano, ronfando –E non
potrebbe fare un’eccezione…
Kami, se è bravo. Provocante senza essere volgare. Se usasse
quel tono con me, capitolerei all’istante. La sua è una di quelle voci che
potrebbero farti innamorare per telefono.
E, noto divertito, la segretaria si sta letteralmente
sciogliendo.
Sfortunatamente per il mio seduttore, proprio in quel
momento il direttore compare alle spalle dell’impiegata.
Lo osservo posare gli occhi, piuttosto contrariato, sul
tipo. E deglutire vistosamente.
Sono sempre più curioso di vederlo in faccia.
Lui si rialza con grazia. È davvero alto.
E ha davvero un fisico perfetto.
-Buongiorno direttore.- sussurra porgendogli la mano. –Deve
scusarmi se mi sono preso la libertà di insistere con la signorina, ma ho
assoluto bisogno di conoscere il numero della stanza di due vostri clienti… so
che è una procedura piuttosto bizzarra, ma è davvero importante…
Il direttore è combattuto. Lascia spaziare gli occhi sul
ragazzo, deglutisce di nuovo. Improvvisamente si accorge di star stringendo
ancora la sua mano, e la lascia cadere di scatto. Parla a occhi bassi, le gote
leggermente colorite –Mi spiace davvero, signore. Ma non ho il permesso di
fornirle tali informazioni. Vede, ospitiamo dei minorenni in questi giorni, e
per questioni di sicurezza, capisce…
Un attimo di silenzio.
Mi sembra quasi di intuire il sorriso triste del ragazzo,
mentre risponde quieto un –Capisco. Non insisterò oltre, dunque. Mi scusi
ancora per il disturbo…
Voltandosi, quest’angelo forbito si lascia scappare
un’esclamazione più colloquiale.
Seccato, mastica tra i denti un –Merda- prima di portare una
mano alla fronte, per scostare i capelli.
E io lo vedo. Lo vedo, e sento che qualcosa dentro di me si
spezza.
È bellissimo. Se bellissimo può rendere l’idea.
Iridii blu. Un blu inquieto, eppur ridente. Il blu di chi ha
attraversato la tempesta, ed è giunto finalmente a un porto calmo. Il blu di
chi non si stanca mai di navigare.
Occhi di un taglio particolare, mandorlato, e ciglia
scurissime.
Naso sottile, lievemente francese.
Pelle candida, talmente diafana sulle tempie che quasi si
intravede il reticolo di vene.
Capelli scuri, piuttosto lunghi, ma spettinati, sfrangiati,
che ricadono in tutte le direzioni.
E una bocca… Kami la bocca… piccola, imbronciata.
Concentrata sui suoi problemi. Con denti bianchissimi che fanno capolino per
martoriare il labbro pieno.
Una bocca dove il sorriso si nasconde. Una bocca che,
sorridente, ferma il cuore.
Bellissimo. Quel ragazzo è bellissimo.
Quel ragazzo è angelicamente bello. E dannatamente
eccitante.
Quel ragazzo è… Kaede.
-Merda- ripete, massaggiandosi gli occhi.
Questo semplice gesto frustrato mi incanta completamente.
In quel momento, lui mi nota. E chiaramente, si accorge che
lo sto divorando.
Non sembra infastidito, però. Probabilmente, è abituato agli
sguardi.
E a giudicare dall’occhiata che mi rivolge, non dev’essere
del tutto estraneo all’ammirazione maschile.
Mi sorride, oltrepassandomi. E il mio cuore parte in una
corsa pazza verso il cielo.
La somiglianza con Kaede è impressionante.
Kaede… Kami,
Kaede!
Rincorro lo sconosciuto, –Ehi! Ehi, tu!
Si volta, sorpreso. –Sì?- chiede, educatamente, ma vedo che
è distratto, preoccupato. Non posso dargli torto…
-Ti ho sentito, prima… forse posso aiutarti. Conosco molti
dei ragazzi qui… chi cerchi?
Mi soppesa con lo sguardo. Poi, lentamente, si apre in un
nuovo sorriso. –Sì… credo che tu abbia ragione. E poi, anche se non conosci
personalmente i miei nipoti, sono certo che li hai almeno visti di sfuggita.
Non passano inosservati. Uno si ostina a portare i capelli dritti sulla testa,
mentre l’altro…
Ma io sono rimasto fermo alla parola ‘nipoti’. Mi lascio
sfuggire un sorriso sollevato eppure nervoso –Aki e Kae.
Lui solleva un sopracciglio, stupito. –Li conosci? Akira mi
ha mandato un messaggio, ieri sera, chiedendomi di raggiungerli…. Sai se è
successo qualcosa?
I suoi occhi mi stordiscono. Eppure, improvvisamente, non sono
più la cosa fondamentale.
-Vieni con me, ti porto da loro.
Non fa domande. Mi segue. In silenzio. Ma vedo il suo viso
scurisci, un’ombra cadere pesante.
-Si tratta di Kaede vero?
Annuisco, non ho la forza di spiegargli niente. Mi fermo
davanti alla stanza di Aki. - Ecco, sono qui.
Lui entra senza bussare. Sento Akira protestare, e la voce
poi spezzarsi mentre sussurra –Sei tu…
Poi, il rumore di un corpo che siede sul letto. E, lenti, i
singhiozzi soffocati di Akira riempiono l’aria.
Stringendo i denti, decido di allontanarmi di nuovo.
Hana pov
Sto rannicchiato nel letto, abbraccio il cuscino. Non voglio
uscire. Non voglio giocare a basket. Non voglio fare niente.
Cazzo, sto così male.
Non riesco a pensare a Kaede, eppure non posso smettere di
pensarlo.
Vorrei che la mia mente fosse un interruttore, poter pigiare
su off e chiudere fuori tutte queste voci.
Il suono di una porta che si apre, i passi di qualcuno che
entra.
Mi tendo, aspettando di capire chi possa essere.
Non ci vuole molto. Parla quasi subito.
-Voglio sapere che cazzo succede.
Mitsui sembra stanco.
Sento che sposta una sedia, me lo immagino seduto a
cavalcioni, le braccia sullo schienale.
-Voglio sapere che cazzo è successo. Quindi vedi trovare la
lingua, Sakuragi. E guardami in faccia, quando ti parlo!
Mi volto nel letto. Lo fisso.
-Non ci arrivi da solo, Mitchi?
-Senti scimmia, non giocare all’uomo vissuto con me.- mi
sputa addosso, brusco. –Ne ho viste, di cose, quando giravo con Tetsuo. So
cos’è un pompino. So cos’è il sesso. E so riconoscere il sesso consenziente.
Lasciatelo dire, Rukawa stanotte non sembrava esattamente un’amante appagato.
Mi tappo le orecchie con le mani. –Sta zitto, Mitsui, come
cazzo fai a dirle certe cose?
-Non è forse la verità?- mi sfotte Mitsui. É davvero furioso.
-‘scolta, Sakuragi. Io sono entrato in quella cazzo di
palestra, ok? E sai perché? Perché quando io e Kogure, e Miyagi e Akagi,
stavamo tornando allegri da una bella serata, appena appena sbronzi, abbiamo
sentito dei rumori. E ci siamo detti, vuoi vedere che quella testa di cazzo di
Sakuragi si è messo di nuovo nei casini? Evitiamogli, se possibile, di farsi
sbattere fuori dalla squadra a calci in culo. Per questo siamo entrati, invece
che tirare dritti e andare a dormire. Per te. Idiota.
Mitsui respira profondamente, come per calmarsi. –Solo che
quando siamo arrivati abbiamo visto Rukawa con la faccia affondata tra le
coscie di quello stronzo, e poi Akira che se lo abbracciava tremando, e l’altro
biondo che cominciava a picchiare… e ci siamo rimasti di merda, permetti,
perché Sendoh non sembrava esattamente geloso di Toshiko.
-Mi sembra che il riassunto sia piuttosto chiaro, Mitsui.
Toshiko ha costretto Rukawa a… fare… quello… in palestra. Non capisco cosa vuoi
da…
-Sai, Sakuragi, Akagi e Riyota sono andati ad aiutare Kim. E
Kogure stava vicino a Sendoh. Ma io, io sono rimasto al tuo fianco. Ho sentito
cosa sussurravi. E ti sembrerà strano, ma è tutta la notte che sento nelle
orecchie la tua voce ripetere continuamente ‘è colpa mia’.
Sobbalzo. Abbasso lo sguardo.
-Quindi voglio sapere che cazzo c’entri tu con questa
storia. E sono stanco di aspettare, voglio una risposta adesso. Cosa hai fatto
a Kae?
-L’ho baciato.
Mitsui sgrana gli occhi. Nelle sue iridi passano,
velocissime, mille emozioni diverse: rabbia, incertezza, invidia, gelosia,
sconcerto. Preoccupazione.
-E poi gli ho dato della puttana.
Adesso mi prende a pugni, mi dico. In fondo, me lo merito….
E invece, stranamente, resta fermo. Quasi mi dispiace.
-Perché?- chiede, a voce bassa.
-Perché Toshiko mi aveva detto che lo era. E io come
un’idiota ci ho creduto. Kae si è incazzato e se n’è andato… in palestra. Dove
Toshiko…. È colpa mia. Solo mia.
-Non dire stronzate. Sei una testa di minchia, questo è
assodato… cazzo, sarai l’unica persona sulla faccia della terra che, con Kaede
Rukawa sulle braccia, riesce a ricordarsi il significato della parola
puttana. E di certo l’unico abbastanza stupido da insultarlo piuttosto che
sbatterlo sul letto e farci l’amore fino al mattino. Ma non è colpa tua quel che
è successo. Non più di quanto lo sia nostra.
Resta zitto, e io bevo queste sue parole brusche come
fossero unguento per le mie ferite. Poi, la voce di Mitsui torna a sussurrare.
–Vorrei sapere chi cazzo è in realtà Toshiko…
-Il mio ragazzo.
La voce di Sendoh ci fa sobbalzare entrambi.
Lo guardo avanzare. –Sendoh…. Dov’è Kaede? L’hai lasciato
solo?
Lui mi rassicura con un sorriso tirato. –No. C’è nostro zio
con lui, ora. Io sono qui perché ti devo delle spiegazioni, Hana.
Mitsui fa per alzarsi, ma un cenno del porcospino lo ferma.
–No Mitchi. Resta anche tu. È importante.
Ubbidisce. Si lascia ricadere a peso morto, sussurrando –Che
significa che Toshiko è il tuo ragazzo?
-Lo era. Siamo stati insieme per un anno. Eravamo
innamorati… io almeno lo ero. Perdutamente. Lui… beh, presumo di no, visto che
una sera sono tornato a casa e me lo sono trovato a letto con Kaede.
Sobbalzo. Allora non erano tutte cazzate…
Mitsui sgrana gli occhi, ma Akira fa un sorriso amaro. –Solo
che non erano semplicemente a letto... Dio, sarebbe stato terribile, ma almeno…
Invece… Toshiko l’aveva drogato. Quel pezzo di merda aveva aspettato che mio
cugino fosse da solo per… Non ci siamo più visti, da allora. Fino all’altro
ieri. E dato che Kaede aveva un conto in sospeso con lui… Kim dice che Toshiko
voleva riprovarci con me. Credo che mio cugino volesse dirgli di starmi
lontano, ma Toshiko… Non so come sia successo. Non riesco a capirlo, cazzo…
Tiene la testa tra le mani, gli occhi chiusi. E la domanda
che forza le mie labbra è la più stupida che potessi fare, in un momento come
questo.
-Kaede… è tuo cugino?
Lui rialza il viso di scatto, e adesso le sue iridi sono
pietre dure. -Sì Hana.
E tace. Respira. Riprende. –Lo conosco da quando è nato.
E tace. Respira. Riprende. –Conosco la sua storia.
E tace. Respira. Riprende. –Vuoi ascoltarla, Hana?
E io la ascolto. La ascolto in silenzio, gli occhi asciutti,
le lacrime che mi annegano dentro.
Ascolto Akira dipingere un Kaede bambino, una piccola
volpacchiotta dalle guance di pesca e la bocca di rosa, un Kaede affondato
nelle lenzuola di lino di un letto enorme, con Akira di fianco e due gemelle
dai capelli neri che ridono poco lontane. Ascolto Akira relazionare
un’incidente d’auto, e una gemella morta, un bambino orfano, cicatrice su cuore
di vetro. Ascolto Akira sussurrare di un quattordicenne bello come la luna,
delle sue labbra morbide e gentili, di un bacio dato per gioco, e un altro per
dire addio. Per sentirsi vivere, per sapersi morire. Racconta di un bacio che
suggellò l’infanzia, e di un altro che la tinse di nero. Nero vergogna, nero
dolore. Padre schifato, cattivo, offensivo. Cuore di vetro che sanguina ancora.
E la verginità data via per rivalsa. In uno scoppio di rabbia. Poi, il crollo.
E ascolto Akira raccontare delle serate in discoteca, con alcool a fiumi e
pasticche sul palmo, acidi negli occhi e un corpo caldo che ti schiaccia al
muro. Sesso straniero, stravolto, sconosciuto, senza nome. Estranei che ti
vedono solo e indifeso, e bello… sempre bello, questo sì. Ascolto Akira arrossire,
perché erano insieme i cugini, sempre insieme, e se l’uno cercava di scordare
il dolore di una madre morta e un padre ostile, l’altro voleva tappare le
orecchie ai litigi sempre più violenti che spezzavano in due la sua famiglia.
Ascolto Akira stringere i denti, perché il mondo si è sempre preso gioco di
quel cugino troppo grazioso, e ingenuo. Perché sempre si innamorava, quel
cretino, sempre si innamorava, e soffriva e si innamorava ancora. Fino a quando
non ha smesso di credere nell’amore. E allora, bastava il sesso, per fare
rumore. Spezzare il silenzio. E anestetizzare il vuoto.
Poi. Cosa è successo? Parla Akira, raccontaci. Non
giudicheremo. So che Mitsui ha gli occhi aperti, fissi su di te. Ti ammira, il
teppista, perché sa cosa dici, l’ha vissuto anche lui, dalla parte opposta
della strada. Se voi bruciavate nell’olimpo, bruciavate in quel mondo ricco e
borioso, vuoto, bruciavate nell’ipocrisia di quei figli di papà che tutto
avevano e niente capivano, lui strisciava nelle strade, tra i delinquenti
comuni, che girano col coltello in tasca e la pistola dentro la giacca, che
mordono la vita con le ruote di una moto e si avvolgono in pelli e catene. E
picchiano, sanguinano, si fanno male. Stessa medaglia, due facce opposte.
Ti capisce, Mitsui. Non io. Nel mio mondo, candido e puro,
anche i teppisti si limitavano a usare i pugni. O al massimo le testate.
Però ti ascolto, Akira, ti ascolto e piango in silenzio,
perché quasi riesco a vedere il pianto di Kaede. Ti ascolto.
Continua, ti prego.
E Aki continua. E io continuo ad ascoltare. Mentre danza
sulle sue parole un uomo giovane, vecchio, ferito, che ritorna in Giappone,
ritorna ai ciliegi dopo aver assaggiato il vento d’America, ritorna in risposta
a un richiamo. Ritorna, e trova un bambino addormentato su un tavolo. Trova un
nipote da salvare, e una vita da ricucire. E prende quel ragazzo per mano, lo
porta a casa, lo cura, lo lava, lo abbraccia. E strappa la sorella da quel
matrimonio prigione, e strappa l’altro nipote dal vortice che lo sta ingoiando.
Lenta, faticosa, ricomincia la salita.
Akira si morde le labbra, mi guarda. Sembra quasi
imbarazzato. –Non so cosa ti ha raccontato Toshiko. Ma Kaede si incolpa di quel
che è successo. Ti ha creduto, quando gli hai dato della puttana. L’hanno
chiamato in tanti così, ormai non ci fa quasi più caso. Ma tu… l’hai ferito.
Perché a te si era aperto, e ha trovato un’altra porta chiusa in faccia. Non ti
biasimo, Hana, chiunque avrebbe fatto come te…- sento distintamente uno sbuffo
venire da Mitsui, e un fantasma di sorriso aleggia sul volto assurdamente serio
di Akira, mentre continua- ok, non tutti però… capisco la tua posizione,
davvero. Solo che Kaede ha bisogno di gente che lo faccia sentire puro, pulito.
Kaede ha bisogno di gente che lo aiuti a rinascere.
Ho inteso bene il tuo discorso, Aki? Mi stai davvero
regalando la possibilità di stargli vicino? Nonostante questo, nonostante tutto
il male che gli ho fatto? Non me lo merito. Eppure, lo desidero così tanto…
Resto in silenzio. Senza pensare. Solo, mi ascolto
respirare,
Per trovare il coraggio di parlare. Di chiedere. E di
affrontare la risposta.
Qualunque essa sia.
Mi specchio nei limpidi occhi chiari di Sendoh.
-Posso… posso vederlo?
E gli occhi di Sendoh mi sorridono, anche se le sue labbra
restano sciolte. –Sì, Tensai. Ma vedi di trattarlo bene.
Ehm… lo so che vi avevo promesso che questo capitolo non
sarebbe stato angst. Però… boh, ormai lo sapete che questi fanno di testa loro.
E Hana era troppo preoccupato per Kaede, per giocare al do’hao e al tensai.
Quanto a Kim… beh, forse vi sembrerà un po’ stupido a perdersi negli occhi di
uno sconosciuto con Kaede in quello stato, ma così doveva essere. E poi, Kinuè
farebbe girare la testa a chiunque!
Venus, non ucciderò Toshiko, credo, solo perché non voglio
spendere parole non strettamente necessarie su di lui! Comunque lo detesto dal
profondo del cuore, anche perché in un colpo solo ha fatto del male ai miei due
amori, Kae e Aki (e anche a Kim e a Hana… insomma, davvero un essere
spregevole!)… so che ti ho fatto aspettare un po’ per questo capitolo, spero ne
sia valsa la pena… anche se a rileggerlo temo non sia un gran chè… oh bè, mi
rifarò! Te piuttosto, quando la continui la tua?
Hinao85… sono contenta di sentirti, e ancora più contenta
che ti sia piaciuta la storia, fino qui. Spero di riuscire a continuarla
abbastanza presto, e soprattutto di portarla su un piano più allegro. Spero
anche che il pov di Hana non sia noioso, visto che per buona parte si riassume
la vita di Kaede, già svelata negli altri capitoli. Ma dovevo spiegare come
Hana arrivava a conoscere il suo volpacchiotto. E sapere che ti ha un
po’ commosso il capitolo su Kae e Rei… beh, è sempre una vittoria, questa!
Coco86… thanks! Mi fa piacere che la storia ti abbia presto,
e che ti intrighino i cuginetti… sono i miei personaggi preferiti! (A parte
Hana, certo, ma forse Aki mi piace di più perché di solito nelle fic fa la
parte del bastardo! E non è così, almeno dai numeri di manga che sono riuscita
a leggere!) (Sigh, che amore… meglio non pensarci!) (Certo, sono opinioni…
rispetto anche chi pensa il contrario…)
Comunque spero davvero di riuscire a continuarla presto!
kiss a tutti quelli che leggono, bye bye…. Buone vacanze a chi ci va (io no,
temo…) Roh
Ogni stazione ha propri colori, e i treni non partono mai
due volte per la stessa direzione.
Perché basta chiudere gli occhi, battere le palpebre una
volta, e già quel che guardi, quel che vivi, è cambiato.
Il ragazzo, l’uomo, infila le mani in tasca e alza la testa.
Fissa gli occhi nel cielo, e gli sembra che quel tramonto, ormai sfumato nella
notte, abbia il colore giusto.
Era molto tempo che non respirava l’aria di casa.
Era tempo che non camminava con in cuore questo strano senso
di oppressione, di paura e desiderio di scappare. Desiderio di andare avanti.
Voglia di vedere.
In America non ha mai provato niente del genere. Anche nei
momenti peggiori, bastava guardare l’orizzonte, ed ecco la speranza brillare,
tra gli ultimi raggi di sole.
In Giappone non è così. Non per lui.
Alza una mano, apre il palmo, e un petalo di ciliegio si
ferma sulla sua pelle. Rosa, scuro contro il candore.
Questo gli era mancato. In America i ciliegi non sono così belli.
E lui si sente simile a questi fiori, splendido ed effimero,
sempre pronto a farsi portare via dal vento. Leggero, e fragile.
Respira a fondo l’aria di casa. In fondo, l’ha sempre amato
questo Paese. Anche quando urlava al cielo di odiarlo, sapeva che lo amava.
Perché era suo. Perché era loro.
Perché, qualunque cosa fosse successa, non avrebbe mai
potuto sfuggire a quella dolce maledizione.
Scuote la testa, e i capelli gli cadono sugli occhi. Sente
gli sguardi sfiorarlo, scivolare sul suo corpo, impigliarsi nei suoi zigomi. È
sempre stato così, e sorride amaro, perché sa che così sempre sarà.
Si ferma davanti a un cancello. Fissa per un attimo il nome
sul citofono, e storce la bocca.
Sendoh.
Non sono bei ricordi, quelli che gli annegano la mente.
Eppure si fa forza, e suona il campanello.
Perché cazzo, adesso che è tornato vuole vederla, sua
sorella.
E vuole vedere anche suo figlio, Aki-chan, vuole vedere se
il grigio degli occhi di suo padre è scivolato a coprire l’azzurro cielo delle
iridi di quel bambino. Aveva degli occhi così belli e leggeri, suo nipote.
E l’altro?, si chiede. Kacchan, come sarà cresciuto? Avrà
pianto l’addio a Yuki? O si sarà limitato a fissare la terra ricoprire la bara,
le guance asciutte, come certo saranno state asciutte quelle di Yasushi Rukawa?
Il giorno del funerale di sua sorella, Kinuè aveva pianto. In ginocchio su una
spiaggia di Los Angeles, in mezzo ai bagnanti gioiosi, aveva pianto. E non era
servita la mano di Nick sulla sua spalla. Come non erano servite le mani degli
altri sulla pelle, tra le gambe, dopo. A cancellare quel vuoto eterno che si
portava dentro, adesso ancora più assordante perché privo della presenza di
Yuki.
Gli restava solo Kenrei, ormai. Kenrei, e suo figlio. E
l’altro nipote.
-Chi è?
Una voce fredda e irritata, distorta dal meccanismo
metallico, accarezza l’aria intorno a lui. Kinuè esita un attimo, poi risponde
–Dovrei vedere la signora Sendoh.
-Non è in casa- in sottofondo si sentono rumori,
probabilmente c’è la televisione accesa. Un urlo, chissà cosa stanno guardando.
E poi, quella frase.
-Ah! Kaede sta sera lo paghi tu da bere! Hanno appena
segnato i Bulls!
Kinuè capisce che il ragazzo al citofono sta per attaccare.
E sente una frenesia premergli il petto, affrettargli il cuore. Così si sporge,
e un attimo prima che la comunicazione si interrompa domanda –Posso salire lo
stesso?
Esitazione. –Perché?
Adesso la voce è diversa. Più… turbata.
Kinuè vuole assolutamente vederlo in faccia, Kaede. Non
immaginava di trovarlo lì. Pensava fosse Akira, a parlare. E invece…
-Posso spiegartelo dopo?
La porta si apre, e Kinuè trattiene un sorriso. Vorrebbe
ringraziare il ragazzo, ma ha già riattaccato. Poco male, ci penserà dopo.
Sale le scale, e ogni passo compiuto è più nervoso.
A chi somiglieranno, quei due ragazzi? Saprà rivedere le sue
sorelle, dentro di loro?
O avranno invece gli occhi dei loro padri, quegli occhi che
lui odiava, quegli occhi che lo facevano sentire sporco, quegli occhi che…
Si sforza di ricordarli, i loro occhi. Innocenti, e
birichini. Ma da bambini non si può dire.
Bussa alla porta, respira un respiro profondo.
E poi la porta si apre.
-Buondì!- lo accoglie allegro un ragazzo alto, altissimo,
con i capelli dritti in testa e due ridenti occhi chiari.
Lo accoglie allegro prima di vederlo, perché quando
lo vede, allora il sorriso gli muore sulle labbra.
Lo fissa, come se avesse visto un fantasma. E Kinuè non
capisce che diavolo ci trovi, da guardare.
Possibile poi che la voce scostante di prima appartenga a
questo esuberante sedicenne?
-Kaede?- chiede incerto, e lo vede scuotere la testa.
-No…- esita, poi si schiarisce la gola. Spalanca la porta,
facendogli cenno di entrare. E intanto si volta un po’, e lancia un urlo verso
il divano –Ka! Vieni un attimo!
-Cheppalle che sei Akira, cazzo lo sai che voglio vederla
sta partita…
Kinuè sente il cuore battergli forte in gola. Ha davanti
Akira, Akira che ha gli occhi di Kenrei, Akira che non somiglia in niente a
Katzuo, Akira che un attimo fa sorrideva spensierato, e adesso sposta il peso
da un piede all’altro aspettando che il cugino lo raggiunga…
E poi ha davanti Kaede.
Kaede, che si alza svogliato, e resta in piedi dando loro le
spalle, seguendo un attimo ancora l’azione di un giocatore. Solo quando il
pallone è ormai rimbalzato a terra, accarezzando il canestro, si volta con un
sospiro, evidentemente scocciato dall’interruzione.
E il cuore di Kinuè smette definitivamente di battere.
Mi sto guardando allo specchio?, si chiede.
È un buco nel tempo, quello che sto attraversando? Sono io,
io quattordicenne, in piedi in mezzo al soggiorno, l’espressione sconcertata?
Gli stessi capelli neri, lisci, a velare il volto.
Lo stesso volto puro, e cesellato. Talmente bello da parer
femminile.
Le stesse labbra sensuali, le stesse mani eleganti. E quel
modo di stare in piedi, precario e quasi spaventato.
-Sei Kinuè, vero?- sussurra Akira, e Kinuè lo guarda.
Annuisce, stordito, e quel che succede dopo lo sconvolge ancora di più.
Si trova stretto tra le braccia di Akira, la testa del
ragazzo annidata sul collo. Annusa il suo profumo, delicato come quello di
Kenrei.
Intanto Kaede si avvicina, titubante come un gatto.
-Kinuè?- chiede, e c’è sorpresa nella voce, c’è inquietudine
e forse anche gioia.
C’è un senso di ricomposizione, in quello sguardo
incatenato.
Poi, Akira allunga un braccio e gli afferra il polso, senza
staccarsi dallo zio, e lo strattona e lo avvolge nella sua stretta, e Kinuè si
trova a stringere anche lui, e ad accarezzare i capelli di entrambi i ragazzi,
quelli lisci e più lunghi di Kaede, quelli cortissimi che Akira porta sulla
nuca. E quando con un sospiro anche la testa di Kaede si posa sulla sua spalla,
e sente il fiato anche dell’altro nipote sul collo, chiude gli occhi e sorride.
Kenrei li trova così, ancora tutti e tre stretti in mezzo
all’entrata, e sente le lacrime pizzicare guardandoli, e si schiarisce la gola,
e poi può solo passare le dita sul corpo perfetto di quel fratello vagabondo
che adesso ha di nuovo tra le braccia, quel fratello che ha cullato, cambiato,
fatto giocare, amato e perduto. E vorrebbe sua sorella vicino, adesso, perché
Yuki è quella che più ha sofferto per la sua lontananza.
Uno sguardo a suo figlio e a suo nipote, che sono tornati
silenziosi al divano e adesso bisticciano sul risultato della partita, le fa
pensare che forse, forse è comunque lì.
All’una di notte il cielo è nero. Kinuè sta seduto sul
davanzale e guarda fuori. Un’ansia sottile gli percorre le membra, come altre
volte han fatto il fuoco, la rabbia, il desiderio.
Uno sguardo all’orologio che ticchetta minuti.
Deve sentire Kaede. Ma il telefono squilla, squilla a vuoto,
finchè la voce di Yasushi gli riempie l’orecchio.
Kinuè freme. Ricorda quella stessa voce sciogliersi in
insulti, e gli occhi accendersi nell’ultima litigata.
Non si presenterà, ha deciso. Non vuole avere niente a che
fare con quell’uomo. L’unica cosa che gli importa è parlare con Kaede.
Ma Kaede non c’è. E Yasushi non è preoccupato. Kinuè gli
sbatte il telefono in faccia, poi infila la giacca. E prima di accorgersene è
già davanti alla casa dei Sendoh.
Gli apre la porta Kenrei, lui entra senza chiedere permesso.
–Kaede è qui?
Sua sorella scuote la testa –Non si ferma quasi mai a
dormire… Katzuo non vuole che lui e Akira…
-Akira dove sta?
-In camera sua…
Aki dorme, e sembra sognare. Ma la mano di suo zio, dolce e
impaziente, lo strappa dal sonno.
-Dov’è Kaede?
Uno sbadiglio –Credo al Porto…. Quando me ne sono andato era
lì, almeno… ma Kinuè… zio, dove stai…
Kinuè misura a grandi passi la strada. Il Porto, il Porto…
quanto tempo che non ci entra. Eppure, alla loro età, ci ha speso le sere.
Per non parlare delle notti…
Non è tempo di pensare a Sejie, però, non è tempo di
ricordare i suoi occhi. C’è l’urlo silenzioso di Kaede, adesso, quel richiamo
che l’ha costretto a prendere un aereo e tornare a casa. Ci sono gli occhi di
Kaede, che sono gli occhi suoi, a specchiarsi nella sua mente come in un lago
stregato. E la luna è alta, dietro le nuvole.
È arrivato. Palmi della mano sul vetro, spinge. La porta si
apre, senza rumore. Il silenzio della notte intorno viene però sgretolato dalla
musica, e dalle luci…
Kinuè si fa strada tra la folla, cercando di ignorare gli
occhi che lo seguono, gli occhi che lo spogliano, lo divorano, gli occhi che lo
guardano dall’ombra. Cerca di non pensare a quanto lo facesse sentire forte, un
tempo. Cerca di non pensare a quanto lo faccia sentire stanco, adesso.
Adesso. Con suo nipote in testa, e il sonno tra le ciglia.
Adesso. Che tutto quel che vorrebbe è dormire.
Adesso. Che deve sbrigarsi a trovare quel deficiente, prima
che qualcosa di brutto succeda.
Fa un giro vicino al bar, chiede a un paio di persone.
Riceve molte proposte, ma nessuno gli sa dire dove trovare suo nipote. Sbuffa,
e fa per andarsene. Quando un ragazzo gli tocca il gomito –Ehi, ma cerchi
Kaede?
-Sì, sai dove sta?
-Beh- il ragazzo si gratta la testa, abbozza un sorriso.
–Prima ballava con due tizi, mi sembra di averlo visto andare con loro sul
retro…
Kinuè ringrazia e si fa di nuovo strada. Raggiunge la porta,
la apre.
E lo vede.
Kaede è appoggiato al muro, i pantaloni slacciati. La
camicia gettata addosso, e la testa rovesciata.
È con due ragazzi, come gli è stato detto.
Uno appoggia le mani ai lati del capo, sorride sporgendosi
verso di lui. Respira ansimante, Kaede. Kinuè sa cosa ha appena finito di fare.
Il ragazzo si sposta a sussurrargli qualcosa all’orecchio, e
quando Kaede annuisce, sorride anche il terzo.
Infila una mano in tasca, tira fuori qualcosa.
Kinuè non pensa, prima di muovere il passo. E afferrare quel
polso, che irrigidendosi lascia cadere a terra una siringa.
Gli occhi marini di Kinuè sono glaciali, mentre sibila –Via-
all’indirizzo dei due.
Poi.
-Le fai spesso di ste cose?
-Intendi il sesso o la droga?- il momorio di Kaede è stanco.
-La droga. Non credo ci siano dubbi, quanto al sesso.
-Abbastanza. Ma questo… questo era la prima volta.
-E Akira?
-Non l’ha mai provata. Questa.
Kinuè annuisce, lo riveste, lo porta a casa Sendoh. Lo
infila a letto con Akira, guarda un nipote muoversi nel sonno per accogliere
l’altro, e Kaede raggomitolarsi al suo petto.
Se ne va. Sapendo benissimo cosa fare, appena sarà mattina.
Ed entra per la terza volta in quella casa, usando le chiavi
che Kenrei gli ha lasciato sul tavolo.
Sua sorella l’ha capito, che alla fine il momento è
arrivato.
Ne hanno parlato, loro due. E Kinuè sa che quella è l’unica
soluzione.
Entra in camera di Akira, strappa le lenzuola di dosso ai
nipoti. Che gemono e si stiracchiano, aprendo lentamente gli occhi assonnati.
Aspetta paziente, che si sveglino del tutto.
Poi, quando seduti vicini lo guardano un po’ stupiti,
allunga una mano.
E uno schiaffo secco arrossa la guancia di Kaede. Che
sussulta e sgrana gli occhi.
E uno schiaffo asciutto colora la gota di Akira. Che
sobbalza, e mugola contrariato.
Kinuè si alza in piedi. –Prepara la roba, Akira. Vieni via
con me.
Akira prepara la roba. Un paio di borse, e la sacca di
basket.
Kaede resta a guardare il cielo dalla finestra. Kinuè lo
chiama, è ora di andare.
La macchina si ferma davanti a casa Rukawa –Sali. Ti
aspettiamo qui.
Quando ripartono, sono in silenzio. I nipoti aspettano,
calmi. Sereni.
Per la prima volta da tempo.
Chinano la testa, quando Kinuè li affronta severo –Chiariamo
una cosa. Voi due con quella merda avete chiuso.-
Poi si rivolge a Kaede, e Kaede si sente nudo sotto il suo
sguardo. Ma le dita di Akira si intrecciano alle sue, e lui riprende a
respirare –Quanto a te, dimmi una cosa. Ci provi gusto a farti sbattere da un
ragazzo diverso ogni sera?
Kaede stringe i denti, non replica. Ma il tono dello zio è
sferzante –Rispondi!
-No.
-Allora perché lo fai?
Questa volta una risposta non serve. E Kinuè addolcisce le
labbra –Ci sono passato anche io, che credi? E per questo ti dico che non ne
vale la pena. Cerchi di scacciare il vuoto, ma lo schifo che ti annega dopo è
peggio.
Kaede sta ancora zitto, poi sussurra –Io… non so come fare.
Kinuè gli prende la mano. Quella che Akira non stringe,
quella che gli pende al fianco, tremante. Intreccia le dita a quelle del
nipote, che alza la testa, stupito. Gli occhi si annegano in un mare tempestoso.
Kaede si volta, a guardare Akira. Che gli sorride, incerto e spaventato. E gli
occhi si bagnano in quel turchese tranquillo.
E Kaede, con una mano nella mano di Akira, e l’altra mano nella
mano di Kinuè, sente che davvero, davvero può imparare.
Ragazzi, non so che dirvi. A voi piace questo capitolo? Io non
riesco a giudicare, da una parte c’è l’affetto di Kinuè, e volevo spiegare come
fossero arrivati a vivere insieme, lui e i suoi nipoti, dall’altra però mi pare…
noioso. Boh… comunque nel prossimo Hana parlerà a Kaede… non so ancora che si
diranno, però!
Quindi Brinarab dovrai aspettare il prossimo per il loro
incontro… comunque non sai che piacere mi ha fatto sapere che il racconto di
Akira ti ha commosso!
Venus, effettivamente devo vedere cosa metter su tra Kim e
Kinuè… grazie del perdono… ultimamente ci metto sempre secoli, ad aggiornare! E
comunque hai ragione, quanto all’angst…nelle mie intenzioni dovrebbe sfumare pian piano, stemperata nella
dolcezza. Speriamo di riuscirci…
Hinao85, purtroppo Hana non compare in questa fic, e la
figura di Kinuè fa da padrone… so che è un po’ un rischio inserire i personaggi
inventati, ma mi servivano. Però sono contenta che ti piacciano anche loro! Nel prossimo però prometto che il momento di
Hana verrà davvero: dimostrerà a tutti di essere un vero Tensai!
Ragazze! Che gioia risentirvi! Dopo un mese senza computer- ergo senza yaoi- mi sembra di rinascere, a poter scrivere e leggere di nuovo! Poi, pare che l’ispirazione lenta stia tornando… scusatemi per l’interminabile attesa! E scusate se troverete lo stile un po’ cambiato… ho abbandonato il pov individuale, mi restringeva troppo il campo d’azione. Spero vi piaccia… ci risentiamo alle note finali, kisses a tutti!
Capitolo tredici
Bello il buio lieve. Sorride Kinuè, e posa una carezza delicata sulla guancia chiara del nipote.
Non ha segni di percosse questa volta, nessuna cicatrice arrossata sulla pelle. Ma le ombre negli occhi, quelle ombre appena intraviste, l’hanno spaventato.
E non è che Akira gli abbia poi raccontato tanto, quando l’ha visto entrare. Kinuè ha sorriso suo malgrado, tra le braccia di quel nipote incontrato ragazzino, adesso più alto di lui, e più robusto. Seppur robusto Akira non si possa dire.
Certo, non è sottile come quello di Kaede, il suo corpo. Più maschile in qualche modo, più saldo.
Kaede somiglia sempre di più al ramo di un salice. E Kinuè si chiede se anche lui, a quell’età, faceva la stessa impressione.
Si chiede se Sejie aveva pensato qualcosa del genere, guardandolo la prima sera.
E scaccia il ricordo di quegli occhi neri con un gesto veloce della mano, tornando a concentrarsi sulla gota candida di suo nipote, tornando a sfiorargli con le dita le tempie delicate.
Come è bello, il suo Kaede. Struggente, in quella perfezione decaduta.
Angelico, nella sua addormentata irrequietezza.
Un rumore dietro la porta. Kinuè tende le orecchie, ascolta il respiro pesante, affannoso trapassare il legno. Osserva la maniglia abbassarsi, lentamente, senza che il minimo cigolio rompa la quiete raccolta di quel santuario di ombre.
***
Hanamichi posa la fronte contro il legno, respira profondo. Kaede è dietro quella porta, Kaede è in quella stanza, Kaede è…
Chiude gli occhi. Ha paura di incontrarlo.
Paura di rivedere quella voragine nei suoi occhi, paura di ricordarlo in palestra, avvolto in quell’asciugamano. Paura di… paura di lui.
Stira le labbra. Ridicolo, il Tensai non ha mai paura.
Posa la mano sulla maniglia. Osserva le proprie dita tremare.
Il Tensai non ha mai paura… sarebbe davvero un do’hao, in questo caso. E brucia quel nome, adesso. Brucia più di tutte le altre volte. Brucia quanto gli occhi di Kaede, premuto contro il muro, le labbra socchiuse su un bacio.
Hana scrolla la testa, e si risolve a entrare. Non serve a niente aspettare qua davanti, si ripete, mentre abbassa incerto la maniglia.
E mormora un’ultima preghiera, stringendo le palpebre e spingendo sul legno.
***
Kinuè lo osserva, quel ragazzo alto, muscoloso, che esita sulla soglia strizzando gli occhi, incapace di vedere. Lo osserva, traendo un piacere sottile dall’armonia dei suoi arti, dal casuale disordine delle lunghe ciocche ramate. Capelli strani, per un giapponese, pensa. E gli viene in mente, per un istante, il ragazzo biondo incontrato nella hall. Chissà chi è, chissà cosa pensa. Chissà come si chiama.
Poi il rosso tossisce, imbarazzato, e Kinuè torna a osservarlo, chiedendosi se non sia lui, il tipo di cui Akira parlava. Quello che bastava nominarlo, per accendere una luce negli occhi di Kaede. Quello che la luce, negli occhi di Kaede, l’ha spenta.
-Vieni avanti.
Arrossisce, il ragazzo. E Kinuè nasconde un sorriso, si alza in piedi. Raggiunge la finestra, con passi leggeri, scosta le tende. Resta un istante a contemplare il sole, prima di voltarsi ad affrontare la stanza invasa dalla luce.
Ci sono volte che preferisce l’ombra, a quei contorni distinti e sicuri.
Kaede geme, sottovoce, corrugando la fronte.
Un’occhiata al rosso, che a quel gemito è sobbalzato.
-Non vuoi avvicinarti?
Annuisce, il rosso, e Kinuè lo guarda camminare. Un passo sicuro, strafottente, chiassoso. Se lo immagina al fianco di Kaede, al suo portamento da gatto. E il contrasto è talmente evidente che deve sforzarsi, per trattenerla, la risata.
-Tu devi essere Hanamichi.- azzarda. –Mi hanno parlato molto di te.
***
Hanamichi sussulta, e si volta a guardarlo.
L’uomo è serio, la sua pelle è perfetta. Candida, come quella di Kaede. Gli occhi sono diversi, soltanto. Rukawa non ha mai avuto uno sguardo così aperto, né un azzurro tanto cangiante.
Ma forse, forse è solo lui che non riusciva a vederlo. Perché se ripensa a quegli occhi brucianti, se ripensa alla sua bocca, non è certo la volpe artica a venirgli alla mente.
-Akira dice che sei un grande avversario.
Akira… certo, Sendoh. Chi altri avrebbe potuto parlare di lui? Hanamichi sorride, amaro. È davvero mal messo, se neanche il riconoscimento del suo genio lo mette di buonumore.
-Scommetto che Rukawa invece ha sempre negato.
Kinuè sorride, piega la testa su un lato. Una ciocca di capelli neri scivola sulla spalla, e Hana si scopre a seguirla ipnotizzato.
-C’è una cosa che non capisco.
Tace, e Hana alza gli occhi a guardarlo. Kinuè prosegue, scandendo con intenzione ogni parola. –Kaede era convinto che tu lo odiassi. Ma se lo odi, cosa sei venuto a fare qui?
Hana si morde le labbra, abbassa lo sguardo sul letto.
Come è bello Kaede tra quelle lenzuola. E in questo momento nessuna immagine gli incendia il cervello, nessuna fantasia strana: Kaede è bellissimo così, addormentato e sognante.
-Io non…
-Lo so. Non devi giustificarti.
C’è di nuovo silenzio, mentre Kinuè studia Hana e Hana contempla Kaede.
Poi si alza in piedi, Kinuè.
-Vi lascio soli.
Non aspetta risposte, esce dalla stanza. Stesso modo di muoversi di Kaede, forse appena più sensuale. Più seduttivo.
Ha il passo di chi è cosciente degli sguardi, il passo di chi quegli sguardi li cerca. Mentre Kaede, da che Hana lo conosce, gli sguardi li ha sempre evitati.
Siede sul letto, scosta una ciocca dal suo viso. Si sofferma ad accarezzarla, quella ciocca, sembra seta tra le sue dita. Vorrebbe odorarla, passarci sopra le labbra, ma si trattiene.
Perché Kaede ha aperto gli occhi, e lo sta guardando incerto.
Ancora un po’ insonnolito, pare aver scordato di innalzare tutte le barriere.
Hana lascia andare di scatto la ciocca di capelli, porta in grembo le mani.
È rauca, la voce di Kaede. Hana si concentra sul brivido, che involontario gli percorre la schiena.
-Cosa vuoi?
Senza pensarci, senza quasi rendersene conto, Hana lascia scorrere un dito lungo il profilo di Kaede, accarezzandone l’offesa bellezza. Il compagno volta appena la testa, senza smettere di fissarlo.
-Volevo sapere come stavi.
Non replica, Kaede. E Hana non aggiunge altro.
Dura un po’ il silenzio. Infine, Sakuragi si decide a continuare. –Poi, volevo chiederti scusa.
-Per cosa?
Lo stupisce un po’, il tono acre di Kaede. Di solito così indifferente, pare vivere senza pelle quel momento. Ogni dolore si mostra chiaramente nei suoi occhi, e questo miracolo destabilizza Hanamichi.
-Per prima.
Non c’è bisogno di specificare quando. Kaede si morde le labbra, e Hana ricorda quella bocca premuta contro la propria. Nuovamente, tenta di tracciarne il contorno con le dita.
Ma Kaede blocca la sua mano, e trema la presa sul suo polso, così come trema lui.
-No… Hana io…
Hanamichi aspetta, ma Kaede non termina la frase. E non gli lascia andare il polso, anche se le dita di Hana hanno ormai abbandonato il suo volto.
-Hai ragione. Non voglio metterti fretta.
Kaede lo guarda, a queste parole, e Hanamichi arrossisce. Poi sorride, imbarazzato. –Beh, sì, io…
-Do’hao.
-Ehi Baka Kitsune…
Le labbra di Kaede si piegano in un piccolo sorriso. Quanta forza serve, ad Hana, per tener ferma la mano?
-Sto male, Hana.
Sussulta. Non pensava l’avrebbe detto, anche se ogni suo gesto lo faceva intuire.
Esita, poi decide di provare. E chiede.
-Perché l’hai fatto?
Solo i suoi occhi gli rispondono. E Hana si trova a pensare che forse, l’unica verità è quella nascosta in quelle iridi mutevoli, di un azzurro scuro, nebuloso. Verità muta, verità celata. Verità incomprensibile eppure immensa. E anche se ancora non gli riesce di afferrarla, Hana capisce che può conviverci, con quella verità.
E capisce anche che col tempo, Kaede questo arriverà ad accettarlo.
***
Kinuè offre il viso al sole. Lo odia, in alcuni momenti.
Altri li ama.
Qualcuno è fermo alle sue spalle, lo sente. Ne ascolta il respiro appena accelerato, ne sente lo sguardo bruciante.
E stranamente, crede di indovinare a chi appartengano quegli occhi.
Sono chiari, ricorda, trasparenti come l’acqua. E capelli così biondi ne ha visti pochi, anche in America.
Tutto diverso da Sejie, dalla sua oscura bellezza, da quella sensualità pericolosa, possente, che gli faceva bruciare le vene e incendiare il sangue, in ogni gesto. Tutto diverso da Sejie.
Molto più giovane.
Eppure…
-Hai intenzione di stare lì tutto il tempo?
Sente un sussulto, poi una risatina. Deliziosa, non può negarlo. Ma si sforza di mantenere lo sguardo fisso, sul sole.
-Non pensavo ti fossi accorto di me.
-Si impara tutto, a questo mondo. Anche a sentire gli sguardi. E i tuoi non erano leggeri.
Sa che è arrossito senza neanche bisogno di guardarlo. E si sente intenerire, da questa sua timidezza.
Timidezza che, si accorge, poco gli si addice. Deve essere un ragazzo spigliato, sicuro di sé, il biondino che siede al suo fianco. Eppure di fronte a lui, quasi comincia a tremare.
Fa questo effetto sulle persone, ancora?
-Sei un amico di Kaede e Akira, giusto?
Si volta, a guardarlo. Sorride, più luminoso di quella giornata calda. –Sì… mi chiamo Kim.
Kinuè si rigira il nome sulla punta della lingua. –Kim… ho sentito di te. Da Kaede.
-Gli somigli molto.
Kinuè lo guarda di nuovo. E legge ogni cosa in quello sguardo turchese.
-E lui ti piace molto.
Kim scrolla le spalle. Kinuè sorride, e si lascia scivolare nell’erba, fino a posare la testa a terra.
Chiude gli occhi.
-Dimenticalo. Ti conviene.
Non risponde, Kim. E quando Kinuè apre gli occhi, per spiarne l’espressione, li trova fissi su di sé.
-Che c’è?
Non si muove, mentre il ragazzo si china, centimetro dopo centimetro. E resta fermo anche quando la bocca di Kim si posa sulla sua in una carezza casta, discreta.
Erano anni che non baciava così, Kinuè. Anni che non si abbandonava alla semplice dolcezza di un gesto, anni che questo non si tramutava subito in rabbiosa passione.
Anni che non sentiva una sorta di calma leggera nel petto.
Ed è questa calma leggera, che gli permette di scostarsi quando la lingua di Kim gli percorre le labbra. Si tira indietro e sorride, accarezzandogli la gota. –Ehi bimbo, non ti sembra di correre un po’?
Qualcosa lo turba, nel vedere il viso arrossato di Kim, i suoi occhi ancora serrati, nel sentire il suo respiro affannoso. E questo qualcosa si fa sentire, prepotente, quando il ragazzo apre gli occhi, occhi in cui il blu ha rubato posto all’azzurro, e lo fissa con un desiderio che pare rispondere a una sete più antica, mai sazia, e questo qualcosa gli preme nel petto mentre Kim si abbassa, deciso, ponendo i palmi aperti ai lati del suo capo, imprigionandolo tra l’erba e il suo corpo.
In quel momento affiora il ricordo, dalle nebbie del sogno. E il biondo Kim si fa bruno, mentre gli occhi acquistano profondità, e Kinuè sente il respiro fermarsi, mentre Sejie torna a vivere, un istante, al suo fianco.
Spinge in fretta di lato il ragazzo, si tira a sedere.
-Kinuè?- domanda Kim, appena incerto, ma questi non l’ascolta.
Senza guardarlo, senza badare alle sue scuse, volta le spalle e torna indietro, nell’albergo, nelle ombre che più del sole lo sanno guidare.
***
-Come sta Kaede?
Akira sorride, e lancia il pallone. Ne segue la parabola, e l’immancabile canestro.
Si volta verso l’amico, raggiante –A quanto siamo?
-Diciotto a dodici per te, fanculo… cazzo Aki mi ascolti? Come sta Rukawa?
Si toglie la t-shirt, Akira, se la passa sul viso. Koshino osserva le linee scolpite del suo petto, e segue ipnotizzato una goccia tracciarvi un sentiero bagnato, perdendosi poi nei pantaloni.
-Quando me ne sono andato dormiva, però… oh Hiro ma che mi fai le domande e poi manco ascolti cosa rispondo? Ci sei?
Sobbalza, Koshino, e arrossisce. Akira ridacchia –Che c’è, sei affascinato dalla mia bellezza?
Koshino lo spintona –Cretino- sbuffa, dandogli in fretta le spalle.
Si mette in posizione da tiro, conta mentalmente fino a tre. La voce di Akira giunge attutita.
–Dio, avessi tra le mani Toshiko non so cosa gli farei…
Lancia. Ferro.
Recupera la palla, sussurrando –Certo, chi ti tocca Rukawa…
-Non lo perdono, hai ragione… è sempre stato così, non ci posso fare niente, Kaede mi ispira una tenerezza assurda, sarà che me lo ricordo bambino, sarà che ne abbiamo passate tante insieme… sarà che…
-Sarà che è bellissimo- mormora Koshino, guardandolo con la coda dell’occhio. Akira annuisce, allegro. Poi si adombra. Incredibile il gioco delle emozioni sul suo volto espressivo. –A volte fin troppo. Come nostro zio, del resto.
Koshino ha ripreso a palleggiare. Si volta a guardarlo, stupito. –Vostro zio? Perché, siete parenti?
Akira si alza, gli ruba il pallone. Corre, salta, tira. Canestro.
-Certo, cugini, perché?- chiede, atterrando. –Le nostre mamme erano sorelle… ma che, non lo sapevi?
Koshino si lascia cadere su una pila di materassini, lo guarda smarrito. –No. Pensavo che foste molto, molto, molto amici e che…
Akira si avvicina. Si china davanti a lui, gli posa la mano sulla spalla. –Oh, Hiro. Non mi dirai che credevi che io e lui…
-Beh, sai, di solito non ti trovo a letto con i cugini!- risponde Koshino, scostandolo bruscamente e allontanandosi.
-Kosh! Ehi Kosh… aspetta… cazzo significa me lo spieghi? Oh Kosh! Ti vuoi fermare?
Gli mette un braccio sulla spalla, lo attira a sé. L’amico cerca di resistergli, ma alla fine si arrende.
Scuote la testa, ridendo, mentre apre la porta degli spogliatoi.
Sospira, mentre l’amico entra, lasciandosi investire dalla luce del sole. È bellissimo Akira sotto quella pioggia chiara. Bellissimo mentre veloce di spoglia, guadagnando le doccie.
E Koshino inghiotte la gelosia, e il malumore, per seguirlo.
Sapendo che, seguirlo, lo seguirà sempre.
Okkkei… il finale è una merda, ma dovevo troncarlo. Scusate se dopo tanto tempo mi presento con sta robetta qui, ma già è un miracolo che sia riuscita a scriverla… e ho dovuto cambiare del tutto punto di vista, che l’altro mi imbrigliava troppo. Spero non vi dispiaccia…
Poi, scusate se ho dato molto spazio a due personaggi miei. Il fatto è che Kim e Kinuè li amo, e li scopro più complessi ogni volta. Ho bisogno di conoscerli meglio, per portare a un certo compimento anche la loro storia.
Inoltre l’equilibrio tra Kaede e Hana è tanto fragile che devo fare attenzione, a come mi muovo. Preferisco prendermela con calma, anche perché mi sembra più verosimile… non penso che Kaede si sentirà pronto a infilarsi nel letto del rosso per qualche tempo.
Quanto a Aki e Hiro… beh, fin dall’inizio avevo in mente una cosa del genere. Solo che Akiruccio mio è talmente cretino che ci vorranno molti aiuti esterni, per metterlo sulla buona strada… l’ispirazione me la da un ragazzo che conosco, la cui idiozia tocca ogni volta vertici nuovi. Oggi, in particolare, mi ha davvero fatto crollare il mondo davanti.
Oh beh, che dire, spero tanto di sentirvi presto… spero che vi sia piaciuto sto capitolo, e spero di riuscire a farmi viva presto, con il prossimo o con il proseguimento di Il futuro non ha mattina, che anche ho in cantiere da qualche tempo…
X Cowgirlsara: grazie mille per i complimenti! Sono contenta che le mie storie ti piacciano… e ancora di più che ti piacciano i personaggi originali! (Come tu stessa hai notato, amare quelli di Inoue è abbastanza facile…) Poi volevo dirti che concordo in pieno sulla descrizione di Aki… soprattutto sul paraculo! Ma lo è in un modo talmente accattivante… comunque, se commenterai sarò felicissima, ma in ogni caso mi basta sapere che leggerai i capitoli! Kisses, a presto
X Hinao: Sono contenta che lo scorso ti sia piaciuto, e mi scuso se Hana non ha fatto proprio da protagonista in questo capitolo… spero sia stato lo stesso soddisfacente. Poi, scuse ancora più profonde per l’immensissimo ritardo… mi spiace da morire per l’attesa! Un bacione!
X Riru46: che bello trovare nuove persone a cui piace quel che scrivo! Grazie mille, spero che questo non ti abbia deluso… e di nuovo, sorry for the waiting (se si dice così… ehm… l’inglese non lo so proprio scrivere…)