~Solo lui ha le chiavi della mia mente. Letteralmente.

di everett97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno strano risveglio ***
Capitolo 2: *** Il mio ritorno a casa ***
Capitolo 3: *** Lentamente è di nuovo tutto alla normalità... ***



Capitolo 1
*** Uno strano risveglio ***


Uno strano risveglio
Quando quella mattina mi svegliai, non ero nella mia stanza, ma in una stanza d’ospedale.
Non sapevo quanto avessi dormito, ma a quanto pare era stato molto. Mi accorsi della presenza di mia madre al fianco del letto, stava dormendo. La svegliai, lei aprì gli occhi e rendendosi conto della situazione, li sbarrò e cominciò a piangere.
Io le chiesi: « Mamma, perché piangi? » Lei rispose: « Amore mio, non ci posso credere; dimmi, ti prego che non sto sognando » Le asciugai una lacrima che le scendeva su una guancia. Le dissi: « M-ma cosa è successo? » « Sei stata in coma per cinque lunghi anni, io e tuo padre non abbiamo mai perso la speranza, siamo sempre stati qui, con te »
Mi strappai la flebo dal braccio e andai in bagno. Fissai la mia immagine allo specchio, ero pallida, i capelli smorti, gli occhi gonfi.
Ero stravolta, io RICODAVO di essere stata a dormire nella mia stanza.
RICORDAVO di aver vissuto normalmente per cinque anni.
Andavo a scuola, uscivo con i miei amici, ero con Nicholas, pensavo costantemente a lui.
Ora avanti lo specchio mi chiedevo dov’era Nicholas, dov’ero io.
Ritornai nella stanza da mia madre e le dissi: « Dove sono? Come sono finita qui? » « Sei al Brave Heart Hospital, cinque anni fa facemmo un incidente con l’auto, io e tuo padre ne uscimmo illesi, ma tu… » « Scusa - la interruppi – dov’è Nicholas? »

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Capitolo 2
*** Il mio ritorno a casa ***


Il mio ritorno a casa
« Nicholas? Chi è? ». « Mamma, Nicholas è il mio ragazzo, il mio più grande amore ». lei mi accarezzò dolcemente il capo e disse: « Bimba mia, sei solo tanto confusa, non preoccuparti ».
In quel momento entrò un’infermiera e mi guardò distrattamente, guardò il letto, poi il suo sguardo si posò di nuovo su di me, incredulo; esclamai: « Che c’è, uno non può svegliarsi dal coma? ». Mi voltai e uscii dalla stanza. Volevo solo andare a casa e cercare Nicholas. Mi avviai verso l’uscita con mia mamma che mi urlava dietro. Un dottore mi sbarrò la strada dicendo: « Lei è la paziente della camera 102, come ha fatto a uscire, signorina? ». «Mi sono alzata » risposi. « e ora sto camminando. Per andarmene via». 
Mi scostai e mi diressi verso l’uscita, era nuvoloso, un grande orologio su un palazzo segnava le 10:17. Avevo freddo e fame, in quel momento uscì mia madre dall’ospedale: « vieni qui andiamo a casa».
Salii in macchina e partimmo, la macchina era calda e confortevole, un quarto d’ora più tardi ero già a casa. La casa nella quale ero sicura di aver vissuto per gli ultimi cinque anni, la casa nella quale ero sicura di essermi addormentata la sera prima, dopo aver chiamato Nicholas.
Andai in camera mia, era perfettamente in ordine, presi il telefono e composi il numero di Nicholas. Niente, numero inesistente. La mamma stava cucinando, ne approfittai per accendere il computer; andai su Google e cercai Nicholas Puckerman, ma nessun profilo, nessuna foto corrispondeva al mio Nicholas.
Poi cercai me, fu strano perché anche stavolta su Facebook non trovai niente, era come se non esistessi. Su Google invece c’erano diversi articoli su una ragazza entrata in coma. Quella ragazza ero IO… ero ancora più sconvolta, mia mamma mi chiamò, era pronto in tavola, mangiammo, però dopo che avevo scoperto che né io né Nicholas esistevamo il cibo era l’ultimo dei miei pensieri.
Allora dov’ero io? Cosa sono stata per cinque anni? Chi era Nicholas? Qualche ora dopo mio padre tornò a casa e mi abbracciò fortissimo sussurrandomi che gli ero mancata tanto.
 

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Capitolo 3
*** Lentamente è di nuovo tutto alla normalità... ***


Non potevo ricambiare il pensiero, lui non mi era mancato, perché era sempre stato con me.
Quel pomeriggio venne Julia, la mia migliore amica. Mi abbracciò forte, ricambiai l’abbraccio e andammo in camera mia. Volevo raccontarle tutto quello che era successo.
Julia era la mia migliore amica da sempre. Mi raccontò diversi pettegolezzi, ma quando fu il mio turno, le parole non mi uscirono da bocca, avevo paura, e se non mi avesse creduto? E poi l’ultima cosa che volevo che volevo era andare da uno strizzacervelli. Quindi non le dissi niente. Credo che ne rimase un po’ delusa. Le chiesi se qualcuno nuovo fosse venuto a scuola, lei rispose: « Sì, c’è uno nuovo al quinto anno, è davvero carino, ma non ricordo il nome ». Poco dopo tornò a casa sua promettendomi che sarebbe tornata appena possibile.
 
Julia è sempre stata una ragazza solare, simpatica e piena di amici, io e lei ci siamo conosciute alle elementari e siamo diventate subito amiche, anche se siamo una l’opposto dell’altra: lei bionda, occhi azzurri, denti bianchissimi e sempre al centro dell’attenzione, mentre io, castana occhi verdi e non troppo carismatica, non so come sono ancora sua amica.
 
Ero rimasta sola in camera mia, ma questa quiete non durò a lungo, in quel momento entrò mia mamma dicendo che l’indomani sarei dovuta ritornare all’ospedale per gli esami di accertamento. Io non volevo andare lì, ormai ero sana, che senso aveva tornare in un luogo di malati?
Andai comunque, non finii tanto tardi, così mi feci accompagnare a scuola e andai a parlare con il preside, mi disse che sarebbe stato felice di riavermi a scuola, ma che c’era un piccolo problema riguardante il fatto che avevo perso cinque anni si scuola. Mi fece comunque fare una specie di esame e io sapevo tutte le cose, come se non avessi mai perso tutti quegli anni di scuola. Il preside era stupito. Anche io lo ero, però la cosa positiva era che mi sono ritrovata al terzo anno, in pratica come se avessi perso solo un anno. 

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