tibur fuit, tibur est

di john pranzo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 5 ***
Capitolo 5: *** capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


TIBUR FUIT
TIBURT EST
 

Sin dalle origini,l’imponente collina tiburtina vedeva le impronte della banda Sterminio come quelle del vero padrone dell’intera valle dell’Aniene.
Non c’era niente e nessuno che avrebbe potuto far ristabilire l’ordine nel crimine organizzato Tiburtino: quello della banda Sterminio divenne un primato assoluto, che avrebbe nel tempo coinvolto un maggior numero di persone, fino a giungere al totale controllo della città, la quale contava quasi 70mila abitanti.
Tuttavia, nella parte centrale della nuova Tivoli, quella moderna, si vennero a formare nuovi quartieri, sempre più ricchi e ben costruiti, sostenuti da un nuovo regime criminale grazie al carisma del Brusco, noto perlopiù come Er Parro nel mondo del crimine tiburtino.
Ma nell’aria c’era qualcosa che si stava lentamente modificando, un qualcosa che non poteva essere percepito così facilmente, ma di certo un vero tiburtino se ne sarebbe accorto anche bendato … Negli occhi della gente la speranza sembrava svanire e sciogliersi come neve al sole tanto che si diceva che il Sindaco Rinaldi avesse appena dato le dimissioni per motivi di incolumità … Di lì a due mesi ci sarebbero state nuove elezioni per il nuovo primo cittadino dell’antica Tibur … O il signor Berni … O l’ex terrorista Michele Ferri …
 
1 CAPITOLO
Il paesaggio rappresentatoci dall’autore non sembra per niente Tivoli. L’idea di una collina viene spazzata via da quella che è chiaramente una montagna; il paesaggio è collocato su tale monte come fosse un vero e proprio impero. Le nuvole del cielo le scivolavano accanto e molto lentamente come se sorvegliassero il luogo che ci stiamo apprestando ad esaminare. Anzi, l’autore vorrebbe che noi ci infiltrassimo all’interno delle mura nemiche: vi fidate? Regola numero uno: che sia errato o no, il lettore deve essere assolutamente certo che di un autore ci si può fidare. L’autore ha chiaramente espresso la sua volontà. Quella di entrare … Il lettore non sembra avere alcuna scelta, non può essere sottomesso all’idea che quel luogo possa recare pace, ma al tempo stesso, non può neanche fuggire a gambe levate dalla realtà dei fatti.
Prendete carta e penna, accompagnate da qualche scorta di cibo e da qualche arma di riserva, vi sarà utile, specie in questi luoghi dove il crimine organizzato la fa da padrona. Ci troviamo a fare da spettatori e davanti ai nostri occhi, l’autore ci vuole mostrare una lunga e larga strada che collega la periferia al centro del paese. Ci sono due corsie, questo è chiaro a vista d’occhio ma non è quello il problema che tratteremo quest’oggi. Siamo studenti modello, noi, dovremo aguzzare l’ingegno … E forse non solo quello.
Sulla nostra destra, due uomini stanno silenziosamente conversando, è ovvio che non vogliano far chiasso a quell’ora della notte. O forse, il caro lettore, si starà chiedendo perché l’autore abbia deciso di puntare l’occhio su questi due tizi. Semplice, i due trattengono un enorme sacca nera al cui interno ci sono soltanto 300.000 euro. Niente di che, a dire la verità, solo 300 mila soldoni che andranno a consumare per qualche roulette di troppo, se mai abbiano questa dannata voglia.
Sembrano stia utilizzando il loro tempo e quella parte della notte per dividersi il bottino. Sembra che vogliano fare le cose equamente, anche se il tipo biondo non sembra affatto felice, c’è qualcosa che non quadra, secondo lui. Ed infatti glielo esprime a parole, come meglio si sa fare:
“  O sai che sì ‘n testa de cazzo??!!! Damme lu denaru che m’appartiene. Nun me va de strilla o cazzi vari, damme solo quello ch’è meo. E tu sai de che sto a parla. “
Il tizio rasato non volle ribattere, perciò si mantenne alla larga dai guai; sembrava abbastanza timido, o forse troppo taciturno. Il suo sguardo divenne freddo improvvisamente, gelido di fronte all’arma puntatagli improvvisamente contro. Era stata una trappola sin dall’inizio e, cari amici, quel tipo c’era cascato in pieno in quel tranello. D’altronde pochi riescono ad evadere o a sfuggire dalla tela del ragno e uno di questi sta per fare una brutta fine. Il tizio biondo dall’accento tiburtino si avvicinò e gli mostrò un foglietto nel quale c’erano una serie di nomi. Allora, per la prima volta, il rasato sussurrò alcune parole:
Non ti interessano gli affari, dunque? Credevo fosse il tuo compito quello di badarvi. Ma ho commesso un errore. Ho sbagliato a darti la mia parola. Cosa che tu non hai fatto per tutto il tuo tempo. Pensi che questi nomi mi possano turbare in qualche modo? Er Trux, Bisco, Negativo, sono nomi che hanno fatto la storia di Tivoli, non di questo luogo. Per dirla tutta, non mi metti paura. “ Si sarebbe potuto dire di tutto riguardo quell’individuo, ma non che non fosse coraggioso. Insomma, cari lettori, quanti di fronte ad una pistola sarebbero andati pazzi nel pieno della notte? Avrebbe potuto strillare per il terrore, rischiando però di far scatenare l’ira del biondo ma, al tempo stesso, avrebbe potuto richiamare l’attenzione sul furto da loro commesso. Pensateci un momento e domandatevi cosa fareste voi al posto di questo tizio, immedesimatevi, se ne avete la benchè minima voglia. Scommetto che vi sareste pisciati in mano tutti quanti, da bravi codardi come siete tutti quanti!!!
Regola numero uno, ve la ricordo: non negare la fiducia che avete riposto nell’autore!!! Ora che avete iniziato a leggere il romanzo e dopo aver accettato questa regola qualche riga più sopra, be’ non avrete neanche il tempo di tornare indietro. La vita del criminale è questa, che una lo voglia o no. Quando entri, volente o nolente, non hai la benché minima chance di tirarti indietro, di far sì che tu non abbia mai firmato alcun trattato. In effetti, in questo universo non esistono firme, non esistono trattati, sono cose così banali, come un pezzo di carta ed una sola penna. Questo è il tipico lavoro dello scrittore, del poeta e di chicchessia. Ma non del criminale. Regola numero 2: Il criminale non ha scelta quando entra a far parte di una banda. Muori o presta i tuoi servigi al capo. Questa non è per niente la mia teoria, non me la sono inventata adesso, altrimenti l’avrei detto all’inizio. E inoltre, rifacendomi alla regola n1, sapete che non dico falsità.
Veramente commovente, stronzo che n sì altro … Nu sto qui a perde quer cazzo de tempu che tu me sì già fattu perde. Damme li soldi, don Mattia, vecchiu e te risparmio. “
L’uomo che avrebbe dovuto chiamarsi Don Mattia aspettò qualche attimo, ci pensò su, fissando prima la sacca nera poi il volto dell’uomo, la cui mano era ferma e sicura. Non avrebbe potuto fallirlo, un colpo del genere, sarebbe stato uno scherzo per un tizio che non mostrava il benché minimo pentimento. Regola n3: Il vero criminale non si pente di quello che fa, è stata la sua vita, costretto o no, l’ha dovuto fare.
E il tiburtino non mostra alcun segno di pentimento, né tantomeno quello di abbassare l’arma. Se l’avesse fatto, sarebbe morto, questo lo sapeva. Sarebbe morto perché avrebbe rinfacciato tutto ciò che gli era stato insegnato dalla sua famiglia. Il crimine non perdona, ha sete di vendetta e lascia macchie indelebili!!! Don Mattia preferì fare a modo suo, gli consegnò il sacco lanciandoglielo. Il biondo perse per un attimo l’arma, mentre l’altro tirò fuori la sua Mateba 1997 dotata di silenziatore incorporato, una tipica e moderna Revolver che sputò fuoco per ben due volte. I colpi furono come dei sospiri che si assottigliarono tra le ondate di vento della lunga notte di Caggiano.
Il primo colpo sfiorò la sacca, mentre il secondo gli aprì un bel buco alla spalla, dalla quale fuoriuscirono fiotti di sangue quasi come fosse una fontana. Il rasato diede un calcio all’arma del biondo allontanandola in un tombino. Poi, con il sorriso di un killer professionista stampato sul volto, agguantò la sacca del denaro e preferì andarsene per evitare guai peggiori.
Proprio in quel momento, appena voltò le spalle all’uomo, un colpo lo trafisse direttamente al cranio, spappolandogli le cervella in mille pezzettini. Don Mattia crollò al suolo in avanti, proprio sulla sacca, tingendo di rosso la sacca nera. Il colpo avrebbe messo in allarme tutto quanto l’abitato in meno di venti secondi, perciò, doveva fuggire.
Regola numero 4: I duri criminali hanno sempre un’arma di riserva, mai voltar loro le spalle in questo modo. L’errore viene pagato con la stessa vita.
Errore di valutazione quello del Don che era stato ucciso sul colpo, un proiettile sparato con una precisione assurda. Il tiburtino si trascinò con sé la sacca, mettendosela a tracolla, cercando di tamponare con alcuni fazzoletti di carta la ferita alla spalla che continuava a sputare sangue. Vi stareste domandando cosa aspettano i caggianesi ad uscire dalle loro tane per capire l’accaduto. Be’, di solito, nei paesi gironzola questo detto: chi si fa gli affari propri, campa cent’anni. Esatto, anche questo caso non cambia. Con la beretta92 in una mano e con l’altra impegnata a tamponare la ferita, continuò il suo viaggio verso l’automobile che aveva lasciato fuori dall’abitazione del Don.
“ Prima ve spiego na cosa. 20 anni d’ esperienza alle spalle, 20 fottuti anni nei quali so soffertu troppu per continuare a vive de sta merda. So pensato più all’atri che a me stesso. So soffertu pe miserie e doluri, ma ora basta ste sciocchezze. T’ho preso la vita, Don Mattia, n me sì lasciatu scampu. Me voleva mbrogghià, ma so io che lo so mbrogghiato. So io che me so portato a casa li soldi. Io. Er Brusco. Lu boss.“
 
L’Infame stava osservando se qualcun altro fosse nei dintorni. Nessuno, per fortuna l’agire di notte lo agevolava di gran lunga, rispetto alle esecuzioni giornaliere, molto più pericolose, situazioni che a lui non piacevano affatto. Amava la notte perché in quelle occasioni il fattore che lo avvantaggiava era il silenzio dell’oscurità, causa della freddezza dei suoi duri colpi. L’oscurità era come una sorella per lui, per come era stato abituato a combattere, c’era una sorta di rapporto fraterno, per dirla tutta. Non lo tradiva mai, né tantomeno quella volta; il figlio del Sindaco Ferri era un ragazzo che, stando all’identikit, avrebbe dovuto indossare una lunga giacca nera chiusa con grossi bottoni. Il denaro di certo non gli mancava a quel tipo, beato lui. Ma i criminali non pensano solo ai soldi, forse il lettore ha capito male leggendo la prima parte dell’opera. I criminali lo sono in tutto e per tutto. E l’infame ne era un esempio lampante, chiaro, evidente. Tuttavia, il capo si fidava ciecamente di lui e di questo ne era estremamente orgoglioso. Il suo obiettivo? Semplice, si era posizionato all’interno di una vettura scura con il suo dragunov silenziato. Quella splendida arma gli era stata conservata da tempo dal fratello, noto come Nervo, per il fatto di avere sempre i nervi a fior di pelle. Di sicuro avevano due caratteri abbastanza similari: entrambi amavano la violenza, sebbene in molti casi, si trattava di violenza giustificata. Nervo aveva passato gran parte della sua vita nell’ex Unione Sovietica tanto da essere addestrato dagli stessi russi; come regalo per una importante missione svolta in Kirghizistan, aveva ottenuto quel fucile da cecchino a dir poco eccezionale. Lo mantenne illeso dagli urti e dagli altri per almeno un anno, poi decise di donarlo al fratellone, come fosse un ricordo. In passato, gli aveva dato grandi soddisfazioni, grazie anche ad un ottimo sistema di illuminazione che, in quei casi, era fondamentale. L’esecuzione sembrava oramai pronta, mancavano pochi secondi e …
“ Eccoli sti figghi de puttana ... Avarda che vestiti da stronzi “
L’odio verso il figlio del sindaco aumentò notevolmente alla vista di quella giacca nera il cui acquisto avrebbe mandato alla rovina chiunque. Il sindaco Ferri non rientrava tra queste persone, ovviamente. L’Infame aveva una voglia matta di farlo fuori, ma per ora si sarebbe dovuto accontentare del figlio. Un secondo uomo raggiunse il figlio del sindaco.
Marchetto de zio. Te vedo n gran forma, figghio meo!!! Tu zio comme sta?”E i due tizi si abbracciarono quasi non si vedessero da tanto tempo; era invece una quotidianità quel gesto, soprattutto a Tivoli, l’abbraccio veniva visto come un segno di rispetto, paragonabile ad una stretta di mano. L’Infame era attento ad ogni loro movimento, anche il minimo gesto dall’erta potevo essere importante, quasi fondamentale.
In grandi condizioni, ziettu. Glie manca tantu la nonna come sempe … Poracciu, ma li soldoni non glie mancano de certo. Piglia quissu, ziè …”
Il giovanotto gli passò uno strano pacchetto, forse contenente qualcosa di valore, qualcosa che potesse servire al ” famoso “ zietto …
Era il momento adatto per colpire … Ora o mai più avrebbe dovuto premere quel cazzo di grilletto, avrebbe dovuto sputar fuoco.
L’urlo del figlio del sindaco penetrò nell’oscurità della notte, risvegliando l’intera cittadina, immergendola in un incubo ad occhi aperti. Mise in moto senza perdere altro tempo, ma in quel momento un auto gli bloccò la strada coprendola orizzontalmente. Dovette fare una larga manovra per evitare l’arrivo degli sbirri, però non era sicuro che non l’avessero riconosciuto. Quelle dannate luci delle varie auto lo avevano messo troppo allo scoperto. Probabilmente, l’indomani su tutti i giornali ci sarebbe stato scritto il suo nome a carattere cubitali, già se l’immaginava, il grande ricercato di Tivoli, per aver eliminato quel bastardo, quello stronzo che pensava solo a stuprare le ragazzine e a vendere qualche oggetto di troppo. Ed ovviamente nessuno osava andare a denunciarlo per paura delle conseguenze pianificate dai piani alti della città di Tivoli. D’altronde, i veri criminali sono sempre coloro che sono adornati dal potere stesso, coloro che parlano bene ed agiscono male.
Eliminando dalla sua mente quest’argomento, l’Infame raggiunse il garage della base segreta della banda del Parro, situata in Viale Cassiano. Si trattava di un luogo abbastanza sicuro per i componenti della gang, ma ovviamente ci doveva essere sempre molta prudenza e cautela nell’accedervi per non dare troppo nell’occhio. Ad attenderlo all’ingresso c’era la donna del boss, Ellen, sempre molto seducente.
Forse anche perché indossava una vestaglia abbastanza scollata, ma all’Infame non gliene poteva fregare di meno di questo. Era riuscito a fuggire dalle autorità locali, ma ne era certo: quello era solo l’inizio!!!
N me dì che t’hanno vistu, pe la Peppa!!! “
Esclamò la ragazza istericamente, dando una pacca sulla schiena all’Infame che neanche la ascoltò; se ne andò direttamente dal capo che l’aspettava disteso su una larga poltrona viola.
Appena fece il suo ingresso, l’Infame esitò qualche secondo prima di fiatare, anzi decise di aspettare che fosse Er Parro a dire la sua. Con il boss, tutto era semplicemente differente. Il boss, disteso sulla poltrona viola con gli occhi ancora chiusi e con una mano immerso in uno strano liquido. Il lettore avrà sicuramente pensato a qualche rito satanico, potete stare tranquilli, si tratta solo di un passatempo per dimenticare il freddo di quelle nottate. L’Infame si avvicinò lentamente e, soltanto quando Ellen tornò in sala, il boss aprì gli occhi, quasi ci fosse una sorta di connessione tra i due fidanzatini.
Amò, avarda quissu, me pare tornato da na guerra. Se po sape che fine si fattu??? Perché n si tornatu prima?? “
Ma la ragazza venne fermata dall’imponente voce del capo, dal Parro, che appariva a prima vista davvero molto incazzato, come se già sapesse quello che era successo lì fuori. Tuttavia, non appariva preoccupato, che non gliene importasse niente? Il lettore si sarà posto una domanda seria: e se si fosse portato dietro gli sbirri?? Ma Er Parro non sembrava per niente d’accordo, era convinto che ciò non fosse accaduto e che la sede era ancora al sicuro tra quelle mura. D’altronde, lì aveva molti amici e nessuno mai avrebbe parlato, a meno che non avesse voluto fare la fine di qualche traditore. E non gli conveniva affatto. E poi Parro era un tizio che aiutava molte persone, sebbene non avesse una fedina penale molto pulita. I suoi delitti, le sue aggressioni, le sue rapine erano note in tutta Italia, ma nessuno lo era mai riuscito a mettere agli arresti.
Statte calma, Ellen, n serve esse ssosì impazienti. Sto reazzo c’ha bisogno de riposasse n poco. Su, vagli a prepara quarcosa, quissu mo sviene pe terra. “
Sempre molto spiritoso, il nostro boss. Il suo tono era sempre abbastanza severo nei confronti dei suoi allievi, però era certamente un capo sul quale ci si poteva fidare ciecamente. L’ambiente era tappezzato nel migliore dei modi, sempre con ritratti di personaggi fantasiosi e personaggi che secondo Parro hanno fatto la storia del mondo intero. Insomma, una vera ed autentica enciclopedia su quelle pareti. Quando Ellen portò un vassoio con due tazze di thè al limone, il boss si avvicinò al suo killer e chiese con tono pacato:
T’hanno vistu, n’evvero? “La sua non era molto una domanda; no, non lo era affatto, o meglio, sta a voi capire se lo era o meno. Insomma, anche il lettore deve avere un ruolo all’interno dell’opera stessa, non solo i personaggi, come nella vita reale, molte cose rimangono ignote,e lo stesso vale per i romanzi stessi. L’Infame non rispose immediatamente per una ragione ovvia: non ne era molto sicuro e quindi non voleva dire una bugia al suo stesso capo. Non voleva mentirgli, perciò rispose con tono altrettanto pacato:
Nun lo sacciu, capo. Penso de sì. “
Le parole gli uscivano a malapena come se lo sguardo gelido, fisso del boss gliele risucchiava e gli impediva di esprimersi come meglio poteva. Il boss si alzò e si andò a riporre sulla sua poltrona viola, dove intinse di nuovo  i piedi in quel liquido. Poi, improvvisamente, mentre Ellen tornò dalla cucina, stanca più che mai, chiuse gli occhi. I lettori penseranno probabilmente che questo Parro non abbia molto a cuore la salute dei suoi uomini, né tantomeno quella della sua famiglia. Ma diciamo che al momento si sente abbastanza sicuro di sé e, nonostante la presenza di minacce sempre più potenti, crede che la speranza, essendo l’ultima a morire, lo porterà in salvo, quella speranza che lo aveva aiutato a sopravvivere sino a quel momento. Non poteva non pensare a chi in quel momento se la godeva in qualche luogo migliore di quello, magari assieme alle autorità locali, chi come lui era stato in passato in galera e chi, come lui, era stato il responsabile di numerosi omicidi.
Diamante, la domestica di casa Parro, era piuttosto preoccupata del fatto che l’Infame avesse sbagliato un compito all’apparenza, tanto semplice; ma non erano affari suoi, gliel’aveva promesso al Parro che si sarebbe messa in disparte quando in gioco c’era qualche missione criminale. La giovane quindicenne avrebbe dovuto badare solo alle faccende di casa, talvolta accompagnata dalla bella Ellen.
Cari lettori, siamo agli sgoccioli del primo episodio, insomma, riassumendolo abbiamo visto come l’Infame, pur essendo riuscito nel suo compito, nella sua missione, non è sembrato essere soddisfatto del suo operato; il motivo? Be’, qualcuno lo ha riconosciuto, qualcuno che forse aveva messo il figlio del sindaco come esca, come bersaglio facile. Eppure, perché non intervenire prima? Insomma, sta di fatto che qualcuno molto probabilmente l’ha visto, anzi questa è una notizia sicura perché l’indomani sul giornale di Tivoli, il noto Tiburno, sulla prima pagina, ecco il suo volto immortalato ed accanto delle dure parole nei suoi confronti:
Il crimine tiburtino ha ripreso a colpire; l’obiettivo scelto stavolta è stato il figlio del sindaco, Marco Ferri, ucciso a sangue freddo dal criminale noto come Infame, appartenente alla banda del Parro. La polizia, diretta dal capitano Ruggeri, ha aperto tutte le indagini e, nel breve periodo di qualche giorno, il sindaco, ancora sottoshock, ha promesso che l’Infame sarà solo la prima delle vittime che le autorità locali cattureranno e stavolta sarà la fine del crimine nella valle dell’Aniene. Stefano Conti “

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


2 CAPITOLO:
Nella sede della banda la notte venne trascorsa senza altri incidenti. Il boss se n’era andato a dormire alle quattro (l’indomani si sarebbe svegliato comunque presto), Diamante era troppo giovane per disubbidire a colui che l’aveva salvata dalla vita di strada per poi portarla in un luogo sicuro come quello, sebbene sapesse di non possedere neanche una carta d’identità, niente che la riconoscesse in quanto Diamante; Ellen, dal canto suo, svolgeva le sue solite mansioni, ovvero quelle riguardanti la pittura e l’architettura. Non era solo un hobby per lei, era qualcosa in più e anche per questo il ragazzo la rispettava molto. Sì, forse era una ragazza abbastanza vivace, che non voleva essere sottomessa da nessuno ma, al tempo stesso, una ragazza così intelligente era un tesoro davvero molto raro. Era furba, scaltra, simpatica, ambiziosa e anche rognosa. Quest’ultimo fattore del suo carattere aveva causato qualche scintilla in passato tra i due fidanzati che avevano saputo lascirsi i rancori alle spalle, come è giusto che sia. Er Parro, i soliti capelli ricci spettinati, la folta barba che gli riempiva gran parte del volto, lo sguardo freddo, movimenti lenti e decisi, come fosse un imperatore. Er Parro non avrebbe mai pensato che in quello stesso momento, le altre due bande di Tivoli fossero sul punto di stringere un’importante alleanza per la cattura dell’Infame. O per meglio dire, questa doveva essere l’intenzione del Kobra, un giovane ragazzo che da qualche tempo si era lasciato alle spalle l’amicizia con Parro e aveva creato una sua banda, a testimonianza del suo carisma. E c’era anche la Banda Sterminio, la più antica e, di conseguenza, anche quella che nel corso della storia aveva subito maggiori perdite. Vi stareste chiedendo, cari lettori, cosa accidenti staranno facendo i membri delle due bande in uno stesso luogo? Magari tra le macerie dell’antica cartiera?? Semplice, andiamo a vedere …
Al centro di un vuoto e polveroso spazio rettangolare, la cui parte orientale qualche anno prima doveva essere crollata, c’erano quattro uomini, tutti e quattro sembravano essere assorti in una specie di trattativa. Uno dei quattro, posto sulla parte nord orientale, afferrò lentamente qualcosa dal taschino e ne trasse una sigaretta. L’accese immediatamente, rimanendo a fissare gli altri due tizi. Un due contro due da far west, probabilmente. Ma la distanza non era quella adeguata, distavano circa 2 metri l’uno dall’altro e questo ci fa supporre come i quattro si fossero riuniti per fare quattro chiacchiere,  o forse per una importante trattativa.
Be’, c’avete quarcosa da dicce? C’avete fatto chiamà, n semo tipi c’aspettano troppu tempu. “ La voce del tizio con la sigaretta accesa, avrebbe incusso una risata a chiunque la sentisse. Sembrava alla voce di uno che era sul punto di crepare, una voce gracchiante, senza emozioni. Ricordava un po’ quella del Parro, tranne per il semplice fatto che Parro desse una maggiora intonazione alle sue parole.
Invece, in quel tizio non c’era intonazione, per niente.
“ Kobra s’è decisu a mitte na taglia pe l’Infame. Sapemo che n sarà facile smucignarlo, lo sapemo benissimo, perciò semo chiestu a voi. Volete prende parte a sta caccia, Cane Pazzo?”
Colui che appariva come il più giovane tra i quattro, almeno stando ai suoi giovani lineamenti e forse anche ai suoi capelli sul castano chiaro, andò direttamente al punto, senza perdere altro tempo. L’uomo si chiamava FMO, era un tipo alquanto scaltro, lo sapevano tutto, una sorta di teorico per la banda della Tibur Uno del Kobra, un uomo del quale il capo non poteva fare a meno. FMO si guardò attorno, forse un po’ timoroso, ma non c’era nessuno, solo loro quattro. Il tizio con la sigaretta, che sembrava essere il capo, Cane Pazzo, della banda Sterminio, ci pensò su lasciando cadere improvvisamente la sigaretta dalla sua mano destra.
A quanno ammonta sta taglia? “
Non c’era sentimento nelle sue parole, forse un po’ per stanchezza, forse un po’ per timore, per agitazione; eppure, nei suoi occhi non si riscontravano nessuno di questi elementi, forse era il suo modo di agire, sempre con molta cautela, senza mostrare troppe emozioni, senza dare alcun vantaggio al nemico. A rispondere stavolta fu Er Pilu, un ragazzone che indossava una larga maglia con dei polsini bianchi, pantaloni da coatto e sembrava davvero un vero duro. Il suo pizzetto gli conferiva un’aria da gran figlio di una mignotta, l’aria di chi avrebbe dovuto far fuori qualcuno da un momento all’altro. E la sua risposta fu dura e decisa:
So troppi li sordoni. N gi servono a noi. Accetti, gran capo? “ Ripete le ultime due parole con una violenza inaudita, quello era davvero troppo pazzo per condurre trattative del genere. Non si era comportato affatto bene ma, a quanto pare, non gliene importava. Il “ gran capo “ lo guardò più con aria stupita che con quella di uno che si era offeso. Il lettore come avrebbe agito?? Domandatevelo, cosa avreste fatto al posto di Cane Pazzo? Be’, sicuramente avreste preso la pistola che tenete nella tasca e l’avreste fatto fuori. Ma ricordatevi che a volte, anche e soprattutto in momenti come questi, ne vale della carriera da criminale. Guadagnare la taglia su un uomo importante come l’Infame lo avrebbe reso ancora più ricco. Non si fidava del Kobra, ma non aveva scelta, Cane Pazzo aveva degli uomini strepitosi in missioni di spionaggio ed omicidio irrisolto, perciò spettava a lui. Doveva trattarsi di un affare molto importante se il Kobra aveva mandato Er Pilu e FMO a condurre le trattative; il primo, il fedelissimo del capo, un killer spietato, l’altro un po’ più giovane ma senza nulla togliere alla sua esperienza come cecchino e come stratega della Tibur Uno.   
Gi sto. So natu pe fa fori la gende, so Cane Pazzo, ottimo affare. “
Cane Pazzo girò i tacchi, seguito a ruota dal suo fedele Sgarro, che non aveva aperto bocca, essendo una sorta di guardia del corpo. In effetti, l’attenzione che aveva prestato nelle operazioni del capo e un fisico simile a quello di un sollevatore di pesi, lo faceva assomigliare ad un body Guard. La trattativa era andato a buon fine, questo era ciò che realmente contava per la banda del Kobra. A proposito, l’autore ci vuole mostrare cosa sta facendo ora il capo della Tibur Uno. Ma … Ci troviamo di fronte al sindaco Michele Ferri, nominato primo cittadino di Tivoli tramite alcuni elezioni che la popolazione non sembra aver gradito molto. Pensate a qualche atto illecito? Ci penserebbero tutti, d’altronde con un ex terrorista al potere, chi non lo sospetterebbe? Ma non importa, dovremo abituarci, dato che sembra che tutti gli assessori e i vari dipendenti comunali siano dalla sua parte, perciò, cara popolazione, mi dispiace, ma a meno di una vera e propria ribellione armata con tanto di bombe e acido muriatico, non credo che nessuno possa rimuoverlo dal suo incarico.
Il sindaco si chinò a prendere qualcosa da sotto la scrivania e ne trasse una bottiglia di puro champagne. Evidentemente aspettava qualcuno, sicuramente un ospite importante dato che in quell’ufficio ne riceveva così pochi che si sarebbero potuti contare sulla punta delle dita. “Toc, Toc” qualcuno bussò alla porta in maniera molto delicata; era il suo vice, il signor Danieli, che aprì lentamente la porta, quasi si sentisse a disagio in quell’ufficio e comunicò che il signor Kobra era lì fuori ad attenderlo per una visita importante.
Il Kobra era senza dubbio il più grande delinquente che un sindaco potesse mai incontrare e, per di più, farsi amico. Non c’era niente di male, il potere della comunità tiburtina combinato a quello della potenza criminale del luogo. Insomma, un duetto niente male, manco fossero cantanti di alto rango. Quel giorno, così come tutti per il resto delle sue giornate, il Kobra indossava una lunga giacca verde militare, con il volto di un serpente collocato sul retro. Il suo sorriso si intravedeva appena tra tutti quei baffi e quelle cespugliose sopracciglia.  Ma il sindaco lo capiva come nessuno era stato capace di fare. La morte della moglie lo aveva quasi bloccato, traumatizzato era dir poco, il sindaco gli aveva addirittura rimediato due delle più belle e sexy ragazze che mai si potessero incontrare e pian piano quel giochetto stava dando i suoi effetti. La tristezza del suo volto ora stava lentamente trasformandosi in un sempre più ampio sorriso. Con l’ex moglie aveva anche una figlia, Zena, una ragazza abbastanza silenziosa, tutta il contrario del padre, molto timorosa di esprimersi davanti a lui. Be’, certamente il Kobra non possedeva un carattere semplice, ma era senz’altro un vero e proprio uomo d’affari.
Siedite, fratè. Comme stai?” Il sindaco gli mostrò un ampio sorriso, con il quale si apprestava a versare dello champagne ancora in condizioni a dir poco intatte. Lo conservava lì da alcuni anni, ma era certamente uno dei più buoni che avesse mai assaggiato. Una volta riempito il bicchiere, i due li levarono in alto e gridarono:
Alla faccia de chi gi vo male!!! “ Quel brindisi era il risultato sortito da una serie di vittorie che si erano andate a susseguire una dietro l’altra; davvero un magnifico percorso per due uomini che avevano un dannato bisogno – diritto di dominare. Be’, forse qua l’autore ha esagerato, si parla addirittura di un diritto a dominare il prossimo. Forse questo termine potremmo definirlo abbastanza eccessivo, dato che Tivoli ancora è una città della Repubblica Italiana. Tuttavia, i due erano consapevoli di poter controllare, legalmente o illegalmente, tutti i terrori dell’Aniene, perché sapevano di avere la grana a disposizione per poter farlo. E i successi si erano visti, in maniera sempre più evidente. L’uccisione del Truce, di Saccone e di Rana erano stati obiettivi da lungo pianificati. Il progetto era durato circa un anno, fino a che il sindaco aveva creato un’esca perfetti per riunire in un luogo pubblico quei tre. Ovviamente le forze armate ci hanno messo vent’anni prima di giungere sul luogo e di scoprire gli eventuali aggressori o le cause e tutto quello ha giovato a loro favore.
Me porti bone notizie? Gi conto, almeno, Kobra. “Il sindaco gli diede una pacca sulla schiena del suo compare quasi congratulandosi per tutti i traguardi ottenuti.
Il Kobra aprì un documento nel quale c’era scritto che Cane Pazzo aveva deciso di accettare la trattativa. Il foglio era stato firmato da uno dei suoi più fidati uomini, ovvero  Er Pilu, e sottoscritto anche da FMO.
Il Kobra appariva molto felice di quella situazione: Cane Pazzo era dei loro ed una volta fatto fuori anche quello stronzo dell’Infame niente e nessuno avrebbe potuto fare in modo che non venissero nominati come i veri signori di Tivoli e dintorni. Kobra sarebbe diventato vice sindaco dopo quella cattura e il Capitano Ruggeri non avrebbe fatto altro che apprezzare l’intera faccenda. Da buon sindaco, Michele Ferri avrebbe nominato pubblicamente Kobra suo vice e questo non avrebbe cambiato diciamo molto le cose dato che per un certo verso era già così. Kobra lo sapeva ed era proprio di questo che voleva iniziare a parlare.
Carletto m’è sembratu abbastanza contrariato pe la mea presenza. C’ho fatto, se po sape? Ngi sto a capi nca ahahah “
Nono, non era lo champagne ad averli dato alla capoccia, diciamo che il Kobra può sembrare antipatico da una parte, ma dall’altra è senza dubbio un intrattenitore dotati di grandi abilità. Il sindaco contraccambiò la risata del criminale, il quale si prese un sigaro e l’accese senza badare al cartello “ No Smoking “ posto accanto all’ingresso. Per Kobra, questo ed altro chiaramente. Non era un ospite lui, era un vero amico. Lo erano diventati compiendo atti loschi da giovani, poi il sindaco era stato trattenuto per sei anni in galera, ed uscito molto prima del previsto per buona condotta, mentre il Kobra aveva continuato i suoi sporchi affari con il crimine Tiburtino. Ed erano tante le persone che lo conoscevano sotto questo profilo, ma la gente, il cosiddetto Popolo tiburtino, aveva paura, si cacava addosso quando si parlava del Kobra, già solo il nome incuteva loro una fottuta paura.
Lassalo sta quillo. N c’ha n carattere, n c’ha le palle pe mostrasse un vero vice sindaco, ando cazzo voi che vada uno ssosì?! “
Stavolta fu il Kobra a ricambiare la risata al sindaco, il quale amava quello scambio di battute velenose nei confronti dei suoi collaboratori, c’era molto gusto con loro, visto che non potevano controbattere. Chissà se Carletto Danieli stesse origliando? Poco importava a quei due tizi, volevano solo i loro reali obiettivi, a quello ci avrebbero pensato poi.
Bevutosi un nuovo bicchiere di champagne colmo fino all’orlo, il Kobra trattò il problema delle forze armate.
Ascoltame, Michè, qua ce sta lu problemone della polizia, te lo so dittu da tantu tempu, ma m’ascolti quanno te parlo?
Maledizione, in meno di mezzo secondo ha totalmente trasformato la propria espressione; mezzo secondo fa rideva a crepapelle, ora invece sembra quasi scocciato dalla presenza delle forze armate nella vicenda dell’Infame. Il sindaco gli offrì un altro bicchierone stracolmo, ma stavolta il Kobra pareva abbastanza frustrato e il sindaco gli fece una battutina: “ Sì ssosì nfuriato pe le forze armate, o perché n scopi da tantu???Le veline n t’aiutano, fratè? Pensavo c’avessero le qualità apposta pe te. Ndo le pizzichi du gnocche ssosì?? Pigliatele e n’anda a smucina altre de sto tipo, so pe te. Ma n’è pe quissu, ve?“
Il sindaco aveva fatto il passo più lungo della gamba. Aveva tirato in ballo le ragazze del Kobra e, quando veniva affrontato quell’argomento, chiunque lo facesse doveva essere abbastanza prudente. Kobra si limitò a fissarsi con aria soddisfatta la mano destra, chiusa in un pugno, così stretta da mostrare fortemente alcune vene. Il sindaco, per un attimo, divenne piccolo piccolo, quasi avesse paura della risposta del criminale. Tuttavia, quest’ultimo aprì la bocca con estrema delicatezza, emettendo un docile suono, non tipico della sua dura voce:
So du angeli, cazzo. Me stanno a fa suda nbotto quille due. N so un problema pe me, lu contrario, porco due, m’arecordu che so fattu pe pialle a quille due. So dovuto suda le sette camicie, ma gi so riuscito, e che cazzo. A bionna è na sorca quanno inizia a balla, ma a mora quanno se la ride madòò er macellu che fa. So la polizia lu vero problemone qui. Lo sì dittu ar capitano Ruggeri? ”
Il sindaco terminò il suo bicchierone in men che non si dica e lo lasciò cadere vuoto al centro della scrivania, accanto ad alcuni registri verdi, senza però sporcarli per sua fortuna.
Lo sguardo del Kobra appariva abbastanza preoccupato, forse non aveva così tanta fiducia nelle forze armate, d’altronde era stato anche lui perseguitato e Ferri ne sapeva qualcosa.
Già fattu, statte calmo, mo, però. N ce dovemo allarma pe ogni cosa, Kobra. Stemo messi bene co a polizia a guardacce le spalle, che voi de più?” Il sindaco rassicurò come meglio avrebbe potuto il suo collaboratore, tant’è vero che il Kobra, a quella risposta, tirò un sospiro di sollievo accavallando i piedi sulla scrivania. Il suo volto di preoccupazione si trasformò in uno pieno di gioia e di aria conquistatrice. La cattura dell’Infame lo avrebbe fatto tornare a gioire come non mai, dato che quel tizio era più pericoloso della sua stessa gang messa insieme.
Ultimo brindisi pe quanno cattureremo l’Infame, sto a dì be’? “
Kobra si alzò e levò, contemporaneamente a quello del sindaco, il calice colmo del miglior champagne a disposizione. Per il Kobra ci volevano proprio quelle belle notizie, dopo la fuga dell’Infame ed altre notizie pessime riguardo il mancato arrivo di alcuni gioielli piuttosto preziosi dall’India. Uscendo dal municipio, all’angolo due uomini lo aspettavano. Ovviamente ce n’erano altri che, a distanza, lo seguivano silenziosamente. Er Pilu, come sempre, era un uomo che non faceva mancare la sua presenza mai in alcuna situazione, con lui chiunque si sarebbe sentito in grazia divina; accanto a lui, oggi c’era Giangy, un ragazzo molto giovane ma che sin da piccolo aveva imparato ad usare quel suo fucile a canne mozze come nessun altro, un killer con il quale c’era poco da giocare. Per non parlare di FMO, lo stratega delle missioni e i suoi due fratelli, Lory e Leo, così abili, così veloci e determinati.
Portateme a casa, c’ho nsonno che n m’areggo mpiedi. “
Disse il Kobra, con la faccia di chi voleva andarsi a sdraiare velocemente in compagnia di quelle due bombe sexy come la bionna e la mora.

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


3 CAPITOLO:
Dunque, il patto tra la banda Sterminio di Cane Pazzo e la Tibur Uno del Kobra ha avuto successo: l’Infame dovrà starsene rintanato se vorrà conservare la pellaccia, ma sarà difficilissimo per lui visto che è come dire ad un nomade di rimanere sedentario a vita. E’ come dire ad un innocente di uccidersi per le proprie colpe, colpe che non ha commesso; be’, non è questo il caso, si sa che l’Infame ha ucciso tante di quelle persone che una calcolatrice soltanto non basterebbe per contarle, ma al tempo stesso si è sempre comportato come un uomo che non ha lasciato nulla al caso e che per il proprio capo ha sempre dimostrato rispetto. Insomma, tenerlo in squadra significava avere un uomo in più rispetto a tutti gli altri. Di lui al momento non si hanno tracce, la polizia sta ampliando il proprio raggio d’indagine ma fino ad ora niente di niente, come se fosse svanito. L’autore però dall’ufficio del sindaco e dalla visita del Kobra ci porta in un luogo buio, talmente oscuro da mettere i brividi e di certo la voce dell’uomo seduo non ci aiuta molto a capire. Era la voce di un uomo che voleva vincere, che voleva dominare e non lasciarsi intimidire. Er Parro stava chiacchierando con una figura molto magra, vista di spalle, il cui corpo oscillava da destra a sinistra, forse per paura, forse perché non vedeva l’ora di andarsene da quel luogo.
Signore, Cane Pazzo ha accettato a proposta der Kobra. Semo messi male, dovemo fa quarcosa, signore … “
Il tipo sembrava davvero disperato, sudava freddo, eppure in quella lunga stanza non sembrava fare molto caldo; di certo, chiunque si fosse trovato a parlare con un uomo come Er Parro in quelle condizioni, se la sarebbe fatta sotto. Questo tizio forse già se l’era fatta. Parro lo zittì sollevando il braccio in alto quasi avesse già capito dove sarebbe andato a parare.
“ E mo basta!!! Se sì n omo che deve corrisponde al ruolo teo, allora ta da comporta be!!! N devi piagne comme na fontana, mo basta!! Comportate da omo, sì capitu? “Il tono del Parro non era come quello con il quale si era rivolto all’Infame; stavolta, era come quello di un padre nell’atto di rimproverare il figlio per aver commesso un grave errore.
All’improvviso, qualcuno entrò da un’ ingresso laterale che era rimasta ignota fino a qualche secondo or sono. Era Ellen, la ragazza del boss, come sempre molto seducente, con uno sguardo che avrebbe saputo ipnotizzare chiunque. Di certo, molti rimpiangevano il fatto di non essere boss soltanto per avere lei al loro fianco. E Parro conosceva il motivo di molte liti all’interno delle bande criminali; sapeva che una donna era comunque una vipera e , dunque, come tale andava trattata. Più una donna la si trattava come una spina nel fianco, più questa dimostrava di essere un essere vivente degno del suo amore. O per meglio dire, questa è la teoria del Parro che, in quanto a donne, ne ha conosciute a bizzeffe nella sua vita da criminale.
Mentre il tizio, magro come uno stecchino e fifone come un coniglio, continuava a mantenersi seduto per la paura che gli avrebbe incusso il capo se solo si fosse alzato senza il suo permesso, Ellen portò loro un vassoio con del thè caldo, viste la bassa temperatura del luogo, visto che si trovavano in un locale sotterraneo. Nel frattempo, Er Parro rifletteva fumandosi uno dei suoi sigari tipici, che gli fornivano alcuni trafficanti cubani. “ Straordinari“ Fu la prima parola che disse Er Parro non appena ne provò uno. Lo facevano sentire in paradiso, è vero il prezzo era letteralmente aumentato, però ne valeva assolutamente la pena. Gli permettevano di concentrarsi come nessuno e nient’altro erano mai stati capaci di fare, una sorta di magia per un uomo sempre molto agitato che vorrebbe governare da solo Tivoli. E quando si trova di fronte informatori come quel tizio così debole davanti allora pensa che avrebbe fatto meglio a “ scaricarlo “ da qualche parte prima di fargli conoscere i segreti della banda. In quanto a spia e fottuto traditore, era l’unico che ci sapesse realmente fare. Nessuna banda si sarebbe mai aspettato che fosse un traditore, insomma andrebbe contro la logica. La logica del Kobra, ad esempio. Un tipo davvero molto scaltro ma che prima o poi avrebbe conosciuto un’altra esistenza. Parro se l’era promesso sin da quando aveva lasciato la vecchia banda, la loro amicizia si era trasformata in puro odio. Parro aveva dovuto eliminare alcuni soggetti per sicurezza e ne aveva adottati altri per migliorare le credenziali della sua banda.
Vabbè, visto che n sai gnent’altro allora vattene pure. Me devo riposa. “
Il tizio si alzò lentamente, poi con uno scattò fulmineo uscì dalla porta dalla quale Ellen era entrata, dimenticandosi di quell’oscuro luogo che a prima vista incuteva una dannata paura.
C’hai paura de quillu? Lu Kobra n’è gnente rispettu a te. Lo si capitu?“
Parro fissò Ellen, sedutasi accanto al grande capo, con lo sguardo fisso sul suo. Non c’era risposta e questo fece letteralmente andare in bestia Ellen che gli diede uno schiaffo. Il Parro non si mosse minimamente, non erano di certo degli schiaffi a renderlo meno disumano. Ma la ragazza continuava e lui era un capo dignitoso. Non voleva che altri sentissero le loro urla, le loro imprecazioni per qualcosa che era soltanto cominciato e che ancora doveva svolgersi totalmente.
“ N te riconosco propiu più. Nze contento de quissu che si fattu in tuttu quissu periodo??? Stemo a domina, amò, stemo a domina!! “
Il Parro si alzò e le si avvicinò velocemente, non dando la possibilità ad Ellen di evitare quel macigno che gli andava ad insaccarsi nella guancia. L’aveva picchiata, uno schiaffo secco, che faceva ancora più male di quello rifilatogli da Ellen. La ragazza crollò a terra andando a sbattere la testa contro un mobile di legno. Si era fatta solo un bernoccolo per fortuna, ma Parro sembrò davvero infuriato tanto che voleva fuggire; era sul punto di aprire la porta, quand’ecco fuoriuscire da un angolo la voce della bella Ellen, una voce impaurita ma al tempo stesso misericordiosa, implorante.
Scusami, more meo … N me so comportata bene … Perdoname … “
L’ultima parola lo fermò, proprio nell’atto di ruotare il pomello della porta. La ragazza, stesa ancora a terra, era in preda alle lacrime, sembrava davvero volersi scusare per tutto quello. Parro ci pensò su, poi guardò la poltrona con i sigari lasciati lì, come non volessero lasciare quel luogo. Sarà il caso ma proprio quella visione aiutò Ellen. Il capo le si avvicinò e se la caricò sulle spalle, appoggiandola dolcemente sul divano, collocato alla destra della poltrona. Le accarezzò le guancie, come piaceva tanto alla Ellen, la quale iniziò a sorridere per cercare di dimenticare. Parro le annusò i capelli mossi e la baciò in fronte come fosse un gesto simbolico. Una benedizione vera e propria.
 
N penso sia una buona idea quella di rimanere in questo luogo. Ti stanno cercando dappertutto, amico, dappertutto, sei il maggior ricercato degli ultimi dieci anni. Credi che ci sia solo il Kobra sotto? No, stavolta ti cerca anche la polizia stessa!! E non solo loro, purtroppo …  “
Raul Duke era un tipo abbastanza sveglio e sicuramente, noto come  il “ bravo ragazzo” all’interno del mondo del crimine, per così dire una sorta di Dandi. Dava una grande importanza al suo essere elegante, raffinato in qualunque occasione, persino anche quando veniva chiamato in missione. E non era una che era solito sottrarsi agli ordini del capo con così molta facilità, non che gli altri lo facessero, ma aveva ottenuto grande rispetto da parte di tutti. Raul, però, non era d’accordo con il capo che voleva come l’Infame rimanesse in un luogo pericoloso come Tivoli. Oramai non avrebbe più potuto farci niente, la sua vita era stata condannata, per lui non ci sarebbero state più giornate solari, solo in quel luogo, assieme agli altri componenti, per il resto della sua anonima esistenza.
N vogghio quissu, vogghio solo sta qui p’aiuta l’amici mea, comme te. Mi sì capitu ?? Parro già sa tuttu, statte tranquillo, lo saccio che n è facile pe me, ma devo fammene na ragione. “
 L’infame era deciso ad agire in questo modo. Non avrebbe mai abbandonato nessuno, né tantomeno la sua banda in mano a quei bastardi. Afferrò il fucile di precisione con l’idea di dimostrare il suo coraggio, ma in quello stesso momento arrivò un tizio abbastanza magro e altrettanto coatto, con la pelle colorata dall’abbronzatura, un susseguirsi continuo di lampade. Al contrario del Duke, il tipo sembrava molto più antipatico, ma forse si trattava solo di apparenza fisica. Vedere un tipo che pensava solo alla propria bellezza, un tipo che si curava molto come lui, be’, di certo non sprigionava la gioia di ricercati come l’Infame. Quest’ultimo lo guardò preoccupato, poiché stava attendendo una risposta dal Parro.
Raul si pose davanti all’Infame che nel frattempo aveva riposto il suo infallibile Dragunov nella custodia. Il tizio che era appena giunto indossava una magliettina aderentissima bianca, quasi si fosse svegliato solo in quel momento. Questo potrebbe essere un altro aspetto che avrebbe potuto mandare in bestia chiunque, ma l’Infame non gli diede grande peso, per sua fortuna. I due si conoscevano benissimo e forse proprio per tale motivo non volevano di certo lanciarsi brutte occhiate. 
Er Parro ha dittu che po resta qui dentro, ma non vole casini, perciò pe qualche giorno l’Infame dovrà esse mantenuto dentro na stanza isolata. “
A quelle parole, l’Infame cadde sulla sedia alla sua destra per poi rimanere con uno sguardo vuoto, incredulo, privo di una vera e propria entità. Raul allora provò ad aggiungere qualcosa:
Er Secco, questa è la verità? Sei sicuro? “
Duke non sembrava esserne così sicuro, non ne era certo, il capo si stava davvero impazzendo? Perché tenerlo in un luogo isolato per qualche giorno? L’Infame amava spazi aperti, vasti, pieni di gente, pronto a far fuori qualcuno, non luoghi isolati dal resto del mondo, privo di armi o comunque senza far niente. Non lo capiva, stava letteralmente mettendo in pericolo l’esistenza dell’Infame, il quale, si stava lentamente rialzando, scuotendo la testa. Poi, disse:
“ N posso porta manco quissu? “
Chiese l’Infame mostrando al Secco l’arma regalatagli dal fratellino Nervo qualche anno prima, il Dragunov Russo. Raul fissò con disprezzo il fiero sguardo del Secco che però cominciò a scuotere la testa, facendogli strada. A quanto pare, quel luogo si trovava nelle profondità della sede, tanto che l’Infame pensò fosse una sorta di stanza delle torture medievali. Anticipati dal Secco, i tre si addentrarono in un vicoletto molto ristretto illuminato da torce collocate sui lati più alti delle pareti rocciose di quell’angusto angolo della sede. Dove diavolo si stavano cacciando? Né l’Infame, né Raul Duke avevano la benché minima speranza di capire dove stessero andando. “ Er Sé, ma do ce porti? Che è sto cazzo de posto? “
Più volte l’Infame si lamentò durante il tragitto, ma Er Secco non fiatò, d’altronde avrebbe dovuto seguire le indicazioni del capo. Er Parro conosceva di che pasta era fatto l’Infame, sapeva che era molto ambizioso e un dannato stratega, perciò un tipo come lui andava rinchiuso in un luogo impossibile da ritrovare, se non lo si è imparato a memoria. E l’Infame aveva perso ogni speranza di conoscerlo a memoria, quel percorso, dannatamente impossibile. Finalmente, dopo l’ennesima scalinata verso le viscere dell’inferno, si fermarono di fronte ad una porta grigia metallica. Il capo voleva fare le cose in grandi stile, a quanto pare. Non era una stanza d’isolamento quella, era una vera e propria prigione; per di più, non vi era minimamente traccia della presenza di alcune finestrelle. Volete sapere il risultato quale sarebbe stato? Morte per soffocamento,  asfissia nel vero senso della parola. Nessuna traccia di vita in quel luogo, nessun esterno, solo freddo e un lettino di legno situato all’angolo della stanza quadrata. Su per giù doveva essere la metà della cucina della sede, il che stava a significare “ morte ovvia “. L’Infame non sapeva se odiare tutto di Tivoli, il suo acerrimo nemico Il Kobra, o addirittura il suo stesso capo. Prima di andar via, Duke gli si avvicinò e gli borbottò a denti stretti, come per non farsi sentire:
Tornerai su prima del previsto, vedrai … “ Le parole erano state abbastanza chiare: Raul lo avrebbe riportato sopra prima del previsto?? E cosa era stato previsto? Duke sapeva qualcosa ma non poteva dirglielo? Forse l’assenza ad alcune riunioni della banda, aveva fatto sì che venisse rinchiuso in quel luogo senza sapere niente di niente? O forse era per il fatto di essere stato gabbato poco dopo l’uccisione di Ferri???
Me dispiace tantu, ordini der capo “Cercò di consolarlo Er Secco, ma come se non avesse detto niente, l’Infame si infilò nella stanza e, dopo aver chiuso la porta, gli altri due se ne tornarono all’aria fresca, mentre il ricercato si guardò attorno e vide che, tranne la porta, non c’era nessuna via di fuga.
 
Be’, ragazzi, che storie che si vengono a creare in un battibaleno in questa misteriosa sede della banda del Parro; che avreste fatto al posto dell’Infame? Vi sareste ribellati o avete comunque piena fiducia nel vostro boss? Insomma, quando si è sottoposti a qualcuno nel mondo del crimine, non si ha scelta, anche perché uscire all’esterno senza il consenso del capo, significherebbe sicura cattura da parte delle forze armate, così come mettersi contro la sua stessa banda.
E avete visto cosa è successo quando Ellen ha tentato di reagire ad un Parro che sembrava non riuscire a sopportare l’idea di un’alleanza tra Cane Pazzo e Kobra? Vi sembra giusta la reazione del capo colpendo allo stesso modo la sua ragazza? Probabilmente ha sbagliato e se n’è accorto immediatamente, in effetti; ma ora dovremo capire se questa cosa avrà delle conseguenze. Perché Ellen vuole che il suo uomo sia così forte di fronte a questa situazione? Forse per dimenticarsi di lei? O forse perché ci tiene davvero così tanto? Eppure, qualcuno nella banda ha scoperto qualcosa, ma non veniamo informati riguardo al nome di quest’uomo. A quanto pare, c’è qualcos’altro che bolle in pentola, non solo la convinzione del Parro che tutto possa finire entro poco tempo, ma anche …
All’improvviso, veniamo come catapultati all’intera di una realtà oscura; dove ci troviamo? Accendete una luce, per favore, una torcia, un qualcosa che ci possa far comprendere dove …
Finalmente qualcuno che ha spinto quello stramaledetto interruttore!!! Ma dove … Ma … Siamo finiti in uno stramaledetto cesso??? Ma non c’è nessuno. Perché l’autore ci ha fatto finire in un puzzolente strapiccolissimo cesso??? E per di più, in che luogo ci troviamo? Sempre a tivoli? Be’, per ora sappiamo solo che il buco è formato da tre angoli, dove troviamo rubinetto, doccia e water, ah ma che bello, dannatamente interessante!!
Tutto ad un tratto, la nostra telecamera si sposta verso l’ingresso mostrandoci la presenza di due individui: impossibile sbagliare, si trattava di Ellen e di un altro individuo, chiaramente maschio, stando ai suoi lineamenti, ma non lo abbiamo mai incontrato finora nel corso della lettura. Sembra un ragazzo abbastanza giovane, un po’ troppo stando ai suoi lineamenti, forse è da poco nella banda, o forse è solo una trappola per farci credere che sia così.
Mò, dovemo liberallo, n c’avemo propiu più tempo: dovemo liberallo e lo dovemo fa subito. Tu che dici? “
Ellen voleva che se ne andasse, che non creasse troppi problemi, era meglio anche per lui. Ma era per davvero per quei motivi che voleva la sua fuga? Essendo la ragazza del capo, doveva stare ai suoi ordini, non disubbidirgli, ed invece, sembrava totalmente la ragazza opposta a quella che avevamo conosciuto poco fa. Una ragazza distrutta come quella di prima, ora trasformata in una donna forte che vuole comandare addirittura su un membro della banda. A proposito, quest’ultimo, di nome Er Mancio, aveva appena sfiorato con le labbra il collo della ragazza, come se non fosse niente, come se Ellen non fosse la ragazza del suo boss. Ma la ragazza sembrava acconsentire, al contrario di quanto ci si poteva aspettare. E se il Parro li avesse scoperti nel cuore della notte, in un bagno della sede a fare l’amore?? Ma erano letteralmente due pazzi quelli lì dentro. Se ne fregavano delle regole, delle volontà altrui e soprattutto volevano dominare. Le bugie della ragazza avevano colpito e ingannato perfino il capo, ma d’altronde si sa che le donne astute sono le peggiori figure che si potessero mai incontrare. Ellen gli abbassò i pantaloni ed iniziarono a farlo, proprio appoggiandosi al water; intanto, all’esterno, qualcuno sembrava aver notato qualcosa di anormale. C’erano dei soldi per terra, a chi potevano essere caduti? Dieci euro … Li lasciò lì, Diamante non era una sprovveduta, sapeva che non avrebbe dovuto prenderli, ma proprio in quel momento udì delle voci provenire dal bagno. Un attimo dopo, niente. Allora, provò ad avvicinarsi e sentì dei lamenti e dei bisbigli. Lamenti di una donna, sicuramente. E chi … Per forza, lei, quella gran troia!!!! Diamante si allontanò dalla porta e pregò il cielo che il Parro non li scoprisse nel cuore della notte insieme in quel bagno o ci sarebbe stata la fine del mondo.
Nel frattempo, all’interno di quel fottuto cesso, i due, dopo aver consumato il sacro dono dell’amore, si stavano scambiando delle opinioni riguardo alla condizione dell’Infame. Liberarlo o no? Farlo evadere, dato che Ellen conosceva perfettamente la strada o credere nelle strategie del Parro? La ragazza, tuttavia, sembrava poco fiduciosa a differenza del Mancio che, al contrario, essendo ancora molto giovane, sapeva che l’Infame, uno esperto come lui, avrebbe potuto far comodo al team. Mandarlo via, sarebbe stato come perdere un importante pezzo di un puzzle che poi sarebbe stato impossibile da ricostruire.
N capisci gnente … Quillo pensa solo a sé, nun a te, non a altri … Solo a sé stesso. Cazzo, te lo so dittu sempre, sin dar primo momento, che nun glie frega gnente a lui. Mancio, sì la mea unica possibilità. Sì pronto a veni dalla parte mea o stai sempe co quillo? “
La voce di Ellen, il tono da condottiera, il corpo seducente, il suo sguardo … Furono i principali fattori che condizionarono notevolmente l’opinione del Mancio riguardo a quella faccenda dell’Infame. Poi gli venne in mente il volto del gran capo, il suo sorriso sarcastico, i suoi sigari cubani e le sue paroli, così crudeli, così dure e coincise da non lasciare tracce. Parro era uno diretto, uno che andava subito al sodo, senza pensarci due volte; era un capo serio, che voleva le cose fatte per bene, altrimenti non andavano eseguite. O il massimo, o il niente. Non c’erano compromessi. Ed ora Mancio doveva scegliere: o Parro o Ellen, non una via di mezzo, come lo era stato fino ad allora. Non aveva scelta. Le prese le mani, unendole, come fosse un patto d’amore.
Gi sto, more meo. Lo sai che senza de te n gliela faccio. “
Ellen sorrise abbracciandoselo, ma in realtà era tutta una farsa, lei già sapeva come sarebbe andata a finire la questione. L’ avrebbe convinto, come era riuscita a fare, e l’avrebbe aiutata a far evadere quel pesce marcio per evitare ulteriori guai. Il Parro avrebbe perso l’uomo di fiducia ed in questo modo avrebb fatto molto senza quel bastardo di mezzo.
 

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Capitolo 4
*** capitolo 5 ***


5 CAPITOLO:
 
L’atmosfera che oramai regna sovrana in casa Parro viene caratterizzata dalla rabbia e dalla voglia del capo di distruggere il mondo e di capire chi sia stato a far scagionare il suo uomo. L’Infame lo aveva messo dentro proprio lui per proteggerlo ed invece, non solo era fuggito dalla prigione, ma qualcuno lo aveva ingannato portandolo davanti alla polizia e questo doveva essere molto probabilmente uno della banda. Poteva essere stato Lu Doce, Er Secco, Er Mancio, Er Biondo, Mav, Bebbo, insomma chiunque abitasse in quell’abitazione. E di persone ce n’erano molte ad avere un soggiorno lì, solo che molte volte facevano dei turni per chi dovesse riposare di notte e per chi, invece, avrebbe dovuto sorvegliare il vicinato. Ma quella sera, all’esterno dell’abitazione ci sarebbe dovuto essere Bebbo, ma a quanto pare, qualcuno lo ha distratto con un efficace diversivo, facendolo allontanare dalla sua postazione abituale. Un bel casino, ci mancavano anche i traditori, adesso.
Ellen, tesò, perché n te vieni qui? Lu lettu è comodo, gi sto io e che voi de più? “
Il sole stava riprendendo il suo solito posto, mentre il volto di Ellen appariva non solo trasandato, invecchiato addirittura di qualche annetto, ma anche molto distante dalle parole del ragazzo. Il Parro voleva trovare una risposta al tutto, voleva capire cosa stesse bollendo in pentola. Era chiaro che il Kobra stava accaparrandosi più posti possibili, anche nella centrale della polizia, ma anche il Parro aveva un grande amico lì dentro che lo avrebbe aiutato, a modo suo, a risolvere al più presto tutti i problemi.
Amore meo, sto tantu preoccupata pe l’Infame, mi si dittu che n s’è morto, ma perché te stai a preoccupa allora? La faccenna è fenita, amò … “ Le parole di Ellen sembravano provenire da una voce implorante, quasi da qualcuno che voleva chiudere i giochi e pensare al futuro, una voce che non piacque al Parro che iniziò a fissarla in modo alquanto perplesso. Era strano sentirla parlare in quel modo, cioè di solito si trattava di una persona alquanto dura e ribelle, mentre al contrario, adesso assomigliava terribilmente a Diamante, la sua domestica. Diamante … E se fosse stata lei … No, l’Infame non si sarebbe fidato di una da due soldi … Il Parro afferrò un pezzo di giornale dal taschino e lesse:
Finalmente, dopo giorni di angoscia, è stato eliminato il serial killer che da qualche tempo ha reso Tivoli una città infernale. Il suo nome nel mondo del crimine era L’Infame proprio perché non perdonava e perché si sentiva in grado di esprimere i propri sentimenti tramite l’uso delle armi, senza guardare in faccia nessuno. Ma proprio attorno alle cinque del mattino, le forze dell’ordine lo hanno bloccato, dovendo far ricorso al fuoco. Il furgoncino del criminale si è capovolto fino a terminare giù nel burrone della valle dell’Aniene, dopo una discesa tremenda cominciata dalla Panoramica. Un volo tremendo, secondo le parole del capitano Ruggeri; l’auto è stata ritrovata distrutta e fatta in mille pezzi dal fuoco che l’ha divorata. “
Il Parro sorrise. Ma certo, Ellen non poteva fingere così tanto, altrimenti sarebbe parsa troppo stupida. Al contrario, era una ragazza tremendamente in gamba, come poche nell’universo e pretendere di non capire quella faccenda, be’, quello era senza senso. Ed una donna che non capisce o è proprio un’idiota o mente.
Il paro si alzò dal letto, tirando con sé le lenzuola, per poi andare ad abbracciarsi la ragazza. Le avrebbe fatto scappare qualcosa … O almeno ci avrebbe tentato …
“ La faccenna n’è fenita, tesò, n’è fenita. E tu lo sai bene. N sì na reazza da due sordi. Tu sì la mia reazza, e tu me si capitu dall’inizio de sta storia. Qualcheduno s’è decisu a mbrogghiarmi, n so chi è, ma so che lo verrò a scopri prima o poi … Sì visto Er Mancio, pe caso? “
Le parole del capo erano state non solo troppo dure, ma anche erano chiaramente rivolte verso qualcuno a cui lui teneva troppo. Ed Ellen, come il Parro aveva ripetuto più volte, non era solo una semplice ragazza, lei era molto, ma molto di più. Chi avesse a che fare con il mondo del crimine, doveva essere un individuo scaltro, intelligente, astuto, non il primo che si incontrava per la strada. E questo per il bene della gang. Ma qui qualcuno l’ha tradito e lo sguardo di Ellen appariva preoccupato per l’Infame, ma il suo tremore raccontava un’altra brutta storia. Lei c’era sino in fondo in quella faccenda e il Parro l’aveva capito, non era uno sprovveduto, era il capo, era il vero dominatore tiburtino. Ellen si allontanò dal Parro senza neanche guardarlo negli occhi e questo gli fece capire ancora di più la situazione.
Er Mollo, un tipo magrissimo con un capello biondo chiaro e fluorescente davvero innaturale, aveva ricevuto un compito dal capo, dal Kobra, ovvero quello di segnalare il termine della missione a Cane Pazzo, il boss della Banda Sterminio e il conseguente pagamento per ciò che Sgarro e Augusto avevano fatto, aiutando il Kobra a risolvere la questione “ Infame “. Tuttavia, il Kobra non avrebbe condiviso niente con nessuno, perché secondo lui l’Infame è ancora vivo. Di certo, Cane Pazzo non tollererà il fatto che vengano ritardati i pagamenti e questo potrebbe portare ad un allontanamento tra le due bande criminali. Cane Pazzo vestiva come sempre in maniera molto sportiva, non amava particolarmente i vestiti troppo eleganti che caratterizzavano la solita moda del Kobra. Erano due persone molto differenti, ma due tipi davvero molto in gamba. Il Mollo venne accompagnato e privato della sua pistola da Sgarro che lo guardò molto male mentre gliela estraeva dal taschino. Di certo, Cane Pazzo voleva stare tranquillo e senza alcun rischio. Non amava i pazzi, sebbene il suo nome dicesse il contrario. Il Mollo si sedette su una delle comodissime poltroncine del suo ufficio, proprio mentre il capo estrasse dal comodino un pacchetto di sigarette, accendendosene una.
Semo fenitu??Mollo, dimme che mi si portatu li soldi. Comme mai n vedo gnente???!!!! … “Il Mollo scosse la testa addolorato e questo fece letteralmente incazzare Cane Pazzo che si alzò improvvisamente dalla sua poltroncina e gli ringhiò in faccia tutta la propria rabbia …
“ Che significa???? Semo scemi???? Kobra vole la guerra??? Parla!!! “
Mollo non era di certo uno dei più coraggiosi e, il trovarsi senza armi, nell’ufficio del capo di una banda rivale, il quale era molto incazzato per quella faccenda, non facilitava le cose … Tutta stramaledetta colpa del Kobra …  Il capo continuò ad osservarlo mostrando tutto il suo nervosismo per quell’affare non concluso, interrotto stupidamente dal Kobra, almeno secondo lui.
“ Signor Cane Pazzo, n  gi è statu nessun mortu, secondo lu Kobra. “
A quelle parole, la sigaretta gli cadde per terra, sporcandolo in maniera evidente. Uno straccio sarebbe bastato, comunque sia.
Lo sguardo del capo si trasformò da quello di un cane incazzato più che mai a quello di un animale ferito nell’orgoglio. Non era morto, non era …. “ … Morto?? N è mortu????Ma stemo dandoli numeri???? Sgarro e Augusto c’erano, steano là al momento … N po esse ancora vivo … O sì? “
L’orgoglio di un capo criminale è certamente un tasto assai dolente in ogni gruppo. Se il capo sbaglia una missione, allora sono guai; e sono cazzi amari, stavolta, perché il capo aveva preso di mira un uomo che non gli aveva dato fastidio ultimamente, uno che non era nel suo mirino. E se lo avesse saputo? Ponendo il caso che l’Infame sia sopravvissuto, e se lo fosse venuto a sapere? Se fosse venuto a conoscenza della trattativa tra le due bande? In quel caso, Cane Pazzo avrebbe fatto carte false pur di non andargli contro, non che avesse paura, però l’Infame era il peggior criminale della città, uno che se vuole vendicarsi, ci riesce in pieno senza alcun problema. Ma essendo dotato di un grande orgoglio, il capo non volle farsi vedere così preoccupato, tanto che le sue parole, colme di odio verso il Kobra, furono le seguenti:
Dì a lu Kobra che n’accetto gnente io, che se vole po anche andassene all’inferno perché è lì che lu manderò. Diglie che n ci saranno più trattative!!! “
Il Mollo sapeva che il Kobra se la sarebbe presa molto a male, ma più di tanto non era lui che ci rimetteva e quindi il Mollo si sarebbe salvato da una durissima punizione in qualche seminterrato, qualche cantina dell’orrore. Per lui, la parte più difficile era stata quella di proferire parola al capo della banda Sterminio, il resto non gli importava. E soprattutto aveva chiuso con l’Infame, non voleva mettersi affatto contro di lui.
Il tema del mese sarà l’Infame e la sua fuga verso la morte, o almeno così si sono intitolati i giornali del mattino. Chiaramente il sindaco Ferri vuole mettere tutto a tacere, l’auto è stata ritrovata distrutta dal fuoco e questo ha provocato la morte per incenerimento del criminale. Pochi dubbi, troppi fatti. Insomma, il sindaco era a conoscenza della verità, o presunta tale, ma in quanto primo cittadino doveva saper rassicurare tutti quanti per il suo futuro. Non gliene importava un fico secco di Tivoli, dei criminali, lui era il Sindaco, e questo bastava. Certo, doveva essere molto cauto e prudente nelle sue decisioni, in quanto era sempre costantemente tallonato dagli uomini della Tibur Uno. Il Kobra lo conosceva alla perfezione. Ed ora tutti quanti avevano uno stesso nome impresso nella testa, ma con differenti obiettivi. Questo nome è … l’infame!!!
Il criminale, come già riferito prima, è riuscito a salvarsi grazie alla presenza di un gruppo di nomadi, misti tra bambini, donne e uomini di una certa età, cappeggiati da un uomo abbastanza alto e muscoloso che doveva essere anche un tizio temuto all’interno del gruppo stesso.
Be’, era chiaro: la morte non lo voleva e non lo avrebbe mai voluto, di questo l’Infame ne era certo!!!
Il capo nomade lo tranquillizzò riguardo le sue condizioni fisiche e gli ricordò più volte che, in caso di necessità, quello era l’unico luogo dove l’Infame sarebbe stato accolto nel migliore dei modi.
Te ringrazio, Massimo “
Disse sorridendogli l’Infame, mostrando grande rispetto e riconoscenza per l’uomo che lo aveva salvato. Non aveva molta simpatia per i Nomadi, ma a volte i pregiudizi vanno allontanati, soprattutto se hai di fronte delle persone così oneste come loro.
Massimo lo salutò con un largo sorriso, iniziando a tornare indietro al campo. L’Infame, sotto suo ordine, si era fermato proprio a due passi dalle Cartiere, qualche minuto e ci sarebbe giunto benissimo. L’unica pecca era quella di non essere provvisto di armi e munizioni, solamente con un coltellino per il momento si sarebbe potuto difendere. Ma doveva essere calmo e stratega, come gli era stata insegnato dal Parro e da altri criminali oramai morti o in carcere.
Di notte o di giorno non era questo l’importante, quello che contava maggiormente era quello di giungere sano e salvo da Cane Pazzo per mostrargli che il vero problema non è lui, bensì il complotto ordito ai suoi danni dal sindaco Ferri e dal Kobra.
Parro, capo, so sbagliatu, so fenitu in trappola, ma mo sto a torna pe famme vendetta!!!  Spero de rivedette presto!! “
Chissà se il desiderio dell’Infame si sarebbe esaudito o meno sta di fatto che in quel momento il suo stesso capo aveva ordinato a due dei suoi uomini, Mav e er Biondo, di provvedere alla ricerca del suo uomo, ma non voleva far attirare molta attenzione. Sui giornali aveva letto della sua morte, ma non era stato trovato alcun corpo e questo era una ragione validissima per cercarlo.
Vicino alle cascate, nei pressi delle Cartiere!! Gi semu capitu??? Lo voglio ritrovare!!! “
Esclamò il Parro convinto del fatto che l’Infame sia ancora vivo, se lo sentiva, e ciò che sente lui è qualcosa di puro, il suo istinto è infallibile.
Lo era stato ai tempi di Caggiano e lo è tutt’ora.
Mav e il Biondo cominciarono a rallestrare la zona in questione, partendo da Quintigliolo, e sfruttarono il calare della luce per non farsi notare da nessuno. Oltre ad una sufficiente quantità di munizioni per evitare guai, si erano portati delle torce e una mappa geografica per adeguarsi all’ambiente circostante.
N me frega manco a me quantu tempu gi se mette, dovemo ritrovarlo, ok? “
Le parole del Mav erano quelle di un ragazzo amante della pace, finito in quel mondo per spirito di famiglia, un mondo che gli aveva portato via molte felicità ed una vita dannatamente differente da quella. Avrebbe desiderato una famiglia, ma il convivere con un criminale sarebbe stato troppo complicato per qualunque donna. Solo pochi criminali, infatti, avrebbero potuto vantare la presenza di una donna al loro fianco.
Pensi ch’è vivo? “
Mav fissò le cascate tiburtine e solo quello gli mise in testa un brutto presentimento. Ma non era caduto da lì, non dovevano distrarsi dai suoi reali pensieri solo per delle altezze. Doveva essere sé stesso.
Se lu Parro sta a dì ssosì, ce dovemo crede e basta … “
 
Cane Pazzo era letteralmente incazzato con chiunque parlasse. Era infuriato, si era fatto gabbare come un novellino. L’unica speranza era che i suoi uomini lo catturassero e lo portassero da lui per poi provvedere alle trattative. In quel caso, sarebbe stato lui ad avere il coltello dalla parte del manico.
Capo, n te poi fa tratta ssosì!!! Semo la banda più antica de Tivoli!!! Dovemo colpillo!!! “
Cane Pazzo prese carta e penna senza altri pensieri e disse ad alta voce a Sgarro:
Chiamame Er Cero, Fuego, Fenrir e Tiber … E pure Augusto, va … “
Sgarro annuì senza batter ciglio, fiero di aver pronunciato qualche parola magica. Peccato che non era nella lista dei nomi, ma forse il capo gli avrebbe dato qualche altro incarico da portare a termine.
Il verbo chiave, secondo Cane Pazzo, era stato “ colpire “. Per battere una banda criminale, bisogna iniziare a colpire con pochi uomini una delle sedi minori o comunque dei luoghi meno conosciuti del crimine rivale. E, per iniziare, quale posto migliore della banca in Viale Tomei, una delle tante sedi del Kobra???? Un enorme sorriso si ampliò sempre di più sul volto di Mr Sterminio. Era tempo di tornare all’opera!!!!!!!
Signor capo, e io? Che compito avrei da svolgere? “
Augusto, dati i suoi numerosi compiti al comune e a Roma nel ministero del tesoro, era arrivato con un ritardo di una decina di minuti. Ma la felicità che provava il capo era fottutamente superiore a tutto quello che incontrava, cosa che fu graditissima dalla parte di Augusto.
Voglio sfrutta le tue abilità. Te movi molto bene nell’ombra, perciò prova a capi che stannu facennu lu Kobra e lu Sindaco. Va … “
Parole precise, coincise, dettate dall’euforia e forse non tanto dall’intelligenza, ma Cane Pazzo era così, un capo che doveva saper agire e lui lo sapeva. Avrebbe fatto a pezzi un’ala della banda rivale e avrebbe scoperto importanti informazioni riguardo al legame tra i due pezzi grossi della città. Un legame che avrebbe modificato il futuro di Tivoli.

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Capitolo 5
*** capitolo 4 ***


4 CAPITOLO:
 
Impegnato a godersi le sue due bambole sexy, il Kobra era decisamente più felice del solito; in breve tempo, l’Infame sarebbe finito in trappola, così come tutti gli altri della banda del Parro. Sapeva che il Parro era uno furbo, uno per il quale la libertà era tutto, ma aveva fatto male i conti, anche stavolta. Dopotutto, chi poteva uscire per Tivoli come se niente fosse? Chi era in contatto con i maggiori ufficiali del luogo? Chi era a conoscenza delle tattiche della polizia? Chi era il sindaco attuale di Tivoli? E tutto veniva ricollegato a lui, a colui che dominerà sempre di più l’intera valle dell’Aniene, lui, il fantastico, l’unico, l’inimitabile, il Kobra. Eppure, il fatto di non poter gridare ancora una volta vittoria gli pesava fottutamente nello stomaco, era come un grosso macigno duro da inghiottite del tutto. Forse questo era il suo unico difetto, o meglio l’unico vantaggio del Parro: la pazienza lo aveva portato ad essere migliore del Kobra per troppo tempo, ma ora era finita l’epoca del suo regno criminale, ora sarebbe toccato a lui emergere come l’unico padrone della città. E non ci sarebbero stati sconti, né per amici, né per colleghi, né per conoscenti, né chiaramente per avversari.
A che sta a pensa, Ko? “
La voce della mora lo aiutò a svegliarsi da quel filo infinito di pensieri che oramai da qualche ora lo stavano per portare in un mondo a parte. La voce della ragazza era sensuale, forte, fiduciosa. Bella, bellissima, unica nel suo genere, come nessun’altra riesce a conferirti quella gioia incredibile che solo un angelo era in grado di offrire.
Il Kobra scosse la testa, sollevando leggermente la testa verso l’ingresso; era rimasto aperto o … Ah, no, a bionna era uscita, se n’era completamente dimenticato. La mora lo guardò e iniziò a sbaciucchiarlo lungo il collo con una delicatezza assurda. Il Kobra si voltò verso di lei e iniziò a toglierle lentamente la candida veste che gli regalò il sindaco nel giorno del suo compleanno. D’altronde, il sindaco le conosceva abbastanza bene quelle due, erano dannatamente furbe, ma non avrebbero mai permesso che al Kobra venisse storto un capello senza il loro permesso. Avete presente due body guards? Be’, all’apparenza poteva sembrare due ballerine, due esibizioniste per meglio dire, quando invece nel profondo erano davvero due tipe astute, così furbe che avrebbero potuto manipolare anche lo stesso capo. Ma il Kobra si fidava di lei, avrebbero potuto ucciderlo mille volte, ma finora non l’hanno mai fatto.
“ Dov’è a bionna? “
Chiese frettolosamente il Kobra mentre le accarezzava delicatamente il collo, come le piaceva. Poi, mentre con la mano destra le tastava il seno scoperto, con la sinistra iniziava a far oscillare la mano su e giù per tutto il suo corpo, proprio per invaderla di quella goduria che poi sarebbe dovuta essere reciproca. La mora, posseduta da tutto quel benessere,  rispose a stento alla domanda, ma fu comunque chiara …
“Tranquillo, caro … E’ di là … Ora pensiamo … Ahmmm … A noi … “
Il Kobra sorrise a quel pensiero: la mora non perse tempo a slacciargli la cinta per poi buttargli via i pantaloni oltre il letto. I due si addentrarono in un lungo percorso d’amore che li vide affrontare mille idee. Il Kobra era un maestro al letto e, di certo, non voleva perdere un’occasione come quella. Gli si posizionò sopra e cominciò a spingere proprio come aveva fatto molte volte in passato. Era decisamente un esperto, ma l’avrò ripetuto mille volte. Ebbero anche il tempo di adeguarsi alle varie posizioni fino al completo godimento di entrambi. Ci voleva proprio per il gran capo, una notte come quella di certo non l’avrebbe dimenticata a lungo.
Dunque, sarà una notte davvero intraprendente, davvero avventurosa ma non solo al letto, ma anche nella casa del Parro perché quei due farabutti di Ellen e Er Mancio sono in piedi; dopo aver fatto i loro “ bisognini” nel bagno, hanno deciso che era la notte adatta per entrare in azione: infatti, attualmente, il loro obiettivo è quello di liberare una volta per tutte l’Infame per poi farlo andar via, per evitare di creare problemi a tutti quanti. Ma in realtà i due avevano un doppio fine e, togliere di mezzo quel pazzo dell’Infame, era senz’altro un mezzo per concludere l’intera faccenda.
I due si addentrarono in uno stretto vicoletto irradiato dalla luce delle torce poste all’angolo di quel luogo che assomigliava più ad un castello che ad una sede di una banda criminale. Er Mancio non conosceva la strada e, difatti di tanto in tanto, ripeteva ad Ellen dove la stesse portando e, man mano che il tempo scivolava via, si preoccupava sempre di più. Che fosse tutta una trappola? La sua incertezza si placò non appena si imbatterono in una porta metallica.
Di certo, il colore grigiastro della porta non lo metteva di buon umore, ma le parole di Ellen gli fecero capire che non si trattava di un tranello, ma del piano adottato ed attuato, quasi completamente, dalla fidanzata del Parro. “ Na tipa in gamba, porco due “ Pensò Er Mancio in maniera alquanto ripetuta, proprio per testimoniare l’esperienza che la ragazza aveva acquisito durante tutto quel tempo nel mondo del crimine. Non molte donne avrebbero la stoffa per fare quello che lei era riuscito a creare, a progettare. Un’attrice perfetta, accidenti!! Voi che ne pensate? Il lettore dovrebbe meditare su quanto accade anche all’interno delle organizzazioni stesse e devo dire che di intelligenza ce n’è a tonnellate.
Ellen, che cazzo stai a fa qui? “
Come sempre, il linguaggio dell’Infame non era uno dei più leggeri; di certo, essere svegliato nel cuore della notte dalla fidanzata del suo capo non era una cosa da tutti i giorni. Per di più, se ad accompagnarla non c’era il Parro bensì un suo sottoposto ovvero Er Mancio. Probabilmente si fidava davvero di lui, cosa che non osava fare l’Infame. Ellen gli aprì la porta con molta cautela, quasi per non far troppo rumore e spiegò all’Infame che il Parro aveva deciso di conseguenza …
Parro s’è decisu. Vattene via da sto posto, perché non potemo sta a rischia altri cazzo de problemi pe colpa tea. Megghio che vai via ora, perché dopu ce saranno troppe persone a parla, ce stanno meno guardie a smucigna in giro. Allora, te movi o voi resta qui? “
Soltanto inizialmente, l’Infame preferì ascoltare le parole di Ellen, scrutarne lo sguardo avido, folle, con un misto di rabbia e gioia.
Da una parte c’era la rabbia di chi era stato condotto in un luogo che assomigliava più ad un luogo di isolamento; era evidentemente una punizione per lui, dopo essere stato scoperto dalle guardie del figlio del Sindaco. Il Parro non accettava quelle missioni discrete, eseguite alla perfezione o niente. E di certo quello era un insuccesso bello e buono, malgrado avesse raggiunto l’obiettivo primario, consistente nell’abbattere il giovane Ferri.
Dall’altra parte negli occhi dell’Infame si intravedeva la gioia, quel senso di libertà che l’aveva sempre caratterizzato sin dai primi giorni, sin da quando aveva capito che non era fatto per quelle stanze, per quei luoghi isolati, adatti solo ai più deboli. E uscire da quella sorta di gabbia per animali stava a significare tornare in libertà, per sempre. Non avrebbe di certo lasciato Tivoli, sarebbe rimasto nei dintorni.
Ando sta lu capo? “
Er Mancio non osò rispondere alla domanda dell’Infame che forse stava avendo qualche sospetto di troppo; al contrario, la ragazza dimostrò grande serenità e astuzia allo stesso tempo.
N volea attira l’attenzione degli altri, solo lui e noi due sapemo  de tuttu quissu. Stateve zitti che n dovemo fa rumore. Ascoltame, Infà, gi sta na macchina che t’aspetta qua dennanzi, piatela e vattene via, mi si capitu? “
L’Infame annuì, guardandosi attorno alla ricerca di qualcosa.
Ma certo, il suo Dragunov, il suo fratellone!!! Lo aveva lasciato su quel mobile nella sala principale della sede e da lì nessuna l’aveva osata sfiorare. L’Infame era un personaggio molto potente, non solo nei suoi modi di agire, ma anche psicologicamente eccelleva. Impugnò il Dragunov, controllando che fosse a posto e, dopo averlo lisciato con la mano sinistra per alcuni secondi, disse a bassa voce, nella direzione di Ellen:
Sto pronto. “
Erano le parole di un uomo che voleva ritrovare quel senso di libertà perso da qualche tempo; non solo per il fallimento dell’ultima missione, ma anche negli ultimi giorni era rimasto troppo tempo in ambienti chiusi come quello a causa del gran capo. Ne aveva abbastanza di strategie, giochi e cazzate varie, lui era nato per agire non per chiacchierare!!! E con questo pensiero in testa, si apprestò ad uscire dalla sede controllando che non ci fosse nessuno, con il Dragunov a tracolla e una macchina blu attirò la sua attenzione. Una sorta di furgoncino, a dire il vero, meglio di niente, comunque vada.
Sorrise all’idea di essere di nuovo libero e non più prigioniero, poi salì sul furgoncino e senza altri pensieri per la testa decise di partire. Ma proprio in quel momento, qualcosa lo fece voltare all’indietro. La sede del Parro. Ellen e Er Mancio erano spariti, svaniti come neve al sole. Dov’erano andati a finire? E poi il Parro? Dov’era? La faccenda cominciò a bruciargli troppo quand’ecco che, qualche secondo più tardi, si ritrovò circondato dalle auto della polizia.
Ma che cazzo … !!! “
Erano passati solo una trentina di secondi e quella fuga verso la libertà si era trasformato in un vero e proprio inseguimento in stile film polizieschi. Solo che quella era la stramaledetta realtà dei fatti e non finzione, non c’erano munizioni a salve, lì i proiettili ti penetravano nella pelle e ti facevano rimpiangere di aver vissuto.
Mani in alto, sei in arresto per … “
Senza farsi troppe pippe mentali, l’Infame si apprestò a correre, doveva allontanarsi il più lontano possibile; con il furgone scaraventò ai lati della strada due automobili della polizia locale per poi fuggire e fuggire e fuggire. 135 km / h, forse per essere un furgoncino stava letteralmente esagerando stavolta. Le auto della polizia gli erano dietro, sempre più vicine, e cercavano di bloccargli ogni possibilità di fuga. Tre o quattri agenti di polizia iniziarono a fare fuoco sulle gomme della sua automobile, la quale sbandò più volte. Proprio in quel momento, alle spalle vide due uomini fare fuoco addirittura con dei fucili a pompa che solitamente la polizia non utilizzava. Eppure, sembrava esserci collaborazione tra di loro.
Te farò fori, bastardooo!!! “
L’Infame capì che la polizia non era la sola a dargli la caccia da tempo. C’erano molti altri sicari che lo cercavano e riconobbe due dei suoi assalitori. Sgarro ed Augusto, due degli uomini di punta di Cane Pazzo, il quale dunque era entrato in azione, probabilmente a seguito di una trattativa con il Kobra. Il Sindaco, la polizia, il Kobra e ora anche Cane Pazzo. Chi più ne ha, più ne metta, in poche parole; ed ora per l’Infame la faccenda puzzava troppo, lo volevano vivo per sua fortuna, ma le gomme si erano andate a far fottere e …
BAMMMM!!! Lo pneumatico destro, seguito da quello sinistro, partì e l’auto dell’Infame virò tutta a sinistra, compiendo uno stravolgente ruzzolone verso il baratro della Panoramica. 
Merda!!! “ Il capitano Ruggeri sottolineò il terribile volo del furgoncino. Nessuno, però, riuscì a capirci più nulla. Il mezzo crollò nel baratro e si udì, in tutta la vallata, poco meno di una quindicina di secondi dopo, una tremenda esplosione.
Il capitano, seguito a debita distanza da Sgarro e Augusto, si lanciarono occhiatacce, come a dire che la missione era finita e che non avevano ritrovato il corpo. Tuttavia, quando l’ufficiale passò accanto ai due, Sgarro iniziò a ridere sussurrandogli convinto:
La taglia spetta ar capo, ar nostro Cane Pazzo, Capità. Perciò, visto che semo qui, potete anche dire tuttu a quill’atru. CanePazzo ha vintu. “
Ma il Capitano lo guardò storto come a dire che non era certo solo per merito loro. Il Kobra, tuttavia, avrebbe favorito le pretese dei due uomini di Cane Pazzo al fine di migliorare il loro rapporto contro la banda del Parro che, quella notte, aveva perso un grande uomo, l’Infame era stato ucciso, avendo compiuto un volo infernale dritto nelle profondità di quel burrone. 
Nella sede della banda del Parro non si parla d’altro. Er Mancio, rimasto sveglio per tutta la notte, aveva portato il giornale al capo e se n’era rimasto all’angolo per tutto il tempo della lettura. Parro era un uomo che non risparmiava neanche gli amici ma Ellen era stata molto brava ad architettare il piano, senza lasciare tracce visibili.
Er Mancio aveva avuto anche una negativa sensazione: cioè che Ellen fosse al corrente di tutto quello, dell’attacco dei due uomini di Cane Pazzo e della polizia, il che avrebbe fatto assomigliare il tutto ad una sorta di Ley de fuga, utilizzata molto nei tempi del Far West.
L’Infame era morto, qualcuno lo aveva aiutato ad uscire e il Parro era rimasto a bocca aperta perché il tutto era accaduto proprio in quel luogo. Non avrebbe potuto inghiottire un boccone più amaro di quello.
Ma doveva capire cos’era successo quella notte. Stava di fatto che i giornali parlavano della sua fuga da Tivoli (e dunque dalla sua prigione nella sede), terminata solo grazie all’intervento delle forze armate, senza ovviamente fare riferimento a due esponenti del crimine tiburtino. Ma il Parro lo sapeva grazie ad un suo informatore operante nelle forze armate. Era indispensabile avere un uomo di codesta rilevanza. Stando alla notizia, dopo una tremenda esplosione, l’auto era stata ritrovata nelle campagne della cittadina, accanto a delle antiche grotte. Non era stato ritrovato chiaramente alcun cadavere, dato che un’esplosione del genere non avrebbe mai permesso di trovarne una minima parte di esso.
Finalmente, cambiamo luogo e non andiamo né dal Kobra né dal sindaco, né da Cane Pazzo, stranamente; non ci andiamo a godere una bella festicciola con loro dopo la morte dell’Infame? Eh, no, perché qualcuno non sembra essere affatto d’accordo. E quell’uomo ha ancora la forza di vivere dopo un volo del genere dalla sua auto. L’aveva dovuto compiere, nonostante si fosse ferito alle gambe e ad un braccio. Ma era abituato al dolore e, come sempre, non avrebbe mollato, ma avrebbe continuato a non cedere, questo era ciò che gli riusciva meglio.
Intanto, un gruppo di individui stava avanzando piuttosto frettolosamente verso di lui. Probabilmente, degli zingari che abitavano in quel luogo. Ce n’era uno più grosso ed alto che appariva come una sorta di capo gruppo che si muoveva con velocità e grazia mentre fumava un sigaro davvero molto lungo.
Non aveva sbattuto la testa, ne era sicuro, erano degli zingari e lo volevano aiutare, sebbene l’Infame mostrò tutta la sua virilità, stando in piedi senza alcun aiuto.
Chi siete? Annate via, n c’ho bisogno de aiuti … Annate via!!! “
Ma il capo gruppo non rallentò minimamente il suo cammino verso l’uomo che, in preda ad un dolore più interiore che esteriore, proseguiva con decisione. Entrambi si sarebbero scontrati se non si fossero fermati entro una decina di secondi; gli occhi dello zingaro non si muovevano, erano decisamente fissi sullo sguardo, pieno di dolore, dell’uomo, il quale però a pochi centimetri dall’altro individuo, collassò a terra, svenendo all’istante.
Curatelo, voglio che si riprenda … “
Così come i capi tribù degli indiani dell’800, il capo degli zingari appariva come un uomo forte, deciso e abbastanza colto rispetto ai suoi parenti e a tutto il resto del gruppo. Forse era proprio per questo che ne era il capo. Gli altri zingari apparivano più bassi e mingherlini e, all’ordine del capo, annuirono. Donne, vecchi, bambini, per il capo non faceva alcuna differenza, tutti dovevano cooperare, dando il loro miglior sostegno. Venne rapidamente collocato in uno dei container del campo, a qualche metro di distanza da lì, e poi lasciato riposare. Di tanto in tanto alcune donne di media età, lo andavano a curare per riferire poi al capo delle sue condizioni fisiche e psicologiche. Era come se non fosse il primo ad arrivare distrutto in quel campo, come se gli zingari fossero abituati a quelle situazioni.
Capo, legga … “ Suggerì Er Cecco, mostrando al capo il quotidiano locale. Parlava della morte dell’Infame, auto distrutta, un volo tremendo, tutti dati che avrebbero fatto sollevare il morale a chiunque, tranne al Kobra … Non era per niente d’accordo …
Sì lu solitu deficiente … Te pare normale crede a ste cazzate? Comme cazzo fai a credecce??? “
Er Cecco sembrava sul punto di rispondere ma la porta si aprì e Cane Pazzo entrò di corsa, arrabbiato più che non mai con Kobra. Non che gli volesse fare del male, era ovvio, le trattative non era affari semplici, ma andavano curati fino alla fine.
Me vuoi mbrogghià? Damme li sordi, è quillu che me spetta. “
 Il Kobra rimase calmo, come avrebbe dovuto sempre fare, come faceva Il Parro, e così anche lui ora doveva rimanere tranquillo, come se non ci fossero problemi.
Vabbè … Te li farò porta dal Mollo, capitu? “
CanePazzo gli sorrise a denti stretti, sempre con uno sguardo truce, da chi è nato per uccidere e da chi non vuole perdere la propria pellaccia da cane bastonato. Il tiziò uscì sbattendo violentemente la porta, mentre le parole del Kobra erano chiaramente dure nei suoi confronti …
CanePazzo vole morì … Cecco, chiama Er Mollo e dicce de veni qua …” Er Cecco, senza altre parole, annuì silenziosamente e si diresse frettolosamente alla porta, pronto per informare il Mollo dell’interesse del capo di parlargli. 
 
 

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


6 CAPITOLO:
 
Prudenza e calma, questi due elementi che si era imposto di mantenere durante tutto quel tragitto sino a Cane Pazzo. Sapeva che il percorso poteva essere pieno di ostacoli, ma la missione glielo imponeva. Un criminale non poteva sottrarsi ad una missione, perché altrimenti avrebbe pagato tutto con la vita stessa. Dopo essersi lasciato con Massimo a pochi passi dalla cartiera, si era addentrato in questa caotica struttura, dominata da insetti, polvere e siringhe.
Stando alla sua cartina geografica, doveva trovarsi nell’ala orientale della cartiera, di certo non un luogo ben tenuto, tutto il contrario. Era una discarica, dove si tenevano loschi party e dove avevano luogo anche importanti scambi di contrabbando.
L’esterno era ancora piuttosto lontano, dunque decise di affrettarsi e di mobilitarsi verso l’uscita, facendo il più velocemente possibile. Non era un topo a cui piaceva rimanere in quei luoghi sporchi e sudici, l’Infame amava la libertà d’azione e luoghi che ti potessero almeno far respirare. Dopo aver svoltato un paio di angoli oscuri, si imbatté in un solco enorme nella parete che lo avrebbe condotto all’esterno oltre una ripidissima scala. Ci vollero poco più di due minuti, prima di poter respirare aria pura, lontano da quella fogna per topi.
Bene, se po anna avanti, mo … Cartiera, te lasciu alle spalle … “
Fece l’occhiolino alla nefasta struttura per poi voltarsi e ritornare al suo obiettivo di partenza: Cane Pazzo!! Un paio di anziani signori, proprio in quel momento, gli passarono davanti, ma l’Infame si buttò contro la parete per non farsi vedere. Non voleva che nessuno lo vedesse lì, sarebbe come tornare in quell’inferno. Ci sarebbe tornato, è vero, ma sotto sembianze differenti. E quei due facevano al suo caso.
Doveva solo attendere il momento più adeguato a colpire. Perfetto, sotto quel vicoletto buio buio, li avrebbe messi a tacere.
Coltellino pronto alla mano, sicurezza nell’altra, agì così velocemente che i due non si accorsero di niente. Derubò i due anziani dei loro abiti, di un modesto cappello all’antica e persino il bastone di uno dei due, oggetto che avrebbe utilizzato anche come arma di difesa, nei casi più estremi. E tutto questo senza contare la barba che gli stava ricrescendo notevolmente dall’ultima volta che se l’era fatta. Un altro punto a favore del criminale, dopotutto meno era riconoscibile e maggiori possibilità c’erano per l’Infame di raggiungere il suo obiettivo principale. Per fortuna, mancava molto poco all’abitazione del boss della Sterminio, ma passare dall’ingresso principale sarebbe stato comunque poco saggio, specie a quell’ora. Un auto della polizia bloccava leggermente il passaggio, tanto che l’Infame dovette prima tornare indietro per poi riprendere il percorso normale. Uno dei due agenti, l’uomo al volante, lo fissò per qualche secondo come se lo stesse riconoscendo, ma poi tornò a chiacchierare con il suo compagno.
Non c’erano più fottuti ostacoli, soltanto lui e … Cane Pazzo …
Te tocca capì chi so li vivi e chi so li morti … “Sospirò il criminale, sentendosi più che mai un personaggio di grande carattere, un uomo dai mille volti, dalle mille personalità, quando invece lui era soltanto … L’infame, il più bastardo criminale di tutta la valle dell’Aniene …
 
Sì, è la sea … “
L’auto che era stata ritrovata era proprio quella descritta dai giornali, quella della fuga dell’Infame. Mav e il Biondo si trovavano nei pressi delle Carterie, proprio a pochi metri dalle cascate. Il rumore dell’acqua cadente lo si poteva quasi sentire in testa, come un andirivieni che ti bloccava la capacità di pensare. Ma che quella fosse l’auto dell’Infame, non si avevano dubbi. Chissà perché nessuno si fosse presa la briga di toglierla da quel posto. Proprio come diceva la stampa, nessuna traccia di sangue o di pelle carbonizzata dall’esplosione. Secondo Mav, l’Infame aveva sette vite proprio come i gatti e il non trovare il suo corpo lì significa solo una cosa: è ancora vivo e vegeto!!!
Proprio mentre Mav stava per annunciare il loro ritorno dal Parro, ecco giungere sul luogo un gruppetto di zingari, gente nomade che aveva parecchie abitazioni in quei dintorni. Sperando che non venissero loro a procurar guai, Mav fece cenno al suo amico di andargli incontro, come era saggio fare, in situazioni di disagio numerico. Il gruppo zingari era cappeggiato da un uomo dalle possenti braccia, da un corpo quasi statuario, quasi fosse un gladiatore romano. Tuttavia, la pelle nerastra lo differenziava da tutto questo. Comunque sia, fu proprio lui a prendere la parola per primo …
“ Siamo lieti di vedervi qui a cercare il vostro amico. Perché è lui che cercate, non è vero? “
Mav fece un passo in avanti e, senza proferir parola o batter ciglia, annuì. Il sudore emanato dal suo corpo era paragonabile a quello di un uomo all’interno di una sauna. Eppure, erano a Novembre e il sole ancora stentava di cessare. Vista l’indifferenza del criminale, il capo gruppo entrò in argomento ancora più profondamente, dando loro ciò che volevano sentirsi dire.
E’ ancora vivo. L’abbiamo curato noi al campo … La strada che dovrete prendere è quella delle cartiere. Ve la sentite di andar soli o avete bisogno di un mio uomo?“
Era quello che volevano, una risposta così dannatamente dettagliata, se l’avesse sentita di persona il Parro, avrebbe fatto di quell’uomo il suo idolo. Aveva salvato uno dei suoi migliori agenti criminali, l’Infame. Ed ora la decisione spettava a Mav, proseguire per cercare l’amico o tornare dal Parro con la notizia che egli sperava di più. Cercò il telefonino, ma purtroppo non c’era nessuna fottuta linea, il che lo avrebbe costretto a prendere una decisione importante. Dove diavolo si era cacciato??? Se fosse rimasto con loro, forse …
Mav, che famo? Lo stamo a seguì? Quillu  è n folle e … “
Ma Mav aveva capito cosa fare. Non ci sarebbe stata un’altra occasione come quella per mostrare il proprio talento giovanile. Mav e il Bondo avrebbero fatto tornare il sorriso al Parro. Avrebbero scelto la via degli audaci, dovevano continuare a cercarlo, fino alla morte.
La risposta fu talmente chiara che inizialmente il Biondo appariva molto contrariato all’idea di addentrarsi in quella zona di Tivoli sorvegliata dagli uomini della Sterminio.
Lu vu capi??? N ce staranno altre occasioni comme quisse !!! “
Il Biondo tentennò leggermente, cercando con lo sguardo il capo del gruppo zingari, il quale, non avrebbe emesso alcuna parola, senza aver atteso la risposta del più giovane.
Vabbè, gi sto, ma n te venisse n mente de fa cazzate che pe me è n sacrificio fa ste cose. “
Il sorriso di Mav abbagliò anche lo sguardo, quasi perso nel nulla, di Massimo, il quale fino a qualche attimo prima appariva quasi scoraggiato; ora, invece, il suo viso si illuminò di una luce portatrice di speranza. Sembrava tutto dannatamente perfetto, solo per il fatto di essere sorvegliati anche all’interno dello stesso gruppo.
Armati fino ai denti, senza alcun aiuto, i due della banda del Parro tentarono quest’impresa, come fosse un’ulteriore missione a cui erano stati sottoposti. Purtroppo le cose non andarono come da previsione. La giovinezza crea intraprendenza, audacia e, allo stesso tempo, stupidità. E lo stesso accadde con i due talenti del Parro i quali, appena entrarono nelle cartiere, alla ricerca dell’Infame, vennero accolti da una raffica di piombo rovente. Quattro killer professionisti si erano appostati proprio nell’ala orientale, quella più vicina all’ingresso, per far sì di non fallire l’obiettivo nell’oscurità del luogo. L’esperienza di Lory e di Er Thunder, accompagnati da Dodo e Leo, aveva prevalso, dato che per i due della gang rivale fu praticamente impossibile cercare una reazione. Sono bastate due raffiche in pieno torace da parte di tutti e quattro per concludere la faccenda e per mandare un chiaro messaggio. Il Kobra ne sarebbe stato orgoglioso, addestrare degli uomini anche in campo nemico risultò essere una manovra decisamente strepitosa. Significava mobilitare il proprio esercito anche in campo nemico.
Quel giorno sarà ricordato a Tivoli come uno dei più incredibili di sempre. Non solo degli spari nelle cartiere avevano attirato numerosi “spettatori”, ma allo stesso tempo, qualcosa di grosso stava per succedere in una delle sedi principali del Kobra, nella banca di Viale Tomei. Cane Pazzo non aveva digerito le parole del Mollo, il messaggero del Kobra, secondo il quale il suo capo non avrebbe diviso la taglia dell’infame in quanto il criminale è ancora vivo e vegeto, cosa che il capo della Sterminio non può accettare.
Tiber decise che sarebbe stato meglio aspettare all’esterno, sia per eventuali arrivi poco gradevoli, che per tagliare la corda al momento più opportuno. La banca non era dotata di metal detector poiché ancora in riparazione e le poche telecamere erano state digitalmente manomesse da uno stratega quale Fuego, molto brave in ambito informatico. L’unica pecca era data dal fatto che dalla centrale di polizia, oltretutto non troppo distante dal luogo in questione, avrebbero continuato a vedere un’immagine poco animata e ciò avrebbe fatto scattare qualche dubbio ai più scaltri. La rapina non poteva fallire, non in quella sede.
Er Cecco, il noto contabile del Kobra, lavorava come sempre dalla mattina alla sera cinque giorni a settimana, ricevendo un’ottima retribuzione mensile di ben 5000 euro. Insomma, per un ragazzo che non ama fare niente nella vita e per il fatto di avere molti contatti, Er Cecco se l’è cavata piuttosto egregiamente, tanto che oggigiorno la maggior parte dei suoi conoscenti, lo rispettano a tal punto da regalargli sempre della roba da portare poi a casa.
Se solo sapessero cosa indossa realmente sotto la sua vera maschera. Quel giorno, appariva piuttosto stanco per via di un duro lavoro che gli stava facendo fare il direttore Damiano Petrucci, grande amico del padre. Era vero, la maggior parte del tempo il criminale lo passava tra giornali e caffè, ma quel poco che restava lo dedicava interamente al lavoro in banca. Non faceva freddo ma un thè ci sarebbe stato molto bene.
Signor Petrucci, vado a prendemme un caffè, posso? “
Bastò un occhiolino per il direttore di banca, tanto i due si conoscevano bene da anni. D’altro canto, il signor Petrucci non amava chiacchierare durante le ore lavorative, e questo a dimostrazione della sua saggezza come uomo d’affari. Le chiacchiere disperdevano il lavoro, la concentrazione disperdeva le chiacchiere. Una sorta di motto del Petrucci, un ottimo motto per dare il meglio. E i risultati arrivavano ogni giorno. Sarebbero arrivati anche a Cecco, se solo riuscisse a far funzionare quella dannata macchinetta che non sembrava averne voglia di mettersi in funzione. Proprio in quel momento, un uomo lo spinse per sbaglio in avanti, facendolo terminare contro la macchinetta che rischiò di cadere lateralmente.
“ Se po sapè perchèèè l’avete fatto, nsomma, mica stemo in piazza, stiamo attenti, su!!”
Esclamò Er Cecco all’uomo che lo aveva spintonato verso la macchinetta. Ecco che apparve il direttore, come sempre in prima linea che fermò i tre uomini. C’era qualcosa di strano nell’aria e Cecco se ne accorse quando notò che anche gli altri due si erano fermati all’unisono e che uno di loro indossava un polsino indistinguibile. Così mentre il direttor Petrucci continuava con le sue scuse nei confronti dei tre signori, il contabile era rientrato nel suo gabbiotto e, dopo essersi inchinato sotto la scrivania, premette un tasto rosso, coperto da un velo nero.
Stavota n me scappate, belli de casa!!!! “
Proprio in quel momento, mentre l’uomo dal polsino indistinguibile puntò una pistola contro il direttore, gli altri due si erano già messi in azione prendendo in ostaggio una donna dalla giovane età.
State in trappola, figli di puttana!! “
In lontananza, ecco l’eco delle sirene della polizia avvicinarsi sempre di più alla banca. Fuego e gli altri preferirono fuggire dinnanzi a quel bordello, tanto che Tiber capì come tutto fosse andato storto. Niente rapina, niente danni, solo un ostaggio!! Fenrir si portò dietro saggiamente la donna, mentre Tiber, rimettendo in fretta e furia l’automobile, ordinò al Cero:
Piate la Gatling, sottu allu sedile destro!! “
Er Cero, senza farselo ripetere, si lanciò all’interno del furgoncino che avrebbe dovuto trasportare migliaia di soldoni sonanti ed invece il colpo era stato un totale fiasco e di questo Cane Pazzo non ne sarebbe stato affatto felice. La macchina di riserva gli attendeva al cimitero, i manichini erano tutti pronti. Il progetto per la fuga era stato ideato come sempre da Tiber che, oltre ad essere uno strepitoso pilota, adorava creare inganni su inganni. Tuttavia, la zona pullulava di gente del Kobra tanto che Fuego, dovendosi sporgere parecchio per sparare contro le volanti della Polizia, venne colpito in pieno in mezzo agli occhi.
Prestooo!! N cecchino!!!!  Gi sta n cecchinooo!! “
Urlò a squarciavola Er Cero, con la gatling puntata sul tetto alla loro destra. Una tremenda raffica di schegge colpì il cecchino ma non lo uccise tanto che uno dei suoi proiettili colpì l’arma del Cero, salvandogli la vita. Fuego era lì disteso sul sedile, morto stecchito, con gli occhi aperti e lo sguardo perso.
Per i rimanenti, la fortuna li accompagnò, o per meglio dire la Gatling del Cero li aiutò a distanziare quel tanto che bastava le volanti degli sbirri. Giunti al cimitero, Tiber spifferò due paroline alla ragazza tenuta in ostaggio, mostrandole un apparecchio con un pulsante rosso e una radiolina proprio sul sedile: “ Seguime, allora statte bona e te salvi la vita!!! Questa radiolina ti terrà in contatto con la polizia, dì loro che siamo ancora qui nel furgone, strilla gracchia, fa quillu che voi, strilla che te stanno a fa fori e vedi comme vengono qui gli sbirri!! Ma se n lo fai, statte bona che farai na brutta finaccia!!! “
L’ostaggio, in preda all’agitazione, non riuscì neanche a dire  “sì”, mentre cercava di calmarsi, di placare tutta quell’ansia, quel tremendo terrore che aveva provato sin da quel momento in banca.
Tiber controllò anche i manichini posizionati accanto al furgone con false armi in pugno, proprio per attirare l’attenzione degli agenti, proprio così come era pronta la registrazione alle parole della donna che si sarebbero così mischiate con quelle falsate dei criminali. Il piano era fallito, ma la fuga era stata estremamente incredibile. L’ingegno del Tiber stava avendo ancora una volta la meglio.
I quattro levarono le tende guidando una “onesta” fiat punto nera, con una targa “ innocente ”, dove sotto ad un asse del portabagagli c’era un’intera collezione di vere armi. La polizia, come da previsione, cascò in pieno nel tranello ingegnato da Tiber che si godè l’intera visione da un punto più alto del panorama. La rapina era fallita, vero, ma quella fuga era degna dell’Oscar!!! La fortuna era che per strada non c’era nessuno in grado di identificarli e questo giovò a loro favore.
Poi, proseguendo per Tiburto, se ne tornarono con il cadavere di Fuego nascosto da una serie di abiti e con il morale nettamente calato dopo questo fallimento che aveva procurato loro solo dei danni

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


7 CAPITOLO:
Tramite l’utilizzo di una lunga fune, era riuscito ad irrompere nell’abitazione del capo della banda Sterminio, ovvero  Cane Pazzo. Quest’ultimo venne colto alla sprovvista, tanto che dovette accoglierlo con un sorriso, come se in realtà si sarebbe il suo arrivo segreto.
Lo scopo dell’Infame era evidente: Cane Pazzo gli offrì persino del vino, cosa che il criminale ricercato non accettò. Non voleva rischiare di venire drogato da un rivale, sarebbe stato troppo banale per uno esperto come l’Infame. Gli occhi del boss sembravano davvero molto sorridenti, al contrario di ciò che si aspettava il criminale.
“ N te alleà, co quel fottuto bastardo dellu Kobra!!! Vole solu sta pellaccia, n te darà gnente de gnente … Te sta mbrogghia!! “
Le parole dell’Infame sarebbero risuonate assolutamente convincenti a chiunque, non però ad un uomo così importante come Cane Pazzo, il quale non lo stette minimamente ad ascoltare ...
Sacciu solu sta cosa … Te facciu fori e me pigghio la taglia, che ne pensi? “
Cane Pazzo però continuava a sorridere senza muovere un dito, né contro di lui, né in direzione di un’arma o di un oggetto contundente lì intorno. Sembrava come se fosse un gioco, al quale il capo non avrebbe fallito e di questo l’Infame si stupiva. Era vero, non era armato, aveva solo un coltellino, ma con quello gli avrebbe anche potuto tagliare la gola. Ma il boss sapeva che non l’avrebbe fatto, a meno di non far scatenare una vera e propria guerra tra le file della banda Sterminio e quella del Parro, il quale non avrebbe accolto molto bene l’idea dell’Infame.
Nessuna taglia, n ce sta nessuna taglia, lo voi capì? “
Il capo non risposte, stavolta. Fissò gli occhi duri e ribelli dell’Infame, occhi che sembravano pietre di dolore e di verità combinate. La maggior parte della gente lo credeva morto, quando invece era lì, davanti al capo rivale, senza nessun’arma, se non si conta quello stupido coltellino. Se qualcuno fosse entrato in quel momento? Se lo avessero visto lì, vivo e vegeto di fronte a Cane Pazzo???
 
Il Parro continuava a rimpiangere il momento di aver mandato dei rinforzi così giovani e di non averci pensato su prima: l’Infame era vivo, che senso avrebbe mandare degli uomini a controllare? Non era tipo da rimanere più di due ore nello stesso luogo, perciò sarebbe stato quasi impossibile ritrovarlo per i due inesperti criminali.
Le loro chiamate si erano interrotte ancora prima di trovare l’automobile dell’Infame, ridotta in frantumi dopo quel volo dalla Panoramica. Si accese un’altra sigaretta, tanto per passare il tempo dato che, oltre alla sua donna Ellen, non c’era nessun altro quel pomeriggio nella sua abitazione. Ellen gli si avvicinò accarezzandogli il mento, proprio come piaceva a lui.
Statte tranquillo, more. So inesperti, se, lo sapemo, ma sapemo anche che fannu parte della nostra banda … E quinni n so novellini … “
La ragazza tentava di fargli risollevare il morale, ma il Parro non sembrava proprio in vena di continuare in quel modo: doveva agire, doveva fare qualcosa … Ma cosa???
Proprio in quel momento, Lu Doce fece la sua apparizione nella sala dell’abitazione del capo. Sembrava parecchio sudato, doveva aver corso per parecchi metri, per di più con quella temperatura.
Capo, n so ancora tornati? “
Chiese con estrema cura e calma uno degli uomini migliori del Parro.
Il capo appariva esausto, in quei giorni nulla gli andava bene. Scosse il capo, fissando sempre la sua sigaretta, quasi in segno di ispirazione. Ma l’unica cosa che vedeva erano i cadaveri dei suoi due agenti.
“ Capo, Er Secco e Mancio n pozzono anna a smucignà perché so occupati, n ce sta nessuno pronto a … Aspè, capo, c’ho n’idea. Ve ricordate de quilli amici mea de Caggiano??? “
In una frazione di un secondo, lo sguardo perso del Parro cambiò vertiginosamente e si spostò dalla sigaretta al volto speranzoso del suo uomo. Lu Doce sembrava aver ricucito la ferita inflitta al Parro.
Certo che sì, cazzo!! Quannu pozzono veni qui? “
Lu Doce si guardò attorno, in attesa di risposte, poi, afferrò il cellulare e lo mostrò al capo … Doveva solo chiamarli e farli venire, in cambio chiaramente di una ricompensa monetaria, niente di che, il denaro non mancava di certo, non era quello il problema … Per il Parro, Caggiano aveva significato molto in passato, ma erano passati troppo anni oramai dall’ultima volta in cui ci era stato …
“ Capo, mo te li chiamo subbito!! “
Il volto del Parro era tornato a sorridere, proprio come un tempo, ma ora non poteva più fallire, non lo aveva mai fatto, tutto quel casino in pochissime ore. Prima il fallimento dell’Infame che aveva sì raggiunto l’obiettivo ma poi era stato scoperto, poi l’agguato al suo miglior agente, poi la scomparsa di altri due criminali del suo gruppo. Finalmente, stando al detto, dopo la tempesta, sarebbe uscito il sole e se l’arrivo di quattro esperti come quelli di Caggiano rappresentassero questa luce che sapeva di rinascita, allora sì che le cose sarebbero cambiate … In meglio …
 
Lavorare nel municipio gli aveva recato sia grandi danni, sia grandi vantaggi riguardo il suo ruolo nella banda di Cane Pazzo. Il capo gli aveva ordinato di controllare cosa ci fosse sotto tutto quello, doveva scoprire se tra il Kobra e il sindaco Ferri c’era davvero qualcosa sotto sotto. Il loro rapporto, con la morte dell’Infame, sarebbe migliorato a dismisura, cosa che stava letteralmente accadendo in quel periodo. E la Sterminio stava guadagnando troppo poco per sperare di sconfiggerla definitivamente.
Augusto si era appena diretto nell’ufficio del sindaco. Era riuscito ad accaparrarsi le chiavi di riserva, dopo aver somministrato segretamente del sonnifero al vice sindaco, Raudi.
L’ufficio del sindaco non era per niente grande, non c’erano nascondigli, almeno visibili ad occhio nudo e, inoltre, aveva una strana forma a rombo. Al centro era stata collocata la lunga scrivania del primo cittadino, colma zeppa di scartoffie, appunti, un pacchetto di sigari cubani e un registro nero che attirò l’attenzione dell’uomo. Lo aprì e ne dedusse che c’era qualcosa di strano. Delle lettere erano comparse agli occhi dell’uomo. Una per una, Augusto le sfogliò, ma non trovò nulla di interessante, fino a che non si imbatté in qualcosa di veramente clamoroso … Stando a quell’ultima lettera, peraltro scritta in perfetto linguaggio italiano, il Sindaco Ferri e quel qualcuno si erano alleati per far fronte al primo pericolo di nome Infame, dopodiché avrebbero colpito anche Cane Pazzo. Ma non era tutto, la storia della taglia per la morte dell’Infame, era solo una scusa per non far sporcare le mani agli agenti della Tibur Uno. In effetti, era chiaro: catturare l’Infame era un po’ come prendere un ago in un pagliaio, come cercare di trattenere il vento nelle proprie mani. Praticamente impossibile, contro ogni natura. E, a meno di qualche presunto stregone, non ci sarebbe stato nessuno in grado di fare questo. Gli uomini del Kobra sarebbero rimasti totalmente fuori dai guai, protetti dalla profonda amicizia con il sindaco. E’ vero, non c’era nessun nome, poteva scriverla chiunque: ma Cane Pazzo aveva dubitato sin dall’inizio del Kobra e portargli quella lettera, sarebbe stato come dirgli la verità. Si affrettò a chiudere il registro, afferrando con entrambe le mani l’ultima lettera, quella che appunto illustrava il rapporto del sindaco con questo uomo “misterioso” che, secondo Augusto (e forse non solo secondo lui), doveva essere proprio il Kobra.   
Quella lettera “scottava” così tanto che Augusto si chiedeva come avesse fatto Ferri a lasciarla lì sola soletta, tanto che era piuttosto preoccupato e non riusciva a darsi una risposta. Ma la cosa importante era tornare dal capo per informarlo della cruda verità, di quello che si stava complottando dietro le quinte.
Cinque minuti e la verità sarebbe stata diffusa e, nel breve tempo, il Parro e Cane Pazzo si sarebbero schierati contro quel bastardo del sindaco e del Kobra e non ci sarebbe stata alcuna pietà, quella volta.
Non ci dovevano essere errori, questo era il primo costante pensiero che si rifletteva nella mente di Augusto dopo quella incredibile scoperta. Se solo avesse saputo che da un momento all’altro, tutto quello gli si sarebbe rivoltato contro.
Appena entrato in ascensore, capì che qualcosa non andava. Il cuore gli iniziò a battere all’impazzata, senza conoscerne la ragione, così come una puzza incredibile lo stava soffocando. In meno di dieci secondi, l’ascensore venne riempita da uno strano gas, probabilmente nocivo alla salute umana tanto che Augusto crollò a terra. L’uomo non era privo di sensi. Era morto. L’ascensore, che sarebbe dovuta arrivare al piano terra, si bloccò al secondo livello, completamente vuoto. Questo diede la possibilità alla Bionda del Kobra di prendere possesso della lettera, di bruciarla e di distendere il cadavere di Augusto all’interno di una grossa sacca nera. Poi, prese il cellulare e riferì il tutto …
Fattu, Kò, tuttu a posto … Eliminato!! “
Dall’altro lato del telefono, il Kobra sorrise alle parole della Bionda, mentre con l’altra mano accarezzava il corpo della Mora con tanto di eccitanti carezze.
Fa sparì lu corpu ... “
Detto questo, poggiò il cellulare e si godette la notizia, facendo l’amore con la sua Mora. Insomma, se il Kobra è davvero felice per come si stanno sviluppando gli eventi, l’Infame si era cacciato egli stesso in una fottuta trappola. Una guardia di Cane Pazzo lo aveva stordito, mandandolo nel mondo dei sogni.
Stavolta, n gi sta scampo pe te, Infame … Chiamate a polizia, lu sindaco  e lu Kobra. Vogghiu la ricompensa … E subbito, cazzo!! “
Gli ordini di Cane Pazzo erano stati chiari: voleva che tutti lo vedessero di fronte all’Infame. Il primo con una pistola puntata contro la sua fronte, il secondo privo di energia, pronto ad essere consegnato al carcere una volta per tutte. Il primo vincitore, il secondo perdente.
Se solo Cane Pazzo avesse saputo la verità … Probabilmente, sarebbe stato tutto diverso … Probabilmente, l’Infame adesso non avrebbe fatto ricorso alle proprie abilità per disarmare sia Cane Pazzo sia la sua guardia per tornare ad essere un uomo libero … Ovvero con un’arma in mano … Il sogno di Cane Pazzo era stato infranto in pochi attimi, così come quello del Kobra di trovarlo prigioniero …
L’Infame era un’anima libera e per sempre sarebbe stato così … 
 

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


8 CAPITOLO:
Non facendo tempo a convocare gli agenti di polizia, decise di promuovere come capo dell’operazione proprio il Kobra, il quale avrebbe agito con maggiore libertà. Lo voleva morto, era questo l’ordine impartito dal sindaco; un ordine assolutamente condiviso dal Kobra che si era letteralmente stufato di essere preso in giro sia da Cane Pazzo sia dalla polizia stessa. Il capo della Sterminio diceva di averlo preso e di essere stato gabbato da un tranello dell’Infame: non che l’uomo fosse uno stupido, e la cosa stupì tanto il Kobra quanto i suoi uomini. FMO, er Thunder e Giangy erano sempre lì con lui, mentre Zimmo, al solito con la sua ragazza Lalla e Er Mollo erano appena giunti. Erano ben armati e quello era già un vantaggio nei confronti di un Infame, solo, perso nel nulla ed armato solo di pistola.
FMO, lo stratega della squadra, si avvicinò al capo con estrema cautela, bisbigliandogli qualcosa all’orecchio:
Dovemo controlla i tetti … L’Infame sa che è l’unico modo pe scappa!! “
Nel suo tono c’era rancore e voglia di mettersi alla prova chiaramente. Ma il Kobra doveva tenere a freno i suoi bollenti spiriti. Convocò i suoi uomini e disse loro di vigilare su tutti i tetti. L’Infame, anche secondo lui, è passato di là per fuggire via. Un paio di finestre sui secondi piani
Stamo a smucigna un killer, perciò statevene boni a casa!! “
Cinque anziane signore richiusero immediatamente le loro finestre all’ordine di Er Pilu, il fedele killer del Kobra, il quale sembrava attenderlo, come sempre, con grande impazienza. Se c’era un uomo sul quale avrebbe puntata, era proprio lui, quella bestia assetata di sangue, le cui pupille trasmettevano odio e ferocia allo stato sovrumano. Proprio l’uomo ideale in quel momento: un segugio in piena regola, un cacciatore pronto per infilzare la sua preda!!!
N vogghiu sbagli; suppeli tetti dovete smucigna comme mai sete fattu!!! Vogghiu che lo andate a pigliare, anche all’inferno!! Ce semo capiti? “
Mentre una decina di uomini iniziarono a proibire alla gente di disturbare le loro indagini, Er Pilu, accompagnato da gente come FMO, Cecco e Zimmo si preparò a condurre la missione da Kobra annunciata. Avrebbero controllato ogni minima traccia sui tetti, avrebbero chiesto e lo avrebbero scovato, almeno secondo il pensiero del Pilu. Se solo conoscessero l’agilità dell’Infame, si farebbero molti più scrupoli del solito. Eppure, è ben noto per le sue malefatte contro gli uomini del Kobra. L’Infame per lui sta diventando come un ago in un pagliaio. Impossibile da acciuffare. L’Infame, con la pistola inserita tra cinta e jeans, era appena riuscito a toccare di nuovo la terraferma, dopo dieci minuti di camminata sugli alberi, quasi come fosse un uomo scimmia. L’importante era conservare la pellaccia, anche a costo di attraversare gli Inferi. E quell’arma, vecchia o meno, gli conferiva un’aria da uomo sopravvissuto. Gli trasmetteva energia, lo faceva sentire vivo, come un buon vino per un intenditore, come una bella donna per un uomo. Appena messo piede a Villa Gregoriana, vide un gruppo di turisti stranieri passeggiare lungo uno degli argini del fiume Aniene. La vista, come al solito spettacolare, impegnava costantemente i turisti nelle loro osservanze favorendo notevolmente il criminale che, muovendosi rapidamente e furtivamente, riuscì a raggiungere una lontana grotta priva di luce.
 
Se po’ sape perché c’hai da fa???!!! Nsomma, n me la racconti giusta, Vitto!!!! Me so rotto!! L’aiuto meo te o si scordatu?? “
La voce starnazzante del Doce avrebbe fatto sobbalzare il Parro come non pochi, ma il capo conosceva la situazione, conosceva anche in parte Don Vittore. Era un tipo benestante, amante del lusso e delle finezze della vita materiale. Ma se si trattava della sua vita, avrebbe venduto anche la sua migliore dimora pur di salvare la pellaccia.
Al confronto, la voce di Vittore appariva calma e molto fredda, priva di sensazioni, proprio per dare risposte al Doce. Un vero capo doveva essere così, non doveva mostrare i suoi assi. Il Parro aveva una voce simile, tanto che per il Doce sembrò quasi parlare con lui.
Non ho alcuna paura di voi, né tantomeno della reazione del Parro. Parli del tuo aiuto nei miei confronti? Ti ho pagato, è una questione chiusa, Doce. Noi non ci conosciamo, noi … “
… La questione municipale … Te tengo in asso!! “
Il conversare tra i due cessò di botto, come se qualcuno fosse riuscito nell’intento di azzittire completamente il capo della banda caggianese. Don Vittore non fiatò per qualche istante, come riprendendo fiato da quella batosta. Avevano ottenuto il potere nel comune caggianese solo grazie ai loro imbrogli elettorali e di questo tutta la banda del Parro era a conoscenza, ma soprattutto Lu Doce, il quale conosceva alla perfezione i grandi amiconi del Vittore.
“ T’alzo la somma. Te faccio 6000 bigliettoni. Che ne pensi? “
Aggiunse il Doce mentre la porta della sua camera s’aprì di botto, facendo sbattere la finestra con un tremendo “tum” . Il Parro aveva effettuato in tutta la sua imponenza il proprio ingresso, disturbando solo mentalmente il Doce che gli mostrò come andasse tutto bene. Sempre sorridendo, il ragazzo annuì con il capo, in modo da fargli capire come non ci fossero problemi, come tutto filasse liscio come l’olio. In realtà, non era proprio così, era dovuto ricorrere a molte vie di fuga, ma meglio di niente, doveva conquistare la fiducia del Parro.
A chiamata terminata, il Parro si accostò accanto al Doce e, con il suo sguardo profondo, gli chiese quasi come un rimprovero …
Si sicuro che n ce stannu problemi? “
Lu Doce era pronto per ogni tipo di domanda, anche per quella ovviamente. Non era uno che amava lasciare spiegazioni riguardo alle sue faccende, ma diciamo che quella situazione avrebbe fornito un futuro alla banda. O meglio, se tutto fosse filato dannatamente liscio. La questione municipale, gli riferì, era stato un argomento da mettere in ballo dato che il capo del crimine caggianese non voleva aver problemi con altre zone. Aveva già abbastanza guai e quell’argomento doveva restar muto come una tomba.
Con gli occhi di un uomo stanco di vivere, di un uomo che sembra non aver dormito negli ultimi tre giorni, il Parro decise che era tempo di chiarire la situazione emergente con il club di Caggiano. Era tempo di ritrovare l’Infame, era tempo di muoversi!!!
“ Quantu si bono!!! Te vogghiu!!! Te vogghiu tantu!! “
La voce era quella di Ellen … E il respiro affannoso era quello di …
La ragazza lo stava per baciare nel buio del ripostiglio quand’ecco che un’altra voce, stavolta da ragazzo, si combinò ai sospiri della fidanzata del Parro. A malapena ci entravano in quel ripostiglio, ma Ellen sembrava portare importanti informazioni.
Guarda qua … “
Ellen gli passò un piccolo taccuino da passeggio, recanti alcuni appunti piuttosto importanti, stando a ciò che sembrava voler dire la ragazza. Dopo aver acceso una lampadina poco luminosa, gli occhi del ragazzo si puntarono tutti diretti verso il foglietto bianco del taccuino.
“ Tum “
La porta del ripostiglio sbatté più volte, facendo ammutolire il silenzio che regnava attorno al luogo. Ellen ebbe un fremito di terrore all’idea che qualcuno potesse scoprire del suo tradimento nei confronti del Parro; o che potessero fare brusche allusioni al suo rapporto con il Mancio. Non voleva che niente si sapesse, tanto che fino ad allora era stata molto abile a tenere tutto per sé, ottenendo sempre la piena fiducia del Capo. Non appena terminato di leggere, Mancio spense la luce, riponendo i loro corpi nell’oscurità. La ragazza non perse tempo a sbaciucchiarlo ripetutamente come presa da un attacco isterico. Sembrava non volerlo lasciare, come fosse incollata a lui. Eppure, perché dimenticarsi l’amore del capo di una banda per uno dei suoi tanti uomini? Er Mancio non lo temeva affatto, ma sapeva che una eventuale indagine avrebbe fatto sì che di Mancio non si sarebbe mai più sentito parlare per Tivoli, né dintorni. E per Ellen sarebbero stati guai, guai amari.
Ma che cazzo … Fermo, Be “
Un attimo prima, la saletta sembrava ospitare solo i fantasmi di quella piccola abitazione, contigua alla sede originale della banda; Andrew Gray e Bebbo avevano appena compiuto il loro ingresso in casa, quasi per attendere di ricevere altri ordini da Ellen, la ragazza del boss.
Se solo avessero saputo prima che ci fosse anche Er Mancio, allora forse si sarebbero comportati in maniera alquanto differente.
La porta del ripostiglio si aprì scricchiolando molto lentamente come se a spostarla non fossero arti umani, bensì il semplice, lieve e soffice tocco del vento in corrispondenza dei cardini. Una breve rotazione e due individui apparvero all’interno della saletta in versione magazzino. Si fermarono immobili, gli occhi fissi l’un sull’altro, le mani strette come fossero incatenati.
Semo uniti, n evve? “
La voce d’Er Mancio sembrava vestire gli abiti della speranza; forse era preoccupato per qualcosa, per la loro situazione … E se il capo li avesse scoperti? Gray e Bebbo avevano fatto in tempo a nascondersi dietro un largo mobile, la cui superficie era stracolma di polvere. Una bella pulitina non sarebbe stata male in quel luogo …
Tranqui … Si lettu tuttu sì ? “
Con lo sguardo fisso sui due “cospiratori”, Gray ne dedusse l’importanza di quella scoperta. Capì come i problemi non fossero solamente di provenienza esterna e questo faceva sì che la banda correva davvero un grave pericolo.
Nel frattempo, le indagini proseguivano senza ripensamenti ma dell’Infame ancora nessuna traccia. Il Kobra rimase con il Sindaco con l’intento di capirci qualcosa. Cane Pazzo era appena stato condotto in carcere da un gruppo di agenti di polizia.
Vedi che senza quillu strunzu potemo fa quillu che … “
Ma il sindaco neanche terminò la frase che il Kobra aveva preso la via di casa con la sua auto privata. Si era letteralmente stufato di Ferri, di Cane Pazzo e di tutti quegli altri incapaci. L’Infame era il suo obiettivo da troppo tempo e non riuscivano neanche a scorgerlo. Non era uno spettro, cazzo!!! Era solo un uomo, un uomo come tutti loro. Poi, una vibrazione all’interno di una delle tasche dei pantaloni verdi.
Pronto … Sì … Lory, me senti? “
Il numero corrispondeva a quello di uno dei suoi agenti migliori. Non solo si fidava di quel ragazzo, esperto nell’utilizzo di congegni esplosivi, ma sapeva che senza di lui non avrebbe portato a termine missioni dannatamente importanti per il suo ruolo in quella cittadina.
Poteva apparire come un ragazzino poco in gamba, quand’invece i risultati e le sue abilità rispecchiavano un mondo totalmente diverso.
Capo, so Lory, sì … Ascoltame … Le tracce se so perse a pochi passi da Villa Gregoriana … Sapemo ch’è un bruttu posto pe gli agguati e lui ha na pistola. E  …”
Ma il Kobra aveva già sentito troppo; Lory era inesperto e questo lo rendeva poco pratico di fronte a quelle situazioni tutte da preparare. Ma aveva fiducia in FMO, lo stratega degli strateghi, lui era il teorico della banda, secondo solo a FMO; e in mezzo a quel gruppetto di criminali c’era anche Er Pilu, il più bastardo che ci sia. E l’Infame ne avrebbe finalmente avuto la prova. Per Lory, la risposta fu talmente chiara che  lui e gli altri non persero tempo e si infiltrarono nella zona di Villa Gregoriana. Lory non aveva apprezzato il trattamento del capo, ma non aveva avuto scelta che continuare le indagini pur di trovarlo. Non potevano fallire ora che l’obiettivo era probabilmente molto, ma molto vicino, più di quanto loro pensassero, forse.
“ Sta vota è nostro, raga … “
 
Il Kobra era appena tornato a casa … La Bionda gli venne incontro, quasi allarmata … Aveva una lettera in mano … Il Kobra, vedendo del terrore nei suoi occhi, la prese immediatamente …
La felicità del Kobra per aver quasi catturato l’Infame sembrò definitivamente svanire nel nulla. C’era un altro fottuto problema, ora … Un problema molto più grande di lui …

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


9 CAPITOLO:
 
Kobra aveva appena scoperto come gli uomini di Cane Pazzo avevano fatto irruzione a Villa Gregoriana per eliminare i suoi uomini dopo che il loro capo era stato messo in prigione da Kobra stesso. Sarebbe dovuto intervenire immediatamente promettendo ricchezze a tutti gli uomini coinvolti. Infatti, a Villa Gregoriana, mentre l’Infame sembra apparire al sicuro in una delle grotte più distanti dall’ingresso, due gruppi di uomini si stanno muovendo molto frettolosamente, per controllare eventuali tracce lasciate. Il primo gruppo di uomini sta inseguendo l’Infame, il pericolo numero uno un po’per tutta Tivoli. Il secondo, al contrario, ha come proprità quello di eliminare gli uomini migliori del Kobra, per poi pensare all’Infame, una volta vendicato Cane Pazzo, ora dentro per colpa del loro capo.
FMO, Cecco, Zimmo, Giangy, Lory, Er Thunder e il killer Er Pilunon sprecavano un secondo per non sottolineare ogni particolare del loro percorso. Avevano veri e propri segugi come Giangy, Zimmo e lo stesso FMO, un talento vero e proprio nell’organizzare missioni, ma anche nell’eseguirle. Per non parlare dell’uomo bomba, ovvero Lory, noto come il più esperto di esplosivi della zona. Cecco, invece, a differenza degli altri, era perlopiù un contabile e dunque sapeva fare ben poco in occasioni come quelle. Diciamo che si è ritrovato in mezzo a tutto quel casino.
Al loro inseguimento c’erano Varia, conosciuto per essere un noto trafficante di droga, Falco, un esperto di automobili, Er Cero, spietato killer, Elektro, l’informatore della gang e Fenrir, un degno picchiatore di strada. Erano solo in cinque in quanto Cane Pazzo, nelle ultime settimane, aveva perso gente dannatamente importante che avrebbe potuto concludere la ricerca dell’Infame in un men che non si dica.
Chissà se il Kobra ce l’avrebbe fatta, chissà se tutto quello che stava cercando, lo avrebbe trovato lì, a Villa Gregoriana. L’Infame, intanto, se ne stava tranquillo tranquillo all’interno di una piccolissima grotta riparata tra varie rocce, a debita distanza dai vari killer. Il problema del Kobra però non era più tanto lui, quanto evitare un possibile scontro tra i due gruppetti e tutto per sua colpa. Doveva calmarli e farli ragionare.
Lasciano tracce troppu evidenti … N zanno che gi stemo pure noi … “
Le impronte di uno stivale abbastanza largo da non poter essere confuso: era quello di Giangy, uno degli uomini del Kobra ed Er Cero, il più in gamba tra i cinque, ne era certo: non erano poi così lontani.
E se beccamo prima l’infame? “
La domanda di un inesperto Falco ci fa capire come nella squadra di Cane Pazzo l’ignoranza regni sovrana. Er Cero non gli volle neanche rispondere, perché non gli sembrava giusto sprecar fiato per quelle stronzate. Al suo posto, Varia intervenne per un istante, dicendo:
Lo famo fori, che penzi? “
Il tono rauco di Varia fece sobbalzare il Falco che, quando era a piedi, non era più l’uomo sul quale Cane Pazzo avrebbe fatto sicuramente affidamento. Su un automobile, il Falco si trasformava rapidamente, mostrando in quei casi le proprie abilità da guerriero. Ma a piedi, senza un auto a quattro ruote, era come un uomo disperso nel deserto.
Sssshhhh … “
Er Cero si accucciò improvvisamente dietro un’alta cavità rocciosa. Per fortuna, non c’era la benché minima presenza di altri individui. Un gruppetto di sette tizi avanzava molto lentamente, seguendo le impronte di colui che doveva essere l’Infame.
I cinque del Cane Pazzo si distribuirono tutti dietro queste cavità rocciose, in modo da osservare la situazione e sentire i loro discorsi. In effetti, non c’erano più dubbi. L’Infame era l’unico obiettivo. Er Cero mostrò un cronometro. Dieci secondi … Cliccò il pulsante e da dieci, passò a nove, poi ad otto e così via … Er Cero e gli altri già sapevano cosa fare. Proiettili silenziosi in azione e spari a colpo sicuro. Ma proprio in quel momento, da circa tre piani sopra della Villa Gregoriana, il kobra dovette urlare tramite un megafono per salvare la situazione. Iniziò a correre nella loro direzione, gridando:
Noooo!!! N sparate!! N sparate!!! “
Gli uomini di Cane Pazzo si voltarono verso un Kobra senza fiato, ora esposto alla mira dei cinque nemici. Proprio in quel momento, Er Pilu capì che qualcosa non andava e i sette vennero richiamati dal Kobra.
I due gruppetti si incontrarono e Er Pilu, scuotendo la testa, sembrava piuttosto nervoso, in cerca di spiegazioni. Ma il Kobra, essendo il capo, fu molto abile a controllare la gestione della situazione.
Sentiteme … Famo fori l’Infame e dopu penzeremo a Cane Pazzo. Gi dovemo sbriga se volemo fallo fori, però. Me seguite? “
Er Cero, a capo del gruppo rivale, doveva prendere una decisione importante. Non avrebbe di certo potuto permettere uno scontro con tre uomini di meno, non dopo aver assistito da vicino alla morte del suo amico Fuego.
Vabbene … Gi stemo … Ma a patto de na ricompensa maggiore … Cinque omini ssosì no li trovi“
Cecco sbuffò come a dire che erano tutti e cinque raccomandati, ma il Kobra lo fulminò con uno sguardo freddo, privo di alcuna pazienza.
Sì, d’accordo.Venite co noi e verrete ricompensati al megghio “
 
Er Cero non aveva altra scelta che quella di annuire e quindi patteggiare con il Kobra per la cattura dell’uomo che, secondo il capo, aveva dato l’inizio a tutto. Da quella maledettissima serata quando il Kobra lo stava per eliminare, ma poi, per pura fortuna, gli era sfuggito. Ora era solo questione di tempo prima di ritrovarlo … Vivo … O morto …
Cane Pazzo poteva essere l’unica risorsa di salvataggio per l’Infame, ora rinchiuso in una grotta, con un coltello ed una pistola pronti all’uso. Ma aveva le spalle al muro. Nessuna via di fuga, probabilmente. Era finita. Un po’ come per Cane Pazzo, portato in carcere a causa dell’avidità del Kobra. Senza Cane Pazzo, non ci sarebbe stato nessun inseguimento. Il Kobra pensava solo ai suoi sporchi comodi e a nient’altro. Per questo i suoi amici duravano molto poco, un po’ come le sigarette fumate dal capo della Sterminio.
Chi l’avrebbe mai detto: il capo della gang criminale più antica di Tivoli, ora imprigionato, escluso dal mondo, rinchiuso in quella fottuta cella da due soldi. E tutto per colpa di un individuo del quale non si sarebbe mai dovuto fidare. Se avesse solo un momento pensato agli affari tra il sindaco, la polizia e il kobra, non avrebbe dovuto accettare l’incarico di eliminare l’Infame.
Poverino, guardate npo chi c’è … “
A pochi centimetri dalla cella, ecco un uomo abbastanza allegro, stando al suo sorriso stampato sul volto, un tipo alto e magro, ma con la puzza sotto al naso. Odiava i tipi troppo sorridenti, cosa avevano da nascondere??? Il sindaco Ferri avanzò affiancato da due guardie a fargli da scorta e venne condotto nella cella del Cane Pazzo, il quale non proferì parola.
Cane, vuole del cibo in scatola? “
Alla scandalosa battuta del primo cittadino, le due guardie scoppiarono a ridere. Una risata da stronzi, secondo la mentalità del capo della Sterminio. CanePazzo non fiatò, non sprecava di certo delle energie per quei quattro cafoni di troppo. Vero, non gli piaceva essere sottomesso in quel modo, ma a volte bisognava subire per poter reagire al momento opportuno. Il Kobra l’avrebbe potuto far uccidere quando gli pareva e piaceva, ma se non l’ha ancora fatto è per un motivo: senza di lui, il Kobra non avrebbe importanti informazioni riguardo i narcotrafficanti di Tivoli. Varia e il capo erano i due migliori uomini per quegli scambi oltreconfine.
“ Ora passemo all’affari. Dimme, dai, chi so i tuoi amiconi narcotrafficanti? Sputa il rospo, figlio d’un cane!! “
Ecco lì!!! Come pensava … Al momento, non voleva riferire niente a nessuno, non perché avesse paura di loro né del sindaco, quanto del tradimento nei confronti dei suoi uomini. Quindi, l’unica risposta che provenne dalla sua bocca, fu la seguente:
Fanculizzati, pezzu de merda!!!  “
Non era stato di certo tenero con il primo cittadino, ma la risposta sembrava essere giunta a casa base. Il volto del sindaco divenne gonfio d’odio, al contrario di quello delle due guardie che non avrebbero voluto essere nei panni del Canepazzo.
Il colore del suo volto trasmetteva impulsi di violenza, di ira e allo stesso tempo di istinto killer. Nei suoi occhi erano impressi segni di sfida verso Cane Pazzo che, a modo suo, non avrebbe certo rifiutato.
Il sindaco però non perse la pazienza, anzi, sembrò quasi più rallegrato da quella risposta. Non lo sfiorò minimamente, forse perché c’erano quei due testimoni, o forse più probabilmente perché voleva assecondarlo. Era scaltro, ma stavolta aveva incontrato uno ancora più furbo di lui.
Un rumore fece voltare improvvisamente l’Infame. Sembravano dei passi provenire dall’interno della grotta stessa. Ma non potevano essere i suoi inseguitori, anche perché non avrebbero commesso tutti quegli errori. Troppo rumore, secondo l’Infame, per un criminale.
Due occhi verdi apparvero nell’oscurità dell’ambiente, due occhi che colpirono l’Infame con la pistola alzata. Una donna era appena apparsa davanti al fuggiasco. E teneva la pistola puntata contro il suo corpo. L’Infame avrebbe potuto colpirla quando voleva, ma non lo fece. Era Fefe, la donna di Cane Pazzo, non una sua nemica. L’unico problema era farglielo capire. Ma doveva prendere l’iniziativa utilizzando la ragione, senza troppa fretta. Le donne vanno assecondate, portate allo stremo, alla più completa confusione mentale, un po’ come i figli di puttana. E poi, al momento giusto, vanno ricondotte alla ragione per far sì che sia l’essere maschile a prendere in mano la situazione. La ragazza di CanePazzo tremava troppo, non dava segni di irregolarità, per fortuna, ma la mano gli tremava come se avesse il morbo di Parkynson.
 “ Fermo, dove sei!!! N te move!! Si statu tu a portarmi via il mio omo!! Lu sai che dovrei fa adesso? “
Seppur con mano tremante, un click fece capire all’Infame come la ragazza non sembrava voler scherzare. Probabilmente, aveva un solo colpo in canna, ma quel colpo glielo voleva piazzare dritto tra gli occhi. Un colpo secco, senza se o senza ma. Avrebbe sparato entro qualche istante se solo non ci fosse stata la voce del Kobra a distrarre Fefe, la quale mancò il bersaglio proprio quando l’Infame si era lanciato verso la sua sinistra, un ammasso di strati rocciosi che avrebbero resistito a qualunque pistola. Delle urla all’esterno fecero sì che l’Infame capisse che si trovava in una fottuta trappola. Avrebbe dovuto farlo prima, ma siccome per una volta voleva comportarsi da gentleman ecco il risultato scaturito. Colpì la lampadina posta sulla sua testa per far sì di non essere visto da nessuno. Un’uscita sul retro della caverna lo avrebbe portato fuori da quella baraonda.
Perdendo di vista il bersaglio e all’oscuro di tutto, la ragazza colpì le farfalle e il criminale ne approfittò agilmente per disarmarla e, ahimè, prenderla in ostaggio. Non sapeva come avrebbe reagito il Kobra, forse non gli importava neanche della vita di una donna. Ma doveva essere accaduto qualcosa durante la sua fuga. Dov’era CanePazzo??
Cero, fermate, do cazzo vai? “
Le urla del Kobra sarebbero state al di sopra di ogni suo pensiero se non avesse pronunciato quel nome. Cosa?? Er Cero??? Ma è un uomo della Sterminio, uno dei migliori uomini di CanePazzo, che accidenti ci sta facendo qui?? Dovevano essere in troppi anche per uno come l’Infame, armato solo di pistola e pugnale e, per di più, con una donna in ostaggio. Una ragazza che però l’avrebbe potuto salvare.
Statte fermo, Kobra!!! Cero, c’ho Fefe qui, a ragazza der vostro capo!!! “ Fefe strillò tutto il suo terrore, per essersi cacciata in questa brutta situazione, dalla quale soltanto con l’aiuto di Cero e degli altri se la sarebbe cavata. Er Cero stava per parlare quando il Kobra lo ammutolì.
N’è vero, ce pi pe stupidi? Sarà na voce camuffata, quilla!! “
Ma Fefe gridò ancora, rispondendo alle parole del Kobra, sempre più forte, tanto che Er Cero sparò un colpo in aria per far tacere tutti quanti. Si rivolse prima di tutto all’Infame:
Infà, vabbè, lasciala andare, noi te famo passa … Tu però lasciala anda … “
Fefe allora gridò, quasi per salvare la pellaccia dell’Infame …
Ve siete alleati ar Kobra??? CanePazzo  n volea quissu!!! Cazzo, Cero!! Se fidava de te!! Kobra pensa solu a sé stesso!! N ve darà nessuna ricompensa!! “
L’Infame si stupì delle parole della ragazza così quanto Er Cero. Il Kobra tuttavia non rispose, avrebbe potuto dire il contrario, dire che era l’Infame ad aver scatenato tutto, ma Fefe non mentiva. E Kobra non era di certo la prima volta che fregava tutti quanti loro.
Sta a mentì quella baldracca!!! Sta a menti!! L’Infame è lu colpevole!!  “
Ma proprio in quel momento, Fefe e l’Infame uscirono dal loro nascondiglio e il Kobra non esitò niente a far fuoco sui due. Chiunque avesse colpito, al Kobra non importava. L’importante era almeno ferire quell’Infame per renderlo ancora meno pericoloso di quanto non lo sia con tutto sé stesso. Ma non aveva fatto i conti con la fedeltà degli uomini di CanePazzo; una fedeltà che era stata messa a dura prova, ma che ora stava venendo fuori. Ci fu una grossa sparatoria tra le due bande che vide vari feriti. Ma proprio in quel momento, due squadre di polizia (almeno una ventina di agenti) giunsero in zona per calmare le acque. Le nostre telecamere inseguono Fefe e l’Infame che fuggono ancora una volta, seguite a distanza dall’odio del Kobra che ancora una volta resta a mani vuote.
Grazie ad una netta superiorità numerica, gli agenti ebbero la meglio arrestando quattro criminali: tre della Sterminio (Sgarro, Fenrir ed Elektro) e uno della Tibur Uno, un pezzo grosso come FMO.
Ad arrestarli, un gruppo di poliziotti all’ignaro del rapporto tra il Kobra e il capitan Ruggeri. Ma il Kobra era talmente furbo da non farsi beccare dagli agenti. Al primo pericolo, si era già dato alla fuga, senza pensare all’Infame o a Fefe, bensì a difendere la propria pellaccia.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


10 CAPITOLO:
 
Ci spostiamo in un luogo montuoso dove l’unico rumore è il canto degli uccelli che sorvolano le elevate vette delle montagne. Quattro uomini sembrano essere sul punto di caricare tutti i loro attrezzi necessari per cominciare la loro missione. Poi, si può partire alla volta di Tivoli. Non sappiamo dove ci troviamo al momento, ma tra i quattro abbiamo uno che sembra essere il capo di quel gruppetto di individui.
Erano pronti a partire quando qualcosa li arrestò. Un telefonino stava suonando. Menzacauzetta, il più giovane nonché più smilzo tra i quattro, lo afferrò e dedusse come a ricercarlo fosse Er Parro, il loro stretto collaboratore.
Parro, dimmi … “
Il volto del giovane cambiò radicalmente dopo le ultime informazioni ricevute dal Parro. Il Kobra era riuscito evidentemente ad entrare nel corpo della polizia in quanto amico e a gestirla come gli pareva e piaceva. Il Parro è in una grave situazione dopo il casino dell’Infame e Don Vittore sa che è il momento giusto per intervenire a suo favore. Li avrebbe aiutati e poi chissà cosa sarebbe accaduto. Lu Doce era stato da sempre il loro informatore ed aveva sempre recato buone notizie, mai negative come quelle odierne.
“ La situazione sta degenerando. L’Infame è la preda di un po’ tutti e il Parro sembra avere un traditore all’interno della banda. Ha i giorni contati, in poche parole, Vittò … “
L’unico che poteva chiamarlo Vittò era proprio l’intermediario tra la banda del Parro e quella caggianese, ovvero Menzacauzetta, il fratellino del capo. Quest’ultimo, stranamente silenzioso, volgeva come sempre lo sguardo verso l’ambiente esterno, impegnato ad osservare elevati picchi montuosi e numerose fattorie che si protendevano sotto il paese di Caggiano.
La sua smorfia raccontava il pensiero di un uomo sofferente, il cui volto emanava mille differenti espressioni di tristezza, malinconia e voglia di evadere da questo fottuto mondo.
Spaccon, al comando della Jeep, era intento ad inserire un disco musicale nel suo nuovo lettore Cd. Bastava uno sguardo per dedurre tutta la sua abilità con quegli strumenti elettronici e la sua pazienza e ordinaria amministrazione di sé stesso mentre conduceva la sua automobile lungo l’autostrada, la Salerno- Reggio Calabria. Infine, abbiamo Peppino, come sempre alle prese con la sua immancabile bevanda, ovvero una bottiglietta di birra che si porta ovunque vada. Non solo è un vero e proprio spendaccione, ma crede che le birre e, talvolta il vino, possano conferirgli energie incredibili. Don Vittore lo guarda con una profonda smorfia, come a dire che non era il momento di bere un altro sorso di birra, mentre Menzacauzetta ricontrollava tutto l’arsenale bellico, tenuto di nascosto sotto l’asse del sedile posteriore. Era un vero e proprio arsenale di armi lunghe e corte, armi a corto miraggio e a lungo miraggio, tipi di armi davvero devastanti, altre meno, altre più potenti, altre che avrebbero fatto crollare una torre intera con un solo colpo. Insomma, ce n’è per tutti, questi quattro tizi sono davvero pronti per fare il loro lavoro, quello da criminali.
 
La voce tremante e piena di terrore di un omino alquanto basso e magrolino risvegliò il Parro da quella marea di pensieri che lo stavano tartassando oramai da parecchio tempo. Sarebbe stato inutile progredire, giungere ad una conclusione. L’Infame era ancora vivo, per sua fortuna, ma se fosse tornato da lui, cosa gli avrebbe portato di sano? Niente, soltanto malattia e pericoli!!!! Ma non lo avrebbe ucciso, se solo fosse stato aiutato da qualcuno di più intelligente di un Mancio o di un Secco. Lu Doce era già impegnato al riguardo, per non parlare degli altri uomini, tutti talmente occupati nella faccenda da non avere occhi per il capo.
“ Me dole divve che la polizzia ha piato solo FMO, pe la banna de lu Kobra … “
Ottimo, cazzo!!!!!! Soltanto FMO??? Ma cosa c’era davvero sotto tutto quello?? Perché avevano catturato FMO e non l’intera banda? Ovviamente, c’era qualcos’altro ed il Parro conosceva già la risposta a tutto quello: ci doveva essere un patto tra il Kobra e la polizia con il loro capitan Ruggeri, ufficiale per caso, come amava definirlo il Parro.
“ Bene. Famme sape altro quannu poi … “
Come un felino, con uno scatto improvviso, le mani dell’omino si prolungarono verso la maniglia della porta per poi uscire frettolosamente da quell’ambiente lugubre quale l’ufficio del Parro.
 
In quello stesso istante, mentre il Parro era avvolto nei suoi mille pensieri che gli si intrufolavano come polvere nel cervello, l’Infame e la ragazza di CanePazzo dovettero trovare un’unione in quell’occasione, almeno per sfuggire alle varie pattuglie della stradale che cercavano di ostruire ogni postazione, ogni via di fuga. Ma non avevano fatto i conti con l’intraprendenza, l’audacia e la pazzia della volontà di ferro dell’Infame che ne superò tre in velocità, dribblandone alcune civili e distruggendone altre due che cercavano di bloccare il passaggio.
Purtroppo, alle loro spalle già una decina di auto della polizia era loro alle calcagna e per i due non ci sarebbe stato nessun aiuto, questa volta. Non c’erano passaggi segreti, non c’erano vie di fuga, tutto era bloccato. L’unica possibilità era fuggire, fuggire, allontanarsi sempre di più dal nemico. Ma la macchina non avrebbe retto per molto a quella velocità, non era un’alta cilindrata, non era adeguata a quel genere di corse.
Quando tutto sembrava perduto, il cellulare di Fefe prese a suonare più volte, come scosso da qualcosa di veramente importante. La voce del Parro risuonò all’interno dell’automobile. L’Infame non perse tempo a chiedere aiuti, un aiuto che forse sarebbe giunto proprio dal suo capo banda. Sebbene fosse la ragazza del rivale, Fefe dovette assentire ed ascoltare le parole del Parro, come l’unica speranza per la vittoria.
La crocetta … Fermateve lì … E boni!! “
L’Infame non segnalò alcuna trappola nella stessa voce del suo capo, sempre così tuonante. Non c’erano eccessi in essa, nonostante la gravità della sua situazione. Ma era così, la calma era tutto, per il Parro, anche in occasioni simili.
Nell’ufficio del Sindaco, il Kobra sta chiarendo le ultime notizie. Sembra che una chiamata sia appena stata intercettata tra l’Infame ed il Parro, una chiamata che sembra stranamente essere stata raggiunta tramite il telefono mobile della donna di CanePazzo.
Dovevano essere tutti in combutta, allora, secondo l’opinione del Kobra, sempre più deciso a risolvere nel migliore dei modi l’intera faccenda da cui pendeva un nome importante: l’Infame!!!!
“ E’ la volta bona pe pialli tutti nzeme!!! Capità, pia tutti l’omini e namo!! “
Convocando solo Er Pilu e Lory, il Kobra partì alla volta della crocetta assieme ad altre quattro automobili della polizia, pronte per un assedio infernale. I membri del Parro team, per chiamarla in termini sportivi, erano davvero molto meno numerosi rispetto a loro e quello era un vantaggio non da sottovalutare.
Ma chiaramente il Parro non è lì a perdere tempo e, non appena riabbracciato l’Infame, decide di ripartire velocemente. Non prima di aver legata ed imbavagliata la donna di CanePazzo e dopo aver costruito una serie di perfetti manichini grazie alla bravura di Adryx e del Bebbo, due esperti in travestimenti. Li avevano posizionati proprio accanto alle finestre, spegnendo tutte le luci disponibili e lasciando un registratore acceso che riproducesse tutte le loro paroli ad un volume minimo. Doveva corrispondere tutto alla realtà, come se loro fossero lì, in modo da ampliare le distanze con le auto della polizia, due delle quali erano state bloccate dalle tattiche dei fratelli Lu Doce ed Er Secco che, grazie al loro ingegno, le avevano fatte saltare in aria senza sprechi di pallottole.
Il Parro aveva cercato di contattare anche la sua ragazza, in modo da metterla al corrente di tutto quello che stava accadendo, ma ad interferire c’era sempre stata la segreteria telefonica. Tanto è vero che fu costretto a chiamare la domestica, la giovanissima Diamante che, impicciona qual’era, avrebbe dovuto indagare sullo strano comportamento di Ellen.
Ma di certo non era il miglior momento per parlarne dopo tutto quella vicenda con l’Infame che finalmente era tornato ad abbracciarlo a farlo sentire fiero di lui. Non lo avrebbe certamente più rimesso in gabbia, in quella sudicia camera sottoterra, una sorta di cella per lui.
Appena cinque minuti più tardi rispetto alla loro fuga, cinque automobili sfrecciarono a pochi metri dalla Crocetta. Non c’era nessuno, eppure un ronzio di voci spinse gli agenti ad intervenire, non tanto per salvare la donna di CanePazzo quanto per farla finita con l’Infame e con i suoi fottuti amiconi. Sarebbe stato un bel colpo per il capitan Ruggeri, quello di catturare in una sola botta sia l’Infame sia il Parro con metà della sua banda, lasciando praticamente la Tibur Uno del Kobra a dominare l’intera valle dell’Aniene.
Ma il condizionale è il tempo perfetto per descrivere nella maggior parte dei casi desideri, sogni, cose che si potrebbero realizzare solo nelle nostre fantasie più sfrenate, o comunque situazioni del genere.
Non appena alcuni agenti irruppero all’interno del grosso bar della Crocetta dove l’unico rumore, a parte quel ronzio di voci, erano i colpi che Fefe dava sulla sedia per farsi sentire. Avrebbe voluto gridare al Kobra della trappola, di come fosse tutta una farsa, ma non ce la fece e la cosa fece talmente incazzare il Kobra che ordinò addirittura al capitan Ruggeri di condurla dritta nella cella assieme al maritino.
Avrebbero potuto tenderci na trappola, Kobra … “
In effetti, era molto strano … Forse il Parro era così stolto da non averne approfittato, o forse si sarebbe aspettato che il Kobra non sarebbe intervenuto in prima persona nell’intera faccenda??
“ Vole solo gioca, capità, solo quissu … “
Disse con voce disprezzante il capo della Tibur Uno, ancora una volta gabbato dall’intelligenza strategica degli uomini del Parro. Stavano giocando, giusto quello erano bravi a fare, ma prima o poi, anche loro, anche i migliori, sarebbero finiti nelle fauci del leone.
Torniamo intanto agli unici problemi del momento per quanto riguarda il capo. Il Parro torna vittorioso a casa, facendosi coccolare dal suo amore, la nostra cara Ellen che però sembra avere qualcosa di grosso da nascondere. Se solo sapesse … Se solo sapesse come qualcuno abbia scoperto il suo più grande segreto. Qualcuno come quella ragazzina poveraccia, costretta ad ubbidire ad ogni singolo dettaglio degli ordini dei capi. Il Parro in primis, ma anche della stessa Ellen. Il Parro non era uno sciocco, come alcuni criminali avrebbero potuto pensare, sapeva il fatto suo, forse delle volte appariva molto timido, ma questo faceva parte del gioco, del suo gioco per tendere le trappole agli avversari. Il silenzio, secondo lui, è la miglior arma per far rumore e scatenare l’ira del diavolo.
Tuttavia, fare un torto così grande a colei che considerava come una sorta di sorella doveva essere terribile e Diamante non amava commettere cose terribili. Avrebbe voluto non aver visto niente, ma lo aveva fatto seguendo il buonsenso e quindi non aveva niente da recriminare.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


I suoi pensieri andavano a metà tra la cattura di Cane Pazzo e la fuga dell’Infame, aiutato a quanto pare dal fido Brusco o come si vuol far chiamare realmente. I suoi occhi puntati contro il vecchio televisore erano solo un modo per perdere del tempo. Molti si sarebbero concentrati maggiormente su un divano, senza avere niente attorno, al contrario lui non reggeva la pressione dell’ombra che lo avvolgeva. La luce era fonte di ispirazione, anche solo quella artificiale. Aveva un’armeria piuttosto famosa nella valle dell’Aniene e di quel lavoro doveva esserne dannatamente orgoglioso. Poi, si alzò mettendosi seduto su una sedia. Il cinturone ricco di diamanti e il sigaro cubano che stava fumando gli trasmettevano un’aria da duro anche se il suo sguardo appariva preoccupato. I quattro stavano tornando a Tivoli, quei quattro che avrebbero voluto qualcosa da loro, non solo del fottuto denaro in cambio. Avrebbe voluto la loro pellaccia, probabilmente, o comunque quella era l’unica risposta a tutto.
Qualcuno bussò alla porta. Lu Doce lo aspettava con un sorriso a trentadue denti, brillanti come al solito, il suo romanticismo non lo smetteva mai di stupire. Era il tipo più fidato della banda del Parro ma allo stesso tempo il più dolce. Ed essere troppo dolce non era il massimo in una gang criminale. Ma sembrava sincero quando parlò dei quattro, cosa che non lo stupì dato che Asma e Lu Doce non erano mai andati troppo d’accordo.

“ Arriveranno entro qualche ora qui a Tivoli. Vorrei che tu …
Asma gli tappò la bocca con le sue enormi mani e lo spinse dritto contro il muro di legno. Il colpo con la schiena fu tremendo ma Lu Doce era abituato a tutto quello.
N me ne po frega de meno si tu si lu più fidatu omo del Parro. Tu si uno comme l’atri, si capitu??? Io n so comme voi, io so Asma e n c’ho paura de quillu che ponno pensa quei quattro poracci, ok?
Il giovane gangsta annuì prontamente come se già aspettasse una reazione del genere da parte di Asma, non che fosse la prima volta che i due entravano alle mani. Il più anziano ed esperto dei due lasciò l’altro membro della banda e notò chiaramente come Lu Doce lo stava fissando con tremendo spavento, come se avesse visto la morte in faccia. Stranamente, Asma incuteva la morte a chiunque lo toccasse, a tutti tranne che al Brusco che d’altronde lo conosceva meglio di chiunque altro.
Vogghiu che quei quattru n se fannu vede qui da ste parti o faranno na brutta fine. Li vogghiu vede solo in azione.
Il giovane cercò però di calmarlo utilizzando il suo solito tono dolce e pacato, con un italiano certamente migliore rispetto al suo.
“ Mi dispiace davvero dei dissapori che si possono essere creati tra voi e quelli della banda di Don Vittore, ma so anche che quei quattro valgono per mille e, viste le recenti perdite, abbiamo bisogno di gente valorosa per fronteggiare il Kobra. La Sterminio è stata distrutta, come ben sai.
Asma mollò istintivamente la presa del Doce e si sedette sul suo divano, prendendo dalla sua cintura uno dei suoi tanti sigari cubani pronti ad essere accesi. Ne aveva una gran voglia dato che il polverone sollevato dal Kobra aveva superato ogni limite ed impediva agli altri di vedere al meglio. E così avrebbe dovuto accettare di cooperare con quei quattro furfanti. Due ubriaconi e due che si credevano due autentici figli di mignotta, ecco chi erano realmente. Ma nessuno gli avrebbe mai creduto, non che volesse definirli proprio così, ma alla fine volevano tornare i veri padroni del mondo. Una volta era così, una volta la famiglia di Don Vittore era davvero molto importante anche a Tivoli, ma con l’arrivo del Parro, anche Cane Pazzo e la sua gang avevano dovuto abdicare in quanto al primato. Poi, qualche decennio più tardi, il Kobra si era diviso ed aveva fatto quello che, secondo lui, andava fatto. Due padroni del mondo in una stessa tana: come speravano di andare d’accordo? O forse non ci avevano mai sperato troppo. Il Kobra se n’era andato con alcuni uomini del Brusco, alcuni ex amici dello stesso Asma. Ma questa è un’altra storia

Lo sguardo della moglie dell’oramai ex dominatore di Tivoli era stato disperso nel nulla. Al confronto, due blocchi di ghiaccio avrebbero avuto una maggiore intensità, ma in effetti trovarsi con le spalle al muro non era mai una buona cosa. Specialmente quando ti trovi con il tuo capo, nonché tuo marito e persona più importante della tua vita, all’interno di una sudicia cella sporca di tutti quei topi di fogna.
Fefe!!! Oh, amooo!!! Comme staiii??”
Cane Pazzo la strinse forte a sè come se non si vedessero da decenni. Ma d’altronde, la situazione era così disperata che non si sarebbero stupiti se l’indomani su tutti i giornali fosse passata la notizia della loro morte. Però, fin quando si trovavano all’interno di quel luogo, non avrebbero corso pericoli, la polizia di Tivoli aveva già troppi problemi e questi non erano eliminare la gente prigioniera, bensì far fuori quella che ancora era a piede libero.
Sto bene, more meo, sto bene, ma me si mancatu. L’infame e il Parro m’hanno fattu da esca, ma m’hanno anche salvatu la vita.
Fefe ricambiò con amore e passione la loro stretta.
Non ci dovevano essere incomprensioni così Fefe gli spiegò come il vero nemico era il Kobra accompagnato dalla polizia e dal Sindaco Ferri. Cane Pazzo doveva averci anche pensato, ma

… Me so fattu mbrogghia da quilli loco!! Te rendi conto??? Sto a diventa vecchiu e sordu …
La ragazza lo strinse così forte da fargli scivolare alcune lacrime sul viso che ora era diventato tenero tenero. A vederlo adesso, il suo sguardo non lasciava più minimamente trasparire alcuna sensazione di potenza, energia, odio, grinta e passione: appariva perso e debole il Cane Pazzo attuale, non più battagliero come un tempo. D’altronde, il tempo passava per tutti, anche per lui. Il Kobra aveva sfruttato anche la sua giovinezza per farsi così tante amicizie, come quel maledetto sindaco e il malcapitato Ruggeri, capitano di Polizia, un vero e proprio incapace.
Amo, troveranno lu Kobra e lo faranno fori!!
Cane Pazzo la guardò. Fefe si era alzata da terra lasciando la presa con il corpo del marito e fissando con disprezzo l’esterno della cella.
… Gnente s’è perduto. Semo ancora vivi e finchè lu Parro è vivo, io gi credo.
E così quella era la sua unica soluzione: il potere del Parro!!! Cane Pazzo non si era mai fidato di lui in passato, ma doveva riconoscere come avesse guadagnato il suo rispetto con grande fiducia nei propri mezzi. Era un uomo davvero intelligente, forse più dello stesso Kobra e non ci sarebbe stata una guerra, bensì un vero e proprio massacro. Ed era certo che anche Cane Pazzo avrebbe dovuto farlo: fidarsi della gang del Parro per fronteggiare il Kobra, la polizia e tutti gli altri sciacalli del luogo.
Il capo dell’oramai estinta Banda Sterminio si alzò e la abbracciò interamente. Erano da sempre come una cosa unita, lui era lei, e lei era lui. E per sempre sarebbe stato così. Era diventata una vera coppia criminale quella formata da Cane Pazzo e Fefe ma entrambi ne erano orgogliosi, dannatamente e fottutamente fieri. Il loro matrimonio aveva contato moltissimi ospiti tra cui anche alcuni loro avversari parlando di tanti anni or sono
.
“ Sì, si dittu bene. Parro ci aiuterà
Sui giornali di tutta Tivoli non si parlava d’altro: la banda Sterminio era stata ridotta ad un solo nome privo di alcun significato. Cane Pazzo e Fefe in prigione, la coppia del peccato, così soprannominata, che parole azzardate, specie se riferite dal sindaco, uno che ne conosceva a bizzeffe di peccati. Ma la cosa che più dimostrava come il giornalismo si stava vendendo a donne di facili costumi era costituita dall’articolo di un noto letterato, Marco Antivoli.
Con la cattura del più famoso tra i capi criminali di tutti i tempi, Cane Pazzo e con quello della moglie Fefe, grazie al servizio degli agenti e anche a quello di ex criminali come Kobra,Tivoli potrà finalmente respirare aria più pulita ora che il crimine sta per essere spazzato totalmente via. Dovremo assolutamente ringraziare per tutto questo il capo della polizia Ruggeri e il sindaco Ferri che si stanno muovendo in tutte le direzioni per un futuro migliore …
Aveva addirittura fatto il nome di Kobra come una specie di aiutante della polizia, nominandolo ex criminale quand’invece la realtà era totalmente opposta. Chissà se questa fottutissima versione dei fatti sarebbe mai stata sotterrata dalla reale verità????

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


12 CAPITOLO:
 
In pochi fottuti giorni, la clessidra della banda Sterminio si era capovolta interamente, sporcando ciò che Cane Pazzo era riuscito a mettere su sin dal suo primo passo come criminale tiburtino. Una volta, era l’uomo più pericoloso e più rispettato di tutti, ora era solo fumo negli occhi per Kobra e qualche altro svitato, tra cui quel maledetto sindaco. E lo aveva persino votato, se solo avesse saputo dei traffici che realizzava con il Kobra, se solo lo avesse saputo …
Le guardie lo presero per il magrissimo busto e lo scagliarono oltre le mura per farlo risvegliare da quello che era stato soltanto un incubo. Il Kobra era diventato il sindaco di Tivoli, l’uomo più potente nella valle dell’Aniene mentre lui, l’ex capo della Sterminio, si era ridotto a lucidare le sue scarpe, come fosse uno schiavo. Quel colpo allo stomaco però lo riportò direttamente alla realtà.
Svigghia, strunzuuu!!! Svigghia, c’avete visite!! Seguice!! “
Cane Pazzo venne sollevato da terra da una delle guardie più corpulente che avesse mai visto e se lo caricò sulle spalle come fosse un sacco di patate. Poteva sentire i suoi enormi muscoli mentre un’altra guardia si occupava di un’altrettanta stanchissima e stressantissima Fefe, sua moglie. Non era abituata a restare all’interno di una lurida cella, se solo avesse qualcos’altro a cui pensare che non guardare gli insetti entrarvi durante la notte. Si chiese dove il grosso tizio lo stesse portando, visto che oramai erano in viaggio da un paio di minuti, quand’ecco che una voce lenta e gentile gli fece capire di trovarsi di fronte ad un avvocato. Il suo sorriso forzato e tutte quelle rughe mostravano come il tizio fosse solo un lurido avvocato del cazzo da due soldi sporchi pagato da chissà chi, forse dal Kobra stesso per fargli un favore, o forse solo per fargli pensare alla gravità della situazione.
La corpulenta guardia se lo scrollò dalle spalle e Cane Pazzo si andò a mettere a sedere su una delle due sedie di quell’ufficio così vuoto e così privo di qualsiasi documento. Che quello fosse davvero un avvocato?
“ Come avrà capito, Cane Pazzo, io sono il vostro avvocato e mi è stato riferito di tutti i guai che avete con la legge. Ho qui la lista e allora … “
Ma nello stesso istante nel quale l’avvocato estrasse dal suo taschino un foglietto colmo di scritture, l’ex capo della Sterminio gli fece cenno di tacere, dicendo:
Ve prego, so troppe cose. Nze po anna avanni ssosì. Comm’è che state qui? “
Per un millisecondo l’avvocato perse il sorriso, ma poi lo ritrovò continuando a parlare, quasi che la voce di Cane Pazzo lo infastidisse.
Sono qui per lei, per aiutarla. Il mio nome è Gianmarco Massimi e sono un avvocato piuttosto rispettato qui a Tivoli. Lei è fortunato ad avermi come avvocato. “
Ma Cane Pazzo non ci credeva, non lo aveva mai sentito nominare se diceva così era solo per tranquillizzarlo, cosa di cui effettivamente aveva bisogno, ma era come se doveva scalciare tutte quelle diavolerie, come se il tradimento del Kobra lo avesse ferito più di tutte le sue atrocità. Non riusciva a sopportare tutto ciò.
Ora … Sono qui per dirle che farò di tutto pur di proteggerla il giorno del processo. Ci sono troppe accuse, quindi, il mio compito è quello non solo di spiegare tutte le vostre azioni, o comunque, presunte azioni, ma anche quello di diminuire le eventuali pene a vostro danno. “
Quello doveva essere un qualche insegnante di italiano, altro che avvocato. Forse neanche sapeva cosa stesse dicendo visto come il suo sorriso fosse rimasto incollato al viso, quasi non si volesse togliere. Sicuramente, aveva una cimice incollata nella sua bella giacca da leccapiede, o forse sotto il tavolo dell’ufficio. Ma non era il momento di indagare, il discorso dell’avvocato non era terminato.
… Ma c’è una cosa molto importante che dovrei dirle. Per ordini superiori e per problemi di sicurezza, lei dovrà lasciare questo carcere per andare a Rebibbia, dove sarà molto più al sicuro. “
Terminata la frase, trasse un’enorme sospiro di sollievo e prese una bottiglietta dal taschino. Quel tipo cominciava a stargli sulle palle. Cane Pazzo a Rebibbia e non a Tivoli? Che cosa avevano in mente? Per ordini superiori?? Che storia era mai questa?? L’istinto di Cane Pazzo spuntò all’improvviso …
N lascio a città mea e manco mi moglie, si capitu? “
Nonostante il tono di voce, l’avvocato non smise di sorridere, evidentemente stava rispettando i patti di qualcuno che gli era superiore e non poteva fallire. Ma proprio in quel momento, lo sguardo di Cane Pazzo andò a finire contro gli occhi curiosi di un’agente, che doveva probabilmente sorvegliare quella zona.
Era il guardiano Marcelli, stando alla sua targhetta e, stando alle sue parole, aveva il compito di sorvegliare tutta la zona adiacente a quell’ufficio dell’avvocato Massimi.
Vedo che va tuttu be. Me chiami se c’ha bisogno de quarcosa, ok? “
Il tono scherzoso del guardiano incontrò la perfetta disciplina dell’avvocato che annuì, rivolgendogli un debole sorriso e tornò subito ai suoi affari con Cane Pazzo …
Purtroppo, dovrà farlo. Verrà condotto in una più sicura prigione, in un carcere dove nessuno potrà farle del male, qui sappiamo tutti che lei non è al sicuro. E lo sa anche lei … “
Ma il capo della Sterminio avrebbe scommesso la pelle della moglie che c’era qualcosa sotto sotto, qualcosa che l’avvocato poteva anche non sapere, d’altronde Kobra e il sindaco Ferri non avrebbero rivelato i propri piani a gente scadente come quell’avvocato.
… Tra due giorni … Si tenga pronto “
Come dopo aver letto un copione, o come dopo aver ripetuto la lezione a memoria ad un professore, l’avvocato Massimi si alzò molto frettolosamente e, rivolgendogli un cenno col capo, si allontanò dall’ufficio. Il guardiano Marcelli entrò subito dopo mostrando un larghissimo sorriso e lo portò di nuovo in cella.
Cane Pazzo si allontanò pensante e curioso all’idea di essere trasferito, mentre allo stesso tempo un profondo brivido gli percorse tutta la schiena dall’alto al basso. Era evidentemente preoccupato e chiunque lo sarebbe stato, se …
Se a capo di tutto c’erano realmente il Kobra ed il sindaco Ferri, scelto proprio da tutti coloro che appoggiavano il cambiamento, secondo la sua campagna elettorale di qualche tempo prima. Ma che tipo di cambiamento? Qui si sarebbe finiti nel far west vista l’importanza data ad un soggetto come il Kobra, con la sua Tibur Uno che avrebbe spadroneggiato in largo ed in lungo per tutta la valle dell’Aniene.
Con il suo solito cappotto verde militare, sedeva su una delle poltrone più costose del palazzo, volto a fumarsi una sigaretta e a brindare assieme al Sindaco.
Kò, beccheremo anche Lu Parro e pe noi sarà l’inizio de tuttu … “
Il n1 della gang criminale annuì anche se ancora non poteva essere del tutto soddisfatto da quegli andamenti. Cane Pazzo era comunque ancora vivo e si sa che a gente come quella deve essere spaccata la testa al primo momento. Un altro secondo e tutto potrebbe essere terminato. Ma al momento del brindisi non ci pensò affatto, voleva solo ricordare la sua posizione, quella di più stretto uomo del sindaco. Chi l’avrebbe mai detto?
C’ha ragiò, Ferri, semo i mugghi qua ora, ma dovemo sta attenti a comme movecce. Cane Pazzo deve esse fatto fori subito!!! “
Le parole dettate dall’odio del Kobra avevano fatto sì che il sindaco reagisse con prontezza e anche con superbia.
Ley De Fuga se chiama, Kobra, Ley De Fuga. Verrà ucciso fori dar carcere e nessuno ce capirà mai gnente. “
Il volto ancora un po’ chiaramente teso del Kobra si trasformò in un incredibile stato di felicità, visto che la strategia del Sindaco sembrava altamente promettente. Insomma, non avrebbero sbagliato visto che avevano tutti gli elementi a favore e ad agire sarebbero stata gente alquanto esperta, non dilettanti come quelli del Parro.
Brindiamo a Tivoli, allora “
I due levarono contemporaneamente i calici di vino per celebrare il loro futuro assieme. Eppure, c’è qualcosa che non va nel loro astuto piano. Anche una strategia così ingegnosa presenta delle macchie. Come aveva previsto il Kobra in effetti … Bisogna ucciderlo subito quel serpente del cazzo, se si vuole veramente arrivare ad una netta conclusione. Non che Cane Pazzo c’entri direttamente, ma si sa che anche all’interno della prigione tiburtina ci sono delle spie. A quanto pare, qualcuno deve aver saputo qualcosa di troppo e lo è andato a riferire a Lu Parro ora disteso sul suo letto a pensare, con un grande sigaro messicano in mano. Fumava ogni volta che doveva consumare i propri pensieri per un giusto fine come quello.
“ Chiamame Pennella … Sta qui? “
 La giovanissima domestica di casa Parro aveva appena fatto il suo ingresso portandogli un vassoio con del thè, come da lui richiesto.
Diamante non fece neanche il tempo di uscire dalla camera che Pennella si presentò con quelle che a lui sembravano novità straordinarie ma che per il Parro erano soltanto cose già sapute e risapute, masticate e digerite. Pennella si accomodò piuttosto nervoso per essere stato chiamato in maniera così brusca e per non aver consegnato nuove informazioni. Era la prima volta che falliva, ma Parro non sembrava affatto arrabbiato, come se avesse già un piano di contrattacco, un modo per salvare Cane Pazzo e demolire le strategie del Kobra.
Annamo subitu al sodo: vogghiu che segui lu Kobra e che ce metti na cimice. Semplice lu piano, visto che sì uno degli omini sei e fottutamente pericoloso se fallisci. “
Una cimice: ovviamente, conoscere anche i più intimi segreti del proprio nemico mortale era un punto fondamentale per ogni criminale, saperne così tanto da non sbagliare, così tanto da non tornare a casa a mani vuote. L’incarico non era affatto semplice, come diceva il Parro, cosa che possiamo notevolmente riscontrare negli occhi spalancati di Pennella che chiaramente non era un tipo molto coraggioso ma per determinati lavori, il Parro si serviva di gente che faceva finta di cascare dalle nuvole anziché di gente valorosa. E Pennella forse non era un guerriero di una volta, non era uno che badava molto a come raggiungere un risultato, ma almeno non gli si poteva dire nulla in quanto a realizzazione. Non aveva mai fallito, nonostante si fossero trattate tutti di compiti dannatamente difficili.
N me guarda ssosì, vogghiu solo la libertà, te ce lo sai “
Pennella era rimasto quasi paralizzato da quelle parole. Parole dettate non più all’insegna del dovere quanto a quelle della disperazione. Il Parro aveva una sola carta da giocare e Pennella era lo strumento per farlo. Il ragazzotto lo sapeva, era conscio di quello che stava facendo oramai da anni, così come conosceva i rischi a cui andava contro ogni volta che tornava alla sede del Kobra. Un passo ulteriore verso la morte, se solo l’avessero scoperto.
“ Ce sto. La cimice … Va bene, capo … “
Non sapeva da dove avesse presto questa forza di volontà, forse da quello sguardo disperato del Parro, o forse dalla voglia di mettere a tacere tutto quanto. Forse perché aveva paura di eventuali ripercussioni, forse per vendetta, o forse perché doveva solo farlo e basta!!!
Il Parro si avvicinò al ragazzotto con passo felpato quasi per studiarne le eventuali mosse e gli girò attorno per due, tre volte, avanti ed indietro, finché concluse:
N ne dubitavo, reazzu meo “
E lo abbracciò teneramente, come fosse un padre che mostra al proprio figlio tutto il suo amore. I genitori di Pennella erano morti anni fa, torturati fino al midollo da uomini del Kobra, anche se quest’ultimo non ne era venuto a conoscenza. Pennella aveva assunto un’altra identità ed aveva iniziato a servire sotto falsa carta il suo avversario principale, facendo ovviamente il doppio gioco per poter dire un giorno di aver vendicato i propri genitori. Ma lo avrebbe fatto con estrema calma, quando nessuno lo avrebbe potuto punire.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


13 CAPITOLO:
La notizia del giorno rimaneva quella, su tutti i quotidiani non si parlava d’altro, Tivoli era divenuta la città meno criminale d’Italia e Cane Pazzo veniva trasferito a Rebibbia. Non si parlava d’altro, la notizia era stata contagiosa tanto che, nel giro di qualche ora, tutta Tivoli non faceva altro che parlare di questo. E la cosa non andò affatto giù a Kobra e al Sindaco visti i loro propositi. Ovviamente, non avevano specificato la data e l’ora del trasferimento, ma era dannatamente pericoloso distribuire una notizia del genere, specie su alcuni quotidiani. Fefe era rimasta addolorata al solo pensiero di non ritrovarsi più con suo marito al risveglio, avrebbe preferito anche in una prigione, ma se fosse partito, se se ne fosse andato via, non lo avrebbe più rivisto, avrebbero fatto carte false pur di non farglielo vedere. La gente iniziò a chiedersi se il Capitano Ruggeri stesse svolgendo giusti affari con il sindaco visto che i due venivano oramai visti come inseparabili. Tuttavia, c’era un terzo uomo che la gente ancora non aveva capito chi fosse, un uomo che si nascondeva nell’ombra.
Ma che cazzo … Don Vittò, leggi qui “
La voce del Peppino era esterrefatta, come se avesse visto un fantasma passare lungo la via, a pochi metri da casa del Parro. Le informazioni segrete riguardo al percorso da seguire ricevute da Menzacauzetta erano estremamente chiare e comunque sia il capo che Spaccon, essendo i più anziani, conoscevano a menadito la strada da percorrere.
Il Parro era sempre stato un loro amico, anche se rimanevano tracce del suo passato impossibile da eliminare, cose che non si possono scalfire, cose che rimangono impresse nella mente del Vittore. Don Vittore, la fonte, la voce, lo stratega, il capo della Mafia Caggianese.
Non per questo non era rispettato nel suo paese, anzi, tutto il contrario, il fatto che fosse una persona così colta lo poneva come uno degli uomini più interessanti nella zona. A Tivoli non era molto conosciuto, alcuni ne avevano sentito parlare dai loro padri, ma nulla di più. Di certo, gli avi del Vittore erano molto ben più noti di lui a Tivoli, tanto che c’era un netto collegamento tra i suoi parenti e quelli del Parro. Non avevano legami di parentela, non questo, ma tra le due famiglie c’erano sempre stati svariati accordi e altrettanto rispetto, fino al giorno della verità quando tutto era cambiato, quando del sangue era scorso lungo il territorio caggianese.
E ssosì, sete aritornati “
Quella roca voce era inconfondibile alla straordinaria mente del Vittore che si voltò con uno sguardo poco rassicurante. A pochi metri dalla loro auto, Asma stava terminando una sigaretta da poco accesa quasi attendesse il loro arrivo a Tivoli. Così come lui, i quattro non sorridevano, quasi fosse una sfida aperta. Don Vittore avanzò da solo, lasciando il resto della squadra a pochi passi dalla vettura.
“ E tu non perdi il tuo insolente spirito … Ma temo che questo non sia il luogo più adatto per parlarne, non trovi? “
Il tono del Vittore esprimeva odio e rancore ai danni di Asma che, sebbene fosse nella banda del Parro, non gli era molto riconoscente per queste pazze amicizie, come le chiama lui. Da quel che abbiamo capito, quindi, non scorre buon sangue tra queste due figure.
Deggià me voi da l’ordini? Manco si arrivatu e già m’ordini quillu che devo fa. Sacciu perché state qui e perché volete aiutacce, ma n so affari vostra. Statevene boni, qui commannemo noi. “
Don Vittore non cambiò espressione né tono della voce, il suo odio verso Asma era talmente forte che, se fosse stato un altro, gli avrebbe cacciato una pallottola in mezzo a quella via, ma sapeva che doveva stare al suo gioco. Il Parro, in quel caso, di certo non lo avrebbe accolto molto bene. Vittore non era uno stupido, conosceva troppo bene il Parro e sapeva che anche lui non amava molto Asma sebbene i due fossero molto più legati di quanto uno poteva pensare.
Non credo proprio che tu ci conosca. Sai, Asma l’unica cosa che posso capire da questo nostro ritorno a Tivoli è che le acque sono sempre così contaminate dalle tue luride parole. Spero non si inquinino ancora di più altrimenti dovremmo morire tutti quanti delle tue stronzate. Ma ora se mi permetti, ho altro di meglio a cui pensare che badare alle tue favolette da due soldi. “
Proprio in quel momento, la porta della casa del Parro si aprì e sulla soglia apparve Diamante, la giovanissima domestica minorenne. Don Vittore lasciò la conversazione con Asma e fece il proprio ingresso con i suoi compagni di battaglia nell’abitazione del suo amico tiburtino.
Anni ed anni erano passati dall’ultima volta che aveva visto un giovanissimo Doce giocherellare con Parro. La differenza d’età tra quei due era di 10 anni eppure non sembrava. Il Parro, infatti, era rimasto sempre quel tizio riservato e orgoglioso di un tempo, l’unica cosa che si era andata a modificare con il tempo era la sua voce, molto più strascicata del solito. Non che prima avesse una bella e dolcissima tonalità di voce ma sicuramente avrebbe messo più allegria. Don Vittore si strinse attorno a lui per fargli capire quanto ci teneva a tornare, quanto fossero amici i due. Non si erano mai divisi spiritualmente sebbene non avessero molti più contatti. Ma le loro vite erano estremamente differenti: da una parte Don Vittore, il capo della banda caggianese, persona rispettatissima e altrettanto colta, dall’altro lato abbiamo il Parro, di certo non l’uomo più onesto che si potesse conoscere a Tivoli ma una persona che non avrebbe mai ucciso se non per una ragione molto ma molto importante. Accanto al Parro sia lu Doce che Er Secco, entrambi i fratelli pronti ad aiutare il capo in caso di necessità. Ovviamente non in quel caso, ma erano i suoi due migliori uomini, non che l’Infame fosse da meno, ma era senza dubbio uno spirito più libero rispetto a quei due. E poi l’Infame aveva ben poco a che fare con Don Vittore, i due neanche si conoscevano molto.
Me dispiace propiu pe quillu ch’è successu prima co Asma. E’ sempe statu ssosì, ce lo sai, Don Vittò “
Sì, lo sapeva perfettamente, non avrebbe dato la benché minima importanza alle sue parole, sussurri di una voce incomprensibile, colma di rancore e di odio e quindi dettate dall’insolenza e non dalla razionalità. I quattro vennero fatti accomodare in salotto con il camino acceso anche se non era poi così freddo fuori, a Caggiano era già da tempo molto peggio; d’altronde, erano due climi totalmente diversi. La notizia del giorno, quella del trasferimento di Cane Pazzo, era all’ordine del giorno. E la cosa non piacque molto ad un omino quasi spaventato dall’idea di parlare a quattr’occhi con il Kobra. Pennella era appena giunto nel suo ufficio segreto per parlare della questione del trasferimento pubblico di Cane Pazzo.
Ssosì se rischiamo de manna tuttu a fanculo, Kobra “
Ma il capo della Tibur Uno credeva realmente di essere il padrone della città, dimenticandosi persino del Parro nei suoi discorsi da perverso pazzoide.
No, te stai propiu a sbaglia. Ascoltame:co sto piano, usciranno allo scoperto gente comme il Parro, Doce, Secco, Adryx e Asso e gnente ce fermerà. Issi saranno distrutti e noi ce la potemo gode. N ce stanno intoppi, Penno, n ce ne stanno. Ma Cane Pazzo sarà fattu fori pe primo nzeme alla sea reazza. E lu Kobra, io, dominerò tuttu!!!!“
Già si stava immaginando la scena: lui in cima ad un grattacielo che dominava Tivoli, come fosse un fatto simbolico di un uomo che aveva cambiato radicalmente l’intera cittadina e l’aveva trasformata nella sede dei suoi loschi affari. Persino il sindaco e il capitano si sarebbero arresi di fronte al suo valore, d’altronde quei due avevano da imparare da uno come lui, dal migliore. Il sorriso stampato sulle labbra, la mano che non riusciva a rimanere ferma sulla scrivania, il Kobra era evidentemente nervoso ma sapeva che ce l’avrebbe fatta, era solo questione di tempo.
E stai a senti quissa: lu 16 Novembre è lu compleanno meo e lo vogghiu festeggia comme megghiu prima, ce semo capiti? “
Pennella venne colto di sorpresa e sobbalzò improvvisamente, quasi stesse immaginando il Kobra frustarlo per aver scoperto il suo doppio gioco. Ma per sua fortuna tutto era ancora sotto controllo.
Il Kobra parlò del grande party, delle bibite, di molte cose fino a giungere ai vestiti, agli abiti che avrebbe indossato quel giorno. Fu lì che Pennella capì tutto. Doveva scoprire tutti i suoi segreti tramite qualche vestito. Erano i suoi migliori amici dopotutto gli abiti. Il Parro avrebbe avuto la risposta a portata di mano. Sarà meglio per Pennella avvertirlo prima che sia troppo tardi.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


14  CAPITOLO:
Il temporale di certo non avrebbe migliorato l’animo del Parro, ancora poco entusiasta dell’arrivo dei quattro mafiosi meridionali. Al contrario di Asma, li conosceva abbastanza bene da poter confermare la loro estraneità ai fatti. Era sicuro al cento per cento della loro innocenza, quanto della sua. Vero, non erano quattro simpaticoni, erano tipi senza scrupoli con i quali non avrebbe condiviso molto in futuro, ma in quella circostanza ogni appiglio era estremamente importante per potersi arrampicare fino a raggiungere la vetta. Sempre più distante, o forse no … Forse l’arrivo dei quattro avrebbe cambiato il tutto, l’intera situazione.
Lu sacciu. Lu sacciu. Ma n c’è bisogno che me lo state a ripete ogni giorno. Siete fedeli comme noi. Fedeli alla causa. Ma sapemo bene che quilli so tanti e noi semo pochi. Loco fori gi sta tanta gente pronta a spedivve un comitatu coi fiocchi, noi semo la vostra difesa, ssosì comme voi siete la nostra. “
Menzacauzetta, il più magro dei quattro, stava per aprire bocca quand’ecco che il capo, l’uomo dalla personalità d’acciaio, il più noto criminale del meridione, Don Vittore parlò al suo posto …
Siamo in territorio nemico. Non siamo qui per ascoltare le vostre pretese, ricordati che tutto ha un prezzo. Un giorno potreste ritrovarvi nella nostra medesima condizione. Quella di precari. Ma forse ne sai qualcosa, Parro. “
Il Parro non fiatò, aveva il sangue fino alla testa, era stufo di tutto quello, non solo della situazione, dell’Infame che aveva fallito, del Kobra, di Cane Pazzo rinchiuso ingiustamente in prigione mentre il sindaco e il Kobra se ne stavano lì fuori a godersi la bella vita. E quei quattro … Insolenti … Ma forse non avevano così torto.
Sì, ne saccio quarcosa. Ora, assettateve, ve prego. Vogghiu favve vede lu piano. Quillo condiviso co Pennella.  “
Il Parro spiegò con estrema cautela la strategia originata dalla povera e poco promettente mente del Pennella, un giovanotto che magari poteva risultare molto timido e simpatico, ma si sarebbe cagato sotto alla prima sparatoria. Don Vittore non lo conosceva di persona, ma quel piano gli risultò davvero poco …
“ … Saggio … Poco saggio, Parro. Stiamo scherzando??? Non sono venuto qui per farmi mettere i piedi in testa in questo modo. Siamo i migliori e tu lo sai. Siamo tuoi amici e tu lo sai. Ma come ti puoi fidare di quel Pennella? E’ pur sempre un ragazzotto, no? “
Il capo gli rivolse uno sguardo molto poco rassicurante, poiché era primo che avrebbe dato la vita per quella della sua giovane spia.
Peppino, l’ubriacone del gruppo caggianese, spense con molta violenza la sua settima sigaretta quotidiana, tanto da far rabbrividire Spaccon, l’autista del quartetto, come sempre accanto a lui. Quest’ultimo, volle fare una piccola considerazione riguardo al giovanotto.
Secondo me, non dovremo attribuire tutta questa nostra fiducia a quel tipo. Parro, come puoi fidarti così tanto di un ragazzo senza molta esperienza? E poi ci sembra un piano poco promettente, non trovate, Don Vittore? “
Il capo mafia caggianese trasse un profondo sospiro e si alzò, proprio davanti allo sguardo, sempre molto attento, del Parro.
Spaccon non ha tutti i torti su questi due punti di vista … Non potete pretendere che rischiamo la vita per una strategia così poco … Raccomandabile … “
Asciugatosi il sudore di dosso, dovuta alla tenzione del momento, il capo si alzò e si appostò proprio accanto al boss caggianese. Non sembrava aver molta fiducia, sebbene la riponesse in grandi dosi per il suo grande amico Lu Doce.
N gi è in palio solu la vostra vita. Ma quilla de tutta l’Italia. Pigghiateve quissi “
Dal taschino, estrasse un pacchetto contenente un anticipo economico di quanto avrebbe dato al concludersi dell’operazione.
Una bella somma, 10.000 euro, niente male per cominciare avrebbe pensato chiunque avesse a che fare con il Parro, ma quella volta persino lui avrebbe scommesso che i soldi non gli avrebbero aiutati. Aveva come l’impressione che Don Vittore non desse molta importanza all’aspetto economico, forse parlando di sicurezze non si riferiva a quello. Forse era davvero così “umano” come si diceva, ma il Parro non era ancora stato in grado di decifrarlo.
Si avvicinò fissando freddamente il pacchetto con il denaro al suo interno, lo prese tra le sue mani e lo distribuì ai suoi tre uomini più fidati.
A me non servono al momento … Ma spiegatemi una cosa: state giocando anche la partita di Cane Pazzo o lo fate solo per voi? “
Per la prima volta, l’ansia del Parro si era tramutata in soddisfazione. L’umanità del Vittore gli aveva dato la prova che voleva ardentemente sin dal loro primo incontro. Anche lui poteva essere contrastato con delle semplici parole.
Quissu ditelu voi … Non spetta a me fallo “
E li lasciò soli, senza più voltarsi verso il quartetto caggianese, ora in preda a mille domande ma con una sola risposta: salvare Tivoli dalle grinfie del Kobra!!!!!
NOTTE DEL 15 NOVEMBRE, ORE 02:03:
L’autore ci mostra due figure irriconoscibili fisicamente all’interno di un piccolo ripostiglio … No, non è un ripostiglio, è uno dei bagni di quell’abitazione. Il Parro ne aveva fatti mettere tre per i vari uomini di servizio. Ma quella notte, qualcuno non era al suo posto, si era intrufolato nel bagno, in un luogo dove al momento non avrebbe dovuto essere. E la cosa bella era che … Non era affatto solo … Non si stava fumando una sigaretta per sprecare del tempo, non stava facendosi delle canne, non si drogava, non stava usufruendo dei servizi della stanza, no … Sembra che i due ci abbiano preso gusto a trascorrere le loro nottate lì, come l’altra volta. Stavolta, però, hanno fatto male i conti con la domestica. E’ una ragazzina dall’ingegno sovrumano, impicciona come non mai, non spreca un’occasione per spiare i segreti più intimi di ciascuno di noi. E’ Diamante, una sorte di figlia per il Parro. L’aveva salvata da un gruppo di malviventi ed ora lei lo stava ripagando alla grande, mantenendogli l’abitazione alla perfezione. Non una ragnatela, non una cosa fuori dall’ordinario, tutto secondo le strategie e i piani del Parro che, quella notte, l’avrebbe ricordata come “ la notte del cambiamento “.
Quella notte, Diamante lo aveva svegliato di soprassalto, frettolosamente come mai prima d’ora. Inizialmente, il Parro aveva creduto si trattasse di qualche spia dei Kobra, ma Diamante aveva in serbo per lui qualcosa di veramente molto più aspro e duro per lui. Neanche una pallottola avrebbe colpito così a fondo.
Ma che cazzo … Porca puttana!!!!!! “
Il tono di voce del Parro non era più così freddo come lo era sempre stato, ora appariva dannatamente colmo d’ira, di una rabbia che forse in altre occasioni avrebbe saputo trattenere, ma adesso le viscere del suo stomaco non avrebbero potuto inghiottire un boccone tanto amaro come quello. Ellen … Er Mancio … La sua ragazza, lui che l’aveva tirata su, proprio come aveva fatto con la domestica Diamante con la differenza che la prima era la sua fottuta metà, l’altra solo una serva di casa. Ed invece, in un batter d’occhio, l’intero universo sembrò come crollargli addosso. Er Mancio … Uno dei suoi migliori uomini, insieme all’Infame, a Lu Doce e al Secco.
“ Parro, amo … Amo … Pozzo spiegatte tuttu … “
La voce di Ellen tremava come non mai. Aveva scoperto tutto del suo ragazzo, quel lato oscuro che dicevano possedesse. Eccolo lì, fumante d’ira, pronto a sterminare chiunque avesse soltanto osato toccarlo. E fu quello l’errore di Er Mancio che cercò di distanziare il capo dalla ragazza, con gli occhi fissi sullo sguardo colmo d’odio del Parro.
Il Parro lo colpì con una gomitata in pieno volto, rompendogli il setto nasale e, successivamente, afferrandolo per il collo lo fece andare a sbattere contro il lavandino del bagno dove i due erano rinchiusi per fare l’amore. Intanto, la domestica Diamante si godeva la scena dall’esterno, in modo che non venisse coinvolta. Proprio in quel momento, Ellen uscì dal bagno e la fissò per un attimo, come se volesse dirle qualcosa, ma a differenza delle altre volte, stavolta non fiatò, non riuscì ad esprimere la propria opinione, anche perché ora aveva perso tutto e doveva scappare, doveva solamente pensare a scappare, il più lontano possibile. Ebbe un attimo di esitazione ma appena sentì l’urlo di agonia del suo amante, Ellen si diresse all’esterno dell’abitazione. Dove si sarebbe diretta? La sua vita, non solo il suo ruolo in quella gang, si era andata a far fottere, tutto quello che aveva, e dico tutto, ora sembrava svanito nel nulla. E tutto per quell’idiota del Mancio. Il Parro non gli era mai piaciuto ma doveva farlo per un semplice motivo: non rischiare di finire come i suoi, uccisi a sangue freddo. Voleva solo una residenza sicura dove dimorare, ci aveva vissuto qualche anno ed era stata felice. Era … Non è … Non più …
In lontananza, sentì le voci dei due fratelli Doce e Secco provenire dalla dimora affianco a quella del Parro. Non sentì le voci dei caggianesi né tantomeno quella dell’Infame, ma a lei non importava, doveva correre, scappare. Si tastò la giacchetta e ne estrasse una pistola semiautomatica. Dove sarebbe andata ora? Da sola? Con una pistola che non sapeva neanche utilizzare???
E che fine aveva fatto Mancio? Che domande!!! L’ira del Parro era stata l’ultima cosa che aveva visto … E quando il Parro è di pessimo umore, la parola superstiti non esiste. Mancio c’era in mezzo a quella situazione, aveva tradito la fiducia del capo e questo il Parro non poteva sopportarlo.
E i nefasti pensieri di Ellen erano veritieri, come se stesse già immaginando la scena di come il Parro aveva colpito a morte il Mancio. Neanche lu Doce e il Secco erano riusciti a calmarlo dopo la sua morte. Il viso del Mancio era una maschera di sangue, due occhi privi di vita lo guardavano dal basso all’alto, come a chiedere misericordia. Le mani del capo sporche di sangue … La rabbia del Parro che non riusciva ad essere colmata … E i quattro di Caggiano che capirono come il Kobra non era l’unico ostacolo …
E’ tuttu no schifo … E’ n tranello de qui figghi de puttana, lo sacciu be, e me vonno incastra quilli, lo sacciu “
Era tutto quello che oramai si ripeteva mentalmente Cane Pazzo, l’oramai ex boss della banda Sterminio, devastata dal duetto formato dal sindaco Ferri e il Kobra, con l’aiuto peraltro del Capitano della polizia, Ruggeri.
Fefe non riusciva a capire cosa gli stesse ronzando per l’anticamera del cervello, non riusciva a farlo parlare, come se fosse improvvisamente diventato muto. Cane Pazzo non era affatto un’idiota in argomento, il Kobra lo voleva ricopiare come trent’anni fa aveva fatto anche lui con un traditore del suo gruppo. Si chiamava Sarno Gianluca, scomparso in una circostanza misteriosa durante il trasferimento ad un altro carcere. Si parla di molti anni or sono e dunque i sistemi di sicurezza erano molto meno efficaci di quelli odierni ma, allo stesso tempo, la strategia attuata era estremamente importante per non lasciare alcuna traccia evidente. Il caso era stato chiuso solo dopo qualche giorno e l’unico testimone era stato corrotto alla perfezione dai suoi uomini. Ora invece se ne stava chiuso lì e forse in quello stesso momento il Kobra si stava sentendo proprio come una volta si sentiva Cane Pazzo: immortale!!!
Ma se solo sapesse ciò che sta accadendo al piano superiore con l’arrivo di una Ellen esausta e disperata. Il tremolio nelle sue parole, il rapidissimo battito del cuore e gli occhi offuscati dalla sofferenza erano i tre elementi principali che la polizia aveva riscontrato dalla figura di Ellen. Il capitano Ruggeri venne convocato immediatamente all’interno di una piccola stanza alquanto fredda che non avrebbe di certo migliorato lo stato della ragazza. Dense lacrime che gli bagnavano il bel visino, Ellen appariva letteralmente come una donna disperata, priva di significato in quella terra per lei così desolata. Si sentiva sola e le sue parole lo testimoniavano.
“ Lui … Parro … L’ha fattu fori … Bastardo!!! Ora … Ora sto solo comme na cagna … Nzo fattu gnente pe aiutallo … Nooo!!! “
Il capitano si sedette proprio accanto a lei, portandole un bicchiere di thè al limone appena acquistato dal più vicino distributore ...
Lo sguardo d’intesa con il suo secondo evidenziava l’importanza del momento, catturare anche il Parro significava moltissimo per la Polizia di Tivoli e per il Sindaco, senza contare l’enorme aiuto che darebbero ai movimenti della banda del Kobra.
Ed ora dove si trova il Parro? “
La ragazza si tastò la pancia un paio di volte prima di sussurrare qualcosa sotto voce all’orecchio del comandante …
Da pieno di curiosità, il suo sguardo si riempì di felicità, come un bambino che ha appena scartato il suo regalo di compleanno.
Non solo per la Polizia, ma soprattutto per il Kobra e per il Sindaco, quello era un punto a favore che non avrebbero dovuto perdere ed infatti, pronte quattro volanti di polizia e un furgoncino blindato, una ventina di agenti si avviarono velocemente verso viale Cassiano.
Il Parro aveva le ore contate!!!!!!!

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


15 CAPITOLO:
La sofferenza che aveva dentro il petto non la faceva respirare, come una corda al collo che la stava per strozzare, tutti quei rumori, e il patto infranto con il Parro, il loro falso e peccaminoso patto d’amore.
Ellen l’aveva fregato ma in cuor suo non avrebbe più potuto soffrire così … No … Prese la pistola che aveva in tasca … Non ci pensò su …
Se la infilò dritta in gola, chiudendo gli occhi, dimenticandosi per un attimo di vivere …
Uno sparo echeggiò in tutta la stazione di Polizia, uno sparo che significava morte, uno sparo che aveva messo a tacere per sempre la bella Ellen, morta per aver capito a cos’era appesa la sua stessa vita.
Tradire un criminale significava morte certa ed Ellen lo sapeva, ma il terrore espresso dai suoi occhi, ferirono molto gli agenti e il capitan  Ruggeri.
Nel frattempo, una ventina di agenti avevano circondato la zona adiacente alla base del Parro; nessuno si sarebbe potuto sottrarre alla resa, tantomeno i più intelligenti. Ma la fortuna del Parro era stata quella di avere una domestica tanto ordinata quanto scaltra. Conoscendo a memoria ogni cunicolo dell’abitazione, la giovanissima Diamante aveva escogitato un modo per salvare la pelle al Parro in un momento così difficile per lui.
T’arecordu che me si salvato la vita? Sto a repagatte lu favore … Cazzo!! Andate, ora!!! “
Sebbene giovanissima ed inesperta, quella ragazzina aveva davvero sangue indiano nelle vene, il sangue di chi non molla mai e di chi mantiene sempre le promesse. Forse sarebbe stata sbattuta in qualche manicomio o in qualche convento a trascorrere il tempo con qualche suora dall’aria poco raccomandabile, ma poco gli importava, avrebbe sopravvissuto anche a quello in un modo o nell’altro. Il Parro annuì, stringendola forte a sé, poi assieme ai suoi migliori uomini, decisero di fuggire tramite le fognature. Diamante sarebbe rimasta per perdere del tempo, distraendo ancora per un po’ gli agenti.
Tempo cinque minuti ed eccoli tutti dentro, mentre Diamante era lì, sola, tremante, indifesa ma con le idee chiare. Un giorno, il Parro l’avrebbe tolta di nuovo da quei casini. Non appena uscita dalla dimora seegreta, notò i corpi inermi di due tizi conosciuti. Bebbo ed Asso giacevano privi di alcuna forma di vita al suolo, uno con gli occhi aperti (Asso, il famoso terrorista, ricercato per essere un pluriomicida), l’altro, Bebbo, con le braccia spalancate, quasi fosse stato ucciso a sangue freddo mentre implorava pietà.
Sergente!! Abbiamo preso anche Andrew Gray!!! A quanto pare, si nascondeva in una casa accanto a quella del Parro!!! “
A quanto pare, Gray era ancora vivo, anche se in bruttissime condizioni salutari. Diamante cercò di divincolarsi per assisterlo, ma il sergente la prese per i capelli, gettandola a terra.
Fermati, signorina!!! Ci devi delle spiegazioni!!! Innanzitutto, rispondi a questa domanda: Raul Duke e Adryx sono fuggiti, vero? “
Diamante si trascinò a gattoni verso la porta di casa, quasi volesse tornarci dentro, ma un agente la aiutò a rialzarsi e, caricandosela sulle spalle, la portò all’interno del furgoncino blindato, assieme agli altri agenti. Molti agenti furono impegnati ad allontanare i curiosi, mentre Gray fu costretto a rispondere alla domanda posta alla ragazzina, proprio per salvarla.
Quei due rappresentano il punto debole del Parro. Voglio che li rintracciate e, nel caso non possiate prenderli vivi, il capitano mi ha appena riferito che li vuole anche morti, ci siamo intesi? “
Così come il capitano, anche il Parro aveva capito che Adryx e Duke sarebbero dovuti fuggire, nel tentativo di non rivelare ancora più informazioni.
In tutto quel pandemonio, il Kobra aveva preso le redini dell’operazione, ordinando ai suoi uomini e al capitan Ruggeri di anticipare tutta l’intera missione del 16 Novembre. La Ley De Fuga doveva essere l’arma finale, ma quando il Parro, Lu Doce, Er Secco e L’Infame, giunsero presso la centrale di Polizia, le cose si iniziarono ad incrinare. L’intero piano si rivelò un’arma a doppio taglio, perché l’intera operazione si stava rivestendo di macchie così vistose che non potevano neanche essere cancellate. I cecchini appostati (FMO, liberato dalla prigione in tempo e un altro agente segreto) vennero stesi dal Dragunov infallibile dell’Infame, tornato quello di una volta. Spietato e senza peli sulla lingua.
Quissu è pe te, gran figghio de na mignotta!!! “
Era rivolto a FMO, con il quale era sempre stato in conflitto, sin dai tempi dell’esercito quando entrambi erano degli ottimi cecchini.
I quattro impedirono la piena riuscita della Ley De Fuga con la quale sarebbe poi stati ucciso, in maniera casuale, CanePazzo, il capo della Tibur Uno.
La mano, Canepà!!!!!! La manooooo!! “
Gridò a squarciagola Lu Doce, tendendogli la mano per metterlo al riparo dal fuoco nemico. Ma un colpo gli trafisse la gamba, e Lu Doce ebbe il bruttissimo presentimento che la pallottola gli avesse interrotto il regolare flusso del sangue nella zona dell’arteria femorale.
Non ebbe neanche il tempo di pensarci su che i due carambolarono assieme oltre una serie di automobili rovesciate per il fracasso.
Parro!!! Parro!! Venite qui, CanePazzo è stato ferito!! “
Er Secco abbassò lo sguardo e vide l’unica speranza di fuga possibile.
Lu Doce indicò a Cane Pazzo l’uscita ma quest’ultimo rimase fermo, immobile, quasi assorto dalla ferita o forse anche da qualcos’altro.
Canepà!! Dovemo andà via da qua!!! “
Ma il capo della Tibur Uno si voltò verso la centrale e stava per mettersi allo scoperto con tutto il suo corpo, quando il Parro lo bloccò con tutto il suo peso, ringhiando come un cane voglioso di mettere le cose in chiaro.
Fefe sta a arrivà!!! N la sì persa, tranquillu!!! “
Ed infatti, eccola lì assieme al Secco, mentre Lu Doce terminava di varcare la botola, scendendo lungo una scala piuttosto arrugginita che non doveva essere da molto utilizzata. Fefe e CanePazzo si strinsero come se non si vedessero da secoli ma, a parte questo, vennero trascinati all’interno della botola, dimenticando il mondo esterno per entrare a conoscenza con quello sotterraneo.
“Gi semo tutti??? “
Esclamò di nuovo il capo, con il suo solito tono di voce da cane rabbioso. L’essere stato tradito dalla fidanzata, da colei che il Parro considerava la sua stessa vita, doveva essere letteralmente tremendo, soprattutto da un punto di vista psicologico. Dov’erano tutti i suoi segreti?? Tutti andati fottutamente persi, cazzo!!!!! La polizia sapeva tutto di lui, mentre lui non sapeva niente di nessuno, né tantomeno di dove si erano cacciati i quattro caggianesi!! A proposito …
Do cazzo se so annati a nasconne quilli là??? Comme mai n stannu co noi?? “
Ci mancava poco che il Parro esplodeva, con quello che di amaro stava continuando ad inghiottire negli ultimi tempi. Dal fallimento dell’Infame, ora lì con lui vivo e vegeto, al tradimento di Ellen, per non parlare della morte di molti dei suoi stessi uomini, gente di cui si fidava. Lu Doce, al contrario del Parro, sembrava ancora fiducioso.
“  Reazzittu “
Pensò il capo riguardo a lu Doce, sempre così ottimista e forse anche poco saggiamente, a suo parere.
Ce verranno ad aiuta, capo “
Sembrava davvero fiducioso, vero, non aveva riferito molto come era solito fare, ma solo perché dovevano allungare le distanze con gli agenti. Allontanarsi sottoterra non era il massimo, ma di certo era l’unico modo per non evidenziare la loro posizione, braccati com’erano all’esterno.
Il Parro, alla guida del gruppo, appariva abbastanza preoccupato per quello che stava succedendo, non tanto forse per la polizia, quanto per gli uomini del Kobra, essendo disumani allo stato puro. Essere criminali comporta non avere le mani legate ed era questo il motivo per il quale il Kobra credeva di poter controllare il mondo. Non doveva rendere conto a nessuno, e inoltre, essere un criminale significa vivere o morire. O uccidi o vieni ucciso.
Ehi, lo sì sentitu??? “
Er Secco si rivolse prontamente al Parro non appena una voce filtrò in tutte le fogne come fosse stata amplificata da un qualche strumento. Il gruppo si fermò per qualche istante, con l’orecchio pronto ad udire ogni minimo rumore quand’ecco che la voce si fece risentire un altro paio di volte, prima che il Parro puntò verso la loro sinistra, abbandonando dunque la strada principale. Era una voce alquanto familiare, era … Lo sguardo pieno d’ira, i capelli mossi che gli conferivano un’aria da matto da legare e i suoi soliti indumenti, eccolo lì Asma, pronto a farli tornare in superficie. Il cattivo odore delle fogne era davvero tremendo e non avrebbero resistito molto tempo di più in quel luogo. Asma tese loro la mano ed, uno ad uno, gli aiutò a tornare in superficie, proprio davanti al cimitero. Il Parro si guardò attorno e vide che per loro fortuna c’erano pochissimi ingombri e questo facilitava le cose. Ma Asma sembrava davvero agitato e incazzato con qualcuno allo stesso tempo.
“ Che sta a succede? Do stanno i quattro caggianesi??? “
Asma aveva il fiatone, in preda a quella grandissima ondata di agitazione che non lo stava facendo ragionare. E lo si vedeva chiaramente, mentre Fefe e Lu Doce aiutavano Cane Pazzo a salire sul furgone blu di Asma.
CanePazzo gi farà solu perde tempu, Parro e tu lo sai bene … Anvedi come sta ridotto sto tizio, n se la caverà, Parro, credime pe na volta, lasciamolo qui “
Quello non era il vero problema che attorniava la mente di Asma. Parro lo fissò e ripetè di nuovo la domanda al riguardo dei quattro. Dov’erano??? Come avevano fatto a scappare????
“ So morti … L’hanno visti cade pe terra, uccisi … Morti … Ssosì m’hanno dettu …“
Un senso di disgusto e di rabbia profonda colpì lo stato del Parro. Il Kobra aveva annientato la loro arma segreta, ma come faceva a conoscere tutti quei segreti??? C’era qualcosa che non quadrava nell’intera vicenda. Asma tornò al furgone, pronto a ripartire velocemente, nel caso degli elicotteri li avessero visti. La gente che passava non si era accorta della loro presenza e questo avrebbe agevolato la loro fuga. L’unica chance che avevano risiedeva negli ultimi due sopravvissuti: Duke ed Adryx, due bravi ragazzi che di certo non avrebbero mollato così facilmente. Si sarebbero messi in contatto con il resto della banda, prima o poi. Asma era stata una carta a sorpresa, visto i suoi rapporti con il resto del gruppo, il quale non gli aveva dato molta fiducia in passato. Armi e munizioni sembravano in ottime condizioni e, sentirsi con un mitra in mano, li faceva stare bene. Il vero problema consisteva nella gamba ferita del Cane Pazzo,  con una Fefe davvero preoccupata per le sue condizioni.  A meno che … No, non doveva avere di quei problemi, erano in gamba quei due, altrimenti sarebbero già stati eliminati dal Kobra.
Il furgone di Asma si inoltrò in uno stretto vicoletto, posto tra due villette, una quasi attaccata all’altra.
E sta villetta? “
Lu Doce e il Secco si fissarono stranamente, come a chiedersi il motivo per il quale Asma aveva sempre nascosto questo segreto, questa abitazione. Sarebbe stata un’ottima dimora per nascondere i loro tesori ed invece Asma aveva fatto tutto di testa sua, senza pensarci minimamente a rivelargli il suo nascondiglio. L’Infame non fiatò, il suo ordinario compito era quello di sorvegliare l’intera zona, in ogni minimo dettaglio. Un cecchino come lui era il migliore in faccende simili. Asma non rispose alla domanda del Parro e si affrettò ad entrare in quella segreta abitazione, dove tutto appariva così tranquillo. Forse troppo …

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


16 CAPITOLO
In quel preciso istante, il Kobra era assorto nei suoi pensieri, le sue gambe distese sulla scrivania, la schiena ricurva su sé stesso. Il suo sguardo non avrebbe promesso nulla di buono ai fuggiaschi, sei, sette, otto, quattri, dieci che fossero, per lui erano già uomini morti. Ma sapeva benissimo che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e quel mare poteva anche trasportarlo a riva, lontano dai suoi oppositori più accaniti. Qualcuno bussò alla porta con trepidazione, quasi non potesse perdere altro tempo. Ma d’altronde il tempo era fondamentale in quelle circostanze. Bastò un “avanti “ del Kobra per far sì che il Sindaco si gettasse  su di lui, come un cacciatore su una preda.
Asma … Asma, te lo sta a ricorda quillu?? Fa parte della banda!!!! Ce se missu anche lui de mezzu!!! “
Lo sguardo pensieroso del capo della Tibur Uno non mutò, anzi per meglio dire nulla cambiò in lui, come se la notizia che Asma facesse parte della gang non lo turbava minimamente. Senza neanche voltarsi verso il sindaco, si alzò dalla sedia, distanziandosi dalla scrivania per poi dirigersi verso la finestra. La persana era chiusa per non far filtrare i raggi del sole che quel pomeriggio erano davvero intensi.
Con l’aiuto di due dita, sollevò la persiana e vide come in giro la sola presenza era quella del vento che, seppur con poca intensità, stava facendo il suo effetto. Non era freddo a causa del sole che stava via via lasciando il suo segno ogni giorno di più. Era come se qualcuno si fosse appostato nell’alto dei cieli con un ventilatore automatico mentre qualcun altro indirizzasse i raggi solari proprio nei punti meno riscaldati. Idiozie, merda!!! Non c’era nessuno strano ventilatore neanche a vederne l’ombra. La freddezza del Kobra era al suo interno, non all’esterno e il fatto di non possedere un cuore neanche lo turbava. Così come le parole del primo cittadino di Tivoli che lo stava fissando ancora allucinato dal suo comportamento. Le uniche parole che uscirono dalla bocca del capo furono …
Preparate li omini tei a smucigna la città, io li mei a controlla quillu che tu non si bono a controlla. Chiamame Pennella, Er Pilu, Dodo, Er Mollo, Er Cecco, Giangy, Zimmo  .. E pure Er Tunder … Li vogghiu tutti a lu centu per centu, mi si capitu??? “
Il sindaco non era più tanto trepidante come pochi attimi prima, ora sembrava quasi perplesso da quell’atteggiamento così egoistico da parte del suo caro amico Kobra. Avrebbe potuto arrestarlo, forse, ma una certa vocina gli consigliava di non farlo, specie in situazioni di necessità come quelle. Però avrebbe potuto mettere a repentaglio la sua reputazione se qualcosa fosse andato storto. Stava per dirglielo quand’ecco che Er Pilu arrivò di gran carriera, ancora con il fiatone di chi sembra aver appena essere arrivato al capolinea.
Capo, capo !!!! C’ho voglia de datte na bella notizia: Asma l’hanno vistu vicinu a lu cimitero. Stava a aiuta a qualcheduno sicuramente. “
Il kobra annuì e con un cenno fece capire al suo fedele uomo di raggiungere quel luogo e di perlustrare, con i loro metodi non proprio legali, l’intera zona. Ci doveva pur essere qualcuno che li aveva visti passare, non erano mica dei fantasmi.
E tu n’intralcia li omini mei, o so cazzi amari, ce capiscemo? “
Il sindaco Ferri annuì prontamente, felice che quella vicenda forse era sul punto di terminare, se solo avessero incontrato quei fottuti bastardi fuggiaschi. Li avrebbe fatti uccidere senza pietà, avrebbe dato a tutti gli agenti quella disposizione. Poi, una voce gli suggeriva :
Non sei un criminale, devi attenerti alle regole della giustizia. Ricordatelo. Non sei come Kobra. Non sei un assassino. “
Eppure, il suo passato avrebbe raccontato una realtà totalmente differente da quello che gli stava rammentando quella vocina.
Il Kobra avrebbe pensato davvero solo a sé stesso come molte vocine gli stavano suggerendo in quell’ultimo periodo o avrebbe condiviso il tutto con lui e con il resto dei suoi migliori agenti?
Forse l’unica risposta la poteva avere da Zena, una ragazza davvero speciale per il capo della Tibur Uno. D’altronde essere la figlia del capo della mafia tiburtina non era di certo un privilegio; Zena era una ragazza alquanto irrequieta al solo pensiero del padre, per tutto quello che aveva fatto sia per ottenere la mano di Lena, quanto per disfare il loro matrimonio. Il potere logora proprio chi non ce l’ha, un esempio era suo padre. Zena, occhi di un intenso azzurro scuro, naso alla francese  e un paio di guanciotte abbastanza tozze, era la perfetta ragazza che ognuno avrebbe voluto avere al proprio fianco. Disponibile sì, ma c’era un limite a tutto. Aveva fatto impazzire più uomini che uomini durante le scuole a Tivoli ma la sua sicurezza non era mai stata messa a repentaglio e questo dimostrava come il Kobra, sebbene non amasse alla follia la sua ex moglie, aveva molta cura della figlia. Non era per niente facile vivere come faceva lei, o meglio … Sopravvivere, perché qui non si tratta di vivere la vita di tutti i giorni, qui si tratta di combattere per vivere, ogni giorno che passa. Di certo, per quanto riguarda la ricchezza Zena non si poteva lamentare, bella, ricca, seducente, piena di uomini a farle da corte e sempre, forse troppo, sorvegliata. Questi erano i lati positivi di essere la figlia di un uomo importante come il Kobra; tra i fattori negativi c’era però l’ovvietà di non poter trascorrere una vita tranquilla, al di fuori dei guai. Non poteva permettersi di uscire da sola, di avere dei contatti che non facessero parte della gang, tanto era importante per Kobra la sorveglianza della figlia. Era obbligata a seguire una vita alquanto ristretta, non permettendosi di fare molte cazzate … Quelle cazzate che avrebbe voluto fare con chiunque ma che non avrebbe mai potuto fare liberamente. Essere ricchi e famosi, comportava purtroppo questo: semilibertà.
Il fatto che suo padre le avesse rafforzato la sorveglianza in quegli ultimi tempi provava che la situazione non era poi così positiva: allearsi con il sindaco e con il capitano non aveva dato i risultati sperati e questo la metteva ancora più in angoscia perché si sentiva sempre guardata, anche durante le sue nottate di passione con gli uomini più fidati, come Er Mollo e il Giangy. Quei due erano dei mostri al letto, forse Er Mollo per il fatto che ci metteva una carica incredibile, mentre il Giangy più per le sue doti che madre natura gli aveva donato.
A dirla tutta, non era affatto soddisfatta dal lavoro del padre, certo, ora si sentivano forse più protetti grazie alle varie attività, ma non bastava, quello del criminale era già una vita complicata, senza pensare alla faida tra le varie gang in una città rocambolesca come Tivoli. E anche per quello che aveva fatto a Lena, a sua moglie.
Zena si vergognava di quell’affronto, del loro rapporto andato in fumo per del denaro, per il potere. Ma ora non era affar suo, lei si occupava di altro, non delle “missioni” del Kobra, del padre.
Di certo, il padre non aveva gli stessi problemi al momento: come sempre, due bellissime donnone come  la Bionna e la Mora, due delle signorine più seducenti sulla faccia della Terra. E non solo seducenti, anche delle fottute figlie di una buona donna. Scaltre, spietate, il loro profitto non era ovviamente solo fare sesso con il padrone della baracca ma anche quello di ottenere viveri e due begli stipendi da far gola ai più grandi imprenditori. Il Kobra aveva pensato veramente a tutto.
Se so rinchiusi in gabbia, amo “
Non aveva molta voglia di parlarne, ma era troppo stanco per poter continuare un altro genere di discorso. Si era appena acceso un sigato di quelli cubani, i migliori secondo il capo, e tra una tirata e l’altra, ricordò tutti gli eventi accaduti fin’ora.
“ C’ha na fortuna Lu Canepazzo, ma io so lu Kobra e lu Kobra non sbaja mai … O io o morte … Se magneranno a vicenna, tutti quanti, n ce sta dubbio … E io vincerò la guerra “
Il Kobra lanciò via il sigaro verso il comodino e diede una bella slinguazzata alla Mora, mentre la Bionda stava appena tornando con un bel vassoio con del lattè e caffè, una delle bevande preferite del Kobra. 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


17 CAPITOLO:
Se il gruppetto del Parro e dei suoi era riuscito a sfuggire soltanto parzialmente alle mire del Kobra, dall’altra parte la polizia non aveva più dubbi al riguardo: i due fuggiaschi corrispondevano ai nomi di Raul Duke e Adryx, i due noti criminali appartenenti alla banda del Parro che, fino a qualche ora prima, erano tra i principali ricercati. A quanto pare, i due si sono dovuti sottrarre ad un importante controllo stradale con lo scopo di essere immediatamente arrestati e ricondotti in carcere, dove la polizia avrebbe l’intenzione di riportarli. Tuttavia, stando alle voci che circolano, alcuni agenti hanno annunciato come i due potrebbero tornarci anche senza vita, nel loro “fottuto”carcere, come lo hanno definito.
Intanto, nella villetta nascosta, il Parro stava camminando avanti ed indietro da una quindicina di minuti. La notizia che Adryx e Duke erano ancora vivi gli era stata segnalata dalla tv locale, “Rete Tibur”, attraverso la quale venivano fornite importanti notizie al riguardo della vicenda che aveva sconvolta la valle dell’Aniene.
Quilli c’hanno sette vite, propriu comme li gatti, ne so felice “
Quella notizia poteva essere definita come miracolosa per tutti gli altri agenti della gang, ma non per il Parro. In coppia, erano dannatamente forti, astuti, se avessero potuto, avrebbero creato una loro banda privata per distruggere l’intera Tivoli e forse ce l’avrebbero anche fatta, ma la loro amicizia con il Parro era qualcosa di estremamente prezioso, in tutti i sensi. Almeno, in mezzo a tutto quella spazzatura, c’era qualcosa che ancora funzionava e ne era tremendamente felice, felice perché se lo meritavano quei due bravi ragazzi.
Capo, CanePazzo n po continua a cammina ancora, dovemo fa quarcosa “Il turbine di pensieri del Parro venne arrestato dalle parole di Asma, quasi dette controvoglia … Il Parro si girò e vide lo sguardo dell’Infame che non prometteva nulla di buono … Asma e l’Infame si guardavano con molta concordia, quasi avessero già capito cosa fare al riguardo … Ma il Parro scosse la testa, avendo intuito ed intercettato le loro intenzioni …
Ma proprio in quel momento, dei rumori sospetti, l’Infame si affacciò minimamente ad una piccola finestrella posta sul lato esterno della villetta e vide degli uomini in divisa … Erano arrivati …
Il furgoncino blu di Asma, a quanto pare, era stato preda di una delle tante telecamere poste lungo via tiburto, proprio nei pressi del cimitero, nella zona delle fermate degli autobus. Il Kobra era sicuro: erano loro, doveva trattarsi di Asma, di quel gran figlio di una buona donna che li aveva aiutati ancora!!!!!!!!!!!
Ma la telecamera non mentiva, il furgoncino blu era l’evidente prova che Asma era con loro, lo aveva riconosciuto al volante, era dannatamente la sua sagoma al comando.
I sette superstiti sarebbero presto caduti nelle grinfie del Kobra, vivi o morti per lui avrebbe fatto poca differenza, l’importante era provare la sua immensa potenza in tutta la valle dell’Aniene e, per farlo, necessitava dell’abbattimento di quei sette. E la sfortuna del Parro coincideva proprio in quella che era stato il suo obiettivo: Cane Pazzo!!! Asma e l’Infame erano propensi a farlo fuori, lo si leggeva nei loro occhi per evitare di dover aver a che fare con un uomo la cui vita era appesa ad un filo. Quanto tempo avrebbe resistito Cane Pazzo con quella fottuta gamba ferita???
Ma non mettendo da parte l’orgoglio, il Parro si era deciso nel proseguire con Cane Pazzo, l’aveva salvato ed ora avrebbero dovuto portarselo dietro, anche rotto in quelle condizioni.
Dovemo anna, Parro, n gi remane altra scelta … “
Asma aveva appena adocchiato una delle auto della polizia in lontananza, e piano piano quella vettura si andò a moltiplicarsi. Era il momento di fuggire, lanciò un’occhiata all’Infame che, sapendo già cosa fare, annuì e si avvicinò al Parro.
“ Annamo, va, Cane Pazzo viene co noi, ma ora annamo, hanno invaso molte case, mugghiu che ce sbrighemo prima c’arivano a noi “
Il Parro si voltò verso CanePazzo in seguito alle parole dell’Infame e sorrise all’ex capo della Sterminio che appariva molto più invecchiato, soprattutto per quel grave proiettile ancora conficcatogli dentro alla gamba. Fefe gli si era appiccicata, come una calamita e sembrava non potersi muovere senza il suo uomo. Erano una straordinaria coppia e per un momento fu dannatamente invidioso di quello che vedeva. Lui ed Ellen non erano mai stati così vicini, erano così diversi, o forse troppo uguali, a pensarci bene.
Capo, stanno arrivanno … Annamo!!! “
Proprio in quel momento, sentì alcuni voci sul retro dell’abitazione, sembravano provenire dall’esterno. Si bloccò per un istante, quasi le avesse intercettate quelle parole, poi, però capì che non poteva essere, loro erano morti, no, erano morti tutti e quattro. O almeno così avevano detto …
Capo, ascoltame bene, n avemo più tempu pe aspetta, dovemo movecce, ora o mai più!!! “
L’Infame era davvero l’unico a possedere quel carisma necessario per convincere il Parro, Asma non era il tipo da aspettare, non era così paziente, Lu Doce e Er Secco erano troppo poco convincenti e seducenti e non avrebbero convinto neanche uno stolto e Cane Pazzo era più vivo che morto. Asma si avvicinò frettolosamente ad un quadro e lo rimosse dalla parete con un rapido gesto della mano.
Sembrava conoscere perfettamente quell’abitazione segreta e la cosa non stupì affatto nessuno di loro. Era rimasto nell’ombra per tutto quel tempo, doveva essere un individuo davvero molto scaltro.
Vivere da solo, contro tutto e tutti, ti rende quasi invulnerabile.
Dietro al ritratto, c’era un enorme varco che significava una sola cosa:
via di fuga!!!!!! Non era nell’abitudine del Parro fuggire a gambe levate, ma la polizia era lì fuori, altri pochissimi secondi e tutto sarebbe andato in fumo, a partire dalla loro pellaccia.
“ Sì sicuro de sto posto, Asma??? “
Le parole del Doce erano dettate dalla paura che qualcosa andasse storto, ma Asma non rispose e gli intimò di sbrigarsi a proseguire oltre il varco nascosto, anziché fare domande poco attinenti alla situazione.
Passato Cane Pazzo, come sempre accompagnato dalla sua Fefe, Asma lanciò un’occhiataccia attorno alla sua oramai ex dimora e, quasi salutandola, chiuse il ritratto, portando l’oscurità tra i superstiti.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


18 CAPITOLO:
Na cosa alla svelta “Il tono della voce di Raul Duke era come al solito molto bassa e stavolta era proprio attinente alla situazione. I due erano ricercati e il Kobra aveva mobilitato loro una serie di agenti speciali, anche in borghese. Sarebbero già dovuti fuggire, ma il loro ultimo pasto risaliva a più di ventiquattro ore prima e la cosa turbava le loro menti più che i loro fisici addestrati a quelle situazioni. Un piatto di tortellini al microonde e i due erano pronti a cambiare aria di nuovo quand’ecco che qualcuno di poco gradito entrò nella locanda. Da veri esperti, i due collaborarono non con gli sguardi bensì con le gesta. Nessun indice puntato, soltanto dei gesti simbolo, propri di quei due. Si conoscevano da più di dodici anni e quante volte si erano trovati in quelle occasioni. L’importante era non farsi riconoscere, la barba era cresciuta ad entrambi, si erano addirittura portati dietro dei baffi finti e degli orecchini. Direte soltanto questo? Be’, l’importante era non dare nell’occhio, di certo, meno figuravano nella visuale degli agenti e meglio era. Erano due agenti in divisa, uno che assomigliava ad un maiale, nel vero senso della parola, l’altro sulla cinquantina, aspetto da segugio, tipo alquanto poco raccomandabile, insomma. Se il maiale non era un problema, l’altro sembrava davvero uno di quelli che non mollava l’osso neanche dopo averlo afferrato.
Avete visto questi due? “
Il più intelligente dei due mostrò al proprietario del negozio un paio di fotografie dei due ricercati. Per fortuna, che i soldi avevano fatto effetto. Il tipo grande come un maiale si adagiò su una delle sedie vicine al bancone, mentre l’altro si guardava attorno.
Forse so andati avanti, da qualche altra parte, qui non l’ho visti, mi dispiace … Se posso essere indiscreto, come posso aiutarla, signor … ? “
Ma l’uomo non rispose, neanche lontanamente, il suo sguardo cadde sull’occhio destro di Adryx. Azzurro, azzurro, azzurro … Il criminale ricambiò lo sguardo per quei due secondi successivi, quel poco che bastava per fuggire. Il poliziotto cacciò fuori l’arma e fece fuoco proprio nello stesso momento nel quale Duke, accorgendosi del colpo d’occhio del compagno, si era voltato per rispondere con la sua magnum. Un colpo dritto al cuore. Il segugio cadde mentre l’altro agente tentava di estrarre la sua arma ma anche lui cadde a terra, colpito da una crivellata di proiettili, sparati dalla mitraglietta di Adryx. Nessuno dei due agenti sembrava essere in grado di poter continuare la battaglia. Erano morti stecchiti, quei due figli di puttana.
N semo assassini … Ma semo stati costretti, dico be? “
Pallido in volto e con gli occhi sbarrati dal terrore della sparatoria e dalla visione di due uomini morti, il proprietario non rispose. Non c’era nessun altro in locanda e la cosa avrebbe favorito i loro movimenti. Eppure, in lontananza le sirene delle auto della polizia parlavano chiaro: quei due non erano soli, merda!!!!!!
500 euro se gi salvi a vita!!! “
Con un rapidissimo gesto, quasi automatico, lanciò la banconota sul bancone del tizio, in attesa di una risposta immediata. Duke godeva del massimo rispetto da tutti proprio per la sua intelligenza. Avrebbe pagato chiunque per salvarsi la pellaccia, e anche quella del suo amico Adryx.
Quella porta in fondo al corridoio, vi porterà lontani da qui. Vi ritroverete nella strada di campagna che vi condurrà poi alle carterie, se siete nati a Tivoli non vi perderete “
Quasi alla ricerca di una risposta da parte del Duke, l’uomo non fiatò, paralizzato alla vista di quegli uomini a terra. I suoi due occhi si erano ridotti a due blocchi di terrore allo stato puro, mentre le sirene della polizia si facevano sentire sempre di più. Adryx era molto preoccupato tanto che interruppe il silenzio.
E’ l’unica via pe andaccene da sto posto, Raul!!! “
Raul fissò il volto speranzoso di Adryx mentre cacciò l’arma e la puntò sulla fronte dell’uomo, ora in preda a qualcosa di ancora più profondo ed intenso del terrore. Era una fottuta paura, se la stava facendo nei pantaloni, che pisciarolo del cazzo!!!!!
Bam!!!! Uno sparo echeggiò per tutta la locana, le cervella del tizio si sparpagliarono per tutto il bancone, mentre Adryx era già alla porta. Duke guardò la testa dell’uomo ridotta in poltiglia e sembrò sussurrare “ Me dispiace “
Ma una delle regole di ogni criminale era quella di non avere rimorsi … Adryx lo fissò in maniera strana, aveva davvero compassione? E per quegli uomini uccisi? Per tutto quello che aveva fatto? Aveva rimorso per tutto quello???
“ Namo va, Adryx … Sto posto me sta a da alla nausea “
Con le sirene sempre più vicine, i due si ritrovarono immersi nelle campagne tiburtine, le quali erano piene di vegetazioni e questo avrebbe avvantaggiato i loro movimenti. Si sarebbero dovuti mimetizzare con l’ambiente, vista la difficile situazione. In lontananza, alcuni aerei si erano già messi in movimento quando i due decisero di seguire l’unica strada da prendere: quella che, secondo le direttive, avrebbe portato alle cartiere!! Tornare a Tivoli non sarebbe mai stata una buona idea, il Parro non ne sarebbe felice, ma era l’unico modo per prolungarsi la vita. Per un criminale, servire la sua banda non era un dovere, non era un lavoro forzato, era un qualcosa per cui vivere, o meglio, per cui sopravvivere. E non avrebbero tradito il loro capo, il Parro, neanche ad essere pagati. Questo punto li differenziava da tutti gli altri, da quegli sporchi mercenari che si mascherano per criminali.
In lontananza, due elicotteri stavano dirigendosi nelle vicinanze dell’oramai lontana locanda; avevano sì e no corso per un paio di km, e quel tempo sarebbe stato sufficiente ancora per qualche minuto dopodiché, gli agenti, accorgendosi del macello fatto nella locanda, avrebbero realizzato la loro fuga.
Raul, avarda loco!!! “
Le cartiere erano lì, a circa duecento metri di distanza da loro. La strada era abbastanza percorribile, proprio lungo il limitare del fiume Aniene, ma non sembrava comunque pericoloso camminare lì vicino. Il corso del fiume era regolare, il percorso sgombro e la fitta vegetazione avrebbero aiutati i due. Tuttavia, gli elicotteri si stavano avvicinando e nel breve giro di qualche minuto, anche le cartiere sarebbero state assediate. L’obiettivo dei due era quello di riuscire ad informare qualcuno della loro presenza da quelle parti. Da soli non ce l’avrebbero mai fatta. Speravano almeno nelle capacità di sopravvivenza del loro boss, il Parro era il migliore, non ne avevano dubbi e, al suo fianco, avevano i migliori uomini, come Er Secco, Lu Doce, l’Infame e, probabilmente, anche i quattro stranieri.
Eccole là, le cartiere, probabilmente la loro unica chance di salvezza, di uscirne sani e salvi, o comunque con qualche ferita. Il misterioso infiltrato, la spia del Parro avrebbe poi saputo come agire. Era un esperto nel risolvere cose alquante particolari, situazioni come quelle.
 
Quilli doe, bastardi, Adryx e Duke!!  …“…
Nell’ufficio del sindaco Ferri, e davanti al suo boss, Er Pilu rimase il più grande ignorante di sempre. Per lui, vivere tra mille donne, vivere in mezzo alle galline o in qualche altro pollame, non faceva alcuna differenza. Er Pilu non amava di certo le belle poltrone e stando ai suoi indumenti, neanche molto l’abbigliamento o la moda erano al passo con i suoi tempi.
La lunga giacca verde del Kobra era l’unica cosa troppo perfetta del Kobra, troppo anche per il Pilu a cui però non dispiaceva una tenuta del genere. Il suo sguardo si soffermò proprio su quest’ultima, anche se i suoi pensieri andavano dai due fuggiaschi alla loro presunta missione.
Ferri, dovemo anna a cercalli o no?? N me va de perde li pesci grossi pe pia quilli ssosì piccoli “
Vero, la domanda del Kobra era rivolta al sindaco, al primo cittadino di Tivoli, ma la risposta già risiedeva stabile, sin da prima della formulazione della domanda stessa, nella sua mente, come se nessuno dovesse contraddirlo … Lui era il capo, lui gestiva qualunque cosa, persino il primo cittadino … Il Sindaco si alzò e, guardando dalla finestra, non vide altro che lo strapotere del Kobra su di lui …
Lo stava dominando, ma non riusciva a fare nient’altro che obbedirgli … Annuì un paio di volte, con lo sguardo di chi non riusciva a capirci più nulla … Il Kobra lo aveva legato ad un filo, il quale si sarebbe mosso solo se lui avesse voluto …
Be, gi semo capiti,  nze po sbagghia!!!  Li vogghiu vivi, vogghiu sape quarcosina su de loro … Pilu, portate Er Cecco e Pennella, me fido de voi “
 
Il Kobra avrebbe ottenuto maggiori informazioni da quei due, in coppia saranno anche bravi, ma da soli, erano come due pesciolini in mezzo ad un branco di squali … Erano morti!!!!!!!!
E pensare che il Parro li credeva morti … Quattro uomini all’apparenza sconosciuti, almeno dal loro modo di dialogare, si erano travestiti da veri e propri terroristi per non farsi riconoscere ed avevano attivato una radio all’angolo est dell’abitazione presa di mira dagli agenti. Era l’unica abitazione, l’unica villetta a quanto pare sguarnita, priva di scasso o di informazioni sospette. Nulla di illecito, a quanto sembra. Tutto in ordine … Forse troppo …
“ Hai sentito, francè??? “
Cinque agenti della polizia non persero tempo e, sempre con gli occhi spalancati e, proteggendosi a vicenda l’un l’altro, raggiunsero l’ala est della villetta vuota. Sembravano delle voci, purtroppo era troppo tardi anche per loro. Non appena trovarono la radio, posta all’interno di un vaso pieno zeppo di marijuana e coperto dalle numerose pianticelle crescenti lì intorno, i cinque non fecero neanche in tempo ad aprire la bocca per controbattere che vennero fulminati da una serie di scariche di mitragliette provenienti dall’altura vicina. I cinque persero la vita senza neanche poter aprire fuoco. I quattro si fissarono tramite le loro maschere da terroristi, gli occhi verso il loro massacro, verso quello per cui erano abituati ad essere pagati: ovvero uccidere!!!! Avevano fatto credere di essere morti … Ma lo avevano fatto per un motivo ben valido, perché per tutto c’era un prezzo … Ed alcune cose non si possono dimenticare … Affatto …
Proprio in quel momento, altri agenti irruppero nella villa, ma non avevano fatto i conti con l’intelligenza dei quattro. Infatti, poco prima, Don Vittore e Peppino, da esperti quali erano, avevano posizionato un filo di ferro intrecciato proprio a pochi passi dall’ingresso, e questo filo, una volta toccato, li avrebbe condotti ad una morte certa. Il cavo, infatti, era strettamente legato ad una granata esplosiva che distrusse l’intera abitazione, lasciandone soltanto delle briciole. Chiunque abitasse lì vicino, non avrebbe mai fatto caso ai quattro stranieri, per quanto erano silenziosi.
 
La voce di uno dei quattro fu l’unica protagonista per qualche istante, ma era così confusa dal rumore delle sirene in lontananza che nessuno se ne accorse…
“ Stanno arrivando … Sappiamo come e dove seguirli, ragazzi “

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


19 CAPITOLO:
Nell’ufficio del sindaco la tensione si riusciva a sentire persino con il tocco della mano. Il sindaco e il Kobra non riuscivano a formulare una frase di senso compiuto, un vero e proprio dialogo, non riuscivano a dare delle direttive importanti e la situazione scivolò loro di mano non appena capirono che qualcosa di veramente strano era appena successo. Il Parro e gli altri sei erano svaniti nel nulla, portandosi dietro soltanto morte e distruzione. Alla notizia, il Sindaco sembrò davvero molto turbato, mentre il Kobra cercò tranquillamente di ricordargli che i superstiti dovevano trovarsi da quelle parti, non potevano di certo essere volati via e spariti come dicevano gli agenti.
Nissunu sparisce, nissunu vola, c’avranno un passaggiu segreto, comme molti altri “
Il Kobra si alzò velocemente dalla sedia e si fece un giro attorno alla figura del sindaco, sempre più ridotta a due piccole fessure pallide, quasi fosse un cadavere. Era un uomo che doveva affrontare una situazione molto più grande di lui, molto più grande di chiunque, fatta eccezione per il Kobra. D’altronde, senza di lui e senza la sua sagacia, nessun sindaco Ferri ci sarebbe mai stato e di questo, il sindaco, gli deve tanta riconoscenza. Ma di certo, l’essere appoggiato dal primo cittadino lo rendeva, non immune dalla legge, ma quasi. Sicuramente, non era solo il grande avversario della banda del Parro, come era conosciuto una volta, finalmente il Kobra oggigiorno è divenuta una persona nuova, all’avanguardia su tutti i fronti, pronto a dire la sua anche in campo nemico.
Tutto d’un tratto, un messaggio gli portò la notizia che attendeva con ansia … I pesci erano caduti in trappola …
All’interno delle cartiere, i due fuggiaschi del Parro erano stati bloccati da tre giovani zingari, con il fucile verso di loro spianato.
Raul e Adryx aveva appena gettato la loro artiglieria quand’ecco che Pennella, Er Cecco ed Er Pilu avevano fatto la loro comparsa alle loro spalle. I due ora erano davvero in trappola, … In una trappola mortale!!!!!
Lu messaggiu mannato allu Kobra ce porterà rinforzi a breve … Già state due contro tutti noi, siamo in sei, e voi state disarmati, senza nissun’arma … N fate cazzate e ve lasceremo vive!!!! “
La solita parlantina del Cecco, come sempre grande intrattenitore, era al centro dell’attenzione. Lo zingaro più giovane fece un passo avanti, ma il Cecco lo arrestò, proibendogli qualsiasi azione offensiva …
Lu Kobra li vole vivi!!! Sete stati pagati pe fa cose bone, no pe manna tutto a fanculo!! Gi semo capitu??? “
I tre zingari non fiatarono, sembravano dei selvaggi con una voglia di strapazzare i due ostaggi … E con strapazzare, intendo, non certo di coccole … Er Pilu si avvicinò a Raul Duke e lo fissò … Il primo era un bastardo senza scrupoli, non gliene importava molto degli altri, l’importante era distruggere tutto ciò che incontrava … Uccidere era alla base della sua vita …
Pilu, che starà a pensà quel frocietto?!! Ahahaha! Perché tu e Adryx sete du gay da quannu sete nati!! “
In quanto a chiacchiere, Cecco non era secondo a nessuno, con due ostaggi disarmati come Raul ed Adryx magari avrebbe riso, continuato a parlare per chissà quanto tempo in attesa dell’arrivo del Kobra stesso … Er Pilu non rispose alla risatina crudele del Cecco; nei suoi occhi, solo odio!!!!!
Gli puntò la magnum alla gola mentre Cecco continuava a ridersela.
Mesà sete propriu du frocetti der cazzo!!! “
Pennella, intanto, fece uno strano movimento. Si diresse verso l’ala nord delle cartiere strillando:
Cazzo!!!! Merda, Cecco, avarda la catenina che sta loco!!! “
Sarebbe stato impossibile non vederla. Luccicante come non mai, quella catenina si trovava nel posto sbagliato, al momento sbagliato, proprio come Duke e Adryx. Non appena Pennella la raccolse, gli zingari si voltarono e la videro in tutto il suo splendore. Quella catenina apparteneva al nonno del Parro, uno dei più noti gangsta della valle.
Dammela qua, idiota!!! “
Ma uno dei zingari fece uno scatto per appropriarsene aggredendo selvaggiamente il giovane Pennella. Er Pilu allora perse la pazienza e fece fuoco, traforando la parete cerebrale dell’assalitore. Era bastato un momento ed ecco lì il macello. Mentre, Er Cecco faceva secchi anche gli altri due con le sue due pistolette da uomo d’affari, Pilu tenne d’occhio i due prigionieri come se fossero loro la cosa più importante. D’altronde, portarli vivi era la missione, che a loro piaceva o meno!!!
Pilu, viemme ad aiuta!!!!! N ce la facciu da solu!!! “
Cecco sarà senz’altro un tipo freddo ed intelligente, ma in quanto a forza muscolare non era di certo il massimo. I due spostarono i corpi nell’altro atrio dove li inserirono all’interno di enormi pacchi neri.
Dopo qualche istante, tornarono nell’atrio orientale, dove c’erano …
Ma do … Cazzo … ! “
Er Cecco ed Er Pilu si arrestarono, artiglieria pesante pronta all’uso. Di Pennella e dei prigionieri neanche l’ombra, dove diavolo si erano cacciati??? Che Pennella fosse stato colpito a tradimento da quei due maniaci???
Pilu, n gi dividemo, è quillu che vogghiono loro!! “
All’improvviso, però, Pennella comparve da oltre una serie di rocce. La sua giacca grigiastra era cosparsa di sangue, i suoi occhi erano quelli di un uomo perso, svanito nel nulla, inghiottiti dall’ombra del terrore. Alla fine, si accasciò, distrutto, gli occhi ancora aperti, come se avesse visto la morte con i propri occhi.
Oh merdaaa!!!!!!! Ma che cazzo te sta a succede, Pennè???? Svigghiate, te pregooo!!! Svigghiate!! Che t’hanno fattu? “
Er Cecco gli tolse la giacca e la camicetta bianca, completamente macchiata di sangue. Pilu si accovacciò affianco ai due. Lo sguardo di Cecco era talmente preoccupato che non riusciva neanche a parlare.
Non era abituato alla morte, questo no … Er Pilu, al contrario, seppur preoccupato, individuò con molta facilità da dove provenisse tutto quel sangue. “ La cianga? “
Senza altre parole, Pilu decise che era arrivato il momento di frenare tutto quel sangue in modo da salvargli la vita, o perlomeno per ritardare l’inevitabile. Stava per togliergli i pantaloni quando …
Troppu tardi, amici!! “
Due mitragliette spalancarono le fauci dell’inferno contemporaneamente senza lasciare testimoni. Er Pilu e Er Cecco vennero trafitti da una miriade di pallottole, fiocchi di sangue fuoriuscirono dal petto dei due criminali che non avevano avuto neanche il tempo per rispondere al fuoco.
So morti, raga “
Ma che !!!! Con un ghigno beffaro, con una faccia da prendere solamente a schiaffi per tutto il giorno e con una prontezza di riflessi non paragonabile ad un ragazzo come quello, Pennella, ancora vivo e vegeto, senza apparenti ferite, realizzò che il loro piano era andato a buon fine. Il Kobra ci era cascato dall’inizio, Pennella era sempre stato uno straordinario bugiardo, tanto che anche il Parro avrebbe potuto toglierlo di mezzo per evitare eventuali tradimenti, proprio come quello. Tornare dal Kobra sarebbe stato poco prudente dopo quello che era successo nelle cartiere, gli uomini del Kobra sarebbero arrivati, avrebbero trovato i due cadaveri a terra, crivellati da una miriade di pallottole, morti all’istante.
N gi sta tempu, gi tocca anna!!! “
Raul Duke, colt’80 a portata di mano, diede un’occhiata all’esterno. Agenti su agenti stavano per avvicinarsi sempre di più, gli spari li dovevano aver attirati da quella parte, forse era meglio tagliare la corda. 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


20 CAPITOLO:
L’aria che si respirava lì dentro era insopportabile, un caldo afoso la stava invadendo, stava sudando come una fontana … Neanche stesse facendo sesso!!!! Era letteralmente bagnata da tutte le parti e sì … Quando vi dico una cosa, è letteralmente quella …Forse la febbre, forse l’agitazione, forse per il semplice fatto di essere tornata come una volta: orfana!! Non che il Parro gli fosse mai andato troppo a genio, ma almeno l’aveva salvata dalla vita di strada, le aveva trovato un rifugio sicuro (che poi così sicuro non era ma va bene questa è un’altra storia). Il suo padrone, colui che l’aveva tolta dalla strada era alle prese non solo con la polizia ma anche con i peggiori malavitosi di tutti i tempi. L’unica nota che poteva darle la forza, l’energia per continuare era data da un fatto significativo: ancora nessuna notizia riguardo ad una eventuale cattura del Parro … E questo la faceva star bene, perché lei si sentiva ancora protetta da un uomo che forse in quel momento neanche la cagava.
Stava quasi per allontanarsi dall’ufficio quando una vocina la fece tornare dentro. Era inequivocabilmente qualcuno che aveva un grande interesse per lei … O per meglio dire, aveva interessa a conversare … Non sembrava il classico agente che si mette in mostra dando sfoggio delle proprie abilità, tutto il contrario. Indossava la solita divisa blu, corporatura robusta, un tipo che non badava molto all’aspetto fisico, ma per Diamante l’importante era trovare qualcuno con cui scambiare le proprie idee. Ovviamente, tutti tranne il Kobra o il Sindaco. Persino il capitano le andava a genio, cosa che non avrebbe detto sino a qualche giorno prima.
Si risieda, Diamante “
Era davvero diventata così famosa?? Insomma, per essere la domestica del più grande criminale dell’Aniene, poteva anche essere così, ma forse quell’uomo celava qualcos’altro all’interno delle sue stesse parole.
Diamante prese posto davanti all’agente, sempre molto preoccupata per il Parro e per quello che sarebbe stato un futuro senza di lui.
Essere la domestica di un noto criminale non deve essere la fine del mondo per te. Sei giovane, non hai crimini per i quali essere condannata e soprattutto … Sei una donna … “
Diamante incrociò lo sguardo dell’agente una o due volte, non di più … Non amava fissare gli altri, così come non amava essere fissata in quel modo, così opprimente, così ossessionante … Le dava davvero molto fastidio, ma era abituata a tenere il becco chiuso per tutto quel tempo … Non era affatto un problema per lei …
Non mi riconoscete, Diamante? Credevo che a forza di origliare avesse imparato a ricordare i volti … “
Furono quelle parole a risvegliare tutto il meccanismo del suo intorpidito cervello: aveva capito perché nel bel mezzo di una giornata così caotica, un agente le si fosse avvicinata in quel modo  …
Si sforzò di ricordare il nome dell’agente, non c’erano più dubbi, non li aveva mai avuti, così come ora non ne aveva per il Parro …
Marcelli, ve ? L’agente Marcelli, iote conosco, tu … “
Ma all’improvviso, Diamante si arrestò di botto dato che l’uomo le aveva pestato il piede destro. Era un segnale, meglio non fiatare in caso di qualche cimice nascosta.
Ascoltatemi bene, so che vuoi sapere come stanno i tuoi amiconi … Il capitano mi ha detto di dirti che va tutto bene, … Per te … Sono ancora vivi, ma oramai hanno i giorni contati … E’ meglio che tu inizi a pensare ad una nuova vita … C’è poco da essere felici, lo so, purtroppo ad entrare in contatto con la malavita non si riporta mai nulla di buono … Lo so io … E lo sa lei, Diamante … I miei colleghi stanno rastrellando ogni minima zona di Tivoli e dintorni, persino le autostrade sono sorvegliate per ogni 200 metri, il che renderebbe praticamente possibile al Parro e ai suoi di fuggire sani e salvi … Ma c’è una cosa che tu puoi fare …Non appena Parro sarà catturato, il capitano vorrebbe che tu ti schierassi dalla sua parte per mandare dritto in galera il Parro per il resto della sua esistenza. Lo so che per te è difficile, ma nel caso riuscissi in questo, avresti una vita molto migliore rispetto a quella vissuto fino ad ora. “
La ragazza non stava molto seguendo il discorso dell’agente. Aveva davvero un brutto presentimento riguardo alla banda. Aveva capito che erano ancora vivi e vegeti ma se le cose stavano così, sarebbe stata tutta una questione di ore!!!!  Poi, si soffermò sulla seconda parte della sua lunga spiegazione.  Un compromesso da parte del Kobra??? Perché dietro al capitano Ruggeri, era troppo evidente la mano del Kobra, la mano dell’avversario eterno del suo padrone … Diamante lo conobbe poco prima di andar via dalla banda, il Kobra era un tipo che amava fare la pazza vita … Alcol, donne (o meglio prostitute), sperperamento di denaro a tutto spiano … Erano tre delle cose che lo caratterizzavano e che il Parro aveva in tutti i modi cercato di eliminare dal suo dizionario, ma più il tempo passava e più il Kobra sembrava essersi diretto verso la strada più lunga … Quella del tradimento … Il Parro se ne accorse grazie alla sua intelligenza, ma senza qualche sbavatura del Kobra non ce l’avrebbe mai fatta … Diamante pensò alle cattive conoscenze con le quali il Kobra aveva avuto a che fare in tutto quel periodo, ma poi si ricredette. Lui e il Parro non avrebbero mai potuto essere così diversi.
Molta gente pensa che i criminali siano tutti uguali. Vorrei rispondere con la mia opinione, se me ne date la possibilità.
N è un compromessu che me cambia a vita. C’ho bisogno di certezze che però n c’ho. So passati tand’anni e te posso assicura che gnente è mugghi de sta a casa. E col Parro stavo a casa mea. “
 L’agente sorrise per un breve istante: lui e il Parro erano stati amici, ma purtroppo la vita a volte ti riserva amare sorprese. Aveva deluso colui che un tempo era il suo migliore amico, e quell’avventura lo aveva profondamente segnato. Ma loro erano due mondi opposti, due universi a confronto non avrebbero che prodotto rancori e disaccordi; sarebbe stata inutile una eventuale riconciliazione.
Diamante ebbe un attimo di esitazione nel continuare il suo pensiero. Non voleva dare importanti informazioni al comando di polizia, non  che sapesse molto altro su dove possano essersi diretti gli altri. Forse, in questo momento, si erano trovati un bel rifugio dove trascorrere la notte, magari in qualche luogo chiuso dove la polizia sarebbe arrivata a stento.
La gamba gli stava facendo un male cane. Ma lui era uno tosto, non più giovane come un tempo ma ancora con una grande voglia di dimostrare al prossimo che significa essere dei combattenti. Stava stringendo i denti da un’oretta e passa, ma più passava il tempo e più si stava indebolendo.
Fermemoce “
Parro si voltò e vide l’Infame puntare l’arma contro gli ultimi due membri del gruppetto dei sette fuggiaschi. Era evidente che qualcosa non andava in Cane Pazzo. Il capo della Sterminio aveva seri problemi alla gamba, perdeva troppo sangue e non avrebbe fatto molta strada insieme a loro in quelle condizioni. Asma si fece avanti, restando però con l’arma puntata verso Cane Pazzo.
E’ tempo de chiari le cose. N gi potemo ferma ogni volta che quissu c’ha un problema. Dovemo lasciallo qui!! “
Evidentemente, il Parro aveva fatto i conti senza l’oste perché Asma e
l’Infame sembravano essere d’accordo su questo, mentre Lu Doce e Er Secco non sembravano dire niente a favore. Il Parro sapeva di dover scegliere per tutti, era il capo d’altronde, lui prendeva sempre delle decisioni per tutti i suoi compagni, un po’ come un grande padre ai suoi figlioli.
N potemo lasciallo ssosì, ve pare giusto? “
Quella del Parro non era una domanda diretta, voleva entrare nella psicologia dei due, voleva scavare a fondo, come faceva sempre con tutti.
Gnente è giusto, Parro. Gnente … Nemmanco portallo co noi “
Alle parole di Asma, l’Infame annuì prontamente senza però dire niente per suo conto. Con l’arma rivolta alla tempia di Cane Pazzo sembrava come prendere la mira, per sparare un colpo che avrebbe conclusa la vicenda.
Parro allora prese la parola in maniera convincente e annunciò con fare autoritario …
Siccome so il capo, decido io … CanePazzo viene co noi, chi altro è contrario? “

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


21 CAPITOLO:
 
Non l’aveva convinta ma ne era valsa la pensa, in quanto aveva finalmente capito cosa significasse per una giovane ragazza come lei avere qualcuno dalla sua parte … I genitori del Marcelli erano morti tutti e due in un incidente d’auto, o almeno così si diceva, ma la realtà aveva presentato altri fattori nascosti … Il crimine aveva indotto la polizia a cancellare ogni traccia di un possibile attentato e, quindi, il tutto si era risolto con una sola conclusione: incidente d’auto!!!
Il Marcelli aveva scoperto tutto questo grazie alle mille informazioni segreti scovate con il passar del tempo e questo gli aveva fatto profondamente capire che stare dalla parte della legge non significava letteralmente proteggere la verità, dilvugarla. E l’assenza di due genitori si fa sempre sentire nella vita, anche a costo di dimenticare il passato. Non si può dimenticare la propria natura, la si può accantonare, giusto questo per andare avanti. Ma il fatto che il Kobra avesse conquistato il pieno potere non gli avrebbe di certo fatto cambiare i propri piani. Così come Diamante, anche lui avrebbe fatto di tutto pur di far tornare la serenità. E la giustizia!!!!!
Semo sicuri che quissi stanno  dalle parti de la cartiera? “
L’agente Stefani era sempre così … Un idiota a prescindere … Non faceva altro che illustrare tutti i suoi pensieri, anche i più deficienti … Che sia vero o meno, il loro compito era quello: andare lì per catturare i due fuggiaschi mentre il restante comando avrebbe condotto le indagini verso gli altri. Raul Duke e Adryx erano stati riconosciuti ma non per questo la polizia li avrebbe catturati con facilità. Anzi … E poi perché doveva fare la parte del traditore? L’unico che avrebbe potuto sorridere di fronte a tutto quello sarebbe stato il Kobra e il Kobra è l’unico che ci dovrà rimettere.
Degli spari provennero dal lato sud – est delle cartiere.
I tre agenti capirono che qualcun altro era giunto prima di loro. In lontananza, il rumore di aerei che stavano giungendo. Stefani e Lauri avanzarono ma il Marcelli rimase lì, fermo, immobile. Doveva farlo. Chiuse gli occhi e sparò. Una raffica di colpi trafisse le schiene dei due poveri malcapitati … Poveracci, non era colpa loro, ma in quel mondo non c’era giustizia, esisteva solo la possibilità di sopravvivere. Un ragazzo piuttosto magro e neanche tanto alto, la cui folta capigliatura castana risultava più che ovvia, lo raggiunse, seguito a qualche metro di distacco dai due fuggiaschi. Pennella si era comportato secondo i piani del Parro, cosa che testimoniava la fiducia del Parro nei suoi confronti. Quell’uomo conosceva chiunque, dentro e fuori.
“ Vedo che lu piano va a gonfie vele, Marcelli “
Le parole di Pennella erano come sempre molto chiare, semplici, coincise … Non amava aprire la bocca, lo faceva solo per complimentarsi con qualcuno o per recapitare messaggi … Una sorta di spia messaggera … Era il migliore in quella professione, nessuno lo avrebbe battuto e se si fosse trovato ancora una volta dinanzi al Kobra non avrebbe fallito … Lo avrebbe affrontato e gli avrebbe raccontato la sua verità senza batter ciglio, come solo una vera spia sa fare …
Me dispiace, erano du bravi reazzi … “
L’agente si fermò un attimo a fissare i loro volti privo di alcuna forma di vita … Non c’era niente in loro … Erano stati svuotati di ogni forma di sentimenti, privati della loro volontà … Si sentì un attimo in colpa per tutto quello …
Eddaje, su … Anche li tua so stati fatti fori così … E “
Stava per continuare la frase quand’ecco che una uno sparo lo interruppe …  Gli occhi di Marcelli persero ogni sfumatura, per Duke fu come vivere la morte in diretta … Fu proprio il suo movimento a trarlo in salvo, quando il cadavere di Marcelli gli cadde davanti proteggendolo da un’altra scarica di proiettili … Pennella estrasse l’arma cercando un riparo, ma la cosa era già stata conclusa da Adryx che aveva eliminato la minaccia con la sua rapidissima mitraglietta …
State al riparo!! Sento altri movimenti!!!!! “
Duke e Pennella trovarono un degno riparo dietro delle imponenti colonne, mentre Adryx si andò a piazzare oltre un vicoletto. La polizia sarebbe giunta molto presto e questo li avrebbe sfavoriti in quanto Adryx e Raul Duke erano i ricercati e Pennella doveva fare ancora la sua importante parte nei confronti del Kobra. Se lo avessero trovato con quei due, tutto il piano avrebbe conosciuto un amaro finale.
Dovemo scappa, gi stanno a cerconna, n lu vedete??? “
Le parole di Pennella esprimevano l’ansia, il terrore, la paura di qualunque altro cittadino. Se come spia era perfetto, come guerriero era solo un carico in più per tutti. Tremava continuamente tanto che avrebbe perso la presa con l’arma a momenti. Duke non poteva capirlo, si sforzava di farlo, ma non ci riusciva. Lui e Pennella avevano di fronte due mondi uguali ed opposti. Quello di Duke vedeva la violenza e il potere contrastare quello di Pennella, contaminato da una vita con troppi piaceri. Non che Duke non si fosse divertito, ma il Pennella non si era mai macchiato di stragi o cose simili, come già detto, il suo compito era solo quello di estromettere importanti informazioni. E il suo carattere glielo permetteva.
In lontananza, le sirene della Polizia costrinsero Adry a preparare un piano di evasione. Avrebbero potuto riprendere la via delle Carterie, ma quanta strada avrebbero fatto? Si guardò indietro … La via sarebbe continuata oltre il tempio della Sibilla, ma poi? Sarebbero rimasti a Tivoli, e ogni vicoletto sarebbe potuto essere l’ultimo …
“ Che cazzo dovemo fa, Adry??? Cazzo, te vuoi move!!! “
Adryx scosse la testa … Sparò qualche colpo verso gli altri bastardi … Erano in tre ma dovevano conoscere la polizia, altrimenti sarebbero scappati … L’alleanza era chiara: il Kobra non avrebbe avuto problemi nell’eliminare i suoi avversari, la polizia gli era d’aiuto, il suo piano combaciava quello del capitano, o forse era stato solo il Kobra a provvedere al tutto. Insomma, il Parro era solo, solo come tutti i suoi rimanenti uomini.
Te ricordi quanno avemo fatto lu giuramento al Parro??? “
Adryx scaricò un altro caricatore contro i tre del Kobra per prendere tempo ed evitare una loro manovra offensiva …
Raul Duke non rispose, lo guardò negli occhi senza fare niente … Pennella cercò di smuoverlo, ma negli occhi del Duke per la prima volta c’era l’arrendevolezza … Adry continuò a sparare e a gridare …
Si c’è na cosa che noi dellu Parro n famo mai, quilla è … Arrendersi alla morte!!!!! “
Pennella non riusciva a calmarsi, non avevano proprio altre possibilità di fuga?? Sarebbero dovuti morire in quel modo? Senza neanche avere la possibilità di difendersi??? Si voltò verso Raul che però era cambiato notevolmente … Il colore della sua pelle era di un rosa molto scuro, gli occhi erano tornati a splendere come prima e la torsione dei suoi muscoli testimoniava come quei due erano pronti a sacrificarsi pur di morire combattendo per la loro banda …
Erano pazzi, soltanto dei pazzi … La polizia intanto era lì lì per giungere, così come un elicottero pronto a sorprenderli dall’alto …
Ma cosa … ??? Noooooooo!!!! “
In lontananza, quasi fosse uno spettacolo di fuochi d’artificio, le auto della polizia saltarono in aria mentre gli uomini del Kobra ora erano loro ad essere preoccupati per quello che stava succedendo …
I tre sopravvissuti non crederono ai loro occhi: qualcuno li stava salvando, ma chi diavolo poteva essere???? Zimmo, Leo e Lory cercarono di respingere quello che era un cecchino a tutti gli effetti. Non sbagliava un colpo ed era molto abile a maneggiare un’arma di quella portata.
Oh dio meoooo!! Semo salvi!!!!??? “
Adryx e Duke si godettero la scena. I tre del Kobra vennero travolti da una miriade di proiettili che sembravano provenire da ogni buco della zona. Ma quanti dovevano essere??? E soprattutto: chi erano????
Hanno fatto fori sì e no cinque auto della polizia, più quilli tre del Kobra!!! Chi cazzo è scesu lu padreterno????? “
Pennella era fuori dai gangheri, voleva abbracciare i suoi salvatori, li avrebbe portati per sempre con sé, avrebbe pagato d’oro per la loro incolumità. Raul però non sembrava comunque essere così felice …
N gi movemo finchè n se vedono, ok? Adryx? “
Adryx annuì in segno di approvazione. Non potevano essere uomini del Parro, gran parte erano stati uccisi e i rimanenti, fatta eccezione per loro tre, erano da tutt’altra parte, di certo non per pensare a loro.
Chi siete??? “
Ma nessuna risposta … Pennella fu quasi deluso nel sapere che dei loro salvatori nessuna traccia …
“ So scomparsi … N gi credo “
Queste, invece, le parole di Adryx … Di fronte a loro, un massacro compiuto da ignoti … Un massacro compiuto da qualcosa che forse neanche esiste, compiuto per punire dei bastardi!!!!!!!!!!
In lontananza, una radio sembrava ancora in funzione …
Zimmo!!! Cazzo state a fa??? Me li portate sti cadaveri, cazzo!!!!!!! “
La gracchiante voce di un uomo proveniva dalle tasche di un giubbottino … Zimmo …
Il Kobra s’è ferito!!!! Ma pe faglie male, dovemo ucciderlo!!! “
Pennella raccolse la magnum con qualche cartuccia da terra, si legò il cinturone attorno alla sua vita come fosse un cowboy e pronuncio alcune parole che mai nessuno avrebbe potuto sentire da un uomo timido, silenzioso, privo di audacia come lui …
E’ tempo de falla finita!! Annamo a fa fori tutti!!! “

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


22 CAPITOLO:
 
Nell’ufficio del sindaco, il silenzio e l’oscurità erano i soli elementi che riuscivano a trasparire. Il sindaco Ferri, immerso nei suoi più intimi pensieri, sorseggiava un bicchiere di spumante, quasi per festeggiare la fine del crimine tiburtino. E avrebbe dovuto ringraziare il piccolo, grande Kobra, il suo migliore amico. Da criminale a servitore della legge, un grande cambiamento per una persona come lui. E il Kobra ne era estremamente felice, lo avrebbe supportato per le elezioni come presidente della provincia, fino a raggiungere il dominio dell’intera regione e, addirittura, dell’intera nazione. I suoi pensieri vennero interrotti dall’arrivo della giovanissima domestica di casa Parro.
Finalmente … Ho sentito degli spari e mi sono preoccupato per lei, Diamante … Puoi lasciarci, Damiano “
L’inserviente, con un ghigno beffardo, lasciò l’ufficio del sindaco, mentre Diamante se ne stava lì, quasi imbronciata, senza alcun movimenti e con troppi pensieri in testa. Lo avrebbe voluto uccidere, ma sapeva di non avere speranze. Era una ragazza dolce, tranquilla, nonostante avesse abitato per molti anni in una casa come quella del Parro.
Sto aspettando un amichetto, che vorrebbe vederla, signorina Diamante. Non crede sia giusto andarsi a fare un giretto? “
Diamante lo guardò storto, neanche avesse detto chissà cosa. Non sopportava il suo modo di prendere in considerazione l’intera faccenda, non avrebbe retto molto, era sì tranquilla, ma anche lei aveva una dignità ed essere trattata in quel modo, be’, proprio non lo sopportava.
Sai chi ti vorrebbe conoscere? “
Diamante non lo guardò minimamente. Rimase in piedi, a pochi centimetri dalla porta dalla quale era entrata e non si era mossa di un millimetro. Si limitò a fissare il pavimento con sguardo perso.
Guardami negli occhi e rispondimi … Ti prego … Siediti … Non ti mordo, lo giuro “
E le fece cenno di accomodarsi proprio davanti alla sua immensa scrivania, piena di utensili antichi e non e di documenti su documenti. Uno di quelli era noto come il “ Progetto Sterminio “ e qualcosa gli diceva che aveva a che fare con quello che stava accadendo. Anche lo sguardo del sindaco cadde su quel file e commentò cercando di fare lo spiritoso …
Ma sì, ma penso che sono tutte brave persone, abbiamo solo bisogno di controllare le loro faccende … Mi capisci, no? “
Diamante alzò lo sguardo e lo fissò dritto negli occhi con uno sguardo inviperito. Era davvero un gran pezzo di merda.
Fossi in lei, n me comporterei ssosì!!! Fossi in lei, starei attentu a  quillu da fa!! Fossi in lei, me ne starei chiuso qui dentru!!! Fossi in lei, m’ammazzeria!!! “
Un ampio sorriso apparve sul volto del sindaco, come un bambino quando scarta un regalo. E lo fece tambureggiando i palmi delle mani sul tavolino.
Okay, ha ragione “  Disse ironicamente il sindaco ampliando sempre di più il suo falso sorrisino da ebete. “ Ma tornando alle cose serie, devo dire che l’uomo che la verrà a prendere tra circa dieci secondi sarà l’uomo che, assieme al mio eccellente impegno, ha cambiato il volto di questa cittadina, facendola risorgere. “
Diamante ebbe un fremito di terrore. Lo guardò negli occhi e vide la figura del Kobra alle sue spalle. Era già qui. Aveva aperto così velocemente la porta che neanche aveva fatto in tempo a girarsi.
E’ tutta tua, Kobra “
Un uomo dall’espressione dura, fredda, crudele era appena apparso alle sue spalle. Indossava un giubbotto verde militare, colore che sembrava venerare visti anche i pantaloni. I suoi occhi erano portatori di morte, di sventure, di maledizioni.
Senza perdere altro tempo, prese Diamante per un braccio, trascinandola via, quasi fosse carta straccia. A forza di trascinarla in quel modo, le avrebbe fatto pulire l’intero corridoio del palazzo.
Lasciame sta, aiutooooo!!!!!! “
Ma il Kobra non perse tempo a renderla innocua colpendola con un destro dritto in bocca. La ragazza cadde in un profondo silenzio mentre il Kobra la portava in auto.
Bravo, Kobra, sei l’amico ideale per i miei piani … E la poverina Diamantina, se ne va … Anche questo, concluso!! “
Diamante sarebbe stata portata via un luogo alquanto sicuro, lontano da quello che sarebbe accaduto, non la voleva tra i piedi, o comunque non avrebbe voluto neanche vederla morta. Non era un serial killer come il Kobra, doveva comportarsi da sindaco e avrebbe fatto di tutto pur di veder trionfare la giustizia.
 
Dai pensieri di un uomo che sembra aver vinto tutto quanto, passiamo a quelli di un gruppetto di sette fuggiaschi che non vedono l’ora di trovare un rifugio più che sicuro. La villa segreta di Asma li aveva aiutati, rallentando le operazioni della polizia, ma non aveva dato i danni sperati. D’altro canto, qualcuno li aveva salvati. E per di più, la ferita alla gamba di Cane Pazzo li aveva rallentati notevolmente negli ultimi venti minuti. Il capo aveva deciso di continuare e questo doveva andare bene a chiunque stesse dalla sua parte.
Ma poi Cane Pazzo toccò terra con tutto il corpo, rovinando addosso all’Infame che, incazzato come non mai, lo allontanò con un calcio e gli puntò violentemente l’arma contro:
Asma, famo quillu che dovemo fa!! “
Lo sguardo dell’Infame non prometteva nulla di buono, era diventato un tipo alquanto violento nelle ultime settimane, specialmente dopo il suo fallimento. L’essere stato curato da gente perfettamente sconosciuta, l’essere sempre in vetta alla lista dei ricercati e l’essere la persona meno amata del gruppo lo stava rendendo sempre più aggressivo nei confronti di chi non poteva stare al suo passo. Fefe si buttò sul corpo del suo uomo come per prendersi quelle pallottole destinate a lui, ma Asma esitò un attimo prima di estrarre la pistola e questo permise al Parro di intervenire puntando loro l’arma contro.
Lu Doce e il Secco fecero lo stesso, guardando in maniera quasi incredula un loro grande amico, come l’Infame. Era cambiato e avrebbe potuto dare molti guai alla squadra, specialmente in quelle condizioni mentali. E Cane Pazzo non rendeva tutto ciò migliore.
“ Fermi!!! Ma state male??? Dovemo salvallo, lo abbiamo portatu via da loco e mo lo volemo fa fori??? Non semo ssosì, noi, semo na famigghia!! Cane Pazzo ha ancora na vita, potemo farcela, se solo ce credemo, regà!!! Infà, ascoltame, gi la faremo, ma finimola co sta storia, ok? “
L’infame non smise di guardare con disprezzo una Fefe addolorata per il suo uomo che, seppur a sento, cercava di rimettersi in piedi per riprendere il cammino.
“ Si morimo, è colpa tea, Parro!!! “
 Le brusche parole dell’Infame sembravano aver scosso anche Asma. C’era una grande tensione di paura nell’aria a cui nessuno voleva pensare, ma era il momento di parlare chiaro. L’Infame si voltò verso Asma, l’unico che fino a qualche minuto prima sembrava volergli dar retta, ma nei suoi occhi comparve solo terrore. Il suo sguardo era rivolto verso l’alto dei cieli, dove un elicottero stava facendo la sua comparsa. Gli sbirri!!!!!!!
Cazzo!!! Via, via, la miniera!! Tutti loco!!! “
Cane Pazzo venne preso in spalla dal Parro che, con tutta la sua energia residua, riuscì a trovare il riparo proprio in extremis. Per fortuna, l’elicottero non era riuscito a visualizzare niente e nessuno e questa era la cosa più importante. L’ingresso della miniera non era ben visibile ma il fatto di essersi fermati li aveva paradossalmente salvati. Se avessero continuato a camminare senza sosta, di quell’ingresso non ce ne sarebbe stata neanche l’ombra.
Cane Pazzo, gi l’avemo fatta, su!! “
Il Parro cercava di far riprendere d’animo l’ex capo della Sterminio anche se, come si dice spesso, se uno è in procinto di lasciarci, niente può fermare la morte. Aveva perso troppo sangue e il Parro lo sapeva perfettamente. Anche Lu Doce e Er Secco sembravano preoccupati.
“ Accendini e famo luce!! “
L’Infame, Er Secco e il Parro erano gli unici a possederli e non si sapeva fino a quando sarebbero durati. E quella miniera? Sarebbe terminata presto? E dove li avrebbe portati?
“ A dì lu vero, n me pare na miniera. E’ più na caverna dall’aria piuttosto maligna “
Commentò sarcasticamente Asma, illuminato dalla luce dell’accendino dell’Infame. I due erano sempre rimasti in ottimi rapporti, mentre il Parro non sembrava molto fiducioso nei suoi confronti. Che gli stesse nascondendo qualcosa?
“ Argghhhh!!!! Noooooooo!! Cazzoooooooooooo!!!!! “
Quasi in simultanea, la caverna venne infiammata dalle voci di Cane Pazzo e del Parro. Entrambi erano rimasti stesi a terra, Fefe si gettò sul suo uomo mentre, senza perdere tempo, da vero professionista, l’Infame calpestò la testa dell’aggressore. Si trattava di una piccola vipera dall’aspetto a dir poco inquietante. Della piccola testa triangolare ne era rimasto ben poco. Asma si tuffò sul corpo del Parro mentre Lu Doce e Er Secco cercavano di badare a Cane Pazzo. Cane Pazzo, morso sulla gamba già malandata in precedenza, aveva la pelle biancastra, quasi fosse già un cadavere e il Parro sembrava aver perso i sensi.
Lu veleno sta facenno la parte sea, cazzo!! “
A quelle parole di Asma, Fefe iniziò a gridare terrorizzata, in preda ad una qualche forma di strana malattia mentale. Iniziò ad andare avanti ed indietro, a sbattere la testa dovunque, tanto che Er Secco con le forze dovette calmarla.
Dovemo torna ndietro, trovà n’antidoto e “
Ma l’Infame la colpì con un forte schiaffo sulla guancia. Fefe scivolò al suolo mentre incrociava lo sguardo pieno di odio del killer.
Ricordate, n so come lu Parro!! Se continui a frignà, io te lascio qui … Morta!!! “
Fefe non fiatò più per un po’ di minuti fino a che svenne per la tensione.

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