The Runway

di Nike96_Arts
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Derek Ashton. Ecco chi ero. Uno studente del liceo di una piccola cittadina in Minnesota. Una di quelle in cui gli inverni sono rigidi e le estati, non troppo calde, spesso si confondono con la primavera.

In realtà, non ero un comune studente del liceo. O meglio, non quando ero sulla pista d'atletica.

Ero il campione della scuola, ormai da un anno. L'unico in grado di superarmi era mio fratello, ma ora non c'era. Avevamo un anno di differenza. Abbiamo vissuto tutta la nostra vita praticamente in simbiosi. Ognuno dipendeva dall'altro. Ma poi, all'improvviso tutto mi era stato portato via. Una folata di vento e tutto era svanito.

Da allora la pista era tutto ciò che avevo. Il mio sfogo. Il mio mondo. Il mio modo per dimenticare.

A scuola, tra quelle quattro mura, invece, ero come tutti gli altri. Ma ero cambiato.

Prima facevo lo spavaldo con le ragazze, che però non mi davano molta corda, e qualche volta mi era capitato di fare scherzi stupidi, ma innocenti. Ora, però, mi sembravano sciocchezze che mi hanno tenuto lontano da mio fratello troppo, privandomi di cose che non sarebbero più tornate.

Poi c'era la casa. Un luogo in cui preferivo restare il meno possibile.

Dopo quello che era successo le cene erano diventate silenziose ed io non sapevo più come comportarmi, soprattutto con mio padre. Non sapevo se assecondarlo in tutto e per tutto, o se ribellarmi. Ma devo ammettere che la prima opzione ultimamente era quella che mi riusciva meglio. Non sono mai stato il tipo da “Si, papà”, anzi, ero l'esatto opposto. Ero il contrario di Ethan. E forse era anche per quello che avevo deciso si non fare il cattivo ragazzo. Ero il suo contrario in tutto e per tutto, anche fisicamente. Lui biondo e con gli occhi azzurri, alto ed allenato. Io moro e dagli occhi verdi, e decisamente più sgraziato.

La mia vita si divideva così, tra scuola e casa. Alle volte andavo in biblioteca, dalla signora Stewart, che mi considerava come un figlio. Ho anche provato a lavorare al bar a metà strada, ma con scarso successo.

Era una fredda giornata di novembre quando vidi Ronnie per la prima volta.

Era una giornata come le altre. Si va a scuola, si apre l'armadietto, si prendono i libri e ci si reca in classe. Ma il mio armadietto non ne voleva sapere di aprirsi. Andai in segreteria, ma quella mi disse che dovevo farmi aiutare da qualche inserviente. Probabilmente si erano arrugginiti i cardini. E il tempo continuava a scorrere, veloce.

Dopo minuti infiniti, persi nel cercare di aprire il mio armadietto, riuscii finalmente a prendere i miei libri. Chiusi la piccola anta che cigolò per la pressione e li infilai nello zaino a tracolla. Guardai l'orologio. Ero in un ritardo assurdo. Mi voltai, ma non feci in tempo a fare neanche un passo che qualcuno mi venne addosso. Le nostre gambe si intrecciarono facendomi perdere l'equilibrio e una marea di fogli, quaderni e blocchi per gli appunti mi svolazzarono attorno, per poi cadere lievi sul pavimento liscio del corridoio. Mi ritrovai steso a terra con la schiena e la testa che mi pulsava per la botta contro il pavimento, e una ragazza stesa su di me. Aveva i capelli castani chiari, tendenti al biondo, legati in una coda alta, le mani vicine con le dita leggermente dischiuse e la testa poggiata sul mio torace.

Mi alzai lentamente, mettendomi una mano dietro la testa a massaggiare il punto critico. Lei mosse semplicemente la testa, spostando il naso nella mia carne, per poi alzare il mento, lo sguardo verso di me, ancora evidentemente stordita dalla botta. Dopo pochi attimi scrollò la testa, come a scacciare un pensiero negativo e si alzò in fretta, pulendosi i pantaloni e iniziando a raccogliere i fogli da terra «Scusami, mi dispiace» disse prendendo un quaderno da terra un quaderno dal colore giallo acceso e portandosi una ciocca ribelle dietro l'orecchio «È che sono nuova. E sono in ritardo»

Le presi un un quaderno da terra e glielo porsi «In effetti non ti avevo mai visto qui a scuola» dissi sorridendo mentre mi massaggiavo la schiena con la mano libera. Lei accennò un sorriso, dispiaciuta, portandosi gli ultimi quaderni rimasti al petto, stretti tra le braccia. La scrutai con attenzione. Non era molto alta, mi arrivava alla spalla. Era snella, tanto che non riuscivo a capire come avesse fatto a buttarmi a terra «Ti sei fatto molto male?» la sua voce leggera mi distolse dai miei pensieri e tornai a fissarla negli occhi. Accenai un sorriso «No, non ti preoccupare, è tutto a posto. Lo zaino ha attutito la caduta» lei rise lievemente e dopo poco mi accorsi che anche io stavo ridendo.

L'altoparlante fece riecheggiare la voce del preside per tutta la scuola intimandoci di raggiungere al più presto l'aula di lezione «Credo sia meglio che vada, devo passare anche dalla segreteria» disse lei fissando l'altoparlante nell'angolo in alto, inchiodato sotto il soffitto «Mi dispiace ancora, davvero» continuò, con la voce velata da un leggero senso di colpa.

«Ma dai, figurati» dissi in automatico «Del resto non è successo niente» Lei sorrise, allegra e corse dietro di me, poi si voltò. Giusto il tempo di dirmi «Ci si vede in giro allora» che si dileguò per i corridoi deserti. Sospirai pesantemente e mi avviai in classe.

Chiunque abbia avuto la fantastica idea di inserire la lezione di poesia alla prima ora, o doveva essere un idiota, oppure uno che sapeva che i ragazzi durante la prima ora sono ancora beati nel mondo dei sogni e quindi facilitargli le cose con una spiegazione soporifera. Per non parlare poi dell'insegnante, che pur essendo brava, con quel suo fare lento avrebbe fatto addormentare chiunque.

Dopo la prima mezz'ora qualcuno suonò tre tocchi lievi alla porta di alluminio. Entrò la vicepreside con un registro arancione scambiato in mano, gli occhiali da vista spessi che tenevano indietro i capelli corti palesemente tinti di un colore misto tra il castano scuro ed il bordeaux «Professoressa volevo presentare a lei ed ai suoi alunni una nuova studentessa che viene dall'Ohio e che frequenterà questa classe» smisi di scarabocchiare sul foglio vuoto e fissai la porta della stanza. Ne uscì una ragazza snella e atletica, non molto alta, dai capelli chiari «Lei è Ronnie Monroe, e sarà la vostra nuova compagna di classe»

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Allora, allora ... rieccomi qui!!! So che non è un capitolo molto lungo, ma spero di rifarmi al più presto. Cooomunque vorrei innanzitutto ringraziare SweetEchelon per l'appoggio e per aver messo questa storia tra le seguite. Un ringraziamento anche a tutti quei fantasmi che leggono ma non commentano. Ora vi lascio alla lettura di questo secondo capitolo. Bacioni e Bacini, Nike <3


 





Capitolo 2

La giornata passò così, tra sguardi timidi e nascosti; lei seduta sulla destra, al centro della classe, io nel mezzo, poco distante. Geografia. Scienze. Matematica. Le lezioni passavano ed io neanche me ne rendevo conto. Era come se tutto ruotasse attorno a lei, senza un motivo preciso, però devo ammettere che mi piaceva. Era come se riuscisse leggermente ad alleviare il dolore. Ero stanco di essere triste, di soffrire. Questo non ero io.

Finalmente la campanella squillò, mentre io continuavo a scarabocchiare, completamente disinteressato alla lezione. Scattai in piedi come una molla e misi di fretta e furia le cose nel mio zaino. Ora ero libero.

Ecco cosa era rimasto del Derek di una volta; l'assoluta mancanza di voglia che avevo della scuola. Ero stato anche convocato dalla vicepreside qualche volta. A studiare, studiavo, ma se potevo evitarmelo, non ci pensavo due volte.

Scappai via dalla porta aperta senza neanche salutare, mettendomi la cartella sulla spalla. La sentì pronunciare «Ciao» in un sussurro e, per la prima volta, mi fermai fuori la soglia della porta. Tornai in dietro per ricambiare il saluto, ma lei già non c'era più.

«Ehi fratello!» Sentii le braccia di Miles tirarmi per lo zaino, mentre ancora scrutavo la stanza vuota. Mi voltai e lo fulminai con lo sguardo e lui alzò le mani per scusarsi «Ciao Derek»

Miles era il mio migliore amico dai tempi delle elementari. Eravamo nella stessa classe, ma la nostra amicizia era sbocciata sul campo, anzi sulla pista. Era biondo, con i capelli che gli arrivavano sulle spalle, gli occhi castani e il viso ovale. Da allora eravamo sempre insieme. Lui mi definiva “fratello”, e per me era lo stesso, ma ora, per quanto mi piacesse, sentirmelo dire mi faceva torcere lo stomaco.

«Chi stai cercando?» mi chiese allungando la testa verso la porta «Nessuno» risposi malinconico, arrendendomi all'evidenza della stanza vuota. Non mi voltai per vedere la sua espressione, ma percepivo il suo sguardo confuso puntato su di me. Lo sentii alzare le spalle e prendere saldamente le mie con le mani. Mi fece voltare. Ero sicuro di avere quella tipica espressione del cartone animato colto di sorpresa «Andiamo amico. Dobbiamo andare ad allenarci» disse scuotendomi, quasi come a risvegliarmi da quello stato di trance nel quale ero caduto per qualche attimo, poi alzò l'indice e me lo puntò contro, con un sorriso «E questa volta sono sicuro di poterti battere»

Scoppiai a ridere, involontariamente «Si può sapere che hai da ridere?» mise il muso ed incrociò le braccia al petto «Scusa, è solo che … non ci credo proprio» risposi continuando a ridere anche se le risate andavano scemando. Restai sorpreso da quella mia reazione. Forse il vecchio Derek stava tornando di nuovo, pronto a lasciarsi il passato alle spalle. Anche se un po' mi sentivo in colpa.

Miles continuava a tenermi il muso «Andiamo, non te la sarai presa?» di tutta risposta quello cominciò a correre, gridando «Vediamo chi arriva prima alla pista» Inutile dire che sono stato io il primo ad arrivare.

«Allora,chi è il più veloce?» gli urlai ridendo mentre svoltava l'ultimo angolo per raggiungermi, evidentemente sfinito. Continuando a ridere mi voltai ad ammirare il paesaggio. L'enorme pista rossa incorniciava il campo degli allenamenti di football, gli spalti con i seggiolini rossi circondavano il tutto. Il mio sguardo si soffermò su una ragazza dai capelli castani legati. Portava un completino blu e giallo, come la mia divisa, diviso in pantaloncini corti che le fasciavano le cosce e un corpetto che le lasciava scoperta la pancia piatta.

«T-tu!» rispose Miles poggiandomi la mano sulla spalla ansimando, dicendo tutto in un unico sospiro pesante «Che … che stai guardando?» non mi mossi e lui seguì il mio sguardo fino ad incontrare il corpo della ragazza «Wow … chi è?» Io continuavo a fissarla, pur sapendo che non era una cosa educata, ma non potevo crederci «Ronnie» sussurrai e Miles sgranò gli occhi «Tu la conosci?» Scrollai la testa e, per la prima volta da quando l'avevo vista, guardai Miles in faccia «Si, bhè più o meno … mi è caduta addosso stamattina» Il sopracciglio alzato di Miles mostrava quanto la curiosità lo stesse stuzzicando. Voleva sapere di più «Era in ritardo e … e ci siamo scontrati» Miles scoppiò a ridere e si diresse verso gli spogliatoi, a destra della pista da corsa. Lo seguii, ma Ronnie si accorse di me e mi corse in contro «Ciao!»

«Ciao» ricambiai «Anche tu corri?» Ma che razza di domanda «Si. Mio padre, poi, è riuscito ad entrare tra gli allenatori della scuola, quindi mi allena lui» mi disse indicando un uomo stempiato con una maglietta blu che guardava il cronometro «Oh» mormorai «Scusa, ma posso sapere come ti chiami? Non sono riuscita a capirlo in classe»

Mi ci volle qualche secondo di troppo per elaborare ciò che mi aveva chiesto «Derek» risposi poi in automatico «Derek? Aspetta … tu sei quel Derek?» alzai un sopracciglio confuso «Dipende da di chi stai parlando» le risposi, anche se avevo capito cosa intendesse dire «Ashton, il campione della scuola» disse lei mettendosi le mani sui fianchi. Io feci spallucce annuendo. Lei alzò una mano, improvvisamente attratta dalle sue unghie, corte ma perfette «Che hanno di così interessante?» chiesi scettico «Io sono più veloce» sbottò lei ignorando la mia domanda e senza distogliere lo sguardo dalle dita.

Sgranai gli occhi e veci un verso divertito. Se c'era una cosa in cui sicuro non poteva battermi, per quanto si allenasse, era la corsa. C'è l'avevo nel sangue. Le mi squadrò accigliata «Pensi che non ne sia capace?»

«No, no ...» dissi poco convinto e lei affilò lo sguardo «Un momento … questo è il tuo modo per sfidarmi?» lei rimase un attimo spiazzata, ma poi si riprese «Mah, perchè no?» disse incrociando le braccia al petto.

«Derek, ma ti vuoi muovere?» La voce di Miles riecheggiava per il campo, quasi esasperata «Arrivo» gli urlai di rimando. Mi voltai in tempo per vedere Ronnie che tornava da suo padre «Alle cinque fuori dagli spogliatoi» mi disse «Ti aspetto» poi si bloccò all'improvviso, come se si fosse appena ricordata di una cosa importante «Non tardare» disse poi voltandosi e puntandomi un dito contro. Io mi porta la mano sinistra al petto, l'altra alzata di fronte a lei «Parola d'onore»

The Writer's Corner
Bene, bene ... che caratterino questa Ronnie, eh? Chissà come andrà a finire la gara e come Derek gestira la cosa (e la ragazza xD) Please Review xD <3

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