Original's (Blood) Story.

di Blue Flower
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Caduta Libera. ***
Capitolo 2: *** Contatto visivo. ***
Capitolo 3: *** Strani vicini. ***
Capitolo 4: *** Questo strano pazzo incontro. ***
Capitolo 5: *** Allontanarsi. ***
Capitolo 6: *** Ritorno. ***
Capitolo 7: *** Familiari. ***
Capitolo 8: *** Sete. ***
Capitolo 9: *** Verità. ***
Capitolo 10: *** Nessun Lieto Fine. ***
Capitolo 11: *** Dimentica! ***
Capitolo 12: *** Lei c'è sempre stata. ***
Capitolo 13: *** L'accordo di Klaus. ***
Capitolo 14: *** Wake up, Sleeping Beauty! ***
Capitolo 15: *** Scontro e Confronto. ***
Capitolo 16: *** Amami. ***



Capitolo 1
*** Caduta Libera. ***


- E’ questo ciò che avete deciso?
La voce tuonante di quell’essere così potente fece tremare il cuore e le certezze di Francesca, scuotendola da quello stato di sicurezza che aveva assunto per tutta la durata dell’Assemblea Celeste. Le sue ali palpitarono frenetiche, come ad avvertirla di un pericolo imminente. No, forse laggiù non ce l’avrebbe fatta.
Gli uomini erano pieni di odio di paura, di secondi fini mal celati: li avrebbero visti, splendenti e li avrebbero uccisi tutti, dal primo all’ultimo.
Ma le bastò guardare il viso di suo fratello Niklaus, determinato e pronto alla punizione, per farla ritornare alla sua posizione di forza e decisione. Si osservarono per un attimo che a lei sembrò un’eternità: i contorni quasi indistinti, cerchiati dalla luce eterea di tutti gli angeli, l’aureola che risplendeva fioca sopra le loro teste, tutte cose che sarebbero stati disposti a perdere se solo ce ne fosse stato bisogno.
- Noi vogliamo la libertà, vogliamo assaporare la Terra, poterla vivere e vederla crescere. Vogliamo poter sentire il terreno sotto i nostri piedi e assaporare l’aria che ci accarezza le tempie, Signore- gli occhi di Niklaus risplendevano azzurri, abbagliando tutti i presenti ma soprattutto sua sorella.

Stiamo instaurando una rivoluzione. Vinceremo. Lui ci darà ragione, pensò in quel momento Francesca sbattendo impercettibilmente le ali per via della felicità. Sì, li avrebbe capiti e sarebbero stati capaci di scendere sulla Terra a loro piacimento e non come Angeli Custodi, non come presenze eteree.
- Vogliamo vivere- sussurrò lei, sperando che nessuno la ascoltasse.
- Vivere, eh?- rispose la voce di tuono.
- Sì, poter respirare, avere del sangue che scorre nelle vene, un cuore che batte… essere umani- le venne in soccorso suo fratello.
- E rinuncereste a me, rinuncereste alla mia fedeltà per raggiungere il vostro scopo?- Niklaus e Francesca si guardano, poi osservano la famiglia alle loro spalle: Elijah, Aida, Dafne, Efrem, Efisio, Charlotte.
La decisione è unanime.
- Sì- rispondono fratello e sorella a nome di tutta la famiglia.
- Bene, mi fa piacere saperlo- Francesca stava per sospirare di sollievo, come se avessero vinto una guerra mai iniziata.
- Ve lo concedo: potete scendere sulla Terra- un’altra ondata di soddisfazione.
Niklaus e Francesca si strinsero forte la mano, come se a quel punto avessero capito che la questione non era chiusa lì e, mentre tutti esultavano, solo loro furono in grado di vedere il gesto repentino dell’enorme mano che perforò le nuvole.
Venne a mancare un appoggio saldo sotto i piedi e così iniziarono a precipitare. Sempre più giù senza nemmeno poter sbattere le ali. Nella caduta la ragazza si fece sfuggire un urlo di puro terrore, percependo la gravità che la comprimeva verso il basso e le faceva fischiare le orecchie. Il suo corpo iniziò ad irradiare un dolore lancinante e in men che non si dica, vide piume bianche volteggiare davanti a sé. Sentì che le ali le venivano strappate, i suoi occhi lacrimavano sangue ed il rosso iniziò a mischiarsi con il bianco delle candide piume in caduta libera.
 E nella mente rimbombava una litania terrificante, quasi diabolica e dal sapore di morte, un sapore che non era mai apparso sulle labbra degli angeli. 

Voi che avete voluto vivere, vivrete per mezzo di altri.
Voi che avete voluto il terreno sotto i piedi, non sarete più capaci di volare.
Voi che avete voluto sentire il sangue scorrere nelle vene, ne sarete dipendenti.
Da oggi in poi siete gli Originali, i Dannati in Terra.

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Capitolo 2
*** Contatto visivo. ***


Francesca’s POV

 

 Era l’agosto del 1352.
Sentivo un caldo insopportabile sotto il pesante e ampio vestito di mussola verde che portavo. Ed ero in viaggio. Di nuovo. La nostra vecchia casa in Francia era già diventata troppo sospetta: la gente iniziava a domandarsi perché nessuno la nostra famiglia non invecchiasse, perché i segni del tempo sembravano non scalfirci minimamente.
Così eravamo tornati in Italia, la patria nella quale eravamo caduti… in un certo senso la nostra più intima origine terrena.
Vedevo la campagna toscana sommergere il panorama notturno, quasi a voler abbracciare la nostra carrozza che correva velocemente alla volta della città nella quale avremmo passato gli anni successivi.
Guardai i miei fratelli: Elijah e Niklaus.
Nonostante la loro somiglianza fisica, erano molto diversi caratterialmente e ogni volta che io e Nik, afflitti da anni di solitudine, ci presentavamo al mondo come moglie e marito e non come fratello e sorella, vedevo nostro fratello storcere il naso. Lui riteneva i nostri giochi di Potere qualcosa di estremamente stupido e effimero, di certo non degno di essere ricordato.
Il punto è che, per quasi quattromila anni, l’unica cosa alla quale mi ero interessata veramente era appunto il Potere. Non mi importava che per averlo avrei dovuto uccidere qualcuno, scavalcare persone o usarle: mi importava solo di me stessa.
Ripensandoci, ero terribile. Ma quelli erano gli anni con meno rimorsi, senza alcun rimpianto e nei quali potevo saziare la mia sete in qualsiasi modo possibile.

 

La carrozza si fermò.
Qualcuno era sulla nostra stessa strada: riuscivo a sentirne il pulsare ritmico del cuore, il sangue che scorreva nelle vene, il respiro quieto… E altri cavalli. “E’ un’altra carrozza” osservai ad alta voce, rivolgendomi ai miei fratelli. “Sì, e ora tocca a te… Non ci hanno ancora visti: ti va di fare il nostro giochetto?” domandò ammiccante Niklaus. Io annuii e scesi dalla carrozza. Lui si stese inerme sul terreno brullo, mentre io già correvo verso il veicolo ancora in movimento.
“Aiuto! Aiuto!” urlai, fino a quando qualcuno mi sentì e arrestò la carrozza. Era un uomo con pancia prominente e il fiato che puzzava di birra. “Signorina, voi cosa ci fate su una strada deserta a quest’ora della notte?” “Oh, io e mio marito stavamo tornando verso casa, quando dei briganti lo hanno assalito! Vi prego, aiutateci. E’ steso lì per terra” indicai Nik, che fingeva perfettamente di essere morto. Non riuscivo neanche a percepire il movimento del petto che si sarebbe dovuto alzare e abbassare ritmicamente.
Il signore si avvicinò a mio fratello, cercando di sentire il battito cardiaco. Di sicuro non si aspettava che il morto lo agguantasse e gli perforasse il collo.
Bevemmo tutti e due, uno a sinistra e uno a destra. Il suo sangue non era dei migliori ma di sicuro era meglio di niente. Elijah si rifiutò di scendere: pensava di dare nell’occhio.
“Signor Lombardi? Cosa succede là fuori?” era la voce di un ragazzo dalla spiccata cadenza fiorentina.
Scappammo velocemente dietro agli alberi, in modo che il garzone che stava scendendo non ci potesse vedere. Mi pulii il sangue dalle labbra con il fazzoletto da taschino di mio fratello e poi, coperta dall’oscurità che avevo attirato a me, osservai silenziosamente il garzone.
Rimasi stupita quando vidi che non era vestito da umile ragazzo fiorentino, ma con un ampio mantello rosso e pregiati stivali di pelle. Aveva i capelli biondo scuro e due magnetici occhi verdi, vivi e accesi.

Occhi vivi…
Ogni tanto, mi mancava essere propriamente viva… Soprattutto quando vedevo ragazzi pieni di spirito proprio come quello. Immaginai il sapore del suo sangue sulla lingua e questo quasi bastò a farmi saltare la copertura. “Damon! Vieni subito fuori!” dalla carrozza uscì un altro ragazzo ben vestito… avrà avuto circa due anni in più di quello con gli occhi verdi, anche se ciò che mi stupì a quel punto non fu il mantello, bensì il suo viso.
Era perfetto, fin troppo per un ragazzo umano. E i suoi occhi erano di un azzurro così chiaro che faceva quasi paura: occhi di ghiaccio, più chiari dei miei. Mi venne voglia di mettere le mani nei folti capelli scuri di quel ragazzo e poi di morderlo e prosciugarlo fino all’ultima goccia di sangue.

 
“E’ ora di fare la parte dei buoni samaritani”, mi sussurrò mentalmente Nicola.
Io annuii e piombammo al di fuori dell’oscurità.
“Bontà divina, cos’è successo a quest’uomo?” domandai fingendomi terrorizzata, da brava dama dell’epoca. “E’ il nostro cocchiere, il signor Lombardi… qualcosa lo ha assalito” disse il ragazzo con gli occhi verdi. “Oh, quindi non sapete come tornare a casa?” quando pronunciai quella frase, mi accorsi che occhi di ghiaccio mi stava fissando in maniera strana.
Certo, era ovvio che con il mio aspetto attirassi l’attenzione, anche perché al tempo le donne non avevano molto tempo per badare alla loro immagine. Avevo capelli castani mossi come un mare in tempesta, occhi azzurri e un fisico che le “ragazze” di diciott’anni - tutte ormai maritate e con almeno due figli- non potevano neanche fantasticare di possedere.
Ma il modo in cui mi osservava, mi scrutava l’anima, mi mise quasi in imbarazzo.
“Dove siete diretti?” domandò Niklaus. “A Firenze” rispose occhi di ghiaccio continuando a perforarmi l’anima con lo sguardo. “Perfetto. Vi potremmo accompagnare noi… Ci stiamo trasferendo lì perché nostro padre ci ha lasciato un feudo” esclamai cercando di non interessarmi al ragazzo che ancora mi guardava. Ma qualcosa mi spingeva a guardare anche lui, come se fossi stata obbligata da qualcosa con più Potere di me.
“Permettete di presentarci. Io sono Nicola Sannino e questa è mia…” “…sorella” conclusi io, dando ragione per una volta ad Elijah. “Il mio nome è Francesca” strinsi la mano a tutti e due. Quando toccai la pelle di occhi di ghiaccio, ebbi una scossa.
L’attimo durò un’eternità.
Poi mi riavvicinai a Nik, mentre loro si presentavano. A parlare fu proprio occhi di ghiaccio. “Il mio nome è Damon Salvatore e questo è mio fratello, Stefan Salvatore. E’ una vera fortuna che ci siamo incontrati… Il nostro feudo è vicino al nostro e stavamo tornando verso Firenze proprio perché ve lo avremmo dovuto mostrare l’indomani” li guardai sorpresa. “Così giovani vi occupate degli affari di famiglia?” “Sì” rispose Damon. “Nostro padre vuole responsabilizzarci e ormai è troppo stanco e vecchio per lavorare” “Che gesto nobile…” osservai io con una voce mista tra la falsità e la compassione.
“Saremmo lieti di riaccompagnarvi in città, se solo ce lo permetterete” esclamò Niklaus pieno di un entusiasmo teatrale.

Damon.
Damon Salvatore.

Mi accorsi solo dopo qualche secondo di averlo fissato per troppo tempo.
Mi voltai con indifferenza e feci ondeggiare l’ampia gonna verde bosco verso la nostra carrozza.
“Ora se ci voleste seguire…” ma era troppo tardi, e me ne sarei accorta solo in seguito.
Qualcosa, qualcosa nel mio cuore millenario, nelle mie ali ormai inesistenti, scattò con quel semplice contatto visivo. 

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Capitolo 3
*** Strani vicini. ***


Stefan’s POV.

 
Presi il diario e incominciai a scrivere, come sempre.

 
Caro diario,
siamo nel settembre del 1352 e mi sembra tutto così nuovo… Abbiamo dei nuovi vicini, sai? Sono i proprietari del feudo abbandonato accanto al nostro e sono notevolmente strani.
Si chiamano Nicola, Elia e Francesca e dicono di essere fratelli.
Nicola e Francesca escono sempre insieme dal feudo, più che altro nel tardo pomeriggio quando il sole prende le sue sfumature più belle e il cielo si tinge di un rosso malinconico.
Forse escono a quell’ora perché anche adesso che siamo all’inizio della bassa stagione, il sole risplende così alto nel cielo che il caldo diviene quasi insopportabile.
Fatto sta che ritornano sempre a notte inoltrata, sgusciando furtivi nella porta d’ingresso quasi come ladri che non si devono far scoprire.
Per quanto riguarda Elia invece, lui non si fa vedere in giro quasi mai e penso che l’unica volta in cui sono riuscito a scambiarvi due parole sia stato il giorno nel quale l’ho conosciuto, nella loro carrozza.
Francesca è quella dei tre fratelli che mi affascina di più, forse per il fatto che è ancora nubile a diciotto anni e comunque seducente, con il fisico leggiadro di un giunco, di un grazioso fiore di campagna.
Ogni tanto la vedo sdraiata sul prato rigoglioso del loro giardino a fissare l’infinito del cielo, quasi volesse trapassare con uno sguardo quelle candide nuvole, come se avesse lasciato il suo cuore da qualche parte in mezzo all’infinito della volta celeste.
Vorrei scendere e sedermi con lei, riuscire a parlarle almeno per una volta, ma il buon senso mi dice di starne lontano perché da donne così attraenti e misteriose non ci si può aspettare mai nulla di buono.

 

 

“Ancora a scrivere quel tuo diario, fratellino?” sobbalzai sulla sedia del mio scrittoio e mi voltai di scatto.
“Oh, Damon… sei tu” “Chi pensavi che fossi… la fata dei desideri?” tirai un sospiro di sollievo e risi di gusto. Con mio fratello riuscivo sempre a rilassarmi a non pensare a nulla.
Era sempre stato lui il più loquace, il più temerario e quello che trasgrediva le regole.

“Stavi fissando lei?” disse indicando con lo sguardo l’esile figura di Francesca che si stagliava con il suo vestito rosso rubino nell’erba verde del prato.
“Non è niente male vero?” mi domandò. Sospirai. 
“E’ piuttosto strana…” “Misteriosa, intrigante, sensuale… Sì, se è questo che intendi per strana” sorrisi a mio fratello alzandomi dallo scrittoio.
“Non mi fido di loro” sussurrai all’orecchio di Damon. “Neanche io” rispose serio. “Li hai visti uscire di notte?” mio fratello annuì con un gesto repentino del capo.
“Penso che dovremmo parlare con loro” disse poi a sorpresa. “Che cosa?! No, stai impazzendo… Quelle persone hanno qualcosa che non va. Qualcosa di davvero spaventoso” ma lui stava già scendendo le scale, pronto ad avviarsi nel giardino dei Sannino.

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Capitolo 4
*** Questo strano pazzo incontro. ***


Francesca’s POV

 

 
Le nuvole di settembre attenuavano il cielo che era di un azzurro da far male.
L’erba bagnata mi solleticava le caviglie e l’aria fresca, il vento, lambivano la mia pelle.
Chiusi gli occhi per un momento, cercando di assaporare al meglio quel momento, un momento così perfetto e umano da sembrare quasi irreale.

Era questo che desideravo prima della caduta? mi domandai scoraggiata dalla mia stupida mente che mi aveva subito riportata alla realtà.
Sì, lo desideravo. Stavo per alzarmi quando una voce giunse alle mie orecchie.
“Tranquilla, puoi anche rimanere sdraiata” mi voltai e vidi Damon Salvatore che mi osservava dall’alto, a braccia conserte.
“Damon…” “Cosa c’è, speravi di vedere qualcun altro?” “In realtà stavo per andarmene” dissi alzandomi e guardandolo dritto in quegli occhi così azzurri da rispecchiare il cielo.
“E non resteresti un po’ con me?” “Uhm… Non ho tempo da perdere con i ragazzini” lui rise divertito, ma sapevo benissimo che era in imbarazzo perché le sue gote si tinsero impercettibilmente di rosso.
“Io, un ragazzino?” “Sì, come tuo fratello del resto… quanti anni hai? Sedici?” lui sembrò irritato. “Raggiungerò la maggiore età a novembre dell’anno prossimo” “Grande traguardo… ma guardati, sei ancora un bambinetto” mi alzai ed iniziai ad incamminarmi verso casa.
“Cosa intendi dire scusa? Io non sono un bambino!” “E dovrei crederti mentre usi questo tono di voce lamentoso?” “Dai, Francesca… Se fossi davvero un bambino non ti sarei venuto a cercare” risi. “E perché, di grazia?” “Beh… tutti i bambini sanno che non bisogna avvicinarsi alle streghe” mi voltai immediatamente verso di lui, divertita più che offesa.
“Ma esistono anche i bambini incoscienti” i nostri nasi quasi si toccavano. “... molto incoscienti” sussurrai imbambolata, persa nei suoi occhi che tanto mi ricordavano il posto dal quale ero stata cacciata.
Poi però lo guardai di nuovo, interamente.
Un ragazzino, ben lungi dal diventare un uomo, con ginocchia ossute e il viso rotondo che segna i bambini fino a quando non diventano grandi.
Mi scansai velocemente, evitandolo.
“I bambini non devono giocare con i mostri. Mai” iniziai a correre verso la porta, disgustata da ciò che stavo per fare: l’avrei baciato, gli avrei sussurrato parole dolci nell’orecchio e l’avrei portato in un posto appartato per prosciugare il suo corpo di tutto il sangue del quale era a disposizione.
“Perché guardi sempre il cielo?” mi domandò lui, senza muovere un passo.

Mi voltai, incrociando ancora una volta il suo sguardo.
“Molte persone che amo sono lassù” “Oh… tu credi in Dio?” domandò stupito.
Non sapevo come rispondergli, mi ero infilata in una situazione senza vie d’uscita.
Mi buttai sul prato verde e lui fece lo stesso, sedendosi accanto a me.
Sì. Sì, ci credo” lui scosse il capo. “Io no. Affatto… Insomma, non nel Dio di cui tutti tessono le lodi” “Cosa intendi?” “Mia madre è morta quando io e Stefan eravamo ancora bambini. Era una donna fantastica, unica. Mi manca ancora” lo guardai perplessa.
Stava rivelando proprio a me un lato nascosto della sua personalità, il suo lato debole. E non lo stavo neanche soggiogando per farlo.
“Mi dispiace, Damon…” cercai di posare la mia mano sulla sua, ma lui la scansò.
“No, non voglio la tua pietà. Sto solo cercando di spiegarti perché non credo in Dio. Mia madre non meritava di morire, non aveva fatto niente di male…” la sua voce era debole.
“Quindi se esiste un dio lassù… Deve essere certamente un dio molto crudele, terribile” rimasi colpita da quelle parole dal tono aspro.
“Sai una cosa? Hai proprio ragione…” lo guardai e sorrisi. Non era così infantile, dopotutto.
Sorrise di rimando ed iniziò a guardare il cielo.
“Francesca, ti devo chiedere una cosa” “Che cosa?” “Tu sai qualcosa delle aggressioni avvenute negli ultimi tempi?” “Io? No, non ne so niente” dissi preoccupata.
Ma non me la sentivo di soggiogarlo, così rimanemmo lì, a parlare.
E parlammo a settembre, a ottobre, a novembre, e tutti i giorni dei mesi che seguirono.  
E parlai anche tanto con suo fratello Stefan, così dolce e sensibile, comprensivo e torturato…
E, volente o nolente, seppi che niente sarebbe mai stato come prima.

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Capitolo 5
*** Allontanarsi. ***


Francesca’s POV

 

 

 
Maggio 1352.
Corsi in direzione del feudo dei fratelli Salvatore, entusiasta del fatto che i miei fratelli quel giorno fossero andati fuori città per affari.
Saremmo potuti andare tutti e tre al lago, oppure avremmo potuto passeggiare lungo le strade di Firenze, ridendo e scherzando come se tutto fosse stato normale.
Mi insinuai nella porta aperta per far loro uno scherzo e balzare fuori quando sarebbero scesi giù dalle scale.
E fu quello il momento nel quale odiai di più essere un vampiro.
Senza volerlo, riuscii a captare una loro conversazione da dove mi ero appostata.
“… quando pensi di dirlo a Francesca?” era la voce di Stefan. “Fratellino, stai tranquillo… C’è ancora tempo” “Tempo? E’ domani, Damon. Domani!” “Stefan, non glielo posso dire così… su due piedi” la voce di Damon in quel periodo era cambiata, si era fatta un po’ graffiante, primo sintomo della comunissima crescita adolescenziale di ogni essere umano.
Corsi su per le scale come un fulmine.
“Cos’è che mi dovresti dire, Damon?” domandai contrariata.
Stefan sembrò soddisfatto. “Quando si parla di destino…” “Francesca, facciamo due passi?” mi domandò circospetto lui.
“D’accordo” risposi preoccupata.
Damon mi prese per il polso e mi condusse giù per le scale velocemente. Uscimmo all’aperto e iniziammo a camminare, senza proferire parola.
“Mio padre mi sta costringendo a fare una cosa che non vorrei mai fare…” “Che cosa?” “Devo partire, Francesca” il gelo avvolse in un attimo l’atmosfera intorno a noi.
“Cosa?” “Sì, devo andare in un campo di addestramento dove mi insegneranno ad essere un bravo soldato, un uomo d’onore e soprattutto un signore” sussultai. “Per quanto tempo?” “All’incirca un anno… dipende da me. Lo so, un anno è davvero un’eternità. Ma non voglio che tu ti scordi di me, di tutto quello che abbiamo passato insieme, delle risate, dei pianti e dei pomeriggi sdraiati sul prato sotto la tua camera. Il fatto è che mio padre inizia a preoccuparsi del fatto che io non diventerò mai un uomo e beh… forse è vero” lo zittii posando un dito freddo sulle sue labbra.
“Tu sei già un uomo. E io saprò aspettarti” fu proprio in quel momento che scattò qualcosa, nel mio cuore si mosse un sentimento inaspettato, che mi spinse verso di lui e spinse lui verso di me.
E le nostre labbra si incontrarono e tutto scoppiò come fosse stato un fuoco d’artificio.
Ci baciammo con trasporto, non so esattamente per quanto tempo.

Sto baciando Damon, sto baciando un umano. Perché? mi domandai in quel momento.
“Promettimi che non ti dimenticherai di me” mi sussurrò all’orecchio. Erano ridicole quelle parole dette da un ragazzino, ma Damon, Damon Salvatore, stava cambiando e finalmente, dopo tutti i mesi in cui avevamo passato momenti felici, si stava decidendo a crescere.
“Sei tu che non devi dimenticarti… Potresti incontrare, beh, qualcuno mentre sei via” lui rise. “Improbabile…” “Perché?” “I miei occhi sono già pieni di te” “E per quanto lo saranno?” “Per sempre…” “E’ un tempo molto lungo, non trovi?” “Sono disposto ad affrontarlo. Per te” lo abbracciai soffocando le lacrime e così fece anche lui.
“Quando tornerai promettimi che non sarai più il solito Damon piagnucolone” dissi ridendo mentre l’eyeliner mi colava dagli occhi.
“Non ti accorgerai nemmeno che me ne sono andato, tornerò prima che tu possa dire arrivederci” e in breve tempo sparì dalla mia vista offuscata dalle lacrime.

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Capitolo 6
*** Ritorno. ***


Francesca’s POV

 

 
Guardavo la mia immagine riflessa nel sontuoso specchio della casa.
Ero sempre perfetta nei miei permanenti diciotto anni.
Erano passati più di due anni, ma l’attesa era finita. O quasi. Damon sarebbe tornato il mese dopo, ma non sapevo cosa aspettarmi. Era cambiato? Non mi voleva più? Volteggiai dentro il mio abito rosso fuoco, con tanto di corpetto ricamato. Quel giorno sarei andata a pranzo insieme ad Elijah e Klaus a casa dei Salvatore. Avevo passato molto tempo lì durante gli ultimi anni. Stefan era l’unico che, ogni tanto, mi faceva sorridere.
Io avevo diciott’anni, lui sedici ma mentalmente era più grande… Sembrava che fosse nato adulto.  Tra di noi si era instaurata una bella amicizia e ci eravamo convinti ad andare avanti l’uno con l’aiuto dell’altra. Strinsi il nastro del mio vestito ed ero pronta.
Qualcuno bussò alla porta.
Io aprii e mi trovai davanti a Stefan, che aveva un sorriso smagliante. “Ehi!” mi salutò con un cenno del capo ed entrò trotterellando nella camera. Era cresciuto molto negli ultimi tempi e sfiorava il metro e ottantacinque. Aveva messo su delle spalle larghe e in confronto a me sembrava un grandissimo armadio.

“Ti va di parlare un po’?” domandò.
Io annuii e ci sedemmo sulle due poltrone della camera. “Mi manca tantissimo…” dissi abbassando il capo. Le lacrime stavano affiorando lentamente. “Magari si è scordato di me e tornerà con una stupida sgualdrina” “No. Lui non si scorderebbe mai di te” Stefan sembrava risoluto. “Oh, cosa ne puoi sapere… Le persone si dimenticano facilmente. Non mi sorprenderei se non volesse più tornare” sussultai. “Non lasciarti andare proprio adesso… Manca poco più di un mese. E poi oggi ci divertiremo” sorrise dandomi una gomitata scherzosa. Sì, ultimamente mi ero sciolta con lui e mi comportavo proprio come una bambina in cerca di divertimento: andavamo in giro per le campagne, sorridevamo e ci sporcavamo di terra, cercando passaggi segreti e posti da sogno.
Cercai di non annientare la sua felicità. Ma le persone cambiano durante due anni di assenza. Cambiano e magari non in meglio. “Ti voglio bene… So che anche a te è mancato Damon” gli misi una mano sulla spalla e lui sembrò apprezzare il gesto. Nella stanza irruppe Giacomo, il maggiordomo che sussurrò qualcosa all’orecchio del mio amico. I suoi occhi verdi si fecero grandi e brillanti.
“Ci vediamo più tardi, Francesca” detto ciò corse verso l’uscita con una foga che non avevo mai visto in lui. Non feci in tempo a chiedere cosa stesse succedendo perché era già lontano e il mio vestito impediva i movimenti. Sbuffai.
“Bravo, bel modo di abbandonare una tua amica!” gli urlai di rimando.
“Scuuusaaa!” mi sentii rispondere.
Lasciai passare un’ora, un’ora e mezza, quasi due.
Mancava poco all’ora di pranzo ed io non ero ancora uscita di casa. Decisi di fare una passeggiata nel giardino, dato che mi stavo annoiando a morte. Uscii dalla villa e mi diressi verso lo stagno, quello percorso da un incantevole ponte che portava con sé mille ricordi. Al di là del ponte c’era il giardino dei Salvatore, dove avevo corso tante volte. Okay, il vestito che indossavo non era esattamente da passeggio ma mi potevo adeguare. Il corpetto era troppo stretto e le scarpette facevano un male tremendo. L’erba del prato, durante quel marzo del 1354 era d’un verde simile agli smeraldi e le rose rosse crescevano nelle siepi. Mi avvicinai per sentire il loro profumo quando udii delle voci concitate dall’altra parte del laghetto.

Andai in quella direzione, soffermandomi all’inizio del ponte. “E’ un gioco che loro chiamano calcio” qualcuno stava parlando con Alessandro. “Ma questa palla non è buona per essere calciata…” si lamentava il mio amico. “Prova!” a parlare era un uomo dai folti capelli neri, vestito di tutto punto. Era alto circa come Stefan e… “Ehi!” esclamò il mio amico. Si voltarono entrambi verso di me. Quel ragazzo… Quell’uomo, più che altro… Chi poteva essere? Anche lui sembrava perplesso quanto me. Poi, i nostri sguardi si incrociarono.
Occhi azzurri e profondi.

Era lui.
Era lui, lui, lui.
Il respiro si mozzò sul colpo e per un istante che parve interminabile tutto fu avvolto da una calma inverosimile. “Francesca…” sussurrò lui. “Damon” ribattei io. Mossi il primo passo, lui il secondo e in meno di un attimo ci trovammo avvinti in un abbraccio. Non avevo immaginato che quel momento sarebbe stato così… commovente.
I miei occhi si fecero umidi e sprofondai nell’incavo della sua spalla. Anche lui si commosse, ma non pianse. “Come fai a non piangere?” gli domandai tra le lacrime. “Ti avevo promesso che non sarei più stato il Dan fifone. Mantengo le mie promesse nei confronti di una persona importante” e mi strinse ancor di più nel suo forte abbraccio.
Stavo scomparendo tra quelle braccia muscolose e inaspettatamente mi ritrovai a volerlo baciare. No, lo volevo tempestare di baci. Volevo affondare le mani in quei capelli neri come la notte e perdermi negli occhi azzurri di un tempo. Mi vergognai anche solo di averlo pensato. Di sicuro lui non provava più lo stesso per me… L’abbraccio si sciolse lentamente.

Solo a quel punto mi accorsi quanto fosse grande, con dei tratti… adulti. Mi sembrava quasi impossibile che fosse lo stesso ragazzino singhiozzante, spaventato ed inesperto che avevo salutato con un bacio due anni prima. “Non sei più il bambino paffuto eh?” gli domandai sorridendo. “E tu sei bella, bellissima come sempre” ribatté.
E in quel momento mi prese per i fianchi, sollevandomi in aria e facendomi volteggiare come una farfalla, come un angelo.
Non lo aveva mai fatto, non era mai stato abbastanza forte per riuscirci e non mi aveva mai guardato con un viso così dolce, pacato e pieno di aspettative.
Sembrava un nuovo Damon, tutto da scoprire, con il quale passare altrettanti pomeriggi insieme.
Era un uomo. Davvero.
Mi sentii così umana, così felice che per un attimo non mi accorsi che i miei fratelli erano dietro di noi.

“Damon… sei tornato!” disse acido mio fratello Klaus.

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Capitolo 7
*** Familiari. ***


Francesca’s POV

 

 

 “Nicola? Oh, siete qui!” esclamai cercando di nascondere la paura di un qualsiasi giudizio di mio fratello. “Sì, è ora di pranzo giusto?” domandò Elijah spaesato.
“Nicola, Elia! Quanto tempo…” Damon andò verso di loro con un mezzo sorriso stampato sulle labbra. Non mi convinceva quella sua espressione, non mi convinceva niente di quei suoi gesti gentili nei confronti dei miei familiari.
“Damon?” ma si era già lanciato in un’allegra chiacchierata con Klaus che era evidentemente disinteressato al suo soggiorno in quel campo di addestramento, ma curioso del suo cambiamento.

Sono umani, Klaus. Loro crescono: diventano adulti, gli dissi mentalmente.
C’è qualcosa che non mi convince… mi rispose di rimando Elijah che stava ascoltando la nostra conversazione mentale.
Damon è mio amico, dissi io cercando di giustificarlo.
Gli umani non si innamorano dei mostri della notte, sibilò nella mia mente Klaus.
Un colpo all’anima.
Klaus era pur sempre mio fratello, pensavo fosse felice nel momento in cui lo ero anch’io, ma mi accorsi presto che non sarebbe più stato così.
Io e Niklaus eravamo cresciuti insieme sia come angeli che come vampiri e ci eravamo sempre sostenuti nelle nostre scelte, giuste o sbagliate che fossero.
Ma eravamo importanti l’uno per l’altra, forse proprio perché alla fine siamo sempre stati così simili da bastarci a vicenda.
“Nostro padre ci sta aspettando per il pranzo, vogliamo entrare?” domandò Stefan, spaesato in mezzo a tutta quella gente più grande di lui.
Gli misi una mano sulla spalla per tranquillizzarlo.
“Ehi, non siamo mostri. Non ti preoccupare” in un momento mi accorsi che Klaus era dietro di me. “Parla per te sorellina” per un secondo impallidii, spaventata dal fatto che mio fratello potesse fare una mossa decisamente troppo azzardata.
“… quando sono affamato non tengo conto di nessuno” finì la frase sorridendo.
Tirai un sospiro di sollievo.
“Andiamo, Francesca! Quante cose mi devi raccontare…” Damon mi prese per il polso e mi trascinò avanti, verso la loro casa.

Damon? Sei sempre tu, o quello che prima mi ha abbracciata era uno sconosciuto?

 

 
Ho sempre adorato il salone da pranzo dei Salvatore: così spazioso, pieno di luce proveniente dalle maestose vetrate istoriate.

Ci venne incontro il signor Salvatore in persona.
“Non sa ancora che sono tornato… è una sorpresa” mi sussurrò all’orecchio Damon.
“Francesca! Che piacere” Giuseppe Salvatore era invecchiato molto nell’ultimo periodo e si sorreggeva ad un bastone di legno con il pomo dorato. Il viso era segnato dal tempo e dagli sforzi di tutti i giorni.
“Finalmente ci torni a trovare… E chi è il giovane che ti accompagna? Hai per caso deciso di prendere marito?” domandò stupito.

Osservai Damon che sembrava più che altro divertito dalle affermazioni del padre, poi notai che mi stava tenendo sottobraccio come un vero gentiluomo.
“Signor Salvatore, in realtà…” “Che bel giovane, è davvero un peccato che oggi sia presente solo uno dei miei due figli. Oh, del resto Damon tornerà nel giro di poche settimane!” soffocai a stento le risate, ma poi scoppiai.
“Cosa c’è da ridere, Francesca?” io lo guardai, poi guardai Damon.
“Davvero non riconosce quest’uomo, Signor Salvatore?” si avvicinò di più socchiudendo gli occhi per cercare di vedere meglio e poi li spalancò.
“O Santissimo!” si mise una mano sulla fronte. “Damon? Sei proprio tu?” “Già, papà” i due scoppiarono a ridere e si abbracciarono.
“Non ci posso credere!” disse Giuseppe. “A cosa? Al fatto che sia cresciuto? Beh, ce n’è voluto di tempo!” “No, non riesco a credere al fatto che tu sia tornato a casa senza nemmeno avvisare con una settimana d’anticipo!” “Oh… volevo fare una sorpresa!” il signor Salvatore mise una mano sulla spalla di Damon.

“Sono contento che tu sia tornato, figliolo…” lui si voltò verso di me, trapassandomi con lo sguardo. “Anche io sono contento. Del resto, dovevo mantenere una promessa”.

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Capitolo 8
*** Sete. ***


Francesca’s POV.

 

 

 Ero seduta sull’erba del giardino, come ai vecchi tempi.
“C’è così tanto che ti devo raccontare… Che mi devi raccontare” sussurrò Damon ad un certo punto.
“Mi sei mancato” risposi io. “Questo è il riassunto dei due anni in cui sei stato assente” lui rise. “Dai, è impossibile… Una volta parlavamo così tanto!” si avvicinò di più a me.
Sentii il suo respiro sul collo.
“Cosa ti è successo, Francesca?” mi domandò. “Io sono sempre la stessa… E tu?” lui mi guardò. Intensamente.
“Ho capito che due anni fa ero inesperto, incapace, inutile… E ti capirei se mi avessi considerato per tutto quel tempo un bambino immaturo” sospirai e volsi il viso verso il suo.
“Non ti ho mai considerato un bambino… solo un po’. Ma cosa ti hanno insegnato lì?” “Oh…” disse lui pensieroso.
“Mi hanno insegnato…” in un attimo fu sopra di me, sorridendo. “Che una donna va trattata con gentilezza, va accarezzata con tenerezza” sentii la sua mano leggera sul mio viso pallido e freddo.
“E bisogna prenderla tra le proprie braccia dolcemente, come se fosse ciò che di più prezioso hai in tutta la tua vita” fece passare il suo braccio sulla mia schiena, sollevandomi come se niente fosse e facendomi sedere sulle sue gambe.

Damon…
“E poi la stringi forte al petto, facendole sentire i battiti del tuo cuore che sembra stia per prendere il volo…” mi circondò con le sue braccia e mi fece appoggiare al suo petto marmoreo.
Tu-tum-tu-tum.
Oh, gli avrei voluto dire che sentivo il suo cuore anche con poco sforzo, che riuscivo a percepire il sangue che gli scorreva voluttuoso nelle vene, rosso fuoco, denso…
No, non pensarci, mi dissi.
“E lei ti guarda…” i nostri sguardi si incrociarono: due paia di occhi azzurri.
“E capisci che è la donna che, nonostante tutto, hai sempre amato” rimasi immobile.
“E la amerai per sempre… Qualunque cosa sia” prima che io potessi controbattere, prima che potessi domandarmi se Damon sapesse qualcosa di troppo, mi strinse forte e mi baciò con trasporto, con passione.
E io ricambiai, inaspettatamente.
“Anche io ti amo” gli dissi tra un bacio e l’altro.
Mi avvicinai involontariamente al suo collo e il sangue mi arrivò alla testa: avevo sete.
Avevo sete di Damon.
Volevo assaporarlo, scambiare il mio sangue con lui e averlo per sempre accanto.
I miei canini stavano per affondare nel suo collo, ma ero ancora abbastanza lucida per capire quanto fosse immorale e crudele l’azione che stavo per compiere.
Damon si meritava una vita, una vita vera.
“Ti sento” disse lui d’un tratto.
“FallFrancesca’s POV. Ero seduta sull’erba del giardino, come ai vecchi tempi. “C’è così tanto che ti devo raccontare… Che mi devi raccontare” sussurrò Damon ad un certo punto. “Mi sei mancato” risposi io. “Questo è il riassunto dei due anni in cui sei stato assente” lui rise. “Dai, è impossibile… Una volta parlavamo così tanto!” si avvicinò di più a me. Sentii il suo respiro sul collo. “Cosa ti è successo, Francesca?” mi domandò. “Io sono sempre la stessa… E tu?” lui mi guardò. Intensamente. “Ho capito che due anni fa ero inesperto, incapace, inutile… E ti capirei se mi avessi considerato per tutto quel tempo un bambino immaturo” sospirai e volsi il viso verso il suo. “Non ti ho mai considerato un bambino… solo un po’. Ma cosa ti hanno insegnato lì?” “Oh…” disse lui pensieroso. “Mi hanno insegnato…” in un attimo fu sopra di me, sorridendo. “Che una donna va trattata con gentilezza, va accarezzata con tenerezza” sentii la sua mano leggera sul mio viso pallido e freddo. “E bisogna prenderla tra le proprie braccia dolcemente, come se fosse ciò che di più prezioso hai in tutta la tua vita” fece passare il suo braccio sulla mia schiena, sollevandomi come se niente fosse e facendomi sedere sulle sue gambe. Damon… “E poi la stringi forte al petto, facendole sentire i battiti del tuo cuore che sembra stia per prendere il volo…” mi circondò con le sue braccia e mi fece appoggiare al suo petto marmoreo. Tu-tum-tu-tum. Oh, gli avrei voluto dire che sentivo il suo cuore anche con poco sforzo, che riuscivo a percepire il sangue che gli scorreva voluttuoso nelle vene, rosso fuoco, denso… No, non pensarci, mi dissi. “E lei ti guarda…” i nostri sguardi si incrociarono: due paia di occhi azzurri. “E capisci che è la donna che, nonostante tutto, hai sempre amato” rimasi immobile. “E la amerai per sempre… Qualunque cosa sia” prima che io potessi controbattere, prima che potessi domandarmi se Damon sapesse qualcosa di troppo, mi strinse forte e mi baciò con trasporto, con passione. E io ricambiai, inaspettatamente. “Anche io ti amo” gli dissi tra un bacio e l’altro. Mi avvicinai involontariamente al suo collo e il sangue mi arrivò alla testa: avevo sete. Avevo sete di Damon. Volevo assaporarlo, scambiare il mio sangue con lui e averlo per sempre accanto. I miei canini stavano per affondare nel suo collo, ma ero ancora abbastanza lucida per capire quanto fosse immorale e crudele l’azione che stavo per compiere. Damon si meritava una vita, una vita vera. “Ti sento” disse lui d’un tratto. “Fallo, non ti fermerò” ansimò quasi spaventato ma con una decisione ferrea. “NO!” urlai io appena in tempo, ritraendomi con gli occhi ancora venati di rosso, i canini affilati, mostrandomi alla persona che amavo nella mia spaventosa natura. “Scusa…” sussurrai piangendo. E in un attimo in quel giardino di me era rimasto solo il vento che avevo sollevato scappando. Corsi nei boschi, con le mandibole infuocate e i denti che mi facevano male. Cosa stavo per fare? Ero davvero un mostro così tremendo? Perché Damon sapeva tutto? Perché? Poi sentii delle voci, voci provenienti dal folto della foresta. Battiti pulsanti di cuori vivi. Mi diressi lì, assetata. Erano un ragazzo e una ragazza: si stavano baciando mentre discutevano su quanto la loro storia fosse impossibile e immorale perché lui era un contadino e lei una nobile. “Pensate davvero che la vostra storia sia così impossibile? Aspettate di conoscere la mia” sibilai appoggiandomi a un albero con la testa che stava per scoppiare. “Scusa, ma tu chi sei?” iniziai a piangere, senza volerlo. “Un mostro!” urlai in quel momento avventandomi sui due innamorati. Li assaporai fino all’ultima goccia di sangue, sentendo il liquido denso e scuro che scendeva giù per la mia gola, che mi dava ristoro. “Stupido amore…” sussultai poi sdraiandomi vicino ai cadaveri. “Ricordatevelo… Io sono un mostro. Avete capito? E gli umani non possono innamorarsi dei mostri!” urlai chiudendo gli occhi. “Francesca? Oddio, Francesca sei tu?” la voce di Stefan, non so quanto tempo dopo, mi riportò al mondo dal quale cercavo di scappare. Al mondo nel quale il mio passato, il mio presente, il mio futuro e persino la mia bocca in quel momento, erano tinti di rosso. o, non ti fermerò” ansimò quasi spaventato ma con una decisione ferrea.
“NO!” urlai io appena in tempo, ritraendomi con gli occhi ancora venati di rosso, i canini affilati, mostrandomi alla persona che amavo nella mia spaventosa natura.
“Scusa…” sussurrai piangendo.
E in un attimo in quel giardino di me era rimasto solo il vento che avevo sollevato scappando.

 

Corsi nei boschi, con le mandibole infuocate e i denti che mi facevano male.
Cosa stavo per fare?
Ero davvero un mostro così tremendo?
Perché Damon sapeva tutto? Perché?
Poi sentii delle voci, voci provenienti dal folto della foresta. Battiti pulsanti di cuori vivi. Mi diressi lì, assetata.
Erano un ragazzo e una ragazza: si stavano baciando mentre discutevano su quanto la loro storia fosse impossibile e immorale perché lui era un contadino e lei una nobile.
“Pensate davvero che la vostra storia sia così impossibile? Aspettate di conoscere la mia” sibilai appoggiandomi a un albero con la testa che stava per scoppiare.
“Scusa, ma tu chi sei?” iniziai a piangere, senza volerlo.
“Un mostro!” urlai in quel momento avventandomi sui due innamorati.
Li assaporai fino all’ultima goccia di sangue, sentendo il liquido denso e scuro che scendeva giù per la mia gola, che mi dava ristoro.
“Stupido amore…” sussultai poi sdraiandomi vicino ai cadaveri.
“Ricordatevelo… Io sono un mostro. Avete capito? E gli umani non possono innamorarsi dei mostri!” urlai chiudendo gli occhi.

 

 
“Francesca? Oddio, Francesca sei tu?” la voce di Stefan, non so quanto tempo dopo, mi riportò al mondo dal quale cercavo di scappare. Al mondo nel quale il mio passato, il mio presente, il mio futuro e persino la mia bocca in quel momento, erano tinti di rosso.

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Capitolo 9
*** Verità. ***


 

Stefan’s POV

 

 

La vidi sdraiata accanto a due cadaveri, sporca di sangue che non era suo.
Parlava da sola, piangeva, sussurrava sommessamente il nome di mio fratello quasi fosse stato un mantra, una silenziosa preghiera.
“Francesca?” domandai con la voce rotta.
Lei alzò il busto, si guardò intorno, esaminò i cadaveri e poi incrociò il mio sguardo.
Diventò improvvisamente ancor più pallida di quello che già era.
“Oddio, Stefan!” deglutì mentre osservava il mio viso che doveva esprimere terrore allo stato puro.
Ma io non avevo così tanta paura, e questo ancora non me lo spiego.
Mi trovavo davanti ad un essere spaventoso, ma allo stesso tempo di fronte a me, terrorizzata, c’era la mia migliore amica, quella con cui avevo condiviso di più in assoluto.
“Stefan…” sussultò. E in un momento scoppiò a piangere, tenendosi la testa tra le mani.
Mi fece così pena, così tanta tenerezza… Una parte di me continuava a dire: scappa o ti ucciderà, scappa finché sei in tempo.
Allora perché non riuscivo a vederla in modo diverso da come l’avevo vista per quasi tre anni? Una ragazza fragile, distrutta da chissà quale dolore, misteriosa come sempre.
Poi alzò gli occhi azzurri verso di me.
Muoveva le labbra ma non riusciva a emettere suono.

“Salvami” sussultò infine.
Mi precipitai da lei, senza pensarci e la strinsi forte.
Cosa stavo facendo? Non lo so neanche io.
“Sono un mostro vero? Dimmi la verità” mi inzuppò di lacrime e sangue la camicia.
“Tu sei Francesca” risposi io.
“Sai quanti anni ho Stefan?” mi domandò lei. “No, ma non importa… Io e Damon ti vogliamo bene comunque” perché il nome Francesca e le parole vampiro, mostro, mietitore di anime mi sembravano così stonate, così impossibili nella stessa frase?
“Sei la mia migliore amica, e questo lo sai” “Ma la mia vita, tutto quello che ho finto di essere… E’ tutto una menzogna! Mi sento così stupida ad aver solo pensato di poter vivere. Io sono condannata!” la guardai.
Non c’era ombra di malvagità nei suoi occhi, ma non c’era neanche un misero lieto fine.  
“Da chi?” “E’ una lunga storia…Iniziata circa quattromila anni fa” “Come scusa?” “Sì, hai capito” borbottò lei.
“Dai, siediti e parliamo” le sussurrai cercando di tranquillizzarla.
Presi il mio fazzoletto da taschino e le pulii le labbra sporche di sangue.
“Promettimi che non mi odierai” “Lo prometto”.

 

 
Due ore dopo, stavamo ancora parlando.
“Così… tu sei un vampiro?” “Già” “E sono vampiri anche Elia e Nicola” “Niklaus ed Elijah, veramente… Ma non dovrei dirti tutte queste cose” le presi la mano.
“Ehi… ti puoi fidare di me, questo lo sai no?” lei annuì asciugandosi le lacrime.
“Il punto è che non riesco ancora a capire come Damon abbia scoperto tutto…” “Questi due anni sono avvolti nel mistero… Non sappiamo cosa sia successo, cosa abbia scoperto del mondo in quel campo di addestramento ma di una cosa sono certo…” “Quale?” sospirai.

“Mio fratello ti ama. Immensamente” lei mi guardò come se venissi da un’altra dimensione.
“Cambierà idea… Gli umani non si possono innamorare dei mostri” “Tu non sei un mostro… E se lo ami almeno un po’… vai da lui” lei scoppiò di nuovo a piangere.
“Non posso!” “Sì che puoi… Ascolta, io mi fido di te. Ti capisco e non so come farei a vivere un’eternità vincolato al sangue di persone innocenti, ma so che non è colpa tua” silenzio. “Riesci ad alzarti” le porsi la mano.
“Sì, non sono stupida” in meno di una frazione di secondo la trovai in piedi davanti a me.
“Sorprendente…” “Non così tanto”.

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Capitolo 10
*** Nessun Lieto Fine. ***


Francesca’s POV

 

 Correvo.
Dovevo arrivare da lui prima che fosse troppo tardi. Non lo potevo perdere, non potevo permettermi di lasciarlo andare. E sarei stata disposta a tutto pur di dirgli che sì, lo amavo.
“Francesca” ero arrivata al feudo dei Salvatore quando mio fratello Klaus mi chiamò.
“Sì?” “Dobbiamo partire” lo guardai di traverso.
“Che cosa?” “Sì, hanno avvistato Katerina Petrova, la doppleganger, in Bulgaria. Dobbiamo raggiungerla immediatamente, prima che scappi di nuovo” “No, io non posso. Qui c’è Damon e…” “Lui non conta niente! Viene la famiglia prima dell’amore!” ruggì Klaus con tono autoritario.
“Siamo insieme in tutto questo e non puoi permetterti di voltarmi le spalle!” urlò poi. “Non ti sto voltando le spalle… Mi sono solo innamorata e vorrei che tu accettassi questo mio sentimento” “Non accetterò mai la vostra relazione!” lo guardai a lungo ma in realtà avevo già deciso cosa fare.
“Addio, Niklaus” mi voltai e corsi in direzione del castello dei Salvatore.

 

 Salii le scale in un secondo.
Sentivo il respiro di Damon oltre quella porta, dovevo raggiungerlo…
“Damon!” era seduto sul suo letto e quando mi vide spalancò gli occhi. “Francesca!” mi corse incontro e mi baciò.
“Ora ho capito. Ho capito tutto. Ti amo, Damon e troveremo un modo per stare insieme” “Francesca… Non importa quello che sei, non mi importa se bevi sangue invece che vino. Non mi importa niente! Voglio solo il tuo amore” “Quando hai scoperto la mia natura?” gli domandai. “E’ stato Klaus: lui non voleva che io ti accettassi, voleva allontanarci” piansi.
“Cosa c’è?” “Niente… Niklaus era mio fratello. Adesso non è più nulla” risposi secca.
“Ti amo così tanto…” sussurrai poi sbottonandogli la camica, cercando di godere appieno del sapore dei suoi baci.

 
E in men che non si dica ci ritrovammo a fare l’amore.

 
Ero così felice che nient’altro contava.
“Ti prego, bevi da me… Assapora la mia anima” disse lui d’un tratto. Non esitai ad affondare i canini nel suo collo candido.
Il suo sangue era ambrosia.
Il più dolce miele ma il più potente veleno.
E in un attimo mi sentii mancare mentre una voce rimbombava nella mia testa più forte della sete, dell’amore, di tutto.

 
Se un Dannato in Terra cade in amore,
non si rialzerà mai più.
Se beve dal collo dell’amato umano
è destinato a morire.

 
Le mie membra si raffreddavano.
Cercai di chiamare aiuto ma sentii solo la voce preoccupata di Damon in lontananza. E vidi i suoi occhi azzurri, intrisi di lacrime, per un’ultima, fatale volta.
“Non dimenticarti di me…” sussurrai mentre lui chiamava disperatamente il fratello.

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Capitolo 11
*** Dimentica! ***


Damon’s POV

 

 “Cosa le hai fatto, fratello?” domandò Stefan in preda al panico.
“Lei ha bevuto il mio sangue e poi ha smesso di respirare… E’ morta, il suo cuore non batte!” urlai io cercando di praticarle la respirazione bocca a bocca.

 
“Cosa sta succedendo qui?” domandò Elijah irrompendo nella stanza.
“Oh mio Dio!” ansimò Klaus entrando nella stanza.
“La maledizione! Non era un capriccio, lo amava davvero!” sussultò avvicinandosi alla sorella, disperato.
“Cosa sta succedendo?” domandai.
“E’ morta, bastardo! Quando un Originario beve il sangue di un umano che ama, è destinato a morire!” gli urlò in faccia Klaus.
“Coraggio Francesca, svegliati. Su, so che lo puoi fare… Sei sempre mia sorella no? RESPIRA!” ma Klaus si stava accanendo su un cadavere, una bambola di porcellana con le fattezze di Francesca.
Era un involucro vuoto.
“Ti prego” sussultai all’unisono con Klaus, poggiando il capo sul corpo morto della persona che amavamo.

Io la amo, non se ne può andare! pensai in quel momento.

 

 “Voi…” sibilò Klaus dopo aver portato in un altro luogo il corpo della sorella.
“Stefan, dimentica ciò che sai di noi. Dimentica tutti i momenti passati con me, con Elijah e soprattutto con Francesca” lo sguardo di Stefan si perse nel vuoto.
“Al tuo risveglio non ricorderai più questi ultimi tre anni” e mio fratello si addormentò mentre le sue memorie lo abbandonavano.

 
“No, ti prego…” sussultai. “Io la amo, le ho promesso di non scordarmi di lei poco prima che morisse” una lacrima solcò il volto del vampiro Originario accanto a me e poi spostò il suo sguardo nei miei occhi.
“Damon, dimentica Francesca. Dimentica tutti i momenti passati con lei, dimentica me e mio fratello, l’esistenza dei vampiri, il soprannaturale… Dimentica di avermi portato via l’unica persona che io abbia mai amato” pensavo fosse finita.
Ma non era così.
“Ti ricorderai di noi quando sarà necessario e quando te lo dirò io” e in un attimo tutto divenne buio.


 

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Capitolo 12
*** Lei c'è sempre stata. ***


1358- Katherine scambia il sangue con entrambi i fratelli Salvatore.

 “Cosa stai facendo, Katerina?” la vampira si voltò nel punto dal quale proveniva la voce e impallidì. “Fra-Francesca? Tu non eri morta?” “Oh, in realtà sono ancora morta ma sappi che potrei ucciderti in una maniera o nell’altra o peggio… consegnarti a Klaus” “Sei un fantasma?” “Un fantasma Originario…” “Cosa vuoi?” domandò la vampira all’ombra spettrale. “Vattene. Scappa da questa città e fai vivere a Damon e Stefan una vita normale. E’ un ordine” ma Francesca non sapeva quanto la doppleganger fosse subdola e meschina.
Proprio per questo non soggiogò né Stefan né Damon per dimenticarla.
E loro morirono per salvarla.
E quando si svegliarono erano vampiri.

 

1358- Stefan e Damon sono ancora morti, in attesa di risvegliarsi da vampiri.

“So che non ti ricordi di me…” sussurrò Francesca cercando di giocherellare con i capelli bruni di Damon. “Ma io ti amo. Continuo ad amarti e un giorno te lo dimostrerò, mio dolce Damon” quando però il ragazzo aprì gli occhi, di fronte a lui non vi era più nessuno.

 

 

 1450- Uno dei (tanti) periodi da squartatore di Stefan.

 
Quel giorno, lui si era saziato con qualcosa di simile a undici giovani vergini fiorentine e Damon era già partito per cercare la redenzione che ovviamente non avrebbe trovato.

 Nel momento in cui stava per prosciugare la dodicesima, il suo volto mutò e si ritrovò davanti a quello di una bellissima ragazza dai ricci castani e dagli occhi azzurri che lo guardava supplichevole. “Che cosa stai facendo, Salvatore?” gli domandò con un tono freddo come il ghiaccio, mentre prendeva possesso del corpo della ragazza morente. “C-chi sei?” lei sorrise mentre si alzava dal sofà e passava attraverso i cadaveri disseminati nella stanza a casaccio.
Quella ragazza gli ricordava qualcuno… ma chi? I ricordi erano sepolti in fondo ad un cassetto mai aperto. E non riusciva ad averne accesso.

Ad un certo punto, si avvicinò ad una delle tante e le sfiorò il collo intriso di sangue. “Oh Stefan, Stefan… anche io sono stata tentata dal sangue in vita” “Di cosa parli? Tu cosa sei?” “Oh, è vero: tu non ricordi il mio viso. Ma ti ricordi il signor Lombardi? Indovina un po’ chi ha assaggiato il suo sangue?” Stefan scosse la testa. “No, non è possibile… Tu… Io non ti ho mai vista!” “Sì che è possibile, mio dolce bignè alla crema! Sei sempre stato così ingenuo e alla fine ti sei fatto soggiogare da una stupida, insulsa doppelganger… Ti facevo più furbo” la ragazza misteriosa si portò il dito sporco di sangue alle labbra e gli occhi della vittima, ancora posseduta dallo spirito  di occhi azzurri, si fecero neri come la pece: erano gli occhi di un demone. “Non può essere… Chi diavolo sei?” “Una persona che in vita vi ha voluto bene e ne ha pagato le conseguenze. Ma io mi sono pentita delle mie azioni… E infatti non ho trasformato né Damon né te… E infine sono morta. Beh, tu non ricordi nulla ma questa è la vita… Il tempo passa, la gente si dimentica…” silenzio. “Ma non siamo qui per parlare di me. Sei tu quello che ha un problema” si sedette ancora una volta vicino a Stefan e i suoi occhi, che fino a quel momento erano stati di ghiaccio, si sciolsero e tornò quasi umana. “Che cosa stai facendo Stefan?” la sua voce era rotta dal pianto. “Non finire come me. Non farlo!” urlò aggrappandosi alla camicia sporca di sangue dell’amico. “No, aspetta!” ma il viso della ragazza posseduta stava diventando grigio e marcio in un modo rivoltante e l’urlo di occhi azzurri rimase impresso nelle pareti del casato Salvatore.
Della ragazza rimase solo un mucchio di polvere.

Questo ti aspetta se continui a uccidere. La voce del vampiro fantasma rimbombò nella sua mente come una eco in stanze grandi e deserte.
Da quel momento in poi, Stefan bevve solo sangue animale e tutte le volte che si sentiva tentato, pensava a quella strana ragazza fantasma di cui non ricordava il nome.

 

 

 2006- Stefan e Damon incontrano Elena, se ne innamorano, scoprono che è una doppleganger e che Klaus la sta cercando.

 

 “Damon… ti sei lasciato andare!” sussurrò tra sé e sé Francesca mentre trotterellava intorno a lui e ai cadaveri delle ragazze di Mystic Falls.
“Sai, ero certa che tu non fossi questo genere di vampiro… ma guardati… ti stai rovinando! Devi scappare, Klaus non risparmierà nessuno che si mette tra lui e la sua adorata doppleganger!” ma lui non sentiva la voce della ragazza.
E Klaus arrivò in città, inevitabilmente.
Ma i risvolti che portò alla vicenda furono del tutto inaspettati.

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Capitolo 13
*** L'accordo di Klaus. ***


Damon’s POV

 

 
Osservavo Elena spaventata, con gli occhi sbarrati di fronte a Klaus.
“Come hai detto, scusa?” domandò quasi incredula. “Hai sentito benissimo… posso smettere di soggiogare Stefan ad una condizione” sussurrò l’Originario avvicinandosi a me.
“E l’unico che mi può aiutare sei tu, Damon Salvatore” “Perché dovrei?” “Penso che sia nei tuoi interessi risvegliare la Bella Addormentata dal suo lungo sonno” disse Klaus criptico.
“Non ho la più pallida idea di cosa tu stia parlando…” sibilai.
“Oh, è vero… Anni fa ti ho soggiogato per dimenticare!” “Damon, che cosa sta dicendo?” “Non lo so, Elena… E non lo voglio sapere. Forza, andiamocene” la presi per il polso e cercai di trascinarla fuori dalla stanza.
“Cosa c’è? Non mi credete? Lasciate che ve lo dimostri. Squartatore, adesso puoi entrare” dal portone principale del casato Salvatore entrò Stefan, mio fratello.
Klaus lo fissò dicendo: “Stefan Salvatore, riaccendi i tuoi sentimenti. Ritrova la tua umanità”.
Mio fratello lo guardò perplesso, ma in un momento capì tutto.
Il suo corpo fremette e gli occhi del predatore ritornarono quelli di Santo Stefan.
“O mio Dio!” sussultò. “Elena…” “Stefan” diamine, già si rimettono insieme. No, non li voglio vedere mentre si baciano. Mi fa male. Perché io sono solo, in realtà.

 
“Ma vi ricordo, carissimi, che posso facilmente soggiogarlo per la seconda volta… Se volete evitare questo spiacevole inconveniente, vi conviene seguirmi. Soprattutto tu, Damon” “Io non ho intenzione di…” fui interrotto da Elena. “Damon… ti prego” mi sussurrò avvinghiata a Stefan.
“D’accordo. Lo farò” Klaus sembrò soddisfatto. “Eccellente! Si parte per Firenze, Italia” lo fissammo atterriti.
“Sì, signori Salvatore. Ho già prenotato i biglietti. Destinazione: le vostre Origini” Elena lo rincorse mentre già usciva dalla porta sul retro.
“Qual è il tuo piano Klaus? Cosa vuoi fare?” gli domandò.
“Semplice: andiamo a svegliare una mia sorella dormente”.

Elena guardò Stefan, poi me.  
E capì che non avevamo scelta.

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Capitolo 14
*** Wake up, Sleeping Beauty! ***


Damon's POV

“Si può sapere dove ci stai portando?” domandai a Klaus appoggiando la testa al finestrino e godendomi il sole fiorentino, caldo e dal sapore di casa.
“Fidati Salvatore: ti piacerà” “Non ci giurerei…” “Sai, pensavo che l’amore potesse vincere anche la magia ma…” “Che cosa sta dicendo, Damon?” domandò Elena allarmata.
Mi piacevano quei pochi, brevissimi momenti nei quali diventava improvvisamente gelosa.
“Non lo so… blatera” dissi lanciando un sorrisetto di sfida a Klaus.
“Oh, Elena, hai portato più di un abito di ricambio?” “Sì, perché?” “Penso che ci servirà” sogghignò Klaus. Mi voltai verso mio fratello mentre lo sfottevo dicendo: “Klaus si vuole intrufolare nella biancheria della tua ragazza!”.
Oh, riguardo Stefan e Elena stavano diventando così dolci che forse, se non avessi distolto lo sguardo entro pochi secondi, mi sarebbe venuto il diabete.
In momenti come quello odiavo essere solo e di certo non avevo intenzione di farlo con Klaus.
“Piccole avvertenze per l’uso: mia sorella è un po’ suscettibile… potrebbe arrabbiarsi se venisse a sapere che non vi ricordate di lei e un controllo della mente che è durato per tutti questi secoli… beh è difficile da sciogliere. Vi consiglierei di mettervi comodi e farvi un pisolino perché, Damon e Stefan, adesso potete ricordare” e tutto divenne in meno di un secondo.

 

Un prato verde e un cielo terso, la mia casa, mio padre, mio fratello.
Una ragazza sdraiata accanto a me indica una nuvola a forma di cuore e mi sorride.
E’ come sentirsi in Paradiso, il mio cuore aumenta gradualmente i battiti e mi sento di nuovo, inaspettatamente umano.
E lei è bellissima… i boccoli scuri e gli occhi che sembrano uno specchio di me stesso, le labbra carnose piegate in un sorriso sereno.
“Damon? Ti ricordi di me?” domanda poi sconvolta. “Mi puoi vedere?!” lo scenario cambiò in meno di un secondo e ci trovavamo nel mio letto, a Firenze.
“Chi sei?” le chiedo circospetto.
“Ovvio… non puoi ricordare” affermò poi triste. Si alzò dal letto, completamente nuda e si rannicchiò in un angolo buio della mia camera. “Cosa stai facendo?” “Io sono sempre qui, capito? In quest’angolo nascosto della tua mente… solo che tu non mi vedi. E io invece ti vedo sempre” “Non capisco…” la testa mi fa male e sembra un groviglio di pensieri, di ricordi ai quali non so dare un senso.
Un sorriso, un paio di canini appuntiti, sangue… tanto sangue. Ed è mio.
Un Damon adolescente, insicuro e umano che passeggia con una ragazza dalla bellezza eterea che ha gli stessi occhi di suo fratello.
Gli occhi di suo fratello Klaus.
Poi un Damon attraente e cresciuto che prende in braccio quella stessa ragazza e la fa volteggiare come un angelo nell’aria.
E siamo felici, e ci sentiamo meno soli insieme.

 

“Toc, toc! C’è nessuno in casa? E’ ora di andare a svegliarla!” aprii gli occhi in meno di un momento e mi ritrovai faccia a faccia con Klaus.
“Ricordi qualcosa?” “Vagamente” risposi massaggiandomi le tempie doloranti. “Bene. Quando la vedrai sarà tutto a posto…” Elena mi prese per il braccio e trascinò me e Stefan in disparte.
“Cos’è questa storia? Di chi vi dovreste ricordare?” “Ricordi anche tu, vero fratello?” domandai ignorando quella pesantona di Elena. “Vagamente…” “Concludiamo questa storia” dissi poi accodandomi a Klaus nel cammino verso il cimitero.

 

 
“Prendiamoci per mano” disse Klaus arrivati davanti ad un’enorme cripta sigillata.
“Stai scherzando, vero?” domandai. “Dobbiamo sfondare la porta” mi spiegò Stefan.
“Al mio tre” disse Klaus. “Uno, due…” ansimò per un attimo. “Tre!” con un calcio triplo la porta venne via facilmente.
“E adesso cosa si fa?” “Concentratevi su questa tomba” ci spiegò l’Originario indicando una lapide spoglia con del terriccio. “E’ una tomba nel terreno” “Esatto. Elena, prepara un accappatoio, dovrebbe essere nel mio zaino insieme ad un cerotto per fermare il sangue” “Quale sangue?” “Il tuo… era implicito nel patto” sbarrai gli occhi.
“Non se ne parla” sibilò Stefan. “Fai come ti dico o sarò costretto a soggiogarti… e stavolta per sempre” “Provaci” lo sfidò mio fratello. “No, Stefan! Va bene…” disse rassegnata Elena.
“Benissimo! Ora prendiamoci per mano” Klaus porse la sua mano destra a Stefan e la sinistra a me. “Ripetete insieme lamia, excitas vos de gravi somno” chiusi gli occhi ed iniziai a recitarlo quasi fosse una filastrocca.
In latino significa O Vampiro, svegliati dal tuo sonno profondo.
D’un tratto, una mano emerse dal terriccio e sentii il raccapricciante urlo di Elena.
Le dita della mano si mossero e Klaus si fiondò sulla tomba: “Forza, aiutatemi a scavare o soffocherà?” io e mio fratello ci guardammo e imitammo le mosse di Klaus mentre dalla terra emergeva una testa bruna.
“Francesca, mi senti?” urlò Klaus. Gli rispose un colpo di tosse.
Era viva.
Francesca, quel nome… E poi quando vidi il suo viso stravolto ricordai ogni cosa.
Le corse nel prato, i baci, la felicità, il suo sorriso e il mio sorriso, i due anni di assenza, la scoperta della sua vera natura, il mio amore, il suo amore. Tutto.

 

 Aprì gli occhi arrossati e mi vide.
“Damon!” esclamò. “Tu mi vedi!” era felice. Ero felice anche io.
Perché?

Perché lei è Francesca, la stessa che è scomparsa dalle mie braccia secoli fa ormai. Era così strano essere ancora attratto da lei dopo tutto quel tempo, volerla ancora prendere tra le braccia e sussurrarle parole dolci e baciarla dappertutto.
Amarla ancora.

“Su, esci di qui” senza curarmi di nulla e di nessuno strappai l’accappatoio dalle mani di Elena e vi coprii dolcemente Francesca che stava rabbrividendo.
“Tu sei Elena?” domandò poi soffermandosi sulla ragazza dietro di me.
“Sì, sono io” gli occhi di Francesca diventarono immediatamente neri.
“Ho sete” sussultò coprendosi la gola.
Elena sembrò indecisa sul da farsi. Poi si avvicinò.
“Bevi” Klaus sembrava soddisfatto mentre sua sorella beveva avidamente dal collo della doppleganger.
Si staccò dopo qualche secondo e pulì il sangue sulle labbra con il dorso della mano.
“E’ ancora cosciente” sentenziò poi rivolta a Stefan.
“Stefan!” disse poi correndogli incontro. “Eri tu… sei sempre stata tu per tutto questo tempo a dirmi di smettere, di non bere più il sangue umano” lei ci sorrise, come in una lieta visione: era troppo, troppo fantastica quella scena per essere vera.
“Il vostro angelo custode” sussurrò avvicinandosi poi a Elena per fermare la sua perdita di sangue costante.
Klaus era rimasto in disparte, quasi imbarazzato.
“Niklaus” disse lei sorridente. “Sai che ti ho già perdonato” lui tirò un sospiro di sollievo e l’abbracciò stretta e mi sembrò quasi commosso.
“Ora andiamo a casa… hai bisogno di un abito come si deve e soprattutto… sai parlare l’inglese?” “Ne so qualcosa” mi fece l’occhiolino e mi prese per mano.
Io la guardai pieno d’affetto.
“Ti dispiace?” mi domandò. “Come potrebbe dispiacermi…” non riuscivo davvero a trattenermi così mi avvicinai a lei lentamente per essere sicuro che volesse ricambiare e la baciai.

E finalmente, dopo un tempo interminabile, ricordai cosa significano le parole casa, affetto, amore.

 

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Capitolo 15
*** Scontro e Confronto. ***


Francesca’s POV

 

 

Ero tornata.
Sì, non ero più un mucchietto di polvere in fondo ad una tomba vecchia di secoli.
E Damon era venuto a svegliarmi come il principe con la sua principessa, e c’erano anche Stefan e Klaus e tutto è sembrato perfetto per i primi attimi.
Poi ho visto la doppleganger e ho realizzato tutto: io non facevo più parte della vita di nessuno di loro ed erano passati così tanti secoli, così tanto tempo senza che si ricordassero chi fossi.
Eppure io ero sempre lì a seguirli come una trottola, a girare il mondo insieme a loro per cercare di vivere attraverso la loro essenza, attraverso quel ricordo che avevano di me, nascosto in un angolo recondito del loro cuore.

“Tutto a posto?” era lei.
Mi ero seduta sul letto della mia camera d’un tempo, meditando su tutte quelle cose così inverosimili, sul fatto che io forse fossi sbagliata, intrusa in quel mondo.
“Sì, doppleganger” risposi soprappensiero.
“Sai, ho un nome” io la guardai spaesata: aveva un bel caratterino… Come si poteva permettere di parlare in quel modo ad un’Originale?
“Scusa, ma hai idea di chi sono io?” “Sì, la sorella di tuo fratello… Lo si intuisce dal carattere” sogghignò e chinò la testa bruna.
Forsa stavo sbagliando?
“Okay dopplega… cioè, Elena, forse abbiamo iniziato con il piede sbagliato e mi dispiace, ma sono sicura che potremmo ripartire con il giusto entusiasmo” lei non proferì parola.
“Piacere, mi chiamo Francesca” le tesi la mano sorridente, cercando di fare un passo avanti con una persona che odiavo a prescindere.
“Elena” sbuffò lei stringendomi la mano.
“Woow… avevo detto con il giusto entusiasmo” mi lanciai sul letto e chiusi gli occhi.
“Sono stanca, non ho voglia di fingermi simpatica con te” continuai. “Ma se ci sto provando vuol dire che un motivo ci sarà, no?” silenzio.
“Ah sì? Forse per portarmeli via!” aprii gli occhi e la vidi sopra di me, con un pugnale affilato in mano. In meno di un secondo era conficcato nel mio petto.
“Polvere di quercia bianca… astuta” ghignai tirandolo fuori dal mio sterno.
“Già… vorrei ricordarti che sono già morta” sbuffai tamponandomi il sangue con l’accappatoio. “E gradirei un cambio decente… non posso viaggiare nuda” lanciai il pugnale in aria, infischiandomene del posto nel quale sarebbe ricaduto.
“Attenta” sentii dietro di me.
Mi voltai e trovai Stefan che aveva afferrato il coltello al volo.
“Stefan!” piagnucolò Elena. “Ha cercato di uccidermi…” io sbarrai gli occhi.
“Come scusa?” dalle mie labbra uscì una risatina isterica. “Francesca… davvero l’hai fatto?” “Cosa? No! Sono un vampiro, non una deficiente” “Non ascoltarla… Ha detto che mi avrebbe fatta fuori facilmente!” per un attimo, forse anche due, avrei voluto azzannare quella piccola stronzetta e farle vedere cosa significava per un Originario far fuori qualcuno.
“Io ero venuta qui a portarle i vestiti e…” “Davvero brava come attrice… peccato che quello sia un coltello adibito ad uccidere un vampiro Originario e non una ragazzina capricciosa!” le ringhiai addosso.
“Basta!” esclamò Stefan massaggiandosi le tempie. “Francesca, non mi arrabbierò ma dimmi la verità” “Primo: non sei mio padre. Secondo: credimi, Stefan! E’ questa la verità… ha cercato di uccidermi e… oh diamine, guarda il mio accappatoio! E’ intriso di sangue” lui chiuse gli occhi e prese un respiro.
“Basta, non voglio sapere nient’altro” prese Elena per mano e uscì dalla stanza.

E io mi iniziai convincere che ero davvero di troppo per quel mondo.
Fatta eccezione per Klaus, tutti erano andati avanti. Senza di me.

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Capitolo 16
*** Amami. ***


Francesca’s POV

 

 

“Ehilà?” una zazzera di capelli neri come la notte fece capolino dalla porta della mia stanza.
“Ehi…” dissi sorridendo a qualcuno che stava cercando di essere paziente con me.
“Ho saputo del casino che è successo…” “Non me ne parlare. Dovresti dire alla tua amichetta di darsi una regolata” mi lamentai sventolandogli in faccia l’accappatoio intriso di sangue secco.
“Oh, sai, lei non ha avuto rapporti idilliaci con gli Originali e… beh sì è un po’…” “… stronza, bugiarda e ingiustamente gelosa?” lui mi sorrise e si sedette accanto a me, prendendomi in braccio. “Coraggio, perché ingiustamente?” “Io non le voglio portare via niente… Sono tornata qui perché mi avete chiamato e perché ho voglia di vivere, di respirare di nuovo, di essere me stessa almeno per un po’ e non sopporto che qualcuno cerchi di sottrarmi ancora una volta la vita…” “Oh, riguardo a questo… mi dispiace” “No, è stata colpa mia… Avrei dovuto dirtelo, sarei dovuta essere più forte” mi diede un bacio sulla fronte.
“L’importante è che tu ora sia qui con me… e promettimi che non te ne andrai mai più” io rimasi ferma, con lo sguardo perso nel vuoto.
“Damon…” “Sì?” “Noi ci amiamo ancora?” lui rise.
“Penso che dovremmo scoprirlo insieme… Sono cambiato negli ultimi secoli, non so se ti piacerà il nuovo me” abbassò lo sguardo imbarazzato.
“Mi piaci tu, esattamente come sei” ci osservammo mentre i nostri visi si avvicinavano lentamente ma inesorabilmente.

 

 
E ci stavamo baciando.
Il sapore delle sue labbra, dopo tutto quel tempo, era sempre lo stesso e sapeva di casa, di felicità, di mare, di prato rigoglioso, di sole, di esuberante follia.

E sarà anche cambiato, può essere anche un vampiro assetato di sangue più esperto e consapevole, ma è sempre il mio avventato, insostituibile Damon, pensai sorridendo.
“Amami” sussurrammo all’unisono mentre le nostre fronti si toccavano. Ridemmo.
“E’ comodo questo vestito?” mi domandò osservandomi.
Io esaminai il coso che indossavo: un pasticcio bianco a fiorellini che sembrava appartenere ad una bambina dell’asilo.
“No, è piuttosto imbarazzante… e poi mi sta stretto sul petto. La doppleganger è piatta” lui rise e le sue mani si mossero agili fino alla cerniera sulla schiena.
“Allora penso che sarebbe meglio slacciarlo un po’, no?” la zip scese velocemente.
“Ne convengo… e questa t-shirt non è un po’ troppo aderente?”
“Non sarei mai più d’accordo di così” e tra una risata e l’altra ci ritrovammo a fare l’amore.
Nello stesso posto in cui ero morta l’ultima volta, con lo stesso uomo che mi aveva donato la morte.

 

 
“Francesca…?” “Uhm-mh?” domandai io voltandomi verso di lui poco dopo. “Ti piaccio almeno un po’?” sbuffai.
“Peggio” silenzio.
“Peggio?” domandò lui indeciso.
“Già… ho paura di esser costretta ad innamorarmi ancora una volta di te” mi guardò per un attimo che sembrò un’eternità.
“Evidentemente siamo condannati l’uno all’altra” rispose poi baciandomi.

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