Choices

di Orihimechan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** In qualsiasi direzione vai, vacci col cuore ***
Capitolo 3: *** Le cose più importanti della nostra vita iniziano sempre per caso ***
Capitolo 4: *** Non si sceglie chi amare, si è scelti ***
Capitolo 5: *** E' inutile sentirsi liberi, avendo una gabbia dentro ***
Capitolo 6: *** Le convinzioni sono, per la verità, nemiche più pericolose delle menzogne ***
Capitolo 7: *** Molto avrebbe potuto essere diverso, se io fossi stata diversa ***
Capitolo 8: *** Nelle grandi cose gli uomini si mostrano come conviene loro di mostrarsi, nelle piccole, si mostrano quali sono realmente ***
Capitolo 9: *** Se apri il tuo cuore, se lasci spazio al flusso delle tue emozioni, tutto inizia a scorrere in maniera più semplice e chiara ***
Capitolo 10: *** Perché col tempo cambia tutto lo sai, cambiamo anche noi ***
Capitolo 11: *** Ciò che è destinato a te, troverà il modo di raggiungerti. ***
Capitolo 12: *** Le follie sono le uniche cose che non si rimpiangono mai ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Non apprezziamo il valore
Di ciò che abbiamo mentre lo godiamo;
ma quando ci manca o lo abbiamo perduto,
allora ne spremiamo il valore






I ricordi, quelli importanti, quelli che hanno la magia, ci aiutano a superare i momenti difficili della nostra vita, ci danno una mano a ridimensionare gli avvenimenti, a farli sembrare meno brutti, a volte ci fanno soffrire, a volte si confondono con i nostri sogni.
Non serve cancellarli dalla mente quando ci fanno male, perché essi ritorneranno davanti i nostri occhi, nel nostro cuore e nel nostro presente; basta un profumo, un avvenimento, una melodia, una parola, basta che la barriera che hai innalzato nel tuo cervello traballi, tremi impercettibilmente, basta un lieve sussulto affinché tutti quei ricordi che hai faticosamente cercato di rilegare in una particina remota del tuo apparato cerebrale riaffiorino prepotentemente; un afflusso sconsiderato, spasmodico, prepotente; un vortice così violento da destabilizzarti, da farti desistere, esitare, dubitare, ed è proprio lì, in quel momento, quando dubiti di te stesso, della tua vita, delle tue convinzioni, della persona che ti sta accanto, quando dubiti delle tue scelte;
è quando inizi semplicemente a dubitare che dovresti fermarti un attimo a riflettere su tutte quelle scelte che hai fatto fino ad ora, che ti hanno fatto amare il sole anziché la pioggia, che ti hanno fatto apprezzare Battisti anziché Venditti, che ti hanno fatto dire si quando invece avresti voluto dire no, che ti hanno fatto accontentare anziché renderti felice, ma felice davvero, quando ti ritrovi a pensare a lui, di nuovo, e quando ti accorgi che in realtà lui dai tuoi pensieri non c’è mai uscito, bhè, forse dovresti iniziare a pensare che probabilmente le tue sono state delle gran scelte di merda.






 
Se lei deve fare una scelta, che la faccia subito.
Così l’aspetterò.
Oppure la dimenticherò.
Aspettare è doloroso.
Dimenticare è doloroso.
Ma, scegliere quella sbagliata è la peggiore delle sofferenze.






 
Ciao a tutti, sono nuova di questo fandom, ho già scritto qualche storia, ma nella sezione anime, questo progetto invece è nato quasi per caso. In origine era composto solamente da questa introduzione, successivamente a questo è subentrato un primo capitolo, poi un altro ed un altro ancora.
Da quì nasce l'idea di farne una storia. Il titolo è il perno fondamentale di tutto quanto.
Choices: scelte, scelte volute, scelte taciute, scelte giuste, sbagliate. Insomma, scelte.
Ho scelto di pubblicare oltre al prologo - che avete appena letto - anche il primo capitolo della storia.
Sarò contenta di conoscere tutti i vostri pareri, spero di riuscire a farvi appassionare e coinvolgermi nelle vicende dei personaggi.
Un'altra cosa debbo, senza ombra di dubbio dirla: un ringraziamento speciale va alla mia migliore amica, senza la quale, ne sono certa, questa storia non avrebbe mai preso vita, che mi ha consigliata e incoraggiata.
Non mi resta che augurarvi buona forrtuna. Speranzosa di ricevere un vostro parere vi lascio alla lettura. :)

* AGGIORNAMENTO DEL 07/02/2017: 
Per tutti quelli che sono finiti per caso a leggere questa storia e per quelli che invece lo hanno già fatto, rendendomi la ragazza più felice sulla faccia della terra, volevo precisare alcune cose: ho iniziato di recente ad effettuare delle modifiche sulla storia, fondamentalmente la trama orizzontale non ha effettuato modifiche ma ho deciso di inserire alcuni passaggi, ti toglierne altri, di spostare dei pezzi di capitoli da una parte ad un altra in base alle esigenze della storia, pertanto è possibile che la disposizione temporale di alcune scene subiranno delle variazioni, saranno inserite scene completamente nuove, flashback, dialoghi e probabilmente aggiungerò qualche capitolo intermedio. Una rilevante ristrutturazione insomma, nella speranza di rendere questo racconto migliore e più interessante.
Continuerò a postare questa piccola nota in tutti gli altri capitoli insieme all'umile richiesta di farmi sapere le vostre opinioni in merito.
Un abbraccio,
ORIHIME <3

 

 
 

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Capitolo 2
*** In qualsiasi direzione vai, vacci col cuore ***


Molto spesso,
per riuscire a scoprire che siamo innamorati,
forse anche per diventarlo,
bisogna che arrivi il giorno della separazione.



 


 

Per quanto si sforzino, le persone non riescono mai a definire la parola innamoramento.
Assume un significato diverso in ogni esperienza.
Non esiste nemmeno un criterio, un assioma, un principio specifico che sia in grado di giustificare come e perché ci interessiamo ad una persona anziché ad un’altra.
Ci innamoriamo e basta.
Del mondo in cui si sfiora involontariamente i capelli, del modo in cui ti guarda quando si prende gioco di te, di come si china per allacciarsi le scarpe, di come ti sorride, del suo modo di discorrere con gli altri, della sua riservatezza, della sua dolcezza, del modo in cui vorrebbe dirti che sta impazzendo e, del modo in cui semplicemente ti guarda e anziché scagliarti addosso tutta la sua rabbia e frustrazione ti sorride dicendoti che va tutto bene.
Non ricordo il momento esatto in cui iniziai a guardarlo in modo differente, né tanto meno l’istante preciso in cui me ne innamorai, accadde e basta.

 




Avrei fatto volentieri a meno di andare a scuola quel giorno, la pioggia non voleva saperne di smettere e quell’aria tagliente mi stava facendo letteralmente uscire fuori di senno.
Odiavo il freddo terribilmente e proprio per questo rimpiangevo di non essere rimasta a casa, raggomitolata sul mio divano, con la mia amatissima coperta - che aveva più anni di mia nonna - ed una cioccolata calda tra le mani. Invece quella mattina mi ero alzata controvoglia dopo ben dieci minuti dal suono fastidiosissimo della mia sveglia, avevo fatto colazione, raggiunto il mio guardaroba veloce come un bradipo, tentato per più di quindici minuti di riordinare i miei lunghi capelli castani e ne avevo impiegati altri cinque per rassegnarmi al fatto che quella mattina ero io a dovermi piegare alla loro volontà e non il contrario. Una volta, preda di un inaspettata orda di coraggio, li avevo tagliati appena sopra le spalle, pentendomene praticamente il minuto successivo.

Ero sempre andata fiera della mia bellissima chioma, sin da bambina.
Crescendo i boccoli naturali avevano ceduto il posto ad onde morbide che spesso non riucivo ad addomesticare ma di cui rifiutavo categoricamente di toccarne la lunghezza.
Proprio per questo, quel piccolo episodio di ribellione era salito dritto dritto sul podio degli episodi più traumatici della mia vita e da quel momento in poi a Gina, la mia parrucchera, era proibito tagliare più di un centimetro.
Con assoluta calma varcai la soglia del Liceo Scientifico Galilei, nei pressi del centro di Bari e mi diressi in classe, grata per l'ora di supplenza che mi avrebbe evitato il quotidiano imbarazzo di entrare a lezione già iniziata.
La scritta a caratteri cubitali "fuori servizio" affissa sull’ascensore mi fece capire che quella non era esattamente la mia giornata fortunata.
Sospirai rassegnata, dirigendomi verso le rampe di scale e notando con sollievo, una volta arrivata in classe, che del supplente di fisica non c'era ancora alcuna traccia.
<< Buongiorno >> salutai atona e andai al mio posto, penultima fila a sinistra.
Lanciai uno sguardo al posto vuoto accanto al mio << Emma non è ancora arrivata? >> chiesi a Viola.
<< No, non ancora >> rispose, per poi tornare svogliatamente a sfogliare le pagine di una piccola rivista.
<< Solamente sei minuti di ritardo oggi, congratulazioni! >> mi canzonò una voce alle mie spalle che preferii ignorare.
Mi sbottonai annoiata il giubbotto amaranto, sistemandolo con minuzia sull'appendiabiti longilineo vicino la porta. Quando fui abbastanza soddisfatta del modo in cui ero riuscita ed incastrarlo tra gli altri soprabiti tornai al mio posto.
<< Ti hanno buttata giù dal letto per caso? >> continuò il mio interlocutore con tono di scherno.
<< Ti credi simpatico Tavelli? >> domandai impettita, voltandomi verso di lui.
<< Certamente >>
<< La convinzione è l'anestesia del cervello di tante persone, del tuo in particolar modo >> affermai maligna, per poi lanciare un’occhiata al posto vacante accanto a lui.
<< E Marco? >>
<< Virus intestinale >>
<< Che a quanto pare >> feci un piccola pausa tattica << ha colpito il soggetto sbagliato >>
<< Ti credi simpatica Nicole? >> disse, scimmiottando la stessa domanda che gli avevo rivolto poco prima.
<< Più di te sicuramente >> ghignai e gli diedi una leggera gomitata sul braccio destro.
Puntò i suoi occhi verdi nei miei nocciola e mi sorrise << ti voglio bene anche io >>
<< Ma io non ti voglio bene >> risposi, fingendomi offesa.
<< Sei più acida del solito questa mattina, ti ha morso una tarantola per caso? >> si massaggiò il braccio simulando una smorfia di dolore chiaramente fasulla.
<< Sarai tu a farmi quest’effetto, di norma sono tendenzialmente pacata e affabile >>
<< Di norma nei tuoi sogni forse >>
<< Vuoi un bel cazzotto Tom? >> gli mostrai la mano sinistra chiusa a pugno << basta solo chiedere! >>
<< Disse la ragazza tendenzialmente pacata e affabile >> scosse leggermente la testa lasciandosi sfuggire un sorriso e con un gesto spontaneo si scompigliò i corti capelli biondi con la mano destra.
Thomas Tavelli, occhi verdi, sopracciglia folte e simpatia di un orso bruno mi guardava dal basso verso l’alto con un sorriso furbo ed entrambe le mani incrociate dietro la testa.
La solita barbetta chiara ed incolta faceva capolino sul suo volto. Di rado mi era capitato di vederlo completamente sbarbato e - contrariamente a quanto avevo sempre pensato - dovetti ammettere che quell'accenno di peluria non gli conferiva affatto un'aria trasandata, tutt'altro, su di lui assumeva un discreto fascino.
Sulla destra, vicino alle labbra carnose, giaceva un piccolissimo neo - molto simile a quello che io avevo sulla guancia destra - un puntino minuscolo che passava inosservato agli occhi di chi non amava soffermarsi sui dettagli.
I capelli non avevano un taglio definito, erano leggermenti più corti sui lati e, diversamente da quelli della maggior parte dei ragazzi, non erano ricoperti da una quantità disumana di gel.
Il colore non era omogeneo, la sua tonalità si avvicinava senza ombra di dubbio al biondo cenere, ma alcuni filamenti risultavano più scuri rispetto ad altri.
Le spalle larghe sorreggevano due braccia palestrate al punto giusto, il fisico tonico era perfettamente proporzionato lungo il suo metro e ottantacinque di altezza. Aveva sempre un abbigliamento ordinario, niente che lo rendesse troppo serio e mai qualcosa che invece lo facesse risultare troppo infantile.
Quel giorno indossava una polo turchese, un paio di jeans scoloriti e degli scarponcini grigio fumo.
Agli occhi di tutti era l'amico della quale non potevo fare a meno, secondo Emma, la mia migliore amica, rappresentava per me molto più di quanto io stessa ero disposta ad ammettere, ai miei occhi invece era semplicemente l'amico su cui potevo sempre contare.

 

 

Settembre 2009 - 1° giorno di scuola superiore.
Ero in ritardo, come al solito.
Raggiunsi correndo l'aula che da quel giorno in poi avrebbe segnato la mia adolescenza. Lanciai trafelata uno sguardo al cartellino affisso di fianco: 1°C.
Si, era quella.
Tirai un ultimo sospiro, sperando con tutto il cuore di riuscire ad evitare l'ennesima figura di merda ed entrai.
Mi ritrovai subito di fronte i miei futuri compagni in religioso silenzio ed un uomo, probabilmente sulla sessantina, calvo, con piccoli occhialetti tondi ad incorniciarli il viso ed incolti baffetti brizzolati.
<< Lei è? >> il professore mi sorrise comprensivo.
Per lo meno non era uno stronzo.
<< Sicuramente una ritardataria! >> rispose una voce maschile dal fondo dell'aula.
Mi voltai, individuando il ragazzo che mi aveva appena assicurato la seconda figura di merda della giornata. Aveva un paio di occhi verdi, che se non fossi stata impegnata ad appuntarmi mentalmente il modo di cavarglieli di dosso avrei anche potuto reputare belli.
Mi morsi la lingua e riportai lo sguardo verso il mio nuovo professore, una nota disciplinare il primo giorno di scuola non era di certo in cima ai miei desideri.
<< Castellani, professore. Nicole Castellani >> ingiunsi alla fine
<< Bene signorina Castellani, si vada pure ad accomodare, stavo giusto iniziando a presentarmi ai suoi nuovi compagni >>
Lanciai uno sguardo fugace al resto della classe, trovando due occhi castani familiari e mi ci fiondai immediatamente.
Emma Mancini, mi fece subito spazio permettendomi di scivolare al mio posto e sperare che gli sguardi divertiti di tutti smettessero di perforarmi il cranio.
<< Piacere Nicole Castellani, io sono Thomas >> occhi verdi, seduto esattamente dietro di me, si sporse verso di noi.
Alzai gli occhi al cielo, maledicendo tutto e tutti. Tra ventinove persone in quella benedetta aula mi dovevo proprio accomodare vicino a quella che già reputavo la testa di cazzo di assoluto?
Sfiga 100 - Nicole 0
<< Il piacere è tutto tuo, stronzo! >> puntualizzai sibillina, senza neanche prendermi la briga di voltarmi verso di lui.
Lo sentii sogghignare leggermente.

' Stronzo' - ripetei mentalmente.

Uno così non lo vorrei neanche come vicino di cella.


 

Gettai uno sguardo verso l’orologio, considerata l’ora Emma - la mia migliore amica nonché compagna di banco - non sarebbe più venuta.
<< Sai perché Emma non c’è? >> chiesi a Thomas, estraendo la matita dal mio astuccio ed iniziando a scarabocchiare il suo banco.

Odiava quando lo facevo.
<< Non l’ho sentita, conoscendola immagino non avrà sentito la sveglia >> fece una piccola pausa, con la coda dell’occhio lo vidi osservarmi << e smettila di rovinare il mio banco>>
Ridacchiai, ignorandolo volutamente.
<< Tavelli, devo dirtelo >> con un cenno indicai il giubbotto arancione che aveva indosso, probabilmente a causa della bassa temperatura << è davvero pessimo, persino per un tipo privo di senso estetico come te! >>
Osservò il giubbotto visibilmente contrariato.
<< Cosa c'è che non va scusa? >> chiese sollevando le folte sopracciglie.
<< Andiamo, è orrendo! >> conclusi con ovvietà ed alzai lo sguardo per poter osservare con attenzione la sua espressione. Adoravo da pazzi prenderlo in giro.
<< Io invece penso che ti piaccia >>
<< Te l’ho sempre detto che non devi pensare >> lo ripresi prima di scoppiare a ridere.
<< Sei proprio una stronza >> rispose assumendo un’aria corrucciata ed incrociando le braccia al petto.
Permaloso almeno quanto un bimbo di appena due anni.
Scossi la testa divertita e andai a sedermi accanto a lui << lo prendo come un complimento>>
<< Mi fai compagnia tu oggi? >> e senza neanche aspettare risposta allungò la mano verso il mio zaino, posizionandolo - con poca cura - accanto al suo << almeno così posso avere qualcuno da torturare durante le lezioni >> .
Feci un semplice cenno di assenso con la testa, sistemandomi meglio vicino a lui.

 

 

Dicembre 2009

<< Chi mi sa dire l'enunciato del teorema di De L'Hopital? >>
Il silenzio generale fu abbastanza significativo.
<< Sig. Torrisi?>>
Silenzio.
<< Sig.na Veronesi? >>
Ancora silenzio.
<< Sig. Tavelli? >>


Sorrisi mentalmente - ' beccati questo stronzo.'

<< Scusi prof, non lo ricordo >> rispose mortificato, facendo leva sulla simpatia che la professoressa Gervasi aveva iniziato a nutrire nei suoi riguardi.
Quasi mi intenerii anch'io.
<< Però >> continuò << la Sig.na Castellani me lo stava giusto spiegando! >>

' Brutto stronzo.'

<< Sig.na Castellani >> fece allora la Gervasi << a lei la parola. >>

' Vecchia megera rinsecchita.'

Feci appello a tutto il mio - già precario - autocontrollo e sfoderai il sorriso più finto che avessi.
<< Questa me la paghi Tavelli, giuro che me la paghi! >> sussurrai.


 


Dopo la prima ora di supplenza, quel giorno fummo torturati da un’ora di latino e successivamente da una lezione di francese.
Alla fine della terza ora il mio livello di sopportazione scolastica aveva raggiunto il limite.
Fui salvata in corner dal suono della campana, avevo quindici minuti per riprendermi ma non me ne sarebbero bastati nemmeno quaranta.
<< Non vedo l’ora che la giornata finisca >> poggiai il mento sul banco e mi girai ad osservare Thomas che stava appuntandosi qualcosa sul quaderno.
Notai che aveva sistemato il suo giubbotto sullo schienale della sedia.
<< Non lo dire a me, non ce la faccio più >> disse affranto.
Proprio in quel momento cui fui colta da un fastidioso brivido di freddo.

' Maledetta scuola ed i suoi riscaldamenti inesistenti. '

Imprecai sottovoce per qualche secondo lanciando di nuovo un’occhiata verso il giubbotto vittima silenziosa delle mie ingiure - e colta da un'idea assolutamente geniale lo indossai.
Sorrisi mentalmente immaginando lo sguardo contrariato del mio amico ed i suoi estenuanti monologhi su quanto fossi indegna di usufruire di qualcosa che denigravo senza pietà.
Thomas però mi osservò senza dire nulla, così decisi di approfittare di quell'indumento per evitare di morire congelata.
L'inverno non era decisamente la mia stagione preferita.
Alzai con decisione la lampo del giubbotto rimanendo assuefatta dal profumo che ne scaturì fuori.
Percepii subito la fragranza fresca e frizzante del lime e di un'altra - più consistente ed intensa della prima - che non riuscii ad identificare subito, ma che somigliava tantissimo all'aroma coinvolgente del guaranà. Lo riconobbi con certezza in un secondo momento, quando ricordai di aver acquistato anch'io un profumo con una fragranza simile.
<< Dove hai lasciato il tuo iglo? >> mi canzonò, accennando un lieve sorriso
<< A casa, insieme al tuo cervello >> risposi impettita .
Colta da un leggero disagio sollevai meccanicamente il cappuccio, che finì per coprirmi gli occhi.
La taglia in più dell'indumento era evidentissima.
<< Comunque sia, devi ammettere che su di me ha un certo fascino >> dissi indicando il giubbotto, in un goffo tentativo di smorzare la tremenda sensazione di imbarazzo che aveva preso a solleticarmi il collo.
<< Oltre che stronza e acida anche modesta la ragazza >> puntualizzò sarcastico e così dicendo sollevò leggermente la parte del cappuccio che mi ostruiva la vista.
Un gesto così spontaneo e delicato che mi sorprese.
Mi voltai a guardarlo, scoprendo che stava già fissandomi a sua volta.
<< Effettivamente l’arancio ti dona >> continuò voltando poi lo sguardo altrove.
Sentì le guance imporporasi e dirigendomi verso la finestra - con la scusa di chiuderne le ante - fui colta dal pensiero impertinente, grande quanto la punta di uno spillo, che forse Thomas aveva più influenza su di me di quanto ero disposta ad ammettere.


 



 

In qualsiasi direzione vai, vacci col cuore.









Rieccomi, aggiornamento lampo. 
Ebbene si, come avevo già detto, ho deciso di postare insieme al prologo anche il primo capitolo, più che altro perché a mio avviso non si può carpire molto solo dall'introduzione.
Comunque sia, non mi dilungo molto. 
Attendo un vostro parere! 
Spero a presto! :)



* AGGIORNAMENTO DEL 07/02/2017: 
Per tutti quelli che sono finiti per caso a leggere questa storia e per quelli che invece lo hanno già fatto, rendendomi la ragazza più felice sulla faccia della terra, volevo precisare alcune cose: ho iniziato di recente ad effettuare delle modifiche sulla storia, fondamentalmente la trama orizzontale non ha effettuato modifiche ma ho deciso di inserire alcuni passaggi, ti toglierne altri, di spostare dei pezzi di capitoli da una parte ad un altra in base alle esigenze della storia, pertanto è possibile che la disposizione temporale di alcune scene subiranno delle variazioni, saranno inserite scene completamente nuove, flashback, dialoghi e probabilmente aggiungerò qualche capitolo intermedio. Una rilevante ristrutturazione insomma, nella speranza di rendere questo racconto migliore e più interessante.
Continuerò a postare questa piccola nota in tutti gli altri capitoli insieme all'umile richiesta di farmi sapere le vostre opinioni in merito.
Un abbraccio,
ORIHIME <3

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Capitolo 3
*** Le cose più importanti della nostra vita iniziano sempre per caso ***


C’è sempre un momento giusto per agire.


 





L'ultimo anno di liceo rappresentava per noi l'ultima delle dodici fatiche di Ercole.
Il semestre era iniziato da poco, ma noi ne avevamo già piene le tasche a causa della continua oppressione di genitori ed insegnanti, i quali non perdevano l'occasione di ripeterci che si trattava del nostro biglietto da visita per la maturità che – temeraria - ci aspettava alle porte. Di conseguenza ogni occasione era propizia per ricordarci costantemente di studiare, impegnarci, tenere una condotta immacolata e soprattutto presentarci sempre a lezione.
<< Ragazzi, oggi non si entra! >>
Ovviamente tutti questi avvertimenti non facevano per noi.
Gerardo, il ragazzo che aveva annunciato la felice notizia era quello che generalmente organizzava le nostre malefatte e neanche a dirlo, tutti noi non avevamo assolutamente nulla da ridire.
Quella mattina saltavamo le lezioni per assemblea d'istituto.
Poche erano le cose che riuscivano a metterci tutti d’accordo, saltare la scuola era proprio una di quelle.
La nostra non si poteva di certo definire una classe affiatata, eravamo ventiquattro persone ciascuna con proprie opinioni e modi di fare. Nel corso del tempo era stato facile per tutti scegliere con chi stare e da chi invece prendere le distanze.
Federico, Gerardo, Claudio, Melissa, Adriana, Jeniffer, Eloisa ed Ileana o più sinteticamente 'gli Snob' - com'ero solita chiamarli - erano le tipiche persone con la puzza sotto il naso, pronte a remarti sempre contro non appena svoltato l'angolo.
Otto persone delle quali, personalmente, facevo volentieri a meno.
'I ragazzi della via Glouck' era il gruppo per la quale nutrivo una notevole simpatia. Manuel, Gennaro, Orlando, Guglielmo, Luigi, Ettore e Pietro: ragazzi compatti tra di loro, pronti sempre a spalleggiarsi, ad aiutarsi e mai - proprio mai - in tutti quegli anni li avevo visti prede di invidia e screzi. Una delle tante qualità che più mi piaceva di loro.
Le 'Spice' invece erano sei ragazze totalmente diverse tra di loro, a primo impatto e anche dopo una rigorosa ed approfondita indagine, non avevano assolutamente niente in comune: Elena, Carolina, Maria, Ester, Viola e Camilla. Ognuna di loro possedeva un difetto che faceva impazzire l'altra ed ogni tanto la nostra classe era il teatro di qualche loro litigio, uno spettacolo assolutamente esilarate.
Ed infine c'eravamo noi, ' i fantastici quattro', come amavamo tanto etichettarci.
La chimica tra di noi era nata piano piano, ma una volta scoppiata non se n'era più andata via. Eravamo un gruppo compatto, affiatato ed auto-ironico. Sapevamo ascoltarci, spronarci e quando necessario, anche darci reciprocamente una bella strigliata per riportarci in carreggiata.
<< Che si fa ora? >> domandai posizionando meglio la mia tracolla colorata e rivolgendomi verso Emma. I miei tre amici si lanciarono una veloce occhiata.
<< Fammi indovinare >> continuai intuendo i loro sguardi << casa tua? >>
Emma annuì sorridendo.
<< Noi giriamo a destra >> disse poi rivolgendosi al resto del gruppo.
Dopo aver brevemente salutato gli altri iniziammo ad incamminarci verso casa di Emma, distante circa cinque minuti dal nostro edificio scolastico.
<< Niki hai un attimo? >> chiese Marco avvicinandosi a me.
<< Certo, dimmi >> immaginando già cosa volesse chiedermi allungai leggermente il passo, distanziandomi da Emma e Thomas.
Marco mi seguì svelto.
<< Hai parlato con Emma? >> domandò speranzoso.
<< No >> mentii << non ne ho avuto modo, ti prometto che le parlerò. >>
Non amavo mentire, ma quando ci si metteva Marco sapeva essere veramente pesante.
<< Capisco, tu come la vedi? >> disse insistente.

' Malissimo ' - lo rimbeccò la mia vocina.

<< Complicata >> e mi voltai verso di lui per osservare la sua reazione.
Lo vidi grattarsi la testa.
Marco Damiani era il migliore amico di Thomas nonché cugino di secondo grado, di statura più bassa e dai tratti somatici più marcati, portava sottili occhiali neri da vista, corti capelli, neri come la pece, e la barbetta scura e disordinata faceva sempre capolino sul suo volto: lui la trovava virile, io poco seducente.

Aveva un look trasandato ma in compenso a scuola era un vero e proprio portento.
Recentemente aveva iniziato a dimostrare un maniacale interesse, mal riposto, verso la mia amica Emma.
A ben poco erano serviti gli evidenti e sempre più frequenti rifiuti della mia migliore amica verso le sue avance, lui non mostrava alcun segno di cedimento.
Questa stramba situazione iniziava ad esasperare un po' tutti, capitava infatti – sovente - che Emma in preda ad una crisi isterica, ignorasse la sua valanga di messaggi obbligando il povero malcapitato a riversare tutte le sue paranoie e frustrazioni su di me o Thomas.
Dal canto mio, avevo provato infiniti modi per stroncare sul nascere i sentimenti di Marco, ma ogni volta, ed ancora faticavo a capire come, mi liquidava dicendomi che si trattava solamente di una questione di tempo e che, entro la fine dell'anno, Emma sarebbe sicuramente caduta ai suoi piedi. Sospettavo - ma questo mi ero guardata bene dal farglielo notare - che se non avesse messo presto la parola fine a quelle sue illusioni con molta probabilità sarebbe stata la sua testa a finire sul pavimento.
<< Mi prometti che le parlerai? >> chiese teneramente
Sospirai sconfitta << promesso >>
Gettai uno sguardo verso Emma e Thomas, che nel frattempo, avevano iniziato un'animata discussione. Immaginai che il motivo della lite riguardasse il colore del cappello della regina Elisabetta indossato durante la sua ultima parata. Probabilmente lei lo ricordava turchese e lui rosso ocra.
Scossi la testa divertita.
Quei due erano perennemente in disaccordo, ogni scusa si rivelava buona per battibeccare, ma ai miei occhi era evidente quanto in realtà si volessero bene.
<< Avete finito voi due di fare comunella? >> chiese Tom raggiungendoci, seguito da Emma poco dopo.
<< Si >> rispose Marco, affiancandosi alla mia amica.
Approfittando del suo momento di distrazione Thomas si avvicinò, osservandomi accigliato.
<< Che voleva? >> si abbassò leggermente per evitare che gli altri due ascoltassero.
<< Secondo te? >> dissi piano avvicinandomi ancora di più a lui.
Inavvertitamente, il suo naso sfiorò la mia guancia ed io mi sentii come se fossi stata colpita da un colpo di frusta.
<< Ancora non l’ha capito? >> continuò sempre vicino al mio volto.
<< Evidentemente no >>
Lo sentii ridere divertito e mormorare qualcosa che non riuscii a capire.
Quando si allontanò - ritornando alla sua posizione originaria - provai una sensazione che non definii bene e che per qualche ragione preferii ignorare.
Io e Thomas avevamo impiegato un po' di tempo per trovaci, la nostra amicizia si era fatta strada con il tempo, complice anche il fatto che lui ed Emma legarono sin dal principio.
Io ero sempre quella che impiegava più tempo nel consolidare un'amicizia, non che fossi una persona solitaria o almeno - non completamente – ma sin da quando ero bambina preferivo scegliere con cura chi avere accanto e fondamentalmente le persone sulla quale facevo affidamento si contavano sulle dita di una mano.
Emma fù la mia prima vera amica. L'incontrai in prima media, un fisico minuto e molto più asciutto del mio, sguardo sicuro, occhi vispi e sorriso sincero, parlare con lei era naturale, ancor di più la capacità che avevamo di capirci e comprenderci. Era difficile essere in disaccordo con lei, principalmente perché viaggiavamo sulla stessa lunghezza d'onda, secondariamente, avere un opinione divergente dalla sua implicava ore ed ore di discussioni che finivano sempre col farci ingozzare di cioccolate calde fino allo sfinimento, perché tutto quel discutere ci faceva venir voglia di zuccheri.
Aveva una carnagione olivastra, piccoli occhi color cioccolato e i capelli castani, sottili come spaghetti e rigorosamente piastrati, le arrivavano all'altezza delle spalle.
Era stata la prima persona della quale mi ero completamente fidata, un'amica sincera, leale, a volte autoritaria e mai ingiusta, non avevo dubbi sul fatto che nessuno sarebbe stato capace di prendere il suo posto, neanche Thomas, nonostante fosse un altro punto fermo della mia vita. Riconoscevo in lui la stessa semplicità e caparbietà che avevo imparato ad apprezzare in Emma. Thomas Tavelli era una persona sulla quale facevo spesso affidamento, anche se non lo avrei mai ammesso così facilmente.


 

Aprile 2010

Dopo il trentesimo tentativo - fallito - di rintracciare mio zio riposi il cellulare in tasca.
Lanciai una rapida occhiata ad quadrante del mio orologio, segnava le 14.11, sarei dovuta tornare a casa a piedi.
Mi allontanai dal grande cancello grigio del liceo, spostando la tracolla da una spalla all'altra e con l'andamento di un condannato a morte iniziai ad incamminarmi rassegnata.
<< Oggi maratona? >> una voce che avevo imparato a conoscere molto bene si accostò in sella al suo inseparabile motorino.
Lo ignorai bellamente continuando per la mia strada.
<< Sei a piedi? >> continuò seguendomi con la moto a passo d'uomo.
Finsi di scacciare delle mosche immaginarie sventolando una mano di fronte a me.
<< Salta su dai >>
Mi bloccai all'istante << come scusa? >>
<< Hai capito >> continuò fermandosi anche lui
<< No grazie >> dissi, riprendendo la mia marcia
<< La solita testarda, ti sto offrendo un passaggio non ti ho mica chiesto un appuntamento >>
<< Ci mancherebbe pure >> risposi stizzita sollevando un sopracciglio
<< Fidati, sarebbe più traumatico per me che per te >> si sporse più avanti e con un cenno del capo mi invitò a salire << sali, scema >>.
<< Idiota >> lo rimbeccai infilandomi il casco che mi aveva appena offerto
<< Allora? Seconda stella a destra e poi dritti fino al mattino? >> si girò verso di me ghignando come un bimbo.
<< Via Togliatti n.120 deficiente >> mi abbassai la visiera, sistemandomi meglio.
Lui fece lo stesso e continuò ad osservarmi << abito lì vicino anch'io >> mi lanciò un ultimo sguardo prima di mettere in moto.
<< Tieniti forte Wendy, questo missile ti porterà a casa in un battibaleno >> e scimmiottò il rumore di accensione di una moto.
<< Mi stupirei se riuscisse realmente a farlo >> lo canzonai avvolgendo le braccia intorno a lui.
Pregai silenziosamente che non fosse un pazzo scatenato nella guida.
<< Come osi trattare 'dolcezza' in questo modo? >> rispose fingendosi offeso
<< Dolcezza? >> ripetei dubbiosa
Mosse la testa in segno di assenso << è quello che ho detto >> confermò poi fiero.
<< Hai dato un nome a questo catorcio? >> chiesi allibita
<< Certo ed attenta a come parli, non è un catorcio! >>
Alzai gli occhi al cielo e gli diedi un leggero colpo sulla schiena.
<< Muoviti scemo >>
<< Signor si, signora! >> si portò una mano sulla fronte, imitando il tipico saluto militare e partì.
Abbassai la testa celando un sorriso, dopotutto sopportarlo non sarebbe stata poi un’impresa da titani.

 


Quando finalmente arrivammo a casa di Emma, lei e Marco si recarono frettolosamente in cucina .
Durante il tragitto avevano iniziato a discutere di un problema geometrico che, a quanto pare, entrambi non erano riusciti a risolvere ed avevano intenzione di venirne a capo.
Un rompicapo che risultava fondamentale per loro e completamente inutile per me e Thomas. Ecco, se c’era una cosa che riusciva a far andare Emma e Marco d’amore e d’accordo era la profonda passione che entrambi nutrivano verso la matematica, passione che, al contrario, non faceva parte di me.
Alle materie scientifiche io preferivo di gran lunga quelle letterarie, un esilarante paradosso considerato il liceo che avevo scelto di frequentare, anche se non rappresentava affatto un problema per me, lo avevo scelto per seguire Emma e non me ne sarei mai pentita.
<< Io e Tom nel frattempo andiamo a mettere un film. Vi aspettiamo di là? >> urlai per farmi sentire da loro che si erano già barricati nella stanza.
<< Vi raggiungiamo a momenti >> rispose Emma con il tono di voce di chi è già assorto in questioni delicate.
Rassegnata mi diressi verso Thomas che aveva iniziato ad armeggiare con il telecomando della tv.
Emma viveva in una villetta a tre piani che io adoravo letteralmente.
Il pian terreno conteneva una spaziosa stanza, cucina-soggiorno, un bagno e un piccolo garage.
Il primo piano, quello dove ci trovavamo ora, era costituito da un soggiorno spazioso, una cucina e un bagno confortevole. Al terzo piano risiedevano le rispettive stanze di Emma, dei genitori e di Asia, la sorella maggiore.
Andai ad accomodarmi sul divano in pelle, sito esattamente di fronte la televisione lasciando il mio migliore amico alle prese con il lettore dvd.
<< No, non ti scomodare, posso benissimo farcela da solo! >> scherzò rivolgendosi verso di me.
<< Figurati, sei tu il genio dell’informatica, futuro ingegnere >> risposi incrociando le braccia e sogghignando.
Pochi secondi dopo riuscì a farlo partire e si diresse verso la pila di dvd posizionati sul tavolino, situato esattamente tra il divano e la tv.
<< Che genere di film vorresti vedere? >> chiese facendo scorrere i titoli dei film.
<< Mi sta bene tutto, basta che non si vedano teste mozzate, coltelli volanti, sangue e tutte quelle cose inguardabili >>
<< 'Non aprite quella porta' andrà più che bene allora >> alzò divertito lo sguardo verso di me sventolando il dvd appena scelto.
<< Sei proprio uno stronzo >> gli scaraventai addosso uno dei cuscini del divano, mancandolo.
Non ero mai stata molto ferrata nei lanci.
<< Odio i film horror >> continuai laconica
<< Lo so >> azionò il lettore ignorando le mie lamentele e mi raggiunse
<< Ti odio >> sibilai assumendo un’aria imbronciata
<< Tu mi adori >> rispose urtandomi la spalla con la sua
<< Mai >> gli buttai una gomitata in pieno stomaco
A giudicare dalla smorfia di dolore che affiorò sul suo volto ipotizzai di aver usato troppa forza. Annuii soddisfatta.
<< Ma allora vuoi la guerra? >> domanda retorica la sua poiché - dopo essersi massaggiato la parte dolorante - si fiondò verso di me agguantando sgarbatamente un cuscino e scagliandomelo contro subito dopo.
Pensò bene di afferrarmi per un braccio per non farmi scappare.
<< Non l’ho fatto apposta, parola di scout! >> dissi mentre tentavo di ripararmi dai suoi colpi.
<< Anche bugiarda >> replicò continuando a sbattermi i cuscini dappertutto
<< Ti prego basta! >> unii le mani in preghiera tirando fuori uno sguardo ingenuo
<< Non se ne parla proprio signorina >> e si inginocchiò sul divano per riuscire a torturarmi meglio, continuando a scagliarmi cuscini come se non ci fosse domani.
I colpi che mi rifilava non erano forti, stava palesemente dosando la sua forza.
Continuai a sorridere divertita perché nonostante gli scongiuri il mio avversario non aveva intenzione di cedere. Notando la mia netta posizione di svantaggio con un improvviso impeto di coraggio opposi resistenza e feci una leggera pressione con il braccio imprigionato nel suo, mentre con quello libero afferrai svelta un lembo della sua camicia blu.
Lui barcollò leggermente, dandomi il tempo di alzarmi con uno scatto fulmineo.
Una manovra sconsiderata che ci fece perdere l’equilibrio.
Sarei senz’altro finita con la schiena contro il tavolino di vetro alle mie spalle se Thomas non mi avesse prontamente trattenuta per i fianchi.
La forza con la quale mi afferrò però fu così forte da sbilanciarci e far cadere Tom sul divano e me sopra di lui.
Ebbi l'amara impressione che una piccola parte di me avrebbe voluto restare in quella posizione - tutt'altro che comoda - per non so quanto tempo, ed ancora più assurda invece fu la consapevolezza che - ad onor del vero - neanche lui mostrava alcuna intenzione di muoversi.
Nella posizione in cui ci trovavamo - e che Emma avrebbe definito ‘altamente compromettente’ - riuscivo chiaramente a percepire l'ormai familiare fragranza del suo profumo: lime e guaranà.
Inspirai, non riuscendo a fare a meno di inalarne un po' dandomi mentalmente della cretina poiché - ne ero certa - dovevo senz’altro aver assunto un’espressione inebetita.
Iniziavo a sentire le rotelline del mio cervello azionarsi ed elencarmi in coro epiteti di ogni genere per quelle assurde elucubrazioni mentali.

' Maledetto profumo. '

Perché si, senza ombra di dubbio la colpa per aver provocato la morte celebrale dei miei neuroni ricadeva sull’oggetto e non sul soggetto.

‘ Oggetto e non soggetto ’ - cantilenai mentalmente.

Inspirai di nuovo quell’odore così dolce che si era impossessato del mio olfatto.

' Stramaledettissimo profumo. '
‘ Oggetto e non soggetto ’ - ripetei stordita.

Lo fissai dritta negli occhi per qualche secondo, notando solo in quel momento che il mio ciuffo ribelle stava solleticandogli la guancia, un particolare irrilevante che mi spinse a tornare alla realtà e che mi portò a focalizzare l'attenzione sulle sue mani, poggiate gentilmente dietro la mia schiena.
<< Tutto bene? >> domandò labile
Mossi la testa in segno di assenso, provai anche ad articolare una risposta ma la mia voce mi aveva abbandonata.
Ancora una volta, nessuno dei due si mosse.

Quella vicinanza mi permise di intravedere dei sottili filamenti marroni intorno ai suoi occhi, dettaglio che non avevo mai notato prima.

Probabilmente perchè non gli eri mai stata così vicina ' - mi rimproverò la vocina dentro la mia testa, che scelsi saggiamente di ignorare.

Una manciata di secondi dopo vidi Thomas portare lentamente quel ciuffo dietro il mio orecchio procurandomi, per la seconda volta in quella giornata, una scossa lungo tutto il corpo.
In sottofondo il rumore ovattato delle voci di Emma e Marco servì a farci prendere definitivamente coscienza. Ci alzammo immediatamente, lui tornò a sedere composto, io iniziai a fissare intensamente il vaso in ceramica vicino la televisione.
Guardai la mia amica, sforzandomi di assumere l'espressione più tranquilla ed indifferente possibile, il suo sguardo sospettoso e le sopracciglia arcuate mi fecero intuire di aver fallito il tentativo.

Emma piombò tra me e Thomas lanciandomi occhiate fortuite.
<< Cos’è successo? >> domandò non riuscendo a contenere la sua curiosità
<< Niente >> tagliai corto
<< Non ti credo, sei paonazza >> disse ghignando
Sgranai gli occhi sorpresa.
Non ero mai stata il tipo che arrossiva vistosamente nelle situazioni poco gradevoli o in quelle imbarazzanti, credevo di essere immune a questo genere di cose.
Mi portai istintivamente una mano sul volto << sul serio? >> chiesi piano e leggermente in imbarazzo.
<< No >> rispose Emma allargando il suo sorriso << ma almeno hai ammesso che è successo qualcosa! >> concluse ridendo.
Rimasi a fissarla immobile. Mi ero fatta incastrare come un’idiota dalla mia migliore amica.
<< Poi ti racconto >> ammisi sconfitta << ma ora smettila altrimenti quei due s’insospettiscono! >> tagliai corto e sperai che mi assecondasse.
I due ragazzi infatti ci stavano fissando in silenzio.

Di male in peggio '

<< Forza, iniziamo a vedere questo film >> disse Emma alla fine .
Le fui grata per aver deciso di non darmi in pasto agli squali, ma quando la vidi alzarsi, strizzarmi l’occhio e andare a sedersi vicino a Marco fui costretta a ritrattare tutto.
<< Mi sento soffocare tra te e Tom, lo sai che a me piace star comoda >> affermò giustificando quel cambio di posizione repentino.

La guardai esasperata ricevendo solamente l'ennesimo ghigno divertito come risposta.

Infida di una sorella '

<< Niki >> continuò facendo cenno di avvicinarmi di più a Thomas << ti spiace farti più in là? >>
Allargai gli occhi e serrai le labbra in una chiara minaccia di morte.
<< Forza Niki, spostati! >>

Evidentemente le mie espressioni facciali non avevano dato il risultato sperato.
Mi voltai verso il mio migliore amico per esaminare la situazione e quando mi accorsi che stava ascoltando la conversazione optai saggiamente di arrendermi.
Le ore successive trascorsero velocemente, i miei amici si mostrarono entusiasti, la mia opinione non faceva testo anche perché avevo trascorso l'intera durata del film rintanata tra il braccio di Thomas ed un fedele cuscino che avevo prontamente scelto come mio compagno di sventura.
<< Sei proprio una fifona >> disse, quando all’ennesima scena mi voltai per afferrare il suo braccio.
<< Non ho paura >> ribattei trafelata << è che il sangue non lo reggo >>.
Quando finalmente quella tortura finì si offrì di darmi un passaggio fino a casa.
Casa mia era una piccola villetta indipendente che troneggiava alla fine di un lungo viale alberato. Si diramava tutta su un piano, con un piccolo giardino ed un box auto.
Mia madre, Giulia, mi aspettava con un mestolo in mano ed il telefono - che ancora non aveva imparato ad utilizzare - nell'altra. Faceva la casalinga, si era sposata con mio padre circa vent'anni prima e si amavano come il primo giorno.
Papà Corrado era un meccanico, aveva sempre fatto questo durante la sua vita, macchine e motori l'avevano appassionato sin da ragazzino, crescendo intraprendere quella professione era stato per lui quasi naturale.
<< Niki, più tardi potresti aiutare tuo fratello?>> chiese mia madre, facendomi cenno di raggiungerla a tavola.
Alessandro Castellani, anni dodici e voglia di studiare inesistente era il mio unico fratello. Nonostante la differenza di età avevamo instaurato un'intesa particolare, molto spesso me lo ritrovavo in camera ed ancora più frequentemente mi ritrovavo a costringerlo a rigare dritto a scuola. Come ogni adolescente che si rispetti Alessandro stava attraversando la tipica fase di rifiuto delle mansioni scolastiche.
Tre ore e venticinque espressioni algebriche dopo mi gettai nel letto della mia camera con la grazia di un elefante, lasciandomi cullare dalle braccia di Morfeo.
Un'ora dopo, o poco più, un fastidioso rumore ovattato mi ridestò dallo stato di semi-incoscienza.
Girai la testa dall'altro lato, determinata più che mai ad ignorarlo.
Ci fu un istante di silenzio, ed un secondo dopo lo stesso rumore ritornò prepotente e più tonante di prima.
Riconobbi poco dopo la molesta vibrazione del mio cellulare, finito - non sapevo ancora come - sotto il mio cuscino.
Con ancora gli occhi completamente serrati risposi controvoglia.
<< Disturbo? >> chiese la voce proveniente dall'apparecchio
<< Thomas? >> azzardai dubbiosa
<< In persona >> rispose semplicemente
Apri lentamente gli occhi << tutto bene?>> chiesi incerta prima di mettendomi seduta.
Rimase in silenzio per qualche secondo.
<< Si >> fece una piccola pausa << in realtà volevo solo sapere se stavi bene >> esitò un istante << sai, dopo averti praticamente obbligata a vedere un film come quello temevo un calo di zuccheri >> concluse .
Accennai un debole sorriso << grazie del pensiero >> risposi, la voce ancora impastata di sonno.
<< Cosa stavi facendo? >>
<< Mi ero addormentata, credo da qualche minuto >> sorrisi di nuovo
<< Scusami >> rispose dispiaciuto
<< Non preoccuparti >> mi affrettai a tranquillizzarlo
<< Ti lascio riposare, ci vediamo domattina >>
Ci pensai su per qualche secondo, se fosse stato qualcun altro probabilmente avrei accettato la proposta di buon grado, avrei spento il telefono e sarei ritornata beatamente a riposare, ma stavamo parlando di Thomas e non ero esattamente una persona prevedibile quando c'era lui nei paraggi.
<< Ormai sono sveglia, non riuscirei più a prendere sonno >>

' Ma se dormiresti anche in piedi? ' - mi rimproverò la stupida vocina.

<< Piuttosto >> continuai << tu che stavi facendo? >> spostai il telefono da un orecchio all'altro ed iniziai a raccogliere distrattamente i capelli in uno chignon scomposto.
<< Nulla, speravo di fare un giro in bici più tardi. Tu che programmi hai? >>
Avevamo preso l'abitudine, non ricordo neanche più da quando, di sentirci praticamente sempre e nonostante trascorressimo insieme sei lunghissime ore scolastiche alla fine di ogni giorno c'era sempre qualcosa che lui dovesse dire a me e io a lui.
Qualcosa che, a quanto pare - e secondo Emma - non poteva farci aspettare fino al giorno seguente.
<< Penso di studiare matematica, domani quella strega interroga e sai benissimo quanto io le stia sulle scatole! >> risposi contrariata.
<< Io la trovo simpatica >>
<< Questo perché sei praticamente il suo prediletto. Se potesse ti farebbe diplomare oggi stesso senza neanche farti fare la maturità!>> aggrottai la fronte indispettita.
Era risaputo del debole che la professoressa Gervasi aveva per Thomas Tavelli.
Quello che proprio non riuscivo a spiegarmi era la palese antipatia che nutriva nei miei riguardi, si è vero, la matematica non mi era mai piaciuta, ma grazie ad Emma ero riuscita a conquistare un sudato e merito sette, un voto che con un'arpia del genere dovevo sempre tenermi stretto con le unghie e con i denti.
<< Ci credo, il mio fascino non ha eguali! Piuttosto, ho visto che stasera trasmettono in prima serata quella saga che ti piace tanto, scommetto che ti sei già barricata in camera e hai comprato i pop-corn >> chiese Thomas divertito.
Per Thomas ed Emma ero praticamente un libro aperto.
Sapevano sempre esattamente cosa mi passasse per la testa ed erano in grado di elencarmi, nel dettaglio, tutte le mie abitudini.
Tranne quella volta.
<< In realtà no >> dichiarai timidamente << vado al cinema con Luca >>.

 





 

Le cose più importanti della nostra vita
Iniziano sempre per caso.









Rieccomi, innanzi tutto volevo dirvi che ho cambiato nick. Mi sono trasformata in Orihime. 
Secondariamente, come promesso sono riuscita ad aggiornare in tempo; questo capitolo è molto più lungo rispetto al precedente e presenta dettagli in più riguardo la storia.
Verranno delineati difatti, i legami interpersonali, i tratti somatici e caratteriali, non solo dei protagonisti, ma delle new entry.
Ho deciso, inoltre, di inserire a fine capitolo un piccolo SPOILER, nella speranza di poter attirare la vostra attenzione.
In attesa di conoscere le vostre opinioni, vi mando un grosso bacio.
Ci si vede al prossimo lunedì.
La nuova Orihime. ;)


* AGGIORNAMENTO DEL 07/02/2017: 
Per tutti quelli che sono finiti per caso a leggere questa storia e per quelli che invece lo hanno già fatto, rendendomi la ragazza più felice sulla faccia della terra, volevo precisare alcune cose: ho iniziato di recente ad effettuare delle modifiche sulla storia, fondamentalmente la trama orizzontale non ha effettuato modifiche ma ho deciso di inserire alcuni passaggi, ti toglierne altri, di spostare dei pezzi di capitoli da una parte ad un altra in base alle esigenze della storia, pertanto è possibile che la disposizione temporale di alcune scene subiranno delle variazioni, saranno inserite scene completamente nuove, flashback, dialoghi e probabilmente aggiungerò qualche capitolo intermedio. Una rilevante ristrutturazione insomma, nella speranza di rendere questo racconto migliore e più interessante.
Continuerò a postare questa piccola nota in tutti gli altri capitoli insieme all'umile richiesta di farmi sapere le vostre opinioni in merito.
Un abbraccio,
ORIHIME <3

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Capitolo 4
*** Non si sceglie chi amare, si è scelti ***


La prima volta che ti innamori credi che sia l’unica,
La seconda volta ti rendi conto che in realtà è la prima.







Quando qualcuno, prima o poi, mi avesse interrogato riguardo ai miei difetti mi sarei dovuta ricordare di inserire in cima alla lista la mia scarsa, anzi, totale mancanza di puntualità.
Come avevo immaginato quella stronza della Gervasi mi aveva chiamata alla cattedra senza neanche prendersi la briga di consultare il registro.
Mi aveva torchiata per benino per circa quaranta minuti per poi congedarmi con il solito patetico discorso: "Basta così Castellani, le do sette, ma potrebbe fare meglio".
Io ero rimasta in silenzio, avevo portato a casa il mio dignitosissimo voto e mentalmente mi ero divertita ad immaginarmela a piedi nudi lungo una lastra di carboni ardenti.
La giornata si era rivelata più sfiancante del solito: capitoli di astronomia che non finivano mai, un'ora di letteratura inglese di cui già non ricordavo nulla, una versione di latino che avrebbe portato al suicidio chiunque ed un discorso idilliaco del professore di religione sul perché, secondo lui, il matrimonio rappresentava ancora un sacramento fondamentale.
Una volta dentro le mura della mia stanza avevo - in seguenza - intavolato una conversazione telefonica di due ore con Emma ed avanzato l'ennesimo tentativo, miseramente fallito, di riordinare la mia cameretta.
Quando l'orologio segnò le 19.45 mi resi conto di essere tremendamente in ritardo.
Avrei dovuto essere già in tiro da circa trenta minuti.
Disperata avanzai verso la scarpiera alla ricerca della scarpa giusta e proprio in quel momento il telefono di casa squillò, di nuovo.
A volte il fato mi si metteva davvero contro.
Mia madre decise di salvarmi la vita andando a rispondere ed io restrinsi il mio campo visivo su due paia di décolleté: una color tortora e l'altra panna.
Il momento era catartico.
Con la coda dell'occhio vidi l'esile corporatura di mamma Giulia avvicinarsi: folti capelli rossicci legati in una coda, cordless poggiato sul petto e gli occhietti scuri puntati verso di me.
<< Chi è? >> mimai la frase in modo che l’anonimo interlocutore non mi sentisse.
<< Il tuo amico Thomas. Gli dico che non ci sei?>> disse, imitando il mio tono di voce.
<< Passamelo >> senza rifletterci ulteriormente presi le scarpe tortora
<< Ma non eri in ritardo? >> interrogò dubbiosa
<< Ho quasi fatto >> risposi afferrando il telefono e prima che potesse rivolgermi altre domande andai a barricarmi in camera, sperando di riuscire a finire in fretta.
<< Pronto? >> iniziai ad infilarmi un cardigan dello stesso colore delle scarpe
<< Disturbo? >> chiese il mio migliore amico
<< No tranquillo, stavo finendo di prepararmi >> incastrai il telefono tra l’orecchio e la spalla destra per allacciarmi l’orologio, infilai un paio di jeans skinny e fissai scettica le décolleté che avevo appenda indossato.
<< Tortora o panna? >> domandai tornando di fronte la scarpiera e riaprendo le ante.
<< Come? >> mi chiese confuso
<< Le scarpe, le metto color tortora o panna? >> portai una mano sul fianco ed inclinai la testa lievemente a destra, interessata a conoscere la sua risposta.
Mi avrebbe sicuramente dato della matta.
<< Tortora >> rispose invece
<< Davvero? >>
<< Si >> esitò << si >> ripeté di nuovo << tortora >>
Annuii automaticamente e mi recai in bagno per dare una forma decente ai miei capelli.
<< Esci? >>
<< Già >> monosillabica e concisa mi fissai dubbiosa allo specchio, tirai indietro i capelli simulando una coda ordinata.
Non avevo mai avuto una corporatura esile, gli anni di danza classica però mi avevano concesso un fisico tonico, con le forme al punto giusto. Agli occhi del mio maestro non rappresentavo di certo la ballerina ideale, fatta ovviamente eccezzione per la mia seconda coppa b.
<< Con chi? >> chiese asciutto.
Conoscevo fin troppo bene la sua curiosità - delle volte era peggio di una pettegola - proprio per questo la domanda non mi stupì affatto.
Esitai per un breve istante, lanciai un'altra occhiata al mio riflesso, liberai i miei capelli e decisi di raccoglierli in una lunga treccia scomposta << con Luca >> buttai lì veloce abbassando lo sguardo imbarazzata.
Thomas non rispose, allontanai il cordless per fissare lo schermo pensando che forse la linea si fosse interrotta, i secondi invece scorrevano normalmente.
<< Ehi >> ripresi incerta << ci sei? >> mi sporsi meccanicamente in avanti, quasi come se questo mi avesse permesso di sentirlo meglio.
<< Si >> fece una breve pausa << si ci sono. Scusa c’era la linea disturbata >> continuò.
Ebbi qualche dubbio sulla veridicità delle sue parole, ma non mi ci soffermai ulteriormente.
<< Dove andate? >> domandò
<< Non lo so, probabilmente in centro a fare un giro >> tornai in camera, feci una giravolta su me stessa per controllare che tutto fosse in ordine e scoccai un sguardo veloce alle lancette dell’orologio, avevo quasi quaranta minuti di ritardo.
Il suono incessante di un clacson attirò la mia attenzione, ancora al telefono uscii dalla stanza ed andai ad affacciarmi dalla finestra del mio soggiorno.
Vidi la macchina di Luca, un'alfa romeo grigia, in sosta nel mio parcheggio.
Mi chiesi da quanto fosse lì ad aspettare.
<< Tu cosa fai? >> domandai continuando la conversazione ed indossando un lungo piumino marroncino.
<< Pausa studio, più tardi pensavo di andare in palestra >>
In quel momento il mio cellulare iniziò a suonare, la musica rimbombò nella stanza e cessò poco dopo. Raccolsi il telefono dalla tasca della borsa e diedi un'occhiata rapida al display, c'erano ben sette chiamate perse di Luca.
<< Scusami Tom >> dissi << devo andare, altrimenti entro quindici minuti sarò morta! >>
<< Non preoccuparti >> esitò un istante << divertiti >> concluse.
All’ennesimo suono di clacson mi affrettai a raccogliere le ultime cose e precipitarmi nell parcheggio, dove Luca mi aspettava visibilmente spazientito.
Io e Luca stavamo insieme da quattro anni - mese più mese meno - la prima volta che lo vidi fui completamente stregata dai suoi occhi.
Me ne innamorai quasi subito, la dolcezza e le attenzioni che mi rivolgeva mi facevano sentire speciale.
Fù il mio primo ragazzo.

 

 

Giugno 2010 – quattro anni prima

<< Andiamo Nicole, avevi promesso! >> Ingrid mise su il broncio ed incrociò le mani al petto. Eravamo appena arrivate all'inaugurazione del Grog, un nuovo locale del centro.
Emma ed Ingrid mi avevano convinta ad unirmi a loro, bocciando all'unisono la mia proposta di trascorrere una serata tranquilla al Pipier, il chioschetto in periferia dove ci rifugiavamo ogni sera. Gianni, il proprietario, conosceva a memoria le nostre ordinazioni.
<< Avevate giurato che saremmo venute tutte insieme! >> risposi piccata, seguendo la chioma rossa della mia amica fino al bancone del locale.
<< Emma ha la febbre, non fa testo >> inforcò la sua mano nella mia e fece cenno al barman di avvicinarsi << e poi Nicola e gli altri stanno già arrivando >>
<< Per questo non volevo venire! Il tuo ragazzo sta spudoratamente cercando di accasarmi, così può averti tutta per sé. Due analcolici alla pesca grazie >> chiesi al ragazzo che nel frattempo si era avvicinato.
Alla mia amica sfuggì un sorriso divertito.
Conobbi Ingrid durante il mio terzo anno a scuola di ballo. Durante una lezione si era avvicinata lamentandosi della lezione di classico, lei amava le arti marziali ma sua madre l'aveva costretta ad iscriversi in quella scuola perché ogni ragazzina aggraziata che si rispetti doveva avere un portamento leggero ed elegante, qualità che, a detta sua, con le arti marziali non avrebbe mai ottenuto.
Ingrid era sempre stata una ragazza esuberante, solare ed intraprendente, non faceva troppo caso alla moda, il suo abbigliamento mutava in base all'umore, così come il suo colore di capelli, aveva già le idee chiare su cosa fare della sua vita, amava divertirsi e cambiava ragazzo con la stessa velocità con quale io cambiavo lo smalto per le unghie. Con Nicola però le cose sembravano andare diversamente.
<< Comunque sia uno dei suoi amici potrebbe proprio piacerti >> bevve un sorso del suo cocktail e lanciò uno sguardo verso la porta del Grog, illuminandosi quando intravide una zazzera di capelli neri << sono arrivati >>.
Trangugiai il mio intruglio rassegnata.
Nicola arrivò pochi secondi dopo insieme a due suoi amici, uno dei quali si avvicinò al bancone chiedendo una soda.
<< Qualcosa mi dice che sei stata trascinata qui contro la tua volontà >> disse poco dopo il ragazzo, facendo scontrare lievemente la bevanda appena servita contro il mio bicchiere.
Puntai gli occhi verso di lui trovando due pozze, azzurre come il mare, intente a fissarmi.
Era alto quanto me, fisico fin troppo asciutto e la mascella squarata.
Aveva una leggera barbetta bionda, una folta chioma color miele ed un mezzo sorriso gli incorniciava il volto, rivelando una dentatura perfetta e bianchissima. La carnagione chiara mi fece ipotizzare che forse non era originario delle nostre parti e la t-shirt nera, che esaltava le sue spalle larghe, accentuava in particolar modo il colore dei suoi occhi.
<< La perspicacia deve essere senz'altro una delle tue qualità migliori >> incalzai continuando a fissarlo.
<< E la tua l'insolenza a quanto pare >> rispose con tono leggero.
Non sembrava affatto turbato dalle mie maniere poco ortodosse, al contrario, il suo sorriso si allargò ancora di più << sono Luca comunque >> continuò porgendomi la mano.
Lo guardai per un'altra manciata di secondi.
Qualcosa in quel ragazzo m'incuriosiva, forse gli occhi magnetici, forse il modo in cui aveva deciso di presentarsi o per come continuava a sorridermi, incurante del fatto che fossimo praticamente due sconosciuti.
<< Piacere, sono la ragazza che il tuo amico Nicola spera di accasare presto >> risposi alla fine, lasciandomi sfuggire una smorfia contrariata.
<< Piacere mio >> si avvicinò cauto al mio orecchio << se fossi in te, per fargli dispetto, mi attaccherei ad Ingrid peggio di una cozza >> concluse solenne.
Iniziava davvero a starmi simpatico << sei un genio del male! >>
<< In realtà sono il figlio Satana, ma non dirlo in giro, faresti saltare la mia copertura >> finse di guardarsi intorno circospetto.
Non riuscii a trattenere una risata.
<< Immaginavo non fossi di queste parti >>
<< Non farti ingannare dal mio aspetto, sono italiano al centopercento >> si portò una mano sul cuore per enfatizzare l'affermazione.
Forse non ero stata l'unica ad essere ingannata dai suoi tratti somatici.
<< Sono Nicole >> confessai, allungando nuovamente la mano verso di lui.
Luca l'afferro subito e si aprì in un sorriso bellissimo.
Alla fine dovetti ammettere che Ingrid ci aveva proprio visto giusto.

 

 

Quando aprii lo sportello i suoi occhi azzurri, dapprima socchiusi, si poggiarono sui miei.
<< Lo so, sono in ritardo >> parlai precedendolo << mi ami anche per questo! >> mi avvicinai per dargli un bacio a fior di labbra.
Luca assottigliò lo sguardo continuando a fissarmi.

<< Che stavi facendo? >> chiese indagatore
Alzai gli occhi al cielo, se gli avessi detto la verità sarebbe andato su tutte le furie.
Il suo difetto più grande era senza ombra di dubbio la gelosia.
Sapevo già che nel descrivergli tutta la mia fase di preparazione avrebbe - volutamente - ignorato i miei venti minuti buoni trascorsi a rilassarmi in un bagno caldo, i quindici minuti impiegati a fissare la scarpiera, senza contare i quaranta minuti abbondanti che avevo occupato mettendo a soqquadro il mio armadio, per soffermarsi – sempre volutamente - sulla conversazione di dieci minuti circa con Thomas.
Purtroppo non ero mai stata brava a mentire, così sputai la verità tutta d'un fiato.
<< Thomas? >> domandò - come previsto - alla fine del mio racconto.
Sospirai rassegnata e chiusi leggermente gli occhi.
<< Si >> dissi << è mio amico, lo sai >> poggiai una mano sulla sua spalla << solo un amico >> aggiunsi
<< E nel pacchetto 'solo amici'>> simulò delle virgolette immaginarie con le mani << sono incluse le telefonate a casa?>> incalzò
<< Perché non dovrebbero scusa? >> risposi accigliata
<< Perché l’amicizia tra uomo e donna non esiste Niki >> disse piccato
<< Non puoi dire sul serio >>
<< Ti sembra stia scherzando? >>
<< Amore >> mi avvicinai a lui ancor di più, carezzandogli una guancia con la mano destra << solo perché tu credi sia così non si significa che sia vero >> e senza aspettare una risposta lo baciai.
Quando ci staccammo Luca poggiò la sua fronte sulla mia e sorrise, uno di quei sorrisi di cui mi ero innamorata.
<< E’ solo un amico, niente di più >> puntualizzai nuovamente.
Fece un cenno dubbioso con la testa e mise in moto.
<< Andiamo a fare un giro nel centro? >> cantilenai allacciando la cintura.
<< Come vuoi >> rispose senza opporre resistenza.
Uno degli straordinari vantaggi dello stare insieme per così tanto tempo consiste nel conoscere ogni sfaccettatura l’uno dell’altro, e quando il mio fidanzato accondiscendeva alle mie richieste - soprattutto se queste consistevano nel fare un giro in centro - senza batter ciglio c’era senza dubbio qualcosa che mi stava volutamente omettendo.
Incrociai le braccia e lo fissai sospettosa << cosa non mi stai dicendo? >> chiesi poi.
Spostò lo sguardo dalla strada al mio volto, incerto.
Il lieve sorriso di chi stava per spararla grossa comparve sul suo volto.
In quattro anni di storia con Luca avevo imparato a conoscerlo così bene da sapere che, quando doveva darmi uno dei suoi famosissimi annunci poco gradevoli, attuava il suo personale metodo della codificazione al quale dovevo, a mia volta, contrapporre un meccanismo di decodifica tutto mio.
Ogni messaggio nascondeva un altro messaggio: il messaggio nascosto era quello reale, il cosiddetto sottotesto.
<< Siamo a casa mia stasera >>
Decodifica: Crudelia, la fidanzata di mio cognato Carlo, mi aspettava impeziente per potermi squoiare viva ed utilizzarmi come pelliccia.
Paragonata a lei quella Disney era uno stinco di Santo.
Quadro generale della serata: disastroso.
<< Te lo scordi >> tagliai corto.
Crudelia, Silvia per gli amici, un metro e cinquanta di antipatia, capelli corvini, occhi scuri come la pece e puzza sotto il naso era diventata il peggiore dei miei incubi.
Entrata nella mia vita circa un anno fa non ne era più uscita.
<< Non fare la bambina e smettila con tutti questi complessi >> mi rimproverò bonariamente Luca.
Lui era fermamente convinto che tutti gli sguardi altezzosi, le frecciatine velenose, l'astio e l'evidente competizione nei miei riguardi fossero scaramucce insignificanti, alle quali non dovevo dare peso. Continuava a chiedermi di non porci attenzione ed io continuavo a non ascoltarlo, ma quella sera non mi andava proprio di discutere, così optai per la scelta più facile: mettere su un bel sorriso e fare finta di niente.
<< Va bene >> pensai che sarebbe stato di gran lunga più piacevole continuare a conversare con Thomas e mi domandai se avesse già finito di allenarsi.
<< Grazie amore >>
Non risposi ed iniziai a guardare il paesaggio fuori dal finestrino.
Dopo qualche minuto di silenzio Luca poggiò la mano sulla mia gamba << come mai quest’abbigliamento? >>
Aggrottai le sopracciglia e mi girai per osservarlo meglio: aveva una mano sul volante, l’altra su di me, la fronte leggermente corrucciata e lo sguardo fisso sulla strada.
<< Cosa c’è che non va? >> domandai assorta.
Luca aveva sempre avuto un'opinione precisa su ogni cosa, per lui tutto era bianco o nero, non esistevano le mezze misure.
Amava i numeri e gli piaceva da matti disegnare, odiava il mare, il caldo ed i ritardatari, sognava di fare un lavoro che gli permettesse di girare il mondo, era spiritoso, possessivo, ostinato, sincero, autoritario, romantico e schietto, a volte fin troppo.
<< Ti preferisco più semplice e con i capelli sciolti >> disse lanciandomi una sguardo fugace.
Mi concessi qualche secondo per osservarmi meglio, non ero di certo il tipo di persona che per sentirsi apprezzata doveva essere ricoperta di complimenti ma amavo pensare che la persona al mio fianco mi trovasse sempre bellissima.
<< E senza rossetto >> aggiunse grattandosi la lieve ricrescita della barba.
Lo guardai torva << e magari con un’altra faccia >> lo rimbeccai tagliente.

Se è vero che in amore si deve imparare ad amare i difetti oltre che i pregi perché in quel momento mi risultava così difficile?





 

Non si sceglie chi amare,
si è scelti.














Rieccomi, con un giorno di ritardo lo so ma purtroppo ieri era il mio ventunesimo compleanno ed ero intenta a festeggiare! :D
So che con questo capitolo molti di voi mi odieranno, ma keep calm and read the story! xD Ok, ok, ritorno seria!
Probabilmente il personaggio di Luca non era affatto atteso, lui infatti destabilizza gli equilibri e non poco oserei aggiungere. 
Ci sarà chi lo amerà  ( 'Non credo' by Emma ) e chi invece l' odieranno ( 'It's normal!!' by Emma); e sarò molto curiosa di leggere i  vostri pensieri!
Inoltre in questo capitolo la prospettiva si allarga ancora di più verso altri personaggi di natura secondaria ossia la famiglia di Luca e l'adoratissima cognata di Nicole.
Anche quì a fine capitolo ho inserito uno spoiler del prossimo capitolo, attendo vostre risposte, spero di non rischiare il linciaggi e che questa piccola storia vi piaccia!
Aspetto come sempre un vostro parere.
Un bacio!
Il prossimo capitolo per inconveniente causa ROBERT PATTINSON A LONDRA verrà postato di martedì!
Orihime. <3


* AGGIORNAMENTO DEL 07/02/2017: 
Per tutti quelli che sono finiti per caso a leggere questa storia e per quelli che invece lo hanno già fatto, rendendomi la ragazza più felice sulla faccia della terra, volevo precisare alcune cose: ho iniziato di recente ad effettuare delle modifiche sulla storia, fondamentalmente la trama orizzontale non ha effettuato modifiche ma ho deciso di inserire alcuni passaggi, ti toglierne altri, di spostare dei pezzi di capitoli da una parte ad un altra in base alle esigenze della storia, pertanto è possibile che la disposizione temporale di alcune scene subiranno delle variazioni, saranno inserite scene completamente nuove, flashback, dialoghi e probabilmente aggiungerò qualche capitolo intermedio. Una rilevante ristrutturazione insomma, nella speranza di rendere questo racconto migliore e più interessante.
Continuerò a postare questa piccola nota in tutti gli altri capitoli insieme all'umile richiesta di farmi sapere le vostre opinioni in merito.
Un abbraccio,
ORIHIME <3

 

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Capitolo 5
*** E' inutile sentirsi liberi, avendo una gabbia dentro ***


E' inutile sentirsi liberi,
avendo una gabbia dentro.

 





 

Quando Luca bussò alla sua porta di casa iniziai ad abbandonare tutti i buoni propositi conquistati - con fatica - sino a quel momento.
Il suo appartamento si trovava fuori periferia e lo avevano ereditato dai nonni materni, era l'ultimo piano di una cooperativa di cinque palazzi, ristrutturata di recente. Contava un piccolo ingresso ad imbuto e sette locali, tra cui: una cucina con balcone, un salotto spazioso, tre camere e due bagni.
L'arredamento era tutto in arte povera, fatta eccezione per le stanze di Luca e Carlo, loro avevano voluto dargli un tocco del tutto personale.
Alfredo, suo padre, aprì l'uscio poco dopo, sorridendomi cordiale.
Era un uomo decisamente alto e sulla cinquantina, i folti baffetti - brizzolati come i pochi capelli rimasti - gli oscuravano completamente il sottile labbro superiore, la costituzione robusta gli conferiva un'aria burbera che cozzava di gran lunga con il sorriso bonario dipinto sempre sul suo volto.
<< Ciao principessa >> sussurrò avvolgendomi in un abbraccio.
Papà Alfredo era forse l'unica persona di quella famiglia, a parte Luca, a cui mi sentissi sinceramente legata.
<< Buona sera >> dissi ricambiando l'abbraccio << grazie per l'invito >> conclusi, più per educazione che per reale piacere.
<< Non dire sciocchezze, sei come una figlia per me >> quando ci allontanammo fece segno di levarmi il cappotto << da oggi abbiamo un nuovo membro in famiglia te l'ha detto Luca? >>
Consegnai l'indumento come richiesto e voltai lo sguardo verso il mio ragazzo, rimasto al mio fianco fino a quel momento. Per tutta risposta Luca, con un sorriso birbante, indicò un angolino preciso della stanza, occupato da una piccola gabbietta azzurra a due piani.
Al suo interno, un piccolissimo coniglietto nano completamente bianco e con gli occhi neri stava sgranocchiando una carota.
<< Ti presento Bianca >> ingiunse
Fissai l'animaletto rapita << quando l'avete preso? >>
Luca mi prese la mano e mi condusse verso il nuovo inquilino di casa Torrisi.
<< Questa mattina, volevo farti una sorpresa >>
Spostai lo sguardo verso di lui sorridendogli felice.

 

 

Agosto 2010

Dopo essermi spalmata con diligenza fino all'ultima goccia di crema abbronzate tornai supina a stendermi sul lettino, rigorosamente piazzato sotto il sole cocente di quella calda giornata estiva.
<< Come hai detto che si chiama? >> domandò Luca seduto, qualche metro più in là, sotto l'ombrellone di uno stabilimento balneare.
Lanciai uno sguardo verso di lui intento ad osservare Ingrid che tentava di convincere il suo cane - un bellissimo pastore tedesco - ad entrare in acqua. Contemporaneamente, Maria, la sorella minore della mia amica, aveva iniziato a tirare il malcapitato animale per la coda.
<< Raffaello >> risposi prima di tornare a concentrarmi sulla mia abbronzatura
<< Stavo parlando del cane >>
<< Anche io >>
<< Davvero? >> chiese sconcertato << chi mai potrebbe dare un nome del genere ad un animale? >> concluse, senza nascondere una buona dose di scetticismo.
<< Ingrid è fatta così, è un tipo >> mi soffermai qualche secondo per trovare l'aggettivo adatto << particolare >> dissi alla fine.
<< Avrei detto squilibrata >>
Tornai di nuovo ad osservare la mia amica, ora stava lanciando della sabbia addosso al suo cane che continuava ad ignorarla, concentrato com'era a scavare una fossa vicino il bagnasciuga.
<< Particolare è l'aggettivo giusto >> confermai.
Mi sollevai, mettendomi seduta e prima di volgermi completamente verso di Luca estrassi dalla mia borsa di paglia – nuova di zecca – un paio di occhiali da sole << tu che nome gli avresti dato? >>
Luca accennò una smorfia << non mi piacciono molto gli animali >>
<< Io vorrei due cani, tre gatti ed un coniglio nano >> confidai
Per tutta risposta si alzò, tolse frettolosamente dal costume alcuni granelli di sabbia e venne a sedersi sul lettino, accanto a me.
<< Due cani e tre gatti? >> mi schernì
<< Ed un coniglio nano >> ripetei divertita << lo chiamerò Bianca >>
Sollevò le sopracciaglia << perchè sospetto che il nome avrà qualcosa a che fare con il colore? >>
<< Molto astuto >>
Il suo sorriso si allargò ancora di più e prese a tirarmi qualche granello di sabbia addosso.
<< Bianca >> disse poi e ci pensò per qualche attimo << mi piace >> concesse alla fine << sai, forse per il coniglietto potrei fare un eccezione >> strizzò l'occhio destro e allungò la mano << andiamo a fermare Ingrid e sua sorella, prima che Raffaello si decida a chiamare il centro di sanità mentale per farli internare >>
<< A questo punto penso che Ingrid potrebbe non essere l'unica squilibrata >> lo canzonai prima di seguirlo sino a riva.

 

 

<< Lo sai vero che non posso portarlo a casa? Mia madre arrostirebbe entrambi >> constatai allarmata.
<< Tranquilla, starà qui da me >>
<< Ma non avevi detto che gli animali non facevano per te? >> domandai riportando alla memoria quel ricordo ormai lontano.
<< Ho detto anche che per un coniglietto avrei fatto un' eccezione >> sovvenne sornione.
Sollevai impercettibilmente le sopracciglia << e tua madre? >>
<< Sua madre sta valutando l'ipotesi di farvi finire in padella, coniglio incluso >> rispose il soggetto della mia domanda.
La signora Carmela era appena apparsa sulla soglia della stanza con in mano una padella vera e propria.
Aveva i corti capelli biondi raccolti, in maniera disordinata, in una crocchia troppo grande, la mano libera ciondolava lungo il fianco ed i grandi occhi verdi erano puntati su di noi.
Al contrario del marito la sua statura non raggiungeva il metro e cinquanta, le due gravidanze non erano state affatto clementi con il suo metabolismo, rendendolo talmene irregolare da farle sfiorare i centocinque chili alla veneranda età di quarantasei anni.
<< Carmela non ricominciare, eravamo d'accordo che l'animaletto poteva restare >> la incitò bonariamente Alfredo.
<< Tu eri d'accordo >> lo corresse piccata << io non ho mai detto di esserlo. Ti ricordo che sono io quella che si occupa di questa casa >>
<< Sono sicuro che ti ci affezionerai subito >> continuò affabile il marito
<< Se non lo mangio prima >> tuonò indispettita << andate a tavola forza, prima che si freddi tutto >>
Non dubitai nemmeno per un istante della veridicità delle sue parole, conoscendola, con molta probabilità sarebbe stata capace di divorare anche Alfredo in un solo boccone.
Lanciai un'occhiata furtiva verso di Luca che, dopo avermi dato un fugace bacio sulla guancia, mi condusse in salotto.
Al centro della stanza il lungo tavolo rettangolare era già stato bandito con pietanze di ogni tipo e Carlo stava sgranocchiando distrattamente un grissino mentre con l'altra mano digitava qualcosa sullo schermo del suo iphone nuovo di zecca.
Osservai Alfredo sedersi a capotavola, decidendo – in maniera strategica – di accomodarmi esattamente tra lui e Luca.
<< Io ho sempre pensato che un'appartamento non sia il luogo adatto per un animale >> la voce stridula di Silvia arrivò alle mie orecchie con la stessa intensità di un getto d'acqua ghiacciata << Luca come ti è saltato in mente di comprare un coniglio? >> continuò superba.
Nelle mani teneva una brocca di vino bianco che posizionò a centro tavola.
La seguii silenziosa con lo sguardo e decisi di raggiungere Carmela con l'intento di offrirle il mio aiuto.
<< Serve una mano? >> domandai una volta entrata in cucina, trovandola ad armeggiare ai fornelli.
<< No grazie, sul tavolo ci sono già gli antipasti e l'arrosto è quasi pronto >>
Annuii silenziosa e feci per tornare in salotto.
<< Ah Silvia, potresti passarmi il barattolo di spezie sulla mensola vicino a te? >> domandò continuando a darmi le spalle.
Mi morsi il labbro inferiore << sono Nicole >> la corressi, afferrando ciò che aveva richiesto e porgendoglielo con garbo.
Carmela sollevò un attimo lo sguardo su di me << ma certo cara, grazie >> e tornò a dedicarsi alla sua pietanza.

' Ma certo cara, grazie ' – scimmiottò indispettita la mia vocina.

Tornai svelta in salotto sperando che la serata volgesse presto al termine e nonappena fummo tutti quanti seduti iniziammo a servirci.
Avevo appena finito l'arrosto e tre quarti della mia pazienza quando a Silvia venne in mente di aggiornarci sugli ultimi pettegolezzi della settimana.
<< Avete saputo di Mariangela e Gustavo? >> domandò retoricamente.

' No e non me ne potrebbe fregar di meno' - mi morsi la lingua per evitare di dar voce ai miei pensieri.

Alzai gli occhi al clielo e chiesi ad Alfredo di passarmi un po' di insalta.
Gustavo, era il fratello maggiore di Silvia, lo avevamo incontrato casualmente qualche mese prima e non avevo potuto fare a meno di notare la spaventosa somiglianza fisica con la consenguinea.
<< Cristina, la sua migliore amica, mi ha chiamata questa mattina per dirmi che si sono lasciati >> continuò.
<< Migliore amica >> ripetei << appellativo che non le si addice affatto considerando che ha beatamente spiattellarlo i fatti suoi ai quattroventi >> sussurrai a Luca piccata.
Al mio ragazzo sfuggì un sorriso divertito e mi fece segno di stare in silenzo.
Ingurgitai un altro po' di verdura per tenermi occupata.
<< Che poi >> continuò impettita << Cristina mi ha riferito che è stata Mariangela a chiudere la storia. Ipotesi poco plausibile a mio avviso, lo sanno tutti che lei pende praticamente dalle labbra di mio fratello, invece penso che sia stato lui a troncare la relazione >> affermò saccente.
<< Perchè? >> chiese Carmela che ascoltava la notizia con sincero interesse e aveva lasciato la forchetta a mezz'aria.

' Di male in peggio '

<< Mariangela non fa per lui >> ingiunse ovvia << è un tipo troppo indipendente, non le piace la monotonia, è sempre in giro con le sue amiche in questo o quel locale, viaggia sempre e Gustavo fatica a starle dietro, lui cerca un rapporto solido, una persona stabile. Ha trent'anni suonati, dovrebbe costruirsi una famiglia non girare mezzo mondo e fare baldoria >>
<< E chi ha detto che l'uno esclude l'altro scusa? >> il mio cervello formulò quella domanda in maniera del tutto spontanea, ma solo quando notai i loro sguardi addosso mi resi conto che avevo dato voce ai miei pensieri senza neanche accorgermene.

' Tanto ormai la frittata è fatta '

Presi un lungo respiro e dopo aver posato con garbo la forchetta sul tavolo fissai Silvia negli occhi.
<< Hanno entrambi trent'anni, mica novanta, sono giovani, con una vita intera davanti e se Mariangela vuole vedere il mondo, socializzare con le persone e divertirsi buon per lei. Il fatto che voglia essere autonoma non sminuisce i sentimenti che prova per lui, io invece credo sia una persona ammirevole, non è una di quelle stupide >> enfatizzai volutamente quell'ultima parola << ragazze che annullano se stesse per la persona che hanno accanto. E' un tipo indipendente, e allora? Questo non la rende meno degna di tuo fratello, al contrario, ai suoi occhi dovrebbe risultare preziosa perchè è perfettamente in grado di supportarlo ed amarlo incondizionatamente senza annientarsi >> mi sentii improvvisamente più leggera.
Intercettai un piccolo sorriso complice di Alfredo, ricambiai soddisfatta e presi a versarmi con disinvoltura un po' di acqua nel mio bicchiere.
Tutto quel parlare mi aveva seccato la gola.
<< Invece ti sbagli >> mi contraddisse Silvia << a lungo andare si finisce col trascurare qualcosa e mio fratello ne potrebbe pagare le conseguenze >>
In quel momento Luca strinse la sua mano nella mia, suggerendomi – silenziosamente – di non replicare.
Addentai un po' di patate al cartoccio e decisi di assecondarlo.
<< Allora, com'è andata a scuola ragazze? >> domandò Alfredo e si pulì frettolosamente le labbra con il tovagliolo di stoffa vicino al piatto.
La sua intenzione di cambiare argomento fu subito chiara a tutti i commensali.
<< Silvia ha ragione >> proruppe Carmela, ignorando il quesito del marito << il divertimento non è tutto nella vita, se e quando si ha l'intenzione di creare una famiglia bisogna saper sacrificare qualcosa, senza comportarsi da egoisti >>
<< Proprio quello che volevo dire >>
<< Tesoro vuoi un'altra fetta di carne? >> le chiese placida la mamma di Luca
<< No grazie, ho mangiato davvero troppo. Era tutto molto buono >>

' Gesù dammi la forza. '

<< Ti ringrazio >>
<< Io ho sempre trovato Mariangela una ragazza molto simpatica >> ingiunse Alfredo catturando l'attenzione di tutti.
Carmela fece una smorfia contrariata << non credo faccia per lui >>
<< Ma stanno insieme da così tanto tempo >> continuò bonario il marito
<< Non è una motivazione sufficiente, sono certa che potrebbe trovare di meglio >>
<< Carmela, non essere indiscreta >>
<< Sono semplicemente sincera >> lo rimbeccò indispettita
<< A volte la sincerà non paga >> disse grattandosi il mento e sorseggando un bicchiere di vino.
<< Questo è quello che pensi tu. Lo sappiamo tutti che sei troppo buono per esprimere giudizi. Hai sempre paura di offendere qualcuno >>
<< Per fortuna posso sempre contare su di te >> la schernì
<< Puoi ben dirlo >> confermò non cogliendo la sottile ironia di quell'affermazione.
<< Però una cosa voglio dirla >> continuò Alfredo facendomi l'occhiolino << abbiamo avuto la fortuna di avere in famiglia due ragazze meravigliose >> indirizzò lo sguardo verso Silvia che gli sorrise raggiante e solo quando fu certo che nessuno lo stesse più ascoltando si avvicinò a me repentino << una molto più dell'altra >> sussurrò diverito.
<< Carlo, tu che dici? >> chiese poco dopo Silvia, intenzionata a non lasciare il discorso in sospeso.
Il soggetto della domanda, sentendosi preso in causa, distolse per un attimo lo sguardo dallo schermo del telefono e si voltò dapprima verso di lei e successivamente verso Luca.
Carlo Torrisi aveva circa cinque anni in più del fratello minore.
Una corporatura massiccia e un leggero accenno di calvizia, i capelli erano scuri così come gli occhi sottili e l'abbigliamento sempre impeccabile. Frequentava la facoltà di giurisprudenza da troppo tempo ormai, era ossessionato dalla sua squadra del cuore e si mostrava sempre insofferente verso tutto il resto.
<< Dico che il Napoli sta perdendo in casa, lo sapevo che non dovevo fidarmi di te >> ingiunse contrariato.
Alfredo scoppiò a ridere e diede una pacca al maggiore dei figli << sbaglio o ieri hai detto che non avresti puntato su quella squadra neanche per tutto l'oro del mondo? >> domandò allegro.
<< Si ma Luca mi ha detto che era la favorita per questa partita >>
<< E da quando ascolti quello che ti dico? >> domandò quest'ultimo con ovvietà, addentando l'ultima fetta di arrosto.
<< Se perdo, giuro che ti butto fuori di casa >> lo minacciò infastidito.
<< Non hai l'autorità necessaria per farlo >>
<< Questo lo vedremo >>
<< Certo >>
<< Dico sul serio >>
<< Anche io >>
Sospirai esasperta e divertita al tempo stesso, nonostante di calcio non ci capissi un accidente ero grata ad entrambi per aver interrotto quell'inutile discussione, dalla quale - ne ero cera - non sarei riuscita ad uscire indenne.
<< Amore >> sussurrai poi, vedendomi bene dal farmi sentire dal fratello << ma a te non piace il calcio >>
Il mio fidanzato tirò fuori un sorriso impertinente e mi fece l'occhiolino.
<< Si ma lui questo non lo sa >> rispose di rimando, continuando a sogghignare.
Scossi la testa e ritornai a fissare Carlo.
<< Mio figlio è impossibile >> affermò Alfredo che – evidentemente - aveva ascoltato la nostra conversazione.
<< Concordo >> dissi complice
<< Sareste una famiglia infelice senza di me >> scherzò Luca reggendoci il gioco.
<< Vado a prendere il dolce, almeno così non sarò costretta ad ascoltare i tuoi sproloqui >> lo canzonai.
Quando finalmente finimmo di sgomberare la tavola e riodinare il salotto mi accomodai lungo il divano angolare della stanza. Alfredo e Carlo avevano iniziato a guardare un programma politico in seconda serata, Luca era comodomente disteso lungo la chaise longue, Silvia aveva preso posto accanto al suo ragazzo e Carmela era intenta ad accendersi una sigaretta accanto alla finestra.
Lanciai un'occhiata stanca al quadrante del mio cellulare, segnava le 23,05 e contrariamente alle mie tragiche aspettative ero riuscita ad arrivata alla fine di quella serata indenne.
Pensai di chiedere a Luca di accompagnarmi a casa, il giorno dopo mi aspettava il compito in classe di chimica e considerata la mia - oramai consolidata – attitudine ad arrivare in ritardo non volevo rischiare di iniziare la giornata con il piede sbagliato.
Proprio quando mi avvicinai a lui per dare voce ai miei pensieri mi ricordai di una notizia che avevo sentito il giorno precedente in televisione.
<< Ascolta >> tuonai elettrizzata << il prossimo mese inzia il tour europeo di Adele, sono sette tappe in tutto il mondo tra cui una qui in Italia, dobbiamo andarci! >>
Iniziai a scuotergli la spalla entusiasta sperando di catturare la sua attenzione.
<< Dove sarebbe esattamente ? >> domandò senza scomporsi
<< Firenze, sabato 14 Dicembre >> risposi preparata. Avevo passato l'intero pomeriggio a controllare tutte le date e gli orari di quel tour, volendo mi avrebbero potuta assumere come promoter.
Luca si grattò la testa sedendosi in maniera composta vicino a me.
<< Non credo di riuscire ad avere il giorno libero, lo sai che ho iniziato da poco a lavorare al negozio >>
Luca si era diplomato circa due anni prima ed aveva subito tentato di intraprendere, senza successo, la carriera militare. All'ennesimo rifiuto decise di guardarsi intorno, lavorando dapprima in un centro chiamate e successivamente come cameriere in un locale vicino casa. Di recente Max, un suo amico, aveva deciso di investire in negozio di elettronica tutto suo e Luca si era subito offerto di dargli una mano.
<< Ma siamo ad ottobre, ci sono ancora due mesi abbondanti e poi dovresti chiedere solo un permesso per uscire qualche ora prima la sera del concerto, il giorno dopo non devi lavorare e possiamo metterci in viaggio subito >>
<< Non mi sembra un'ottima idea >> disse Luca distrattamente
<< Ma se per te ogni scusa è buona per non lavorare >> lo prese in giro Carlo
<< Luca ha ragione >> intervenne Carmela e si fermò per dare un tiro alla sua sigaretta << Massimiliano è stato gentile ad assumerlo non dovrebbe approfittarne >>
<< Qualche ora di permesso non penso siano la fine del mondo >> constatò Alfredo
<< Dovresti insegnare ai tuoi figli ad essere responsabili e non a prendere ogni cosa sotto gamba >> lo riprese la moglie
<< Alla loro età facevamo di peggio >>
<< Alla loro età il massimo a cui potevamo aspirare era quello di andare a fare un giro in bici nel pomeriggio, sorvegliati a vista da mio padre >> sovvenne algida
<< I tempi sono cambiati però >> la corresse paziente
<< Non è detto che lo siano in meglio >> continuò la donna
<< Lascialo decidere a loro >> e poi si girò verso di me con un sorriso << Firenze è una bellissima città >>
Gli sorrisi riconoscente << non ci sono mai stata >>
<< Portami un souvenir >>
<< Anche due >> convenni ed indirizzai lo sguardo verso Luca che mi osservò di rimando << allora? >> lo incitai
<< Non mi piacciono gli aerei >> disse poi
<< Prenderemo il treno >> proposi allora
<< Ne riparliamo dopo >> rispose alla fine, sul volto un'espressione indecifrabile
<< Ma si può sapere qual'è il problema? >> sbottai alla fine esperata << se non ci vuoi venire posso benissimo andare con Emma >> conclusi sperando di riuscire finalmente a convincerlo.
<< Io non riuscirei mai ad abbandonare il mio pasticcino >> s'intromise Silvia.

' Non me ne potrebbe fregar di meno ' - mi morsi violentemente la lingua per evitare di ripeterlo ad alta volce.

<< Abbandonare? Non è mica un cane >> le feci notare aspra
<< Il significato è lo stesso >> chiarì accavallando le gambe
Sospirai pesantemente.
Com'ero stata ingenua a pensare di uscire indenne da quella serata.
<< Silvia, non sto andando in guerra >> risposi poi, sfoderando il sorriso più finto del mio repertorio.
<< No certo, ma fondamentalmente senza il mio biscottino sarebbe quasi la stessa cosa >>

' Biscottino? Sul serio? '

Lanciai uno sguardo verso di Luca, trovandolo con gli occhi fissi sullo schermo della televisione. Improvvisamente aveva iniziato a seguire con interesse quel maledetto programma politico.

' Ma che problemi ha? '

<< Speriamo allora che nessuno ti costringerà mai ad una tale violenza >> dissi in maniera falsamente cordiale.
<< Sicuro, non riuscirei a stargli lontano neanche per un secondo >>
<< Questo l'hai già detto >>
<< Volevo che fosse chiaro >>
<< Lo è! >>
Tirai l'ennesimo sospiro e controllai di nuovo l'ora, dovevo svignarmela da lì immediatamente.
<< Devo andare, domani mattina ho un compito in classe >> mi alzai rapidamente ed una volta recuperato il soprabito e la borsa salutai velocemente tutti e mi diressi – alla velocità della luce – verso l'uscita.
Il tragitto mi sembrò interminabile.
Aspettai qualche secondo sull'uscio, lasciando a Luca il tempo di recuperare le chiavi della macchina, e rivolsi un'occhiata veloce ad Alfredo, trovandolo intento a frugare dentro un cassetto.
<< Principessa >> mi chiamò appena fuori la porta.
Quando mi voltai me lo ritrovai di fronte con in mano due cioccolatini alla gianduia, quelli che sapeva essere i miei preferiti.
Alzai lo sguardo verso di lui sorridendogli grata.
<< Grazie >>
Poggiò i dolcetti nelle mie mani e mi abbracciò velocemente << ne ho nascosto un pacco intero nel cassetto solo per te >> sussurrò con affetto << non dirlo a nessuno >> concluse facendomi l'occhiolino.
Finsi di chiudermi la bocca con una cerniera << buonanotte >> dissi prima di allontanarmi.
Arrivati in auto sentii un po' di tensione scivolarmi finalmente di dosso, anche se l'improvviso mutismo di Luca non contribuiva a mettermi del tutto a mio agio.
Rimasi in silenzio, combattuta sul da farsi.
La serata mi aveva reso esausta, l'orologio segnava un orario indicibile ed in più avevo come l'impressione che intavolare una conversazione in quel momento non avrebbe portato a nulla di buono.
L'osservai con la coda dell'occhio, i suoi lineamenti erano del tutto rilassati.
Le labbra distese e l'espressione completamente serena contribuì a mandare all'aria tutti i miei buoni propositi.
<< Non hai nulla da dire? >> tuonai adirata
Luca svoltò a destra e continuò a tenere lo sguardo fisso sulla strada << riguardo? >>
Una scarica di nervosismo mi attraversò la schiena.
<< Accosta >> ordinai perentoria
Fece subito come avevo chiesto, poggiò entrambe le mani sul volante e dopo qualche secondo prese a fissarmi dritto negli occhi.
<< Non hai nulla da dire? >> domandai quando capii che non avrebbe detto una parola
<< No, ma a quanto pare tu si >> rispose paziente.
Incrociai le braccia indispettita << solo io ho avuto l'impressione di essere in un tribunale con una sentenza di ergastolo scritta in fronte a caratteri cubitali? >>
Fece una smorfia in segno di disapprovazione << non lo definirei esattamente così >>
<< Che vuoi dire? >>
Distolse per un attimo lo sguardo.
<< Lasciamo perdere >>
<< No Luca, non lasciamo perdere, è evidente che mi stia sfuggendo qualcosa quindi ti prego, illuminami così possiamo finalmente mettere un punto a questa serata di merda! >> urlai esasperata.
<< Lo vedi? >> sbottò << nel momento in cui ti ho parlato di questa cena hai iniziato a farti mille paranoie. Parti sempre prevenuta e prendi qualsiasi cosa ti si dica come un'offesa personale. Che razza di bisogno c'era di difendere quei due deficienti? Si sono lasciati, abbiamo capito e allora? Ce ne faremo tutti una ragione! >>
<< Scusa tanto se ho espresso una mia opinione! >>
<< Ti conosco come le mie tasche, saresti capace di dire che la notte è giorno o viceversa solo per il gusto di contraddirla! >> sputò velenoso.
Assottigliai gli occhi irritata.
<< Mi sta sui coglioni è vero, ma questo non c'entra. Ha espresso un'opinione ed io non ero d'accordo, qual'è il problema? >>
Si sistemò meglio sul sedile << il problema è che il novantanove percento delle volte non sei d'accordo con quello che dice >>
<< Probabilmente perché il novantanove percento delle volte racconta stronzate >> puntualizzai ovvia.
<< Invece tu dici sempre la cosa giusta non è vero? >> domandò aspro
<< Ma si può sapere da che parte stai? >> chiesi ferita
Sentii materializzarsi un nodo in gola pesante quanto un macigno.
Luca rilassò impercettibilmente i lineamenti e si passò una mano tra i capelli stanco.
<< Dalla tua >>
<< Non si direbbe >> risposi piccata
Spostò lo sguardo verso la strada per qualche secondo e quando puntò i suoi occhi di nuovo su di me prese a massaggiarsi le tempie.
<< Perché non vuoi andare a quel concerto? >> continuai
<< Non ho detto questo >>
<< Dimentichi che anche io ti conosco come le mie tasche, hai tergiversato e quando lo fai è perché stai cercando un modo carino per liquidare la faccenda >>
Rimase in silenzio, poi prese un lungo respiro.
<< Amore, è tardi. Vuoi seriamente parlare di questo ora? >> chiese seccato.
Non risposi ed iniziai ad attorcigliare le punte dei miei capelli nervosa.
Era un vizio che avevo sempre avuto, sin da bambina, in genere mi aiutava a rilassarmi, quella sera però doveva aver perso il suo effetto terapeutico perché improvvisamente mi sentii ancora più in collera di prima e la sola cosa a cui riuscivo a pensare era che non vedevo l'ora di arrivare a casa e sprofondare sotto le coperte.

 





 

È difficile avere una convinzione precisa
quando si parla delle ragioni del cuore.








 

Okay, allora questo è un capitolo nuovo di zecca. Chi aveva già letto la storia in precedenza non lo conosce quindi spero sarà una piacevole sorpresa, per chi invece si sta addentrando nella lettura solo ora vedrà Niki alle prese con la famiglia del suo fidanzato. Ho deciso di inserire questa nuova parte perché mi sembrava corretto non solo dare una sorta di continuità alla trama ma anche farvi conoscere tutte le persone che girano intorno ai protagonisti e le relative dinamiche. Soo, che ve ne pare delle new entry? Carmela e Silvia stanno antipatiche anche a voi oppure la nostra Niki è solo un pò prevenuta nei loro confronti?
Avete iniziato a rileggere i capitoli precedenti notando delle preferenze? Se si, in positivo o in negativo?
Mi farebbe davvero piacere conoscere il vostro parere.
A presto. 

 

* AGGIORNAMENTO DEL 07/02/2017: 
Per tutti quelli che sono finiti per caso a leggere questa storia e per quelli che invece lo hanno già fatto, rendendomi la ragazza più felice sulla faccia della terra, volevo precisare alcune cose: ho iniziato di recente ad effettuare delle modifiche sulla storia, fondamentalmente la trama orizzontale non ha effettuato modifiche ma ho deciso di inserire alcuni passaggi, ti toglierne altri, di spostare dei pezzi di capitoli da una parte ad un altra in base alle esigenze della storia, pertanto è possibile che la disposizione temporale di alcune scene subiranno delle variazioni, saranno inserite scene completamente nuove, flashback, dialoghi e probabilmente aggiungerò qualche capitolo intermedio. Una rilevante ristrutturazione insomma, nella speranza di rendere questo racconto migliore e più interessante.
Continuerò a postare questa piccola nota in tutti gli altri capitoli insieme all'umile richiesta di farmi sapere le vostre opinioni in merito.
AVVISO IMPORTANTE: QUESTO CAPITOLO E' COMPLETAMENTE NUOVO. NON C'ERA NELLA STORIA PRECEDENTE, E REVISIONANDO IL TUTTO HO RITENUTO NECESSARIO INSERIRLO, SEMPRE PER LA QUESTIONE CONTINUITA' E MIGLIORE CONOSCENZA DEI PERSONAGGI.
Un abbraccio,
ORIHIME <3




 

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Capitolo 6
*** Le convinzioni sono, per la verità, nemiche più pericolose delle menzogne ***


Quando si è innamorati
si finisce sempre con l’ingannare se stessi,
e forse anche gli altri.

 






POV THOMAS




Fissai il vuoto per qualche secondo.
Il telefono di casa ancora stretto in mano, schiena poggiata pesantemente contro lo schienale del divano, braccia lasciate cadere lungo i fianchi e testa ciondolante.
In lontananza sentivo mio fratello armeggiare con la chitarra e il rumore di qualcuno che aveva appena chiuso il portone di casa, ipotizzai fosse mia madre ma non ci badai molto.
Continuai a stare lì, fermo in quella posizione scomoda.
I miei arti non sembravano ascoltare l’input del mio cervello, smisi presto di preoccuparmi anche di questo.
<< Tutto bene Thomas? >> la voce calda di mia madre attirò la mia attenzione.
Quindi era lei.
Feci un lieve cenno con la testa, controvoglia mi alzai per dirigermi in camera e concedermi cinque - magari dieci o anche quindici - minuti di meditazione.
Salii le scale velocemente ed una volta arrivato chiusi a chiave la porta.
Mi accorsi solo in quel momento di avere ancora il cordless saldamente artigliato tra le mani nonostante la conversazione con Niki fosse terminata ormai da un pezzo.
Non seppi spiegare neanche a me stesso perché avevo deciso di telefonarla, rifilandole per giunta una scusa patetica. Per fortuna lei non ci aveva fatto caso, impegnata com’era ad agghindarsi per uscire con il suo fidanzato.
Che poi, non sarebbe stato più opportuno rimanere a casa e prepararsi per il compito in classe dell'indomani?
Scossi la testa contrariato.
Non m’importava un accidente con chi, dove, come e quando Nicole trascorresse il suo tempo libero ma non riuscivo proprio a spiegarmi come mai avevo iniziato a sentirmi così strano.
Avevo provato un tremendo moto di irritazione nel sapere che mi stava liquidando per uscire con Luca. Perché poi?
Non ero mica il suo ragazzo, quello ce l’aveva già e non avevo la minima intenzione di diventarlo io. A malapena riuscivamo a non ucciderci verbalmente e fisicamente durante le sei ore scolastiche, figuriamoci in tutto l’arco della giornata, il sabato, la domenica, durante le feste, al cinema, in vacanza, al mare, in montagna..

Mi grattai la testa irritato, chissà com’era invece con lui.
Chissà se anche con lui quando rideva abbassava gli occhi per poi rialzarli subito dopo, chissà se anche con lui si attorcigliava distrattamente i capelli quand’era nervosa o si mordicchiava il labbro inferiore quand’era assorta, chissà se muoveva freneticamente il piedi quando era sovrappensiero o se si mordicchiava le unghie quando era imbarazzata, chissà se invece quando lui faceva una battuta lei gli buttava una leggerissima gomitata sul braccio e chissà se anche a lui rifilava quelle frecciatine che inizialmente consideravo insopportabili ma che ora erano diventate quasi una necessità.
Mi strofinai bruscamente gli occhi con le mani stanco di tutti quei pensieri, potevo distintamente sentire le rotelline del mio cervellino girare a tutta velocità.
Lanciai un’occhiata verso la sveglia digitale accanto al mio letto.
Segnava le 21.34.
Probabilmente a quest’ora stavano cenando.
Alzai gli occhi al cielo esasperato, non ero neanche più padrone della mia testa ormai.
Mi stavo rincitrullendo.
Se ci fosse stata Niki mi avrebbe detto che rimbecillito lo ero già.
Presi un altro lungo respiro.
Sapevo di essere una persona apprensiva ma non credevo di esserlo anche con lei.
Certo, mi piaceva stare in sua compagnia, mi faceva anche piacere parlarci, ma non m’interessava in quel senso.
Non eravamo compatibili e non lo saremmo mai diventati.
Era indubbio il fatto che stessi iniziando ad affezionarmi a lei, ma l'amore era tutta un'altra cosa.
Con il tempo avevamo instaurato un ottimo rapporto, eravamo riusciti ad appianare le nostre divergenze e ad essere sincero non ricordavo neanche più com'erano le mie giornate quando non mi stava tra i piedi.
Un’amicizia così non l’avevo mai avuta, a volte neanche Marco riusciva a capirmi come faceva lei. Intuiva sempre il mio umore, sapeva distrarmi e nonostante si rendesse insopportabile nove volte su dieci la trovavo sempre un'ottima compagnia.
Forse tutti i miei sbalzi di umore dipendevano dal fatto che avevo iniziato a confrontarmi con qualcun altro, oltre ai miei amici di sempre.

 

 

Settembre 2010

<< Tavelli dobbiamo parlare >> Nicole mi si parò davanti incrociando le braccia sul petto.
Eravamo in cortile durante l'ora di educazione fisica, io ed Emma sedevamo sulle scale antincendio intenti a finire il nostro sandwich al salmone.
Assottigliai gli occhi circospetto << che ti serve Castellani? >>
Emma nascose un sorriso sornione e mi buttò una leggera gomitata.
Nicole continuava a guardarmi composta, sollevò entrambe le sopracciglia e si sedette accanto a noi << cosa ti fa credere che mi serva qualcosa?>> domandò con finta aria innocente.
<< Hai usato il mio cognome. Generalmente ogni discorso che include il sottoscritto inizia con 'scimmione rincitrullito' , 'deficiente patentato' o qualsiasi altro epiteto che ti passi per la testa >> puntualizzai placido dando un ultimo morso al tramezzino.
<< Come sei permaloso, siamo amici no? Tra amici è concessa qualche scaramuccia e poi non fare la carogna ho bisogno solo di un piccolissimo favore! >> rispose Nicole, sedendosi vicino.
Mi voltai verso di lei per osservarla meglio.
Aveva i soliti occhiali da vista ovali che utilizzava esclusivamente durante le ore di lezione, i lunghi capelli castani erano sciolti ed i riflessi del sole li rendevano più chiari del solito, indossava un paio di jeans scoloriti, una t-shirt bianca ed un paio di sneakers rosse. Sul volto la consueta fierezza di quando non voleva darmela vinta.
Gli occhi castani durante le belle giornate assumevano una sfumatura verde insolita, il viso ovale e privo di tutta quella marea di cosmetici che le ragazze erano solite utilizzare le coferiva un'aria dolce ed una semplicità disarmante.
Nicole era decisamente una bella ragazza ma qualcosa mi diceva che non fosse del tutto consapevole del suo fascino.
<< Quindi avevo ragione! >> la schernii puntandole l'indice sulla guancia.
Lei lo scacciò indispettita, ritornando in posizione eretta e sbruffando sonoramente.
<< Brutto idiota è mai possibile che non si possa fare un discorso serio con te? >>
<< Lo scaricatore di porto in pensione è tornato! >> dissi ad Emma che, esasperata dal nostro ennesimo battibecco, aveva tirato fuori il mio lettore mp3 armeggiando goffamente con le cuffie.
<< Siete impossibili >> pronunciò alla fine
<< Ha iniziato lui, io ero venuta in pace! >> si difese affiancando la sua amica.
<< Ok, tregua >> mi alzai anch'io rivolgendo lo sguardo verso Marco e Gennaro, che da lontano stavano facendo cenno di avvicinarmi a loro.
<< Un favore minuscolo, insignificante! >>
<< Sputa il rospo Monky >> infilai le mani nelle tasche sghignazzando
<< Finiscila di usare quello stupido nomignolo se non vuoi un pugno in faccia >> minacciò.
Si passò una mano tra i capelli avvicinandosi di qualche centimetro.
<< Quindi tu puoi chiamarmi come ti pare e piace ed io invece non posso usare un piccolissimo ed innocente soprannome? >> la provocai volutamente.
Avevo imparato a conoscerla e sapevo bene che stava cercando in tutti i modi di darsi un contegno.
<< Fai come ti pare >> fece un cenno ad Emma e si voltò per andarsene.
La raggiunsi in due falcate afferrandola per un braccio << cosa posso fare per lei signorina? >> simulai un inchino maldestro.
Nicole sospirò pesantemente, mordendosi l'interno della guancia sinistra << in disegno sono una frana >> si grattò la fronte imbarazzata, esitò per qualche istante prima di continuare << potresti aiutarmi con la tavola che dobbiamo consegnare domani? >>
Portai il pollice e l'indice sotto il mento, fingendo di pensarci su.
<< Ad una condizione >>
Alzò gli occhi al cielo << sentiamo >>
<< Tu aiuterai me con la versione di latino >> proposi
<< Affare fatto >> mi buttò un leggero pugno sul petto << alle cinque a casa mia. Sii puntale >> e si voltò.
<< Disse la regina delle ritardatarie >> le urlai dietro.
La sentii ridere ed accennò un saluto continuando a camminare.
<< Non doveva aiutarti Marco con la versione? >> domandò Emma poco dopo.
Mi voltai a guardarla. Era ancora comodamente seduta sulle rampe di scale, si era tolta una cuffia, aveva assottigliato lo sguardo e mi sorrideva sorniona.
<< Ho cambiato idea e poi doveva pur sdebitarsi in qualche modo no? >> mi giustificai con decisione.
<< Si certo >> rispose distrattamente << ne riparleremo tra qualche mese >> e riprese ad ascoltare musica.
Aggrottai la fronte confuso.
' Ne riparleremo tra qualche mese ' - aveva detto.
Che diavolo voleva dire?

 

 

Sbruffando sonoramente mi diressi verso il computer, sperando di riuscire capire come regolarizzare l'audio delle casse che da qualche giorno avevano iniziato a fare i capricci.
Immaginai Niki prendermi in giro come al solito, riuscendo persino ad ipotizzare quello che avrebbe detto:Tutti i problemi del mondo capitano a te, ingegnere! '.
Da quanto le avevo confidato la mia intenzione di iscrivermi ad ingegneria meccanica non faceva che chiamarmi con quell'appellativo.
Alzai lo schermo del laptop trovando la pagina di facebook aperta – casualmente - sul profilo di Nicole, mi soffermai per qualche secondo sulla sua immagine personale che la ritraeva sorridente ed abbracciata al suo ragazzo, dietro di loro faceva capolino lo sfondo di un paesaggio innevato.
Arricciai le labbra seccato.
Cosa diavolo era questo vuoto allo stomaco che sentivo ogni volta?
Decisi che avrei risolto il problema dell'audio un altro giorno, spensi il pc ed iniziai a preparare il borsone per la palestra.
Ne avevo letteralmente piene le scatole del mio cervello, dei social network, di Nicole e del suo fidanzato.






 

Le convinzioni sono, per la verità,
nemiche più pericolose delle menzogne.

 



 

 

 

Innanzitutto chiedo perdono per il clamoroso ritardo, ma in questa ultima settimana ho avuto parecchi impegni, la storia procede anche se è a rilento, la mia immaginazione ultimamente è un tantino arida.. xD ma non temete! XD 
Questo capitolo è diverso rispetto ai precendenti poichè viene descritto  il punto di vista i Thomas,  i suoi pensieri e sentimenti, è anche molto più breve ma spero di farmi perdonare pubblicando il capitolo successivo nell'arco di pochi giorni!
Come sempre conto sulle vostre opinioni, sono veramente curiosa di leggere i vostri pareri, spero di non deludervi, un bacione! :))

* AGGIORNAMENTO DEL 07/02/2017: 
Per tutti quelli che sono finiti per caso a leggere questa storia e per quelli che invece lo hanno già fatto, rendendomi la ragazza più felice sulla faccia della terra, volevo precisare alcune cose: ho iniziato di recente ad effettuare delle modifiche sulla storia, fondamentalmente la trama orizzontale non ha effettuato modifiche ma ho deciso di inserire alcuni passaggi, ti toglierne altri, di spostare dei pezzi di capitoli da una parte ad un altra in base alle esigenze della storia, pertanto è possibile che la disposizione temporale di alcune scene subiranno delle variazioni, saranno inserite scene completamente nuove, flashback, dialoghi e probabilmente aggiungerò qualche capitolo intermedio. Una rilevante ristrutturazione insomma, nella speranza di rendere questo racconto migliore e più interessante.
Continuerò a postare questa piccola nota in tutti gli altri capitoli insieme all'umile richiesta di farmi sapere le vostre opinioni in merito.
Un abbraccio,
ORIHIME <3

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Capitolo 7
*** Molto avrebbe potuto essere diverso, se io fossi stata diversa ***


Non mi sono accadute che cose inaspettate.
Molto avrebbe potuto essere diverso,
se io fossi stata diversa.





 
La professoressa Casella era sicuramente l’insegnante più odiosa ed insopportabile di tutto l’istituto, insegnava letteratura italiana e latina da ben dieci anni, sebbene – a mio avviso – Red, il mio defunto pesciolino rosso, avrebbe potuto vantare una preparazione didattica migliore della sua.
Lucrezia Casella non perdeva mai occasione di mettere in difficoltà i suoi allievi, dispensava insufficienze come un dottore con le sue ricette e con la sua ormai nota aria saccente non smetteva mai di osservarci tutti con evidente sufficienza, ma come ogni cattivo che si rispetti anche lei aveva un punto debole: i cannoli con la ricotta.
Quando quella mattina entrò impettita in aula nessuno di noi riuscì a fare a meno di notare che aveva un aspetto più irritante del solito.
<< Oggi interrogo >> sentenziò non appena raggiunse la cattedra.
Il fatto che i suoi capelli neri corvino fossero rigorosamente raccolti in uno chignon disordinato non ci impediva di notare che - con molta probabilità - casa sua fosse sprovvista di scaldabagno, ipotesi ancora più consolidata dal suo ‘odore’ non propriamente gradevole.
Piccoli occhialetti con una montatura del ’48 facevano sempre capolino sul suo volto, lo stesso tailleur a scacchi - color testa di moro - che indossava un giorno si e l’altro pure e il suo solito sorrisino compiaciuto.
Sentii gli occhi di Emma perforarmi il cranio.
Sapevo cos’avrebbe voluto dirmi, quindi finsi di non capire e continuai a tenere lo sguardo fisso sulla cattedra.
Con la coda dell’occhio la vidi avvicinarsi e tirarmi una leggere gomitata per attirare la mia intenzione.
<< Te lo scordi >> le risposi di tutto punto e senza distogliere lo sguardo
<< Sei la rappresentate >> disse bisbigliando
<< Anche tu se è per questo >> incurvai la schiena per non far notare la nostra conversazione.
<< Si ma tu sei la sua pupilla >> ovviamente Emma aveva, come ogni cosa, la risposta pronta.
<< Non è vero! >> la rimbeccai << e poi non la reggo >> continuai supplichevole.
<< Ma lei questo non lo sa, quindi alza questa cavolo di mano e dille che dopo la bellezza di due ore di compito in classe non siamo psicologicamente pronti per un’interrogazione di letteratura latina! >> contraddirla era quasi impossibile.
<< Ma lei lo sa >> puntualizzai << ha solo scelto di infischiarsene. Ripeterglielo non avrebbe senso! >> e mentre iniziavo mentalmente a prepararmi un discorso sentii qualcuno punzecchiarmi la schiena.
Girai la testa, approfittando del fatto che la Casella stesse civettando al telefono con qualcuno e notai che il banco di Marco era praticamente attaccato allo schienale della mia sedia.
<< Marco, hai intenzione di salirmi di sopra? >> domandai con un fil di voce
Sogghignò. Probabilmente pensava stessi scherzando.
<< Niki devi dirle che la classe non è preparata! >> disse poi convinto.
Istintivamente inarcai le sopracciglia << è una congiura questa? >> stizzita lanciai uno sguardo veloce verso Thomas che osservava la situazione con la faccia poggiata sulle braccia, a sua volta incrociate sul banco.
<< Tu sei dello stesso parere? >> domandai, aspettandomi una delle sue solite battute, ricevendo solamente un lieve cenno di assenso.
Sospirai sconfitta e tornai ad osservare l'arpia che aveva smesso di conversare e stava osservando austèra il suo registro.
<< Professoressa, mi scusi >> azzardai incerta.
La Casella alzò lo sguardo ed incurvò leggermente le labbra all’insù quando riconobbe la mia voce.
Ero certa che sapesse già cosa stavo per chiederle.
<< Professoressa volevo chiederle, se solamente per questa mattina, potrebbe evitare le interrogazioni, siamo reduci da due ore di compito di fisica e.. >> mi fermai lasciando la frase in sospeso.

' Gesù ti prego, abbi pietà! '

La vidi incrociare le mani, poggiarle sulla cattedra e incrinare lievemente il capo.
<< Capisco >> pronunciò << eviterò di interrogare i tuoi compagni per questa mattina >> disse con un tono fintamente magnanimo.
Forse dopotutto, non era poi così malvagia.
<< Però posso interrogare lei, signorina Castellani >> continuò allargando ancora di più  quello che doveva essere un sorriso << la mia pupilla non può di certo essere impreparata! >>
 
' Merda. '

Non era solo il più infido e malvagio essere femminile che avessi mai conosciuto ma anche il più irritante, snervante, fastidioso, malevolo involucro di donna che avevo avuto la sfortuna di incontrare nella mia vita, e che fossi ‘la sua pupilla’ come tutti - e persino lei - si ostinavano a definirmi, in quel momento non me ne poteva fregare un fico secco.
Lanciai uno sguardo furente verso la mia cara e dolce amica che mi osservava, a sua volta, allarmata.
<< Pupilla eh? >> dissi lapidaria prima di volgere un sorriso verso quel cerbero con gli occhiali.
Con lo stesso andamento di un condannato a morte afferrai la mia seggiola ed andai a sostenere quella benedettissima interrogazione.
 
 
Novembre 2010
Ingrid mi diede una gomitata nello stomaco fissandomi con disapprovazione.
<< Secondo me dovresti dirglielo >> suggerì accomodandosi meglio sulla panchina in legno
<<  Sei impazzita? >> risposi mesta senza staccare lo sguardo dai ciottoli di pietra che costellavano la piazzetta del quartiere, distante pochi metri da casa mia.
<< Datti una mossa Niki, sono quasi cinque mesi che ti muore dietro se continui ad aspettare morirà di vecchiaia! >>
Lanciammo entrambe uno sguardo al gruppo di ragazzi di fronte a noi.
Luca e gli altri stavano improvvisando una partita di pallone e proprio mentre stavamo parlando uno di loro iniziò a protestare sguaiatamente in merito ad un presunto fallo di mano.
<< Lo sai che non sono fatta per queste cose Ingrid, le dichiarazioni non fanno per me >> poggiai i gomiti sulle ginocchia ricevendo un'occhiata truce dalla mia amica.
<< E prima che tu possa aggiungere altro ti ricordo che, se davvero è interessato come dici, potrebbe anche farsi avanti lui >> aggiunsi piccata.
<< Niki tu vivi ancora nel medioevo, al giorno d'oggi sono le ragazze ad indossare i pantaloni >> rispose ovvia.
<< Preferisco continuare essere l'eccezione allora >> tornai a fissare Luca trovando i suoi bellissimi occhi color del mare inchiodati nella mia direzione.
Alzai una mano per salutarlo e prima di riprendere a correre abbozzò un sorriso, ricambiando il saluto con un cenno del mento.
Sospirai sconsolata proprio mentre un fischio decretava la fine della partita.
<< Ma guarda un po' chi è in giro a fare baldoria invece di essere con la testa sui libri >> una voce familiare attirò la mia attenzione.
<< Guarda chi c'è, lo scimmione rincitrullito. Hai il permesso di uscire dallo zoo? >> lo presi in giro.
Thomas Tavelli era fermo, distante qualche metro da noi, lungo la strada che costeggiava la piazza.
<< Certamente, mi è stato consegnato ieri insieme al tuo, non ricordi piccola Moncky? >> ripose il cellulare che aveva in mano in tasca e si avvicinò sornione. 
Non c'era traccia del solito accenno di barba, i capelli erano perfettamente in ordine ed un paio di occhiali da sole scuri gli adornavano il volto, indossava una tuta acetata grigia e nera, la felpa era completamente aperta e lasciava intravedere una canotta di un nero scolorito, il braccio destro, piegato sulla spalla, sorreggeva un borsone sportivo dietro la schiena.
<< E tu invece che ci fai in giro? >> chiesi abbandonando la panchina per andargli incontro.
<< Palestra >> fece un cenno verso la fine della strada dove lampeggiava ad intermittenza la luce di un insegna in cui erano raffigurati due bilancieri incrociati tra di loro << Marco è già lì da un po' >>
<<  Avete scoperto che i muscoli attirano più fanciulle? >> lo presi in giro
<< Il mio charme basta e avanza >> rispose impettito gonfiando il petto e sollevando gli occhiali
<< Pallone gonfiato >> gli lanciai un leggero pugno che parò, prontamente, con la mano sinistra.
<< Hai un carriera nel pugilato lo sai? >> disse poi ridendo
<< E tu nel circo >> risposi ghignando
<< Niki >> Ingrid si era avvicinata ed osservava Thomas con insistenza.
<< Ingrid lui è Thomas >> dissi alla mia amica << un mio compagno di classe. Thomas, lei è Ingrid, una mia cara amica >>
Si strinsero la mano amichevolmente, osservandosi per qualche secondo.
<< Se i tuoi compagni sono tutti come lui cambio scuola >> convenne la mia amica sorridendo maliziosa << non sapevo avessi amici del genere.. >> disse con un tono di voce non sufficientemente basso.
Alzai gli occhi al cielo.
<< Lo fa per preservare la concorrenza >> precisò Thomas divertito
<< Indubbiamente >> concordò Ingrid
<< La smettete di fare i cretini? >> mi intromisi irritata suscitado in loro una frogorosa risata.
<< Devo andare, è stato un piacere >> disse rivolgendosi verso di Ingrid << ci vediamo domani a scuola, peste >> ingiunse verso di me facendomi un cenno con la mano prima di allontanarsi definitivamente.
Tornai a sedermi poco dopo sentendo lo sguardo della mia amica perforarmi il cranio.
Mi voltai verso di lei e la trovai a fissarmi << che c'è? >>
<< Sei un genio sai? >> disse aprendosi in un sorriso malefico.
Aggrottai le sopracciglia confusa << Che vuoi dire? >>
<< Non farti notare >> mi confidò sottovoce,  si fece più vicina nascondendosi il volto con i suoi capelli turchini << ma a Luca stanno per scoppiare le coronarie. Fissava il tuo amico come se volesse staccargli la testa a morsi..>>
Subito cercai con la coda dell'occhio il soggetto della nostra conversazione, trovandolo immobile, con i pugni serrati e la mascella contratta a pochi metri dalla nostra panchina, i suoi amici parlavano animatamente ma lui aveva lo sguardo puntato su noi.
Continuò ad osservarci impietrito per un'altra manciata di secondi prima di iniziare ad avanzare deciso verso di noi.
<< Comunque sia devi organizzarmi un'uscita con il tuo amico >> disse tirando qualche ciocca dei miei capelli
<< Nicola è d'accordo? >> domandai pungente
<< Come sei bacchettona Niki >> ripose Ingrid contrariata
<< E comunque siete troppo diversi >> con gli occhi continuai a fissare Luca, che nel frattempo ci aveva quasi raggiunte.
La mia amica svolazzò una mano con noncuranza << non mi ci devo mica sposare >> puntualizzò  sorridendo, mi diede poi una pacca leggera sulla spalla e fece per alzarsi << guarda che ci conto >>
Non riuscii a risponderle perché Luca mi si parò davanti arrestando la sua marcia << Niki puoi venire un attimo? >> chiese cauto
Lanciai uno sguardo ad Ingrid che con un sorriso a trentadue denti mi faceva cenno con le mani di seguirlo.
<< Certo >>  mi alzai lentamente lasciandomi guidare vicino ad un aiuola gremita di gerani, qualche metro distante dalla panchina.
<< Non sono molto bravo con le parole >> proruppe quando fummo l'uno di fronte l'altro << forse è proprio per questo che continuavo a voler rimandare questa conversazione >>
Teneva lo sguardo basso, attorcigliandosi nervosamente le dita.
<< Ma ho quasi rischiato di rompere i denti a quel ragazzo poco fa e mi sono imposto, con violenza, di dare una svolta alla situazione >>
Io continuavo a fissargli rapita le labbra.
Mi sentivo completamente stregata, come se fossi vittima di un sortilegio potentissimo.
Spostai lo sguardo sui suoi occhi e quello fu il colpo di grazia.
Erano di una bellezza celestiale, un'azzurro così intenso e limpido da ipnotizzarmi, avevano sempre lo stesso effetto su di me, quasi come se li stessi vedendo per la prima volta quando in realtà ne conoscevo a memoria ogni sfumatura.
Luca si avvicinò impercettibilmente e avvolse la sua mano nella mia.
<< Tu mi piaci Nicole >>
Boom. Ed eccola la bomba nucleare.
Iniziai a sentire un fastidioso ronzio in testa, la gola divenne secca, la salivazione assente e il cuore sembrava volesse uscirmi fuori dal petto. Serrai convulsamente le mani trovandole completamente fradice.
<< Mi piaci praticamente da sempre, ma non sapevo come avresti reagito, non volevo rovinare tutto e quindi ho preferito non dirti niente >>
Avvertii il sangue arrivare al cervello e potei indistintamente sentire le guance imporporarsi.
Distolsi lo sguardo imbrarazzata.
Luca posò l'indice sotto il mio mento obbligandomi a puntare gli occhi nei suoi, aveva un timido sorriso dipinto sul volto.
Iniziai a pensare a come comportarmi, a quello che dovevo dire, a come avrei risposto, avrebbe pensato che fossi una completa imbranata? Si aspettava qualcosa da me? Dovevo abbracciarlo? Sorridergli forse? Avevo mille domande in testa e nessuna risposta plausibile.
Ma poi accadde qualcosa, il ragazzo che avevo di fronte si avvicinò ancora di più, mi accarezzò debolmente i capelli con entrambe le mani e senza mai distogliere lo sguardo dal mio mi baciò.
All'improvviso, non ricordavo più quello a cui stavo pensando.
 

Fortunatamente le ultime due ore arrivarono in fretta, il povero professor Mancuso era in malattia, pertanto niente lezione di fisica per un mese circa.
China sul mio banco tracciavo linee senza senso sul mio quaderno.
Il mio cervello era letteralmente in tilt.
Emma, Marco e Thomas stavano simulando una partita di poker clandestina.
<< Smetti di tenere il broncio e vieni a giocare con noi! >> mi incitò Marco
<< Come sei melodrammatica Niki, tutto sommato è andata bene! >> continuò Emma sorridendo, senza staccare gli occhi dalle carte.
Scossi la testa << sarebbe potuta andare peggio! >> li incalzai << avrei voluto vedere voi! E tu che hai da sghignazzare? >> dissi lanciando la mia gomma contro la testa di Thomas.
<< Ti ha dato otto. Otto. Se avessi sostenuto io la tua stessa interrogazione lo sai cosa mi avrebbe detto? >> domandò ed incrinò il tono di voce per renderlo più simile a quello della professoressa << “ Tavelli, non è stato del tutto esauriente, ma lei è un ragazzo capace, migliorerà!” - Questo ovviamente dopo avermi rifilato un bel sette meno!>> concluse stizzito.
Guardai prima Emma e poi Marco, tantando con tutte le mie forze di trattenermi dal ridergli in faccia, notai che anche loro stavano cercando di darsi un contegno, sfortunatamente per lui dopo neanche trenta secondi scoppiammo tutti in una fragorosa risata.
Thomas, suscettibile com’era, incrociò le braccia sul petto assumendo un cipiglio imbronciato.
<< Non fraintendermi Tom >> cercai di dire con le lacrime agli occhi << ma anche mio fratello riuscirebbe a prendere più di te! >>
Marco ed Emma continuarono a ridere sguaiatamente.
Thomas s’imbronciò ancora di più, limitandosi a scuotere la testa contrariato.
Quella mattina c’era qualcosa di strano in lui.
<< Vado a farmi un giro >> disse infine.
Guardai Emma interrogativa e lei, come se avesse capito la mia domanda silenziosa, alzò incerta le spalle. Lanciai allora uno sguardo verso di Marco, intento a mescolare il mazzo di carte.
<< Ma che ha oggi tuo cugino? >> chiesi sporgendomi verso di lui e sventolandogli una mano davanti il volto per attirare la sua attenzione.
<< Chi? >> rispose stralunato
<< Come chi? Thomas, mi sembra strano >> dissi dando voce ai miei pensieri.
Marco si accigliò, segno lampante del fatto che non avesse notato nulla.
Non mi diedi per vinta, lo cercai con lo sguardo trovandolo appoggiato sull'ala destra della porta.
Lo raggiunsi velocemente.
 << Tutto bene? >> domandai, dandogli un colpetto sulla spalla.
Abbassò lo sguardo centrando i miei occhi << si, perché? >> portò entrambe le mani nelle tasche dei suoi jeans scuri e si rivolse completamente verso di me.
<< Sei strano >> sputai la verità senza giri di parole.
Thomas esitò con lo sguardo << tutto bene >> disse poi meccanicamente.
<< Sei sicuro? >> con la mano sinistra afferrai il suo braccio che liberai di scatto qualche secondo dopo quando sentii una scossa elettrica percorrermi la schiena.
<< Sicuro >> abbassò lo sguardo << torno a posto >> aggiunse dopo e si allontanò.
Il suo comportamento scostante mi convinse che dovesse essere turbato per qualcosa, Thomas non era assolutamente così - o per lo meno - non nei miei riguardi.
L’osservai accomodarsi al suo posto e scherzare con Emma prima di iniziare a sfogliare distrattamente il libro di testo poggiato sul suo banco.
Mi morsi il labbro inferiore e tornai anch’io a sedermi, evidentemente i suoi problemi comparivano solo quando io ero nelle vicinanze.
<< Allora? >> chiese Emma quando le fui vicino << hai scoperto perché è così strano? >>
Alzai le spalle, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio << sembra che stamane non gli vada molto a genio >> risposi seccata e le lanciai un’occhiata.
La vidi corrucciare la fronte e grattarsi le tempie.
<< Impossibile >> disse semplicemente
Non ebbi il tempo di rispondere perché qualcuno bussò alla porta della nostra classe, entrando subito dopo.
<< Ragazzi buongiorno >> ci salutò il nostro vicepreside, un omino sulla cinquantina, folti baffi e capelli corti brizzolati << ho una bellissima notizia >> disse con tono euforico << quest'anno il viaggio d'istruzione sarà a Londra >>
Mi voltai sistematicamente verso la mia compagna di banco, trovandola ad agitare le mani entusiasta verso di me.
Sbarrai gli occhi e dilatai lo sguardo.
<< Londra Niki, Londra! >> ripeté stralunata
Impossibile.
Amavo Londra immensamente, era sempre stato il mio sogno andarci.
Molti la consideravano solo una città fredda ed asettica, per me rappresentava ben altro.
Afferrai la mano della mia migliore amica e rivolgendole un sorriso raggiante la strinsi forte << Londra! >> cantilenai.
Un sogno divenuto realtà.
Mi girai verso Marco e Thomas intenti anche loro a discutere della notizia che avevamo appena ricevuto.
<< Ma ci pensate? >> la voce di Marco era di un ottava più alta del solito.
Evidentemente la notizia eccitava molto anche lui.
Curiosa di osservare la reazione di Tom puntai gli occhi su di lui e i nostri sguardi s’incrociarono.
Poggiai i gomiti sul suo banco << hai sentito? >> dissi accennando un lieve sorriso.
Lui mi sorrise a sua volta e si avvicinò a me.
<< Non è la tua città preferita? >> domandò pur conoscendo già la risposta
Ricordo che un giorno l’avevo torturato per un’ora intera raccontandogli i motivi che mi spingevano ad amare quella città.
Non poteva non ricordarsene.
Allargai il sorriso ancora di più e mi soffermai ad osservarlo.
L'aria cupa di qualche minuto prima era sparita ed aveva iniziato a giocherellare - insolente come sempre - con una ciocca dei miei capelli.
<< Va meglio? >> diedi voce ai miei pensieri pentendomene subito dopo.
Thomas arricciò il naso, abbassò e rialzò lo sguardo due volte.

' Maledetta la mia boccaccia.'
 
Proprio quanto pensavo di aver combinato un casino Tom mi stupì sfoderando un timido sorriso.
<< Meglio >> rispose semplicemente ed io decisi di credergli.
Lanciandogli un’ultima occhiata tornai a prestare attenzione ad Emma che nel frattempo aveva già iniziato a progettare la vacanza stilando su un foglio – stracciato in malo modo da uno dei suoi quaderni – una lista di cose che avremmo dovuto portarci dietro.
Il viaggio a Londra sarebbe senz’altro stato indimenticabile.



Febbraio 2011
<< Quindi com'è? >> mi domandò Emma per la milionesima volta.
Smisi di svolgere l'esercizio di fisica e mi girai a fissarla << di chi parli? >>
Emma sbuffò sonoramente << Come di chi? Di Luca! >> rispose con ovvietà.
Poggiai la penna sul quaderno e le sorrisi complice << te l'ho detto, è un ragazzo simpatico e quando siamo insieme mi riempie di attenzioni >> le confidai imbarazzata.
Qualcuno di schiarì la voce seccato.
<< Non per fare il guastafeste, ma domani avremmo una verifica di fisica e l'accordo era di studiare, non di fare le pettegole! >> ci interruppe Thomas.
Eravamo da Marco, chini sui libri da circa un'ora.
Studiare insieme prima di un'interrogazione o di un compito in classe era diventato ormai un'abitudine. Ci ritrovavamo a turno a casa di uno di noi, passando qualche ora a studiare per poi finire a guardare un film, giocare a carte, spettegolare su qualcuno o fare qualsiasi altra cosa che non includesse le attività didattiche.
<< Taci, è una questione di vitale importanza! >> lo ammonì Emma
Marco continuava a tenere la testa sul quaderno.
<< Non lo metto in dubbio, ma da quando abbiamo iniziato non hai parlato di altro! >> puntualizzò, dando una gomitata al suo compagno << avanti dillo anche tu >>
Marco fece un vago cenno con la testa senza mai alzare lo sguardo.
Emma alzò gli occhi al cielo spazientita ed ignorandolo completamente versò un goccio di thè alla pesca nel suo bicchiere << quanto anni hai detto che ha? >> domandò
<< Diciotto , è due anni più grande di noi >> le feci cenno di versarne un po' anche nel mio.
<< Si può sapere di chi state parlando? >> s'intromise nuovamente Thomas
<< Del ragazzo di Niki >> disse Emma
Thomas ci guardò accigliato << mi state dicendo che Nicole ha trovato un Santo disposto ad andarle dietro? >>
Gli scoccai un'occhiata truce << non fa ridere deficiente! >>
<< Stavo solo puntualizzando l'ovvio >> rimbeccò sorridendo << volete una fetta di crostata? >> e così dicendo afferrò un pezzo di dolce che Daria, la mamma di Marco, aveva preparato qualche ora prima.
<< Si >> Emma tese la mano impaziente
<< Si dice per piacere >> la corresse
<< Si dice muoviti oppure ti caccio fuori di casa a calci! >> 
<< Ma questa non è casa tua >> puntualizzò ghignando
<< Non è un problema >>
<< Morirai zitella sappilo >>
<< Dopo di te, naturalmente >> prontamente sottrasse il pezzo di torta di Thomas addentandolo ingorda.
<< Come avete detto che si chiama? >> chiese Marco di tutto punto.
Da qualche minuto aveva chiuso il suo quaderno osservando quella piccola scenetta esilarante.
<< Chi? >> domandò l'amico, mentre afferrava una nuova fetta di crostata.
<< Il tuo ragazzo >> disse rivolgendosi verso di me e chiedendomi con un gesto della mano di passargli la bottiglia di acqua che avevo vicino.
<< Luca >> risposi porgendogliela rapida
<< Me lo devi presentare >> affermò categorica Emma
Gli esercizi di fisica erano ormai un lontano ricordo.
<< Stiamo insieme da tre mesi, voglio andarci con i piedi di piombo >> le confidai sincera
<< Non lo devi mica fare conoscere ai tuoi genitori >> ribatté Marco
<< E poi dobbiamo accertarci che sia sano di mente >> s'intromise Thomas << sai, per stare con una come te.. >> lasciò di proposito la frase a metà sorridendo furbamente.
<< Dacci un taglio scemo >> lanciai un'occhiata ad Emma << che dite, lo finiamo questo benedetto esercizio? >>
La mia migliore amica mi fece una linguaccia e chinò la testa sul quaderno.
<< Facciamo prima una preghiera per questo Luca >> Thomas finse di schiarirsi la voce, unì le mani e rivolse lo sguardo verso il cielo << Signore illumina il suo cammino e proteggilo sempre, perchè non sa quello che fa >> ingiunse serio.
<< Idiota >> appallottolai un tovagliolo e glielo lanciai addosso
<< Scema >> lo raccolse, gettandolo di nuovo verso di me
<< Scimmione >>
<< Rimaniamo in famiglia allora, piccola Moncky >> mi rimbeccò sogghignando ed iniziò a lanciarmi tutte le briciole vicino a lui, seguito a ruota da Emma e Marco.
<< Vi odio, sappiatelo! >> risposi con le stesse loro armi, dando così' inizio una vera e propria battaglia.
 
 
 



 
Quando ti viene l’occasione di cosa tu desideri,
pigliala senza perdere tempo;
perché le cose del mondo sì variano tanto spesso
che non si può dire d’avere la cosa
insino non l’hai in mano.
 





 
 
 
Aggiornamento lampo del sesto capitolo! Ho deciso, visto l'incredibile ritardo di pubblicare subito il seguito! Qui roviamo un Tom leggermente diverso da come lo abbiamo conosciuto e una Niki che risente del suo comportamento! Orbene, presto i nostri beniamini partiranno per questa vacanza e credo che ne vedremo delle belle!!  Spero di avervi fatto contenti, a presto!
Ovviamente aspetto come sempre il vostro parere!
Un bacione!!! <3


* AGGIORNAMENTO DEL 07/02/2017: 
Per tutti quelli che sono finiti per caso a leggere questa storia e per quelli che invece lo hanno già fatto, rendendomi la ragazza più felice sulla faccia della terra, volevo precisare alcune cose: ho iniziato di recente ad effettuare delle modifiche sulla storia, fondamentalmente la trama orizzontale non ha effettuato modifiche ma ho deciso di inserire alcuni passaggi, ti toglierne altri, di spostare dei pezzi di capitoli da una parte ad un altra in base alle esigenze della storia, pertanto è possibile che la disposizione temporale di alcune scene subiranno delle variazioni, saranno inserite scene completamente nuove, flashback, dialoghi e probabilmente aggiungerò qualche capitolo intermedio. Una rilevante ristrutturazione insomma, nella speranza di rendere questo racconto migliore e più interessante.
Continuerò a postare questa piccola nota in tutti gli altri capitoli insieme all'umile richiesta di farmi sapere le vostre opinioni in merito.
Un abbraccio,
ORIHIME <3

 

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Capitolo 8
*** Nelle grandi cose gli uomini si mostrano come conviene loro di mostrarsi, nelle piccole, si mostrano quali sono realmente ***


Capita che sfiori la vita di qualcuno,
ti innamori e decidi che la cosa più importante
è toccarlo, viverlo,
convivere le malinconie e le inquietudini,
arrivare a riconoscersi nello sguardo dell’altro,
sentire che non ne puoi più fare a meno.



 
 
 
<< Te lo puoi scordare signorina! >>  strilla mia madre non appena – una settimana dopo - la parola Londra esce dalla mia bocca.
Il mestolo ancora in mano, un grembiule color senape legato in malo modo e gli occhi color pece fissi nei miei.
<< Ma sono solo cinque giorni! >> lagno esasperata
In genere, allontanarsi dal tetto familiare per un lasso di tempo superiore alle ventiquattro ore era una dei divieti assoluti di casa Castellani.
Infrangere una qualsiasi di queste inflessibili regole voleva dire andare in contro ad una catastrofe naturale che si sarebbe senz’altro trasformata in morte certa se la lontananza da casa fosse stata causata da una gita scolastica, scampagnata o viaggio supportato da mezzi di trasporto quali: pullman, autovetture pilotate da estranei e ancor peggio aeroplani.
Mia mamma aveva una leggera avversione per tutto quello che - a suo parere - poteva costituire un pericolo.
Ricordo bene che in prima media si rifiutò categoricamente di farmi partecipare ad una gita allo zoo perché con il novantanove percento delle probabilità una vipera mi avrebbe avvelenato o - nel peggiore dei casi - un leone sarebbe potuto scappare dalla sua gabbia e staccarmi la testa a morsi.
<< Sono ben centoventi ore lontana da casa Nicole >> continuò lei sbarrando gli occhi sinceramente sconvolta dalla sua considerazione.
Avevo appena infranto una delle sue leggi divine.
<< Si ma guarda il lato positivo, tua figlia visiterà una città nuova >> incalzai forzando un sorriso poco convincente.
<< E come ci arriveresti? >> chiese con tono allarmato e stridulo.
Deglutii terrorizzata. 
<< In aereo? >> sussurrai sperando che non capisse.
<< Cosa hai detto scusa? >> l’intensità della sua voce era quattro volte il normale, mani furiosamente appoggiate sulla testa, respiro accelerato e bocca spalancata.
 
' Non ho speranze '
 
Le andai incontro prendendole una mano.
<< Mamma >> tentai << ti prego, è il primo favore che ti chiedo in tutti questi anni, sono solo cinque giorni! Per favore, promettimi almeno che ne parlerai con papà! >> e con veemenza le strinsi la mano che avevo afferrato poco prima.
<< Ti prego >> continuai a guardarla negli occhi che vidi addolcirsi leggermente.
Conoscevo bene il profondo amore che mia madre nutriva verso di me e mio fratello, sarebbe andata contro tutto e tutto se solo ce ne fosse stato bisogno.
Era questo stesso amore e questo forte senso di protezione che la facevano diventare così apprensiva e possessiva.
Apprezzavo questa parte del suo carattere, sebbene non gliene avessi mai fatto parola.
Amavo profondamente avere una famiglia così unita, adoravo avere mio fratello tra i piedi, mi piaceva da matti sentire le scaramucce tra i miei e mi divertiva tantissimo vederli fare pace qualche secondo dopo.
Avevo imparato a convivere con il grande senso di protezione di mia madre, ma Londra era il mio desiderio più grande, il mio sogno nel cassetto e non ero disposta a rinunciarci tanto facilmente.
<< Me lo prometti? >> continuai addolcendo il tono di voce.
Potevo già immaginarmi la battaglia interiore che si era innescata dentro di lei.
Mamma Giulia non rispose, si limitò semplicemente a farmi un piccolissimo cenno della testa carezzandomi i capelli.
Annui speranzosa, le diedi un fugace bacio sulla guancia e feci per andarmene.
<< Tra poco vado da Emma, studiamo da lei oggi pomeriggio >> l’avvisai
Sebbene non avevo ricevuto una risposta positiva da quel confronto non riuscivo ad essere pessimista, la mia mente camminava già lungo Oxford Street.
<< Non fare tardi, per l’ora di cena ti voglio a casa! Capito Nicole? >> disse mia madre con tono amorevole.
Continuai a guardarla da lontano e dallo sguardo che mi rivolse capii che alla fine per amor mio sarebbe anche andata contro le sue paure. Per questo – e molto altro - non potei che amarla ancor di più.
<< Va bene mamma >> risposi prima di rinchiudermi in camera e poggiarmi sul letto.
Afferrai il telefono e trovai un messaggio di testo da parte di Thomas:
 
“Passo a prenderti con il mio bolide a due ruote. 15.30 sotto casa tua e non farmi aspettare altrimenti ti lascio a piedi.”
 
Scossi la testa sorridendo, era incorreggibile.
 
 
Marzo 2011
Stringevo tranquilla la mano di Luca guardandomi intorno.
Avevamo appena raggiunto il Piper, il famoso chioschetto, cercando con gli occhi i miei amici.
Quella sera avevamo appuntamento con Emma e gli altri.
Da quando avevo raccontato loro di Luca non avevano fatto altro che parlare di lui, Thomas ribadiva ogni giorno la necessità primaria di controllare che non gli spuntassero le antenne, perché - secondo lui - era certamente un alieno sotto copertura.
L'aria primaverile mi aveva spinta ad indossare un vestitino floreale che arrivava sino alle caviglie, avevo messo un paio di espadrillas nere e legato i capelli in una coda scomposta.
<< Eccoli >> dissi quando intravidi i miei amici seduti vicino un tavolino infondo alla strada.
Giovanni, il proprietario, non voleva saperne di aggiungere qualche tavolo in più.
Il suo chioschetto era sempre pieno di gente ed i posti a sedere troppo pochi per poterli accogliere tutti, ma le persone parevano non curarsene, sostavano meste sul tratto di strada lungo la quale si diramava la piccola struttura in legno, chiacchieravano allegre facendosi cullare dalla musica di sottofondo che accompagnava ogni serata.
Emma, che stava sorseggiando tranquilla quello che doveva essere un bicchiere fresco di thè alla pesca, alzò una mano verso di noi facendo cenno di avvicinarci.
<< Sei nervoso? >> domandai al mio ragazzo mentre avanzavamo verso di loro.
<< No, in genere piaccio a tutti >> rispose baciando il dorso della mia mano intrecciata alla sua.
<< Presuntuoso >> lo canzonai
<< Preferisco definirmi sicuro di me >> mi corresse
<< Presuntuoso >> ripetei lasciandomi sfuggire un sorriso
<< Ovviamente la puntualità è una prerogativa che fa parte del tuo universo >>
Lanciai un'occhiata verso Thomas facendogli una linguaccia << lui è il fenomeno da baraccone del gruppo >> spiegai a Luca.
Thomas sollevò gli occhi verso il cielo scuotendo la testa e manifestando tutto il dissenso << le mie condoglianze >> disse rivolto verso il mio ragazzo, allungò la mano verso di lui stringendogliela con vigore.
Luca accennò un sorriso ricambiando la stretta , rivolgendosi poi verso il resto dei miei amici << piacere di conoscervi, sono Luca >>
<< Piacere nostro >> disse la mia migliore amica, posò il bicchiere di vetro e si spostò leggermente mentre noi prendevamo posto intorno al tavolo << io sono Emma, lui è Marco >> riferì indicando il ragazzo occhialuto accanto a lei << e Thomas hai già avuto la sfortuna di conoscerlo >> concluse indicando il ragazzo dagli occhi verdi, intento nel frattempo a fare segno alla ragazza delle ordinazioni di avvinarsi a noi.
<< Mangiamo qualcosa? >> propose poi
<< Si, perché no >> rispose Luca,  si girò verso di me poggiandomi una mano sul ginocchio << hai fame? >>
Feci un cenno affermativo con la testa, sapendo esattamente cosa prendere senza il bisogno di consultare il menù.
<< Un giorno di questi Giovanni ti citerà in giudizio per esaurimento premeditato di scorte >> constatò Thomas leggendomi nel pensiero.
Gli lanciai uno sguardo d'intesa e trattenni un risolino << esagerato >>
Emma scosse la testa divertita << ma vuoi due non la smettete mai? >>
<< Non è colpa mia se è un caso disperato >> le risposi ovvia
Vidi Luca guardarmi accigliato, dovevamo sembrargli impazziti.
<< Questo scemo >> iniziai a raccontare << sta insinuando che tendo ad ordinare sempre la stessa cosa ogni volta che veniamo qui >>
<< E non è vero? >> domandò Luca
<< Si che lo è >> s'intromise Thomas sconcertato
<< No che non lo è >> lo corressi
<< Cosa vi porto ragazzi? >> chiese nel frattempo Camilla, la cameriera.
Aveva appena servito il tavolo vicino al nostro ed estraendo dal grembiule il  palmare elettronico si era avvicinata.
Marco e Thomas si lanciarono un'occhiata << per noi due trancio di pizza, quella con il gorgonzola ed i funghi >> disse Marco
<< Io prendo una bruschetta al pomodoro e una bottiglietta d'acqua >> riferì Emma chiudendo il menù.
<< Un trancio di pizza anche per me >> concordò Luca, poi si volse verso di me << amore, tu cosa prendi? >>
Mi morsi distrattamente il labbro.
<< Due polpette di riso ed una lattina di coca-cola, grazie >>
Thomas sbattè con foga una mano sul tavolo.
<< Ah! Sei troppo prevedibile >> mi canzonò sorridendo
<< E tu sei petulante >> puntualizzai rivolgendogli un'occhiataccia
<< Abitudinaria >>
<< Pagliaccio >>
<< Nevrotica >>
<< Cerebroleso >>
<< Dateci un taglio tutte e due >> proruppe Emma esasperta
Thomas per tutta risposta mi fece una linguaccia e si rivolse verso Marco.
<< Sei sicura che non ti sopporta? >> sussurrò diffidente Luca prima di intrecciare la sua mano alla mia.
<< Non è evidente? >> risposi depositandogli un bacio a fior di labbra.
Sollevò scettico un sopracciglio << non proprio >>.
 
 
Lanciai uno sguardo sull’orologio digitale del mio cellulare, segnava le 14.28, avevo poco più di un’ora per prepararmi.
Sospirai rassegnata sapendo – ancor prima di iniziare – che non ci sarei mai riuscita.
Balzai dal letto in un battibaleno, avrei dovuto superare me stessa se non volevo sorbirmi le lamentele di Thomas che - con molta probabilità – mi avrebbe rinfacciato il ritardo per il resto della vita.
Contrariamente alle mie aspettative alle 14.13 in punto avevo terminato di infilarmi il giubbotto.
Potevo essere fiera di me, se lo avessi detto a Luca sicuramente non ci avrebbe creduto. Come se mi avesse letto nel pensiero il display del mio telefono s’illuminò, riportando il nome del mio ragazzo tra le chiamate entranti.
Esitai qualche istante prima di rispondere.
Se ci avessi parlato non avrei resistito a raccontargli di Londra, avrei sputato il rospo nel giro di neanche venti secondi finendo poi col litigare, e litigare con lui era l’ultima cosa che volevo.
Non avrebbe mai approvato questo viaggio, non perché non avesse fiducia in me, ma per il semplice fatto che avere un oceano di distanza tra di noi non era certo facile, una distanza troppo grande da essere colmata solo con il suono della sua voce, una distanza che lo rendeva impotente qualora avessi avuto bisogno di lui, una distanza che lo avrebbe fatto stare male, così male da chiedermi di non andare, di rimanere con lui.
E cosa avrei fatto allora io?
Chi avrei scelto?
Londra era il mio più grande sogno, sin da bambina.
Andarci avrebbe significato tanto per me, ma era pur sempre una città, sarebbe rimasta sempre lì, avrei potuto visitarla in ogni istante, in ogni momento, magari anche con lui. Forse non era semplicemente il momento giusto, forse al momento c’era qualcosa di più importante; c’era Luca, c’era il suo amore per me e la sofferenza che gli avrei senz’altro arrecato partendo, perché ero assolutamente certa che alla fine mi avrebbe lasciata andare, alla fine per amor mio avrebbe accettato, avrebbe anteposto me a tutte le sue remore, avrebbe accantonato tutte le sue paure, alla fine lui avrebbe scelto me ed io lui.
 
 
Luglio 2011
Camminavamo ormai da qualche minuto, avevo gli occhi bendati, le mani tese in avanti ed il respiro di Luca mi solleticava l'orecchio destro.
Mi aveva aiutata a togliere le scarpe quale istante prima ed i piedi nudi mi fecero intuire di essere in spiaggia.
<< Dove mi stai portando? >>
Quel giorno, una calda domenica d'estate, Luca si era presentato sotto casa, mi aveva fatta salire sulla sua auto, senza proferire parola mi aveva bendata ed aveva guidato per circa un'ora.
<< Siamo quasi arrivati >> il suo petto perfettamente incastrato contro la mia schiena e le mani ancorate sui miei fianchi mi scortavano gentilmente verso la destinazione ancora ignota.
<< Siamo in spiaggia >> cantilenai inclinando leggermente la testa e continuando a camminare, sentivo sottilissimi granelli si sabbia solleticarmi i piedi.
<< Molto acuta >> si prese gioco di me lasciandomi un bacio fugace sulla testa.
Si arrestò poco dopo, liberò i miei fianchi dalla sua presa ed iniziò ad armeggiare con la benda, togliendola lentamente.
Sbattei leggermente le palpebre, il sole stava tramontando e qualche fascio di luce rossa mi fece impiegare qualche secondo di troppo a focalizzare quello che mi si parava davanti.
Luca si era allontanato leggermente, mi fissava sornione con le mani incrociate e gli occhiali da sole sollevati sulla testa. Portava un paio di pinocchietti grigi che avevamo comprato insieme qualche settimana prima ed una canotta bianca sgualcita, ai suoi piedi un enorme lenzuolo bianco era completamente ricoperto di petali rossi e dei miei cioccolatini preferiti; al centro c'era un cesto in vimini pieno zeppo di leccornie, a lato, circondata da rose rosse troneggiava una scatoletta nera con un fiocco della stessa tonalità delle rose.
Rimasi imbambolata a fissare quello spettacolo per qualche secondo, sentivo il cuore in gola e un sorriso spontaneo si dipinse sul mio volto, avanzai verso Luca afferrandogli delicatamente il polso della mano destra.
<< Ti piace? >> domandò
Feci un cenno di assenso con la testa ed appoggiai il capo sul suo petto.
<< E' bellissimo >> sussurrai
<< Vieni >> Luca indietreggiò leggermente, mi cinse le spalle con il suo braccio e mi guidò verso quel lenzuolo di petali.
Ci sedemmo l'uno vicino all'altro, incrociai le gambe riprendendo a fissare quella scatoletta nera che aveva catturato la mia attenzione.
Luca seguì il mio sguardo e sorrise.
<< Aprila >> disse poi, facendo un leggero cenno nella sua direzione.
Tornai a guardarlo emozionata ed afferrai il piccolo pacchettino, lo fissai per qualche secondo prima di aprirlo impacciata. Sfilai con delicatezza il piccolo fiocco, su cui c'era intrecciata una minuscola spiga, ed aprii lentamente la scatola.
Al suo interno era riposta una sottile catenina d'argento con un piccolo ciondolo a forma di cuore. L'osservai rapita per un'altra manciata di secondi, cogliendone tutti i particolari: un lato del cuore era completamente ricoperto da luminosi swarovski argentati, mentre l'altro presentava una superficie completamente liscia al cui centro era incastonato un piccolissimo rubino che splendeva come il sole.
Rimasi senza fiato.
<< E' bellissima >> dissi fissando rapita la collana
Luca si avvicinò, depositando tanti piccoli baci sulla mia spalla << lo hai già detto >>  rispose ridendo.
Allargò le gambe e delicatamente mi spinse verso di lui, facendo aderire la mia schiena contro il suo petto, mi circondò i fianchi in un abbraccio ed incastrò il suo viso tra il mio collo e la spalla destra, scostai automaticamente i capelli dall'altro lato per evitare che gli dessero fastidio.
<< Grazie >> gli carezzai il ciuffo di capelli biondi << sono senza parole >>
<< Sono stato davvero un fenomeno allora >> scherzò lui
<< Direi di si >> acconsentii e sollevai la collana dal cuscinetto, chiudendola tra le mani.
Chiusi gli occhi facendomi cullare dal rumore della leggera brezza marina.
Luca sapeva sempre come sorprendermi, aveva imparato a conoscere ogni dettaglio di me. Era consapevole del debole che avessi per il mare - nonostante lui non ne fosse propriamente attratto - da quando stavamo insieme trovava sempre modi diversi per strapparmi un sorriso, non c'era mese in cui non mi regalasse una rosa rossa - il mio fiore preferito -, si rifiutava categoricamente di farmi pagare una cena, conosceva a memoria le canzoni del mio cantante preferito, aveva persino comprato tutti i suoi dischi e li aveva riposti ordinatamente in auto, essendo al corrente della mia mania di ascoltare musica durante i viaggi in macchina.
<< Ci sarebbe un'altra cosa >> disse poi interrompendo il mio flusso di pensieri << ma non vorrei giocarmi la ragazza, sai.. >> fece una breve pausa tattica << mi hanno detto che è facilmente suggestionabile >>
Mi lasciai sfuggire un sorriso << sono tutta orecchie >> ruotai leggermente la testa verso di lui per poterlo osservare meglio.
Luca inclinò leggermente il capo aprendosi in un sorriso bellissimo, abbassò lo sguardo per qualche secondo e quando lo rialzò notai nei suoi occhi una scintilla diversa dal solito, un'espressione del tutto nuova.
<< Quella sera, in quel locale, mi sei piaciuta subito, avevi uno sguardo fiero ed ho pensato che per convincerti a darmi una possibilità avrei dovuto faticare parecchio, ma invece dovevi aver visto qualcosa in me perché dopo qualche minuto mi hai sorriso e mi sei piaciuta ancora di più. Ho tantissimi difetti, sono un maniaco dell'ordine pazzesco, sono irascibile, molto, eccessivamente geloso, autoritario e dispotico, non mi piacciono le feste, sono un tipo solitario e preferirei cento volte stare a casa a guardare un film e mangiare popcorn piuttosto che uscire ed articolare un balletto ridicolo ascoltando musica che rischia di perforarmi i timpani, ma nonostante questo e molto altro sei qui e ti amo Niki >>
Avevo ascoltato ogni singola parola attentamente ed in religioso silenzio, pensai addirittura di essermi dimenticata come si facesse a respirare, continuavo ad accarezzargli i capelli ma il resto del corpo sembrava non rispondere più ai miei comandi.
Mano a mano che andava avanti con il suo discorso iniziavo ad intuire la sincerità delle sue parole e poi boom, erano arrivate, inaspettate e dispettose, due piccole paroline, cinque lettere, gli erano scivolate fuori con una naturalezza disarmante ed io non riuscii a fare altro che guardarlo dritto negli occhi e sorridergli.
<< Ti amo anche io >> ed era vero.
 
 
<< Amore >> la voce calda di Luca fece capolino dal ricevitore telefonico.
<< Ehi >> sorrisi automaticamente
Mi era mancato, nonostante non lo sentissi da sole tre ore.
<< Cosa stavi facendo? >> domandò curioso
<< Ho appena finito di prepararmi, vado da Emma >> risposi, il tono di voce troppo ilare e contento per una persona che doveva andare a rinchiudersi a casa della sua migliore amica a studiare.
<< Come mai così contenta? >> ovviamente a Luca non sfuggiva mai nulla.
 << Il vicepreside ci ha comunicato che la nostra classe andrà a Londra per il viaggio di istruzione >>
<< Quando? >> il suo tono di voce era calmo e pacato
<< Tra qualche mese, non ricordo la data esatta, ero troppo emozionata quando ce l'hanno comunicato! Ma ci pensi? Londra! >> nuovamente, avevo iniziato a sognare ad occhi aperti.
Non potevo ancora crederci, mi sembrava tutto così surreale, ad elettrizzarmi ancora di più c’era il fatto che, al contrario di quanto mi aspettassi, Luca si stava dimostrando inverosimilmente comprensivo.
 
' Io non canterei vittoria così presto se fossi in te ' – mi rimbecco la vocina interiore che ignorai beatamente.
 
Forse mi ero sbagliata, sapeva quanto ci tenessi a fare questo viaggio e forse, anche lui così come mia madre, stava provando ad andare contro tutte le sue preoccupazioni per amor mio.
Il solo pensiero me lo fece amare di più e fece sentire me in colpa per aver dubitato di lui.
<< Ne sono sicuro, fatti portare una cartolina >> rispose con la stessa voce impassibile che lo aveva contraddistinto per tutta la conversazione.
Quell'affermazione fu peggio di una doccia fredda.
 
' Te l'avevo detto ' – mi riprese dispettosa la vocina
 
Corrucciai la fronte e d’istinto sollevai entrambe le sopracciglia.
<< Come? >> chiesi titubante
<< Ho detto che dovresti chiedere ad Emma di portarti una cartolina >> lo stesso tono che poco prima avevo ammirato iniziò ad infastidirmi e pian piano tutti i tasselli del puzzle iniziarono ad incastrarsi nella loro legittima posizione.
D'improvviso tutto mi fù più chiaro.
Era così calmo non perché avesse capito o perché volesse esaudire il mio desiderio ma per il motivo esattamente opposto. Nel momento esatto - nel preciso istante - in cui gli avevo confessato del viaggio a Londra lui aveva già deciso che non ci sarei andata.
Aveva scelto senza tenermi in considerazione.
Aveva scelto infischiandosene dei miei sentimenti e dei miei pensieri.
Aveva scelto senza esitazione, senza remora o riserva alcuna.
Aveva scelto se stesso e io mi sentii così stupida.
Percepii i miei occhi gonfiarsi di lacrime, lo stomaco contorcersi dalla delusione e una rabbia furibonda attraversarmi il petto.
Presi un lungo respiro e parlai senza neanche provare a darmi un contegno.
<< Non ci sarà bisogno di dirlo ad Emma, la prenderò io stessa quella stupida cartolina. Anzi sai che c'è? Te la farò spedire direttamente a casa! >> mi asciugai le lacrime con il polso della mano destra, probabilmente il mascara era colato via e dovevo avere un aspetto orribile ma in quel momento non me ne curai molto.
<< Come scusa? >> solo in quel momento la sua voce s'incrinò lievemente
<< Hai capito bene, non farmelo ripetere una seconda volta >> conclusi piccata
<< Tu non vai da nessuna parte! >> rispose d'impeto
Riuscivo ad immaginarmi alla perfezione la sua mascella contratta.
<< E invece ci vado Luca, non ti permettere di dirmi quello che devo fare! >> diedi voce ai miei pensieri senza più filtri, non riuscivo a razionalizzare il flusso di tutte quelle emozioni, ero troppo arrabbiata e delusa per farlo.
<< Non t’azzardare Niki altrimenti..>> urlò adirato
<< Altrimenti cosa? >> lo interruppi bruscamente << prenderai un’altra decisione senza interpellarmi? >> mi passai una mano sulla fronte iniziando a camminare freneticamente su e giù per la stanza << e la vuoi sapere un'altra cosa? >> ripresi a parlare senza dargli nemmeno il tempo di ribattere << avevo persino pensato di non andarci se solo me lo avessi chiesto, se solo mi avessi reso partecipe dei tuoi pensieri. Invece come al solito hai deciso per conto tuo della mia vita! Non sono un burattino a cui puoi muovere i fili a tuo piacimento! >> iniziai ad urlare anche io, sentendo di nuovo le lacrime annebbiarmi la vista.
<< Ti rendi conto che stai facendo una polemica per una stupida città? E’ un luogo come un altro, non capisco perché ti sei intestardita così, lo stai facendo per farmi un dispetto vero? >> gridò Luca di rimando, perdendo l'ultimo barlume di lucidità che aveva cercato di mantenere fino a quel momento.
Mi bloccai all'istante, quasi come se fossi stata trattenuta sgarbatamente da qualcuno.
<< Una stupida città? >> ansimai << una stupida città? >> ripetei poi retorica << ho sempre amato Londra, se mi avessi prestato anche un minimo di attenzione ti saresti ricordato di tutte quelle volte in cui te ne ho parlato! Ma ovviamente i miei discorsi sono troppo banali, queste conversazioni hanno troppo poco spessore per te vero? Penso sempre a cose futili, mi intestardisco sempre su un nonnulla e do importanza alle cose sbagliate, per non parlare del fatto che vedo e sento cose che non esistono è così? >> tremavo e, per quanto mi sforzassi, non riuscivo più a ritrovare la calma.
Mi sentivo troppo ferita nell'animo per farlo.
<< Ti stai comportando come una bambina di tre anni >> mi accusò seccato << stai facendo un dramma inutile, non succede niente se non ci vai >>
 
' Glielo dai tu un pugno oppure devo provvedere da sola? ' - domandò la mia vocina interiore.
 
Tirai un lungo respiro e chiusi gli occhi per una manciata di secondi.
Iniziavo a sentire una vera e profonda irritazione verso la sua voce, Luca non era affatto una di quelle persone che parlava per il gusto di farlo, lui era sempre convinto di tutte le sue argomentazioni.
Questa consapevolezza mi infastidì oltremodo.
<< Non è questo il punto, non sono arrabbiata per il viaggio, ma per quello che hai detto. Sono arrabbiata perché, come al solito, non sono stata tenuta in considerazione. Te lo ripeto per l'ennesima volta, se solo me l’avessi chiesto non ci sarei andata >> camminavo lungo il perimetro della stanza ignorando completamente le lacrime che avevano ripreso a solcarmi il volto.
<< Vuoi farmi credere che se ti avessi pregato di non andare mi avresti ascoltato? Mi stai dicendo che avresti preferito me ai tuoi amici? >> il tono troppo scettico per farmi credere -  anche solo per un millesimo di secondo - che il suo fosse un quesito sincero e non una domanda retorica.
Luca aveva già la sua stupida risposta - sbagliata - incastonata in mente.
<< Non voglio farti credere un bel niente e se mi conoscessi veramente lo sapresti anche tu, non posso credere che pensi questo di me. Io sceglierei te, sceglierei sempre te, ma evidentemente non sono stata in grado di fartelo capire in tutti questi anni! >> biascicai mortificata.
Avevo scommesso anima e corpo in un rapporto che – a quanto pare - faceva acqua da tutte le parti.
Avevo sempre cercato di essere presente, comprensiva e paziente, sopportando ogni cosa per lui. Avevo sempre cercato di fare del mio meglio e cosa ci avevo guadagnato alla fine? Niente, proprio un bel niente.
<< Non iniziare con il solito discorso Niki, sai benissimo anche tu che è una scusa, se fosse stato veramente come dici non l’avresti neanche chiesto! Ma per i tuoi amici saresti anche disposta ad allontanare me non è così? >> mi accusò rabbioso.
Parlava velocemente, nessuna traccia di esitazione nella voce.
Vomitava ogni parola come se le avesse gelosamente custodite per un tempo immemore, senza mai trovare il coraggio di spiattellarmele in faccia.
Questa consapevolezza mi ferì ancora di più.
<< Sono loro il tuo problema non è vero? >> proruppi << tu non vuoi che io vada con loro, la gelosia ti sta divorando dentro e hai inscenato tutto questo ridicolo teatrino per poterti nascondere dietro un dito. Mi domando come ti saltino in testa certe idee >> mi lasciai cadere in maniera scomposta su una sedia.
Esasperata dalla piega che aveva ormai preso la conversazione sperai con tutte le mie forze che Luca avesse semplicemente iniziato a dare i numeri e che quelle fossero semplicemente parole senza senso dettate dalla collera.
<< Immagino che quel tuo amico, il simpaticone, stia facendo i saldi di gioia in questo momento >> disse sarcastico
<< Lascia fuori Thomas da questa storia >> ringhiai, intuendo immediatamente dove volesse andare a parare.
<< Ma certo, perdonami non era mia intenzione offenderlo. Devo mandare una lettera al Papa per scusarmi? >> domandò pungente
<< Smettila di comportarti come un'idiota, è un mio amico e non ha mai fatto niente per meritarsi il tuo astio. Il fatto che tu non abbia fiducia in me non c'entra affatto con i miei amici >>
<< E sentiamo, che tipo di rapporto c'è tra voi due? >> domandò pungente
<< Luca spero sinceramente tu stia scherzando, se è così dimmelo subito perché non è affatto divertente >> iniziai a mordermi il labbro in maniera frenetica, avevo il cuore in gola e sentivo la testa martellarmi convulsamente.
<< Ho detto qualcosa che ti ha turbata forse? >> rispose con finta aria innocente.
Rimasi in silenzio per qualche secondo, con mille pensieri che mi vorticavano in testa.
<< Di cosa mi stai accusando esattamente? >>
<< Non fare la vittima >> disse, fin troppo padrone delle sue emozioni.
Portai una mano a massaggiarmi le tempie abbagliata da una considerazione che fino a quel momento avevo rifiutato di accettare.
Ogni sua domanda era stata intenzionale, Luca pensava realmente tutte quelle cose.
Fu una rivelazione difficile da sopportare, specialmente perchè nella situazione in cui mi trovavo non fui neanche in grado di formulare delle patetiche scuse per il suo atteggiamento, nessun ragionevole dubbio che mi permettesse di concedergli un’attenuante.
Non ci riuscivo o semplicemente non volevo riuscirci.
Non m’importava un bel niente del suo risentimento fuori luogo, delle sue gelosie, non m’importava neanche più se a parlare fosse stata la sua rabbia e non lui.
Non ero minimamente intenzionata a tollerare altro, non ero più disposta a capire se pensasse o meno tutte quelle cose, a trovare una giustificazione valida alle sue parole, non volevo neanche più ascoltare altro, perché se fossimo andati avanti avrebbe sicuramente detto di peggio e a quel punto la situazione ci sarebbe sfuggita di mano ed io non ero affatto pronta ad affrontarne le conseguenze.
La mia testa e anche il mio cuore non volevano smettere di urlarmi di porre fine a quell’assurdo dialogo.
Decisi di ascoltarli.
<< Vai al diavolo Luca. >> e senza attendere risposta chiusi la conversazione.
 





 
 
Nelle grandi cose gli uomini si mostrano
come conviene loro di mostrarsi,
nelle piccole, si mostrano quali sono realmente.
 








 
Ben ritrovati! :)
Innanzitutto chiedo scusa per il ritardo, la stesura della storia procede anche se a rilento, avevo terminato i capitolo già scritti mi occorre più tempo per i nuovi. Sto già iniziando a scrivere il successivo, anche se sono ancora alle prime due pagine; per questo a ine capitolo lo spoiler sarà assente. Dovrei comuqnue terminarlo entro martedì!
Spero che questo capitolo sia di vostro gradimenti, come sempre tutte le vostre opinioni sono ben accette!
Un abbraccio! ^-^


 * AGGIORNAMENTO DEL 07/02/2017: 
Per tutti quelli che sono finiti per caso a leggere questa storia e per quelli che invece lo hanno già fatto, rendendomi la ragazza più felice sulla faccia della terra, volevo precisare alcune cose: ho iniziato di recente ad effettuare delle modifiche sulla storia, fondamentalmente la trama orizzontale non ha effettuato modifiche ma ho deciso di inserire alcuni passaggi, ti toglierne altri, di spostare dei pezzi di capitoli da una parte ad un altra in base alle esigenze della storia, pertanto è possibile che la disposizione temporale di alcune scene subiranno delle variazioni, saranno inserite scene completamente nuove, flashback, dialoghi e probabilmente aggiungerò qualche capitolo intermedio. Una rilevante ristrutturazione insomma, nella speranza di rendere questo racconto migliore e più interessante.
Continuerò a postare questa piccola nota in tutti gli altri capitoli insieme all'umile richiesta di farmi sapere le vostre opinioni in merito.
Un abbraccio,
ORIHIME <3

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Capitolo 9
*** Se apri il tuo cuore, se lasci spazio al flusso delle tue emozioni, tutto inizia a scorrere in maniera più semplice e chiara ***


Se apri il tuo cuore,
se lasci spazio al flusso delle tue emozioni,
tutto inizia a scorrere in maniera più semplice e chiara.
I problemi che ti sembravano insormontabili
all’improvviso non esistono più.
La chiave per risolvere tutte le tue difficoltà,
che si tratti di relazioni difficili,
scelte complicate o crisi esistenziali,
è nascosta nel tuo cuore.


 



Delle volte la persona che, più di tutte, vorremmo che ci capisse, leggendo dentro il nostro animo e mettendo a nudo il nostro essere è proprio quella che ci passa davanti senza neanche accorgersi che in noi qualcosa si è rotto o anche semplicemente incrinato.
Al contrario, nella stragrande maggioranza dei casi è proprio quest’ultima a provocarci un malessere interno così profondo da confonderci.
Ma nonostante questo, la maggior parte delle volte scegliamo di tacere, di celare i nostri sentimenti, di far finta che vada tutto bene, soprattutto verso quella stessa persona che si ostina a non vedere le nostre emozioni, semplicemente perché se lei persevera nell’ignorarle allora noi potremmo avere la mera illusione che questo malsano malessere che ci trasciniamo dietro sia semplicemente frutto della nostra immaginazione.
Diversamente, ci sono casi, in una quantità ridotta di ipotesi, in cui la persona che hai considerato lontana anni luce dal tuo vero io, quella su cui non avresti scommesso neanche un centesimo è lì, nascosta in un angolino remoto del palcoscenico, uno spettatore silenzioso che osserva e ascolta tutto ciò che ti ruota attorno pronto a soccorrerti qual’ora ce ne fosse stato bisogno, a salvarti, se necessario, da tutte le situazioni difficili alla quale saresti andata incontro e, sorprendentemente, sono proprio queste le persone alle quali devi affidare te stessa perché sono quelle che più di tutte sono in grado di capirti, di sorreggerti, di porgerti una mano amica qualora - durante il percorso intrapreso - fossi caduta. Così come è stato per me.



Trafelata uscii di casa senza porgere la minima attenzione alle raccomandazioni di mia madre, sguardo puntato verso il basso e volto tirato a causa della conversazione che avevo dovuto sostenere poco prima.
<< Cos’è successo? >> domandò Thomas con aria preoccupata
Stava già aspettandomi da circa cinque minuti: gomito destro poggiato sul manubrio, palmo della mano sinistra sul sedile e gambe incrociate accanto al cavalletto della sua moto blu.
Se fosse stata un’occasione diversa quasi sicuramente avrebbe iniziato la conversazione lamentandosi di avermi dovuto aspettare per così tanto tempo, invece quando mi vide scattò in avanti con una mossa rapida, sollevando i suoi squadrati Ray-Ban neri e correndomi incontro.
<< Nulla Thomas, non preoccuparti >> ed avanzai verso il mezzo a due ruote stropicciandomi un occhio.
Rapido mi si parò davanti afferrandomi delicatamente per un braccio.
Quel contatto inaspettato mi fece sussultare.
<< Seriamente Niki, cos’è successo? >> alzai lo sguardo e quando vidi i suoi occhi osservarmi con così tanta preoccupazione sentii l’irrefrenabile impulso di abbracciarlo, ma m'imposi di non farlo.
Thomas Tavelli continuava a fissarmi, la sua mano ancora saldamente artigliata al mio arto, le labbra leggermente increspate dal freddo e un piccolo ciuffo sfuggito dal resto dei capelli per il modo maldestro con la quale aveva portato gli occhiali sopra la testa.
Nervosa iniziai a mordermi il labbro inferiore e spostai lo sguardo sull'asfalto nero combattuta se rilevargli o meno la miriade di emozioni che mi stava attraversando in quel momento .
Inspirai lentamente.
Avrei dovuto fidarmi?
Ogni più piccola fibra del mio corpo mi diceva di si, così, per la seconda volta nel corso di quella giornata, decisi di dare ascolto alle mie sensazioni.
<< Ho litigato con Luca >> ammisi e sorprendentemente mi sentii meglio.
Tornai a fissare Thomas che aveva ancora lo sguardo piantato su di me, sul volto un espressione indecifrabile.
<< Come mai? >> disse cauto
<< Non vuole che parta con voi >> confessai portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e accennando un debole sorriso.
Avrei dovuto sentirmi a disagio a raccontare questo genere di cose ad un ragazzo, ma parlare con Thomas mi risultava sempre straordinariamente facile.
Sentivo di essere capita, non mi giudicava mai e provava sempre a tirarmi su di morale quando intuiva che qualcosa turbava il mio stato d'animo.
<< Capisco >> mi diede un piccolo buffetto sulla testa  << sali in moto Castellani e non ci pensare, vedrai che troveremo una soluzione >> liberò solo in quel momento la presa dal mio braccio e delicatamente mi aiutò a montare in sella.
Rimasi imbambolata a riflettere su ciò che aveva appena detto.

' Troveremo una soluzione '

Gli sorrisi grata e - come se fosse la cosa più naturale del mondo - una volta che Thomas mise in moto, mi aggrappai a lui.
Casa mia si trovava in pieno centro di Bari, distante qualche minuto da casa di Emma e circa dieci da quella di Thomas, pertanto quando fermò la moto e si accinse a togliersi il casco pensai che quel giorno il tragitto fosse stato più breve del solito.
Thomas scese velocemente dalla moto e senza aspettare che io facessi altrettanto mi tolse gentilmente il casco.
Rimanendo ancora saldamente arpionata al posto del passeggero mi sistemai i capelli e scesi anch’io.
<< Per fortuna siamo arrivati, mi stavi frantumando le costole! >> mi prese in giro fingendo fastidio.
Abbassai lo sguardo imbarazzata, se fosse stato un altro momento gli avrei senz'altro mollato un bel cazzotto nello stomaco, quel giorno però non ero nel pieno delle mie facoltà mentali.
<< Scemo >> risposi solamente abbozzando un sorriso
Sentii Thomas sogghignare e con la coda dell’occhio lo vidi scuotere la testa e superarmi per andare a sistemare la moto.
Quando entrammo in salotto trovammo Marco - comodamente spaparanzato sul divano - intento a seguire con maniacale attenzione un programma di moto GP.
Emma invece, trafficava con la macchinetta del caffè.
<< Volete un caffè? >> chiese quando ci vide arrivare
<< Doppio per me >> risposi tetra
La mia migliore amica smise di litigare con la caffettiera per voltarsi verso di me dubbiosa.
Sul volto dovevo avere dipinta un' espressione fin troppo eloquente perché non appena finì di scrutarmi, sempre senza proferire parola, mi prese per mano trascinandomi in bagno.
<< Cos’è successi Niki? >> domandò incrociando le braccia e assottigliando lo sguardo.
Quando con uno scatto fulmineo la vidi chiudere a chiave la serratura capii che mi avrebbe liberato solo dopo aver confessato ogni minima cosa.
Sospirai arrendevole e sputai il rospo senza opporre resistenza.
Emma che non aveva cambiato affatto espressione, mi scrutava silenziosa inarcando le sopracciglia e mordendosi il labbro inferiore ad ogni parola che usciva veloce dalla mia bocca.
<< Non dici niente? >> chiesi alla fine, sorpresa dal suo silenzio.
Nella mia mente l'avevo già immaginata intenta a sputare fumo dalle orecchie, gesticolare isterica, urlare oltraggiata mentre rivolgeva appellativi poco carini nei confronti del mio ragazzo e muoversi come uno scimpanzé verso la porta del bagno, sradicandola.
<< Non vedo dove sia il problema >> rispose la mia amica con una calma che non le apparteneva.
Presi a fissarla scettica.
<< Non capisco Em >> confessai dubbiosa
Emma si picchiettò il mento un istante.
<< Chi se ne frega di ciò che dice quell’idiota! Sinceramente Niki, quand’è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per te? >> domandò avanzando di qualche passo e parandosi di fronte a me.
L’osservai in silenzio e sempre senza proferire parola mi appoggiai allo stipite della porta.
Emma aveva incrociato le braccia sul petto, mi fissava accigliata e picchiettava freneticamente il piede destro sul pavimento.
La sua domanda mi colse impreparata.
<< Bhè >> iniziai incerta << esco spesso a fare shopping >>
Distolsi lo sguardo dal suo rivolgendolo altrove, ma non troppo velocemente da non vedere le sue sopracciglia inarcarsi ulteriormente.
<< Non intendevo questo Nicole >> incalzò seria
Emma non si rivolgeva mai a me utilizzando il mio nome di battesimo, aveva sempre preferito chiamarmi Niki. Diventavo Nicole durante i discorsi importanti, nei nostri rarissimi litigi oppure quando tardavo ad afferrare ciò che lei volesse realmente dirmi o, ancora, quando cercava di farmi ragionare palesandomi quello che io mi ostinavo a non voler afferrare.
Proprio come in quel momento, ad esempio.
Portai una mano in fronte grattandomi distrattamente le tempie e puntai nuovamente i miei occhi nei suoi, sforzandomi di capire dove volesse arrivare.
<< Io non parlo di cose materiali. Non mi riferisco all’ultima volta in cui sei stata in un negozio o dall’estetista, e neanche di quando ti sei concessa cinque minuti di relax davanti una cioccolata calda ed uno dei tuoi soliti romanzi rosa in mano. Voglio sapere il momento esatto in cui durante una stupidissima giornata hai fatto qualcosa che ti rendesse felice dentro, non lo so Niki, un desiderio nascosto ad esempio, un ambizione mai realizzata. >>
Registrai quelle parole a fatica, quasi come se il mio cervello si trovasse sopra di noi - magari comodamente seduto su una nuvoletta vagante - troppo impegnato a farsi gli affaracci suoi per prendersi la briga di decifrare quell'affermazione.
Riportai la mia mente indietro nel tempo alla ricerca di un indizio, anche piccolissimo, per dare ad Emma la prova che si, di cose che mi rendessero felice ne avevo fatte a milioni.
La ricerca però non portò i risultati sperati.
<< Non me lo ricordo >> boccheggiai alla fine confusa.
Paradossalmente nel momento esatto in cui finii di pronunciare quelle parole mi resi conto di non essere riuscita a ricordare nulla semplicemente perché non c’era assolutamente niente da ricordare.
<< Appunto >> confermò la mia migliore amica e afferrò la mia mano sinistra stringendola con delicatezza << è proprio ora che tu lo faccia >> e senza aspettare la mia replica mi abbracciò.
Era una buona amica Em, la migliore che avessi mai avuto.
<< Comunque >> continuò poi sciogliendo l’abbraccio e guardandomi sorridente << non ci pensare più, abbiamo una vacanza da organizzare! >>
Annuii complice ed insieme uscimmo dalla stanza, grazie a lei avevo riacquistato una parte del mio buon umore.
Era proprio vero che gli amici, quelli veri, sono sempre in grado di curare qualunque ferita.
 
 
Settembre 2005 –  scuola secondaria di primo grado
Come al solito l'intervallo era finito troppo presto.
Continuai a masticare svogliatamente il mio pacco di grissini, ignorando la montagnella di briciole sulla mia salopette.
La scuola era iniziata da qualche settimana ormai, ma non riuscivo proprio a levarmi di dosso la strana sensazione di essere fuori posto.
I miei compagni sembravano tutti molto simpatici, ma nonostante questo non ero ancora riuscita a legare con nessuno.
La mia timidezza mi impediva di socializzare, inoltre per essere una ragazza di undici anni ero fin troppo alta per la mia età. Questo particolare incuteva un po' di timore verso i miei nuovi amici.
Addentai un altro grissino pensierosa quando sentii qualcosa colpirmi la testa.
Abbassai lo sguardo accigliata e notai subito un origamo di carta con le sembianze di un becco di papera.
Prima di afferrarlo mi guardai intorno circospetta.
L'aula era quasi deserta, fatta eccezione per una ragazza, seduta in fondo, che mi osservava silenziosa. Era minuta, la carnagione scura ed i capelli raccolti in due codine ordinate, aveva gli occhietti vispi e con le mani mi stava suggerendo di aprire quel pezzo di carta.
Feci come richiesto.
All'interno del becco di carta faceva capolino una piccola frase, scritta con una calligrafia ordinata e minuscola:
 
Vuoi essere mia amica?  
 
Poco più sotto, due piccoli quadratini con a lato due sole parole: SI o NO.
Rilessi quel quesito un numero infinito di volte per convincermi di non aver interpretato male quella domanda.
Ritornai con lo sguardo sulla ragazza, lei di tutto punto si alzò e mi raggiunse.
Spostò lo sguardo dapprima sul posto vuoto accanto al mio ed infine su di me.
<< Allora? >> disse impaziente
Qualcosa di lei catturò subito la mia attenzione, forse il suo sguardo sicuro, forse il tono di voce incalzante o forse il coraggio che aveva dimostrato verso una ragazza che non conosceva affatto.
Ero sempre stata una ragazza troppo timida, troppo riflessiva e sin troppo riservata, quella volta però decisi di seguire l'istinto.
Un sorriso sincero spuntò sul mio volto e timidamente le allungai il pacco di grissini.
<< Sono Nicole >>
Per tutta risposta lei afferrò quello che le avevo appena offerto e si sedette vicino a me.
<< Emma >>
 

Rientrate in stanza mi concessi qualche minuto per osservare attentamente i miei amici: Emma aveva iniziato a minacciare Thomas di ucciderlo senza pietà se non si fosse sbrigato a procurarle l'intera stagione del suo telefilm preferito, lui d'altro canto, faceva finta di ignorarla fischiettando annoiato e Marco continuava a seguire la gara in tv.
In quel momento, per quanto potessimo sembrare un gruppo di matti senza speranza, pensai che non avrei mai potuto desiderare amici migliori di loro.
<< Scema >> disse Thomas risvegliandomi dalle mie riflessioni << smetti di sognare ad occhi aperti e vieni a sederti >> fece cenno di andare ad accomodarmi accanto a lui.
Lo guardai accigliata << bada a come parli idiota, altrimenti la versione di latino vai a copiarla da qualcun altro! >> risposi quando gli fui vicina
<< Stronza >> ribatté lui mentre tirava fuori dallo zaino il libro di latino
<< Sei un cretino >> gli diedi una leggerissima spinta
<< Stronza >> sorrise sornione girandosi a guardarmi
<< Lo hai già detto, cambia musica Tavelli, sei banale >> lo rimbeccai fingendomi scocciata.
<< Acida >> continuò lui alzando un sopracciglio, un ghigno indecifrabile sul volto.
<< Già sentito anche questo, per favore fammi uno squillo quando imparerai qualche altra parolina >> lo guardai di traverso e finsi uno sbadiglio.
Prendermi gioco di lui era uno dei miei passatempi preferiti e quasi non ricordavo più il malumore di poco prima.
<< La vuoi smettere? >> ripose incrociando le braccia e assumendo un aria imbronciata.
<< Di fare cosa? >> finsi esplicitamente di non capire cosa volesse dirmi
<< La stronza! >> disse lui, sul volto la stessa espressione di un bimbo offeso.
Cosa potevo farci io se me le serviva su un piatto d’argento?
<< E tre, Thomas ti occorre seriamente un corso intensivo di lessico italiano, sei proprio messo male >> non riuscii nemmeno a godermi  l’espressione costernata della sua faccia perché fui immediatamente travolta da un cuscino - che aveva prontamente afferrato dal divano - per scaraventarmelo contro.
Mi servirono circa un paio di minuti per riprendere il controllo del mio cervello, andato a finire da qualche parte in quella stanza.
<< Sei nei guai, lo sai vero? >> proferii con aria solenne e minacciosa gettandomi contro di lui.
Il povero malcapitato, istintivamente, si distese sul pavimento nel tentativo di attutire il colpo.
Non mi stancherò mai di ripetere che all’epoca ogni mia singola scelta si rivelava - tendenzialmente - sempre quella sbagliata.
<< Chiedi perdono >> minacciai a pochi centimetri da lui.
Agli occhi di un osservatore esterno, quale poteva essere Emma oppure Marco, la scena che gli si propinava davanti doveva di certo apparire singolare.
Thomas se ne stava supino sotto di me senza neanche prendersi la briga di opporre resistenza, ed io, - presa com’ero dalla conquista della mia agognata rivincita - non prestai minimamente attenzione al fatto che fossi completamente - e vergognosamente - distesa sopra di lui.
<< Allora >> continuai non avendo ricevuto risposta << ti arrendi? >> chiesi affannata.
Thomas continuò a non proferire parola.
Gli diedi una leggera scossa e posai lo sguardo sulla sua bocca. Aveva delle labbra carnose e se le si osservava attentamente si potevano anche intravedere delle piccole crepe.
Non ci avevo mai fatto caso prima di allora ma dovetti ammettere a me stessa che avesse proprio una bella bocca.
Il mio cervello doveva nuovamente aver abbandonato la scatola cranica alla ricerca di un'avventura migliore.
Ritornai a fissare il mio amico, il cui silenzio imbarazzante mi indusse a pensare che - forse – la situazione ci stava sfuggendo di mano.
Analizzai la situazione: ero finita completamente sopra di lui ed i centimetri di distanza tra il mio volto ed il suo si erano vorticosamente ridotti, tanto da riuscire a percepire indistintamente il suo respiro.
Una vampata di calore mi attraversò il corpo e fui colta da un inaudito senso di vergogna quando mi ritrovai a pensare di volermi avvicinare a lui ancora di più.
Quel singolo pensiero bastò a riportarmi brutalmente alla realtà.
Con la stessa velocità con la quale quell'idea assurda era balenata nella mia mente mi allontanai da lui, ignorando il mostruoso senso di freddo e vuoto che provai una volta distante.
Cercai Emma con lo sguardo e mi stupì vedere che non sembrava minimamente scossa dallo spiacevole spettacolo che le avevamo appena propinato, al contrario di Marco che sembrava aver avuto una paresi.
Aprii distrattamente il quaderno che avevo appoggiato poco prima sul tavolino ed iniziai a sfogliare senza interesse le sue pagine.
Non riuscii a pensare ad altro per tutto il tempo ed il fatto che di tanto in tanto il braccio di Thomas sfiorasse impercettibilmente il mio non mi aiutava affatto.
Stentavo a capire il motivo per il quale quel breve contatto mi avesse sconvolto così tanto e soprattutto, da quanto tempo il mio amico avesse iniziato ad avere un tale ascendente su di me.
Tornai a torturarmi le labbra nervosa.
La vicinanza di Thomas Tavelli aveva iniziato, minuto dopo minuto, ora dopo ora, a pesarmi sempre più, tanto da non riuscire a guardarlo negli occhi e ancora peggio, a rivolgergli la parola per il resto della serata.
Il tempo sembrava non passare mai, per questo mi stupii quando tra i miliardi di compiti che fummo costretti a svolgere, le tre ore piene trascorse a programmare dettagliatamente il viaggio a Londra - sotto palese minaccia di morte di Emma - e un veloce spuntino per attenuare la fame, ci addormentammo tutti.




                            ***

 

Un rumore improvviso mi svegliò bruscamente dal mio sogno.
Frastornata ed ancora assonnata strizzai gli occhi per focalizzare ciò che mi circondava.
Sentivo la spalla destra terribilmente indolenzita, mi voltai per capirne il motivo.
La testa di Marco era pesantemente poggiata su di essa, la spostai bruscamente ma lui, che non si era minimamente accorto di nulla, la poggiò sullo schienale del divano continuando a dormire beatamente.
Avevo la bocca impastata ed un terribile mal di testa mi portò a massaggiarmi le tempie.
Non mi interessava scoprire che ora fosse, sarebbe stato sempre troppo presto per me.
Mi alzai lentamente e spostai lo sguardo verso il pavimento, senza prendermi la briga di trattenere un sorriso per lo spettacolo che avevo davanti.
Niki - ancora profondamente addormentata - strizzava leggermente gli occhi per il fastidio provocato da alcune ciocche di capelli, i gomiti comodamente poggiati sul tavolino e la testa china su di essi. Accanto a lei c’era Thomas, il braccio sinistro a cingerle le spalle e l’altro fungeva da cuscino alla sua testa, attaccata a quella di Nicole.
I loro volti erano talmente vicini che avrebbero potuto tranquillamente sfiorarsi.
Sorrisi immaginandomi la reazione della mia migliore amica se, svegliandosi, si fosse accorta della posizione in cui si trovava.
Dovevano essersi inconsapevolmente avvicinati nel sonno, perchè nell’ultima immagine che la mia mente aveva registrato entrambi erano distanti l'un l'altro parecchi centimetri, probabilmente a causa di quella sorta di bacio mancato. Ritrovarli così vicini non mi stupì affatto, al contrario, non fece altro che convincermi ancor di più di quanto in realtà fossero terribilmente ed inconsciamente attratti l’uno dall’altra.
Rimasi ad osservarli per un'altra manciata di minuti.
Una ciocca di dei capelli di Nicole era andata a finire sul volto di Tom che storse il naso per il fastidio.
La ciocca però non voleva smettere di torturarlo e Thomas fu costretto ad aprire gli occhi.
Mi allontanai di qualche passo in modo da non rendermi visibile ai suoi occhi e per dar modo a me di osservare la scena indisturbata.
Lo vidi focalizzare pian piano la situazione, accorgersi di quanto fosse pericolosamente vicino a Niki e alzare leggermente il capo.
Rimase immobile per un lasso di tempo che a me parve infinito, ma alla fine prese la ciocca ribelle che lo aveva dispettosamente risvegliato e la rimise a posto garbato, sfiorando piano dapprima l’orecchio di Niki e successivamente la sua guancia.
Tornò a guardarla per un altro istante prima di rimettersi a dormire nella stessa identica posizione di poco prima.
Un altro sorriso spontaneo comparve sul mio volto.
Solo quell’ingenua di Niki poteva non accorgersi di quanto Thomas fosse ormai irrimediabilmente coinvolto da lei, e dal canto suo, solo uno scemo come Thomas non riusciva a vedere quanto Nicole iniziasse inevitabilmente a dipendere da lui.
Si morivano dietro a vicenda, ma entrambi non mostravano la ben che minima intenzione di ammettere l’evidenza.





 
Quando l’amore fa sentire l’altro rispettato,
non umiliato, non distrutto ma sostenuto,
quando l’amore ci fa sentire nutriti, liberi,
allora scende a profondità maggiori.
 
 
 




Ultimamente sto facendo molto ritardo, lo so.
Purtroppo però è difficile per me ritargliarmi del tempo per scrivere, faccio quello che posso!
Allora, questo capitolo ci ho messo un bel pò a terminarlo, ma finalmente ce l'ho fatta.
Devo dire che probabilmente per la prima volta in tutta la storia sono molto soddisfatta di quello che ne è uscito fuori e spero davvero che lo sarete anche voi! Protagonisti indiscussi di tutto i capitolo sono Niki e Tom, e sono veramente molto curiosa di sapere un vostro parere! Il viaggio si avvicina e nel frattempo il rapporto tra i nostri due cari si rafforza sempre di più! Ogni vostro parere è sempre bene accetto! 
Sperando che questo nuovo aggioramento possa essere di vostro gradimento viauguro una buona lettura! :)
Baci, Orihime. <3
 

* AGGIORNAMENTO DEL 07/02/2017: 
Per tutti quelli che sono finiti per caso a leggere questa storia e per quelli che invece lo hanno già fatto, rendendomi la ragazza più felice sulla faccia della terra, volevo precisare alcune cose: ho iniziato di recente ad effettuare delle modifiche sulla storia, fondamentalmente la trama orizzontale non ha effettuato modifiche ma ho deciso di inserire alcuni passaggi, ti toglierne altri, di spostare dei pezzi di capitoli da una parte ad un altra in base alle esigenze della storia, pertanto è possibile che la disposizione temporale di alcune scene subiranno delle variazioni, saranno inserite scene completamente nuove, flashback, dialoghi e probabilmente aggiungerò qualche capitolo intermedio. Una rilevante ristrutturazione insomma, nella speranza di rendere questo racconto migliore e più interessante.
Continuerò a postare questa piccola nota in tutti gli altri capitoli insieme all'umile richiesta di farmi sapere le vostre opinioni in merito.
Un abbraccio,
ORIHIME <3

 

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Capitolo 10
*** Perché col tempo cambia tutto lo sai, cambiamo anche noi ***


Perché col tempo cambia tutto lo sai,
cambiamo anche noi.






POV THOMAS





' Quarantuno. Quarantadue. Quarantatré. Quarantaquattro. '


<< Hai intenzione di farti cadere le braccia a terra? >> chiese Marco accigliato.

' Quarantacinque. Quarantasei. Quarantasette. '

<< Perché? >> domandai affaticato e senza smettere di svolgere l'esercizio.
<< E' da quando siamo arrivati che continui a sollevare pesi >>

' Quarantotto. Quarantanove. Cinquanta. '

<< Non si dovrebbe fare questo in palestra? >> alzai un sopracciglio scettico.
<< Si, ma tu sei quello perennemente seduto sulla panca di legno a fianco gli spogliatoi! >>

' Cinquantuno. Cinquantadue. Cinquantatré. '

<< Sei solo invidioso perché madre natura è stata generosa con me, cugino >> ribatto sornione.
<< Certo, impegnata com’era a farti bello si è dimenticata di darti anche un cervello, cugino >> mi fece verso Marco, ancora seduto nella stessa identica posizione di circa un’ora fa.

' Cinquantaquattro. Cinquantacinque. Cinquantasei. Cinquantasette. '

Dal nostro ingresso in palestra non aveva fatto altro che studiare ogni mio minimo movimento.
Il motivo sinceramente non ero ancora riuscito a capirlo.
Sospettavo facesse parte di qualche proggetto rivolto ad analizzare la psiche umana.
Conoscendolo era ipotesi abbastanza plausibile.

' Cinquantotto. Cinquantanove. Sessanta. '

<< A te invece ha dato solo quello >> ribattei ghignando e terminando la mia terza serie da sessanta.
<< Ti stai facendo bello per Niki? >> chiese con tono di voce divertito
Smisi di svolgere l’esercizio, poggiando - in malo modo - i pesi sulla panca.
Marco aveva incrociato le gambe e con la mano destra stava aggiustandosi i sottili occhiali squadrati, continuando a ridere come un perfetto idiota.
<< Cosa c’entra Nicole ora? >>
<< Assolutamente nulla, ma per lo meno ho attirato la tua attenzione >> sulla sua faccia comparve una smorfia sguaiata che lo fece diventare ancora più idiota di quanto già non fosse.
Andai a sedermi vicino a lui << non dire stupidaggini, mi sono fermato per riposarmi un po’. >>
Di recente avevo imparato a convivere con la sensazione di nervosismo che mi pervadeva ogni qualvolta mi trovavo a parlare con Niki o di Niki.
Inizialmente avevo associato il senso di protezione che nutrivo verso di lei alla mia attitudine a prendermi cura delle persone che mi stavano accanto.
Non so dire con esattezza il momento esatto in cui ho iniziato a tenere a lei, ricordo però nitidamente il giorno in cui vedendola indossare il mio giubbotto mi sembrò così buffa e dolce, lontana anni luci dall'immagine di ragazza forte che si ostinava a mostrare.

E mi piaceva quella parte di lei, ancor di più mi piaceva il modo in cui reagiva alle mie provocazioni, sapevo di averle subito fatto antipatia, vedevo come cercasse sempre di contraddirmi e mi divertiva da morire il suo atteggiamento insolente.
Così avevo iniziato a stuzzicarla, a punzecchiarla, ad infastidirla.
Lo facevo ogni giorno, quando ne avevo l'occasione e molte volte anche senza motivo, ripetevo a me stesso che vederla impazzire di fronte alle mie provocazioni era l'unica ragione che mi spingesse a comportarmi in quel modo.
In realtà la ragione era ben diversa, credo che - inconsciamente - lo ritenessi l’unico modo possibile di attirare la sua attenzione.
La piena consapevolezza che forse, infondo – molto infondo -, una piccola parte di me potesse essere realmente interessata a lei era arrivata - come un fulmine a ciel sereno - qualche settimana fa, quando fui sopraffatto dal disumano istinto di spaccare la faccia del suo fidanzato, colpevole di averla fatta piangere.
Che poi, ero perfettamente consapevole del fatto che in un rapporto di coppia i battibecchi fossero all'ordine del giorno.
Fa parte del pacchetto.
E mi ero anche guardato bene dall'approfondire tutto quello che questo fantomatico 'pacchetto' potesse comprendere.
Una parte di me ripeteva di continuo che non dovevo assolutamente interessarmi a loro, l'altra parte – a quanto pare più influente - sperava con tutta se stessa che non fossero esattamente quel prototipo di coppia e che le loro attività relazionali si limitassero allo stretto necessario.
Magari non erano ancora neanche arrivati al fantomatico "step successivo".

' Certo. Sogna pure ad occhi aperti Thomas. '

Il colpo di grazia l’avevo ricevuto con la notizia di Londra, lasciando che il mio cervello partorisse un'idea malsana che si era, piano piano, fatta strada dentro di me, assumendo le dimensioni di un elefante in mezzo ad una stanza.
La possibilità di partire e poter condividere quella nuova esperienza insieme a lei aveva acceso quella scintilla che mi ostinavo a tenere spenta da un po' di tempo.
Avevo iniziato a considerare quel viaggio come una sorta di possibilità, un occasione che non mi sarei potuto lasciare sfuggire.
Forse, se avessi raccolto tutto il coraggio che fino all’età di diciassette anni non avevo mai utilizzato, avrei potuto fare in modo che si accorgesse finalmente di me.
Quell'idea – in assoluto deleteria e nociva – mi fece capire definitivamente che Nicole non era più ai miei occhi una semplice amica e che, con molta probabilità, non lo era mai stata.
Ero nella merda fino al collo insomma, riuscivo a sentirne la puzza già a chilometri di distanza.
Mi stavo addentrando in un terreno pericoloso, invischiandomi – volontariamente - in una situazione molto più grande di me, inoltre – sulla base di esperienze testate già sulla mia pelle – sapevo con certezza che la fortuna non sarebbe mai stata dalla mia parte.


 

Agosto 2011

Lasciai ciondolare la gambe esausto.
Il mio turno era appena finito ed avevo raggiunto gli altri ragazzi sedendomi su una delle poche amache ancora libere.
Il villaggio turistico mi teneva impegnato quasi ogni giorno.
Lavorare come cameriere nel periodo estivo mi permetteva di mettere da parte un bel gruzzoletto, inoltre (nonostante fosse estremamente stancante) mi piaceva arrivare la sera - con le gambe che rischiavano quasi sempre di staccarsi dal resto del corpo - soddisfatto della giornata appena passata.
Non era esattamente il genere di lavoro che avrei voluto fare da grande però al momento non potevo chiedere di meglio, certo, non riuscivo a godermi pienamente l'estate come il resto dei miei amici ma andava bene così.
<< Vuoi fare un tiro? >> chiese Gerardo porgendomi la sua sigaretta.
Io e lui ci conoscevano da qualche anno, oltre ad essere compagni di scuola abitavano praticamente attaccati. 
Arricciai le labbra << no grazie >>
Avevo sempre odiato l'odore di tabacco e questo lui lo sapeva bene.
<< Oggi è stato un incubo >> disse il responsabile di sala e si accomodò su una delle sedie in vimini vicino a noi.
Allentai il nodo della cravatta << quel gruppo di turisti tedeschi ti ha dato filo da torcere eh? >>
<< Puoi dirlo forte >>
<
< Ha fatto impazzire anche me se può consolarti >>
<< Sarei impazzito volentieri anche io se avessi servito la sventola del tuo tavolo >> s'intromise Gerardo, ammiccando verso di me.
<< Che gambe >> confermò Andrea, il più giovane
<< E che culo! >> enfatizzò Mattia - il veterano del gruppo - simulando la silouette della ragazza.
<< Mi ha scritto il suo numero sul tovagliolo >> dissi sistemandomi meglio sull'amaca.
Estrassi fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni per controllare l'ora.
Trovai tre chiamate di mia madre e due messaggii.
<< Cazzo >>> disse Gerardo prima di dare l'ultimo tiro alla sua sigaretta << perchè tutte le gioie toccano sempre agli altri? >>
Il display segnava le 02,58, non era proprio il caso di telefonare a casa << se vuoi te lo cedo >> estrassi il tovagliolo e lo allungai verso di lui.
<< Vedete >> gonfiò il petto e si girò verso gli altri << ecco a cosa servono gli amici >>
Sorrise soddisfatto e mi diede una pacca sulla spalla, prese il tovagliolo e lo ripose con cura nel taschino del suo grambiule da lavoro.
Aprii la casella dei messaggi e con una mano presi a massaggiarmi il collo.
 

Passa da casa mia domani mattina prima di andare a mare. La mia bici mi ha abbandonato. ” - Marco
 

Digitai un veloce 'va bene' ed aprii il successivo, era da parte di Emma:
 

Ti ricordo che tra un paio di settimane è il compleanno di tuo cugino, qualche idea? ”
 

No. Di solito non siete voi donne quelle che hanno la soluzione per tutto? ” - attesi qualche secondo e le inviai un secondo messaggio - “ e comunque manca ancora un mese. ”
 

Tornai a prestare attenzione alla conversazione.
<< Per me va bene >> acconsentì Maicol, era un ragazzo slanciato e dalla carnagione chiara, ventotto anni suonati e completamente calvo.
Osservai alcuni di loro alzarsi.
<< Tu vieni? >> mi domandò Mattia
<< Dove? >>
Indicò la depandance in fondo << spaghettata di mezzanotte >>
Sentii lo stomaco brontolare << ma sono le 3 di notte >>
Si massaggiò la pancia sornione << non si rifiuta mai una buona spaghettata >>
Annuii e tornai ad osservare il telefono, la cui suoneria mi avvisava di aver ricevuto un nuovo messaggio.
 

Nicole mi aveva avvisato che avresti risposto così. Non rompere ed inizia a pensare a qualcosa! ”
 

Sorrisi divertito << arrivo subito >> dissi poi, facendo segno a Mattia di raggiungere gli altri.
 

La tua amica potrebbe anche rendersi socialmente utile e pensare lei stessa a qualcosa. ”
 

Siamo insieme adesso e, cito testualmente, mi ha chiesto di riferirti che sei una testa di cazzo. ”
 

Elegante come al solito. ”- sollevai lo sguardo per controllare il resto del gruppo. La porta della depandace era completamente aperta e notai che alcuni di loro avevano iniziato a tirare fuori alcune pentole, mentre altri erano intenti ad imbandire il piccolo tavolo ovale al centro della stanza.
 

Senza offesa eh, ambasciator non porta pena. ”

 

Indubbiamente. Adesso vado. ”

 

Riposi il telefono in tasca e mi diressi verso di loro.
Quando Gerardo – finalmente - mi passò un piatto di pasta fumante il telefono suonò di nuovo. Sfubbai spazientito e lo recuperai controvoglia.
L'icona di un messaggio lampeggiava sul display.
 

Per tua informazione, sono fine ed educata con il 99% della popolazione. Il fatto che tu faccia parte del restante 1% dovrebbe farti pensare. Datti una mossa, deficiente. ”
 

Mi lasciai sfuggire una fragorosa risata, sarei stato in grado di indovinare il mittente senza neanche leggerlo.

 

Si può sapere che cavolo ci fai sveglia a quest'ora? ”

 

E' il dieci di agosto. Sto ammirando le stelle. ”

 

Fammi capire, alle tre di notte ti preoccupi di guardare i corpi celesti anziché dormire? ”

 

Sei un maschio, non puoi capire. Tu piuttosto, ti facevo già in letargo. ”

 

Ho appena finito di lavorare, non sono uno scansafatiche come qualcuno di mia conoscenza. ” - nel frattempo arrotolai per bene la forchetta intorno agli spaghetti e li addentai famelico.

 

Certo. Perchè godersi le vacanze estive quando invece si può lavorare. Senza offesa, ho sempre pensato avessi qualche rotella fuori posto. ”

 

Il lavoro nobilita l'uomo ”

 

..e lo rende schiavo. Fatti una bella dormita, ne hai bisogno. ”

 

Buona notte Castellani. ”

 

La risposta arrivò qualche minuto più tardi.

 

Notte scemo. ”

 

 

<< Fidati, sei proprio fregato cugino >> disse Marco riportandomi alla realtà
<< Non dire stronzate! >> risposi irritato
Non avrei confessato neanche sotto tortura.
<< Guarda che si vede lontano un miglio che ti piace >> continuò lui alzandosi e posizionandosi accanto a me.
Sgranai gli occhi terrorizzato.
<< Che intendi dire? >> abbandonai definitivamente il mio esercizio e mi voltai verso di lui.
<< Thomas, l'interesse che nutri verso di lei è palese, e continuare a negarlo rischia solo di renderti ridicolo >> mi rimbeccò serio.
Un dubbio atroce mi balenò in testa.

Se lo aveva capito lui forse allora anche Emma o addirittura la stessa Nicole potevano aver intuito qualcosa.

' Merda. '

Mi grattai il mento preoccupato.
Avrei dovuto immaginare che starle sempre appiccicato, offrirmi di accompagnarla a fare merenda, sentirla praticamente ogni giorno e punzecchiarla venticinque ore su ventiquattro avrebbe potuto far sorgere qualche sospetto.
E pensare che fino a quel momento pensavo davvero di aver tenuto un profilo basso.
Feci un sospiro rassegnato e poggiai i gomiti sulle ginocchia.
Forse confidarmi con qualcuno non mi avrebbe fatto così male.
<< Mi prometti che quello di cui stiamo parlando non uscirà da questa sala? >> chiesi speranzoso voltandomi verso di lui.
<< Tom sono tuo cugino, oltre che il tuo compagno di banco ed amico fidato, non farei mai una cosa del genere >>
Sospirai sconfitto, poi lo fissai per qualche istante.
Marco era una delle pochissime persone di cui mi fidavo nonostante fossi il genere di persona che preferiva tenere pensieri e problemi per se, complice anche la poca propensione ad affidarmi agli altri.
<< Si vede così tanto? >> chiesi alla fine
<< Parecchio >>
<< Cosa dovrei fare secondo te? >> mi scoprii sinceramente bisognoso di conoscere il parere di un amico.
<< Non lo so, è fidanzata Thomas, non è una situazione semplice >> scosse la testa e prese ad osservare il soffitto.
Lo fissai accigliato.
Aveva fatto la scoperta del secolo.
Sapevo anch’io di essermi cacciato in una situazione difficile, il punto era che non sapevo affatto come uscirne - o meglio - conoscevo la soluzione ma al momento mi rifiutavo categoricamente di prenderla in considerazione.
Allontanarmi da lei sembrava al momento la scelta migliore, la soluzione che avrebbe reso tutti felici e probabilmente con una buona dose di forza di volontà ci sarei anche potuto riuscire.
<< Credi che dovrei lasciarla perdere? >> domandai, infastidendomi per aver anche solo pensato una cosa del genere.
<< Credo di si >> vidi Marco distogliere lo sguardo dal soffitto e tornare ad osservare me.
Istintivamente abbassai lo sguardo.
Non era esattamente il tipo di consiglio che avrei voluto sentire.
Mi aspettavo di trovare in lui il supporto di un amico, un complice, una comprensione ed un sostegno che non avevo ricevuto.
Poi pensai che forse, se fossi stato al suo posto, avrei dato anche io un consiglio del genere.
Lo stava facendo per il mio bene.
Annuii distrattamente.
<< Con Emma invece come vanno le cose? >> chiesi deciso a cambiare argomento.
Una scintilla attraversò il suo sguardo. Avevo centrato in pieno l’argomento perfetto per distrarlo.
Conoscevo mio cugino abbastanza bene da sapere che niente – a parte ovviamente i libri - lo interessasse e coinvolgesse di più del discutere dei suoi innumerevoli, complessi ed irrisolvibili problemi di cuore.
<< Non vanno >> disse avvicinandosi di più a me e scuotendo la testa sconsolato.
Mi pentii immediatamente della domanda quando incurvò la schiena intento a confessarsi.
Alzai gli occhi al cielo.

' Maledettissimo me. '

<< Come mai? >> chiesi ritornando ai miei esercizi
Ora che avevo innescato la bomba ne avrebbe avuto per ore, per lo meno potevo allenarmi senza essere disturbato.
<<…e poi non mi calcola minimamente, inoltre hai visto quanta confidenza dà a Gerardo? >> sbottò.

Si grattò le tempie irritato.
A volte Marco era capace di sparare colossali cazzate.
<< Lo stai dicendo seriamente? >> dissi scandalizzato << ma se a malapena si rivolgono la parola? >>
<< Secondo me è una tattica, per non farmi capire che invece tra di loro c’è del tenero >> continuò convinto.
Mi accigliai fissandolo turbato.
Tornai a poggiare i pesi sul parquet, color mogano, della sala << no, decisamente non puoi essere serio >> lo rimbeccai scettico.
Se lo avesse sentito Emma gli avrebbe di certo fatto fare la fine del sacco da box appeso alle nostre spalle.
<< Fidati Tom è come dico io >> rispose risoluto.
E lo avrei senz’altro mandato a quel paese se la vibrazione del mio telefono - dimenticato nella tasca destra della mia tuta - non avesse attirato la mia attenzione.
Lasciai mio cugino al suo insensato flusso di coscienza e lessi il nome che lampeggiava sul display.
Con due grandi falcate iniziai a dirigermi verso gli spogliatoi.
<< Chi è? >> domandò Marco
<< Mio fratello >> risposi vago sparando la prima idiozia che mi era passata per la testa.
Sparii dietro la porta senza verificare se avesse creduto o meno alle mie parole.
<< Niki, ciao >> abbassai il tono di voce nella speranza di non essere sentito e raggiunsi velocemente il punto dove avevo lasciato lo zaino.
<< Disturbo? >> il suo tono di voce era cauto ed esitante, quasi come se stesse valutando - solo in quel momento - se avesse fatto bene a chiamare o meno.
<< No, ho appena finito >> risposi temendo che attaccasse.
In realtà non ero neanche a metà della mia scheda di esercizi.
<< Di già? Thomas ci siamo sentiti un’ora fa ed eri appena arrivato. Non starai battendo troppo la fiacca? >>
Mi appoggiai alla parete e sorrisi. Non potevo di certo dirle la verità.
<< Ho iniziato una scheda leggera oggi e quindi ho finito prima >> avrei dovuto vincere un premio per tutte le stronzate sparate fino a quel momento.
<< Stasera che fai? >>
<< Sto valutando l'ipotesi di vedere un film >>
Soffocò una risata << che nel tuo gergo significa addormentarsi nel giro di dieci miseri minuti. >>
Scossi la testa divertito.
<< E tu? >> chiesi, interessato come non mai di conoscere i suoi programmi.
<< Starò a casa a vedere un bel film anche io >>

' Niente fidanzato. Bene. '

<< Sai già cosa vedrai? >> continuò poi dubbiosa
<< Tu cosa proponi? >> mi sedetti sulla panca di legno alla mia destra.

Il camerino era deserto.
Niki rimase in silenzio per qualche secondo << stesso film? >> propose
Finsi di rifletterci su << andata >>
In realtà avrei accettato qualsiasi cosa avesse proposto.
La senti ridere e istintivamente lo feci anch’io.
Mi stavo proprio rammollendo.
<< Vado a cercare qualcosa da vedere allora, chiamami appena arrivi a casa >>
Richiesta del tutto inutile, l’avrei chiamata anche se mi avesse detto di non farlo.
<< Impegnati mi raccomando >>
<< Tu pensa a restare sveglio >>
<< Questo dipende da te, ovviamente i cartoni animati non sono contemplati >>
<< Ti stupirò >> rispose orgogliosa
<< A dopo >> riposi velocemente il cellulare in tasca e senza neanche cambiarmi raccolsi il mio zaino uscendo dallo spogliatoio.
Intravidi Marco correre sul tappetino.
<< Te ne vai? >> domandò affaticato dalla corsa
<< Già >>
<< Come mai? >>
Esitai un istante.
Non avevo voglia di dirgli la verità, specialmente dopo la nostra ultima conversazione.
<< Mi sono ricordato di non aver svolto il problema di fisica >> buttai lì su due piedi.
<< Non c’è problema, te lo passo io >>

'Oh perfetto.'

<< No grazie, preferisco risolverlo da solo, ci vediamo domani >> conclusi liquidando la questione velocemente.
Gli feci un veloce cenno della testa prima di volatilizzarmi.
Controllai di sfuggita l’orologio.
Tanto più tempo impiegavo per tornare a casa quanto più a lungo avrei dovuto aspettare prima di poterla risentire.
L’essere divenuto – finalmente - a conoscenza della dipendenza che avevo iniziato a sviluppare verso di lei mi face avere, per la seconda volta nell’arco della stessa giornata, la tremenda consapevolezza di essere davvero – ma davvero - nella merda.






 

Essere innamorati e allo stesso tempo avere senno
È concesso a malapena agli dei.








 

Della serie ‘chi non muore si rivede’.
Si, so di essere sparita da un sacco di tempo, di essere imperdonabile e so anche che alcuni di voi non sanno minimamente di cosa diavolo sto parlando, ma il fatto è che sono successe un bel po’ di cose e tra il tempo che non avevo e la mia immaginazione andata in vacanza ad Honolulu non sono riuscita più a scrivere niente e sinceramente non me la sono proprio sentita di buttar giù quattro cosette ‘giusto per’. A questa storia tengo molto, di conseguenza ho preferito lasciarla in standby attendendo il momento propizio per poterla finalmente riprendere. Sono cosciente che sia passato davvero molto tempo dal mio ultimo aggiornamento e che con molta probabilità ormai avrete completamente perso il filo della storia, ne sono sinceramente dispiaciuta, ma spero che riuscirete a comprendere.
Scrivere questo capitolo è stato molto divertente per me e nel contempo difficile; entrare nella testa di un altro personaggio cercando di descriverne gli umori e i pensieri è sempre troppo difficile, spero vivamente di essere riuscita a carpirne gli aspetti. Se vi va e vi fa ancora piacere vi lascio alla lettura di questo nuovo aggiornamento; se vi andasse di recensire e lasciarmi un vostro parere, ne sarei, come sempre ancora più felice.
Questa volta a presto,
Orihime.

* AGGIORNAMENTO DEL 07/02/2017: 
Per tutti quelli che sono finiti per caso a leggere questa storia e per quelli che invece lo hanno già fatto, rendendomi la ragazza più felice sulla faccia della terra, volevo precisare alcune cose: ho iniziato di recente ad effettuare delle modifiche sulla storia, fondamentalmente la trama orizzontale non ha effettuato modifiche ma ho deciso di inserire alcuni passaggi, ti toglierne altri, di spostare dei pezzi di capitoli da una parte ad un altra in base alle esigenze della storia, pertanto è possibile che la disposizione temporale di alcune scene subiranno delle variazioni, saranno inserite scene completamente nuove, flashback, dialoghi e probabilmente aggiungerò qualche capitolo intermedio. Una rilevante ristrutturazione insomma, nella speranza di rendere questo racconto migliore e più interessante.
Continuerò a postare questa piccola nota in tutti gli altri capitoli insieme all'umile richiesta di farmi sapere le vostre opinioni in merito.

PS (e poi giuro che la smetto con i papiri xD): questo capitolo era già presente nella storia anche se come tutto il resto ha subito delle variazioni e ho aggiunto anche delle parti nuove ( quindi in teoria è ristrutturato come tutto il resto ), lo vedrete quindi come aggiornamento perchè ho aggiunto un capitolo nuovo intermedio ossia il n.5 (intitolato: inutile sentirsi liberi quando si ha una gabia dentro), ergo teoricamente l'aggiornamento della storia è dovuto a quel capitolo e non a questo. Non so se mi sono spiegata bene XD credo di essermi persa anche io ad un certo punto! loool
Ora ho davvero finito. Al prossimo aggiornamento che - GIURO - non sarà tra dieci anni ma la prima settimana di marzo.
Un abbraccio,
ORIHIME <3

 

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Capitolo 11
*** Ciò che è destinato a te, troverà il modo di raggiungerti. ***


 

Ciò che è destinato a te,
troverà il modo di raggiungerti. “


 


 


 

Emma mi stava praticamente trascinando in ogni negozio della città.
Quando era nervosa lo shopping aveva un impatto terapeutico sul suo umore, così non mi stupii affatto quando quel giorno me l'ero ritrovata attaccata al citofono di casa intimandomi di scendere.
Avevo provato ad opporre resistenza ma quando aveva minacciato di raccontare a tutti della volta in cui - erroneamente – ero uscita di casa con il maglioncino infilato dal verso sbagliato mi ero lasciata convincere.

Thomas si sarebbe fatto beffa di me per almeno un anno.
<< Taglia la testa al toro e diglielo apertamente >> le dissi dopo essere uscite dall'ennesimo negozio.
La mia amica mi guardò di traverso << devi essere impazzita >>
Sistemai meglio il mio capello di lana e strinsi la cinta del cappotto.
L'aria pungente di ottobre iniziava a farsi sentire.
<< Sono seria >> passammo vicino ad una bar e lo indicai con fervore << andiamo a prendere una cioccolata calda? >>
Emma non se lo fece ripetere due volte.
Il locale offriva un arredamento moderno, le ampie vetrate gli conferivano un'aria elegante, la carta da parati bianca e nera creava un'atmosfera un pò retrò e sopra ogni tavolino troneggiava un piccolo vaso di vetro longilineo con una rosa bianca.
<< Tu lo sai che sono sempre stata una persona diretta >> disse una volta sedute
<< Fin troppo >> confermai
<< Allora sai anche perché non posso fare come dici tu >>
Ordinammo entrambe una cioccolata, fondente per lei e alla gianduia per me.
<< Marco sa essere fin troppo ottuso delle volte, credo che guardare in faccia la realtà potrebbe fargli bene >>
Emma mi guardò con disappunto << questo lo so, però è mio amico, non voglio dargli una delusione inoltre non ho intenzione di rovinare l'armonia del gruppo >>
Annui comprensiva.
Ero sempre stata io quella con il terrore di ferire i sentimenti altrui, Emma era la ragazza dal pugno di ferro, quella più coraggiosa, più pragmatica e senza peli sulla lingua.
Ammiravo il suo modo di fare e al tempo stesso ne invidiavo la naturalezza.
Proprio per questo ora mi faceva tenerezza vederla in quel modo.
<< E se facessi finta di interessarti a qualcuno? >> proposi << inventati un ragazzo, inizia a parlare sempre di lui, di come lo hai conosciuto, di quello che fate, non so, l'immaginazione di certo non ti manca >>
La mia migliore amica sollevò le sopracciglia scettica.
<< C'è un nome per il disturbo che ti afflige >> mi incalzò seria << si chiama infermità mentale >>
Sbuffai esasperata << si chiama terrorismo psicologico >> precisai << pensaci bene, hai detto che non vuoi ferire i suoi sentimenti, in questo modo gli farai indirettamente capire di essere interessata ad un altro senza dover essere brutale. Ne usciamo tutti vincitori >> esitai un istante << forse non proprio tutti ma gli passerà fidati >>
Allargai le braccia teatralmente, simulando un inchino << sono un genio lo so >>
Emma alzò gli occhi al cielo.
<< Giochiamoci questa carta >> concordò alla fine << grazie >> disse poi rivolta al cameriere intento a servirci le nostre ordinazioni.
<< Se non funziona proviamo con il piano b >>
<< Che sarebbe ? >>
<< Gli buttiamo una botta in testa e speriamo in un amnesia >>
Emma scoppiò a ridere compiaciuta << questa ipotesi mi piace di più >>
Sorseggiai un po' di cioccolata fumante ed annuii complice << lo sospettavo >> poi tornai a fissarla divertita << lo sai, magari ti accorgerai che è veramente lui l'uomo della tua vita >>
<< Non so ancora se e quando lo incontrerò, ma di una cosa sono perfettamente sicura, non potrà mai essere lui >> rispose seria << io voglio un uomo che mi sappia tenere testa, che mi sappia leggere dentro, che sappia capire le mie scenate isteriche, i miei momenti no ed apprezzi il fatto che una ragazza come me non ha bisogno di una macchietta accanto, il mio uomo ideale deve sapere che so cavarmela da sola ma che delle volte anche io ho bisogno di essere salvata, voglio un uomo da cui ricevere consigli e non uno a cui devo sempre darli, voglio un uomo che sappia vedere oltre la mia corazza e che una volta vista sia in grado di amarmi ancora di più >>
Allungai la mano fino a poggiarla sopra la sua << un diamante grezzo come te non può che essere destinata ad una persona altrettanto fantastica >>
Emma mi guardò dritta negli occhi e le sorrisi prima di strizzarle l'occhio complice << anche perché provvederò personalmente a prendere a calci chicchessia fin quando non avrò trovato il fortunato prescelto >>
<< Mi spaventi delle volte >>
<< Lo prendo come un complimento >> dissi soddisfatta
<< Sei riuscita a convincere tua mamma a farti partire? >> chiese qualche minuto dopo.
Sospirai affranta e mi passai una mano tra i capelli << paradossalmente credo che non sia lei il problema >>
Emma scosse la testa contrariata << sai come la penso a riguardo >>
<< Lo so, ma non posso ignorare i sentimenti di Luca in questo modo >>
<< Perché no scusa? >> ingiunse ovvia << lui l'ha fatto con te >>
La guardai di traverso << non è vero, è solo un tipo protettivo >>
<< E' fastidioso >> mi corresse << anche se, non posso completamente dargli torto >>
Aggrottai le sopracciglia confusa << che vuoi dire? >>
Bevve l'ultimo sorso di cioccolata calda e poggiò la mano, chiusa a pugno, sulla guancia << non penso tu sia pronta a sentirtelo dire >>
<< Sentirmi dire cosa? >> ripetei ancora più accigliata
<< La verità >> disse ovvia
<< Emma, mi stai facendo venire il mal di testa, di che diavolo stai parlando? >>
Spostai la cioccolata in avanti ed incrociando i gomiti sul tavolo mi allungai verso di lei.
La mia amica sospirò mesta e copiò i miei stessi movimenti.
<< Partendo dal presupposto che ho sempre pensato che Luca fosse un emerita testa di cazzo >> proruppe arcigna << ma questo lo sai già, quindi andiamo avanti. Dico solo che, con molta probabilità, anche io darei di matto se il mio fidanzato partisse una settimana con la tipa che gli muore praticamente dietro >>
<< E, nel mio caso, chi sarebbe il tipo in questione? >>
Emma buttò un pugno sul tavolino con disappunto.
<< Andiamo Niki non fare l'ingenua, se ne sono accorti anche i muri dell'interesse di Thomas nei tuoi confronti >>
<< Anche tu con questa storia >> poggiai con stizza il busto sullo schienale della sedia << Luca non parla di altro ormai >>
<< Luca è un tipo paranoico, ma questa volta ci ha visto lungo >>
<< Vi state sbagliando >> squittii affranta << tutti quanti >>
<< E c'è di piu >> continuò la mia amica inclinando la testa verso sinistra e prendendo a guardarmi da sotto le sue lunghe ciglia.
<< Potrei non voler sentire quello che hai da dirmi >>
Emma ignorò la mia richiesta implicita e riprese a parlare << penso che ti piaccia >>
Strabuzzai gli occhi sconcertata << non puoi dire sul serio >>
<< Sono fin troppo seria invece >> confermò scrollando le spalle
<< Ti stai sbagliando di nuovo >> dissi scuotendo la testa
<< Niki ti conosco, siamo praticamente cresciute insieme, so quello che dico. Thomas ti piace, seppur inconsciamente. Proprio per questo non volevo dirtelo. Il fatto è che ancora non sei riuscita a venire a patti con la realtà e so anche che sei fermamente convinta di ciò, ma questo non significa che sia la verità >> concluse.
Presi a mordermi in labbro superiore frustrata, poi feci un gran respiro e tacqui per una manciata di secondi.
Anche io conoscevo nel dettaglio ogni sfaccettatura del suo carattere e se c'era una cosa che avevo imparato di lei in tutti quegli anni era che farle cambiare idea si rivelava sempre un'impresa impossibile.
Io ero la ragazza indulgente, lei quella intransigente. Un bionomio vincente insomma.
<< Thomas è mio amico, riesce a capirmi quasi quanto te, parlare con lui è semplice, si è vero, la maggior parte delle volte mi fa impazzire con le sue stupidaggini, mi irrita quasi sempre ma allo stesso tempo sa cosa mi passa per la testa senza bisogno che glielo dica >> presi un altro respiro, questa volta più profondo << mi piace, ma non nel modo che pensi tu, mi piace la sua amicizia >> puntualizzai.
Emma mi guardò bonariamente, alzò le spalle e lanciò uno sguardo lungo la strada << non sono d'accordo, ma ne riparleremo >>
<< Non c'è nulla da aggiungere Em >> dissi decisa più che mai a chiudere l'argomento.
<< Non ancora >> precisò << riprendiamo la nostra maratona di shopping? >>
Annuii sovrappensiero << però facciamo in fretta, tra qualche ora arriva Luca e non voglio farlo aspettare >>
<< Alla fine ti accompagna al concerto di Adele? >> domandò quando fummo fuori dal bar
<< Andiamo di là >> proposi indicando i negozi dall'altra parte della strada << non ne abbiamo più riparlato dopo quella volta, non sono sicura che voglia venire >>
<< Possiamo andare insieme se vuoi >> disse prima di fermarsi a guardare un vestito in vetrina << non mi offende fare da tappabuchi >>
Le buttai una gomitata << scema >> e presi ad osservare anche io l'abito << stasera glielo dico >>
Con la coda dell'occhio la vidi annuire distrattamente << che ne pensi? >> domandò facendo cenno verso l'indumento.
Il lungo vestito blu notte occupava l'intera vetrina del negozio, il tessuto di velluto ed i ricami in pizzo gli conferivano un'aria raffinata, le maniche arrivano fin sopra i gomiti e la scollatura lasciava leggermente scoperte le spalle. La posizione del manichino mi permise di ammirarne anche il profilo posteriore, la schiena era completamente nuda, alla base del fondo schiena c'era un delicato fiocco in pizzo i cui lacci ricadevano morbidi sul vestito.
Nonostante fosse un abito sobrio ed estremamente elegante avrebbe potuto conferire un'aspetto seducente anche ad una cozza.
<< Perché non lo provi? Potresti metterlo per il ballo di Natale >> propose.
Come da manuale, ogni anno il nostro Istituto organizzava - alla vigilia delle vacanze - un party Natalizio.
Uno degli eventi più attesi dal popolo studentesco, secondo solo al ballo di fine anno, i cui inviti erano estesi anche agli studenti delle altre scuole limitrofe.
<< Entriamo >> le agguantai la mano destra e ci precipitammo all'interno del negozio.
Circa due ore dopo lo shopping compulsivo terapeutico aveva dato i suoi frutti.
Alla fine Emma mi aveva convinto ad acquistare l'abito in vetrina mentre invece lei aveva optato per un vestito di raso nero che le ricadeva morbido fino ai piedi, lo spacco che partiva dal ginocchio non faceva altro che accentuare la sua bellezza dai lineamenti esotici, il bustino presentava una meravigliosa scollatura a cuore e la schiena era invece coperta da sottilissimi lacci intrecciati tra di loro.
<< Luca passa a prendermi tra circa venti minuti >> avvisai riponendo il telefono nella borsa.
Emma finse di esultare << evviva! >>
<< Ti chiamo domani >> tuonai nonappena varcammo la soglia di casa mia << che programmi hai stasera? >>
<< Penso di andare al Baya con Asia >> disse scrollando le spalle
Assottigliai lo sguardo sospettosa << c'è qualcosa che non so? >>
<< Del tipo? >>
Poggiai le buste con gli acquisti ai piedi del tavolino, vicino il divano, e portai una mano sotto il mento circospetta << è già la terza volta che andate in quella discoteca >>
Emma abbozzò un sorriso sardonico e si ravvivò i lunghi capelli castani << e con questo? >>
Incrociai le braccia sul petto << tu e tua sorella non andate mai due volte nello stesso locale >>
<< C'è sempre una prima volta >> mi canzonò divertita
<< Emma Rinaldi mi stai raccontando una grandissima cazzata >>
La mia amica non rispose, si limitò a farmi l'occhiolino.
<< Sputa il rospo subito! >> la minacciai andandole vicino
<< Quanto sei tediosa! >>
Iniziai a sbattere freneticamente un piede sul pavimento, in un chiaro invito a vuotare il sacco.
<< Va bene >> si arrese alla fine << potrei aver conosciuto un ragazzo >>
<< E..? >> le dissi incitandola a continuare
<< Fa il barman al Baya, sembra simpatico >>
Sventolai una mano verso di lei << e poi? >>
<< E niente Niki, mica me lo devo sposare domani >>
<< Come si chiama? >> interrogai
<< Riccardo >>
<< Quanti anni ha? >>
Si grattò la testa visibilmente spazientita << non lo so >>
<< E' di queste parti? >>
Prese un lungo respiro << non lo so >>
Assottigliai lo sguardo diffidente << è carino almeno? >>
<< Certo che lo è >> rispose irritata
Cercai di trattenere un sorriso di scherno << non guardarmi così, conoscendo i tuoi gusti non era poi una domanda così scontata >>
Emma spalancò la bocca << sei proprio una stronza! >>
<< Lo voglio conoscere >>
<< Frena gli animi Pitbull, non sono ancora sicura che mi piaccia >>
<< Ma non vale, tu mi hai rotto le scatole per mesi quando hai saputo di Luca >>
L'osservai poggiarmi una mano sulla spalla << diciamo che io e te abbiamo una visione differente dell'amore >>
<< E questo che vuol dire? >> chiesi offesa
<< Che io, a differenza tua, non cammino perennemente tre metri sopra il cielo solo perché un ragazzo mi interessa >>
<< Questo perché sei troppo cinica >> la rimbeccai
<< E tu hai un animo troppo romantico >>
<< E da quanto in qua essere romantici è un difetto? >>
<< Da quando ti costringe a stereotipare un ragazzo che, fidati, non fa assolutamente per te >>
Fu il mio turno di alzare gli occhi al cielo e sbuffare esasperata << sei insopportabile lo sai? >>
Emma mi diede un fugace bacio sulla guancia e si dirisse verso l'uscio << ci sentiamo domani, salutami il tuo principe azzurro >>
<< E tu il tuo! >> le urlai di rimando prima di chiudere la porta alle mie spalle e dirigermi in salotto.
Luca non mi aveva più scritto, diedi un occhiata al mio telefono e dopo averlo buttato di nuovo dentro la borsa sprofondai sul divano.
Improvvisamente il cellulare prese a squillare incessantemente, ipotizzai si trattasse del mio ragazzo, cercai subito di recuperarlo ed imprecai sottovoce quando l'impresa si rivelò più complessa del previsto. Quando finalmente riuscii ad agguantarlo e lessi il nome dell'interlocutore pensai che quella giornata si sarebbe rivelata un vero e proprio disastro.

'Fantastico, davvero. Ma spegnere questo benedetto aggeggio una volta tanto no?' - mi rimproverò la mia vocina.

<< Marco ciao >> dissi accettando la telefonata
<< Niki mi devi aiutare >> chiese con voce supplichevole
Sospirai mesta e mi portai una mano sulla testa. Di questo passo avrei potuto benissimo aprire un'agenzia di cuori solitari e vivere di rendita.

 

 

Settembre 2011
Quella sera non ero proprio dell'umore adatto per presenziare ad una festa.
Mi ero domandata più volte, rintanata nella mia stanza e distesa supina sul letto con l'inseparabile Miao - il gatto di peluche che zia mi aveva regalato all'età di otto anni – ed una busta di caramelle gommose alla frutta - quelle totalmente ricoperte di zucchero che mi facevano impazzire – se fosse il caso di mettere il piede fuori casa.
Per circa un'ora mi ero chiesta cosa dovessi fare, una parte di me avrebbe voluto barricarsi sotto le coperte ed abbandonare il nido solo l'indomani, l'altra pensava che non avrei potuto fare un torto simile ai miei amici, soprattutto a Marco, nel giorno del suo compleanno.
Non avevamo fatto altro che organizzare con solerzia e minuzia ogni cosa per quel giorno, ed ora che finalmente era arrivato speravo solo che passasse in fretta.
Emma aveva avuto l'idea di preparare una festa a sorpresa a casa di Thomas, approfittando dell'assenza di qualche giorno dei suoi genitori.
Alla fine, sopraffatta dall'affetto verso quei tre squinternati, avevo tirato fuori dall'armadio il vestito comprato per l'occasione ed ero uscita.
Thomas abitava in una villetta completamente circondata da un giardino grandissimo, ricoperto da una quantità imbarazzante di piante.
Una vecchia quercia troneggiava sul lato sinistro della dimora nascondendo una cuccia dalle modeste dimensioni che offriva ospitalità a due meticci, uno bianco come la neve, l'altro nero come l'onice.
Sulla destra un piccolo patio in legno dava riparo ad una delle due utilitarie della famiglia, a fianco, un dondolo a due posti oscillava a causa del vento.
Salii velocemente la piccola rampa di scale che mi separava dall'uscio e sunai il campanello mentre con l'altra mano fissavo affranta il display del telefono.
Emma aprì la porta tirandomi dentro senza garbo.
<< Sei in ritardo! >> inveì << Marco sta arrivando >>
Aveva i capelli sciolti ed un vestitino beige che le arrivava sopra il ginocchio, una piccola cintura dorata le avvolgeva i fianchi ed un paio di ballerine dello stesso colore.
Prima di chiudere la porta diede una rapida occhiata dietro di me << Luca? >>
Strinsi le spalle torturandomi le unghie.
<< Non è voluto venire vero? >> lo accusò
Fu sufficiente rivolgerle un veloce sguardo amareggiato per farle capire tutto quanto.
Avevo passato quasi metà pomeriggio tentando di convincerlo ad accompagnarmi, avevo persino sperato di vederlo spuntare all'improvviso, ma ovviamente nessuna delle due cose era successa.
<< Lascia perdere, sarà comunque una serata divertente >>
<< Gli altri sono arrivati? >> le chiesi guardandomi intorno
La casa era distribuita su due piani, collegati da un'elegante scala a chiocciola. L'arredamento era classico ed estremamente raffinato.
Emma mi prese subito per mano << si vieni >>
Attraversammo velocemente l'ingresso ed entrammo nella sala da pranzo piena zeppa di striscioni e palloncini di ogni tipo.
C'erano circa una decina di persone nella stanza.
In un angolo, seduta vicino al camino, riconobbi la sorella di Marco impegnata in una fitta conversazione con due cugine, vicino al tavolo imbandito di dolci c'erano alcuni suoi amici di vecchia data ed altri che invece non avevo mai visto prima.
Sulla destra, comodamente appollaiate su un divano color avorio notai delle facce - fin troppo conosciute - impegnate in una partita a carte.
Gerardo giocava in coppia con Claudio, Ettore e Pietro guardavano l'uno le carte dell'altro lanciandosi sorrisi complici e Thomas, che stava tentando di contenere gli animi, sembrava in attesa di qualcuno.
Quando il suo sguardo incrociò il nostro ci fece subito cenno di raggiungerli.
<< Sbrigati >> disse poi in direzione della mia amica << Ettore ha già tentato di barare tre volte >> e si spostò di lato per permetterle di sedersi accanto a lui.
Emma rise divertita e riprese le carte in mano.
Thomas ruotò leggermente la testa verso di me facendomi l'occhiolino, estrasse dalla tasca dei suoi jeans il cellulare e dopo aver letto velocemente un messaggio si alzò << Marco sta arrivando >> urlò in modo che tutti potessero sentirlo << fate silenzio e chiudete tutte le luci, io vado ad aprire la porta. >>
Seguimmo alla lettera le sue istruzioni ed io andai a sistemarmi vicino ad Emma.
<< Togliti quel muso lungo dalla faccia >> mi ammonì bonariamente
Eravamo completamente al buio ma riuscii comunque a buttarle una gomitata sul braccio.
Non fece in tempo a ribattere perché all'improvviso le luci della sala si accesero mostrando Tom e Marco totalmente assaliti da applausi e voci che iniziarono – maldestramente - ad intonare la solita canzone di buon compleanno.
Il festeggiato ci fissava come se avesse appena assistito ad un invasione aliena, si portò le mani dietro testa e spalancò la bocca << voi siete matti! >>
Quando incrociò il mio sguardo lo raggiunsi subito gettandogli le braccia al collo << Buon compleanno geniaccio >>
Lui ricambiò la stretta sorridendo << è stata opera vostra vero? >>
Mi allontanai di poco e annuii trionfante << dall'inizio alla fine >>
<< Abbraccio di gruppo? >> propose Emma avvicinandosi, seguita a ruota da Thomas che aveva già iniziato ad allargare le braccia.
Scoppiammo a ridere e ci stringemmo in un caloroso abbraccio.
<< Grazie >> disse Marco commosso << non so cosa dire >>
<< Non ringraziare, il conto ti arriverà a casa >> lo prese in giro Thomas
<< Vai a salutare gli altri >> suggerì Emma << non vorremmo essere accusati di aver monopolizzato l'attenzione del festeggiato >>
<< Vado e torno >> e raggiunse rapido il resto delle persone in fondo alla stanza
<< Emma, Thomas! >> urlò Ettore dal comodo divano in pelle << ce la facciamo a finire la partita prima che mi cresca la barba bianca? >>
<< Arriviamo >> rispose Emma voltandosi verso di me
<< Vado a prendere qualcosa da bere e vi raggiungo >> le suggerii prontamente
<< Ho sete anche io >> concordò subito Tom << arriviamo subito, tienili a bada due minuti >> disse ad Emma lanciandole uno sguardo veloce, poi mi diede un leggero buffetto sulla testa e mi indicò il tavolo delle bevande.
<< Luca non c'è? >> chiese porgendomi un bicchiere
Guardai la miscela di liquido rossastro e poi riportai lo sguardo su di lui << cos'è? >> domandai accigliata
Inarcò le sopracciglia << veleno. Speravo non te ne accorgessi ma a quanto pare non sono stato abbastanza bravo >>
<< Ah! Come rido, sei troppo simpatico! >> sbottai pungente
<< Lo so. Non sei la prima a dirmelo >> concordò presuntuoso
<< Mai pensato alla carriera circense? >>
<< Nah. Ho in mente di coltivare il mio immenso talento altrove >> rispose sventolando la mano con noncuranza
<< Stavo facendo del sarcasmo >> puntualizzai
<< Io no >> mi osservò per una manciata di secondi << bevilo scema, è solo aranciata rossa >>
Seguii il suggerimento e mi bagnai le labbra assaporando piano la bevanda.
Il sapore era davvero ottimo.
<< E' buona >> convenni sovrappensiero
<< So anche questo. Allora? >> mi incitò
<< Cosa? >>
Si avvicinò e mi sfilò il bicchiere dalle mani << non hai ancora riposto alla mia domanda >>
<< Quale domanda? >> chiesi fingendomi confusa
Thomas alzò gli occhi al cielo e scosse la testa per niente ammaliato dalla mia aria innocente << tu mi esasperi >>
Gli feci una linguaccia << no, io ti sopporto >>
Inarcò di nuovo le sopracciglia e corrugò la fronte << non cambiare discorso signorina >>
Sospirai ed osservai velocemente la sua figura longilinea.
Quella sera indossava un maglioncino a girocollo blu notte, dal quale spuntava il colletto di una camicia azzurra ed una paio di jeans scuri che ricadevano morbidi dentro un paio di scarponcini antracite.
Thomas incrociò le braccia sul petto e da dietro il solito paio di occhiali – che si ostinava ad indossare più per abitudine che per necessità - ridusse gli occhi a due fessure.
<< Quindi? >> mi incitò di nuovo << Luca dov'è? >>
Mi portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio ed alzai le spalle fingendo disinteresse << aveva un impegno >>
Si grattò il mento, ricoperto da un leggero accenno di barbetta << per questo hai il dente avvelenato? >> domandò alla fine
Lo guardai oltraggiata << non ho affatto il dente avvelenato! >>
<< Direi proprio di si >>
<< Assolutamente no >> protestai
<< Assolutamente si >>
Portai le mani sui fianchi << no >>
<< Si >> mi contraddisse serenamente
<< Finiscila >> rimbeccai piccata
Thomas allungò un piccolo dolcetto verso di me e prima che potessi afferrarlo lo allontanò repentino di qualche centimetro << solo se mi prometti di mettere in pausa il tuo malumore >>
Mi morsi il labbro tentando di nascondere un sorriso << ed io cosa ci guadagno scusa? >>
<< Ti faccio fare il tour gratuito della tenuta Tavelli >> propose allargando le braccia teatralmente
<< Posso farlo anche da sola >>
<< Non lo metto in dubbio ma io sono una guida insostituibile, inoltre.. >> disse esitando un istante << potrei avere il cd di una certa cantante straniera.. >> lasciò la frase in sospeso e mi squadrò da capo a piedi ridacchiando.
Gli afferrai il polso scuotendolo freneticamente con poco garbo << davvero? >>
Si aprì in uno dei suoi tanti sorrisi insolenti << che ne dici Castellani, abbiamo un accordo? >>
Annuii con veemenza saltellando senza ritegno e sbattendo le mani come una patetica ragazzina di appena quattro anni.
<< Sei una sporca opportunista >> constatò fingendosi oltraggiato
<< Ti ho mai detto che ti voglio bene? >> chiesi ghignando
<< Andiamo dagli altri Monky >> e senza darmi il tempo di opporre resistenza mi afferrò dalle spalle spingendomi verso i nostri amici << prima che ci uccidano >>


 

<< Emma deve darmi una possibilità >> tuonò disperato Marco
Non parlava d'altro da quasi quaranta minuti, io mi limitavo ad annuire di tanto in tanto, il necessario a fargli capire che non mi fossi addormentata con la cornetta in mano.
Fissavo maniacalmente l'orologio ad intervalli regolari di cinque minuti circa, Luca era sempre stato puntuale come un orologio svizzero, quel giorno invece era in un ritardo mostruoso.

<< Che ne pensi? >> domandò il mio amico con tono grave.
Con il pollice e l'indice presi a massaggiarmi le tempie lentamente << Marco, forse non è destino >> azzardai provando a dare la colpa al fato << dovresti iniziare a guardarti intorno senza lasciarti sopraffare dalla situazione >> esitai un istante, indecisa se continuare o meno << trascorrete insieme praticamente ogni minuto. Magari ti sei semplicemente lasciato condizionare e sopraffare dagli eventi, no? >>
<< Sono perfettamente padrone dei miei sentimenti >> affermò con convinzione << quello che provo per lei è reale >>
Tirai l'ennesimo sospiro << ne sei sicuro? >>
<< Assolutamente >> confermò
<< Hai mai pensato a quello che potrebbe succedere se Emma non ricambiasse? Voglio dire, c'è in ballo la vostra amicizia >>
Questa volta fu lui a sospirare << no. Però sono sicuro di piacerle, magari è solo spaventata >>

'Buon Dio!'

Scossi la testa rassegnata.
Fortunatamente, prima che potessi rispondergli, il campanello della porta iniziò a suonare con insistenza.
Qualcuno doveva aver dato ascolto alle mie preghiere.

Balzai in piedi velocemente << Marco scusa, è arrivato Luca >>
<< Ci sentiamo domani >> disse mesto
<< Certo >> posai il telefono sgarbatamente, attraversai la stanza ed aprii l'uscio trovando il mio fidanzato intento a sfregarsi le mani per il troppo freddo.
Lo abbracciai veloce poggiando il mento sul suo petto, lui mi avvolse le braccia intorno alla schiena depositando un bacio sulle labbra, vi si soffermò per qualche secondo prima di allontanarsi e rivolgermi un sorriso di scuse.
<< Scusami, in negozio oggi non abbiamo avuto un attimo di respiro >>
Alzai le spalle con noncuranza e mi spostai di lato per farlo entrare.
Luca si diresse verso il divano, si tolse il giubbotto e gettò uno sguardo verso le buste vicino al tavolino in legno << avete svaligiato l'intera città? >>
<< Quasi >> dissi raggiungendolo
Mi sdraiai scomposta vicino a lui, poggiai la schiena contro il bracciolo del divano e sistemai entrambe la gambe sulle sue.
<< Ho comprato anche il vestito per il ballo >> confessai
Luca afferrò la mia mano giocandoci distrattamente << il ballo? >>
<< Te ne ho parlato qualche giorno fa >> scivolai verso di lui per depositargli un bacio sulla spalla
Annuì vago e poggiò la testa sulla mia << e tu vuoi andarci? >>
<< Tu no? >>
Si schiarì la voce << lo sai che non mi piacciono queste cose >>
Rafforzai la stretta della mano << sarà divertente >>
<< Quindi vuoi andarci >>
<< Ho comprato il vestito >> risposi ovvia
<< Hai comprato il vestito >> confermò
Mi allontanai per poterlo guardare negli occhi << verrai? >>
Arricciò le labbra e spostò lo sguardo sul pavimento << ci penserò >>
Stava prendendo tempo.
Iniziai a mordermi le labbra a disagio, avevo anche intenzione di chiedergli del concerto e non ero disposta ad accettare un no come risposta, speravo solo di non dover trascorrere l'ennesima serata a litigare.
<< Per Firenze invece? >> azzardai
Luca aggrottò la fronte e mi spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio << non riesco a liberarmi per quel giorno >>
<< L'hai chiesto a Max? Sono sicura che non dirà di no! >> cinguettai speranzosa.
Scosse il capo e si posizionò meglio di fronte a me << non posso chiederglielo. Ho iniziato a lavorare da poco e non me la sento di lasciarlo da solo >>
Lo fissai in disaccordo << ma è solo per mezza giornata >> protestai, riprendendo a torturarmi con i denti il labbro inferiore.
<< Niki per favore >> sbottò seccato
Sollevai le gambe, le raccolsi al petto e mi rivolsi completamente verso di lui.
<< Non posso, non mi va, non riesco, non mi piace, non ce la faccio, è sempre la stessa storia con te. Perché diavolo non puoi accontentarmi per una volta? >> inveii irritata.
Sbattei sgarbatamente una mano sul divano ed assottigliai lo sguardo.
Si passò una mano nei capelli << e tu perché non capisci che il mio non è semplicemente uno stupido capriccio? >> rispose avvilito
<< Capisco fin troppo bene invece. Non vuoi che parta, non vuoi accompagnarmi al ballo, non vuoi che esca con i miei amici, non ti và di venire con me al concerto. Esiste ancora qualcosa che vuoi fare? >>
<< Tu invece ultimamente sei troppo pretenziosa. C'è per caso qualcosa che dovrei sapere? >>
Alzai le braccia esasperata << per favore non iniziare con il solito discorso. Non te lo permetto, non stavolta >>
<< Perché? >> mi provocò
<< Andrò con Emma se tu non vuoi venire >>
Poggiai i piedi sul pavimento senza mai smettere di fissarlo.
<< Al ballo? >> disse ironico
<< Al concerto >> puntualizzai << ma se non vorrai accompagnarmi neanche al ballo troverò qualcun altro, non sarà di certo un problema >> aggiunsi tagliente
Luca assottigliò lo sguardo furente << lo so benissimo, il tuo amico del cuore non vede l'ora! >>
<< E se anche fosse? >> mi alzai di scatto puntando un dito contro di lui << almeno Thomas c'è sempre quando ne ho bisogno! >>
Realizzai solo qualche secondo dopo ciò che mi ero lasciata sfuggire, trattenni il respiro pentendomene subito e feci in passo verso di lui che nel frattempo si era lanciato contro di me serrando la mascella furibondo.
<< Sai che ti dico allora? >> urlò ad un palmo dal naso << esci con lui stasera! >> afferrò il giubbotto ed uscì di casa sbattendo la porta.
<< Vaffanculo! >> strillai con tutta la voce che avevo in corpo
Mi guardai intorno disorientata, presi lunghi e profondi respiri, estrassi il cellulare dalla tasca della borsa e mi precipitai in camera.
Composi velocemente un numero e rimasi in attesa.
<< Cosa ha combinato questa volta il cretino? >> disse la mia migliore amica rispondendo dopo soli due squilli.
<< Posso venire con voi stasera? >> chiesi tirando su col naso
Sentii un rumore dall'altra parte della cornetta << Asia >> chiamò Emma in lontananza << Niki è dei nostri >> la sorella emise un urlo ovattato seguito da un lungo fischio di apprezzamento che mi procurò un sorriso sincero.
Emma rise insieme a me << passiamo a prenderti verso le undici >> mi informò << ti voglio bene >> disse prima di riattaccare.
Emma era sempre stata il mio porto sicuro ed io in quel momento avevo solamente bisogno di un rifugio affidabile e di qualcuno pronto a difendermi ancor prima di giudicarmi, di qualcuno che riuscisse a capirmi senza gesti o parole, qualcuno che mi conoscesse a fondo e che, nonostante questo, continuasse a volermi bene.

 





 

I legami più profondi non sono fatti né di corde,
né di nodi,
eppure nessuno li scioglie. “




 

* Rullo di tamburi* Rieccomi quà, sono stata di parola! Stento a credere a quello che sto per dire ma ho finito di scrivere il capitolo successivo quindi presumo che anche il prossimo aggiornamento sarà puntuale.
Allora alcune pillole random, in questo capitolo veniamo a sapere che ci sarà un ballo di Natale. I nostri amici ci andranno? Se si, chi andrà con chi? Succederà qualcosa? Rimanete sintonizzati e lo scoprirete. ( *tenta miseramente di suscitare interesse nel lettore!* Sono una cattiva persona? Mi auguro di no!"). Nicole e Luca hanno l'ennesimo litigio, in una relazione non sempre le cose filano lisce come l'olio ma la cosa importante e capire se tutti i problemi che si presentano possono essere risolti. Thomas non è fisicamente presente in questo capitolo però lo si nomina spesso, c'è ma non si vede come si suol dire.
Spero che la storia vi piaccia e vi stia appassionando anche perché stiamo entrando praticamente nel vivo del racconto. 
Come al solito concludo dicendovi che mi farebbe davvero piacere conoscere il vostro parere, uno scrittore anela sempre a conoscere le opinioni ed i pensieri dei lettori, sono un pò come la linfa vitale, ci esortano a continuare, ci danno una marcia in più! Fatemi sapere cosa ne pensate inoltre, giacché è concluso, vi lascio un piccolissimo estratto del prossimo capitolo.
Un abbraccio, ci rileggiamo ad aprile! <3
Orihime.


 

  SPOILER - DAL PROSSIMO CAPITOLO
<< Coraggio >> riprovò accarezzandomi una spalla << ti tengo io >>
Sospirai e gli rivolsi uno sguardo scettico aspettandomi di trovare la sua solita aria di scherno e scoprendo invece un paio di occhi verdi che mi osservavano in attesa.
Un secondo dopo Thomas incurvò la schiena, spostò la mano destra sul mio braccio e si posizionò di fronte a me << ti fidi di me? >> sussurrò poi seriamente
<< Stento a credere a quello che sto per dire ma si, mi fido >> confessai con un tono di voce più accomodante del dovuto.





* AGGIORNAMENTO DEL 07/02/2017: 
Per tutti quelli che sono finiti per caso a leggere questa storia e per quelli che invece lo hanno già fatto, rendendomi la ragazza più felice sulla faccia della terra, volevo precisare alcune cose: ho iniziato di recente ad effettuare delle modifiche sulla storia, fondamentalmente la trama orizzontale non ha effettuato modifiche ma ho deciso di inserire alcuni passaggi, ti toglierne altri, di spostare dei pezzi di capitoli da una parte ad un altra in base alle esigenze della storia, pertanto è possibile che la disposizione temporale di alcune scene subiranno delle variazioni, saranno inserite scene completamente nuove, flashback, dialoghi e probabilmente aggiungerò qualche capitolo intermedio. Una rilevante ristrutturazione insomma, nella speranza di rendere questo racconto migliore e più interessante.
Continuerò a postare questa piccola nota in tutti gli altri capitoli insieme all'umile richiesta di farmi sapere le vostre opinioni in merito.

 




 

 

 

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Capitolo 12
*** Le follie sono le uniche cose che non si rimpiangono mai ***


"Le follie sono le uniche cose che
non si rimpiangono mai “

 

 

 



 

Quando aprii gli occhi quella mattina fui colta dall'improvvisa consapevolezza che qualcuno stesse per distruggermi casa, oppure, nella migliore delle ipotesi, stavano semplicemente prendendo a martellate la mia testa.
Mi svegliai raggomitolata sotto coperte, con un mal di testa opprimente e la bocca impastata. Ciocche disordinate di capelli mi ricadevano sul volto, sentivo lo stomaco sottosopra ed i raggi di sole che filtravano dalla finestra mi avevano completamente accecato la vista.

'Perchè cazzo non ho chiuso le tapparelle ieri sera?' - imprecai tra i denti

Alzai una mano per coprire gli occhi dalla luce. Lentamente provai ad aprirne uno e mi guardai intorno frastornata mentre ricordi confusi iniziavano piano piano a riaffiorare.



Il Baya quella sera era più affollato del solito.
Ivano, il migliore amico di Asia era passato a prenderci con la sua decappottabile laccata oro ed ora si faceva spazio tra la folla con disinvoltura.
Era un ragazzo alto, smilzo, la mascella troppo squadrata, sopracciglia perfette, labbra sporgenti, occhi nocciola e capelli castani sempre imprigionati dietro chili di gel.
Aveva circa sette anni più di noi, Asia lo aveva conosciuto una sera d'estate di dieci anni prima e da allora vivevano in completa simbiosi.
Con le lunghe mani affusolate sbirciò sul quadrante del suo Rolex nuovo di zecca e fece un cenno sbrigativo al buttafuori, quello per tutta risposta aprì la piccola porta rossa e con gesto della mano ci disse di entrare.
Ivano arricciò le labbra soddisfatto e velocemente superammo la fila chilometrica davanti l'ingresso, rivolsi un sorriso di scuse ad una ragazza, che aveva tutta l'aria di volerci staccare la testa a morsi, ed agganciai la mano sinistra di Emma.
<< Grazie Mimì >> gli sussurrò Ivano prima di voltarsi verso di noi e strizzare l'occhio sinistro
<< Mimì? >> chiesi una dentro
<
< Proprio così dolcezza >> rispose Ivano schioccando la lingua sulle labbra.
La struttura era di modeste dimensioni, era stata costruita su una piccola scogliera rocciosa a picco sul mare ed il panorama - quando il sole andava a nascondersi sotto il manto trasparente dell'acqua - era da mozzare il fiato.
Si distendeva in maniera concentrica e lungo il percorso le varie piste erano collegate le une dalle altre da piccole scalette a chiocciola in legno di quercia. Nonostante non fosse la più grande discoteca della zona era sempre gremita di gente e la fila per potervi entrare raggiungeva spesso i limiti dell'inverosimile.
<< Ivano, andiamo da quella parte >> lo chiamò Asia mostrando il punto centrale della pista, dove una quantità infinita di luci piroettavano senza sosta.
<< Tesoro stai scherzando? Le mie Jimmy Choo si oppongono fermamente! >>
Ivano le riservò uno sguardo oltraggiato, mise una mano sul fianco e con l'altra sistemò meglio il colletto della camicia Fendi rosa confetto per poi sfiorare, con studiata lentezza, il logo Gucci della cintura che brillava ad ogni suo movimento.
<
< Prima donna! >> lo prese in giro
<< Assolutamente si, ciliegina >> allargò le braccia e sul suo volto si dipinse un sorriso smagliante << facciamo capire a questa gente come ci si diverte! >>
Lanciai uno sguardo ad Emma che stava già fissandomi divertita.
<< Ma fa sempre così? >> le sussurrai incredula
<< Anche peggio >> disse prima di strattonarmi la mano e condurmi verso l'angolo bar.
Il bancone era longilineo e completamente color cremisi – come gran parte dell'arredamento della discoteca - due figure, una donna ed un ragazzo, stavano destreggiandosi abilmente con bottiglie e shaker dando vita alle acrobazie più impensabili.
Il ragazzo quando ci vide arrivare strizzò subito l'occhio ad Emma e prima che questa potesse avere il tempo di aprire bocca le allungò un bicchiere in vetro con un ombrellino colorato ed una fetta di limone incastrata al lato.
Osservai l'invitante cocktail trasparente e mi avvicinai alla mia migliore amica.
<< Provo ad indovinare >> dissi << Riccardo? >>
Emma fece un cenno di assenso e bevve un sorso del suo intruglio << posso averne un altro per la mia amica? >> chiese poi voltando lo sguardo verso il fantomantico ragazzo.
<< Tutto ciò che vuoi >> ripose questo tornando a muovere sinuosamente le braccia.
Riccardo non era eccevviamente alto, aveva le spalle larghe, gli occhi neri ed i capelli scuri rasati, sopracciaglia folte, una leggera cicatrice sullo zigomo destro, labbra sottili ed un naso decisamente troppo grande. Indossava una camicia bianca lasciata aperta fino a metà, il petto - da quello che lasciava intravedere l'indumento - era perfettamente rasato, al collo portava una piccola catenina argentata e sull'orecchio sinistro faceva capolino un piccolo orecchino a forma di cubo.
<< Amica >> presi il mio bicchierere e feci qualche passo verso di lei << hai seriamente bisogno di una visita oculistica >>
<< Taci >> sibilò lanciandomi uno sguardo infuocato
<< Dico sul serio >> continuai << conosco uno specialista davvero bravo >>
Emma ignorò la mia battuta continuando a sorseggiare placidamente il suo cocktail.
Quando raggiungemmo gli altri mi voltai verso di lei sogghignando << comunque se vuoi posso prestarti i miei occhiali >>
La vidi alzare gli occhi al cielo e darmi una leggera gomitata sul braccio, per tutta risposta le urtai la spalla sinistra facendole una linguaccia.
Il privè che aveva prenotato Ivano era collocato a lato della pista.
Ce n'erano in totale due per ogni sala, tutti delineati da una semplice cordicella rossa ed un gigantesco bodyguard che, sollevando la fune di volta in volta, ne consentiva l'ingresso.
Due ore ed una quantità indefinita di cocktail più tardi saltellavamo senza ritegno sopra uno dei piccoli divanetti in pelle bianca, cantando a squarciagola e ballando senza più un briciolo dignità.
Emma aveva in mano una scarpa ed aveva iniziato ad usarla come suo microfono personale, Ivano stava lentamente sfilandosi la camicia simulando uno streeptes degno di Kim Basinger in 'nove settimane in mezzo', Asia saltava da un divanetto all'altro in una maldestra riproduzione del gioco della campana mentre io mi ero messa in testa di riprodurre – senza successo – il moonwalk, canticchiando tra me e me la melodia di Billie Jean e usando come cappello un bicchiere di plastica rubato chissà dove. Mi era anche parso di sentire qualcuno affermare, in maniera sarcastica, che i miei passi si avvicinavo inverosimilmente a quelli di un pinguino affetto da coliche renali piuttosto che a quelli di Michael Jackson.
Sogghignai soddisfatta e ripresi a muovere la testa a ritmo.
Non ricordavo neanche più l'ultima volta che avevo riso così tanto, mi sentivo leggera, non ricordavo neanche più il motivo che mi aveva spinta ad essere lì, inoltre, il malumore del pomeriggio sembrava essere totalmente sparito.
<< Niki >> urlò Emma, ma la musica era così alta che fù costretta a ripetere il mio nome un paio di volte prima di farsi sentire.
Tenendo sempre in mano la sua scarpa si avvicinò saltellando << Nikii >> ripetè
Osservai la mia migliore amica continuando ad ondeggiare la testa da una parte all'altra, le presi rapida la mano libera ed agilmente le feci fare una giravolta << che c'è? >>
Emma continuò a ballare per qualche minuto << che ne pensi di Riccardo? >>
Mi lasciai sfuggire una risata ed alzai la testa muovendo le braccia da una parte all'altra << non lo so, il suo naso mi ha deconcentrata >> le risposi continuando a ridere.
La mia amica scoppiò in una fragorosa risata << non fare la scema >>
Sorrisi e portai le mani sui fianchi ondeggiando sinuosamente << chiedimelo tra un altro paio di drink e ti farò sapere >> biascicai
Per tutta risposta lei rimise la scarpa al suo legittimo posto e mi buttò una mano sulla spalla << mi piace >> disse poi sinceramente.
Emma era fatta così, non conosceva mezzi termini, sapeva sempre quello che voleva e non aveva mai paura di esporsi.
<< Quindi? >> incalzai
<< Quindi tra dieci minuti vado da lui >>
L'ammonii con lo sguardo << fai attenzione >>
Sbuffò, scuotendo la testa contrariata << anche da ubriaca sei sempre la solita bacchettona >>
<< Non sono ubriaca >> la rimbeccai prima afferrare dal tavolo un paio di cannucce e metterle tra i denti inscenando un ridicolo tango argentino.
<< Si certo >> scosse la testa ed afferrò la mia mano copiando i miei movimenti << piuttosto >> sorrise maliziosa << Luca ti ha chiamata? >>
Le misi una mano dietro la schiena, l'altra sul fianco e lentamente la feci piegare verso dietro, quando risalì la guardai truce << no >>
<< Pensi sia arrabbiato? >> domandò mentre cambiavamo direzione voltando la testa da destra verso sinistra
<< Chissenefregaaa >> incespicai << .. e poooi senonvuoleveniiiire civadolostesso >> farfugliai tutto d'un fiato
Emma ammiccò leggermente << venire dove? >>
<< Al ballo >> risposi ovvia
Mi fece fare una giravolta veloce << e con chi ci vai? >> indagò serafica
Quando fummo di nuovo l'una di fronte l'altra scrollai le spalle incerta.
<< Tom ? >> domandò aprendosi in un sorriso astuto.
Mi bloccai in mezzo alla pista da ballo ed iniziai a guardarla in tralice.
Lei ignorò completamente il mio silenzo e riprese imperterrita il monologo << accetterebbe se glielo chiedessi >>
Iniziai a mordermi nervosamente le labbra e spostai lo sguardo sulle punte dei piedi.
Emma alzò gli occhi al cielo e prendendomi per mano mi condusse sul divano,
mi accomodai sgraziatamente e subito fui sopraffatta dalla stanchezza.
Passai una mano tra i capelli impiastricciati avvertendo la testa girare, sollevai scomposta le gambe e appoggiai il capo sulla spalla di Emma.
<< Andresti con lui? >> chiese dolcemente
Esitai solo un istante, poi avviluppai la mano sinistra alla sua e feci un lieve cenno di assenso.
La mia migliore amica sospirò << è già qualcosa >> confermò prima di alzarsi di nuovo e tirarmi verso di lei << forza Niki, la notte è ancora giovane e se non vado da Riccardo diciamo.. >> finse di guardare il quadrante di un orologio immaginario sul poso << subito potrei anche ucciderti >>
Mi lasciai sfuggire una risata e ripresi a muovermi come una pazza lungo tutta la pista.
<< Ivanoo!! >> urlai poi in direzione del mio nuovo amico.
Quello, sentendosi chiamare, puntò subito lo sguardo su di me, mostrò la sua dentatura scintillante e con l'indice fece cenno di raggiungerlo.
<< Passerottino muovi quel bel culo >> incitò prima di afferrarmi il polso e ributtarsi nella mischia.
Mi era davvero mancata tutta quella spensieratezza.



Sospirai, mettendomi a sedere e strofinando gli occhi impastati dal trucco, azione che mi procurò una fitta poco piacevole alla testa.
Mi rilasciai cadere goffamente sul letto e mentre stavo valutando la possibilità di tornare a dormire il cellulare iniziò a vibrare sul comodino, era un suono debole ma abbastanza rumoroso da accentuare il mal di testa.
Sbuffai per l'ennesima volta e afferrai il telefono schiacciando ovunque sullo schermo ed imprecando di nuovo quando la luce del display colpì gli occhi ancora sensibili.
<< Pronto? >> risposi con la voce roca
<< Mmpfh >> farfugliò qualcuno dall'altra parte del ricevitore
Aggrottai le sopracciglia e allontanai il cellulare per leggere il mittente.
<< Ti odio >> dissi poi riportandomi l'arnese infernale all'orecchio
<
< Mmhh >> continuò
<< Tu e tua sorella siete un pericolo per l'umanità >> ritornai sotto le coperte e presi a massaggiarmi le tempie con la mano libera
<< Ti prego non urlare >> si lamentò la mia migliore amica << sto per morire >>
<< Mi sento come se un gigantesco tir si fosse divertito ad investirmi ripetutamente per tutta la notte >>
<< Anche io >> concordò Emma
Mi rigirai nel letto << penso che uscirò dalla stanza solo per espletare i miei bisogni >>
<< Per quanto mi trovi perfettamente d'accordo con te ci potrebbe essere un problema >>
Tirai l'ennesimo sospiro ed Emma la prese come un'esortazione sufficiente a continuare.
<< Marco e Thomas ci aspettano al parco >> soffiò laconica
<
< Ne sei sicura? >> sussurrai disperata
<< Mmmhh >> mugugnò in risposta
Aprii di nuovo gli occhi e cercai la piccola sveglia sul comodino accanto al letto, le lancette segnavano le 12,57.
<< A che ora? >>
Sentii un rumore in sottofondo ed Emma imprecò, poi ne sentii un altro e subito dopo silenzio.
<< Emma? >>
<< Merda >> sibilò << mi era caduto il cellulare, dicevi? >>
<< Per che ora? >> ripetei affranta
Ritornai seduta, incastrai il telefono tra l'orecchio e la spalla, afferrai il solito elastico dal polso sinistro e presi a raccogliermi i capelli.
<< Alle 16,30 credo >>
<< Se l'universo non mi uccide prima dovrei farcela >>
La mia migliore amica rise << non posso dire lo stesso >>
<< Alza il culo Em, non lasciarmi sola con quei due scimpazè trogloditi altrimenti giuro che dirò a Marco che sei secretamente e pazzamente innamorata di lui >> la minacciai.
<< E va bene però seriamente, smettila di urlare! >>
Aggrottai la fronte per l'ennesima fitta alla testa e sospirai di nuovo.
<< Non sto urlando >> puntualizzai
<< Ma se mi hai appena perforato un timpano? >> protestò
Svolazzai una mano davanti la faccia << esagerata >>
<< Tu non capisci, in testa ho un tale concerto da fare invida a Beethoven! >>
<< Fortuna che è morto stecchito allora, altrimenti sai che delusione >> la punzecchiai
<< Il caro e vecchio sarcasmo. Sai, credo proprio che tu abbia barato ieri sera >>
<< Barato? Ma se abbiamo prosciugato l'intera riserva del piano bar! >> protestai oltraggiata
<< Non posso dirlo con certezza. Io sono praticamente fuori uso, mia sorella è in letargo, conoscendo Ivano non sarà capace di mettere i suoi curatissimi piedini fuori dal letto fino a domani mattina mentre tu invece sei fresca come una rosa >>
<< Ho mal di testa, lo stomaco ridotto in poltiglia, in bocca ci saranno almeno tre topi morti, ho delle scimmie urlatrici che stanno giocando a cricket con i miei neuroni e la luce del sole mi dà così fastidio che neanche Edward Cullen in persona! >> iniziai ad elencare inviperita.
<< Non mi convinci >> mi beffeggiò diffidente
Schioccai la lingua tra i denti contrariata << ricordami perchè ti sto ancora parlando? >>
<< Perchè sono la tua migliore amica e senza di me saresti persa? >>
<< Riprova >>
<< Perchè almeno per una sera non hai dovuto pensare a quel coglione patentato che ti ostini a chiamare fidanzato? >>
<< Ritenta >>
<< Perchè ti voglio bene e tra circa dieci minuti andrò a prepararmi così sarò pronta per questo avventuroso ed indimenticabile pomeriggio in mezzo alla natura? >>
Mi lasciai sfuggire una risata << congratulazioni! Sua signoria ha vinto un baule pieno di frutta esotica, dieci bicchieri di Caipirinha e quindici minuti nell'armadio con Jhonny Deep. >>
<< Gesù, berrò solamente acqua per i prossimi quattro mesi >>
Soffocai un'altra risata << hai detto così anche il mese scorso >>
<< No davvero, e poi ti giuro che far.. aspetta un attimo. Hai mica detto Jhonny Deep? >> attese una risposta che non arrivò << dov'è Jhonny? >> ripetè poi piccata
<< Al parco >> la canzonai
<< Davvero simpatica >> tirò l'ennesimo sospiro << oddio, sono un mostro. Mozilla a confronto vincerebbe il premio come Miss sensualità dell'intera galassia >>
<< Riccardo ha apprezzato però >>
<< Chi lo dice? >>
Ormai completamente sveglia feci aderire la schiena alla testiera del letto ed incrociai le gambe << io, siete spariti per circa un'ora ieri sera >>
Emma rimase in silenzio per una manciata di secondi << l'ho accompagnato fuori per fumare una sigaretta >>
<< Come no >>
<< E' vero >>
<< Certo, ed io sono la campionessa mondiale di salto con l'asta. Oggi pomeriggio voglio sapere tutto. >>
<< Ma non è successo niente >> mi rimbeccò impettita
<< Questo lo vedremo, oltretutto dobbiamo iniziare l'operazione di depistaggio >>
<
< La.. che? >>
<< L'operazione di depistaggio >> ribadii ovvia
<< Okay, ritiro tutto quello che ho detto. L'alcol ti ha decisamente annebbiato il cervello >>
Alzai gli occhi al cielo << scema il nostro piano per sabotare l'ossessione di Marco nei tuoi confronti >>
<< Oh >> disse << Ohh! >> ripetè con più veemenza << hai ragione, mi hai convinta >>
<< Però se tu non sei d'accordo potrem.. >>
<< Frena, frena, frena >> m'interruppe Emma bruscamente << ho detto che va bene >>
Sorrisi << ci vediamo da casa tua >>
<< Ciao Niki >>
Chiusi la telefonata e restai a fissare il display per una manciata di minuti.
Non c'erano chiamate o messaggi da parte di Luca.
Mi morsi il labbro nervosa raggirandomi il cellulare tra le mani.
Chiusi gli occhi, ispirai ed espirai un paio di volte prima di sbloccare la tastiera e comporre il numero.
La chiamata andò a vuoto, così come le altre quattro successive.
Mi passai sgarbatamente una mano sul volto, lanciai un'ultima occhiata allo schermo e digitai velocemente un sms.
 

Non mi hai più chiamata, tutto ok? “
 

Attesi una manciata di secondi prima di inviare un altro messaggio.

 

Possiamo parlare? “


Passarono diversi minuti ma non ottenni risposta. Imprecai tra i denti e lanciai il telefono sul letto.
Mi alzai scalciando lontano le coperte, avevo bisogno di una bella doccia calda, cinque tazze di caffè, circa un quintale di autocontrollo ed un viaggio di sola andata per il manicomio.

Quel pomeriggio il parco era gremito di gente.
C'erano ragazzini intenti a giocare a calcetto, padri che insegnavano ai figli ad andare in bicicletta, famiglie distese lungo il prato, gruppi di studenti che si scambiavano appunti, altri che discutevano animatamente e persone impegnate a fare jogging.
Thomas e Marco erano distesi sopra una grande coperta a quadri proprio sotto una grande quercia.
Marco era girato sul fianco destro, una mano a sorreggere la testa e l'altra sfogliava le pagine di un libro nero dalle modeste dimensioni, Thomas era supino, gambe incrociate, mani dietro la testa e gli occhi nascosti da scuri occhiali da sole.
<< Notte brava? >> domandò appena gli fui accanto.
Mi accomodai velocemente alla sua destra mentre Emma si posizionò con poco garbo dalla parte opposta.
Il mese di ottobre ci stava regalando delle giornate soleggiate, nonostante questo la temperatura quel giorno mi costrinse ad indossare un maglioncino cremisi di lana a collo alto, jeans neri, un paio gli stivali dello stesso colore che avvolgevano le gambe fin sopra il ginocchio, un giubottino scuro ed una grandissima sciarpa amaranto. Avevo raccolto i capelli in uno chignon scomposto decidendo di indossare gli occhiali da sole con la speranza di coprire le borse sotto gli occhi.
Thomas sollevò i suoi occhiali e mi lanciò uno sguardo di scherno << hai deciso di portarti la coperta da casa? >> domandò indicando con la mano la mia sciarpa.
Alzai gli occhi al cielo ed incrociai le gambe sistemandomi meglio.
<< Non cominciare >> lo ammonii
<< Dovevate vederla ieri sera >> iniziò a parlare Emma, che nel frattempo si era distesa a pancia in giù con entrambe le mani sotto il mento.
<< Avete dato spettacolo? >> l'assecondò Tom sorridendo sornione
<< Dove siete state? >> intervenne Marco che aveva abbandonato il libro a se stesso nell'esatto momento in cui i suoi occhi avevano incrociato quelli della mia amica.
<< Al Baya >> risposi prontamente
<
< C'era anche Luca? >> domandò poi
Con la coda dell'occhio notai Emma sorridere e Thomas cambiare posizione lanciando al cugino uno sguardo ammonitore.
<< No >> dissi semplicemente
<< Hanno litigato >> rispose la mia migliore amica ignorando la mia occhiataccia
<< Come mai? >> s'informò ancora il ragazzo
Thomas, sempre in religioso silenzio, prese a grattarsi dietro il collo, in prossimità dell'attaccatura dei capelli.
<< Non vuole accompagnarla al ballo >> continuò Emma allargandosi in un sorriso mascalzone e muovendo su e giù le sopracciglia
Mi allungai verso di lei per buttarle uno schiaffo sul braccio << smettila di fare la pettegola >>
<< Sto dicendo solo la verità >> mi rimbeccò massaggiandosi il braccio dolorante senza mai smettere di sorridere
<< E perchè mai? >> domandò ancora Marco
Consapevole che non avrebbero lasciato cadere così facilmente il discorso sospirai rassegnata.
<< Lo sapete com'è fatto, a lui non piacciono questo genere di cose >> lo giustificai
<
< Stronzate >> sbottò Emma sferrando un pugno sul manto d'erba << ti devi svegliare! >>
<< Piuttosto >> intervenne Thomas all'improvviso << Londra è ancora off limits? >>
Mi girai a guardarlo per qualche secondo, si era seduto composto, gambe incrociate ed occhiali sopra la testa.
<< Si Niki >> gli diede manforte Emma << parlaci di Londra >> inclinò leggermente la testa facendomi una linguaccia.
Iniziai a torturarmi le mani a disagio.
La conversazione aveva preso una piega inaspettata e non mi piaceva essere messa alle strette in quel modo, specialmente su un argomento scomodo come quello.
<< Ehi >> mi chiamò Tom, mise una mano sulla mia gamba flettendosi in avanti in modo da incrociare il mio sguardo << non devi dircelo per forza >>
Lanciai una rapida occhiata nel punto in cui aveva poggiato la mano e tornai a fissarlo.
Era incredibile la facilità con cui riusciva sempre a capire tutto quello che mi passasse per la testa.
<< No, va bene >> lo tranquillizzai << sono riuscita a convincere mia mamma alla fine >> confessai
Emma, Marco e Thomas sgranarono gli occhi simultaneamente.
<< Come? >> disse Marco
<< Davvero? >> continuò la mia migliore amica << brutta stronza perchè non me lo hai detto subito? >>
Tom sorrise e tenendo la mano perfettamente ancorata sul mio ginocchio si avvicinò di più.
Per niente turbata da quel piccolo contatto liberai una risata compiaciuta << l'ho saputo oggi, subito dopo pranzo >>
<< Dobbiamo immediatamente organizzare tutto, Marco tira un pagina dal tuo libro >> ordinò perentoria
Il ragazzo aggrottò la fronte << e perchè? >>
Emma lo guardò stralunata << come perchè? Dove scrivo altrimenti? >>
<< Così lo rovinerai! >> protestò
Lei alzò gli occhi al cielo e sventolò una mano con stizza << sciocchezze, staccala dalla fine, dopo il sommario >>
<< Ma non lo avevi già fatto l'elenco? >> riprovò
<< Non andava bene >> allungò il braccio verso di lui incitandolo a muoversi.
Marco si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato e fece quanto richiesto.
<< Quindi >> disse Thomas approfittando della piccola distrazione dei nostri amici << alla fine ci sei riuscita >>
Annuii timidamente << inoltre non potevo mica lasciare Emma nelle tue mani. Sarebbe di certo impazzita nel giorno di due giorni >> lo provocai
<< Mi permetto di dissentire >> protesò << mi sarei buttato nel Tamigi pur di non sentirla parlare >>
Ridacchiai ed allungai le gambe per posizionarmi meglio.
Avevo iniziato a non sentire più la circolazione degli arti inferiori e mentre cercavo di trovare una posizione più comoda Thomas allontanò la mano dal mio ginocchio. Sentii una fitta di delusione che sparì immediatamente quando mi fece cenno di stendermi verso di lui.
Lo guardai inebedita per qualche secondo.
<< Forza >> mi incitò << dovresti stare più comoda così >>
Gettai uno sguardo alla mia migliore amica e dedussi dal suo sorriso divertito che avesse seguito minuziosamente tutta la conversazione.
Senza rimuginarci troppo seguii il consiglio di Thomas, mi distesi supina poggiando la testa sulle sue gambe, incrociai le braccia al petto ed incrociai i piedi << piuttosto >> dissi poi lanciando un'occhiata d'intesa verso la mia amica << Emma ieri sera ha fatto conquiste >>
Marco alzò di scatto la testa ed assottigliò lo sguardo << c..come? >> balbettò
Thomas si lasciò sfuggire una risata genuina e si allungò in avanti con l'intento di ascoltare meglio la conversazione.
Da quella distanza notai la lieve ricrescita della barba ed un piccolo taglietto – causato con molta probabilità dalla recente rasatura - poco sotto il mento, mi accorsi pure che da qualche minuto aveva iniziato a giocare distrattamente con i miei capelli, catturando qualche ciocca e rigirandosela tra le mani con garbo.
<< Riccardo? >> domandò intressato
Aggrottai la fronte e riportai subito l'attenzione verso i miei amici, colpevole di essermi lasciata sfuggire una parte del discorso.
<< Fa il barman >> m'intromisi subito
Marco alternò lo sguardo da me ad Emma << il barman? >> soffiò, bianco come un cencio.
Quest'ultima si morse con veemenza il labbro inferiore per non farsi sfuggire una risata, con estrema agilità si mise a sedere ed approfittando dello stato di shock in cui Marco sembrava essere caduto allungò il busto verso dietro e mi fece segno con il pollice di continuare così.
Tom, che nel frattempo aveva assistito a tutta la scena, aveva letteralmente le lacrime agli occhi. Si abbassò su di me scuotendo la testa divertito << siete tremende >> mi sussurrò.
Mi girai verso di lui con l'intento di rivelargli che ancora non aveva visto nulla, ma le parole rimasero incastrate in gola quando notai il suo naso ad un palmo dal mio. Era così vicino che riuscii a sentire indistintamente il fiato caldo uscire dalle labbra screpolate e solleticarmi la pelle, procurandomi un piacevole brivido lungo tutta la spina dorsale.
Vidi i suoi occhi soffermarsi dapprima sulle mie labbra – indugiandoci più del dovuto – percorrere poi il profilo del naso ed alla fine incatenarsi nei miei.
I filamenti verdi delle sue iridi quel giorno brillavano più del solito.
<< Io.. >> tentai, ma fui distratta da un fastidioso ronzio che aveva mano a mano iniziato a farsi sempre più insistente. Gracchiava ad intermittenza da qualche minuto e mi convinse a guardarmi intorno spaesata per individuarne la provenienza.
Appurai solo un attimo dopo che il rumore arrivava della mia borsa.
Con un improvviso colpo di reni tornai seduta e mi allungai cercando freneticamente all'interno, estrassi il cellulare che lampeggiava ritmicamente e quando lessi il nome del mittente balzai in piedi allontanandomi di qualche passo dal resto del gruppo.
<< Amore >> risposi trafelata
<< Dov'eri? >> chiese Luca senza dilungarsi in troppe smancerie
<< Al parco, con Emma e gli altri >> scacciai lontano alcuni sassolini << non mi hai chiamata stamattina >>
<< Non che tu abbia sentito la mia mancanza >> mi accusò gelido
Contrassi la mascella e spostai l'apparecchio da un orecchio all'altro << ti ho mandato dei messaggi ed ho provato a contattarti tutto il giorno >>
<< Però ora sei con i tuoi amici >> disse << e ieri sera sei andata a ballare >> continuò insistente
<< Fammi capire, dovevo rimanere a casa ad annegare nelle mie stesse lacrime? >> domandai alzando la voce
Con la coda dell'occhio osservai Emma lanciarmi sguardi carichi di preoccupazione e Thomas fissarmi con insistenza.
Aumentai ancora la distanza << ascolta >> tentai << odio litigare con te, non possiamo parlarne con calma? >>
<< Non è quello che stiamo facendo? >> rispose impassibile
Chiusi gli occhi ispirando profondamente << ti prego >> sussurrai
Rimase un attimo in silenzio, poi lo sentii sospirare mesto << dimmi esattamente dove ti trovi, arrivo tra dieci minuti >>



Marzo 2012

Non era sicuramente stata una delle mie idee migliori quella di provare il pattinaggio sul ghiaccio. Da circa quindici minuti me ne stavo abbarbicata in un angolo, con le braccia avviluppate lungo il bordo della pista sperando di non rompermi l'osso del collo.

'No ma, brava davvero!' – mi complimentai - 'proprio una gran bella trovata!'

Imprecai sottovoce e tentai goffamente di mettere un piede dietro l'altro.
Luca mi sfrecciò davanti veloce come un missile << tesoro >> urlò << serve aiuto? >>Cercando di non cadere verso dietro e sempre tenendo le mani perfettamente salde sulla sbarra di ferro provai a drizzare la schiena, poi scoccai uno sguardo disperato verso di lui << sto per morire >> mi lagnai.
Dalla parte opposta della pista Thomas stava vivendo il mio stresso dramma, ma al contrario della sottoscritta era affiancato da una giovane istruttrice.
Emma ed Ingrid si muovevano in cerchio sinuose facendomi cenno, di tanto in tanto, di raggiungerle.
<< Arrivo tra un attimo >> risposi arricciando il naso disperata
Angelo, la nuova conquista di Ingrid, pattinava tranquillo insieme ad un paio dei suoi amici, scambiando di tanto in tanto una battuta.
Marco mi raggiunse qualche secondo dopo sorridendo << tra te e Thomas non so chi sia il più impedito >>
Lo fulminai subito con lo sguardo << io ho il terrore delle lame dei pattini >>
<< Lame dei pattini? >> domandò confuso
<< Si sai, cadere rovinosamente sul ghiaccio e ritrovarmi senza falangi per colpa di un disgraziato che sfreccia indistrurbato lungo la pista! >> sbottai irritata
Alzò il sopracciglio destro incredulo << seriamente ? >>
<< Ad ognuno le proprie fobie >> mossi con cautela un piccolo passo ed indicai con un cenno del mento Thomas << la sua scusa invece qual'è? >>
Il mio amico si lasciò sfuggire una risata, lanciò uno sguardo fugace in direzione del cugino e scosse la testa << avere lo stesso equilibrio di un ippopotamo presumo >>
<< Sono ancora troppo giovane per morire >> continuai abbattuta
<< Ma non è stata una tua idea venire qui? >>
<< Si beh, qualcuno deve avermi lobotomizzato il cervello! >>
Thomas nel frattempo aveva raggiunto circospetto i margini della pista, pazientemente sorretto dalla tizia istruttrice << non preoccuparti >> s'intromise mentre ci superava << non funzionava neanche prima >>
<< Cretino >> l'apostrofai
<< Castellani, ma la danza non dovrebbe aiutarti con l'equilibrio? >> domandò sorridendo sardonico
<< Non è la stessa cosa scemo >> ribattei piccata
<< Ho i miei dubbi >>
Ridussi gli occhi a due fessure << impedito! >>
Mi fece un gestaccio con la mano destra << senti chi parla >> e si rivolse verso la pattinatrice << grazie, penso di potercela fare anche da solo ora >> continuò poi riconoscente.
Percorse un paio di metri in perfetto equilibrio, girò lentamente su se stesso e mi raggiunse di nuovo accennando un sorriso.
<
< Guarda, ho già imparato! Sono troppo sagace >> asserì fiero
Alzai gli occhi al cielo e riprovai a muovermi.
<< Vieni >> disse poi porgendomi una mano << ti aiuto >>
Aggrottai la fronte e presi a fissarlo accigliata << ma se a malapena ti reggi in piedi! >> lo accusai scandalizzata
Thomas si avvicinò ancora << io almeno ci sto provando, sono tre ore che te ne stai appollaiata in quell'angolo >>
Provai a dargli un pugno sul braccio per esprimere tutto il mio disaccordo ma persi l'equilibro quasi subito e fui costretta ad arpionare di nuovo il bordo della sbarra per evitare di spalmarmi sul ghiaccio.
<< Coraggio >> riprovò accarezzandomi una spalla << ti tengo io >>
Sospirai e gli rivolsi uno sguardo scettico aspettandomi di trovare la sua solita aria di scherno e scoprendo invece un paio di occhi verdi che mi osservavano in attesa.
Un secondo dopo Thomas incurvò la schiena, spostò la mano destra sul mio braccio e si posizionò di fronte a me << ti fidi di me? >> sussurrò poi seriamente
<< Stento a credere a quello che sto per dire ma si, mi fido >> confessai con un tono di voce più accomodante del dovuto.
Avviluppai le dita intorno alle sue e provai a muovere un passo, poi lentamente un altro ed un altro ancora fino ad arrivare al centro della pista.
<< Inclina leggermente il busto in avanti e piega le ginocchia>> suggerì Thomas << allarga le braccia appena sotto il livello delle spalle >> mi afferrò prontamente anche l'altra mano guidandomi nei movimenti.
<< Amore >> la voce di Luca arrivò all'improvviso e mi fece sussultare, traballai, liberai una mano dalla presa di Tom per ritrovare un po' di equilibrio e lasciai intrecciata l'altra.
<< Tesoro vieni >> il mio fidanzato avvolse un braccio intorno al mio girovita << reggiti a me >>
Per tutta risposta mossi un passo verso di lui e sorrisi timidamente << sono un impiastro >>
<< Sei adorabile >> mi corresse ricambiando il sorriso che sparì nel momento in cui puntò gli occhi azzurri in quelli del mio amico.
Indurì la mascella e fece un veloce cenno in direzione della mano ancora perfettamente incastrata alla mia << ci penso io >> disse poi, sul volto uno sguardo indecifrabile.
Thomas aggrottò la fronte e liberò subito la presa, poi inclinò la testa e mi si avvicinò << cerca di non farti ammazzare >> e senza aspettare risposta si diresse verso gli altri.
Luca posò una mano sul mio fianco e mi depositò un bacio sul naso, uno sulla guancia destra ed uno sulle labbra, ci indugiò per qualche istante prima di approfondirlo e spingermi ad inclinare leggermente la testa.
Afferrai la sua maglietta stringendola in un pugno, lui mise la mano sinistra dietro la mia testa in un bisogno disperato di accorciare ulteriormente la distanza. Presi quel gesto come un'esortazione a continuare, dischiusi le labbra e Luca intrufolò la lingua all'interno, portai l'altra mano dietro il collo, assaporai il sopore dolce della sua bocca e mi allontanai di poco per riprendere fiato. Poggiai la fronte sulla sua e sorrisi << e questo per cos'era? >>
<< Devo avere un motivo per baciare la mia ragazza? >> domandò rubandomi un altro bacio e rafforzando la presa dietro le spalle.
<< Lo sai che ti amo vero? >> sussurrai ancora stretta a lui
Annuì lentamente
<< Allora non c'è bisogno di marcare il territorio e fare il maschio alpha >> lo accusai bonariamente
Luca mise sù un cipiglio adorabile ed aggrottò la fronte fingendo incredulità << non l'ho fatto >>
Gli depositai un bacio sulla guancia ed iniziai ad accarezzargli i capelli << invece si, mancava solo che mi facessi la pipì intorno >>
Il mio ragazzo soffocò una risata cristallina << forse mi sono lasciato prendere un po' la mano. Ma non mi piace come ti guarda >>
Inarcai le sopracciglia << sono curiosa, com'è che mi guarda? >> indagai
<< Come se ti volesse mangiare >>
Sospirai << Thomas è solo un amico, non gli interesso in quel senso e poi >> lo rassicurai picchiettando l'indice sul suo petto << non hai motivo di preoccuparti, ho occhi solo per te >>
Luca seguì i miei movimenti, continuò ad osservarmi con poca convinzione ma non protestò << ti amo >> soffiò dolcemente
Sentii i battiti del cuore accelerare << anche io >>
 





 

Accadono cose che sono come domande.
Passa un minuto, oppure anni,
e poi la vita ti risponde. “




 

Ci sono. Allora, questo capitolo mi piace particolarmente, sia perchè si intravedono piccoli passi in avanti e sia perchè Niki ed Emma allo sbando sono uno spasso e mi sono divertita moltissimo a scrivere di loro. Tengo davvero molto a questa storia e spero che anche voi abbiate iniziato ad affezionarvi ai personaggi e a fare ipotesi su come si evolveranno le cose. 
Che dire, Emma e Nicole hanno iniziato l'operazione sabotaggio, anche se ancora sono molto lontane dal raggiungere il traguardo, Thomas si è fatto un pelino più intraprendente ed ha provato un piccolissimo approccio verso Niki che sta attraversando un momento delicato, è divisa in due, con Luca ha sempre più motivi per scontrarsi mentre Tom le dà manforte. 
Non ho ancora iniziato a scrivere il prossimo capitolo ma ho già qualche idea in mente ed avendo un pò di tempo dalla mia conto di buttar giù qualche riga a breve. Ho notato un calo delle recensioni e me ne dispiaccio molto, volevo sapere se è dovuto alla perdita di interesse sulla storia, se c'è qualcosa che non vi è piaciuta o se è semplicemente dovuta al tempo. Mi piacerebbe sapere davvero molto quello che pensate in merito, perciò se vorrete spendere qualche minuto per farmelo sapere ve ne sarei davvero grata. 
Comunque sia, vi auguro una buona giornata,
a presto!
Un abbraccio <3

 

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