Goal Brothers

di J85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Storia della famiglia Miura ***
Capitolo 2: *** La partita d'esordio ***
Capitolo 3: *** Sedicesimi di finale ***
Capitolo 4: *** Ottavi di finale ***
Capitolo 5: *** Quarti di finale ***
Capitolo 6: *** Semifinale ***
Capitolo 7: *** Finale ***



Capitolo 1
*** Storia della famiglia Miura ***


CAPITOLO 1

“Storia della famiglia Miura”

 

 

 

Normalmente due genitori, per il giusto ricambio generazionale, possono avere in media due figli, in modo tale da avere entrambi un proprio erede. In più il costo della vita grava parecchio per ogni figlio, almeno finché non raggiungono la tanto agognata autosufficienza. Nonostante questo ci sono anche molte famiglie che superano il suddetto limite dei due figli per coppia. Una di queste è una famiglia giapponese identificabile con il cognome Miura.

Questa famiglia, con l’ammirazione di parenti e conoscenti, ha attualmente ampliato il proprio nucleo domestico con una prole composta da ben quattro figli. Tutti e quattro esclusivamente di sesso maschile.

E dire che gli inizi non erano certo stati facili per i coniugi Miura. La loro conoscenza reciproca risale addirittura alla scuola materna. Entrambi infatti sono originari dell’Hokkaydo, dove hanno frequentato, sempre assieme, tutta la trafila scolastica, dalle scuole elementari alle superiori passando per le medie. Naturale che tra i due, prima o poi, si sarebbe insinuato l’amore.

Una volta diplomati, fu il momento di affrontare il grande passo. In una cerimonia umile ma vera, i due convogliarono a giuste, e mai l’aggettivo giusto sarebbe più adatto, nozze. Non bisogna scordarsi però che, nonostante l’accettazione di questo gravoso impegno, i due erano comunque una coppia giovane e la voglia di puntare in alto era ben custodita in entrambi. Ci voleva il trasferimento a Tokyo.

Giusto aggiungere che il rammarico dei rispettivi genitori, e del resto del paese, che vedeva nei giovani coniugi Miura la rappresentazione più radiosa dell’amore sincero, fu davvero enorme.

“Fatti onore figliolo!” furono le poche, ma incisive, parole che il vecchio Miura disse al giovane, proprio pochi attimi prima che il furgone del trasloco partisse in direzione della capitale nipponica.

Tokyo accolse ben volentieri i due tra le sue braccia e, in poco tempo, la giovane coppia acquistò una casa, semplice ma confortevole, e due lavori sicuri: impiegato lui, segretaria lei.

Questa breve introduzione era doverosa per la storia ma soprattutto ora bisognerà concentrarsi su un’altra qualità della coppia: i due, infatti, hanno avuto il coraggio di portare a termine ben quattro gravidanze. Infatti, nel giro di poco più di quattro anni, in casa Miura fecero la rapida comparsa ben quattro pargoli. Le casa di certo si era fatta decisamente più stretta per i sei inquilini, ma la famiglia Miura a questo non dava peso. Gli stessi figli si erano via via abituati a dover condividere tutti e quattro la stessa camera da letto, con rispettivi due letti a castello. Ciò era stato reso possibile anche grazie ad un’altra particolarità dei quattro eredi di casa Miura: infatti, come successe alla famiglia March nel romanzo “Piccole donne”, loro naturali controparti femminili, i quattro erano tutti di sesso maschile. Ovviamente, come era facile prevedere, ciò comportava anche litigi, baruffe, gelosie e quant’altro da parte dei quattro fratelli Miura, tutti in splendida salute. Dopo tutto questo l’impegno tra le mura domestiche era certamente raddoppiato, anzi possiamo tranquillamente esclamare quadruplicato, e mamma Miura lasciò il proprio lavoro per fare la mamma a tempo pieno, o almeno finché i suoi figli non sarebbero cresciuti abbastanza.

Il tempo passò. I figli crebbero. La signora Miura cominciò a fare qualche lavoretto part time, mentre i quattro ragazzi si trovarono d’un tratto a fare tutti e quattro parte della stessa scuola: L’istituto Hattori.

I quattro, i cui nomi erano rispettivamente, partendo dal primogenito all’ultimogenito, Shunsuke (nato il 24 giugno), Hidetoshi (nato il 22 maggio), Hiroshi (nato il 28 novembre) ed Atsushi (nato il 27 settembre), erano naturalmente cambiati nel corso degli anni. Durante la loro infanzia, nessuno poteva distruggere “il quartetto Miura”. Di fatti fu lo stesso “quartetto Miura” che si distrusse dal suo interno, visto i differenti interessi e stili di vita che si venivano a creare tra i quattro. A volte addirittura sembrava che la coesistenza tra loro fosse assolutamente impossibile. Ma quello che successe l’anno scolastico in cui, come abbiamo prima menzionato, tutti e quattro erano presenti nelle liste studenti dell’Istituto superiore Hattori, rimarrà per sempre indelebile nelle loro memorie.

 

“Allora Hiroshi…hai fatto gli esercizi di aritmetica che ti avevo affidato ieri?”

A porgere questa domanda, in maniera solo apparentemente cortese, era stato un giovane teppista, che non può certo mancare in una qualsiasi scuola giapponese, con i capelli biondi ossigenati, la divisa scolastica caratteristicamente sbottonata e attorniato da altri tre ragazzi facenti parte della sua banda.

“Certo Hase-kun…stavo proprio per venire a portarteli…” rispose un giovane ragazzo il cui intento era tutto tranne quello che aveva appena spiegato a voce.

Il ragazzo in questione è alto poco più di un metro e settantacinque, ha gli occhi e capelli del classico colore nero, gli stessi capelli sono tagliati molto corti e porta degli occhiali. Si tratta di Hiroshi Miura.

“Ah, che bravo il nostro Hiroshi…e perché ti devi ridurre sempre agli ultimi minuti dell’intervallo per venirmeli a portare!” urlò sul viso del ragazzo il teppista di prima, con aria decisamente scocciata.

“Ehi Hiroshi che hai di buono oggi da mangiare?” chiese un elemento della ghenga, mentre allungava il collo sopra la scatoletta della merenda di Miura.

“Del semplice riso? Ah, però, ragazzi guardate mi pare ci sia anche un umeboshi…” descrisse la merenda quotidiana di Hiroshi agli altri un terzo membro.

I denti di Hase-kun digrignarono sempre più fino a che non scoppiò “Quella stronza di tua madre non sa fare bene nemmeno la merenda, oltre che il figlio!”.

E detto questo spazzò via con un violento colpo di mano la scatola di Hiroshi, mandandola con tutto il suo contenuto rovinosamente per terra. Il penultimo dei fratelli Miura sentiva le lacrime spingere ai lati dei suoi occhi, quando però i quattro disadatti stavano rientrando nella loro classe, con il capo che si era preso il quaderno con gli esercizi matematici. Poi però lo stesso Hase si fermò, scrutò un attimo la cartella di Hiroshi e sorrise malefico.

“Sapete ragazzi…è aperta la caccia!” notificò agli altri enigmatico.

“Oh no” sospirò appena Hiroshi.

In un attimo i quattro si avventarono sulla suddetta cartella e cominciarono a prelevarvi quaderni e libri di testo ed a scaraventarlo contro il suo proprietario. Dovete sapere che tali episodi di bullismo si ripetevano ormai da parecchio tempo, con la complicità anche dei compagni di classe di Hiroshi che, per evitare di trovarsi nel mezzo a guai indesiderati, non intervenivano minimamente a difesa del giovane ragazzo.

Tale attività però aveva stranamente un suo lato positivo. Infatti Hiroshi aveva ormai cominciato a prevedere i vari tiri del gruppo, conoscendo ormai perfettamente le modalità di tiro di ognuno di essi e, decisamente stufo del ripetersi di queste situazioni, cominciò a reagire.

Dopo aver preso il primo libro sul volto, con il rischio scongiurato che gli occhiali facessero la stessa fine del suo pasto, il ragazzo cominciò a seguire con lo sguardo le varie traiettorie degli oggetti che gli venivano lanciati contro, per poi colpirli con le mani per evitare ulteriori danni al suo viso.

I quattro, lì per lì, rimasero sorpresi dalla reazione della loro preda, per poi destarsi definitivamente al suono della campanella che segnalava l’inizio della nuova ora di lezione.

“Ci si vede Miura!” Fu il saluto fatto con scherno da parte del capo del gruppo mentre i quattro si affrettavano a lasciare rapidamente l’aula.

Il ragazzo ricompose il suo aspetto, asciugandosi anche qualche lacrime che era comunque scesa sulle sue guancie, e si chinò per cominciare a raccogliere il suo materiale scolastico ed anche a ripulire il pavimento da quello che doveva, nei suoi tranquilli piani quotidiani, essere il suo pasto per l’intervallo scolastico.

 

Primo pomeriggio. Un giovane ma enorme ragazzo sta percorrendo i marciapiedi sempre affollati di Tokyo. L’altezza del ragazzo supera di poco i due metri, la sua testa è caratterizzata dalla totale assenza dei capelli, gli occhi sono scuri e aggressivi e il fisico robusto e muscoloso. Si tratta di Shunsuke Miura.

La gente si allontana al suo passaggio, ma può anche capitare che tale gente sia distratta da altro e allora…

“Ehi boccia stai più attentato quando cammini!” lo avvertì un ragazzo più grande di lui, non certo come altezza ma come età, dopo essere stato violentemente urtato da un gomito del più anziano dei fratelli Miura.

Shunsuke arrestò la sua marcia, si girò appena ed esclamò “Fottiti!”.

“Ehi stronzo come osi?” lo minacciò uno dei due ragazzi che si era fermato assieme alla vittima della collisione.

“Qui non è il posto adatto…” disse rapido Miura.

“Ha ragione, che ne dite di quel vicolo?” disse il terzo del gruppo indicando una stretta traversa che separava due negozi e collegava direttamente con la via parallela a quella costeggiata dal marciapiede.

L’energumeno non rispose nemmeno e si avviò verso il luogo stabilito, seguito a ruota dai tre. Questi ultimi erano nettamente inferiori fisicamente a lui, quasi identici con i capelli acconciati in ciuffi assurdi, tenuti su da quintali di gel, ed abiti troppo sgargianti. Shunsuke li squadrava ad uno ad uno con palese sufficienza.

Si avventarono contro di lui quasi all’unisono ma non ci fu storia. Il primo fu colpito da un violentissimo diretto destro che gli fece perdere definitivamente due denti, il secondo ricevette un ancora più violento calcio sinistro che lo colpì sul fianco poco sotto l’ascella, mentre per il terzo fu riservato una distruttiva testata sul naso che andò in mille pezzi.

Il tutto sarà durato nemmeno venti secondi. Due ragazzi erano a terra con i visi sanguinanti, sebbene in punti differenti, ed un terzo era accasciato al suolo mentre si reggeva un fianco e del sangue comincio ad uscire anche dalla sua bocca.

Ovviamente una rissa, seppur breve come era stata quella, attirò qualche curioso che avvisò le forze dell’ordine con il cellulare. Ed infatti le sirene si cominciarono a sentire in lontananza.

Shunsuke quindi decise di proseguire per quella traversa e riaffacciarsi nel marciapiede parallelo a quello in cui aveva incontrato i suoi tre rivali. Si stava già incamminando quando quello dei tre che aveva ricevuto meno danni, per intenderci quello che aveva subito il calcione al fianco sinistro, aveva preso la struttura quadrata in legno, che conteneva il menù del ristorante lì vicino, e sollevandola per aria era pronto ad abbatterla su Miura. Ci riuscì.

L’oggetto fu distrutto, con qualche scheggia di legno che sibilò pericolosamente nell’aria. Abbattuto sulla possente schiena del ragazzo che però era rimasto tranquillamente in piedi, mentre il suo aggressore era rimasta con tra le mani il lato con cui aveva afferrato l’insegna e un respiro affannoso.

Il gigante si girò verso di lui, lo prese per la maglia sgargiante e lo lanciò verso il muro vicino. Facendolo roteare in area e trovandosi a testa in giù, completamente ribaltato e spiaccicato nel muro, fino a che la forza di gravità non tornò a dettare legge sul suo corpo, facendolo finire tra i sacchi dei rifiuti, forse provenienti dal suddetto ristorante.

Fatto questo Shunsuke prosegui il suo percorso, questa volta senza intoppi, se non solo per quei ragazzi appena pestati che inviano alle sue spalle.

“Dove vai bastardo? Non è ancora finito lo scontro!”

“Basta Jun smettila! Vuoi davvero che torni indietro e ci finisca?!”

“Oddio il mio naso…mi ha distrutto il naso…”

“Brutti teppisti ora pagherete tutto quanto!” concluse il proprietario del ristorante.

 

Ovviamente in Giappone non esistono solo i bulli scolastici o la gente che non vede l’ora di fare a botte con gli sconosciuti, come potrebbe sembrare da questo inizio, ma anche gente che preferisce la tranquillità assoluta. Come Atsushi Miura.

Il più giovane dei fratelli Miura, con i suoi lunghi capelli neri al vento e gli occhi ugualmente scuri concentrati nella console manuale che aveva tra le mani, stava rilassato passando il finire di un classico pomeriggio noioso.

“Atsushi-kun ci sei?” chiese la voce di una ragazza molto carina, con le ciucche dei capelli legate in simpatiche trecce.

Naturalmente l’attenzione del ragazzo fu attirata da essa e allora guardò giù. Infatti Atsushi si trovava su di un lato del tetto dell’abitazione.

“Ehi Suzuka-chan, come va?” chiese il ragazzo sporgendosi dal tetto.

La ragazza guardò in alto ed urlò “Senti Atsushi-kun…io pensavo di fare un salto al karaoke…ti andrebbe di venire con me?”.

Il giovane si girò per osservare la scritta nel piccolo schermo del videogame, “GAME OVER”, si rivoltò e rispose “Ok! Aspettami lì che arrivo subito!”.

Detto questo si afferrò con le mani alla grondaia orizzontale, poco sotto il margine del tetto, saltò nel vuoto, facendo roteare i polsi e tenendo le mani saldamente afferrate, lasciò la presa solo per attraversare in volo la finestra aperta ed atterrare in piedi nel pavimento della sua camera.

“Quanto lo odio quando fa così” disse tra sé la ragazza, sempre in apprensione quando Atsushi eseguiva quelle acrobazie.

Dopo poco il ragazzo scese, s’infilò le scarpe e raggiunse lei che lo aspettava all’entrata del giardino di casa Miura.

“Ma è possibile che per rilassarti devi sempre per forza andare sul tetto di casa tua?!” lo redarguì Suzuka, colpendolo con un buffetto sul viso.

“Beh sai in camera mia c’è sempre una tale confusione…” provò a spiegarsi Atsushi, senza tanta convinzione.

I due cominciarono ad incamminarsi in silenzio.

“A proposito di che karaoke parlavi?” ricominciò la conversazione il ragazzo.

“È un nuovo locale che hanno aperto da poco…” gli rispose la ragazza.

I due erano alti quasi uguali, più che altro era Atsushi che era alto solamente un metro e sessantacinque. Ma questo a Suzuka non importava, anzi si sentiva molto legata a lui ed adorava passeggiare fianco a fianco a lui stringendogli la mano, come stava facendo in quel momento.

“Senti Atsushi-kun …li hai fatti i compiti di storia?” tentò l’inizio di un nuovo discorso per poi cambiare radicalmente l’argomento lei.

“Mmmhhh…si qualcosa…” rispose lui con poco interesse.

“Ah ma è possibile che tu ti comporti sempre così?” gli inveì contro Suzuka.

“Così come?” chiese Atsushi mostrando finalmente un po’ d’interesse.

“Insomma…non te ne frega di niente e non t’interessi a niente!” gli spiegò la sua personale situazione.

“Non ci vedo nulla di male…” dichiarò il giovane Miura tornando a guardare la strada davanti a sé.

“Non c’è niente da fare…sei ormai un caso irrecuperabile!” si arrese lei, mettendosi una mano sulla fronte.

Dopo un po’ di metri camminati, Atsushi notò l’insegna del probabile karaoke.

“È quello il karaoke che dicevi?” chiese alla compagna indicandolo con il dito.

“Si esatto! Dicono che sia troppo cool all’interno!” rispose la ragazza sorridendo e saltellando.

“Sarà…” disse lui, per nulla attirato da certe cose.

I due erano davanti all’entrata del locale e Atsushi stava per tirare la maniglia della porta quando la ragazza lo fermò.

“Ah senti Atsushi-kun, ti volevo chiedere…” ma s’interruppe.

“Cosa?” chiese il ragazzo incuriosito da quest’ultima uscita di lei.

“Ah no niente entriamo dai!” tagliò corto Suzuka aprendo la porta e tirando Atsushi dentro per il braccio.

 

Il sole era tramontato e il cielo era buio ma, nonostante questo, c’era ancora qualcuno che si allenava nel tirare le punizioni sul campo da calcio dell’istituto Hattori.

Era una ragazzo alto grosso modo un metro e ottantacinque, occhi e capelli neri, quest’ultimi pettinati a spazzola con l’ausilio di qualche resto di gel, resistente anche al sudore. In molti lo consideravano il miglior talento calcistico attualmente presente nell’istituto. Giocava nel ruolo di trequartista. Come facilmente immaginerete si tratta proprio di Hidetoshi Miura. I suoi calci piazzati erano sempre precisi, si alzano per evitare le sagome in ferro che facevano da barriera per poi andare a scendere in fondo alla rete della porta, illuminata dai fari del campo sportivo.

“Hidetoshi sei ancora qui?! È da più di un’ora che è finito l’allenamento perché non vai a casa?” a rimproverarlo bonariamente era stato un uomo sulla mezza età, vestito con una tuta sportiva.

“Ha ragione mister…anf…ma sa com’è dovevo sfogarmi un po’…” rispose tra gli affanni il ragazzo, con il sudore che gli scendeva dai capelli in tutta la fronte.

“Senti Hidetoshi ne abbiamo già parlato abbastanza negli spogliatoi…” cercò di tagliar breve il mister.

“Ma com’è possibile? Quest’anno potevamo anche arrivare fino in fondo!” insistette il ragazzo.

“Lo sai perché, per partecipare al torneo la squadra deve essere composta da almeno diciotto giocatori. E noi siamo solamente in quindici.” Gli spiegò nuovamente l’uomo.

“Si perché tre di noi si sono ritirati…” controbatté il giovane.

“Si esatto! Quei tre non stavano avendo dei buoni risultati nello studio e, non so per quanto scelta loro o per scelta dei genitori, hanno deciso di lasciare la squadra e allora? Vuoi che non siano liberi di decidere della loro vita?”  cercò di chiudere definitivamente l’argomento il mister.

“No se il loro ritiro compromette la partecipazione della scuola al torneo!” ribatté ancora infuriato Hidetoshi.

“Beh allora perché piuttosto non ti metti a cercare tre nuovi giocatori? Ci sarà qualcuno interessato in tutta la scuola…” gli propose l’uomo con nettamente più esperienza di lui.

“Ormai fanno tutti parte degli altri club sportivi della scuola, e poi mi serve gente atleticamente allenata sennò non andiamo molto lontano. Senza parlare poi che devo trovare ben tre ruoli diversi: un portiere, un difensore e un attaccante!” ammise tristemente il capitano della squadra di calcio.

“Ma insomma Hide, sei o non sei il capitano? Trova una soluzione! Sei quello che tiene più di chiunque altro a questa squadra…e poi al limite puoi sempre riprovare l’anno prossimo…” gli spiegò le sue prospettive l’allenatore.

“No non posso aspettare il prossimo anno!” rifiutò subito l’ultima idea il ragazzo che si zittì per pensare a una ultima disperata soluzione.

Dopo qualche attimo di attesa, che stava quasi preoccupando il signore in tuta, lo sguardo di Hidetoshi brillò nuovamente.

“Forse ho trovato la soluzione…” informò sbrigativamente l’allenatore con un sorriso e partì subito verso l’uscita dall’impianto scolastico.

“Ehi aspetta Hide! Fatti almeno la doccia! E poi hai ancora addosso le scarpe con i tacchetti!” provò inutilmente a fermarlo verbalmente il mister.

“Speriamo che sia la soluzione giusta Hide, sennò qui bisogna stare davvero fermi un anno…” pensò l’uomo mentre si dirigeva a spengere i riflettori per poi chiudere finalmente il cancello dell’istituto scolastico Hattori.

 

Un ora dopo i quattro fratelli Miura erano tutti riuniti nella loro camera da letto comune.

“Ok Hide, siamo tutti e quattro riuniti come ci hai chiesto, ora sbrigati a dire quello che devi dire perché ho molto fame!” tagliò corto Shunsuke.

“E poi io ho ancora molto da studiare, proprio a causa tua che mi hai interrotto!” si unì alla protesta Hiroshi.

“Ed infine avete pure osato svegliarmi!” concluse Atsushi che si trovava sdraiato sul suo letto.

“Bene farò veloce: voglio che voi tre vi uniate alla squadra della scuola!” raggiunse subito l’obbiettivo Hidetoshi.

“NO!” risposero gli altri in coro e subito dopo Shunsuke si stava dirigendo alla porta della stanza, Hiroshi alla sua scrivania e Atsushi si era rigirato sul letto.

“Eh no ragazzi fermi…FERMI!” gli urlò contro Hidetoshi riuscendo nel suo intento di bloccarli nelle loro posizioni.

“Dovete sapere che tre ragazzi dell’istituto si sono ritirati dalla squadra e, visto che eravamo solamente 18 fino ad allora, ora non raggiungiamo il numero minimo per poter partecipare al torneo nazionale. E voi sapete quanto ci tengo a vincerlo!” prosegui nello spiegare la situazione ai suoi fratelli.

Detto questo il povero ragazzo cercava i volti degli altri tre che, da parte loro, rimanevano immobili seguendo i propri pensieri nella scelta di una decisione. Hidetoshi, stufo per questa attesa lì spronò “Allora?!”.

Un brontolio di pancia derivato dalla fame anticipò la risposta di Shunsuke “Eh va bene ma ora lasciami andare a cena!”.

Un Hidetoshi sorridente girò la testa verso Atsushi, ancora sdraiato.

“Ok rimettiamo in piedi il quartetto Miura” fu la sua risposta.

Infine il capitano della squadra di calcio si voltò verso Hiroshi.

“Va bene ci sto anch’io…e speriamo domani di non prendere un brutto voto…” accettò la proposta l’unico a portare gli occhiali nella famiglia Miura.

“Grazie fratelli! Vi giuro che non ve ne pentirete!” li ringrazio Hide quasi commosso.

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Capitolo 2
*** La partita d'esordio ***


CAPITOLO 2

“La partita d’esordio”

 

 

 

La mattina seguente la famiglia Miura era riunita, come di consueto, per la classica colazione familiare tutti insieme. A dir la verità però mancava una persona: Hidetoshi.

Con un ritardo di quasi un quarto d’ora, il secondo dei quattro figli si presentò scendendo le scale che portavano al piano superiore di volata, afferrando dal tavolo solamente l’uovo sodo che sua madre aveva preparato insieme ad altre prelibatezze e salutando rapidamente le persone presenti.

“Hide cosa fai? Dove vai così di corsa?” chiese la madre una volta che ebbe riconosciuto suo figlio nel fulmine che aveva appena attraversato la sala da pranzo.

“Ho un po’ di cose da fare mamma. Semmai mi fermerò a comprare qualcosa da mangiare dopo” fu la risposta che, alla bene e meglio, riuscirono ad intuire i membri della famiglia.

“Ma come ti sei preso solo l’uovo?” domandò la donna, ma a questa risposta Hidetoshi non poteva più rispondere.

Ancora allibita per lo strano comportamento del figliolo, la signora Miura si mise nuovamente a sedere a tavola e s’informò dalla restante sua prole “Voi sapete dove sta correndo vostro fratello?”.

“Molto probabilmente è felice che torniamo a giocare a calcio con lui…” ipotizzò Hiroshi.

“È solo un povero esaltato!” tagliò breve Atsushi.

“Bene, visto che Hide se n’è andato la sua colazione la finisco io…” concluse Shinsuke con già le possenti braccia allungate verso l’obbiettivo.

“Ma se hai appena finito la tua terza porzione?” gli ricordò polemicamente il padre.

Intanto Hidetoshi era già con la testa, mentre cercava di sbucciare il suo uovo, rivolta verso il modo in cui dare la notizia ai suo compagni di squadra.

 

Lo stesso pomeriggio, un gruppo di 15 ragazzi erano immobili, nonostante il tipico vestiario da calciatori in attesa d’iniziare un allenamento, nell’attesa di qualcosa.

“Ma ne sei proprio certo Hide che i tuoi fratelli verranno oggi?” ruppe il silenzio uno dei giovani.

“Si che ne sono certo!” rispose lievemente alterato il destinatario della domanda.

“Sicuro di avergli detto l’orario preciso?” proseguì un altro della compagnia.

“Merda! Sì ho detto loro tutto orario, campo d’allenamento, tutto quanto!”

Nel frattempo all’orizzonte si cominciavano ad intravedere delle figure umane.

“Forse sono loro?” chiese un terzo mentre con la mano aperta appoggiata alla fronte scrutava lontano.

Dopo un breve esame visivo, il capitano si pronunciò “Si certo! Riconosco benissimo la mole di Shunsuke…ed anche l’altezza di Atsushi…”.

I tre nuovi giocatori si erano finalmente presentati e così gli allenamenti, agli ordini del mister, potevano iniziare. Purtroppo il primo impatto dei nuovi tre non fu subito positivo, con il disperato Hidetoshi che osservava: Shunsuke fermare gli avversari con un lariat (mossa tipica del puroresu, ossia il wrestling professionistico giapponese, dove l’avversario viene colpito con il braccio ben teso), Hiroshi lamentarsi continuamente con il fratello della troppa potenza che i suoi nuovi compagni di squadra mettevano nei loro tiri, ed infine Atsushi che si intestardiva nel provare delle assurde manovre volanti come ad esempio la rovesciata effettuata con entrambi i piedi.

Nonostante l’inizio certamente non incoraggiante, con il passare dei giorni i tre nuovi innesti cominciarono ad entrare nel meccanismo di gioco dell’istituto Hattori, con ovviamente la palese soddisfazione del capitano Hidetoshi Miura, in particolare nel vedere che i suoi fratelli potevano tranquillamente essere delle riserve accettabili per sfidare il campionato studentesco.

E poi arrivò il giorno del debutto…

 

Spogliatoio dell’istituto Hattori

“Bene ragazzi, ora annuncerò gli undici titolari per questa nostra partita d’esordio…” attirò l’attenzione di tutti presenti mister Takahashi “dunque: in porta Hiroshi Miura…”.

“Cosa? Subito titolare?!” fu il pensiero del ragazzo occhialuto alla notizia.

“…in difesa Sakai, Shunsuke Miura, Maeda e Hasegawa…”.

“Sì le conviene così…” minacciò sottovoce l’allenatore il più robusto dei quattro fratelli.

“…a centrocampo Nishiwaki, Endo e Akiba…trequartista e capitano Hidetoshi Miura…”.

Hide rispose all’appello solamente annuendo con il capo.

“…ed infine in attacco Waba e Atsushi Miura” concluse il coach.

“Forte!” esclamò il giovane disteso su una delle panchine presenti nella stanza.

“Bene gente mettetevi le maglie da titolari ed entrate in campo!”spronò i suoi mister Takahashi battendo fragorosamente le mani.

A poco a poco lo spogliatoio si svuotò, ultimi rimasti presenti Hidetoshi e l’allenatore. Il ragazzo stava finendo di infilarsi la fascia da capitano, quando fu fermato dalla mano dell’altro che gli bloccò il braccio interessato all’investitura della suddetta fascia.

“Spero Hide che tu c’abbia visto giusto…”.

“Non si preoccupi mister, quando noi quattro giochiamo insieme esiste solo la vittoria!”.

 

Finalmente entrambe le squadre erano schierate per la cerimonia dei saluti reciprochi ed al pubblico. La sfidante dell’Istituto Hattori era l’Istituto Myojin di Kashiwa, nella prefettura di Chiba.

I due capitani, come da protocollo, si strinsero la mano, la strinsero anche all’arbitro ed ai suoi collaboratori, ed infine fecero testa o croce per il campo o la palla. Il calcio d’inizio toccava all’Istituto Myojin.

“Ehi com’è che non tocca a noi la palla?” chiese subito innervosito Shunsuke.

“Perché a noi tocca il campo, stai calmo Shun…” cercò di tranquillizzarlo Hidetoshi.

“Hide, scusami, ma allora io dove devo stare?” domandò tutto tremante Hiroshi.

“In porta Hiroshi lo sai sei il nostro portiere!” gli rispose il capitano indicandogli anche con il braccio la sua porta di competenza per quel primo tempo.

“Ehi Hide ma quanto dura la partita?” era arrivato anche il turno di Atsushi.

“Oh insomma dai ragazzi concentrati!” sbottò infine Hide.

Fischio d’inizio.

I primi 10 minuti passarano via tranquillamente, come normale fase di studio tra le due squadre.

Al 10’ preciso però l’arbitro fischiò una punzione per l’Istituto Hattori, per un fallo di mano intenzionale del giocatore del Myojin Matsuoka, che verrà ovviamente ammonito.

Al suddetto giocatore si avvicinò tranquillamente Atsushi Miura “Ehi amico hai dimenticato che stiamo giocando a calcio? O preferisci la pallavolo?”.

“Fatti i cazzi tuoi nanetto!” gli rispose sottovoce il difensore centrale avversario.

“Oh siamo nervosetti oggi? Senti un po’ ma quanto dura un tempo in queste partite?” continuò la conversazione l’attaccante.

L’altro, lì per lì spiazzato dall’ignoranza esposta dal giocatore che doveva marcare, gli rispose comunque “40 minuti, perché?”.

“Bene, allora segnerò un gol al 40’ preciso!” concluse Atsushi, lasciando sbigottito l’avversario.

Al 17’ Hasegawa, il terzino sinistro dell’Hattori, lanciò in profondità per Atsushi, il quale venne però raggiunto nella corsa da Matsuoka, che furbescamente lo reggeva per la maglietta.

“Fermati che se me la strappi mi tocca ripagarla!” tentò invano di var desistere il suo avversario l’attaccante.

Ma dato che questo non mollava, lo stesso Miura cominciò ad aggrapparsi alla maglia rivale a sua volta. Purtroppo l’arbitro notò solamente quest’ultima scorrettezza e fischiò punizione per il Myojin.

“Fanculo!” imprecò a bassa voce Atsushi.

La punizione venne battuta rapidamente dal compagno di reparto di Matsuoka, Ishida, che fece arrivare la palla precisa sui piedi di Ohyama, uno dei due attaccanti dell’Istituto Myojin. Quest’ultimo riuscì anche ad andare al tiro, ma Hiroshi riuscì a deviare la palla verso l’esterno dell’area piccola, mostrando però, per un attimo appena, una smorfia di dolore.

Al 25’ arrivò la prima ammonizione anche per l’Istituto Hattori, manco a dirlo a prendersela fu Shunsuke Miura.

“Ma che cazzo fischi!” fu l’immediata reazione verbale di quest’ultimo.

In tutta risposta l’arbitro estrasse il suddetto cartellino giallo e proseguì “L’avverto che, se continua con le proteste, sarò costretto a estrarlo una seconda volta!”.

“Ma che ca…” Il gigantesco giocatore si stava avvicinando minacciosamente al giudice di gara, quando fu repentinamente fermato dal fratello Hidetoshi che tentava di placarlo.

“Calmati Shunsuke altrimenti ci metti nei casini!” gli sussurrò allontanandolo con una spinta verso la propria area. Per poi dirigersi verso l’uomo in nero e scusarsi dell’accaduto con due-tre inchini.

La partita prosegui senza ulteriori sussulti, anche perché l’Istituto Hattori non poteva certo avere un grande affiatamento di squadra, dato i tre nuovi innesti tutti e tre all’esordio assoluto. Poi arrivò il 40’.

L’Hattori stava per battere una rimessa in attacco sulla destra, affidata ovviamente al terzino destro Sakai. Quest’ultimo la diede indietro verso Shunsuke, che si era portato poco avanti il centrocampo.

“Oh merda e ora cosa faccio?” chiese ad alta voce l’enorme ragazzo, incredibilmente preso dal panico.

“Ridalla a Sakai che è scattato in profondità!” Fu l’urlo di suggerimento del fratello Hidetoshi.

Shun notò subito la veridicità delle informazioni del capitano e servì, purtroppo con eccessiva potenza, il compagno di squadra. Per fortuna il terzino era uno dei più veloci della squadra e fece in tempo a crossare in mezzo la sfera, prima che quest’ultima superasse la linea di fondo.

Intanto in area Atsushi era subito scattato verso la porta avversaria, sempre tallonato da Matsuoka. Il difensore aveva talmente l’attenzione focalizzata esclusivamente sull’attaccante che, ad un tratto, si accorse di ritrovarsi fuori dal campo di gioco vicino al palo alla destra del suo portiere. Il fatto strano è che accanto a lui c’era sempre anche il suo uomo da marcare. Ma il più giovane dei fratelli Miura aveva un primo asso da tirare fuori dalla manica.

Afferrandosi con entrambe le mani al palo, riuscì a roteare a mezz’aria (in un movimento molto simile a quello visto nel capitolo precedente, mentre scendeva dal tetto di casa sua, solo che questa volta in orizzontale) e colpire il pallone di collo destro per farlo entrare facilmente in rete.

La reazione di tutti e 22 i giocatori fu di osservare l’arbitro per vedere la sua decisione. Lo stesso direttore di gara era rimasto allibito da quel particolare gesto tecnico. Poi fischiò la regolarità del gol. Tutti i giocatori dell’Hattori si riversarono vero il loro nuovo compagno, andato subito in gol all’esordio. Quest’ultimo, mentre continuava raccogliere i complimenti e gli abbracci dei compagni, si girò verso il suo marcatore personale Matsuoka per dirgli “Te l’avevo detto che avrei segnato al 40’!”.

L’altro gli rispose solamente con un ringhio sommesso.

Alla fine l’arbitro non diede neanche un secondo di recupero e fischiò direttamente la fine del primo tempo.

 

Spogliatoio dell’istituto Hattori

 

L’allenatore Kaneko si complimentava con la sua squadra “Bene ragazzi abbiamo cominciato bene questo torneo! Anche voi fratelli Miura ve la siete cavata bene, nonostante fosse la prima volta che giocavate una vera partita”.

Dei tre nuovi l’unico a ringraziare apertamente il mister per questi complimenti fu il portiere.

“Complimenti anche a te Hide bella idea!” strizzò l’occhio al capitano della sua squadra.

“Grazie mister!” rispose con lo stesso gesto Hidetoshi.

 

Spogliatoio dell’istituto Myojin

“Ma da dove cavolo li hanno tirati fuori quei tre lì?! Io sapevo che nemmeno si dovevano iscrivere al torneo quelli dell’Istituto Hattori!” si lamentò ad alta voce l’allenatore della scuola che in quel momento stava soccombendo.

“Non saprei proprio mister, però sembrano avere un certo grado di parentela con il loro capitano…” ipotizzò uno dei suoi collaboratori.

Dopo qualche attimo di silenzio l’allenatore girò la testa verso una delle sue riserve e disse “Mi dispiace Tetsuo ma è già il tuo turno di entrare in campo…”.

 

Le squadre, dopo quindici minuti circa di pausa, rientravano in campo per dare vita al secondo tempo di questa sfida. Il team momentaneamente perdente stava effettuando un cambio. Uscì il centrocampista Hayashi ed entrò Inoue.

“Ehi Shun, quello è più obeso di te!” stuzzicò il fratello Atsushi.

“Non dire cazzate nanetto! Comunque devo dire che fisicamente è davvero imponente!” gli rispose per le rime Shunsuke.

Questa volta a battere il calcio d’inizio toccava all’Istituto Hattori.

Dopo qualche scambio tra i giocatori vestiti in azzurro, il colore sociale dell’Hattori, la palla tornava al loro fulcro di gioco, il capitano Hidetoshi Miura, che però veniva subito sbalzato via da una potente spallata. Autore di questo gesto ai limiti del regolamento fu proprio il nuovo entrato Tetsuo Inoue.

“Sono entrato proprio per non farti più toccare palla fenomeno! Stai attento perché con me rischi la carriera!” furono le immediate minacce del marcatore di Hide. Quest’ultimo smise di ascoltarlo e si rialzò in piedi, mentre l’arbitro aveva fatto proseguire il gioco.

Il nerboruto giocatore fu di certo di parola, dato che ad ogni tocco di palla del capitano, lui gli era subito addosso, scaraventandolo a terra con enorme potenza. Arrivando perfino a farsi richiamare dall’arbitro con il classico “alla prossima ti ammonisco”. Ad un certo punto rischiava pure di arrivare alle mani contro Shunsuke, intervenuto a difesa del fratello.

Intanto nella panchina dell’Hattori c’era chi fremeva per entrare in campo “Ma quando si decide il mister a farmi entrare…” pensava impaziente l’attaccante Sasaki.

Intanto la partita proseguiva e si era già arrivati al 70’.

All’improvviso la difesa dell’Istituto Hattori si fece trovare per la prima volta impreparata, lasciando libero al tiro la punta avversaria Ohyama,  fortunatamente ci fu uno straordinario intervento in recupero da parte di Fujita, nuovo entrato al posto di Shunsuke Miura (per evitargli un secondo cartellino giallo e quindi la squalifica).

Cinque minuti dopo fu finalmente la volta di Yusuke Sasaki per entrare in campo. Dopo aver salutato il compagno sostituito Waba, si diresse subito verso il compagno di reparto Atsushi, puntandogli contro il dito “Ora ti dimostrerò che non meriti il posto da titolare!”.

Il più giovane dei fratelli Miura non diede peso alle parole del ragazzo, come stava facendo anche con la partita da cui, da un bel po’ di minuti, era avulso dal gioco.

Al 77’ c’era da battere un fallo laterale sulla destra per la squadra momentaneamente vincente, Sakai provò a servire in profondità Atsushi, ma questo venne facilmente anticipato dal difensore Matsuyama che diede la palla indietro al proprio portiere. Quest’ultimo, dopo essersela portata un po’ avanti, lanciò lungo verso il centrocampo.

“Questa è facilmente mia! Nessuno oserà saltare contro di me!” pensava Inoue mentre staccava in alto verso il pallone. Poi improvvisamente sentì un peso eccessivo sulle sue robuste spalle. Dietro di lui era saltato ancora più in alto Hidetoshi Miura, che ovviamente non si era ancora arreso nel loro scontro personale. Il capitano degli azzurri riuscì a colpire la sfera di testa prima del suo marcatore. Il pallone si diresse verso Akiba, uno dei tre “comprimari” del centrocampo, designati per aiutare il capitano nella conquista della palla. Ma i tre non sapevano fare solo quello, e soprattutto conoscevano ormai a memoria i movimenti dei propri compagni, eccezion fatta ovviamente per i nuovi arrivati. Infatti Akiba diede subito di prima la palla in profondità per lo scatto perfetto di Sasaki, il quali riuscì perfettamente ad evitare il fuorigioco della difesa avversaria. Si presentò da solo contro il portiere Ishibashi, lo saltò e deposito facilmente la palla in fondo alla rete. L’Istituto Hattori aveva raddoppiato. I giocatori giallo-neri sembravano questa volta completamente abbattuti.

Dopo questo terzo calcio d’inizio da parte dell’Istituto Myojin la partita fu solo accademia. Verso i minuti finali della partita Atsushi tornò brevemente in partita facendo sponda e dando il pallone sulla destra per l’instancabile Sakai che poi la diede centralmente al limite dell’area per Akiba, che si era esaltato dopo l’assist vincente per Sasaki, stava per esplodere il tiro quando venne fermato fallosamente dal solito Inoue, detto “l’Uomo di Ferro”. Il direttore di gara decise di far battere la punizione e poi di dichiarare finito il match. A battere andò lo specialista Hidetoshi Miura. Sistemò con cura il pallone, fece qualche passo indietro, controllò la disposizione della barriera, attese il fischio dell’arbitro e poi finalmente scoccò il tiro. Con un’incredibile parabola ad effetto, che solo lui riusciva a dare alla sfera, la palla s’involò verso il sette alla sinistra del portiere. Per poi infrangervisi contro. Con i tifosi, e gli stessi giocatori azzurri, pronti ad esultare nuovamente, terminò la partita d’esordio dell’Istituto Hattori al campionato nazionale scolastico.

 

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Capitolo 3
*** Sedicesimi di finale ***


CAPITOLO 3

“Sedicesimi di finale”

 

 

 

Camera da letto di Hidetoshi.

Il ragazzo, nonostante fosse appena mattina, dall’euforia portata dalla loro prima vittoria non riusciva più a chiudere gli occhi. La sua mossa del tutto azzardata si era poi rivelata una mossa straordinariamente vincente. Grazie all’appena ricompostosi “quartetto Miura”, l’Istituto Hattori poteva decisamente puntare alla vittoria finale. Tutto era possibile.

Il giovane, con ancora tutti questi pensieri che gli vorticavano in testa, provo a girarsi di fianco per tentare un nuovo sonnellino. Purtroppo ciò gli fu impedito dal dolore che sentiva provenire dalle sue gambe. Tale dolore gli fece tornare alla memoria quello che il suo avversario, Tetsuo Inoue, gli aveva confessato il giorno prima.

 

“Complimenti bella vittoria Hide! Non mi sarei aspettato una partita di questo genere dalla vostra squadra…” ammise il più massiccio dei due, mentre stringeva vigorosamente la mano del capitano avversario “A questo punto devo confessarti una cosa…”.

“Cosa?” chiese preoccupato l’altro.

“Beh devi sapere che…sapendo che avrei dovuto marcarti oggi…diciamo che ho dato un “rinforzino” ai miei parastinchi…” e detto questo gli mostrò delle barrette di ferro che aveva infilate dentro apposite tasche situate nei parastinchi che aveva in gara.

Lì per lì Miura rimase alquanto sorpreso, poi cercò di stemperare la cosa “Beh è degno del tuo nome…ecco perché mi sembrava di andare contro ad un muro, ogni volta che ci scontravamo!”.

“Beh si scusami ancora, d’altronde la nostra squadra non può ambire a molto…”.

“Tranquillo ci scontreremo anche il prossimo! E magari potremo anche trovarci insieme in nazionale…”.

“Si magari…”.

“Bene, alla prossima Tetsuo!”.

“Alla prossima Hide!”.

Infine i due si strinsero nuovamente la mano per concludere il loro dialogo.

 

Giusto alla conclusione di questo “flash-back”, la sveglia cominciò a suonare.

In poco tempo, tutta la famiglia Miura era riunita attorno al tavolo per la classica colazione. Ovviamente Hidetoshi provava ad coinvolgere i suoi fratelli in un discorso riguardante la partita del giorno prima, ma con purtroppo scarsi risultati. Nello sconforto generale però il ragazzo notò qualcosa di molto preoccupante. Shunsuke aveva chiesto a Hiroshi di passargli la salsa di soia e quest’ultimo, nell’atto di porgergliela, l’aveva fatta cadere sul tavolo, con la mano palesemente tremante dal dolore.

“Che cos’hai Hiroshi?” chiese preoccupato Hide, allarmando anche il resto della famiglia.

“Oh niente Hide tranquillo…” cercò di sdrammatizzare il ragazzo occhialuto, tenendosi stretto il polso con l’altra mano, anche quella comunque non del tutto apposto.

 

Una volta a scuola venne fuori che il loro portiere si era leggermente lussato i polsi durante le parate della partita d’esordio.

“Oh tranquillo Hiroshi, per fortuna non è nulla di grave, basterà solo che ti riposi qualche giorno e sarai completamente guarito! D’altronde era naturale come cosa dato che era la prima volta che facevi così tanta attività fisica…” spiegò il mister Takahashi al ragazzo.

“Ma allora mister per la prossima partita come facciamo?” chiese preoccupato il capitano.

“Tranquillo Hide, in porta andrà Yamamoto e tuo fratello verrà in panchina con noi, anche se solo come presenza”.

“Ma non c’è il rischio che ci squalifichino, se vengono a sapere che siamo in 17 uomini?”.

“No tranquillo a loro infine bastava che ci fossero 18 nomi nella lista ufficiale che gli abbiamo inviato per il torneo scolastico, e poi defezioni nell’organico di una squadre per cose come queste, cioè gli infortuni, sono previste dal regolamento” concluse l’allenatore.

Di certo lo spirito della squadra si era nettamente rasserenato.

“Dunque ragazzi, la prossima partita la giochiamo contro l’Istituto Morioka” riprese la parola il mister “i loro punti di forza sono principalmente quattro: il terzino destro Kazunori Ito, ottimo nei calci di punizione, il difensore centrale Koji Nakazawa, un giocatore molto roccioso, il centrocampista centrale Satoshi Yamaguchi, giocatore alto più di due metri bravo ovviamente nei colpi di testa, ed infine l’ala sinistra Gui Wanglin, di origine cinesi molto veloce”.

I ragazzi erano tutti concentrati, seguendo le indicazioni del mister.

“In pratica cerchiamo comunque di fare il nostro gioco, cercando anche di limitare questi 4 elementi” concluse l’allenatore.

“Tranquillo mister, ci pensiamo noi a fermare questi favolosi quattro!” esclamò Shunsuke.

 

Ed eccoci finalmente alla partita dei sedicesimi di finale tra il nostro Istituto Hattori e l’Istituto Morioka della città di Shimizu nella prefettura di Shizuoka, con i colori sociali bianco-arancioni.

Dopo il lancio della monetina furono proprio questi ultimi a battere il calcio d’inizio. Ma in un attimo la palla fu in breve dell’Hattori, che iniziò fin da subito con un pressing asfissiante. Di fatti già al 5’ minuto Ito fermò, certo non con un brutto fallo Hidetoshi Miura e gli azzurri poterono usufruire di una punizione poco oltre la metà campo avversaria. Ad apprestarsi a batterla c’era Shunsuke.

“Te buttala in mezzo Shun” gli ordinò il capitano.

“Tranquillo Hide!” lo rassicurò il difensore.

Il tiro fu battuto e la palla scese proprio in mezzo all’area di rigore. Com’era facile immaginarsi a staccare su tutti fu Yamaguchi, che stranamente però era più preoccupato della marcatura su Atsushi Miura che sull’esecuzione del gesto atletico. Il pallone, una volta impattata la testa del giocatore, prese una strana traettoria e, con un beffardo pallonetto, s’infilo alle spalle del suo portiere Ishida.

Quindi già al 6’ minuto l’Istituto Hattori era già avanti di un gol.

Gli azzurri però non esultarono eccessivamente, data la natura con cui era scaturita la marcatura, l’unico che esagerò fu lo stesso Shunsuke.

“Ma che cazzo?! Certo che aveva proprio ragione il mister! Quel palo della luce là è proprio un fenomeno nei colpi di testa! ahahahahahahah”.

Yamaguchi, che di natura sua era molto timido e riservato, non rispose alle provocazioni di quest’ultimo, in compenso però al posto suo rispose il compagno di squadra Nakazawa.

“Ehi palla di biliardo che problemi hai eh?”.

“E te che cazzo vuoi figlio di puttana?!”.

A quest’ultime parole l’arbitro fu costretto ad ammonire il difensore dell’Hattori. A cui ne seguì subito dopo il tentativo, da parte dei suo compagni, di calmarlo per non cercare di complicare le cose.

 

Il match, nei minuti successivi, non era certo dei migliori, anche perché l’Hattori cercava di mantenere il suo vantaggio fino all’intervallo, attuando sempre il suo pressing, e il Morioka non sembrava certo quella buona squadra che si diceva essere.

Al 24’ Hasegawa giocò lungo la fascia sinistra per Endo, che si era defilato nell’azione, riuscì anche a metterla in mezzo, dove però non c’era nessuno dei compagni ad attenderla. Infatti il terzino Ito la passò tranquillamente dietro al proprio portiere per poi vedersi sbucare, praticamente dal nulla, Atsushi che l’appoggiò tranquillamente a rete nella più semplice delle occasioni.

I nostri erano in vantaggio 2-0 mentre gli arancioni erano in ginocchio per terra, come lo era fisicamente Kazunori Ito dopo questo suo gravissimo errore. Si il pressing dell’Hattori stava decisamente dando i suoi frutti.

L’Istituto Morioka provò una timida riscossa al 28’, ma l’attaccante Matsuda fu fermato per fuorigioco, mentre il suo compagno di squadra Kato veniva ammonito per proteste.

Mentre allo scadere del primo tempo fu Yamaguchi a finire nel taccuino del direttore di gara, per un fallo più di frustrazione che altro su Hidetoshi.

 

Negli spogliatoi.

“Bene ragazzi il nostro catenaccio sta funzionando! So che vi sto chiedendo molto ma cercate, anche nel secondo tempo, di non dare respiro all’avversario!” si complimentò con i suoi ragazzi il mister Takahashi.

I diretti interessati risposero come poterono a questi incoraggiamenti, dato che erano praticamente tutti con il fiatone e completamente sudati. Hide però non era tranquillo. Il capitano sapeva benissimo che l’Istituto Morioka era ben’altra squadra. Inoltre, di certo, nello spogliatoio ospite il loro allenatore li stava di certo spronando per un migliore secondo tempo.

 

Nel secondo tempo a battere il calcio d’inizio erano gli arancioni. Fin da subito ci si accorse che le cose erano cambiate. Infatti lo stesso Istituto Morioka iniziò a pressare l’Hattori a tutto campo. Ne risultò quindi una prima ventina di minuti con terribili lotte a centrocampo. In particolare era il piccolo e rapido Wanglin a creare i maggiori grattacapi alla retroguardia degli azzurri. Soprattutto il povero terzino destro Sakai non sapeva come poter fermare questa saetta cinese.

Al 63’ l’attaccante azzurro Wada cercò un po’ di spazio sulla fascia sinistra, andò sul fondo e cercò di metterla in mezzo, ma su di lui era ripiegato positivamente l’ala destra avversaria Mochizuki che era riuscito ad intercettare il cross. Il rimpallo però favorì il terzino sinistro Hasegawa, avanzato durante l’azione, che riuscì anche ad entrare in area dove però fu fermato in malo modo da Nakazawa, che riuscì si a prendere la palla ma falciando anche le gambe dell’avversario. Il direttore di gara non ebbe alcun dubbio e concesse il rigore, ammonendo anche il difensore.

“È quello che ti meriti bestia!” gli urlò contro Shunsuke Miura. In questo caso l’arbitro fece finta di non sentire.

Intanto Hasegawa veniva portato fuori dal campo per provare a rimetterlo in sesto.

Sul dischetto si presentò Atsushi, che pareva ancora molto affaticato dal ritmo che aveva preso la partita. L’attaccante tascabile tirò ma la palla uscì ampiamente alla destra del portiere Ishida.

I suoi compagni furono molto sorpresi da questo suo errore. Ma furono ancora più sorpresi quando la loro panchina chiese il cambio per Hasegawa, che fino ad allora aveva disputato un’ottima partita, ed il ragazzo infortunato fu sostituito da Hayashi. L’Hattori era nettamente scosso dal susseguirsi di questi ultimi avvenimenti negativi.

Passarono appena tre minuti quando, su una bella palla lunga di Yamaguchi, l’attaccante Matsuda del Morioka veniva anticipato fallosamente dal neo entrato Hayashi al limite dell’area. A battere la punizione andò, com’era facilmente prevedibile, Kazunori Ito. Una volta che il portiere di riserva Yamamoto aveva posizionato la barriera, fu il primo a stupirsi, insieme agli stessi componenti della barriera, della posizione di tiro presa dal calciatore avversario. Il ragazzo infatti si era messo accanto al pallone e, ancora più sorprendentemente, spalle alla porta in cui doveva tirare.

“Ma cosa vuol fare?” si chiese tra sé e sé Hidetoshi.

Una volta che l’arbitro fischiò il terzino ruotò su se stesso, utilizzando il piede sinistro come perno, e fece partire un tiro carico di effetto che si andò ad insaccare sul sette alla destra di Yamamoto. Fu così rapida l’esecuzione che la barriera non saltò nemmeno.

L’Istituto Morioka aveva ridotto le distanze e la partita era ben lontana dall’essere terminata. Appena battuto il calcio d’inizio, gli azzurri persero subito palla, ancora shockati dal loro primo gol subito in questo campionato, e, ad appena altri tre minuti dal gol subito, la palla tornò nuovamente alla punta Matsuda che questa volta fu atterrato da dietro da Shunsuke. In questo caso il direttore di gara non fece sconti ed estrasse il secondo cartellino giallo nei confronti del nerboruto difensore.

Ora si era davvero in una situazione critica.

Mentre dal campo usciva l’attaccante Wada e dalla panchina entrava il difensore Fujita, Hidetoshi si avvicinò ad i suoi compagni.

“Bene ragazzi è ora che torniamo a giocare a calcio! Contro di noi ci si è messa anche la sfortuna ma io, nonostante questo, non voglio lasciare questo campionato dopo solo la seconda partita giocata! Non dopo tutto quello che abbiamo fatto per poterci iscrivere a questo torneo! Cerchiamo di difenderci fino alla fine, non concedendogli il minimo spazio! Perché se riescono a pareggiare per noi è finita!”.

“Si non li faremo passare!” urlarono di risposta gli altri.

Alla ripresa del gioco, con il risultato di 2-1, gli azzurri tornarono a difendersi come sapevano. Nonostante l’uomo in meno, per l’Istituto Morioka non c’erano spazi di manovra, anche se alcuni dei nostri non aveva più alcuna energia per correre dietro al pallone. Di questo si accorse perfettamente il mister Takahashi quando chiamò il suo ultimo cambio. Dal terreno di gioco uscì uno stremato Atsushi Miura ed al suo posto entrò Sasaki.

Hide si avvicinò al fratello che stava uscendo e gli disse “Bravo Atsushi, hai fatto un’ottima partita!”.

L’altro gli rispose “Grazie Hide…anf…non vedevo l’ora che mi sostituisse così…anf…mi vado a fare una bella dormita!”.

Ed infatti, una volta raggiunta la panchina, il più giovane dei Miura si sdraiò a peso morto su di essa, con il fratello infortunato Hiroshi a fargli da guardia.

 

Intanto, nello spogliatoio dell’Istituto Hattori, un imbestialito Shunsuke, tra un’imprecazione e l’altra, tirava pugni a tutto ciò che aveva a portata di tiro, in particolare ai muri della struttura sportiva.

 

Nel mentre, sul campo di gioco, gli azzurri erano riusciti ad arrivare all’80’ senza ulteriori problemi. Lo stesso capitano Hidetoshi Miura era riuscito a spingersi nella metà campo avversaria, arrivando anche a scoccare un tiro dalla lunga distanza che il portiere aveva respinto coi pugni. Su tale respinta la palla era arrivata ad Endo. Quest’ultimo, al limite dell’area, era riuscito, nonostante l’intervento scorretto ma non cattivo di Yamaguchi, a servire sulla sua destra Nishiwaki, che aveva effettuato un fiacco tiro verso la porta, facilmente parato dal portiere. L’arbitro però aveva fischiato la punizione e questa volta toccava a Hidetoshi dimostrare le sue doti balistiche.

La parabola partì ma fu subito deviata dalla testa di Yamaguchi che, preoccupato dal non ripetere l’errore del primo tempo, si girò subito terrorizzato verso la sua porta. La palla sfiorò l’incrocio dei pali a portiere battuto ma uscì.

Tutti i giocatori in campo si voltarono verso il diretto di gara che, inflessibile, nonostante anche il recupero stesse per terminare, voleva che il corner fosse battuto. Se ne incaricò Nishiwaki ma, mentre stava per battere, l’arbitro emise tutta una serie di fischietti rapidi per richiamare alcuni giocatori in mezzo all’area. La stanchezza si faceva sentire su tutti e 21 i calciatori in campo e si poteva rischiare anche la rissa. Alla fine fu ammonito solamente un calciatore del Morioka che era entrato nella ripresa.

Questa volta il direttore di gara emise il suo classico fischio forte e preciso e Nishiwaki calciò. Il pallone si dirigeva verso il secondo palo. A cercare di raggiungere per primo di testa la sfera fu il difensore Nakazawa, che però si vide sovrastare dietro di lui da Sasaki dell’Hattori. La punta staccò davvero in bello stile e per il portiere avversario non ci fu nulla da fare.

La partita terminò con il risultato di 3-1 a favore dell’Istituto Hattori.

 

Negli spogliatoi Shun aspettava impaziente i suo compagni di squadra. Quando rientrarono gli fu subito addosso.

“Allora? Com’è finita?”.

Gli rispose Atsushi, tra uno sbadiglio e l’altro, “Uaah!…Abbiamo vinto 2-1”.

“3-1 mezzasega!” gli urlò contro l’autore dell’ultimo gol Sasaki.

Per un ulteriore conferma, il difensore si voltò verso il suo fratello occhialuto “È vero Hiroshi?”.

“Si è vero Shun” rispose lui.

E così anche l’energumeno poté festeggiare insieme agli altri la vittoria. Anche se sapeva benissimo di dover scontare un turno di squalifica nella prossima partita del torneo.

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Capitolo 4
*** Ottavi di finale ***


CAPITOLO 4

“Ottavi di finale”

 

 

 

Casa Miura

“Certo potevi anche risparmiartelo di farti espellere Shun!” continuava la sua predica Hidetoshi.

“Non rompere Hide! Ve la caverete anche senza di me!” cercò di tagliar corto l’interessato.

“Lo so ma comunque non si lascia la propria squadra in 10 per tutto il secondo tempo!” non demordeva il capitano dell’Hattori.

“Hide…penso che ora possa bastare…” tentò di tranquillizzarlo Hiroshi.

“Già Hide basta abbiamo capito, ora torniamo a mangiare…” concluse Atsushi.

Infatti tutta la famiglia era riunita attorno alla tavola di cucina mentre consumavano il loro lauto pasto, con i genitori dei quattro ragazzi basiti dall’animosità di questa improvvisa discussione.

Appena riconquistati qualche attimi di silenzio, il cellulare di Hidetoshi iniziò a squillare.

“Pronto…”

“Ciao Hide sono Wada ti disturbo?”.

“No tranquillo Takuya dimmi pure…”.

“Sappiamo chi è il nostro avversario per gli ottavi di finale…”.

“Bene! chi è?”.

“L’Istituto Miyamoto”.

“L’Istituto Miyamoto…beh cominciamo a fare sul serio…aspetta un attimo ma non è quella scuola con i due brasiliani?”.

“Si esatto è quella…”.

“Beh vorrà dire che dovremo impegnarci ancora di più…anche senza Shun…” e dicendo questo il giovane lanciò un’occhiata maligna al fratello più grande.

“Infatti…beh capitano ora devo andare, ci vediamo agli allenamenti!”.

“Ok Takuya, grazie per avermi chiamato, a domani!”.

Una volta riattaccato, Hide riprese la sua attività di consumatore di cibo.

Intanto gli altri tre fratelli lo scrutavano in silenzio.

“Sono forti i nostri prossimi avversari?” chiese preoccupato Hiroshi.

“No…cioè non troppo…è solo che in squadra hanno due giocatori brasiliani…a proposito come ti sta il polso Hiroshi?”.

“Meglio…penso che la prossima partita potrò giocarla!” rispose con un sorriso il portiere titolare.

 

Durante la settimana gli allenamenti furono nettamente intensificati, dato che per l’Istituto Hattori gli ottavi erano già un buon traguardo, dunque non volevano certo fermarsi lì. Anche il terzino sinistro Hasegawa era riuscito a recuperare dal suo infortunio, anche se ovviamente non era ancora al 100%.

 

Il giorno della partita i giocatori dell’Hattori scesero in campo più motivati che mai, indossando tra l’altro la loro seconda maglia, completamente bianca, dato che la squadra avversaria, L’istituto Miyamoto di Osaka, aveva i colori sociali blu e bianco, dunque molto simili ai loro. Subito però si accorsero di una particolare curiosità. I due fantomatici brasiliani non erano nella formazione titolare, ma sedevano comodamente in panchina, mentre Shun era direttamente in tribuna.

“Ehi Hide, ma sono quelli lì i due famosi brasiliani?” domandò incuriosito il più piccolo dei fratelli Miura.

“In effetti…penso di si…” tentò di dare una risposta il giovane, egli stesso molto sorpreso da tutto ciò.

A battere il calcio d’inizio toccava all’Istituto Miyamoto. In un certo senso gli azzurri erano rasserenati da questa inspiegabile decisione tattica dell’allenatore avversario.

Già al 7’ ci fu la prima azione per i nostri. Wada venne atterrato al limite dell’area da un difensore avversario. Per l’Hattori era un’ottima chance.

Il piccolo attaccante con il numero 9 si avvicinò al suo capitano “Ehi Hide non è che questa punizione la posso calciare io?”.

Il ragazzo ci pensò un po’ su poi diede una risposta “Va bene, è di seconda quindi prima te la tocco io poi tu la calci ok?”.

L’esecuzione andò come Hidetoshi aveva predetto. Beh quasi tutta dato che Atsushi tirò il pallone direttamente in tribuna.

“Complimenti…” fu l’unico commento del centrocampista al fratello.

Nel proseguo dell’incontro si notava subito che Yuji Fujita, il giocatore che sostituiva per questo match lo squalificato Shun Miura, se la stava cavando egregiamente.

Al 28’ ci fu un interessante 1-2 tra Wada ed Endo, con quest’ultimo che lasciò partire un tiro da fuori area, purtroppo parato dal portiere avversario Sakamoto.

Con quest’ultima azione Hidetoshi elaborò tra sé e sé due assolute verità: La prima era che i suoi tre “scudieri” di centrocampo stavano finalmente dimostrando le loro qualità di palleggio; La seconda era che questo portiere non sarà stato tanto facile da battere.

Difatti per un’altra decina di minuti le due squadre si equivalsero.

Al 40’ il difensore centrale Maeda tentò la carta della palla lunga. Il capitano andò tranquillo a svettare, trovando però sorpreso la concorrenza aerea di Toru Nagai, che si alzò molto più in alto di lui. La palla finì in calcio d’angolo, facendo rischiare al centrocampista lo stesso errore di Yamaguchi dell’Istituto Morioka. A battere il corner andò Akiba che la mise in mezzo, ma ancora una volta fu lo stesso Nagai ad anticipare di testa Hidetoshi Miura. La palla arrivò al rientrante Hasegawa che però, pressato da un attaccante, la diede indietro al proprio portiere, anch’egli rientrante da un infortunio. Il giocatore occhialuto decise di far ripartire la manovra direttamente dai piedi di Maeda. Ma il difensore si accorse subito che i suoi compagni di squadra erano fermi e che il Miyamoto occupava bene tutti gli spazi del campo, in fase di non possesso palla. Decise allora di passarla al compagno Fujita che, rischiando anche di farsi rubar palla dall’attaccante Yoshida, aprì improvvisamente sulla destra per Sakai che, trovando un po’ di spazio sulla fascia, si portò in avanti per poi servire in profondità Nishiwaki, defilatosi, purtroppo fu anticipato da un avversario e il pallone finì in fallo laterale. Dopo uno scambio su rimessa con lo stesso Nishiwaki, Sakai vide sulla trequarti libero Endo e lo servì. Il centrocampista, vedendo sia il suo capitano che i suoi compagni di punta marcati, tentò un tiro di frustrazione che però andò nettamente fuori.

Intanto l’arbitro assegnava due minuti di recupero per questo primo tempo.

Al primo minuto, a conseguenza dell’ennesima respinta di testa di Nagai, Fujita tentò nuovamente l’apertura verso il terzino destro ma sbagliò la misura del passaggio. Fortunatamente si fece perdonare andando ad anticipare di testa l’avversario Yoshida, sulla seguente rimessa laterale. La sfera finì a Sakai che provò, con un lancio in avanti di 25 metri, ad imbeccare Atsushi. Il quale fu fermato dal suo marcatore che gli strattonò la maglia. L’arbitro se ne accorse ed arrivò così la prima ammonizione della partita.

Nell’ultima azione della prima frazione, su rimessa laterale nella loro sinistra dell’Istituto Miyamoto, Sakai anticipò di testa il suo avversario Watanabe e servì Nishiwaki. Il mediano tentò nuovamente la palla lunga verso Atsushi Miura che questa volta scattò bene e raggiunse la sfera. Una volta entrato in area però fu chiuso in scivolata dal difensore Yamazaki, che rischiò anche parecchio effettuando quest’ultimo disperato intervento.

Con il pallone che rotolava nuovamente oltre la linea laterale, si concludeva sullo 0-0 un alquanto noioso primo tempo.

 

Spogliatoio Hattori

“Non ci voleva di andare all’intervallo sullo 0-0!” protestò Wada.

“Se nel secondo tempo mettono dentro i brasiliani, non so se noi difensori gli riusciremo a stare dietro…” esclamò preoccupato Hasegawa.

Lo stesso capitano Hidetoshi non sembrava molto ottimista per la ripresa della partita.

“Che cazzo state dicendo gente?” e tutti si voltarono verso Shunsuke, appena arrivato negli spogliatoi “se anche entrassero quei due sambaioli noi dobbiamo riuscire a fermarli! Sia con le buone ma, soprattutto, con le cattive!”.

“Bell’idea! Così veniamo a farti compagnia in tribuna…” ironizzò Atsushi, sdraiato su di una panca con gli occhi chiusi.

“Te stai zitto mezzasega che riesci a fare solo tiri che sembri un handicappato!”.

“Ok ora basta! Bene ragazzi, sembrerà strano ma Shun ha ragione! Anche se abbiamo contro dei brasiliani cerchiamo di giocare come sempre, magari facendogli arrivare meno palloni possibili e, in caso contrario, raddoppiamo le marcature quando entrano in possesso di palla!” spronò tutto il gruppo Hide.

 

Spogliatoio Miyamoto

“Spero voi siate pentiti di quello che avete fatto…” esordì l’allenatore della squadra verso i due ragazzi di colore.

“Si mister…” fu la risposta quasi unanime dei due.

Ma l’uomo anziano sembrò rifletterci un po’ su. “Bene! Nel secondo tempo giocherete anche voi!” concluse infine.

I due giovani ringraziarono ed andarono subito a svestire la tuta. Poi uno dei due sussurrò all’altro “E comunque quelle due troiette erano d’accordo…”.

 

Al rientro delle squadre dagli spogliatoi i tifosi del Miyamoto esultarono, alla vista dei loro beniamini. Mentre i giocatori dell’Istituto Hattori non sembrarono particolarmente sorpresi dei cambi dell’avversario. Infatti la prima azione favorevole capita a quest’ultimi.

Ad appena due minuti dall’inizio Akiba riesce a servire in profondità Atsushi che, però, è anticipato dal difensore Sakamoto. Nel proseguo dell’azione la palla capita nei piedi dell’attaccante Yoshida, che fu facilmente fermato da Hasegawa. Purtroppo su una sua verticalizzazione verso sempre Atsushi, il più giovane dei fratelli Miura si fece nuovamente anticipare da un difensore dei blu.

Al 54’ i due sudamericani salirono in cattedra e, dopo un 1-2 tra di loro, con anche un tunnel su di un avversario, un primo difensore sbilanciato con un doppio passo il secondo, in raddoppio, atterrava fallosamente uno dei due. E così Fujita si beccava un cartellino giallo. Nonostante questo, in tribuna, Shunsuke era fiero del ragazzo che aveva preso momentaneamente il suo posto.

Ma tutto ciò si rivelò un pessimo segno premonitore dato che, ad appena cinque minuti di distanza, dopo un tiraccio di Atsushi facile preda del portiere avversario, l’Istituto Miyamoto andò in vantaggio proprio grazie ad un gol della punta David Madeiros.  Mauro Camargo, il trequartista, dopo essersi liberato di un avversario con un colpo di tacco, servì il suo attaccante con un passaggio no look. Quest’ultimo, solo davanti al portiere, lo superò con un preciso pallonetto, per il quale il povero Hiroshi non poté far nulla.

Questo gol sembrò tagliare le gambe ai giocatori dell’Istituto Hattori. Lo stesso Hidetoshi Miura, urlando “Forza ragazzi abbiamo tutto il tempo per recuperare!” non sembrava particolarmente convinto dell’impresa.

Dopo una nuova azione pericolosa dei brasiliani, fu uno degli scudieri del capitano a suonare la riscossa. Ryota Akiba, dopo una devastante discesa da centrocampo fino al limite dell’area dell’Istituto Miyamoto, fece partire un insidioso tiro rasoterra che sibilò vicino al palo alla sinistra del portiere Sakamoto.

Qualcosa sembrò cambiare.

Al 67’ il centravanti tascabile mandò alto il pallone colpendolo in acrobazia aerea su cross dalla destra di Nishiwaki.

Due minuti dopo Fujita anticipò bene di testa , la sfera arrivò nei piedi nuovamente di Nishiwaki che, vedendo l’ennesimo scatto di Atsushi verso l’area, ebbe nuovamente fiducia in lui e gli servi un nuovo assist. Ma l’attaccante sapeva che questa non era la sua giornata, che ogni pallone che toccava era una palla persa, allora decise di fare l’unica cosa possibile per lui quel giorno: la lascio passare tra le sue gambe. In molti, forse anche tra i suoi compagni di squadra, lo maledissero in quella frazione di secondi che gli ci volle per seguire il proseguo dell’azione. Dietro di lui, e di questo di certo il ragazzino ne era consapevole, era scattato anche suo fratello maggiore, che ora era anche lui solo davanti all’estremo difensore. Con una freddezza da veterano, eseguì una rapida finta con il piede destro, mise a sedere il portiere, e con il sinistro appoggiò delicatamente la sfera in fondo alla rete.

L’Istituto Hattori era riuscito a pareggiare. Il boato del pubblico fu sicuramente più rumoroso che quello per il gol dell’Istituto Miyamoto. Tutta la squadra si abbracciò intorno al suo impareggiabile capitano.

“SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” fu l’urlo liberatore di Shun che assestò un potente pugno su uno dei sedili dello stadio, rompendolo.

Dopo il fischio dell’arbitro gli azzurri sapevano benissimo con cosa aveva a che fare dopo il pareggio: la rivincita dei brasiliani. Il loro stile di gioco era il migliore possibile ma, ovviamente, come molti sudamericani erano troppo innamorati del pallone.

Al 72’ fu lo stesso capitano Miura ad usare le maniera pesanti contro Camargo. il gioco fu ripreso immediatamente dallo stesso fantasista che servì subito il suo connazionale. Prontamente atterrato da Maeda in una posizione decisamente interessante per un calcio piazzato. Hiroshi dispose la barriera al meglio ed attese l’esecuzione del tiro. A battere andò ovviamente lo stesso trequartista carioca. I giocatori in barriera, nonostante la maggior parte saltò, furono superati. La punizione, s’intuì subito, aveva l’effetto e la potenza giusti. Il portiere con gli occhiali non si mosse nemmeno per tentare un tuffo disperato. E la sfera si schiantò precisa nel sette della traversa. In seguito fu rapidamente allontanata dai difensori azzurri. La fortuna per una volta era stata gentile verso l’Hattori.

Al 75’ mister Takahashi si decise ad effettuare un cambio che in molti pensavano andasse fatto fin da subito. Uscì Atsushi Miura ed entrò Yusuke Sasaki. Il piccolo capellone si mise un asciugamano in testa e si accomodò con gli altri in panchina. L’incontro non era di certo finito lì.

In quegli ultimi cinque minuti finali gli stremati ragazzi potevano solamente resistere nella loro meta campo, ai ripetuti assalti del Miyamoto, e sperare anche in una sola azione di contropiede, in puro stile “catenaccio”.

Questo nuovo accorgimento tattico fece subito le sue prime vittime con le ammonizioni di Wada e Hasegawa, che ora più che mai sentiva di non avere ancora completamente gli 80 minuti nelle gambe. Inoltre l’intera squadra sapeva di non poter affrontare dei tempi supplementari in quelle condizioni. Probabilità che si faceva sempre più concreta allo scoccare dell’80’ minuto.

I due brasiliani, nonostante fossero nettamente più freschi dei giocatori dell’Hattori, soffrivano terribilmente le marcature che stavano subendo in quegli ultimi minuti regolamentari. Nel primo dei due minuti di recupero, infatti, Mauro Camargo perse palla sulla triplice marcatura effettuata dai fedeli scudieri di capitan Hidetoshi che, una volta ricevuta la sfera, la smistava subito di prima senza neanche guardare sulla sua destra. Sapeva di poter contare sull’ultima sgroppata sulla fascia da parte di Kenichi Sakai. Il terzino destro riuscì a superare la metà campo e ad arrivare fino alla trequarti, quando venne atterrato fallosamente dallo stesso trequartista sudamericano, a cui evidentemente non era per niente andato giù di aver perso il pallone in un momento così cruciale.

Ultimo minuto. Tutti gli azzurri si riversarono in avanti riponendo le loro ultime speranze in questo spiovente proveniente dalla destra. I tempi supplementari non dovevano in alcun modo essere giocati. Fu Yohei Nishiwaki ad incaricarsi dell’esecuzione. Il suo era un destro ben educato e sapeva dove mettere il pallone. Dopo il fischio del direttore di gara, il centrocampista partì con la sua rincorsa e, forse per un piccola perdita di aderenza tra i tacchetti ed il campo da gioco, la parabola stava andando troppo verso il portiere. Che di fatti lo catturò in presa alta.

Poi qualcosa andò storto. Mentre stava ultimando la fase discendente del suo salto. La stessa sfera che era riuscito a fare sua con un ottimo tempismo gli scivolò via. Nonostante fino a quel momento Daisuke Sakamoto avesse dimostrato buone qualità tra i pali.

Un vero bomber si riconosce da quella particolare abilità di trovarsi nel posto giusto al momento giusto. E il ragazzo voleva dimostrare a tutti che lui era un vero bomber. Yusuke Sasaki mise dentro il più facile dei tap-in che ti possano capitare durante un match di calcio.

Il triplice fischio finale dell’arbitro sanciva il risultato: 2-1 per l’Istituto Hattori. Tutti i membri della squadra esultarono in campo come se avessero vinto la finale.

 

Spogliatoio Hattori

La festa iniziata in campo stava proseguendo. Lo stesso Shun si era unito ai suoi compagni urlando “Brutti bastardi ce l’avete fatta!”.

Nel marasma totale che si era venuto a creare spuntò una singolare figura. Un distinto uomo in giacca e cravatta.

“Perdonatemi signori sto cercando il signor Hidetoshi Miura…”.

Il capitano, una volta udito il suo nome, si avvicinò alla persona che lo stava richiendo.

“Sono io”.

“Oh bene, perdoni il disturbo signor Miura ma le devo consegnare questa lettera” e detto questo allungò la suddetta lettera, che aveva in mano, verso il giovane.

Hide, una volta presala in mano, ringrazio l’uomo facendo un breve inchino, eseguito anche da quest’ultimo prima di dileguarsi uscendo dalla stanza, una volta aggiustatosi gli occhiali che gli poggiavano sul naso con il dito.

“Di cosa si tratta Hide?” chiese preoccupato Hiroshi.

 

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Capitolo 5
*** Quarti di finale ***


CAPITOLO 5

“Quarti di finale”

 

 

 

La grande occasione che ogni calciatore nipponico aspetta. La propria convocazione da parte dalla nazionale giapponese di calcio. Anche solo se si tratta della rappresentativa under 20. Era questo l’argomento di cui trattava la lettera ricevuta da Hidetoshi Miura.

Non appena saputa la notizia, tutti i suoi compagni si riversarono verso il capitano, congratulandosi con lui per questa sua grande occasione. Poi le feste si bloccarono. Il ragazzo notò subito quello che di certo sarebbe diventato un grande problema logistico. La partita internazionale per cui era stato convocato, infatti, si sarebbe svolta esattamente lo stesso giorno dei quarti di finale del torneo scolastico, in cui l’Istituto Hattori se la doveva vedere contro l’Istituto Ono, appena qualificata anch’essa.

“È molto forte quest’Istituto Ono?”  chiese Atsushi.

“Sono i terzi classificati dello scorso anno” gli rispose freddamente Sasaki.

“Cosa vi preoccupate a fare?! È vero che non ci sarà Hide ma in compenso io tornerò a giocare in campo con voi!” proclamò alzando il pugno chiuso all’altezza del mento Shunsuke.

“Allora siamo proprio fregati…” sospirò il ragazzo con il numero 9.

“Cos’hai detto nanetto?”.

“Ora basta!” interruppe subito un nuovo battibecco tra il fratello più grande ed il fratello più piccolo Hide “Ragazzi…vi preannuncio subito che penso di accettare questa convocazione…insomma sapete benissimo anche voi che queste occasioni vanno prese al volo” con queste ultime parole lo sconforto si abbatté prepotentemente nello spogliatoio della Hattori.

“Però questa è la vostra grande occasione!” tutti i giocatori rimasero sorpresi e perplessi “Nella partita contro la Ono potete dimostrare di essere una grande squadra anche senza di me! Io so perfettamente che questa squadra è formata da ottimi atleti…ed è per questo che sono fiducioso nella vostra partita dei quarti di finale! Per poter dimostrare a chiunque che sapete vincere anche senza di me!”.

“Beh capitano…” per tutti rispose Ryota Akiba “Di certo ora non sappiamo come finirà, ma noi ci proveremo anche per te!” concluse stringendo la mano a Miura.

 

Una volta appresa la notizia, i due genitori ebbero due reazioni totalmente agli antipodi: il padre si complimento fieramente con il proprio secondogenito, mentre la madre si mise a piangere come una fontanella pensando al suo “pargoletto” in ritiro tutto da solo. Hidetoshi non salutò nemmeno i suoi tre fratelli, sapeva che non ce n’era davvero bisogno. Il giorno seguente il centrocampista si unì definitivamente alla nazionale giapponese under 20.

 

Il giorno della gara unica dei quarti di finale finalmente giunse. Il torneo scolastico era entrato nettamente nel vivo. L’Hattori tornò ad indossare la sua amata maglia azzurra, mentre l’Istituto Ono di Saitama utilizzava una maglia rossa, come i calzettoni, mentre i pantaloncini erano di un neutro bianco. La fascia da capitano era stretta nel braccio del terzino sinistro Yusuke Hasegawa, membro più anziano degli undici titolari. Mentre a centrocampo giocava la riserva Takashi Wada, fratello minore della punta Takuya. Il calcio d’inizio fu battuto dai rossi.

Al 9’ fu proprio il più giovane dei fratelli Wada a servire il fratello che era scattato in profondità, cioè la sua specialità. In un attimo si era trovato defilato sulla sinistra da solo davanti al portiere. Di prima aveva messo la palla in mezzo, spiazzando completamente l’ultimo difensore, per Atsushi che aveva spinto fiaccamente dentro la più facile delle palle gol. Purtroppo il guardalinee di sinistra aveva ravvisato un fuorigioco da parte dello stesso assist man.

 

Intanto, qualche chilometro più in là dello stato dove si svolgeva la partita, ne stava iniziando un’altra che vedeva fronteggiarsi il Giappone e la Tunisia, con Hidetoshi Miura che, partendo subito da titolare, diventò il più giovane convocato per quanto riguarda la compagine under 20 nipponica.

 

Ora gli azzurri erano pronti a ricevere il contrattacco della terza forza del precedente torneo. Su tutti erano da tenere d’occhio due elementi: la punta Daisuke Yoshida, riconoscibile benissimo dalla lunga hachimaki che aveva legata in fronte, e l’ala destra Jun Hamada, dai capelli castani chiari spettinati. Ma anche l’ala opposta Yokoyama se la cavava bene, come si accorse Akiba al 29’ quando fu ammonito per gioco pericoloso su di lui.

 

Intanto anche Hidetoshi non se la stava passando benissimo. Stava per scoccare la mezz’ora e ancora non era riuscito a toccare palla. Anzi in effetti la palla era riuscita a toccarla, ma con essa aveva falciato anche la gamba di appoggio di un giocatore africano. Il direttore di gara fu clemente ed ammonì soltanto il trequartista, che di certo aveva rischiato parecchio. Il capitano dell’Hattori non era ancora entrato perfettamente nei meccanismi della nazionale.

 

Al 33’ l’Istituto Ono aveva preso completamente il pallino del gioco, e così poté proporre uno dei suoi classici schemi d’attacco. Hamada riuscì ad involarsi sulla destra, saltando facilmente Hasegawa, e mise il pallone in mezzo. Yoshida ormai conosceva alla perfezione lo stile dei cross del compagno di squadra e, in un attimo, fu in aria per incornare di testa.

“Vai è fatta!” disse sicuro di se.

“Col cazzo!”.

 Sfortunatamente non aveva fatto i conti con il suo marcatore, che fisicamente era il doppio di lui. Shunsuke staccò e colpì in direzione del suo compagno di reparto Maeda. Quest’ultimo, senza scomporsi, con un’eleganza da libero di altri tempi, servì la sfera verso la metà campo in direzione di Endo. Il centrocampista, dato che tutta la sua squadra si trovava dietro la linea del pallone, tentò un lungo pallonetto, dato che aveva scorto il portiere leggermente fuori dai pali. Ma la palla fu facile preda del portiere Takada.

 

Nel frattempo, invece, il Giappone aveva di che gioire. L’azione fu quasi identica a quella dell’Istituto Ono. In questo caso però il centravanti fu in grado di anticipare il marcatore e spedire il pallone in fondo alla rete tunisina.

“Chissà come se la stanno cavando i ragazzi...” erano questi i pensieri di Hidetoshi mentre accorreva insieme agli altri a festeggiare il goleador.

 

Intanto Koji Yokoyama perse palla per i rossi e permise a Nishiwaki d’involarsi verso la linea di fondo. Cercando di imitare il più possibile lo stile del numero 7 avversario, calciò in mezzo la sfera. Purtroppo Atsushi deficitava un po’ di centimetri in altezza e, anche saltando, non riuscì nemmeno a sfiorare il pallone. Alle sue spalle però il suo collega di reparto era decisamente in giornata si e colpì la palla in sforbiciata. Ma Takeshi Takada dimostrò ancora una volta le sue ottime doti parando d’istinto, tuffandosi alla sua destra, con i pugni chiusi questo che di certo poteva essere un nuovo gol. I ragazzi in azzurro non avevano la minima intenzione di gettare la spugna.

“Bene fratello!” si complimento il più giovane degli Wada “Dai continuiamo così!” questa volta rivolto anche a Miura.

 

Allo stadio cittadino principale, le compagini nazionali erano andati all’intervallo con il risultato parziale di 1-0. Con Hide che aveva mostrato dei timidi segnali di gioco.

 

Ma anche al secondo stadio si stava esaurendo l’unico minuto di recupero. Mentre Yoshida dimostrativa di sapercela fare anche con i piedi e costrinse Sakai a fermarlo con le cattive. Ovviamente guadagnandosi un cartellino giallo da parte dell’arbitro. Poi arrivò il fischio che preannunciava la fine del primo tempo.

 

Spogliatoio dell’Istituto Ono

“Bene ragazzi il primo tempo non è stato malvagio, ma nel secondo dobbiamo subito segnare perché ci aspettano ben altri avversari, una volta che saremmo passati…dato inoltre che non hanno nemmeno il loro miglior giocatore…” spiegò il mister dei ragazzi in rosso “Tra l’altro non mi aspettavo una partita così da quel numero 11…” riferendosi all’attaccante degli avversari Takuya Wada. Poi si voltò verso uno delle riserve “Yuji! Nel secondo tempo entri te e non devi permettere che quella scheggia tocchi palla, dato che sei il più veloce della nostra squadra!”.

“Si mister!” rispose quasi mettendosi sull’attenti una matricola che però presentava sul suo volto una giovane barba.

“Ma perché poi sei conciato in quella maniera!?” gli domandò l’allenatore.

 

Al rientro in campo, gli azzurri erano ancora molto fiduciosi, dato che lo stesso Takahashi non aveva avuto molto da ridire sul loro modo di giocare durante la prima frazione di gioco.

“Atsushi-kun!”.

Il ragazzo si voltò verso gli spalti da cui proveniva la voce che lo stava chiamando, poi riconobbe la persona.

“Suzuka-chan! Che ci fai qui?”.

“Come cosa ci faccio qui?! Sono venuta a tifare per te!”.

“Cosa?! E i miei compiti di matematica chi li fa?”.

“Scemo! Stai tranquillo li ho già finiti” rispose la ragazzina alla provocazione facendogli la linguaccia.

Il ragazzo dai lunghi capelli rimase per un attimo bloccato a guardarla.

“Dai Atsushi-kun fai un gol per me!” gli urlò Suzuka.

L’attaccante gli fece un mezzo sorriso, poi si voltò per raggiungere il dischetto del centrocampo.

 

“O giochi come sai o ti tolgo!” questo era stato l’ultimatum del commissario tecnico giapponese a Hidetoshi Miura, mentre il resto dei calciatori si apprestava a rientrare nel terreno di gioco.

 

Al 48’ Hasegawa, in possesso di palla, si trovava quasi circondato dagli avversari, con i propri compagni di squadra del tutto fermi. Solo una giocata poteva essere davvero utile: un cambio di gioco verso l’altro terzino Sakai, che così aveva campo libero per avanzare. Una volta effettuata il ragazzo diede subito un’occhiata alle punte. Wada era neutralizzato dalla marcatura asfissiante del nuovo entrato Kaneko. Atsushi invece era già scattato. Il compagno lo servì con un lancio a mezz’aria che stava atterrando preciso sui suoi piedi, in mezzo all’area di rigore. Il difensore centrale Naoki Tomita, però, riuscì a toccare la sfera in scivolata quel tanto che bastava per non farla arrivare al centravanti. Però quella stessa sfera prese uno strano rimbalzò e si dirigeva comunque verso la porta a fil di palo.

“Forza entra!” Fu l’incoraggiamento del più giovane dei fratelli Miura.

Ma purtroppo, anche questa volta, Takada fu reattivo e bloccò il pallone.

“Non ci pensare Atsushi il prossimo entrarà!” fu l’incitamento dagli spalti di Suzuka.

 

Nel mentre Hidetoshi era tornato lui. Una volta liberatosi di due avversari con un dribbling, era riuscito a servire uno dei suoi migliori passaggi filtranti per un’attaccante nipponico. Quest’ultimo aveva evitato anche il portiere e depositato tranquillamente in rete la palla.

Il Giappone under 20 conduceva ora 2-0 sui pari età della Tunisia.

 

Dopo che al 57’ Jun Hamada era riuscito, dopo aver dribblato in rapida successione Takashi Wada, Endo ed Hasegawa, a servire Daisuke Yoshida, con il bomber che, in un attimo, tirò una rasoiata al volo che entrò prepotentemente in rete. L’arbitro annullò tutto per fuorigioco su segnalazione del guardalinee.

Le squadra ormai si equivalevano. Ed il tempo comincia a scarseggiare.

Al 72’, con l’Hattori momentaneamente in 10 perché Jun Endo si era andato a far medicare fuoricampo, Nishiwaki diede la palla indietro a Shunsuke Miura. In un attimo Yoshida, che ancora doveva sbollire completamente la rabbia per il gol, almeno secondo lui, ingiustamente annullatogli qualche minuto prima, rubò a Shun il possesso della sfera con un spallata. Il direttore di gara non fischiò alcun fallo ed il centravanti s’involò indisturbato verso la porta. Hiroshi era totalmente impaurito da questa furia che gli si stava per abbattersi contro.

“Oddio cosa devo fare ora? Uscire? Aspettare?” anche il suo brillante cervello era entrato nel panico.

Intanto, dietro alla due estremità dell’hachimaki che sventolavano al vento, Shun imprecavo contro di lui “Brutto bastardo me la pagherai!” effettuando un disperato tentativo per raggiungerlo. Non ci riuscì.

Yoshida caricò il tiro e scoccò un potente bolide diretto verso la porta dell’Istituto Hattori. Era un tiro che lui stesso aveva chiamato “Fury Shoot” e che già aveva mietuto molte vittime tra i portieri del torneo.

L’estremo difensore occhialuto sapeva però che, anche se si fosse questa volta spezzato i polsi, doveva assolutamente fare qualcosa affinché il pallone non entrasse in rete e si buttò.

In molti degli azzurri, sia tra i giocatori in campo che tra i panchinari, stavano perdendo le loro speranze. I guanti di Miura riuscirono ad arrivare sulla sfera, ma furono piegati dalla sua potenza. Essa proseguì la sua corsa indisturbata verso il gol. Finché non finì a sbattere contro l’esterno del palo ed uscire fuori.

Il portiere girò subito il capo dietro di se per vedere la palla finire la sua corsa contro un cartellone pubblicitario.

“Si!!!!!!!!! Ce l’ho fatta!!!!!!!!!” esultò il giovane quasi con le lacrime agli occhi.

Tutti i compagni accorsero per complimentarsi con lui e prepararsi per il successi corner.

“Bravo Hiroshi così si fa!” si complimentò anche il fratello maggiore dandogli una vigorosa pacca sulle spalle.

“Grazie Shun!”.

“Merda!” Fu l’imprecazione di Daisuke per l’occasione buttata via.

 

Era la sua grande occasione. Calcio di punizione dal limite dell’area sulla sinistra. In pratica l’ideale per un destro magico come il suo. I suoi compagni, tutti naturalmente più grandi di lei, glielo lasciarono battere. L’arbitro fischiò. Mentre iniziava la rincorsa, gli tornarono in mente tutti quei suoi estenuanti auto-allenamenti per migliorare il più possibile questa particolare arte dello sport del calcio. Come negli allenamenti, la barriera fu superata. Il pallone aveva la giusta forza ed il giusto effetto. Il portiere tentò un tuffo disperato. Ma non ci arrivò.

3-0 per il Giappone. E questa volta il merito era tutto di Hidetoshi. Tutti rimasero impressionati da questo gesto balistico.

 

Al 75’ era lotta a centrocampo. Endo aveva tentato di aprire sulla destra verso Nishiwaki, ma il pallone era stato intercettato dal centrocampista dell’Istituto Ono Koji Mori. A sua volta quest’ultimo avevo perso palla a favore di Akiba. Il regista però aveva perso a sua volta un duello in velocità contro lo specialista Hamada. L’ala, senza pensarci due volte, aveva servito in avanti il suo bomber. Nonostante l’ottimo stacco per raggiungere la sfera, la punta fu sovrastata dal nerboruto difensore Shun. Il più grande dei Miura era riuscito ad indirizzare il gioco con la testa verso Hasegawa. Il terzino mancino partì con la sua ennesima sgroppata, arrivando fino al limite dell’area di rigore.

“E ora che faccio?” si domandava mentalmente mentre osservava la situazione.

Takuya Wada era ancora annientato dalla marcatura di Kaneko, mentre Atsushi stava arrivando incontro al compagno. Una volta avuta la palla, il centravanti tascabile riuscì a girarsi, nonostante un difensore alle spalle e ad andare al tiro. Ma anche questa volta fu Tomita ad intercettare la conclusione. Il pallone s’impennò in aria. La sua parabola discendente lo portava dritto sui piedi dello stesso Hasegawa. Il quale, ancora in debito di ossigeno per la volata di poco prima, tentò la soluzione al volo. La sfera finì alta sulle tribune, dove una povera Suzuka si disperava per tutti loro.

 

Il giovane si fece la doccia in un attimo e, con ancora mezzi indumenti da mettersi, uscì in fretta e furia dallo stadio per raggiungerne un altro altrettanto importante.

 

Gli ultimi secondi del secondo tempo. Hasegawa passò il pallone indietro a Maeda. Yoshida si avventò su di lui che però riuscì ad evitare la punta con una finta alquanto rischiosa, provocando anche mezzo infarto al mister Takahashi. Ma il centrale aveva un’unica possibilità, dato che tutti i suoi compagni si erano riversati nelle vicinanze dell’area avversaria: lanciarla in avanti e sperare in bene. E così fece.

In cinque saltarono per colpire la sfera. Ci riuscì Nishiwaki che però mandò il pallone poco sopra la traversa.

I tempi regolamentari erano terminati sul risultato di 0-0.

 

Sugli spalti Suzuka stava quasi per esultare, per quello che di certo poteva rivelarsi come il gol decisivo dell’incontro. Purtroppo fu costretta a ricacciare dentro l’urlo di esultanza e a rassegnarsi ai tempi supplementari.

“Come sono andati Ikeda-chan?”.

La ragazza era ancora presa dal gioco quando sentì questa domanda provenire da dietro le sue spalle.

Si voltò ed esclamò “Hide! Cosa fai qui? È già finita la tua partita? Non ce l’hanno fatta a segnare e sono ancora 0-0”.

Il capitano era tornato ed era pronto a dare una mano alla sua squadra. Dalle tribune però dato che, in pieno accordo con il suo allenatore, aveva deciso di non essere inserito nella lista dei convocati. Il motivo principale, oltre al fatto che non pensava che le due compagini andassero ai supplementari, era che difficilmente avrebbe resistito ad un’altra partita dopo 90’ minuti con la nazionale. In fondo se l’Hattori sarebbe passata avrebbe avuto ancora più bisogno di lui in piena forma fisica.

 

Il mister Takahashi non aveva nulla da dire ai suoi ragazzi, tranne che di resistere e di cercare di giocare il loro gioco ancora per altri 30 minuti.

“Non pensavo potesse essere così dura…uff…” sbuffò Shunsuke grondante di sudore.

“Come ti stanno i polsi Hiroshi?” chiese Atsushi al fratello.

“Tutto bene Atsushi, ce la faccio a proseguire” rispose il diretto interessato.

 

In un attimo gli atleti furono nuovamente in campo, dato che, ovviamente, non avevano raggiunto gli spogliatoi ma si erano radunati tutti attorno alle panchine. Fu nuovamente l’Istituto Ono a battere il calcio d’inizio. Si notò immediatamente che entrambe le compagini erano al limite delle proprie forze. Per 10 minuti fu il nulla più totale.

A 5’ dal termine del primo tempo supplementare però, con i rossi inaspettatamente troppo sbilanciati in avanti, il centrocampo dell’Hattori riconquistò un prezioso pallone ed Akiba servì subito palla in avanti.

Atsushi capì subito che questo poteva essere il suo ultimo scatto e non ci rinunciò. In un attimo il suo marcatore Tomita fu bruciato, ma non demorse e partì al ripiegamento. Le leve nettamente più lunghe rispetto all’avversario gli permisero di raggiungerlo, ma non di superarlo. La sua area era sempre più vicina e dunque decise per tentare un’ultima disperata entrata in scivolata. Falciò in pieno la gamba sinistra del centravanti che cadde rovinosamente al suolo.

L’arbitro si avvicinò al difensore già con la mano nel taschino. Inevitabile cartellino rosso per fallo da ultimo uomo. L’Istituto Hattori aveva la grande occasione di giocare il resto dei supplementari in 11 contro 10, anche se momentaneamente entrambe le squadre erano in 10, dato che Atushi era stato portato fuori campo per rimediare con lo “spray magico” alla sua gamba offesa.

Purtroppo la punizione derivata non ebbe buon esito e di lì a breve terminò la prima frazione di gioco.

 

“Date tutto quello che potete ragazzi, non so cos’altro dirvi…” disse l’allenatore degli azzurri.

 

Nell’ultimo tempo possibile i ragazzi dell’Hattori sapevano che dovevano almeno prova ad avvantaggiarsi dell’uomo in più.

Al 5’ Takuya Wada riuscì, grazie ad una lieve gomitata, a liberarsi finalmente di Kaneko e subito Endo lo servì. Purtroppo la seconda punta fu troppo frettolosa nell’azione e la sua conclusione risultò soltanto un tiro telefonato per Takada.

Al 6’ Atsushi Miura crollò a terra tenendosi stretta la gamba sinistra. In molti si preoccuparono, primo su tutti il capitano Hidetoshi ma ancora di più Suzuka. Fortunatamente si trattava soltanto di crampi ed i massaggiatori azzurri rimediarono alla meglio.

Al 8’ il pallone fu nuovamente per lo sfinito numero 9 che, nel tentativo di un praticamente impossibile nuovo scatto, fu tempestivamente fermato da Hamada, rientrato anch’egli in copertura difensiva.

All’ultimo minuto Watanabe, il difensore centrale entrato al posto del compagno di reparto di Yoshida per sostituire tatticamente l’espulso Tomita, atterrò in malo modo Takashi Wada, il più giovane dell’Hattori assieme ad Atsushi. Ciò che ne venne fuori fu l’inizio di una rissa in campo,  con i calciatori che cominciarono a spintonarsi vistosamente.

“Oh bene ora si che cominciamo a ragionare!” esclamò Shunsuke mentre si scrocchiava le nocche dei pugni.

“FERMI RAGAZZI COSÌ ROVINERETE TUTTO!”

In molti si voltarono nella direzione da cui era provenuto quell’urlo disperato.

“IN QUESTO MODO RISCHIAMO LA SQUALIFICA NON LO CAPITE!? CERCATE INVECE DI RIMANERE CONCENTRATI PER I RIGORI!” così urlò Hide ai suoi compagni.

Quest’ultimi, chiaramente sorpresi, ma non troppo, nel vedere il loro trequartista in tribuna, si fermarono e seguirono il suo consiglio.

Ed in effetti andò così, tutto si sarebbe deciso nella lotteria degli undici metri.

Per il mister Takahashi non fu semplice stillare la lista dei cinque rigoristi dato che, tra l’altro, il loro rigorista migliore, ovviamente Hidetoshi Miura, non era disponibile. Ma alla fine cinque nomi vennero fuori.

I calci di rigore furono effettuati proprio sotto gli spalti dove erano presenti il capitano e la ragazza. A cominciare sarebbe stato proprio l’Istituto Hattori e, a sorpresa, il primo a battere era Shunsuke Miura. Il colosso posizionò violentemente la sfera sul dischetto. Prese la rincorsa e partì all’assalto. Il pallone s’insacco a mezz’altezza alla destra di Takada che si era appena mosso. 1-0 per l’Hattori.

A batter il primo rigore per la Ono andò lo stesso Watanabe, che per il fallo di pochi minuti prima era stato ammonito. La palla entrò anche se Hiroshi aveva intuito la direzione. 1-1.

Al secondo rigore andò Ryota Akiba. Sapeva di avere su di se anche l’appoggio del suo capitano e non poteva sbagliare. Infatti non sbagliò e spiazzò il portiere Takada. 2-1 per l’Hattori.

Per il secondo penalty dei rossi andò l’altro difensore Kaneko. Tutti erano dubbioso vedendolo arrivare tutto dinoccolato. Ma nonostante questo non sbagliò. 2-2.

Anche gli azzurri mandarono un difensore per il loro terzo rigore con il Sakai. Il terzino segnò con brivido toccando la parte interna del palo alla sinistra del portiere. 3-2 per l’Hattori.

Il terzo rigore per l’Ono lo batté Hamada. Il ragazzo rimase impassibile fino all’ultimo quando mise la palla da una parte ed Hiroshi dall’altra. 3-3.

Ora iniziavano i rigori fondamentali. Ora era il momento degli attaccanti. Ed infatti per l’Istituto Hattori si presentò Takuya Wada. Il tiro andò sul guanto di Takada, per poi finire fortunatamente in rete. L’estremo difensore scagliò un pugno di rabbia sul terreno di gioco. 4-3 per un fortunato Hattori.

Per gli avversari si presentò il bomber Yoshida. Aggiustandosi l’hachimaki in fronte guardava con occhi fiammeggianti il povero Hiroshi Miura. “Fury Shoot!!!!!!!!!!!!!!” urlò mentre fece partire un potente rasoterra che s’insacco dove il portiere occhialuto non sarebbe mai potuto arrivare. 4-4 e i probabili rigori decisivi.

“Atsushi…” sospirò Suzuka, quando vide il giovane avvicinarsi con noncuranza al dischetto del rigore. La punta non sembrava minimamente nervoso. L’arbitro fischiò e lui partì. Takada si tuffò. Ma il tiro che venne fuori era un pallonetto che entrò poco sotto la traversa. Con il guardiano dei pali ormai a terra impotente. Tutto lo stadio trattene il fiato con questa esecuzione che portò l’Hattori in vantaggio 5-4. La prima a riprenderlo fu Suzuka che gridò “Sei grande Atsushi-kun!”.

Per l’ultimo rigore obbligatorio dell’Ono si presentò il centrocampista Yamamoto. Se lo sbagliava la sua squadra era eliminata, se lo faceva si andava ad oltranza. Hiroshi fu completamente spiazzato, ed il pallone uscì sfiorando il palo.

I tifosi dell’Istituto Hattori esplosero!

La loro rappresentativa, per la prima volta nella sua storia, era riuscita ad arrivare tra le migliori quattro del torneo.

Atsushi Miura volle subito festeggiare e, arrampicatosi su dei pali, raggiunse le gradinate dove si gettò su Ikeda e la baciò davanti a tutti.

 

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Capitolo 6
*** Semifinale ***


CAPITOLO 6

“Semifinale”

 

 

 

L’entusiasmo per l’accesso alla semifinale si protrasse anche in casa Miura.

“Questa volta però brutto bastardo ci devi essere anche te!” minacciò scherzosamente Shunsuke con il dito rivolto verso Hidetoshi.

“Tranquillo Shun, quella di oggi era solo un’amichevole e d’ora in avanti m’impegnerò esclusivamente per la mia scuola!”.

“Sai chi sono i nostri prossimi avversari?” chiese Hiroshi.

“È l’Istituto Matsuda di Yokohama” rispose il capitano.

“E sono forti?”.

“L’anno scorso sono arrivati secondi”.

“Ah…”.

“Beh tanto prima o poi avremmo dovuti affrontarli…”

Intanto Atsushi era rimasto un po’ in disparte, rispetto agli altri tre fratelli.

“Ehi tappo! Che cazzo hai da essere così triste?” gli domandò alla sua maniera il fratello più grande.

Il più piccolo si ridestò dai suoi pensieri e gli rispose “Ah no scusa ho la gamba che mi fa ancora un po’ male…”.

“Sperò che per la prossima partita tu sia a posto Atsushi!” disse Hide.

“Ma si capitano tranquillo! Per la semifinale sia il nano che Hiroshi saranno in perfetta forma!” sentenziò il robusto difensore centrale.

I reali pensieri di Atsushi Miura non erano per la sua gamba lievemente infortunata , ma piuttosto per una persona che era stato con lui fin da quando aveva memoria.

 

Istituto Hattori

“Ciao Atsushi-kun! Come sta la tua gamba? Ti fa ancora male?” fu il saluto che Suzuka diede al ragazzo appena lo vide.

“Si tutto bene tranquilla, anzi scusami per…beh insomma per…” cominciò a tentennare il capellone.

“Per il bacio?”.

“Si esatto!”.

“Figurati…era la gioia del momento…”.

Tra i due piombò un silenzioso imbarazzo.

“Senti…” alla fine io giovane si decise a rompere il silenzio “Hai impegni per domenica?”.

“Dunque domenica…no penso di no…ma aspetta domenica hai la partita Atsushi-kun?!”.

“Si lo so…ma il fatto è che ho avuto questi due biglietti omaggio per il nuovo luna park che è arrivato in città…”

“Ma sei scemo Atsushi-kun! Hai la partita ed è la semifinale! Come puoi solo pensare di…”

“Ma io lo faccio perché voglio stare da solo con te!” urlò tutto d’un fiato il ragazzo.

La ragazza rimase immobile con gli occhi spalancati dalla sorpresa.

“…E i biglietti sono validi solo per questa domenica” concluse lui.

Lei lo guardò per un po’ e poi sorrise “Va bene Atsushi-kun!”.

 

Il giorno della partita tutti gli azzurri erano pronti per la grande sfida contro i rivali, provenienti dalla prefettura di Kanagawa. Questi per l’occasione, dato che anche i loro colori sociali erano blu e bianco, come l’Istituto Miyamoto, si erano presentati con la seconda maglia bianca. In effetti però non tutti gli azzurri erano presenti.

“Dov’è cavolo è andato quello stupido!” gridò mister Takahashi, volendo ancora più nervoso dei suoi giocatori.

Il capitano rientrò nello spogliatoio “Ho chiamato a casa e non è lì”.

“Ma a voi non vi ha detto niente?” proseguì la persona più grande lì dentro, rivolgendosi ai tre fratelli Miura presenti.

“Ci ha solo detto di avviarci…che ci avrebbe raggiunto…” rispose timidamente Hiroshi.

L’allenatore rimase un attimo in contemplazione. “Yusuke sarai te l’attaccante titolare insieme a Takuya!” decise infine.

“Quella mezza sega è un uomo morto!” esclamò a denti stretti e con il pugno chiuso levato Shunsuke.

 

“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” urlò la ragazza mentre dei mostri le si avvicinavano minacciosamente.

Poi si voltò verso il compagno che sedeva nel seggiolino accanto al suo “Che hai Atsushi-kun? Non ti spaventa questa casa dell’orrore? Stai pensando alla partita?”.

“Ah no scusami Suzuka-chan…è solo che mi sembra più spaventoso quella che fa la nostra classe durante il festival scolastico…” rispose Atsushi.

“Beh forse ti ci vuole qualcosa di più divertente…” ipotizzò la ragazza.

 

Intanto già al 5’ l’Istituto Matsuda si era reso pericoloso. Il terzino destro Kazuki Kato, nonostante la sua bassa statura, era riuscito ad indirizzare di testa verso il centravanti Tetsuya Yanagisawa. La punta era riuscito a saltare sia Shunsuke Miura che Kenji Maeda. Ma Hiroshi era riuscito a bloccare il tiro scagliatogli contro.

Nella ripresa del gioco, il più grande dei fratelli Miura aveva notato una brutta cicatrice nella guancia sinistra dello stesso Yanagisawa.

“Beh sarà un mezzo teppista come me!” aveva pensato con un ghigno malefico che gli si dipingeva sul volto.

Nel proseguo dell’azione, il capitano Miura si era trovato in posizione di ala destra. Liberandosi di un avversario era riuscito ad andare al cross. Wada era riuscito ad anticipare tutti, colpendo il pallone in sforbiciata. Il portiere avversario Osamu Watanabe, che presentava una particolare pettinatura afro, rispose perfettamente respingendo la sfera con i pugni chiusi. Questa rotolo sulla sinistra dove era accorso Hasegawa, in proiezione offensiva. Il terzino finto di effettuare un contro cross servendo invece vicino a se Jun Endo. Il centrocampista si porta avanti il pallone con il destro, prese la mira e scoccò il tiro. La rasoiata finì abbondantemente fuori.

 

“e questo per te sarebbe più divertente!?” protestò Atsushi, che nel mentre andava su e giù in groppa ad un bianco destriero.

“Ma dai Atsushi-kun la giostra dei cavalli andava assolutamente fatta!” gli rispose più radiante che mai la bella Suzuka, che era situata nell’equino di legno accanto al suo.

“Beh se non altro così riesco a vedere le tue tette che sobbalzano…” disse il giovane mentre con gli occhi seguiva minuziosamente i suoi obbiettivi.

“Pervertito!” gli gridò contro la moretta, mentre si copriva il seno con le mani “Piuttosto sapientone perché la prossima attrazione non la scegli te!”.

“Ok…allora che ne pensi di quello!” propose indicando le alte montagne russe che si intravedevano fra gli alberi mentre la loro giostra era ancora in moto.

 

All’ 11’ Endo aveva cambiato gioco verso l’altra fascia per Sakai. Il terzino, nonostante l’immobilità dei suo compagni di squadra aveva calciato in avanti il pallone.

Akiba era riuscito ad agganciare la sfera ma, una volta messa giù, aveva subito notato che, grazie alla loro tattica 3-4-3, gli avversari non lasciavano alcun spazio di manovra nella zona centrale del campo. Alla fine il mediano tentò un tiraccio di frustrazione che Watanabe bloccò tranquillamente. L’Istituto Hattori cominciava a comprendere cosa volesse dire giocare una semifinale di un torneo nazionale.

L’estremo difensore fece ripartire subito l’azione servendo Kato sulla destra. Il terzino aveva servito in avanti verso un altro piccoletto, l’ala destra Takashi Kimura. Quest’ultimo, per evitare l’anticipo tentato da Hasegawa, aveva dato di prima all’abbronzato centrocampista Kota Harada. La sua specialità era servire i propri compagni sempre al momento giusto. Ed infatti passò la palla in avanti, superando con il passaggio alto anche Shunsuke, e servendo Yanagisawa tutto solo davanti ad Hiroshi. L’attaccante purtroppo si allungò male il pallone, defilandosi, per questo il suo tiro fu respinto dall’estremo difensore in calcio d’angolo.

L’Hattori stava giocando la sua peggior partita, offrendo una prestazione davvero confusionaria del suo gioco. Il mister Takahashi stava assistendo impotente all’esclusione dal gioco del suo capitano e delle sue due punte.

Al 24’ Endo era riuscito a servire Takuya Wada, defilatosi sulla sinistra. Il numero 11, rientrando con la palla sul destro aveva messo in mezzo. Purtroppo Nishiwaki, a cui era indirizzato il cross, fu anticipato di testa da Harada. Il pallone però stava terminando la sua parabola nuovamente verso Jun Endo. Il centrocampista riuscì a colpirlo di contro balzo ma la conclusione finì anch’essa alta. Ed il suo rammarico per le occasioni sprecate crebbe.

La partita stava proseguendo stancamente verso l’intervallo.

Al 33’ ci fu l’ultima occasione per gli azzurri.

Kato riuscì ad anticipare in scivolata Wada. Il pallone andò nuovamente tra i piedi di Endo. Il giovane, come a volerlo rifiutare, lo calciò subito di prima verso Sakai. Il terzino destro lo diede centralmente in direzione di Maeda, che per l’occasione si trovava in una posizione da regista di centrocampo. Anche il centrale, notando le marcature perfette degli avversari, tentò la fortuna dalla grande distanza, notando anche il portiere leggermente fuori dai pali. Ma la palla finì la sua corsa poco sopra la traversa.

Quest’ultima conclusione sembrò quasi una resa da parte dell’Istituto Hattori, che non vedeva l’ora di rientrate negli spogliatoi.

 

“Questo si che è interessante!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” esclamò Atsushi mentre il treno delle montagne russe si apprestava a scendere in picchiata verso il basso.

“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” fu nuovamente l’urlo da parte di Suzuka Ikeda.

“WWWWWWWWWWOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” gridava il giovane con la ragazzina attaccata con una stretta di ferro al suo braccio.

“Ma perché mi sono lasciata convincere!” si disperò lei.

 

Nello spogliatoio dell’Hattori tutti i presenti erano silenziosi ed alquanto demoralizzati.

Takahashi fu informato che ancora non c’erano novità riguardo il suo calciatore disperso, il quale aveva spento perfino il cellulare. Squadrò nuovamente i suoi giocatori e si decise infine a parlare.

“Bene ragazzi! Certo andare a riposo sullo 0-0 contro l’Istituto Matsuda è già una grande conquista certo. Già solo il fatto di esserci presentati qua per la nostra scuola è il migliore risultato di sempre, per quanto riguarda il club di calcio se non altro. Ma io penso che, se già siamo entrati nella storia, perché non restarci con un grande risultato! Insomma fino a poco tempo fa rischiavamo addirittura di non parteciparci nemmeno a questo torneo! Ora abbiamo l’occasione che a molto giovani calciatori nemmeno capiterà mai!” e fece un attimo di silenzio, notando l’interesse riaccendersi negli occhi dei suoi uomini “Nel primo tempo ci hanno annientati, viene siete accorti no? Bene nel secondo tempo dobbiamo tornare a giocare come sappiamo! In fondo non abbiamo nulla da perdere anzi abbiamo molto da guadagnarci! Se loro vi marcano stretti voi cercate di stare sempre in movimento, non dategli alcun punto di riferimento, fate come quello stronzo di Atsushi!”. E su quest’ultime parole i giovani scoppiarono a ridere, chi più chi meno.

”Si ricomincia” informò un accompagnatore.

“Bene gente è la nostra grande occasione, cerchiamo di onorarla al meglio delle nostre possibilità!” concluse l’allenatore.

 

Già al nuovo calcio d’inizio, battuto stavolta dagli azzurri, s’intuiva che le cose erano decisamente cambiate rispetto al primo tempo.

Al 49’ Kenichi Sakai aveva allargato il gioco sulla destra verso il capitano Hide, ormai sempre più convinto che gli spazi se li doveva creare sulle fasce. Poi arrivò finalmente la grande giocata. Un doppio passo che sbilanciò completamente il suo marcatore e gli permise di avanzare lateralmente. Era il momento per il cross che il ragazzo rapidamente eseguì. Ma Harada riuscì a spazzare via al volo alla bene e meglio. Poi arrivò il fischio dell’arbitro.

Tutti e 22 i giocatori in campo rivolsero il proprio sguardo verso il direttore di gara, che prontamente indicò il dischetto del rigore.

I ragazzi dell’Istituto Hattori esultarono come se già l’avessero realizzato quel penalty, mentre quelli dell’Istituto Matsuda circondarono l’uomo in nero per avere dei chiarimenti sul suo giudizio. Ma quest’ultimo fu irrevocabile, aveva infatti visto un fallo di Masuda, altro centrocampista dei blu, ai danni di Nishiwaki. Tutti a questo punto si aspettavano Hidetoshi Miura come incaricato del tiro. Però il giovane, già con il pallone tra le mani, si avvicinò invece a Yusuke Sasaki.

“Batti te?”.

“Cosa?”.

“Batti te!”.

“Cosa?! Ma perché io capitano?”.

“Perché questo è il tuo momento Yusuke!”.

E detto questo gli consegnò la palla tra le mani.

La punta di riserva stava ancora fissando la sfera di cuoio, quando l’arbitro lo esortò a stringere i tempi di preparazione. Alla fine il neo titolare si decise e la posizionò sopra il segnale circolare fatto con il gesso sull’erba. Lo stesso Takahashi in panchina era rimasto alquanto stupido dalla scelta del suo capitano. Sasaki attese il fischio di ripresa del gioco per iniziare la sua ricorsa, concludendola poco dopo con il tiro. Watanabe indovinò l’angolo giusto, ma riuscì appena a sfiorare il pallone con la punta della dita.

L’Hattori era incredibilmente passato in vantaggio 1-0. Tutta la panchina esplose appena videro la sfera insaccarsi. Anche lo stesso Hiroshi si fece trasportare dalla gioia.

“Forza ragazzi ora questo vantaggio bisogna difenderlo con le unghie e con i denti!” urlò Hidetoshi ai suoi compagni mentre ancora stavano festeggiando.

 

Intanto, dall’alto della ruota panoramica, anche Atsushi sentì in lontananza il boato dello stadio. Ovviamente però non poteva intuire per cosa fosse rivolto.

“Uau! Atsushi-kun vieni a vedere quanto siamo in alto!” gli disse la ragazza che lo accompagnava, mentre guardava in basso dal vetro della cabina e, allo stesso tempo, cercava l’altro alla cieca con una mano.

“Ah…senti Suzuka-chan…” tentò d’iniziare lui.

Lei si volto preoccupata.

“Senti…è vero che il prossimo mese ti trasferirai a Kyoto?”.

Il suo viso si rabbuiò “Si è vero”.

“E pensi che ti mancherà qualcosa di qua?” gli chiese visibilmente imbarazzato il ragazzo.

“Te che ne dici…” gli rispose sibillina la moretta mentre andò a stringergli le mani con le sue.

Poi finalmente i due si baciarono.

 

Nel mentre l’Hattori resisteva all’assalto furibondo del Matsuda. Per qualche minuti anche in inferiorità numerica, dato che Akiba era uscito momentaneamente dal campo per un dolore alla gamba.

Al 64’ Sakai mise il pallone in calcio d’angolo, con una provvidenziale scivolata su Yanagisawa. A battere il corner andò l’ala sinistra Takahiro Saito, con i suoi capelli scuri con qualche ciuffo biondo. La parabola del calcio d’angolo discese precisa sulla testa di Masahiro Ueno, collega d’attacco di Tetsuya Yanagisawa. Il ragazzo però non tentò la conclusione ma fece sponda per un suo compagno, rimasto tutto solo in mezzo all’area dell’Hattori. Si trattava del “nanetto terribile” Kazuki Kato che, forse non pensando di trovare sui suoi piedi un’occasione così facile, colpì il pallone con il corpo troppo all’indietro e mandò la sfera a schiantarsi contro la traversa.

Cinque minuti dopo, i blu erano nuovamente all’attacco. Harada aveva fornito un altro splendido assist a Yanagisawa. Su di lui si era arrangiato con notevole furbizia Maeda, che l’arbitro grazia. Nonostante questo al Matsuda era stata appena fischiata una punizione da posizione davvero invitante. A batterla si presentò lo specialista Kota Harada. Hiroshi sistemò come gli era stato insegnato la barriera dirigendoli dal palo. Dopo il fischio dell’arbitro il tiro partì.

Hidetoshi aveva studiato approfonditamente il modo di calciare le punizioni da parte del centrocampista dei blu. Egli cercava sempre la parabola migliore, imprimendo molto effetto alla palla. Per questo cercò di saltare più in alto possibile, tentando di sfiorare appena con la fronte la sfera. Ci riuscì. Ed il pallone, smorzato in maniera evidente dal capitano degli azzurri, finì docilmente tra le mani del suo fratello quasi coetaneo.

Quegli ultimi 10 minuti non passavano mai. Tutti e undici gli azzurri erano rintanati nella propria frazione di campo per respingere qualsiasi attacco avversario, nell’attesa di un triplice fischio che sembrava non arrivare mai.

All’80 Yanagisawa tentò l’ultimo scatto sull’ennesimo assist di Harada. La difesa azzurra si era fatta trovare colpevolmente scoperta. Shunsuke Miura non sarebbe mai riuscito a riprendere il centravanti del Matsuda, le uniche speranze erano riposte su Maeda. Il numero 6 partì alla rincorsa e, in un attimo, gli fu alle spalle. Allo stesso tempo però i due erano anche entrati in area di rigore. Il difensore si buttò sperando solamente nella buona riuscita del suo tackle. Il piede sinistro toccò la palla piena che terminò in fallo laterale. Successivamente ci fu anche un contatto tra le tue gambe e la punta volò a terra, ma questo non contava. L’unica cosa che contò davvero fu i fischi dell’arbitro che decretavano la fine dell’incontro.

L’Hattori era nella storia.

 

“Grazie per essere venuti! Vi aspettiamo nuovamente al NOAH PARK!” disse la signorina dal vestito succinto alla coppia di ragazzi, dandogli anche un depliant pubblicitario in omaggio.

“È stata davvero una giornata stupenda eh?” esclamò Suzuka puntando i suoi occhioni sul giovane alla sua destra.

“Mmh…” mugugnò lui, con le mani incrociate dietro la testa.

“Che cos’hai Atsushi-kun? Sei preoccupato per la partita?”.

“No sono preoccupato di noi due…saremo così distanti d’ora in poi…”.

“Che scemo! E secondo te a cosa servono i cellulari?!” gli sorrise lei, rasserenando un po’ anche lo stesso capellone.

Arrivati davanti a casa Ikeda, i due si salutarono nuovamente con un nuovo bacio e Atsushi si diresse sconsolato verso la sua abitazione.

Una volta giunto alla soglia del cancello, alzando il capo notò subito la luce accesa del salotto. Sapeva cosa gli sarebbe toccato quella sera, dunque emise un forte sospiro ed entrò.

 

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Capitolo 7
*** Finale ***


CAPITOLO 7

“Finale”

 

 

 

“Mi dispiace Atsushi ma io sono un uomo d’onore e ho dato la mia parola che ti ucciderò!” minacciò furente Shunsuke.

“Ora basta Shun! Atsushi si può sapere dove sei stato per tutto questo tempo, non presentandoti nemmeno alla partita?” domandò Hidetoshi, innervosito anche lui.

Il più giovane dei fratelli Miura, che da più di mezz’ora non aveva avuto alcuna possibilità di proferire parola, attese ancora qualche secondo, per constatare se tutti in casa riuscivano a mantere il silenzio.

“Ero con Suzuka…”.

“Oh perfetto! Noi ci rompevamo il culo in campo mentre la mezza sega stava scopando beatamente!”

“Stai zitto Shun! Perché eri con Suzuka Atsushi?”.

“Perché tra poco lei si dovrà trasferire con i suoi e allora per me era l’ultima occasione per starle vicino, anche se non nel modo che qualche rozzo animale qui presente ha in mente…” rispose l’interessato, lanciando infine una frecciatina verso il più grande dei fratelli.

“Cosa? Suzuka se ne va?” s’intromise Hiroshi “E dove andrà? Come mai a noi non ha detto nulla?”.

Al termine della serata, finalmente Atsushi riuscì a spiegare la sua scelta ai suoi fratelli i quali, alla fine, perdonarono il suo abbandono temporaneo della squadra.

 

Istituto Hattori

“Beh se le cose stanno così…” iniziò a dichiarare la sua decisione il mister Takahashi, una volta ascoltata, insieme a tutti i suoi ragazzi, la storia del suo centravanti “Comprendo benissimo che voi dobbiate vivere appieno la vostra giovinezza…”.

Poi l’allenatore si zittì.

“E dunque?” chiese l’attaccante interessato, con tutti i suoi compagni che trattenevano il respiro.

“Va bene puoi rientrare in squadra! Ma in finale ti voglio vedere giocare da vero fuoriclasse, anche per la partita che hai saltato!”.

“Ok mister!”esclamò il giovane, tornato finalmente a sorridere.

 

“Che dire tappo…ti è andata anche troppo bene!” ironizzò Shunsuke dando una poderosa pacca sulla spalla al suo fratellino Atsushi.

”Ahi! Beh alla fine me ne importava il giusto della sua decisione…” sentenziò il capellone, mentre si massaggiava la spalla offesa.

“In effetti anch’io non ero certo della decisione che avrebbe preso il mister…” rivelò il capitano, finalmente rilassato.

“Finalmente in quest’ultima partita potremmo di nuovo giocare tutti assieme!” suggerì il portiere occhialuto.

Mentre proseguivano nei loro discorsi, i quattro si apprestavano a rientrare nella scuola per recuperare le loro cose e ritornare finalmente a casa.

“Scusate, voi siete i fratelli Miura?”.

Questo quesito proveniente dalle loro spalle sorprese tutti e quattro i ragazzi che si voltarono quasi all’unisono. Davanti a loro avevano una donna di mezz’età con dei capelli talmente rossi e talmente ricci da sembrare una parrucca, occhiali da vista con le lenti a forma di rombo ed un neo sulla guancia sinistra.

“Si…e lei chi sarebbe?” chiese a sua volta Hidetoshi.

“Ora che vuole questa qua…” sospirò infastidito Atsushi

“Secondo me è la nuova bidella?” ipotizzò Shunsuke.

“Ma perché? doveva arrivare una nuova bidella?” domandò sorpreso Hiroshi.

“Ma quale nuova bidella! Sono la nuova insegnante di giapponese di questo istituto. Mi chiamo Orie Munakata, 35 anni, e non appena giunta qui mi sono fatta stillare un elenco di tutti gli studenti, classificati secondo la media degli ultimi voti riguardanti la mia materia. Ed indovinate chi sono risultati agli ultimi posti della lista…” concluse con un ghigno satanico dipinto sul volto.

“Ma com’è possibile Hiroshi! Te che vai male ad una materia scolastica!” proruppe incredulo Hidetoshi.

“Beh sai ultimamente con l’infortunio ed il calcio…” cercò una scusante l’interessato.

“E poi le lezioni del vecchio professore erano troppo pallose…” informò la nuova arrivata Atsushi.

“A me il giapponese serve solo per segnare il nome delle mie vittime! Forza andiamo ragazzi non perdiamo tempo con questa vecchia…” concluse il più grande del quartetto, mentre abbrancava gli altri tre ripartendo con la camminata.

“FERMI LÌ DOVE SIETE!”.

Anche lo stesso energumeno si bloccò a quest’ordine urlato.

“Se non sbaglio voi quattro fate parte del club di calcio giusto?”.

I quattro si voltarono senza dare alcuna risposto.

“Molto bene! Dunque vi comunico che, se non recupererete almeno la sufficienza nella mia materia, non potrete disputare la finale di sabato!”.

 

Casa Miura

“Fanculo ci mancava solo quella vecchia troia!” imprecò Shunsuke tirando un poderoso pugno verso la parete di camera.

“Calmati Shun così farai venire giù tutta la casa!” esclamò Hidetoshi che poi si voltò verso un altro suo fratello “Senti Hiroshi, non potresti darci una mano, te che sei il più studioso di noi quattro, a studiare in vista di questo test di recupero?”.

“Si…certo…posso provare…” rispose titubante il ragazzo con gli occhiali.

“Io so chi ci potrebbe davvero aiutare in questo caso…” intervenne Atsushi, sdraiato comodamente sul suo letto.

“Chi?” domandò il capitano.

“Suzuka potrebbe aiutarci” rivelò il più giovane del quartetto.

“Si certo così, mentre noi tre studiamo, tu te la scopi!” ironizzò maligno il più grande del quartetto.

“Che cazzo dici stronzo!” urlò il capellone tirandosi in un attimo su.

“Ok fermi tutti! Te, Atsushi, chiama Suzuka a casa e te, Shunsuke, sarà meglio se t’impegni nello studiare piuttosto che nel dire cazzate!”

 

Dopo pochi minuti, Ikeda giunse a casa loro con tutto l’armamentario dell’occasione.

“Bene ragazzi! Atsushi-kun mi ha spiegato tutta la situazione, dunque preparatevi per queste intensive giornate di studio con la straordinaria Suzuka sensei!” esclamò la ragazza facendo l’occhiolino, presentando inoltre sulla fronte una hachimaki con su scritto “Ganbare Miura Brothers!”

Per qualche secondo, sull’intera stanza cadde un silenzio raggelante.

“Io gente esco! Impegnatevi anche per me allora!” salutò tutti Shunsuke mentre stava aprendo la porta di camera.

Poi un colpo violentissimo si schiantò contro il suo collo muscoloso. Il gigante, dove aver per un attimo barcollato, si girò infuriato trovando davanti a sé la stessa Suzuka con in mano un enorme ventaglio. Per un momento rimase basito esclamando “Ma che caz…”

“Per questi pochi giorni a nostra disposizione dovrete impegnarvi tutti al massimo! Sono stata chiara?! Non dimenticate che non lo fate soltanto per voi, ma lo fate soprattutto per la vostra squadra!” sentenziò senza alcun diritto di replica la moretta.

I quattro dunque cominciarono ad impegnarsi in quella che sembrava di certo la loro sfida più difficile. Furono anche costretti ad indossare a loro volta delle fasce sulla fronte su cui vi era scritto “benkyo”, ossia studio.

“Atsushi-kun stai di nuovo dormendo!” e nuovamente l’implacabile ventaglio si abbatté sulla testa piena di capelli del giovane.

“Ahia! Così mi fai male Suzuka-chan!”

“Ma è possibile che più di 5 secondi non riesci a stare sveglio!”.

“Scusami Suzuka…io avrei finito…” s’intromise timidamente Hiroshi.

“Oh bene Hiroshi-kun fammi vedere...” e la novella istruttrice controllò il quaderno che gli era appena stato consegnato “Oh mio dio Hiroshi-kun ma è tutto perfetto! Ma com’è possibile che tu abbia avuto un’insufficienza?”.

“Beh più che altro ho sofferto la stanchezza dovuta agli allenamenti…” spiegò il ragazzo, passandosi nervosamente una mano dietro il capo.

“Meglio così allora, con uno ho già risolto! E te Hidetoshi-kun come va?”.

L’interpellato non rispose immediatamente alla domanda della ragazzo dato che era totalmente concentrato sui compiti. Poi alzò il suo sguardo verso di lei “Io Suzuka-chan…” ed infine scoppiò in un pianto a dirotto “Non ci capisco nulla! Ma è possibile che per dare calci ad un pallone devo imparare tutte queste! Dovrò rinunciare alla mia fascia di capitano, alla finale…ed anche alla mia stessa vita…”.

“Oh andiamo Hidetoshi-kun non sarà poi così impossibile su…” cerco di rincuorarlo mentre gli si avvicinava per controllare meglio.

Nell’occasione controllo anche l’operato del fratello più grande, che aveva quasi da subito rinunciato chiudendo addirittura il libro. I due si scrutarono a vicenda.

“Dopo ce n’è anche per te Shunsuke-kun…” gli disse con uno sguardo omicida.

Il giovane robusto spalancò gli occhi, tremando quasi dalla paura.

 

I giorni di studio intensivo, nonostante tutto, passarono e giunse infine il giorno del test di recupero.

Per l’occasione i quattro fratelli si riunirono tutti in un'unica classe.

“Bene signori Miura, sono felice di vederti tutti e quattro presenti quest’oggi…” li accolse malignamente la professoressa Munakata “Finalmente sapremo quanto tenete al vostro club, dato che di certo non lo fate perché apprezzate la mia materia” concluse dando ad ognuno di loro il foglio con su scritto le domande dell’esame.

“Bene…potete cominciare!”.

Il test aveva la durata massima di tre ore. Tre ore che sembravano interminabili per la povera Suzuka Ikeda, che li attendeva impaziente fuori dalla classe.

Finalmente, al termine del tempo disponibile, i quattro uscirono dalla stanza ma nessuno volle rispondere alla domanda della ragazza “Allora com’è andata?”.

Il giorno dopo non solo lei ma anche l’intera squadra, compreso anche l’allenatore Takahashi, era in attesa del responso da parte della stessa insegnante. Quest’ultima, circondata letteralmente circondata da tutta questa gente, alcuni non certo con in mente le migliori intenzioni del mondo, sospirò sconsolata e parlò “Ce l’hanno fatta tutti e quattro, per questa volta…”.

 

Ed arrivò finalmente il giorno della finale. Da una parte, con maglia e calzettoni azzurri e calzoncini bianchi, l’Istituto Hattori, una delle scuole meno rinomate della capitale Tokyo. Dall’altra, in completo granata, l’Istituto Akita, campioni in carica del torneo provenienti da Kashima, nella prefettura di Ibaraki.

Le formazioni erano le seguenti:

 

                                   1 Hiroshi Miura                                  1 Tetsuya Maki

                                   2 Kenichi Sakai                                  2 Yuki Asano

                                   3 Yusuke Hasegawa                          3 Isao Ohkubo

                                   4 Jun Endo                                         4 Masahiro Takada

                                   5 Shunsuke Miura                              5 Akira Ono

                                   6 Kenji Maeda                                   6 Satoshi Yoshida

                                   7 Yohei Nishiwaki                             7 Takuya Kobayashi

                                   8 Ryota Akiba                                               8 Yasuhiro Yanagisawa

                                   9 Atsushi Miura                                 9 Shinya Imai

                                   10 Hidetoshi Miura                            10 Hiroki Takahashi

                                   11 Takuya Wada                                11 Kenji Matsushita

 

I ragazzi di mister Takahashi sapevano che avevano davanti la migliore squadra di tutta la nazione. Già dal riscaldamento si notava del nervosismo tra loro. Nonostante che in questo match era tornati ad avere tutti e quattro i fratelli Miura in campo. Chi temevano di più era il loro numero 10, il fuoriclasse, Hiroki Takahashi. A completare le difficoltà c’era il fatto anche che si trattava del figlio del loro allenatore, con il quale però non sembrava esserci un buon rapporto. Il calcio d’inizio fu affidato ai campioni.

Ad appena 5 minuti dall’inizio l’Hattori era costretta tutta sulla difensiva a causa del pressing asfissiante dell’Akita. Sakai si ritrovò il pallone sulla destra.

“Kenichi dammela qui!” gli ordinò Hide, che gli andava incontro privo di marcature.

Il terzino gli passò la sfera, ma in un attimo il trequartista degli azzurri fu anticipato dal suo collega granata, riconoscibile dai capelli biondi tirati su con il gel. Il primo scontro fra i due capitani si concluse con Miura costretto ad atterrare da dietro Takahashi. L’arbitro fischiò l’inevitabile punizione ma decise di graziare il colpevole del fallo.

La posizione era delle migliori e tutti sapevano chi sarebbe andato a calciare. Il biondo posizionò per bene la palla, fece qualche passo indietro ed attese il fischio del direttore di gara. La parabola fu delle migliore, proprio come le calciava anche Hidetoshi Miura, e si andò ad insaccare nel sette alla destra di Hiroshi, che non tentò nemmeno l’intervento in tuffo.

La partita era subito iniziata in salita per l’Istituto Hattori che si trovava immediatamente sotto 1-0.

Nell’esultanza, Takahashi si era pure tolto la maglia e, al termine dei festeggiamenti, non aveva potuto far altro che ammonire il giocatore, come da regolamento. Nel rivestirsi, il capitano squadrò con uno sguardo maligno il suo collega. La loro sfida era appena iniziata.

Al 15’ il portiere che aveva subito il gol si apprestava a rimettere il pallone in gioco da fondocampo. La palla superò il centrocampo e riuscì ad arrivare sui piedi di Wada che la stoppò. Su di lui però rinvenne subito il difensore Ono che gliela rubò in scivolata.  L’arbitro però considerò troppo eccessivo l’intervento e sanzionò un nuovo calcio di punizione. La posizione non era la sua preferita ma Hide si presentò sul pallone insieme al fratello Atsushi. Ci voleva comunque provare.

Al fischio dell’arbitro partì con la sua ricorsa e, una volta che fu sulla sfera, la saltò. Dietro di lui partì anche il suo attaccante che calciò. Purtroppo la conclusione finì di poco alta sopra la traversa.

“Merda!!” imprecò il numero 9.

“Non ti preoccupare Atsushi, la partita è ancora lunga” lo spronò il numero 10.

Al 22’ Endo cambiò intelligentemente il gioco verso l’altra fascia, dove si era decentrato Wada. In un attimo però a seconda punta fu atterrata dal terzino sinistro Ohkubo. Il direttore di gara fischiò una nuova punizione. A questo punto, l’ala destra Kobayashi si avvicinò minaccioso verso di lui.

“Arbitro ma lasciaci giocare almeno un po’! qualsiasi cosa succede tu fischi!” fu la protesta verbale del calciatore.

“lei pensi a giocare che ad arbitrare ci penso io!” fu la secca risposta del signor Takashi Noguchi, tra l’altro il migliore esponente per i tornei giovanili.

Alla mezz’ora fu Hidetoshi, decentratosi sulla destra, a vedersela contro Isao Okhubo. Il giocatore dell’Akita riuscì ad anticipare di testa il capitano dell’Hattori. Il giovane fissò con gli occhi sgranati l’uomo vestito di nero, sperando che non gli fosse fischiato di essersi appoggiato sulle spalle dell’avversario. L’arbitro invece optò per il calcio d’angolo. A battere il corner si apprestò Nishiwaki, che in cuor suo sapeva che era giunto il momento di provarla.

Il numero 7 controllò il movimento dei suoi compagni in area e poi calciò in mezzo. La sfera arrivò molto alta in mezzo all’area. Poi su tutti si elevò una figura. Questa indossava la maglia azzurra numero 9. Atsushi c’era finalmente riuscito. Realizzò una rovesciata a due piedi in aria. Il portiere Maki non si mosse nemmeno. Con i piedi ben piantati sulla linea di porta, Yuki Asano riuscì a colpire il pallone di testa indirizzandolo in fallo laterale.

L’urlo di esultanza era morto in gola a molti tifosi seduti sulle tribune, tra cui la povera Suzuka, ancora non del tutto ripresasi dal suo personale “allenamento” a casa Miura.

“Cosa pensi di essere al circo?” domandò il numero 2 avversario al più giovane dei quattro fratelli, mentre recuperava da terra l’elastico per capelli con cui si rifece il suo personale codino.

“Bastardo!” disse sottovoce il centravanti tascabile.

Quest’ultima azione però aveva dato all’Istituto Hattori nuova linfa vitale. I ragazzi divennero consapevoli di poter raggiungere il pareggio contro l’Istituto Akita.

Al 36’ Takuya Wada trovò spazio sulla sinistra, evitando proprio lo stesso Asano. Una volta raggiunto il fondo la mise in mezzo, consapevole di poterla affidare in buone mani. Atsushi questa volta evitò acrobazie quasi impossibili e, effettuando una finta di corpo per liberarsi della marcatura di Yoshida, andò a colpire il pallone in tuffo di testa.

“Questa volta è fatta!” pensò raggiante il giovane, ancora in volo.

Ma con un riflesso felino il portiere abbrancò e fece sua la sfera.

“È davvero il migliore!” pensò Hidetoshi mentre osservava l’estremo difensore che si aggiustava il cappellino in testa, pronto a rinviare il pallone.

Il primo tempo era agli sgoccioli ma tutti allo Stadio Nazionale di Tokyo, impianto dove si svolgeva lo scontro, sapevano che la partita non era certo finita.

Al 38’ Hasegawa raggiungeva facilmente molto prima del suo avversario un passaggio troppo lungo e la dava indietro al portiere. Hiroshi fermo con il piede la sfera e subito alzò lo sguardo per vedere, attraverso le lenti dei suoi occhiali da gara, le posizioni dei suoi compagni. Notò subito a chi darla.

“Vai capitano!” gridò mentre lanciava lungo verso suo fratello Hidetoshi.

Tutti i presenti si sorpreso per la precisione con cui la sfera arrivo al suo destinatario, in particolare pensando che a calciare fosse stato un portiere. Il capitano stoppò di petto il pallone e rapidamente si voltò. Di fronte a se si fece avanti in un attimo Yoshida. L’arrivo del difensore fu così improvviso per il trequartista che quest’ultimo, d’istinto, eseguì la prima giocata che gli venne in mente. La veronica, o roulette marsigliese. Una volta superato, tra lo stupore del pubblico, Hide alzò un attimo la testa pur sapendo subito cosa fare, con i propri avversari con un solo centrale rimasto contro due punte. Il passaggio filtrante fu preciso al millimetro per il fratello più piccolo, che però aveva davanti Maki in uscita. Preso dalla furia, Atsushi riuscì a toccare appena con la punta del piede il pallone. La sfera carambolò tra le gambe dell’estremo difensore e, con un procedere lento ma inesorabile, superò di poco la linea di porta.

L’arbitro fischiò l’intervallo e i ragazzi in azzurro, quasi sorpresi, alzarono lo sguardo al tabellone elettronico dell’impianto.

Il risultato era di 1-1.

 

Spogliatoio Hattori

Al rientro negli spogliatoi i giocatori, comprese le riserve, erano nel più totale silenzioso. Ancora non aveva ben chiara la situazione in cui si trovavano.

Il mister se ne accorse, lui stesso non sapeva bene cosa dire ai suoi.

“Bene ragazzi…” tentò un primo approccio Takahashi “nel primo tempo siete riusciti a riprendere in mano la partita e…” di colpo s’interruppe, con gli sguardi di 18 giovani rivolti verso di lui “Oh al diavolo siete stati davvero grandi! Stata pareggiando contro l’Akita insomma! In molti ci davano già perdenti 5-0 nel primo tempo…state giocando bene! Ed anche la stessa Akita se n’è accorta!” continuò sempre più esaltato il suo discorso “Fidati quei ragazzi non si erano preparati per una partita di questo genere, sapevano che con noi avrebbero vinto facilmente perché non siamo né il Matsuda né l’Ono…ma noi abbiamo il nostro gioco!” tutti i componenti della squadra erano coinvolti dall’enfasi del discorso “Allora ragazzi vi chiedo soltanto di continuare a giocare in questa maniera e di vincere questa partita!” concluse quasi alle lacrime l’allenatore.

“SSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” urlarono tutti all’unisono.

 

Il calcio d’inizio toccava questa volta agli azzurri. Nei loro sguardi era facile leggere la convinzione di portare a casa un grande risultato. I primi dieci minuti, di fatti, l’Istituto Akita non seppe far valere il suo gioco e si rese pericoloso solamente con un tiraccio dalla lunga distanza da parte del centrocampista Yanagisawa, dai capelli alquanto voluminosi.

Al 50’ esatto Hiroshi Miura effettuò una rimessa da fondo campo giocandolo breve per Yusuke Hasegawa. Il terzino avanzò per poi tentare la sciabolata lungo linea verso Takuya Wada. Ad anticiparlo però arrivò Satoshi Yoshida che intervenne con una scivolata aerea, con i suoi capelli rasta che si libravano in aria con lui. Toccando appena la palla con lo stinco, riuscì a farla battere contro il ginocchio della punta per poi proseguire verso la linea di fondo campo. Wada sapeva bene che, se la sfera fosse uscita, sarebbe stata rimessa per l’Akita ed allora partì all’inseguimento. in quella partita eseguì uno dei suoi migliori scatti di sempre e, poco prima del varco della linea, riuscì ad effettuare il cross, scivolando sul terreno di gioco contro i cartelloni pubblicitari. In area, quando partì il traversone, non vi era nessuno della squadra che attaccava. Ma un altro velocista era pronto alla scatto. Atsushi staccò in aria appena entrato in area di rigore. Una volta in volo, ruotò il corpo mettendo la schiena in direzione del terreno di gioco. Non era la prima volta che si vedeva questa acrobazia, ma tutti rimasero comunque sorpresi. La rovesciata a due piedi. Colpendo il pallone con entrambi i colli dei piedi, il pallone partì come un proiettile indirizzato verso la rete. Dove alla fine s’insaccò, nonostante il tuffo disperato di Tetsuya Maki.

L’Istituto Hattori era passato in vantaggio sull’Istituto Akita 2-1. Questa volta l’esultanze furono tutte dei ragazzi di mister Takahashi. I compagni si riversarono verso il loro centravanti tascabile, autore di una straordinaria doppietta. Ma Atsushi Miura sapeva chi andare a ringraziare. Con le mani mimò la forma del cuore e lo indirizzò in tribuna verso Suzuka Ikeda.

La ragazza arrossì completamente tutto d’un tratto. “Stupido…” bisbigliò infine con un dei suoi più splendidi sorrisi.

Intanto l’Akita era già pronto per riprendere il gioco da centrocampo.

“Forza ragazzi! Non possiamo farci battere da quei bastardi!” urlò Hiroki Takahashi, catturando l’attenzione sia dei propri compagni che degli avversari.

“Fatti sotto Hiroki!” lo invitò spavaldo Hidetoshi Miura.

Una volta che l’arbitro ebbe fischiato, l’attaccante Imai la passò al collega Matsushita, riconoscibile da una fascia antisudore blu, che a sua volta la diede di prima al suo capitano. Quest’ultimo, in un primo momento, fu tentato di andare all’uno contro uno verso Hide, poi però decise di aprire sulla sinistra verso Ohkubo. Il terzino sinistro, sempre con i suoi occhi ben spalancati verso il mondo, riuscì ad avanzare, anche se a scatti, poco oltre la metà campo. Non trovando soluzioni, tentò un cross dalla trequarti. Il povero Imai, che come altezza era simile ad Atsushi, si trovò nettamente sovrastato dalla potenza fisica di Shunsuke, che allontanò prepotentemente di testa la sfera. La palla raggiunse allora Asano che, dopo essersi portato avanti un po’ il pallone, lo diede lateralmente al suo capitano. Takahashi riconobbe subito chi aveva davanti, e sorrise.

“Fatti sotto!” ripeté il capitano dell’Hattori.

L’avversario non perse tempo e gli andò subito contro, cercando di dribblarlo prima con un doppio passo, poi con delle finte del corpo laterali, portandosi dietro il pallone con la suola della scarpa tacchettata, nel tentativo di fargli aprire le gambe il tanto che basta per effettuare un tunnel. Ma niente da fare, il suo sfidante era ancora di fronte a lui. Alla fine, con un repentino cambio di passo, riuscì a far passare al fianco sinistro di Hide la palla. Ma Miura non si era per niente arreso e, mettendo il suo piede destro dietro quello sinistro in stile rabona, riuscì a toccare la sfera quel tanto che bastava per farla giungere a Nishiwaki, e far partire il contropiede. Il suo fedele scudiero lanciò subito di prima per la nuova corsa di Wada. La veloce punta si trovò una prateria davanti, dato che gli avversari si erano rivoltati tutti all’attacco alla caccia del pareggio. Il copione ormai lo conosceva bene: andare sul fondo e crossare. E così fece.

In area questa volta era presente anche Hidetoshi, che aveva seguito l’azione, ed  andò allo stacco. Dietro di lui saltò anche Takahashi, tornato in copertura per recuperare il pallone al suo rivale. I due cozzarono in volo, ma il primo a colpire di testa, un’altra sua specialità, fu il capitano dell’Hattori. E Maki fu battuto per la terza volta.

A pochi minuti dalla seconda marcatura, L’Istituto Hattori conduceva ora 3-1. Lo stadio esplose, mentre i due capitani si rialzavano faticosamente.

“Non è ancora finita Hidetoshi lo sai!”.

“Certo, lo so io e lo sa tutta la mia squadra!”.

Poi Hide fu travolto da una marea azzurra di compagni. Ovviamente molti complimenti furono fatti anche ad un visibilmente esausto Takuya Wada, al suo secondo assist vincente in questa partita.

Al 53’ l’Akita doveva nuovamente battere il calcio d’inizio del match.

Dopo 5 minuti però il numero 11 azzurro crollò a terra. Vittima di crampi più che prevedibili dopo la sua prestazione fatta di km e km percorsi sul campo.

Lo stesso Hidetoshi Miura se ne accorse e, una volta data un’occhiata agli spalti, calciò proprio verso di essi il pallone, permettendo così ai suoi sanitari di soccorrere il calciatore. A sorpresa, ma non del tutto in fondo,  la palla andò a colpire in pieno volto la professoressa Munakata, stranamente presente tra il pubblico di quell’evento.

“Colpita in pieno Hide!” urlò entusiasta dalla difesa Shunsuke.

Allora anche Atsushi si avvicinò agli spalti e disse “ lo scusi prof ma sa com’è…” concluse allargando le braccia.

Intanto Wada, ancora una volta complimentato dai suoi compagni, soprattutto dal suo fratellino Takashi in panchina, lasciava definitivamente il campo. Al suo posto entrava Yusuke Sasaki, che per la prima volta giocava insieme al suo collega/rivale Atsushi Miura.

A 20 minuti dal termine però l’Istituto Akita si rifece nuovamente sotto.

Al 63’ Ohkubo diede il pallone nel cerchio di centrocampo a Yanagisawa. Il regista ebbe tutto il tempo necessario per ragionare, avanzando palla al piede e testa alta, con la sua folta chioma che sobbalzava ad ogni suo passo. Notò subito il perfetto scatto in profondità verso l’area di Matsushita e lo servì. Kenji Maeda fu preso totalmente in contropiede ed allora tentò un ultimo disperato intervento. Purtroppo riuscì solamente a colpire l’avversario che crollò a terra. L’arbitro fischiò una grossa opportunità dagli 11 metri per i granata.

“Arbitro ma cosa fischi? Era palla piena!” protestò subito Shunsuke.

“Smettila Shun!” ordinò il capitano al nerboruto difensore, mentre si avvicinava al suo fratello portiere.

“Dove mi butto Hide?” gli domandò preoccupato il giovane con gli occhiali.

“Questo devi deciderlo tu Hiroshi” gli rispose Hide, che poi fu costretto ad uscire dall’area, per permettere l’esecuzione del penalty.

A battere andò ovviamente l’altro capitano, Hiroki Takahashi.

Non ci fu niente da fare. Pallone da un parte e portiere dall’altra. 3-2 per l’Hattori e c’erano ancora più di dieci minuti da giocare.

“SSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” urlò il realizzatore del rigore verso le tribune. Poi si avvicinò alla panchina degli azzurri “Brutto bastardo ora te ne faccio anche un altro!” inveì pesantemente contro niente meno che suo padre. Il direttore di gara chiuse un occhio.

Fino alla fine l’Hattori si rinchiuse tutta in difesa, lasciando totalmente il pallino del gioco ai campioni uscenti del torneo. Poi arrivò l’ultimo minuto.

Endo aveva tentato una conclusione da fuori, tra l’altro ottimamente indirizzata, ma Tetsuya Maki era tornato la saracinesca di sempre. Ripartenza immediata dei detentori del titolo. L’estremo difensore diede subito palla sulla corsa ad Asano. Il terzino destro avanzò poco oltre la metà campo, ma già sapeva chi servire per questa ultima azione di gioco. E così la sfera arrivò al biondo numero 10. Subito saltò in un attimo Akiba che era andato a pressarlo. Poi si trovò davanti a sé il suo rivale. E qui avvenne la magia. Il gesto tecnico ufficialmente si chiama bicicletta e consiste, in pratica, nel portare dietro di sé la sfera, alzandola trattenendola per un attimo con i piedi a tenaglia ed infine portarsela avanti con un colpo di tacco volante. Hidetoshi fu totalmente scavalcato dal pallonetto che ne seguì. Poi Takahashi mise a terra il pallone con un elegante stop a seguire. Scattò di lato per evitare ad Hasegawa di poter intervenire. Notò subito l’accorrere precipitoso di Maeda, che di solito lasciava queste iniziative al suo collega di reparto Miura, e con un semplice tunnel mise fuori gioco anche lui. L’ultima speranza per l’Istituto Hattori era proprio l’energumeno pelato. Il fantasista lo saltò immediatamente con un doppio passo portandosi la palla sul destro, pronto a scoccare il tiro. Shunsuke tentò con un intervento spalla contro spalla ma l’avversario, seppur sbilanciato, riuscì comunque a tirare in porta. Hiroshi riuscì a tuffarsi nell’angolo giusto con un’ottima tempistica, e toccò il pallone con la punta delle dita. La sfera s’impennò e colpì in pieno la traversa. Poi però stava ridiscendendo a pochi centimetri dalla linea di porta. Atsushi, come una minuta scheggia, arrivò in area, con un salto si aggrappò al legno superiore e, come fanno i ginnasti nell’esercizio alla sbarra, si tirò su con tutto il corpo per colpire la sfera e mandarla fuori in calcio d’angolo. Ma l’arbitro, invece che emettere un singolo fischio, ne fece tre alla volta. La finale era conclusa.

Lo stadio scoppiò e il tabellone non mentiva: Istituto Hattori 3 Istituto Akita 2.

Tutti gli azzurri alzarono le loro braccia al cielo, la maggior parte non trattenendo le lacrime di gioia per questa straordinaria impresa sportiva, soprattutto ripensando che, fino a pochi mesi fa, questa squadra rischiava seriamente di non potersi iscrivere al torneo.

Ma ora c’erano ed erano i campioni!

Subito gli abbracci di tutti si riversarono sul loro capitano, il quale aveva avuto un’ottima, se pur azzardata, intuizione richiamando a giocare con sé i suoi tre fratelli. Ma subito il ragazzo andò a stringere la mano al suo allenatore, che aveva creduto nella sua particolare proposta. Anche gli stessi calciatori dell’Istituto Akita cominciarono a fare i loro complimenti ai nuovi campioni.

“Cazzo siamo i campioni cazzo!” urlò al cielo Shunsuke Miura, mentre gettava in aria le sue possenti braccia.

Intanto Hiroshi Miura, che si era tolto finalmente i guantoni, si stava asciugando nuovamente le lacrime sotto le lenti degli occhiali che normalmente portava.

Mentre Atsushi Miura era già scappato. Si era di nuovo arrampicato sugli spalti per abbracciare il suo angelo, anche lei in un certo senso fondamentale per l’approdo a questa finale. E finalmente riuscì a dirgli “Ti amo”.

I due allenatori, Takahashi e Suzuki, si complimentarono a vicenda stringendosi la mano. Casa che a sua volta fecero infine i due capitani.

“Beh Hide…ci si vede il prossimo anno” disse il biondo.

“O magari in nazionale…” ribatté il moro.

Finalmente, procedendo nel protocollo, ad Hidetoshi Miura fu consegnata la bandiera della vittoria. Questa, per un intero anno rimarrà nella bacheca dei trofei della scuola.

“Ed ora ragazzi?” chiese il capitano ai suoi tre fratelli.

I quattro si scambiarono delle occhiate d’intesa tra di loro e poi urlarono “Ognuno per sé!”

 

 

 

FINE

 

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