Intrigo alla corte del Kaiser

di Diana924
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Appendice ***
Capitolo 2: *** Prologo, 4 mesi fa, Madrid ***
Capitolo 3: *** Vienna ***
Capitolo 4: *** l'opera ***
Capitolo 5: *** Il castello ***
Capitolo 6: *** Il sogno ***
Capitolo 7: *** Manuél ***
Capitolo 8: *** La vasca ***
Capitolo 9: *** Il Belvedere ***
Capitolo 10: *** Mattina ***
Capitolo 11: *** un annuncio ***
Capitolo 12: *** Mitzi ***
Capitolo 13: *** il Belvedere ***
Capitolo 14: *** Tu qui? ***
Capitolo 15: *** Spiegazioni ***
Capitolo 16: *** Carezze ***
Capitolo 17: *** Risveglio ***
Capitolo 18: *** La visita ***
Capitolo 19: *** il dottor Hox ***
Capitolo 20: *** La letetra di Juan ***
Capitolo 21: *** Mio principe ***
Capitolo 22: *** Invito ***
Capitolo 23: *** Il ricevimento ***
Capitolo 24: *** Bei Isabel ***
Capitolo 25: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 26: *** tentativi di seduzione ***
Capitolo 27: *** Schloss Belvedere in die Nacht ***
Capitolo 28: *** Mattina ***
Capitolo 29: *** Richiesta ***
Capitolo 30: *** Pareri ***
Capitolo 31: *** Partenza ***
Capitolo 32: *** Praga ***
Capitolo 33: *** A Vienna ***
Capitolo 34: *** Risveglio ***
Capitolo 35: *** Boemia ***
Capitolo 36: *** Mitzis Brief ***
Capitolo 37: *** La cena ***
Capitolo 38: *** Gli italiani ***
Capitolo 39: *** Ritorno a Praga ***
Capitolo 40: *** La lettera di Mitzi ***
Capitolo 41: *** La slitta ***
Capitolo 42: *** Sera ***
Capitolo 43: *** L'abbraccio ***
Capitolo 44: *** Ritorno a Vienna ***
Capitolo 45: *** Chiarimenti ***
Capitolo 46: *** Risveglio ***
Capitolo 47: *** Parlare ***
Capitolo 48: *** Ricordi di famiglia ***
Capitolo 49: *** Incontri ***
Capitolo 50: *** Spettacolo all'Opera ***
Capitolo 51: *** La carte de Juan ***
Capitolo 52: *** Ricordi da passato ***
Capitolo 53: *** Chiarimenti ***
Capitolo 54: *** Verita? ***
Capitolo 55: *** Tentativi di allontanarsi ***
Capitolo 56: *** Rivedersi ***
Capitolo 57: *** Natale ***
Capitolo 58: *** Il Palco ***
Capitolo 59: *** La piccola Blanca ***
Capitolo 60: *** Mi Niña ***
Capitolo 61: *** Capodanno ***
Capitolo 62: *** La consegna ***
Capitolo 63: *** Partenza ***
Capitolo 64: *** Madrid un mese dopo ***
Capitolo 65: *** Epilogo: Vent'anni dopo ***



Capitolo 1
*** Appendice ***


Personaggi reali:

Carlo VI: ( 1685-1740) imperatore, fu pretendente al trono di Spagna, ma la morte del fratello, Giuseppe I, fece naufragare il suo progetto anche se era stato riconosciuto re dalla cortes della catalogna, come re Carlo III. Sposato a Elisabetta Cristina di Braunschweig-Wolfenbüttel, ebbe da lei quattro figli, un maschio e tre femmine. E’ il padre di Maria Teresa d’Asburgo.

Maria Teresa: ( 1717-1780) figlia di Carlo VI, imperatrice, fu l’ultima esponente della dinastia d’Asburgo. Ricordata come sovrana illuminata fu autrice di diverse riforme. Sposò Francesco Stefano di Lorena, da cui ebbe quindici figli in vent’anni.

Eugenio di Savoia ( 1683-1736) diciottenne fuggì da Parigi, e offrì i suoi servigi all’imperatore Leopoldo I, in occasione dell’assedio di Vienna. Da allora la sua carriera decollò e la sua fama arrivò in tutta Europa. Probabilmente omosessuale non si sposò mai. Ebbe durante tutta la vita diversi soprannomi, il più famoso è Marte senza Venere, a riprova dell’omosessualità e al suo celibato.

Personaggi inventati:

Isabel Cifuntes y Volcos: spia al servizio di Luigi I e poi di Filippo V, moglie di Manuél Volcos, e madre di Juan e Blanca, anche se questa è figlia di Giuliano Dami.

Manuél Volcos: spia al servizio di Luigi I e poi di Filippo V, marito di Isabel Cifuntes, patrigno di Juan e di Blanca, che crede sua figlia

Ivan Sergeevic Kuragin: antico amante di Isabel, padre di Juan

Richard: paggio di Eugenio

Mitzi Hauser: lavatrice, assunta da Manuél per aiutare Isabel durante la nascita di Blanca.

 

 

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Capitolo 2
*** Prologo, 4 mesi fa, Madrid ***


<< Juan! >> una donna, mora, carnagione leggermente scura, con gli occhi neri, entrò. Era seguita da un uomo, di circa trent’anni, castano, con gli occhi nocciola, che la teneva per mano.

<< Madre! >> urlò il piccolo Juan, correndo verso Isabel Cifuntes, sua madre. << Tesoro mio, mi sei mancato >> fece lei, abbracciandolo stretto. << Juanito, ho un bellissima notizia da darti. Mi sposo >>. Il bimbo divenne l’espressione più pura della felicità. Sua madre si sposava, ciò per cui aveva pregato stava avvenendo. << E chi sposerete? Esteban? >> Esteban era l’ultimo amante di sua madre, l’ultimo di una lunga serie. Isabel sorrise. << Manuél >> sussurrò a suo figlio. Juan la fissò sorpreso, poi alzò lo sguardo.

Vide Manuél che guardava sua madre con un’espressione che non gli aveva mai visto. << Juan >> disse, e Juan si strinse a sua madre, non gli piaceva Manuél, non gli era mai piaciuto. Il suo precettore, don Sebastian Barrida, l’aveva avvisato sulla vita dissoluta di Manuél. Vide Manuél sorridere a sua madre e lei ricambiare. Poi lei si avvicinò a lui, e gli sfiorò la guancia con la mano. Lui avvicinò il suo viso e la baciò sulla bocca.

<< Vi devo chiamare padre? >> chiese Juan, sorpreso da come quell’uomo, che aveva quasi sempre ignorato, si comportava con sua madre. << Certamente Juanito, lui ora è tuo padre >> disse sua madre. << e quando vi sposerete? >> << Fra due giorni >> rispose lui, abbracciandolo. Lui ricambiò, anche se odiava il contatto con quell’uomo, che si preparava a portargli via la madre.

***

Fu una cerimonia intima, con pochi invitati. Juan era vicino a sua madre, che vestita in rosa e lilla era splendente di felicità. La sera cenarono insieme, tutti e tre, mentre la loro fantesca Maria si felicitava; << Solo Dio sa quanto ho pregato affinché arrivasse questo giorno >> diceva. Isabel e Manuél si limitavano a sorridere. Poi messo Juan a letto Manuél andò nella stanza dove Isabel dormiva. << Felice? >> le disse lui, mentre l’abbracciava da dietro. << Mai come ora >> disse lei, mentre si strusciava su di lui. << Sai, credo che Juan mi detesti >> disse lui, mentre la spogliava. << Juan? Non credo, ti vuole bene, ha solo paura di perdermi >> << Perderti amor mio? >> disse lui, mentre la prendeva in braccio. << Si, è abituato ad avere solo me, non sa com’è avere un padre >> rispose lei, mentre si godeva le sue mani. Lui la trasportò fino al letto, dove l’adagiò. << Farò il possibile amore, voglio che tu sia felice, e che lo sia anche Juan >> << Grazie >> disse lei, mentre iniziava a giocare con i bottoni della giacca di lui. Lui non resistette più e se la tolse, rimanendo subito in camicia,che finì sul pavimento.<<  Amore mio, non sai per quanto ti ho voluta >> disse lui, mentre, ormai nudo, iniziava a baciarla. << Lo so, invece, lo so >>. Lui si avvide troppo tardi di ciò che aveva detto. Sapeva che lei, in cuor suo rimpiangeva ancora Firenze, e chi era rimasto lì, e cosa era stato per lei. Sapeva che non l’avrebbe mai perdonato, eppure ora era sua, era tra le sue braccia. << Amore mio, amami >> rispose, mentre lei iniziava a muoversi sotto di lui.

***

Due giorni andarono nella campagna fuori Madrid, solo loro e Juan. A cavallo, Juan dietro di lui. Galopparono finché i cavalli non furono stanchi, poi si sedettero. Isabel si mise accanto a Manuél e lentamente appoggiò la bella testa mora sulla spalla del marito, che le carezzò i capelli. Juan ci pensò un attimo, poi abbracciò Manuél e si addormentò. << Siamo una famiglia >> sussurrò lei. << Peccato che fra una settimana partiamo>> disse lui, piano per non svegliare il bambino. << Per dove? >> << Vienna, ma se vuoi rimanere basta dirmelo, e parto da solo >> << No, siamo una squadra, andremo insieme >>. << Tu sei mia moglie, è troppo pericoloso >>. << Solo perché ora sono tua moglie non vuol dire che tu debba decidere per me. Non era pericoloso in Russia? E a Parigi? O a Londra? Anche a Firenze era pericoloso, eppure sono sempre stata al tuo fianco, non farmi pentire di questa scelta Manuél Volcos >> disse lei, piccata. << Va bene, ma sappi che disapprovo >> rispose lui, vinto.

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Capitolo 3
*** Vienna ***


Scese dalla carrozza, poi prese in braccio sua moglie e facendola volare la depose a terra. << Non mi trattare così, non sono una bambina >> rispose lei, ridendo maliziosa. Lui sorrise e le diede un bacio sulla bocca. << Avremo tutto il tempo questa sera, adesso andiamo >> rispose lei, salendo le scale. Lui la seguì, l’avrebbe seguita fino alla fine del mondo, e anche oltre. Quando entro nelle loro stanze la trovò che leggeva una lettera. << Juan ci ha scritto >> << Ci? >> << Si, si rivolge a tutti e due, ci augura buona fortuna e ci prega di tornare il prima possibile. E dice che vorrebbe avere una sorellina, ma questo glie l’ha fatto aggiungere Maria  >> << Perché dici questo? >> chiese lui, mentre affondava il viso nei capelli di lei. << Juan è come me, e quando ero piccola non mi piaceva la compagnia >> rispose lei. << Davvero? Parla, raccontami dell’altro, svelami i segreti del tuo passato >>.

Il passato, il Messico, le giornate calde, suo padre, i suoi giochi, i balli, quel ballo, quella notte, la spiaggia, quell’uomo, il dolore, la vergogna.

<< Lo farò, ma prima tu parlami del tuo passato >> replicò lei. Napoli, il sole italiano, la partenza, Madrid, la sua iniziazione, i cugini Soarez, non, non se la sentiva. << Prima o poi lo faremo, per ora non me la sento >> rispose lui, consapevole di avere un passato difficile, e di voler tenerselo per sé, prima perché a lei non sarebbe interessato, ora per proteggerla.

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Capitolo 4
*** l'opera ***


Quella sera Manuél e Isabel erano all’opera. Era di scena “ Didone abbandonata ”, dell'artista Pietro Metastasio, un napoletano che avrebbe fatto strada. Manuél trovava noiosa l’opera, e ne approfittava per sbirciare i viennesi; sua moglie invece ascoltava rapita le melodie, sognando a occhi aperti.


A un certo punto, verso la fine del balletto, suo marito le sussurrò: << vicino al palco centrale, a sinistra >>. Isabel guardò. Vi era un uomo, sui sessant’anni, dall’aria torva ma al contempo serena. << chi è ? >> disse lei. << il principe Eugenio di Savoia >> rispose lui. << il famoso Eugenio von Savoie >> disse la moglie.


A quel tempo la fama di Eugenio di Savoia era all’apice, ma c’erano sempre quelle vecchie storie,mai confermate, che lanciavano su di lui una pessima luce.


Isabel sorrise, sembrava così inoffensivo. << la nostra preoccupazione è sapere se la Prammatica Sanzione resterà carta straccia o no >>. << rimarrà carta straccia, è evidente >>.<< non lo so, pensa all’Inghilterra >> lei rimase in silenzio, suo marito aveva ragione. Manuél invece fissò con insistenza Eugenio di Savoia.


Nonostante amasse con ardore e passione sua moglie, Manuél Volcos sapeva di essere bisessuale, o per meglio dire, aperto a tutte le esperienze. Il principe lo eccitava parecchio, era abbastanza anziano da poter essere suo padre, quindi si aggiungeva qualcosa d’incestuoso, e poi poteva essere una guida per lui. Un uomo interessante alla fine, da non sottovalutare e da non lasciarsi sfuggire, per nessun motivo al mondo.

x Prussikij_Lazur: grazie per la recensione. io ho detto sposati, mica fedeli :D Sono due spiriti liberi, ma dalla missione in Russia sono passati 8 anni e sono maturati (?), per maggiori info ti rimango a " Intrigo alla corte dell'ultimo Medici ", la prima storia su di loro che ho scritto *_*

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Capitolo 5
*** Il castello ***


Il giorno dopo la coppia si recò al castello della Hofburg il centro del potere austriaco. Manuél entrò, mentre Isabel rimase fuori. Da qualche giorno non si sentiva molto bene, ma non ne aveva parlato a suo marito, per non spaventarlo ulteriormente. Camminando per il parco s’imbatte in una zona alberata, apparentemente deserta. Era stanca, e aveva voglia di dormire.

Questo però le accadeva dall’inizio dal matrimonio. Manuél ogni notte aveva voglia di lei, come se fosse la prima. Lei si stupiva degli assalti del marito, così impetuosi, così passionali, sembrava quasi un ragazzino, un ragazzino che ha appena scoperto l’amore.

Lei era diversa, invece. Era si passionale, ma si sapeva contenere, e in quanto alle volte, si stupiva che suo marito desiderasse passare tutta la notte a fare l’amore. Evidentemente l’aveva attesa a lungo, eppure non riusciva a fidarsi pienamente di lui, a causa di quello che le era successo a Firenze.

 Mentre pensava questo si era messa all’ombra di un albero e lentamente scivolò nel mondo di Morfeo.

Il sole che le illuminava la pelle fu l’ultima cosa che vide, prima di cedere alla stanchezza e alla pace di quel luogo.

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Capitolo 6
*** Il sogno ***


Era a Firenze. A Palazzo Pitti, nei giardini di Boboli, quegli stupendi giardini. Era con lui. Avevano appena fatto l’amore e lui l’aveva presa in braccio e portata fino alla fontana. Lei gli si era stretta, per sentire il suo odore mischiato al suo, per godere delle braccia, per poterlo fissare in viso. Quel dolce viso, che sembrava quello di una bambola, e che pure l’attirava. Ne era innamoratissima, voleva stare con lui, per sempre. La depose sul bordo della fontana e si sedette. Lei si avvicinò a lui e appoggiò la testa sulle sue gambe.

<< Amore mio >> disse lui, e a lei sembrò di essere in paradiso. << Angelo mio adorato >> gli rispose, mentre lui le toccava i capelli, lentamente, come piaceva a lei. << Mi ami? >> chiese lui, smettendo di toccarle i capelli. << Si, mi amor, ti amo più della mia vita, non ti lascerei mai >> rispose lei, punta nel vivo, l’amore che provava per lui era saldo e forte come una roccia. E come una roccia eterno.

<< Menti, tu mi lascerai, ma non per questo cesserai di amarmi, anzi … penserai a me ogni giorno della tua vita >> disse lui, tristemente. << Lasciarti? Io non ti lascerò mai, rimarrò qui, a Firenze, da te >> rispose lei, forse lui sapeva chi era davvero?

<< Stai tranquilla, c’è un modo, affinché tu ti ricordi di me, e stai pur sicura che io e te lo conosciamo >>. << Quale? >>

<< Non offendere la tua intelligenza, lo sai meglio di me, ne riparleremo fra nove mesi amore mio, ci vediamo >> << Addio >> disse lei, mentre lui spariva, con la morte nel cuore. Si sentì triste, non voleva che se ne andasse, voleva seguirlo, ma il suo corpo era pesante come il marmo.

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Capitolo 7
*** Manuél ***


Si sveglio sentendo qualcuno che la toccava. Manuél l’aveva scorta uscendo dal palazzo, addormentata, bella come una fata, come la prima volta che si erano conosciuti. Le si era avvicinato, aveva messo la sua bella testa mora sulle sue gambe e la cullava, attento come una madre.


<< vedo che ti sei svegliata amore mio >> lei si mosse soddisfatta, << ti amo >>. << mai come me >> rispose lui, alzandosi, lei fece per imitarlo, ma lui la prese in braccio.
<< non sono una bambina, ora mettimi giù >> disse lei, maliziosa e meravigliosa. << mai, ti porterò in braccio fino alla fine del mondo se necessario >> rispose lui, ridendo. Lei si aggrappò a quelle spalle, a quel corpo.


Amava suo marito, ma era un sentimento assai diverso dalla passione furiosa e bruciante che aveva provato per lui, per Giuliano. Giuliano. Solo ora, dopo sei mesi, e dopo quello che ormai sapeva, solo ora riusciva a chiamarlo con il suo nome. Per lei era stato penoso separarsi da lui. Non si era mai fatta illusioni sulla durata della loro relazione, ne sul fatto che aveva costruito un rapporto in maggior parte sulle bugie che gli aveva raccontato, ma lo amava. Aveva sempre pensato a cosa dirgli quando sarebbe dovuta ripartire, e invece Manuél aveva rovinato tutto. Non era arrabbiata con lui, ma non lo amava nemmeno. Lo rispettava, lo stimava, gli voleva bene, ma non riusciva ad amarlo.


E poi c’era quell’altra questione. Se n’era accorta il giorno prima della partenza, ma aveva scacciato l’idea, che le sembrava troppo folle. Poi, a Milano, si era fatta visitare. Era incinta.

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Capitolo 8
*** La vasca ***


Quel pomeriggio, dopo un pranzo a corte dove avevano intravisto per alcuni minuti l’arciduchessa Maria Teresa erano tornati a casa.


Ora erano nella vasca da bagno.


<< cosa ne pensi? >> disse lei. << Che passerei la vita a fotterti, solo per vederti così, sei … bella >> rispose lui, ammaliato. << non parlavo di questo, ma della missione. Cosa ne pensi? >> << Non lo so, mi sembra facile, ma temo che sarà un nulla di fatto, il Kaiser mi sembra deciso a imporre la Prammatica Sanzione >>. << Ma se non passasse? >> chiese lei, mentre lo stuzzicava con un piede.

<< se non passasse lei erediterebbe solo l’Austria, forse l’Ungheria, ma non la Boemia, né l’Impero. E smettila >> rispose, prendendole la gamba. << non stavo facendo niente; piuttosto, se volessero conservare l’Impero, che cosa dovrebbero fare? >> rispose lei, con un sorriso carico di malizia. << Potrebbe sposarsi >> rispose lui, mentre iniziava a baciarle e a succhiarle l’alluce. << e con chi? >> rispose lei, mentre si rilassava. << francia, Spagna, Germania, Italia, la scelta è infinta >> rispose lui, mettendosi sopra di lei. << già, infinita >> ribatte lei, mentre gli cingeva la vita con le braccia.

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Capitolo 9
*** Il Belvedere ***


Quella sera i due erano invitati a un ricevimento al palazzo del Belvedere, recentemente costruito da Eugenio di Savoia. Manuél indossava un abito nero, gallonato, mentre Isabel un abito celeste.

Entrarono dal portone principale verso le otto di sera. Isabel appariva serena, mentre invece nuvole d’ansia si assiepavano attorno a lei. Suo marito al contrario appariva teso, mentre era calmissimo.

Il salone era un inno al barocco, sfarzosissimo. Già alcune coppie ballavano il minuetto, mentre altre erano seduti ed aspettavano il loro turno per danzare. Al centro, seduto vicino il Kaiser, c’era Eugenio di Savoia. Aveva un aspetto più giovanile rispetto alla sera in cui lo avevano visto all’opera, i suoi occhi erano penetranti e curiosi, indagatori.

Manuél s’inchinò, subito imitato da Isabel. Il kaiser esaminò le loro credenziali e li lasciò andare. I due ringraziarono e si allontanarono. Dopo un po’ l’orchestra iniziò a suonare una contraddanza, un ballo che Isabel amava particolarmente.

<< Vuoi ballare? >> le chiese suo marito, sorridendo e dandole la mano. Lei ci pensò un secondo, poi assentì col capo. Lui sorrise e la portò al centrò della pista. C’erano diverse coppie, eppure a lui sembrava di essere solo, solo con lei, con sua moglie, con la donna che amava alla follia, con colei che aveva avuto come un soldato che conquista un forte, e si rende conto, non appena l’ha fatto, che è stato più bello conquistarlo che non averlo. Così si sentiva Manuél Volcos.

Sua moglie invece si sentiva in pace con se stessa, e si faceva guidare dal marito, pensando alla creatura che cresceva nel suo ventre. Figlia di lei e di Manuél. Figlia del loro amore.

X Prusskij_Lazur: anch'io vorrei vivere facendo sesso con manuél, ma purtroppo lui è un ereoe di carte. Ce la fanno a fare tutto, ce la fanno. La bambinA, rileggere " intrigo alla corte dell'ultimo Medici ", non sarà un problema, per ora.

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Capitolo 10
*** Mattina ***


Due giorni dopo Isabel uscì, verso l’alba nel giardino. Ogni giorno era peggio per lei. Il medico che aveva consultato a Milano le aveva detto che aveva una gravidanza difficile, ma passati i primi sei mesi tutto si sarebbe risolto. Purtroppo non era così. Ogni mattina stava peggio, e temeva che prima o poi avrebbe avuto un parto prematuro.


Così quella mattina era uscita all’alba e osservava il sole che faceva capolino. Era uscita più silenziosamente che poteva, stando attenta a non svegliare il marito. Ora era lì, e osservava la natura.


***
Quella mattina, svegliandosi, Manuél non trovò accanto a sé il corpo di sua moglie. Disperato, conoscendola bene, e temendo una sua follia, si alzò e la cercò per tutta la casa dell’ambasciatore.
Stava già disperando dal rivederla, quando, passando davanti a una finestra, la vide. Il pallido sole mattutino la faceva sembrare simile a un’apparizione.


Non perse tempo e la raggiunse. A volte sentiva che l’amava alla follia solo perché aveva dovuto faticare a lungo per averla, pensava anche che se l’avesse amata fin dalla nascita di Juan ora il suo amore sarebbe stato meno forte, o anche inesistente. Quando amiamo qualcosa, o qualcuno, è perché abbiamo dovuto faticare per ottenerlo, ma non appena l’abbiamo, ogni traccia di amore, di desiderio, di passione, svanisce, per lasciare spazio alla monotonia, al grigiore, all’amicizia, che per lui era uno dei sentimenti più bassi, universale, e per questo di poco conto.


***
Isabel era sovrappensiero, quando sentì qualcuno che l’abbracciava da dietro. Fece per girarsi, e riconobbe il volto di suo marito, di Manuél.


<< amore mio, mi hai terrorizzato prima, non farlo mai più >> disse lui, in un tono ambiguo, prima di baciarla. Lei sorrise e gli rese il bacio. Si rese conto che suo marito desiderava di più, ma aveva paura, paura che lui la scoprisse, che non la volesse più. Il suo amore era qualcosa di cerebrale, che cominciava proprio ora a mutare, e diventare passione, anche perché nonostante, o forse proprio a causa, della sua vita libertina, Isabel credeva nei valori della Chiesa, in cui era compreso il matrimonio e la fedeltà tra i coniugi.

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Capitolo 11
*** un annuncio ***


Quella sera Isabel decise che avrebbe parlato a suo marito della gravidanza, dopo l’amore. Manuél l’aveva voluta a cavalcioni su di sé, e ora si stava godendo il piacere che la moglie gli dava. Evidentemente ritenne il piacere insufficiente, perché lei lo sentì spingere con più vigore, e gemette, di totale piacere e appagamento.


Con un gemito lei gli ricadde sul petto, e lui le accarezzò i capelli. << ti amo >> disse lui. << ti devo dire una cosa >>. << dimmi amore, dimmi >>. << sono incinta >>. << cosa? >> << aspetto un figlio >>. << davvero, da quanto lo sai? >> << da Milano >>. << e perché non me l’hai detto? >> << volevo esserne sicura >>. << e’ mio? >>Aveva temuto quella domanda, ma perché poi? Si chiese, lei sapeva la risposta.


<< si, ne sono certa >> << quanti mesi? >> << cinque, quasi sei mesi >> <> disse lui, prima di ricominciare a baciarla. lei era pronta a rifarlo ma lui si fermò. << non posso, mi amor, non nella tua condizione >>. << prima non t’importava >> replicò lei, frustrata. << prima non lo sapevo >> ripose lui, baciandola teneramente sulla labbra, trattandola come una statua di vetro.


Lui era fuori di sé dalla gioia, un figlio suo, un figlio suo e di Isabel. Per un secondo s’immaginò un ragazzino con il suo volto e i capelli di Isabel. Poi gli tornò in mente quel sogno che aveva fatto a Firenze, il giorno in cui si sarebbe voluto dichiarare, e invece l’aveva trovata innamoratissima di lui. Non aveva avuto il coraggio di dirle la verità, e a lungo l’aveva vista tra le braccia di un altro, ma poi … forse era stato un po’ drastico, ma era l’unico modo per farle

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Capitolo 12
*** Mitzi ***


Svegliandosi la mattina Isabel vide una donna che la fissava. << Voi chi siete? E chi vi ha dato il permesso di entrare qui? >> chiese, alzandosi e avvolgendosi in una vestaglia.

La donna, sui quarant’anni, bionda, occhi azzurri, tipica viennese, la fissò, poi disse: << Il mio nome è Mitzi Hauser, sono una levatrice e sono stata assunta per vegliare su di voi e assistervi durante il parto e subito dopo >>.

Una levatrice, e chi l’aveva chiamata e assunta? Lei non la voleva, non ancora almeno. Otto anni prima aveva assunto Luisa Bilbatua solo quando era alla fine dell’ottavo mese, e ora… . 

<< E chi l’ha assunta? Io non di certo! >> disse, cercando di capire.

<< Suo marito, non so chi gli abbia parlato di me, ma mi ha praticamente tirato giù dal letto, e ha detto che devo rimanere a sua completa disposizione >> rispose Mitzi, calma.

Manuél, ne era sicura, ora voleva fare il protettivo, ora, non quando sarebbe stato necessario. La sua ingerenza le era sgradita, eppure non protestò, non perché lo amava e credeva che lui volesse il suo bene, non per principio, ma solo perché non aveva le forze per sostenere una litigata con suo marito.

<< Avete già avuto figli? >> le chiese Mitzi. << Si, uno. Si chiama Juan, e ha otto anni, quasi nove, li compie fra cinque mesi >> rispose lei, sorridendo. Juan, il suo bambino, il suo amato bambino, da nove anni era l’unico punto fermo in tutta la sua vita. << E lei e don Manuél siete sposati da quanti anni? >>, sorrise, la domanda era davvero ingenua, nessuno che la conosceva bene l’avrebbe mai formulata, anzi, nemmeno pensata.

<< Anni? Mia cara, io e mio marito siamo sposati da appena quattro mesi! >> Vide il viso di Mitzi imporporarsi, << Se posso arrischiare, di chi è figlio Juan? >>. << Certo che puoi, è figlio di un ufficiale russo, Ivan Sergeevic Kuragin, che non vedo da quasi nove anni, non sa di Juan, e non deve saperlo >> rispose, mentre si vestiva.

Mitzi l’aiutò, stando attenta a non stringerle troppo il corsetto, mentre Isabel pensava se davvero valeva la pensa barattare la sua indipendenza con l’amore di Manuél.

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Capitolo 13
*** il Belvedere ***


Il giorno dopo Manuél stava camminando per i giardini del Belvedere. Si sentiva sicuro e anche felice. Tutto andava come voleva, Isabel, la sua Isabel, la sua amata moglie, ora era controllata, e lui lo sapeva, per questo aveva assunto Mitzi, perché la sorvegliasse e si prendesse cura di lei. E lui era libero di finire la missione in pace, senza troppi problemi.


Poi sentì dei passi. Si voltò e lo vide. Eugenio di Savoia stava venendo nella sua direzione. << voi dovete essere don Manuél Volcos, uno degli inviati del re Cattolicissimo >> << troppo buono a ricordare il mio nome, Eccellenza >> fu la risposta di Manuél, che s’inchinò. << non v’inchinate, non sono un re, ma un umile servo del Kaiser, come voi lo siete del vostro re >> << avete ragione, signor principe >> << voi spagnoli siete troppo solenni, chiamatemi Eugenio >> << va bene, … Eugenio >>. << ottimo, da quant’è che non sento il mio nome pronunciato così, qui mi chiamano tutti Oighen >> << Oighen? >> << si, non riescono a dire il mio nome e quindi mi chiamano così >> fu la risposta.


<< io vi chiamerei sempre Eugenio >> sussurrò Manuél, piano per non farsi sentire. << grazie, apprezzo il vostro gesto >> fu la risposte del principe, che lasciò Manuél senza parole, con il corpo eccitato e il cuore pieno d’ammirazione. Quando il principe se ne andò Manuél non poté fare a meno di seguirlo con lo sguardo, era molto più anziano di lui, lui era sposato, eppure, eppure, si sentiva attratto, incredibilmente attratto, da Eugenio di Savoia.

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Capitolo 14
*** Tu qui? ***


Quella mattina Isabel e Mitzi stavano passeggiando per i giardini. Isabel aveva un ombrello, come le aveva suggerito, o ordinato la fedele levatrice. Siccome il sole era alto, nonostante fosse ottobre Isabel lo usava per proteggersi. Così però, andò a sbattere contro un uomo che si era appena fermato.


<< Mi scusi tanto, io non l’ho fatto apposta … >>, le parole le morirono in bocca, cosa ci faceva lui lì, a Vienna? Perché? Perché dopo tanto tempo lui era lì?
<< ma … voi … tu … Isabel?! >> << Ivan! Non è possibile, tu qui? >> Non ci poteva credere, Ivan Sergeevic Kuragin, suo vecchio amante, il padre del suo Juan, era lì, di fronte a lei, che lo credeva in Russia, a diverse leghe da dove si trovava in quel momento.


<< Isabel, si vivo qui, sono di servizio all’ambasciata di Russia, da tre anni, e tu … sei incinta a quel che vedo?! >> << già, aspetto un figlio, mi sono sposata pochi mesi fa >>. Rispose lei, cercando di non guardarlo, se solo nove anni prima fosse stata più coraggiosa.


<< congratulazioni, e chi sarebbe il fortunato? >> chiese lui, abbracciandola e stando attento al ventre che ormai cominciava a sporgere. << Manuél, mio cugino, siccome siamo cugini quinto grado non è stata necessaria una dispensa >> rispose lei, coprendosi il volto con il ventaglio, mentre Mitzi la osservava.
<< dove alloggiate? >> << al’ambasciata spagnola, se vuoi … puoi venire a trovarmi, se ne hai voglia >> disse lei, si sentiva a disagio con lui, e sapeva che era solo colpa sua.
<< Va bene, Gut, un giorno verrò a trovarti, mammina >> disse lui, allontanandosi, non prima di averle dato un leggero bacio sulla guancia. Lei sorrise e lo salutò. << chi era quell’uomo? >> le chiese Mitzi. << il padre di Juan >> rispose lei, come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo.

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Capitolo 15
*** Spiegazioni ***


<< Mi dovete delle spiegazioni, non credete? >> disse Mitzi, sedendosi su una sedia. << No, non lo credo, ma ti spiegherò tutto >> fu la risposta di Isabel, che sedeva sulla poltrona.

<< E allora parlate! >> sbotto Mitzi, odiando l’aura di mistero che quella donna riusciva a creare attorno a sé.

<< Accadde nove anni fa. Io e Manuél, allora non eravamo ancora sposati, eravamo in Russia. Il perché non ti riguarda. Fu a San Pietroburgo che conobbi Ivan, che allora prestava servizio fra gli ussari. Ero giovane, ma non inesperta. Ci corteggiammo a vicenda per un po’, e poi cedemmo alla tentazione. Fu quando stavamo per tornare in Spagna che mi resi conto di aspettare un figlio da lui. Tennii la cosa nascosta a Manuél, e al sesto mese lasciaii casa nostra per andare a Toledo, dove nacque Juan. Dopo tre mesi tornai a Madrid, con Juan e la sua balia, da Manuél. Avevo già riconosciuto Juan, a Manuél non ho mai chiesto nulla, solo di essergli amico. Ma mi sono resa conto che mio marito non vuole bene a mio figlio, e ciò mi fa star male, sono le persone più importanti della mia vita, Manuél e Juan >> disse, mentre cercava di trattenersi dal piangere. 

<< E Herr Ivan sa di essere padre? >> << No! Né lo deve sapere, fidati, è meglio così, per tutti >> fu la risposta che gelò Mitzi.

<< Ma perché? >> << Perché vorrebbe vederlo, conoscerlo, e io non posso pensarci. Potrebbe portarlo con sé, e io non saprei vivere senza il mio bambino, non saprei vivere >> disse Isabel, prima di scoppiare in lacrime. << Non parlare più di Ivan, capito? >> disse Isabel, artigliando con forza il polso di Mitzi, che si era avvicinata per confortarla. << Soprattutto non con mio marito >> << Non con vostro marito >> ripete Mitzi, meccanicamente.

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Capitolo 16
*** Carezze ***


<< Va meglio? >> chiese Manuél, mentre accarezzava sua moglie. << Ora che mi sei vicino si >> rispose Isabel godendosi le carezze.

Manuél pensò a come il matrimonio l’avesse cambiata, o forse a come ora sua moglie gli si mostrava. Prima non l’aveva mai vista piangere, o almeno fino a Firenze.

Ora era tornato a casa e l’aveva trovata sul divano, piangente, bella come non mai.

<< Che cosa è accaduto? >> << Juan mi ha scritto >> << E allora? >> << Vuole sapere chi è suo padre! >> gridò lei, prima di ricominciare a piangere.  Il padre di Juan, Ivan. Manuél non aveva mai sopportato Ivan Sergeevic Kuragin, mai. Isabel in quegli anni non aveva mai parlato di Ivan, né della loro storia. Juan sapeva che suo padre non era Manuél, ignorava chi fosse e fino a quel momento tutto era andato per il meglio.

<< Di cosa ti preoccupi? Diglielo >> << Non posso, non posso! Che gli dovrei dire? Che sua madre è stata una puttana? Che ignoro dove sia Ivan? Che lui non lo sa? >> disse lei, piangendo sul suo petto.

Lui la strinse a sé, la situazione era complicata.

<< Facciamo così, ora vai a letto, dormi per un po’, rimango io vicino a te, poi, dopo la dormita pensiamo a cosa scrivere a Juan >> disse, e la prese in braccio. << Va bene, va bene >> rispose lei, godendosi le sue premure.

Prima di addormentarsi si voltò verso di lui e  gli disse: << Ti amo >> lui sorrise, sapeva che quelle parole valevano più di qualunque lettera o dichiarazione, eccome se lo sapeva bene.

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Capitolo 17
*** Risveglio ***


Quando un’ora dopo Isabel si risvegliò la prima cosa che vide fu Manuél che la fissava, seduto su una sedia. << Ti sei svegliata >> disse lui, avvicinandosi. Lei sorrise, poi si mise a sedere sul letto.

<< Cosa devo fare? >> chiese, implorandolo quasi.

<< Scrivi a Juan, ma non rivelargli la verità, scrivigli che quando sarà più grande gli rivelerai tutto, ma solo quando sarà in grado di capire >>

<< Cosa? Che fui un’ingrata? Che abbandonai Ivan? Come ho fatto per tutti i miei amanti? Che tradì Ivan con Aleksandr? Cosa? >>  << No, che hai dovuto lasciare Ivan, e che lo amavi, se hai deciso di tenerlo, no? >> << Non amavo Ivan, lo desideravo, lo volevo, ma non l’amavo. L’amore vero l’ho provato per la prima volta con … Giuliano>> disse lei, fissandolo, aspettando una sua reazione, una qualunque.

<< Mi ami? >> << Si, io ti amo, e non ti tradirei mai >> disse, prima di farsi abbracciare, anche se  lo scopo del marito non era solo quello di confortarla, visto che iniziò a toccarla. << Non mi lasciare mai >> disse, prima di baciarla.

<< Quando te ne sei accorto? >> << Di cosa? >> << Di amarmi >>. << Mentre tornavo a casa, dopo che tu e Giuliano … volevo dirtelo, giuro, ma ti vidì così felice che lasciai perdere, anzi, ti dissi che lo amavo anch’io, perché volevo che fossi triste anche tu, non sopportavo di esserlo solo io. Per giorni mi sono illuso che mi sarebbe bastato averti accanto, sentirti ridere, vederti, ma poi …  >> << Io volevo esserti amica >> << Io volevo di più. E quando ti vidì, quella mattina, con lui … non ci vidì più, sentì la gelosia, e feci quel che feci. Non me ne pento, sappilo, ma soffrivo perché tu eri infelice, ma sapevo che ti avrei reso felice solo torturandomi, vedendoti con lui, e non lo volevo. Alla fine ho deciso di vederti di nuovo sorridere, di saperti felice, mi sono detto che se tu lo eri, lo sarei stato anch’io, che non m’importava che mi odiassi o meno, ma volevo esserci, per te, solo per te >>. Lei lo abbracciò e disse: << Il vero amore è quello che ci fa desiderare la vicinanza della persona che amiamo e ci fa desiderare la sua felicità, a scapito della nostra >>, poi lo baciò.

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Capitolo 18
*** La visita ***


Due giorni dopo, mentre Isabel stava leggendo le favole di Perrault, Cenerentola era da sempre la sua preferita, Mitzi disse che c’era un uomo alla porta, e che lei non voleva avere nulla a che fare con le tresche della signora.

Isabel sorrise e disse di far entrare il visitatore. Subito vide Ivan, che sorridente l’abbracciò.

<< Come sta oggi la futura mamma? >> chiese, abbracciandola e dandole un bacio sulla guancia. << Ivan, sono felice di vederti, anche se …, non ti aspettavo così presto>> disse lei, ricomponendosi. << Lo so, ma volevo vederti, Madame Volcos >> sorrise lui, sedendosi su una poltrona.

Vide una miniatura, che raffigurava Juan, all’età di sette anni.

<< Non sapevo che aveste già un figlio, quanti anni ha? >> << Juan non è figlio di Manuél, è figlio mio e di … >> Voleva dire il suo nome, urlargli che era padre, che un bimbo in Spagna lo attendeva con ansia, ma si rese conto che sarebbe stato un gravissimo sbaglio. << Non ti ricordi neppure il padre, eh? Sei sempre la solita coquette, ma era per questo che ti adoravo, in ogni caso è un bel bambino >> disse lui, distogliendo lo sguardo dalla miniatura. << Dimmi, lo hai già avvisato? >> << Proprio ora gli ho scritto una lettera, dopo la farò leggere a Manuél, e poi la invierò al suo precettore, ci penserà lui a fargliela avere >> rispose lei, evitando però di guardarlo. << Capisco, ora se non ti dispiace devo andare, questioni di servizio. Dasvidania, mio passato amor >> disse, uscendo di casa, e lasciandola sola, con i suoi pensieri.

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Capitolo 19
*** il dottor Hox ***


Su insistenza di Mitzi, che si preoccupava per lei, il giorno dopo Isabel si era recata dal dottor Karl Hox, che la levatrice aveva descritto come il miglior medico di Vienna.

Era da Milano che non si faceva visitare, quindi seguì docilmente la donna.

Karl Hox aveva circa trent’anni, era biondo e ben fatto; in altri tempi Isabel forse lo avrebbe stuzzicato e avrebbe flirtato con lui, ma ora, che era sposata, decise che non ne valeva la pena, e poi aveva giurato eterna fedeltà a Manuél, davanti a un sacerdote, e poi davanti a lui. No, non l’avrebbe tradito.

<< Figli? >> chiese il medico. << Si, uno, ha quasi nove anni >> << Altre gravidanze? >> << No, solo quella >> << La gravidanza precedente è stata difficoltosa? >> << No, affatto. Però il parto è stato lungo e doloroso >> rispose lei, abbassando gli occhi. << E questa, finora come procede? >> << Bene, ma io mi sento svuotata, sono debole, tutte le mattine ho le nausee, sembra che il bambino voglia prendersi anche la mia energia >> disse lei. << Capisco madame. Deve rimanere calma, evitare sbalzi d’umore improvvisi e soprattutto, lo dico per il suo bene, astenersi dal giacere con suo marito >> << Del tutto? >> << Del tutto, non deve avere alcun rapporto, alcuno coito, con suo marito, per il resto della gravidanza >>.

Isabel annuì, ora doveva dirlo a Manuél. Conosceva bene l’indole del marito, infatti già da tre giorni Manuél aveva ripreso, ogni notte a volerla, e quasi sempre lo facevano per quelle che a lei sembravano ore. Manuél non l’avrebbe presa bene, pensò, mentre usciva e respirava l’aria di Vienna.

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Capitolo 20
*** La letetra di Juan ***


<> disse Manuél, non appena le due donne tornarono a casa. La lettera di Isabel era molto semplice

Juan aveva scritto:

Carissima madre, ho ricevuto al vostra lettera in cui mi informavate che eravate a Vienna. Ne sono felice, e sono felice di sapere che vostro marito è con voi. Mi piacerebbe avere vostre notizie. Vi penso ogni giorno, e vorrei essere lì con voi, mi mancate tanto mamma, tanto tanto. Oggi Sebastian mi ha fatto leggere Plutarco, dice che così sarò più saggio. Maria ha cucinato le empanadas, ma io preferisco quelle che cucinate voi, mamma. Mi mancate, e mi manca anche don Manuél, spero di rivedervi presto. Vorrei inoltre sapere chi è il mio vero padre 

Il vostro affezionatissimo figliolo                                                            Juan

Isabel aveva ricevuto al lettera  quattro giorni prima. Si era sentita morire. Ogni volta stare lontana da suo figlio le pesava, sempre di più, ma sapeva che aveva degli obblighi, lo sapeva troppo bene. L’aveva colpita che Juan non parlasse di Manuél, si era limitato a riferirsi a lui come suo marito, non come padre. Manuél aveva semplicemente alzato le spalle, dopodiché lei aveva scritto una la risposta:

Carissimo e amatissimo Juan figlio mio,

La tua lettera ha raggiunto me e tuo padre a Vienna, rendendoci felici. Sono orgogliosa dei progressi che fai, e me ne compiaccio. Ti scrivo inoltre per annunciarti che fra tre mesi avrai un fratello, o una sorella, perché aspetto un figlio da mio marito, nonché tuo padre. Per la questione di tuo padre, sei troppo giovane per sapere la verità, ma sappi che quando sarai più grande ti rivelerà tutto, ogni cosa a suo tempo bimbo mio.

 La tua mamma                                                                                       Isabel

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Capitolo 21
*** Mio principe ***


Manuél stava camminando per Schönbrunn, quando vide di nuovo Eugenio di Savoia. Non cercò nemmeno di evitarlo questa volta, ma gli andò incontro, come un agnello che senza saperlo, o forse lo sa, va incontro al lupo.

<< Principe Eugenio >> disse, inclinando appena al testa. << Don Volcos >> disse Eugenio, sorridendo.

<< come state mio caro? >> << Bene, ringraziando iddio, bene, mia moglie sta per avere un figlio >> << Le mie congratulazioni >>. << Vi ringrazio, mio principe >>. << Sapete, io non ho figli, anzi, a dire la verità non sarei dovuto essere nemmeno un uomo di guerra, e invece … >> << Invece siete il miglior generale d’Europa >> disse Manuél, ammirando quel volto che non era bello, ma particolare sì.

Non sapeva che fare, e si rese conto troppo tardi che il principe era vicino a lui, troppo vicino. Per un secondo pensò di ritirarsi, di allungare la distanza,ma poi ci ripensò, non si sarebbe privato del piacere, mai.

Eugenio lo squadrò, poi sorrise, e lentamente, lo baciò.

Manuél reagì, e rese quel bacio tenero e delicato passionale e intenso. Si staccarono solo quando dovettero riprendere fiato, e Manuél si accorse dello sguardo lussurioso ed eccitante di Eugenio. Sorrise, << Mio principe >> poi si allontanò, era arrivato il momento di divertirsi. Doveva assumere un atteggiamento impassibile e calmo, Isabel non doveva sospettare che dopo appena sei mesi si era già stancato del matrimonio, mentre lei portava in grembo suo figlio.

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Capitolo 22
*** Invito ***


Quella sera Manuél e Isabel erano seduti sulla poltrona.

Lui le stava accarezzando distrattamente i capelli, mentre lei pensava a come dirgli che da quella notte , per altri tre mesi, non avrebbero potuto avere altri rapporti. Mentre stava per parlargli, per avvisarlo di qualcosa che lo avrebbe reso furioso, era questa una certezza nell’animo di Isabel Cifuntes maritata Volcos, udì bussare alla porta.

Un paggio entrò. Era un ragazzo, di circa vent’anni, castano, con degli occhi che a Isabel parvero bellissimi. << Sua Altezza Serenissima, il principe Eugenio di Savoia, mio signore, invita Herr Manuél Volcos, e sua moglie Frau Isabel, al suo ricevimento, che si terrà domani sera al palazzo del Belvedere >> disse, prima di girare sui tacchi e andarsene.

<< Cosa facciamo? >> chiese Manuél, fissando sua moglie. << Tu andrai. Io rimarrò a casa, ho paura che là svenirei in pubblico >> rispose, alzandosi. << Ne sei certa? >> domandò lui, non credendo alla sua fortuna, un ricevimento, Isabel a casa, e lui e il principe Eugenio …

<< Si, e non mi farai cambiare idea. Ti devo parlare, è importante >> << Ti ascolto amore mio >> << per i prossimi tre mesi non potremo dormire insieme >>. << Cosa? >> La reazione era la stessa che si era immaginata. << Stai scherzando, vero? Dimmi di si, che è uno scherzo >> << Non sto scherzando, amore mio, è un ordine del medico >> disse lei, alzandosi per andare a letto.

Lui la seguì, mentre pensava alla tortura che avrebbe subito nei prossimi mesi.

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Capitolo 23
*** Il ricevimento ***


La sera dopo Manuél era al ricevimento organizzato dal principe Eugenio di Savoia. Indossava uno dei suoi abiti migliori, Isabel aveva insistito perché fosse benvestito e facesse buona impressione, allo scopo di ottenere più informazioni possibili.

Ora era là, pronto a fare la sua mossa. A introdurlo ci pensò il paggio che aveva visto il giorno prima. Gli sorrise, forse non avrebbe avuto a sua disposizione solo l’anziano principe.

Entrò e vide Eugenio di Savoia, che intratteneva gli ospiti. 

<< Herr Volcos, e vostra moglie? >> << Isabel non si sentiva bene e ha preferito rimanere a casa >> rispose lui, abbassandosi e rialzandosi abbastanza lentamente.

<< Dopo il terzo ballo venite nella mia biblioteca, vi devo parlare >> Manuél annuì.

Terminato il secondo ballo si diresse verso la biblioteca del principe, scortato dal paggio di prima.

La biblioteca era immensa, e lui si sentiva a disagio. Poi vide il principe. << principe Eugenio>> disse. Eugenio di Savoia sorrise, poi gli si avvicinò. E lo baciò, delicatamente, sulle labbra. Manuél era sorpreso, ma quando sentì l’altro allontanarsi lo trattenne, voleva di più, di più.

<< Ma non eravate sposato? >> chiese il principe, sorpreso, si era spettato un rifiuto, o dei tentennamenti, mai quell’espressione di pura lussuria che appariva sul volto di Manuél. Il giovane non rispose, semplicemente iniziò a baciarlo, con passione crescente. Poi lo spogliò e si distese per terra. Eugenio sorrise, ed iniziò a toccarlo, mentre lo sentiva gemere senza ritegno. Si chiese il perché e perché non avesse rispetto per sua moglie, ma solo un attimo, infatti il giovane gli si stava chiaramente offrendo. Riprese a baciarlo, mentre lentamente lo penetrava. Manuél urlò per il piacere, e lui lentamente iniziò a toccarlo. Poi si rese conto che l’altro aveva raggiunto il limite, e a causa delle sua età, dopo un po’ tocco anche a lui.

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Capitolo 24
*** Bei Isabel ***


Isabel era seduta su una sedia. Accanto a lei, c’era Ivan, che stava bevendo il secondo bicchiere di vodka. << Altro? >> chiese lei, sorridendo. << No, altrimenti dovrò rimanere qui a smaltire la sbornia >> rispose lui. << Tu invece? Ancora un po’ di vodka? >> << Solo un goccio >> rispose lei, offrendo il bicchiere. << A che ora finisce il ricevimento? >> << Alle due, ma è meglio se vai via alle undici >> << Perché? >> << Non voglio che Manuél ti veda >> << Perché? >> << Non posso dirtelo, ma è meglio per tutti e tre che lui non sappia che sei stato qui >>disse lei. << Non mi hai sopportato, vero? >> << Verissimo. Dimmi, cosa è accaduto in Russia, dopo che siamo andati via? >> “ E io portavo in grembo tuo figlio” pensò lei.

<< Lo zarevic è stato condannato a morte, ma è morto il giorno prima, si pensa che sia stato zar a dare l’ordine di assassinarlo. L’altro figlio dello zar, Pietro, è morto ad appena cinque anni. La successione non è sicura, il figlio dello zarevic è praticamente ignorato, e lo zar ha solo figlie femmine. Lo zar Ivan ha avuto solo femmine, ma la zarina è giovane. Lo zar l’ha fatta incoronare ufficialmente. Ma tu? Parlami di te, cosa è accaduto? L’ultima volta che ti ho vista è stato nove anni fa >> << Sono tornata in Spagna, e poi è nato Juan. L’ho riconosciuto come figlio di padre ignoto, non avevo alternative. Un anno fa a Firenze mi sono innamorata, ma poi è finito tutto, e ho sposato Manuél >>. << Non mi amavi? >> << Non inganniamoci a vicenda Ivan, non ci siamo mai amati >> << Vero, hai ragione, ma dimmi, tu ami tuo marito? >> << … Si, lo rispetto, lo stimo e lo amo >> rispose lei, imbarazzata. << Davvero? Non lo so, ma mi sembra che lui sia un amico, piuttosto che un amante >> Era vero, al primo posto nel suo cuore c’erano rispetto e stima, dopo veniva l’amore. Era un amore cerebrale, fatto di piccoli gesti, così diverso da quello di Manuél, fatto di grandi slanci.

<< E’ meglio se ora vai via. Mio marito potrebbe tornare da un momento all’altro >> disse lei, accompagnandolo alla porta.

Non si era accorta di Mitzi che l’aveva spiata per tutto il tempo che Ivan Sergeevic Kuragin era stato in casa.

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Capitolo 25
*** Ritorno a casa ***


Verso mezzanotte Manuél tornò a casa. Si sentiva bene, anzi, non si era mai sentito così bene da quando si era sposato. Ora, mentre varcava la porta di casa si sentì prendere dal rimorso, dal disgusto di sé, dalla vergogna.

Aveva tradito Isabel. Aveva tradito quella donna bellissima, per cui avrebbe dato la vita, solo per vederla felice. Aveva tradito la madre del suo bambino.

Lei non l’avrebbe mai fatto, era inequivocabile, lei non l’avrebbe mai tradito, perché lo amava. Si, lei lo amava.

Mentre camminava vide sul tavolo due bicchieri, entrambi vuoti.

Aveva bevuto qualcosa con Mitzi. Di sicuro quella donna era ciò di cui aveva bisogno, e sorrise, pensando a ciò che aveva fatto per lei. Solo per lei. Si diresse con passo sicuro verso la loro stanza. Aprì la porta.

Lei dormiva, girata su un fianco, la camicia mostrava la sua maternità. Un angelo, si disse, il mio angelo. Si svestì e prima di addormentarsi la baciò delicatamente. Poi l’abbracciò

***

Avvertì il suo bacio, ma rimase indifferente. Lui credeva che lei dormisse da almeno due ore, ma la verità era che lei era a letto da appena un’ora, un’ora scarsa.

Ivan, Manuél, Giuliano. Al momento erano questi i nomi che le vorticavano nella testa, mentre la sua mente passava veloce e senza senso da Firenze a Bruxelles, e da lì a San Pietroburgo. Lo avvertì accanto a sé, che l’abbracciava, e si rilassò, lui era suo marito, l’amava, non le avrebbe fatto del male, ma era comunque meglio, per lei, per lui, per Ivan, che non sapesse che in quella casa fino a un’ora prima c’era stato un altro uomo.

Era meglio per tutti che lui ne rimanesse all’oscuro.

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Capitolo 26
*** tentativi di seduzione ***


Tre notti dopo Manuél si girò nel letto. Era esausto, e la sua pazienza stava per finire. Da quella sera non aveva più rivisto Eugenio di Savoia, e si stava convincendo che era stato tutto un attimo di follia, una stupidaggine che era meglio non rivelare.

Isabel era accanto a lui, e dormiva beata. Vederla ogni giorno, sentirla ridere con Mitzi, lo faceva star male. Non poteva toccarla, non poteva baciarla, non poteva amarla. Basta, si disse, medico o non medico lui l’avrebbe avuta.

Lentamente iniziò a toccarle il sedere, per poi far salire la mano.

***

Isabel dormiva. Sognava di essere con Giuliano, che lui le baciava il collo, e lei gemeva di piacere. Ma il sogno era un po’ troppo reale, così aprì gli occhi. Sentì Manuél che la baciava, le sue mani sul petto, e lo sentì. Lui la voleva, ma lei era terrorizzata.

<< Cosa stai facendo? >> chiese. << Non lo vedi? >> disse lui, mentre le sfiorava la schiena. << Vattene >> disse lei, mentre il piacere per un attimo la stordiva. << Menti, so cosa vuoi >> replicò lui.  << Smettila! >> urlò lei, alzandosi dal letto. << Sai qual è la verità, non ora, fra tre mesi si, ma non ora, e se non ce la fai non è un mio problema, vai fuori, l’aria fredda ti calmerà >> disse, gelida, mentre lui seguiva il suo consiglio, furente e frustato.

Lei si chiese se fosse stata troppo dura, ma si ricordò che non doveva più pensare solo a sé stessa, e non appena sentì la porta chiudersi si rimise a letto, ignara che qualcuno aveva origliato la conversazione.

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Capitolo 27
*** Schloss Belvedere in die Nacht ***


Camminava da quelle che sembravano ore. All’inizio aveva pensato di cercare una puttana, pagarla, farlo, e poi tornare a casa, ma più andava avanti e meno ne era convinto.

Alzò gli occhi, che prima aveva tenuto ostinatamente per terra, come i bambini.  Era arrivato al Belvedere, l’unico posto che avrebbe voluto evitare.

Alzò le spalle e salì per la collina.

Vide che il cancello era aperto e che c’era un festa. Non l’ho sfiorò l’idea di imbucarsi, ma vide il paggio dell’altra volta.

<< Herr Volcos >> disse il ragazzo, avvicinandosi. << Herr Richard, giusto? >> << Giustissimo, in cosa posso servirla? >> Manuél si avvicinò e lo baciò leggermente sulle labbra. << Fammi incontrare il tuo padrone, il principe >> disse, vicinissimo a quel viso.

<< Come desidera, Herr Volcos >> rispose Richard, andandosene con il volto velato di rammarico. Dopo dieci minuti tornò.

<< Vi attende nelle sue stanze >> disse, prendendolo per mano e guidandolo. Manuél docile, lo seguì.

Eugenio di Savoia stava bevendo dello champagne.

<< Herr Volcos, venite, venite >> Manuél avanzò. Poi, d’impulso, baciò il  principe ed iniziò famelico a spogliarlo. Eugenio rise dell’avventatezza del giovane e lo fece distendere sul letto.

Manuél la volta prima era mosso dalla lussuria, ora c’era rabbia, mentre attirava Eugenio di Savoia, c’era frustrazione mentre lo accoglieva in sé, c’era la voglia di non pensare a nulla, mentre avvertiva il piacere aumentare, fino al limite, appena prima che Eugenio di Savoia si posasse sul suo petto.

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Capitolo 28
*** Mattina ***


La mattina dopo, svegliandosi, Isabel trovò suo marito, che si stava vestendo.
Avvertendo lo sguardo di lei su di sé lui si concentrò di più sui gesti che compiva. Non poteva, non poteva permettersi che lei sapesse, che lo scoprisse, non ora, né mai.
Avvertì i passi di lei e cercò di non badarvi.


<< Volevo solo dirti … che forse ieri notte sono stata un po’ brusca. So che da parte mia è egoista negarmi a te, sei mio marito, ma cerca di capirmi, qui non si tratta solo di me, non più, e io … io ho paura >> ora si che lui si sentiva un verme; lei si scusava, e di qualcosa di cui non aveva colpa, e lui, lui … lui l’aveva tradita, non una, ma due volte.


<< Amore mio, tu non sai quanto ho sofferto per averti, solo per me , e ora, che posso averti, non posso >>


<< sai che se fosse per me ti direi di prendermi qui, contro le finestre, ora, ma non posso, Herr Hox ha detto che non mi devi toccare per i prossimi due mesi. Visto? Sono già due, mancano solo due mesi >> disse lei sorridendo e baciandolo. Lui si sorprese, sua moglie era incredibile, riusciva sempre a risollevarsi, forse era stato questo a farla andare avanti per anni, la forza di sapersi rialzare, anche nelle situazioni peggiori.


L’aveva vista con una volontà di ferro, e ora vedeva una donna fragile, innamorata di lui, che mai gli avrebbe disobbedito.

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Capitolo 29
*** Richiesta ***


Se qualcuno fa dei sacrifici per noi, anche noi dobbiamo farne per lui, o per lei. Così rifletteva Manuél, mentre camminava verso la Hofburg. Doveva parlare con Eugenio, spiegarsi.

Che amasse sua moglie era una verità inoppugnabile, ma che l’avesse tradita era un’altra verità. Non sapeva che fare, così quel giorno si era diretto alla Hofburg, certo che vi avrebbe trovato il principe.

E infatti lo vide, che camminava nei giardini. Si fece forza e si avvicinò.

<< Principe Eugenio >> << Herr Volcos, cosa vi porta qui? >> << Vi devo parlare, Eugenio >> disse Manuél, mentre sentiva che la determinazione lo stava abbandonando. << Anch’io. Fra una settimana SM andrà a caccia in Boemia, e volevo chiedervi se voi vorreste venire con noi >> Manuél ci pensò su, era un’eccellente idea, andare in Boemia. Raccogliere informazioni su quello che sarebbe accaduto, e una caccia a cui il Kaiser sarebbe stato presente era un’ottima occasione. Trovarsi con Eugenio di Savoia … poteva diventarlo, perché no?

<< Accetto >> rispose, anche se iniziava ad avere dei dubbi. << Sicuro? >> << Mai stato più sicuro >> rispose, gelido; un anno prima si sarebbe sicuramente buttato sul principe, e l’avrebbe baciato con trasporto, ma ora non più, mentre si ripeteva, come una filastrocca “ Sono sposato e amo mia moglie, sono sposato e amo mia moglie ”

 << Di cosa mi volevate parlare? >> << Nulla d’importante, bagattelle >>fu la risposta, nella sua mente la stessa filastrocca ” Sono sposato, amo mia moglie e la sto tradendo, sono sposato, amo mia moglie e la sto tradendo ”, ora leggermente cambiata.

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Capitolo 30
*** Pareri ***


<< In Boemia? >> chiese lei, s’indovinava nella sua voce un’incrinatura ansiosa e apprensiva  << Si, in Boemia mi amor >> rispose lui. Avevano finito di cenare, ma erano ancora seduti.

<< E sarà presente anche il kaiser? >> chiese lei. << Si, la sua presenza mi è stata assicurata >> rispose lui, alzandosi. Lei si alzò, con più attenzione, ora che novembre era appena arrivato lei era nell’ottavo mese di gravidanza. Lui la osservò, non gli era mai sembrata più bella, mentre si abbassava e le accarezzava il ventre. << Que quieres a la vida? >> chiese lei. << Tu mi amor >> rispose lui, sorridendo.

<< Per quanto starai via? >> chiese lei. << Non lo so, ma per Natale voglio essere a casa >> rispose lui.

Lei annuì, in quei giorni era previsto il parto, e non sapeva se lo voleva accanto o lontano.

<< E tu? Rimarrai qui da sola, forse ti devo portare con me >> << Rimarrò, ti sarei solo d’intralcio, e questo non ce lo possiamo permettere, è meglio così, per tutti e due >> rispose lei.

Lui sorrise, lei non immaginava che così lui avrebbe avuto carta bianca; sapeva che lei si sarebbe opposta alla sua proposta di andare con lui, ma ora era assodato che lei voleva rimanere a Vienna.

<< E poi non resterò sola, c’è Mitzi con me >> il sorriso di lei la rendeva bella, di una bellezza che lui sentiva di non meritare, specialmente in quel momento.

Pensò di non meritarla, di essere indegno di lei, quando avvertì le sue braccia, ma poi si ricordo che in quanto a costumi erano uguali, entrambi peccatori, entrambi non pentiti, solo che lui era ricaduto nel vizio, lei no.

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Capitolo 31
*** Partenza ***


Era passata una settimana da quando Eugenio di Savoia aveva proposto a Manuél Volcos di accompagnarlo in Boemia.

Ora lui era pronto, e stava  salutando Isabel. << Ti scrivo, appena arrivo ti scrivo,  te lo giuro >> disse, prima di baciarla appassionatamente.  << Va bene, va bene >> disse lei, sorridendo. Lui la guardò, era raro che si separassero, era la prima volta da tre anni, da Roma, che non accadeva.

Sorrise, poi salì in carrozza, il principe Eugenio era stato così cortese da mandarlo a prendere con una delle sue carrozze. E c’era anche il paggio dell’altra volta, che gesto carino, pensava, mentre si dirigevano verso la Hofburg

***

Dopo essersi resa conto di persona che suo marito era partito Isabel tornò dentro casa. Si diresse alla scrivania, e scrisse poche righe: “Ti devo rivedere, è urgente, vieni”, poi lo diede a una cameriera, dicendole di consegnarlo a Ivan Sergeevic. Dopo si sedette sul letto e pensò. Era la prima volta che prendeva l’iniziativa con lui, nemmeno in Russia l’aveva fatto, proprio ora che Manuél era assente, proprio ora che suo marito non era lì per controllarla.

Mitzi quel giorno sarebbe arrivata più tardi, era a casa sua, dove abitavano i suoi due figli, Joseph e Therese.

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Capitolo 32
*** Praga ***


Praga. Non c’era mai stato, né con Isabel né da solo. Aveva a disposizione un giorno, perché poi sarebbero ripartiti per la caccia, ma se la voleva godere. Era una città magica, misteriosa, affascinante. Un po’ come sua moglie, si ritrovò a pensare.

Era lontano da Vienna da due giorni, ma gli sembrava che fossero anni. Si chiese cosa stesse facendo, se fosse da sola, e se lo stesse pensando.

Mentre usciva dal castello vide il paggio di Eugenio di Savoia, Richard si chiamava, che usciva. Ci pensò su un secondo, poi lo seguì.

Lo seguì per un po’, finché il giovane non si voltò e lo vide. << Herr Volcos >> << Herr Richard >> disse lui, avvicinandosi.

Richard abbassò il volto, non doveva mai fissare direttamente negli occhi i signori, così gli avevano detto, anche se lentamente si stava innamorando di uno di loro. Manuél si avvicinò a lui, abbastanza affinché potesse specchiarsi negli occhi di Richard.

Poi, a tradimento, lo baciò. Non sulla bocca, ma all’estremità di essa. Richard rimase esterrefatto, non si aspettava un comportamento del genere. Non che ci sperasse, ma lo spagnolo era sposato, ed era l’amante del principe, che a ragione si era mostrato molto possessivo in quei giorni.

Eppure, c’erano i sentimenti che provava, che non voleva e non poteva evitare, non ora, non mentre lo spagnolo si allontanava; lontano da lui, lontano dal posto dove lo aveva baciato, ma sempre più vicino al suo cuore, sempre di più.

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Capitolo 33
*** A Vienna ***


Isabel in quei giorni vedeva Ivan. Ogni sera lui era ospite a casa sua. Lei cercava di sorridere, e di nascondergli le sue pene. Non voleva che lui si preoccupasse, bastava lei, per tutti e due.

Ogni sera, quando lui andava via Mitzi scuoteva la testa. Non si era resa conto che Frau Isabel fosse così sfrontata, vedere ogni giorno un vecchio amante,  che ridessero insieme. Era un corteggiamento, ne era certa, aspettava un figlio dal marito e si faceva corteggiare da un altro.

Isabel in verità non voleva amore da Ivan, non ne avvertiva il bisogno. Aveva invece bisogno di qualcuno che le fosse amico, che l’aiutasse e che la proteggesse. Ivan le era sembrato la persona giusta, soprattutto ora che Manuél era in Boemia, lontano da lei.

Ivan sembrava capirla a meraviglia, visto che ogni volta rimaneva fino alle dieci, per poi andarsene, congedandosi con un baciamano, quando nove anni prima capitava che se ne andasse all’alba e che si allontanasse da lei dopo averla baciata a lungo.

Anche quella sera, mentre lei era sul divano e lui su una poltrona. << Devo andare >> disse lui. << No, rimani, per favore rimani >> lo supplicò lei. << Perché? >> disse lui, cercando di allontanarsi da lei. << Ho paura a stare da sola, so che c’è Mitzi, ma ho paura >> << Di cosa? >> << Che nasca prima, di essere sola, che muoia, o che muoia io, o entrambi, di non sapere che cosa, per favore, rimani qui >> lo supplicò, questa volta stava per piangere.

<< Va bene, ma solo questa notte >> rispose lui, mentre lei lo guidava verso al stanza da letto. << Dormirò qui >> disse indicando una poltrona. Lei annuì. << Se hai paura grida, e corro >> disse, mentre, girato, avvertiva i rumori di lei che si cambiava.

Non si era accorto che qualcuno li aveva tenuti d’occhio.

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Capitolo 34
*** Risveglio ***


Quando Isabel si svegliò, il giorno dopo, vide Ivan che si era addormentato sulla poltrona. “Che caro”, pensò, mentre indossava un abito celeste. Lo osservò, era così calmo, così rilassato, il sonno lo faceva tornare giovane, come a San Pietroburgo, quando nove anni fa erano stati amanti.

Ormai vestita si avvicinò a lui. << Ivan, ti devi svegliare >> disse, dolcemente, lui la ignorò e continuò a dormire. << Ivan! Sei peggio di Juan, svegliati! >>

Avrebbe voluto urlargli la verità, ma si limito a sussurrare: << Ecco da chi ha preso Juan per la pigrizia, da suo padre >> prima di scuoterlo, come faceva a Madrid col figlio. Lui si svegliò, lentamente, come Juan, e nello stesso modo si stropicciò gli occhi.

<< Grazie, stavo facendo un bel sogno, eravamo in Russia, come quella volta >> lei sorrise, poi si avviò verso la sala, dov’era già pronta la colazione.

<< Dimmi, quanti altri amanti hai avuto?>> <> << Ne vuoi parlare? >> << Si, eravamo a Firenze, io all’iniziò pensai di sedurlo, così, un gioco, mi ripetevo, è solo un gioco. Ma poi … mi sono innamorata di lui, totalmente e scioccamente innamorata, come una fanciulla. Forse perché lui era diverso, non so perché >>. << Ma hai sposato Manuél >>. << Lui era già sposato >> ribatte lei.

Giuliano non le aveva mai parlato della moglie, non ne aveva sentito il bisogno, né lei si era interessata, gli bastava lui, e basta.

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Capitolo 35
*** Boemia ***


Erano partiti da Praga il giorno dopo, e ora erano a caccia, lungo le montagne già innevate della Boemia. Non era abituato alla neve, a Napoli non nevicava e a Madrid poi!

Ma gli piaceva, gli piaceva vedere quella grande distesa di terra divenire sempre più bianca.

Si dispiacque che Isabel non fosse con lui, per poter vedere il paesaggio con lei, ma era meglio che rimanesse a Vienna. Non voleva che lei o il bambino stessero in pericolo, e lui sapeva che in lavoro come il loro i pericoli erano quotidiani.

E poi era meglio che lei fosse rimasta a Vienna, perché lì, a poche leghe da dove si trovava lui, c’era il principe Eugenio di Savoia, di cui lui era l’amante, che seguiva la caccia un carrozza a causa dell’età avanza, e Richard, che presto sarebbe diventato il suo amante.

La vita gli sorrideva, e tutto andava come voleva. Persino ora che aveva appena visto un cervo. E che cervo, le sue corna erano enormi, una degna preda. L’ultima volta che era andato a caccia era stato due anni fa, nella brughiera inglese. Si slanciò all’inseguimento, e dopo diversi minuti fu sicuro di poter colpire.

Lentamente fece partire un colpo, che fu perfetto, visto che il cervo stramazzò al suolo.

Poi si voltò, non riusciva a credere alla sua fortuna, era finito vicino alla carrozza del principe, che lo osservava, con un sorriso malizioso.

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Capitolo 36
*** Mitzis Brief ***


Mitzi non sopportava più quell’atteggiamento. Frau Isabel Volcos era incorreggibile.

Ora non solo stava sempre con quel soldato, e lo circuiva, ma avevano passato la notte insieme.

Lei li aveva visti, prima che chiudessero la porta, ed era certa di quel che era accaduto quella notte. E di tutte le altre notti, se per questo.

Inoltre erano sempre insieme, ridevano insieme, lui sembrava essersi trasferito da lei, l’accompagnava ovunque, solo raramente svolgeva servizio; un’autentica indecenza, pensò, mentre terminava quella lettera.

Una lettera per Herr Volcos, affinché facesse cessare quella situazione, che faceva di lui un cornuto, di sua moglie una sgualdrina e del soldato … bhe un depravato che non aveva problemi a sedurre una donna incinta.

La lettera non era né lunga né complicata, si limitava ai fatti, ma era insinuante, sospettosa, abbastanza da generare una risposta, e lei era certa che ci sarebbe stata una risposta.

Poi la sentì: << Mitzi cara, questa sera Ivan mi porta alla Commedia, quindi puoi prenderti una serata di pausa, è giusto che tu stia con i tuoi figli >> disse lei, con una voce che tentava di essere gentile e che invece le riusciva antipatica e saccente.

<< Va bene, Frau Isabel, ma domani mattina arrivo presto, cercherò di sbrigarmi >> rispose, prima di vederla uscire, spensierata come una bambina.

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Capitolo 37
*** La cena ***


Quella sera la compagnia del duca di Savoia, composta esclusivamente da uomini cenò con gusto e appetito.

Manuél intervallava il cibo con del vino ungherese, ottimo ma un po’ troppo forte.  Tutti ridevano, e dopo un po’ i più giovani dormivano sul tavolo.

Il Kaiser, che aveva quarant’anni, rimase ancora un po’, prima di salire nella stanza che gli era stata riservata.

Erano rimasti solo Manuél, che iniziava ad avvertire la sbronza, e Richard, che era perfettamente sobrio, perché essendo un valletto non aveva bevuto.

Eugenio di Savoia invece era crollato quasi subito, come a Parigi, così aveva detto, prima che Richard lo trasportasse di sopra << Ci siamo solo noi due >> disse Manuél alzandosi. << Avete ragione, ma voi non siete in voi, quindi io adesso vi porto di sopra >> << Cosa c’è? Hai paura per caso? >> fu la risposta, accompagnata da una risata.  << Mio signore, voi non state bene, è mio compito occuparmi di voi >>, fu la risposta. << E inoltre … >>

L’aveva baciato, sulla bocca. Era ubriaco, ma l’aveva baciato.

<< Sai una cosa? Tu mi piaci, si, tu mi piaci >> A parlare era un ubriaco, ma Richard penso che si diceva la verità solo quando si era in fin di vita o sbronzi. Herr Volcos continuò a baciarlo, mentre a fatica lui lo trasportava di sopra, nella sua stanza. Poi, giunti lì, con poca delicatezza lo sospinse, e iniziò a baciarlo.

Richard non sapeva cosa pensare, ma era bello, tutto troppo bello per un semplice servo come lui.

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Capitolo 38
*** Gli italiani ***


Isabel quella sera si stava proprio divertendo. Ivan l’aveva portata alla Commedia, e si stavano divertendo a osservare gli attori italiani che improvvisavano le loro battute.

Era vero che alcune di esse era eccessivamente volgari, ma lei si divertiva troppo. Sapeva discretamente il tedesco, abbastanza da aver capito qual’era la trama, o per meglio dire, il canovaccio. Quando lo spettacolo finì lui l’accompagnò a casa.

Nevicava, e tutta Vienna era coperta di neve, che rendeva la città magica, quasi fuori dal tempo e dallo spazio.

Ivan la stava accompagnando, quando vicino casa si fermò.

<< Ricordi che in Russia, nove anni fa, non ci siamo salutati come dovevamo? >> Lei annuì, non sapeva cosa avesse in mente lui. << E’ giunto il momento di rimediare >> disse lui, prima di baciarla.

***

Lei non si aspettava il bacio, ma prima che potesse reagire lui aveva finito.

<< Perché? >> disse lei, boccheggiando. << Era il mio addio, ti avrei dovuta salutare nove anni fa così, non con un bacio appassionato, sarebbe stato meglio, per entrambi >> Lei annuì.  Non avrebbe mai tradito Manuél, ma non poteva negare che il bacio non le fosse piaciuto.

<< Un bacio d’amici? >> chiese, titubante. << Un bacio da amici >> confermò lui, prima di andarsene.

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Capitolo 39
*** Ritorno a Praga ***


Era stata una settimana dura, sempre a caccia il giorno. La sera c’erano bevute incredibili, che terminavo sempre con la testa che gli faceva male, una specie di ronzio piuttosto fastidioso a dirla tutta.

E poi c’erano loro, Eugenio e Richard. Del primo era l’amante, il secondo era il suo amante. Con uno passava le giornate, con l’altro le notti. E tutto andava bene,a Isabel aveva scritto diverse volte, e non aveva ancora ricevuto risposte perché aveva dato l’indirizzo di Praga, le lettere di sua moglie lo attendevano nella capitale boema.

Era calmo, se le cose si fossero messe male, in caso di complicazioni, parto prematuro, aborto, o morte di lei, lui si sarebbe precipitato, per vederla un ultima volta e occuparsi del bambino, o per farle coraggio. Così si ripeteva mentre la carrozza del principe Eugenio di Savoia entrava a Praga.

La carrozza si fermò di fronte al castello, e lui scese. Un valletto del principe era già lì’ ad attenderlo. << Herr Volcos, ci sono delle lettere per voi >> lui annuì ed entrò nella sua stanza, dove trovò le lettere di sua moglie.

Le lettere erano calde e sincere, come si aspettava da Isabel; sua moglie lo confortava, gli diceva che la gravidanza era difficile, ma che ce l’avrebbe fatta, che stava bene e che era ansiosa di riabbracciarlo. E che aveva scoperto che probabilmente l’arciduchessa Maria Teresa avrebbe sposato uno dei duchi di Lorena. Ce n’era una di Mitzi, l’aprì, la lesse, e si sentì mancare, mentre gelosia, rabbia, odio, frustrazione e sdegno si facevano strada nel suo cuore.

Uscì subito. << Perdonate principe, ma mi serve un cavallo. Torno a Vienna >> << Ma perché mio caro? Partiamo domani, che cosa vi costa aspettare un giorno >> << La reputazione, e l’onore >> disse, prima di salire a cavallo e di dirigersi verso Vienna, verso quella vipera infedele di sua moglie.

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Capitolo 40
*** La lettera di Mitzi ***


Mentre cavalcava ripensò alla lettera, come poteva lei, lei, lei che aveva giurato di amarlo, tradirlo? All’inizio aveva pensato che fosse un pettegolezzo, ma poi aveva letto quel nome. Mitzi era abbastanza chiara. La lettera gli tornò in mente per la quinta volta: 

Herr Volcos,

sua moglie, Frau Isabel Volcos sta dando scandalo per tutta Vienna. Non è bene che una donna nelle sue condizioni vada in giro per Vienna, da sola. Vero è che io sono sempre con lei. Ma c’è dell’altro. Sapete che vostra moglie si incontra ogni giorno con il maggiore Ivan Sergeevic Kuragin, padre dell’unico figlio di vostra moglie? Non sono una che origlia alla porte, Herr Volcos, ma ieri lui è stato sempre in compagnia di vostra moglie, uno scandalo. E quelle occhiate, quei sorrisi … un’indecenza. E ha dormito con vostra moglie, nello stesso letto, ne sono più che sicura. Ora non voglio dire che abbia usato di lei, ma io ho molti dubbi sulla fedeltà di vostra moglie.

La vostra fedele ed umile

Mitzi Hauser 

Ivan Sergeevic. Ivan era lì, a Vienna, e Isabel non gliel’aveva detto, aveva taciuto. La conosceva bene lui, quella sgualdrina, quella troia, quell’adultera. Lei lo tradiva con Ivan, senza preoccuparsi della gravidanza. Forse le parole del dottor Hox erano una bugia, sua moglie già lo tradiva da allora. Aveva pensato a tutto, quella vipera. Aveva sempre detto che non parlava con Ivan da nove anni, ma forse si tenevano in contatto, si, doveva essere così. Per questo lei era voluta andare con lui, per vederlo. Sicuramente parlavano di Juan, e di come lo rendessero cornuto, se parlavano, e su questo lui aveva dei dubbi.

Ti ho amato più della mia stessa vita, Isabel, ma ora ti odierò più della morte, pensò, mentre al galoppo attraversava la Boemia diretto a Vienna, da lei.

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Capitolo 41
*** La slitta ***


Quel giorno, era ormai dicembre e quasi ogni giorno cadeva la neve su Vienna; Isabel e Ivan uscirono dall’ambasciata spagnola, dove lei viveva. Lui, che abitava a Vienna da tre anni voleva portarla su una slitta, il modo migliore per farle ricordare cos’era accaduto in Russia nove anni prima, quando si erano conosciuti per la prima volta.

Da San Pietroburgo Isabel non era più stata in slitta, ma prima volle parlare con il dottor Hox.

Era infatti al nono e ultimo mese, una bellezza in sboccio, come diceva Ivan, semplicemente stupenda secondo Mitzi, che la sorvegliava in continuazione, per tutto il giorno, da almeno due settimane.

Herr Hox non ebbe nulla in contrario, le raccomandò solo di stare attenta e di coprirsi bene, e soprattutto di non farsi troppo sballottare dalla slitta. Così, un’ora prima del vespro Ivan andò a prendere Isabel.

La portò vicino il Belvedere, dove diverse altre carrozze divertivano i viennesi.

Dopo un po’, Ivan l’aveva coperta con tre coperte di lana, il cielo iniziava a tingersi a causa del tramonto, Isabel si sentiva davvero in pace con sé stessa e con il mondo. Lentamente, senza accorgersene, posò il capo sulla spalla di Ivan.

Lui l’abbracciò, e lei, più per svagatezza che per desiderio, ricambiò l’abbracciò.

Poi, a tradimento, lui la baciò. Il contatto fu come la volta precedente, leggero, solo che questa volta cercò di forzarla un po’ di più, e quando si rese conto che stava per cedere si allontanò.

<< Perché? Anche questo era un bacio d’amici? >> chiese lei, cercando di apparire sarcastica. << No, era un bacio di bentornata, bentornata mia antica amante, bentornata amica mia >> rispose lui.

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Capitolo 42
*** Sera ***


Era arrivato a Vienna. Aveva fatto più velocemente che poteva, cercando di non sfiancare il cavallo, e ora era lì. A Vienna. O meglio, abbastanza vicino da poterla vedere.

Ma era già sera, e il cavallo era stanchissimo. Per un secondo pensò di entrare a Vienna, correre a casa, e cercarla. Forse era con Ivan, forse stavano cenando, forse invece erano già a letto insieme, e lui li avrebbe sorpresi. Si immaginò l’espressione colpevole di lui, il suo furore, la vergogna di lei.

Ma poi, poiché la vendetta è un piatto che va servito freddo decise di attendere. Sarebbe arrivato la mattina dopo, era meglio per tutti, se si fosse sbagliato non se lo sarebbe mai perdonato. A pochi passi da dov’era c’era una locanda.

Veloce entrò, chiese se c’erano letti per la notte, ricevette una risposta affermativa da parte dell’ostessa, una donna sui vent’anni e chiese da mangiare.

La donna face la carina, desiderosa di sedurre quell’uomo che sembrava così immerso nei suoi pensieri, ma lui la ignorò, solo Isabel, o lei o la morte. Come Otello. Quando l’ostessa gli chiese se avesse bisogno di qualcosa per la notte lui si limitò a scrollare le spalle, mettendo in evidenza la fede, in modo che la donna, quella sfacciata, capisse che nel suo cuore c’era qualcuno.

Isabel, l’amore che provava per lei era ormai sostituito dall’odio. Un odio forte e implacabile, come un tempo, nemmeno molto remoto, si disse, lo era stato il suo amore per lei. Con questi pensieri si addormentò.

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Capitolo 43
*** L'abbraccio ***


Quella sera cenarono con il gulasch, un piatto tipico ungherese, che Isabel trovò delizioso.

Mitzi, seduta al suo posto pensava che non solo Frau Isabel era un’adultera svergognata, ma anche che simpatizzava per gli ungheresi. Quella donna era un autentico mistero, un enigma e sul suo passato era riuscita solo ad ottenere informazioni varie e generiche. E ora era lì, con una donna incinta di nove mesi, prossima al parto, insieme al suo amante, con un figlio a diverse leghe da lì, mentre il marito era in Boemia.

Si rassegnò, poi, mentre si sedeva a osservare le stelle li vide giocare a faraone, mentre ridevano e scherzavano, con la familiarità di una coppia di sposi, o come quella di due amanti pensò. Poi li vide dirigersi verso quella che fino a un mese prima era stata la stanza da letto di Herr Volcos e di sua moglie, che era ancora una donna rispettabile.

Herr Volcos. Si era stupita di non ricevere nessuna lettera da lui, niente, come se la questione non lo riguardasse, o come se già sapesse e avesse un motivo per tollerare l’amante della moglie.

Questi spagnoli, erano davvero strani.

***

Isabel si rigirò nel letto. Aveva paura, ora più che mai. Aveva paura perché non era in Spagna. Aveva paura perché Manuél non era con lei. Aveva paura che Ivan scoprisse chi era davvero Juan. Aveva paura di perdere il bambino. Aveva paura di morire nel darlo alla luce, e di lasciare Manuél con due bambini da crescere. Era certa che lui non si sarebbe risposato, ma era anche sicura che da solo non ce l’avrebbe fatta, forse con Maria, ma era un ben misero aiuto.

Poi sentì che qualcuno l’abbracciava. << Manuél amore mio >> disse, sperando che lui fosse tornato, che le dicesse che andava tutto bene, che ce l’avrebbe fatta. << No, Marja, Ivan >> << Ivan, cosa ci fai qui? >> disse lei, cercando di liberarsi. Quell’abbraccio, sembrava che volesse soffocarla, ucciderla, ucciderla con il suo bambino; non lo voleva.

<< Ti agitavi nel sonno, così ti ho abbracciato, brutti sogni? >> << Si, è per la paura, io … io ho tanta paura Ivan >> rispose, mentre iniziava a rilassarsi, il contatto era piacevole, nonostante tutto.

<< Stai tranquilla, sei una donna forte, e hai tuo marito al tuo fianco>> <>

<< Lo ami? >> << Si, ma è un amore diverso. Con … Giuliano era desiderio, un desiderio bruciante e intenso, passione sfrenata. Ora è diverso. E’ un amore fatto di piccole gesti, un bacio, uno sfiorarsi, una lettera, e lui non mi dà più sue notizie >> disse lei, cercando di non piangere.

<< Tranquilla, tornerà, se vuoi domani cercherò di informarmi >> << No, fra due giorni, ma non domani, voglio aspettare ancora un giorno>> disse, lei, prima di addormentarsi fra le sue braccia che la cullavano.

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Capitolo 44
*** Ritorno a Vienna ***


La mattina dopo, Manuél Volcos, nato a Napoli, lì cresciuto, spagnolo, marito di Isabel Maria Cifuntes de la Conception e patrigno di Juan Maria Fernando de la Conception, si svegliò di buon ora.

Per un secondo pensò a dove fosse finito, quello non era il suo letto, poi gli occhi gli caddero sulla lettera. E sentì la rabbia montargli dentro, inarrestabile come un fiume in pena.

Mitzi aveva fatto un eccellente lavoro, doveva riconoscerlo, si meritava tutti i soldi che guadagnava. Veloce scese, mangiò quello che l’ostessa gli mise davanti ed uscì, diretto a Vienna.

Mentre cavalcava pensò che forse aveva sbagliato, che forse lei non lo tradiva. Aveva giurato di amarlo, davanti a un prete, davanti a suo figlio, e sapeva, per esperienza, che Isabel manteneva sempre la parola data.

E allora perché, più si avvicinava a Vienna, più sentiva crescere l’inquietudine e la paura di arrivarci realmente?

Poi, era vicinissimo all’ambasciata, già la vedeva, gli parve di vedere qualcuno che usciva da lì, a quell’ora. Si avvicinò lentamente, e si fermò.

Ivan, Ivan Sergeevic Kuragin. L’antico amante di sua moglie, il padre di Juan, l’attuale amante della sua Isabel, usciva proprio in quel momento. Lasciava la sua casa dopo aver passato la notte con sua moglie.

Li immaginò, a letto insieme, avvinti negli amplessi più sfrenati, e non resistette più. Veloce scese da cavallo e corse dentro.

Mitzi stava leggendo una lettera dei suoi figli quando lo vide. Sorrise, aveva capito perché lui si trovasse lì, e la cosa era più grave di quanto pensasse, lui era livido dalla rabbia.

<< Dov’è? Dov’è quella troia? >> << Vostra moglie dite? E’ nella sua stanza >> rispose lei, era fatta.

Lui si diresse verso la stanza indicata, e aprì la porta con furia. Ora avrebbe avuto delle risposte.

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Capitolo 45
*** Chiarimenti ***


Isabel era seduta di fronte allo specchio, e si stava spazzolando i capelli.

Lui la osservò, in silenzio, poi vide il letto. Era sfatto, con le lenzuola in disordine, ed era evidente che vi avevano dormito due persone.  Lei posò la spazzola e lo vide sullo specchio. Subito si alzò, e nonostante la maternità imminente corse verso di lui e l’abbracciò. << Amore mio, mi sei mancato tanto >> disse lei. Lui la respinse, incurante del suo stato.

<< Da quanto in qua menti così bene? Da quanto in qua pensi che mi beva le tue storie? Non sono cieco, ne stupido, come tu e il tuo amichetto avete pensato. Si, lo so, so di lui. Ivan. Con tutti i russi che ci sono a Vienna proprio con lui dovevi cornificarmi, puttana, troia, sgualdrina, puta, putain, whore. Io ti amavo … lo capisci questo, vero? Io ti amavo, ma ora.., ora non provo più amore, ma solo odio e vergogna per essermi fatto raggirare. E’ il padre di Juan lui. Gli scrivi, vero? Lo tieni informato sul tuo bastardo. Per questo sei voluta venire a Vienna. Per vederlo, per tornare con lui. Io ti amo Isabel, anche ora che dovrei odiarti, io ti amo, e ti odio. Ma … ma non ce la faccio, puttana, lo sapevo che non eri cambiata, sei solo una sgualdrina che gioca con il cuore di coloro che sono così sciocchi da innamorarsi di lei. Io ti credevo, io mi fidavo, ma ora… preferisco vederti morta che con lui, anzi ti ucciderò io, e non m’importa niente della creatura che porti in grembo >>.

Lei era rimasta immobile,durante quella sfuriata, rendendosi conto di quanto avesse fatto male a non parlare subito di Ivan a suo marito.

<< Manuél? Io non ti ho mai mentito, o almeno non per quello per cui tu mi accusi. Non sei stupido, anche se ora ti stai comportando come tale. Sapevo che ti avrei dovuto parlare di Ivan, ma non l’ho fatto e me ne pento completamente solo ora. Non gli ho mai parlato di Juan, non del tutto. Sa solo che l’ho avuto al ritorno dalla Russia, non sa chi è il padre. Non gliel’ho detto perché ho paura che me lo porti via. E io non voglio. Gli ho scritto una lettera, puoi leggerla se vuoi, non ho segreti, ne vorrò mai averne per te. Non so se avrò il coraggio di dargliela, non lo so. Io ti amo, e sono cambiata, te lo giuro, sulla vita di tuo figlio che deve ancora nascere. Sono venuta a Vienna per stare con te, solo con te, credimi. Ivan l’ho incontrato per caso, e lui non vuole essermi amante, ha un amante a Mosca. Vuole essermi amico, come te fino a un anno fa credimi, te ne prego. Il letto? E’ vero, ha dormito con me, ma solo perché dormo male e lui mi ha rassicurata, credimi. Io ho fatto tutto per te. Ti ho sposato, ti ho affidato Juan, il mio bambino, sono incinta di tuo figlio. Tuo, e di nessun’altro. E tu mi tratti così? Come se fossi una puttana qualunque. Sappi una cosa, Manuél Volcos, io … io … >>

Non riuscì a finire la frase, perché svenne. L’ultima cosa che udì fu la sua voce che la chiamava, e l’ultima cosa che vide fu lui che correva verso di lei.

x KikyoOsama: ti ringrazio molto, in effetti in questa storia l'intrigo c'è poco, si trova di più in quella che seguirà o nelle precedenti, diciamo che è di trasizione. Sono felice che ti piacciano i pg, ho cercato di renderli più realistici che potevo. Manuél è Manuél, piace a tutte. Sono sorpresa che ti paiccia Ivan, a mio parere è uno dei miei pg più riusciti, come Mnauél e il figlio di Isabel

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Capitolo 46
*** Risveglio ***


Quando Isabel si risvegliò era sul letto, qualcuno l’aveva spostata. Si tirò su, e sentì la voce di Mitzi.

<< Abbiamo rischiato, Herr Volcos. Non dovete farlo più >> << Cosa rischiava? Dimmelo, e non mentirmi! >> << Nella migliore delle ipotesi vostra moglie ha rischiato un parto prematuro, nella peggiore un aborto e forse di morire essa stessa>> fu la risposta. <> << Perché la amo, e non sopporto di saperla con un altro, anche se è solo un amico, come ha detto lei >>. << Dovete rimanere calmo e non farla impensierire troppo, non le fa bene, ha già una gravidanza difficile, non complicatele la vita >> fu la risposta di Mitzi, prima che uscisse dalla stanza. Lei si alzò da letto, rendendosi conto che c’era una vestaglia lì vicino. La indossò e si avvicinò al marito, che era alla finestra pensieroso.

<< Tutto bene? >> disse, avvicinandosi a lui.

<< Affatto. Ho rischiato di ucciderti, di uccidere il nostro bambino. E tutto perché l’ho visto uscire da qui questa mattina. Io ti amo, e ho reagito male, tu... tu sei troppo buona on me, e io non me lo merito >>. << Non parlare così. Guardami. IO mi fido di te, è vero, ti ho taciuto qualcosa, ma se tu avessi rivisto Anne, Charlotte, o Maria me l’avresti detto?>> <> << Io l’ho pensata allo stesso modo >>. << Ho letto la lettera >> << E? >> << Non dargliela, né ora né mai, fallo per me >> << Lo farò, ma non ti prometto nulla >> << E quando sarà nato il bambino torneremo in Spagna, e smetteremo con questa vita >> << No! Solo perché sarò la madre dei tuoi figli non vuol dire che smetterò. Io … ho giurato che avrei continuato >> << A chi? >> << Sulla tomba di mio padre >> rispose lei, e lui non insistette, era meglio per lui. Anche lui aveva giurato, ma la persona a cui aveva giurato gli aveva detto che se voleva poteva ritenere l’impegno nullo.

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Capitolo 47
*** Parlare ***


Parlare, doveva solo parlargli. Spiegargli la situazione. Dirgli chiaramente che per quanto fosse attratto da lui era meglio troncare lì. Subito, senza ripensamenti di alcuna sorta. Così pensava Manuél Volcos, mentre saliva per la collina del Belvedere. Doveva troncare, sia con Eugenio che con Richard. Con il primo sarebbe stato facile, pensava, lui poteva avere altri amanti, ma con quel ragazzo … si ricordava ancora degli occhi di Lorenzino, quando a Firenze gli aveva detto che era in partenza, e sperava di non dover ancora affrontare quegli occhi.

Arrivato chiese dove fosse il principe. Gli fu risposto che Eugenio di Savoia era nel parco.

Veloce si fece indicare da Richard dove fosse il parco, e vi andò, mentre il ragazzo lo precedeva per annunciarlo. Eugenio era nel parco, da solo. Richard lo annunciò, poi, lentamente tornò nel palazzo, sicuramente li avrebbe spiati, penso Manuél.

Si avvicinò al principe, che lo squadrò da capo a piedi. Lui si sentì gelare di piacere, di fronte a quello sguardo.

Eppure … eppure lui amava Isabel, la amava alla follia, eppure, nonostante questo era attratto da quell’uomo che poteva benissimo avere l’età di suo padre.

<< Principe Eugenio >> << Herr Manuél >> << Principe, vi devo parlare >> << Parlate pure mio caro ragazzo >> << Io … io vi amo, ma amo anche mia moglie, e fra pochi giorni, secondo il dottore mancano solo due settimane, lei partorirà mio figlio >> << E allora? >> << Allora mi chiedevo, se … >> << Se cosa? >> << Se … >> Non finì la frase perché avvertì il tocco delicato delle labbra di Eugenio von Savoie sulle sue, e d’istinto ricambiò, odiandosi per come aveva e stava cedendo a quell’uomo.

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Capitolo 48
*** Ricordi di famiglia ***


Isabel era alla finestra, e stava giocando con il ciondolo che portava al collo, così la trovo Manuél, quando tornò a casa. Un fallimento totale, totale. Non c’era riuscito, assolutamente.

Perché gli era così difficile dire a Eugenio che fra loro due era finita, che era stato uno sbaglio enorme da parte sua innamorasi, no, infatuarsi, di lui; quando a Firenze si era liberato con calma e leggerezza di Lorenzino? Perché era così difficile? Perché?

<< Vieni >> disse lei, e lui si sedette sulla poltrona vicino a quella di sua moglie.

Lei aprì il ciondolo, e lui vide una miniatura. Era la miniatura di una donna, aveva lunghi capelli neri, e gli stessi occhi di Isabel. Doveva essere sua madre. Ma c’era qualcosa nei lineamenti, qualcosa di diverso, di più esotico.

<< Mia madre, donna Maria Vitoria Real de Noy >> disse lei, togliendosi il ciondolo e mettendoglielo in mano.  Lui lo osservò; era un bel lavoro, ma non eccellente, c’erano diversi pittori che avrebbero potuto fare di meglio.

<< Mia madre morì quando avevo due anni, ricordo solo che profumava di rose e del mare. Avevo anche una sorella, Maria Luisa, che era in convento. Mio padre fece fare la miniatura quando avevo dieci anni. Avevo otto anni quando mia sorella, che aveva già sedici anni, prese il velo, fu l’ultima volta che la vidì. Morì tre anni dopo, e mio padre la seguì nella tomba dopo un anno, lasciandomi sola. A diciotto anni … capitò quel che capitò … ed ora eccomi qui >>.

Lui la osservò, poi le rimise il ciondolo e si chiese se anche lui dovesse parlargli del suo passato, e decise che era meglio di non, non ancora almeno.

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Capitolo 49
*** Incontri ***


Il giorno dopo, mentre Manuél era in giro, così aveva detto a Isabel, lei chiese a Ivan se si potevano vedere. Lui aveva risposto affermativamente, e si erano incontrati sull’altra riva del Danubio.

<< Non c’è più bisogno che t’informi, Ivan, è tornato, ieri >>. << Sono felice per te, davvero >> << Sarà più difficile vederci ora >> << Vero, e mi dispiace, sei un’ottima compagnia mia cara >> << Anche tu non sei male >> disse lei. << E pensa un po’, ce ne rendiamo conto ora, dopo che nove anni fa siamo stati amanti?! >> disse lui, prima di iniziare a ridere, seguito da lei.

Lui la abbracciò, entrambi ridevano. << Sono così felice, ma a gennaio dobbiamo andare via >> disse, mentre cercava di prendere la lettera, che aveva nascosto nel suo corsetto. << Lo so, mi farebbe piacere ricevere le tue lettere>> << Non so se è una buona idea >> disse lei, e lui concordò.

***

Era appena uscito dal palazzo del Belvedere, dopo aver passato un ottima mattina con il principe. E metà pomeriggio con il giovane Richard, che si vedeva lontano un miglio che era pazzo di lui. Ora stava camminando sulla riva del Danubio, poi sarebbe andato a casa, dove Isabel lo attendeva.

Poi li vide, e fu certo che mai avrebbe dimenticato quello che stava vedendo in quel momento. Lui l’abbracciava, e rideva. Lei, lei, ricambiava quell’abbraccio e rideva.

Si sentì morire, lei era felice, e non per merito suo, ma di lui. La gelosia s’impossessò di lui, e per un secondo fu tentato di prendere in mano la spada e ucciderla, di fronte a tutti.

Poi la osservò, e la vide, mentre appoggiava la testa sulle sue spalle, per poi ritrarsi, e dire qualcosa, e lui assentiva. Lui cercò di baciarla, ma lei aprì il ventaglio, non voleva.

Infine la vide allontanarsi da lui, che si congedò con un baciamano, poi se ne andarono per due direzioni differenti.

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Capitolo 50
*** Spettacolo all'Opera ***


Quella sera c’era un ballo di corte, dove le arciduchesse avrebbero ballato. Così quella sera tutta la corte era alla Hofburg.

C’erano anche Manuél Volcos e Isabel Cifuntes.

Isabel sedeva, rigida, nonostante la maternità imminente, e suo marito era accanto a lei.

Poi, dopo qualche minuto, iniziarono le danze.

Una delle ballerine migliori era l’arciduchessa Maria Teresa, che allora aveva solo sette anni. Sua sorella, l’arciduchessa Maria Anna era nettamente inferiore a lei.

<< Lo vuole fare, e non solo per l’Austria >> mormorò Manuél. << E’ una follia >> fu la risposta della moglie. << Vero, una pazzia, tipica di questi Asburgo >>. << Si deve sposare >> << E so anche con chi >> << Chi? >> << Il duca di Lorena >> << Il duca di Lorena? >>

Manuél si pentì di aver detto quel nome. Per causa sua, anche se il giovane duca non lo sapeva, loro erano andati a Firenze, avevano conosciuto Giuliano, Isabel l’aveva amato, e lui, tornati in Spagna, l’aveva sposata.

<< Si amore mio, il duca di Lorena, o meglio, uno dei figli >> << Quale? >> << Il maggiore, Leopoldo Clemente >> << Un cadetto in Toscana, uno a Vienna, i Lorena vogliono emergere >> << Non lo permetteranno >> << Chi non permetterà cosa a chi? >> << Scegli, Inghilterra, Francia, Prussia, Spagna. Nessuno vorrà che gli Asburgo diventino troppo potenti >> << Ma la Lorena? >> << Diverrà parte dell’Impero, e accerchierà al Francia >> << Non c’è un’altra soluzione? >> << Non ne vedo, amore mio, non ne vedo >>.

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Capitolo 51
*** La carte de Juan ***


Isabel si era appena svegliata, e subito Mitzi le aveva dato quella lettera, anzi quelle lettere.

Una era quella di don Sebastian, che la teneva al corrente dei progressi che faceva Juan negli studi. Lesse prima quella, per l’altra c’era tempo, così si disse.

Finito la ripose sul tavolino e sorrise, andava tutto bene. Juan faceva ottimi progressi nel francese, un po’ meno buoni nel latino, e per quanto riguardava filosofia aveva appena iniziato, e prometteva bene. Lei non aveva avuto un’istruzione accurata come quella del figlio, era un’autodidatta.

Manuél, lui era quello che aveva una cultura, che aveva studiato, non lei.

Poi aprì l’altra, era una lettera di Juan, di suo figlio, il figlio di Ivan.

L’aprì e lesse:

Carinissimi madre, e padre,

ho da poco ricevuto la vostra lettera, in cui mi fate gli auguri per il Santo Natale. Sono felice di sapere che state bene, e che nell’anno venturo avrò o un fratello o una sorella.

Don Sebastian dice che miglioro, e Maria dice che divento ogni giorno più bello e adorabile.

Mi chiedevo se voi, madre, vorreste parlarmi di Vienna, che sembra essere così diversa da Madrid.

Avete scritto che nevica, cos’è la neve? Io non l’ho mai vista, com’è fatta, madre, com’è fatta?

Odio dover passare questo Natale da solo, solo con Maria e don Sebastian. Quando tornate madre?

Don Sebastian dice che dovrei entrare all’Accademia già dal prossimo anno, ma io voglio stare con voi, mamma, che cosa devo fare? Ho detto che quando voi due tornerete allora si deciderà, vi scongiuro, tornate presto

Il vostro amato figlio

Juan

Depose la lettera, dopo averla letta tre volte. Era già un miglioramento, si disse, era già un miglioramento. Aveva accennato a Manuél, solo una volta, ma l’aveva chiamato padre.

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Capitolo 52
*** Ricordi da passato ***


Era alla porta, doveva correre, avevano bussato, e la servitù, composta di poche persone a dire la verità, erano tutte occupate. Suo padre era nello studio, e quando era lì lui sapeva che non doveva disturbarlo.

Erano da due anni in Spagna e lui non si era ancora abituato.

Aprì la porta. Un uomo, anziano, di circa sessant’anni, con i capelli argentei, era di fronte a lui.

<< Don Josè Volcos abita qui? >> chiese il misterioso visitatore. << Si, io sono suo figlio, don Manuél Volcos, devo farlo venire? >> << Si, è urgente>>.

<< Maria >>. Una donna di circa vent’anni, mora, arrivò. << Va a chiamare mio padre, digli che c’è un signore che lo vuole >>. << Subito don Manuél >> rispose la donna, salendo le scale.

Dopo cinque minuti vide suo padre scendere.

<< Don Alfonso, che novità mi portate di mio figlio? >> Francisco, riguardavano Francisco, il suo fratello maggiore, il suo modello, che era in guerra, sul fronte francese.

<< Vi devo parlare. Vostro figlio, don Francisco Maria Neopuceno, colonnello del 15°, è morto da eroe durante l’assedio di Torino >>.

Francisco, Francisco era morto. Suo fratello, colui che considerava immortale era morto. Vide, come se fosse un sogno, suo padre finire a terra e piangere, come in un sogno sentì le lacrime sul viso.

Poi sentì una mano sulla spalla. Alzò lo sguardo e vide Isabel, la sua Isabel. Lei era una donna di trent’anni, lui un ragazzino di dodici.

<< Tranquillo amore mio, presto avrai un altro Francisco >> disse lei Poi si abbassò, lo abbracciò, e lui sentì il suo profumo di donna contro di sé. Poi lei lo baciò, sulla bocca, a lungo, sensuale come non mai. Lui rimase fermo per pochi attimi, poi le rese il bacio.

Si svegliò di soprassalto, angosciato.

Erano anni che non pensava al fratello, a Francisco Maria Neopuceno. E ora, quel sogno. Cosa voleva dire? E perché proprio ora?

Si voltò, e vide sua moglie dormire, il ventre evidente, prossima al parto. Era così calma, e bella, si chiese se al dovesse svegliare per raccontarle del sogno, ma poi respinse l’idea, che almeno lei dormisse, che almeno a lei fosse data la pace che ci pervade quando dormiamo.

La sua presenza, nonostante fosse estranea al ricordo non lo aveva turbato, anzi, lo aveva rassicurato e confortato.

Un altro Francisco, e poi il bacio. Che cosa significavano? Forse sua moglie aspettava un maschio? Si, doveva essere così, ecco spiegato il sogno, ora era tutto chiaro.

Lo avrebbe chiamato così, come suo fratello. Se fosse stata femmina l’avrebbe chiamata Blanca,la versione spagnola di Bianca, il nome che aveva sentito pronunciare da Isabel  in quell’incubo.

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Capitolo 53
*** Chiarimenti ***


Il giorno dopo, 20 dicembre 1724, Manuél Volcos si svegliò di buon mattino. Il sogno della sera precedente lo aveva turbato più di quanto credesse, e quindi aveva deciso che era meglio parlarne con Isabel, forse lei avrebbe capito qualcosa che gli era sfuggito.

La trovò che faceva colazione, con gesti calmi e misurati, ma che le riuscivano sensuali e intriganti.

Lui si sedette, e lei gli sorrise. << Ti devo parlare >> << Ti ascolto >> fu la risposta, anche se vide che si stava agitando.

<< Ho fatto un sogno, un sogno strano >> << Raccontamelo >> << Ho rivissuto il giorno in cui annunciarono a me e a mio padre la morte di mio fratello, Francisco Maria Neopuceno Volcos >>. << Mi dispiace >>. << Tu c’eri >>. << Nel sogno del tuo passato? >> << Si, eri così, una donna, non una bambina, o una fanciulla, ma tu, ora >>. << E cosa facevo? >> << Mi hai detto che presto avremo un altro Francisco, e poi mi hai baciato>>. << Dove? >> << Sulla bocca, e io ho risposto, poi mi sono svegliato >>. << Un sogno bizzarro, la mia balia, Maria, sapeva interpretare i sogni, glielo aveva insegnato sua madre, un’india>>. <> disse lui.

Lei rimase assorta nei suoi pensieri, mentre lui faceva colazione.

<< Forse tuo fratello vuole che tu dia il suo nome al nostro bambino >> disse lei. << Ci avevo pensato, ma se fosse una bambina? >> << Allora lo useremo per il prossimo, siamo ancora giovani, possiamo avere altri figli >> disse lei.

Eppure, eppure, c’era qualcosa di sbagliato, i calcoli erano leggermente sbagliati, di pochi giorni, ma erano sbagliati, pensò lei, ansiosa e leggermente spaventata.

A Firenze Manuél aveva smesso di possederla dopo che era riuscito ad ottenere il famigerato documento. E secondo il dottor Hox lei era incinta già prima della loro partenza. Le venne un dubbio. Di chi era il bambino che portava in grembo?

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Capitolo 54
*** Verita? ***


<< Frau Isabel. Le posso assicurare che va tutto bene, dopo i primi mesi la sua gravidanza adesso prosegue meravigliosamente >> << E il parto? >> << Il parto può avvenire a momenti, anche adesso, se suo figlio ha deciso di nascere prima del Santo Natale >> lei sorrise.

Era felice che tutto stesse andando per il meglio; ormai i dolori e le nausee erano spariti, e lei si sentiva scoppiare di energia. Il rapporto con Manuél andava bene, benissimo. Certo, lui era più sfuggente che mai, e lei preferiva rimanere a casa, piuttosto che frequentare la dame viennesi, che trovava così bigotte e diverse dal suo stile di vita.

<< Perché la volta scorsa mi avete detto che avevate sbagliato? >> << Perché, Frau Isabel, vi dissi che voi eravate incinta di trentatre settimane >> << E allora? >> << Mi ero sbagliato, errore mio, voi siete incinta di trentasei settimane >> << Quindi … voi … voi volete dirmi … che … >> << Che il vostro parto avverrà prima di quanto avevamo previsto, sicuramente prima dell’anno venturo, mi ci gioco la laura >> << Grazie >> fu la risposta, mentre usciva.

Dubbi, domande, paure, angosce, questo provava, mentre camminava per Vienna. Perché si sentiva così inquieta?

Fra due mesi sarebbe stato febbraio. Sorrise, a febbraio lo aveva conosciuto, e aveva iniziato ad amarlo.

Ripensò al sogno che aveva fatto, in cui lui le diceva che lei avrebbe pensato a lui per il resto della sua vita. Ci aveva riso sopra, un sogno è un sogno, alla fine è un prodotto della mente. Ma... ma se il sogno avesse ragione? Cosa significava per lei, ora?

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Capitolo 55
*** Tentativi di allontanarsi ***


Manuél in quei giorni era inquieto, molto più del solito. Più provava ad allontanarsi da Eugenio, da Richard, persino dallo stesso palazzo del Belvedere, e più ne era attratto.

Ogni giorno era lì, come la prima volta, pronto a soddisfare le voglie del principe e a soddisfare le proprie su Richard.

Anche quel giorno, era il 21 dicembre, e lui contava di partire da Vienna entro due settimane, o al massimo tre, il tempo che Isabel partorisse e che fosse in forze per poter viaggiare.

Avrebbe dovuto congedarsi da Eugenio, e farlo il prima possibile, si disse, prima di subito anzi. Così pensava mentre arrivava al palazzo del Belvedere, e vedeva che la carrozza del principe si fermava. Lo vide scendere, aiutato da due valletti.

Fece due respiri profondi, si raccomandò a San Gennaro, a Santiago, e si

<< Principe Eugenio >> << Herr Volcos >> << Vi devo parlare >>. << Aspettatemi nel mio gabinetto >>. << Come desiderate voi >>.

***

Sapeva che avrebbe perso in partenza, chiedeva solo una resa onorevole, e invece no, nemmeno quella gli era concessa. Era disteso su quello che doveva essere un tappeto persiano, mentre, sopra di lui, il principe sapeva usare bene sia le mani che la lingua, e lo dimostrava.

Avvertì le mani di Eugenio sulla schiena e si voltò, senza smettere di baciarlo. Poi Eugenio fu in lui, e lui gridò per il piacere, fino a giungere il culmine.

Poi lo avvertì, dentro di lui, e lo avvertì alzarsi e rivestirsi.

<< Di cosa volevi parlare? >> << Pensavo di tornare in Spagna, e di lasciare Vienna con mia moglie entro tre settimane >> << ve bene >> << La ringrazio >> << Puoi tornare anche domani, se vuoi >>. << Come desiderate, principe >> rispose, mentre si rivestiva anche lui.

***

Quel giorno era cominciato bene, e stava andando ancora meglio. Prima Eugenio, ora Richard. Il giovane paggio era sulla parete delle scuderie, mentre lui lo baciava. Si godeva quei baci, come se la sua vita dipendesse unicamente da quelli.

Lo avevano appena fatto su quella stessa parete, ed era stato sublime, quel ragazzo era un genio, un genio che indubbiamente ci sapeva fare.

Lo aveva preso lì, due volte, su quella stessa parete dove ora si scambiavano languidi baci.

<< Herr Volcos, io vi amo >> disse il ragazzo.

<< Richard, io no, e fra tre settimane parto, torno in Spagna >> disse lui, cercando di non mostrare le sue emozioni, andandosene e lasciandolo lì.

x KikyoOsama: perchè lei vuole amarlo, e sa che se gli confessa l'identità del padre di Blanca allora sarà impossibile per lei amarlo e dare un padre a suo figlio. Per Manuèl, Richard è giovane, ed Eugenio di Savoia ...è Eugenio di Savoia

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Capitolo 56
*** Rivedersi ***


Isabel aveva dato appuntamento a Ivan a casa sua. Si sentiva al sicuro, ed era certa che non c’era nulla da temere da Manuél. Non ora che lui non si faceva quasi mai vedere a casa. Era già il 23 dicembre, e le sue paure aumentavano con il passare dei giorni.

Si chiedeva se era colpa sua, del suo comportamento, e se invece era per qualcos’altro, ed era sempre in ansia, tesa come una corda di violino, pronta a esplodere.

Ivan era stato puntualissimo, e lei gli era grata per questo.

Appena era arrivato lei era corsa verso di lui, e lo aveva fatto sedere. Poi avevano parlato a lungo, del passato, del presente, e del futuro.

Lei era la più preoccupata.

Ogni tanto si toccava il petto, dove c’era la lettera, la lettera per lui. Ma poi, al momento decisivo non ci riusciva, non ci riusciva mai.

Parlando e parlando, era stata chiara sul mantenere le distanze, si stava facendo sera.

<< Ora dovresti andare >> disse lei, alzandosi.

<< Va tutto bene? >> << Non lo so più, ma si, deve andare tutto bene >> fu la risposta, mentre, a causa di un giramento di testa si risedeva.

<< Quando torna tuo marito? >> << Di solito torna per la cena, ma oggi ha detto che sarebbe tornato prima >>, fu la risposta di lei. << Quando pensi che stia per tornare avvisami, che io vado via >> fu la risposta di Ivan, e lei assentì, mentre lui l’abbracciava, abbastanza stretta da confortarla e abbastanza con distacco da evitare di premere contro il ventre di lei. La osservò, era così bella, anche durante la gravidanza era bella, persino più bella. Un angelo, sembrava un angelo di Natale.

Così li trovò Manuél, che tornava dal Belvedere, da Eugenio e da Richard. Lei aveva appena aperto gli occhi e lo aveva visto.

Gli fece segno di allontanarsi, e a malincuore lui eseguì.

Poi Ivan si alzò, e sempre tenendola stretta a sé si congedò, con due baci, uno sulla mano, e uno sulla guancia.

Lei lo osservò alla finestra, poi si voltò, e vide Manuél, che si era seduto sulla poltrona dove prima vi era Ivan. << Cosa voleva lui, qui? >> << L’ho chiamato io, avevo bisogno di conforto, e tu non ci sei mai >> << sai bene perché non ci sono mai >> << Non lo so più, abbiamo finito una settimana fa, quando è stato chiaro che la Sanzione sarà messo in atto, e tu sei sempre in giro, anche ora >> fu l’accusa di lei, e lui dovette riconoscere che lei aveva ragione, ma non ne disse dove andava, era meglio non dirle niente per il momento, forse dopo, se avesse avuto abbastanza coraggio.

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Capitolo 57
*** Natale ***


Il 25 dicembre, giorno di Natale, Isabel e Manuél indugiarono a letto.

Lui la baciò sulla bocca, e poi lei gli prese al mano e gliela mise sul ventre.

<< L’ho sentito >> disse lui, prima di baciarla di nuovo. << Sono felice che tu l’abbia sentito, si muove, è bellissimo >> disse lui, mentre lui le toccava il ventre.

Rimasero fermi a letto per un po’, poi lei disse: << E’ meglio se ci alziamo, dobbiamo mangiare >> << Non c’è fretta, non oggi, e poi, possiamo farci servire la colazione qui, a letto >> le rispose lui, che l’abbracciava, e la baciava, stranamente accontentandosi solo di quel contatto.

***

Il pranzo di Natale si volse in un’atmosfera diversa dal solito. Durante tutte le altre volte loro due si evitavano, e Isabel riservava sempre tante attenzioni a Juan, che di solito sedeva accanto alla madre e entrambi ignoravano Manuél, che non se ne curava.

Quella volta fu diverso.

Prima di tutto erano a Vienna e Juan non era con loro. Isabel lo aveva portato con sé soltanto una volta, quando aveva sei mesi, a Parigi.

Di differente c’era anche il loro atteggiamento.

Questa volta si guardavano, si sorridevano, si toccavano.

Finirono il pranzo prima di quanto si aspettassero, e poi passarono il pomeriggio insieme, lei ad osservare la neve che cadeva su Vienna, che vedeva dalla finestra, lui ad osservare lei, che ogni tanto si stringeva a lui.

<< Voglio andare a Messa >> disse lei, tutt’un tratto. << Perché? >> << Per pregare, per sentire la benedizione di Natale, per chiedere che il parto sia fortunato e che tu possa abbracciare tuo figlio  entro gennaio >> << Va bene, andiamo, mi hai convinto, tu mi convinci sempre>> disse, prima di alzarsi e di farle indossare una pelliccia, lui si coprì di più, ed uscirono.

***

La chiesa era gremita di gente, e loro si sedettero in uno degli ultimi banchi a destra.

Il prete iniziò a parlare, e Manuél vide un altro lato di sua moglie che non conosceva. Lui era stato allevato nella Fede cattolica, ma si recava in chiesa solo per abitudine, lei era diversa. Se ne stava accorgendo in quel momento.

Pregava con fervore, ripetendo le parole in latino alla perfezione, evidentemente era devota, a differenza di lui.

Si ritrovò a seguire più lei che il prete, a ripete le sue parole, più che quelle che pronunciava il prete, ammaliato da lei, stregato.

***

Quando la Messa terminò e loro uscirono lui le si avvicinò e le chiese: << Da dove ti viene tutta questa devozione? >> << Me l’ha insegnata Donatienne >> fu la risposta di sua moglie.

Donatienne, l’amante che aveva avuto otto anni prima, a Parigi. Lui non aveva nulla contro il clero, ma che un bel giovane come Donatienne si fosse fatto prete, per poi essere sedotto da Isabel, quello era il massimo, e il suo più grande successo.

Pensando ai fatti di otto anni prima si incamminò con sua moglie verso casa, nella sera di Natale del 1724.

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Capitolo 58
*** Il Palco ***


Il 30 dicembre 1724, cinque giorni dopo, Isabel e Manuél erano all’Opera. Quella sera davano “ Cadmo ed Hermione ”, di Lully.

Manuél era più rilassato di sua moglie che non riusciva ad apprezzare appieno la musica. Isabel era in ansia. Il parto poteva avvenire da un momento all’altro, e suo marito l’aveva portata all’Opera. Non era una buona idea, si disse, non era per niente una buona idea. 

Seduto accanto a lei Manuél pensava ad altro. Il giorno precedente aveva infine rotto con Richard, e a nulla erano valse le lacrime, le suppliche e le implorazioni del giovane, che sembrava essersi rassegnato. Impossibile invece era stato rompere con Eugenio. Non che lui non ci avesse provato, anzi, ma ogni volta che vedeva quegli occhi, quelle labbra, quel corpo, cedeva, sempre e in cuor suo lo bramava, bramava cedere all’anziano principe.

<< Manuél, andiamo a casa >> << Perché? Siamo al secondo atto >> << Manuél, andiamo a casa! >> questa volta c’era una nota isterica nella voce di sua moglie.

<< Cosa c’è? >> << Manuél, io sto per partorire, e non voglio partorire in un teatro, portami a casa! >>

Lui si voltò, e la vide. Isabel si teneva stretta alla sua poltrona e ansimava. << Portami a casa, ti scongiuro >>. Lui assentì e l’aiutò a mettersi in piedi, cosa che le riuscì discretamente bene, se non fosse stato che proprio in quel momento ebbe una fitta che la fece ricadere sulla poltrona.

<< Tieniti a me >> disse lui, mentre l’aiutava a camminare.

Cercando di impiegare il minor tempo possibile tornarono a casa, dove per fortuna trovarono Mitzi che li aspettava, perché in quei giorni viveva da loro.

Poi Manuél si congedò, dicendo che andava dal dottor Hox, si fece dare l’indirizzo della casa del medico da Mitzi ed uscì.

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Capitolo 59
*** La piccola Blanca ***


Manuél era appena uscito che Isabel si dovette sedere.

<< Voi non potete stare seduta, mettetevi a letto >> << E’ più facile a dirsi che a farsi mia cara >> fu la risposta, mentre Isabel cercava di alzarsi. << Vi aiuto io >> disse la levatrice, aiutandola ad arrivare fino al letto. Poi la fece distendere.

<< State calma e respirate, non dovrebbe essere un parto difficile, ma prima spogliatevi, se non vi riuscite ditemelo, vi aiuterò io >>.

Si era appena ritirata, per bere un sorso di vino, quando udì Frau Isabel urlare, evidentemente la sua creatura aveva deciso di nascere, e di farlo ora.

Corse, e vide che la donna indossava solo la camicia da notte. Veloce controllò, e disse: << Ci siamo quasi, e  non possiamo aspettare vostro marito e il dottor Hox. Ora vi legherò alla testiera del letto, e meglio, e poi faremo nascere il vostro bambino >>. Isabel assentì, come nove anni prima, pensò, prima di urlare.

Mitzi era brava, ma il dolore rimaneva, ed  era intenso, troppo intenso.

<< Forza Frau Isabel, forza, ci siamo quasi >>, così le ripeteva la levatrice, e lei continuava a urlare.

Poi non sentì più niente, per un attimo, niente, il niente più assoluto.

Ricadde sul letto, esausta, e poi l’udì. Un grido, seguito da un pianto. Fece per alzarsi, ma era troppo stanca e ricadde sui guanciali, esausta.

Vide Mitzi che si avvicinava, con un neonato, il suo bambino.

<< E’ una bambina >> disse la levatrice, mettendogliela in braccio. Lei le vide gli occhi, e fu chiaro.

Aveva già visto quegli occhi, e sapeva dove, sapeva quando. E non erano quelli di Manuél, di questo era sicura. Erano quelli di Giuliano.

Giuliano, che aveva amato alla follia, Giuliano, che era stata obbligata a lasciare, Giuliano, che le era apparso in sogno.

Ora capiva, ora riusciva a comprendere quel sogno. Lui le aveva detto che lei avrebbe pensato a lui per sempre, e ora capiva come, capiva il riferimento ai mesi, ora era tutto chiaro.

Strinse a sé la bambina e le sussurrò: << Solo perché non sei figlia di Manuél  non mi sei meno cara, anzi, ti voglio ancora più bene, tu sei il simbolo dell’amore che provai per il tuo papà, e nessuno ti porterà via da me, mai >>.

<< Frau Isabel, ci sarebbe bisogno di una balia: le consiglio vivamente … >> << No, non voglio balie, ci penserò personalmente>> disse Isabel, lasciandola a bocca aperta.

<< Ma … una donna della vostra condizione … deve avere una balia >> << Io non la voglio, e non insistere >> fu la risposta tagliente, prima che Isabel ricominciasse a guardare la neonata, e a vezzeggiarla.

Non voleva una balia, si ricordava com’era stato con Eulialia, la balia di Juan. Aveva desiderato avere un contatto con il figlio, ma a causa di lei non c’era riuscita. E poi c’era un’altra questione, ovvero che Manuél aveva sedotto Eulialia.

Non voleva una balia, basta, la misura era ormai colma. Che fosse una donna diversa dalle altre era chiaro, ma che andasse contro al tradizione, contro i precetti dei medici, e tutto per un sentimento egoistico, no, questo non poteva accettarlo.

***

Il dottor Hox era in casa, e stava dormendo. Questo non era un problema per lui. Lo aveva svegliato e lo aveva costretto a vestirsi e ad andare con lui.

Avevano fatto più velocemente che potevano.

Nel momento in cui manul aprì la porta vide Mitzi che avanzava verso di lui.

<< Vostra moglie è il massimo, non vuole la balia >> disse, prima di prendere la porta.

 << Penso che non avrete bisogno di me. A sentire Mitzi vostro figlio sta benissimo >> disse il dottor Hox, prima di prendere la porta, diretto verso casa sua, verso sua moglie e soprattutto verso il suo letto.

Manuél corse nella stanza da letto, voleva vedere Isabel, voleva vedere suo figlio.

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Capitolo 60
*** Mi Niña ***


Isabel si era addormentata nel frattempo. Fu così che la trovò Manuél. Abbracciata a suo figlio, entrambi che riposavano, esausti, lei per il parto, lui per l’ansia di essere al mondo da poco.

Si avvicinò a sua moglie e delicatamente prese il bambino tra le sue braccia.

Fu allora che sia accorse che era una bambina, una bella neonata che si svegliò in quel momento, e che aveva i suoi stessi occhi.

Iniziò a coccolarla, poi all’improvviso al bambina iniziò a piangere. Cercò di calmarla, ma mentre iniziava a cullarla si rese conto che sua moglie, la sua Isabel, si stava svegliando.Prima ancora di aprire gli occhi Isabel tastò con la mano nel punto in cui si doveva trovare la neonata. I suoi movimenti si fecero frenetici, mentre la cercava e non la trovava.

<< Isabel, mi amor >> disse lui, e lei aprì gli occhi. << Sei tu >> disse lei, rasserenandosi. << Cos’ha? Prima era un angioletto, e ora non riesco a farla smettere >>. << Non provi risentimento verso di me perché non è un maschio? >> chiese lei, mentre cercava di indovinare cosa stesse pensando, se per caso avesse intuito la verità sulla bambina, la sua bambina.

<< Non potrei mai odiarti, amore mio, non ora, non ora che stringo questa bambina. E’ vero, avrei preferito un maschio, ma siamo giovani, avremo altri figli >> fu la risposta, che la rassicurò, lui non immaginava, non poteva immaginare.

<< Ha fame, dammela >> disse, e lui fece come lei gli aveva detto.

Lei la prese e abbassò una parte della camicia da notte, mostrando i seni.

Lui rimase incantato, da quanto tempo la vedeva solamente in camicia. Lei poi si avvicinò al neonata al seno sinistro, e la bimba si attaccò, iniziando a succhiare.

Lui rimase senza parole. << Per questa volta va bene, ma poi la balia >> << No, non voglio nessuna balia >> disse lei, mentre accarezzava la piccola sulla testa, mentre questa succhiava il latte. << Non puoi, non è giusto, non … >>. << Farò così, ho deciso così, e tu non mi farai cambiare idea >>

Andava bene, tutto, pur di rimanere con lei, con loro. << Il nome? >> << Blanca. Blanca Maria Margarita Volcos >> << Va bene >> << Era il nome di mia madre >> fu la risposta di lui, e lei si limitò ad annuire. << Blanca, la mia Blanca, mi niña >>

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Capitolo 61
*** Capodanno ***


Il giorno dopo, dopo il battesimo, padrini il dottor Hox e Mitzi, Isabel ebbe tempo per riflettere.

Che cosa doveva fare? Era la cosa giusta da fare? E per chi? Avrebbe voluto avvisare Manuél, dirgli la verità e poi correre a Firenze, da  Giuliano, con la piccola Blanca, che dormiva accanto a lei.

Ma poi si chiedeva cosa le avrebbe detto Giuliano, se l’avrebbe voluta al suo fianco, dopo che sapeva la verità su di lei. E se lei sarebbe riuscita a vivere a Firenze, con lui? E Juan?, era certa che non appena sarebbe partita per Firenze Manuél le avrebbe portato via Juan, suo figlio.

No, doveva rimanere zitta, anche tutta la vita se necessario, ma doveva rimanere zitta, per sé stessa, per suo marito, per Blanca, per Juan, e per Giuliano.

La lettera, la lettera per Ivan, senza pensarci la prese, vi aggiunse un post scrittum e la richiuse, ora era perfetta.

Poi vide suo marito che entrava.

<< Stanca amore mio? >> << No, ma mi chiedo se abbiamo esagerato >> disse indicando Blanca, che dormiva avvolta in pizzi e trine, come una principessina. << Per le mie donne solo il meglio >> fu la risposta del marito, che si sistemò accanto a lei.

<< Amore mio, buon anno >> << Buon 1725 >> rispose lei, mentre proprio in quel momento Blanca si svegliava e decideva che aveva fame, facendo accorrere Isabel.

<< A cosa pensi? >> << Che se me l’avessi detto dieci anni fa non ci avrei creduto. Vederti curare personalmente nostra figlia, a Vienna, è … un sogno >> << Allora non voglio più svegliarmi >> fu la sua risposta. Nemmeno lui si voleva svegliare, non mentre sua moglie lo baciava, non mentre accarezzava sua figlia, non ora, che stavano per tornare a Madrid.

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Capitolo 62
*** La consegna ***


Isabel aveva deciso, era il momento, quel giorno partivano, e lei avrebbe dato la lettera a Ivan. Gli aveva dato appuntamento vicino il Danubio, e si presentò, con Blanca.

Lui la riconobbe subito. << E’ tuo figlio? >> << Mia figlia, Blanca >> disse lei, sorridendo. << E’ molto bella, come la mamma >> disse lui, e lei gli sorrise. Poi gli diede la lettera. << Avrei dovuto dartela prima, ma non ne ho mai avuto il coraggio, leggila non appena me ne vado >> disse, prima di baciarlo sulla guancia e andandosene.

Lui curioso l’aprì e la lesse. Rimase fermo, immobile, se quella era la verità lui doveva fare qualcosa, ma lei glielo proibiva.

La lettera era semplice, semplicissima:

Caro Ivan,

ti scrivo queste righe per un motivo, uno solo. Devi sapere che otto anni fa io ebbi un figlio, Juan. Questo lo sai già, ma non sai che sei tu il padre di Juan. So che vorrai vederlo, avere un contatto con lui, ma io non posso permetterlo, quindi ti proibisco di scrivergli o di incontrarlo. Juan è cresciuto con me e Manuél, e anche se per lui mio marito non è un padre lo dovrà accettare come tale. Ti starai chiedendo perché non ti dissi niente, la verità è che non lo so nemmeno io, semplicemente non lo feci. E ora io sto per partire, e ti scongiuro, dimentica queste righe, è meglio per tutti noi.

Con affetto,

Isabel

Post Scrittum: Mia figlia Blanca non è figlia di Manuél, ma di Giuliano Dami, e vorrei che serbassi il silenzio su questa questione

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Capitolo 63
*** Partenza ***


Il 5 gennaio 1725, Isabel fu la prima ad alzarsi. Corse da Blanca, che dormiva in una culla, immersa in pizzi e trine. Quel giorno sarebbero partiti per Madrid, e fino a quel momento Ivan non si era visto. Tutto stava andando come previsto, anche forse troppo, si disse, mentre iniziava a coccolare la bambina, che apriva gli occhi e le sorrideva.

***

Lasciare Eugenio era stato facilissimo, forse troppo facile. Si era aspettato che l’uomo opponesse resistenza, che gli chiedesse di rimanere, non che lo implorasse, ma che almeno glielo chiedesse. E invece niente, nada.

Lui gli aveva detto che il giorno dopo avrebbe lasciato Vienna e poi l’Austria. L’altro si era informato se era una decisione definitiva, e alla sua risposta affermativa si era limitato a sorridergli e a baciarlo per l’ultima volta. Lui c’era rimasto male, pensava di contare qualcosa, per lui, di essere una presenza, e non l’ennesimo amante, ma si era reso conto che per Eugenio di Savoia lui era poco più che niente.

E forse era meglio così. Uscendo aveva visto Richard, che l’aveva evitato di proposito.

***

Avevano da poco lasciato Vienna, su una carrozza, quando lui si rese conto che tenere gli occhi aperti era una sfida per la moglie. << Se vuoi dormire fallo, ci penso io alla bambina, tu dormi >> lei sorrise, e gliela diede. << Quando si sveglia deve mangiare, svegliami >> disse, prima di appisolarsi. Lui assentì, e prese Blanca in braccio, mentre sua moglie si addormentava.

 

x KikyoOsama: isabel è una grandissiam opportunista, ma ha anche un grande lato materno. Ivan è Ivan, ricorda: la vendetta è un piatto che va servito freddo. Per il vero padre di Blanca, leggi " Intrigo alla corte dell'ultimo Medici " diciamo che dopo Manuél il padre di Blanca è stato l'uomo più importante nella vita di Isabel

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Capitolo 64
*** Madrid un mese dopo ***


Isabel aprì la porta. << Madre >>, il piccolo Juan corse verso di lei, abbracciandola a lungo. << Juan >> disse lei, ricambiando l’abbraccio. << Eccoti qua Juan >> disse Manuél, che era appena entrato. << Padre >> disse il ragazzino, gelido.

<< Juanito, voglio presentarti una persona >> disse sua madre. << Chi madre? >> << Aspettaci nella tua stanza >>; lui corse.

<< Dorme? >> << Si è appena svegliata, ma non ha fame, è il momento giusto >>.

Poi Isabel prese Blanca in braccio e la portò nella stanza sua e di suo marito, mentre Manuél chiamava Juan.

Il bambino corse, e vide sua madre, sul letto, con Blanca, che le sorrideva e rideva. Lui si avvicinò, lentamente.

<< E’…? >> << E’ la tua sorellina, Blanca, vieni più vicino >> disse sua madre. Lui si avvicinò, e la neonata gli sorrise.

Aveva gli occhi come quelli di Manuél, che stava baciando Isabel sulla bocca, e lo stesso volto di sua madre.

<< Posso … posso tenerla in braccio? >> << No >> << Manuél; certo che puoi piccolo mio, ma stai attento, e se piange ridammela, che deve mangiare >>. Lui la prese in braccio, osservandola, mentre Blanca rideva e Manuél lo osservava, e sua madre si limitava a sorridere.

<< E’ bella >> disse, prima di ridarla a sua madre. Lei gli accarezzò al testa, pensando che anche suo padre, Ivan Sergeevic Kuragin, aveva detto la stessa cosa, quando l’aveva vista per la prima volta.

<< Maria dov’è? >> << Al mercato; torna fra un’ora >> rispose. << Vale >> <> << Se mi prometti che starai attento si piccolo mio >> << Isabel, amore mio, non credo che … >> << Invece si, ha nove anni, è grande abbastanza >> è la risposta di lei, e lui la stringe forte, sua madre lo sta difendendo, e lui continua a odiare il marito di sua madre, Manuél, anche se vorrebbe essergli indifferente, lo odia. Lo odia perché ha rubato il cuore di sua madre, perché sua madre gli vuole bene e perché lui non è suo padre

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Capitolo 65
*** Epilogo: Vent'anni dopo ***


Si sveglia la mattina presto, e vede sua moglie. Ha cinquant’anni, e comincia a invecchiare, eppure per lui è sempre bella, la sua Isabel. Lei si sveglia e lui la bacia, con ardore, con passione, come dieci anni prima.

<< Pronta per oggi? >> << Si, tu? >> << Non lo amor mio, non lo so. Blanca? >> << Dorme ancora, e gli altri? >> << Sono di fuori, che giocano>>.

Lei subito si alza e si veste, in seguito corre alla finestra, preoccupata. Fuori ci sono quattro bambini, di quattordici, undici, otto e quattro anni.

I più grandi, un ragazzino castano e una ragazzina con i capelli neri, sorvegliano gli altri, che si divertono.

<< E’ sicuro? >> << Si, Maria li sorveglia dalla finestra in basso, e poi sono abbastanza grandi >> << Francisco e Vitoria lo sono, Joaquin ha otto anni, e Pilar solo quattro >> << vuoi andare di sotto? >> << Non lo so >> << Stai tranquilla, almeno oggi >> le dice, sa che sua moglie è raramente tranquilla, da quando hanno smesso con la vita di prima, si preoccupa troppo dei figli, soprattutto di Joaquin e di Pilar, i più piccoli. Anche oggi, che Blanca, sua figlia, si sta per sposare, lei si preoccupa troppo, a suo parere; e lui non lo vuole, non vuole che lei sia in ansia, o che passi la vita temendo qualcosa, non sarebbe il meglio, ed è da Firenze, da allora, che si era ripromesso che lei avrebbe avuto solo il meglio.

***

Sono davanti la chiesa, tutti loro. Juan è appena arrivato, insieme a sua moglie, Marianna, e ai figli, Eulialia e Juliàn, di otto e sei anni.

<< Madre >> << Juan >> si abbracciano, poi lei saluta Marianna e i nipoti.

<< Don Juliàn è arrivato >> dice il prete, e subito Isabel inizia ad avere l’ansia. Juliàn, versione spagnola di Giuliano. Giuliano. Non ha avuto reazioni quando Juan ha deciso quel nome per suo nipote, ma ora, è tutto diverso.

Sente che quel nome le riporta alla mente dei ricordi, bei ricordi, ma proprio per questo insopportabili. Sa che Juliàn non ha niente a che spartire con Giuliano, ma si sente inquieta.

E’ inquieta nel momento in cui padre Alonso recita la Messa, nel momento in cui gli sposi si scambiano gli anelli, l’inquietudine non la lascia, e pensa che ci dovrà convivere, per sempre.

Manuél invece è al settimo cielo, e Blanca … Blanca è l’immagine della felicità, radiosa e splendente nel suo abito celeste e bianco.

***

Sono a casa, tutti loro, c’è persino don Juliàn, che sorride alla moglie e parla con Manuél.

Lei sorride, deve mostrarsi sorridente e felice, oggi sua figlia si è sposata, e lei ne deve essere felice, felice e orgogliosa.

<< Quindi, mio caro Juliàn, dove avete detto che vi porta la vostra carriera di diplomatico? >> << A Firenze don Manuél, ora che vi sono i Lorena dicono che Firenze stia tornando agli antichi splendori >>.

Firenze, la sua Firenze. Giuliano, palazzo Pitti, i giardini di Boboli, tutto le torna in mente per un secondo. Sa che GianGastone de’Medici è morto da sette anni, e che non ci sono più notizie di Giuliano, ma ci sono i ricordi.

<< Scusatemi >> poi si alza e si allontana. << Padre, cos’ha la mamma? >> chiede Pilar, che ha soli quattro anni. << Niente tesoro, niente >> << Mentite, la mamma sta male >> << Hai ragione Francisco, ma non è un male fisico >>. << E che male è? >> << E’ un male dell’anima Joaquin, il peggiore dei mali, perché non si vede >> dice lui, alzandosi. << Fate bene ad andare >> dice Juan, che stava per alzarsi. << E’ meglio che vada >> è la sua riposta, grato al figliastro.

***

Isabel è corsa nella sua stanza, e là sta piangendo, ed è così lui la trova, mentre piange. Lentamente si avvicina a lei, piano e adagio.

<< Stai meglio? >> << Non lo so, non lo so >> << Brutti ricordi? >>, sotto sotto lo spera, spera che lei gli dica che a Firenze non è stata felice, che solo ora lo è. << No, meravigliosi. Sai, mi sono sempre chiesta cosa sarebbe accaduto se dopo la nascita di Blanca fossi tornata a Firenze >> << Ma non l’hai fatto, quindi avevi già deciso, in cuor tuo >> le risponde, abbracciandola, e poi baciandola, lentamente, assaporando le sue labbra.

<< Vieni >> le dice, e la prende per mano, come se fosse una bambina, e lei lo segue.    << Manuél >>. << Si? >> << Io ti perdono >>. << Di cosa? >> << Di quello che accadde a Firenze, di tutto quello che è accaduto a Firenze vent’anni fa >>. << Non puoi dimenticare? >> << No, mi dispiace, ma non posso, ma ti perdono >>.

***

Isabel è con Blanca, le ha detto che voleva parlarle, in privato. E’ il momento di dirglielo, è bene che sappia la verità, tutta la verità. Sono vent’anni che mente a sé stessa, a suo marito, e soprattutto a sua figlia. La osserva, e si sorprende di come la figlia le ricordi l’amante, stessi occhi, stesse mani, a volta anche stesso portamento. Aveva ragione il suo sogno, ogni giorno, vedendola, lei ripensa a lui, e lo ama, ancora.

<< Blanca >> << Ditemi madre, oggi sono così felice e appagata, e ringrazio voi e mio padre >>. Vorrebbe dirglielo, basterebbe poco, ma si chiede se avrà mai il coraggio.

<< Sii felice >> << Come lo siete stata voi madre >> << Come lo sono stata io >>.

Ma è quella la felicità? Essere sposata a un uomo per cui prova affetto e stima, e un amore debole, e continuare ad amare un altro? Aver avuto dal primo quattro figli, e continuare a desiderare l’altro? E’ questa la felicità? E se la sentirebbe di augurarla a sua figlia?

***

Sono le nove di sera, e i bambini, dopo aver mangiato, stanno dormendo. I più piccoli, Vitoria e Francisco invece giocano a carte con Maria, che non riesce a credere che Blanca e Juan se ne sono andati definitivamente.

Mentre parla con loro ricorda, ricorda quando vide Juan e Blanca per la prima volta, ricorda Manuél e Isabel da giovani, ma non parla loro degli amanti che si sono concessi, non lo fa mai, solo lei e Juan sanno la verità.

Nella stanza accanto Manuél Volcos ha appena finito di fare l’amore con sua moglie. La osserva, e la trova bellissima, come quando era giovane.

<< Manuél, tu mi ami? >> << Certamente >> << Quanto? >> << Più di quanto tu possa immaginare, e ti amerò fino alla fine dei miei giorni mi amor >> e lei lo bacia, con passione, ardore e desiderio, e lui la fa distendere sotto di sé, pronto ad amarla, fino alla fine, e anche di più.

 

Ringrazio Veljesova Bezdomnyja, Pierrot le Fou, Chrysanthemum e KikyoOsama per aver recensito, Leonida123 e topolina2012 per averla messa tra le seguite, e anche chi ha solo letto

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